Frammenti

di udeis
(/viewuser.php?uid=280814)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brina ***
Capitolo 2: *** Occhio ***
Capitolo 3: *** Pagina ***
Capitolo 4: *** Scheggia ***
Capitolo 5: *** Rubino ***
Capitolo 6: *** Smalto ***
Capitolo 7: *** Pallore ***
Capitolo 8: *** Piercing ***
Capitolo 9: *** Rabbia ***



Capitolo 1
*** Brina ***


Brina

 

Da quando serve il suo cavaliere si sente come le piante sorprese dalla brina: il cuore avvolto da aghi, congelata nell’istante della morte, arresa a un destino inevitabile e improvviso. La brina adorna le piccole cose come un gioiello scintillante prima di ucciderle: il suo servizio è un onore che prima o poi la farà ammazzare; e lei è fin troppo giovane per durare a lungo.
La similitudine, nata in una notte troppo fredda e troppo buia, non svanisce nel calore dell'alba e l’attrae almeno quanto la spaventa, come il fuoco una falena.

I suoi sogni sono pieni di piccoli aghi bianchi, che crescono sulla sua pelle, sui capelli, negli occhi, sotto le unghie. Quando apre gli occhi, nel buio, vede ricami di ghiaccio formarsi sulle pareti e il soffito, o appena dietro le sue palpebre. Dormire non sembra più così importante, così sacrifica le sue ore di sonno e cammina nei prati prima dell’alba, venerando quella effimera distesa bianca che dissacra con i suoi stessi passi.
Cerca di cogliere il momento in cui l’acqua cambia il suo stato e inizia a strangolare l’erba nella sua morsa. Cerca di capire come un bocciolo precoce venga annientato nel giro di pochi istanti.
Lascia piccoli doni: una candela, un frutto, un piccolo animale per vedere come sostanze diverse reagiscono alla sua sollecitazione. Sopporta un’infinità di albe gelide ed è con stupore che guarda sciogliere il velo di brina sui suoi stessi vestiti, quasi si aspettasse ogni volta di esserne fagocitata.
Lily spezza gli aghi gelati tra dite insensibili e disfa con l’unghia le volute intricate del gelo che adornano le venature delle piante e del sassi. Lily si fa mangiare le ossa dal freddo e dall’umidità, ha borse sotto gli occhi, eccessive persino per una guardia del corpo, labbra screpolate e tagliate dal gelo e un pallore che non la abbandona mai.


La brina è un fenomeno semplice, dicono gli accademici, sa che la deridono. 
Nessuno le ordina di smettere. Continua a studiarla fino all’estate.






Note: con un colpo di scena che ha sorpreso anche me, partecipo al writeober di fanwriter.it. Ogni capitolo della raccolta sarà uno dei prompt proposti. Parto da oggi, perchè per quanto possa sembrare strano ho letteralmente scoperto adesso la challenge. I personaggi della raccolta sono parte di un mio racconto originale che, si spera, un giorno vedrà lal luce, ma che per ora esiste solo nella mia testa. In pratica sono dei missing moment, ma non aveva molto senso usarlo come avvertimento, visto che la storia originale non c'è. In questo mondo i praticanti della magia che non fanno parte delle casate principali (e quindi hanno poteri più deboli), servono come guardie del corpo/scudieri, i membri di quelle.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Occhio ***


Occhio

Akash si convince ogni istante di più che l’uomo non è fatto per navigare. Le persone devono tenere i piedi ben ancorati a qualcosa di solido per funzionare come si deve. 

Il terreno a metri e metri di distanza da lui è sommerso da un’immensa massa d'acqua e la cosa lo turba più di quanto riesce ad ammettere. Tra lui e un’orribile morte per annegamento ci sono solo alcune fragili assi incatramate e la maestria di un capitano che ha un’autorità spuntata e una lealtà divisa, non essendo nato nobile. Potrebbe far affondare la nave, se glielo ordinassero, potrebbe condurli tutti a morte certa o abbandonarlo su un isola deserta, se le trattative diplomatiche dovessero andare storte. Poco valrebbe, allora, il suo onore di uomo di mare, su cui ha gli ha giurato, che non sarebbe successo niente di male a prestare qualche giorno di servizio sulla sua Vecchia Signora.
La nave beccheggia, traballa, ondeggia e il contenuto del suo stomaco segue un ritmo uguale e contrario a quello delle onde. I riflessi del sole sulle onde lo abbagliano, provocandogli un mal di testa martellante. Con circospezione si appoggia alla balaustra, cercando di calmare la nausea e chiude gli occhi nella speranza che questo miracolosamente lo aiuti a sentirsi meglio.

“Non battere la fiacca mozzo!” Lo sferza la voce del capitano, facendolo sobbalzare e riempendolo di frustrazione - lui non sobbalza mai, a riva. La sua magia è legata alla terra, quindi sa sempre se qualcuno si sta avvicinando. Sempre. In ogni momento. Qualunque siano le circostanze. E si gira sempre in maniera pacata-. 
“Nessuno poltrisce sulla mia nave, ragazzino." latra il comandante, sputando a terra un grumo di tabacco, "Ti tengo d’occhio” ringhia, picchiettandosi l’occhio di vetro.
La biglia verde che ha incastrata nell’orbita sinistra ha piccole pagliuzze blu e oro che riflettono il colore del mare. Non potrebbe passare per un occhio vero neanche all’osservatore più distratto, ma il capitano sfoggia la protesi con evidente orgoglio, quasi fosse addirittura meglio del suo occhio originale. 
Akash si chiede ansiosamente se quella biglia verde abbia qualche potere magico dal momento che gli sembra abbastanza importante vedere, per navigare. Anche se, dalla facilità con cui l’ha individuato nel brulicare di marinai al lavoro, non si direbbe che abbia problemi in quel senso.

“Fatti raccontare di quell’occhio, Akash!” grida il suo cavaliere, apparendo letteralmente dal nulla, sfoggiando un sorriso abbacinante e vestiti molto meno elaborati di quelli che gli aveva faticosamente fatto indossare solo quella mattina “è una storia davvero interessante.”
“Taci tu, marinaio” scatta il capitano senza neanche girarsi.
Il suo superiore non sembra affatto disturbato dal tono brusco di quello che, a tutti gli effetti, è una specie di suo subalterno: “E di quella volta del mostro marino, invece?”

“Non dovresti essere a discutere di importanti faccende diplomatiche con il mio cavaliere?”
Il sorriso di Sir Samir si allarga come quello di uno squalo.
“Sono momentaneamente indisposto, lo sai”
“Dovresti proprio perderlo il brutto vizio di nasconderti in mezzo al carico”
“Dovrei”
"Prima o poi tratterò come il clandestino che sei, Samir"
"Per fortuna rispetti troppo la mia cara vecchia madre per farlo davvero"
"La tua cara vecchia madre ti butterebbe fuori bordo con le sue stesse mani, se è ancora la donna che ricordo"

“Per fortuna che almeno tu hai un occhio di riguardo per me” ammicca lui.
“Sottocoperta ad aiutare il cuoco, muoviti!”
Il suo cavaliere sembra spegnersi tutto di un colpo.
“Che stai aspettando? In mare sono io che comando, Sir"








Note: la cara vecchia mamma di Sir Samir ci tiene a specificare che gettare suo figlio in mare non è servito poi a molto, se non a farlo diventare un ottimo nuotatore. Akash ci tiene a specificare che lui, invece, ci tiene molto a rimanere all'asciutto e possibilmente a riva. Akash è stato obbligato ad imbarcarsi dal suo cavaliere con una scusa qualunque, così poi poteva saltare il lavoro in compagnia.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pagina ***


Pagina

La pagina resta bianca. L’inchiostro si secca.
La matita rotea tra le sue dita in giri infiniti.
Il ciondolo resta chiuso nel baule, senza essere donato.
La gola tace le parole che vorrebbe affidare al messo.

Si convince che la sua corrispondenza sarebbe sgradita, rispedita al mittente, mai ricevuta.
La famiglia di lei, dopotutto l’ha bandito, accusato, messo sotto processo, ma lui davvero non voleva, non credeva, non gli avevano davvero spiegato che…
Si trova a sperare, a volte, che almeno lei possa averlo perdonato, possa non essersi pentita nonostante le conseguenze.

Finisce per dirigersi al campo d’addestramento, come ogni volta.

“Ancora pene d’amore?” lo accoglie Samir, “hai una faccia”.
“Smettila di lagnarti.” è il commento di Krion.

A cui segue necessariamente una sua vampata di fiamme diretta specificamente contro il compagno d’armi, che sarà pure tanto intelligente, ma non capira mai un cazzo di amore.
Ovviamente Krion eregge un muro di ghiaccio con un semplice gesto della mano senza neanche spettinare quei suoi capelli biondi del cazzo e immediatamente dopo cambia forma all’umidità nell’aria per cercare di intrappolarlo.

“Bacio! Bacio! Bacio!” applaude Samir
“Stai zitto!” abbaia Krion, completamente rosso. Così imbarazzato da non riuscire a spedirgli contro neanche un buon incantesimo.
“Andiamo! Solo io la sento questa immensa tensione sessuale?”
“Dacci un taglio, coglione, o so-molte-più-cose-di-voi-ma-evidentemente-non-sul sesso, morirà di imbarazzo”
“So cos’è il sesso, Riccardo” dice lui. “Non vuol dire che mi devo sentire a mio agio a parlarne. Nè che mi ci devo rovinare la vita.”

Le fiamme lo avvolgono e per un attimo sembrano voler distruggere ogni cosa. Poi si spengono, come le parole, al ricordo di un primo amore proibito e il prezzo pagato per averlo colto.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Scheggia ***


Scheggia

 

Una scheggia è un piccolo frammento che si stacca da un intero.
I resti di qualcosa fatto a pezzi. Qualcosa di affilato, che fa male.
Esattamente quello che rimane di lui all’inizio del servizio.


Per mesi gli hanno insistentemente ricordato che il suo unico scopo di vita era servire il suo cavaliere, per mesi l’hanno addestrato come un cane, per mesi l’hanno umiliato metodicamente per ricordargli il suo posto, per mesi la sua esistenza è stata fin troppo piena di fame, urla e sofferenza.

Per mesi ha disobbedito, lottato, reagito, resistito soppresso ogni emozione: anche così è riuscito a salvare solo una scheggia della sua antica ribellione; è abbastanza per non dare mai al suo cavaliere la soddisfazione di saperlo ammansito ed è fin troppo perchè le conseguenze dei suoi colpi di testa non sono piacevoli da affrontare. La scheggia affonda, dilania, strazia in profondità, ma lui non se ne libera, anche se il paragone tra passato e presente è impietoso.

 

Quando salva la straniera dall’attacco dei predoni lo fa di sua iniziativa: la toglie dalla traiettoria di uno dei proiettili e porta fuori tiro, al sicuro, dietro agli alberi. Il suo cavaliere lo richiama all’ordine immediatamente, visto che quella che pareva uno scontro di routine si è appena trasformato in un’imboscata in piena regola; Malgrarat prega che, nel frattempo, lei riesca far perdere le sue tracce.
Dopo, è lui a prendersene cura: è disidratata, confusa ed è evidentemente un mago, anche se di certo non un nobile. Il suo cavaliere esige delle spiegazioni: Malgrarat, in qualche modo, lo convince ad aspettare perchè è così malconcia da non rappresentare un pericolo per lui, che non può che essere uno di quegli strani guaritori itineranti e uno di quelli gli tornerebbe utile, almeno finchè non si allontanano da lì.

“Sono una guerriera,” gli dirà lei più tardi, durante il suo turno di guardia, quando le tenebre saranno abbastanza fitte per nascondere le loro due figure affiancate e il cavaliere starà dormento da un pezzo. “non so niente di medicina. E non sono di queste parti.“
“Lo so” Risponderà lui.
La donna gli riserverà un lungo sguardo valutatore.
“Potrei uccedere il tuo comandante” propone piattamente lei, come se fosse una cosa da nulla.
“Se proverai ad ucciderlo,” risponde lui, indicando la sagoma addormentata, “Sarò costretto a intervenire. Non farmelo fare. Io…” esita “Ho un’altra idea”.
“Proviamo!” dice lei e gli sorride spavalda fiduciosa, come se potesse vedere l’intero al posto dei frammenti.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rubino ***


Rubino

Quando li incontra per la prima volta, il cavaliere e il suo insegnante, più della paura ad ammutolirlo è lo stupore. Le loro aure magiche si innalzano potenti e luminossisime: si muovono verso l’alto, ondeggiando come le fiamme di un falò. La loro è una magia che brucia, distrugge e divora: un cataclisma naturale bellissimo quanto spaventoso Un brivido gli scende lungo la schiena ricordandogli che è lui a trovarsi dalla parte sbagliata di quella magia, eppure deve forzarsi per distogliere lo sguardo.

Anche allora quelle aure continuano a baluginare nella sua visione periferica e rimane incantato dalla potenza bruta che le permane. Decide di disattivare la sua percezione magica solo quando, durante il combattimento di prova rischia seriamente di restarci secco: vede perfettamente la magia del cavaliere ingrandirsi per poi mutarsi in un violento getto di fiamme rubino. Riesce a schivarle solo all’ultimo, più per fortuna che per abilità. Cieco allla magia, comabattere dei maghi potenti come loro diventa la cosa più ardua che abbia mai fatto, ma preferisce essere insultato, perdere, ferirsi, piuttosto che ammettere di ammettere la verità. Nonostante i rischi, sii ritiene fortunano ad aver incontrato una magia così terrifica. 

 

 

Note: è il prompt con cui mi sono trovata più in difficoltà fin'ora, quindi è venuta questa mezza cosa. Al prossimo giro spero di fare meglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Smalto ***


Smalto

 

“Ha perso smalto”, pensa Samir, quando Krion lascia lui e Riccardo al centro del campo di battaglia e si allontana con passo sicuro. Solo qualche anno fa non si sarebbe neanche degnato di dire loro dove aveva intenzione di andare: si sarebbero voltati e non l’avrebbero più visto. Ormai conoscevano la sua routine post combattimento: era praticamente impossibile sbagliarsi o dimenticarselo; Tornava, sempre ricoperto di sangue, grugnendo l’ubicazione dei nemici uccisi che noi incompetenti c’eravamo lasciati scappare. Un tripudio di cattivo gusto e maleducazione che faceva imbufalire i loro superiori e ridere lui.

Oggi, invece, Krion ha addirittura mugugnato qualcosa di intellegibile, prima di sparire. Probabilmnte è per via della situazione un po’ anomala o, forse, anzi sicuramente, è alla sua incredibile influenza positiva.

 

“Ha perso smalto”, pensa Krion, mugugnando tra i denti una vaga indicazione sulla sua destinazione. Non è da Riccardo sostenere a stento un combattimento così breve. Con tutta la magia che possiede, ti aspetteresti che sia in grado di fare qualcosa di meglio che lanciare un paio di misere palle di fuoco. Senza contare che l’ha visto perfettamente: quando ha congelato il terreno per ampliare il suo raggio d’azione lui ha vacillato. Un paio di anni prima avrebbe semplicemente sciolto il ghiaccio sotto i suoi piedi e gli avrebbe indirizzato una battuta sarcastica delle sue. Non è da lui farsi rapire dal nemico, non è da lui non essere in grado di scappare, facendolo a pe​​zzi. Decisamente la situazione non gli piace.

 

“Ha perso smalto”, pensa Riccardo che approfitta della relativa calma per sedersi il più dignitosamente possbile da qualche parte. Da tempo Samir non è più solo il bamboccio fastidioso e con la lingua lunga, conosciuto ai tempi del loro servizio militare. Anzi a ripensarci, non pensa che lo sia mai stato: se ricorda bene, infatti, era stato assegnato al loro plotone proprio perchè aveva detto qualcosa di davvero inopportuno durante una trattativa diplomatica; e l’aveva fatto apposta. Riccardo è abbastanza sicuro che evitare che la situazione degeneri fino al punto in cui lui si trova ad affrontare una missione suicida per cui non è assolutamente preparato dovrebbe essere uno dei suoi compiti. Mandare dei rinforzi, quando si può evitare il conflitto non così poco elegante che quasi non riconosce il suo solito tocco.



NOte : eccomi qua a recuperare i giorni perduti del writober. Questo è il prompt del giorno 1 della lista PumpNight (che poi è la lista che sto seguendo, giorno dopo giorno per la raccolta): 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Pallore ***


Pallore

 

La luce della luna rende la sua pelle più pallida del solito: si avvolge più strettamente nel mantello affinchè la sua presenza non venga notata. Appoggia meglio la schiena sul tronco del grosso albero che ha scelto come rifugio e chiude gli occhi. Dietro di sè percepisce le menti del suo cavaliere acuta, fredda analitica e poi il caos di menti sconosciute dei loro compagni di viaggio: le sfiora appena giusto il tempo di assicurarsi che siano proprio quelle che ha rapidamente memorizzato quella mattina. C’è la mente sveglia dell’altro cavaliere che saltella di pensiero in pensiero senza riuscire a fermarsi e quella lenta ironica e insinuante del suo altro scudiero. Si stanno mettendo a dormire, può percepirlo chiaramente: ogni idea, ogni concetto diventa pian piano meno razionale e infine la loro formulazione si ferma per lasciare posto al sonno. Dall’altro lato dell’accampamento c’è Akash, che come lei è di guardia. La sua mente vigile, ma tranquilla esercita su di lei un effetto calmante che le fa rilassare i muscoli che teneva involontariamente contrati: odia i turni di guardia notturni, quando non può vedere niente di più di un pallido paesaggio in bianco e nero e le ombre create dalle braci del falò. Torna a scandagliare la foresta con la mente e con gli occhi, aiutata dal pallore della luna piena, ma non percepisce altro che forme di vita animale. Nessuna di loro sembra interessarsi troppo a loro.

“Lily? Sei qui?” Lo scudiero che non è Akash procede a tentoni nel buio, cercandola. La trova dopo un paio di tentativi andati storti, quando lei misericordiosamente sbuca dalle tenebre in cui si è nascosta e si fa notare. A quel punto Stephen si siede rumorosamente accanto a lei.
“Non sono bravo nella percezione, sai? Potevi anche darmi una mano!” chiede con voce ridicolarmente troppo alta. Lily si stringe nelle spalle e pensa che il fatto che non l’abbia vista non è una cosa negativa, per lei.
“Va bene, va bene, non ti dò torto, non ho abbastanza esperienza di foreste buie e umide.” Muove le mani in modo affettato, fa rumore quando cammina e non sembra seguire quel buonsenso comune a tutti quelli del loro censo che li porta a dormire e a mangiare il più possibile appena ne hanno l’opportunità.
“Sai ho vissuto in un castello fin ora, eccetera eccetera… Non era male lì spesse mura di pietre e letti comodi, dovresti provare una volta o l’altra.” Sembra considerare un turno di guardia un buon momento per parlare.
“Insomma, Akash mi ha detto che niente di quello che avrei provato a dire avrebbe funzionato, perciò ho pensato che non c’è niente di meglio del cibo per conoscere qualcuno. Periò, ecco, vuoi qualcosa di caldo?” dice e gli porge una tazza tiepida. La foresta è solo umida e Lily non ha davvero sete, però la tazza la prende lo stesso.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Piercing ***


 

Piercing

 

Stephen guarda per l’ultima volta la sua immagine nello specchio di bronzo: ammira i suoi piercing e il modo in cui luccicano appena illuminati dalla candela. Inizia a toglierli partendo dal più recente, sull’orecchio destro, e risalendo indietro nel tempo fino al primo, sul naso. Sono solo otto, uno per ogni anno di servizio al castello di Ondariva, ma sembrano molti di più. Stephen ne prende in mano uno alla volta e se li rigira tra le ditai, come se gustasse un cibo prelibato.

L’ottavo ha solo pochi mesi ed è una fiocco di neve di oro bianco - per celebrare la sua vittoria diplomatica su un cavaliere del nord.
Il settimo è un cerchietto d’oro giallo purissimo - a riconoscimento della sua lealtà.
Il sesto è una spirale di metallo opaco - a ricordare le difficoltà e le ristrettezze di un anno sfortunato.
Il quinto è un piccolo fiore in oro rosso - la scherzosa approvazione del signore del castello per la sua prima fiamma, da cui non era riuscito a distogliere lo sguardo per più di un minuto.
Il quarto è una punta di bronzo - il primo omicidio compiuto per il suo signore.
Il terzo ha la forma di una catenella d’argento - un’avvertimento molto chiaro che aveva definitivamente calmato i suoi bollenti spiriti
Il secondo ha il disegno di alcune piccole foglie - e celebra il momento in cui i suoi progressi negli studi sono stati finalmente riconosciuti.
Il primo ha incastonato un piccolo zaffiro - perchè nessuno dimenticasse di chi fosse il bastardo.

Ognuno di quei gioiellli è stato forgiato specificamente per lui e tornerà ad essere fuso, dopo la sua partenza. Si porta nervosamente la mano dove c’era la piccola catenella d’argento, ma le sue dita si scontrano solo con la pelle nuda e morbida del suo orecchio e sorride. Non conosce la vita al di fuori del castello, nè sa di preciso quale sia la routine degli scudieri che tra poco diventeranno i suoi pari, ma è più sereno di quanto non lo sia stato in moltissimi mesi.
L’attuale scudiero del suo futuro cavaliere si è fatto subito ingannare dalle apparenze raffinate del castello e dalle cortesie di rito, godendosi il pessimo vino che gli hanno concesso con un genuino piacere. Neanche il suo cavaliere sembra molto più sveglio, in verità, dato che sembra completamente ignaro del vero motivo per cui i suoi servizi gli sono stati prontamente offerti come premio.

Con persone come loro avrà una vita molto più facile che a corte.


 

Note: Beata arroganza. 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Rabbia ***


Rabbia

Riccardo non lascerà che i politicanti del Castello abbiano la meglio.

Non quando la missione è stata portata a termine perfettamente. La cellula rivoltosa era stata distrutta con efficienza e senza la minima esitazione e nei tempi previsti: i maghi che ne facevano parte morti o prigionieri, il loro rifugio dato alle fiamme dopo essere stato razziato.

Se loro pensavano che cadere nelle mani del nemico fosse una debolezza, allora avrebbe spiegato loro esattamente come e perchè era successo. Sottolineare la loro incompetenza e le inefficienza degli strateghi responsabili della missione sarebbe stato piacere che non si sarebbe risparmiato. Aveva tutta l'intenzione dare loro pubblicamente la colpa per le sue nuove cicatrici. Li avrebbe guardati annaspare nelle loro stesse futili giustificazioni, mentre lui restava fermo sulle sue posizioni e che andassero in vacca la pazienza, la tattica e la prudenza.

Volevano che morisse - e ci era mancato davvero poco - o che fallisse e non era certo la prima volta che gli affidavano una missione pericolosa nella speranza di non vederlo tornare. O di vederlo tornare senza il suo scudiero per deridere le scarse abilità strategiche e di comando di una testa calda come lui.

Il fuoco della sua rabbia divora ogni buonsenso e non ha intenzione di cercare di placarlo: è stanco di stare ai loro giochi s di pagare il prezzo di rancori che neanche gli appartengono. Non si scuserà, non si rimetterà alla clemenza della corte, nè accetterà la soluzione di comodo. Non gli permetterà nemmeno di mettere in dubbio il suo comando e il suo status, giustiziando il suo scudiero. Malgrarat è una spina nel fianco, ma obbedisce a lui e sta a lui e lui solo decidere del suo futuro.



Note: è incredibile come un prompt sì e uno no sono in difficoltà. Questa è la volta del sì.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4035053