Angel's diary

di ghost_blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You're allowed to cry ***
Capitolo 2: *** boys don't cry ***
Capitolo 3: *** the soldier ***



Capitolo 1
*** You're allowed to cry ***


You're allowed to cry

TW: depressione, lutto, trascuratezza.

 

Eccoci con il primo capitolo. Il personaggio soggetto-oggetto di oggi sarà Mitsuya Takashi. Tema: trascuratezza durante la depressione, non poter mai mostrarsi deboli. Per favore commentate se credete di poter migliorare questa one-shot! Buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stamattina si è svegliato tardi. È domenica, non è un grosso problema, ma non è da lui.
Ultimamente sta dormendo troppo, è sempre molto stanco e non riesce ad alzarsi dal letto. Crede sia normale, ma non va bene lo stesso.
Stamattina quando si è svegliato si è ritrovato il corpo pieno di tutti i cerotti che c’erano in casa.
Quando è andato di là per chiedere spiegazioni alle sue sorelline, le ha trovate perfettamente vestite, davanti ai cartoni con tanto di colazione pronta.
«Luna, Mana, potete spiegarmi questo?» e indica il suo volto e le sue braccia tappezzati di cerotti delle principesse.
Un tempo avrebbe riso e le avrebbe rincorse per tutta casa giocando, stamattina invece è solo infastidito, le occhiaie spesse sotto agli occhi.
Luna guarda il fratello con un espressione serena, in mano un bicchiere di succo di pesca.
«Sei malato Takashi! Abbiamo pensato che se ti mettevamo i cerotti guarivi»
Mitsuya sgrana gli occhi a quella frase, diventa quasi pallido, le lacrime gli salgono ai lati degli occhi e si guarda la pelle coperta.
“Sei malato Takashi”.
Forse è vero. Forse si è ammalato, una forte febbre, un forte freddo, che ha congelato il suo cuore e poi gli ha dato fuoco.
Tutto questo è iniziato da quando Draken è morto, e da quando si è iscritto al contest. Due cose che insieme lo stanno mangiando come centinaia di piccoli insetti. Come se fosse già morto, senza accorgersene, e che il suo corpo intanto sia andato in decomposizione. È una settimana che non si fa un bagno, svariati giorni che non esce di casa se non per andare in merceria. Non ha nemmeno più idea di quante siano le chiamate perse da Hakkai, o i suoi messaggi, tutti preoccupatissimi.
Si rende conto mentre guarda di cerotti, che lui non si può permettersi mai un cazzo. Dovrebbe commuoversi e baciare le sorelle, ma questa stronzata lo fa solo arrabbiare da morire.
Lui non può mai stare male. Non può mai smettere di adempiere ai suoi doveri, di svegliarsi tutte le mattine alle sette, prepararsi, svegliare le sorelle, preparare la colazione per la mamma e loro, pulire la cucina, aiutarle a vestirsi, prendersi cura di sua madre che dorme sfinita dai turni. Deve fare tutto lui, ma non lo scocciano più di tanto i doveri, ma che deve essere forte solo lui. Ma non è un soldato. Mitsuya non è un soldatino di piombo, pronto a marciare avanti e avanti, non deve fermarsi solo quando gli sparano in testa, quando gli fanno saltare in aria le gambe o lo sbranano in due. Vuole fermarsi prima! Vuole piangere Draken fino a che non si sente male, vuole urlare così forte da farsi perdere la voce e stare nel suo letto fino a che il piscio non gli torna ai reni e gli viene un infezione.
Sono così stanco, mi si chiudono gli occhi, non mi si muovono i muscoli.

Mi sento così arrabbiato. Tutti pretendono da me qualcuno di statuario, una presenza fissa, che si occupa di tutti e di tutto, ma oggi non ho voglia di fare un cazzo.
Oggi non voglio alzarmi dal letto. Non voglio mangiare, non voglio occuparmi delle mie sorelle, non voglio fare un favore alla mamma, non voglio nemmeno alzarmi per andare in bagno. Voglio essere debole, voglio permettermi di piangere, di avere pensieri brutti, di voler morire. Perché è questo che sento! Questo! E voglio solo cucire, voglio solo disegnare. Il mio corpo può fare anche solo questo.
Mi odio, mi odio così tanto. Dovrei essere più forte di così, dovrei fare tutte le faccende, dovrei occuparmi di Luna e Mana, sono piccole, non hanno colpa loro se devono essere seguite. Sono un mostro. Sono un fallimento, come figlio lo sono, come fratello, come compagno. La Toman e Hakkai mi stanno aspettando, ma li deluderò ancora, e ancora.
Vorrei che tu fossi qui, se tu ci fossi tutto sarebbe migliore. Mi sentirei bene, ancora parte di qualcosa, ancora capito nel profondo, amato in un modo che nessuno, nemmeno Hakkai forse, riesce a comparare. È un legame più intrinseco, una chimica che crea un fratello, qualcuno che non pretendeva da me tutto. Qualcuno che non pretendeva niente, con cui potevo essere il vero me. Ma non ci sei più. Non potrò mai più parlarti.
Non potrò mai più-
Cos’è questo suono?
Qualcosa interrompe il suo soliloquio da tagliarsi le vene. Una suoneria, quella del suo telefono. Hakkai lo sta chiamando. Di nuovo.
Credo che se non rispondo finirà per mandarmi la polizia a casa. Ne sarebbe capace.
Sospira, con enorme fatica preme il pulsante verde.
«Pront-»
«Dove cazzo sei?!!»
«Hakkai calmati»
La sua voce sa di pianto. Sì è molto da lui.
«Dimmi dove diavolo sei o giuro che batto tutta questa città di merda!!!»
«Sono a casa mia ma non-»
«Arrivo!! Non azzardarti a muoverti di lì!!»
La chiamata si interrompe e Mitsuya resta con il telefono in mano, con gli occhi lucidi. Non vuole vederlo, non vuole!
Non vuole che veda questo schifo, che lo giudichi, non vuole il suo di giudizio. Il suo buon senso gli dice di darsi una lavata, sistemare la sua camera, fare qualcosa, ma non ha fottute forze. Lo vorrebbe così tanto, di farsi trovare in condizioni decenti, non vedere il suo volto dipinto di dispiacere e preoccupazione. Potrebbe anche mettersi a piangere per quanto lo conosce e piuttosto preferirebbe aprirsi la gola.
Si rannicchia nel suo letto, e sta per chiamarlo per convincerlo a non venire, ma il campanello suona. Porco Dio.
Ormai non c’è tempo Mitsuya, puoi anche rimanere lì morente, non puoi migliorare la situazione.
Quando la porta si apre Hakkai viene invaso da un forte odore di chiuso. La casa è desolata e silenziosa, per un attimo non capisce chi gli ha aperto perché sembra completamente vuota. Poi le due sorelline Mitsuya gli corrono incontro.
«Zio Hakkai!!»
Gli si aggrappano alle gambe e Hakkai ride contento di vedere che stanno bene.
«Ecco le mie due pesti! Era da un po’ che non ci vedevamo!»
Le due lo guardano contente, ma subito il loro sorriso si spegne.
Hakkai capisce immediatamente che c’è più di una cosa che non va.
«Portatemi da vostro fratello»
La due bambine si guardano con il capo chino. «Zio…» Luna gli fa cenno di abbassarsi.
«Dimmi piccola»
«Il fratellone non sta per niente bene»
Hakkai la guarda, consapevole di quella notizia.
«Non mangia e non fa il bagno, non esce di camera sua e l’unica cosa che fa è cucire»
Ad Hakkai si spegne lo sguardo. Aveva largamente capito che c’era qualcosa che non andava, ma non credeva così grave. L’attenzione torna alle due bambine.
«Chi si occupa di voi?»
Luna si indica.
«Io!»
«Oh piccola!»
Hakkai si mette in ginocchio, abbracciando forte le due bambine.


«Ditemi dov’è Takashi, ci penso io da adesso d’accordo?»
Forse qualche lacrima è uscita dai condotti oculari di Mitsuya, hanno bagnato silenti il cuscino.
Hakkai sente la terra aprirsi sotto i piedi, quando entra nella camera di Mitsuya. Solitamente il ragazzo è sempre ordinato e pulito, ma Cristo quella camera fa cagare.
Vestiti, pezzi di cartamodello, stoffa e fogli di carta sono disseminati ovunque. L’armadio è spalancato e mezzo del suo contenuto è per tutta la stanza. Su ogni ripiano disponibile ci sono i resti di quello che concede al suo corpo di ingerire e oltre alle tapparelle socchiuse, aria è stantia e umida.
Accanto ad un cumulo di riviste di moda c’è un altro bozzo, ovvero Takashi, rannicchiato ad un angolo del suo futon sommerso dallo schifo.
«Taka-chan»
Hakkai si accovaccia all’altezza della figura, è più magro sotto i vestiti, le occhiaie sono scure e incavate.
Gli viene da piangere, vorrebbe stringerlo forte e continuare fino a che non prometta di essere felice, ma non può essere così facile. Questa merda di sicuro non lo è.
Mitsuya lo guarda, senza proferire parola.
Hakkai non da di matto, non sclera e non si fa sopraffare dalle emozioni. Al contrario di quel che ci si potrebbe aspettare, riesce a calmare la sua preoccupazione, concentrandosi su quello che i suoi occhi supplicano.
«Vieni»
Abbracciami, abbracciami ti prego, tappa i miei occhi, non voglio vedere ancora. Non voglio sopportare ancora, sto male. Hakkai sto così male.
I suoi muscoli ancora non gli permettono di distendersi, vorrebbe piangere, ma non riesce. Non riesce a lasciarsi andare seriamente, ha troppa paura. Non vuole sapere chi è dietro lo spessore delle sue maschere.
Hakkai lo accarezza dolcemente.
Vorrebbe reagire, alzarsi, stamparsi un sorriso addosso e iniziare a sistemarsi, a far vedere che va tutto bene, ma non tanto per rassicurare gli altri, quando per rassicurare se stesso, illudersi da solo che vada tutto bene. Non ci riesce. Resta con lo sguardo vuoto, in silenzio, senza muoversi, riscaldato solo dal calore corporeo dell’altro.
«Andiamo Taka… vieni»
In qualche modo se lo issa in braccio, andando verso il bagno.
«Vedrai che starai meglio »
Mitsuya vorrebbe morire tra le sue braccia, morire in quel modo, morire felice e finalmente raggiungerlo, stare di nuovo bene, per sempre.
Non si riconosce nemmeno, da quando spera di morire? Da quando è uno che crede a ste cazzate di riunirsi in cielo? Eppure è l’unica cosa che si concede di pensare, l’unica cosa che gli da la speranza di poter tornare come prima.
Guarda le piastrelle turchesi del suo bagno, il rumore dell’acqua corrente e Hakkai che lentamente, la luce soffusa delle lampada contro l’imbrunire della sera, si spoglia, via un vestito dopo l’altro.
Si avvicina con le guance imporporate e l’aiuta a svestirsi, finché non rimangono entrambi nudi.
Hakkai mi abbraccia, e mi sembra così naturale abbracciarlo a mia volta. Mi viene da piangere, vorrei seppellirmi nel suo corpo, così da poter urlare a squarciagola.

Intanto ha tolto minuziosamente ogni cerotto.

Senza proferire altra parola gli prende la mano e lo guida dentro la vasca da bagno. L’acqua è perfettamente tiepida.
C’è odore di borotalco, il bagno schiuma che tutti e tre fratelli usano.
C’è silenzio, solo il rumore dell’acqua che scontra coi bordi della pelle.
Spero nella morte perché è la mia unica speranza di vivere.
La mano grande e calda di Hakkai sta passando con i polpastrelli lungo la sua schiena, insaponandolo per bene.
«Vedrai che da bello pulito starai meglio»
Non lo forza a parlare, non lo forza a muoversi, non lo forza a reagire.
Non lo sta forzando a fare niente a dire il vero. E questo lo distrugge.
Si stringe nelle sue braccia iniziando a tremare.
Hakkai non si scompone, continua a lentamente lavarlo, coccolandolo ad ogni passata di spugna, passando dolcemente su ogni muscolo guizzante, atonico per il digiuno.
Smettila di abbracciarmi, non me lo merito, non mi merito qualcuno che si prende cura di me, non mi merito qualcuno che mi voglia bene.
Solo lui poteva ma ormai se ne è andato. Devo rimanere solo, devo rimanere solo! È questo ciò che mi merito. Mi merito di morire.
«Takashi…»
Le sue braccia lo stringono, fa aderire i corpi nudi, la sua voce gli arriva direttamente all’orecchio, calmandolo dal profondo delle viscere.
«Guardami»
Mitsuya si gira, gli occhi sono gonfi e le labbra tremano.
Ad accoglierlo è il più bel sorriso che il suo cuore sperasse.
«Sono qui»
Sei qui, sei qui… Dio…
Non resisto… più…
Scoppia in lacrime, scoppia come una bombola del gas lasciata aperta, un boato secco e distruttivo. Seppellisce il volto nel petto di Hakkai, mentre quest’ultimo gli accarezza la testa.
Sono così triste!
Sono triste! Sono triste! Non posso farne a meno, non posso evitare di piangere. Non sono forte come tutti credete, non sono forte come vorreste che fossi. Devo essere triste anch’io. Ne ho il diritto, come ogni altro di piangere Draken. Tutti che si sono accollati a Mikey! Fanculo Mikey! Io ero il suo fratello, insieme, entrambi eravamo i Twin Dragons, io dovrei essere distrutto, io sono… sono… distrutto.
Il mondo ha perso ogni colore.
«Mi dispiace- mi- mi dispiace!»
Hakkai lo stringe paziente, non importa dirgli che è uno stupido a dire così, non è quello di cui ha bisogno. Se vuole scusarsi e delirare altre minchiate, gli lascerà il diritto di farlo.
«Dovrei morire Hakkai! Dovrei proprio!»
Ecco, adesso deve rompere.
«Smettila Takashi»
«No! No è vero!»
Piagnucola contro il suo petto, stringendolo ossessivamente con le mani, in un gioco di repulsione e attrazione.
«Smettila, guardami»
Gli prende il mento e lo punta verso di lui. Il suo volto continua a sciogliersi in lacrime.
«A Draken starebbe bene che tu pianga ogni lacrima nel tuo corpo. Era una persona ragionevole lo avrebbe capito»
Si nasconde nel suo petto, la lacrime creano piccole gocce che cadono nell’acqua calda.
«Ma ti assicuro che non avrebbe voluto sentirti dire questo»
«Sono stanco! Sono stanco di sentirmi dire da tutti questo! Io mi sento così, provo queste cose! Non riesco a non provarle»
Hakkai per un attimo ha pensato che sarebbe bastata la frasettina, ma si sbaglia.
Sospira.
«Hai ragione. Vuoi morire? Bene fallo Taka»
No, hai ragione non voglio morire. Voglio solo spegnere il dolore, voglio solo sentirmi meglio.
«Non vuoi vero? Hai il rasoio elettrico proprio, lì potresti farlo…»
Hakkai guarda in cielo, ignorando l’espressione infranta di Mitsuya.
Non si alzerà da quella vasca per andare a tranciarsi le vene.
Singhiozza, con la testa così piena di merda che non sa nemmeno se c’è più posto per la sua esistenza.
«Voglio solo che tutto questo finisca»
Hakkai torna a guardarlo.
«Finirà, Draken sarà per sempre morto, ma tu Takashi, starai meglio»
«No! No! No! Non starò meglio, non starò mai meglio»
«Invece si! Invece capirai che tutta questa storia ha molto più a che fare con te che con Draken! E quando lo capirai vivrai in pace nel suo ricordo!»
Che cosa intendi dire?
«Intendo dire, che adesso stai così perché non ne puoi più di qualcosa che già ti affliggeva! La sua morte è solo la goccia che fa traboccare il vaso!»
«No… non è così»
«Dove eri quando è morto Baji, quando Kazutora è tornato in prigione, quando Emma è morta, quando è accaduta tutta questa merda!?»
Non risponde.
«Eri lì, per tutti noi, e invece tu?»
Il suo sguardo si abbassa, guarda Mitsuya con sguardo afflitto.
«Io semmai ho colpa, per averti lasciato solo anche ad occuparti dei miei casini!»
Si guardano finalmente negli occhi, ogni singulto lentamente calmato.
«Non ti lascerò solo Takashi, non di nuovo, stavolta potrai debordare, come e quanto ti piace, mi assicurerò io che non succeda niente di pericoloso quindi ti prego, ti prego: piangi Takashi, piangi quanto vuoi»
Piangi quando vuoi, è accordato il tuo permesso di crollare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autore:

Se state piangendo anche voi perché non avete un Hakkai che vi risolve i problemi spogliandosi, tranquilli non siete soli. Spero vi sia piaciuto il capitolo, ci vediamo al prossimo con i carichi da novanta!

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Capitolo 2
*** boys don't cry ***


Boys don't cry

TW: violenza (blanda)

 

 

Ho perso mia mamma nei miei ricordi. Non trovo più il suo volto, o il suo sorriso. Non ricordo il suo profumo, o che sensazione dessero i suoi capelli neri tra le dita, il suo sguardo dolce, il suo sorriso rassicurante.
Senza la mamma mi sento solo. Da quando non c’è più, sono sempre solo. Non importa se c'era Emma, o quando era ancora vivo Shinichiro. Anche se mi faceva da genitore e non mi faceva mancare nulla. Anche se con me avevo i ragazzi, la Toman intera. Mi sono sempre sentito solo, come se mi avessero abbandonato, preso e lasciato in un bosco buio senza trovare l’uscita.
Mi sono sempre sentito in colpa per questa cosa. Mi sento debole e patetico a soffrire per questo, a soffrire per una cosa che non ha senso, perché sono sempre stato circondato da persone che mi amano, che mi davano forza e ammiravano il mio talento. Mi sento un idiota a provare tutto questo, quindi ho sempre cercato di reprimermi.
Non piangere Manjiro, tutti si aspettano da te che tu sia forte.
Vinci Manjiro, tutti si aspettano che tu sia invincibile.
Guida tutti noi, perché tu sei un faro sempre luminoso e non puoi proprio permetterti di spegnerti.
Allora ingoi, ne butti giù una, poi un altra, un altra ancora, e poi ti ritrovi con le mani piene di sangue e il volto del tuo migliore amico sbranato in due.
Ma come hai fatto? Davvero Manjiro, come diavolo ci sei riuscito? Ma quella non è stata la prima volta e non penso nemmeno che sarà l’ultima.
La verità è che vorrei la mamma. Vorrei che mi abbracciasse forte, che mi sorridesse fiera di me.
Vorrei anche piangere, piangere forte, permettermi di esplodere. Ma no.
Mi sento annegare in questo mare di pensieri. Sono sempre peggiori, sempre più inquietanti. Non so come ho fatto a riguardare in faccia Haruchiyo, non so come lui voglia essere ancora mio amico. Certe volte penso che sia tutta colpa mia. In realtà spesso.
Penso di essere malato, di essermi ammalato di una malattia dell’anima, qualcosa che non mi fa vedere la luce quando apro gli occhi, che mi fa sentire avvolto dalle spire, minacciandomi di farmi perdere il senno per ogni minima cazzata.
La rabbia mi perseguita. So che faccio un gran casino quando perdo la testa, ma non riesco a controllarmi. Dio ci ho provato, ci ho provato e ci provo da morire, ma fa così male, trattenere tutta quella merda fa male come se mi bollisse il sangue. Come se mi scoppiassero gli organi.
Alle mie domande mi rispondo che è normale, che in qualche modo la sofferenza deve uscire da me. Ma più mi arrabbio e più quella cresce, più mi si spegne la testa e più creo caos intorno a me. Da una parte non posso lasciarmi andare perché creo un casino che mi fa soffrire, dall’altra parte se mi trattengo soffro anche il doppio. Non so che cazzo fare.
Se solo ci fosse Shinichiro. Mi darebbe tante di quelle martellate in testa. Mi manca così tanto, sento che tutto sarebbe migliore se lui fosse vivo, sento che sarei accudito, che qualcuno mi insegnerebbe ad utilizzare le mie emozioni, a far funzionare dritta la testa.
Se solo fossi completo. Gli impulsi oscuri non sono altro che il posto che c’è nella mia mente tutte le volte che divento più vuoto di prima. La mia anima non regge quel vuoto, la mia psiche collasserebbe del tutto e diventerei pazzo. Allora a quel vuoto ho imparato a dare una densità, a dare un peso. La rabbia.
Ma più questo vuoto si riempie è più mangia a morsi quello che resta di me.
È divertente pensare che mi sto occupando di tutte queste stronzate mentre combatto contro di lui.
 

Haganaki Takemichi, ti ho qui difronte a me. Ma io non posso parlarti, non posso toccarti, non posso abbracciarti. Ha di nuovo preso il controllo di me quella stupida parte, quell’acido cancro.
Mentre ti guardo usare i tuoi poteri per scansare i miei calci, mi viene da sorridere. Sei diventato molto più sveglio.
Sì, sei cambiato Takemichi.
E ho così paura, perché la determinazione che vedo nel tuo sguardo ti sarà fatale.

Nessuno capisce un cazzo. Tutti, per quanto mi amino non capiscono un emerita sega. Non capiscono lo sforzo a cui mi sottopongo, alle urla che soffoco dentro me stesso. All’apatia, la più completa perdita di interesse verso il prossimo, anche verso a quelli a cui devo tutta la mia vita.
Mi dispiace ma a me non me ne importa, non mi importa di essere una delusione, non mi importa di essere un mostro, così come non mi importa che ci siano ancora persone che tengono a me e che cercano di ripigliarmi. Ho perso il battito del mio cuore così tanto tempo fa che non ho idea nemmeno più del suo suono.
Sono solo così tanto arrabbiato, e vuoto, e triste. Una rosa che secca petalo dopo petalo.
Ma tu, oh tu, tu riesci a dare quella scarica nel mio petto. Riesci a trasformare la rabbia in forza, il dolore in resilienza.
Con te tutto è possibile, con te, solo con te, mi sento vivo.
Ma non è abbastanza. Faccio così schifo che perfino tu non riesci a cambiarmi. Sono una peste. Una malattia.

Io credevo che chi è forte non piange mai, mentre tu mi hai dimostrato che chi piange è il più forte di tutti.
È stato facendo scendere quelle lacrime che sei potuto andare avanti. Hai concesso alla tua mente di sfogarsi e ha superato le difficoltà. Io invece come un idiota sono sempre stato ancorato al passato, incapace di camminare oltre. Tutte le volte che ti sei sentito un cretino e un fallimento di merda, ti sei concesso quelle sensazioni, le hai vissute, le hai lasciate essere, mentre io sono rimasto un idiota e basta. Stupido, stupido idiota.

Continuo a far macchinare il mio cervello. Non ha importanza, ti sto colpendo.
Cos’è che dici?
Posso sfogarmi? Oh tu non vuoi vedere il putridume che ho dentro. Non vuoi vedere fino a che punto il mio cervello è insano, le cose che sono capace di fare. Morirai Takemichi, non parlarmi oltre!
Io non sto bene… no, per niente! Solo così marcio, una muffa che fa a pezzi la mia testa, che fa a pezzi chiunque sia intorno a me.
Haruchiyo ha ragione: sono maledetto!
Quindi ti prego… ti prego…
… ti ho tra le braccia.
Mi stai abbracciando? Sei finalmente crollato nell’evidenza, hai fatto vincere il buon senso e stai dando bandiera bianca?
Deve essere così, deve essere per forza così.

«Mikey!»
Un ragazzino con gli occhi grandi e una zazzera nera ti guarda dall’uscio di casa tua. Ha un mantello, lo sguardo coraggioso e fiero, tremi un poco nel guardarlo.
«Dici a me?»
«Sì Mikey! Sono io! Ti aspetto capito!? Vedi di muoverti!»
Takemichi? Perché tu…
«Cosa intendi dire? Hey! Aspetta!»
«Non posso aspettare! Devo salvarti»
«Salvarmi da cosa?»
«Da te stesso»
Il bambino ti guarda con un sorriso sornione.
«L’amore è capace di farti morire Manjiro, ma io ti insegnerò che fa anche vivere»
«Ti prego non andartene!»
Ride, ti guarda come se fossi uno sciocco.
«Ma io sono sempre qui»

Takemichi è morto, hai le mani sporche di sangue.

 

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Capitolo 3
*** the soldier ***


the soldier

TW: abuso, violenza su bambini.

 

Quando ti guardo ridere, penso solo che vorrei vederti felice per sempre.
Lo schiaffo ha fatto male, ha bruciato sulla pelle come un ustione. Adesso la pelle formicola, ma non è finita lì.
«Avanti dillo! Dimmi chi è stato!!»
Rumore di pianto, è lui, è dietro di me e piange disperato rannicchiato accanto al divano.
So che vuoi proteggermi, che vorresti alzarti e dire la verità, che ad intasare il cesso con troppa carta sei stato tu, perché sei un bambino e i bambini fanno queste stupide piccole cose, ma non devi Hakkai, ho io il compito di proteggerti.
«Sono stata io»
Un altro schiaffo, Taiju la prende per i capelli e la strattona. È in ginocchio con i pugni sotterrati nel tessuto della sua gonna. Le guance rosso fuoco, gli occhi lucidi, ma lo sguardo freddo e vuoto.
«E allora perché tuo fratello piange così!!? Devi dirmi la verità!!»
Gira la testa verso la figura di Hakkai. È terrorizzato almeno dieci volte lei, sembra stia per impazzire, si tiene la testa tra le mani, in terra e piange come se dovesse vomitare gli organi. Non riesce nemmeno a guardarla.
«Hakkai!! Se non la smetti ti darò io un motivo per piangere!!»
«Fratellone sono stata io! Te lo giuro!»
Hai gli occhi vuoti Yuzuha. Hai imparato a farli da un po’ a questa parte. Hai imparato ad esserci con il corpo ma non con la mente, e mentre Taiju è con i pugni alzati, lo sguardo da pazzo e il volto bordeaux da quanto sta urlando, tu non sei lì.
Stai solo aspettando che finisca. Non ascolti i suoi insulti, tutte le cose cattive che sta dicendo, non ti spaventano più nemmeno le botte, lasci che arrivino sul tuo corpo e speri solo che finisca in fretta.
In quei momenti dove la lucidità è appannata ti ritrovi a pensare ad una sola cosa: Hakkai.
Dio faresti di tutto per lui, sei ferma e d’acciaio come un soldato. Non lo ami solo per la persona che è, ma è un amore incondizionato e creato dal fato, la necessità viscerale di proteggere la tua famiglia e chi ne rimane. Lo ami perché è tuo fratello e devi fare di tutto per tenergli salva la vita, per non fare a brandelli il suo cuore con i pugni, con le urla, per quanto già non ci siano danni.
Devi proteggerlo, non sai perché, sai solo che devi farlo. Forse non lo faresti per un amica, forse non lo faresti nemmeno per il papà, lo fai per lui. Non importa quanto stanca, esausta, stremata tu sarai. Lo proteggerai, correrai da lui e lo farai ancora e ancora, fino a che non sarà felice, fino a che non sarà tranquillo, fino a che il suo sonno non sarà lieto.
«Va bene Yuzuha hai deciso di farlo di nuovo»
Taiju guarda Hakkai, gli punta il dito contro con gli occhi iniettati di sangue.
«Ricordati Hakkai che non sei un uomo, che fai schifo, sei un parassita che vive addosso agli altri e che non vali un cazzo. Sei zero, lo zero è il tuo numero»
«Smettila, puniscimi avanti!»
Lo schiaffo stavolta ti fa cadere riversa sul pavimento.
«Te fai silenzio! Perdi solo il tuo tempo, non ci ricavi niente a proteggere uno schifoso come lui! E visto che sei così idiota, mia piccola stupida sorellina, adesso dovrò farti pentire della tua gentilezza»
Va bene, fai quello che vuoi, basta che lo fai in fretta, basta che poi mi lasci in pace.
Che io possa tornare a respirare, ad abbracciarlo, cancellargli dalla mente ogni parola cattiva, ogni tarlo insinuato da te nella sua anima.
Andrà tutto bene Hakkai. Presto sarà tutto finito.
Taiju ha continuato a dartele per una buona mezz'ora.
Hai gli occhi gonfi per il pianto uscito di forza per il dolore. Hai il viso rosso, ti fa male la testa per quanto ti ha tirato i capelli e il tuo corpo trema ancora. Trema perché non può far a meno di avere paura. Non importa quanto la tua mente cerchi di allontanarti, Taiju ti spaventa. Sussulti quando senti urla, ti viene da mettere le mani contro il volto, quando le tue compagne di classe cercano di darti una pacca tu ti rigiri con gli occhi spiritati. La tua pelle bambina è giallastra e viola e il tuo cuore completamente fatto a pezzi. Lo senti distintamente, mentre si rompe, crepa dopo crepa in un assoluto senso di vuoto, in un dolore che ti lascia a terra senza le forze per alzare la testa. Vorresti accartocciarti su te stessa, non svegliarti la mattina. Non sai con quale coraggio ti prepari la colazione, fosse per te non mangeresti nulla, ma lo fai perché devi prepararla anche per Hakkai. È questo il motivo per cui fai tutto. Sono quegli occhi grandi e blu, che ti guardano pieni di lacrime, che riesci ad andare avanti. Ad avere un motivo per cui fare tutto questo. Oh ma quante volte hai programmato di scappare via da lì? Quante, durante tutta la rabbia dell’affranto, hai fatto e disfatto borse con vestiti e necessità e hai svegliato tuo fratello nel cuore della notte, per poi guardarlo spaventato e tornare indietro.
Una volta siete arrivati fino a casa di Mitsuya, è il posto più lontano in cui siete scappati.
Non sai cos’è che ti fa arrestare la corsa, forse l’abitudine, la rassegnazione che questa è la tua vita ormai, che Taiju è pur sempre la tua famiglia e ci devi convivere al meglio, che è questo che ti è toccato.
In preda alle emozioni sei già sull’uscio di casa, ma quando poi il fervore si calma realizzi che sei troppo immersa in questa merda e che alla fine ti va bene così.

«Mi dispiace tanto»
Ti guarda chino sul tuo corpo, siete in bagno, ti sta medicando.
«Non devi più proteggermi, me le prendo da solo capito?»
Hakkai non ti guarda nemmeno negli occhi, ti sta mettendo una fasciatura al polso, ti ha strattonata troppo forte e ora ti fa male.
Lo guardi, concentrato nel suo lavoro, con gli occhi lucidi. Osservi il suo corpo, sta crescendo in altezza, ha i muscoli definiti, sei sicura che con i suoi amici stende con un cazzotto un mare di gente, ma non ha le forze di farlo contro Taiju, e non gliene fai una colpa.
Non lo incolpi per non essere forte abbastanza. Essere forti ti priva della dolcezza e dell'innocenza e preferisce mille volte che il suo adorabile fratellino resti morbido e gentile, timido e sensibile come è sempre stato. Non vuoi che si spezzi sotto il dolore, che la sua anima si macchi di catrame. Preferisci essere forte al posto suo, puoi reggerlo, puoi sopportarlo, ce la fai, non è così?
Taiju alla fine è tuo fratello, è quello che ti frega. È la tua famiglia no? Non puoi scappare da lui, non importa quanto lontano tu andrai, lui sarà sempre lì. E forse lo ami, sì, forse lo ami, perché è il tuo fratellone, perché vi ha campato quando i tuoi non c’erano mai, quando tua mamma ti ha lasciata da sola, lui c’era, insieme dovevate prendervi cura l’uno dell’altro e lo fai. Gli prepari la colazione, gli ripieghi i vestiti, fai la spesa con lui per aiutarlo a portare le borse e cerchi sempre di non dare fastidio, di non gravargli, di mantenere la pace. Forse più che amore quello che vuoi è la calma.
Forse tieni a lui, e lo perdonerai per tutto quello che ha fatto. Il problema è che i lividi restano nell’anima quando scompaiono dalla pelle. Che la paura e le lacrime sono dentro di te anche quando gli sorridi. Le azioni si possono perdonare ma non cancellare.

L’odio cresce per il troppo amore. Non sai quanto ancora il tuo corpo riuscirà a muoversi, ma lo farai sforzandoti con tutta te stessa. Perché ami Hakkai così tanto, così tanto che moriresti per lui senza pensarci due volte, ti prenderesti un proiettile, una coltellata, senza nemmeno esitare. La foga cieca di un soldato che ripone la sua vita per la patria.

Siete nel letto di Hakkai, tu sei incerottata per bene, ma lui continua a piangere abbracciandoti forte.
Gli accarezzi la testa rasata, cullandolo nel tuo grembo.
«Andrà tutto bene Hakkai, non devi piangere così, sei proprio un piagnucolone»
Gli occhi blu e grandi, adesso sembrano oceano impetuoso e in tempesta, la sua forza distruttiva che minaccia di uscire dalle cornee.
«Ti proteggerò Yuzuha, io ucciderò, lo farò, fosse l’ultima cosa che faccio, la pagherà per tutto quello che ti ha fatto»
No, non lo permetterai, non permetterai che il tuo dolce fratellino diventi un mostro.
«Non devi dire così, è sbagliato»
«Come devo fare?!»
Singhiozza.
«Tutte le volte vorrei alzarmi e riempirlo di botte, ma lui è così forte e io ho così paura che mi si congelano le gambe, lo vorrei tanto Yuzuha, vorrei così tanto proteggerti»
Adesso ne hai la conferma, tuo fratello è un anima pura e sensibile, diverso dal resto della massa sporca di sangue e sudore. È innocente e candido come i bambini dovrebbero essere e così deve rimanere. Userai l’ultimo straccio di vita dentro la tua gola per proteggerlo per sempre. È una promessa.
Lo accarezza dolcemente e se lo stringe a se.
«Arriverà il giorno in cui lo farai, ma adesso non preoccuparti, io sono forte sai! Molto più di quel cretino di Taiju, e la prossima volta che ci darà noia gli tiro un calcio rotante che gli farà partire le cervella, va bene?»
L’unica via che ti rimane è quella della resistenza.
Cammina un altro po’ Yuzuha.
Solo qualche passo.
Ancora.
Ancora.
 

 

 

 

 

 

Spazio autore:

Eccomi di nuovo, ci ho messo un po' ad andare avanti perché ho avuto un terribile blocco. Mi sto riprendendo pian piano e ho letteralmente un milione di incipit per roba nuova e prometto che porterò tutto (ho nel forno una ChifuyuxKazutora future timeline)

Sono molto legata al personaggio di Yuzuha e anche a quello di Hakkai. Non sto qui a sciolinare la mia storia personale, ma diciamo che ho dovuto fare il ruolo di Yuzuha nella vita reale qualche volta, mentre dentro di me mi sentivo come Hakkai. Lo so, contorto, sappiate solo che certe scene e parole potrebbero essere vere, se questo da un senso maggiore al racconto.

Alla prossima storia :)

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