Vacanze in laguna

di theGan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccolo ***
Capitolo 2: *** Carne ***
Capitolo 3: *** Deviazione ***
Capitolo 4: *** Undici ***
Capitolo 5: *** Verde ***
Capitolo 6: *** Orgoglio ***
Capitolo 7: *** Dormiveglia ***
Capitolo 8: *** Serpente ***
Capitolo 9: *** Burro ***
Capitolo 10: *** Perso ***
Capitolo 11: *** Giardino ***
Capitolo 12: *** Routine ***
Capitolo 13: *** Polvere ***
Capitolo 14: *** Chiamata ***
Capitolo 15: *** Torre ***
Capitolo 16: *** Doccia ***
Capitolo 17: *** Tensione ***
Capitolo 18: *** Lecca lecca ***
Capitolo 19: *** Cucchiaio ***



Capitolo 1
*** Piccolo ***


*writober challenge: i titoli sono il prompt del giorno.


 

PICCOLO (contrattempo)

 

 

Gli autogrill come gli uffici postali o i bagni in tangenziale non sono veri luoghi, ma deserti di rassicurante monotonia. Stessi cartelli, stessi menù, stessa vernice consistenza maionese da raschiare col cucchiaino. Lui e Karl trovano un tavolo molto rosso, molto vuoto e ci schiaffano sopra i vassoi grondanti di unto. Secondo Hermann il buon cibo non deve essere abbandonato nello squallido così prende doppia porzione di tutto e se lo porta via nello stomaco. Le patatine fritte con bacon meritano questo ed altro.

È il primo giorno di vacanza e lo hanno iniziato col botto: venti minuti dalla partenza e Karl gli ha fatti schiantare contro un cavalcavia, disfatto il camper preso a nolo e costretti a una sosta interminabile tra polizia, vigili del fuoco e carroattrezzi. Chissà cosa diranno i giornali domani: non capita tutti i giorni che tre giocatori della Bundesgliga si sfracellino in una strada di campagna. Ex-giocatori. Ex. A volte è difficile ricordarselo, questa è stata l’ultima stagione di Wakabayashi.

I portieri nel calcio hanno una vita extra sulla durata agonistica, ma il passaggio del tempo funziona anche per loro. Hermann ha dato a Wakabayashi filo da torcere in quanto permanenza sul tappeto verde, ma il crocevia degli anta l’hanno passato entrambi. Schneider, come al solito, è rimasto ad aspettargli all’arrivo.

Avrebbe dovuto aspettarsi che il resoconto di una vacanza a tre sarebbe stato più simile ad un diario di guerra. Hermann addenta il panino, la salsa sguscia tra le dita. Hanno lasciato Genzo, l’unico tecnicamente non autoctono, a gestire forze dell’ordine e proprietario dell’autonoleggio. Sono andati per esclusione: Karl è diplomatico quanto una mazzata sui denti, Hermann anche troppo e i personaggi coinvolti avrebbero finito per raccontargli la storia della loro vita. Non si sarebbero mossi più.

Schneider piega in tre il tovagliolo di carta e persevera nel sostenere che questo non sia che un piccolo contrattempo. Per lui sono passati inosservati.

- Avevamo gli occhiali da sole.

- Hanno ritirato i nostri documenti, KARL!

Schneider gli rifila uno dei suoi sguardi alla “frega cazzo”, afferra il bicchiere alto quanto metà del suo braccio e ne scola metà in un colpo.

- Guarda che è tutto ghiaccio.

Genzo è tornato! Ciao Genzo. L’ex portiere si siede, sul suo vassoio al posto dell’hamburger ci stanno quei frittissimi bocconcini di pollo, Hermann si annota di prenderlo in giro più avanti: “se inizi così guarda che raddoppi nel giro di un anno”. Tanto Genzo non se la prende, sa che non dice sul serio. Così come Genzo non dice sul serio a Schneider, mica è preoccupato: è troppo incazzato per la cosa del camper, il signorino voleva andare in hotel.

Karl lo percepisce e non cede, si scola la Coca-Cola in un colpo e tra due ore, quando vanno in commissariato per la patente brilla per la sua assenza: congestione.

Hermann ride fino alle lacrime.

Adesso chiama il campeggio e sente se hanno un accidente di bungalow.

 


 

NOTE:

 

Mannaggia, ho visto le storie stupende di altri autori/trici per il writober e non ho potuto proprio esimermi. Sarò un po' discontinua nel senso che non credo riuscirò a centrare tutti i giorni (e poi sono partita anche in maxi ritardo dal day seven), ma vedrò di fare del mio meglio.

Ho deciso di dare alla raccolta di one-shot un tema in comune: cioè le vacanze estive dei tre dell'Amburgo SV.

Il non poter editare come una pazza mi dà ai matti lol.

 

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Capitolo 2
*** Carne ***


CARNE

 

Siamo scheletri ricoperti di carne. Sicuro ci stanno nervi, vasi sanguigni e muscoli. Genzo conosce il nome di ognuno di loro o almeno di quelli che si è strappato in carriera. Più di trent’anni. Record che capitano quando il tuo primo contratto da professionista lo firmi a quattordici anni, praticamente quindici. Con Karl ci scherza, dice che sull’allungo lo ha battuto alla grande. Però non fa ridere. Non fa ridere nessuno dei due.

Chissà perché si erano convinti che calciatori lo sarebbero rimasti per sempre.

- Lo siamo ancora. – Dice Karl abbandonando la testa contro lo schienale del divano. – Lo saremo per sempre. Solo che non giochiamo più professionisti.

Genzo pensa che un uomo incapace di seguire le istruzioni sui panni prima di metterli in lavatrice non abbia diritto ad essere saggio. Poi lascia che la gravità faccia il suo corso, che il corpo affondi nello schienale e la guancia atterri sulla spalla di Karl. Non è facile. Non a livello metafisico: c’è proprio la differenza in altezza a essere d’impaccio.

Però funziona. Loro, cioè: funzionano.

A ventun anni, fresco di trasferimento al Bayern Monaco e con una nuova cicatrice ad arredargli la schiena, Genzo non ci avrebbe scommesso. Nemmeno a ventidue con un appartamento in affitto e un’amicizia resa forte dalla scoperta di quanto sappia essere fragile. A venticinque e una casa dopo chissà come Genzo si era finalmente convinto. E aveva ragione. Ce l’ha sempre, checché ne dicano i suoi amici: questi sono fatti.

Un altro fatto è che Genzo abbia deciso che il ritiro non gli faccia male: si è preparato per questo e ci sono già passati tutti i suoi coetanei (a parte Muller che resiste, ma per fargli dispetto). Anni fa quello di Tsubasa era stato tragico. Cioè tragico per loro, la Nazionale giapponese, la fine di un’era. Tsubasa era stato l’unico del gruppo a prenderla quasi normale.

- Cioè, quando ho iniziato l’avevo messo in conto.

Anche Genzo lo ha fatto e infatti ha già un piano quinquennale e un’offerta di lavoro: aiuto-allenatore. Quell’“aiuto” dovrà sparire al più presto, ma sarà difficile rimanendo al Bayern. Magari in un altro club… al diavolo! Odia trasferirsi.

Hermann lo fissa serio da quattordici centimetri al di sopra del boccale di birra, poi lancia uno sguardo a Schneider, una roba rapida che se ti distrai un secondo te la perdi. Genzo SA che quei due stanno confabulando telepaticamente. Dannazione.

Hermann Kaltz non dice “prenditi una pausa” o “stai vivendo un momento importante e difficile, rallenta prima di buttarti a pesce in qualcosa di nuovo”. Non lo fa perché lo conosce e sa che a quel punto risponderebbe a tutto di no. Genzo non è debole, non è autorizzato ad esserlo.

No, Hermann Kaltz dice:

- Ho proprio voglia di mare. Adesso noi tre ce ne andiamo in vacanza.

 


 

NOTE:

 

Con una parola come "carne" da adattare come prima cosa pensi tipo al cibo e sono partita stile: vanno al ristorante e litigano su cosa ordinare. Poi niente ti viene in mente che siamo tutti fatti di carne e quella prima o poi cede.

Sono contenta di essere riuscita finalmente a fare dire qualcosa di intelligente a Schneider in una delle mie storie.

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Capitolo 3
*** Deviazione ***


DEVIAZIONE

 

Hermann e Genzo sono due idioti. Carini, indispensabili, ma idioti.

Hermann si è fissato con un buco per turisti ultra trafficato in cui è andato in vacanza con la famiglia un secolo fa, quando il signor Kaltz era ancora vivo. Karl SA che quando approderanno in Italia Hermann si irrigidirà e si renderà insopportabile per fingere di non pensarci.

Genzo sostiene per giorni che l’intera trovata sia una colossale perdita di tempo, così Karl è costretto a giocarsi le armi pesanti:

- Fallo per me.

Che è quel genere di manipolazione umiliante più per l’agente che per la parte manipolata. Ancora di più quando Hermann getta un braccio al collo di Karl e cinguetta sottolineando ogni sillaba con un’alzata di sopracciglio.

- Fallo  per noi.

Per andare al mare Hermann e Genzo vogliono prendere l’aereo. Insostenibile: nessuno di loro è minimal su corredo e vestiario. Si porteranno il mondo e saranno costretti ad aggiungere altri sette bagagli da stiva per la paccottiglia che Hermann si procurerà in vacanza. Almeno lui, Karl Heinz, se la spedisce direttamente a casa. O a Maria. Sua sorella ha sempre in bella mostra i souvenir che gli manda dalle trasferte quando la va a trovare a casa.

- Sei consapevole che li tira fuori apposta?

Chiede Genzo.

- Sì.

Risponde Karl. Che dimostrazione maggiore d’amore può chiedere un fratello maggiore che una sorellina disposta a rivoluzionare l’arrendo interno prima di ogni sua visita? Annunciata o meno.

Hermann e Genzo perseguitano a disquisirla: adesso il problema non è prenotare il biglietto, ma dove pernottare arrivati a destinazione. Genzo rifiuta qualsiasi scelta non preveda un hotel ad almeno sei stelle, Hermann vuole un appartamento anzi due, ma adiacenti così la notte non si danno disturbo.

- Ma pensi che se ti trombi qualcuno nella camera a fianco noi non lo sentiamo?!

Genzo ha tirato fuori la parola che inizia per la “t”. Hermann risponde qualcosa molto piano e con un sorriso un po’ troppo pieno di denti. Karl si accoccolerebbe sul divano e godersi i fuochi d’artificio, ma ha scoperto anni fa che le discussioni tra Hermann e Genzo lo mettono a disagio. Non sono mai serie, gli idioti si conoscono da tipo trent’anni, ma finiscono sempre per alzare la voce e Karl non crede sopravvivrebbe all’umiliazione se ammettesse, anche a se stesso, che gli ricordano quelle dei suoi genitori. Così prende ed esce.

Guidare lo rilassa. Copre i residui di ronzio che in giorni come questi gli esplodono in testa. Può andare ovunque. Può fuggire. Può tornare. Può fare una deviazione perché accidenti quella roba lì, nella periferia destra dello sguardo è la soluzione ad ogni loro problema.

Ci impiega venti minuti a scegliere, altri quaranta a firmare autografi e stringere mani a proprietario e fratello del proprietario rientrato dal Tesco apposta. Grandi fan.

Quando Karl, finalmente, fa il suo ingresso trionfale a casa, nemmeno la voce di Genzo “HAI dimenticato DI NUOVO il cellulare” dalla cucina può scalfirlo dall’assoluta certezza del suo successo.

Aspetta che siano seduti a tavola, che Hermann e Genzo passino altri venticinque minuti a stabilire dove chiamare per annunciare:

- Ho noleggiato un camper.

 


 

NOTE:

Karl Heinz Schneider: maestro in negazione e pensiero laterale. Quel povero camper durerà pochissimo.

 

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Capitolo 4
*** Undici ***


UNDICI

 

C’è stato un tempo i cui numeri in maglietta avevano un significato, poi il calcio totale degli olandesi ha reso tutto più elastico. Non come gli esseri umani, ostinati fili di vetro incapaci di evolversi in gommini di plastica. Karl ha portato il dieci sulla schiena duranti gli anni delle juniores, poi era arrivata la convocazione per la Nazionale giovanile e il numero se l’era fregato quel fetente di Schester. Era stato strano evolversi in un undici, ma ci aveva messo lo zampino Maria asserendo convintissima:

- Adesso sei due volte il numero uno.

L’aveva fatto sorridere ed undici lo era rimasto per più di vent’anni. I cambiamenti sono strani e a volte non sei sicuro ti facciano male. Oggi, quando gira per le bancarelle del mercato di Monaco, a Karl capita di trovare una maglietta formato bambino con l’undici e il suo nome in stampatello sopra. Iniziano a diventare  rare mentre i suoi giorni da capitano si allontanano dalla coscienza collettiva. Così estrae un pennarello indelebile e ci lascia un autografo sopra, proprietari e gestori tremano prima di riconoscerlo e sciogliersi come caramelle gommose.

- Se le firmi tutte le inflazioni.

Dice Hermann ed ha ragione, ma a Karl dei collezionisti mica importa. Lui e Genzo avevano continuato a giocare in anni in cui il fiato a Karl iniziava a mancare, il calcio cessava di venirgli naturale. Così al crocevia della vita Karl Heinz aveva deciso di lasciare il suo mondo come il Kaiser, una gloria mai passata. Mesi prima che annunciassero il suo ritiro la società gli aveva offerto un posto, aveva ringraziato e aggiunto ci avrebbe pensato. Un no molto diplomatico. Per Karl il Bayern Monaco non è stato quello che l’Amburgo SV ha significato per Genzo: un club non è una casa, per quella ci vogliono le persone. E forse a trentasette anni era giunto il momento di capire chi fosse Karl Heinz Schneider fuori dal calcio, nove mesi ed aveva avuto la risposta: un uomo annoiato.

Genzo era stato molto carino e si era pure lasciato convincere a prendere un altro cane, una sera l’aveva sentito parlare con i suoi amici giapponesi al telefono:

- Così esce di casa due volte al giorno.

Forse dovrebbe confessare al suo fidanzato di aver imparato il giapponese. Dopo anni di rimando al domani, Karl decide che un vantaggio tattico non vada sacrificato spontaneamente.

In quel presente un po’ più nebuloso non è tanto la preoccupazione di Genzo, ma l’insistenza di sua madre a scollarlo dal divano: lo vuole ospite nella sua trasmissione radiofonica.

Nella top five dei talenti “parlare in pubblico” non è quello su cui avrebbe puntato: parlare alla squadra è un conto, i giornalisti un obbligo. Ed era stato strano scoprire di divertirsi. Ancora più folle: di essere divertente. Nessuno ci avrebbe (a parte Hermann che sostiene da sempre che Karl sia esilarante) scommesso. Apparizioni come ospite si erano trasformate in un hobby poi in un lavoro: telecronista. Un modo diverso per amare il calcio.

Due volte il numero uno.

Genzo ha indossato numeri molto diversi nella sua Nazionale, ma in Germania è sempre stato un “uno”. Singolare. Karl negli anni ha preso a collezionare la varie edizioni delle sue magliette, sottraendole qua e là quando non in commercio e conservandole in un apposito spazio dell’armadio. Genzo si confonde un sacco quando ci incappa.

- Ma i vestiti non stavano nell’anta d…

Poi si riprende, scuote la testa e sposta la ricerca ai cassetti. Ha iniziato a prendere la lecitina di soia per la memoria. L’adorabile idiota non sa che Karl cambia la disposizione dell’armadio ogni quattordici giorni.

Oggi, a una mese dall’annuncio del suo ritiro, Genzo inciampa nelle magliette e non chiude l’anta. Rimane fermo, in piedi, a fissarle. Un po’ troppo a lungo. Karl si insinua con una spallata e recupera una delle sue preferita: quella della Nazionale con le maniche lunghe, molto arancione e col colletto rovinato. Se la infila sopra la camicia e marcia in cucina per accendere il bollitore. Sono comode per girare per casa. Genzo rimane in camera ancora un po’.

Karl non sa cosa fare.

Così telefona, Hermann arriva tre giorni dopo. La proposta di abbattere Genzo e sedercisisi sopra viene valutata e scartata: prima di tutto non pesano abbastanza e quello gli ribalta, secondo è difficile organizzarsi per il bagno.

- Ricordi quando siamo andati a Lüneburg?

- Ricordo che ti eri perso il cane e avevi dato di matto.

- Rifacciamolo.

Hermann non chiede “e quale animale vuoi perdere questa volta?” perché Genzo torna dalla sua corsa pomeridiana, leva le scarpe e va a sbattere contro una sedia con la rigidità di un carrarmato in fase di parcheggio. Gli occorre un minuto e mezzo per accorgersi che hanno ospiti. In quella pausa si decide tutto.

Quasi.

 


 

NOTE:

 

Capitolo poco vacanziero perchè con un prompt come "undici" il soggetto non poteva che essere Schneider (che è un bravo fidanzato, accidenti).

 

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Capitolo 5
*** Verde ***


VERDE

 

 

Puoi prendere una persona nata nel verde, schiaffarla per trent’anni in mezzo al cemento e non farai di lei un cittadino. Vale anche al contrario.

Genzo ha impiegato circa quarantasette secondi dall’abbandono delle valigie per uscire, saltare in una pozza e fare gli occhi dolci a una rana. Apparentemente al centro di Monaco non se ne vedono spesso nonostante l'Isar. E CI SARÁ UNA RAGIONE. Hermann ha seguito il furioso gesticolare di Genzo fino al piccolo patio esterno aspettandosi qualcosa di meglio tipo un gatto, non una robaccia viscida e chiazzata di nero. Brr.

Che ci fanno le rane al mare?

Lo sapeva: dovevano andare in Riviera. Invece no, Karl e Genzo quando si alleano su un punto sono pericolosi. Hermann non sa bene come ci siano finiti a Comacchio, ma il delta del Po’ al loro primo giorno li riserva solo pioggia, mosche e, a quanto sembra, rane.

Karl si inginocchia di fianco a Genzo.

- Se le acchiappo una mosca dici che la mangia?

Le guance di Hermann hanno uno spasmo. I suoi amici sono bambini dell’asilo.

- Se le tiro un sasso dici che poi salta?

Karl è appena passato da voler nutrire il bestio a minacciarlo di violenza fisica il che è abbastanza tipico in effetti. Genzo molla di vista il robo gracidante, comodissimo ora che si è accoccolato sulla spiaggina completamente fradicia che sta in affitto insieme al bungalow, e lo fissa con un’intensità che farebbe paura se non ci avesse fatto il callo.

- Hermann, non ti piacciono le rane? – Pausa. – O i rettili?

Non rispondere. Karl non si gira, ma Hermann SA che lo sta osservando da quel punto nascosto sotto la piega delle ciglia. NON RISPONDERE.

Non occorre. Ora, dopo decenni, SANNO.

Cinque giorni dopo Hermann si sveglia con sei lucertole sul cuscino.

 

 


 

NOTE:

 

Mi piacciono un sacco le rane. E questo doveva essere qualcosa di breve e poetico sulla differenza tra Nankatsu e Monaco, ma allegria.

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Capitolo 6
*** Orgoglio ***


ORGOGLIO

 

 

Alla fine vanno in macchina. Guida Karl, ancora, perché Genzo non ha la patente e Hermann si rifiuta di passare ore abbracciato al volante perché quella testa quadra del suo ex capitano ha posto veto su treno ed aereo.

- Non è un viaggio lungo.

Che si traduce in sei ore e mezza di bagagli che tremano e minacciano di capottare sulla schiena di Hermann. Sedersi dietro era il male minore: Genzo con una cartina in mano è una minaccia per i padiglioni auricolari. Come ha fatto, poi, a non fare sequestrare la patente a Schneider? Mazzetta?

- L’altezza del cavalcavia non era segnalata, cretino.

Genzo non è diventato improvvisamente telepate, è che Hermann quando è stanco parla da solo. Era capitato in ritiro in almeno sei occasioni, Manfred l’aveva trovato esilarante ed era stato costretto a dargli ragione. A denti stretti.

La cattiva abitudine era strisciata dentro all’improvviso al doppiaggio dello scoglio dei trenta. Lui e Cecilia si erano lasciati da nove mesi e la casa comprata ad Amburgo era diventata un po’ troppo grande, un po’ troppo soffocante per lui e il solo Ciambella: gatto di professione, pessimo conversazionalista per scelta.

Nel sedile davanti Genzo, tra una minaccia e l’altra, squarta un pacchetto di patatine, le recupera una ad una e le allunga a Schneider che non stacca le mani dal volante ed è come imboccare un cucciolo di caimano. Non dovrebbe trovarli teneri.

Tra un rallentamento e una galleria Hermann non è geloso: i suoi amici sono le persone migliori che conosca e contemporaneamente individui talmente pessimi da meritarsi in forma esclusiva. Nonostante il numero astronomico di fidanzate accumulate negli anni, di storie futili e serie, di “mettere la testa a posto” per accorgersi di averlo fatto per la persona sbagliata, Hermann è rimasto solo. Guardare quei due asini codipendenti lo porta ad interrogarsi, non per la prima volta, se il responsabile non sia stato il suo orgoglio.

Una lattina di Coca-Cola gli viene schiaffata in faccia.

- Toh, sei disidrato.

Non sa come Genzo sia riuscito ad attorcigliare il suo metro e ottantasei nel sedile posteriore di una macchina in corsa. Karl nello specchietto sbatte le palpebre, accelera e dribbla un camion. Genzo manda una maledizione, hanno mancato lo svincolo, e poi… TORNA DAVANTI!

Moriranno tutti.

Il panorama rimandato dai finestrini è cambiato, Hermann si deve essere addormentato un po’ prima che passassero la frontiera. Ha la bibita in mano. Le guance fanno un po’ male quando si tirano in un sorriso. È vero, aveva sete e si era sbagliato: non è rimasto solo.

Tira la linguetta. La Coca-Cola gli esplode in mano.

 


 

NOTE:

 

 

Con un prompt come “orgoglio” questo doveva essere un capitolo di Genzo, poi tra un antibiotico al gatto e l’altro è scivolato il “nah… troppo scontato”.

Un po’ di angst spetta anche ad Hermann. Perché Genzo e Karl saranno pure una coppia romantica, ma il terzetto è una di fatto.

Ah, btw, sto leggendo tutti i commenti (e mi fanno un sacco felice) appena rallenta un attimo rispondo a tutti.

 

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Capitolo 7
*** Dormiveglia ***


DORMIVEGLIA

Le pareti del bungalow sono dure e sottili, Genzo non capisce se siano fatte di plastica o di legno trattato. La cucina ha quella stronzata dei forni a induzione con il pulsante d’accensione che non legge la pressione per quanto lo si pesti. Arrivano con la pioggia e faticano a scaricare i bagagli senza inzuppare il resto della casa.

Il bungalow ha due bagni, due camere da letto, un balcone tipo solarium e una veranda con jacuzzi. Hermann dopo l’incidente della rana, gli ha dato una gomitata nel tentativo di dirottare il discorso.

- EEEH?

Hermann è riuscito nell’impresa di trovarli un posto decente a meno di tre ore di preavviso perché Karl per strada li ha dirottati per un sacco di buone ragioni che avrebbe potuto spiegargli prima che partissero. Ovviamente ammetterlo significherebbe assegnare un calcio d’angolo alla squadra avversaria, quindi Genzo fa spallucce e si prende un’altra gomitata in risposta.

Hanno lasciato ad Hermann la matrimoniale più grossa, perché l’altra stanza ha un terzo letto a castello quindi quando Genzo si stufa di farsi prendere a calci da quel mulo di Schneider può inerpicarsi in cerca di salvezza. Non questa notte però.

Sarà stata la pioggia o le sette ore di macchina, ma Karl è morto al mondo. Genzo chiude il libro, spegne la luce. Sbaglia interruttore quattro volte perché la lampada del letto è collegata a quella del corridoio e ci vuole una combinazione di bestemmie a mezza voce e un rebus di levette perché l’oscurità abbia presa.

In una casa vera, fatta di mattoni e tegole, il ticchettare dell’acqua non riverberebbe con tanta insistenza. Se chiude gli occhi può confonderlo con quello del mare o il respiro lento di Karl. Ha lasciato un milione di cose in sospeso per questa improvvisata. Un milione di cose…

Da quando non si prendeva una vacanza?

Il naso di Karl ha uno spasmo che esplode in un suono simile ad un grugnito, Genzo rimane molto fermo in attesa. Il valzer sta per iniziare. Karl rotola, abbandona il cuscino, si impossessa del suo petto, gli affonda un gomito nello sterno e miracolosamente si ferma. Se Genzo gli aggiusta i capelli o gli leva il filo di bava attorno alla bocca quello si sveglia, così non lo fa.

Ci sono un sacco di cose che un giocatore di calcio non può fare, non può essere, non può avere se vuole sopravvivere all’industria.

Nel dormiveglia che stiracchia la notte in due, Genzo decide che non è tutto male… questo. Il bungalow, la pioggia, Schneider. Pareti sottili. Ascolta.

Kaltz nella stanza a fianco inizia a russare. Rumore bianco. Genzo sorride e si addormenta.


NOTE:

Qualcuno inizia a rilassarsi...

Non io che mi sono presa un mezzo infarto pensando di aver perso il mio account

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Capitolo 8
*** Serpente ***


SERPENTE

 

 

La giornata era iniziata per il meglio: sì pioveva, ma accidenti Genzo aveva persino sorriso quando gli aveva allungato la tazza di caffelatte. SORRISO. Poi gli occhi di Hermann si erano abituati alla luce e aveva visto il centinaio e mezzo di volantini e dépliant ammassati sul tavolo della cucina/soggiorno/ripostiglio per valigie. Hermann avrebbe dovuto rifiutare il caffelatte. Quando se gli è procurati? Il dove è chiaramente la reception, ma sono le sette e mezza del mattino, dovrebbe essere chiusa!

A proposito: sono le sette e mezza, che accidenti ci fanno in piedi?! Le brutte abitudini sono dure a morire.

Karl ha il naso infilato in un opuscolo su cui capeggia un fenicottero molto rosa, Genzo telefona alla Basilica di Pomposa per sapere se le visite guidate siano anche in tedesco, Hermann esce nella veranda e scopre la vasca. Quelle sono sabbia o alghe? Chiama Genzo.

Tre ore e un’escursione sotto la pioggia in reception dopo, l’addetto finisce di pulire. Lo richiameranno nove volte in due settimane perché uno schifo giallognolo si diffonde tipo per generazione spontanea quando dormono. Dicono che è per la temperatura dell’acqua e li proibiscono categoricamente di pasticciare con il settaggio della vasca. Fortunatamente Karl Heinz Schneider non sa cosa sia la vergogna e non si farà scrupolo a telefonare perché vengano a risolvere ogni qualvolta le bollicine virino dal bianco pallido al verde pisello. Genzo non la finisce di pontificare sulla superiorità della LORO vasca idromassaggio dove l’acqua la cambi ad ogni utilizzo. Hermann vorrebbe dargli del germofobo, ma poi Karl smetterebbe di chiamare, la jacuzzi rimarrebbe sporca e il bagno così farebbe un po’ disgusto.

Verso le dieci e mezza la pioggia sfittisce, indossano i k way e partono per il sopralluogo del campeggio. Il loro bungalow sta in seconda fila, irritante, ma quelli direttamente sulla spiaggia stanno prenotati da un anno all’altro. La vera tragedia si consuma al minimarket quando la coppia di turisti americani che pernotta accanto racconta di un posto assurdo (marinara qualcosa) e consiglia un ristorante dove mangiare l’anguilla.

Oh. Oh no.

Hermann ricorda chiaramente i secchi guizzanti di nero che gli indicava sua padre quando andavano al mercato e niente, NIENTE, potrà mai convincerlo che quella cosa sia un pesce e non un cazzo di serpente. Perché le vendono vive?

Ovviamente Genzo decide di provarla, Karl gli va dietro un po’ perché metterebbe in bocca di tutto, un po’ perché ha notato che lui, Hermann, non vuole. Bastardo. Anzi, BASTARDI, plurale, perché Genzo al ristorante dopo aver ordinato, sorride e aggiunge:

- Se non te la senti puoi prendere qualcosa d’altro.

Non li darà MAI questa soddisfazione.

Il pesce, perché è un pesce e non una maledettissima vipera, è grasso e ci sono delle spine ai lati che avrebbero dovuto levare. Però non è male, costa un sacco e non è male. Alla cassa Hermann si spinge a chiedere come venga preparato. La cameriera ha l’espressione di un angelo, prende fiato e procede a riassumergli l’ultimo fil di Tarantino:

- … quindi le prendono la testa quando è ancora viva, la infilzano in un chiodo e le rimuovono la pelle.

Hermann non passerà il primo giorno di ferie a vomitare.

 


 

NOTE:

 

Non so se la preparazione dell’anguilla sia degna di un film horror dappertutto, ma così è come un cameriere me l'ha descritta.

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Capitolo 9
*** Burro ***


BURRO

 

 

Tre giorni di pioggia ad intensità variabile hanno limato la spiaggia in diversi punti, la sabbia gonfia d’acqua ha come la consistenza del burro. I due poltroni sono rimasti in bungalow a smaltire il pranzo, Genzo parte all’esplorazione.

Settembre non è alta stagione, le famiglie con pargoli si diraderanno con il passare delle settimane, ma domani con il sole infesteranno il litorale di rumore, castelli di sabbia e gommoni. Invece oggi la bandiera sventola rossa e solo una manciata di avventurieri insedia le sdraio in capannelli profumati di crema solare contro un cielo nero.

Genzo rinuncia a correre sul bagnasciuga alla quarta conchiglia conficcata nel piede, rallenta e si rassegna a passeggiare. Diventa anche più facile schivare i tronconi d’albero portati dalla risacca. Un gruppo di turisti dalla nazionalità incerta pungola la sabbia con un bastone in cerca di chissà cosa, un tipo due ombrelloni chiusi più in là sembra interessato solo ai rami. Ne ha una manciata di piccoli accumulati e ora dirige le energie verso uno mediamente gigantesco. Genzo si ferma, non pare essere un bagnino: troppo smilzo, troppo grigio. Gli ricorda Mikami.

Genzo va e chiede se serva aiuto, l’altro lo guarda senza comprendere e… gliel’ha chiesto in giapponese, vero? Riprova in inglese. Faticano, ma si capiscono. Genzo finisce per trascinare un pezzo di legno grande quattro volte il suo braccio nel bagagliaio di una macchina. Sarà legale? Un allestimento di statue realizzate in materiali di recupero gli risponderà tra dieci giorni: probabilmente.

Il tizio gli offre da bere e riparte. Genzo si è allontanato un po’ troppo, il sole è sceso nel cielo. Decide di tornare.

Quando corre o cammina Genzo tiene lo testa alta, costringe chi lo incrocia a distogliere lo sguardo. A volte è un problema, per esempio finisci per non guardare in basso, pestare le cose e conficcartele in un piede. Non è ammorbidirsi provare a cambiare, il mondo lo fa di suo e non c’è pietra che non venga schiacciata dal muoversi delle placche. Il gruppo di turisti di prima si è ridotto a due persone, ma armate di rete. Chissà loro cosa stanno cercando.

Ah.

Ma guarda.

Genzo torna al bungalow con le tasche piene di conchiglie e di un granchio morto. Karl pungola l’ostrica grossa quanto una mano chiusa a pugno, poi insiste per seguirlo e farsi mostrare dove l’ha trovata. Hermann alza la testa dalla televisione:

- Perché i bambini non vanno a comprarsi anche un secchiello?

È una buona idea, così lo fanno.

 


 

NOTE:

 

E come al solito con "burro" prima penso a mangiare, poi mi dico NO. Le sculture fatte con la legna recuperata nel mare esistono, nel parco vicino a Pomposa ce ne sono di bellissime.

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Capitolo 10
*** Perso ***


*torniamo al viaggio di andata.


 

PERSO

 

 

Al camping i cartelli sono in tre lingue: italiano, inglese e tedesco. Un po’ come le descrizioni sulle scatole dei prodotti alimentari senza lo spagnolo, il francese o le altre inutilità. Al minimarket è facile arrangiarsi, ma con autogrill e centri commerciali un po’ meno. Per strada si erano dovuti fermare solo due volte, una di quelle era stata ad un’anonima stazione di servizio che li aveva terrorizzati a morte. Aveva ricordato a Karl quella serie inglese che piace tanto a Maria: più grande all’interno. Con due self-service, due spacci alimentari, sette negozi interni e servizi da schifo, Karl non capisce ancora come facesse a incastrarsi su uno svincolo.

Nell’attesa che Hermann finisse la sua eternità in bagno e mentre Genzo recuperava le munizioni da bocca per il resto del viaggio si era fermato davanti alla gioielleria. Davvero che diavolo ci fa una gioielleria in una stazione di servizio? Italiani…

Capire i prezzi non è quell’impresa che Hermann aveva provato a far credere a lui e a Genzo un secolo fa quando si pavoneggiava delle sue vacanze in famiglia. Forse, Karl ammette controvoglia, è perché adesso c’è l’euro.

Karl ne è rimasto strenuo detrattore per anni. Insomma, la UE non poteva, che ne so, applicare il marco (moneta chiaramente superiore) a tutto il resto dell’Unione? Poi c’era stato quel programma di varietà a cui sua sorella aveva insistito perché andasse, sarà stato il 2002 o giù di lì. Un eminente rappresentante di un certo indirizzo politico gli aveva chiesto perché fosse tanto contrario alla moneta unica.

- Perché sono troppo pigro per imparare qualcosa di nuovo.

Non se l’erano aspettato. Qualcuno si era trattenuto dal ridere. Nessuno aveva capito se parlasse sul serio o se la frase fosse stata un modo indiretto per insultare gli antieuropeisti: troppo pigri. Un giorno, quando internet stringerà la presa, la frase sarà ripescata in un meme. Figurati se Karl Heinz Schneider si lascia strumentalizzare dal primo cretino che passa. Hermann gli aveva telefonato per dire qualcosa tipo:

- Tu sei matto.

Ma si era sentito che sorrideva. Karl si domanda cosa penserebbero di lui i partiti conservatori se sapessero che il Kaiser è molto, molto omosessuale.

- Un po’ come Federico II.

Aveva commentato Genzo, Karl aveva passato settimane a cercare di convincerlo a chiamarlo “Schneider il Grande”. Forse, se Karl si illude, può convincersi che con la legge sulle unioni civili e quella recentissima sul matrimonio cosa faccia un’ex star del calcio internazionale sia ininfluente. Allora, forse, non sprecherebbe il suo tempo a fissare anelli nella vetrina incassata di una gioielleria in tangenziale sentendosi perso.

 

 


NOTE:

 

Io, prima di scrivere, "ah con 'perso' Karl aiuta un bambino smarrito in spiaggia". Sempre io, mentre scrivo "perchè?"

La stazione di servizio atipica e con gioielleria esiste (ma i bagni sono puliti).

 

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Capitolo 11
*** Giardino ***


GIARDINO

 

Uno sputacchio di quaranta centimetri che fa il periplo al bungalow non può dirsi un vero giardino. Sicuramente è più di quello che ha Hermann nel suo appartamento ad Amburgo dopo aver venduto la casa (troppo spazio troppo lontano dal centro), ma piante tagliate ad altezza ginocchio rendono tutto molto pubblico. Fortunatamente stanno al numero uno e a sinistra hanno solo la strada, davanti una specie di siepe e a destra ci sta la coppia americana.

È un sollievo, in realtà, perché quei tipi saranno pure invadenti e un po’ fissati coi figli (no, Hermann non vuole vedere le foto del diploma di John e Leah), ma è gente a posto e non rompe se in veranda Karl sale in braccio a Genzo per usare la sdraio. Ma SOPRATTUTTO non hanno idea di chi siano.

Da quando la pioggia è cessata e sono riusciti a prendere possesso della spiaggia è iniziato il countdown della privacy: tre quarti dei campeggiatori è tedesco che prima o poi li riconoscano è un dato di fatto.

- Anche se fosse?

Dice Karl con gli occhiali da sole e un tot di crema solare schiaffato in faccia. Hermann manca la replica perché prima di parlare pensa e quello che gli uscirebbe non sarebbe carino. Non sarebbe stato da lui. Che accidente gli succede?

Va a fare un bagno. Il mare non si è ancora ripreso dalla burrasca ed è più freddo di quanto s’aspettasse. Una vita fa Hermann si era specializzato nelle immersioni, teneva il fiato per quasi tre minuti e, destreggiandosi contro il fondale sabbioso, spuntava dalle onde per ribaltare il materassino del genitore di turno, uno dei suoi s’intende. Di norma. Capitava di sbagliarsi, mamma rideva e papà lo costringeva a scusarsi. Papà era sempre quello incorruttibile dei suoi genitori. Una pasta d’uomo, ma quando si arrabbiava lo si finiva per prendere sul serio. Ricorda che…

Forse in Italia non ci doveva venire.

- Ehi. – Fa Genzo.

- Ehi.

- Facciamo a chi arriva primo agli scogli.

Attacca e va ed Hermann lo segue perché nel nuoto lo schiaccia ad occhi chiusi e se Genzo ha deciso di perdere sarebbe crudele non accontentarlo.

L’unica ragione perché al traguardo non gli lasci eccessivo stacco è che Genzo su di lui ha una testa di vantaggio. La barriera frangiflutti che taglia l’orizzonte a trecento metri dalla spiaggia non è come gli scogli delle sue vacanze infantili. Non sa se sia meglio o peggio.

- Ti sfido ad arrampicartici sopra.

- Se pensi che il “ti sfido” funzioni ancora stai messo male. – Pausa. - E poi è illegale.

 Molto maturo, Wakabayashi. Davvero. Dev’essere bello.

- Hermann… se pensi troppo ti si appesantisce il cervello ed affondi.

A questo punto dovrebbe ridere, dire qualcosa sulle teste vuote che al contrario spingono verso l’alto, schizzare Genzo e farsi inseguire nella direzione opposta. Solo che… non gli va di farlo. Cioè al novantacinque per cento gli va di farlo, ma quel cinque lo immobilizza.

È lo stesso cinque a sussurrargli che forse non vuole li riconoscano non per Genzo o Karl, ma perché con i fan Hermann Kaltz è sempre brillante ed oggi è terribilmente difficile. Vuole smettere di essere Hermann Kaltz per un po’.

Quando ritornano a riva dribblano le famiglie marmocchio munite che si aggirano dove l’acqua è più bassa, ma non vanno all’ombrellone perchè la voce di Genzo lo trattiene indietro.

- Karl quando gli gira è insopportabile ventiquattrore su ventiquattro. Se non stai bene, non devi essere felice per forza.

Ah.

Come si risponde ad una cosa del genere?

È Genzo, quindi una spallata basta.

 


 

NOTE:

 

Almeno per quanto riguarda la zona del delta del Po’ è davvero illegale salire sulle barriere frangiflutti anche se poi la gente per pescare lo fa lo stesso.

 

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Capitolo 12
*** Routine ***


*causa prompt i capitoli non seguono un ordine rigidamente temporale.

 


 

ROUTINE

 

Per processare la vita senza essere fagocitati dall’ansia di esistere bisogna essere organizzati. Una lezione che Genzo ha assorbito dai suoi genitori.

Come ultimo e terzo figlio (e con un discreto margine di stacco) di Shuzou e Shoko Wakabayashi, Genzo ha indossato la ricerca dell’eccellenza come inclusa nel pacchetto standard, un costume alle volte soffocante. C’era voluto che il suo mondo si allargasse per afferrarne i limiti, una buona organizzazione non ti impedisce di scoppiare.

Ma, nonostante tutto, avere un programma a Genzo piace.

Da ragazzo una routine forgiata da una ferrea autodisciplina gli ha permesso di districarsi in un agenda fatta di scuola, allenamento, dopo-scuola, club, amici, Mikami e una dannata lingua straniera da imparare in meno di un mese. Da adulto “lavoro” si è sostituito a “scuola” e “lingua straniera” in “ripasso”. Genzo ne conosce sette, è fluente in tre e si tiene attivo telefonando ad amici lontani (nǐ hǎo Xiao). Poi Maria gli ha installato Duolingo.

In vacanza le ore si dilatano e restringono. La prima notte con Schneider abbarbicato stile polipo, Genzo ha stabilito abbia una certa dose di senso sospendere le attività prima di attivare un nuovo programma. Altrimenti rischi di perderti le cose. Al mattino rimanda due volte la sveglia, fa una foto alla “posa del giorno” in cui è incastrato Karl e la invia a Maria. Esce mentre l’alba finisce di stiracchiarsi dal mare e va a correre: due volte il giro del campeggio, passando davanti al minimarket e doppiando il campo da tennis. Trova la reception aperta, ne approfitta per chiedere una chiave extra per il bungalow (niente da fare) e saccheggiare la colonna dei dépliant. Per quando torna Karl ha il caffè pronto. È una robaccia istantanea che hanno recuperato in superstrada, sa di segatura, però ad aggiungerci latte e miele diventa accettabile.

Col passare dei giorni, lo smettere della pioggia aggiunge in coda alla mattina crema solare e spiaggia che al pomeriggio dopo le sedici diventa difficile da sopportare: quando si alza il vento o si entra in acqua o si passa al maglione. La prima è la soluzione di Hermann, la seconda la sua. Karl, invece, vegeta sulla sdraio in costume da bagno, insensibile ad ogni ragione climatica. Genzo sospende la lettura del libro ogni capitolo e mezzo per sventolargli una mano davanti alla faccia a controllare che respiri. Se Karl non dorme viene beccato e per non sembrare un deficiente chiede all’altro se vuole fare due passi. Karl non sorride, ma si alza e dice sempre sì.

Oggi arrivano fino ai palazzi gialli che dal loro ombrellone sono un punto sfocato contro un orizzonte azzurro cielo. Procedono armati di secchiello e, tornati in Germania, Maria li ringrazierà per averla aiutata a ridecorare l’acquario.

- Solo, la prossima volta, assicuratevi che le conchiglie siano VUOTE.

Ah. Ecco perché quelle grandi erano chiuse.

Hermann non partecipa, un po’ perché gli piace darsi quel tono un po’ patetico di chi mette un limite d’età all’entusiasmo, un po’ perché da quando è tornato il sole s’è spento. Quest’anno gli scade il contratto come allenatore del St. Pauli, o rinnova o accetta l’offerta di un altro club. Poi tra un mese e mezzo c’è l’anniversario. Karl sperava che spostarsi più a nord lo avrebbe distratto dai ricordi, ma è servito tanto quanto: il signor Kaltz manca a tutti e tre.

Karl entra in acqua fino alle ginocchia, Genzo lo segue e rimangono insieme a respirare lo iodio. Il contapassi attaccato al marsupio segna diecimila, circa otto chilometri. I palazzi gialli incombono alle loro spalle. Non sono stanchi. Karl dice:

- A me sta bene se vuoi andare più in là.

Che si traduce in “ho visto una cosa che mi interessa laggiù in fondo” e “sto bene e non voglio essere il primo a muovermi”. Abbandonano il bagnasciuga, i passi salgono a quattordicimila. Il negozio che ha attirato Karl è una vera trappola per turisti attrezzata con un po’ di tutto: dai giornali ai costumi da bagno. Genzo chiede il prezzo di un paio di racchette, forse giocare a qualcosa in cui fanno entrambi schifo potrebbe aiutare Hermann a sentirsi meglio.

Karl ha un’idea migliore. Rimane un’eternità accovacciato di fronte ad un espositore di giocattoli ed estrae una busta contenente giraffe dal collo troppo corto e coccodrilli non in scala. Gliela sventola davanti alla faccia, non hanno bisogno di parlare, pagano e basta.

Al ritorno, Genzo cambia la mano in cui tiene buste e secchiello per stringere forte quella di Karl.

Chiede:

- Come vuoi procedere?

Il giorno dopo, Genzo arriva in tempo dalla corsa mattutina per sentire un grido che niente ha di umano.

Hermann ha trovato le “lucertole” sul cuscino.

Quattro giorni dopo lo shampoo di Karl viene valorizzato dal contenuto di una boccetta di colorante alimentare blu elettrico.

 

 


 

NOTE:

 

Riscritta quattro volte. Ugh.

Also: le lucertole in “Verde” erano di plastica, Hermann era solo molto addormentato.

 

Le lingue fluenti sono: giapponese (ovviamente), tedesco, inglese.

Quelle più basic: cinese (causa headcanon che famiglia Wakabayashi abbia molti affari in Cina), latino (che si è beccato a scuola ed è quella in cui è più nabbo), spagnolo e portoghese (imparate giusto per amore di Tsubasa).

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Capitolo 13
*** Polvere ***


POLVERE

 

È un segreto di pubblico dominio che Maria sia lo Schneider più stabile dai tempi del loro trisnonno. Sua sorella ha la straordinaria capacità di assorbire i traumi e rilanciarli indietro come fosse fatta di gomma. O quasi. All’ultimo dell’anno, tra i dodici e i sedici anni, Sauzer il cane non era l’unico membro della famiglia da tenere d’occhio durante i botti. Una vita prima, quando la gente di Amburgo aveva preso ad odiare suo padre, gli avevano fatto esplodere dei petardi in giardino. Avevano beccato mamma di striscio sulle caviglie, niente di serio, ma le era rimasta la cicatrice. Una settimana dopo avevano cambiato quartiere.

Il giorno dell’incidente Karl era andato a scuola, papà a fingere di avere un lavoro e in casa con mamma era rimasta Maria. La sua imperturbabile sorellina aveva bagnato il letto oltre i nove anni quando nel cielo brillavano i fuochi d’artificio. Poi ci si domanda perché Karl Heinz sia vagamente misantropo.

Misantropo ed abituato allo sporco: a pulire dopo Maria ci ha sempre pensato lui. Ma, al contrario di quello che pensa Hermann, resistenza non significa invulnerabilità e ficcare una mano sotto il letto di un bungalow in affitto è un’esperienza che non consiglia a nessuno. Dov’è accidenti è finita quella scatola?

Polvere. Polvere ovunque e una cosa che al tatto è morbida e Karl spera fortemente sia un calzino. Buon dio, fa che sia un calzino. Le dita sfiorano qualcosa di duro e quadrato. AH!

Karl riemerge. È lei. Crede, il colore è quello giusto, non rimane che disinfettarla mettendola a mollo nell’amuchina. Il contenuto è a posto?

- Guarda che se è per me ti dico già subito di no.

Hermann Kaltz, professione guastafeste, è in piedi a mezzo metro, schiena contro la porta scorrevole e un’espressione indecifrabile in faccia. Gli brillano gli occhi.

- Karl…

- Se dici qualcosa a Genzo ti spacco la faccia a morsi.

 

 


 

NOTE:

 

Qualcuno ha fatto acquisti in gioielleria… 

 Also: nei campeggi la pulizia viene fatta, ma sconsiglio di ficcare mani o altre parti del corpo in anfratti angusti. Non è una bella esperienza.

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Capitolo 14
*** Chiamata ***


CHIAMATA

 

 

Hermann non è sicuro se i suoi amici lo amino o stiano semplicemente cercando di ucciderlo. Tra l’incidente in partenza, la guida pericolosa, il tentato avvelenamento da cibo e il mancato infarto mattutino, almeno sono una buona distrazione. L’ennui scivolato nel cuore non lo lascia, ma sposta residenza alla periferia del cervello.

Quando escono per fare rifornimento di viveri a qualcosa di meglio del minimarket del campeggio, Hermann fa scivolare nel carello quattordici sacchetti di patatine di qualità variabile.

- Non c’è spazio nei mobiletti. Te le tieni in camera.

Dice Karl e non nota la boccetta di colorante alimentare seppellita sotto. La vede in cassa Genzo che serra la mascella nel tentativo di non ridere. Il bastardo PENSA che i capelli neri lo mettano in salvo ed è così, però passa ore lontano dal bungalow per il suo dannato jogging, Hermann ha campo più che libero per liberargli quindici cimici nel cassetto delle mutande.

Ah.

- Molto divertente Hermann. - Dice Karl, il giorno dopo, senza pensarlo squartando un pezzo d’aglio prima di gettarlo in padella. – Sei un po’ troppo sicuro per un uomo che dipende su di me per il cibo.

Non in senso economico, ma strettamente letterale: Hermann non ha ereditato le abilità culinarie del ramo paterno. Però, dai… a mettere su l’acqua della pasta o a farsi un uovo sodo ci arriva. Su Genzo ha seri dubbi. Karl, i capelli chiazzati in un caleidoscopio blu eterogeneo quanto spento, non lo avvelenerebbe mai. Davvero. Non dopo che Hermann ha visto cosa nasconde in camera. Ce l’ha in pugno.

Questa vacanza fila improvvisamente per il verso giusto. Sarà il sole, il caldo, l’aria di mare o vedere Genzo cercare di trattenersi quando l’ennesima mosca al ristorante gli fa harakiri nel piatto, ma Hermann si sente rigenerato.

Il vento forte e concentrato della spiaggia li spinge ad una gita fuori porta. A parte Genzo che riesce a farsi male quasi da solo, la giornata corre liscia sulle ruote delle biciclette prese a nolo. I reticoli di terra che dividono il delta dal mare hanno una puzza tutta particolare che non si capisce se provenga dall’incontro tra acqua dolce e salata o dalle colonie di uccelli che ci scagazzano dentro. Al termine del giro, lascia Genzo e Karl ad inerpicarsi su una di quelle scricchiolanti torrette di legno. Deve fare una chiamata.

Gli rispondono al terzo squillo.

- Ci ho pensato su, ho deciso di accettare.

Abbandonare il St. Pauli per passare ad allenare VfB Stuttgart significa nuove responsabilità e traslocare la propria vita, rimodellarla su una nuova città. Ed Hermann si starà pure stempiando, ma non è Sansone o El Cid Pierre: la sua forza non viene da una chioma lucente.

E poi Stoccarda, diversamente da Amburgo, sta a sole due ore e mezza dai i suoi cretini.

 


 

NOTE:

"Found family" è il trope narrativo che sarà la mia morte.

Ah il St. Pauli è la squadra di uno dei quartieri di Amburgo.

 

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Capitolo 15
*** Torre ***


TORRE

 

Quando c’è qualcosa da prenotare in una lingua che non sia il tedesco Karl sa di dover lasciare fare a Genzo o a Maria. Hermann dice, dice, ma su certe cose mica puoi farci affidamento.

Giovedì pomeriggio alle sedici e trenta hanno il tour in bicicletta. Karl lo aveva scovato in uno degli opuscoli recuperati da Genzo giorno uno e l’idea gli era piaciuta: full immersion nella natura, moto, bird watching, ma soprattutto non essere incatenati alle istruzioni di una guida turistica. Guarda là, tocca qua, annusa questo. Ma chi ti vuole? Chi ti conosce?

- Ti rendi conto che è il loro lavoro, giusto?

Sì, Hermann, ma queste sono le LORO vacanze. E poi tutti sanno che i cartelloni nei musei rendono gli esseri umani superflui. Genzo non è d’accordo, ma è l’adorabile inquadrato che prende appunti durante i corsi sulla sicurezza sul lavoro, però telefona e prenota lo stesso.

L’acqua del delta li accoglie come un cazzotto sul naso: stormi di gabbiani galleggiano su acque scure puntellate di verde, lentiggini.

Partono dall’approdo dei battelli a cinquecento metri dal parcheggio e procedono su strade sterrate incastonate nell’acqua. Si fermano spesso. I fenicotteri sono più rosa di quello che Karl intuisse dalla brochure, li ignorano mentre si avvicinano alla sponda per studiarli. Sono abituati ai turisti.

Alla sesta ripartenza, un gabbiano gli taglia la strada. Inchioda e la sua bici rovina su quella di Genzo e, beh, su Genzo che non si fa niente, tranne quando insiste per rialzarsi e la catena gli squarcia una gamba. Niente di trascendentale, hanno visto e fatto di peggio. Ci svuotano una bottiglietta d’acqua sopra, sacrificano un fazzoletto alla causa e decidono che, a un quarto d’ora dalle sette, sia il caso di rientrare.

Riconsegnano le bici sotto un cielo denso come lo sciroppo, Hermann sparisce per una telefonata, Genzo gli fa segno verso una delle torrette basse e in legno che puntellano il percorso e Karl lo segue. La parabola del sole che si tuffa dietro gli edifici lontani del centro avviene lenta e poi, come per molte cose, tutta di colpo.

Né lui, né Genzo sono signori del romanticismo, ma osservare il tramonto stretti l’uno all’altro senza avere freddo conta. Certo che conta. Karl s’è preparato un discorso, uno di quelli buoni, provato con Maria almeno un milione di volte (cioè due in tutto). Se l’è preparato perché dopo il disastro del “vieni a giocare con me nel Bayern” di due decadi fa, Karl ha capito che su certe cose è meglio non improvvisare. Troppo.

- Hai freddo?

Genzo non aspetta che risponda per aggiustargli la sciarpa. Ci siamo. È questo il momento. Karl apre la bocca.

- Ehi, siamo sicuri che questa scala sia a norma.

Ama Hermann Kaltz e lo vuole uccidere.

Il suo più vecchio amico alza le mani, scuote la testa e gira sui tacchi. Ottimo istinto di autoconservazione. Dove erano rimasti? Genzo lo guarda in modo molto buffo così è costretto a baciarlo sul naso. Il momento è passato. Fa lo stesso, tanto il PIANO originale prevedeva che fossero al ristorante, Karl ha pure lasciato gli anelli al bungalow. In Germania gliene può prendere più belli.

Il sole è andato. Tempo di rientrare. Genzo borbotta qualcosa su quel suo assurdo “piano quinquennale”, scendono le scale tenendosi per mano.

 

 


NOTE:

 

Karl, le guide fanno il loro lavoro.

 

 

 

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Capitolo 16
*** Doccia ***


DOCCIA

 

I campeggi sono strani. Genzo in oltre quarant’anni non c’era mai stato. I rari soggiorni, mai in famiglia, fatti al mare da bambino in Giappone erano stati in appartamenti e case di proprietà. Da adolescente le vacanze si erano trasformate in visite concentrate in città d’arte, da adulto l’incubo di fare incastrare impegni di differenti club e nazionali gli avevano impedito di trovarsi così, semplicemente, a perdere tempo con gli amici.

Beh, c’erano stati quei tre giorni a Torino, ma non contano perché aveva piovuto e Hyuga aveva passato l’influenza e Tsubasa con  la febbre è tipo Dottor Jekyll e Mister Hyde.

Un gabbiano smette di usare il proprio becco come apriscatole per urlargli dietro. Esagerato, voleva fotografarlo mica fregargli il granchio. Il volatile lo fissa ostile e torna alla sua preda, Genzo sbaglia pulsante e finisce per filmare quando un secondo piccione del mare si schianta sul primo. Parecchio competitivi ‘sti sgorbi sul cibo…

Gira il video a Sanae perché uno dei gemelli studia da veterinario. Quanti anni hanno? Ventiquattro?

È un pensiero talmente agghiacciante da fargli abbandonare il cellulare a Karl e buttarsi in mare. Alle cinque del pomeriggio di una giornata di sole l’acqua è a malapena accettabile. Hermann galleggia disteso sulla schiena un centinaio di metri più avanti. Nella sabbia che degrada piano basta tirarsi in piedi per toccare, forse è per questo che ad Hermann piace. Genzo segue il suo esempio e rinuncia ad un’azione di disturbo che significherebbe rompere la loro decennale tregua sugli scherzi in acqua: non vuole passare il resto delle ferie ad essere trascinato sotto per i piedi.

Nel ristorante che butta sulla spiaggia un cameriere dall’aria addormentata posiziona fili di lampade sospese, un altro assicura una copertura bianca al gazebo esterno.

- Altro matrimonio?

Chiede Hermann trascinandosi vicino, Genzo annuisce. Ce n’era stato uno ieri, un altro due giorni fa e Genzo spera che questa volta nessun deficiente con una birra in corpo di troppo bombardi la spiaggia di fumogeni. Quella robaccia ti entra negli occhi e rientra nella top five delle esperienze orribili da stadio.

A questo giro gli amici dello sposo sono normali e per festeggiare si limitano a gettarlo in acqua.

Il fresco della sera punge agli occhi e quando rientrano al bungalow Genzo colonizza la doccia, regola la temperatura su “ustione” e aspetta che il sale gli si scolli dalla faccia.

Forse dovrebbe dire a Karl che sa degli anelli.

 

 


 

NOTE:

 

Sono un attimo sparita (ugh) perchè sono settimane di FUOCO per impegni e grossa delusione tipo sberla in faccia.

Però i prompt di quest'anno li voglio finire, accidenti. Probabilmente un po' rallentati, ma avevo un punto in queste one shot.

 

BTW volevo ancora davvero ringraziare Vallentyne e khrenek perchè coi loro commenti mi danno sempre un sacco gioia.

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Capitolo 17
*** Tensione ***


TENSIONE

 

 

Esistono delle regole: non entrare sul piede davanti all’arbitro, non parlare con Karl prima che mangi qualcosa al mattino e ASSOLUTAMENTE non iniziare un’attività ricreativa che richieda un minimo di competizione con Genzo Wakabayashi.

Genzo è stato bandito dai Kaltz da Uno, Monopoli, Risiko e persino dal gioco dell’oca. Hermann sa tutto questo, quindi perché accidenti ha accettato di aderire al torneo di calcetto organizzato dal camping?!

È un idiota? È un masochista?

Karl lo fissa da dietro il cellulare.

- Tu e Genzo siete in squadra assieme.

Questa è… un’ottima notizia. La competitività dell’ex portiere è maniacale ed anche un po’ tossica, ma mai quando rivolta al NEMICO. Vinceranno questo maledettissimo torneo assieme.

Oggi faranno piangere adulti e bambini!

Vengono eliminati al secondo turno. Genzo fa autogol tre volte, Hermann tocca palla solo quando sbaglia. Le manopole sono scivolose, accidenti.

Karl li ha filmati, al loro ritorno accoglie facce livide con un sorriso da sfinge, a cena tira fuori una cheese-cake ai mirtilli recuperata al negozio che sta vicino alla Mondadori in centro e la tensione si smorza di parecchio.

- Sai… - dice Hermann ripulendo il cucchiaino. – Ho visto su internet che vendono dei tavoli tipo double face con hockey ad aria, biliardo e calcetto.

- Uuh.

Muggisce Genzo, Karl commenta che in garage hanno un sacco di spazio ed Hermann si appunta il futuro regalo di nozze. Straccerà la nota mentale tra un paio di mesi: i due idioti l’hanno già recuperato.

Tra un anno mentre Hermann sarà parecchio impegnato coi lavori in casa per installare il fotovoltaico, Karl gli manderà una foto molto sgranata della medaglia di latta scadente del primo posto al torneo.

 

 


 

NOTE:

 

Meno otto per finire i prompt!

Ho una mezza idea per "arancione" e "giuramento", ma poi vanno dove vogliono. E ho deciso di ignorare la nuova normativa sul calcetto, ( e poi sono in un camping e non in un bar).

Domani ci sta l'aggiornamento col nuovo capitolo di "Variabili" e l'angst inizia a scivolare anche nei capitoli di Hermann, accidenti.

 

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Capitolo 18
*** Lecca lecca ***


LECCA LECCA

 

 

Essere bravi in qualcosa non si traduce nella capacità di insegnarla e non tutti i prodigi del calcio diventano allenatori altrettanto in gamba.

Per la loro generazione c’è Tsubasa, eccellente motivatore per bambini e ragazzi e pessimo a spiegarsi. Secondo Misaki è lo scoglio del talento, come chiedere a un cane d’insegnare il fiuto ad un essere umano. Morisaki, viceversa, è più che ricercato come preparatore atletico.

Fuori dal Giappone, dell’ultima giovanile della Germania Ovest solo Hermann percorrerà questa strada. Un cammino iniziato con una certa dose di previdenza a diciannove anni perché per fare l’allenatore di categoria occorre una laurea e quindi devi fare l’università, ma soprattutto PASSARE l’Abitur. Hermann dice di avere ancora gli incubi e li ha anche Genzo, ma per ragioni diverse: a diciannove anni c’era stata la partita contro la Cina di Xiao e per il mese e mezzo seguente Genzo non era stato sicuro di poter continuare a fare il calciatore. Non a livello professionistico.

Quando cambia il tempo o c’è troppo umidità nell’aria capita che la sua mano destra abbia uno spasmo e scrivere o mangiare si trasformino in sofferenze quiete. Forse il dolore è solo un eco che gli rimbomba nella testa. Forse. Genzo ha impiegato anni ad accettare che il pesantore che gli taglia il respiro sia ansia.

Hermann si era divertito a studiare queste cose nei libri e Genzo aveva pensato intendesse rinunciare alla sua laurea in Scienze Motorie per buttarsi a pesce in un nuovo campo. Così non era stato.

- È solo per passare l’esame, Genz-man. Quei crediti sono obbligatori.

Scuse.

Ancora oggi, quando passeggiano o guardano la televisione, Hermann strizza gli occhi e Genzo sa che il suo migliore amico sta diagnosticando il tuttibile al primo disgraziato.

Però tiene le sue osservazioni per sé.

Il più delle volte almeno.

- Disturbo antisociale della personalità, ti dico!

Oggetto: Samantha Bronski, giornalista, influencer ed ex fidanzata di Hermann. L’unica, forse, con cui i rapporti nel tempo sono deteriorati in una faida a denti stretti piuttosto che in un’amicizia dall’odore della nostalgia.

Il passaggio di Hermann al VfB Stuttgart inizia a circolare nei giri giusti come un’indiscrezione, l’articolo della Bronski uscito sull’edizione mattutina del Weltfußball lo dà per certo condito dal ritratto non certo lusinghiero dell’ex mediano dell’Amburgo SV.

“Dopo quattro dimenticabili anni spesi ad appesantire la panchina del St. Pauli non possiamo che domandarci se coach Kaltz potrà dirsi all’altezza di una squadra cinque volte vincitrice della Bundesliga”.

“All’altezza” sta in corsivo.

Genzo l’ha letto per primo, passato a Karl, rispettato un minuto di silenzio, deciso di saccheggiare il minimarket delle peggio schifezze e aspettato che Hermann ci battesse il muso da solo. Durata dell’operazione: tre ore.

Hermann scarta un leccalecca, impreca quando la plastica si attorciglia alle dita, prende le forbici per liberarlo con un approccio di forza e se lo infila in bocca. Tiene la mascella molto rigida, Genzo si domanda se sia cosciente che il suo ruminare sia una forma di stimming.

- È bello vederlo arrabbiato.

Dice Karl quando Hermann non sente e intende: “è bello vedere si sia ripreso dalla tristezza di quei primi giorni di indecisione e ricordo e affronti di nuovo la vita con grinta”. Solo che è Karl Heinz Schneider e quando parla sputa chiodi nei talloni e ti ci vuole un traduttore per non rimanerne azzoppato.

Genzo sorride, annuisce e se lo stringe stretto.

 

 


 

NOTE:

 

"Lecca lecca" era un prompt parecchio strano.

Samantha Bronski è un OC e in Variabili per ora è stata nominata solo una volta come ex di Hermann.

 

 

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Capitolo 19
*** Cucchiaio ***


* in questa fic Genzo è asessuale.

* un sacco di salti sulla timeline.


 

CUCCHIAIO

 

La prima volta in cui Genzo Wakabayashi trova “gli anelli” è il quattro aprile del 1999. Una data non particolarmente significativa tranne per la paranoia che innesca nelle settimane che seguono.

Stavano nel credenzino degli “indesiderabili” e cioè l’armadio nell’ante-bagno della cantina, comprato al mercato delle pulci apposta per nasconderci tutto quello che gli amici affibbiano all’uno o all’altro. Esempi notevoli includono: il peluche a fiore alto quanto Hermann che quando gli passi davanti canta “buon compleanno”, la carpa finta da parete che fa altrettanto e il servizio di posate che se ne sta muto, ma è composto da soli cucchiai.

Genzo, il quattro aprile, decide di estrarlo perché i suoi genitori e autori del regalo vengono a trovarlo. A Madre Karl piace quanto un calcio negli stinchi e per un volta non sarebbe male che il pranzo non degenerasse per una cosa idiota come la differenza tra un cucchiaino da caffè e uno da dessert.

Rimuove il terzo orologio dalla dubbia forma che grava sull’inutile ammasso di argenteria, dà un tirone e una scatoletta in velluto rosso gli scivola sotto i piedi.

Ok.

Genzo stabilisce che le posate stanno bene dove stanno, sale al piano di sopra, si siede in cucina e studia il contenuto della scatola.

Gli anelli del 1999 sono in oro bianco e argento sterling. All’interno ci sta inciso “jetzt und immer” che sta per “ora e per sempre” o per “Karl Heinz Schneider ha tempo per una vita segreta”.

O uno di questi anelli è per lui.

Porca paletta.

Karl non stara mica pensando di chiedergli di SPOSARLO?!

Calma. Niente panico.

Schneider senior starà progettano un rinnovo dei voti nuziali, avrà dato la scatola al figlio in custodia preventiva. Sicuro. Certo che poteva scegliere delle fedi un po’ più decenti, queste non valgono certo tre volte il suo stipendio. Aspetta, forse quello vale per l’anello di fidanzamento.

Ok.

Genzo rimette la scatola a posto, controlla sul calendario la data dell’anniversario dei genitori di Karl e si mette l’animo in pace. Poi il diciotto aprile passa, Katrine Weiss in Schneider riceve una collana di diamanti e Genzo inizia a sospettare di essersi rovinato la proposta di matrimonio.

- Che c’hai?

Chiede Karl a cena, a colazione, per il resto del mese e fino alla fine di maggio. Genzo si smarca con la grazia di un bradipo e non risponde.

Chi cazzo si sposa alla loro età? I tuoi amici, idiota. Tsubasa ha due figli e mezzo, Ishizaki e Matsuyama aspettano il primo e Misugi forse adotta.

Poi c’è Schester che ha già divorziato due volte.

- Che c’hai?

Chiede Karl e Genzo non sa come rispondergli che si sta preparando mentalmente a dirgli di no.

Sicuro, stanno bene assieme, ma come coppia sono in garanzia: tra qualche anno Karl si rivarrà del diritto di recesso per trovarsi il Bernard di turno o uno ancora meglio. Uno a cui il sesso non faccia schifo.

Genzo l’ha messo in conto.

Il quindici di maggio rimette la scatola dove l’ha trovata, se Karl l’ha nascosta è perché avrà cambiato idea. Bene. Meglio. Tanto due uomini in Germania mica si possono sposare.

Il sette dicembre, sopravvive a una festa di compleanno a sorpresa, riceve da Karl una maglione in kashmir brevettato per gli abbracci ed archivia l’intera faccenda.

***

Febbraio del 2002, Genzo non ricorda la data precisa.

Karl ha preso l’influenza, cerca di abbassare il termometro da solo e procede a conficcarlo in un quadro tipo freccetta. Genzo e Maria eliminano le tracce del disastro prima che il gatto vada a intossicarsi con il mercurio. Una volta messo il soggiorno in sicurezza dividono i loro poteri: Maria controlla le date di scadenza dei farmaci rimasti, Genzo setaccia la casa in cerca del secondo termometro. Mocassino, il gatto, si siede sulla pancia di Karl e impedisce l’avvento di nuovi danni.

Il termometro non è nell’armadietto delle medicine, non è nel cassetto dei fazzoletti o nella scatola del pronto soccorso, si manifesta nel cassettone dove stanno i calzini fortunati. Ci vuole un minuto ed un gomito disarticolato per estrarlo, ma l’operazione ha successo.

Il termometro non è l’unico ritrovamento. Sul fondo del cassetto c’è una scatoletta foderata in velluto blu proveniente da una gioielleria di Milano. Contiene due fedi in oro massiccio tagliate a metà da un sospiro d’argento. Stessa scritta incisa all’interno.

La lascia lì.

Al piano di sopra lui e Maria si occupano dell’infermo che rifiuta di mangiare finché non strappa la promessa di comprare da fuori.

- La febbre mi basta, l’intossicazione alimentare non la voglio.

Lo accontentano e in capo a due giorni Karl saltella come un grillo, mentre Genzo, un cerchio alla testa, ha preso il suo posto a letto.

Ciò si traduce in tempo per pensieri inutili.

La Germania ha approvato da un anno la legge sulle unioni civili e una rosa con lo stesso nome eccetera…

La legislatura tedesca potrà dire il cazzo che vuole, ma lui e Karl NON POSSONO sposarsi, sarebbe un suicidio professionale. L’esempio di Justin Soni Fashanu alla sua generazione è bastato.

Grazie.

Tacere sulla seconda scatola è più facile perché: uno, Genzo ha la febbre a quaranta per la settimana che segue, due, cinque anni di relazione l’hanno convinto che quella che con Karl sia una storia seria. Seria livello Sanae e Tsubasa. Abbastanza spaventoso in effetti.

Quindi Karl avrà deciso che i primi anelli facevano schifo, ne avrà comprati di nuovi e avrà deciso di aspettare un momento professionalmente più propizio.

Meglio. Genzo avrebbe faticato a dirgli di no.

***

Le scatole diventano tre, quattro, dieci. E sono solo quelle che Genzo trova per sbaglio.

Nel marzo del 2007 il rasoio elettrico si inceppa, Genzo apre l’anta dell’armadietto in bagno, si districa tra i prodotti per capelli di Karl, rimuove un dopobarba quasi usato e TAC. Una nuova scatola gli atterra in un occhio.

Deve parlarne a qualcuno. Non a Karl, ovviamente. Hermann si farebbe una bella risata e non aiuterebbe un cazzo.

Arriva a Misaki per eliminazione perché è quello tra i suoi amici: a) con meno pregiudizi sui teutonici, b) troppo gentile per sfottere apertamente, c) il primo della lista a non riattaccare quando Genzo fa scena muta al telefono per un minuto e mezzo. Izawa gli lascerà il messaggio: “capitano, credo sia caduta la linea”.

Occorrono venti minuti di riassunto incoerente per formulare due possibili spiegazioni.

La prima è di Misaki:

- È un passo importante e vuole che tutto sia perfetto. Così quando porta le fedi a casa, gli prende il panico e decide non siano abbastanza.

La voce di Misaki è calma, ragionevole e non sembra risentire dello scarto di otto ore sul fuso orario. Lo tranquillizza e gli ricorda che lui e Karl si conoscono da più di vent’anni.

La spiegazione è molto più semplice:

- Il coglione dimentica dove le tiene nascoste.

Hanno ragione un po’ tutti e due.

***

Il calcio tedesco piega il capo alla pandemia. La chiusura forzosa degli stadi dà a Genzo tutto il tempo per fare un paio di conti. In oltre ventisette anni di convivenza, Karl ha comprato almeno trentacinque paia di anelli.

Ogni volta che l’applicazione della banca vibra ad annunciargli un nuovo acquisto in gioielleria, Genzo scuote la testa, sorride e pensa a quanto sia fortunato. Oltre a:

- Accidenti Karl, abbiamo il conto cointestato.

Ci sarà un modo per disattivare le notifiche?

Poi torna alla stesura del piano quinquennale.

Non è più il primo portiere del Bayern Monaco da un paio di anni, potrebbe passare a una società minore, ma la stanchezza è strisciata nelle cicatrici dei vecchi infortuni ed è meglio smettere prima di rompersi del tutto. Iniziare un nuovo capitolo.

Ha iniziato ad annusare il terreno in Germania ed in Giappone e l’impressione generale è che non avrà da annoiarsi. Anche se al mattino, al risveglio, vorrebbe fermare la giostra del mondo. Impedirle di continuare a girare.

Nel 2022, a due mesi dall’annuncio formale del suo ritiro, Genzo finisce di stendere la bozza del suo piano quinquennale, la porta a rilegare e la deposita sul comodino del suo fidanzato. Karl, nelle settimane seguenti, la seppellisce di libri.

- Ma l’hai letta almeno?

- Uh, uh.

No che non l’ha fatto.

Se no sai le scene sull’appendice tre? Quella con la disposizione dei tavoli e la lista nozze.

***

Karl è andato al minimarket del campeggio. Genzo apre il cassetto e controlla che la nuova scatola sia ancora nel comodino.

Quanto l’ha lasciato da solo a quella stazione di servizio? Quindici minuti?

Nuovi modi per buttare mezzo migliaio di euro dalla finestra.

Le fedi sono in oro bianco e Karl non ha fatto in tempo a farci incidere niente. A occhio e croce ha pure sbagliato le misure.

Però non importa, a queste Genzo ha tutte le intenzioni di dire sì.

 


 

NOTE:

 

Salta fuori che quando Genzo diceva di sapere degli “anelli” lo intendeva in modo MOLTO plurale.

Un sacco di background in questo capitolo: ci avviciniamo alla fine dei prompt.

 

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