Eighty six- La principessa ed il guerriero di leti_0907 (/viewuser.php?uid=876589)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Confessioni ***
Capitolo 3: *** Primi baci ed incontri dal passato ***
Capitolo 1 *** L'incontro ***
Premessa generale: la one shot
è ispirata a questo post di
Insta https://www.instagram.com/p/CwsaRKmSK-a/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
Premessa storica: questa one shot
è stata impostata nel
periodo Tokugawa (1603-1867), in cui il Giappone si riprende dopo la
guerra
intestina cominciata nel 1457, conosciuta sotto il nome Sengoku jidai
(“periodo
degli stati combattenti”, guerra durata per circa
centocinquant’anni
coinvolgendo sia signori potenti sia civili). È in questo
periodo che lo
shogun, Tokugawa Ieyasu, pone la sua dimora in un villaggio di
pescatori, Edo,
che diventerà l’attuale Tokyo nel 1868, con
l’abolizione dello
Shogunato. All’epoca, ci si sposava presto, quando
le ragazze avevano il
primo ciclo mestruale ed i ragazzi i primi cambiamenti a livello
ormonale.
In questa one shot Shin è
il figlio illegittimo della
sorella dello Shogun, riconosciuto come erede Tokugawa, e fa parte
dell’esercito insieme a Shiden, Theo e Raiden. Ernst
è consigliere dello
shogun, mentre Frederica è sua figlia. Infine, Lena ed
Annette sono figlie di
due daimyo fedeli a Tokugawa, e le cameriere personali di Lena sono
Kurena ed
Anju.
Termini:
Shogun= signore supremo, colui che
esercitava il potere sul
Giappone
Daimyo= signore feudale
Han= possesso territoriale di ogni
daimyo
Jidai= periodo
Danna(-sama)= signore, padrone
La principessa
ed il guerriero
I.
L’incontro
Tokugawa jidai, 1651 d.c.
Lena guardò fuori dalla
portafinestra delle sue stanze, ed
osservò la tranquillità della natura che
circondava l’abitazione. Non le
sembrava vero che, fino a quasi cinquant’anni prima, ci fosse
stata una guerra
così violenta da sfregiare il volto del Giappone per oltre
un secolo, e che suo
padre fosse sopravvissuto per raccontarglielo.
Vaclav Milizé era
particolarmente fiero di aver partecipato
a tale scontro. Lei sapeva quanto ammirasse lo Shogun, ed aveva sempre
creduto
nella sua causa- quella di salvare il loro Paese dai conflitti interni
che lo
appestavano, di liberarlo dalle menti maligne di coloro che volevano
sfruttarlo
e guadagnare sullo scontento generale- tanto da seguirlo in guerra,
rischiando
la vita. Ed era stato anche grazie allo Shogun che i suoi genitori si
erano
incontrati ed innamorati, e tante volte sua madre Margarita le aveva
raccontato
di quanto Vaclav fosse affascinante con indosso la divisa
militare.
Lena sorrise, posando il libro di
storia accanto a lei e
godendo della leggera brezza prima di alzarsi e partire insieme ai
genitori per
incontrare, per lei la prima volta, il famigerato Tokugawa Ieyasu. Non
era una
visita di cortesia, anche se suo padre e lo shogun erano
senz’altro più che
amici, bensì un piano strategico a cui ogni daimyo doveva
sottostare per
mantenere la pace. Era il cosiddetto San Ki Kotai, il sistema degli
ostaggi:
ogni signore doveva recarsi una volta ogni due anni ad Edo e
soggiornare per un
po' nella propria residenza, insieme alla sua famiglia e sottoposti, e
tutto il
processo debilitava economicamente i grandi signori, in maniera tale
che
nessuno di loro potesse crearsi un’armata personale.
In seguito, il signore deve
presentarsi allo Shogun e
fornirgli una relazione sulla gestione del territorio e le questioni
politiche.
Finito ciò, il signore feudale poteva tornare presso il suo
Han, lasciando però
la moglie ed il primogenito ad Edo, questo perché fungevano
da ostaggi qualora
il daimyo decidesse di rivoltarsi.
«Lena, possiamo
entrare?» una voce dolce come il miele
catturò la sua attenzione, e lei riconobbe immediatamente la
presenza delle sue
cameriere personali al di là della porta.
«Kurena, Anju. Entrate
pure.»
Le due fecero come lei aveva detto.
Al di là del loro ruolo
all’interno della tenuta, Lena considerava Anju e Kurena come
sue amiche intime
e confidenti, le più vicine che aveva insieme ad Annette, la
figlia di un altro
daimyo. Sua madre gliele aveva presentate circa tre anni prima, e da
quel
giorno erano inseparabili. Adorava il carattere mite di Anju e
l’allegria di
Kurena, e passare anche solo le serate con loro, tra risate e cibo a
volontà,
riusciva a sollevarle dalle spalle tutte le sue
responsabilità, le sue
incertezze e le sue insicurezza. Si sentiva una ragazza come loro, una
qualunque, ed apprezzava i loro sforzi nel farlo.
«Siamo qui per rimetterti
in sesto.» Kurena le si mise alle
spalle, sollevandole la lunga chioma argentea, simbolo dei
Milizé. «Tua madre
mi ha consigliato di raccogliere due ciocche laterali e fissartele
dietro la
testa, così i capelli non ti finiranno davanti agli
occhi.»
«O perché
così lo Shogun potrà valutare la mia bellezza e
decidere con chi dovrei maritarmi.» la giovane
scherzò, anche se un fondo di
verità c’era.
Era questo l’altro scopo
per cui la moglie ed il primogenito
-in questo caso, primogenita- dovevano rimanere ad Edo. Per creare
un’alleanza
tramite un’unione tra gli eredi di due casate, soprattutto se
essi avevano
raggiunto l’età adulta per congiungersi.
E Lena, con i suoi sedici anni,
l’aveva ben raggiunta.
Questo temeva la giovane ed unica
erede dei Milizé.
Nonostante suo padre le raccontasse della bontà
d’animo del suo superiore, Lena
aveva timore della sua intransigenza e risolutezza. Erano queste due
doti che
lo avevano portato a sedere sul trono più influente del
Giappone, a diventarne
il signore supremo, e lo pensava capace di organizzare un matrimonio di
convenienza, se questo giocava a suo vantaggio. Lei non voleva unirsi a
qualcuno che non amava, aveva sempre avuto come esempio il matrimonio
d’amore
dei suoi genitori e non ne desiderava uno da meno.
Voleva passare il resto della sua
vita con l’uomo che amava,
non con uno che gli avevano messo affianco per alleanza.
«Non penso che tuo padre ti
venda al miglior offerente solo
per far contento lo Shogun.» affermò Anju, intenta
a scegliere il fermacapelli
con cui chiudere la pettinatura. «Certo, Danna-sama
è senz’altro fedele a
Tokugawa-sama, ma tu sei sua figlia e sicuramente desidera che tu sia
felice
del tuo matrimonio.»
«E se non fosse
così?» sul volto di Lena cadde una maschera
buia. «Se per lui una remota possibilità di
diventare parente dello shogun
fosse più importante del futuro della sua unica
erede?»
Sapeva che molte prime nate come lei
spesso erano
disprezzate dal proprio padre. In una società strettamente
patriarcale come
quella in cui era nata, un primogenito maschio era considerato un dono
dal
cielo, la benedizione di una prospera continuazione della casata. Ma
con lei,
in quanto donna, la casata dei Milizé si sarebbe conclusa, e
non sarebbe mai
stata annoverata nei rotoli della storia. Vaclav non le aveva mai fatto
pesare
niente di questo, eppure in cuor suo temeva che suo padre fosse deluso
da lei.
Solo perché era nata donna.
«Non dire
assurdità, Lena!» i volti di Kurena ed Anju le
balenarono davanti, spaventandola. «Abbiamo visto come
Danna-sama si comporta
con te, come ti guarda, e ti posso assicurare che è tanto
fiero di te. Ti ama
tanto, e mai vorrebbe qualcosa per se stesso che vada a tuo
discapito.» lo
sguardo blu di Anju sembrava così convinta delle sue parole,
che nella stretta
calda in cui avvolse le loro mani, assieme a quelle della rossa dagli
occhi
ambrati, Lena trovò la forza di credere che avevano ragione,
che erano le sue
insicurezze ad instillarle il dubbio.
«Grazie, ragazze. Non so
come farei senza il vostro
sostegno.» si buttò in avanti per stringerle a
sé, per ricambiare quanto poteva
l’affetto che le dimostravano.
Un insistente bussare le fece
staccare dopo qualche minuto.
«Lena, tesoro, sei pronta? Tuo padre ha detto che
è tutto pronto per la
partenza.» la voce di sua madre era attutita dalla porta che
le sue amiche
avevano chiuso dietro di sé.
«Sì, madre, ho
quasi fatto.» le rispose. Fece cenno ad Anju
di metterle il fermaglio a forma di lillà, in tinta con lo
yukata bianco e
lilla decorato con disegni dello stesso fiore, e si alzò,
seguita dalle due che
avrebbero affrontato il viaggio come lei, sebbene su un altro mezzo
dedicato
alla servitù.
E così, nel giro di due
decina di minuti, partirono alla
volta di Edo.
† † †
†
Il viaggio non durò molto,
solo qualche ora, il tempo di
fermarsi presso la loro residenza per lasciare i domestici a sistemare
i
bagagli e ripartire per andare a visitare lo shogun.
Il tempo necessario perché
nel cuore di Lena montassero le
paure al solo scorgere i tetti scintillanti del palazzo dello Shogun.
Era stata
cresciuta per essere una dama dalle maniere raffinate e dal
comportamento
impeccabile soprattutto in pubblico, eppure temeva che davanti allo
shogun
avrebbe fatto una figura tutt’altro che dignitosa nei
confronti della propria
famiglia. Non bastava essere educati per piacere allo shogun, anzi: dai
racconti che le sue orecchie avevano udito, Tokugawa dava molta
importanza
anche alle doti e al carattere degli ospiti. Apprezzava il coraggio e
la
sfacciataggine quanto disprezzava la maleducazione e la superbia.
Almeno, questo è quello
che sapeva di lui da suo padre.
«Non essere cosi agitata
figlia mia.» Vaclav mise una mano
su quelle della figlia, intrecciate così tanto da sbiancare.
«Lo shogun
apprezzerà senz’altro il tuo acume e la tua
intelligenza, perciò non hai nulla
da temere.»
Il massimo che Lena poté
offrirgli fu un sorriso nervoso.
Non era solo lo shogun e la sua approvazione a metterli i brividi,
bensì il
fatto che ogni suo minimo spostamento sarebbe stato sotto gli occhi di
un'intera corte, di quelli che sarebbero potuti diventare gli eredi di
quel
grande vasto impero. Il suo dubbio più grande, la sua paura
più forte, era
quella di non essere all'altezza delle aspettative della sua famiglia,
di
disonorare in qualche modo. Anche un solo gesto avrebbe potuto essere
un cataclismico
disastro.
Il loro mezzo di trasporto si
fermò nel bel mezzo del
vastissimo cortile piastrellato, nella corte del palazzo. Non appena
smontò,
aiutata da suo padre, gli occhi chiari della giovane fecero fatica ad
abituarsi
alla luce del sole che si infrangeva senza pietà contro le
rifiniture dorate
dei tetti e dei corrimano. Di una vastità enorme e il
castello di Edo
rispecchiava appieno la potenza e la grandezza di chi lo aveva voluto:
circondato dall'acqua, la struttura sembrava perdersi a vista d'occhio,
e l'enorme
entrata principale era adornata da disegni. Era davvero stupendo, e
tutto d'un
tratto Lena si sentì omaggiata di tale vista. Non aveva
visitato castelli come
quello prima di quel momento perciò rimase senza fiato,
soprattutto quando ad
accoglierli vi era lo shogun in persona
Accompagnato da una donna dallo
yukata regale, Tokugawa
Ieyasu era l'emblema della regalità fatta persona. Schiena
dritta e petto in
fuori, quell'uomo emanava sicurezza da ogni poro, e, nonostante il
passo
militare guardingo e pesante, possedeva un'infinita eleganza nei
movimenti, che
la giovane Milizé notò quando li accolse con un
leggero inchino.
«Vaclav-san, Margarita-san,
è un piacere finalmente avervi
qui nella capitale. Com'è andato il viaggio?» li
accolse con generosità lo
shogun, gentile ma composto. Mise una mano sulla spalla di suo padre
egli
sorrise leggermente.
«Tokugawa-sama, il viaggio
si è dimostrato calmo e senza
intoppi. Suo padre gli sorrise riconoscente e le fece cenno di
avvicinarsi. «Vi
posso presentare Vladilena, la mia unica figlia e
primogenita?»
Lo sguardo scuro e severo del grande
signore virò su di lei,
e nel sentirsi addosso quegli occhi scrutatori Lena si sentì
pervadere da
tantissimi brividi lungo la schiena. Si prostrò in un
inchino ed osannò lo
shogun. «Tokugawa-sama, è un onore fare la vostra
conoscenza. Mio padre mi ha
tanto parlato di voi e non vedevo l'ora di conoscervi.»
«Vladilena, senz'altro
l'onore è mio. A quanto pare il
vostro padre non mentiva sulla vostra educazione, niente meno sulla
vostra
bellezza. Una giovane come voi sarà piena di
corteggiatori.» si
complimentò Tokugawa, sorridendole
leggermente.
«Tutto il contrario
Tokugawa sama.» Lena si rimise in
posizione eretta. «Potrei affermare con certezza che per ora
nessuno sguardo mi
è stato rivolto né nessuna proposta di
matrimonio. Benché io abbia sedici anni,
preferisco fare bene la mia scelta piuttosto che correre e trovarmi
legata a un
uomo che non desidero.»
«Giovane, eppure
così saggia.» Il signore supremo del
Giappone si rivolse ai due genitori ridacchiando. «Mi domando
da chi abbia
preso tale logica.»
Vaclav fece per rispondere con una
battuta ironica, quando
uno squillo di trombe annunciò l'entrata dell'esercito
imperiale nella Corte
del palazzo. Diversi soldati entrarono seguendo il ritmo della marcia
militare,
fermandosi davanti allo shogun e protraendosi in un inchino.
«Vi porgo le mie
più sincere scuse, miei ospiti. Mi ero
completamente dimenticato che oggi avrei dovuto salutare l'armata che
è
rientrata dall' addestramento. Sapete, sono diversi anni che non li
accolgo e
tra di loro ci sono dei soldati che mi sono molto a
cuore.» lo shogun
mentre parlava sembrava cercare una persona in particolare tra quella
marmaglia
di scudi armi ed armature, sorridendo apertamente tanto da lasciare
Lena senza
parole. «Shin, mio caro nipote. Avvicinati. »
L'armata si divise tanto da creare un
corridoio per far
passare il ragazzo, anzi, l'uomo più bello che Lena avesse
mai visto.
Armato dalla testa ai piedi, con
l'elmo da samurai
appoggiato al fianco destro, un giovane dagli occhi rossi come il
sangue si
stava dirigendo verso lo shogun con passo felpato ma sicuro. Le gambe
coperte
dalle schiere e le ginocchiere d'argento, che facevano pendant con gli
spallacci ed i vambrace, non indossava un'armatura completa,
poiché sopra i
calzoni indossava un corto yukata scuro dalle rifiniture bianche e blu.
Al
fianco, una katana dall'impugnatura finemente decorata, che riposava
nella sua
fodera.
Nonostante i capelli legati in una
piccola coda a metà nuca,
alcune ciocche tra le più corte gli ricadevano sullo sguardo
profondo.
In piedi a fianco ai suoi genitori,
l'erede della casata
Milizé si ritrovò a sperare che se proprio lo
shogun avesse dovuto darla in
sposa a qualcuno, che quel qualcuno potesse essere il giovane che in
quel
momento si stava inchinando davanti a Tokugawa. Aveva sempre pensato al
matrimonio come la fase finale di una profonda conoscenza in cui le due
persone
che si stavano unendo conoscevano tutto l'uno dell'altra; lei quel
giovane
guerriero non lo conosceva affatto, non l'aveva mai visto prima di quel
momento.
Eppure, c'era come una sorta di filo invisibile, un'attrazione fatale
che la
spingeva a non staccare gli occhi dalla sua figura per niente al
mondo. Era come se attorno a lei le voci i rumori si
fossero
mischiati in un nulla cosmico, come se al centro dell'universo ci fosse
soltanto quello sconosciuto tanto affascinante quanto misterioso.
«Zio, permettetemi di
salutarvi come meglio si addice al
nostro più potente governatore.» la voce del
giovane era bella un po’ roca, e
quando si tirò di nuovo su in piedi, il movimento dell'ampio
colletto rivelò
una profonda cicatrice che sembrava fungere da
collana intorno al
collo. Era una cicatrice strana, così inusuale, che
però sembrava essere un
ulteriore incentivo per la curiosità di Lena. Si chiese come
aveva fatto a
procurarsela, e quindi la sua voglia di conoscerlo schizzò
alle stelle.
«Ti ringrazio nipote. Ma
ora vorrei presentarti la prima
famiglia che è venuta a farmi visita.» lo shogun
indicò tutti e tre. «Questi
sono Vaclav e Margarita Milizé, accompagnati dalla loro
unica figlia Vladilena.
Questo invece è Shinei Nouzen, figlio di mia sorella, capo
della prima
divisione d’avanguardia dell'armata imperiale e futuro shogun
della dinastia
Tokugawa. »
Lena e i suoi genitori si
prostrarono, ma, quando lei alzò
lo sguardo, incontrò quegli occhi che tanto aveva elogiato
nella sua testa. La
stava guardando con un tale interesse, da chiedersi che cosa stesse
pensando in
quel momento di lei. Si domandò se fosse incuriosito tanto
quanto lo era lei
nei suoi confronti, e si costrinse a far entrare aria nei polmoni
quando notò
lo sguardo del ragazzo scendere leggermente. «È un
piacere fare la vostra
conoscenza.» affermò, con un tono di voce
leggermente più basso.
Poi si rivolse a Tokugawa.
«Perdonatemi, zio, ma Raiden e
Theo hanno bisogno di recarsi all'infermeria. Ci siamo scontrati con un
esiguo
esercito di unni, e sebbene non ne siano usciti vincenti, alcuni dei
nostri
commilitoni sono stati toccati dal filo delle loro katane.»
rivolse
un'occhiataccia a due ragazzi in prima fila, uno dai capelli verdi e
dalla
profonda cicatrice sul mento, l'altro dagli occhi verde acqua e i
capelli
biondi, i quali fecero finta di non notare lo sguardo al vetriolo del
loro comandante.
«Niente di grave, ma meglio farli medicare in previsione
degli allenamenti di
domani.»
«Ma certo, andate pure.
Avrete bisogno di rifocillarvi e di
riposare.» lo shogun fece cenno verso il palazzo, e l'armata
si dileguò. Anche
Shin se ne andò, non prima di averle fatto un cenno di
saluto che aveva
riservato solo a lei.
Lo shogun se ne accorse e si
voltò verso di lei, facendola
arrossire. «A quanto pare, forse c'è un
ammiratore.»
[To be continued…]
|
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Capitolo 2 *** Confessioni ***
La principessa
ed il guerriero
II. Confessioni
Osservare il
cielo era una delle attività preferite di Lena. Nel pieno
della notte quando
sapeva che tutta la casa era piombata nel sonno, le piaceva
sgattaiolare per i
corridoi di casa sua pur di arrivare al grande patio della sala.
Adorava stare
ore e ore ad osservare il cielo notturno, a contarne le stelle, sperare
che
qualche cometa passi per poter esprimere un desiderio, a far compagnia
alla
luna immobile nel cielo. Era una delle poche volte in cui riusciva a
far valere
i suoi numerosi studi in astronomia, ad applicare nozioni che sapeva
essere a
quel tempo indirizzate solo agli uomini. Eppure suo padre gliel'aveva
insegnate, e lei passava notti insonni ad additare le stelle ad una ad
una e
dirne il nome a bassa voce.
Ed anche se
quella notte solo per quella notte lei e la sua famiglia erano ospiti
presso il
palazzo dello shogun, Lena decise comunque di tentare.
Chiuse la
porta dietro di sé, sperando che non cigolasse.
non aveva intenzione di svegliare i suoi genitori i quali
dormivano
nella stanza attigua alla sua, perciò cerco di fare il minor
rumore possibile,
scegliendo addirittura di non indossare le scarpe. Perciò, a
piedi nudi, si
lasciò scivolare fino ai balconi esterni, i quali davano la
vista su un'intera
città e sull'acqua scintillante del fossato che li
circondava.
Si
appoggiò
sognante al parapetto, con gli occhi fissi sul firmamento, senza
rendersi conto
di una figura che la stava osservando.
Shin stava
passando di lì per puro caso. Non riusciva a dormire, come
ogni altra notte,
perciò decise che una passeggiata per raggiungere la quiete
e magari stancarsi
ulteriormente per sprofondare in un sonno privo di incubi fosse
d'obbligo. Era
appena uscito dalla sua camera quando aveva visto una figura esile e
sottile
sgattaiolare tra i corridoi. Pensando fosse un ladro o peggio ancora
una spia,
l'aveva inseguita, e solo dopo essere usciti all'aria aperta, l'erede
dei Tokugawa
riconobbe la chioma argentea che rifletteva sotto i raggi deboli della
luna.
Quando
l'aveva vista, quel pomeriggio, era rimasto sconvolto. Vladilena
Milizé
probabilmente non era la donna più bella che avesse mai
visto, eppure c'era
qualcosa di seducente nel modo in cui lo guardava,
nel modo in cui si muoveva, nella maniera con
cui conversava. Non vi era malizia, eppure il primo pensiero che gli
passò per
la testa era quello intrinseco alla speranza che non smettesse mai di
prestargli attenzioni. Occhi che sembravano pietre lunari per quanto
scintillavano, lucidi come i capelli che ondeggiavano ogni suo passo.
Il suo
essere lì soltanto, anche durante la cena, sembrava essere
quasi avere gli
stessi effetti di una calamita che lo attirava verso di sé
senza alcuna
possibilità di scappare.
L'erede
della casata più vicina a suo zio era talmente affascinante
e curiosa che mai
si era sentito così attratto da una donna. Certo avevo avuto
le sue avventure,
ma le sensazioni che aveva provato ad ogni incontro segreto non reggeva
neanche
il minimo confronto con i brividi che aveva provato ogni qualvolta che
lei
posava gli occhi su di lui.
Scoprire che
le piaceva scappare la notte per poter anche solo osservare le stelle,
una cosa
che poteva sembrare insignificante agli occhi degli altri, a lui invece
metteva
addosso un'attrazione impareggiabile. Da quello che aveva potuto
assumere
durante la la cena coi loro ospiti, Vladilena sembrava essere in cerca
di
conoscenza, e più di tutti aveva partecipato alla
discussione di strategie
militari che si era intavolata tra lui, suo zio e Vaclav
Milizé. Con profonda
ammirazione, si era reso conto che possedeva una mente acuta, elastica.
e
sembrava portata per la strategia e per la logica militare, gli
sembrò tutta
figlia di suo padre. Era intelligente, e parlare con lei era talmente
facile e
piacevole che sarebbe stato ore ad ascoltarla senza mai annoiarsi.
E lo faceva
anche in quel momento, mentre lei elencava sottovoce le stelle che
riusciva a
riconoscere. Ad un certo punto lei smise di parlare, e Shin,
corrucciato, non capì
immediatamente che cosa l'avesse fatta fermare. Osservo la sua
espressione, e
la vita impegnata a pensare mentre lo sguardo era fisso su una
costellazione in
particolare che lui conosceva molto bene.
«É la
costellazione della cintura di Orione, quella che state
osservato con tanta intensità.» La
aiutò uscendo dall'ombra,
facendola saltare sul posto per lo spavento. «Perdonatemi. Non
volevo spaventarvi,
ma passavo di qua per caso e vi ho vista.»
«Non
c'è niente da perdonarvi, Nouzen-sama. Anzi non dovrei
neanche essere qua.» Lena non
riusciva a smettere di
guardarlo dritto negli occhi. «Non riuscite a
dormire?»
«Possiamo dire
che non sono abbastanza stanco perché il mio
sonno sia tranquillo.» Il guerriero si
appoggiò al
parapetto a qualche centimetro di distanza da lei. Non riusciva proprio
a
starle troppo lontano, e per lui fu naturale come se fosse un'abitudine
piazzarsi a quei dieci centimetri di distanza, tanto che se avesse
voluto con
un passo sfiorarle il braccio con il suo. «E voi,
Milizé-sama? Anche voi fate
fatica a dormire?»
«Possiamo dire
che, benché vostro zio sia immensamente ricco,
il mio futon batte il suo.» Rispose
scherzando lei, e quando
vide che la sua battuta aveva provocato un leggero sorriso sulle labbra
di
Shin, il suo cuore manco letteralmente un battito. «Sapete, questa
è la mia prima volta nella capitale.»
«Davvero non
siete mai venuta in visita negli anni precedenti?»
«Mio padre non ha
voluto. All'epoca ero ancora troppo piccola
e avevo bisogno di essere educata dai maestri in maniera tale da
affrontare il
viaggio e l'incontro con lo shogun con le giuste conoscenze e con le
giuste
maniere. E diciamo anche che non ero così interessata a
lasciare casa mia.»
«E cosa facevate
a casa vostra?»
«Cosa faccio
tutt'ora, se vogliamo dirla tutta.» Lena sorrise
ripensando a quei momenti di pace e di
solitudine che a volte le mancavano. «Mi piace
moltissimo leggere
passeggiare nei dintorni dell'han, dedicarmi alla scrittura
e…»
«E?» Shin sembrava
davvero curioso di
sapere quale altra sorpresa quella donna gli riservava. «Avanti, non
siate timida. Non vi prenderò in giro.»
Lena
arrossì,
e volse lo sguardo a suo precedente obiettivo. «Adoro studiare.
Mi piace conoscere
cose nuove e comprenderne la logica, collegarle ad altre nozioni mi
piace tutto,
e soprattutto mi piace l'astronomia. Sapere che nell’universo
ci sono pianeti,
la luna, il sole, le stelle, tutte cose che sembrano così
vicine ma in realtà lontane
anni luce. Mi piace pensare che nelle stelle ci siano scritte storie
che gli
esseri umani non potranno mai capire né comprendere.» Lena
indicò la corona di Arianna. «Quella
è la corona boreale. La conoscete?»
«Non bene quanto
la cintura di Orione.» Shin rivolse un
sorrisetto. «Volete
illuminarmi, Vladilena-sama?»
«Solo Lena,
Nouzen-sama.»
«Allora solo Shin.
Direi che dopo queste confidenze possiamo
evitare le formalità no? D'altronde, abbiamo la stessa
età.»
«Avet-cioè,
hai 16 anni come me?» Lena era
sorpresa, si aspettava che
fosse più grande di lei di almeno due anni.
«Sì,
siamo coetanei.» Shin le si
avvicinò ancora di poco,
beandosi delle leggero profumo di violetta che sembrava accompagnarla
ad ogni
movimento. «Ma non
è questo il punto della nostra discussione. Ti va di
raccontarmi quale triste vicenda si si nasconde dietro quella
costellazione?»
«Con molto
piacere Shin.» Con un dito
Lena unì le stelle che
formavano la costellazione, soggetto del loro discorso. «La storia si
concentra perlopiù sulla mitologia, in
particolare gira attorno alle vicende e alle leggende la cui
protagonista è
Arianna. La prima riguarda il matrimonio tra Arianna e Dioniso, il
quale voleva
regalarle una corona come simbolo della loro Unione, che fece
realizzare da Efesto,
Dio dei vulcani e degli artigiani,
che
però Dioniso lancio nel cielo quando lei morì.»
«È
molto triste.»
affermò
Shin seguendo il
dito affusolato della giovane.
«È
vero ma quasi tutte le leggende mitologiche sono un po’
tristi. Una seconda leggenda racconta di Arianna figlia di minosse la
quale
offrì il proprio aiuto a un eroe Teseo che venne mandato nel
labirinto per
sconfiggere il Minotauro. Molti pensano che Teseo e Arianna si erano
innamorati, eppure quando lui la portò via la
abbandonò sull'isola di nasso
dove venne trovata da Dioniso che la sposò e le
regalò la corona, promettendole
di prendersi sempre cura di lei e di amarla.»
«Insomma alla
fine, si sposa ed è felice.»
«Sì,
ma un dio è eterno una vita umana non lo è mai.» Lena
sospirò. «A volte,
tendiamo a dimenticare
alcune differenze che però sono inequivocabili, di cui
scordarsene sarebbe un
terribile errore.»
«Sembra che parli
per esperienza.» Il tono della
giovane era talmente cupo da sembrare
sbagliato, se uscito dalla sue labbra. Un pensiero gli
balenò nella testa, e
l’ipotesi lo orripilò a tal punto
da
sentire la gelosia bloccargli la gola e le vie respiratorie. «Per caso si
tratta… di qualche giovane che ti interessava?
«Che mi
interessava, no. Nel villaggio in cui vivo non c'è una
singola persona che mi interessi su quell'ambito. Ma qua ad
Edo…» Lena lo
guardò con la coda dell’occhio, mordendosi il
labbro. «Forse potrei
aver trovato quella persona ma penso che siamo
piuttosto diversi e non credo che le differenze di rango si possono
colmare
così facilmente.» Gli stava
dicendo tra le righe che
le sarebbe piaciuto conoscerlo a fondo, e si domandò se Shin
avesse capito.
«Oh.»
La delusione
del ragazzo pesava tra di loro, ma lei non comprese il vero motivo per
cui
sembrava così afflitto. Temette che lui avesse sì
compreso, ma che aveva
intenzione di rifiutarla.
Tra loro
calò un velo di incomprensione, pesante tanto da soffocarli entrambi. Lena si
accomiatò
per prima, usando la scusa di essersi stancata e di aver bisogno di
riposare
per la mattina successiva, ma quando arrivò nella sua stanza
avvolta nel suo
futon, si lasciò andare alla lacrime amare.
Era quello
ciò che si sentiva quando si veniva rifiutate?
†
† † †
La mattina
dopo alzarsi fu una tortura. Lena si sentiva gli occhi così
gonfi e pieni di
lacrime ancora, e doveva davvero avere un brutto aspetto se Kurena ed
Anju
avevano lanciato un urlo nel vederla in quelle condizioni. Eppure lei
non
poteva farci niente: aveva pianto tutta la notte, per poi addormentarsi
per lo
sfinimento solo poche ore prima di doversi alzare. Non aveva alcuna
voglia di
incontrare lo shogun né di vedere suo nipote, e sperava in
qualche modo di
poter rifilare una scusa su una possibile malattia in maniera tale che
almeno
lei sua madre potessero recarsi alla loro residenza di Edo senza dover
pesare
sulle spalle dello shogun, mentre suo padre presentava la sua relazione.
Era nelle
sue stanze quando sentì bussare alla porta. Sentì
i passi leggeri di Anju
avvicinarsi all'entrata e parlottare con l'ospite, prima di richiamare
la sua
attenzione. «Lena,
c'è Shinei Nouzen-sama alla porta per te. Posso farlo
entrare?»
La giovane
Milizé sospirò sconfitta. A nulla era valso
saltare la colazione, se il nipote
dello shogun si presentava nel suo appartamento per vederla di
proposito. Non
poteva certo rifiutare la sua visita, era pur sempre parente prossimo
di chi li
ospitava, e benché volesse evitare di rivivere la vergogna
della notte
precedente, la parte più egoista e masochista di lei voleva
vederlo l'ultima
volta prima di andarsene da Edo. Il solo pensiero bastò
perché qualcosa nel suo
petto si incrinasse, e si rese conto che per la prima volta non sarebbe tornata a casa
felice come sempre
di riprendere la propria vita da dove l’aveva lasciata.
Era bastato
un giorno, un giorno soltanto, perché la sua esistenza e
tutti i suoi interessi
si capovolgessero, come se delle mani giganti di Atlante avessero
afferrato la
terra per i suoi emisferi e l'avessero strattonata avanti e indietro
furiosamente. Questo era l'effetto che aveva avuto sulla sua vita nel
giro di ventiquattr’ore
tutto era cambiato, ma allo stesso tempo tutto era rimasto identico.
Sarebbe
partita, e solo Amaterasū poteva sapere
che cosa sarebbe successo.
Lei
probabilmente si sarebbe sposata,
Shin pure, e sarebbe diventato lo shogun migliore di cui la storia
giapponese
avrebbe mai potuto parlare.
«Fallo
entrare.» si arrese a quella
che era la volontà del suo cuore. Quel dannato muscolo
involontario non
riusciva a smettere di palpitare così forte nel suo petto
tanto da farle male.
Perché doveva prendersi una cotta del genere per la persona
che non poteva
avere? Era sì figlia di un daimyo, ed era ricca, ma non era
abbastanza nobile
perché potesse risultare un'ottima candidata per diventare
sua moglie e doveva
farsene una ragione.
Per quello avevo
accettato di vederlo.
Per potergli dire addio un'ultima volta nella mia testa, e poterlo
salutare
come un'amica, anche se di tempo per diventarlo non ne avevano avuto.
«Buongiorno
Lena.» la salutò così
sedendosi al suo fianco.
«Buongiorno
Shin.»
«A
colazione tua madre mi hai detto
che non stavi tanto bene, per questo hai preferito rimanere nei tuoi
appartamenti per riprenderti prima di partire. Stai tanto
male?» ai suoi occhi
stanchi sembrava così preoccupato per lei, ma immagino che
fosse semplice
preoccupazione data dal fatto che in quel momento si trovava al
castello con
loro e si sentiva in qualche modo responsabile per lei.
«No,
è solo un forte mal di testa,
dato dal fatto che ieri notte non ho dormito granché. E tu?
Sei riuscito ad
addormentarti?»
«A
dire la verità no.» lui le
confessò, spiazzandola poi con la frase successiva:
«Ho passato tutta la notte
a chiedermi quale delle mie parole ti è risultata
così tanto sgradita da
scappare via.»
Lena si
sentì tremendamente in colpa
nei suoi confronti, se ne vergognava immensamente. «Non
è per colpa tua Shin,
anzi. Sei stato così gentile e disponibile con me, e non
è certo colpa tua del
perché io sia fuggita.»
«E
allora perché Lena?» Shin era
disperato, e le parole si riversarono tra loro come un fiume in piena.
«Perché
mi hai lasciato lì da solo quando io avrei voluto passare
tutta la notte lì con
te?»
«Co-cosa?»
La giovane
Milizé era rimasto senza
fiato davanti a quella confessione aggressiva ma allo stesso tempo
così dolce.
Non se lo sarebbe mai aspettata, eppure gliel'aveva detto non poteva
sognarsi
parole del genere parole che nei suoi sogni più reconditi
avrebbe tanto voluto
sentire pronunciare da quelle labbra così sagge e belle.
«Lena.»
Shin le prese una mano
d'impulso, portandosela al petto. «Io non voglio che tu te ne
vada, almeno, non
con delle questioni in sospeso tra noi. Ieri quando mi hai parlato del
ragazzo
che ti interessava ho reagito in quel modo perché ero
geloso. Insomma, è la
prima volta che incontro una ragazza così... così te.»
«Così…me?»
«Sì.
Così bella, così leggiadra ed affascinante,
così colta, così spiritosa, con la quale
è così facile parlare. E non è vero
che ieri ti ho trovata per caso ad osservare il cielo, bensì
ti avevo inseguita
e sono rimasto lì ad ascoltarti fin quando non ti sei
bloccata.»
«Davvero?»
Il tono di voce di Lena
grondava lacrime di emozione. Lei si schiarì la voce,
prendendo coraggio. «E
saresti ancora geloso se ti dicessi che il ragazzo che mi interessa
conoscere
sei tu?»
Non fu
necessaria una risposta, perché
a Lena bastò sorriso radioso di Shin. Il suo volto che fino
a quel momento era
cupo aveva ripreso una tale luce da essere contagiosa, e lei prese quel
momento
e se lo mise nel cuore per conservarlo il più a lungo
possibile.
«Quindi…
potrò venirti a trovare?» Il tono
dell’erede dei Tokugawa si era fatto speranzoso,
mentre stringeva ancora la mano tra le sue.
Lena gli
sorrise, radiosa come non mai. «Quando vorrai,
sarò la ad aspettarti
con ansia. Solo, non farmi aspettare troppo.»
[To be
continued…]
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Capitolo 3 *** Primi baci ed incontri dal passato ***
La principessa
ed il guerriero
III. Primi baci
ed incontri dal passato
E Shin mantenne la parola.
Per l'intera durata della permanenza
ad Edo, non c'era stato
un momento libero che il ragazzo non avesse passato con la giovane
figlia dei
Milizé. Che fosse per una semplice passeggiata, per leggersi
un libro insieme
nella stessa stanza -nonostante la porta aperta ed il padre che lo
scrutava
attentamente-, anche solo per sapere come stava, Shin cercava sempre di
ritagliarsi abbastanza tempo per vederla.
E non importava quanto fosse stanco
per via degli
addestramenti, quanto fosse esausto mentalmente a causa degli incontri
con i
ministri dello zio per supervisionare l'andamento economico e politico
del
Giappone. Non importava quanto il suo corpo venisse messo alla prova
con i
continui spostamenti in lungo e in largo per l'intero territorio per
incontrare
i daimyo, soprattutto quelli che si erano arresi durante la presa del
potere da
parte dei Tokugawa ed erano stati confinanti il più lontano
possibile da Edo. Pur
di vedere quel sorriso e quegli occhi splendere quando si posavano su
di lui, avrebbe
fatto di tutto pur di vederla anche solo per un istante.
La cosa che più lo faceva
impazzire era che Lena cercava di
coinvolgerlo nella sua vita quanto più possibile, e lo
faceva con una tale
spontaneità e sincerità che il suo cuore, quel
muscolo che da tempo non si
faceva sentire, ritornava a pompargli nel petto come un tamburo
forsennato. Aveva
ragione a pensare che quella ragazza fosse diversa dalle altre,
è di solo
pensiero che una volta ripartita per tornare nel suo han qualcun altro
potesse
prendere il suo posto lo faceva diventare furioso di gelosia.
Per questo si era estraniato, mentre
Lena gli mostrava gli
ultimi libri che si erano aggiunti alla collezione del padre. Forse era
il caso
di fare un passo più avanti nel loro rapporto, qualsiasi
forma esso possedesse.
La voleva in moglie.
Voleva farla sua, solo e soltanto sua.
E perciò doveva parlare
con suo zio.
«Shin.»
La voce calma e paziente della
ragazza riconquistò
immediatamente tutta la sua attenzione. Quando alzò lo
sguardo su di lei la
trovo a sorridergli dolcemente. «Oh,
perdonami, Lena. Dicevi?»
«Non
mi stavi ascoltando.»
La ragazza si sedette al suo
fianco, poggiando le mani in grembo. Che fosse risentita per la sua
mancata
attenzione -anche se lei era sempre stata presente nei pensieri-, Lena
non lo
dava a vedere, soprattutto perché sembrava serena mentre
ridacchiava,
prendendolo in giro. «Guarda
che lo capisco se mi trovi noiosa e saccente, a
volte penso di darmi fastidio da sola.»
«Non
è perché tu sia noiosa, Lena, assolutamente.
Anzi,
qualsiasi cosa tu dica io la troverei comunque affascinante e
interessante.» Per
qualche secondo Shin godete il rossore che le imporporava le guance,
prima di
spiegarle il motivo per cui si era tanto allontanato dalla
realtà. «Sai, a
palazzo la vita è divenuta frenetica, ed è
arrivato quel periodo dell'anno in
cui io devo aiutare lo zio nelle questioni politiche. E in particolare,
gli
servo per gestire i signori feudali che ancora gli sono un
po’ restii.»
«È
capitato che incorressi in qualche rivoltoso?»
Quanto la adorava quando si
dimostrava preoccupata per lui. «Qualche
volta, ma non sono un pericolo per me. Inoltre, a quanto pare, incuto
talmente
tanto timore che ci pensano due volte prima di dire qualcosa di
sbagliato.»
«Non
è proprio qualcosa di cui vantarsi, Shin.»
Lo prese in giro lei, dando un colpetto al suo ginocchio con il suo.
«Però
è utile. Le uniche persone su cui non ho effetto sono
mio zio, tuo padre e te.»
Shin si rifece la piccola coda dietro la testa, ma il
laccio gli sfuggiva dalla presa e quindi i lunghi capelli gli cadevano
sul
volto, fino a sfiorargli le spalle. Accidenti.
«Aspetta,
ci penso io.» Lena
gli si spostò dietro le
spalle, tendendo la mano per farsi dare l’elastico consunto.
la fece fare, e
gli piacque pensare di avere quella dita, che aveva potuto stringere
solo una
volta tra le sue mani, tra i capelli.
«A
proposito di tuo padre.»
Shin attirò la sua
attenzione. «Come
mai non è qui fuori, appollaiato come un avvoltoio, a
fissarmi mentre gli porto
via la sua bambina?»
«Perché
gliel’ho chiesto io.»
La confessione di lei, mentre era
ancora impegnata ad
acconciargli le lunghe ciocche scure, lo stupì, tanto da
voltare la testa di scatto
verso di lei. «Shin,
insomma! Oggi ti piace proprio spingermi a lasciare
le cose a metà!»
«Perché
glielo hai chiesto?»
Lui ignorò la presa in giro
un po' scocciata della ragazza, serio come non mai. «Insomma,
potrei rivelarmi un
pazzo che sfodera la katana non appena si arrabbia e potrebbe farti del
male,
eppure vuoi rischiare la tua incolumità comunque. Nessuna
ragazza lo farebbe
mai, Lena, è da pazzi.»
«Ma
io so che non mi faresti mai del male, Shin.»
La
giovane Milizé si era di nuovo spostata al suo fianco, ma
aveva abbassato la
testa, forse per l’imbarazzo dato dalla sua domanda. «So che sei un ragazzo
buono,
anche se so che devi dimostrarti forte e irreprensibile agli occhi di
quello
che diventerà il tuo popolo. E mio padre può non
fidarsi di te, ma di me sì, e
se gli dico che sono più che al sicuro con te, allora non
può fare altro che
starmi a sentire.»
Anche se il suo viso era nascosto tra i lunghi fili
d’argento quali erano i suoi capelli, Shin la vide diventare
ancora più rossa. «E
poi…»
«E
poi?»
«Volevo
stare un po' con te, noi due soli.»
Lena gli sorrise leggermente, sempre con quell’espressione
timida in volto. «Come
la sera in cui abbiamo guardato le costellazioni.»
Shin venne travolto da un fiume in
piena di sensazioni
diversi. Era come trovarsi sul ciglio di un burrone di cui non si
vedeva la
fine, il vento che soffia arrabbiato tra i capelli: lo stomaco si
svuotò
totalmente, fino a riempirsi di uno sfarfallio dirompente. Aveva
così tanta
voglia di approfittare di quel momento di intimità per
avvicinarsi a lei più
del dovuto, per toccare finalmente quel volto di porcellana. Per
scoprire di
cosa sapevano le sue labbra, se lo chiedeva da quella sera al castello
dello zio.
Per quanto Shin la rispettasse e
fosse onorato che lei
pensasse quelle cose, non poté frenarsi dallo scivolare
sulle assi di legno ed
alzare il viso di Lena con una mano, prendendole il mento. «Tu mi fai
impazzire.» le sussurrò, le labbra distanti di
qualche centimetro, ma abbastanza
vicine da sentire il suo fiato lieve sul volto. «Di tutti i
pericoli che ho corso
nella mia vita, come uomo e guerriero, tu sei quello che vale di
più il
rischio.»
«Il
rischio di cosa?» la voce della giovane si era ridotta ad un
sussurro strozzato, e Shin si chiedeva se fosse cosciente di quello che
stava
per succedere.
«Il
rischio che tuo padre mi trapassi con la sua katana, per
questo.»
E le loro
bocche si scontrarono in un bacio rovente.
Non
sapeva dire se fosse stato lui a sbilanciarsi per primo, o lei
ad andargli incontro. Solo quando fece proprio il respiro della
ragazza, il
giovane nipote dello shogun si rese conto di essersi appropriato del
suo primo
bacio- non quello a stampo, non quello innocente di due giovani sposi,
ma
quello di due amanti che si erano trattenuti troppo.
Shin
sapeva quanto Lena fosse innocente su quel fronte, al
contrario suo. Aveva avuto molte avventure, spesso durate un battito di
ciglia,
e sapeva come muoversi. Non si aspettava però che, quando
aprì la bocca per
approfondire il bacio, Lena facesse la stessa identica cosa. Il sapore
dolce e
vanigliato, forse quello di qualche dessert, gli invase la bocca, e,
sebbene
non amasse il sentore zuccherato dei dolci, quello che leccò
dal labbro
inferiore gonfio e rosso di Lena era diventato la sua nuova droga.
Si fusero
ancora più in profondità, i loro sapori mescolati
in
un’esplosione di sentimento. Le loro lingue si toccavano, si
accarezzavano, si
battevano per chi dovesse guidare quella danza sensuale, ed entrambi,
nel
momento in cui si allontanavano per riprendere un po' di fiato, si
resero conto
di essere sconquassati fin dentro l’anima.
«Per
Amaterasū.» sospirò lei, in estasi, mettendosi le
mani sulla
bocca. «Mi hai baciata.»
«A
quanto pare.» Shin non riusciva a smettere di sorridere tra
sé
e sé. Le rivolse un’occhiata divertita, mentre le
posava le mani sui fianchi. «È
stato così terribile?»
«Sai
benissimo di avere fin troppa esperienza, perché fosse
terribile come pensi.» borbottò lei, le braccia
incrociate al petto.
«Sei
gelosa.»
«Beh,
certo che lo sono.» Lena sbuffò, tutto ad un
tratto
risentita dalla sua affermazione. Anche da arrabbiata, era sempre
così bella,
con gli occhi lucidi e le guance arrossate. «Insomma,
chissà quali altre mani
femminili ti avranno toccato, quante volte hai vissuto per sapere come
muoverti, mentre io ho il timore di non riuscire a regalarti nemmeno un
bacio
memorabile.»
«E
qui sbagli, Vladilena.» lei era sorpresa del suo tono serio.
«Non
importa la vita che avevo prima di te, non contano le volte che sono
venute
prima di te. Sarò diretto, schietto e probabilmente
indecoroso, ma nessuna
emozione che io abbia mai sentito sulla pelle durante le notti di
passione
potrebbe competere con quello che mi fai provare quando mi sorridi. E
questo
bacio, Lena, è solo l’inizio di ciò che
ti voglio fare.»
«E
cosa mi vorresti fare?» Lena aveva la voce bassa e roca.
«Oh,
tante di quelle cose che non saprei da dove cominciare.» Shin
fece combaciare le loro fronti. «Ma non intendo forzarti la
mano. Abbiamo tutta
una vita, se mi permetterai di corteggiarti ufficialmente.»
Il
sorriso felice che le comparve in volto lo riempì di un
sentimento che gli ribolliva sottopelle. «Non potrei
desiderare niente di
meglio.» Lena gli indicò la porta. «Ma
non è me che devi convincere.»
«Non
sarà facile.»
«Basta
che gli prometti che ti prenderai cura di me, e vedrai che
cederà.»
Risero,
ed il loro pomeriggio -l’ultimo di Lena nella capitale- fu
pieno di risate,
primi baci rubati e tanti
momenti indimenticabili, tatuati nel loro cuore.
††††
Il
consiglio di Lena non fu necessario, alla fine.
Poco
prima di partire per tornare nel loro han, Shin aveva preso
da parte Vaclav per parlargli delle sue intenzioni nei confronti della
figlia,
ed inaspettatamente il capofamiglia si era rivelato un osso duro solo
per
nomea. A quanto pareva, avendo parlato sia con suo zio che con Lena, si
era
fatto un’idea su di lui e lo reputava adatto per corteggiare
la ragazza.
Shin
aveva salutato quest’ultima in privato, nella sua stanza,
dove l’aveva stretta a sé per dei minuti che
speravano entrambi fossero
interminabili. Si erano anche baciati a lungo, promettendosi di avviare
una
lunga e fitta corrispondenza, e Shin le disse che, dopo aver parlato
con suo
zio, sarebbe venuto immediatamente a trovarla.
La
guardò andare via, una mano intenta a salutarla, un sorriso
dolceamaro sul volto. Avere Lena nella capitale, viverla a tu per tu
dal vivo,
era una ragione più che valida per alzarsi di buonumore,
perché la sapeva
vicina a lui. La sapeva parte della sua quotidianità, e non
averla più creava
un vuoto impossibile da colmare.
Inaspettatamente,
per il resto della prima settimana che passò,
sentì in sottofondo la sua mancanza, mitigata
però dalle lettere che leggeva
nel suo talamo la sera dopo gli allenamenti privati con Theo e Raiden.
Gli
raccontava delle vecchie giornate che era tornata a vivere, in
compagnia di
Annette, Kurena ed Anju, e che, per sua sorpresa, aveva chiesto a suo
padre di
addestrarla militarmente. Quando aveva letto di queste sue intenzioni,
Shin non
era rimasto troppo sorpreso. A lui Lena non era mai sembrata debole a
livello
fisico, e ne avrebbe approfittato una volta che sarebbe andato da lei.
Shin
rispondeva con entusiasmo, raccontandole delle sue disavventure con i
suoi
amici e ammettendole che gli mancava averla attorno.
Quella
sera però, alla fine della seconda settimana di lontananza,
la lettera che gli era arrivata da Lena la lasciò giacere
sul tavolino al
centro delle sue stanze. Aveva aspettato fin troppo per parlare con suo
zio, e
quella sera lo avrebbe fatto.
Bussò
alle stanze private dello shogun, e Shin, in attesa, si mise
a posto lo yukata nero che gli lasciava il petto scoperto a
metà. La voce roca
e bassa del governatore gli diede il permesso di entrare, e quando Shin
varcò
la soglia, lo trovò seduto al suo tavolino privato, dove
stava analizzando dei
documenti.
«Oh,
Shin. Pensavo stessi dormendo.» lo salutò
così, facendogli
cenno di sedersi davanti a lui. «Di solito gli allenamenti
serali ti stendono.»
«Buonasera,
zio. Sono stanco ma necessito di parlarti.» una volta
a gambe incrociate, adagiato sul morbido cuscino, Shin si
guardò attorno. «Makoto-san?»
«Sta
dormendo, ultimamente riesce a riposare molto poco.» Tokugawa
mise da parte i fogli, provocando un fruscio insistente. «A
dire la vertà,
anche io avrei da dirti alcune cose, ed alcune riguardano proprio mia
moglie.»
Shin
attese che andasse avanti.
«Makoto
è incinta. E penso che renderò mio figlio mio
successore,
passandoti avanti in linea ereditaria.» suo zio era
dispiaciuto, glielo si
leggeva in volto. «So di averti già proclamato mio
erede davanti all’intera
nazione, ma capisci che…»
«In
realtà, zio, questa cosa non mi crea affatto nessun
problema.»
lo interruppe Shin. «Mi congratulo con te.»
«Come?
Davvero non ti interessa? Molti si sarebbero alterati, se
si vedessero rubata l’occasione di diventare lo shogun da un
bambino che non è
nemmeno formato.»
«Ma
io non sono come gli altri.» Shin stava per scoppiare a
ridere
davanti all’espressione stupefatta dello shogun. «E
no, perché si ricollega al
motivo per cui sono qui, ad impegnarti la serata.»
«E
sarebbe?»
«Lena.
Voglio dire, Vladilena Milizé.» si
schiarì la voce. «Ho
intenzione di corteggiarla ed eventualmente chiederle la mano. So che
proviene
da una famiglia ricca e a voi fedele, che è stata educata
perfettamente, ma non
voglio doverla costringere ad una vita a corte.»
«E
cosa avresti fatto se mia moglie non aspettasse nostro
figlio?»
A Shin
non servì neanche un secondo per pensarci. «Glielo
avrei
chiesto, e se lei si fosse rifiutata di diventare la moglie dello
shogun, beh…
l’avrei lasciata andare. Tengo troppo alla sua
felicità per obbligarla ad
essere infelice al mio fianco.»
«Ti
ha proprio invaso la testa, eh?» Tokugawa gli rivolse un
sorriso divertito e, in qualche modo, dolce.
«Molto.»
La
risposta era disinteressata, e non perché
l’argomento “Lena”
non gli importasse, anzi.
Ma i suoi
sensi gli stavano dicendo che qualcosa stava camminando
sulle loro teste, poggiando i propri piedi sulle grate. Fece segno allo
shogun di
fare silenzio, alzando le mano verso di lui.
Per un
attimo, il silenzio regnò sovrano nell’ambiente,
ma Shin sentiva
la cicatrice sul collo prudere, con una sensazione pessima addosso che
gli
faceva colare del sudore freddo lungo il collo. E fu grazie al sesto
senso che
ebbe che si allontanò dal tavolino, sguainando la katana
della famiglia Nouzen
che si portava sempre dietro verso la figura che aveva sfondato il
soffitto ed
era atterrato sul tavolino.
Lo
riconobbe, impossibile non farlo, data la vistosa chioma colore
dell’alba.
Il nuovo
arrivato, quel guerriero coperto da capo a piedi
dall’armatura
rossa e nera, gli rivolse un ghigno derisorio.
«Shin.»
E lui,
rispose, ringhiando. «Rei.»
[To be
continued…]
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