Lascia che ti racconti la storia - che continua -

di Jamie_Sand
(/viewuser.php?uid=1209744)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Come se avesse appena trovato casa sua ***
Capitolo 2: *** 2. Restare a galla ***
Capitolo 3: *** 3. L'esatto istante ***
Capitolo 4: *** 4. La canzone della piña colada ***
Capitolo 5: *** 5. Il pranzo di famiglia ***
Capitolo 6: *** 6. Non si nomina Bruno ***



Capitolo 1
*** 1. Come se avesse appena trovato casa sua ***


Per chi non mi conoscesse mi presento: 

Sono Jamie e questa è la raccolta di one-shot legata alla mia long intitolata “lascia che ti racconti la storia”. È consigliabile leggere la fanfiction “madre”, altrimenti c’è il rischio di non capire un bel niente. Vi farei un riassunto ma ci sarebbero davvero troppe cose da dire! 

Detto questo vi lascio al racconto, buona lettura. 

 

꧂✬◦°˚°◦.✬꧂

 

Come se avesse appena trovato casa sua 


Molly Weasley era immobile, stesa nel letto accanto a Janus, che dormiva ancora molto profondamente con il viso rivolto verso di lei. Lo stava guardando da almeno un’ora, ferma nella stessa posizione per paura che si svegliasse, scrutandolo in volto come se quella fosse l’unica e l’ultima possibilità di poterlo guardare così da vicino: era bello, non c’era alcun dubbio su questo. Era coperto per metà da quel lenzuolo leggero sotto cui non indossava niente, — del resto proprio come lei —  i capelli scuri gli ricadevano ricadevano sulla fronte in modo insolitamente disordinato e metà del viso era nascosto nel cuscino. Probabilmente se Janus in quel momento avesse spalancato gli occhi, inondandola con l’argento delle sue iridi, Molly si sarebbe sentita tremendamente in imbarazzo a essere beccata in quel modo a fissarlo, ma non le importava in quel momento, troppo occupata a ripensare a ciò che era successo la sera prima. 

Aveva passato la sua intera adolescenza a struggersi per lui, anzi, probabilmente quella cotta per lei era iniziata molto prima, quando era solo una bambina di sette anni e lui un ragazzino di undici, ma adesso ce l’aveva fatta. Ci aveva messo quasi quattro mesi, era uscita con lui una infinità, ma poi l’aveva baciato e successivamente aveva fatto l’amore con lui per quasi tutta la notte. Eppure qualcosa le diceva di essere incappata un grosso sbaglio. 

Probabilmente Lucy l’avrebbe presa in giro per tutta la vita se avesse saputo il risvolto di quell’ennesimo appuntamento, per non parlare di Dominique, che di sicuro le avrebbe lanciato uno sguardo scettico, come se fosse certa che la cugina mentisse. Forse solo Victoire sarebbe stata davvero contenta, mentre suo padre, Percy, Molly ne era certa, sarebbe letteralmente andato fuori di testa. E come dargli torto, dopotutto la madre di Janus gli aveva letteralmente spezzato il cuore, mentre il padre… be’, Sirius era la ragione per il quale Hazel aveva abbandonato Percy all’altare tanti anni prima. 

Sì, probabilmente l’avrebbe diseredata, ma ne sarebbe davvero valsa la pena, si disse Molly, prima di muoversi lentamente finendo sdraiata sulla schiena.

Non aveva chiuso occhio, aveva passato per la prima volta nella sua vita un’intera notte con qualcuno e lei non era riuscita a dormire, ma solo quella mattina, guardandosi intorno, stava riuscendo a mettere davvero a fuoco il posto in cui si trovava. Si trattava di una camera da letto dall’aspetto insolito: i poster attaccati alle pareti avevano un’aria piuttosto vintage, si trattava di locandine di vecchie band, motociclette e ragazze in bikini, c’era anche qualche vecchio stendardo di Grifondoro, mentre la carta da parati — che si vedeva appena sotto tutta quella roba — aveva un aspetto antico e probabilmente un tempo doveva essere stata anche molto elegante e costosa. 

Era la prima volta che Molly metteva piede a Grimmauld Place. Janus l’aveva portata lì perché diceva che a casa sua c’era il suo coinquilino che aveva organizzato una cena romantica per il suo fidanzato, che non voleva disturbarli. Peccato che la verità fosse un’altra e anche se Molly non ne aveva la più pallida idea, c’entrava ancora Faye, la ex fidanzata di Janus, la cui presenza si poteva ancora percepire in quella casa anche se lei se ne era andata da tanto. C’erano ancora le sue fotografie, e anche se Janus di donne ne sapeva davvero poco, aveva pensato che probabilmente portarla lì non sarebbe stato un colpo di genio e dunque aveva deciso per la vecchia casa di suo padre, che Harry aveva trasformato in una locanda, così da poter ospitare giovani maghi che si ritrovavano a non avere altra casa all’infuori di Hogwarts, moltissimi anni prima.

Janus si mosse facendo un sommesso lamento assonnato, avvicinandosi a Molly. Ancora con gli occhi serrati la abbracciò e poi sussurrò: - Buongiorno, Polly. - 

Molly trattenne a stento un piccolo sorriso. - Buongiorno. - Ricambiò, parlando anche lei a bassa voce. - Hai dormito bene? - 

- Sì, poco ma bene, direi. - Rispose lui, aprendo finalmente gli occhi per puntarli in quelli di lei. La osservò per una manciata di secondi e poi aggiunse: - Per tutti i gargoyle, Polly… sei bellissima di prima mattina. - 

Molly si sentì arrossire, ma rise e scosse la testa. 

- Che c’è, non mi credi? - Domandò Janus, accarezzandole lentamente il corpo nudo. 

- No. - Rispose semplicemente lei. - Nessuno prima di te mi ha mai detto che sono bella, quindi… inoltre quando due delle tue cugine sono delle veela è davvero complicato venir su senza complessi. Sono contenta che ci siamo ritrovati prima del matrimonio di Teddy e Victoire, altrimenti sono certa che in mezzo a tutte quelle ragazze perfette non mi avresti mai degnata di uno sguardo. - 

Janus la guardò come se avesse appena detto di aver visto un nargillo. Ai suoi occhi, lei sembrava davvero meravigliosa.

- Dai, non fare quella faccia, sappiamo entrambi che sei tu quello bello tra noi due. -

- Mia madre dice lo stesso quando si tratta di lei e mio padre. - 

Lei annuì. - In effetti Sirius è… - 

- Ti prego non dirlo. - 

- … molto affascinante. - Concluse Molly, sorridendo colpevole. - E comunque, lo sai, vi somigliate un sacco. - 

Janus sospirò affranto. - Certo… a me però manca quell’aria da tenebroso. -

- Non direi. - Obiettò Molly, mettendosi su un fianco per poterlo osservare meglio. - Quando eri piccolo ce l’avevi eccome. - 

- Quella era l’aria da bambino problematico, Molly. - Puntualizzò il ragazzo, mettendosi a sedere prima di stiracchiarsi. - Comunque… tu lavori oggi? - Le domandò, cambiando radicalmente discorso, allungandosi a guardare l’orario sullo schermo del suo telefono. 

- Ho lezione del pomeriggio, sì. - Rispose Molly. 

- Bene, quindi abbiamo tempo per fare colazione. - Disse Janus, alzandosi in piedi e iniziando a raccattare gli abiti della sera prima sparsi per la stanza. 

Molly lo guardò di sfuggita, distogliendo lo sguardo quasi nell’immediato. Non era affatto abituata a quel tipo di vista, a dir la verità aveva avuto un solo ragazzo ai tempi della scuola e una deprimente frequentazione qualche anno prima, ma non si era mai svegliata nello stesso letto di un ragazzo prima di quella mattina. 

- Di solito Grimmauld Place non è un luogo molto affollato durante l’anno scolastico. - Fece Janus, mentre si infilava i pantaloni. - In effetti sono abbastanza certo che non ci siano ospiti, visto il silenzio. Ma forse è meglio se ci vestiamo per scendere. -

- Tranquillo: non avevo nessuna intenzione di aggirarmi per una locanda completamente nuda, Jan. - Rise Molly, che teneva ancora lo sguardo su un poster su cui era raffigurata una ragazza particolarmente formosa. - A tua madre non infastidisce che ci siano tutte queste donne in bikini nella vecchia stanza di tuo padre? - 

- No. Questo posto è più una sorta di mausoleo della giovinezza non vissuta di mio padre e lei un po’ lo capisce dato che neppure lei ha potuto vivere appieno la sua. - Spiegò Janus. - Sarà per questo che spesso si comportano come due adolescenti. - 

- Mi sembravano carini al matrimonio. - 

- Oh, lo sono. Sono carini in modo irritante, a dire il vero. - Annuì Janus, sedendosi nuovamente sul letto. - Ma non sono del tutto guariti da ciò che hanno passato durante la guerra, soprattutto mio padre, a dire il vero. Mamma fa di tutto per strapparlo dai pensieri tristi, ma lui spesso si oscura ancora… cade in degli stati depressivi. - 

Molly rimase zitta. Janus non parlava spesso così apertamente di cose tanto intime e voleva approfittarne un po’. 

- Non credo che si riprenderà mai del tutto da ciò che ha passato. - Proseguì il ragazzo, guardando dritto davanti a sé. - Ad ogni modo è in cura e per la maggior parte del tempo sta bene. È anche un bravo padre, in fondo. - 

- In fondo? - 

- Diciamo che con me si comporta più come un amico che come un genitore. - Spiegò Janus, scrollando le spalle. - Con i miei fratelli invece è perfetto. È lui che si occupa di loro quando mamma viaggia in giro per il mondo per fare le sue cose da artista. Questo delle volte mi fa sentire nostalgico. - 

- E perché mai? - Chiese Molly, sempre più curiosa. 

Janus rimase zitto per qualche secondo e poi si voltò verso di lei. - Mi sarebbe piaciuto avere mio padre quando avevo l’età di Aurora e Halley. - Ammise Janus, facendo un sorriso amaro. - Però so che non è colpa sua se è finito dietro quel velo per tutti quegli anni. È stata dura anche per lui, sai? - 

Molly posò la mano su quella di Janus e la strinse. 

Lui non disse niente per un po’, poi sospirò e si riscosse. - Be’, allora? - Disse. 

- Allora cosa? - Domandò a sua volta Molly.

- Non ti vesti? - 

Molly alzò le sopracciglia. - Sì, se esci. - Asserì. 

Lui batté le palpebre con fare perplesso. - Molly, noi due abbiamo… come dire… insomma credo di aver visto un po’ tutto quello che c’era da vedere, no? - Disse, cercando di non mettersi a ridere. 

La giovane, in tutta risposta, incrociò le braccia sul petto. 

- Va bene, ti aspetto in cucina allora. - Acconsentì Janus alla fine, alzandosi in piedi mantenendo quell’espressione divertita in volto e lasciando poco dopo quella stanza. 

Una volta da sola, Molly uscì dal letto e si rivestì. 

La sensazione di aver fatto un errore si era dissipata senza nemmeno che se ne rendesse conto. Adesso si sentiva come se avesse appena trovato casa sua. 

 

Nel frattempo, al piano di sotto, Janus era deciso a mettere insieme una degna colazione pur avendo a disposizione solo qualche bustina di tè, qualche confezione di pane in cassetta e della marmellata di fragole in un barattolo ancora sigillato. 

Mentre preparava il tè, Janus lasciò che i suoi pensieri vagassero incontrollati come non gli capitava spesso: non si aspettava di sentirsi così a suo agio nello svegliarsi accanto a una donna che non fosse Faye e questo lo stava facendo sentire bene come non accadeva da un pezzo, un po’ come se si fosse finalmente scrollato di dosso un grosso peso. Ma se qualcuno gli avesse chiesto di descrivere la notte appena trascorsa probabilmente non sarebbe riuscito a formulare una frase compiuta. Era stato fantastico, imbarazzante, intimo e tutto estremamente giusto. Fosse stato per lui sarebbe rimasto in quel letto con lei anche per tutto il giorno, ma Molly sembrava così timida oltre che palesemente inesperta, — molto più di lui e questo era davvero tutto dire — e lui non voleva di certo sembrare inopportuno. 

Si erano ritrovati da poco più di quattro mesi, eppure lui non riusciva a non pensare al fatto che forse era sempre stata Lei. Aver sofferto per mesi dopo che Faye l’aveva abbandonato adesso aveva quasi un senso. 

Lui andava bene così com’era per Molly, lei non voleva che cambiasse, non lo intimoriva come faceva l’altra e soprattutto non gli aveva detto mai, neppure una volta, che fosse strano. Tuttavia, mentre da un lato c’era una parte di lui che voleva aprire del tutto il suo cuore a Molly, un’altra gli metteva davanti tutti gli ostacoli che loro due insieme avrebbero potuto trovare. Il primo fra tutti era naturalmente quello delle loro famiglie. Se infatti Janus era abbastanza certo che nessuno dei suoi due genitori si sarebbe messi in alcun modo tra loro, non poteva dire lo stesso anche per Percy, inoltre si capiva quanto ancora Molly avesse bisogno dell’approvazione della sua famiglia. 

Il bollitore sul fuoco fischiò e un secondo più tardi Molly varcò la soglia della cucina, indossando nuovamente il grazioso vestito verde della sera prima. 

- Vuoi che ti dia una mano a fare qualcosa? - Gli chiese, qualche secondo dopo, dopo averlo osservato mentre versava il tè in due tazze. 

- No, siediti pure. - Rispose subito lui, voltandosi a guardarla. - Purtroppo non c’è molto in questa casa… ma se vuoi posso chiedere a Kreacher di portarci qualcosa di meglio di pane in cassetta e marmellata alle fragole. - Proseguì, raggiungendola al lungo tavolo di legno tarlato che arredava quella cucina da decenni. 

Molly si affrettò a scuotere la testa. - No, poverino, è talmente anziano che non so proprio come trovi la forza di per lavorare ancora. - 

- È nella sua natura, credo. Un tempo la famiglia di mio padre faceva fuori gli elfi domestici come lui, troppo vecchi per eseguire le loro mansioni, e poi esponeva le loro teste con sotto una targhetta con il nome… scusa, lo so che è una cosa macabra. - 

- Un po’, sì. - Disse Molly. - Tipi simpatici, i tuoi antenati. - 

- Oh sì. E pensa che non ti ho ancora mai parlato dei parenti di mia madre. - Rimarcò lui, con il chiaro intento di fare un po’ di sana autoironia. - Sai, sono scozzesi. - 

- Adoravo quelle vacanze in Scozia. - Sorrise lei. - Passavamo tutto quel tempo insieme sulla spiaggia, io, te e Lucy, ti ricordi? - 

Janus annuì e subito anche le sue labbra si piegarono in un sorriso. Non aveva di certo un passato idilliaco, ma quelle estati erano tra i suoi ricordi più belli. - Possiamo andarci il prossimo fine settimana, se ti va. Certo, non farà freddo dato che siamo a fine ottobre, quindi direi niente spiaggia ma… ecco se ti va possiamo farlo. C’è un sacco di pace lì, potresti metterti a scrivere o… se ti va, ovviamente. - 

- Mi va. - Lo fermò lei. 

Janus si sentì un po’ un idiota ma annuì tirando un sospiro di sollievo. Già riusciva a immaginarselo; loro due insieme per due giorni, lontano da tutti, chiusi nel loro piccolo mondo. Oh cielo, forse l’amava!

Ma prima che quella nuova e spaventosa consapevolezza potesse colpirlo in pieno, dal corridoio si sentì il rumore della porta d’ingresso che si spalancava e si richiudeva con un tonfo, e poi prima la voce di un uomo: 

- In realtà sono contento che tu abbia finalmente fatto un incantesimo. - Stava dicendo mentre camminava proprio verso la cucina. - Però la prossima volta che ti prendono in giro tu picchiali, non usare la magia, altrimenti… Jan? - 

Janus sussultò e si voltò verso la porta. Lì sulla soglia suo padre e suo fratello più piccolo Halley ricambiarono il suo sguardo con sorpresa. Halley aveva lo zaino sulle spalle, come se fosse appena uscito da scuola, gli occhiali sul naso che rendevano i suoi occhi grigi molto più grandi di quel che erano realmente, che in quel momento stavano saltando da Janus a Molly e viceversa, proprio come quelli di Sirius. 

- Ehm… buongiorno? - Fece il mago, cercando di capire chi di preciso fosse la giovane con i capelli rossi che sedeva a quel tavolo in quel momento. 

O meglio, era palese che quella fosse una qualche Weasley, — in effetti l’aveva vista al matrimonio di Teddy e Victoire quattro mesi prima, — ma non riusciva a capire quale fosse per esattezza. Forse Rose? No, lei aveva l’età di Albus e questa era un po’ più grande. Dominique? No, troppo poco carina per avere sangue di veela nelle vene. 

Lei inoltre era vestita proprio come se la sera prima fosse stata ad un appuntamento, quindi forse aveva dormito lì… quindi Janus ha una ragazza?

- Che ci fate voi due qui? - Chiese Janus, interrompendo quell’imbarazzante silenzio. 

- Halley ha fatto il suo primo incantesimo: ha trasformato un suo compagno in un furetto, la scuola mi ha chiamato e sono andato a prenderlo. - Spiegò Sirius, conciso.  

- Sono arrivati quelli che cancellano la magia accidentale, è stato pazzesco! - Continuò allegramente Halley. - Ma adesso, visto che non diciamo niente a mamma che sennò si preoccupa, dovrò fingere di essere a scuola, mentre invece sarò qui… e tu chi sei? - Aggiunse in fine, spostando lo sguardo curioso su Molly. 

- Sì, ragazza, quale Weasley sei? - Chiese Sirius sorridendo e appoggiandosi allo stipite della porta con nonchalance. 

Molly arrossì. Era piuttosto imbarazzante per lei ritrovarsi davanti al padre del ragazzo con cui aveva appena passato la notte. - Io… Molly, signor Black. - Rispose. 

Sirius alzò le sopracciglia e annuì. - Ah. Sì, una delle figlie di Percy. - Disse. - Suppongo che quindi che tu e Janus… voi state insieme per caso? - 

I due si scambiarono uno sguardo di sfuggita. Non avevano ancora davvero definito il loro rapporto. - Immagino di sì? - Tentò lui, guardando Molly, che a sua volta annuì. 

Stranamente Sirius non trovò nulla da dire. 

- Forse è meglio se adesso io vada. - Bofonchiò quindi Molly, alzandosi goffamente da tavola, un po’ come se volesse uscire da quella stanza. - Insegno pozioni, sa. Devo proprio scappare. Il dovere chiama. È stato un piacere vederla, signor Black. - 

- Puoi chiamarmi solo Sirius. - 

- Oh. Va bene, solo Sirius. Signor… Sirius, okay. - Fece Molly. - Saluti Hazel da parte mia, se vuole. Ciao, Halley. Janus… - 

- Ti accompagno alla porta. - Si affrettò a dire il giovane, alzandosi in piedi. 

Una volta fuori dalla cucina, a ridosso dell’uscita del numero dodici, Janus guardò Molly con uno sguardo mortificato. - Scusa… lui è davvero imbarazzante. - Disse parlando a voce bassa. - Faceva quella faccia anche quando stavo con Faye, come per dire “so cosa avete combinato”. - 

- Non fa niente. - Lo tranquillizzò Molly, prendendolo per mano. - In realtà è simpatico. Mio padre non avrebbe mai permesso a nessuno di chiamarlo “solo Percy”. - 

Janus annuì. Lei era ancora lì ma quasi sentiva già la sua mancanza. - Quindi ci vediamo venerdì per il nostro fine settimana in mezzo al nulla? - Le domandò timidamente. 

Molly scosse la testa e sorrise. - Vieni a Hogwarts domani. Venerdì è troppo lontano. - 

- Speravo proprio che mi dicessi questo. - Svelò lui sorridendole, prima di lasciare un rapido bacio sulle sue labbra. 

La naturalezza di quel gesto fece sciogliere il cuore di Molly. - A domani. - Sussurrò, prima di uscire di casa e sparendo poi il tipico suono sordo della smaterializzazione. 

Janus sospirò, richiuse la porta e tornò in cucina, dove suo padre lo stava aspettando seduto su una delle tante sedie che circondavano il tavolo. 

- Dov’è Halley? - Domandò Janus, guardandosi attorno. 

- L’ho mandato a infastidire il quadro di Walburga, così noi possiamo parlare. - Rispose Sirius, unendo le mani davanti a sé, assumendo un atteggiamento che di solito era tipico di Hazel. - Jan, tra tutte le donne che esistono a questo mondo proprio con una delle figlie di Percy? - 

- Ti prego, non farmi la ramanzina. - Implorò Janus, lasciandosi cadere sulla sedia dall’altro lato del tavolo rispetto a Sirius. 

- È una cosa seria? Devo prepararmi psicologicamente a essere imparentato con con Percy Weasley? - 

- È una cosa seria, sì. - Si limitò a dire il giovane.

Sirius sbuffò e si abbandonò sullo schienale. Certo, le cose tra loro e i Weasley erano migliorate dal matrimonio, ma questo non toglieva che fossero ancora parecchio strane. Hazel aveva spezzato il cuore a uno di loro, era scappata via con loro nel bel mezzo del loro matrimonio e per anni non si erano né visti né parlati. D’altra parte però era felice che Janus si interessasse finalmente a una ragazza che non fosse Faye. 

- D’accordo. - Buttò lì, stringendo le labbra. 

- D’accordo? - Chiese Janus, con cautela. 

- Se la ragazzina Weasley ti rende felice hai la mia benedizione, Jan. - 

Janus aggrottò la fronte. - Non te l’ho mai chiesta, ma va bene. - Disse. 

Sirius annuì e poi ci fu un lungo attimo di silenzio. 

- Quindi Halley non è un magonò. - Disse poi Janus. 

- Già, meno male. - Sospirò Sirius. - Hazel sarà molto delusa dal fatto che non potrà mandarlo a Eton quando lo scoprirà, ma devo ammettere che è un sollievo. -

- Questa è una cosa molto Black da dire. - 

- Mica l’avrei diseredato. - Si affrettò a chiarire Sirius. 

Janus scrollò le spalle. - A proposito di mamma. - Riprese poi. - Possiamo tenere questa cosa di Molly tra noi, per ora? Tu non dici niente di lei e io non dico niente del fatto che Halley ha trasformato un suo compagno di scuola in un furetto. - 

Sirius annuì - Affare fatto. - Decise. - Adesso torniamo alle cose serie. Scommetto che Molly ha dormito qui, eh… - 

- Non ci provare. - Lo fermò subito il giovane. - Non ti dirò una parola a riguardo. - 

- Oh, avanti… almeno dimmi dove l’hai portata e da quanto va avanti tra voi! - 

Janus sbuffò. - D’accordo. - Si arrese, e poi iniziò a raccontare. 



 

AAAAAAAH

Sì, sono io, dopo un paio di settimane di totale blocco eccomi qui con il primo capitolo di questa raccolta di one-shot autoconclusive che non tratterà solo cose post epilogo ma anche momenti mancanti che non ho inserito nella storia. Comunque non ho grandi pretese, scriverò giusto perché sento che questi personaggi hanno ancora tanto da dire. 

Non so nemmeno ogni quanto aggiornerò e neanche quante one-shot tirerò fuori; è una cosa così, leggera, per tenermi allenata mentre aspetto che mi venga in mente una nuova storia, ma mi farebbe molto piacere ricevere comunque le vostre opinioni! 

Adesso vi saluto, sono le tre e quindici del mattino e forse è ora che dopo questo delirio io vada a dormire. 

Grazie per aver letto fin qui, 

J. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Restare a galla ***


Restare a galla


La finestra del soggiorno di casa Black-Rains dava su una strada solitamente poco frequentata ma che quella sera sembrava essere stata presa letteralmente d'assalto da una mandria di bambini rumorosi e mascherati alla ricerca di dolcetti. 

Sirius Black se ne stava seduto sul divano del suo soggiorno con espressione imbronciata e lo sguardo nella direzione dei suoi figli e di Hazel, che si era chinata verso il più piccolo per mettergli una sciarpa attorno al collo, così che non prendesse freddo. Il mago, davanti a quello che poteva sembrare un tenero quadretto familiare, aveva una sola consapevolezza in mente: detestava il giorno di Halloween.

Non aveva mai amato quella festa, nemmeno da bambino, quando i suoi genitori costringevano lui e suo fratello Regulus a partecipare a noiosissime cene tra purosangue nelle quali venivano messi in mostra come ambiti trofei. Poi, durante Hogwarts, i suoi sentimenti di avversione verso il 31 ottobre mutarono e ben presto Halloween diventò per lui il sinonimo dell’abbondante banchetto festoso in Sala Grande e del complemorte di Nick-Quasi-Senza-Testa. 

Poi arrivò il 31 ottobre del 1981, la notte in cui il suo mondo era letteralmente andato in frantumi e, da lì in poi, quel giorno diventò un pretesto per pensare al passato un po’ più del solito e per struggersi rivivendo nella sua testa tutte le pessime decisioni che aveva preso in vita sua.

- E dai, mamma! Così il costume perde d’effetto! - Si lamentò Halley, lanciando degli sguardi simili a richieste di aiuto verso il fratello più grande. - Ti sembra forse che i demogorgoni indossino sciarpe? - 

- Non saprei, dato che sono delle creature che non esistono. - Sottolineò Hazel, le mani sui fianchi e un’espressione insindacabile in volto.  

- Ma Jan dice che esistono invece. - Obiettò il bambino. - Dice che per lo smistamento a Hogwarts te ne fanno affrontare uno, che durante il suo anno sono morti dieci ragazzi mangiati dal demogorgone! -

- Tuo fratello vuole essere diseredato. - Rispose Hazel, alzando lo sguardo verso il figlio più grande, che per tutta risposta fece un sorrisetto innocente. - Lo smistamento avviene tramite un vecchio cappello parlante. Vero, Sirius? - Chiese, voltandosi verso di lui. 

Sirius si limitò ad annuire, mantenendo invariata la sua espressione imbronciata. 

Seduta accanto a lui, Aurora indossava un vestitino rosa sotto una giacca blu, calzettoni bianchi in stile anni ottanta e una parrucca bionda in testa. Sul naso, infine, c’era del sangue finto che le conferiva una certa credibilità come Undici di Stranger Things. 

- Io avrei preferito affrontare il demogorgone. - Buttò lì la ragazzina. 

Hazel alzò le sopracciglia ma non le disse niente, abituata al fatto che sua figlia avesse un certo gusto per l’orrido e anche per il rischio. - Allora. - Iniziò, rivolgendosi a Janus. - Riportali a casa tra un’ora, tienili d’occhio… e niente incantesimi! A proposito, tu da cosa sei vestito, scusa? - 

- Direi da babbano. O da mago mezzosangue perfettamente integrato nel vostro mondo. - Rispose Janus, guardando verso il suo maglione verde infilato sopra la camicia.

- Ma il tema era Stranger Things. - 

- Lo so, ma dopo devo andare da una parte e non voglio farlo vestito come se fossimo negli anni ottanta. - Rispose Janus, alzando gli occhi al cielo. - Che per la cronaca sono anni cafonissimi… davvero, papà non si è perso proprio niente passandoli ad Azkaban. - 

Sirius brontolò sommessamente incrociando le braccia sul petto, e Hazel scoccò al figlio un’occhiata che sembrava dire “ecco, dovevi proprio ricordarglielo? Proprio ora?”

- Sì, in effetti non è accaduto proprio niente negli anni ‘80. - Tentò di dire poi. 

- A parte il Live Aid, la caduta del muro di Berlino e l’uscita di film cult come E.T. non si è perso proprio niente. - 

- Sì, Janus, adesso forse è meglio se ve ne andate o farete tardi. - Lo fermò Hazel, spingendolo verso l’ingresso, e stupendosi per l’ennesima volta di quanto Janus avesse l’empatia di una teiera a volte. 

- Ciao, papà. - Disse Aurora, salutando Sirius prima di alzarsi in piedi. - Non essere così triste, va bene? - 

Sirius alzò i lati della bocca in un goffo tentativo di sorridere e annuì. - Farò del mio meglio, promesso. - Rispose per  tranquillizzarla. - Tu divertiti. E comportati bene. - 

Aurora si limitò ad arricciare il naso con disapprovazione e poi stampò un rapido bacio sulla guancia del padre prima di correre verso l’ingresso, sparendo così dalla vista di Sirius. Se c’era una cosa che il mago adorava di sua figlia era di certo il fatto che lei non fingesse nemmeno di essere una brava bambina, proprio come lui alla sua età. 

Sirius sentì la porta chiudersi e pochi secondi dopo Hazel fece nuovamente il suo ingresso in salotto. 

- Vediamo un horror? Magari un grande classico? - Gli propose appoggiandosi allo stipite della porta .

- No. - Rispose solo Sirius. 

- Allora un film triste… tipo Interstellar. - Tentò di nuovo Hazel. - Ricordo che ti era piaciuto. O preferisci una commedia romantica? - 

- Niente film. - 

- Serie tv? Dobbiamo finire The Crown. -  

Sirius stavolta si limitò a scuotere la testa.

- Vogliamo… friggere dei Mars e bere Irn-Bru? - 

- Che cosa scozzese da dire. - 

- D’accordo, lo prendo come un no. - Sospirò Hazel, e poi si mosse fino a raggiungerlo sul divano, dove iniziò a fissarlo con insistenza, sorprendendosi ancora di quanto il viso di lui fosse interessante oltre che davvero bello da guardare. 

Sirius avrebbe compiuto cinquant’anni tra meno di una settimana e nonostante ciò, nonostante le normali rughe ai lati degli occhi e l’argento che stava iniziando a farsi notare tra i suoi capelli e tra la barba, aveva mantenuto intatto tutto il suo fascino.

- Vuoi parlare? - Gli chiese, poggiandosi a lui. 

- Di cosa? - Domandò a sua volta Sirius, facendo scorrere pigramente le dita tra i capelli color cioccolato di Hazel.

- Del fatto che sei triste. - 

In momenti come quello, Hazel si sentiva impotente e frustrata. Non poteva nulla davanti al dolore di lui e questa consapevolezza la uccideva ogni singola volta. Fosse dipeso da lei allora glielo avrebbe strappato via quel dolore, si sarebbe volentieri presa la sua tristezza per vederlo sorridere come realmente meritava. Ma era anche un po’ arrabbiata per il modo in cui Sirius si chiudeva in sé stesso, diventando taciturno e imbronciato e mostrando una parte di sé stesso che Hazel avrebbe preferito di gran lunga non far vedere mai ai loro due figli più piccoli.

- Sto bene. - Disse piano lui. - È solo… Halloween. Forse dovevamo accettare l’invito a cena da Andromeda, sai… per evitare di mettermi a pensare. -  

- Forse sì - Ammise Hazel. - Ma non posso lasciarti affondare del tutto nella tristezza, altrimenti poi sarà molto più difficile per te venirne fuori, capisci? - 

Sirius annuì. - Allora non lasciarmi affondare mai. - 

- Mai, te lo prometto. - Gli disse lei, stringendosi un po’ di più a lui. - Rimarrò qui fino alla fine dei tempi, ma devi aiutarmi a farti restare a galla. - 

Sirius sorrise appena e rimase zitto, pensando per l’ennesima volta alla grande fortuna che aveva avuto scegliendo di entrare proprio nella casa di Hazel Rains quella notte di tantissimi anni fa. Lei gli aveva dato l’opportunità di avere una vita nonostante tutto, lei gli aveva dato la famiglia che non sapeva nemmeno di desiderare ed era estremamente grato per questo. 

Con il cuore alleggerito dal contatto del corpo di lei con il suo, lo sguardo di Sirius finì sul quadretto che incorniciava la lista che avevano stilato insieme tempo prima. Avevano sbarrato tutte le voci e Sirius si stupiva ancora di aver fatto cose straordinarie come guardare l’aurora, ma anche cose straordinariamente ordinarie che però mentre era ad Azkaban gli sarebbero sembrate impossibili. 

Sirius ricordava bene il loro primo vero appuntamento, la loro prima vacanza insieme, la prima mostra a cui Hazel lo aveva portato e quell’unica volta in cui avevano avuto l’occasione di accompagnare Janus al binario 9 e ¾ proprio come una vera famiglia, beccandosi non poche occhiate curiose. 

- Allora, che cosa ti va di fare per non affondare? - Gli domandò Hazel, dopo quel lungo attimo di silenzio, sciogliendo delicatamente l’abbraccio in cui erano uniti.

- Vuoi dipingere mentre io ti guardo? - 

Hazel a quel punto alzò gli occhi al cielo. - Magari qualcosa di più coinvolgente per te? - 

- Ma per me è molto coinvolgente! Soprattutto se sono io il soggetto della tua arte. - Esclamò Sirius, facendo il primo vero sorriso da quando quella giornata era cominciata. - Ma se vuoi possiamo sempre scopare, più coinvolgente di così... - 

Hazel gli lanciò uno sguardo talmente brutto che avrebbe potuto ucciderlo. - Viva il romanticismo. - Gli disse gelida. 

Sirius cercò di trattenersi invano dallo scoppiare a ridere, beccandosi nell’immediato un’altra occhiata omicida da parte di Hazel. 

- Una volta, quando ancora non mi davi per scontata come invece fai ora, non me lo avresti chiesto in questo modo becero e patetico. - Disse indignata, prima di alzarsi in piedi tutta alterata. 

Sirius la afferrò prontamente per un polso, costringendola a sedersi di nuovo. - Ah, quindi ti do per scontata? - Le domandò divertito. 

- Molto per scontata, sì. - Ribadì Hazel, guardandolo di sottecchi. 

- Poverina. - 

- Stronzo. - 

Sirius rise piano. - Lo sai, la prossima volta che ci capiterà di restare da soli per un’intera ora senza nessuna distrazione sarà quando Halley sarà partito per Hogwarts. - Disse con nonchalance. 

- Sempre se riceverà la lettera. - Sottolineò Hazel. 

Lui, che non aveva detto una parola del piccolo incidente magico che aveva coinvolto il più piccolo dei loro figli e uno dei ragazzini che a scuola lo bullizzavano, alzò le sopracciglia e serrò le labbra, diventando teso e un po’ impacciato. 

Certo, poteva dirle che Halley aveva trasformato un suo compagno di scuola in un furetto davanti a tutta la classe, scatenando il panico e costringendo un’intera squadra di obliviatori a intervenire cancellando la memoria a trenta bambini e due insegnanti, ma non voleva che Hazel si preoccupasse o che gridasse il bambino. 

- Ha fatto un incantesimo, vero? - Domandò lei, dopo aver scrutato il volto di Sirius. 

- Può darsi. - 

- E cosa ha fatto? Ma soprattutto perché non me l’hai detto? - 

- Ha trasformato un suo compagno di classe in un furetto davanti a tutti, non te l’ho detto perché altrimenti tu lo avresti sgridato, smorzando il suo entusiasmo. - Spiegò Sirius, pronto a ricevere una bella lavata di capo da parte di Hazel. - Era così fiero di sé stesso, dopo tutte le difficoltà che ha avuto con la magia volevo che il ricordo del suo primo incantesimo fosse piacevole. - 

Lei tacque per qualche attimo, assumendo un’espressione accigliata e pensierosa. - Be’, direi che Janus e Aurora hanno fatto di gran lunga cose di gran lunga peggiori. - Disse alla fine. - Hai altri inconfessabili segreti sui nostri figli? - 

Sirius assunse di nuovo quella rigida posa. - Ehm… no? - 

- Sirius… - 

- Oh, d’accordo. - Sbuffò lui, incrociando le braccia sul petto. - Janus ha una fidanzata, ma non dirgli che te l’ho detto. - 

Hazel sobbalzò e sgranò gli occhi. - Questo sì che è un argomento interessante. - Disse. - Di chi si tratta? La conosciamo? - 

- Altroché se la conosciamo. - Fece Sirius, creando un po’ di palpabile suspance. - Ma prego, prova pure a indovinare. - 

Hazel ci pensò su. - Si tratta di una strega? - 

- Esattamente. - 

- Quella giovane auror collega di Tonks? Lei mi piace molto. - Tentò Hazel, e Sirius scosse la testa. - Allora la cassiera del Ghirigoro, quella ci prova con lui da prima che Faye lo lasciasse… no? Forse la bella ragazza bionda che lavora con lui? - 

- No, si tratta di una amica di famiglia, diciamo. - 

A quel punto Hazel aggrottò la fronte. - Non sarà mica Lily? Insomma… lei ha sedici anni. Harry lo ammazzerebbe. - 

- No, no… peggio di Lily, molto peggio. - Rise il mago.

- Chi può essere peggio di Lily? - 

- Secondo me puoi arrivarci da sola. - La spronò il Sirius. 

Hazel esitò per un istante, pensandoci su. Passò in rassegna ogni probabile candidata e quando la sua attenzione cadde sulla schiera di giovani ragazze Weasley (che più di tutte potevano essere sotto l’etichetta di “amiche di famiglia”) le fu tutto più chiaro. - Stai scherzando, vero? - Tuonò. - Si tratta di Molly? Molly di Percy? -

Sirius annuì. - Proprio lei. - 

- E tu come lo sai, scusa? - 

- Li ho trovati a Grimmauld Place settimane fa. - Spiegò lui. - Avevano… come dire, dormito insieme. Si vedono da giugno e lui è completamente andato per lei. - 

Hazel si lasciò appoggiò allo schienale del divano, come sconfitta o stravolta da quella notizia. - Questa è una tragedia. - Asserì seria. 

- E perché mai? - 

- Come perché? - Sbottò lei, voltandosi a guardarlo. - Ci siamo appena riappacificati con i Weasley. Se Janus spezzerà il cuore di quella ragazzina saremo da capo a dodici. - 

- Janus che spezza cuori? Sinceramente non ce lo vedo. - 

- Già, per fortuna non è come te. - Disse Hazel, e Sirius alzò gli occhi al cielo. - Ma rimane comunque una tragedia! Immagina se tra loro andasse avanti, immagina se si sposassero! Immagina di avere Percy alle cene di famiglia insieme alla cara Penelope e al loro bambino viziato. - 

- Guarda il lato positivo, Hazel: Percy e Penelope sono sempre meglio del padre e dello zio di Faye. - Buttò lì Sirius. 

Hazel si accigliò. In effetti Sirius non aveva tutti i torti: Percy era un male minore… ma pur sempre un male. Era ancora molto imbarazzante incontrarlo a Diagon Alley, c’era ancora un bel po’ di tensione tra loro, soprattutto tra Percy e Sirius, per non parlare dei giornali di gossip, che tutt’ora si divertivano a scrivere di loro. 

Inoltre Faye un po’ le mancava e, nonostante fossero passati ormai due anni da quando era sparita dalle loro, Hazel sperava ancora che lei e Janus potessero tornare insieme. 

- Sembri più afflitta di me in questo momento, lo sai? - Le disse Sirius riscuotendola dai suoi pensieri. 

Hazel mugugnò e si appoggiò a lui lasciandosi abbracciare. - Scusa. - Sussurrò dopo. - E comunque non sono afflitta… solo che non capisco il perché, con tutte le ragazze che lui potrebbe avere, sia andato a scegliere proprio la figlia del mio ex. - 

- Mi sono posto la stessa domanda, dunque gliel’ho chiesto direttamente. - 

- E lui cosa ha risposto? - 

- Che non ha potuto farne a meno. - Raccontò Sirius. - Che ha pensato alle eventuali conseguenze, ma che non gli importa. Vuole stare con lei, è innamorato, e io un po’ lo capisco: non è facile lasciare andare qualcuno di così speciale, anche se farlo potrebbe essere la strada più facile o più giusta. Un po’ come me con te. - 

- Però tu mi hai lasciata andare, ad un certo punto. -

Sirius annuì. - È vero. Ma nella mia testa il piano non era affatto quello di lasciarti andare per sempre. Dopo aver vinto la guerra sarei tornato da te e mi sarei fatto perdonare, in un modo o nell’altro. -

- Credo che ci saresti riuscito in un secondo. - Rivelò Hazel.

- Lo so, ragazzina. - Fece Sirius. - Mi perdonavi proprio tutto a quei tempi. - 

- Era tutto merito di quel fascino da dannato che ormai hai irrimediabilmente perso. - Sospirò teatralmente Hazel. 

Sirius la guardò con scetticismo e poi si avvicinò un po’ più a lei, prendendole il volto tra le mani. La osservò per qualche secondo come se temesse di poterla dimenticare o come se cercasse di capire il senso di ogni cosa da quei lineamenti, e poi semplicemente la baciò. 

Ecco, era di questo ciò di cui aveva bisogno la notte di Halloween — o forse proprio tutte le notti del mondo. Aveva bisogno di contatto, di vicinanza, di essere visto da lei, di sentirla al suo fianco, perché attraverso di lei riusciva a vedere una piccola luce anche quando si trovava nel fondo più oscuro del suo dolore. Gli capitava di ancorarsi a questo quando si chiedeva perché fosse ancora vivo mentre molti altri non ce l’avevano fatta; perché lui aveva potuto vedere Janus prendere i M.A.G.O. mentre James e Lily non avevano potuto fare lo stesso con Harry? Perché lui poteva passare il resto della sua vita con la donna che amava mentre Remus se ne era andato lasciando da sola Tonks?

Lei era un faro nelle notti buie della sua anima e riusciva sempre a mantenerlo a galla, a indicargli la via. 

Hazel e Sirius sentirono il rumore della porta d’ingresso che si spalancava, ma non fecero nemmeno in tempo a dividersi uno dall’altra che tre figure si palesarono sulla soglia del salotto.

- Che schifo. - Disse Aurora, quando i suoi genitori si voltarono verso di loro, tenendo tra le braccia un sacchetto pieno di dolci. - Vi state baciando! - 

- Tu e Halley siete fortunati. - Aggiunse Janus, in piedi tra i due. - Prima della vostra nascita si scambiavano certe effusioni molto più spesso. - 

- Non vogliono fare un altro bambino, vero, Jan? - Chiese candidamente Halley. 

- Non credo proprio. Mamma è troppo vecchia. - 

Sirius sogghignò, mentre Hazel lo guardò male il giovane. 

- Dovreste essere contenti che i vostri genitori si amano ancora, dopo tutto questo tempo. - Disse loro, alzandosi in piedi. 

- Quando smetteremo di “scambiarci effusioni” allora sarà il momento di preoccuparvi perché vorrà dire che staremo per lasciarci. - Rincarò la dose Sirius, lasciando il divano. 

Aurora scrollò le spalle con disinteresse, mentre Halley corrucciò le sopracciglia e piegò le labbra verso il basso prima di correre verso i genitori al grido di lungo e disperato “nooo!”

Sirius lo prese in braccio, ma se ne pentì quasi all’istante: - Oh Godric, non ho più l’età per certe cose… - Gemette.

- Mettilo a letto, prima che ti venga mal di schiena. - Disse Hazel lasciandosi scappare una risata. 

Il mago annuì sbrigativo e subito si diresse verso il corridoio. 

- Vado a dormire pure io. - Annunciò poco dopo Aurora, seguendoli. 

- Lavati i denti! - 

- Sì, mamma… che palle. - 

- Hey, linguaggio! - 

- Scusa. Ti voglio tanto bene, okay? Buonanotte. - Sbuffò la ragazzina, prima di sparire su per le scale.

- Ottimo. - Fece invece Janus, dopo qualche istante. - Vi ho riportato la prole, ho fatto il mio dovere di fratello maggiore… e adesso me ne vado. - 

- Dove vai? - Gli chiese sua madre in tono urgente, scrutandolo da capo a piedi. 

Ultimamente Janus sembrava diverso, come se avesse riacquistato un po’ d’amor proprio o come se avesse improvvisamente capito che forse valeva la pena abbinare i colori dei propri vestiti e magari anche pettinarsi di tanto in tanto. Hazel sapeva che dopo Faye suo figlio si era un po’ lasciato andare in un modo che gli ricordava tristemente Sirius ai tempi di Grimmauld Place. Adesso, invece, lì in piedi davanti a lei, sembrava un ragazzo totalmente nuovo. Probabilmente la presenza di Molly non era del tutto un male.

- Esco con Klaus. - Buttò lì lui. - Ci vediamo domenica per pranzo, d’accordo? - 

Hazel annuì. - Stai attento e comportati bene… con le donne. - Gli disse, a costo di sembrare imbarazzante. 

Janus infatti si ritrovò ad aggrottare la fronte senza capire. - Mi hai fatto un lungo discorso sul consenso quando avevo tredici anni, te lo ricordi? - 

- Non intendevo quello, scemo. - Sbuffò Hazel, mettendo le mani sui fianchi in un modo che un po’ ricalcava la signora Weasley. - Non spezzare cuori. - 

Lui, ancora più perplesso, si ritrovò a sorridere. - Mamma, lo sai che sono un romantico. - La rassicurò, raggiungendo la soglia tra il salotto e il corridoio. - Di solito è il mio cuore quello che viene spezzato, ma non preoccuparti. - 

Hazel annuì e basta, e in un secondo le tornò in mente tutta la strada che avevano fatto insieme, all’inizio praticamente da soli in quel cottage sperduto in Scozia e ora in quella casa del centro di Londra, e per fortuna tutti insieme. 




 

Non particolarmente soddisfatta di questa one-shot, ma ormai ho capito che periodicamente divento incapace di scrivere quindi ve la beccate così (spero possiate perdonarmi). 

So che sto dando l’impressione di seguire una mezza specie di ordine cronologico nella narrazione, in perte è vero ma non è assolutamente voluto. Non ho mai scritto una raccolta quindi sto ancora cercando di capire come gestire la cosa. 

Come al solito grazie di aver letto fin qui,

J.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. L'esatto istante ***


L’esatto istante


Anche a distanza di molti anni, Molly Weasley ricordava ancora perfettamente l’esatto istante in cui si era resa conto di essersi invaghita in modo irrimediabile di Janus Black. 

Era successo l’ultimo giorno del settimo anno del ragazzo, durante una calda giornata estiva a meno di una settimana dal quattordicesimo compleanno di lei, in cui tutti gli studenti si erano riversati fuori dal castello per godersi il sole sdraiati sui prati rigogliosi che circondavano la scuola. Tutti tranne, per l’appunto, la giovane Weasley, che detestava esporsi ai raggi solari vista la sua tendenza a bruciarsi per colpa di quella pelle nivea ereditata da suo padre. 

Dunque Molly aveva deciso di passare quell’ultimo giorno a fare ciò che da sempre più le riusciva: isolarsi dal mondo. 

Per l’occasione aveva scelto un punto piuttosto appartato nei pressi della riva sud del Lago Nero, dove c’era ombra e dove solitamente non trovava mai nessuno, in cui la vegetazione era abbastanza selvaggia da nasconderla ulteriormente agli occhi di chi eventualmente poteva usava quella stessa spiaggia deserta a qualche metro da lei per fare un bagno in quelle gelide e vietatissime acque. 

Quel posto le faceva sempre venire una gran voglia di mettersi a scrivere poesie sulla sorprendente bellezza della natura. Le piaceva poggiarsi con la schiena alla corteccia del grosso salice che cresceva proprio lì, sedersi a terra, aprire il suo quaderno e mettersi a creare qualcosa. Quel giorno in particolare però, Molly non riuscì a restare sola molto a lungo: Janus e Faye erano spuntati all’improvviso e si erano sistemati sui ciottoli in riva al Lago, a qualche metro da lei, senza minimamente accorgersi che non erano soli. 

Molly li aveva osservati per un po’ mentre si baciavano e quando lui aveva infilato la mano sotto la gonna di Faye, Molly aveva sentito per la prima volta la gelida lama della gelosia trapassare il suo corpo. Le era già capitato di sentirsi infastidita quando li vedeva studiare insieme o spostarsi per il castello sempre in compagnia l'uno dell'altra. Molly invidiava il modo in cui Janus guardava Faye, si era chiesta spesso se mai qualcuno le avrebbe rivolto quelle attenzioni e nonostante fosse abbastanza intelligente da capire che che i quattro anni che la dividevano da lui fossero troppi a quell'età, non poteva fare a meno di fantasticare un po’ su di loro, sul fatto che magari, prima o poi, Janus l’avrebbe vista fuori dal ruolo di sorellina minore. 

Quel pomeriggio, a soli quattordici anni, Molly Weasley aveva sperimentato per la prima volta nella sua vita cosa volesse dire soffrire per un sentimento non corrisposto. 

Alla fine poi si era alzata e senza fare nessun rumore li aveva lasciati da soli, cercando almeno di non immaginarseli insieme mentre facevano chissà che.

- Molly? Ci sei ancora? - La voce di sua cugina Victoire la fece sobbalzare e la riscosse improvvisamente dai suoi pensieri. 

Si trovavano alla Tana, era estate ed era passato poco più di un anno da quando Victoire aveva sposato Ted, dunque era passato più o meno lo stesso da quando Molly aveva ritrovato Janus, dopo più di dieci anni in cui si erano persi di vista. 

Victoire, che aveva ereditato il talento in cucina della nonna, stava preparando con l’aiuto di Molly il suo leggendario arrosto, mentre al tavolo buona parte dei loro cugini si stavano intrattenendo giocando una partita a sparaschiocco dopo l’altra. 

Quell’estate i signori Weasley erano andati a trovare Charlie nel suo allevamento di draghi in Islanda, ma avevano lasciato ai nipoti la possibilità di passare alla Tana l’intero mese di agosto, come esattamente ogni anno. 

- Scusa… stavo pensando. - Disse Molly, facendo un piccolo sorriso di scuse.

- L’ho notato, sì. - Fece Victoire, e poi appellò velocemente il coperchio della pentola. - A cosa pensavi di preciso? - 

Molly si strinse nelle spalle, ma prima che potesse aprir bocca fu anticipata dalla più piccola della famiglia: - Secondo te a cosa pensa Molly tutto il giorno? - Chiese Lily, abbandonando il tavolo per raggiungere le due ai fornelli. - O pensa alle poesie che scrive o pensa a Janus. - 

Molly la ignorò totalmente, mentre invece Victoire si lasciò andare ad un sospirato e sognante “ooh”. 

- Io vi adoro insieme. - Cinguettò, prima di mescolare il soffritto nella pentola. 

- Non farti sentire da zio Percy però. - Sogghignò Lily. - Anche se ultimamente l’ho visto un po’ più ben disposto. È passato dalla totale disapprovazione alla deprimente rassegnazione. In compenso Hazel ti adora, lo ha detto a mia mamma. - 

- Invece Sirius cosa pensa? - Domandò Molly, interessata. 

- Che tu sia svampita come quella del film… il favoloso mondo di Amélie. -

- Che stronzo. - 

- Guarda che non intende mica in senso dispregiativo. - Chiarì Lily. - È felice che non sei come Faye. Lei non era come Amélie, lei era più come… Cersei Lannister. - 

- Amélie ha quel taglio di capelli orrendo, una personalità evitante e una vita solitaria, lavora in un bar e il suo migliore amico è un vecchio pittore disabile; mentre Cersei è bella, elegante, potente e regina di Westeros. - 

- Ma ha ucciso un sacco di gente e si scopa il gemello: non è una cosa da sottovalutare questa. - 

- Chi sono tutte queste donne di cui parlate? - Chiese Victoire, che a contrario di molti altri maghi di quella generazione si era tenuta lontana dalle mode babbane. 

Lily liquidò quella domanda con un gesto sbrigativo di una mano e si rivolse di nuovo a Molly. - Comunque lo capisco, anche io sarei gelosa di Faye. - 

- Ma io non sono gelosa. - Obiettò Molly. - Perché, tu lo saresti davvero, al posto mio? - 

- Per la barba di Merlino, certo che sì. - Ammise Lily. - È una gran gnocca. James la segue ancora su Instagram, cercala tra i suoi followers. - 

- Non ho un telefono, figurati se sono su Instagram. - Rispose Molly, e poi lanciò uno sguardo verso il tavolo attorno cui erano riuniti i suoi cugini e dove James stava facendo il tifo per Fred all’ennesima partita. - Pensi che tuo fratello ci può prestare il suo? - Chiese, tornando a guardare Lily. 

La ragazza annuì. Quella conversazione stava diventando davvero molto interessante. - James, dammi il tuo cellulare. - Ordinò, marciando verso il fratello. 

- Che ci devi fare? - Domandò lui, diffidente. 

- Molly vuole guardare il profilo Instagram di Faye e dato che so che è il tuo materiale da sega preferito direi che sei l’unico che può aiutarla. - 

Attorno a lui tutti gli altri risero sommessamente e per evitare che quella piccola iena di sua sorella potesse dire altre cose di eguale imbarazzo, le consegnò il telefono senza protestare. L’attenzione però si era improvvisamente spostata dalla partita di sparaschiocco a quello che sembrava un po’ di sano gossip alla babbana.

- Eccola qui. - Fece Lily, dopo aver smanettato un po’ con quel dispositivo che in pochi in quella stanza sapevano davvero usare, prima di consegnarlo nelle mani di Molly, che iniziò a scorrere incerta. 

- Fa vedere. - Si mise in mezzo Dominique, facendosi spazio tra Albus e Rose. 

Sullo schermo illuminato del telefono di James c’erano foto di Faye che la mostravano come se fosse una comune babbana, seppur molto sicura di sé stessa e spesso davvero poco vestita e, più andava giù, più Molly si sentiva schiacciare dall’orribile certezza che non sarebbe mai stata capace di competere contro di lei e non solo perché era palesemente bellissima: Janus non le aveva mai detto a Molly di amarla nonostante lei lo avesse fatto, per non parlare dell’infinità di volte in cui la giovane aveva trovato in giro per casa di lui qualcosa che fosse appartenuta a Faye. Aveva trovato anche delle loro foto una volta, di quelle scattate da quelle cabine automatiche babbane, infilate tra le pagine di un libro che lei aveva preso dalla libreria di Janus. 

- Gran tette. - Commentò Ted, beccandosi un’occhiata omicida da parte della moglie. 

- Non so se voglio essere lei o andarci a letto. - Proseguì Roxanne.

- Io assolutamente entrambe le cose. - Asserì Dominique.

- Niente di che. - Disse invece Albus, ricevendo qualche sguardo perplesso che le fecero aggiungere un imbarazzato e per nulla credibile: - È preferisco quelle meno… formose. - 

- Al, se vuoi fingere di essere eterosessuale dovrai impegnarti un po’ di più di così. - Disse Fred.

- Come faccio a trovare Janus su questo coso? - Si mise in mezzo Molly, rivolgendosi a James. 

- Da’ qua. - Fece il ragazzo, prendendole il telefono di mano. - Lui fa solo foto a tramonti e libri, sai per sembrare un tipo profondo. - 

Ed effettivamente era proprio così, almeno negli ultimi tre anni. Più giù infatti, Molly notò con orrore una sfilza di fotografie in cui Faye Selwyn compariva fin troppo spesso. C’erano foto di loro due insieme e foto di famiglia in cui lei sembrava perfettamente a suo agio insieme a Hazel, Sirius e i loro altri due figli, cosa che fece sentire Molly un po’ fuori luogo, visto quanto si sentiva in imbarazzo ogni volta che li incontrava. 

Faye c’era il giorno del diciassettesimo compleanno di Janus, c’era quando la sorella e il fratello di lui erano nati, c’era il giorno della sua laurea in quell’università babbana e probabilmente anche quando aveva preso il diploma in magisprudenza. Lei c’era sempre, era onnipresente, ma nonostante questo lui non ne parlava mai. 

- Comunque Al ha ragione, non è questo granché. - Tentò di dire Lucy, dopo aver adocchiato l’espressione della gemella. - Anni fa era decisamente meglio. - 

- Non c’è bisogno che menti, Lucy. - Rispose Molly. - È molto bella, è vero. -

- Per fortuna avere un bell’aspetto non è tutto. - Disse Victoire. - Tu ad esempio sei molto intelligente, scommetto che lei non ha i tuoi dodici eccellente ai M.A.G.O., e l’intelligenza di certo non si perde nel tempo, a contrario della bellezza. - 

- E poi lei non è nemmeno lontanamente simpatica come lo sei tu. - Aggiunse Albus. - Io, James e Lily la conosciamo bene, veniva a pranzo da noi insieme a Janus mentre Hazel e Sirius erano in America. - 

- Aveva un pessimo carattere. - Concordò James.

- Siete davvero dolci, ragazzi. - Sorrise Molly. - Ma non ho bisogno di essere consolata. - 

- Ma non ti stiamo mica consolando! - Esclamò Lucy. 

- Inoltre Janus è pateticamente innamorato di te. - Sottolineò Lily.

Molly sospirò e si limitò ad annuire. L’aveva colpita una strana amarezza e all’improvviso la prospettiva di vedere Janus da lì a qualche ora le sembrò meno piacevole del solito. 


-ˋˏ ༻❁༺ ˎˊ-


Anche a distanza di molti mesi, Janus Black ricordava ancora l’esatto istante in cui si era reso conto che si sarebbe irrimediabilmente innamorato di Molly Weasley.

Era accaduto all’improvviso, una piovoso pomeriggio d’inizio ottobre dello scorso anno, quando era andato a trovarla a Hogwarts, dove lei insegnava pozioni. L’aveva guardata sotto la luce fioca del sotterraneo, tra i fumi di una lezione appena terminata, con i capelli increspati dall’umidità caratteristica di quel luogo mentre travasava dell’amortentia da un calderone a una bottiglietta, con la volontà di metterla al sicuro da quella mandria di adolescenti dagli ormoni impazziti che probabilmente avrebbero fatto qualsiasi cosa per ottenerne un po’. Fu così che la consapevolezza di essere a un passo dall’innamorarsi di lei l’aveva colpito in pieno volto proprio come quella fragranza invitante che proveniva da quel calderone. 

- Che cosa senti? - Le aveva chiesto Molly, alzando per un attimo lo sguardo su di lui. 

Janus avrebbe volentieri risposto che sentiva proprio lei, il suo profumo, ma alla fine mentì, affidandosi a quegli odori che amavano tutti: - Fogli di pergamena nuova. - Aveva detto. - Pioggia sull’asfalto caldo e cibo della domenica. -

Lei aveva sorriso. - Cibo della domenica? - 

- Cibo della domenica. - Aveva ripetuto lui, ricambiando quel sorriso. 

Be’, almeno due su tre erano vere, si ritrovò a pensare Janus, prima di assaggiare il “cibo della domenica” in chiave vegana che quella sera stava cucinando per Molly, seppur non con poche difficoltà. 

Il giorno dopo quella rivelazione avuta nell’aula di pozioni, Janus era andato in una gioielleria babbana e le aveva comprato un anello, certo che da lì a un anno glielo avrebbe dato facendole la fatidica domanda. Mancavano due mesi a ottobre, ma se non fosse stato per la paura di un eventuale rifiuto, Janus lo avrebbe fatto quella sera stessa.

L’amava. 

Provava per lei qualcosa di disarmante, qualcosa che non aveva mai provato prima, nemmeno per Faye. Ciò che lo legava a Molly non era niente di distruttivo: lei aveva raccolto i pezzi del suo cuore mortalmente spezzato e lo aveva ricostruito, pezzo dopo pezzo, facendolo tornare al vecchio splendore. C’era ancora speranza nel mondo adesso che c’era lei, adesso Janus era di nuovo certo dell’esistenza dell’amore, era tornato a credere che i suoi genitori non fossero un’eccezione in un mare di rapporti deleteri. 

L’amava, ma non glielo aveva mai detto dato gli sembrava così stupido doverlo sottolineare. Quelle due inutili parole, quel mucchietto di lettere insulse, non rendevano affatto giustizia a ciò che sentiva per lei. 

Nonostante ciò, di tanto in tanto il pensiero di Faye Selwyn faceva capolino nella sua mente, come se il suo ricordo fosse talmente radicato dentro di lui da non poter essere estirpato in nessun modo. Janus si chiedeva dove fosse, cosa facesse e soprattutto se fosse felice. Le voleva bene, moltissimo, e non era più arrabbiato con lei come una volta. 

Era abbastanza certo che se l’avesse rivista non avrebbe provato nulla se non un affetto fraterno, non si sarebbe nemmeno sentito attratto da lei.

Chissà, magari un giorno sarebbero tornati ad essere amici.

- Mi sembra di rivederti quindicenne, con la divisa da Grifondoro e nel pieno di una crisi di nervi durante una lezione di pozioni che sarebbe finita male di lì a poco. - Gli disse il suo coinquilino Klaus, seduto al tavolo alle sue spalle insieme al suo fidanzato, un ragazzo babbano biondo e minuto di nome Lucas. 

- Io non ci posso ancora credere che siete due maghi, voi due. - Fece Lucas, che aveva scoperto da poche settimane la vera natura di quello che da ormai più di un anno era il suo ragazzo. All’inizio si era arrabbiato, si era spaventato al punto da averlo lasciato, e nonostante si fosse lasciato convincere a concedere un’altra possibilità era ancora tutto molto nuovo per lui. - Non posso crederci che esiste una scuola di magia in Scozia, che Klaus è un ex giocatore di uno sport per maghi e che tuo padre è morto e poi è resuscitato, Jan. - 

- Non era davvero morto. - Lo corresse Janus, voltandosi verso i due. - Comunque posso comprendere per te sia molto difficile capire il nostro mondo. - 

- Sua madre è babbana. - Spiegò Klaus. - I suoi genitori sono l’esempio perfetto di come due persone provenienti da due realtà totalmente differenti possano stare felicemente insieme anche per parecchi anni. E pensa che suo padre è uno di quei super purosangue di cui ti ho già parlato. - 

- La magia è una cosa bella, te lo possiamo assicurare entrambi, Lucas. - Rimarcò Janus. 

Il babbano annuì con scetticismo, poi sospirò seccamente come nel tentativo di scrollarsi di dosso una brutta sensazione. - Che stai cucinando per Molly? - Domandò cambiando discorso. - A proposito… è una strega anche lei? - 

Janus annuì in risposta. - Sto cercando di rendere il tofu commestibile, poi questa roba che dovrebbe essere purè di patate ma che senza latte e senza burro è praticamente impossibile… credo che ordinerò da asporto. - Sospirò, voltandosi verso la pentola alle sue spalle. - Avevo pensato a delle uova, ma Molly ha questa cosa con gli animali, nel senso che non vuole né mangiarli né sfruttarli, quindi niente uova e latte. - 

- Probabilmente avresti vinto le olimpiadi di pozioni se avessi messo lo stesso impegno per le lezioni di Lumacorno. - Osservò Klaus, facendo un sorrisetto canzonatorio. 

- L’amore muove anche la mia completa avversione nel seguire ricette. - Rispose Janus con nonchalance. - Comunque più che pozioni direi che si tratta di alchimia. - 

- Quindi esiste anche l’alchimia? - Chiese Lucas, spalancando gli occhi. 

- Sì, ma non la insegnano a Hogwarts. - Rispose Klaus alla svelta. - Ad ogni modo, sono certo che saresti finito nel Lumaclub ad occhi chiusi… e avresti di certo tolto il primato di studente migliore in pozioni a Faye. - 

- E scommetto che Faye è un’altra dei vostri. - Bofonchiò Lucas. 

Klaus annuì. - Era in classe con noi ed è stata la fidanzata di Janus per dieci anni. - 

- E a che età vi siete messi insieme, a dodici? - Chiese il babbano, aggrottando la fronte. 

- Sedici. - Disse Janus con tranquillità, tornando a fissare quella massa informe di patate schiacciate nella pentola appoggiata sui fornelli. 

- Erano i nostri Marshall e Lily. - Raccontò Klaus con solennità. - Vivere insieme a loro era piuttosto frustrante dato che se ne stavano sempre appiccicati o chiusi nella loro camera a fare del sesso molto rumoroso. - 

- Ma se imperturbavo la stanza. - 

- Infatti si sentiva la spalliera del letto che colpiva il muro, non le vostre voci, grazie a Merlino. - Fece Klaus, con una faccia disgustata e divertita insieme. - Non hai idea di quanto io sia grato per il fatto che Molly abbia molto più di pudore di Faye. -

- Tutta apparenza, amico mio, tutta apparenza. -

- Ho paura di indagare oltre, ma la curiosità è forte. - Affermò lui, pensando alla Molly Weasley dodicenne e timida che lo aveva invitato alla festa di Natale di Lumacorno parecchi anni prima. - Dimmi la verità: Molly è peggio o meglio di Faye? - 

Quella domanda mise chiaramente in difficoltà Janus, che assunse un’espressione pensierosa. - Non saprei… - Disse. - Sono troppo diverse per essere paragonate: Faye è come uno di quei manici di scopa ottimi in campo ma potenzialmente letali, mentre Molly è più come un manico di scopa da viaggio: magari non ha grandi performance ma almeno non rischia di farti morire schiantato a terra. -

- Puoi tradurre tutto il discorso in babbanese? - Chiese Lucas. 

- Faye è un’auto da corsa, mentre Molly un’utilitaria. - Spiegò Klaus in fretta.

- Adesso è tutto più chiaro. - Annuì il babbano. - Per dirlo come farebbe Shakira: hai scambiato una Ferrari per una Twingo. - 

- Molly è la Ferrari, solo che… sentite non lo so. - Bofonchiò Janus, quasi più a sé stesso che agli altri due. - Spero solo che lei non parli di me in questi termini con le sue cugine, dato che Lily lo direbbe di sicuro a Ginny, che lo direbbe a Harry, che a sua volta lo direbbe a mio padre… e quindi a mia madre. -

- Non ti invidio per niente per questa tua grande famiglia. - Commentò Klaus. 

- Già… anche perché io sono ovviamente un’utilitaria. -

- A vederti così non l’avrei mai detto. - Osservò Lucas, guardandolo per bene. 

- Lo so. Colpa del mio aspetto. - Disse Janus, alzando gli occhi al cielo. 

- Poverino, è troppo bello per sembrare timido e impacciato come in realtà è. - Lo prese in giro l’altro. - Comunque perché non ci fai assaggiare queste tue creazione culinarie totalmente contro natura? -

- Non definire mai i piatti vegani contro natura davanti a Molly, potrebbe schiantarti o peggio. - Rise Janus, infilzando un pezzetto di tofu con una forchetta. - Prego. Ti voglio spietato come i giudici di Masterchef. - 

Klaus assaggiò, masticò lentamente e poi scosse la testa. - Ti conviene ordinare qualcosa da asporto, amico mio, se non vuoi essere lasciato. - Dichiarò. 

Janus annuì. - Lo sospettavo. Volevo fare un gesto romantico ma credo che mi affiderò alla pizza. - Disse accigliato. - Voi cosa fate stasera? -

- Avevamo intenzione di toglierci dai piedi, in verità. - Disse Lucas. 

- Andiamo a vedere uno di quegli spettacoli di teatro contemporaneo strano della compagnia di Lucas… roba molto gay che probabilmente ti piacerebbe. - Spiegò Klaus, e poi si alzò in piedi. - Forse dovremmo iniziare ad andare, sono quasi le otto. -

- Suonate il campanello prima di entrare quando tornate. - Intimò Janus. 

- Tu chiudi la porta della tua stanza se devi scopare con la tua ragazza… anzi, scusa, con la tua Twingo. - Ribatté Klaus.

- Molly è una Ferrari!

Quando i due ragazzi lasciarono quella casa, Janus si decise a sistemare il caos che regnava in cucina con un colpo di bacchetta e poi attese in camera sua l’arrivo di Molly. 

Solitamente la ragazza non era mai in ritardo, si presentava davanti alla sua porta in perfetto orario, con una precisione quasi inquietante (era pur sempre figlia di Percy Weasley). Eppure quella sera, dopo mezz’ora senza nessuna traccia di lei, Janus si ritrovò a sperimentare un po’ di frustrazione mista a preoccupazione. 

Alla fine, venti minuti alle nove, il campanello suonò e Janus si precipitò alla porta tirando un sospiro di sollievo quando vide Molly ferma sulla soglia. 

- Ciao, Polly. - Le disse, sorridendo. 

Lei gli rivolse uno strano sguardo, mugugnò un rapido saluto ed entrò in casa lasciando Janus totalmente perplesso. Non era da Molly avere un umore basso, lei era quel tipo di persona che sorrideva spesso, che si arrabbiava con insolita calma e che quando era triste lo diceva ma non lo faceva mai capire. 

- Stai bene? - Si accertò lui, guidandola verso la cucina. - Che è successo? - 

- Niente. - Si limitò a rispondere lei, rimanendo in piedi sulla soglia, poggiata allo stipite con le braccia incrociate sul petto. 

Janus la osservò attentamente: sembrava arrabbiata e lo stava fissando a sua volta a occhi stretti da dietro gli occhiali da vista. 

Si chiese se avesse fatto qualcosa per ferirla, se c’era qualcosa di cui si era dimenticato, ma non gli venne in mente nulla. 

- Non è vero che non è successo niente. - Insinuò, alzando gli occhi al cielo. 

- Perché non parli mai di Faye? - Chiese lei, andando dritta al punto. 

Janus rimase di stucco per un paio di secondi, assumendo un’espressione spiazzata. - Perché dovrei farlo? - Chiese a sua volta. - A me non piace quando parli dei tuoi ex. - 

- Quali ex? Il mio fidanzatino dei tempi della scuola con cui sono stata per due mesi solo per dimostrare a tutti che piacevo a qualcuno e che non facevo poi così tanto schifo? Oppure il tizio con cui sono uscita tre volte quattro anni fa? - Sbraitò infastidita. - Tu non parli mai di lei, eppure lei è sempre presente! - 

- Non la vedo da quasi quasi tre anni! - Esclamò Janus. - Che ti prende? - 

- Voglio sapere perché non ne parli. Ci sei stato per dieci anni e lo so che l’amavi. - 

- Non ne parlo mai perché mi fa soffrire, va bene? - Sbottò Janus. 

Quelle parole sembrarono colpire Molly come uno schiaffo. Se parlare di Faye lo faceva soffrire ancora allora forse non era ancora riuscito a superarla. 

- Mi sono ritrovato a ventisette anni a dover ricominciare tutto da capo. - Continuò lui, parlando con una durezza che Molly non gli aveva mai sentito usare. - Dopo dieci anni non avevo più idea di chi fossi senza di lei. Lo hai detto anche tu, l’amavo, l’amavo tantissimo, quindi scusa se non ho voglia di mettermi a ricordare il modo in cui mi sono sentito totalmente perso quando se ne è andata. Inoltre non credo che sia carino nei tuoi confronti mettermi a parlare di lei, anche per questo non lo faccio. Ma se hai delle domande prego, chiedimi ciò che vuoi sapere, o magari spiegami perché proprio oggi all’improvviso ti è venuta voglia di rivangare questa storia. - 

- Perché lei se ne è andata? Perché vi siete lasciati? - 

- Non andavamo più d’accordo da tempo. A suo dire io lavoravo troppo, non le davo attenzioni e la tradivo con chiunque, ma d’altra parte si sentiva soffocare dal fatto che io volessi con lei una famiglia e dei figli. - Raccontò Janus, mantenendo il tono alterato di poco prima. Poi sospirò, come nel tentativo di calmarsi, e proseguì: - Poi un giorno se n’è semplicemente andata via, non mi ha dato spiegazioni, non c’è stato un grosso litigio finale che ha messo un punto alla storia e forse per questo ci ho messo tanto ad accettare che fosse davvero finita. Non riuscivo ad andare avanti. - 

- E adesso? - Pungolò Molly. - Ci sei riuscito? Sei andato avanti? - 

Janus aggrottò la fronte, perplesso da quella domanda. - Molly… sono qui con te. Certo che sono andato avanti. - Disse sorpreso di doverlo sottolineare, facendo un passo nella sua direzione. - Ora mi dici per favore cosa ti prende? Che cosa è successo? - 

Quando lui fu abbastanza vicino da poterla toccare, Molly si sentì arrossire. 

Si era appena comportata da fidanzata paranoica? Come poteva spiegare a Janus che era gelosa e soprattutto impaurita perché come al solito non si sentiva abbastanza? 

- Se lei tornasse da te cosa faresti? - Gli domandò, maledicendo sé stessa. 

Janus dovette trattenere un piccolo sorriso. - Credo proprio un bel niente. - Asserì con spontaneità. - Sono passati anni, sono una persona completamente diversa e anche lei di sicuro lo è. - 

- Ma i tuoi genitori sono tornati insieme dopo quattordici anni. -

- Loro sono fatti per stare insieme al di là di qualsiasi cosa. Sono anime gemelle. - Spiegò Janus alla svelta. - Io e Faye eravamo uniti dal fatto che entrambi abbiamo avuto un’infanzia travagliata, soprattutto lei a dire il vero. Suo zio era… orribile sotto ogni punto di vista; ti prego non chiedermi di scendere in dettagli. Inoltre sua madre era malata e lei si sentiva abbandonata da lei, proprio come io mi sentivo abbandonata da mio padre. Ci capivamo per questo, eravamo uniti dal dolore, ma certe relazioni non sono quasi mai sane, infatti la nostra non lo era. E poi adesso ci sei tu, direi che questa è una ragione sufficiente per respingere un eventuale suo tentativo di tornare da me, no? - 

Le labbra di Molly si piegarono verso il basso e i suoi occhi color nocciola si inumidirono, dando l’impressione di essere molto più grandi del solito. Fissò Janus come se volesse leggergli la mente e poi si sentì una stupida perché sembrava sincero e nonostante non l’avesse mai fatta dubitare di nulla da quando lo aveva ritrovato, Molly credeva che per lui la loro storia non fosse nient’altro che il frutto di una momentanea infatuazione. 

- Io… ho visto delle foto. - Confessò la giovane. - Su quel social network babbano. Sul tuo profilo.

- Oh. - Si limitò a dire lui. Adesso era tutto più chiaro. 

- Lei è molto bella. - Proseguì Molly.

- Anche tu lo sei. - 

Molly gli scoccò uno sguardo torvo, fece un passo indietro e incrociò le braccia sul petto. - Ma per favore; pensi che io sia stupida, per caso? - Sbottò infastidita.

- No, a contrario penso che tu sia troppo intelligente per sentirti davvero minacciata da lei solo perché è bella. - Sostenne lui. 

- Lei non è solo bella, non è solo per questo che mi sento minacciata. - Ribatté Molly.

- Già il fatto che tu ti senta minacciata mi lascia interdetto. - Disse freddamente lui. - Se pensi che io sia una persona che tradisce allora non hai capito proprio niente di me. -

- Devo saperlo, Jan. - Fece Molly, seria e a voce bassa. - Devo sapere se sei innamorato di me o meno. - 

Il viso di Janus si aprì allo stupore. - Sì che sono innamorato di te. - Affermò, incredulo di doverlo sottolineare.

- Perché allora non me l’hai mai detto prima? -

- Pensavo che lo sapessi, pensavo che si capisse! - Esclamò Janus. - Vuoi che te lo dica? Bene. Allora sappi che ti amo, Polly. E che ti ho comprato un anello. - 

- Un anello? - 

- Sì, proprio un anello. L’ho comprato l’anno scorso. - La informò lui, avvampando in un modo che avrebbe potuto far concorrenza al sé stesso adolescente. - Te l’ho comprato perché già parecchi mesi fa sapevo di voler passare il resto della mia vita con te. -

Molly rimase in silenzio, la fronte aggrottata e le labbra schiuse come se fosse sul punto di dire qualcosa da un momento all’altro, ma non fece un fiato, facendo crollare Janus nel terrore di aver corso troppo, di averla spaventata e di aver rovinato tutto. 

- Facciamo che io non ti abbia detto niente. - Si affrettò dunque a rimediare. - Quella è solo una cosa stupida che ho fatto… di solito non faccio mai cose impulsive, solo che quel giorno… che ci vuoi fare, ho dato di matto. Senti lascia stare. Ordiniamo la pizza? - 

- E dov’è adesso? - Domandò Molly. 

- Dov’è che cosa? - 

- L’anello, Jan. - 

- Oh. In camera mia. - 

- Dovresti andarlo a prendere. - 

Janus le lanciò un’occhiata preoccupata ma obbedì, lasciandola da sola in cucina per dirigersi verso la sua stanza. Una volta lì recuperò l’anello, (ben nascosto nel cassetto dei calzini) e tornò da Molly con il cuore in gola. 

Non era di certo così che si era immaginato di rivelare l’esistenza di quella piccola scatolina di velluto viola. Il suo programma era di farlo tra qualche mese in un bel posto, inginocchiandosi e facendole la domanda di rito, tutto questo ovviamente dopo essersi accertato che lei avrebbe risposto di sì. 

Ogni tanto lui e Molly avevano parlato di futuro, avevano iniziato da poco a fare progetti in cui l’altro compariva sempre, ma erano solo chiacchiere fatte in piena notte, cose che magari lei non prendeva davvero sul serio, come invece faceva lui.

Quando Janus varcò la soglia della cucina con quella scatola in mano, Molly lo fissò per un istante mantenendo un’espressione davvero difficile da comprendere. 

- Non capisco… - 

- Chiedimelo, Jan. - Lo interruppe lei.

Janus esitò. Quella richiesta da parte di Molly era poco chiara per una persona cronicamente insicura come effettivamente era lui. Aveva bisogno di istruzioni chiare, precise, non poteva buttarsi nel vuoto… o forse poteva, per una volta? 

- Cosa vuoi che ti chieda? -

- Di passare la vita con te. - Disse la ragazza, facendo un passo nella sua direzione. 

Janus le rivolse uno sguardo incerto, per poi iniziare a scrutarla molto attentamente. Molly era molto più bassa di lui; gli arrivava più o meno all’altezza del petto e probabilmente, se in quel momento lei ci avesse appoggiato un orecchio, avrebbe potuto sentire il cuore del giovane battere fortissimo. Il suo viso era rotondo, paffuto e con molte lentiggini, incorniciato da tanti capelli rossi e ricci, dall’aria indomabile, che a Janus ricordavano un po’ le fiamme di un camino durante una gelida notte di gennaio. Quella sera Molly indossava abiti babbani ma, come molte altre streghe poco a contatto con il mondo non magico, quei vestiti erano tremendamente fuori moda e talmente male assortiti da risultare addirittura godibili da guardare nell’insieme. Janus trovava adorabile il fatto che lei fosse certa che le ragazze babbane indossassero lunghe gonne a pois e strane camicette con strani colletti in pizzo, trovava adorabile che tenesse sempre i capelli sciolti e al naturale e soprattutto trovava adorabile il modo in cui lo guardava. 

Lei non l’avrebbe mai ferito, chiunque si sarebbe sentito al sicuro sotto uno sguardo come quello di Molly Weasley. 

- Non era di certo così che avevo immaginato di chiedertelo. - Ammise Janus sorridendo e stringendo nervosamente la scatoletta tra le mani. - Pensavo che mi sarei inginocchiato in qualche bellissimo posto, mettendoti molto in imbarazzo. - 

- Sarebbe stato davvero terribile. - Rise lei. - Posso concederti di inginocchiarti in questa cucina, ma forse sarebbe già troppo per me. - 

- Credo proprio che rimarrò in piedi, sì. - Fece Janus e poi, dopo un breve istante di esitazione, finalmente aprì quella scatolina rivelando il contenuto. 

Lì, infilato nel velluto nero che rivestiva l’interno, brillava alla luce del lampadario la piccola pietra rosa incastonata sull’anello dorato. Molly rimase in silenzio, gli occhi puntati su quel gioiello e di nuovo quell’espressione difficile da leggere dipinta in viso. 

- Vuoi far infuriare tuo padre diventando la signora Black? - Le chiese lui, meno teso di poco prima. Si sentiva come se si fosse appena tolto un peso di dosso.

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui e poi sul suo volto si allargò uno dei più bei sorrisi che Janus avesse mai visto. 

- Sì! - Esclamò con disarmante spontaneità, buttandogli le braccia al collo. 

Janus ricambiò quella stretta e, dopo aver abbandonato la scatoletta dell’anello sul tavolo, le prese il volto tra le mani e la baciò. 

Molly rispose a quel contatto all’istante, lasciandosi invadere dalla sensazione di calore che la prendeva ogni volta che lui la baciava in quel modo. Quando si staccarono uno dall’altra, guardandolo negli occhi, Molly non riuscì a fare a meno di ripensare alla sé stessa quasi quattordicenne che lo osservava di nascosto mentre lui amava un’altra. Probabilmente quella ragazzina, in quel momento, le avrebbe battuto il cinque. 



 

Buongiorno gente! (O buonanotte, buon pomeriggio, bo…)

Sono le 3.46 e a quanto pare mi prende di pubblicare queste mie inutili one shot solo in piena notte, in preda a qualche delirio dettato dal sonno. 

Ragazz* ma quanto è complesso lasciare andare i personaggi che amiamo? Io vorrei scrivere altro, ho anche delle idee più o meno valide in mente ma non ci riesco, è assurdo! Avete consigli a riguardo? 

Ad ogni modo grazie per aver letto fin qui, grazie a chi ha inserito la storia nei seguiti e nei preferiti (ho notato anche dei nomi di account che a quanto pare non hanno letto la storia originale, o forse l’hanno fatto solo dopo che l’ho conclusa? Comunque se vi va fatemi sapere che ne pensate, non sai quanto le vostre recensioni aiutino soprattutto a migliorare!)

Alla prossima,

J.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. La canzone della piña colada ***


La canzone della piña colada


Quando Sirius Black era ancora un baldo giovanotto di bell’aspetto e con una ardente voglia di infilare le mani sotto la gonna della divisa di qualche studentessa di Hogwarts, San Valentino rappresentava per lui un’occasione unica. Non aveva mai dovuto faticare per trovare pretendenti pronte a soddisfare i suoi pruriti adolescenziali — a contrario di Peter, Remus e un po’ anche di James — ma il quattordici febbraio le ragazze sembravano letteralmente cadere ai suoi piedi. Gli bastava sorridere un po’, guardarle con un po’ più di insistenza e chiunque, chiunque, avrebbe accettato un eventuale invito a Hogsmeade da parte di Sirius Black, appuntamento che naturalmente culminava in qualche vicolo appartato o, ancora meglio, in chiacchierata notturna in qualche aula vuota del castello.

Non aveva mai regalato fiori a nessuno per San Valentino, tantomeno cioccolatini o pupazzetti, nessuna cena fuori e nemmeno una di quelle romantiche e intime in casa al lume di candela. Con Hazel le cose non erano poi cambiate molto e non perché non avesse voglia di essere romantico con lei: semplicemente era una cosa che non gli veniva mai in mente di fare. Non gli veniva naturale.

Nei primi anni del loro rapporto non avevano avuto né il tempo né l’umore adatto per certe cose, troppo occupati a sopravvivere o a prendersi cura di Janus, inoltre lei diceva spesso che San Valentino era una festa consumista, sessista, eteronormativa e altre parole che Sirius capiva appena, diceva che “l’amore si dimostra tutti i giorni” e che loro non avevano bisogno di feste del genere. 

Era ferma su queste posizioni nonostante Sirius avesse l’impressione che, in fondo in fondo, Hazel volesse festeggiare la festa degli innamorati insieme a lui, proprio come tutte le altre. 

Dunque il quattordici febbraio in casa Black-Rains era un giorno come tantissimi altri, in cui Hazel si chiudeva nel suo studio di pittura mentre lui andava a Grimmauld Place, che in quel periodo si riempiva di ospiti, per aiutare Andromeda, oppure faceva una piccola tappa a Hogwarts per portare dei cioccolatini a forma di cuore ad Aurora e Halley, cosa che i due trovavano enormemente imbarazzante. 

Quella mattina, in piedi davanti allo specchio appannato del bagno adiacente alla sua camera da letto, Hazel fissò il suo riflesso con lo stesso sguardo critico di sempre. L’accappatoio di spugna rosa in cui era avvolta non celava per niente un fatto triste e una cruda verità: stava davvero diventando vecchia. 

Si passò le mani sul viso, scese lungo il collo e poi fino al decoltè, prima di voltarsi verso la porta spalancata sulla stanza, da dove Sirius la stava osservando, ancora sdraiato sul loro letto.

Anche lui era appena uscito dalla doccia, ma indossava già nuovamente il suo pigiama che consisteva in un paio di pantaloncini di cotone che aveva raccattato tra le vecchie cose di Janus quando ancora viveva con loro, e una maglietta a maniche corte su cui era stampato il disegno di un cane stilizzato. Anche in quel modo, con i capelli bagnati, i vestiti sciatti e sveglio da poco più di un’ora, Hazel non poteva far altro che pensare che fosse bellissimo. 

Avevano la stessa età da quando lui aveva lasciato il velo, non c’erano più quattordici anni di differenza a dividerli, ma era evidente che fosse lei quella con i segni del tempo più evidenti tra i due. Chissà, forse i maghi invecchiavano più lentamente dei babbani.

- Ti senti ancora attratto da me? - Chiese improvvisamente Hazel guardando Sirius ma rimanendo ferma davanti allo specchio.

Lui gli rivolse un’occhiata perplessa. - Non te l’ho appena dimostrato? - Domandò a sua volta, con una certa eloquenza. 

Hazel alzò gli occhi al cielo e poi si mosse per uscire dal bagno, raggiungendo la sua parte di letto. - Ieri io e Tonks siamo state a fare una passeggiata a Diagon Alley. - Raccontò, sedendosi tra le pesanti coperte. - Abbiamo incontrato quella tua amica.

- Che amica? - Fece Sirius. 

- La giornalista della Gazzetta del Profeta… quella che ha scritto quell’articolo su di te qualche anno fa. - Disse Hazel con ostentata nonchalance. - Quella con la risata facile, bionda, denti perfetti, culo di marmo e tette che sfidano le leggi della gravità. Beata lei. - 

- Ah, Yvonne. - 

- Yvonne. - Ripeté Hazel, stavolta lasciando trapelare un bel po’ di disapprovazione. 

Sirius cercò di nascondere un sorriso beffardo. - Be’, dunque? - La spronò divertito.

Lei scrollò le spalle. - Ha chiesto di te con molta insistenza. - Buttò lì.

- E ti sei sentita gelosa? - 

- Un po’ sì. - Ammise subito Hazel, parlando con aria colpevole. - Lei è perfetta, se una come lei si interessa a te non posso fare a meno di sentirmi… minacciata, ecco. - 

- Non si interessa a me, avanti. Avrà sì e no venticinque anni! - Esclamò Sirius, piuttosto divertito da quelle che per lui erano considerazioni senza capo ne coda. - È più giovane di Janus, così è troppo persino per me. - 

- Ma è giovane e bella. E palesemente interessata a te. - Rimarcò Hazel, imbronciata. 

- Non è interessata a me come persona; lei è interessata a me come Sirius Black, il padrino del famoso Harry Potter, quello scappato da Azkaban, morto e poi resuscitato. - Sottolineò lui. - Ma anche se fosse come credi non interessa. Mi importa solo che sia tu la sola persona a interessarsi a me. - 

Lei emise un basso mugolio che poteva voler dire qualsiasi cosa e poi si sdraiò e posò la testa petto di lui, che a sua volta prese ad accarezzarle piano la schiena al di sotto del tessuto spugnoso dell’accappatoio. 

Rimasero in silenzio e immobili per un po’, Hazel ferma ad ascoltare il battito del cuore di lui, e Sirius con lo sguardo perso nel vuoto. 

Non aveva mai capito come mai Hazel fosse sempre stata così tanto critica riguardo il suo aspetto, fin da quando l’aveva conosciuta. A vent’anni era una ragazzina dall’aspetto acerbo ma tutto sommato molto carina, poi, durante gli anni in cui lui non c’era stato, lei era cresciuta trasformandosi in una donna meravigliosa. Persino in quel momento, nonostante quei primi segni del tempo che si facevano notare, non c’era venticinquenne che, davanti agli occhi di Sirius Black, potesse tenere testa alla sua Hazel. 

- Che impegni hai per oggi? - Le domandò, quando lei lasciò il letto per rivestirsi. 

- Le solite cose. - Rispose Hazel. - Probabilmente dipingerò e ignorerò le chiamate e le email persecutorie del gallerista. Pretende che io produca qualcosa a comando, come se fossi una fabbrica di quadri senz’anima. Detesto questa mercificazione dell’arte. - 

- Però ti piace essere pagata. - 

Lei, in tutta risposta, lo guardò male. - Tu invece cosa farai oggi? - Gli chiese poi. 

- Avevo intenzione di passare a Hogwarts, ma visto che è sabato ci sarà una di quelle gite a Hogsmeade, quindi non so. - Rispose Sirius. - So solo che i nostri figli mi ritengono imbarazzante ormai… quando abbiamo smesso di essere fighi, con esattezza? - 

- Io non ho mai smesso di esserlo. - Ribatté Hazel, dandosi teatralmente della arie e iniziando a vestirsi. - Comunque oggi Aurora uscirà con quel suo compagno di Casa che le piace tanto, quindi forse è meglio se eviti di starle tra i piedi. - 

- Quale compagno di Casa? - Tuonò Sirius, sgranando gli occhi. 

- Arial qualcosa… quel bel ragazzo che veniva a trovarla l’estate scorsa. - 

- Arial Rowle. - Borbottò il mago. - Non mi piace per niente. -

Arial Rowle. 

Sua figlia usciva con Arial Rowle a San Valentino. Usciva con un maschio! Con un maschio del settimo anno, Serpeverde come lei, aspirante chitarrista nonché cantante della sola band indie-rock di tutta Hogwarts; un maschio che puzzava di erba e testosterone, che parlava con una voce strascicata e che la scorsa estate era entrato a casa loro e si era rivolto a Sirius chiamandolo per nome e dandogli una pacca su una spalla. 

Una pacca sulla spalla!

- Sai, ora che ci penso devo proprio passare da Mielandia per… - 

- Non ci provare. - Lo fermò subito Hazel. - Non ti permetterò mai di rovinare il primo appuntamento di nostra figlia, il giorno di San Valentino, per altro! Io lo trovo molto bello e romantico. - 

- Sai cos’era bello e romantico? Io che attraversavo il paese a bordo di una moto volante per portare ai miei figli dei cioccolatini a forma di cuore. - Obiettò Sirius. - E adesso non posso più farlo perché Halley si vergogna di me e Aurora esce con quello. -

- Halley non si vergogna di te… - Tentò di consolarlo Hazel, sedendosi nuovamente al suo fianco. - Ed è giusto che Aurora faccia le sue esperienze, ormai ha quattordici anni. - 

- Se quello lì, con quelle sue sudice mani, si azzarda a toccarla… giuro che lo ammazzo. - Asserì Sirius. - Ma prima lo torturo. Oh sì, lo torturerò fino alla follia e quando mi arresteranno io mi appellerò al fatto che ho già scontato dodici anni senza aver commesso alcun reato. - 

Hazel sospirò, scuotendo la testa. - Prima o poi capiterà che qualcuno… come dire… la tocchi, no? Avrà un fidanzato un giorno. O una fidanzata. - 

- Sì, un giorno. Quando avrà trent’anni magari. E comunque non quel tale! - 

- Tutte abbiamo avuto un Arial, almeno una volta nella vita. È solo una fase. - Spiegò pazientemente Hazel. 

- Quindi anche tu hai avuto un Arial? - 

- Oh, più di uno, a dir la verità. - Annuì lei. - Era proprio il mio tipo. Più o meno all’età di Aurora ho avuto il mio primo fidanzatino… un Arial di prima categoria. - 

- Fammi indovinare: anche lui suonava la chitarra e si uccideva di canne? - 

Hazel scosse la testa. - No… molto peggio: lui suonava il didgeridoo e si faceva di funghetti e altre cose del genere per entrare in contatto con il suo “io interiore”, quindi era molto peggio, sì. - Raccontò, con tutta l’aria di chi stava tirando fuori gli scheletri dal suo armadio. 

- Hai chiaramente fatto un salto di qualità con me. -

- Oh, certo. Dal drogato suonatore di didgeridoo al mago ricercato, in effetti non potevo chiedere di meglio. -

- Mago ricercato nonché gran figo, ricco, intelligente, affascinante, miglior amante del mondo… - 

- E soprattutto molto modesto. - Concluse solennemente Hazel. 

- Ovviamente modesto, certo. - Annuì Sirius. - E di sicuro molto innamorato di te. -

Hazel lo guardò scettica, alzò gli occhi al cielo e poi le sue labbra si piegarono all’insù in un timido sorriso un po’ imbarazzato. 

Eccola lì, la stessa ragazzina di sempre, nonostante il tempo che era passato dalla prima volta che aveva confessato di amarla, pensò Sirius mentre la guardava. - Cosa vuoi per colazione? - Le domandò, alzandosi in piedi. 

- Decidi tu. Io finisco di vestirmi e scendo. - 

Sirius annuì e dopo aver lasciato la camera da letto scese le scale, diretto in cucina. 

Anche se Aurora e Halley partivano per Hogwarts ogni anno già da diverso tempo, era sempre un po’ strano aggirarsi per quella casa vuota e silenziosa quando non c’erano. 

Sirius era solito essere molto nostalgico, e doveva ammettere che ultimamente si sentiva schiacciato dal peso dello scorrere del tempo molto più del solito: Harry era praticamente un suo coetaneo adesso, Janus era un uomo adulto e sposato, Aurora usciva con i ragazzi e Halley aveva smesso di vedere in suo padre la persona più interessante del mondo. Nessuno aveva più bisogno di lui, forse nemmeno Hazel, dato che da tempo ormai aveva superato quella grande paura dell’abbandono che l’aveva caratterizzata da giovane. 

Una volta in cucina Sirius mise a fare del tè e a colpi di bacchetta preparò velocemente la colazione. Poco dopo un gufo picchiettò il vetro della finestra con il becco, portando con sé una copia della Gazzetta del Profeta e una del Settimanale delle Streghe, rivista che Hazel leggeva sempre con molto interesse, dato che trovava piuttosto divertente leggere articoli di gossip su persone che conosceva nella vita reale. Le notizie erano più o meno sempre le stesse: si passava dai presunti tradimenti di Harry da parte di Ginny e viceversa, alle foto della nuova Ministra della Magia Hermione Granger mentre era in vacanza da qualche parte insieme a Ron, Rose e Hugo, ai mormorii riguardanti l’omosessualità di Albus e, infine, al matrionio tra Janus e Molly che, secondo il settimanale, era praticamente sempre in crisi. Ogni tanto si parlava anche di Hazel e Sirius, a dire il vero soprattutto di Sirius e della sua vita da mago purosangue molto ben integrato nella comunità babbana. 

- Sembri così assolto. - Disse Hazel, appena comparsa sulla soglia della cucina, fissando Sirius che a sua volta stava fissava con espressione pensierosa le pagine Settimanale delle Streghe. - Notizie interessanti? - 

- Solite cose. - Rispose Sirius, abbandonando la rivista sul tavolo, prima di sedersi davanti alla sua tazza di tè. - A quanto pare Harry tradisce Ginny con la sua giovane assistente bionda. Un po’ un cliché, non credi? Non sanno più cosa inventarsi. - 

- Già. Povera Ginny. - Commentò Hazel, sedendosi davanti a lui, dall’altra parte del tavolo, davanti al suo piatto di uova. - Di Janus e Molly hai letto qualcosa? Sono ancora a un passo dal divorzio? - 

Sirius scrollò le spalle. - Sono stati citati alla svelta su un articolo su Teddy e Victoire, ma nulla di interessante. - Spiegò con leggerezza. - La giornalista si chiede come mai Molly non sia ancora incinta, nonostante sia sposata con Jan da qualche anno. In effetti me lo domando anche io. - 

- Non mi dire che vorresti dei nipoti. - Sogghignò Hazel. 

- Non particolarmente, lo ammetto: in fin dei conti metterebbero in discussione il mio innato fascino. - Rispose Sirius. - Tuttavia è strano… Janus dice di volere quattro figli da sempre, mi pare. Ha persino già scelto i loro nomi. - 

- Ma magari Molly non ne vuole. - Ipotizzò lei. - È giovane e agli inizi di una promettente carriera come scrittrice; c’è tempo per il resto. O forse non ne vuole e basta. -

- O forse non riescono ad averne e Janus non ci dice niente come al solito. Fa sempre così quando qualcosa non va: si tiene tutto dentro e si strugge in silenzio. -

Hazel assunse un’espressione corrucciata. - Io preferisco pensare che non ne vogliano. - 

Sirius decise di non ribattere e pochi secondi dopo il campanello suonò e l’uomo si alzò senza dire niente per andare ad aprire la porta. 

Quando la spalancò gli si palesò davanti un ragazzo, anzi, un uomo dai capelli scuri e gli occhi grigi, con un completo da mago con tanto di mantello indosso e una valigetta in finta pelle appesa ad una spalla, che rendeva palese il fatto che il giovane fosse pronto per l’ennesima giornata lavorativa, nonostante fosse appena iniziato il fine settimana. In mano, inoltre, aveva un bel mazzo di dalie arancioni.

A guardarlo così, Janus Black sembrava una versione più giovane di suo padre ma nei panni impeccabili di un Percy Weasley. Essere stato cresciuto per gran parte della sua adolescenza dal perfetto capo dell’Ufficio del Trasporto Magico del Ministero della Magia aveva lasciato una grande impronta su di lui che, nonostante fosse molto più rilassato rispetto a qualche anno prima, aveva mantenuto un certo rigore. 

- Stavamo proprio parlando di te. - Gli disse Sirius, facendolo entrare. - Quelli sono per me? - Domandò poi scherzosamente, facendo un cenno verso i fiori. 

Janus aggrottò le sopracciglia, un po’ divertito e un po’ perplesso. - Sono per mamma. - Rispose, varcando la soglia. - Perché parlavate di me? -

- Io, tua madre e il Settimanale delle Streghe ci stavamo giusto chiedendo come mai tu e Molly non aspettate un bambino, nulla di che. - Buttò lì Sirius, incassando un altro sguardo perplesso da parte del figlio. 

Janus lasciò cadere la questione nel vuoto e una volta in cucina esclamò: - Buongiorno! - 

- Oh, ciao, Jan. - Lo salutò Hazel, non appena lo vide varcare la soglia. - Che fai qui a quest’ora? - 

- Sono passato solo per augurarti un Buon San Valentino. - Spiegò, lasciando il mazzo di dalie sul tavolo. 

Hazel sospirò un intenerito “ooh” e poi si alzò per baciarlo su entrambe le guance. Janus era solito regalare qualcosa a sua madre per San Valentino ogni singolo anno da quando ne aveva sette, ma ogni singola volta Hazel non poteva fare a meno di commuoversi un pochino. - Sei così dolce… - Gli disse, sorridente. - Non come tuo padre. - Aggiunse in tutt’altro tono, voltandosi verso Sirius.

- Come? Ma scusa, non dici sempre che San Valentino è una festa consumista, sessista ed eteronormativa? - Si indignò Sirius. 

Hazel liquidò la questione con una scrollata di spalle.

- Lei e Percy festeggiavano ogni anno. - Lo informò invece Janus, sedendosi su una delle sedie che circondavano il tavolo. - È lui che mi ha insegnato il romanticismo, lo sai? - 

- Immagino cosa ti abbia insegnato, quello lì… - Borbottò Sirius, sistemandosi al suo fianco. - Illuminami, che programmi avete tu e Molly per la giornata? - 

- Oggi lavoro tutto il giorno. - 

- Eh, ti pareva, una cosa molto da Weasley. - Affermò Sirius, con un certo compiacimento nell’avere ragione. Percy Weasley doveva essere l’antiromanticismo.

- … e poi stasera abbiamo una passaporta per Tokyo. - Continuò Janus, come se il padre non lo avesse mai interrotto. - Mangeremo ramen, dormiremo in una di quelle locande tipiche giapponesi e lunedì saremo di nuovo qui. Ah, le ho scritto anche una canzone, una sonata per violino, per essere precisi, ma non gliel’ho ancora suonata. - 

Hazel si lasciò sfuggire nuovamente quel suo verso intenerito, mentre Sirius arricciò il naso con un certo disappunto. Non era proprio roba per lui, quella. 

- Anche tu e Percy facevate certe cose a San Valentino, Hazel? - Domandò. - Ti portava da qualche parte e suonava per te? - 

Lei scosse la testa e si sedette nuovamente. - No, lui odiava viaggiare e di sicuro non è un tipo abbastanza creativo da scrivere una canzone d’amore. - Spiegò, proprio come se fosse ovvio. - Però andavamo nello stesso ristorante del nostro primo appuntamento ogni anno e durante la giornata mi spediva dei fiori a lavoro con delle civette bianche. Era molto dolce. - 

- Noioso e banale. -

- Però almeno lui ci provava. - Sottolineò Hazel, tagliente. 

- Guarda che se vuoi che ti porto a cena fuori basta dirlo. - Ribatté Sirius. 

- Se devo chiedertelo allora non lo voglio. - 

- Non me la cavo bene con la legilimanzia, quindi mi dispiace ma se vuoi una cosa da me devi chiedere. - 

- Non funziona così. - 

- A me non importa di come funziona. - 

- Ditemi: dove trovate la forza di bisticciare in questo modo di primo mattino? - Si mise in mezzo Janus, dopo un sospiro sconsolato. 

I suoi genitori erano molto lontani dal quell’idillio di romantica perfezione che aveva caratterizzato la storia d’amore di Hazel e Percy, ma Janus li trovava in un certo senso molto più veri, seppur spesso fosse davvero esasperante avere a che fare con loro. Probabilmente per questo Janus se ne era andato di casa poco dopo aver finito la scuola. 

Hazel alzò gli occhi al cielo, mentre Sirius sorrise e scrollò le spalle. 

- Quando si smette di litigare vuol dire che è finita la passione, ragazzo. -

Janus fece una faccia scettica. - Se lo dici tu. - Ribatté tranquillo. - Ad ogni modo… mi piacerebbe rimanere ad osservare i vostri litigi tutto il giorno, ma devo lavorare. Quindi ora me ne vado. - 

- Grazie ancora per i fiori, Jan. - Disse Hazel, sorridendo nella sua direzione. - Adoro le dalie, soprattutto di quel colore. -

- Lo so, le dipingi sempre; Van Gogh aveva i girasoli e tu hai le dalie. - Disse Janus, alzandosi in piedi. 

- Che ruffiano. - Lo prese in giro Sirius. 

Janus sogghignò e, dopo aver salutato i suoi genitori alla svelta, scomparve dalla cucina, accompagnato dal suono tipico della materializzazione. 

Una volta di nuovo da soli Hazel si alzò, recuperò un vecchio vaso di ceramica sempre vuoto appoggiato sul tavolo della sala da pranzo e tornò in cucina per sistemarci dentro quel mazzo di dalie arancioni. 

Sirius la guardò in silenzio, ancora seduto davanti alla sua colazione, chiedendosi se fosse o meno arrabbiata con lui per quella sua quasi totale mancanza di spirito romantico. Alla fine decise di chiederglielo: - Sei arrabbiata con me? - 

- No. - Si limitò a rispondere lei. - Perché dovrei esserlo? - 

- Perché non sono un tipo romantico, presumo. - Ipotizzò Sirius. - Perché non ti faccio sentire amata e desiderata… poco fa mi hai chiesto se mi sento ancora attratto da te… - 

Hazel staccò gli occhi dai petali color tramonto del mazzo di fiori infilato nel vaso per puntarli sul volto di lui. Non disse niente all’inizio, cosa che fece pensare a Sirius che lei fosse davvero un po’ arrabbiata con lui. 

- No… non sono arrabbiata. - Parlò alla fine. - Solo che… ogni tanto ho paura di finire come quelli della canzone della piña colada. - 

Sirius la guardò senza capire. - Che canzone? - 

- Parla di una coppia sposata da molti anni, intrappolata in una routine soffocante, i cui membri cercano avventure altrove mettendo un annuncio sul giornale. - Spiegò Hazel. 

- Oh sì, la conosco. - Fece lui. - Lei risponde all’annuncio del marito. Si tratta di una storia a lieto fine, se ci pensi bene. - 

- Sì, ma non voglio che ci annoiamo o che ci diamo per scontati come loro solo perché stiamo insieme da tanto. -

Sirius rimase in silenzio e fermo per qualche secondo, poi si alzò, fece il giro del tavolo e si avvicinò a lei. - Io non mi annoio mai con te, sei la mia migliore amica. E fidati che non ti do per scontata, anzi penso ancora che tu sia fin troppo per me. - Le disse, guardandola negli occhi. - Inoltre, per rispondere alla tua domanda di poco fa: sì, mi sento ancora decisamente parecchio attratto da te. Sarà colpa di tutto quel piltes che fai, chi può saperlo, ma temo che sarebbe lo stesso anche se tu fossi vecchia e malandata. -

- Si dice pilates. - 

- Sì, quel che è… sport babbano. - Fece lui alla svelta. - Comunque sono certo che anche quando avremo ottant’anni ti verrò a disturbare mentre sei sotto la doccia. - 

Hazel cercò in tutti i modi di nascondere quel piccolo sorriso che stava nascendo sulle sue labbra quando si sentì invadere da un sentimento di tenerezza. Non c’erano dubbi sul fatto che Sirius fosse davvero bravo a parole, ma era dello sguardo di lui che lei si fidava davvero: gli occhi di Sirius che in quel momento la stavano fissando proprio come se fosse la prima o l’ultima volta. 

Lui si avvicinò a lei e la baciò con tenera lentezza, quasi come se avesse paura di romperla o di farle male, nello stesso modo in cui l’aveva baciata quella lontana notte del 1993, quando aveva fatto l’amore con lei per la prima volta. In quella occasione le aveva giurato che non l’avrebbe lasciata mai, che nulla l’avrebbe tenuto lontano da lei ed era stato proprio così, alla fine.

Aveva lottato contro ogni sorta di avversità: contro il pericolo di essere preso di nuovo o baciato da qualche dissennatore, aveva combattuto contro sé stesso e i suoi demoni tra le mura di Grimmauld Place, era tornato dal mondo dei morti e se l’era ripresa nonostante tutti attorno a lui gli avessero detto che ormai era finita e no, non l’aveva mai lasciata, proprio come le aveva promesso. 

- Buon San Valentino, ragazzina. - Disse lui a bassa voce, quando si staccarono una dall’altra. - Giuro che l’anno prossimo ti prenderò anche io dei fiori. Forse. - 

Hazel mugugnò, un verso che poteva dire qualsiasi cosa ma che Sirius interpretò come un “buon San Valentino anche a te, stupido idiota”.



 

One shot abbastanza insensata giusto per cogliere il tema della giornata. Voi cosa ne pensate di San Valentino? Siete team Janus, con i suoi grandi gesti sdolcinati o team Sirius che invece proprio non ci arriva? Io devo ammettere che per quanto ami l’amore detesto fare quelle cose comandate tipo vestirmi bene per andare a cena fuori, fare regali o ricevere fiori/cioccolatini e altre cose del genere (per fortuna quest’anno me la sono scampata visto che ho una vita sentimentale meno vivace di un vermicolo ahahaha)

Vabbé, comunque ci sono tante forme d’amore e qualsiasi cosa facciate stasera spero che sia ciò che vi rende felici. 

Alla prossima!

J.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Il pranzo di famiglia ***


Il pranzo di famiglia


Percy Weasley sembrava avere un’esistenza perfetta. 

Viveva in una graziosa villetta di proprietà a due piani, situata in un bel quartiere residenziale a nord di Londra, circondata da un giardino curato nei minimi dettagli che era una vera e propria gioia per gli occhi. Nel vialetto sterrato c’era un’auto che i babbani consideravano costosa ma che però Percy non guidava mai, e il prato inglese tutto intorno alla casa, che sembrava quasi essere stato tagliato filo per filo, aveva un ottimo sistema di irrigazione che perfino in piena estate riusciva a tenere testa a quell’insolito caldo degli ultimi anni. 

Percy Weasley aveva una vita perfetta, sì. 

Certo, alle spalle aveva un matrimonio fallito e una lunghissima relazione terminata letteralmente a un passo dall’altare, aveva tre figli da due donne diverse e ora era intrappolato in un matrimonio con una donna che da tempo lo lasciava indifferente, ma resisteva. 

Percy Weasley resisteva, era bravo a resistere, era il suo grande talento, anche perché non aveva scelta: non poteva di certo lasciare Penelope. 

Non poteva lasciarla per Artie e, soprattutto, non poteva lasciarla perché farlo avrebbe voluto dire precipitare nuovamente nella solitudine in cui prima Audrey e poi Hazel lo avevano gettato. Inoltre affrontare un secondo divorzio non era proprio tra i suoi piani, non ne aveva le forze. 

Tuttavia il mago adorava la sua routine: ogni mattina si svegliava e scopriva che Penny aveva preparato per lui la colazione, mangiava un piatto di uova strapazzate con due fettine sottili di pancetta seduto al tavolo della cucina assieme a sua moglie e, durante le vacanze, anche assieme al loro Artie, beveva una tazza di tè con una goccia di latte mentre parlava di cosa lo aspettava in ufficio e, dopo essersi preparato a dovere, usciva di casa per dirigersi al Ministero. 

Passava lì le successive otto ore, ma di tanto in tanto capitava che si fermasse fino a sera. Era pur sempre il capo dell’Ufficio del Trasporto Magico, da lui dipendeva un buon funzionamento della metropolvere, del nottetempo e la buona gestione delle passaporte, inoltre faceva sempre comodo avere qualche galeone in più alla fine del mese: lui non era mica nato con la camicia come quel Black, quel melodrammatico viziato ricco di famiglia, no, Percy era partito dal nulla e di certo non aveva nemmeno una moglie che vendeva opere d’arte a cifre stratosferiche…

Erano passati anni da quando Hazel lo aveva abbandonato, eppure di tanto in tanto pensarci faceva ancora male. Non sentiva la sua mancanza ovviamente, — sarebbe stato davvero strano dopo tutto quel tempo — piuttosto sentiva la mancanza di sé stesso, dell’uomo che era stato mentre lei era al suo fianco. Hazel lo aveva reso migliore, attraverso di lei si era perdonato, attraverso di lei si era piaciuto davvero pe rla prima volta in vita sua. E poi doveva ammettere che vederla contenta lo turbava ancora. 

L’aveva presa sul personale: perché mentre stava con lui Hazel era sempre così tormentata mentre adesso aveva trovato la pace? Ma soprattutto perché questo non era valso anche per lui? Perché si sentiva ancora così maledettamente infelice pur avendo una vita che da fuori appariva perfetta?

Percy aveva detestato ogni secondo di quando l’aveva rivista insieme a Black il giorno del matrimonio di Victoire e Teddy e tutt’ora quella spiacevole sensazione continuava ad attanagliare le sue viscere ogni qualvolta che si imbatteva in lei e Sirius, cosa che, per fortuna, non capitava poi così tanto spesso. Ma era stato il momento in cui Percy aveva visto Janus insieme a Molly quello peggiore, ma mai come quando aveva scoperto che quei due stavano insieme… anzi no, forse il momento peggiore in assoluto era stato decisamente quando si era reso conto che sua figlia avrebbe sposato quel bellimbusto arrogante e presuntuoso.

Janus Black era un piantagrane, un sovversivo e anche un comunista, un ragazzino ribelle che si occupava di lotte insensate e potenzialmente pericolose mentre recitava a menadito tutti gli articoli della Carta della Magia che aveva studiato a magisprudenza. 

Aveva perfino un discreto seguito politico e grazie all’appoggio di altri tali e quali a lui era riuscito a far approvare un paio di proposte di legge che Percy considerava un vero e proprio affronto alla tradizione e alla famiglia.

Come se questo già non fosse abbastanza, la follia di Janus Black aveva corrotto anche il mondo del lavoro. Adesso, per colpa di una cosa che lui chiamava “sindacati”, i lavoratori potevano scioperare se qualcosa non andava loro a genio e più di una volta Percy era stato costretto a scendere a compromessi con i suoi dipendenti per non ritrovarsi l’intero Ufficio del Trasporto Magico vuoto. 

In poche parole: Percy Weasley aveva un’esistenza perfetta, ma era perseguitato da quelli che di cognome facevano Black, che sembravano essere sempre pronti a rovinargliela. 

Perfino una delle sue figlie faceva di cognome Black da almeno cinque anni a quella parte! 

La sua Molly… la sua bambina che aveva sposato quell’estremista che l’aveva spinta a lasciare il suo posto sicuro come insegnante di pozioni a Hogwarts per mettersi a scrivere libri di poesie. 

Quella mattina di metà giugno, Percy Weasley aprì gli occhi tutto in una volta, ritrovandosi come di consueto sdraiato sul lato sinistro, nel suo letto. Accanto a lui non c’era nessuno ma, a giudicare dall’odore di pancetta e caffè che aveva invaso la casa, Penny doveva essersi già messa all’opera in cucina. Percy approvava il fatto che a lei piacesse cucinare per lui, cosa che per fortunatamente Hazel non aveva mai fatto dato che era proprio negata ai fornelli. 

Dopo un attimo di contemplazione, il mago si alzò dal letto, indossò la vestaglia e scese al piano di sotto, dove trovò, già vestiti e seduti attorno al tavolo della cucina imbandito di leccornie, sua moglie e suo figlio. 

Se Molly e Lucy avevano preso da lui i capelli rossi e le lentiggini, Arthur aveva ereditato da Percy solo la miopia, dato che era uguale in tutto e per tutto a Penelope. Come sua madre, infatti, Arthur era biondo e molto carino, ed era inoltre un ottimo studente. Era stato smistato in Corvonero, esattamente come Halley, ma con cui non era mai andato d’accordo. Anzi, in realtà si poteva dire che tra Arthur e i due giovani Black non corresse affatto buon sangue. 

Era un ragazzino bizzarro, Halley. Arthur raccontava che fosse un po’ ritardato e che spesso non gli riuscivano nemmeno i semplici incantesimi del primo anno. Era praticamente alla stregua di un magonò e un po’ tutti lo prendevano in giro, ma puntualmente la preside se la prendeva sempre e solo con lui che non faceva niente di male ma che di certo non voleva essere amico suo. Chi lo avrebbe voluto, dopotutto? 

- Buongiorno. - Esordì Percy, sedendosi a capotavola, davanti ad un piatto di uova fumanti. - Come mai siamo già svegli a quest’ora di domenica? - 

- Siamo a pranzo da Molly e Janus, oggi, caro. Non te lo ricordi? - Cinguettò Penelope. 

- Giusto. In effetti lo avevo dimenticato. - 

- Ci sarà anche Audrey. E ci saranno anche loro, anche lei. - Sottolineò Penelope, in tono alterato.

Se all’inizio Penny e Hazel erano andate più o meno d’accordo, nel corso degli anni il loro rapporto si era decisamente... raffreddato, per così dire. Di certo Penelope non avrebbe mai ammesso chiaramente di detestarla, ma si limitava ad agire usando tutta la sua passivo-aggressività. Non sopportava il fatto che la famiglia di lui avesse riallacciato saldamente i rapporti con quella donna che aveva fatto soffrire tanto uno di loro, proprio non capiva cosa ci trovassero i Weasley in quella babbana dall’aria insulsa.

- Verrà anche quel ragazzino problematico immagino. - Proseguì.  

- Be’, non credo che lo lasceranno a casa, solo perché tu lo ritieni problematico. - Rispose Percy, prima di portarsi la sua tazza di tè alla bocca.

- Mi sembra assurdo che debba stare in classe con nostro figlio. Rallenta il programma delle lezioni! - Esclamò Penny. - Arthur dice che è pessimo nella magia. - 

- È un povero idiota, un po’ mi fa anche pena. - Annuì il ragazzo. 

- Non capisco perché i suoi genitori si ostinino a mandarlo a Hogwarts nonostante abbia le capacità magiche di Mastro Gazza. - 

Percy sospirò. Non si riteneva una persona aperta alle diversità, ma doveva ammettere che sua moglie e suo figlio spesso toccassero cime inimmaginabili persino per lui. - Il fatto che abbia dei problemi non implica che debba essere escluso. - Disse duramente, posando lo sguardo su Arthur. - Almeno per oggi vorrei evitare di ritrovarmi in situazioni sconvenienti, quindi non prenderlo in giro, Artie. - 

- Io non lo prendo in giro. - Si lagnò Arthur. - Lui è strano. I suoi unici amici sono Hagrid e quei due strambi dei figli della professoressa Lovegood. - 

- Be’, comportati bene lo stesso. - Ribadì Percy, il tono che non ammetteva repliche. 

- Mi stai chiedendo di fare amicizia con il ritardato, per caso? - 

- Ti sto chiedendo di trattarlo con rispetto, di non farmi fare brutta figura. - Spiegò Percy, dopo aver preso un respiro molto profondo. - E non chiamarlo così, non è carino. - 

- Dai retta a tuo padre, caro. - Disse dolcemente Penelope. - Cosa penserebbero gli altri a sentirti parlare in questo modo? Inoltre le persone svantaggiate come lui, poverino, devono essere aiutate da bravi ragazzi dotati come te, piccolo caro. - 

Arthur non sembrò per nulla d’accordo. - Secondo me invece quelli come lui dovrebbero stare lontano da noi persone normali. - Disse con disprezzo. - Il problema non è solo lui, ma anche quella Serpe della sorella. - 

- Aurora mi sembra una tipa sveglia. - Obiettò Percy, mentre si versava il succo di zucca nel bicchiere. - Ho saputo da Ginny che ha un grande talento per il quidditch. - 

- Oh sì, lei è fin troppo sveglia. - Ghignò Arthur. - Si apparta con i ragazzi in ogni anfratto. - 

- Con una madre come la sua come pensi che possa venir su una giovane, caro? - Sospirò Penny, con fare drammatico. - Lo sappiamo tutti che Hazel è un po’... libertina. - 

- Hazel è una brava madre. - Dichiarò gelidamente Percy. - Sono convinto che sia Sirius quello veramente inadatto a fare il genitore tra loro due. Ricordo com’era con Janus, un pessimo padre e un pessimo esempio da seguire, infatti si sono visti i risultati. Era un giovane tanto per bene, una volta. -

- Come dicono i babbani “la mela non cade mai lontano dall’albero”, caro. - Cinguettò Penelope, dopo un sospiro pieno di dramma.

 

Nello stesso momento, più a sud rispetto a loro ma sempre nella città di Londra, altri membri di un’altra famiglia si stavano pian piano preparando alla lunga giornata che attendeva loro.

Un uomo e una donna sulla cinquantina, ancora in pigiama, i capelli spettinati e le facce un po’ assonnate, erano in piedi davanti ai fornelli di una cucina piuttosto disordinata, intenti a mettere insieme una colazione degna di una domenica. Da un lato c’era lui, che in quel momento stava girando pancake a colpi di bacchetta mentre cantava ad alta voce e senza alcun ritegno una canzone di David Bowie, dall’altro c’era invece lei, che gli lanciava occhiate divertite e perplesse insieme mentre aspettava che l’acqua per il tè bollisse. 

- Rebel rebel, you've torn your dress… rebel rebel, your face is a mess… rebel rebel, how could they know? Hot tramp, I love you so!

Hazel si trattenne dallo scoppiare a ridere e Sirius, in tutta risposta, gli lanciò uno sguardo teatralmente molto ferito.

- Invece di fare quella faccia dovresti cantare insieme a me. - Buttò lì con nonchalance, facendo saltare un pancake dalla padella al piatto. 

- Non conosco così bene la canzone, quindi per questa volta passo, mi dispiace. - 

- E che ascoltavi durante l’adolescenza se non David Bowie? - Chiese lui, sconvolto. 

- Ero una adolescente quando ti ho conosciuto, quindi sai cosa ascoltavo. - Rispose lei. 

- Non eri una adolescente, eri più quasi un’adulta. - 

- Quindi una adolescente. Non ero poi tanto più grande di nostra figlia se ci pensi. - 

Sirius alzò gli occhi al cielo. - Be’, ma prima cosa ascoltavi? - Insistette. 

Hazel scrollò le spalle. - Quando ero piccola non saprei… Madonna, forse. - 

- Madonna? - 

- Proprio lei. - Annuì Hazel, facendo un sorrisetto nostalgico. - Ma credo che la colonna sonora della mia triste infanzia sia stata “never ending story”. Ancora ricordo quando uscì il film… andai a vederlo tre volte. - 

- Turn around… - 

- Look at what you see… -

- In her face… -

- The mirror of your dreams… make believe I'm everywhere…

- Potete darci un taglio o avete intenzione di continuare ancora per molto? - Sbottò la voce di Aurora, mentre varcava la porta della cucina alle loro spalle. - Mi avete svegliata, lo sapete? - 

Sirius si voltò verso di lei tenendo il piatto pieno di pancake caldi tra le mani. 

Aurora, sedici anni compiuti da poco, stava guardando i propri genitori con un’espressione imbronciata dipinta sul quel suo bel volto altero, gli occhi scuri ridotti a due fessure e le braccia incrociate sul petto. Era piuttosto alta per essere una ragazza e sembrava più adulta della sua età, cosa che negli anni aveva attirato l’attenzione di un bel po’ di ragazzi più grandi di lei, cosa che Sirius detestava. Una volta, sotto forma di Felpato, aveva persino morso uno dei suoi primi fidanzati. 

- Era quello il senso. - Rispose allegramente il mago. - Comunque buongiorno. - 

Aurora mugugnò qualcosa di indefinito e poi si lasciò cadere su una delle sedie che circondavano il tavolo. - Non sarei così felice se fossi in te, caro. -

- Perché dici questo, cara? - Fece a sua volta Sirius, imitando il modo di parlare di Penelope. 

- Infatti, cara. - Proseguì Hazel, versando intanto l’acqua finalmente calda in un paio di tazze. - È una bella giornata, tuo padre ha fatto i pancake e oggi a pranzo mangeremo cibo vegano… può forse andare meglio di così? - 

- Be’... direi di sì. Ad esempio Janus oggi potrebbe annunciare che divorzierà da Molly brandendo una coscia di pollo per farla infuriare. - Rispose Aurora. - Questo renderebbe la giornata memorabile. - 

- Non essere cattiva. - La ammonì Hazel, sedendosi al suo fianco. 

- Però è chiaro che devono fare un annuncio o cose del genere. - Riprese la giovane. - Altrimenti non ci avrebbero costretto ad andare da loro, in Scozia. - 

- A proposito di noi quattro: Halley dov’è? - Chiese Sirius, guardandosi attorno. 

- Ancora a letto. Dice che sta male, anche se secondo me sta tentando di saltare il pranzo di oggi. - Rispose Aurora, prima di infilzare un pancake con la forchetta. - Sinceramente lo capisco. Nemmeno io muoio dalla voglia di vedere la brutta faccia di Artie Weasley fuori da scuola. - 

Hazel sospirò e pur di non proferire parola si portò la tazza alle labbra. Quel ragazzino era un bullo della peggior specie e questo lo sapeva anche lei: ne aveva conosciuti tanti così nel corso della sua vita e soprattutto della sua infanzia e anche lei, proprio come Aurora, comprendeva Halley e il desiderio che il giovane aveva di stargli alla larga. Tuttavia non aveva nessuna voglia di mettersi a litigare con Percy per colpa dei loro figli. 

- Vado a vedere come sta. - Disse Sirius, prima di uscire dalla cucina. 

Quando raggiunse il piano di sopra, notò che la camera di Halley aveva la porta solo accostata, cosa che lo spinse ad entrare senza prima bussare. Lì trovò il ragazzo ancora a letto che leggeva un romanzo. Prese dunque ad osservarlo. 

Nonostante avesse già quattordici anni, Halley aveva ancora le fattezze di un bambino. Somigliava molto a Hazel: come lei aveva i capelli castani e parecchio vaporosi, era gracile e minuto e anche la forma degli occhi era la stessa: sebbene fossero grigi come quelli di Sirius, gli occhi di Halley erano troppo grandi per stare bene sul suo volto. 

Ma non era simile a lei solo nell’aspetto: aveva infatti ereditato la stessa predisposizione per il disegno e per arte della madre e per questo le pareti della sua stanza erano tappezzate di disegni, entrambi amavano i vecchi e noiosi romanzi ottocenteschi e spesso anche lui parlava di cose che gli altri non riuscivano a capire, esattamente come faceva Hazel. 

Sirius doveva ammetterlo, suo figlio era un po’ strampalato ma questo non lo aveva mai disturbato. Insomma, almeno non era uno stronzo com’era Janus alla sua età. 

- Stai male? - 

Quella brusca domanda fece sobbalzare Halley, che chiuse il libro di scatto e si portò una mano al petto, voltandosi verso di lui.

- A me sembri troppo reattivo per stare male. - Osservò Sirius, sogghignando. 

Halley all’inizio non rispose, ma prese a fissare la copertina rossa del suo libro. - Puoi dire a mamma che sto male? - Chiese poi, senza staccare gli occhi da lì. 

Sirius sospirò. - Lo sai che se ne accorge sempre se mento. - Rispose. - Sarà babbana, ma è più brava di un legilimens esperto nel leggere la mia mente. - 

Lui rimase zitto, cosa che fece sospirare di nuovo Sirius. 

- Se è per Arthur non devi preoccuparti. - Tentò di dire, senza essere sicuro che quello fosse l’approccio giusto. Halley non era come Aurora, parlare con lui era a dir poco complicato. - Non credo che si metterebbe a prenderti in giro davanti a degli adulti, ma se lo fa potrei finalmente dirgli qualcosa. - 

- No. - Rispose bruscamente Halley. - Mi sentirei ancor più stupido di quanto io già non sia e poi a scuola sarebbe anche peggio. - 

- Ma tu non sei stupido. - Obiettò Sirius, aggrottando la fronte.

- Non sono bravo in nulla, quindi sono stupido. - 

- Sei bravo nel disegno. - 

- È un talento inutile. - 

- Vallo a dire a tua madre, se ne hai coraggio. - Sorrise Sirius. - So che sei molto bravo anche con le creature magiche. Io ero pessimo, non avevo pazienza. -

- Tu non avevi pazienza, io invece non ho magia. - Disse Halley, accigliato. 

- Sì che ne hai di magia. Hai ricevuto la lettera, quindi sei un mago. - 

Lui lo guardò, le labbra piegate leggermente verso il basso e le sopracciglia aggrottate, e poi scosse lentamente la testa senza parlare. 

- Senti, ti capisco se non ti va di andare oggi. Nemmeno io muoio dalla voglia di avere a che fare con Percy e la sua famigliola, ma d’altra parte mi fa piacere vedere Janus a casa sua, una volta tanto. - Continuò allora Sirius. - E dopo, nel viaggio verso casa, ci godremo insieme tua madre che sbraita perché la moglie di Percy le ha detto che è ingrassata o altre cose di questo genere. Ti ricordi quando Penelope ha venduto il quadro le avevamo regalato perché a suo dire quella era “arte troppo degenerata” per i suoi gusti? -  

Halley accettò un piccolo sorriso. 

- Povera Penelope. In realtà a me lei sta simpatica. - 

- Ti piace perché tiene Percy lontano da mamma. - 

Sirius strinse le labbra. - Va bene, può darsi che sia vero. - Ammise poi. - Adesso ti decidi a scendere giù o devo farti qualche altra confessione imbarazzante? - 

Halley sospirò. - Adesso arrivo. -

- Bravo ragazzo. - Asserì l’uomo.

 

-ˋˏ ༻❁༺ ˎˊ-

 

Essere sposato con una Weasley imponeva una serie di regole non scritte, e questo Janus lo sapeva bene. Ad esempio c’era il fatto che i signori Weasley quasi imponessero a tutti i loro nipoti di andare a pranzo alla Tana almeno una volta al mese, c’era il dovere di partecipare a tantissimi compleanni, spesso anche uno dopo l’altro e una serie di altri punti fermi che solo chi faceva parte di una famiglia molto numerosa poteva capire. Janus sapeva che mettere piede alla Tana significava ogni singola volta prepararsi a una serie infinita di domande, dalle più innocue come “come va il lavoro?” oppure “hai davvero difeso quel serial killer?”, alle più irritanti, che potevano essere riassunte tutte in quattro semplici parole: “quando fate un bambino?” 

Quella domanda era la più complicata di tutte dato che era quasi impossibile rispondere senza farlo davvero. 

All’inizio Janus e Molly propinavano a tutti frasi di circostanza del tipo “chi lo sa, prima o poi”, per poi chiudersi in un preoccupante silenzio stampa per anni, silenzio che era terminato quando erano scesi a patti con il fatto che insieme facevano la coppia meno fertile della storia dell’umanità. 

Avevano visto ogni genere di medimago e curatore e alla fine si erano addirittura affidati alla medicina babbana: si erano sottoposti a ogni genere di cura e procedura, puntore, esami invadenti o imbarazzanti ma niente, non c’era stato verso. Tutto quello che avevano dunque potuto fare era stato informare i parenti, così da farli smettere di porsi domande, senza però scendere troppo in dettagli. Ammettere di essere proprio lui il problema tra i due lo avrebbe fatto sentire ancor più inutile e depresso di quanto già non fosse.

E poi, quando ormai anche la speranza era andata perduta, a un passo dal prendere un cane per riversare su di esso tutto l’affetto che avrebbero potuto dare a un loro eventuale bambino, era successo: Molly era rimasta incinta. 

Ma mentre Janus aveva sentito fin da subito la voglia di dirlo a tutti, un po’ come se quella fosse la prova che in lui non ci fosse niente che non andasse, lei aveva preferito mantenere il segreto, giusto per assicurarsi che fosse tutto vero. 

Così, all’entrata del secondo trimestre, nessuno era ancora a conoscenza della presenza di quel potenziale individuo che stava crescendo nell’utero di Molly. 

- Tu pensi davvero che sia necessario dirglielo proprio oggi? - Domandò lei per l’ennesima volta da quando quella giornata era iniziata, mentre osservava lo sformato di verdure che si stava dorando nel forno. 

Janus, appoggiato allo stipite della porta della cucina, sospirò in risposta e subito dopo Molly si voltò a guardarlo.

- E se qualcosa andasse male? Non si sa mai, visto come sono andate le cose per noi fino ad ora. - Proseguì la giovane, corrucciando la fronte. - Penny ci riempirà di domande. - 

Lui sospirò nuovamente e per una manciata di secondi non parlò. 

Era una bella giornata per essere inizio estate in Scozia, e in quel momento la luce che entrava dalla finestra spalancata della cucina stava illuminando il viso di Molly in un modo che Janus trovava parecchio interessante. Probabilmente, se avesse avuto il talento artistico di sua madre e suo fratello, l’avrebbe dipinta o le avrebbe scattato una fotografia, così senza preavviso, cogliendo l’attimo. 

Si erano trasferiti in quel vecchio cottage subito dopo essersi sposati. Molly diceva che la campagna offriva molto più spazio all’immaginazione rispetto alla città. Le piaceva il fatto che lì si sentisse spesso l’odore del mare anche se non si vedeva, adorava che ci fosse un orto in giardino e soprattutto che i suoi genitori trovassero un po’ scomodo arrivare fin là per andarla a trovare. 

Osservandola, Janus notò che Molly indossava uno di quei suoi vestiti babbani risalenti a un'altra epoca, uno di quelli che la facevano sentire carina e sicura di sé, cosa che gli suggerì che forse era un po’ in ansia per quel pranzo. 

- Lo hai sentito il medico babbano: tu stai bene e lui o lei anche. - Le disse, puntando lo sguardo sul ventre accennato di lei. - State bene. Inoltre ormai si nota che sei incinta, non possiamo più nasconderlo. - 

- No che non si nota. - Obiettò Molly, alzando gli occhi al cielo e accarezzando il tessuto del vestito lungo il suo corpo. - Ho preso qualche chilo ma non si nota… o sì? - 

- A guardarti così direi che sei piuttosto incinta. - Affermò lui sorridendo, prima di fare un passo nella sua direzione, avvicinandosi. 

Le prese il volto tra le mani e lo scrutò attentamente, perdendosi in quel mare di lentiggini e in quegli occhi castani dietro le lenti degli occhiali. Fu lei ad annullare la poca distanza che li divideva, alzandosi sulle punte e posando le labbra sulle sue in un rapido bacio. 

- E per quanto riguarda Penelope… - Proseguì Janus. - Risponderemo alle sue domande come al solito: prendendola educatamente in giro. - 

Molly sospirò con aria affranta e un secondo più tardi il trillo del campanello riempì l’aria. 

- Oh Merlino, sono già qui. - Mugugnò lei, gettando un’occhiata verso l'orologio appeso a una delle pareti. 

- Vado ad aprire. -

Janus attraversò il corridoio in tutta calma e quando arrivò all’ingresso spalancò la porta, ritrovandosi davanti una famiglia formata da un uomo e una donna di mezza età e un ragazzino e una giovane in piena adolescenza. 

- Buongiorno, ragazzo. - Disse allegramente Sirius, varcando la soglia un po’ come se quella fosse casa sua. - Lo so, siamo in anticipo. Ma abbiamo volato per settecento chilometri, quindi presumo che ci perdonerai. - 

- Volato? - Chiese Janus, allarmato. - In che senso avete volato? - 

- Tuo padre ha incantato la nostra auto. - Rispose Hazel, indicando con un cenno del capo la macchina parcheggiata proprio davanti all’entrata del giardino. 

- Mi sorprende che tu abbia accettato di viaggiare su un’auto incantata. - Fece Janus, chiudendosi la porta alla spalle dopo averli fatti entrare. 

- L’alternativa era la smaterializzazione. Ho scelto la cosa meno rischiosa. - Spiegò la donna, prima di guardarsi intorno con un certo compiacimento. Le piaceva come Janus e Molly stavano trattando la sua vecchia casa: nonostante ci avessero messo la loro impronta non avevano affatto snaturalizzato i vecchi arredi ormai un po’ retrò. 

- Siamo stati quattro ore in auto solo perché mamma ha paura di smaterializzarsi. - Si lamentò Aurora, alzando gli occhi al cielo. 

- Buongiorno! - Esclamò Molly, facendo capolino dalla cucina. 

- Ehilà, nuova Signor Black! - La salutò Sirius. 

- Molly! Oh cielo, non ci vediamo da mesi! - Esclamò Hazel, sorridendo e andandole incontro. - Hai qualcosa di diverso… - Aggiunse guardandola bene. - Forse i capelli? - 

Molly tergiversò, le sopracciglia inarcate in un’espressione incerta. - Ehm… può darsi? - 

- Hai cucinato quella roba vegana anche oggi, Molly? - Le chiese Halley, mentre entrava in cucina insieme al resto della famiglia. 

- Esatto. In questa casa non si cucinano animali. - Asserì Molly.

- Già. Per mia gioia. - Aggiunse Janus, teatralmente lugubre. - Ad ogni modo… io intanto apparecchio. - Proseguì, dirigendosi verso la sala da pranzo. 

Mezz’ora più tardi il campanello suonò nuovamente e stavolta, sulla soglia, Janus trovò Percy in compagnia di Penelope e del loro figlio Arthur. Tutti e tre erano vestiti in modo impeccabile nonostante i trenta gradi percepiti quella mattina, portando in dono una bottiglia di vino elfico. 

- Ciao, Perce. - Lo saluto sorridente Hazel, non appena lo vide varcare la soglia della cucina, beccandosi un’occhiata di fuoco da Penelope nell’immediato. 

Non avevano l’occasione di vedersi spesso come invece avevano creduto quando erano venuti a sapere della relazione che legava i loro figli, ma ogni volta che Percy si trovava nella stessa stanza di Hazel non poteva fare a meno di sentirsi un po’ a disagio. 

- Hazel, ciao. - Rispose, ricambiando quel sorriso con uno di circostanza. - Sirius… - 

- Weatherby. - 

Percy arricciò le labbra con disapprovazione e Janus, che li stava osservando a qualche metro di distanza, si domandò se quel pranzo fosse stata davvero una buona idea. 

- Credo che Audrey sarà qui a momenti. - Disse, dopo un secco sospiro. - Magari iniziamo a sederci. - 

- Non è un po’ strano per te, Weasley? - Fece Sirius, affiancando Percy e poggiando un braccio sulle sue spalle come se fossero vecchi amici, mentre tutti insieme si dirigevano verso la sala da pranzo. - Oggi pranzerai con tre donne che ti hanno visto senza vestiti. - 

A quelle parole Hazel sgranò gli occhi, chiedendosi cosa avesse che non andasse il padre dei suoi figli. 

- Cosa posso dire, Black… puoi sempre cancellare la memoria di Hazel, se questo ti infastidisce. - Ribatté Percy, con insospettabile nonchalance. - Sappiamo tutti che sei molto abile con certi incantesimi. - 

All’una in punto, quando ormai tutti avevano preso posto, il campanello suonò per la terza volta e l’ex moglie di Percy fece finalmente il suo ingresso. 

Dire che Audrey fosse una donna particolare era assolutamente un eufemismo. Prima di tutto era decisamente molto bella, troppo per essere stata sposata con Percy Weasley, con quei suoi setosi capelli di un castano ramato, la pelle di porcellana e grossi occhi verdi come immense praterie. Aveva una certa grazia, un certo portamento e soprattutto una personalità molto forte che la rendeva affascinante e spaventosa allo stesso tempo. Nei suoi confronti, Hazel aveva un certo timore reverenziale ma nonostante ciò — nonostante la lista di insulti che si era beccata da parte sua nel corso degli anni — avevano trovato nella cara Penelope un nemico comune che le aveva rese quasi amiche.

- Perdonate il ritardo. - Disse mentre si sedeva con grazia accanto alla figlia. - Nemmeno il conducente del Nottetempo riusciva a trovare questo posto sperduto nel nulla. Spero che tornerete in città prima o poi. -

- Ci piace molto qui, mamma. - Sbuffò la giovane strega, con tutta l’aria di una che aveva affrontato quel discorso un milione di volte, mentre nel frattempo riempiva i piatti degli ospiti con lo sformato e con una montagna di patate al forno. - È l’ambiente ideale per scrivere, inoltre Jan arriva a Londra in un attimo se si smaterializza. - 

- A proposito, come sta andando la scrittura? - La interrogò ancora Audrey. - L’ultima raccolta è stata un vero successo nel mondo dei babbani. Un po’ meno in quello dei maghi purtroppo. - 

- I maghi hanno uno scarsissimo senso artistico, Audrey. Certe cose non potete capirle appieno. - Criticò Hazel, seppur sorridendo.

Penny tossicchiò rumorosamente, attirando l’attenzione. - Dimmi, cara. - Interloquì subito dopo, rivolgendosi a Hazel. - Fai ancora quei tuoi strani quadretti? - 

Hazel rimase per qualche secondo interdetta. - Io dipingo per lavoro, quindi sì, faccio ancora i miei strani quadretti. - Rispose poi.

- Trovo davvero assurdo che vengano venduti a quelle cifre esorbitanti, sai, cara? - Insistette Penny. - Tuttavia è un bene. - 

Hazel alzò un sopracciglio con un certo sbigottimento e poi infilzò una delle patate che aveva nel piatto con una certa stizza prima di portare la forchetta alla bocca, come per prendersi del tempo. - Comprendo che non tutti possano capire determinati tipi di arte, Penelope, cara. - Disse. - Comunque ti dona davvero molto questo nuovo taglio di capelli. Ti fa il viso meno appuntito... addolcisce il tuo mento importante. - 

Accanto a Janus, Molly guardò Hazel con un moto di ammirazione, cosa che non sfuggì affatto a Penelope. 

- Hai messo su qualche chilo, vero, cara? Sei così paffuta. - Osservò quest’ultima, guardando Molly, prima di fare un sorriso sardonico. - Non sarai mica incinta. -

Tutta la tavolata parve trattenere il fiato, come accadeva ogni qualvolta in cui veniva fuori l’argomento bambini, Molly invece non fece una piega. Da anni ormai la moglie di suo padre era solita commentare il suo aspetto e lanciare frecciatine velate sulla questione bambini. 

- Sì, in effetti ho messo su qualche chilo. - Annuì con calma Molly, appoggiandosi una mano sul ventre. - Per quanto riguarda il resto… io e Jan dobbiamo dirvi una cosa. - 

- Lo sapevo che dovevano fare un annuncio. - Sussurrò Aurora tra sé e sé, mettendosi in ascolto. 

Lì, con gli occhi di ogni membro della sua famiglia puntati contro, la strega sentì la sua testa svuotarsi e le parole mancare. Aveva paura, paura che dire ad alta voce di essere incinta rompesse l’incanto, paura di perdere il bambino e di doverlo poi comunicare a tutti. Quanto le sarebbe piaciuto sparire per qualche mese e riapparire solo quando suo figlio era già venuto al mondo…

- Avete intenzione di adottare un bambino, per caso? - Le chiese Hazel, più bruscamente di quanto avesse voluto. Tra tutte le opzioni, quella era di gran lunga la sua preferita. 

Molly non parlò né diede segni di averla sentita, rapita da quei pensieri infausti, e solo quando Janus le prese la mano si riscosse. Si voltò a guardarlo, le sopracciglia aggrottate e le labbra leggermente piegate verso il basso che le davano quell’aria di un cucciolo spaventato che lui trovava da sempre particolarmente adorabile. 

- Vuoi che lo dica io? - Domandò Janus a bassa voce. 

Lei scosse la testa e poi, guardando suo padre, pronunciò quelle due parole che ancora non aveva avuto il coraggio di dire ad alta voce: 

- Sono incinta. - 

Hazel si lasciò sfuggire un gridolino di contentezza, esattamente come Audrey e i due giovani Black, mentre Sirius inarcò le sopracciglia con una certa sorpresa. 

- Quindi tra qualche mese diventerai nonno Felpato, eh, papà? - Sogghignò Aurora, scoccando un’occhiata divertita verso Sirius. 

- Prova a dire di nuovo quella parola associata al mio nome e ti cancellerò dal nostro albero genealogico immaginario, ragazzina. - Ribatté lui, con ostentata serietà prima di sorridere felice.

Dall’altra parte del tavolo, intanto, Percy era impallidito e aveva sgranato gli occhi, Arthur aveva lanciato un’occhiata disinteressata alla sorella e Penny aveva assunto un’espressione interrogativa.

- Ma… scusate, come avete fatto? - Domandò lei, frantumando l’entusiasmo e facendo crollare un imbarazzante silenzio. 

Eccola lì, la regina delle domande inappropriate, pensò Janus, prima di guardare Molly che a sua volta fissava la moglie di Percy con un’espressione perplessa, esattamente come chiunque in quella stanza. 

- Penny, ti ho sopravvalutata. - Disse Janus, nascondendo l’irritazione dietro un sorriso tirato. - Ero certo che tu sapessi come vengono al mondo i bambini. - 

Penelope arrossì leggermente. - Intendevo dire che con tutti i vostri problemi avrete sicuramente usato qualche strana tecnica babbana, immagino. Una mia lontana parente si è affidata ai medici e devo dire che non è andata affatto bene per il bambino, alla fine. - 

Janus aprì la bocca per ribattere, ma fu Molly a rispondere al posto suo: - Potresti essere contenta e basta, per una volta nella vita, Penelope? - Sbottò, in modo del tutto inaspettato. Rispetto a Janus, lei era molto più capace di lasciarsi scivolare addosso le indelicatezze di Penelope. - Perché devi essere sempre così spiacevole? - 

- La mia era solo un’innocente curiosità, Molly, cara. - Affermò l’altra, portandosi una mano al petto come se le parole della giovane l’avessero pugnalata dritta al cuore. - Non era mia intenzione offenderti o turbarti. - 

- Io invece credo che fosse proprio tua intenzione. - Ribatté Molly, decisa. - Tu fai sempre così, ti piace mettere a disagio le persone. Quanto devi essere insicura per comportarti in questo modo? - 

- Molly, ti prego. - La fermò Percy. 

Lei si voltò verso il mago con furia, rivolgendogli un’occhiata torva. - Perché la difendi sempre? - Gli chiese.

Era vero, Percy aveva molti difetti: era rigido, trovava conforto nello status quo e trovava difficile aprirsi alle novità o alla diversità, ma era allo stesso tempo una brava persona, un uomo per bene, molto paziente e capace di amare e di dimostrarlo, anche se spesso a modo suo. Penny, invece… be’, lei era tutt’altra storia; sembrava quasi godere delle disgrazie altrui. 

Molly la detestava. La detestava da sempre, anche se per lei era davvero difficile accettare di provare sentimenti negativi per qualcuno.

- Vogliate scusarmi. - Disse la giovane, prima di alzarsi da tavola, precipitandosi fuori dalla sala da pranzo.

Subito, lungo tutta la tavolata, calò un silenzio molto imbarazzante, uno di quelli capaci di paralizzare chiunque, interrotto solo dal masticare rumoroso di Arthur. 

Un attimo dopo, senza dire una parola, anche Janus si alzò.

Trovò Molly in cucina, ferma davanti alla finestra, le braccia stese lungo i fianchi e le mani strette in due piccoli pugni serrati, e tutto ciò che lui fece all’inizio fu limitarsi a osservarla rimanendo immobile sulla soglia, cercando di capire nel frattempo come agire. Janus sapeva che Molly era quasi del tutto incapace di elaborare e poi accogliere sentimenti o emozioni negative. Non sapeva arrabbiarsi, non sapeva essere triste, cose che invece a lui venivano sempre molto bene. 

- Hey, Polly. - Disse dopo poco, attirando finalmente la sua attenzione.

Molly si limitò a mugugnare sommessamente, cosa che spinse lui ad avvicinarsi. 

- Credo di aver rovinato il pranzo. - Sussurrò la strega, quando Janus alle sue spalle la abbracciò. 

- Casomai Penelope l’ha rovinato. - Asserì lui. - Ma poteva andare molto peggio. Ricordi il mio primo Natale alla Tana? Quello sì che fu un pranzo rovinato. - 

- Avevi undici anni e avevi appena scoperto che tua madre aveva un fidanzato. - Lo giustificò Molly. 

- Tu sei incinta, puoi dare la colpa agli ormoni per ogni tua azione per i prossimi mesi. - Ribatté Janus, sorridendo.



 

Ammettetelo: pensavate di esservi liberati di me, eh? E invece no, eccomi qui, per la vostra somma gioia. Questa volta ci ho messo una vita a finire di scrivere questa one shot e devo dire che il risultato mi repelle, ma se non vado avanti rimango ancorata e non ne esco più. A dire la verità la prima parte mi piace un po’, ma la seconda… bo, sarà che l’ho letta talmente tante volte che ne ho fin sopra i capelli! 

Comunque la scaletta che ho scritto per organizzare questa raccolta dice che tra due capitoli mi sono finite le idee, vi informo così, a caso. 

Alla prossima (spero non tra venti giorni come in questo caso),

J. 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Non si nomina Bruno ***


Non si nomina Bruno


Il villaggio di Castle Clovelly contava più o meno duemila abitanti e si trovava ai piedi di una collina dell'Oxfordshire, su cui svettava un grosso palazzo che un tempo doveva essere stato molto sfarzoso. I bellissimi fregi che decoravano le finestre erano quasi tutti sbeccati, la breve scalinata in marmo all’ingresso era stata rovinata dalle intemperie e al tetto mancavano delle tegole; il giardino inoltre era stato lasciato a sé stesso e adesso circondava, selvaggio e silenzioso, tutta la struttura ricoperta d’edera. 

Il palazzo era disabitato da molto tempo e tutti a Castel Clovelly convenivano sul fatto che quella casa avesse un’aria un po’ sinistra. 

Circolavano molte dicerie su quella struttura. C’era chi raccontava di figure losche che andavano e venivano da lì parecchio tempo prima e anche qualcuno che giurava di aver visto il proprietario venir portato via assieme a suo cognato da una squadra di strani uomini vestiti da lunghe toghe scure. C’era chi diceva che fossero poliziotti o agenti segreti, e chi invece era certo che si trattasse di membri di una qualche setta di cui i due facevano parte. Della ragazzina che viveva lì con suo padre e suo zio, però, non c’era stata più nessuna traccia, almeno finché non era tornata a vivere lì all’improvviso, dopo molti anni di assenza. 

Faye Selwyn, questo era il nome della giovane donna che si aggirava tra quelle stanze deserte e che di tanto in tanto andava andava in città per fare compere, attirando l’attenzione di tutti con quei suoi modi regali che la facevano sembrare un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente tanto bucolico.

Era tornata in Inghilterra da poco più di due settimane, ma nessuno dei suoi vecchi amici lo sapeva. Aveva girato il mondo per otto anni alla ricerca di quella cosa che gli altri chiamavano felicità, ed ora era tornata solo perché il San Mungo l’aveva chiamata per comunicarle che sua madre era morta. Con suo padre e suo zio di nuovo ad Azkaban per crimini legati alle arti oscure e suo fratello seppellito anche lui nel cimitero di famiglia, era diventata l’erede di tutti i beni rimasti alla famiglia.

Era diventata ricca. Ricca e annoiata. Ricca e sola.

Per la prima volta nella sua vita si era concessa di provare dolore, aveva pianto davanti alla bara di sua madre per tutte quelle volte in cui non era riuscita a farlo e da quello stesso giorno aveva avuto l’impressione di essere intrappolata in una sorta di loop che la costringeva a vivere sempre la medesima deprimente giornata. 

C’erano giorni in cui non riusciva a muoversi dal letto, giorni in cui aveva sfiorata l’idea di farla finita e altri in cui invece si sedeva sul divano del grande salotto e riviveva nella sua testa tutti i ricordi che quella casa aveva custodito per lei durante gli anni in cui era rimasta vuota.

Prima della guerra quelle mura erano state il nido di una famiglia. Faye ricordava il volto di suo fratello, sentiva la voce di sua madre e viveva di nuovo i giri in scopa con suo padre. Solo pochi anni le erano stati concessi in quel piccolo paradiso, poi le cose erano cambiate, il Signore Oscuro aveva perso e tutti loro erano andati a fondo con lui. Da quel giorno la risata di suo fratello non aveva mai più riempito l’aria, suo padre era stato portato via e sua madre si era lasciata andare dal dolore nel modo più impensabile. Dopo era arrivato suo zio, le attenzioni indesiderate a cui la sottoponeva, gli sguardi che scoccava verso il suo corpo come frecce ardenti, l’oscurità… 

Ma c’era stata anche una parentesi luminosa nella sua vita. Hogwarts l’aveva salvata tenendola lontano da quell’inferno per la maggior parte del tempo, e poi Janus, casa sua, la sua famiglia; Hazel e Sirius, che per dieci anni erano stati qualcosa di più simile a dei genitori che lei avesse mai avuto. Probabilmente adesso la odiavano per il modo in cui aveva spezzato il cuore del loro figlio più grande.

Faye non ce l’aveva fatta: non era riuscita ad accettare di poter essere come gli altri, si era sentita soffocare dal ragazzo perfetto, dalla vita perfetta, da quella felicità quasi imposta, e se ne era andata, anche se se ne era pentita quasi nell’immediato. 

Dunque aveva viaggiato, aveva conosciuto molte persone, ma nessuno l’aveva più colpita come aveva fatto Janus e forse era meglio così: l’amore, la felicità e la stabilità non erano cose fatte per persone spezzate come lei.

Tuttavia ultimamente il suo pensiero si era posato spesso sull’eventualità di tornare indietro, tornare da lui e riprovarci. Gli aveva persino scritto delle lettere, lettere che però non aveva mai spedito, ma in cui confessava senza ritegno di non aver mai smesso di pensarlo e anche di amarlo.

Quella fredda mattina di metà dicembre, Faye aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi nel letto a baldacchino in cui malediva di essersi svegliata ogni giorno, in compagnia del suo vecchio gatto arancione di nome Plumcake, con la consapevolezza che anche quel giorno non avesse nulla da fare, nessun impegno, nessun obbligo a tenerla impegnata. 

Il gatto si avvicinò, sfregò il muso contro la sua guancia come per spronarla ad alzarsi dal letto e lei obbedì. 

Quando spalancò le tende appese sopra la finestra, la stanza venne illuminata da una inusuale luce. C’era uno spicchio sole nonostante fosse pieno inverno e nonostante nei giorni precedenti avesse fatto molto freddo. Chissà, forse poteva valere la pena uscire un po’ fuori da quella stanza, almeno per oggi. 

La porta alle sue spalle si aprì con un cigolio, ma Faye non si allarmò. 

Era la sua elfa, l’elfa domestica che serviva la sua famiglia da generazioni.

- Poppy porta il tè alla signorina. - Gracchiò.

La strega si voltò nella direzione della creatura, notando che teneva un vassoio dall’aria un po’ instabile tra le mani. - Grazie, Poppy. Lascia tutto sullo scrittoio. - Ordinò. - Puoi prepararmi la vasca da bagno? Credo che andrò a fare una passeggiata stamattina. - 

- Come ordina la padrona. - Disse l’elfa, per poi esibirsi in un profondo inchino prima di lasciarla nuovamente sola. 

Ecco. Tutto qui. Questo era il massimo dell’interazione che Faye Selwyn si concedeva. 

Si era chiusa in sé stessa come un velenottero nel suo guscio e le andava bene così. 

Dopo aver bevuto il tè, Faye raggiunse il bagno, dove si spogliò e si guardò allo specchio. Lì, sulla superficie riflettente, una donna di poco più di trent’anni dai lunghi capelli dello stesso colore del miele le ricambiò lo sguardo. 

Be’, almeno sono rimasta bella, pensò, prima di infilarsi nella vasca. 

 

-ˋˏ ༻❁༺ ˎˊ-

 

Nonostante non sapesse un bel niente di bambini, Albus Severus Potter aveva preso il suo ruolo di padrino molto seriamente. Per questo, quando Janus e Molly gli avevano chiesto se poteva badare alla bambina per qualche ora, era stato ben felice di accettare anche se in fondo ne era letteralmente terrorizzato. 

Insomma, come già detto non sapeva un bel niente di bambini, ma avevano scelto lui, (o meglio, lui e Lucy) l’avevano scelto nonostante fosse considerato quello strano della famiglia, nonostante ci fossero di gran lunga opzioni migliori, e lui non aveva nessuna intenzione di deluderli. E poi, tenendosi occupato anche nei giorni in cui non lavorava, non avrebbe avuto il tempo di pensare. Di pensare a Scorpius. 

Così, quella freddissima mattina di dicembre, a due mesi da quando la piccola era nata, Albus si era svegliato molto presto, aveva aspettato che Lucy lo raggiungesse e poi i due si erano smaterializzati atterrando insieme davanti al cancello del cottage, con le scarpe in almeno venti centimetri di neve. 

Con un sospiro sconsolato, il giovane mago si strinse nel mantello e si guardò attorno. Anche a Godric’s Hollow, dove lui e la sua la sua famiglia vivevano, l’inverno era cominciato col botto, ma lì nei pressi di Aberdeen il freddo sembrava picchiare molto più forte. Al suo fianco, Lucy aveva tirato su il cappuccio del mantello, da cui uscivano ciocche ben ordinate di lunghi capelli rossi.

Affondando i piedi nella neve, Albus e la cugina varcarono il cancelletto e attraversarono il breve vialetto fino a raggiungere il portico, dove lui suonò al campanello. Attesero ben un minuto buono prima che la soglia si spalancasse su un corridoio dall’aspetto rustico ma accogliente nonostante fosse spoglio di ogni addobbo di Natale, dove comparve un uomo dai capelli neri e di bell’aspetto anche con due ombre violacee sotto gli occhi grigi e l’aria stanca.

- Quindi è così che riduce avere figli? - Fece Albus, sorridendo mentre entrava in casa seguito da Lucy.

Janus alzò gli occhi al cielo. - Non riesco a dormire per più di tre ore di seguito da due mesi, abbiate pietà di me. - Disse chiudendo la porta, prima di muoversi lungo il corridoio. - Comunque grazie per esser venuti, tutti e due. - Proseguì scoccando uno sguardo nella direzione di Lucy. - I miei sono partiti per uno di quei loro viaggi da hippie, Percy e Audrey lavorano e a Penelope non affiderei nemmeno un uovo di occamy. Ah, avevamo assunto una baby sitter babbana, ma si è presa una brutta forma di mononucleosi. - 

- Ha il suono di una malattia spaventosa. - Commentò Lucy, una volta in salotto. 

Albus si sedette sulla poltrona rossa vicino al camino. - Non preoccuparti, Jan: noi adoriamo essere la vostra… quarta… quinta scelta, vero Lucy? - 

- Altroché, un vero onore. - Annuì lei, rimanendo in piedi. - Ad ogni modo dov’è Molly? -

- Di sopra, è il suo turno di cambiare la bambina. - Rispose Janus alla svelta.

- Vado a darle una mano. - Dichiarò Lucy, e poi lasciò quella stanza. 

Solo a quel punto Janus si buttò sul divano con aria stremata, tenendo gli occhi sul giovane Potter. 

Proprio come quelli di Harry, i capelli di Albus erano neri e sparati un po’ da tutte le parti, un po’ come se si fosse appena svegliato o come se fosse venuto da Godric’s Hollow su una scopa. Ma a parte i capelli e il colore degli occhi che aveva preso dal padre, Albus assomigliava in tutto il resto a sua madre, con quel volto rotondo e lentigginoso. 

Da quando Scorpius Malfoy l’aveva lasciato per poi sposare una bella ragazza bionda e purosangue, Albus era diventato più cinico e più imbronciato che mai. 

- Come è andato il matrimonio? - Gli domandò Janus, riferendosi al grande evento che qualche settimana prima si era svolto nelle sale di Malfoy Manor. 

- Oh, benissimo, direi. - Rispose Albus, ostentando nonchalance. - Ottimo cibo, addobbi pazzeschi… i Malfoy sanno come festeggiare un matrimonio, non c’è dubbio. Mi sono ubriacato, ho pianto e poi io e Scorpius abbiamo fatto una sveltina mentre la sposa nel frattempo faceva il primo ballo con il padre. - 

Janus scosse la testa, pieno di disapprovazione. - Albus… Severus. Sei degno del nome che porti, lo sai? - Lo prese in giro.

- Credi che Piton abbia fatto sesso con mia nonna il giorno del suo matrimonio, scusa? - Rise Albus, nell’estremo tentativo di sdrammatizzare.

- Merlino, no. - Chiarì subito Janus, facendo una faccia sconvolta. 

- Be’, io e Piton abbiamo la stessa sfortuna in amore, ora che ci penso. -

- Tu sei sfortunato in amore solo perché non ti guardi attorno. - Lo bacchettò l’altro. - Il mare è pieno di pesci, Al.

Albus gli lanciò uno sguardo a metà tra il divertito e lo scettico e poi scosse la testa senza nemmeno prendersi la briga di rispondere. 

- Puoi sempre aspettare che Halley cresca, ma non so se è il tuo tipo. - Tornò a parlare Janus, sogghignando. 

Albus rise e di nuovo scosse la testa. - Tuo fratello non è gay. - Obiettò. - So che ha una tenerissima cotta per una ragazzina della sua classe. Ce lo ha raccontato zia Luna. - 

- Halley ha inventato l’omosessualità, fidati di me. - Ribadì Janus. - Quando era piccolo siamo andati a vedere uno di quei film di supereroi e lui ha praticamente fatto coming out dicendo che Spiderman era il suo fidanzato. Spiderman, capisci? Non MJ e nemmeno zia May, ma proprio Spiderman. E poi adora i musical, il rosa e l’arte. - 

- Anche tu adori i musical, il rosa e l’arte. -

- Sul rosa ti sbagli, dato che il mio colore preferito è il lilla. - Lo corresse Janus. - Inoltre a me non piacciono le donne in generale; a me piace Molly e basta. Ho un orientamento a parte. - 

In tutta risposta Albus mimò un attacco di nausea. - Ogni volta che vi vedo insieme ho sempre l’impressione di aver fatto una scorpacciata di dolci di Mielandia, per quanto siete melensi. - Disse. - Comunque su una cosa hai ragione, Halley non è il mio tipo. -

- Già, immagino che passare dal signore delle tenebre a una dolce principessina sarebbe molto difficile. - 

- Tu ci sei riuscito. Sai… Faye... - 

- Shhhh! - Sibilò Janus, interrompendolo, prima di voltarsi verso la porta del salotto. 

- Che… cosa…? - 

- Lei è come Voldemort in questa casa. - Sussurrò Janus. - Molly è gelosa, solo che è un po’ più una fissazione… poi soprattutto ora che si sente orrenda è meglio non nominare… Tu-Sai-Chi. Non possiamo nominarla nemmeno per sbaglio! - 

- Ho capito. È come Bruno. - 

Janus lo guardò senza capire. 

- La canzone del film Disney. Non si nomina Bruno, no no no.... - Tentò di spiegare l’altro, intonando qualche nota.

- Sì… tu non nominarla e basta. - Rimarcò Janus, più serio che mai. 

Albus aggrottò la fronte. - D’accordo. - Disse in tono incerto. - Ma perché Molly si sente orrenda? - Domandò, dopo un paio di secondi di silenzio.

Janus sospirò e scrollò le spalle. - Non lo so, ma credo sia per il parto. - Buttò lì. - Quello che so per certo è che non le serve affatto entrare in competizione con… Bruno, in questo momento. -

- Ma tra voi le cose vanno bene, no? - 

Janus tergiversò e poi annuì con un fare incerto. - Siamo un po’ travolti dagli eventi, ma sì… va tutto bene. - Rispose alla fine, beccandosi uno sguardo scettico dal giovane Potter, cosa che lo fece sospirare. - Cosa vuoi che ti dica, Al? Molly ce l’ha con me perché dice che la lascio da sola tutto il giorno per andare a lavorare, dice che sono come suo padre, ti rendi conto? Inoltre la bambina mi ha sfrattato dal letto e adesso dormo qui su questo divano risalente al ‘93, cosa che comunque non mi esime dallo svegliarmi ogni tre ore per fare tutte quelle cose da padre come cambiare pannolini e il resto. Come se ciò non bastasse non vedo mia moglie nuda da mesi, Al, da mesi. Lei mi manca quasi più di dormire una notte di fila, ma si comporta come se fossi repellente, sia mai che mi azzardi a baciarla, figurati il resto. -

- Jan… - 

- Sì, sì, lo so: si tratta di tua cugina e non vuoi sentire parlare di questo. - Si affrettò a dire lui. - Comunque, tornando a noi… non voglio che si senta in nessun modo minacciata da Bruno. È già tutto abbastanza difficile senza farle venire altre insicurezze. - 

- Di chi state parlando? - La voce di Molly, alle loro spalle, lì fece sobbalzare entrambi. 

Se ne stava lì, anche lei con le occhiaie al di là delle lenti degli occhiali, i capelli rossi e ricci che le arrivavano disordinatamente alle spalle. Al suo fianco, Lucy teneva la nipotina tra le braccia.

A vederle così, anche se erano praticamente identiche nei connotati, Molly e Lucy non sembravano affatto gemelle. Intanto una aveva gli occhiali e l’altra no, la prima aveva gli occhi color nocciola e la seconda color cielo, inoltre Molly aveva l’aspetto di una che a stento aveva trovato la forza di farsi una doccia quella mattina mattina: sembrava aver scelto i suoi vestiti al buio visto il pessimo abbinamento di colori, anche se tutto sommato erano così male assortiti da avere un senso. Lucy invece sembrava una di quelle persone con l’abitudine di guardarsi allo specchio molto spesso. 

- Siete davvero sospetti. - Osservò Lucy, prima di avvicinarsi. 

- Albus mi stava aggiornando sulle sue ultime conquiste. - Mentì Janus, e poi le andò incontro, prendendo sua figlia. - Esce con questo tale… Bruno. - 

- Hai un nuovo amico, Al? - Fece Molly, lasciandosi scappare un po’ di incredulità, prima di sedersi sul divano tra sua sorella e suo marito. - È un bene che tu ti stia concentrando su altri ragazzi, soprattutto ora che quella canaglia di Malfoy si è sposato. -

- Già, lui non ti ha mai meritato. - Asserì fermamente Lucy. - Sai come si dice, no? “Più falso di un Malfoy”. I detti non mentono mai. - 

Albus non rispose, ma prese ad osservare la bambina che Janus teneva tra le braccia. 

L’avevano chiamata Joy, un nome normale e per nulla da membro della nobile e antichissima casata dei Black, ma dopotutto lei era la creatura più lontana da loro che potesse esistere: mezzosangue e mezza Weasley. 

Aveva pochi capelli rossicci in testa e occhi che sembravano chiari, ma forse era troppo presto per dirlo. Non la vedeva da poco più di una settimana ma sembrava già cresciuta. Indosso, infine, aveva una tutina di un marrone scolorito davvero improponibile. 

- È un regalo di Penelope. La tutina, intendo. - Lo informò Janus, come se lo avesse letto nel pensiero. - Tutte le sue altre cose sono a lavare o sono diventate troppo piccole. - 

- Ora capisco. - Fece Albus, divertito. - Come va con la carissima Penelope? - 

- Quando l’ha vista per la prima volta ha detto che aveva un brutto naso e papà ha dato di matto come se quella fosse la cosa peggiore che le abbia mai sentito dire. - Raccontò Molly. - Lui mi preoccupa ultimamente. Sembra così insofferente. -

- Mamma dice che ha la crisi di mezza età. - Svelò Albus. - Mentre zio George ha scommesso con zio Charlie che zio Percy lascerà Penelope entro la fine seconda settimana di gennaio. Zio Ron invece è certo che si siano già lasciati, in verità, ma che passeranno le feste insieme per non turbare Artie. - 

- In effetti dopo Natale c’è sempre un picco di divorzi. - Disse Janus, pensieroso. - Ma ormai ho smesso da tempo di sperare che Percy faccia il grande passo. Però mi chiedo ancora perché l’abbia sposata. - 

- Be’ forse perché tua madre gli ha spezzato il cuore senza alcuna pietà? - Domandò sarcasticamente Lucy, guardandolo male. 

- E questo che c’entra? - 

Lucy sbuffò e incrociò le braccia sul petto. - Lui ha sposato Penelope nel giro di meno di un anno e poco dopo ci ha fatto un figlio… così, senza nessun preavviso, senza programma. Non è da mio padre fare le cose in fretta e furia e senza pensarci. - Iniziò, tutta alterata. - Questo ci porta dunque a un fatto che ormai io do per assodato: mio padre è ancora innamorato di tua madre, ma ha tentato di sostituirla con un’altra e ora si ritrova intrappolato in un matrimonio deprimente con la regina delle arpie. -

Janus, Molly e Albus guardarono Lucy con le sopracciglia aggrottate e un’espressione scettica in volto. 

- Secondo me l’amore non c’entra. - Disse Albus, dopo qualche secondo di silenzio. - Secondo me zio Percy ritiene che sia meglio stare con una come Penny piuttosto che essere solo alla sua età, mentre  tutti attorno a lui hanno trovato il proprio posto. Lo sai, lui è un tipo pragmatico. - 

- Però devo ammettere che la visione di Lucy sia davvero molto più interessante della tua. - Affermò Janus, guardando Joy come se stesse parlando con lei. - Magari nonno Percy è un insospettabile romantico, eh? Sì? Ma sì che lo è… sì sì. - 

- Oh Godric… - Gemette Lucy. - Puoi non fare mai più quella vocina infantile, per favore? - 

- Ma a lei piace. - Si difese Janus, continuando a parlare allo stesso modo. - E poi ho letto che “fare le vocine” fa bene ai bambini, li coinvolge e aiuta l’apprendimento. Fa tanto tanto bene, sì. Quindi continuerò a farle, mi spiace. - 

Lucy sospirò. - Molly, di’ la verità: ti senti davvero attratta da questo qui? -  

- Confesso che quando fa così lo sono ancora di più, ahimé. - Dichiarò Molly. 

Janus fece una faccia a metà tra il divertito e l’intenerito, poi si sporse verso di lei e le stampò un bacio sulla guancia, cosa che fece alzare gli occhi al cielo agli altri due e che sembrò infastidire Molly.

- Hai chiaramente il complesso paterno, Molly. - Dichiarò la gemella. - Io ho sempre pensato che Janus fosse troppo simile a nostro padre. - 

- Questo ultimamente lo penso anche io. - Disse Molly, scoccando una velata frecciatina. 

- Non sono come Percy. - Chiarì fermamente Janus. 

Lucy lo guardò con scetticismo. - Tu non vedi l’ora che zia Hermione tiri le cuoia o si dimetta per tentare di prendere il suo posto come Ministro. - 

- Questo non è assolutamente vero! - Esclamò lui. - Facciamo parte dello stesso partito, perché dovrei volere le sue dimissioni? E mi sembra scontato dover chiarire che non voglio assolutamente che muoia. - 

- Però ti piacerebbe prendere il suo posto. - 

- Magari un giorno sì. - Ammise tranquillamente Janus. - Il Ministro della Magia è importante quasi quanto il Primo Ministro babbano dato che fa da ponte tra i due mondi. Immagina che una mattina ti squilla il telefono e dall’altro capo c’è il Re che ti invita per un tè a Buckingham Palace, così da parlare di chissà che questione. -

- Non credo che funzioni proprio così. - Obiettò Albus.

- Resta il fatto che sei una copia più bella da vedere di mio padre. - Ribadì Lucy. 

- Già. Ti ricordi quando papà lasciava da sole noi e mamma per andare alle conferenze sui mezzi di trasporto privati volanti, Lucy? - Aggiunse Molly.

- Lo faceva per voi, per farvi vivere nell’agio! - Esclamò Janus. - Proprio come tutto ciò che faccio io è per Joy. Voglio farla crescere in un mondo bellissimo in cui lo stato di sangue di una strega o di un mago non conti più niente, un mondo in cui non ci sono più oppressi né oppressori, un mondo in cui i suoi diritti vengano sempre tutelati. -

- Taci, Percy. - Lo fermò Lucy, prima di scoppiare a ridere. - In realtà vuoi solo il potere. - 

- Non dargli retta. - Disse Janus alla bambina. - Crescerai in un mondo in cui esisterà il salario minimo, nessuna razza sarà più sfruttata da noi maghi e saremo in armonia con tutte le altre creature del nostro mondo. E magari la tassa per Hogwarts potrebbe essere calcolata in base al reddito, per così dire, eh… -

- D’accordo, sì, aboliamo anche la proprietà privata, tanto che ci stiamo. - Fece Lucy, sogghignando divertita. - Adesso ve ne andate e ci lasciate salvare vostra figlia da questo delirio socialista? - 

- Sì, lasciatemi fare il mio dovere da padrino, per favore, prima che Janus indottrini questa povera anima. - 

- Siete sicuri che ve la sentite? - Si accertò Molly, scrutando le espressioni di Albus e Lucy. - Jan può andare da solo a comprare tutti i regali di Natale a Diagon Alley. - 

- Ce la sentiamo, non preoccuparti. - La tranquillizzò la gemella. 

- Uscite un po’, fate le vostre cose da sposati. - Lì spronò Albus. - Tipo andare per mercatini e baciarvi sotto il vischio. - 

Janus esitò e poi si decise ad affidare la bambina al giovane. - Tra tre ore avrà fame, ma noi torniamo prima di sicuro. - 

- Cambiatela se c’è bisogno, tenetela d’occhio mentre dorme, assicuratevi che respiri. Se avete bisogno inviaci subito un patronus, che a Diagon Alley non prende il telefono. Ah, se le succede qualcosa di brutto probabilmente vi ucciderò, ma nessuna pressione. - 

- Mi raccomando. Se avete bisogno avvisateci e noi torniamo subito. - 

- Saluta i suoi noiosissimi genitori, Joy. - Sorrise Lucy, mentre il cugino muoveva delicatamente la mano della bambina, spingendo pian piano Janus e Molly verso la porta. 

Quando finalmente i due uscirono di casa, Albus abbassò lo sguardo verso la neonata, che a sua volta lo stava osservando curiosa.

- Non ti preoccupare, piccoletta: quando da adolescente ti sentirai soffocare dalle loro ansie potrai sempre scappare a casa di zio Al. - 

 

Diagon Alley era affollata e addobbata proprio come ci si aspettava che fosse a ridosso delle vacanze natalizie. Molte streghe e molti maghi, nei loro colorati abiti o stretti in pesanti mantelli, passeggiavano avanti e indietro per la via principale o sostavano davanti alle vetrine dei negozi, mentre altri trovavano ristoro nelle caffetterie e nelle sale da tè nei vicoli meno frequentati. 

Molly e Janus camminavano l’uno a fianco all’altra già da un po’, alla ricerca di regali da fare ai membri delle loro rispettive famiglie. Ai Tiri Vispi Weasley, Janus aveva preso qualcosa per suo padre e per sua sorella, mentre per sua madre e Halley aveva intenzione di comprare qualcosa di più babbano, magari legato alla pittura. Molly invece era certa che sua sorella Lucy avrebbe apprezzato qualsiasi cosa dal negozio di Madama McClan, mentre suo padre di certo si sarebbe accontentato di un bel libro al Ghirigoro. 

- Entriamo? - Domandò Molly, davanti all’ingresso della libreria. 

Janus annuì e, in un inaspettato slancio di cavalleria, le aprì la porta, beccandosi un’occhiata perplessa e divertita insieme da parte di lei. 

- Guarda che potevo farcela anche da sola. - Affermò Molly, mentre entrava nel negozio, che quel giorno era piuttosto affollato.

- E io che volevo sollevarti dall’onere di aprire le porte da sola. - Ribatté lui, alzando gli occhi al cielo. 

Facendosi spazio tra la folla, i due arrivarono nel reparto narrativa, dove Molly prese a sfogliare pigramente qualche libro. Lì accanto, intanto, nel reparto poesia, era esposto un libricino dalla copertina bianca che Janus riconobbe subito. Lo prese tra le mani, girò qualche pagina e poi alzò gli occhi su Molly. 

- C’è questa scrittrice che mi piace un sacco. - Le disse, mostrando la copertina. - Scrive poesie meravigliose e poi ho sentito dire che sia davvero una gran gnocca. - 

Molly lesse il suo nome stampato su quel libro e poi alzò gli occhi sul viso di lui. - Sulle poesie meravigliose posso anche essere d’accordo con te. - Rispose. - Sul resto… questa tale Molly Black non è mai stata uno splendore e di certo non lo è adesso che ha appena partorito. - 

- È inutile che ti dica quanto ti sbagli, vero? - 

Molly si strinse nelle spalle. - In verità lo apprezzo. Nessuno mi ha mai detto che sono bella a parte te. - 

- Sono tutti ciechi. - Asserì Janus.

Lei si sentì arrossire senza un motivo, cosa che le procurò un po’ di imbarazzo. Erano sposati da anni, ma in quel periodo si sentiva di nuovo la giovane insicura come ai tempi in cui avevano appena iniziato ad uscire insieme.

- Vado a dare un’occhiata al reparto “pozioni”. - Disse. - Tu intanto cerca qualcosa che potrebbe piacere a mio padre, tanto leggete le stesse cose. - 

- Allora è vero quello che dice sempre Lucy: hai sposato tuo padre. - 

- Zia Ginny dice che tu hai sposato tua madre, quindi direi che siamo pari. - 

Janus alzò gli occhi al cielo ma sorrise, e poi guardò Molly sparire tra la folla. 

Iniziò così ad aggirarsi tra gli scaffali alla ricerca di qualcosa che potesse piacere a Percy, magari un qualche trattato politico o una biografia di qualcuno che aveva cambiato il mondo magico. Senza rendersene conto si ritrovò nel reparto “sport e tempo libero”, dove iniziò a leggere i titoli esposti. C’era un libro, ad esempio, scritto dal battitore del Chudley Cannons, che si intitolava “prendi la vita a mazzate”, oppure il manuale di preparazione dell’allenatore dei Tornados dal titolo “crescere campioni”. 

- Giochi a quidditch? - Parlò all’improvviso una voce alla sua sinistra. 

Janus ebbe la sensazione di aver già vissuto quel momento e quando si voltò in quella direzione quella sensazione fu ancor più forte. Una donna lo stava guardando a qualche metro da lì, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione molto tesa dipinta sul volto. Janus impiegò qualche secondo per riconoscerla: i suoi capelli erano più chiari di come se li ricordava, la sua faccia più cupa, ma era indubbiamente lei; era Faye, con i suoi occhi d’ambra e con indosso uno di quei vestiti tradizionalmente da strega che le valorizzavano il corpo. 

Lei che non vedeva Janus da talmente tanti anni che quasi aveva dimenticato che aspetto avesse, lei che non sapeva più nulla di lui ma che si lasciava ancora agitare dalla sua presenza. 

Ogni volta che la sua amica Annie aveva tentato di informarla sulla vita del suo ex fidanzato, Faye l’aveva sempre fermata. Non voleva sapere niente, si era limitata a immaginarlo per tanto tempo, ma a una parte profondamente egoista ed egocentrica del suo essere piaceva pensare che lui la pensasse ancora e che non fosse mai andato avanti dopo la loro rottura. Invece lui aveva una fede al dito e, quando Faye notò questo interessante dettaglio, ebbe la sensazione che non ci fosse proprio più nessuno al mondo che si interessasse a lei. 

Adesso aveva la prova di essere totalmente e irrimediabilmente sola. Nessuno l’amava.

Janus rimase zitto, nonostante la quantità di domande che stavano iniziando ad affollare la sua testa. Dove era stata per tutti quegli anni? Che cosa aveva fatto? Era felice senza di lui? Ma soprattutto perché se ne era andata via, sparendo dalla sua vita senza neppure prendersi la briga di salutarlo? 

Il pungente dolore provocato dalla rabbia che evidentemente ancora sentiva nei suoi confronti iniziò a farsi sentire all’improvviso e in modo del tutto inaspettato: era stato certo di averla superata per anni, eppure era bastato un solo sguardo per farlo tornare al giorno in cui più di tutti si era sentito abbandonato e non abbastanza per essere amato. 

La vide alzare i lati della bocca, che si piegò in un incerto sorriso, per poi dire piano: - Ho un deja-vù. -

- Forse hanno cambiato qualcosa nel Matrix. - Rispose lui, usando la prima cosa che gli era venuta in mente.

Faye inarcò entrambe le sopracciglia e poi sorrise ancora. - Sei sempre il solito nerd. - 

- Che ci vuoi fare. - 

Seguì un attimo di silenzio in cui Janus pensò di defilarsi, allontanarsi il più possibile da lei e da tutto ciò che rappresentava, dal dolore che lei gli aveva causato e dal ricordo degli anni della sua adolescenza passati quasi tutti a rincorrerla, ma c’era un’altra anche parte di sé che invece desiderava ardentemente di restare lì, parlarle, capire. 

- Mia… mia madre è morta. - Parlò nuovamente lei. 

‘Mia madre è morta’? Credi sia questa una delle prime cose da dire all’amore della tua vita dopo otto anni di assenza? Pensò Faye, che si sarebbe messa volentieri a urlare contro sé stessa.

Non sapeva perché aveva avvertito il bisogno di dirglielo, sapeva solo che quelle parole erano sgorgate all’improvviso dalla sua gola. Probabilmente in un mondo perfetto lui avrebbe mosso qualche passo verso di lei fino a raggiungerla, e poi l’avrebbe abbracciata fino a quando non si sarebbe sentita così a suo agio da mettersi a piangere. Ma lui non si mosse e per un po’ nemmeno parlò. 

- Come è successo? - Domandò poi. 

Faye valutò se fosse o meno il caso di dire la verità. Sua madre era riuscita a uccidersi da sola, aveva scelto di morire anche se probabilmente se ne era già andata da un pezzo. 

- È morta nel sonno. - Mentì. - Non ha sofferto. - 

Janus annuì mentre sul suo volto si posava una sincera ombra di dispiacere. - E tu come stai? - Cosa fai adesso? Dove vivi? Hai bisogno di qualcosa? 

La strega esitò e di nuovo si chiese se mentire oppure no. Era in pezzi, questa era la realtà, ma non voleva che lui lo sapesse. 

- Io sto bene. Sì. Ho fatto molte cose in questi anni. - Disse. - E tu come stai? - Chi è la donna che hai sposato?

- Sto bene anche io. Faccio ancora il magiavvocato. - Rispose Janus, mantenendosi emotivamente un passo indietro. 

Era come se il vetro di protezione che lo aveva accompagnato per gran parte della sua adolescenza fosse appena riapparso, un po 'come se la presenza stessa di Faye facesse sentire il suo cuore in pericolo. 

- E i tuoi? Aurora e Halley? Loro come stanno? -

- Mamma e papà sono sempre i soliti… attualmente sono in viaggio. - Iniziò a raccontare lui. - Per quanto riguarda Aurora e Halley… lei è una Serpeverde un po’ stronza ma molto brava nel quidditch, mentre lui un Corvonero fissato con gli animali magici e il disegno. Non sono cambiati molto. - 

- Ti sei sposato. - Disse finalmente Faye, facendo un cenno alla mano sinistra di lui. 

- Sì. - Rispose Janus, guardando la fede all'anulare sinistro. - Invece tu? Qualche anno fa Annie mi ha detto che stavi vivendo con un babbano a Leeds. - 

- Per un periodo, sì. Ma non è andata. - Spiegò Faye in fretta. - Comunque chi è la fortunata? È una che conosco? - 

Lui annuì. - La conosci, si tratta di Molly. - Svelò, accennando il primo sorriso da quando avevano iniziato a parlare. 

Faye però non sorrise affatto, anzi il suo volto mutò immediatamente in una maschera di pietra senza nessuna espressione. Il modo in cui lui aveva pronunciato il nome dell’altra l’aveva colpita come un violento schiaffo.

Molly Weasley, la ragazzina irritante di cui ai tempi non doveva assolutamente preoccuparsi, aveva preso il suo posto e a quanto pare aveva reso Janus parecchio felice.

- Questo è… davvero... - Si sforzò di dire, anche se una gelosia mai provata prima le stava dilaniando le viscere. - Tu e Molly… wow. Ricordo quando tentavi in tutti i modi di farmi credere che lei non ti piacesse. Eri così convincente, con tutti i tuoi “è solo una ragazzina, non preoccuparti”. -

- Mi sembra inutile dover sottolineare che è passato tanto tempo e che le circostanza sono totalmente diverse. - Ribadì Janus, tornando alla distanza di un attimo prima. 

- Lo so, è tutto diverso ormai. - Disse duramente Faye. 

Janus, incapace di sostenere ancora lo sguardo di lei, abbassò gli occhi su uno dei tanti libri esposti sullo scaffale. Lei invece continuò a fissarlo con rabbia. 

Notò che i capelli di lui erano molto più corti di quanto non fossero mai stati, ma abbastanza lunghi da incorniciare quel suo bel viso che un tempo conosceva a memoria. Seguì il percorso del suo profilo, dal naso dritto alle labbra, dalle labbra al mento su cui cresceva una barba rada ancora un po’ adolescenziale, che probabilmente era troppo pigro per farla sparire. Vide i vestiti da babbano sotto al mantello e si chiese se sotto tutti quegli strati di tessuto fosse ancora magro come un tempo, poi scese verso le mani e stavolta si domandò se con quelle suonasse ancora, se suonasse per Molly come una volta faceva per lei.

- Anche tu sei diverso. - Aggiunse Faye. 

- Tu invece mi dai l’impressione di essere sempre uguale. - 

Era proprio lì che si erano visti per la prima volta, quando lei era una ragazzina priva di ogni cura e di qualunque stabilità e lui un ragazzino arrabbiato con l’intero mondo. Più di vent’anni dopo, lui era guarito dalla maggior parte dei suoi dolori, ma era certo che per lei non fosse affatto lo stesso. 

- Che cosa intendi dire? - Domandò la strega.

- Niente. Lascia stare. - 

- Parla. - Ordinò Faye, inflessibile. - Cosa intendevi dire? Sentiamo. - 

- Che sei rimasta la stessa, che cosa c’è che non capisci in questo? - Sbottò Janus, alzando di nuovo lo sguardo su di lei. - Mi sembri la stessa bambina instabile di quando ti ho conosciuta in questa libreria vent'anni fa, la stessa ragazzina viziata che si è accorta di me solo quando stavi per perdermi. Il tuo tono, le tue parole… perché fai così? -

- Io non ti capisco. - 

- Tu sprizzi egoismo da tutti i pori! - Urlò Janus, facendo affiorare nuovamente quel cumulo di rabbia seppellito sotto le macerie della loro relazione. - Te ne sei andata all’improvviso e ora mi parli come se fossi io il problema tra noi due, come se il solo fatto di essere andato avanti mi abbia reso automaticamente uno stronzo! -

- Tu non ti sei solo rifatto una vita, Jan! - Sbottò lei, ad alta voce, attirando l’attenzione degli altri clienti della libreria. - Tu mi hai ripetuto per anni che ero pazza, che ero una pazza ad essere gelosa di una innocente ragazzina, della tua sorellina… e ora eccoti qua: te la sei sposata. Complimenti. -

- Quindi è questo il tuo problema? Che si tratta di Molly e non di chiunque altro? - 

- Il mio problema sei tu, sei sempre stato tu! - 

- Be’, sappi che questo tuo sentimento è ricambiato! - Ribatté lui, furente. - Se potessi tornare indietro nel tempo pregherei il me stesso undicenne di starti lontano! - 

Faye prese fiato per ribattere, quando qualcuno comparve alle spalle di lui: una donna piccola e generosa nelle forme, dai capelli rossi, gli occhiali sul naso e un mantello indosso che probabilmente era appartenuto a sua nonna. E nonostante l’avesse lasciata quattordicenne, Faye la riconobbe immediatamente. 

- Eccola qui, la signora Black. - Disse, sprezzante.

Janus sobbalzò e si voltò, ritrovandosi davanti la figura di sua moglie che stava facendo saettare lo sguardo da lui a Faye e viceversa, mantenendo un’espressione alterata in volto. 

È uno scherzo, vero?

Faye era molto più bella di come Molly se la ricordava. Era persino più sicura, e Molly si maledì perché forse quella mattina avrebbe potuto perdere un po’ più di tempo per essere più carina, più curata, avrebbe potuto usare qualche pozione per sistemarsi i capelli o avrebbe potuto scegliere vestiti migliori, qualcosa che magari le avrebbe nascosto la pancia e tutto ciò che di sé stessa non le piaceva più. 

- Cosa… - 

- L’ho incontrata per caso! - Si affrettò a dire Janus, rispondendo a quella domanda lasciata a metà. - Parlavamo di te. - 

Faye si ritrovò ad alzare le sopracciglia, sorpresa. La sua presenza nella vita di Janus aveva forse dato problemi ai due? Questo pensiero la fece sentire improvvisamente un po’ meglio, la fece sentire importante, in qualche modo potente.

- Sì, parlavamo di quando Janus ti considerava ancora solo una bambinetta strana e a tratti imbarazzante. - Disse, con un sorrisetto stampato in faccia. - Lo sai… tutte quelle lettere che gli spedivi nonostante lui non rispondesse praticamente mai. - 

Molly avvampò vistosamente e si voltò verso Janus, sperando che fosse lui a ribattere. 

- Non rispondevo perché altrimenti tu mi gridavi contro che ero un bastardo traditore. - Disse infatti lui, guardando Faye a occhi stretti. 

Faye non si scompose. - Però in un certo senso avevo ragione, visto che alla fine vi siete sposati, no? - Affermò, prima di rivolgersi a Molly facendole un altro sorriso sardonico: - Attento a quando ti dirà che qualcuna è solo un’amica, Weasley. -

Janus scosse la testa, ma non fece in tempo a ribattere che Faye domandò loro: 

- Scommetto che avete già una carrellata di bambini, vero? Una cosa molto Weasley. - 

- Una bambina. - Rispose Molly, parlando per la prima volta. - Joy… ha due mesi. - 

Faye scrutò Molly dalla testa ai piedi. - Oh, ora capisco. Ti stai ancora riprendendo, si nota in effetti. - Commentò, come se provasse pena per lei. - Sei ancora un po’ gonfia. - 

Molly non ebbe nessuna reazione.  

Si sentiva talmente da schifo, ultimamente, che quelle parole usate con quel tono non riuscirono nemmeno a sfiorarla. Non erano niente rispetto a tutto ciò che lei stessa si diceva da sola ogni singolo giorno. 

Quello doveva essere il periodo più bello della sua vita: aveva sposato l’unico che avesse mai amato e con lui aveva avuto una figlia dopo anni di attesa, era una scrittrice come aveva sempre desiderato, eppure era visceralmente infelice. Si guardava allo specchio e non si riconosceva; non riconosceva quella donna informe e perennemente stanca che le ricambiava lo sguardo, si sentiva vuota e incapace e di certo non sarebbe neppure riuscita a biasimare Janus se in quel momento avesse preferito Faye a lei.

In fin dei conti quei due erano legati da sempre. Probabilmente lui si era innamorato di lei nell’esatto momento in cui l’aveva conosciuta e se c’era una cosa che Molly aveva imparato nei suoi trent’anni di vita era il fatto che non ci si libera mai del tutto del proprio primo amore. 

Un inconsueto istinto di tirare fuori la bacchetta, o forse di prendere direttamente a sberle il bel faccino ghignante di Faye, nacque in Molly di botto, spaventandola e ricordandole il suo cattivissimo rapporto con le emozioni negative. 

- Io… ho bisogno di prendere aria. - Bofonchiò; e poi, senza aggiungere altro, girò i tacchi e sparì nella calca che affollava il negozio. 

A quel punto Janus si voltò verso Faye, scuotendo la testa deluso. - Potevi risparmiartela, lo sai? - Sbraitò, prima di lanciarsi all’inseguimento di Molly. 

- Cosa avrei detto, scusa? - Domandò l’altra, seguendolo a sua volta fuori dalla libreria. 

- Lascia stare, non puoi capire. - Sentenziò Janus, muovendo nervosamente lo sguardo lungo tutta la strada principale. Di Molly nessuna traccia, cosa che lo fece sospirare affranto. - Senti, - iniziò rivolgendosi a Faye, - sono felice che tu stia bene o qualsiasi altra cosa si debba dire in questi casi, ma adesso dobbiamo proprio salutarci. - 

- Ti aiuto a cercare la Weasley, avanti. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. 

- No, davvero, fatti da parte e lasciaci in pace. - 

Faye guardò Janus, lasciandosi sfuggire un’espressione ferita. 

Forse lui la odiava davvero… 

- Mi dispiace. - Gli disse, più seria di quanto non fosse mai stata. 

- Per cosa? - 

- Per tutto. - 

Lui rise senza nessuna allegria. - Tutto cosa? Per avermi lasciato dopo dieci anni senza nemmeno darmi una spiegazione portando via con te anche il nostro gatto? Oppure per aver fatto scappare mia moglie facendo la stronza? - 

- Ti prego, non chiamarla così. - 

- Perché no? L’ho sposata un giorno di giugno di quasi cinque anni fa e lo rifarei un altro milione di volte. Non so cosa ti aspettavi di trovare dopo tutto questo tempo, ma le cose stanno così. Vedi di fartene una ragione. - 

Faye gli rivolse uno sguardo duro. Lo guardò con rabbia, irritazione, forse disgusto, e poi infine con tristezza. Il suo viso si rilassò di botto, quasi afflosciandosi verso il basso, le sue labbra si piegarono e il suo sguardo si accigliò, poi tirò su con il naso e infine annuì. Le veniva da piangere, ma si sarebbe fatta uccidere piuttosto che farsi sfuggire anche una singola lacrima. 

Era finita e lui glielo aveva sbattuto in faccia senza nessuna pietà. 

- Con lei sei felice, Jan? - Domandò con voce soffocata, avvertendo lo strano impulso di saperne di più, di scavare nel loro rapporto per ricavarne un po’ di sofferenza. - Lei è migliore di me in tutto quanto? - 

- Non è questo il punto. - Rispose lui. 

- E allora qual è? - 

- Che Molly è fatta per me e io sono fatto per lei. - Spiegò Janus. - Vogliamo le stesse cose, ci piacciono le stesse cose, abbiamo degli obiettivi comuni… mentre io e te avevamo sogni diversi e litigavamo di continuo. - 

Faye accennò un sorriso triste. - Però dopo ci davamo dentro e le cose si risolvevano. - 

- Per poi litigare per lo stesso motivo due giorni dopo. - 

Lei scrollò le spalle. - Comunque facevi pietà a letto. - Disse.

Janus la guardò indignato.

- Sul serio, credo di aver finto proprio sempre. - Aggiunse Faye, usando un tono molto serio, prima di mettersi a ridere. - D’accordo, non proprio sempre sempre. Forse solo per il primo anno o giù di lì, dopo per mia fortuna hai imparato. - 

- Io invece detestavo fare quelle cose strane. Mi sentivo in imbarazzo. - 

- Per te era strano anche farlo in luoghi diversi dalla camera da letto. - Sottolineò lei, alzando gli occhi al cielo. - Povera Molly. - 

- Ti assicuro che lei non ha proprio nulla da lamentarsi… e poi non sono affari tuoi, questi. - Sbraitò lui, un po’ irritato e un po’ imbarazzato. - Stiamo perdendo tempo, io devo cercarla. - 

Faye sospirò e poi prese a scrutare la folla che si aggirava per la via o che sostava davanti alle vetrine addobbate dei negozi. Poi, molti metri più in là, poco distante dal Serraglio Stregato, vide spuntare una testa rossa tra i passanti. Molly stava accarezzando con aria triste un gatto nero seduto accanto all’entrata del negozio.

- Eccola lì, non te la sei persa. - Purtroppo. 

Janus non si prese nemmeno la briga di rispondere, ma si mosse immediatamente nella direzione indicata da Faye, che invece rimase lì impalata. 

Rimase a guardare senza muovere un dito mentre l’unica persona che fosse mai stata importante nella sua vita correva verso un’altra donna. Lo vide abbracciare Molly e immaginò la loro conversazione: probabilmente lui le stava dicendo che l’amava, che era l’unica e che non aveva nulla da temere, proprio come tante altre volte aveva fatto lei, durante tutti quei momenti in cui aveva tentato di autosabotarsi e di rovinare tutto come poi aveva effettivamente fatto. 

Era troppo, questo era troppo anche per la sua voglia di farsi del male. 

Faye ebbe la sensazione di avere il cuore stritolato da una morsa infame e senza nessuno scrupolo, e prima che uno di quei due si voltasse a guardarla, si smaterializzò, sparendo nel nulla. Sparendo dalla vita di lui ancora una volta. 

- Ho avuto paura che te ne fossi andata via. - Disse Janus, tenendo stretta la mano di Molly come per paura che scappasse.

- Volevo solo evitare di prenderla a schiaffi o a schiantesimi. - Ribatté Molly, con aria dura. - Me la ricordavo meno orribile. - 

- Sai, sarebbe stato divertente assistere a un duello a mio nome. -

Lei lo guardò male. - Il tuo ego ne sarebbe stato entusiasta. - Disse, e poi si accigliò. - Però lei ha ragione… - 

- Su cosa? - 

Molly fece una faccia eloquente, come per dire “be’, guardami, faccio schifo”. 

- Polly, no. - Disse Janus, capendo al volo. - Non provare a parlare male di te davanti a me, perché non posso proprio accettarlo. - 

Molly si limitò a mugugnare. 

- Lo so cosa pensi di te stessa ultimamente. - Proseguì lui, guardandola negli occhi. - Ma io vorrei solo che tu capissi quanto in realtà sei bella e anche quanto mi manchi. -

Lei lo guardò senza capire. - Ma sono qui. - 

- Lo so. Ma mi manca toccarti e averti vicina. - Mormorò Janus, sfiorandole il volto.

Molly arrossì e poi si guardò attorno imbarazzata. No, non era proprio il caso di lasciarsi andare in effusioni nel pieno centro di Diagon Alley. Tuttavia anche lei sentiva la sua mancanza nonostante il macigno di timori che la tenevano bloccata. 

- Se andiamo a Grimmauld Place non rischiamo di imbatterci in tuo padre, come quella volta, anni fa, vero? - Domandò timidamente Molly.

- Direi proprio che non c’è pericolo, no. - Assicurò Janus.

- Bene. Allora andiamo. - 

Lui esitò e poi annuì di fretta. 

Molly lo prese per mano e, incamminandosi verso l’uscita di Diagon Alley, Janus rivolse uno sguardo fugace al punto in cui aveva lasciato Faye poco prima, notando che lei non c’era più. 

Non c’era più.



 

In questo periodo di grande crisi creativa scrivo queste one shot giusto per tenermi allenata in attesa di qualcosa di meglio. Ad ogni modo devo dire che la prima parte di questa mi garba abbastanza, mentre la seconda un po’ meno ma mi accontento di un risultato decente, per questa volta. 

Ad ogni modo… chi non ha un “Bruno” nella sua vita? Il Bruno di Janus è Faye e un Bruno per essere tale deve gettare la sua minacciosa ombra sulle cose, e quindi eccoci qui. 

Alla prossima!

J.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4045006