Gray & Blue

di So_Vi_Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Ho sempre trovato il mio mondo molto rilassante: è tutto grigio, ogni cosa ha la sua speciale sfumatura. Talvolta la differenza tra diverse sfumature è quasi impercettibile, talvolta è evidente.

Una volta, a scuola, ci hanno spiegato che esistono molti colori oltre il grigio: da qualche parte, il cielo è di un colore chiamato azzurro, l’erba è verde e il sole è giallo. Ci sono anche colori come il marrone, il rosso, il viola, l’arancione, il rosa… Non li ho mai visti e trovo i loro nomi molto buffi. A volte sogno i colori, ma non ho mai imparato a distinguerli. E ogni volta penso di sbagliare a nominarli, i colori. Forse in realtà hanno altri nomi. Dopotutto, sono solo sogni.

Ne sto facendo uno proprio adesso. Sono in un posto bellissimo, per nulla grigio, pieno di colori e di vita. Mi sto guardando intorno e, vedendo il cielo, penso: “Forse è così l’azzurro…”.

Mi sveglio all’improvviso. Mi rendo conto che è il mio quattordicesimo compleanno e sono curiosa di vedere cosa riceverò. Mi butto giù dal letto, vado in cucina e faccio colazione. Dopo aver finito il mio pancake, vado in bagno e mi cambio. Mi osservo allo specchio, come ogni mattina. La mia pelle è di un grigio più pallido di quello che aveva durante l’estate ma, essendo ora novembre, è comprensibile. Si sta avvicinando l’inverno, quando esco di casa sento l’aria pungermi le narici. Mi passo una mano nei capelli, ne prendo una ciocca e la osservo mentre cammino verso la scuola. Sono grigi scuri, mi chiedo come sarebbero se fossero colorati.

Arrivo a scuola: è un edificio enorme, stupendo, grigio chiaro con sculture minuscole in ogni angolo. C’è Orange, la mia migliore amica, che mi aspetta con un regalo grigio in mano. La raggiungo e mi sorride, porgendomi il pacchetto.

- Buon compleanno, Blue.

Prendo il regalo. Ha una forma sferica e liscia ed è avvolto in una carta regalo grigia decorata da moltissimi cuoricini più scuri. Non è grande, riesco a tenerlo in una sola mano senza difficoltà. Sciolgo il nastro luccicante che lo chiude e tolgo la carta.

- Orange… - dico, senza fiato. Mi ha regalato una sfera trasparente con dentro una statuetta di noi due abbracciate e la scritta “Migliori Amiche Per Sempre” sotto. Non appena la scuoto, la sferetta si riempie di coriandoli argentati e luccicanti.

- Grazie - sussurro.

- Bello, vero? - dice lei. Annuisco e le getto le braccia al collo.

- Ti voglio bene - dico.

- Anche io - risponde lei, stringendomi forte.

Suona la campanella, ci sciogliamo ed entriamo.

C’è sempre molto rumore nel corridoio prima delle lezioni: gente che parla, gente che corre, gente che ripassa all’ultimo minuto. La nostra classe è lontana, perciò Orange mi prende la mano e mi trascina in mezzo alla mischia. Non vedo dove sto andando, pesto piedi in continuazione e continuo a sbattere contro le persone. Stiamo andando troppo veloci, non riesco a tenere il ritmo della mia amica. Allungo l’altro braccio per prenderle la spalla e girarla verso di me, in modo che si fermi, ma per errore afferro la spalla di qualcun altro. Lo giro verso di me, e mi accorgo del mio errore quando è troppo tardi. Non è Orange, decisamente non lo è. Abbasso lo sguardo, imbarazzata, e balbettando mi scuso. Ride e finalmente trovo il coraggio di guardarlo negli occhi. Rimango sbalordita.

Il suo viso è bellissimo, i lineamenti sono armoniosi e ben disegnati. Ma la cosa che mi colpisce di più sono gli occhi: mentre tutto quanto è grigio, i suoi occhi sono di un colore strano, diverso, mai visto prima dal vivo. Forse l’ho sognato da qualche parte, ma non riesco a ricordare dove.

- Tutto bene?

Dev’essersi accorto che lo fisso. Sento la faccia diventare bollente.

- Sì, ehm…

- Eccoti! Dai, vieni, siamo in ritardo! - esclama Orange, afferrandomi il polso e tirandomi in aula, lontano dal misterioso ragazzo. Non pare essersi accorta di nulla.

Ci sediamo vicine, come al solito, estraggo il mio portapenne dalla cartella e mi sistemo, senza riuscire a smettere di pensare al ragazzo di prima. Non riesco a togliermi dalla mente l’immagine dei suoi occhi meravigliosi e così diversi da tutto quanto ho mai visto finora.

- Ragazzi! - ci chiama la signorina Brown battendo le mani. - Questo è Gray, è il vostro nuovo compagno di classe. Starà con noi per i prossimi mesi.

Alzo lo sguardo per vedere chi è e per poco non cado dalla sedia. Il ragazzo dagli occhi stupendi ha finalmente un nome e una classe.

- Ciao - dice. La sua voce è roca, come se non fosse ancora cambiata del tutto.

- Ciao  - rispondiamo in coro.

Noto che Gray mi sta fissando e mi sento scaldare ancora. Sorrido, sono in imbarazzo. Anche lui mi sorride e poi mi fa l’occhiolino.

- Ooooh - esclama sottovoce Orange, piantandomi un gomito nelle costole.

- Cosa? - chiedo io, seccata, guardandola.

- Il nuovo ragazzo è già interessato a te! Non dirmi che non è carino… Si vede che ti piace!

Non cerco nemmeno di negare, Orange ha l’espressione di chi la sa lunga e quando è così è impossibile convincerla che sta credendo una cosa assurda.

- Sì - ammetto, sorridendo. So di avere un’espressione idiota stampata in faccia, ma non m’importa. Gray mi sta guardando e sorride, con quegli occhi stupendi incastonati nel suo viso perfetto.

- Chi di voi ha voglia di sedersi accanto a Rose per far posto a Gray? - chiede la signorina Brown. Orange scatta in piedi e inizia a preparare le sue cose. Prima di andarsene mi strizza l’occhio.

- Grazie, Orange.

- Non c’è di che! - trilla lei.

Gray si siede accanto a me e inizia a sistemarsi. Quando ha finito, mi guarda ancora. La signorina Brown sta parlando, ma non la sto ascoltando, rapita da quegli occhi così particolari.

- Ci si rivede, eh? - mi saluta lui, sottovoce.

- Già - sospiro io.

- Sono Gray - si presenta, tendendomi la mano e sorridendo. Mi sento sciogliere.

- Mi chiamo Blue - mormoro, stringendogli la mano. È calda, piacevole.

- Che bel nome - dice.

- Grazie…

- Hai due occhi di un azzurro splendido, Blue.

Sobbalzo.

- Azzurro? - balbetto.

- Sì - dice lui, come fosse una cosa normale.

- Io ho due normalissimi occhi grigi - mormoro.

- Ti dico che sono azzurri - insiste.

- E i tuoi? Di che colore sono?

- Azzurri - risponde, sorridendo.

- Davvero? L’azzurro è così? - chiedo. Lui mi guarda un po’ storto.

- Sì…

- Anche il cielo è di questo colore? Azzurro?

- Sì. Perché, tu come lo vedi?

- Grigio - mormoro. All’improvviso, il mondo cambia. Dal bel posto rilassante e piacevole che era diventa un luogo freddo e monotono.

- Tutto quello che ho intorno è grigio, tranne i tuoi occhi - sussurro, triste.

- Forse non hai mai imparato a vedere i colori del mondo - suggerisce, sorridendo dolcemente.

- Dici?

- Posso provare a insegnarti, se vuoi - propone.

- Lo faresti? - chiedo speranzosa.

- Possiamo tentare. Vuoi?

- Sì!

- Splendido. Partiamo dall’azzurro, ti va?

- Lo conosco già. I tuoi occhi sono azzur… Oh!

All’improvviso, sotto ai miei occhi, il cielo diventa azzurro come gli occhi di Gray, e così diventano anche la gonna della signorina Brown, una delle mie penne e anche i muri della classe.

- Cosa c’è? - mi chiede Gray, preoccupato.

- Ora il cielo è azzurro - mormoro, meravigliata. Gray sorride.

- Lo sai che “Blue” vuol dire “blu”, che è come un azzurro più scuro?

- Sul serio?

Altre cose iniziano a colorarsi: il mio astuccio, una delle mie matite colorate, alcune penne. Sono un po’ più scure del cielo e capisco che forse è il blu di cui sta parlando Gray.

- Questo è blu? - gli chiedo, mostrandogli una delle penne.

- Sì - risponde sorpreso, poi sorride. - Sei svelta ad imparare.

Sorrido e le mie guance si scaldano.

- Blue! Smettila di distrarre Gray! - mi rimprovera la signorina Brown. Abbasso lo sguardo, mortificata.

- Mi scusi - sussurro. L’insegnante mi guarda ancora, poi riprende a spiegare il Romanticismo di Leopardi.

Io e Gray ci scambiamo uno sguardo d’intesa e sorridiamo, attenti a non farci vedere dalla signorina Brown.

- Troviamoci al parco oggi pomeriggio verso le quattro, ti va? Così ti spiego alcune cose - sussurra, mentre l’insegnante di letteratura non guarda.

- D’accordo - rispondo io, in un soffio. Recepisce il messaggio e sorride. Anche io sorrido, come una cretina, ma non mi interessa. Aspetto con ansia che finiscano le lezioni, poi saluto il mio nuovo amico e mi avvio verso casa con Orange.

- Allora? Com’è andata? - chiede, ansiosa di avere qualcosa per perseguitarmi nei giorni successivi.

- Bene. Ci siamo conosciuti un po’… Orange, hai una splendida maglietta azzurra oggi - le dico. Lei sorride.

- Grazie. L’azzurro è uno dei miei colori preferiti!

- Anche il mio!

- Certo, mi piacciono anche l’arancione e il viola, ma l’azzurro non lo batte nessuno!

Annuisco, fingendo di sapere cosa siano l’arancione e il viola. Si vede che anche Orange ha sempre visto il mondo a colori, e questo mi inquieta.

Finisco in fretta i compiti e alle quattro meno dieci sono già nel parco. Vedo Gray arrivare con passo tranquillo e sorridermi quando mi nota.

- Sei già qui! - dice.

- Già - rispondo io.

- Cominciamo?

- E da cosa?

- Pensavo di partire con il verde, visto che è abbastanza vicino all’azzurro come colore.

- D’accordo. Com’è il verde?

Ci pensa su, si vede che le persone non sono abituate a descrivere i colori.

- Pensa a… un azzurro più caldo - tenta.

- Azzurro più… caldo? - chiedo io, confusa. Provo a visualizzarlo, ma nella mia testa viene solo un grigio caldo un po’ strano.

- Non ci riesco - dico, sconfortata.

- Prova ancora - mi incoraggia lui, mettendomi una mano sulla spalla.

Mi concentro. Non voglio deluderlo. Continuo a pensare a quel grigio caldo, sconfortata, ed è allora che finalmente capisco. Apro gli occhi.

- Le tue scarpe sono verdi? - chiedo. Annuisce e sorride.

- Lo sapevo che ce l’avresti fatta - dice, orgoglioso.

- Però l’erba è ancora grigia - mormoro io.

- Prova a immaginare azzurro, blu e verde più scuri, più chiari, più accesi o più spenti. Otterrai un sacco di nuove sfumature e vedrai meglio il mondo.

Eseguo ed ecco che l’erba si colora sotto ai miei occhi, diventando di un verde brillante nonostante la stagione. La maglietta che indosso si colora a sua volta: è verde scuro, molto vicina al nero. Gray mi sorride, incoraggiante.

- Ce l’hai?

Annuisco.

- Fallo diventare ancora più caldo. Così scoprirai il giallo.

Ci provo.

- Se può aiutarti, sappi che il verde è l’unione di giallo e blu, quindi togli tutto il blu dal verde.

- Togliere il blu… dal verde - sussurro, chiudendo gli occhi. Visualizzo un colore allegro, chiaro, luminoso. Penso a tutte le sfumature possibili e provo ad unirlo con il verde, ottenendo un colore assai strano. Quando riapro gli occhi, un pallone giallo mi passa davanti agli occhi e il prato è punteggiato di fiori dorati. Anche il sole è giallo, chiarissimo e luminoso.

Rido. Finalmente il mondo sta diventando più accogliente. Gray ride con me.

- Il mondo è così bello quando è a colori - dico. Gray annuisce.

- Forse per oggi è sufficiente - annuncia.

- Ah - dico delusa. Però devo ammettere che ha ragione, concentrarmi così tanto mi ha stancata.

- Domani sei libera?

- No - sospiro, delusa, - ho lezione di pianoforte.

- I tasti scuri del pianoforte sono neri - dice, - e quelli chiari sono bianchi.

- Il nero e il bianco li vedevo già - dico.

- Sai una cosa? Alcune cose sono grigie anche per me - mi confessa.

- Per esempio?

- L’asfalto, il metallo, alcune automobili… non sono grigie solo per te.

- Forse nessuno ha mai saputo vedere il colore che si nascondeva dietro a quel grigio - suggerisco.

- Mi piacerebbe credere che è così - sospira.

- Perché, non lo è?

- No. Alcune cose sono grigie per natura. Alcuni scoiattoli e piccoli roditori, per esempio. L’asfalto, le pietre, i metalli. Anche la calce con cui sono fatte le case.

- Quindi questa città è fatta di case grigie?

- Già. Non tutte, ma la maggior parte sì. Ti porto a casa?

Accetto e iniziamo a camminare affiancati. Ogni volta che mi sfiora la mano sobbalzo.

- Questa visione a metà è strana. È come se fosse più bella di prima, ma più brutta di quello che potrebbe essere - dico.

- Non posso capire, ma posso provare ad immaginare come sia vedere improvvisamente il mondo a colori, anche solo in parte, quando si è abituati a vedere tutto grigio.

- È meraviglioso - dico. Mi sorride e io ricambio. Poi, però mi viene in mente una cosa.

- Gray, senti… i miei genitori si comportano come se tutto fosse davvero grigio. Forse vedono anche loro così…

- Non credo, Blue. Magari cercavano solo di farti sentire normale. Qual è stata la prima volta che hai parlato di colori con qualcuno?

- Oggi, con Orange, le ho fatto i complimenti per la sua splendida maglietta azzurra. Lei è partita in quarta, ha detto che ama l’azzurro e che le piacciono il viola e l’arancione…

- Sai, ho cercato su Internet prima di venire al parco. C’è una patologia e le persone che ne sono affette vedono il mondo in bianco e nero. Come te, solo che tu stai guarendo. Non so come sia possibile, ma dopotutto sei incredibile. Nemmeno un problema cerebrale può fermarti, Blue - sorride.

- Come si chiama? Il disturbo, intendo.

- Acromatopsia - risponde.

- Di qua - lo tiro per una manica nella via dove vivo.

Stiamo in silenzio per un po’.

- Quindi io avrei difficoltà nel vedere i colori?

- L’insegnante assegnava mai esercizi del tipo: “Sottolinea in rosso gli aggettivi e in blu gli articoli”?

- No…

- Probabilmente era al corrente del tuo problema. Non volendo farti sentire diversa, ha evitato esercizi di quel tipo e probabilmente anche di usare codici colore per le sue lezioni.

- Già - borbotto, rabbuiandomi.

- Ehi - dice Gray, spostandosi di fronte a me e guardandomi negli occhi.

- C’è di peggio. E comunque la stai superando, non vedi?

- Sì - ammetto, rincuorata. Proseguiamo fino a casa mia.

- Abiti qui?

- Già.

- Be’, allora… ci vediamo domani - mi saluta.

- A domani - dico io, sforzandomi di sorridere. Lo guardo andare via, entro e salgo le scale.

- Papà! - chiamo, una volta a casa.

- Ciao, tesoro!

Mio padre prova ad abbracciarmi, ma mi scosto.

- Cosa succede, tesoro?

- Acromatopsia - dico. Mio padre si rabbuia. Anche i suoi occhi sono azzurri, come i miei, immagino.

- Come l’hai scoperto?

- Ho iniziato a vedere i colori - rivelo. Lui sgrana gli occhi.

- Cosa?! Il dottore aveva detto che non sarebbe guarito - borbotta, sorpreso.

Stavolta sono io a rimanere scioccata.

- E voi non me l’avete mai detto?!

- Tesoro, non volevamo che ti sentissi a disagio…

- Lo so, ma quando sono diventata grande potevate anche dirmelo!

- Tesoro…

- Ho capito!

- …mi dispiace.

Rimango senza parole. Poi abbraccio forte il mio papà.

- Perdonato - gli sussurro all’orecchio.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


La settimana passa velocemente. Le mie uscite con Gray non sono molto frequenti, dato che lui pratica tre sport e io ho lezione di pianoforte due volte a settimana. Imparo, con un po’ di difficoltà, a distinguere il rosso, l’arancione e il marrone. Ogni giorno che passa, anche per conto mio, scopro mille sfumature diverse che colorano il mondo. Eppure, c’è ancora così tanto grigio… I colori che vedo io rallegrano il mio mondo, ma non sono sicura di vederli con la stessa intensità del resto delle persone. Una patina di grigio aleggia ancora sui colori, rendendoli più smorti.

Prima che io me ne accorga, arriva il Natale. Inizio ad uscire più spesso con Gray, anche senza imparare ogni volta qualcosa. Quando mi insegna a vedere il viola e il rosa, anche la sua pelle si colora. È a colori anche lui, adesso. I suoi capelli marrone scuro, sempre spettinati, nascondono in parte i suoi occhi azzurri, il primo colore che ho visto. E l’unico che riesco a vedere intensamente come dovrebbe essere.

Fa sempre più freddo. Inizio ad indossare il mio nuovo cappotto nero con i bordi dorati e Gray sembra apprezzare. Anche lui ora esce con una giacca lunga e un cappello con la pelliccia gli copre i capelli. Passeggiamo insieme per le strade innevate: qui nevica piuttosto spesso e io scopro le mille sfumature azzurrine della neve. L’unica cosa che mi rattrista è quella patina grigia che ancora si stende sui colori che vedo.

Il 21 di dicembre iniziano le vacanze natalizie e io e Gray possiamo finalmente passare giornate intere da soli, io e lui. Mi porta nei ristoranti, nei fast food, nei take away. Mangiamo sempre al volo e poi continuiamo le nostre passeggiate all’aria aperta.

La sera della vigilia andiamo insieme fuori, alle dieci di sera, a vedere uno spettacolo teatrale a tema natalizio. Lo spettacolo è molto bello e dopo non finiamo più di parlarne. Mi porta in un piccolo bar, caldo e accogliente, e mi offre una cioccolata calda. Ne prende una anche lui e la beviamo al calduccio, mentre fuori nevica. Una volta che le tazze sono vuote, Gray paga il conto e usciamo.

- Credo di doverti almeno trecento euro - scherzo, spingendolo lievemente. Lui sorride e io arrossisco (è un nuovo verbo che ho imparato, quando la faccia ti si scalda ho scoperto che ti diventa tutta rossa). Le lucine di Natale lampeggiano colorate attorno a noi. Ce ne sono di verdi, di blu, di rosse, di gialle, alcune viola e rosa… Ogni colore mi fa tornare in mente una giornata con Gray.

- Sai, Blue, sei davvero carina quando arrossisci - mi sussurra all’orecchio guardandomi di sottecchi.

- Da-davvero? - balbetto io, arrossendo ancora di più.

- Sì.

Si ferma di fronte a me e mi sfiora una guancia in una carezza. Improvvisamente, non sento più il freddo, ci siamo solo lui ed io che ci guardiamo negli occhi, la neve che cade ci fa da scenario.

Sento la sua mano toccarmi la guancia un’altra volta, poi si infila sotto ai miei capelli che ho scoperto essere biondi e mi afferra la nuca. Gray mi attira lentamente in un lungo, dolcissimo bacio. Chiudo gli occhi, le mani appoggiate sul suo petto, e mi abbandono alla sensazione di calore che provo. Ora siamo solo noi, in mezzo alla neve, e non c’è niente e nessuno che possa separarci.

Quando stacca le sue labbra dalle mie, mi sento quasi triste, ma ho il cuore ancora caldo. Riapro lentamente gli occhi, sento il suo respiro sulla mia bocca che si schiude in un sorriso. Anche lui sorride. Ci guardiamo negli occhi, è un momento speciale. “Ti amo” penso, e vorrei dirglielo, ma la mia voce non esce, è bloccata nella mia gola.

- Buon Natale, Blue.

- Ti amo - mormoro io, in un sussurro, il cuore a mille.

- Anche io - risponde in un soffio.

Ed è allora che il mondo pare esplodere. I colori diventano in un momento vivi, le lucine mi sembrano più luminose, la neve più bianca, i capelli di Gray più caldi. Tutto pare intriso dell’intensità di questo momento e la cosa non mi spaventa.

- Cosa c’è? - chiede lui con un sorriso, a bassa voce, ancora vicinissimo a me.

- I colori sono vivi - sussurro, felice come non mai. Il grigio del mio vecchio mondo sembra sparito. Anche le strade sembrano di un colore più caldo, il metallo luccica alla luce della luna e i colori led lampeggiano attorno a noi, illuminandoci a tratti di verde, a tratti di rosso, a tratti di viola o di blu.

- Hai vinto tu, Blue. La tua acromatopsia ha perso.

- No, Gray. Abbiamo vinto. Tu ed io. Insieme. Non ce l’avrei mai fatta senza di te.

Riprendiamo a camminare, passo dopo passo, mano nella mano, sperando che casa mia non arrivi mai, lasciando impronte nella neve che continua ad aumentare.

Purtroppo, casa mia arriva troppo presto e lui è costretto a salutarmi. Mi bacia ancora davanti alla porta, prima di lasciarmi e andare per la sua strada. Mi sorride da lontano, facendo ciao con la mano. Ricambio il saluto, poi apro la porta ed entro, attenta a non far rumore per non svegliare i miei.

Mi stendo nel letto e mi avvolgo nelle coperte, un sorriso idiota stampato sulle labbra al solo ricordare Gray e il nostro primo bacio. Mi addormento e sogni dolci popolano la mia notte.

Il giorno dopo, io e Gray ci incontriamo ancora. E quello dopo anche. E così fino alla fine delle vacanze. Ogni volta che ci vediamo, un bacio. Ogni volta che ci separiamo per tornare a casa, un altro bacio. E ogni notte, dolci sogni. Tranne l’ultima sera. Torno a casa, mi pare di volare, di stare vivendo un sogno. Mi infilo sotto le coperte, certa di fare bei sogni e di svegliarmi il giorno dopo di ottimo umore per il primo giorno di scuola dell’anno. Ma quella notte è popolata da incubi. Sogno di nuovo il grigio, sogno di essere lì dentro, di non riuscire a respirare, di essere completamente sola.

Mi sveglio, il giorno dopo, con un umore scuro, ho un brutto presentimento. Scaccio via le sensazioni di timore e mi avvio a scuola, pensando a Gray. Con lui sarò al sicuro, mi dico.

Entro a scuola e non lo trovo. Sarà in ritardo, penso, oppure è raffreddato. Tornerà, mi dico. La signorina Brown entra in classe, avvolta in un cardigan verde pastello, posa la borsa e poi ci guarda.

- Devo comunicarvi che il vostro amico Gray non verrà a scuola per un po’ di giorni.

- Perché? - chiede Orange. La signorina Brown sospira.

- Ha avuto un terribile incidente, è stato investito da un’auto mentre tornava a casa da un’uscita con la sua ragazza. Ora è in ospedale, in condizioni precarie.

Orange mi guarda e legge il terrore nei miei occhi. Non può essere.

- Blue, tutto bene? - mi chiede all’intervallo.

- No, Orange - rispondo io. Sento le lacrime che si fanno strada fino ai miei occhi.

- È per l’incidente e perché ha una ragazza?

La guardo con gli occhi spalancati.

- Orange - dico, la voce strozzata, - la sua ragazza sono io.

Lei spalanca gli occhi, incredula.

- Cosa?! Ma… da quanto tempo? E quanto volevi aspettare per dirmelo?

- Sei stata tu a dirmi di non scriverti perché eri in montagna e non avevi Internet - mormoro, la voce atona. C’erano cose più importanti a cui pensare.

- Vi siete baciati? - chiede sottovoce.

Annuisco. Non ho la forza di fare altro.

- Ma è fantastico! Blue, sei… Blue?

Sento le lacrime rigarmi le guance. Mi copro il volto con le mani e inizio a singhiozzare. Sento Orange che mi abbraccia.

- Blue… scusami, avrei dovuto ricordarmi che ha avuto un incidente. Credimi, mi dispiace tantissimo. Questo pomeriggio, se vuoi, possiamo passare a trovarlo. Che ne dici?

Annuisco e continuo a piangere.

Quel pomeriggio mi preparo in fretta. Scrivo un biglietto a Gray, da lasciargli sul comodino, e scendo da Orange che mi sta aspettando.

- Andiamo - dice, seria.

Per fortuna, oggi è giorno di visite. Entriamo nella stanza di Gray e io non riesco a credere ai miei occhi. È incosciente, una maschera per l’ossigeno attaccata alla bocca e tubi ovunque. Ha diverse ferite ricucite. Non posso trattenermi oltre. Lascio il biglietto sul suo comodino e me ne vado, sentendo la speranza scemare ad ogni passo che facevo. “Lotta, Gray, ce la puoi fare” penso. Ma non posso impedire alle lacrime di scendere ancora una volta a bagnarmi le guance.

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Passano le ore. Aspetto. Passano i giorni. Aspetto ancora. Sono in attesa di una notizia. La signorina Brown non fa che ripeterci che andrà tutto bene, ma io non posso fare a meno di sentirmi apatica.

Un giorno, la signorina Brown entra in classe vestita di nero.

- Gray non ce l’ha fatta - dice. Io sento le mie labbra tremare e chiedo frettolosamente di andare in bagno. Scoppio a piangere, le lacrime scendono ininterrottamente sulle mie guance. Non riesco a fermarmi, la prospettiva di un mondo senza Gray è terribile. Nel bagno non posso fare a meno di vedere azzurro ovunque. Lo stesso azzurro dei suoi occhi. Lo stesso azzurro che mi ha insegnato a vedere il giorno in cui ci siamo conosciuti. “Hai vinto tu, Blue. La tua acromatopsia ha perso” aveva detto. E io avevo risposto: “No, Gray. Abbiamo vinto. Tu ed io. Insieme. Non ce l’avrei mai fatta senza di te”. Non ero stata con lui mentre lottava per la sua vita. E ora lui non c’era più. I colori erano vivi adesso, sì, ma ognuno di essi mi scatenava il ricordo di un giorno felice con Gray. Scappai da scuola e corsi via, piangendo. Andai al funerale di Gray due giorni dopo.

- Non ci sono parole per descrivere questa terribile perdita… - singhiozza la madre, prendendo la parola di fronte a tutti. Un velo nero le copre la testa. - …ma vorrei leggervi questo biglietto che la sua ragazza ha lasciato sul comodino dell’ospedale. 

Sempre piangendo, apre un cartoncino di colore azzurro. Lo riconosco con un tuffo al cuore. Legge:

- “Gray, grazie per avermi insegnato i colori. Non so come avrei fatto senza di te. Non ci sei, e il mondo a colori sembra triste. Ti amo con tutta me stessa. Blue”. Mio figlio…

Si interrompe per singhiozzare.

- Ha risposto. E vorrei chiamare Blue a ritirare la risposta.

Rimango impietrita per qualche istante, poi mi avvio lentamente verso la signora, con passo incerto e il cuore a mille. Ritiro il biglietto con mani tremanti e ringrazio con un cenno della testa.

Do un’occhiata alla bara con il coperchio trasparente in cui Gray riposa, il viso bianco e rilassato, alcune ferite con ancora del sangue raggrumato intorno. Porta su di sé ognuno dei colori che con lui avevo amato e ognuno assume un significato triste ora che lui non c’è più. Se prima il bianco significava neve e mi ricordava il nostro primo bacio, ora è il colore della sua pelle, abbandonata dalla vita. Se il rosso era il colore dell’amore, ora è il colore del sangue che ha perso. Se verde voleva dire speranza, ora è il colore dei gambi dei fiori appoggiati sulla bara. Non riesco a trattenere le lacrime e torno al mio posto piangendo sommessamente. Leggo il biglietto e ad ogni parola che leggo il mondo diventa più grigio.

“Cara Blue, sto male, molto male. Non so se ce la farò, ma voglio che ricordi tutto quello che ti ho insegnato. Ti prego, continua a vedere i colori. Ti porto sempre nel mio cuore e, se vinceremo, sarà anche grazie a te. Se invece dovessi andarmene per sempre, avremo perso insieme. Ti amo anche io. Gray”.

Alzo lo sguardo e i colori esplodono di nuovo in tutta la loro vivacità, ma questa volta non in modo allegro e dolce. Questa volta esplodono con la violenza della consapevolezza che sono sola. Questa volta esplodono come esplodo io, fuggendo dal funerale con le lacrime che mi rigano il volto. Esplodono, crudeli, come per onorare le ultime volontà di Gray. E per ricordarmi ogni istante, ogni minuto, ogni giorno che lui non è più qui con me.

 

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