Cazzate adolescenziali

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo un drink ***
Capitolo 2: *** Succhiotti ***
Capitolo 3: *** Incontro con i genitori ***
Capitolo 4: *** Incidente ***
Capitolo 5: *** Migliori amici ***
Capitolo 6: *** FanFiction ***
Capitolo 7: *** Essere accettati ***
Capitolo 8: *** Haru e i club scolastici ***
Capitolo 9: *** Per Sempre ***



Capitolo 1
*** Solo un drink ***


Iniziamo il 2023 con l'ULTIMA storia di questa lunghissima serie dei bambini delle mie ship di Haikyuu che va avanti dal 2021.
Quest'ultima raccolta di OS (9 totali) daranno una fine alle cazzate adolescenziali dei bimbi di Tokyo (ovvero: Kea, Natsu, Haru, Diane, Ami, Maru e Naoya).
Grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno seguito fino a qui, spero che apprezzerete anche queste ultime OS.
Buona lettura e al prossimo capitolo!
Deh <3




 
Solo un drink

 
Kea non si imbarazzava quasi di nulla. Non si era imbarazzato la prima volta che si era trovato a cena dai genitori di Natsu, non si era imbarazzato quando i suoi genitori gli avevano fatto il discorsetto sulla sessualità, non si era neanche mai imbarazzato a dichiararsi a Isak fin da quando aveva iniziato a parlare.
Al contrario, Natsu si imbarazzava facilmente e per la minima cosa. Kea amava vederlo agitato e con le guance rosse. Inoltre, il più piccolo, era anche un po' stronzo, quindi realizzava spesso situazioni imbarazzanti di proposito: come quando erano circondati da persone e gli si avvicinava per sussurrargli qualcosa di terribilmente sporco all’orecchio che solo lui poteva sentire; quando faceva battutine sottili che, nonostante potessero capire solo loro due il significato che c’era dietro, faceva comunque agitare sul posto Natsu; o come quando dovevano partecipare a feste o serate con i parenti e Kea decideva di mettersi la matita nera intorno agli occhi sapendo che effetto avrebbe fatto all’altro.
“Sei uno stronzo” gli diceva sempre Natsu in un sussurro non appena ne aveva l’occasione.
“Mi ami lo stesso” rispondeva a tono Kea.
Era sempre stato Kea quello a stuzzicare Natsu, fino a quando non accadde il contrario.
I due ragazzi erano appena stati a fare un aperitivo con il loro gruppo di amici, quando erano dovuti andare via prima degli altri perché dovevano partecipare a una cena con i loro genitori.
I due si trovavano sul vialetto di casa dei Kuro quando Natsu gli afferrò il culo con una mano.
Kea sussultò sorpreso girandosi confuso, non che non gli facesse piacere, ma Natsu non voleva neanche abbracciarlo quando c’erano i loro genitori nei paraggi, figurarsi fare quello.
-Natsu?- chiese con il tono di voce di chi pensava che il proprio ragazzo fosse stato sostituito da un alieno.
Natsu sorrise in risposta, un sorriso sbieco. E lì Kea notò alcuni dettagli che non aveva notato prima e arrivò velocemente a una conclusione.
-Sei ubriaco?- sbottò -Come hai fatto a ubriacarti!?
-Haru mi ha dato un drink- rispose tranquillo, come se fosse normale accettare cose da Haru.
Kea prese il telefono, aprì la chat con il suo migliore amico e digitò in fretta “che cazzo hai fatto?”
La risposta di Haru arrivò subito “a fine serata mi ringrazierai”.
Kea non ebbe il tempo di scrivergli altro perché Natsu aveva finito di percorrere il vialetto e suo padre gli aveva già aperto la porta di casa. Ebbe però il tempo di imprecare e raggiungerlo di corsa.
 
Fu una cena… particolare.
Kea si era trovato una mano di Natsu nei pantaloni mentre raccontava al padre di questo quanto fosse difficile il test d’ingresso alle università d’arte del Giappone. Non il momento ideale insomma.
Da come Kenma soffocò con il cibo che aveva in bocca, evidentemente Kea non era stato l’unico ad accorgersene. La situazione divenne ancora più imbarazzante quando Mika si sporse verso il figlio e sibilò fredda “te le taglio quelle mani”.
Cinque minuti dopo, Kea si poteva dire soddisfatto di essere riuscito a togliere quella mano fin troppo curiosa e che tanto amava da dentro le sue mutande senza che né Suguru né Tetsuro lo scoprissero.
Sul volto di Natsu si formò un leggero broncio, ma nulla di cui preoccuparsi troppo, poi iniziò a giocherellare con le sue dita sul tavolo.
Ecco, quello Kea poteva lasciarglielo fare finché l’avrebbe tenuto buono. Questo almeno finché non si rese conto troppo tardi che Natsu aveva preso un tovagliolo di stoffa e gli stava legando i polsi con questo proprio sul tavolo, alla vista di tutti.
Non riuscì a dire nulla perché fu Mika ad anticiparlo, sbottando forte -NATSU!
L’adolescente con gli occhi vacui e le guance rosse si girò verso la madre e nel tono lamentoso che usavano i bambini di quattro anni rispose a tono -Ma mamma! Lui è mio quindi posso farci quello che voglio!
Kea si trattenne dal ridere.
Suguru sembrò cadere dalle nuvole, guardò il figlio e chiese -ma sei ubriaco?
Mika spostò il suo sguardo assassino su di lui -e te ne sei accorto solo ora?
-In ogni caso lo lego anche quando non sono ubriaco, quindi non c’è problema!- Natsu riportò l’attenzione su di sé.
Kea era combattuto tra il divertimento e la paura che suo padre Tetsuro uccidesse definitivamente il suo ragazzo.
-Prendo il dolce- Kenma si alzò rumorosamente dalla sedia -vogliamo spostarci in salotto? Tetsuro aiutami con i piatti.
E anche se Kuro avrebbe preferito rimanere lì per uccidere lentamente Natsu, si alzò per seguire il marito. Mika e Suguru fecero lo stesso per dirigersi nell’altra stanza, ma non prima che la donna lanciasse un ultimo sguardo di fuoco al figlio.
Rimasti soli, Kea porse i polsi a Natsu e gli chiese dolcemente -mi sleghi?
Natsu si fece triste -Perché? Non ti piace?
-Mi piace, ma soprattutto mi piaci vivo, non voglio che mio padre ti uccida.
Natsu sembrò pensarci su, poi chiese -se gli dico quanto mi piaci mi lascia vivere? Posso fargli una lista.
Kea rise -La lista preferirei averla io in privato. Comunque senti, ti propongo una cosa.
Natsu lo guardò felice e curioso, in attesa che continuasse.
-Tu mi sleghi, poi andiamo in bagno. Diremo che ti sto dando delle medicine per farti passare la sbronza e invece potrai mettermi le mani dove vuoi.
Gli occhi di Natsu adesso erano luminosi -Anche nelle mutande!?
-Sì, anche lì.
In realtà riuscirono a sgattaiolare in bagno anche abbastanza facilmente, peccato solo che Natsu raccontò a tutti quello che avevano fatto non appena tornarono in soggiorno.
Quella notte, Kea scrisse ad Haru “Non sono qui per ringraziarti… ma se dovessi farlo mi dici che drink gli hai dato?”

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Capitolo 2
*** Succhiotti ***


Succhiotti

Diane aveva quindici anni e aveva un succhiotto. Un succhiotto abbastanza grande. Visibile.
Aveva tentato di tutto per coprirlo, compreso il farsi una coda di lato per ben due giorni, ma era ovvio che non poteva stare attenta ventiquattro ore su ventiquattro e i suoi genitori se ne sarebbero accorti a un certo punto.
Il primo fu Ushijima.
I due erano in macchina insieme, l’adulto la stava accompagnando a scuola e fu per un attimo di distrazione di Diane che questo riuscì a notare il succhiotto.
-Cosa hai fatto lì?- chiese subito con preoccupazione.
Diane spalancò gli occhi come un cervo catturato dai fari, poi provò a fare l’ingenua -Dove?
-Sul collo hai un livido, Diane.
-Ooh sì, sono le nuove zanzare- dissimulò come se non fosse qualcosa di importante.
-Nuove zanzare?
-Sì. Non ne hai saputo nulla? Si stanno verificando diversi casi, il papà di Ami ha detto che ha tantissimi pazienti nelle stesse condizioni ma mi ha detto che non c’è nulla di cui preoccuparsi se non sono allergica.
-Non sappiamo se sei allergica- fece presente il genitore, serio e preoccupato per la salute della figlia.
-Sì invece, ho già fatto i test!
-Te li ha fatti Shirabu?
-Esatto!- continuò a mentire la rossa -quindi nulla di cui preoccuparsi.
Ushijima annuì -Va bene, mi fido del parere medico di Shirabu.
Diane si sentì leggermente in colpa per quella bugia, ma se voleva tenere in vita Haru era l’unica via da percorrere.
 
Quando toccò a Tendo, la conversazione non andò esattamente come si era aspettata.
Satori la raggiunse in camera quello stesso pomeriggio, si appoggiò allo stipite della porta con le braccia incrociate e commentò -Zanzare, eh?
Diane conosceva bene suo padre, ma ci provò comunque -Sì… sono delle nuove…
-Sì sì, so già tutta la storia che hai raccontato a Waka.
Diane sorrise in modo innocente e chiese -non penserai mica che la tua bambina ti abbia mentito, vero papa?
-Mon amour, pensi che non sappia riconoscere un succhiotto?
Era una battaglia persa, così Diane sospirò e cedette subito lamentandosi -Con papà Waka è stato più facile.
-Papà Waka si fida troppo delle persone e crede a fin troppe cose assurde. Non va bene raggirarlo in questo modo.
-Come tu l’hai raggirato quando vi siete messi insieme?
-Non l’ho mai raggirato! L’ho solo informato che stavamo insieme dopo che…- si interruppe, strinse gli occhi e le puntò un dito contro -Non provare a cambiare argomento, signorina.
Lei alzò le mani in segno di resa -Ho finito tutte le mie carte. Sono in punizione?
-Non per questa volta, ma dì ad Haru di non passare troppo vicino casa nostra che non garantisco per la sua incolumità.
-Chiaro!
 
-
 
Ami ed Eita erano sdraiati sul divano a guardare una serie tv insieme, in attesa che Shirabu tornasse a casa da lavoro per la cena, quando ci fu un gran fracasso all’ingresso che li fece alzare di scatto e raggiungere la stanza in questione.
Era Shirabu, uno Shirabu che aveva gli occhi iniettati di sangue, i capelli scompigliati e i vestiti stropicciati e sudati. L’uomo aveva chiuso tutte le serrature della porta e Semi non poté fare a meno di chiedere preoccupato -qualcuno ti sta seguendo?
Certo, il cantante era stato anche influenzato dalla serie che stava guardando con la figlia, ma la risposta di Kenjiro non lo fece sentire meglio, poiché il marito rispose -non ancora.
-Ken? Che succede?
-Papà ci stai spaventando.
Kenjiro portò lo sguardo su Ami e iniziò a sbraitare -I tuoi cazzo di amici sono dei mostri.
-Come?- chiese Ami confusa mentre Semi in contemporanea diceva -sei inseguito da adolescenti?
Kenjiro spiegò meglio mentre si dirigeva nelle altre stanze e iniziava a chiudere tutte le tende delle finestre -Diane ha un succhiotto, per nasconderlo ai suoi genitori ha detto che era stata una zanzara e ovviamente Ushijima le ha creduto! Oggi mi ha chiesto di tutti i test che ho fatto a sua figlia e un sacco di informazioni che mi hanno fatto uscire fuori di testa!
Semi ed Ami si lanciarono uno sguardo, poi risero. La prima a parlare fu Ami -sono sicura che suo padre Tendo sa che è una cazzata, puoi dirlo a Ushijima che ha mentito.
-SEI PAZZA? NON POSSO DIRE A USHIJIMA CHE SUA FIGLIA SI FA FARE QUELLE COSE DAL FIGLIO DI OIKAWA. CI MORIREBBE E NON VOGLIO ESSERE IO LA CAUSA!
-Ehm…- fu Semi a intervenire a quel punto -quindi cosa? Ci chiudiamo in casa come dei … perché diavolo stai staccando il modem?
-Dobbiamo essere irraggiungibili! Se non mi trova non avrò bisogno di dirgli la verità!
-Se hai così paura di dirgli la verità, puoi sempre concordare con la versione delle zanzare- propose il marito.
Shirabu gli lanciò uno sguardo di disgusto, lo stesso sguardo che si lancia a una cacca appena calpestata -sei stupido? Così poi finirà per odiarmi dopo aver scoperto la verità? Non esiste!- Il dottore allungò la mano verso di lui per poi imporre -Dammi il telefono.
-Perché?- chiese questo mentre glielo passava comunque.
-Perché il mio non esiste più ormai. Devo chiamare il lavoro e dirgli che ho bisogno di un turno continuato di 36 ore.
Finì di comporre il numero e si affrettò a salire le scale mentre li informava -vado a chiudere le finestre di sopra, voi spegnete le luci inutili. Se qualcuno suona non fiatate.
Rimasti soli, Eita ed Ami si lanciarono uno sguardo sconvolto, poi Semi si affrettò a rincorrere il marito -KEN! Cosa significa che il tuo telefono non esiste più!?
Ami prese il proprio cellulare e scrisse un veloce messaggio ad Haru: “La prossima volta fai i succhiotti a Diane, falli in posti non visibili e privati come tutte le persone normali, grazie.

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Capitolo 3
*** Incontro con i genitori ***


Incontro con i genitori

Ami e Yuki non stavano ancora insieme anche se tutti, compresi loro, sapevano di starsi frequentando. Tuttavia, si consideravano ancora amici ed era per questo che l’unica ad andarlo a trovare era Ami a Miyagi.
Facevano in questo modo perché Ami stava dai suoi nonni quando faceva i suoi viaggi, quindi non ci sarebbe stato alcun problema su dove dormire.
Anche quel finesettimana Ami si trovava a Miyagi e quella sera avrebbe conosciuto i genitori di Yuki. Era terribilmente in ansia per la situazione e aveva già fatto una lunga lista nella sua mente di tutte le cose peggiori che sarebbero potute accadere. Era infine arrivata a una sorta di pace interiore dopo che aveva immaginato un asteroide cadere e distruggere il mondo e aveva deciso di accompagnare la nonna a fare la spesa per distrarsi.
Stava girando tra i corridoi alla ricerca della salsa di soia quando vide distrattamente un signore che era solo a pochi metri da lei. Questo posò il proprio portafoglio in tasca ma lo fece fin troppo velocemente e gli cadde a terra.
-Mi scusi!- Ami lo chiamò all’istante mentre correva verso di lui e raccoglieva l’oggetto da terra –le è caduto questo!
L’uomo si voltò guardandola stupito, prese il portafoglio e ringraziò ancora confuso –Ehm… grazie?
Ami sorrise –Prego!- poi inclinò la testa non riuscendo a capire il comportamento dell’uomo.
-Perdonami se sembro confuso, ma io non l’avrei mai fatto- rispose sincero questo –soprattutto alla tua età.
-Oh…- Ami rise –Beh, allora è stato fortunato.
Sorrise anche lui, poi in modo sfacciato la informò –Sei carina e gentile. Ho un figlio della tua età, potrebbe interessarti? Mi piacerebbe averti come nuora.
Ami rimase qualche secondo cercando di capire cosa gli avesse appena chiesto, infine scoppiò a ridere. Non vedeva l’ora di raccontare ai suoi amici quella vicenda assurda.
Rispose con la verità –Mi dispiace, sono già innamorata di un ragazzo.
L’uomo incrociò le braccia –Sei sicura?
Lei rise ancora –Faccio dei vaiggi in treno solo per venirlo a trovare quindi sì, sono molto sicura.
-Te lo concedo- rispose lo sconosciuto, poi la ringraziò ancora e si separarono.
Ami era convinta che non l’avrebbe mai più rivisto, finchè non se lo ritrovò davanti quella sera stessa mentre Yuki lo presentava come “Futakuchi Kenji, uno dei miei padri”.
Il volto di Ami prese fuoco all’istante quando si rese conto che aveva confessato il suo amore per Yuki al padre di questo prima ancora dell’interessato. E il signor Futakuchi aveva il sorrisetto sadico di chi era appena arrivato alla stessa conclusione.
Fortunatamente però non disse nulla se non qualche battuta di tanto in tanto durante la serata, beccandosi solo sguardi confusi da Yuki e Aone.
 
Al contrario, quando Ami presentò ufficialmente Yuki ai suoi genitori, lo fece perché stavano già insieme e l’avevano invitato a Tokyo per dormire “nella stanza degli ospiti”. Ciò significava che Ami avrebbe aspettato che i suoi genitori si addormentassero prima di sgattaiolare nella stanza in questione. Tuttavia, prima di riuscire ad arrivare a sera, dovevano sopravvivere al terzo grado dei suoi papà.
Semi stava facendo il the mentre il marito continuava a chiedere al ragazzo –Che malattie hai preso? Hai avuto il morbillo? I tuoi genitori ti hanno fatto i vaccini quando eri piccolo? Quali ti hanno fatto? E per quanto riguarda le allergie?
Yuki stava rispondendo a tutto diligentemente ma Ami si era rotta di tradurre rispose a domande del genere. Così chiese aiuto con lo sguardo all’altro suo padre ed Eita si affrettò a raggiungere il marito e placare le sue domande con una mano sulla gamba.
-Suvvia Kenjiro, dagli un attimo di respiro- poi sorrise cortese a Yuki e cambiò argomento chiedendogli la prima cosa che gli passò per la testa –Ti piacciono le mie canzoni?
Shirabu fece un verso strano, Ami sbottò –Dio santo, papà!- mentre Yuki rideva.
Il ragazzo rispose “Hanno dei bei testi” e solo a quel punto Semi si rese conto della figura di merda che aveva appena fatto visto che, giustamente, Yuki non poteva sentire le sue canzoni.
Ami si alzò –Basta, noi usciamo.
Prese Yuki per mano e lo costrinse a seguirla –Voi due siete pessimi!
Quando i due adolescenti si chiusero la porta d’ingresso alle loro spalle, Shirabu alzò le spalle e si limitò a commentare –Siamo dei genitori fantastici.

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Capitolo 4
*** Incidente ***


Incidente
 

Kuro capì che sarebbe stata una giornata di merda quando si svegliò per primo, scese fino alla cucina per preparare la colazione e vide Haru, il migliore amico di suo figlio, dormire sul loro divano.
Non era raro che Haru dormisse a casa loro come non era raro che Kea dormisse a casa Iwaizumi-Oikawa. Ma trovarlo a dormire sul divano voleva dire che la sua presenza non era stata programmata, che era arrivato a un orario tardo (probabilmente gli aveva aperto Kenma) e che quindi si trovava lì perché stava scappando dai suoi genitori.
Kuro sospirò e lanciò un breve sguardo all’orologio, probabilmente aveva solo mezz’ora prima che uno dei due genitori dell’adolescente (in base a chi aveva fatto incazzare) si precipitasse da loro pronto a ucciderlo.
Kea fu il secondo a raggiungerlo in cucina mentre l’uomo stava prendendo il suo caffè, leggendo le nuove e-mail sul tablet. Il ragazzo lo salutò e gli si sedette di fronte dopo aver preso latte e cereali unendoli in una tazza.
-Come mai ha dormito qui, stanotte?- si interessò Tetsuro mentre abbandonava il tablet e portava tutta la sua attenzione sul figlio.
Kea spalancò gli occhi e si bloccò come un cervo catturato dai fari, poi commentò con voce piatta -Ah, lo sai.
Tetsuro adesso era confuso -Beh, sarebbe stato difficile non notarlo.
Kea nascose il volto dentro la tazza, poi borbottò -Ecco, vedi… sua mamma era a lavoro e suo padre non era in casa, quindi ho pensato che…
-Aspetta, aspetta, aspetta- lo bloccò subito l’adulto mentre si rendeva conto che non stavano parlando della stessa persona. Haru non aveva una mamma, quindi… -Natsu ha dormito qui? In camera tua? Nel tuo letto e con la porta chiusa!?
Kea lo fissò nel panico, poi cercò un modo per salvarsi da quella situazione -Ehm… no? Insomma… di chi stavi parlando?
-Di Haru che dorme sul nostro divano! Ma tu stavi evidentemente parlando di Natsu!
-Non è vero- provò a negare l’evidenza.
-É verissimo.
-Non lo è.
Avrebbero continuato all’infinito se tutto quel casino non avesse fatto svegliare Haru che li raggiunse in cucina con uno sguardo spaventato -avete sentito i miei genitori?
-Tesoro- sospirò Kuro -se avessimo sentito i tuoi genitori, sono sicuro che l’avresti fatto anche tu.
Haru annuì consapevole -Mi do alla macchia, sparisco per almeno una settimana così lo dimenticano.
-Ma cosa hai fatto?
Non ci fu risposta se non il campanello di casa loro che iniziò a suonare all’impazzata, tutti e tre si guardarono con terrore e Kuro decise di alzarsi ad aprire solo quando un Kenma incazzato, con i capelli biondi scompigliati, un cipiglio infastidito e assonnato e la vestaglia stretta intorno al corpo, sbottò -Qualcuno vuole aprire a Iwaizumi prima che ci butta a terra la porta?
Iwaizumi Hajime era a dir poco spaventoso. Kuro non l’aveva visto in quello stato neanche quando doveva occuparsi di tutta la squadra olimpionica giapponese. Haru doveva averla fatta grossa.
-Possiamo parlarne come delle persone civili?- provò a chiedere Kuro mentre vedeva Iwaizumi e Haru che si rincorrevano in casa sua, calpestando gatti e distruggendo cose nel processo.
-Stanne fuori!- gli ringhiò contro Hajime.
-Lo farei volentieri se non foste in casa mia, non voglio dover spiegare alla polizia perché il cadavere di tuo figlio si trova qui.
Kenma si intromise -qui vicino c’è un campo da baseball abbandonato, potreste andare lì.
-Non lasciatemi solo con lui!- strillò Haru mentre si nascondeva dietro la schiena di Kuro.
-Ma si può sapere cosa ha fatto?- chiese Kea, curioso ormai come tutti.
-Papà esagera!- rispose Haru -Era solo un piccolo incidente!
-Un piccolo incidente!?- se possibile, Hajime si incazzò ancora di più -Quello lo chiami piccolo, Haru!? La mia macchina non ha più la parte davanti! Sembra che tu l’abbia scartavetrata su una grattugia gigante! E come hai fatto a distruggere ben tre ruote!?
Kuro si trattenne dal ridere solo perché non voleva peggiorare ancora di più la situazione.
Kenma si sedette al tavolo pronto a fare la sua colazione e intervenne -Hajime vieni qui, fammi compagnia. Sono sicuro che insieme possiamo trovare un modo per farla pagare ad Haru senza che tu lo uccida.
Il ragazzo sbiancò ancora di più e Kuro si rese conto che aveva meno paura di Hajime che voleva ucciderlo che di Kenma che pensava a un modo per fargliela pagare.
I suoi occhi si riempirono di lacrime e poi corse fuori di casa urlando -Non lo faccio più, lo giuro!
La porta era rimasta spalancata e le persone all’interno della casa in silenzio per diversi secondi, giusto il tempo di capire che era successo.
Infine fu Kea ad affermare -Beh, adesso è un problema di Diane e dei suoi genitori.

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Capitolo 5
*** Migliori amici ***


Migliori amici
 

Essere migliori amici significava tante cose. Il migliore amico è quella persona che organizza i suoi impegni in base alle tue necessità; è quella persona che conosce ogni cosa di te, soprattutto i difetti; è quella persona con cui, non importa quanto litigherete, vorrai sempre passare del tempo; è quella persona che ti da consigli, che ti ascolta e che odia le stesse persone che odi tu; è quella persona che conosce casa tua meglio della sua e che i tuoi genitori adorano; è quella persona che ci sarà sempre, anche quando avrai bisogno alle tre di notte; ma soprattutto, un migliore amico è quella persona che ti difenderà sempre e comunque, in qualsiasi situazione.
Kea conosceva bene questo tipo di legame, era lo stesso che suo padre Tetsuro aveva sempre avuto con lo zio Bokuto. Il bambino aveva sempre desiderato un’amicizia del genere, fino a quando non si era reso conto che l’aveva già. L’aveva trovata a cinque anni con Haru.
 
Quella sera di metà ottobre si trovavano a una festa nel pieno centro di Tokyo. Il locale era una mezza discoteca ed era tantissimo frequentato dai ragazzi della loro età, ma non esclusivo a questi. Diane era ubriaca, era molto ubriaca, e quando Ami la trovò la vide al bancone a bere l’ennesimo shootino, questo offerto da due ragazzi che avevano come minimo trent’anni.
-Diane, basta- disse la bionda mentre la raggiungeva e provava a toglierle il bicchierino dalle mani.
-Amii!!- si lamentò questa usando la sua forza per impedirle di toglierle l’alcool dalle mani –ne ho bevuto solo uno!
-Bugiarda!
-Okay due… forse tre… no, uno! Non lo so, non lo ricordo, però questo lasciamelo!
Ami non sapeva che fare, soprattutto quando i due ragazzi intervennero affermando che non stavano facendo nulla di male e che stavano solo parlando. Ami lanciò loro un’occhiataccia con tutta l’intenzione di portare l’amica via da lì, fosse anche l’ultima cosa che riusciva a fare.
Mentre cercava di capire come riuscire nell’impresa, con la coda dell’occhio vide Kea e subito si sentì più sollevata.
Lasciò il fianco di Diane solo per correre dal loro amico e qui aggrapparsi al suo braccio per dire urgentemente –Ti prego, aiutami ad allontanare Diane da quei trentenni al bancone.
Kea cercò subito la rossa con lo sguardo e il suo volto si fece più serio mentre capiva la situazione.
La raggiunse e la prese per mano mentre la faceva allontanare –Andiamo Diane, mi servi per una cosa.
Ovviamente i due trentenni non furono felici di quel cambio di programma e bloccarono subito Kea affermando –Stava parlando con noi.
Lui finse un sorriso –Mi dispiace, ma mi serve per una cosa molto importante.
Questo non li fece desistere, ma Kea ebbe il tempo di mettere Diane dietro le sue spalle e lasciare che Ami si occupasse di lei.
-Senti un po', frocio. Perché non torni a ballare con il tuo amichetto e la smetti di rompere il cazzo a noi?
Tutto in lui stava mostrando che era pronto a picchiarlo, dal tono della voce che l’uomo aveva usato al suo modo di mostrare il corpo. A Kea però non fregava nulla del modo in cui l’avevano chiamato, aveva sempre risolto situazioni del genere con le parole.
In quel momento però decise che neanche ne valeva la pena sprecare fiato per un tipo simile, e si limitò a girarsi per andarsene. Ma non sempre le cose andavano secondo i piani.
-Guarda che sta parlando con te, frocio!- era stato l’altro uomo a ripetere quella parola mentre lo afferrava per la spalla e lo costringeva a girarsi.
La mente di Kea correva veloce mentre cercava di trovare un modo per riuscire a uscire illeso da quella situazione.
-CHI CAZZO HAI CHIAMATO FROCIO?- l’intrusione di Haru fece precipitare ogni cosa.
 
Erano le due di notte quando Kea si arrampicò su per la grondaia di casa Oikawa-Iwaizumi, raggiungendo la stanza del suo migliore amico.
Erano passati tre giorni dalla rissa al bar e il loro gruppo non aveva più visto Haru né riuscito a contattare al cellulare, ciò significava solo una cosa: i suoi genitori l’avevano messo in punizione.
Kea riuscì a sedersi sul davanzale per poi bussare piano al vetro. Ci mise un po' a svegliare Haru, ma quando ci riuscì questo non perse tempo ad aprirgli per farlo entrare.
-Come stai?- domandò il più piccolo mentre si toglieva le scarpe.
Haru sbuffò, aveva un grande cerotto sul naso e il suo tono di voce nasale era quasi divertente –come uno a cui hanno rotto il setto nasale ed è pure stato messo in punizione.
-Avresti dovuto dirlo ai tuoi genitori che l’hai fatto per difendermi.
L’altro alzò le spalle –Che importanza ha? Non avrei comunque dovuto reagire con la violenza. Papà lo dice sempre, è una fissazione per loro.
Kea abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per tutta quella situazione. Non che fosse effettivamente colpa sua, non aveva chiesto lui ad Haru di intervenire, ma non poteva fare a meno di sentirsi male per tutta la situazione che si era andata a creare.
Gli porse lo zaino che aveva ancora sulle spalle –Ti ho portato dei dolci e la switch, almeno avrai qualcosa da fare.
Haru sorrise mentre afferava lo zaino e si sedeva sul letto tutto felice di controllare il contenuto.
Kea si sedette al suo fianco, si sistemarono contro la testata del letto e iniziò a spiegargli in cosa consistevano i tre giochi che gli aveva portato insieme alla console.
Dopo diverso tempo, mentre Haru provava un gioco, Kea appoggiò la testa contro la sua spalla, gli strinse il tessuto della maglia in una mano e dopo un sospiro mormorò –Grazie.

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Capitolo 6
*** FanFiction ***


FanFiction

 
La strega aveva le lacrime agli occhi mentre lo lasciava andare e si sacrificava per lui.
“Mi dispiace” gli disse con il pensiero “mi dispiace per tutto, ma sono felice di aver passato questi mesi con te, non dimenticarmi.”
Il cavaliere urlò con disperazione mentre vedeva l’unica donna che avesse mai amato cadere nel vuoto, perdendola per sempre.
 
-Ma perché sono morta io!?- urlò Diane infuriata interrompendo la lettura -dovevi sacrificarti tu per me!- disse poi in direzione di Haru.
-Sarebbe stato troppo scontato per un cavaliere- fece presente Kea -molto meglio così.
Haru gongolò e subito alzò le mani in segno di resa quando vide l’occhiataccia della sua ragazza -Ehy, prenditela con la tua migliore amica, non l’ho mica scritto io!
-Cerchiamone un’altra- propose Maru e, tutti insieme, tornarono a scorrere sul profilo di una delle loro più care amiche.
Il fatto era questo: tutti sapevano che Ami amava scrivere e che, spesso, scriveva fanfiction sui componenti della band di suo padre Semi. Quello che non sapevano era che scriveva fanfiction anche su di loro.
L’avevano scoperto per puro caso e, spinti dalla curiosità, si erano riuniti a casa di Diane e ora si trovavano davanti la sua scrivania e il mac che questa possedeva, lo schermo del browser aperto sulla pagina di fanfiction più famosa al mondo.
-Guardate questa, credo che sia con Kea e Natsu- esclamò Maru dopo qualche secondo di ricerca sulla pagina della loro amica.
-Fa vedere!- alzò subito lo sguardo il più piccolo tra i due citati. La storia era conclusa, di cinque capitoli, più di 50.000 parole e… aveva solo tag malinconici.
Lessero la trama:
 
“E se Romeo e Giulietta fossero stati, in realtà, due uomini?”
 
Natsu, dopo qualche secondo di silenzio, commentò -Un po’ cliché considerando com’è iniziata la nostra storia con le nostre famiglie… ma potrebbe essere interessante.
Kea storse il naso -Non voglio leggere di come muoio nel modo più stupido in assoluto, andiamo avanti.
Mentre continuavano a scorrere, Naoya fece presente -Ma sbaglio o deve sempre uccidere qualcuno di noi?
Tutti annuirono lentamente, poi continuarono a scorrere.
-Oh! Forse in questa non muore nessuno!- Diane ne indicò una dove il titolo e i tag promettevano bene, poi però fecero l’errore di leggere la descrizione.
 
“M. e N. sono gemelli separati alla nascita, si incontrano per la prima volta quando entrambi frequentano il liceo e tra i due non può fare a meno di scattare qualcosa di proibito…”
 
Scese il silenzio, finché non fu proprio Maru a commentare -Il rating è rosso perché si immagina me e mio fratello… scopare, vero?
Haru chiuse la pagina web che stavano visitando -Non credo che nessuno di noi vorrà mai scoprirlo.
Diane prese il suo telefono e avviò una videochiamata con la ragazza in questione.
-Ehy!- esclamò la bionda quando rispose, poi corrugò la fronte nell’accorgersi che erano tutti insieme -avete organizzato un’uscita senza di me?
-Tesoro- sorrise Diane -sai che ti amiamo e sei la nostra migliore amica, ma puoi spiegarci perché scrivi storie su di noi con incesti e uccisioni?
Ami ci mise qualche secondo a capire domanda, quando lo fece sbiancò, spalancò gli occhi e iniziò a ridere istericamente -Posso spiegare!
-Non abbiamo fretta- rispose Diane -dicci pure.
Ami si guardò intorno, poi urlò -Sì papà, corro subito ad aiutarti!- guardò lo schermo e disse -Scusate ma ora devo proprio aiutare papà Ken, ci risentiamo dopo!- e chiuse la chiamata prima che chiunque di loro potesse dire qualsiasi cosa.
-Sarò sincero- disse infine Natsu -Ami mi è sempre sembrata quella troppo normale nel vostro gruppo, non capivo perché stesse con voi.
-Ehy!- si lamentò Haru -Guarda che anche tu fai parte del gruppo!
-Lo so, ma io ci sono entrato perché al cuore non si comanda. Ami per me restava una grande incognita, solo ora però mi rendo conto che è anche più strana di voi, solo che riesce a nasconderlo meglio.
Kea fu il primo che, piano, iniziò a ridere, poi tutti gli altri gli andarono dietro.
Erano un gruppo di amici disastrato, ma quale adolescente non ne aveva uno?

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Capitolo 7
*** Essere accettati ***


Essere accettati


Ormai Kuro Tetsuro aveva dovuto accettarlo come fidanzato di suo figlio, questo Natsu lo sapeva bene, ma il ragazzo aveva sempre avuto la certezza che l’avesse fatto non perché gli piacesse davvero ma perché non poteva fare altrimenti.
Di conseguenza, Natsu faceva di tutto per provare a farsi piacere di più ogni singola volta che si incontravano, dal portargli le sue birre preferite quando veniva invitato a pranzo all’evitare di parlare di suo padre davanti a lui.
Finché, un giorno, decise che avrebbe fatto quel passo in più, porgendogli quella domanda che avrebbe potuto avvicinarli o allontanarli del tutto.
-Signor Kuro…- Natsu si stava torturando le mani mentre raggiungeva l’uomo nel suo garage dove stava pulendo la sua moto -ehm… volevo chiederle… se e quando ha tempo non è che potrebbe insegnarmi a murare? Insomma… Kea mi ha detto che al liceo era considerato uno dei migliori centrali del suo anno per il suo tempismo nel murare le schiacciate.
Kuro alzò un sopracciglio sorpreso da quella richiesta, poi chiese a sua volta -Non sei già al terzo anno?
-Sì, ma vorrei continuare a giocare a pallavolo dopo il liceo… come mio padre.
-E perché non hai chiesto a lui?
Natsu arrossì -Lui mi ha insegnato tante cose, ma so già murare come lui, vorrei diventare più bravo…
Tetsuro lo esaminò con lo sguardo per dei secondi infiniti, secondi nei quali Natsu ebbe davvero paura che l’uomo stesse cercando un modo per farlo fuori, poi fece un sorriso per nulla rassicurante e rispose -Certo che ti aiuterò, così potrò sbattere in faccia a tuo padre che sono un insegnante migliore di lui.
Natsu iniziò a sudare freddo, ma in cosa si era andato a cacciare?
 
Kea era abituato ad Haru e Diane che discutevano ogni volta che si vedevano da quando si erano conosciuti, di conseguenza era convinto di poter sopportare tutto senza problemi.
Tuttavia, non aveva messo in conto suo padre Tetsuro e il padre di Natsu che non riuscivano a stare zitti per trenta secondi di fila.
Kea era sugli spalti a guardare una delle partite di Natsu, purtroppo per lui però c’erano anche i due adulti sopracitati. Il padre di Natsu era lì perché, essendo giustamente suo padre, non voleva mancare alle partite del figlio quando non doveva lavorare. Tetsuro invece era lì perché, a detta sua, “voglio vedere i frutti dei miei insegnamenti sul ragazzo”.
Così, i due adulti che tanto adulti non erano, non avevano fatto altro che litigare da quando si erano seduti vicini.
Natsu che murava una parallela e Tetsuro si vantava -Visto? Tutto frutto dei miei insegnamenti!
Natsu che faceva un ace e Suguru affermava -Hai guardato bene, stupido gatto? Sono queste le cose importanti che io ho insegnato a mio figlio.
Natsu che prendeva un pallone con la faccia rotolando a terra -...bene, questo glielo hai sicuramente insegnato tu.
-Questo non l’ha mai fatto prima dei tuoi insegnamenti di merda!
Kea sospirò mentre portava entrambe le mani a massaggiarsi la testa, ma perché diavolo si era seduto con loro? Ah già, lui e la sua stupida promessa a papà Kenma dove affermava che avrebbe fatto in modo che Tetsuro non si mettesse nei guai.
Non appena la partita finì con la vittoria del Nohebi, Kea fu il primo ad alzarsi pronto a scappare via da quei due, peccato che questi avevano deciso di seguirlo per congratularsi con Natsu.
L’adolescente si diresse fuori dalla palestra, nel corridoio dove lui e il giocatore si davano sempre appuntamento una volta finita la partita, dove potevano salutarsi e commentare brevemente le varie azioni prima che Natsu andasse a cambiarsi riunendosi con la squadra.
Il suo ragazzo era già lì, ma il sorriso di Kea gli morì sul volto quando vide che stava parlando con due ragazzi, due ragazzi che riconobbe come i suoi ex amici, quelli che lo stavano insultando la sera che si erano conosciuti.
Affrettò il passo e riuscì a sentire parte della frase che uno dei due gli stava rivolgendo con disprezzo -...nella squadra resti comunque uno sfigato, non credere che sia cambiato qualcosa! E poi che schifo, sapevamo che eri davvero un finocchio. Evita di parlarci ancora, non vogliamo essere associati a quelli come te.
Non l’aveva sentito solo Kea, ma l’avevano sentito anche i loro genitori, furono infatti proprio questi a intervenire prima che chiunque altro potesse dire qualcosa.
Suguru aveva uno sguardo di puro odio negli occhi mentre raggiungeva il gruppetto e afferrava per il bavero il ragazzo che aveva parlato, stringendo un po’ troppo forte mentre sbraitava -COSA CAZZO TI SEI PERMESSO DI DIRE SU MIO FIGLIO!?
Tetsuro intervenne all’istante prendendogli il braccio per fargli lasciare il ragazzo, il quale tossì e fece subito due passi indietro spaventato.
-Suvvia Suguru- stava dicendo Kuro con un tono calmo e pacifico -non fare queste cose davanti il prossimo giocatore della giovanile giapponese, non vorrai mica rovinargli la carriera, giusto?
Kea vide suo padre assottigliare lo sguardo e girarsi verso i ragazzi, anche lui era furioso e pronto ad attaccarli con le sue armi principali: le parole.
-Mi sono permesso di ascoltare le vostre idee e non starò qui a farvi la predica visto che fortunatamente non sono io uno dei vostri genitori, ma sì, fanno schifo. Quindi siete pregati di stare lontano da lui, nessuno vuole che venga associato a gente come voi, soprattutto non quando ha buone probabilità di giocare nella nazionale giapponese, la quale sarebbe decimata se avessero escluso tutti gli omosessuali.
Sorrise continuando a fingersi gentile e disponibile, ma Kea lo conosceva troppo bene per non sapere la bomba che stava per sganciare su di loro.
-Voglio essere gentile quindi ti darò un consiglio: inizia a concentrarti sulla tua vita ed evita di dare il tormento alle persone che ti stanno intorno solo perché sono qualcosa che tu non hai il coraggio di ammettere, perché continuando in questo modo ti ritroverai a fare un lavoro che odi per pagarti una tv dove le sue partite verranno trasmesse. Non una grande prospettiva, vero?- sorrise ancora, questa volta in modo più sadico, poi concluse -Ah, quasi dimenticavo. Non mi piace molto vantarmi ma io e mio marito abbiamo più potere economico della mafia, quindi provate ancora ad avvicinarvi a mio figlio e dovrete espatriare per trovare un lavoro.
I due ragazzi scapparono via terrorizzati e tutti erano certi che non li avrebbero più rivisti.
Natsu aveva gli occhi lucidi e Kea lo raggiunse stringendogli il braccio e sorridendogli dolce, gli avrebbe anche detto qualcosa se non fosse stato interrotto dai due adulti che ripresero a litigare.
-Hai preso appunti, Suguru? É così che si difende la famiglia senza finire in carcere.
Daisho lo ignorò sbottando -Perché diavolo hai detto che è tuo figlio?
-Sta con Kea da troppo tempo, ormai è entrato automaticamente nella famiglia.
-Quindi posso dire che Kea è mio figlio?
-NON TI AZZARDARE!
-NON PUOI USARE DUE PESI E DUE MISURE!
Kea mormorò -Ti prego andiamo via, non li sopporto più, sembrano una vecchia coppia sposata e la cosa mi destabilizza.
Natsu tirò su con il naso e borbottò -Tuo padre mi ha accettato…
-L’aveva già fatto- rispose Kea con il tono di chi pensava che fossero tutti scemi tranne lui.
-Ma ora… ora è ufficiale- tirò su con il naso nuovamente.
L’altro sbuffò, ma sorrise impercettibilmente mentre lo abbracciava e gli asciugava le lacrime che erano scese sulle sue guance. Capiva perfettamente la sua felicità, aveva lottato tanto per farsi accettare da suo padre e Kea non poteva fare altro che essere orgoglioso di entrambi. Ma Natsu non sapeva ancora in cosa si era andato a cacciare, essere considerato parte della famiglia significava partecipare ai barbecue dei Bokuto e lì sì che si sarebbe pentito delle sue scelte di vita.

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Capitolo 8
*** Haru e i club scolastici ***


Haru e i club scolastici

Haru aveva una sorta di maledizione con i club scolastici dei suoi amici, non poteva essere altrimenti visto che, ogni volta che ne visitava uno, finiva dentro situazioni che provavano a ucciderlo o che, peggio, l’avrebbero messo in imbarazzo per sempre.
 
Kea, il suo migliore amico, era sempre stato uno stronzo con Haru. La sua scusa era “questo è l’unico modo per gestirti” e Haru lo adorava per questo. Lo odiava anche ma ormai erano migliori amici da troppo tempo e sapevano fin troppe cose imbarazzanti l’uno dell’altro per potersi trovare un nuovo migliore amico.
Dopo questa premessa, bisognava anche dire che Kea frequentava il club di arte così, di tanto in tanto, chiedeva ad Haru di posare per lui. Haru si fingeva annoiato dalla cosa, ma in realtà sapevano tutti che era abbastanza narcisista da volerlo fare senza problemi.
C’era solo un enorme grande problema: Kea non riusciva a disegnare il suo naso. O meglio, non riusciva a disegnarlo all’inizio, poi ci aveva preso gusto e aveva iniziato a farlo di proposito in modo orribile.
“Nat! Ti piace il mio disegno?” aveva chiesto un giorno Kea al suo ragazzo.
Questo l’aveva guardato confuso chiedendo a sua volta “Chi è?”
Kea aveva coperto il naso e la consapevolezza si estese sul volto di Natsu “Oh, è Haru!”
A quel punto il diretto interessato aveva urlato al suo migliore amico “Lo vedi che non me lo sai disegnare?”
La situazione andava degenerando e Haru si odiava poiché continuava comunque ad andare al club del suo migliore amico per farsi disegnare.
-Sai cosa?- gli disse un giorno –Non mi interessa. Disegnami come vuoi, la cosa non mi tocca.
Kea alzò le spalle impassibile –Va bene.
Haru riuscì a resistere ben trenta secondi prima di esplodere urlano –TI ODIO! PERCHÉ NON PUOI DISEGNARMI BENE? BASTA. VADO VIA.
Kea lo lasciò andare ridendo, sapendo che sarebbe comunque tornato.
 
All’inizio pensava che il suo imbarazzo potesse rimanere concentrato al club di arte del Nekoma. Ma scoprì facilmente che si sbagliava quando andò all’Itachiyama per prendere Diane e portarla a un appuntamento e fu rapito da Ami.
-Haru!- aveva strillato l’amica dopo averlo visto vagare per i corridoi –Devi assolutamente venire con me dato che sei in questa scuola!
Non che Haru ebbe modo di protestare o accettare visto che la bionda l’aveva già afferrato per il polso e lo stava trascinando cose sé.
-Dove stiamo andando…?- provò a chiedere.
-Al mio club.
Non specificò altro e Haru iniziò a capire che era qualcosa che non gli sarebbe piaciuto. Ami frequentava il club di scrittura, ma dopo che tutti loro avevano scoperto che scriveva fanfiction sul gruppo, Haru non si fidava più di tanto. E infatti…
-Ragazze!- urlò non appena spalancò la parta dell’aula dove si svolgeva il club e si rivolgeva a un gruppo di sue amiche –Vi ho portato il figlio di Oikawa Tooru!
Haru ebbe il tempo di vedere i loro occhi luccicare prima che fossero su di lui come degli avvoltoi.
“Stiamo scrivendo su tuo padre, ci dai dei pareri?”
“Com’è nata la storia tra i tuoi genitori? È vero quello che ha detto nelle interviste?”
“Iwaizumi Hajime ha mai provato a fare il passivo?”
“Ti da fastidio leggere quelle spinte? Ci dai un parere anche su quelle?”
Haru scappò da quell’aula correndo e urlando.
E perché al peggio non c’era mai fine, ancora scosso dagli avvenimenti del club di scrittura, riuscì a trovare Diane che stava parlando con una sua amica poco fuori dalla palestra dove si erano allenate.
Haru fece l’errore di arrivarle alle spalle e metterle una mano sul fianco. Diane, ancora con la mente al suo club di karate, gli prese il braccio e in una mossa lo tramortì a terra.
E mentre la ragazza si rendeva conto di chi era e si inginocchiava al suo fianco urlando delle scuse, l’unica cosa che Haru riuscì a pensare fu “ma perché mi sono alzato dal letto questa mattina?”.
 
Andare al Fukurodani non era stata una sua idea, tuttavia, il resto dei suoi amici aveva deciso di passare a prendere Maru e Naoya direttamente a scuola in modo che potessero poi andare alla casa al mare dove avevano programmato il finesettimana.
Haru si disse “sono insieme agli altri, non può andare così male come quado sono andato all’Itachiyama”, ma ovviamente si sbagliava.
Poiché inizialmente fu preso da Maru che, con la scusa che fosse il più alto nel gruppo, lo costrinse a salvare un gatto che era rimasto bloccato su un albero non sapendo più scendere. Il gatto, ovviamente spaventato, gli lasciò così tanti graffi sul braccio che sembrava l’avesse messo dentro un tritacarte per sbaglio.
Per concludere, non appena arrivarono al campo di calcio dove Naoya stava finendo gli allenamenti del suo club, una palla volante lo colpì in faccia a piena potenza.
Cadde a terra e sentì di non riuscire a respirare per tutto il sangue che si era accumulato nelle sue narici.
Kea commentò –Uh guarda, ora il tuo naso sembra più simile a uno dei mie disegni.
Haru si chiese perché diavolo non avesse ancora trovato un nuovo gruppo di amici.
 
Infine, mentre si avvicinava al club di pallavolo del Nohebi, Haru era terrorizzato. E a ragion veduta considerando tutte le brutte esperienze che aveva avuto con i club dei suoi amici.
Lui neanche voleva andarci al Nohebi, ma aveva ordinato il regalo per il compleanno di Diane online e per evitare che lei lo scoprisse in anticipo a casa sua o a casa di uno dei loro amici, aveva chiesto a Natsu se potesse spedirlo da lui, posto dove Diane non avrebbe mai cercato.
Natsu aveva acconsentito senza problemi, ma il giorno del compleanno era arrivato e Haru doveva recuperare il pacco, cosa che stava appunto facendo raggiungendo l’amico nella sua scuola.
Arrivò da Natsu quando questi avevano appena iniziato l’allenamento, così il ragazzo si scusò con il suo coach e corse a prendere quello che gli serviva dallo zaino.
Haru lo ringraziò e stava per scappare via, quando Natsu lo bloccò –Aspetta, hai da fare? C’è stata un’epidemia di febbre e ci mancano diversi giocatori, vuoi prendere parte alla partita di allenamento? Al coach non dispiacerà.
Gli occhi di Haru si illuminarono e alla fine di quella giornata stabilì che diventasse Natsu il suo nuovo migliore amico da quel momento in poi.
Mandò pure un messaggio a Kea: “Il tuo ragazzo è appena diventato il mio migliore amico, non mi servi più.”
Kea rispose: “Ma chi ti conosce?”.

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Capitolo 9
*** Per Sempre ***


Per Sempre

Anche se Ami aveva sempre vissuto a Tokyo, entrambi i suoi genitori erano originari di Miyagi e lì, di conseguenza, aveva tutti i suoi parenti. Era quindi una prefettura che conosceva molto bene e che aveva visitato abbastanza spesso.
Fu proprio per questo motivo che, quando iniziò la sua frequentazione con Futakuchi-Aone Yuki prima come amici e poi come fidanzati, era sempre lei ad andare a trovarlo in città.
Finché, quasi sei mesi dopo che avevano deciso di mettersi insieme, fu il turno di Yuki di raggiungere la ragazza nell’enorme città di Tokyo.
-Mi raccomando!- Ami stava guardando ognuno dei suoi amici con uno sguardo di fuoco -Se proverete a farlo sentire a disagio o a dire cose strane o a farlo scappare… scriverò cose porno sui vostri genitori e vi costringerò a leggerle.
Tutti spalancarono gli occhi sconvolti e lei capì di aver centrato il punto. Avrebbero fatto quello che aveva chiesto loro, soprattutto Haru. Sapeva quanto fosse sensibile l’amico sull’argomento sesso dei genitori.
Si trovavano tutti a un bar carino vicino alla stazione e stavano aspettando l’arrivo di Yuki, così che Ami potesse finalmente presentarlo loro. Yuki era sordo, ma riusciva senza problemi a leggere il labiale e Ami avrebbe potuto tradurre la lingua dei gesti con la quale rispondeva, quindi non ci sarebbero stati problemi su quel fronte.
Quando Yuki arrivò, quasi mezz’ora dopo, stava sorridendo imbarazzato, i suoi occhi grigi che trovarono subito Ami e la salutò con un dolce bacio in guancia.
Lei rise, poi lo prese per il colletto e lo fece chinare per baciarlo bene in bocca, senza alcun tipo di imbarazzo. Infine si accomodarono al tavolo e la ragazza iniziò a presentargli ognuno di loro.
“Loro sono Kea e Natsu, poi a seguire c’è…”
Yuki la interruppe chiedendo a sua volta qualcosa e lei rise.
-Cosa?- chiese Kea.
-Mi ha chiesto se eravate il druido e il cavaliere e sì, sono loro- rispose al suo ragazzo.
Natsu corrugò la fronte -In che senso?
-Sto scrivendo una storia con tutti voi, magari diventerà un libro fantasy se mi riesce bene. Kea è un druido, tu e Haru siete cavalieri, Diane è un demone e i gemelli sono dei barbari. Yuki la sta leggendo in anteprima.
Diane guardò il ragazzo con gli occhi spalancati e chiese -Tu leggi le sue storie?
Yuki sorrise e annuì.
-Perché diavolo lo fai?- sbottò Kea.
Fu Ami a rispondere piccata -Perché mi ama.
Maru fece un verso strano -Dio, spero che non abbia letto le storie strane che scrivi su me e mio fratello.
Ami non disse nulla e questo fece preoccupare i gemelli Bokuto ancora di più.
Haru si intromise -Lo sai che non sei costretto, vero?
Yuki rise ancora e alzò le spalle in risposta.
Ami finì di presentare ognuno di loro, poi iniziarono a parlare e nel bel mezzo di una conversazione Haru ebbe l’epifania.
-Porca troia mi ricordo di te, andavamo all’asilo insieme!
Anche Yuki spalancò gli occhi e sembrò ricordare, poi disse in fretta qualcosa che subito Ami si mise a tradurre -Dice che si è appena ricordato anche lui, chiede della vicenda della festa della mamma? Credo… cos’è questa storia?- chiese curiosa lei.
-Cazzo sì, una delle mamma di un nostro compagno ci aveva costretto a fare un regalo ai nostri papà per la festa della mamma e quel giorno si sono infuriati un sacco, è tipo l’unico giorno che ricordo dell’asilo- rise, poi tornò a rivolgersi a Yuki -adoravo tuo padre, da lui ho imparato metà delle imprecazioni che conosco.
Quella conversazione fece sciogliere completamente la tensione al tavolo e tutti iniziarono a chiacchierare con più leggerezza, ridendo e scherzando come se fossero amici da una vita, spensierati e felici della loro adolescenza.
 
-
 
Quattro anni dopo si trovavano tutti intorno a un tavolo di un bar a chiacchierare come se non fosse passato neanche un momento da quella prima volta.
In realtà erano cambiate un sacco di cose, ognuno di loro aveva preso la propria strada e non erano più tanto spensierati, ma il tempo per gli amici lo si trovava sempre.
C’era Ami che era riuscita a pubblicare il suo libro fantasy, primo di una lunga saga dove tutti i suoi amici sarebbero stati protagonisti. Yuki che, seguendola nella stessa università di Tokyo, si era specializzato nella critica letteraria.
Natsu ed Haru erano diventati dei pallavolisti come i loro genitori, entrambi giocavano come schiacciatori ma in squadre diverse, il primo nella seconda divisione della V.League, mentre Haru nella prima.
Anche Naoya era diventato un atleta professionista, era infatti diventato uno dei più bravi calciatori del giapponese. Si era specializzato come centrocampista poiché aveva la mente analitica come quella del padre Keiji e questo lo aiutava a capire la disposizione dei giocatori in tutto il campo e a muoversi di conseguenza per passare la palla all’attaccante che avrebbe sicuramente fatto goal.
La sua gemella, invece, stava lottando per salvare l’ambiente, per creare nuove aree protette e per sensibilizzare le persone, creando sempre più centri per salvare gli animali, soprattutto quelli in via d’estinzione. Aveva creato un’associazione e si poteva dire solo soddisfatta di quello che riusciva a fare ogni giorno.
Anche Diane aveva aperto una sua associazione per le donne che vivevano in strada, aiutandole a crearsi una vita, trovando loro un lavoro e un modo per mantenere eventuali figli. Aveva anche realizzato diversi corsi gratuiti che spesso teneva lei stessa sull’autodifesa. Aveva deciso di seguire questa strada per non smettere mai di ricordare sua madre e per evitare il più possibile che quello che lei aveva passato non si sarebbe ripetuto con nessun’altro.
Per concludere, Kea era diventato un famosissimo programmatore di giochi. Era stato preso all’università di arte e qui aveva seguito un corso di grafica, aveva unito questo alla sua conoscenza dei giochi che aveva da sempre avuto grazie a Kenma e trovarsi un lavoro era stato abbastanza facile.
Ognuno di loro aveva una vita diversa, impegni diversi e problemi diversi. Ma erano sempre lì quando uno di loro aveva bisogno degli altri o quando avevano un annuncio importante da fare. Come quando Ami e Yuki annunciarono il loro matrimonio, quando Maru fece conoscere loro il compagno di squadra di Naoya del quale si era innamorata, quando Diane e Haru annunciarono di aspettare un bambino, quando Naoya fu preso come titolare per giocare i mondiali di calcio di quell’anno e come quando Kea e Natsu dissero che si sarebbero trasferiti per qualche anno all’estero, più precisamente in Russia. Erano e sarebbero stati sempre lì, insieme, pronti a piangere o a gioire per gli altri, perché è proprio quello che significa essere amici.








n.a. Ringrazio tutti di cuore per essere arrivati fino a qui <3
Come avevo già detto, questa è l'ultima storia ufficiale di questi bambini e sono davvero felice del mondo che ho creato e di come è stato apprezzato da tutti voi. Ho dato una conclusione veloce a ognuno di questo gruppo (come ho fatto anche per gli altri nelle altre storie) facendo capire quello che sarà il loro futuro ma senza entrare troppo nel dettaglio perché non li voglio adulti, per me restano sempre i miei bimbi.
Per aggiungere qualche perla vi dico che sì, ovvio, Diane e Haru aspettano un figlio prima ancora di sposarsi perché li vedo benissimo a scordarsi il preservativo o a romperlo e "ops" (immaginate gli scleri della ushiten e della iwaoi).
Maru si è innamorata di un compagno di squadra di Naoya esattamente come Akaashi aveva fatto con Bokuto <3
E Kea e Natsu sono andati in Russia perché Natsu è stato chiamato per giocare in una squadra lì (come Yaku per intenderci) e Kea lo ha seguito perché tanto lui il suo lavoro lo può fare ovunque. Questo è stato il più grande dolore e la più grande gioia di Natsu. Gioia perché sono andati a vivere insieme e ha inziato a giocare in squadre sempre più forti, dolore perché in Russia ci vive Isak ed evidentemente non si libererà mai di lui (so che la Russia è grande, ma Natsu ha abbastanza sfiga da finire in una squadra a 10 minuti di macchina da casa di Isak).
Grazie ancora a tutti e alla prossima! <3
Deh

P.S. Vi informo che per dare proprio un punto a questa serie, venerdì pubblicherò una Song-Fic su tutti i bambini che ho creato che non aggiungerà nulla alla trama ma che sarà un semplice modo carino per finirla.

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