Senza maschera

di Betz73
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piano ben congegnato… ***
Capitolo 2: *** …dai risvolti inaspettati. ***



Capitolo 1
*** Un piano ben congegnato… ***


Un sole caldo e luminoso splendeva indisturbato nel cielo terso, inondando il terrazzino di palazzo Jarjayes su cui Oscar e  André stavano sorseggiando la loro cioccolata: febbraio era iniziato da una dozzina di giorni eppure quella mattinata mite e serena sembrava essere già un piccolo assaggio di primavera, così invitante da averli spinti a godersi un po’ di tepore all’esterno. Oscar, elegantemente seduta e con la tazza fumante tra le mani, fissava il foglio davanti a sé: una lunga lista dei prossimi ricevimenti a cui avrebbe partecipato nella speranza di intercettare prima o poi il Cavaliere Nero, divenuto ormai una spina nel fianco dell’aristocrazia parigina. André era in piedi, vicino alla balaustra, il viso rivolto al sole mentre con le braccia alzate si stiracchiava la schiena, quasi si fosse appena alzato dal letto: iniziava ad accusare un po’ di stanchezza dopo tante serate trascorse fuori ad osservare i nobili divertirsi sino a tarda notte. Sentendo i muscoli un po’ intorpiditi, si lasciò sfuggire un commento.
- Mi è sempre piaciuto prendere parte ai balli, ma non tutte le sere!
Oscar diede un’occhiata all’elenco che proprio André le aveva stilato pochi giorni prima, ignorando quella che suonava come una piccola lamentela.
– Ce ne aspetta un altro stasera, a casa dei Bougavant.
E forse sarà la volta giusta, aggiunse silenziosamente tra sé e sé.
L’atmosfera era così tranquilla e familiare…forse valeva la pena fare un tentativo. André espirò rumorosamente prima di formulare la domanda che da tempo voleva rivolgerle.
 – Oscar, senti… La ritieni davvero una cosa necessaria prendere il Cavaliere Nero? Non fa del male a nessuno. Ho anche sentito dire che dona ai poveri i gioielli rubati.
Ecco, lo aveva detto…ma chissà perché nell’udire le proprie parole, gli era sembrato di poter prevedere ciò che Oscar avrebbe risposto. La conosceva troppo bene per illudersi che potesse rinunciare a quella che ormai era divenuta una vera e propria caccia all’uomo.
- Un ladro è sempre un ladro e il nostro compito è quello di prenderlo.
La voce dell’autorità costituita si era chiaramente espressa: inutile insistere.
– Eh sì, hai ragione.

Le rispose dandole ancora le spalle, perdendosi così l’espressione attonita con cui Oscar lo aveva guardato appena compresa la sua domanda. Cosa diavolo gli passava per la testa? Il Cavaliere Nero non era altro che un volgare criminale che agiva indisturbato violando palazzi e residenze nobiliari, prendendosi apertamente gioco delle forze dell’ordine, quasi godesse di una qualche protezione. Sapeva dove colpire e quando farlo, evitando accuratamente proprio i ricevimenti a cui lei aveva presenziato, come se qualcuno lo avesse informato di volta in volta della sua partecipazione… Ma no…che andava mai a pensare? Forse semplicemente stava sbagliando strategia. Forse il comandante della Guardia Reale dava troppo nell’occhio ovunque andasse, dissuadendo il Cavaliere dal commettere i suoi vergognosi reati. Era necessario trovare un altro modo per sorprenderlo con le mani letteralmente nel sacco…ma quale?
Oscar si portò la tazza alla bocca per sorbire il resto della cioccolata prima che si raffreddasse. Cercò di ignorare la richiesta così fuori luogo di André e ricacciare indietro la stessa sensazione di disagio che l’aveva colpita qualche sera prima, quando lo aveva visto rientrare dopo un’insolita cavalcata al buio e al freddo, con una collana di perle che spuntava dalla tasca della giacca. Collana che le aveva poi consegnato il mattino seguente, dichiarando di averla trovata durante la sua uscita solitaria, spingendola così ad allontanare il sottile sospetto che quelle circostanze velatamente ambigue avevano insinuato nel suo animo. Non era davvero il caso di sprecare tempo ad alimentare un’ingiustificata diffidenza: meglio piuttosto concentrare la propria attenzione nel formulare un piano concreto con cui fermare il Cavaliere Nero una volta per tutte.
Si stava facendo tardi: a Versailles l’attendevano per la presentazione delle nuove reclute. Oscar allontanò la sedia dal tavolino, alzandosi con grazia mentre ripiegava a metà il foglio che le avrebbe fornito le prossime incombenze serali. Guardò l’amico d’infanzia che ancora le volgeva le spalle.
- Andiamo, André. La giornata è ancora lunga.

***

Non furono gli impegni alla reggia a rendere particolarmente gravosa la giornata, bensì il costante brusio, neppure tanto sommesso, con il quale i cortigiani andavano lamentandosi dei furti perpetrati ai danni dell’aristocrazia, e soprattutto della scandalosa inefficienza dimostrata dalle autorità nel perseguire il colpevole. Sembrava che non vi fosse al mondo altro criminale che il Cavaliere Nero, e che non esistesse altro argomento di cui parlare tra i corridoi e i saloni di Versailles, che si trattasse dei nobili o della loro servitù. Alcuni si lanciavano in ipotesi quanto meno fantasiose su chi potesse essere questo famigerato ladro, e dopo poche ore trascorse ad ascoltare involontariamente qualsiasi tipo considerazione, Oscar era veramente stanca di sentir anche solo nominare il Cavaliere Nero: fu quasi con sollievo che si apprestò ad iniziare le esercitazioni con il corpo della Guardia Reale, poiché l’avrebbero quanto meno tenuta lontana dalle incessanti lagnanze che rendevano ormai satura l’aria all’interno del palazzo.
Fu solo nel tardo pomeriggio, al termine dell’addestramento, che si ricongiunse con André, il quale era invece rimasto all’interno della reggia cercando di reperire, tra le varie dicerie, qualche informazione che potesse rivelarsi davvero utile. Dall’espressione compiaciuta con cui la guardò prima di parlare, sembrava aver finalmente scoperto qualcosa.
- Sai Oscar, girano voci piuttosto interessanti sul Cavaliere Nero.
Oscar fu sul punto di rispondere in malo modo, che ne aveva abbastanza di sentir pronunciare quel nome da chicchessia, ma la sua mente catturò la parola “interessanti” prima di poter dare fiato al proprio disappunto. Lo invitò così ad andare avanti.
- A parte le lamentele senza fine dei cortigiani? Dimmi, sono molto curiosa.
- Beh, pare si sia stancato di saccheggiare le residenze nobiliari, preferendo negli ultimi tempi un genere di furto più “individuale”, diciamo. Frequenta ancora balli e ricevimenti, ma solo per sorprendere le coppie di aristocratici che si appartano nei giardini, in cerca di un po’ di…intimità.

Oscar ascoltava attenta, senza commentare. Non sapendo come interpretare il suo silenzio, André proseguì.
- Approfitta del loro isolamento per derubarli di tutto: orologi, spille, collane, anelli… Sotto la minaccia di una pistola, si fa consegnare facilmente qualsiasi gioiello indossino i malcapitati, ed una volta ottenuto il bottino si allontana, lasciandoli fortunatamente incolumi. Forse è per questo che non ci è mai riuscito di incontrarlo durante le feste a cui abbiamo preso parte!
Non gli sfuggì questa volta lo sguardo interrogativo di Oscar, che sembrava chiedere delucidazioni.
- Ecco…pare che certi ricevimenti, più di altri, favoriscano questo genere di “scambi” tra nobili annoiati in cerca di particolari distrazioni… E poiché nessuno si preoccupa mai di ciò che viene detto davanti alla servitù, ho scoperto che un evento simile è previsto proprio domani, giorno di San Valentino, presso la residenza del Duca di Fronsac. Un ballo in maschera, ovviamente. Che ne pensi?
La mente di Oscar era già in fermento prima ancora di udire la domanda di André. Il pensiero di aver inseguito il Cavaliere dando troppa evidenza alle proprie intenzioni l’aveva sfiorata durante la colazione: di certo la sua presenza in veste ufficiale lo aveva scoraggiato dal tentare qualsiasi colpo. Ma se avesse partecipato ad un ballo così particolare, mischiandosi proprio al genere di prede che sembravano attirare le attenzioni di quel criminale…quale modo migliore per tendergli un tranello? Nonostante il suo disprezzo per i pettegolezzi, sapeva che l’adulterio era una pratica quanto mai diffusa tra la nobiltà, tacitamente tollerata dai più quale risposta a matrimoni combinati che altro non erano se non contratti assai remunerativi, in cui sentimento ed amore non avevano spazio alcuno. Per una volta avrebbe approfittato di quel cattivo costume, sfruttandolo come mezzo per intrappolare finalmente l’uomo che stava diventando l’incubo di tutta Versailles.
- Andremo anche noi a quel ballo, André, invece di partecipare a quello di stasera. Sbrighiamoci a tornare a casa: ho bisogno di parlare con Nanny perché riesca ad organizzare ogni cosa per tempo.

Oscar non aggiunse altro mentre ogni tassello andava ad incastrarsi velocemente in quel piano che era ancora frutto della sola immaginazione. Non avrebbe raccontato a nessuno ciò che aveva intenzione di fare: la presenza di André sarebbe stata essenziale ma sufficiente, poiché sapeva di poter contare su di lui. Avrebbe informato suo padre solo in caso di successo: l’anonimato era quanto mai un fattore fondamentale.
André la seguì senza porle ulteriori domande: del resto anche quando le aveva chiesto perché proprio lei avrebbe dovuto occuparsi del Cavaliere Nero, gli aveva risposto stizzita intimandogli di fare quello che gli era stato ordinato. Inutile chiedere altro: avrebbe sicuramente scoperto i dettagli per tempo, e qualunque cosa Oscar avesse per la mente, gli importava soltanto sapere che sarebbe stato al suo fianco per proteggerla da ogni pericolo, come sempre.

***

Il giorno successivo non portò cambiamenti di sorta nella routine quotidiana di entrambi: Oscar si tenne occupata con l’addestramento dei soldati ed André rimase come d’abitudine ad attenderla fino al tramonto, quando giunse il momento di rientrare a Palazzo Jarjayes. Solo lungo il tragitto verso casa, Oscar  gli spiegò brevemente quale fosse il suo piano.
- André, al ballo di questa sera ci faremo passare per una delle tante coppie di nobili che partecipano a quel genere di divertimenti… E se, come credo, ci sarà anche il Cavaliere Nero, avrò finalmente la possibilità di prenderlo e strappargli la maschera!
Ci volle qualche secondo, ad André, per capire esattamente il significato di quelle parole: lui ed Oscar…una coppia di aristocratici?? Certo, aveva accompagnato lei e Rosalie a tanti ricevimenti, danzando ogni volta con la loro giovane protetta…ma passare per un nobile…era tutt’altra cosa! Ci sarebbe davvero riuscito? E poi...un momento! Questo significava anche…che Oscar avrebbe indossato di nuovo abiti femminili?! Non seppe spiegarsi il perché, ma sentì chiaro dentro di sé il desiderio di poterla vedere in un vestito che non fosse lo stesso di quella sera, scelto per occhi che non erano i suoi… Sapeva però di non poter chiedere nulla al riguardo, così le fece un’altra domanda.
- Ma Oscar, in che modo pensi di attirare l’attenzione del Cavaliere proprio su di noi, fra le tante coppie che saranno presenti?
- Ho chiesto a Nanny di preparare i gioielli di famiglia più preziosi: sono certa che non passeranno inosservati agli occhi di un ladro così esperto, saranno per lui una tentazione troppo grande. E quando lo avremo di fronte, non avrà più alcuna possibilità di scappare.
Il suo tono deciso non ammetteva repliche né smentite. André si augurò che ogni cosa andasse per il meglio, a cominciare dalla sua “interpretazione”. Avrebbe tenuto gli occhi ben aperti, e nel caso in cui le aspettative di Oscar fossero state disattese, si sarebbe semplicemente goduto ogni singolo istante trascorso accanto a lei: anche solo per questa possibilità, non trovò nulla da obiettare alle sue parole.

Raggiunsero i cancelli della tenuta Jarjayes quando ormai era buio: fecero appena in tempo a smontare da cavallo prima di essere letteralmente investiti dalla furia con cui li accolse Nanny, ritta in cima alla scalinata con le mani strette a pugno appoggiate sui fianchi, e sul viso un cipiglio degno di un colonnello.
- Vi sembra questa l’ora di arrivare? Con tutto il tempo necessario per prepararvi al ballo? Possibile che non vi rendiate conto di quante cose abbiamo ancora da fare? Lasciate lì i cavalli e venite subito dentro! Dovrei trascinarvi in casa per le orecchie, come facevo quando eravate bambini! Presto! Presto! Sbrigatevi!
André ed Oscar ebbero giusto il tempo di scambiarsi un sguardo di intesa ed un sorrisetto complice prima di affidare gli animali al garzone, giunto prontamente dalle stalle, e seguire obbedienti quella piccola vecchina all’apparenza tanto dolce e premurosa, che sapeva tuttavia imporsi con la sola forza di una naturale predisposizione al comando (e anche di qualche colpo di mestolo, a volte).
Appena oltrepassata la soglia, Oscar si ritrovò circondata da tre cameriere che l’attendevano ai piedi dello scalone interno, mentre Nanny, afferratala per un braccio, quasi la trascinava su per i primi gradini, senza mai smettere di borbottare la propria rimostranza verso la cronica mancanza di rispetto dei suoi ragazzi. La giovane ebbe appena il tempo di voltarsi a cercare con lo sguardo André, strappandogli una risata silenziosa per l’enfasi con cui alzò gli occhi al cielo, prima di lasciarsi condurre a passo veloce verso la propria stanza.

André raggiunse con calma la sua camera, ben sapendo che la preparazione di Oscar avrebbe richiesto molto più tempo della sua: un bel fuoco scoppiettava nel caminetto, diffondendo tutt’intorno un piacevole calore, il migliore benvenuto dopo una cavalcata nel freddo di febbraio. Si avvicinò al letto, su cui faceva bella mostra di sé l’abito che avrebbe indossato al ballo di San Valentino: un magnifico completo, così elegante che quasi ebbe il timore di toccarlo. La giacca era di un velluto blu notte, talmente morbido al tatto da ricordare una pelliccia, impreziosita da elaborati ricami argentei che decoravano ampiamente tutte le bordure, per replicarsi identici sull’orlo delle maniche. Il panciotto, di raso argento, si abbinava perfettamente alla giacca invertendone i colori, e riproponendo il medesimo ricamo ma in blu. Completavano il tutto i calzoni, anch’essi di velluto blu, un fazzoletto per il collo dello stesso colore, ma di tonalità più tenue, una camicia di seta bianca, le calze, una maschera di raso blu, e, ai piedi del letto, un paio di scarpe nere perfettamente lucidate e dalle fibbie metalliche simili a piccole cornici. André raramente aveva visto qualcosa di altrettanto bello, e il pensiero che un abito simile fosse destinato a lui, anche solo per una notte, gli sembrò un privilegio. Si sfilò la giacca marrone, abbandonandola sulla poltrona di fronte al caminetto, per mettere poi mano ai bottoni del panciotto e spogliarsi velocemente di tutto quello che indossava.

***

Oscar uscì dalla sua stanza con lo stesso sollievo di un prigioniero che lasciasse una cella dopo una notte di detenzione. Nanny e le cameriere l’avevano sottoposta ad ogni tipo di tortura – perché non vi era un altro modo per definire le costrizioni che aveva dovuto subire per entrare in quel vestito stretto ed acconciare i suoi capelli in una foggia alla moda: come diavolo potevano le sue sorelle sottostare a violenze simili ogni giorno della loro esistenza? L’aveva abbandonata da poco più di un’ora, e già rimpiangeva la sua uniforme… Ma era inutile lamentarsi: l’idea era stata unicamente sua, e se non altro al termine di quello che poteva a tutti gli effetti definirsi un assalto, Nanny si era dichiarata più che soddisfatta, segno evidente che quanto meno ne fosse valsa la pena. Era riuscita almeno a convincerla ad allentare leggermente i lacci del corsetto per permetterle un minimo di agilità in previsione di un potenziale scontro con il Cavaliere Nero, e le era altresì grata per aver modificato la gonna dell’abito in modo da non richiedere il panier, che le avrebbe ostacolato gran parte dei movimenti, impedendole di avere facile accesso alla piccola pistola flintlock che aveva nascosto sotto la stoffa. Restavano soltanto da indossare i guanti color argento e la maschera di pizzo blu, che stringeva tra le mani insieme al ventaglio riccamente ornato di piume di pavone: accessori quanto mai inutili che pure sembravano vitali nella mise di una nobildonna.
Si avviò quindi verso le scale per scendere e raggiungere l’ingresso, accorciando il passo, altrimenti per sua natura marziale, a causa delle scarpine in raso che in pochi secondi si erano già aggiudicate il primato della scomodità. Intenta ad infilarsi il guanto destro, alzò il viso soltanto alla soglia del primo gradino per controllare dove mettere il piede, ampiamente nascosto dall’orlo del vestito. Fu solo allora che vide André, e, per un istante che sembrò infinito, lui fu tutto ciò che riuscì a vedere.

Sapeva che non avrebbe sfigurato in abiti aristocratici, ma la sua eleganza superava qualsiasi immaginazione: ad un occhio più ingenuo il merito sarebbe certamente andato a quel completo scuro così raffinato, ma Oscar sentì chiara una voce dentro di sé asserire senza ombra di dubbio che proprio il portamento di André dava risalto alle sue vesti, e non il contrario. Il suo fisico slanciato, le sue spalle larghe…possibile che non le avesse mai notate? E da quando il suo sguardo brillava come il più puro degli smeraldi? Forse era solo l’effetto della maschera che aveva sul viso e che ne sottolineava in qualche modo la bellezza...eppure era innegabile quanto fosse attraente. Persino i suoi capelli corvini, raccolti con un elegante nastro blu notte, sembravano diversi: per un istante immaginò di saggiarne la consistenza facendoseli scivolare lentamente tra le dita…ed il solo pensiero la fece avvampare. Ma cosa le passava per la testa?? Scosse il capo impercettibilmente, cercando di non lasciarsi andare a fantasie così fuori luogo, e iniziò a scendere, appoggiandosi con la mano sinistra al corrimano.

André era rimasto tutto il tempo nel salottino, impaziente di rivedere Oscar risplendere in tutta la sua femminilità, nella consapevolezza che, almeno per una sera, avrebbe potuto godere appieno della sua bellezza. L’attesa gli era sembrata piuttosto lunga e noiosa, finché aveva sentito la porta della camera aprirsi e poi richiudersi sul vociare della nonna, segno che Oscar doveva essere finalmente uscita. Si era così diretto ai piedi della scala per accoglierla come il più ossequioso dei cavalieri, ma il sorriso con cui si era apprestato a riceverla gli morì sulle labbra non appena la vide avvicinarsi ai primi gradini.
Passò mentalmente in rassegna tutti gli aggettivi con cui avrebbe potuto descriverla, ma non ne trovò alcuno che potesse renderle davvero giustizia: Oscar era…una visione. Avvolta in un meraviglioso abito di broccato blu, della stessa tonalità del suo completo, sembrava una creatura eterea che la notte avesse offerto al mondo reale per una sera soltanto, salvo poi richiamarla a sé quasi fosse troppo unica e preziosa per poterla condividere con dei semplici mortali. La lentezza con cui stava scendendo gli permise di osservare ogni singolo dettaglio e riempirsi gli occhi di lei: il vestito era un tripudio di ricami argentei che ornavano tutto il corpetto, così come l’orlo della gonna, per essere poi ripresi sulla bordura delle maniche, dalle quali spuntava, all’altezza dei gomiti, un pizzo così prezioso e fine da sembrare impalpabile come polvere di stelle. Lo scollo, ampio ma non eccessivamente profondo, sottolineava la perfetta armonia delle sue curve femminili, finalmente libere dall’austera divisa in cui venivano caparbiamente celate ogni giorno, sulle quali spiccava una splendida collana di ricca fattura, perfettamente intonata al blu della stoffa.

Ad ogni passo che la conduceva verso gli ultimi gradini, André sentiva il battito accelerare la sua corsa, fino a quando gli parve di percepire un balzo nel petto nel momento in cui fu abbastanza vicina da poterne ammirare il viso, incorniciato da morbide ciocche bionde che sfuggivano sapientemente dall’acconciatura elaborata ma non eccessiva in cui erano stati raccolti i suoi meravigliosi capelli d’oro. Nessun inutile belletto a rovinare quella naturale bellezza che era sempre stata così evidente per lui, mentre il resto del mondo si lasciava ingenuamente ingannare da un’uniforme. Neppure un velo di cipria: la sua pelle dall’incarnato perfetto non ne aveva alcun bisogno. Le labbra rosee, delicate come i petali di un bocciolo, e infine i suoi occhi, due schegge di cielo infinito in cui smarrire il cuore: solo nel momento in cui riuscì a catturarne lo sguardo, ricordò a se stesso di respirare.
- Sei bellissima, Oscar.
Un velo di rossore sulle guance, soltanto accennato, per il piacere che le regalarono le parole di André e per l’evidente ammirazione con cui la stava guardando.
- Anche tu sei….stai molto bene, André.
Gli sorrise, sinceramente lusingata dal suo complimento, e fu per lui un dono infinitamente più prezioso del gioiello che le adornava il collo.
- Mmh…zaffiri?
Non era tuttavia alle pietre che stava pensando André, ma ai suoi splendidi occhi blu, che il colore dell’abito sembrava addirittura esaltare.
Oscar di riflesso si portò la mano alla collana, che sembrava pesare ancor più per la responsabilità di cui si era presa carico nel momento in cui aveva deciso di utilizzarla come esca per attirare il Cavaliere Nero. Se l’avesse perduta, suo padre non glielo avrebbe mai perdonato.
- Questo collier appartiene alla famiglia Jarjayes da generazioni. Confido sul fatto che non vi sia al ballo nulla di paragonabile, in modo da poter attirare l’attenzione di quel maledetto ladro.

Di certo non ci sarà alcuna fanciulla paragonabile a te per bellezza e portamento, avrebbe voluto risponderle André, ma sapeva che Oscar avrebbe liquidato con un gesto della mano qualsiasi ulteriore apprezzamento. Abbassò per un istante lo sguardo, e solo in quel momento notò ciò che stringeva nella mano sinistra, insieme al ventaglio di piume.
- Vedo che non hai ancora indossato la tua maschera. Mi permetti…?
Allungò la mano verso quella di lei, prendendo quel piccolo lembo di pizzo blu che avrebbe contribuito ad impedire qualsiasi riconoscimento da parte degli altri nobili, e le si fece più vicino, cedendo in realtà al desiderio, ormai incontenibile, di poterla toccare.
- Stai attento alla pettinatura… Se la rovini in qualche modo, Nanny ti prenderà a mestolate fino a Natale!
André le poggiò con delicatezza la maschera sul viso, poi si sporse leggermente verso di lei, per accertarsi di non catturare qualche ciocca mentre le annodava con cura i due lacci dietro la testa. Con il mento le sfiorò i capelli che le ricadevano sulla fronte, e che gli offrirono un piccolo assaggio del suo profumo, così femminile e sensuale da fargli chiudere le palpebre mentre ne inspirava a pieni polmoni la fragranza.

Oscar alzò lo sguardo nell’attimo in cui lo vide avvicinarsi, ritrovandosi così involontariamente ad osservarlo da sotto mentre armeggiava con i due cordoncini della maschera. Non poté fare a meno di notare la sua mascella rasata, così virile e squadrata, ed il profilo delle sue labbra, perfette come quelle di una statua greca. Da quando André si era fatto così….bello? Che ne era stato del ragazzotto con cui faceva spesso a botte in riva al laghetto della tenuta di famiglia? Averlo ad un soffio da lei, al punto da avvertire un flebile traccia di colonia, con cui probabilmente aveva profumato il fazzoletto al collo, le provocò un inspiegabile turbamento, accorciandole per qualche istante il respiro. Eppure si era assicurata che la nonna non le avesse stretto troppo i lacci del corsetto…
Quando ebbe terminato, André tornò a guardarla, sorridente e soddisfatto del proprio operato.
- Ecco fatto. Credo sia ora di andare, Oscar.
Vennero raggiunti in quel momento da Sophie, una delle cameriere che l’avevano assistita nella preparazione e che reggeva tra le mani un bellissimo mantello blu, bordato di pelliccia, senza il quale Oscar avrebbe certamente patito il freddo invernale. Glielo mise sulle spalle, annodandone i lembi con un morbido fiocco sotto la gola, per poi allontanarsi di qualche passo e restare in muta contemplazione di fronte alla bellezza senza pari della sua padrona.
André si spostò di fianco ad Oscar, porgendole galantemente il braccio per scortarla fino alla carrozza, il petto gonfio per l’incredibile onore di poterle fare da cavaliere tutta la sera.

- Volete seguirmi, madamigella?
Madamigella… Dopo tutte le volte in cui Nanny aveva sgridato il nipote per la troppa familiarità con cui si rivolgeva sempre a lei, chiamandola semplicemente “Oscar”, sentirlo pronunciare quella parola le strappò un inevitabile sorriso, a cui però decise di accompagnare un leggero sguardo di rimprovero, prima di accettare il suo braccio ed avviarsi con lui verso l’esterno del palazzo.
La carrozza li attendeva con lo sportello già aperto. Oscar mise il piede sul predellino, la mano appoggiata in quella di lui perché l’aiutasse a salire nonostante l’ingombro del vestito. Pur non avvezza a indumenti così femminili e voluminosi, vi era in lei una grazia che neppure cento anni di duro addestramento militare avrebbero mai potuto scalfire. André giurò a se stesso che quella sera si sarebbe consumato gli occhi per non perdersi nulla di lei: avrebbe memorizzato ogni minimo dettaglio per serbarlo gelosamente nel cuore, e poterlo ricordare per tutti i giorni a venire. Salì a sua volta appena Oscar si accomodò sul sedile, occupando il posto di fronte, e con un colpo al tettuccio della carrozza diede il segnale al cocchiere affinché partisse immediatamente.

***

Oscar guardava distrattamente dal finestrino, offrendo ad André il profilo elegante, che la maschera in pizzo rendeva ancor più seducente. Dio, quanto era bella! Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, quasi dovesse fare tesoro di ogni singolo istante trascorso da solo con lei, prima che altri potessero ammirarla. Gli sembrava già di vedere i volti esterrefatti degli aristocratici annoiati presenti al ballo, nel momento in cui avrebbero fatto il loro ingresso nel salone di palazzo Fronsac: di certo avrebbe attirato l’attenzione di ogni singolo uomo, non soltanto del Cavaliere Nero. Lo colpì solo in quel momento il pensiero di quanti però si sarebbero sentiti autorizzati ad imporle avances non gradite, considerando il tipo particolare di festa a cui stavano per partecipare: un genere di attenzioni a cui di certo Oscar non era abituata… Avrebbe ovviamente vegliato su di lei per tutta la durata del ricevimento, tuttavia non sarebbe stata una cattiva idea metterla in guardia su ciò che li attendeva.
- Oscar… Immagino che la tua bellezza non passerà inosservata questa sera… Ci saranno di certo molti nobili che si crederanno liberi di poterti importunare per ottenere i tuoi…favori.
Lo sguardo torvo che ricevette come risposta gli fece alzare entrambe le mani, in un gesto di autodifesa.
- Ehi, non guardarmi così! Dico solo che potrebbe essere difficile respingerli…anche se dalla tua reazione, giurerei che ad essere in pericolo saranno loro, piuttosto! Fortuna che non hai la tua spada con te, altrimenti rischieremmo la strage!

Ad Oscar non sfuggì il suo tono scherzoso, a cui sembrava fare eco un certo brillio negli occhi verdi: André si stava indubbiamente divertendo. La sicurezza restava però qualcosa da non sottovalutare mai né tanto meno da trascurare, pertanto mantenne una certa serietà quando gli rispose.
- E’ vero, non ho potuto portare la mia spada, però ho nascosto una piccola pistola nel-
- No ti prego! – la interruppe lui – Non dirmelo, non lo voglio sapere! Ti credo sulla parola!
André si ritrovò ad un soffio dal ridere, nonostante avesse intavolato il discorso con i migliori propositi: l’ultima cosa di cui avesse bisogno era alimentare il proprio desiderio, già pericolosamente vicino al limite, con qualche bizzarra fantasia… Oscar accennò un mezzo sorriso, ma non le ci volle molto per recuperare il suo usuale atteggiamento severo e richiamarlo all’ordine.
- André, non fare lo sciocco. Ricorda il motivo per cui andiamo a questo ballo: non per svago ma per catturare il Cavaliere Nero!
- Certo Oscar, hai ragione. Ti chiedo scusa. Ti assicuro che non mi distrarrò.
E in nessun modo permetterò che qualcuno si azzardi a sfiorarti con un dito, fu la silenziosa promessa che fece a se stesso mentre ormai la carrozza varcava i cancelli della tenuta dei Fronsac.

 

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Capitolo 2
*** …dai risvolti inaspettati. ***


Ferma di fianco ad André alle soglie dell’ampio salone già gremito di aristocratici, in attesa che entrambi venissero ufficialmente annunciati come il Duca e la Duchessa di Bouillon (località sufficientemente lontana perché nessuno potesse conoscere i volti dei nobili a cui di diritto apparteneva), Oscar non poté evitare di riandare con la mente al ballo di fine dicembre, che l’aveva vista indossare per la prima volta abiti femminili, sebbene con intenti alquanto diversi da quelli che si era prefissata in questa occasione. Ricordava ancora il leggero nervosismo con cui aveva mosso i suoi passi tra la folla di cortigiani, in cerca di quell’unico sguardo che non aveva tardato ad accorgersi di lei tra le tante dame presenti. Era iniziato tutto in un modo così piacevole…per finire poi con le sue lacrime, versate in completa solitudine, perché nessuno fosse testimone, anche solo involontario, del suo stupido errore.
Volse lo sguardo verso André, quasi cercasse un conforto, se pur tardivo, alla debacle di quella sera: la sfiorò per un attimo il pensiero che se ci fosse stato lui ad accompagnarla, il suo dolore in qualche modo sarebbe stato più lieve. Non l’avrebbe di certo consolata né tantomeno biasimata, ma con la sua sola presenza avrebbe accolto in silenzio il suo pianto, offrendole un tacito supporto. André aveva sempre condiviso ogni istante della sua vita, tranne quella manciata di minuti che si erano appunto rivelati un colossale abbaglio: anche ora se ne stava tranquillo al suo fianco, offrendole il braccio perché potesse appoggiare la propria mano nella sua, indifferente al potenziale pericolo in cui lei lo aveva nuovamente trascinato. Riusciva a percepire tutta la sua fermezza nel calore di quelle dita che stringevano delicatamente le sue: come aveva anche solo potuto immaginare che fosse lui il Cavaliere Nero? Per quale assurda follia si era ritrovata a dubitare del suo André?
Del suo Andrè?! Ma che diamine….?

- Mi auguro che il Cavaliere Nero non abbia avuto la nostra stessa idea, scegliendo di travestirsi da nobile per mescolarsi agli invitati…
La voce di lui la fece quasi sussultare, strappandola al turbamento che le aveva provocato il suo piccolo soliloquio, per riportarla bruscamente alla realtà.
- Mi risulta che abbia sempre colpito vestendo i suoi panni, quasi se ne facesse un vanto. Ma la tua considerazione è molto acuta: cerchiamo di tenere gli occhi ben aperti.
Oscar diede immediatamente seguito alle proprie parole, mettendosi ad osservare gli ospiti con maggior attenzione, ma non vide nulla tra quegli uomini mascherati e chiassosamente eleganti che potesse metterla in allarme. Alcuni stavano già danzando, altri si tenevano ai margini del salone e sembravano piuttosto indaffarati a parlare e ridere tra loro, e a guardare con occhi famelici le dame presenti in sala. André aveva ragione: non sembrava esattamente un ricevimento simile a quelli a cui avevano partecipato i giorni precedenti. Se gli sguardi della controparte maschile avevano un ché di predatorio, non da meno le dame presenti sembravano gareggiare per mettersi in mostra ed assicurarsi di essere le più ammirate e desiderate, contribuendo così ad un gioco silenzioso di reciproca intesa che rendeva quanto mai malsana l’aria della stanza.

Finalmente i loro nomi vennero annunciati, e tra i molti volti curiosi che Oscar vide volgersi verso di loro, uno in particolare la colpì più degli altri: una giovane donna, riccamente vestita in un tripudio dorato di pizzi e volant, li fissava con evidente insistenza, quasi stesse cercando di imprimere nella mente ogni dettaglio del loro aspetto. Non era certamente il suo viso ad attirare l’interesse dei presenti, pesantemente truccato sotto la maschera ornata di piume, né l’elaborata parrucca da cui spuntavano perle a non finire, quanto piuttosto la profonda scollatura che ben poco lasciava all’immaginazione altrui, e che veniva da lei ostentata al pari di un gioiello prezioso. E fu proprio grazie a questo esame più approfondito se Oscar poté infine accorgersi di quale fosse il reale obbiettivo del suo sguardo rapace: non entrambi…ma soltanto André. Lo guardava con un’intensità tale che sembrava volesse mangiarlo con gli occhi, e di fronte a tanta sfrontatezza Oscar sentì l’avversione montare in lei come un’onda inarrestabile: d’impulso strinse le dita di André, in un gesto di chiaro possesso che la sorprese per la sua veemenza.
 Lui percepì la sua stretta e si volse immediatamente a guardarla.
- Oscar, va tutto bene?
- Sì…solo…un piccolo crampo. Sai, queste maledette scarpette di raso…
Fortunatamente André sembrò ignorare le attenzioni di cui era oggetto, e nemmeno si accorse della sua piccola bugia. Le sorrise premuroso, mentre avanzavano verso il centro del salone.
- Allora sarà meglio attendere un po’ prima di danzare…
- No, invece. Balliamo, André. Dobbiamo passare per normali invitati.

Presero posto tra le altre coppie, lasciandosi trasportare dalle prime note di un valzer, che tanto andava di moda poiché la regina Maria Antonietta in persona lo aveva introdotto a corte. André non ricordava di aver mai avuto occasione di danzare con Oscar in quel modo: anche durante le lezioni apprese da bambini, ad entrambi era sempre stato insegnato il ruolo del cavaliere, ed erano state le sorelle di lei a prestarsi di volta in volta quali compagne di ballo. Adesso invece poteva cingerla delicatamente e condurla sulle note di una musica soave, mentre gli occhi e il cuore si saziavano di tanta grazia: Oscar era una splendida ballerina, leggera e precisa in ogni passo, come se non avesse mai fatto altro. La ferrea educazione militare a cui era stata costretta non aveva tolto nulla alla sua innata femminilità, che la cadenza del valzer sembrava anzi esaltare. Una voce dentro di luì gli ricordò che già qualcuno in precedenza aveva avuto la fortuna di godere di un simile piacere, tuttavia la zittì all’istante per non rovinare la perfezione del momento: avrebbe invece ricordato con gratitudine quella serata per il resto della vita.

Oscar si lasciava guidare dalle movenze esperte di André, ben conscia della sua bravura, che aveva avuto modo di osservare ogni volta in cui avevano preso parte ad un ballo insieme alla piccola Rosalie. Tuttavia non avrebbe mai immaginato che fosse tanto piacevole farsi condurre da lui: per un attimo si trovò a desiderare di poter abbassare le palpebre e fingere che nessun altro oltre a loro fosse presente. La sua mano le cingeva la vita con fare sicuro, poteva persino percepirne il calore nonostante il corsetto: era la stessa sensazione che le avvolgeva le dita della mano destra, facendola sentire…protetta. Lasciò vagare lo sguardo sul suo torace solido, risalendo lentamente sul viso: prima il mento, così perfetto da sembrare cesellato, poi la mascella virile, le labbra increspate in un accenno di sorriso, e infine gli occhi, che la guardavano come se potessero leggere il suo più intimo pensiero. Le iridi brillavano di una luce nuova, e ad Oscar parve non fosse soltanto per il riflesso delle candele che illuminavano tutta la sala: l’intensità del suo sguardo la fece sentire per un istante come l’ultima cosa bella rimasta al mondo.
Il cuore prese improvvisamente a sfarfallarle nel petto, una reazione così inusuale ed inaspettata da confonderle i pensieri: perché mai ballare insieme ad André le stava facendo quell’effetto? C’era qualcosa di diverso in lui, ma non era l’abbigliamento elegante né l’aspetto così curato… Era come se i suoi occhi la invitassero a guardare oltre la maschera, a vederlo davvero per la prima volta…
La magia che sembrava averli avvolti venne bruscamente annullata da un colpo, neanche tanto leggero, che Oscar avvertì in mezzo alla schiena, come se un’altra coppia l’avesse urtata per sbaglio. Volse il viso alla sua sinistra e riconobbe a poca distanza la stessa giovane donna che aveva visto fissare André con troppa sfacciata insistenza: danzava con un uomo più basso di lei, ben più interessato alla profondità del suo décolleté che ai passi del valzer, e invece di dissimulare la propria responsabilità, ricambiò il suo sguardo con un piccolo ghigno di soddisfazione.

Il primo pensiero che attraversò la mente di Oscar fu il rammarico di non avere con sé la sua spada, per poter alleggerire di qualche orpello dorato quell’abito eccessivo, tuttavia decise altrettanto velocemente di ignorare una simile impertinenza perché non le rovinasse il piacere della danza. Tornò quindi a guardare André, e solo allora si rese conto di essere ben più vicina a lui, di aver accorciato involontariamente la distanza dettata di norma dal valzer, come se il suo corpo avesse reagito in modo autonomo all’ingerenza appena subita, cercando rifugio in lui.
Ignaro di quel piccolo scontro, André aveva avvertito immediatamente l’avvicinarsi di Oscar, pur senza capirne il motivo: aveva quindi lasciato scivolare la mano intorno alla sua vita, felice di poterla stringere un po’ più a sé. Di certo una tale prossimità avrebbe dettato scandalo a corte, ma il ricevimento a cui stavano partecipando avrebbe permesso quello…e ben altro. Fosse stato per lui, non l’avrebbe lasciata andare mai più.
La vicinanza con il corpo di André non fece che accelerare ulteriormente il battito di Oscar, trasformandone lo sfarfallio in un vero galoppo: nonostante la musica dettasse ancora i loro passi, erano soltanto ad un soffio dall’abbracciarsi. Con il suo respiro a sfiorarle delicatamente i capelli, le sembrava di poter sentire il suo sguardo scaldarle la pelle. Ad un tratto ebbe la sensazione che l’aria le venisse a mancare mentre un calore improvviso le faceva avvampare il viso. André notò il suo rossore e le propose di interrompere la danza, conducendola ai margini del salone, verso le vetrate che si affacciavano ai giardini.
- Tutto bene Oscar? Ti vedo accaldata. Posso portarti qualcosa da bere?
- Sì, grazie, André. Sei molto caro.

Forse un sorso di champagne l’avrebbe aiutata a combattere l’arsura che di colpo le aveva seccato la gola. André si diresse verso l’angolo opposto della sala, per raggiungere un cameriere che si era appena affacciato da una porta laterale con un vassoio pieno di calici ricolmi. Oscar lo seguì con lo sguardo finché si ritrovò la visuale ostacolata da uno degli invitati, che, vedendola finalmente sola, le si parò davanti cercando di attirare tutta la sua attenzione. Indossava un completo verde impreziosito da vistosi ricami disseminati di piccole gemme, e si esibì in un profondo inchino – piuttosto teatrale a dire il vero – prima di rivolgerle la parola con un tono di voce fastidiosamente mellifluo.
- Buonasera Madame. Permettetemi di dirvi quanto vi trovi incantevole! Ho avuto modo di osservarvi sin dal momento in cui avete varcato la soglia di questa sala, e posso confessarvi senza ombra di dubbio che la vostra impareggiabile bellezza mi ha letteralmente colpito al cuore.
Sembrava quasi recitare, per il modo in cui accompagnò le ultime parole accostandosi la mano destra al petto.
Oscar abbozzò un leggero inchino quale inevitabile ringraziamento a tante chiacchiere vanesie, cercando mentalmente un modo per scoraggiare le sue sgradite attenzioni. Non che fosse anziano, poteva anzi avere all’incirca la sua età ed i suoi lineamenti apparivano persino gradevoli, dietro l’immancabile maschera di raso. Ma il modo in cui la guardava la mise profondamente a disagio: sembrava stesse soppesando pregi e difetti di una giumenta prima di deciderne l’acquisto, valutandone in particolar modo l’idoneità alla monta. Oscar si ritrovò a coprirsi istintivamente la bocca con il ventaglio, nel malaugurato caso in cui avesse voluto controllarle in qualche modo i denti.
Non ricevendo alcuna replica, l’aspirante pretendente continuò nel suo monologo.
- Madame, mi fareste il grande, grandissimo onore di concedermi il prossimo ballo?
Cercando nell’immediato una scusa plausibile con cui respingere il suo invito, Oscar tentò una prima risposta:
- Certamente…

All’udire questa singola, incoraggiante parola, il damerino si profuse in una nuova riverenza, liberando finalmente il campo visivo di Oscar. Fu così che la giovane ebbe la possibilità di notare ciò che stava per accadere dietro di lui: dalla parte opposta in cui si era diretto André, ormai in possesso dei due calici di champagne, la donna con il vestito dorato si stava facendo largo con una certa irruenza tra gli invitati, senza dubbio con la chiara intenzione di raggiungerlo e procurarsi così un tête-à-tête. Decise all’istante di cercare un modo per fermarla.
- Dicevo….certamente anche il vostro aspetto non sarà passato inosservato, Monsieur. Anzi, vi confesso di aver notato qualcuno seguirvi con grande interesse per tutta la serata.
Di fronte all’espressione interrogativa ma palesemente lusingata del giovane, Oscar portò avanti il suo piccolo piano.
- Vedete quella dama dall’elegante abito color oro? Ebbene, non ha avuto occhi che per voi, ve lo assicuro! Ed immagino sia disposta a mostrarvi non solo i suoi occhi, ma anche ben altro…
Terminò la frase con un piccolo colpo di tosse, alquanto allusivo. L’uomo si voltò immediatamente in cerca della donna in questione, e come tutti i presenti non tardò a concentrare la propria attenzione su quel petto che sembrava potesse fuoriuscirle dal corpetto in qualsiasi momento. Non gli ci volle molto per intuire quale fosse la preda più facile e ben disposta tra le due: la dama in blu di fronte a lui era indubbiamente magnifica, tuttavia qualcosa in lei comunicava una certa severità che forse sarebbe stata troppo dura da scalfire. Dopotutto si era recato a quella festa per puro sollazzo: perché quindi avventurarsi in inutili difficoltà?

Tornò a guardare Oscar e con un’impercettibile alzata di spalle prese commiato con un ultimo inchino ed un enfatico “Quel dommage!”, voltandosi per raggiungere quanto prima il nuovo oggetto del suo desiderio. Riuscì ad intercettarlo a metà salone, e probabilmente tanto la sua avvenenza quanta la propensione alla lusinga sperticata, dovettero far breccia nella sua vittima, la quale, dopo un breve scambio di battute, accettò il braccio galantemente offertole, cambiando finalmente direzione per dirigersi con lui verso una delle porte laterali.
Oscar non poté non concedersi un piccolo momento di soddisfazione di fronte alla piena riuscita del suo stratagemma: a quanto pare astuzia femminile e strategia militare non erano poi così dissimili tra loro. Inutile comunque rischiare altri spiacevoli incontri come questo: era tempo ormai di concentrarsi sulla vera missione di quella serata.
Non ci volle molto perché André finalmente la raggiungesse, porgendole la coppa di champagne, da cui bevve alcuni sorsi.
- Va meglio, Oscar?
Avrebbe voluto chiederle altro, poiché non gli era sfuggito l’allontanarsi di quel cicisbeo in verde che si era evidentemente approfittato della sua breve assenza per avvicinarla, ma notandole in viso un’espressione piuttosto compiaciuta, non osò approfondire.
- Sì André, ti ringrazio. Ho notato che alcune coppie si sono già dirette all’esterno. Credo sia ora di fare altrettanto, se vogliamo catturare il Cavaliere Nero.

Si volse quindi verso una delle grandi vetrate dietro di lei, attraversandola insieme ad André per uscire sulla balconata che dava l’accesso ai giardini, in cui sperava si fosse già nascosto il ladro. Il clima si rivelò meno rigido di quanto ci si aspettasse a febbraio, merito forse delle numerose torce che illuminavano il percorso tra le varie aiuole. Si avviarono quindi lungo il sentiero principale, raggiungendo poco dopo un punto fiancheggiato da siepi di bosso così alte da superare la loro statura, tra le quali, ad intervalli regolari, si aprivano alcuni passaggi che davano all’interno di vere e proprie “stanze verdi”, come si sarebbero potute chiamare: ognuna provvista di panchine o sedili in pietra, e di un grande braciere acceso per mitigare il freddo invernale. Una scenografia quanto mai ideale per i convegni amorosi che erano poi la vera caratteristica di quella festa, si ritrovò a pensare André. E di fatti non ci volle molto perché il silenzio notturno si popolasse con ogni tipo di vocio: dalle risatine e i gridolini alle finte proteste sussurrate a mezza voce, fino ai gemiti sommessi e ai veri propri ansimi. Un concerto in cui ogni nota era dettata dalla lussuria e che ben presto creò ad entrambi – specialmente ad Oscar – non poco imbarazzo, soprattutto per la necessità di dover sbirciare attraverso ogni apertura nella speranza di trovare prima o poi uno spazio non ancora occupato, in cui potersi appartare per attirare il Cavaliere Nero. Nonostante cercassero di dare solo una veloce occhiata, era pressoché impossibile ignorare gli atteggiamenti equivoci a cui tutti si stavano abbandonando, spesso così espliciti da lasciare davvero poco all’immaginazione: tra gonne sollevate e mani intrufolate nei corsetti sembrava di stare in un postribolo a cielo aperto.

Finalmente riuscirono ad individuare una panchina libera su cui presero posto, l’uno accanto all’altra, sfiorandosi appena con le spalle. E così toccò a loro essere oggetto degli sguardi delle altre coppie, che una dopo l’altra cercavano di orientarsi tra quel dedalo di boschetti: alcune non si facevano alcuno scrupolo di lanciare ben più di una sfuggevole occhiata, varcando anzi la soglia quasi cercassero di spiare l’altrui intimità, ma era innegabile notare sui loro volti una certa delusione appena lo sguardo cadeva su Oscar e André. Una reazione così evidente che Oscar non poté fare a meno di rimarcarla.
- Non capisco perché ci guardino in quel modo!
- Beh – rispose André  - direi che sia alquanto improbabile passare per dei nobili che cercano quel tipo di svago… In effetti abbiamo più l’aria di due persone sedute in chiesa!
La sua risata finì per trascinare anche quella di Oscar: impossibile dargli torto, sembravano delle mosche bianche finite in mezzo ad un baccanale. Avevano ancora sulle labbra l’ombra di un sorriso quando si cercarono con lo sguardo.
- Mi permetti? – le chiese André con voce leggermente roca.
Oscar annuì in silenzio, lasciando che le cingesse le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano prendeva la sua, abbandonata in grembo. Non era un gesto eccessivamente intimo né troppo sconveniente, e André si godette quella vicinanza come fosse un dono caduto dal cielo: la trasse dolcemente a sé perché potesse appoggiare il capo al suo petto, ringraziando in silenzio il Cavaliere Nero per avergli involontariamente regalato un momento così speciale.

In quel preciso istante entrambi sentirono un forte rumore tra il fogliame della siepe, come se qualcosa - o piuttosto qualcuno! – stesse per fare irruzione in quell’alcova naturale. Oscar sollevò il viso verso di lui, gli occhi spalancati in un’espressione tra il sorpreso e l’allarmato.
- Presto, André! Fai qualcosa! Non deve capire che lo stiamo aspettando!
E che altro poteva mai fare André, se non cadere in quelle pozze blu che gli avevano stregato la vita, e cedere al desiderio che per anni aveva represso a fatica dentro di sé? Nella concitazione del momento le fece scivolare d’impulso le dita lungo la schiena fino a stringerla in un abbraccio, abbandonandosi finalmente al bisogno ormai incontenibile di conquistare la sua bocca.
Avrebbe dovuto soltanto fingere di baciarla, limitandosi ad un contatto che fosse casto e rispettoso, ma ogni buon proposito venne dimenticato non appena colse il suo sapore tra quelle labbra che lo stupore aveva dischiuso per lui. Prese a muoversi lentamente, ammaliato dal modo arrendevole eppure passionale con cui veniva corrisposto: la bocca di Oscar era morbida e calda, dolce come il miele più puro, e sembrava invitarlo a smarrirsi in lei. Non avrebbe potuto fermarsi in alcun modo, non ora che poteva sentire l’amore della sua vita fremere per il suo bacio: se lei lo avesse respinto, allontanandolo con forza da sé, forse allora avrebbe riacquistato la forza necessaria per lasciarla andare. Ma le mani di Oscar, chiuse a pugno sul suo petto, si allargarono gradualmente in un’inconsapevole carezza, spingendolo a chiedere sempre di più. Quando le labbra di lei si aprirono per accoglierlo, l’unico pensiero lucido che riuscì a formulare, prima di perdersi definitivamente, fu quanto poco gli sarebbe importato se quello fosse stato il suo ultimo respiro.

Oscar si sentiva come inebriata dal mare di sensazioni che l’avevano travolta. Il cuore ancora doveva placare la sua corsa per il modo in cui André l’aveva avvicinata a sé, prendendole la mano: con il profumo della sua colonia ad addolcirle le nari e la guancia accostata al suo panciotto, le era parso di percepire dentro di lui lo stesso ritmo accelerato, quasi i loro battiti fossero l’unico suono venuto a scuotere l’aria. Poi un rumore improvviso l’aveva come scossa e in un attimo si era ritrovata tra le sue braccia, la bocca catturata dalle sue labbra delicate ma decise, in grado di insegnarle per la prima volta cosa fosse il piacere. Avrebbe dovuto sottrarsi e guadagnare in qualche modo una distanza di sicurezza…ma le sue dita, anziché opporsi alla dolce stretta di quell’abbraccio, affondarono nel velluto della giacca, quasi a pregarlo in silenzio di non lasciarla andare. Si fece guidare in luoghi sconosciuti, accettando la sua dolce invasione come se l’avesse attesa da tutta la vita, come se soltanto ad André potesse donare il proprio respiro. Nella confusione in cui si persero i suoi pensieri, realizzò per la prima volta e senza alcuna incertezza, di appartenergli.

André si staccò da lei quando sentì sfuggirle un gemito, temendo di averla sopraffatta con il proprio impeto: se l’avesse in qualche modo spaventata non se lo sarebbe mai perdonato. Riconobbe invece il desiderio nel blu infinito dei suoi occhi, e le sue labbra, rese ancor più belle da quel bacio rubato, sembravano invitarlo ad un altro irresistibile assaggio. Fece per chinarsi di nuovo sulla sua bocca tentatrice, quando notò un piccolo movimento ai margini del suo campo visivo, che lo spinse a volgere il viso leggermente verso sinistra. Oscar seguì la direzione del suo sguardo, così che ambedue si ritrovarono a fissare un leprotto, fermo davanti a loro in mezzo al manto verde, intento a divorare velocemente qualche filo d’erba mentre li osservava con i suoi occhietti neri. Al termine del suo pasto, l’animaletto si esibì in un paio di salti fino a raggiungere un passaggio invisibile nella siepe, da cui probabilmente si era intrufolato e attraverso cui scomparve in un secondo.

Quella breve apparizione segnò la fine dell’incanto, riportandoli bruscamente alla realtà. Ed avrebbero riso insieme di un simile grossolano abbaglio se il cuore di entrambi non fosse stato rapito da quel bacio appassionato. Sciolsero l’abbraccio che ancora li teneva legati, e restarono a guardarsi per un tempo che parve indefinito, incapaci di pronunciare qualsiasi parola dopo ciò che avevano condiviso.
Fu un grido femminile, proveniente da un punto imprecisato del giardino, a spezzare il loro silenzio fatto di sguardi ed emozioni a stento trattenute. Si alzarono immediatamente, consci che qualcosa di grave doveva essere accaduto: in pochi istanti le coppie che si erano appartate come loro, si riversarono nel vialetto d’accesso offrendo un imbarazzante spettacolo di vestiti in disordine e parrucche storte, sotto le quali però ognuno mostrava la medesima espressione spaventata. Prima ancora di riuscire a farsi largo tra gli invitati, Oscar venne raggiunta dalla notizia che il marchese di Méréville e della duchessa di Mayenne erano stati derubati, e che il responsabile era, ancora una volta, il famigerato Cavaliere Nero. Non si era dunque sbagliata nel prevedere la sua presenza al ricevimento, tuttavia l’idea di poter concentrare proprio su di sé l’interesse di quel criminale, si era rivelata un completo insuccesso. Molti dei nobili presenti dichiararono impauriti di volersene andare immediatamente, nonostante si stesse già diffondendo la voce che il ladro era scappato a cavallo ancor prima che la duchessa potesse urlare, e, di lì a poco, svenire.
Non c’era nulla che Oscar potesse fare, certamente non con quel vestito ingombrante e tantomeno senza il suo César. Si volse quindi verso André, a pochi passi dietro di lei, soltanto per dirgli con voce incolore: “E’ finita. Torniamo a casa”.

***

Il tragitto verso palazzo Jarjayes fu molto diverso rispetto a quello di qualche ora prima: nessun tono scherzoso a rallegrare l’atmosfera nella carrozza, appesantita invece da un muro di silenzio impenetrabile che nessuno dei due passeggeri pareva intenzionato ad abbattere.
Oscar guardava di nuovo fuori dal finestrino, quasi il buio avesse incatenato il suo sguardo, finalmente libero dalla maschera in pizzo che giaceva dimenticata tra le pieghe del mantello. Con le braccia conserte e l’espressione indecifrabile, pur essendo seduta di fronte ad André, appariva distante mille miglia da lui. Le sembrava tutto così irreale…e invece no, non lo era affatto! Era accaduto davvero, ed era accaduto a lei. E se fosse servita una prova a dimostrazione che non si era trattato di una fantasia né di un sogno, sarebbe bastato chiedere alle sue labbra, che ancora conservavano il calore della bocca di André, e alla sua lingua, che ne custodiva gelosamente il sapore. Era arrabbiata? Offesa? Dispiaciuta? Impossibile capirlo nel tumulto di emozioni che le erano rimaste dentro dacché si era seduta su quella panchina: per quanto si sforzasse di mettervi ordine e trovare una risposta, non vi riusciva. Ed in mezzo a quel caos così perfettamente dissimulato dalla propria rigida compostezza, una sola ed unica certezza continuava ad emergere, quasi volesse farsi beffe di lei: si sarebbe arresa ad un nuovo bacio, non fosse stato per quel leprotto. Ciò che aveva provato tra le braccia di André era stato così…non poteva neppure descriverlo. Né tantomeno comprenderlo. Forse per questo, pur nella solitudine forzata della carrozza, qualcosa la spingeva a rifuggire il suo sguardo.

André giocherellava distrattamente con i lacci della sua maschera, che si era tolto non appena lasciata la tenuta dei Fronsac. Con la mente affollata da mille pensieri per ciò che era accaduto tra loro, non era riuscito a trovarne neanche uno da poter condividere con Oscar. Non c’era da stupirsene d’altronde: cosa mai avrebbe potuto dirle? Che era stato un errore baciarla e che era pentito di averlo fatto? Sarebbe stata la più grande delle menzogne perché sapeva di non avere alcuna traccia di pentimento dentro di sé, nemmeno l’ombra. Aveva sognato così tante volte quel momento, eppure nessuna fantasia si era mai minimamente avvicinata a ciò che le sue labbra gli avevano donato nella realtà. Sarebbe morto su quella bocca che per pochi istanti lo aveva portato in paradiso, e che ora se ne stava invece chiusa in un ostinato mutismo. Ma neppure questo poteva dirle… Scusarsi, ecco ciò che avrebbe dovuto fare: chiederle perdono per essersi preso troppe libertà…per essersi preso il suo primo bacio. Se almeno lo avesse respinto, o anche solo rimproverato, forse avrebbe trovato il modo di spiegare… Ma spiegare cosa? Che l’amava da sempre? Che non c’era battito del cuore che non le avesse consacrato sin dal primo giorno in cui era giunto a palazzo Jarjayes? E che quello stesso cuore era ora schiacciato dal terrore di averla in qualche modo perduta? Perché quella era l’unica, terribile verità: non era il rimorso di ciò che aveva fatto a tormentargli l’anima, bensì la paura di aver varcato un limite proibito, di essersi spinto troppo oltre, fino a superare il maledetto punto di non ritorno che avrebbe cambiato per sempre il loro rapporto. E forse era già troppo tardi. Oscar neppure lo guardava: per quante occhiate furtive le avesse lanciato, non aveva mai incrociato il suo sguardo, nemmeno una volta, quasi i suoi occhi fossero incollati al vetro del finestrino. Sarebbe sempre stato così d’ora in poi? Lo avrebbe semplicemente ignorato, trattandolo infine per quel servo che realmente era? Poteva un bacio d’amore tramutarsi in una colpa, ripagata con la più fredda indifferenza?
Per quanto il povero André si arrovellasse, tutte le sue domande rimasero una ad una senza risposta, mentre la carrozza con un ultimo sussulto si fermava davanti all’ingresso del palazzo di famiglia. Oscar alzò il cappuccio celando parte del viso: senza proferire parola né attendere alcun aiuto da parte di André, fu la prima a scendere, quasi volesse lasciarsi alle spalle l’intera serata.

***

L'atrio era ancora ben illuminato dalle candele, che andavano consumandosi lentamente sui doppieri: la servitù doveva essersi già ritirata poiché nessun suono venne ad infrangere il silenzio assordante che li aveva accompagnati sin dentro casa.
André seguiva Oscar ad una manciata di passi, il cuore ormai soffocato dalla consapevolezza di essere, in ultima analisi, l'unico responsabile del gelo che sembrava essere calato tra loro. Le labbra gli bruciavano per il bisogno di augurarle almeno la buonanotte e costringerla in qualche modo a parlargli, anche solo per educazione. Voleva soltanto udire la sua voce prima di affrontare l'insonnia che certamente lo avrebbe atteso nella sua stanza, ma quella schiena che procedeva dinnanzi a lui senza accennare ad alcuna esitazione, riusciva a scoraggiare sul nascere qualsiasi tentativo.
Giunsero in breve ai piedi della scalinata, che solo poche ore prima era stata foriera di tante emozioni ed ora appariva piuttosto come il primo vero punto di quel distacco a cui forse erano già tristemente destinati. Oscar appoggiò il palmo sul corrimano, sollevando il piede destro sul primo gradino: ad André non era mai parsa così distante come in quel maledetto momento. Poi d'un tratto si fermò senza procedere oltre, portando entrambe le mani ai lati del volto per abbassare il cappuccio del mantello. Rimase come immobile per qualche istante, poi con il capo scoperto finalmente si volse, cercando senza indugio i suoi occhi verdi che chiedevano speranzosi una possibilità di tregua.

La sorpresa lo lasciò per un istante interdetto, il tempo di realizzare che il respiro gli si era fermato, in attesa della sua sentenza.
- André...quello che è successo nei giardini...
Il cuore prese a martellargli nel petto per l'ansia di trovare le parole giuste con cui scusarsi, e recuperare così qualcosa della frattura che d'improvviso si era aperta fra loro.
- Oscar, io non avrei dovuto-
- È stato...molto bello.
Una frase quasi sussurrata prima che un velo di rossore tradisse l'imbarazzo della sua piccola grande confessione. La verità si era fatta largo in lei con prepotenza, rendendole all’improvviso insopportabile il pensiero che lui potesse in qualche modo sentirsi colpevole nei suoi confronti, e pentirsi addirittura di ciò che era stato. Il cuore le diceva invece a gran voce che non avrebbe potuto rimpiangere quei pochi istanti trascorsi tra le sue braccia: il bacio di André l’aveva fatta sentire viva come mai le era capitato prima. Forse per questo non poté evitare di guardare le sue labbra prima di aggiungere “Buonanotte”, e volgersi per salire verso la sua camera.

Non riuscì però a raggiungere il gradino successivo, poiché le dita di André la trattennero delicatamente per un braccio, obbligandola a girarsi verso di lui e a cercare nuovamente il suo viso. E ciò che vide nel suo sguardo traboccante d’amore la fece sentire finalmente a casa, come se, dopo tanto peregrinare, avesse infine raggiunto il suo porto sicuro, l’unico posto a cui davvero sapeva di appartenere.
André aveva colmato con un passo la distanza che lo separava da Oscar non appena udite quelle poche, meravigliose parole. D’impulso aveva allungato la mano per impedire che se ne andasse, ritrovandosi così ad un soffio da lei non appena si era voltata. Quante cose avrebbe voluto raccontarle! Aprirle il cuore perché vedesse quanto l’amava, perché sapesse che ogni istante trascorso al suo fianco dava un senso a quella vita che non avrebbe esitato a sacrificare per lei. Tutto ciò che aveva sempre serbato nell’animo in tutti quegli anni insieme, sembrava accalcarsi dentro di lui chiedendo soltanto di uscire. Ma il sentimento che brillava negli occhi di Oscar, in quel blu profondo spalancato d’innanzi a lui, gli apparve ancora così giovane e delicato che ebbe timore di travolgerlo, anziché proteggerlo come il più prezioso dei tesori. Scelse allora di non dire nulla, o forse di dire tutto, nelle poche semplici parole che pronunciò mentre le cingeva la vita per attirarla a sé.
- Oscar… La mia Oscar…

Non vi fu spazio per altro se non cedere al richiamo della sua bocca, che lo accolse con il più dolce dei sorrisi. La strinse tra le braccia, affidando alle labbra tutto l’amore, la passione e il desiderio che sentiva da sempre per lei. E Oscar dimenticò che ci fosse altro, al mondo, al di fuori di quell’abbraccio: lasciò vagare le mani sul petto di André fino a raggiungere la sua nuca per affondare finalmente le dita nella morbidezza dei suoi capelli. La maschera in pizzo le scivolò di mano, adagiandosi sul pavimento con la delicatezza di una piuma, e lì rimase, abbandonata, quale muto testimone di due cuori che, ormai, non avevano più nulla da nascondere.

 

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