Prima di tutto

di Severa Crouch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partenza per Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Esplorazioni notturne ***
Capitolo 3: *** La profezia di Fiorenzo ***
Capitolo 4: *** Preoccupazioni familiari ***
Capitolo 5: *** I misteri della Foresta Proibita ***
Capitolo 6: *** Lo zampino di Sirius ***
Capitolo 7: *** La reticenza di Hagrid ***
Capitolo 8: *** Indizi in luoghi inattesi ***
Capitolo 9: *** Fuga tra i Babbani ***
Capitolo 10: *** Lettere dal Preside ***
Capitolo 11: *** Ritorno a Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Partenza per Hogwarts ***


Capitolo 1 - Partenza per Hogwarts


Casa Turner, Diagon Alley, 1 settembre 1974


“La padrona chiede al signorino Robert di raggiungerla nello studio.” 

La voce delicata di Tocky, l’elfa domestica dei Turner, costrinse Robert a sollevare lo sguardo dal baule. Tutto era pronto per tornare a Hogwarts. Diede un ultimo sguardo alla stanza: lo stendardo di Corvonero, fissato alla bacheca sopra la scrivania, gli fece spuntare un sorriso, accanto erano esposte le foto con gli amici che presto avrebbe rivisto, Xeno, Giles, Sirius e il suo gruppetto di Grifondoro pestiferi. 

“Arrivo. Il baule è chiuso, puoi portarlo all’ingresso. Alex è pronta?”

“La signorina Alexandra sta ultimando i preparativi, padrone.”

“Speriamo non ci voglia molto. Non voglio arrivare tardi al binario.” 

Nello specchio del corridoio diede un’occhiata al suo aspetto. Indossava già l’uniforme di scuola. Sistemò la cravatta blu e bronzo, passò una mano tra i capelli biondi e trasse un profondo respiro. Quando la mamma lo convocava nel suo studio c’era sempre un motivo importante, non era certo per dirgli che gli sarebbe mancato. Sua mamma non era come la mamma di James o quella di Xeno, quelle che riempiono i figli di baci al binario. No, sua mamma era più come la mamma di Sirius, una strega austera e severa che dimostrava il suo affetto con lievi cenni di approvazione e che pretendeva la massima disciplina dentro e fuori casa.

Bussò alla porta dello studio e attese il permesso di poter entrare. “Mi hai chiamato, mamma?” 

Darlene Rowle in Turner sollevò il capo dai fascicoli del San Mungo che si era portata a casa, qualche caso difficile da analizzare con calma. “Sì, siediti, Robert.” Il figlio obbedì prendendo posto sulla poltroncina davanti la scrivania. “Quest’anno Alex inizierà Hogwarts.”

“Sì, ti scriverò del suo Smistamento non appena terminato, mamma,” la rassicurò ripetendo le istruzioni che gli aveva impartito la sera prima, a dimostrazione di aver colto il messaggio.

“Bene, ma quello che voglio dire è che Hogwarts è un posto grande, pieno di giovani maghi e streghe di ogni provenienza.” Gli occhi di sua madre si fecero più gelidi che mai. Robert sospirò: “Alex sa benissimo come comportarsi, tu e Walburga l’avete istruita a dovere.”

“Tua sorella ha la presunzione di sapere sempre quale sia la cosa giusta da fare e, cosa ancora più grave, è disposta a violare le regole per le persone a cui vuole bene. È tremendamente ingenua e potrebbe mettersi nei guai o, peggio ancora, compromettersi.”

“Mamma, Alex ha solo undici anni!” obiettò. Quei discorsi gli mettevano i brividi. Un conto era dire a sua sorella di non dare confidenza ai Nati Babbani, ma pensare che una bambina di undici anni potesse pensare ai ragazzi, beh, ce ne voleva!

“Sono le amicizie che nascono i primi anni che possono diventare gli amori di un domani. Non perdere d’occhio tua sorella, sei il maggiore ed è tua responsabilità badare a lei. Se dovesse mettersi nei guai, ti riterrò personalmente responsabile, Robert.” 

Robert annuì stancamente e abbozzò un sorriso che gli morì sulle labbra vedendo che sua madre non lo ricambiava. Perché non poteva avere un fratello maschio come Sirius? Perché gli era toccata in sorte una piattola inutile come sorella?

Fuori dallo studio incontrò Alexandra con il completino babbano che indossava quando i genitori la portavano in giro per Londra. Indossava una gonna a pieghe di lana grigia, un maglioncino blu con una camicetta bianca e un montgomery blu. I lunghi capelli castani erano stati raccolti in una treccia che le scendeva da un lato della spalla. Era così entusiasta di andare a Hogwarts e stringeva in una mano la sua nuova bacchetta di sicomoro e nell’altra la mano del papà.

“Sei pronto, Robert?” gli domandò suo padre, Edward Turner. I suoi genitori erano una coppia di Medimagi, erano sempre impegnati al San Mungo ma ogni anno, il primo settembre, cercavano di essere presenti entrambi sul binario 9 e tre quarti. Quando tornavano a casa per le vacanze, invece, non era infrequente che mandassero la loro elfa Tocky, oppure che chiedessero a Orion e Walburga di ospitarli a Grimmauld Place finché non finivano il turno di lavoro, che poteva voler dire anche trascorrere la notte con Sirius e Regulus.

Se Robert era identico alla mamma, con gli stessi capelli biondi e gli occhi azzurri, Alexandra era identica al papà, le mancavano solo i baffi. 

“Dammi il braccio, Robert,” gli ordinò la mamma. Obbedì, sentì l’ombelico venire arpionato per la Smaterializzazione e si ritrovò al binario nove e tre quarti un istante dopo. “Mi raccomando, ti affido tua sorella,” gli disse la mamma. “Oh, guarda, ci sono i Black!” esclamò allegra. 

Robert riconobbe il sorriso sghembo di Sirius Black e andò incontro all’amico. 

“Ehi!”

“Ehi!”

Era il loro saluto fin da bambini. “Come va?” gli domandò Sirius cercando di non farsi sentire. “Non vedo l’ora di salire su quel treno.”

“Ma’, io aiuto Sirius con il baule.”

“Non sei il suo elfo domestico, Robert, lascia fare a Kreacher!” lo fermò Walburga. Robert sentì lo sguardo glaciale delle due mamme che, quando erano insieme, erano ancora più terrificanti. “Andiamo da Regulus e Alex,” disse Sirius.

“Ecco, bravo, Sirius, tu sì che sei un bravo fratello maggiore,” disse Darlene. Robert notò la risposta di Walburga: “Adesso non esageriamo, Darlene, altrimenti penserà chissà cosa. Abbiamo appena finito di discutere sull’esempio che deve essere per Regulus.” 

Sirius, dietro la madre, aveva l’aria annoiata e muoveva una mano a indicare quanto stesse blaterando. Robert gli fece segno di raggiungere Regulus e Alexandra. 

“Tua madre è nervosa perché Alex parte, vero?” 

“Sì, mi ha fatto dei discorsi assurdi.”

“Ci sono passato,” sospirò con uno scrollo di spalle. Robert non era sicuro che Walburga avesse fatto lo stesso genere di discorsi su Regulus, ma non volle puntualizzare. Sirius aveva il suo ghigno pestifero e ridacchiava tra sé e sé, segno che stava per uscirsene con una delle sue perle di saggezza. “Sai qual è la dote più importante di un leader?” gli domandò sornione.

“La saggezza?” Robert tentò con una risposta seria. Era più forte di lui. 

“Ecco il Corvonero che parla!” esclamò Sirius. “No, Rob, è la delega! Un vero leader sa come valorizzare le risorse a disposizione.” Si avvicinarono agli amici Grifondoro di Sirius, questi allungò il braccio intorno alla spalla di Peter Pettigrew e continuò dicendo: “Ad esempio, abbiamo scoperto che Peter è bravissimo a sgattaiolare in cucina e usare i suoi occhioni celesti, le guanciotte paffute e l’aria spaurita per far tenerezza agli elfi domestici.” Robert cercò di capire in che modo tutto ciò avesse a che fare con Alex. “Allora, ha ricevuto la delega di fornirci i dolcetti per la sera. Vedi la Evans? Lei è bravissima in Pozioni e Remus è in grado di guardare i suoi appunti, copiarli e passarli a noi.”

“Anche questa è una delega, suppongo,” disse Robert che aveva afferrato il concetto, ma sentiva che gli mancava un pezzo. “Chiaro, ma non capisco in che modo tutto ciò abbia a che fare con Alex.”

“Chi è che ha un talento per stare attaccato ad Alex?” domandò Sirius con un sorriso sornione. Lo sguardo di Sirius puntava proprio dove Alex stava mostrando la bacchetta a Regulus, il sorriso di Robert si allargò sul volto. “Ora ho capito, ma certo, la delega! Sei un genio, Sirius!”

“Un genio, Black? Turner, ti hanno corretto il succo di zucca o si è capovolto il mondo?” La domanda ironica di James Potter li fece scoppiare a ridere. “Ho appena insegnato a Robert il potere della delega,” spiegò Sirius, le braccia incrociate e un sorriso verso il suo migliore amico.

“Turner, sei passato a Grifondoro o ci raggiungi?” Xenophilius Lovegood irruppe in compagnia di Giles Ollivander, ancora più impaziente. “Allora? Muoviamoci o tutti i vagoni andranno presi.” 

“Sì, recupero mia sorella e arrivo,” mormorò Robert. “Prendete posto anche per me,” implorò ai suoi compagni di dormitorio. Alexandra, però, non sembrava dell’avviso di viaggiare con Robert e di essere controllata a vista. Alzò i suoi occhioni marroni verso il fratello e gli domandò: “Ma non posso viaggiare con Regulus?”

Questa era la prima lezione che Alexandra avrebbe dovuto imparare. La mamma poteva fare ogni genere di raccomandazioni, ma Robert sapeva che per vivere sereni a Hogwarts era necessario un certo livello di complicità tra fratelli. Funzionava così da sempre: Sirius e Regulus, Giles e Amanda, tutti i fratelli avevano il tacito patto di coprirsi a vicenda con i genitori e non interferire finché le cose non diventavano gravi. “Senti, la mamma mi ha chiesto di non perderti di vista. Sali sul treno con me e quando il treno parte potrai raggiungere Regulus, che ne dici?”

Alexandra ci pensò su per un istante e annuì. Lungo il tragitto raccolsero anche il suo amichetto della scuola primaria, Bartemius, che proprio come lei avrebbe iniziato Hogwarts. Robert scuoteva la testa, mai si sarebbe immaginato a fare da babysitter a due ragazzini di undici anni. Salì sul treno e raggiunse i suoi amici. Xeno sollevò lo sguardo dalla rivista che stava leggendo e domandò: “Hai moltiplicato i fratelli?”

Scoppiarono a ridere e Alexandra esclamò seriamente: “No, lui è Barty ed è mio amico!”

“Ecco, ora sedetevi e fate i bravi,” sospirò Robert mentre si lasciava cadere sul sedile. Dentro di sé sperava che sua sorella non finisse a Corvonero, altrimenti non avrebbe più avuto pace con le richieste di sua madre. Alexandra era una brava bambina, in fondo, ma i suoi genitori erano così preoccupati da pretendere che lui divenisse la sua ombra e lui, beh, aveva di meglio da fare. Ad esempio, seguire Giles e Xeno nella Foresta Proibita per incontrare i Centauri e scoprire i loro segreti. Era la missione che si erano dati per questo quarto anno. Da quando Sirius gli aveva raccontato che insieme ai i suoi amici Grifondoro stava esplorando la scuola e cercando di conoscere i segreti del castello, anche Robert aveva avuto voglia di avventura. I Centauri erano creature che potevano portarli a una conoscenza superiore.

 

***

 

Lo scompartimento dei Grifondoro era immerso nel caos. 

Sirius non aveva idea come fosse possibile, ma bastava veramente poco perché sembrava che fosse esplosa una bomba di disordine, come sua madre definiva la sua stanza. In quel momento, vicino al finestrino c’erano Peter e Remus che si scambiavano i fumetti babbani che avevano comprato nel corso dell’estate. 

James era in mutande e aveva rovesciato metà del contenuto del suo baule alla ricerca della divisa. Il povero McLaggen che aveva avuto la sfortuna di sedersi nello scompartimento sbagliato si chiudeva gli occhi. Sirius uscì nel corridoio a far da palo e impedire che qualcuno entrasse mentre James si cambiava.

“C’è un posto dentro?” 

La voce di Lily Evans attirò la sua attenzione. “Oh, sì, Lily, c’è un posto ma dubito che tu voglia entrare,” disse Sirius. 

“Lascia decidere a me.” Sirius provò a fermarla, emise anche un debole: “No!” ma Mocciosus lo ostacolò con il suo solito ghigno arrogante e, subito dopo, si sentì la voce di Lily che esclamava: “Potter, ma che diamine!” seguita da quella di James che lo rimproverava, “Sirius, un compito avevi!”, e una serie di scuse a seguire, “ti prego, Lily, è un idiota!” e la porta dello scompartimento che si chiudeva di scatto. 

Sirius non riuscì a fare a meno di trovare tutto ciò divertente. Scoppiò a ridere nell’osservare le guance rosse di Lily e la sua aria indignata mentre si allontanava dallo scompartimento seguita da Mocciosus. 

“Ti avevo avvisata, Evans! La prossima volta dammi retta!”

Poco dopo, James aprì la porta dello scompartimento esclamando: “Dillo che vuoi sabotare i miei tentativi di farmi apprezzare da Lily.”

“Beh, parte delle ragazze della scuola farebbero i salti mortali per vedere il Cercatore di Grifondoro in mutande,” cercò di sdrammatizzare. “Il lato positivo è che ora sa cosa c’è sotto… l’uniforme.”

“Sei un cretino!” ribatté Remus colpendolo con una copia di The Amazing Spider-man arrotolata. McLaggen si diede alla fuga esclamando: “Ho capito, cerco un posto migliore, voi siete matti!”

“Ci vediamo in dormitorio, McLaggen,” lo salutò Sirius ridacchiando. “E dire che dopo quattro anni dovrebbe essere abituato a noi.”

“Beh, ma in dormitorio può silenziare le tende del baldacchino, qui deve sopportarci a tutto volume,” disse James. “Lo sai che lui preferisce stare con i più grandi.”

“Sì, quelli influenti…” esclamò Peter in una perfetta imitazione di Tiberius McLaggen. 

“Mi domando perché non sia finito in Serpeverde, sembra di sentir parlare Lucius Malfoy, o Desmond Avery…”

“...o Mocciosus,” continuò James. 

“Con la differenza che quelli influenti non vogliono Mocciosus,” ridacchiò Sirius.  “Salvo quando devono fare bella figura con Lumacorno,” aggiunse Remus interrompendo la lettura di Spider-Man. 

Si cambiarono a turno mentre James rimaneva fuori dallo scompartimento a fare da palo e continuava a chiedere a Peter di avvisarlo quando Sirius si sarebbe cambiato, in modo da restituirgli il favore. Peter, per fortuna, non lo tradì e lasciarono James fuori dallo scompartimento finché Remus non uscì ad avvisare che avevano finito.

“Avrebbe potuto fare tutto il viaggio in piedi,” sospirò Sirius. 

“Sei un idiota, Black, la prossima volta che vuoi andare in giro per la scuola, dovrai implorarmi! Voglio Peter e Remus come testimoni.” 

“A proposito di andare in giro per la scuola, Peter, penserai tu ai dolcetti per la festa di inizio anno in sala comune?”

Peter sospirò. “Vorrai dire in dormitorio… Finché uno di voi tre non si mette sotto per diventare Prefetto, dubito che avremo il potere di organizzare una festa in sala comune.” Sirius sollevò le sopracciglia mentre immaginava che essere Prefetto di Grifondoro era l’ultima cosa che voleva, quasi poteva sentire sua madre raccontare alle amiche che un Black si distingue sempre e che persino la casa di Grifondoro si è accorta di quanto siano superiori. Avrebbe continuato il suo discorso dicendo che un Purosangue si sarebbe sempre distinto dai Mezzosangue e dai Nati Babbani, o come li chiamava lei e le sue amiche i Sanguemarcio. Sapeva quali sarebbero state le implicazioni e le pressioni su Regulus per diventare altrettanto nella casa di Serpeverde. Così, scrollò le spalle e sospirò: “No, grazie, io passo. Non ho nessuna intenzione di essere il custode dell’ordine e la spia di Gazza. Ho una reputazione da difendere, io!”

“Io di certo non ho i voti per ambire alla spilla di Prefetto,” mise in chiaro Peter mentre scendeva dalla carrozza.

“Io sono fin troppo occupato con il Quidditch, anche se mi domando se Lily mi troverebbe affascinante con la spilla di Prefetto… Vorrebbe dire che sono affidabile e non sono un’idiota, come dice lei.”

“E questo è il motivo per cui tu non avrai la spilla,” concluse Sirius. “Sarebbe bellissimo averti Prefetto, potremmo andare in giro di notte, accompagnarti durante le ronde sotto il mantello che ti ha dato tuo padre!” Sirius già immaginava tutte le avventure che avrebbero potuto vivere. 

“Sai che la Evans potrebbe essere una candidata perfetta come Prefetto? Farebbero le ronde insieme!” esclamò Remus con un sorriso obliquo. Sirius boccheggiò davanti a quella prospettiva, inorridì al solo pensiero di Lily prefetto. Mormorò: Sarebbe…”

“Magnifico!” s’intromise James anticipandolo. 

“Un incubo! La Evans sarebbe inflessibile,” lo corresse Sirius. 

“Ma io potrei distrarla…”

“I tuoi tentativi di distrarre Lily finiscono sempre con tutti noi in punizione,” sospirò Peter. 

“Io non credo di poter ambire alla spilla,” mormorò Remus, “insomma, nella mia condizione, sarebbe pericoloso…” Sirius notò il modo in cui il tono di voce di Remus si incrinò leggermente nel momento in cui fece cenno a quello che avevano ribattezzato il suo piccolo problema peloso. Eppure, le ronde da Prefetto sarebbero state la scusa perfetta per giustificare le sue assenze e il pallore nei giorni successivi alla luna piena. Silente lo avrebbe considerato e, forse, mentre Remus distraeva la Evans, lui, James e Peter avrebbero potuto continuare ad esplorare la scuola. La mappa era quasi terminata, mancavano solo pochi passaggi segreti e alcune torri isolate da visitare. 

L’arrivo nella Sala Grande strappò un sorriso a tutti loro. “È come tornare a casa, no?” esclamò James rivolgendogli uno sguardo di intesa. “Molto meglio di casa,” esclamò Sirius, “almeno qua non sono costretto ad ascoltare le farneticazioni della mia famiglia.” Spostò lo sguardo verso il tavolo dei Corvonero dove Robert stava prendendo posto con Giles e Xeno, passò a salutarlo e dirgli: “Ricorda, Rob, la delega!”

“Speriamo solo che non sia Corvonero!”

“Speriamo sia Serpeverde!” lo corresse Sirius, “Così, le due piattole saranno sistemate e neutralizzate, i nostri genitori sereni, ma soprattutto, noi liberi!”

“Dai, non può essere così male,” esclamò Giles Ollivander, figlio maggiore del famoso fabbricante di bacchette magiche, Garrick Ollivander. “Mia sorella Amanda è in Tassorosso e fa la sua vita.”

“Esatto, Giles, questo è il punto, ma sua madre, che è folle tanto quanto la mia, vorrebbe che Robert facesse da babysitter ad Alex per tutto il tempo! Speriamo che siano in Case diverse!”

“Eh, sì, non abbiamo il tempo di badare a una primina!” esclamò Xeno. “Abbiamo un fitto programma di studio e di ricerche.” Lovegood era un tipo strano con la testa sempre assorta in qualche strana ricerca. Era compagno di dormitorio di Robert e con il tempo lui e Giles erano diventati come James e Remus per Sirius. “Cosa dovete ricercare?” 

“È top secret, non possiamo rivelarlo,” esclamò Xeno coprendosi la bocca per non farsi sentire troppo. Dal fondo della Sala Grande, la professoressa McGranitt invitò gli studenti a prendere posto: le barche dei primini avevano appena attraccato al molo e presto sarebbero giunti per lo Smistamento.

 

***

 

Regulus aveva preso posto al tavolo di Serpeverde, pronto a seguire lo Smistamento della sua migliore amica che, finalmente, avrebbe iniziato Hogwarts. Nel corso dell’estate avevano provato a ricreare l’amuleto della buona sorte che Alexandra aveva regalato a Regulus l’anno in cui era stato Smistato in Serpeverde. Sollevò lo sguardo verso gli stendardi della sua Casa e formulò una preghiera al fondatore: “Lo so che è degna di essere una tua discepola, Salazar, spero che tu l’accolga nella nostra Casa.”

Al suo fianco, Mulciber iniziava a parlare di Quidditch, di allenamenti e di tattiche per battere James Potter e vincere la Coppa del Quidditch. Il capitano della squadra, Gustav Travers, del settimo anno, lo fermò sul nascere: “Le tue tecniche non funzionano mai, Mulciber, goditi il banchetto di inizio anno. Ho chiesto a Lumacorno il permesso per organizzare una festa in sala comune.”

“E i prefetti sono d’accordo?” domandò Severus Piton pallido e magro come nonno Arcturus prima di morire. “Ovvio,” rispose Travers con una scrollata di spalle. “Se va bene al Direttore, nessuno mette becco!”

“Eccola!” esclamò Regulus non appena vide Alexandra. Camminava in mezzo agli altri primini, guardandosi attorno con aria spaurita e l’uniforme nera che ancora non aveva i colori della sua Casa di appartenenza. Al suo fianco, con l’espressione altrettanto spaurita, Bartemius Crouch jr., il figlio del famoso cacciatore di maghi oscuri.

“Di sicuro il figlio di Crouch finisce in Grifondoro,” commentò Avery. 

“Aspetta a dirlo, Crouch era un Serpeverde,” precisò Mulciber, “Me l’ha raccontato mio padre.”

“Inutile fare pronostici, fra poco lo scopriremo,” commentò Piton che, tuttavia, non riusciva a distogliere lo sguardo dal tavolo dei Grifondoro. 

Regulus gli domandò: “È difficile avere una migliore amica in un’altra Casa?”

Severus scrollò le spalle: “Non saprei, ma avrei preferito che Lily finisse in Serpeverde con noi.”

“Beh ma Evans non è un cognome degno di Salazar,” obiettò Mulciber.

“Nemmeno Piton, se è per questo, eppure io sono qui. Lily è in gamba tanto quanto me, la sua magia è forte e avremmo un sacco di punti se fosse nella nostra Casa.”

“Ti prego, tu sei il figlio di Eileen Prince. Per quanto ti sembri assurdo, c’è un abisso tra te e lei, non dovresti nemmeno paragonarti.”

“Fate silenzio!” Regulus mise fine a quel battibeccare. La professoressa McGranitt aveva appena chiamato il nome di Crouch, Bartemius junior. Il Cappello Parlante esclamò deciso: “Serpeverde!”

“Lo sapevo! Avery, devi stare zitto! Porti sfiga! Adesso abbiamo il figlio dell’Auror tra le palle, ti rendi conto?” Travers sbottò, seguito da Rookwood. Mulciber annuì dicendo: “Hanno ragione, te l’avevo detto che il padre era Serpeverde… Tu e i tuoi pronostici. La professoressa Gaiamens non ti ha detto a sufficienza che Divinazione non fa per te?”

Desmond alzò i suoi occhi azzurri al cielo e rivolse uno sguardo di odio a Barty che sedeva spaurito all’inizio del tavolo. Venne raggiunto da Lucien Dolohov, Elizabeth Nott, Ezra Travers.

“Turner, Alexandra!” 

Regulus spostò lo sguardo verso la sua amica. La vide ferma e terrorizzata. Una bambina, alle sue spalle, le toccò la spalla e la invitò ad andare avanti. Regulus osservò Alex sedersi sullo sgabello, mentre tormentava con le mani la treccia che le scendeva di lato. Regulus incrociò le dita e, quando il Cappello Parlante esclamò: “Serpeverde!”, si lasciò andare a un sorriso e andò ad accogliere la sua amica nella Casa migliore di Hogwarts. Non gli sfuggì il sorriso che Robert e Sirius, dai rispettivi tavoli, si scambiarono. Era certo che dietro ci fosse una delle teorie strampalate di Sirius per dimostrare che lui e Alex erano delle piattole, come li aveva sempre definiti. 

Lasciò il posto accanto a Mulciber, ignorò i compagni del terzo anno e andò a prendere posto proprio accanto alla sua amica. “Sono felice che tu sia in Serpeverde! Ti piacerà tantissimo, anche perché è la Casa migliore di Hogwarts! Stasera ci sarà una festa segreta!”

“Posso venire anch’io?” domandò Barty. 

“Ma certo! Tutti i Serpeverde sono invitati! È nella nostra sala comune!” 

Il preside interruppe il brusio e riportò l’attenzione degli studenti verso il tavolo dei docenti. “Molto bene,” esclamò non appena il silenzio scese nella Sala Grande. “Benvenuti ai nuovi arrivati e bentornati agli studenti più grandi. Ci sono alcune indicazioni che vi devo dare prima di procedere con il banchetto. Come ogni anno, vi ricordo che è vietato l’accesso agli studenti nella Foresta Proibita e vi ricordo di stare attenti al Salice Schiaffeggiante. Lo scorso anno Madama Chips ha dovuto medicare più studenti incauti di quanti ne avessimo immaginati. Inoltre, il signor Gazza vi ricorda che vi è un elenco di scherzi proibiti esposto in bacheca e che chi verrà sorpreso a imbrattare i corridoi con le creazioni di Zonko, o di altri fabbricanti, si vedrà decurtato i punti e confiscato tutto il bottino. E ora, diamoci dentro con il banchetto!”

I piatti argentei del tavolo si riempirono con ogni genere di pietanze. Alexandra servì perfettamente del succo di zucca nel calice di Barty e si domandò: “Chi mai vorrebbe avvicinarsi a un Salice Schiaffeggiante?”

“Beh, lo scorso anno, Avery aveva messo in palio ben dieci Galeoni per colui che sarebbe riuscito ad arrivare al salice, raccogliere un ramo e tornare indietro illeso. Inutile dire che nessuno ha vinto la sfida.”

“Nemmeno usando una scopa?” domandò Barty.

Regulus scosse la testa. “No, il Battitore di Tassorosso ci ha provato, ma è finito in infermeria con una brutta frattura. Il capitano della squadra era su tutte le furie e la partita dopo abbiamo vinto perché il sostituto era una schiappa.” Abbassò la voce e aggiunse: “Vorrei poter dire che era solo un caso che il turno del battitore di Tassorosso fosse stato fissato il giorno prima della partita Serpeverde-Tassorosso.”

“Perfido!” esclamò Barty con un sorriso obliquo. Regulus ridacchiò: “Il Quidditch è un gioco spietato e per noi di Serpeverde il fine giustifica i mezzi.”

Dopo che finirono di mangiare il dessert, Robert si avvicinò al tavolo per salutare la sorella. “Sei contenta di essere finita in Serpeverde?” 

“Sì, come papà e come Regulus! Volevo proprio andare in Serpeverde, ero così preoccupata di finire in un’altra Casa.”

Gli occhi azzurri di Robert scintillarono e un sorriso perfido gli affiorò sul volto: “Te l’ho detto che sei una piattola proprio come Regulus.”

“Ehi!” Regulus protestò. Lui non era un moccioso e nemmeno una piattola, come continuavano a definirlo. Anzi, era uno degli studenti più brillanti del suo anno e adesso che iniziava il terzo anno, poteva persino andare a Hogsmeade. 

“D’accordo Reg, ti affido Alex, mi raccomando!” Voltò le spalle e tornò dai suoi amici Corvonero, lasciando Alexandra imbronciata. “Ma che antipatico,” esclamò Barty. 

“Tu non lo hai conosciuto perché era già a Hogwarts quando abbiamo iniziato a studiare insieme,” gli spiegò Alexandra. “È decisamente inappropriato. Lo dirò alla mamma.”

“Lascia perdere, Alex, non mettere in mezzo le mamme, altrimenti continueranno a trattarti da piccola e penseranno che tu debba essere controllata,” le spiegò Regulus. “Lascia perdere Robert, tanto lo sai che è come Sirius, ogni scusa è buona per piantarci in asso. Non preoccuparti, ci sono io.”

“Ed io!” esclamò Barty.

“Grazie, amici.” 

Regulus osservò il sorriso riaffiorare sulle labbra della sua amica e si sentì contagiato. “Venite, abbiamo una festa!” 

Alexandra e Barty vennero chiamati dal Prefetto Flint e Regulus ritornò dai suoi compagni di corso. Bulstrode e Carrow stavano discutendo di una partita a Gobbiglie rimasta in sospeso dall’ultimo anno, mentre Selwyn annunciava trionfante di aver portato il gioco dello Sparaschiocco. 

Davanti a sé, Eloise Rosier e Margareth McNair ridacchiavano con le loro vocine acute. Eloise sospirava e squittiva ogni volta che Jago Mulciber si voltava a parlare con Desmond Avery. Regulus si avvicinò: “Se vuoi te lo presento…”

“No, Black! Non osare! Io non voglio mettermi in imbarazzo!”

“Ma siamo compagni di Casa, lui ti conosce.”

“Non è vero!” Eloise era diventata rossa come un peperone e Regulus ridacchiò. “Per caso hai una cotta per Mulciber? Guarda che è un idiota!”

Eloise distolse lo sguardo, oltraggiata, e disse sottovoce: “Sei tu l’idiota!”

Fu proprio mentre stavano per entrare nella sala comune che si sentirono dei colpi.

TUM! TUM! 

“Lo hai sentito?” Eloise era spaventata. Regulus annuì. 

TUM!

“Un altro colpo!” 

“Presto, entriamo in sala comune!” Il Caposcuola Rowle con la sua mole imponente guidava gli studenti verso l’ingresso, esclamò: “Oxyuranus,” per far aprire il passaggio nascosto dalla parete di pietra. Sotto le volte rassicuranti della sala comune, Regulus cercò con lo sguardo Alexandra in mezzo ai primini che si agitavano intorno al Prefetto Flint. 

“Hai sentito, Reg? È la Piovra Gigante?” 

“No, veniva dall’interno della scuola, non dal Lago Nero. Non abbiamo mai sentito un simile rumore.”

“Sarà uno scherzo di Pix,” sospirò Desmond Avery, “niente da temere.”

“Salazar, vuoi stare zitto, Avery?” urlò Travers. “Come minimo adesso sospendono il Quidditch.” 

Fu difficile mantenersi seri, la paura scivolò via man mano che il silenzio tornava nella sala comune e nel corridoio dei sotterranei. Lentamente, tornarono a riprendere i preparativi per la festa di inizio anno.

 

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Capitolo 2
*** Esplorazioni notturne ***


 

Capitolo 2 - Esplorazioni notturne

 
 

Sala comune di Corvonero, 5 settembre 1974

 

Xeno puntava la bacchetta sulla mappa che avevano disegnato in quei primi giorni di scuola e che raffigurava i dintorni di Hogwarts. Avere un’idea precisa della scuola, disegnare una mappa della scuola che fosse del tutto attendibile era semplicemente impossibile. 

Robert scrutava la mappa che avevano abbozzato: erano partiti da quanto veniva fornito agli studenti del primo anno per trovare le aule perché nel percorso verso le serre e il luogo di Cura delle Creature Magiche si intravedeva l’inizio della Foresta Proibita. A partire da quel punto, erano stati in grado di ricavare la posizione di Hogsmeade, del Lago Nero e di tutti i punti conosciuti che delimitavano la Foresta. Avevano aggiunto un rotolo di pergamena su cui avevano appuntato ciò che sapevano della Foresta Proibita. In quell’istante, Xeno aveva appena segnato con la sua piuma d’aquila il territorio dei Centauri. 

“Sappiamo che i Centauri si trovano in questa zona della Foresta Proibita.” 

“Come fai ad esserne così sicuro?”

Xeno si guardò intorno per accertarsi che nessuno stesse origliando la loro conversazione. La sala comune di Corvonero era immersa nel silenzio. Solo vicino alla finestra c’erano Aurora Sinistra e Sibilla Cooman che stavano osservando le stelle con il telescopio, entrambe intente a parlottare sottovoce e appuntare le posizioni delle stelle su un taccuino. Erano troppo assorte per badare a loro che erano seduti sul tappeto vicino al caminetto. Il resto degli studenti era già a letto.  Non appena Xeno si rese conto che erano rimasti da soli, si lasciò andare a un sorriso rilassato e portò i lunghi capelli biondi dietro la schiena fissandone una ciocca dietro l’orecchio. “Hai presente che Hagrid è sempre nei paraggi durante le lezioni di Cura delle Creature Magiche?”

“Sì, aiuta il professor Kettleburn quando… beh… non può usare uno dei suoi arti magici.”

“Esatto. Mentre Kettleburn interrogava Black e Potter sui Maridi, ne ho approfittato per scambiare due parole con Hagrid. Pare che conosca molto bene il territorio della Foresta Proibita e non è particolarmente difficile estorcergli delle informazioni.”

Di fronte a loro, Giles stava continuando a sfogliare il libro di Incatesimi e Robert non poté fare a meno di domandarsi se stesse ascoltando le notizie di Xeno.

“Possiamo fidarci di Hagrid?”

“Non lo so, ma direi che è un indizio da cui possiamo partire. Guarda, se noi andiamo verso la sua capanna e poi prendiamo il sentiero, possiamo addentrarci per qualche minuto e poi andare verso il Salice Schiaffeggiante, lì dovremmo incontrarli. Non è un territorio presidiato ed è anche lontano dalle serre, quindi la professoressa Sprout non ci vedrà.”

Robert annuì. Dopo tutto, aveva una sua logica ed era un indizio di cui potevano tenere conto. Hagrid non aveva nessuna ragione per mentire, ammesso che fosse capace di mentire, sembrava una persona onesta, anche se girava voce che da ragazzo fosse stato espulso da Hogwarts. Sua madre gli aveva sempre detto di non fidarsi di nessuno che non fosse autorizzato dal Ministero a compiere magie. Certo, Silente lo aveva accolto a scuola e gli aveva offerto un lavoro e Robert, più che di sua madre, si fidava del suo preside. “Abbiamo un’ultima questione da affrontare prima di partire per la spedizione,” disse infine. Gli occhi azzurri di Xeno gli restituirono uno sguardo di impazienza e Robert sapeva quanto il suo amico stesse fremendo all’idea di cominciare le loro missioni segrete. “Come arriviamo al confine con la Foresta Proibita senza farci scoprire e finire in punizione?”

Giles alzò lo sguardo dal libro di Incantesimi e puntò il dito su una pagina: “Incantesimo di Disillusione, ovviamente.”

“Allora ci stavi ascoltando!” esclamò Xeno.

Giles si sistemò gli occhiali sul naso e gli restituì un sorriso sarcastico: “Sono in grado di fare due cose contemporaneamente, Lovegood. Stavo proprio cercando un incantesimo per poter arrivare alla Foresta Proibita e la domanda di Turner è arrivata con un tempismo perfetto.”

“Sempre telepatici, noi due, Ollivander.”

“Allora partiamo domani?”

“Direi di sì, ci sarà la luna nuova e il cielo sarà buio. Sarà più semplice nascondersi con l’incantesimo e non dare fastidio ai quadri e magari non essere visti da Gazza e dai Prefetti.”


 

Biblioteca di Hogwarts, 6 settembre 1974

 

Sirius si lasciò andare a un sospiro di sconfitta. Nella borsa c’erano i rotoli di pergamena dei temi che si era sbrigato a svolgere. Prima che la biblioteca chiudesse aveva bisogno di trovare un libro, così si aggirava con la stessa aria mesta della Dama Grigia nella sezione di Incantesimi.

“Dovrò pensare che vuoi diventare Prefetto,” gli disse Remus che l’aveva sorpreso mentre cercava di arrampicarsi su uno scaffale in alto.

“Non essere ridicolo, sto cercando di venire a capo di un incantesimo per la mappa.” Gli occhi di Remus si illuminarono di curiosità e Sirius comprese di avere l’attenzione del suo amico. Nella corsia seguente, aveva riconosciuto la chioma unta di Mocciosus, sicuramente intento ad origliare. 

Fece cenno a Remus di uscire dalla biblioteca. Recuperò il mantello e annodò la sciarpa intorno al collo per poi avvicinarsi a Madama Pince, l’arcigna bibliotecaria, e dirle sottovoce: “Lo so che è poco carino, ma due corsie più avanti, c’è uno studente che con le sue mani unte sta pasticciando dei libri di Aritmanzia. Può fare qualcosa?”

Madama Pince gli rivolse uno sguardo diffidente: “Black, non sarà uno dei tuoi scherzi?”

“Assolutamente no, le sembra che Severus Piton sia pulito? Con quei capelli unti e l’olezzo di calderone? Non vorrei dire sciocchezze, ma mi è sembrato che abbia tritato per tutta la mattina radici di luparia e sa benissimo che le macchie di luparia sono indelebili. Io lo dico per lei, noi stiamo andando via.” Sfoderò il suo sorriso più convincente ma Madama Pince continuava a scrutarlo con diffidenza.

“Arrivederci, Madama Pince,” aggiunse Remus trascinandosi via Sirius. Erano sulla porta quando sentirono la voce della bibliotecaria esclamare: “Signor Piton, tolga le sue manacce sporche dai libri della scuola!” Soffocarono una risata allontanandosi velocemente dall’ingresso della biblioteca, ma non così lontani da non potersi gustare la scena di Mocciosus sbattuto fuori con la sciarpa che gli penzolava storta e le pergamene che gli svolazzavano dalla borsa.

“Così impara a mettere il suo lungo naso in affari che non lo riguardano,” commentò Sirius per giustificarsi dallo sguardo di rimprovero di Remus. “Un giorno ti accorgerai, Lupin, che le mie azioni contro Mocciosus hanno tutte una finalità educativa.”

“La stessa che usa tua madre?” domandò Remus con un ghigno.

Sirius sbuffò. Detestava quando qualcuno tirava in ballo i suoi genitori. “Ad ogni modo, ti ho fatto venire fuori perché stavo pensando che la mappa che stiamo disegnando è totalmente inutile.” Le sopracciglia di Remus schizzarono in alto per la sorpresa. “Sì, insomma, noi sappiamo dove sono le cose che vogliamo vedere, che senso ha una mappa della scuola? C’è già quella che i professori danno agli studenti.”

“Ma su quella mappa non ci sono i passaggi segreti. Insomma, quello dietro la strega orba è stato una bella scoperta. Specie per Peter e le sue scorte di dolcetti!”

“D’accordo, ma pensa quanto sarebbe comodo se ci dicesse che nel corridoio accanto c’è Mocciosus che ci spia o che Gazza sta venendo nella nostra direzione! Potremmo usarla anche senza il mantello di James!”

“Quindi serve un incantesimo…”

“Esattamente!”

“Non potete credere cosa ho appena visto!” James li aveva raggiunti con la sua uniforme di Quidditch sporca di fango. 

“Se ti vede Gazza, ti mette in punizione,” gli disse Remus. 

“Non credo proprio, è troppo impegnato con Mocciosus! Lo ha beccato a imprecare contro Madama Pince mentre Lily cercava di calmarlo!”

Sirius scoppiò a ridere. “Questo va oltre ogni previsione. Sono un genio!” Gli occhi nocciola di James si allargarono tra lo stupore e lo scetticismo e Remus spiegò: “Ha spifferato a Madama Pince che Piton aveva le dita sporche di luparia e stava impiastricciando i libri di Aritmanzia.”

“Uh… tutti quei numeri scritti piccoli… saranno illeggibili…" ridacchiò James sarcasticamente. “Cosa stavate combinando?” 

Sirius spiegò, ancora una volta, il suo dubbio sulla mappa e si sentì sollevato nel notare che James concordasse con lui. 

“Ci penserò sotto la doccia,” concluse facendo cenno di tornare verso la sala comune di Grifondoro.

Fu difficile scoprire se James fosse venuto a capo di qualcosa, perché in sala comune c’erano troppe orecchie indiscrete. Altrettanto difficile lo fu durante la cena e Sirius fu costretto ad attendere il momento in cui gli altri studenti iniziarono a ritirarsi nei dormitori e la sala comune si svuotò del tutto. Rimasero solo loro quattro, davanti al camino, durante il primo venerdì sera del loro quarto anno scolastico. 

“Ora che siamo soli,” annunciò James, “posso dirvi cosa ho pensato sotto la doccia.”

Sirius si sistemò meglio sul cuscino su cui era seduto e si tese in avanti verso James. Remus, proprio come Sirius, era tutto orecchi, mentre Peter, che aveva passato il pomeriggio in punizione con Avery, non era stato ancora messo al corrente del loro piano.

James si passò una mano tra i capelli e disse: “Pensavo all’incantesimo Homunculus, quello incorporato negli Spioscopi, dovremmo essere in grado di far comparire sulla mappa i nomi delle persone e la loro posizione in tempo reale.”

Sirius estrasse la mappa e la posizionò sul tappeto in mezzo a loro quattro. James sistemò gli occhiali e puntò la bacchetta nel centro della pergamena esclamando: “Homunculus!” 

Dalla bacchetta di James fuoriuscì una luce di un giallo così caldo da virare verso l’arancione, il fascio di luce sembrava avere una consistenza quasi solida, si diramò su tutta la pergamena come se fosse caduto un calice di succo di zucca. L’intera mappa ne venne ricoperta e poi sembrò sprofondare dentro la pergamena, come se fosse stato assorbito dalla mappa che tornò allo stato precedente. Forse erano gli incantesimi antimacchia con cui avevano protetto la loro opera.

Peter sospirò deluso: “Non è successo niente…” 

Trascorsero alcuni secondi in cui loro quattro rimasero ad osservare la mappa in silenzio assaporando il fallimento di quell’esperimento. Poi, lentamente, qualcosa iniziò a cambiare: nella torre di Grifondoro comparvero, uno dopo l’altro, i loro nomi. 

“James Potter, Sirius Black, Remus J. Lupin, Peter Minus,” lesse Sirius.

“Guarda, c’è Tiberius McLaggen in dormitorio,” esclamò Peter.

Remus si grattò la testa e domandò: “Cosa ci fanno Desmond Avery, Jago Mulciber e Severus Piton davanti le cucine?” 

Sirius ridacchiò: “Non lo so, ma presto Gazza lo scoprirà, guarda!” Notò altri nomi e puntò il dito. “Xenophilius Lovegood, Robert Turner e Giles Ollivander. A quanto pare la scuola è molto popolata di notte.”

“Stanno andando incontro al prefetto Flint,” disse James. Osservarono i nomi dei loro amici muoversi sulla mappa e continuare a scendere lungo le scale. Il nome di Flint si avvicinava sempre di più a quello dei Corvonero. Accade qualcosa di imprevisto: il Prefetto Flint superò i Corvonero senza nemmeno fermarsi.

“Che strano,” mormorò Remus, “è come se non li avesse visti affatto.”

“Non che Flint sia particolarmente sveglio, ma tre studenti di Corvonero che vanno in giro di notte dovrebbero essere visibili,” disse Peter. “Credete che anche loro abbiano…”

“Non credo,” disse Sirius, “Robert me l’avrebbe detto!”

James fece comparire il suo mantello e rivolse loro uno sguardo complice: “Beh, andiamo a scoprirlo!”


 

Sala comune di Serpeverde, 6 settembre 1974

 

Regulus era intento a giocare a Scacchi Magici contro Alexandra mentre Barty cercava di suggerirle le mosse per aiutarla a vincere. “Devi muovere l’alfiere, non il pedone, altrimenti lasci campo libero per mangiarti il cavallo!”

Alexandra lanciò uno sguardo infastidito a Barty e domandò: “Mi fai perdere a modo mio? Se muovo l’alfiere, poi Reg mi mangia la regina!” 

“Barty, se vuoi, dopo batto anche te,” concesse Regulus scoccando un’occhiata divertita al suo nuovo amico. Da quando Barty aveva scoperto che Regulus era nella squadra di Quidditich di Serpeverde non lo lasciava un attimo, cercava di convincerlo a mettere una buona parola con il capitano affinché lo facessero entrare in squadra. La regola per cui uno studente del primo anno non potesse giocare a Quidditch, secondo Crouch, era un dettaglio irrilevante.

La porta della sala comune si spalancò attirando gli sguardi dei pochi Serpeverde che si erano attardati: Desmond Avery, Jago Mulciber e Severus Piton furono spinti dentro malamente da Gazza, mentre la gatta Mrs. Purr soffiava inviperita.

“Qualcuno è già finito in punizione?” domandò Regulus con un sorrisetto divertito sulle labbra. Desmond si lasciò scivolare sul divano dietro la sedia di Alexandra. “Quello stupido Magonò, vergogna del mondo magico, deve imparare una lezione!”

“Io non voglio la terza punizione in un giorno,” sospirò Severus. “Questa è l’ultima volta che vi seguo. Se permettete, vado a dormire.”

“La terza?” domandò Barty incuriosito. “Cosa hai combinato per esserti beccato due punizioni?”

“Oggi pomeriggio Madama Pince mi ha accusato di imbrattare i libri di Aritmanzia…” 

Regulus aggrottò le sopracciglia perplesso, mentre Severus si mise sulla difensiva. “Non lo faccio, Black, ti sembro uno che imbratta i libri? Mi ha detto che avevo le mani sporche di luparia, ma era rimasta solo un po’ di polvere sotto le unghie, mi ero lavato le mani dopo Pozioni! Ma ragionare con quella zotica è semplicemente impossibile! Adesso ci si è messo anche Gazza!”

Alexandra domandò: “Cosa stavate cercando di fare?”

“Avery ha visto un Grifondoro davanti un quadro con le pere, ha fatto qualcosa e si sono aperte le cucine! Solo che non abbiamo capito cosa ha fatto. Eravamo intenti a studiare il quadro quando ci ha visto Gazza.” Severus sbuffò e si alzò in direzione del dormitorio, Avery lo seguì a ruota, mentre Mulciber si stava versando una tazza di tè. “Andate, vi raggiungo più tardi.”

TUM! 

TUM TUM!

I rumori tornarono, come le notti precedenti. 

Regulus osservò Barty che aveva portato l’orecchio verso la parete. “Vengono dall’interno,” mormorò sottovoce. Alexandra seguì l’amico e Regulus e Jago li imitarono. “C’è qualcosa che si muove,” mormorò Mulciber. “Sta lasciando la sala comune.” Regulus aprì la porta e diede uno sguardo nel corridoio. 

“Via libera,” disse sottovoce. Si divisero lungo le due pareti del corridoio: da un lato Barty e Jago, dall’altro Alexandra e Regulus. Avevano compiuto qualche passo nel corridoio quando Regulus si rese conto che non doveva essere saggio portarsi dietro due studenti del primo anno. Osservò prima Barty, poi Alexandra e disse loro: “Forse dovreste rimanere in sala comune.”

“Dimenticatelo,” gli rispose la sua amica, “voglio sapere cosa sono questi rumori.”

“Potrebbe essere pericoloso.”

“Allora faremo bene ad essere in gruppo.”

Barty diede un colpetto contro la parete del corridoio, subito seguito da un altro TUM! 

“Mi ha risposto!”

“Abbassa la voce, Crouch, o finiremo da Lumacorno,” disse Mulciber, “non voglio rivedere Gazza.” 

Lentamente, iniziarono a muoversi in modo silenzioso lungo le pareti, strisciarono nell’oscurità come il serpente simbolo della loro casa. Barty si era tirato il cappuccio del mantello sul capo, a coprire i capelli biondi per non essere riconosciuto dai ritratti. Regulus pensò che fosse una buona idea imitarlo. Se Gazza li avesse visti da lontano, non sarebbe stato in grado di riconoscerli con i cappucci sul volto.

“AAAAAHHH!”

L’urlo spaventato di Alexandra fece vacillare la sicurezza di farla franca. Regulus corse verso la sua amica che indietreggiava fino a sbattere contro di lui che l’afferrò per le spalle per non farla cadere. Oltre Alexandra, il corpo privo di sensi di Jason Preece, un Tassorosso del terzo anno, proprio come Regulus. Il corpo giaceva riverso con l’uniforme imbrattata di sangue.

“Dobbiamo chiamare aiuto,” disse Barty.

“Così finiremo in punizione,” mormorò Jago sconfortato. Regulus rivolse un’occhiataccia a Mulciber. “Se vuoi tornare in dormitorio fallo, ma non possiamo lasciarlo così per terra. Dobbiamo avvisare qualcuno!”

“STUDENTI FUORI I DORMITORI!” 

La voce di Pix si sovrappose a quella di Regulus e divenne sempre più squillante. “Ti prego, Pix,” provò a blandirlo.

“Oh, ma abbiamo JAGO MULCIBER! Gazza sarà felicissimo di appenderlo per i pollici!” Il Poltergeist iniziò a volteggiare in aria dilettandosi in piroette e sberleffi.

“Alex! Cosa ci fai fuori dal dormitorio?”

Regulus alzò gli occhi al cielo. Come se non fosse bastato Preece riverso per terra, adesso ci si metteva anche Robert Turner che era letteralmente spuntato fuori dal nulla. 

“Potrei farti la stessa domanda!” fu la risposta di Alexandra. Prese la mano del fratello e lo condusse verso Preece. “Guarda, Rob, lo abbiamo trovato per terra! Stavamo seguendo i rumori!”

“È qui la festa?” la voce di James Potter, fu seguita da quella di Sirius che esclamò “Reg, cosa fai fuori dal dormitorio a quest’ora?” 

Sirius lanciò un’occhiata a Jago e scoppiò a ridere: “Mulciber, mi meraviglio di te, cosa ci fai in giro con gli studenti più piccoli?”

“Stavamo seguendo la fonte di quei rumori nelle pareti quando ci siamo imbattuti in lui. Dobbiamo portarlo in infermeria.”

Robert Turner e Xenophilius Lovegood esclamarono quasi in sincrono: “Levicorpus” e il corpo privo di sensi di Jason iniziò a fluttuare nell’aria. 

Regulus si scambiò uno sguardo con i suoi compagni di casa, volevano tornare in sala comune, ma Robert li bloccò. “Adesso accompagnamo lui in infermeria, poi ci darete delle spiegazioni.”

“Vediamoci domani mattina dopo colazione,” propose Barty, “almeno non finiamo tutti in punizione.” 

Robert annuì, disse agli altri Corvonero: “Torniamo alla torre.” Nessuno mancò di notare il disappunto sul volto di Lovegood, ma prima che Regulus potesse domandargli dove intendesse andare, si trovò il dito di Robert Turner puntato davanti. “Ascoltami bene, Reg, ti ho affidato Alex, mi aspetto che non andiate in giro di notte! Il castello è un posto pericoloso di notte!”

Regulus colse gli occhi al cielo di Alexandra prima che Robert iniziasse una ramanzina, la prima di una lunga serie, sul fatto che gli avesse affidato sua sorella. Come se non bastasse, Sirius si unì a Robert rincarando la dose, parlando di pericoli immensi che giacevano nella scuola e che non erano adatti a dei ragazzini finché Mulciber non assunse il ruolo di studente maggiore e li ricondusse tutti quanti in sala comune garantendo sulla loro incolumità.

 

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Capitolo 3
*** La profezia di Fiorenzo ***


Capitolo 3 - La profezia di Fiorenzo


Infermeria di Hogwarts, 7 settembre 1974


Il corpo di Jason era steso sul lettino dell’infermeria. Regulus si guardò intorno mentre stringeva la scatola di Lumache Gelatinose che aveva portato in dono. Sul tavolino accanto al letto, gli omaggi dei Tassorosso dimostravano l’affetto per il loro compagno di Casa.

Aveva l’aria serena e il colorito cadaverico, che tanto li aveva spaventati la notte precedente, aveva lasciato il posto a un rosa tenue interrotto dalle lentiggini. I capelli biondi, corti, erano ancora spettinati. Regulus si disse che sua madre glieli avrebbe sistemati con un colpo di bacchetta. Le labbra sottili erano ancora strette, come se la battaglia contro ciò che l’aveva aggredito non l’avesse abbandonato del tutto. 

Regulus sospirò, sistemò il suo regalo e un biglietto di pronta guarigione sul tavolino insieme agli altri omaggi. Sedette sulla sedia ad osservare il corpo del ragazzo. Non erano amici e Regulus nemmeno sapeva perché si trovasse lì, al di fuori del voler dare un taglio alle insistenze di Barty che lo aveva supplicato di andare a fargli visita alla ricerca di indizi. Preece era un suo compagno di scuola. Una volta si erano scambiati due parole durante la lezione di Erbologia, forse a Pozioni durante il primo anno avevano parlato, ma i rapporti si limitavano ad essere ciascuno a conoscenza dell’esistenza dell’altro.

“Black?” la voce impastata di Jason fece sobbalzare Regulus sulla sedia.

“T-ti sei svegliato?” 

“Sono le pozioni che mi dà Madama Chips, sono peggio di un Bolide in testa, ma cosa ci fai qua?”

“Ieri sera ti abbiamo trovato nei sotterranei e volevo sapere come stessi, se avessi un’idea di chi possa averti aggredito.”

“Purtroppo no. Non ho visto né sentito nulla. Ero immerso nel buio dei corridoi, cercavo di non finire in punizione con Gazza, ma ora avrei preferito la punizione.”

Regulus sorrise lievemente: “Lo posso immaginare. Lumacorno ci ha graziato solo perché ti abbiamo salvato.”

“Con chi eri?” 

“Con dei compagni di Casa, stavamo seguendo quei rumori nei muri. Tu li hai sentiti?”

Jason scosse la testa. “No, era buio e silenzioso quando ho perso i sensi.”

“Signor Black! Il signor Preece deve riposare! Se ha lasciato il suo regalo, vada via!”

Jason aggrottò la fronte perplesso e Regulus indicò con lo sguardo la sua confezione di Lumache Gelatinose. “Un omaggio da Serpeverde,” gli disse prima di congedarsi. Uscì dall’infermeria più confuso di quanto non fosse nel momento in cui vi aveva messo piede. 

“Allora?” Barty gli aveva teso una delle sue imboscate. Regulus lo aveva lasciato in sala comune e si era raccomandato di aspettarlo là, ma lui naturalmente aveva fatto di testa propria. Era un ragazzino troppo imprevedibile per i suoi gusti. “Cosa ti ha detto? Ha visto l’aggressore?”

Regulus scosse la testa. “No, e non ha nemmeno sentito i rumori.”

“Come è possibile?” Le sopracciglia di Barty si aggrottarono ancora di più. Regulus si strinse nelle spalle. “Sono ancora più confuso di prima… Forse Jago e Alex hanno trovato qualcosa in biblioteca,” sospirò sconsolato, “andiamo a fare colazione.” 

Naturalmente, la notizia dell’aggressione subita da Jason si era diffusa con una rapidità sorprendente e tra gli studenti non si parlava d’altro.

“Come fanno a saperlo? È accaduto solo ieri sera!” domandava Barty ogni volta che sentiva qualcuno parlare dell’incidente. Mulciber ridacchiò: “Crouch, ti accorgerai che se c’è una cosa che a Hogwarts si diffonde in modo istantaneo, quelle sono le notizie…”

“Hai sentito? Pare che Jason Preece di Tassorosso sia stato aggredito…” disse la Dama Grigia, il fantasma di Corvonero, a sir Nicholas, quello di Grifondoro. Li raggiunse il Frate Grasso con l’aria più tetra che mai e aggiunse rammaricato: “Povero ragazzo, è un così bravo studente! Che Tosca lo assista!”

Barty gonfiò le guance come un gatto indispettito: “Ma che pettegoli!” Al suo fianco, Alexandra scoppiò a ridere e la sua risata finì per contagiare anche Regulus. Barty domandò: “Perché ridete?”

“A me fa ridere Alex.”

“Io stavo pensando che a casa di Regulus persino i quadri sono pettegoli.”

“I quadri! Alex, sei un genio! Possiamo chiedere ai quadri!” Regulus si sentiva nuovamente vivo, con una traccia da seguire. Forse, loro avrebbero captato qualcosa più di Jason. Insomma, i ritratti conoscevano ogni movimento tra quelle pareti.

“Avete trovato qualcosa in biblioteca?” 

“Un completo e totale buco nell’acqua,” commentò Jago mentre addentava una salsiccia. Al suo fianco, Desmond Avery riempiva il piatto di uova e bacon. Severus Piton, invece, giocava con il porridge. 

“Coraggio, Piton, sei ancora giù di morale per la punizione?”

“Vorrei vederti al posto mio! Madama Pince mi ha vietato di entrare in biblioteca per una settimana! Non so come farò a fare i compiti! Quella è una vecchia pazza!”

“Ti basterà copiare i compiti di Avery, no?”

Severus si lasciò sprofondare con il viso sul tavolo e si nascose dietro le braccia. “Adesso sì che sono proprio disperato!”

 

***

 

Erano diverse ore che Sirius era rinchiuso in quell’aula abbandonata, sperduto tra i corridoi del sesto piano, certo che nessuno sarebbe andato a cercarlo, almeno fino al momento in cui James, Remus e Peter non si fossero accorti della sua assenza e della mappa che permetteva loro di ritrovarlo facilmente.

Uscire da quella porta, tuttavia, era fuori discussione. 

Lanciò un’occhiata allo specchio e sospirò deluso. Stava migliorando nella trasformazione in Animagus, ma tornare umano era sempre un procedimento complesso. Aveva bisogno di perfezionare la sua abilità nella Trasfigurazione perché per quel genere di magia non bastavano i bei voti che la professoressa McGranitt gli elargiva né il talento nelle trasfigurazioni basilari che insegnavano a scuola. La trasformazione in Animagus era l’esempio più concreto del passaggio dalla teoria alla pratica e i libri erano pieni di orribili incidenti accaduti a maghi poco esperti. 

Sarebbe stato uno di quei maghi? Avrebbero riso di lui per tutto il resto della sua vita? Cosa avrebbero detto i suoi amici? E Regulus? Gli sembrò quasi di sentire la risatina irritante di Bellatrix alla prima cena di famiglia. 

Voltò le spalle e lo sguardo andò a posarsi sul bordo dei suoi pantaloni da cui spuntava una lunga coda nera, ricordo di una trasformazione non proprio perfetta.

Aveva pensato che trasformarsi in Felpato, come lo aveva ribattezzato James, sarebbe stata un’ottima idea per indagare sull’accaduto e muoversi per la scuola senza incorrere nelle punizioni di Gazza, ma si sbagliava. La trasformazione era stata incompleta e il ritorno alla forma umana si era tramutato in una lenta agonia che gli aveva lasciato in ricordo una coda. “Forse, con la veste da mago, riesco a nasconderla a casa…” si disse osservandosi allo specchio. “Non voglio nemmeno pensare cosa direbbero Regulus e Robert di questa situazione…”

Osservò fuori dalla finestra dell’aula che dava verso il campo da Quidditch. Era una bella domenica di settembre e la squadra di Grifondoro aveva finito gli allenamenti mentre il resto degli studenti si godeva quegli scampoli di estate sui prati. Gli era persino sembrato di vedere Mary e Marlene che chiacchieravano con Peter e Remus. Nessuno sembrava essersi accorto della sua assenza e, se tale circostanza era parte del piano, in quel momento si stava rivelando una seccatura. Non sapeva come chiedere aiuto senza dare nell’occhio.

Ma poi, chiedere aiuto a chi? A James che in quel momento era sotto la doccia? A Peter che di Trasfigurazione ne sapeva molto meno di lui? A Remus che, forse, avrebbe potuto aiutarlo ma che era del tutto ignaro del loro piano di diventare Animagi per fargli compagnia durante le notti di luna piena? Avrebbe rovinato la sorpresa a cui stavano lavorando da anni e Remus avrebbe finito per fare qualsiasi cosa pur di dissuaderli dal perseguimento di quel piano. Avrebbe tirato fuori i cavilli burocratici - tipo che essere Animagi non registrati è un reato! - e soprattutto li avrebbe stressati con la sua ansia e i sensi di colpa. James, poi, se la sarebbe presa con lui, visto che sulla segretezza della loro missione aveva insistito moltissimo.

“Dannazione, ho lasciato lo Specchio Gemello in dormitorio!” esclamò lasciandosi scivolare sul pavimento. Si rialzò. Quella dannata coda era proprio scomoda e dava un sacco di prurito. Come avrebbe fatto a seguire le lezioni? Sarebbe rimasto con quella coda per sempre? La professoressa McGranitt o Madama Chips avrebbero potuto sistemare il suo didietro? Solo il pensiero lo faceva sprofondare dalla vergogna. 

Nascose il viso tra le mani mentre si abbandonava a pensieri disperati. Si accorse che qualcuno era entrato in quell’aula solo quando sentì la voce di James esclamare: “Ecco dove ti eri nascosto! Che ti succede, amico?”

Sirius alzò lo sguardo verso James sorpreso. Non solo la sua trasformazione si era rivelata un fiasco, ma persino i suoi sensi si erano attenuati… “Volevo approfittare della domenica per indagare sull’aggressione a Preece, i Serpeverde non mi ispirano fiducia…”

James alzò le sopracciglia con l’espressione confusa: “E perché sei qui?”

Sirius sospirò: “Prometti di non ridere?” 

Quella domanda non fu una buona idea, perché sul volto di James comparve un gran sorriso e la promessa fu solo quella di un tentativo di non scoppiare a ridere. Se la fece andar bene e mostrò a James la coda che gli era rimasta. James però non scoppiò a ridere, ma si passò una mano tra la folta massa di capelli neri che aveva in testa e osservò la coda interessato.

“Non ti sta male,” disse. “Insomma, è sempre meglio di quando sono tornato umano e mi sono rimaste le corna di Ramoso…” Si accarezzò il mento e domandò tra sé e sé: “Come avevo fatto?” James afferrò la bacchetta e Sirius si allontanò istintivamente. “Non fare nulla di cui non sei convinto,” gli disse. “Non vorrei peggiorare la situazione.”

“Tranquillo, mi sono ricordato.” James puntò la bacchetta contro la coda di Sirius che scondinzolò per l’impazienza dell’attesa e strappò una risatina a James. “Sai che sei carino mezzo cane?”

“James!” 

“D’accordo, d’accordo! Finite Incantatem!” Il fascio di luce bianca colpì Sirius e sentì i pantaloni tornare al loro posto mentre la coda scompariva. Si portò le mani sul fondoschiena e tastò sorpreso. “Scomparsa!”

James gli sorrise: “Sembra un incantesimo semplice, ma è molto complesso. Dovremmo esercitarci e padroneggiarlo tutti e tre molto bene. Un giorno, la nostra vita potrebbe dipendere da Peter.” Sirius alzò le sopracciglia dubbioso su quell’affermazione. In linea teorica James aveva ragione, ed era indubbiamente vero che dovevano migliorare anche con gli incantesimi curativi e i contro incantesimi se volevano riuscire a trasformarsi con una certa tranquillità. Inoltre, avrebbero dovuto essere in grado di guidare Peter che non era versato nelle arti magiche quanto loro due.

“Raggiungiamo gli altri?” domandò James.

“Come mi hai trovato?”

“Beh, la tua soluzione sulla Mappa è stata geniale! Effettivamente è molto utile. Ero appena uscito dalla doccia quando mi sono accorto che era tutto troppo silenzioso. Ho aperto la Mappa per vedere dove foste tutti voi e quando ti ho visto in un’aula da solo ho capito che stavi tramando qualcosa e ti ho raggiunto.” 

Sirius avvertì dentro di sé una stretta al petto che di senso di colpa. Come aveva potuto dubitare di James e pensare che i suoi amici lo avrebbero dimenticato? Si scambiarono un sorriso, nessuno dei due aveva programmi per il resto della domenica. Forse, Sirius avrebbe potuto coinvolgere James e gli altri nelle indagini sull’aggressione di Preece. 

La prima tappa, quindi, sarebbe stata la biblioteca, dove Remus e Peter stavano finendo i compiti. Voltarono verso le scale e non furono pronti a vedere la figura di Aurora Sinistra riversa sul bordo del piano con la mano sospesa nel vuoto, proprio dove stavano per attaccarsi le scale. 

“Presto, James!” urlò Sirius. “Spostiamola prima che le scale le stacchino il braccio!” Corsero vicino il corpo di Aurora, le afferrarono il mantello e la fecero rotolare lontana dal bordo verso l’interno del ripiano. Il cuore gli batteva forte per lo spavento e riusciva a leggere la medesima preoccupazione negli occhi di James. 

Si chinarono intorno alla figura di Aurora, Sirius le prese il viso tra le mani e cercò di risvegliarla domandandosi se si fosse sentita male, avesse avuto un colpo di sonno o se qualcuno l’avesse attaccata. Il solo pensiero era assurdo: Aurora Sinistra era una Corvonero con la testa perennemente tra le nuvole. Certo, qualche burlone di tanto in tanto le faceva degli scherzi, ma nessuno si era mai spinto a far perdere i sensi a un altro studente. Aurora non dava segni di ripresa. Sirius alzò lo sguardo verso James e gli disse: “Credo che dovremo portarla in infermeria.”

“Sai cosa significa dopo aver portato Preece?”

Sirius annuì. “Non possiamo di certo lasciarla qui per terra.”

“Non c’è nessun segno di attacco, ma questo sappiamo che non serve, uno Schiantesimo potrebbe far perdere i sensi a una come Aurora.”

“Chi mai userebbe uno Schiantesimo contro di lei?”

James si strinse nelle spalle e scosse la testa. “Non lo so. Stavo pensando che quando ho preso le scale per raggiungerti, lei non c’era, altrimenti l’avrei vista. Vado a chiamare la professoressa McGranitt.”

Sirius rimase accanto ad Aurora, provando ad osservarle le mani, morbide, con le dita macchiate di inchiostro, tra le dita stringeva un taccuino dalla copertina in cuoio blu e lo stemma di Corvonero inciso in bronzo. Le dita non fecero alcuna resistenza quando Sirius provò a sfilarle il taccuino, segno che nel momento in cui era stata attaccata i muscoli erano rilassati. Non si era accorta di nulla. Tra le pagine trovò solo una marea di appunti di posizioni delle stelle, riconobbe la costellazione del cane maggiore e avvertì una punta di imbarazzo quando vide un piccolo cuore accanto alla stella che portava il suo nome. “Mi dispiace che ti sia capitato questo,” le sussurrò scostandole una ciocca di capelli neri. Osservò il pallore della ragazza, le occhiaie che testimoniavano le notti insonni e si sentì un po’ in colpa. 

“Non dovresti perdere tempo a sognare me. Io… beh, è complicato. Non voglio condannare nessuna ragazza a entrare nella mia famiglia di pazzi. Senza contare che… beh… nessuna offesa, ma io preferisco le bionde.” Aver sbirciato i segreti di Aurora era qualcosa di spregevole e rifiutarla mentre lei era incosciente era da vigliacchi. Una voce nella sua testa, però, gli suggeriva che tecnicamente lui non doveva sapere niente e quindi non aveva nemmeno senso rifiutarla apertamente. Non c’era bisogno di umiliarla.

Il ritorno di James con la professoressa McGranitt e il professor Vitious mise fine a quei pensieri. 

“Un altro studente privo di sensi nei corridoi!” sospirò la McGranitt. “Com’è possibile che queste cose accadano quando voi siete in giro?” 

“Credo che sia perché noi siamo spesso in giro, professoressa,” disse James. “Stavo raggiungendo Sirius in quell’aula.

“Cosa faceva in un’aula da solo, signor Black?”

“Mi stavo esercitando in Trasfigurazione, professoressa. Volevo perfezionare alcuni  incantesimi per la prossima lezione in attesa che James finisse gli allenamenti di Quidditch.”

“Non ha sentito niente, signor Black?”

Sirius scosse la testa e James aggiunse: “Quando ho raggiunto Sirius, ho preso le scale venendo dalla torre di Grifondoro e Aurora non c’era, deve essere arrivata poco dopo.”

“Forse era nell’aula di Astronomia,” disse Vitious. “Può essere arrivata quando Potter e Black erano nell’aula. Non avete sentito nulla?”

Entrambi scossero la testa in sincrono. “No, l’abbiamo ritrovata sul bordo del piano, con il braccio riverso nel vuoto mentre le scale si muovevano nella sua direzione. Ci siamo affrettati a spostarla prima che le rompessero un braccio.”

“Un gesto molto nobile, signor Black, ma le posso assicurare che le scale sono perfettamente istruite a gestire situazioni del genere.”

“Questo sì che è un sollievo, professoressa,” disse Sirius, “non credevo che le scale si aspettassero di trovare studenti privi di senso.”

“Non sia impertinente. Nei secoli di storia, Hogwarts ha visto ogni genere di cose. Assegno cinque punti a Grifondoro, a ciascuno di voi, per la prontezza di spirito e il soccorso prestato.”

 

***

 

Il morbido terreno erboso aveva lasciato il posto allo scricchiolare delle foglie che iniziavano a cadere dagli alberi. Sotto i loro piedi c’erano radici, un terreno fangoso per la pioggia del mattino e foglie che iniziavano a marcire. L’aria profumava di resina, fango, foglie e animali. Robert si scambiò uno sguardo di intesa con Giles, entrambi avanzavano con le bacchette in mano e lo sguardo pronto a cogliere ogni aspetto della foresta. Stavano provando a tracciare il percorso dei sentieri, in modo da non perdersi quando avrebbero deciso di tornare verso la scuola.

La spedizione era guidata da Xenophilius, il più impaziente di mettere i piedi all’interno della Foresta Proibita, alla ricerca di Creature Magiche e del territorio dei Centauri.

“Guarda, Xeno, un Asticello!” esclamò Robert mentre avvicinava il viso al tronco di un albero. La creatura lo osservò strizzando gli occhi, come se fosse indispettito da quelle presenze estranee. “Fossi in te, mi allontanerei, Rob, gli Asticelli possono diventare molto dispettosi.”

Robert annuì: “Sì, credo che possano arrivare a cavare gli occhi ai maghi che non rispettano il loro territorio.”

“Sapessi quanti incidenti ci sono tra gli apprendisti di fabbricanti di bacchette,” disse Giles, “mio padre conosce un sacco di storie.” Alzò lo sguardo verso l’albero e si illuminò. “Oh, questo sì che è un bel faggio, sono certo che ha un legno perfetto per le bacchette.” Appoggiò la mano sul tronco quasi come se stesse ascoltando il battito del cuore di una persona e chiuse gli occhi. Annuiva mentre era in ascolto, puntò la bacchetta contro un ramo, l’Asticello corse su quel ramo, come per proteggerlo e Giles sorrise. “Non ti porto via le tue uova, ma sappi che hai scelto un bell’esemplare di faggio. Credo che reagirebbe molto bene con il crine di Unicorno.”

Robert era incantato dall’osservazione dei gesti attenti di Giles, il modo in cui stava analizzando quel faggio ricordava la curiosità che lui stesso provava quando suo padre gli insegnava gli incantesimi curativi. In estate, quando andava al San Mungo con i suoi genitori, gli era capitato di accompagnare suo padre nei giri in corsia e ogni volta si era incantato ad osservare il modo in cui era possibile, grazie alla magia, sollevare i maghi e le streghe dal dolore e guarire i loro corpi. La gratitudine che leggeva negli sguardi era qualcosa di impagabile.

Ai piedi del faggio intravide delle foglie di luparia. Robert si chinò a raccoglierne un po’, gli sarebbero tornate utili per le sue scorte di pozioni.

“Avete sentito?” domandò Xeno. La sua coda bionda rifletteva i pochi raggi solari che filtravano attraverso le fronde degli alberi. Robert e Giles scossero il capo e si misero in ascolto. “Ci deve essere un corso d’acqua da quella parte, mi sembra di sentire un fruscio,” disse Giles.

“Sentite…” ci fu una pausa in cui Robert non riuscì a sentire nulla. “Calpestio di zoccoli,” aggiunse Xeno puntando il dito alla sua destra. Robert tese l’orecchio in quella direzione e, sotto il gracchiare di un corvo, sentì il rumore a cui alludeva Xeno.

Si scambiarono uno sguardo, entusiasti, e si mossero nella direzione da cui proveniva il suono degli zoccoli. Camminarono cercando di non far rumore e trattennero il fiato nel momento in cui si trovarono davanti un Centauro dal torso di uomo e il corpo di cavallo. Era una creatura affascinante, con uno sguardo profondo e l’espressione turbata.

“Vi chiediamo scusa se abbiamo invaso il vostro territorio,” esordì Xenophilius cimentandosi in un inchino. “Siamo studenti di Hogwarts e…”

“L’accesso alla Foresta è proibito agli studenti,” ribatté il Centauro.

“Sì, ma volevamo conoscervi e comprendere qualcosa sulla vostra civiltà.”

“Civiltà? I maghi hanno sempre disprezzato i Centauri?”

“E come potrebbe essere? Siete i custodi del futuro e della sapienza…” Quelle parole e, ancor più, la sincerità con cui Xeno le pronunciò, ebbero il potere di convincere il Centauro delle loro buone intenzioni. “Mi chiamo Fiorenzo,” disse loro, “e le stelle mi dicono che la scuola corre un grosso pericolo. C’è una minaccia che agisce nell’ombra e brama sangue, abomini che la storia doveva dimenticare.”

“Hanno aggredito un ragazzo,” confermò Giles, ma Fiorenzo scosse la testa: “Non solo uno, miei nuovi amici, sento odore di sangue nell’aria. State attenti. L’oscurità potrebbe scendere sulla scuola.” In lontananza, sentirono un rumore di zoccoli che battevano sul terreno. Fiorenzo sembrò preoccuparsi, aggiunse: “Andate via, amici, non tutti i Centauri sono ben disposti verso gli umani come me. Andate, ci rivedremo quando le stelle indicheranno che è giunto il momento.”

Robert e Giles dovettero prendere Xeno sottobraccio e riportarlo verso la scuola, visto che non era intenzionato ad abbandonare la compagnia di Fiorenzo. “Andiamo, Xeno…” mormoravano i due amici alternandosi, mentre Xeno continuava a voltarsi in direzione del luogo in cui avevano incontrato il Centauro.

“Mi auguro che abbiate segnato sulla mappa dove è avvenuto l’incontro.”

“Sì,” confermò Giles. “La mappa è aggiornata e il punto in cui abbiamo incontrato Fiorenzo è proprio l’ultimo punto segnato. Naturalmente, non sappiamo dove vivono, ma almeno è un indizio.”

“Credete che condivideranno la loro conoscenza?” domandò Robert. Le parole di Fiorenzo sugli altri Centauri e i rapporti con i maghi erano state piuttosto nette.

“Certo, quando ci avranno conosciuto e avranno capito che non siamo una minaccia, saranno ben felici di condividere con noi la loro conoscenza.”

“Mi sembri molto sicuro di te.”

La loro conversazione venne interrotta da Sirius e gli altri Grifondoro che stavano andando loro incontro. “Robert! Questa volta è successo ad Aurora! L’hanno aggredita!”

“Aurora?”

“Sì, Aurora Sinistra, la tua compagna di Casa.”

Robert si scambiò uno sguardo sorpreso con i suoi amici. “Quando è successo?” 

“Oggi pomeriggio.”

Fiorenzo aveva avuto ragione nella sua profezia. Aveva sentito l’odore di sangue nell’aria. “Come facevate a sapere dove trovarci?” domandò Xenophilius, con la sua paranoia relativa alla missione segreta. Robert notò come Sirius e James si scambiarono uno sguardo prima di rispondere, quasi come se stessero concordando una versione univoca. “Non lo sapevamo,” disse James. “Vi stiamo cercando da un po’...”

“Sì, sappiamo che volete esplorare la Foresta Proibita e abbiamo pensato che oggi era una giornata perfetta,” concluse Sirius. Remus e Peter, alle loro spalle, annuivano con un sorrisetto per nulla convincente. 

“Perché ci cercavate?” domandò Giles, attento all’essenziale.

“Madama Chips sorveglia l’infermeria, dopo due studenti aggrediti non vuole che nessuno vada a ficcare il naso. Magari vi fa andare a trovare la vostra compagna di Casa,” spiegò Remus. 

“Soprattutto tu, Turner,” aggiunse James, “Madama Chips ha un debole per te.”

Robert sorrise divertito. “In realtà credo che abbia un debole per mio padre, ma cercherò di sfruttare la circostanza a nostro favore. Andiamo.”

Fuori dall’infermeria c’era un capannello di studenti che parlottavano tra loro. Nel mezzo, Regulus con Alex, Mulciber e l’ormai onnipresente Crouch. Robert si avvicinò alla sorella che gli disse: “Rob, pare che sia stata aggredita una studentessa.”

“Questo conferma che non devi andare nei corridoi da sola.”

Alexandra scosse la testa. “Non sono sola, sono con i miei compagni di Casa e facciamo attenzione.” Robert sollevò le sopracciglia un po’ scettico e le rivolse uno sguardo complice. “Ricorda, Alex, Madama Chips ha un debole per noi Turner e ora guarda come potrai usare il nostro unico fascino di famiglia…” Si avvicinò verso la porta dell’infermeria e incontrò lo sguardo arcigno di Madama Chips. 

“Signor Turner non è il momento,” esordì l’infermiera. “Non posso fare eccezioni per nessuno.”

“Madama Chips, io pensavo solo che se dessi un occhio ad Aurora, o se lei potesse spiegarmi come sta, io potrei chiedere un consiglio a mio padre… Sa, al San Mungo ne vede tanti di questi casi, è proprio il suo campo, per non parlare di mia madre. Sono sicuro che potremmo essere di grande aiuto.”

“Ne dubito, signor Turner, la signorina Sinistra non ha alcun segno di aggressione, eppure il suo livello di sangue è insolitamente basso.” 

C’è odore di sangue nell’aria, si ritrovò a pensare. 

“Si rimetterà a breve, ha bisogno di riposo, così come il signor Preece.” L’infermiera fece una pausa e aggiunse: “Se mi vuol aiutare, signor Turner, convinca i suoi compagni a sparire da qui.”

Robert annuì. “Sarà fatto.” Si voltò verso gli altri studenti e disse loro: “Coraggio, Aurora ha bisogno di riposo, tornerà presto in sala comune!” Lentamente, gli altri studenti iniziarono ad allontanarsi, mentre Robert raggiungeva Sirius, Regulus, e tutti gli altri che si chiusero in cerchio intorno a lui. Dietro di loro, uno sbuffo infastidito di Madama Chips li convinse a radunarsi nel corridoio dietro l’angolo. Prese un respiro profondo e guardò negli occhi ciascuno dei suoi amici: Xenophilius e Giles, entrambi turbati dalla profezia di Fiorenzo, Sirius e James, curiosi di sapere cosa avesse detto Madama Chips, Regulus e Jago, in attesa. Persino Alexandra e Barty si erano messi in disparte, insieme a Remus e Peter, i primi per non irritarlo, i secondi per dargli modo di parlare senza avere troppe persone addosso. “Madama Chips riferisce che il corpo non ha lesioni e che il suo livello di sangue è piuttosto basso. Si riprenderà.”

“Allora non è stato uno Schiantesimo,” constatò Sirius. “Dovremo aspettare che si risvegli per sapere cosa le è accaduto.”

“Non sarà in grado di rispondervi,” disse Regulus. “Stamattina mi sono intrufolato in infermeria e ho parlato con Jason, mi ha detto che non ha sentito né visto il suo aggressore e che intorno a lui il corridoio era silenzioso. Temeva di essere beccato da Gazza e quindi stava prestando attenzione a ogni rumore.”

“Come hai fatto a infiltrarti in infermeria?” domandò Sirius.

“Come tutti i Battitori, mi capita di frequentare l’infermeria con una certa assiduità e sono uno dei pazienti preferiti di Madama Chips. Jason è del mio anno e non si è insospettita che gli facessi visita.”

“Tuo fratello è in gamba,” disse Jago stringendo la spalla di Regulus che aveva un’espressione piuttosto compiaciuta.

Sirius alzò le sopracciglia e commentò: “Già… peccato per le compagnie…” Robert non mancò di notare il modo in cui lo sguardo di Regulus si rabbuiò, così Robert provò a sdrammatizzare: “Ehi! Mia sorella è la sua migliore amica!”

“Il ché dimostra che è solo una piattola,” commentò Sirius, quasi tornando in sé. Dietro di loro, Alexandra gonfiò le guance con un’espressione indignata, mentre Crouch le metteva una mano sulla spalla e le suggeriva di lasciar perdere e di tornare in sala comune. Alexandra annuì all’amico e chiese a Regulus se volesse andare con loro. Persino Mulciber si congedò e seguì i compagni di Casa. 

Una volta rimasti soli, Robert e James presero da parte Sirius. “Ehi, non è colpa di Regulus.”

“Lo so, ma a lui piace, hai visto come era orgoglioso per l’apprezzamento di Mulciber? Chi può essere felice per l’apprezzamento di Mulciber? Diventerà come vogliono i miei genitori.”

“No, non lo diventerà e tu lo sai. Regulus è sveglio, ma non ha il tuo carattere, è come Alex.”

“Che è la versione mini di mia madre.”

“Alex è una furbetta, a me fa arrabbiare perché rischia di finire nei guai, ma lei vuole solo che non le diano fastidio. Vuole essere libera, è pronta a fare qualsiasi cosa pur di non dover sentire i rimproveri e il controllo delle nostre madri.”

“E tu come l’hai capito?”

“Semplice, non appena le nostre madri voltano la schiena, lei e Regulus tornano a giocare, come se non fosse stato detto nulla.”

“Volete farmi credere che i vostri fratelli hanno uno spirito malandrino?” domandò James. Robert sorrise. “In un certo senso…”

“Potremo coinvolgerli nelle indagini.”

“No, è fuori discussione,” disse Robert. Sirius al suo fianco annuì: “Troppo pericoloso.”

“Ma per loro sarebbe educativo! Insomma, vi lamentate che gli insegnamenti delle vostre famiglie sono sbagliati e loro hanno la possibilità di conoscere altre persone, fuori dalla cricca di Purosangue ammuffiti e tradizionalisti e voi vorreste negarla? Potreste portarli a capirvi e sostenervi. La vita in casa potrebbe diventare migliore.”

“O potrebbero usare le informazioni per ricattarci,” commentò Sirius. Robert annuì al suo fianco: “Ci abbiamo provato quando erano più piccoli, siamo finiti in punizione. Non ci possiamo fidare di loro, ma sicuramente la proposta di James è un tentativo che possiamo fare. Basterà coinvolgerli a distanza, fare i fratelli rompiscatole, vorranno ingerirsi per forza e chissà, magari qualche seme attecchisce.”

Era una situazione difficile da gestire, ma il pensiero che Alexandra tra qualche anno sarebbe finita con uno come Jago Mulciber gli dava il voltastomaco. Lo ricordava benissimo, alle feste dei Black, con la sua veste tradizionale, che ripeteva le stesse baggianate razziste di suo padre. Non era nemmeno il peggiore dei Purosangue, ma Alex meritava di meglio e, soprattutto, meritava di crescere lontana da quel delirio della caccia al partito Purosangue. 

Suo padre gli aveva fatto un discorso, proprio perché era al quarto anno e il quinto sarebbe stato l’anno degli accordi di fidanzamento, gli aveva chiesto di sondare il terreno e di iniziare a pensare se ci fosse qualche ragazza Purosangue che gli interessasse. Aveva fatto il nome di Marlene McKinnon o di una Bones, o se preferiva conoscere qualche figlia dei suoi colleghi. Robert aveva preso tempo, quattordici anni erano troppo pochi per avere pensieri del genere, voleva solo divertirsi, esplorare la scuola, stare con i suoi amici. Non era pronto per pensare a cose lontane come il fidanzamento o il matrimonio. Lo studio, poi, era la sua priorità. Era certo che le cose si sarebbero sistemate a tempo debito.

 

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Capitolo 4
*** Preoccupazioni familiari ***


 

Capitolo 4 - Preoccupazioni familiari

 

Hogwarts, 20 settembre 1974

Erano trascorsi circa dieci giorni dal secondo incidente e da allora, sebbene non fosse stato ferito alcuno studente, il clima non si era affatto alleggerito.

I rumori nelle pareti erano diventati di dominio pubblico e comparivano nei momenti più insperati. Sembrava quasi che la scuola avesse la tosse e stesse cercando di liberarsi della presenza dei suoi abitanti. Le pareti tremavano mentre il rumore dei colpi si diffondeva tra i corridoi amplificato dall’eco delle ampie volte di pietra. Gran parte degli studenti, soprattutto i più piccoli, erano terrorizzati e il clima del mondo magico non leniva il nervosismo delle famiglie. 

Durante la colazione, insieme a buona parte degli studenti di Hogwarts, Sirius aveva alzato lo sguardo verso il soffitto quando uno stormo di gufi era entrato frullando nervosamente le ali e riversando sul tavolo dei professori una quantità esorbitante di buste di pergamena rossa.

“Credi che siano…” aveva iniziato a domandare James, ma la domanda gli era morta in bocca dallo scoppio di una serie di urla contro il professor Silente e tutto il resto del corpo docente. Una dopo l’altra, le Strillettere iniziavano a fare il loro lavoro di messaggeri furiosi. 

Sirius non si sarebbe certo immaginato che Albus Silente si lasciasse intimorire dalle Strillettere dei genitori, ma nemmeno che le ascoltasse ridacchiando e scuotendo la testa, quasi divertito da quella manifestazione di insofferenza delle famiglie. Peter masticava il suo bacon mattutino e, ancora spettinato, si rivolse verso gli amici: “Credete che sia impazzito?” 

Sul volto di James comparve uno dei suoi sorrisetti divertiti. Si passò una mano tra la massa di quei capelli neri così perennemente disordinati da irritare Walburga al punto da essere stati oggetto di commento diverse volte mentre tornavano a Grimmauld Place. Diede una gomitata complice a Peter e gli domandò sottovoce: “È mai stato normale?”

“Le peculiarità di Silente sono il suo più grande pregio,” sospirò Remus mentre rimestava i fagioli nel piatto. Il riferimento al fatto che nessun preside “normale” avrebbe accettato un Lupo Mannaro tra gli studenti non passò inosservato e Sirius si trovò a concordare con Remus. “Sicuramente meglio lui del mio avo.”

La voce di Marlene li interruppe: “Secondo me, trova divertente che le stesse famiglie che si trovano su fronti opposti al Ministero, alzino la voce in modo unanime. Starà pensando di aver unificato il mondo magico. Osserva come ridacchia nel leggere le lettere Babbane!”

“Sì, però la professoressa McGranitt non sembra affatto felice, anzi, direi che ha l’aria preoccupata,” disse James. Sirius studiò la Sala Grande e strizzò gli occhi in direzione del tavolo dei Serpeverde da cui proveniva un’agitazione superiore a quella degli altri tavoli. Ricercò lungo il tavolo dei Corvonero la figura di Robert e notò che il suo amico, che prima stava osservando i Serpeverde, si era girato in direzione del tavolo di Grifondoro, quasi che avessero avuto il bisogno di confrontarsi. 

“Scusatemi,” disse Sirius alzandosi dal tavolo dei Grifondoro per raggiungere Robert Turner e i suoi amici Corvonero. Prese posto sulla panca accanto a Giles, di fronte al suo amico. 

“Sai cosa agita i Serpeverde?”

“Guarda Mulciber,” gli disse Robert indicando con i suoi occhi azzurri la propria destra, la sinistra di Sirius. Alle spalle di Robert, Mulciber era visibilmente pallido, circondato da quel cretino di Avery e da Mocciosus, più pallido del solito. Sembravano dei cadaveri viventi. Era insolito per Jago Mulciber presentarsi spettinato, ma i lunghi capelli biondi non erano legati in quelle ridicole code da Purosangue tradizionalista e nemmeno in quelle stupidissime trecce. La coda di Mulciber era scomposta, la cravatta allentata e sotto gli occhi c’erano le occhiaie xhw solo una notte insonne poteva regalare. La medesima che aveva lasciato tracce sui volti di Piton e Avery. Fu inevitabile cercare con lo sguardo Regulus e quasi tirò un sospiro di sollievo nel vederlo ridere spensierato con Alexandra e Crouch. Qualsiasi cosa preoccupasse Jago, non preoccupava Regulus, e questo era tutto ciò che importava. Sirius fece un cenno a Robert: “Andiamo a vedere cosa sta accadendo.”

“E il potere della delega?”

“Rob, potrebbe essere qualcosa di importante. Non è solo Mulciber, guarda quelli del settimo anno, guarda Flint…” Turner si voltò ad osservare meglio il tavolo dei Serpeverde. Sirius era sicuro che, a un attento osservatore come Robert, certi dettagli non sarebbero sfuggiti. Scattò quando notò la preoccupazione sul volto della sorella mentre Barty nascondeva il volto tra le braccia sul tavolo. La serenità di pochi istanti prima sembrava svanita.

“Cosa succede?” La domanda di Robert fece scattare Crouch come una molla. “Niente!” mentì con aria per nulla convincente. I suoi grandi occhi marroni cercavano di rimanere fermi sotto un sorriso nervoso e le guance rosse. Sirius lo prese in giro: “Sai che devi impegnarti di più se vuoi dire le bugie? Vi abbiamo visto da lontano. Che sta succedendo?”

Crouch non si mosse, cercò con lo sguardo prima Alexandra e poi Regulus. Fu proprio suo fratello a parlare, forse perché meno intimorito dalla presenza di studenti più grandi di altre Case, o forse perché non sentiva alcun timore nei suoi confronti. “I Mulciber. Pare che abbiano scritto a Silente. Jago verrà ritirato da scuola se Silente non fa qualcosa contro questi incidenti.” Regulus indicò con lo sguardo il suo compagno di Casa e Alexandra, con la stessa espressione di Walburga quando doveva fare un commento maligno, aggiunse: “Pare che siano arrivate un sacco di Strillettere del genere.”

“Sono vostre? Di Serpeverde?”

“Non solo nostre, anche molti genitori di studenti in Tassorosso e, arriveranno anche quelle dei genitori Corvonero.”

“Darlene ed Edward hanno scritto?” Sirius sapeva che se avessero scritto i Turner, allora sarebbe arrivata anche quella dei Black. Era così fin da quando erano bambini, per quanto assurdo potesse essere, visto che i suoi genitori erano le persone più noiose e meno piacevoli dell’intero universo, anche loro avevano degli amici e i Turner erano altrettanto noiosi e sgradevoli. I loro figli, proprio come per Sirius e Regulus, invece si salvavano. Certo, Alex era una piattola proprio come Regulus, ma tutto sommato era ok, c’erano bambine più fastidiose, come ad esempio la cugina Eloise Rosier, che era proprio insopportabile, saccente e presuntuosa. 

“Per il momento no, saranno impegnati con il lavoro,” disse Robert. Se i Turner non avevano scritto, forse nemmeno i Black, anche se ciò era insolito, pensando a sua madre e a quanto detestasse il professor Silente. Portò di nuovo lo sguardo su Regulus per chiedere al fratello se avesse delle indiscrezioni. Insomma, forse i Black avrebbero potuto avere un colloquio diretto con il preside attraverso quella vecchia tela incrostata di Phineas. 

Regulus non ebbe il tempo di rispondere che la voce di Walburga Black tuonò in faccia al professor Silente da una busta nera. “PRESIDE SILENTE! LE ABBIAMO AFFIDATO IL PREZIOSISSIMO SANGUE DEI BLACK! VOGLIA ASSICURARE PERSONALMENTE L’INTEGRITA’ DEI NOSTRI EREDI!”

“Mamma è sempre melodrammatica,” disse Regulus alzando gli occhi al cielo e strappando una risata a Sirius. Era incredibile come suo fratello non si scomponesse nemmeno di fronte alla super-Strillettera che Walburga Black aveva inviato ad Albus Silente, quasi fosse normale.

“Beh è il suo modo di dimostrarvi che vi vuole bene,” disse Alexandra. 

“Sei dispiaciuta che non ci sia la Strillettera di Darlene? Con la sua voce severa?” domandò Sirius mentre Robert si lanciava in un’imitazione della possibile Strillettera di loro madre. 

“Mamma direbbe che non è consono a una strega per bene, lasciarsi andare a simili manifestazioni di ira,” precisò Alexandra dopo aver ascoltato l’imitazione offerta dal fratello. “Stai forse insinuando che Walburga non è una strega per bene?” la punzecchiò Regulus e Alexandra si affrettò a scusarsi scuotendo la testa. Era del tutto ridicolo quel cerimoniale in cui i due ragazzini si immergevano, cercando di rispettare quelle assurde regole di galateo che le loro madri gli avevano inculcato.

“Dobbiamo venire a capo di questo mistero, è il solo modo per evitare che i genitori ci riportino a casa,” disse Regulus, tornando pratico. Robert interruppe il discorso e frenò il suo entusiasmo. “Voi non dovete fare proprio niente. Siete piccoli!” Lanciò un’occhiata con lo stesso cipiglio severo di Darlene e disse ad Alex: “Niente scherzi. Andate a lezione e fate i bravi.”

Alexandra e Crouch alzarono gli occhi al cielo e di controvoglia afferrarono la loro cartella dirigendosi verso le aule. 

“Siete i soliti guastafeste,” disse Regulus mentre imitava i due amici lasciando Sirius e Robert da soli. 

 

***

 

Regulus  non riusciva a credere che quegli idioti di Sirius e Robert avessero rovinato tutto il suo lavoro per confortare Alex e Barty. Era come costruire una casa e vederla crollare al primo soffio di vento. Quei due non avevano idea della paura che circolava nella sala comune di Serpeverde: le famiglie erano sul piede di guerra e tra gli studenti nessuno, ma proprio nessuno, voleva tornare a studiare con i precettori, a vivere confinato in casa sotto lo sguardo severo delle proprie madri. Se Sirius avesse saputo quanto concreta fosse la prospettiva di essere ritirati da scuola e di tornare a Grimmauld Place, avrebbe implorato tutti gli studenti - perché tutti potevano dare il loro contributo, anche i più piccoli - di aiutarlo a risolvere il mistero di quelle aggressioni, o di quei malori, invece di giocare a fare il Godric Grifondoro dei poveri.

Osservò il programma delle lezioni: alla prima ora aveva Antiche Rune, una delle materie opzionali che aveva scelto al terzo anno e che era diventata tra i suoi insegnamenti preferiti. Non solo perché la professoressa Bathsheda Babbling era bravissima, ma anche perché sembrava dare un senso concreto a ciò di cui parlava sempre sua madre: l’importanza delle radici magiche. I suoi compagni di scuola stavano ancora finendo di fare colazione, così Regulus si ritrovò nei corridoi del terzo piano completamente da solo. La finestra dell’aula di Antiche Rune, però, affacciava sul campo di Quidditch e forse avrebbe potuto occupare qualche minuto a immaginare la strategia di volo per la prossima partita di Serpeverde. Realizzò che se avessero chiuso la scuola, persino il campionato di Quidditch sarebbe saltato e ciò era ancora peggio di tornare a studiare con il precettore.

“Albus, io sono preoccupata…” La voce della professoressa McGranitt arrivò alle orecchie di Regulus in modo inatteso. Si fermò ad ascoltare dietro l’angolo del corridoio che dalle scale sbucava in quello dove si affacciavano le aule scolastiche.

“Minerva, stiamo ricercando le cause di questi fenomeni. La scuola è ben protetta.” La voce del professor Silente sembrava tranquilla. Sembrava che non avesse alcuna intenzione di chiudere la scuola.

“Sì, ma non è la prima volta…”

“Beh, quei tempi sono passati e il contesto oggi è radicalmente diverso.” Regulus aggrottò le sopracciglia. C’erano stati altre aggressioni a studenti?

“Ma non pensi che… Insomma, proprio dopo che lui…”

“Ne sono sicuro. Nessuno ha violato le difese della scuola. Nemmeno lui ne è in grado. Non più.” Regulus sbatté gli occhi incredulo: di chi stavano parlando? C’era una minaccia?

“E se questi episodi dovessero continuare?” La voce della professoressa sembrava spezzata dalla preoccupazione. Non aveva mai sentito la McGranitt così provata, era una strega molto forte. Il preside sospirò e le confessò: “Temo che dovremo rimandare gli studenti a casa finché non veniamo a capo del mistero. La loro sicurezza viene prima di tutto.”

La professoressa McGranitt si lasciò andare a un gemito strozzato, mentre Silente cercava di confortarla dandole una leggera pacca sulla spalla. Regulus si nascose in una nicchia quando i due professori girarono l’angolo. Per un istante, Silente si voltò nella sua direzione e Regulus ebbe la sensazione che gli rivolgesse un occhiolino, ma doveva sbagliarsi. Non poteva averlo visto. Regulus, dopotutto, era bravissimo a nascondersi e origliare, era il gioco preferito che faceva con Alex da quando ne aveva memoria. Doveva avvertire gli altri. 

Regulus non riuscì a parlare con i suoi compagni di Casa fino all’ora di pranzo e, nel corso di quelle ore non vide altro che la situazione precipitare tra gli studenti e gli umori incupirsi, al punto da portare i professori a rimproverarli e assegnare punizioni per tenere alta l’attenzione. Furono letteralmente sommersi di compiti al punto che Selwyn durante la lezione di Incantesimi alzò la mano. 

Dalla cattedra il professor Flitwick, con la sua espressione serafica lo invitò a parlare.

“Professore, mi chiedevo se le voci di chiusura della scuola fossero così fondate da darci anche tutti i compiti dell’anno.”

Il professor Flitwick sorrise: “Vedo che ha il tempo per fare strene ipotesi, signor Selwyn, che ne dice di altri trenta centimetri di pergamena sull’incantesimo Aguamenti?”

“Cosa?” La voce sconcertata di Eloise Rosier si alzò dall’altro lato dell’aula interrompendo il chiacchiericcio tra lei e Margareth McNair.

“Bentornata tra noi, signorina Rosier, credo che il signor Selwyn voglia anticipare gli elementi del programma.”

“No, professore, sono stato frainteso.”

“Bene, allora mi porterete i trenta centimetri in più sull’incantesimo Aguamenti e non penserete a domande sciocche. Vi posso assicurare che, ove mai la scuola dovesse chiudere in via anticipata, ne verrete informati. Ora andate.”

“Grazie tante!” esclamò Bulstrode mentre dava una spallata a Selwyn uscendo dall’aula. Dietro di loro, Carrow si lamentava. Regulus allungò il braccio sulla spalla del compagno di dormitorio e disse solo: “Dobbiamo far finire questa situazione.” Carrow, Bulstrode e Selwyn si voltarono verso di lui: “Che hai in mente, Black? Finirai in punizione!”

Regulus sorrise dirigendosi verso la Sala Grande dove, finalmente, avrebbe radunato Jago, Alex e Barty, gli unici che erano seriamente preoccupati per le sorti della scuola. Si sedettero nell’angolo più lontano dai professori e Jago con la sua espressione provata dalla notte insonne riuscì persino a tenere alla larga gli studenti del settimo anno che dicevano che fosse più inquietante del solito. Raccontò loro del dialogo tra il preside e la vicepreside e che le voci della chiusura della scuola fossero più concrete che mai.

“I professori ci stanno riempiendo di compiti,” si lamentò Alexandra.

“Se continua così, per la fine dell’anno avremo finito il programma dei M.A.G.O.” scherzò Barty che poi esclamò: “Ma certo! Ho un’idea!”

Regulus alzò un sopracciglio perplesso, seguito da Jago. “Dobbiamo far credere ai professori che siamo tranquilli e che pensiamo a studiare. Quando domani andrete a Hogsmeade, io e Alex ci intrufoleremo nel Reparto Proibito della biblioteca.”

“Forse vi conviene farlo quando ci siamo tutti,” disse Jago, “potremo creare un diversivo.”

“Dovete guardare nella sezione delle case maledette,” disse Regulus. “Insomma, mi pare evidente che qualcuno abbia lanciato una maledizione sulla scuola!”

Alexandra e Barty si guardarono sorpresi: “Chi potrebbe mai voler maledire il castello?”

“Forse un ex studente arrabbiato?” domandò Jago. 

“Silente parlava di qualcuno che era tornato e la McGranitt aveva paura.”

“Salazar, non riesco a immaginare la professoressa McGranitt spaventata,” mormorò Alex. 

“Nemmeno io,” le fece eco Jago.

 

***

 

“Credi che domani riusciremo a tornare nella Foresta Proibita?” Giles poneva sempre le sue domande mentre continuava a sfogliare qualche libro. Robert sollevò lo sguardo dal suo tema di Pozioni per osservare l’amico, sembrava intento a studiare Divinazione. “Non ho capito perché vuoi seguire quella robaccia per ciarlatani.” 

“Semplice, Turner, se vogliamo parlare con i Centauri e stringere amicizia, qualcuno dovrà pur capirci qualcosa di Profezie e Divinazione. Non serve nemmeno la Vista per capirlo.”

Xeno alzò gli occhi al cielo. “Corinna santissima, ma cosa hai mangiato a colazione, Ollivander, succo di zucca avariato?”

“Scusatemi. Sono piuttosto nervoso. Tutta questa situazione è deprimente: siamo a tanto così dal diventare i primi maghi che sono ammessi nella comunità dei Centauri, e rischiamo di dover tornare a casa! Sapete cosa farebbe mio padre?”

“Ti metterebbe a bottega?” domandò Xeno. “Potresti diventare un grande fabbricante di bacchette, proprio come lui. Non ti va?”

“Sì, certo che mi va. Sogno di portare avanti l’attività di famiglia un domani, ma prima… Beh, vorrei sapere se è possibile perfezionare la tecnica. Sai, i Centauri hanno conoscenze secolari, ci sono da prima dei maghi e forse conoscono degli amplificatori di magia diversi, oppure dei modi per rendere le bacchette più potenti o per non far morire il nucleo.”

“Pensi che il crine di Centauro possa essere usato come nucleo di una bacchetta?” domandò Robert mentre arrotolava la pergamena, soddisfatto del ragionamento compiuto nel tema. Era certo che Lumacorno lo avrebbe apprezzato e se non sarebbe stato in grado di ricevere lo stesso entusiasmo che Lumacorno riservava alla Evans, era certo di poter ottenere qualche punto in più rispetto a Potter, Black e, soprattutto, Lupin. 

“Ecco, Turner, non fare mai una domanda del genere in presenza dei Centauri,” lo ammonì Giles strappando una risatina a Robert. “Certo, ci tengo alla pelle.”

“Domani, però c’è anche l’uscita per Hogsmeade, vorrei fare un salto al villaggio per fare scorta di inchiostro, piume e pergamene. Voi cosa dite? Si può fare?”

“Dimentichi la tappa da Mielandia.”

“Io non dimentico nulla, Lovegood, ricordalo sempre.” Lo sguardo di Robert venne catturato dal tavolo alle spalle di Xeno dove Emily Light e le sue compagne di dormitorio Pandora Desford e Sibilla Cooman studiavano con Lily Evans, Marlene McKinnon e Mary McDonald. Studiavano a coppie e a giudicare dai gesti che Lily compiva, stava spiegando il tema di Pozioni ad Emily che annuiva interessata alternando sguardi tra l’amica e il manuale. 

“Sei con noi?” La mano che Xeno agitava avanti e indietro gli offuscava la vista e lo costrinse a ritornare con la mente dai suoi amici. “Sì, ci sono.”

“Cosa stavi pensando?”

“Chi stavi guardando, piuttosto…” Il sorriso obliquo di Giles e le sopracciglia alzate lasciavano intendere che lui avesse capito tutto. “No, assolutamente, no. Rob, le ragazze sono fuori discorso, abbiamo cose più importanti, noi, per la mente.”

“La conoscenza suprema,” ripeté Robert seguendo il copione che Xeno proponeva loro dal primo anno, soprattutto quando si incontravano con le famiglie e qualche zia domandava “E la fidanzatina?”

“No, i Centauri! Rob, torna tra noi! Dobbiamo pianificare la nostra nuova uscita nella Foresta Proibita!”

Robert sospirò. “Senti, io domani voglio andare a Hogsmeade, e anche Giles, quindi, perché non andiamo questa notte nella Foresta Proibita?”

“Così la smetti di stressarci, Lovegood,” aggiunse Giles.

“Se non volete venire, posso andare da solo.”

“Corinna, ti prego, non ricominciare. Vogliamo venire, ci sono un sacco di erbe e ingredienti per Pozioni, ci sono i Centauri e stiamo finendo di disegnare la mappa, ma non puoi parlare solo di questo argomento!” 

“Guarda cosa ho fatto…” Giles aprì il suo taccuino dalla copertina di cuoio, era tenuto insieme da due sottili nastri che, apparentemente, lo rendevano semplice da aprire, in realtà, erano nastri legati tra loro da un incantesimo inventato da Giles e solo lui avrebbe potuto sciogliere il fiocco che chiudeva le pagine. Robert sbirciò, affascinato dalle doti artistiche del suo amico che aveva preso i suoi appunti sulle erbe, ne aveva tratto degli schizzi e li aveva ricopiati con la sua grafia ordinata. 

“La Luparia…” Robert sfiorava le pagine affascinato sotto lo sguardo soddisfatto di Giles. “E questo è niente…” Puntò la bacchetta contro il centro del taccuino, l’immagine della Luparia scomparve, così come la sua descrizione e, al loro posto, comparve la mappa della Foresta Proibita, perfettamente allineata con quella che loro avevano disegnato sulla pergamena. All’interno del disegno, dei punti verdi indicavano esattamente i luoghi in cui avevano rinvenuto la pianta.

“Alla fine della nostra esplorazione, non solo avremo trovato la dimora dei Centauri, ma conosceremo anche tutte le piante che crescono nella Foresta Proibita,” esclamò soddisfatto. “Sono senza parole, Giles, è meravigliosa!”

Fu proprio il disegno di Giles che mise Robert nella disposizione d’animo giusta per la scorribanda notturna che lui stesso aveva programmato.

Come le volte passate, partirono dopo lo scoccare del coprifuoco. Si accertarono che i Prefetti e il Caposcuola di Corvonero li vedessero nella torre, impegnati in una lunga partita di scacchi magici e, non appena uscirono per le ronde, evocarono i loro mantelli e, nascosti dall’incantesimo di Disillusione, si avventurarono giù per le scale.

Scesero silenziosamente. Avevano studiato il percorso in modo da poterlo fare nella fioca penombra della scuola. L’incantesimo di Disillusione, infatti, sarebbe stato del tutto inutile se ci fosse stata una bacchetta a segnalare una luce che non avrebbe dovuto esserci. Tirarono un sospiro di sollievo quando superarono il portone di quercia e, silenziosi come gatti, corsero verso la Foresta Proibita.

Gli appunti delle volte precedenti avrebbero semplificato di molto il percorso e li avrebbero condotti, nel tempo necessario per dire Wingardium Leviosa, nel punto in cui avevano incontrato Fiorenzo.

Xeno, la loro guida, si fermò di colpo. Robert e Giles gli finirono addosso. “Forse possiamo togliere l’incantesimo di Disillusione…” propose Giles.

“E rischiare di essere scoperti da Hagrid? No, grazie, non voglio finire in punizione,” commentò Robert che, sul mantenere l’incantesimo era ferreo. Se avesse funzionato con i Centauri, avrebbero potuto studiarli senza essere visti e, dopo averli conosciuti meglio, avrebbero potuto approcciarli. 

“C’è qualcosa che non va,” mormorò Xeno.

“In che senso? Il sentiero è là.”

“Il sentiero doveva andare nella direzione opposta, guarda la mappa!” Xeno interruppe la Disillusione e ritornò ad essere visibile con la sua mappa e la bacchetta che la illuminava. 

“Come facevi a leggerla?” domandò Robert.

“Incantesimo illuminante disilluso, ma ora guarda la mappa.” Robert osservò il disegno sulla mappa e poi il sentiero che si inoltrava nella Foresta Proibita: andavano in direzioni diverse.

“E adesso?”

“Dobbiamo ricominciare. Questo sentiero va verso il lago, quindi lontano dal punto dove abbiamo incontrato Fiorenzo. Possiamo seguire il percorso tracciato sulla mappa.” Xeno sembrava intenzionato a non abbandonare le convinzioni che aveva. 

“Non credi che sia pericoloso?”

“Non credi che sia un incantesimo di Silente per impedire agli studenti di esplorare la Foresta Proibita? Seguitemi!”

Robert e Giles si scambiarono uno sguardo preoccupato, strinsero le bacchette e si avventurarono tra i boschi. Xeno continuava a indicare il percorso che, man mano che procedevano, diventava sempre più accidentato. Dopo circa dieci minuti in cui cercavano di non inciampare tra le erbacce, Xeno mise un piede in un cespuglio di erba alta che, teoricamente, nemmeno doveva essere in grado di spuntare in un luogo così privo di sole, e urlò: “Corinna, santissima!”

 

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Capitolo 5
*** I misteri della Foresta Proibita ***


Capitolo 5 - I misteri della Foresta Proibita



 

“Avete scoperto qualcosa?”

Alexandra e Barty stavano parlottando fittamente sopra un taccuino, segno che la loro missione segreta in biblioteca era andata a buon segno. Il sorriso pestifero di Alex gli confermò quanto aveva intuito, seguito da un identico sorriso sul volto di Barty. “Abbiamo scoperto molte cose, alcune veramente utili,” esordì Barty, gli occhi marroni brillavano di soddisfazione come un bambino che brama una ricompensa.

“Lo vedremo se saranno utili…” Jago li aveva appena raggiunti in compagnia di Desmond e Severus. Dall’altro lato della sala comune, Regulus intercettò lo sguardo di Eloise Rosier e dovette trattenere un sorriso divertito mentre la ragazza, colta in flagrante, arrossiva violentemente.

“Innanzitutto, abbiamo scoperto…”

“Fermo!” Severus Piton non parlava di frequente e quando lo faceva non era mai a sproposito. “Muffliato.”

“Che cos’è?” 

Un sorriso compiaciuto comparve sul volto di Piton a seguito della domanda di Alexandra. “Un incantesimo contro gli impiccioni. Adesso nessuno riuscirà a capire quello che ci stiamo dicendo.” Gli occhi di Alexandra si spalancarono di sorpresa e lo sguardo si spostò su Regulus e poi di nuovo su Severus. 

“Me lo devi insegnare!”

“Che hai in mente?” Barty la osservava con l’aria di chi stesse elaborando svariati piani pestiferi che implicassero l’utilizzo di quel nuovo incantesimo. 

“Robert e Sirius non potranno più scoprire i nostri piani,” confessò infine strappando una risatina a Regulus. I loro piani, a memoria di Regulus, consistevano sempre nel cercare di scoprire perché la mamma non sopportasse affatto zia Druella e perché Darlene, la mamma di Alex, sospirasse ogni volta che passava per la stanza dell’arazzo dei Black. C’erano altri piani che comprendevano lo scoprire dove i loro padri conservassero le uova di drago che commerciavano illegalmente e cosa bisbigliassero gli elfi nelle cucine, tanto da far indispettire Kreacher. Sebbene quei giochi sembrassero di un’epoca fa, di quando Regulus era un bambino e non un mago tredicenne che poteva andare a Hogsmeade, quei pensieri gli ricordavano anche che avrebbero potuto concretizzarsi precocemente, se gli attacchi agli studenti fossero continuati e il preside avesse deciso di chiudere la scuola o, peggio, sua madre avrebbe ritirato lui e Sirius da scuola. Un brivido di terrore scese lungo la schiena di Regulus alla prospettiva di tornare ad ascoltare le noiose lezioni del precettore, con Sirius che faceva i dispetti e non gli faceva capire niente. 

“Direi di pensare a risolvere il mistero di queste aggressioni.” 

Alexandra e Barty annuirono in sincrono mentre aprivano il loro taccuino. 

“Abbiamo guardato nella Sezione sui castelli infestati dai fantasmi e abbiamo chiesto al Barone Sanguinario se qualcuno avesse gettato una maledizione sulla scuola. Lui ci ha detto che ci sono forze oscure che si aggirano tra le mura del castello, ma non è una maledizione, quella riguarda solo un’aula.”

“Aurora Sinistra è stata aggredita fuori dall’Aula di Astronomia, che sia quella l’aula maledetta?” domandò Mulciber.

“Dovremo scoprirlo!” esclamò Avery, mentre Barty, più cautamente domandò: “Ma perché lanciare una maledizione sull’Aula di Divinazione? E cosa c’entra con Jason Prince?”

“Jason era nell’Atrio,” ricordò Regulus mentre cercava di mettere insieme i pezzi di quel puzzle che sembrava cambiare disegno in ogni momento: Aurora e Jason non ricordavano niente dell’aggressione, entrambi avevano livelli molto bassi di sangue. 

TUM! TUM-TUM! TUM!

“Il rumore è tornato!” Barty saltò giù dal divano e lasciò il taccuino in mano ad Alexandra, correndo verso la porta. 

“Crouch! Fermati!” urlò Mulciber andandogli dietro. 

“Barty!” Alexandra seguì il suo compagno di banco e Regulus non ebbe altra scelta che correrle dietro, terrorizzato che la sua amica potesse fare la fine di Jason. “Aspettatemi!” Alle loro spalle, prima che la sala comune diventasse troppo lontana, Severus Piton diceva a Desmond Avery: “Io non rischio un’altra punizione.”

Regulus raggiunse Mulciber, la sua coda bionda era ben visibile alla luce delle torce, più avanti si intravedevano i capelli color paglia di Barty, mentre Alexandra sembrava invisibile, salvo che per il ticchettio delle sue scarpette sul pavimento di pietra. Regulus avrebbe riconosciuto i passi di Alexandra ovunque.

“Deve essere da questa parte,” disse Barty provando a tastare la parete. “Era un po’ di giorni che non si sentivano più questi rumori.”

“Qui è dove abbiamo trovato Jason,” ricordò Mulciber. “Tenete le bacchette a portata di mano.” Regulus si avvicinò ad Alexandra e le afferrò la mano, le domandò sottovoce: “Ricordi qualche incantesimo difensivo?” La vide annuire convinta e Regulus poté solo augurarsi che nell’evenienza avesse la prontezza di saperlo evocare. La cosa più complicata degli incantesimi, infatti, non era imparare le formule o i movimenti del polso e della bacchetta, ma riuscire a rendere tutto così naturale da riuscire a evocarli perfettamente al momento di necessità. Durante i duelli, poi, non era come quando si serviva il té o si svolgeva un compito in classe, era tutto molto più difficile, come Mulciber o Lucius Malfoy amavano sempre ricordargli. Voleva avere il sangue freddo di Desmond Avery o di Bellatrix, persino essere in grado di scherzare durante i duelli come Evan Rosier e Rabastan Lestrange. Li aveva osservati duellare la scorsa estate, a villa Black, sotto gli occhi delle cugine, mentre Bellatrix si divertiva con grida poco appropriate per una gentil-strega, come aveva detto zia Druella e mentre sua mamma e lady Turner avevano commentato sottovoce che era pur sempre la figlia di Druella. Regulus aveva provato a convincere suo fratello e Robert a organizzare un duello di incantesimi, ma era finito Disarmato e Pietrificato dopo pochi istanti, mentre sceglieva il suo primo incantesimo di attacco. Era stato costretto ad osservare Sirius e Robert andare via ridendo di lui. 

Strinse la bacchetta ancora più forte e si voltò verso Barty quando lo sentì urlare: “Ouch!” Alexandra puntò la bacchetta verso il punto in cui Barty era stato colpito e scandì velocemente: “Confundus!” 

Una voce le rispose: “Diffindo!” Regulus riuscì a intervenire prima che l’incantesimo offensivo colpisse la mano di Alexandra provocandole dei tagli: “Protego!”

Un’altra voce scandì: “Expelliarmus!” La bacchetta di Regulus volò e venne afferrata da Mulciber prima che il nemico vi mettesse su le mani. Poi, la voce di Robert Turner lo sorprese: “Regulus! Alex! Cosa fate ancora in giro per i corridoi?”

“Potrei farti la stessa domanda!” obiettò la sorella. 

“Non ci provare, Alex, scrivo alla mamma.”

“Così le spiegherai perché non eri nel tuo dormitorio!”

“Smettetela! Nessuno scriverà niente!” disse Barty. “Stavamo seguendo i rumori. Voi cosa stavate facendo? Avete trovato un altro studente ferito?”

Xenophilius Lovegood era emerso da quello che sembrava un incantesimo di Disillusione molto ben assestato: scuoteva la testa spaventato, gli occhi erano pieni di terrore. “Molto peggio.”

“Vediamo,” disse Barty.

“Non credo proprio, Crouch, non sono cose per uno studente del primo anno,” intervenne Robert.

“Alex e Barty tornano nel dormitorio se portate me e Jago.” Regulus provò a mediare cercando di non ottenere una chiusura totale dei Corvonero. Robert, dopotutto, aveva ragione: era meglio che degli studenti del primo anno rimanessero al sicuro in sala comune. Giles Ollivander guardò gli amici, era pallido in volto. “Sei proprio sicuro, Black?” 

Regulus osservò lo sguardo incerto di Jago. Era già abbastanza frustrante dover affrontare le voci su quanto i Serpeverde non fossero coraggiosi - Sirius ne faceva un mantra quando erano a casa - senza che ne fornissero una prova lampante tirandosi indietro. Così, determinati a risolvere il mistero e scongiurare la chiusura della scuola, annuirono.

“D’accordo, ma loro tornano in sala comune.” Robert era il solito puntiglioso e diffidente. Nel voler ribadire una condizione che Regulus aveva già proposto, voleva solo avere l’ultima parola per il solo fatto di essere più grande.

Alexandra sospirò rassegnata, prese la mano di Barty e lo trascinò verso la sala comune, ben consapevole di quanto suo fratello fosse testardo. “Non fatevi beccare da Gazza, mi raccomando,” mormorò loro Jago mentre seguivano i Corvonero fuori dal portone di quercia. 

Attraversarono i giardini sotto una pioggia fitta e incessante. L’erba era diventata una poltiglia fangosa al loro passaggio. I Corvonero li condussero fino al limitare della Foresta Proibita. Regulus e Jago si scambiarono uno sguardo preoccupato: in quei posti, alcuni studenti erano soliti incontrarsi per approfondire lo studio e la pratica delle Arti magiche che non erano ammesse a Hogwarts. Lucius Malfoy lo aveva accennato lo scorso anno, poco prima del diploma, aggiungendo che forse, un giorno se anche lui fosse stato sufficientemente degno, avrebbe ricevuto l’invito a unirsi a quella cerchia ristretta. Regulus era convinto che il Caposcuola Rowle o il suo amico Jugson avessero raccolto il testimone. Lucius aveva aggiunto che occorreva attendere di aver preso i G.U.F.O., perché le magie richieste erano molto avanzate e solo i maghi migliori potevano essere ammessi. 

Regulus un giorno vi sarebbe entrato, ne era sicuro, ed era il motivo per cui si stava impegnando moltissimo con gli incantesimi: voleva dimostrare a tutti ciò che diceva sempre sua madre, che i Black non erano secondi a nessuno. Il pensiero che quel posto fosse pieno di magia oscura e incantesimi avanzati, però, continuava a spaventarlo a morte. Non erano cose per uno studente del terzo anno e lui non era mai stato audace e irresponsabile come Sirius. Avrebbe dovuto tornare in sala comune con Alex e Barty e lasciare queste faccende a studenti più grandi come Jago, Desmond e Severus. Invece, Severus e Desmond si erano ritirati per paura di finire in punizione e avevano lasciato lui, Jago, Alex e Barty alle prese con queste indagini per evitare la chiusura della scuola.

In lontananza, il verso di una civetta a caccia interruppe il flusso dei suoi pensieri. Si sentì uno squittìo violento, segno che l’animale aveva trovato la sua preda. Tra le fronde degli alberi, Regulus sentiva dei movimenti e non era certo che fosse la pioggia. Era come se una miriade di occhi piccoli li stessero fissando. Si avvicinò a Jago e camminò vicino il suo compagno di Casa. 

“Guarda, Robert,” disse Xeno, “il sentiero è cambiato.”

Robert annuì, la mano pallida andò sotto il cappuccio della mantella a grattare la testa, poi Jago interruppe quel silenzio. “Sono come le scale, cambiano. L’ho letto in Storia di Hogwarts.” Regulus non era convinto che ci fosse scritto in Storia di Hogwarts, ricordava praticamente ogni pagina di quel libro che aveva divorato nell’anno in cui Sirius era partito per la scuola lasciandolo a casa ad annoiarsi in compagnia del precettore. Forse era un incantesimo difensivo dei loro compagni di Casa, per proteggere il luogo in cui praticavano gli esercizi di magie avanzate e segretissime.

“Questa volta, però, ho segnato gli alberi,” disse Lovegood, compiaciuto, mentre li conduceva dentro la Foresta. Regulus sapeva che Rowle era di ronda e che Jugson era impegnato a fare il cascamorto con una ragazza del sesto anno; si augurò di non incontrare nessuno della sua Casa e che quello che avevano trovato i Corvonero non avesse a che fare con i loro compagni Serpeverde. Jago doveva condividere le sue stesse preoccupazioni, a giudicare dal modo in cui teneva stretta la bacchetta e non parlava. Respirava piano, come per cancellare la sua stessa esistenza, quasi per non farsi sentire dalle creature che abitavano tra quegli alberi.

“Li senti anche tu?” domandò sottovoce. Jago annuì. Chissà se i Corvonero avvertivano la medesima sensazione o se fossero assorbiti dalla contemplazione delle loro stesse scoperte.

“Eccoci.”

Ollivander si fermò di colpo. Lovegood e Turner gli si avvicinarono, Robert mormorò: “Non credevo che potesse essere più ripugnante al secondo sguardo.”

“Perché adesso sai di cosa si tratta,” spiegò Giles.

“Che cos’è?” La domanda di Regulus attirò su di sé gli sguardi dei tre Corvonero. “Non lo vedi? Sono gatti, praticamente essiccati.”

“Gatti?”

“E topi, e scoiattoli, e altri piccoli animali,” aggiunse Xeno portandosi un pugno alla bocca come per impedirsi di rimettere. Robert gli passò una fialetta che doveva contenere qualcuna delle sue pozioni curative. Regulus superò i due Corvonero e si chinò per osservare meglio quella pila che, da lontano, sembrava un cumulo di vecchi mantelli da viaggio e che, solo avvicinandosi, si capiva che non erano bordi di pelliccia usati, ma corpi di animali. Era come se qualcosa li avesse svuotati, risucchiando tutto il contenuto del loro corpo, lasciando solo la pelle e le ossa. Le testoline degli animali, poi, erano raccapriccianti. Regulus si sforzò di non distogliere lo sguardo, temendo che Robert avrebbe riferito a Sirius quanto fosse terrorizzato alla vista di quei volti privi di occhi, con le bocche spalancate per il terrore che erano rimaste degli antri vuoti, decorati dalla dentatura di quegli animaletti.

 

***

 

“Non sono creature magiche…” 

Mulciber osservava quella pila di cadaveri con una freddezza che a Robert sembrava insolita, quasi come se vedere un cumulo di animali morti fosse una cosa familiare, come se il fatto che fossero animali comuni e non creature magiche attenuasse l’orrore di quello spettacolo. Un brivido gli scese lungo la schiena al pensiero di certi discorsi che aveva origliato a casa e a Grimmauld Place, sempre prima che Sirius arrivasse a portarlo via dall’orrore con una scusa qualsiasi. Spostò lo sguardo su Regulus che, invece, sembrava scosso. “Temo che qua in mezzo possa esserci il gatto della McNair,” disse con una voce flebile. L’orrore per Regulus era collegato al dolore che potevano provare i suoi cari e in questo aspetto era identico ad Alex.

“Il gatto di Margareth è scomparso?”

Regulus si strinse nelle spalle, incerto nella risposta: “A colazione ho sentito Eloise chiedere se il gatto fosse rientrato e Margareth scuotere la testa dicendo che spesso esce a caccia e torna dopo qualche giorno.”

“Se è un McNair come la padrona, vedrai che tornerà,” disse Jago. Era interessante osservare il modo in cui i Serpeverde badavano l’uno all’altro, come si guardavano le spalle e si rassicuravano. Forse Sirius aveva ragione e la delega poteva essere la soluzione, ma la disinvoltura di Jago verso l’orrore e quei modi di pensare, continuavano a non lasciarlo tranquillo. Certo, Alex e Regulus erano piccoli e forse avrebbero capito da soli quanto quel modo di pensare fosse sbagliato, forse aveva ragione Sirius e bisognava fare un passo indietro e lasciarli respirare e far compiere le loro scelte.

“Chi credete che possa aver fatto qualcosa del genere?”

“Perché pensi che sia stato qualcuno?” 

Il nervosismo con cui Jago aveva risposto alla domanda affatto casuale di Giles, aveva confermato una serie di sospetti: nella Foresta Proibita non giravano solo loro tre Corvonero. Giles sfoderò il suo miglior sorriso ironico, era un peccato che si intravedesse appena nella luce notturna: “Sbaglio o Crouch e baby Turner stanno studiando le case maledette?” 

“Ma quale maledizione può creare effetti del genere? E perché non lo ha fatto anche su Aurora e Jason?” domandò Mulciber.

“Forse perché chiunque sia stato, è stato interrotto?” Mulciber era bravo, ma Giles non cascava facilmente nelle provocazioni. Nel frattempo, Regulus e Xeno si erano avvicinati a quella pila di animali e Xeno disse: “Forse hanno ragione i Serpeverde, forse non è un mago l’autore di queste aggressioni.”

“Noi non abbiamo un’ipotesi chiara,” aggiunse Regulus. “Stiamo cercando di mettere insieme i pezzi. Questa pila, insomma, sembra quasi la tana di un animale che porta qui le sue prede.”

“Forse, quindi, Jason e Aurora sono vivi perché l’animale non è riuscito a portarli nella sua tana.”

“Forse.”

“Ragazzi,” disse Robert con la voce incrinata dalla paura, “ma se questa è la tana dell’autore delle aggressioni, noi ci troviamo nel posto sbagliato…” 

“O nel posto giusto,” aggiunse Xeno, “potremmo risolvere il mistero.”

“O morire,” convenne Giles. “Dovremmo dare retta a Turner e tornare a scuola prima che sia troppo tardi.” 

“Sono d’accordo con Turner e Ollivander,” si affrettò ad aggiungere Mulciber strappando un sorriso divertito a Robert che attendeva di scoprire il momento in cui la proverbiale codardia dei Serpeverde sarebbe venuta fuori. “Non è saggio rimanere nella tana di ciò che ha ridotto Aurora e Jason in fin di vita,” precisò, come per giustificare quella presa di posizione. Regulus annuì e tutti loro ritornarono verso il castello. 

Mulciber camminava davanti, parlava fittamente con Regulus e Robert provò ad ascoltare i loro discorsi. “Credi che siano?” domandò Regulus ricevendo in cambio solo un invito a star zitto. Xeno e Giles, proprio come Robert, avevano ascoltato.

“Avete delle idee su cosa possa essere?” domandò Xeno, ma Jago e Regulus negarono di avere delle idee. Eppure ciò contrastava con quanto si erano appena detti. “C’è una sola persona che può conoscere cosa avvenga nella Foresta Proibita,” disse infine Xeno. “Hagrid. Dovremmo andare a parlare con lui.”

“Parlare con il Guardiacaccia significa denunciare la nostra uscita notturna o anche solo aver violato la regola che rende proibito agli studenti l’accesso alla Foresta. Credi che Hagrid si farà intenerire dal nostro racconto di voler salvare la scuola?” obiettò Regulus.

Il comportamento era sospetto. Robert si disse che ne avrebbe parlato con Sirius alla prima occasione per capire cosa stessero architettando i Serpeverde. Dopo tutto, lui e i suoi amici, con quella Mappa incantata, erano in grado di scoprire tutti i movimenti degli altri studenti. Avrebbero potuto tenere d’occhio Regulus, Mulciber e persino Alex e Barty stando comodamente seduti in sala comune.

Salutarono Regulus e Mulciber nell’atrio della scuola e Robert si fermò un attimo per accertarsi che prendessero la strada per i sotterranei e che non si sentissero i passetti di Alexandra. Sperava che sua sorella fosse sufficientemente saggia da rimanere in sala comune e, magari, da andare a dormire e attendere l’indomani per ascoltare i racconti di Regulus. Ovviamente, erano speranze infondate, Robert era ragionevolmente sicuro che Alex fosse in sala comune, ma in attesa del suo amico, in pensiero all’idea che potesse capitare qualcosa a Regulus. Robert si domandò se sarebbe stata in pensiero anche per lui che, dopotutto, era pur sempre suo fratello e che per due volte era entrato in un posto pericoloso come la Foresta Proibita. 

Robert trascorse la notte in preda all’agitazione e alla preoccupazione. C’era qualcosa che si muoveva nella Foresta Proibita, qualcosa di oscuro e terribile, un predatore in grado di uccidere tutti quegli animali innocenti senza generare rumore e sospetto. Quando si fecero le tre di notte senza che fosse riuscito a calmarsi o a prendere sonno, si convinse ad assumere un sorso della pozione che aveva distillato per il compito del professor Lumacorno; questa gli avrebbe regalato un sonno senza sogni e garantito la capacità di avere lucidità sufficiente il giorno successivo. Dopotutto, come diceva sempre suo padre, non aveva senso perdere il sonno su cose su cui non possiamo intervenire. Prima di assumere il sorso di pozione spostò lo sguardo verso il letto di Giles. Le tende blu notte, intarsiate con le costellazioni color bronzo che riproducevano il cielo nel giorno della nascita di Giles, erano chiuse. Non trapelava alcuna luce né alcun suono, solo un leggero russare, segno che il suo amico dormiva profondamente. Non avrebbe potuto rimproverarlo per aver scelto la via più semplice, quella della serenità magicamente distillata. Dopotutto, Robert non aveva la stessa capacità di autocontrollo di Giles.

Spostò lo sguardo verso il letto di Xeno. Al di là della cortina di velluto blu che rappresentava il cielo nel giorno della nascita dell’erede dei Lovegood, si intravedeva la luce della bacchetta, arrivava il suono di un respiro lento, unito al fruscio delle pagine, segno che il suo amico cercava conforto nella lettura di qualcuno dei suoi romanzi di avventura.

Ciascuno di loro, a modo proprio, era rimasto colpito da quanto aveva visto nella Foresta e ognuno reagiva a modo proprio: Xeno si distraeva con la letteratura, Giles aveva certamente intrapreso una delle sue tecniche per svuotare la mente dai pensieri negativi ed era riuscito ad addormentarsi. Non avrebbero potuto biasimare Robert che aveva solo la propria abilità da pozionista come elemento a cui aggrapparsi. Svitò il tappo della boccetta e prese un sorso di pozione prima di mettersi a letto e lasciare che le preoccupazioni svanissero e la stanchezza, finalmente, prendesse il sopravvento.

La mattina seguente, la prima cosa che vide Robert fu il cipiglio contrariato di Giles. 

“Buongiorno anche a te,” biascicò con la bocca impastata di sonno.

“Lo sai che non devi dipendere dalle pozioni. Non è salutare e tu vuoi fare il Guaritore.”

“Lo so, ma dopo quello che abbiamo visto ieri… Come hai fatto a prendere sonno?”

“Robert.” Giles puntava i suoi occhi verdi, dietro le lenti tonde degli occhiali, con aria seria. Non c’erano alibi. “È la terza notte di fila, questa settimana. Quante scuse devi trovare prima di ammettere che sta diventando un problema?”

“È solo un momento complicato. Passerà. Le pozioni servono proprio per questo, per aiutare a superare i momenti di difficoltà, è il senso della Medimagia, no?”

Il sopracciglio alzato di Giles, si unì all’espressione scettica di Xeno che si era girato verso di loro mentre annodava la cravatta blu e bronzo dell’uniforme. 

Si sentì con le spalle al muro e alzò le mani in segno di resa. “D’accordo, d’accordo. Farò attenzione, ve lo prometto.”

“Se vuoi ti presto uno dei miei romanzi,” propose Xeno.

“E risvegliarmi l’indomani con le tue occhiaie? No, grazie.” 

A giudicare dal modo in cui Xeno faticava a mettere in ordine i propri lunghi capelli biondi, ad annodare correttamente la cravatta (perché gli sembrava di sentire i commenti di sua madre in testa?), non doveva aver goduto di molte ore di sonno. Forse le pozioni non erano uno strumento corretto, forse potevano dare dipendenza, ma erano dannatamente efficaci. La scuola non le vietava. Almeno, non vietava le pozioni per dormire. Che senso aveva essere maghi, poter distillare pozioni se non si potevano usare? I suoi amici erano inutilmente preoccupati. 

Sirius avrebbe capito, capiva sempre, perché entrambi venivano dallo stesso ambiente, erano cresciuti insieme, e Sirius sapeva quali paure erano in grado di agitare certi pensieri. Robert si affrettò a prepararsi per scendere in Sala Grande per la colazione. Giles non mancò di notarlo. “Se speri che Sirius avalli la tua dipendenza, ti sbagli di grosso.”

“Non ho nessuna dipendenza. Sono in grado di smettere quando voglio e di dormire senza prendere pozioni. Però hai ragione, voglio parlare con Sirius, ma di quello che tramano i Serpeverde. Hai notato che sapevano dei sentieri?”

Giles annuì. “Non è scritto su Storia di Hogwarts.”

“Esatto.”

“Scommetti che Sirius e James, con la loro mappa sono in grado di scoprirlo?” Fecero cenno a Xeno di seguirli fuori dal dormitorio e mentre scendevano le scale della torre di Corvonero, dopo essersi accertati di aver superato orecchie indiscrete, continuò, “voglio fare anche un discorsetto a Mulciber. Non mi piace che Regulus sia così attaccato e nemmeno Alex e Barty, sono troppo piccoli e certi discorsi non dovrebbero sentirli.”

“Buona fortuna, allora, mi pare che sia inevitabile per tua sorella ascoltare certi discorsi,” disse Xeno, “è pur sempre l’ombra del figlio di Bartemius Crouch! Hai idea di cosa avrà sentito in casa del famoso cacciatore di maghi oscuri? Roba che farebbe impallidire i tuoi racconti sulle vetrinette dei Black!”

“Te lo concedo, Lovegood, ma a me importa solo che Alex non vada a zonzo nella Foresta Proibita, hai visto come vengono ridotte le prede di qualsiasi cosa ci sia là fuori?”

Xeno annuì, così come Giles. Robert, finalmente, sentì di non essere completamente pazzo nel preoccuparsi per la sorella. In Sala Grande andò diretto al tavolo dei Grifondoro dove un insolitamente mattiniero Sirius, insieme a James e un particolarmente assonnato Remus, stavano cercando di risvegliare Peter che si era addormentato tra un piatto di salsicce e uno di dolci.

“Nottata in bianco anche voi?” domandò Robert prendendo posto accanto a Sirius. 

“Puoi dirlo forte. Voi? Che ci facevate nella Foresta Proibita con Mulciber e Regulus?” 

La domanda arrivò diretta, senza alcun filtro e Robert non poté che apprezzarlo. “Li abbiamo incontrati nell’Atrio mentre tornavamo dai nostri giri di esplorazione. Sai che i sentieri cambiano?”

“Sì, l’ho notato, ma noi non li seguiamo. Non è prudente uscire nella Foresta Proibita quando c’è la luna piena.”

Robert scoppiò a ridere: “Tu parli di essere prudente? Cosa è successo a Sirius Black?” 

James ridacchiò, ma poi sistemò gli occhiali sul naso e si passò una mano tra i capelli scuri: “Sirius ha ragione. Non è il caso di girare per la Foresta Proibita di notte, senza un piano preciso e senza sapere cosa c’è lì dentro.”

“Abbiamo trovato un cumulo di animali morti,” disse Giles. “Gatti, scoiattoli, lepri, piccoli roditori. Erano completamente svuotati dall’interno, come se qualcosa avesse risucchiato via tutto e lasciato solo le ossa e la pelle. Mancavano persino gli occhi.”

“Per tutti i draghi…” mormorò Remus portandosi una mano davanti gli occhi.

“Scusa, non volevo turbarti,” disse Giles. “Hai bisogno di una mano? Vuoi che ti accompagni in infermeria.” Remus scosse la testa: “No, Madama Chips mi ha appena rilasciato. Ora dovrei tornare in dormitorio. Sono venuto a mangiare qualcosa prima di ritirarmi.”

Robert era colpito dal pallore di Remus, dalla stanchezza che trapelava da ogni parte del ragazzo, le occhiaie profonde e lo sguardo spento. Era come se qualcosa lo avesse sbattuto ripetutamente contro un muro. “Se hai problemi a dormire…” 

“Rob!” Giles lo ammonì con uno sguardo furibondo. “Non farmi svolgere ruoli che non mi piacciono.”

“Calmati, Ollivander,” intervenne Sirius. “Remus ha avuto tutte le pozioni necessarie dall’infermiera e sì, Turner, gioca a fare il Guaritore, e fortunatamente è anche bravo.”

“Non gioca a fare il Guaritore, Black. Il tuo amico non chiude occhio da settimane senza prendere almeno un sorso di pozione calmante. Sta diventando un problema e lui continua a negarlo.”

“Beato te che non hai problemi a dormire, allora,” gli rispose Sirius tagliando il discorso. Robert gliene fu grato. “Ad ogni modo, tornando alle cose serie, non mi piace che Regulus giri di notte nella Foresta Proibita.”

“Lo so, è stato frutto di una negoziazione.”

“Voleva venire anche Alex, suppongo.”

“Esatto. Abbiamo pensato che ci fossimo noi e Mulciber e che Regulus non avrebbe corso particolari pericoli. Dopotutto è anche bravo in incantesimi.”

“Mio fratello è un dannato secchione, ma non affiderei a Mulciber la sua incolumità.”

“Per Corinna, no! A Mulciber non si può affidare nulla, è un dannato idiota,” convenne Robert. “Ma voi sapete cosa combinano i Serpeverde nella Foresta Proibita? Mulciber sapeva dei sentieri che cambiano, ha detto che è scritto in Storia di Hogwarts.”

“Ma non è vero,” esclamò James. 

“Esatto.”

Sirius scosse la testa: “Mulciber è un tale idiota, presuntuoso, che potrebbe benissimo essersi accorto delle modifiche ed essersi inventato tutto pur di far vedere che ne sapeva qualcosa.”

“Non so, Sirius, secondo me Robert ha ragione. Forse è il caso che li teniamo d’occhio con la mappa. Da quando abbiamo implementato l’ultima modifica possiamo controllare le posizioni di tutti.”

“Grazie, Potter.”

“Di niente, ora tornate al vostro tavolo, altrimenti arriveranno anche i Serpeverde al nostro tavolo. Non vorrei sentire l’unto di Mocciosus prima di essermi del tutto svegliato.” 

 

***

 

Sirius osservò Robert e i suoi amici tornare al tavolo dei Corvonero. Non poté fare a meno di sentirsi preoccupato per l’amico. Aveva difeso Robert da Ollivander, ma la notizia che non riuscisse a dormire da settimane senza prendere una pozione era preoccupante. Altrettanto preoccupante era l’idea che Regulus girasse di notte per la scuola. Il pensiero che la notte precedente fosse nella Foresta Proibita, poi… Incontrò lo sguardo di Remus e vi lesse del terrore. Era una situazione pericolosa per non reagire in quel modo. Sirius nemmeno voleva sapere che cosa fosse passato per la mente di Silente quando aveva permesso di metterli in quella situazione. 

“Non sei stato tu.” Forse non sembrava sufficientemente sicuro che non fosse stato il suo amico, ma l’idea che Remus fosse riuscito a liberarsi degli incantesimi e scorrazzasse libero nella stessa Foresta Proibita in cui Regulus curiosava gli faceva gelare il sangue nelle vene. Non era colpa di Remus. No. Era colpa di Silente, che aveva permesso ciò, e di Mulciber, e Robert, e Lovegood e persino Ollivander che faceva la morale all’amico ma non aveva detto una parola sul portare un ragazzino del terzo anno con sé nella tana di un mostro.

“Come fai a dirlo?”

“I Lupi Mannari non risucchiano le prede, le sbranano. Ti basta come argomento per chiudere la questione?” 

“Fate silenzio,” li ammonì James bruscamente per poi sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi alla vista delle ragazze. Sirius era troppo incazzato per riuscire ad apprezzare quel patetico corteggiamento che andava avanti da anni. “Lily, buongiorno! Marlene, Mary, qual buon vento vi porta in Sala Grande?”

“Il vento della colazione, Potter, ma sei ubriaco di prima mattina?” 

“Assolutamente sobrio, McKinnon.”

“E allora perché sei su di giri?”

“La vostra celestiale visione, naturalmente.”

Sirius alzò gli occhi al cielo. Era incredibile come James riuscisse a fare il deficiente in modo convincente per non far insospettire gli altri. Era come se cercasse di attirare su di sé le attenzioni per distogliere gli sguardi da Remus, dalla sua condizione malconcia e persino dall’aria torva che Sirius doveva avere. 

“Cosa è successo a Peter?” domandò Mary che gli si era seduta proprio accanto e nello scavalcare la panca, gli aveva sfiorato la spalla senza ottenere la benché minima reazione. Sirius lo avrebbe preso in giro per l’occasione sprecata quando si sarebbe svegliato.

James sorrise a Mary mentre indicava con un cenno del capo Peter. “Dorme. Prova a baciarlo: potresti risvegliarlo, trasformarlo in un principe o in un ranocchio, in ogni caso, qualcosa dovrebbe sciogliere l’incantesimo del sonno profondo, come nelle migliori favole.”

“Sei un cretino, Potter,” tagliò corto Mary mentre spostava delicatamente il ciuffo biondo di Peter dal piatto di salsicce in cui era scivolato. Sirius non mancò di notare che Lily Evans, invece, aveva riso per la battuta e ora James sorrideva compiaciuto. Era tutto così patetico. Remus doveva pensarla allo stesso modo, posò il tovagliolo sul tavolo e si alzò diretto al dormitorio. Aveva ottenuto la dispensa dalle lezioni del mattino per poter riprendere le forze. Sirius lo seguì, si scambiò uno sguardo d’intesa con James che rimase con Peter e le ragazze mentre lui accompagnava Remus. Si sarebbero rivisti a lezione. Non aveva senso muoversi in gruppo, avrebbero dato nell’occhio e ormai erano diventati sufficientemente bravi nel dare conforto a Remus passando inosservati, o quasi. Dal tavolo di Serpeverde, quella piaga ambulante di Mocciosus li osservava con il suo grugno abituale. Sirius si impose di ignorarlo e di non cedere a quella voce che gli diceva di attraversare la Sala Grande, sollevare Mocciosus e prenderlo a pugni davanti a tutti. Era così arrabbiato che nemmeno l’uso della magia gli avrebbe dato soddisfazione, voleva spaccargli quel brutto naso adunco che si ritrovava, sporcarlo di sangue e togliergli per sempre la voglia di guardarlo.

Non appena furono sulle scale che portavano alla torre di Grifondoro, Remus crollò. “Non riesco a credere che tuo fratello fosse nella Foresta Proibita! E Robert! E Lovegood! E Ollivander!”

“Se per questo c’era anche Mulciber e noto con piacere che di lui non ti preoccupi affatto.” Remus aveva ragione, ma la colpa non era sua, ma di chi lo aveva messo in quella situazione e di quei cretini che andavano in giro per la Foresta Proibita di notte.

“Avrei potuto incontrarli! Avrei potuto ferirli, infettarli o, peggio, ucciderli!” Remus si passava stancamente le mani sugli occhi.

“Lo sai che non puoi, la scuola è protetta! Silente te lo ha ripetuto all’infinito.” 

“No, Sirius, tu non capisci! Non so come sia successo. Ho superato le barriere magiche e ho iniziato a girare nella Foresta Proibita. Volevo tornare a scuola, da voi. Non ho ricordi chiari, più sensazioni, è come se lui avesse visto i miei ricordi e bramasse voi, i miei amici!” Remus non nominava mai il lupo che dimorava in sé, lo chiamava sempre in modo impersonale. A volte, era la cosa, altre diventava lui, a seconda di quanto avesse paura. Più di frequente era il mostro.

“Ha visto i suoi amici, signor Lupin?” 

La voce del preside, Albus Silente, comparve sul pianerottolo del terzo piano, mentre continuavano a salire le scale. Li invitò a fermarsi con lui prima che le scale cambiassero ed entrambi lo raggiunsero nel punto esatto in cui Aurora Sinistra era stata aggredita.

Remus annuì. 

“Molto bene. È un’evoluzione del tutto normale della maledizione. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Questo significa che ci sono bisogni così profondi che meritano di essere ascoltati.”

“Non voglio far del male a nessuno! Sono fuggito!”

Silente gli sorrise benevolmente, mentre Sirius si sentiva ancora più arrabbiato: come poteva sorridere tranquillamente di fronte alla preoccupazione di Remus? E alla sua! “Ha qualcosa da dire, signor Black?”

“Sì, preside. Remus è preoccupato, come può essere così tranquillo?”

“Perché Remus non ha violato nessun incantesimo di protezione. Non sarebbe possibile. Madama Chips ha notato delle ferite più profonde negli ultimi mesi e abbiamo deciso che non era saggio che riversasse tutta quella energia distruttiva contro di sé. Abbiamo aumentato il perimetro e le abbiamo concesso di girare per la Foresta Proibita.”

“Volevo venire a scuola! Volevo trovare i miei amici, e morderli, e costringerli a diventare Lupi come me!” Le lacrime di Remus si liberarono nel momento in cui diede voce a quel desiderio. James aveva ragione, dovevano assolutamente portare avanti gli allenamenti di Trasfigurazione e riuscire a diventare Animagi, altrimenti Remus sarebbe impazzito e non potevano permetterlo.

“E non è riuscito a farlo. Si è perso nella Foresta Proibita, perché gli incantesimi che proteggono la scuola e i suoi studenti non rendono possibile il suo avvicinamento. L’amicizia è un sentimento importante, un legame preziosissimo. L’umano dovrà insegnare al lupo che gli amici devono rimanere lontani, per la loro incolumità. Non controlli i movimenti, lasci sfogare l’energia dell’animale, si concentri sulla sua mente.”

“Come?”

“Posso darle qualche lezione, se me lo permetterà.”

Remus annuì con un sorriso debole che, finalmente, affiorava dalle labbra. 

“Ora vada a riposare, è fondamentale che sia in forze.” 

Sirius comprese che Silente stava per congedarsi quando rivolse loro un cenno del capo. Non poteva andare sprecato un incontro con il mago più potente di tutto il mondo magico. Così, Sirius lo richiamò: “Professore!” Gli occhi azzurri di Silente brillarono e Sirius non sapeva dire se fosse curiosità (era possibile soprendere Albus Silente?) o semplice soddisfazione per il coraggio che i suoi studenti avevano trovato. “Lei sa cosa risucchia il sangue dagli animali nella Foresta Proibita?”

Le labbra del preside si distesero in un sorriso indecifrabile: “Ho delle idee, signor Black, una più improbabile dell’altra, ma conto di chiarirne qualcuna dopo aver scambiato due parole con Hagrid. Ora, se non sbaglio, ha incantesimi alla prima ora. Sono sicuro che il signor Potter la sta aspettando e che il signor Lupin è in grado di raggiungere la torre di Grifondoro da solo.”

Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo perplesso ed entrambi annuirono comprendendo che il colloquio con Silente era giunto al termine. La scala tornò ad attaccarsi al pianerottolo e Sirius rimase per qualche istante ad osservare Remus che continuava a salire, mentre Sirius andava verso la classe di Incantesimi. Il solo pensiero di avere lezione con i Serpeverde gli faceva sprofondare l’umore ancora più giù. Almeno, finché non sentì in lontananza una risata familiare. Le labbra di Sirius si incurvarono in un sorrisetto perfido nel momento in cui chiamò a gran voce: “Ehi! Pix! Vecchio amico!”

Il Poltergeist comparve al suo cospetto eseguendo una piroetta, seguita da una serie di scoppiettii nell’aria. “Oh, il signor Black, traditore del sangue magico! Nei bassifondi, le Serpi l’appellano così.”

“Sai, Pix, io credo che le serpi debbano strisciare, non trovi?” Sirius cercò di dissimulare quanto trovasse offensivo quell’appellativo. Se Pix avesse intuito che era un modo per ferirlo, non avrebbe esitato a sfruttarlo a proprio vantaggio. Pix, invece, poteva essere un preziosissimo alleato nei suoi programmi per migliorare la giornata.

L’allusione di Sirius sedimentò nella mente del Poltergeist nel momento in cui interruppe la capriola a metà e, con la testa ancora tra le gambe, si voltò ad osservarlo. Era buffissimo con l’aria sorpresa e, bisognava ammetterlo, non era semplice sorprendere un Poltergeist che aveva conosciuto secoli di studenti. 

“Mi sembra che sia nella loro natura… Ha in mente qualcosa, signor Black?” Il sorriso di Pix si allargò ancora di più, lo sguardo si accendeva di speranza quando domandò: “Qualcosa che potrebbe far infuriare il signor Gazza?”

In quel momento, Sirius non era in grado di dire chi dei due avesse le aspettative più elevate. Si limitò ad annuire: “Esattamente!” 

Pix ruotò su se stesso fino a portare il proprio orecchio all’altezza della bocca di Sirius che sussurrò: “Sai, credo che un pavimento oliato potrebbe rendere impossibile alle serpi di camminare, le costringerebbe a strisciare, rivelando a tutti la loro natura…” Pix scoppiò a ridere, fece due piroette e scomparve con uno scoppio che lasciò Sirius divertito e impaziente di osservare la scena.

Naturalmente, non aveva alcuna intenzione di finire nei guai, entrò in classe, prese posto accanto a James e Peter che, finalmente, era tornato nel mondo della veglia. “Cosa è quel sorriso?” domandò Peter a cui non sfuggiva mai un indizio di una possibile malefatta.

Sirius rilassò le spalle, finalmente a proprio agio e disse: “Lo vedrete molto presto.”

James si morse un labbro per nascondere la risata e, fingendo di guardare sul libro di Incantesimi, domandò: “Hai incontrato Pix?”

“Puoi giurarci. Non vedeva l’ora di aiutarmi!”

Il primo tonfo per terra, seguito da un’imprecazione, attirò le loro attenzioni. Sentirono la voce di Desmond Avery che sollevava da terra il povero malcapitato, Rowle. Sirius sbirciò fuori dalla porta appena in tempo per vedere Pix, alle spalle di Avery, far comparire delle uova e urlare: “Attenti alle uova!” Avery perse l’equilibrio e cadde sopra Rowle. 

“Striscia! Striscia! Serpentello!” gridava Pix tra una capriola e l’altra, mentre Peter e James non riuscivano più a trattenere le risate. Fu solo quando anche Mulciber e Mocciosus finirono per terra, unti e sporchi di uova, che Sirius considerò la propria giornata raddrizzata. In lontananza si sentivano le urla di Gazza che si lamentava del Poltergeist e minacciava di invocare l’intervento del Barone Sanguinario per bandirlo, una volta per tutte, dalla scuola. L’arrivo del professor Vitious mise fine al caos di Serpeverde doloranti e offesi, alle urla di Gazza e persino alle risate di Pix con pochi gesti fluidi della bacchetta che ripulirono i pavimenti, i Serpeverde e chiusero il Poltergeist fuori dall’aula.

Mocciosus e i suoi amici aprirono il libro di Incantesimi con l’aria quanto più contrariata, mentre James non esitò a offrirsi volontario per l’esercitazione di Incantesimi.

 

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Capitolo 6
*** Lo zampino di Sirius ***


Capitolo 6 - Lo zampino di Sirius




 

“Non ti permettere mai più!”

Regulus era su tutte le furie, uno spettacolo inatteso per Sirius, abituato a prendersi le ramanzine da tutti ma non dal fratello minore. 

“Qual è l’accusa, sentiamo?” 

Fingere innocenza per far scoprire Regulus era la sua tattica prediletta. Era troppo schietto e rispetto a quei viscidi di Malfoy o di Mocciosus, era trasparente come l’acqua. Il fatto che lo conoscesse come le sue tasche, poi, gli dava un vantaggio non secondario e rendeva il tutto ancora più divertente.

Regulus spalancò gli occhi grigi, identici ai suoi, ancora di più e scosse la testa nel modo esatto in cui faceva loro padre. Sirius ebbe un brivido per il modo in cui suo fratello stava diventando come Orion. Nel modo in cui non esplodeva come un fiume in piena - come avrebbe fatto Walburga, come avrebbe fatto lui stesso - ma paralizzava l’altro con un disappunto muto che sapeva di delusione.

“Suppongo che puntare la bacchetta contro Mulciber e minacciarlo non ti dica niente, vero?” La voce di Regulus tremava mentre riferiva l’accusa. Quel codardo di Mulciber era talmente senza dignità da essere corso a frignare da un ragazzino più piccolo, senza nemmeno provare a risolvere la questione personalmente. 

La solita vigliaccata da Serpeverde. 

La rabbia di Regulus, però, sapeva di tradimento e disillusione. “Sicuramente è l’ennesimo complotto di Serpeverde ai danni del Black Grifondoro…” 

Ecco il sarcasmo dietro il quale si rifugiava Regulus, proprio come loro padre quando, alle proteste di Sirius di essere troppo giovane per pensare agli accordi matrimoniali e di voler concentrarsi sui suoi amici, aveva risposto: “Certo, come zio Alphard…” Era come se ogni volta che Sirius provasse a dire la sua, finisse per sgretolare il castello di carte che univa la sua famiglia. Era come se il suo essere finito in Grifondoro fosse stato l’inizio della fine e che, goccia dopo goccia, avrebbe causato il diluvio. Ma forse erano solo i condizionamenti di sua madre che gli diceva fin da quando era piccolo “Tu sarai la mia rovina!”

In questo caso, però, non c’entravano i discorsi di suo padre e nemmeno l’orgoglio dei Black, le tradizioni dei Purosangue e quello che fanno i maghi per bene, tutte le cavolate che gli avevano inculcato in testa come se fossero verità indissolubili e che James, Peter e Remus gli avevano smantellato, una dopo l’altra. No, in questo caso era in gioco la sicurezza di Regulus che non poteva andare in giro di notte per la Foresta Proibita con la luna piena mentre ci sono creature pericolose che succhiano il sangue ad animali scomparsi. Marlene ha perso il gatto, lo sapeva Regulus? Lo avrebbe capito? Gli sarebbe importato? Probabilmente no. 

“Sei mio fratello, il prezioso sangue dei Black…” rispose facendo il verso a loro madre. “Non puoi andare di notte per la Foresta Proibita e quel cretino di Mulciber dovrebbe saperlo che non è un posto per uno del terzo anno.”

“Sono grande a sufficienza!” Gli occhi si assottigliarono come quando voleva provare a cimentarsi con incantesimi troppo complessi per la sua età.

“Affatto, e comunque è Proibita!” Sirius dovette sforzarsi per non ridere a quella frase, per non pensare a James che lo avrebbe preso in giro se solo l’avesse sentito. Regulus, che lo conosceva altrettanto bene, non perse l’occasione. “Ah! Tu che soverchi le regole mi parli di cosa è proibito e cosa è permesso? Tu che hai iniziato a farti le passeggiate notturne il primo anno?”

Non gli piaceva fare il fratello maggiore. Aveva delegato volentieri il compito a Narcissa, finché era a Hogwarts, e aveva pensato che Mulciber potesse prendere il posto della cugina, anche se sapeva fin troppo bene che era un idiota. Forse non quanto Avery, ma sempre idiota. Occorreva cambiare strategia perché, dopo tutto, Regulus era un ragazzino responsabile, a differenza sua. “Pensi che la prossima volta Alex accetterà di rimanere in sala comune?”

Il fratello, tuttavia, si mostrò ancora più piccato per quell’insinuazione. “Io non sono come una primina,” gli disse con i pugni stretti un attimo prima di voltargli le spalle e andar via dicendo che era il solito idiota. 

Sirius si concesse un sorriso divertito. Forse lo aveva offeso, ma non gli importava. Per il momento, Regulus sarebbe rimasto al sicuro e lui poteva raggiungere gli altri che, a giudicare dall’ora, dovevano essere in biblioteca.

Il tavolo occupato da James, Remus e Peter era riconoscibile fin dall’ingresso. Era illuminato dalla finestra, in una posizione difficilmente visibile dal banco di Madama Pince, e proprio accanto a quello in cui Lily Evans e le sue compagne di dormitorio stavano facendo i compiti. James alternava lo sguardo tra il rotolo di pergamena su cui stava scrivendo qualcosa e il profilo di Lily, sorridendo come l’idiota che era. Remus era assorto nella lettura di un libro e Peter sospirava mentre cercava di ricopiare delle definizioni dal libro di Pozioni.

“Lo sai che Lumacorno si accorge se copi?” disse Sirius non appena si avvicinò al tavolo. 

Peter alzò lo sguardo e i suoi occhietti azzurri si illuminarono di divertimento: “Ti sbagli, perché io non copio, ma reinterpreto.”

“In modo sbagliato, e per questo prendi voti bassi,” disse Remus mentre si sporgeva a controllare il compito di Peter. “Sminuzzare le radici non è la stessa cosa di tritarle.”

“Forse dovresti usare un vocabolario,” propose James. Sirius sorrise e si piazzò di fronte l’amico che stava lavorando al tema di Trasfigurazione. “Vuoi proprio diventare il preferito della McGranitt?” domandò mentre osservava che era già al terzo rotolo di pergamena.

James ridacchiò e dal modo in cui controllò se Remus fosse tornato sui libri, Sirius comprese che voleva dirgli qualcosa che riguardava il loro progetto segreto. “Dovresti leggere questo articolo,” mormorò sottovoce allungando un numero di Trasfigurazione Comparata. “Ci sono delle tecniche usate degli Auror del MACUSA che sono interessanti.” Sirius allungò la mano per prendere la rivista con la sinistra, mentre la mano destra posava la borsa sul tavolo e tirava fuori i libri creando una barriera al campo visivo di Remus. Era dannatamente difficile nascondere qualcosa al loro amico e questo era il motivo per cui le loro esercitazioni e i progressi andavano a rilento.

Sirius notò il modo in cui James tornò a sospirare guardando Lily. “Un giorno ti trasfigurerai in lei…” 

“Potresti farlo tu…”

“Godric, no, che schifo!”

James si voltò verso Peter facendogli gli occhi dolci: “Tu lo faresti per me?”

Peter alzò lo sguardo dal tema di Pozioni che sapeva di terrore. Non sapeva proprio come rispondere. “Non credo di essere in grado di elaborare una Polisucco e poi sarebbe un inganno…” Peter si fermò un attimo e poi aggiunse divertito: “Insomma, se vuoi baciarmi, James, non ha senso che mi tramuti in Lily…”

Sirius scoppiò a ridere immaginando la scena di James e Peter che si baciavano. James, invece, rabbrividiva disgustato mentre diceva sottovoce: “Io voglio baciare lei, non te!”

“Però lo hai chiesto a me.” Peter non era molto bravo a vincere i duelli verbali, ma con James in preda al delirio per Lily, persino lui avrebbe avuto delle chance. 

“Di trasformarti in lei, Peter! Lei!”

Peter ci pensò un attimo, i suoi occhi azzurri brillarono di perfidia mentre leggeva qualcosa sul libro di Pozioni e aggiungeva: “Ma resto sempre io! Anche se cambi l’aspetto del contenitore, la sostanza non cambia. Forse dovresti chiederti se davvero vuoi Lily, a questo punto…”

“Ahia,” si lasciò sfuggire Sirius con una risatina.

James si passò la mano nervosamente nel groviglio scuro che aveva in testa e disse solo: “Siete due idioti.” 

La sentenza di James fece calare il silenzio sul tavolo e Sirius poté concentrarsi sulla lettura dell’articolo che finalmente dava delle indicazioni utili su come completare il ritorno alla forma originaria. Forse avrebbe risolto, una volta per tutte, il problema della persistenza della coda. Si appuntò sul taccuino quelle poche informazioni che gli interessavano e tornò a concentrarsi sui compiti di Babbanologia. 

Studiare i Babbani era molto interessante per uno che era letteralmente cresciuto in mezzo a loro, eppure non li aveva mai visti. Quando aveva presentato il suo piano di studi lo scorso anno, sua madre gli aveva chiesto spiegazioni per la scelta di quella materia, così poco consona a un Black. 

Sirius le aveva rifilato la storia che voleva essere in grado di difendersi e che era meglio conoscerli visto che, a differenza delle altre famiglie Purosangue, vivevano in mezzo ai Babbani e non in qualche maniero nel verde. Il modo in cui aveva alluso a zia Druella e zio Cygnus aveva fatto irrigidire sua madre che, proprio per differenziarsi dagli zii, alla fine aveva scrollato le spalle e borbottato che ormai lui era una causa persa e che sarebbe stato la rovina dei Black. Suo padre, invece, dallo studio aveva aggiunto: “Pensa al buon Felix Rosier che fa affari con i Babbani, Wal! Sirius potrebbe diventare un mago d’affari! Dopo tutto, ha sempre avuto una certa intraprendenza e tendenza a eludere le regole!” Si erano scambiati un occhiolino complice ed era stata una delle poche volte in cui aveva sentito suo padre dalla sua parte. Adesso, però, doveva decidersi a mettere la testa sul compito sulla monarchia costituzionale inglese.

 

***

 

Robert non aveva chiuso occhio, sconvolto dalla vista degli animali privi di sangue nella Foresta Proibita. Gli sguardi che Regulus e Jago si erano scambiati lungo il percorso, poi, gli avevano fatto gelare il sangue. Come se non bastasse, Giles e Xeno gli avevano nascosto le Pozioni. Il calendario delle lezioni e dei compiti era troppo fitto perché avesse il tempo per mettersi a distillare una Pozione per il sonno senza sogni. Si stropicciò gli occhi al pensiero della fatica che stava facendo per arrivare alla fine di quella giornata.

I Serpeverde tramavano qualcosa, ne era certo e non riusciva a credere che sua sorella fosse in mezzo a quella Casa di pazzi. Fece vagare lo sguardo nella sala comune e intravide una copia abbandonata della Gazzetta del Profeta. In prima pagina c’era Cornelius Fudge, un consigliere del Wizengamot, amico dei suoi genitori, che parlava di liberalizzare la vendita di alcune sostanze magiche nonostante il parere contrario dell’Ordine dei pozionisti. 

Tirò fuori un foglio di pergamena e iniziò a scrivere ai suoi genitori.

“Cari genitori,

come state? Ho letto sulla Gazzetta del Profeta le discussioni tra il consigliere Fudge e l’Ordine dei pozionisti per la liberalizzazione di alcuni filtri curativi e mi domandavo cosa ne pensiate voi. C’è un trafiletto che parla di Babbani rimasti avvelenati da alcune fialette dimenticate da un mago o una strega, spero che qualcuno abbia potuto somministrargli l’antidoto in tempo. Sapete che in Babbanologia abbiamo studiato la medicina Babbana? Sembra interessante! Ci sono dei Guaritori che hanno provato a mescolare le conoscenze che voi sappiate? Se abbiamo un libro che parla di questi esperimenti me lo spedite via gufo? Mi piacerebbe moltissimo leggerlo!

A Hogwarts, come sapete, stiamo benissimo. Persino Alex si è ambientata nella Casa di Serpeverde ed è molto concentrata sullo studio. Il professor Lumacorno mi ha detto che è molto brava con le pozioni e sta dimostrando di essere una vera Turner (credo che a papà farà molto piacere saperlo!). 

L’altro giorno zia Walburga ha mandato una Strillettera al Preside e tutta la Sala Grande l’ha sentita urlare sul futuro dei Black. Sirius e Regulus volevano seppellirsi dalla vergogna! Quando la vedete, tranquillizzatela! Sì, sono successe cose terribili a quei poveri studenti, ma noi stiamo bene e sono sicuro che il professor Silente presto risolverà ogni cosa.

Vi mando un grande abbraccio,

il vostro Robert”

Rilesse la lettera, la piegò in più parti e poi ne fece un rotolino, perfetto da legare alla zampa di Nunki, il suo fidato gufo reale. Era un po’ di giorni che non saliva in Guferia a trovare il suo amico pennuto. Tra gli animali attaccati dal mostro, per fortuna, non c’erano gufi, ma solo animali di terra. Si domandò se non fosse un indizio da discutere con gli altri per risolvere il mistero. 

Non era ancora scattato il coprifuoco e se Giles e Xeno erano rimasti in Sala Grande con Davies e Chambers a discutere dei compiti che aveva assegnato il professor Vitious, lui aveva preferito iniziare a tornare nella torre di Corvonero, troppo stanco per continuare a sentire le chiacchiere degli studenti intorno a lui. Troppo stanco perfino per dormire. Forse Nunki lo avrebbe aiutato a distrarsi e rilassarsi.

Man mano che si avvicinava alla guferia, però, sentiva gli animali in agitazione, c’era un frullare di ali e alcune civette stridevano cercando di attirare l’attenzione. Robert mise mano alla bacchetta. Si fermò sulla soglia della guferia in ascolto, domandandosi se dentro avrebbe finalmente trovato il mostro che terrorizzava tutti loro e che era intento a divorare i poveri volatili. 

Sentì l’abbaiare di un cane seguito da un grido: “Lasciami!” Sollevato dall’idea che non ci fosse nessun mostro, Robert entrò nella torre per andare in soccorso dell’altro studente. Rimase di sasso quando vide Jago Mulciber paralizzato dalla paura mentre un cane nero gli abbaiava contro e provava a saltargli addosso.

“Lasciami in pace, stupido cane!” urlò. 

Robert scoppiò a ridere. Non aveva alcuna idea di come un cane nero, di taglia media, quasi grande, fosse entrato nella scuola, arrivando fino alla guferia, ma al tempo stesso non aveva nessuna intenzione di aiutare Mulciber. Si appoggiò alla parete di pietra con le braccia conserte deciso a godersi lo spettacolo.

“Cosa ridi, Turner? Dammi una mano!”

“Non sai gestire un cane?” domandò Robert. “E vorresti dare la caccia ai mostri?” Ebbe la sensazione che il cane gli rivolgesse uno sguardo complice, come se fosse in grado di capirlo. 

“Seduto,” ordinò Robert frugando nelle tasche del mantello. Nunki non sarebbe stato felice di sapere che parte del suo bacon sarebbe andato a quel cane sconosciuto. Il cane obbedì perfettamente e Robert esclamò felice: “Bravo!” Allungò un pezzetto di bacon per ricompensare l’animale che si trovò a scodinzolare.

“Ma è bravissimo!” esclamò Robert ridendo. Jago sembrò tranquillizzarsi e la sua espressione si rilassò. Provò ad allontanarsi dal muro in cui era stato confinato e il cane tornò subito a puntarlo, lo costrinse ad indietreggiare e spostarsi a destra, proprio in mezzo a un mucchio di guano di gufi. 

Robert non riuscì a nascondere le risate. “Sembra che quel cane ti conosca bene…” commentò osservando il cane. Ancora una volta ebbe la sensazione che il cane lo capisse fin troppo bene. Aveva alzato le orecchie e inclinato la testa di lato, poi aveva seguito lo sguardo di Robert puntato verso il mucchietto di guano ed era tornato a guardarlo. Aveva abbaiato, quasi come se volesse dare la sua approvazione, prima di saltare con le zampe proprio nel punto più sporco, dove il guano si mescolava con le piume dei gufi per poi saltare addosso al povero Mulciber scodinzolando festante.

“Guarda ti fa le feste!” Robert aveva le lacrime agli occhi.

“Ma io non l’ho mai visto!” Mulciber, schizzinoso com’era, stava per avere un attacco isterico nel vedere il mantello sporcarsi. Il cane afferrò un lembo del mantello e i gufi sembravano aver capito le intenzioni del cane. Era una situazione surreale, del tutto inedita, si trovò a pensare Robert. Dal trespolo accanto a Jago si sentì un frullare di ali, uno stridìo e i gufi iniziarono a svolazzare per la torre, andando a tormentare Jago che con uno strattone si liberò dalla presa del cane. O forse il cane lo aveva liberato? Robert non era in grado di capirlo, ma lo vide lanciarsi nell’inseguimento di colui che sembrava avesse eletto a suo padrone. 

“Forse dovresti dargli un nome!” gli urlò dietro, affacciandosi nella tromba delle scale. “Al diavolo, Turner,” fu la risposta urlata di Mulciber, seguita da un abbaio divertito di quel cane nero. Nonostante la penombra, ogni volta che Mulciber entrava nel campo visivo della tromba delle scale, si poteva osservare il suo mantello pieno di zampate bianche di guano di gufi. 

Lentamente tornò la calma in guferia e Robert riuscì ad avvicinarsi a Nunki e affidargli la lettera. Si beccò anche un morso sulla mano perché il suo gufo non aveva gradito una porzione di bacon ridotta. 

Più tardi, in dormitorio, Robert avrebbe raccontato a Xeno e Giles quanto appena visto. Non era riuscito ad avere le informazioni che voleva ottenere da Mulciber, ma quel cane, in qualche modo, lo aveva ricompensato della notte insonne. Forse, avrebbe dormito anche senza pozioni.

 

***

 

“Non riuscirai a battermi prima dello scoccare del coprifuoco.”

Regulus osservò divertito Alexandra. La scacchiera era chiara: lei aveva perso tutti i pezzi importanti e la sua difesa era ancorata a un cavallo e una torre. Forse, un giorno, avrebbe capito di non essere portata per gli scacchi. La strategia militare, dopo tutto, non era proprio nelle corde della sua amica.

“Ha ragione, Alex, hai praticamente perso.”

Barty si beccò un’occhiata di rimprovero. Alexandra raddrizzò la schiena e si lisciò le pieghe della gonna come ogni volta che voleva darsi un contegno. “Non è finita finché non è finita,” si limitò a dire mentre sorrideva, felice di aver preso la pedina che Regulus aveva deciso tre mosse prima di sacrificare per aprirsi la strada verso lo scacco matto.

Regulus disse divertito: “Regina in D1, scacco matto. Adesso è finita.”

Osservarono i pezzi muoversi e mentre la Regina Nera colpiva il Re Bianco, la porta della sala comune si aprì di scatto lasciando entrare uno Jago piuttosto scarmigliato. Alexandra arricciò il labbro nel vedere il mantello sporco di piume e quello che sembrava guano di gufi. Fuori dalla porta un cane abbaiava.

Barty corse esclamando divertito: “Un cane!”

“Non farlo entrare!” Jago urlò terrorizzato dalla prospettiva che il cane potesse invadere la loro sala comune. “È una bestia malefica!” 

“A me sembra solo un cane,” disse Barty mentre accarezzava il capo dell’animale che mostrava la lingua e ansimava divertito da quel trambusto. Regulus osservò Jago e poi si avvicinò a Barty invitandolo a lasciare l’animale fuori dalla sala comune. “Sai, credo che il professor Lumacorno non approverebbe tanto scompiglio.” Congedò il cane con un grattino dietro le orecchie e gli disse: “Non possiamo farti entrare, vai da Hagrid, lui saprà come aiutarti, ama tanto gli animali!”

“Wof!” Il cane scodinzolò, fece un balzo su sé stesso e corse verso le scale che portavano all’atrio, proprio come se avesse capito perfettamente quello che Regulus gli avesse detto. Barty aveva osservato la scena sorpreso e Regulus scrollò le spalle: “Sembra un cane molto intelligente.”

“Non lasciatevi ingannare,” disse Jago mostrando il suo mantello. “Guardate come mi ha ridotto! Ha fatto sì che i gufi mi attaccassero! Ora non si può più nemmeno andare in guferia tranquilli! Questa scuola è pericolosa! Forse è vero che farebbero bene a chiuderla!”

“Non dirlo nemmeno per scherzo.” La voce seria e atona di Severus Piton si alzò dal fondo della sala comune. Era immerso in un angolo buio, rischiarato appena dal lume di una lanterna, immerso nella scrittura di qualcosa.

“Oh, sì, certo, altrimenti tu come fai a stare sempre con la tua amata Lily…” mormorò Jago. “Preferiresti finire vittima di quel mostro piuttosto che separarti da lei.”

Severus non rispose, si limitò a guardare Jago con la sua aria inespressiva e aggiungere: “Fossi in te penserei solo a farmi una doccia e pulire l’uniforme. Dicono che il guano di gufo lascia degli aloni se si secca.” 

Barty si lasciò sfuggire un accenno di risatina mentre Alexandra lo fulminò con lo sguardo e disse solo: “Beh, comunque sarebbe molto romantico da parte tua, Severus, proprio come nelle favole.”

“Peccato che nelle favole i principi sono belli e affascinanti, anche quando scendono dal dorso di un drago,” commentò Eloise mentre la sua migliore amica Margareth ridacchiava: “Di certo non si può dire che Severus abbia queste doti, o la piccola Alex ha un debole per Piton?”

Ci fu un istante in cui lo stomaco di Regulus si strinse per la paura. Lo sguardo scattò verso Piton che osservava la scena con le sopracciglia alzate, mentre Alexandra era accigliata. Gonfiò le guance come quando era fortemente oltraggiata e disse: “Che sciocchezze! Mio papà non è un principe, ma sa cavalcare i draghi ed è bravo con le pozioni e salva un sacco di maghi tutti i giorni! Non bisogna essere belli e affascinanti, o principi per essere degli eroi.” 

Margareth fece echeggiare la sua risata acuta: “Nemmeno la Turner ti calcola, Severus!”

“E perché dovrebbe? La Turner può ambire di più di un Mezzosangue,” commentò Eloise, rivelando quanto i Rosier la stessero preparando per quello che Sirius aveva definito “il mercato matrimoniale”. Lo stomaco di Regulus si rilassò per un attimo, poco prima che una voce nella sua testa gli ricordasse che Alexandra non aveva affatto smentito il suo interesse per Severus, anzi, lo aveva paragonato a un eroe. Possibile che fosse diventata già così grande da avere una cotta e, magari, un fidanzato che l’avrebbe allontanata per sempre da lui? Stava perdendo la sua migliore amica? Walburga e Darlene, le loro madri, da tempo insistevano perché trascorressero meno tempo insieme, perché i loro rapporti fossero solo una composta amicizia, ma come poteva rinunciare alla sua compagna di giochi e di avventure? Come poteva pensare di non poter più afferrare la mano della sua amica mentre rincorrevano gli elfi domestici per i corridoi di Grimmauld Place, di non chiudersi con lei nella sala di lettura della mamma e bisbigliare sottovoce le storie e i pettegolezzi che avevano sentito? Perché tutto doveva cambiare per adempiere a un semplice compito? E poi, non poteva essere lui quello a cui ambiva Alex? Perché Severus? Perché era più grande? Perché era in grado di fare anche gli incantesimi degli studenti del settimo anno? Perché era il più bravo di tutti in Pozioni?

La mente di Regulus girava furiosamente; lui si lasciò cadere sul divano e quasi non sentì più Margareth ed Eloise che continuavano a tormentare Piton.

“Reg, che succede, hai mal di testa?” La domanda gli era arrivata quasi come un sussurro. Alex sapeva benissimo che durante le sue emicranie, i rumori sembravano perforargli la testa. Regulus alzò lo sguardo verso la voce della sua amica, i suoi occhi marroni e il sorriso premuroso lo accolsero. Alle sue spalle, Severus stava battendo in ritirata in dormitorio portandosi dietro Avery e Mulciber.

“E così ti piace Severus?” le domandò cercando di nascondere la paura che la sua voce poteva tradire. Sul volto di Alexandra, però, comparve un sorrisetto: “Non l’ho mai detto. Non volevo darla vinta a quelle due perfide di Eloise e Margareth.”

“Hai paragonato Severus a Edward solo per questo?”

Alexandra annuì convinta: “Sicuro.” Ci fu un momento di esitazione in cui Regulus rimase in attesa che la sua amica si svelasse. “Inoltre, Eloise ha ragione sui fidanzati.”

“Sul fatto che puoi avere meglio di Piton?”

“Sul fatto che è un Mezzosangue.”

Questa volta fu Regulus a rimanere in silenzio, incerto su come proseguire quel discorso. Avevano vissuto insieme il dramma della fuga di Andromeda, l’estate in cui aveva ricevuto la sua lettera di ammissione a Hogwarts. “E… se fosse Purosangue ti piacerebbe?”

Alexandra gli diede una gomitata mentre scuoteva la testa. “No, ma dovremmo parlare delle nostre ricerche in biblioteca.” Regulus si raddrizzò sul divano mentre il suo animo si faceva più leggero. “Non ci sono indicazioni sugli animali che vivono nella Foresta Proibita e non possiamo escludere nemmeno che sia stato un mago.”

Regulus sollevò le sopracciglia: “Cosa intendi dire?”

“Con Barty ci siamo intrufolati nel Reparto Proibito grazie a Severus che ha offerto un ottimo diversivo per Madama Pince.”

Regulus aggrottò le sopracciglia perplesso dall’idea di Severus che mettesse, ancora una volta, a repentaglio il suo rapporto con la bibliotecaria.

“Dovevi vederlo, è stato molto bravo! Si è avvicinato a Lily Evans con una scusa e mentre chiacchierava con lei e le sue amiche, rivolgeva occhiate divertite a Potter che, ovviamente, non appena Sirius si è allontanato, ha reagito provando a far partire una folata di vento dalla bacchetta. Severus ha urlato che tutto quel vento stava per far cadere l’inchiostro sui libri e Madama Pince è saltata come un grillo. In quel momento, io e Barty siamo scivolati oltre il cancelletto.”

“Per questo motivo avete fatto tardi a cena?”

“Esatto! Abbiamo dovuto aspettare che chiudesse la biblioteca!”

“Cosa avete trovato?” Regulus era impaziente. 

“Ci sono diverse maledizioni che fanno perdere i sensi e fanno diminuire il livello di sangue, rientrano nelle maledizioni del sangue e alcune si tramandano di generazione in generazione, mentre altre possono estinguersi solo con la morte della vittima.”

“C’è la possibilità che guariscano le vittime?” 

Alexandra scosse la testa sconfortata. “Purtroppo non saprei, potrò approfondire l’argomento a casa con i libri dei miei genitori.” Sembrava così piccola, eppure motivata a dare il suo contributo, nonostante la paura che l’assaliva. Regulus la osservò stringersi le ginocchia: “Reg, ma chi può mai voler maledire il sangue di noi studenti?”

“Non lo so, Alex, proprio non lo so.”

 

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Capitolo 7
*** La reticenza di Hagrid ***


 

Capitolo 7 - La reticenza di Hagrid



 

C’era un’infinità di motivi per cui tornare nella Foresta Proibita in piena notte non era una buona idea. 

Non solo perché tutti e tre rischiavano una punizione, di far perdere punti a Corvonero che, finalmente, era in vetta nella classifica della Coppa delle Case, ma c’era anche il dubbio su cosa - o chi - si aggirasse per la Foresta Proibita a risucchiare il sangue da qualsiasi cosa ostacolasse il suo cammino, animali o studenti che fossero. 

Tuttavia, la sola ragione per cui si trovavano in mezzo ai rovi, nascosti da un incantesimo di Disillusione e aggrappati alla speranza che questo fosse sufficiente a nascondere la loro presenza agli occhi di qualsiasi mostro, era quella di incontrare i Centauri.

Era trascorso quasi un intero mese dall’aggressione ad Aurora Sinistra e non c’erano state ulteriori aggressioni, ma solo quei rumori che, lentamente, avevano smesso di preoccupare gli studenti ed erano entrati a pieno titolo tra i rumori abituali della scuola, proprio come il cigolio delle porte, lo scricchiolio delle scale, l’ululare del vento tra le fessure delle pareti, i versi di Pix, e il chiacchiericcio fastidioso dei fantasmi.

Avevano dovuto attendere la prima notte senza pioggia per poter uscire nella Foresta, in quanto dubitavano che delle creature intelligenti e sapienti come i Centauri andassero a zonzo sotto l’acquazzone e, per di più, senza punti di riferimento con il cielo coperto da nuvole dense di pioggia. 

“Seguitemi, conosco la strada,” disse Xenophilius mentre li guidava tra le felci e gli abeti. In lontananza, il battere di ali dei pipistrelli e di qualche rapace notturno segnalava la loro presenza quali intrusi di quell’habitat.

“Come fai ad essere certo del percorso?” Robert invidiava la sicurezza di Xeno la maggior parte delle volte. 

“Semplice, ho lasciato dei segni sugli alberi. Possono cambiare i sentieri, ma gli alberi non si spostano. Ecco, vedete quell’ontano in mezzo ai pini? Lì ho messo il primo segnale.” Si avvicinò all’albero e sussurrò: “Revelio.”

“Sei proprio sicuro?” 

Persino sotto l’incantesimo di Disillusione era possibile percepire il sorrisetto obliquo di Giles. Il grattare della corteccia segnalò che l’amico stava esaminando l’albero. “Si tratta di un bell’esemplare, perfetto per una bacchetta magica, ma non c’è traccia di magia.”

“Che strano, eppure sono certo che sia questo l’albero.” 

“Credi che qualcuno abbia rimosso il tuo incantesimo?” Robert era piuttosto perplesso, non riusciva a credere che fosse possibile rimuovere un incantesimo di localizzazione. Xeno, poi, era piuttosto bravo, persino il professor Flitwick lo considerava uno dei suoi migliori studenti.

“Io proprio non riesco a capire…” Sospirò affranto. “Perché qualcuno sta boicottando la nostra missione?”

“Forse per proteggere i segreti dei Centauri?” ipotizzò Robert.

“Ma sei sicuro che qualcuno ci stia boicottando? Quando saresti venuto ad apporre l’incantesimo?” La domanda di Giles era piuttosto pertinente. Negli ultimi giorni aveva diluviato talmente tanto che credevano la neve sarebbe giunta prima del tempo. 

“Io… io…” L’incantesimo di Disillusione svanì lasciando intravedere uno Xeno che si guardava intorno smarrito. 

“Credi che qualcuno lo abbia Confuso?” domandò Robert.

“No, è che io sono venuto qui, esattamente due pomeriggi fa, mentre voi due eravate impegnati con Emily Light. O meglio, Robert era impegnato a fare il cascamorto, Giles tollerava stoicamente.”

“Due giorni fa non è un grande periodo di tempo perché l’incantesimo si sia estinto,” Giles rivelò la sua figura, così fece Robert.

“Esatto! Il problema è…” Xeno fece una pausa e osservò la bacchetta. “Non riesco a ricordare il momento esatto in cui ho apposto l’incantesimo.” Camminava intorno all’albero con le punte delle dita che stringevano le due estremità della bacchetta. “Ricordo perfettamente di avervi lasciati con Emily, di essermi nascosto alla vista di Hagrid, di aver preso il sentiero della Foresta Proibita e di essere andato verso il Lago Nero, l’unico punto di riferimento che abbiamo. Ricordo anche di aver visto questo ontano in mezzo ai pini, di averlo accarezzato, proprio come avrebbe fatto Giles. Poi, per qualche strana ragione, non ricordo più niente.”

“Sembrano gli incantesimi anti-localizzazione che i maghi usano per proteggersi dai Babbani…”

“Ma io non sono un Babbano! E perché qualcuno avrebbe dovuto proteggere questo ontano?”

“Quindi tu non sei più sicuro di aver usato un incantesimo di localizzazione su questo ontano…”

“Ne ero sicuro fino a qualche momento fa, ma adesso tutto è più confuso…” Agitò una mano davanti ai suoi occhi esclamando: “Che fastidio questi moscerini!”

“Quali moscerini?” Robert e Giles si scambiarono uno sguardo preoccupato. “Vieni, Xeno, torniamo alla torre di Corvonero, mi sa che non sei in forma per i Centauri…”

“No! Io voglio trovarli, voglio conoscerli, voglio dialogare con loro e scoprire il senso di quella profezia!” 

“Non c’è niente da capire, i riferimenti al sangue e all’oscurità sono piuttosto chiari, non ti basta tutto l’orrore a cui abbiamo assistito?” Giles era preoccupato, implorava Xeno di tornare indietro, quando un fruscìo di foglie seguito da un: “Chi c’è qui?” li fece sobbalzare per lo spavento.

“Lovegood! Turner! Ollivander! Cosa ci fanno tre Corvonero come voi di notte nella Foresta Proibita?” 

Nel veder comparire la figura imponente di Rubeus Hagrid, Robert fu invaso da due sentimenti contrastanti: il sollievo di non aver incontrato il mostro, il terrore di non scampare a una punizione. Hagrid era molto amico di Silente, era risaputo, e non c’era alcun motivo al mondo per cui non dovesse fare rapporto al Direttore della loro Casa o al preside in persona. Sentiva il cuore battere forte fin dentro la gola, mentre le gambe gli cedevano più di quando si era trovata la pila di animali morti davanti. Riusciva persino a immaginare le conseguenze che sarebbero giunte da casa, alla punizione di sua madre per aver fatto sfigurare i Turner.

“Cerchiamo i Centauri!” Xeno non provò nemmeno a inventare una scusa. “Puoi dirci dove si trovano?”

“Assolutamente no!” esclamò il Guardiacaccia, “Dovreste essere a letto, non girovagare per la Foresta Proibita! Non è sicuro!”

“Perché tu sai che c’è un mostro?”

“Non c’è nessun mostro! Solo creature incomprese che possono diventare pericolose per degli studenti inesperti come voi!”

“Hagrid, tu sai se ci sono incantesimi protettivi?”

“Il preside intende proteggere la scuola, ma questo non dovevo dirvelo.”

Robert e Giles si scambiarono uno sguardo di intesa: l’esitazione di Hagrid era il momento perfetto per defilarsi. Occorreva prendere Xeno, però. Forse, vi era la possibilità di non finire in punizione. “Ma io voglio conoscere i Centauri!” Xeno obiettò, mandando in frantumi tutti i progetti di Giles e Robert. 

“I Centauri sono creature cocciute, di certo non hanno tempo da perdere con gli studenti. Sono impegnati in cose più importanti, di vitale importanza.” Hagrid li osservò dritti negli occhi.

“Vuoi dire che sono coinvolti nella protezione della scuola?”

“Io non vi ho detto niente. Andate, prima che vi veda un professore e vi metta in puninzione.” Giles e Robert approfittarono del tempo in cui Xeno assimilava quelle informazioni per arpionarlo, ciascuno afferrò un braccio, e lo trascinò in direzione della scuola. Hagrid fece loro strada e li accompagnò fino al portone di quercia per accertarsi che rientrassero nel castello.

Oltre la porta di legno, il volto severo della professoressa McGranitt, fece loro comprendere di essere finiti in punizione.

 

***

 

A colazione, Sirius sollevò lo sguardo verso il tavolo di Corvonero. La casa aveva l’aria più torva del solito e il solito chiacchiericcio allegro sembrava essersi spento. Cercò con lo sguardo Robert e lo vide chino su una ciotola di porridge con aria funerea.

“Se i Corvi sono tristi, è solo per una ragione,” sentenziò James, mentre il sorriso gli si allargava sul volto. “Come sospettavo: guardate la clessidra! Non sono più i primi!”

Sirius portò lo sguardo verso gli zaffiri il cui livello era sceso drammaticamente. “Hanno perso un sacco di punti!”

“Questo significa solo che qualcuno è finito nei guai,” disse Remus mentre terminava il suo toast imburrato. “E con ogni probabilità i nostri amici sono i responsabili,” continuò James. “Su, andiamo a insegnar loro come portare con dignità lo spirito malandrino. Se c’è qualcuno esperto di punizioni, quelli siamo noi…”

Lungo il percorso, intravidero Mulciber, Avery e Mocciosus ridere in direzione delle clessidre. “A quanto pare, Serpeverde non ha rivali per la Coppa delle Case…” osservò Mocciosus. Avery si sistemò il nodo della cravatta. “Non c’erano dubbi, gli altri sono degli sfigati.”

“Scommetto che è tutta colpa di Turner, Lovegood e Ollivander, guarda le loro facce,” aggiunse Mulciber. “Che ne dite se ci divertiamo un po’?”

James e Sirius non ebbero bisogno di scambiarsi parole, bastò uno sguardo rapido e poi i tre Serpeverde si ritrovarono in mutande di fronte l’intera scuola che scoppiò a ridere.

“Ehi! Avery, belle gambe!” esclamò qualcuno dal tavolo di Tassorosso. 

“La notizia è che le ha anche Piton!” gli fece eco Marlene McKinnon dal tavolo di Grifondoro. 

“Mulciber, stai attento, rischi di inciampare,” lo avvisò Sirius prima di attirare a sé la cintura di Mulciber e farlo cadere sul pavimento con un tonfo. La professoressa McGranitt, dal tavolo dei professori, urlò: “Signor Mulciber! Signor Piton! Signor Avery! Tutto ciò è inaccettabile!”

“Se la prenda con i suoi studenti!” mormorò Piton che, codardo come al solito, indicò James. “Potter è il responsabile di quanto accaduto!”

James e Sirius avevano già riposto le bacchette in tasca e sfoderarono la loro miglior espressione innocente. “Assolutamente no, professoressa, noi stavamo andando a salutare i nostri amici Corvonero.”

Severus Piton con il volto livido per il fastidio e, al tempo stesso, imbarazzato per essere in mutande davanti alla professoressa McGranitt, cercò di perorare la sua tesi e ottenere una qualche forma di rivalsa. Così, con le mani che reggevano i pantaloni e cercavano nervosamente di chiudere la cintura, protestò: “Le due cose non si escludono!” 

La McGranitt alzò un sopracciglio, infastidita dall’interruzione e, forse, dalla sfiducia che Severus mostrava circa la sua capacità di valutazione. Sirius e James avevano imparato nel corso degli anni a rapportarsi con la professoressa.

“Signor Piton, tolgo dieci punti a testa a Serpeverde per l’interruzione e il modo indecoroso in cui vi siete comportati con i Corvonero… Vi ho sentiti fin dal tavolo dei Professori” si rivolse poi a James e aggiunse: “Potter, ti tengo d’occhio.”

“È un piacere, professoressa,” commentò con la sua miglior faccia tosta. Era difficile, se non impossibile, impressionare la McGranitt che, infatti, si limitò ad allontanarsi senza cedere a un sorriso. 

James prese posto accanto a Ollivander ed esclamò: “Quella strega un giorno mi amerà follemente…”

“Non so se è più inquietante la tenacia che mostri verso Lily o la tua passione per la McGranitt,” obiettò Giles sistemandosi gli occhiali dalla montatura dorata. James sospirò: “Sono amori diversi… Non si può dire che la McGranitt non sia una delle più grandi esperte di Trasfigurazione viventi. Vorrei tanto padroneggiare gli incantesimi come lei.”

“Potter, sei comunque uno dei suoi migliori studenti…” intervenne Robert. “Lo sappiamo tutti che ha un debole per te, anche per via del Quidditch.”

“Vi rendete conto che se Lily avesse qualcosina della McGranitt sarebbe perfetta?”

Sirius, Robert, Giles e Xeno alzarono le sopracciglia in sincrono. “Potter, questa è la prima volta che ti sentiamo alludere a una non completa perfezione della Evans…”

“Tsk… uomini di poca fede…” James spostò lo sguardo verso il tavolo di Grifondoro e, prima che si perdesse nella contemplazione di Lily intenta a fare colazione con le sue amiche, Sirius tornò al motivo per cui erano andati a trovare i Corvonero. “Hanno ragione i Serpeverde? I punti persi da Corvonero sono a causa vostra?”

Robert sospirò, si passò una mano sul viso e annuì. “Purtroppo sì, abbiamo incontrato Hagrid nella Foresta Proibita e ci ha riportato al castello. All’ingresso, abbiamo incontrato la McGranitt che ci ha tolto 50 punti a testa…”

“Non solo, siamo in punizione per tutte le sere della prossima settimana. Aiuteremo Madama Pince a riordinare la biblioteca dei Corvonero, senza magia.”

“Beh, non è male come punizione…” commentò Sirius, “ancora mi ricordo di quando ho passato tre giorni in compagnia di Gazza e del suo stupido gatto…”

“Ad ogni modo, ne è valsa la pena,” sentenziò Xeno raddrizzando le spalle. “Abbiamo scoperto qualcosa sui Centauri.”

Sirius si avvicinò incuriosito da quella notizia, James sistemò meglio gli occhiali mentre si sporgeva verso Lovegood con i gomiti puntati sul tavolo. Giles e Robert, invece, sembravano meno convinti sul fatto che ne fosse valsa la pena. 

Xeno aveva guardato alla sua destra e alla sua sinistra, come per accertarsi che non ci fossero orecchie indiscrete nei paraggi, lasciò che i lunghi capelli biondi che aveva dietro le spalle gli scivolassero davanti, quasi a coprire il volto. Solo dopo che si sentì sicuro di non poter essere ascoltato, con un filo di voce, disse: “Sono coinvolti nella protezione della scuola.”

“Vuoi dire che la minaccia viene dalla Foresta Proibita?”

“E allora, i rumori?”

“E le aggressioni nella scuola?”

Xeno scrollò le spalle. “Sono certo che Hagrid sa qualcosa, dopo tutto, lui è l’esperto di creature spaventose.”

“Quello è Kettleburn,” lo corresse Giles. “Hagrid è soltanto ottimista sulle possibilità di gestire creature pericolose.”

“Forse è arrivato il momento di fare due chiacchiere con Hagrid,” concluse James. Si rivolse a Sirius proponendo: “Ci andiamo dopo l’ora di Incantesimi, quando abbiamo un’ora di buco, prima di Pozioni.”

“Anche noi abbiamo un’ora di buco, dopo Incantesimi, prima di Trasfigurazione.” Robert sembrava aver recuperato un po’ di ardimento. “Veniamo con voi.”

Non era la prima volta che andavano a trovare Hagrid, anche se era la prima volta che Sirius vi metteva piede senza le sembianze di Felpato. Era complicato riuscire a sfuggirgli in forma canina, Hagrid era dannatamente bravo a fargli le coccole e lo riempiva di prelibatezze. Inoltre, Thor, il suo cane, lo aveva preso in simpatia e ogni tanto passavano del tempo a giocare. Era stato difficile fargli credere che vivesse nella Foresta Proibita e che non fosse il cane di qualche studente. Se Hagrid avesse sospettato che qualcuno avesse smarrito il cane, infatti, sicuramente avrebbe avvisato il Preside che avrebbe intuito la natura umana dietro le sembianze canine.

“Ragazzi!” Dopo la sorpresa iniziale, Hagrid notò che c’era qualcosa di insolito in quella visita, li osservava con le sue sopracciglia folte e scure corrucciate. Era una delle poche persone trasparenti come l’aria e, secondo Sirius, ciò era dovuto al fatto che trascorresse molto tempo con gli animali magici. Thor gli andò incontro scodinzolando e gli fece le feste annusandogli il sedere. Era un cane così furbo che sicuramente aveva riconosciuto l’odore di Felpato in Sirius.

“Strano, di solito non è così espansivo.”

Sirius sorrise e minimizzò: “Faccio sempre questo effetto ai cani…” James gli diede manforte: “Verissimo, devi vederlo a Hogsmeade…”

“Bene, potresti lavorare con le Creature Magiche…”

“Dopotutto, tua mamma dice sempre che sei una bestia,” ridacchiò Robert dandogli una gomitata e James scoppiò a ridere. 

“E voi due siete due idioti.”

“Ad ogni modo,” Giles tornò serio, “siamo qui per chiederti qualcosa su quello che sta succedendo nella Foresta Proibita.”

“Non è affare vostro.”

“Ma Hagrid! Minacciano di chiudere la scuola se questi attacchi non cessano! Hai visto che cosa è successo ai gatti?”

“Silente sta indagando, io sto indagando, i Centauri stanno indagando e non c’è nessun motivo al mondo per cui debbano essere dei ragazzini come voi a mettersi nei guai andando a zonzo di notte nella Foresta Proibita. Pensate a studiare.”

“Hagrid, tu c’eri quando è morta Mirtilla?” Il volto di Hagrid si contrasse in una smorfia di dolore alla domanda di James. Li invitò a entrare in casa e ad accomodarsi al tavolo di legno, sulle sedie che erano enormi, a dimensione di Hagrid. Da una credenza di legno dall’aria malandata, estrasse delle tazze sbeccate e tirò fuori dal camino una grossa teiera di peltro che era stata messa a riscaldare sulla brace. Versò loro del tè, il suo lo corresse con un po’ di Firewhisky.

“Ero al mio ultimo anno di Hogwarts quando è morta Mirtilla, venni incolpato ed espulso dalla scuola. Ma io non c’entro niente e nemmeno Aragog!”

“Chi è Aragog?”

“La mia Acromantula!”

“Quei ragni giganti che vivono nella Foresta Proibita sono i tuoi?” La domanda di Xeno sorprese tutti e li costrinse a voltare lo sguardo di tutti i presenti dall’altro capo del tavolo. Lui, con i suoi capelli biondi che gli cascavano disordinati ai lati del viso, si limitò ad osservare i suoi compagni di Casa, incredulo della loro sorpresa. “Se non avete notato i ragni, è solo perché siete sempre distratti dai legni o dagli ingredienti per le Pozioni!”

“Se avessimo visto un’Acromantula, l’avremmo notata, perché è enorme!”

“Allora cambiati gli occhiali Giles, perché io ho visto i loro occhi che ci osservavano per tutto il tempo,” ribatté piccato. 

“Ad ogni modo, le Acromantule non hanno fatto nulla di male. Silente mi ha chiesto di parlare con Aragog e né lui né i suoi figli hanno mai toccato quegli animali.” Hagrid fece una pausa, come se fosse indeciso se continuare il suo discorso e poi aggiunse: “Di solito, delle prede delle Acromantule non rimane nulla.”

“Ah.” L’esclamazione di Ollivander fu flebile e tremolante al tempo stesso, sintomo di un vero e proprio terrore. Si sistemò gli occhiali sul naso e cercò di sdrammatizzare con i compagni di Casa: “È confortante sapere che oltre a qualcosa che succhia il sangue delle prede, c’è anche altro che delle prede non lascia nulla…”

Hagrid gli rivolse un’occhiataccia: “Le Acromantule sono creature incomprese, nemmeno tu lasci nulla della tua colazione. Basta solo che non sei la colazione dell’Acromantula!”

“Eh, sì, che ci vuole?” domandò sarcastico.

“E ritorniamo al motivo della punizione: basta non andare a zonzo per la Foresta Proibita di notte. Le regole esistono per garantire la vostra sicurezza.”

“Sì, ma i sentieri cambiano!” Esclamò Robert, “questo non garantisce nessuna sicurezza!”

“Che sciocchezze! I sentieri della Foresta Proibita sono gli stessi da sempre!” 

Tutti loro si scambiarono uno sguardo ancora più sospettoso: se i sentieri cambiavano non era per disposizione dei professori. Ci fu un momento di silenzio in cui ciascuno di loro tornò a bere un sorso del tè di Hagrid senza sapere cosa dire. La testa di Sirius vorticava in preda a mille interrogativi ed era sicuro che anche quella degli altri stesse facendo le stesse domande. 

Hagrid guardò fuori dalla finestra e poi osservò l’orologio: “Non avete lezione voi? Tornate al castello e smettetela di preoccuparvi, il professor Silente risolverà tutto.” James annuì e invitò tutti a seguirlo. Si allontanarono a sufficienza dal capanno di Hagrid, in modo da non essere visti e poi deviarono verso il campo di Quidditch. 

“Nessuno si sta allenando, sotto gli spalti dovremmo rimanere tranquilli.” 

“Cosa abbiamo scoperto? È stato l’ennesimo buco nell’acqua,” sospirò Xeno. “Di questo passo, non riuscirò mai a entrare nella comunità dei Centauri!”

“Sapevamo che la nostra missione non sarebbe stata semplice,” obiettò Robert dando una pacca sulla spalla all’amico. Sirius li osservò con interesse. Quando erano bambini, prima di Hogwarts, Robert era il suo migliore amico, il compagno di giochi prediletto. Poi, dopo il loro Smistamento, entrambi avevano trovato un compagno di Casa che era diventato più importante, Xeno per Robert, James per Sirius. Non c’erano stati litigi o scenate di gelosia, era stata una cosa spontanea e molto naturale. Robert era sempre la sua persona preferita, quando si trovavano insieme a Grimmauld Place, in alcuni momenti era anche meglio di quel pignolo lamentoso di Regulus. C’erano però delle differenze caratteriali che stavano emergendo e che Sirius iniziava a notare sempre di più. Robert era più distaccato dalle follie dei loro genitori, era paziente, stoico in un modo che Sirius non riusciva a capire, visto che moltissime volte, quello che sentiva in casa, lo metteva a disagio. Era un tratto del carattere che il più delle volte aiutava Sirius a calmarsi e mettere tutto in prospettiva: i loro genitori erano pazzi e c’era poco da fare. Negli ultimi tempi, però, Sirius faceva sempre più fatica a mantenere il distacco, a fingersi impegnato come Robert, o accondiscendente come Regulus e Alex. Nel vederlo dare la pacca sulla spalla a Lovegood, con la sua solita calma, Sirius sentiva tutta la frustrazione di Xeno, costretto a calmare un desiderio dirompente.

“In realtà abbiamo scoperto diverse cose,” precisò James, interrompendo il discorso sui Centauri. 

“Abbiamo scoperto che le Acromantule non c’entrano con le morti degli animali, il ché esclude che sia qualcosa che si muove nella Foresta,” intervenne Sirius. James, al suo fianco, annuì convinto: “E abbiamo scoperto che i sentieri cambiano solo quando vogliono loro.”

“E il Confundus,” esclamò Xeno, “L’albero che credevo di aver marchiato e invece non aveva alcun incantesimo!”

“Il che ci riporta all’ipotesi iniziale: non è una creatura magica, ma un mago!”

“O una strega,” disse Robert.

“Certo, o una strega.”

“Quindi ha ragione tua sorella e qualcuno ha maledetto la scuola?” domandò Giles sistemandosi gli occhiali sul naso. “Adesso, sì, che possiamo stare tranquilli.” 

Robert sospirò: “Non so se ha ragione Alex, ma dobbiamo venire a capo di questa vicenda prima che chiudano la scuola. Io non voglio assolutamente tornare a studiare a casa con il precettore.”

“Nessuno di noi lo vuole…” sospirò Sirius mentre James gli faceva cenno di seguirlo verso l’aula di Pozioni. Il solo pensiero di dover seguire Pozioni con i Serpeverde era in grado di mettergli l’umore sotto i piedi.

 

***

 

Le lezioni erano finite e l’aula di Pozioni era finalmente vuota. Lumacorno l’aveva messa a disposizione di alcuni dei suoi studenti preferiti. Regulus detestava quella smarcata preferenza, ma aveva bisogno dell’aiuto dei suoi compagni di Casa per poter riuscire a prendere almeno un “Oltre ogni previsione” in luogo del solito “Accettabile”. 

A Samhain, infatti, la scuola avrebbe informato le famiglie sugli esiti di metà trimestre e Regulus sapeva che sua madre non sarebbe stata affatto contenta dei suoi voti in Pozioni. Per quanto si applicasse, però, finiva per distrarsi, a causa dell’irritante accondiscendenza di Lumacorno, del modo in cui appoggiava la mano sulle spalle dei suoi studenti preferiti, a quei finti incoraggiamenti, ai voti che erano fin troppo generosi. A voler essere onesti, infatti, l’ultimo compito di Pozioni avrebbe meritato uno Scadente, Severus gli aveva persino detto che, se lui fosse stato professore, avrebbe messo un Troll a un compito del genere e, invece, Lumacorno gli aveva dato un Accettabile, arrivare a meritarsi un Oltre Ogni Previsione sembrava come scalare un’enorme montagna di formule magiche e ingredienti che non reagivano mai come Regulus si attendeva facessero, per non parlare della puzza del calderone che gli dava il mal di testa.

“Grazie per essere qui,” disse osservando i suoi amici. Di fronte a lui, Severus Piton lanciava uno sguardo ironico in direzione di Alexandra e Barty che avevano già sistemato il loro calderone e ordinato tutti gli ingredienti sul bancone in modo estremamente meticoloso. “Cos’è? Hai bisogno delle ripetizioni del primo anno? Guarda che mi ricordo tutto.”

“E chi può dirlo?” si lasciò sfuggire Barty.

“Io sono qui per ripetere che se prendo un altro Scadente, riceverò una Strillettera da casa,” sospirò Jago sconsolato.

“Mi consola sapere di non essere l’unico ad avere problemi in Pozioni, ma il passaggio dal secondo al terzo anno è stato drammatico. Fino allo scorso anno, non avevo problemi, ma quest’anno mi sembra di non riuscire a fare più niente,” si lamentò. Severus emise un sospiro spazientito. “Iniziamo, allora. Dove siete arrivati?”

Regulus osservò i suoi appunti, nemmeno riusciva a ricordare i nomi delle pozioni che aveva elencato Lumacorno. Era come se la sua mente rifiutasse di trattenere quelle informazioni. Lasciò scorrere l’indice sulla pergamena ruvida del suo taccuino sotto il sopracciglio alzato di Severus e disse: “Dobbiamo fare il compito sulla Pozione Restringente.”

Piton emise uno sbuffo sarcastico. Se non fosse stato che era il miglior studente di Serpeverde e avesse la fama di essere un ottimo pozionista, Regulus non lo avrebbe mai coinvolto perché era uno stronzo. La sua voce irritante e strascicata commentò: “E non ti è riuscita? Persino Jago l’ha fatta al primo colpo. Scommetto che anche Turner e Crouch ci potrebbero riuscire.” 

Dal suo bancone, Alexandra gli rivolse uno sguardo incoraggiante, ma Regulus iniziava a irritarsi in quell’aula che lo indisponeva: “Vuoi essere d’aiuto, Severus, o vuoi solo infierire?”

“Sono in grado di fare entrambe le cose, Black.” Il modo in cui pronunciò il suo cognome contribuì ad aumentare il malumore di Regulus. 

Alexandra gli si avvicinò e gli disse: “Prima di tutto, Reg, devi preparare il tavolo. Sul tuo bancone c’è un caos che nemmeno la cucina lasciata a Kreacher…” Regulus sentì il malumore scivolare via, il ricordo dei loro pomeriggi di gioco a casa e la voce di Alex lo mettevano di buon umore. La sua amica continuò: “mio papà dice sempre che i filtri non escono se non hai il bancone ordinato.” Edward Turner, il papà di Alex, era uno dei più rinomati Guaritori del San Mungo. Il suo campo di studi erano gli avvelenamenti da Sangue di Drago e lui era un appassionato studioso dei Draghi, al punto che, insieme al suo migliore amico Orion Black, avevano messo su un commercio clandestino di uova di drago. Se Edward aveva dato un simile consiglio ad Alex, doveva essere utile. Regulus non aveva mai pensato a ordinare il bancone, si limitava ad afferrare gli ingredienti che gli servivano man mano che li leggeva e un paio di volte aveva sbagliato i tempi di inserimento.

“Che ingredienti richiede la pozione Refrigerante?” domandò Alexandra mentre con un colpo di bacchetta aveva ordinato il bancone di Regulus come quello che occupavano lei e Barty.

Severus recitò a memoria, senza nemmeno sbirciare sul libro: “Radici di Margherita, Grinzafico sbucciato, una milza di ratto, una spruzzata di succo di sanguisuga, un bruco affettato.” Regulus controllò sul libro e combaciavano. Come faceva a ricordare gli ingredienti di una pozione del terzo anno?

“La tua fiducia mi commuove, Black…” commentò dimostrando di essersi accorto della sua sorpresa. Regulus si sentì sprofondare ma venne distratto da Alexandra che, nel frattempo, aveva messo sul tavolo gli ingredienti che Severus aveva elencato. “Prima di iniziare, forse, ti conviene sbucciare il Grinzafico,” suggerì incerta, alzando lo sguardo verso Severus.

“Certo, potrebbe farlo, ma considera che è l’ultimo ingrediente da inserire e potrà sbucciarlo con calma durante la mezz'ora in cui dovrà sobbollire il composto,” le disse Severus. “Vi consiglio di leggere tutta la ricetta per la preparazione prima di partire, solo così potete sapere quali sono gli ingredienti che vanno pesati e preparati per primi e quali potete preparare anche dopo. Fate attenzione ai tempi, perché se dovete mescolare in modo continuativo, potreste non avere il tempo di preparare un ingrediente.”

Regulus annuì. Nessuno gli aveva mai spiegato come approcciarsi alla preparazione del filtro. Lumacorno mostrava la sua pozione, illustrava la ricetta e i vari passi, ma non gli spiegava la strategia per arrivare al risultato migliore. Adesso riusciva a trovare un senso in quell’elenco di istruzioni.

Jago, invece, si stava esercitando con una pozione del quarto anno, ogni tanto arrivava un commento sarcastico di Piton. 

Regulus cercò di non perdere la concentrazione e continuò ad osservare il suo filtro che, stranamente, sembrava procedere bene. Il suo bancone era ordinato, privo di distrazioni, gli ingredienti erano pronti e finalmente il libro sembrava essere chiaro. Era come se i suoi amici avessero portato la luce in quello che gli sembrava una confusa giungla di ordini.

Alexandra e Barty, al loro bancone, erano alle prese con la stessa pozione di Regulus, i loro sguardi erano concentrati sul calderone e gli ingredienti. Alexandra leggeva, Barty annuiva e poi uno preparava gli ingredienti e l’altro mescolava il composto nel calderone. “Non ti distrarre, Black, dimostra di essere migliore di tuo fratello…”

Regulus alzò gli occhi al cielo. Non ne poteva più di quell’astio che c’era tra Sirius e Severus. Non gli interessavano le ragioni per le quali i due si odiassero, ma non voleva essere messo in mezzo. Suo fratello lo punzecchiava perché era amico di Severus: era un ottimo studente, sempre disponibile ad aiutare i compagni di Casa, perché doveva trattarlo male solo perché il suo aspetto non era gradevole? Se Salazar Serpeverde lo aveva ritenuto degno, chi era lui per metterne in discussione il suo valore? Al tempo stesso, Severus non perdeva occasione per denigrare Sirius, era sfiancante.

“Reg è meglio di Sirius… Non ha bisogno di dimostrare niente,” intervenne Alexandra con la voce ferma, come quando lo difendeva da Sirius e Robert.

“Hai trovato il tuo avvocato, Black? Una primina?”

“I tuoi tentativi di distrarmi sono patetici, Piton, non mi importa niente di Sirius, se ti manca, vallo a cercare.” Severus emise uno sbuffo risentito e Regulus, Alexandra e Barty sorrisero e, anche se non era nel suo campo visivo, Regulus era certo che anche Jago stesse ridacchiando per la risposta.

Ci volle circa un’ora per completare il filtro, ma alla fine Severus disse che era venuto bene e che forse avrebbe meritato un Oltre Ogni Aspettativa, che equivaleva a un Eccellente di Lumacorno. Persino il filtro di Alexandra e Barty venne bene e Severus si complimentò con entrambi, dicendo che erano portati per le Pozioni. Alexandra sollevò il capo e gli disse: “Lo so, me lo dicono tutti, ma io non voglio diventare una Pozionista, voglio diventare Ministro della Magia!”

Severus non disse niente, si limitò a rivolgerle uno sguardo scettico e passò a commentare la pozione di Jago che, invece, non era venuta altrettanto bene. Il filtro d’amore che aveva provato a distillare era diventato denso e maleodorante perché aveva dimenticato di inserire uno degli ultimi ingredienti. Regulus osservò il tavolo di Mulciber e comprese che aveva invertito l’ordine degli ingredienti da inserire, mentre Alexandra gli aveva disposto gli ingredienti seguendo l’ordine di utilizzo indicato dalla ricetta e non l’elenco iniziale. Avrebbe fatto tesoro di quel dettaglio per le future lezioni.

“Beh, direi che ora siamo pronti per cena,” esclamò Barty. “Ho una fame che mangerei un pollo intero!”

“Io una torta intera,” aggiunse Alexandra.

“Io un pasticcio intero,” si unì Jago ai due primini. Severus scosse la testa: “Forse dovresti tornare al primo anno, Mulciber, vedo che ti trovi a tuo agio.”

“Sei un cretino, Piton!” La risata di Jago si perse nel chiacchiericcio concitato dell’Atrio. Intorno a loro, gli studenti si accalcavano. Barty, smilzo e piccolo, riuscì a farsi largo tra gli studenti e tornò poco dopo con gli occhi marroni sgranati e il volto più pallido del solito. 

“Si tratta di Avery,” disse con un filo di voce.

“Desmond!” L’urlo di Jago fece girare alcuni Tassorosso e diede loro modo di avanzare fino al corpo riverso, pallido e privo di sensi. Il mostro, o chiunque fosse, era tornato e questa volta aveva agito prima del coprifuoco. Regulus strinse la bacchetta nella tasca spaventato. Alzò lo sguardo, gli occhi grigi di suo fratello avevano il medesimo terrore. 

Non volevano tornare a casa.

 

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Capitolo 8
*** Indizi in luoghi inattesi ***


 

 
Capitolo 8 - Indizi in luoghi inattesi


Hogwarts Express, 15 ottobre 1974


Sirius guardava fuori dal finestrino con l'animo tetro di chi aveva appena ricevuto una sentenza di condanna.

"Non siamo nemmeno riusciti a finire di esplorare il sesto piano, come facciamo a completare la mappa?"

La domanda di Peter strappò un sorriso amaro a James. Era seduto accanto alla porta di ingresso dello scompartimento, nel patetico tentativo di intravedere Lily Evans passare nel corridoio. Solo per un istante si voltò verso tutti loro e disse: "Dobbiamo aver fiducia in Silente. Ha detto che si tratta di una pausa un po' più lunga delle vacanze di metà trimestre. Torneremo dopo Halloween e la scuola sarà stata ripulita da qualsiasi minaccia."

Remus, seduto accanto al finestrino, proprio di fronte a Sirius, sospirò.

"Tu non sei una minaccia." James diede un colpetto sulla spalla a Remus per scuoterlo. "Grazie, James, ma so di esserlo. La prossima luna piena cade proprio in coincidenza con Halloween, sai cosa significa?"

"Che non hai bisogno di trovare un costume?" Peter sapeva sempre come alleggerire il loro animo con le sue battute sceme. Persino Sirius che non aveva voglia di ridere, si ritrovò a sorridere, così come Remus che gli lanciò la rivista di fumetti che stava leggendo. "Ti prometto che faccio incetta di nuove uscite," aggiunse Peter mentre raccoglieva le sue riviste.

"Posso tenere questa?" domandò Sirius mostrando una rivista sulla cui copertina c'era una splendida motocicletta babbana. "Forse a Londra riuscirai a vederne qualcuna dal vivo," suggerì James.

"Dubito che mia madre mi permetterà di andare in giro per la Londra babbana..."

"Tua madre no, ma la madre di Robert?"

"La madre di Robert è Darlene Rowle, hai presente?"

"Sì, benissimo, una grande Guaritrice del San Mungo, sempre molto impegnata, che potrebbe acconsentire a un pomeriggio di studio sotto la vigilanza di un elfo domestico e dare l'occasione a te e Robert di andare a fare un giro."

"Come?"

"Con questo piccolo aiuto... A me non servirà, posso prestartelo!"

Sirius spalancò gli occhi nel vedere James estrarre il suo preziosissimo Mantello dell'Invisibilità. "Solo, promettimi di non farlo scoprire da tua madre," aggiunse con un po' di timore su quello che Walburga Black avrebbe potuto fare se solo avesse saputo che il figlio e James Potter utilizzavano un Mantello dell'Invisibilità a scuola. Fu come se qualcuno avesse fatto un incantesimo per farlo tornare in vita, perché Sirius riuscì ad animarsi completamente alla prospettiva di affrontare due settimane con indosso il Mantello dell'Invisibilità. Avrebbe potuto approfittarne per uscire di casa senza dare nell'occhio e scoprire un po' della Londra Babbana che ignorava! Nemmeno Regulus doveva scoprire di quel segreto, altrimenti lui e quella piccola impicciona di Alexandra avrebbero finito per spifferare tutto alle madri e allora addio giri per Londra.

"Grazie, James, mi stai salvando..."

James sorrise. "Per così poco? Se ci organizziamo via gufo, posso farmi accompagnare a Diagon Alley dai miei genitori e possiamo andare a fare un giro insieme. Vediamo di sfruttare queste vacanze e di elaborare un piano per finire la mappa entro la fine dell'anno."

"E se non dovessimo tornare?" La domanda di Remus, con la voce strozzata, li costrinse a voltarsi e guardare l'amico.

"Hogwarts esiste da secoli, vedrai che torneremo. Io mi fido di Silente. I professori hanno bisogno di tempo per dedicarsi esclusivamente a risolvere questo problema. Inoltre..." James fece una pausa, quasi a raccogliere i pensieri, incurvò le labbra in quello che sua madre chiamava il sorriso malandrino, e aggiunse: "...credo che sia una mossa politica per dare alle famiglie quello che volevano. Dopo un po', quando avranno annunciato di aver perlustrato il castello e garantito che non ci sono minacce, i genitori saranno tranquilli e noi torneremo a Hogwarts. Finché Silente li ignora, il consiglio scolastico non gli darà tregua."

"Non oso immaginare il casino che avranno sollevato gli Avery..." mormorò Sirius. La sola idea di tornare a casa e dover assistere a quelle serate con gli amici dei suoi genitori gli dava il voltastomaco. Si domandò se avrebbe visto Marlene McKinnon durante quelle serate, in modo da poter fare gruppo con Robert e altre persone fidate, tipo Frank Longbottom e Amelia Bones che, benché fossero molto più grandi di loro e già lavoravano al Ministero, erano parimenti a disagio in quei contesti.

Il viaggio si trascinava lentamente, interrotto solo dall'arrivo della signora del carrello. James e Sirius comprarono un po' di tutto per sollevare l'umore dei loro amici e scacciare il pensiero che per due lunghissime settimane non avrebbero più condiviso ogni istante insieme. Ogni tanto, James o Peter cercavano di tirare su il morale a Sirius e Remus, i più provati da questo ritorno a casa.

"Ci scriveremo," li rassicurava James.

"Vi posso mandare i fumetti via gufo," confermava Peter.

"Sai cosa farebbe mia mamma ai tuoi fumetti?"

"Suppongo che userebbe Incendio," disse Peter mentre osservava il numero di Spider-Man che aveva letteralmente consumato in quei due mesi a scuola. Peter accarezzava i profili della copertina e sfogliava distrattamente le pagine, sorridendo quando lo sguardo si posava su uno dei suoi passaggi preferiti.

"Ho paura," mormorò infine Remus. "Ho paura di come sarà difficile tornare a trasformarsi senza sapere di rivedervi."

"Ehi," James allungò il braccio intorno alla spalla di Remus, lo guardò fisso negli occhi, sembrava quasi un innamorato: "Qualsiasi cosa succeda, ricordati che noi ci rivedremo. Sono solo 15 giorni, il tempo di una luna piena. Dopo, tornerai a Hogwarts e sarai pronto per un mese strepitoso."

"Non voglio perdervi."

"Non avverrà. Mai." James allungò lo sguardo anche verso Sirius e Peter per aggiungere: "Siete i fratelli che non ho mai avuto e ho sempre sognato. Se vorrai, verremo a trovarti." C'era da dire che James era dannatamente bravo con le parole: sul volto di Remus spuntò un un sorriso e persino Sirius sentì dentro di sé un po' di speranza.

Quando il sole era già tramontato quando arrivarono alla stazione di King's Cross. Non c'era l'allegro caos che segnava il ritorno a casa per le celebrazioni di Yule o quello per la pausa estiva. La discesa dal treno aveva un sapore mesto, quasi funereo, pieno di volti smarriti e rattristati. I più pallidi erano i Serpeverde e per Sirius fu naturale ritrovarsi a cercare lo sguardo di Regulus per accertarsi che stesse bene. Lo vide scendere da un vagone a circa metà treno, voltarsi per aiutare Alex a scendere dal treno come un perfetto gentiluomo. Sirius sorrise amaramente nel vedere quanto suo fratello si stesse applicando per far vedere di essere all'altezza del nome dei Black, sembrava così piccolo, molto più piccolo di quanto non fosse Sirius alla sua età.

"In bocca al Drago," gli disse James dandogli una pacca sulla spalla. Sirius si voltò verso l'amico e lo strinse forte. "Ci scriveremo?"

"Abbiamo un sacco di piani da elaborare. Al nostro ritorno, Gazza impazzirà," gli disse James ricambiando l'abbraccio. Vennero interrotti da Robert che posò le mani sulle spalle di entrambi annunciandosi: "Desolato di interrompervi, ma dobbiamo andare." Sirius si staccò da James annuendo, intravide gli occhi azzurri di Robert, pieni di una luce divertita: "La bella notizia è che noi veniamo a Grimmauld Place. Tocky porterà i nostri bauli a casa e i miei genitori ci raggiungeranno per cena."

"Vedi? Va meno peggio di quanto pensavi!" esclamò James agitando la mano e allontanandosi in direzione dei suoi genitori.

Poco distante, Remus e Peter avevano già raggiunto le rispettive famiglie.
 

***


Il ritorno a casa non era stato come Robert se l'era immaginato: i genitori erano così impegnati in ospedale da non essersi nemmeno potuti allontanare per accoglierli a King's Cross.

"Se Silente mi avesse dato retta, a quest'ora il povero Desmond starebbe bene!" Walburga Black, stretta in un mantello nero e con indosso un cappello da strega a falda larga, camminava nervosamente tenendo per la mano Alexandra e Regulus. Come ogni volta, si lamentava di qualcosa.

Robert e Sirius la seguivano in silenzio seguendo la strategia che avevano rodato in quattro anni di scuola: testa bassa e bocca chiusa, salvo quando Sirius non se ne usciva con qualche commento impertinente per far ripartire le lamentele di sua madre. Orion Black, il papà di Sirius, chiudeva quel corteo. Al contrario di Walburga, sembrava più sollevato che preoccupato. Robert avrebbe potuto dire che fosse genuinamente felice di riavere i figli a casa. Il signor Black si avvicinò a loro e domandò: "Come è andato il viaggio?"

Sirius scrollò le spalle: "Come al solito."

"Grazie per l'ospitalità," disse Robert.

"Non dirlo nemmeno, Darlene ed Edward sono così impegnati con il lavoro. E poi, sono certo che farà bene a Regulus e Alex stare un po' con voi."

"La Casa di Serpeverde è molto scossa, in effetti," convenne Robert che osservava il modo in cui Alexandra guardava Walburga e si stringeva a lei. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere e di trattenersi per la solita paura di passare per la bambinetta che era.

"Sono i soliti melodrammatici... Corvonero e Tassorosso non hanno fatto tutto questo casino per i loro compagni di scuola. Se avessero avuto un po' più di tempra, magari saremmo rimasti a scuola."

"Non credo proprio, Sirius, il consiglio scolastico era molto determinato già dopo l'aggressione a quella ragazza, ma quando è stato colpito l'erede di una famiglia importante, beh, è stato chiaro a tutti che la situazione fosse sfuggita di mano..."

"Cosa significa? Che gli studenti possono essere in pericolo purché non si toccano i figli delle Sacre Ventotto?"

Orion mise una mano sulla spalla del figlio e su quella di Robert, spinse entrambi gentilmente per invitarli ad accelerare il passo e non perdere di vista Walburga, diretta al salottino per i Maghi in cui c'era il collegamento con la Metropolvere.

"Alla tua età, dovresti sapere come funziona il nostro mondo... Non ha senso polemizzare ogni volta."

Robert si disse che il papà di Sirius aveva pienamente ragione, non aveva senso perdere tempo con quei discorsi: ogni volta finiva con Sirius in punizione e Robert che ascoltava pazientemente gli sfoghi dell'amico su quanto fossero pazzi i loro genitori e tutti i Purosangue. Sorrise tra sé e sé al pensiero di Emily, la sua compagna Corvonero, che gli aveva insegnato un modo di dire Babbano: a lavare la testa all'asino si spreca tempo e sapone, per indicare quanto sia inutile e controproducente far cambiare idea a chi è testardo. Gli dispiaceva non vedere Emily per un paio di settimane, ma soprattutto gli dispiaceva non riuscire più a tornare nella Foresta Proibita. Di quel soggiorno a casa, l'aspetto più interessante era l'accesso al laboratorio di pozioni dei suoi genitori e la possibilità di preparare tutti i filtri calmanti che Giles gli aveva fatto sparire.

A casa Black, vennero radunati nel salotto e Robert, come ogni volta in cui si trovavano insieme, prese posto sul divano accanto a Sirius che sembrava avere la testa assorta in qualche strano pensiero. Sirius si sporse verso di lui e domandò sottovoce, per non farsi sentire da Regulus e Alex, "Hai qualche progetto per queste vacanze?"

"A parte svolgere la mole di compiti che ci hanno assegnato i professori?" A giudicare dai compiti, quelle non erano vacanze, ma era peggio che andare a scuola. Sirius sorrise: "Naturalmente... Perché non organizziamo una mattina di studio insieme?"

Walburga li osservava con una tazza di tè in mano e l'espressione seria di sempre, anche se, a parere di Robert, non sembrava così felice di avere i figli a casa, almeno non come aveva immaginato lo fosse stata per aver ottenuto la chiusura di Hogwarts nella sua disputa con Silente a suon di Strillettere. Posò la tazza di tè sul tavolino e comunicò loro seria: "Abbiamo già convenuto con i vostri genitori che la mattina il vostro elfo vi porterà qui e potrete studiare insieme." Poi, Walburga si lasciò andare a un commento stizzito: "Vedi se per colpa di Silente, devo fare la bambinaia..."

Robert trattenne un sorriso. Aveva indovinato: Walburga non era affatto felice della vittoria ottenuta. Cercò di mostrarsi diplomatico: "Cercheremo di non arrecarle nessun disturbo, lady Black." Per l'occasione sfoderò il suo miglior sorriso, quello che addolciva sempre sua madre. Walburga, come prevedibile, gli sorrise: "Voi non disturbate mai, ricordalo, Robert, è solo che questa mancanza di professionalità è intollerabile... Siamo sempre noi famiglie a pagare per l'inefficienza e l'incompetenza della scuola... Come se le nostre cospicue donazioni non fossero sufficienti!"

"Walburga cara, ai miei tempi non sarebbe mai accaduto!"

Phineas Nigellus Black, l'antenato di Sirius che un tempo, per fortuna molto lontano, era stato preside di Hogwarts, si intromise per consolare la pronipote.

"Lo so, Phineas, caro, questo è segno della degenerazione dei tempi!" Walburga sembrò ricordarsi qualcosa e si voltò verso Alexandra che era in un angolino insieme a Regulus a osservare delle tazze da tè. "Allora, cara, hai scelto il servizio?"

Alexandra annuì e Robert vide sul suo volto un timido sorriso. Persino Walburga doveva averla trovata sconvolta se le aveva permesso di scegliere le tazze per il tè. "Possiamo usare queste tazze?"

"Di che porcellana stiamo parlando?"

Alexandra accarezzò la tazza e disse: "Mi sembra francese," poi rovesciò la tazza per controllare ed esclamò: "Sì, è francese!"

"Molto bene." Walburga sembrava annuire soddisfatta, addirittura le accarezzò la schiena e il gesto non passò inosservato a nessuno, nemmeno a Regulus e Sirius che si scambiarono uno sguardo sorpreso. C'era una strana atmosfera a Grimmauld Place e nemmeno l'arrivo dei suoi genitori per l'ora di cena riuscì a migliorarlo. Anzi, al contrario, Walburga e Darlene iniziarono a lamentarsi di Silente e di tutti i professori, mentre i loro padri dopo cena si chiusero nello studio di Orion a parlare di affari. Secondo Robert, era tutta una scusa per non dover sopportare tutta quella sfilza di lamentele.

Alexandra e Regulus erano rimasti seduti sul divano con l'aria assente e il volto pallido. Provarono a giocare a Scacchi Magici per distrarsi, ma era evidente che nessuno dei due ne avesse voglia, si limitavano a fissare la scacchiera e muovere un pezzo a caso senza nemmeno pensare alla strategia.

Sirius, invece, cercava un modo per andarsene in camera sua, ma veniva sempre richiamato dalla madre. Così, per non ascoltare le madri che si lamentavano, Robert e Sirius iniziarono una partita a carte magiche.

Tornarono a casa tardissimo. Robert si sentiva esausto, così stanco che si sarebbe addormentato anche senza le pozioni, o almeno lo sperava, visto che la stanchezza e l'insonnia erano una combinazione tremenda da affrontare. Decise che prima di dormire poteva accertarsi di come stesse Alex, visto che tutti sembravano interessati a controllare che si comportasse bene ma nessuno aveva detto nulla per lo sguardo assente e l'aria terrorizzata che aveva sua sorella.

C'era stato un tempo in cui Robert e Alex avevano condiviso la camera da letto e la loro elfa domestica, Tocky, raccontava loro le fiabe di Beda il Bardo prima che andassero a dormire.

Poi, da quando Robert aveva ricevuto la sua lettera di Hogwarts, Alexandra era stata spostata in una cameretta più piccola, posta dall'altro lato del corridoio.

Bussò alla porta. "Permesso? Alex, sono io."

"Vieni."

La stanza da letto di Alexandra aveva i mobili bianchi esattamente come quelli della sua camera da letto. La differenza principale tra le due stanze erano gli stendardi di Serpeverde presenti in quella di Alexandra, in luogo di quelli di Corvonero; inoltre, le lenzuola erano a fiori, mentre quelle di Robert erano a righe, e naturalmente, c'erano tutti i peluche e i giochi di Alex e alcune foto che la ritraevano con i suoi amici. Sulla bacheca, vide anche la fotografia che loro padre aveva scattato il giorno in cui Robert aveva preso l'Espresso di Hogwarts per la prima volta. Raggiunse sua sorella che era rannicchiata sotto le coperte, sembrava ancora più piccola mentre si stringeva al suo peluche preferito.

"Ora sei a casa, non può succederti nulla..." le disse, "Vuoi che stia un poco con te?" Alexandra annuì, sollevò le coperte e lasciò che Robert si stendesse accanto a lei. Non si era accorto di quanto lei tremasse dalla paura, l'abbracciò come quando era piccola e le domandò: "Sei dispiaciuta per Desmond?"

"Poteva succedere a tutti noi! Continuo a rivedere il suo volto bianco e il corpo per terra... Lui è forte, è un Battitore, Barty dice che diventerà Capitano di Serperverde."

"È un pallone gonfiato presuntuoso..." aggiunse Robert.

"Ma se uno come lui finisce in quel modo, io..."

Robert strinse a sé la sorella invitandola a voltarsi verso di lui. Osservò gli occhi marroni di Alexandra e le picchiettò la punta del naso: "Scommetto che tu sei molto più sveglia e attenta di quell'essere borioso che nemmeno si sarà accorto di avere una minaccia addosso. Soprattutto, tu mi hai obbedito e giravi sempre con Regulus e Barty. Nessun gruppo di studenti è mai stato attaccato, giusto?"

Alexandra annuì, si strinse a lui. "Grazie, Rob... Sono così spaventata!"

"Vuoi che rimanga con te finché non ti addormenti?" Alexandra annuì e Robert iniziò ad accarezzarle la schiena, si domandò quanto tempo avrebbe dovuto attendere prima che sua sorella si addormentasse e se, invece, non si sarebbe addormentato lui per primo. Non ci fu bisogno di attendere molto perché sua sorella si rilassò e dopo pochi minuti il respiro iniziò a farsi più pesante e presto scivolò nel sonno.

 

***

 

Regulus era sotto le coperte e si stava addormentando quando aveva sentito Sirius entrare in camera senza bussare. Sbuffò e disse sottovoce: "Sai che si bussa."

"Non volevo svegliarti." Sentì i passi di Sirius avvicinarsi e poi il peso del suo corpo incurvare l'angolo del materasso vicino i suoi piedi.

"Non riesci a dormire?" domandò Regulus.

"Volevo sapere come stessi. Mamma si è preoccupata per i Turner, ma anche tu sembravi provato."

"Sai come dice mamma, no? Dobbiamo mostrarci forti, i Black non temono niente..."

"Sì, non c'è bisogno che ripeti le sciocchezze di mamma. Tu come stai?"

Regulus sorrise per quella domanda inattesa, alzò le coperte e chiese: "Vuoi metterti sotto le coperte con me?" Sirius annuì. Aveva il corpo gelato perché si ostinava a dormire con quelle magliette a maniche corte che la mamma faceva sparire. "Non hai freddo?"

"Sì, ma con il pigiama poi sudo, queste sono più comode."

Regulus sorrise. "Sono più comode perché sai che mamma le detesta?"

Come previsto, Sirius si irrigidì per quella domanda, si mise su un fianco infilando il braccio sotto il cuscino, in un modo così stizzito che Regulus si domandò se non l'avesse preso a pugni. "Il mondo non gira intorno alla mamma, Regulus..." Sirius poi sorrise. "Ammetto che il fatto che le detesti me le fanno piacere un po' di più, ma sono comode." Ci fu un attimo di silenzio in cui Regulus assaporò la consapevolezza di essere riuscito a pungolare suo fratello. "Reg, non mi hai risposto, come stai?"

Non voleva parlare di come stesse, del volto terrificante di Avery che si mescolava nella sua mente con l'immagine di quella pila di animali morti. "Bene," rispose in modo poco convincente.

"Sul serio, lo sai che puoi parlare." Sirius insisteva e Regulus non sarebbe stato in grado di mentire, così seguì il consiglio di sua madre sui Black che non si lamentano mai e disse seriamente: "Non verrò a lamentarmi come un bambinetto... Ho tredici anni!"

Suo fratello ridacchiò: "Va beh, come vuoi... Si vede che sei la solita piattola." Ci fu qualche secondo di silenzio in cui Regulus si domandò se Sirius si fosse offeso e se sarebbe andato via. Suo fratello, però, gli chiese: "Vuoi che rimanga?"

"Solo se non parliamo della scuola."

"E di cosa vuoi parlare? Delle ragazze? Hai una fidanzatina? Ti ho visto come porgevi la mano per far scendere Alex dal treno..."

Alzò gli occhi al cielo e cercò di non mostrare quanto quelle prese in giro lo aiutassero a non pensare ad Avery. Commentò: "Certo, dovresti imparare anche tu le buone maniere..."

"E vuoi insegnarmele tu? Dai tuoi tredici anni di esperienza?" Continuarono a punzecchiarsi in questo modo finché entrambi non si addormentarono. Regulus era felice di essere tornato a casa, anche per i momenti che avrebbe potuto vivere con suo fratello.

L'indomani si ritrovarono con i genitori nella sala da pranzo.

Walburga li accolse con il suo sguardo severo. Regulus la trovava bellissima con i suoi occhi grigi, proprio come i loro, i capelli scuri raccolti dietro la nuca e un abito da giorno impeccabile. Gli occhi della mamma si puntarono prima su Regulus che cercò di mantenersi calmo e di non arrossire e poi su Sirius che era appena entrato in sala da pranzo. "Avete un'età per cui è inammissibile che dormiate nello stesso letto e, soprattutto, dopo una certa ora dovreste smetterla di parlare. Vi sentivamo dalla nostra stanza..."

"Buongiorno anche a te, mamma," esclamò Sirius sedendosi a tavola.

Regulus rimase con la teiera in mano e osservò il fratello. Era felice. Troppo felice per gli standard di felicità che mostrava quando erano a casa. Persino la mamma se ne accorse. "Sirius, per cortesia, potresti essere così gentile da non passare la notte a parlare con Regulus?"

"Certo mamma, nessun problema. Eravamo solo felici di essere di nuovo insieme, sotto il tetto dei Black..."

Regulus alzò un sopracciglio e osservò la madre che rimase immobile, sorpresa dalla risposta di Sirius di cui, evidentemente, non aveva colto il sarcasmo. Perché c'era del sarcasmo, vero? Regulus tornò a guardare la tazza di tè.

Walburga dovette essere sorpresa tanto quanto Regulus e, stranamente, sembrò decidere di non voler indagare, si limitò a un "Molto bene" che fece comparire un sorriso compiaciuto su Sirius.

Orion arrivò con in mano la Gazzetta del Profeta domandando: "Cara, i ragazzi non sono ancora in piedi? Tra un po' arriveranno i Turner."

"Buongiorno, papà," sorrise Sirius. Era seduto, composto, ben vestito, con i capelli in ordine. Regulus alzò le sopracciglia domandandosi se era l'aver dormito nella sua stanza di un Serpeverde ad aver messo un po' di sale in zucca e buon senso a suo fratello, o se la mamma non avesse imposto un sortilegio su Sirius.

"Oh, ma che bello! Facciamo colazione come una famiglia normale!" La gioia di Orion mise di buon umore Regulus. Kreacher gli servì la fetta di torta che aveva richiesto quando Sirius disse: "Ma papà, noi non siamo una famiglia normale, noi siamo i Black!"

"Sirius ha ragione, Orion," disse Walburga.

"Certo, certo..." Orion aprì il giornale e, nascosto dalle pagine della Gazzetta del Profeta, si sporse verso Regulus domandandogli: "Che sta succedendo?" Regulus scosse la testa e strinse le spalle facendo segno di non averne idea e suo padre gli fece un occhiolino e disse: "Qualunque cosa sia, speriamo che duri."

La tranquillità di quella mattina proseguì anche con l'arrivo dei Turner e, proprio come ogni volta, Alexandra e Regulus si misero a studiare nella sala di lettura della mamma, mentre Walburga Black scriveva la sua corrispondenza. Robert e Sirius, invece, si sistemarono nella biblioteca.

Nella casa regnava un silenzio insolito, interrotto solo dallo scorrere delle piume sulla pergamena e dal ticchettio dell'orologio a pendolo. Verso mezzogiorno, Walburga annunciò che era ora di pranzare. Regulus e Alexandra alzarono la testa dai loro libri, si scambiarono un sorriso e andarono in sala da pranzo.

In quel momento si ripeté la stessa scena della colazione: Sirius si presentò in sala da pranzo, puntuale, con un sorriso disteso in compagnia di Robert. Regulus si sporse verso Alex e le domandò sottovoce: "Non lo trovi strano?"

"Molto, mi fa quasi paura..." Si voltò verso di lui e domandò a sua volta: "Lo avete stregato?" Regulus sorrise al pensiero che la sua amica avesse avuto la sua stessa sensazione. Orion Black, però, sembrava del tutto intenzionato a godersi il momento, almeno finché sarebbe durato, così del tutto indifferente all'eccezionalità della cosa, guardò tutti loro e domandò: "Allora, com'è andata la mattinata di studio?"

Fu Sirius a prendere la parola. "Beh, papà, è stata una mattinata intensa. I professori hanno deciso che non avremmo potuto annoiarci e io e Robert ne abbiamo approfittato per dedicarci a Trasfigurazione."

Robert intervenne: "Sì, Sirius è decisamente bravo, credo che sia uno dei migliori studenti di Hogwarts, semplicemente eccellente! Mi ha aiutato a perfezionare degli incantesimi su cui avevo delle difficoltà."

Regulus osservò i suoi genitori e notò come entrambi sembrassero colpiti positivamente. Doveva esserci sotto qualcosa. Sirius poteva incantare i suoi genitori, ma Regulus non si beveva quella che doveva essere una recita. "In quale incantesimo ti ha aiutato?"

"Nel padroneggiare gli Scambi Accrescitivi," precisò Robert. Regulus non aveva mai sentito parlare di quegli Scambi, non sapeva dire se fossero cose inventate o meno, ma i suoi genitori sembravano tranquilli, anzi, suo padre intervenne. "Per tutti i Fondatori, anche Edward ha penato moltissimo per padroneggiare gli Scambi Accrescitivi durante il suo quarto anno! Ricordo che ci siamo esercitati a lungo, sono molto complessi, ma è fondamentale per prepararvi poi al programma che troverete per i G.U.F.O. Sei d'accordo, Walburga?"

Regulus portò lo sguardo su Walburga che si limitò a dire: "Non saprei, io non ho mai avuta molta difficoltà in Trasfigurazione. Anzi, la trovavo noiosa."

"Noiosa? Ma è la mia materia preferita!" Regulus non aveva mai visto Sirius così entusiasta a tavola. "Oh, hai una materia preferita, che sollievo," si limitò a dire. "E tu, Regulus, qual è la tua materia preferita?"

"Incantesimi e Rune Antiche," disse.

"Sono materie molto importanti."

"Voi due?"

Robert rispose di amare Pozioni, mentre Alexandra disse che amava molto Incantesimi. Walburga le domandò: "Hai già deciso quali materie prendere al terzo anno?" Alexandra scosse la testa. "No, in realtà mi interessano tutte."

"Sono certa che se avrai degli ottimi voti, potrai fare domanda per ottenere una Giratempo e frequentare tutti i corsi."

"Una Giratempo?"

"Un oggetto magico che consente di viaggiare nel tempo per brevi periodi, si parla di massimo cinque ore. Il Ministero della magia la mette a disposizione dei migliori studenti che vorrebbero ottenere dodici G.U.F.O.," spiegò Walburga, "Ai miei tempi c'era uno studente, che poi divenne Prefetto e Caposcuola di Serpeverde, che riuscì nell'impresa di seguire tutti i corsi."

Regulus notò l'ammirazione negli occhi di Alexandra tingersi di ambizione, la sua amica le aveva confessato che da grande avrebbe voluto diventare Ministro della Magia e, sicuramente, pensava che riuscire nell'impresa di ottenere tutti i G.U.F.O. l'avrebbe aiutata.

"Così però non hai tempo per altro al di fuori dello studio."

"Altro?" domandò Alexandra, incredula.

"Gli amici, il Quidditch, i rag..." spiegò Sirius, ma venne interrotto da Robert che disse: "Credo che sia bellissimo che Alexandra voglia dedicarsi allo studio. Certo, sono sicuro che mamma e papà saranno felicissimi."

"Ma così..." obiettò Sirius. Robert osservò l'amico intensamente. "Penserà solo allo studio." Regulus sorrise tra sé e sé e aggiunse perfidamente: "Non sarai geloso di tua sorella, Robert? Alexandra presto diventerà una giovane strega che avrà un sacco di spasimanti."

"Regulus, non sono discorsi da fare a tavola!"

"Ma mamma!"

"Niente ma." L'occhiata che gli rivolse fu tale che Regulus abbassò lo sguardo e iniziò a vergognarsi per quella provocazione sciocca. Dall'altro lato del tavolo, Sirius lo guardava con un sorriso sbilenco e il sopracciglio alzato e sicuramente stava gongolando per quell'inversione di ruoli. Da quando era lui che faceva contrariare la mamma mentre Sirius riceveva i complimenti?

"M-mi dispiace..." pigolò, "Sono stato inopportuno."

Solo più tardi, quando a metà pomeriggio Walburga si assentò per dare disposizioni agli elfi sul tè del pomeriggio, Alexandra alzò lo sguardo dai suoi libri e Regulus le domandò: "Scusami, non volevo offenderti a pranzo."

Alexandra scosse la testa, la treccia castana le scese lungo la spalla. "Lo so, volevi infastidire Robert. Lo pensi davvero?"

"Cosa?"

Le guance di Alexandra si colorarono di rosso, esitò nel domandargli: "Che avrò un sacco di spasimanti..."

Regulus sentì un balzo allo stomaco, come ogni volta che pensava ad Alexandra come una ragazza e non come la sua migliore amica. Cercò di non arrossire e di controllare le sue emozioni, come si addiceva a un vero Black. "Penso che sei la mia migliore amica e che sei fantastica e a scuola se ne accorgeranno tutti."

Il sorriso le si allargò in uno di quei sorrisi spontanei che rivelava solo a lui, ben diversi da quelli composti e ben educati che mostrava ai genitori. I sorrisi spontanei di Alexandra le facevano brillare gli occhi. "Grazie, Reg, anche tu sei fantastico, e infatti sei pieno di spasimanti! Nel dormitorio ci sono un sacco di ragazze che parlano di te!"

Regulus scoppiò a ridere: "Ma smettila! Sono tutte noiose!" Non aveva mai pensato alle altre compagne di scuola, non in quel senso, anche se nel dormitorio c'era Selwyin che parlava di voler invitare a Hogsmeade Margareth McNair e gli aveva confessato di aver sognato di baciarla. Quella volta, aveva scrollato le spalle e gli aveva suggerito di provarci, ma Margareth lo aveva affatturato e Regulus aveva dovuto accompagnare il suo amico da Madama Chips perché lo aiutasse a rimuovere quei bubboni che gli erano comparsi sul viso.

Si zittirono non appena rientrò Walburga che riprese la sua lettura, uno dei suoi amati libri di storia della magia, con una copertina in cuoio nero e le pagine consunte. "Alexandra, cara, puoi scendere nel laboratorio ad avvisare Sirius e Robert che il tè sarà servito alle cinque in punto?"

"Sì, vado subito, con permesso." Alexandra si allontanò dalla stanza e non appena sentirono i passi di lei scendere le scale, Walburga chiuse il libro sulle sue ginocchia e osservò Regulus. "Non mi piace come ti stai comportando, Regulus. Sai cosa ci si attende da un Black."

"Volevo solo scherzare con Robert..."

"Non sono argomenti su cui scherzare. Non voglio che i Turner abbiano il pensiero e nemmeno il sospetto che tu possa anche solo pensare che... Salazar, non voglio nemmeno dirlo. Sai che i Black sposeranno delle appartenenti alle Sacre Ventotto."

"Ma nonna Irma... e la prozia Hesper..." Non era vero che tutti i Black sposavano delle streghe nelle Sacre Ventotto. Regulus non aveva mai avuto il coraggio di dirlo apertamente, ma capì che se avesse taciuto questa volta, una simile occasione non gli si sarebbe mai più presentata. Walburga sospirò e scosse la testa. "Tu non hai idea di cosa ha passato nonna Irma, i commenti che ha dovuto sentire per tutta la vita. La società Purosangue è crudele, Regulus. Soprattutto, i tempi sono prematuri. Non sai ancora che strega diventerà, le ragazze cambiano quando sbocciano. Sono discorsi prematuri. Ne riparleremo a suo tempo." Walburga guardò l'orologio a pendolo. "Dove è finita quella ragazza? Regulus, per cortesia, vai a richiamare lei, Robert e tuo fratello! Non vorrei che fosse finita vittima di qualche loro scherzo. Sono certa che quei due stanno tramando qualcosa."

"Allora hai notato anche tu che Sirius è strano!"

"Sono vostra madre, io noto tutto. Vostro padre non vuole alterare questa pace e sto cercando di rispettare il suo desiderio, ma vedi? Alex non sta tornando, ci deve essere qualcosa sotto."

Regulus annuì, sollevato che sua madre non fosse impazzita credendo a Sirius. Sorrise sollevato e le disse: "Vado a vedere."

"Mi raccomando, Regulus, se scendo io, poi tuo padre perderà ogni appiglio alla serenità che tanto auspica..."

Annuì, felice di avere un compito e, soprattutto, la fiducia di sua madre. Non riusciva a crederci che, addirittura, sua madre gli avesse prospettato la possibilità, remota, ma pur sempre esistente, di poter chiedere la mano di Alexandra, un giorno. Certo, doveva comportarsi bene, essere impeccabile e non dare motivo di preoccupazione ai Turner.

Lungo il tragitto incontrò Sirius e Robert. "Dov'è Alex?" Sirius scrollò le spalle, Robert aggiuse: "Credevo che stesse studiando con te..."

"Mamma l'ha mandata ad avvisarvi che il tè sarà servito in salone," controllò l'orologio, "tra cinque minuti."

"Allora è meglio che ci affrettiamo, sicuramente Alex sarà già lì ad ammirare quelle stupide tazze," disse Sirius.

TUM! TUM TUM! TUM!

Regulus si gelò nel sentire quei rumori così lontano da scuola. Sentì il sangue scendere dal volto e alzò lo sguardo verso Sirius in preda al terrore. Non doveva mostrare di avere paura, si disse.

"Avete sentito?"

TUM! TUM TUM! TUM!

"Fatemi uscire!" La voce di Alexandra arrivava dal seminterrato. Regulus corse in quello che era il laboratorio di pozioni dei suoi genitori. "Alex!"

"Reg!" Proveniva dal ripostiglio degli ingredienti. Il rumore che sentiva erano le mani di Alexandra che battevano contro il muro, sicuramente cercava di farsi sentire dal corridoio. Non appena entrò nel laboratorio, le mani iniziarono a colpire la porta di legno. "Sono qui!"

"Arrivo!" Regulus puntò la bacchetta contro la porta e sussurrò: "Alohomora!" La serratura scattò e Alexandra gli corse gettandogli le braccia intorno alla vita. "Reg!" Lo stringeva forte, cercò di calmarla. "Coraggio, non è successo nulla. Non ti vedevamo tornare."

Alexandra alzò lo sguardo verso Sirius e Robert, assottigliò gli occhi e gonfiò le guance: "Sono stati loro! Mi hanno rinchiusa!"

"Assolutamente no!" disse Sirius.

"Devi aver frainteso," gli fece eco Robert.

"Loro due... loro..."

"Loro?" domandò Regulus. Alexandra apriva la bocca, ma non usciva alcun suono. Non era come quando si evoca un Silencio, era più come se non trovasse le parole da pronunciare. La bocca rimaneva socchiusa, come se fosse sul punto di parlare, ma il momento in cui la parola veniva formulata non arrivava mai. Gli occhi le si riempirono di lacrime quando ammise: "Non riesco..."

"Secondo me, sei un po' confusa, cara," le disse Sirius allungando un braccio intorno alle spalle di Alexandra che si irrigidì e gli rispose: "Stammi lontano!"

"Coraggio, Alex, una tazza di tè ti farà senz'altro bene," aggiunse Robert. "A proposito, che servizio ci presenterai? Porcellana inglese? Bavarese? Cinese?"

"Sai che lei sceglie sempre quella francese..." Scoppiarono entrambi a ridere.

Era tutto sbagliato. 

Regulus osservò Alexandra e il modo in cui si stropicciò un occhio per nascondere la lacrima che stava per scenderle. "Credo che ti abbiano imposto una maledizione" le suggerì Regulus, "Hai visto qualcosa che non dovevi vedere?" Alexandra annuì.

"Quei due ne hanno fatta una delle loro?"

Alexandra annuì. Il sorriso di Regulus si allargò sul volto. "Non ti preoccupare, li smaschereremo. A proposito, quando battevi le mani contro il muro, mi hai ricordato il rumore che sentiamo in sala comune, forse non è un mostro, forse è qualcosa che sta chiedendo aiuto."

"Credi che i professori lo scopriranno?"

"Me lo auguro proprio."

 

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Capitolo 9
*** Fuga tra i Babbani ***


Capitolo 9 - Fuga tra i Babbani

 

Grimmauld Place n. 12, 17 ottobre 1974

 

Forse era stato un po’ eccessivo maledire Alexandra per impedirle di rivelare a chicchessia il possesso del Mantello dell’Invisibilità, ma Sirius aveva fatto una promessa a James e non intendeva venirvi meno. Se solo sua madre avesse scoperto l’esistenza del Mantello, avrebbe finito per incenerirlo, e questo non poteva permetterlo. James gli aveva affidato una delle sue eredità più preziose, il Mantello apparteneva da secoli alla famiglia Potter, e lo aveva fatto solo perché si fidava di lui. Sirius non poteva tradirlo o deluderlo.

Inoltre, andare a spasso per Londra con Robert era uno spasso. Il primo giorno avevano esplorato i dintorni di Grimmauld Place e avevano compreso di essere a circa mezz'ora di cammino dalla stazione di King’s Cross. 

“Ho un’idea,” disse Robert. “Prendiamo un taxi e facciamoci portare in Shaftesbury Avenue.”

Sirius sollevò le sopracciglia sorpreso: “Perché proprio lì?”

“Perché lì vicino si trova il San Mungo e da lì so orientarmi!” Il sorriso sul volto di Robert era quello che la signora Potter avrebbe definito un sorriso malandrino. I suoi occhi azzurri brillavano dalla prospettiva di vivere una nuova avventura. Londra era molto più entusiasmante del castello o della Foresta Proibita.

“D’accordo, ma tu sai chiamare un taxi?”

Le sopracciglia di Robert si alzarono ancora più entusiaste. “Non ce n’è bisogno, ieri mentre tornavamo ho visto quella che i Babbani chiamano una fermata dei taxi.”

“Adesso ci manca solo il denaro Babbano per pagare il taxi,” mormorò Sirius, “ma a questo c’è rimedio.” Andò ad armeggiare verso una scatoletta di latta ed estrasse un po’ di banconote babbane. “Me le ha date Andromeda prima di fuggire,” gli confidò, “mi ha detto che un giorno mi sarebbero potute servire…”

“Non pensi che dovresti usarle per cose più importanti?”

Sirius scrollò la testa, i suoi ricci neri oscillarono. “Penso che questa è una cosa importante, e che posso cambiare i Galeoni in altri soldi Babbani la prossima volta che vado a Diagon Alley. Insomma, sai quanto è facile sfuggire al controllo di mia madre…” Sembrava tutto pronto, occorreva solo accertarsi che quei guastafeste di Alex e Regulus fossero impegnati a fare altro. 

Scivolarono silenziosamente fuori dalla stanza e lanciarono uno sguardo nel corridoio: era deserto. Dalla stanza sul fondo, la voce di Regulus ripeteva meccanicamente alcune nozioni di Aritmanzia. Una Piuma grattava la pergamena, segno che Alex era lì con lui. Il cigolio della sedia a dondolo confermò le loro tesi: Walburga stava controllando i due piccoli. Era così prevedibile.

Dalla cucina arrivava un rumore di pentole; Kreacher doveva essere affaccendato nei preparativi per il pranzo. Era il momento perfetto. Appellarono i mantelli e scivolarono silenziosamente fuori dalla porta di casa. 

Era una giornata soleggiata per essere un ottobre londinese e Sirius lo interpretò come l’ennesimo segno che fuggire di casa per esplorare il mondo babbano fosse la scelta giusta. Il riverbero della luce era quasi abbagliante e il fresco dell’aria ricordava quasi la primavera, tanto suscitava in lui e Robert uno stato di eccitazione alla prospettiva di un’avventura.

Attraversarono la piazzetta e camminarono lungo la stessa strada che avevano fatto il giorno prima per arrivare alla fermata dei taxi. Robert aveva il viso concentrato nello sforzo di ricordare i dettagli del giorno precedente, quasi saltellò nel momento in cui vide un taxi parcheggiato proprio sotto un cartello con l’eloquente scritta “taxi”.

“Shaftesbury Avenue, per favore,” disse Robert, impeccabile come sempre. Il tassista, un uomo corpulento e con un forte accento gallese, disse loro: “Ehi, io non li porto i ragazzini, poi non sanno mai come pagarmi…”

“Ma noi dobbiamo andare dai miei genitori,” protestò Robert, “sa, sono medici molto importanti…” Aveva sfoderato il suo aspetto angelico. Nessuno poteva dire che Robert stesse mentendo. Il tassista, però, non sembrava del tutto convinto, o forse voleva essere rassicurato sul saldo della sua corsa… Orion Black diceva sempre che i soldi sono un aspetto fondamentale dei rapporti umani. Così, Sirius aggiunse: “E possiamo pagare la corsa!”

Cinquanta sterline dovevano essere una somma importante se il tassista strabuzzò gli occhi e aggiunse: “Bene, bene, e allora si parte! Shaftesbury Avenue, giusto?”

L’automobile si mosse e in quel momento, Sirius abbandonò la schiena contro il sedile di pelle mentre le mani si concentravano sulle vibrazioni che arrivano dalla strada. Fuori, la strada, i pedoni, le altre auto, gli autobus, sfrecciavano, ciascuno nella propria direzione. Non era come andare in carrozza e nemmeno sulla scopa, era figo, molto figo. Il sorriso sul volto di Sirius si allargò nel veder sfrecciare una motocicletta.

Robert doveva pensare le medesime cose mentre guardava fuori dal finestrino e poi rivolgeva dei sorrisi entusiasti al suo amico. “Guarda, Sir, King’s Cross!”

Presto persero ogni punto di riferimento. Nessuno dei due aveva mai girato molto per Londra. I loro genitori preferivano utilizzare le Passaporte o Materializzarsi o perfino la Metropolvere, così le occasioni per vedere il mondo fuori erano pochissime. Eppure, Londra vibrava di energia molto più di Diagon Alley. 

“Vi dispiace se accendo la radio?” domandò il tassista.

“No, certo,” disse Sirius mentre cercava di nascondere l’entusiasmo al pensiero di un mezzo di trasporto con la musica. La radio suonò quello che era il singolo in cima alle classifiche, Sad Sweet Dreamers degli Sweet Sensation. Robert chiuse gli occhi mentre la musica suonava, la sua testa oscillava a ritmo e mormorò: “Ci pensi? Siamo a Londra!”

Il tassista sorrise divertito mentre guidava e domandò loro. “Da dove venite? I vostri genitori sono a Londra per un convegno?” Non potevano dire di essere londinesi né che Robert viveva a Diagon Alley, a pochi passi dalla City di Londra. Così Sirius disse quello che dicevano tutti i Black: “Veniamo dal Wiltshire e siamo a Londra con i nostri genitori. Loro sono impegnati con questo… convegno medico… e noi li stiamo raggiungendo.”

“Avrei detto che dei ragazzini di campagna si muovessero con una tata…”

Sirius soffocò una risata. “Beh, è impegnata con i nostri fratelli minori…” Il tassista sembrò capire e disse: “Mi raccomando, non mettetevi nei guai… Siamo arrivati!” 

Quando scesero dal taxi, Robert afferrò la manica della giacca di Sirius e iniziò a camminare velocemente in direzione di Leicester square. Era un posto incredibile, pieno di cartelloni che pubblicizzavano concerti e spettacoli teatrali. 

“Che ne dici se prendiamo i biglietti per un concerto?”

“E perderci Londra?” 

Robert annuì. Non avevano molto tempo a disposizione e sarebbe stato uno spreco chiudersi dentro un teatro, senza avere l’occasione di girare quella città che pullulava di vita. Sorrise quando vide una serie di schermi. A quanto pare, i Babbani erano riusciti a creare le loro fotografie in movimento, solo che i personaggi ritratti si muovevano più a lungo e parlavano persino! Raggiunsero Piccadilly Circus e iniziarono ad addentrarsi per delle stradine interne, seguendo alcuni ragazzi Babbani che avevano tutta l’aria di essere appassionati di musica. 

“Guarda, Rob, le moto!” esclamò ammirato nel vedere dei giovani Babbani dai capelli lunghi e folti scendere da una motocicletta. Erano circondati da ragazze bellissime. Sirius non riusciva a credere ai suoi occhi. “Wow…” si lasciò sfuggire.

“Dai, non diamo nell’occhio,” gli disse Robert, più a disagio. 

“Cosa c’è, Rob, non stiamo facendo niente di male…”

“Lo so, ma se ci chiedono qualcosa? Insomma, nemmeno il tassista ha creduto alla nostra scusa. Io non so molto dei Babbani, tutte queste cose non ce le insegnano a Babbanologia!” Sembrava spaventato; al contrario, Sirius era esaltato da quella situazione. Allungò un braccio intorno alle spalle di Robert e gli disse: “Prendilo come un corso avanzato di Babbanologia. Non succederà nulla, ti prometto che facciamo un giretto, magari troviamo un negozio di dischi e poi torniamo a Grimmauld Place.”

“Guarda, c’è un’insegna di un negozio di musica…” Il dito di Robert puntava verso un cartello. Seguirono le indicazioni e, finalmente, giunsero a Carnaby Street. 

“Wow! Questo deve essere l’inferno per mia mamma…” esclamò Sirius non appena vide la strada piena di giovani Babbani vestiti nei modi più strani possibili. In tanti fumavano le sigarette, mentre nessuno fumava pipe. Fuori dai locali veniva musica di ogni tipo, ma principalmente il rock, quello che gli aveva fatto sentire Peter. 

Lungo il percorso trovarono un negozio che vendeva i fumetti, Sirius trascinò dentro Robert per curiosare e magari trovare un qualche numero da portare a Peter e Remus, chissà che espressione avrebbero avuto nel momento in cui Sirius nell’Espresso di Hogwarts avesse tirato fuori i suoi ultimi acquisti. 

C’erano moltissimi Supereroi, oltre Spiderman. Robert si avvicinò incuriosito dai Fantastici Quattro, gli mostrò un volume dicendo: “Beh, i Fantastici Quattro, siete tu e i tuoi amici, no?” Scoppiarono a ridere entrambi, ma a Sirius l’idea piacque molto, anche se non aveva idea come fosse quel fumetto. “Sai che c’è? Lo prendo! E prendo anche questo qua!”

“Iron man?” 

“Ci pensi? Un uomo che vola senza scopa e senza magia, solo con la tecnologia! Voglio saperne di più!”

Robert scrollò le spalle, un po’ indifferente. Si avvicinò a un altro scaffale dove prese un albo. “Che ne dici, posso essere Capitan America?”

“Ma tu sei inglese!”

“Ma guardalo, sembra fortissimo!”

Sirius prese il volume e disse a Robert: “Dammelo, sarà il mio regalo di compleanno!” Non aveva idea che il volto del suo amico si sarebbe illuminato tanto per la felicità. Pagarono i tre volumi e uscirono dal negozio, pronti a riprendere la strada verso il negozio di musica. “Sai già cosa vuoi acquistare?”

Scosse la testa. “No, ci sono troppe cose che vorrei acquistare ma non credo che mi possano bastare i soldi e poi… ho paura che se mia madre li scoprisse, me li sequestrerebbe…”

“Non comprerai nulla, quindi?”

“Mi sono detto che comprerò un solo disco e che terrò in fondo al baule di scuola e che sentirò a scuola con il giradischi di Peter. Gli manderò un gufo per ricordare di portarlo!”

“Ma credi che possa funzionare il giradischi a Hogwarts?”

Sirius sospirò. “Lo faremo funzionare, vedrai che troveremo il modo!” Entrarono in una stanza polverosa, in cui c’erano corridoi pieni di vinili di tutti i tipi. Erano ordinati per generi musicali e, ogni genere, portava gli artisti in ordine alfabetico. La voce di David Bowie riempiva l’aria e Sirius si sentì ancora più connesso nel riconoscerlo, a differenza di Robert che sembrava sopraffatto da tutte quelle scoperte.

 

***

 

Girare tra i Babbani era qualcosa di avvincente. Robert non avrebbe mai pensato che Londra potesse essere così interessante, ricca di posti da esplorare. Era abituato a un mondo magico che conosceva a menadito. Si era sempre sentito fortunato perché, a differenza dei suoi amici che abitavano in campagna, lui abitava a Diagon Alley, nel cuore pulsante del mondo magico. Eppure, Diagon Alley non aveva tutte le cose che, al contrario, aveva visto tra Shaftesbury Avenue e Carnaby Street. 

Londra era tutta nuova: le persone erano vestite in modo moderno, non con quei noiosi abiti tradizionali, si muovevano con le auto o le motociclette e da qualche parte esisteva la metropolitana (l’aveva studiato in Babbanologia!) e quella musica! David Bowie e i Pink Floyd erano su un altro livello rispetto a Celestina Warbeck o alle Sorelle Stravagarie!  Sirius prese un disco dalla copertina nera con un triangolo da cui partiva un arcobaleno di colori. 

“The dark side of the moon,” disse Sirius. “Non è nuovissimo, è uscito due anni fa, ma non riesco a togliermelo dalla testa da quando Remus me l’ha fatto sentire. Voglio lui, ho deciso.”

“Dopo tutto, il lato oscuro è in tema con la tua famiglia…” scherzò Robert beccandosi un’occhiata eloquente da parte di Sirius mentre si avviava verso la cassa. “Da che pulpito, Turner…” 

Sopra il bancone della cassa era presente un orologio, erano le dodici, presto sarebbe arrivata l’ora del pranzo e Walburga li avrebbe mandati a chiamare. “Non abbiamo molto tempo, Sir.”

“Andiamo.”

Non servì tornare a Leicester square perché prima ancora di arrivare a Piccadilly Circus trovarono dei taxi parcheggiati e riuscirono a chiedere di essere portati a Grimmauld Place, numero 11. Era necessario dare l’indirizzo dei vicini di casa e non quello del numero 12 che gli antenati di Sirius avevano reso invisibile ai Babbani.

In quel momento, mentre Robert pregava di arrivare in tempo, il traffico di Londra sembrava volersi trasformare in un incubo. “La prossima volta prendiamo il Nottetempo.”

“Sei impazzito? Potrebbero dirlo ai nostri genitori,” obiettò Sirius. “Nessun trasporto magico, i taxi vanno benissimo. Anzi, la prossima volta prendiamo la metropolitana.”

“Cosa? E se ci perdiamo?”

“Non ci perdiamo! Io e te disegniamo mappe!”

Robert sospirò. “Veramente è Giles che si occupa di disegnare la mappa, io appunto solo le cose…”

“Non sminuirti, nella cartografia ogni ruolo è importante! Anche quello di Peter che tiene i rapporti con la cucina e ci porta i biscotti!” 

Robert annuì, ma non era del tutto convinto. Il suo amico era molto gentile, ma lui sentiva di non essere all’altezza di tante cose. Ad esempio, non avrebbe mai avuto il coraggio di avventurarsi in quel modo nel mondo Babbano. Erano anni che avrebbe potuto farlo: bastava attraversare il Paiolo Magico e addentrarsi nella Londra babbana. Eppure, era sempre rimasto dentro i confini del suo mondo. Perché? Era perché non voleva tradire la fiducia dei suoi genitori? Era per paura? E di cosa? Di perdersi? Di finire nei guai? Dei Babbani? Le domande si addensavano nella mente di Robert mentre il paesaggio tornava a sfrecciare e - finalmente - la sagoma di King’s Cross si stagliò all’orizzonte, segno che erano quasi arrivati.

Il taxi li lasciò nella piazzetta di Grimmauld Place pochi minuti prima dell’ora di pranzo. Attesero che la macchina si allontanasse e poi si nascosero sotto il Mantello dell’Invisibilità. All’interno, c’era un po’ di movimento in vista del pranzo.

“Alex, vai a chiamare Robert e Sirius,” disse la voce di Walburga mentre erano a metà delle scale. Arrivarono sul pianerottolo e si trovarono davanti Alex che non riuscì a vederli. Robert non sapeva che piani avesse Sirius, ma si limitò a seguirlo. Alexandra, com’era prevedibile non li aveva trovati nella stanza in cui stavano studiando. Uscì sul pianerottolo con l’aria perplessa. Sirius scivolò in bagno, tolse il mantello e disse: “Qui avremo la scusa perfetta perché non ci ha trovati. Dopotutto, prima di pranzo ci si lava le mani, no?” Robert annuì. Sciacquò le mani e tornò dalla sorella prima che Walburga iniziasse a strepitare. Sirius, nel frattempo, era andato in camera a nascondere gli acquisti.

“Mi cercavi?”

“Il pranzo è pronto, dov’è Sirius?”

“In camera sua, sta arrivando,” disse Robert. Alexandra lo osservava con scetticismo, indecisa se fidarsi di lui. Anzi, molto probabilmente non si fidava affatto, specie dopo la maledizione del giorno prima. Fu divertente vederla costretta a ricredersi mentre Sirius usciva dalla porta della sua stanza. Come se Alexandra nemmeno fosse stata notata, esclamò: “Eccomi!” Abbassò lo sguardo verso Alex e finse di accorgersi solo in quel momento della sua presenza. “Oh, Alex, suppongo che il pranzo sia pronto. Dimmi, vuoi candidarti a far compagnia a Kreacher?”

In risposta ricevette uno sguardo carico di stizza. Alexandra alzò il naso all’insù e accelerò il passo verso la sala da pranzo. “Non ho intenzione di cedere alle tue provocazioni!” Robert trattenne una risata, mentre Sirius gli dava una gomitata.

In sala da pranzo, Regulus era seduto composto alla destra di Walburga. Alexandra prese posto alla sinistra, proprio di fronte al suo migliore amico. Robert sedette accanto alla sorella e dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere mentre osservava il modo apparentemente sereno con cui Sirius rispondeva a sua madre. 

“Che bello avervi tutti a casa,” sospirò Orion Black mentre si serviva una fettina di roastbeef dal vassoio d’argento elfico. I suoi occhi grigi si illuminavano di gioia nel vedere una simile concordia a tavola. “Cosa avete studiato di interessante oggi?” 

“Io mi sono concentrato sui problemi di Aritmanzia, ma sono piuttosto complicati,” sospirò Regulus. 

“In effetti non capisco proprio perché tu abbia scelto di seguire Aritmanzia,” domandò Sirius. “Dopo tutto, è utile tanto quanto Divinazione…”

“Non ha tutti i torti, Regulus…” aggiunse Walburga. Robert e Sirius si guardarono sorpresi. Quando era stata l’ultima volta che Walburga aveva concordato con Sirius? Avrebbe commentato allo stesso modo se avesse saputo del loro giro per Londra? Probabilmente no. Regulus strinse le spalle e disse: “Sembrava interessante e utile per migliorare la forza degli incantesimi. Dopo tutto, la magia dei numeri può essere utile in molti ambiti: in Pozioni, in Incantesimi e persino nell’utilizzo delle Rune Antiche…”

“Ma a scuola si studia solo per conoscere il futuro…”

“Riuscire a leggere il futuro non è una cosa inutile,” disse Alexandra. “Avrei dato qualsiasi cosa per sapere che sarei stata Smistata a Serpeverde. A me piacerebbe prendere Divinazione e approfondire l’influsso magico delle costellazioni che studiamo in Astronomia…”

“Per favore, Alex, non renderti ridicola.” Robert non riuscì a trattenersi. “Sono tutte sciocchezze, lo sai benissimo. A scuola è importante studiare materie utili, come Pozioni, Incantesimi, Erbologia, Trasfigurazione, materie che possono servirti a salvare una vita, a gestire una casa, a diventare una strega a modo… Leggere i tarocchi è solo da sfigati o, peggio ancora, da ciarlatani.”

“N-non sarebbero le uniche materie…” mormorò, quasi a giustificarsi.

“Alexandra, cara, tuo fratello ha ragione, sei ancora troppo giovane per pensare a scelte così impegnative. Hai appena iniziato Hogwarts, sono sicura che al momento di scegliere le materie opzionali, userai un po’ di giudizio. Ricorda che una lady deve essere anche una strega abile.”

Robert notò il modo in cui Sirius si morse l’interno della guancia per impedirsi di rispondere a sua madre. Quasi riusciva a intuire i pensieri dell’amico, sul fatto che i destini delle lady erano quelli di sposare qualcuno e sfornare eredi, ma non aveva senso polemizzare. Non in quel momento. Avevano bisogno di libertà, di tornare a Londra, non aveva senso aprire un fronte con Alex e Walburga. 

 

***

 

Se c’era una cosa che Regulus non sopportava più, era l’aria serena di suo fratello. Sirius stava fingendo, tramava qualcosa, qualcosa che avrebbe fatto arrabbiare da matti i suoi genitori, qualcosa che aveva reso accettabile maledire Alex. Persino agli occhi di Robert! Però sembrava non importare a nessuno. Improvvisamente, la quiete in casa era diventata la priorità dei Black.

Il modo in cui lo aveva umiliato di fronte la mamma e i Turner, poi, meritava una vendetta. Altro che dar ragione a Sirius, nel momento in cui la mamma si sarebbe accorta che lui era la solita peste, persino il suo studio di Aritmanzia sarebbe passato in secondo piano. 

Walburga si era allontanata dalla sala da studio e Alexandra si era sporta sul tavolo verso di lui e gli aveva domandato sottovoce: “A cosa stai pensando?”

“A cosa stanno combinando Sirius e Robert…”

“Loro…” Le parole morirono sulle labbra di Alexandra.

“Non ti sforzare, ti hanno maledetta, non potrai rivelare nulla. Si tratta di una fattura molto potente.”

“Non riesco nemmeno a scriverlo o a disegnarlo…” La frustrazione le provocava un broncio che non faceva altro che aumentare il fastidio e il senso di ingiustizia che provava Regulus. “E poi si permettono di farci la morale, ti rendi conto?” Anni e anni di impegno per dimostrarsi all’altezza dei Black e poi bastavano due sorrisi di Sirius e i suoi genitori andavano in brodo di giuggiole! 

Alexandra si strinse nelle spalle. Giocava con la punta della sua lunga treccia castana mentre sospirava rassegnata: “Sono i soliti monelli…”

“Peggio! Sono…” Regulus si accorse di non sapere come definirli, così pensò alla parola più forte che conoscesse, “sono dei manigoldi!” Alexandra annuì con vigore. “Sì, sono cattivi! Non si maledicono le sorelle!”

Il suono del campanello ricordò loro che Darlene Turner era giunta il tè con la sua migliore amica. Dall’ingresso, la voce della mamma di Alex salutava: “Walburga, grazie ancora per quello che stai facendo, hanno fatto i bravi?”

“Darlene, cara, non dirlo nemmeno. Vieni, il tè è pronto. Sai che i ragazzi in compagnia sono meno impegnativi che presi singolarmente. Alex e Regulus stavano facendo i compiti nella mia sala di lettura, mentre Sirius e Robert sono al piano di sopra.” Regulus si era avvicinato alla madre con la speranza che lo mandasse a chiamare Sirius. Non fu deluso. Walburga e Darlene spedirono sia lui che Alex al piano di sopra per far venire Sirius e Robert in sala per il tè.

Salendo le scale, Regulus fece cenno ad Alex di non fare rumore. Salirono stando attenti a non mettere il piede sugli scalini cigolanti, camminarono piano nel corridoio. Regulus andava avanti guidando quella missione, Alexandra lo seguiva silenziosa come un gatto. 

Fuori dalla stanza in cui avrebbero dovuto trovarsi Sirius e Robert, Regulus appoggiò un orecchio contro la porta. Silenzio assoluto. Poco distante, dalla camera di Sirius arrivavano delle risatine sommesse e un fruscio di pagine. Regulus sorrise trionfante. Aprì la porta di scatto, pronto a cogliere in flagrante Sirius e Robert. Vuota. La stanza era vuota. Regulus entrò e si guardò intorno. Guardò sotto il letto, dentro l’armadio, persino sotto il tavolo.

Eppure, aveva sentito le risate. Si voltò verso Alexandra e le domandò: “Tu li hai sentiti, vero?” Alexandra annuì. Indietreggiò, intimorita dall’idea di subire un’altra maledizione. Era in mezzo al corridoio e si guardava intorno con le dita che giocavano nervosamente con la sua treccia. “F-forse sono in bagno,” mormorò. Regulus la seguì fuori dalla stanza e andò a controllare in bagno. Sembravano essersi dileguati. Eppure, aveva sentito le loro risate e sapeva che stavano tramando qualcosa alle loro spalle. Sbuffò irritato.

“Chi ha aperto la porta della mia stanza?” La voce di Sirius lo attirò di nuovo nel corridoio dove Sirius e Robert sembravano uscire dalla stanza silenziosa in cui avrebbero dovuto studiare.

Regulus assottigliò lo sguardo. “Dove eravate?”

“Nel salottino di là, dove ha detto mamma.” Sirius incrociò le braccia e lo osservò infastidito. “Perché sei entrato in camera mia?”

“Ti stavo cercando.”

“Sapevi che non ero lì.”

“Vi ho sentito ridere, cosa stavate facendo?”

Robert, quell’altro imbroglione, manigoldo, impostore, bugiardo, domandò con la sua aria da santarellino: “Ridere? Ma noi stavamo studiando… Eravamo molto impegnati a finire il compito di Storia della Magia.” Assunse quella finta aria contrita prima di aggiungere. “Non c’è proprio nulla da ridere sulle rivolte dei Goblin…”

Regulus cercò con lo sguardo Alexandra che, tuttavia, continuava a stringere la punta della sua treccia, quasi come se fosse un amuleto. Scese le scale dicendo: “Ci aspettano per il tè.”

“Grazie, Kreacher… ehm… Alex,” rispose Sirius.

“Non sei divertente,” obiettò Regulus. “Alex vuole essere solo gentile, la mamma ci ha mandato qui per avvisarvi che sta per essere servito il tè.”

“Proprio come due elfi domestici… ma bravi…” Il sorriso obliquo sul volto di Sirius e gli occhi che brillavano annunciarono l’arrivo della sua ennesima cattiveria. “Eravate entrati in camera per metterla a posto? Volete un indumento così vi libero?”

“Andiamo, Reg, sono cattivi.”

Sirius scoppiò a ridere. “Mi dispiace, mia cara Alex, ma non siamo noi i cattivi. Questa cosa non può passare sottaciuta.”

“Cosa non può passare sottaciuta?”

Lo sguardo serio di Darlene Turner immobilizzò Alexandra sulle scale, Regulus vide le dita serrare la presa intorno alla treccia. “Smettila di giocare con i capelli, Alex, non sta bene, metti le mani a posto.” Le mani della sua amica lasciarono di scatto i capelli, come se bruciassero e scesero lungo i fianchi, a stringere le pieghe del vestito di tartan verde e blu. 

La signora Turner stava davanti a loro dritta, le braccia conserte, l’abito da strega viola contrastava con l’incarnato bianco e i capelli biondissimi, legati in uno chignon morbido. Al suo fianco, Walburga sembrava la sua copia in versione bruna.

“Allora, che cosa succede?”

Sirius, dietro di loro, li raggiunse con l’andatura morbida e le mani in tasca. L’aria rilassata di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico. “Li ho beccati a curiosare in camera mia.”

“Alex!” La voce indignata di Darlene anticipò un gemito strozzato di Alexandra che balbettò. “Ci siamo sbagliati… credevamo che fossero in camera di Sirius e volevamo avvisarli che il tè era pronto.”

“Beh, sorellina, di solito si bussa prima di entrare. Non abbiamo sentito nessun bussare alle porte, eppure, il corridoio era silenzioso.”

“Questo è molto disdicevole… Domani mattina rimarrai a studiare a casa, sarà Polly a sorvegliarti. Devi essere in grado di comportarti quando vai in casa di altri.”

“Per favore, no, sono stato io ad aprire la porta! Mi sembrava di aver sentito un fruscio di pagine provenire dalla stanza di Sirius, sono stato io! Alex non c’entra niente!”

“Regulus! Non so che cosa ti stia prendendo in questi giorni… Da quando sei tornato a casa… beh, non sembri più te!”

La bocca di Regulus si aprì per lo sconcerto.

“Non stare con la bocca aperta come uno sciocco!” Walburga assottigliò lo sguardo e gli disse: “Stasera, poi, ne parliamo meglio. Andiamo a prendere il tè.”

“Anche noi faremo i conti a casa, signorina,” aggiunse Darlene. Alle loro spalle, Robert e Sirius trattenevano le loro malefiche risatine. Non credeva che lo avrebbe mai pensato, ma Regulus iniziava a non vedere l’ora di tornare a scuola. Nel salotto, l’atmosfera si alleggerì non appena entrarono Orion ed Edward. 

“Cara, credo di averne combinata una delle mia,” esordì Orion. 

“Salazar santissimo, Orion, non ti ci mettere anche tu!”

“Cos’ha combinato Sirius?”

“No, si tratta di Regulus. A quanto pare, anche lui ha qualche problema di memoria con le lezioni di etichetta. Pare sia entrato con Alex in camera di Sirius di soppiatto.” 

Suo padre alzò le sopracciglia sorpreso: “Regulus, non è proprio da te.” Spostò lo sguardo verso Alexandra e aggiunse: “E nemmeno da te, signorina, cosa vi succede? Sono queste le cose che insegnano a Serpeverde? Devo scrivere al vecchio Horace?”

Regulus scosse la testa spaventato dal pensiero di far perdere punti alla sua Casa anche mentre la scuola era chiusa. Suo padre, per fortuna, decise di non infierire, troppo preso dalla notizia portare. 

“Ho incontrato Edward a Diagon Alley, fuori dall’Emporium, e siamo andati a incontrare un possibile cliente al club dei maghi gentiluomini.”

Walburga alzò gli occhi al cielo e Darlene sospirò “Che Salazar ci assista…”

“Abbiamo incontrato Mulciber e il povero Avery. Il figlio si sta riprendendo. Così, gli ho detto se trascorriamo insieme i festeggiamenti di Samhain. Insomma, è un po’ di tempo che non organizziamo niente in casa.”

“Hai invitato gli Avery e i Mulciber per Samhain?” domandò Walburga.

“Ehm… potrei aver esteso l’invito a un po’ di persone. Si è unito anche Travers e Abraxas. Insomma, tu forse volevi andare da Druella e Cygnus?”

Al nome della cognata e del fratello, Walburga saltò sulla sedia. Regulus sapeva quanto la mamma non sopportasse zia Druella, anche se non aveva mai compreso il motivo. Esclamò veemente: “Per Salazar, no!” Spostò lo sguardo su Darlene e disse: “Bene, adesso non ci resterà che mandare gli inviti ufficiali. Mi dai una mano?”

“Volentieri. Qualsiasi cosa pur di non finire nel Wiltshire da tuo fratello…”

Le mamme parlavano, Regulus si sporse verso Alexandra e le strinse la mano: “Hai visto? Desmond si è ripreso. Sono sicuro che per Samhain sarà tornato in perfetta forma. Forse potrà darci degli indizi su cosa lo ha aggredito.”

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Capitolo 10
*** Lettere dal Preside ***


Capitolo 10 - Lettere dal Preside 

 

Casa Turner, 31 ottobre 1974

 

La mattina di Samhain sarebbe stata diversa da tutte le mattine precedenti. Era un sabba così importante per il mondo magico che i suoi echi erano giunti persino nel mondo Babbano dove festeggiavano Halloween. 

I Babbani non sapevano che, in realtà, quella che per loro era una festa fatta di scherzi e dolcetti, per i maghi più tradizionali era un sabba in cui a farla da padrona erano le Arti Oscure. In quei giorni, infatti, il velo che separava il mondo dei morti e quello dei vivi era più sottile che mai. I Veggenti spesso raccontavano che a Samhain venivano formulate le Profezie o che scoprivano il dono della Vista per la prima volta. Secondo la posizione ufficiale dei Turner, naturalmente, la Vista e la Divinazione erano tutte fandonie. Fandonie molto pericolose, ripetevano i suoi genitori, visto che nei giorni successivi a Samhain il San Mungo si riempiva di pazienti che si erano convinti di aver avuto un’illuminazione e, invece, avevano avuto solo un’idea sciocca o pericolosa.

Robert finì di prepararsi e scese in sala da pranzo. La colazione a casa Turner era il pasto più importante della giornata nonché l’unico che riuscivano a consumare tutti insieme. I suoi genitori, infatti, spesso tornavano tardi dal San Mungo dopo che Robert e Alexandra avevano già finito di cenare e si stavano preparando per la notte, assistiti dalla loro elfa domestica Tocky.

Alcune volte, però, i loro genitori li raggiungevano a Grimmauld Place, bevevano qualcosa con i signori Black e poi tornavano tutti insieme a casa. 

“Mi raccomando, Alex, aiuta Walburga a preparare la sala. Non essere di intralcio e non lasciarti coinvolgere da Regulus. Quel ragazzo sta prendendo una brutta piega,” la mamma era già sul piede di guerra.

“È solo un ragazzo, crescerà,” mormorò il papà dietro le pagine della Gazzetta del Profeta. “Buongiorno, Robert.”

“Mamma, papà, Alex, buongiorno,” disse prendendo posto a tavola.

“Che bello vederti già sorridente, sveglio e benvestito… Forse qualcuno dovrebbe imparare a prendere esempio dal fratello maggiore,” aggiunse Darlene. Alexandra alzò gli occhi al cielo. “È inutile che alzi gli occhi al cielo, signorina, sei ancora con la vestaglia, mentre Robert è vestito di tutto punto.” Robert notò che, in effetti, entrambi i loro genitori erano già pronti per il lavoro. La mamma indossava uno dei suoi completi da strega che, al San Mungo, avrebbe sostituito con il camice color porpora da Guaritrice, così come il papà che, tuttavia, quel giorno era impegnato con un’importante conferenza sulle ultime novità del veleno di Drago. Avrebbe presentato i risultati dell’ultimo anno di ricerca della sua squadra. 

Alexandra nascose il suo sbuffo dietro la tazza di tè quando un paio di gufi entrarono in sala da pranzo. 

“Corinna santissima, chi è che manda questi gufi così maleducati?” esclamò la mamma mentre due buste di pregiata pergamena venivano lasciate sulla tavola da pranzo accanto ai loro rispettivi destinatari. Robert osservò la sorella ed entrambi esclamarono: “Hogwarts!” Le mani quasi tremavano mentre aprivano la lettera.

Egregio Signor Turner,

con la presente le comunichiamo che le condizioni di sicurezza della scuola sono state ripristinate e che domani l’Espresso di Hogwarts partirà dal binario nove e tre quarti per condurre tutti gli studenti a scuola. Le lezioni riprenderanno il giorno successivo.

Cordialmente,

il Preside

Albus Percival Wulfric Brian Silente.

Alexandra esclamò entusiasta: “Torniamo a scuola!” Darlene le prese la lettera dalle mani e scosse la testa sconvolta. “Il giorno dopo Samhain, con un preavviso così breve! Senza ritegno! Silente si conferma senza alcun ritegno!”

“Ma è una bella notizia, no?” domandò Robert.

Suo padre abbassò il giornale e gli sorrise: “Certo che lo è. Voi tornerete dai vostri amici e in questa casa tornerà un po’ di pace, vero cara?” 

“Tocky! Inizia a preparare i bauli di Alex e Robert! Per tutti i Fondatori, ma è mai possibile? Noi oggi lavoriamo e poi siamo a Grimmauld Place e loro domani, alle undici, devono essere a King’s Cross pronti per partire! Ma Silente è pazzo! Pazzo! Come se le famiglie potessero stare ai suoi ordini!”

“E noi siamo maghi, pensa come possono fare i figli di Babbani…” commentò Edward divertito prima di posare il giornale, fare un occhiolino ad Alexandra e andare a prendere il mantello. Robert assistette alla scena in silenzio, mentre sorseggiava il suo tè e dentro di lui cresceva la consapevolezza che l’indomani avrebbe finalmente rivisto Giles e Xeno. Sul treno avrebbe ritrovato Emily…

“Perché sorridi?” La domanda di Alexandra lo colse di sorpresa e lo costrinse ad allungare una mano per prendere il succo di zucca. Lo mandò giù tutto in un sorso, con la paura che si vedessero le guance rosse e che sua sorella iniziasse con le sue domande davanti alla mamma. Poi, gli venne in mente la soluzione perfetta per liberarsi di Alex e della sua curiosità da rompiscatole: “Non devi prepararti per andare dai Black?” Quella domanda sembrò risvegliare la mamma e riportarla al presente, lontana dai borbottii contro il Preside e tutto il corpo docente di Hogwarts per quell’ennesima prova di inefficienza. Alexandra fu spedita al piano di sopra a prepararsi, mentre Robert riuscì a finire la colazione in pace.

Grimmauld Place era sottosopra. 

Robert e Alexandra vennero accolti da Sirius e Regulus, il primo con l’aria divertita, l’altro più taciturno e sofferente. “Al piano di sopra ci sono la mamma e zia Druella che stanno strigliando gli elfi domestici che non sanno eseguire i loro ordini.” 

“La verità è che loro cambiano idea in continuazione,” disse Regulus, “e io ho un mal di testa tremendo.”

“Scommetto che ora che è arrivata Alex, la mamma avrà un elfo affidabile e smetterà di urlare,” ridacchiò Sirius. Alexandra gli rispose con una smorfia indispettita. Frugò nella borsetta in cui Tocky le aveva preparato il cambio per la serata ed estrasse una fialetta di pozione. “Tieni, è il filtro contro il mal di testa della mamma, me lo ha dato nel caso non stessi bene.”

Regulus lo mandò giù mentre Sirius faceva cenno a Robert di seguirlo al piano di sopra, lasciando i fratelli minori alle prese con le pozioni e i preparativi del sabba.

“Hai ricevuto la lettera di Hogwarts?” domandò Robert mentre salivano le scale. Sirius annuì: “Non vedo l’ora di lasciare questa casa di matti e tornare nella torre di Grifondoro.”

“Ma questa volta non è andata poi tanto male, no? Insomma, tua madre non fa che lodarti…” Robert si fermò di colpo sulle scale nel vedere lo sguardo di Sirius. Per la prima volta, dietro l’aria svagata del suo amico, intravedeva la stanchezza e l’esasperazione che aveva accumulato in tutti quei giorni. “Se non fosse stato per il Mantello, Rob, non so come avrei sopravvissuto per tutti questi giorni…” Erano state le loro fughe nel mondo babbano a tenere in piedi Sirius, a dargli la forza di non dire cosa pensasse e di tentare di ingannare sua madre. Era stata una specie di gioco che, alla lunga, aveva iniziato a stancarlo.

“Per fortuna domani torniamo a scuola,” provò a rassicurarlo. “Non c’è niente di meglio di una serata con tutti gli amici altezzosi dei nostri genitori per chiudere in bellezza questo strazio…”

“Rob…”

“Sir…”

“Non darmi pessime idee…”

“Non so che idee tu abbia, ma se hai bisogno di un complice…” Non dissero altro, si chiusero nella stanza di Sirius per nascondere nel baule tutti gli acquisti che avevano fatto nel corso delle loro fughe nel mondo Babbano.

 

***

 

Regulus stava male. Soffriva di mal di testa da quando ne aveva memoria e sua madre diceva che ciò era dovuto al fatto che era stato concepito mentre lei era ubriaca. Secondo Edward e Darlene, invece, la convinzione di Walburga non aveva alcun fondamento, sia secondo le scienze magiche che secondo quelle babbane, ma ciò non aveva minimamente scalfito la sua convinzione. Secondo Orion, invece, era qualcosa di ereditario, preso da nonna Melania che per tutta la vita aveva dovuto convivere con l’emicrania.

Aveva portato Alexandra nella sala di lettura di Walburga, quella in cui solitamente facevano i compiti e la sua amica aveva chiamato Kreacher, lo aveva pregato di avvisare Walburga del suo arrivo e che non appena Regulus si sarebbe sentito meglio l’avrebbe raggiunta. Era sempre così premurosa nei suoi riguardi. Steso sul divano, Regulus osservò l’amica socchiudere le tende e sedersi sulla poltrona accanto, in silenzio, perché sapeva che l’unica cosa che Regulus detestava era rimanere solo. In quei momenti, il mondo sembrava sospeso, era come se il caos che infuriava nella sua testa si calmasse e riuscisse a tornare a sentire il proprio respiro. Persino il ticchettio dell’orologio a pendolo non sembrava più un martellare incessante, ma ricordava il battito del suo cuore. Non sapeva se era la pozione, o la presenza della sua migliore amica, o il modo in cui si prendeva cura di lui.

Quel silenzio venne interrotto dall’apertura della porta. Walburga scivolò all’interno della stanza, sembrò sollevata dal pensiero di trovare Alexandra seduta composta sulla poltrona. “Grazie,” le sussurrò. “Puoi andare al piano di sopra ad aiutare Druella? Non farle mettere le peonie, per nessuna ragione al mondo.” Alexandra annuì e Regulus la vide scomparire dalla stanza, mentre il viso di sua mamma entrava nel suo campo visivo. 

“Come ti senti?”

“Va un po’ meglio, Alex mi ha dato la pozione di Darlene.” 

Walburga prese posto sul divano, spostando leggermente i piedi di Regulus. Mosse delicatamente la bacchetta, senza nemmeno pronunciare una formula magica e le scarpe si slacciarono e si sfilarono dai piedi di Regulus per posarsi ordinate vicino al divano. “Non ci si stende sul divano con le scarpe,” gli disse prima di evocare una coperta di lana soffice, gli passò una mano tra i capelli scuri. “Riposa un altro po’ e quando ti senti meglio ci raggiungi al piano di sopra. Io devo andare prima che tua zia assuma il comando e trasformi il nostro impeccabile salone nel regno del kitsch.” Regulus sorrise al ricordo delle feste organizzate da zia Druella, piene di fiori di tutti i colori, e alle critiche di sua mamma e Darlene. Non sapeva perché sua mamma e zia Druella non andassero d’accordo, probabilmente era perché erano profondamente diverse, anche se aveva sentito la mamma lamentarsi con Darlene del fatto che Druella fosse solo invidiosa perché lei aveva dato due figli maschi ai Black, mentre lei aveva avuto solo tre figlie femmine. Da quando Andromeda, poi, era fuggita con quel Nato Babbano, le figlie erano diventate due.

Regulus si soffermò a pensare a sua cugina, si domandò se avrebbe celebrato il sabba di Samhain o se, come tutti i Babbani, avrebbe preferito festeggiare Halloween. Forse, lei non voleva più avere niente a che fare con gli antenati e nemmeno con le tradizioni. Andromeda era fuggita per amore e Regulus si domandò se era possibile per amore rinunciare alla propria famiglia, la casa in cui si era cresciuti, i propri genitori e gli amici di una vita. Se era possibile rinunciare ai fratelli e alle sorelle. Pensò a Bellatrix, che ormai era una strega sposata e la chiamavano Madame Lestrange e che quella sera sarebbe stata presente. Pensò anche a Narcissa, fidanzata con l’ex Caposcuola Lucius Malfoy, e si domandò quanto Narcissa sentisse la mancanza di Andromeda e di Bellatrix. L’anno che Regulus aveva trascorso a casa da solo, dopo la partenza di Sirius per Hogwarts, aveva avvertito moltissimo la mancanza del fratello, nonostante i pomeriggi e le serate di gioco trascorse con Alexandra. Essere il figlio minore era una vera e propria seccatura, era come se tutte le scoperte e gli inizi non fossero veri, perché qualcuno lo aveva fatto prima.

Regulus si impegnava a scuola perché voleva essere il primo Black Prefetto e poi voleva diventare Caposcuola, certo che Sirius, con tutte le punizioni che collezionava, non avrebbe mai ricoperto quei ruoli. I suoi genitori sarebbero stati orgogliosi di lui e, il sorriso gli spuntò sul viso, sarebbe stato divertente punire il fratello e i suoi amici durante le ronde notturne togliendo punti a Grifondoro. Avrebbe dimostrato che non era una piattola. Il mal di testa gli era scomparso, sembrava che le forze gli fossero tornate.

Trovò Alexandra che teneva su una mano una tovaglia bianca con un tovagliolo dai bordi ricamati con lo stemma dei Black mentre l’altra mano reggeva un’altra tovaglia, color ghiaccio su cui erano ricamati dei motivi serpenteschi. 

“Quella con lo stemma dei Black,” disse Walburga. 

“Credo che sia meglio l’altra…” commentò Druella. “Dopotutto, vogliamo sottolineare il nostro legame con la casa di Serpeverde, no?” L’inclinazione della voce aveva un sottotesto perfido e Regulus notò il modo in cui la sua amica studiò la reazione di Walburga, seguì lo sguardo fino a notare il modo in cui la mandibola di sua madre si induriva e gli occhi si scurivano. “Non nasconderò lo stemma di famiglia per dare spazio alla Casa di Serpeverde. Hogwarts è finita da un pezzo,” fu il commento tranchant di sua madre. “Dovresti ricordartelo anche tu, Druella.” 

“Come vuoi… è casa tua, dopo tutto.”

“Esatto, è casa mia!” Walburga si guardò intorno esasperata. “Kreacher!” L’elfo domestico comparve immediatamente, il suo inchino fu così profondo da arrivare a sfiorare il pavimento con il naso. “Apparecchia con questa tovaglia, all’inglese, mi raccomando, che non ne posso più di cose francesi…” La risposta fu uno sbuffo innervosito di Druella che, per sfogarsi, diede un calcio a un elfo. “Nemmeno i fiori sai sistemare, creatura disgustosa!”

A pranzo si ritrovarono tutti in cucina, ché la sala da pranzo era già stata allestita per la cena. Papà e zio Cygnus, di ritorno dal club, trovarono divertente pranzare con i sandwich farciti con il roastbeef, dopo venne servito uno sformato di patate e porri, dissero che sembrava quasi un pic nic. Persino Sirius e Robert erano divertiti da quel pranzo insolito, mentre Alexandra sedeva vicino a Walburga e cercava in ogni modo di rimanere impeccabile.

“Come si stanno rivelando i nostri elfi domestici?” domandò Sirius indicando con lo sguardo Regulus e Alex.

“Dovresti avere più riguardo nei confronti di tuo fratello che, a differenza tua e del tuo amico, si sta rendendo utile.”

“Mamma, mi hai sempre detto di non far danni e io ti prendo in parola! Robert è così gentile da farmi compagnia…”

“Hai la stessa sfacciataggine di Bellatrix, Sirius, lasciatelo dire,” commentò zia Druella strappando uno sguardo indignato a Sirius che non amava affatto essere paragonato alla cugina.

“Sarà il destino dei primogeniti Black, anche Walburga era piuttosto sfacciata,” disse Cygnus. Orion sorrise al cognato. “Concordo, persino Lucretia ha una bella lingua…” si fermò un attimo, come se si fosse appena ricordato un dettaglio, e aggiunse: “A proposito di Lucretia, mi ha scritto e mi ha detto che stasera sarà dei nostri… è un problema se si ferma a dormire da noi insieme a Ignatius?”

“Vedi? Era meglio la tovaglia di Serpeverde,” commentò Druella.

Regulus alzò gli occhi al cielo e trattenne una risata nello scorgere la stessa reazione anche sul viso della sua amica. “Non ricominciare, Druella, la questione è chiusa. Lucretia rimpiangerà di non essere più una Black per essere diventata una… Prewett… Lo stemma dei Black sarà ovunque.”

Zia Druella tossì per coprire il commento: “Pacchiana…” 

Walburga non rispose, ma il calice di vino di zia Druella si rovesciò sulla tavola e finì per macchiarle l’abito. Regulus riuscì a scostarsi in tempo ma notò che, anche se fosse rimasto fermo, il vino non lo avrebbe colpito. Guardò sua madre che, indifferente, disse solo: “Bere a pranzo ti fa male, cara. Forse è il caso che andiamo a riposare prima di riprendere i lavori.” Così ciascuno di loro venne spedito nelle stanze degli ospiti e Regulus riuscì a ottenere il permesso di giocare con la sua amica a condizione di lasciare aperta la porta della sua camera. 

 

***

 

Da quando era arrivata la lettera, era come se il tempo avesse smesso di scorrere. Sirius fremeva di impazienza al pensiero che l’indomani avrebbe rivisto James, Remus e Peter. Finalmente, avrebbe lasciato quella casa di pazzi. Doveva resistere solo per qualche ora e poi sarebbe stato libero. 

Robert stava finendo di prepararsi. Entrambi avevano indossato l’abito da cerimonia tradizionale, una lunga veste da mago in velluto nero. Era stato dispensato dall’utilizzare i colori di Serpeverde, sua madre gli aveva detto che, in quanto erede dei Black, aveva tutto il diritto di indossare una veste tradizionale con il nero, il colore della loro famiglia. 

“Sembra che stiamo andando a un funerale,” disse Robert sistemandosi i capelli biondi allo specchio. Il suo amico aveva un abito da mago tradizionale molto simile a quello di Sirius, segno che le loro madri avevano gusti decisamente simili. L’abito di Robert, però, era blu scuro con una serie di ricami a filo nero che diventavano visibili solo in controluce. Sirius cercò di intuire la trama e notò che si trattava di una decorazione runica che, probabilmente, richiamava il sabba di Samhain.

“Si tratta pur sempre del sabba che celebra gli antenati, è come un super-funerale,” ridacchiò Sirius. I ricci neri gli cascavano ai lati del volto dandogli quello che Remus aveva definito un profilo elegante. “Secondo te, viene Marlene?”

“Non lo so, dipende se suo padre era al club quando il tuo ha avuto l’idea di invitare mezzo mondo magico a Grimmauld Place.” Sirius scoppiò a ridere. Quella festa non aveva alcun senso, in effetti, ed era certo che persino sua madre se la sarebbe risparmiata se non avesse rischiato di far sfigurare i Black per via delle strambe iniziative di Orion Black. Così, entrambi si avventurarono nel salone che era stato magicamente ingrandito per ospitare gli invitati. Individuò Regulus che indossava - come era prevedibile - una veste da mago con i colori di Serpeverde, mentre Alexandra indossava un abito da strega in velluto verde scuro con dei ricami neri. Entrambi sorrisero quando Jago Mulciber arrivò insieme ai suoi genitori. 

“Sirius, Robert, raggiungete i ragazzi e intrattenete gli ospiti,” disse Walburga mentre andava a salutare i Mulciber. Sirius salutò con un cenno del capo i signori Mulciber e raggiunse il fratello che sembrava sulle spine. “Non riesco a capire come si possa fremere d’eccitazione nel vedere quell’idiota di Jago,” disse sottovoce Robert, “guarda Regulus com’è, tra un po’ si mette a scondizolare…” Sirius scrollò le spalle, suo fratello diventava un mistero giorno dopo giorno. In quel caso, però, il mistero durò molto poco, l’impazienza di Regulus era ben giustificata, lo sentirono domandare: “Hai visto Desmond? Sai come sta?”

Fu sollevato a pensare che Regulus era pur sempre il bravo bambino che si preoccupava per gli altri ed era normale, considerate circostanze che li avevano fatti tornare prima del tempo, che fosse preoccupato per il suo compagno di Casa. Certo, il pensiero che quella preoccupazione fosse rivolta a quell’idiota di Desmond Avery, rendeva Regulus troppo empatico o fosse con pessimi gusti in fatto di amicizie.

Jago annuì: “Sì, so che arriverà con i suoi genitori, ma è inutile che gli chiediate se sa qualcosa dell’aggressione, non ricorda niente di quanto accaduto. Le pozioni che gli hanno dato lo hanno confuso del tutto.”

“Non che prima fosse chissà che luminare…” si lasciò sfuggire Sirius. Jagò gli puntò i suoi occhi azzurri contro, ma Sirius non si lasciò intimorire, lui non era come Regulus. E poi, senza Mocciosus a suggerirgli le mosse, Mulciber era ancora più inoffensivo. Infatti, provò con il sarcasmo. Si finse sorpreso della sua presenza: “Black, non ti avevo notato. Devo dire che a casa, sotto le sapienti mani di mammina, torni quasi un mago decente. Nemmeno si sente la puzza di feccia…”

“Bada a come parli, Mulciber,” gli disse Robert, già con la bacchetta in mano.

“Oh, quando non c’è Potter, ecco che arriva Turner a sostituirlo… Come ci si sente ad essere il numero due, eh, Turner?”

“Ragazzi, calmiamoci… La serata è solo agli inizi e… beh… mia… nostra madre ci sta guardando…” Regulus cercò di riportare la calma, ma Sirius aveva una voglia incredibile di affatturare Mulciber. Tirò per la manica Robert e domandò: “Dicevi che mi avresti fatto da complice?”

Robert sorrise: “Se è per Mulciber, faccio quello che vuoi, ma sai che ho una voglia di prenderlo a ceffoni alla babbana?” Sirius chiuse gli occhi e si ricordò di quando era riuscito a terrorizzarlo con le sembianze di Felpato. Sì, dargli un pugno in faccia sarebbe stato una grande soddisfazione.

“Per tutti i Fondatori, Sirius, ma stai benissimo…” La voce squillante di Eloise Rosier, una delle nipoti di zia Druella, bloccò Sirius e Robert dal continuare a sognare il modo in cui avrebbero ridotto Jago. Eloise, dopo aver rivolto un sorriso smagliante a Sirius, Eloise alzò un sopracciglio non appena inquadrò Robert e si limitò a salutarlo freddamente: “Turner…”

“Rosier…” Robert inarcò un sorriso sbilenco. “Non ti preoccupare, Eloise, non ti voglio sposare. Anzi, ti giuro solennemente che da me non avrai mai una proposta di matrimonio!” Eloise lo guardò tra il sollevato e l’offeso man mano che iniziava a percepire il sarcasmo di quelle parole. 

Eloise Rosier era la classica Purosangue altezzosa, cresciuta nella convinzione di dover andare in sposa a qualcuno delle Sacre Ventotto. Robert, pur avendo un legame con i Rowle e una linea di sangue di tutto rispetto, era un Turner e la sua famiglia non figurava in quello stupido elenco, così, veniva considerato non abbastanza Purosangue. Secondo Sirius era un’immensa fortuna perché gli toglieva di dosso un sacco di pressione e, soprattutto, non era costretto ad avere a che fare con queste pazze fondamentaliste che tanto piacevano a sua madre.

Sirius notò che Eloise si guardava intorno, agitava i suoi boccoli, mentre gli innumerevoli bracciali d’oro tintinnavano ai polsi. “Dov’è? Non è qui?”

“Chi?” domandò Robert.

“Tua sorella! Vorrei dire la dama di compagnia di Regulus, la sua ombra, insomma…”

“La sua elfa domestica,” si lasciò sfuggire Sirius e, subito dopo, se ne pentì. Il sorriso di Eloise si allargò e gli occhi azzurri si colorarono di perfidia: “Mi piace! Elfa domestica, è perfetta! È crudele e rende l’idea… Sirius perché non sei in Serpeverde? Tu sì, che saresti un ottimo partito…”

Sirius ridacchiò compiaciuto. Non che gli importasse di Eloise, ma era divertente quando persino i Serpeverde della peggior specie come i Rosier finivano per riconoscere che lui fosse meglio di Regulus e, soprattutto, che non avrebbero mai messo le mani su di lui. “Perché ho gusti migliori e, soprattutto, ho il coraggio di dire le cose che penso…”

Robert invece continuava a mostrarsi a disagio, quasi risentito. “Sì, ma mia sorella non è un’elfa domestica, non permetterti di rivolgerti a lei in questo modo indecoroso!” Era divertente quando si ricordava di essere il fratello maggiore di Alex e di dover, in qualche modo, difendere l’onore dei Turner. 

Eloise arricciò il naso disgustata, come ogni volta in cui era costretta a rivolgersi a Robert. “Figurati se perdo tempo dietro a tua sorella.” Nel voltare la testa dall’altra parte, Eloise intravide Regulus e Mulciber intenti a parlare. Sirius e Robert la videro sollevare la veste da strega e accelerare il passo verso i due Serpeverde in un modo che Walburga avrebbe considerato poco consono per una strega per bene. Da lontano la videro fare gli occhi dolci a Mulciber. 

“Ti rendi conto da cosa mi sono salvato?” 

Robert che scoppiò a ridere. “Aspetta a cantar vittoria, sono proprio curioso di vedere chi cercherà di propinarti tua madre… Lo sai che i contratti di fidanzamento si stipulano solo dopo i G.U.F.O.”

“Stai organizzando il tuo fidanzamento, Black?” Marlene era arrivata di soppiatto, con il suo passo leggero da gatto e, come al suo solito, lo aveva fatto trasalire con un pizzicotto sul fianco. “Non avevi un debole per le babbane?”

“Ehi! Parla piano,” esclamò Robert. “Non è un posto dove lasciarsi andare a simili battute, qui non sanno cosa sia il senso dell’umorismo.”

“Ma non era una battuta… Lui e Potter hanno un debole per le Babbane…” Sirius rivolse un sorriso nervoso a Marlene che proprio non si rendeva conto che a Grimmauld Place certi discorsi non si potevano fare. “Scherza, sta cercando di scongiurare la possibilità che io le chieda la mano…”

“A me? Sei ubriaco?”

“Sei una McKinnon, sei Grifondoro, saremmo una coppia meravigliosa.”

“E avere tua madre come suocera? Scordatelo, piuttosto sposo Mulciber.”

“Oh, ma che ha Jago che siete tutte interessate a lui?” 

Marlene scrollò le spalle. “È biondo, ha gli occhi chiari, è caruccio…”

“È idiota…” aggiunse Robert, “e comunque anch’io sono biondo e con gli occhi chiari…” Raddrizzò le spalle e si passò una mano per sistemare il ciuffo di capelli che gli era sceso sulla fronte e, così facendo, mostrare i suoi occhi azzurri. Marlene scoppiò a ridere, posò una mano sul braccio di Robert e disse: “Tu non conti, Robert, sei proprio off-limits.” Sirius e Robert si guardarono sorpresi, mentre Marlene si rendeva conto di aver parlato troppo. “Non farmi domande, ma è così.” 

Erano giunti vicino Regulus, Eloise, Jago e si era appena unito Desmond Avery la cui presenza stava calamitando tutte le attenzioni dei presenti, tra cui l’odiosa amica di Eloise, Margareth McNair. Persino Alexandra li aveva raggiunti insieme ai suoi amici, Elizabeth Nott, Aldous Yaxley, Ezra Travers.

“Che bella accoglienza,” disse Desmond nel salutare i compagni di Casa. “Vi dico subito che di quella notte non ricordo nulla. Mi hanno riempito di pozioni e ho la memoria confusa.”

Jago, il suo migliore amico, prese la parola a nome di tutti. “Con Regulus ci domandavamo se, per caso, il preside ti avesse comunicato quale fosse la causa dell’aggressione.”

Desmond scosse la testa. “No, i miei genitori sono piuttosto infuriati su questo aspetto, non so se mi faranno tornare a scuola domani. La lettera diceva solo che non sono state rinvenute minacce e che la scuola è sicura.”

“Siamo al punto di partenza,” esclamò Robert deluso. “Speravamo che la tua lettera fosse un po’ più specifica. Insomma, se l’aggressore fosse ancora presente?”

“Dopo le ispezioni dei professori?” domandò Eloise. “Mi sembra impossibile, stiamo parlando di Albus Silente, un Supremo Pezzo Grosso, uno dei maghi viventi più abili e forti.” 

“Questa tua fiducia nel preside è commovente, Rosier,” scherzò Marlene, ricevendo una smorfia infastidita da Eloise. Marlene osservò tutti i presenti, diede un leggero colpo con il gomito al braccio di Sirius per avvertirlo di quanto avrebbe detto. Sirius si preparò, di solito quando Marlene parlava, anche a lezione, riusciva a spiazzare i presenti e anche quella volta non si smentì. 

“E se l’aggressore fosse uno studente?”

Tra di loro corsero occhiate fugaci di sospetto. Margareth McNair con la sua vocina acuta che tradiva il terrore di dover prolungare la permanenza a casa domandò: “Chi potrebbe mai fare una cosa del genere?” 

Marlene, però, si stava avventurando in un terreno minato che, fino a quel momento, avevano volutamente lasciato a margine di ogni riflessione. “Non è la prima volta che si trovano studenti feriti nei corridoi, no?”

“Sì, ma questa volta è diverso," disse Avery. Negli occhi dei Serpeverde si vedeva la voglia di chiudere il discorso. 

“Perché è diverso? Illuminami, Avery…” lo provocò Marlene. “Perché sei stato colpito anche tu? Potrebbe essere stato un modo per depistare, per far chiudere la scuola. Non è curioso che non ricordi nulla?”

“Nessuna vittima ricorda nulla.” Regulus intervenne in sostegno del suo Compagno di Casa. Sirius si irrigidì. Non doveva pensarlo, sapeva che non era così, ma non poteva fare a meno di notare che quando era necessario schierarsi, Regulus prendeva sempre la parte dei suoi compagni di Casa.

“Perché non ci sono tracce di aggressione da incantesimo, McKinnon.” Desmond fece un passo in direzione di Marlene e dall’alto del suo metro e ottanta si chinò per guardarla negli occhi. Il suo sguardo tradiva la stanchezza e uno stato di salute non ancora ottimale. “Non hai idea di cosa mi abbiano fatto al San Mungo in questi giorni, quante pozioni abbia assunto e a quanti controlli mi sia dovuto sottoporre. Hanno controllato ogni centimetro del mio corpo e ti posso assicurare che non ci sono tracce di incantesimi. Quanto successo non è compatibile nemmeno con una forma di attacco babbana, quindi posso assicurarti che non è uno studente.”

“Potrebbe essere una creatura magica,” disse Jago.

“Ed è per questo che voi Serpeverde girate di notte nei boschi? Per proteggere la scuola?”

“Fino a prova contraria, Turner, chi è finito in punizione per le scampagnate notturne nella Foresta Proibita, sei tu con quegli strambi di Ollivander e Lovegood… Non è che avete raccolto una bestiolina e l’avete portata nella scuola?”

Fu in quell’istante che la situazione precipitò. Robert perse il suo proverbiale aplomb e si lanciò contro Mulciber. Sirius lo osservò per un istante e poi decise che avrebbe dato una mano al suo amico molto volentieri. Intorno a loro, urla che intimavano di smetterla, lo sguardo di Regulus pietrificato dalla vergogna, altri che incitavano alla rissa. Sirius riuscì a realizzare il sogno di colpire in faccia Mulciber, diede anche una gomitata ad Avery che voleva difendere l’amico. Sentiva l’adrenalina che gli scorreva nelle vene ed era come se dopo giorni in cui era stato costretto a rimanere fermo e immobile, finalmente qualcuno l’avesse risvegliato, si sentiva vivo. Persino quando le funi magiche di sua madre immobilizzarono lui e Robert e li trascinarono in una stanza attigua dove li avrebbe attesi una ramanzina, non riuscivano a smettere di sorridere soddisfatti.

L’indomani avrebbe avuto qualcosa da raccontare sul treno.

 

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Capitolo 11
*** Ritorno a Hogwarts ***


Capitolo 11 - Ritorno a Hogwarts

 

King’s Cross, 1 novembre 1974

 

Robert camminava avanti al resto della famiglia approfittando della fretta dei suoi genitori nel ritornare al San Mungo. Benché lui e Alexandra avessero giurato che avrebbe potuti accompagnarli l’elfa Tocky e nulla sarebbe accaduto, ché loro sarebbero stati impeccabili. 

Darlene aveva sollevato un sopracciglio, segno del suo scetticismo e della diffidenza nei confronti dei figli. Inoltre, aveva aggiunto che “non esiste che i Turner vengano mandati in mezzo ai Babbani con la sola sorveglianza di un elfa domestica”, aveva continuando domandandosi “che razza di figura avrebbero fatto con gli altri genitori,” anche se tutti loro sapevano che il reale motivo di quel controllo risiedeva in quanto era accaduto la sera prima a Grimmauld Place. Robert ancora ripensava al momento in cui si era avventato su Mulciber, quel ghigno odioso di Jago si era tramutata in un’espressione di sorpresa e poi di paura quando era riuscito ad assestargli un colpo. Sirius gli aveva dato manforte, non lo aveva abbandonato in quel momento e Robert si domandava come stesse; sicuramente Walburga doveva averlo strigliato per bene una volta finita la festa. Dopotutto, anche lui si era dovuto sorbire una ramanzina da parte dei suoi genitori, ma ne era valsa la pena. 

Il papà camminava dietro di loro, stringeva la mano di Alexandra che cercava di non saltellare e dare a vedere quanto fosse felice di poter tornare nuovamente a Hogwarts. Dal modo in cui si guardava intorno impaziente, Robert poteva giurare che sua sorella stesse cercando i suoi amici. 

“Prima di andare, ho bisogno che tu faccia una cosa.” La mamma arpionò il suo braccio e iniziò a trascinarlo lungo la banchina del treno. Robert impiegò qualche istante prima di capire quale fosse la direzione di sua madre, lo capì quando sentì gridare: “Aline! Lenora!”

Le madri di Desmond e Jago erano lì, davanti a lui, strette nei loro mantelli di lana, con indosso dei cappelli da strega tradizionali e l’aria ancora oltraggiata. Dietro di loro, quei due idioti dei figli. 

“Robert desidera scusarsi ancora una volta con voi,” disse spingendolo in avanti. Dal modo in cui gli arpionava le spalle, Robert comprese che si trovava di fronte a un ordine. Ovviamente, non aveva alcuna intenzione di scusarsi, proprio come non aveva avuto nessuna intenzione di farlo la sera prima. Ciononostante, simulò un inchino e si esercitò nelle scuse meno sentite e più false della sua vita. “Ancora una volta, le mie più sentite scuse per il modo in cui la situazione è trascesa la sera prima.” In effetti, poteva dire che fosse sinceramente dispiaciuto per l’accaduto della sera prima, per non essere riuscito a rompere il naso di Jago che adesso lo osservava con un ghigno divertito e l’aria di chi si sarebbe vendicato una volta arrivato a Hogwarts.

“Grazie Robert, speriamo che non capiti più,” disse Lady Lenora Mulciber. “Darlene, apprezzo molto il tuo intervento, mi ha sorpreso che fosse proprio tuo figlio a lasciarsi andare.”

“Contro il povero Desmond, poi!” aggiunse lady Avery, “Il ragazzo si è appena ristabilito.” Robert alzò gli occhi al cielo e si impedì di mimare l’espressione nauseata che provava. Desmond Avery stava benissimo, eppure davanti alla madre continuava a recitare la parte del ragazzino convalescente. 

“Sei sicura che il figlio di Walburga non eserciti una brutta influenza sul tuo ragazzo?”

“Insomma, sappiamo che da quando è entrato a Hogwarts ha collezionato una quantità imbarazzante di punizioni, adesso istiga un ragazzo posato come Robert ad aggredire i nostri figli… Forse a Walburga sta sfuggendo di mano la situazione, dovrebbe usare il polso duro con il ragazzo.”

“Non posso rispondere per Walburga, ma come hai riconosciuto anche tu, Robert è un ragazzo posato ed educato. Vorrei che con queste scuse ci lasciassimo questo increscioso incidente da parte.”

“Sì, certo, scuse accettate, Darlene.” Le due signore spinsero i figli avanti a loro e Robert fu costretto a vedere il modo, altrettanto falso, con cui finsero di accettare le sue scuse. Solo dopo quella patetica pantomima, sua madre gli permise di salire sul treno. Per colpa di quei due idioti di Avery e Mulciber, Robert era rimasto da solo e senza baule e gufo. 

Aprì uno scompartimento e trovò sua sorella in compagnia di Barty e di altri compagni di classe: Ezra Travers, Elizabeth Nott, Aldous Yaxley e Irma Parkinson. “Il tuo baule è qui,” gli disse sua sorella indicando il portabagagli in cui, oltre i bauli pieni di adesivi di Serpeverde, spiccava il suo baule da Corvonero. Accanto, c’era la gabbia con il suo bellissimo gufo Robert eseguì un incantesimo di Levitazione e fece arrivare il suo baule al suo fianco. “Lo porto con me, dopo dovrò indossare l’uniforme, porto anche Nunki,” disse sistemando la gabbia del gufo sopra il baule.

Dovette superare un intero vagone prima di aprire la porta e sentire, finalmente, la voce di Xeno urlare: “Tutto occupato!”

Robert sorrise nel rivedere il suo amico: “Xeno!” Di fronte a lui, Giles Ollivander aveva alzato la testa dal libro che stava divorando. “Rob!” 

“Giles!” Robert entrò nello scompartimento. “Davvero è tutto occupato?” domandò perplesso.

“Nah, è solo un modo di Xeno per tenere lo scompartimento solo per noi,” disse Giles. “Naturalmente c’è posto per te!”

“Fantastico!” Sistemò la gabbia di Nunki, il baule nel portabagagli e prese posto accanto a Giles, in modo da poter guardare Xeno. “Allora, come sono andate queste settimane a casa?”

“Ho delle novità,” annunciò Xeno. “Sono convinto che ci siano delle creature magiche che confondono la mente delle persone nella Foresta Proibita.”

“Come fai a dire che non sia un incantesimo di protezione.”

“Perché non funzionano gli incantesimi difensivi né controincantesimi. Non c’è tecnica di difesa dalla confusione che si crea in testa e non può essere altro che una creatura magica.”

“Non credo che esistano creature magiche in grado di confondere in questo modo.”

“Solo perché non sono state scoperte, non vuol dire che non esistano, Rob. Hai idea di quante creature magiche non si conoscevano prima che Newt Scamander le classificasse nel suo manuale?”

“D’accordo, diciamo che sono aperto ad ammettere la possibilità che esista una creatura che confonde la mente. Perché lo fa?”

“Per paura di essere trovata, perché rischia di essere una preda facile. Una creatura così spaventata deve essere piccola e invisibile.”

“Come il Demiguise.”

“Il Demiguise si mimetizza, queste creature sono sempre invisibili, non è possibile vederle, ma si possono percepire. Il loro effetto è quello di stordire la mente.”

“Beh, sarà molto difficile riuscire a convincere la comunità di magi-zoologi,” osservò. C’erano mille domande che gli balzavano in mente, gli piaceva il modo in cui Xeno lo faceva sentire, come alimentasse la sua curiosità, al pari di Giles che era immerso nella lettura di un libro sui nuclei di bacchetta che aveva preso a casa.

“Hai elaborato un piano per vincere l’effetto di queste creature magiche?” domandò Robert. “Insomma, per riuscire a orientarci nella Foresta Proibita e raggiungere i Centauri.” 

“Quanto mi sei mancato, Rob! Ecco la domanda che attendevo da Gil, fin da quando siamo saliti sul treno.”

“Lo sai che puoi parlare anche senza che io ti faccia le domande, vero? Questa cosa che bisogna estrarti le parole di bocca è sciocca,” borbottò Giles. Xeno ignorò l’amico ed estrasse l’ennesima versione della mappa della Foresta proibita. Era un rotolo di pergamena notevole, su cui era stata tracciata la presenza del castello in un angolino in basso a sinistra, in alto a destra erano disegnate le casette di Hogsmeade, a sinistra si intravedeva la riva del Lago Nero, mentre tutto il resto del foglio era dedicato all’enorme foresta. Il lavoro che era stato fatto era piuttosto notevole: c’erano tutti i sentieri e i loro cambiamenti, le biforcazioni iniziali e quelle successive. Xeno aveva segnato tutto con inchiostri di colori diversi che si sovrapponevano disegnando una mappa piuttosto intricata. Giles si passò una mano tra i capelli castano chiari sempre più spettinati: “Gli incantesimi difensivi della foresta sono piuttosto evoluti.” 

“Sì, ma la buona notizia,” disse Xeno, “è che abbiamo sempre incontrato Fiorenzo sempre in questa zona.” Puntò la bacchetta in un luogo relativamente semplice da raggiungere. Robert domandò: “A questo punto, perché non entriamo nella Foresta dalle serre di Erbologia, invece che dal solito passaggio?”

“Le serre sono più sorvegliate del tragitto per il campo di Quidditch, ma possiamo fare un tentativo. Adesso, Hagrid pattuglierà l’altro tragitto, lasciando questo percorso a nostra disposizione.”

 

***

 

Sirius era stato costretto a viaggiare con Regulus e i suoi stupidi amici Serpeverde sotto il controllo di sua cugina Narcissa e di Lucius Malfoy. Aveva affrontato quel momento stoicamente, cercando di trattenere tutto il fastidio per quei discorsi noiosi e ripetendosi che molto presto sarebbe stato con gli altri nella sala comune di Grifondoro. 

Così, non appena aveva intravisto la chioma spettinata di James in compagnia di Remus e Peter, Sirius si era defilato dalla presa della cugina e aveva raggiunto i suoi amici. Alle sue spalle, Narcissa lo aveva richiamato, ma Lucius le aveva detto di lasciarlo andare, che il loro compito era finito. Probabilmente, quella frase era stata la cosa più intelligente che avesse detto Malfoy nella sua intera vita.

“Sirius!” l’esclamazione di James e il suo sorriso lo portarono a corrergli incontro. “Temevamo ti avessero lasciato a Londra!” 

“Lascia stare, ci è mancato poco,” ridacchiò mentre si univa ai Grifondoro e faceva il suo ingresso nella Sala Grande. Era così bello ascoltare Peter che gli raccontava tutto quello che si era perso nel viaggio. Si lasciò cadere sulla panca di legno con la sensazione di essere tornato finalmente al posto a cui apparteneva, quella scuola che, sempre di più, lo faceva sentire a casa. Persino il soffitto incantato sopra di sé con la volta piena di candele fluttuanti sembrava dargli il bentornato. 

“Black, come stai? Ti hanno lasciato tornare a scuola?” Malene aveva preso posto di fronte a lui e suscitato una serie di sguardi sorpresi da parte dei Grifondoro presenti. Quella pettegola aveva avuto appena la conferma che non avesse ancora raccontato nulla della sera precedente. Era così felice da volersi togliere di torno tutta la negatività che respirava a casa. “Non sanno niente?” domandò sorpresa.

“No, aspettavo di essere in sala comune per raccontare di quando ho perso le staffe e ho dato un pugno a Mulciber.”

“Cosa?” Remus saltò sulla panca di legno. 

“Sono certo che se l’è meritato,” disse James. “Dopo tutto, chi non sogna di dare una lezione a Mulciber?” Alzarono lo sguardo verso il tavolo di Serpeverde e Sirius sospirò nel vedere Regulus sedere vicino a quell’idiota e pendere dalle sue labbra. 

“Sì, dobbiamo dire però che non è partito tutto da Sirius, ma da Robert Turner…” aggiunse Marlene mentre si voltava con Lily Evans e Mary MacDonald verso il tavolo di Corvonero. “Ah, eccolo tornato con i suoi amici, anche lui è sopravvissuto.”

“Dovete capirmi,” disse Sirius, “ho fatto di tutto per trattenermi dal dare un pugno a Mulciber e sorvolare su ogni idiozia, ma quando ha iniziato ad accusare Robert e lui ha perso la pazienza, beh, non potevo rimanere a guardare.”

“Direi che hai fatto bene,” disse James. “Al tuo posto, probabilmente, io non avrei resistito nemmeno un istante.”

“Com’è stato?” domandò Peter, “Dare un pugno a Jago, intendo.”

“Estremamente soddisfacente, ma ho dato anche una bella gomitata ad Avery.”

“Stasera festeggiamo Sirius Black,” annunciò James allungando un braccio intorno alla sua spalla, “come un prode eroe, degno discepolo di Godric Grifondoro, ha dimostrato di saper scendere in battaglia senza paura!” L’ultima parola di James risuonò nella Sala Grande, improvvisamente diventata silenziosa. In piedi davanti al leggio, il preside Albus Silente era pronto per iniziare il suo discorso. Il preside era un mago sempre allegro, con due occhi azzurri penetranti e vispi. Sirius non sapeva se fosse la sua fama a renderlo autorevole, la consapevolezza che era il più forte mago vivente o se fosse la forza della sua magia ad essere percepita da tutti loro. Eppure, per quanto in molti temessero Albus Silente, soprattutto negli ambienti Purosangue che frequentava la sua famiglia, gli studenti lo rispettavano e il silenzio che calò nella Sala Grande era un misto di rispetto e di curiosità. Ciascuno di loro voleva sapere cosa era accaduto a scuola in quelle settimane.

“Bentornati a Hogwarts a ciascuno di voi. Nelle settimane passate, io e tutti i docenti abbiamo controllato ogni centimetro della scuola e possiamo dirvi che non esiste alcuna minaccia. Qualunque cosa sia che ha causato quegli incidenti, con ogni probabilità non esiste più. Se però dovesse essere qualcosa che appartiene a qualche studente, sappiate che la mia porta è sempre aperta. Venite e troveremo una soluzione per gestire in sicurezza ogni questione.”

Remus, seduto accanto a Sirius, sembrò farsi piccolo nel sentire quelle parole. “Lo sai che non si riferisce a te,” sussurrò all’amico.

“Ti sbagli, si riferisce proprio a me. Sta dicendo proprio questo, che se è in grado di gestire il mio problema, beh, può gestirne altri.” Non sapeva come ribattere all’osservazione di Remus, probabilmente aveva ragione. “Ne parliamo in dormitorio,” tagliò corto James. Aveva ragione, le ragazze erano troppo vicine e avrebbero potuto ascoltare i loro discorsi e intuire che Remus avesse un segreto.

La comparsa dei piatti calamitò le attenzioni di tutti loro che, finalmente, poterono rimpinzarsi di prelibatezze fino a sentirsi completamente sazi. Ogni discorso venne sospeso per tutta la durata della cena. Era come se i piatti fossero più buoni di ogni altro banchetto precedente e che nessuno non riuscisse a parlare di altro che della bontà delle preparazioni comparse sulla tavola. 

Solo nel dormitorio, dopo aver salutato le ragazze, Sirius restituì il Mantello dell’Invisibilità a James e distribuì i fumetti che aveva acquistato a Londra per Remus e Peter. Dal baule di Remus emerse un piccolo giradischi: “È di mia madre e mio padre lo ha incantato con la magia perché possa funzionare anche a scuola.”

“Meraviglioso!” Sirius rovistò all’interno del baule ed estrasse i vinili che aveva acquistato a Carnaby Street. Al tempo stesso, James distribuì alcune bottiglie di Burrobirra e dei dolcetti che aveva preparato sua mamma. Fu una vera e propria festa in cui si ritrovarono tutti loro.

“Grazie ancora, James,” disse Sirius mentre gustava il sapore dolce della Burrobirra, “mi hai salvato la vita.” Tirò fuori una rivista e la mostrò a Peter che scoppiò a ridere. “Sirius, ma questa non è una rivista di moto…”

“Come no?”

“No, le Babbane non vanno in giro sulle moto in questo modo…” un sorriso malizioso comparve sul volto di Peter. “Mio papà ha un sacco di riviste di questo tipo nascoste in cantina. Quando torniamo a Natale, provo a prendertene qualcuna.” 

“Ma a me non interessano le ragazze, a me interessano le moto.”

“Beh…” il commento di Remus attirò l’attenzione di tutti loro. Si voltarono di scatto e lo videro diventare rosso. “Insomma, ha un fascino… notevole,” balbettò imbarazzato. James scoppiò a ridere. “Già… un fascino…”

“Te lo presto,” disse Sirius. “Incanta le tende del baldacchino, però, non vogliamo sentire niente! E prometti di non sporcarlo!”

“Sirius!” Remus protestò completamente rosso. 

“Che succede?” L’ingresso di Tiberius McLaggen li interruppe. Il loro compagno di dormitorio si avvicinò alla rivista e iniziò a sfogliarla con interesse. Li osservò uno per uno e domandò: “Qualcuno vuole leggerla?” 

“No,” si affrettò a dire Remus. 

“Posso prenderla?”

“Solo se insonorizzi le tende e prometti di non rovinarla,” disse Sirius.

“Affare fatto.” Il sorriso che comparve sul volto di McLaggen fece scoppiare a ridere tutti loro. Lentamente, ognuno di loro iniziò a prepararsi per la notte e ritirarsi nel proprio baldacchino chiudendo le tende. Al buio, Sirius si ritrovò a pensare a Regulus e al clima che circondava suo fratello, lo immaginò nella sala comune, alle prese con i discorsi di Avery e Mulciber, con la propaganda di Malfoy e le conferme di Narcissa, senza nessuno che alzasse un sopracciglio per smentire o mettere in dubbio tutte quelle sciocchezze. 

La tenda del suo baldacchino si aprì e la chioma disordinata di James fece capolino. “Sei sveglio?” Sirius si spostò nel materasso per far posto all’amico. “Come sono stati questi giorni a casa?”

“Complessi,” sospirò. “Ho passato tutto il tempo con Robert, siamo riusciti a fare qualche giro, ma i discorsi che si fanno in casa mi piacciono sempre meno.” Sirius si lasciò andare contro il cuscino. “A volte ho la sensazione di non avere scampo…”

“Beh, ma tuo zio Alphard ha fatto un suo percorso, no? Puoi essere come lui…” James provava sempre a consolarlo, a cercare il buono in ogni situazione. “Non è detto che tu diventerai come vogliono loro, e nemmeno Regulus.”

“Lo spero…” Il ricordo delle settimane passate con suo fratello gli strappò un sorriso. “Sai che il mio comportamento irreprensibile a casa lo ha infastidito?”

“Era geloso?”

“No, diffidente, diceva che stavo ingannando tutti e voleva scoprire il motivo…” Lo stomaco di Sirius si strinse leggermente per il rimorso. “Io e Robert abbiamo fatto qualcosa di… ehm… non proprio corretto. Sono questi momenti in cui mi domando se non diventerò come loro.” James non disse nulla, si limitò a guardarlo in quel modo che, benché Sirius non riuscisse a vedere, si sentiva addosso. “La sorella di Robert ha scoperto il Mantello, ha scoperto che io e Rob uscivamo di nascosto e l’ho maledetta, le ho impedito di raccontare cosa avesse visto.” Un momento di silenzio carico di rimorso. “Avrei fatto qualsiasi cosa perché non raccontasse a mia madre del Mantello,” disse. “Mi fa paura questo aspetto, mi fa sentire come la mia famiglia, e non mi piace.”

“Non sei come loro, Sirius, io ti conosco. Volevi difendere il Mantello, la nostra possibilità di aiutare Remus, la nostra amicizia. Non sei come loro, non fai del male solo per sentirti superiore. Questo fa tutta la differenza di questo mondo.”

“Grazie, James.”

“Ma ti pare? Mi sei mancato. Più di Lily,” gli disse mentre si stendeva completamente sotto le coperte. Sirius lo seguì. “Anche tu.”

 

***

 

“Non mi ha salutato,” sospirò Regulus. “Abbiamo fatto il viaggio insieme e non ha speso una sola parola, dopo tutti questi i giorni, per salutarmi, è corso dai suoi amici.”

“Sirius è solo un idiota.” Alexandra era seduta al suo fianco, la sola persona che potesse capire come si sentisse. Nemmeno Narcissa era in grado di confortarlo come lei. “Robert nemmeno ha voluto viaggiare con me. Non mi ha nemmeno ringraziata per avergli portato il baule sul treno insieme al suo stupido gufo. La prossima volta li lascio sulla banchina.” Aveva incrociato le braccia e messo il suo broncio indispettito. “Robert è altrettanto idiota,” convenne Regulus, strappando un sorriso alla sua amica. 

Seduto sul divano accanto ad Alexandra, Barty commentò: “Quasi quasi sono felice di non avere fratelli e sorelle…” Era intento a scegliere una Tuttigusti + 1 dalla sua confezione. “Speriamo che sia limone…” L’espressione delusa che ne seguì, confermò che il gusto era diverso. “Cera, suppongo che potesse andarmi peggio…” La confezione finì tra le mani di Alexandra che ne pescò una con gli occhi chiusi. “Uh! Lampone!” 

“La solita fortunata!”

“Ma se sono perseguitata dal gusto caccola! Finalmente una gelatina mangiabile! Pensavo che avessero abolito tutti i gusti buoni!” Alexandra passò la confezione a Regulus che si limitò a posarla sul tavolino accanto al divano. Non si sentiva particolarmente fortunato, era certo che gli sarebbe toccata in sorte la gelatina al gusto più disgustoso di tutti quelli presenti, il gusto Superschifo; quindi, preferì soprassedere. Bisognava essere dell’umore giusto per divertirsi con le Tuttigusti + 1.

“Mi siete mancati, ve lo devo confessare,” disse Barty. “Stare a casa da solo non è per niente divertente. Avrei preferito finire in pasto al mostro invece di tornare a casa.” Li osservò incerto: “Secondo voi, la minaccia è davvero cessata?”

Regulus scosse la testa: “No, è evidente che questa chiusura era un contentino per i genitori. Il preside ha detto che non hanno trovato nessuna minaccia nella scuola.”

“Credete che sia vero quello che ha detto Mulciber? Che la minaccia l’ha portata uno studente?” Alexandra aveva dato voce alla domanda che tutti loro si stavano ponendo. “Spero proprio di no… Spero che nessuno voglia la chiusura della scuola.”

Rimasero per qualche istante a godersi il crepitio del fuoco nel camino della sala comune. Gran parte degli studenti si erano ritirati nei dormitori, stanchi dal viaggio, il chiacchiericcio che di solito riempiva le volte basse di pietra della sala comune era scomparso. “Dite che dobbiamo andare a dormire?” domandò Alexandra.

“Sei stanca?” Regulus non voleva separarsi dai suoi amici, non voleva tornare a rimanere da solo, a sentire il russare dei suoi compagni. “No, ma credo che presto diventeremo di troppo.” Seguì la direzione dello sguardo di Alexandra e intravide qualcuno seduto su una poltrona di pelle nera messa in disparte, vicino le ampie vetrate che affacciavano sulle profondità del Lago Nero. Regulus socchiuse gli occhi per osservare meglio, sembravano due studenti. Era un posto in cui le coppiette più grandi si sedevano per pomiciare. 

“Non credevo di piacerti…” La voce sottile di Eloise Rosier rivelò l’identità di uno dei due piccioncini. Conoscendo Eloise, Regulus si disse che il secondo non poteva essere altri che Jago Mulciber. A quanto pare, la sua compagna di scuola era ricambiata. “Ieri alla festa eri bellissima,” le disse. Sentirono un risolino. Barty rivolse loro un’espressione nauseata. “Io mi ritiro, preferisco sentire Travers che russa a questo schifo sdolcinato…”

“Anch’io vad-” 

TUM! TUM! TUM-TUM!

Non finirono la frase che le loro attenzioni vennero prese dai rumori. Dal fondo della sala comune, Eloise e Jago si alzarono immediatamente dalla poltrona, come se qualcosa li avesse punti sul sedere, proprio come avevano fatto loro. Regulus e Alexandra si scambiarono uno sguardo. Il ricordo di Alexandra chiusa nel laboratorio di Grimmauld Place tornò alla mente di Regulus. Fece segnoa  tutti di fare silenzio.

TUM! TUM! TUM-TUM!

Puntò la bacchetta contro il muro e urlò “Bombarda!” un colpo forte partito dalla sua bacchetta fece tremare il muro. Jago lo raggiunse. “Che fai Black, distruggi la scuola?” Regulus continuava ad osservare le pareti della sala comune. Puntò ancora una volta la bacchetta e pronunciò la formula. “C’è qualcosa nelle pareti, è bloccato e vuole uscire!” Perché non si creava nessun buco? Il muro era incantato? “Hai idea che potrebbe essere qualcosa di aggressivo?”

Barty li superò con gli occhi pieni di lacrime: “Io non voglio tornare a casa! Bombarda Maxima!” Il colpo fu potente, preciso e in grado di provocare un buco nel muro. Qualcosa si mosse, videro un occhio e trattennero il fiato. Poco dopo, il buco venne riempito da un uccello dalle piume di un azzurro brillante. Era lungo come un serpente e bellissimo mentre usciva da quella fessura nella parete. Non erano pronti, però, a vederlo ingrandirsi rapidamente fino a occupare l’intera sala comune di Serpeverde. Dietro di loro, Jago Mulciber esclamò: “È un Occamy!”

Eloise e Alexandra corsero fuori dalla sala comune, dirette verso le stanze del professor Lumacorno, le si sentivano gridare per i corridoi, visibilmente eccitate dall’idea di aver risolto il mistero. “Professore! Professore!”

La voce sconcertata di Lumacorno risuonò nel corridoio: “Rosier! Turner! Un po’ di contegno!”

“Un Occamy! Professore, c’è un Occamy in sala comune!” A Regulus veniva da ridere per il modo in cui le due ragazze parlavano in coro. Il professor Lumacorno arrivò trafelato, avvolto nella sua vestaglia di seta viola. “Per tutti i Fondatori, c’è davvero un Occamy in sala comune! Meglio chiudere la porta!” Il direttore di Serpeverde disse: “Venite qui vicino, ragazzi… Mulciber, rimani fermo… io avviso il preside.” Il professor Lumacorno camminò con la schiena contro la parete senza perdere di vista i suoi studenti e la creatura magica, arrivò fino al camino e infilò il volto dentro le fiamme: “Albus, cortesemente, vieni in sala comune di Serpeverde, i ragazzi hanno appena trovato il nostro inquilino!” 

Quando si sollevò dal camino, Regulus e Barty cercarono di non scoppiare a ridere in faccia al professore nel vedere il volto pieno di fuligine. Per fortuna, il direttore si ricompose con un gesto della bacchetta. Sicuramente non voleva farsi trovare in disordine dal preside. Attesero qualche minuto, mentre Regulus contemplava la bellezza di quella creatura. “Gli Occamy sono animali molto rari,” disse Mulciber, “hanno un corpo lungo come quello di un serpente, ma sono piumati. Sono famosi per essere Aggiustaspaziosi, ovvero possono adattare le loro dimensioni all’ambiente circostante e adattarsi ad ambienti molto piccoli o molto grandi. Una volta l’anno depongono delle uova di argento purissimo e per questo motivo sono cacciati dai collezionisti. La ricerca delle uova di Occamy ha messo a rischio di estinzione queste creature.”

“Noto che il professor Kettleburn ha fatto un ottimo lavoro con lei, signor Mulciber, dieci punti a Serpeverde per la completezza della risposta.” La porta della sala comune si aprì rivelando il Preside in compagnia della professoressa McGranitt, del professor Vitious e del professor Kettleburn che si illuminò non appena lo vide. “Ma che splendida creatura!”

Regulus osservò il professor Kettleburn mostrare un topolino all’Occamy, lo inserì in una scatola di legno lasciando aperto il coperchio. “Ecco, avrai fame,” disse mostrando la scatola. Non appena l’Occamy si sollevò in un volo spettacolare, Regulus spalancò la bocca incantato da tanta meraviglia. A dispetto delle volte basse della sala comune, la capacità di muoversi nello spazio adattando la propria forma era qualcosa di incantevole. La creatura magica si tuffò nella scatola di legno che teneva il professor Kettleburn, allo stesso modo in cui Regulus si tuffava in estate nel laghetto vicino la villa di zia Druella. Tutti loro erano rimasti ammirati dalla bellezza di quella creatura. Appena entrò del tutto, il professor Kettleburn chiuse la scatola di legno. “Ottimo lavoro, ragazzi,” disse, “credo che Serpeverde abbia guadagnato dei punti questa sera!”

“Per aver risolto brillantemente il mistero dei rumori, assegno a ciascuno di voi venti punti,” disse il preside, “e altri trenta per aver chiamato i professori e non aver provato a vedervela da sola con una creatura pericolosa che chiede l’intevento di un mago esperto!”

“Sono cinquanta punti a testa,” esclamò Mulciber sorpreso. “Proprio così, signor Mulciber.” Regulus non riusciva a credere alle proprie orecchie: Serpeverde aveva appena consolidato la propria posizione al vertice della classifica per la Coppa delle Case. “Molto bene,” disse Lumacorno che si avvicinò alla professoressa McGranitt che stava osservando l’apertura nella parete.

“Chi ha assestato un colpo così preciso?” 

Barty alzò la mano. “Notevole, Crouch, hai un grande talento con gli incantesimi. Da grande potrai iscriverti al Club dei Duellanti, è raro che un ragazzino del primo anno sia in grado di assestare colpi così precisi” disse. “Ora, però, è il caso di risistemare questo buco.”

“Aspetta, Minerva, aspetta un attimo.” Il professor Lumacorno si avvicinò al buco e osservò al suo interno facendosi luce con la bacchetta. “Forse dovremo verificare che non ci siano altri Occamy o che non abbia deposto le uova…”

A Regulus non sfuggì il modo in cui la professoressa McGranitt alzò gli occhi al cielo né lo sguardo che si scambiò con il professor Kettleburn. “Non preoccuparti, Horace, non c’è questo pericolo, era un esemplare maschile di Occamy piuttosto in là con l’età. Non era in grado di depositare uova.” Il professor Lumacorno sembrava deluso da quella notizia, si allontanò dalla fessura e la professoressa McGranitt non esitò a ripristinare la parete con un Reparo prima di spedire tutti loro nei rispettivi dormitori. L’indomani, l’intera scuola avrebbe saputo della loro impresa.


 

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