FM, Epilogues

di Nemesis01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Summer low ***
Capitolo 2: *** Perfect ***
Capitolo 3: *** Reckless abandon ***
Capitolo 4: *** Friends will be friends ***
Capitolo 5: *** I really wish I hated you ***
Capitolo 6: *** Where would we be now ***
Capitolo 7: *** Adesso è facile ***



Capitolo 1
*** Summer low ***





Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"Living in my bed too long
I should get up but I'm not that strong
The sun won't find it's way into my window
[..] All I get is summer low
Just another day and the blues stay too
[..] There's a world outside my door
But I don't want it anymore"
- Summer low, Melody Club

 


1. Summer low

 

Se, pochi mesi prima, qualcuno avesse detto a Draco Malfoy la frase "salverai la vita di James Sirius Potter" lui sarebbe scoppiato a ridere senza nemmeno pensarci su. Non avrebbe mai e poi mai fatto qualcosa di buono per un Potter, eppure aveva impiegato tutti i mesi estivi per mettere a punto la pozione che permetteva a James Sirius Potter di rimanere in vita. L'aveva chiamata "Fortis Manes". C'era ancora molto su cui lavorare ma Malfoy poteva dirsi soddisfatto dei risultati: in pochissime settimane la sua pozione era stata in grado di riabilitare quasi totalmente il corpo del ragazzo. Stando a ciò che dicevano i Guaritori viennesi, James aveva assunto la pozione dieci volte al giorno per i primi due mesi e ora la dose era stata scalata a sei flaconcini al giorno. Soddisfatti dall'operato del Pozionista Malfoy, i Guaritori del "Heilige Josef krankenhaus für Zauberer" l'avevano invitato a Vienna per mostrargli il risultato della sua invenzione. Draco si era mostrato riluttante: un conto era inventare una pozione, un altro era avere a che fare con i pazienti. Insomma, se avesse voluto avere contatti con terzi avrebbe scelto di fare il Guaritore e non il Pozionista! Eppure non era riuscito a dire di no.

Così, con l'estate che volgeva al termine, Draco Malfoy decise di prendere una Passaporta per Vienna. Arrivò qualche secondo dopo la partenza direttamente all'hotel che la Krankenhaus gli aveva prenotato: un po' démodé, ma tutto sommato accogliente. La camera che gli era stata riservata non sembrava molto grande, ma c'era abbastanza spazio vitale. Aveva perfino un tavolino vicino alla finestra, dove s'immaginò a bere del tè. Avrebbe davvero gradito del tè. Seccato, Draco fissò l'orologio da parete: mancavano dieci minuti all'appuntamento con i Guaritori della clinica. Non c'era tempo per un bagno caldo e nemmeno per una doccia rapida, figuriamoci per bere del tè. Magari gliel'avrebbero offerto alla Krankenhaus.

Quando arrivò lì, Malfoy fu subito ben accolto. La Guaritrice che aveva in carico James, tale Mia Wagner, gli aveva offerto un ottimo tè ai chiodi di garofano e l'aveva fatto accomodare nel proprio studio. Aveva l'aria gentile. Draco, invece, sembrava essere ancora più confuso. Svolti tutti i convenevoli di rito, Malfoy afferrò il manico della tazza di porcellana e fece un sorso.

- Allora, Madame Wagner... -
- Mi chiami Mia, per favore. Quel "madame" mi fa sentire più vecchia, - rise la Guaritrice.
Draco fece un breve sorriso di circostanza. - Bene, Mia. Può dirmi perché mi avete fatto venire fin qui? -
La donna annuì. - Certo. Lei è qui per James Sirius Potter, il paziente zero per la sua pozione. -
- Fin qui l'avevo intuito... -
- Temiamo che la sua pozione abbia dei grossi effetti collaterali. -
- In che senso? -
- Ora le spiego meglio. - Mia recuperò un faldone dalla scrivania e l'aprì sotto gli occhi dell'uomo. - Abbiamo riscontrato un comportamento molto strano nel paziente. Quando è arrivato qui, qualche settimana fa,
non parlava né si muoveva perché non ne aveva le forze. -

- E non è questo il motivo per cui è stato trasferito qui dal San Mungo? - Il sopracciglio di Draco si sollevò quasi spontaneamente.
- Mi faccia finire, - l'ammonì la Guaritrice. - Durante la terapia, grazie alla sua pozione, è riuscito a rimettersi in piedi. Abbiamo svolto una miriade di esami, il paziente sembra stare fisicamente bene, ma... - Mia sospirò. - Non parla. Non vuole alzarsi dal letto, ha lo sguardo apatico. Perfino i nostri Psicomaghi non sono riusciti a cavargli una parola da bocca... -
- Si vede che dovete assumerne di migliori, - commentò Draco tagliente.
- I nostri sono i migliori. -
- Beh, non lo stanno certo dimostrando. -
- Pensiamo che, forse, la pozione Fortis Manes possa avere degli effetti collaterali importanti. -
- Impossibile, - sbuffò Malfoy. - Stiamo curando anche un altro dei suoi amici, uno che assumeva la sua stessa robaccia, e non ha avuto effetti collaterali. Qualche mal di testa momentaneo, ma nulla degno di nota. -
- Capisco... - La Guaritrice Wagner assunse un'aria affranta. - Per favore, ditemi che almeno avete valutato l'idea che sia depresso. -
- Non avremmo atteso certo lei, signor Malfoy, per questa diagnosi. Lo stiamo trattando anche per quello, ma... - Mia spostò lo sguardo verso la finestra alla sua sinistra. - Lei è l'unica persona che possiamo contattare, al momento. Non può vedere gli amici, né sembra avere un buon rapporto con la sua famiglia d'origine, non è fidanzato né sposato, insomma... tutte le altre persone sono collegate necessariamente a uno dei suoi traumi. -
- Io sono il padre del tipo che gli ha spezzato il cuore, - commentò Malfoy. - Non è stata una mossa intelligente, quella di chiamarmi. -
- È vero, ma è anche il mago che gli sta salvando la vita, in un certo senso. L'abbiamo invitata qui perché speriamo che, vedendola, James possa sentire qualcosa. Anche di negativo, non importa. -
- Avreste dovuto chiamare i suoi amici, non me. -
- I suoi amici sono legati a lui, signor Malfoy, gli farebbero tante domande o potrebbero guardarlo preoccupati... lei non ha un vero legame col paziente, per questo abbiamo scelto lei. -
Scettico, Draco continuò a bere il suo tè. Restò in silenzio qualche minuto, il tempo di finire la bevanda, e poi spostò lo sguardo sulla Guaritrice.
- Va bene, - disse. - Portatemi da lui. -

***

Specchiandosi davanti al vetro della finestra, James stentava a riconoscersi. Erano giorni che dormiva poco e male, le sue occhiaie ne erano piena testimonianza. Se il suo doppio lavoro gli aveva permesso quantomeno di restare vigile e attento, da quando aveva scelto di ricoverarsi alla Krankenhaus il suo umore era peggiorato drasticamente: nulla sembrava destare particolare interesse, aveva episodi continui di tristezza profonda, apatia, pianti disperati e tanta, tantissima rabbia soprattutto verso se stesso.Era sbagliato, tutto era sempre stato errato nella sua vita: il rapporto con i genitori e quello con Albus, l'essersi innamorato perdutamente di Scorpius e... la perdita, Merlino, quella era stata inaccettabile quanto giusta. Scorpius l'aveva preso in giro, sfruttato, mentre lui era stato onesto, chiaro, rispettoso.
Sollevare lo sguardo gli costò una fatica immensa; anche solo aprire gli occhi al mattino e trascinarsi fuori dal letto era impegnativo, ma fare i conti faccia a faccia con il proprio peggior nemico lo era nettamente di più. Aveva perso peso, le clavicole ora erano ancora più visibili, e non riusciva a ricordare quand'è che aveva mangiato senza vomitare l'ultima volta. Non che avesse fame, comunque. Alla Krankenhaus lo nutrivano con pozioni e compresse.
Scorpius... il pensiero lo tormentava costantemente. Non gli importava di soffrire, per qualche ragione sentiva di meritarsi tutto il dolore che provava. Eppure non era abbastanza. L'unica cosa che l'avrebbe fatto sentire meglio, che l'avrebbe fatto sentire vivo, era vedere il proprio sangue scorrergli sulla pelle, denso e rosso come il succo della vita.Se sanguinava era vivo, se era vivo poteva andare avanti. Il fatto che non avesse più la bacchetta non lo fermò: infilò la mano sotto al cuscino e trovò il coccio di un vetro rotto che aveva nascosto qualche giorno prima. Tracciò un lungo percorso, creando un solco lungo e profondo; ripeté il gesto più e più volte fino a quando non vide il sangue. Soddisfatto, ne fece un altro a pochi centimetri di differenza. Scavava con il pezzo di vetro nella pelle, probabilmente sperando di trovare la soluzione ai suoi problemi, e più sangue perdeva più vedeva il dolore fuoriuscire dal suo profondo. Ogni giorno aggiungeva un taglio in più e ognuno di essi lasciava un segno indelebile sulle braccia; era quasi arrivato al punto di non avere più spazio e ricalcava le cicatrici precedenti, molto più semplici da far sanguinare ma anche meno dolorose da incidere. Lui incideva e viveva un po' così, tra la vita che usciva fuori e la speranza che la Morte l'abbracciasse per alleviare il peso della solitudine.
Dopo un po', perse i sensi.
Nell'esatto momento in cui James chiuse gli occhi, Draco entrò nella stanza accompagnato da Mia Wagner e l'équipe di guaritori.
- Merlino, Potter! - gridò uno dei Guaritori. Non era sorpreso, non era la prima volta che accadeva. Con estrema competenza, il Guaritore versò dell'essenza di Dittamo sulle ferite del ragazzo. Il sangue si fermò subito.
Draco non poteva credere al quadro che aveva davanti. Era abituato a vedere James in altri abiti, a fare su e giù su un palco, a ballare sui tavoli del suo locale, insomma: era abituato a vederlo vivo, esuberante, casinista. E ora, invece, era steso su un letto, trasandato, con indosso un camicione nero e lo sguardo spento. Malfoy seguì i movimenti dei Guaritori con lo sguardo; loro ripulivano il letto, sequestravano il coccio di vetro, sistemavano la stanza e Draco pensava se ci fosse anche solo una minima possibilità che la Fortis Manes potesse avere simili effetti collaterali. Ci rifletté con estrema serietà e ne arrivò alla conclusione che non aveva avuto ritorsioni simili su altri pazienti.

Mia e l'équipe di Guaritori lasciarono la stanza dopo una ventina di minuti.


Rimasto da solo con James, Draco si guardò intorno: la camera non sembrava malvagia. Le pareti erano blu notte scuro e contrastavano abbastanza con la spalliera del letto e la scrivania, che invece erano di legno chiaro. Non c'era nient'altro che una piantina grassa rinsecchita, tuttavia la stanza sembrava più appartenere ad un hotel a due stelle piuttosto che a un ospedale psichiatrico. Scostò la sedia traballante dalla scrivania e vi si accomodò.
- Ciao James, - salutò.
Il ragazzo si voltò verso di lui e poi tornò a fissare la finestra, esausto.
- Mi hanno mandato qui perché sospettano che la mia pozione possa avere degli effetti collaterali. So che non ti va di parlare, ma puoi fare sì o no con la testa per rispondere a delle domande. Va bene? -
James annuì. Draco sospirò e cominciò con le domande. Erano cose stupide, come "hai mal di testa?" o "ti è capitato di avere mal di stomaco?" o ancora "il tuo umore cambia dopo l'assunzione?". Potter aveva sempre scosso la testa e Malfoy aveva escluso ogni ragionevole dubbio che fosse la Fortis Manes a ridurlo così.
- C'è un bel sole fuori, ti va di fare una passeggiata? -
James scosse la testa.
- Sai... è naturale che tu ti senta così. Dopo tutto quello che ti è capitato, il solo fatto che tu sia ancora vivo è strabiliante. Ma startene qui chiuso tutto il giorno non ti sarà di aiuto, lo sai? -
Potter avrebbe risposto con un "ma a lei cosa importa?" ma rimase in silenzio limitandosi a scrollare le spalle. Aveva perso il pub, un fratello, abbandonato gli amici, tradito se stesso ed era stato pugnalato dal ragazzo che amava. Non aveva più niente.
- C'è già stato un processo per l'ex Auror Langley, - continuò Draco. - È stato condannato a qualche anno di prigione ad Azkaban e a pagare la ristrutturazione del tuo pub. Vista la tua indisposizione, hanno contattato la tua amica e socia Vanessa: seguirà lei tutti i lavori. -
James sembrò sorpreso e guardò l'uomo in attesa di altre notizie. Sapere che Vanessa si stava occupando del pub nonostante tutto lo faceva sentire meno solo.
- A breve ci sarà anche il processo per tuo fratello. Stanno aspettando che la Krankenhaus ti dia il permesso per poter fare da testimone, quindi sarai chiamato per comparire davanti al Wizengamot. -
Potter sgranò gli occhi, spaventato.
- Sarai al sicuro, tuo padre ha già predisposto una scorta. Ma, se te lo stai chiedendo, sì, incontrerai Albus. E, probabilmente, anche Scorpius. Te lo dico perché avrai sicuramente tempo di prepararti. -

James annuì e tornò a fissare la finestra. C'era davvero un bel sole. In giornate come quelle, quando era a Londra, avrebbe riunito gli amici e sarebbero andati a bere una birra ghiacciata e a giocare a Flunkyball.
- Vuoi fare una passeggiata? - chiese Draco. Perché diavolo era così gentile con il figlio di Potter? - Ho l'autorizzazione per farti uscire un po'. Hai mai visto Vienna? -
James annuì. - Mi piace Vienna, - disse. Le prime parole dopo il ricovero. La gola gli bruciò.
Draco sorrise. - Allora vestiti e andiamo, - aggiunse.

Se, pochi mesi prima, qualcuno avesse detto a Draco Malfoy la frase "un giorno ti troverai a passeggiare lungo il Danubio insieme a James Sirius Potter", lui sarebbe scoppiato a ridere senza nemmeno pensarci su.
Eppure, mentre passeggiavano lungo Donau Marina, tra le lucine delle bancarelle e il profumo di Aperol Spritz, Draco capì il motivo per cui la Guaritrice Wagner aveva chiesto il suo intervento.
Solo una persona che è stata fatta a pezzi può capire il peso di un tale dolore. E Draco, purtroppo, lo capiva bene.

***

 

ndA:

Quando ho messo un punto a "Fortis Manes", sapevo che non sarebbe stato definitivo. Ho ancora qualche punto da chiarire, qualche domanda a cui rispondere... e ho deciso che pubblicherò circa cinque one shots per chiarire i punti rimasti in sospeso.
Questa oneshot/missing moment si può inserire poco prima dell'ultimo paragrafo del capitolo 20 della storia madre. Come? Non l'avete letta?! D:

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Capitolo 2
*** Perfect ***




Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"Hey dad look at me
Think back and talk to me
Did I grow up according to plan?
And do you think I'm wasting my time doing things I wanna do?
But it hurts when you disapprove all along
And now I try hard to make it
I just wanna make you proud
I'm never gonna be good enough for you
[..] 'Cause we lost it all
Nothing lasts forever
I'm sorry
I can't be perfect"
- Perfect, Simple Plan

 


2. Perfect

 

Harry Potter era stanco, solo e triste.
Quando tre anni prima aveva assaporato l'idea di poter trovare un giusto equilibrio nel rapporto padre-figlio con la sua progenie, James era finito in overdose (e poi in carcere, dopo al San Mungo e, infine, alla "Heilige Josef krankenhaus für Zauberer" di Vienna) e Albus aveva ottenuto un bel biglietto d'ingresso per Azkaban (con l'accusa di produzione e spaccio di stupefacenti). Gli restava solo Lily, la dolce e tenera Lily che era troppo concentrata sul mondo del Quidditch per renderlo felice di fare il padre. Voleva bene a Lily, come ne voleva ai suoi altri due figli, ma era quella con cui era riuscito a legare di meno. Ed era tutto un dire, visto che era l'unica ad essersi salvata.
Presa coscienza dell'evidenza di essere la rovina dei propri figli, Harry si sentiva stanco, solo e triste.
Non aveva mai dato peso a questo tipo di sensazioni fino a quando aveva del lavoro da sbrigare (e rimproverare Scorpius era uno dei suoi incarichi preferiti), ma quando si prendeva una pausa il mondo gli crollava addosso. Era tutta colpa sua, lo sapeva bene. Aveva fallito come padre, come Auror e come uomo. Così, invece di tornare a casa, Harry era seduto al tavolo numero tredici de "I tre manici di scopa" da più di un'ora e non aveva ancora bevuto un sorso dalla Burrobirra che Madama Rosmerta gli aveva gentilmente offerto.
Il signor Potter si era tolto gli occhiali e li aveva lanciati distrattamente sul tavolo; era stanco, avrebbe avuto bisogno di dormire e invece era in quello stupido pub.
- Potter, perché diavolo mi hai fatto venire qui a quest'ora? Merlino, si gela. -
- Ciao Draco, anche a me fa piacere vederti. -
- A me non fa piacere vederti, Potter. Non quando potrei star già dormendo. Che faccia da Troll che hai, tutto bene? -
Harry, ormai, sapeva (o almeno sperava) che quello fosse il modo "à la Malfoy" di preoccuparsi per lui. L'unica cosa che aveva guadagnato dopo la perdita dell'autostima e della fiducia dei propri figli, infatti, era un amico. Strano che fosse proprio Draco Malfoy.
Gli era stato molto vicino durante la convalescenza di James, avevano iniziato a collaborare per altri casi e più di una volta si erano ritrovati a bere qualcosa al pub; così era nata una sorta di amicizia fuori dai canoni ma tremendamente consolatoria. Era bello poter stare un po' di tempo con un amico, per poter essere solo Harry.
- Cos'è, la piattola vuole il divorzio? Non la facevo così astuta. -
- No, Malfoy, smetti di fare l'idiota e siediti. Devo parlarti di Scorpius. -
L'espressione di Draco divenne immediatamente seria, tanto che si accomodò di fronte a lui senza fare storie.
- Dimmi pure. -
Prima di rispondere, Harry fece un lungo sorso dal boccale e si asciugò le labbra con il manico della felpa. - Oggi ho dovuto sospenderlo. -
- ...cosa? E perché mai? -
- Stava seguendo un caso, uno su un mago pericoloso, e... beh... la sua compagna è finita al San Mungo, gravemente ferita, a causa sua. Ha violato tutte le regole del Protocollo Auror e non è la prima volta. Non volevo farlo ma... senti, non dovrei nemmeno dirtelo, ma sono preoccupato per lui. -
Draco si accasciò contro lo schienale della sedia e rimase in silenzio per il tempo necessario che gli ci volle per riordinare i pensieri. - Pensa ancora a James, vero? -
- Sì, - ammise Harry. - Non voglio essere allarmista ma oggi ha detto che "non gli importa". Ha rischiato di morire, Draco. Lo fa sempre da tre anni a questa parte ma... -
- Dovevi sospenderlo prima, - lo rimproverò Malfoy.
- Sì, lo so. Ma... all'inizio pensavo fosse normale sentirsi giù di tono. Credo che Scorpius fosse davvero innamorato di James e, sai, il processo, il non vedersi più... il fatto che mio figlio non gli abbia più rivolto la parola... -
- Dici che ha, come si dice, il cuore spezzato? -
Harry annuì. - Io voglio bene a Scorpius, Draco. -
- Lo so. -
- Gli ho consigliato, già da tempo, di rivolgersi a uno Psicomago ma lui dice di non averne bisogno. Non può nemmeno continuare così. Si autodistruggerà. -
- So anche questo ma, vedi, lui è un adulto. Possiamo consigliargli cosa fare, ma fin tanto che non capirà di aver bisogno di aiuto non lo cercherà. -
- E se non dovesse mai capirlo? Se le cose degenerassero? Se, in una delle prossime missioni, lui dovesse morire? Ci pensi mai? -
- Ci penso fin da quando mi ha detto che voleva diventare Auror, - sbuffò Draco. - E chi meglio di te può capire i rischi del mestiere? -
Harry bevve un altro sorso di Burrobirra, esasperato. Draco aveva ragione ma lui non poteva arrendersi, non poteva lasciarsi sfuggire così il suo Auror migliore. Poi voleva davvero bene a Scorpius: quando lui e Albus erano solo due maghi in erba, lo aveva ospitato spesso per le vacanze estive o quelle natalizie. Lo aveva visto crescere, maturare, fino a diventare un mago adulto. Gli si era affezionato tanto da cominciare a vederlo come se fosse figlio suo. Ma lui come padre faceva schifo e Scorpius, per fortuna sua, era figlio di Draco.
- James invece sta meglio, - disse Malfoy. - L'ho sentito proprio stamattina. -
- Tu... tu ti senti con James? - chiese Harry allibito.
Draco fece cenno di sì con la testa. - Ci scriviamo regolarmente una volta alla settimana. -
- E perché tu scrivi a mio figlio e viceversa?! -
- Inizialmente è stata una comunicazione forzata dai Guaritori viennesi, sai, io stavo studiando gli effetti della pozione che ha tenuto James in vita... poi, quando è stato dimesso, abbiamo continuato con questa comunicazione epistolare. Prima prendeva almeno dieci pozioni al giorno semplicemente per restare vivo, sai? Ora siamo scesi a due al giorno, ed è pulito da tre anni. -
- Se non ti conoscessi direi che... -
- Sì, lo so cosa diresti e ti fermo subito: ho rivalutato molto James. È un bravo ragazzo, ha fatto le scelte sbagliate ma... ehi, ne è uscito e sta lottando per riprendersi la sua vita. È uno tosto. -
Harry restò in silenzio e bevve un altro sorso dalla Burrobirra. In un primo momento avvertì qualcosa pizzicargli il cuore, forse provò un briciolo d'invidia perché James scriveva a Draco e non a lui, poi si ricordò tutti i suoi errori da genitore e allora continuò a bere. - Parli di te o di mio figlio? -
- Stavo parlando di James, Potter! La Burrobirra ti è andata in testa o cosa? - si lamentò Draco con uno sbuffo sonoro.
- Sta facendo soffrire tuo figlio, - disse Harry tra i denti.
- Mio figlio ha fatto soffrire tuo figlio. Per anni. Oh, sia chiaro: ne vado fiero, - scherzò Malfoy. - Finalmente una vendetta dei miei geni suoi tuoi. -
- Malfoy... -
- Bla bla bla, Potter, non attaccare il solito discorso morale da Sono-Un-Grifondoro-Giusto-E-Leale! -
- Quindi sta bene? -
- Sta bene, sì. Fisicamente almeno. Sarà qui a Londra tra qualche giorno. -
- Ritorna in Inghilterra?! -
- Solo per un po', sai, il tour dei Sevendust e qualche faccenda burocratica da sbrigare. In realtà, pensa di trasferirsi definitivamente in Austria, ma chissà... -

***

Prima di suonare il campanello, James cercò di darsi una sistemata. Tolse gli occhiali da sole, si abbottonò per bene il cappotto, sistemò i pantaloni sulle ginocchia e tirò un grosso sospiro.
Non andava a Grimmauld Place da quando, poco dopo aver compiuto quindici anni, era scappato da casa per andare a vivere con Ted e Victoire. Rientrare a casa dei suoi genitori gli suscitava un po' d'ansia, ma sapeva che era la cosa giusta da fare. Sospirò ancora e suonò alla porta.
Fu Harry ad aprire e fece non poca fatica a nascondere la paura dietro lo stupore che provò quando si rese conto di avere il suo primogenito di fronte.
- James? - chiese. Batté gli occhi un paio di volte prima di abbozzare un sorriso. - Merlino, sono... sono felice di sapere che stai bene. -
James sollevò un sopracciglio. Non vedeva suo padre da... da quando? Da quando era andato al San Mungo? Dal processo? Dalla partenza per l'Austria? Beh, da tanto tempo.
C'era da dire che nessuno dei due aveva scritto all'altro, ma a James avrebbe certamente fatto piacere notizie di Harry durante la seconda parte della terapia, ma era stata una speranza vana e, come previsto, non era accaduto.
- Non mi inviti a entrare? - domandò James.
- Io... eh, io... - Harry apparve confuso e leggermente trasandato. Aveva un'inconsueta peluria sotto al mento e i capelli erano più spettinati del solito.
- Sono pulito, - chiarì James. - Da due anni, in verità. -
- Perché sei qui? Ti... ti servono soldi? -
- Non te li ho chiesti quando avevo quindici anni e dovevo acquistare i libri per Hogwarts, figurati se te li chiedessi ora che sono ricco sfondato. -
Harry si scostò dalla porta e lo lasciò entrare.
Entrare in casa fu davvero uno schianto al cuore. Per un breve attimo, James fu colto da una strana sensazione di nostalgia: le pareti su cui si era schiantato provando la sua prima scopa per bambini erano ancora lì ma avevano cambiato colore; lo stipite della porta su ci avevano tutti scritti era stato sostituito; il parquet che lui e Albus avevano distrutto quando "giocavano a picchiarsi" era stato messo a nuovo... era come se anche la sua prima casa fosse stata stravolta fino a trovare una nuova forma, proprio come era successo a lui.

James seguì suo padre fino al soggiorno, ma prima di entrare si voltò di scatto: gli era parso di aver visto qualcuno correre verso la porta d'ingresso. Nessuno, però, era entrato o uscito dall'appartamento, quindi a James non restava altro che stringere le spalle e seguire suo padre nella stanza. 
Harry si accomodò su una vecchia poltrona di velluto, probabilmente una di quella che era appartenuta alla famiglia Black, e guardò suo figlio quasi ammirandolo. - Ti sei fatto crescere i capelli? -
James annuì e li sciolse: erano così lunghi che gli arrivavano al fondoschiena. - Devo tagliarli, ma ho scoperto che così riesco a tenerli a bada. Dovresti provarci anche tu, - suggerì.
- Beh... non mi ci vedo molto con i capelli così lunghi, ma, se funziona come metodo, quasi quasi ci penso sul serio. -
James sorrise debolmente, infilò le mani in tasca e si guardò intorno. Era davvero raro che si trovasse a disagio in qualsivoglia situazione, ma restare in quella stanza, in piedi davanti al camino, di fronte a suo padre, gli aveva portato alla mente la scena vissuta un bel po' di anni prima, quando subito dopo i G.U.F.O. era andato via da lì. Con addosso chiari segni di violenza e le lacrime che gli sgorgavano senza che potesse frenarle, il James quindicenne urlava disperato contro sua madre nello spiegarle che no, essere gay non era una malattia e non avrebbe modificato il suo orientamento sessuale a suon di mazzate.
Ora si trovava nello stesso posto, in piedi davanti al camino, con addosso il peso di quelle vecchie sensazioni che era stato costretto a somatizzare. Provò una strana tenerezza per il se stesso del passato, ma anche una grande sete di riscatto. - Tua moglie non c'è? -
Harry annuì. - Tra un po' arriverà per chiedere chi era alla porta. -
James continuò a guardarsi intorno sospettoso.
- Non ti siedi? - chiese l'uomo. Sembrava felice di rivederlo, ma allo stesso tempo intimidito dall'uomo che il figlio era diventato.
- No, preferisco stare in piedi. Sarò breve, - specificò.
- Come stai? - Harry si morse immediatamente la lingua. Si aspettava una risposta del tipo "e me lo chiedi solo ora? Dov'eri quando avevo bisogno di te? Stronzo!", ma fu piacevolmente sorpreso dall'atteggiamento mansueto del figlio.
- Benissimo, - rispose il ragazzo con un sorriso. - Tu? -
- Come al solito, - rispose Harry. Fece per aggiungere qualcos'altro, ma la voce di Ginny lo interruppe.
- E tu cosa ci fai qui? - domandò la donna stizzita verso il figlio. - Non ti vergogni? -
- Ciao anche a te, - rispose ironicamente il ragazzo. - Di cosa dovrei vergognarmi stavolta, di grazia? -
- Beh, la tua storia col figlio di Malfoy... -
- ...vecchia di tre anni fa... -
- ...non potevi tenerla nascosta, no? Dovevi per forza sbandierare le tue perversioni sui giornali? -
- Sai com'è, sono un personaggio famoso. I miei dischi hanno superato quelli dei The Weird Sister, ogni radio passa la mia musica, ho un pub di successo. È ovvio che ai giornalisti interessasse la mia perversione con Malfoy, - ironizzò James. - Resta comunque che è una storia vecchia di almeno tre anni. Non fa più notizia. -
- E dovevi proprio far sapere a tutti che sei frocio? -
- Ginny, - la riprese Harry, stanco. - Per favore... -
Un nuovo e rapido flashback e James fu catapultato nuovamente ai suoi quindici anni. "Sei un frocio di merda, non ti voglio sotto al mio tetto!" gli aveva urlato contro sua madre. James scosse la testa, strinse forte i pugni e incassò il colpo.
- Io non ho assolutamente nulla di cui vergognarmi, - rispose a denti stretti.
- Sei un drogato! Un frocio drogato e dici di non aver nulla di cui vergognarti? -
- Ginny, e che cazzo! -
- Sono un mago onesto, sono pulito dalla roba che produceva l'altro figlio tuo, - disse James. - Ho seguito una terapia e sto bene. E sì, l'avrò detto duecento volte, ma se ti piace sentirlo lo ripeto: mi piace il cazzo. Se hai problemi con questa cosa posso consigliarti almeno tre Psicomagi solo nei dintorni, - concluse con un sorriso divertito.
La donna tacque e Harry fissò il figlio con un'insolita aria di ammirazione.
- In ogni caso, non sono qui per parlarvi della mia vita sessuale. -
- E allora che vuoi? -
Harry sembrò molto stressato e si accasciò sulla poltrona stancamente.
- Vado subito al sodo, - disse James. - Secondo alcune leggi del Wizengamot, a seguito di quanto mi è accaduto, voi due siete designati come miei eredi. -
L'espressione di Ginny divenne più interessata.
- Io non voglio che voi lo siate. Quindi vi ho portato dei documenti da firmare per rinunciare alla cifra affinché io possa scegliere un destinatario più consono, - chiarì James e subito dopo, con un incantesimo d'appello, fece apparire dei documenti sul tavolino. A Harry non interessava granché dei soldi del figlio: voleva solo che fosse felice come meritava. Sua moglie, invece, non era dello stesso avviso. - Non credo proprio, - rispose Ginny. - Dopo tutto quello che ho sopportato anche solo per farti nascere... -
James rise. - A parte che, nel caso in cui non avreste voluto avere un figlio, potevate usare un preservativo, voglio ricordarti che non ho chiesto io di nascere. E poi... quello che hai sopportato tu? - chiese e sollevò un sopracciglio.
- Con tutto il disonore che ci hai vomitato addosso dovremmo averti già fatto causa! -
- Hai rotto il cazzo, - disse James con un sorriso. - Tu e questa cazzo di storia del disonore. Sai cosa avrei potuto fare? -
- Dire ai giornali come lo trattavi quando era piccolo, - intervenne Harry spazientito. James lo guardò sorpreso ma lasciò che suo padre continuasse.
C'era da dire che Harry non si era mai davvero scontrato con sua moglie per difendere suo figlio. James gli rivolse uno sguardo esterrefatto ma si limitò ad ascoltare. - E avrebbe dovuto farlo, - continuò Harry. - Perché lui era solo un bambino e tu... -
- Io lo dovevo educare prima che diventasse un maniaco sessuale! -
- Soltanto perché gli piacciono i maschi? - domandò Harry retorico. - Io non potrò mai perdonarmi per non averlo difeso o per non essere mai stato davvero di supporto per lui! -
- Ah, no? - Ginny sollevò un sopracciglio. - E allora i soldi che mandavi a Teddy per cos'erano? -
James, sorpreso, si voltò verso il padre; fece per dire qualcosa ma Harry lo anticipò.
- Mio figlio doveva andare a Hogwarts, - urlò Harry. - E doveva avere tutto quello di cui avrebbe potuto aver bisogno. Di certo non ci avresti pensato tu! -
- Papà? - lo interruppe James. - Davi dei soldi a Teddy? -
Con un incantesimo di appello, Harry chiamò a sé dell'inchiostro e una piuma. Prima di rispondere al figlio, firmò i documenti con rapidità. - Sì, James. Teddy non voleva prenderli, ho dovuto insistere molto. Non volevo che voi tutti foste in difficoltà, ed ero sicuro che con Ted e Victoire saresti stato in un posto più tranquillo, dove ti saresti sentito accettato e amato. Cosa che, qui, non sarebbe mai potuta accadere. -
Il ragazzo non rispose e guardò i due genitori. Non sapeva se sentirsi arrabbiato, felice, disgustato o provare pietà per entrambi, ma rimase in silenzio ad ascoltare i borbottii della madre. Harry e Ginny continuarono a gridarsi contro per un po', almeno fino a quando James, già in ritardo per un appuntamento, li interruppe. - Quanto vuoi? - chiese a Ginny. Utilizzò un tono frettoloso, quasi avesse voglia di spicciarsi prima possibile.
- Diecimila galeoni, - sparò la donna assottigliando gli occhi.
Harry fece per insultarla, ma James estrasse il libretto della Gringott e compilò un assegno con la cifra richiesta. - Non darle niente, - ringhiò Harry.
- Se questo è il prezzo che devo pagare per togliermela dai coglioni, sono ben felice di spendere diecimila galeoni. -
- Ma non è giusto, James! Sono soldi tuoi, lei non se li merita e non ne ha bisogno! Piuttosto falle causa, fai causa a tutti e due! -
James ignorò il consiglio del padre, staccò l'assegno dal libretto e piegò il foglio in due parti. - Metti una firma su quei fogli e ti consegno l'assegno. Puoi andare alla Gringott anche adesso per far trasferire il denaro sul tuo conto. -
- E a me chi lo dice che non è un bluff? -
- Metti quella cazzo di firma, Ginny! - urlò Harry. - E, per la barba di Merlino, giacché ti sei ricordata come si fa a scrivere va' a firmare anche i documenti del divorzio! -
Ginny lanciò uno sguardo carico d'astio verso il marito poi firmò i documenti che aveva portato il figlio. James li ritirò prima che i due potessero cambiare idea e consegnò l'assegno alla donna.
- Spero che tu li spenda per andare dallo Psicomago, - aggiunse. Infilò poi le mani in tasca e desiderò abbracciare il se stesso dei flashback.
La donna, felice del compromesso ma anche di aver chiuso definitivamente con il figlio di cui si vergognava, afferrò l'assegno e lasciò la stanza senza salutare, nello stesso modo in cui era entrata.
- Che stronza, - bisbigliò James tra i denti.
Harry sbuffò, si alzò dalla poltrona e si avvicinò al figlio. Avrebbe voluto abbracciarlo e scusarsi ma gli mancò il coraggio. - James... mi... mi dispiace davvero tanto. Ti risarcirò io personalmente tutta la cifra. -
- Non me ne frega un cazzo dei soldi, - disse. Si rese conto, poi, di avere le mani tremanti e capì che sarebbe stato meglio andare via. - Io... io ho un appuntamento. Vado via. -
- James, - sussurrò Harry.
- Che c'è? -
- Mi dispiace davvero. Per tutto. -
- Non importa, - rispose il ragazzo stringendo le spalle. - Il passato è andato, ora sono più concentrato sul mio futuro. -
James, senza attendere oltre, si diresse verso la porta di ingresso e l'aprì per abbandonare definitivamente Grimmauld Place numero dodici. Ora era davvero libero: aveva affrontato sua madre, risolto il problema dell'eredità e poteva sentirsi libero da quel tipo di catene emotive. - Allora ciao, - borbottò James facendo per mettere un piede fuori dalla casa a pugni stretti.
Ma, prima che uscisse per davvero, Harry trovò tutto l'ardore che aveva sepolto sotto anni di delusioni e malumori e abbracciò il figlio con forza. James fu sorpreso ancora una volta, ma non riuscì a dire o fare nulla. Voleva davvero quell'abbraccio, lo aveva desiderato per quasi tutta la sua vita e ora che finalmente era arrivato era rimasto completamente inerme.
Nell'esatto momento in cui le braccia di Harry gli avevano avvolto le spalle, il James del momento si fuse con quello del passato e, senza accorgersene, cominciò a piangere silenziosamente. Un singolo abbraccio era stato più emozionante di vincere la Coppa del Quidditch e la Coppa delle Case per tre anni di fila a Hogwarts (e di certo i festeggiamenti non erano mancati nella Sala Comune di Grifondoro), più del suo primo concerto fuori da Hogsmeade, più dei fan che l'acclamavano dal sottopalco. Il calore del corpo di Harry gli stava riscaldando il cuore e sembrava dirgli che, davvero, da oggi in poi l'avrebbe protetto con orgoglio. Un gesto semplice, caloroso, che sembrò spazzare via un arresto immeritato senza il quale, probabilmente, James non avrebbe mai davvero avuto la possibilità di riscattarsi.
Lentamente, il ragazzo rilassò le dita e poi allungò le braccia per ricambiare il gesto del padre.
- Ti voglio bene, James. So di non avertelo mai detto e... mi scuso. Mi sono comportato male con te, sono stato un idiota. Però ti voglio davvero bene, James, e sono davvero orgoglioso dell'uomo che sei diventato. Per favore, non dimenticarlo. -
- Anche io ti voglio bene, papà. -

 

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Capitolo 3
*** Reckless abandon ***




Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"On and on, reckless abandon
Something's wrong, this is gonna shock them
Nothing to hold on to"

- Reckless abandon, blink182

 


3. Reckless abandon

 

Trascorrere pochi giorni nella Sala Dorata del Ministero, nelle celle d'emergenza, era stata un'esperienza traumatica per James. Lì dentro si era sentito in trappola ed era stato costretto a fare i conti con se stesso, le proprie dipendenze e le proprie debolezze. A posteriori, aveva capito che non sarebbe potuta andare diversamente. Aveva dovuto toccare il fondo per poter pensare di risalire a galla.
Scatenare un putiferio era stato necessario per smuovere le acque e scoprire la verità, anzi, le verità.
E la verità faceva più schifo di ogni altra cosa.

Tra i tradimenti che James aveva dovuto affrontare, quello più grave era stato sicuramente quello di suo fratello Albus.
Se era stato difficile sopravvivere nella Sala Dorata, quindi, James non riusciva ad immaginare quanto fosse duro farlo ad Azkaban. Ed era proprio nella prigione dei maghi che si trovava in quel momento. Certo, era lì come visitatore e quindi era tutta un'altra storia, ma la presenza dei Dissennatori lo rendeva ugualmente inquieto.

Faceva molto freddo ad Azkaban. Suo padre l'aveva avvertito, ma lui aveva scelto di non indossare il mantello di lana e ora ne stava pagando le conseguenze. Seduto a un tavolo di legno scuro, James picchiettava con le dita contro le gambe della sedia convincendosi che quel semplice movimento lo avrebbe aiutato a non morire congelato.

Non seppe quanto tempo attese. Avrebbero potuto essere pochi minuti come un sacco di ore, ma le lancette si muovevano in maniera più lenta e pesante lì, gli sembrò che fossero trascorsi almeno tre giorni quando, a un certo punto, qualcuno aprì la porta della stanza e lasciò entrare uno dei prigionieri. James ritornò alla realtà.
Il rumore delle catene che toccavano il pavimento echeggiò nella stanza altrimenti silenziosa. Il prigioniero scostò una delle sedie lì presenti, quella di fronte a James, e vi si lasciò cadere sopra distrattamente.
Piombò di nuovo il silenzio.
James alzò lo sguardo verso di lui.
- Ciao Albus. -
- Ciao, - rispose Albus senza alcuna emozione nel tono.
James si prese qualche secondo per osservare alcuni dettagli. Albus sembrava essere perso nel vuoto; aveva lo sguardo vacuo, i capelli sporchi e le sue membra parevano essersi trascinate fin lì per inerzia.
- Come stai? -
- Bene. - Il tono di Albus continuò ad essere apatico. - Tu? -
- Anche io sto bene, - rispose James. Deglutì e cercò di fare mente locale. Avrebbe voluto fare un discorso serio e lungo, ma si rese conto che probabilmente Albus non aveva la forza di sostenerlo e cominciò con delle parole più semplici. - Ti chiederai perché sono venuto qui... -
- No, - disse Albus. Guardava un punto indefinito di fronte a sé e sembrava attraversare il corpo di suo fratello come se quest'ultimo fosse un fantasma.
- No? -
- No, - ripeté Albus.
- Non ti interessa? -
Albus scrollò le spalle nel sottintendere totale indifferenza. - Se me lo dici o meno non cambia le cose. -
- In che senso? -
- Devo restare qui ancora qualche anno. -
James assunse un'aria amareggiata. Era dispiaciuto per quanto accaduto al fratello: restava ugualmente una persona importante per lui. - Beh, se tu non... -
- So cosa ho fatto, - l'interruppe lui sempre senza toni particolari. - So che è giusto che io sia qui. -
- Non sono venuto qui per dirti che... -
- Lo so. Tu non fai queste cose. È giusto che io sia qui, ma non mi pento di quello che ho fatto. -
James si accigliò. - Hai stravolto la mia vita, distrutto il rapporto che avevi con il tuo migliore amico... rovinato il rapporto che avevi con papà! Non ti penti? Non ti importa? Hai tradito il tuo sangue! -
- Non mi importa. Scorpius è stato facile da manipolare... e, infondo, credo tu debba ringraziarmi. -
A James, il tono senz'anima unito alle parole fredde che suo fratello gli stava vomitando addosso, stava cominciando a dare sui nervi.
- Che cazzo dici, Albus? Ma ti senti? -
- Sì, - rispose pure. - Se io non avessi fatto tutto ciò, lui avrebbe continuato a morirmi dietro. Che debole. Che palle. Invece ora... -
James batté forte i pugni sul tavolo e un Auror, preoccupato per il rumore, entrò per verificare che fosse tutto ok.
- Così come? - ringhiò James. - Così cosa? Sei finito ad Azkaban! -
- Così lui è venuto da te. Non era quello che volevi? L'elemosina di papà, no? L'approvazione di Harry Potter. E ora ce l'hai. E ti ho anche lasciato quella palla al piede di Scorpius. -
James balzò in piedi facendo cadere la sedia su cui era stato seduto fino a un attimo prima. L'Auror intervenne e cercò di placare James.
- Ero venuto qui per dirti che, quando saresti uscito di qui, avresti avuto un posto in cui tornare, che ti avrei dato una mano... ti avrei aiutato a cercare un lavoro, a reintegrarti nella società... -
- Molto gentile. -
- Ero venuto qui a dirti che, alla fine, eri comunque mio fratello... -
- Quasi commovente, - ribatté Albus.
James batté ancora i pugni sul tavolo e l'Auror lo braccò più saldamente. Con uno scatto, Potter si liberò dalla presa e provò a sembrare più calmo.
- Signor Potter, credo che sia meglio se... -
- No, mi faccia finire, - disse James. Si rivolse, poi, ad Albus: - Ma tu non sei più mio fratello. Dimenticati pure di me. -
Albus lo fissò senza guardarlo veramente. Era difficile decifrare quello che gli passava per la testa, ammesso che ci fosse qualcosa in cui frugare, qualche briciola di emozione che i Dissennatori non avevano ancora portato via.
Non c'era rimorso nel suo sguardo. Veramente non gli importava niente di come erano andate le cose? Stava meglio ora, in prigione, con un futuro incerto e senza il supporto di amici e parenti? Come potevano i Dissennatori, che di norma manipolavano la mente dei maghi riversandoli in stati depressivi e panicanti, non aver sortito alcun effetto sulla sua cattiveria?
- Tu non ti rendi conto della gravità della situazione, Albus... -
- Chi sei? -
- Come... sono James, stavamo parlando fino a due minuti fa! -
Albus scrollò le spalle e si rimise in piedi. Si trascinò lentamente verso l'Auror, certo che lo avrebbe riaccompagnato nella propria cella, e nella stanza echeggiò di nuovo il rumore delle catene. - Mi sono dimenticato di te. -

James avrebbe voluto tirargli un pugno, ma si limitò a ridere e a incrociare le braccia. Lo guardò allontanarsi e si concesse un complimento serio e sentito: aveva fatto un grande lavoro su se stesso, un lavoro che gli aveva fatto capire come migliorarsi. Ed era migliorato davvero. Provò un po' di pena per Albus: lui non aveva capito, era stato accecato completamente e non aveva più scampo. E se non ci era arrivato sotto la pressione dei Dissennatori, non lo avrebbe fatto mai più.

Scrollò le spalle e lasciò la stanza a sua volta, vagamente malinconico ma orgoglioso di se stesso. 

 

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Capitolo 4
*** Friends will be friends ***




Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"It's not easy love, but you've got friends you can trust
Friends will be friends
When you're in need of love they give you care and attention
Friends will be friends
When you're through with life and all hope is lost
Hold out your hand 'cause friends will be friends
Right till the end"
- Friends will be friends, Queen

 


4. Friends will be friends

 

- Quindi non verrete? - Vanessa sollevò un sopracciglio, indispettita. - Siete seri? -
- Senti, Vanessa, io non me la sento, - ammise Vince.
- Ma è anche un vostro amico! Siete, anzi, siamo cresciuti insieme! -
- Lui è andato via senza nemmeno salutarci, - continuò Vince. - Capisco che era malato, che doveva ricevere delle cure, ma almeno un biglietto... una cosa stupida tipo "Ciao belli, mi internano, ci vediamo quando ci vedremo". -
- Non era nelle condizioni di poterlo fare, l'ha detto anche il signor Malfoy! O forse sei stato colpito da un Oblivion?! -
- No, ma... - Vince sbuffò. - Vanessa, senti: io lavoro con papà al negozio di Quidditch, adesso. Ti rendi conto di quanto è degradante? -
- È una soluzione provvisoria, e poi lavori, non è che sei un criminale che ti devi vergognare. -
- Beh, - s'intromise Aaron, - con tutta la fatica che sto facendo... cioè... i fan hanno iniziato a scriverci sempre di meno, come i giornalisti. Tutte le luci erano per James, e ora che è "scomparso" non ci filano nemmeno di striscio. Non so quanto provvisoria possa essere questa situazione: nessun locale sembra essere interessato a voler la nostra band. Sembra che i Sevendust siano finiti, grazie alle scelte del cazzo di James. -
Vanessa avrebbe voluto urlare e ripetere le stesse cose già dette in precedenza ma si limitò a sbuffare sonoramente. - Sentitemi bene, voi due, perché è l'ultima volta che ve ne parlo. Vince, è grazie a James se il signor Malfoy ha potuto inventare una pozione per riparare ai danni della merda che produceva Albus. Devo ricordarti che è grazie a questa pozione se non sei ricoverato anche tu a Vienna? -
Vince abbassò lo sguardo ma restò in silenzio. Vanessa, invece, continuò a parlare e si rivolse all'altro ragazzo.
- E tu, Aaron! Ok, ricevi meno lettere dai fan, gli ingaggi sono zero e quindi? James è un tuo amico! Dovresti preoccuparti per la sua salute più che del tuo portafogli. -
Aaron, come aveva fatto l'altro ragazzo, non rispose.
- Se non volete venire, ok. Pensavo che fosse una buona idea andare a trovarlo, ora che ne abbiamo finalmente la possibilità. -
La ragazza, rassegnata, indossò il mantello e poi guardò l'orologio. - La mia Passaporta si attiverà alle 17:00 in punto al Ministero della Magia. Se cambiate idea sapete dove trovarmi, - aggiunse prima di smaterializzarsi. Non voleva ascoltare una parola di più.


Alle 16:50, Vanessa era già al Ministero. Aspettava seduta su una comoda poltroncina di chintz e dondolava nervosamente il piede. Era davvero indignata per il comportamento di Vince ed Aaron.
Fin dal primo anno a Hogwarts erano stati un gruppo inseparabile: si erano conosciuti alla prima lezione di Erbologia e non si erano mai più divisi. Se uno di loro si beccava una punizione, diventava una cosa di gruppo... e proprio per questo Vanessa credeva che il loro legame fosse ormai consolidato e indissolubile. Era stata fermamente convinta che nulla al mondo avrebbe potuto distruggere quel tipo di amicizia fraterna, rara e pura, che avevano loro quattro.
Anche quando James era stato ricoverato in maniera quasi coatta, lei era rimasta fedele al loro legame. Glielo aveva promesso, sarebbero stati amici per sempre. Perché gli amici sono amici e rimangono tali soprattutto nei momenti difficili.
Alle 16:55, Vanessa recuperò un fazzoletto di seta bianca dalla tasca e si asciugò gli occhi. Si specchiò in uno dei vetri a disposizione e cercò di rimuovere alla peggio l'alone del mascara che si era sciolto per qualche lacrimuccia che le era caduta. Comunque, non le importava di quello che pensavano quei due quaquaraquà, lei non avrebbe dimenticato la sua amicizia con James.
Si alzò, si sistemò la gonna e sospirò.
Erano le 16:57 quando la ragazza bussò alla porta dell'Ufficio Trasporti Magici.
- Prego, entri pure! -
Vanessa aprì la porta e fu felicemente sconvolta dell'immagine che le si era parata di fronte. Sorrise e raggiunse Vince ed Aaron.
- Allora, - spiegò il funzionario. Era un mago un po' grasso e tarchiato, con l'aria gentile. - La Passaporta vi farà raggiungere l'ingresso ufficiale dell'edificio. Sarete lì alle 17:01. Per quanto riguarda il ritorno, abbiamo predisposto una Passaporta alle 19:00 nello stesso punto in cui siete arrivati. Abbiamo parlato con i funzionari della Krankenhaus, ma ci hanno detto che potevano garantirvi soltanto un'ora e mezza con James, non di più. Vi avviseranno loro quando il tempo sarà scaduto. Tutto chiaro? -
I tre annuirono.
- Perfetto. Manca un minuto soltanto e la Passaporta s'attiverà, - aggiunse il mago, indicando un ombrello giallo.
- Siete venuti, alla fine, - commentò Vanessa.
I due non risposero, poi Vince le mostrò una fotografia. Era una foto dell'ultimo giorno a Hogwarts. Dopo aver superato i M.A.G.O., James, Vince ed Aaron avevano corso nudi attraverso il cortile di Hogwarts per festeggiare il fatto che nessuno avrebbe più avuto l'autorità di metterli in punizione.
Vanessa rise: ricordava perfettamente quella foto, visto che l'aveva scattata lei. Fu colta da un breve momento di nostalgia poi, insieme agli altri due, afferrò l'ombrello giallo. Erano le 17:00.

***

- Hallo, wie kann ich Ihnen helfen? -
- Oh, ehm... hallo! Wir sind hier, um James Sirius Potter zu besuchen. -
- Vanessa, tu parli tedesco?! - Vince sembrò sorpreso.
- Certo. Mentre voi vi facevate mettere in punizione, io frequentavo i laboratori di Babbanologia. Ho imparato alcune lingue babbane, tra cui il tedesco. -
- Abbiamo sbagliato tutto nella vita, - rise Aaron.
- E che ha detto? - chiese Vince.
- Oh, ja. Kann ich Ihren Namen wissen, bitte? - domandò l'impiegata.
- Ja, genau. Ich bin Vanessa Giacomelli, und sie sind Vince Giacomelli und Aaron MacMillan. -
- Prima. James wartet an Tisch fünf auf euch. -
- Ja, danke, - rispose Vanessa. Poi si rivolse al fratello. - Che James ci aspetta al tavolo numero cinque. -

Rapidamente, il gruppo raggiunse il tavolo cinque. Rivedere James era stato come assistere ad un vero miracolo.
- James! - esclamò Aaron, sorpreso.
Ma Potter non fece in tempo a rispondere che Vanessa lo avvolse in un abbraccio possessivo, spaventato, emozionato.
- Ehi, - salutò lui e ricambiò l'abbraccio. Era il primo abbraccio che riceveva dopo mesi di isolamento. - Non ci posso credere, ti sei fatta la doccia! -
- Stronzo, - lo riprese lei. Aaron e Vince risero.
- Oh... beh... sì, anche io ti voglio bene. -

Chiacchierare con i suoi amici fu, per James, la vera felicità. Risero della foto del giorno dei M.A.G.O., delle punizioni della McGonagall, della faccia disperata di Gazza ad ogni Caccabomba lanciata, delle nottati insonni per riparare a troppi pomeriggio di cazzeggio, ma anche al brivido dei concerti, alla bellezza del suonare live e fare casino, del semplice stare insieme.

- Ma quando ti fanno tornare libero? - domandò Vince.
- Non sono mica ad Azkaban, - rise James.
- Che poi mi domando come fate a capirvi, - osservò Aaron. - Se non ci fosse stata Vanessa con la sua sorprendente conoscenza del tedesco... -
- Con un incantesimo di traduzione istantanea, - spiegò James. - Perché chiaramente io non capisco mezza parola di tedesco. -
- Perché siete degli ignoranti. Avreste potuto imparare un sacco di cose a Hogwarts. -
- Ma ci saremmo persi tutto il divertimento! - esclamò Vince.
James rise e poi rispose alla domanda precedente. - Non so quando mi daranno la totale libertà, ma Frau Wagner mi ha detto che il mese prossimo potrò prendere parte al processo... anche se dovrò tornare qui subito dopo. -
- Almeno potremo venire a trovarti più spesso, - disse Aaron. - Verremo con te, al processo. -
- Ho una paura fottuta, ragazzi, - ammise James. - Di vedere Albus, mio padre... Scorpius... -
- Ehi, hai sentito Aaron, no? - disse Vanessa. - Noi saremo con te. -
- Lo siamo sempre stati. -
- E lo saremo per sempre. -
- Sì, Jamie, per sempre: gli amici sono amici. -

***

Vanessa riempì un bicchiere con dell'acqua e lo bevve in un unico sorso, come se fosse uno shottino di vodka. Poi riempì d'acqua un secondo bicchiere e lo porse al suo interlocutore.
- Vanessa, sei sicura che... -
- Sì, - rispose lei senza nemmeno dargli il tempo di ascoltare la domanda, di fargli finire la frase. Poi si guardò intorno.

Ricostruire il Pandemonium era stata un'impresa più ardua del previsto. Dopo il processo, a James era spettato un grosso gruzzolo di galeoni. Purtroppo, però, James era ancora alla Krankenhaus e aveva lasciato a Vanessa l'incarico di amministrare le finanze per conto suo. Lei non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare, così aveva chiesto un consiglio al suo migliore amico che le aveva risposto: "Usali come preferisci".
Probabilmente i soldi non erano il suo maggiore interesse, ma Vanessa non avrebbe buttato al vento il denaro. Così aveva dato inizio ai lavori per ricostruire il locale nel quale aveva lavorato con James.
Se all'inizio l'idea di assumere una squadra e far fare tutto a loro le era sembrata una cosa facile, col trascorrere dei giorni aveva appurato che la sua presenza fosse più necessaria del previsto. Erano passati circa un paio di mesi prima che il locale fosse completo, sia in struttura che in arredo, e ora toccava occuparsi della messa in sicurezza. Non si sarebbero dovuti ripetere spiacevoli e già visti incidenti.
Allora aveva compilato i moduli necessari e il Ministero le aveva mandato l'Auror - non un Auror, ma l'Auror.
- Quand'è così... -
- Mi fido di te, - aggiunse la ragazza.
- Beh, grazie. Almeno tu mi dai una possibilità. -
- Scorpius... non dire così, - sospirò Vanessa.
- Io lo capisco, - ammise Malfoy nel mordersi un labbro. - Sono stato uno stronzo. Ho sbagliato tutto. Non volevo mi perdonasse, né tornare con lui. Io volevo solo... spiegarmi. -
La ragazza buttò giù un altro shot di acqua e poi poggiò rumorosamente il bicchiere sul tavolo. - Per lui è stato tutto un grande periodo fatto di stress, delusioni, di crolli. In pochissimo tempo, tutte le sue certezze sono svanite, il suo mondo è cambiato radicalmente e non è più riuscito a fidarsi di se stesso. Se penso a tutto quello che gli è capitato nella vita mi chiedo come faccia anche solo a rialzarsi in piedi. -
Scorpius bevve l'acqua che gli era stata servita e rimase in silenzio rivolgendo attenzione a ciò che diceva Vanessa.
- Forse non ce la fa ad ascoltare, adesso. Non è il momento adatto. -
- Hai ragione... -
- Prima o poi, un giorno, forse vi incontrerete per caso in un café e parlerete della cosa con naturalezza, con razionalità. Per adesso, l'unica cosa che puoi fare è rispettare la sua scelta. -
Il ragazzo annuì, sospirò e poi sorrise verso di lei. - Comunque, parlando del Pandemonium... mi sono informato sul sistema di sicurezza che aveva sviluppato Drake. -
- Quel maledetto pezzo di Troll! -
- Ehm, sì, lui. C'erano un sacco di falle nel sistema proposto inizialmente da Harry, evidentemente lui deve averlo fatto di proposito, nell'evenienza che fosse costretto a fare qualcosa. -
- Come poi ha fatto. -
Malfoy annuì gravemente e poi continuò a parlare. - Mi sono confrontato anche con l'attuale preside di Hogwarts, che come sai è il posto più sicuro del Mondo Magico, e questa è la mia proposta. - Scorpius sorrise nel porgerle una pila di documenti sui quali c'era scritto il piano per la sicurezza del locale.
Vanessa finse di sfogliare il plico poi lo chiuse e sospirò. - Te ne occuperai tu? -
Scorpius annuì. - Inizio domani, ho messo su una squadra. -

***

Quando Aaron e Vanessa avevano comunicato la decisione di sposarsi, James era rimasto di stucco. Aveva seguito tutte le fasi del loro rapporto: perfetti sconosciuti il primo giorno di Hogwarts, compagni di classe, amici e poi fidanzati. Nessuno del loro anno a Hogwarts avrebbe scommesso contro di loro: era palese a tutti che si sarebbero sposati e avrebbero avuti tanti bei maghetti Tassorosso da accudire.
Sebbene James fosse profondamente convinto che nessuno meritava di sposarsi più di loro due, rimase ugualmente sbalordito. E lo fu ancora di più quando Vanessa gli chiese da fargli da testimone (con grandissimo disappunto da parte di Vince). "Ma io sono la persona meno adatta per queste cose!" le aveva detto, ma Vanessa non aveva voluto sentire ragioni e quindi così era stato deciso.
I doveri di un testimone di nozze potevano essere equiparati a delle rotture di coglioni di decimo livello, ma James non si era tirato indietro nemmeno quando aveva dovuto spiegare al Magi-Fiorista che no, non gli interessava se non era naturale, le orchidee dovevano essere bianche al mattino e blu la sera. Dal momento in cui aveva coattivamente accettato il proprio ruolo, James era deciso ad essere il miglior testimone che il mondo (magico e non) avesse mai visto; per questo non aveva obiettato sulla scelta proprio abito e nemmeno quando Vanessa gli aveva chiesto di farle compagnia alla ricerca del vestito da sposa perfetto. Ci erano voluti almeno trecento atelier (di cui la metà babbani) per trovarne uno che le piaceva e almeno altri cinquanta per stabilire che, alla fine, Madama McClan avrebbe fatto al caso suo.
L'abito perfetto trovò Vanessa nel caldo di un pomeriggio domenicale. James stava soffocando nella stanzetta d'attesa di Madama McClan, soprattutto perché potevano esserci soltanto tre persone e invece lui era lì con tutta la famiglia Giacomelli (cugini di secondo grado inclusi). La madre di Vanessa piangeva ogni volta che vedeva la figlia in abito da sposa; c'erano stati almeno sette momenti di panico che si erano conclusi soltanto quando la signora aveva lasciato la saletta per prendere un bicchiere d'acqua frizzante al limone.
- Vanessa, giuro, se non esci con addosso il vestito decisivo potrei cacciare tua madre a calci, - sbuffò James.
- Jamie, - chiamò la ragazza. Da dietro al paravento, gli fece cenno di raggiungerla e lui l'assecondò. - Jamie, penso... penso di averlo trovato. -
James sorrise dolcemente: era un abito molto semplice, bianco, con qualche decorazione sulla gonna. L'aiutò ad abbottonare il corsetto e poi fissò la loro immagine allo specchio.
- Ma se ci sposassimo io e te? Guarda quanto siamo belli. -
- Cretino, - l'ammonì lei e lo spintonò giocosa.
Lui rise di cuore, poi le sistemò i capelli lunghi e azzurri sulle spalle. - Sei bellissima, Vanessa. Davvero. -
Lei gli sorrise, poi scoppiò a piangere e l'abbracciò con irruenza.
- Ehi, Va', perché piangi? Non dirmi che c'è qualche altro problema invisibile con il vestito! -
- No, scemo, - rispose la ragazza, - sono solo felice di averti qui. Intendo qui... accanto a me, fisicamente, vivo. Non sarei sopravvissuta in questo periodo senza te al mio fianco. -
James sorrise di nuovo poi si chinò a canticchiarle qualcosa all'orecchio.
It's not easy love, but you've got friends you can trust. Friends will be friends. When you're in need of love they give you care and attention, friends will be friends. When you're through with life and all hope is lost, hold out your hand 'cause friends will be friends. Right till the end. -

 

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Capitolo 5
*** I really wish I hated you ***





Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"I don't really like myself without you
Every song I sing is still about you
Save me from myself the way you used to
'Cause I don't really like myself without you
I really wish I hated you
[..] Won't you say something?
Won't you say something?
I really wish I hated you"
- I really wish I hated you, blink182

 


5. I really wish I hated you

 

Harry Potter aveva girato intorno alla sua disordinatissima scrivania ben quattro volte prima di scegliere il tono giusto da riservare al suo sottoposto senza sembrare un genitore apprensivo o un capo rammollito. Del resto, l'Auror che aveva di fronte non era un suo parente né meritava clemenza per le pessime scelte fatte durante uno dei suoi incarichi.
- Ti sei bevuto il cervello, Malfoy? - urlò. Perché strillare non lo faceva sembrare un capo rammollito ma nemmeno un genitore apprensivo (forse). Era arrabbiato, ma nel corso degli anni aveva provato a gestire l'ira al meglio delle sue capacità. - O devo rispedirti all'Accademia Auror? -
- Signore, ho portato a termine la mia missione. -
- Hai violato tutte le cazzo di regole degli Auror, Malfoy! -
- Sì, ma... -
- Hai messo a repentaglio la vita della tua compagna! -
- Sì, ma... -
- Non interrompermi, Malfoy, tieni chiusa quella tua boccaccia maledetta! - gridò ancora Harry. Gestione della rabbia decisamente non riuscita, stavolta. - Sto cercando un buon motivo per non licenziarti. -
Scorpius sollevò gli occhi al cielo e fece un gesto con la mano davanti alle proprie labbra, un po' come a volerle chiudere con una cerniera lampo. Aveva ancora gli abiti sporchi di sudore e sangue, l'aria stanca di chi non dorme da qualche giorno e i capelli ricoperti di fuliggine.
- È la quinta volta che violi tutte le regole e te ne sbatti i coglioni delle raccomandazioni solo questo mese. Che cosa hai da dire a tua discolpa? -
Malfoy strinse le spalle e gli ricordò, con un altro semplice gesto, che gli era stato proibito di parlare.
- Merlino, Malfoy. Quando fai così mi ricordi tuo padre e no, non è un complimento. -
- Ho risolto il caso del Mago del Fuoco, signore. Penso che questo sia tutto quello che ho da dire a mia discolpa. -
- Hai lasciato indietro la tua compagna, - ringhiò Harry. - I Guaritori dicono che non si riprenderà facilmente. -
- Possono sempre mandarla a Vienna, - commentò Scorpius sarcastico.
Harry finse di non averlo ascoltato e proseguì con la ramanzina. - Pensi che la sua vita valga meno del Mago del Fuoco? -
- Penso, - farfugliò Scorpius dopo un sospiro, - che il mio precedente compagno ha provato a uccidere me e James Potter durante un incendio appiccato da lui, rovinato la mia amicizia con quello che era il mio migliore amico che ora risiede gioiosamente ad Azkaban e distrutto la mia storia d'amore. Quindi sì. Era più importante il Mago del Fuoco. -
Potter esitò qualche istante prima di ribattere alla risposta del giovane e ne approfittò per sedersi dietro la scrivania. - Malfoy, lascia qui il tuo distintivo prima di andartene. Ti sospendo dal servizio per una settimana e... -
- Ma signore, non è giusto! Io... -
- ...e ti sarei grato, Scorpius, se tu impiegassi questo tempo per andare dallo Psicomago. -
- Non ho bisogno di uno Psicomago. -
- E invece sì, cazzo! - abbaiò Harry. - Eri il mio uomo migliore, e se dico queste cose è solo perché pretendo che tu torni ad esserlo. Quasi più per me che per te, - ammise. - È evidente che tu non sia riuscito a superare tutta quella storia. È già passato più di un anno. -
Malfoy non proferì parola e tenne lo sguardo basso sul suo distintivo.
- Hai cambiato partner una volta al mese e continui a infilarti in situazioni pericolose che mettono a repentaglio la tua stessa vita. Se non ti conoscessi bene direi che... -
- Non mi importa di vivere, signore, - rispose prontamente Scorpius. - Cerco solo di sopravvivere per il tempo che mi resta e provo a fare qualcosa di buono. Ho catturato il Mago del Fuoco, - ripeté con gli occhi lucidi e il tono quasi da supplica. Non voleva allontanarsi dal lavoro; incredibilmente era proprio l'impiego al Dipartimento Auror ad averlo tenuto sano di mente tutto il tempo.
- Lo so, Scorpius. Lascia qui il distintivo, - ripeté Harry, stavolta con un tono più accomodante. - E vai da uno Psicomago. -
Malfoy sembrò sull'orlo di una crisi di pianto ma non lasciò cadere nemmeno una lacrima. Poggiò il distintivo sulla scrivania di Harry con lentezza, come se si fosse preso del tempo per capire che la minaccia di una sospensione fosse diventata realtà, e sospirò.
- Ti riconvocherò con un gufo, Scorpius. -
- Arrivederci, - rispose il ragazzo. Non era chiaro se si rivolgesse a Harry o al distintivo, ma subito dopo uscì dalla stanza lasciando Potter da solo.

 

Davanti allo specchio di casa sua, Scorpius diede sfogo alla sua rabbia: gridò così tanto che, forse, perfino Harry (che era ancora al Ministero) avrebbe potuto sentirlo. Non sopportava l'essere trattato come una matricola: era un buon Auror, sapeva affrontare tutte le situazioni possibili e non si era mai tirato indietro davanti ai rischi. Alla faccia di quelli che dicevano che i Serpeverde sono dei codardi. Dopo essersi sfogato, Malfoy si avviò in cucina, dove trovò la dispensa vuota. Non che avesse fame, comunque. Le ultime volte aveva mangiato per rabbia, forse dopo aver letto l'articolo su "La Gazzetta del Profeta" che riportava la notizia di un presunto flirt di James S. Potter con il cantante della band di supporto; c'era perfino una foto di loro due insieme in prima pagina. Ripensò a quando era toccato a lui essere "il flirt di James dei Sevendust".
James... il pensiero lo tormentava costantemente. Prima c'era stata la paura che potesse morire prematuramente, poi l'allontanamento forzato a Vienna e, infine, un addio meritato gli aveva trafitto il cuore. Cazzo, se sentiva di meritarsi tutta quella sofferenza. Eppure non era abbastanza; si era tuffato a capofitto nel lavoro, aveva ottenuto gli incarichi più pericolosi nella speranza che la Morte giungesse a prenderlo, ma Harry se ne era accorto. Harry Potter non era l'ultimo dei fessi, dopotutto, e l'aveva spedito a casa. "Vai da uno Psicomago," gli aveva detto. Non voleva uno Psicomago, non ne aveva bisogno. Scorpius strinse la mano in un pugno ben serrato che scaraventò contro il vetro della credenza. Inutile dire che avevano qualcosa in comune ora: erano entrambi a pezzi.

***

"Ciao Scorpius, come ti senti? È un po' che non mi scrivi. Sei impegnato al lavoro? Comunque volevo dirti che saremo a Londra tra qualche giorno, che ne dici se prendiamo una Burrobirra insieme? - Vanessa"

"Ciao Scorpius, come va? Non ho ricevuto risposta. Oggi è uscito un articolo odioso su "La Gazzetta del Profeta"... se hai letto non prenderlo in considerazione. James non ha davvero una relazione con quell'imbecille spocchioso di Kilian. - Vanessa"

"Ciao Scorpius, sei ancora vivo? Ti confesso che sono molto preoccupata. Arriverò a Londra domani. La nostra Burrobirra? - Vanessa"

"Ehilà Scorpius, mia sorella vuole che ti scriva a tutti i costi che l'articolo su James e Kilian è un bluff. Beh, lo è, abbiamo già provveduto a sporgere denuncia, ma credo che tu debba andare oltre. Sia tu che James avete avuto la vostra parte di torto e ragione; le cose sono andate male, peggio, e ciao. Capita a tutti. È la vita. Forse non era destino. Domani saremo a Londra, lo sai? Ti aspetto. PS: rispondi a Vanessa prima che la uccida. - Vince"

"Ciao Scorpius, anche tuo padre non ti sente da un po' di tempo. Dice che non gli hai nemmeno aperto la porta. Domani, se non aprirai, la sfonderò io. - Vanessa"

"Sevendust + die Ritter, 9:00pm, Barfly Club, Chalk Farm Road."

"Ciao Scorpius, sto arrivando insieme ad Aaron. - Vanessa"

 

- Ricordami perché siamo qui? -
- Perché Scorpius non risponde da giorni, Aaron! -
- Magari è impegnato. O stanco. O è fuori in missione! -
- Scorpius risponde sempre alle mie lettere. Ha salvato la vita a James, in qualche modo. E a me! Ricordi? -
- Ricordo, ricordo. Va bene, bussiamo. -
Aaron si arrese di fronte alla tempra della ragazza e batté col pugno contro la porta. Com'era scontato accadesse, nessuno aprì. Bussarono entrambi, sempre più forte, e Vanessa urlò più volte qualcosa come "non ho paura di buttare giù la porta", cosa che fece con un paio di incantesimi ben piazzati. Dal largo della sua esperienza, Aaron aveva capito che, in generale, non bisognava far arrabbiare un Tassorosso, ma ancora di più non si doveva far arrabbiare Vanessa. I due entrarono in quello che, fino a qualche anno prima, era stato l'appartamento di James; non era stato cambiato nulla dell'arredo, perfino i poster sulle pareti erano rimasti lì. Per Scorpius doveva essere una specie di santuario della sua storia d'amore finita male e, pensò Aaron, sicuramente sarebbe stato difficile tirarlo su di morale.
- Scorpius? - chiamò la ragazza. - Scorpius? Ci sei? Sono Vanessa! Scorpius? -
Non ci fu risposta alcuna e Vanessa assunse un'espressione preoccupata; per fortuna la casa era piccola e non ci avrebbero messo molto tempo per trovarlo, qualora fosse lì. Vanessa era troppo impegnata a entrare in panico per accorgersi delle macchie di sangue sul divano; Aaron, invece, era abituato a quegli scapestrati dei suoi due migliori amici per ignorare un segnale del genere e corse in bagno. Fu lì che lo trovò.
Istintivamente, Scorpius lanciò un incantesimo non verbale che stordì Aaron.
- MA CHE CAZZO, - gridò Malfoy. Avvolse meglio l'asciugamano intorno alla vita e si avvicinò all'amico. - Aaron! -
- Ehi, che succe... Aaron!!! - Gli occhi di Vanessa si piegarono in uno sguardo preoccupato che rivolse al fidanzato.
- Ma che cazzo ci fate qua, Merlino, povero Aaron, - farfugliò Scorpius che, recuperata la bacchetta, rianimò l'amico.
- Tu non rispondevi! -
- Ero sotto la doccia. Mi lavo io, sai? -
- Ti abbiamo mandato un sacco di lettere, non hai risposto a nessuna! -
- Vanessa pensava di doverti portare al San Mungo. Ora quasi quasi ci vado io, mi sento un po' stordito. -
Scorpius ridacchiò e scosse la testa. - Scusa Aaron, non avevo visto chi fosse. Non è bello uscire dalla doccia e sentire che qualcuno si è intrufolato in casa. -
- Capisco. -
- Io no! -
- Andiamo, Vanessa! - Malfoy scosse la testa. - Sono stato fuori un paio di giorni per una missione. Ti avevo detto che Harry mi ha reintegrato, no? -
- Sì, ma non sapevo che non eri in città... -
- Per quello non ti ho risposto. Non ho ancora letto la posta dell'ultima settimana. -
La ragazza sospirò sollevata e aiutò Aaron a rimettersi in piedi.
- Ora mi rivesto. Ci vediamo di là? -
- Così ci spieghi cosa sono quelle macchie di sangue sul divano, - rispose Aaron.
Scorpius ridacchiò ancora, poi si avviò verso la camera da letto per indossare qualcosa di più consono di una semplice asciugamano.

Dieci minuti dopo, dopo aver recuperato la posta, li raggiunse in cucina.
- Caffè? - propose.
Aaron e Vanessa scossero la testa all'unisono. Trascorsero degli attimi di silenzio, ma fu la ragazza ad interromperli.
- Volevo solo accertarmi che tu stessi bene. -
- Sto bene, - rispose Scorpius. Si accomodò sul davanzale della finestra in maniera tale da averli entrambi di fronte. - Ho passato dei brutti momenti. Harry mi ha anche sospeso e mi ha detto che non mi avrebbe più reintegrato se non fossi andato da uno Psicomago, cosa che ho fatto. -
- Oh, - sospirò sorpreso Aaron. - Beh, è una buona notizia. Come sta andando? -
- Bene, direi. Mi sta aiutando a pensare al di fuori dei miei schemi mentali, il che è una cosa molto difficile ma anche utilissima. -
- Sono felice che tu stia pensando a prenderti cura di te, - ammise Aaron.
- Anche io, - aggiunse Vanessa. - Dopo tutto quello che è successo, è stato un periodo difficile e confuso per tutti quanti noi. -
- Ma ci tenevamo a dirti che siamo anche amici tuoi. -
- Lo so, - sorrise Malfoy. Era un sorriso dall'umore amaro: sapeva che Vince, Aaron e Vanessa gli volevano bene, ma era anche consapevole che prima di essere amici suoi erano amici di James. E sicuramente James ne aveva più bisogno. - Mi dispiace avervi fatto preoccupare. -
- Non importa. È stata comunque un'ottima scusa per introdurci illegalmente a casa di un Auror e testare le sue incredibili doti in Difesa Contro le Arti Oscure. -
Malfoy rise di cuore alla battuta di Aaron, poi si mise a leggere distrattamente le varie lettere che gli erano arrivate.
- Uh, bello! Farete un concerto? -
- Sì, il prossimo mese. Verrai? -
- No, - rispose d'istinto Malfoy. - Vedrò James solo quando lui sarà pronto ad incontrarmi. -

***

I Sevendust erano ritornati sulla cresta dell'onda. Tre anni dopo il processo, James sembrava essere tornato in se stesso: i fan se ne erano accorti, e tutte le date londinesi erano sold out.
Ma Scorpius aveva avuto un ingresso preferenziale: Vanessa gli aveva chiesto di venire al concerto di chiusura del tour che si sarebbe svolto al Pandemonium. Malfoy aveva rifiutato, inizialmente, ma la ragazza l'aveva quasi obbligato a recarsi lì: "se non vieni da mago, vienici da Auror. La sicurezza non è mai abbastanza". Si era fatto convincere, ma probabilmente voleva solo una scusa per poter partecipare all'evento: al di fuori della sua relazione con James, lui era davvero un grande fan dei Sevendust.
Il concerto era previsto per le 09:00pm, ma Scorpius si era recato nei pressi del Pandemonium due ore prima. Indeciso se avvisare o meno Vanessa, se entrare o meno con anticipo, era rimasto paralizzato nel freddo inverno britannico. Il cuore gli batteva all'impazzata mentre camminava, con le mani infilate in tasca, intorno al perimetro del locale. Alle 20:59, Scorpius entrò nel locale con le gambe tremanti dall'emozione.
E non si sarebbe mai aspettato un concerto così stupefacente.

 

A mezzanotte non c'era alcuna luce ad illuminare il palco fino a poco prima pieno di energia e scintillii. Il silenzio era calato con violenza dopo l'ultima canzone dei Sevendust; per un po' il pubblico aveva sperato in un bis (acclamato come pochi prima dello show londinese) ma nessuno si era presentato in scena per almeno quindici minuti. Così, quasi indignati della fine abbozzata, dei saluti e dei ringraziamenti mancati, i fan avevano iniziato ad allontanarsi con un mormorio di sottofondo. Un singolo accordo di chitarra, però, apparentemente casuale, fece vibrare il cuore di tutti. La voce di James, quasi a cappella, echeggiava nell'incredulità del pubblico.

- I don't really like myself without you, every song I sing is still about you. Save me from myself the way you used to 'cause I don't really like myself without you, I really wish I hated you. -

Poi, insieme alle chitarre, ai bassi e alle batterie di due band, tutta l'illuminazione fu ripristinata.

A little drunk, waiting on your phone call; a little numb, maybe I can't feel at all. You stitch me up but you can't stop me bleeding out, I'm better when I'm broken. I love you, but I hate you when you're with someone else; and I want you wrapped around me, but I don't trust myself... -

James, dall'alto del palco, si guardò intorno. Il pubblico che cantava con lui, le gocce di sudore che gli colavano dai capelli bagnati e... Scorpius? Ora che la folla si era dissipata, c'era più spazio tra i partecipanti e Potter non fece fatica a capire che quello in terza fila era proprio Malfoy. Avrebbe riconosciuto i suoi occhi ovunque. Scioccato, smise di cantare. Fortuna volle che Vince se ne fosse accorto e che fosse stato tanto intraprendente da recuperare le battute.

- Won't you say something? Won't you say something? -
- I really wish I hated you... -
- Won't you say something? Won't you say something? -

Potter scosse rapidamente la testa e cercò di non pensare al fatto che Scorpius si trovasse nelle prime file e che lo stesse guardando con insistenza; si lasciò trasportare dalla drammaticità della musica e scivolò in ginocchio sul palco stringendo i pugni.

- 'cause I don't really like myself without you, every song I sing is still about you. Save me from myself the way you used to 'cause I don't really like myself without you, I really wish I hated you. -

Certo di essere stato visto, Scorpius si portò la mano destra in corrispondenza del cuore e strinse la stoffa della camicia tra le dita. Poi, quando incrociò lo sguardo con James mimò con le labbra un "Mi dispiace" e lasciò il locale di fretta.
Corse circa mezzo miglio al massimo della sua prestanza fisica e, quando l'affanno fu talmente forte da togliergli il fiato, si fermò vicino alla prima panchina disponibile. Poggiò le mani sullo schienale e, con le guance ancora rosse dal pianto e dallo sforzo fisico, gridò. Fu un urlo di sfogo, di rabbia, di tristezza, di dolore. Gridò ancora e ancora più forte mentre prendeva a pugni il legno malandato della panchina.
- Se continui così, ti farai male. -
Scorpius sgranò gli occhi. Quella voce. Fece fatica a deglutire la saliva in eccesso che gli inondava la bocca e restò immobile. L'aria sembrò non arrivargli ai polmoni: lo Psicomago l'avrebbe descritto come un sintomo primario di un attacco di panico, e allora Malfoy cercò di assumere quanta più aria potesse.
Convinto di aver avuto un'allucinazione auditiva, Scorpius si ricompose. Sistemò i guanti, il mantello, la cintura e i capelli, poi si voltò lentamente.
Con ancora addosso gli abiti succinti di scena, James sfidava il freddo inverno di Hogsmeade.
A bocca aperta, Scorpius cercò di dire qualcosa di intelligente. - Non senti freddo? -
James strinse le spalle ed annuì. - Tantissimo, in realtà. Sto congelando. -
- E perché non ti sei messo qualcosa addosso? -
- E perché tu sei scappato? -
- E perché tu hai smesso di cantare? -
- E perché tu sei venuto al concerto? -
- E perché tu mi hai seguito fin qui? -
- Perché mi dispiace, - disse Potter.
Scorpius boccheggiò, ansioso. - Ti... ti dispiace? Per cosa? - chiese. Non aveva alcun motivo di dispiacersi.
- Perché tu volevi parlarmi e io ti ho chiuso la porta in faccia. Letteralmente. -
- È stata colpa mia. Io ti ho ferito. -
James scosse la testa lentamente. - Sai, forse sì. Forse è stata colpa tua: mi hai mentito, ti sei preso gioco di me e hai usato quello che provavo per te per risolvere il tuo caso. -
- James... ti prego... -
- ...ma se tu non l'avessi fatto, io non avrei mai avuto la possibilità di disintossicarmi. In un certo senso, Scorpius, mi hai salvato la vita. -
- No, - gridò Scorpius innervosito. - Non farmi passare per il buono della situazione, James. Io ho sbagliato da tutti i punti di vista: non avrei dovuto agire così come ho fatto. -
- Hai ragione, non avresti dovuto. Non voglio farti passare per il buono della situazione, perché sei stato proprio uno stronzo, ma soltanto dirti che qualcosa di buono è uscito fuori da una situazione di merda. E mi dispiace non averti dato
l'opportunità di spiegarmi il tuo punto di vista. -

Scorpius si mordicchiò il labbro inferiore dall'interno e strinse le mani in pugni saldi. Tenne lo sguardo basso per qualche attimo, poi lo sollevò verso l'altro ragazzo.
- Ti... ti dispiacerebbe... cioè... ti va di darmela ora? -
- Ma ti dispiacerebbe, ecco, spiegarmi tutto in un posto più caldo? Penso che mi si stia congelando il cervello. -
Malfoy sorrise ed annuì piano. Non seppe spiegarsi perché, ma avvertì un senso di calore diffondersi in tutto il corpo. Socchiuse gli occhi per memorizzare la sensazione e, rasserenato dall'idea di poter essere ascoltato, si avviò verso un posto al caldo insieme a James.

 

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Capitolo 6
*** Where would we be now ***






Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

"So I crash and burn, I got a lot of things to learn, oh
Where would we be now baby, if we found each other first?
What would you do now darling, if I said these simple words?
I'll wait, I'll wait
As long as you want
But where would we be now baby?"
- Where would we be now, Good Charlotte


 


6. Where would we be now

 

Seduto al tavolo "Felix Felicis", James era completamente assorbito dalle bollicine che esplodevano nel calice di champagne. Avevano da poco superato il ventesimo brindisi e lui ancora si chiedeva come mai i suoi amici avessero scelto il tema "Pozioni" per il loro matrimonio. Nessuno di loro era mai stato particolarmente bravo in materia, del resto. Comunque, non erano affari suoi: matrimonio loro, scelte loro.
Sorseggiò lo spumante e allentò un po' lo stupido papillon che Vanessa gli aveva imposto di indossare. Beh, tra le tante cose che lei gli aveva ordinato di fare c'erano anche pettinarsi i capelli, indossare un frac, restare sobrio e non sedurre il testimone dello sposo. Non che fosse necessario specificarlo: era talmente brutto che non ci sarebbe stato alcun rischio.
Comunque, c'era da dire che i pantaloni del frac gli mettevano in risalto il fondoschiena, il che era una cosa davvero positiva dal suo punto di vista.
Quando tutti gli ospiti si riversarono al centro della pista da ballo, però, James rimase seduto a sorseggiare champagne. Si sentì stanco e vecchio tutto d'un tratto. Le luci che si muovevano sui corpi ben vestiti degli invitati lo spiazzarono; era distante anni e galassie da loro, sembrava non avvertire più nemmeno il suono della musica.
Da lontano, Vanessa e Aaron ballavano felici e sorridevano per qualche foto. Erano bellissimi: nessuno al mondo meritava di sposarsi più di loro. Il loro amore era germogliato nell'oscurità e si era fatto strada nelle avversità, fino a mostrarsi come uno splendido fiore robusto e colorato.
Eppure, James si sentì strano. Era come se si fosse improvvisamente rotto, come se i suoi sentimenti andassero oltre i limiti del proprio corpo, tra le luci intermittenti, la musica lontanamente vicina, le risa grasse di una zia ubriaca, le bollicine che continuavano a fare "pop" nel bicchiere. James si era perso, smarginato.
Quella celebrazione d'amore aveva segnato la fine di un'epoca? Era arrivata l'ora di fare i seri e sposarsi? Avrebbero continuato a cazzeggiare come sempre? Cosa ne sarebbe stato di lui, dopo? E se avessero avuto dei figli? Quando la musica si sarebbe fermata, quando anche l'ultimo sigaro cubano si sarebbe spento, quando l'ultimo cicchetto di rum sarebbe stato bevuto, cosa sarebbe successo?
- Ehi, ehm... James, giusto? -
Il testimone dello sposo, emozionato e impacciato, si asciugò la fronte sudata con un fazzoletto bianco già umidiccio. Decomposto, Potter spostò gli occhi su di lui senza realmente guardarlo.
- Sai, ehm, stanno... stanno ballando tutti, mi chiedevo se... ecco... se ti andasse di ballare con me. -
No, non gli andava di ballare, ovviamente. James avrebbe preferito restare seduto lì a contemplare lo stato della sua smarginatura fino a quando la festa non sarebbe giunta al termine, ma aveva promesso a Vanessa che sarebbe stato gentile e, si sa, ogni promessa è debito. James lanciò uno sguardo rapido alla pista da ballo ed effettivamente danzavano davvero tutti, persino l'anziana zia ubriaca. E lo faceva con Scorpius, evidentemente a disagio. - Certo, - rispose James con un sorriso.

La musica di Celestina Warbeck non era certo il massimo per James (come potevano Aaron e Vanessa aver permesso alla band di suonarla?!), ma cercava di sorridere ugualmente e di risultare felice mentre ballava con l'altro testimone. Così, mentre la smarginatura si faceva man mano più grossa dentro di sé, lui faceva battute, rideva e ballava.
Il mondo era distante e lui si guardava dall'esterno, rifletteva sul cosa fare dopo, su tutte le conseguenze, le scelte, le preoccupazioni, le insicurezze.
Oh, quanto avrebbe desiderato essere superficiale, guardarsi allo specchio e pensare soltanto a quale prodotto usare per migliorare la qualità della sua pelle.
Istintivamente, il suo sguardo si poggiò sui capelli biondi di Scorpius. Malfoy, impacciato, cercava disperatamente una via di fuga: non gli piaceva ballare né tantomeno gli andava di farlo con l'anziana zia Giacomelli.

- Giovanotto, - borbottò la donna, - mettici un po' più di grinta! -
- ...come? -
- Ai miei tempi, quando c'era una bella canzone, i giovani maghi facevano fuochi d'artificio! -
- Ehm... mi dispiace, signora Giacomelli, io non so... non sono portato per la danza, - si scusò Scorpius.
Guardare Vanessa ed Aaron così uniti gli fece provare un moto d'invidia. Non c'era altra parola per descrivere quello che provò, vergognandosi. Non meritava anche lui un amore come quello? Non meritava di essere lui lo sposo, con un altrettanto affascinante marito al suo fianco?
Inevitabilmente, si ritrovò a ricambiare lo sguardo di James.
Come sarebbero state le cose tra loro, se fossero andate in maniera diversa, se lui fosse stato una persona migliore? 
Chiacchierare con James la sera del concerto era stato quasi liberatorio. Aveva finalmente potuto spiegargli il suo punto di vista e quello che davvero aveva provato per lui, ma questo non aveva contribuito a cambiare le cose tra loro. Sconsolato, Malfoy rivolse un sorriso all'anziana signora Giacomelli e continuò a ballare con lei.
- Giovanotto, - lo riprese ancora la signora, - stai guardando il testimone, vero? -
- Cosa? Chi?! - Scorpius arrossì.
- Sì, il testimone di mia nipote. Come si chiama... quello lì che fa il cantante, comunque. Quello bello. -
Malfoy provò a trattenere una risata ma negò ancora l'evidenza. - No, signora, no! Perché dovrei guardarlo? -
- Ah, io lo sto guardando, - ammise la signora con naturalezza. - Perché non ci balli tu con lui? -
- Ma... signora... -
- Sta perdendo il suo tempo con quella prugna secca, - commentò la donna.
Scorpius rise.
- Avviciniamoci a quei due! -
- Signora, no! - Malfoy sgranò gli occhi spaventato ma, nonostante i suoi tentativi non troppo solidi, l'anziana Giacomelli aveva già deciso cosa fare.
Ballando, le due coppie si ritrovarono vicine.
- Fa' fare a me, - bisbigliò la signora sotto lo sguardo imbarazzato di Malfoy.
Se c'era una cosa che Scorpius aveva imparato da tutta quella storia, è che un Giacomelli non può essere contraddetto.
Ballando vicino la coppia di testimoni, Scorpius iniziò a farsela sotto dalla paura. Il pensiero che la signora avrebbe potuto metterlo in imbarazzo proprio di fronte a James (che era bellissimo con addosso un vestito tanto elegante e i capelli sciolti e ben pettinati) cominciava a dilagare nel suo io interiore, causandogli un'inaspettata tachicardia. Fece per aprire la bocca e dire qualcosa, ma la donna fu più veloce: con un rapido colpo, riuscì a dare una gomitata nel fianco dell'altro testimone che, dolorante, gemette.
- Oh, Merlino, scusami! - La signora Giacomelli si avvicinò al ragazzo. - Stai bene? -
- S-sì... - disse il ragazzo.
- Una vecchia signora come me non può reggere il ritmo di un bel giovane come Scorpius! Ah, questo birbantello, - disse poi, pizzicando la guancia già rossa di Malfoy.
James si trattenne dal ridere e cercò di restare quanto più serio possibile.
- Sta bene, signora Giacomelli? -
- Ah, ma tu sei il testimone! - L'anziana donna si rivolse a James. - Da vicino sembri ancora più bello, complimenti! Che bei figli hanno fatto in questa nuova generazione! -
Cercando di ingoiare il desiderio di scomparire, Scorpius provò a poggiare una mano sulla spalla della signora. - Venga, signora, andia... - ma fu interrotto dall'arzilla Giacomelli.
- Tesoro, vieni, accompagnami a prendere un po' di champagne, - disse la donna, rivolgendosi al secondo testimone che, senza nemmeno sapere come, si ritrovò a dirigersi verso il buffet insieme alla signora.
Imbarazzato, Scorpius si rivolse a James. - Ehm... bella festa, vero? -
- Mh, - borbottò James. - Insomma. -
- ...insomma? -
- Vanessa ed Aaron si sono sposati... vuol dire che sto invecchiando! - si lamentò James fingendo di piangere.
Scorpius ridacchiò e scosse la testa. - Ma cosa dici? Tu non invecchierai mai! -
- Non è quello che dice quell'anello al loro anulare! -
- E tu non ascoltarlo, - rispose Malfoy scrollando le spalle. - L'anello mente! -
James sorrise e poi infilò le mani in tasca. Si guardò intorno: le persone ballavano e non si erano nemmeno accorte di loro due fermi in mezzo alla pista da ballo come due grinzafichi a mollo.
- Forse è meglio che torni al mio champagne... -
- Come? - domandò Scorpius. - Non ti va di ballare? -
Potter ci pensò un po' su, poi assunse un'espressione quasi delusa. - Quindi mi stai dicendo che, dopo tutto questo tempo, tu non hai imparato niente dalle mie lezioni di seduzione? -
- Ma... ma cosa... - Scorpius non seppe se ridere o piangere. Nel dubbio, restò sconvolto.
- Se vuoi ballare con me, dovresti chiedermelo per bene! - disse James facendogli un occhiolino. Poi si voltò e tornò davvero a sedersi al tavolo per bere il resto dello champagne.

 

Rimasto lì nel centro della pista, Scorpius si chiese se James fosse serio o lo stesse prendendo in giro. Incerto sul da farsi, si perse nel movimento sinuoso dei capelli ancora più lunghi di Potter che, lucenti, brillavano sotto i riflessi della strobosfera. Si diede due secondi di tempo per rinsavire e poi, per non deludere le aspettative della signora Giacomelli (della quale si sentiva ancora lo sguardo puntato sul collo), si sistemò il papillon rosa e si diresse verso il tavolo dov'era seduto James.
- Ehi, ciao James! -
- Ciao Scorpius! -
- Che ci fai qui tutto solo? - domandò Malfoy tirandosi le maniche della giacca.
- Bevo champagne. Ti unisci a me? -
- Mh, - borbottò Scorpius. Fece finta di pensarci su, poi gli tolse il bicchiere dalla mano e lo poggiò sul tavolo. - Ho un'idea migliore, - aggiunse, guardandolo negli occhi.

Si era fatto scappare James troppe volte, ma ora era deciso a riprenderselo. Nessun testimone, nessuna vecchia zia e nessun articolo di gossip l'avrebbero fatto desistere: Malfoy non sapeva dove sarebbero stati, lui e James, se le cose fossero andate diversamente. Forse sarebbero loro due gli sposi, forse uno dei due sarebbe morto, forse non si sarebbero parlati mai più: le variabili erano davvero infinite per essere elencate tutte, ma era davvero stupido sprecare tempo ed energie per pensarci.
In virtù di questo, Scorpius mise su un bel sorriso e protese la mano verso l'altro. - James, ti va di ballare con me? -

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Capitolo 7
*** Adesso è facile ***






Disclaimer!
Questa fan fiction tratterà di una coppia slash e l’OTP che ho scelto è James Sirius/Scorpius (come la storia madre che potete leggere qui). Per cui, se non vi piace lo slash né siete fan di questa coppia, vi chiedo il favore di tenere in considerazione questo dettaglio prima di iniziare a leggere. Capirò se deciderete di non farlo.
Grazie mille.

*


 

 


Epilogue, Adesso è facile 

 

"Dici che mi vuoi, perciò mi avrai... dici che mi sai, e poi si sa..."

James aveva dimenticato come fosse svegliarsi in un letto che l'aveva avvolto e protetto per tanto tempo. "Protetto": forse era proprio quella la sensazione che provava in quel momento, la protezione. Aprire gli occhi, trovarsi in un ambiente familiare, annusare nell'aria il profumo dell'amore e del sesso.

"Che è tanto facile, è tanto facile, adesso che non c'è più lei..."

Il venticello autunnale smuoveva le foglie pigre degli alberi, mentre una leggera pioggerella faceva rumore picchiettando contro il vetro spesso delle finestre.

"È tanto facile, adesso è facile, sapere cosa vuoi..."

Potter socchiuse gli occhi per godersi uno dei pochi momenti di leggerezza che aveva vissuto negli ultimi anni. Era strano non doversi preoccupare o non dover ricorrere a qualche sostegno extra per sentirsi così in pace con se stesso. Sospirò profondamente e si voltò. Scorpius dormiva al suo fianco, beato.

"Capire cosa sei..."


Mbglbl, - borbottò Malfoy nel sonno.
James sorrise ancora e lo coprì meglio col duvet. Restò a guardarlo per dei secondi e poi, con delicatezza, gli spostò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.

"Ma ti ho aspettato e scopro che sei già passato dentro me."

- Uh! - Scorpius si svegliò di scatto, sedendosi nel bel mezzo del letto.
- ...Scorpius? -
- James! -
- Ehm, tutto bene? -
- Ma abbiamo chiuso il gas? -
Potter trattenne una risata e annuì. - Sì, l'abbiamo chiuso. -
- Ah, okay, - disse Malfoy e tornò a dormire.

"E adesso è facile, è tanto facile. Davvero splendidi io e te..."


- Ah! - Malfoy aprì gli occhi di nuovo e si voltò verso James.
- Abbiamo anche chiuso la porta, non ti preoccupare, - rispose Potter.
- Va bene, grazie, - aggiunse Scorpius.
James sorrise e poi avvicinò le labbra a quelle dell'altro, accompagnandole con una carezza sul viso. Le loro bocche si unirono nuovamente, ma questa volta con una sicurezza diversa: non c'erano segreti da nascondere o scheletri da scoprire, erano solo James e Scorpius svegli nel loro letto nel bel mezzo della notte.
Scorpius ricambiò il bacio e avvertì come dei brividi, una sensazione di freddo e caldo che attraversava ogni cellula del suo corpo. - James, - mugolò, sfiorandogli poi il fianco per sentire la sua pelle irruvidirsi sotto al suo tocco.
Era bello sentire il sapore delle loro labbra, le loro lingue sfiorarsi gentilmente, i loro corpi cercarsi e avvicinarsi... non esisteva nient'altro che quel momento d'intimità perfetta.

"Adesso è facile, è tanto facile, capire cosa c'è e amare quel che c'è..."

- Scorpius, - borbottò James mordendogli il labbro inferiore.
Perso e confuso dal sapore di James e dal suo odore, Scorpius si avvinghiò quanto più possibile al corpo dell'altro. Avrebbe voluto farci l'amore tutta la notte, tutte le notti.
Sorrise.
Avrebbero potuto essere già sposati, forse uno dei due sarebbe morto, forse non si sarebbero parlati mai più.
E invece ora sapeva che le cose non sarebbero potute andare meglio di così.
Scorpius baciò ancora le labbra di James e passò una mano tra i suoi lunghi capelli rossicci.
Qualunque fosse il posto in cui avrebbero potuto trovarsi, quello era il migliore. Si trovavano nella certezza di ricominciare a vivere.

"Ricominciare a vivere per me, con te."

 

 

 

 

*

ndA
Con questo, ho davvero concluso una delle storie pi
ù importanti della mia esperienza da autrice di fanfiction. Sono felice di aver trovato modo di scrivere queste brevi parole per chiudere il cerchio e non lasciare nulla in sospeso, sebbene non cambierei nulla della storia originale. 
Che dire... spero che questa raccolta vi sia piaciuta, ma anche che vi abbia incuriosito sulla storia madre!
Grazie a tutti <3

PS: la canzone citata è "Adesso è facile" di Mina feat. Afterhours.

 

 

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