Antithesis

di Jigokuko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Eterna nebbia ***
Capitolo 2: *** 1 - Non ho bisogno di uno specchio ***
Capitolo 3: *** 2 - L'esistenza che non esiste ***
Capitolo 4: *** 3 - La peggior giornata di sempre (fino ad ora) ***
Capitolo 5: *** 4 - La giornata si riconferma una schifezza; adesso è pure peggio. ***
Capitolo 6: *** 5 - Stupidaggini ***
Capitolo 7: *** 6 - Cose da donne... odio le cose da donne ***
Capitolo 8: *** 7 - Vetro scarlatto ***
Capitolo 9: *** 8 - Lacrime ***
Capitolo 10: *** 9 - Tutorial: quando e come svolgere un'autopsia ***
Capitolo 11: *** 10 - Montagne russe... amo le montagne russe! ***
Capitolo 12: *** 11 - Pezzi che non combaciano ***
Capitolo 13: *** 12 - Il drago nel cielo ***



Capitolo 1
*** 0 - Eterna nebbia ***




0

Eterna nebbia


"Il tempo è qualcosa di ineluttabile, non si può andare incontro ad esso.
Il tempo non scende a compromessi, il tempo è intoccabile, il tempo non è un gioco.
Eppure l'uomo pensa di poterlo usare a proprio piacimento, di potersi muovere nelle sue pieghe senza alcuna conseguenza.
La verità è che, presto o tardi, le ripercussioni arrivano sempre. Perché il tempo sa sempre quando ognuno si trovi.

E più si cerca di evitarlo, più la punizione sarà violenta. Non si può sfuggire al proprio destino."

***

Il dolore al petto era lacerante, non aveva mai provato nulla del genere. Quando, esattamente, aveva sentito qualcosa di simile, con la quale poteva fare una comparazione...? Più cercava di ricordare, più la mente si annebbiava e più domande sorgevano.
Si sedette a fatica, ma non vedeva nulla, il buio era totale. Tastò con le mani attorno a sé, constatando di essere su quello che sembrava un tavolo. Era freddo, liscio e duro. Ci bussò sopra con le nocche, il rumore era metallico.
Quando un'altra fitta si propagò nel suo petto e tracciò un percorso dalle spalle fino all'addome, strinse i denti e i pugni, incapace di comprendere ciò che stava succedendo nell'ambiente circostante. Sentì di nuovo dolore, questa volta anche alla gola; bruciava come se qualcuno l'avesse tagliata con un coltello affilato. Si portò le mani al collo in un tentativo di attenuarlo, ma fu inutile, inoltre esso era coperto da qualcosa di non identificato.
Dopo un po' tornò a non sentire più nulla, alzò il capo come se potesse vedere davanti a sé ed una domanda sorse spontanea: "chi diavolo era?".
Iniziò a toccarsi frettolosamente, partendo dalle gambe. Esse erano magre, avvolte per metà da un materiale liscio, forse stivali; salendo, incontrò un bacino dalle ossa particolarmente sporgenti. Tastarsi la pancia faceva malissimo, perciò passò subito ad un altro punto. Anche le costole erano percepibili facilmente.
Sul petto sembrava esserci un seno, ma era talmente poco che potevano essere benissimo i pettorali di un uomo -anche se, essendo pelle ed ossa nel resto del corpo, risultava improbabile-.
Passò al volto, del quale la pelle era molto morbida, poi salì fino ad avere tra le mani delle ciocche di capelli che, passandoci le dita attraverso, sembravano infinite.
Non era certo, ma aveva constatato di essere probabilmente una donna, o una ragazza.
Le serviva uno specchio.
Non fece in tempo a scendere dal tavolo che un'ennesima fitta la colpì; stavolta fu molto più acuta e si espanse anche alla testa, nella quale il dolore era forse decine di volte più forte. Iniziò ad avere una strana allucinazione, sembravano immagini, ma non riuscì a comprenderne nemmeno una perché esse scorrevano davanti ai suoi occhi ad una velocità esorbitante, facendole girare la testa.
Come un animale impazzito iniziò a dimenarsi e ad urlare; suoni di oggetti che cadevano e vetri rotti si mescolarono al suo grido di dolore, stridulo e sofferente. In preda al panico si mise a correre, schiantandosi contro un porta che, con il suo peso, si spalancò, buttandola fuori dalla camera buia in cui si trovava.
E subito venne accecata dalla luce artificiale, la quale la costrinse a chiudere gli occhi a causa del fastidio. Quando anche il dolore si ridusse semplicemente alle tempie che pulsavano, si prese un attimo di tempo per guardarsi attorno. Si trovava in un corridoio dalle pareti bianchissime ed il pavimento a piastrelle larghe, color avorio e talmente lucide e lisce da riflettervi sopra la sua sagoma. Tentò di discernere i tratti facciali da quella macchia nera, azzurra e verde, ma risultava impossibile. Sembrava di essere in uno spazio liminale, dove più ci si stava, più il senso di oppressione maturava. Uno sfarfallio della luce fredda del neon.
Il silenzio era assordante, il battito del cuore le rimbombava nelle orecchie e subito si accorse di avere una paura tremenda. Non ne capiva bene il motivo, forse perché sembrava così tanto un luogo asettico? I battiti si fecero più martellanti e la luce se ne andò per qualche secondo, salvo poi tornare all'improvviso.
Ma lei aveva già preso a correre; verso dove non ne aveva idea, seguiva solamente l'"istinto"... sempre se le sarebbe servito a qualcosa.

Quel luogo era un vero e proprio labirinto di corridoi tutti uguali, occasionalmente porte tagliafuoco ed altre finestre che davano su ulteriori camere -nelle quali non aveva il coraggio di guardare per paura di vedere qualcosa di cui si sarebbe potuta pentire-. Stranamente, non aveva incontrato nessun'altro durante la sua folle corsa e questo, nonostante fosse sospetto, non le interessò, perché la domanda sorse proprio nel momento in cui approcciò una porta a vetri, la quale si aprì automaticamente non appena fu abbastanza vicina.
Passata dall'altra parte, una brezza fresca le solleticò le narici; anche l'odore era ben diverso da quello di detergente a cui era stata sottoposta fino a quel momento. Era nuovamente buio, ma non abbastanza da rendere completamente nero l'ambiente circostante; eppure non vedeva comunque nulla a causa di una fitta nebbia, così densa che aveva la sensazione di poterla tagliare con un coltello se solo ne avesse avuto uno.
In ogni caso, ciò non era bastato a fermarla. Quel luogo, quell'edificio enorme la terrorizzava, se lo sentiva con il fiato sul collo nonostante fosse completamente inanimato... se avesse arrestato la sua folle corsa l'avrebbe presa e risucchiata nuovamente nei suoi corridoi labirintici, ne era certa!
Ma qualunque gara andava portata a termine e la sua si arrestò di colpo contro qualcosa che prese di faccia ad una velocità folle.
E buio fu.

Che sciocco inizio.

***

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***

Angolo autrice
Heeello! :D
Bene, l'inizio è uguale all'altra volta, solo con un po' più di spicy perché negli ultimi mesi sono diventata abbastanza logorroica nella scrittura (no in realtà mi sono resa conto che non mettevo abbastanza dettagli e spesso non si capiva un cazzo), spero lo preferiate al vecchio prologo lol.
Per chi non lo sapesse e non avesse letto l'avviso, ho deciso di riscrivere questa storia dall'inizio perché tante cose non mi piacevano (ma questa parte era stupenda quindi RIMANE), da alcuni eventi a come avevo gestito Akane ecc.
Questa versione in metodo di scrittura non sarà molto diversa; solite 3000 parole minime a capitolo e solita terza persona, ma questa volta cercherò di scrivere SOLO il punto di vista di Akane, vediamo se ci riesco. Non l'ho mai fatto e per me è una specie di "sfida". Detto ciò, spero possiate tornare ad apprezzare questa storia. Ci tengo, eh!

Jigokuko

P.S. il banner animato è stato aggiornato! Vi piace?
P.P.S. ridisegnerò anche la copertina, al momento ho poco tempo, ma arriverà sicuramente, non posso lasciare lì un disegno spastico di due anni fa.

 

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Capitolo 2
*** 1 - Non ho bisogno di uno specchio ***




1

Non ho bisogno di uno specchio


Un brusio, qualcosa sotto la testa la teneva sollevata. Non capiva nulla, la fronte pulsava ed il naso sembrava aver preso fuoco. Sentiva le labbra bagnate, il sapore era forte.
Si sentì scuotere delicatamente. Aprì le palpebre per uno spiraglio, buio.
Le venne toccato il viso e spalancò gli occhi di colpo. Davanti a sé, un paio di iridi, erano grige, ma non riuscì a discernerne il colore vero e proprio a causa della poca luce.

- ... Ah! Stai bene?

Gli occhi grigi parlarono— no, non erano bulbi fluttuanti, ma appartenevano a qualcuno.
Ancora rimbambita, si guardò attorno; il tizio in questione era un uomo, giovane, con i capelli blu che gli raggiungevano le spalle. Sul suo volto squadrato un'espressione preoccupata... solo dopo si accorse che, ciò che aveva precedentemente sentito sotto la testa, era il braccio di lui, avvolto attorno alle sue spalle in modo che potesse stare in una posizione semi-seduta.

- Cosa... chi sei? Dannazione, che male... dove mi trovo? Che è successo?

Mille domande tutte in una volta, doveva essere sembrata una scema.
... a proposito, quella era la sua stessa voce? Non ci aveva fatto molto caso quando stava urlando -il dolore era troppo forte per preoccuparsene-, perciò ne fu sorpresa. Era decisamente femminile, allora non si era sbagliata, in ogni caso aveva bisogno di guardarsi allo specchio, almeno per vedersi in volto.

- Ti ho vista prendere di faccia il lampione, hai dato una testata... è pericoloso correre così forte con una nebbia tanto spessa, il rischio di ferirsi è elevato...!-
- U—Un lampione? – Balbettò, sbattendo le palpebre un paio di volte, in imbarazzo. – Devi aver riso molto ad una scena simile...-
- In realtà mi hai fatto preoccupare, sai, il rumore di ferro che vibrava dopo la testata è stato assordante e sei crollata all'indietro con una violenza tale da farmi credere che fossi morta.- Né sul viso né nel tono di lui trasparivano accenni di divertimento, sembrava veramente in ansia per lei.
- Per favore, non infierire aggiungendo ulteriori dettagli. – Con un piccolo aiuto, si mise a sedere in autonomia. – La testa...-
- Ti fa ancora male? Io abito qui, posso darti del ghiaccio se ne hai bisogno... inoltre hai il naso che sembra un rubinetto aperto.-
Mistero risolto, ecco cos'era quel saporaccio in bocca.
- ... Devo fidarmi?-
- Se preferisci posso lasciarti in mezzo alla nebbia, ma a giudicare dalla velocità a cui correvi credo ti stessero inseguendo. Sbaglio...?-
- Saresti disposto a prendere in casa una tizia a caso così a cuor leggero? E se fossi un'assassina?-
- Non hai la faccia da assassina.- Le rispose, senza pensarci due volte.
- Che faccia ho?- Domanda genuina.
- La faccia di una che l'ha fracassata contro un pilastro di ferro da una tonnellata— sotto il sangue sembra esserci una ragazza, però, se potessi vederla per intero potrei giudicarla!- A questo tizio sembrava piacesse prenderla in giro, oppure era lui ad essere così e basta.
- ... Hai vinto, sembra.-

Lui le mostrò un largo sorriso, le avvolse di nuovo le spalle con il braccio ed in men che non si dica l'aveva tirata in piedi come se fosse fatta di carta. Solo in quel momento notò quanto fosse più alto di lei, faticava a raggiungergli le clavicole, in confronto a lei era un vero e proprio muro. Ad essere onesti, un po' le fece paura.
La condusse nella nebbia per pochi metri, finché non svoltarono l'angolo e scesero un rampa di cemento, la quale dava su quello che sembrava un enorme garage. Lo spazio al suo interno era parecchio ed aveva anche un secondo piano dal quale notava un frigorifero ed una cucina.
... Dov'era capitata?
Si voltò e, vedendolo togliersi la giacca, sussultò, allontanandosi di qualche metro. Quando la notò, alzò un sopracciglio, confuso.

- Che succede...?-
- Cosa vuoi farm— sapevo che non— non—- Il cuore accelerò i suoi battiti, lo sentiva martellare violentemente contro la cassa toracica.
- Eh...? Spiegati, per favore, non ho capito. Che ho fatto di sbagliato? Volevo solo darti la mia giacca, se non metti subito a mollo la tua maglietta rimarranno le macchie di sangue ed il giubbotto che porti tu mi sembra corto, potresti prendere freddo...-
- Eh?-
- Mh?-
- ... Ah.- Si ricompose. Aveva appena analizzato inutilmente tutto l'ambiente circostante per darsela a gambe.
- Allora...?-
- Non è un disturbo?-
- Se non tieni alla maglietta puoi rimanere anche così.-
... Effettivamente non sapeva se ne avesse un'altra, meglio non rischiare di dover andare in giro come una che è stata appena assassinata.
- ... Accetto, allora, grazie.-

Trovatasi in bagno, finalmente si vide riflessa in uno specchio.
Aveva la pelle bianca, cadaverica ed impregnata del suo stesso sangue, le labbra di un intenso rosa naturale, il naso piccolo ed all'insù, occhi azzurri dal taglio lievemente affilato e contornato da un ventaglio di ciglia scurissime e lunghe. Guardandosi i capelli aveva capito perché, tastandoli al buio, sembravano infiniti... lo erano veramente.
Di un intenso e lucido corvino, la frangia le copriva la fronte per intero -un vantaggio, l'eventuale livido non si sarebbe visto!- e formava una leggera onda che la faceva pendere verso la sua destra. A scendere, due ciuffi le si appoggiavano sul petto, mentre la chioma alle sue spalle raggiungeva addirittura le ginocchia, erano lunghissimi ed a primo impatto sembravano tantissimi, doveva essere un incubo prendersene cura... tutti i capelli, tranne la frangia, presentavano un gradiente di una sfumatura simile al celeste intenso dei suoi occhi. Tra tutto quel nero, a tenerli in ordine, spiccava un semplice cerchietto bianco.
Scendendo, notò un choker al collo, spesso e nero, con un anello di metallo al centro. Indossava una giacca di pelle anch'essa nera ed alcuni dettagli verdi sul colletto, aveva le maniche lunghe, ma raggiungeva i fianchi ed effettivamente non avrebbe potuto coprirla se non avesse avuto nulla sotto.
La maglietta incriminata era di un verde acceso macchiato da bolle rosse, sotto di essa se ne notava un'altra, a rete, che proseguiva lungo le braccia fino a diventare dei guanti a mezzo dito.
Portava degli shorts neri con qualche dettaglio verde e due catene di metallo pendevano ai suoi lati. Le gambe erano fasciate da delle parigine spaiate; quella di sinistra era a righe verticali nei soliti nero e verde e quella di destra era tutta nera, salvo per due sottili righe alla sua base.
Gli enormi stivali ai piedi complicavano l'outfit in maniera spropositata; neri, di pelle lucida, lunghi fino alle ginocchia e con ben otto cinture dalla fibbia argentata che partivano dal collo del piede e percorrevano tutta la calzatura. Sotto, un altissimo platform che, non contento, si alzava anche per dare la forma di un tacco alla scarpa.
Come avesse fatto non solo a camminarci, ma a correrci, lo sapevano solo le divinità.

Dopo essersi lavata il viso dal sangue -nonostante continuasse a scendere-, rimosse sia la giacca che la maglietta verde ma, quando rimase solo con quella a rete a maglie larghe, notò qualcosa di... strano.
Tolse anche quella. Terrore. Indietreggiò lentamente, fino a scontrarsi con la schiena contro le piastrelle gelate del muro, un brivido le percorse tutto il corpo, ma non di freddo.
Proprio nel punto in cui aveva avuto quelle fitte atroci, c'era un... un... abominio, non sapeva come altro definirlo. Partiva da entrambe le spalle, si univa al centro del petto e poi scendeva giù fino al pube; un'enorme ferita a forma di "Y", fatta con una precisione chirurgica. Arrossata e quasi violacea, sulla sua pelle bianchissima e tra le ossa sporgenti il contorno spiccava come un faro nella notte.
Provò a toccarla, ma il solo sfiorarla le provocava un dolore lancinante. E poi si ricordò di una cosa.
Meccanicamente, raggiunse il choker e se lo tolse, rivelando un altro taglio; era sul lato sinistro della gola, lunghissimo e frastagliato, ugualmente evidente a causa del rossore ed ugualmente doloroso.
Non resse e, crollando in ginocchio sul pavimento, soppresse un urlo piantandosi le mani in bocca. Da dove diamine venivano quei tagli? Chi glieli aveva fatti? Perché? Era per quel motivo che si trovava in una specie di laboratorio?
Non lo sapeva, non voleva saperlo, voleva solamente... cosa voleva, esattamente? Non sapeva nemmeno quello.
La luce sfarfallò un paio di volte, inquietandola parecchio, ma dopo un po' riuscì a riprendere un respiro regolare, raccogliere la maglietta bagnata di sangue e mettersi la giacca che le avevano prestato.
Dire che fosse enorme sembrava un diminutivo. Le raggiungeva le ginocchia e ciò voleva dire che, a causa delle enormi maniche, risultava impossibile usare le mani senza prima alzare le braccia al cielo e farle scendere.  La trovava molto bella con tutti quei colori, ma ciò che trovò stranissimo fu il suo interno: perché quel tizio aveva tutti quei cacciaviti, chiavi inglesi ed altri strumenti di cui non conosceva l'utilizzo ficcati dentro la giacca? Mistero. Non sapeva se averne paura -sarebbero stati un'ottima arma- o sentirsi al sicuro perché ora era lei ad averli. Ma in ogni caso la dovette chiudere, non voleva assolutamente che vedesse le ferite (o solo il suo corpo mezzo nudo).
Quando uscì dal bagno, lui la raggiunse poco dopo, prendendo la maglietta macchiata.

- Scusami, ci ho messo un po', il naso continuava a sanguinare...-
- Sta succedendo anche ora, attenta...! Tieni la testa alzata ed aspettami sul divano, metto questa ammollo e ti porto il ghiaccio e qualcosa per fermarlo.-

Obbedì e lui mantenne la parola. Tornò da lei con un pacco di fazzoletti; ne prese uno, lo spezzò in due parti e se lo mise nelle narici. Era ridicola, ma sempre meglio che sporcare vestiti non suoi.
Il ghiaccio se lo mise sulla fronte, pulsava ancora, ma il dolore era decisamente diminuito.
Il giovane la osservò in volto, pensieroso.

- A primo impatto il naso non sembra rotto, potrebbe solo diventare livido, la fronte—

Allungò una mano per spostarle la frangia, ma lei si ricordò che, al suo risveglio, anche la testa le aveva fatto male... e se avesse avuto una ferita simile anche lì? Si era dimenticata di guardarci! Come avrebbe reagito, lui, alla sua vista?
Spalancò gli occhi come un animale impaurito e si mosse all'indietro per evitare la sua mano, ma lui la raggiunse ugualmente. Le spostò i capelli e la sua espressione neutra non mutò, né lo vide sussultare... buon segno? Era immacolata?

- Penso che anche qui ti verrà solo un livido. Devi proprio avere la testa dura!- Ridacchiò, sedendosi accanto a lei sul divano.
Lei sospirò profondamente, tornando ad essere calma.
- Non hai risposto a tutte le mie domande, prima...-
- Oh, giusto, le hai sparate così a raffica che non ho avuto il tempo di elaborarle tutte.
Vediamo... una era "dove ci troviamo", giusto? – Annuì. – Come ben saprai ci troviamo a Nuova Domino, – No che non lo sapeva. – qui siamo in periferia, io e gli altri non possiamo permetterci qualcosa verso il centro.-
- "Altri"...?-
- Abito con tre amici! Si chiamano Yusei, Jack e Crow, tra non molto sicuramente li conoscerai, dovrebbero tornare presto.-
- Oh.-
- Nell'ultima domanda chiedevi chi sono. Il mio nome è Bruno, sono un meccanico, – Ora la giacca piena di cacciaviti aveva più senso. – tu come ti chiami?-
Silenzio.
Come... come si chiamava?
Si girò verso di lui, la bocca semiaperta, lo guardava negli occhi ma in realtà aveva lo sguardo perso.
- No—Non... – L'aria si bloccò nei polmoni, le mani nascoste dalle maniche erano chiuse a pugno e tremavano. – non lo so...- La voce uscì come un sospiro difficilissimo da udire, non era nemmeno sicura l'avesse sentito.
La pelle del viso di Bruno si irrigidì, come se avesse stretto i denti ed anche lui strinse i pugni, i muscoli delle sue braccia erano tesi.
- Come... non lo sai?- Anche la sua voce divenne un sibilo.
- Non me lo ricordo... fino a che non sono entrata in bagno e mi sono vista allo specchio, non conoscevo nemmeno il mio aspetto.- Lei inarcò la schiena e guardò altrove, realizzando sempre più la sua situazione.
Una mano le venne appoggiata sulla spalla, con una delicatezza tale da farle pensare di essersela solo immaginata.
- Mi dispiace. – Mormorò. – È stato lo stesso per me, tempo fa, sai?
Mi hanno trovato svenuto su una spiaggia e, al mio risveglio, per me era tutto estraneo.-
Lei si voltò di colpo verso di lui. Quante probabilità c'erano di incappare in una coincidenza tale?
- E... hai recuperato i tuoi ricordi? – Scosse il capo, abbassando lo sguardo. – ... anche a me dispiace, allora.
La verità è che sono fuggita da un edificio inquietante, sembrava un laboratorio, era enorme e pieno di corridoi, ma completamente vuoto. Mi provocava un senso di paura tale che il mio unico pensiero era quello di darmela a gambe.-
- ... Ed ecco come sei finita contro il lampione.-
- Esatto.-
- E non hai un posto dove andare, né un nome con cui essere cui essere chiamata. – Lei fece no con la testa. – ... Rimani qui.-
- Bruno, hai detto che siete in quattro, questo posto mi sembra stretto già per voi, non ci starà mai una quinta persona.-
- Almeno per stanotte, ormai è sera, non voglio che tu rimanga là fuori da sola e senza ricordi.-
- Io...-
- Per favore. Se c'è qualcosa che posso fare per aiutare qualcuno nella mia stessa situazione, voglio esercitare tutto il mio potere.-
- ... E va bene, ma chiedilo agli altri, deve andare bene anche a loro. Domani me ne andrò, non so dove, ma lo farò.-
- A patto che tu abbia un nome con il quale posso cercarti.-
- Scegline uno, allora.-
- Che ne dici di "Akane"? Vuol dire "Profondo Rosso", come quello che esce dal tuo naso!-
- Mi prendi in giro?! – Gli abbaiò contro, facendo mutare la sua espressione in un sorriso mite e sincero. – ... Effettivamente è carino, ma ometti il motivo quando lo dirai agli altri. È imbarazzante.-
- Lo è già, hai un fazzoletto insanguinato che ti esce dal naso, una giacca in cui puoi starci tre volte e mezzo ed una borsa del ghiaccio premuta sulla fronte.-
- Ecco, non aggravare!-

In quel momento, multipli rombi di motore iniziarono ad udirsi, susseguiti da tre moto che entrarono nel garage e si parcheggiarono al piano inferiore. Bruno si alzò dal divano su cui stavano, facendole cenno di aspettarlo; lei seguì la conversazione da lontano, cercando di sentire al meglio delle sue capacità.

- Com'è andato il collaudo?- Domandò l'unica voce un minimo familiare.
- L'accelerazione è superlativa, proprio ciò che cercavo, unica pecca una leggera instabilità in curva, ma abbiamo un gran margine di miglioramento.- Rispose una prima voce, sempre maschile.
- Vortice della Fenice va sempre, non c'era bisogno che ci ficcassi le tue manacce dentro!- Quest'altra era potente come un tuono.
- Invece la Blackbird ha sempre quel problema... speriamo di poterlo risolvere a breve.- La terza sembrava sconsolata.
- Non preoccuparti, Crow, io e Yusei riusciremo sicuramente a trovare una soluzione.
Ma in realtà c'è una cosa che devo dirvi, anzi, mostrarvi, venite con me.-

"Akane" -ancora le faceva strano quel nome- si fece piccola piccola e sperò di scomparire in quell'immensa giacca. Tre paia di occhi la stavano fissando, tutti con espressioni differenti in volto.
Il primo dei coinquilini di Bruno era un ragazzo dalla pelle olivastra, splendidi occhi blu tanzanite, un tatuaggio dorato sulla guancia sinistra e capelli neri con striature dorate, la guardava con un'espressione neutra, impossibile discernerne qualcosa.
Il secondo era altissimo, tutto vestito di bianco, i capelli biondi, la pelle chiara e due taglienti occhi viola che la fissavano da capo a piedi come se volessero giudicarla.
Il terzo era significativamente più basso, il suo volto era pieno di tatuaggi dorati simili a quello del moro, gli occhi grigi e capelli color carota tutti spettinati e tenuti in posa da una fascia. Lui era confuso, il suo sguardo passava velocemente da lei ai suoi compagni.

- Bruno, è così importante farci vedere una che ti sei portato a letto? Non ci interessa il vostro sesso violento!- Si lamentò il biondo; lei, senza parole, poté associarlo con una delle voci di prima.
- Ma che cavolo dici, Jack?! – Replicò il più alto, il suo volto era bordeaux, Akane non capiva se per rabbia, imbarazzo od entrambi. – Io e lei non— insomma, non è come credi tu!-
- Perché devi sempre saltare a conclusioni strane, zuccone? Dagli il tempo di spiegare!- Quello con i capelli arancioni gli inveì contro.
- Taci, Crow!-
- SMETTETELA, TUTTI E TRE! – Il moro, quello che tra tutti sembrava il più mite, sbottò di colpo, ammutolendoli. – Possiamo smetterla di dare simili prime impressioni? Questa ragazza non sembra nemmeno in forma. – Poi, si rivolse a lei. – Spero tu possa perdonare i miei compagni, spesso non sanno proprio come comportarsi. Io mi chiamo Yusei, penso tu conosca già Bruno, loro invece sono Jack e Crow. È un piacere conoscerti.-
- Piacere mio, io sono... uhm— A—Akane, certo.-
- Ora possiamo sapere le circostanze della tua visita? Non credo di averti mai vista prima.-
- Io— – Il suo sguardo passò velocemente da Yusei, a Bruno, all'ambiente circostante. – Sono qui perché... perché... è imbarazzante da dire, ma ho preso di faccia il lampione qui fuori e Bruno mi ha aiutata. Indosso la sua giacca perché ho sporcato la mia maglietta di sangue.-
- ... Ha sicuramente più senso della teoria di Jack. Ti sei fatta male?-
- Parecchio, ma ora sto meglio.-
- In realtà Akane ha un problema. – Bruno la guardò come per chiederle conferma e lei fu costretta ad acconsentire. – La verità è che si è scontrata contro il lampione perché stava scappando da un luogo che le faceva paura. Non ha alcun ricordo di sé; "Akane" è un nome provvisorio che le ho appena dato.-
- ... Dannazione, questo sì che è un problema.- Sospirò Yusei.
- Non dirmi che ci credi.- Borbottò Jack.
- Certo che ci credo, mi fido di Bruno.-
- E di lei?-
- Se lui si fida, mi fido anch'io.-
- E cosa dovremmo fare, noi? – Domandò Crow, passandosi le dita nel nido che aveva in testa. – Anche se volessimo ospitarla, – Il suo sguardo si spostò per un attimo sul biondo, il quale era molto contrariato. – non ci sarebbe lo spazio per un ulteriore persona, siamo già stretti noi quattro.-
- Ma è già sera, ormai non possiamo lasciarla fuori. Le darò il mio posto, però per favore, almeno stanotte...-
- Aspetta, Bruno, – Parlò lei. – non voglio rimanere qui se poi sarai tu a dormire male.-
- E cos'avresti intenzione di fare? Ce l'hai un piano?-
- Beh... no...-
- Perché non chiamiamo la pubblica sicurezza? Loro sapranno che farci.- Suggerì Jack.
- È solo per una sera, ci possiamo pensare domani a chiamare le autorità, ma vi prego, permettiamole di rimanere...-

Doveva ringraziare Bruno per la sua insistenza. Non aveva alcun coraggio di dirlo, ma l'idea del biondo non le piaceva affatto.
Era già stata sballottata in giro ed osservata da un sacco di facce sconosciute per troppe volte in poco più di un'ora, l'essere portata via dalla polizia ed interrogata per chissà quanto le metteva una certa ansia addosso.
Yusei la guardò. La sua espressione seria si era ammorbidita e sul suo volto era comparso un piccolo sorriso. Alla fine aveva ceduto -nonostante non le fosse sembrato contrariato sin dall'inizio- ed aveva accettato a lasciarla dormire da loro per quella notte. Aveva zittito Jack -certo che gli piaceva proprio litigare- e per Crow non c'erano stati problemi, si era dimostrato ben contento di aiutarla.

A cena preferirono non aggredirla di ulteriori domande che avrebbero potuto rovinarle l'appetito e la lasciarono un po' in disparte -ne aveva bisogno-, parlando per tutto il tempo di moto, duelli e, soprattutto Yusei e Bruno, di discorsi sulla meccanica di cui non aveva capito una parola. Doveva ammettere che, vedendoli discorrere con così tanta passione, le aveva scaldato il cuore e le aveva sortito una certa curiosità.
Successivamente, Jack e Crow andarono a dormire piuttosto presto, mentre i due erano rimasti a lavorare al progetto fino a tardi -Akane aveva provato a sedersi accanto a Bruno per assistere, ma adocchiate le prime righe di codice e quegli strani diagrammi sullo schermo aveva rinunciato all'istante-; lei, invece, era rimasta sul divano in un tentativo di addormentarsi.
Nonostante fosse esausta, non ci riusciva proprio, i suoi occhi rimanevano spalancati come quelli di un gufo. Sperava di non soffrire di insonnia e che quello fosse solamente un caso.
A notte fonda Yusei andò a dormire ed anche Bruno, il quale poi si stupì di trovarla ancora sveglia, spense il suo computer.

- Non ti senti bene?- Le chiese, a bassa voce.
- Credo solo di avere un po' di insonnia...-
- È normale, con la giornata che hai avuto. Ti va una camomilla? A me aiuta spesso.-
- Sì... grazie.-

Qualche minuto dopo era tornato da lei con due tazze fumanti, proponendole anche di prendere una boccata d'aria all'esterno. Nonostante si fosse trovata abbastanza contrariata, quando notò che la nebbia si era finalmente diradata cambiò idea. Vide per la prima volta la piazzetta in cui era capitata; il garage era attaccato ad un negozio di orologi, dall'altra parte della strada c'era un piccolo bar ed al centro una fontana... a pochi metri da loro il dannatissimo lampione. In lontananza sembrava esserci un mondo totalmente diverso; enormi grattacieli formavano lo skyline, le loro luci davano l'impressione che fosse ancora giorno.
Akane e Bruno si sedettero sul bordo della fontana ad attendere che la camomilla raggiungesse una temperatura umanamente sopportabile.

- Mi spiace di aver preso alcune decisioni al tuo posto... voglio anche scusarmi per il comportamento dei miei amici.-
- Non preoccuparti, capisco il tuo punto di vista. Non conosco nulla di questo posto, a pensarci ora avrei potuto seriamente cacciarmi nei guai. Dovrei ringraziarti invece...-
- Ho insistito perché ho preso subito a cuore la tua situazione. Capisco ciò che provi, lo smarrimento, la paura di non riconoscere i propri cari nemmeno trovandoseli davanti, non sapere il tuo stesso nome. "Bruno" non lo sento propriamente mio, vorrei conoscere quello vero, come vorrei sapere il mio passato, il motivo per il quale sono così competente ed appassionato di motori... e invece, più provo a ricordare, più sento la mia mente offuscarsi.-
- Quando mi sono svegliata ho provato la stessa sensazione. Era tutto buio, nel panico cercavo di capire qualcosa della situazione, ma era come se la verità si allontanasse sempre più da me. Ho paura di essere fuggita da qualcuno che volesse farmi del male e che ora mi stia cercando con l'intenzione di chiudermi nuovamente in quella stanza senza luce. Non... non voglio tornare là.- Nonostante fosse lui quello con le maniche corte e lei indossasse ancora la giacca, era quella a tremare di freddo, forse più per il terrore. Strinse la tazza bollente tra le mani.
- Akane...-
- Non voglio nemmeno andare dalla polizia. Se... se mostrassero le mie foto e chiunque mi avesse lasciata là venisse a riprendermi spacciandosi per un membro della mia famiglia? Cosa succederà?
A dire il vero non so perché te lo stia dicendo, per quanto ne so potresti essere una specie di complice a tutta questa storia. Sono capitata in questo incubo da pochissimo, eppure mi sento già terribilmente sola.-
- Di qualcuno dovrai pur fidarti, però. Credimi, tutto il mondo non è contro di te, là fuori ci sono persone disposte ad aiutarti. Io stesso voglio aiutarti, perché conosco queste stesse sensazioni e non le auguro a nessun altro.-
- Sei troppo gentile nei confronti di una sconosciuta.-
- Sei una sconosciuta anche per te stessa, Akane. Fammi essere il primo a crederci.-
- A patto che possa restituire il favore, non voglio essere l'unica a ricevere.-
- Allora stringiamo un'alleanza. Io e te contro tutti e contro la nostra stessa amnesia, ci aiuteremo a vicenda a recuperare le nostre identità.- Lui alzò la mano sinistra, offrendole il mignolo.
- Temo di dover accettare, allora. Vediamo fin dove arrivano due smemorati se uniscono le forze.-

Anche Akane alzò il mignolo, ma quando i due si toccarono, presero una forte scossa. Scombussolati, si guardarono per qualche secondo, scoppiando poi a ridere all'unisono.

***

2 |bozwvhmi vinaugokhd; 6:34 r.i., 15/06/pl
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Angolo autrice
Oggi sono molto felice perché stamattina ho finalmente preso la patente, quindi vi regalo un nuovo capitolo!! Come l'altro, è simile al vecchio, ma con qualche accorgimento in più e delle modifiche che rendano più sensato il tutto.
Il titolo di questo capitolo è una citazione alla canzone "Ich weiß es nicht" di Till Lindemann:
"Ich brauche keinen Spiegel
weiß nicht um mein Gesicht
Ich laufe fleißig nur bei Nacht
verstecke mich bei Licht"

Ovvero:
"Non ho bisogno di uno specchio
Non conosco la mia faccia
Cammino diligentemente solo di notte
Mi nascondo con la luce"

Se vi piace il tedesco sentitela perché è fantastica.

Come ultima cosa vi lascio con una serie di sketch inerenti al capitolo. Adieu!

Jigokuko

 

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Capitolo 3
*** 2 - L'esistenza che non esiste ***




2

L'esistenza che non esiste


Il mattino dopo Akane riaprì gli occhi al suono di un vociare, i toni erano familiari, ma era talmente a metà tra il mondo onirico ed il mondo reale che non capì né mezza parola, né da chi effettivamente provenissero.
Si alzò dal divano in cui aveva dormito e si mise a sedere, scrutando l'ambiente circostante con gli occhi assonnati.

- Oh, vedo che sei sveglia! – Solo dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte riuscì a mettere a fuoco la figura in piedi di Bruno. – La tua maglietta è asciutta, te l'ho lasciata in bagno per quando vorrai reindossarla.-
- Ti ringrazio... – Mugugnò, la bocca impastata. – devo anche restituirti la giacca.-
- Non c'è problema per quello, puoi tenerla quanto vuoi.-

Si alzò in piedi e, ancora frastornata, si diresse in bagno, approfittandone per sciacquarsi subito il viso e darsi una svegliata definitiva.
Trovandosi davanti allo specchio, però, riaffiorò il ricordo del giorno prima, quando aveva visto quegli orribili tagli sul suo corpo. Con le mani che tremavano, iniziò a tirare giù la zip della giacca di Bruno, finché le due parti non furono definitivamente separate.
La ferita a forma di Y era ancora impressa nella sua pelle bianca come il latte; quello, ahimè, non era stato un sogno. Erano vere e dolorosissime, fresche ma che non perdevano una singola goccia di sangue.
Si costrinse a distogliere lo sguardo ed a non pensarci; indossò la maglietta pulita e la sua giacca di pelle, per poi uscire. Doveva mascherare il suo essere profondamente turbata dal suo stesso corpo.

- Akane, conosci Duel Monsters?- Le domandò Yusei, dopo che entrambi furono seduti a tavola.
- "Duel Monsters"? ... Non mi dice nulla. È un gioco?-
- Proprio così, a Nuova Domino si è insinuato nella società al punto da mandare al macello chiunque non ne fosse portato. – Tra le mani aveva un mazzo di carte che successivamente le passò. Lei ci diede una prima occhiata, affascinata dalle illustrazioni ed un po' meno dalle didascalie chilometriche sotto di esse. – Nonostante non ci siano più leggi che regolino la vita in base alla bravura dei giocatori, gli abitanti amano profondamente questo gioco e quasi chiunque ha un deck, non ci sono distinzioni di età, né di genere o fazione.
Ho pensato che vederne uno potesse farti ricordare qualcosa...-

Akane deglutì, iniziando a fare ancora più attenzione a quei piccoli rettangoli di cartoncino tra le sue mani. Dopo un po', arrivò a comprendere che, in base alla cornice della carta, essa aveva un ruolo specifico; c'erano mostri, magie, trappole e i "synchro", accerchiati da un bordo bianco.
Tra quelli posseduti da Yusei, Guerriero della Strada e Drago Polvere di Stelle attirarono particolarmente la sua attenzione. Uno era una specie di robot umanoide con un'armatura dorata, mentre l'altro uno splendido drago bianco ed azzurro. Non sapeva se fossero forti, ma sicuramente erano molto belli da vedere.
Ma purtroppo non le suscitavano alcuna particolare emozione.

- Niente... sono interessanti, ma è come se le vedessi per la prima volta in vita mia.- Gli restituì il mazzo.
- È un vero peccato...-
- E se potessimo trattarlo ugualmente come indizio? – Bruno prese una delle sedie libere al tavolo. – Magari viene da fuori, in altri paesi il gioco non è importante quanto qui. Tu che ne pensi, Akane?-
- Ha senso, ma se fossi straniera o solo abitassi lontano da qui, perché ho ripreso conoscenza a Nuova Domino, chiusa in uno strano edificio? Più domande ci facciamo, più ne sorgono.-
- Il tuo caso sembra davvero complicato, – Disse Yusei, sistemando le carte nel portadeck. Oh, perché non aveva visto il resto. – la cosa migliore è chiedere aiuto alla polizia.-
- Io... non so se voglio andarci...-
- Come mai?-
- Non so, ho paura— non che io sia una carcerata fuggita di prigione, eh!-
- Che non sei una carcerata è palese.-
- ... Perché?-
Lui indicò il tatuaggio che aveva in viso.
- Se ti prendono sei marchiato a vita. Il tuo viso è immacolato.-

Lei si ritrovò a bocca aperta. Yusei era stato in prigione...? Sembrava una persona così gentile ed a modo, un po' fredda ma con nessuna malizia. Ora che ci pensava, il viso di Crow era ricoperto da quei simboli, perché le persone che più si erano preoccupate per lei erano degli ex-galeotti?
Il suo sguardo passò a Bruno e lo scrutò come se fosse alla ricerca di un simbolo dorato anche su di lui.

- Forse un giorno ti racconterò perché sono finito in quel postaccio, ma non me ne pento, se ora ho finalmente la libertà che ho cercato per anni.-
- Fa strano sentire che sei finito in carcere per guadagnare la tua libertà.- Yusei si limitò a sorridere.
- Tornando al discorso di prima, non abbiamo nessuna intenzione di chiamare una volante generica che ti porti via e ti chiuda in una stanza chissà dove. Ho conoscenze in alto, il Capo Investigatore ed il suo secondo in comando sono piuttosto in debito con me; solitamente sono loro ad appiopparmi compiti, è il momento di una piccola vendetta...-
- Il Capo Investigatore Mikage e l'agente Trudge sono brave persone, – disse Bruno. – mi hanno aiutato parecchio quando sono stato ritrovato sulla spiaggia, sono loro ad avermi fatto conoscere Yusei e gli altri.-
- È lui il compito che ti ha appioppato?- Disse Akane, indicando il meccanico con il pollice. Yusei si mise a ridere.
- Non è l'unico, ma essendo una risorsa così importante lo ospitiamo volentieri.-
- Hey, cosa sono, un cane?- Replicò l'interessato, fingendosi offeso.
- Lo vuoi un biscottino?- Lo prese in giro lei, vendicandosi un po' delle sue battute del giorno prima. Lui arrossì violentemente.
- Comunque, – Si schiarì la voce. – se proprio ti senti a disagio posso venire in centrale con te se ce ne sarà bisogno.-
- Lo faresti davvero, Bruno?-
- Certo, te l'ho detto che voglio aiutarti.-

***

Lo stesso pomeriggio, Akane incontrò due facce nuove.
Il primo era un uomo, possente, con la pelle scura, i sopracciglioni, occhi piccoli, capelli nerissimi ed una cicatrice molto evidente sulla guancia sinistra. La seconda era invece una donna molto più minuta, vestita in modo elegante, con due grandi occhi dorati ed i capelli color cobalto tagliati corti. Lui la metteva un po' in soggezione, doveva ammettere.
Mikage, la donna, l'aveva guardata in volto per capire se l'avesse già vista -magari in una lista di persone scomparse- e le aveva fatto qualche domanda; ma, nonostante il racconto di Akane, entrambi gli agenti non riuscirono a cavare un ragno dal buco. Capito che rimanendo in quel garage senza i loro strumenti non sarebbero venuti a capo di nulla, le proposero di portarla in centrale per fare ulteriori accertamenti.
Inizialmente lei era titubante e spaventata, ma alla fine accettò di andare con loro accompagnata da Bruno.

- Non sai proprio dove si trova il posto in cui ti sei svegliata?- Domandò Trudge, mentre guidava la volante. Akane e Bruno erano seduti dietro.
- No... avevo paura, non so nemmeno quanto ho corso tra la nebbia per ritrovarmi dove ho sbattuto la testa.-
- Sei sicura di non aver perso altri pezzi di memoria dopo esserti fatta male?-
- Assolutamente sì. Da quando mi sono svegliata i miei ricordi sono perfettamente nitidi, se ci penso mi viene in mente ogni singolo dettaglio, mentre se provo a pensare a prima di quel momento, inizia a venirmi il mal di testa e tutto si offusca.-
- Che strana situazione. Ma non preoccuparti, vedrai che ritroveremo i tuoi genitori in un batter d'occhio, con le tecnologie di cui disponiamo sarà un gioco da ragazzi.-

...
E non trovarono nulla.
Niente, meno di zero, un totale spreco di tempo.
Le avevano preso le impronte digitali, utilizzato software di riconoscimento facciale e tante altre procedure che le avevano fatto solo venire il mal di testa, ma sul suo conto non avevano trovato uno straccio d'informazione, sembrava che non fosse mai esistita fino al momento in cui aveva preso conoscenza.
Quando Mikage le comunicò la notizia sconcertante, Akane aveva avuto un mancamento ed era quasi svenuta sul pavimento, ma Bruno l'aveva salvata un attimo prima che si sfracellasse a terra. Si erano guardati e lei vide nei suoi occhi una profonda comprensione... in un certo senso era grata di avere qualcuno che fosse in grado di capirla ad un livello così alto. Lui sapeva cosa si provava a non sapere niente di sé, un'altra persona non avrebbe potuto immaginarlo fedelmente.
I due agenti le diedero ragione sul non diffondere le sue foto, la teoria sul suo presunto imprigionamento aveva molto senso e, con l'esperienza di casi precedenti dove mitomani cercavano di ottenere visibilità indipendentemente se positiva o negativa, si era deciso che fosse meglio evitare. Dovettero concludere il loro incontro con una promessa che avrebbero lavorato al suo caso in modo silenzioso e con il rilascio di documenti provvisori, in modo che potesse vivere una vita quantomeno normale nell'attesa di ritrovare quelli veri.

Usciti dalla Centrale, Bruno si incamminò per tornare a casa e lei, a pochi passi di distanza, lo seguiva. Trascinava i piedi, andava lentissima, non gli prestava attenzione -rischiando pure di perdersi, ma in quel momento era l'ultimo pensiero che aveva-. Dopo un po', lui se ne accorse e, a passi svelti, tornò indietro e la raggiunse.

- Non voglio che tu ti perda, Nuova Domino è enorme e piena di strade intricate.-
- Scusami...-
- Che cos'hai?- Le domandò, ma qualcosa le diceva che sapesse già la risposta.
- Sono solo stanca...-
- So che è stato un incontro snervante, ma si capisce a chilometri di distanza che non è quello il motivo per cui ti stai comportando così.-
- Non c'è altro, davvero...-
- Akane...-
- Credimi, p—per favore. – Le parole iniziarono a fuoriuscire a scatti, aveva la gola in fiamme. – Andiamo— – Un singhiozzo. – andiamo a casa.- Senza rendersene nemmeno conto, si ritrovò il viso fradicio di lacrime.
- Hey, non piangere... siamo solo all'inizio, non tutti i casi si risolvono all'istante, vieni qui. – Bruno la tirò delicatamente a sé e l'abbracciò stretta, inglobandola tra le sue braccia. – È capitata la stessa cosa anche a me, sai? Vivo con Yusei, Jack e Crow proprio perché su di me non esistono informazioni che siano stati in grado di ricavare con tutte le loro tecnologie.-
- Non posso stare da voi, non avete spazio.- La voce di lei era ovattata contro il suo petto.
- Troveremo una soluzione.
Mi dispiace che tu sia in questa situazione, per la polizia è quasi impossibile incappare in questi errori. Non è colpa tua.-

Si separarono e lui la guardò con quei profondi occhi metallici, il suo sguardo era serio, sembrava tutta un'altra persona rispetto a quella conosciuta solo un giorno prima.
Akane non riusciva a sostenere il contatto visivo ed i suoi occhi continuavano a spostarsi a destra e a manca come impazziti. Nervosa, iniziò a frugarsi nelle tasche alla ricerca di un fazzoletto per asciugarsi il viso; cercò in tutte e quattro quelle dei pantaloni e nelle due della giacca, ma quel che trovò nella sinistra era tutt'altro che un fazzoletto, al tatto sembrava metallo.
Ciò che uscì fuori fu una collana, più precisamente un medaglione: era abbastanza grande da riempirle la mano, dorato, di forma ovale e con impressa una farfalla al centro, attaccato ad una lunga catenella. Era tutto ammaccato e rovinato.
A guardarlo meglio sembrava doppio... un portafoto?!
Emise un verso stridulo, improvvisamente spaventata dall'oggetto come se le avesse bruciato le mani. Anche Bruno era sconcertato dalla visione.
Poco dopo notò però che il meccanismo di apertura era rotto e nemmeno tirando le due metà riusciva ad aprirlo, era durissimo e probabilmente incastrato. Lo passò a lui, il quale ci diede un'occhiata prima di passare alla pura e semplice forza bruta, ma nulla, non ne voleva proprio sapere.

- È strano, quando in queste cose il meccanismo si rompe non riesci più a chiuderle, non si sigillano!- Esclamò, ridandole indietro l'oggetto.
- Forse è una chiusura particolare... – Ipotizzò lei, passando il pollice sulle ammaccature che rendevano la sua superficie irregolare. – per il momento dovremmo rassegnarci.-
- Ora come ti senti? Ti è passata la crisi di pianto?-
Akane annuì debolmente.
- Sono ancora scossa... speravo così tanto di trovare qualcosa...-
- Non preoccuparti, troveremo la "vera" te.-

Quando arrivarono a casa era ormai il tramonto, il cielo aveva iniziato a tingersi di giallo e le ombre erano diventate infinite. Akane notò che al bar di fronte, in uno dei tavoli esterni, c'erano sedute tre persone. Il primo lo riconobbe come Yusei, l'altro era Jack e, vicino a lui, l'ultima era una ragazza. I suoi capelli neri erano lunghi e lisci ed indossava degli spessi occhialoni rotondi che le nascondevano gran parte del viso.
Quando il moro li notò, fece loro cenno con il braccio, invitandoli a sedersi.

- Allora, com'è andata?-
Akane sospirò.
- Non hanno trovato nulla. Mi hanno solo dato dei documenti provvisori.-
Yusei schiuse le labbra, sconcertato. Anche Jack e la ragazza sembravano sorpresi.
- Cavolo, non me l'aspettavo. Di solito la polizia non ci mette nulla a scoprire queste informazioni, i cittadini di Nuova Domino sono tutti schedati, sarebbero in grado di trovare nome, cognome e data di nascita anche ad un'unghia tagliata via dieci anni fa. Carly, tu hai qualche idea?- Disse, voltandosi poi verso la ragazza.
- Uhm... – Lei ci pensò su, incrociando le braccia e guardando in alto. In quel piccolo frangente arrivò una cameriera a servire una tazza di caffè a Jack e lasciando un volantino sul tavolo. Bruno si mise a leggerlo. – alla luce di ciò che mi avete raccontato, credo anch'io che la possibilità che venga da fuori sia valida... ed ora il mio sospetto si estende anche a Bruno, date le situazioni simili. Siete sicuri di non esservi mai visti prima d'ora? – Akane e Bruno si guardarono, per poi scuotere il capo. – Interessante... sarebbe un ottimo scoop.-
- Per favore, Carly, non scrivere articoli su di loro.-
- Eh? E perché?- Quella che a quanto pare doveva essere una giornalista sembrò cadere dalle nuvole.
- Perché se fossero stati coinvolti insieme in qualcosa di losco, metterebbe tutti in pericolo, non possiamo sapere a cosa andremmo in contro. Se ad Akane e Bruno fosse successo qualcosa di grave che ha fatto perdere loro la memoria nello stesso momento e chiunque sia stato a fargliela perdere li trovasse, cosa potrebbe fare a noi e a loro?-
- Ma Yusei, cosa ti fa pensare che io e lei siamo stati coinvolti nello stesso incidente? Io sono stato trovato tre mesi fa su una spiaggia, mentre lei in quello che sembrava un laboratorio!- Replicò Bruno, rigirandosi il volantino tra le mani.
- È solo un'ipotesi, non possiamo escluderne nessuna... è che le vostre storie sono molto simili.-
- Per me c'è qualcosa sotto. – Disse Jack, bevendo un sorso del suo caffè. – Siete sicuri di non essere spie mandate qui per rubare i dati del nuovo motore?-
- Il che—?- Domandò Akane, confusa.
- Non dire cavolate, Jack! – Bruno gli abbaiò contro. – non abbiamo tempo per pensare a scemenze simili, Akane ha bisogno di un posto dove stare, ora è la priorità.-
- Sicuramente non la mia.- Replicò il biondo, bevendo un altro sorso.
- Basta, smettetela. Litigare non ci porterà a nulla. – Santo Yusei si mise in mezzo prima che quei due facessero cose di cui si sarebbero potuti pentire. – Bruno ha ragione: dobbiamo trovare una sistemazione ad Akane, non possiamo farla dormire sul nostro divano in eterno, non è nemmeno giusto che viva con quattro uomini.-
- Perché non vieni da me? – Carly la guardò, beccandosi un'occhiataccia da Jack. – Puoi pagarmi metà dell'affitto, gradirei volentieri la compagnia di un'altra ragazza.-
- E come faccio a pagare...? Non ho soldi— – In quel momento, Bruno le mise sotto il naso il volantino. – ... cercano una cameriera? Non ho alcuna esperienza, non mi prenderanno mai.-
- Fidati, considerando quella che c'è adesso, non sarà difficile per te fare di meglio. – Il sorriso sul volto della ragazza sembrava un po' troppo ampio. – Hai detto che ti hanno rilasciato dei documenti provvisori, no? Con quelli potrai sicuramente lavorare. Io non abito molto lontano, raggiungeresti questo posto in pochi minuti anche a piedi.-
- Sembra una buona idea, ma sei sicura di voler ospitare una sconosciuta in casa tua?-
- Se la sconosciuta può aiutarmi a dimezzare l'affitto, volentieri.-
- ... E va bene. Tanto, che alternative ho?-

Akane si alzò dal tavolo e, stringendo nervosamente il volantino tra le mani, si avviò dentro il locale. Subito si beccò gli sguardi della cameriera di prima, una ragazza dai corti capelli castani e l'aspetto ordinario, ed un uomo dietro al bancone, con i capelli viola, una leggera barba e tondi occhiali sul naso. Essere completamente sola non aiutava la sua ansia, a quell'ora non c'era neanche un cliente -infatti si era chiesta perché diamine Jack stesse bevendo caffè proprio adesso, mistero-.

- Buongiorno...- La sua voce uscì flebile, tremolante come una candela alla sua imminente morte. Avrebbe dovuto dire "buonasera".
- Buongiorno! Cosa posso fare per te?- Quello che doveva essere il capo aveva invece una voce altissima e squillante.
Lei si avvicinò al bancone, mostrandogli il volantino tutto stropicciato.
- Ho visto che cercate una cameriera... e...-
- Volevi proporti?-
- Sì, ecco... avrei bisogno di—-
Si ritrovò il suo sguardo penetrante a pochi centimetri dal naso. Spaventata, indietreggiò di un passo, ma lui continuava a guardarla come se le stesse facendo una radiografia.
- Perfetto! Cercavo proprio una come te, sei assunta!-
- ... Eh?-
- Eh?!- Anche l'altra cameriera emise un verso di sorpresa.
- Ho bisogno di una cameriera che abbia lo stile dei giovani di adesso: capelli colorati, vestiti e accessori di pelle, scarpe inutilmente piene di fibbie e dettagli e tu possiedi tutto ciò! Mantieni quel collare con l'anello, – Non che avesse voglia di levarselo – gli stivali e le punte dei capelli blu e potrai rimanere qui quanto vuoi!-
- Capo, vuole davvero assumere questa qui solo perché è una gotica?- Cosa diamine era una "gotica", adesso?
- Le gotiche vanno di moda! E poi è anche molto carina, la sua sola presenza attirerà sicuramente molti nuovi clienti, soprattutto tra i giovani! Se non ha alcuna esperienza, insegnale, vedrai che imparerà in fretta.
Come ti chiami, ragazza?-
- A—Akane!-
- Benissimo, Akane, noi apriamo alle sette e mezza, ma il personale si trova qui alle sette, domani sarà il tuo primo giorno. Benvenuta al Cafe la Geen!-

Akane uscì da lì ancora più frastornata di quanto già non fosse... che giornata intensa. Divulgata la notizia, tutti erano felici per lei -tranne Jack. Lui sembrava averla presa in antipatia senza alcun motivo- e, successivamente, lei e Carly si separarono dal gruppetto per dirigersi alla sua auto. Era piccola, giallo canarino e scassata; sembrava molto vecchia a giudicare dalle altre che aveva visto in giro... in realtà la trovava molto carina.

- Forse dovremmo presentarci un po' meglio, ora che siamo finalmente sole. Io sono Carly, faccio la giornalista! Mi occupo principalmente di duelli, ma in realtà mi interessa ogni storia, purché ci sia del mistero.-
- Io sono Akane e... scusami, non saprei come presentarmi a dovere... sono Akane e... e basta, questo non è nemmeno il mio nome e di me non so nulla— ti fidi davvero ad ospitare una così?-
Carly scoppiò a ridere, accendendo il motore.
- Mi piacciono i misteri e tu sei un mistero. Yusei mi ha raccontato la tua disavventura e vorrei aiutarti a venire a capo di tutta questa storia, mi dispiace molto per ciò che ti è successo. È nel mio DNA di reporter scoprire informazioni, non me ne starò qui con le mani in mano!-
- Non so come ringraziarti...-
- Oh, non farlo— e, e poi ho bisogno di soldi perché mi pagano poco e niente, dimezzare l'affitto sarebbe la cosa migliore.-

Durante il breve viaggio, Akane si guardò attorno per tutto il tempo, cercando di memorizzare punti chiave dell'ambiente circostante in modo da ricordarsi come percorrere il percorso a ritroso il giorno dopo. Si accorse che, più ci si addentrava in città, più gli alberi sparivano e venivano sostituiti da cemento, enormi edifici pieni di finestre illuminate e locali dalle mille luci al neon colorate; il distacco lo aveva notato parecchio nella sua "passeggiata" dalla stazione di polizia al Cafe la Geen avuta con Bruno... Nuova Domino sembrava una città davvero intricata e chiassosa, dove le moto erano molto più numerose delle auto, ed in qualche modo lei si sentiva a disagio, troppo piccola per una realtà tanto grande.

Carly parcheggiò e le due ragazze si diressero in un condominio; stonava con quelli adiacenti perché piuttosto basso e poco moderno, non c'era l'ascensore e le porte si aprivano ancora con le chiavi, al contrario delle tessere magnetiche usate nei complessi più nuovi.
In realtà, l'aria vintage dei muri ingialliti le piaceva, la faceva sentire più a suo agio.
Il loro appartamento si trovava all'ultimo piano e, come aveva immaginato da fuori, era spartano. All'ingresso c'era una grossa pianta a foglia larga -finta-, il corridoio era stretto, a sinistra una grande stanza comprendeva sia cucina che soggiorno, la prima porta a destra portava alla camera da letto -Carly le aveva detto che avrebbero dovuto dormire in un letto matrimoniale per il momento, ma a lei importava sinceramente poco. Tutto era meglio del divano della notte prima-, la seconda dava sul bagno e l'ultima, infondo al corridoio, era una stanza non arredata, piena di scatoloni.

- Può pure posare qui i suoi bagagli, signorina.-
- La ringrazio, aspetti che metto giù le mie valigie invisibili.- Akane entrò nella stanza vuota fingendo di portare dei pesanti bagagli, che mise al centro della stanza.
Le due si guardarono per qualche secondo e si misero a ridere.
- Non preoccuparti, posso prestarti io qualcosa. I miei vestiti ti saranno un po' grandi, ma finché non ne avrai altri puoi prendere ciò che vuoi.-

Dopo cena, Carly le prestò uno dei suoi pigiami. Per l'ennesima volta si vide nello specchio senza vestiti e per l'ennesima volta rimase schifata dalla sua pelle deturpata. Ogni volta che si svestiva sperava, pregava, non ci fossero più i tagli, ma a quanto pare la forza del pensiero non serviva proprio a nulla.
Si infilò la maglietta del pigiama; le stava un po' larga, ma non abbastanza da denudarla. Il problema era la gola.
Non poteva certo andare a dormire con il choker addosso, Carly si sarebbe certo insospettita. Cosa fare...? Cosa? E se l'avesse vista? Come avrebbe reagito? Cosa le avrebbe detto?
Iniziò a sudare freddo, il respiro si fece affannoso, la testa girava e la sua visione si distorceva sempre di più. C'erano delle immagini, velocissime, macchie color cemento. Non riusciva a concentrarsi su nessuna di esse a causa del dolore lancinante che l'aveva completamente pervasa.
Aprì la bocca per urlare, nessun suono uscì. Faceva malissimo, come se qualcuno la stesse prendendo a coltellate così violente da aprirle la testa come un cocomero.
L'ultima cosa che vide prima di crollare in ginocchio sul tappeto fu un singolo occhio sinistro dall'iride scurissima, quasi nera, lo stesso grigio di una nuvola temporalesca. Era assottigliato, la pelle attorno ad esso raggrinzita a causa del movimento innaturale. La fissava.
Il dolore lancinante scemò velocemente e, l'istante successivo, tutte le luci si spensero, lasciandola al buio. Sentì un urlo provenire dall'altra stanza e, senza pensarci troppo, coprendosi il collo alla bell'e meglio con i capelli, uscì dal bagno, raggiungendo la fonte della voce, ovvero la cucina.

- Che succede? Carly?-
- Akane! – Nel completo buio si sentì afferrare e stringere fortissimo. Cercò di trattenere un gemito di dolore. – Mi sono presa un tale spavento...-
- È solo scattata la luce, hai paura del buio?-
- No, non è questo, – La luce tornò e finalmente la giornalista si staccò da lei. – la città è alimentata da un reattore ad Energia Perpetua chiamato Momentum, è fisicamente impossibile che salti la luce da un momento all'altro. Mi ha presa alla sprovvista, credevo ci sarebbe stata una catastrofe!-
- Che esagerazione... staranno solo facendo dei lavori.- Akane era perplessa.

Poco dopo si ritrovarono nello stesso letto, entrambe esauste. Carly a sinistra, verso la porta, ed Akane a destra, verso la finestra.
Quella sera faceva abbastanza freddo, perciò si erano tirate le coperte fin sul mento.

- Sai, Akane, dovresti ringraziarmi nuovamente per averti salvato da quei quattro. Non so quanto tu abbia visto, ma spesso stare in mezzo a loro vuol dire subirsi litigi al livello scuola elementare.-
- Ti ringrazio anche per il letto, il divano su cui ho dormito ieri era meno comodo di una pietra.
Comunque capisco che vuoi dire... la prima volta che Yusei, Jack e Crow mi hanno vista hanno iniziato tutti e quattro a parlarsi l'uno sull'altro, pensavo di essere finita in un pollaio... – Carly nascose malamente una risata, finendo per farsi andare della saliva di traverso. – beh, in realtà è stato Jack ad iniziare tutto il casino partendo da un fraintendimento, Bruno gli ha risposto in modo goffo, Crow ha preso le sue difese e Yusei ha dovuto urlare contro tutti per zittirli e capire cosa diamine stesse succedendo.-
- Succede sempre così, non cambieranno mai... ma sono davvero delle brave persone, sei stata fortunata ad essere incappata in loro. Non sembra, ma anche Jack sotto sotto nasconde un grande cuore.-
- Siete fidanzati?-
- Cosa? No!-
- Huh? Strano, ho notato che lo guardavi così intensamente...-
- N—Non farti strane idee!- La giornalista si rigirò di colpo dandole le spalle e rubandole una porzione di piumone.
- E va bene, non dico più niente... buonanotte.-
- Buonanotte.-

***

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Angolo autrice

Ciao bimbi! Questa volta non ho molto da dire, solo che è uscito il nuovo album dei Ne Obliviscaris che aspetto dal 2018 ed è un fottutissimo capolavoro.
Vi lascio con la nuova copertina, alla prossima!

Jigokuko

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Capitolo 4
*** 3 - La peggior giornata di sempre (fino ad ora) ***




3

La peggior giornata di sempre (fino ad ora)


Un profondo respiro. Ormai era da un po' che era imbambolata davanti alla porta di casa come un baccalà.
Non era lunga la strada, poteva, doveva farcela. La verità era che aveva più paura di fare figuracce con i clienti che di effettivamente perdersi in quella città enorme di Nuova Domino. Ai casini era difficile rimediare senza coprirsi di ridicolo, mentre se avesse smarrito la strada sarebbe bastato chiedere ai passanti o cercare la polizia.
Dopo essersi, finalmente, decisa a mettere il naso fuori dall'appartamento, scese agilmente gli scalini a due a due e, ritrovatasi all'esterno, l'aria gelida del mattino la fece rabbrividire dalla testa ai piedi... oltretutto c'era ancora un po' di buio, il che rendeva il paesaggio lievemente inquietante.
Seguendo i punti di riferimento che aveva preso durante il viaggio in auto, riuscì a riorganizzare i suoi ricordi e costruire una mappa mentale che conducesse al Cafe la Geen. Il suo avere una memoria ferrea le faceva veramente strano – non sapeva nulla di sé, ma ciò che imparava si imprimeva nella sua testa in modo indelebile, tutto ciò aveva un che di ironico.
Per l'occasione aveva deciso di legare la sua lunga ed ingombrante matassa di capelli, di certo non poteva lavorare con il rischio che tutte quelle ciocche ribelli la ostacolassero; perciò, dopo un lungo rimuginare, aveva optato per un paio di trecce che aveva lasciato dietro la schiena, belle strette e corpose. Erano ancora lunghissime e le raggiungevano il bacino, ma di meglio non poteva fare -le piacevano troppo per tagliarli e anche solo pensandoci le sembrava di fare un torto a sé stessa... se erano così, un motivo c'era-.
Negli ultimi metri di tragitto aveva ripensato un po' ai due giorni precedenti, constatando che, per il suo bene e per evitare domande o situazioni scomode, d'ora in poi avrebbe mantenuto segreta la sua particolare "condizione"; se le avessero chiesto qualcosa, avrebbe semplicemente detto che si era trasferita da poco... per quello non era familiare con il posto.
Giunta al negozio, quando entrò il suono di un campanellino annunciò il suo arrivo e subito dopo si palesò il capo, sbucando dalla cucina.

- Buongiorno, Akane, vedo che sei già qui, molto brava, anche prima di Stephanie!-
- La ringrazio, ma può darsi che sia solo perché abito qui vicino... o questione di fortuna.- Più lui parlava a voce alta, più lei si sentiva piccola, nonostante la natura delle sue parole non fosse affatto minacciosa.
- Beh, che questa fortuna continui, allora! – L'uomo sorrise, facendole cenno di avvicinarsi. – Ti ho preparato un'uniforme, nella porta alla mia destra c'è una stanza in cui puoi indossarla. Fammi sapere se la taglia va bene, nel caso ne ordinerò un'altra.-

Trovatasi in camerino, esaminò gli abiti pregando che non fossero ridicoli e che soprattutto le stessero, aveva poca voglia di fare un primo giorno in un'uniforme troppo striminzita o, in alternativa, enorme.
Fortunatamente le andò bene, perché calzava a pennello; essa consisteva in una camicetta bianca con le maniche a sbuffo, il colletto era chiuso da una cravatta -diversamente da quella dell'altra cameriera, che aveva un papillon-, la gonna nera a vita alta arrivava poco sopra le ginocchia ed era sorretta da un paio di bretelle, in vita c'era legato un grembiule nero chiuso con un fiocco sulla schiena.
Non c'erano scarpe, perciò si tenne gli stivaloni -per sua grande felicità, non voleva proprio mettersele quelle orrende pantofole-.
Quando fu pronta ed uscì, nello stesso momento entrò Stephanie nel locale, la quale la guardò per qualche secondo di troppo. Akane decise di ignorarla e lasciarla andare in camerino, mentre lei si diresse di nuovo dal capo.

- La taglia è perfetta, non c'è bisogno di cambiarla.-
- Ottimo, ora scrivi il tuo nome su questo cartellino ed attaccalo sulla bretella sinistra ad altezza cuore, non appena Stephanie sarà pronta aprirò il locale.-

E ad Akane salì nuovamente l'ansia. Sarebbe stata all'altezza del compito? Era poco convinta che al capo bastasse solo una "gotica carina con i capelli colorati e gli accessori in pelle" – che poi, di nuovo, cosa diamine era una gotica?! Si sentiva così stupida a non saperlo, dato che pure un uomo di mezza età era al corrente di un termine "giovanile"... ma non conosceva nemmeno la sua stessa età, a quanto ne sapeva poteva avere quarant'anni e dimostrarne troppi di meno o averne nove e dimostrarne troppi di più; il tutto era un mistero, anche per colpa del suo corpo. Era minuta, molto bassa, estremamente magra, con un viso dai tratti delicati, una tavola davanti e dietro ma con fianchi sviluppati. Più si osservava, più il suo riflesso la confondeva, a volte credeva di essere una dodicenne ed altre una ventenne. Era uno strazio.

Per l'intera mattina Stephanie le insegnò il mestiere, facendosi seguire ed osservare mentre serviva i primi clienti abituali. La corvina era rimasta in silenzio ad assorbire come una spugna ogni minima informazione che l'altra cameriera le dava -non erano molte in realtà, anzi, quel poco glielo aveva detto in modo svogliato... forse non le stava simpatica. Non che le avesse fatto un torto- e, a ridosso di mezzogiorno, le era stato affidato il suo primo compito, portato a termine con ansia ma nel modo giusto. E così con i prossimi, acquistando più sicurezza man mano che sfrecciava tra tavoli e bancone con block notes o vassoi tra le mani.
Era stata fortunata, o quel lavoro le riusciva veramente -più o meno- bene? Solo il tempo lo avrebbe detto.

- Akane, – La chiamò il capo. – fuori si è appena seduto il nostro miglior cliente, vai a servirlo.-
- D—Davvero?- Deglutì lei.
- Certo, comportati come hai fatto finora ed andrà tutto bene.-

Mentre lei si dirigeva verso l'uscita, nel bar entrò Crow; portava una giacca gialla, aveva il casco in testa ed uno scatolone in mano – il giorno prima Yusei le aveva detto che per guadagnare qualche soldo lavorava come corriere, quindi probabilmente doveva fare una consegna. I due si salutarono ed Akane raggiunse il tavolo esterno.
... Il miglior cliente del Cafe la Geen era Jack.
Doveva aspettarselo visto che abitava letteralmente di fronte, ma in ogni caso le fece strano. Come al solito era vestito di bianco e viola, i capelli biondi perfettamente acconciati e due grossi orecchini scintillanti a forma di "A".

- Un Montagna Occhi Blu.

Non si voltò, non la degnò di uno sguardo, si limitò a recitare la sua ordinazione nel momento in cui l'aveva sentita arrivare. Antipatico.
Scrisse velocemente sul suo libretto e tornò dentro, trovandosi una tazzina già pronta per essere servita.

- Montagna Occhi Blu. Prende sempre la stessa cosa.- Disse il capo, sfoggiando un largo sorriso.

Akane trattenne un "che uomo prevedibile" e tornò fuori con il caffè, posandolo davanti a Jack.

- Ferma lì.-
- Jack, devo lavorare, non ho tempo di fermarmi.-
- Ho detto "ferma lì"-.

Il biondo non le diede il tempo di tornare dentro che l'afferrò per la cravatta e la condusse sulla sedia libera accanto a lui. Senza lasciarla, la fissò con i suoi occhi d'ametista. Il suo sguardo era pesante, faticava a sostenerlo.

- Che hai intenzione di fare?-
- Tornare ai miei compiti. Lasciami, per favore—-
- Non qui. Con Carly. Perché sei andata con lei?-
- Perché me lo ha offerto e non avevo un posto dove andare, mi sembra logico.-
- Stalle lontano.-
- Credo sia complicato, – Rispose lei, non riuscendo a trattenere un sorriso sardonico. – viviamo nella stessa casa.-
- Ascoltami bene: – Replicò lui, tirandole la cravatta in modo che fossero più vicini. – me ne frego se Yusei, Crow e quello stupido di Bruno si fidano di te, io non sono della stessa idea. Non so chi tu sia, né le tue vere intenzioni, ma sappi che se scopro che sei coinvolta in affari loschi e ci hai tirato dentro anche Carly, te la farò pagare. Intesi?-
Prima che Akane potesse formulare una frase, Crow uscì dal Cafe la Geen, veloce come un uragano.
- Jack, dannazione, sei sempre qui a buttare soldi per dello stupido ca— che stai facendo? Lascia andare Akane! – Il rosso si precipitò a dividerlo dalla sua cravatta. – Che ti salta in mente?!-
- Stanne fuori, Crow. Non sono affari che ti riguardano.-
- Non starò qui a guardarti mentre maltratti questa povera ragazza, non ti ha fatto nulla!-
- E tu che ne sai? Magari è una spia e finge di aver perso la memoria per avvicinarsi a noi e rubarci informazioni sul nuovo programma.-
- Ma ti senti quando parli?!-
- Se volete scusarmi, io torno al mio lavoro.- Disse l'interessata, alzandosi e dirigendosi all'interno. Crow la fermò.
- ... Hey, mi dispiace per ciò che è successo. Stai bene?-
- Non preoccuparti.- Si limitò a sorridere.

Dopo quello spiacevole scambio, Akane era rientrata come se nulla fosse, ma aveva notato Stephanie tentare in tutti i modi -fallendo- di non fissarla. Ma che aveva sempre da guardarla? Le bastava già Jack con le sue occhiatacce sospettose, non voleva un altro avvoltoio con il fiato sul collo.
Dato che tra le due era lei quella brava ad ignorare, la corvina aveva continuato a lavorare, stando però ben attenta ai movimenti dell'altra cameriera.
Il gioco di sguardi era diventato talmente strano e ridicolo da farle iniziare a pensare che fosse proprio quella tizia ad essere sospetta. Pensieri che tentò di scacciare afferrando una scopa e andando a spazzare l'esterno, giusto per prendere una boccata d'aria... forse era solo stanca.
Quando fu all'esterno, dall'altra parte della strada notò una figura alta e familiare, la quale agitò un braccio e si diresse da lei con passo svelto.

- Ciao, Bruno.- Disse, un po' svogliata, senza smettere di svolgere la sua mansione.
- Ciao, Akane! Come ti trovi qui? Stai andando bene?-
- Frena— – Lo interruppe, mettendogli una mano davanti al viso. – se non hai intenzione di consumare, non puoi disturbarmi... sono impegnata.-
Di tutta risposta, lui si andò a sedere nello stesso posto in cui era stato Jack.
- Adesso possiamo parlare?- Le mostrò un sorrisone. Akane sospirò.
- Ordina qualcosa e forse potrò spendere un minuto a far finta di servirti.-
- Un tè freddo allora, quello che vuoi.-

Nonostante lui si aspettasse che rimanesse lì, Akane tornò dentro a sottoporre l'ordine, poi tornò fuori, trovandolo ancora in procinto di parlare.

- Ora puoi dirmi tutto.- Disse lei, riprendendo la scopa.
- Quando finisci di lavorare?-
- Uhm, – Si girò verso l'orologio sulla facciata di Poppo Time. Le quindici e mezza. – Mezz'ora.-
- Oh, bene, è pre— – Il suono di un campanellino e Akane era di nuovo sparita nel locale, per poi tornare qualche secondo dopo con un bicchiere ricolmo di tè. – dicevo— è presto! Volevo chiederti se potevi venire al garage più tardi.-
- Non so... sono stanca...- Sbadigliò in modo poco elegante.
- Per favore...-
- Bruno, non mi sento più le gambe, davvero. Che c'è di tanto importante? Non posso venire un altro giorno?-
- Oggi ci sono Aki, Leo e Luna e mi sembrava un bel gesto presentarteli, potresti trovare nuovi amici e sentirti più a tuo agio! Prometto che dopo ti riporto io a casa se sei proprio esausta.-
- Ci penserò, ma non ti assicuro nulla.-

***

Alle fine decise di andarci. Ci aveva pensato un po' su e le era dispiaciuto far spendere dei soldi a Bruno per poi tornarsene a casa; da come Crow aveva sbraitato contro Jack per il caffè dovevano proprio essere al verde, quindi glielo doveva, o si sarebbe sentita terribilmente in colpa.
Tornata ad indossare i suoi soliti abiti -le erano mancati terribilmente, ora si sentiva di nuovo sé stessa-, attraversò la strada con un po' di ansia. Chissà com'erano questi "Aki, Leo e Luna"... sarebbe davvero riuscita a farci amicizia? Erano brave persone? Beh, se erano amici di Bruno, Yusei e gli altri avevano buone possibilità di esserlo, ma in realtà conosceva poco anche loro, quindi rimaneva tutto un ignoto.
Bussò alla porta del piano terra e, dopo aver udito un "avanti", entrò ed iniziò a scendere le scale dell'ingresso, passò a fianco della moto rossa di Yusei e salì l'altra rampa di scale, quella che portava al "salotto", tra innumerevoli virgolette. Ad accoglierla ci furono due facce conosciute, Yusei e Bruno, più altre tre che non aveva mai visto prima. La prima era una ragazza, seduta sul divano; aveva la pelle molto chiara, i capelli magenta tagliati corti dietro e più lunghi davanti, i suoi occhi erano color nocciola, caldi, contornati da uno spesso ventaglio di ciglia lunghe e scure. Era davvero bellissima.
Quando spostò lo sguardo alla sua destra, credette di vederci doppio: ad occupare il resto del sofà c'erano due ragazzini pressoché identici, entrambi con occhi di un dorato quasi verdognolo e i capelli verde acqua. Erano un maschio ed una femmina e si distinguevano perché lei era vestita di rosa e portava i codini, mentre lui di blu e con la coda di cavallo, senza quei dettagli era sicura fossero tranquillamente intercambiabili.
Akane alla loro vista rimase immobile con le mani giunte. La stavano guardando e lei aveva già iniziato a pentirsi di essere lì.

- Akane, sei venuta! – Il tono di voce di Bruno le diede uno scossone. – Sono felice che tu mi abbia ascoltato. Ragazzi, lei è Akane. Akane, loro sono in ordine Aki, Luna e Leo.-
- P—Piacere.- Balbettò lei, rimanendo comunque immobile sul posto.
- Ooh, allora sei tu! È vero che hai dato una testata al lampione là fuori talmente forte da far tremare la terra?- Disse il ragazzino, con una strana eccitazione nella voce.
- Leo, ti sembra il modo di parlare? Non penso sia stata una bella esperienza, è imbarazzante...- Gli rispose la gemella, mettendo il broncio.
- Eh? E perché? Io l'ho trovato fighissimo! Devi avere la testa proprio dura se non hai subito alcuna conseguenza!-
Akane iniziò a chiedersi se quella strana allucinazione avuta nel bagno di Carly fosse una commozione cerebrale dovuta alla sua craniata.
- Beh... immagino di sì...?- Disse, imbarazzata.
- Scusami per il comportamento di mio fratello, spesso sa essere indelicato, non sei obbligata a rispondere a tutte le sue domande. È comunque un piacere conoscerti, Akane.-
- Non fa niente, davvero, anzi ora che ci penso è strano che non mi sia successo niente. È stato un impatto molto forte.-
- È in quell'occasione che hai perso la memoria?- Domandò Aki. La corvina si congelò. Dannazione, avrebbe dovuto dire di non rivelare il suo segreto!
- No... stavo correndo in quel modo proprio perché non ricordavo nulla ed ero andata nel panico. Riconosco che non è stata una bella idea farlo nella nebbia...-
- Non puoi fartene una colpa, – Disse la rossa. – è normale fare cose senza senso quando si è in uno stato alterato. Non immagino quello che potrei fare io stessa se un giorno perdessi tutti i miei ricordi.- Congiunse le mani sulle cosce ed inarcò la schiena, abbandonandosi ad un sospiro malinconico.
- La nebbia dell'altro giorno era parecchio strana, – Commentò Yusei. – essendo così vicina al mare è spesso presente a Nuova Domino, soprattutto di sera o mattina, ma in tutta la mia vita non l'ho mai vista tanto fitta, densa e circoscritta. Un attimo prima non c'era nulla e quello dopo ti ritrovavi di fronte ad un muro bianco e non vedevi più ad un palmo dal naso. Non credo di essere mai andato così piano con la moto, né tantomeno Jack e Crow.-
- Per questo ero uscito, – Disse Bruno. – stavate facendo molto tardi ed ero preoccupato, dato che doveva essere solo un giro di prova. Poi mi sono ritrovato immerso nella nebbia e poco dopo ho incontrato Akane. Non l'ho quasi nemmeno visto l'impatto, ma il boato è stato fortissimo; avvicinandomi l'ho trovata a terra.
È una fortuna che fossi lì fuori!-
- Mi rendo conto di non averti ringraziato a dovere, senza di te forse starei ancora vagabondando nella più totale confusione.-
- Non dire così, non sono di certo l'unico al mondo che soccorrerebbe una persona in evidente difficoltà.-
- Ma l'hai fatto, quindi ti ringrazio. Anche a te Yusei, mi avete aiutata parecchio per essere una sconosciuta. E Crow, anche se non posso dire lo stesso di Jack—-
- Jack è fatto così, anche con Bruno ha avuto parecchie discrepanze, prima o poi si abituerà.- Rispose Yusei, sospirando.
- "Discrepanze"? Mi ha letteralmente dato un pugno in faccia nel primo secondo in cui mi ha visto.- Replicò Bruno.
- Beh, sembrava che volessi rubargli Vortice della Fenice—-
- Allora sono stata fortunata, a quanto pare. A me ha solo minacciato.- L'atmosfera si congelò all'improvviso ed Akane si ritrovò cinque paia di occhi, sgranati, a fissarla. Aveva detto qualcosa di male? Voleva scomparire.
- Jack ha fatto cosa—- Disse il meccanico, alzandosi dalla sedia e raggiungendola.
- Cr—Credo c'entri Carly, questo ha detto. Non lo so, non ho capito nulla...-
- Dannazione. Perché deve sempre fare così? – Iniziò a girarle attorno e ad osservarla come se fosse alla ricerca di ferite. – Ti ha fatto qualcosa? Stai bene?-
- Mi ha solo detto di stare lontana da Carly, – Rispose lei, mettendogli le mani sul petto ed allontanandolo gentilmente. Aveva bisogno d'aria. – nient'altro.-

Rimasero tutti in silenzio per un tempo che parve infinito, Bruno la guardava con occhi preoccupati, le pupille nascoste nel grigio metallico delle sue iridi. Fu lei a romperlo, prendendo di nuovo la parola.

- Comunque, uhm, ora che sapete della mia amnesia, ve lo chiedo per favore: non raccontatelo più a nessuno a meno che non abbiate il mio consenso. Sono giunta alla conclusione che, meno persone lo sanno, meglio è.
Adesso torno a casa, sono fin troppo stanca. A—Arrivederci.- Disse, per poi scendere frettolosamente la rampa di scale, ma Bruno la seguì.
- Ti accompagno...!-
- Non ce n'è bisogno, non voglio farti andare avanti e indietro.-
- Non voglio venire meno alla mia promessa.-

E così i due si incamminarono. Akane era in testa e lui le stava a pochi metri di distanza. Nessuno disse una parola per un bel po'.
Si sentiva abbastanza amareggiata, quella giornata non stava finendo nel migliore dei modi... non che fosse cominciata bene, in realtà. Tra le occhiatacce senza senso di Stephanie, lo scontro con Jack e la conversazione finita male, ora desiderava solo accasciarsi sul letto e non svegliarsi mai più. Si aggiungeva anche la giornata di lavoro sfiancante, ma quello era il male minore.
Il cielo aveva iniziato addirittura ad essere grigiastro, tanto per imbruttire ulteriormente il minestrone.

- Sei sicura che Jack non ti abbia fatto nulla? – Bruno le comparve vicino mentre era sovrappensiero, facendola sobbalzare. – Adesso siamo soli, puoi parlare liberamente.-
- Non è successo niente di grave, davvero, puoi chiedere anche a Crow quando lo vedi, era presente anche lui.-
- Cosa ti ha detto, esattamente?-
- Che se sono coinvolta in affari loschi e ci ho tirato dentro Carly, me la farà pagare. Forse perché gli piace, che ne so. Non me ne preoccupo perché non sono coinvolta proprio in nulla io, dovresti fregartene anche tu, senza chiedermelo dieci volte.-
Un lampo saettò nel cielo, seguito subito dopo da un forte tuono.
- Scusami, non volevo essere insistente, sono solo preoccupato per te.-

Non appena terminò la frase, fu come se una bacinella d'acqua gli si fosse rovesciata in testa. Il problema era che successe pure a lei.
In pochi secondi si era alzato un vento fortissimo e freddo, con annessa pioggia fittissima che quasi cadeva in orizzontale, inzuppando i due in un istante. Akane d'istinto afferrò Bruno per il polso e prese a correre più veloce che poteva, faticando a portarselo dietro perché più lento di lei, costretta addirittura ad andare controvento perché, ahimé, casa sua e di Carly si trovava proprio nella direzione da cui proveniva l'acquazzone. Se quella giornata era stata una schifezza, la pioggia (ed un probabile imminente raffreddore) era proprio la ciliegina sulla torta.
L'unica, piccola, insignificante, fortuna era che quando il tutto era iniziato loro erano già quasi arrivati. Non che fosse servito a molto, dato che erano comunque entrambi bagnati dalla testa ai piedi. Akane sentiva pure mutande e calze gelate contro la pelle, una sensazione a dir poco tremenda.
Arrivati davanti al condominio, ci si lanciarono letteralmente dentro e lei si accasciò contro la porta chiusa, bagnandola anche all'interno con tutto il pavimento. Bruno ansimava per la corsa, piegato in avanti e con le mani sulle ginocchia, l'acqua gli aveva appiattito i capelli contro la testa e sembrava un grosso cane bagnato. Con una sinfonia di tuoni in sottofondo, iniziarono a salire le scale lasciando scie bagnate ad ogni passo.
Quando Akane aprì la porta di casa, Carly comparve dalla porta della cucina.

- Akane! Hai visto che pioggia?
... Ah! Ma che ti è successo? ... E perché c'è anche lui?-
La corvina strascicò i piedi, la raggiunse con le movenze di uno zombie ed avvinghiò le mani alle sue spalle.
- Carly. – Disse, con una voce gutturale. – Ho il culo talmente congelato che non hai idea.-

... E fu così che i due poveracci si ritrovarono sul pavimento della cucina/salotto, con la giornalista che tentava di asciugarli alla meno peggio con un piccolo e scassato phon. Entrambi si erano liberati di scarpe, calze e giacca, i quali erano stati riposti sul termosifone. Akane si strizzò le trecce e da esse ne uscì talmente tanta acqua da poter riempire un acquario di aragoste.

- La mia domanda è la stessa: – Disse Carly. – Bruno, che ci fai qui?-
- Beh... volevo accompagnare a casa Akane. Anzi, dovrei chiederti scusa, – Si rivolse all'interessata. – se non ti avessi chiesto di fermarti al garage ora non saremmo fradici.-
- E chi sei, un medium? Quello del meteo? Non importa, non potevi mica saperlo. – Rispose Akane. – Oh, Carly! A proposito!-
- Cosa c'è?-
- Credo che tu piaccia a Jack, sai?-
- Eh?!-
- Sì! È così tanto preoccupato della mia presenza in casa tua che mi ha addirittura minacciata intimandomi di starti lontano. Non so bene di cosa abbia paura, cioè mi hai vista? Però immagino lo abbia detto perché tiene a te. In modo strano, ma è pur sempre affetto... credo?-
- Lui co— ehm— beh... – Carly si ridusse a balbettare, imbambolata e rossa come un pomodoro maturo. Ciò che la fece rinsavire fu il verso di dolore di Bruno, al quale il getto d'aria calda del phon aveva ustionato il volto, colorandolo di una simile tinta bordeaux. – ah, oddio, mi dispiace! – Lo spense. – Akane, dovevi proprio dirmelo ora? Con Bruno qui?- L'ultima frase la sussurrò, dimenticandosi che lui potesse sentirla benissimo.
- In realtà gliel'ho già detto, – La giornalista si mise le mani nei capelli, esasperata. – ma che problema c'è, scusa?-
‐ È... è imbarazzante!-
- Carly, se vuoi che rimanga un segreto non lo dirò a nessuno, – Disse Bruno. – per me non hanno alcuna importanza le questioni amorose di Jack. Piuttosto mi importa che non minacci le persone sulla base di nulla.-
- Beh... in effetti hai ragione. Che lo abbia fatto per il mio bene o no, i suoi metodi non mi piacciono per niente. Proverò a parlargli, ma conoscendolo non so quanta influenza possa avere...-

Detto ciò, riaccese il phon e continuò ad usarlo finché Akane e Bruno non furono abbastanza asciutti da potersi sedere sul divano. I due dividevano una pesante coperta che, avvolta attorno alle spalle di lui, faceva scomparire la ragazza. Nonostante questo, faceva un freddo cane e si ritrovò a tremare come una foglia. Probabilmente le sarebbe presto venuta la febbre e non le andava di dover già saltare il lavoro; che figura ci avrebbe fatto, dopo solo un giorno scarso? Non voleva certo essere tacciata come inaffidabile sin da subito.
Un ennesimo tuono fece tremare l'appartamento e, qualche minuto dopo, il cellulare di Bruno squillò. Era Crow.

***

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Angolo autrice
Cia
ououo, come al solito non ho molto da dire, con gli anni sono diventata logorroica nella scrittura ma nelle note ho perso il mio tocco(?).

Vabbè, non che vi interessino le mie peripezie.

Se però vi interessano i miei disegni potete seguirmi su twitter (RosenGaldr) o instagram (distorted.platinum). Sul primo posto più assiduamente, quindi boh se vi va ne sarei felice. E se avete soldi di cui non ve ne fate nulla, le mie commissioni sono sempre aperte. 👍🏻

Adios.

Jigokuko

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Capitolo 5
*** 4 - La giornata si riconferma una schifezza; adesso è pure peggio. ***




4

La giornata si riconferma una schifezza; adesso è pure peggio


Akane si era letteralmente arrampicata su Bruno solo per appoggiare anche il suo orecchio sul telefono, il tutto dopo aver sentito la voce di Crow parlare di "disgrazia". Era in silenzio, immobile, come una statua e con il sangue congelatosi nelle vene, ad ascoltare la conversazione che i due stavano avendo.

- Dove siete? Dì subito a Yusei e Jack di correre in ospedale!-
- Non posso, mi trovo a casa di Akane e Carly in questo momento.-
- Okay. Gli telefono io, ma sbrigati, è successo un casino!-
Chi c'è in ospedale?!-
- Trudge! È finito contro un guard rail, si è letteralmente accartocciato su sé stesso, è gravissimo!-
- V—Va bene, arrivo subito, aspettatemi là.-

Quando la chiamata terminò, Bruno ed Akane si guardarono negli occhi, sconvolti da ciò che avevano appena sentito. Lei saltò un battito ricordandosi della mole dell'agente incontrato solo il giorno prima; un omone grande e grosso come lui, gravissimo in ospedale e forse addirittura in fin di vita? Le sembrava impossibile, e le ricordava anche quanto il corpo umano potesse essere fragile.
Si chiese anche come fosse successo, che stesse guidando troppo forte sotto la pioggia battente? Un malfunzionamento della moto? O addirittura colpa di qualcun altro?
Bruno si alzò di colpo in piedi, facendola rotolare inevitabilmente sui cuscini del divano, e poi si diresse verso il corridoio spedito.

- Dove vai?- Carly si alzò dalla sedia su cui era seduta, correndogli dietro. Akane fece lo stesso.
- Non è ovvio? In ospedale!-
- Con il temporale? – Una saetta ed un tuono si susseguirono velocemente, come a voler dare man forte alla giornalista. – Se tornassi a casa tua a piedi ti infradiceresti nuovamente e, come se non bastasse, fare avanti e indietro ti farebbe solo perdere tempo.-
- E allora cosa dovrei fare...? – Lui abbassò il capo, come mortificato. Forse aveva capito quanto stupida fosse quell'idea. – Non voglio certo starmene qui con le mani in mano.-
- Possiamo andare tutti e tre con la mia auto, mi sembra la soluzione più sensata... e più asciutta.-
- Davvero lo faresti?-
- Certo. Dopotutto sono preoccupata anch'io e sicuramente lo è anche Akane. – Carly si voltò verso di lei. – Vuoi venire?-
- C—Certo!-

Per fortuna, almeno il vento fortissimo si era calmato, lasciando solo spazio alla pioggia scrosciante e, ulteriore fortuna, Carly parcheggiava sempre di fronte all'ingresso del condominio, cosa che aveva fatto anche il giorno prima, perciò il trio se la cavò con solo qualche goccia a bagnarli.
Carly era seduta al posto di guida, Bruno nel sedile del passeggero ed Akane dietro, accanto al finestrino destro. Mentre la macchina viaggiava, lei guardava il paesaggio urbano, il grigio dell'asfalto che si mescolava con quello del cielo, gli enormi edifici illuminati da mille insegne variopinte, le luci posteriori delle auto si riflettevano nelle gocce che cadevano sul vetro, amplificandone il bagliore e quasi accecandola.
Nuova Domino le stava facendo paura in quel momento, l'ululare del vento si insidiava nelle sue orecchie dandole fastidio tanto quanto le unghie su una lavagna, temeva che il mare potesse impazzire all'improvviso e decidesse di seppellirli sotto litri e litri d'acqua gelida, o che ci pensasse la pioggia stessa a farli annegare.
Le nuvole, le nuvole la terrorizzavano più di ogni altra cosa. Erano grigie, quasi nere, gonfie e ricoprivano tutto il cielo, quasi facendo calare il buio. Sembravano l'occhio giudicante che aveva visto nell'allucinazione. Le nuvole la stavano guardando con odio, l'avrebbero uccisa, l'avrebbero, l'avrebbe—
Un lampo squarciò il cielo, illuminandolo di bianco; la saetta, grossa e piena di ramificazioni, cadde in linea retta a chilometri di distanza. Ciò riuscì a distrarla al punto da farle distogliere lo sguardo e puntarlo sui suoi stessi piedi. Dopo il tuono, si rese conto che il cuore stava battendo talmente tanto forte da rischiare di distruggersi contro le costole. Il suo intero corpo tremava, era nel panico. Sapeva di starsi immaginando le peggiori catastrofi, che tutto era nella sua testa, ma nello stesso momento non riusciva a non immaginarsi una divinità, un colosso dagli occhi neri discendere dal cielo per venire a divorarla.
Occhi bianchi, labbra blu, cadaveri venuti dal mare per riportarla in quell'edificio liminale e chiuderla nella stanza senza luce—

L'auto di si fermò ed Akane trovò di nuovo il coraggio di guardare fuori, accorgendosi che la donna aveva parcheggiato. Il primo a scendere fu Bruno, poi Carly e, dopo qualche esitazione, scese anche lei. La pioggia continuava a cadere, perciò dovettero correre subito all'interno.
Anche quel posto le faceva paura. Le pareti ed il pavimento immacolati le ricordavano proprio il luogo in cui si era svegliata e la presenza di pochissime persone contribuiva ad amplificare tale sentimento.
Si sentiva le gambe flosce, più camminava e più si sentiva stanca. Il taglio sull'addome le faceva malissimo, costringendola ad avvolgere le braccia attorno ad esso, le dita arcuate dal dolore. Finché la corrente non saltò; le luci di emergenza non fecero in tempo ad accendersi che Akane si sentì cadere in avanti. Pochi secondi dopo, buio.

***

Non seppe quanto tempo dopo aveva riaperto gli occhi. La luce era tornata e ad accerchiarla c'erano i visi di Bruno e Carly, più un terzo sconosciuto; un uomo, forse sulla cinquantina, i capelli brizzolati e mezzo viso nascosto da una mascherina chirurgica.
Subito si allarmò, spalancò gli occhi. Panico, panico, panic—
Si dimenò, trovandosi immobilizzata da due infermieri, successivamente comprese di essere stesa su un lettino.

- Si calmi, signorina, sono un medico, voglio solo visitarla perché ha avuto uno svenimento improvviso. – Lei rimase muta, le pupille ristrette come un cervo illuminato dai fari di un'auto. – È caduta di faccia ed i suoi accompagnatori mi hanno riferito che è successo tutto in un istante. Mi conferma di non avere particolari patologie? – Nessuna risposta. – ... anche mentre era incosciente, aveva le braccia avvolte attorno all'addome, ne deduco che i suoi dolori provengano da lì.
Ora, non me ne vogliate, ma se non avete intenzione di parlare con me, io devo procedere. Devo comprendere la causa dello svenimento, è il mio lavoro, perciò ho intenzione di farle un'ecografia e controllare—-

Nel momento in cui continuava a parlare, l'uomo allungò la mano verso di lei, afferrando un lembo della sua maglietta per cercare di sollevarla e scoprirla.
Fu come se mille campanelli d'allarme avessero cercato di assordarla.
I tagli, i tagli sulla pancia, le ferite che la deturpavano—
Non seppe con quale forza, ma riuscì a liberarsi dalla presa dell'infermiere e tirare un gancio sinistro al medico, dritto nella tempia, punto assai debole del cranio. Mentre lui indietreggiava frastornato, Akane approfittò dello sgomento generale per buttarsi giù dal lettino e lanciarsi nel corridoio, senza alcuna meta né ragionamento. La testa diceva "corri!", e lei correva, oh come se correva.
Le pareti al suo fianco scorrevano velocemente, muri bianchi alternati da decine di porte in legno; tutto era estremamente uguale, era come se, dopo qualche metro percorso, il tempo si riavvolgesse e facesse ricominciare la sua corsa, ancora ed ancora, poteva quasi udire una voce ridere di lei e dirle che non sarebbe mai potuta scappare. Forse era la divinità della tempesta.
Ad un bivio andò a sinistra, ad un altro a destra, salì una rampa di scale e, facendo lo slalom tra medici, infermieri, parenti degli ospedalizzati e pazienti in grado di camminare, aveva conquistato anche il primo piano, scatenando un grande panico. Le persone erano confuse, alcune spaventate, altre avevano urlato perché la credevano una malintenzionata e, in poco tempo, i suoi inseguitori da due -Carly e Bruno- triplicarono, perché anche alcuni uomini avevano preso a correre e cercare di prenderla. Ma per qualche motivo lei era velocissima, letteralmente un fulmine, e nessuno riusciva anche solo ad avvicinarsi, lei sfuggiva loro come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo.
In qualche modo riuscì addirittura a fare dietrofront e tornare indietro verso le scale che conducevano al piano terra. Non voleva più stare in quell'edificio, ma la tempesta fuori imperversava, perciò il suo obiettivo era quello di seminare tutti, aspettare che pioggia, vento e lampi cessassero nascosta da qualche parte e poi, una volta che il cielo fosse tornato limpido, andarsene da lì.
Sì, era un buon piano, un perfetto piano... sarebbe stato facile, no? Vero? Era veloce, molto veloce!
Scese al piano terra sedendosi sul corrimano e scivolando giù, guadagnando ulteriore terreno, perso però a causa di un paio di persone sulla sedia a rotelle che fu costretta ad evitare. Percorsi altri metri, si voltò alla ricerca dei suoi inseguitori, notando Bruno in testa, gli uomini -un paio di infermieri, un tizio elegante ed un ragazzo giovane- a pochi metri e Carly per ultima, tutta trafelata.
Aveva margine di fuga, se avesse girato l'angolo a destra li avrebbe seminati.

... Se solo, a causa del suo essere girata, non si fosse schiantata -di nuovo!- contro qualcosa.
Fortunatamente non un altro lampione, né qualche oggetto in ferro robusto e pesante, ma cadde comunque per terra, sbattendo il fondoschiena sul pavimento. Una scossa elettrica di dolore si propagò per tutto il resto del corpo, fino a farle formicolare le dita di mani e piedi e digrignare i denti.
Quando riaprì gli occhi, la figura davanti a lei, anch'essa seduta per terra, le risultò immediatamente familiare.

- Yusei?!- Esclamò, osservando il giovane massaggiarsi il petto, punto in cui era stato colpito.
- Akane!-

La voce di Bruno provenne da dietro.
Spaventata, si rialzò in piedi e tentò di fuggire nuovamente, ma uno degli sconosciuti, più precisamente il ragazzino, la prese in tempo, avvolgendola completamente con le braccia in una morsa e sollevandola da terra. Akane iniziò a dimenarsi, a dirgli di lasciarla andare, ma lui in risposta la stringeva più forte, facendole anche un male atroce a causa della pressione sulla ferita.
La luce dei neon sfarfallò violentemente e lei entrò nel panico; cominciò ad urlare, a cercare di dargli dei calci o delle gomitate, eppure non servirono a nulla. Il respiro si fece pesante, la testa iniziò a girare, sentiva il sudore scendere lungo la fronte, ma al contempo un estremo freddo.
In suo soccorso vennero sia Bruno che Yusei, i quali la separarono a forza dalla presa del giovane. Quando i suoi piedi toccarono nuovamente terra, si fiondò dal moro, avvinghiandosi a lui come una piovra.
Lui rimase immobile, confuso dalla situazione in cui era appena stato tirato dentro a forza.

- Aiutami, aiutami, aiutami, aiutami—

Sussurrò lei, in un turbinio di parole, sempre la stessa. Stava tremando dalla testa ai piedi.
A quel punto Carly scacciò malamente gli intrusi, sgridandoli per essersi intromessi in affari che non li riguardavano ed aver solo peggiorato la situazione. Se ne andarono con la coda tra le gambe.
Yusei appoggiò le mani sulle spalle di Akane, allontanandola un po' da sé e forzando un contatto visivo tra loro. Compresa la sua instabilità, decise di portarla su una delle sedie della sala d'aspetto e mettersi accanto a lei.
Akane stava con la schiena inarcata, lo sguardo fisso ma sfocato, la paura negli occhi.

- Cos'è successo...? – Le domandò Yusei, ma non ricevette risposta. – Cosa diamine le hanno fatto?- Stavolta si rivolse a Bruno e Carly.
- Prima è svenuta all'improvviso, – Disse il meccanico. – allora abbiamo chiesto aiuto ed un medico del pronto soccorso l'ha portata in una stanza per visitarla. In quel momento ha ripreso coscienza, si è rifiutata di parlare, lo ha steso con un pugno e poi ha corso all'impazzata fino a quando non vi siete scontrati.-
- S—Steso? Con un pugno? – Il corvino rimase interdetto. Probabilmente si stava chiedendo come una magrolina come lei avesse potuto mettere K.O. un uomo adulto. A dire il vero non lo sapeva nemmeno lei. – Per quale motivo avrebbe dovuto fare una cosa del genere?-
- Lo ha colpito subito dopo che ha cercato di alzarle la maglietta.- Disse Carly.
- ... Pessimo, avrebbe dovuto chiederle il consenso. – Akane annuì velocemente. – ... Anche se ciò non ti autorizza a picchiare la gente. Stai bene ora? – Annuì di nuovo. – Ne sono contento. Per il momento penso sia meglio abbandonare il discorso ed aspettare che si calmi.-

Poco tempo dopo, i quattro vennero raggiunti da altre persone. Il primo era Crow, poi c'era Jack ed infine Mikage. Tutti e tre avevano un'aria seria ed abbattuta, specialmente la donna, la quale stringeva un tablet contro il petto come se fosse un tesoro.

- Allora eravate qui! – Disse Crow. – Abbiamo sentito un gran trambusto in lontana— che è successo ad Akane? Sembra morta.-
- Te ne parlerò dopo, non le va di sentire ancora questa storia, ora ha bisogno di calmarsi... – Gli rispose Yusei. – piuttosto, come sta ora Trudge?- Si rivolse a Mikage.
- Trauma cranico, cinque costole rotte, una ha quasi sfiorato il cuore... gamba sinistra spezzata in tre punti, un ginocchio è andato in frantumi e lesione al midollo spinale. – Parlò la donna, con la voce tremante. – I medici dicono che se anche solo sopravviverà sarà un miracolo, ma che potrebbe rimanere paralizzato a causa dei danni alla colonna vertebrale.-
- Cosa diamine gli è successo per essere finito in condizioni tanto gravi?!- Disse Jack, quasi urlando, i pugni stretti lungo i fianchi.
... Ghost. Lo chiamiamo così perché è come se fosse uno spettro; appare all'improvviso, miete una vittima e poi scompare nel nulla. La maggior parte di coloro i quali ci hanno avuto a che fare sono morti.
Da quando avete rifiutato la nostra richiesta di aiuto, Trudge si era messo in testa di volerlo catturare... ma purtroppo è finita così.-
- È... è quel criminale...? – Yusei aveva il capo abbassato, torturandosi le mani. – Avrei dovuto accettare, è colpa mia—-
- Se è per questo, Yusei, nemmeno io e Jack abbiamo detto di sì. Non era compito nostro, non siamo poliziotti.-
- Crow ha ragione, non possiamo prenderci questa colpa.-
- Ma se non avessi detto no, ora Trudge non sarebbe in fin di vita!- Alzò la voce, un tono di rabbia.
- E quindi, cosa cambia? Potrebbe esserci stato uno di noi, a questo punto!- Replicò Jack, ovviamente sovrastandolo.
- Ragazzi, state calmi, – Disse Mikage in tono pacato, cercando di mitigare gli animi. – qui l'unico e solo colpevole è Ghost, con i "se" e con i "ma" non si fa niente, dobbiamo mobilitarci per catturarlo prima che rovini altre vite.-
- Hai ragione, mi spiace di aver detto queste cose. D'ora in poi, ci impegneremo anche noi per essere il più d'aiuto possibile.-
- Grazie, Yusei, ma dovreste vedere una cosa importante.-

La donna trafficò con il tablet per qualche secondo, un'espressione sul suo viso tutt'altro che serena. Più i suoi polpastrelli pigiavano sul vetro dell'apparecchio, più sembrava nervosa. Successivamente, rivolse lo schermo verso di loro e fece partire un video.
Akane non ci capì molto, esso mostrava un duello ad alta velocità; l'autore del filmato -presubimilmente Trudge stesso- aveva messo sul terreno un mostro umanoide che aveva distrutto una specie di uovo sul lato avversario nel quale, subito dopo, apparvero altri cinque pezzi che si unirono insieme a formare un gigantesco robot bianco. Vennero saltati dei frame ed il guerriero del poliziotto era sparito, poi l'immagine si corruppe ulteriormente e la scena successiva mostrò solamente delle fiamme, detriti sparsi ovunque ed il robot il lontananza, immobile e minaccioso. Un ennesimo scatto ed esso era sparito.
Mikage ritirò il tablet.

- Questo è il video che abbiamo recuperato dalla scatola nera della moto di Trudge. Quel mostro... è lui il problema, anche in quelli girati dalle altre vittime accade la stessa cosa: l'uovo viene distrutto, evoca cinque parti ed esse si riuniscono per formare un'unica creatura.
Nonostante il filmato sia corrotto, i dati del duello dicono che Guerriero Goyo risultava equipaggiato nel campo avversario e che il suo attacco si era aggiunto a quello complessivo del mostro. Sembra che il suo effetto consista nel rubare i Synchro nemici.-
- Può rubare i Synchro...? E come dovremmo combatterlo, allora?- Yusei era rimasto scioccato.
- Un modo lo troveremo, – Disse Crow. – almeno ora sappiamo cos'è che lo rende pericoloso e possiamo prepararci al meglio.-

Akane era sconvolta dal video. Duel Monsters non era un gioco pressoché innocuo? Com'era possibile essere vittima di un incidente tanto grave dopo aver perso ad un banale gioco di carte? Non erano solo ologrammi quelli che si vedevano? Perché, invece, gli attacchi del robot sembravano aver fatto subire veri e propri danni ai suoi avversari?
Le vennero i brividi e fu costretta a rifugiarsi ancor di più nel suo cappotto di pelle; nessuno aveva più detto niente per un po' ed il silenzio era tombale, sembrava che il tempo si fosse improvvisamente arrestato.
Poteva forse c'entrare qualcosa con lei? Che avesse perso la memoria dopo essere stata sconfitta ed aver battuto la testa?
No, non aveva senso con le circostanze del suo risveglio, non sarebbe servito a nulla portarla e mollarla là; inoltre le carte che le aveva mostrato Yusei avrebbero sicuramente avuto un impatto più forte su di lei. L'ipotesi era da escludere.

***

Dato che Trudge aveva bisogno di estremo riposo dopo la lunga e complicata operazione, le visite vennero negate e furono tutti costretti a tornare a casa. Carly diede un passaggio a Bruno fino al garage -ormai si era fatta notte e, seppur poco, pioveva ancora- e poi le due ragazze tornarono al loro appartamento.
Akane era esausta e stava per fiondarsi dritta a letto, ma la sua coinquilina l'acchiappò per la collottola.

- Sei impazzita? Perché hai causato tutto quel casino oggi?- Aveva le mani sui fianchi e un'espressione arrabbiata forzatissima.
- M—Mi sono spaventata.- Cercò di tagliare corto lei, non aveva la minima intenzione di dirle "Hey! Lo sai che qualcuno mi ha aperta in due come un maiale?"
Uno spavento ti porta a tirare un gancio in testa al primo che cerca di farti una visita medica? Non oso immaginare cosa faresti se qualcuno ti minacciasse con un coltello!-
- Correrei in capo al mondo agitando le braccia.- Rispose con un sorriso sarcastico, talmente tirato e stanco che la sua faccia sembrava stesse per sciogliersi.
- Sono seria, io... falla anche tu. – Sospirò Carly. – È stato orribile vederti crollare improvvisamente a terra, non respiravi nemmeno, credevamo fossi morta! E poi, sempre dal nulla, hai ripreso conoscenza, scatenato l'isteria nell'ospedale e chissà dove saresti andata a finire se non ti avessero fermato...!-
In realtà un'idea l'aveva avuta, ma a ripensarci ora, con la mente lucida, era davvero idiota.
- Ascolta, ho avuto paura, tutto qui, non è bello svegliarsi accerchiata da un sacco di persone—-
- Ti trovavi già all'ospedale, che paura dovevi avere? Il medico voleva aiutarti, eravamo tutti preoccupatissimi!-
- ... Mi è sembrato di essere tornata a quel posto orribile in cui mi sono svegliata la prima volta, okay? Mettiti nei miei panni: sono sola al mondo, non so un niente di niente su di me e letteralmente il primo ricordo che ho sono io, al buio, su un lettino barra tavolo operatorio barra non so che cazzo fosse perché, appunto, era buio, pareti bianche tutte uguali, luci sfarfallanti al neon ed un labirinto di corridoi! Ti ricorda qualcosa? A me sì.-

Carly si congelò sul posto ed Akane ne approfittò per chiudersi in bagno.
Non avrebbe voluto reagire in quel modo nei suoi confronti, ma la sua insistenza l'aveva fatta irritare parecchio, complice tutta la stanchezza che aveva addosso. Era stata una giornata estremamente pesante e voleva solo dormire, il mattino dopo sarebbe anche dovuta andare a lavorare.
In silenzio se ne andò a letto, sprofondando in un sonno privo di sogni.

***

Quella domenica non doveva lavorare, il Cafe la Geen era aperto solo di mattina ed il capo aveva deciso di premiare la sua prima settimana di ottimo -a detta sua- lavoro lasciandole l'intera giornata libera.
Solitamente si sarebbe comunque recata là per andare a trovare Bruno e gli altri, ma stavolta aveva piani differenti. Fin da subito sapeva che non fosse una bellissima idea tornare in ospedale, ma era davvero preoccupata per Trudge e voleva andarlo a trovare ora che era possibile, perciò si era avviata da sola.
Prese la metrotreno -la quale un po' la inquietava; un sacco di sconosciuti stipati in un vagone non erano la sua cosa preferita- e dalla stazione si fece i suoi dieci minuti a piedi con più tranquillità. Arrivata in ospedale chiese informazioni, pregò di non essere riconosciuta come quella pazza che aveva fatto impanicare tutti e, scampato pericolo, raggiunse la stanza designata.
Nonostante la porta fosse aperta, bussò sullo stipite e fece capolino con la testa, trovando il poliziotto solo. Era bendato dalla testa ai piedi, la gamba sinistra completamente ingessata e sollevata da un marchingegno che somigliava ad una tortura medievale, ed il collo imprigionato in un collare ortopedico collegato ad un busto.

- Buongiorno, agente Trudge...- Disse lei, facendo qualche passo in avanti.
- Perdonami, potresti avvicinarti e dirmi chi sei? Mi è impossibile girare la testa, come penso potrai vedere.-
- Sono Akane...! Si ricorda di me?- Si avvicinò, facendo il giro del letto e mettendosi sull'unica poltrona che lui poteva vedere.
- Oh, la ragazza smemorata? Certo, certo... è difficile scordare qualcosa successo una settimana fa— oh, spero di non averti offesa. – Trudge cercò di mettersi a ridere, risultando solo in una smorfia di dolore. – Qual buon vento ti porta qui?-
- Ho saputo dell'incidente e volevo sapere come stava... ho visto il video del duello, è estremamente inquietante. È... è vero che rimarrà paralizzato...?-
- Per il momento, sembra. – L'espressione sul volto dell'uomo si rabbuiò. – I medici dicono che potrebbe essere temporaneo e spero che quei buoni a nulla abbiano ragione.
Diamine, non avrei dovuto intestardirmi in quel modo, non sono mica Yusei, faccio pena anche ad arrestare dei ragazzini sulle loro moto truccate, cosa mi è venuto in mente? Ed ora guarda, mi sono accartocciato e sono diventato inutile come il giornale dell'altro ieri, buono solo ad essere bruciato, ci ho quasi rimesso la vita e, per come sono messo, forse sarebbe stato meglio perderla, piuttosto che dover pisciare tutti i giorni in un catetere. – Ci fu qualche secondo di silenzio. – Scusa, scusami, tu sei qui per conforto ed io ti ho vomitato addosso tutte le mie frustrazioni.-
- Lo ha detto lei, sono qui per conforto. Se la fa sentire meglio, continui a parlare.-
- La verità è che non sto meglio un cazzo. Non voglio avvelenarti la giornata, bimba.
Però ascoltami bene, ti darò un solo consiglio: non importa quanto sembri figo, mai, mai fare un duello turbo, soprattutto finché non cattureranno Ghost, magra come sei ti romperesti in mille pezzi.
Sei intelligente, lo dicono i tuoi occhi, non c'è nemmeno bisogno che ti spieghi i dettagli. Se ci tieni alla vita e ai tuoi ricordi, sta lontana da questo mondo, Akane.-

***

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Angolo autrice
Ciao bimbi.
Se siete dei nuovi lettori, voglio specificare una cosa, così che il tutto vi risulti più comprensibile dato che l'ho rimossa dalla trama.
Questa storia prende gli eventi dell'anime e li rimescola come pare a me, almeno all'inizio, quindi non corretemi dietro coi forconi se alla prima apparizione di Ghost Bruno stava già con gli altri da un po', è tutto calcolato e prima o poi mi distaccherò completamente dall'anime, quindi fate finta che la seconda parte non esista, questo NON è un retelling con un self-insert appiccicato con lo sputo ed incastrato a forza nella trama originale.
Detto ciò, vi lascio con un paio di disegni. Adios!

Jigokuko

 

 

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Capitolo 6
*** 5 - Stupidaggini ***




5

Stupidaggini


Erano passate due settimane, tutti i giorni molto uguali tra loro, così simili da non valere la pena di essere raccontati.
La routine di Akane era sempre la stessa: sveglia presto, vai a lavorare, manda a quel paese Jack dopo l'ennesimo commento sgarbato, torna a lavorare, trattieniti dal picchiare Stephanie con una scopa dopo averti pestato i piedi per la centesima volta e confuso i tuoi ordini di proposito, finisci di lavorare, vai al garage, saluta tutti e chiedi se ci sono novità su Ghost, nessuna novità su Ghost, se ce la fai a reggerti in piedi e non si è fatta notte vai a trovare Trudge in ospedale -che, per fortuna, si stava riprendendo molto bene-, se c'è Mikage chiedi anche a lei di Ghost, Mikage non ha scoperto un'emerita ceppa su Ghost, torna a casa, mangia cercando di non finire con la faccia nel piatto, muori sul letto ed il mattino dopo tutto da capo, tutto uguale, tutto monotono.

Quella mattina era fortunatamente di nuovo domenica: il suo giorno libero! Infatti dormì quasi fino a mezzogiorno. Si svegliò un po' frastornata, ma non le importava, quando non doveva lavorare poteva anche mettere da parte il cervello. Via l'intelletto, via il pensiero razionale, riposo, riposo! Se la sarebbe chillata di brutto -frase insegnatale da Leo. Non aveva capito mezza parola ma suonava adatta alla situazione- e niente e nessuno l'avrebbe potuta distrarre.
Durante il suo tragitto verso la cucina, uno strano rumore si fece sempre più forte e, quando la raggiunse, ci trovò Carly con millemila scatoloni vuoti sparsi in giro ed il loro contenuto riverso sul tavolo. C'erano solo cianfrusaglie e strumenti molto vecchi; adocchiò una radio a forma di Hello Kitty, album fotografici con adesivi di Diddl talmente datati da essere diventati gialli, quaderni, CD di boyband con ragazzi vestiti in modo estremamente ridicolo, un MP3 tenuto insieme dallo scotch, dei manga e tanto altro.

- Cosa stai facendo?- Le domandò, confusa.
- Dato che sei spesso in giro, ho pensato di regalarti un mio vecchio cellulare, così in caso di emergenza almeno puoi telefonare e chiedere aiuto.-
- Beh... effettivamente non ci avevo mai pensato, potrebbe essermi molto utile. Ma sei sicura di volermi dare il tuo? E se dovessi romperlo?-
- Non preoccuparti, ormai non lo uso da un bel po' ed è talmente vecchio da valere meno di uno di quei costosissimi caffè che vendete dove lavori. Puoi anche farlo saltare in aria per quanto mi riguarda. – La giornalista prese una scatola bianca dalla marea di oggetti sparsi sul tavolo e gliela diede. – Spero ti piaccia! Non è per nulla di ultima generazione, anzi, ma io lo adoravo da ragazzina!-

Akane aprì la scatola non sapendo cosa aspettarsi, forse un mattone con i tasti ed un'antenna da far invidia a quella sul tetto del condominio, ma invece si trovò tra le mani qualcosa di totalmente diverso: il telefono al suo interno era piccolissimo, rosa shocking e pieno di stickers glitterati, in condizioni quasi perfette salvo per alcuni graffi e zone scolorite. Lo schermo era quadrato e sotto c'erano tre tasti, la magia avveniva però se lo si faceva scorrere verso destra, perché appariva una comoda tastiera qwerty per poter scrivere in orizzontale e, con essa, la fotocamera esterna.
Alla ragazza brillarono gli occhi: quel piccolo oggetto ai suoi occhi era semplicemente bellissimo, molto più delle sue controparti moderne che aveva avuto l'occasione di vedere in mano ad altri.

- Non so se il rosa sia il tuo colore, se vuoi puoi dipingere la scocca. Non verrebbe un granché... ma forse ti importa poco.- Disse Carly, iniziando a sistemare gli oggetti nei rispettivi scatoloni.
- Che dici? Mi piace un sacco! Non sono amante del rosa, ma questo telefono non potrei vederlo in altre tonalità, sembra uscito da una casa delle bambole, è super carino!-
- Sono contenta che ti piaccia. Ti sarà utile, vedrai.-

Dopo aver aiutato Carly a rimettere a posto tutte le sue cianfrusaglie, le due passarono la successiva ora ad impostare e rendere utilizzabile il cellulare, inoltre ad Akane servì un breve tutorial perché, a quanto pare, di tecnologia non ci capiva proprio niente. Era bello conoscere sé stessa un po' meglio, ma avrebbe preferito qualcosa di più interessante.
Parlando di cose interessanti, quel telefono ne aveva davvero un sacco: fotocamera interna ed esterna, un browser internet e Dominobook -entrambi inutilizzabili essendo vecchissime versioni-, lettore MP3 e tantissimi giochi per passare il tempo nei momenti di noia, tutte funzioni molto avanzate per un modello vecchio di quasi dieci anni. Le piaceva davvero tanto, soprattutto quel giochino con il serpente che non deve mordersi la coda.

***

Dato che non ne aveva nessuno, dopo pranzo Akane decise di andare a raccattare tutti i numeri di telefono delle persone che aveva conosciuto, iniziando con l'andare all'ospedale nella speranza di beccare sia Trudge che Mikage nello stesso momento.
Prese la metro come al solito -la quale, essendo domenica, era ancor più piena e soffocante del normale- e, ormai imparato il tragitto a memoria, in poco tempo era già alla stanza in cui era ricoverato il poliziotto.
Bussò sullo stipite della porta come al solito ed entrò, trovandosi di fronte ad una scena inaspettata: Trudge era seduto sul letto in autonomia ed il busto gli era stato rimosso, lasciandolo solo con un collare ortopedico ed il gesso alla gamba. Mikage era in piedi, intenta a sistemare un mazzo di fiori sul comodino.

- Guarda chi si vede! – Esclamò l'uomo. – Non manchi mai, eh? Oggi sei addirittura in anticipo.-
- Ciao, Akane.- Disse il Capo Investigatore, sorridendole.
- Buongiorno ad entrambi. – Akane fece un inchino imbarazzato. – Le hanno tolto il busto...! Come sta?-
- Heh, mi hanno colpito ma non affondato, come puoi vedere. Non mi aspettavo di essere così robusto, ma alla fine sembra che me la caverò con solo qualche osso scricchiolante, un bel po' di riabilitazione e tempo qualche mese potrò tornare in sella alla mia moto.-
- Vuoi già tornare su una di quelle trappole mortali? Forse avresti dovuto battere anche la testa, si sarebbe messa a posto.- Mikage sembrava un po' irritata.
- Non era stato Lei stesso a dirmi di non fare duelli turbo perché pericolosi? Ed ora vuole farne ancora?-
- Tesoro, è il mio lavoro, l'unica cosa che mi dà un minimo di soddisfazione. Se non posso ricominciare, tanto valeva rimanere paralizzato a vita.- Trudge le sorrise.

Sarebbe stato difficile convincerlo, ma non poteva biasimarlo. Durante le sue visite giornaliere avevano parlato molto e lui le aveva raccontato che il lavoro di agente era tutta la sua vita, soprattutto il lato degli inseguimenti e i duelli in sella alle moto, smettere all'improvviso sarebbe stato solamente deleterio per la sua psiche. Trudge amava fare il poliziotto, essere la personificazione della giustizia. In passato aveva fatto tanti errori, ma ora che era finalmente sulla retta via, non l'avrebbe abbandonata tanto facilmente.

- In realtà sono venuta prima per un motivo. – Disse Akane, estraendo il suo nuovo telefono dalla tasca. – Carly mi ha dato un cellulare, perciò mi sono subito mobilitata per dare il mio numero ai conoscenti e registrarli a mia volta in rubrica. Vi dispiacerebbe scambiarli?-

***

Con i contatti di Mikage e Trudge in rubrica, i numeri salirono a tre ed Akane poté dirigersi verso il garage dove abitavano Yusei, Bruno, Crow e Jack, ma prima fece una capatina al Cafe la Geen. Il capo fu sorpreso di vederla, ma quando lei gli spiegò la situazione si scambiarono i contatti.
Di Stephanie chi se ne frega.
Come al solito, il garage era un disastro; sul pavimento erano sparsi pezzi di moto, attrezzi, viti, bulloni e bisognava fare attenzione a non passare sulle macchie d'olio e trovarsi gambe all'aria -dopo che le era capitato ben tre volte, Akane esaminava ogni piastrella come un falco- e, con la testa ficcata quasi all'interno del motore della moto di Jack, c'era Yusei, il quale era a quanto pare solo. Quando sentì la porta chiudersi ed i passi che si avvicinavano, uscì dal suo "nascondiglio".
Akane scoppiò a ridere non appena lo vide, il suo viso era talmente annerito da olio e fuliggine da avergli fatto sparire ogni tratto facciale, i suoi occhi blu ancora più brillanti nel contrasto.

- Ciao anche a te, Akane.- Le disse con un mezzo sorriso, prima di alzarsi e pulirsi il volto con uno straccio. Ora lo riconosceva.
- Scusami, è che sembrava ti fosse scoppiato qualcosa in faccia come succede nei cartoni animati.- Lei cercò di non scoppiare a ridere di nuovo.
- Beh, in realtà ci sei arrivata abbastanza vicino, oggi Vortice della Fenice ha deciso di non rinascere dalle sue ceneri, al contrario di ciò che sostiene sempre Jack—- Il moro sbuffò.
- E tu credi ancora a tutte le sue cavolate. – Akane si guardò intorno. – Sei da solo?-
- No, è solo che a Bruno è andata peggio e l'olio bollente gli ha bruciato una mano, è in bagno a medicarsi.-

Come evocata , infatti, la figura mitologica col nome di "Bruno" apparve dal piano di sopra. Sul volto aveva un'espressione non proprio felice ma, quando il suo sguardo incrociò quello di Akane, sembrò illuminarsi. Scese le scale a passo svelto e li raggiunse, solo dopo la ragazza notò la sua mano destra fasciata, doveva essere quella bruciata.

- Akane! Che ci fai qui? Credevo che di domenica preferissi dormire.-
- Bruno, non posso dormire un giorno intero, o domani sarei ancora più stanca— sono qui perché volevo farvi vedere una cosa. Piuttosto, stai bene? Yusei mi ha detto che ti sei bruciato una mano.-
- Oh, questa? Non preoccuparti, alla fine non è un gran problema, visto che sono mancino.-
- Aspetta... sei mancino?!-
- Sì, te l'ho appena de—-
- Anch'io!-
- Davvero? Che coincidenza!-
- Se foste gemelli, probabilmente avreste meno cose in comune. – Disse Yusei, guardandoli con un sorriso. – Allora? Cosa vuoi farci vedere, Akane?-
- Ah, certo! – La ragazza si frugò nelle tasche della giacca, tirando fuori il suo nuovo giocattolo preferito e mostrandolo ai due come se fosse un trofeo. – Carly mi ha regalato un suo vecchio cellulare, perciò sto andando in giro a dare il numero ad amici e conoscenti. Sono già stata all'ospedale e al Cafe la Geen, speravo di trovare Crow qui con voi, ma sembra che dovrò ripassare un'altra volta... anche per darlo ad Aki, Leo e Luna.-
- ... Wow, non siamo nemmeno a metà giornata e tu hai già fatto tutti questi giri? A piedi?-
- Per andare in ospedale ho preso la metrotreno in realtà, il resto me lo sono fatto a piedi. Mi sono resa conto che mi piace molto camminare, quindi non è stata una gran fatica per me.-
- Sono contento che tu abbia trovato qualcosa che ti piaccia fare, ti aiuterà sicuramente a distrarti dal pensiero dei ricordi mancanti. – Disse Bruno. – Perché non rimani a cena? Sicuramente ci sarà anche Crow, ti eviteresti l'andare avanti e indietro— ... se a voi va bene.- Si rivolse a Yusei.
- Per me non ci sono problemi, – Rispose il moro. – credo che anche Crow non avrà da obiettare. Jack sicuramente se ne lamenterà, ma noi siamo tre contro uno.-
- Credo che accetterò... giusto per fargli un torto.- Ridacchiò lei.

Akane procedette a fare l'ennesimo scambio di numeri, prima con Yusei e successivamente con Bruno. Con quest'ultimo iniziò poi a chiacchierare e, mentre lui esaminava il computer della moto di Jack, lei gli illustrava tutte le funzionalità del suo telefono con enorme entusiasmo, come se fosse un oggetto proveniente da un lontanissimo futuro ipertecnologico. Ed il meccanico l'ascoltava mostrandosi anche molto interessato; la ragazza non capì se lo stesse facendo per pietà, scherno, o se gli interessasse davvero il suo lunghissimo sproloquio, ma in ogni caso non smise di blaterare.
Inviò un SMS a Carly -quanto era più semplice scriverle direttamente senza tornare a casa a dirglielo di persona?- dicendole che non sarebbe tornata per cena e poi mostrò a Bruno la fotocamera interna del cellulare. L'immagine era a bassissima risoluzione e faticava a tenere dietro ai rapidi movimenti, ma i due si scattarono ugualmente una foto.
Akane teneva il telefono, mostrava un sorrisino furbo e con la mano sinistra faceva il segno della vittoria; Bruno fece la stessa cosa, con la differenza che si era dovuto chinare per raggiungerla ed il sorriso sul suo volto era molto più ampio e mostrava i denti bianchi. Era un bellissimo autoscatto, talmente bello che lei decise di impostarlo come sfondo.

***

Ed infatti Jack si era subito lamentato non appena appresa la notizia che Akane sarebbe rimasta a cena. A dire il vero lei non capiva appieno il motivo di così tanta antipatia. Certo, era preoccupato in modo estremamente stupido per Carly, ma sembrava quasi un bambino capriccioso, grande e grosso com'era si stava solo rendendo ridicolo. Anche meno.
Crow, invece, era stato ben felice sia di averla là con loro che di scambiarsi i contatti, raccomandandosi anche di essere avvertito quando il biondo spilungone esagerava nel trattarla male.
Fortunatamente la cena filò senza nessun motivo perché il cibo potesse andare di traverso. Akane mangiò con gusto e conversò amabilmente con i tre ragazzi e raccontando loro più nel dettaglio le sue giornate.

- Seriamente, quella Stephanie ha cercato di farti lo sgambetto, ma tu l'hai intercettata ed è stata lei a far cadere un cappuccino in testa al cliente?- Scoppiò a ridere Crow, mezza lattina di birra ben salda in una mano.
- Giuro, avresti dovuto vederla in faccia, era diventata rossa quanto la moto di Yusei!- Rise a sua volta Akane, bevendo poi un sorso di aranciata.
- Ben le sta, così impara!-
- Perché si comporta così? Le hai risposto in modo sgarbato?- Domandò Bruno.
- Certo che no— o almeno, non l'ho fatto finché lei non ha cominciato ad infastidirmi. Credo lo faccia per qualche tipo di invidia, comunque; il capo non manca mai di elogiarmi perché "essendo carina ho attirato nuovi clienti". È forse colpa mia se è lui a dirmi queste cose? Ma certo, infastidiamo Akane, tanto è lei quella che potrebbero licenziare! Un giorno di questi gliela faccio pagare, lo prometto.-
- C—Cerca di evitare la violenza, per favore, passeresti solo nel torto.-
- Ci proverò... prega solo che non mi provochi.-

Akane già meditava di strapparle i capelli uno ad uno fino a farle la pelata— no, lasciarle un bel buco vuoto al centro della testa come ai frati, quello sì che sarebbe stato ridicolo. Ma era da considerarsi violenza? Forse Bruno aveva ragione... avrebbe pensato a qualcos'altro, tipo tagliuzzarle tutti i vestiti. Se le avesse fatto perdere la pazienza, in ogni caso, non le sarebbe andata bene.

***

Il resto della serata passò in fretta, tra racconti assurdi, aneddoti e risate. Akane si era divertita tantissimo, la testa tenuta libera dai suoi soliti pensieri deliranti.
Quando ormai si era fatto tardi ed era ora di tornare a casa, Bruno si offrì di accompagnarla. Nonostante si sentisse in colpa a farlo andare avanti e indietro, accettò perché ormai era buio pesto ed un po' di compagnia sarebbe stata gradita. Le piaceva stare sola con lui, dopotutto, avevano una grande sintonia.
Non appena furono usciti dal garage, però, lui si fermò.

- Akane, prima di portarti a casa, posso farti vedere un posto?-
- Dove vuoi andare...?-
- È un luogo... diciamo... importante. Non è lontano da qui, faremo in fretta.-

Akane era titubante, ma decise di accettare. Le aveva parlato a voce bassa, quasi sospirando. Era un tono strano da parte sua, quando parlava con lei solitamente aveva una certa luce negli occhi che qui non aveva visto. Forse erano solo il buio e la stanchezza ad averle fatto uno scherzo.
Lo seguì per un tragitto che effettivamente fu abbastanza breve, ma un po' intricato. Avevano fatto lo slalom tra i vicoli, attraversato strade a tre corsie e camminato accanto a guard rail che davano su una scogliera, finché ad un certo punto la strada non si divise e divenne una discesa. L'aveva portata ad una "spiaggia", che spiaggia non era, era solo una piccola distesa di sabbia circondata da rocce. Il mare blu scuro rifletteva la luna piena in modo violento ed inquietante; l'orizzonte era impossibile da scorgere, acqua e cielo si mescolavano tra loro.
Bruno camminò fino alla riva e lei lo seguì. Il rumore delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga era quasi assordante.

- Qui è dove sono stato trovato. – Disse all'improvviso dopo un lungo silenzio, senza voltarsi. – Si pensa che abbia avuto un incidente, ma sul corpo non avevo nessuna ferita, né sono riusciti a trovare un veicolo o alcun indizio che potesse confermare questa tesi. Ero immerso nell'acqua fino ai fianchi.-
Akane si guardò intorno. Effettivamente erano circondati da strade sulle quali si andava ad alta velocità, era plausibile pensare che avesse battuto la testa in occasione di un incidente.
- Un ennesimo mistero...- Mormorò, inquietata dalle acque.
- Vengo spesso qui, illudendomi ogni volta di poter ricordare qualcosa, ma niente. Il vero me è sepolto qui, ricoperto da migliaia di litri d'acqua, ed io non lo posso raggiungere.-

Bruno sospirò, indietreggiando di un passo ed ingobbendosi.
Il mare le faceva sempre più paura.
Si avvicinò a lui ed alzò una mano, ma essa le cadde lungo il fianco con tutto il braccio, non sapeva che fare. I suoi occhi metallici si posarono su di lei e poi si voltò, fronteggiandola.
Sembrava stesse per piangere da un momento all'altro.

- Bruno... – Mormorò, avanzando di un passo. – Mi dispiace...- Detto ciò, finalmente presa una decisione, lo abbracciò nello stesso modo in cui lui aveva abbracciato lei durante il suo pianto nervoso di qualche settimana prima. Voleva restituirgli il favore.

Non era adatta ad abbracciare uno grande e grosso come lui, le sue braccia faticavano ad avvolgerlo completamente ed aveva solo finito per affondare nel suo petto, sentiva chiaramente i battiti del suo cuore.
Aveva paura che lui si buttasse in mare, che le acque volessero inghiottirlo dopo il fallimento dell'ultima volta.
Bruno ci mise davvero tanto -o almeno, così era parso a lei- ad abbracciarla a sua volta. Una mano gliel'aveva appoggiata sulla testa, le dita che si intrecciavano nei suoi capelli, mentre il braccio libero le avvolgeva le spalle e la teneva ancorata a sé.

- ... Scusami, non era mia intenzione tirare fuori un discorso deprimente, non so cosa mi sia preso.-
- Non importa. Se vuoi sfogarti sono qui per te... lo sai che capisco bene la tua situazione.-
- Lo stesso vale per te. Ma... grazie per esserti preoccupata, davvero. – Lentamente sciolse la loro unione, riducendola solo ad appoggiarle le mani sulle spalle. Akane sentì freddo. – Però c'è una cosa di cui voglio parlarti. È passato un po', ma volevo che fossimo da soli.-
- Di che cosa si tratta?-
- Riguarda quello che hai combinato in ospedale... si può sapere che ti è preso?-
- Carly mi ha fatto lo stesso discorso. Mi dispiace, okay? Non ero in me, vorrei evitare un'ennesima ramanzina—-
- Akane, hai dato un pugno in testa ad un medico.-
- Lo so! Basta!-
- M—-

Il suo umore si capovolse all'improvviso. Da che aveva ancora bisogno di quell'abbraccio, ora non voleva nemmeno più vedere la faccia di Bruno. Il cervello si spense.
Con uno scatto all'indietro si liberò delle mani sulle sue spalle e prese a correre. Udì un "aspetta!" da parte di lui, ma lei fece tutto il contrario.
Risalì la discesa ed attraversò la strada, senza nemmeno guardare e tirandosi dietro più di un clacson e probabilmente qualche bestemmia, ma quel gesto tanto sconsiderato era servito a rallentare il suo inseguitore.
Il resto del percorso neanche lo capì, era come se gli occhi fossero disconnessi dalla mente, non prese alcun punto di riferimento, da sola non sarebbe mai riuscita a tornare indietro.
Riprese coscienza arrivando ad un porto e la sua corsa rallentò fino a diventare una camminata barcollante, la quale si arrestò con lei che cadde in ginocchio sull'asfalto, le mani anch'esse sul manto grigio e la testa china. Ansimò non per la fatica, ma per essersi conto di aver fatto l'ennesima, pericolosa, cazzata. Cosa diamine aveva in testa?! Perché doveva sempre avere delle reazioni tanto esagerate?

- Non volevo fuggissi. – Dopo un po', la voce di Bruno provenne alle sue spalle. Non ebbe la forza di voltarsi. – Non era mia intenzione sgridarti, Akane. – I suoi passi si fecero più vicini. – Non mi importa se hai dato un pugno ad un medico e seminato il panico in ospedale— non quanto la tua salute, almeno.
Sei svenuta all'improvviso, non respiravi, io e Carly credevamo fossi morta, è stato spaventoso...! Volevo solo dirti che sono sinceramente preoccupato per te, che nel peggiore dei casi tu possa esserti dimenticata di avere qualche malattia grave.-
Alzò la testa, trovandoselo inginocchiato davanti. Nei suoi occhi metallici un'espressione affranta, le labbra erano dischiuse, ciocche di capelli bluastre incollate al viso a causa del sudore, il petto si alzava ed abbassava velocemente.
- Io... io... scusa, lo so, sono una stupida, ma per qualche motivo se ho paura o mi infastidisco o chissà quali altre emozioni inizio a scappare, mi si spegne il cervello, non connetto più, riesco solo a pensare "scappa!", "corri!", "vattene!" e nient'altro. Mi dispiace di essere così stupida, di aver evitato le tue domande, di aver picchiato uno sconosciuto, di—-
Bruno le appoggiò una mano sulla testa. Fu delicato, ma per lei sembrò un macigno, talmente pesante da zittirla.
- Tu non sei stupida, okay? È solo ansia. Devi calmarti.-
- Scusa... davvero...-
- Non c'è bisogno che ti scusi.-
- Invece sì.-
- No.-
- Sì.-
- Ti dico di no. Ma davvero, hai mai avuto altri attacchi del genere, dopo quello? – Lei scosse il capo. – È... strano, dovresti farti visitare da un medico. Senza picchiarlo—-
- Non voglio.-
- Perché mai?-
- Mi... mi mette estremamente a disagio.-
Bruno si ritrovò a sospirare.
- Promettimi che se succede di nuovo però lo farai.-
- ... Ci proverò.-

Bugia.

***

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Capitolo 7
*** 6 - Cose da donne... odio le cose da donne ***




6

Cose da donne... odio le cose da donne


Le piaceva parecchio fare il bagno nell'acqua gelata; la intorpidiva al punto da azzerare il dolore che le provocava quello strano taglio a forma di "Y" e ciò le permetteva di rilassarsi.
Akane, scoprendo lentamente sé stessa, aveva compreso che le acque profonde le facevano paura, eppure ciò non succedeva quando si immergeva completamente nella vasca da bagno, nonostante fosse convinta che l'avrebbe terrorizzata. Forse era tutto l'insieme a turbarla: il buio, l'orizzonte invisibile, l'ignoto...
Tolse il tappo e lo scarico iniziò a gorgogliare, il livello dell'acqua si abbassava velocemente e tutto scomparve in un vortice. Si alzò in piedi ed uscì lasciando una scia bagnata.
Lo specchio rifletteva una ragazza piccola, magrissima, con le costole a vista, lunghissimi capelli neri ed azzurri appiccicati al corpo e due tagli su di esso, uno frastagliato sulla gola ed uno lungo dalle spalle al pube. Ormai era passato più di un mese da quando li aveva scoperti, eppure non si degnavano di guarire, né di infettarsi, era come se avessero sempre fatto parte di lei come le narici o la bocca, con l'unica differenza che, solo sfiorandoli, il dolore nella zona interessata diventava insopportabile. Abbassò il capo guardandosi direttamente, ma viste dall'alto erano ancora più brutte e la pelle raggrinzita per essere stata in ammollo troppo a lungo peggiorava solo la situazione.
Stufa di quel pessimo spettacolo, Akane si asciugò velocemente, indossò il pigiama ed asciugò anche i capelli, per poi uscire dal bagno. Stava per fiondarsi direttamente a letto, ma Carly la intercettò solo un momento prima che potesse entrare nella stanza.

- Akane, posso chiederti un favore?-
- Uh... certo, di che si tratta?-
- Domenica sera si terrà un evento che precede il World Racing Grand Prix, saranno presenti anche alcune squadre che parteciperanno al campionato, un sacco di celebrità!-
- E...? Che c'entro io? Celebrità o no, per me sono tutti degli sconosciuti.-
- È che il giornale per cui scrivo mi ha commissionato articoli ed interviste a riguardo, perciò sono obbligata ad andarci. Visto che avrò un sacco di lavoro da fare, volevo chiederti se ti andava di aiutarmi a scattare le foto.-
- Oh, se si tratta di questo ti aiuto volentieri, ma non sono una fotografa, sicura di voler chiedere a me?-
- Certo! Non preoccuparti, ti spiegherò come usare una macchina fotografica. Buonanotte! – La giornalista fece dietrofront per andarsene, ma dopo pochi passi tornò indietro e le corse incontro. – Aspetta! Non hai vestiti eleganti tu, vero?-
- Certo che no...-
- Cavolo— okay, allora domani pomeriggio andiamo al centro commerciale per procurartene uno.-
- Cosa me ne faccio? E poi lo sai che lavoro anche il pomeriggio—-
- Non importa, ci andiamo quando finisci!-
- Non posso vestirmi come al solito, scusa?-
- È un evento mondano, non puoi venirci vestita in quel modo.-
- Ma—-
- Ti vengo a prendere quando finisci di lavorare! Buonanotte di nuovo!-

***

Il mattino dopo, sapendo a cosa sarebbe andata incontro entro circa dieci ore, la voglia di alzarsi dal letto era a meno duecentosettantatre virgola quindici gradi celsius o, più semplicemente, zero assoluto. Ma il Cafe la Geen non sarebbe andato da lei, mica era una casa-mobile, perciò fu obbligata a tirarsi su, cambiarsi e mettersi in marcia per il luogo di lavoro.
Arrivò in concomitanza con Stephanie e, quando le due entrarono nel locale, si trovarono davanti ad una faccia completamente estranea. Accanto al loro capo c'era una ragazzina di al massimo sedici anni; era alta quanto Akane con gli stivali addosso, i capelli verde foresta erano tagliati a caschetto, la pelle olivastra ed in contrasto con i suoi occhioni viola intenso. Indossava una divisa da cameriera, con la cravatta, la gonna più lunga, parigine bianche e quelle orrende ciabatte che portava anche Stephanie.

- Lei è mia nipote, si è trasferita a Nuova Domino da poco e da oggi lavorerà qui con noi. Il Grand Prix si avvicina e la clientela aumenterà a causa dei turisti, una mano in più non farà male.- Disse l'uomo, appoggiando una mano sulla spalla della nuova arrivata.
- Piacere di conoscervi! – Disse lei, con voce squillante. – Io mi chiamo Vianey, spero di trovarmi bene con voi!-
- Io sono Akane... benvenuta.- La corvina cercò di non sembrare una scema, non era brava con le presentazioni.
- Ed io Stephanie. Piacere.-
- Sapete, ragazze, che Vianey è molto brava con i siti? Ha l'influenza, o quel che è— – Akane e Stephanie si guardarono ed alzarono le spalle. Non avevano capito nulla. – insomma— diciamo che farà pubblicità al locale, ecco!-
Akane e Stephanie erano ancora confuse.
- Insomma, zio! "Siti"? "Influenza"? Ma dove vivi, nel paleolitico? – La ragazzina fece un sospiro esasperato, sistemandosi la frangetta con la mano. – Si chiamano "social", esse, o, ci, i, a, elle. E non sono malata, sono un'influencer, ovvero influenzo le persone che mi seguono con ciò che posto.-

Stephanie sembrava aver compreso un po' di più, mentre Akane continuava a non capire niente. Parlava in aramaico antico o cosa?
Dismesso il discorso, le due cameriere indossarono finalmente la divisa ed il locale aprì. Influenza? Social? Alla corvina non fregava proprio nulla e, anche se fosse, il suo telefono proveniva dal paleolitico e la versione di Dominobook installata su di esso era forse la prima mai rilasciata -e probabilmente non aveva mai funzionato. Carly le aveva detto che, nonostante avessero una connessione ad internet, era quasi impossibile usarla sui vecchi telefoni-, quindi non avrebbe potuto nemmeno crearsi un profilo.
Mentre il bar era ancora vuoto, Vianey radunò nuovamente a sé il trio, agitando il cellulare che aveva in mano.

- Ragazze! Che ne dite di un selfie tutte insieme? I clienti sono sempre attirati dalle belle donne.-
- Peccato che qui di "donna" non ce ne sia mezza. Tu e Akane insieme ci arrivate ai trent'anni?- Si lamentò Stephanie.
- Hey, senti chi parla! – Replicò subito Akane. – ... Ma cos'è un selfie?-
- Certo che sei proprio scema! Sei la sorella perduta dell'australopiteco Lucy? Un selfie è un autoscatto, come quella foto orrenda e sgranata con il tizio che abita di fronte che hai come sfondo del telefono.-
- Chi diavolo è Lu— ... vabbè, che ci parlo a fare con te?-
- R—Ragazze? Dai, non litigate... Akane, se non conosci certi termini te li insegno io, okay? E Stephanie, non è carino prenderla in giro per questo! Ora possiamo farci questa benedetta foto?-

E si fecero la benedetta foto. Tra le tre Vianey era l'unica con un sorriso genuino, ma almeno Akane ci aveva provato a fingerne uno, al contrario di quell'altra antipatica. Dopo lo scatto, la ragazza iniziò subito a pubblicarlo su ogni piattaforma a cui si era iscritta.

***

Dopo una luuunga mattinata -era toccato a lei istruire Vianey. Non le era dispiaciuta la sua compagnia, dopotutto era simpatica, ma le sue doti da cameriera non erano nemmeno la metà di quelle da intrattenitrice. C'era mooolto su cui lavorare-, finalmente giunse la pausa pranzo ed il capo chiuse il locale per permettere a tutte di riposarsi.
Akane era uscita per prendere una boccata d'aria e si era seduta all'esterno, ma poco dopo era collassata con la fronte sul tavolo. Si era ricordata che di lì a poche ore sarebbe dovuta andare al centro commerciale a cercare quel benedetto -anzi, maledetto- vestito.
Qualche minuto dopo, finalmente con il cervello raffreddato, si sentì toccare un braccio. Alzò la testa frastornata e, dopo essersi riabituata alla forte luce del sole, scorse una figura familiare seduta accanto a lei. Occhi grigi, capelli blu, giacca bianca... Bruno.

- Oh, sei viva! Ti credevo morta.- Le disse, con un sorrisone.
- Magari.- Rispose lei, stropicciandosi un occhio.
- Cos'è successo?-
- Uhm... cose da donne, immagino.-
- Ah, hai il— uh... quello che vi viene una volta al mese— ti fa male? Po—Posso andare in farmacia se ti serve qualcosa.- Sul suo viso si leggeva chiaramente che non volesse parlare di un simile argomento. Era diventato bordeaux.
- Eh? Ma no! È solo che domenica c'è una specie di gala per il Grand Prix e Carly vuole trascinarmi a comprare un vestito quando ho finito di lavorare. E non mi va...-
- Il gala di domenica? Ci vanno un sacco di figure importanti nel mondo dei duelli turbo a quanto ne so, saranno presenti anche Yusei e gli altri.-
- Quindi vieni anche tu?- Una speranza?
- A dire il vero no... voglio usare quel tempo per lavorare al meglio sui progetti della squadra, senza distrazioni.-
Ovviamente. Come si dice? "Mai una gioia".
Capisco...- Akane sospirò.
- Se non ti va di restare a casa da sola puoi venire da me, non mi dai fastidio. Possiamo anche guardarci un film, giocare a qualcosa...-
- Verrei volentieri, ma ho promesso a Carly che l'avrei aiutata a fare delle foto per i suoi articoli. Ormai le ho detto di sì, non voglio cambiare idea, rischia di non trovare qualcuno che le dia una mano, mancano solo tre giorni.-
- Mi dispiace... ma sono sicuro che ti divertirai, dopotutto ci saranno tutti gli altri.-
- Penso che il problema sia il mettersi un vestito da festa. Non mi ci vedo, il solo pensarci è... è imbarazzante, ecco. E se poi mi fissano tutti?-
- Tutto qui? Ma dai, ci saranno tantissime persone, non guarderanno di certo tutte te. Non preoccuparti, fidati che quando sarai là te ne dimenticherai.-
- Lo spero...- Akane sospirò, di nuovo.
- Beh, io vado, è stato bello constatare che sei ancora viva. Ci vediamo presto!-
- A presto.-

Bruno la salutò, tornandosene al garage. Lei si alzò e tornò dentro, il capo aveva appena girato il cartellino della porta su "aperto", perciò doveva lasciar perdere i pensieri sul vestito e ricominciare a lavorare. Doveva ammettere che aveva sperato che Bruno avesse pietà di lei e decidesse di venire alla festa a darle sostegno morale, ma forse era egoista da parte sua pretenderne la compagnia, mica erano una cozza ed uno scoglio!

Per il resto della giornata Akane aiutò Vianey seguendola come un'ombra e, doveva ammettere, per fortuna la ragazzina imparava in fretta. A volte le parlava in lingue sconosciute, ma poi si ricordava con chi stava conversando e si scusava subito; sicuramente una compagnia migliore di quella di Stephanie.
Quando Jack Atlas era venuto per il suo solito caffè, tutta la sua confidenza era sparita ed era letteralmente andata fuori di testa, agitandosi come una ragazzina davanti al suo cantante preferito. Non che fosse una reazione troppo strana, dopotutto lei era una ragazzina, le faceva solo storcere il naso il soggetto a cui era rivolta quella reazione esagerata. Lo esasperò al punto da convincerlo a scattarsi una foto insieme e, più felice che mai, aveva saltellato per tutto il locale come impazzita.

- Avrai questa stessa reazione tutti i giorni?- Akane la guardò sorridendo mentre sistemava delle bevande su un vassoio.
- Tutti i giorni? Ma no, è solo che Jack Atlas è il mio idolo, per questo mi sono agitata così tanto, non lo faccio mica con il primo che passa!-
- Vianey, Jack viene qui tutti i giorni, abita letteralmente di fro—-
- Che cosa?!- Strillò.
- Vianey, non urlare!- La voce di suo zio dalla cucina la ammutolì.
- Scusa, zio! – Le si avvicinò quasi di corsa, rossa in viso. – D—Dici davvero?! J—Jack A—Atlas vive dall'altra parte della strada?!-
- Certo, vado spesso là. Di certo non per lui dato che per qualche motivo mi odia, però abbiamo alcuni amici in comu— ... spero tu non abbia intenzione di fare la stalker.-
- Tu sei ami— vai spesso a— – Ora sembrava stesse per esplodere. – Akane, come hai fatto a conoscerlo di persona?-
- Diciamo... in circostanze un po' particolari, nulla di divertente. E non evitare di proposito parti del discorso.-
- Non voglio stalkerarlo, lo giuro, quella è un'abitudine di una mia amica, non mia! Wow... conosci Jack Atlas...-
- Fidati, se lo conoscessi anche tu la smetteresti di idolatrarlo così.-

***

Il grande orologio sul Poppo Time segnava l'ora del suo deces— no, le quattro del pomeriggio.
Carly la stava già aspettando con la macchina davanti al Cafe la Geen quando uscì pronta per andarsene. Akane sospirò per l'ennesima volta e poi si diresse verso il veicolo giallo limone, entrando dal lato del passeggero.

- Allora? Sei pronta? Hai già pensato ad uno stile?- Esclamò la giornalista.
- No e no. – Disse lei, svogliata. Ma una strana presenza la fece voltare di colpo ed incontrare due iridi color nocciola. – ... Aki? Mi dispiace che Carly ti abbia coinvolta, non sei obbligata a venire con noi.-
- Nessun obbligo, a dire la verità avrei bisogno di un paio di scarpe da abbinare al mio abito, quindi ho colto la palla al balzo; ovviamente ti aiuterò con la ricerca del tuo, una mano in più fa sempre comodo.-
- Ti ringrazio, penso che mi servirà.-

Durante il viaggio si interrogò su come lo volesse. Lungo? Corto? Con le maniche a palloncino? A sbuffo? O smanicato? Ed il colore? Caldo o freddo? Pastello o saturato? Ovviamente non doveva scoprirle spalle e petto, ma per il resto non aveva letteralmente idea di cosa potesse piacerle. I suoi soliti abiti erano così comodi e pratici -sì, anche quegli stivaloni enormi-, doveva proprio mettersi in ghingheri? Mica sarebbe finita in televisione, anzi, doveva essere lei stessa quella dietro alla telecamera, non poteva stare in jeans e maglietta come i cameraman?
Quando l'immenso centro commerciale si stagliò davanti a lei come una montagna insormontabile le girò la testa. Era enorme, non capiva nemmeno quanti piani avesse, le luci calde erano fortissime, ovunque si girasse vedeva scale mobili, grosse piante, panchine e, ovviamente, miriadi di negozi con altrettanta gente al loro interno... c'era proprio da perdersi, come diamine ci si poteva orientare senza tener conto delle mappe posizionate qua e là? Se fosse stato vuoto, poteva essere un altro di quei labirinti liminali che tanto la terrorizzavano.

Aki e Carly, come due esperte esploratrici, fortunatamente conoscevano il posto a menadito e subito le fecero strada verso un negozio che in vetrina esponeva manichini con indosso eleganti abiti lunghi.
Akane si inoltrò da sola nella mischia, convinta di poter trovare qualcosa che facesse al caso suo senza alcun aiuto, ma subito iniziò a pentirsene. Le sembrava di essere letteralmente in mare; c'erano mille colori sovrapposti l'uno all'altro, donne di plastica che spiccavano come boe con indosso abiti che, date le sue condizioni, non avrebbe mai potuto mettersi addosso, vestiti corti, lunghi, scollati, accollati, a pois, a righe, con trame animalier, a fiori, alcuni erano bellissimi, altri orrendi, ma tutti la mettevano a disagio, non sarebbe mai riuscita a sceglierne uno.

- Sei sicura che non ti serve aiuto?

Una voce familiare provenne alle sue spalle e, sorpresa, sussultò, per poi voltarsi e trovarsi davanti Aki.

- Ma no... non voglio farti perdere tempo, ce la faccio da so—-
- Non ascoltarla, Aki! – La voce di Carly provenne da qualche appendiabiti più in là. – Dice sempre così, ma la verità è che è completamente alla deriva, io le sto già cercando qualcosa.-

Akane sospirò rumorosamente, rassegnandosi al proprio destino. Questa volta il punto andava a Carly.

- Avevi qualcosa in mente? Per restringere il campo...- Le chiese Aki.
- In realtà no, solo... – Agitò la mano sinistra davanti al petto, con imbarazzo. – mi sentirei più a mio agio se fossi coperta dal collo in giù— collo compreso, ovviamente. Per il colore non saprei, finché non è fosforescente non credo di avere problemi.-
- Ho capito, vedrai che qualcosa lo troviamo, questo negozio è il più rifornito di Nuova Domino, se non lo trovi qui, allora non esiste.-

Le credette sulla parola; poteva essere un'esagerazione, ma se non era vero ci mancava poco, a giudicare dalla quantità abnorme di capi che le circondavano.
Mentre la rossa cercava, anche lei aveva continuato a frugare alla ricerca del sacro Gra— del vestito più adatto. Alla fine, unendo gli sforzi di tutte e tre trovarono più di un'opzione: il primo era giallo pastello, con le mezze maniche, poco scollato e la gonna gonfia, ma non la convinse per nulla, soprattutto per il colore -nonostante Carly insistesse che stesse bene con i suoi capelli-. Il successivo fu un tubino nero con le maniche corte ed il collo alto che visivamente le piaceva, ma in quanto a praticità era assolutamente da bocciare -inoltre prudeva contro la pelle-. Il terzo fu un abito azzurro in stile Cenerentola con la gonna ampia e lunga fino a terra, inutile dire che se lo tolse a tempo record.
Quando la speranza stava per morire, Carly sbucò da dietro un manichino mentre agitava della stoffa lilla e, tutta trafelata, si diresse di corsa in direzione sua e di Aki.
Akane si rigirò quel vestito tra le mani, dubbiosa, capendoci poco a vederlo così; fu costretta ad infilarsi di nuovo in camerino per provarselo.
Era uno smanicato, completamente accollato, una fascia nera stretta in vita tentava con tutte le sue forze di darle una silhouette simile ad una clessidra. La gonna, leggerissima, scopriva le ginocchia, ma sul retro si allungava fino alle caviglie. Non sapeva cosa pensare... era un abito molto bello, ma su di lei faceva uno strano effetto, le stava bene? O le stava malissimo?
Invece che continuare a stare lì a rimuginarci, decise di uscire per chiedere un'opinione alle sue accompagnatrici. Sicuramente non si aspettava che, all'unisono, entrambe spalancassero la bocca non appena venne spostata la tenda che le separava. Akane sobbalzò a causa della reazione improvvisa, la vergogna che aumentava.

- M—Mi sta così male...?- Balbettò, cercando di nascondersi nelle sue stesse braccia.
- Akane. – Rispose Carly, con un tono estremamente serio. – ... Ti sta divinamente, ma che domande fai?!- Si agitò di colpo.
- È vero, sembra fatto su misura per te.- Disse Aki, parlando con molta più calma.
- Io non lo so... – Akane fece un giro su sé stessa, in un tentativo di guardarsi a trecentosessanta gradi. – mi sembra troppo per me, non mi ci vedo in un vestito simile.-
- È normale quando non hai mai indossato qualcosa del genere, o non ricordi di averlo fatto, devi solo abituartici. Io avrei la stessa sensazione se mi vestissi come fai tu di solito.-
- Aki ha ragione, – La giornalista si sistemò meglio gli occhiali sul naso. – ti confesso che anche a me imbarazza un po' indossare l'unico abito un po' elegante che possiedo. Ma fidati, ti sta davvero bene, c'è il tuo nome stampato sopra.-
- Immagino di non avere scelta...-

Con un ennesimo sospiro, Akane tornò in camerino per spogliarsi ed indossare di nuovo i suoi vestiti. Quando uscì, però, trovò un'altra sfida ad attenderla e le parole di Aki le caddero in testa come una spada di Damocle.
"Ora hai bisogno di un paio di scarpe". Panico.
Aveva provato a convincerle a lasciarle tenere i suoi amatissimi, altissimi stivali, ma nulla, niente da fare, continuavano ad asserire cose come "non c'entrano nulla con quell'abito", "non sono affatto eleganti", eccetera.
Quindi si fece portare (trascinare) anche in un negozio di scarpe, dove un'altra marea di opzioni aveva cercato di annegarla. Aki in quel momento si era separata dal trio per cercarne un paio per sé, mentre con lei era rimasta Carly. Subito la giornalista la portò via quando rallentò il passo nei pressi di uno scaffale che esponeva stivali e scarponi molto simili ai suoi.
Ci volle un tempo infinito per trovarlo, ma il paio perfetto le si palesò davanti all'improvviso. Décolleté alte, dello stesso lilla del vestito, suola e tacco di un nero così lucido da sembrare di vetro e mezze perle nere sul cinturino che si chiudeva sulla caviglia. Erano davvero belle, forse le piacevano più dell'abito e, quando le provò, la sensazione fu tutt'altra.
Si sentiva una principessa con quelle addosso, nonostante non c'entrassero nulla con le calze spaiate che portava, né con il suo stile. Eppure erano troppo belle, guardava allo specchio le sue gambe che sembravano lunghissime, estasiata.

- Sembra ti piacciano.- Disse Carly.
- Un casino.- Rispose Akane.

***

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Capitolo 8
*** 7 - Vetro scarlatto ***




7

Vetro scarlatto


Era domenica sera. Akane aveva il vestito lilla addosso e le scarpe ai piedi.
Ed era seduta sul pavimento del bagno in una posizione tutt'altro che elegante, con i capelli che andavano completamente per conto loro, sparsi per terra. Si fissava le ginocchia, perdendosi nei solchi tra le ossa sporgenti. Non sapeva da quanto fosse lì, ma una cosa era certa: al gala non ci voleva andare.
Un rumore alla porta la fece voltare, qualcuno stava bussando.

- Akane, sei pronta? Faremo tardi...!- Carly.
- Vai senza di me.- Rispose lei.
- Eh? Ma perché?-
- Non voglio venire.-
- Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per trovarti un vestito?-
- Già.-
- "Già"? Basta, io entro.- La maniglia si alzò ed abbassò un paio di volte, fallendo nell'aprirsi.
- È chiusa a chiave.-

Ci furono un paio di secondi di silenzio, poi un rumore di tacchi che si allontanavano. Akane pensò di essere riuscita a farla desistere, ma ormai aveva imparato a proprie spese che non si può sottovalutare una giornalista, né tantomeno se di nome fa Carly e di cognome Nagisa.
Infatti, passò poco che il ticchettio delle scarpe si palesò nuovamente e, subito dopo, la chiave nella serratura venne spinta fuori e cadde sul pavimento con un suono metallico. La porta si spalancò di colpo, rivelando la giornalista in un lungo vestito azzurro, con una delle spalline irrimediabilmente scesa.

- Pensavi di fregarmi? Tutte le chiavi di questa casa sono uguali. – Si avvicinò a lei con lunghe e goffe falcate, la prese per le braccia e, come un sacco di patate, riuscì a rimetterla in piedi. – Su, andiamo...! Ma ti sei pettinata? – Akane la guardò dritta negli occhi, muta. – ... Cos'hai?-
- Non voglio venire, l'ho detto.-
- Perché? Almeno dimmi il motivo.-
- È inutile, non riesco a sentirmi a mio agio vestita così. Non sembro io, la mia immagine riflessa è ancora più alienante del solito.-
- Akane...-
- Lo so, me lo ha già detto Aki che è normale e che bisogna abituarcisi, ma per me è tutto così amplificato...-
- Ma perché non dovresti venire? Ascolta, nemmeno io sono portata per gala, bei vestiti e gente snob, ma non possiamo sempre scappare davanti alle difficoltà.-
- È che ho paura di essere fissata da tutti...-
- Fissata? Per quale motivo dovrebbero fissarti?-
- Perché sono strana...?-
- Akane, l'unico motivo per cui qualcuno dovrebbe fissarti è che sei bellissima vestita così. Sarà pieno di gente, accalcata per intervistare le più famose figure del mondo dei duelli turbo, a nessuno interessa di una ragazza a caso, a meno che non sia la fidanzata di una celebrità o sia famosa lei stessa. E tu non sei nessuna delle due.-

Anche questo glielo avevano già detto, stavolta a ridondarle in testa era il discorso di Bruno... che, maledetto, non si sarebbe presentato a soccorre— no, di nuovo, non era il suo cane, non aveva alcun obbligo nei suoi confronti, non poteva costringerlo a seguirla ovunque.
A malincuore si fece trascinare fin fuori dall'appartamento e poi sulla macchina di Carly, la quale si era portata dietro anche una spazzola perché ormai non c'era più tempo. Mentre, durante il viaggio, si pettinava i capelli, Akane ripensò a quello che successe il venerdì prima.
Come di consueto, dopo il lavoro era andata a trovare i ragazzi per sapere se c'erano novità sul famigerato Ghost e in generale passare un po' di tempo in loro compagnia. Non si aspettava, però, di trovarsi improvvisamente davanti ad un mortorio, con tutti estremamente giù di morale, compresi Aki ed i gemelli, e Yusei più cupo che mai.
Confusa, aveva subito chiesto cosa fosse successo e, prendendola da parte, Crow le aveva riferito che Yusei si era scontrato proprio con Ghost e che, nonostante avesse vinto, il duello era stato terrificante. Il mostro composto da cinque parti poteva davvero rubare i Synchro e così aveva fatto con Drago Polvere di Stelle, il suo nome era "Imperatore Macchina Wisel Infinito". La cosa peggiore, le disse, era che a comandarlo fosse un duelbot rubato alla pubblica sicurezza, quindi il nemico risultava ancora essere nascosto nell'ombra.
Da quel momento non aveva più visto nessuno di loro, ma era preoccupata per Yusei, il quale era rimasto davvero sconvolto da quella sfida; si trattava di una persona così stoica, non credeva che qualcosa o qualcuno fosse in grado di scalfirlo.

Akane aveva continuato a guardare le luci dei grattacieli scorrerle come saette davanti agli occhi, finché l'auto di Carly non si inabissò in un parcheggio sotterraneo. Era uno spazio enorme, illuminato quasi a giorno, pieno di duel runner di tutti i tipi, non credeva esistessero così tante varianti; ce n'erano di minuscole, enormi, alcune "cattivissime" -ovvero piene di spuntoni, teschi e metallo capace solo di appesantirle-, altre talmente strane e con talmente tante ruote da farle dubitare che potessero entrare nella categoria "moto". Sembrava che bastasse avere un motore ed un duel disk funzionante per poter fare un duello turbo.
Le due ragazze scesero dal veicolo e la giornalista -quella vera- le si avvicinò per darle la fotocamera, per poi dirigersi verso l'edificio vero e proprio per prendere l'ascensore.

- Con i capelli pettinati stai molto meglio, prima sembravi una scappata di casa.- Carly ridacchiò, armeggiando con la sua macchina fotografica.
- Beh... non siamo molto lontani.-
- In effetti... sai, avrei voluto vederti schiantarti contro il lampione. Devi averlo preso proprio bene, a giudicare da come correvi forte all'ospedale.-
- No, meglio così, davvero. – Akane incrociò le braccia, appoggiandosi allo specchio sul muro dell'ascensore. – È stato tremendamente imbarazzante. Per fortuna la nebbia mi ha salvata, nemmeno Bruno ha visto bene l'impatto, nonostante fosse a pochi metri.-
- Peccato, non posso chiederlo nemmeno a lui... piuttosto, ora sei più calma? Tra poco l'ascensore si fermerà e ci troveremo in mezzo a tanta gente.-
- Sì, adesso sto bene, quel senso alienante se n'è andato, dovevo solo pensare ad altro.-
- Sicura? Non voglio vederti fuggire di nuovo.-
- Non ho intenzione di fuggire, Carly. Ho promesso che ti avrei aiutata con le foto.-
- Non eri obbligata ad accettare.-
- Con tutto quello che hai fatto e stai facendo per me, è il minimo che possa fare per ripagarti, oltre a contribuire per metà dell'affitto.-

L'ascensore rallentò la sua corsa fino a fermarsi e le porte si aprirono. Carly si avviò fuori da esso ed Akane la seguì, tenendo stretta tra le mani la macchina fotografica.
Il gala si svolgeva all'ultimo piano di un edificio altissimo, in una stanza enorme, circolare e perimetrata da giganteschi finestroni che offrivano un'ampia visione sia della città, sia dell'autostrada che serpeggiava sospesa attorno ad esso. Lunghi tavoli imbanditi permettevano di servirsi al buffet guardando il panorama e, verso il centro, si scorgevano orde di flash ed un gran via vai di persone, quasi tutte vestite eleganti, mentre altre indossavano letteralmente tute di pelle piene di sponsor... che fossero i fantomatici partecipanti al Grand Prix?

La giornalista iniziò subito ad approcciare qualcuno di quei tizi -perché loro potevano vestirsi come volevano e lei no?! Ingiustizia!-, dandole il compito di scattare delle foto mentre lei poneva loro le domande e ne trascriveva le risposte. Akane si beccò più di uno sguardo ammiccante, ma per fortuna niente di più -o sarebbero volati calci negli stinchi-.
Quando finirono di parlare con un team di duellanti, una coppia familiare si avvicinò a loro. Erano un uomo alto, muscoloso, che si aiutava a camminare con un bastone, mentre l'altra era una donna dai capelli color cobalto che lanciò un'occhiataccia verso Carly.

- Capo Investigatore Mikage, vicecapo Trudge! L'hanno dimessa!- Akane si avvicinò in fretta alla coppia, mostrando finalmente il primo vero sorriso della serata.
- Sono ancora acciaccato, ma come vedi presto tornerò pienamente operativo.- Rispose lui, con un ghigno.
- Su questo non ci giurerei. "Presto" è un parolone. – Disse la donna, mettendosi le mani sui fianchi. – È stato un azzardo farti venire qui.-
Il viso abbronzato di Trudge prese improvvisamente un colorito rosso acceso, guardò Mikage e deglutì, per poi posare di nuovo gli occhi su Akane.
- E tu, che ci fai qui? Non sapevo ti fossi interessata al Grand Prix.- Le sembrò di vedere per un attimo un flash di preoccupazione nel suo sguardo. Dopotutto le aveva detto più volte di stare lontana da quel mondo.
- Infatti no... non ho la più pallida idea di chi sia questa gente. Sono solo qui in veste di aiutante fotografa. – Disse, alzando la macchina fotografica che aveva in mano. – Comunque sono felice di vederla fuori dall'ospedale, spero possa tornare presto a camminare come prima.-
- Heh, sei troppo gentile. – Il poliziotto le posò una mano sul capo. – Fai delle belle foto, mi raccomando. – Prima di lasciarla, le fece l'occhiolino. – Ci vediamo!- E se ne andò con la sua superiore.
- Credo che Trudge abbia un debole per te.- Bisbigliò Carly, guardandoli mentre si allontanavano.
- Mi vede come un gattino smarrito, me lo ha detto chiaramente, più volte.- Rispose lei, facendo ridere la sua amica.

Successivamente Carly voleva andare da un certo Team Unicorn, ma al momento erano seppelliti da un muro di giornalisti talmente spesso da farli sparire. Akane li aveva visti per mezzo secondo prima che un'orda di persone si fosse messa davanti a loro. Quindi si guardò attorno, scorgendo altri volti familiari poco più in là. Il primo era Crow, vestito come al solito, che sembrava tremendamente spazientito, continuava a battere un piede per terra a braccia incrociate. Poi vide Yusei, anche lui nei suoi soliti abiti -e lei era ancora invidiosa-, con la stessa faccia da funerale, forse con l'aggiunta di un po' di rabbia, dell'ultima volta. Aki era bellissima, più del solito, nel suo lungo vestito rosso ed i guanti bianchi, i gemelli invece erano adorabili nei loro completini.
Akane prima attirò la loro attenzione sbracciandosi, poi le due si avvicinarono.

- Ci siete anche voi! – Esclamò Leo. – Credevo fosse un evento esclusivo...- Crow borbottò.
- Siamo qui in veste di giornaliste.- Rispose lei.
- Uh? Ma Jack dov'è?- Carly si guardò attorno, cercandolo.
- Vorrei saperlo anch'io! – Sbottò il rosso, ancor più arrabbiato di prima. – Se scopro che ha speso altri soldi per un inutile vestito io—-
- Calma, Crow, cerca di non dare di matto. – Disse Aki, sospirando. – Forse è solo in ritardo...-
- Stavate parlando di me?-

Jack apparve all'improvviso, facendo voltare tutti al suono della sua voce. Akane rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva.
Se lo stava sognando, quello spettacolo ridicolo? Non riusciva a credere che avesse davvero avuto il coraggio di vestirsi in quel modo, con un completo bianco ricamato in oro, il gilet viola ed un orrendo enorme cappello con tanto di piuma. Fu costretta a coprirsi la bocca con la mano per non scoppiare a ridergli in faccia.
Poi guardò Carly e dovette fare un sospiro esasperato, visto che lei era rimasta a fissarlo come imbambolata – se fossero stati in un cartone animato, le sarebbero saltati gli occhi  a cuore fuori dalle orbite, trapassandole gli occhiali. Il viso di Crow era invece diventato più rosso del vestito di Aki.

- Non l'ho mai visto quel vestito, da dove salta fuori?!- Disse, avvicinandosi a Jack con fare minaccioso -il che era alquanto esilarante, considerando la differenza di altezza-.
- È su misura, ovviamente. Questo è un evento importante.- Rispose fieramente il biondo, sistemandosi il gilet.
- Addirittura! Dannazione Jack, quando ti metterai in testa che non hai più Godwin a pagare tutti i tuoi capricci? Tu vuoi fare la bella vita, ma caro, ti ricordo che non ti trovi più sulla vetta, se continuerai a sperperare i nostri soldi finiremo a fare la fame! E Grand Prix arrivederci!-

Mentre Jack subiva la strigliata di Crow a testa alta, Akane vide tre persone che aveva identificato come il Team Unicorn avvicinarsi a Yusei. L'uomo che lo approcciò aveva i capelli castani, ma per qualche ridicolo motivo un ciuffo si protraeva in avanti -era per questo che si chiamavano "Unicorn"?-, un altro aveva i capelli neri, gli mancavano le sopracciglia e la pelle era di un colorito ancor meno sano del suo bianco cadavere, mentre l'ultimo aveva l'aspetto più normale di tutti: capelli biondi di media lunghezza, occhi azzurri ed un accenno di barba. Giurò che per un secondo le posò lo sguardo addosso.

- Tu sei Yusei Fudo, non è vero? Ho sentito molto parlare di te.- Disse il tizio unicorno, sorridendo.
- Sì, sono io.- Disse Yusei, monocorde. Si vedeva a chilometri di distanza che non volesse parlare con lui.
- Io sono André, mentre loro sono i miei compagni Jean e Breo. È un piacere fare la tua conoscenza.-
- Voi siete il Team Unicorn, i campioni di Atlantis? È un onore incontrarvi!- Crow, non appena li aveva visti, aveva mollato Jack, fiondandosi subito da loro.
- E tu chi sei?- Domandò André.
- Crow, faccio parte della squadra di Yusei. Noi—-
- Vogliate scusarmi.- Lo interruppe il moro, il quale se ne andò.-
- Dove vai?! Vi chiedo scusa, di solito non fa così—!- Il rosso gli corse dietro ed i due sparirono, lasciando Akane e Carly sole con quei tre.

Approfittando della situazione, Carly approcciò il ridicolissimo uomo con il corno, chiedendo se potesse intervistare il suo team. Lui accettò e, mentre lei poneva le domande, Akane scattò loro qualche foto per l'articolo. Quando la fece al biondo, subito dopo lui le si avvicinò, mostrandole un sorriso smagliante.

- È un piacere vedere all'opera una giornalista così carina.-
- Io non sono una giornalista.- Gli disse, abbassando la fotocamera ed indietreggiando di un passo. Lui ne fece uno in avanti.
- Mi chiamo Breo. Posso sapere il tuo nome?-
- Akane.-
- Wow, particolare... ha un bel suono, ti sta d'incanto.-
- Vuol dire "Profondo Rosso". Come l'horror. Horror che capiterà se non mi lascerai respirare.-
Lui scoppiò a ridere, mettendosi le mani sui fianchi. Il suo stare chinato in avanti la faceva sentire ancora più bassa, nonostante i tacchi.
- Bella ed anche simpatica!-

Come se le sue preghiere si fossero avverate, lei e Carly vennero travolte da un'ennesima orda di giornalisti che le separarono dal Team Unicorn. Stavolta c'erano pure macchine da presa ed addetti con lunghissimi microfoni, doveva essere la televisione.
Akane era già pronta ad andarsene -anche perché voleva capire cosa fosse successo a Yusei-, ma quando guardò la sua amica capì che di lì non si sarebbe allontanata tanto facilmente.

- Che hai?- Le chiese, mettendole una mano sulla spalla. Sembrava arrabbiata.
- È sempre così. Se Angela ha l'occasione di ridicolizzarmi, Angela lo fa. Perché lei è Angela, Angela lavora in tv, quindi Angela vale più di Carly, la poraccia che meno di un anno fa viveva nella sua auto.
... Non avevano nemmeno finito di rispondermi.-
- Ma chi, il parruccone che sta davanti alle telecamere? – Carly annuì. – Che stronza.-

La giornalista non riuscì a stupirsi della parolaccia che Akane si era già ficcata nella folla, nuotandoci dentro e spostando persone in modo poco garbato, fino a raggiungere la prima fila. Ad intervistare il Team Unicorn c'era una donna bionda, con grossi e voluminosi boccoli, alta e con un abito lungo color borgogna, dalla profonda scollatura ed il corsetto stretto in vita. Stava parlando con André in particolare e, completamente assorta nel discorso, non si era accorta di cosa stava succedendo alle sue spalle.
Akane scansò un tizio che aveva cercato di trattenerla e, quatta quatta, come un felino, apparve dietro alla reporter, ticchettandole sulla spalla con l'indice. Lei si girò, guardandola in un misto di confusione e disprezzo, accigliata.
Akane la fissò per qualche secondo, decidendo che fare, mentre la donna si stava probabilmente chiedendo cosa volesse da lei quel gremlin. Anche il Team Unicorn era confuso.
Sul momento si ricordò della rabbia espressa da Carly, la quale si estese irrimediabilmente anche a lei, al punto che il solo guardare in faccia quella tizia le faceva venire voglia di schiaffeggiarla.
... E così fece. Le stampò la mano sinistra dritta sulla guancia, prendendola di sorpresa e facendole volare il microfono dalle mani.
Angela sbatté un paio di volte le palpebre e si sfiorò il punto colpito; ancora non aveva realizzato cosa le fosse successo.

- I colleghi si rispettano. Hai umiliato la mia amica, e visto che io non sono una giornalista, ho deciso di fartela pagare al suo posto.

La bionda era gradualmente diventata sempre più rossa in volto (non solo nel punto in cui l'aveva colpita), colma di rabbia. Digrignò i denti e strinse forte i pugni, alzò il destro, probabilmente per colpirla a sua volta, ma, ricordatasi di essere ripresa e, soprattutto, in diretta, lo abbassò, cambiando completamente atteggiamento ed iniziando ad urlare.

- Prendete questa vigliacca, mi ha colpita, è una pazza! Mi ha minacciata!

Si scatenò il panico. Un addetto alla sicurezza si fiondò addosso ad Akane per cercare di immobilizzarla, ma lei fece subito ciò che sapeva fare meglio: fuggire, darsela a gambe, correre sui tacchi, seminare chiunque provasse a prenderla. Aveva già vinto.
Con la fotocamera ancora nella mano destra, sgusciò via dal muro a forma di troupe televisiva, lasciando tutti scioccati dalla sua abilità nonostante gli abiti scomodi. Alché si aggiunsero dei poliziotti, che però non erano capaci di sostenere la sua corsa a zigzag e, soprattutto, i suoi improvvisi dietrofront atti a confonderli: si girava di colpo, gli correva incontro e poi li sorpassava tranquillamente. Era quasi divertente, avrebbe potuto farlo per tutta la notte!
Ma prima o poi quelle scarpe non avrebbero più retto, sentiva già il tacco faticare a sostenerla, non erano certo i suoi stivali da guerra...
Il problema era che non sapeva dove fosse l'uscita, o almeno, quella che non prevedeva l'ascensore; il suo obiettivo erano le scale, ma dove diamine erano?
La strada davanti a sé era sgombra, perciò poté permettersi di guardare verso i suoi inseguitori, ma per qualche motivo si schiantò -e allora era un'abitudine! Doveva smetterla di girarsi mentre correva- contro quello che sembrava un muro... in realtà la sua testa era finita contro il petto di un tizio, il suo corpo rimbalzò all'indietro ed inavvertitamente la macchina fotografica scattò una foto con il flash. Lui la afferrò per le spalle per evitarle la caduta ma, subito dopo averla rimessa in piedi, invece di lasciarla la tirò a sé ed indietreggiò velocemente, sollevandola da terra di qualche centimetro.
Akane fece per urlare credendolo uno degli inseguitori, ma nello stesso istante un fortissimo boato assordò lei e tutti i presenti. Il finestrone più vicino a loro esplose a causa dell'impatto con una gigantesca duel runner, la quale passò letteralmente a pochi centimetri dalla sua schiena. Se non fosse stata tirata via, l'avrebbe sicuramente presa in pieno e schiacciata.
A guidare il mostro di ferro e lamiera c'era un tizio altrettanto grosso, con gli stessi marchi dorati che avevano Yusei e Crow sul viso. Akane era ancora scossa e non riuscì ad ascoltarlo, ma dai suoi strepiti capì solo che il Grand Prix non aveva bisogno di un gala o simili. Ora la polizia aveva di meglio da fare piuttosto che correre dietro a lei.
Il suo salvatore la lasciò lentamente andare, assicurandosi che potesse stare in piedi da sola, e così riuscì finalmente a vederlo. Era un uomo molto alto, forse raggiungeva i due metri, i suoi capelli erano blu, tutti tirati all'indietro ma voluminosi. Indossava una tuta da motociclista color cobalto con alcuni dettagli gialli, su spalle e petto portava delle spesse e dure -lo aveva capito sbattendoci la testa contro- protezioni grigie, con guanti dello stesso colore. Aveva la pelle chiara ed il viso squadrato, ma non poté vedere i suoi occhi perché la maggior parte del volto era nascosto da un paio di occhiali rossi a specchio, perciò tutto ciò che riusciva a guardare era il suo stesso faccione confuso e deformato sulla loro superficie ricurva.

- Ti sei fatta male?

La sua voce profonda la risvegliò dal torpore. Aveva un tono particolare, basso, quasi modulato, tanto da sembrare finto. Riuscì solo a scuotere il capo lentamente. La postura rigida di lui parve rilassarsi, ma non abbastanza da sembrare vulnerabile.
Chi diamine era quel tizio? Perché indossava gli occhiali da sole di notte?
Lui guardò in direzione del trambusto che stava provocando il vandalo e così fece anche lei. Vide Aki evocare Drago Rosa Nera, il suo mostro più potente, dal duel disk, il quale con le sue liane spinate respinse la moto impazzita con così tanta violenza da ribaltarla e scagliarla verso un'altra delle vetrate.
Successivamente, il misterioso motociclista si rivolse nuovamente ad Akane.

- È meglio se te ne vai da qui, dopo di lui ricominceranno ad inseguirti. Hai seminato un bel po' di panico.-
- Stavo cercando l'uscita anche prima...! Ma ti sei messo in mezzo—-

A quel punto la afferrò di colpo per un polso, prendendola di sorpresa. Per un istante strinse talmente forte da farle male, ma a quanto pare se ne accorse, perché la sua presa si allentò subito, fino a diventare un tocco fin troppo delicato. Iniziò poi a trascinarla, ma lei tentava di puntare i piedi.

- H—Hey! La mia amica, l'ho persa nel caos!-
- Sta bene, ora vieni con me, o passerai dei guai con la sicurezza.- Non la mollò.
- Chi ti dice che stia bene?-
- Lo so e basta. Andiamo.-

A suo malgrado, cedette e si fece condurre fino all'ascensore, ormai aveva capito che non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente. Ma quali erano le sue intenzioni? Se lo domandò mentre i piani scendevano.
Si era andata a cacciare nell'ennesimo guaio ed il seguirlo era l'equivalente di entrare nella tana del leone, oppure nelle sue azioni non vi era alcuna malizia?
Lo guardò, era appoggiato contro al muro con le braccia incrociate, il volto era di profilo. Probabilmente sentendosi osservato, girò la testa in sua direzione, facendola sussultare.

- Ti faccio paura?

La sua espressione estremamente seria si trasformò in un ghigno ed in quel momento le porte dell'ascensore si aprirono. Grazie, pensò.

- Non sono qui per farti del male, che tu mi creda o no.

Detto ciò, si voltò nella direzione opposta ed entrambi uscirono, ritrovandosi nel parcheggio sotterraneo da cui Akane era arrivata con Carly.
Il silenzio era tombale ed ora che si guardava intorno, quel luogo sembrava l'ennesimo spazio liminale che tanto le metteva ansia. Uno dei neon sfarfallava ed i musi delle moto, tutti rivolti verso la strada, sembravano creature dagli occhi malvagi intenti ad osservarla, ad aspettare che facesse un passo falso per attaccarla. Senza rendersene conto aveva accelerato il passo facendo un gran rumore con le scarpe; infatti l'uomo si fermò all'improvviso e sembrò lanciarle un'occhiataccia -che in realtà non vide a causa degli occhiali-. Akane si congelò, tremendamente in imbarazzo. Ecco, si stava rendendo ridicola per l'ennesima volta!
... Senza dire niente, lui ricominciò a camminare e lei a seguirlo -per non si sa quale motivo-, finché entrambi non iniziarono a sentire più rumori di passi sovrapposti, tutti provenienti da un'unica direzione. Dall'uscita di emergenza comparvero Yusei, Jack, Crow, Aki, Leo e Luna; il primo, soprattutto, sembrava di fretta, ma il motociclista senza nome si mise in mezzo, bloccando a tutti la strada.

- E tu che cavolo vuoi?! Levati!

Jack gli urlò contro, e quando la vide la sua espressione mutò in una estremamente sospettosa.
Il gruppo li superò, ma a quel punto il tizio si voltò, parlando con la sua voce profonda.

- Yusei Fudo, perderesti solo tempo. Tu non sei pronto per combattere Ghost.

Il suo tono era di nuovo fermo, rigido, come la prima volta che lo aveva sentito parlare. Tutti si fermarono.
Yusei fece qualche passo in avanti, la sua espressione era seria.

- Chi sei?-
- La mia identità non ha importanza. Conta solo ciò che ho da dirti.-
- Senti, non ho tempo per le sciocchezze, Ghost è riapparso, devo scoprire—-
- È tardi. Lui se n'è già andato, la moto del suo avversario è ormai carbone.-
- Cosa...- Fu Aki a dirlo, ma probabilmente avevano pensato tutti la stessa cosa. Un'altra vittima...?
- Yusei, se vuoi avere una speranza, devi conoscere l'Accel Synchro.-
- "Accel Synchro"...? Di che si tratta?-
- Seguimi e lo scoprirai.-

Senza dire altro, il motociclista si avviò verso una moto in particolare. Era molto bassa, quasi a sfiorare il pavimento, la ruota anteriore sembrava in procinto di scomparire dentro il veicolo stesso, mentre quella posteriore era allontanata dalla coda mediante una lunga barra di metallo.
La scocca era viola scuro tendente al blu, con alcune aste metalliche di un acquamarina molto acceso, quasi un pugno in un occhio. Parte del muso, di forma estremamente aerodinamica, era invece di colore nero, così come alcune "ali" posizionate poco più avanti dei pedali i quali, assieme a qualche altro dettaglio di cui Akane non capiva l'utilità, erano color argento. L'intera seduta era invece bordeaux, quasi vinaccia, mentre qua e là saltavano all'occhio alcuni dettagli giallo pallido, tra le ruote e nelle aste su cui erano montate le manopole di freno ed acceleratore. Il duel disk era nero e quasi scompariva. Sia sul davanti che sulla coda, Akane notò, nello stesso acquamarina visto prima, il perimetro di un triangolo isoscele, riconducibile alla lettera greca Delta. Lei non era affatto un'esperta, ma quella duel runner era davvero strana, soprattutto perché, essendo tanto bassa, sembrava quasi un giocattolo, ma quando il suo proprietario ci montò sopra la strana differenza svanì, perché effettivamente in lunghezza era come una normalissima moto -salvo per quella ruota lontanissima dal resto del veicolo-.

Anche Yusei montò in sella alla sua moto, i due avviarono i motori e scesero in strada, mentre Crow portò fuori la Blackbird, collegandosi al computer dell'amico per seguire al meglio l'imminente duello.
Lei ed Aki erano appoggiate alla ringhiera e li guardavano dall'alto, con la rossa particolarmente interessata alla duel runner del moro – Akane aveva capito che lei aveva un debole per lui, ma stavolta c'era qualcosa di diverso.

- Hai visto qualcosa di strano?- Le chiese, avvicinandosi di un passo.
- No... sono solo curiosa. – La ragazza si voltò, rivolgendosi agli altri. – Siamo sicuri di poterci fidare? E se fosse una trappola?-
- Se Yusei si è fidato, allora possiamo rimanere tranquilli.- Rispose Crow.
- Come fai a dirlo?-
- Sono sensazioni che solo un duellante turbo può comprendere. Su, non preoccuparti, conosci bene Yusei, se non possiamo fidarci di quel tizio, fidiamoci almeno di lui.-
Duellante... turbo... uhm, ho capito.- Aki tornò a guardare in strada, mormorando parole che Akane non decifrò.

Dopo essersi preparati, al suono del rumore di motori, i due partirono, con lo sconosciuto in testa. Il rombo della sua moto parve quasi un'esplosione, talmente potente che Akane si dimenticò di respirare per qualche secondo.
Non iniziarono subito a duellare come tutti si aspettavano, invece quella tra loro sembrava una gara di velocità... l'uomo senza nome accelerava e Yusei gli teneva dietro, sempre più veloce, sempre più difficoltoso -la duel runner di quest'ultimo aveva sbandato più volte, ma fortunatamente l'aveva sempre tenuta in equilibrio-. Akane li guardava imbambolata, soprattutto lo sconosciuto; guidava come non aveva mai visto nessuno fare – quei pochi, sembrava che il suo corpo comprendesse anche la due ruote, uomo e macchina fusi in un centauro distopico.
Solo dopo che fu soddisfatto, concesse finalmente questa benedetta partita a Yusei.
Mondo Velocità 2 si attivò e tutto divenne ancor più strano.
Akane non ne sapeva nulla di Duel Monsters, non conosceva le regole ed a malapena sapeva cosa fossero mostri, magie, trappole e Synchro, eppure percepiva chiaramente che qualcosa non andasse, sensazione alimentata dal vociare dei ragazzi dietro di lei: a quanto pare il deck di quel duellante era sconosciuto e le sue carte avevano effetti ancor più unici. Ma a lei quelle questioni tecniche non interessavano, lei le vedeva strane e basta, a quanto pare senza motivo alcuno. O forse il motivo lo conosceva, ma era insito nei meandri della sua mente, tanto in profondità da provocarle il mal di testa se solo avesse tentato di tirarlo fuori con la forza.
Le sue dita erano strette attorno alla ringhiera, così forte da sbiancarle le nocche. Ad ogni mossa dei duellanti si bloccava, come il nastro di una musicassetta inceppata, si dimenticava di sbattere le palpebre, poi tornava lucida di colpo grazie alle voci di Jack e Crow, così in un circolo vizioso.
Fino a quando il motociclista non evocò un mostro chiamato "Maga Meravigliosa Tecnogene". Crow si era agitato parecchio, mentre Jack era incredulo.

- Non è possibile!- Esclamò il rosso.
- Che sia un errore del computer? Prova a riavviarlo.- Disse il biondo, con le mani sui fianchi.
- Faccio un tentativo. – Trafficò qualche secondo con i tasti. – Vediamo... niente, non cambia! È davvero sia un Synchro che un Tuner!- I suoi occhi grigi erano spalancati, sembrava un cervo abbagliato dai fari di un'auto.
- Woah, forte! – Disse Leo. – Non sapevo esistessero mostri del genere, è un nuovo set?- Lui sembrava euforico invece.
- Se fossero carte nuove non credi avrebbero fatto un sacco di pubblicità? – Rispose sua sorella. – È strano che non ne abbiamo mai sentito parlare...-
- Beh, è vero... forse lavora per l'Industrial Illusions e devono ancora uscire sul mercato!-
- Avrebbe senso, – Disse Jack. – ma a cosa serve evocare un mostro del genere quando esistono i Tuner normali?-
- Per chiamare Synchro ancora più potenti? – Chiese Akane, staccando finalmente gli occhi dalla moto viola e voltandosi. – Mostri che possono essere evocati solo così.-
- ... Ma che ne vuoi sapere tu— – Le rispose bruscamente, non riuscendo però a finire la frase perché l'urlo di Crow lo interruppe. – che c'è?!-
- A—Akane ha ragione, g—guarda, cosa sta facendo?!-

La ragazza si girò di scatto, nuovamente verso il duello, trovandosi davanti ad una scena ancor più strana di quelle precedenti: era il turno di Yusei, stava per attaccare con uno dei suoi mostri, ma l'avversario aveva improvvisamente iniziato ad accelerare a dismisura, cogliendolo di sorpresa. Akane si ricordò quindi di avere ancora con sé la macchina fotografica, perciò iniziò a filmare.
La duel runner viola scomparve con tutto il conducente in un lampo accecante, lasciando Yusei da solo sulla strada, ma un istante dopo gli riapparve alle spalle in un'altra bomba di luce. I due mostri Synchro erano stati sostituiti da uno solo, molto più grande e dall'aspetto potente. Era un robot umanoide, verde ed arancione, con grandi occhi rossi ed un fucile con tanto di baionetta luminescente come arma.
"Fuciliere Lama Tecnogene", questo era il nome che aveva udito alle sue spalle dalla moto di Crow: il prodotto dell'Accel Synchro. Ma sì, "Accel", "Accelerazione"... fare un'evocazione Synchro superando la barriera del suono – ma perché? Ora aveva capito il motivo del nome, però erano sorte altre domande sul senso della procedura. Non ce n'era uno, o forse erano cose da "duellante turbo", come diceva Crow.
Fatto sta che il tizio perse comunque, nonostante il mostrone, ma esso sembrava soddisfatto, anzi, a quanto pare faceva tutto parte della sua strategia.
Lui e Yusei si scambiarono qualche parola -a quel punto non poterono più sentire nulla dal computer, essendo terminata la sfida-, poi se ne andò sgommando.

- Quel tizio non mi convince, è troppo sospetto. Mostri mai visti? Si fa sconfiggere di proposito e poi se ne va senza presentarsi? Non me la racconta giusta.- Disse Jack.
- Secondo me non è una cattiva persona, forse c'è un motivo se non ci ha detto come si chiama.- Rispose Akane, spegnendo la videocamera.
- Ma certo, simpatizza pure. Nemmeno tu ci hai detto il tuo vero nome.-
- Forse perché non lo conosco? Sono sicura che quell'uomo stia dalla nostra parte. Mi ha salvato la vita! Se non ci fosse stato lui, ora sarei morta sotto quella duel runner enorme, un nemico mi ci avrebbe spinta sotto quell'ammasso di ferraglia!-
- Solo perché ha salvato te è automaticamente affidabile per noi? Ma che coincidenza, ha aiutato proprio l'ultima arrivata, quella che si è aggiunta al gruppo senza nemmeno chiedere ed in circostanze ambigue.-
- Cosa ti ho fatto, Jack?! Che bisogno c'è di essere tanto cattivo con me?!- Akane strinse i pugni al punto da piantarsi le unghie nei palmi delle mani.
Cosa c'è, chiedi? C'è che puoi smetterla di sprecare fiato con me, puoi incantare tutti gli idioti che ti pare usando la tua storiella strappalacrime ed un faccino ad hoc, ma non me, non Jack Atlas! Ascoltami bene: io. Non. Ti. Crederò. Mai. Chiaro?
Per quanto mi riguarda sei un nemico, e come tale non avrai mai la mia fiducia. Sparisci.-

Finito di sputare veleno, se ne andò via, lasciandosi alle spalle un silenzio tombale.
Akane era immobile, incapace di emettere alcun suono. La gola bruciava come se l'avessero accoltellata dall'interno, le labbra tremavano, la vista si appannava velocemente. Finché non sentì le guance bagnarsi e capì di star piangendo.
Le ginocchia cedettero e si ritrovò seduta sull'asfalto in una posizione che la faceva sembrare una bambola rotta, il naso colava e ad ogni singhiozzo era costretta a tirare su in modo poco elegante, ma non le importava, non ora che era appena stata trattata come il peggior sacco dell'immondizia. Si mise i dorsi delle mani sugli occhi in un tentativo a vuoto di fermare le lacrime, ad ogni spasmo del suo corpo la gola faceva sempre più male, gli arti si intorpidivano.

- Akane...!- Udì la voce di Luna, coperta dai suoi stessi singhiozzi.
- Non piangere, per favore!- Ora era il turno di Leo.
- Ah, dannazione, ma cosa gli è passato per la testa? Idiota di un Jack! – Crow imprecò. – Aki, tu va a chiamare Yusei, io cerco Carly. Leo, Luna, rimanete con lei.-

Akane udì il suono di passi che si allontanavano da ambe le direzioni e, dopo poco, sentì due braccia avvolgersi attorno a lei e poi altre due. Lentamente si tolse le mani dal viso -non vedeva niente, né a causa del cambio di luce, né per le lacrime agli occhi- e si accorse che entrambi i gemelli la stavano abbracciando forte, Leo alla sua destra e Luna a sinistra.

- Sono... sono davvero così sospetta?- Mormorò Akane, con la bocca impastata. Luna fece no con la testa contro la sua spalla.
- Assolutamente no, è Jack ad essere paranoico, credimi! Nessuno crede che tu sia una nemica, o non avresti nemmeno accesso al garage.- Disse il gemello.
- Leo ha ragione. – Una terza voce si aggiunse. Era quella di Yusei. – Nel garage ci sono tantissime cose di valore, soprattutto il prototipo ed il programma del nuovo motore, non permetterei mai che qualcuno di cui non mi fido ci si avvicini. Parlo per me, ma anche per Crow e Bruno. Mi dispiace tanto che Jack non la pensi allo stesso modo, vedrai che prima o poi si ravvedrà, è sempre stato testardo e brusco.-
- Tu... cosa ne pensi di quel duellante? Ti fidi?- Chiese lei, a bassa voce.
- "Fidarsi" è un parolone ora come ora, avrei voluto conoscerlo meglio, ma non lo vedo come un nemico. Sono molto felice che ti abbia salvata, se non ci fosse stato lui chissà cosa ti sarebbe successo...-
- Akaaaaneeee—!-

Tutti si voltarono verso la direzione dell'urlo, vedendo Carly correre verso di loro e tirandosi continuamente su la spallina del vestito. Dietro di lei Trudge, rallentato dal bastone, e Crow, che teneva lo stesso passo del poliziotto.
La giornalista le si fiondò addosso, le prese il viso con le mani e lo strizzò con forza, le girò attorno, la prese per le spalle, controllò ogni centimetro del suo corpo ed infine la stritolò in un abbraccio come un boa.

- Dimmi che stai bene, ero preoccupatissima, sei scappata, poi non ti ho più vista, eri proprio nel punto in cui la finestra è stata sfondata, ti credevo morta!-
- Sto bene... almeno finché non esaurirò l'aria nei polmoni— mi stai— stritolando—-
- Ah, scusa! – La lasciò, allontanandosi per guardarla negli occhi. – Crow mi ha riferito di Jack...- La sua voce divenne quasi un sussurro.

Akane abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro. Pensava di stare bene, ma non era così. Aveva smesso di piangere solo perché era stata distratta, ma il dolore, la rabbia, la frustrazione, si erano espanse a macchia d'olio dal suo cuore al resto del corpo. Non sapeva perché stava avendo una reazione tanto esagerata, ma non riusciva a calmarsi del tutto, a lasciarsi quelle parole alle spalle.
Era stata ferita nel profondo e stava sanguinando copiosamente, un'emorragia che nemmeno la presenza di tutti i suoi amici riusciva a fermare.
Akane, senza nemmeno accorgersene, aveva ricominciato a piangere come una bambina.

***

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Angolo autrice
Hellooo. Qualche precisazione di fine capitolo giusto per dirvi che non mi sono rincretinita.
Primo: lo so, la Delta Eagle non è fatta così. Ma è la moto più brutta di tutto 5D's e, visto che ricoprirà un ruolo importante in futuro, ho deciso di farci un redesign che avesse senso con il suo scopo (infatti dietro è molto lunga per sostenere le forti velocità e non impennarsi in accelerazioni improvvise). Più avanti ve la illustrerò pure. Intanto pensatela come un Kawasaki Ninja H2R ribassata, allungata dietro e con il manubrio poco pratico della Delta Eagle originale.
Secondo: ho voluto tradurre i T.G. in "Tecnogene" perché "Tecno Genio" non ha un cazzo di senso. Non è una traduzione proprio giusta di "Tech Genus" ("tecno genere"), ma trovo sia più azzeccata (e "genere" non mi piaceva, potete fingere sia un'abbreviazione se proprio vi sta sulle palle).
E con questo adieu (goodbye, auf Wiedersehen... Den letzten Weg musst du alleine gehen), vi lascio con il remake dell'illustrazione di questo capitolo. Bacioni. :3

Jigokuko

 

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Capitolo 9
*** 8 - Lacrime ***




8

Lacrime


La notte era stata pessima e pesante. Akane non aveva chiuso occhio, non si era nemmeno levata quell'abito scomodo, era rimasta rannicchiata su un lato per tutto il tempo, con la testa nascosta tra le gambe, a tentare di soffocare il più possibile i suoi singhiozzi per permettere a Carly di dormire. Quest'ultima aveva cercato di stare sveglia in un tentativo di consolarla, ma spesso la stanchezza prendeva il sopravvento e la faceva crollare addormentata, passava qualche tempo, si risvegliava e poi dopo un po' si riaddormentava di nuovo, in un circolo vizioso.
La sera prima avevano tutti provato a farla calmare, compreso Trudge, ma senza successo, sembrava un nastro inceppato. Le parole di Jack l'avevano rotta.
Akane non era una persona che dava peso al giudizio altrui tanto facilmente, né era così debole emotivamente, la maggior parte delle volte quella a farla piangere era solo e soltanto sé stessa. Ma stavolta non era riuscita a mettersi in viso il suo sorriso strafottente, né in bocca parole affilate, non ci aveva nemmeno provato, quell'idiota era riuscito a scegliere la combinazione perfetta di parole capace di distruggerla in un sol colpo. Aveva fatto leva proprio sul suo smarrimento, le circostanze stupide e strane -la nebbia fittissima arrivata e sparita nel nulla- in cui si erano incontrati, la fiducia, il suo vero nome; un cocktail in grado di esploderle dentro e farla sanguinare copiosamente.
Si sentiva tremendamente in colpa. In colpa per essersi mostrata tanto fragile, in colpa per aver fatto preoccupare tutti, in colpa per essere un peso che gravava sulle spalle di ogni singola persona con cui era venuta a contatto... nessuno si meritava di sopportarla, soprattutto Carly, che per colpa sua aveva avuto una nottata orrenda.

Il sole aveva iniziato a fare capolino e lei se n'era accorta solamente quando ormai era abbastanza alto da, filtrando dalla finestra, riuscire ad accecare in caso di contatto diretto – l'aver pianto tutta la notte non giocava a suo favore, i suoi occhi chiari e provati erano fragili più che mai. Akane serrò le palpebre con forza e si girò dall'altro lato, affondando ancora la testa nelle sue stesse gambe. Era in quella posizione scomoda da così tanto tempo che non credeva sarebbe riuscita a raddrizzarsi tanto facilmente.
Ora fronteggiava Carly, la quale iniziò a muoversi dopo qualche secondo. Si sentì una mano sul braccio che la scuoteva leggermente, ma lei rimase immobile, quasi a fingersi morta come un animale che non vuole finire nelle fauci del suo predatore.
Udì Carly sospirare e poi un gran movimento nel letto, le coperte si spostavano ed il materasso dondolava sulla rete instabile; doveva essersi seduta.

- Lo so che sei sveglia, quando dormi respiri in modo totalmente diverso, quasi— uhm— sofferente?
Akane, hai gli incubi la notte, non è vero?

... Incubi? Akane in realtà non lo sapeva. Quando si svegliava dopo aver dormito era come se avesse viaggiato nel tempo, come se in un istante si fosse teletrasportata al mattino dopo. Non aveva mai sognato, da quel che ricordava, né bei sogni, né incubi, le uniche immagini non appartenenti alla vita reale che aveva visto erano quelle allucinazioni avute nei primi giorni trascorsi a Nuova Domino. E quelle la terrorizzavano.
Rimase zitta, fingendo di non aver sentito.

- Non è da te fare così, mi fai preoccupare, davvero!
...
Akane, rispondimi, ti prego, siamo amiche, possiamo parlarne.

Ancora niente.
Non aveva il coraggio di tirare su la testa e guardarla in faccia, mostrarle i suoi occhi gonfi e le labbra martoriate, rischiando di farle pena ed essere per l'ennesima volta un peso. Al contrario, si rannicchiò su sé stessa con ancor più forza, facendo pericolosamente sporgere le vertebre dalla schiena; le sentiva spingere contro la pelle, come spine pronte a fuoriuscire.
Un altro rumoroso sospiro da parte di Carly, poi le coperte ed il materasso si smossero di nuovo e la sentì allontanarsi dalla stanza.
Akane allentò di un poco la sua posizione a riccio.

***

Passò del tempo, non seppe quanto, forse un'ora -la luce del sole si era intensificata e poteva vedere la sua ombra proiettata sul letto sfatto-. Chiuse di nuovo gli occhi, bruciavano parecchio nonostante stesse dando le spalle alla finestra. Aveva tremendamente sonno, era stanca morta, ma non riusciva ad addormentarsi – davvero respirava così male mentre dormiva? Perché non ricordava i sogni, né tantomeno gli incubi? Quella domanda di Carly le si era piantata in testa e non accennava a lasciarla stare.
Voleva solo addormentarsi e tornare indietro nel tempo, dire a sé stessa di non pesare così tanto le parole di un idiota; ma sarebbe stato ipocrita, perché anche in quello stesso momento la stavano schiacciando come un macigno e lei si sentiva sempre più privata dell'aria nei polmoni.

Sentì un rumore di passi entrare in camera ed avvicinarsi al letto. Carly era tornata.

- Ho capito, non posso fare nulla per te. E mi dispiace, vorrei aiutarti a stare meglio, ma se fai così mi sento inutile.
Uhm... io esco, devo fare delle commissioni. Ci vediamo più tardi.

Akane aspettò che la porta di casa fosse chiusa a chiave prima di, finalmente, distendere le gambe. Sembravano fatte di cemento, le ginocchia e le caviglie, così come il bacino, scrocchiarono così forte da dare l'impressione che si fossero rotte tutte le ossa.
Si distese sulla schiena, guardando il soffitto, cercando di districarsi dal groviglio di capelli che si era creato girandosi e rigirandosi per tutta la notte. Provò a stropicciarsi gli occhi, ma essi bruciavano da morire e non aveva nemmeno la forza di alzarsi e tirare le tende.
Era patetica. Niente più, niente meno. Soprattutto ora, con le braccia allargate come crocifissa e la chioma completamente devastata e riversa sul materasso quasi a simboleggiare il suo stesso sangue perso.
Riuscì a mettersi a sedere e si abbracciò le gambe, appoggiando la testa sulle ginocchia ossute, e sospirò rumorosamente, chiudendo gli occhi. Quella posizione non era molto diversa da quella che aveva assunto per l'intera notte, ma era l'unica che la facesse sentire meglio, al sicuro. Poco importava se sembrava una codarda.

Il tempo continuò a scorrere senza che Akane ne avesse percezione; cullata dal silenzio assoluto e dalla solitudine, era riuscita a raggiungere una sensazione di stallo, una in cui non stava bene, ma neanche male, era in equilibrio su un filo sottilissimo.
Sentì il tipico rumore di una serratura che si sbloccava e, successivamente, la porta di casa che si apriva, poi dei passi aggirarsi per la casa, prima di essere talmente vicini da farle pensare che, di chiunque si trattasse, fosse entrato nella stanza. Il materasso affondò alla sua sinistra, sul bordo del letto.
E venne avvolta da due braccia; non era Carly, lei non aveva arti così lunghi, né aveva il tipico odore di officina.

- Mi dispiace, – Bruno la strinse più forte. – se solo avessi saputo... sarei venuto anch'io al gala. Avrei voluto esserci per difenderti.-

La tirò a sé, poggiando il mento sul suo capo ed accarezzandole i capelli -e qualche volta aggrovigliandosi le dita nella matassa di nodi-. Ad Akane iniziò a bruciare la gola come se avesse ingoiato degli aghi roventi, le labbra tremarono, tirò su col naso ed emise un singhiozzo sommesso.
Lui non disse niente, continuò semplicemente a tenerla stretta come se volesse farle da scudo, in un chiaro intento di darle sicurezza, un silenzioso "sfogati, il mondo non ti sentirà".
Ed Akane ricominciò a piangere, per l'ennesima volta. Le sue spalle tremarono violentemente, il volto era contratto e dolorante, le lacrime stavano inzuppando la giacca ed il braccio di Bruno.

- Non devi sprecare le tue lacrime per una cosa simile, Akane.- Disse, e lei lo udì tra i singhiozzi come se fossero interferenze.
- N—non... s—s—sei obb—bbligato a... ad— assistere a—a—a questa sce—scena pateti—ca- Gli rispose, biascicando per via della gola irritata.
- Io non sono venuto per assistere, sono qui per farti smettere. Non posso lasciarti in questo stato, la colpa è anche mia.-
- Tu non—non p—puoi essere col—colpevole se non e—ri presente.-
- Ed invece potevo esserci. Non ho nemmeno lavorato al progetto, dopo cena mi sono addormentato sul divano e mi ha svegliato Jack che è tornato facendo un gran casino con la moto. Gli ho chiesto cosa fosse successo e lui mi ha letteralmente mandato a fanculo— nemmeno Yusei e Crow, arrivati dopo, erano dell'umore di spiegarmi tutto.
Sono venuto a sapere dell'accaduto solo stamattina, quando Carly è entrata nel garage come un uragano, mi ha dato le chiavi di casa vostra e poi si è portata via Jack. Bolliva di rabbia.-
-Carly...- Tirò su col naso.

Bruno allentò la presa fino a sciogliere quella morsa tutt'altro che letale, lasciandole più libertà di movimento e di respirazione. Poi, le offrì il pacchetto di fazzoletti presente sul comodino.
Akane ne prese uno e si soffiò il naso in modo molto poco elegante, facendo un gran rumore. Ancora però non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.

- Ascolta, tu sei una ragazza intelligente, è inutile dirti che non c'è motivo di reagire così. Sono solo parole, Jack te ne ha dette tante nel corso del tempo, non iniziare a dargli retta solo adesso.-
- Io— io— ha detto che non mi crederà mai e che quello che è successo ieri sera, quando il tizio che ha combattuto contro Yusei mi ha salvata, serve solo a rendermi ancor più una nemica ai suoi occhi. Dice che sono sospetta perché ha rischiato la vita per salvare proprio me, prima che potessero investirmi. Dovevo farmi uccidere, Bruno? Non avevo il controllo delle mie azioni, è stato lui a togliermi da là appena in tempo. Sono sicura che lui sia un alleato, e che lo avrebbe fatto con chiunque al mio posto. – Si fermò per un attimo, stringendo i pugni e non riuscendo a fermare un'altra lacrima silenziosa. – E... e mi fa arrabbiare, perché sento di star urlando al vento e mai nessuno mi ascolterà. Io non voglio essere amica di Jack, ma non voglio nemmeno essere denigrata in questo modo, adesso lui e Carly staranno litigando e sarà solo colpa della mia presenza in questa casa. Voglio solo spa—-
- ... No! – Bruno alzò la voce all'improvviso come se avesse paura che lei potesse sparire proprio in quell'istante. – Voglio dire... non stai urlando al vento. Se una sola persona non vuole ascoltarti non devi concentrarti su quella; io, Carly, Yusei, Crow, Aki, Leo, Luna e tutti gli altri... noi ti vogliamo bene e ci fidiamo di te, sei nostra amica nonostante tu sia, per ora, ancora un guscio vuoto. Nessuno di noi vuole vederti piangere su un letto sfatto circondata da fazzoletti usati.-

Akane fece un profondo sospiro e, come una bambola mossa dal vento, si accasciò con la testa sul petto di Bruno. Gli occhi bruciavano ancora, la luce si era fatta più forte, ma poco importava.

- Perché, in qualche modo, riesci sempre a tirarmi su di morale...? – La risposta non arrivò da lui, bensì dalla sua pancia, che brontolò rumorosamente. Per l'imbarazzo la prese per le spalle e l'allontanò da sé. – ... Oh! Hai fame? Mi dispiace, ti ho fatto saltare la colazione, vero? Andiamo di là, ci sono del tè e biscotti.-
- Non ce n'è bisogno, davvero.- Era diventato rosso come un peperone.
- Insistito, voglio sdebitarmi.-

Akane gattonò sul letto e scese, toccando il pavimento freddo con i piedi nudi. Udì un commento sul vestito da parte di Bruno, ma non riuscì a discernerne le parole, perché tutto il mondo attorno a lei iniziò a vorticare, sempre più forte, sempre più grigio, come se stesse facendo notte— no, non era notte, era il colore della tempesta, il buio di giorno, il sole coperto dalle nuvole.
Un forte rumore stridente minacciava di farle esplodere i timpani, ma non riusciva a coprirsi le orecchie con le mani. Per un istante, l'occhio del ciclone la guardò di nuovo, con la sua iride scura ed il sopracciglio incurvato. Era arrabbiato con lei, al punto da minacciarla di morte; lo sguardo era quello di un assassino, si vedeva chiaramente. La lama era rivolta a lei.
Tutto divenne distorto, immagini incomprensibili come attraversate da numerose interferenze. Tra il caos riuscì a scorgere grandi fogli scritti e disegnati, sembravano progetti, sparsi su un tavolo di ferro e riversi sul pavimento, poi vide degli oggetti di metallo, piccoli ed appuntiti, forse gli strumenti di un dentista, o di un medico. La visione diventò scarlatta ed il ronzio nelle sue orecchie aumentò, sentiva i timpani ad un passo dalla rottura, un fortissimo peso che minacciava di farli implodere.
Poi, tutto divenne bianco, per terra un infinito "pavimento" attraversato da sottili linee che disegnavano una griglia, ed il ronzio divenne più chiaro, profondo, e si tramutò in una voce maschile.

"Sei inutile," Disse, carica d'odio. "non mi ascolti mai. Da quando—" Le interferenze disturbarono il suo discorso, facendo perdere dei pezzi. "... Perciò mi riprenderò ... stanne certa, ..."

- Akane.

"Ora prendi..."

- Akane?

"Come sa— a dire 'no'? Pensi forse di— scelta? Tu ... devi obbe—. Chiaro?"

- Akane?!

"Tu e—. Non puoi ... mondo. Sei solo ... . Lui ti—
... Mi fai infuriare."

- Akane, ti prego, rispondimi!

Tutto sembrò andare alle fiamme. Lingue di fuoco la accecavano, nascondendo il bianco vuoto in cui si era ritrovata a subire quelle parole cariche di cattiveria. Sentiva dolore in tutto il corpo, come se le ferite fossero state inferte in quello stesso momento, tra il battito assordante del suo cuore poteva discernere la lama che affondava nella carne.
Udì una seconda voce, stavolta familiare, che chiamava, anzi, urlava il suo nome, in preda alla disperazione, ma riuscì a tornare alla realtà solamente al suono di un'esplosione e, quando finalmente i suoi occhi si focalizzarono sulla stanza in cui era sempre stata, videro cocci di vetro cadere dal lampadario sul letto come fiocchi di neve brillanti e pericolosi. La lampadina si era frantumata.
Con la bocca semiaperta, Akane si guardò attorno, realizzando di essere seduta a lato del letto, Bruno era al suo fianco ed i suoi occhi metallici erano spalancati come quelli di un cervo.

- Cosa— è successo al lampadario?- Mormorò, ritrovandosi la gola ancor più secca di quanto già non fosse.
Quello ti preoccupa?! Akane, non appena ti sei alzata sei caduta all'indietro e hai cominciato ad ansimare con uno sguardo terrorizzato, cos'hai visto?-
- Non... – Il ricordo stava già svanendo velocemente dalla sua memoria, come un sogno che, più si cerca di ricordarlo, più lo si dimentica. – ricordo... tanti colori... grigio, bianco, rosso, devo essermi alzata troppo in fretta.- L'occhio malvagio lo ricordava bene, ed anche la voce, cattiva, profonda, ma non il significato delle sue parole, era tutto sfocato.

Bruno si alzò in piedi e si chinò di fronte a lei, guardandola con occhi estremamente preoccupati. Poteva leggerlo benissimo nella sua espressione quanto la scena di poco prima lo avesse turbato.

- È meglio se andiamo in ospedale.- Le disse, con voce ferma.
- No!- Si agitò lei.
- Mi avevi promesso che se avessi avuto un altro episodio simile a quello in cui sei svenuta ti saresti fatta visitare da qualcuno...-
- Non sono svenuta. – Lui aggrottò le sopracciglia con sospetto. – Ascolta, è da sabato che non dormo, ed oggi è lunedì— sono solo stanca, davvero, non devi preoccuparti per me. – Akane si alzò nuovamente in piedi, sperando di non cadere ancora in preda a dolori ed allucinazioni. – Andiamo di là, ti devo ancora una tazza di tè.-

Lo afferrò per la giacca, conducendolo verso la cucina; inizialmente mormorò qualche protesta, ma poi fu costretto a seguirla. Forse aveva timore che, se l'avesse fatta arrabbiare, sarebbe corsa via come una pazza -non poteva biasimarlo, era già successo più di una volta-.
Mentre Bruno si era accomodato a tavola e lei era alla ricerca delle bustine di tè, lui accese la televisione. Era già sintonizzata su Domino 1 e stavano mandando in onda il telegiornale. Akane non ci diede peso ma, quando accese il fornello e si voltò per servire i biscotti, la scatola le cadde dalle mani -fortunatamente atterrò sul tavolo-.
"Caos al gala di ieri sera. Giornalista schiaffeggiata e criminali che sfondano finestre"
E subito dopo venne mostrata la scena di Akane che tirava un ceffone devastante alla stro— Angela.
Bruno la guardò. Lei lo guardò. Poi si girò e tornò ad occuparsi dell'acqua sul fuoco.
Si aspettava un ennesimo "ma che cazzo fai?" (un po' più elegante magari. Bruno non parlava così), attendeva che lui scoccasse la freccia della preoccupazione mista a disapprovazione con un pizzico di delusione e che essa le si piantasse nella nuca... ma tutto ciò non arrivò, anzi... invece scoppiò a ridere; una risata forte, rumorosa.

- Di tutte le cavolate che hai fatto, questa è la più divertente, devo ammetterlo!-
- Credevo mi volessi sgridare. Ieri sono successe talmente tante cose che me l'ero pure dimenticata quella parte...-
- In diretta nazionale, poi.-
- Eh...-
- La giornalista più famosa di Nuova Domino.-
- Ah...-
- ... Mi fai disperare. Non ci vediamo per un giorno e finisci in televisione, in diretta nazionale, a schiaffeggiare persone e poi a fuggire, – Avevano trasmesso anche la scena di lei che faceva lo slalom tra la polizia. – a volte mi chiedo se tu non sia una maledizione vivente. – Sospirò. – Mi fai venire voglia di strapparmi i capelli.-
- Non voglio vederti con la pelata, Bruno.-
- Neanch'io voglio vedermi pelato, Akane, ma sto divagando— – Un altro sospiro. Rovistò nella scatola dei biscotti e ne prese uno, addentandolo. – posso sapere almeno perché lo hai fatto?-
- A quanto pare quella giornalista è solita trattare male Carly. Non ci ho visto più e ho seguito il raptus del momento... mentirei se ti dicessi di essermi pentita, a dire il vero è una scena divertente a riguardarla.-
- Spero solo che questo non ti porti gravi conseguenze. Quella donna è davvero, davvero famosa. Se avessi "solo" schiaffeggiato una a caso non mi preoccuperei nemmeno ma, ripeto, lei potrebbe approfittarsene.-
- Osasse presentarsi qui, gliene darei un altro, o peggio. – Sbuffò Akane, servendo ad entrambi una tazza ricolma di acqua bollente ed un paio di bustine tra cui scegliere. – Non può permettersi di trattare male una mia cara amica ed aspettarsi che io non faccia nulla. La violenza— andiamo, per un banale schiaffo deve tirare su un teatrino simile? Forse non sarà la miglior soluzione, ma in qualche modo bisognerà pur fargliela pagare. Tipo... che ne so... crema depilatoria nello shampoo? Restando in tema di "pelati".- Disse, con un sorrisino poco rassicurante in volto.
- Spero non litigheremo mai, noi due.-
- Tranquillo, ho già detto di non volerti vedere calvo.-
- Non— lascia stare. Cerca solo di non essere avventata come fai di solito, lo dico per il tuo bene. E meno violenta, non ti porterà a nulla di buono.-

Akane gli sorrise, stavolta un sorriso sincero, e lui ricambiò. Scelsero entrambi un banale ma sempreverde tè al limone e fecero colazione -nonostante fosse ormai mezzogiorno- in religioso silenzio, gli unici suoni quelli dei biscotti masticati, il cucchiaino che girava nella tazza ed il tè che veniva ingerito. Era un momento che, seppur normale, a lei sembrava etereo, la pace dei sensi, un gesto semplice capace di farle dimenticare tutto lo schifo a cui aveva pensato per ore ed ore. Sì, gli occhi ancora bruciavano, si sentiva completamente indolenzita, la testa minacciava di esplodere ed era ridotta ad uno straccio, ma almeno non era più sola e triste. Davanti a lei c'era qualcuno sempre pronto a tirarla su di morale e con il quale poteva confrontarsi, una specie di pilastro costante nella sua breve ma caotica vita. Sapeva che, se si fosse persa, poteva sempre voltarsi ed aggrapparcisi, e lui l'avrebbe aiutata. Ma era un pensiero egoista...? Non ne aveva la minima idea.
E poi si ricordò di come Carly avesse cercato di aiutarla, beccandosi pure lei una nottata orrenda, ed Akane non aveva mosso un dito, non si era minimamente aperta al suo aiuto, nonostante avesse avuto le migliori intenzioni, le stesse di Bruno. Ed ora si sentiva anche un'ipocrita.
Avrebbe potuto usare la scusa del "sono stata influenzata da Jack, lui non vuole che io abbia rapporti con te", ma sarebbe stata una pessima bugia, nonché uno scarico di responsabilità bello e buono.
Sospirò, posando la tazza vuota sul tavolo.

- C'è qualche problema?- Le chiese Bruno, lui aveva già finito.
- No... stavo solo pensando che dovrei scusarmi con Carly. Lei voleva aiutarmi ed io l'ho ignorata.-
- Sì, dovresti.-
- Ed io che pensavo mi avresti risposto con qualcosa del tipo "non preoccuparti, andrà tutto bene".-
- Non stavolta. Chiedile scusa. Non ha dormito nulla, era esausta ed è corsa fino al garage implorandomi di venire qui, infuriata con Jack. Tutto questo per te.-
- Sempre la voce della ragione. Grazie, mammina.-
Lui divenne tutto rosso.

***

Dopo aver mangiato, Bruno aiutò Akane a pulire il macello nel letto, partendo con i pezzi di vetro della lampadina esplosa – lei sperava solo non fossero rimasti dei microframmenti che si sarebbero poi piantati nei suoi piedi (o in quelli di Carly) la mattina dopo. Per sicurezza buttarono via tutti i fazzoletti, anche il pacchetto semiaperto rimasto lì, cambiarono le lenzuola e spazzarono per terra -con annesso commento di Bruno sul fatto che lei fosse letteralmente senza scarpe o ciabatte. Akane rispose che in alternativa aveva solo i tacchi. Lui sospirò, esasperato-.
Quando il letto fu finalmente pronto e lindo, Akane sentì nuovamente tutta la stanchezza ricordarle che non aveva dormito per chissà quanto e la fece accasciare seduta sul bordo a stropicciarsi gli occhi.

- Credo mi sia finalmente venuto sonno. – Sbadigliò, coprendosi la bocca con la mano. – Puoi tornare a casa se vuoi... scusami se ti ho trattenuto tanto, anzi, in primis per averti fatto venire qui.-
- Non dirlo neanche, se l'avessi saputo prima sarei venuto anche nel cuore della notte. – Akane sospirò, consapevole che lui l'avrebbe fatto. – In ogni caso, sono contento che tu stia finalmente meglio. Non ti serve nient'altro?-
- No... ora voglio solo riposarmi, non voglio che tu rimanga a guardarmi mentre dormo— Carly dice che mi muovo un sacco, potrei tirarti un pugno per sbaglio.-
- Non vorrei rischiare. – Le sorrise. – Va bene, mi hai convinto, torno a casa.-

Akane fece l'ultimo sforzo per alzarsi ed accompagnarlo alla porta. Sull'uscio Bruno le consegnò le chiavi di Carly ‐se le stava dimenticando in tasca- ed uscì, ma prima che la porta potesse chiudersi fece dietrofront e tornò da lei.

- Un'ultima cosa...! Te l'ho detto prima, ma forse non mi hai sentito perché poi sei stata male, ma ecco— – La guardò da capo a piedi, scannerizzandola con i suoi occhi metallici. – Il—Il vestito è molto bello... tu sei be— ti sta bene. – Lo disse quasi balbettando, le parole avevano fatto una fatica immensa ad uscirgli dalla bocca. – Va bene, ciao, vado!- E corse giù per le scale come un fulmine.

Akane rimase imbambolata in mezzo alla porta aperta per qualche secondo, realizzando solo dopo cosa fosse appena successo. Abbassò la testa, ricordandosi di avere ancora quel vestito lilla addosso, ora tutto sgualcito dalle pieghe a causa del suo girarsi e rigirarsi della notte. Non voleva metterselo mai più.
Tornò in casa, chiudendo a chiave, poi si diresse in bagno e cominciò a spogliarsi. I tagli erano ancora rossi a contrasto con la sua pelle bianchissima, al contempo freschi ed ormai vecchi. Non riuscì a guardarli ulteriormente e diede le spalle allo specchio.

- Non penseresti questo di me, se li vedessi.

Mormorò con un filo di voce, infilandosi prima la maglia del pigiama e successivamente i pantaloni, poi se ne andò finalmente a letto.
Non ebbe la forza di infilarsi sotto le coperte, crollò subito come un sasso.

Dopo quello che parve un secondo, però, aprì gli occhi di colpo a causa di un urlo. La luce ormai ridotta al blu della sera. La voce era quella di Carly, che le stava davanti, i suoi occhi nascosti dagli occhiali, ma tutto il resto del suo viso urlava allarme.

- Akane, cos'hai sul petto?!

***

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Angolo autrice

CIAO! Scusate se ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, ultimamente non ne avevo voglia.

Comunque, sto scrivendo delle note solo per flexare il fatto che ieri sono andata al concerto dei Rammstein ed è stato assolutamente epico, tra fiammate in faccia e fuochi d'artificio. Ho pure litigato con un tizio enorme e ho vinto. :3
E niente addio, torno nella penombra.

Jigokuko

 

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Capitolo 10
*** 9 - Tutorial: quando e come svolgere un'autopsia ***




9

Tutorial: quando e come svolgere un'autopsia


Akane sbatté le palpebre più volte, cercando di far aggiustare la vista alla luce, riuscendo così a mettere a fuoco Carly e confermare che avesse davvero un'espressione scioccata, terrorizzata ed a tratti inorridita. Leggeri scatti della sua testa suggerivano che la stesse scrutando dal ventre in su, ma Akane non capiva, perciò rimase imbambolata a fissarla per qualche secondo, in attesa di riprendersi completamente dal profondo sonno.

- Cosa— – Si interruppe a causa di un lungo sbadiglio. – succede...?-
- I—Il t—t—tuo pe—petto... è squarciato! A—Anche il collo!-

Sbiancò, sentì il sangue drenarle dal volto e congelarsi nelle vene. Aveva sentito bene? Non era un'allucinazione?
Abbassò anche lei la testa per guardarsi e scoprì di aver fatto un errore gravissimo, ovvero di essersi dimenticata di chiudere i bottoni nel colletto della maglia del pigiama -doveva essere talmente stanca da non essersene nemmeno accorta-, perciò mentre dormiva i lembi si erano aperti e le avevano scoperto il petto quasi per intero, lasciando così in bella vista il lungo taglio che la divideva in due.
D'istinto si chiuse a riccio e con le mani tenne chiusa la maglia. Serrò gli occhi e strinse le palpebre, nella vana speranza che quello fosse un sogno – il primo che avesse mai fatto. Ma non riuscì a svegliarsi, lo era già purtroppo.

- Non hai visto niente.-
- Certo che l'ho visto, ho gli occhiali addosso!-
- Non è vero.-
- Akane, non iniziare a comportarti come una bambina proprio adesso. Diamine, hai delle ferite orribili! Come cavolo te le sei fatte?!-

Akane non capì più niente. Il suo dannatissimo istinto di sopravvivenza si era attivato e lei aveva chiuso occhi ed orecchie come un cavallo imbizzarrito, tentando poi di fuggire. La stanchezza però prevalse e Carly fece in tempo ad afferrarla per un polso prima che lei potesse dileguarsi. Tentò di liberarsi e sgusciare via, ma la giornalista riuscì a prenderla anche per l'altro braccio ed immobilizzarla sul materasso. Akane la guardò con occhi spalancati, congelandosi dal terrore, il petto che si alzava ed abbassava a ritmi irregolari.
A quel punto Carly allentò la presa fino a farla diventare un tocco delicato. Sotto le spesse lenti dei suoi occhiali riuscì a vedere per una delle rare volte i suoi occhioni grigi preoccupati, si mordeva le labbra per il nervosismo.

- M—Mi dispiace! – Si tolse da sopra di lei. – Non ti ho fatto male, vero?-

Akane si girò lentamente su un fianco e chiuse gli occhi -sperando, per l'ultima volta, di star sognando-. Ma poi, ormai sconfitta, fu costretta ad alzarsi e mettersi seduta con la schiena appoggiata alla testiera del letto.
Con le mani che tremavano afferrò i lembi della maglia ed iniziò a tirarla su, scoprendo sempre più il taglio che rovinava la sua pelle bianchissima. Quando se la tolse tutta e guardò nuovamente la sua amica, la vide con un'espressione di completo orrore sul suo viso, nemmeno gli spessi occhiali potevano nasconderla.
Akane si sentiva mortificata, nuda -quello lo era già, ma era come se, oltre ai vestiti, le mancasse anche la pelle-, orribile. Abbassò nuovamente lo sguardo, incapace di sostenere la vista di Carly.

- Da... da quando ce li hai?- La voce della giornalista tremava.
- Mi sono svegliata ed erano già lì— nello spazio liminale, intendo.-
- E non li hai mostrati a nessuno? – Akane scosse debolmente il capo. – Oh...-

Carly deglutì e si sporse di più verso di lei, si sistemò gli occhiali sul naso e la osservò da più vicino. Lei continuava a guardare altrove, mortificata per il suo aspetto orrendo, incapace di assistere a ciò che accadeva a sé stessa. Non osava immaginare come avrebbe reagito se Bruno fosse stato al suo posto.
Quello stava diventando il momento peggiore dal suo risveglio a quella parte.

- Lo sai qual è il significato del taglio che ti attraversa il corpo? – Carly si allontanò, spostando lo sguardo dal suo addome al volto. Akane fece no con la testa, un movimento impercettibile. Non ne aveva la forza. – ... autopsia. Si inizia ad incidere dalla parte interiore delle spalle all'estremità inferiore dello sterno, poi si prosegue fino al pube evitando l'ombelico. Il tutto forma una "Y", l'incisione è molto profonda perché si deve essere in grado di tirare la pelle sopra il volto ed aprire una finestra sulla gabbia toracica. È perfetta, al contrario del taglio sulla gola. Sembra quasi che qualcuno ti abbia accoltellato e successivamente ti abbiano fatto un'autopsia.-

Akane si sentì improvvisamente la gola secca, freddo, come se il sangue si stesse ritirando dal suo intero corpo e stesse tornando nel cuore. Autopsia. Si ripeté quella parola nella mente per così tanto tempo da farle perdere significato, in un ennesimo, disperato, tentativo di cancellare ciò che la stava deturpando.
Autopsia. L'autopsia si fa ai morti.
Autopsia. Quindi lei cos'era?
Autopsia. Un cadavere?
Autopsia. Allora come faceva ad essere cosciente, avere paura, parlare con Carly?
Autopsia. Cosa diamine le avevano fatto?

- Quindi... sono... morta?- La voce fuoriuscì roca, cavernosa, come quella di un mostro.
- Akane, come fai ad essere morta se stiamo parlando in questo momento? C'è una spiegazione. Ci deve essere una spiegazione.- Non credeva alle sue stesse parole, lo vedeva chiaramente.

Akane si mosse in modo meccanico, prese la maglietta del pigiama e se la mise, stufa di stare mezza nuda e di dare uno spettacolo terrificante. Chiuse anche tutti i bottoni, la pelle al di sotto doveva sparire.
Si rannicchiò, abbracciandosi le gambe e nascondendoci la testa in mezzo.

- Carly... – La sua voce era ovattata contro la pelle. – mi faresti un favore?-
- Certo, di che si tratta?-
- Non dirlo agli altri, soprattutto a Bruno. Nessuno deve sapere.-
- Perché? Non ti fidi di lui?-
- Certo che mi fido. Ma lui si preoccupa sempre così tanto per me, non voglio che trascuri i suoi doveri per correre dietro a me ed alle cavolate che faccio. Se lo venisse a sapere gli darei ulteriori motivi per abbandonare il suo lavoro e di conseguenza i ragazzi rischierebbero di non essere pronti per l'inizio del Grand Prix. Il tempo scorre, non voglio essere d'intralcio in un evento tanto importante per loro.
... a dire il vero non volevo coinvolgere nemmeno te in questa storia.-
- Ma ormai ci sono dentro con tutte le scarpe. – Carly sorrise. – Va bene, terrò la bocca chiusa e lascerò sia tu a parlargliene. D'ora in poi però voglio che tu mi dica tutto ciò che scopri su di te, lavoreremo insieme per portare a galla la verità.-
- Non devi per forza—-
Shhhh! – La zittì. – Non cominciare a lamentarti! Sono una giornalista, fare indagini è il mio lavoro, ma prima di tutto la mia più grande passione, e se posso aiutare un'amica con le mie abilità tanto meglio!-
- Un'ultima cosa... – Akane cercò di mandare via il piccolo sorriso che si era formato sul suo viso. – volevo scusarmi per stamattina, per averti ignorata e fatta andare fino da Bruno per mandarlo qui a consolarmi. Sono stata un'ipocrita, avrei dovuto ascoltarti fin da subito.-
- Hey, non importa, il mio obiettivo era farti riprendere e lui ce l'ha fatta, la considero comunque una mia vittoria.
Ho anche parlato con Jack.-
- Cosa gli hai detto?-
- Gli ho fatto una ramanzina bella e buona, Martha sarebbe impallidita! Mi sono fatta promettere che la smetterà di tormentarti, anche se purtroppo non ha intenzione di chiederti scusa.-
- Va bene così, sarebbero finte. Se mai dovesse chiedermi scusa, vorrei che lo facesse di sua spontanea volontà.
Hai fatto anche troppo... grazie.-

Akane si sporse in avanti e strinse Carly in un abbraccio, la quale prima fu piuttosto sorpresa, poi ricambiò con forza. Ancora non poteva credere di aver trovato non una, ma più persone disposte a sacrificarsi per lei, domandandosi cosa potesse avere di tanto speciale una ragazza smemorata, con pensieri intrusivi catastrofici, forse un disturbo ossessivo compulsivo e capace solamente di fare un danno dopo l'altro, alzando sempre -involontariamente- l'asticella delle cazzate.
Era grata di essersi schiantata contro quel lampione, dopotutto.

***

La mattina dopo per Akane la sveglia suonò molto presto, come ogni giorno in cui doveva lavorare. Si alzò dal letto facendo attenzione a non svegliare Carly, si cambiò, pettinò e legò i capelli nelle sue peculiari trecce e poi uscì di casa.
Durante il tragitto a piedi si ritrovò a pensare quanto fosse a proprio agio con i suoi soliti vestiti addosso, a quanto quel vestito lilla la facesse sentire diversa e scomoda -nonostante l'abito in sé fosse relativamente comodo-, mentre con gli stivaloni in pelle lucida, i pantaloncini, la maglietta e la giacca di pelle si sentiva davvero lei. Quella con il vestito addosso era Ayame, non Akane. Era come se ogni sguardo, ogni complimento ricevuto fosse stato diretto più alla stoffa avvolta attorno al suo corpo che a lei. Anche quel tizio appiccicoso del Team Unicorn, come si chiamava? Era biondo... Ba... Bo... qualcosa— non che fosse importante. L'avrebbe approcciata ugualmente se si fosse presentata com'era in quell'esatto momento? Ne dubitava.
Trovò anche il tempo di ripensare a quella maledetta serata dalla quale era partito tutto, a quel tizio misterioso che le aveva salvato la vita e poi duellato contro Yusei. Il modo in cui l'aveva tirata a sé senza pensarci, avrebbe potuto scappare più velocemente se non l'avesse presa in considerazione, eppure aveva rischiato la vita lui stesso insieme a lei e per poco la moto non aveva investito entrambi. Era stato quel gesto a fargli guadagnare la sua fiducia; era una persona particolare, di questo ne era certa, ma era certa anche che non fosse cattivo. Un nemico? C'era la possibilità. Malvagio? No.

Quando aprì la porta del Cafe La Geen, sentì un urlo così potente da spettinarla; sussultò e quasi inciampò, ma riuscì a vederlo provenire dal suo capo. C'era anche Vianey all'interno del locale.

- Con quale faccia tosta ti presenti qui?!- L'uomo era livido. La sua faccia così rossa da tendere quasi al viola dei suoi capelli e barba.
- Eh...? È il mio lavoro, ovviamente mi prese—- Akane non capiva una tale veemenza. Il suo sguardo si spostò velocemente per la stanza, incontrando quello di una Vianey un po' troppo mogia.
- No! Quando ti ho assunta ti avrò pur detto di fare ciò che vuoi, ma l'accordo non implicava che potessi saltare i giorni di lavoro quando ti pare e piace, per giunta senza avvisare né rispondere alle telefonate, ti avrò chiamata cento volte!-
... Ora aveva capito e più se ne rendeva conto, più sentiva il colore drenarle dal volto. Dannazione, ieri era lunedì! Non si era presentata al lavoro perché troppo impegnata a piangere!
Si aspettava un qualche tipo di ramanzina o domanda riguardo lo schiaffo in diretta televisiva, ma questo?
- Mi dispiace, capo... ieri è stata una giornata così pessima che non mi sono nemmeno resa—-
- Domenica hai preso una sbronza epocale pur sapendo di dover lavorare e cerchi di giustificarti?-
- Non mi sono ubriacata, mi creda!-
- Per rispondermi indietro il coraggio lo hai, perché non hai usato questa forza di volontà per pigiare il tasto verde su quel dannato telefono e rispondere, ieri?-

Akane si morse il labbro, riuscendo a malapena a trattenere un insulto.
- Mi scusi... non succederà più.- Abbassò il capo, ingoiando tutte le cattiverie che avrebbe potuto dire.
- Certo che non succederà più, perché ti licenzio!-
- Eh?! Ma perché? Mi sono sempre impegnata, non ho mai fatto uno sgarro, perché al primo errore vuole mandarmi via?!-
- Vai a casa, di te non posso fidarmi.-
- Ma, zio!- Esclamò Vianey, con una faccia sconvolta.
- Zitta Vianey, tu non c'entri niente.-

Akane tenne lo sguardo basso, i pugni così stretti da far diventare le nocche color latte ed incidere quattro lune crescenti sulla pelle diafana dei palmi.
Fiducia.
Non si fidava di lei.
Un'altra persona non si fidava di lei.
Nessuno si fidava dell'ultima arrivata.
Nessuno si fidava di "Akane".
Cosa cazzo era la fiducia? Qual era il suo significato? Perché a lei era costantemente negata?
Cos'aveva fatto di male, per meritarsi tutto ciò?
Quanto ancora doveva essere punita per delle malefatte di cui non ricordava nemmeno l'esistenza?
Boccheggiò, le luci del locale avevano iniziato a sfarfallare con violenza, sentiva la testa sul punto di esplodere, voleva sparire, voleva— il campanellino della porta suonò, e qualcuno entrò.

- Cosa succede? Ho sentito delle urla...

Non conosceva quella voce. Le luci smisero di ballare.
Sentì dei passi avvicinarsi e da dietro di lei sbucò un uomo; doveva avere più di trent'anni, era basso -mai quanto lei-, tarchiato, i capelli castani gli avvolgevano la faccia tonda e gli accarezzavano le spalle formando delle onde, sul naso portava degli occhialoni tondi dalla montatura spessa non troppo diversi da quelli di Carly.
Vianey, non appena lo vide, gli corse incontro.

- Mio zio vuole licenziare Akane! Lei viene spesso qui, no? Lo faccia ragionare, gli ricordi che lei è un elemento prezioso per il locale!-
- Eh?! Ho sentito bene? – Il tizio sussultò. – Non può farlo, è una bravissima cameriera! – L'afferrò per un braccio, agitandosi. – Mi creda, questa ragazza potrebbe diventare in poco tempo la sua punta di diamante, non c'è paragone con le altre due che lavorano qui! – Akane notò Vianey lanciargli un'occhiataccia. – Le dia un'altra possibilità, per favore... sarebbe una grande perdita se la licenziasse.-
- ... E va bene, ma questa è l'ultima possibilità. Un altro sgarro e sei fuori, capito Akane? Ci sono infinite ragazze a Nuova Domino che sarebbero felici di prendere il tuo posto.-
- Ho capito... la ringrazio per la chance.- Finalmente rilassò le spalle.

Non appena il suo salvatore uscì per sedersi fuori ed il capo andò in cucina, Akane si fiondò su Vianey e la stritolò in un abbraccio tanto forte da toglierle il respiro.

- Grazie, grazie, grazie...! Se avessi perso il lavoro sarei finita nei casini!-
- Hey, non c'è di che, mio zio stava esagerando. – La ragazzina ricambiò l'abbracciò. – Ma che è successo ieri?-
Akane la lasciò andare.
- Il gala di domenica... è successo un casino con Jack e ci sono rimasta così male da perdere la cognizione del tempo. Magari poi ti racconto.-

Separatasi dalla collega, poté finalmente andarsi a mettere la divisa. Successivamente si mise a lavorare; era grata di essere riuscita a tenersi il lavoro, ma allo stesso tempo stava provando un gran rancore verso il suo capo non per la rabbia -giustificatissima, Akane era assolutamente nel torto-, ma piuttosto per le parole che le aveva rivolto, sul non fidarsi. Dopo tutto l'impegno che aveva dimostrato, un minimo sgarro e subito sembrava sventolare bandiere rosse. Non credeva di meritarsi un trattamento simile.
Mise un milkshake alla banana e la fetta più grande di torta alla panna su un vassoio e con esso uscì dal locale, servendoli all'uomo che le aveva appena dato man forte. Lui alzò la testa e strabuzzò gli occhi, guardandola in completa confusione e sorpresa.

- Questi li offro io... è un ringraziamento per avermi aiutata.- Gli sorrise.
- M—M—Ma no, non c—c'è bisogno... – Lui boccheggiò, bordeaux in viso, e si sistemò gli occhiali sul naso. – era il mio dovere aiutare una ragazza in difficoltà.- In pochissimo tempo aveva iniziato a grondare di sudore.
- Insisto. Questo lavoro è importantissimo per me e non ho particolari capacità per fare altro, se lo avessi perso sarebbe stato un enorme guaio. Mi sembra il minimo pagarle una consumazione.-
- O—Oh...! Sono molto, molto felice di essere intervenuto, allora...! Grazie... sei così dolce e gentile...-

Akane gli rivolse un ultimo sorriso e se ne andò. Quando rientrò, Vianey la stava aspettando e le si gettò addosso come un avvoltoio.

- Non è un po' strano quel tizio?- Bisbigliò, lanciando qualche fugace occhiata attraverso la vetrata.
- Può darsi... – Rispose lei. – ma non potevo mica fare la finta tonta dopo l'aiuto che mi ha dato. Sarà solo molto introverso.-

***

Il resto fu una normalissima giornata di lavoro, seppur non esente da una certa tensione nell'aria tra lei ed il suo capo, priva però di parole. Quando il turno di Akane finì, come di consueto si cambiò i vestiti, salutò Vianey dicendole di andare a casa da sola -avevano scoperto di abitare in vie parallele l'una all'altra, perciò spesso si ritrovavano a fare il tragitto insieme, soprattutto al ritorno- e si diresse dall'altra parte della strada.
Aveva pensato di farsi vedere tutta d'un pezzo dopo il suo crollo in diretta di domenica sera, perciò era andata al garage dei ragazzi.
Scese le scale e vide Crow stravaccato su uno dei divani al piano di sopra e nel mentre aveva sentito una voce femminile, che dapprima pensò appartenesse ad Aki, ma si accorse presto che fosse ben diversa, più bassa e ferma.
Al piano terra notò una donna; addosso aveva una tuta di pelle bianca, i capelli erano lunghissimi, lisci e biondi, le dava le spalle.

- Oh? Ciao, Akane! Allora sei viva!- Si udì il rosso da lontano.

La donna si voltò, piantandole due occhi verde smeraldo addosso, sembravano vere e proprie gemme infilate nelle orbite di una bambola. Aveva uno sguardo serissimo ed affilato, ma era a dir poco bellissima, alta e slanciata – Akane notò anche un certo tono nei suoi muscoli, ma forse era un'illusione data dalla tuta.
Accanto alla sconosciuta c'era una duel runner mai vista in tinta con i suoi abiti e che ricordava vagamente un cavallo dalla criniera infuocata. Accovacciato lì vicino, Bruno ci stava mettendo le mani ed era talmente immerso nel suo lavoro da non essersi nemmeno accorto di lei.

- Ciao a tutti, e a...?-
- Mi chiamo Sherry LeBlanc, piacere. – Disse, porgendole la mano. Akane l'afferrò per ricambiare la stretta, ma non appena si sfiorarono sentì una scossa elettrica attraversarle il braccio. – Oh, scusami, la tuta deve essersi caricata di energia elettrostatica.-
- Non è nulla.
... Io sono Akane. Piacere mio.-

Dopo le brevi presentazioni, Sherry tornò a rivolgersi verso quella che doveva essere la sua moto e si chinò verso Bruno.

- Allora? Hai scoperto qualcosa?- Gli chiese, sfiorando la carrozzeria con le dita.
- Penso sia colpa della centralina, anzi, ne sono sicuro. Tutti i problemi che ha possono essere dati solo da quella se mi dici di non aver fatto incidenti.
Se non riconosce il duel disk, da tutti questi errori nell'erogare potenza e le luci non si accendono più, il problema è nel "cervello" della moto, non nel suo "corpo". Dovrei riprogrammarla da zero.-
- Capisco... e quanto tempo dovresti impiegarci ad aggiustarla? Nel caso sia possibile, ovviamente.-
- Se va molto bene, tutta la notte, con l'aiuto di Yusei anche meno, ma una duel runner costruita in Europa può avere caratteristiche diverse da quelle prodotte qui. È già complicato lavorare su quelle giapponesi, non posso garantire tempi brevi.-
- Ah, dannazione... allora dovrò chiamare Mizoguchi per tornare a casa. Pensavo di potermela sbrigare in un pomeriggio... forse sono stata troppo speranzosa.-
- Mi dispiace, Sherry.-
- Non fa nulla, l'importante è che sia pronta entro il Grand Prix. Puoi farlo, vero?-
- Certo! Hai la mia parola.-
- Grazie, Bruno.- Sul suo bellissimo viso si formò un minuscolo sorriso che bastò ad illuminarla.

Successivamente, Bruno fece per tornare a controllare la moto, ma sussultò all'improvviso e puntò i suoi occhi metallici verso Akane. Finalmente si era accorto di lei. Si alzò in piedi di scatto, sovrastando entrambe con la sua altezza spropositata.

- Akane! Come stai oggi? Scusami, non ti avevo vista—-
- L'ho notato.- Rispose Akane, incrociando le braccia e guardando da un'altra parte.
- La moto di Sherry ha un problema alla centralina, – Lui sembrò ignorare il tono acido che aveva usato volontariamente. – ti va di assistere mentre ci lavoro? È sempre la mia parte preferita riprogrammarle, fidati che è super interessante, molto più di smontare pezzi e riempirsi d'olio e sporco.-
- No. – Un po' troppo fredda. – Devo... devo andare a casa ad aiutare Carly con una cosa— ti farei perdere tempo ed a lei la moto serve in fretta a quanto ho capito.-
- Oh, capisco. Va bene allora, ci vediamo presto!-

Akane fece dietrofront e se ne andò a passo svelto, salutando Crow. Uscita dal garage si ritrovò davanti alla porta un'auto della polizia. Si era subito irrigidita come una statua, ma quando il finestrino scese incontrò un volto familiare. Era Trudge.

- Sali. – Le disse. Akane fece per dirigersi vero la portella posteriore. – No, fai il giro, vieni davanti.- Lei eseguì.

Una volta in macchina, l'atmosfera era strana... e piuttosto imbarazzante. Cercò di farsi piccola piccola, quasi a sparire dentro quel sedile già troppo grande per lei. Il poliziotto tirò su il finestrino, mise la prima e partì.

- Come stai? – Dopo un silenzio che le parve infinito, finalmente prese parola. – Riguardo ciò che è successo domenica.-
- Uh... bene... le parole di Jack mi hanno fatto molto male, ma sono riuscita a riprendermi.-
- Sono felice di sentirtelo dire. Non è stata una bella scena vederti piangere in quel modo. Ne sono rimasto spiazzato.-
- Credevo che voi poliziotti aveste un cuore di pietra. – Disse Akane, con un piccolo sorriso in volto. – Soprattutto lei, Agente Trudge.-
- Hey, bada a come parli, bambina, non siamo mica robot!- Le rispose in tono scherzoso, ma poi sembrò irrigidirsi. Forse gli era tornato in mente Ghost, il duelbot sottratto alla polizia che aveva ucciso tante persone ed era arrivato vicino a farlo pure con lui... ma erano solo congetture.

Trudge rimase nuovamente in silenzio per un po' e continuò a guidare. Akane guardava fuori dal finestrino. Nonostante li vedesse tutti i giorni, i grattacieli di Nuova Domino continuavano ad estasiarla ed inquietarla allo stesso momento; erano mostri di ferro, vetro e cemento che come aghi si conficcavano sia nel cielo che nella terra, ma al contempo voleva salire in cima al più alto di essi per vedere tutta la città, sentirsi grande, in cima al mondo.
La voce del poliziotto la distolse nuovamente dai suoi pensieri.

- Akane, in realtà sono qui anche per altro, non solo per sapere come stavi.-
- Cosa succede?-
- Beh... riguarda quello che hai fatto ieri.-
- ... Lo schiaffo alla giornalista? Vuole arrestarmi?!- Si agitò all'improvviso e, senza neanche pensarci, tentò di aprire la portiera e letteralmente lanciarsi fuori dall'auto in corsa, ma non si aprì.
- Eh? Che fai?! Calma! Menomale che ho bloccato le porte, non voglio dover raccogliere i tuoi resti sull'asfalto con una paletta.-
- Io— Io non ho fatto niente di male, lei—- Sentì il battito del suo cuore aumentare, il respiro farsi affannoso, d'improvviso l'abitacolo dell'auto sembrava essere diventato minuscolo e claustrofobico.
- Akane, stai calma, per favore! – Trudge le appoggiò una delle sue manone sulla spalla e lei fu costretta a stare immobile. – Non ti succederà nulla, lo prometto! Ma ora tranquillizzati, se ti agiti troppo rischiamo di fare un incidente e, primo, non ho voglia di tornare in ospedale. Secondo, più importante, non voglio vedere te in ospedale. Ti ho detto così tante volte di stare lontana dalle duel runner che se poi morissi per un incidente in macchina causato da me non mi riprenderei mai più.-

Tolse lentamente la mano e le spalle di Akane si afflosciarono, il respiro rallentò e così anche i battiti del cuore, stava riprendendo lucidità.

- Quello che volevo dire è che quella donna desidera seriamente delle conseguenze a causa del tuo gesto. Nessuno è mai andato in galera per uno schiaffo, ma voleva giocare sull'essere stata "sfigurata"... e con un buon avvocato potrebbero condannarti a pagare una bella cifra.-
- Io... io non ce li ho i soldi, a malapena io e Carly riusciamo a pagare l'affitto dividendolo a metà, come faccio?- Chinò il capo, stringendo le mani attorno alle ginocchia.
- Ieri è venuta in centrale per fare una denuncia. Non conoscendo il tuo nome, per fortuna, l'ha fatta contro ignoti e nonostante abbia le prove video dell'accaduto tu non sei registrata da nessuna parte, tutto ciò che hai sono quei documenti provvisori che ti ha fatto Mikage, e questo è un altro punto a tuo favore. Per di più non aveva nemmeno il viso rosso, sfigurata un cazzo, scusa la parola.
Nonostante ciò, chissà perché, ma la denuncia cartacea è sparita e sul database non c'è traccia... mah, la polizia lavora proprio male a volte.- Le fece l'occhiolino.
- ... Lei ha fatto sparire la denuncia?! Perché?- Akane strabuzzò gli occhi.
- Perché non voglio che ti sporchi la fedina penale per una simile stupidaggine, né che diventi un caso mediatico per più di due giorni scarsi, ci sono cose più importanti come omicidi e rapine che dovrebbero andare in televisione, non una giornalista schiaffeggiata in diretta nazionale.
Ma, perché c'è un ma, questa è la prima ed ultima volta che ti salvo il culo, non sentirti autorizzata a fare ciò che vuoi solo perché ti ho aiutata in un'occasione. Non lo sa nessuno, se venissero a scoprire che faccio sparire delle denunce andrei nei guai.-
- Non doveva rischiare così tanto per me... le mie cavolate sono all'ordine del giorno ormai. Ne ho appena fatta una e chissà tra quanto poco tempo farò la prossima. Credo di essere una specie di pericolo pubblico, o per me stessa.-
- Vedilo come un gesto di ringraziamento per essere venuta fino in ospedale tutti i giorni solo per me, non tutti lo farebbero con un semi-sconosciuto. Tu hai bisogno di recuperare la memoria e darti una precisa identità, non sprecare del tempo in tribunale in una causa già persa.-

Akane sospirò, rimanendo zitta. Era inutile lamentarsene ancora, il danno era ormai fatto e non si sarebbe più tornati indietro. Questa volta l'aveva scampata bella; l'unica occasione in cui la cazzata l'aveva fatta consciamente, ecco che tra poco l'arrestavano – perché i soldi non ce li aveva, quindi era più probabile che si sarebbe trovata con un tatuaggio dorato stampato in faccia... odiava il giallo, le sarebbe stato malissimo.
Il paesaggio fuori dal finestrino ora stava cominciando a riconoscerlo. Probabilmente Trudge per parlarle aveva fatto il giro lungo, ma adesso si stavano avvicinando a casa sua, era facile che non avesse più nulla da dirle... per fortuna, in un certo senso.
E infatti, pochi minuti dopo l'auto rallentò e si arrestò proprio davanti al condominio dove abitavano lei e Carly, di fronte all'auto di quest'ultima.

- Un'ultima cosa, prima di andare.- Disse il poliziotto, rimanendo serio.
- Sì?-
- ... Smettila di darmi del "Lei", non sono mica tuo nonno! – Si voltò di colpo in sua direzione, la sua pelle abbronzata bordeaux e le labbra contratte in un broncio che gli distorceva il volto. Akane, dapprima confusa, scoppiò improvvisamente a ridere. – Non ridere, sono serio!-
- E va bene... smetterò di darl—ti del Lei. Ma mi ci devo abituare. – Detto ciò aprì la portiera e fece per scendere, ma poi si girò ancora verso di lui. – Grazie per l'aiuto, comunque... non saprei come sdebitarmi.-
Trudge le sorrise.
- Sta fuori da guai e basta, Akane.-
- Non posso assicurare nulla.-

Uscì dall'auto e lo guardò fare prima retromarcia e poi andarsene. A volte si chiedeva perché fossero tutti così gentili con lei, non sentiva di meritarselo. Sospirò.
Tirò fuori le chiavi di casa e si diresse all'interno del condominio, salendo le scale con pochissima voglia e sbloccando la porta sbagliando per almeno tre volte ad infilare la chiave. Quando, finalmente, fu dentro, un uragano chiamato Carly le si fiondò subito addosso, trascinandola in cucina. Se lo fece fare semplicemente perché accortasi di essere completamente esausta.

- Guarda qui! – La giornalista le passò un foglio di carta, che però lei strappò in due senza pensarci. – Ma che fai?!-
- Eh...? Ah! Scusami, ero sovrappensiero, non volevo!-

Finalmente guardò cosa avesse in mano, tenendo uniti i due lembi. Era una foto, raffigurava un tizio vestito di blu, con un accenno di rosso nella parte superiore dell'immagine. Era tutta mossa, si capiva ben poco. Guardandoci meglio, però, sussultò. Come aveva fatto a non capirlo? Era il tizio che l'aveva salvata solo due giorni prima!

- Come hai fatto ad avere questa foto?-
- L'hai scattata tu, scema!-
- Davvero...?-
- Chi è il soggetto? Non credo di averlo mai visto.-
- Non conosco il suo nome... ma è lui l'uomo che mi ha salvata e ha duellato contro Yusei. Ora che ci penso, devo avergli fatto un video!-
- In effetti mi sembra di averne visto uno tra i file che ho trasferito sul computer, diamoci un'occhiata.-

Le due si sedettero davanti al portatile adagiato sul tavolo e Carly iniziò a scorrere nella cartella, finché non trovò il video incriminato e lo fece partire. Aveva ripreso gran parte del duello in una qualità abbastanza buona, ma la scena che saltò all'occhio di entrambe fu proprio quando lui sparì per riapparire dietro a Yusei con un nuovo mostro sul terreno.

- Cosa diamine ho appena visto?- Carly si tolse gli occhiali, li pulì e poi riguardò i secondi incriminati, rimanendo ancor più confusa.
- Lui la chiama "Accel Synchro".-
- "Accel Synchro"...? Questo tizio sembra molto interessante! O è un nemico...?-
- Lui non è un nemico, me lo sento! Perché dovrebbe avermi salvata?-
- Chissà, forse ti conosce... dovremmo ritrovarlo.-
- In questa città sarebbe come cercare un ago in un pagliaio... sicuramente salterà fuori nuovamente al momento opportuno, credo volesse insegnare la stessa tecnica a Yusei.-
- Solo il tempo ci darà delle risposte.-

***

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Capitolo 11
*** 10 - Montagne russe... amo le montagne russe! ***




10

Montagne russe... amo le montagne russe!


- Sembra un appuntamento...- Disse Leo, avvolgendo le mani attorno alle sue guance.
- Forse perché è un appuntamento?- Replicò Luna, nella stessa identica posizione.
- Uffa, volevo pattinare anch'io con Yusei!- Si lamentò lui, usando un tono di voce appositamente fastidioso.
- Non puoi, ora è impegnato con Aki.-
- Allora che ci facciamo noi, qui?-

... Effettivamente, cosa ci stavano facendo lì?
Aki voleva imparare a guidare le duel runner perché a breve avrebbe avuto l'esame della patente, perciò Yusei l'aveva portata alla pista di pattinaggio del luna park per insegnarle a mantenere stabile il baricentro. Leo si era autoinvitato come terzo incomodo e, visto che erano l'uno l'ombra dell'altra, era venuta anche Luna. I gemelli avevano chiesto anche a Bruno di partecipare, il quale aveva poi invitato Akane, e così gli incomodi erano diventati velocemente il doppio della coppia.
Akane in realtà non voleva partecipare, per tutta la settimana aveva fatto l'offesa con Bruno perché non l'aveva notata a favore della moto di Sherry, ma Leo e Luna l'avevano pregata al punto da non convincerla, costringerla.
E così erano tutti e quattro appollaiati sulla ringhiera che delimitava la pista di pattinaggio, come uccelli del malaugurio.
Aki e Yusei erano comunque adorabili da vedere, lui la guardava con occhi che solo amore potevano esprimere, e lei faceva lo stesso, imbarazzandosi come una bambina ogni qualvolta commettesse un errore ed arrossendo violentemente ad ogni "soccorso" del moro. Akane ancora non capiva perché non stessero insieme, erano davvero così ciechi l'uno dei sentimenti dell'altra?

- Non sarebbe meglio andare a fare un giro per conto nostro? Non sono mai stata qui e mi piacerebbe vedere cos'altro c'è. Inoltre rischiamo solo di disturbarli.- Chiese.
- Buona idea, – Rispose Luna. – ci sono un sacco di giostre divertenti, sicuramente ti piaceranno!-

Dopo aver staccato il gemello che si era attaccato come una piovra alla balaustra, Luna si mise in testa al gruppo ed iniziarono ad esplorare il parco alla ricerca di qualcosa da fare.
Nel frattempo Akane si guardava intorno, estasiata dalle mille luci e colori che, nonostante fosse primo pomeriggio, illuminavano tutto, sembrava di trovarsi dentro una fiaba. Chissà se era mai stata in un posto del genere prima di finire aperta in due da chissà chi...

- Facciamo questo!- Una vocina la distolse dai suoi pensieri.
- Eh? Il carosello? Luna, è da bambini!- Si lamentò un'altra vocetta.
Guarda che ci vanno anche gli adulti!-
- Cos'è un carosello?- Chiese Akane, avvicinandosi.
- È una giostra con i cavalli, tu scegli dove sederti e lei gira lentamente.- Le rispose Luna.
- Mi sembra un buon inizio.-
- Vedi, Leo?-

Dopo aver aspettato qualche minuto in fila, Akane salì sulla giostra ed andò a cercare il posto perfetto. Scelse di salire al secondo piano e si mise a cavalcioni su un cavallo bianco; aveva la criniera color avorio, lunga e tutta intrecciata, mentre la sella era di colore azzurro. Un palo dorato lo attraversava in un modo quasi horror. Qualche pezzo di vernice era saltato via, scoprendo la nuda plastica. Doveva essere piuttosto vecchio o semplicemente gli avevano negato le dovute cure. Le venne naturale accarezzargli la testa.
Guardandosi attorno, notò che al piano superiore non c'era nessuno; i gemelli erano rimasti giù, Luna in una carrozza "trainata" da due unicorni e Leo su un cavallo marrone scuro.

- Ti ho fatto qualcosa di male?

Quasì urlò, trasalendo. Si voltò di colpo ed incontrò gli occhi metallici di Bruno, poi il resto del suo corpo, appollaiato su un cavallo gemello al suo ma chiaramente troppo piccolo per la sua altezza, al punto da essere seduto più sul suo sedere che sulla sella di plastica.
Akane si girò nuovamente dall'altra parte, rivolta verso il centro della giostra.

- No.-
- Allora perché mi stai ignorando a tal punto?-
- Non è niente.-
- Ma di solito non fai così.-
- Non è niente, ho detto.-
- Se c'è qualche problema dimmelo, per favore.-
- Non ce n'è.-
- ... Va bene.-

A quel punto Bruno smise di parlare e la giostra partì, iniziando a roteare su sé stessa. Akane fu sorpresa di sentire anche il cavallo muoversi lentamente su e giù, era piuttosto rilassante e ciò la faceva sentire nuovamente -o per la prima volta- bambina. Complice la canzoncina molto simile ad un carillon avrebbe anche potuto addormentarsi là sopra, se non fosse stato per l'immensa scomodità del cavallo; lei era piccola e minuta, ma a quanto pare già troppo grande per quella giostra, a causa di quel palo faceva fatica a stare sulla sua sella... poteva solo immaginare la sofferenza che stava provando Bruno. Si girò in sua direzione, ed infatti lo trovò in piedi a tenersi alla ringhiera della giostra, con la testa che quasi sbatteva contro il soffitto. Quando si guardarono le mostrò un sorriso piuttosto imbarazzato.

- Sono troppo alto...

La corsa finì dopo qualche minuto e, senza dire una parola, Akane scese dal suo destriero e si ricongiunse con i gemelli. Doveva ammetterlo, seppur banale quella giostra le era piaciuta molto, avrebbe voluto riprovarla di sera e vederla illuminata da luci calde.

- Adesso che facciamo? – Chiese ai due, frapponendosi tra loro. – Leo, vuoi scegliere tu visto che prima lo ha fatto Luna?-
- Si! Allora... – Leo si guardò attorno roteando su sé stesso, alla ricerca di qualcosa che lo attirasse. – c'è la casa degli orrori!-
- La casa degli orrori? Ma se quando devi andare in bagno la notte accendi tutte le luci della casa per paura dei mostri...- Disse Luna, sospirando.
- Hey, non penserai mica che io abbia paura di queste cose, è tutto finto là dentro! Allora, Akane, ci andiamo?-
- Ecco, io... non so...- Le bastavano già i suoi incubi ad occhi aperti.
- Dai... per favore...-

Ma a quegli enormi occhi dorati e lo sguardo da bambino non si poteva dire no.
Ed ecco che erano in fila per la casa degli orrori; era un percorso a piedi e già da fuori si sentivano le urla della gente spaventata, i rivoli di fumo che uscivano dalle finte finestre dell'attrazione la rendevano ancor più inquietante.
Akane si stava già pentendo di aver detto di sì e si pentì definitivamente quando toccò finalmente a loro. Dalla casa uscì un tizio vestito da carcerato ricoperto di sangue finto, con una mazza da baseball piena di chiodi appoggiata sulla spalla ed il viso truccato come se stesse marcendo.

- Allora! – Tuonò, per poi indicare Bruno. – Tu, uomo! Vai per primo!-
- I—Io...?- Il meccanicò trasalì.
- Sì, fighetta, muoviti, proteggi la tua fidanza—-
- Io non sono la sua fidanzata.- Borbottò Akane, incrociando le braccia.
Il tizio insanguinato ghignò, mostrando denti giallissimi.
- Ohoh! Visto che sei così coraggiosa, ci vai tu per prima!-
- Eh?!-
- Dai, muovetevi, tutti in fila indiana, che c'è gente che aspetta. E buona morte!-

L'attore la spinse dentro in modo rude e fece lo stesso con gli altri tre. Dietro alle sue spalle si attaccò Luna, seguita da Leo e, a chiudere la fila, Bruno.
Akane iniziò a camminare seguendo il percorso, ma tutto iniziò a diventare sempre più buio e ad offuscare la vista si aggiungeva anche un denso fumo bianco.

- Scusami, Akane, non volevo farti andare per prima!- Udì la voce di Bruno da in fondo alla fila.
- Lascia stare, ormai è andata così.- Rispose lei, cercando di capire dove si trovasse.
- Vuoi scambiarti di posto con me? Puoi andare dietro se hai paura.-
- No, questo corridoio è troppo stretto, rischieremmo di incastrarci. Andiamo avanti, prima usciamo e meglio è.-

Si fece coraggio ed a piccoli passi proseguì. La musica inquietante era alta e la stava assordando.
Addentrandosi, iniziò ad esserci un po' di luce ed a lato del percorso si aprì una stanza simile ad una cella, su un letto di ferro il robot di un uomo ricoperto di sangue stava prendendo ad accettate il corpo diviso in due di un altro, le budella che fuoriuscivano dal suo mezzo corpo e si spargevano fin sul pavimento. Akane deglutì, non riuscendo a non immaginare sé stessa stesa su quel tavolo.
Proseguendo, la luce calò ancora e ci vedeva a malapena, quel tanto da riuscire a non inciampare sui suoi stessi piedi e tirare in terra tutti gli altri come birilli.
Passarono davanti ad una porta chiusa di cui lei si accorse solo quando da dietro qualcuno iniziò a battere con forza, facendole fare un salto per lo spavento. Continuò a dirigere il gruppo con il cuore a mille, tra animatronics che ne torturavano altri, mani che spuntavano dalle pareti e tentavano di afferrarla per le caviglie -ad una aveva dato un calcio così forte da sentire l'attore urlare di dolore, allora gli aveva chiesto scusa- e persone attaccate ai muri che urlavano di non proseguire perché sarebbero arrivati presto alla sala delle torture.
Akane si ritrovò a deglutire per la centesima volta degli ultimi cinque minuti, ma continuò ad andare avanti.
Il fumo bianco si fece molto più denso, formando una spessa coltre di nebbia. Appoggiò le mani su quelle di Luna e le strinse per assicurarsi che fosse ancora lì, la quale era a sua volta attaccata alle sue spalle. Le finte porte attorno a loro continuavano a sbattere violentemente, urla di terrore e suoni di motoseghe provenivano da ogni parte.
Finché la nebbia non si diradò e si ritrovarono in una stanza completamente bianca, così in contrasto con il resto dell'attrazione da accecarli in un primo momento.
Quando Akane riuscì finalmente a vederci, notò che sulle pareti erano presenti macchie di sangue disposte come se fossero state spruzzate, degli scaffali pieni di bottigliette non meglio identificate, strumenti strani, un tavolino pieno di oggetti taglienti sporchi di rosso, parti umane di plastica sparse qua e là e, al centro, un lettino di metallo. Lei diventò di pietra, congelandosi sull'uscio della camera e diventando incapace di muovere anche solo un muscolo, gli occhi erano spalancati e sentiva il suo stesso cuore pulsarle violentemente nelle orecchie.
Mentre tutto parve essersi fermato, compreso il tempo, sembrò passare un'eternità, ma all'improvviso comparve un uomo alla sua destra. Era vestito da medico, con un lunghissimo camice bianco impregnato di sporco, aveva lunghi guanti in gomma che raggiungevano gli avambracci, la testa pelata con qualche capello così ritto da sembrare appena stato colpito da un fulmine, la carnagione verdognola. Sghignazzò mostrando di avere sì e no tre denti totali in bocca ed afferrò Akane per un braccio, iniziando a trascinarla nella stanza.

- Vieni, vieni, volontaria! Ora tocca a te, vediamo... cosa potrei farti? Aprirti in due? Tagliarti un braccio e sostituirlo con la zampa di un cane? O metterti delle zampe di struzzo al posto delle gambe?

Non ci stava più capendo niente. Non c'erano vie di fuga. Il panico era alle stelle. Lo spazio liminale. Il bianco. Il laboratorio. Il tavolo. I bisturi. Lo scienziato. Cosa stava succedendo? Era ricominciato tutto da capo? Era di nuovo il primo giorno del suo risveglio?
Si guardò velocemente intorno, ma non vedeva un'uscita, non c'era modo di scappare, lo scienziato non la mollava, voleva farle del male, le avrebbe fatto un'autopsia da viva! No, no! No!
Buio.

Riaprì gli occhi e la prima cosa che vide e sentì furono i capelli acquamarina di Luna sul suo viso, realizzando solo qualche secondo dopo di essere seduta non si sa dove, con la testa appoggiata sulla clavicola della ragazzina e con le braccia avvolte attorno al suo busto, mentre sentiva le sue manine accarezzarle la schiena. Dopo aver sbattuto un altro paio di volte le palpebre si rese conto di essere all'esterno, che il sole aveva perso un po' di quota e che quella sotto il suo sedere era una scomodissima panchina di legno.

- Luna... – Biascicò, alzando debolmente il capo e guardandola nei suoi grandi occhi dorati. – che è successo?-
- Akane...! Ti sei ripresa finalmente! Quando siamo arrivati alla fine del percorso hai perso conoscenza e dopo che ti sei svegliata biascicavi frasi sconnesse, ti abbiamo portata qui sulle tue gambe ma sembravi in trance... stai bene ora?-
- Ah, cavolo, – Akane sciolse quell'abbraccio a morsa, per poi passarsi una mano sulla fronte. – spero di non aver causato problemi.-
- Hanno dovuto bloccare l'attrazione per almeno venti minuti.-
- Mi dispiace.-
- Hey, non fa niente, eravamo tutti preoccupati per te! L'attore vestito da scienziato pazzo non la smetteva più di chiedere scusa...- Luna ridacchiò.
- Dove sono gli altri?-
- Bruno e Leo sono andati a comprare dell'acqua.-

La ragazzina si sedette sulla panchina accanto a lei e le due rimasero in silenzio.
Akane era così mortificata... sapeva che avrebbe avuto paura, ma quell'improvvisa stanza molto simile al laboratorio in cui si era svegliata l'aveva definitivamente distrutta. Ovviamente la sua mente aveva iniziato a viaggiare più veloce di quanto potesse starle dietro, non osava immaginare cos'avrebbe fatto con una via di fuga a disposizione. Sospirò, appoggiandosi con la schiena allo schienale della panchina.

Pochi minuti dopo scorse la figura di Leo correre verso di loro e poco più indietro Bruno. Il ragazzino le saltò letteralmente addosso e la abbracciò forte, quasi spezzandole l'osso del collo.

- Akane! Sei viva!- Le urlò in un orecchio.
- Lo ero anche prima...- Rispose lei, soffocando nella sua stretta da cobra.
- Volevo chiederti scusa... sono stato io a costringerti ad entrare nella casa degli orrori...-
- Non preoccuparti, è anche colpa mia, non mi aspettavo di trovarmi all'improvviso in quella stanza. Tu non potevi saperlo.-

Quando si voltò, vide una bottiglietta d'acqua fluttuarle davanti al naso, la superficie della plastica appannata e bagnata da goccioline di condensa. Dietro di essa c'era Bruno, il quale sul viso aveva un sorriso nervoso e gli occhi preoccupati.
Akane sbatté un paio di volte le palpebre e lui le prese le mani, mettendoci in mezzo la bottiglia.

- È per me...?-
- Certo... fa caldo, ne hai bisogno.-
- Non dovevi.-
- E tu non dire stupidaggini. Come stai?-
- Bene.-
- Sicura?-

Akane annuì. Dopodiché svitò il tappo e bevve qualche sorso, l'acqua che scendeva lungo la gola era quasi congelata, ma era una sensazione piacevole. Non credeva di averne tanto bisogno finché non aveva appoggiato le labbra sul collo della bottiglia. In men che non si dica l'aveva svuotata a metà.

- Visto che ti serviva?-
- ... Può darsi. – Rispose, distogliendo lo sguardo. Il sorriso di Bruno si fece genuino. – Ora che si fa?-
- Vuoi già alzarti?-
- Sto bene, l'ho detto, ho solo preso uno spavento.-

Detto ciò si alzò in piedi e bevve di nuovo dalla bottiglia, al punto da finire l'acqua e far accartocciare la plastica su sé stessa. Andò a buttarla in un cestino e successivamente il gruppo riprese a camminare per il luna park. Era davvero enorme, e con il sole che pian piano scendeva le attrazioni sembravano sempre più uscite da dei fumetti, con la musica alta e mille luci stroboscopiche provenienti da ogni direzione. C'erano orde di bambini urlanti, adolescenti, adulti e anche qualche anziano, quel posto era davvero adatto a tutte le età.
Akane notò anche che alcuni bambini pregavano le madri di dar loro delle monete e poi si fiondavano su delle macchinette di plastica che sembravano erogare qualcosa. Ci si avvicinò e lesse sullo strano oggetto "gacha pon"; a quanto pare si doveva infilare una moneta, girare una manopola e la macchina avrebbe dato un giocattolo o simili. Su quello davanti a lei erano rappresentanti i portachiavi di sei fatine diverse, tutte colorate e con le ali glitterate. Si frugò nelle tasche alla ricerca di qualche soldo, solo per ricordarsi che aveva speso tutto per il biglietto d'ingresso. Sospirò. Dovette lasciar perdere.
Ma un'altra cosa in particolare attirò la sua attenzione.
In lontananza si vedeva una struttura tutta di metallo, rossa fiammante, spessi e lunghi tubi formavano un reticolato atto a sorreggere quella che sembrava una pista sopraelevata; c'erano curve a gomito, giri della morte, salite altissime e discese perfettamente verticali. Su di essa vide passare una specie di vagone pieno di persone, le quali urlarono come ossesse nel momento in cui si ritrovarono a testa in giù a velocità folle.

- Che cos'è quella...?- Domandò, indicando il mostro di metallo.
- Sono montagne russe! – Le rispose Leo. – Sono fighissime, vanno superveloci e sono iperdivertenti!-
- Come fai a dire che sono divertenti se non ci sei mai salito?- Gli chiese la sorella.
- Lo so e basta, Luna! È oggettivo! Chiunque sa che le montagne russe sono forti!-
- Ci andiamo?- Disse Akane. Era sicura che se si fosse guardata allo specchio i suoi occhi avrebbero brillato.
- Sì!- Leo quasi urlò.
- Io passo, sembra una trappola mortale.-
- Eh? Bruno, la tua più grande passione è rendere le duel runner veloci, com'è possibile che tu abbia paura?!- Il ragazzino era sconcertato da quell'affermazione.
- Bruno ha ragione, sembra dover cadere in pezzi da un momento all'altro... passo anch'io stavolta.-
- Ma dai, Luna! Dovevi convincerlo, non allearti con lui!-
- Che male c'è se rimaniamo giù? Andate, io e Luna vi aspetteremo qui.-

Il gruppo si diresse quindi verso le motagne russe. La fila era molto lunga ma scorrevole; una corsa durava davvero poco a causa della velocità stratosferica della giostra. Ai tornelli c'era un metro che indicava l'altezza minima per salire. Akane la superava per un pelo -grazie alle scarpe-, mentre Leo era al di sotto, sempre per un pelo -sempre con le scarpe-.

- Oh no...- Si lamentò lui.
- Cavolo, chi l'avrebbe mai detto che non avresti potuto salirci?- Akane si mise le mani sui fianchi.
- È una giostra pericolosa, vogliono assicurarsi che non ci salgano dei bambini.- Disse Luna.
- Hey, se non avessi questi stivali forse l'accesso sarebbe negato anche a me, ed io non sono una bambina... credo. Il limite è troppo alto, ci sono adulti bassi. Uff. – Sbuffò. – Mi sarebbe davvero piaciuto provarla, ma non voglio andare da sola...-
- Se vuoi ci vengo io con te.-
Akane si voltò di colpo, incontrando gli occhi metallici di Bruno.
- Dici... dici davvero?-
- Lo ammetto, quella cosa mi terrorizza non poco, ma sinceramente quella tua faccia imbronciata è ancor più insopportabile di un veloce giro su una giostra.- Le sorrise.
- Oh... g—grazie...-

Quindi i due si misero in fila, separandosi dai gemelli e dandosi appuntamento all'edificio con i tappeti elastici, il quale era esattamente di fronte alla pista di pattinaggio da cui erano partiti.
Akane non riusciva a stare ferma tanto era impaziente, quella giostra sembrava davvero la cosa più divertente del mondo e, se non fosse stato così, il suo cuoricino si sarebbe spezzato in mille minuscoli pezzi. Bruno invece era immobile, più rigido del solito, sembrava aver perso tutta la sua essenza e personalità, a lei pareva addirittura più basso del normale -il che era impossibile, ma la sua postura ispirava molto quell'idea-.
Le persone scorrevano, la coda si accorciava e le loro reazioni erano completamente agli antipodi: lei sempre più esagitata, una bomba ad orologeria, lui sempre più una statua di marmo. Ad un certo punto dovette spingerlo lei in avanti.

- Bruno, se hai così paura possiamo tornare indietro... non voglio obbligarti...-
- No, posso farcela, e poi te l'ho promesso, non voglio rimangiarmi la parola.-
- Ti ricordi dell'uomo di cui ti ho parlato, quello che mi ha salvato la vita al gala?-
- Uh? Sì, ma perché me lo stai nominando?-
- Lui non aveva paura della velocità, con la sua duel runner andava talmente veloce da infrangere la luce. Era serio, stoico, quasi glaciale ma sarcastico, sembrava gli piacesse spaventarmi. Avete un'altezza simile voi due, ed entrambi avete fatto un sacrificio per me, ma per il resto siete l'uno l'opposto dell'altro.
... Voglio dire che è questo il motivo per cui non lo considero un nemico, le vostre azioni... sono simili, sarei un'ipocrita se pensassi male di lui e non di te. Mi ha ricordato te in un certo senso, forse è per questo che ero rimasta così male al discorso di Jack, ora ho capito.-

Bruno fu in procinto di rispondere, ma il tornello dietro la schiena di Akane si sbloccò e lei lo prese di colpo per un braccio, trascinandolo dentro uno dei vagoni a forma di macchina da Formula 1 della giostra. Ovviamente scelse la prima fila, subito l'esperienza completa della pura velocità. Lui sembrava sul punto di esplodere -non per la gioia-, ma l'assecondò, sedendosi di fianco a lei.

- Vuoi che ti tenga la manina?

Gli chiese con un tono da presa in giro. Il meccanico le lanciò un'occhiataccia e fece per ribattere, ma in quello stesso istante la barra di protezione si abbassò sulle loro gambe, ammutolendolo.
Pochi secondi dopo un grosso semaforo accese la prima luce rosso fuoco, poi la seconda, poi la terza, accompagnate da un suono assordante, l'ultimo fu più potente.
Il vagone partì molto lentamente, ma durò poco – pochi metri ed aumentò la velocità talmente in fretta da schiacciarla completamente contro il sedile, per poi lanciarsi giù da un'alta discesa. Ci fu un forte flash e ricominciò a salire, scendendo di nuovo dal doppio -o triplo?- dell'altezza di prima, neanche il tempo di riprendersi dal senso di vertigini che ci fu un giro della morte, poi un tratto dove i binari ruotavano su sé stessi a trecentosessanta gradi, uno al buio, altre discese ed un ultimo, più piccolo, giro della morte. La giostra tornò al punto di partenza a velocità folle, frenando di colpo a pochi metri dal traguardo, così all'improvviso da eiettare tutti in avanti; senza la barra di metallo sarebbero volati talmente tanto lontano da farsi un secondo giro.
Akane fu la prima a scendere essendo dal lato dell'uscita e quando mise i piedi sul metallo solido si ritrovò a barcollare come se fosse stata la prima volta a camminare sui platform; Bruno uscì successivamente dal vagone anche lui tremolante, ma con la faccia talmente bianca da sembrare un lenzuolo.
In realtà lei non aveva avuto paura, anzi, era stata veramente l'esperienza più entusiasmante dal momento in cui si era svegliata a quella parte, il cuore batteva fortissimo per l'eccitazione, si sentiva su di giri, agitatissima, completamente l'opposto di quando era uscita da quella casa degli orrori. Non pensava potesse esistere qualcosa di più bello della corsa. Il vento tra i capelli, la pura e semplice velocità.

- Rifacciamolo!- Sbraitò, saltellando.
- No, per favore!- Bruno spalancò gli occhi.
- ... Scherzavo. – Akane rise. – Torniamo dagli altri.-

I due si incamminarono verso le scale d'uscita e fu, per sua sorpresa, quasi costretta ad attaccarsi al corrimano perché ritrovatasi più instabile del previsto.
Nel frattempo il sole era da poco calato completamente ed il cielo si era tinto di un blu non troppo intenso, le stelle difficili da vedere a causa dell'inquinamento luminoso, ma una splendida luna crescente svettava in cielo.

- Con tutto questo sballottarti qua e là mi sono ricordata di una cosa importante. Luna ha scelto di salire sul carosello dove eri chiaramente troppo grande, Leo ci ha portati in quell'orrenda casa ed infine io ti ho sequestrato per le montagne russe, ma tu non hai scelto nulla da fare...-
- Non importa, è stato comunque divertente.-
- Sì, ma hai fatto l'ultima ruota del carro per tutto il giorno. Abbiamo ancora un po' di tempo, scegli anche tu una giostra, o un gioco, non so...-
- Uhm... se la metti così...-

Bruno si prese un po' di tempo per guardarsi intorno e vedere se in lontananza potesse scorgere qualcosa di interessante, poi prese a camminare in una direzione ed Akane lo seguì. Ora che aveva fatto buio l'afflusso di gente stava diminuendo e si poteva camminare molto meglio tra i viali. In questo modo Akane notò quanto ogni centimetro del parco fosse estremamente curato, dalle siepi, alle statue delle mascotte sparse per i giardini, i chioschi e ristoranti a tema con ciascuna area, le coloratissime e fiabesche giostre per bambini... un sogno ad occhi aperti.
Mentre camminavano, una grandissima struttura circolare si avvicinava sempre più a loro; non capì cosa fosse, ma sembrava tutto il contrario di ciò che aveva scelto lei. Essa girava lentamente e ad ogni estremità delle sue braccia erano installate delle cabine colorate, ricordava vagamente il timone di una nave pirata.

- Woah, è gigantesca... che cos'è?- Akane rischiò di spezzarsi il collo da tanto che aveva piegato la testa.
- Una ruota panoramica. Ho pensato che una giostra più calma sarebbe stata l'ideale. Vuoi venirci con me?-
- Certo, sembra divertente!-

La fila fu meno scorrevole del previsto, ma fortunatamente l'attesa durò comunque poco a causa del poco afflusso di gente. Ormai le famiglie con bambini, la categoria che più affollava il parco, si erano volatilizzate.
Quando arrivò il loro turno Akane salì per prima e si sedette a destra, mentre Bruno si mise di fronte a lei. Ancora una volta entrò in gioco la sua altezza esagerata, perché nonostante lei fosse piccola si stava stretti e le loro gambe finirono per intrecciarsi. Lei guardò prima le quattro ginocchia incastrate tra di esse, poi vide direttamente lui, con una mano a coprirgli il viso in fiamme e lo sguardo che andava in ogni direzione pur di non incontrare il suo. Akane ridacchiò e, nonostante ci fosse scritto a caratteri cubitali di non alzarsi mentre l'attrazione era in corsa, si sedette accanto a lui -fortunatamente c'era più spazio in profondità-.

- Meno imbarazzante ora?-
Bruno si tolse la mano dal viso.
- Scusa... oggi la mia altezza è sempre un problema. Non credevo di essere così sopra la media, sinceramente.-
- Beh... effettivamente in questa città ho visto raramente persone molto alte— tranne l'agente Trudge. Te lo immagini salire sul carosello? – I due scoppiarono a ridere. – Come si potrà intuire io ho il problema opposto. Non arrivo mai a niente, a volte nemmeno quando ho addosso questi stivali.-
- Alcuni potrebbero trovarti adorabile.-
- Io no.-

Più la ruota saliva, più il paesaggio diventava mozzafiato. Era lo stesso visto dal treno delle montagne russe, ma ora lo si poteva effettivamente vedere con calma. Lo skyline del parco era stupendo, mille luci completavano la silhouette delle giostre e tutto attorno si vedevano gli enormi edifici di Nuova Domino, giganteschi mostri di ferro e cemento arrestati solo dall'immenso mare. Akane non credeva ai propri occhi, la città e l'oceano che l'avevano sempre terrorizzata ora erano la cosa più stupefacente che avesse mai visto.
Quando la loro cabina arrivò sul mezzogiorno, Bruno parlò.

- Avrei voluto dartela prima, ma credo che questo sia un buon momento.- Disse, frugando in una delle tasche blu della sua giacca ed estraendo una pallina gialla ed oblunga.
- Uh...? Ma questa proviene dal gacha pon!- Akane era sorpresa.
- Ti ho vista non trovare i soldi... perciò ho deciso di prenderla al tuo posto.-
- Ma non dovevi... mi hai già comprato l'acqua...-
- Non è niente, vedilo come un regalo da parte mia.-

Akane, rassegnata, svitò la pallina e da essa ne uscì il portachiavi di una fatina. Aveva la pelle scura, gli occhi blu, i ricci capelli castani legati in parte in due piccoli codini ed il resto lasciati sciolti. Aveva un top verde e rosa ed una gonna corta verde, lunghi guanti lilla, i piedi nudi e grandi ali verdi e rosa. Abiti ed ali erano ricoperti di glitter.
Dal suo involucro uscì anche un bigliettino che da un lato raffigurava le altre cinque sue amiche, mentre dall'altro raccontava in breve la sua storia.

- "Aisha è la fata dei fluidi e principessa del mondo di Andros. È una ragazza forte ed indipendente che non si ferma davanti a nulla, ma ha anche un cuore d'oro. Il suo hobby è praticare qualunque sport ed è una bravissima ballerina. Nonostante non ci pensi due volte a sporcarsi le mani e gli abiti, non rinuncia comunque ad essere fashion". Oh... mi piace, sembra simpatica.-
- Mi ricorda un po' te. Siete anche vestite dello stesso colore.- Disse Bruno.
Akane si guardò istintivamente la maglietta e le calze verdi.
- Dici davvero?-
- Chissà, magari anche tu sei una principessa, forse te lo sei scordato!-
- Credo che se fossi veramente una principessa la mia faccia sarebbe stampata ovunque.-
- Mi sa che hai ragione...-

Akane osservò per qualche secondo il portachiavi della fatina. Era proprio bello ed inaspettatamente dettagliato; dai suoi riccioli, ai dettagli dei vestiti, i disegni sulle grandi ali... particolare per un giochino che si poteva prendere a pochi spicci da un distributore automatico.
La richiuse assieme al biglietto nella pallina e se la mise nella tasca del cappotto. Si guardò intorno e notò che ora la ruota era a tre quarti di giro e presto sarebbe finita la corsa.

- Bruno. – Disse, per poi fermarsi e sospirare. – Volevo... volevo chiederti scusa...-
- Mh? Per cosa?- Il suo tono di voce era genuinamente interrogativo.
- Per come mi sono comportata ultimamente, ti ho trattato così male... non avrei dovuto essere tanto fredda con te, non dopo tutto quello che hai fatto per me da quando ci siamo conosciuti.-
- Allora un problema c'era.- Ora il suo tono era canzonatorio.
- Può darsi...- Akane incrociò le braccia e si voltò dall'altra parte, cercando di concentrarsi sulle luci del parco.
- E qual era questo problema?-
- Uh...-
- Dai, dimmelo, sennò poi come faccio ad evitare di ripetere lo stesso errore?-
- Ecco... mi sono sentita... ignorata.- L'ultima parola fu detta con un filo di voce, talmente basso che fece fatica ad udirla lei stessa.
- "Sentita" cosa? Alza la voce...-
Irritata, si voltò di colpo.
- Ignorata! Hai capito adesso?!- Stavolta quasi gli urlò in faccia, spettinandolo. Lui si spaventò ed indietreggiò.
- Quando ti avrei ignorata, scusa?- Sbatté le palpebre, confuso.
- Vedi? Neanche te lo ricordi... uff...- Akane si voltò di nuovo, dandogli le spalle.
- Hey, non ti arrabbiare... ho sempre così tante cose da fare e ho un'immensa mole di lavoro. Se ti ho ignorata sono davvero dispiaciuto, ma vorrei sapere quando e come è successo per evitare di ripetere i miei errori. – Lei sbuffò. – Ti prego...-
- Quando... quando c'era quella donna a casa vostra... eri così impegnato ad infilare la testa nella sua moto ed a blaterare di centraline, luci e roba che nemmeno ti sei accorto della mia presenza, nonostante mi trovassi letteralmente accanto a lei.-
- Eh...? Veramente? Oh, cavolo, scusami, davvero... ero così assorto e meravigliato da quella moto stupenda che ho finito per dimenticarmi totalmente di ciò che mi stava attorno. Credimi, non avrei mai voluto ignorare nessuno, soprattutto te.-
... Davvero?- Lo guardò con la coda dell'occhio, per poi voltarsi di qualche grado.
- Certo, per chi mi hai preso? Sei molto importante per me, non ti farei mai soffrire di proposito.-

Bruno le prese una mano, facendola sparire completamente tra le sue, erano enormi in confronto alle minuscole zampette di gallina che si ritrovava, calde, callose a causa del costante lavoro ma comunque dal tocco delicato. La guardava con i suoi occhi argentati, un sorriso sulle labbra capace di illuminargli interamente il viso. I capelli blu erano ancora tutti scompigliati dal giro sulle montagne russe -e probabilmente lei stessa non era poi così presentabile-. Uno strano calore la pervase, infiammandole il viso, sentiva un nodo alla gola, i battiti irregolari del cuore. Tutto il mondo sembrò svanire, c'erano solo loro due ed una forza magnetica che cercava di unirli, obbligandoli ad avvicinarsi sempre di più.
...
Una campanella suonò e la loro cabina arrestò la sua corsa. Improvvisamente il polo magnetico si invertì e Bruno le mollò la mano di colpo. Senza dire niente, entrambi scesero dalla giostra e si allontanarono da essa in un silenzio imbarazzante, l'uno accanto all'altra, ma metaforicamente distanti.
Si diressero verso il punto di incontro, trovandoci Aki e Yusei, già riuniti con i gemelli.

- Ce ne avete messo di tempo! – Disse Leo, correndo loro incontro. – Credevamo vi foste persi.-
- C'è stato un problema sulle montagne russe... un tizio prima di noi è stato molto male nel bel mezzo della corsa e hanno dovuto fermare tutto per un po'.- Rispose Bruno, lanciandole un'occhiata come per dire "stai al gioco".
- Già, ma per fortuna siamo stati in grado di salire, è stato molto bello! Avrei voluto rifarlo altre dieci volte ma Bruno era troppo spaventato...-

Ridendo e scherzando, il gruppetto si avviò per tornare a casa. Akane finì in testa con Aki e Yusei, mentre gli altri rimasero qualche metro più indietro.
Mentre camminavano, tirò fuori nuovamente la pallina dalla tasca e legò il portachiavi al telefono, facendo pendere la fatina glitterata dall'estremità. Ci stava proprio bene.

- Che bella! – Esclamò Aki. – Io ho trovato Flora, guarda. – Anche lei tirò fuori il telefono, mostrandole la fatina attaccata ad esso. La sua aveva pelle abbronzata, occhi verdi, lunghi e lisci capelli castani, un vestito intero rosa e grandi ali di farfalla.
- Wow, è bellissima...!
Allora, come sono andate le lezioni di pattinaggio?-
- Aki dice che non è vero, ma nel corso del pomeriggio il suo equilibrio è migliorato tantissimo.-
- Non è vero...- Rispose la rossa, il suo viso ancor più rosso.
- Ecco, visto? – Yusei ridacchiò. – Ma non ascoltarla, è davvero brava, con le sue abilità di duellante e questa lezione, per lei prendere la patente sarà un gioco da ragazzi.-
- Buona fortuna, Aki!- Esclamò Akane.
- Grazie, mi servirà.-


Angolo autrice
Ciao bambini. :3
Visto che negli scorsi capitoli alla fine c'era sempre un messaggio in codice, a sto giro vi do lo scodificatore.
Divertitevi a cercare di decifrarli. :D
Come ultima cosa, ultimamente mi sono ossessionata dal ricreare official art di Akane nello stile di ygo.
A voi:

 

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Capitolo 12
*** 11 - Pezzi che non combaciano ***




11

Pezzi che non combaciano


Era passata una settimana da quando Akane aveva vissuto quell'esperienza assurda sulle montagne russe e, se ci ripensava, le venivano ancora i brividi lungo tutta la schiena. Spesso si immaginava ancora di essere lassù, con il vento tra i capelli, le curve a gomito e l'adrenalina a mille, era una sensazione non solo divertente, ma capace di farla stare bene, come se la velocità stessa fosse la sua linfa vitale. Grazie a quel giro ora si stava chiedendo come sarebbe stato stare su una duel runner. Dava le stesse sensazioni, o ancora meglio? Sicuramente potevano andare molto più veloci ed era davvero curiosa di provare a fare un giro, ma d'altra parte ripensava alle parole di Trudge sulla pericolosità delle moto, e poi in giro c'era Ghost, di cui aveva una paura tremenda. Il solo ripensare a tutti gli incidenti che aveva provocato le faceva venire i brividi, ma stavolta di terrore.

Ma fortunatamente ora non si trovava in sella ad una moto inseguita da un robot gigante, bensì al Cafe la Geen, suo luogo di lavoro, era quasi mezzogiorno e stava servendo un succo di frutta al tizio che qualche tempo prima le aveva salvato il culo dal licenziamento. Veniva spesso lì, cercava sempre di parlarle ma era talmente timido da mangiarsi metà del discorso e non riuscire mai a finirlo... tuttavia una volta le aveva anche detto il suo cognome, ovvero Nemoto. Non che le interessasse, a dire il vero...

- Uh—Uhm... mh... Akane-ch—ch—chan... po—posso chiederti u—una fo—foto insieme...? M—me la tengo per me, lo—lo giuro, però mi p—piacerebbe avere un ricordo di n—noi due...

Akane la trovò una richiesta incredibilmente strana, forse a tratti grottesca. Un trentenne -e forse oltre- che chiedeva un selfie ad una ragazzina (o almeno era quello che sembrava)... inquietante. Eppure dirgli di no e mandarlo a cagare le sembrava da persona ingrata, dopotutto stava ancora nella sua posizione grazie a lui...
Alla fine si costrinse ad accettare e farsi quella benedetta foto insieme. Dopo lo scatto era felicissimo, nonostante Akane avesse visto sul suo stesso viso tutto lo sconforto che non aveva nemmeno provato a mascherare.

Nemoto se ne andò e l'orologio sul Poppo Time iniziò a suonare segnando mezzogiorno. Finalmente poteva riposarsi!
Mentre era seduta ad uno dei tavolini a godersi il calore del sole, il rumore di un motore attirò la sua attenzione. Non era potente come quello di, per esempio, Vortice della Fenice, ma ormai aveva imparato a riconoscerlo molto bene. Alla vista della duel runner gialla di Bruno si alzò in piedi e gli fece segno di venire da lei, così lui si fermò davanti al garage, si tolse il casco e la raggiunse.

- Bruno! Allora? Com'è andato l'esame di Aki?- Gli chiese, non appena fu abbastanza vicino.
- Alla grande, è stata incredibile! Avresti dovuto vederla, è stata bravissima sia durante la prova di guida che nel duello, ha battuto Trudge da vera professionista!-
- Wow, davvero? Sono davvero felice per lei, ci teneva tanto...-
- Eh già, anch'io sono contento per lei. – Bruno si voltò per guardare l'orologio. – Hai un attimo? Vorrei mostrarti una cosa.-
- Dipende, ho ancora pochi minuti di pausa.-
- Faccio in fretta, te lo prometto! Seguimi.-

I due attraversarono la strada e lui ne approfittò per recuperare la sua duel runner e spingerla fin dentro al garage. Fece cenno ad Akane di entrare e lei lo seguì fino ad un grosso oggetto ricoperto da un telo beige.

- Li sai mantenere i segreti?- Le chiese.
- Certo, per chi mi hai presa?- Incrociò le braccia.

Bruno le sorrise ed afferrò il telo, per poi svelare l'oggetto sottostante. Akane la riconobbe subito come una moto; era magenta con alcuni dettagli gialli, dalla forma aerodinamica ed affusolata, con due grosse marmitte sul retro e le pinze dei freni arancioni. Aveva un aspetto simile a quella del tizio incontrato al gala, ma era molto più sollevata dal terreno, larga e corta.

- È per Aki. Yusei le ha costruito una moto provvisoria per riuscire a sostenere l'esame, e nel mentre abbiamo lavorato di nascosto a questa: più bella e potente, ma soprattutto efficiente.-
- Cavolo, avete fatto un ottimo lavoro, sono quasi invidiosa...! È stupenda!- Akane ne era davvero estasiata.
- Stasera ci sarà una festa per il suo successo e questo sarà il suo regalo. Ovviamente sei invitata anche tu.-
- Siete stati fantastici, ci sarò sicuramente! Non voglio certo perdermi la faccia di Aki quando vedrà questa splendida moto.-
- Sono contento che ti piaccia, avevamo paura fosse un po' troppo per lei, ma se piace anche a te mi sento più sicuro.-
- Certo che mi piace, mi fa quasi venir voglia di guidarla...-
- Perché non prendi anche tu la patente? Ti ci vedo bene! Ti costruirei volentieri una duel runner.-
- No, meglio di no, non mi fido di me stessa... e poi con la questione Ghost... sinceramente avrei molta paura a guidare in questo momento, tralasciando il fatto che non so nemmeno duellare. Non passerei mai l'esame.-
Bruno sembrò deluso dalla risposta, ma poi annuì in segno di comprensione.
- Ho capito... se la metti così, un giorno ti porto a fare un giro. Non sarà come guidare, ma anche fare da passeggero fa la sua bella figura.-
- D—Davvero? Lo faresti?-
- Certo!- Le fece l'occhiolino.
- Ah, grazie mille, non vedo l'ora! Ma ora devo andare, la mia pausa è finita! – Akane si mise a correre verso l'uscita, ma poi frenò di colpo e si voltò. – A stasera!-
- A stasera!-

Raggiunse il Cafe la Geen giusto in tempo per riprendere a lavorare ma, non appena varcò la soglia dell'entrata, un uragano dai capelli verdi in uniforme da cameriera le si fiondò addosso afferrandole i polsi.

- Domanda importantissima! – Disse Vianey, quasi urlando. Akane era confusa. – Dimmi il suo nome!-
- A parte che non è una domanda— ma di chi?-
- Come "chi"? Quello con cui parlavi!-
- Ah, Nemoto?-
- No, non il tizio inquietante, quello bono!-
"Bono"...? Che vuol dire?-
- Il figo, dai, sei incorreggibile a volte, pari mia nonna, anzi, lei 'sti termini li sa molto meglio. Quello alto due metri insomma, non Jack—!-
- Alto due metri... oh, capito! Perché ti interessa, scusa?-
- Perché, giuro, è da quando lavoro qui che cerco di attirare la sua attenzione facendogli gesti da lontanto, ma lui non mi caga! Sono disperata! E poi vedo te parlarci, e addirittura andare con lui al garage, non è che conosci tutti i più belli di Nuova Domino? Cosa mi nascondi, Akane?-
- "I più belli di Nuova Domino"...? Vianey, ma che stai blaterando?- Rispose, liberandosi dalla morsa della collega.
- Ti prego... dimmi come si chiama... o non vuoi farlo perché vuoi tenertelo tutto per te? O è il tuo fidanzato? Sei gelosa? Eh? Eh?-
- Uff... si chiama Bruno, contenta? E non è il mio fidanzato, siamo solo grandi amici con tante cose in comune.- Disse poi, sbuffando.

A quel punto, venne colta di sorpresa da due mani che si infilavano a forza nelle tasche della sua gonna. Solo quando tutto ciò finì si accorse di Stephanie, la quale aveva assistito a tutto ed ora stava in piedi davanti a loro con il suo telefono rosa in mano, lo schermo sbloccato -non aveva una password- e lo sfondo principale in bella vista, il selfie che si era fatta con Bruno qualche tempo prima, vicinissimi tra loro e sorridenti. Il portachiavi della fatina glitterata che lui stesso le aveva regalato dondolava come un pendolo allo scoccare della mezzanotte.

- E questo non è il tuo fidanzato? Mi sembrate molto affiatati invece.- Disse Stephanie, una mano sul fianco ed un sorrisino beffardo in viso.
- Hey, ridammi il telefono, o giuro che ti strappo tutti i capelli!-

Akane le si fiondò addosso; inizialmente voleva tirarle un pugno dritto in faccia, ma lei si spostò all'ultimo secondo, perciò riuscì a rubarle il cellulare dalle mani senza troppi problemi. Però quel pugno voleva proprio darglielo, quindi stette per lanciarsi nuovamente all'attacco, ma la fortunata si salvò per il rotto della cuffia.
Il campanello dell'ingresso aveva suonato e da esso si era materializzato il capo, il quale si era messo a guardare il fermo immagine della scena con gran confusione.

- ... Arrivo due, due minuti più tardi e questo è quello che trovo, un ring di wrestling? Ragazze, contegno, potete picchiarvi tra di voi quando e quanto volete, ma non nel mio locale né all'orario di lavoro. Ed ora rimettetevi subito a lavorare!

L'arena si sciolse definitivamente ed Akane si rimise il cellulare in tasca lanciando coltelli affilati dagli occhi verso Stephanie. Mentre stava andando a recuperare il suo block notes, Vianey si avvicinò di soppiatto.

- Visto che tu non fai un passo me lo prendo io il figo dai capelli blu, heheh...-
- È troppo grande per te... non puoi cercarti uno della tua età?-
- Perché, quanti anni ha, scusa?-
- Ne ha— – A dire il vero non lo sapeva. – ... trenta.- Aveva sparato il numero più alto che le potesse venire in mente e che al contempo fosse credibile. La verità è che gliene dava almeno cinque in meno, ma erano comunque troppi per una sedicenne.
- E tu vai in giro con i trentenni?- La ragazzina sembrava stupita.
- L'ho detto. Siamo amici, abbiamo delle cose in comune, non mi sembra sia vietato.-

***

Dopo un lungo e rilassante bagno, Akane era finalmente pronta per andare al garage dei ragazzi e partecipare alla festa organizzata per la promozione di Aki. Era lei stessa su di giri per il regalo che l'amica avrebbe ricevuto, non vedeva l'ora di vedere la sua reazione alla vista di quella bellissima moto magenta.
Mentre camminava si ritrovò a pensare perché diamine Yusei non le avesse ancora confessato il proprio amore... non era da tutti mettersi a costruire da zero una duel runner per una "semplice amica", tra tante virgolette— soprattutto in vista dell'importantissimo Grand Prix che si sarebbe svolto di lì a poco. Ormai erano agli sgoccioli, anche il più breve lasso di tempo sprecato poteva portare a reazioni disastrose... per questo motivo li trovava adorabili. Se prima o poi non avessero concluso nulla ci sarebbe rimasta male.

Arrivata sul luogo dell'incontro constatò di essere in anticipo. Oltre a lei non era presente nessun altro invitato e Yusei e Crow stavano ancora imbandendo il tavolo, Jack era appollaiato sulla poltrona sulle scale e Bruno lavorava al computer -probabilmente stava cercando di recuperare più tempo perso possibile per lavorare alla nuova moto-.

- Buonasera a tutti.- Si annunciò.
- Ciao, Akane!- Dissero Crow e Bruno all'unisono.
- Buonasera.- Disse Yusei, sorridendo.
- Non sono arrivata troppo presto, vero?-
- Ma no, anzi, meglio che fare ritardo, è un pregio!- Il rosso aprì una lattina di birra e si avvicinò per offrirgliela.
- Birra...? Non l'ho mai bevuta, non so nemmeno se mi piace.-
- Se non l'assaggi come puoi saperlo?-
- In effetti... – Akane si convinse a berne un sorso, ma il sapore era talmente amaro da farla rabbrividire. Avrebbe voluto sputare, ma si costrinse a mandar giù. – No, passo, è terribile. Mi dispiace di averti fatto aprire una lattina per niente.-
Crow rise, prese la lattina e la versò in un bicchiere, per poi berne un sorso.
- Sta tranquilla, quando hai meno di niente impari a risparmiare tutto, – Si avvicinò, bisbigliando. – non come fa Jack.-
Ora fu lei a ridere.
- Immaginavo. Posso dare una mano in qualcosa?-
- Sì certo, potresti aiutarmi a riempire il tavolo così Yusei può iniziare a cucinare.-
- Volentieri.-

Mentre lei e Crow avevano ormai finito, finalmente si presentarono tutti gli altri invitati: Aki, la festeggiata, Leo e Luna. La rossa sembrava ancora particolarmente felice, il suo bellissimo viso irradiava positività. Akane le andò incontro.

- Congratulazioni! Mi spiace di non aver potuto assistere, ma sono davvero contenta che tu ce l'abbia fatta, soprattutto per quanto ci tenevi.-
- Grazie mille, Akane.-
- La prossima volta che passi in orario di apertura vieni al Cafe la Geen, ti offro qualcosa.-
- Eh? Ma non c'è bisogno...-
- Insisto. Mi avevi aiutata a trovare il vestito per il gala e vorrei sdebitarmi.-

***

La serata passò veramente in fretta tra risate ed aneddoti, tutti si erano divertiti tantissimo e l'atmosfera era stata costantemente leggera. Ci voleva proprio.
Quando Yusei aveva rivelato la duel runner nascosta sotto il telo, Aki era quasi svenuta, poi si era commossa. Era stata una delle scene più carine che Akane avesse mai visto.
Ormai a mezzanotte lei si ritrovò a parlare con Crow, entrambi seduti fuori su sedie di plastica sgangherate, lui con una birra mezza piena in mano e lei che sbadigliava ogni tre per due. Akane non aveva mai parlato con lui tanto a lungo, ma quella sera per qualche motivo avevano passato la maggior parte del tempo insieme.
Sbadigliò di nuovo, coprendosi la bocca con la mano.

- Hey, non sarebbe meglio se tornassi a casa? Te lo si legge negli occhi quanto sei stanca...-
- Ma siete ancora tutti qui... non voglio andarmene così presto. Posso permettermi di stare sveglia ancora un po', domani ho un giorno libero.-
- Oh, buon per te! Da quando tu e l'altra ragazzina siete state assunte quel bar è sempre pieno, non me lo sarei mai aspettato. Devi essere molto indaffarata, ti meriti un po' di riposo.-
- In effetti è sempre ricolmo; a quanto pare Vianey è famosa sui social network e grazie a quelli ha attirato nuovi clienti. Ma non mi lamento, mi piace quel lavoro.-
- Sono felice di saperlo. Spero tu ti stia ambientando bene nonostante tutta la tua situazione.-
- Devo dire di sì; a parte qualche tafferuglio con Stephanie— oggi le ho quasi dato due pugni, – Crow stava bevendo dalla lattina e rischiò di sputarne tutto il contenuto cercando di trattenere una risata. – il lavoro di cameriera mi piace, questa città è molto affascinante sebbene a volte mi sembri soffocante e ho conosciuto tante belle persone. È anche merito di Carly, per avermi ospitata e soprattutto per il suo continuare a spronarmi... le devo molto.-
- È bello sentirtelo dire. Da quando Bruno ti ha trovata sei cambiata molto, prima sembravi solo un gattino spaventato— – Akane avrebbe voluto ribattere; era ancora un gattino spaventato. – a proposito di Carly, l'invito di stasera ovviamente era esteso anche a lei.-
- Infatti le avevo chiesto di venire, ma a quanto pare stava lavorando ad un articolo piuttosto importante.-
- Capisco. Ora però raccontami dei quasi due pugni a Stephanie. Cosa diamine succede in quel bar?- Disse lui, ridendo.
- "Due pugni a Stephanie"? Akane, che hai fatto? – Una terza voce si aggiunse prima che Akane potesse ribattere. I due si voltarono in sua direzione e videro Bruno con una sedia in mano, con in viso un'espressione confusa. – Uuh, posso unirmi a voi?-
- Certo, vieni anche tu ad ascoltare la storiella di Akane.- Rispose Crow, sempre prima che lei potesse dire qualcosa, con un ghigno in viso.
- Non glieli ho dati veramente... stavolta nessuno può denunciarmi.-

Bruno mise la sedia di fianco ad Akane e lei iniziò a raccontare la storia con leggerezza, da Vianey e le sue domande impertinenti, Stephanie che le aveva rubato il cellulare per farne vedere lo sfondo ed insinuare che lei e Bruno fossero fidanzati ed infine la quasi rissa che ne era scaturita. Alla fine di essa Crow era piegato in due dalle risate, reazione forse amplificata dall'alcol in corpo, mentre la faccia di Bruno era diventata talmente rossa da invidiare il colore della nuova moto di Aki -che aveva soprannominato "Bloody Kiss"-. Quando Akane realizzò perché fosse così bordeaux, sentì il suo stesso viso scaldarsi e, non sapendo dove guardare senza sentirsi in tremendo imbarazzo, guardò il nulla davanti a sé come un pesce lesso. Ecco il vero motivo per il quale Crow rideva... fino a pochi minuti prima le sembrava un racconto normalissimo riguardante le sue peripezie giornaliere... ma con Bruno lì presente diventava estremamente imbarazzante.
Si tirò su di colpo dalla sedia facendole fare un rumore terrificante.

- Oh, ehm, guardate quanto è tardi—! Sono moooolto stanca, c—credo che andrò a casa prima di addormentarmi su questa sedia. Ciao a tutti!

Detto ciò corse a casa come una furia, lasciando tutti lì.

***

- Akane, sveglia, ho trovato una cosa importantissima...!

Akane aprì gli occhi di colpo al contatto con una mano sulla sua spalla. La poca luce che filtrava dalle tapparelle abbassate evidenziava la nera silhouette di Carly nella penombra.

- Che succede...? Che ore sono?- Biascicò, con la bocca impastata.
- Quasi le undici. Scusami se ti disturbo nel tuo giorno libero, ma ho trovato qualcosa che potrebbe riguardarti.-
- ... Cosa?-

Era incredula. Aveva sentito bene? Si mise in una posizione seduta, iniziando a stropicciarsi gli occhi. Avrebbe dormito volentieri ancora un po', ma se la giornalista aveva davvero trovato qualcosa sul suo conto, allora non poteva certo aspettare.
La seguì in cucina, dove sul tavolo erano presenti la scatola del caffè in polvere -ed un po' di essa sparsa per il piano-, un'intera caraffa quasi vuota, più di una tazza, il portatile acceso ed una marea di fogli stropicciati ed appunti.

- ... Non dirmi che "l'articolo importantissimo" era questo... ma hai dormito stanotte?-
- Okay, non stavo lavorando ad un articolo, – Ammise Carly, con una risatina nervosa. – ma anche questa è una cosa importante, anzi, di più! Ho guardato tutti gli articoli di cronaca nera pubblicati sul giornale per cui lavoro dal periodo in cui sei stata trovata fino ad oggi, volevo vedere se c'era qualcosa che potesse ricollegarsi a te... e, dopo infinite ricerche, ne ho trovato uno che ha alcuni punti importanti in comune con la tua storia.
Te l'ho lasciato a schermo... leggilo.-

L'ultima frase venne detta con voce quasi tremolante, ed Akane deglutì. Si sedette sulla sedia ed iniziò a muovere il mouse per far uscire il computer dalla modalità standby, e lo schermo dopo un po' si riaccese accecandola con un flash bianco. Quando la vista si riaggiustò, poté finalmente leggere il contenuto dell'articolo... e rabbrividire. Dalla testa ai piedi, come se una scossa di terremoto fosse partita dal suo stesso corpo.

"Cadavere scomparso durante un'autopsia"

Un titolo a dir poco terrificante e scioccante. Ed il suo contenuto non era da meno: era la storia di una ragazza minorenne -e per quello il nome era omesso-, uccisa dal fidanzato estremamente possessivo e tossico, il quale le aveva tagliato la gola. Lui l'aveva attirata a casa sua con l'inganno e lì aveva compiuto l'efferato delitto, per poi volatilizzarsi completamente. Presto le forze dell'ordine scoprirono che l'uomo, seppur giovane, faceva parte di una nota organizzazione criminale che operava tra Satellite e Nuova Domino. Per la ragazza sfortunatamente non ci fu nulla da fare, quando venne ritrovata dalla madre di lui ormai era già morta.
Ma la cosa più sconcertante era un'altra, ovvero che il suo corpo scomparve durante l'autopsia: il medico che la stava eseguendo si allontanò per qualche minuto dopo aver effettuato la prima incisione ed al suo ritorno il cadavere non c'era più. Venne cercato in tutto l'obitorio e poi in ospedale, ma non ci fu nulla da fare. Si sospettava che l'autore del furto fosse proprio l'assassino stesso, ma di lui non c'era ancora alcuna traccia.

Più Akane leggeva, più rimaneva sconcertata dai kanji impressi nero su bianco. Quella storia era talmente assurda, talmente grottesca da farli sembrare solo strani ghirigori mostrati a schermo, le risultava davvero difficile concentrarsi sul loro significato, forse per un meccanismo di difesa oppure perché non voleva credere ad un simile accaduto. Il più grande problema era che ci si rivedeva pure in quella situazione, alcuni elementi importanti le erano estremamente familiari: gola tagliata, tagli da autopsia, (probabile, a giudicare dai suoi lineamenti morbidi) minore età... dubitava di essersi rianimata da sola ed essere scappata lei stessa, quello in cui si era svegliata non era un ospedale e se fosse stato quello di Nuova Domino lo avrebbe riconosciuto subito quando ci era andata dopo l'incidente di Trudge; inoltre la direzione che aveva preso correndo era opposta. Rimaneva solo l'ipotesi che questo ipotetico fidanzato l'avesse portata nello spazio liminale e da lì fosse partito tutto.
In ogni caso... come diamine faceva ad essere ancora viva?!
Con il respiro pesante tolse la mano dal mouse e si allontanò dal portatile. Il flusso di pensieri ed ipotesi non accennava ad arrestarsi, anzi, era un fiume che stava cercando di rompere gli argini ed esondare, provocandole un gran mal di testa. Si tenne il capo, il dolore talmente forte da farla sembrare in procinto di esplosione, come un'anguria piena di elastici.
Sentiva solo un suono stridente, basso ma capace di perforarle i timpani, poi il dolore si espanse al petto, il sangue stava ribollendo nelle vene, aveva caldo, il cuore andava a mille e sembrava che non ce la facesse a reggere tutto quel peso.

- Akane...? Akane, ti senti male?

La voce di Carly la buttò improvvisamente fuori da quel circolo vizioso. Si ritrovò a specchiarsi sul vetro dei suoi occhiali e solo in quel momento si accorse che c'era stato un blackout. L'unico strumento a non essersi spento era proprio il portatile perché non collegato alla corrente, ma al contempo sullo schermo stavano passando delle interferenze e la pagina dell'articolo era stata distrutta da malfunzionamenti grafici; tutte le pagine aperte nel browser di internet si erano sovrapposte e poteva vedere pezzi di ognuna allo stesso tempo.

- Io... – Boccheggiò, solo ora si accorse di quanto le servisse aria. – sono... sono io quella...?-
- Non lo sappiamo, è vero che ci sono molti elementi in comune con te, ma non possiamo saltare a conclusioni affrettate.-
- E se fosse tutto vero? E lui mi stesse cercando?-
- Ascolta, non devi aver paura. Sei finita in televisione e Vianey posta tue foto sui social in continuazione, ha tantissimi followers, se avesse voluto ti avrebbe già trovata da un po'.-
- Forse hai ragione... o almeno spero... ma rimane comunque l'interrogativo sui miei tagli.-
- Tranquilla, sono una giornalista, lo scoprirò!-
- Credevo ti occupassi di duelli.-
- E da oggi la mia priorità sarà il caso "Akane". Scoprirò chi sei, fosse l'ultima cosa che faccio, hai la mia parola!- Sul viso di Carly si formò un sorrisone, così grande da essere contagioso.

La luce tornò.

***

Dopo la scoperta sconcertante Akane tornò a letto in un tentativo fallito di rimettersi a dormire. Aveva passato tutto il tempo a rigirarsi, oppure a guardare lo sfondo del suo telefono che l'accecava nella penombra, o a giocherellare con il portachiavi che c'era attaccato.
Guardava i visi sorridenti di lei e Bruno e quella foto, seppur fatta non molto tempo prima, sembrava solo un lontano ricordo. Quasi le tremavano le mani ad osservarla. Sembravano così felici in quello scatto... desiderava che lo fossero davvero, di recuperare i propri ricordi e finalmente conoscere i veri sé stessi e presentarsi con i loro veri nomi.
Stanca di stare al buio a far nulla, si alzò dal letto e tornò in cucina, dove trovò Carly ancora al computer; stavolta attorno a lei non c'era tutto quel disordine, aveva buttato tutto nel lavandino alla bell'è meglio.

- Ancora qui sei? Ti rovinerai ancor di più la vista stando davanti a quello schermo!-
Al suono della sua voce la giornalista sussultò.
- Ah, sei sveglia! B—Bene! – Disse, alzandosi in piedi e richiudendo il portatile. – Stavo per venire a chiamarti, ma per fortuna ti sei alzata da sola. Devi subito venire con me alla redazione del mio giornale.-
- ... Eh? Ma perché?-
- Te lo spiego in macchina, ma ora preparati, l'orario di chiusura è tra meno di un'ora e mezza!-
- V—Va bene!-

Akane quindi si fiondò in bagno, scambiò il pigiama con i suoi soliti vestiti e, senza perdere tempo a farsi le trecce, raggiunse la sua amica, la quale la stava già aspettando in macchina. Quando si fu allacciata la cintura Carly ingranò la prima e partì.

- Ora me lo puoi dire perché mi stai portando alla redazione del giornale?-
- Perché l'articolo che ti ho fatto vedere omette sia il nome della vittima, sia quello del carnefice, non c'è nessuna informazione riguardante i protagonisti della storia ed i suoi familiari. Ed anche cercando su altre testate giornalistiche, non c'è nulla di nuovo, niente di niente. Perciò ho pensato al piano definitivo: chiediamo direttamente a chi con la famiglia ha dei veri e propri contatti.-
- Sembra... andiamo, non è un'idea così stupida. Potrebbe funzionare.-

Il viaggio fu abbastanza breve. Come il loro condominio, la redazione si trovava nelle periferie di Nuova Domino; dopotutto non era un giornale così grande e facoltoso. Il suo maggior successo lo ricavava dagli articoli sui duelli, ma la concorrenza era talmente tanta da farli diventare una goccia nell'oceano.
Entrate nell'edificio Carly la condusse per un corridoio, all'interno delle porte aperte Akane poté notare vari uffici e gente che ci lavorava dentro, stampanti sparse qua e là e quella che sembrava un'area specifica per passare l'ora di pranzo; ma era comunque un luogo molto piccolo in confronto a quelli che aveva avuto l'occasione di visitare in quei pochi mesi.
Arrivati in fondo, la giornalista le disse di stare da parte e bussò alla porta; al suono di un "avanti", entrò lasciandola fuori, ma lei riuscì comunque ad origliare.

- Oh, ottimo tempismo Nagisa, mi porti un caffè.-
- Direttore, non sono venuta qui per portarle il caffè, avrei delle domande da farle...-
- Prima mi porti un caffè e, ah! Anche i fascicoli riguardanti quella storia del mese scorso, ci sono novità e devo controllare alcuni elementi. E al bar prenda quelle brioche alla crema, con la pasta morbida, mi raccomando le faccia scaldare dalla barista.-

Carly uscì dalla stanza e, solo una volta chiusasi la porta alle spalle, iniziò a borbottare. Fece cenno ad Akane di non fare niente di cui si sarebbe potuta pentire e sparì all'interno di un altro ufficio.
Akane ci aveva ben pensato di fare un'altra delle sue cazzate, di entrare a gamba testa in quell'ufficio, rompere il naso a quell'approfittatore e vendicare la sua amica, ma fortunatamente il pensiero razionale l'aveva battuta sul tempo, fermandola prima che potesse rovinarsi la vita lei e, soprattutto, distruggere la carriera di Carly.

La giornalista tornò dopo quella che sembrava un'eternità, con talmente tanti faldoni tra le braccia da essere completamente sparita tra di essi, sulla cui cima svettavano un bicchierone di caffè ed una busta probabilmente contente la brioche.

- Aspetta, ti do una mano!- Disse Akane, facendo un passo verso di lei.
- No, no, tu non dovresti nemmeno essere qui, lascia fare a me.- Le rispose, la voce ovattata.

Quando fu di nuovo all'interno, Akane ricominciò ad origliare.

- Bene, Nagisa, ora mi porti—-
- Direttore, non ho tutto questo tempo, non è nemmeno il mio compito portarle questa roba, sono una giornalista, non una stagista...!- Akane udì nella sua voce un pentimento crescente ad ogni parola pronunciata, ma non poteva fare a meno di sorridere sotto i baffi a quella risposta.
- Senta, anch'io sto lavorando, e mi serve—-
- Ho bisogno di risposte!-
- ...-
Silenzio. Akane rabbrividì.
- ... Sentiamo.-
Altro silenzio.
- Eh?-
- Mi faccia questa domanda, per l'amor del cielo, o se ne vada!-
- S—Si! Ecco... riguardo questo articolo di cronaca nera che abbiamo pubblicato...-

Da lì in poi i toni si abbassarono e purtroppo Akane non riuscì più a sentire nulla che non fosse un mormorio sconnesso ed incomprensibile. Attese immobile come una statua, torturandosi i pollici con le unghie o tirando la rete che aveva sulle mani a mo' di guanto, cercando di alleviare la tensione. Il tempo d'attesa le sembrò interminabile, il ticchettio dell'orologio da parete assordante.
Da un lato sperava con tutto il cuore di essere lei il "cadavere" scomparso, di potersi finalmente dare un nome ed una storia, mentre dall'altro non voleva essere la protagonista di una vicenda tanto tragica e con un probabile assassino alle calcagna che la stava cercando per ucciderla una seconda volta.
Quando Carly uscì, aveva un'espressione di rabbia in volto. Non disse una parola e si incamminò. Akane la seguì fino alla stanza che si usava come sala comune durante le pause ed entrambe si sedettero ad un tavolo, davanti al portatile acceso e al famigerato articolo.

- Hai... Hai scoperto qualcosa?-
- Certo che no, non ha voluto dire niente perché non è argomento di mia competenza. Dannazione! – Carly picchiò un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare un tizio che stava bevendo il caffè. Ci mancò poco che se lo rovesciasse addosso. – Cosa faccio ora...? È un vicolo cieco...-
- Mh... l'articolo è stato scritto da qualcuno, no? Perché non facciamo delle domande al suo autore?-
La giornalista si voltò di colpo in sua direzione e poté vedere i suoi occhi sgranati al di sotto degli occhiali.
- Akane... sei un genio! Sapevo di aver fatto bene a portarti qui!-

Cercando nell'articolo, scoprirono che il suo autore era un certo Junichi Murakami. Carly le disse che era un bravissimo giornalista, ma al contempo una persona fin troppo stramba, in poche parole un disadattato. Un vero diamante nascosto della cronaca nera ed il true crime.
Subito lo cercarono nel suo ufficio e, fortunatamente, si trovava ancora lì. Akane aspettò fuori come aveva fatto con il direttore, lasciando prima parlare l'amica.

- Ho bisogno di te, urgentemente!-
- Me? Perché mai? Chi sei? Cosa vuoi?-
Una voce maschile sparò quattro domande a raffica.
- Questo articolo: devo sapere i nomi, almeno uno.-
- Rispondi agli altri miei quesiti.-
- ... – Ci fu qualche secondo di silenzio. – Carly Nagisa, ventidue anni, reporter di duelli, sei l'unico che può aiutarmi. Sì, tu, per favore.-
- Ooh, bellissima vicenda questa, assurda. Non capita mai scompaiano cadaveri; sì, insomma, lei era già morta, si sapeva perché, però hey, la vita no— morte, riserva sempre delle sorprese.
Cosa credi abbiano fatto alla vittima? Rituali satanici? Sbrindellata? Non lo so, ma vorrei saperlo! La mente di chi si mette in testa di rubare un morto deve essere proprio distorta, heheh. Ed il fidanzato, magari è stato lui, o forse si è suicidato. Boh, chissà, mi interessa meno, ma mi interesserebbe di più se fosse vivo e l'avesse presa per tenerla con sé come una bambola. C'è un russo che faceva roba simile: apriva le tombe dei bambini e ci faceva delle bambole! Troppo figo, eh? Ne aveva più di quaranta in casa.-

Per quanto quella storia non c'entrasse niente con lei, ad Akane vennero i sudori freddi a pensare ad un uomo adulto con quaranta bambini morti in casa a mo' di bambole di porcellana. E lui ci rideva sopra, interessato come un bambino con il suo nuovo giocattolo... ecco perché tutti lo chiamavano "disadattato" in quella redazione.

- Senti... non ho tempo per queste cose, non è di un russo trafugatore di tombe che stiamo parlando.- Si udì nuovamente la voce spazientita di Carly.
- Cosa vuoi, quindi Carly Nagisa, ventidue anni, reporter di duelli?-
- L'ho detto prima: un nome.-
- Nome di chi?-
- Di chiunque sia coinvolto, attivamente o non, nella tragedia o la sparizione della ragazza.-
-E perché dovrei dartene uno?-
- Questioni personali.-
- Se è personale vuol dire che conosci la vittima, perciò non ha senso venire da me, no?-
- Io... io non conosco la vittima.-
- Ancora peggio: la famiglia mi ha chiesto di mantenere la più completa privacy almeno finché non verrà ritrovato il cadavere. Dubito succederà, perciò il nostro incontro è ancora meno sensato, Carly Nagisa ventidue anni reporter di duelli.-
- Solo Carly, dannazione! – Strillò, esasperata. – Cosa ti costa dirmi uno, un solo nome?!-
- Il rispetto per una fine tragica.-
- Tu non puoi capire quanto sia importante per me ottenere più informazioni riguardo questa storia.-
- Come posso capire ciò che non so? Sei stupida.-

Akane sentì il rumore assordante di una sedia che si spostava e pochi secondi dopo apparve la sua amica allo stipite della porta, con in volto un'espressione più che furiosa, giurava di aver visto anche del fumo uscirle dalle orecchie. La prese per il polso e la portò dentro l'ufficio, costringendola a sedersi. Le mise la mani sulle spalle e costrinse lei e quel tizio a fissarsi negli occhi.
Anche d'aspetto era stranissimo: era pallido come un cadavere -ironico, no?-, con dei capelli neri tagliati a scodella, profondi occhi neri infossati da occhiaie scurissime e mani scheletriche. Il suo vestiario consisteva in un completo elegante ma estremamente vecchio sui toni del viola scuro.

- Adesso ti faccio un'ultima domanda: – Disse Carly, più seria che mai. – Hai mai visto questa ragazza in vita tua?-

Inaspettatamente, lui si alzò in piedi rivelandosi altissimo e sorpassò la scrivania piegandosi in avanti. Si avvicinò pericolosamente al viso di Akane e lo scrutò come se le stesse facendo i raggi X. Le prese il viso con una mano e lo girò per vedere orecchie, mascella, ogni piccolo dettaglio del volto.
Lei rimase pietrificata ed inquietata da lui, dal suo respiro così vicino, dai suoi scurissimi occhi giudicanti.
Poi, all'improvviso, la mollò, tornando a sedersi.

- Mai vista. Ma i tuoi occhi sono terrorizzati. Cosa ti è capitato di brutto nella vita?- Disse, con un sorriso.
- ... Andiamocene.-

Akane fu ben contenta di obbedire e seguire Carly fuori prima dall'ufficio e poi dall'edificio stesso. Quella con quel giornalista era stata un'esperienza breve ma tremenda, sembrava in grado di scoprire ogni suo segreto con un singolo sguardo... si era sentita nuda a dir poco.

- Pensi che abbia mentito?- Domandò, una volta seduta in macchina.
- Sul fatto di non conoscerti...? Non ne ho idea, non ho la minima confidenza con lui, purtroppo non sono in grado di capire se stesse mentendo o no.- Carly mise in moto.
- Io... spero sia la verità da un lato... che davvero non abbia riconosciuto il mio viso. Ma d'altra parte è frustrante perché saremmo punto e a capo.-
- Non tutto è perduto, fidati di me! Ho già detto che scoprirò chi sei ad ogni costo, non ho intenzione di fermarmi al primo ostacolo!-
Akane sorrise.

Il viaggio fu noioso e silenzioso come al solito. I grattacieli scorrevano, le macchine sfrecciavano, le moto anche di più, il cielo azzurro cominciava a tingersi di arancione... niente di speciale, stessi luoghi, probabilmente stesse persone...
Akane stava osservando tutte le strade attorcigliate l'una sull'altra chiedendosi chi diamine avesse progettato una rete stradale tanto complicata; dava la sensazione di potersi perdere in ogni momento, di sbagliare un incrocio e finire dalla parte completamente opposta alla destinazione originaria.
Stava quasi per addormentarsi, almeno finché il cielo non iniziò a mutare all'improvviso, lasciandola sconcertata.

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Capitolo 13
*** 12 - Il drago nel cielo ***


Prima di iniziare, vi avviso che qui Akane ci ha dato di brutto con le visioni, quindi se siete sensibili voglio avvertire che alla fine del capitolo ci sarà un scena abbastanza gore, vi consiglio di saltare da quando entra nella vasca e passare all'ultima linea di dialogo. Ci vediamo nelle note finali come su ao3.


12

Il drago nel cielo


Gli occhi si erano spalancati al punto da bruciarle. Li sentiva umidi, le lacrime minacciavano di uscire in un tentativo di reidratarli. Eppure non riusciva a chiuderli.
Puro fuoco, migliaia di fiamme spiraleggiavano nell'aria, che tingendo il cielo di un accecante arancione si riunirono a formare una linea retta, poi una serpe ed infine un drago. I suoi occhi ed il suo corpo bruciavano con l'intensità di mille incendi, andando dal rosso di una lama incandescente al colore di una nana bianca.
La creatura era lunghissima, slanciata, aveva quattro zampe, la coda a freccia, ali scheletriche e la testa ricordava vagamente quella di un drago cinese.
Akane urlò all'improvviso spaventando Carly che, alla guida, quasi andò fuori strada. Dapprima le imprecò contro, poi finalmente si accorse di cosa diamine stesse succedendo.

- Il Drago Cremisi?!- Esclamò la giornalista.
- Il che—? Carly, tu sai cos'è quel coso?!-
- Deve essere successo qualcosa a Jack!- La ignorò.
- Cosa diavolo c'entra adesso Ja—-

Senza darle il tempo di finire la frase, Carly fece inversione ed affondò il piede nell'acceleratore al punto da schiacciarla contro il sedile. Akane non credeva nemmeno che quel mezzo catorcio color limone potesse effettivamente andare forte e, se doveva essere sincera, un po' stava temendo per la sua vita. Che tutte e quattro le ruote potessero saltare via all'improvviso, o il motore esplodesse, o addirittura si scoperchiasse l'abitacolo. Strinse la cintura tra le mani al punto da lasciarsi dei segni rossi sui palmi, con la confusione in testa destinata solo a crescere ad ogni secondo che passava a bordo di quell'auto impazzita.
Carly guidò come una matta fino a raggiungere la lingua di autostrada che stavano costeggiando fino a poco prima che la bestia apparisse, arrestando la sua corsa quando in lontananza apparvero le moto di Yusei, Jack, Crow e Bruno; tutte ferme e con i loro conducenti a bloccare la strada. Akane non fece in tempo a notare un insolito bagliore proveniente dalle braccia destre dei primi tre che la creatura si avvolse su sé stessa e discese quasi a terra, per poi srotolarsi velocemente e dissolversi nel rosso della sera. La cosa più sorprendente fu vedere Leo, semi inconscente e ricoperto di ferite, fluttuare lentamente fino a cadere tra le braccia di Jack.
A quel punto, le due ragazze uscirono finalmente dalla macchina e, sconcertate ma soprattutto preoccupate per il ragazzino, si aggiunsero al quintetto.

- Cosa sta succedendo qui? Cos'è successo a Leo?!- Sbraitò Akane.

Crow si limitò ad indicare l'ennesimo tratto di autostrada che stava sopra di loro, quest'ultimo isolato per ospitare un duello, e fu a quel punto che lei finalmente se ne accorse: in campo c'era un mostro gigantesco... Wisel?! No, a guardarlo meglio era diverso... questo sembrava più piccolo di quello che aveva visto in video, era color cobalto e la sua forma era simile a quella di un volatile piuttosto che di un umanoide. Ma l'infinito sul petto li accomunava.
Mentre l'avversario... l'avversario era Luna! Ciò voleva dire che i gemelli stavano combattendo insieme contro un simile abominio?! E che Leo aveva perso?
Akane non riuscì a distogliere lo sguardo dal duello, i suoi occhi erano incollati sullo scontro come quando aveva visto Yusei combattere contro quel misterioso motociclista. Non capiva assolutamente niente di quel gioco, eppure ne era attirata e terrorizzata allo stesso tempo. Congiunse le mani al petto, intrecciando le dita e stringendole tra loro al punto da farle formicolare, ma soprattutto pregando che Luna non si facesse male e finisse come il fratello, o peggio come Trudge o, nella peggiore delle ipotesi, qualche metro sottoterra. Wisel aveva fatto parecchie vittime accertate e quel suo "fratello minore" pareva altrettanto violento, la ragazzina era in grave pericolo.

- Non possiamo fare niente per interrompere il duello?!- Disse Carly, rivolgendosi ai ragazzi.
- Purtroppo solo gli sfidanti possono annullare la partita, noi non abbiamo alcun potere a riguardo. E se l'avversario di Luna è come il duelbot che ho sfidato... per lei non c'è possibilità di arrendersi.- Spiegò Yusei.
- Cosa significa "non c'è possibilità"?! Yusei, Luna si farà molto male se dovesse perdere! Tu e Bruno sapreste hackerare una base missilistica oltreoceano da un Tamagotchi, non ci credo che sia impossibile, sono normalissimi duel disk!-
- Carly, dannazione, ti vuoi calmare? – La rimproverò Jack, ammutolendola. – Dimentichi che anche Luna è una predestinata, non sottovalutare le sue capacità di duellante. C'è un motivo se il Drago Cremisi l'ha scelta.-
- ... A malincuore devo dire che Jack ha ragione. – Disse il corvino, sospirando. – Possiamo solo fidarci della nostra amica.-
- E a dire il vero ho già provato ad hackerare il sistema dei loro duel disk non appena siamo arrivati qui, – Si aggiunse Bruno. – ma sembra che l'avversario abbia installato una specie di firewall impenetrabile nel suo, il quale va a "proteggere" anche quello della sua vittima quando è in atto la partita. Non sappiamo chi siano queste persone, ma a quanto pare sono fin troppo preparati ad ogni evenienza. L'unica sarebbe salire lassù e strappare il duel disk dal braccio di quel ragazzino, ma ovviamente non è fattibile.
... Akane, so che ci stai pensando, non azzardarti a correre contro quel mostro, sarebbe da incoscienti.-

Akane incrociò le braccia e sbuffò, colta sul fatto. In effetti ci aveva fatto un pensierino, ancora una volta l'istinto aveva agito più velocemente della ragione... a volte si sentiva un animale selvatico; anzi, forse loro erano più capaci di lei a pensare razionalmente e ponderare le proprie azioni.
Il gruppo non poté fare a meno che aspettare, con il fiato sospeso ed immensa preoccupazione, il termine della battaglia.
... E Luna perse, i suoi Life Points vennero annientati dal gigantesco volatile meccanico. Ma, nonostante la sconfitta, i danni al suo corpo furono quasi azzerati da un gruppo di creature che sembravano direttamente uscite dal suo deck, le quali la protessero dall'onda d'urto provocata dall'attacco dell'imperatore macchina, facendole da scudo e rallentando la velocità del suo skateboard in sicurezza.
Una sola cosa era certa: Akane non stava capendo una mazza. Da quando in qua esistevano i draghi e, soprattutto, i mostri delle carte potevano agire come senzienti? Credeva che i danni reali provocati da Aki e dal duelbot fossero pura e semplice tecnologia! ... Qualcuno le doveva delle spiegazioni.

Luna riuscì a raggiungere il tratto di asfalto sottostante sulle proprie gambe e senza troppi problemi, affrettandosi per controllare che il gemello stesse bene. Appurato che le sue ferite fossero solo superficiali, si accasciò a terra dalla stanchezza, togliendosi il casco e rivelando i capelli turchesi impregnati di sudore. Fortunatamente, era crollata solo perché completamente esausta.

- Hey Carly, non è meglio se li accompagnamo a casa noi con la macchina? Dubito che sia facile portarli sulle moto, e Leo è ancora addormentato...- Domandò Akane.
- Buona idea, – Disse Crow. – Oltretutto, le nostre moto sono tutte monoposto.-
- Tranquilli, non c'è bisogno di tirare fuori delle argomentazioni, lo faccio volentieri. – Rispose Carly. – Presto farà anche buio, sarà più sicuro per tutti.-
- Grazie, Carly.- Sussurrò flebilmente Luna, con la sua vocina esausta.

Il gruppo si divise in due metà: i quattro ragazzi saltarono sopra le loro moto e sfrecciarono verso casa, mentre le ragazze -più Leo che ancora ronfava- salirono sull'auto gialla.
Akane si sedette dietro, la testa del ragazzino era stata appoggiata sulle sue cosce, mentre le gambe sopra quelle della sorella. Lo guardò in viso, per poi sospirare; era contratto, aveva i pugni stretti come se stesse facendo un incubo.

- Come ci siete finiti tu e tuo fratello in quella situazione? E chi cavolo era il vostro avversario?- Chiese a Luna.
- Qualche giorno fa è arrivato un nuovo compagno di classe nella nostra scuola... – Le rispose, con le mani giunte. – si chiama Lester. È sempre stato gentile con me e credevo di aver trovato un buon amico, ma a quanto pare era un nemico, possiede un Imperatore Macchina di nome Skiel. A Leo non è mai piaciuto, ha sempre cercato di allontanarlo da me, e guarda ora... per proteggermi... è solo colpa mia...-
- Non puoi fartene una colpa, non potevi saperlo.-

Akane mise una mano sopra la spalla della ragazzina per cercare di consolarla, ma lei sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all'altro.
Per metà del viaggio non si dissero una parola, finché un suono non le distrasse entrambe. Leo stava emettendo dei lamenti, poi iniziò a muoversi ed infine aprì i suoi occhioni verdi.

- Leo!- Esclamò Akane.
- Akane...? – Lui era confuso, ma all'improvviso si agitò, mettendosi a sedere. – Luna! Dov'è Lu—?! Oh, Luna, stai bene?! – Subito si fiondò sulla gemella, stritolandola in un abbraccio. – Dov'è Lester?-
- Ho perso il duello... è scappato...- Gli rispose lei, mormorando come se si stesse vergognando.
- Ma tu sei ferita? – Scosse il capo. – Allora va bene così! Domani a scuola le prenderà di santa ragione!-
- Leo, e tu stai bene?- Gli chiese Akane.
Il ragazzino finalmente mollò la gemella e si sedette nel sedile centrale dell'auto.
- Sì... a parte qualche graffio... mi sono fatto di peggio cadendo dalla bicicletta.-
- Posso immaginare. – Sorrise, finalmente più rilassata a sapere che non si fosse ferito gravemente. – Ma mi chiedo se ora siate al sicuro a casa vostra. Non c'è proprio nessuno che possa stare con voi?-
- Io e mio fratello siamo stati abituati a vivere da soli sin da quando eravamo piccoli, non abbiamo mai avuto realmente bisogno di una babysitter... se abbiamo delle necessità particolari chiamiamo il personale del palazzo, ma non sono delle balie.- Disse Luna.
- Capisco... è che sono preoccupata per quello che potrebbe succedervi.-
- Perché non rimani tu a casa nostra? Anche solo per stanotte.- Chiese Leo.
- Eh, io...?-
- Sì! C'è spazio a volontà, sai? Una volta abbiamo ospitato anche Yusei.-
- Mi piacerebbe... ma domani devo lavorare, come faccio a raggiungere il Cafe la Geen per le sette? È lontano.-
- Vicino a casa nostra c'è una stazione della metrotreno, potresti prenderla, arrivare alla stazione vicino a casa tua e poi proseguire a piedi.- Disse Luna.
- Sarebbe un'idea, in effetti... dovrei controllare gli orari.-
- Evvai! Pigiama party con Akane!- Esclamò il ragazzino.
- Aspetta, non ho ancora detto sì!-

***

Alla fine, controllati gli orari, ce n'era uno che faceva al caso suo. Il problema era che si sarebbe dovuta svegliare mezz'ora prima del solito... ma i gemelli erano così felici che non avrebbe mai potuto dir loro di no.
Quindi, quando Carly era arrivata al complesso di giganteschi grattacieli, era scesa dall'auto anche Akane.

- Ragazzi, siete sicuri di volere me come bodyguard? Non è che io offra poi così tanta protezione...- Guardare in alto le faceva venire la nausea.
- Se proprio ce la vediamo brutta scappiamo...- Disse Leo.
- Quella è la mia specialità.-

I tre entrarono nell'ascensore. Il tratto in salita sembrò infinito... Leo e Luna abitavano all'ultimo piano di un grattacielo veramente enorme, così alto che, guardato da terra, dava l'illusione di potersi sgretolare da un momento all'altro. Si chiedeva come facessero a viverci, stare sul tetto doveva essere un incubo anche per chi non soffre di vertigini.
Entrata in casa, rimase a bocca aperta. Era ancora più grande e lussuosa di quanto si aspettava, non riusciva a smettere di guardarsi attorno con una faccia da ebete. Con stupore misto ad orrore si rese anche conto che non c'era nessun tetto. La casa stessa era il tetto. C'era una porta a vetri che dava su una piscina completamente all'aperto, e lei continuava ad essere combattuta dal trovare tutto stupendo o una trappola mortale.

- Wow...-
- Ti piace?- Chiese Luna, mollando il duel board in un angolo.
- È cinque— no, dieci volte casa mia e di Carly! Sento che mi ci potrei perdere...! – I due gemelli risero. – Non vi sentite soli qui?-
- A volte...- Confessò la ragazzina.
- Ma guarda il lato positivo: con tutto questo spazio possiamo invitare un sacco di amici!- Disse il fratello.

Akane sorrise con compassione. Era chiaro come il sole che a Leo e Luna mancassero i genitori. Due poco più che bambini non potevano vivere da soli in un grattacielo senza qualcuno che si prendesse cura di loro. Questo le metteva tristezza, perciò era molto contenta di aver accettato l'invito di passare la notte da loro.
Le veniva solo voglia di passare il più tempo possibile in loro compagnia.
La ragazza si sedette sul divano e con lei i due gemelli. Esitò un po' per non rovinare l'atmosfera, ma quella domanda la premeva ormai da ore e nessuno sembrava curarsi di darle una risposta precisa.

- Leo, Luna... devo chiedervi una cosa.
... Cos'era quel drago composto di pure fiamme che è comparso durante il vostro duello? Non sembrava l'ologramma di una carta, ma una creatura viva...-
- Quello è il Drago Cremisi.- Disse Luna.
- "Drago Cremisi"...? Non dirmi che è un'altra delle cose "risapute" di Nuova Domino e che sono l'unica a cadere dal pero—-
- No. Cinquemila anni fa, il Popolo delle Stelle chiese aiuto al Drago Cremisi per sconfiggere gli Immortali Terrestri. Esso rispose alla loro chiamata e, con i suoi servitori, Drago Polvere di Stelle, Drago Rosa Nera, Arcidemone Drago Rosso ed Antico Drago Fatato, rinchiuse le creature malvagie nelle Linee di Nazca.-
Akane ascoltò il discorso della ragazzina e ne rimase sempre più confusa, ma qualcosa le fece accendere una lampadina.
- ... Hey! Antico Drago Fatato non è il tuo mostro? E anche gli altri... sono i draghi di Yusei, Jack ed Aki!-
- Sì, sono proprio loro.
Vedi... dopo tutti questi anni, la creazione del reattore che alimenta la città ha scombussolato l'equilibrio naturale del mondo. È accaduta l'Inversione Zero che ha diviso la città di Domino in due parti: quella che ora chiamiamo Nuova Domino ed il Satellite. L'energia dell'esplosione ha liberato ciò che risiedeva sottoterra e gli Immortali Terrestri sono risorti. Per questo il Drago Cremisi è tornato, ha scelto i cinque Predestinati che avrebbero dovuto risigillare il male a Nazca.
Quei cinque siamo io, Yusei, Jack, Aki e Crow. – Luna si fermò un attimo per tirarsi su la manica e mostrarle una specie di tatuaggio sul braccio. Era rosso e sembrava una zampa. – Io ho la zampa, Yusei la testa, Jack le ali, Aki l'altra zampa e Crow la coda.
Prima che tu arrivassi abbiamo rinchiuso gli Immortali Terrestri nelle loro prigioni, ma sembra che ci sia qualcosa di nuovo in vista...-
- Hey! Anch'io sono un Predestinato! Ho Drago Utensile!- Esclamò Leo.

Akane non ci stava più capendo niente, aveva smesso di ascoltare il piccolo litigio tra fratelli e si era messa a pensare, a cercare di processare il discorso di Luna. Poteva capire gli ologrammi delle carte, poteva capire i duelli sulle moto, poteva capire la tecnologia avanzatissima che c'era in città, dalle autostrade che si modificavano appositamente per ospitare proprio quei duelli, ai "banalissimi" treni iperveloci, ma... questo? Un drago divino che aveva rinchiuso il male in sigilli situati dall'altra parte del mondo?
E quello stesso drago aveva scelto come suoi aiutanti proprio i suoi amici, tra cui una poco più che bambina? Perché?
Sospirò, cercando di calmarsi, ma il pensiero tornava sempre alla serpe avvolta dalle fiamme. Non capiva perché avesse messo in pericolo anche Leo e Luna... esattamente poche ore prima, lui sarebbe morto se la creatura stessa non fosse intervenuta, e questo la faceva arrabbiare.

***

Akane quella notte si era riposata sul divano più comodo del mondo. Nonostante fosse cento, forse mille volte più comodo del letto di casa sua, non aveva chiuso occhio. Luna le aveva spiegato più nel dettaglio la loro guerra contro Predestinati Oscuri ed Immortali Terrestri e questo l'aveva allarmata ancora di più. Perché anche Carly ne era stata vittima... la sua migliore amica era morta non una, ma due volte. Questo l'aveva mandata ai matti.
L'alba era arrivata velocemente e, nonostante fosse esausta per via dei suoi stessi pensieri, si costrinse ad alzarsi e prepararsi per andare a lavoro. Fece il meno rumore possibile per non svegliare i gemelli e, una volta pronta per uscire, lasciò loro un biglietto sul tavolo per ringraziarli dell'ospitalità e per le spiegazioni, poi se ne andò.
Prese la metrotreno ed arrivò fino alla stazione più vicina a casa sua, mentre il resto del tragitto per il Cafe la Geen se lo fece a piedi, sempre afflitta dai soliti pensieri martellanti. Non era nemmeno mezzogiorno e già aveva il mal di testa.

Mezzogiorno arrivò e così anche la sua pausa pranzo. Akane non aveva fame, una volta libera dal lavoro si era fiondata subito al garage di fronte. Ovviamente Bruno era da solo e lavorava al computer, Yusei e Crow erano ancora fuori a lavorare, mentre Jack... boh, non le importava.
Quando sentì la porta aprirsi, il meccanico si voltò sulla sedia girevole e le sorrise ampiamente, senza nemmeno rimproverarla per essere entrata senza bussare.

- Perché non me lo hai mai detto?- Akane scese le scale di corsa e nel mentre inciampò, ma evitò di sfracellarsi per terra aggrappandosi alla ringhiera. Lo raggiunse.
- Detto... cosa, di preciso?- Lui sembrava confuso.
- Il Drago Cremisi, i Predestinati, Nazca...! Tutta questa roba! Perché non so mai niente?-
Bruno si alzò in piedi sovrastandola, le mise le mani sulle spalle e poi la condusse sul divano, facendola sedere. Si mise accanto a lei.
- Ascolta... non sono io a doverti dire queste cose, non mi riguardano. È compito di Yusei e degli altri parlartene.-
Akane lo guardò negli occhi per qualche secondo, fece una smorfia di delusione e poi abbassò il capo, guardandosi le ginocchia ossute.
- Hai ragione... scusa se ti ho assaltato senza pensarci.-
- Tu che ti scusi? Miracolo!- Lui rise, ma vedendola seria si fermò.
- Perché i genitori di Leo e Luna li hanno abbandonati a loro stessi...? Ho paura per loro, sono già stati attaccati da un altro di quei robot malvagi, Skiel... vorrei fare di più per aiutarli.-
- Akane, guardami. – Gli obbedì, alzando la testa. – Cosa intendi fare? In che modo vorresti aiutarli? – Rimase zitta, non sapendo che dire. – Non sai duellare, non sai combattere e tu stessa hai mille problemi per la testa. Non voglio che ti issi un ulteriore peso sulle spalle.-
- Ma—-
- Ci sono già Yusei, Crow e Jack che sono pronti a pensare a loro in caso di pericolo, non devi preoccuparti. Fidati di me.-
- V—Va bene...-

Akane abbassò di nuovo la testa. Poco dopo, sentì due braccia avvolgerle le spalle e Bruno la tirò a sé. La sua testa si appoggiò contro il suo petto, sentiva il suo calore. Lui le accarezzò la schiena.

- Si risolverà tutto, okay?

C'era qualcosa in quell'uomo... quando le parlava, la rassicurava, la stringeva a sé... era come un calmante per lei. All'improvviso tutta la stanchezza che aveva accumulato quella notte aveva iniziato a farsi sentire, le si chiudevano gli occhi... ma un tocco deciso sulla spalla la fece riprendere.

- Hey, devi tornare al lavoro.

Bruno cercò di dirlo rimanendo serio, ma scoppiò a ridere. Akane si separò subito da lui e guardò l'orario sull'orologio da parete. Dannazione, aveva ragione!

- Se proprio vuoi dormirmi addosso, puoi passare stasera...

Lo osservò, scettica. Le fece l'occhiolino ed il sorriso malizioso più innocenti del mondo. Quel visetto angelico non era fatto per quel tipo di battute.
Sospirò rumorosamente ignorando quell'uscita infelice e lo salutò, per poi andarsene di corsa e tornare al Cafe la Geen.
Una volta entrata, uno squalo— no, Vianey, le si fiondò addosso. Da quando aveva saputo della sua "amicizia" -le virgolette ce le metteva lei, per Akane non c'erano- con Bruno, ogni volta che li vedeva insieme la tartassava di domande.

- Ti vedo spettinata, – Il sorriso dello Stregatto era meno ampio. – e sei in ritardo.-
- E...?-
- Cosa avete fatto? Dimmelo, dimmelo, ogni dettaglio! È bravo a...-
Akane non aveva voluto ascoltare il resto del discorso. In realtà non credeva che quella ragazzina potesse parlare con termini così... così... approfonditi, specifici.
- Calma, calma. Non saltare a conclusioni, io e lui siamo solo amici, quante volte devo ripetertelo? E poi... anche se non lo fossimo, perché diamine dovrei raccontarti queste cose?-

Vianey, sconfitta -era stato così facile?! Strano...-, se ne tornò a lavorare, e così fece anche lei.

Quando finalmente ebbe finito si diresse a casa a passo spedito, cercando di cancellare la stanchezza almeno per quei pochi metri che la separavano dal suo letto.
Salì le scale ed entrò nell'appartamento. Si tolse le scarpe e le lasciò all'entrata. Fece per andare direttamente a farsi un bagno, ma notò che Carly era a casa, seduta al tavolo della cucina e nascosta, come al solito, dietro lo schermo del suo laptop.
Akane si fiondò da lei e, senza preavviso, l'abbracciò così forte che quasi le caddero gli occhiali.

- Bentornata, Akane, vedo che hai sentito la mia manca—-
- Mi dispiace... io non ne avevo idea...-
- ... Eh?-
- Luna mi ha raccontato quello che ti è successo l'anno scorso, con i Predestinati Oscuri.-
Oh.-
- Io... io non... non voglio che continui a cercare notizie su cadaveri. I—insomma, sei— oddio, non ci credo che sto per dirlo... morta!- Akane sciolse l'abbraccio, guardandola nei suoi occhi grigi attraverso le spesse lenti degli occhiali.
- Non devi preoccuparti, è... è acqua passata... – La giornalista distolse lo sguardo, mordendosi il labbro. – ora sono tornata... il Drago Cremisi ha aiutato le vittime dell'oscurità.-
- Ed invece lo sono... sarà anche tutto finito, ma l'esperienza rimane... avrei voluto che me lo avessi detto prima...-
- È che sto fingendo di aver perso la memoria relativa a quel periodo, non voglio che Jack si senta in colpa... è stato lui a sconfiggermi, mi sono ridotta in cenere tra le sue braccia dopo il nostro duello.-
Akane strabuzzò gli occhi.
- Come ci sei finita in quella situazione...?-
- Mi introdussi nella sede dell'ex Movimento Arcadia perché volevo cercare informazioni sul suo allora capo, Divine, ma lui mi scoprì e mi costrinse a duellare. I suoi poteri psichici mi scagliarono contro una finestra e, quando persi il duello, caddi dal grattacielo schiantandomi al suolo. Poco prima di morire sentii una voce chiamarmi ed il mio corpo venne rianimato contro la mia volontà.-
- È... è terrificante...-
- Ora capisci perché tutti vogliono farti desistere dal prendere in mano un mazzo ed imparare a duellare? Per quanto questo gioco venga amato, ed io stessa lo amo, può sfociare in qualcosa di molto pericoloso. Hai anche avuto la sfortuna di stringere amicizia con il gruppo di persone più soggette a rischi in tutta la città no, che dico, forse nel mondo.-

Carly fece un sorriso per provare a tirarla su, ma Akane era scioccata da tutto ciò che le avevano raccontato in meno di un giorno.
Decise di lasciar lavorare la sua amica ed andò in bagno, iniziando a riempire la vasca di acqua fredda. Si spogliò di ogni indumento ed entrò, immergendosi fino al petto.
Si sentiva sempre meglio quando si faceva il bagno.
Si... sentiva... meglio...
...
Ma non stavolta.
Si sentì soffocare ed allo stesso tempo  come se le avessero appena sparato in fronte ed aperto la testa a metà. Voleva urlare, ma qualcosa glielo impediva.
C'erano decine di mani scheletriche, meccaniche, piene di cavi colorati che si collegavano a giunture di ferro. Erano risalite dall'acqua, se guardava in basso la vasca era diventata senza fondo, sempre più torbida, rossa. Le mani le afferrarono le caviglie, le gambe, piantando le loro dita gelide nella carne come a volergliela strappare.
Le tiravano i capelli, forzandole la testa indietro, un'altra si infilava nella sua bocca, bloccandole completamente le vie aeree. Si aggrapparono alle spalle ed alle braccia, aprendogliele e lasciandole il busto scoperto.
Un'ennesima mano risalì dall'acqua, questa volta armata di un bisturi dal metallo scintillante ed affilato. Le tagliò la gola di netto, dalla quale uscì sangue a fiotti, ma anche delle masse che solo dopo riconobbe come vermi, di quelli bianchi e grossi, che divorano i cadaveri.
Il suo cuore batteva all'impazzata, il dolore era immenso, ma la mano non aveva finito, perché essa iniziò ad inciderle anche i tagli da autopsia, e solo in quel momento si era accorta di non averli più. Anche da lì, man mano che la ferita si ingrandiva, uscivano sangue e vermi. Quando il taglio venne completato, Akane iniziò a sentire qualcosa all'interno della pancia che si muoveva con forza, come se volesse liberarsi.
...
Dai tagli appena fatti fuoriuscirono altre mani, erano a decine, ed intanto le tiravano fuori gli organi interni, le strappavano le budella, il fegato, una aveva il cuore... facevano a gara per distruggere ciò che rimaneva del suo corpo, e lo spargevano in giro per quella stanza completamente bianca ed asettica, il contrasto con il rosso del sangue era nauseante, una fortissima luce la accecava.
Dopo aver finito iniziarono a spingerla a forza sott'acqua, lei non ebbe la forza di opporsi ed affondò nel rosso torbido. In superficie vedeva i vermi galleggiare, poi comparve un'ombra dalla forma umana, forse maschile, non riusciva a discernere null'altro dalla figura. Si mosse ed infilò il braccio nella vasca, era un'altra mano meccanica, ma questa le accarezzò il viso, facendolo però con freddezza, nessun tipo di affetto.

- Ti avevo avvertita. Non dovevi disobbedirmi.

Era sempre la stessa voce, quella che nelle allucinazioni la insultava, la guardava con quegli occhi neri pieni di odio.
Vide una luce azzurra.
... allucinazioni?
Aprì gli occhi di colpo, trovandosi seduta nell'acqua fredda. Sentiva il suono del rubinetto aperto.
Si guardò attorno confusa, constatando di essere sempre stata nel bagno di casa sua. Niente mani, sangue, vermi. Ovviamente lo aveva sognato.
Si mise le mani sul viso ed iniziò a piangere in silenzio.


Questa donna (io) sta uscendo di testa.
... scusate se ci ho messo un'infinità a pubblicare questo capitolo.
Di chi è la colpa? Mia, non ho scuse. In questi mesi sono successe cose. Cose=mi sono infognata con fear and hunger a livelli di io e la mia ossessione, non potete capire. Infatti ci ho fatto un'oc. E se faccio un'oc in un fandom si salvi chi può.
Quindi tra il bullizzare pavel yudin character ai e scrivere oneshot su lui e la mia oc a velocità mani che prendono fuoco, ho finito per dimenticarmi per un po' dell'esistenza di antithesis.
In realtà non so manco perché sto scrivendo sta roba visto che a momenti questa storia non la leggo manco io.
Vabbé cià.

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