Le storie di Ami

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Le storie di Ami
 


Parte 1
Quel giorno Shirabu aveva fatto il turno notturno in ospedale. Per quanto di solito fosse un momento calmo e quasi noioso, quella notte c’era stato un grande incidente e Kenjiro aveva dovuto lavorare ore intere senza fermarsi.
Quando tornò a casa lo accolse per primo il volpino, Neve, che avevano regalato ad Ami anni prima.
Eita fu il secondo, era vestito di tutto punto pronto a uscire, gli sorrise intenerito nel vederlo e lo raggiunse stringendolo tra le braccia e baciandolo –Nottata stancante?
-Molto- sospirò questo appoggiandosi contro il suo petto e chiudendo gli occhi.
-Ti stai per addormentare su di me?- rise il cantante.
Shirabu rispose con un semplice –Mh…- prima di fare esattamente quello.
Quando si svegliò si trovava nel loro letto, aveva dei vestiti comodi e si sentiva più che riposato. Vide che era quasi ora di pranzo e si rese conto di aver dormito per tutta la mattina, non che si aspettasse diversamente dopo un turno del genere a lavoro.
Si stiracchiò e solo dopo che si fu messo a sedere notò un bigliettino nella parte vuota di letto che apparteneva a Semi.
“Ti ricordo che non sei così leggero, ma non ti ho lasciato dormire sul pavimento e questo dovrebbe ricordarti che ti amo ancora come se fosse il primo giorno. Ci vediamo nel pomeriggio <3”.
Kenjiro si chiese come l’altro riuscisse a farlo arrossire in quel modo dopo tutti quegli anni, conservò il biglietto nel proprio cassetto personale e lasciò la sua stanza seguendo i rumori che provenivano dalla cucina.
Fu in questa stanza che trovò Ami, la loro bambina. Anche se bambina ormai non lo era più. Era diventata una bellissima donna di quasi sedici anni, i suoi capelli biondi erano legati in uno chignon disordinato sopra la testa, indossava dei pantaloni di tuta bucati e una maglia sporca di colore… da quand’è che non andavano a fare shopping?
-Buongiorno- la salutò con un sorriso mentre si appoggiava allo stipite della porta e la guardava cucinare.
-Papà!- sorrise lei girandosi –Com’è andato il lavoro?
-Tutto bene. Insomma… c’è stato un incidente ieri notte ma si salveranno tutti.
Lei sorrise ancora di più, poi tornò a concentrarsi sul sugo che stava cucinando.
-Tu hai finito di scrivere la storia per il concorso?
Lei annuì soddisfatta –Vuoi leggerla?
-E lo chiedi?
Ami rise, poi si staccò un attimo dai fornelli per cercare sul proprio cellulare il documento da inviargli.
Ami aveva mostrato un grande interesse per la lettura fin da quando era piccolissima, che si era poi trasformato in scrittura. Era quello il club della scuola che frequentava ed, essendo una delle più brave, la sua insegnante l’aveva iscritta a un concorso dove avrebbero partecipato tutti gli aspiranti scrittori del Giappone.
Ami tornò a cucinare canticchiando e Shirabu aprì l’e-mail per leggere il racconto che gli era appena arrivato.
Corrugò la fronte quando si rese conto che i due protagonisti della storia altri non erano che il bassista e il batterista della band di Semi. Non disse nulla e continuò a leggere.
Il racconto era una storia d’amore tra i due, una storia segreta considerando che entrambi avevano mogli e figli. Più Shirabu leggeva e più si sentiva strano, soprattutto quando iniziò una scena erotica. Quindi sua figlia aveva tutta quell’immaginazione nel sesso tra due uomini?
Si appuntò mentalmente di provare una di quelle scene la stessa sera con Eita e concluse in fretta di leggere.
A quel punto sapeva di avere le guance rosse, ma si impose di non farlo sembrare troppo strano e, schiarendosi la gola, disse –Come sempre il tuo stile di scrittura è impeccabile. E anche le descrizioni dei luoghi e dei… momenti sono molto belle. Solo che…
Non riuscì a continuare.
Ami si voltò confusa con il mestolo in mano –Cosa?
-Non so quanto sia adatto inviare a un concorso nazionale una storia d’amore tra i due colleghi di tuo padre.
La reazione di Ami non fu immediata, dovettero passare diversi secondi prima che quelle parole affondassero davvero dentro di lei. Poi il suo viso passò dal diventare completamente rosso al bianco in pochissimo tempo. Infine, fece cadere il mestolo a terra schizzando di sugo i mobili che subito Neve andò a leccare e si gettò sul padre togliendogli il telefono dalle mani come se ne valesse della sua vita.
-Cosa…- sussurrò incredula –Non era questo quello che dovevo mandarti!
Kenjiro rise –Non sapevo che scrivessi di loro due.
Ami gli lanciò un’occhiataccia –Non parleremo di questo.
Gli tornò il telefono subito dopo aver cancellato l’e-mail.
-Perché no? Ormai ho letto!
Ami fece una faccia disperata, si allontanò dai fornelli e andò a nascondersi in un angolino del soggiorno, era lo stesso posto che utilizzava da piccola quando si sentiva triste.
Kenjiro spense i fornelli e poi la raggiunse sedendosi al suo fianco, con Neve che li raggiungeva e si sistemava in mezzo a loro.
-Dai tesoro, non è così brutto.
-È terribile.
Shirabu sospirò, poi iniziò a parlare –Sai che io e papà andavamo in un liceo privato, vero? Uno di quelli con i dormitori. Quando tua padre era al terzo anno, il suo compagno di stanza era andato via per il finesettimana e noi abbiamo… sfruttato la cosa. Poi è entrata tua nonna senza bussare.
Ami lo fissò stupita, lui rise in imbarazzo –Vuoi che questo sia più imbarazzante di quello che ho passato io?
La ragazza si ritrovò a ridere involontariamente -Va bene- concesse infine –ma non dovrai dirlo a papà.
-Non potrei mai, sarebbe come scoprire che ti immagini i miei colleghi mentre hanno relazioni segrete!- si bloccò e si voltò a fissare la figlia –non lo fai, vero?
-Non vuoi saperlo- rispose lei e troppo velocemente cambiò argomento –Comunque, immagino tu conosca il mondo delle fanfiction. Ovviamente c’è un’intera sessione per i cantanti e ci sono davvero tante storie su papà. Tutto è iniziato quando per gioco i miei amici hanno iniziato a mandarmi i titoli o i tag di quelle più strane, con papà che viene messo insieme un po' a chiunque. Storie che ovviamente non ho mai letto perché… ew, no. Però poi tra questi tag ho visto che esisteva la ship tra quei due, mi sono interessata e la cosa è diventata più grande di quello che avrei potuto immaginare.
Shirabu annuì mentre immagazzinava l’informazione nella sua mente –Questo è… particolare.
-Papà devi farci caso!- s’infervorò la ragazza mentre si voltava verso di lui e gli afferrava il braccio –quando usciremo di nuovo con loro devi vedere come si comportano! Sono sicura che le loro mogli siano solo una copertura!
Kenjiro avrebbe voluto ridere per l’assurdità della situazione, ma non voleva offenderla, non dopo che lei si era aperta in quel modo, quindi preferì dirle semplicemente che ci avrebbe fatto caso.
Ma si sa che dopo che una persona ti fa notare qualcosa, questa non se ne andrà mai più dalla tua mente. Così Shirabu iniziò a notare tutti i piccoli dettagli che quei due uomini facevano l’uno per l’altro e iniziò a pensare che forse l’idea di sua figlia non fosse poi così tanto strana.
Lui ed Ami iniziarono a lanciarsi sempre più sguardi consapevoli e più volte avevano dovuto sopprimere i commenti ad alta voce che stavano per dire senza neanche riflettere.
Una sera Eita gli chiese –Tutto bene? Tu ed Ami vi state comportando in modo strano.
-Dici? Non me ne sono accorto- mentì.
Non aveva mai mentito a Semi, ma lo stava facendo solo per proteggerlo il più a lungo possibile. Sapeva che l’avrebbe scoperto prima o poi e anche lui sarebbe stato irrimediabilmente corrotto.

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Parte 2
            Da: Futakuchi-Aone Yuki
      Oggetto: Commento alla storia del concorso
Ciao, mi chiamo Futakuchi-Aone Yuki e ho partecipato al concorso di scrittura come te, ma da Miyagi. Ci tenevo a farti sapere che ho amato la tua storia e che, secondo il mio inutile parere che non importa a nessuno, doveva vincere.
Sicuramente sono di parte, perché anche io sono stato cresciuto da due padri, ma la tua storia… la quotidianità che hai descritto, la normalità di vivere con due genitori dello stesso sesso e la mancanza di ogni tipo di cliché scritti sempre da chi prova a trattare l’argomento senza prima averlo vissuto sulla propria pelle… beh, è stata grandiosa.
Mi hai colpito e commosso, grazie per il tuo lavoro.
Yuki

 
Ami rimase a leggere l’email che aveva appena ricevuto più e più volte mentre il suo petto si infiammava e il sorriso gli nasceva sul volto.
Era felice, davvero felice che le sue parole avessero toccato qualcuno in quel modo, che fossero servite a qualcun’altro, che fossero state apprezzate.
Le sue mani tremavano leggermente mentre cliccava su “rispondi” e iniziava a digitare una risposta.
 
Fu un inizio quel giorno. L’inizio di una storia, l’inizio di qualcosa di bello, l’inizio di qualcosa di particolare.
Ami e Yuki iniziarono a scambiarsi e-mail sulla scrittura, commentando le rispettive storie e consigliandosi libri ed opinioni.
Due mesi dopo, si scambiarono i numeri di cellulare e continuarono a parlare per messaggio, ma così era molto più semplice e veloce. Non fu difficile iniziare a parlare anche di altro, raccontandosi pezzi di vita quotidiana che li faceva sentire un po’ più vicini, che li faceva conoscere sempre più a fondo.
 
Quattro mesi dopo litigarono per la prima volta, Ami gli scrisse “posso chiamarti?” e Yuki rispose “scusa, non posso… sono sordo”. Fu una sorpresa per la ragazza, ma non un problema.
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Non volevo che fosse un problema.”
E quello la fece infuriare “mi credi così superficiale da trovare in questo un problema?”
Si arrabbiò con lui e non gli rispose più fino al giorno successivo, ma due ore dopo si era già iscritta a un corso online per imparare la lingua dei segni.
 
Sette mesi dopo, Ami parlò ai suoi genitori. Era domenica e, per una volta, si trovavano tutti liberi dal lavoro per mangiare insieme un’abbondante pranzo.
-Pensate che possa piacermi una persona anche se non l’ho mai vista?
I suoi genitori la guardarono confusi, poi Shirabu chiese -tipo le fan di tuo padre?
Ami rise scuotendo la testa, poi gli raccontò tutta la situazione fin dalla prima e-mail ricevuta da Yuki.
-É come se lo conoscessi- fece presente Semi alla fine con un sorriso -anzi, lo conosci a tutti gli effetti se parlate ogni giorno, quindi sì… è ovvio che ti piaccia.
Shirabu, al contrario, non sembrava convinto della cosa, ma infine sospirò e dovette dire -ormai sei grande, devo accettare il fatto che non sei più la mia bambina.
-Nostra- lo corresse Semi.
-Sì, sì, come vuoi.
Ami rise alle buffonate dei suoi genitori, perdendosi a guardarli litigare scherzosamente e a sperare che anche lei, un giorno, avrebbe avuto tutto quello.
 
“Il treno diretto a Miyagi arriverà al capolinea fra tre minuti. Si pregano i gentili passeggeri di prepararsi e di dirigersi verso l’uscita più vicina, vi ringraziamo inoltre per aver deciso di viaggiare con noi.”
La voce robotica proveniente dagli altoparlanti fece battere più forte il cuore di Ami, poi iniziò a sistemarsi.
Indossò la sua giacca di jeans sopra la leggera maglietta lilla, si assicurò di avere entrambe le scarpe allacciate (perché non era per niente carino cadere non appena fosse scesa dal treno), si sistemò la coda alta che si era fatta lasciando sciolto il ciuffo biondo e mise lo zaino sulle spalle.
Yuki era proprio lì ad attenderla, le mani in tasca e un sorriso dolce in volto. Era alto, più alto di quanto Ami avesse immaginato e i suoi occhi erano grigi, colore che le foto non avevano mai davvero catturato. Il vento gli scompigliava i capelli corti e un leggero rossore gli colorò gli zigomi.
Anche Ami arrossì leggermente mentre lo raggiungeva, fermandosi a mezzo metro da lui.
“Ciao” lo salutò con la lingua dei segni.
Yuki la fissò commosso, poi fece quel passo in più che li divideva e si chinò su di lei per abbracciarla.
Ami sussultò, poi si sciolse e rispose tremante all’abbraccio.
Era passato un anno da quella prima e-mail, ma adesso erano lì e si stavano finalmente toccando. Ami poteva sentire il cuore di Yuki battere contro il suo orecchio, poteva sentire il calore del suo respiro sul collo, poteva sentire il suo profumo e poteva sentire di averlo finalmente tra le dita mentre si stringeva a lui ancora di più.
E proprio in quel momento capirono entrambi che le parole sarebbero state solo superflue.

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