Insomnie

di Crystal Aerya Faery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Insonnia ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Desiderio di sangue ***
Capitolo 4: *** Il Manoscritto ***
Capitolo 5: *** Kastalya Von Black ***
Capitolo 6: *** Racconti a tavola ***



Capitolo 1
*** 1- Insonnia ***


Parigi 5 Maggio 2005, Via dell'Eterneit Blauchebun

 

Parigi 5 Maggio 2005, Via dell'Eternel Blauchebun

Nella via desolata, avvolta in una giacca di pelle, una ragazza camminava sormontata dal velluto universale delle stelle e del cielo nero. Silenziosa, quella via, al limite della sua interpretazione vitale: non un locale aperto, non un negozio, in quell'ora magica che precede l'alba.

Il passo, cadenzato ma non troppo, rivela di lei l'animo fanciullesco e ancora giovane: il rintocco degli stivali si mescola al ronzare dei grilli nascosti nei cespugli del parco lì vicino, i capelli, neri come macchie d'inchiostro sbarazzine e ribelli, sono condensati sulla sua testa bianca, dal volto rivolto verso l'alto.

La sua storia è una storia difficile. Non ha casa, ha una famiglia a metà, non ha lavoro. Ha in compenso 17 anni di tragicomica vita passata cercare di comprendere il senso insensato del mondo dove abita.

Si chiama Lucien, ma questo non importa... Il suo nome era un numero, nel censimento della Terra. E un numero sarebbe rimasto, per sempre. Faceva parte di quella schiera di gente che non avrebbe avuto un nome importante, che non sarebbe divenuta eroica...

Ombra tra le ombre di quella notte stellata, Lucien camminava diretta ad una panchina nel parco di grilli canterini. Era la pace e il silenzio della natura che cercava, in quel pianeta fatto di caducità, morte, insonnia.

Si sedette e sospirò una nuvoletta di pallido vapore biancastro.

Quel vapore venne visto anche in lontananza, come una vampata di fuoco, da qualcuno che forze non si trovava lì per caso, e che già da qualche tempo la stava seguendo.

Uscì dai cespugli con un silenzioso incedere. Si mescolava bene all'oscurità: lei era sua madre. Nuvole grosse di pioggia coprirono il volto della luna, e la fanciulla seduta sulla panchina, a qualche metro da lui, fu avviluppata dal nero della notte.

Si passò la lingua sui denti scintillanti: una preda, finalmente. Erano giorni che aspettava invano, e ora assetato e bramoso fissava con le iridi rubino la stupenda cena passionale che gli si presentava. Non era abbastanza lucido per anteporre al pasto un corteggiamento... No, sarebbe calato sulla vittima e l'avrebbe uccisa senza troppi convenevoli.

Camminò leggero sull'erbetta del parco. I suoi passi non furono uditi da niuno, e anche i grilli, suoi fratelli notturni, continuarono a cantare come se nulla fosse.

Arrivò fino alla panchina, e lì rimase. Non aveva bisogno di respirare...Da secoli non lo faceva più. Lei non si sarebbe neanche accorta di morire.

Quando la Luna tornò a illuminare la scena, poté vedere con nitidezza il collo diafano e liscio della ragazza. Brillò, quel collo perlato alla luce della luna, e per un attimo fu tentato da rimandare il pasto, per travolgere quel delicato fiore di giglio dalla sua spudorata lussuria.

Ma no... Non c'era tempo, e l'alba era vicina. Sarebbe perito, un altro giorno senza la sua linfa purpurea. Così aprì la bocca, e posò il suo gelido fiato sul collo di lei.

Lucien sentì una brezza carezzarle il collo, e infastidita dal gelo che sciupava la calma della notte, si coprì fino al naso con la giacca nera di pelle. Gli occhi dorati continuarono a fissare però la luna e le stelle sopra di lei, intervallate dalle nuvole di pioggia.

Poi, qualcosa di ignoto si avventò su di lei, una mano dalla presa d'acciaio le si serrò sul volto, impedendole di gridare. Fu rovesciata all'indietro, mentre una mano artigliata armeggiava su di lei, strappando come fosse seta il pesante giaccone di pelle.

Lo schienale della panchina la aiutò a rimanere ancora per metà seduta. Sentì solo il suo, di respiro, e il gelo della mano sconosciuta le fece correre un brivido sulla schiena. Il panico le affondò nel cuore, mentre sotto i raggi della luna, si dibatteva, mugolando e gemendo.

Quando sentì cedere lo schienale della panchina, comprese che nulla al mondo avrebbe impedito allo sconosciuto assalitore di fare di lei ciò che voleva. Fu portata a terra, tra l'erba umida e odorosa del parco, la mano ancora sul suo volto, a bloccarle le labbra in una smorfia di paura.

La Luna fu oscurata di nuovo, e lei non poté vedere chi ora era su di lei. Cercò annaspando, di scivolare via da sotto di lui, menando calci e schiaffi all'aria. Alla fine aprì le labbra rosse e addentò la carne fredda della mano impertinente, e non mollò la presa per nulla al mondo.

Nessun grido, nessun dolore. La Luna tornò, da oltre le nubi, e Lucien riuscì a vederlo.

Quando di nuovo tornò la Luna, lui sentì la ferocia e la prepotenza abbandonargli la mano che voleva chiudere sul volto della ragazza per frantumarglielo.

Fissò gli occhi di lei: dorati, lucenti e luminosi come fossero il Sole stesso. E poi il suo naso, leggermente aquilino, la fronte delicata e fanciullesca, gli zigomi alti...La pelle così chiara, le labbra così rosse. I capelli, una chioma notturna, le ricadevano appena sulle spalle, di un nero fluido e impenetrabile.

Capì in quell'istante che la voleva al suo fianco, non sotto terra assieme alle schiere dei mortali. Capì che aveva tra le mani una stupenda creatura, una stupenda fonte di passione. Sorrise, a quella vista, e storse il suo volto in un ghigno.

"Sta zitta o ti uccido." Sibilò amorevolmente. "Non sentirai nulla."

Lei più si dibatteva, più lui la immobilizzava, chiudendo le gambe sulle sue, e posandosi su di lei come una nera falena parassita. Decise che non sarebbe morta, e che non l'avrebbe dilaniata come invece qualche secondo prima avrebbe voluto.

E poi la morse.

 

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Capitolo 2
*** Risveglio ***


2 ***Grazie a Bya per il commento^_^***

2

Parigi 5 Maggio 2005, Via dell'Eternel Blauchebun

Fu strano, e allo stesso tempo orribile. Non capiva il perché, ma il posarsi di quella bocca fredda sul suo collo le provocò un piacere che la estasiò al punto di farle dimenticare ogni terrore, ogni paura. Sentì il sangue scivolare fuori da lei, verso l'uomo misterioso chinato. Da lei, all'altro: un circolo vizioso e mortale.

La mano sul suo collo divenne una mano che carezzava la sua guancia, e che le provocava una confusione lancinante. Le sue labbra furono liberate dalla presa d'acciaio, e poterono dischiudersi in un sospiro leggiadro. Aprì gli occhi di sole alla luna nel cielo, e percepì la vita volare via da lei, lentamente.. Un forte eco, l'eco del suo cuore che rintoccava i suoi battiti sempre più lentamente.

Lucien accolse le labbra del vampiro come fossero le labbra di un amante. Lasciò che lui le sporcasse il viso del sangue impregnato nella sua bocca, e accettò senza preoccupazione quelle stesse labbra chiudersi sofficemente nelle sue, in un bacio che sapeva di ferro e sangue.

Poi, la figura dell'uomo misterioso si alzò sopra di lei, e con i denti che scintillavano alle stelle e alla luna, lacerò il suo polso destro. Altro sangue cadde sul corpo oramai freddo di Lucien, colorandolo di porpora. Le guance, macchiate da rosse rose, avevano assunto un candore impalpabile. Solo gli occhi, quelle iridi focose, rimanevano accese.

Il vampiro portò il polso alle labbra di Lucien, dolcemente, e le tenne con la mancina mano la testa dai capelli neri, battezzandola ad una vita di eternità.

Lei bevve dal calice colmo che le veniva donato, mentre sentiva il suo cuore tornare a battere, all'unisono di quello dell'uomo. Quando fu sazia del liquore agrodolce che le era colato caldo nella gola, chiuse gli occhi, e svenne.

Insonnia.

Perdere il sonno.

Lucien aprì di getto gli occhi, trattenendo un urlo. L'oscurità più totale la carezzava da tutte le parti. Alzò una mano sopra di lei, e sfiorò il velluto di un soffitto. Fu allora che sentì un corpo sotto di lei, un corpo appena freddo.

'Shh... dormi.' Mormorò il vampiro, e le cinse il ventre con un braccio, tenendola a se, impedendole si muoversi. Lucien aprì la bocca per gridare, quando la solita mano mancina le si posò delicata sulle labbra. 'Sta tranquilla.'

'Tu mi hai morsa.' Sussurrò Lucien, sentendosi debole e vulnerabile a quell'entità ombrosa. 'Questo cosa significa..'

'Che sei una di noi' sorrise il vampiro, e poi le carezzò la guancia, ritmicamente. Lucien non comprese immediatamente il significato di quella parole, ma il cuore che batteva dentro di lei, lo capì all'istante. Richiuse gli occhi, pieni di lacrime umane, anche se sulle labbra un dolce sorriso femmineo le allietava il volto dai lineamenti dolci.

Si addormentò così, cullata dalle braccia dell'altro.

Parigi 6 Maggio 2005, Periferia - o2.oo di Notte

Quando di nuovo si svegliò, il canto dei grilli le sfiorò l'udito, rendendo il secondo risveglio meno inquietante del primo. La bara era già aperta, e uno spicchio di luna si poteva intravedere assieme ad uno strappo di cielo stellato. Lucien rimase silenziosa, immobile, a fissare la Luna senza dire nulla per quasi un'ora. Rimase sconcertata dalla sua bellezza, e dal fatto che mai l'aveva vista così.

Si rese conto che doveva trovarsi in periferia poiché la luce della città e il rumore della gente e delle macchine era praticamente nullo. Forse erano in un bosco.. Il suo naso captava l'odore fine dei pini e delle loro eternamente verdi foglie ad ago.

Emise un leggero mugolio, per far capire che era sveglia, e dal fianco della bara, lì dove si trovava la luna, comparve il volto dell'uomo. Ora riusciva a vederlo meglio.. Riusciva a distinguere i suoi luminosi lineamenti, gli occhi accesi di un rosso ardente, la capigliatura corvina e folta, densa come la notte stessa. Ricordò il profumo del suo sangue e l'ebbrezza dell'averlo avuto su di lei. "Ciao" mormorò la voce sensuale della creatura fuori dalla bara.

"Cosa mi hai fatto?" domandò subito Lucien. Sentiva qualcosa di strano in lei: non aveva paura di nulla, ne era contenta di nulla. Era come se il suo unico sentimento fosse rivolto alla luna e al sangue buono e caldo assaggiato dalle vene del vampiro.

"Ti ho donato l'immortalità."

"Sei un vampiro..." dedusse la ragazza, ed uscì con la testa dalla bara, fissandolo intensamente. "Credevo non esistessero, i vampiri."

"Dicono che il Diavolo e Dio non esistono...Ma alla fine sono lì. E' inevitabile." E poi il vampiro, che aveva le spalle posate sul lato della bara, sospirò al gelo della notte. Come Lucien aveva dedotto, si trovavano in aperta campagna.. In un campo di spighe di grano. Roteò gli occhi intorno: lì vicino, una catapecchia scricchiolava ai sussurri del vento. Le spighe, invece, al contatto del vento, cantavano sussurri piacevoli assieme ai grilli.

"Non avevi il diritto di vampirizzarmi." Sibilò la ragazza.

"Difatti avevo il dovere di ucciderti. E non credere che non possa farlo anche adesso.." e una mano rapida andò a carezzare la guancia di Lucine. La ragazza sentì un brivido a quel contatto, e si distaccò subito. "Perché non lo hai fatto." Fece come un ringhiò basso lei, abbassando gli occhi.

"Perché sei bella, e sono da troppo solo." Disse ridendo di gusto il vampiro. La sua risata le carezzò le orecchie, rintronandola. Lucien uscì dalla bara, barcollando appena. Sentiva il suo cuore battere lentamente, e poi mancare ogni tanto un battito. Si sedette sulla terra tiepida accanto all'altro, fissando la luna. "Ho fame." Disse Lucien, e le faceva male affermarlo... Cosa avrebbe mangiato? Sangue? Sangue di cosa? Di chi?

"Bene, era questo che aspettavo. Su forza.." e il vampiro si alzò in piedi, in uno sfrigolare di mantello. Le porse una mano. "Andiamo a caccia."

Lucien fissò la mano illuminata dalla madre luna, e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. "Non so neanche chi sei..." sussurrò debolmente, e cercò la bara. Voleva rinchiudersi la dentro, e dormire. Sola.

"Louis Von Black."Disse il vampiro, e rimase con il palmo della mancina aperto ancora per qualche secondo di silenzio, fino a che, spazientito, la riportò lungo i fianchi. "Alzati."

"Non voglio. Non voglio... questo è un incubo.."pianse Lucien, e si coprì con una mano il volto, singhiozzando. Il vampiro si chinò su di lei, e le scostò le mani dal viso. I loro occhi si fissarono per un eterno attimo, e la ragazza comprese che non si poteva più tornare indietro.

"Forza..." sussurrò di nuovo lui, dolcemente.

Eppure i suoi occhi erano freddi. Come non potessero mai scaldarsi.

 

 

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Capitolo 3
*** Desiderio di sangue ***


2

3

 

NOTE: Ringrazio ancora Bya xkè legge la storia (ghgh^^') e anche la nuova arrivata Linny, grazissime a tutte e due ^.^ Poi, volevo dirvi che sto leggendo 'Intervista col Vampiro' di Anna Rice, e adoro la storia..ne sono totalmente affascianta *_* Eheheh infatti il vampiro della storia si chiama Louis ghgh^:^. Bhe, buona lettura ^_*

Parigi 6 Maggio 2005, Periferia - o4.3o di Notte

Tornarono alla bara e alla catapecchia dopo qualche ora. Era ancora notte, e il sole ci avrebbe messo un po' a comparire oltre le spighe verdi.

Lucien seguiva il vampiro a testa bassa, le mani bianche imbrattate di sangue. Sangue che le colava appena anche da un labbro. "Ratti!" disse con enfasi la fanciulla. "Se me lo avessi detto prima.." scuotendo il capo.

"Cosa credevi, che ti portassi dagli umani la prima notte?" rise tagliente lui, e le cinse con un braccio la spalla piccola. Lei di primo acchitto volle ritrarsi, poi però accettò il contatto corporeo con Louis. Ora aveva posato gli occhi dorati sul suo volto da scultura greca, illuminato dalla luna morente. Si sentì pervasa dallo stesso piacere della prima bevuta di sangue, e il rasserenarsi del copro riuscì anche ad allentare il suo animo...Aveva creduto di dover uccidere della gente! E invece bastava qualche ratto per saziarla a dovere.

Si sedettero sui gradini dell'ingresso dalla catapecchia. Lucien teneva in mano un topo morto, e lo guardava schifata. Non aveva più così tanta fame da addentarlo di nuovo. "Vuoi?" e lo porse a Louis, che abbozzò un sorriso e succhiò come una sanguisuga dal povero animale.

Quando ebbero finito di mangiare, sazi e abbastanza tranquilli, i due rimasero silenziosi a guardare le stelle. "Non so perché, ma mi fanno uno strano effetto, adesso" disse a bassa voce Lucien, il naso aquilino verso l'alto del firmamento. "E' normale... gli umani non riescono a vedere la bellezza della natura, mentre noi vampiri siamo legati ad essa." Disse Louis. Lucien tornò a fissarlo, dapprima le sue labbra, poi nel contesto, e si trovò dubbiosa. "Perchè stavi cacciando nel parco? Hai detto che un vampiro può vivere anche di animali..."

"E' una storia lunga." Mormorò il vampiro, senza staccare gli occhi rubino dal cielo. Sul suo volto, vi era lo sbrilluccicare della curiosità di un bimbo, verso la Luna e il firmamento. "Ti basti sapere che abitualmente non mi cibo di ratti, ma di persone... Più in la capirai."

"Persone? Uccidi persone?" alzando un poco la voce.

"No... non uccido mai le mie prede. A meno che non sia affamato, e allora.. bhe allora lì non ragiono più." Louis non sapeva neanche perché stesse dicendo tutte quelle cose a Lucien, ma non importava. In fondo, era la prima creatura umana che vampirizzasse.. "Come ti chiami. Non me lo hai ancora detto." Fece il vampiro, ora concentrandosi su di lei.

"Lucien" disse la ragazza vampira, e poi, senza sapere perché, abbracciò il vampiro, stringendosi a lui. "Ho sonno." Mormorò, le palpebre le pesavano, e l'essersi appena rimpinzata di sangue le aveva messo sonno. Louis la prese in braccio, e la portò fino alla bara, dove la stese delicatamente. Poi trasportò senza alcuna fatica la bara dentro la catapecchia.

Lucien rimase ad occhi aperti a guardare il soffitto di tegole e stelle della casa in malora, fino a quando il coperchio non si chiuse sulla sua testa. Dapprima sentì ovattati i rumori all'esterno, poi sempre più leggeri, simili a semplici sibili. Alla fine, si creò il vuoto attorno e dentro di lei. La Morte si posò sulle sue guance, cantando tra i suoi capelli nenie di malore e di disgrazia che però non potevano scalfirla.

Si strinse alla Morte, e chiuse gli occhi, girandosi di fianco. Si addormentò pensando a Louis.

Insonnia.

Perdere il sonno.

Lucien aprì gli occhi, di nuovo, e di nuovo trovò il velluto della bara su di lei. Ma nessun corpo sotto, nessun Louis a chiuderle la bocca per impedirle di gridare.

Con un gesto rapido aprì di scatto la bara, e respirò con grandi boccate l'aria fresca della mattinata. Si...mattinata. Il sole filtrava tra le tegole, e le scottò le iridi. Era pazzesco come credesse di non vedere un raggio di sole da...da un eternità? Uscì' dalla bara tossendo, riprendendo fiato dopo il grande spavento. D'un tratto tutto le sembrava stupido e superficiale...La caccia, il vampirismo...Tutto orribile, di nuovo. Era come se con la luce del sole tutto si fosse ristabilizzato.

E poi... I Vampiri non temevano la luce?

Uscì dalla catapecchia, e il sole la avviluppò in pieno, carezzandola in ogni lato, in ogni cellula. E non le fece male.

Sorrise, a quel tocco caldo, e si sentì viva, non più morta. Si sedette sugli scalini, e ascoltando il rumore del vento, priva di forze, si riaddormentò di nuovo.

'Sono viva...Sono viva' era questo che contava, ed era questo che si ripeteva, come fosse una bimba capricciosa.

Transilvania, Castello dei Von Black, 7 Maggio 2005

Alzò gli occhi al cielo, rise. Come era bello, il cielo diurno.

"Ehy...Rassel... Rassel!" gridò una voce femminile alle sue spalle. Il ragazzo si volse, e sorrise appena, alla vista di Elisabet Crowll, l'archeologa più energetica di tutta Londra. "Rassell.. hanno trovato dei tomi, nel castello! Gossor vuole te, per la traduzione"

Rassel Jacques si infilò il cappellino della Nike sulla testa bionda, ariana. "Traduzione?" domandò con voce interessata, mentre scendeva dall'altura verdeggiante dove si era appostato per guardare la bellezza selvaggia della Transilvania.

"Si, cavolo! E' roba che scotta.. Pare sia un manoscritto del 18° secolo, anche prima...Non hanno ancora finito di analizzare i tessuti cartacei."

"Ok, ok.. Bhe...li hai visti tu?" domandò, mentre accelerava il passo. Elisabet lo tirò per un braccio e lo fissò con gli occhi neri. La sua espressione era da 'Shock.'

"Rassel, credimi. Sono davvero da togliere il fiato."

Parigi 7 Maggio 2005, Periferia - oo.3o di Notte

La svegliò la voce di Louis, al suo orecchio. Dapprima sottile, quasi impercettibile, poi sempre più insistente e persistente. Poi riuscì a scindere le parole incomprensibili da quelle che avevano un minimo di senso. "Lucien...Lucien svegliati...Lucien...Apri gli occhi..."

Questa volta obbedì. I suoi fulgenti occhi dorati si aprirono. Era di nuovo notte. Era di nuovo nell'incubo.

"Lucien!" il vampiro, seduto accanto a lei aveva un'espressione sconvolta sul viso imperturbabile. "Lucien...eri fuori dalla bara quando mi sono svegliato...cosa...cosa è successo?"

Louis Von Black...era questo il nome del vampiro...Anche se stentava a credere di nuovo che esistesse. Aveva la netta sensazione che tutto fosse surreale. "Il sole. Non mi fa nulla." Disse la ragazza, e si accorse di essere stesa sulla sua bara, chiusa, e che era di nuovo notte.

"Il sole?" domandò con voce gelida Louis. I suoi occhi rossi brillavano se possibile ancor più visibilmente, e si umettava di continuo le labbra. Lucien sentì che la desiderava come se glielo urlasse in faccia, ma capì che era tentato dal rimandare ogni cosa per quell'oscuro timore che aveva sul volto... Louis aveva capito che c'era in lei qualcosa di anomalo. Qualcosa che non andava per il verso giusto.

"Si...il sole sulla mia pelle." Disse Lucien, con un enfasi che le fece battere forte il cuore.

"Ma non dire scemenze!" sbottò Von Black, infastidito. "Avrai sognato, tutto qui...Sei ancora sotto l'influenza mortale." Cercava di spiegarsi, ora camminando introno alla bara, come non avesse pace.

Lucien si mise a sedere, ed affrontò il vampiro a viso aperto. "E allora come ti spieghi che ero fuori dalla bara?"

"Questo non vuol dire che hai visto o sentito il sole." E poi Louis sbuffò. Si passò una mano tra i folti capelli corvini, e poi cercando di rilassarsi si sedette accanto a Lucien. "Ascoltami bene: non è possibile. Toglitelo dalla testa. Tu non potrai mai più vivere di giorno...è chiaro? Se il sole ti tocca, tu muori."

"Louis ti dico che..." ma non riuscì a finire la frase, perché il vampiro le aveva tappato la bocca con la mano fredda. "Promettimi che se dovessi svegliarti, in futuro, non uscirai più dalla bara."

"Ma..." e Louis chiuse le dita sulle labbra. "Promettilo." Sibilò piano. Lucien rimase a fissare gli occhi freddi di lui, e poi abbassò lo sguardo, annuendo. "Okay."

"Bene...E ora tieni.." e gli sistemò sulle spalle un mantello. "Dobbiamo andarcene di qui"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Il Manoscritto ***


4 NOTE: Vi informo che ho finito di leggere 'Intervista col Vampiro' e son osemplicemente rimasta senza fiato...E' uina storia struggente, stupenda ç___ç credo di essermi innamorata di Louis xD Eh...un bel vampiretto ^.^ Ma non dico nulla, che magari qualcuno non lo ha letto^^'. Grazie ancora a Bya, sono contenta che ti paice la storia, e se so che sei una lettrice del genere 'vampiresco' allora so che sarai un ottima critica se sbaglio qualcosa(^^''''''). Buona lettura!

4. Il manoscritto

Parigi 8 Maggio 2005, o1.oo di Notte

Lucien seguiva il vampiro senza fare commenti.

Si aggiravano furtivi per le vie di Parigi, affollate di gente in festa: cabaret illuminati che davano all'aperto, pub stra-colmi di giovani e non, semplici negozi aperti 24 ore su 24 con la migliore moda parigina al prezzo che essa costa. Non sentiva la stanchezza, nonostante si fossero fatti a piedi metà città, contando che molte delle volte si erano anche dovuti mettere a correre per non essere visti da qualche occhio troppo attento.

Ma adesso che costeggiavano una viottola tranquilla, abbellita da alcuni lampioni a gas che risalivano al 1600, Lucien si affiancò a Louis, e lo tirò per un braccio, indispettita. "Ho fame, sono stanca e non so dove accidenti stiamo andando!"

"Siamo quasi arrivati." Mormorò di rimando lui, però arrestando il passo.

"Dove?"

"A casa"

"A casa? A casa di chi, Louis?" e la giovane vampira alzò di un poco la voce innervosita dal fatto che non le fosse detto nulla su ciò che intorno a lei accadeva.

"A casa di mia sorella. Sta tranquilla, adesso." E Louis le tenne le spalle. "Non fare la bambina lagnosa." Disse con freddezza, poi con poca grazia la spinse di nuovo alla luce dei lampioni , incitandola a sbrigarsi.

Lucien fissò la strada, senza alzare gli occhi al cielo che da Parigi assomigliava solo ad un cupo velluto nero.

 

 

 

Parigi 8 Maggio 2005, Senagues Palace, o1.3o di Notte

Si fermarono davanti ad un grande edificio di stile settecentesco. Sulla parete frontale, alcuni balconcini colonnati sfilavano come pergolati di un castello che in realtà si trovava su più piani. Le grandi vetrate, che iniziavano solo al primo piano, erano coperte da pesantissime tende dal colore rosso scuro. In cima, all'ultimo piano, doveva esserci un terrazzo: alcune fiaccole brillavano lì nella notte. La via, nonostante fosse al centro di Parigi, era molto silenziosa, quasi deserta. Un bar aperto alla fine di essa, era l'unica fonte di rumore artificiale. Tutta l'altra sinfonia musicale era data ai gatti che miagolavano.

Lucien rimase ferma accanto a Louis, mentre entrambi (a modo loro) studiavano quel grande edificio. Poi, sul bel volto del vampiro si dipinse un sorriso tagliente. "Finalmente." E poi si volse verso Lucien, che sparuta e silenziosa, se ne rimaneva sulle sue, avvolta nel mantello enorme. "Qui potrai imparare tutto ciò che ti serve." E Lucien captò una tale paternità in quella frase, che le sue iridi si accesero e fu quasi sul punto di lanciare un qualche malaugurio al vampiro...

Poi, con gesto veloce, Louis la trasse a se, nella penombra della via, e posò di nuovo, come la prima volta, le sue labbra carnose nelle sue. Lucien le assaporò leggermente, e sentì che erano fredde, come acqua. Si scostò subito, accorgendosi di non provare alcuna passione per lui. Louis rimase colpito dal gesto dell'altra, ma anche lui si trovò a non doverne più avere bisogno. "E'...il sangue." Sussurrò a mezza voce. "Ti ci abituerai." Sussurrò poi freddo, guardandola dritto negli occhi.

Lucien non disse nulla, ma si trovò di nuovo ad abbassare lo sguardo sulle sue scarpe. Louis seguì la traiettoria dello sguardo, e si bloccò sulle scarpe semidistrutte della neo vampira. "A quelle penserà lei."

Poi si strinse nel mantello, prese una mano di Lucien -la sua era fredda, ma questo la ragazza non lo sentì: anche la sua era gelida, morta, immortale- e si sistemò davanti al grande portone di legno del palazzetto. "Ho fame" ripeté la ragazza, capricciosa... Louis non immaginava quanto la cocciutaggine di Lucien in seguito lo avrebbe assillato. "Sta zitta o ti taglio la lingua." E sorrise, in modo affabile ma crudele. "A morsi."

Lucien sbuffò, e poi indietreggiò appena, facendosi avvolgere dall'ombra grande e protettiva del vampiro. Lui alzò un braccio oltre la sua spalla, e bussò tre volte, poi attese qualche secondo, e ancora una.

Solo adesso, Lucien poteva rendersi conto che non sentiva nulla, per nulla. Solo una grande fame, voglia di sangue, e pacato rispetto per la notte. Tutte le angosce -ma anche il sentimento, la passione, la felicità- si erano assopite assieme a lei, nella Morte. Eppure, era certa di essersi svegliata la mattina prima... Di aver sentito il sole sulla sua pelle di nuovo..e di nuovo la Vita, la gioia, ma anche la paura.

Ricordò come uno schiaffone le parole di Louis 'Il sole ti ucciderà' diceva, e non credeva affatto a quello che Lucien aveva detto. Provò rancore ed odio per il vampiro dietro di lei, ma anche un grande desiderio. I suoi occhi fatti di brace dorata si incresparono confusi, a quelle emozioni così contrastanti.

Ma ebbe solo un attimo per pensare a questo, perché poi la porta venne aperta, e dovette trattenere il fiato.

 

 

 

Transilvania, Castello dei Von Black, 8 Maggio 2005, o2.45 di Notte

Chino su un tavolo di plastica illuminato dalla fioca luce di una lampadina, Jaques Rassel si crucciava nel cercare di risolvere l'enigma che aveva sotto gli occhi. Le linee perfette tracciate sul foglio di cartapecora, l'inchiostro violaceo che risaltava così bene sull'ocra delle pagine... Ciò che leggeva lo riempiva di terrore e di curiosità: miti, leggende, superstizioni legate alla Transilvania.

Jaques Rassel (e lui ci teneva molto a non far mutare l'accento del suo cognome tipicamente francese, Rassèl e non Ràssel, cosa che spesso il suo capo o gli amici inglesi ed americani facevano) era un archeologo, o più precisamente 'ricercatore', al seguito della squadra di Gossor Hackman, celebre studioso e professore americano, che andato in pensione si dedicava alla ricerca dell'occultismo in Europa Centrale. Aveva sui vent'anni, capelli biondi e folti, che si congiungevano in una barba spesso incolta o alla meglio aggiustata ad un puntuto pizzetto. Le iridi, chiare ed azzurre come limpida acqua di lago, erano fredde e pensierose: erano gli occhi di un grande pensatore.

O forse, del pensatore che sarebbe diventato: tuttora Rassel era solo un giovanotto con tanta grinta e una marcia in più, capitato tra le schiere dei grandi ricercatori del mistero. Ciò che lo aveva aiutato a diventare uno di quelli di Hackman era stato il suo studio approfondito, nei primi anni di università, della scrittura medioevale e del simbolismo di quell'età.

Un tipo in gamba, insomma.

"Trovato niente?" chiese una voce alle sue spalle. Elisabet era arrivata con il caffè. Rassel mugugnò qualcosa, poi prese la tazza bollente e solo dopo aver trangugiato un poco di sana e rinvigorente caffeina, si decise a parlare. "No, niente di diverso da miti e leggende già scoperte in altri manoscritti di quell'epoca... Anche se credo che la datazione sia da spostare a qualche secolo prima del 18°..."

"Addirittura?" domandò la bruna, fissando le fotografie ingrandite dei manoscritti originali, ora tenuti sotto stretta sorveglianza di Grossor stesso. "Si... 15°... 14° secolo forse."

"Accidenti! Ma questo significherebbe che anche il castello è più vecchio di quanto sembri." Aggiunse la ragazza, e bevve un sorso dalla sua tazza di caffè.

"Già. E poi guarda qui..." e indicò alcune figure che sembravano vive e dinamiche allo stesso tempo, sulle fotografie. "Sembrerebbero vampiri. Una grande guerra... Vedi? Hanno denti acuminati, e occhi che sono come fiamme di fuoco..." e Rassel si illuminò a parlare di questo. Elisabet lo guardò ridendo sottovoce. "Maddai! Vampiri?"

"Non è poi così tanto improbabile se conti che questo è un manoscritto di quell'epoca, e che inoltre sembra essere proprio un manoscritto inerente i miti e le leggende dei Figli della Luna." Fece infastidito Rassel. Elisabet ascoltò il tono un poco ostile, e si alzò dalla sua sedia, senza smettere di sorridere. "Va bene... va bene... Ma non farti troppe illusioni. A Grossor non potrebbe piacere, se poi si rivela tutta roba campata all'aria."

Rassel annuì con il broncio, e dopo aver sbuffato, tornò a studiare i manoscritti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Kastalya Von Black ***


5. Kastalya Von Black

NOTE: Ancora grazie a Bya (ehehe, ci volevano dei 'poveri inetti mortali' no? Ghghg ;) ) per la sua lettura e critica. Sono già al 10° capitolo di scrittura (anche perchè mi sto sforzando a farli corti, di una pagina e mezzo di word, che altrimenti è noioso ghgh^^) e credo dividerò la storia in due parti. Detto ciò, vi auguro buona lettura ^_*

Parigi 8 Maggio 2005, Senagues Palace, o1.32 di Notte

Kastalya Von Black stava seduta su una poltrona di velluto nero, e fissava Lucien nella semioscurità.

I tratti del volto, dolci e fanciulleschi, ma anche appena acerbi, ne rivelavano la natura ancora adolescente. Il mento, caratterizzato da una fossetta dolce, le guance vellutate e bianche come fossero illuminate di luna. Gli occhi, grandi e freddi, di un verde cupo, ombroso, quasi nero. Le sopracciglia ben delineate, come curve sinuose arrivavano dal naso aquilino fino alle tempie: erano dorate, come era dorata la massa di boccoli setosi che scendevano sul suo petto e sulle sue spalle.

Le labbra: quando Lucien posò gli occhi su di loro, un brivido le corse sulla schiena, facendole tremare anche le spalle. Erano identiche a quelle di Louis: rosse come ciliegie mature, voluttuose e prelibate, incurvate in un sensuale e fanciullesco sorriso. La sua postura, ne troppo rigida, ne troppo trasandata, la faceva somigliare ad una ragazza stupenda dei dipinti o dei quadri.

La cameriera chiuse la porta del salotto dietro le spalle di Louis e di Lucien, senza dire nulla.

"Louis, fratello mio." Disse la ragazza, senza un vero sentimento nell'aspra voce nordica. "Come mai bussi alla mia porta?"

"Sono qui per chiederti aiuto. Voglio presentarti mia figlia." Sussurrò a bassa voce Louis. Lucien non comprese il perché Louis tenesse il viso verso il pavimento, e stesse in quello stato di prostrazione quasi fastidiosa. "Lucien, lei è Kastalya Von Black, mia amatissima sorella."

"E' una vampira?" chiese Lucien, con tono stridulo, soffiando appena. Le labbra di Kastalya e il suo viso le stavano facendo riscuotere l'anima dall'interno.

"Lucien..." sibilò Louis, e serrò una mano sul suo braccio, facendole quasi male. La ragazza confusa da quel gesto, abbassò lo sguardo, che aveva tenuto fisso sul corpo della ragazzina dai boccoli biondi.

"Vieni avanti, forza." Disse Kastalya, dopo aver riso. Una risata fatta di cristallo. Lucien obbedì, e fece qualche passo oltre a Louis, rimanendo in piedi davanti all'altra. Kastalya la studiò un attimo, mentre sulle sue labbra scarlatte si dipingeva un sorriso. "E' molto graziosa. Bravo, Louis... Bravo. Ora che hai fatto la giusta scelta, la mia casa è di nuovo la tua." E Kastalya schioccò le dita in aria. Due cameriere con cuffiette bianche e volto silenzioso comparvero da una porta laterale. "Accompagnate i signori alle loro camere.. Tra un'oretta avremo servita la cena."

Parigi 8 Maggio 2005, Senagues Palace, o1.55 di Notte

Lucien e Louis rimasero in silenzio mentre venivano portati lungo stretti corridoi agghindati di quadri e mobilia antica e profumata. La ragazza, soprattutto, era silenziosa, muta come fosse morta davvero. La sua mente era colma di domande, che esplosero non appena le due cameriere si congedarono, lasciandoli dentro alla loro stanza.

O almeno, esplosero quasi subito...

"Non capisco." Disse immediatamente lei. "Dove sono le bare?"

"Niente bare, a Senagues Palace. I nostri progenitori hanno assicurato una protezione dall'influsso solare in questa casa... Possiamo dormire sui letti come comuni mortali, o girare per casa di giorno, a patto di non uscire mai. La schermatura vale solo fino a che si rimane dentro le mura casalinghe."

Lucien guardava senza riuscire a dire niente il grande letto matrimoniale, sul quale veli rossi e bianchi scendevano come ali di angelo. La ragazza si sedette sul limite di esso, respirando piano. "Cosa intendeva tua sorella per...'adesso che hai fatto la scelta giusta'? E perché mi ha...dovuto studiare a quel modo?"

Louis rimase ancora in piedi, guardandola seduta sul letto. "Ci sono tante cose che non sai di me... Una di queste è che Senagues Palace è intestato a mia sorella, e che qui vivono alcuni dei più anziani vampiri ormai rimasti su tutta la terra. Diciamo che siamo la famiglia più consistente e potente, e che per poter appartenervi veramente, ogni Von Black deve contribuire al proseguimento della specie portando un valido individuo, vampirizzato.

"E tu sei il mio lasciapassare per questa bella dimora." Concluse, sospirando.

Lucien si alzò in piedi, e arrivò ad un soffio da lui, le iridi bionde brillavano come fuoco di lanterna furiosa. "Lasciapassare?" intonò con un certo rancore.

"Shh... Non fare così." Sussurrò lui, e poi entrambi rimasero un attimo in silenzio. Mai come in quel momento Lucien si era sentita tanto vicina al vampiro, quasi più di quando l'aveva morsa... Ora c'era una corrente quasi palpabile, una scossa che partiva dagli occhi di lei per finire in quelli di lui. "E' importante per entrambi essere sotto la protezione di Kastalya. L'ho fatto solo per te... Voglio che tu diventi una vampira eccezionale..." un braccio, il destro, scivolò sul fianco di Lucien, e lo cinse, costringendola ad avvicinarsi ancora. Lucien poteva vedere le screziature degli occhi ribollenti del vampiro, la passione ma anche il furore pericoloso. Ne ebbe paura e rispetto. "Nei tuoi occhi c'è qualcosa di strano, Lucien. Qualcosa che mi assilla.. anche quando dormo. Da quando ti ho vista non ho saputo capacitarmi del perché... perché fossi nata mortale, e non già Dea quale adesso sei." La mano sul fianco lentamente scorse sotto la maglietta nera, carezzandole la pelle. Un nuovo brivido, e gli occhi posati come farfalle leggere sulle labbra rosse di lui.

Louis sembrò non trattenere ancora per molto la sua placida tranquillità. Lucien sentiva il suo desiderio quasi prepotente nella mano che le carezzava la schiena. Di nuovo, ebbe paura di lui, ebbe paura di quello che avrebbe potuto farle.

E riuscì, riuscì a scostarsi. Si ritrasse, e l'incanto si ruppe. Louis rimase zitto, e portò la mano nell'altra, dietro la schiena, e rimase immobile a guardare l'altra.

Lucien si sedette sul letto.

La luce del lampione le baciava la guancia.

Transilvania, Castello dei Von Black, 9 Maggio 2005

(attenzione: il fatto qui di seguito è cronologicamente DOPO gli avvenimenti del Palazzo Senagues. Quindi da adesso in poi fate attenzione alle date per orientarvi ^_-)

Rassel ascoltava si e no le parole di Grossor, a capo tavola. Tutti gli addetti alle ricerche amavano cenare assieme, e adesso che la temperatura andava addolcendosi, anche fuori. Il castello dei Von Black si stagliava oltre le fronde degli alberi del boschetto di querce dove era stata sistemata la troupe con le attrezzature.

Pensava, il giovane, ad una scrittura trovata nei due grandi tomi del castello. Una certa storia dettagliata, della Guerra dei Due Giorni e della profezia che, era narrato, poteva portare alla vincita finale del Sole (dei mortali) o della Luna (i vampiri?). C'era una foto, un disegno per l'esattezza, che lo aveva lasciato senza parole, sbigottito per molto tempo. Il viso di una stupenda fanciulla, dal volto giovane e i capelli nerissimi. Gli occhi, erano stati dipinti con un oro accecante, che saltava subito alla vista.... Come a significare che la fanciulla della profezia (perché la profezia doveva essere legata a lei?) aveva gli occhi fatti di Sole, ma che in realtà fosse figlia della Luna (a dimostrazione della colorazione nera dei capelli e l'argento della pelle).

Un ibrido? Un figlio metà vampiro e metà umano? Poteva avere senso...

Fissò Grossor , che parlava e rideva, bevendo vino. Elisabet, accanto a lui, ascoltava le sue parole come tutti gli altri. Rassel, invece, era concentrato nel trovare un modo che potesse convincere il professore...

La sua idea non era una follia.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Racconti a tavola ***


6

6. Racconti a tavola

NOTE: Si è aggiunto ai lettori Costantine, che ha già letto la mia opera antecedente a questa, sempre legata al sovrannaturale(Keira Faery -L'uomo della biblioteca) e mi ha fatto piacere leggere di un suo commento :) grazie anche a bya (me arrossisce ^\\\\^) e a tutti gli altri che leggono la storia. Buona lettura!

Parigi 8 Maggio 2005, Senagues Palace, o3.oo di Notte

Quando suonarono delle campanelle sul soffitto, Lucien e Louis furono informati che la cena era in tavola.

Costretta da Louis stesso, Lucien si era provata un abito dell'armadio: una lunga veste nera, molto alla moda nelle famiglie più ricche di Parigi, associato ad una borsetta di paiette dello stesso colore e un cappellino a rete grigio e verde che però non indossò. Si vestì e svestì dietro ad un séparé dai disegni asiatici ma il fine occhio europeo. Degli uccelli esotici giocavano assieme alle sue forme, mostrando ma celando agli occhi del vampiro che, affamato, stava seduto su una poltrona, fumando una sigaretta.

A cena Kastalya e Louis parlarono molto, e Lucien fu istruita a dovere su ciò che doveva, poteva e/o non doveva e non poteva fare da vampira. Le fu ripetuto di non esporsi al sole, ne all'acqua e agli oggetti sacri. Poi le fu spiegato che tre volte alla settimana si poteva uscire a caccia di notte per le vie di Parigi, ma che ultimamente era molto limitato l'omicidio di persone e quindi il bere sangue umano. "La terra è cambiata" aveva detto affranta la giovane vampira, che dimostrava sedici anni e che, dopo le spiegò Louis, era stata vampirizzata pressappoco a quell'età.

Inoltre, Lucien ebbe modo di rivalutare Kastalya: dapprima l'aveva creduta una figura ostile, mentre più parlava con lei e più si sentiva rispettosa. Conosceva ogni affare e ogni legame politico in atto tra vampiri e mortali, ed era lei stessa stipulatrice di continui patti ed alleanze con il mondo di coloro che 'Sono come Falene Notturne... vivono pochi giorni, mentre noi siamo l'albero di Ulivo'. Queste erano state le sue stesse parole. Inoltre Kastalya, con la sua giovinezza stupenda e l'accento nordico, italico, pareva una creatura non dedita all'assassinio, bensì alla ricerca e all'adorazione stessa della morte e della vita nelle loro mille sfaccettature. Mentre Louis era gelido e incomprensibile alle volte, Kastalya era magnifica. Lucien si trovò più volte a guardarla mentre parlava, con il suo tono di chi la sa sempre più lunga, e la voce che è soffice ma allo stesso tempo accattivante. Ti cullava, con le sue parole, ed era superbo.

Inoltre, mentre beveva da calici ricolmi di sangue l'unica linfa vitale che il suo stomaco ora digerisse, e si saziava -nel mentre così banchettavano dai calici, i tre vampiri stavano tornando del loro colorito naturale: la pelle rosea, le guance piene, le labbra ancor più rosse- Lucien venne a sapere di un progetto che Kastalya voleva mettere in atto da lì a qualche settimana. "Ho intenzione, Louis e Lucien cara, di spostare la sede del nostro regno al vecchio castello dei nostri padri." Aveva detto la vampira dai boccoli fluenti.

"A Castel Von Black in Transilvania?" aveva domandato Louis, gli occhi rossi scintillanti del sangue che beveva dalla coppa di cristallo. "Kastalya, mi pare di ricordare che fosse occupato dal turismo dei mortali. Non era stata venduta, quella proprietà?"

"No... O almeno, non del tutto. Si, è vero che è in mano ai mortali, ma non come fonte di turismo. E' stato messo come monumento storico, e riaverlo indietro sarà quasi impossibile. Dobbiamo aspettare solo che i fondi di una troupe di ricerca finiscano, e che quelli facciano i bagagli, per tornare alla nostra antica dimora. E questo accadrà pressappoco... Tra dieci, undici giorni massimo. Nel giro di due settimane, potremo riunire le tre grandi stirpi, e riconsolidare le alleanze." E nel mentre così aveva parlato Kastalya, i suoi occhi verde scuro erano scintillati vivi come fossero fulmini di un temporale muschiato. Lucien comprese che quel progetto era stato elaborato al millesimo, e atteso anche da molto tempo.

"Avete detto tre stirpi... Quali sono le altre due?" aveva domandato, rosa dalla curiosità, ed emozionata di far parte di quel magnifico e terrificante mondo.

"La stirpe dei Von Black è la più alta e potente, ma vi son anche altre due stirpi molto importanti per il mondo dei vampiri: i Dracula e i Corvinus. Entrambe hanno perso importanza a causa del modificarsi, come prima dicevo, della terra: urbanizzazione, stretta sorveglianza, ricerca sempre più mirata a svelare i misteri...Una volta nessuno si azzardava a venire a cercarci nelle nostre bare!" e nel dirlo Kastalya aveva schioccato la lingua , quasi volesse fischiare un ingiuria. "Ma ora! Ora non possiamo più vivere tranquilli! Pare che la nostra specie sia semplicemente destinata a perire..."

"Non credo, con una matrona come voi." Aveva detto per forza di cose Lucien, avvalendosi così di un sorriso dalla ragazza vampira, e un'occhiata di fiducia.

A fine cena vi era più interesse tra le due vampire che tra Lucien e Louis stesso. "Ora vi lascio." Disse infine Kastalya, e prese il corridoio di destra, una candela in mano, diretta alle sue stanze. "Buon risveglio." Disse poi, e scomparve nel corridoio di dipinti.

 

Parigi 8 Maggio 2005, Senagues Palace, o4.45 di Notte

Quando furono soli, a percorrere la strada che l'avrebbe condotti alla loro camera, Lucien studiò di nuovo il profilo del vampiro. Se prima aveva provato repulsione, e poi rancore, adesso sentiva solo il bisogno di sentirlo di nuovo vicino a lei. C'era di nuovo l'attaccamento, che il sangue le donava...Il sangue che aveva bevuto le risvegliava un poco dell'anima non dannata che nel suo cuore batteva. "Mi porterai con te, a Castel Von Black?" domandò la ragazza vampira, solo per sentire la voce dell'altro.

"Si." Disse rapido il vampiro. Vi era freddezza nella sua voce, ma anche una certa impazienza.

Raggiunsero la loro camera, e Lucien rimase a fissare il letto matrimoniale con gli occhi dorati, mentre Louis chiudeva la porta e poi si accostava alle finestre, per chiudere anche queste. Ne lasciò aperta solo una dalla grande vetrata, sul quale davanzale si sedette, incrociando le gambe e guardando la luna alta nel cielo, incorniciata da una cascata di stelle luminose.

Lucien si sedette sul limite del letto, e invece di adorare la luna, adorò il vampiro, così bello e perfetto nella sua aurea vitale. Di nuovo la passione si insinuò come spire di serpente in lei. Fece passare una mano tiepida sul ginocchio di Louis, per attirare la sua attenzione. "Non vieni a dormire?" chiese con voce soffice la ragazza.

Louis diede un'ultima occhiata alle stelle, e poi sospirò. Lucien riuscì a vedere una morbosa tristezza nelle sue iridi.

Quando si spogliarono -Lucien lo fece di nuovo dietro al séparé di uccelli multicolore- e poi si misero sotto le coperte di raso, dapprima si stesero rigidi ognuno dalla propria parte, poi fu la stessa Lucien a cercare il calore di lui, e scivolò fino a lambire con le cosce le sue gambe, sfiorandogli la pelle ancora calda del sangue bevuto.

Louis si mise di fianco, e la abbracciò, tenendola stretta a se, baciandole ogni tanto la guancia, per poi scendere su collo, sfiorare con la lingua la dolcezza del sangue che le scorreva vivace dentro, e poi baciare le labbra. Lucien non provava amore, ne solo e puro desiderio: era inevitabile, baciare ed amare quelle labbra, specchiarsi negli occhi rossi. Che lo volesse o no, era legata a quell'uomo, e lo sarebbe stata per sempre.

"Sei triste. Anche io, lo diverrò?" chiese staccandosi dalle sue labbra, la voce suonò leggermente preoccupata. Viva.

"Non sono triste." Ribatte lui, smettendo di toccarle la schiena e carezzarle le spalle.

"Prima ti ho visto...quando guardi il cielo. Anche quando eravamo in campagna." Si ostinò lei, tirandosi su nell'oscurità della camera, e sistemandosi la vestaglia trasparente.

Lui però la riportò sotto le coperte, e poi sotto di lui, con la stessa forza con la quale quella notte di pochi giorni prima l'aveva presa senza chiedere permesso. Le baciò le labbra, scese sul collo, e calò fino a sfiorarle il seno. Lucien per un attimo fu tentata dal lasciarsi andare, ma il terrore le gelò il sangue nelle vene. "Louis...fermo..." mormorò, scansandolo, ma la sua forza era poca in confronto a quella di lui. "Louis!" alzando la voce.

"Che c'è!" ringhiò lui, spazientito. Lucien scivolò via da sotto di lui, e si mise da una parte. Nella notte, i suoi occhi scintillavano come fiammelle di candela. "Non ho voglia." Disse semplicemente la ragazza.

Louis tentò di nuovo di avvicinarglisi, baciandola prepotentemente, ma lei lo scostò con le bianche mani, tenute sul suo petto. "No...ho detto di no."

Il vampiro accettò quel rifiuto, il secondo per l'esattezza, senza nulla dire, e si rigirò tra le coperte, dandole le spalle.

Prima di addormentarsi, Lucien si abbracciò a lui, stringendosi come una foglia morta.

Piangeva.

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