Senza via d'uscita

di phoenix_esmeralda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kaori si arrende ***
Capitolo 2: *** Mollare la presa ***
Capitolo 3: *** Trappola senza uscita ***
Capitolo 4: *** Uno stupido ***
Capitolo 5: *** Anima fuori controllo ***
Capitolo 6: *** Forever, City Hunter ***



Capitolo 1
*** Kaori si arrende ***


Questa fanfiction nasce a seguito della mia quarta rilettura del manga di “City Hunter”, che mi ha condotta, sul gruppo FB di cui faccio parte, a iniziare l’ennesima discussione indignata sul comportamento di Ryo a seguito dell’amnesia post Kaibara di Kaori.
In molte, ci siamo dette insoddisfatte del modo in cui Hojo ha gestito l’ultima parte del manga: le scuse mai arrivate di Ryo, la giustificazione raffazzonata dell’istinto di sopravvivenza, una Kaori che si ripromette di fare la dura, ma poi finisce sempre per scodinzolare attorno a Ryo.
Da queste riflessioni, è nata questa fic che propone una risoluzione finale differente di City Hunter.
La fanfiction inizia dal punto in cui Kaori, scoprendo che Ryo sta vedendo clienti di nascosto e chiedendo pagamento in natura, massacra Ryo e poi se ne va dicendogli addio.
Da questo punto in poi, la storia prende una nuova piega.
 
PS: come dicevamo sul gruppo, circa i suoi sentimenti Ryo non pensa e non parla, cosa che lo rende sempre impassibile e imperscrutabile. In questa fic, per forza di cose, ho dovuto scegliere dei momenti in cui “Ryo pensa e parla”. Ho cercato tuttavia di restare IC il più possibile.
Si ringraziano Mary Squillace e Stefania del “City Hunter Italian Forum” per le stimolanti chiacchierate che hanno condotto all’ispirazione per questa fanfiction.
Buona lettura!
 
 
SENZA VIA D’USCITA
 
1
 
“Adesso basta, sono stufa di te!”, Kaori lanciò un’ultima occhiata dietro di sé e la rabbia stemperò nel dolore – “Addio… Ryo”.
Corse via, senza sapere precisamente dove andare, con la sola intenzione di allontanarsi da quell’agonia. Non era nulla di diverso da ciò che aveva vissuto per anni, facendoselo andar bene e, anzi, pensando che quell’esistenza le piacesse.
Ma a quel tempo aveva ancora la speranza. La speranza che, piano piano, quei piccoli passi che Ryo aveva fatto verso di lei sfociassero in una svolta definitiva.
Ma adesso?
Adesso, quella svolta c’era stata: Ryo, restituendole la pistola risistemata, aveva messo fine ad ogni indecisione nei suoi confronti, sia come partner che come donna. L’aveva tenuta accanto a sé nella missione contro Kaibara, l’aveva messa a parte del suo passato e dei suoi turbamenti. Avevano combattuto fianco a fianco e si erano promessi di restare vivi l’uno per l’altra. Si erano baciati attraverso quel vetro, spinti da un’emozione prorompente quanto naturale. Non avrebbe mai creduto fosse possibile, per lei, baciare Ryo in modo tanto istintivo.
Quando l’aveva visto arrivare a nuoto sano e salvo, gli si era gettata addosso e si era avvinghiata a lui, come se non avesse mai più dovuto lasciarlo.
Non una sola volta, in quei giorni, si era sentita lontana da lui, respinta da lui, rifiutata. Non per un solo istante, si era sentita indifferente ai suoi occhi.
Ma poi…
Kaori si fermò di botto e si guardò intorno, mettendo a fuoco il luogo in si trovava.
Istintivamente aveva preso la via di casa, quella casa che non poteva più pensare come sua.
Entrò nel palazzo e iniziò a infilare la sua roba a casaccio in una borsa, cercando di attutire, con la sua foga, il dolore acuto che provava. Le sembrava di avere, ormai da mesi, un coltello affilato piantato in mezzo al cuore. Le sembrava di non respirare mai fino in fondo, di non recuperare mai abbastanza aria.
Ryo che approfittava della sua amnesia per fingere che non fosse accaduto nulla tra loro.
Ryo che tornava a rimorchiare donne per strada.
Ryo che parlava male del suo carattere e del suo fisico e faceva paragoni con donne avvenenti.
Ryo che vedeva clienti di nascosto e chiedeva loro un pagamento in natura.
Aveva annientato, con pochi gesti, tutta la dolcezza e tutto l’amore che c’erano stati tra loro in quelle quarantotto ore di vicinanza. Aveva tolto valore a ciò che si erano promessi a vicenda, a quelle sue stesse scuse per averla fatta soffrire a causa della sua indecisione. “Il tempo dell’indecisione deve finire”, le aveva detto. E poi…?
Le lacrime non smettevano di rigarle le guance.
Come aveva potuto farle questo? Rifiutarla ancora, umiliarla ancora, ferirla ancora… tradirla come donna e come partner? Sarebbe stata pronta in ogni istante a dare la vita per lui e glielo aveva comunicato in ogni modo, ma…
Se deve essere così, non ne vale la pena.
Non era da lei, non si sentiva più lei, ma lo stava facendo davvero.
Stava gettando la spugna.
 
***
 
“Perdona la mia intrusione, Mick. Resto solo il tempo necessario a trovarmi un appartamento”
Kaori era seduta su un angolo di divano, le gambe strette, lo sguardo basso. Era in difficoltà, Mick se ne accorse al primo sguardo.
“L’offerta di diventare mia partner è sempre valida”, le ricordò. “Puoi restare quanto vuoi, ti aiuterò a farla pagare a quel cavernicolo di Ryo”
“No…”, Kaori si torse le mani in un gesto quasi doloroso. “Non importa. Non mi importa più”
Era strano percepire in lei la rassegnazione. Kaori non era persona da perdersi d’animo: era la donna più combattiva e tenace che avesse mai conosciuto.
“Sei solo ferita”, le disse lui. “Ma se Ryo fosse in pericolo, non correresti forse in suo aiuto senza pensarci un solo istante?”
Fu sorpreso di vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime. Kaori le spazzò via con il dorso della mano e, alzando la testa, si sforzò di sorridere. “Ma non sono mai stati i miei sentimenti, quelli in dubbio, no?”
Quella sua schiettezza lo disarmò per l’ennesima volta. Era stato proprio quel lato di lei a conquistarlo, mesi prima e adesso provò un moto di esasperazione nei confronti di quello stallone da strapazzo.
“Non sono in dubbio nemmeno i sentimenti di Ryo”, sbuffò, infilando le mani in tasca. “Non so cosa ci sia nella sua testa bacata, ma persino con me aveva ammesso i suoi sentimenti. Prima di scoprire della tua amnesia, gli avevo chiesto di vivere la sua vita rendendoti felice e lui aveva acconsentito”
“Come?”
“Credo che se la sia fatta sotto”, Mick si avvicinò alla finestra e gettò uno sguardo al palazzo di fronte. Poi tirò con cautela la tenda bianca. “Ryo era molto diverso, un tempo. Il periodo trascorso con te lo ha cambiato e credo che non si sia reso conto di quanto, finché non ti ha restituito la pistola di tuo fratello. Quella notte ti ha parlato con un trasporto che mi ha sorpreso. Sulla nave ti ha baciata, vero?”
Mick la vide arrossire.
“Mentre ero in convalescenza, ho sentito parlare spesso di te e Ryo e di quello che era accaduto e stava accadendo tra di voi”
“Oh…”, Kaori assunse una tinta violetta. “Credo di essermi sfogata spesso con Miki e con Kasumi…”
“Ryo era sincero, ne sono sicuro. Ha lasciato finalmente che i suoi sentimenti prevalessero e ti ha tenuta accanto come desiderava probabilmente da molto tempo. Si è avvicinato a te come non aveva mai fatto prima ed era disposto ad assumersi le responsabilità di quanto era accaduto tra voi. Ma poi hai perso la memoria”
“È bastato quello a cancellare tutto”, confermò Kaori stringendo dolorosamente i pugni.
“Probabilmente, nel momento in cui si è accorto che non ricordavi nulla, Ryo ha tirato il fiato. Si è fermato un attimo in quella folle corsa in cui stava precipitando e si è preso il lusso di rallentare, di tornare ai ritmi a cui era abituato e che, di fatto, lo fanno sentire al sicuro.” Mick alzò gli occhi al cielo “Chissà che spavento deve essersi preso a trovarsi così coinvolto da te!”
Vide il dolore riapparire negli occhi di Kaori.
“Kaori, io  capisco cosa deve essergli passato per la testa, ma non lo giustifico”.
Mick gettò uno sguardo alla finestra, ora riparata dalla tenda tirata. Fece un passo verso Kaori, le si accostò e le appoggiò una mano sulla spalla, tirandola leggermente verso di sé.
Doveva stare attento: avvicinarsi, ma non più di quel tanto che l’avrebbe allarmata.
Non lo disse, ma ero deciso ad aiutarla. A Kaori doveva la vita: se lei, rischiando, non lo avesse riportato in sé sulla nave di Kaibara, Ryo lo avrebbe ucciso. Aveva già la pistola puntata contro di lui, pronto a privarlo di quella nuova vita maledetta. Se oggi era qui, lo doveva a Kaori.
“Capisco come ti senti”, aggiunse, accorciando le distanze di un altro millimetro. “Ryo si è comportato da vero egoista”.
 
 
Quando Ryo varcò la soglia di casa, si accorse immediatamente dell’assenza definitiva di Kaori.
Non sentiva il familiare tramestare in cucina, il profumo della cena nell’aria. Non c’erano l’acqua calda pronta per il bagno né la voce di Kaori che lo accoglieva per rimproverarlo del ritardo.
Gran parte dei suoi oggetti era svanita, al suo posto era rimasto un semplice biglietto sul tavolo.
“Ero sincera Ryo, non ce la faccio più. Ho bisogno di qualcosa di diverso. Me ne vado. Kaori”
Ryo fissò a lungo quelle righe, in silenzio; alla fine prese a  salire le scale.
Quel mattino, Kazue lo aveva chiamato per informarlo delle reali condizioni fisiche di Mick, avvisandolo che Kaori aveva recuperato la memoria da tempo.
Ryo lo sospettava già. Si era reso conto del momento in cui la rabbia di Kaori si era velata di sofferenza e, se avesse avuto ancora dubbi, sarebbe bastato il modo in cui se n’era andata quel giorno, a dissolverli definitivamente. L’ultimo sguardo che gli aveva gettato era quello di una donna tradita.
Ryo si affacciò al balcone e, alzando lo sguardo, vide con sorpresa Kaori e Mick dalla finestra del palazzo di fronte. Stavano parlando e, dalle loro espressioni, il tono della conversazione doveva essere serio.
Poi, Mick tirò la tenda e divennero solo macchie scure stagliate contro il candore del tessuto bianco. La luce accesa all’interno della casa ritagliava nitidamente i contorni delle loro ombre.
L’ombra di Mick si avvicinò a quella di Kaori. Ryo vide chiaramente il corpo di Mick accostarsi a Kaori, la sagoma delle loro teste avvicinarsi.
Eccolo che arriva!, pensò Ryo, prevedendo il martello di Kaori.
Ma non successe nulla.
Kaori rimase accanto a Mick senza opporsi, senza distanziarsi. Erano solo ombre, Ryo non poteva capire cosa stava accadendo in quella stanza: dove si trovavano le mani di Mick? Quanto erano vicini i loro volti? Perché Kaori non lo stava allontanando?
Ryo rimase a fissare le sagome ipnotizzato, il corpo rigido.
Poi vide le due ombre allontanarsi e prendere qualcosa. Vide Kaori svolgere quello che sembravano essere lenzuola e depositarle a terra.
La vide chinarsi verso il pavimento e svanire. Lo stesso fece l’ombra di Mick.
Qualche istante dopo, la luce si spense.
Ma…cosa..?
Ryo rimase a fissare l’oscurità.
 
 
“Mick, ma cosa succede? C’è un intruso?”
Kaori era acquattata a terra nell’oscurità, senza capire cosa stesse accadendo.
Mick era stato gentile con lei, l’aveva ascoltata e confortata. Aveva temuto che avrebbe oltrepassato il limite, come quasi sempre faceva, invece si era limitato a metterle un braccio attorno alla spalla in modo amichevole e a darle ragione.
Le aveva poi passato il futon per prepararsi per la notte, ma di punto in bianco le aveva urlato di gettarsi a terra. Lei aveva obbedito istintivamente, come faceva sempre agli ordini improvvisi di Ryo e poi l’aveva visto imitarla e infine strisciare verso il muro per spegnere la luce.
Kaori estrasse la pistola e rimase acquattata: “Mick?”, sussurrò.
“Ah ah”, lo sentì ridacchiare. “Era un falso allarme”
“Eh?”
Sentì al buio il tramestio di lui che si rimetteva in piedi “ Ma tu resta pure lì, Kaori, sarai stanca morta, riposati. Non vale la pena riaccendere la luce, vado a letto anch’io.”
E così dicendo, si dileguò. Kaori sentì il rumore dei suoi passi che si allontanavano, lasciandola sola e perplessa.

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Capitolo 2
*** Mollare la presa ***


2
 
Ryo si trascinò giù dal letto dopo una notte quasi insonne, la luce dell’alba si era ormai insinuata nella camera, rendendogli impossibile il riaddormentamento dopo l’ennesimo risveglio.
Mise il caffè sul fuoco e rimase come ipnotizzato a fissare la fiamma che ghermiva il pentolino.
Che strano, pensò. Un tempo non gli sarebbe mai venuto in mente di scendere in cucina a prepararsi un caffè: sarebbe uscito direttamente a berlo in un bar o, anzi, si sarebbe già probabilmente risvegliato su un marciapiede fuori da un locale, dopo una notte di bagordi.
La sua vita era sempre stata priva di regole e di orari: mangiava quello che capitava dove capitava, dormiva in qualunque luogo e a qualunque orario, in base al lavoro che stava svolgendo o, nel tempo libero, a quello che gli balzava per la testa in quell’istante.
Non credeva si potesse vivere in altro modo… o non che avrebbe potuto farlo lui, comunque, che scandiva la sua esistenza in base all’emergenza e alla sopravvivenza, come aveva fatto fin da quando era guerrigliero. Da sempre.
Finché Kaori non era venuta a vivere con lui.
All’improvviso, la sua quotidianità si era vista scandita da colazioni e pranzi e cene.
C’erano l’acqua del bagno calda e il letto rifatto, una voce che ogni giorno lo rimproverava di svegliarsi tardi, di uscire troppo spesso, di spendere in modo esagerato.
Una voce che gli ricordava le bollette, le scadenze,  che lo riportava continuamente a una vita fatta di regole che lui non aveva mai preso in considerazione.
Senza rendersene conto, si era gradualmente abituato a pasti regolari fatti in casa, ad avere sempre gli abiti puliti ogni volta che necessitava di un cambio, ad avere qualcuno che gli fasciava le ferite e si preoccupava se anche solo starnutiva.
E lui, sempre senza farci caso, aveva diminuito il numero di nottate che trascorreva nei locali. Tendeva a rientrare prima del solito, a passare più tempo in casa.
Perché era diventata casa:  non più solo un appoggio, un luogo di passaggio tra un lavoro e una scorribanda, bensì un luogo di conforto in cui era piacevole restare.
Ryo si versò il caffè, meditabondo.
Mick si era reso conto immediatamente della differenza, non vedendolo da anni, mentre lui… solo adesso riusciva a tirare le fila.
E sapeva bene a cosa doveva quel cambiamento.
Tracannò il caffè, sperando di alleviare lo stordimento della notte insonne. Quelle sagome una vicina all’altro, quella luce spenta all’improvviso non lo avevano lasciato in pace un solo istante.
Sapeva che Kaori non era persona da mutare sentimenti nell’arco di una notte, ma sapeva anche bene di averla ferita oltre ogni misura.
Era abituato, con lei, a sentirsi un vigliacco, ma questa volta…
“Questa volta finirò per farmi male...?”
 
 
Mick scivolò fuori di casa e quasi si scontrò con Ryo, fermo sul marciapiede a fumare una sigaretta.
“Dove te ne vai così arzillo a quest’ora?”, lo apostrofò Ryo, gettando il mozzicone con uno sguardo sospettoso. “Stavi per caso correndo alla lavagna per fregarmi nuovamente il lavoro?”
Mick intrecciò le mani dietro la nuca “Chi lo sa…”, sviò, guardando altrove. “Può anche essere che, se avessi un caso, Kaori decida di restare come mia partner. Tanto a te non serve più, vero?”
Ryo gli diede le spalle con una scrollata. “Fa come vuoi”, rispose, incamminandosi.
“Non vuoi sapere cosa è successo stanotte, tra me e lei?”
Ryo si bloccò. Poi mise di nuovo un piede avanti, ma si fermò di nuovo.
“Non ho bisogno di sentirlo da te, so benissimo cosa è successo. Kaori non è quel tipo di persona.”
“Ne sei sicuro, Ryo? Sai quanto l’hai fatta stare male?”
Ryo non rispose. Ma non si mosse neppure.
“Si può sapere cosa ti prende?”, rincarò Mick. “È così difficile scusarsi e iniziare finalmente una vera relazione con lei? Capisco che per te sia un terreno inesplorato, ma questa situazione sta facendo male ad entrambi. Non ho rinunciato a Kaori, perché tu la facessi piangere a questo modo.”
Ryo infilò le mani in tasca, senza voltarsi. Chinò la testa.
“Hai ragione. Ma devo venire a patti con il mio orgoglio.”, disse.
“Ti darei una motivazione in più, se ti dicessi che questa notte le ho messo le mani addosso?”
Ryo si irrigidì.
“Se getti una donna nella disperazione, non ti devi lamentare se qualcuno approfitta della sua fragilità”
Mick vide la tensione attraversare le spalle di Ryo, poi lui alzò un braccio in cenno di saluto e si incamminò.
“Vado alla lavagna”, gli disse. “Non dimenticare che, qui a Shinjuku, City Hunter sono io.”
Mick lo osservò allontanarsi, ancora una volta come se le sue parole non gli avessero fatto effetto.
Ryo era molto bravo a mascherare le sue emozioni, ma Mick aveva visto con i suoi occhi come, quando di mezzo c’era Kaori, il suo autocontrollo vacillava.
E anche adesso, l’aveva visto.
“Fai l’indifferente, ma il dubbio te l’ho insinuato”, ridacchiò. “Sei geloso. Oh, se sei geloso…”
 
 
***
 
“Non avevo idea che gli appartamenti avessero degli affitti così alti”, gemette Kaori, lasciandosi andare allo sconforto.
Era seduta a un tavolino del Cat’s Eye e sfogliava gli annunci del giornale ormai da mezz’ora, attorniata da Mick e Kasumi che la aiutavano a valutare le offerte.
“Anche se trovassi qualcosa di economico, dovresti avere immediatamente un lavoro nuovo per poter pagare l’affitto. O hai dei soldi da parte, Kaori?”, chiese Kasumi.
“Beh…”.
Venendo via da casa di Ryo, Kaori aveva preso con sé l’esatta metà dei soldi che avevano in casa. Ma la metà di poco è ancora più poco… il denaro sarebbe finito molto alla svelta.
“Hai fatto qualche altro lavoro, prima di diventare la partner di Ryo?”, si informò Mick. “Hai qualche esperienza?”
Kaori si accasciò, ripiegandosi su se stessa.
Hideyuki era morto nel giorno del suo diciannovesimo compleanno e, immediatamente dopo, lei aveva preso il suo posto accanto a Ryo. Aveva appena terminato le scuole superiori e non si era mai cimentata in nessun tipo di lavoro diverso. Né aveva creduto di averne bisogno, perché non aveva mai desiderato altro che continuare il lavoro di suo fratello. Non aveva mai voluto altro che migliorarsi per diventare una partner degna di Ryo.
Ryo…
Kaori strinse gli occhi e si obbligò a rigettare il ricordo che stava affiorando. Se si fosse fermata a pensare a lui, il nodo alla gola l’avrebbe nuovamente sopraffatta, e invece doveva imparare a tirare avanti.
“Cercano un buttafuori in una discoteca”, commentò Mick massaggiandosi il mento.
“Ti sembra un lavoro adatto a Kaori?”, si indignò Kasumi.
“Perché no?”, Mick portò una mano alla nuca ridacchiando imbarazzato. “Scommetto che le basterebbe tirare fuori il suo martello per rimettere in riga qualunque malintenzionato”
“Mmh… una buttafuori?”, rifletté Kaori.
In quel momento la porta del locale si spalancò e, con un tuffo al cuore, vide Ryo oltrepassare la soglia.
“Ehilà”, salutò lui, avvicinandosi al bancone dietro il quale si trovava Miki. Era allegro come al solito, come se non lo sfiorasse un solo problema al mondo.
“Sono nuovi quei pantaloni, Miki?  Ti fasciano il sedere in modo fantastico! Lasciami toccare per valutare la consistenza… Argh!”
Ryo si staccò dalla faccia la padella che Miki gli aveva schiantato addosso di riflesso.
“Non c’è bisogno di essere così permalosi…”, brontolò lui. “Oh… ma c’è anche Kasumi! Un altro sederino di cui poter valutare la consistenza!”, sbavò, avvicinandosi al loro tavolo. Fece per balzare su Kasumi, che si alzò di scatto, allontanandosi dal tavolo; Ryo si gettò al suo inseguimento.
Kaori scostò la sedia di qualche centimetro, in modo da dare le spalle alla scena.
Un tempo il comportamento di Ryo l’ aveva irritata, ma in qualche modo era riuscita ad accettarlo. L’aveva considerato semplicemente parte del suo modo di essere e lei, autoinvestita del ruolo di guardiana, si era sempre sentita in dovere di tenerlo a bada senza che quelle scenette la ferissero.
Adesso invece la ferivano. Adesso, dopo tutto quello che c’era stato fra loro, le sembravano crudeli.
E lei non aveva più voglia di farsi coinvolgere né di prendere parte a quel teatrino demenziale.
Girò la pagina del giornale e cercò di ignorare  quello che stava accadendo attorno a lei, concentrandosi sugli annunci.
“Dubito che in questo modo troverai una soluzione”, commentò Mick. Gettò uno sguardo di sottecchi a Ryo e riuscì a intercettare, per un frammento di secondo, una sua occhiata obliqua.
Mick nascose un sorriso. Ci stai tenendo d’occhio, eh? Ti preoccupa che Kaori non stia più al tuo gioco?
“Kaori, credo che la tua unica possibilità, al momento, sia restare a casa mia”, le disse, con il tono di voce più comprensivo che gli riuscì. “Nel frattempo potrai cercare con calma un nuovo lavoro e iniziare a mettere da parte qualche soldo”.
Kaori unì le mani in grembo, combattuta. “Mi dispiace così tanto, Mick, esserti di peso”
Lui le mise una mano sulla spalla, calorosamente, ancora una volta badando bene di non passare il confine.
E tu osserva attentamente, Ryo, guarda come siamo vicini ora.
“Non devi neppure pensarlo. Ricordati che non sei sola, puoi sempre contare su di me”
Mick gettò un’altra occhiata a Ryo, che adesso si era calmato e si era seduto al bancone ordinando un caffè. Non aveva dubbi che non si fosse perso un solo frammento della conversazione fra loro.
“Vieni Kaori”, disse alzandosi. “Conosco una bacheca dove pubblicano spesso degli annunci, ti ci accompagno”.
Lei si alzò annuendo e passò in rassegna il locale con lo sguardo, notando che Kasumi, dopo l’assalto di Ryo, si era dileguata.
“Ciao Miki, grazie per il giornale”, la salutò.
Girandosi, il suo sguardo cadde su Ryo. “Ciao, Ryo”, aggiunse. Poi attraversò la porta che Mick le aveva aperto e lasciò il locale assieme a lui.
Miki, ancora con la mano alzata, vide il portone richiudersi dietro Kaori con un tonfo e, per un istante, riuscì a percepire la voragine che quel rumore scavò nell’animo di Ryo.
Non riesce più ad avere presa su di lei, si rese conto.
Lui aveva messo in atto tutto quel repertorio che, più di ogni altra cosa, attivava Kaori. Ma lei non aveva quasi dato cenno di essersene resa conto.
Non si era infuriata, ma non aveva nemmeno finto indifferenza. Non aveva ignorato Ryo, andandosene senza salutarlo. Non c’era in lei nessun segnale che facesse intendere il desiderio di riappacificarsi o anche solo di attirare l’attenzione di Ryo. Sembrava davvero, a tutti gli effetti, che l’avesse scaricato.
Ryo rimestava il cucchiaino nel caffè, in silenzio. Ma quando alzò lo sguardo, non diede mostra d’altro se non del suo solito sguardo indifferente. “Non arriva lo scimmione, oggi?”, sbadigliò. “Ti lascia sola soletta in balia di altri uomini?”
“Dovrebbe arrivare fra poco…”, mormorò lei, dandogli la schiena per riporre un piatto. Si fermò con la mano a mezz’aria. “Saeba…”, sussurrò. “Kaori è appena uscita da questo locale con un altro uomo. Non credi che sia ora di fare qualcosa?”
Alle sue spalle rispose solo il silenzio. Miki ripose il piatto, rassegnata a un’imminente replica da  maniaco.
Ma quando si voltò, trovò Ryo immobile, il cucchiaino a mezz’aria, il viso basso coperto dal ciuffo di capelli.
“Saeba…?”
Lui affondò il cucchiaino nel caffè.
“E se ormai avessi superato un limite da cui non c’è ritorno?”, le chiese, senza alzare lo sguardo.
Miki ammutolì.
Ha paura, comprese.
Era terrorizzato dall’idea di essere respinto e questo lo paralizzava definitivamente.
 
 
“Vedrai che domani andrà meglio”, la incoraggiò Mick, girando la chiave nella serratura della porta. Varcarono la soglia dell’appartamento ma, appena dentro, Kaori ebbe uno strano presentimento. Anche Mick si irrigidì; le gettò uno sguardo fulmineo ed entrambi si voltarono con le pistole spianate.
Tre uomini si stavano avvicinando con l’intento di accerchiarli, le armi puntate verso di loro. L’uomo al centro, l’unico senza la pistola alzata, registrando la loro reazione scoppiò a ridere.
“Molto bene, vedo che abbiamo a che fare con persone sveglie!”
“E voi chi sareste?”, domandò Mick, tenendoli sotto mira.
Invece di rispondere, l’uomo alla sua sinistra si apprestò a sparare. Mick, invece di rispondere con il fuoco,  roteò velocemente su se stesso e colpì  il polso dell’uomo con un calcio, facendo scivolare via la pistola.
Con un secondo calcio lo prese al viso, scaraventandolo a terra privo di sensi.
L’uomo che aveva parlato si preparò a fermarlo con un proiettile, ma Kaori puntò immediatamente l’arma verso di lui.
Dove sei Ryo, adesso, a impedirmi di uccidere qualcuno con questa pistola?, pensò, prima di riuscire a impedirselo.
Respirò a fondo e mirò alla spalla, premendo il grilletto. L’uomo, però, si scostò fulmineamente e venne preso solo di striscio.
In quel momento, il terzo l’uomo l’afferrò da dietro, imprigionandole le braccia. Con uno scatto improvviso, Kaori lo spinse indietro con il suo corpo, schiacciandolo contro il muro con tutta la forza che aveva.
“Presto, Mick, colpiscilo!”, urlò.
Mick alzò la pistola ma, senza motivo, esitò.  Quel secondo di ritardo fu sufficiente all’altro malvivente per tornare ad alzare la pistola contro di lui. Mick sollevò immediatamente l’arma e i due si fronteggiarono faccia a faccia, le pistole l’una contro la fronte dell’altro.
Ma l’avversario di Mick scoppiò a ridere. “Siamo al time out!”, esclamò. “Vero, Mick Angel?”
Confusa, Kaori vide il braccio di Mick tremare. Cosa stava succedendo?
Si dimenò per liberare le braccia, ma la presa dell’uomo dietro di lei non mollava e finì solo per far cadere a terra la pistola che ancora le penzolava da una mano.
“È molto tempo che mi sto preparando”, continuò l’uomo sogghignando. “Mi sono informato molto accuratamente su di voi e su tutti quelli che vi circondano, in modo da non lasciarmi sfuggire nessuna occasione”
“Ma di cosa stai parlando?”, esplose Kaori.
“Scommetto che nemmeno tu ne eri a conoscenza”, replicò lui. “Lo sapevi che quest’uomo non è più in grado di sparare?”
Indicò Mick con la pistola e Kaori sbarrò gli occhi. “Ma cosa…?”
“I nervi delle sua braccia sono rimasti danneggiati dalle scariche elettriche, non ha più nemmeno la forza di premere il grilletto”.
Kaori sussultò. In un istante rivide Mick sulla nave di Kaibara, la scossa elettrica che l’aveva quasi ucciso mentre era sotto l’effetto della polvere degli angeli.
“Questo significa solo una cosa”, proseguì l’uomo, rivolgendosi a Mick. “La tua pistola, anche se è puntata su di me, non potrà mai sparare. Quindi, sei un uomo morto”
“No!”, urlò Kaori, dimenandosi. “Non sparare, fermati!”
L’uomo sogghignò. “Cosa sei disposta a fare per salvargli la vita?”
“Che cosa vuoi?”
“Te.”
“Kaori, non ascoltarlo. Avrò le braccia rovinate, ma sono ancora in grado di cavarmela!”
Dalle maniche di Mick fuoriuscirono all’improvviso delle frecce sottili e acuminate che si abbatterono contro l’uomo… e rimbalzarono contro di lui.
“Te l’ho detto”, rise. “Mi sono informato molto bene e ho preso i miei provvedimenti”. Batté qualche colpo sul proprio petto, indicando il giubbotto antiproiettile che indossava.
“Ragazza, smettila di dimenarti e lascia che il mio compare ti leghi le mani; se verrai via con noi senza opporti, lascerò vivere il tuo amico. Non ho nessun interesse per lui, è stato solo una pedina utile” – la fissò dritta negli occhi. “Io voglio te, Kaori Makimura”
“Me? Ma io non ti conosco!”.
“Non ci siamo mai incontrati di persona, ma tu e il tuo partner vi siete immischiati in ogni traffico illecito che ho cercato di portare avanti negli anni. Tiravo le fila dall’alto e vedevo i miei uomini, dislocati sui diversi fronti della malavita, venire arrestati uno a uno. Ed era sempre colpa di City Hunter: tu e Ryo Saeba vi siete impicciati una volta di troppo nei miei traffici”
Kaori avvertì una goccia di sudore scivolarle lungo la fronte.
“Sei Mitsuro Sato, vero?”, comprese. Il suo nome era uscito spesso, durante i loro diversi incarichi. Il misterioso boss che aveva le mani infilate in ogni affare illecito di Tokyo. “Ci vuoi eliminare?”, chiese.
“No. Voglio farvi soffrire, come è giusto che sia.”
L’uomo avvicinò la pistola alla fronte di Mick.
“Allora, ragazza. Cosa decidi?”

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Capitolo 3
*** Trappola senza uscita ***


3
 
Mick abbassò lo sguardo a terra per la vergogna. Se non fosse stato per il pericolo che correva Kaori, non sarebbe mai riuscito a raccontare a Ryo quello che era successo…
Dover ammettere il suo fallimento, la sua menomazione, nonché il pericolo in cui aveva messo Kaori non avvisandola delle sue reali condizioni fisiche lo umiliava profondamente.
“Mitsuro Sato..”, meditò Ryo. Un nome che gli era piuttosto noto.
“Ha detto che ti avrebbe atteso a questo indirizzo entro le tre di questo pomeriggio, altrimenti ucciderà Kaori”.
Ryo infilò le mani in tasca e fissò il cielo azzurro sopra di loro.
Chissà se Kaori l’avrebbe voluto in suo soccorso, ora che lo aveva scaricato?
Dopo ciò che era accaduto tra loro, come lo avrebbe accolto?
“Ryo… mi dispiace. Avrei dovuto avvisare Kaori, non avrei dovuto prendermi la responsabilità di tenermela in casa, se…”
“Mick”, Ryo alzò una mano a fermarlo. “Se quell’individuo non avesse potuto usare te, avrebbe trovato un altro modo di arrivare a noi. Non sei tu il problema, siamo stati io e Kaori a mettergli i bastoni tra le ruote in tutti questi anni, è una questione che riguarda noi.”
Si voltò con un cenno di saluto “Te l’ho detto: City Hunter qui a Shinjuku non sei tu, ma Kaori ed io. Vado a prepararmi.”
Mick lo osservò allontanarsi  e sospirò.
“Non vedevi l’ora di dirlo, eh?”
 
***
Sato le fissò i polsi sopra la testa, ammanettandola a un gancio conficcato in un colonnotto di cemento.
Kaori si era ribellata come aveva potuto, ma l’uomo era molto più grosso di lei e avvezzo alle maniere forti.
“Ora non ci resta che aspettare il tuo partner”, sogghignò lui. “Sono pronto ad accoglierlo”.
Ed effettivamente sembrava essersi preparato a lungo, perché l’ambiente era quanto di meno improvvisato potesse esistere.
L’angolo di stanza nella quale si trovavano, arredato con un letto, un paio di sedie e quel colonnotto di cemento piantato in mezzo al pavimento, era protetto da una calotta di vetro all’apparenza molto spesso.
Come se ci trovassimo sono una campana di vetro, rifletté Kaori.
Il resto della stanza era spoglio e grigio, all’apparenza non erano state piazzate trappole di alcun genere. C’erano un paio di uomini, al di là del vetro, ma Kaori non era neppure certa che fossero armati.
“Credi davvero di poter sconfiggere Ryo?”, sbuffò, rivolta a Sato. “Dopo aver visto il modo in cui combatte? Dovresti sapere che nessuno di voi ha speranze, contro di lui”
“Oh, lo so bene infatti”, confermò lui. “E non ho alcuna intenzione di sfidarlo. Ryo Saeba è in grado di disarmare una decina di uomini di uomini in un colpo solo, di scovare e disinnescare trappole in un solo gesto. È veloce come nessuno prima di lui, acutamente intelligente e totalmente sprezzante del pericolo. Sarei un pazzo a sfidarlo”
“E allora cosa vuoi da lui?”, si sorprese Kaori.
“Te l’ho detto: ho intenzione di farvela pagare. Voglio vedere Saeba soffrire e restare impotente, costretto a subire la mia vendetta.”
Kaori avvertì un brivido freddo, mentre Sato si voltava a guardarla compiaciuto. “Ho speso tutte le mie energie per costruire in questo luogo una barriera invalicabile: questo vetro è antiproiettile e indistruttibile, è impossibile penetrarlo in qualunque modo e il telecomando che ne innesca l’apertura è qui con me, all’interno. Saeba non potrà venire a salvarti, sarà costretto ad assistere senza poter fare nulla”.
“Assistere… a cosa?”
L’uomo fece un sorriso obliquo e Kaori sentì il cuore mancare un battito. Non pensava di ucciderla, l’aveva già detto. E il fatto che in quell’angolo di stanza ci fosse un letto non le faceva presagire nulla di buono.
“Dubito che Saeba manterrà quella sua aria fredda e distaccata, quando si renderà conto di non poter far nulla per correre in tuo aiuto. Voglio vedere il suo autocontrollo andare in pezzi. Sarà esilarante!”
Ryo… perdere il controllo? Kaori ne dubitava.
Quell’uomo non lo conosceva così a fondo, se credeva che sarebbe successo.
Ryo, semplicemente, non perdeva mai il controllo. Lei l’aveva visto di fronte alla morte di Hideyuki, a quella presunta di Mick, al momento in cui aveva dovuto uccidere Kaibara. Non che non soffrisse, era certa che il cuore di Ryo sanguinasse come quello di chiunque altro, ma all’esterno non lasciava trapelare assolutamente nulla, quasi che fosse incapace di esprimere la sofferenza e l’angoscia.
E, cosa da non sottovalutare, era perfettamente in grado di vederla soffrire senza scomporsi.
Quante volte le aveva deliberatamente fatto del male, sapendo che la stava ferendo?
Quante volte si era accorto di averla fatta piangere e non aveva detto una parola per rimediare?
Quante volte era rimasto impassibile di fronte alle sue lacrime?
Quando si era scontrato con Umibozu, lei era chiusa in una macchina che urlava, in preda alla disperazione. Si era forse degnato anche solo di dirle una parola?
Quando l’aveva supplicato di non combattere con il suo amico, quando era quasi morta di spavento credendo che si sarebbero uccisi a vicenda, si era forse preoccupato della sua sofferenza?
“Non credo che il tuo piano funzionerà”, mormorò.
“Lo vedremo!”. Sato diede un’occhiata all’orologio. “Sono quasi le tre, vogliamo metterci avanti con i preparativi?
Così dicendo, afferrò il coltello che aveva posato sul letto e, partendo dallo scollo, affondò la lama nella maglia di Kaori. Lei sussultò, mentre l’uomo lavorava per fare a pezzi quel che restava del tessuto e sfilarglielo di dosso, lasciandola in reggiseno.
“Guarda un po’”, l’apostrofò. “Non sei affatto male, ragazza. Credo che il mio compito sarà più divertente del previsto”
“Non ti sembra di avere un po’ troppa fretta?”, lo riprese una forte voce maschile.
Kaori vide Ryo avanzare verso di loro, il passo calmo, lo sguardo vagamente annoiato.
Nonostante i trascorsi degli ultimi giorni, era certa che sarebbe venuto; non sarebbe stato da lui abbandonare qualcuno in pericolo.
“Ryo Saeba”, lo salutò l’uomo. “Finalmente ti incontro di persona”
“Lo chiami incontrarci di persona? Con questo vetro in mezzo?”, commentò Ryo, tastando la barriera con un dito “Ma che cos’è? Una sorta di camera a luci rosse per guardoni?”
Sato gli lanciò un’occhiata ironica. “Vedo che non perdi mai il senso dell’umorismo. Ma sì, Saeba, oggi il guardone sarai tu”
“Mmmh?”, Ryo piegò le braccia dietro la testa perplesso. “E cosa dovrei vedere? Non mi piace guardare gli uomini”
L’uomo scoppiò a ridere: “Mettiti comodo. Questa teca è indistruttibile e non esiste alcun dispositivo fuori da qui che possa disattivarla, non hai alcuna speranza di raggiungere la tua partner. Voglio che tu osservi attentamente che cosa le farò, davanti ai tuoi occhi.”
Ryo sbuffò. “Davanti ai miei occhi? Non sono interessato. Se tutto ciò che vuoi, è propormi un film a luci rosse con Kaori come protagonista, non ne voglio sapere.” Fece per voltarsi. “Me ne vado, senza un pubblico non avrai motivo di esibirti”
“Se non resti qui a guardare, la ammazzerò”
Ryo si bloccò, ancora voltato di tre quarti.
“Credo che tu non abbia capito bene, Saeba: lo spettacolo deve andare avanti. Se resti qui buono a osservare, quando avrò finito con lei avrai speranza di riaverla indietro viva; ma se te ne andrai la ucciderò sul momento”.
Ryo si girò del tutto verso di lui, lo sguardo ora serio fino a essere truce.
“Inizi a stancarmi, Mitsuro Sato, per essere uno che vedo per la prima volta. Non sarebbe più onorevole, per te, uscire da quella gabbia e affrontarmi direttamente?
Sato scoppiò a ridere: “Non sono uno stupido, Saeba! Sono abile con la pistola, ma non quanto City Hunter! Ho studiato le tue capacità e non sono così arrogante da pensare di poterti battere!”
“E allora cosa vuoi da me?”
Sato abbozzò un sorriso. “La tua umiliazione.”, sentenziò. “Voglio vederti sconfitto, mentre assisti impotente alla violenza che dovrà subire la tua donna.”
“Non ci sarà nessuna violenza”, rispose lui, stringendo i pugni lentamente.
“Mi stai facendo perdere tempo, Saeba”. Sato si voltò verso Kaori ,rimasta fino a quel momento ad assistere allo scambio tra loro, paralizzata. L’uomo alzò nuovamente il coltello e , con un colpo secco, tranciò di netto in due la sua gonna.
A lei si mozzò il respiro. La scarica di colpi che seguì sul vetro le fece voltare la testa verso Ryo. Lo sweeper stava sparando contro la teca a ripetizione, centrando insistentemente lo stesso punto nella speranza di creare una crepa.
“Non funzionerà, Saeba, rassegnati!”, lo apostrofò Sato.
E infatti, scaricata la pistola fino all’ultimo proiettile, Kaori non scorse neppure una piccola scalfittura.
Sato posò le mani sulle sue spalle nude e abbassò lo sguardo sul suo seno. “Che dici, ragazza, facciamo sparire la biancheria intima?”
“Ryo, vattene!”, urlò Kaori. “Vai via, per favore! Preferisco morire adesso, che subire tutto questo davanti a te!”
“Kaori, che sciocchezze dici?”
La sua domanda fu seguita da un boato dal suono metallico. Sato si voltò di scatto, giusto per vedere Ryo abbattersi sul vetro con un grosso tubo di ferro staccato dal muro. I colpi si susseguirono violentemente uno dietro l’altro.
“Rassegnati, Saeba, non puoi infrangerlo”.
Ma l’intervento di Ryo l’aveva distratto e Kaori ne approfittò. Si agganciò con forza alla catena delle manette e sollevò entrambe le gambe, poi le scaricò violentemente sullo stomaco di Sato. Il colpo lo prese alla sprovvista, facendolo schiantare rumorosamente contro la parete di vetro.
“Brutta stronza!”, ansimò, rialzandosi stordito. Kaori sollevò di nuovo le gambe, scalciando, ma Sato la prese per le caviglie bloccandogliele e, con l’altra mano, le tirò uno schiaffo violento in viso.
Poi si schiacciò contro il suo corpo.
Kaori sentì il rumore metallico del tubo che cadeva a terra. Vide Ryo unire i pugni e schiantarli contro la barriera, violentemente. Ma se non avevano funzionato i proiettili, se non aveva funzionato il tubo, come poteva riuscirci con le mani?
“Kaori, non cedere! Forza, ribellati!”
Ribellarsi? Il corpo di Sato la schiacciava contro la colonna e le sue mani si stavano arrampicando verso il gancio del reggiseno.
Kaori concentrò tutta la sua energia in un unico movimento e riuscì a sollevare un ginocchio e colpire le parti basse dell’uomo. Lui scattò indietro piegandosi in due.
“Ryo, vattene”, ansimò lei e sentì le lacrime scapparle dagli occhi. Non voleva che la vedesse in quello stato, non riusciva a sopportarlo. “Ti prego, vai via! Non puoi fare niente! Preferisco che mi uccida subito… non voglio che tu veda questo”  Le lacrime ora le rigavano le guance.
Sato si era spostato in fondo alla stanza, sembrava cercare qualcosa.
Ryo si accostò alla parete, appoggiò i palmi delle mani al vetro.
“Kaori, cosa stai dicendo? Tu sei arrabbiata con me, mi detesti. Ti ho fatto del male! Ricordati di quella rabbia, usala! Devi combattere, non devi arrenderti!”
“Ma come posso...?”
In quel momento avvertì qualcosa alle sue spalle. Sato aveva trovato un altro paio di manette e, chinato dietro al colonnotto, stava imprigionando le sue caviglie. Quasi perse l’equilibrio, mentre le bloccava i piedi alla colonna, a gambe aperte.
Le mancò il respiro.
“Ryo, ti prego, vai…”, sussurrò.
Lui si gettò contro il vetro con tutto il corpo, prendendolo a spallate.
Non aveva senso, pensò Kaori. Non poteva infrangere la barriera a quel modo.
Ma poi vide i suoi occhi e rimase raggelata. C’era, nello sguardo di Ryo, qualcosa che non aveva mai visto prima: il panico.
Per la prima volta da quando lo conosceva, Ryo Saeba non aveva la soluzione.
Non c’erano vie d’uscita, non c’era assolutamente nulla che potesse fare.
“Vattene!”, urlò Kaori, con tutta la voce che aveva, mentre Sato girava attorno alla colonna per tornare di fronte a lei.
“E adesso sei mia”, le sussurrò.
“Sato!”, la voce di Ryo suonò così forte, ma nel contempo così grave, che l’uomo non poté fare a meno di voltarsi.
Kaori scorse attraverso le lacrime la figura di Ryo, ritta dietro il vetro, ora calma.
Poi, come a rallentatore, vide Ryo piegare un ginocchio. Si abbassò lentamente e piegò anche l’altro.
Appoggiò le mani di fronte a sé e chinò la testa.
“Ti prego di fermarti”, disse. “Anzi, ti supplico. Ti supplico di non farle del male”
Kaori era completamente paralizzata. Anche Sato rimase per qualche istante muto.
Poi si avvicinò al vetro e scoppiò a ridere.
“Cosa stai facendo, Saeba?”
“Non volevi la mia umiliazione? Ti sto supplicando in ginocchio. Ti prego di lasciar stare Kaori”
“Ammetto che non avevo pensato a questo risvolto”, disse Sato, massaggiandosi il mento. “Ma non vedo vantaggi per me, nell’accontentarti. Se mi fermo adesso, che soddisfazione ne ricaverò?”
“Sfogati su di me”, disse Ryo. “Hai la mia parola che non mi opporrò”
“La proposta mi stuzzica, ma non mi fido, Saeba”
In risposta, lui prese la pistola e la gettò lontano.
“Sfilati anche lo spolverino, gettalo via”
Ryo obbedì, senza mai alzarsi da terra.
Kaori era così sgomenta da non riuscire quasi a trovare il fiato per respirare.
Sato, nel frattempo, aveva fatto cenno ai suoi uomini ai lati di perquisire Ryo ed eliminare qualunque altro oggetto avesse indosso.
“Bene”, disse loro infine. “Ammanettatelo mani e piedi”
Come in sogno, Kaori vide Ryo piegare le braccia dietro la schiena e lasciarsi incatenare. Anche le caviglie vennero chiuse nella morsa delle manette, riducendolo all’impotenza.
Solo allora, Sato sbloccò l’ingresso della campana di vetro e uscì all’esterno. Si fermò di fronte a Ryo, ancora inginocchiato e immobilizzato.
“Ascoltami attentamente, Saeba”, intimò. “Sto bloccando nuovamente la porta della teca di vetro. Da questo momento, l’aria all’interno della teca inizierà a diminuire”
“Che cosa?”
“Sì, lo so”, si vantò Sato. “Ho voluto strafare!”
Schiacciò il telecomando e la porta della teca si sigillò. Kaori sentì qualcosa mutare nell’aria, ma non riuscì a identificare il cambiamento.
“Tra un’ora esatta, l’aria nella teca si esaurirà. Se vuoi salvare la tua partner, in quest’ora di tempo non dovrai ribellarti a noi in nessun modo, qualunque cosa faremo o ti domanderemo di fare. Se mi darai soddisfazione, la libererò prima che l’aria manchi del tutto, altrimenti la lascerò morire. Sono stato chiaro?”
Ryo annuì. “È chiaro”
Kaori si riscosse, mettendo a fuoco solo in quel momento il senso di quanto stava accadendo.
Cosa volevano fare a Ryo?
“Ryo, non accettare! Non voglio che ti sacrifichi per me, devi andartene da qui”
“Kaori, sta zitta!”, la riprese lui, seccamente. “Non devi consumare l’aria! Non parlare, rimani immobile”
Immobile… Era completamente bloccata dalle manette, non avrebbe potuto muoversi neppure volendo.
Vide gli uomini afferrare Ryo e trascinarlo nella stanza a lato. Richiusero la porta dietro le loro spalle e la lasciarono lì, a fare i conti con quanto era appena accaduto.

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Capitolo 4
*** Uno stupido ***


Kaori non riusciva a riprendersi dallo stato di stordimento in cui si trovava. Dovevano già essere trascorsi almeno dieci minuti da quando gli uomini erano spariti nella stanza accanto, portando Ryo con loro; dalla campana di vetro sotto cui si trovava non riusciva a sentire alcun suono e questo la rendeva ancora più ansiosa. Non sapeva neppure se Ryo fosse ancora vivo e in quali condizioni si trovasse.
Nonostante fosse accaduto tutto davanti ai suoi occhi, non riusciva davvero a credere che si fosse inginocchiato davanti a quei delinquenti e li avesse pregati… Non aveva mai visto Ryo Saeba supplicare un avversario, era certa che avrebbe preferito morire piuttosto che abbassarsi a tanto.
Ryo… perché?
 
 
  Ryo giaceva riverso a terra, i polsi e le caviglie ancora bloccati e una gragnuola di colpi che gli si rovesciava addosso. Gli uomini di Mitsuro Sato lo tempestavano di calci e di pugni, senza sosta, colpendo nelle zone più delicate. L’ennesimo cazzotto nel centro dello stomaco gli fece mancare il respiro.
Era una sensazione antica, che non provava da moltissimi anni, quella di essere totalmente in balia di qualcuno senza potersi difendere in alcun modo. L’ultima volta che l’aveva sperimentata era stato quando era caduto in mano all’esercito governativo, prigioniero, prima che Kaibara accorresse in suo aiuto. Si era sentito vulnerabile, impotente e perduto.
E poi, anni dopo, era venuta l’esperienza di trovarsi preda della polvere degli angeli… la sensazione spaventosa della totale perdita di controllo, dell’incapacità di frenarsi, di scegliere, di essere consenziente alle sue stesse azioni…
Aveva giurato che non l’avrebbe mai più provata, che tutto di lui – ogni emozione, ogni azione – sarebbe stato sempre sotto il suo più ferreo controllo.
Finché non si era reso conto che Sato avrebbe violentato Kaori sotto i suoi occhi.
Un piede gli schiacciò una spalla, tenendolo fermo, e una cascata di pugni gli si scaricò nello stomaco. Ryo boccheggiò in cerca d’aria.
Sì, gli era mancata l’aria, quando aveva realizzato che quell’uomo avrebbe potuto fare qualunque cosa a Kaori, anche ucciderla, senza che lui potesse intervenire in alcun modo. Si era reso conto che Kaori poteva smettere di esistere da un momento all’altro.
Ryo cercò di piegarsi in due per smorzare il dolore, ma le manette e il piede dell’uomo glielo impedivano.
Quando Sato aveva messo le mani addosso a Kaori, Ryo aveva perso la lucidità. Anni e anni di autocontrollo esasperato si erano disintegrati come una bolla di sapone contro un muro e lì gli era stata chiara, dolorosamente lampante, tutta la sua stupidità.
Cosa ho fatto fino ad ora, invece di tenermi stretta Kaori?
Mentre i colpi continuavano a cadere, chiuse gli occhi e la vide. Vide Kaori al suo capezzale tutta la notte, chinata su di lui, preoccupata, perdere ore di sonno solo per assicurarsi che stesse bene.
E poi, vide ancora la notte trascorsa l’uno accanto all’altra quando il CESNNA aveva sfondato il loro muro di casa. Si era assopito accanto a lei e Kaori, che fino a poco prima si era mostrata innervosita dalla sua vicinanza, lo aveva fatto sdraiare con la testa sulle sue ginocchia.
Ryo non era completamente addormentato, ma aveva finto di esserlo per godere segretamente di quel momento. Riuscì a sentire nuovamente il calore della vicinanza di Kaori, il tocco delicato delle dita sul suo viso, mentre lui riposava finalmente in un posto sicuro.
Che stupido sei stato, Ryo, a scappare. Solo uno stupido.
Aveva provato uno sgomento inaspettato, quando Mary aveva raccontato a Kaori del suo passato. Pur fingendo indifferenza, dentro di sé aveva temuto che si sarebbe allontanata, che le cose tra loro non sarebbero più state come prima. E invece…
Invece, Kaori lo aveva accolto ancora una volta per ciò che era e, invece di allontanarsi, aveva fatto un passo in più verso di lui. Gli aveva dato una data da festeggiare e la promessa di prendersi cura di lui e della sua solitudine.
Stupido. Sei soltanto uno stupido.
Incassò un calcio in faccia con un ansito.
Poi, due braccia lo tirarono dritto, fino a metterlo in ginocchio. Ryo strinse i denti.
Pensò al tempo passato con Kaori in attesa di attaccare Kaibara, alle emozioni che aveva provato quella notte. Dopo le parole che le aveva rivolto restituendole la pistola di suo fratello, era certo che il loro rapporto sarebbe evoluto e lui si era comportato in tal senso. L’aveva stretta a sé quella volta, per tutta la notte, e aveva promesso a se stesso che sarebbero tornati vivi per poter trascorrere il resto delle loro notti insieme.
E invece sei stato così stupido da fuggire!
Sato si mise ritto davanti a lui, lo guardò dall’alto.
“Baciami i piedi, Ryo Saeba”, ordinò.
Ryo vide un altro scagnozzo, alla sua destra, estrarre una Polaroid per immortalare la scena.
Gettò un’occhiata alla parete, dove capeggiava un grosso orologio a muro che aveva adocchiato appena entrato nella stanza. Erano trascorsi quaranta minuti.
“Coraggio”, rise Sato. “Baciami i piedi e poi leccali!”
Ryo chiuse gli occhi e gli si affacciò alla mente la parete di vetro sulla nave di Kaibara, Kaori oltre quel muro che si rifiutava di fuggire per morire insieme a lui. Non l’avrebbe lasciato solo neppure nella morte.
Risentì sulle labbra il sapore di quel bacio, un bacio che non l’aveva neppure sfiorata, e che tuttavia era risuonato nel suo cuore più di ogni altro bacio appassionato mai dato a chiunque altro.
E allora, perché era scappato poi?
“Saeba”, ripeté Sato “Voglio immortalarti mentre mi baci i piedi e mi lecchi le scarpe. Rovinerò per sempre la tua reputazione”
Io voglio solo che tu resti viva, Kaori. Voglio che arriviamo entrambi alla fine di questa giornata, per poterti dire che sono solo uno stupido.
Ryo si chinò e fece tutto quello che gli era stato ordinato.
Non sentì neppure l’umiliazione, l’unica vergogna che avvertiva era quella della sua vigliaccheria. La vergogna di aver restituito dolore a chi gli aveva dato sempre soltanto calore.
Sato rise forte davanti alla sua resa, poi sollevò un piede e gli diede un calcio in faccia, sbattendolo riverso al suolo.
Fece un cenno a uno scagnozzo, che si avvicinò con un ferro arroventato.
“Adesso voglio sentire la tua voce”, lo provocò. “So che sei in grado di sopportare  un’ustione senza lamentarti, ma io voglio sentirti gridare. Intesi?”
Poi, l’uomo avvicinò il ferro al suo corpo.
 
 
L’urlo raggelò Kaori.
Istintivamente si dimenò, cercando ancora una volta di liberare braccia e gambe che ormai stavano diventando insensibili. Il gesto, però, ebbe il solo effetto di toglierle il fiato.
L’aria si era fatta ormai pericolosamente rarefatta e Sato non faceva cenno di tornare. Forse, alla fine, non si sarebbe accontentato di umiliarli, ma li avrebbe uccisi entrambi.
Ryo, non dovevi venire qui. Me n’ero andata via, non ero più affar tuo.
Un altro urlo, straziante, riempì l’aria. Kaori sentì le lacrime rigarle il volto. Voleva restare calma e non consumare l’aria, proprio come le aveva detto Ryo. Voleva restare in vita per occuparsi di lui, per prendersi cura di tutte le ferite che avrebbe riportato.
La freddezza che aveva caratterizzato il loro rapporto fino a quel mattino le sembrava appartenere a un’altra vita. Non le importava più nulla, ora, del dolore che Ryo le aveva procurato. Voleva solo che restasse vivo… Voleva solo rivederlo.
 
 
 
Mitsuro Sato poteva quasi ritenersi soddisfatto.
Saeba era riverso a terra, i polsi e le caviglie legati, ormai sanguinanti, il corpo pieno di lividi. La maglia era stracciata in più punti e lasciava intravvedere tre grosse ustioni che scurivano la carne. Quando aveva ideato la sua vendetta, non immaginava avrebbe ottenuto tanto.
“E adesso il gran finale”, ridacchiò.
Ryo gettò un’occhiata all’orologio e si irrigidì.
“Mancano solo otto minuti. Devi liberare Kaori prima che l’aria si esaurisca”
“C’è tempo”, lo liquidò. Estrasse un coltello acuminato e osservò la lama per valutarla. “Fino a dove sei disposto ad arrivare, Saeba,  perché io salvi quella donna?”
Sorridendo, fece cenno ai suoi uomini di abbassare i pantaloni di Ryo. Fecero scivolare jeans e mutande verso le ginocchia.
Sato gli avvicinò il coltello all’inguine, mentre un suo scagnozzo scattava la foto.
“Allora, Saeba, sei disposto a rinunciare per sempre al tuo amico e alla tua reputazione di stallone, per salvare la tua donna?”  Accostò il coltello alla pelle. “Taglio?”, chiese con un sorriso  maligno.
Ryo non si prese neppure il tempo di esitare.
“Mancano solo cinque minuti”, ringhiò. “Fai quel che devi fare, ma libera immediatamente la mia partner”
Sato alzò la lama per colpire.
 
 
A Kaori vorticava furiosamente la testa, l’aria ormai era insufficiente e ogni respiro risultava difficoltoso.
Le sembrava di non sentire più il corpo e anche i suoi pensieri si dissipavano in un bianco accecante che le annebbiava la mente e le impediva di restare presente a se stessa.
Non si rese conto della porta che si spalancava all’improvviso, ma di punto in bianco sentì l’ossigeno tornare e i suoi polmoni si aprirono, quasi brucianti, ad accogliere l’aria fresca che la stava investendo.
Sato era accanto a lei e sorrideva sornione.
Kaori prese fiato per parlare, ma una fitta improvvisa alla gola la fece ammutolire.
“Ti stai chiedendo che fine ha fatto il tuo partner?”
In quel momento, dalla stanza accanto uscirono i due uomini di Sato, trasportando Ryo sanguinante e ancora ammanettato. Lo gettarono a terra di malagrazia, ma lui non aprì gli occhi.
Kaori sussultò. “È…?”
“È addormentato”, spiegò l’uomo. “L’abbiamo riempito di narcotico, dormirà almeno per qualche ora. Si tratta pur sempre di City Hunter, non potevo liberarlo senza prendere precauzioni”, sorrise.
Poi alzò delle istantanee e gliele mise davanti agli occhi.
“È interessante quello che è stato disposto a fare per salvarti”, disse, sventolandole le foto davanti agli occhi.
Kaori fissò incredula l’immagine di Ryo, chinato sui piedi di Mitsuro Sato.
L’uomo scoppiò a ridere. “Ryo Saeba ha un punto debole grosso come un palazzo! Ragazza, per te è disposto a fare veramente qualunque cosa!”
La seconda foto che le mise davanti agli occhi la atterrì.
Ryo senza pantaloni e quel coltello puntato all’inguine…
“Ma cosa… Perché…”
“Lo stallone di Shinjuku che accetta di farsi castrare per salvare la sua donna”, gongolò. “Che situazione paradossale!”
Kaori sbiancò.
Non poteva davvero… Non aveva osato…
Vedendo la sua espressione, Sato tornò a sghignazzare.
“Stai tranquilla, ragazza”, disse infine. “ Nemmeno io posso scendere così in basso da castrare un uomo. L’ho solo provocato e ho scattato quella foto che distruggerà totalmente la sua reputazione. Tuttavia, era disposto a lasciarsi evirare senza battere ciglio, purché ti liberassi prima che l’ossigeno venisse a mancare. Ammetto che mi ha spiazzato, ha coraggio da vendere”
“Ryo veramente era disposto…”. Kaori non poteva crederci. Per Ryo, il suo amico era tutto.
Sato si chinò a liberarle  le caviglie, poi fece lo stesso con i polsi. Kaori abbassò le braccia irrigidite con un gemito, si prese il tempo di recuperare la sensibilità nel corpo e poi, zoppicando, si diresse verso il corpo di Ryo.
Vedendo le ustioni, i lividi, il sangue, le lacrime iniziarono a scorrerle sul volto.
Sato fece cadere a terra, accanto a lei, le chiavi delle manette.
“Ho ottenuto ciò che voglio e ora me ne vado”, disse. “Ho chiamato Mick Angel e gli ho detto di venire a recuperarvi senza dare nell’occhio. Nessuno di noi vuole troppa attenzione su di sé, vero?”
Con un ultimo cenno di saluto, Mitsuro Sato se ne andò, seguito dai suoi uomini.

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Capitolo 5
*** Anima fuori controllo ***


5
 
“Ti ringrazio, Mick, senza il tuo aiuto non avrei saputo come portarlo fino a casa”.
Kaori aprì la porta della camera di Ryo e guardò Mick oltrepassare la soglia e far scivolare l’amico dalle sue spalle fino al letto.
“Vado a prendere qualcosa per pulirlo e medicarlo”, gli disse, facendo cenno di uscire, ma Mick la fermò.
“Kaori… Ryo sta dormendo profondamente, una mezz’ora in più non gli farà differenza. Vai a farti una doccia calda e a cambiarti, resto io con lui”.
“Ah…”, Kaori osservò lo spolverino di Ryo che indossava sopra la biancheria intima, stretto in vita dalla cintura che Mick le aveva prestato.
“Prenditi un momento per te”, ribadì Mick.
Kaori annuì e fece come le era stato consigliato. Rimase a lungo sotto il getto dell’acqua bollente, cercando di lasciar scorrere dal corpo tutte le emozioni negative che le si erano appiccicate addosso: l’angoscia, la paura, la disperazione, l’orrore.  Ci sarebbe voluto molto tempo, prima di tornare a rilassarsi.
Indossò abiti comodi, poi prese una bacinella con acqua calda, una spugna, delle pezze e una pomata per le ustioni.
Ryo, come Mick aveva previsto, stava ancora dormendo profondamente.
“Ti aiuto a spogliarlo”, disse lo sweeper.
Gli levarono i pantaloni e la maglietta e gli infilarono un paio di calzoni puliti. Kaori inzuppò una pezza nell’acqua per iniziare a ripulirgli il petto.
“Forse è meglio che io vi lasci soli”, disse Mick a quel punto. “Domani ti riporterò tutte le tue cose. Adesso tornerai a stare da lui, vero?”
Kaori sollevò gli occhi dalla bacinella, confusa. “Io… non ci avevo pensato…”
“In ogni caso, restare con me è pericoloso. Sei stata catturata solo per colpa mia”
“Mick, non dirlo! Sei stato coinvolto in qualcosa che riguardava me e Ryo! Sono io che mi dovrei scusare con te!”
“No…”, lo sweeper si alzò in piedi infilando le mani in tasca. “Mi vergognavo delle mie condizioni e così ho mantenuto il segreto, compromettendo tutto. Hai agito dando per scontato che io potessi sparare, se ti avessi avvertita le cose sarebbero andate diversamente. Ti chiedo scusa. So che d’ora in poi dovrò fare i conti con la realtà”
Kaori sorrise e gli prese una mano. “Mi sei stato di conforto in questi giorni e mi hai dato un tetto sotto cui dormire, devo solo ringraziarti”.
Mick annuì e si accostò alla porta. “Non lasciarti influenzare da quello zotico, Kaori. Anche se oggi ha fatto l’eroe, ti deve ancora delle scuse”. Così dicendo, oltrepassò la soglia.
Delle scuse…
Adesso, la sua rabbia, la sua delusione le sembravano così distanti…
Accostò una sedia al letto e si posizionò accanto a Ryo.
Il suo corpo giaceva totalmente inerme di fronte a lei e Kaori lo scorse completamente con lo sguardo.
Si soffermò un istante sui polsi scorticati dalle manette, per poi arrivare al torace e al petto, coperti di lividi che stavano scurendo e attraversati da tre profonde bruciature. Kaori rabbrividì.
Alzò lo sguardo fino al viso, ora profondamente rilassato e si concesse di infilare le dita fra i capelli di Ryo, come aveva voglia di fare quasi sempre, ma come aveva potuto fare così poche volte… Gli accarezzò la fronte con il pollice e poi scese fino alle tempie. Con delicatezza, intinse la pezza nell’acqua e gli pulì un labbro insanguinato, che doveva essersi morso durante le percosse.
Poi passò il panno lentamente su tutto il volto, rinfrescandolo e levando la polvere che gli si era appiccicata addosso.
Quello era l’uomo che le aveva chiesto di diventare parte della sua famiglia ed era l’uomo che, attraverso un vetro, le aveva fatto promettere di salvarsi per non farlo soffrire.
Eppure era anche l’uomo che, subito dopo, aveva ripreso a vedere clienti di nascosto chiedendo un pagamento in natura, tenendo lei a debita distanza come se non valesse nulla. L’uomo che l’aveva lasciata andare via di casa, senza dire una parola.
Ryo, per me sei un enigma.
Pulì delicatamente quel corpo martoriato, rimuovendo sangue e sporcizia e cospargendo le ustioni di pomata.
L’aveva tradita, fingendo che tra loro non fosse mai accaduto nulla, lasciandole credere di non averla mai portata con sé sulla nave di Kaibara. Aveva cancellato con un colpo di spugna quei momenti che per Kaori erano stati così importanti, così intimi… quegli abbracci, quella complicità, quelle parole, quel bacio… Aveva rinnegato ogni cosa, come se di lei non gli importasse nulla.
E poi si era inginocchiato davanti a quell’uomo, supplicando. Gli aveva baciato i piedi. Si era lasciato immobilizzare, torturare, umiliare. E sarebbe stato disposto a…  Kaori non riusciva neppure a concepirlo.
Davvero ti stavi lasciando castrare per me?
Era così confusa.
Medicò i polsi scorticati e li fasciò, appoggiandoli delicatamente sul materasso. Fu allora che Ryo sospirò e apri gli occhi, lo sguardo ancora velato di sonno. Riuscì a metterla a fuoco un istante e alzò una mano, afferrandola per un braccio.
“Dobbiamo parlare”, mormorò “Devo parlarti, Kaori  ”. Poi scivolò nuovamente nell’incoscienza.
“Sì, dobbiamo parlare”, sussurrò Kaori. Era arrivato il momento di smetterla di comportarsi come adolescenti e di dirsi chiaramente ogni cosa, come persone adulte.
Coprì le ustioni con una garza, poi si alzò in piedi, gettando un’occhiata all’orologio. Il cielo fuori si era scurito ed era quasi ora di cena: Ryo avrebbe avuto bisogno di mettere qualcosa di caldo nello stomaco, quando si fosse svegliato.
 
 
Kaori infilò il mestolo nel tegame e assaggiò la zuppa. Nonostante il suo scombussolamento interiore, era riuscita a preparare qualcosa di commestibile e se ne compiacque.
Portò alcuni piatti fino al tavolo e in quel momento vide un’ombra scura sulla soglia della sala.
“Ryo? Ti sei svegliato?
Vide che si era infilato una maglietta pulita e la fissava in silenzio dalla porta.
“Stavo preparando la cena. Hai fame?”
“Devo parlarti”
“Sì, certo. Ma mangiamo prima, finché è caldo”
“Kaori”
Lei alzò gli occhi e vide il suo sguardo mortalmente serio.
“Parliamo adesso”.
Quella fretta e quel tono la allarmarono, lasciò sul tavolo tutto quello che aveva in mano e gli si avvicinò.
“Cosa succede?”
Ryo non rispose. La fissava senza mollarla con gli occhi, con un’espressione così seria e al contempo triste, che Kaori sentì il cuore accelerarle. Di colpo, ebbe paura di quello che avrebbe potuto dirle.
Le parole di Mitsuro Sato le riecheggiarono in testa: “Per Saeba, sei un punto debole grosso come un palazzo”.
 Se ne è reso conto anche lui? Vuole che ci separiamo definitivamente?
“Ryo… dimmi cosa c’è”
La sua figura la sovrastava, Kaori si sentì soffocare da quel silenzio quasi assordante.
Poi Ryo si chinò, le appoggiò una mano dietro la schiena e l’altra dietro la nuca e attirò il suo viso a sé.
Il bacio la prese alla sprovvista, come l’ultima delle reazioni che si sarebbe aspettata. Rimase sbigottita, sentendo la bocca di Ryo muoversi contro la sua, un bacio di cui finalmente sentiva il sapore.
Chiuse gli occhi e portò una mano sul viso di lui, assecondando i movimenti delle sue labbra, mentre il cuore le rimbombava nelle orecchie.
Quando sentì la lingua di Ryo attraversarle le labbra, le sfuggì un gemito di sorpresa.
Sta facendo sul serio. Sta baciando sul serio me!
Alzò entrambe le braccia e lo attirò più stretto a sé, rispondendo al bacio con quel sentimento accumulato in lunghi anni di attesa.
Quando Ryo lentamente si staccò, era così disorientata che dovette sostenerla
“Non intendevo prosciugarti le forze”, disse, facendole finalmente un accenno di sorriso.
Le fece segno di raggiungere il divano e si sedettero uno accanto all’altra.
“Perdonami se lascio raffreddare la cena, ma devo affrontare questo discorso ora, prima che mi manchi il coraggio”
Kaori annuì e attese, ma Ryo risprofondò nel silenzio. Teneva i gomiti appoggiati alle gambe e il capo chino, come a riflettere e a cercare il bandolo della matassa. Sembrava non sapere da dove partire e Kaori non poteva aiutarlo, non era meno confusa di lui.
Fino a quel mattino erano stati due estranei che a malapena si salutavano, Kaori aveva il cuore in pezzi e lui sembrava indifferente a qualunque cosa avesse a che fare con lei.
Poi era successo quel gran casino che l’aveva gettata sossopra e adesso, all’improvviso, Ryo la baciava con la foga di chi non aveva atteso altro per anni. Kaori era confusa come poche volte le era successo.
Appoggiò una mano su quella di lui e alzò lo sguardo a scrutarlo.
“Ryo, aiutami a capire. Io…”
“Ti ho fatto soffrire, vero?”, la interruppe lui, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé “Senza un motivo, come un vero bastardo”
Kaori non trovò modo di contraddirlo.
“Ero convinta che volessi la stessa cosa che volevo io”, mormorò. “Mi sembrava che i nostri sentimenti fossero ormai così evidenti…  Ma quando ho recuperato la memoria e mi sono resa conto che ti eri approfittato della mia amnesia per tornare al nostro vecchio rapporto, io…”
Kaori si ammutolì. Era difficile spiegare la sensazione di tradimento che aveva provato.
Ryo, però, sembrava aver compreso. Incrociò le dita delle mani, mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto e poi disse: “Non so davvero con che parole scusarmi. Qualunque cosa io dica adesso, non sarei più credibile, dopo il modo in cui mi sono comportato. Voglio darti delle spiegazioni, per il mio atteggiamento di questi mesi… ma per me è difficile anche questo. Sono abituato ad analizzare le situazioni esterne, a valutare il pericolo, a farmi un’idea di come reagiranno gli altri, mentre mi è spesso difficile capire me stesso e condividere i miei stati d’animo con qualcun altro.”
“Questo posso capirlo, Ryo”, reagì Kaori. Umibozu le aveva detto una volta che Ryo non parlava di se stesso con nessuno, probabilmente non aveva mai fatto l’esperienza di confidare a qualcuno le sue emozioni più profonde.
Ryo fissò un punto impreciso davanti a sé “Devi sapere una cosa su di me. La cosa che più in assoluto mi terrorizza… è la perdita di controllo”
Kaori lo fissò stupita.
“Quando sei un soldato in guerra, perdere il controllo della situazione e di se stessi significa essere morti. Fin da bambino imparai l’autocontrollo, mi fu ripetuto alla nausea che era vitale non mancare mai di freddezza, indipendentemente da qualunque sentimento ci si portasse dentro. Non potevo permettermi nessuna emotività, perché mi sarebbe costata la vita. Ma poi…”, Ryo alzò lo sguardo e le gettò un’occhiata. “Poi mio padre mi fece prendere la polvere degli angeli e sperimentai la più assoluta e spaventosa perdita di controllo che si possa vivere. Mi vidi trucidare decine di persone in modo crudo, barbaro, come se fossi spettatore di me stesso. Non avevo il controllo della mia volontà e del mio corpo, agivo come se fossi stato una marionetta pilotata da qualcuno sopra di me. E, soprattutto, non avevo freni e non avevo limiti… feci il peggio che potei fare senza la minima esitazione. Fu la sensazione più spaventosa mai vissuta, che tornò nei miei incubi per mesi, per anni… Ancora adesso mi capita, ogni tanto”
Kaori era pietrificata; sebbene Ryo le avesse già raccontato del tradimento di Kaibara, non si era mai espresso sul modo in cui aveva vissuto quell’esperienza. Solo ora realizzava pienamente l’orrore di quello che Ryo aveva subito.
“Dopo quell’esperienza, ricercai ancora più ossessivamente il controllo, divenni terrorizzato all’idea che le mie emozioni e le mie reazioni potessero sfuggirmi di mano. E credo che tu ne sappia qualcosa, Kaori, perché per anni ho lasciato trapelare poco o nulla dei miei sentimenti per te, lasciandoti nella confusione totale. Io mi sentivo tranquillo nelle nostre abitudini quotidiane, il nostro rapporto era vincolato da regole chiare: io ero il maniaco, pigro e superficiale, che ci provava con tutte, e tu la mia assistente aggressiva, che mi dava martellate ogni volta che deviavo dalla retta via e si prendeva cura della casa e dei miei eccessi. Anche se a volte mi sbilanciavo nel farti capire i miei sentimenti, tornavo sempre a quella routine rassicurante, in cui ci riconoscevo”.
“Ryo...”, mormorò Kaori sorpresa.
“E poi è arrivato Mick”, aggiunse lui.
Mick, che aveva portato scompiglio nella loro routine, insegnandole a sparare, cercando di farla innamorare di lui, spronando Ryo a rendere evidenti i suoi sentimenti.
“Mick mi ha costretto a venire a patti con me stesso”, disse infatti Ryo. “A prendere una decisione sulla tua pistola e su di te, a parlarti dei miei sentimenti. E, quando è successo, è stato come prendere la rincorsa in discesa e non riuscire più a fermarmi. Perché subito dopo è arrivato mio padre e le cose sono precipitate.”
Ryo si voltò a guardarla “Tutto quello che ho detto e che ho fatto… la vicinanza tra noi, gli abbracci, le promesse, quel bacio… tutto è stato sincero, per me. Ed è stato intenso, come non mi era mai successo. Così, quando ho avuto modo di fermarmi e prendere respiro, ho avuto paura.”
“Paura? Ryo, di cosa?”
“Non lo so. Di perdermi, credo. All’improvviso era come se non fossi più io. Avevo sempre saputo chi ero:  il maniaco che saltava addosso a tutte, ma non si impegnava mai con nessuna. Il superficiale che viveva nell’eterno presente, senza regole, senza legami. Lo sweeper, il soldato, l’assassino. Freddo come il ghiaccio, impermeabile a qualunque provocazione, a qualunque ricatto”, Ryo incrociò le mani per liberare la tensione. “Nel giro di quarantotto ore ero diventato l’uomo di un’unica donna. Un uomo che agiva assecondando i suoi sentimenti, che si stava impegnando per il futuro. Era come se non fossi più io, come se avessi perso  ogni certezza e ogni controllo su me stesso.”
Kaori trattenne il respiro, perché finalmente iniziava a capire.
“Quando ho realizzato che avevi perso la memoria, ho fatto un passo indietro. Mi sono tuffato nell’immagine di me che riconoscevo, nelle nostre vecchie routine così rassicuranti. Mi sono detto che sarebbe stato solo per qualche giorno, solo per darmi il tempo di riprendere fiato, ma poi ci sono rimasto invischiato dentro. Ogni volta che pensavo di parlarti, mi sentivo sull’orlo del precipizio e quella sensazione di mancanza di controllo prendeva il sopravvento, così lasciavo perdere, sceglievo la via più comoda. E intanto il tempo passava e ti lasciavo soffrire”. Ryo sprofondò nel silenzio, assorto nelle immagini che aveva evocato. Poi risollevò il capo lentamente e la fissò negli occhi. “Sono stato uno stupido.  E me ne pento. Mi pento di non essere stato capace di amarti”.
“Ryo…”, Kaori sentì le lacrime iniziare a scorrerle sul visto. “Io non immaginavo che dietro ai tuoi comportamenti ci fosse tutto questo”
Allungò una mano e la sovrappose a quella di Ryo, cercando di raggiungerlo. Sentiva che quel navigare tra le sue emozioni lo stava disorientando.
Lui rispose al suo gesto, stringendole le dita.
“Quando oggi ti ho vista dietro quella teca indistruttibile, in balia di quell’uomo, ho capito che perdere te era molto peggio che perdere il controllo. Allora non mi è più importato di nulla, volevo solo che tu ti salvassi. All’improvviso è stato perfettamente chiaro quello che desideravo davvero”.
Di nuovo, Kaori ricordò le parole di Mitsuro Sato: “Saeba, per te, è disposto a fare veramente qualunque cosa!”
Kaori sentì il cuore mancarle un battito, non credeva fosse possibile provare nella stessa giornata la gamma e l’intensità di emozioni che stava provando lei.
“Kaori…”
“Sì…”
“Io sono questo. Sono un vigliacco quando si tratta di sentimenti, sono spesso insensibile e riesco a ferire gli altri con facilità, se in quel momento mi è utile per svicolare da una situazione complicata. Lo sai,  me l’hai visto fare tante volte”
“Sì”, ammise lei.
“Non sono uno dalle emozioni forti, anzi… la mia abitudine all’autocontrollo fa sì che io senta spesso le cose in modo attutito. Questo mi rende distaccato, a volte posso sembrare senza sentimenti. Sai che ho combattuto con Umibozu, nonostante fossimo amici, nonostante tu e Miki steste soffrendo. C’eri, quando ho puntato l’arma contro Mick, mentre era sotto l’effetto della polvere degli angeli. Sei stata tu a salvarlo, con la tua emotività. Io l’avrei semplicemente ucciso, perché questo sono io, Kaori. Sono quello incapace di manifestare la sua sofferenza, anche di fronte alla morte di un amico. L’hai visto con i tuoi occhi. Sono quello che ti lascia sempre piangere da sola, perché non sono capace di consolarti. Sono un po’ cambiato, nel tempo, Mick se ne è reso conto… e forse, grazie alla tua presenza, cambierò ancora, ma non posso saperlo. Questo è tutto ciò che posso offrirti, Kaori. Se mi puoi perdonare. Se mi vuoi ancora”
Le lacrime ricominciarono a scorrere, calde.
“A me è sempre andato bene, quello che tu sei. Se questo è il modo in cui puoi amarmi, a me va bene”
Ryo le strinse la mano che ancora teneva tra le sue.
“Allora aiutami, Kaori”
“Eh?”
“Impediscimi di scappare”, le disse. “Facciamo in modo che io non possa più tornare indietro.”
Kaori annuì tra le lacrime.
“Va bene”

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Capitolo 6
*** Forever, City Hunter ***


6
 
“Ammetto che la tua decisione mi ha davvero stupito!”, disse Mick sornione, mollandogli un’energica pacca sulla schiena. “Hai un bel coraggio!”
“Ah…ah…ah”, rise Ryo con una gocciolona in fronte, portandosi la mano dietro la nuca. “Un po’ sono stupito anch’io”
Io intendevo darle una bella botta, ma Kaori non ha capito, rifletté Ryo, ridacchiando tra sé imbarazzato.
“Fatti da parte!”, Umibozu lo spinse a lato, passando con un’enorme volta di plastica fatta ad arco “Già non contribuisci, almeno non restare in mezzo ai piedi!”
Ryo lo vide attraversare il bar fino in fondo e piazzare la volta a terra, dove Kasumi e Kazue lo stavano aspettando con due grossi cesti di fiori bianchi e rosa. Appena l’arco venne posizionato, le ragazze iniziarono a decorarlo.
“Non è un po’eccessivo?”, commentò Ryo, in imbarazzo.
“Beh, Kaori ha chiesto loro di organizzare la cerimonia, per cui devi rassegnarti!”
Ryo tirò un lungo respiro e infilò le mani nelle tasche dell’abito bianco che Mick gli aveva prestato.
“Non posso offrire a Kaori un matrimonio ufficiale, per cui immagino che debba accontentarla almeno in questo”
Girò lo sguardo lungo il locale di Miki, sgombero dai tavoli, con le sedie allineate e un lungo tappeto rosso che Umibozu stava srotolando fino all’arco.
Lui e Kaori, davanti a tutti i presenti, si sarebbero scambiati gli anelli e una promessa, ufficializzando il loro rapporto. La notizia avrebbe fatto il giro dei locali, ne era certo, raggiungendo tutti nel loro ambiente. Tutti avrebbero saputo che Ryo Saeba si era sposato, che avrebbe detto addio ai night club e avrebbe smesso di correre dietro a qualunque bella ragazza. Quella cerimonia avrebbe segnato una linea di demarcazione.
“Ryo? Te la stai facendo sotto, vero?”
“Eh…”, ridacchiò. Mick l’aveva beccato in flagrante.
“Se ti fa paura l’idea di essere là sotto a prendere un impegno con Kaori, ricordati quello che hai provato quando hai pensato di averla persa”, gli disse l’amico, diventando improvvisamente serio. “Non è molto peggio?”. Mick gli avvicinò la bocca all’orecchio e mormorò subdolamente “Te la sei vista brutta, quando se n’è andata di casa, vero? Facevi l’indifferente, ma con me non attacca. Anche se Sato non l’avesse rapita, avresti finito per capitolare!”
“Mmmh”, mugugnò Ryo. “A proposito, dimmi la verità: non è mai successo nulla tra te e Kaori, era solo un trucchetto che hai escogitato per ingelosirmi”
Mick ridacchiò. “E ha funzionato, giusto? Ti sei roso il fegato!”
Ryo sbuffò, ma in quel momento si sentì afferrare per la maglia e trascinare indietro.
“Ryo! Ryo, ma è vero che ti sposi? Ti sposi sul serio?”
Si trovò circondato dalle intrattenitrici dei night che frequentava abitualmente, tutte vestite a festa.
“Allora ci lasci?”, continuarono. “Sarai fedele a una sola donna per sempre? Ci riuscirai?”
“Ah…ah”, ridacchiò Ryo imbarazzato. “Perché siete qui?”
“Falco ci ha portato un invito”
“Eh? Ma che…”
“Ho solo fatto in modo che la tua nuova condizione fosse chiara!”, grugnì Umibozu, mentre sistemava una lampada accanto all’arco fiorito. “L’ho fatto per Kaori!”
“Eh eh…”, Ryo iniziava a sentire la morsa stringersi.
“Ma allora sei innamorato, Ryo?”, chiesero le donne, dandosi di gomito. “Ti sposi per amore?”
Ryo si mise una mano dietro la testa ridendo, morendo di imbarazzo. “Eh, già. Pare di sì…”
“Pare?”, gli fece eco Mick. “Non sapete che cosa era disposto a fare Ryo per salvare Kaori…”
Ryo sobbalzò. “No!”, urlò. “Mick, non provare a parlarne!” Gli saltò in testa, tappandogli la bocca. Le foto di Mitsuro Sato, probabilmente, stavano già facendo il giro dei boss della mala, non c’era bisogno che ne venissero a conoscenza tutti quanti.
“Va bene, va bene!”, concesse Mick, ridendo. “Mi accontenterò di vederti finalmente ammogliato!”
“Tzè”, fece Ryo accennando all’arco fiorito. “Non hai visto lo sguardo di Kazue, mentre decorava la volta? Tra poco sarai nelle mie stesse condizioni, amico mio”
“Eh?”, Ryo vide Mick sbiancare e sghignazzò.
 
 
“Ecco Kaori, queste sono gli anelli”
Miki glieli porse in un contenitore vellutato e Kaori li sfiorò quasi con paura. Non riusciva a credere a quello che a breve sarebbe successo e al fatto che Ryo avrebbe indossato quell’anello, comunicando al mondo che ora apparteneva ad una sola donna.
“Devo dire che Saeba questa volta ha saputo come farsi perdonare”, rifletté Miki. “Deve proprio essersi preso un bello spavento”
“Beh, la situazione era davvero critica”, ammise Kaori. “Quel Mitsuro Sato aveva studiato tutto nel dettaglio”
Miki sorrise. “In realtà, Kaori, mi stavo riferendo al fatto che te ne eri andata di casa”
“Oh… quello? Non credo mi avesse presa sul serio, sai”
“Io invece credo proprio di sì”. Miki si alzò e le appuntò il velo all’acconciatura. Kaori aveva scelto un abito bianco lungo, semplice, con delicati ricami sulla scollatura e gli orli. Non era propriamente un vestito da sposa, ma il dettaglio del velo lo rendeva un abito magnifico.
“Mi trovi ridicola?”, chiese Kaori, cercando di guardarsi allo specchio. “Ryo penserà che sembro strana?”
Miki la prese per le spalle e le osservò attentamente il viso. Prese un rossetto per aggiustare le labbra.
“Ryo non lo ammetterà mai”, le rispose. “Ma penserà che sei la donna più bella che abbia mai visto”
Kaori arrossì.
“Non scherzare…”
“Sei a posto, Kaori. Sei pronta per andare?”
Lei annuì. Prese un lungo respiro e si fece coraggio.
 
Quando entrò nel locale, rimase sbalordita dalla quantità di persone ammassata: decisamente, il locale di Miki non era mai stato così pieno.
Kaori aveva invitato la loro cerchia ristretta di amici, ma sembrava che la voce si fosse sparsa e che nessuno che conoscesse di fama Ryo Saeba volesse perdersi il grande evento.
“È arrivata la sposa!”, gridò qualcuno vicino a lei.
“Ecco la donna di Ryo!”
“Guarda che bella!”
“Forza, facciamole un applauso!”
Kaori, terrorizzata da tutte quelle attenzioni, accelerò passando in mezzo alla folla, in cerca di Ryo.
“Kaori, sono qui!”, la chiamò lui, attorniato da donne vestite in modo sgargiante.
“Oh, Ryo! È questa la tua innamorata? L’hai conquistata grazie al tuo amico?”
“Ah ah…”, Ryo sembrava in profondo imbarazzo. “Magari potremmo iniziare…”
Un improvviso boato riempì l’aria, lasciando tutti terrorizzati e ammutoliti. In mezzo alla stanza, Umibozu troneggiava con un bazooka che aveva appena sparato contro il soffitto.
“C’è troppo casino!”, grugnì. “Fate silenzio, che dobbiamo iniziare! Ryo, muoviti!”
“Ah… sì”. Ryo prese Kaori sottobraccio e si diresse verso il tappeto rosso. “Andiamo?”
Lei annuì, improvvisamente con il cuore in gola.
Lo stavano facendo davvero.
Lo stavano facendo davvero!
Attraversarono il locale sul tappeto, attorniato dalla folla che ora li osservava ammutolita.
Kaori sbirciò Ryo, elegante nell’abito che gli aveva prestato Mick, e si domandò cosa ci fosse nel suo cuore in quel momento. Le aveva chiesto di impedirgli di tornare indietro, ma si chiese se quella cerimonia non fosse un po’ troppo, per lui.
“Kaori…”, sussurrò Kazue mentre le passava accanto. Lei si voltò e in quel momento un bouquet fiorito di rosa e bianco le scivolò tra le mani.
Quando alzò la testa, si trovò di fronte a un arco decorato con quegli stessi fiori. Aveva lasciato che i suoi amici gestissero ogni preparativo e, per lei, tutto quanto era una sorpresa.
“È bellissimo”, mormorò.
“Allora, gente!”, Mick si materializzò davanti a loro e si rivolse alla platea in ascolto. “Adesso i nostri sposi pronunceranno le loro promesse e si scambieranno gli anelli. Forza, ragazzi! Kaori, vuoi iniziare tu?”
“Ah… va bene”.
Decise di non guardarsi intorno e fingere che non ci fosse nessun altro in ascolto, se non Ryo. Alzò lo sguardo su di lui e pensò a quello che avrebbe sempre voluto dirgli.
“Ryo…”, iniziò con voce carica di emozione. “Ti prometto di restarti accanto ogni giorno della mia vita, di condividere con te ogni rischio, ogni difficoltà, ogni situazione che ti troverai ad affrontare. Ti prometto di accettare tutto di te, quello che mi è piace e quello che mi è scomodo. Di prendermi cura di te qualunque cosa accada, di ascoltarti quando avrai voglia di parlare e di accettare il tuo silenzio quando avrai bisogno di stare con te stesso”, le scappò un sorriso divertito “Ti prometto di impegnarmi a buttarti giù dal letto ogni mattina a un orario dignitoso, di costringerti a fare dei pasti sani e regolari e di farti lavorare in modo scrupoloso. E di impedirti di correre dietro a qualunque altra donna possa metterti gli occhi addosso!”
“Bravissima, Kaori!”, urlò Kasumi.
Seguì uno scroscio di applausi e di incitazioni.
Sembra più una partita allo stadio, che un matrimonio, pensò Kaori, col gocciolone in fronte.
“Tocca a te, Ryo!”, gli urlò Mick.
“Eh… eh… Va bene”, disse lui in evidente in imbarazzo. Ma quando si girò verso di lei, il suo sguardo si fece incredibilmente serio.
“Kaori”, disse con un tono che le fece sussultare il cuore. “Conosci tutti i miei limiti e tutti i miei difetti, i miei dubbi e la mia codardia… e sai che essere qui era l’ultima cosa che mi sarei aspettato da me stesso. Se nonostante questo mi vuoi, io ti prometto di restarti accanto ogni giorno della mia vita, di esserti totalmente fedele, anche quando sarò tentato da altre donne… Perché sai che succederà”, ridacchiò imbarazzato, strofinandosi la nuca. “Ti prometto di proteggerti da tutti i pericoli e di sforzarmi di condividere con te tutto ciò che mi accadrà, di correggere il mio carattere perché io possa consolarti quando ne avrai bisogno e sostenerti quando sarà il momento. Sai che non ne sono capace, ma ti prometto di impegnarmi per imparare. Ti prometto di fare del mio meglio per amarti come tu sai amare me”.
Kaori rimase in silenzio, con il fiato sospeso.
“Beh, Ryo!”, urlò una delle intrattenitrici. “Non le dici che saresti disposto a morire per lei?”
“Lo sa già che sarei disposto a farlo”, disse lui con uno sbuffo. “Quella, per me, è la parte più facile”
Infatti, la promessa che le aveva fatto riguardava la parte difficile. E questo strinse il cuore a Kaori.
“Adesso lo scambio degli anelli”, ricordò Mick.
Kaori estrasse il cofanetto di velluto e lo aprì. Ryo prese l’anello più piccolo e delicatamente glielo infilò all’anulare sinistro. Poi fu il turno di Kaori di afferrare l’altro anello. Ryo le  porse la mano e lei esitò.
È davvero quello che vuole?
Alzò lo sguardo e trovò il sorriso caldo di lui, quasi a incoraggiarla di concludere l’ultimo passo.
Con un unico gesto fluido, Kaori infilò l’anello al dito di Ryo. “Adesso sei mio”, mormorò.
Si aspettava quasi uno sguardo terrorizzato da parte di lui, ma trovò solo lo stesso sorriso di prima.
“Un applauso ai nostri sposi!”, incitò Mick. E nella stanza esplose un boato festante.
“Ci vuole il bacio!”, urlò Eriko.
“Siiii. Il bacio alla sposa!” , fece eco la folla.
Kaori si aspettava che Ryo si ritraesse, che trovasse imbarazzato una scusa. Per un istante, quasi istintivamente, si aspettò che facesse un commento sgradevole sul suo aspetto e su quanto non la trovasse attraente.
Ma Ryo stava sorridendo sornione.
“Che fortuna!”, esultò. “È da quando sei entrata vestita in questo modo che cercavo una scusa per baciarti!”
“Eh?”, trasecolò Kaori, mentre Ryo le sollevava il mento con due dita e si chinava a baciarla.
Lei si sentì avvampare, in mezzo a quella folla che li osservava, ma Ryo invece le si accostò e posandole una mano sulla schiena la trasse più vicina a lui.
Era un bacio più profondo di quello di qualche giorno prima, che la lasciò senza fiato, mentre cercava di raccapezzarsi, frastornata e disorientata. Il desiderio di Ryo la spiazzava. Quel corpo solido e caldo contro di lei la confondeva. Si chiese quanta passione poteva nascondere, quell’uomo dal self control così invidiabile.
Quando si scostò, la folla attorno a loro scoppiò in un applauso entusiasta.
 
I festeggiamenti, le risate e i brindisi continuavano. Umibozu aveva levato il tappeto rosso e tirato fuori i tavolini, Miki aveva servito una marea di leccornie che aveva preparato con Kasumi e il tono della festa si era fatto sempre più caloroso.
Kaori aveva bevuto parecchio, anche se non abbastanza da ubriacarsi. Reika le versò l’ennesimo bicchiere e le intimò di bere.
“Coraggio Kaori, devi scaldarti, stanotte avrai bisogno di energia!”
“Energia? E per che cosa…”, poi comprese e avvampò. “No, Reika, che dici? Mi metti in imbarazzo”, fece, portando le mani al viso.
“Non c’è niente di cui vergognarsi!”, intervenne Mick, dandole una pacca sulla schiena. “Sarà la parte più divertente della giornata! Non preoccuparti, Ryo ci sa fare!”
“Oh, Kaori. Che invidia!”, si aggiunse Kasumi. “Vorrei essere al tuo posto!”
“Eh… sì… Io credo di aver bisogno di un po’ d’aria!”
Kaori scivolò giù dalla sedia e si diresse verso la porta d’ingresso, rossa come un peperone.
Appena fuori, chiuse la porta dietro di sé e si appoggiò di schiena al vetro del locale, respirando a fondo l’aria fresca.
Il cielo si era scurito e preannunciava la fine di quella giornata così intensa.
Si portò ancora le mani al viso, turbata. Perché tutti quanti non facevano che citare quello che sarebbe accaduto quella notte?
“Kaori? Tutto bene?”, Miki sbucò dal locale e chiuse la porta dietro di sé. “Vedo che non ti danno tregua”
“Eh… già”, Kaori si accigliò. “Ho la sensazione che si divertano a provocarmi”
“Non prendertela. Saeba che si sposa è un evento eccezionale e sai… lui non ha proprio la fama di essere monogamo”, aggiunse divertita.
“Credi che tra me e lui andrà tutto bene?”
Miki la fissò stupita. “Cosa ti preoccupa?”
“Non so… Ho quasi paura che, una volta a casa, lui si ritirerà nella sua camera e io nella mia. Che se dovessimo ritrovarci nello stesso letto, si girerebbe dandomi la schiena e addormentandosi sul colpo. Perché sai… lui verso di me non ha mai avuto quell’istinto”.
Miki era costernata.
“Kaori… il bacio che ti ha dato prima davanti a tutti era davvero molto poco casto”, le disse perplessa. “Te ne sei resa conto, vero?”
Lei arrossì. Era vero. Eppure era difficilissimo scollarsi di dosso tutte le piccole umiliazioni subite in quegli anni.
“Credo che Saeba sia andato volutamente oltre”, aggiunse Miki. “Che abbia voluto farti capire che ti desidera”
“Come?”, fece Kaori agitatissima. “No, ma che dici?”
“Saeba sa perfettamente di essersi comportato male con te, in questi anni e di essere stato spesso offensivo. Adesso si ritrova con una moglie che non si sente desiderabile ai suoi occhi e gli tocca  rimediare. Ironia della sorte.”, sorrise. “Quindi non preoccuparti, andrà tutto bene”
In quel momento, Ryo sbucò dalla porta.
“Miki… Umibozu dice che devi occuparti della torta”
“Oh… la torta!”, gridò lei, schizzando dentro.
“Dobbiamo andare anche noi, Kaori. Saeko vuole farci delle foto…”
Lei annuì e il suo sguardo si focalizzò sulla mano di Ryo, appoggiata alla porta. All’anulare spiccava l’anello. Quei sentimenti che Ryo aveva nascosto dentro di sé a lungo, adesso aveva accettato di palesarli al mondo intero, ogni giorno della sua vita, portando quell’anello.
All’improvviso, la portata di quell’azione le fu pienamente evidente.
Gli prese la mano fra le sue e accarezzò l’anello. “Ryo… ti ringrazio per aver assecondato tutto questo”
“Che dici?”, fece lui stupito. “Ero stato io a chiederti di diventare parte della mia famiglia, ricordi? Di fatto, sei stata tu a esaudire un mio desiderio”. Le sorrise, aprendo la porta del locale “Andiamo a fare queste foto?”
E a Kaori non restò che seguirlo.
 
“Grazie, grazie davvero di tutto”, Kaori non smetteva più di inchinarsi e profondersi in ringraziamenti. Tutto quello che avevano fatto per lei e Ryo quel giorno era stato davvero troppo.
“Dai Kaori, ora basta!”, rise Kasumi. “Ryo ti sta aspettando in macchina, devi andare a concludere la festa a casa!”, disse, strizzandole l’occhio.
“Kasumi ha ragione”, rincarò Miki. “Ci ha fatto piacere organizzare questa festa e non ci devi nessun ringraziamento. Persino a Falco ha fatto piacere, vero Falco?”
Lui grugnì dall’alto della sua statura, le braccia incrociate.
“Kaori, se quel maniaco ti fa dannare, non farti scrupoli a chiamarci!”, sentenziò.
“Certo… grazie Umibozu”
“Ora vai”. Miki la spinse oltre la porta, fino alla strada dove Ryo la stava aspettando, al volante della loro macchina.
Mentre Kaori saliva nel posto accanto, Ryo fece un cenno di saluto a Miki e partì sgommando.
Kaori abbassò il vetro del finestrino e respirò l’aria fresca della sera. Tutte quelle emozioni, quella folla di gente, quel rumore l’avevano stordita; sentiva il bisogno di un attimo di pace.
“Tutto bene, signora Saeba?”, chiese Ryo.
“Signora..? Ah…”, Kaori si interruppe costernata. “Posso farmi chiamare così d’ora in poi?”, chiese “Veramente, Ryo?”
Lui accennò un sorriso, ma poi il suo sguardo si perse nel vuoto, come se un pensiero distante l’avesse catturato.
Non si starà pentendo, vero?, si domandò Kaori.
“Ryo… “, lo chiamò piano. “Tutto bene? Cioè… come ti senti?”
Lui si voltò verso di lei perplesso. “Mmh? Che c’è, Kaori, hai paura che io sia sul punto di scappare a gambe levate?”
Quando lei non rispose, lui si sentì in dovere di precisare “Va tutto bene. Credo di essere solo stanco e frastornato quanto te. E… sì, mi sento strano. Ma devo solo aspettare di abituarmi a questo nuovo me. Poi mi sentirò ancora pienamente sotto controllo”
Kaori annuì, pensava di aver capito cosa Ryo intendesse.
“Senti Ryo”, chiese dopo un po’. “Pensi davvero che riuscirai a rinunciare a tutte le altre donne, a smetterla di provarci con le clienti, a non rimorchiare più nessuna per strada?” Trattandosi di lui, Kaori non riusciva a immaginare che si sarebbe davvero comportato in modo diverso.
“Beh, non dovrebbe essere un problema”, rispose lui perplesso. “Mi soddisferai tu, no?”
Kaori divenne scarlatta.
“Ecco… ma io … Ryo…”
“Dobbiamo ringraziare Sato”, proseguì lui esultante. “Visto che ha avuto il buon senso di risparmiare il mio amico!” Ryo lanciò un’occhiata alle sue parti basse “Ehi, bello! Siamo stati fortunati!”
Già… fortunati. Kaori si rese conto di cosa sarebbe effettivamente accaduto, se Sato avesse portato avanti il suo proposito.
“Ryo, io faccio ancora fatica a crederci. Che tu eri disposto a…” Non riusciva nemmeno a dirlo.
“A passare il resto della mia vita da eunuco?, disse lui, portandosi un dito alle labbra “Che immagine inquietante!”
“Non c’è da scherzare, è una cosa seria!”, si infuriò lei.
Ryo divenne improvvisamente serio.
“Mancavano cinque minuti allo scadere dell’ora, Kaori, poi l’ossigeno si sarebbe esaurito. Sinceramente, non sono stato nemmeno a pensarci”.
Kaori abbassò il capo e si incupì.
Ryo le batté una mano sulla spalla: “Comunque non pensiamoci più, abbiamo scampato il pericolo!”
Lei però non riusciva a rilassarsi: “Quelle foto continueranno a girare”
 “Stai tranquilla”, sorrise lui. “Certo, nell’ambiente della mala verrò perseguitato per anni, con quelle foto… Nessuno perderà l’occasione di rinfacciarmi quello che è successo”. Ryo alzò gli occhi al cielo “D’altronde non hanno altro a cui appigliarsi…”. Poi si girò e batté rassicurante sulle spalle di Kaori: “Ma la mia abilità non è in discussione, quindi tranquilla! Avremo ancora dei clienti!”
Lei annuì. Doveva cercare di essere positiva.
“Allora”, chiese Ryo sterzando “Camera tua o camera mia?”
Kaori rimase perplessa. “Eh? Ah…”, aggiunse, capendo all’improvviso. “Ecco… dove vuoi tu…” Abbassò lo sguardo imbarazzata. Quel modo disinvolto di Ryo di parlarne la metteva in agitazione.
Era difficile, per lei, riuscire a credere a quello che stava per succedere tra loro. Certo, una parte di lei non vedeva l’ora che accadesse: avere Ryo tutto per sé, finalmente concentrato solo su di lei. Sentirlo così vicino…   I suoi sentimenti e i suoi desideri erano pronti da anni.
Ma un’altra parte di lei non poteva fare a meno di ricordarle che non era mai stata a letto con nessuno, mentre Ryo aveva un’esperienza, in materia di donne, ben superiore alla media.
Kaori fissò il paesaggio fuori dal finestrino, incupendosi.
Aveva paura di non piacere a Ryo, temeva di sembrare impacciata e totalmente inesperta. Come in effetti era.
“Sei nervosa?”
Lei abbassò lo sguardo sulle proprie mani, senza osare rispondere.
Ryo continuò a guidare, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
“Faccio il disinvolto, Kaori, ma sono agitato quanto te”
“Eh?”, trasecolò lei.
Lui le prese la mano sinistra e se la portò al petto, senza mollare la strada con gli occhi. Kaori, sotto il dorso della mano, sentì il cuore di Ryo battere in modo furioso.
“Lo senti?”, sorrise lui ironicamente. “Lo Stallone di Shinjuku ha il cuore impazzito”  Le lanciò un’occhiata fugace, poi riabbassò il braccio senza smettere di stringerle la mano. “È la prima volta che faccio l’amore con una donna che amo, per cui perdonami se sembrerò impacciato e inesperto.”
Kaori rimase sgomenta, sentendo che lui stava usando proprio i due aggettivi che lei aveva pensato per se stessa. Le parole di Ryo le scaldavano il cuore, sia per la delicatezza nei suoi confronti che per il loro significato profondo.
Di cosa mi sto preoccupando?, pensò. È Ryo.
Appoggiò la testa alla sua spalla e lui, senza esitazione, alzò il braccio per cingerla.
“Non ti addormentare, ci siamo quasi”, disse.
“Ho saputo di Mick e Kazue”, gli sussurrò lei.
Ryo sghignazzò: “Dopo la giornata di oggi, credo che Kazue vorrà presto seguire il nostro esempio. Mick ha le ore contate”
“Non solo Mick”, mormorò Kaori, godendo del calore che emanava dal corpo di Ryo. Sarebbe andato tutto bene, si disse. Più che bene.
“Eh?”, fece Ryo, stupito. “Cosa intendi dire?”
Kaori sorrise.
 
“Falco”, lo chiamò Miki sbucando dalla porta. “Vieni un attimo!”
Lui si trovava immerso nel casino lasciato dai festeggiamenti e si irritò. “Che c’è Miki? Ho sentito che ridevi… si può sapere cosa stavi facendo, invece di aiutarmi a mettere in ordine il locale?”
“Presto, vieni! C’è una cosa che voglio mostrarti”
“Cosa vuoi mostrarmi, che non ci vedo?”
Con stizza, Hayato Ijuin raggiunse Miki nella stanza accanto e chiuse la porta dietro di sé, andando ignaro verso il proprio destino.
 
 
FINE

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