Profondità di Ily Briarroot (/viewuser.php?uid=22817)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You need to remember ***
Capitolo 2: *** Through wind, snow, or haze ***
Capitolo 3: *** Regret ***
Capitolo 4: *** Help me breathe ***
Capitolo 1 *** You need to remember ***
Raccolta
partecipante alla "Coai Week" indetta su Tumblr
Un prompt al giorno
Attenzione: rischio di spoiler a causa di accenni a eventi non ancora
trattati in Italia
A
Jessica,
con la quale condivido sogni ed emozioni
iniziati tanto tempo fa
e che vissuti insieme risuonano più forti
You need to remember
“Sai, a volte penso che vorrei solo
dimenticare”.
Conan la guarda, inarcando un sopracciglio. La voce di lei lo ha colto
alla sprovvista, distogliendolo dai propri pensieri.
Non è la prima volta che la sente dichiarare una cosa simile.
E per qualche strano e inspiegabile motivo, percepisce il proprio cuore
mancare un battito prima ancora di poterle chiedere qualunque cosa.
Haibara sta stringendo ancora tra le dita la foto che la ritrae con la
sorella e solo allora comprende; non è l'immagine di Akemi a
farle male, bensì quella di una se stessa bambina – realmente bambina
– che ha ancora una vita di luce davanti, che non
è una scienziata – o un'assassina, non lo
ammetterà mai ma Conan sa che lo pensa -, che non
è ancora costretta a vivere nel buio, che non deve
nascondersi perché dei criminali la vogliono morta ma
soltanto perché la schiena della sorella maggiore le
trasmette un calore che non ritroverà mai più.
Si tratta di una Shiho pura, ingenua, con sogni e desideri che devono
ancora prendere forma.
“Cosa
stai dicendo?” le chiede comunque, osservando la sua
espressione.
“Se non
ricordassi chi sono realmente, né cosa ho fatto, forse
potrei essere una bambina come tutte le altre, non credi?”.
Haibara accenna un sorriso forzato, senza sollevare lo sguardo.
Lui nota l'oscurità farsi strada di nuovo nelle sue iridi
chiare, spente del brillio che avevano mantenuto tutto il pomeriggio.
Non può permettere che accada.
“Se
avessi saputo che quella foto ti avrebbe fatto desiderare una cosa
simile, non mi sarei impegnato per trovarla” sdrammatizza
lui, sospirando. “Se fosse come dici, non saresti
più la stessa persona”.
La ramata lo guarda brevemente, cancellando stavolta ogni traccia di
sorriso.
“Esattamente.
Potrei ricominciare dall'inizio, come avrebbe potuto fare questa
bambina”.
Conan non si fa sfuggire neanche un movimento; le si avvicina in
silenzio e le sfila delicatamente la fotografia dalle dita, posandola
capovolta sul ripiano in legno.
“Ascoltami”
il suo sguardo è così penetrante che lei non
può fare a meno di specchiarsi in quegli occhi blu,
“devi ricordare, invece. È necessario farlo anche
se il passato non è stato piacevole, perché
è ciò che ti spinge a lottare ogni giorno e a non
arrenderti. La bambina della foto è ancora viva, dentro di
te. Aspetta solo di uscire fuori quando sarà il
momento”.
Haibara sgrana gli occhi, accorgendosi solo in quel momento della
vicinanza con lui.
Arrossisce lievemente e, di colpo, sente che l'oscurità non
la trascinerà più con sé.
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Capitolo 2 *** Through wind, snow, or haze ***
Through wind, snow, or haze
Ti
avvicini alla finestra del salotto, poggiando una mano sul vetro.
Il
cortile che circonda la villa è coperto interamente dai
fiocchi di
neve che continuando a cadere bruschi e ad attecchire sull'erba e
sull'asfalto; il forte vento li sospinge senza tregua e il manto
candido diventa sempre più spesso.
Pensi
istintivamente al dottor Agasa, bloccato in aeroporto dall'altra
parte del Paese, e percepisci immediatamente un brivido che ti
percorre la schiena.
Il
secondo, da questa mattina.
Il
secondo, da quando il tuo sguardo si è soffermato sul
panorama
innevato.
Non
ne comprendi il motivo, ma non è così importante
farlo.
Neanche
t'interessa, perché la sensazione che ti pervade il petto se
ci
provi è una delle peggiori della tua vita.
Sei
in silenzio da almeno un'ora, preda di un peso in gola che non riesci
a deglutire.
“Sei
ancora preoccupata per la bufera? Guarda che domani mattina il dottor
Agasa sarà sicuramente di ritorno”.
La
voce di Shinichi ti risveglia all'improvviso dal vuoto della
mente.
Annuisci appena, ma il nodo non si scioglie.
Osservi
la neve che si sporca di sangue.
Osservi
la neve e l'immagine di una figura scura si confonde col cielo nero.
Non ne sei sicura, ma il braccio è sollevato nella tua
direzione; le
dita stringono qualcosa.
Scuoti
la testa, respiri.
Osservi
la neve e puoi percepirne la consistenza gelida sotto il corpo.
Osservi
la neve e la associ al dolore, fisico e mentale.
La
neve ha il sapore delle ferite aperte, dei proiettili nella pelle.
Delle
lacrime che si fermano in gola e che non puoi deglutire, né
versare,
poiché farti vedere debole è l'ultima cosa che
puoi concederti.
Respirare
è inutile, non respiri. Non
riesci.
Dei
singhiozzi improvvisi ti scuotono, immobilizzandoti al tempo stesso.
Tremi,
mentre qualcosa d'invisibile preme sulle spalle per costringerti ad
abbassarti sul pavimento. Resisti.
“Ehi,
cos'hai?”.
La
stessa voce di poco prima si avvicina; è famiglia,
è calore.
Non
puoi distrarti, ti senti morire.
“K-Kudo”
lo chiami, senza riuscire a guardarlo in volto. Il respiro è
mozzato
nei polmoni, ti sembra di morire.
“Respira
lentamente, tranquilla”.
“È...
è lì fuori, Kudo” ripeti appena, ogni
volta che l'ossigeno ti
permette di farlo, subito prima di bloccarsi di colpo.
“Nevica...
l-lui mi aspetta quando nevica...”.
Shinichi
ti posa una mano sulla spalla, costringendoti delicatamente a sederti
sul pavimento freddo.
“Con
calma, respira. Di chi stai parlando?”.
“G-Gin...
con la pistola... i-il sangue... “ non capisci cosa ti sia
accadendo e neanche vuoi farlo. Ma non riesci ad accettare di mostrarti così davanti a
lui. “S-sto per morire, ne sono sicura. M-mi
sta
aspettando di nuovo”.
Senti
appena le lacrime che ti scivolano copiosamente sul volto. Sollevi lo
sguardo e, per la prima volta, incroci gli occhi blu che ti fissano
confusi e spaventati.
“Ehi,
no. Non è vero” mormora, scuotendo appena la
testa. “Gin non può
più farti del male, ricordi? Ci siamo solo io e
te”.
Ti
costringi a riprendere il controllo del tuo corpo, ma è
difficile.
La sensazione che ti assale è quella di essere completamente
in
balìa di un qualcosa che non puoi gestire, polmoni compresi.
“Lo
so... “.
Quando
sei convinta di aver ripreso almeno in parte il controllo, sollevi il
viso nonostante le tracce umide e quelle che ti sono rimaste negli
occhi.
Gli
stessi nei quali il ragazzo vede la paura – quella vera, quella che
non ti permette di vivere – e che spera di non vedere mai più.
Non
la conosceva, non tutta,
non così.
Shinichi
aspetta qualche altro istante, senza allontanarsi di un millimetro;
è
rimasto sul pavimento ghiacciato, la sua mano ancora sulla tua spalla
e le sue iridi sono fisse nelle tue.
“Come
stai? Sei riuscita a calmarti almeno un po'?”.
Adesso,
la sua voce ti emana un senso di calore di cui non ti sei accorta
prima.
Annuisci
appena, passandoti velocemente la manica del maglione sugli occhi con
il forte desiderio di buttare tutto nel dimenticatoio. Obbligherai
Shinichi a fare la stessa cosa, in un modo o nell'altro.
“Mi
dispiace, Kudo” gli rispondi, sentendoti in colpa per
qualcosa che
non hai potuto prevedere, né rimediare. “Mi
dispiace davvero, non
so cosa mi sia preso”.
Il
tremolio continuo di braccia e gambe non cessa e, istintivamente,
afferri un lembo della sua felpa, stringendola sul petto; non vuoi che lui si allontani, adesso,
per timore di ripiombare in quella situazione assurda.
“Lo
vedo sempre, è come se ci fosse ancora” sussurri, riprendendo lentamente coscienza di te stessa.
Il
detective rimane inizialmente rigido, il tuo gesto lo spiazza.
Tuttavia
rimane fermo, immobile, spaventato all'idea di quel malessere che non
lascia tregua.
“Tu
puoi vincerlo” afferma, cingendoti le spalle con il braccio.
“Lo
abbiamo già fatto, dopotutto”.
Sgrani
gli occhi quando percepisci la mano di Shinichi spingerti ancora di
più verso
la sua spalla, e il
suo mento appoggiarsi sui tuoi capelli ramati.
Sei
ancora aggrappata a lui, ma decidi che per il momento va bene così.
“Da
sola non riuscirò mai ad allontanarlo”.
“Vorrà
dire che lo faremo insieme”.
Sollevi
lo sguardo e l'occhiolino determinato che ti rivolge t'infonde la
sensazione più bella del mondo.
NOTE
Eccomi
con il secondo prompt della raccolta.
Ero
in dubbio sul tema da scegliere, poi ho pensato alla neve, alla
bufera, al disastro, e il rimando all'incontro tra Shiho e Gin sul
tetto dell'hotel Haido è stata la prima situazione a essermi venuta in mente
e che lei potrebbe ricollegare soltanto guardando la neve, sfociando
in un vero e proprio attacco di panico.
Ho
quindi voluto descrivere il lato più fragile di Shiho;
quello
tormentato, confuso e angosciato e che tende a nascondere.
Grazie e alla prossima,
Ile
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Capitolo 3 *** Regret ***
REGRET
Haibara
lo guarda dopo l'ennesima provocazione che gli lancia.
Almeno,
sa che lui le risponderà per le rime.
È
ciò che si merita, lo sa, dopo non essere riuscita a
rimediare il
suo errore.
Dopo
avergli rovinato la vita a causa di un farmaco che non avrebbe voluto
creare.
Lo
vede soffrire di nuovo dopo l'ennesima bugia che è costretto
a
raccontare, l'ennesima telefonata da troncare al volo o l'ennesimo
pianto che vorrebbe non ascoltare.
Kudo
ha fatto così
tanto per lei.
E
lei non è stata in grado di restituirgli nulla.
Nulla,
se non un antidoto temporaneo che ha solo complicato la situazione.
Nulla,
se non la possibilità di sfogarsi su di lei, di urlarle
addosso
sei
un mostro
perché,
in fin dei conti, è consapevole di esserlo stata davvero.
E
va bene così, almeno finché non sarà
in grado di ricambiare la
vita che lui le sta restituendo.
Conan
la guarda, preparandosi alla risposta di lei dopo l'ultima
frecciatina.
Gli
piace provocarla per poi vederla in imbarazzo; le guance porpora la
fanno sembrare ancora più bambina di quanto in
realtà non sia.
Gli
piace vederla sorridere, oltre i muri del seminterrato dove lui sa
che lavora giorno e notte per rimediare l'antidoto definitivo.
Solo
per lui.
Vorrebbe
restituirle il favore, ma forse non ha più tanto senso dopo
non
essere riuscito a salvare l'unica sua luce in una vita buia.
Ricorda
ancora le mani insaguinate di Akemi mentre gli parlava, mentre gli
chiedeva di resistere e di continuare per lei.
Ricorda
la sofferenza di Haibara quando, in un momento di debolezza, lo aveva
accusato di non avere salvato sua sorella
perché,
tu che sei così bravo
coinvolta
nell'unico caso che non è riuscito a risolvere in tempo.
Il
rimpianto più grande nella vita, una condanna.
È
stato principalmente questo il motivo per il quale Conan si
è
impegnato da subito a farla sorridere, ad aiutarla a sostenere
l'enorme peso da sola.
Poi
è diventato altro: la preoccupazione di vederla stare bene,
la tensione nel cercare di captare il pericolo dai suoi occhi,
l'impegno nel prenderla per mano e guidarla nella luce adesso che, a
causa sua, Haibara non ne ha più.
Un
sentimento in trasformazione; una promessa verso se stesso e verso
Akemi che, adesso, è la più naturale e istintiva
del mondo.
Farà tutto il possibile per restituirle la
libertà, la vita che non ha mai vissuto.
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Capitolo 4 *** Help me breathe ***
Help
me breathe
Hai
pensato di essere in salvo, ma l'oscurità piomba ancora
dentro di
te.
Ti
guardi intorno confusa in un ambiente che non ti è
assolutamente
nuovo; tuttavia, come ogni altra volta non riesci a identificare
nulla nel buio.
Una
brutta sensazione si blocca nel petto; è enorme da
sopportare,
perché qualcosa s'insinua nella mente, dandoti l'impressione
di
essere già stata in quel buio claustrofobico.
All'improvviso,
due occhi verdi glaciali sono l'unico dettaglio che riesci a notare.
Trascorrono pochi istanti, secondi o minuti – non lo sai, non
ne
sei certa – perché i tuoi si adattino all'ambiente.
Ora
puoi definire pochi contorni, ma bastano affinché il tuo
intero
corpo inizi a tremare.
“Finalmente
ci rivediamo, Sherry”.
Distingui
chiaramente il suo braccio proteso, la sagoma della canna della
pistola puntata contro di te.
In
questo momento riesci persino a immaginare l'espressione sul suo
volto, il ghigno sadico incorniciato dai lunghi capelli d'argento.
Stringi
le palpebre, immobile, aspettando di sentire il rumore dello sparo e
il bruciore intenso delle pallottole nella pelle.
Tuttavia,
non accade niente.
Apri
gli occhi lentamente e non riconosci più la sagoma, non vedi
nulla
intorno a te.
Allunghi
le mani per tastare le pareti di quel posto avvolto
nell'oscurità,
ma ti sembra di fluttuare nel nulla.
Stringi
le braccia intorno al petto, mentre un improvviso senso di
claustrofobia ti assale.
Lui
c'è ancora, lo senti.
Ma
non hai idea di dove sia, né di quanto possa essere infinito
quello
spazio.
Ti
volti agitata nella speranza di scorgere un'uscita, qualcosa che
possa aiutarti.
Inizi
a correre, ma all'improvviso hai l'impressione che il buio si
restringa intorno a te, risucchiandoti ogni minima energia.
La
percezione claustrofobica è enorme; non respiri e non riesci
più a
recuperare ossigeno.
“Qualcuno
mi aiuti... aiuto!”.
Apri
gli occhi all'improvviso e ti sollevi di scatto sul materasso,
inspirando a pieni polmoni.
Fai
ancora fatica ad abituarti a ciò che ti circonda, ma hai
realizzato
subito di non trovarti più nello stesso posto.
“Finalmente
ti sei svegliata”.
Un
peso improvviso sul materasso ti fa voltare appena, ancora preda
dell'affanno che sembra volerti spaccare il petto a metà.
“Kudo...
che ore sono?”chiedi appena al bambino che ti osserva,
cercando di
liberarti dalla confusione che hai ancora addosso.
“Le
tre... ti rigiravi di continuo nel sonno respirando male. Va tutto
bene?”.
Annuisci,
ma la voragine nel petto non si chiude.
La
fame d'aria sembra intensificarsi anziché diminuire; non ti
è mai
successo prima.
Le
ferite lungo tutto il corpo riprendono a far male soltanto in questo
momento; eri riuscita persino a dimenticarle.
In
particolare, quella che ti trafigge la spalla sinistra provoca strane
fitte ogni volta che cerchi di respirare più profondamente.
Ora
ricordi.
Ecco il motivo per il quale Shinichi è rimasto a dormire con
voi.
Ecco
perché hai sognato Gin così nitidamente dopo
molto tempo; lo hai incontrato realmente soltanto poche ore fa: la
pistola rivolta verso di te, il
colpo finale mai arrivato. La certezza di essere morta ancora prima
di esserlo davvero e il salvataggio dell'ultimo secondo grazie a
Shinichi che ti ha portato via in tempo.
È
tutto troppo fresco per dimenticare senza ripercussioni, avresti
dovuto saperlo.
“Stai
calma, sdraiati. La ferita potrebbe riaprirsi”.
Segui
il suo consiglio e ti fidi di nuovo, tentando ancora una volta di
placare quella situazione assurda.
“C-ci
sto provando, sai?” rispondi sprezzante in un impeto di
rabbia
improvvisa; non verso di lui, lo sai bene, ma a causa di una
situazione che non riesci a gestire. Non ce la farai mai.
Shinichi
sembra comprendere la tua difficoltà e ti appoggia una mano
sul
petto, attento a non sfiorare il cerotto poco più in
là.
“Cerca
di respirare con calma, in modo regolare. Aiutati con il movimento
della mia mano”.
Chiudi
gli occhi, ascoltandolo ancora una volta.
Va
molto meglio, ma il peso è sempre lì. Non se ne
va.
“Cos'è
successo mentre dormivi?” s'informa lui, cercando di capire
meglio.
Scuoti
la testa e fissi il soffitto, gli occhi vuoti di chi non vuole
ricordare.
“Niente...
solo un incubo”.
Riesci
a riprendere in parte il controllo del tuo corpo, ma la fame d'aria
non passa del tutto.
Il
detective rimane nella stessa posizione, attento al minimo movimento
e con il probabile timore che le tue condizioni possano complicarsi.
“Continua
così, lentamente. Devi cercare di stare tranquilla,
altrimenti
rischi di andare in iperventilazione”.
“Credo
che dopo quello che ho rischiato ieri sera non sia poi un
problema”.
Shinichi
sospira, prima di afferrarti il polso con la mano libera per
accertarsi delle tue condizioni.
Ti
accorgi che è la sua sola presenza a tranquillizzarti
davvero.
La
sola persona che riesce a tenerti in vita.
A
ridarti il respiro.
“Va
bene, continua così. Se dovessero esserci altri problemi
chiamami,
d'accordo?”.
“Kudo”.
Lui
si solleva dal letto e gli afferri immediatamente la manica del
pigiama.
Costretto
a bloccarsi sul posto, si volta stupito.
“Rimani
un po' qui? Per favore”.
Shinichi
incrocia i tuoi occhi spenti e sgrana i propri, osservandoti in
silenzio.
Dopodiché
annuisce, cercando di accantonare l'imbarazzo, e si siede goffamente
sul materasso, evitando il tuo sguardo.
“Grazie”
mormori appena, prima di chiudere definitivamente gli occhi.
Non
puoi saperlo, ma lui accenna un sorriso e rimane con te anche dopo,
assicurandosi del movimento regolare del tuo petto.
E lo avrebbe fatto sempre.
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