Dear Love [Ushijima Wakatoshi x OC]

di Un_eroina_alla_Yuei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Oggetto: quel maledetto giorno ***
Capitolo 3: *** Oggetto: fortuiti incontri del destino ***
Capitolo 4: *** Oggetto: castelli in aria ***
Capitolo 5: *** Oggetto: Striscioni e Motti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


♡︎♥︎♡︎________________________________________________________________

Caro Amore,

non so in quanti te lo abbiano scritto, ma fai abbastanza schifo.

Dal momento che non penso siano in molti quelli a scriverti credo proprio che tu non ne sia nemmeno consapevole. Allora perché io lo sto facendo?
Semplice: per colpa tua mi trovo in questa situazione e, dal momento che è colpa tua, credo che sia giusto che ti prenda le tue responsabilità e legga come le conseguenze della tua esistenza mi abbiano portato ad oggi.
Dal momento che immagino tu sia impegnato a rendere la vita un inferno non solo a me ma anche ad un mucchio di altre persone ti rinfresco la memoria.
Per colpa tua sono innamorata di Ushijima Wakatoshi.
Se stai pensando "Che c'è di male? Dovresti ringraziarmi." No. Non pensarci nemmeno. Non hai fatto un buon lavoro, per niente. Mi hai complicato l'esistenza nella maniera più assurda possibile. Ti stai chiedendo perché? Lascia che ti risponda in due parole: Ushijima Wakatoshi è Ushijima Wakatoshi.
Non riesci ancora a capire quanto sia grave la faccenda? Significa che dovrò spiegarti tutto nel modo più esaustivo possibile, quindi caro Amore preparati a leggere di come per colpa tua io, T/n T/c, mi sia malauguratamente innamorata di Ushijima Wakatoshi.
Alla prossima lettera di lamentele.

Mei Yoshida

P.S.: non azzardarti ad appallottolare le future lettere perché te ne manderò fino a che ogni singolo sentimento per Ushijima non sarà sparito.

♥︎♡♥︎

Angolo di Un_eroina_alla_Yuei:

Hello!

Spero che questo prologo vi abbia incuriosito almeno un briciolino.

Il format della lettera è uno che mi è sempre piaciuto, in futuro poi si intreccerà alla narrativa e i capitoli saranno più lunghi, non preoccupatevi. 

Quindi spero davvero che vi piaccia perché vado abbastanza fiera dell'idea di base della storia. ^.^

Anyway, per oggi è tutto quindi alla prossima e vi saluto. ʕ •́؈•̀ 


Di seguito vi lascio un immagine per farvi capire come immagino Mei Yoshida.

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Capitolo 2
*** Oggetto: quel maledetto giorno ***


♡︎♥︎♡︎________________________________________________________________

Caro Amore,

sono dell'opinione che per capire dove si ha sbagliato bisogna analizzare il problema dal principio e quindi ora ti racconterò il principio del tuo errore.
Era il mio primo anno alla Shiratorizawa e l'unica cosa che volevo era passare i tre anni di scuola, avere una buona media, degli amici normali e infine entrare in una buona università. Insomma tre anni scolastici completamente normali e che ogni adolescente sogna. Tre anni da passare con gli amici, vecchi e nuovi, andare a feste organizzate dal classico figlio di papà che abita in una mega villa, passare le serate a bisbigliarsi segreti e ridere con complicità ogni volta che si rinvanga un ricordo allegro. Ma no, tu hai deciso che dopo nemmeno due mesi dovevi entrare in azione e rovinare i miei piani da classico film adolescenziale americano. Dopo due mesi di scuola hai deciso che la strada di Ushijima doveva incrociarsi con la mia. O viceversa, non ho idea di che cosa ti passasse per la testa ma di sicuro non avevi valide ragioni per farlo. Quindi ora eccomi qui a raccontarti quel maledetto giorno in cui hai deciso che io e Ushijima Wakatoshi ci saremmo dovuti parlare.
Come dicevo erano passati due mesi dall'inizio della scuola ed eravamo entrambi al primo anno...

Era un pomeriggio qualsiasi alla Shiratorizawa. Alcuni studenti erano nelle stanze dei loro dormitori immersi nello studio mentre altri erano impegnati nelle attività pomeridiane dei rispettivi club. Il sole stava andando a nascondersi dietro le montagne della prefettura di Miyagi segnalando che le attività dei club erano prossime al termine.

"Di nuovo."

Beh, forse non tutte le attività stavano giungendo al termine. Nel palazzetto adibito al club di pattinaggio, sulla pista ghiacciata, una ragazza indossava ancora i pattini, nelle orecchi teneva le cuffiette da cui usciva della musica dal ritmo lento e cadenzato. Il petto le si sollevava ad un ritmo abbastanza veloce, segno delle ore di allenamento a cui si era sottoposta.

"Di nuovo"

Erano le uniche parole che attraversavano la mente della ragazza in quel momento, nonostante il corpo stanco e affaticato le chiedesse di riposarsi.

"Yoshida-san muoviti a uscire dalla pista! Dobbiamo chiudere."

Mei Yoshida, dalla pista, alzò lo sguardo fino ad incontrare quello azzurro di Kimiko Hana, responsabile del terzo anno del club di pattinaggio della Shiratorizawa. Di fianco alla ragazza c'era Sayuri Kobayashi, membro del club del primo anno e amica della prima, che guardava Mei con uno sguardo seccato.

"Voi andate, ci penso io a chiudere."

Rispose la castana togliendosi le cuffiette per far capire di aver sentito nonostante la musica. In risposta Sayuri sbuffò in maniera esagerata e roteò gli occhi in modo teatrale. Gli occhi color caramello della ragazza più piccola guardarono prima il capitano della squadra di pattinaggio e poi la ragazza in pista scuotendo la testa seccata.

"Ah, ma quante arie. Puoi anche smettere di fare la finta perfezionista. Hai davvero intenzione di lasciarle la pista, Kimiko?"

Non era un mistero che Sayuri non sopportasse Mei. I motivi erano ignoti sia alla ragazza in questione che al resto della squadra, in fondo le due si conoscevano solo da un mese circa e Mei non aveva mai fatto nulla che potesse infastidire la ragazza. Ma d'altro canto non aveva nemmeno mai fatto tanti sforzi per farsi apprezzare da Sayuri quindi la castana ad ogni lezione continuava a manifestare il suo disprezzo nei confronti della ragazza e l'altra, con una scrollata di spalle, faceva finta di nulla e continuava il suo allenamento.

"Sayuri, non credo che la decisione di Yoshida possa rovinare la tua vita o quella di altri, quindi non vedo motivo per non lasciargliela."

La ragazza dai corti capelli neri si rigirò verso la pista dove Mei, con qualche spinta, si era portata vicino al bordo.

"Yoshida-san non sforzarti troppo e fai attenzione. Se vengo a sapere che sei finita in infermeria per qualsiasi tipo di infortunio scordati di avere la pista per allenamenti extra."

La castana annuì e con un sorriso riconoscente fece un breve inchino per ringraziare il capitano.

"D'accordo Kimiko Senpai. Grazie ancora."

Kimiko scrollò le spalle e appoggiò le chiavi del palazzetto sul tavolo di fianco alla pista e uscì accompagnata da Sayuri. Mei scivolò fino al centro della pista, indossò nuovamente le cuffie e fece partire nuovamente la traccia che aveva ascoltato fin troppe volte quel giorno. Si mise in posizione di partenza, un braccio allargato verso l'esterno e l'altro sollevato verso l'alto.

"Dal principio."

꧁❦꧂

Alla fine era riuscita a memorizzare la prima parte della sequenza su cui si stava allenando e non ne era soddisfatta a sufficienza. Sola, nello spogliatoio femminile, Mei si stava cambiando per potersi recare in mensa. A dirla tutta la ragazza avrebbe già potuto essere lì, ma da quando aveva messo piede fuori dalla pista si era presentato un enorme problema: le sue scarpe erano sparite.

"Dove diamine le ho lasciate?"

La ragazza aprì l'anta del suo armadietto più volte nella speranza che si materializzassero improvvisamente. Controllò sotto tutte le panchine, che erano addossate alla parete, e in ogni angolo della stanza. Ma delle scarpe della divisa scolastica non c'era traccia.

"Eppure erano qui!"

Pensò la ragazza cercando di aprire tutti gli armadietti che riusciva, nell'eventualità che qualche sua compagna di squadra le avesse erroneamente messe a posto. Ma niente. Le scarpe sembravano essersi volatilizzate. Si sedette su una panchina affianco al borsone e si passò una mano tra le ciocche di capelli castani rassegnata all'idea che avrebbe dovuto farsi il tragitto pista-dormitorio a piedi nudi. L'idea non la entusiasmava, ma vista la situazione attuale quella poteva essere la sua unica opzione. Afferrò il borsone e se lo mise in spalla dirigendosi verso l'uscita. Dopo essersi assicurata che le porte della pista fossero chiuse Mei prese un profondo respiro e si incamminò verso il dormitorio.

Non sarebbe stato impossibile arrivarci. Il fatto che fosse ormai sera era sicuramente positivo, altrimenti avrebbe dovuto camminare sul cemento reso incandescente dai raggi del sole estivo. O almeno, credeva sarebbe stato facile finché non arrivò in un punto in cui la strada asfaltata si interrompeva lasciando spazio ad un sentiero acciottolato.

"Oh, andiamo! Chi diamine ha progettato queste strade?"

La Shiratorizawa era decisamente uno degli istituti più maestosi della prefettura. In pochi potevano vantare edifici tanto imponenti come quelli della sua scuola e ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa che fosse la scuola con più metratura calpestabile. Ma in quel momento Mei della maestosità, della vastità e dell'imponenza della sua scuola ne avrebbe fatto volentieri a meno. Purtroppo però, restare a lamentarsi non l'avrebbe magicamente teletrasportata nella sua stanza di dormitorio e quindi, dopo aver preso un respiro profondo, iniziò a camminare su quel sentiero acciottolato, mordendosi le labbra per non farsi sfuggire in alcun modo versetti di dolore.

"Perché fa così male?"

Borbottò tra sè e sè la ragazza saltellando tra la ghiaia e imprecando a bassa voce ogni volta che atterrava su qualche sassolino troppo appuntito. In qualsiasi altro momento avrebbe trovato lo scricchiolio del pietrisco rilassante, ma in quel momento le ricordava perennemente che, dopo quel passo, ne sarebbe seguito un altro e con quello avrebbe sentito nuovo dolore.

"Forse perché non hai le scarpe."

La voce che proveniva alle sue spalle la costrinse a girare il volto sorpresa. Avrebbe girato anche il corpo se ciò non avesse comportato muovere i piedi. Davanti a lei trovò un ragazzo che, a giudicare dalla sua costituzione, doveva essere non più grande di uno studente del secondo anno. Come lei indossava la classica divisa sportiva bianca-viola dell'Istituto, e il borsone che li pendeva sul fianco destro indicavano la sua appartenenza ad un qualche club sportivo. I capelli marroni oliva, sotto la luce dei lampioni, apparivano di una tonalità più chiara rispetto a quella in ombra e  gli occhi di un profondo marrone erano fissi sui suoi piedi e Mei si sentì sprofondare per l'imbarazzo. Dal momento che il ragazzo aveva risposto alla sua domanda doveva probabilmente averla anche vista mentre cercava di avanzare nella ghiaia eseguendo falcate spropositamene ampie.

"Oh, grazie Capitan Ovvio. Non ne avevo idea!"

Si limitò a rispondere la ragazza in maniera sarcastica tornando poi a concentrarsi sul mare di sassolini infidi che si estendeva di fronte a lei e che le stava impedendo di tornare nella sua adorata stanza. Il ragazzo non si diede però per vinto e, seguendola, continuò a parlare

"Perché stai camminando così?"

Mei non si degnò nemmeno di guardarlo, la situazione era già abbastanza imbarazzante di per sè e le domande del ragazzo non l'aiutavano affatto, quindi l'ironia le era sembrato l'unico modo per alleggerire l'atmosfera.

"Mi esercito."

"Per cosa?"

"Per vincere la maratona dei carboni ardenti."

La castana non ebbe bisogno di vedere il volto dello sconosciuto per sapere che in quel momento la stesse guardando stralunato, come se avesse detto la cosa più ridicola che si potesse dire. Anche se ad essere onesti, la cosa non si allontanava molto dalla realtà. Ma quella volta Mei si stava sbagliando di grosso. Infatti se avesse anche solo guardato il volto squadrato del ragazzo con la coda dell'occhio vi avrebbe trovato la più seria delle espressioni.

"Non ne ho mai sentito parlare."

La pattinatrice, udendo il tono per nulla ironico, si fermò di colpo e alzò lo sguardo sul castano non certa di aver sentito correttamente, o cercando un qualche indizio che le facesse capire se si trattava di uno scherzo. L'espressione stoica del ragazzo non lasciava trapelare nessun emozione che non fosse curiosità per la suddetta corsa sui carboni ardenti e lei dovette trattenersi dal sospirare esasperata. Se prima la situazione non era imbarazzante ora sicuramente lo era diventata.

"Ovvio che no, non esiste."

"E allora perché cammini senza scarpe?"

Doveva ammetterlo, la perseveranza del ragazzo era ammirevole, ma parecchio scomoda considerata la sua situazione. Mentre atterrava con la punta di un piede su un sasso piatto Mei, forse stanca per l'allenamento o forse perchè provata dalla camminata a piedi nudi, si lasciò scappare la verità.

"Non le trovavo in spogliatoio."

l'altro alzò un sopracciglio leggermente accigliato e confuso, come la ragazza non fosse stata in grado di trovare le sue scarpe era qualcosa che trascendeva le sue abilità immaginative.

Tra i due calò il silenzio e la castana pensò che finalmente quella strana quanto imbarazzane conversazione poteva ritenersi conclusa. Contro ogni sua predizione però, la cosa non era lontanamente finita. Il ragazzo, con un paio di ampie falcate si posizionò davanti a lei per poi accovacciarsi a terra, rivolgendole le spalle.

Questa volta fu il turno di Mei di accigliarsi.

"Cosa stai facendo?"

Chiese la ragazza titubante e guardandosi intorno, nella speranza che nessuno stesse assistendo a quella bizzarra scena.

"Sali."

"Cosa?"

Chiese non tanto perchè non avesse capito le sue parole ma più perchè sperava di non aver capito le sue parole.

"Sulla schiena. Sali."

"Perché dovrei?"

"Così posso portarti al dormitorio e tu non dovresti farti male."

Fece un passo in avanti per dimostrare che in fondo non aveva bisogno del suo aiuto ma, proprio mentre stava per aprire bocca per parlare, dovette richiuderla subito per evitare di emettere un urletto di dolore dovuto all'aver calpestato un sassolino parecchio appuntito.

Quindi, dopo aver controllato per l'ennesima volta che non ci fosse nessuno nei paraggi, si rassegnò e in silenzio eseguì l'ordine del ragazzo. I primi momenti per Mei furono lunghissimi. Li passarono in silenzio, circondati dalla luce aranciata dei lampioni, lui con le mani a sorreggere le cosce della ragazza e lei con le braccia avvolte intorno al suo collo per non cadere. Decisamente non la situazione in cui aveva immaginato di ritrovarsi quando aveva lasciato il palazzetto poco prima.

"In teoria non dovrei accettare passaggi dagli sconosciuti."

Ancora una volta l'ironia le era sembrato il modo migliore per rendere meno imbarazzante la situazione.

"Ushijima Wakatoshi."

Fu la sua risposta secca ma esaustiva. Da quel poco che aveva incontrato il castano, Mei poteva già affermare con certezza che la loquacità non era una caratteristica di Ushijima Wakatoshi.

"Deduco sia il tuo nome."

Lui annuì semplicemente senza aggiungere altro

"E tu non dovresti dare passaggi agli sconosciuti."

Aggiunse ancora una volta la ragazza. Lo sguardo confuso del ragazzo le fece capire che cogliere l'ironia non rientrava nei suoi talenti e si limitò a sorvolare e rispondere alla sua stessa battuta

"Yoshida Mei. Ti stringerei la mano ma credo tu sia impegnato."

Calò nuovamente il silenzio che lei provò nuovamente l'impulso di riempire. Si chiese brevemente se anche Ushijima sentisse il suo stesso bisogno di coprire l'imbarazzo con le parole.

"Come mai hai il borsone?"

"Gioco a pallavolo."

Questa volta roteò gli occhi, ormai le risposte brevi del ragazzo avevano smesso di destabilizzarla. Sembrava quasi un botta e risposta. Non sapeva se fosse dovuto al fatto che il ragazzo fosse poco incline alla conversazione oppure al fatto che non  volesse proprio parlare, ma al momento non aveva bisogno di una risposta.

"Ah, non so molto di questo sport ma qui sembrano andarne tutti pazzi."

Fu il semplice commento della ragazza. Non era una grande amante degli sport all'infuori del pattinaggio, ma non era certo un ignorante in materia, dal momento che suo cugino, ogni volta che aveva modo di andarla a trovare, la riempiva di informazioni sullo sport.

"E sei in squadra?"

"Si."

"E in che posizione giochi?"

In quel momento a Mei sembrò di aver detto la più grande delle idiozie, ma se la memoria non la ingannava suo cugino parlava spesso di posizioni varie occupate dai giocatori in base alle loro abilità.

"Opposto."

Ancora una volta la risposta fu semplice, coincisa e priva di qualsiasi intento di portare avanti la comunicazione. Più che darle fastidio la cosa la divertiva, soprattutto se considerava il fatto che il castano non sembrava per nulla infastidito mentre rispondeva.

"Vedo che sei anche un gran chiacchierone."

"Anche tu a quanto pare."

La pattinatrice si lasciò scappare una risata divertita. Non aveva idea se l'avesse detto con sincerità oppure con ironia, anche se era più propensa a credere alla prima opzione, ma la risposta l'aveva fatta sorridere indipendentemente.

"Uno dei due deve impegnarsi a non far sembrare la situazione più imbarazzante di quanto già sia."

Nel mentre che parlavano, o meglio, Mei bombardava il ragazzo di domande e Ushijima rispondeva diligentemente, i due erano  quasi arrivati a destinazione

"Ora puoi anche mettermi giù, siamo vicini alla Sala Comune del dormitorio."

"No, potresti pestare qualcosa."

E a confermare il fatto che Ushijima fosse serio la presa sulle sue cosce non accennò ad allentarsi. Lei iniziò leggermente ad allarmarsi, non ci teneva ad essere vista in quelle condizioni, era solo il suo primo anno, la scuola era iniziata da soli due mesi e non voleva essere ricordata per il resto dei suoi tre anni alle superiori come "la ragazza che va in giro sulle spalle di uno sconosciuto"

"Sarò super attenta! Non pesterò nemmeno il pavimento!"

"È impossibile."

Se fino a qualche istante prima aveva pensato che la mancanza di ironia del castano fosse divertente, beh ora ritirava tutto. In quel momento era snervante. Rassegnata all'idea che il ragazzo non avrebbe cambiato idea tanto facilmente si limitò ad accettare il  suo destino e sbuffò

"Certo che sei testardo tu, te lo hanno mai detto?"

"No."

"No, non è decisamente più divertente"

Varcata la soglia del dormitorio Mei fu sollevata dal fatto che gli studenti dovevano ancora essere in mensa a mangiare. Non fece in tempo a rilassarsi che da uno dei corridoi sbucarono due figure che indossavano la divisa femminile della Shiratorizawa. Spalancò gli occhi riconoscendo Sayuri. Con sua enorme sorpresa però, invece di rivolgerle la classica occhiataccia piena di astio la ragazza sorrise mentre l'altra, oltre a sorridere, agitò una mano in segno di saluto cinguettando un allegro

"Ciao Ushijima-san."

In quel momento la ragazza riordinò i pensieri e realizzò che quei sorrisi non erano rivolti a lei ma al ragazzo che si era offerto di darle un "passaggio".

Quando le due furono lontane dalla coppia Mei, divorata dalla curiosità, chiese

"Come mai ti conoscono?"

"L'hai detto tu. In questa scuola vanno tutti pazzi per la pallavolo."

La pattinatrice, ricordando le sue stesse parole, annuì comprensiva.

"E tu ne vai pazzo?"

"Ci gioco."

"Giusto, domanda stupida la mia."

Ormai l'imbarazzo era solo un lontano ricordo, le domande continuavano ad uscirle dalle labbra più per curiosità verso quello strano ragazzo privo di ironia. Mentre osservava le porte lucide laccate di vernice viola la ragazza pose l'ultima domanda di una lunga serie

"Ushijima-san, giusto?"

Interpretando il movimento della testa del ragazzo come un cenno d'assenso la ragazza proseguì

"Hai una vaga idea di quale sia la mia destinazione?"

"No, qual è ?"

Questa volta il ragazzo ruotò il collo per poterla guardare negli occhi e Mei, sorridendo, gli indicò con il pollice un punto imprecisato alle sue spalle

"Quattro porte fa. Non c'è problema, ora puoi mettermi giù comunque."

Ushijima parve esitare per qualche istante, come se stesse valutando quali danni avrebbe potuto subire la ragazza nel percorrere quei pochi metri di corridoio. Infine, dopo un lungo momento di riflessione,  si accovacciò permettendo alla ragazza di posare finalmente i piedi sulla terra ferma. Mentre la ragazza faceva passare la testa nello spallaccio del borsone che il ragazzo le aveva ridato disse 

"Beh, Ushijima-San ti ringrazio per avermi aiutata. Ci si vede in giro."

Prima di richiudersi la porta alle spalle la ragazza lo sentì dire

"Yoshida-san, buona fortuna per la corsa sui carboni ardenti."

Rimase per qualche istante a fissare la superfice lucida della porta della sua stanza immersa dai dubbi. Quel ragazzo aveva capito che era ironica in quel momento, vero?

Ed eccoci qui, caro Amore. Questa è stata la prima volta che io e Ushijima ci siamo rivolti la parola, l'inizio della fine. Lui avrebbe potuto tranquillamente tirare dritto per la sua strada, io avrei potuto trovare una strada alternativa. Lui avrebbe potuto evitare di rimanere ad allenarsi fino a tardi e io avrei potuto guardare nel borsone per scoprire che le mie scarpe erano lì. Ma no, tu quel giorno hai deciso che dovevo essere stanca abbastanza da non riuscire ad arrivare alle conclusioni più banali e che lui aveva abbastanza tempo da perdere per decidere di soccorrermi. Una brutta decisione la tua a mio parere, ma come si suol dire, quel che è fatto è fatto. Poteva rimanere un caso isolato, in quel caso ti avrei perdonato, ma no, come precedentemente detto, questo era solo l'inizio. Ma in fondo cosa te lo dico a fare? Tu sei il diretto responsabile quindi è ovvio che ti ricordi.

Permettimi solo di dirti che questa è anche stato il primo di una lunga serie di errori da parte tua.

A presto

Mei Yoshida

♥︎♡♥︎

Angolo di Un_eroina_alla_Yuei:

Eccomi qui con il primo capitolo!

Così di botto il primo incontro. Come detto da Mei, sempre meglio andare con ordine e partire dal principio.

Sperò che vi sia piaciuto. (^-^)

Ammetto che la scelta di Ushijima come personaggio è un'arma a doppio taglio: da una parte adoro troppo questo personaggio e credo si meriti più spazio, dall'altra ho una paura tremenda di stravolgere il personaggio e ricadere nell'OOC. Quindi se mai doveste notare delle incongruenze tra l'Ushijima Canon e quello della storia fatemelo sapere.

Anyway, per oggi è tutto quindi alla prossima e vi saluto. ʕ •́؈•̀ 

 

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Capitolo 3
*** Oggetto: fortuiti incontri del destino ***


♡︎♥︎♡︎________________________________________________________________

Caro Amore,

dopo esserti intromesso nel nostro primo incontro sono abbastanza certa che fermarti a quello non fosse un'opzione contemplata. Mettendomi nei tuoi panni comprendo la scelta. Continuare ad immischiarti nelle nostre vite deve esserti sembrata la cosa più ovvia, considerato che, come tu ben sai, per innamorarsi di una persona non bastano due chiacchiere ed un paio di begli occhioni. A meno che tu non abbia un colpo di fulmine, ma che resti tra me e te, sono abbastanza convinta che sia solo una grande stupidata.

Tu invece non hai affatto provato a metterti nei miei panni. E non provare a dire il contrario, se lo avessi fatto ora non sarei qui a lamentarmi con te.

Ma non sono qui per fartene una colpa, o almeno, questo non è il punto della mia lettera.

Ora mi immagino la tua confusione mentre ti domandi: "Qual è il punto allora?"
Il punto, mio caro Amore, è che tutta quella serie di incontri che tu credi di aver pianificato nei minimi dettagli altro non erano che imbarazzanti momenti che, al solo ricordo, mi fanno sprofondare dalla vergogna. E ancora una volta eccomi qui a ringraziarti per aver rovinato le mie aspettative su quegli incontri romantici e voluti dal destino.

Immaginavo che, una volta trovato l'amore della mia vita, gli incontri successivi al primo sarebbero stati pieni di sorrisi timidi, guance arrossate, balbettii dettati dall'emozione e parole gentili. Beh, come ben sai, con Ushijima Wakatoshi questo non è accaduto (e credo che mai accadrà).

Ancora una volta proverai a consolarmi e mi dirai "Dai, non è così male. Almeno eviti l'imbarazzo.". Caro Amore, se la pensi così evidentemente non hai prestato attenzione alla prima parte della lettera quindi ripeterò il concetto: i primi momenti con lui sono stati terribilmente imbarazzanti. E non quel tipo di imbarazzo che ti fa sospirare al pensiero, no, quel tipo di imbarazzo per cui vorresti trasferirti in Messico.

Credi che stia esagerando? Bene, allora lascia che ti racconti come sono andate le cose dal mio punto di vista (che capiresti se ti fossi messo nei miei panni prima di agire, ma ancora una volta, non è questo il punto.)...

La Shiratorizawa poteva vantare uno dei campus più estesi di tutta la prefettura eppure a Mei Yoshida sembrava fosse troppo piccolo. Ogni volta che svoltava in un corridoio ecco che appariva il volto di Ushijima Wakatoshi. Ogni volta che era seduta ad un tavolo della mensa ecco che il volto di Ushijima Wakatoshi appariva tra la folla di studenti. Ogni volta che rientrava nel suo dormitorio ecco il volto di Ushijima Wakatoshi fare capolino dalla porta che conduceva ai dormitori maschili.

Il ragazzo sembrava essere ovunque. Ormai non poteva più attribuire a questi incontri l'aggettivo "casuale". Sembrava proprio che qualche forza del destino spingesse i due ad incrociarsi a qualsiasi ora del giorno in qualsiasi punto del campo.

C'era stata per esempio quella volta alle macchinette. Mei, in fila in attesa del suo turno, aveva sentito qualcosa sfiorarle la spalla. Quel qualcosa altro non erano che le dita di Ushijima. Dopo i saluti e le domande di convenevoli era calato il silenzio.

Certo, la ragazza aveva già avuto modo di appurare che per il ragazzo il silenzio fosse il suo modo di comunicare, ma dal momento che era stato lui a richiamare la sua attenzione aveva creduto che avesse qualcosa da dirle.
Ma niente, le labbra del ragazzo rimasero sigillate e la castana, non avendo idea di che cosa dire aveva esclamato un improvviso quanto falso

"Oh, mi stanno chiamando, devo proprio andare. Ci vediamo Ushijima-san!"

E quel giorno la giovane studentessa aveva dovuto rinunciare al suo snack preferito solo per poter scappare da quel silenzio insostenibilmente imbarazzante.

Ormai la ragazza, prima di varcare un qualsiasi ingresso, si premurava prima di controllare che Ushijima non fosse nei paraggi.

Per carità, non scappava dal ragazzo perché lo trovasse antipatico o di cattiva compagnia, anzi, la sua schiettezza doveva essere qualcosa di divertente, ma ogni volta che Mei si trovava in sua presenza non riusciva a pensare a niente di interessante da dire.

E restare in silenzio con Ushijima Wakatoshi aveva imparato significasse una cosa: silenzio assoluto e gara di sguardi. E quello sguardo di un profondo marrone la metteva a disagio e in soggezione.

Questo lo aveva imparato qualche giorno dopo l'incontro alle macchinette. Per la precisione al club di equitazione.

Sicuramente nessuno si aspetterebbe mai di trovare i membri del club di pattinaggio e di pallavolo in questo posto. Eppure, quel lontano giorno di fine giugno, si trovava nelle scuderie della scuola.

"Himiko, per l'ennesima volta, non ho idea di come si selli un cavallo."

Himiko Tanabata, compagna di stanza di Mei. Lunghi capelli castani tinti di nero, occhi vispi e sempre attenti a cogliere i più piccoli particolari. Carattere esuberante, inarrestabile e deciso. In poche parole un uragano.
La ragazza in meno di due giorni era riuscita a smuovere Mei e a farsela amica. Se non ci avesse pensato il Guinness dei primati a darle una medaglia ci avrebbe pensato sicuramente la sua compagna di stanza.
L'unica pecca di essere amica di Himiko Tanabata? Se si metteva in testa una cosa la faceva e nel mentre coinvolgeva quanta più gente possibile. Esattamente come in quel momento.

Himiko non era ancora iscritta a nessun club, nonostante la scuola fosse iniziata già da un paio di mesi. Il motivo? La ragazza li stava provando tutti prima della grande scelta. E quella settimana, dopo il flop al cub di scacchi, aveva deciso che sarebbe stato il turno del club di equitazione. O meglio, Mei le aveva proposto di provare con l'equitazione. E ora la pattinatrice ne stava pagando le conseguenze.

"Himiko, credo che questo cavallo mi odi, potresti sbrigarti?"

Come a confermare la sua teoria il cavallo mosse violentemente il capo come a volersi liberare delle briglie che Mei stava stringendo tra le mani. In risposta Himiko sistemò la sella e, riferendosi soddisfatta della montatura del cavallo

"Finito! Sei stato un bravissimo cavallino non è vero Roger?"

Disse la finta corvina prendendo tra le mani il muso dell'animale che, per nulla contrariato dalle attenzioni, fece aderire il muso contro la fronte della ragazza.

"Te lo dicevo che Roger è un tenerone!"

L'amica rabbrividì. Quell'animale dal manto nero come la pece e fin troppo alto per i suoi gusti le sembrava tutt'altro che tenero. E probabilmente l'indifferenza era reciproca.

"Ti sei decisamente meritato degli zuccherini. Mei, puoi tenerlo fermo ancora per qualche minuto mentre vado a cercare qualcosa da dargli?"

Prima che la pattinatrice potesse rispondere Himiko le aveva mollato nuovamente le briglie in mano e si era volatilizzata.

"Troppa energia."

Pensò lei fissando il punto della scuderia dove era sparita la sua amica. Girò lo sguardo nella direzione del cavallo e cercò, per l'ennesima volta, di accarezzarlo. In fondo tra la sua mano e quella di Himiko non doveva esserci grande differenza per un cavallo, giusto? No, sbagliato. Roger voltò il muso nella direzione opposta a quella della mano della ragazza, la quale rimase immobile per qualche secondo, con ma mano ancora sospesa a mezz'aria.

"Oh ma andiamo! Cosa ti ho fatto di male?"

"Non credo che risponderà."

Mei sobbalzò per lo spavento e si girò di scatto. Davanti a lei vide il suo persecutore: Ushijima Wakatoshi. Prima di parlare si schiarì la voce e cercò di recuperare un po' di compostezza.

"Cosa ci fai qui? Hai deciso di cambiare sport?"

Il castano scosse la testa, espressione immutabile e stoica

"Sto solo aspettando Tendou. Doveva consegnare qualcosa ad una sua compagna di classe che fa equitazione."

Lei annuì e intuì che il suddetto "Tendou" fosse un suo amico.

L'ennesimo strattone da parte di Roger la fece sbilanciare un poco. Rifilò al cavallo un'occhiataccia e in risposta lui scrollò la criniera colpendola in volto.

"Maledetto di un cavallo."

"Deduco che nemmeno tu voglia cambiare sport per dedicarti all'equitazione."

La castana scosse la testa dandogli ragione.

"Rimango fedele al pattinaggio. Sono qui solo per aiutare un amica."

Ushijima annuì e, come quel giorno davanti alle macchinette, tra i due calò il silenzio.
Mei iniziò a giochicchiare con le briglie che aveva tra le mani e a fissare qualsiasi punto del suo campo visivo che non comprendesse Ushijima Wakatoshi, cosa difficile considerando che il ragazzo si trovava di fronte a lei.

Aveva bisogno di una via di fuga che però non riusciva a trovare. Aveva bisogno di qualcosa da dire a cui però non riusciva a pensare.

Era strano come avesse contemporaneamente voglia di scappare e di rimanere in compagnia del ragazzo. Era uno strano paradosso a cui non sapeva dare spiegazione.

"Come si fa a scappare rimanendo nello stesso posto?"

Ushijima corrugò la fronte perplesso dalla domanda della ragazza, Mei invece cercava di mantenere l'espressione più neutra possibile: non voleva credere di averlo detto veramente ad alta voce. Dopo l'episodio dei "Carboni ardenti", delle macchinette in cui sentiva le voci e dopo che l'aveva sentita parlare con un cavallo sospettava che il pallavolista la ritenesse pazza, ma ora ne aveva la conferma assoluta.

Era tutta colpa di Ushijima. Sua e di quei maledetti occhi olivastri in grado di mettere a disagio anche il suo riflesso. Se non avesse avuto quello sguardo penetrante Mei era più che certa che mai in vita sua si sarebbe ridicolizzata a tal punto da sbandierare i suoi pensieri ai quattro venti.

"Non credo sia possibile una cosa del genere. Anche se credo che Tendou abbia detto che leggere possa essere una soluzione."

Ancora una volta la ragazza si domandò se il ragazzo fosse serio oppure la stesse prendendo in giro.

"Non era ..."

Avrebbe voluto fargli sapere che non era una vera domanda la sua, che era solo un errore di funzionamento cerebrale, ma Roger aveva deciso che la conversazione doveva finire lì. La ragazza era troppo distratta per far caso al cavallo e lui, dopo l'ennesimo trattone, riuscì finalmente a liberarsi dalla presa di Mei.

Si guardò la mano vuota, poi le briglie che ciondolavano dal muso di Roger e infine il cavallo. Lo sguardo sbarrato sembrava implorare il cavallo di non compiere alcun movimento avventato ma ovviamente Roger era un cavallo libero.

Ignorando i richiami disperati della pattinatrice galoppò fino alla porta della scuderia che conduceva alla recinzione esterna e, senza rimorsi, uscì seguito a ruota dalla pattinatrice che cercava invano di riprendere le briglie.

Ushijima non aveva nemmeno avuto il tempo di processare cosa fosse accaduto poiché era successo tutto troppo in fretta.

"Wakatoshi-kun, ho finito! Possiamo andare."

La voce allegra di Tendou lo distrassero e senza dire nulla affiancò il rosso per dirigersi in palestra per l'allenamento.

"Tendou, posso farti una domanda?"

L'amico annuì, colpito dal fatto che per una volta fosse stato lui ad iniziare una conversazione.

"È normale che la gente scappi dopo averti chiesto se è possibile scappare rimanendo nello stesso posto?"

Guess Monster rimase interdetto dalla domanda. I due passarono davanti ai recinti del club di equitazione dove un cavallo dal manto nero era inseguito a piedi da una ragazza con indosso la divisa scolastica e uno sguardo disperato. Il suo istinto gli diceva che o il cavallo o la ragazza avessero a che fare con la stramba domanda dell'amico. E lui si fidava del suo istinto, altrimenti il soprannome di Gess Monster non se lo sarebbe meritato.

Il rosso scrollò le spalle e con un sorriso rispose

"Non saprei. La prossima volta però inseguila, se si è in due a fare qualcosa di strano non è più strano."

Dopo quella volta evitare Ushijima è diventato più difficile. Se lo incrociavo per i corridoi cambiavo rotta, ma non so perché lo facesse pure lui. Se dicevo di dover andare da qualche parte mi accompagnava. Per i primi tempi è stato strano. Avevo ancora impressa nella memoria la sua espressione confusa dalla mia domanda. Probabilmente ai tempi mi seguiva per assicurarsi che non facessi domande strane agli studenti della Shiratorizawa.
Dopo un po' ho smesso di pensarci e la sua compagnia è diventata routine. La sua compagnia mi ha portata a conoscere Tendou, che a quanto pare sapeva cosa era successo in scuderia e ha deciso in poco tempo che ricordarmi quell'episodio era la sua ragione di vita. Dopo anni ho compreso che questa, più che una scelta, è la sua natura quindi non mi sento nemmeno di fargliene una colpa. (Forse potrei scrivere una lettera di lamentele pure a lui)

In ogni caso questo è il motivo per cui i tuoi incontri pianificati facevano schifo. Mi sono dovuta impegnare per mettere una pezza ai tuoi errori e mi hai ripagato nel peggiore dei modi. Dovresti ringraziarmi che non stia scrivendo lettere di lamentele al tuo capo, a quest'ora saresti già stato licenziato.

A presto

Mei Yoshida

♥︎♡♥︎

Angolo di Un_eroina_alla_Yuei:

Eccomi qui con il secondo capitolo!

Procediamo nella lunga lista di errori con un grande classico: le figure di merda!

Queste sono sicura al 100% siano capitate a tutti anche senza crush varie coinvolte.  Non posso assicurarvi che scrivere lettere di lamentele possa aiutare.

In ogni caso in questo capitolo ci sono tante apparizioni. Fa il suo ingresso in scena Himiko Tanabata. Non è l'ultima volta che sentirete parlare di lei. E anche Roger farà ritorno in qualche capitolo.

Chissà se sarà una benedizione o una maledizione per la povera Mei.

Anche Tendou, piccolo amore, ha fatto il suo piccolo cammeo di introduzione. E già dopo essere apparso per qualche rifà eccolo che si mette a fare il saggio dispensatore di consigli criptici. Se la persona a cui li dispensa poi è Ushijima diciamo che il risultato catastrofico è assicurato.

In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto. (^-^)

Anyway, per oggi è tutto quindi alla prossima e vi saluto. ʕ •́؈•̀ 

 

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Capitolo 4
*** Oggetto: castelli in aria ***


♡︎♥︎♡︎________________________________________________________________

Caro Amore,

dal giorno in cui gli incontri con Ushijima sono diventati meno imbarazzanti sono successe parecchie cose che cercherò di riassumere in questa lettera, prima di passare al prossimo problema.
Per prima cosa, la squadra di pattinaggio scelse chi sarebbe stato il rappresentante della scuola nei prefettuali invernali. Mi spiego, nel pattinaggio sono tre le tipologie di competizione: il singolo, coppia e sincronizzato. Come avrai intuito essere selezionati per rappresentare la squadra nel singolo è l'onore più alto che si possa ricevere. Non mi stupisce che a ricevere questo onore fosse stata Kimiko Hana. Era del terzo anno, esperta e brava quindi siamo stati tutti felici per lei. Quell'anno alle gare invernali mi limitai a partecipare per il sincronizzato. Certo, non è paragonabile all'ebrezza che si prova nell'avere la pista solo per sè e avere l'attenzione di tutti puntata su di te, ma finché sento le lame incidere sul ghiaccio sono felice.
Seconda cosa: Himiko ha ufficialmente deciso di unirsi al club di equitazione. Cercavo di evitare di incontrare Roger il più possibile, ero ancora arrabbiata con lui per avermi fatto fare una tale figura davanti ad Ushijima. Forse sono ancora arrabbiata con lui. Ma non è questo il punto.
Terza cosa, forse la più sconcertante dal mio punto di vista e la più ovvia dal tuo: Ushijima e Tendou divennero una presenza costante nella mia giornata scolastica. Questa volta senza imbarazzo o altro. Era successo in maniera quasi casuale. Credo. Essendo coinvolto Tendou l'aggettivo "casuale " va usato con precauzione.
In ogni caso prima era un cenno di saluto nei corridoi, poi facevamo la strada insieme dal dormitorio alla scuola e prima che me ne potessi rendere conto passavamo insieme anche le pause pranzo dove loro mi raccontavano le loro ultime vittorie a pallavolo mentre io di tanto in tanto mi lamentavo del comportamento di Sayuri. Anche in quelle occasioni la conversazione era più diretta da Tendou che da Ushijima ma con il tempo ho imparato che il ragazzo, sebbene silenzioso, è sempre in ascolto, alle volte anche un po' troppo...

"Tendou!"

L'esclamazione innervosita di Mei aveva spinto alcuni studenti seduti ai tavoli della mensa scolastica a girarsi nella direzione della ragazza. I più curiosi e i più attenti avrebbero potuto notare che sul volto della castana la crescente rabbia era via via sempre più evidente. Ma in fondo chi non si sarebbe arrabbiato se il tuo cibo preferito, cibo che stavi aspettando di mangiare da una settima, ti fosse stato sottratto da sotto il naso da colui che si faceva chiamare tuo amico?

"Quella era la mia fetta di pizza."

Il rosso, pulendosi l'angolo della bocca dai residui di pomodoro, sogghignò divertito dall'espressione sul volto della ragazza. Da quando l'aveva conosciuta un paio di mesi addietro aveva imparato che dietro a quel cipiglio irritato e le parole minacciose non si celavano assolutamente cattive intenzioni e quindi aveva deciso di approfittarne.

"Lo so. Ma quando sono arrivato al bancone non c'erano più fette. Quindi ho pensato che no ti sarebbe dispiaciuto condividere un po' della tua con i tuoi amici."

La ragazza lo osservò per qualche istante poi osservo il piatto dove giaceva la povera fetta di pizza a cui mancava il morso che Tendou si era presso e infine, dopo qualche istante di riflessione, riprese parola

"Non azzardarti a giocare la carta dell'amico d'ora in poi. Sei appena stato declassato a sconosciuto."

Prese poi il suo vassoio e la fece scivolare lungo il tavolo per andarsi a sedere dalla parte opposta del tavolo rispetto a dove si trovavano Ushijima e il ladro di cibo.

Se c'era una cosa che Mei odiava erano le persone che le prendevano il cibo senza permesso. Prendeva la questione davvero sul personale.

"Wakatoshi-kun, credi che si sia arrabbiata?"

L'amico sollevò momentaneamente lo sguardo dalla sua ciotola di riso per osservare meglio la ragazza e l'occhiata truce di lei fu una chiara risposta affermativa.

"Mi sa di sì. Ed è colpa tua."

"Wakatoshi-kun, così mi ferisci."

"Yoshida-san aveva già detto in un'altra occasione che odia chi le ruba il cibo."

Tendou ci pensò per qualche istante e gli ritornò in mente quell'intervallo in cui aveva provato a sgraffignare una patatina dal pacchetto che la ragazza si era precedentemente comprata alle macchinette. In quell'occasione si era limitata a dargli uno schiaffetto sulla mano e ad ammonirlo.

"Mhh, potresti avere ragione, non me lo ricordavo."

Per qualche secondo calò il silenzio poiché entrambi i pallavolisti erano immersi nei loro pensieri. Poi improvvisamente Ushijima, facendo stridere la sedia di plastica contro le mattonelle del pavimento della mensa, si alzò. Tendou, confuso, lo seguì con lo sguardo per capire cosa avesse intenzione di fare. Lo vide fermarsi di fronte a Mei con un piatto, che aveva preso dal suo vassoio. Ushijima verso parte del contenuto nel piatto di Mei la quale, con in espressione confusa in volto, alzò lo sguardo dal piatto in cui ora, oltre alla sua pizza si trovava del riso con dei pomodorini.

"Cosa stai facendo?"

"Non è esattamente la tua pizza ma è simile, manca ancora del formaggio."

Spiegò il castano come se fosse sufficiente a far capire quale fosse il suo intento. Mei osservò riso e pomodori ancora più confusa cercando di capire come il formaggio avrebbe potuto cambiare la situazione.

"Riso e pomodorini non..."

"E formaggio."

Ci tenne a precisare il ragazzo, beccandosi un'occhiata perplessa.

"Quindi, riso, pomodorini e formaggio- la pattinatrice lanciò un'occhiata all'amico e per qualche istante le parve di vedere un accenno di sorriso- non sarebbero simili alla pizza perché...?"

"Non hanno lo stesso sapore ma hanno lo stesso apporto calorico. Quindi, questo sarebbe il tuo pezzo di pizza."

Spiegò più chiaramente Ushijima e finalmente la ragazza realizzò cosa avesse fatto.

"C'è solo un problema. Quello nel mio piatto è il tuo pezzo di pizza."

Mei non ebbe molto tempo per riflettere sul fatto che avesse per davvero chiamato riso e pomodorini "pizza".

"Ok, allora vedila così. È il mio pezzo di pizza che cedo a te. Come scusa per il comportamento di Tendou."

Per qualche secondo la ragazza osservò il miscuglio nel suo piatto e poi, afferrando un pomodoro con la forchetta, se lo portò alla bocca come a dimostrare di aver accettato le scuse. Prima di spostarsi nuovamente di fronte a Tendou bloccò Ushijima che sapeva stesse andando a procurarle del formaggio per completare la "pizza"

"Il formaggio non serve. Promettimi solo di non aprire mai un ristorante."

Piccoli gesti, grandi significati. Probabilmente all'epoca la sua intenzione era quella di  evitare di far litigare me e Tendou, ma per come l'avevo vista io allora era più un modo per farmi capire che mi ascoltava e che quello che dicevo aveva un valore per lui. Già, ti ringrazio per avermi dato questo super potere: costruire castelli per aria. Ti fa perdere la capacità di leggere tra le righe le azioni altrui e come risultato ti crei false speranze. Lasciatelo dire oltre a fare schifo sei pure sadico. Non provare ad offenderti perché sappiamo entrambi che è la verità e che quindi un po' te lo meriti.

A presto

Mei Yoshida

♥︎♡♥︎

Angolo di Un_eroina_alla_Yuei:

Eccomi qui con il terzo capitolo!

Spero vi sia piaciuto. ^^

Anyway il punto di oggi della lettera sono i castelli in aria. Fantastici quanto crudeli. E la povera Mei ha quindi il pieno diritto di lamentarsene.

Del furto di cibo mi sa che invece deve lamentarsene con Tendou stesso. Probabilmente il sequel di sto libro saranno tutte le lettere di lamentele indirizzate a Tendou. XD
Scherzi a parte questa patata avrà un ruolo fondamentale nella storia quindi gliele risparmio.

Anyway, per oggi è tutto quindi alla prossima e vi saluto. ʕ •́؈•̀ 

 

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Capitolo 5
*** Oggetto: Striscioni e Motti ***


♡︎♥︎♡︎________________________________________________________________

Caro Amore,
questo episodio che ti sto per raccontare sono abbastanza sicura che tu lo abbia pianificato nei minimi dettagli, a ripensarci mi sembra un cliché da film romantico ed è quindi scontato il tuo zampino. E quello di Tendou, ma lui preferisco lasciarlo fuori da tutto questo. In fondo non è colpa sua se mi sono innamorata.
In ogni caso è successo verso la fine del primo anno. Si stavano avvicinando le gare...

Mei raccolse le gambe al petto e sospirò. Era circa mezzanotte e, invece di essere in camera sua a dormire, era seduta sulla panchina di fronte ai dormitori della scuola. La luce artificiale del lampione a qualche metro di distanza le impediva di vedere il cielo trapuntato di stelle e si era ritrovata a far vagare lo sguardo nella distesa scura e priva di luce. Non esattamente quello che sperava di vedere quando qualche minuto prima si era avventurata fuori dalla sua stanza alla ricerca di qualcosa che la distraesse. Il giorno della gara prefettuale si stava avvicinando e per lei dormire diventava sempre più difficile. "Credi di essere l'unica con un talento là fuori? Se così fosse saresti stata scelta come rappresentante dell'individuale."
Le parole che Sayuri le aveva rivolto con astio qualche giorno addietro durante gli allenamenti la stavano tormentando. Come un disco rotto le ritornavano alla mente procurandole una fitta di fastidio sempre più forte ad ogni ripetizione.

"Perché sei qui fuori?"

La voce profonda di Ushijima fece trasalire la ragazza che alzò di scatto la testa per guardarlo negli occhi.

"Oh Ushijima-kun! A cosa devo l'onore?"

Chiese lei cercando di non mostrare il suo nervosismo. Alle volte Ushijima dimostrava di essere più perspicace di quanto non desse a vedere e voleva evitare che accadesse pure in quella situazione.

"Sono venuto qui perché ti ho vista dalla finestra. Tu perché sei qui fuori?"

"Niente di che. Non credi che sia una bella giornata?"

Disse facendo vagare lo sguardo alla ricerca di elementi che supportassero la sua frase. Mentre rispondeva il ragazzo si era seduto di fianco a lei sulla panchina. Corrugò la fronte davanti a quell'affermazione senza senso.

"Yoshida-San, è notte fonda. Devi essere stanca. Dovresti dormire altrimenti ti verranno le occhiaie."

Mei ridacchiò sarcastica. Ne avesse avuto le forze avrebbe preso in giro il ragazzo per ancora un po' prima di spiegargli come stavano veramente le cose. Eppure la stanchezza, il nervosismo e la sua sola presenza spinsero la ragazza a scegliere la sincerità

"Ma non mi dire. In ogni caso sarebbe inutile, non riesco a dormire."

"Perché?"

Un piccolo sorriso si fece strada sulle sue labbra, forse non era troppo tardi per infilare un po' di ironia nella conversazione per distendere i nervi.

"Ushijima-kun, tutte queste domande da te non me le aspettavo, stai cercando di diventare detective?"

"No."

"Potresti prendere in considerazione..."

"Mei-San."

La ragazza tacque improvvisamente. Raramente Ushijima usava il suo primo nome e quelle occasioni erano due: quando era emozionato e quando aveva capito che qualcosa non andava e voleva la verità. La pattinatrice sospirò abbandonandosi nuovamente contro la panchina, pronta a vuotare il sacco.

"Va bene, va bene. Domani ho la gara."

"E quindi?"

Mei chiuse gli occhi dandosi mentalmente dell'ingenua: come poteva aver dimenticato di avere a che fare con un genio per cui l'ansia era solo una leggenda?

"So che per te genio della pallavolo l'ansia non esiste ma per noi persone nate senza talento è una cosa normale provarla. Voglio dire potrebbe succedere di tutto. Potrei dimenticarmi improvvisamente la routine, qualcuno potrebbe scivolare e mandare tutto all'aria. Le possibilità sono tante. E quindi eccomi qui, piena di preoccupazioni che mi tengono sveglia."

"Mi dispiace ma non capisco."

"Lo immaginavo. Non preoccuparti."

Anche solo l'aver dato voce alla sua preoccupazione era sufficiente, aveva modo così di rendersi conto della realtà dei fatti ma il ragazzo proseguì.

"Non capisco. Ti sei allenata tutti i giorni per questo giorno giusto?"

"Si ma..."

"Hai mai ottenuto risultati insoddisfacenti?"

"Qualche volta"

La ragazza decise di stare al gioco, incuriosita dalla piega che la loro conversazione stava prendendo.

"E cosa hai fatto?

"Ho continuato ad allenarmi."

"Allora non capisco perché dovresti essere ansiosa quando tu hai dato il tuo meglio."

Mei sorrise davanti a quella constatazione. Certe volte Ushijima non si rendeva nemmeno conto dell'effetto che la sua praticità e la sua logica avevano sugli altri. Aveva smontato le preoccupazioni dell'amica una ad una rendendole piccole ed insignificanti. Ora erano solo piccoli sassolini di cui la ragazza poteva liberarsi.

"Certo che hai un modo tutto tuo per consolare la gente. Grazie Wakatoshi-kun."

"Prego?"

Disse dubbioso il ragazzo non capendo per quale motivo lo stesse ringraziando. Dal suo punto di vista aveva solo constatato la realtà dei fatti, da quello della ragazza le aveva invece dato una nuova grinta e determinazione. Dopo quelle parole sentiva come se una piccola parte di fiducia di Ushijima fosse stata riposta in lei.

"Su gigante gentile, rientriamo prima che vengano le occhiaie anche a te."

Mentre pronunciava quelle parole la ragazza si era alzata con grazia dalla panchina e aveva afferrato la mano del ragazzo tra le sue per farlo alzare a sua volta. Il castano, con quello che sembrava un accenno di sorriso, la seguì nella sala comune dei dormitori. Prima di sparire dietro alla porta che conduceva alle stanze maschili richiamò la ragazza

"Non dubitare."

Due semplici parole che per Mei avevano un significato tutto loro. La frase le si depositò nel cuore riscaldandolo. Lei sorrise e afferrando la maniglia rispose semplicemente

"Buonanotte Wakatoshi-kun."

L'episodio di per se non è nulla di speciale, anche se all'epoca credo di aver gridato nel cuscino per l'euforia di aver avuto quel momento con lui. Il vero cliché che hai voluto aggiungere, il dettaglio che ricordo perfettamente come se fosse ieri e che non credo dimenticherò facilmente mi si è presentato davanti il giorno della gara sotto forma di striscione.
Era azzurro chiaro con i kanji neri e uno strano simbolo che credo fosse stato fatto da Tendou e che doveva essere un fiocco di neve.

Non dubitare.

C'era scritto solo questo. Stonava un po' tra tutte le frasi incoraggianti ma allora per me esisteva solo quel pezzo di carta che Ushijima stringeva tra le mani. Non c'era nemmeno bisogno che lo sollevasse sopra la testa. Lo vedevo perfettamente. Ero pronta a dare il meglio di me e divertirmi.
Caro Amore, forse in piccolissima parte dovrei  ringraziarti (non montarti la testa), quel giorno pattinare è stato facile. Alla fine dell'esibizione non ci ho ripensato per considerare gli errori compiuti.
Quel giorno non ho dubitato.
Ma per colpa tua quel momento ha avuto delle conseguenze catastrofiche.

A presto

Mei Yoshida

La ragazza alzò lo sguardo dalla lettera e lo posò sul cartellone appeso sulla parete di fronte alla sua scrivania. I kanji ancora identici a come li ricordava.

Non dubitare.

"Non lo farò."

♥︎♡♥︎

Angolo di Un_eroina_alla_Yuei:

Eccomi qui con il quarto capitolo che segna la fine delle avventure e delle lamentele del primo anno.

Un po' poche ma in fondo è solo il primo anno in cui i due si sono conosciuti e mi sembrava giusto che le cose fossero più leggere e casuali.

Ma non temete, al secondo anno le cose di cui lamentarsi sono tante. ;-P

Spero che l'Ushijima di questo capitolo risulti IC. Nella mia testa Tendou ha trascinato Ushijima a vedere Mei pattinare e sempre Tendou ha proposto di fare un cartellone ma la frase è stata proposta da Ushijima.

Anyway, per oggi è tutto quindi alla prossima e vi saluto. ʕ •́؈•̀ 

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