It's a Wild (Cruel) Summer

di CedroContento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***




 

 
I. Devils roll the dice 
 
Se avessero chiesto ad Harry Potter cosa ci facesse da solo nella hall di un resort a Sharm el-Sheikh, avrebbe risposto che aveva come minimo cinque ottimi motivi per voler mettere più di cinquemila e trecento chilometri tra lui e la sua attuale vita. 
 
Motivo numero uno: l’ultimo anno di addestramento per diventare Auror a tutti gli effetti era stato sfiancante tra allenamenti, esami e tirocinio. 
 
Era vero, aveva lavorato e studiato duramente per tre anni per realizzare il suo sogno, e ne era valsa la pena, ma il suo fisico e la sua salute mentale cominciavano davvero a risentire della stanchezza. Era stata un’esperienza bellissima, che gli aveva regalato tanto, ciò non toglieva che si sentisse sollevato dal fatto che fosse finita. 
 
Motivo numero due: se avesse dovuto passare un altro, singolo minuto in compagnia di Ron e di Hermione che non facevano che litigare per ogni piccolezza riguardante i preparativi del loro matrimonio, avrebbe vomitato. 
 
Non ne poteva più di discussioni sull’assegnazione dei posti a sedere, sul fatto che tutti i colori dovessero essere della stessa palette – dalle tovaglie, ai fiori, ai vestiti dei testimoni – e che no, la rock band a cui Ron aveva fatto un’audizione non era minimamente vicina allo standard di raffinatezza che intendeva Hermione, e che sì, era inevitabile che ci sarebbe stato anche qualche parente babbano dal lato Granger. 
 
Motivo numero tre: Harry era stanco di essere sé stesso. Essere Harry Potter, il Prescelto, un giovane mago così in gamba, che aveva salvato il mondo magico dalla rovina per ben due volte e da cui tutti si aspettavano grandi risultati, era faticoso. 
 
Nonostante ci mettesse tutto sé stesso per non deludere le aspettative di nessuno, c’erano giorni in cui avrebbe voluto ingoiare una bella dose di Pozione Polisucco e portare per un pochino il volto di un mago qualunque, di uno perfettamente anonimo. 
 
Motivo numero quattro: la rivista. 
 
C’era un giornale, un vecchio numero del National Geographic, che qualche babbano doveva aver dimenticato nella cabina telefonica che Harry usava ogni giorno per raggiungere il quartier generale degli Auror al Ministero. Per mesi nessuno si era preso la briga di gettarlo via – in fondo, era un dettaglio che rendeva la cabina ancora più credibile, una normalissima cabina usata da normali babbani – così ogni mattina Harry si ritrovava a fissare la copertina patinata della rivista che diceva “Sharm el-Sheikh, quest’anno è la meta da sogno più gettonata dagli inglesi”. 
 
Finché, un giorno, Harry era arrivato a lavoro e aveva scoperto che la rivista era sparita. E forse fu proprio quello il suo punto di rottura, la cosa che lo convinse definitivamente a mollare. 
 
L’ultimo giorno dell’ultimo tirocinio, senza dire niente a nessuno, si era diretto in un’agenzia viaggi babbana, e il giorno stesso in cui aveva superato l’esame finale per diventare Auror, aveva lasciato tutto a casa – bacchetta compresa – e si era diretto all’aeroporto di Heathrow, deciso a concedersi, per la prima volta in vita sua, una vacanza da solo. Una vacanza vera, una vacanza da qualsiasi cosa. 
 
Sì, una vacanza anche da Harry Potter. 
 
***
 
Bisognava ammettere che cinque ore di viaggio in classe economica – chi aveva progettato l’aereo doveva per forza essere a conoscenza del fatto che la maggior parte delle persone avesse due gambe, che andavano pur messe da qualche parte, no? – e le successive due ore di pullman senza aria condizionata, avevano fatto vacillare la convinzione di Harry di aver fatto la scelta giusta, ma una volta arrivato in hotel – un magnifico villaggio a cinque stelle, dotato di svariate aree relax, una zona wellness e la spiaggia privata, tutto incluso – si chiese perché diamine non avesse fatto una cosa del genere prima. 
 
Quello era il paradiso. Anche la sola reception in sé era mozzafiato, con tutte quelle piastrelle in ceramica, luccicanti e colorate, la bellissima fontana interna e un enorme lampadario di cristallo sopra il quale anche l’ispettore più pignolo non sarebbe riuscito a trovare un briciolo di polvere. 
 
Ma la cosa più spettacolare era il fatto che nessuno, proprio nessuno, aveva la più vaga idea di chi lui fosse. Harry venne trattato con il massimo riguardo, esattamente come avvenne per tutti gli altri ospiti. 
 
Era lì da meno di due ore e già si sentiva rilassato e sereno come non mai. 
 
Quando vide la piscina – anzi, una delle quattro piscine – si disse che avrebbe passato tutte e due le settimane del suo soggiorno parcheggiato al bar, su uno di quegli sgabelli posizionati direttamente in acqua, a bere cocktail a non finire. Ma quando vide la spiaggia coperta di sabbia dorata e l’acqua cristallina si ripromise di fossilizzarsi sul suo lettino. 
 
Sarebbero state due settimane di santissima pace. Solo lui, la spiaggia, il sole e un gran numero di libri e fumetti arretrati. Non avrebbe permesso a nulla di guastargli la vacanza, assolutamente a nulla. 
 
Nemmeno il fatto che la mattina del suo secondo giorno, passando dalla hall per andare a fare colazione, gli sembrò di intravedere un tizio identico a Malfoy che stava ritirando le chiavi della sua stanza, lo disturbò. 
 
Almeno, finché non lo guardò meglio, e si rese conto che quello non era solo uno che ci somigliava. Quello era veramente Malfoy! 
 
***
 
Harry si sedette ad uno dei tavoli del ristorante cercando di convincersi di aver avuto una brutta, bruttissima allucinazione. Non c’era nessun motivo per cui Draco Malfoy avrebbe mai dovuto trovarsi lì. Davvero nessuna. 
 
Prese un paio di respiri profondi e si costrinse a pensare lucidamente, e arrivò subito alla conclusione che doveva essersi sbagliato. 
 
Rise di sé stesso e delle proprie manie di persecuzione. 
 
Ok, la somiglianza era stata sorprendente, ma forse si trattava solo di una sfortunata coincidenza. Che stupido era stato agitarsi così presto, si disse, mentre si ordinava un bel caffè doppio. Pensandoci, non lo aveva nemmeno guardato poi così bene.
 
“Potter!” sibilò una voce fin troppo familiare sopra la sua testa. E a quel punto Harry pensò che avrebbe infartato, dopotutto. 
 
Forse, non si era poi mica sbagliato tanto. 
 
“Che diavolo ci fai qui?! Mi hai seguito?” Draco si guardò nervosamente attorno. “Sei con quelli del Ministero?” Sembrava un pazzo. 
 
“Potrei fare la stessa identica domanda a te!” balzò in piedi Harry. “E no, di solito non mi porto mezzo Ministero appresso quando vado in vacanza, dal momento che volevo starmene da solo!” 
 
“Perché? Sei solo?” chiese Malfoy, sospettoso. 
 
“Non sono affari tuoi!” ringhiò Harry. 
 
Era un incubo. Forse era stato il viaggio pesante a causarlo, e di lì a poco si sarebbe svegliato e sospirato di sollievo perché non era reale e si sarebbe concesso un bel massaggio nella spa per calmarsi. 
 
Chiuse gli occhi e si colpì le guance. Li riaprì. Malfoy era ancora lì. 
 
“Mi vuoi dire che diamine stai facendo?” sospirò e si massaggiò la fronte. “Senti. Non esiste che io mi sia fatto cinque ore di volo su di un maledetto trabiccolo babbano, che ha rischiato di precipitare un minuto sì e l’altro pure, per niente. Quindi, Potter, di grazia, che cosa ci fai qui e con chi sei venuto”. 
 
“Hai viaggiato su un aereo babbano? Perché?” chiese Harry tutt’a un tratto incuriosito. Quello sì che era insolito. 
 
Lo guardò più attentamente, e finalmente capì perché gli era sembrato uno psicopatico due secondi prima. Doveva essere a causa dei vestiti insolitamente stropicciati, i capelli in disordine e gli occhi cerchiati. E tutto quello non poteva che essere il risultato di un viaggio a cui Malfoy non doveva essere preparato e che lo aveva provato. 
 
Un cameriere sorridente comparve con il caffè di Harry e Malfoy si sedette, notando improvvisamente che stavano attirando troppo l’attenzione. “D’accordo, vuoterò il sacco se lo farai anche tu”. 
 
“Sono da solo,” ammise Harry. Anche perché altrimenti sarebbero andati avanti tutto il giorno a cercare di capirsi a vicenda, e lui non ne aveva nessuna voglia. 
 
“Bene,” fece Malfoy, appropriandosi del caffè. 
 
“Perché hai viaggiato su un aereo babbano?” chiese Harry, troppo curioso per badare al resto. Era sempre stato un suo difetto. 
 
“Per non lasciare tracce magiche, razza di idiota,” ribattè Malfoy, acido come di consueto. “Diciamo che non ho troppa voglia di essere trovato per qualche giorno. Sforzo che tu hai reso del tutto inutile”. 
 
Harry scosse la testa. “Ho viaggiato fin qui senza magia anch’io”. 
 
“E la bacchetta?” 
 
Harry alzò le mani, dando ad intendere che era disarmato. “Tu?” 
 
Draco fece spallucce. Non l’aveva con sé nemmeno lui, e quella situazione si stava rivelando davvero surreale. Proprio a scanso di ogni dubbio, Harry si diede ancora qualche schiaffetto per cercare di svegliarsi. Niente. 
 
“Ma la vuoi piantare? Dio, sei peggiorato in questi anni, Potter. Non credevo fosse possibile”. 
 
Ricomparve il cameriere che apparecchiò per due, prima ancora che Harry avesse tempo di protestare. Non voleva essere scortese, così fece buon viso a cattivo gioco e ordinò un secondo caffè. 
 
“Sì, ma mi vuoi spiegare perché hai scelto di venire proprio qui?” 
 
Draco sospirò. “Ho trovato questo posto,” tirò fuori una rivista sgualcita, “qui”. 
 
Era una copia del National Geographic, una copia fin troppo familiare ad Harry. L’aveva guardata così spesso che riconosceva ogni orecchietta, ogni grinza della carta. 
 
“Non è possibile…” come si poteva essere così sfortunati? 
 
“Non è stato difficile, sono solo andato in una specie di negozio di viaggi. Hanno fatto tutto loro”. 
 
In un orribile flashback, ad Harry tornò in mente che la signora dell’agenzia che aveva scelto aveva effettivamente detto che era un hotel a Sharm che aveva consigliato volentieri a tutti i suoi clienti. E, chissà perché, ora aveva il forte sospetto che anche Malfoy fosse uno di quei clienti, dal momento che l’ufficio si trovava esattamente dall’altra parte della strada rispetto alla cabina telefonica incriminata. 
 
Non era stata nemmeno sfortuna, Harry era stato uno stupido a non andare da un’altra parte. 
 
“Io non ho nessuna intenzione di andarmene, quindi dovrai farlo tu,” decise. 
 
“Non esiste! Non ho sopportato tutte queste ore di viaggio solo per tornarmene subito a Londra. Scordatelo.”
 
Harry sospirò. 
 
“Senti,” cercò di essere ragionevole. “Mi sembra di capire che siamo qui con le stesse intenzioni, e questo posto è abbastanza grande da permetterci di non doverci mai incontrare. Se anche dovesse essere, sarò più che contento di fare come se non esistessi”. 
 
“Bene”, convenne Draco. “Possiamo starci alla larga a vicenda.”
 
“Ecco. Vedi di cominciare da adesso, stavo cercando di fare colazione”. 
 
Gli occhi di Malfoy si assottigliarono pericolosamente, e se avesse avuto la sua bacchetta avrebbe di certo cercato di incenerirlo. Ma Harry non si fece intimorire, ormai ci era abituato. Quante volte lo aveva guardato così a scuola? Centinaia di volte? Forse anche migliaia. 
 
Draco levò finalmente il disturbo, ma l’umore di Harry rimase basso per il resto della giornata. Era andato tutto in malora. Dopo appena quarantotto ore, la sua vacanza era stata irrimediabilmente rovinata nel peggiore dei modi. 

 

Angolino dell'autrice:

Bene, mi rendo conto di essere un pochino in ritardo sulla stagione per mettermi a pubblicare una storia che parla d'estate, ma io ho i miei tempi, abbiate pazienza.

L'idea per questa Mini-long in tre parti (che doveva essere una OS, ma io non ho il dono della sintesi)  mi era venuta ad agosto, mentre come di consueto ascoltavo Tay in loop. Mi sono fermata e ho pensato "Hey! Ma lo sapete che Cruel Summer mi da troppe Drarry vibes?!"

E così eccoci qui.

Anzi, qui ci siamo arrivati perché ho condiviso il pensiero su Fb e c'è stato QUALCUNO che si è messo a buttare benzina sul fuoco. Sì, voi, vi vedo!!!

Ringrazio chiunque sia riuscito a leggere fin qui. E ok, ringrazio anche chi ha incoraggiato questa follia <3

Il prossimo capitolo arriverà tra una settimana esatta! 


 

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


II. Angels roll their eyes
 
Il mattino dopo, Harry si svegliò tutto sommato di buon umore. Dopo averci pensato – anche se sarebbe stato più corretto dire: dopo essersi torturato il cervello senza tregua – aveva deciso che non avrebbe permesso a Malfoy di rovinargli l’esistenza. Erano le sue ferie, se le era meritate, aveva il diritto di godersele in santa pace. 
 
Dal momento che aveva passato tutto il giorno prima in piscina – bere un gran numero di Sex on the Beach con le parti intime al fresco lo aveva sicuramente aiutato a schiarirsi le idee –, optò per l’andare in spiaggia. 
 
Avrebbe fatto finta di leggere un libro e con la complicità dei suoi occhiali scuri si sarebbe concesso un bel pisolino. Il suo unico problema sarebbe stato tenere alla larga gli animatori che cercavano in continuazione di coinvolgerlo nelle loro attività; erano così sovraccarichi di entusiasmo che sembravano un piccolo esercito di Gilderoy Allock ai suoi tempi d’oro.
 
“Per l’amor del cielo!” 
 
Ripensandoci, forse gli animatori non sarebbero stati l’unico problema. 
 
“Ti prego, dimmi che questo non è il tuo ombrellone!” esclamò, quando trovò Malfoy bello sistemato proprio nel posto accanto al suo.
 
“Sì, Potter, non mi ci sono messo a caso”. 
 
“Ma è vicino al mio!” 
 
“Non ho scelto io. Se fosse dipeso da me tu non saresti nemmeno qui. Non è che hai cambiato idea e vuoi tornartene a Londra, eh?” 
 
“Sì, ora sto seriamente valutando quest’opzione!” E non era nemmeno una bugia. “Ti sei scottato,” notò distrattamente, mentre in realtà si chiedeva cosa avesse fatto di male nella sua vita per attirare in quel modo tutte le sfortune dell’universo. 
 
“Grazie per l’ennesima, brillante osservazione, Potter. Ma me n’ero accorto benissimo anche da solo,” replicò Malfoy, piccato.
 
“Be’, se ne saranno accorti anche in Antartide. Sei fosforescente,” osservò Harry, che, inaspettatamente, sentì nascere sulle labbra una risata, che non si sforzò minimamente di reprimere. Forse dopotutto il Karma esisteva. 
 
“Non so se ti hanno avvisato, Malfoy, ma hanno inventato una cosa che si chiama ‘crema solare’, serve ad evitare che la pelle diventi color pomodoro,” lo prese in giro Harry, decidendosi a sistemarsi sulla sdraio. Dopo pranzo avrebbe sempre potuto chiedere se potevano spostarlo. 
 
“L’ho messa la protezione solare, razza di imbecille! Ma ieri ero stanco dopo il viaggio e mi sono addormentato qui. E smetti immediatamente di ridere!” 
 
Harry fece del suo meglio per rimanere serio. “E io comunque ancora non capisco cosa diavolo tu ci sia venuto a fare qui,” aggiunse, dopo un breve momento di silenzio. 
 
“Per un attimo avevo dimenticato quanto sei ottuso, Potter. Ne abbiamo parlato ieri. La rivista, ricordi?”
 
“Va bene. Ma mi sfugge come ti sia venuto in mente di prenotare in un villaggio turistico babbano!” 
 
“Anche tu hai fatto lo stesso, no? Credevi di avere l’esclusiva?” 
 
“Stai evitando di rispondere,” puntualizzò Harry. 
 
“Perché non sono affaracci tuoi! Ora, se non ti spiace, avevamo deciso di ignorarci a vicenda, e tu non stai rispettando i patti”. 
 
Harry si arrese e tirò fuori un albo a fumetti Dc che aveva nella lista delle cose da leggere da una vita; cercare di concentrarsi su qualcosa di più impegnativo era fuori discussione. Ma si riscoprì incapace di smettere di punzecchiare ancora Draco. “Qualcuno potrebbe pensare che tu ti stia nascondendo”. 
 
“Perché è quello che stai facendo tu?” Malfoy lo guardò appena con la coda dell’occhio, ma dovette bastargli per rendersi conto di aver centrato in pieno il punto. “Veramente? È così faticoso essere l’eroico San Potter, il nostro grande salvatore? Come dev’essere stancante essere ammirato e osannato da tutti, un vero strazio!”
 
“Lo dici come se io avessi mai avuto scelta,” bofonchiò Harry, che cominciò a rimpiangere di non essere stato zitto. O, ancora meglio, di non essersene andato. 
 
“Be’, notizia dell’ultimo minuto, anche essere odiati e incontrare costantemente persone che sospettano tu stia tramando qualcosa, quando cerchi solo di andare avanti con la tua fottuta vita non è esattamente una passeggiata,” continuò Malfoy, caustico. “E quindi sì, Potter, mi sto nascondendo tra tutti questi stupidi babbani che non sanno chi sono e che credono che sul braccio io abbia un fichissimo tatuaggio goth – qualsiasi cosa voglia dire!”
 
Harry non rispose, non riuscì a trovare nulla di sensato che si potesse aggiungere. 
 
Malfoy non aveva avuto bisogno di precisare ad alta voce che si sentiva sfinito, proprio come si sentiva sfinito anche lui, e che aveva bisogno di dimenticare, fosse anche solo per un paio di settimane, quale fosse il suo nome. 
 
Draco Malfoy aveva bisogno di una vacanza da sé stesso, esattamente come Harry aveva bisogno di una vacanza da Harry Potter. Era un discorso che poteva capire. Anzi, si sarebbe sentito estremamente ipocrita a biasimarlo per questo. Solo che non si sarebbe mai aspettato da lui il gesto estremo di mescolarsi ai babbani, di questo sì che era molto sorpreso. 
 
Lui e Draco non erano poi troppo diversi, in quel momento. Dopotutto, non lo erano mai stati più di tanto, avevano sempre avuto più cose in comune di quanto dolesse ad entrambi ammettere. 
 
Essere lì, insieme, e in qualche modo sulla stessa barca, rimaneva molto strano comunque. 
 
“Chi ti ha detto che è un tatuaggio goth?” 
 
“Un tizio con il rossetto nero e l’aria depressa all’aeroporto. I babbani sono completamente fuori di testa,” commentò Draco, girandosi in modo da dargli le spalle. 
 
***
 
“Voglio fare un giro in barca,” disse Draco, la mattina seguente, parandosi ai piedi del lettino di Harry. 
 
Dopo la discussione del giorno prima, avevano fatto del loro meglio per fingere di non conoscersi, e ci erano riusciti piuttosto bene, escludendo qualche osservazione generica su quanto caldo facesse o su quanto fosse invadente e fastidioso lo staff di animazione (“Quante volte devo dirti che non ho nessuna intenzione di partecipare al tuo dannato torneo di pallachediavoloneso, prima che ti entri in quel cervellino!? Sparisci!”).
 
“Allora vacci,” fece Harry, senza alzare lo sguardo dalla sua lettura. Era di pessimo umore perché quando aveva chiesto se poteva cambiare ombrellone gli era stato detto che purtroppo erano al completo in quel periodo e per scusarsi gli avevano offerto una bottiglia di ottimo vino rosso, che aveva risollevato solo in parte il suo morale. 
 
Draco non accennò a muoversi, e a quel punto, spazientito, Harry abbassò il suo libro e rimase in attesa di capire cosa cavolo volesse da lui. 
 
“Non posso andarci da solo, io non…” Draco cercò le parole, muovendosi a disagio, cosa che fu abbastanza strana da vedere per Harry. “Non ho idea di come funzionino le barche babbane, non ho avuto tempo per documentarmi anche su quello. Ho paura di comportarmi in modo strano.”
 
“Peccato allora,” lapidò la questione Harry, tornando a leggere.
 
Draco non si mosse. 
 
“Mi stai facendo ombra,” gli fece notare a quel punto Harry. 
 
“Andiamo, Potter, non costringermi a chiedertelo”.
 
“Chiedermi cosa?” chiese con sospetto Harry, che purtroppo però cominciava a capire dove voleva andare a parare Malfoy. “Non esiste! Io non ti ci accompagno. Mettiti l’anima in pace, niente giro in barca per te.” 
 
Draco sfoderò una delle sue migliori – o peggiori, a seconda dei punti di vista – occhiatacce contrariate, una di quelle di quando non otteneva ciò che voleva. Harry le aveva viste centinaia di volte. Avevano un che di più buffo sul suo viso adulto, e se non avevano mai avuto il potere di intimorirlo quando erano ragazzini, figurarsi se lo facevano ora. 
 
Malfoy se ne tornò sbuffando al suo posto, poi, sempre sbuffando, si stese sul suo lettino e cominciò a girare con rabbia le pagine di un quotidiano, finché non si stufò e lo gettò di lato.
 
“Ne hai per molto?” chiese seccamente Harry, che non era riuscito ad andare avanti di mezza riga, dal momento che Draco continuava a distrarlo con la sua pantomima. 
 
Malfoy si infilò gli occhiali da sole e si mise a fissare l’orizzonte. Ma Harry lo poteva sentire ancora mentre si agitava in continuazione sulla sdraio. La cosa era davvero molto fastidiosa. 
 
Accavallò le gambe, poi cambiò idea e le invertì; ad un certo punto non trovò più una posizione comoda per testa e poi cominciò ad essere indeciso su dove mettere le braccia. 
 
“Basta!” si rassegnò Harry. “Hai vinto, ti ci accompagno al dannato giro in barca!” 
 
“Ottimo!” ghignò Draco. “Ho prenotato per questo pomeriggio.”
 
“Tu hai…cosa?!” balzò a sedere Harry. “Prima ancora di chiedermelo?” 
 
Malfoy si stiracchiò. “Vado a prendermi da bere in piscina,” disse, di nuovo allegro. Ogni traccia di malumore lo aveva abbandonato.
 
Mentre si allontanava, Harry chiuse di scatto il suo libro – maledicendosi due secondi dopo per averlo fatto perché non aveva messo il segno –, ancora incredulo per quello che era appena successo. Ora sì che rimpiangeva di non avere con sé nulla per lanciargli una fattura. 
 
“E sia chiaro che paghi tutto tu!” si accontentò di urlare a suo indirizzo. 
 
Senza voltarsi, Draco alzò un pollice, segno che lo aveva sentito. 
 
Come aveva potuto farsi raggirare in quel modo?
 
***
 
Anche se era stato trascinato lì contro la sua volontà, Harry dovette ammettere che si sarebbe perso un’esperienza stupenda non facendo la gita in gommone organizzata dal villaggio.
 
Il cielo era limpido, faceva caldo, ma tirava un bel venticello che rendeva il clima gradevole e faceva increspare delicatamente la superficie dell’acqua. 
 
Oltre loro due, il gruppo era composto da altre dieci persone, allegre e simpatiche, e anche la loro guida e lo skipper – rispettivamente, una biologa francese e un uomo egiziano di mezza età – erano due tipi grintosi e facevano un gran numero di battute. 
 
Per i primi venti minuti, l’egiziano fece sfrecciare il gommone sulle onde in mare aperto, schizzando i passeggeri con gocce di acqua salmastra e facendo solleticare lo stomaco di tutti ogni volta che scavalcavano un’onda un po’ più grande. 
 
Harry guardò con la coda dell’occhio Malfoy un paio di volte, ma fu deluso di scoprire che sembrava abbastanza a suo agio, o fingeva bene di esserlo. Forse era meglio così, non voleva ritrovarsi a dover gestire un suo attacco isterico in mezzo al nulla. 
 
Quando lo skipper decise che la botta di adrenalina poteva essere sufficiente per quel giorno, rallentarono l’andatura per fare rotta verso una caletta dove dicevano che la barriera corallina fosse particolarmente bella, e dove, se fossero stati abbastanza fortunati avrebbero potuto avvistare anche qualche tartaruga marina. 
 
La guida distribuì a tutti loro pinne, maschera e boccaglio e li avvisò di non spaventarsi se vedevano qualche squaletto. Era normale trovarne in quella zona, erano troppo piccoli per essere pericolosi. 
 
I più coraggiosi si tuffarono subito. Harry, scoraggiato dalla faccenda degli squali decise di prendersi un momento. Quella fu forse la prima e unica volta da quando era partito in cui si sentì estremamente vulnerabile senza la sua fidata bacchetta. 
 
Per prendere tempo, si avvicinò a Malfoy che stava litigando con la mascherina. Harry gliela strappò di mano e l’aiutò ad allargare il cinturino.
 
“Stai temporeggiando, Potter?” lo pungolò Draco. “Forza, tuffati.”  
 
“Eri tu a voler fare la gita, è giusto che vada prima tu.” ribatté Harry. 
 
“Non è che ne hai paura? Non credevo fosse un sentimento conosciuto ad un prode Grifondoro.”
 
“Il coraggio è un’illusione. La paura è una verità universale,” fece Harry, sperando che Draco non avesse qualche numero di ‘Batman, Il Cavaliere Oscuro’ nascosto sotto il letto di casa sua.
 
“Questa l’hai letta in uno di quei fumetti che ti porti a spasso?” chiese Draco, sporgendosi per studiare l’acqua, e probabilmente il modo migliore per affrontare il salto. 
 
“Forza, ragazzi!” li incitò la guida, dall’altra parte dell’imbarcazione, stroncando la risposta acida per Malfoy che aveva pronta sulla punta della lingua. E poi parlava bene lei, non sembrava intenzionata a fare il bagno con gli squali quel giorno.
 
Fu a quel punto che Harry vide la sua occasione. E, se glielo avessero chiesto in futuro, avrebbe certamente risposto che Draco se l’era cercata con il suo essere così arrogante, acido e fastidioso. 
 
Malfoy era sbilanciato in avanti e Harry non dovette nemmeno bisogno di usare troppa forza nella bella spintarella di incoraggiamento – volendo usare un eufemismo – che gli diede. 
 
Draco imprecò e cadde, ma ebbe i riflessi abbastanza pronti da riuscire ad afferrare anche Harry e trascinarlo giù con sé. 
 
Strinse gli occhi preparandosi all’impatto con l’acqua, che tuttavia non trovò gelida come si era aspettato; era fresca e meravigliosa. Indugiò sotto la superficie più del dovuto, prima di dare due bracciate e riemergere. 
 
Quando mise la testa fuori, Draco era lì ad aspettarlo. “Sei un imbecille, Potter!” gli urlò, togliendosi i capelli fradici da davanti agli occhi. 
 
Ma nonostante l’insulto, un sorriso gli increspava le labbra e presto si trasformò in una risata inaspettata, che straordinariamente contagiò anche Harry. Colpì l’acqua con una manata e lo schizzò.
 
Ecco, a voler scegliere un istante in cui le cose cambiarono, Harry avrebbe indicato esattamente quel momento lì.
 
Quello che aveva davanti non poteva decisamente essere Malfoy. Draco Malfoy non sapeva cosa significassero le parole ‘ridere’, ‘divertirsi’ o ‘scherzare’. E soprattutto, non gli risultava che Malfoy avesse mai avuto le braccia così muscolose e i pettorali così ben definiti. E Harry non aveva mai avuto voglia di sfiorargli la pelle – che stava già prendendo una sfumatura meno fosforescente e più color biscotto. Di stargli più vicino del dovuto. 
 
Qualcosa di inaspettato, assurdo, gli si stava agitando nello stomaco, e la sensazione era più o meno quella che gli aveva dato la barca che oscillava sulle onde.
 
Si ritrovò a guardare troppo a lungo le labbra di Draco, messe in risalto dalle goccioline d’acqua che indugiavano lungo i bordi della bocca. 
 
Fu la prima volta che gli passò per la testa l’idea che prima o poi gli sarebbe piaciuto scoprire che sapore avessero. 
 
Salvo poi dirsi che era un pensiero ridicolo, ovviamente. 
 
***
 
“Domani sera voglio andare in città,” esordì Malfoy quella sera, prendendo posto di sua iniziativa al tavolo di Harry, dopo cena. 
 
Erano seduti in disparte sul terrazzo del ristorante, abbastanza vicino alla ringhiera perché potesse arrivare un po’ di aria, se c’è ne fosse stata. Purtroppo non tirava un filo di vento, e potendo scommettere Harry avrebbe detto che l’umidità era del 100%. 
 
Era la serata dei talenti e sul palco dell’animazione una signora tedesca di mezza età stava improvvisando la danza del ventre. 
 
“Non prenderci troppo gusto,” fece Harry, applaudendo distrattamente alla fine dell’esibizione. “Non ho voglia di farti da baby sitter tutto il tempo.”
 
Draco lo ignorò, come faceva sempre ultimamente, e ordinò da bere per sé e un altro giro per Harry. La cosa si ripeté una, due, tre volte… e poi Harry perse il conto. 
 
Il problema era che più il numero dei cocktail aumentava, più nella testa di Harry si susseguivano i flashback di quello stesso pomeriggio. Più nel preciso del corpo asciutto di Draco, dei suoi muscoli in tensione mentre nuotava, della sua pelle bagnata che brillava sotto al sole; della vita dei pantaloncini del costume portata pericolosamente bassa, tanto che si intravedeva l’attaccatura dell’inguine. 
 
Per Harry era totalmente nuova la forma del suo corpo, e in un certo senso forse avrebbe dovuto sentirsi rammaricato di provare quelle cose proprio per Malfoy.
 
Non si erano forse tacitamente giurati odio eterno?
 
E odiarsi escludeva l’attrazione, giusto? 
 
“Sarà meglio andarsene a letto,” disse, quando si sentì pericolosamente vicino a sporgersi oltre il tavolo e rubargli un bacio. Era decisamente troppo ubriaco.
 
“Sì, sarà meglio andare. Sono distrutto,” convenne Malfoy, che incespicò sulle gambe della sedia e traballò pericolosamente nel tentativo di rimetterla a posto. 
 
Si avviarono nella stessa direzione, verso le rispettive stanze, lasciandosi alle spalle la musica e le risate, che vennero sostituite dal frinire delle cicale. 
 
Attraversarono la piscina deserta. L’acqua limpida gorgogliava dolce ed invitante, e per poco Harry non cedette alla tentazione di proporre un bagno di mezzanotte. Senza vestiti, possibilmente. 
 
Si sentiva febbricitante, gradevolmente stordito dall’alcool e il desiderio per Draco lo stava uccidendo, lentamente. 
 
“Io sono arrivato,” annunciò lui ad un certo punto, scompigliandosi con una mano i capelli biondi, quasi bianchi. “Buonanotte.” Lo disse in tono strano, come se non intendesse davvero congedarsi.
 
Indugiò sulla soglia della sua stanza, senza guardarlo direttamente, ma Harry poteva vedere qualcosa luccicare maliziosamente dietro agli occhi grigi, sfuggenti.
 
Cercò di capire se si stava solo immaginando l’invito; se fosse solo la sua mente a giocargli brutti scherzi.
 
E poi Draco alzò lo sguardo, sorridendo come il diavolo in persona. 
 
Senza più pensarci, Harry cedette e lo tirò a sé per il colletto della camicia. 
 
Le labbra calde e umide di Draco si piegarono all’insù, prima di schiudersi a contatto con le sue. Harry le assaporò, e le scoprì dolci come lo sciroppo del numero imprecisato di cocktail che avevano bevuto, mentre la sua testa si riempiva di fuochi d’artificio e perdeva ogni briciola di controllo. 
 
Aveva voglia di toccarlo, di essere toccato. Aveva voglia di infilarsi sotto le sue lenzuola, strapparsi i vestiti e farsi fare qualsiasi cosa. 
 
Draco lo tirò nella sua stanza strattonandolo dalla cintura. Senza girarci troppo attorno lo spinse contro il muro, e nella penombra gli slacciò i pantaloni e gli infilò una mano nelle mutande, accarezzandolo. 
 
Harry non poté reprimere il gemito che gli arrivò alla bocca. I loro visi erano vicinissimi, le labbra si sfioravano, ma non si toccavano e Harry poteva avvertire il suo respiro accelerato sulla pelle umida. 
 
Si lasciò scivolare sulle ginocchia e liberò Draco dei pantaloni. Voleva farlo cedere, voleva sentirlo implorare il proprio nome. Soddisfazione che Draco non gli negò, nemmeno una volta, quella notte. 
 
I diavoli avevano lanciato i dadi, e per capriccio del destino si erano ritrovati soli, lontano da tutto e tutti. Potevano fingere per un po’ di essere delle persone diverse se lo volevano. 
 
E che gli angeli di tutto il paradiso alzassero pure gli occhi al cielo per ciò che stavano per fare quella notte.
 

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


 
III. And if I bleed, you’ll be the last to know
 
Harry si risvegliò in un letto che non era il suo con un gran mal di testa, ma con un ricordo bene o male chiaro di quello che era successo. Nessun rammarico in merito. Quella notte aveva fatto il sesso migliore di tutta la sua vita. 
 
Afferrò a tentoni un cuscino e lo batté sul punto dove aveva calcolato che doveva esserci la faccia di Draco. 
 
Malfoy emise un grugnito e Harry seppe che il colpo era andato a segno. 
 
“Ma che ore sono?” biascicò. 
 
“Tardi. Abbiamo sicuramente mancato la colazione,” disse Harry, stiracchiandosi. Diverse articolazioni scricchiolarono. 
 
“Vorrà dire che ci aspetta un bel brunch in spiaggia,” disse Draco facendo per mettersi a sedere. 
 
Harry lo fermò e lo costrinse e rimanere sdraiato. Sapeva che Draco avrebbe cercato di evitare di parlarne, ma lui aveva bisogno di mettere alcune cose in chiaro, e non lo avrebbero più fatto, se non lo avessero fatto subito. 
 
“Diciamo che è quello che è successo la notte scorsa è stata una cosa del tutto assurda,” iniziò come premessa. 
 
“Decisamente, Potter. Sono andato a letto con il mio peggior nemico”. 
 
“Ma devi convenire che non è stato del tutto sgradevole.” 
 
“No. Sorprendentemente, no,” concesse Draco. 
 
“E mettiamo che io potrei ancora essere eccitato, e che potrei aver voglia di ripetere la cosa”. 
 
Malfoy sorrise e alzò maliziosamente un sopracciglio. Cominciò ad accarezzargli un fianco. 
 
“Io volevo una vacanza da me stesso, e anche tu la volevi. Credo. Allora fingiamo di essere due persone diverse, solo per questa settimana, e poi faremo come se non fosse successo nulla”. 
 
“Due persone che faranno dell’ottimo sesso in questa settimana,” suggerì Draco, la cui mano stava scivolando dal fianco verso l’inguine. 
 
“Esatto,” Harry dovette espirare pesantemente, per impedirsi di gemere. 
 
“Mi sembra un buon accordo,” gli sussurrò all’orecchio, cominciando a baciargli il collo, mentre continuava ad accarezzarlo tra le gambe. “Ma, Potter, nessun coinvolgimento amoroso, chiaro?”
 
Harry suggellò la promessa afferrandogli il mento e strappandogli un bacio. “Ultima cosa: smetti di chiamarmi ‘Potter’. Sono Harry”. 
 
***
 
Nella settimana che seguì, Harry scoprì che non solo il corpo di Draco causava dipendenza, ma che aveva anche sempre ignorato il fatto che la sua compagnia potesse essere molto gradevole. 
 
Lui aveva previsto di non muoversi dal lettino in spiaggia per tutta la durata della vacanza, con l’unica eccezione di mangiare, dormire e bere qualcosa al bar in piscina, ma anche dopo il giro in gommone Draco lo trascinò ad ogni gita che gli venne in mente. 
 
Prima toccò al safari nel deserto - e un dromedario gli sputò in faccia. Poi sui quad - si fermarono a bere del tè con dei finti beduini, un tè preparato in condizioni igieniche del tutto discutibili e che infatti Draco si rifiutò categoricamente di assaggiare. E poi ancora a visitare tutti i musei e siti archeologici delle città vicine. 
 
Harry stava scoprendo un lato del tutto nuovo di lui, un lato che gli era sempre stato interdetto. Aveva voglia di fare un mucchio di cose, era in grado di sorridere, di divertirsi. Era pazzesco come senza nessuno attorno da impressionare fosse una persona come tutte le altre. Anzi, forse anche qualcosa in più, con il suo fascino che, nonostante il suo fare brusco e altezzoso, chiunque sembrava subire. Harry compreso. 
 
Chi fosse quella persona che gli afferrava la mano e lo trascinava ovunque, non lo sapeva più, ma lo avrebbe seguito in capo al mondo.
 
Non parlavano mai del passato. Il fatto era che con Draco Harry sentiva che non doveva parlarne per forza. Non ce n’era bisogno, si capivano lo stesso su certe cose, e di quello era grato, perché non gli andava più di farlo. Le parole che avevano senso le aveva esaurite da un pezzo.
 
Non che Draco si lasciasse scappare l’occasione di punzecchiarlo come ai vecchi tempi, quando poteva, ma quando lo faceva aveva un che di provocante che faceva eccitare Harry all’inverosimile. 
 
Uscivano la sera, tornavano a casa sbronzi, baciandosi nel retro di qualche taxi. Sembrava impossibile non saltarsi addosso ogni volta che se ne presentava l’occasione. 
 
Harry si sentiva sereno come non gli capitava da una vita. La persona più impensabile lo stava facendo sentire come avrebbe dovuto sentirsi un qualsiasi ragazzo di vent’anni: libero, sconsiderato, immortale. 
 
Il mondo intero era ai loro piedi. 
 
Non avevano nessuna regola in quel paradiso fragile, se non una, posta da Draco: ciò che succedeva a Sharm, sarebbe rimasto a Sharm. Una volta tornati a Londra tutto sarebbe tornato esattamente come prima.
 
Ma quei giorni scivolarono via come una bottiglia di un buon vino. Troppo velocemente. 
 
La loro ultima mattina insieme, Draco si era alzato presto e aveva spalancato le tende e la finestra della stanza, solo per poter vedere l’alba stretto a lui sotto le lenzuola. 
 
Quella notte Harry aveva cercato di non chiudere gli occhi, di rimanere sveglio il più possibile, fosse anche solo per poter appoggiare la testa sul petto di Draco e sentirlo respirare. Non voleva perdersi nulla di quegli ultimi istanti. 
 
Fu lì che lo seppe, mentre i primi raggi di sole gli sfioravano la pelle. Lo guardò e si rese conto di provare più di quello che avrebbe voluto. Più di quanto gli fosse concesso. 
 
Avrebbe voluto fermare il tempo e vivere sospeso in eterno in quell’esatto momento.
 
Se Draco provasse la stessa cosa non ebbe coraggio di chiederlo, voleva illudersi che fosse vero tutto ciò che non si stavano dicendo in quel momento. E che pure era lì, tra loro. 
 
“Stai bene?” gli chiese, accarezzandogli la spalla con la punta delle dita. 
 
“Sto bene”, ma non era vero. 
 
Sarebbe ripartito di lì a poche ore, Draco lo avrebbe raggiunto a Londra appena due giorni dopo. Ma Londra non era Sharm, lì non sarebbero stati come erano ora. Il patto era quello.
 
Harry aveva giurato che non si sarebbe innamorato e ora, ora che cominciava già a sanguinare, Draco sarebbe stato di certo l’ultimo a doverlo sapere. 
 
***
 
La prima mattina in cui si risvegliò nel suo appartamento a Londra, un senso di malinconia gli si cucì addosso. 
 
Vagò per casa per almeno venti minuti. Guardò la valigia che non aveva voglia di svuotare. Spostò le tende, quasi aspettandosi che Draco fosse lì sotto ad aspettarlo, chiedendosi se stesse pensando a lui, fosse anche solo per un attimo; se sentisse la sua mancanza, almeno un pochino. Se anche la sua testa richiamasse a sé i ricordi dei giorni che avevano passato insieme, troppo pochi. Si torturò con l’idea che forse era con qualcun altro. 
 
Attraversò quei giorni dopo il suo rientro svuotato, provando ad andare avanti senza riuscirci davvero, maledicendosi per essere stato tanto stupido da ritrovarsi con il cuore infranto. 
 
Era tutto finito, aveva saputo fin dall’inizio che sarebbe dovuta andare così. 
 
Ma se la storia era davvero finita perché continuava a volerne scrivere delle pagine? 
 
Perché si agitava tra le lenzuola in piena notte, desiderando che fosse accanto a lui per poterlo stringere e baciare ancora? Perché camminando per i corridoi del Ministero scrutava la folla, sperando di intravedere i suoi capelli biondi?
 
Arrivò al punto in cui si sarebbe accontentato di uno sguardo rubato, ma di Draco sembrava non esserci traccia da nessuna parte. Quasi avesse deciso di non tornare più indietro. 
 
Qualche volta, a tradimento, gli tornava in mente il volto abbronzato di Draco, illuminato dai neon della città, l’espressione sul suo viso quando Harry non si era sentito spaventato dal dirgli che lo voleva più di ogni altra cosa. La sensazione che provava quando sgattaiolava nella sua stanza per infilarsi nel suo letto. 
 
Sapeva di dover andare avanti, il suo obiettivo era stato concedersi una pausa, niente di più. Ma ora tornare ad essere il vecchio sé stesso sembrava impossibile. 
 
I ricordi di quella pazza vacanza passata insieme erano troppo vividi. Troppo doloroso ricordare quanto si era sentito bene, quanto si era sentito vivo. E più cercava un motivo per dover rinunciare a tutto questo, meno riusciva a trovare una qualsiasi motivazione che suonasse ragionevole. 
 
Non era forse giusto tenersi stretto ciò che ti rendeva felice? 
 
***
 
Prese la decisione una domenica mattina. O forse sarebbe stato più giusto dire che aveva raccolto il coraggio una domenica mattina, dal momento che aveva dovuto usare qualche conoscenza per scoprire dove abitasse Draco. 
 
Non era stato difficile, era vero che gli Auror tenevano d’occhio le sue attività e Draco stesso doveva saperlo benissimo. Quando Harry lo scoprì gli tornò subito in mente la frustrazione sul suo viso, quando si erano incontrati, in quella hall, e lui aveva pensato di essere stato seguito fin lì, fino in Egitto. La consapevolezza di come aveva dovuto essersi sentito, come una bestia braccata, lo ferì in maniera inaspettata. 
 
Bussò alla sua porta nel momento stesso in cui la trovò, non voleva darsi il tempo per ripensarci. Nessuna esitazione. Anche se nell’attesa, per un attimo gli balenò in testa l’idea che potesse anche non essere in casa. O peggio, che potesse anche non essere solo.
 
Il suo cuore sussultò quando sentì la serratura scattare. 
 
“Harry…” si accigliò Draco, quando gli aprì. 
 
Vederlo, dopo tutto quel tempo passato a pensare a lui, colpì Harry come un pugno nello stomaco. Era più bello di quanto ricordasse, anche mentre lo guardava con quell’aria interrogativa, vagamente allerta, in attesa che dicesse qualcosa. 
 
Se anche provava qualcosa, era dannatamente bravo a nasconderlo. Ma Harry cominciava a conoscerlo un pochino, e l’aveva avvertita quell’impercettibile pausa che c’era stata prima che pronunciasse il suo nome. Si aggrappò alla speranza di non essersi sbagliato. 
 
“Non voglio che finisca,” disse, saltando i convenevoli. 
 
“Io…Harry, non penso sia il caso.” Abbassò la testa evitando di incrociare il suo sguardo. “Sarebbe un disastro di questi tempi, lo sa-”
 
“Non m’ importa. Ti amo,” lo interruppe, e Draco lo fissò a bocca aperta, quasi gli volesse chiedere se gli fosse andato di volta il cervello. “Ti amo. Non è la cosa peggiore che tu abbia mai sentito?”  
 
“È decisamente la cosa peggiore che io abbia mai sentito.” 
 
Harry sentì il cuore sprofondare. Ma almeno ora poteva smettere di vivere in quel limbo. Se Draco non provava niente per lui, avrebbe sofferto per un po’, ma prima o poi avrebbe trovato il modo per andare avanti. Anche se all’inizio avrebbe fatto male, un male cane. 
 
Tacquero per un tempo che a Harry sembrò interminabile, e fu sul punto di scappare a gambe levate. Ma poi, all’improvviso, Draco lo tirò in casa, e si ritrovò senza maglietta ancora prima che la porta fosse chiusa. “Ho paura di essermi innamorato di te anch’io,” gli mormorò sulle labbra.
 
Draco aveva sicuramente ragione, la loro relazione sarebbe stata un bel disastro in quei tempi difficili, e di certo chiunque li conoscesse non ci avrebbe più capito niente; molti si sarebbero detti contrari. 
 
Harry però era pronto a pagarne il prezzo, e in un certo senso capiva che anche Draco lo era.  Bastava che fossero insieme, e il mondo sarebbe stato di nuovo ai loro piedi. 
 
Harry Potter aveva avuto cinque ottimi motivi per voler mettere più di cinquemila e trecento chilometri tra lui e la sua attuale vita, quella a cui era mancato qualcosa. 
 
Il motivo numero cinque era che Harry Potter voleva incontrare qualcuno, qualcuno che gli facesse perdere la testa. E, in fondo, sebbene lo avesse fatto in modo bizzarro ed inaspettato, quell’estate crudele aveva esaudito il suo desiderio. 
 

“I love you,” ain’t that the worst thing you ever heard?
 
 

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