Unica Creatura

di KaronMigarashi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sei anni dopo tutto ***
Capitolo 2: *** Passo a due ***
Capitolo 3: *** Alle coste di Clagmar ***
Capitolo 4: *** Pedine sulla scacchiera ***



Capitolo 1
*** Sei anni dopo tutto ***



 

Pallida in volto, Amalia Crown passava lo sguardo sconvolto sulla fotografia in bianco e nero alla prima pagina della Gazzetta del Profeta: Victor Rookwood occupava l'intero foglio e ghignava soddisfatto al pubblico da dietro le sbarre di una cella ad Azkaban. Sembrava prendersi gioco di chi lo guardava anche dopo una condanna di vent'anni, un anno per ogni animale magico con cui aveva tratto un profitto. Ne aveva scontati solo sei. Sei anni erano bastati per corrompere qualche pezzo grosso al Ministero e farlo rilasciare con una sdegnosissima buona condotta. Le dita affusolate strinsero la carta fino a sentirla scricchiolare sotto le unghie mentre finiva di leggere il breve articolo. Era stato rilasciato quella stessa mattina, con il resto dei bracconieri ancora in vita ad aspettarlo oltre i cancelli della prigione pronti a riaccogliere il loro capo a braccia aperte. Ecco spiegato il motivo per cui Poppy le aveva inviato il gufo con il giornale in gran fretta. Sospirò, ficcando la carta spiegazzata dentro il cassetto principale della toeletta da trucco su cui era seduta. Rookwood era tornato. E significava soltanto una cosa, che presto o tardi avrebbe scoperto dov'era e si sarebbe precipitato a vendicarsi. Perché in prigione lo aveva mandato lei stessa sei anni fa, dopo un durissimo scontro avvenuto tra le mura di un castello in rovina. Alzò gli occhi tremanti al riflesso sullo specchio, un limpido innesto ovale nel legno bianco. Ciò che vide fu sufficiente per distoglierlo una volta per tutte. Perfino da una foto quel mago aveva il potere di confonderle lo spirito! Nel suo quinto anno da studentessa si era spesso scontrata con lui fuori dal castello, nella Valle. Lei smantellava gli accampamenti dei bracconieri assieme al suo defunto tutore di magia, mentre lui aveva provato di tutto per toglierla di mezzo: le aveva scagliato addosso un troll, l'aveva rapita, minacciata, tentato di corromperla e di ucciderla. Ma le aveva anche salvato la vita più di una volta... la pelle diafana si tinse di rosa sulle guance paffute nel soffermarsi sui ricordi piacevoli che avevano avuto. Avevano combattuto contro Ranrok, schiena contro schiena e bacchette puntate sul nemico comune. L'aveva perfino aiutata a risolvere alcuni degli enigmi di Merlino quand'erano troppo stanchi per combattersi. Ci fu perfino un momento in cui Amalia aveva sperato davvero di poter cambiare il modo distorto con cui Victor viveva il mondo magico. Lo aveva visto ammorbidirsi pian piano e davvero, aveva davvero sperato in un cambiamento... ma poi dovette fare i conti con la crudele realtà: era solo di un'ombra e un pensiero che si era innamorata. E nel momento in cui lui l'aveva capito aveva provato a ucciderla. Fallendo miseramente per la seconda volta e finendo dritto ad Azkaban. Eppure lui era l'unico mago di tutta Londra che era riuscito a capirla davvero, e si domandava e torturava Amalia nel chiedersi continuamente se ci poteva essere un finale diverso per loro oltre l'essere nemici l'uno dell'altra.
Al pensiero della sua voce e dei suoi magnetici occhi blu il cuore sembrò scoppiarle nel petto dal tanto battere così furioso, ma nel pugno stava già stringendo la bacchetta. E ad Amalia non restava che aspettare, con i sentimenti ingarbugliati e i pensieri accavallati.
 


Nella villa dei Crown quella sera si stava festeggiando l'ennesima vittoria del padre di famiglia: Alan Crown aveva di nuovo prosperato e fatto entrare una cospicua fonte di denaro negli scrigni già colmi di oro e gemme. E ora si stava pavoneggiando tra parenti e sconosciuti, circondato da dell'ottima musica da camera, cibo lussuoso e champagne ghiacciato proveniente dalle sue vigne francesi. Circondata da risate, sussurri e sguardi curiosi, Amalia dovette precipitarsi, con discrezione, su uno dei terrazzi che affacciavano sul giardino in fiore che la madre curava assieme alla servitù in modo maniacale. Nelle luci soffuse dei lampioni a gas si potevano ammirare i lugubri contorni di un labirinto di siepi e rose bianche che padroneggiava il centro di quel luogo, protagonista indiscusso tra tante altre sculture, usato raramente per la facilità con cui ci si perdeva una volta dentro. Chiudendo gli occhi color pioggia al resto del mondo, Amalia strinse le mani sulla balaustra di pietra e si lasciò andare ad un lungo sospiro esausto. 

“ Mente affollata? “

Mugolando infastidita per quell'interruzione sgradita, la maga ci mise qualche secondo affinché il cervello registrasse la voce dell'uomo alle sue spalle e lo catalogasse come già sentito. E quando successe si tese come una corda di violino, spalancando gli occhi di un colpo. Victor Rookwood. Sentì i suoi passi farsi avanti, raggiungendola fino ad avvertirne il fiato caldo solleticarle la nuca nuda. 

“ Ciao purvincolo. “

Alla sua destra apparve una flûte colma di champagne rosato e, afferrando il bicchiere con gesti meccanici, Amalia poté sentire il ghigno di Victor su di lei. Così come poi le sue dita sfiorarle la bacchetta che aveva discretamente nascosto tra i capelli come un ornamento. La gola le si seccò del tutto il quel singolo gesto. E in tutto quello lei ancora non aveva detto una parola, neppure il minimo cenno per girarsi ad affrontarlo. 

“ Sapevi che sarei passato da te. “

Non una domanda, non un'accusa. Le dita di Victor si allontanarono dalla bacchetta e lei tornò finalmente a respirare. 

“ Non mi saluti? Eppure mi ci sono voluti solo sei anni per essere qui. “

“ Come lo hai saputo? “

“ Oh, purvincolo, sei cresciuta, ma resti comunque una Tassorosso ingenua. “

Le parlava con scherno, si prendeva gioco di lei e lo adorava. Calcava su alcune parole, quelle che non sarebbero passate inosservate, e continuava ad usare quello stupido soprannome che le aveva dato fin dal primo giorno in cui si erano parlati. Purvincolo. Una piccola creaturina marina, dall'aspetto di una talpa, con una folta appendice di anemoni di mare che gli ricopriva la testa e gran parte della schiena. Ed era quasi carino se non fosse per il dettaglio che tendeva a mangiare i piedi degli umani che inconsapevolmente lo scambiavano per un mucchio di alghe colorate. Amalia non gli aveva mai chiesto il perché di quel soprannome e forse non voleva neanche saperlo davvero, ma per Merlino, la mandava in escandescenza ogni volta! Perché suonava come una presa in giro non affatto carina dalle labbra del mago. 

“ Non chiamarmi... “

“ Pensavi davvero che non ti avrei tenuta d'occhio? Te? Una maga che se ne va a zonzo tra i babbani con una magia più antica di Merlino stesso? “

L'aveva interrotta mentre stava per riversargli addosso anni di rabbia e frustrazione, e con modi impertinenti Victor la fece voltare per un tête-à-tête che non aveva nulla di romantico. Gemette di dolore quando le dita callose dell'uomo le strinsero una spalla. In un battito di ciglia aveva invaso il suo spazio personale e tolta ogni via di fuga. Tipico di lui. Perfino una conversazione si trasformava in una battaglia. Una fitta alla bocca dello stomaco e il respiro spezzato quando raccolse il coraggio di guardarlo negli occhi. Un cielo in tempesta. Un mare scuro. E avrebbe voluto affondarci dentro nell'esatto momento in cui le sorrise sornione.

“ Una uguale a me. “

“ Io non sono come te. “

“ Mia cara, abbiamo affrontato questo discorso così tante volte in passato e ancora mi stupisco di quanto tu possa essere così cieca al riguardo. “

Lo vide prendere tempo, quello che bastava a far sì che le poche parole centrassero il suo unico nervo scoperto. Lo vide osservarla con un sopracciglio alzato in un'espressione impertinente e bere il proprio calice di vino in un sorso.

“ Ancora ti ostini a non vedere quanto siamo simili io e te. Amalia. Ti vedo ora, nel fiore dei vent'anni, nel corpo rivestito di nastri e pizzi e l'unica cosa che noto è il bagliore dei tuoi occhi. “

La mano del mago si mosse dalla spalla per raggiungere il collo delicato, una languida carezza sulla pelle che le mozzò il respiro all'istante. Tesa. IN attesa. Gemette, ingoiando un po' della frustrazione accumulata. Era ad un passo dal cedere. A qualunque cosa. E Victor lo aveva notato. Oh, se lo aveva notato!

“ Quella scintilla di potere e desiderio che non aspetta altro che una spintarella. Un incentivo per farla esplodere, potente e magnifica. Lascia che ti guidi, lasciami entrare. “

Amalia giurò di sentire la sua mano brillare di magia, pizzicarle la pelle e brillare di aloni argentati. Si morse il labbro inferiore e represse un altro gemito. Stava accadendo quello di cui aveva più paura, la sua unica debolezza messa a nudo da un mago oscuro. Amalia era in bilico su un burrone: alle sue spalle c'era la sicurezza della magia buona, quella trattenuta fino a farla stare male. Fatta di buone intenzioni, ma limitata. Troppo limitata. Discorso diverso per ciò che aveva davanti a sé invece, oltre il precipizio. Un lago nero in cui affogare e nutrire la propria sete di potere, quella con cui lottava ogni giorno per non cedergli. Con l'Antica Magia poteva fare qualunque cosa, e sarebbe stato facile. Spaventosamente facile.

“ Amalia. “

Ma troppe persone si erano sacrificate affinché lei stesse dalla parte del giusto. Ed era con quella consapevolezza che, con tutta la forza che possedeva, allontanò Victor da lei, scaraventandogli addosso il contenuto del bicchiere che non aveva minimamente toccato. 

“ MAI! “
 

 

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Capitolo 2
*** Passo a due ***


Non poteva dire di non averci provato. Questo fu il primo pensiero di Victor quando si ritrovò con la faccia bagnata di champagne e un largo ghigno divertito. I passi di Amalia si stavano facendo via via più lontani, stava letteralmente correndo via da lui. Si leccò le labbra dal vino e, con una bassa risata, si smaterializzò. Ad Azkaban aveva avuto molto di cui pensare, il tempo per farlo lì dentro non gli era di certo mancato. Ripensò a quello che aveva fatto nella sua vita e aveva concluso che non avrebbe cambiato nulla, neanche com'erano finite le cose con Amalia. Sei anni prima aveva provato ad averla dalla sua parte, poco gli importava che era una Nata-Babbana, con tutto quel potenziale che covava dentro era... beh, la rendeva decisamente degna di attenzioni per uno come lui. Victor era, senza vergogna a dirlo, un bracconiere della peggior specie: catturava animali magici per ricavarne il massimo profitto di qualunque genere, materiale e illegale. Il suo unico limite era di non ucciderli. Da morti non avrebbero certo riempito le sue tasche. E Amalia era la sua creaturina speciale che aveva provato a domare, senza però riuscirci. Fino ad ora. Ma gli sembrò che quello stallo di tensione in cui erano rimasti intrappolati stava per arrivare ad una svolta. E lui non voleva perdersi per nessuna ragione al mondo il posto in prima fila. 
Quando riapparve con un sonoro crack era proprio di fronte alla strega che desiderava, con la bacchetta già stretta in mano e con un incantesimo non verbale pronto a scagliarle addosso. Non aveva alcuna intenzione di ucciderla, né prima, né ora, né mai, ma gli erano mancati i loro duelli. Erano sempre stati feroci e alla pari. Quando Amalia era una ragazzina l'aveva vista lottare come una furia, gli occhi chiari che brillavano di una determinazione che lui non sentiva più da anni. Voleva di nuovo vedere quelle fiamme di passione riaccendersi in lei. E nessun preliminare lo soddisfaceva di più di un buon duello magico. Dove l'obiettivo ultimo era sempre lo stesso: la totale dominazione sull'altro. 

“ Depulso! “

“ Protego! “

Il labirinto di siepi che avevano scelto come terreno di lotta era fortunatamente vuoto, perfino Victor, che era appena uscito di prigione, non smaniava dalla voglia immediata di tornare davanti il Wizengamot per aver usato la magia davanti ai babbani. 

“ Confringo! “

Il cherubino di rose bianche in cui si era nascosta Amalia prese fuoco in un istante, lasciandola senza riparo e con un'espressione frustrata così tanto adorabile che il ghigno di Victor poté soltanto allargarsi ulteriormente. E rise. Rise mentre l'intero labirinto veniva inghiottito dalle fiamme dell'incantesimo e inseguì senza paura la maga quando la vide sfrecciare verso il suo centro in una nube di stoffa azzurra e ricci castani. Godette di ogni singolo istante Victor, perfino il calore soffocante dell'incendio, che man mano esplodeva attorno a loro, accolse con gioia. Le grida dei babbani al di fuori del labirinto di fuoco furono soltanto una piacevole aggiunta a quella serata che sarebbe finita soltanto in modo: lui vincitore. Oh, c'era un motivo per cui il mago aveva cercato Amalia prima di tutti gli altri conti in sospeso, c'era un motivo per cui era stato rilasciato da Azkaban prima ancora di poter scontare l'intera pena... c'era un motivo per tutto. Ma ne aveva un altro in particolare per cui valeva la pena rincorrere la sua preda più ambita. Un motivo che aveva tentato più volte negli anni passati di soffocare sotto un rigido autocontrollo emotivo.
In quella fuga rocambolesca diedero il tutto per tutto, entrambi snocciolavano un incantesimo dopo l'altro: Amalia lo attaccava e Victor si difendeva. Victor attaccata e Amalia si difendeva. Era un ballo che conoscevano bene entrambi, in cui i loro corpi si rivelavano più sinceri delle parole. Ma più lei si allontanava e più lui guadagnava terreno, e quando entrambi raggiunsero la gigantesca fontana venne lanciato un ultimo anatema, la peggiore Maledizione Senza Perdono. 

Avada Kedavra! “ 
 


Un lampo di luce verde sfrecciò davanti agli occhi di Amalia e ne restò pietrificata dall'orrore. Un attimo in cui ogni cosa si fermò e soltanto il rombo del suo cuore impazzito riuscì ad avvertire. Batteva furioso attraverso le orecchie pulsanti e le gambe tremanti. Si vide passare davanti quel fulmine mortale senza però sfiorarla di un centimetro: aveva colpito in pieno la meridiana di marmo che decorava la vecchia fontana del labirinto. Sentì lo schianto della maledizione sulla pietra e non si mosse neanche quando Victor l'afferrò per un polso, richiudendola in un abbraccio fatto di forza e ferrea volontà. Era caduta nella trappola come un topo in preda al panico, l'anatema era servito soltanto a destabilizzarla, riuscendoci, mentre il vero intento era sempre stato quello di raggiungerla. Amalia sentì le lacrime pungerle gli occhi mentre respirava l'odore acre del fumo che man mano li stava avvolgendo. Si sentì sconfitta. E non c'era sensazione peggiore di quella. Sconfitta dalla persona che amava e detestava in egual misura. 

“ Basta così Amalia. Hai fatto abbastanza. “

Ma non era servito a nulla. Combattere, sfidarsi, fuggire... la gola le bruciava per quanto cuore e animo aveva infuso negli incantesimi. Era stanca. Stufa marcia di lottare... per cosa? Le lievi carezze di Victor tra i capelli resero i pensieri ancora più amari, la beffa oltre il danno. Tipico di lui, riusciva a ferirla perfino nei gesti più dolci. Che altro poteva fare? Oltre a chiudere gli occhi e lasciare che la bacchetta le venisse sfilata via dal pugno serrato? Oltre ad abbandonarsi su quel petto che ansimava di fatica tanto quanto il suo?

“ Che cosa vuoi Victor? Che altro vuoi da me?! “

Cos'altro poteva prendere da lei? Il terrore l'aveva spezzata a tal punto da lasciarsi andare totalmente alla sua volontà. Le lacrime scorsero libere dagli occhi e un singhiozzo le uscì dalle labbra tremanti. Aveva perso.  

“ Niente che non vorrai darmi. “

Poi il mondo attorno a lei si capovolse. 

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Capitolo 3
*** Alle coste di Clagmar ***


L'aveva portata sulla costa più a sud di Clagmar, al cottage abbandonato che Amalia aveva usato come rifugio negli anni passati nella Valle di Hogwarts. Nessuno passava per quei vecchi sentieri costieri e gli animali selvatici più vicini erano situati sulla spiaggia, ben lontani da quelle rocce inospitali dove non batteva altro che un vento gelido ad ogni ora del giorno e della notte. Amalia era svenuta durante la smaterializzazione, così l'aveva posata sul letto impolverato e le aveva lasciato la bacchetta sul davanzale della finestra frantumata. Il profumo del mare filtrava tra le travi di legno marcio e la porta cigolante. Era una catapecchia piena di polvere e ragnatele, ma ogni singolo oggetto lì dentro parlava di Amalia e delle sue fughe dal castello quand'era ancora una studentessa. E di lui, che per gioco in quel quinto anno di scuola le lasciava lì erbe e pozioni, messaggi condivisi nei momenti di noia e indizi per molti enigmi che la giovane maga trovava andando a zonzo per la Valle. Guardandosi attorno poté vedere come nulla era cambiato nonostante gli anni passati: c'era perfino il suo cappello a cilindro, quello che aveva donato alla giovane come ricompensa per aver abbattuto alcuni troll di montagna che avevano nidificato vicino al suo castello. Ovviamente non era voluta la cosa, la maga si era ritrovata lì dentro seguendo faccende a lui totalmente ignote, ma era stato divertente vedere lo sconcerto su quegli occhioni color pioggia nel ritrovarselo davanti e con un pacco regalo tra le mani. 

“ Victor? “

Alla luce di alcune candele sospese sul soffitto, Victor notò come la donna si copriva pudicamente il corpo con la trapunta del letto. Gesto superfluo a suo dire, aveva avuto tutto il tempo di ammirarla nell'attesa che si riprendesse. Ma si vide bene dal dirlo ad alta voce, era stronzo sì e gli piaceva punzecchiarla parecchio, ma avrebbe volentieri evitato un volo fuori dalla finestra per un'offesa che non avrebbe portato a nulla. 

“ Fai con calma, abbiamo tutto il tempo. Temo che i tuoi parenti babbani siano troppo impegnati a spegnere il labirinto per notare la tua assenza. “

Se ne stava seduto su uno sgabello, si era tolto la tuba e la redingote gettandole a casaccio sull'unico tavolo presente nella stanza. Fissava Amalia con sguardo rapace, vivido e fiero. Se la stava mangiando da capo a piedi mentre realizzava solo in quell'istante QUANTO era cambiata. Ricordava la svampita quindicenne, con le guance piene e gli occhi spalancati ad ogni meraviglia che il mondo magico le rivelava. E ogni fantasticheria che aveva avuto su di lei durante la propria prigionia ad Azkaban impallidiva in confronto alla donna che si trovava davanti a lui ora. In pochi anni la maga era cambiata, e non poco. Si era fatta più alta e aveva lasciato crescere il groviglio di ricci scuri, trasformandolo in lunghe onde morbide che le coprivano la schiena come un drappo di seta. Non seppe spiegare nemmeno a se stesso com'era stato possibile il mutamento dei propri pensieri... ma era successo lentamente, giorno dopo giorno, notte dopo notte. All'inizio le proprie fantasie si limitavano sui mille possibili modi per far sbocciare dolcissime espressioni di dolore su quel visino paffuto una volta uscito di prigione, aveva desiderato così ardentemente vedere la ragazzina in ginocchio, prostrata e in lacrime ai suoi piedi e con la bacchetta puntata alla gola. Poi bastò una notte di delirio, passata tra i sudori freddi della febbre e l'incessante tintinnio delle catene a far virare in modo tanto drastico i propri sentimenti. Nel suo sogno lei era sempre sotto di lui, con gli occhi umidi e il volto arrossato, ma l'espressione era totalmente diversa, così piena di piacere che ne rimase spaventato per settimane. Perfino le parole... si erano impresse nella testa per molto tempo. E la brama di vendetta era sparita completamente. Sostituita da una crescente curiosità, domande su com'era la piccola e fragile Tassorosso dopo sei anni passati e se era riuscita a sopravvivere sulla strada dei buoni che aveva deciso di percorrere. 
Ora la vedeva ergersi fiera davanti a lui, fuori dal letto, fronteggiandolo con un'aria di sfida che ai suoi occhi risultava semplicemente adorabile. Aveva vent'anni, l'età adesso era giusta per lui senza risultare equivoco... ma lei avrebbe voluto avere di nuovo a che fare con lui? Nell'anno in cui erano stati nemici c'era stato anche spazio per un'amicizia tutta particolare: erano stati alleati, ma sempre con un occhio rivolto alle proprie spalle. Aveva visto sbocciare in quei magnifici occhi chiari le prime fiamme di un innamoramento e non aveva perso tempo a spegnerne le braci all'epoca. Adesso però gli interessava riaccenderle. Amalia glielo avrebbe permesso? Victor conosceva la Tassorosso quindicenne, quella romantica e un po' svampita. Quella che non aveva esitato a saltare in groppa ad un ippogrifo per salvarlo dai bracconieri. E quella che ballava a piedi nudi nei cerchi di pietre sotto le notti di luna piena. La maga che aveva davanti adesso era una donna totalmente diversa, più matura, ma anche più arrabbiata. Perfino i gesti che aveva compiuto per gli incantesimi erano diventati più netti, puliti e decisi. Amalia Crown era cresciuta abbandonandosi alle spalle la spensieratezza degli anni scolastici. 

“ Abbiamo tutto il tempo per cosa? “

A quella domanda Victor si mise più comodo sullo sgabello, le gambe elegantemente accavallate e un pugno sotto il mento. Era lì per una ragione, aveva stipulato un accordo proficuo per rispettarlo, ma perché non togliersi qualche sassolino dalla scarpa già che c'era?

“ Per parlare, ovviamente. “
 


Le teneva il collo con una mano e stringeva per tenerla ferma, ma ben  presto capì di non averne bisogno. Amalia si era lasciata andare a quel bacio rovente con sorprendente trasporto. Avevano anche discusso oltre che a scambiarsi effusioni, ma Victor doveva ancora giocare un'ultima carta. Fin'ora qualunque cosa detta era stata accolta con furiosa negazione e la frustrazione negli occhi di entrambi li aveva portati a quel groviglio passionale di mani e bocche. Le dita di lei affondavano nella sua camicia bianca, artigliando la stoffa e tirandola a sé per stringerlo al petto il più possibile. Victor non si fece certo pregare a quella supplica muta e, inghiottendo i gemiti l'uno dell'altra in un bacio sempre più profondo, la trascinò verso il letto sfatto dove l'unico spazio ancora libero era un sottile centimetro di vuoto tra i due corpi uniti. 

“ Una strega potente come te è sprecata tra i babbani, Amalia. “

Le baciò con devozione il palmo di una mano, dove sentiva sfavillare e pulsare l'Antica Magia della maga sotto la pelle diafana. E sentì la donna fremere sotto di lui.

“ Torna qui, nella Valle, a Londra non hai alcun futuro. “

Lei lo guardò con occhi di fuoco e strattonò via la mano dalle sue labbra come se si fosse ustionata. 

“ E con te invece cosa avrò, uhm? Sangue di creature magiche sulla coscienza? Auror alla porta di casa ogni giorno? “

Lui ridacchiò in risposta e anche al pensiero di lei nell'avere a che fare con i suoi vecchi affari. Quello che Amalia non sapeva però era l'impossibilità per Victor di ritornare alla sua vecchia vita. Per uscire di prigione era stato costretto a rinunciare alle ricchezze, ai facili metodi con cui le aveva ottenute. Gli animali che Theophilus si era tenuto durante la propria prigionia erano stati liberati dal sottoscritto non appena messo il piede fuori da Azkaban. Lo trovava giusto? No. Se n'era pentito? Assolutamente no. Victor Rookwood avrebbe sempre trovato nuovi affari. Il mondo magico era pieno zeppo di viscidi alleati che non aspettavano altro che leccargli gli stivali per ottenere un briciolo di ciò che lui aveva sempre posseduto: oro e potere. Certo, adesso era costretto a ricominciare da capo e a rispettare una parola data, ma non era nulla che non avrebbe affrontato a testa alta e con orgoglio. Era un Rookwood. Un possessore di Magia Antica e un discendente dei Custodi.

“ Mia cara, non ti ho mica chiesto di sposarmi. “

“ Demonio... “

Ma fu lei a baciarlo di nuovo nonostante le sopracciglia aggrottate dal disappunto. E quando si separarono per riprendere fiato Victor tornò alla carica.

“ Non lasciarti soffocare dalla loro stupidità, Amalia. Sei molto più di ciò che i babbani vogliono che tu sia. “

“ Victor... io... non userò più la magia. L'ho deciso anni fa, non puoi tornare qui e sconvolgere ogni cosa! “

La vide chiudere gli occhi e piangere di nuovo, in silenzio, con il volto che negava ogni suo tentativo di farla ragionare. Anche la sua mente trovò chiusa. Amalia era una strega eccezionale, una delle poche in grado di competere con lui ad armi pari, ed era riuscita ad innalzare una barriera sui suoi pensieri talmente spessa che neanche con Legilimens era in grado di forzarne l'apertura. 

“ È così che vuoi vivere allora? Tra un sorriso e una riverenza a babbani che sputano sulla tua magia? Su ciò che sei! Quello con cui sei nata! “

“ No, no, no, tu non capisci! È una vita pacifica e sto tornando a dormire! “

Quindi era quello il motivo per cui aveva rinunciato a tutto? Niente magia, niente più dolore? 

“ Quale spreco. “

E con un'ultima carezza sul volto Victor si smaterializzò, lasciando Amalia Crown da sola, illuminata dai primi raggi dell'alba, in una catapecchia impolverata a Clagmar. 


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Capitolo 4
*** Pedine sulla scacchiera ***


Era di nuovo a casa, a Feldcroft, al riparo dalla tempesta nel suo castello. Se ne stava nel suo studio, in silenzio, circondato da libri e pergamene e un confortante camino acceso. Davanti ad una delle finestre socchiuse c'era nientepopodimeno che Esopo Sharp, ex Auror ed ex professore di pozione di Hogwarts. Fingeva di ammirare la pioggia con disinvoltura, ma continuava a torcersi le mani dietro la schiena e la gamba claudicante aveva un costante e impercettibile tremolio nervoso. Il vecchio cagnaccio da guardia desiderava essere lì quanto Victor desiderava riceverlo nei suoi alloggi, ovvero un desiderio pari a zero. Un ghigno cattivo gli snudò i denti perfetti nel vederlo in quello stato: ex di tutto, il vecchio mago aveva perso ogni cosa nel corso degli anni. Credibilità, il lavoro, amicizie... perfino la famiglia che aveva da poco costruito. E tutto per un singolo errore. Purtroppo per la sua avida curiosità, Victor non conosceva quasi nulla di quella terribile vicenda, ma se n'era parlato parecchio perfino ad Azkaban: un esplosione di magia oscura e antica proprio nei sotterranei della scuola, un incidente che aveva coinvolto sia il professore di pozioni che la sua maghetta preferita. E avrebbe scommesso ogni singolo galeone che ancora possedeva che era stato quel particolare evento ad allontanare del tutto Amalia dal mondo magico. 

“ Sei sicuro che lei tornerà? “

Oh, era forse nervoso quello che sentiva uscire dalla sua voce? Il mago oscuro si crogiolò nella soddisfazione mentre si stiracchiava sulla poltrona e rispondeva con voce melliflua. 

“ Conosco la mia piccola purvincolo, è bastato premere i punti giusti. “

“ Spero per te che sia così. “

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