The Multiverse of Madness

di Stillathogwarts
(/viewuser.php?uid=1217422)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.

 
Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


CAPITOLO 1


 
Era forse la ventesima volta che Draco Lucius Malfoy veniva convocato al Ministero della Magia dopo il processo che lo aveva assolto dalle accuse di complicità con i Mangiamorte e l’operato di Voldemort.
Potter aveva testimoniato a suo favore e quello era stato l’elemento chiave che aveva permesso al rampollo di casa Malfoy di sfuggire ad una condanna ad Azkaban, sebbene il suo avambraccio sinistro recasse il Marchio Nero, ormai sbiadito.
Draco lo odiava, quel segno che deturpava la sua pelle; era quasi invisibile ormai, leggermente roseo, ma cozzava comunque con la sua pelle diafana; lui riusciva a vederlo ugualmente e attraverso i suoi occhi era ancora nero. Un perenne e permanente promemoria del ruolo che aveva avuto nella guerra, delle scelte sbagliate che aveva fatto, della persona orrenda che era stato.
Colpevole. Mangiamorte. Codardo.
Nonostante Potter avesse deciso di dargli una seconda occasione, un’occasione di fare meglio, e nonostante Malfoy Manor fosse stata perquisita un centinaio di volte, il giovane uomo continuava a convocarlo al Dipartimento Auror ogni dannata volta che sbucava fuori qualche strano Artefatto Oscuro o qualche caso isolato di attacchi da parte di Neo-Mangiamorte o sostenitori del Signore Oscuro ancora in circolazione e restii a sventolare bandiera bianca.
«Sentiamo, Potter» esordì Draco con la sua voce fredda e strascicata. «Di cosa sono accusato, questa volta?»
Il moro lo guardò mordicchiandosi l’interno di una guancia per qualche secondo e restò in silenzio.
«Veramente, devo farti vedere una cosa» gli disse esitante. «Spero che tu possa aiutarmi a fare luce sulla… questione
Malfoy corrugò la fronte e arricciò leggermente il naso.
Il suo vecchio compagno di scuola alzò le tendine del vetro della sala degli interrogatori, mostrando… un Draco Malfoy molto seccato e nervoso, seduto su una sedia, mentre faceva tamburellare le dita sul tavolo dei sospetti.
Draco sbarrò gli occhi.
«Ma che cavolo?» esclamò sconcertato. «Che cosa significa, Potter?»
«Non ne ho la più pallida idea» ammise sospirando l’altro. «E non è sotto Polisucco. È qui da ore» aggiunse poi, prima che il biondo potesse ipotizzare quell’eventualità.
«E la cosa più strana è…»
Hermione Granger fece il suo ingresso nella stanza proprio in quel momento, tutta trafelata.
«Mi hai mandata a chiamare, Harry?»
Draco si irrigidì quando la vide arrivare e notò che anche la ragazza era leggermente impallidita alla sua vista.
La Granger deglutì. «Malfoy.» lo salutò freddamente.
«Granger.» ricambiò lui dopo essersi schiarito la gola, sentendosi visibilmente a disagio.
L’immagine della giovane che si contorceva sul pavimento del salotto di casa sua, torturata dalle Cruciatus di quella pazza svitata di Bellatrix Lestrange inondò la sua mente; chiuse gli occhi e respirò a fondo, cercando di chiudere via quel ricordo orrendo facendo ricorso alla sua Occlumanzia.
Potter annuì e indicò alla sua storica amica il vetro alle sue spalle; le sopracciglia della Granger scattarono immediatamente all’insù. Poi però, il moro alzò un’altra tendina, rivelando un ulteriore doppelganger… quello di Hermione.
«Ma cosa…?»
Il giovane Auror informò anche lei che non si trattava di Pozione Polisucco.
«Salvatevi queste reazioni per dopo» li avvertì poi, «non avete ancora sentito il nome che lei ha rilasciato.»
Potter tese un foglio alla Granger, sul cui volto si susseguirono diverse reazioni, che precisamente andavano dallo scioccato, al perplesso, all’inorridito.
«Se è uno scherzo, è veramente di cattivo gusto» asserì in tono asciutto la ex-Grifondoro. «Non è divertente.»
«Non è uno scherzo» le rispose amareggiato Potter, mentre si accingeva a passare il foglio che Hermione gli aveva restituito al biondo alla sua sinistra, così che potesse leggere anche lui.
«Che cosa?» sbottò replicando la stessa reazione che aveva avuto la Granger poco prima. «Che accidenti vorrebbe dire?»
Riabbassò lo sguardo sul foglio per verificare di aver letto correttamente quel report.
La ragazza aveva dichiarato di chiamarsi Hermione Jean Malfoy.
«Ti giuro, Harry Potter, che se dici a Ronald di questa faccenda ti ammazzo» sibilò Hermione livida. «E non so quanto ti convenga tentare un terzo giro con l’Avada.»
Harry deglutì e mimò con un gesto della mano che le sue labbra erano sigillate.
«Rifiutano di parlare se prima non li facciamo incontrare» raccontò Potter una volta che gli animi si furono leggermente pacati; faceva avanti e indietro per la stanza, con aria pensierosa, mentre riepilogava gli eventi accaduti nell’arco di quella assurda giornata.
«Lui chiede di sua moglie» aggiunse, dal momento che entrambi i giovani continuavano a fissarlo accigliati; Draco con le spalle poggiate al muro, le braccia conserte e una smorfia oltraggiata stampata sul volto, e Hermione che esibiva un cipiglio che la rendeva inquietantemente molto simile alla McGranitt. «E non è che sia molto più… affabile di te.»
«Harry Potter, tu adesso mi spieghi per filo e per segno cosa diamine sta succedendo!» trillò la giovane donna.
«Smettila di chiamarmi per intero, Hermione, niente di tutto questo è colpa mia!» proruppe urtato il giovane Auror. «Ad ogni modo, vagavano per la città confusi, cercandosi disperatamente. Immagina la mia sorpresa quando Neville mi ha incontrato al bar questa mattina e mi ha detto che Draco Malfoy lo aveva raggiunto correndo e che aveva ringraziato il cielo di averlo trovato, mentre gli dava un’amichevole pacca sulla spalla.»
La smorfia sul volto di Draco si tramutò in una di disgusto.
Che cosa aveva appena detto?
«Quella Hermione lì, invece, si è presentata a Villa Zabini chiedendo a gran voce di parlare con Blaise
Hermione sollevò un sopracciglio.
«Zabini, ovviamente, si è rifiutato e prima che sua moglie potesse affatturarla, - o quanto meno provarci, ha un caratterino peggio del tuo quella Hermione -, ha fatto una segnalazione al Ministero.»
La Granger sbuffò innervosita. «Insomma, che cos’hanno detto?»
«Che Zabini e Neville sono loro amici
«Blaise ed io non ci parliamo dal sesto anno, Potter» lo informò in tono piccato Malfoy.
«E di certo non prendo il tè con Paciock.»
«Né io ho nulla a che fare con Zabini» puntualizzò l’altra, irritata. «Per ovvi motivi.»
Blaise Zabini, nonostante la sua famiglia si fosse mantenuta neutrale durante la guerra, era noto per essere rimasto un prosecutore della linea purosanguista e di certo non avrebbe voluto avere alcun rapporto con una Nata Babbana; per non parlare del fatto che aveva recentemente sposato Pansy Parkinson, che non era esattamente la loro migliore amica… e neanche più pappa e ciccia con Malfoy, a quanto pareva.
«Adesso ci parlo io con questi due impostori furfanti» dichiarò spazientita Hermione, dirigendosi verso la porta della sua sosia; poi, però, parve ripensarci.
«Mettili insieme» ordinò a Harry. «Se non mi spiega subito perché va in giro a dire di essere sposata con… lui» aggiunse disgustata, «potrei affatturarla.»
«Potrei aiutarti» convenne il biondino, annuendo.
Potter fece quanto gli venne chiesto e lasciò Draco e Hermione fuori dalla sala degli interrogatori, ad osservare e ascoltare quello che accadeva nella stanza; i due ebbero pressoché la stessa reazione nel vedere l’altra versione di loro stessi abbracciarsi e baciarsi con passione: cacciarono la lingua di fuori e mormorano «Bleah» all’unisono.
Harry li raggiunse con un’espressione al contempo scioccata e disgustata dipinta in viso.
 ⸻⸻⸻ 
«Stai bene?» chiedeva apprensivo il Malfoy attraverso il vetro, mentre accarezzava i capelli della giovane con entrambe le mani.
La giovane aveva annuito. «Tu?»
Fu il turno del biondino di assentire con il capo.
«Spiegami che cosa diavolo è successo! Harry non è… Harry» gli disse lei.
«Ehm, ecco, ricordi che mi hai chiesto di mettere in sicurezza tutti gli Artefatti Oscuri in casa prima dell’arrivo del bambino…»
 ⸻⸻⸻ 
«Bambino???» tuonarono allibiti Draco e Hermione nello stesso momento.
Si scambiarono un’occhiata disgustata.
⸻⸻⸻  
«Uno di loro mi è accidentalmente caduto per terra e deve essersi attivato e averci mandato in una dimensione parallel-»
La mano di Hermione colpì la sua guancia con un sonoro paf!
Draco chiuse gli occhi e respirò a fondo.
⸻⸻⸻  
«Oh, ora ragioniamo!» esclamò Hermione esibendo un mezzo sorrisetto.
«Ora la affattura» ribatté Draco piccato, avvicinandosi alla Granger e assottigliando gli occhi in attesa della reazione dell’altro sé a quello schiaffo.
«Non hanno le bacchette» commentò Harry, che iniziava a trovare il tutto estremamente esilarante. «E poi è incinta a quanto pare.»
«Chiudi il becco!» sbottarono contemporaneamente la sua amica e il biondino alle sue spalle.
Harry represse una grassa risata.
⸻⸻⸻ 
«Non fare così, tesoro» le sussurrò Draco cercando di stringerla tra le braccia.
«Non l’ho fatto di proposito. Mi dispiace
Hermione si lasciò abbracciare da dietro, mentre il giovane prendeva ad accarezzarle la pancia che, di profilo, sembrava appena evidente.
⸻⸻⸻  
«Che cosa?» sbottò Draco accigliato. «Che accidenti era quello
Harry a quel punto non riuscì a trattenere uno sghignazzo. «Ve lo avevo detto!»
Hermione gli tirò uno schiaffo sul braccio.
⸻⸻⸻ 
«Sistemerò tutto, te lo prometto» le disse ancora, lasciandole un casto bacio sull’incavo del collo.
La ragazza dietro al vetro chiuse gli occhi e sospirò.
«Vuoi dire che io sistemerò tutto» ribatté piccata.
«Insieme. Come sempre.» replicò lui.
Hermione sospirò e si voltò a guardarlo, passandogli una mano nei capelli. «Non avrei dovuto colpirti, mi dispiace.»
Il giovane non rispose, ma la baciò dolcemente sulle labbra.
⸻⸻⸻  
«Merlino, sono anche smielati» commentò Hermione simulando un conato di vomito.
Draco, ormai a pochi passi da lei, non sembrava stare meglio; aveva assunto un colorito giallognolo alla visione di quella scena.
⸻⸻⸻  
«Voglio tornare a casa. Questo mondo è orrendo» asserì la ragazza, guardando atterrita il marito. «Sembra tutto uguale, ma al contempo è tutto diverso, tutto peggiore. Blaise mi ha chiamata Sanguemarcio, quando mi ha vista.»
Draco chiuse gli occhi e posò la fronte contro quella di lei.
«Neville mi ha chiesto se avessi bisogno di un passaggio al San Mungo. Che problema hanno in questo posto?»
⸻⸻⸻  
«Ah, noi?» commentò Draco seccato, facendo schioccare la lingua.
«Io ho visto abbastanza» affermò Hermione, «e se lo sento un’altra volta chiamarla…»
Proprio in quel momento, il giovane attraverso il vetro chiamò nuovamente ‘tesoro’ la ragazza.
La ex-Grifondoro ringhiò dalla frustrazione. «Risolvila, Harry» gli urlò contro furiosa. «Immediatamente
«Perché non ci parlate voi? Cercate di capire che cavolo di oggetto possono aver usato?» propose l’Auror. «Malfoy, potresti averne uno anche tu e utilizzarlo per rispedirli indietro prima che facciano danni, no?»
Il biondino sbuffò dal naso, ma annuì. «Vado a vedere che dice» concordò, già pieno di quella assurda, totalmente insensata, storia. «Ma separali o potrei vomitare.»
Se ci avessero messo qualche secondo in più a convincerli a staccarsi, Draco avrebbe usato la Maledizione Imperius per farlo.
La sua versione alternativa proprio non voleva saperne di staccarsi dalla sua Granger.
«Malfoy» lo aveva corretto irritato ogni volta che l’aveva chiamata così, ma Draco proprio non riusciva a pensare alla sua ex compagna di scuola/nemica/rivale come a… una Malfoy. In nessun universo.
Represse un brivido al pensiero.
«Volete dire che voi due in questo mondo non-» aveva provato ad insinuare la Hermione dell’altra dimensione, ma la Granger l’aveva zittita immediatamente esclamando un «Merlino, no!» così acuto che a Harry, che osservava e ascoltava il tutto al di là del vetro, aveva ricordato della Signora Grassa quando si era messa in testa di voler rompere i bicchieri di vetro con il solo suono della sua voce.
I due malcapitati avevano poi promesso loro di aiutarli a tornare a casa e Hermione era riuscita a convincerli a separarsi con la scusa di fornire un pasto salutare alla sua controparte incinta; quell’argomentazione era sembrata convincere il Draco dell’altra dimensione, che nel frattempo avrebbe parlato dell’oggetto incriminato con il Malfoy del loro mondo.
Harry seguì la sua amica e la sua doppelganger, essendo anche lui leggermente affamato.
Draco, invece, era rimasto da solo con il suo sosia; avrebbe dovuto chiedere immediatamente informazioni sull’Artefatto, ma la prima cosa che gli era balenata in mente era stata un’altra.
«Come diavolo ci sei finito, con lei?» 
L’altro alzò gli occhi al cielo e poi sollevò entrambe le sopracciglia. «Come diavolo hai fatto tu a non finirci insieme, semmai.»
Il biondino si passò la lingua sui denti e sbuffò. «Non avete senso.»
«Voi due non avete senso» ribatté piccato il suo sosia. «Qual è il tuo problema?»
«La domanda è qual è il suo problema» specificò in tono asciutto Draco, «se ti ha dato una possibilità dopo tutto quello che, dalla cicatrice che anche tu hai sul braccio, sono abbastanza certo le abbia fatto.»
Il Malfoy dell’altra dimensione parve incupirsi leggermente e si tirò più giù la manica della camicia.
Quindi, lo odia anche lui.
«Lei mi ha salvato» gli disse in tono sommesso. «Non ho mai capito perché lo abbia fatto, ma… Ha detto che credeva che io fossi ancora salvabile.»
Draco deglutì, mentre veniva colto da un profondo senso di disagio e al contempo da una punta di irritazione.
Perché la Granger del loro mondo non aveva creduto che lui fosse salvabile?
Avrebbe potuto salvarmi. Lei avrebbe potuto aiutarmi, impedirmi di fare tutto quello che ho fatto.
«Come?» gli chiese incapace di trattenersi.
«Durante il mio sesto anno a Hogwarts, mi ha convinto a chiedere aiuto a Silente ed è stata la migliore decisione che abbia mai preso in vita mia» spiegò il ragazzo. «Dopo quella di chiederle la mano, ovviamente.»
Draco fece una smorfia.
Lui anche era stato sul punto di accettare l’aiuto di Silente, ma quell’occasione gli si era presentata troppo, troppo tardi.
Perché la Granger non lo ha proposto a me? Perché la mia Granger non si è accorta che avevo bisogno di aiuto?
«Cos’è, è venuta da te dopo anni di ‘Sanguemarcio’ e prese in giro e ti ha detto “hey, Malfoy, ho capito che stai di merda e se vuoi posso aiutarti”?»
Il suo doppelganger sorrise a quella domanda. «No, ha solo sbagliato svolta durante una ronda ed è finita nel bagno di Mirtilla Malcontenta, dove ha trovato me in preda a un attacco di panico.»
Draco sgranò gli occhi.
Seriamente? È tutto qui? Una svolta sbagliata, una cosa così stupida e quel Draco Malfoy felice e… amato avrei potuto essere io? Una versione di me stesso che non trascorre le sue giornate tra le mura del Manor a rimuginare sulla propria miserabile esistenza, che non deve provare vergogna a mettere piede fuori dalla villa? Un Draco Malfoy che ha rimediato ai suoi errori e non deve convivere con il senso di colpa?
«E tuo padre?» lo interrogò ancora. «Gli sta bene… questo
Il Malfoy dell’altro mondo scoppiò a ridere, ma di una risata amara e sardonica. «No. Ma non importa, visto che trascorrerà il resto della sua vita ad Azkaban. Come merita
Lo guardò scioccato da quelle parole, sbattendo le palpebre allibito.
«Lo penseresti anche tu, se avesse cercato di uccidere la ragazza di cui sei innamorato davanti ai tuoi occhi, dopo averlo supplicato di risparmiarle la vita.»
Draco deglutì, mentre si chiedeva se anche la sua versione di Lucius avrebbe fatto la stessa cosa.
Sì, se quella ragazza fosse stata una Nata Babbana si rese conto con orrore; suo padre era riuscito ad evitarsi la prigione fornendo nomi di Mangiamorte alla Corte, ma non gli era più permesso di lasciare Malfoy Manor. Aveva cercato di ristabilire un rapporto con lui, ma Lucius non voleva saperne di accettare la sua decisione di abbandonare per sempre la linea purosanguista, quell’ideologia che Draco era arrivato a disprezzare profondamente e a cui imputava tutti i dispiaceri e i dolori della sua esistenza.
E aveva di fronte a sé la prova di ciò. Il suo sosia aveva avuto il coraggio di abbandonarla molto prima, aveva deciso di fare la cosa giusta, di prendere parte e non cercare di tirare acqua al suo mulino e uscirne indenne. Aveva deciso di rischiare.
Per la Granger.
Per una versione della Granger che aveva visto in lui qualcosa di buono e aveva scelto di credere in lui e nella sua redenzione.
«Hai combattuto, nella guerra?» domandò ancora, senza più alcuna parvenza di disgusto o irritazione nel tono della sua voce.
Il Malfoy alternativo annuì. «Ho combattuto per lei. Dopo tutto quello che aveva fatto per me… Non potevo non fare nulla e aspettare semplicemente che San Potter salvasse la situazione. Non la proteggevano mai abbastanza, quei due idioti» commentò acidamente. «Non dirle che li ho insultati.» aggiunse poi facendo ruotare gli occhi.
Draco rise di una risata sincera a quelle parole.
Era vero; anche la sua Granger salvava i fondelli a quei due stupidi Grifondioti di continuo e loro sembravano avere quell’assurda convinzione che lei fosse invincibile e non necessitasse di alcuna protezione, o quantomeno, di attenzione alla sua sicurezza. Come quando i Mangiamorte avevano attaccato il campo alla Coppa del Mondo di Quidditch e loro si stavano facendo una tranquilla passeggiatina nei boschi invece di fuggire a gambe levate e mettere quanta più distanza potevano tra gli uomini incappucciati e la Granger.
Almeno il nomignolo per Potter è lo stesso, constatò nella sua mente, ma era veramente una magra consolazione per lui.
Una svolta, una stupida svolta sbagliata e anche la mia Granger avrebbe avuto modo di vedere il ragazzo dietro la maschera. Una svolta, una stupida svolta sbagliata e mi avrebbe consegnato le chiavi per la mia redenzione… e per la mia felicità.
«Tu?» gli domandò all’improvviso il doppelganger, vedendo che Draco non proferiva più parola.
Il biondino fece scattare lo sguardo su di lui.
«Io non ho mai avuto possibilità di scegliere» disse solamente; poi cambiò discorso. «Vi farò mettere a disposizione una camera in un hotel, mentre io e la Granger o Potter cercheremo l’oggetto che avete usato. Sarà meglio che non usciate» lo avvertì. «Non sono esattamente ben visto.»
Il suo sosia lo aveva scrutato pensieroso e poi aveva annuito; gli aveva descritto l’Artefatto in questione e gli aveva chiesto se potesse fare in modo che gli venissero restituite le bacchette, non si fidava di quel mondo per la sicurezza di sua moglie.
Draco aveva acconsentito.
«Dici che non hai avuto alcuna scelta» gli mormorò prima che si alzasse dal tavolo su cui si era seduto. «Ma forse intendi dire che non hai avuto il coraggio di farne una scomoda.»
Il giovane assottigliò gli occhi. «È la mia famiglia. Io non avevo altro per cui lottare.»
«E quindi sei rimasto dalla parte dei Mangiamorte e hai fatto i loro sporchi comodi?»
«Non ho avuto il coraggio di fare neanche quello» ammise Draco, chinando il capo. «Non l’avevo in me, la natura del Mangiamorte.»
Il suo doppelganger gli rivolse un mezzo sorriso. «Lo so. Non ce l’avevo neanche io.»
«Ho fatto quello che i Serpeverde sanno fare meglio. Mi sono adattato, facendo quello che mi conveniva in quel momento… E poi, mi sono seduto in disparte con i miei genitori quando Potter lo ha affrontato definitivamente. Come il codardo che sono sempre stato.»
Il Malfoy dell’altra dimensione assottigliò gli occhi e lo fissò mentre ponderava le sue parole.
«Pensi ancora che i Nati Babbani siano inferiori ai Purosangue?» gli domandò.
Draco sgranò leggermente gli occhi, ma fece cenno di no con il capo.
«Puoi essere coraggioso ora, allora. Chiedile scusa, avvicinati a lei… Falle capire che sei cambiato.»
«Non mi interessa la Granger» ribatté in tono asciutto lui. «E comunque sta con la Donnola.»
«Ma chi, Ronald Weasley? Davvero?» domandò con una smorfia disgustata la sua versione migliore, così aveva deciso di chiamarla.
«Lo so, mai vista coppia peggiore» affermò il biondino. «Mi chiedo se capisce almeno la metà delle cose che lei gli dice.»
«Probabilmente annuisce e basta e poi si rimette a ingurgitare cibo come faceva a scuola.» gli diede man forte l’altro Malfoy.
Draco sghignazzò. «Sei strano. Sei me, ma non sei me» rifletté con una strana espressione sul viso.
«Sono te, se avessi il coraggio di farti conoscere veramente» lo corresse lui. «La maschera che Lucius ti ha insegnato ad indossare sarà la tua rovina, se non te ne sbarazzi subito. E credimi quando ti dico che non vale la pena assecondarlo; ti perderesti molto


⸻⸻⸻ 
Salve a tutti!
Come promesso ho iniziato a pubblicare la versione alternativa ed estesa della mia precedente ff! Come avevo premesso, questo primo capitolo è esattamente uguale alla prima metà della prima parte della ff precedente, motivo per cui pubblicherò insieme anche il capitolo 2 e il capitolo 3. 
Spero che vi piaccia anche questa versione, quando mi è venuta l'idea di fargli fare un vero e proprio viaggio nel Multiverso, con tante versioni dei due personaggi, ho dovuto per forza scriverla!
Lasciatemi un piccolo feedback se vi va!

A presto!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


CAPITOLO 2


 
Draco non aveva fatto che chiedersi quanti Draco Malfoy esistessero, quante versioni di sé stesso respirassero e camminassero come lui in quello stesso momento, in un altro punto dell’universo. O in un altro universo. C’era un Draco che stava peggio di lui? Uno che era riuscito ad avere il coraggio di uccidere Silente su quella Torre e che ora marciva ad Azkaban? C’era un Draco che era ancora migliore di quello che aveva conosciuto, uno che Lucius non lo aveva mai idolatrato e non aveva mai cercato di diventare come lui? Un Draco Malfoy che non aveva mai insultato una Nata Babbana e non si era mai creduto superiore a tutto e a tutti? Che aveva scelto di stare dalla parte giusta fin dall’inizio? Un Draco Malfoy che non era mai stato un codardo?
«Granger, hai mai sbagliato strada durante una ronda?» domandò il giovane all’improvviso, mordendosi l’interno della guancia, il cuore che gli pulsava rapidamente. Voleva sapere come aveva perso la sua occasione, la possibilità che invece era stata data al suo doppelganger.
«Una volta» ammise lei arrossendo. «Avrei dovuto pattugliare il secondo piano, ma l’ho praticamente saltato perché ho sentito un rumore provenire dal terzo. Alla fine, era solo Pix che si comportava da… Pix, ma non sono più tornata indietro e me ne sono resa conto solo il giorno dopo.»
Lei ridacchiò in imbarazzo, ma Draco aveva chiuso gli occhi e serrato i pugni nascosti dal suo mantello; lo sbaglio della sua Granger lo aveva condannato, quello della Granger del suo sosia lo aveva salvato.
Un minuscolo errore, uno stupido, piccolissimo, semplice e all’apparenza innocuo dettaglio, e la sua vita sarebbe stata completamente diversa.
«Perché questa domanda?»
Il biondino scrollò le spalle e simulò indifferenza, come se quella risposta non avesse avuto l’importanza epocale che invece aveva avuto.
«Tutto questo è fottutamente assurdo» mormorò Hermione dopo un attimo di silenzio.
Il giovane l’aveva guardata alzando un sopracciglio.
Chissà se anche la Granger è stata incuriosita dalla loro storia…
«Il fatto che il Multiverso esista o che quei due siano effettivamente riusciti ad attraversarlo?» domandò lui in tono neutro.
«Il fatto che quei due stiano insieme» specificò lei, enfatizzando con aria scioccata e nauseata le ultime due parole.
«Granger, non stanno insieme. Sono sposati» le fece notare ruotando gli occhi.
«Oh, certo, così è più normale» asserì sardonica. «Quella povera ragazza ha bisogno di aiuto»
Il biondo si bloccò sul posto. «Quella ragazza è felice, Granger. Non ha bisogno proprio di un bel niente e fidati che lui… le darà qualsiasi cosa vorrà.»
Draco deglutì dopo essersi lasciato scappare quelle parole a voce alta.
«Certo. Perché sono i soldi a fare la felicità, Malfoy, non è vero?»
Lui la guardò per qualche secondo, incassando il colpo; ne aveva sempre parlato in quei termini, ma la verità era che lui non aveva la minima idea di cosa volesse dire veramente essere felici; i regali che gli avevano fatto i genitori da bambino e che gli avevano dato l’illusione di essere al settimo cielo non erano abbastanza da permettergli di evocare un Patronus. Non sarebbe mai riuscito ad evocarne uno.
«Lui non è me» le disse soltanto. «La ama. Accetta che ci sia una versione migliore di Draco Malfoy e una versione di te che ne porta il cognome e falla finita, Granger. Abbiamo da fare.»
Hermione lo aveva fissato con le labbra dischiuse dalla sorpresa e dallo shock per qualche secondo, poi lo aveva seguito in silenzio.
Com’era possibile che lui si fosse fatto una ragione della cosa prima di lei?
Hermione deglutì quando vide il cancello di Malfoy Manor pararsi davanti ai suoi occhi; aveva pensato di essere in grado di farlo, quando aveva detto a Harry che le stava bene occuparsi lei della faccenda. In realtà voleva solo assicurarsi che la sua controparte stesse effettivamente bene e che quel suo Malfoy la trattasse con riguardo e rispetto, voleva aiutarli a tornarsene nel loro mondo, mondo che, a quanto le aveva raccontato la sua doppelganger, aveva imparato più dalla guerra di quanto non aveva fatto il suo.
Erano mesi che Bellatrix non le faceva visita nei suoi incubi, anche senza pozione per il sonno senza sogni, ma ritrovarsi lì, in quel luogo così cupo e incolore, non aveva fatto altro che catapultarla indietro nel tempo.
Non si era accorta di aver smesso di camminare e di essersi bloccata a fissare il castello con occhi spalancati.
«Granger?»
«I-io aspetto qui» affermò la ragazza, «farò compagnia ai pavoni.»
Draco le si avvicinò e le rivolse uno sguardo così morbido, così poco da Malfoy, che quasi le fece saltare un battito.
«Sarai al sicuro, Granger» cercò di tranquillizzarla, ma lei non mosse un muscolo, né proferì suono alcuno.
«I-io n-non…» lei deglutì, tentando di formulare una frase di senso compiuto. «…non ci riesco.»
Le tese una mano, incerto; tremava appena. Hermione neanche la guardò.
«Te lo prometto, Granger» le disse sommessamente. «Nessuno ti farà mai più del male in casa mia.»
Lei parve riflettere su quelle parole per qualche secondo, ma poi scosse il capo.
«Non posso. Ti aspetto qui» dichiarò risoluta, stringendo la sua bacchetta tra le dita con talmente tanto vigore che le nocche le divennero bianche.
Draco sospirò e lasciò ricadere la mano lungo il suo fianco.
«Ci metterò poco.»
Ci aveva messo veramente poco a individuare l’oggetto; una sfera cangiante circondata da anelli dorati e argentati; l’aveva chiusa in una piccola teca con cautela e poi l’aveva sigillata.
Aveva raggiunto la Granger dopo neanche una ventina di minuti; lei gli aveva chiesto se avesse trovato l’Artefatto e poi, una volta ottenuta la risposta a quel quesito, non gli aveva più rivolto la parola.
Draco aveva consegnato personalmente l’arnese al suo doppelganger, per avere la conferma che si trattasse dello stesso oggetto; la Granger era passata dal Ministero per fare rapporto a Potter e li avrebbe raggiunti a momenti per accompagnarlo nel viaggio che avrebbe riportato a casa i propri sosia. La Granger alternativa, invece, stava facendo una doccia e questo gli aveva lasciato del tempo per continuare a parlare con il suo sosia.
O meglio, aveva lasciato del tempo al Draco alternativo per cercare di convincerlo a non mandare al diavolo la sua possibilità di essere felice.
«Sii coraggioso» lo incitò con un fil di voce. «Fidati di me, non lasciartela scappare.»
«Non mi interessa la Granger» ripeté lui, anche se la sua voce fu scossa da un tremito di incertezza a quelle parole. Il Draco dell’altra dimensione lo guardò con l’aria di uno che non aveva la minima intenzione di bersi quella frottola.
«Anche se fosse, non avrei alcuna possibilità, con lei» aggiunse in torno fermo.
«Ah, tu dici? Secondo me sei il suo tipo» ribatté ammiccando l’altro.
Ma lui non rise alla battuta. «Sono rimasto a guardare» confessò in tono cupo, «mentre Bellatrix la torturava sul pavimento del salotto di casa mia. Lei urlava e si contorceva dal dolore e io non ho fatto niente
Una smorfia fugace comparve sul viso del suo doppelganger, un accenno di disgusto che cercò di celare, ma che Draco notò ugualmente; gli aveva appena rivelato di essere rimasto fermo mentre la controparte della donna di cui era innamorato veniva torturata, non si sarebbe di certo aspettato una pacca sulla schiena e qualche parola di conforto per i suoi stupidi e inutili sensi di colpa, che non lo avrebbero portato da nessuna parte a quel punto; il dado era tratto, il gioco era fatto. Non aveva alcun modo di rimediare ai suoi errori.
«Allora, dille almeno che ti dispiace» gli consigliò il suo sosia. «Potresti ritrovare un briciolo di pace interiore.»
La Granger si era presentata all’hotel puntuale come un orologio svizzero.
«Facciamola finita, allora» gli aveva detto e lui aveva semplicemente annuito.
Non capiva perché quella situazione la irritasse tanto, o la turbasse; avrebbe dovuto essere lui quello profondamente scocciato da quegli avvenimenti; era lui quello che, nonostante avesse revisionato le sue vedute, avrebbe dovuto essere più indignato dalla questione.
Invece Draco non avvertiva più quella punta di sdegno che lo aveva colpito all’inizio; era solamente… risentito; per come era stato incapace di gestire la sua vita rispetto al suo sosia, per il fatto che lui non potesse neanche pensare di ambire ad avere un futuro felice come quello che si prospettava per i loro doppelganger; perché non riusciva più a negare a sé stesso che la prospettiva di un freddo matrimonio a contratto gli facesse gelare il sangue nelle vene e rivoltare lo stomaco.
«Draco, credo che tu stia impostando le coordinate sbagliate.» affermò la Granger all’improvviso.
Avevano appena lasciato i loro sosia davanti alle mura della loro villa; sulle prime, Draco era stato colpito dal fatto che non vivessero al Manor, ma d’altronde, aveva riflettuto poi, se come nel loro Universo la Hermione alternativa era stata torturata tra quelle mura, la cosa non era così sorprendente.
«Granger, è la prima volta in vita tua che vedi quest’aggeggio», ribatté acidamente Malfoy. «Vuoi saperne più di me?»
Lei aveva scrollato spalle e sbuffato, però non aveva aggiunto altro.
Il biondino le tese una mano, prima di inserire l’ultima coordinata.
«Non basta toccare la sfera?» domandò perplessa la giovane.
«È solo una precauzione, Granger» le rispose lui. «Smettila di essere così ostile.»
Hermione gli scoccò un’occhiataccia, ma afferrò comunque la sua mano; toccò la sfera con quella libera e Draco azionò l’oggetto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


CAPITOLO 3


 
«Dannazione, Malfoy, te lo avevo detto!» sbottò irritata Hermione, guardandosi intorno accigliata.
«Questo non sembra affatto il nostro Universo.»
Draco fece una smorfia, ma non chiese scusa. «Devo aver confuso l’1 con il 7.»
«Oh, davvero?» lo schernì sardonica lei.
«Granger, non è colpa mia se hai una scrittura orrenda.»
«Scusa, non tutti prendiamo lezioni di calligrafia da bambini, la maggior parte degli esseri umani dà priorità a cose più importanti!» ribatté la ragazza con sarcasmo.
Il biondino alzò gli occhi al cielo, poi prese a scrutare anche lui l’ambiente circostante.
«C’è qualcosa in questo posto che mette i brividi.»
Draco non poté fare a meno di concordare con lei; tutto sembrava più oscuro, in quel mondo. Il cielo era coperto da nuvole nere e nonostante fossero a malapena le sei del pomeriggio non si vedeva nessuno in giro.
«Arriva qualcuno, da quella parte!» bisbigliò la Granger, indicando un punto poco lontano da loro.
Il giovane si irrigidì immediatamente; la afferrò per le spalle e la spinse contro un muro, nascondendoli alla vista.
«Malfoy, che accidenti-»
«Zitta.» le ordinò in tono irremovibile.
Hermione era sul punto di dargli una risposta tagliente, - o uno schiaffo, non ne era sicura -, ma poi mise a fuoco le figure in lontananza e sbiancò.
Mangiamorte.
Il cuore iniziò a palpitare forte nel suo petto; Draco arretrò nella viuzza, tirandosela dietro con lentezza; si appiattì contro una parete, schiacciando la Granger contro di sé.
Normalmente, sarebbe stata a disagio, ma in quel momento era solo sconvolta; non pensava che avrebbe dovuto rivivere quel genere di situazione.
«Se ne sono andati», bisbigliò il ragazzo. «Dobbiamo toglierci di mezzo.»
«Riavviamo quella dannata cosa no?»
L’ex-Serpeverde tirò fuori la sfera dalla tasca interna del suo mantello e provò ad inserire le coordinate corrette, ma la sfera non si azionò.
«Cazzo!» imprecò Draco sottovoce. «Forse deve ricaricarsi o che so io. Non funziona!»
«Dannazione!»
Hermione si portò le mani tra i capelli.
Pensa, Hermione. Pensa.
Avvertì il corpo del giovane esercitare nuovamente pressione sul suo e la mano di lui chiudersi sulla sua bocca.
Due altre figure incappucciate oltrepassarono l’entrata della stradina in cui si erano nascosti, senza vederli.
«Dobbiamo andare via subito, toglierci dalla strada…», asserì Draco. «E capire cosa diavolo sta succedendo qui.»
Li aveva Smaterializzati nella foresta di Dean; Hermione non era sicura che funzionasse tutto come nel loro Universo, né sapeva se i luoghi che conosceva avessero dei corrispettivi lì, ma con le poche informazioni che avevano, potevano solo improvvisare.
«Possiamo trasfigurare quel grosso sasso in una tenda», disse lei. «Siamo in due e tu eri bravo in Trasfigurazione, dovremmo farcela, no?»
Draco annuì rassegnato e la raggiunse estraendo la bacchetta.
«Staremo stretti, ma può andare», commentò esausto quando ebbero finito.
Hermione trasse un respiro profondo e prese ad agitare la bacchetta, mormorando i purtroppo familiari incantesimi di protezione.
«Muffliato. Protego Totalum. Protego Maxima. Fianto Duri. Salvio Hexia. Repello Inimicum. Repello Babbanum…»
Il biondino restò a guardarla incantato con una strana espressione dipinta sul volto; quante volte lo aveva fatto, quando erano in fuga dai Mangiamorte?
Quando era in fuga da quelli come me. Dalla mia famiglia.
«Ecco fatto», mormorò la ragazza, raggiungendolo. «Dovrebbero bastare.»
«Dammi il tuo mantello, Granger», le disse lui in risposta.
Gli rivolse un’occhiata confusa, ma poi lo vide trasformare entrambi i loro mantelli in due caldi plaid e un mezzo sorriso comparve sul suo volto.
«Buona idea!» esclamò in approvazione. «Vado a cercare qualcosa da mangiare» lo informò, «tu aspett-»
«Vengo con te», asserì interrompendola lui e incamminandosi immediatamente verso le profondità della foresta, prima che potesse obiettare qualsiasi cosa.
Voleva davvero andarsene in giro da sola per i boschi, quando i Mangiamorte vagavano liberi per le strade?
Non trovarono molto; un paio di conigli e qualche bacca, ma almeno il Lago era al suo posto e poterono fare scorta di acqua.
«Ti tiri sempre dietro quella borsetta?», le domandò incuriosito Draco.
«Un vizio che non ho mai perso dopo la guerra», rispose concisa la ragazza. «Mi piace essere preparata per ogni evenienza.»
Il biondino iniziò a mordicchiarsi l’interno della guancia, mentre cominciava a domandarsi come dovesse aver vissuto lei quel periodo di storia magica.
Sapeva che non fosse stato una passeggiata, era stata in fuga con Potter e Weasley per tutto il tempo, cercando di distruggere gli Horcrux per poter uccidere Voldemort, ma non si era mai interrogato sui dettagli prima di quel momento; era stato troppo occupato a superare i suoi, di traumi.
Ricordi di torture e sangue e una voce che gli sibilava gelida nella testa, paralizzandolo dalla paura.
E i cadaveri; quelli erano i più brutti, anche se l’incubo più ricorrente che si presentava a tormentarlo regolarmente era quello della Granger che veniva torturata sul pavimento del salotto di casa sua.
Era stato un evento scatenante, per lui; il momento in cui il filtro attraverso il quale osservava la realtà era crollato definitivamente, disintegrandosi davanti ai suoi occhi.
«Ti sei nascosta qui con Potter e Weasley durante la guerra?», le domandò mentre accendeva il fuoco per cuocere i conigli.
«Solo Harry, in realtà» mormorò in risposta la ragazza. «Ma è dove Ron ci ha ritrovati. Piton aveva nascosto la Spada in quel lago, sai, quella che Bellatrix pensava avessimo rubato…»
La frase rimase in sospeso, rievocando momenti orribili nelle loro menti; Hermione si strinse tra le sue stesse braccia. Entrambi distolsero lo sguardo l’uno dall’altra a disagio.
La Grifondoro mise sul fuoco il loro bottino, poi tornò a sedersi e tese le mani verso le fiamme per riscaldarsi.
«Avrei dovuto fare qualcosa», esordì sommessamente Draco dopo minuti di silenzio. «Quella notte, avrei dovut-»
«Non sarebbe servito a nulla; avresti solo peggiorato le cose per te. Lo capisco», lo interruppe lei. «Non mi aspettavo un tuo aiuto, comunque.»
«Però mi hai guardato», le fece notare.
E io sono morto un po’ dentro in quel momento, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo disse.
Hermione fece spallucce. «Eri l’unica cosa familiare nella stanza. Non ti stavo chiedendo aiuto, sapevo che vista la considerazione che avevi di me…» esitò per un attimo a quel punto, decidendo poi di non continuare quella frase, «…cercavo di restare lucida immaginando di essere a Hogwarts.»
Draco deglutì. «Granger…»
«Fammeli girare, o si bruceranno», disse più a sé stessa che a lui, alzandosi nuovamente per girare la carne.
«Cosa credi sia successo in questo mondo?» gli chiese, volendo a tutti i costi cambiare discorso; non le piaceva parlare di quello che era accaduto quella notte a Malfoy Manor.
Il biondino si inumidì le labbra, incerto se comunicare comunque quello che stava pensando o assecondare il chiaro desiderio della Granger.
Optò per la seconda; non sapeva comunque come dirglielo, che gli dispiaceva e che non pensava più nessuna di quelle cose. Forse lei non gli avrebbe nemmeno creduto e gli avrebbe riso in faccia, se lo avesse fatto.
«Non lo so», ammise alla fine, sospirando. «Quelli erano indubbiamente Mangiamorte, però.»
Avrebbe riconosciuto quegli abiti anche a miglia di distanza; ne aveva visti così tanti, svolazzare per i corridoi di casa sua, che a volte quando era al Manor ancora immaginava di vederli svoltare qualche angolo.
«E se… lui avesse vinto, qui?» sussurrò con voce tremula lei, riferendosi a Voldemort ma non pronunciandone il nome, incerta sulla sicurezza di compiere un tale atto; poteva esservi stato imposto sopra un tabù. «Se Harry fosse…»
Non riuscì a finire la frase e deglutì.
«Speriamo di non scoprirlo, Granger», si augurò lui. «Speriamo che quel coso riprenda a funzionare domani così taglieremo la corda e basta.»
Hermione si morse un labbro.
«Non farti venire strane idee in mente», le raccomandò. «Tieni a bada il tuo maledetto spirito suicida da Grifondoro. Noi non dovremmo nemmeno essere qui.»
«Granger!»
Malfoy la afferrò per le spalle e la sbatté contro il muro. «Che accidenti ci fai qui? Ti avevo detto di aspettare di là, non è sicuro-»
La ragazza gli diede uno spintone per scrollarselo di dosso, interrompendolo bruscamente; lui le rispose con un’occhiata confusa.
«Ti ho detto che stavo andando a comprare una copia della Gazzetta», ribatté piccata lei. «Si può sapere perché indossi abiti da Mangiamorte?»
Draco sbatté le palpebre. «Sei sotto Confundus, Granger? Io sono un Mangiamorte, ricordi?»
Hermione deglutì.
Ma che cazzo…?
La luce di uno Schiantesimo indirizzato al biondino illuminò il vicolo in cui erano appartati; lui si piegò per schivarlo ed estrasse la bacchetta per puntarla nella direzione dalla quale era arrivato l’incantesimo.
Il cappuccio gli ricadde dalla testa, rendendo completamente visibile la sua espressione sbalordita nel trovarsi davanti a… sé stesso.
«Oh», mormorò la ex-Grifondoro, facendo immediatamente due più due.
«Cosa cazzo sta succ-»
Gli tirò un pugno prima che potesse finire quella frase o affatturare Draco, o peggio.
Il Draco di quell’Universo cadde svenuto sul pavimento.
«Fammi capire, Granger», asserì il giovane avvicinandosi a lei. «Ti diverte così tanto colpirmi in faccia
Hermione scrollò le spalle. «Adesso però sappiamo come ottenere informazioni», disse, rivolgendogli un sorrisetto soddisfatto.
Avevano legato e bendato il sosia del biondino, preso in ostaggio la sua bacchetta e poi si erano Smaterializzati nuovamente nella Foresta di Dean.
«Ha i colori al contrario», commentò stranito Draco.
«Eh?»
«La sua bacchetta. La mia ha l’impugnatura nera, la sua il resto…» le spiegò.
«Affascinante», affermò ironicamente la ragazza. «Questa sì che è un’informazione utile.»
Draco sbuffò. «Quindi sei sempre così…»
Hermione gli rivolse un’occhiataccia che gli fece pensare fosse meglio non terminare quella frase, per cui la lasciò cadere.
Un mugugnare indistinto, ma palesemente arrabbiato, attirò la loro attenzione; la giovane tolse il bavaglio dalla bocca del biondino alternativo.
«Granger, porca puttana! Che accidenti vuol dire tutto questo?»
«Non sono la Granger del tuo mondo», gli disse lei senza giri di parole. Non aveva tempo per questo, doveva tornare a casa. «Noi», aggiunse indicando Draco alla sua destra, «veniamo da un altro Universo e siamo finiti qui per sbaglio; il nostro passaggio a casa si rifiuta di collaborare e siamo bloccati.»
«Oh», commentò il suo interlocutore. «Per un momento ho pensato che fosse un modo alquanto esagerato di vendicarti per la scorsa notte.»
Hermione avvampò e persino Draco arrossì leggermente a quella battuta.
«Come hai detto scusa?», esclamò boccheggiando la ragazza.
«Non dirmi che esiste una versione di me noiosa a letto, sarebbe alquanto deludente», commentò sardonico il ragazzo, guardando Draco con una smorfia.
«Noi non stiamo insieme», replicò gelido lui. «E io non sono-»
«Ma insomma!» sbottò Hermione, irritata, ma ancora rossa in volto per l’imbarazzo. «Non abbiamo tempo per questo, ci servono informazioni. Che accidenti succede qui? Perché vai in giro con la Hermione di questo mondo e perché ci sono i Mangiamorte che pattugliano le strade?»
«Senti», le rispose il Draco alternativo con una voce fredda e strascicata che le ricordò molto il Serpeverde quando andavano ancora a scuola. «Sono io che non ho tempo per questo. Ho lasciato la Granger in un Rifugio dell’Ordine, perché quella pazza suicida voleva per forza parlare con Paciock e se non mi riportate immediatamente indietro potrebbe finire in qualche guaio», li informò in tono asciutto. «Anzi, sicuramente finirà in qualche guaio.»
«Sei una pazza con tendenze suicide in tutte le tue versioni, Granger», la sfotté sprezzante il biondino, sorridendole a mo’ di scherno.
Hermione fece schioccare le labbra e tornò a rivolgersi al Draco alternativo.
«Rispondi alle mie maledette domande e ti riporto indietro, d’accordo?»
Il giovane la guardò assottigliando gli occhi. «Come faccio a sapere che avete detto la verità?»
Il biondino tirò fuori la sfera e gliela mostrò. «Ti dice niente?»
«Siete stati dei fottuti pazzi ad usarla!» esclamò con la mascella a terra il sosia. «Ti sta contagiando con il suo dannato spirito da Grifondiota?»
Hermione sbuffò. «La vuoi smettere? Draco ed io non siamo neanche amici. Ci hanno ficcato in questo casino due versioni di noi che sembravano venute fuori dal mondo dei fiori con tanto di cuoricini e coniglietti rosa!»
Il Draco alternativo fece una smorfia disgustata, l’altro per poco non si lasciò scappare una risata.
«Mi lascerete andare se vi do le informazioni che cercate? La devo trovare.»
Hermione annuì.
«Versione breve della storia: Potter è morto, il Signore Oscuro ha vinto e io faccio il doppiogioco da quel momento. Aiuto l’Ordine di giorno e faccio il Mangiamorte cattivo di notte… quando non sono nel letto della Granger, almeno.»
La ragazza diventò nuovamente scarlatta; si voltò verso il Draco del suo mondo e gli scoccò un’occhiataccia.
«Cosa c’entro io? Non ho detto niente!»
«Sei irritante in tutte le tue versioni, Malfoy!» esclamò indignata lei, poi tornò a rivolgersi al suo sosia. «E perché diamine vai a letto con la mia versione di questo Universo?»
Il Draco alternativo fece spallucce. «Perché mi piace?»
«Domanda brillante, Granger. Cento punti a Grifondoro!» affermò sarcastico Draco. «Forse d’ora in avanti dovrei farle io le dom-»
«Perché fai la spia per conto dell’Ordine?» lo interruppe bruscamente Hermione.
«Perché non ne posso più di tutta questa merda! E voglio proteggere lei e non sarà mai al sicuro finché lui non verrà sconfitto, ti pare?» le rispose tagliente il doppelganger. «Senti, stiamo perdendo tempo… Devo riportarla al Manor prima che-»
Hermione si pietrificò a quelle parole. «Perché devi riportarla lì?»
«Perché ufficialmente è mia prigioniera», disse lui. «La mia Granger è più perspicace.»
«Grandioso. Abbiamo un Draco Pitoniano e una Hermione con la Sindrome di Stoccolma. Questo è un nuovo record di follia!» commentò allibita la ragazza.
«La Sindrome… cosa?» domandarono i due all’unisono, sollevando un sopracciglio nello stesso momento.
«E questo è inquietante» aggiunse indicando le loro espressioni totalmente identiche.
«Senti, potete lasciarmi and-»
«L’hai costretta?» gli domandò a bruciapelo Hermione.
«Che cosa?» chiese indignato il doppelganger.
«Granger, che cosa cazzo stai insinuando?» sbottò Draco.
«Oh, smettila!» tuonò lei. «Lui non è te quindi non prendertela sul personale, Malfoy.»
«Sono innamorato di lei» chiarì ancora allibito il sosia. «E non farei mai niente del genere. Che tipo sei tu se sospetta questo?»
Draco si morse un pugno.
«Veramente, te l’ho chiesto perché tu sembri fin troppo comodo in quei vestiti.» ribatté caustica la Granger.
«Se fossi comodo in questi vestiti ti avrei uccisa a vista.» le fece notare lui in tono piccato.
La ragazza sbuffò. «Esattamente, in che modo può ricambiarti lei dopo i vostri trascorsi e dopo che l’hai fatta prigioniera?»
Draco uscì dalla tenda a quella domanda; era visibilmente innervosito, ma Hermione non ci fece caso, intenta com’era ad ottenere i dettagli che desiderava.
«Lei è il motivo per cui ho trovato il coraggio di cambiare fronte», le spiegò. «Dopo che Bellatrix l’ha torturata io… non sono stato più lo stesso. Mi è stato improvvisamente chiaro che l’ideologia con cui sono cresciuto era… una grandissima stronzata. L’ho portata via dalla battaglia prima che potesse venire catturata da qualcuno che le avrebbe fatto del male. Per proteggerla
«Non spiega comunque come-»
«Mi fai finire di parlare così posso andare a riprendermela?» sbottò irritato il Draco alternativo, poi riprese il suo racconto. «Non mi credeva, all’inizio, quando le dicevo che non volevo farle del male… E io non ero bravo a esprimermi. Lo ha capito con il tempo e poi abbiamo iniziato a collaborare, l’ho rimessa in contatto con Paciock e gli altri sopravvissuti… Ci siamo avvicinati e… è successo e basta. Ma non l’ho mai costretta a fare nulla. Te lo giuro.»
Hermione si morse il labbro inferiore. Tirò fuori la bacchetta e liberò il ragazzo.
«La tua ce l’ha Draco.»
«Toglimi una curiosità, però» la fermò il biondino. «Cos’è con voi due?»
«Come scusami?»
«Voi due… qual è il problema?» domandò perplesso.
«Non credo di capire cosa intendi. Noi… non abbiamo esattamente i migliori dei trascorsi.»
Il ragazzo rise. «La mia Granger ed io abbiamo superato tutto e le probabilità non erano a mio favore. Mi sembra di aver capito che nel tuo mondo lui non ha vinto.»
Lei scosse il capo. «Harry lo ha sconfitto, ma non capisco perché tutte queste versioni di me e Draco abbiano una relazione. Non ne vedo le basi.»
Il doppelganger si passò la lingua sui denti. «Forse non vi conoscete abbastanza. Perché non provate a darvi una possibilità? Insomma, hai detto che due su due-»
«Non vedo perché dovremmo», gli rispose accigliata lei, troncando il suo discorso. «Io ho un ragazzo che amo e sono felice. E Draco Malfoy è sempre e solo stato un pezzo di merda nei miei confronti. Eravamo rivali, poi nemici… E ora non siamo niente. Fine della storia.»
Il Draco alternativo scrollò le spalle, per niente convinto dalle argomentazioni della giovane.
«Lui non sembra così mal disposto verso di te, sai?» le fece notare. «Non… Ascolta, probabilmente è stato cresciuto come me ed è fottutamente incasinato. Ma chiediti questo, metteresti mai in dubbio gli insegnamenti dei tuoi genitori senza avere un valido motivo prima? Senza avere prove concrete della loro erroneità?»
Hermione deglutì a quelle parole. «Que-questo n-non giustifica… C-credo che sia ora di andare», mormorò soltanto alla fine, dirigendosi verso l’uscita della tenda.
Trovarono il giovane seduto davanti al fuoco con una pessima cera, perso nei suoi pensieri.
«Draco…»
«Credo che questa dannata cosa si sia ricaricata o qualsiasi cosa sia quella che fa», la informò in tono freddo Draco.
Hermione tirò un sospiro di sollievo a quella notizia. «Riportiamolo dove l’abbiamo trovato e torniamo a casa, per favore.»
La Granger e il Draco di quell’Universo facevano rivoltare lo stomaco persino più di quelli che avevano incontrato in precedenza.
Non appena si erano visti, si erano letteralmente avvinghiati l’uno all’altra e Hermione avrebbe giurato di vedere le loro lingue fare cose strane a un certo punto; non aveva più retto.
Aveva afferrato il suo compagno di sventure ed era corsa via.
«Accendi quella dannata cosa!» gli aveva ordinato, paonazza in volto.
Draco aveva obbedito senza rivolgerle la benché minima parola.



⸻⸻⸻ 
Rieccomi!
Questo è il primo Universo alternativo in cui i nostri Draco e Hermione si ritrovano bloccati; attraverso questo viaggio arriveranno a riflettere e discutere di alcune tematiche importanti, mondo dopo mondo. Spero che questa nuova versione vi stia piacendo!
Anche questa storia verrà aggiornata giornalmente, salvo imprevisti!
Grazie a chiunque leggerà la mia fanfiction, lasciatemi un piccolo feedback se vi va!
A presto!

Ps. vi ricordo che mi trovate anche su Wattpad con lo stesso nick ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness

 
CAPITOLO 4

 
 
«Pensavo avessi inserito le coordinate giuste questa volta!» esclamò sbalordita la giovane.
Draco sbuffò. «Granger, non vedi che ha smesso di funzionare nel bel mezzo del viaggio e ci ha mollati in qualsiasi punto del Multiverso eravamo in quel momento?»
«Qualche teoria su come questo sia potuto accadere?»
Il ragazzo fece spallucce. «Avremmo dovuto aspettare un po’ di più prima di partire, forse.»
Hermione ringhiò dalla frustrazione.
«Cerchiamo di capire in che genere di Universo siamo finiti, va bene?» tagliò corto lui, infilandosi la sfera in tasca.
Si guardarono attorno, non sembrava molto diverso dal loro mondo.
«Malfoy», disse la giovane. «Quello non sei tu? Con… un cellulare babbano in mano???»
«Un cosa?» domandò confuso il biondino.
«Oh, questa la voglio vedere da vicino!» commentò divertita la ragazza, prendendo a seguire il Draco di quell’Universo.
Gli era passato davanti distrattamente, mentre parlava al telefono. Aveva tutta l’aria di essere un uomo d’affari, ma non del tipo che si incontrava nel mondo magico.
«…Lasciato l’ufficio per andare a pranzo con mia moglie…», stava dicendo alla sua assistente.
«Credo che tu sia un Babbano in questo posto», constatò divertita Hermione.
Draco si accigliò. «Non è divertente, Granger.»
Lei quasi scoppiò a ridere per l’espressione che si era dipinta sul volto del giovane.
«Uh, un avvocato», aggiunse sempre più esilarata dalla situazione. «Questo sì che è interessante!»
Il biondino al suo fianco sbuffò, ma quando vide la sua versione alternativa baciare sulle labbra la Granger di quel mondo, che nel frattempo dondolava una carrozzina, decise di prendersi la sua dose di soddisfazione.
«Sembra che la Granger di qui sia d’accordo con te.»
«Come?» esclamò la ragazza, voltandosi nuovamente a guardare il doppelganger. «Oh, ma vorrai scherzare!»
«Cosa ti turba esattamente di questa faccenda, Granger?» le domandò all’improvviso. «Perché la trovi così irritante?»
Hermione lo guardò boccheggiando per diversi istanti, incapace di formulare una risposta concreta a quel quesito.
«La vera domanda qui è perché la cosa non disturba te.», asserì piccata alla fine.
Draco fece spallucce. «All’inizio mi ha disturbato, lo ammetto. Poi è diventato semplicemente strano. Ora lo trovo quasi divertente.»
«Divertente?» ripeté incredula la ragazza. «Ti rendi conto che probabilmente in ogni mia versione resto una Nata Babbana e tu un Purosangue?»
«Questo non c’entra nulla, Granger», rispose lui distogliendo lo sguardo da lei; poi tornò a puntarle gli occhi addosso e assunse un ghigno beffardo che le ricordò molto il Draco di Hogwarts. «Era più il fatto che tu sia dannatamente insopportabile a farmi storcere il naso.»
Hermione arricciò le labbra. «Oh, tu invece sei uno spasso in ogni tua versione.»
Il ghigno sul viso del biondino si allargò. «Mi sembra che le Granger alternative apprezzino.»
La strega arrossì visibilmente a quelle parole. «Mi sembra che i Draco alternativi non mi trovino così insostenibile.»
Lui scrollò le spalle. «Non mi importa più nulla, sai» le disse poi in tono sommesso. «Del sangue e tutta quella roba lì.»
Lei lo guardò con gli occhi sbarrati.
«Ne ho viste troppe per non rendermi conto dei miei sbagli, Granger.»
Avevano dovuto confondere una receptionista per ottenere una stanza in un hotel, essendo sprovvisti di soldi. Era una doppia, ma con letti separati; non era sicuro per loro dividersi e comunque avrebbero rischiato maggiormente di destare sospetti con due stanze. Una era già un rischio, ma uno calcolato, gestibile in caso di emergenza.
«Che problema hanno le nostre versioni alternative?», la udì mormorare nel cuore della notte, scoprendosi entrambi incapaci di addormentarsi.
«Hai mai pensato, dall’inizio di questa storia, che forse siamo noi ad avere un problema, Granger?», le rispose lui con uno strano tono di voce che Hermione non sapeva bene come interpretare.
«No», disse seccamente lei. «Non sono io quella strana. Come si può passare dall’odiarsi a… quello
Draco restò in silenzio per diversi minuti prima di rispondere. «Forse loro hanno semplicemente avuto modo di conoscersi veramente, al di là di tutto. Noi no. Ed è per questo che non capiamo.»
Che non capisci, avrebbe voluto precisare. La verità era che lui capiva perfettamente; c’erano due modi di vedere la loro situazione. La prima era l’interpretazione delle loro dinamiche che avevano sempre dato anche loro stessi finché non si erano imbattuti nei primi doppelganger: odio, disprezzo. La seconda, era la rivalità; a scuola, la cosa che gli dava veramente sui nervi della Granger era il fatto che era l’unica alla sua altezza accademicamente parlando… forse addirittura lo superava. Era il vero motivo per cui non la sopportava; lui voleva essere il migliore e… anche lei. La pungeva sullo status di sangue semplicemente perché era quello che suo padre gli aveva insegnato a fare e perché era l’unica cosa che credeva l’avrebbe toccata.
Hermione sbuffò e si girò su un fianco, lo sguardo fisso sul muro accanto al suo letto; non voleva vederlo, neanche in quella penombra, illuminato solo da una flebile luce lunare.
«Non capisco neanche perché abbiano voluto conoscersi.»
«Magari non lo hanno deciso loro, è successo e basta», ribatté lui distrattamente.
«Credi che tutte le nostre versioni in tutti gli Universi esistenti stiano insieme? O che per caso siamo finiti in mondi in cui le cose stavano così?»
La ragazza rifletté sulla risposta da dargli. «No», concluse alla fine. «Credo che sia successo solo laddove si siano verificate le situazioni favorevoli affinché accadesse». Poi sospirò impercettibilmente. «O saremmo noi a non avere senso.»
“Voi due non avete senso”, gli aveva detto il primo sosia che Draco aveva incontrato. Era vero? Erano davvero loro due quelli ad avere un problema?
«E se fosse così, Granger?» le chiese in un fil di voce. «Se fossimo noi due a non avere senso?»
Hermione non rispose; Draco pensò che si fosse addormentata e si voltò dall’altro lato per cercare di fare altrettanto, sospirando rassegnato all’idea che non sarebbe mai riuscito a venire a capo di quella situazione. Lei, però, era più che sveglia, e lo rimase per molto altro tempo.
Era andata a comprare la colazione.
Comprare era un parolone, visto che avrebbe dovuto confondere la cassiera; Draco era ancora profondamente addormentato quando aveva lasciato la stanza. Gli aveva scritto una nota veloce, dicendogli di non lasciare l’albergo e che sarebbe tornata a momenti; l’ultima cosa di cui avevano bisogno era un Malfoy che girovagava in un mondo Babbano che non capiva, di un Universo parallelo di cui non sapeva nulla.
Si avvicinò al bancone per ordinare le cose da portar via, quando la vide.
La sua versione alternativa.
Si era trasfigurata, quella volta; essendo entrambi Babbani in quell’Universo, non poteva rischiare di essere vista; non avrebbe saputo come spiegarsi. Decise di avvicinarsi.
«Ciao», esordì sorridendo. La sua sosia ricambiò il saluto. «Non sono di qui, mi chiedevo se potessi consigliarmi qualcosa di buono da provare e qualche posto interessante da visitare.»
La doppelganger ci pensò su un momento e le fece una lista di monumenti, musei e gallerie da vedere; poi le consigliò il dolce da acquistare.
«Che bel bambino», esclamò Hermione, rapita dalla creaturina che dormiva beatamente della sua carrozzina; aveva i capelli dello stesso colore di quelli di Draco; si chiese se avesse anche i suoi occhi grigi. «Tuo?»
La ragazza annuì. «Ha quasi due anni. Ci ha cambiato la vita, da quando è nato.»
«Congratulazioni», mormorò distante la giovane, incapace di distogliere lo sguardo dal bambino.
«Grazie. Sai, mio marito ed io abbiamo avuto una di quelle storie con un pessimo inizio e una difficoltà dietro l’altra», confessò la giovane, senza avere la minima idea del perché stesse dicendo quelle cose personali a una sconosciuta. «Ma ce l’abbiamo fatta.»
«Cosa intendi?»
«Sono rimasta incinta mentre eravamo all’Università, sai» le spiegò, «studiavamo legge insieme. Lui ha finito gli studi e sta già lavorando, io li finirò quest’anno. È stato un buon compromesso. Abbiamo solo dovuto faticare economicamente per un po’.»
Ad Hermione venne quasi da ridere. Draco sarebbe morto al pensiero di una sua versione non ricca.
«I vostri genitori non vi hanno dato una mano?»
La sua doppelganger deglutì. «I miei sono morti in un incidente d’auto anni fa.»
Hermione sussultò a quell’informazione.
«E i genitori di Draco, mio marito, non… approvavano la nostra storia.»
«Oh. Perché?», domandò perplessa la giovane. Erano Babbani in quel mondo, quale problema poteva esserci?
«Beh, dicevano che non ero abbastanza per lui. Speravano sposasse qualche fighettina dell’alta società con la puzza sotto il naso. Io sono una ragazza troppo semplice per essere una Malfoy, a detta loro.»
Hermione corrugò la fronte. «Carini.»
La sua sosia rise. «Non ne hai idea.»
Oh, cara. Tu non ne hai idea, pensò invece lei.
«Gli hanno chiesto di scegliere tra me e i soldi che gli passavano», proseguì il racconto la Hermione alternativa. «Draco ha scelto me.»
La giovane sorrise suo malgrado. «Sembri felice, però» constatò.
«Non tutti i mali vengono per nuocere.» rispose la doppelganger. «Tutto si è risolto per il meglio, alla fine. Siamo felici.»
«Ti ho portato la colazione», asserì Hermione, poggiando il sacchetto sul tavolo con poca grazia.
Tutto quel parlare con versioni assurde e incomprensibili di loro stessi la stava drenando delle sue energie e della sua rinomata lucidità mentale. Era stanca, voleva tornare a casa. Voleva andare da Ron, che a quel punto doveva essere in preda al panico non sapendo che fine avesse fatto, e tornare alla sua normalità, la sua tranquilla vita con il ragazzo che amava.
Si chiese se Harry gli avesse raccontato tutto, alla fine; sarebbe impazzito, sapendola da sola con Malfoy, dispersa nel Multiverso, del quale non sapevano assolutamente nulla. Si era buttata a capofitto in quella missione senza avere abbastanza nozioni in merito, una mossa molto non da lei; era Harry quello che si immischiava nelle cose di impulso, lei rifletteva prima di agire.
Ma non quella volta. Quella volta si era offerta volontaria senza pensarci; avrebbe dovuto essere una missione veloce, comunque. Smollare i loro sosia nel loro mondo d’origine e tornarsene a casa. Invece era bloccata con Draco Malfoy da quasi due settimane.
«Sei andata in giro?» commentò irritato il biondino.
«In questo mondo non ci sono maghi, Draco», gli disse. «Possiamo stare tranquilli.»
«Che tu sappia. Magari siamo solo noi ad essere dei fastidiosi Babbani, qui.»
«Non così fastidiosi come credi.» lo contraddisse lei.
«Come dici?»
Hermione scrollò le spalle; «Ho avuto modo di parlare con la mia doppelganger.»
«Hai interagito con la te stessa Babbana di questo mondo? Ti è dato di volta il cervello, Granger?» esclamò allibito lui.
«Mi sono trasfigurata, Draco» gli fece notare, puntando i pollici contro il suo stesso viso. «Proprio per non rischiare di avere problemi. E se ti sbrighi a mangiare possiamo fare lo stesso anche con te e andare a farci un giro.»
«Vuoi fare la turista ora?» domandò con un sopracciglio inarcato il giovane.
Lei fece spallucce. «Cosa dovremmo fare in questa camera tutto il giorno?»
Draco si morse il labbro inferiore.
«Mi vedi davvero come un mostro, Granger?» le chiese nel silenzio della notte.
«Non ti ho mai visto come un mostro, Malfoy», gli rispose lei senza esitazione. «Solo come un grandissimo stronzo
Lui rise amaramente, ma poi si fece più serio di prima. «Sei arrivata ad insinuare che un mio doppelganger potesse aver abusato della tua-»
«Andava in giro vestito da Mangiamorte e aveva detto di averla fatta prigioniera. Era una domanda lecita», lo interruppe bruscamente lei.
«È comunque un’accusa pesante, Granger. Sono a malapena riuscito a far funzionare la Cruciatus su Rowle quando avevo la bacchetta di Tu-Sai-Chi tra le costole e tu hai insinuato che…»
«Lui non era te. Ti ho già detto di non prenderla sul personale», gli ripeté la ragazza.
Draco non le rispose, ma poi gli ritornò in mente un’altra cosa.
«Granger, cos’è la Sindrome di Stoccarda che hai menzionato quel giorno?»
«Stoccolma», lo corresse lei. «È uno stato di dipendenza psicologica per cui la vittima di un sequestro o di abusi inizia a nutrire paradossalmente dei sentimenti per il suo oppressore.»
Il giovane strinse le mani in pugni e le voltò le spalle, troppo arrabbiato per le insinuazioni fatte dalla ragazza sui doppelganger del precedente Universo in cui erano stati anche solo per pensare a un modo per ribattere.
Pensò che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per redimersi, ma agli occhi della Granger sarebbe sempre rimasto il cattivo della sua storia.




⸻⸻⸻
Salve a tutti!
Scusatemi per il ritardo nell'aggiornare, ma non ho fatto in tempo a pubblicare il capitolo prima!
Spero che anche questa quarta parte sia di vostro gradimento e un grazie particolare a tutti voi che mi state lasciando delle recensioni,
mi fa molto piacere leggere le vostre opinioni e i vostri commenti!
A presto!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


 
CAPITOLO 5



 

«Non ci credo», commentò stizzito Draco. «Questo aggeggio si sta prendendo gioco di noi, non c’è altra spiegazione.»
Hermione sbuffò. «Siamo cosa, al quarto o quinto Universo?»
«Sesto», rispose lui con aria scocciata.
Nei precedenti due Universi, Hermione si era divertita immensamente; nell’ultimo, in particolare, aveva rimpianto come non mai di non essersi portata dietro il suo cellulare per riprendere la reazione di Draco alla notizia che in quel mondo era lei la Purosangue e lui il Nato Babbano. Decisamente la dimensione parallela che aveva preferito; la sua sosia apparteneva a una famiglia purosanguista, ma era stata a smistata a Grifondoro, un po’ come la situazione di Sirius. I suoi genitori non approvavano la storia con Draco, né la sua amicizia con Harry. La cosa più esilarante era stato conoscere la versione Grifondoro di Malfoy. Oh, se fossero stati amici lo avrebbe preso in giro per il resto della sua vita, per quello.
Nel penultimo universo, invece, le cose erano divenute molto deprimenti; Draco era morto durante la guerra, per proteggerla dalle torture di Bellatrix a Malfoy Manor. La sua sosia le aveva raccontato di non aver mai avuto idea dei sentimenti che il Serpeverde provava per lei, finché Piton non aveva mostrato dei ricordi a Harry in cui i due ne parlavano. Narcissa aveva mentito sulla morte del Prescelto per vendicare quella di Draco.
Uno schema iniziava a divenirle chiaro però; il loro sembrava davvero l’unico Universo in cui non erano in qualche modo insieme.
«Diventerò pazza», borbottò la ragazza. «Di questo passo, ne uscirò pazza.»
«Perché, non lo eri già?», le chiese sarcasticamente il biondino.
Lei gli scoccò un’occhiataccia. «Torneremo a casa giusto in tempo per essere trasferiti permanentemente al San Mungo, te lo dico io.»
«Non essere esagerata», commentò lui, ridendo suo malgrado.
«Draco Malfoy ha appena riso a qualcosa che ho detto?» fece Hermione fingendosi scioccata.
Il giovane alzò gli occhi al cielo. «Andiamo a vedere dove siamo finiti questa volta.»
«Siamo di nuovo Babbani», commentò accigliato Draco.
«Siamo di nuovo una coppia», rincarò la dose lei, serrando la mascella.
«Stai diventando quasi ridicola con questa tua fissazione del non accettare l’evidenza dei fatti, Granger.»
«Che cosa vorresti dire?» domandò con un acuto la ragazza.
Draco avvicinò le labbra a un suo orecchio. «Siamo fatti l’uno per l’altra, Granger», sussurrò.
Hermione arrossì leggermente, gli diede uno schiaffo sul braccio e scoppiò a ridere. «Ma falla finita!»
Da quando a Malfoy piaceva scherzare con lei? Su una cosa del genere, poi?
Da quando gli piaceva scherzare in generale, se non per schernire gli altri?
Poi rifletté sul fatto che probabilmente il suo intento in quel momento era sempre e comunque quello di deridere qualcuno… lei, come al solito.
Draco rise, ma quella risata non gli arrivò agli occhi.
Non era più così ottuso da rifiutarsi a tutti i costi di guardare in faccia la realtà; tutto in quella faccenda sembrava cercare di spingerlo verso la Granger; tutto quello che avevano visto, sembrava un maledettissimo segno. Solo che la sua Granger non voleva coglierlo.
«Andiamo, cerchiamo un posto dove sistemarci», propose il giovane.
«Quale credi che sia la loro storia?», domandò Hermione all’improvviso, mordendosi il labbro inferiore.
«Hanno tutti storie simili e diverse allo stesso tempo», continuò sovrappensiero. «Iniziano tutte con il piede sbagliato, poi vengono ostacolati da qualcosa o qualcuno… Ma finiscono sempre insieme.»
Lo sguardo di Draco la trapassò da parte a parte e si fermò a fissarla intensamente.
«Persino i due Babbani del precedente Universo. A quanto pare, in nessun Universo sarei… idonea per uno come te. Mi chiedo quale sia la storia di questi qui.»
Il biondino si schiarì la gola. «Granger…»
«Potrei scriverci un libro, su questa cosa. Quando torneremo a casa», continuò a ragionare la ragazza.
Draco capì che stesse parlando più con sé stessa che con lui e sospirò, scuotendo il capo.
«Oppure potresti impiegare quel tempo per fare altro», le fece notare.
«Tipo?»
Hermione alzò un sopracciglio e restò in attesa della risposta.
«Conoscere me
Lo fissò in silenzio per qualche istante, battendo le palpebre, incerta se prendere seriamente le parole del giovane, o se interpretarle ironicamente. Scoppiò a ridere.
«Come no», concordò lei. «Ron adorerebbe l’idea.»
Draco fece una smorfia a quel commento e distolse lo sguardo da lei. Deglutì.
La Granger stava con Lenticchia… e lui se n’era completamente dimenticato.
Quelle persone non siete voi. Non lo sarete mai. Non c’è mai stata una possibilità per voi.
Si domandò perché in tutti gli Universi pareva avessero avuto un’occasione, mentre il loro Universo sembrava non aver contemplato neanche per sbaglio l’idea di farli avvicinare.
Perché proprio noi? Perché sono proprio io il Draco Malfoy che non può avere l’amore?
Non era riuscito a trattenerla.
Aveva individuato i suoi doppelganger al tavolino di un bar e gli si era avvicinata con qualche scusa stupida.
«Vi dispiace se ci sediamo qui?», gli aveva chiesto fingendo nonchalance. «Tutti i tavoli sono occupati.»
I due avevano sorriso e la Granger doppelganger aveva annuito; poi il sosia di Draco si era scusato e si era allontanato, dovendo rispondere a una chiamata.
«Vi frequentate da tanto?», domandò Hermione sorseggiando il suo caffè.
«Pettegola», le mormorò Draco all’orecchio; lei per poco non sputò la bevanda.
«Dal liceo», rispose la ragazza. «Voi due?»
«Oh noi non-»
«Abbiamo iniziato a frequentarci solo recentemente», la interruppe il biondino, mettendole un braccio attorno alle spalle.
Si erano camuffati, in realtà, quindi i capelli di Draco erano neri in quel momento; Hermione era stata molto soddisfatta del lavoro di trasfigurazione che era riuscita a fare su di lui.
Gli scoccò un’occhiataccia.
«Eravamo compagni a scuola, sai, ma per una serie di cose non è mai stato possibile approfondire il nostro rapporto.»
«Capisco perfettamente», asserì la doppelganger annuendo. «Draco ed io ne abbiamo passate tante. I nostri genitori posseggono due compagnie rivali» raccontò loro; «sono andati su tutte le furie quando hanno scoperto che avevamo una relazione segreta e che mi aveva proposto di sposarlo. Alla fine, siamo scappati e lo abbiamo fatto di nascosto. I miei genitori si sono ravveduti con il tempo», spiegò la giovane, «ma il padre di Draco… non è esattamente un tipo comprensivo. Credo che sia lui, al telefono. Probabilmente lo sta insultando perché ha sviluppato un’applicazione molto redditizia per l’azienda della mia famiglia.»
La sosia di Hermione sospirò profondamente. «Mi dispiace, sapete. Perché so che lui ci sta male, anche se non lo dice. È il tipo che si tiene tutto dentro e tende a non chiedere mai aiuto. Ma se lo osservi bene, te ne accorgi quando c’è qualcosa che non va.»
Come il tuo Draco. Te ne eri accorta, al sesto anno, che stava male, sussurrò una vocina nella testa di Hermione; una punta di senso di colpa iniziò a farsi strada all’altezza del suo stomaco… avrebbe cambiato qualcosa, se lo avesse cercato e gli avesse offerto il suo aiuto? Se avesse provato a capire cosa gli stava succedendo e gli avesse proposto un’alternativa al fare il gioco di Voldemort?
Ti avrebbe mandata via, insultandoti, si rispose mentalmente. Non si era accorta di aver iniziato a fissarlo, mentre si perdeva in quei pensieri.
«Tutto bene?», le domandò sventolando una mano davanti al suo viso. Aveva ancora un braccio stretto attorno alle sue spalle; la mano posata sul braccio di lei si strinse leggermente attorno ad esso per attirare la sua attenzione, facendola riscuotere.
«Sì. C-credo che dovremmo andare, ora», gli rispose in un sussurro.
Un mese. Saltavano da un Universo all’altro da un mese. La sfera continuava a scaricarsi mentre era in funzione, lasciandoli bloccati per giorni in posti che non conoscevano, costringendoli ad adattarsi come potevano.
Hermione era sorpresa di come Malfoy stesse gestendo la cosa; credeva che al di fuori della sua zona di comfort e lusso, sarebbe impazzito… Ma non era stato così. Aveva sbuffato spesso, quando erano stati costretti ad arrangiarsi in quella tenda minuscola e scomoda, o a volte si era lamentato dei letti degli hotel, troppo scomodi per lui, ma non era mai andato avanti per molto.
Le mancavano Ron e Harry; si chiedeva cosa stesse succedendo a casa.
«Comunque non è giusto», affermò decisa la ragazza mentre scorrazzavano per le vie della città.
La Londra dell’Universo attuale era molto diversa da quella del loro mondo.
«Cosa?»
«Non siamo stati in nessun Universo in cui la stronza sono io», constatò accigliata.
«Granger, tu sei stronza», le rispose ruotando gli occhi.
«Non è vero!» obiettò indignata lei.
«Mi hai tirato un cazzotto al terzo anno.»
«Tu mi hai lanciato contro una fattura allunga denti.» controbatté lei, portandosi le braccia al petto.
«Non era per te, quella. Non era mia intenzione colpirti, non conta.» asserì con convinzione il biondino.
Hermione sbuffò.
«E comunque», asserì cambiando discorso. «Se il Multiverso è infinito, devono esserci degli Universi dove non siamo insieme. Tipo uno in cui finisci ad Azkaban, o… uno in cui la Purosangue snob sono io e ci finisco io. Non possiamo essere… ‘buoni’ in tutti quanti.»
«Tu dici?»
La ragazza annuì convinta. «Ci sarà pure un Universo in cui decidi ugualmente di sposare una Purosangue, invece di rischiare tutto per una Nata Babbana», proseguì imperterrita. «O uno in cui sono io a tirarmi indietro.»
«Credo che quest’ultimo sia il nostro», borbottò sommessamente Draco, senza riuscire a impedire alle parole di uscire dalle sue labbra.
Hermione non abboccò e ignorò il commento inopportuno.
I due Universi successivi furono orrendi.
Nel primo, Hermione e Draco avevano iniziato una relazione tra il quarto e il quinto anno a Hogwarts; Lucius li aveva scoperti quella notte a Malfoy Manor e aveva ucciso la sosia di Hermione davanti ai suoi occhi. Il Draco di quell’Universo era un Draco spento e triste, distrutto.
Le veniva ancora il magone, a pensarci.
Nell’Universo dopo, invece, erano morti entrambi; entrambi uccisi da Lucius perché, dopo essersi sostenuti e aiutati a vicenda a superare il trauma della guerra durante il loro settimo anno a Hogwarts, si erano innamorati, e Lucius non poteva tollerare un tale disonore. Erano divenuti un simbolo della guerra, in quel mondo.
Draco e Hermione non avevano fatto commenti su nessuno dei due Universi.
Nell’ultimo Universo in cui erano stati, invece, Voldemort era stato sconfitto definitivamente durante la Prima Guerra Magica; Regulus era riuscito a distruggere tutti gli Horcrux prima di morire e quando Voldemort aveva cercato di uccidere Harry e la maledizione gli era rimbalzata contro, era stato lui a perire. Definitivamente. Lucius era finito ad Azkaban in quel momento e Draco era stato cresciuto da Narcissa.
La signora Malfoy doveva essersi riappacificata con Andromeda ad un certo punto della storia, perché il biondino in quell’Universo non aveva mai idolatrato suo padre e non aveva mai avuto alcuno screzio con Hermione; quello era stato l’unico universo in cui le cose erano filate lisce fin da subito per i due. Nessun problema, niente da superare. Una storia talmente ordinaria che un lettore l’avrebbe trovata quasi noiosa da leggere, se Hermione avesse deciso di scriverlo veramente, quel libro.
L’Universo in cui erano bloccati in quel momento, invece, era tra i più esilaranti.
«Sei il mio assistente», commentò Hermione con le lacrime agli occhi.
«E ti fai sbattere da me sulla scrivania del tuo ufficio, Granger», ribatté piccato lui, con un ghigno stampato sul viso. «Credo che quella parte sia quella più degna di nota.»
Lei era arrossita, poi aveva sbuffato. «Non capisco perché le nostre versioni alternative siano tutte così arrapate» borbottò con disappunto; riconobbe il suo errore solo dopo aver proferito parola.
Draco inarcò un sopracciglio. «Si chiama attrazione sessuale, Granger» la informò. «O forse la Donnola non è in grado di stimolarti a sufficienza? Hai una vita sessuale triste e ordinaria, Granger?»
«La mia vita sessuale non ti riguarda», gli rispose in tono asciutto lei. «E non ha niente che non vada, per tua informazione.»
Il biondino si limitò a scrollare le spalle. «Sappi che sono disponibile, se volessi provare qualcosa di nuovo.»
«Forse vuoi ripetere l’esperienza del terzo anno», controbatté Hermione stizzita. «Ho ancora un buon gancio destro, sai?»
Draco rise e il discorso finì lì.
Si erano nascosti nella Stamberga Strillante. Draco non aveva idea del passaggio segreto che conduceva allo stabilimento decadente.
Le loro versioni in quell’Universo andavano ancora a Hogwarts. Erano apparsi nella Stanza delle Necessità; non capivano come fosse possibile, infondo il castello era inaccessibile dall’esterno salvo autorizzazioni speciali concesse dal Preside; ma non sapevano neanche l’effettivo potere della ‘sfera multidimensionale’, così l’aveva ribattezzata Hermione.
Erano sgusciati tra i corridoi di notte, cercando di carpire il contesto in cui si trovavano; avevano compreso di essere al loro quinto anno, perché c’erano le disposizioni della Umbridge appese al muro.
Avevano beccato i loro doppelganger mentre erano nel mezzo di una ronda.
Il Draco alternativo aveva spinto la sua Granger nel bagno dei Prefetti, dove loro si erano nascosti per evitare di essere visti dai sé stessi di quell’Universo; non potevano interloquire con loro, essendo molto avanti rispetto alle loro tempistiche. Non potevano correre rischi, non sapevano le conseguenze che derivavano dall’immischiarsi con gli eventi del Multiverso… Hermione ipotizzava fossero simili a quelle della GiraTempo, per cui aveva decretato che l’ideale sarebbe stato non farsi vedere. Forse non avrebbero dovuto mai interagire con i loro sosia, ma non potevano tornare indietro per cancellare quell’eventuale errore; il danno era fatto, in tal caso.
«Non posso proteggerti se non mi dici che cosa diavolo state combinando adesso», stava dicendo il doppelganger di Draco.
«Non ho bisogno di protezione», aveva ribattuto la sosia di Hermione.
Loro erano chiusi in una cabina, la mano di Draco era poggiata sulle labbra di Hermione; non si era accorta che i loro sosia erano entrati nel bagno e avevano sigillato l’uscita e stava per farli scoprire parlando a voce troppo alta.
«Sei impossibile, veramente!» aveva esclamato il Serpeverde. «Non ti fidi di me?»
«Non è questo, Draco…» aveva risposto lei in tono accondiscendente.
«E allora cosa? Perché pensavo fosse abbastanza chiaro che sono dalla tua parte…»
«Meno ne sai, meglio è. Non puoi rischiare di finire nei guai… Se tuo padre scoprisse da che parte stai realmente-»
Draco la interruppe bruscamente. «Sarebbe un mio problema da gestire, Granger.»
La ragazza aveva sospirato; poi il Serpeverde le aveva preso il volto tra le mani. «Promettimi solo che starai attenta.»
Gli aveva annuito e poi sorriso, mentre lui si chinava in avanti per baciarla.
«Dovremmo finire la ronda, Dra-»
«Dimentica la ronda», le aveva sussurrato con voce roca, approfondendo il bacio e iniziando a sbottonarle la camicia della divisa. «Ho altri piani per la serata.»
Hermione, ancora schiacciata contro il muro con la mano di Draco premuta sulle sue labbra, sgranò gli occhi a quel punto, e lo fissò orripilata; scosse la testa violentemente, facendogli cenno verso la porta.
Non possiamo restare. Dobbiamo andarcene alla svelta da qui.
Il biondino le aveva risposto con un’occhiata eloquente che poteva palesemente tradursi con «come diavolo facciamo, senza essere visti?».
Il suo ringhio di frustrazione si perse solo grazie alla pressione che il palmo di lui stava esercitando sulla sua bocca.
Draco tirò fuori la bacchetta e isolò la cabina dal resto del bagno con degli incantesimi non verbali dopo che i primi gemiti avevano lasciato le labbra delle loro versioni alternative, bloccando l’audio che veniva dall’esterno.
Un’ora dopo, non aveva neanche accennato a riattivarlo per controllare che se ne fossero andati.
«Beh?», esclamò accigliata Hermione. «Se ne saranno andati, no?»
Il biondino la guardò con un ghigno malizioso stampato sul volto; annullò l’incantesimo per qualche secondo.
Non se n’erano andati.
«Seriamente?», sbuffò la ragazza e poi si mise le mani tra i capelli.
«Non so quanto tempo si prende Lenticchia per soddisfarti, Granger, ma se ti accontenti di una mezz’oretta sei davvero poco ambiziosa.»
Lei gli rivolse un’occhiataccia in risposta.
«La terrà qui perlomeno un’altra ora, un’oretta e mezza forse, considerando che eri un tipo ligio al rispetto delle regole scolastiche, almeno per quanto riguardava il Coprifuoco», considerò Draco rivolgendole un sorrisetto divertito. «Scommettiamo che non sarà lui a dire di andar via?»
«Questo è stato veramente troppo», commentò Hermione quando i due ebbero via libera; lo stava guidando per i corridoi, diretti alla Stamberga.
«A lei non sembrava dispiacere» replicò sarcastico il biondino.
Gli scoccò un’occhiataccia. «Vuoi finirla? Non è divertente.»
«A me invece sembra che si stessero divertendo», insistette lui. «E tanto anche.»
«Sei odioso», rispose lei piccata.
«E tu cocciuta come un mulo», ribatté Draco ruotando gli occhi.
«Si può sapere dove stiamo andando?»
«Nella Stamberga Strillante. Non possiamo restare al castello. Stiamo usando la Stanza delle Necessità per le riunioni dell’ES, ricordi? Potrebbero scoprirci se ci nascondiamo lì», spiegò la ragazza.
«Sei brava, in questo, Granger» constatò il giovane. «Molto attenta ai dettagli, come… Come se non fosse la tua prima volta.»
«Usavo una GiraTempo al terzo anno, per seguire tutte le lezioni», gli confessò Hermione. «Prima che le distruggessimo tutte all’Ufficio Misteri e che decidessi di abbandonare Divinazione e Babbanologia.»
«Perché hai provato Babbanologia? Voglio dire, li conosci, i Babbani…»
«Trovavo interessante l’idea di studiarli dal punto di vista dei Maghi…» rispose con una scrollata di spalle, mentre lo conduceva attraverso il passaggio tortuoso che portava alla loro meta.
«E con Divinazione? È stata dura per te accettare il fallimento in una materia, Granger?»
Arrossì a quelle parole. «Il mio occhio interiore non funzionava a dovere.»
«Cosa intendi?» domandò lui.
«Avevo visto nella sfera qualcosa di totalmente assurdo e quindi ho mentito alla Cooman. E lei poi è stata sgarbata nei miei confronti.»
«Cos’avevi visto, Granger?»
Hermione non rispose a quella domanda, ma cambiò discorso.
«Eccoci qui».
«Orrenda come l’ho sempre immaginata», si lamentò disgustato il giovane.
«È il meglio che possiamo fare, Malfoy.»
 
Nella Stamberga Strillante c’era solo un letto e non ispirava nessuno dei due, ma dopo due giorni insonni, avevano convenuto che fosse arrivato il momento di riposare; troppo esausti per fare a turno, si erano distesi entrambi sul materasso malandato.
Hermione fissava il soffitto persa nei suoi pensieri.
Due mesi; erano dispersi nel Multiverso da due mesi. Sospirò esausta e scoraggiata; non si accorse del fatto che Draco, disteso accanto a lei e voltato su un fianco, la stesse osservando ormai da parecchi minuti.
Aveva deciso che voleva la sua occasione con la sua Granger; avrebbe dovuto almeno provarci, a farle capire che meritava che gli concedesse un’occasione; dopo tutto quello che avevano vissuto in quell’assurda avventura, avrebbe dovuto esserle chiaro da sé… ma era bloccata in una sorta di stato di negazione.
Non che per lui fosse stato facile accettare dapprima l’idea dell’esistenza di una sorta di fato o anime gemelle o quello che era, poi il fatto che la sua fosse proprio lei.
Però era bella, dannatamente bella. E tutti i Draco che aveva incontrato erano riusciti ad averla, in qualche modo; persino quello che l’aveva rapita; per proteggerla, ma era partito molto più svantaggiato di lui, no?
Si sporse verso di lei all’improvviso e premette le labbra sulle sue, con delicatezza, sfiorandole appena.
Hermione sgranò gli occhi spiazzata.
Era quello che aveva visto nella maledetta sfera di cristallo della Cooman al terzo anno.
Aveva temuto che si verificasse, appena si erano rintanati in quel posto, ma dopo due giorni ormai si era convinta che fossero tutte baggianate.
E invece lui l’aveva baciata veramente.
E lei era stata scossa dai brividi a quel contatto.
Non capì mai cosa la portò a dischiudere le labbra e a permettere al biondino di approfondire il bacio; e non capì mai perché impiegò tanto tempo a ricordarsi di avere un ragazzo, a casa, che l’aspettava probabilmente in preda alla preoccupazione e alla disperazione più totale.
Quelle settimane con Malfoy erano state assurde… Ma ciò non cambiava i fatti, sarebbero tornati nel loro Universo alla fine, alla loro vita reale e normale, dove non esisteva un noi, per loro due.
Mise le mani sul suo petto e lo spinse via esercitandovi contro una pressione leggera, ma decisa.
«Draco… io non posso.»
«Granger, ti prego», le mormorò lui guardandola quasi supplichevole, le mani che le accarezzavano le guance quasi con disperazione.
«Sto con Ron, non posso fargli questo», disse solamente, scuotendo il capo con gli occhi chiusi; si mise a sedere.
«Di quante prove ancora hai bisogno, Granger?», le chiese spazientito. «Li hai visti anche tu! In ogni fottuto Universo, eravamo in qualche modo insieme. Come fai a non chiedertelo? A non domandarti se anche noi due siamo, per qualche scherzo del cosmo, destinati a stare insieme?»
«Non vedo come questo sia possibile, Draco.» affermò risoluta la ragazza. «Ho lanciato una fottuta sfera di cristallo giù dalle scale, per aver visto esattamente questo
Draco sgranò gli occhi; posò un dito sotto il mento di lei, per girare il suo viso nella sua direzione e guardarla negli occhi.
«Granger… guardami.»
«Draco… Ti stai facendo suggestionare… Noi non siamo queste persone che abbiamo incontrato», gli rispose in tono fermo. «Lo so che loro sono così simili a noi, ma... anche se sembra impercettibile in alcuni casi, siamo diversi. Con un passato diverso. La loro storia non è la nostra storia.»
«Come fai ad esserne sicura, Granger?» domandò ancora lui.
«Perché sono io, Draco! Ricordalo, ricordati chi siamo!» sbottò Hermione.
«Non lo sappiamo chi siamo, Granger! Sappiamo solamente chi siamo stati! E non mi stai dando modo di farmi-»
«Allora ricorda i nostri nomi, dannazione!» lo interruppe bruscamente.
«Non me ne frega niente dei nostri maledetti nomi! Ho già perso abbastanza nel nome della mia famiglia, Granger. Tutte quelle versioni di me hanno mandato a quel paese la propria famiglia e non c'è stato uno di loro che se ne sia pentito. Neanche il Draco che ti ha persa. Non ho avuto nulla dalla fedeltà nei loro confronti. Mi sono solo state tolte cose e opportunità. Voglio di più
Voglio quello che tutte le altre versioni di me hanno o hanno avuto; voglio essere amato; voglio amare. E voglio che tu mi insegni come farlo, come le Granger alternative hanno fatto con i miei doppelganger. Avrebbe voluto urlargliele quelle parole, ma non ne ebbe la forza… e non era neanche sicuro che il suo discorso avesse senso.
«Senti, mi dispiace ok? Per tutto. Non rifarei una singola cosa di tutto quello che ho fatto. Se potessi tornare indietro e rimangiarmi tutto, credimi, lo farei. Ma non posso. Posso solo sperare di riuscire a rimediare. Dammi questa possibilità. Dammi la possibilità di farmi conoscere da te come Draco, non come Malfoy. Dammi la possibilità di dimostrarti che-»
«Draco, mi dispiace ok? Ma non posso mandare al diavolo tutta la mia vita perché ti sei appena svegliato dopo anni in cui non hai fatto altro che denigrarmi e hai deciso che potrei valere la pena di fare un tentativo. Non posso. Non voglio
Non voglio e non posso rischiare la mia intera vita, che ho costruito per anni, le persone a cui tengo e che ci sono sempre state… per te.
«E se tutto quello che ci è successo fosse un segno, Granger?» le chiese iniziando a perdere la speranza; «se dovessimo tornare a casa, svoltare un angolo e non vederci più… Cosa ti assicura che non lo rimpiangeremo per tutta la vita?»
«La vita è fatta di scelte, Draco», mormorò sommessamente la ragazza. «Forse è ora che tu te ne renda conto.»
Il biondino incassò il colpo e ammutolì per qualche istante.
«Quindi mi stai dicendo che scegli Weasley senza nemmeno aver avuto modo di farti un’idea di quello a cui stai rinunciando.»
«Non ho niente tra cui scegliere, Draco. È sempre stato Ron. Sarà sempre Ron. Quello che abbiamo nel nostro Universo potrà non essere importante per te, ma lo è per me.»
Draco deglutì, realizzando solo in quel momento che per quasi tutto il tempo in cui avevano tenuto quella conversazione, Hermione si era strofinata l’avambraccio sinistro; sapeva cosa ci fosse sotto la manica della maglietta. La forza di ribattere e provare a farle cambiare idea gli venne meno, schiacciata dal peso del loro passato; si alzò con uno scatto e uscì dalla Stamberga.
Aveva bisogno d’aria.
Forse, l’unica cosa che l’Universo voleva fare ficcandomi in questa storia, era punirmi; mostrarmi quello che avrei potuto avere se non fossi stato un maledetto codardo per tutta la mia vita, pensò amaramente. Sono il Draco Malfoy che l’Universo ha voluto punire.
Non aveva più pianto dopo la guerra, se non quando si era risvegliato da qualche orrendo incubo; quella notte, non riuscì a trattenere le lacrime.





⸻⸻⸻
Salve a tutti!
Ecco a voi il quinto capitolo della storia, spero che vi piaccia!
Lasciatemi un feedback se vi va, fa sempre piacere leggere le vostre opinioni!

A presto!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


 
CAPITOLO 6



 
Hermione aveva ripensato a quel bacio che Draco Malfoy le aveva rubato ogni singolo giorno, per un mese intero, da quando si era svegliata quella mattina nella sua camera da letto, accanto alla familiare testa rossa di Ron e aveva avvertito una nota stonata in quella melodia: l’assenza di Draco, la sua unica costante nei precedenti due mesi di follia.
Aveva iniziato a porsi domande, a chiedersi se il ragazzo non avesse ragione e loro due fossero, in realtà, destinati a stare insieme. O fatti per stare insieme, comunque.
Lei ne aveva dubitato fortemente, a suo tempo, ma non aveva potuto fare a meno di rendersi conto che lei, in realtà, Draco non lo conosceva affatto. Non poteva saperlo con certezza.
E forse è questo il problema; i nostri doppelganger avevano avuto modo di conoscersi.
Aveva giustificato la sua decisione di troncare sul nascere qualsiasi proposta il ragazzo le stava facendo ribadendo a sé stessa che lei non gli doveva nulla; che non aveva motivo per passare sopra a tutte le cose che le aveva fatto e detto in passato e dargli una qualsiasi forma di opportunità; una seconda possibilità gliel’aveva già concessa testimoniando in suo favore al processo e quello era già più di ciò che Draco Malfoy meritasse da lei.
Solo perché loro sono finiti insieme, non vuol dire che debba essere così in tutti gli Universi, si ripeteva; nel loro, per esempio, non c’era modo che fossero compatibili.
Un mese trascorso ad arrovellarsi il cervello, finché non ce l’aveva fatta più; aveva ammesso a sé stessa che aveva scelto senza sapere a cosa stesse rinunciando ed era arrivata alla conclusione che non potesse fare una cosa del genere a Ronald; non poteva stare con lui quando aveva questi laceranti dubbi a tormentarla.
«Non sei tu, Ronald» gli aveva assicurato. «Solo che con la guerra, e tutta la frenesia che c’è stata dopo, io… sento di aver bisogno di capire delle cose, scoprire me stessa.»
«E non puoi farlo restando con me?» aveva chiesto lui, ferito.
«Credo sia questo il punto, Ron», gli aveva detto. «Tu sei una delle cose su cui ho bisogno di schiarirmi le idee.»
«Posso aspettarti, se hai bisogno di tempo» aveva proposto lui, deglutendo. «Tu mi hai aspettato.»
«Forse anche troppo, Ron. E non posso farti la stessa cosa.»
Dieci giorni dopo, dopo una serie di ripensamenti e pergamene bruciate, Hermione aveva finalmente trovato il coraggio di scrivere e spedire una lettera a Draco, chiedendogli di incontrarsi.
Lui non aveva risposto e non si era presentato all’appuntamento.
«Signorina, si ferma per pranzo?» le aveva chiesto la cameriera.
Lei aveva guardato l’orologio e aveva visto che segnava l’una del pomeriggio; ci aveva sperato così tanto che lo aveva atteso un’ora in più di quanto gli aveva indicato sulla lettera.
«No, mi scusi», rispose mestamente. «Vi libero il tavolo.»
Una settimana dopo, Hermione aveva letto dell’annuncio del fidanzamento di Draco Malfoy con Astoria Greengrass sulla prima pagina del Settimanale delle Streghe.
Una Purosangue, ovviamente.
Si era data della stupida, anche solo per aver considerato l’idea che le sue parole potessero essere sincere; le parole che gli aveva sussurrato quella notte e che l’avevano risvegliata ogni mattina, risuonando nella sua mente. Avrebbe quantomeno potuto dirglielo in una lettera, però; lei si era esposta, ingoiando l’orgoglio di cui andava tanto fiera, tornando indietro sui suoi passi. Capì in quel momento che, anche se avesse accettato di concedergli una possibilità quella notte, l’esito dell’esperimento sarebbe stato il medesimo. Avrebbe comunque fatto quello che i suoi genitori desideravano da lui; era sempre stato tutto quello che Draco Malfoy aveva fatto in vita sua.
La proposta di un incarico negli Stati Uniti arrivò qualche giorno dopo come una coincidenza fortuita e provvidenziale; due anni lontano da tutto e da tutti sembravano fare al caso suo.
Così aveva fatto i bagagli ed era partita senza più interrogarsi sull’esistenza di quel dannato biondino.
Era tornata da New York con una promozione al Ministero in tasca e aveva trovato Ron in aeroporto, ad aspettarla; le aveva chiesto un’altra occasione e lei gliel’aveva concessa.
Lo amava, veramente; e le era mancato. Tutta quella faccenda del Multiverso le aveva semplicemente incasinato la testa.
Aveva incontrato Draco Malfoy di nuovo solo anni dopo; Hermione era a Diagon Alley con sua figlia Rose e passeggiavano mano nella mano, gustandosi un gelato.
Erano andate al parco che era stato costruito per sua iniziativa e dedicato ai caduti in guerra; aveva insistito per far installare delle giostre perché i bambini potessero giocare assieme.
Era arrivata alla conclusione che la divisione per Case a Hogwarts, così com’era, fosse deleteria; che portasse gente simile a frequentare solo gente che gli somigliava, escludendo il confronto e la crescita derivante da un contatto con persone completamente diverse, dallo scambio di idee e opinioni; un parco giochi dove i bambini avrebbero potuto interagire prima dell’inizio degli studi le era sembrata una buona soluzione, dato che non si poteva cambiare l’impostazione scolastica di Hogwarts, sebbene la cooperazione tra Case fosse stata incentivata nel corso di quegli anni; sapeva che erano stati promossi progetti di gruppo con studenti da Case diverse e iniziative simili.
«Granger?»
Hermione sussultò sulla panchina, sentendo quella voce chiamare il suo nome.
«Malfoy», lo salutò di rimando, ricomponendosi e alzandosi per stringergli la mano.
«Piccolo Weasley in arrivo?» domandò deglutendo e guardando il pancione della donna.
«Il secondo», disse lei con un sorriso; indicò una testa rossa che saltellava da una giostra all’altra.
«Ah, quindi la bambina che stava snobbando mio figlio è tua» commentò divertito l’uomo.
«Cosa?» si voltò a guardare la figlia per rimproverarla, le aveva insegnato a non negare la sua amicizia ai bambini senza un motivo valido. Per qualche motivo, dubitava che Draco avesse cresciuto il figlio nello stesso modo in cui era stato educato lui.
«Sembra che abbiano risolto» commentò poi, notando che Rose stesse giocando con una testolina di un biondo platino inconfondibile.
Draco rise. «Sì, sono stati decisamente più bravi di noi.»
Lei abbozzò un timido sorriso. «Ti somiglia», gli disse.
«Spero solo fisicamente», ribatté serio lui. «Caratterialmente, Astoria ed io ci siamo impegnati affinché fosse l’opposto di quello che ero io.»
Hermione annuì e gli rivolse un sorriso comprensivo. Ammutolì per qualche secondo, poi trasse un sospiro e parlò, tirando fuori quel discorso solo per ottenere finalmente un senso di chiusura, non per altro.  «Sai, ci ho pensato spesso in questi anni a quella lettera, ma quando la guardo mi rendo conto che forse è una fortuna che tu l’abbia ignorata», sussurrò sorridendo in direzione dei bambini. «Insomma, guardali, abbiamo dei figli meravigliosi. Mi sento ancora un po’ stupida a ripensarci, soprattutto alle ore trascorse aspettandoti quel giorno… Ma alla fine, hai annunciato il tuo fidanzamento una settimana dopo, direi che valeva comunque come risposta. Volevo solo che sapessi che non te ne faccio una colpa.»
«Granger, di che diavolo stai parlando?» domandò lui sinceramente confuso. «Io non ho mai ricevuto una tua lettera in vita mia.»
Hermione si voltò a guardarlo sbattendo le palpebre e arrossì leggermente. «Non importa», liquidò la faccenda alla fine. «In un certo senso, risponde alla domanda. Chiaramente non era destino.»
Draco, dal suo canto, era sicuro che il destino non c’entrasse nulla con quella faccenda.
«Granger…»
«Weasley», lo corresse Ronald sbucando alle sue spalle, ma sorridendogli suo malgrado; diede un rapido bacio sulla tempia alla moglie, poi precisò nuovamente «È Weasley.»
«Abitudine», rispose secco Malfoy. «Credo che per me e Scorp sia arrivato il momento di andare, ci si vede… Weasley
Draco aveva lasciato Scorpius con sua madre e poi si era diretto quasi correndo nell’ala del Manor abitata dai suoi genitori.
Aveva ribaltato l’intero ufficio di Lucius Malfoy; non appena la Granger gli aveva menzionato una lettera che non aveva mai ricevuto, lui aveva fatto immediatamente due più due. Sicuramente, la ragazza l’aveva mandata direttamente all’indirizzo principale, non sapendo che quelle finivano dritte in mano al capofamiglia, che in quel periodo non era lui; per mandarla direttamente a Draco, avrebbe dovuto inserire una piccola specificazione sulla busta. E sicuramente, l’aveva anche firmata. E Lucius Malfoy non aveva imparato quasi nulla dalla guerra e dalla conseguente decaduta della loro famiglia.
La trovò nascosta in uno scaffale segreto della libreria privata del padre, e la busta era stata aperta.
 
Draco,
se sto facendo una cazzata scrivendoti questa lettera, bruciala e non pensarci più.
È da un mese che non faccio che ripensare alle parole che mi hai detto quella notte; un mese che non faccio che domandarmi se non avessi ragione tu. Un mese che non faccio che pensare a quel bacio e all’intensità delle sensazioni che ho provato in quel momento, sebbene ti abbia respinto.
Ho lasciato Ron, per questo. Perché non sono più sicura di niente, se non del fatto che ho bisogno di capire se ho fatto un errore quella notte, decidendo impulsivamente di non darti una possibilità. Non ti ho neanche ascoltato.
La verità è che ero spaventata; spaventata dall’idea che potessi aver ragione, ma al contempo anche da quella di rischiare tutto per scoprirlo. Avevo paura di perdere i miei amici, di essere ferita. So che non suona molto da Grifondoro, ma quando il tuo cuore ha sanguinato per tanto tempo, impari a ponderare i rischi, cerchi di evitare qualsiasi cosa possa concludersi con la tua sofferenza.
Ma ci ho riflettuto a lungo e a fondo e ho deciso che voglio rischiare un’ultima volta, con te.  
So che farmi viva solo adesso non è l’ideale ma… Voglio che tu sappia che se sei ancora intenzionato a provare a conoscerci, io sono disposta a darti un’occasione. A darla a noi, in qualsiasi termini vorremo metterla.
Ti ho detto che la nostra storia non è la loro storia, ma… Magari potrebbe esserlo. Ho riflettuto sul fatto che loro hanno avuto modo di conoscersi, noi no. E magari è stato per questo che l’Universo ha messo loro sul nostro cammino, per spingerci ad avvicinarci, per darci una possibilità che normalmente non avremmo neanche contemplato. 
Oppure sarà semplicemente un disastro; promettiamo solo di non lanciarci nessun Anatema in quel caso.
O magari per quanto assurdo possa suonare potrebbe nascere una bella amicizia.
O qualcosa di più, se davvero non hai più problemi con… le mie origini.
Ad ogni modo, potremo parlarne meglio di persona, se lo vorrai; sarò al bar dell’hotel in cui avevi sistemato i nostri doppelganger tra due giorni, dalle 10:00 alle 12:00. Se non verrai, avrò la mia risposta.
 
Hermione
 
Draco aveva letto e riletto quella lettera, incredulo; l’aveva stretta tra le mani talmente tanto forte da rischiare di strapparla.
Non era mai stato tanto arrabbiato in vita sua.
La data riportata sulla lettera la collocava all’incirca una settimana prima che il suo contratto di matrimonio con Astoria venisse finalizzato e poi annunciato. Un matrimonio a cui Lucius si era sempre opposto, fino a quel giorno. Lo stesso giorno della lettera.
Aveva conosciuto Astoria la settimana dopo il rientro dalla missione con la Granger; c’era stato un galà e loro avevano iniziato a parlare e si erano scoperti affini; Draco aveva iniziato a prenderla in considerazione come possibile moglie perché avevano delle posizioni molto vicine e lontane da quelle delle proprie famiglie; e la sua altra, unica, opzione lo aveva respinto con risolutezza e finalità. Aveva pensato che non sarebbe riuscito ad avere di meglio dall’ambiente Purosangue; con Astoria, almeno, avrebbe potuto crescere il loro erede lontano dagli ideali con cui erano stati cresciuti loro. Lui ed Astoria si erano voluti bene ed erano sempre stati devoti l’uno all’altra… ma non si erano mai amati veramente. Quei sentimenti non si erano mai sviluppati come Draco aveva sperato inizialmente che avrebbero fatto.
«Che ci fai qui dentro, Draco?» domandò gelido Lucius Malfoy, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Spiegami questa», gli rispose lui, prendendo grosse boccate d’aria per non esplodere. «Spiegami come ci è finita qui.»
«Quella stupida Sanguemarcio», disse suo padre in tono sprezzante. «Non so cosa si fosse messa in testa. Ti ho solo risparmiato un errore... O il fastidio di doverle spezzare il cuore.»
«Non avevi alcun diritto di farlo! Di nascondermela!» urlò Draco. «Per questo hai accettato il matrimonio con Astoria, non è vero?»
«Una Purosangue non tradizionalista era qualcosa che potevo sforzarmi di tollerare. Una Sanguemarcio avrebbe gettato un’ombra sulla nostra f-»
«Tu sei l’unico che ha gettato ombra sul nome dei Malfoy!» gli gridò in risposta. «Tu e le tue azioni da pazzo sadico! Mi hai rovinato la vita! Letteralmente. E non ti è bastato farmi quasi uccidere, obbligarmi a macchiarmi con quello schifoso Marchio e con tutto ciò che ne è conseguito… Mi hai dovuto pure togliere l’unica, fottuta, occasione di essere felice che avrei potuto avere! La mia unica occasione di essere amato veramente!»
Era tutto ciò che voleva, davvero; tutto ciò che gli era sempre mancato. Avrebbe voluto solamente una vita diversa da quella dei suoi genitori, un matrimonio felice, un figlio che sarebbe cresciuto circondato dall’affetto; qualcosa di più di un paio di torte spedite a scuola e una scopa costosa, qualcosa che lo avrebbe fatto sentire amato per davvero. Qualcosa che lui non aveva mai avuto.
«Dovresti ringraziarmi!»
Draco rise amaramente. «Ringraziarti…»
Si passò una mano sul viso.
«Sì! Ti ho comunque lasciato la possibilità di scegliere chi sposare, che è molto di più di quello che viene concesso normalmente a voi mocciosi ingrati…»
«Non era la donna che avrei scelto!» tuonò lui, ricacciando indietro le lacrime di rabbia che minacciavano di fuoriuscire; non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
«Ed è proprio il motivo per cui ho nascosto quella lettera. Ammetto che avrei dovuto bruciarla, ma…»
Draco aveva estratto la bacchetta e gliel’aveva puntata contro, a quel punto.
«Via, Draco. Cosa penserebbe la tua Sanguemarcio se dovesse venire a sapere che hai aggredito un uomo sprovvisto da anni della sua bacchetta e che non può difendersi?»
Narcissa Malfoy era entrata in quel momento, giusto in tempo per impedire al figlio di scagliare una fattura; il giovane uomo li aveva guardati con una smorfia di disprezzo.
«Non posso credere che ho anche cercato di darvi una seconda possibilità», sibilò con odio, poi lasciò quell’ala del Manor, per tornarsene alla propria.
Entrò in una stanza a caso e si lasciò cadere sul letto; scoppiò a piangere e lasciò le lacrime cadere finché non sprofondò in un sonno profondo, il suo ultimo pensiero rivolto al suo posto nello schema delle cose.
Io, nel Multiverso, sono il Draco a cui Lucius Malfoy è riuscito a togliere tutto.
Rose Weasley e Scorpius Malfoy avevano iniziato a frequentarsi intorno al loro quinto anno a Hogwarts, portando i loro genitori inevitabilmente vicini ancora una volta.
L’aveva rivista altre volte; quando accompagnavano i ragazzi al treno, o ad alcune serate a casa dei Potter, dal momento che Albus Potter era il migliore amico di suo figlio… Non avevano mai parlato; non di quello. Avevano sempre fatto finta di niente; anzi, Hermione non gli si era avvicinata neanche più di tanto.
Draco sospettava che Ronald avesse a che fare con quel comportamento schivo da parte della donna; si chiedeva se gli avesse parlato di loro, se gli avesse rivelato i dettagli del loro viaggio nel Multiverso. Inizialmente, Weasley si era persino opposto alla storia tra Rose e Scorpius; doveva averlo fatto ragionare lei.
Era in piedi, fermo sull’entrata del giardino di casa di Potter, con un bicchiere di Firewhiskey in mano e guardava suo figlio; erano rimasti soli da due anni. Astoria era morta, vittima di una maledizione del sangue a cui non erano riusciti a trovare una cura; oltre il danno anche la beffa, Draco aveva perso l’unico spiraglio di luce nella sua vita. Gli era rimasto solo Scorpius in tal senso, ma lui era via a Hogwarts per la maggior parte del tempo. La solitudine non gli aveva fatto bene; si era chiuso nuovamente in sé stesso, incapace in quel momento di realizzare che avrebbe dovuto mettere da parte il suo dolore per lenire quello del figlio. Per fortuna, si era ravveduto prima di causare danni irreparabili. Danni come quello che avevano reso impossibile un suo futuro con la Granger.
Non la sentì avvicinarsi a lui.
«Hai visto?» gli chiese, facendolo sobbalzare. «Forse nel nostro Universo è la loro storia.»
Il biondino si era irrigidito nel sentire quelle parole; lui non aveva mai smesso di pensare che la loro fosse stata un’occasione sprecata; lui non aveva mai smesso di desiderarla.
«È stato mio padre», le rispose in tono asciutto. «La lettera. L’aveva… presa lui.»
Hermione si voltò a guardarlo con gli occhi leggermente sgranati, poi deglutì, visibilmente sorpresa.
«L’ho scoperto subito dopo che mi hai menzionato quella lettera per la prima volta. Ha finalizzato il contratto di matrimonio con Astoria il giorno stesso in cui è arrivata al Manor, io non ne sapevo nulla finché non l’hai menzionata e ho fatto i calcoli. Non aveva senso che te lo venissi a dire in quel momento, comunque.»
Quando i nodi erano venuti al pettine, loro erano e rimanevano entrambi sposati; lei con Weasley, a cui era ancora legata, lui con Astoria, la sua Astoria che era malata e necessitava di lui. A quel punto non c’era più nulla che avrebbe potuto fare per sistemare la loro situazione, non valeva neanche la pena arrovellarsi la testa con quel pensiero.
«E quindi, Ginny, aspetti un altro bambino», stava dicendo in lontananza Ronald, mentre si avvicinava alla moglie e a Malfoy, distraendoli dalla conversazione muta che stavano avendo guardandosi negli occhi; avevano concordato di tentare di andare tutti d’accordo per il bene dei loro figli.
Draco evitava comunque di stare attorno a Weasley; un po’ perché proprio non riusciva a reggerla, la vista di lui insieme alla Granger, un po’ perché odiava l’ironia di quello stupido Universo, nel renderlo invidioso dell’ultima persona al mondo verso la quale avrebbe mai pensato di poter provare invidia.
Ron circondò con un braccio la vita della moglie. «Sto cercando di convincere Mione per un terzo da anni, ma proprio non ne vuole sapere.»
Il biondino distolse lo sguardo dai due; una smorfia che non riuscì a reprimere gli comparve sul volto. Hermione si guardò attorno spaesata, per poi ricomporsi subito dopo.
«Te l’ho detto mille volte, Ronald», rispose leggermente irritata. «Non avrei il tempo per gestire un altro figlio.»

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


Draco & Hermione
In The Multiverse Of Madness


 
CAPITOLO 7




 
Ronald Weasley aveva chiesto il divorzio da Hermione Granger l’anno seguente, dopo anni di crisi matrimoniale; la causa principale era lui, la sua totale incapacità di sentirsi all’altezza della donna che aveva poi portato a disguidi e discordia. E questi allo scioglimento del matrimonio.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato il totale rifiuto di lei ad avere un terzo figlio; Ronald era convinto che avrebbe potuto salvare il loro rapporto, Hermione gli aveva risposto che un figlio serviva a consolidare un matrimonio, non a salvarlo.
Era stato uno scandalo; nel mondo dei maghi non erano molti i casi noti di divorzio e quando due terzi del Golden Trio, - uno dei quali anche attuale Ministro della Magia -, era coinvolto l’attenzione mediatica era scontata.
Hermione aveva trascorso un periodo infernale; si era trasferita con i due figli nella vecchia casa dei suoi genitori, che fortuitamente era stata liberata dai suoi affittuari qualche mese prima della finalizzazione del divorzio. Aveva deciso lei di lasciare la casa a Ronald.
Casa Weasley non le si addiceva più; aveva ripreso il suo cognome, ma aveva continuato a frequentare ugualmente la famiglia dell’ex marito. Molly era quella più fredda nei suoi confronti, ma la donna era sempre stata così; quando qualcosa nel suo rapporto con Ron non le era andata a genio, si era sempre assicurata di farglielo capire con occhiatacce o gesti eloquenti.
Hermione ci era così abituata che non ci faceva neanche più caso; era stata una separazione pacifica, la loro. Anni di matrimonio e una sincera amicizia prima erano una buona base su cui costruire un rapporto che non andasse a ripercuotersi sui figli.
Per cui, quando entrambi si presentarono a casa Potter per il compleanno di Harry qualche mese dopo il divorzio, non si verificarono inconvenienti spiacevoli.
«Mione» la salutò l’uomo, «potremmo scambiare una parola in privato, per favore?»
Hermione corrugò la fronte, ma lo seguì al piano di sopra ugualmente.
«Senti, lo so che abbiamo finalizzato il divorzio solo da cinque mesi, ma lo scorso giugno ho incontrato Calì a Diagon Alley e mi ha offerto un caffè e abbiamo parlato e-»
«Ronald», gli disse lei sbuffando. «Va’ al dunque. Se vi state vedendo, io non ho alcun problema.»
«Oh, ehm. Sì. Bene» farfugliò imbarazzato lui, scompigliandosi i capelli sul retro della testa. «Bene.»
«Tutto qui? Possiamo tornare di sotto?»
Ron annuì e si diressero verso le scale… Ma poi la donna notò Scorpius seduto da solo nel corridoio; aveva l’aria leggermente tormentata.
«Vi raggiungo tra poco», mormorò all’ex marito, poi si diresse verso il ragazzo.
«Scorpius, va tutto bene?»
«Signora Wea-Gra… ehm…»
«Hermione» lo interruppe lei, sorridendogli. «Va bene se mi chiami per nome. Cosa succede? Sembri triste.»
«Non voglio tornare a Hogwarts quest’anno», le disse il ragazzo con un sospiro.
«E perché mai?»
«Non… Credi che possano farmi cambiare Casa?» domandò lui, ignorando quel primo tentativo di indagine della donna.
«Non credo sia possibile, caro. C’è qualche problema?»
«È che… so che tutti dicono che è diverso ora, a Serpeverde… Ma la verità è che è una Casa spaccata in due. E io sono odiato da entrambe le parti. Una che mi chiama traditore del mio sangue, l’altra che mi dà del traditore del mondo magico… o del Mangiamorte.»
Hermione sussultò e si portò una mano sulle labbra. «Ascoltami bene, Scorpius. Non devi ascoltare nessuno di loro. Sei una persona meravigliosa e hai degli amici su cui contare. Questo è l’importante. Lasciali parlare.»
«Però è vero, no? Mio padre e mio nonno erano entrambi nella cricca di Voldemort.»
La donna si soprese nel sentire il figlio di Draco Malfoy utilizzare quel nome; credeva che al più lo avrebbe chiamato Tu-Sai-Chi, ma d’altronde, rifletté, faceva parte del gruppetto dei suoi figli e di quelli di Harry… sicuramente avevano discusso dell’argomento svariate volte, soprattutto durante il periodo in cui Albus e Harry non andavano d’accordo.
«Sai, la gente oggi parla molto facilmente della guerra» iniziò Hermione in tono sommesso. «Ma la verità è che la maggior parte di loro, dei genitori dei vostri compagni, ha vissuto quel periodo nascondendosi o rifiutandosi di combattere. Quelli come noi, coinvolti in prima persona, da qualunque lato fossimo… siamo davvero pochi, Scorpius. E credimi quando ti dico che non è stato facile per nessuno di noi.»
«Ma io lo so quello che ha fatto mio padre», insistette il giovane. «Me lo hanno detto, a scuola. So come ti trattava a Hogwarts… e che è rimasto a guardare mentre tu venivi torturata in casa nostra. Quella stanza è sigillata ancora oggi. Mio padre non vuole che venga aperta.»
Hermione deglutì di nuovo; avevano cercato di proteggerli, tutti, dai ricordi tremendi e orribili della guerra e qualche stronzo Purosangue dai genitori con la bocca un po’ troppo larga era andato a raccontar loro i dettagli?
Avrebbero dovuto pensarci; Lucius aveva fatto lo stesso con Draco riguardo Harry, anni addietro.
«Le cose non sono mai bianche o nere, Scorpius. Abbiamo dovuto tutti fare delle scelte difficili e tuo padre non era in una bella situazione. Credo che sia una cosa di cui dovrai discutere con lui, però. Non… spetta a me parlartene, temo.»
«Ma come fai? A sopportare questo? Ad essere gentile con lui? Da quando mi hanno raccontato quella roba non riesco più a guardarlo in faccia», le confessò con un fil di voce Scorpius, gli occhi sul punto di cedere alle lacrime.
«Tuo padre non è un mostro, Scorpius. Ha solo fatto delle scelte sbagliate, ma questo non lo rende una persona cattiva.»
«E cosa, allora?»
Hermione rifletté un secondo su cosa rispondere. «Umano», disse solamente.
Il ragazzino si passò una mano tra i capelli e si mordicchiò l’interno della guancia, pensieroso.
«È nella natura umana commettere errori, Scorpius. L’importante è rimediare ai propri sbagli. O cercare di farlo.»
«Credi che mio padre ci sia riuscito?»
Hermione gli sorrise. «Sei tu», gli rivelò, «il rimedio ai suoi sbagli. Ha cresciuto un ragazzino meraviglioso e questo vuol dire che ha capito. E che si è impegnato per fare meglio, per essere migliore. È davvero tutto ciò che conta.»
«Ma lui ci è ricaduto, quando è morta la mamma. Chi mi dice che non tornerò l’estate prossima e sarà di nuovo scontroso e distaccato?»
«Ti ricordi cosa ti avevo detto, l’anno scorso?» gli domandò con voce rassicurante.
«Di mostrargli che non è solo», rispose in un sussurro il giovane.
Hermione annuì. «Esatto. Se c’è una cosa che ho capito di Draco Malfoy in tutti questi anni, è che vuole semplicemente essere amato da qualcuno, sapere che ha qualcuno su cui contare. A volte se lo dimentica. Poi dà a me della cocciuta.»
Scorpius rise all’ultima battuta.
«Sii paziente, con lui. Lo so che non dovrebbe essere tuo compito, ma… credimi, ti ha liberato di gran parte del fardello che costituiva portare il cognome Malfoy. E lo ha fatto a sue spese, per darti una vita migliore di quella che ha avuto lui.»
Il ragazzo annuì; restarono in silenzio per qualche secondo, poi, prima che si accingessero a scendere le scale, lui le rivolse un’ultima domanda. «Sei mai riuscita a perdonarlo?»
Hermione lo guardò sbattendo le palpebre per qualche istante. «Sì», confermò. «L’ho perdonato tanto tempo fa.»
Quando la donna raggiunse il salotto, Draco le si avvicinò immediatamente.
«Firewhiskey?» le chiese, tendendole un bicchiere di liquido ambrato che lei accettò di buon grado. Poi l’uomo fece qualcosa che non si aspettava; si avvicinò a lei e quasi posò le sue labbra sul suo orecchio.
«Grazie, Granger», sussurrò con voce roca.
Hermione capì immediatamente che Draco aveva sentito la sua conversazione con Scorpius e che si stesse riferendo a quella.
«Draco, ti ricordi quelle versioni di noi che erano ancora al quinto anno?», domandò Hermione, ormai al quarto o quinto calice di vino elfico; aveva le guance arrossate e strascicava le parole mentre parlava.
Il biondino annuì.
«Cosa pensi gli sia accaduto?» chiese pensierosa; non avevano mai commentato quel mondo, ma al contempo non sapeva esattamente perché stesse tirando fuori l’argomento dopo tutti quegli anni.
«Considerando il loro contesto, sembrava come se la storia dovesse ripetersi come in questo mondo» rifletté Draco, passandosi ripetutamente una mano sulle labbra. «Credo che lui sia rimasto dal lato dei Mangiamorte per proteggerla.»
«Perché dici questo?»
L’uomo scrollò le spalle. «È quello che avrei fatto io, restare dall’altra parte per assicurarmi che in ogni caso tu fossi al sicuro.»
Hermione ponderò la risposta di lui, poi prese a mordicchiarsi l’interno della guancia. «Io spero che sia andato via con lei» asserì con convinzione. «Il Draco che ha provato a proteggerla da Bellatrix è morto», gli fece notare poi, «magari non ha neanche mai preso il Marchio. Voglio dire, stavano insieme già al quinto anno, magari si è ricreduto… prima
Draco si irrigidì a quelle parole. «Credo che lo abbia preso anche lui, Granger», le disse. «Le cose sono precipitate così in fretta dopo l’Ufficio Misteri che non penso abbia avuto modo di escogitare eventuali piani per risparmiarsi quello
«Non hai preso il Marchio perché lo volevi?» continuò a indagare la donna, la fronte corrugata ad esprimere la sua confusione; era sempre stata convinta che sulle prime il biondino fosse sicuro di ciò che stava facendo…
«No. Avrebbe ucciso me e mia madre se mi fossi rifiutato» le spiegò evitando di guardarla. «Non posso negare di esserne stato elettrizzato per un minuto, di essermi sentito in qualche modo speciale» ammise amaramente, «il punto è che il minuto dopo mi ha detto cosa avrei dovuto fare e… sapevo che non ce l’avrei fatta fin dall’inizio. Non… non ho mai voluto uccidere né torturare nessuno. Non so cosa stessi pensando, veramente, in quel brevissimo istante di entusiasmo.»
Hermione deglutì e restò in silenzio per un paio di minuti. «Spero che l’altro Draco abbia avuto la forza di chiedere aiuto a Silente fin da subito.»
«Lo spero anch’io, Granger», sussurrò con una punta di rimorso. «È quello che vorrei aver fatto anche io.»
Forse, in quel caso, potrei meritarti, pensò tra sé e sé.
Forse, in quel caso, avrei ancora potuto averti.
Hermione odiava gli eventi mondani.
Il Ministero organizzava ogni anno decine di galà di beneficenza e lei, in quanto Ministro, era costretta a partecipare ad ognuno di essi.
Quando era sposata, quelle occasioni erano quasi tollerabili, almeno non aveva attorno gente che cercava di rimorchiarla per tutto il tempo; con il divorzio, il tutto era divenuto insostenibile. Specialmente dal momento che Cormac McLaggen era ancora single e non aveva perso neanche un po’ della sua indole da Don Giovanni da strapazzo… né tantomeno il suo interesse per lei.
«Ministro», disse all’improvviso una voce alla sua destra, facendola sussultare leggermente. Una voce che lei avrebbe riconosciuto tra mille.
«Non essere così formale, Malfoy» rispose lei con un mezzo sorriso.
«Come mi hai riconosciuto? Sono mascherato e non si vedono neanche i capelli!»
Hermione ridacchiò. «È il tuo portamento la tua firma, non il colore dei capelli.»
Draco la fissò spiazzato per qualche secondo.
«E poi, McLaggen, io e te siamo gli unici qui senza accompagnatore questa sera, stando alla lista degli ospiti» aggiunse lei. «Dubito che McLaggen riuscirebbe a spuntarmi alle spalle senza venire annunciato dai suoi passi.»
Draco rise, mentre rimuoveva la maschera dal suo volto. «Si soffoca in queste cose, nonostante siano incantate», borbottò accigliato.
«Io non so neanche più dove sia la mia», convenne lei. «Forse l’ho gettata in una pattumiera. Non conto di restare molto, comunque.»
«Come mai così di fretta?»
Hermione fece spallucce. «Non mi piacciono questi eventi.»
«Lo dici solo perché non hai mai avuto l’accompagnatore giusto, Granger» affermò in tono convinto lui.
La donna alzò un sopracciglio. McLaggen sbucò accanto a loro prima che lei potesse ribattere.
«Posso chiederti un ballo, Hermione?» le domandò ignorando completamente Malfoy.
«Temo che non sia possibile, McLaggen», si intromise lui. «Ha appena acconsentito di concederne uno a me.»
«Tu?» domandò perplesso l’uomo, corrugando la fronte, l’ombra di una risata sulle sue labbra che morì non appena vide la mano di Hermione posarsi su quella di Draco.
«Oh, beh. Magari dopo, allora?»
«Ne dubito fortemente, McLaggen», rispose il biondino, mentre un ghigno presuntuoso si disegnava sul suo volto, come l’eco di un passato non troppo lontano. «Se vuoi scusarci.»
La trascinò elegantemente al centro della pista, sotto gli occhi allibiti di tutti i presenti che seguirono ogni loro passo avidamente, mentre i due prendevano a danzare con grazia.
«Ci guardano tutti», commentò arrossendo lei, cercando di resistere alla tentazione di nascondere il volto nel petto del suo partner di ballo.
«Bene», disse semplicemente lui.
Hermione lo guardò confusa.
«Così i vari McLaggen sapranno di dover restare al proprio posto, d’ora in avanti», spiegò in tono serio lui.
Non se la sarebbe fatta scappare di nuovo. Che dicesse quello che voleva, la gente, a lui non importava più da tempo.
«Grazie, a proposito» mormorò lei. «Ventiquattro anni e cerca ancora di togliermi le mutande.»
«Non hai capito, Granger» le rispose lui. «Nessuno ti toglierà le mutandine», aggiunse per poi chinare il capo in corrispondenza del suo orecchio. «A parte me.»
Hermione venne scossa da un brivido di anticipazione a quelle parole; pensò che probabilmente dopo quello erano già fradicie. Arrossì violentemente.
La musica si interruppe in quel momento.
«Avevi detto di voler andare via?»
«Sei presuntuoso come pochi, Draco Malfoy», affermò decisa Hermione, fissando il soffitto dal suo letto ormai sfatto.
«Però sono nel tuo letto», constatò lui. «E non hai le tue mutandine addosso.»
La donna scoppiò a ridere. «Stai solo peggiorando la situazione.»
Draco fece spallucce. «Aspettavo di dirlo da un bel po’.»
«Domani lo diranno anche tutti i giornali», affermò sovrappensiero lei. «Siamo stati impulsivi.»
«Tu, forse. Come da manuale Grifondoro, tra parentesi. Io me l’ero studiata», la contraddisse il biondino. «In un modo o nell’altro saresti venuta via con me questa sera. McLaggen mi ha solo dato l’occasione per farlo in maniera teatrale.»
Hermione lo guardò con un sopracciglio alzato, ma continuando a sorridere.
«Mi piace che si sappia che tu non sei più libera».
«Presuntuoso», ripeté fingendo di accigliarsi. «Cosa ti fa pensare che questo voglia dire che abbiamo una relazione?»
«Abbiamo una relazione da sempre, Granger» le disse lui. «Solo che non lo sapevamo.»
La donna scoppiò a ridere, ma poi tornò seria tutto di colpo. «Pensavo solo che avremmo dovuto dirlo prima a Rose e Scorpius. Potrebbero prenderla male.»
«I ragazzi sono abbastanza grandi per capire, Granger» la tranquillizzò Draco, passando il pollice sulle labbra di lei.
«Capire cosa?»
«Che avresti dovuto essere mia fin dall’inizio» sussurrò con voce roca, e Hermione in quel momento poté giurare di aver sentito le sue gambe tremare.
Draco si sollevò su un fianco e le catturò le labbra sulle sue.
«Non mi scappi questa volta, Granger.»
 
«Te l’avevo detto», asserì Draco, avvolgendo le braccia attorno alla sua vita, la mano sulla pancia che iniziava ormai ad essere visibile sotto il vestito da sposa. «Che è anche la nostra storia… signora Malfoy
Hermione rise. «Ti piace proprio, vero, sentirti dire che hai ragione?»
Rise anche lui. «Avrei preferito che a te piacesse un po’ meno dirmi che ho torto.»
Si voltò a guardarlo, per poi prendere il suo viso tra le mani e baciarlo con dolcezza.
«Mi dispiace dirtelo, ma non credo che sia possibile» ammise la donna. «In nessun Universo.»
Sorrise contro le sue labbra, Draco, mentre le prendeva una mano per incamminarsi e rientrare in casa; la vista sul mare era magnifica, ma l’unica visione che desiderava in quel momento era quella di sua moglie, possibilmente nuda nel suo letto.
Avrebbero trascorso la Luna di Miele in uno dei possedimenti dei Malfoy che si trovava su un pezzetto di spiaggia privata.
«Credo che la risposta sia sì, comunque» le disse mentre camminavano stretti l’uno all’altra; lei gli rivolse un’occhiata interrogatoria.
«Penso che in qualsiasi Universo siamo destinati a trovarci, in un modo o nell’altro», specificò assorto nel suo ragionamento.
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Me lo chiedi davvero?», le domandò ridendo.
«Non tutti loro hanno avuto un lieto fine, ricordi? Il Draco e la Hermione che sono rimasti soli in quei due Universi sposeranno qualcun altro, alla fine», gli fece notare lei.
«Dici che avremmo dovuto portare uno nell’Universo dell’altro?»
La donna rise. «No, Draco. Forse non avremmo dovuto interagire con loro affatto, invece di assecondare la nostra curiosità riguardo alle loro storie.»
Il biondino si mordicchiò l’interno di una guancia.
«Dico solo che… non lo so. Il Multiverso potrebbe essere infinito. Infiniti mondi con infinite possibilità. Infinite casistiche...»
«Io, invece, dico che è così, Hermione», affermò lui convinto.
Aveva iniziato a chiamarla per nome, alla fine; non avrebbe certo potuto continuare a chiamarla Granger, dal momento che il suo cognome era ufficialmente diventato Malfoy, - né lo avrebbe in alcun modo voluto -, sebbene ‘Granger’ fosse sempre stato più un nomignolo che altro, da parte sua.
«Come fai ad esserne così sicuro?», chiese la donna fermandosi un secondo prima di varcare la soglia della loro stanza.
«Perché non c’è Draco Malfoy senza Hermione Granger», sussurrò lui, prendendola tra le braccia e adagiandola con delicatezza sul letto.






⸻⸻⸻
Salve a tutti!
Ecco a voi il settimo e ultimo capitolo della storia, spero che vi sia piaciuta!
Grazie a chi di voi ha recensito la mia storia e chi l'ha seguita fino alla fine.
Lasciatemi un feedback se vi va, fa sempre piacere leggere le vostre opinioni!
Vi ricordo inoltre che potete trovarmi anche su Wattpad con lo stesso nick!

A presto!
STILLATHOGWARTS

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4023888