Nata tra le stelle, attraverso le ere dell'umanità.

di Longriffiths
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I, Atene. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II, Roma. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II, Roma, seconda parte. ***
Capitolo 4: *** Cpitolo III, Parigi. ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV, Ortigia. ***
Capitolo 6: *** Capitolo V; Wessex. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Atene e Toledo. ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - Firenze. ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Firenze e Madrid. ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Londra. ***
Capitolo 11: *** Capitolo X. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I, Atene. ***


                                  
 

Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia.


William Shakespeare, Macbeth, 1606



 

Una storia di
Giulia e Arianna


Capitolo I 

 

Atene, l’occhio della Grecia, madre delle arti e dell’eloquenza

 


Amici vitia si feras, facis tua;

-tollerando i vizi dell'amico, rendi palesi i tuoi- 

 

Atene, 423 a.C;


Atene, che città magica.
Atene, ormai patria della filosofia, dell’arte e dell’erudizione, Aziraphale non impiegò molti decenni a capire che quella città avrebbe segnato la storia della civiltà umana, era più che convinto che  Atene sarebbe diventata presto la culla della civiltà occidentale. L’angelo stava assistendo alla realizzazione di opere monumentali, come mai ne aveva viste prima sulla Terra, tralasciando forse Babilonia e l’Egitto. La sete di conoscenza di Aziraphale si faceva sempre più viva anno dopo anno, aveva avuto modo di discorrere con Socrate, grande pensatore, così come con Aristotele, Platone, ognuno di loro con visioni diverse dell’uomo, insieme avrebbero costruito - tassello dopo tassello - il pensiero filosofico dell’Occidente. 

Atene, una città ancora in divenire dove il teatro, la politica e la società erano un tutt’uno. L’angelo amava perdersi nelle affollate strade della città, il sole caldo illuminava le meravigliose statue degli Dèi, botteghe di artigiani vendevano meravigliosi oggetti come anfore e recipienti decorati finemente, tanto che lo stesso angelo acquistò alcuni esemplari di crateri a figure nere, rappresentanti le fatiche dell’eroe che i Greci chiamavano “Eracle”. A volte si soffermava a udire gli aedi - i cantastorie greci - narrare le avventure dei loro Dèi attraverso l’aulos, un antico strumento musicale, una sorta di flauto a doppia canna, che Aziraphale trovava oltremodo curioso e piacevole da ascoltare. 

 


Così trascorreva l’esistenza dell’angelo ad Atene, tra una discussione filosofica, uno spettacolo a teatro e qualche acquisto. Quell’anno, inoltre, debuttava l’opera "Nuvole" di Aristofane, un commediografo che Aziraphale apprezzava molto, tra qualche giorno si sarebbe esibito e l’angelo non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Aziraphale fu attirato da un trambusto non molto lontano dal quartiere degli artigiani, sembrava che fosse una delle solite risse tra ubriachi. 
"Possibile che questi greci non fanno altro che bere?" 
si chiese tra sé e sé sospirando, ancora non molto avvezzo alle bevande alcoliche dell’umanità, certo lo sarebbe presto diventato, ma questo ancora non lo sapeva; qualcuno, sicuramente, lo avrebbe tentato… un certo demone dai capelli rossi che, di lì a poco, avrebbe fatto la sua comparsa.

Non gli si poteva attribuire colpa, ma stava ormai facendo l’abitudine a quel genere di condizione per la quale un solo passo sollevava una tempesta di sabbia. Crowley, il demone dai capelli rossi in questione, aveva imparato a chiamare merito quella strana facilità con cui arraffava le malefatte degli esseri umani, e le presentava all’Inferno come proprie ricevendo in cambio varie lodi e ricompense. Ma quella volta, la zuffa era stata frutto d’un mero capriccio. Il suo sorriso si sollevò in un angolo delle labbra, mostrando uno dei canini aguzzi.
Una passeggiata lungo le vie della città madre di ogni arte terrena intellettuale gli avrebbe giovato, adesso che correva l’anno di tregua tra quel luogo e la polis in cui risiedeva da quasi tutto il Quinto Secolo a.C;




Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce neanche nei suoi stessi pensieri, ma quei paesaggi verdeggianti e le edificazioni cospicue sembravano un affascinante mosaico, a dir poco gratificante alla vista. Quei dolci e melodici suoni di risa mescolate alla musica erano un balsamo lenitivo per i suoi timpani, provati da anni di blasfemie, grida di dolore, e cori di guerra. Nessun bambino cantava canzoni di incitamento alla battaglia, nessuno maneggiava una spada. Crowley sperimentò per la terza volta dalla sua permanenza sul pianeta Terra, la voglia ed il bisogno di prendere un grosso respiro.. chiudere le palpebre, e lasciarsi andare ad un sospiro liberatorio. Ma era comunque tutto troppo tranquillo. Perché lasciarsi sfuggire l’occasione di creare un po’ di scompiglio tra le genti di un luogo tanto mansueto come Atene? Specie dal momento in cui aveva inalato l’aria circostante, e da rettile predatore qual era l’aveva assaporata sulla lingua biforcuta. Il demone l’assaggiò, e comprese che il sapore acido della diffidenza proveniva da un uomo che, a causa della bevanda dell’ubriachezza, stava bene in guardia dai visitatori della propria bottega. Non si fidava di nessuno, non dopo gli eventi che avevano visto la Guerra.
Era stato semplice scatenare un piccolo malinteso che rassomigliasse a un furto.

I suoi occhi dalle aghiformi pupille saltavano a destra e manca, elegantemente nascosti dietro la montatura dalle lenti scure. 

Bastava guardarsi intorno per comprendere che quel popolo era dedito alla costruzione, a differenza degli Spartani, volti alla distruzione. Non era l’addestramento l’unico lavoro che veniva considerato laddove si trovava adesso, per cui, un giretto nel mercato era forse la scelta migliore quel giorno. Aveva pure il sacrosan-.. il beato- il diritto di prendersi una pausa.


Aziraphale stava cercando di capire come sarebbe andata a finire, quindi se fosse il caso di intervenire nella disputa quando… notò una figura diversa dalle altre nella folla, riconobbe subito quella chioma rossiccia. Per un momento l’angelo rimase interdetto: gli tornò subito in mente la faccenda di Giobbe, un episodio che turbò Aziraphale per molto tempo, non avrebbe mai pensato di mentire in quel modo ai suoi superiori, eppure sapeva che fu la cosa giusta da fare per salvare i figli del pover’uomo. Tuttavia l’angelo, di natura buono e puro di cuore, non era stato creato per mentire, e la crisi che ne conseguì non fu facile da interiorizzare, nonostante le parole che il demone Crowley gli disse per “consolazione” (dopo averlo sbeffeggiato). Un demone che - alla fine - non si rivelò poi così malvagio, anzi fu piacevolmente sorpreso nel vedere come salvò le pecore e i figli di Giobbe di sua iniziativa.
Strano il destino, ma sembrava che - senza nemmeno volerlo - Aziraphale finiva sempre per incontrare quel demone qua e là nel tempo (e nello spazio), non che la cosa gli dispiacesse, in fondo.. non era così male conversare con Crowley.

Aziraphale sospirò, per poi alzare un braccio e agitarlo per richiamare il demone:
«Crowley!» esclamò facendosi largo tra la folla.
«Ne è passato di tempo, stai lavorando? Bellissima città Atene, questa civiltà mi sta stupendo.» esordì l’angelo tenendo lo sguardo attento sulla disputa, come se una parte di lui facesse ancora fatica a guardare Crowley negli occhi, conscio del fatto che un demone e un angelo non avrebbero mai dovuto avere quel tipo di rapporto che avevano loro, un rapporto che Aziraphale stesso non riusciva a interrompere, nemmeno volendo.

«Aziraphale, come mai non sono affatto sorpreso?»

Il demone affermò più a se stesso che alla creatura eterea. Ormai, era solito anche pensarlo per nome, perché si, lo pensava. Spesso. Principalmente quando si sentiva sopraffatto dagli eventi e dalle emozioni da cui tentava così duramente di distaccarsi, e sentiva il bisogno di ammettere che forse, quel senso di solitudine dell'essere unico al mondo nel suo genere, gli pesava l'animo. 

«Ti godi la pace, eh? Lo farei anche io se fossi in te. Prima o poi ci sarà una guerra senza epilogo, lo sai.»

Il demone Crowley fissò l'angelo suo rivale per dicotomia, suo simile nella realtà che entrambi al momento ignoravano. Crowley adorava odiava quella voce. Odiava quel sorriso. Odiava quello sguardo. Gli facevano desiderare.. di meglio. Di essere di meglio. Di fare di meglio. Neanche l'esilio gli aveva strappato l'indole che conservava tanto avidamente, tanto gelosamente, ma nessuno mai gli aveva fatto desiderare di esprimerla, a discapito della sua attuale natura. Il dannato sorrise perdendosi nelle iridi cerulee del riccioluto portatore di luce. Si guardò intorno analizzando le parole del suo compagno, ed annuì alla sentenza. Era davvero una bella città.

«Sì, ed in realtà sono qui per l'esatto opposto.» 
«Sì, beh.. non parliamo di guerre, non mi piacciono molto.» disse l’angelo con un mezzo sorriso, vedendo che finalmente qualcuno era intervenuto a separare i due litiganti, sembrava che la situazione si sarebbe risolta presto, senza rendere necessario nessun intervento “divino”.

«Che ne dici di fare una pausa e mangiare qualcosa? I formaggi e le olive di stagione sono ottimi! C’è una piccola locanda in fondo alla strada, il proprietario è un brav’uomo, mi ha fatto uno sconto come cliente fedele!» disse l’angelo tutto entusiasta (e con anche una punta d’orgoglio per lo sconto ottenuto).
Una creatura di Dio che si faceva fare gli sconti nelle locande perché adorava il cibo umano? Sì, era proprio Aziraphale, un angelo che amava l’umanità, forse fin troppo. Ma, dopotutto.. fu proprio Crowley che lo tentò, secoli or sono, con le cibarie umane, una parte di Aziraphale si “giustificava” dando la colpa al demone. Fin troppo facile.
 

«Cliente fedele?» Crowley sogghignò con un tono semi acuto quasi sottolineando l'ilarità della faccenda, mentre il ghigno si espandeva sotto il naso affilato e gli zigomi di sollevavano quel tanto che bastava ad assottigliare lo sguardo. E la cosa divertente, a suo parere, era proprio il fatto che era l'angelo stesso a servirgli tanto di quel materiale con la quale giocherellare su un piatto d'argento. Ma i suoi satanici occhi gialli da dietro le lenti erano genuini.

«Perché no? Tu mi fai asssaggiare questi formaggi di stagione, ed io ti mostro che cosa ci sta da D–, uhm.. con che cosa si possono accompagnare divinamente. Ormai sei abbastanza aperto ai consigli.»

Il demone dai rossi crini ondulati passeggiò accanto al proprio oppositore, con le mani giunte dietro la schiena. I due avanzavano senza lasciare reciprocamente il fianco dell'altro, quasi apprensivi all'idea che un altro dei loro incontri potesse finire tanto presto, ed al contempo ben attenti agli occhi che posavano su di loro. Erano ben consci dei guai che avrebbero affrontato, se scovati a chiacchierare. Figurarsi sedere allo stesso tavolo, conversare allegramente. Raccontarsi. Conoscersi

Eppure.. neanche per un attimo Crowley dubitava che anche per la creatura ultraterrena celeste, l'incuranza verso quella consapevolezza batteva la paura. Perché c'era qualcosa di più forte, lui lo sentiva sulla lingua ogni volta che Aziraphale lo guardava. Era il sapore fruttato della serenità. E quello della secca delizia che emanava il rispetto. Crowley lo ammirava. 

«Soggiorni qui da molto?»

Aziraphale inarcò un sopracciglio un po’ indispettito quando il demone gli disse che era diventato “abbastanza aperto” ai consigli… non poteva negare che fosse la verità e non era una cosa positiva per l’angelo, tuttavia da quando passava tanto tempo sulla Terra era cambiato, pur mantenendo totale fede nel “piano di Dio”, la faccenda di Giobbe gli fece notare il modo in cui ragionava diversamente rispetto agli altri angeli (Gabriele per primo). Un cambiamento positivo? Una parte di lui non credeva lo fosse, l’altra parte continuava a dirgli che, a prescindere dagli ordini del Paradiso, avrebbe sempre agito per il bene del mondo. Ed era questo ciò che più contava per Aziraphale.
«Sono qui da un po’ di anni, ho parlato con diversi filosofi e artisti, questa civiltà è un vulcano di idee, inoltre amo il teatro greco! Aristofane debutterà con una nuova commedia proprio in questi giorni.» raccontò entusiasta l’angelo, scorgendo la locanda poco più avanti: all’esterno vi erano alcuni vasi di terracotta di abbellimento sotto dei piccoli tendaggi, mentre una pianta rampicante verde incorniciava l’ingresso. La locanda aveva una lunga forma rettangolare, con delle colonne addossate alle pareti esterne, all’interno erano disposti una serie di piccoli tavoli e un lungo bancone dove venivano preparate le pietanze, le pareti tutte intorno riportavano varie decorazioni come piccoli scudi, mosaici, alcuni oggetti sempre in terracotta che richiamavano Dioniso, il celebre dio dell’ebbrezza. «Ti consiglio il tagliere di formaggi con la loro focaccia alle olive.» sussurrò Aziraphale con fare colpevole al demone, come se stesse rivelando uno dei segreti più terribili del mondo, mentre si faceva largo tra le persone per recarsi al tavolo. "Bontà divina, perché consiglio a un demone quale cibo umano mangiare?! E' l'opposto di ciò che dovrebbe fare un angelo!" pensò insofferente tra sé e sé.

Crowley aveva un' espressione a dir poco divertita, e si limitò ad annuire. Se non fosse stato per i suoi continui spostamenti e le doti sovrannaturali, o più precisamente, per la sua elevata curiosità, sarebbe stato arabo ciò che l'angelo stava dicendo. Se fosse stato un essere umano, avendo vissuto a Sparta come fatto, non avrebbe avuto idea di che cosa stesse parlando. Lui non avrebbe mai sentito niente di diverso da combattimento e dibattiti politici. Filosofia? Arte? Sarebbe stato interessante soggiornare ad Atene. L'atmosfera era tranquilla e la locanda era già zeppa di persone, essendo quello che il demone definiva "orario del pranzo" degli umani, eppure non fu loro difficile trovare un tavolo dove accomodarsi. In effetti, in molti stavano consumando i viveri che il riccioluto biondo gli aveva nominato. Una cameriera poco dopo venne da loro, e Aziraphale, ovviamente più ferrato, ordinò. Ma quando la fanciulla stava per indietreggiare, Crowley aggiunse:

«E dell'Oinos. Rosso.»

Crowley inspirò profondamente, e aprì a fessura le labbra quel tanto che bastava ad esporre le punte della lingua biforcuta. Le fece roteare l'una sull'altra. Il gusto acre del timore gli accese le papille gustative, e si concentrò così tanto sulla donna da non essersi accorto che la faccia disgustata proveniva invece dall'angelo. Allora, Crowley si sporse.

«Andiamo Aziraphale, non dirmi che in questo "po' di anni" ad Atene non hai mai né partecipato ad un'Orgia Dionisiaca né ti sei beato del sapore del vino. È Ambrosia, è nettare degli Dèi.»

Il demone intensificò il proprio sorriso.

«Eppure un angelo dovrebbe essere al corrente che è talmente sacro da essere usato nei riti religiosi. È arrivato il momento di berne.»

Aziraphale avvampò quando il demone Crowley parlò di quelle cose dionisiache, l’angelo si guardò intorno con fare colpevole come se fosse stato lui a parlarne.
«Bontà divina, Crowley! F-farò finta di non aver sentito!» balbettò l’angelo, certo era incredibile come persino una creatura eterea potesse assumere in viso un colore tanto acceso.

Quando il demone parlò del vino, toccò sicuramente un tasto “dolente”. Aziraphale era molto incuriosito da quella bevanda, specie da quando visitò alcuni vigneti e osservò il laborioso processo con cui si realizzava quel “nettare divino”. Tuttavia sapeva anche che l’ebbrezza era un peccato e che l’alcol portava gli uomini a peccare e a commettere azioni sbagliate… un angelo non avrebbe dovuto mai cedere ad una bevanda tanto infima, ma quando la donna portò la brocca di vino rosso, il suo profumo inebriò le narici dell’angelo. "No, non devo.. già non dovrei mangiare, non posso.. pensò tra sé e sé, era così concentrato nel resistere alla tentazione, che tutti i rumori e le persone intorno a lui sembrarono svanire.

Crowley sentì il classico formicolio dell'eccitazione che pervadeva ogni fibra del corpo umano assegnatogli, sensibile all'informazione nervosa che un pensiero come 'che delizia che è questo angelo imbarazzato' gli dava. Il demone si versò la bevanda in un bicchiere di terracotta, e ne bevve perdendosi nella sensazione dell' alcol che gli bruciava la gola e gli accendeva i sensi. Le sue pupille serpentesche si dilatarono. Una goccia gli cadde dalle labbra, e lui la raccolse velocemente riportandola alla bocca. 

«Coraggio, siamo in mezzo agli esseri umani.»

Il rosso peccatore spostò la brocca verso la creatura dal cuore puro.

«Io mangerò se tu berrai. Non ti sembra un buon accordo? Tutti e due vogliamo che l'altro scopra una cosa che reputiamo buona.»

Eccolo, Crowley sapeva bene come ricattare qualcuno, sapeva che Aziraphale ci teneva che assaggiasse il formaggio di stagione.. davvero infimo da parte sua.
«Io.. non è giusto, io non--» lamentò l’angelo guardandosi intorno con fare sospetto, mentre le dita gli fremevano e non riusciva nemmeno a tenere fermi i piedi.
«Solo un sorso, ma solo
 perché voglio che assaggi la focaccia, non amo i ricatti.» Così Aziraphale, con il cuore agitato, si versò poco vino nel bicchiere, il profumo si fece ancora più intenso, quasi fruttato.. portò lentamente il bicchiere alle labbra e per Dio, che sensazione meravigliosa!
Il liquido rossastro scese giù caldo e confortante nella gola, fino ad arrivare al petto e, dopo, in tutto il corpo. Aziraphale se ne versò un altro po’ e, senza spiegarsi perché, si sentiva meglio, più rilassato, il viso era un po’ colorito.
«Beh, è.. dolce, con una leggera nota fruttata, mi sembra di sentire anche il profumo del legno e della resina di pino.. buono.» commentò Aziraphale, un angelo che, sorprendentemente, aveva un palato davvero
sopraffino. Senza nemmeno accorgersene si era appena bevuto due bicchieri pieni, sapeva di non dover esagerare, ma quella sensazione che dava il vino al proprio corpo era.. quasi divina, si sentiva più leggero. Non si accorse nemmeno che la donna aveva già portato i due piatti di focacce e formaggi.
«Ah! Ecco qui.» commentò cercando di rimanere vigile, Crowley reggeva benissimo l’alcol, non voleva di certo fare una cattiva figura, un angelo brillo sarebbe stato un insulto alla sua fazione, non voleva dimostrare debolezza
. Non con Crowley, perché? Perché ci teneva tanto a non essere debole davanti a lui? La sua mente era troppo annebbiata per pensarci.


«Non era un ricatto. Era uno scambio.»

Il demone puntualizzò sornione, ma nel profondo era sincero. Voleva davvero che provasse il vino solo per piacere, se possibile associare a un demone la cosa, innocuo. Poi, la sua espressione mutò. Non c'era neanche bisogno di provare a indurre in tentazione quell'angelo, era talmente genuino che non ci voleva granché sforzo, quantomeno da parte sua, a convincerlo con le proprie seduzioni che le idee fossero non solo cosa buona e giusta, ma anche in primis decise da Aziraphale in prima persona. Era più semplice persuaderlo quando gli si faceva credere che fosse una scelta. 

«È buono, non è così?» Il demone Crowley sorrise sinceramente divertito, e incrociò le braccia. Quando i cibi arrivarono, si limitò ad osservare l'angelo mangiare. Non era come la prima volta che aveva mangiato, con avarizia e ingordigia. Adesso era elegante mentre degustava i sapori della terra, e Crowley si ritrovò a pensare per la prima volta che non aveva mai visto niente di più attraente alla vista. E dalla mente di uno che, di piaceri non ne perdeva uno, era dire molto. Era piacevole guardarlo, come se i suoi occhi non ne avessero abbastanza del modo in cui masticava, del modo in cui sollevava gli zigomi quando un boccone lo appagava particolarmente. 

Crowley seguì la creatura dinanzi a sé bevendo e bevendo, una brocca, e poi la seconda. Lui neanche aveva notato che in realtà Crowley non aveva toccato cibo. Dopo pochissimo tempo, arrivarono anche le battute, le risate. Erano rilassati, spensierati, come due amici che almeno una sera la settimana passavano del tempo assieme dilettandosi in una bella cena, per raccontarsi le piacevoli novità. Ed infatti fu ciò che accadde. 

Con sua piacevole sorpresa, ma previsto come se l'era immaginato, l'angelo iniziava a dare segni di.. disequilibrio. 
Fu allora che il demone iniziò a divertirsi davvero.

Aziraphale mangiò di gusto, il sapore agrodolce del formaggio si accompagnava perfettamente con le olive e la dolcezza del vino, non poteva esserci nulla di più sublime (o quasi), si sentiva felice. Ed era felice di non essere lì da solo, parlare con Crowley lo aveva sempre trovato divertente, certo i loro metodi potevano differire molto, ma si trovavano concordi su molte cose. «Forse dovremmo iniziare ad avviarci..» disse un angelo pieno e confuso, quando provò ad alzarsi la stanza sembrò improvvisamente iniziare a vorticare su sé stessa. «Oh Cielo.» Aziraphale tornò di botto seduto, perché sapeva che altrimenti sarebbe rovinosamente caduto a terra. «Un momento solo..» balbettò cercando di tenere un contegno, provò quindi ad alzarsi lentamente, cercando di rimanere concentrato, il suo corpo era strano.. le gambe erano più deboli e tutti i rumori sembravano come amplificati, era quello lo stato d'ebbrezza? Bontà divina, aveva esagerato! Ma Aziraphale non era nemmeno troppo lucido per iniziare a flagellarsi di colpe, così riuscì ad uscire dal locale senza cadere e finalmente respirò un po’ d’aria fresca. Il potere dell’alcol poteva essere sicuramente paragonato a quello di un demone, riusciva ad amplificare ogni senso e rendere inermi, inoltre, il volto di Crowley era diverso, gli occhi cerulei dell’angelo osservavano Crowley in modo differente.
«Andiamo, da quella parte.. sono troppo pieno. Sai Crowley, ricordo i tuoi occhi quando eri un angelo.» iniziò a balbettare Aziraphale, ovviamente non lucido per capire ciò che stava dicendo, l’angelo camminava tra le strade di Atene senza nemmeno riconoscerle, ma si stava dirigendo verso una collina che aveva una bella vista, doveva stendersi.
«Quando creasti quella nebula eri davvero.. felice, i tuoi occhi erano luminosi di felicità.» continuò l’angelo accennando un sorriso, quante volte aveva sognato quella nebula, quel giorno nello spazio.

«Ora sono cambiati, sono così.. gialli, molto gialli. Il giallo non è poi così male, sai? Ma non hai perso totalmente quella luce Crowley, a volte mi sembra di vederla ancora.» balbettava l’angelo sbandando per un momento e aggrappandosi alla spalla del demone.
«Sto farneticando.. devo stare zitto e stendermi, oh cielo, quella bevanda è diabolica.» balbettò Aziraphale stendendosi s’un prato di un grande giardino, andando giù con la grazia di un sacco di patate.

Ogni dannatissima volta che l'angelo riportava ad una luce ormai spenta la sua natura d'origine, il cuore umano di Crowley annegava in un mare di desolazione, di vergogna. Si sentiva avvolto da una nebbia densa e scura, e le carni gli bruciavano esattamente come nel momento fu condannato al tormento eterno. Ma, più forte di lui e delle spine nell'animo erano le labbra di chi lo rimetteva in croce ogni volta con quei discorsi senza speranza. Ricordare gli faceva male. Perché lui ricordava perfettamente com'era vedere le piume delle proprie ali bianche velate da sprizzi dorati ogni volta che le batteva per muoversi nell'infinito che egli stesso aveva adornato di punti luce, gli stessi punti che adesso scintillavano a causa del sole in una lacrima che gli si era formata. Una lacrima che non venne mai lasciata andare. Grazie di non aver usato il mio nome. Avrebbe voluto dirgli.

Crowley si sentì sciogliere qualcosa all'altezza dello stomaco, e suo malgrado ridacchiò quando l'angelo sentenziò i primi sintomi del vino.

«Adesso non dirmi che non ti piace la sensazione di volare senz'ali. Chiudi gli occhi.»

Crowley sedette accanto a lui, aggraziato e longilineo mentre se ne stava a ginocchia flesse sul prato verde, e gli avambracci su di esse. Fissava l'orizzonte. Avvicinò la mano dalle sottili dita al volto, e si tolse gli occhiali. Poi si girò a guardarlo, i boccoli rossi gli ondeggiavano dinanzi il viso affinato.

Volare senz’ali… sì, Crowley aveva ragione, era un po’ come volare, per quanto si sentisse leggero. Chiuse gli occhi e si sentì bene, riuscì ad udire il verso di un’aquila e il vento che soffiava sopra le chiome degli alberi.

Tuttavia l’angelo si sentiva anche agitato, sentendo la presenza del demone così vicina, l’alcol amplificava le più piccole emozioni… Aziraphale non era abituato a quel turbine di sensazioni. Aprì di nuovo gli occhi e vide il volto di Crowley senza lenti, con quei dannati capelli rossi che ancora non si era deciso a tagliare.
«Tu non lo sai cos'è la luce, voglio che tu ne sia consapevole.»

Aziraphale distolse lo sguardo, un po’ imbarazzato e ancora rosso in viso, non era abituato ad essere osservato da simili occhi.
«Non so cos’è la luce?» disse confuso l’angelo.
«No. La luminosità dei miei occhi
Non ne hai idea. Puoi conoscere la luce solo se hai visto il buio. Quindi non dirlo più.»
«Beh, Crowley, non credo di riuscire a fare altri discorsi seri in questo momento..» disse Aziraphale, interrotto improvvisamente da un singhiozzo. «Per colpa tua ora sono anche un angelo che beve vino, se mi vedessero.. e smettila di fissarmi, scommetto che ti stai divertendo a vedermi così!» un altro singhiozzo interruppe l’angelo.

«Non ci vado più a pranzo con te, no, mai più, e comunque dovresti tagliarti quei capelli.» farneticò ancora Aziraphale.

Crowley non batté neanche le palpebre mentre gli parlava, fiero e solenne, e serioso come non lo era mai stato finora. A nessuno manca veramente casa fino a che non va a vivere altrove. Nessuno apprezza mai davvero ciò che ha fino a che non lo perde. La sua nostalgia, il suo dolore, la felicità dell'essere un angelo. Forse, un orecchio estraneo, avrebbe percepito quell'affermazione come burbera, e indispettita. Crowley in realtà lo stava pregando. Pregando di accettare la sua nuova natura, e di non imitarla mai e poi mai. Di preservarsi.

«Non dire sciocchezze. Non ti succederà niente!» Non lo permettereipensò nella sua mente.
«E poi, che diamine hanno i miei capelli che non va? Tu piuttosto, fatteli crescere.»

Sbottò, stendendosi al suo fianco con le mani dietro la testa ed un angolo delle labbra tirato all'insù, mentre il sole baciava la loro pelle. Sapeva che Aziraphale fosse intontito, e che probabilmente non avrebbe ne ricordato né compreso niente di quella curiosa, seppur speciale a suo modo, conversazione. Eppure, il demone ne fece tesoro internalizzandola come una preziosa ricchezza. Sapeva, in un certo senso, che andava bene essere solo, andava bene vedere nascere e morire gli essere umani uno dopo l'altro, purché alla fine avrebbe potuto ritagliarsi un angolo di pace con quell'angelo, e con la luce di cui in segreto godeva, quando era insieme a lui. 

 

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SALVE SALVE SALVE! Ragazzi, che meraviglia, che gioia immensa, siamo tutti col cuore COLMO E STRACOLMO e quello di qualcuno -forse tutti- non ancora risanato come è giusto che sia, ma comunque, bisogna.. compensare in qualche modo. Questa è venuta fuori da una role, e le idee arrivano a raffica man mano che scriviamo. 
Mi conoscete già -qualcuno mi vuole bene qualcun altro mi odia, mio amato angst colpevole- ma oggi sono qui per parlarvi di Giulia. Purtroppo non ha profili, ma vi posso citare un articolo che ha scritto proprio su Good Omens! Ed allego inoltre la sua presentazione:

https://www.framedmagazine.it/good-omens-serie-neil-gaiman-terry-pratchett/?fbclid=PAAabEkFj5t1LlyWDi5uFJrxeybkFyOXOIhrfRcsreZyhqoIJp5sK_UYjSOVs 

"Ciao a tutt*!
Mi chiamo Giulia, e sono una delle scrittrici di questa storia, muovo Aziraphale -si chiama così perché così ci piace!-. Ho 26 anni e sono lombarda, scrivo articoli su vari siti e tra poco mi laureerò in magistrale in Conservazione dei Beni Culturali. Il mio background umanistico e artistico influenza molto la mia scrittura, amo l'arte e la storia, quindi il mio Aziraphale potrebbe sembrare ancora più "fissato" con i libri e la cultura rispetto alla serie. Poter muovere un angelo attraversando le tappe e la storia dell'umanità è un piacere per me, e poter scrivere di Atene, del teatro antico.. è stata una bella esperienza. Spero di trasmettervi tutto quello che ho mentre scrivo dell'angelo più adorabile del mondo, il nostro Aziraphale."

E con questo è davvero tutto -no non è vero-, speriamo davvero davvero tanto di avervi incuriosito abbastanza, ne vedremo delle belle.. angst, tragicomico, hurt, commedia.. SPERIAMO VI PIACCIA.

A presto! 

-Ah, la nostra Giulia qui sta scrivendo anche IL DIARIO di Aziraphale, in cui racconta le sue impressioni sulle varie cose gli nel tempo gli succedono, quindi.. è un'informazione importante per una parte fondamentale della storia, a breve vi daremo modo di leggere anche queste splendide pagine.- 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II, Roma. ***


                                                                                                    Capitolo II, parte prima. 


               Roma Caput Mundi.
   
                                          


Verba volant; scripta manent. 

-le parole volano, gli scritti restano-


Roma, 270 d.C;

Non ricordava per quanto si sforzasse, un periodo più prospero di quello che aveva vissuto da cent’anni a quella parte.
Non che non ne avesse vissute di epoche rigogliose, ma ciò che la città Eterna era stata in grado di dargli e che gli dava tuttora, non era paragonabile a niente.
Egoismo, era l’essenza del centro della sua vita.
Il demone Crowley stava vivendo il paradiso terreno, per la prospettiva degli uomini che, s’intende, avevano la fortuna di far parte di quella fetta di popolazione che apparteneva ai Patrizi.
Le influenze Greche avevano preso talmente piede a Roma da adornare e condizionare qualsiasi fronte, dalla moda alla letteratura, alla medicina. Ma ella non era fondata su un principio filosofico, nonostante fosse zeppa di esponenti della materia non indifferenti, che di lì all’eternità, come appunto suggeriva la definizione di quella maestosa metropoli, sarebbero stati ancora conosciuti e ricordati per le sottili arti letterarie e poetiche. Roma era culla di potere e ricchezza, e laddove risiedevano tali qualità, risiedeva il benessere e l’abbondanza.. e i conseguenti vizi e peccati, di cui il demone si stava cibando a sazietà, fino a portare il corpo umano che abitava allo stremo delle forze e del piacere, come una bestia ingorda. Come gli animali feroci che grazie ai propri miracoli demoniaci era in grado di assistere nelle lotte e nelle aggressioni di gladiatori o schiavi, al fianco del corrente Imperatore Aureliano, negli anfiteatri più imponenti, per il solo gusto e divertimento del popolo romano, che mangiava e prosperava sulle spalle della plebe, cibo dei leoni. E dei potenti.

Crowley stanziava a palazzo, tra i nobili serviti e riveriti ed immerso nell’ebbrezza del vino, negli orgasmi dei Lupanari, nello sfarzo dei tessuti più pregiati e degli ori più sfavillanti. 

Niente al mondo lo aveva mai fatto sentire più vicino agli esseri umani che la condivisione di quel vortice di vizi irresistibili. Per la prima volta, sapeva di stare esagerando. 

Adorava sentire il proprio corpo scosso dalle vibrazioni e dai brividi del rilascio fisico. Adorava sentire la sensazione della pelle nuda a contatto con quella altrui, fino a che il culmine non gli stringeva i visceri sino ad appannargli la vista e il raziocinio. 

Adorava abusare, abusare di tutto. Tutto ciò che aveva sottomano, a disposizione. Abusare degli spettacoli, delle feste, degli oppiacei, della libertà. Adorava sentire i profumi ed i sapori sulla lingua dei peccatori che lo circondavano. E adorava indurre in tentazione così tanto dolcemente. Era così sublime.

Probabilmente, in quel secolo, aveva portato più anime al suo Signore che nel resto della propria esistenza come demone.
Ne aveva trascinato giù quasi tutta la popolazione.

Con suo immenso gaudio, Roma aveva conquistato il mondo intero, ed erano ancora lontani dal momento in cui crisi economica, colpi di stato e le pressioni dei popoli sotto assedio ne avrebbero causato la Caduta.
Crowley aveva assistito al prosperare di commerci, che avevano introdotto tramite gli scambi ed i pagamenti, materiali e beni provenienti da tutto il mondo. Di tanto in tanto, senza sapere che cosa mai gli portasse tali tarli alla mente, pensava che l'angelo avesse apprezzato quantomeno la componente artistica e architettonica di quella città. Si chiedeva dove fosse, perché non venisse ad assaggiare i cibi che i romani importavano e creavano. Gli esseri umani che frequentava erano a dir poco dipendenti da essi, dalla vita agiata che portava loro a riempirsene fino a scoppiare. Gli mancava vederlo mangiare qualcosa.

 

L’edilizia vedeva fiorire prorompenti monumenti e palazzi, che davano l’immagine per antonomasia dell’imponenza e della solennità di un popolo tanto grande da essere capace di tutto. Dove altro avrebbe dovuto restare una creatura come lui, se non nella gola della trasgressione, delle perversioni. 


Eppure.. tregua era una parola che aveva imparato ad eliminare dal vocabolario.
Prima o poi, sarebbero venuti a cercarlo inesorabilmente, i guai. 


Alessandria, Egitto, 270 d.C. 

 

Aziraphale visitò Roma diverse volte, anche lì si rese conto -come ai tempi di Atene- la civiltà occidentale stava progredendo a vista d’occhio; I romani erano diventati dei maestri nella costruzione degli acquedotti, delle strade, degli edifici pubblici, non aveva mai visto ingegneri così abili, forse solo - in parte - gli Egizi.
Tuttavia, c’era anche un lato più oscuro di Roma, un lato che gli angeli, ormai, faticavano a “tenere” a freno… i romani erano sicuramente violenti e si lasciavano andare ai più infimi vizi e peccati, per questo motivo l’angelo non si sentiva propriamente a suo agio a Roma, non sempre almeno, così decise di cambiare città. Aveva sentito delle voci riguardanti una meravigliosa biblioteca ad Alessandria, costruita durante il Regno di Tolomeo II Filadelfo, la biblioteca divenne presto uno dei centri culturali ellenistici più importanti di tutta la storia dell’umanità, Aziraphale non poté non visitarla.

Alessandro, mio caro, se tu potessi vedere questa biblioteca… ne saresti felice, hai contribuito molto a tutto questo, con la creazione delle tue Alessandrie.
Pensò Aziraphale commosso, tra sé e sé, durante le sue prime visite alla biblioteca. Gli mancava conversare con Alessandro Magno, durante la sua esistenza sulla terra non aveva mai incontrato un uomo tanto.. capace di attirare a sé chiunque lo circondasse, con la sua voce, il suo orgoglio, il suo fascino. Aziraphale non amava i conquistatori né le guerre, ma Alessandro fu diverso, in lui vide una luce divina che non vide mai in nessun altro essere umano. Lo accompagnò in alcune spedizioni e condivise con lui il sapere greco che aveva appreso nei suoi decenni ad Atene; Alessandro bramava la conoscenza, proprio come lui. Alessandro Magno fu, forse, il primo essere umano per cui l’angelo Aziraphale avesse mai provato una sorta di attrazione, ma non l’avrebbe mai ammesso a sé stesso, inoltre quel grande Re aveva occhi solamente per il suo Efestione, Aziraphale fu il primo a cercare di difendere i due, in modo che potessero vivere felici, insieme, e quasi provava una certa invidia

La biblioteca di Alessandria era l’apice di un lungo percorso, della cultura ellenistica che Alessandro aveva contribuito in modo decisivo a diffondere (contributo difeso e arricchito dallo stesso Aziraphale).
“Verrò a trovarti, amico mio, ti parlerò della biblioteca e di cosa vi leggerò, promesso” si disse, sapendo che la tomba di Alessandro Magno era localizzata proprio in Alessandria d’Egitto.

Fu così che iniziò il periodo di Aziraphale in Egitto, si dilettò anche a comprare nuovi abiti, spezie, pergamene antiche e oggettistica, a poco a poco stava creando un piccolo “tesoro” tutto suo, rinchiuso in una stanza di un palazzo di Atene che aveva acquistato, un tesoro invisibile agli occhi dell’uomo e accessibile solo a lui: lì conservava tanti ricordi, ceramiche, tomi, fra cui anche degli oggetti personali di Alessandro che ripose con cura in un baule.
La biblioteca conteneva pergamene di ogni tipo: dagli scritti filologici, scientifici, filosofici, alle commedie e tragedie del teatro antico. Aziraphale passava intere giornate rinchiuso lì, tanto che fece amicizia con i filologi che correggevano i testi (aiutandoli anche), oltre al sovrintendente che dirigeva la biblioteca.
Quel luogo stava diventando una seconda casa, se Dio lo avesse “condannato” a lavorare lì per sempre, probabilmente non sarebbe stato poi malvagio.
Ma tutto presto sarebbe cambiato.. un’ombra oscura incombeva su quella biblioteca, ma l’angelo era così assorto che non aveva notato niente.

 


Le cose non accadevano all’improvviso. Tutto nell’aria mutava quando arrivava il momento. Il demone Crowley sentì lo spazio attorno a sé pungergli il retro della nuca, quel mattino. Il risveglio dal classico tepore del sonno era stato brusco e repentino. Gli piaceva dormire, aveva imparato ad apprezzare le meraviglie che ciò che di lì a poco sarebbe stato studiato e appellato come subconscio costruiva mentre egli non era vigile, sveglio quando il resto della mente riposava. I sogni erano come uno spettacolo teatrale, solo più veloci, più strani, più fantasiosi. Sognava, ovviamente, cose che non poteva né spiegare né confessare a nessuno, cose che talvolta non voleva nemmeno ricordare. La spina dorsale fu percorsa da brividi intensi, tutti i rossicci peli corporei dalla nuca agli avambracci si rizzarono, quando mise piede in terra.
Il demonio della terra era sveglio.
E questo lo avevano sentito, al piano di sotto.
Sono qui, seppe Crowley quando la sensazione di pressione al ventre gli strinse il busto così tanto da costringerlo a respirare per trovare sollievo.

«Faros, Itha.» Due figure se ne stavano in piedi dinanzi il Serpente fatto uomo. Una era alta, dagli scuri capelli lisci come fibre tessili, il corpo così deperito da mostrare le ossa, e all’Inferno, lui ricordava, aveva profondi sfregi purulenti sul viso e sulle braccia. L’altro non aveva probabilmente mai avuto capelli, soltanto croste nere sanguinolente come sul resto del petto e della schiena. Due demoni gemelli, il quale aspetto sul pianeta era pressoché normale, ma il puzzo che conservavano stava appestando tutto il palazzo, e stava malamente disgustando il demone. Da quanto non scendeva negli inferi?
«Come te la passi Crowley?»
«Abbiamo saputo che ti stai divertendo.»
«E abbiamo pensato che non è carino nei confronti di chi sgobba tutto il tempo, rilassare le corna così placidamente.» Il demone non parve scomporsi a determinate insinuazioni, al contrario, sorrideva divertito. Non erano i primi inviati a sorvegliarlo, accertarsi che stesse compiendo il proprio dovere. Lord Belzebù come voce di Satana, teneva particolarmente al fatto che gli uomini patissero pene e sofferenze. Ma perché spingere gli umani a peccare di supplizi e omicidi, quando poteva assicurarli alla propria fazione attraverso il vizio? Non era male poi nemmeno prendersi il merito delle venationes.
«Se aveste avuto un po’ di cervello ci sareste voi al posto mio.» Crowley ricambiò gli sguardi astiosi, quando incredibilmente, il modo in cui i gemelli lo guardarono gli provocò inquietudine e quella fastidiosissima sensazione di peso al petto che gli umani chiamavano ansia.
«Oh ma è per questo che siamo qui.»
«Siamo saliti a fare una passeggiata»
«Più di una passeggiata.»
«Lo sai cosa abbiamo scoperto?»
Il demone Crowley cominciava ad avere un conseguente tic all’occhio. Erano oltremodo fastidiosi, e se mai aveva provato la brama di uccidere, quella era una delle volte. Soffiò dell’aria dal naso assaporando sulla lingua il sapore piccante dell’infamia. Li guardava interrogativo, con grande scrupolo e già consapevole che quella conversazione non gli sarebbe piaciuta. Chissà quali sporchi e viscidi atti avevano compiuto quei due esseri spregevoli tra, o peggio, con gli umani.
«Non siamo stati i soli ad aver avuto l’idea di mandare uno dei nostri sulla Terr-»
«Siamo? Non vi verrebbe un’idea da soli neanche aprendovi la testa e ficcandocela dentro a voi due.»
I due loschi figuri arricciarono i nasi, per niente contenti di essere stati interrotti. Parlò l’altro.
«Anche l’opposizione ha mandato uno dei suoi qui. Un idiota che pensa solo a raccogliere immondizia in giro per il mondo e conservarsela, e a rimpinzarsi di spazzatura umana.» Crowley allora dovette resistere alla tentazione di aprire la bocca o gli occhi, ma non poté fare a meno di sollevare un sopracciglio.
«Ebbene? Era logico che ne mandassero uno ad assicurargli anime impedendo a noi di fare lo stesso. Come vedete, non c’è pericolo.»
«Già, ma perché non approfittare e divertirsi?»
«Uccidere un angelo non sarebbe motivo di promozione, secondo te?» Crowley allora avanzò, gli occhi duri e i tratti del viso in tensione. Gli occhi del colore del sole splendente s’adombrarono, incupendosi come il velo che preannuncia l’arrivo della Morte.
«Vi hanno mandato a comandarmi o state solo cercando un motivo per spezzare la noia dell’eterna dannazione? Dovrei suggerire a Belzebù di aumentarvi la razione di carboni ardenti giù per la gola. Voi non appartenete a questo luogo né verrete mandati a sostituirmi. Vi conviene smettere di provarci.»
«Forse. Ma quale atto è meglio visto che un dispetto doppio a Dio a discapito di uno dei suoi soldati e di tutte le sue creature in una sola volta?» Il rosso allora, iniziò a sentire il proprio cuore accelerare. Non era una sensazione a cui da lucido era abituato. La cosa non gli piacque affatto.
«Che cosa avete fatto?»
«L’angioletto frequenta un posto sporco e noioso, pieno di carta straccia. E’ stato facile seguirlo. Sai, la puzza. Pare che là dentro ci sono.. filolog.. filosof.. un mucchio di stronzate utili a questi ammassi di ossa ambulanti che conservano da anni.»
«E’ stato facile dare fuoco a tutto, e l’angelo è dentro.»
«Chissà come bruceranno bene quelle penne bianche.»
«E quale riguardi noi due avremo per averlo fatto mentre tu pensavi a dormire.» Senza dargli il tempo di elaborare e di controbattere, i due sparirono in una risata violenta e sinistra nella terra, e Crowley allora, poté bestemmiare.

Doveva andare ad Alessandria. Lo sapeva che si stavano riferendo a quella dannatissima Biblioteca.

Spiegò le ali ebanesche, e partì senza pensare, e per un attimo gli venne in testa di pregare pur sapendo che nessuno lo avrebbe ascoltato.  

 

Era da un po’ di tempo che c’era qualcosa di strano nell’aria, ma Aziraphale non ci fece troppo caso, probabilmente era qualche nuovo odore o qualche faccenda politica di poca importanza. Era una giornata soleggiata ad Alessandria, l’angelo era occupato ad aiutare i filologi della biblioteca e  il sovrintendente con le nuove sistemazioni, tuttavia quel giorno uscì per svolgere altre commissioni e rilassarsi un po’ ad una locanda vicina. Stava gustando un po’ di carne quando sentì urlare fuori dal locale.
«La biblioteca va a fuoco! A fuoco!» urlarono molte persone, e Aziraphale per un momento si sentì svenire, corse con tutte le forze che aveva e davanti a lui si presentò l’inferno in Terra: la biblioteca stava andando a fuoco, e ormai l’incendio era troppo avanzato anche solo per pensare di spegnerlo. L’angelo si sentì “morire”, mentre i filologi uscivano correndo e urlando dall’edificio.
“Cosa faccio?! Non posso usare i miei poteri, è un incendio troppo ampio.. ma non posso lasciare che tutto bruci, non posso! Non me lo perdonerei mai!”
Sentiva che quell’incendio non era opera terrena, riusciva a sentirlo nell’aria, quel presagio che aveva percepito in quei giorni… perché non era stato attento? Perché era stato così cieco da lasciare che accadesse una cosa simile?!
«Cosa fate Azira?! Correte via! Non c’è più modo di salvare la biblioteca!» urlò il sovrintendente tossendo, appena fuori dall’ingresso in fiamme.
«Farò ciò che posso!» urlò Aziraphale, ormai non sembrava nemmeno più lui. Quella biblioteca non era solo un luogo in cui amava leggere, ma era anche il simbolo di ciò che aveva rappresentato Alessandro Magno, il simbolo e il frutto delle sue conquiste, del suo impegno e del suo lascito… era come se Alessandro stesse morendo una seconda volta, e Aziraphale non riusciva ad accettarlo, non poteva lasciare che l’umanità perdesse un pezzo di sé, intere opere ricche di conoscenza e storia. L’angelo stava rischiando troppo, se ne rendeva conto, quelle erano fiamme infernali e potevano distruggerlo, ma in quel momento sembrava non importargli più. L’interno della biblioteca era davvero l’inferno, il fuoco e le fiamme lo accecavano. Solo grazie al suo potere riuscì a tenerle leggermente a distanza, ma il calore era insopportabile, iniziava a sentire la pelle ustionarsi. Con affanno raccolse più pergamene che poteva, insieme a quelle su cui stava lavorando con alcuni filologi. Aziraphale non riusciva più a respirare, ma cercò di affrettarsi verso l’uscita, uscita che stava per essere ostruita da delle travi di legno che stavano per cedere… e così sarebbe davvero finita lì? Avrebbe mai rivisto la Terra e.. Crowley?
“Voglio rivedere Crowley.. non posso morire qui..”
Nel momento esatto in cui pensò al demone, gli sembrò di scorgere i suoi capelli rossi appena fuori l’uscita. La vista di Aziraphale era annebbiata, le ustioni si stavano espandendo e probabilmente, di lì a poco, le fiamme lo avrebbero distrutto.

Crowley aveva volato talmente forte da doversi proteggere il suo stesso viso con gli avambracci dal vento che gli tagliava il volto. Per tutto il tragitto bramò solo il riuscire ad arrivare in tempo, per salvaguardare la sicurezza dell’angelo, ovviamente. Di tutto quello che conteneva la Biblioteca, poco gli importava. Un po’ perché ogni volta che ripensava al fatto che gli uomini prima o poi sarebbero stati estinti veniva pervaso da una sorta di vuoto che gli pesava indosso, come se niente avesse senso, né la loro evoluzione né tutte le meraviglie che avevano creato, compresi per l’appunto secoli di scienza, arte, letteratura racchiusi in quel grande centro di raccolta che ospitava tomi e conoscenze proveniente da tutti i continenti del pianeta. E un po’ perché lui era convinto, avendo visto ciò di cui gli uomini erano capaci, che ciò che era perduto sarebbe stato riscoperto prima o poi. Perché struggersi tanto per una Biblioteca?
Il demone batteva le sue grosse e possenti ali nere come la pece nell’immensità del cielo, sino a che non lo vide.

                                             


Quel fumo creava una coltre tossica tanto densa che sarebbe bastata a uccidere la vegetazione, qualsiasi forma di flora e fauna soltanto avvolgendole. L’intensità dei colori delle fiamme diaboliche era così accesa da coprire la luce del sole, ed essere l’unica e sola fonte di luce. L’odore di bruciato era forte e pungente, ed il calore era veemente al punto che a quasi un chilometro, lo avvertiva. Gli occhi di Crowley si spalancarono così tanto che i suoi occhiali caddero nel vuoto, e s’infransero come le speranze di essere arrivato in tempo. Il demone Crowley atterrò ad ali spiegate, del doppio della lunghezza del suo corpo, e chiunque lo vedeva posarsi dinanzi l’entrata della Biblioteca poteva scambiarlo per l’angelo della Morte venuto a mietere. Lo spettacolo era raccapricciante. Persone che urlavano, fiamme che abbracciavano l’intero edificio, imbarcazioni che tentavano di salvaguardare ciò che avevano arraffato in tempo. 

«Aziraphale?!» Il rosso urlò cercando di vincere il boato continuo del fuoco, senza successo. Ritentò una seconda volta e poi una terza. Niente era abbastanza. Allora chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di separare il sapore dei sentimenti umani che gli arrivavano a raffica, ma flebili, impotenti contro la puzza di bruciato. Tentò di captare la forza emotiva dell’angelo. E allora lo sentì: paura, rabbia, disperazione. Crowley mise a fuoco, e si precipitò nella struttura quasi incenerita. L’interno, seppur devastato, era bellissimo. Si riusciva a comprendere l’eternità di quel luogo, l’importanza in termini di risorse e di bellezza culturale. Probabilmente tutto ciò che aveva vissuto dal Giardino a quella parte ogni volta che un uomo aveva avuto un’illuminazione era lì, distrutto. Era un peccato, effettivamente, gli dispiacque. Ma fu un lampo passeggero, non aveva il tempo adesso e né l’intenzione di piangersi addosso.
«Aziraphale!» Crowley avanzò volando per quanto gli era permesso, senza curarsi di qualche bruciatura sulla tunica rossa e sulle sue stesse piume. Non poteva estinguere le fiamme né abbatterle, né fermarle. Sarebbe stato percepito il proprio miracolo, e se avesse salvato un angelo o quella Biblioteca dall’opera del maligno, sarebbe stato distrutto per sempre. Il calore, anche per lui che alle fiamme era abituato, era insopportabile. Finalmente dopo una ricerca di buoni cinque minuti, per per l’incolumità di un angelo nel mezzo di quella catastrofe erano troppi, scorse il proprio  ̷a̷m̷i̷c̷o̷  rivale, e gli si avvicinò. Era scosso da una tosse avvilente, il viso come il suo, era sporco di cenere ed arrossato dall’offesa cocente del fuoco, così come le sue vesti bianche. Ma era difficile notare le lesioni, avvolti dal fumo che rendeva gli occhi lucidi e pizzicanti. Il demone gli mise le mani sulle spalle, e lo scosse, notando finalmente un particolare: cercava di mettere in salvo i libri.
«Per l’amor di Ssssssatana, Aziraphale! Che cosa stai facendo?! Arrostirai, vieni via di qui!»

La gola e il petto erano in fiamme e l’ossigeno ormai iniziava a mancare, Aziraphale teneva strette quelle pergamene come se ne andasse della sua vita, ma non poteva morire lì.. sentì lontanamente la voce di Crowley, lo stava salvando? Un demone che salvava un Angelo, di certo bizzarro, ma gliene fu grato.
«C-Crowley..» Aziraphale non era più lucido ormai, ma sentiva di essere vicino all’uscita, non riuscì a focalizzare cosa stesse succedendo, ma una volta fuori sentì l’aria farsi più pulita e gli sembrò di respirare di nuovo mentre teneva strette quelle pergamene leggermente bruciacchiate con tutte le forze che aveva.

L’angelo perse i sensi, ed ebbe una visione.
Era di nuovo a Babilonia, con il suo caro Alessandro, il banchetto era pieno di delizie e, come sempre egli gli riservava un posto d’onore facendogli portare i cibi che più amava.
«Azira, mi sembri turbato, qualcosa non va?» gli chiese Alessandro inclinando leggermente la testa, come suo solito.
«Questo.. non è reale.» rispose l’angelo, osservando le pareti blu e dorate del celebre palazzo di Babilonia
«Sì che lo è, abbiamo conquistato Babilonia! Ci credete? Ora ci riposeremo e poi riprenderemo il viaggio!» esclamò il Re macedone, nonostante gli sguardi incerti dei compagni, ormai piuttosto stanchi di tutto quel viaggiare… volevano tornare a casa, eppure Aziraphale l’avrebbe seguito fino in capo al mondo e oltre.
«Mi dispiace, Alessandro, la biblioteca…»
«Non darti colpe, Azira, mi sei sempre stato fedele, hai creduto in me quando tanti, invece, mi credevano pazzo.. tu ed Efestione siete gli unici su cui io possa contare, capisci? Gli unici.» Alessandro ora era diverso, il suo viso ambrato sembrava perdere granelli di sabbia, sembrava si stesse sgretolando.
«Aspetta, Alessandro.. aspetta!»
«Vienimi a trovare, ad Alessandria, amico mio, una delle città che abbiamo fondato insieme, per l’ultimo saluto.» e allora Alessandro si trasformò in sabbia dorata, così come il palazzo, il cibo sul suo piatto e tutta Babilonia.

 

Lo aveva tenuto con un braccio intorno alle proprie spalle ed una mano sul fianco, ma per pochi metri. Quando l'angelo cadde senza forze in avanti, fuori dalla Biblioteca, Crowley reagì modulato da un istinto basico e per la prima volta, protettivo. 

Raccolse il corpo della creatura ormai incosciente, e se la caricò in braccio flettendo le ginocchia, e dandosi alla fuga spianando le ali. Sotto di loro, la terra bruciava e finalmente tutto quel disastro distava chilometri sino a scomparire. Il volto dell'angelo era stato violato così come tutta la pelle esposta, da fresche bruciature edematose. Il cuore di Crowley perse un battito. Il calore lo aveva ustionato, stava per lasciarci l'aureola lì dentro. Lo avrebbe rimproverato per bene, una volta sveglio. Che cosa gli era passato di mente? Come poteva talvolta essere così testardo da sfiorare la stupidità esattamente come gli esseri umani? 

Il sentimento ed i brutti pensieri che gli vennero però erano frutto dell'apprensione, e della furia. Oh, lo avrebbero sentito, all'Inferno. 

 

Volò per mezz'ora fino ad atterrare in un luogo imprecisato, stringendo il corpo inerme dell'angelo. I suoi occhi serpenteschi scorsero un angolo di verde, e fu lì che atterrò, sedendosi e riposando finalmente le ali stanche e le membra provate dalla corsa contro il tempo mentre passava delicatamente le dita nei ricci biondi di Aziraphale, steso con la testa in grembo al demone immerso in un limbo di pensieri oscuri.


Tutto diventò sabbia quando Aziraphale si svegliò di soprassalto, prese a respirare affannosamente cercando di mettere a fuoco la vista, gli sembrava di vedere ancora le fiamme davanti a sé, invece… era Crowley, era sdraiato su Crowley. L’angelo si mise subito seduto, non abituato a quel tipo di contatto. Gli occhi di Aziraphale erano ora cromati tra l’oro e l’azzurro, mentre realizzava quanto fosse accaduto, in terra e nella sua mente.
«La biblioteca.. i libri..» balbettò l’angelo con voce rotta senza nemmeno accorgersi delle condizioni del suo “involucro” costellato di ustioni, andò subito alle pergamene che era riuscito a salvare.. poche, ma almeno erano qualcosa. Si guardò le mani e si toccò il volto, rendendosi conto solo in quel momento di dover pensare a guarirsi, ma non c’era tempo. Invocò subito le proprie ali, ma appena le sentì addosso lanciò un urlo addolorato.
«AH! Le mie ali..» quelle dell’angelo erano malconce, diverse piume si erano bruciate e non erano affatto uno spettacolo piacevole da guardare, in quel momento sembrava quasi un angelo sull’orlo della caduta.
«Crowley, per favore.. per favore riportami ad Alessandria, devo fare delle cose.. vicino al porto.» gli chiese l’angelo con voce tremante mentre si curò velocemente le ustioni più gravi con le forze che aveva.
Il demone non sapeva bene cosa fare, come reagire davanti a quello spettacolo. Doveva essere così sopraffatto l'angelo, che a stento riusciva a pensare in modo razionale, almeno dal proprio punto di vista. Sembrava perso in qualche modo, come se stesse continuamente cercando di acchiappare qualcosa che gli sfuggiva dalle mani.

Crowley girò il viso quando notò le macchie nere sulle ali del biondo. Gli portavano alla mente troppe cose, troppo dolore. Le sue macchie nere. Il volto di Crowley era una maschera greca senza espressione, lo sguardo sottile.

«Ti rendi conto di quello che hai fatto?»

Aziraphale scosse la testa, portandosi una mano al volto, le ali bruciavano più che mai.
«Oh Crowley..» balbettò, mentre una lacrima dorata gli scese lenta lungo la guancia sinistra.
«Non puoi capire cosa significava quella biblioteca per me, sono stato così cieco da permettere che accadesse.. è stata anche colpa mia, dovevo almeno provare a salvare qualcosa.» continuò l’angelo, provando un forte senso di colpa e di perdita come mai provati in tutti i suoi secoli di vita.
«Spero che lui potrà perdonarmi, amico mio..» farneticò Aziraphale pensando ad Alessandro e a tutti i risultati raggiunti insieme, infine pensando alle parole della sua visione, Alessandro voleva l’ultimo saluto.
«Devo tornare, ti prego, Crowley!»

 

Il demone gli raccolse un polso, improvvisamente arrabbiato. Non si spiegava da dove provenisse, niente era spiegabile, nulla aveva senso. 

«È stata la cosa più stupida che ti abbia mai visto fare! Eppure Dio ci ha fatti superiori agli umani, che cosa volevi fare, eh, morire per delle parole che probabilmente neanche la metà della Terra avrebbe mai letto?» 

Era la prima volta che Crowley si riferiva a se stesso da angelo, da quando era stato esiliato. Ma neanche ci badò. Era troppo.. provato. Le scie d'oro dagli occhi di Aziraphale gli picchiarono al ventre. Non avrebbe saputo né potuto contrastarlo, né lasciarlo a se stesso. Sapeva cosa voleva dire piangere la propria essenza. Quando le gocce scure inondavano i propri occhi, valeva a dire aver raggiunto un limite crudele e infelice oltremodo. Il demone sospirò lasciando andare l'angelo, e annuì senza troppo entusiasmo. Quel viso contorto dal dolore gli faceva male.

«Bada che la prossima volta non ci sarò a salvarti. È stato un miracolo.» 

I due trascorsero un momento di silenzio duro e abissale, colmo di parole non dette. I loro occhi si incrociarono e si mescolarono, prima che Crowley prendesse tra le braccia Aziraphale, e si levasse nuovamente in volo accompagnandolo laddove desiderava. 

La creatura eterea dovette ammetterlo: volare con Crowley fu un bel momento, forse l’unica cosa che riuscì - anche solo un poco - a risollevargli l’animo addolorato.

Quando atterrarono, Aziraphale materializzò un piccolo bastone con cui accompagnare il proprio cammino, il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto e zoppicava un po’.
«Grazie Crowley, per tutto. Se vuoi.. ci rivedremo più tardi, altrimenti sei libero di andare, io sto bene.» E no, non stava affatto bene. Ma non volle trattenere oltre il demone, era rischioso per entrambi ciò che era accaduto, sicuramente il demone sarebbe stato più al sicuro lontano da lui.
Aziraphale si allontanò lentamente, usando il bastone per aumentare il passo  sotto lo sguardo sconcertato di diversi passanti. Non si diresse alla biblioteca, ma verso la Tomba di Alessandro.

 

                                                     

 

Il sarcofago di Alessandro si trovava all’interno di un piccolo tempio, quasi un mausoleo. C’erano due guardie, ma Aziraphale era di pessimo umore.
«Mi dispiace, non ho tempo per voi.» e con un gesto della mano le fece cadere addormentate, poco angelico, certo, ma Aziraphale era troppo scosso. Non gli importava di beccarsi un richiamo da Gabriele, non in quel momento.
Il sarcofago si ergeva all’interno della piccola stanza ottagonale, in tutta la sua bellezza. Aziraphale, con un colpo di tosse - forse per la cenere respirata - si accasciò leggermente su di esso, inginocchiandosi, le ali bruciate riapparvero, stavano guarendo, ma troppo deboli rimasero basse.
«Sono qui, Alessandro, come mi hai chiesto.» iniziò Aziraphale con un sospiro, sistemandosi meglio in ginocchio davanti al sarcofago, anche se era difficile mantenere l’equilibrio senza il bilanciamento corretto delle ali.
«Ti chiedo scusa, amico mio.. quando eri in vita, ho cercato di proteggerti e pregavo Dio che a te e ad Efestione non accadesse nulla di terribile. Prima di voi, non avevo mai legato molto con nessun mortale, poi sei nato tu, in modo quasi divino, da tua madre Olimpiade. Ricordo ancora quel giorno, come se fosse ieri.» un accenno di un sorriso comparve sul volto provato dell’angelo.
«Ricordo la prima volta che cavalcasti Bucefalo, il tuo amato destriero, avevo così paura che tu potessi cadere e farti male, sarei stato pronto ad intervenire, anche se a noi angeli non è concesso interferire con le vite umane, non più del necessario.» Bucefalo, il cavallo di Alessandro che lo accompagnò fino alla morte, gli animali, anch’esse creature di Dio, erano straordinari.
«Mi mancano le nostre conversazioni sulla cultura greca, sulla filosofia, sull’Iliade, le nostre passeggiate a Pella, sapevo che non saresti stato un mortale come gli altri, così come lo sapeva Aristotele. Sin dalla tua nascita, in te c’era una grande luce. Una luce così forte, da scottare persino un angelo.» più andava avanti, più la voce di Aziraphale si faceva tremante e rotta.
«Ad ogni guerra, Alessandro, avevo così paura. Eppure tu, fiero, mi dicevi sempre di non averne, perché saresti stato il Signore del mondo. Un angelo lo avrebbe visto come un affronto a Dio, dato che è lui il Signore del mondo, eppure.. tu sei stato un signore del mondo terreno, ti rispettavo e ammiravo per questo, e ti avrei seguito fino in capo al mondo, fino alla fine dei tempi.»
Aziraphale cercò di alzarsi, rimanendo appoggiato al sarcofago.
«Ricordo ancora, prima della battaglia di Gaugamela, la luce nei tuoi occhi e il tuo volto leggermente inclinato, come un cervo che ascolta il vento. Tu eri il Sole, Alessandro.» “Il mio sole in Terra” pensò Aziraphale, non vi era volontà di sostituire il suo amore per Dio, quello sarebbe sempre stato al primo posto, ma Dio disse di amare i suoi figli, di proteggerli, e Aziraphale lo stava facendo, forse un po’ troppo, ma ciò che aveva fatto non era che stato seguire i dettami del Signore Celeste.
«Ricordo quando mi parlavi di Efestione e mi chiedevi consiglio, tu, un Re che chiede consigli d’amore ad un angelo che di amore tra mortali non sa proprio niente! Conosco solo l’amore verso Dio, ma grazie a te.. ho conosciuto e imparato tante cose, vedendo te ed Efestione, ho visto cos’è l’amore per voi umani, è una forza straordinaria. Non avrei mai potuto competere con Efestione, dopotutto, mangio un po’ troppo.» e una leggera risata seguì quell’affermazione tanto stupida, eppure la sentiva vera, chi avrebbe mai potuto amare uno come lui, nel mondo terreno? Non era né attraente né molto interessante.
«Ah Alessandro, quali banchetti meravigliosi a Babilonia, eri sempre così premuroso da farmi avere la carne migliore.» sospirò l’angelo ricordando la sua visione.
«Quella biblioteca era il simbolo del nostro tempo assieme, delle nostre conquiste, della cultura ellenistica che hai diffuso, abbiamo fondato Alessandria d’Egitto insieme, noi due, Efestione, Parmenione, Nearco e tutti gli altri. Mi dispiace, non potrò mai perdonarmi di aver privato l’umanità di tale conoscenza, se non fossi stato lì, magari i demoni non si sarebbero interessati alla biblioteca..» altre lacrime dorate calarono sul viso dell’angelo.
«Farò un ultimo piccolo miracolo per te, amico mio. Che il tuo luogo di riposo eterno sia dorato, come era dorata la luce nei tuoi occhi quando abbiamo conquistato la Persia.» e allora l’angelo raccolse nelle mani il liquido dorato delle sue lacrime, lo fece scivolare sul pavimento e, come una macchia d’olio, uno strato dorato decorato di lapislazzuli blu coprì tutto l’interno del piccolo tempio.
«Ecco, lo sai che ho sempre avuto standard alti per le decorazioni interne. Ora.. ora devo riposare e guarire le ali, non ti dispiace se sto un po’ qui, vero?» e Aziraphale si sedette dietro il sarcofago, lontano da occhi umani, lasciandosi avvolgere dalle proprie ali fino a formare quasi un bozzolo, si concentrò così sulla guarigione e le parti bruciate tornarono ad essere bianche e forti. Rimase così per un po’ e, quando tornò in piedi, era come prima, o quasi del tutto.

«E’ ora che vada.. addio, amico mio.» Aziraphale, rinnovato di forze, uscì dal tempio, certo era ancora affranto dalla perdita della Biblioteca, ma sentiva di aver fatto pace almeno con Alessandro. 


Un certo demone di conoscenza nostra, non se la sentì di lasciare un angelo ferito nel corpo e nell'anima in balia delle intemperie che sarebbero potute accadere, adesso che i demoni avevano preso piede sulla Terra. Era un bersaglio, e inoltre.. era andato all'Inferno proprio perché era curioso, e l'espressione e l'atteggiamento dell'angelo erano le stesse fugaci degli esseri umani, quelle tipiche di quando nascondevano qualcosa.

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Ciao, eccoci di nuovo qui!
Questa storia ci sta prendendo come poco al mondo. Come tutti siamo impazzite per questa stagione, e non potevamo astenerci nel donare ciò che purtroppo da una serie senza un testo scritto manca, l'introspezione, la RAGIONE per la quale accadono e sono accaduti, secondo noi, gli eventi che conosciamo. E ci divertiamo soprattutto nelle modalità xD
Ci stiamo divertendo a scriverla, talvolta in chat alterniamo momenti in cui si ride, altri in cui si piange, anche amaramente. Ma amiamo ogni secondo come speriamo lo amiate voi, perché in cuor nostro sappiamo che queste righe non sono altro che l'amore e la genuinità di due persone che non desiderano altro che costruire un qualcosa di bello. Noi due, le autrici, e loro due, i protagonisti. 

Aspettatevi tanti altri nomi illustri, tante vicende storiche di cui abbiamo cercato di essere più accurate possibili, e talvolta, qualche sorpresina.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Capitolo II, Roma, seconda parte. ***


                                                                            Capitolo II, parte seconda.

 

Vox clamantis in deserto

-voce di chi grida nel deserto-

 

Non era mai stato nel luogo di riposo di quel ragazzo. Lo aveva incontrato una volta, dopo il rientro dalla sua spedizione in India. Ammirava il fatto che un uomo, un semplice umano fosse riuscito a espandersi così tanto, a tenere una così grossa autorità sui suoi seguaci e sui popoli che conquistava. Lo aveva visto al matrimonio con la figlia di Statira, e lo aveva seguito durante il suo discorso.. e dal modo in cui si proclamava sovrano attribuendo a se stesso pregi e caratteri che egli stesso definiva al pari di una divinità, da come aveva imposto le abitudini e gli usi Greci a tutte le città invase..
Crowley sorrise malignamente.
Goditi la vita tra gli applausi, Alessandro. All'Inferno non avrai tutta questa adorazione.”

E così fu. 

 

Crowley ascoltò l’angelo appoggiato con le spalle al muro esterno del mausoleo. 

Le sue parole scavarono dentro il suo animo con forza e senza alcuna pietà, ma non seppe definire correttamente ciò che sentiva. Se fosse positivo, se fosse negativo. Si sentiva solo allibito, ed incredulo. Come poteva un angelo ammirare così tanto un soldato, la causa di stragi e di violenze, di repressioni. Poteva la giusta causa che era la propaganda, e l'intento di riappacificare paesi in guerra giustificare la guerra stessa, il sangue? 

Crowley fu spiazzato. 

Persone, umani come quello erano degne dell'amore, angeli come Aziraphale erano degni dell'amore, di ricevere, di sentire, e lui.. non lo era perché assetato di risposte?

 

La testa gli vorticava. Fumo grigiastro come cenere soffiata gli cadeva giù dal naso in una nube che andava dissolvendosi quasi all'istante. Il cuore di Crowley s'indurì. Ma, come al solito -solito? Quando era diventato solito?- quando si trattava di quell'essere trascendentale, il suo umore così come i sentimenti -quei pochi che gli erano rimasti e che aveva ancora la capacità di provare- cambiavano ad ogni sua parola. 

Quella era davvero la considerazione che Aziraphale aveva di sé stesso? Com'era possibile che nessun essere umano, neanche il suo fantomatico Alessandro fosse mai stato in grado di comprenderne la bellezza e la grandezza, e di fargliela presente tanto da convincerlo che avesse una culla di intrighi dentro di sé molto più vasta dell'Universo che aveva tappezzato di stelle. 

Il demone lo trovò sbagliato

 

Abbandonò la tomba di Alessandro poco dopo che Aziraphale gli chiese permesso di stanziare lì per recuperare le forze, e andò via, seduto sul tetto di uno dei palazzi d'Alessandria ad osservare da lontano i resti della Biblioteca incenerita. 

Ne comprendeva ora l'importanza per l'angelo. Non era soltanto la cultura, erano le memorie. La relazione emotiva di una vita -di una parte di essa- in cui era stato felice.

E poi, tutto in cenere.

 

Come era successo a lui. 

Crowley sospirò gravemente, scendendo da quell'edificio per raggiungere gli abitanti della città ai piedi della Biblioteca, camminando tra le macerie con loro, raccogliendo pezzi di tomi e oggetti inceneriti, illeggibili. Per un attimo si sentì.. perso.

 

Aziraphale si diresse lentamente verso la Biblioteca all’incirca un’ora più tardi, vederla incenerita con i propri occhi sarebbe stato un altro duro colpo, ma.. doveva vederla, un’ultima volta prima di lasciare Alessandria.
Le ustioni erano ormai quasi del tutto guarite, tuttavia sentiva ancora le membra doloranti e stanche. Quando arrivò sul posto scorse diverse persone sconcertate che provavano a raccogliere qualcosa, qualsiasi cosa fosse rimasto di quel tragico avvenimento. Ed anche..
«Crowley?» chiamò con tono interrogativo il demone, domandandosi perché mai si trovasse ancora lì. Era affatto una buona mossa per lui, ora. Aveva rischiato tanto quel giorno, e solo in quel momento Aziraphale sembrò rendersene conto.
«Potrebbe essere pericoloso rimanere qui, per te.» il demone gli apparve diverso dalla consuetudine. Sembrava non prestargli neanche troppa attenzione, impelagato com’era nel guarda tra i resti e le rovine.
«Vuoi.. vuoi mangiare qualcosa? Offro io. Adesso sto.. meglio.»
«No, angelo, io.. non ho affatto voglia di mangiare.»
Aziraphale si guardava attorno, ansioso. Ancora non sapeva se vi fossero altri demoni nei paraggi. Timidamente allungò una mano verso la tunica di Crowley, senza spiegarsi il perché, aveva paura che lo portassero via da un momento all’altro.
«Dai Crowley, andiamo via..» gli disse tirando leggermente la stoffa, in quel momento non aveva senso continuare a preoccuparsi della Biblioteca, o stare lì a piangerla. Doveva pensare a sé stesso e al suo.. amico.
Perché era rimasto? Aziraphale non riusciva a spiegarselo, sapeva solo di sentirsi tremendamente agitato. 

 

Il sapore della paura era molto simile all'odore del deserto in cui stavano, perciò non colse subito l'agitazione di Aziraphale. Furono i suoi occhi a dirglielo.

«Si, andiamocene.» Crowley rigirò tra le mani un pezzetto di pergamena raccolto tra i resti, e la ripose con cura in tasca.
Fissò la mano di Aziraphale sulle proprie vesti, e di rimando azzardò a prenderla tra le proprie, passando con attenzione i pollici sulle ferite non ancora del tutto guarite. Il fuoco infernale era gravoso e letale, per uno come lui.

«Ti fanno male?» 

Il demone parve più morbido. Si sentì tremendamente in colpa per il modo barbaro con cui aveva strattonato il suo amico poco fa. 

 

Difficile capire cosa fosse accaduto, perché i pochi neuroni angelici nella testa di Aziraphale sembravano aver smesso di funzionare quando la creatura satanica gli prese la mano in quel modo. Era la prima volta, in secoli di tempo umano, che i due si toccavano per mano.
«Eh? N-no, stanno guarendo..» disse un Aziraphale che non riuscì a guardarlo come si deve negli occhi.
Quella risposta sembrò bastargli, così i due si incamminarono verso un punto ignoto, poiché entrambi avevano bisogno di respirare aria pulita. I due si avviarono lontano da quella desolazione, lontano dai sentimenti negativi che si stavano lasciando alle spalle.
«Andiamo verso il porto, mi piace guardare il mare.» ed era così. Aziraphale spesso si era divertito a svolazzare sugli oceani, a volte si era inzuppato persino le ali finendo con l’avere l’ennesimo richiamo di Gabriele per aver compiuto miracoli inutilmente (come per esempio far apparire asciugamani e molti altri oggetti terreni degni di una vacanza alle Hawaii). Il porto era piuttosto ampio e articolato, ma ricco di panchine su cui sedersi per ammirare l’oceano e le imbarcazioni lontane.
«Ti sei mai bagnato le ali in acqua, per sbaglio..? Sai è una sensazione piacevole.» disse Aziraphale, completamente sconnesso da tutto, forse per mascherare il suo imbarazzo.  

«..Cosa?»

Spontaneamente il demone si aprì in una risata sinceramente divertita. Era genuina, e cozzava tremendamente col suo aspetto e con la sua essenza. 

Crowley camminava senza fretta, con tutta la quiete che portava il mondo nonostante fosse appena accaduto uno degli eventi più disastrosi della storia, culturalmente parlando. 

 

I due sedettero l'uno accanto all'altro, godendosi la pace del momento nonostante fossero consapevoli in un modo o nell'altro di essere potenzialmente sotto assedio. Osservati, spiati.
Ma nulla era importante.
C'era qualcosa che andava sistemato.
Una falla che aveva bisogno di essere colmata. 

 

«Mi dispiace. Per quello che hai perso.»

Non molte volte sentì Crowley ridere, fu piacevole malgrado il contesto. Tuttavia Aziraphale rimase sorpreso dalle parole del demone, sembrava aver compreso.. i suoi sentimenti verso la Biblioteca.
«Siamo sulla Terra da tanti secoli, abbiamo imparato che a volte i disastri semplicemente accadono.. e non possiamo fare niente per fermarli. E’ stato sciocco da parte mia buttarmi tra le fiamme. Grazie Crowley, so che hai rischiato tanto anche tu. E se preferisci..» le parole sembrarono morire nella gola dell’angelo.
«Se preferisci evitarmi per un po’ di tempo, lo capirei.» gli disse Aziraphale con il cuore pesante, sapeva che era forse la cosa migliore, per entrambi, stare lontani. Così quantomeno, nessuno dei due poteva incappare nei rischi corsi quel giorno. Eppure, il pensiero di non rivedere il demone per tanto tempo, chissà quanto, in qualche modo lo rendeva più che mai triste.
«Me la caverò, continuerò a leggere, a guastarmi formaggio e focaccia, e cercherò di rimediare al mio errore.» 

 

Crowley lo guardò accigliato, poi sbuffo dal naso. 

Un senso interiore di equilibrio parve risanare ogni sfregio mentale che si era autoinflitto, e che la vicenda intera gli aveva causato. Il pensiero che Aziraphale morisse, che fosse ucciso gli aveva graffiato profondamente l'anima. Non lo capiva? Forse era meglio. Forse era più giusto lasciargli credere che gli fosse indifferente. Perché doveva esserlo. Non era affatto normale, né tollerabile che il demone avesse piacere nella sua presenza, figurarsi la compagnia.

 

«Dovresti venire a vedere Roma una volta ancora. A te piacciono tutte.. le faccende da espansione, le arti e tutto il resto. Certo ti sconsiglio gli anfiteatri il giovedì sera, ma.» 

 

Il rosso avanzò, quasi timoroso. E poi riprese guardandolo in viso.

Sì, rivedere Roma non era una cattiva idea, dopotutto era una città estremamente vivace ed eclettica.
«Potresti raccontarmelo. Tutto quello che hai letto là dentro. Se lo lasci a me non verrà perso del tutto.» Quando vide Crowley guardarlo in quel modo, fu per  un attimo confuso -e un po’ imbarazzato-, ma rimase interdetto dalla proposta del demone. Voleva stare ad ascoltare un angelo blaterare delle sue letture? Aziraphale non sembrava capire l’intento di Crowley, ma lo trovò molto gentile da parte sua.
«Mi piacerebbe molto.. condividere con te tutto quello che ho appreso, quella biblioteca conteneva testi e opere di autori già defunti da secoli, molte erano prime e uniche copie, purtroppo. Io lavoravo insieme ai filologi e ai filosofi alla correzione e riscrittura di diverse opere, a me erano state affidate le teatrali della Grecia antica, ti ricordi Atene? Mi piaceva tanto il teatro.» iniziò così a raccontare l’angelo; raccontò a Crowley delle sue giornate in biblioteca, gli descrisse come era stata costruita, i ripiani, le sculture, i vari reparti.

Dopo passò a descrivere di quali autori si era occupato e di quali opere teatrali, per poi descrivere anche altre opere sulla storia, la medicina e la filosofia. Gli occhi di Aziraphale brillavano luminosi nel raccontare di quella biblioteca, ogni parte del viso dell’angelo sembrava sorridere, come se stesse parlando del tesoro più prezioso del mondo, e per lui, quella biblioteca, era davvero una delle sette meraviglie terrestri. disse l’angelo improvvisamente, non rendendosi conto del tempo che era trascorso. 

 

Crowley ascoltò attivamente per tutto il giorno. Non era solo un contenitore nella quale riversare un mare di informazioni, era più una pergamena che non aveva mai una fine, un unico foglio nella quale scrivere, e alla fine di ogni frase l'inchiostro fatto di quintessenza veniva assorbito, e una nuova tela era pronta per essere maneggiata e riempita. La voce di Aziraphale era melodiosa, Crowley adorava il modo in cui il suo tono cambiava ogni volta che iniziava un argomento differente. Aggrottava le sopracciglia quando parlava di qualcosa con cui non era concorde, distendeva gli zigomi quando era eccitato, stringeva le spalle quando stava sognando ad occhi aperti. E Crowley annuiva, o rideva, senza mai interrompere, senza fare domande. Non voleva spezzare il filo d'intrecci che la sua mente sovrannaturale stava costruendo. I suoi occhi brillavano nelle luci ed ombre che il sole proiettava su di loro, fino a quando l'azzurro acquamarina non venne macchiato da raggi arancioni. Nessuno di loro ci fece caso, nessun'anima viva era passata di lì.
«Oh cielo.. ho parlato troppo, il sole sta tramontando, mi dispiace.» disse l’angelo improvvisamente, non rendendosi conto del tempo che era trascorso. 

Solo il suono del vento e delle onde che s'infrangevano lungo la costa. Era un usignolo quello? 

«Beh è davvero impressionante. Secoli di.. cose su cose, e tu ricordi tutto quanto.» Il demone spirò tutti in una volta, e rilassò le spalle.

«Ciò che non sei riuscito ad apprendere si può sempre ripescare. Molti di quegli autori sono dai miei, ma molti altri dai tuoi.»

Il demone osservò l'acqua.. chissà com'era davvero bagnarsi le ali. 

 

«Mi ha fatto davvero piacere poterne parlare.. mi sento più in pace ora.» Aziraphale era sincero nelle sue parole, mentre ammirava il tramonto e il gioco di luci che il cielo creava oltre la linea dell’acqua, Dio si era davvero impegnato con la Terra.
«Confido che l’umanità continuerà a creare e produrre, è nella loro natura, per questo mi piace stare qui con loro. Ciò che è stato perso oggi, non è perduto per sempre.» rifletté accennando un sorriso al demone.
«Penso che tornerò a Roma, forse ci rivedremo lì, Crowley. Ah, prima di andare.. aspetta un momento.» Aziraphale prese a trafficare nelle sue tasche con decisamente poca grazia, finché tirò fuori un sacchetto.
«Tieni, questi sono semi della Stella Egiziana, una pianta molto bella, ti ricordi.. ma probabilmente no, ma, ci siamo conosciuti quando hai creato quella Nebula. Ecco i colori dei fiori di questa pianta ricordano un po’ quelli della tua creazione. So che forse è stupido ma non sono bravo con i regali..» un fiume di parole fu per Aziraphale, che non si rese nemmeno conto se avessero un senso, non era solito fare doni, -figuriamoci a Crowley- sperò solo di non aver fatto la figura dell’idiota.   

«Ti piaceva la parte rosa e azzurra. O almeno è quello che hai detto. In realtà ti stavo mettendo a disssagio e volevi che smettessi di mettere in dubbio il tuo capo. Vero?» 

Il demone all'imbarazzo dell'angelo ridacchiò sogghignando, come se avesse vinto un'altra battaglia.

Crowley non aveva ancora realizzato che alla fine malgrado tutte le volte che lo aveva zittito con le sue vittorie, contro di lui, ci avrebbe perso la Guerra. 

Senza dire molto altro accettò i semini, rigirandoli nella mano come se fossero una sorta di benedizione che non scottava.
E gli vennero i brividi.
La pelle ricordava molto più della memoria.
Nessuno gli aveva mai fatto dono di qualcosa di così significativo. Di così.. profondo, così pregno di genuinità da farlo sembrare ancorato ad un legame. 

Lo avevano loro un legame, no?

 

Il demone Crowley allora mise la mano in tasca e allungò un misero pezzo di pergamena bruciata.
Recitava la frase: 'L'essere è la materia e il divenire è la forza, Amore e Odio sono le forze primordiali de….' e poi, il resto era cenere.
«Non ho trovato altro.»
L'espressione di Aziraphale era impareggiabile. Era come se avesse dato un'intera bancarella di dolcetti a un bambino. 

 

Crowley sentì la felicità sulla lingua, ma non sapeva dire se era la sua, o quella di Aziraphale.
Comunque, aveva il sapore più dolce al mondo.



 

                                                                          ꧁                ⚘                 ꧂

                            

 

La sera stessa, le due entità si salutarono.
Crowley miracolò i semi perché non smettessero mai di produrne di nuovi, una volta fioriti. 

Non era mai stato adito al giardinaggio, né a qualsiasi altra cosa implicasse fare crescere qualcosa, da quando si era seppellito nella gola della terra, da quando era stato etichettato come traditore. Si procurò della terra dal giardino del palazzo dell'Imperatore in cui abitava, e bucherellò con la punta delle dita il letto che aveva preparato in un vaso. Ci lasciò cadere i semi, e li ricoprì come se li stesse rimboccando in una calda coperta. Poi innaffiò, e li mise alla luce della luna sul davanzale della sua finestra. 

Non aveva idea di come ci si prendesse cura di quegli esserini senza voce, senza occhi. Chissà se avessero un'anima, dopotutto erano sempre creazioni del Signore. Decise che il modo migliore per scoprirlo era interagire e aspettare una reazione. Quindi, da quel momento in poi, iniziò a chiedere loro di prosperare. Il fatto che il demone non avesse pazienza e ben presto cominciò a minacciarle e che loro gli obbedissero dalla paura era un'altra storia.

 

Quella sera comunque, era ancora gentile.

Ma nel ripercorrere gli eventi il suo corpo fu nuovamente scosso da fremiti di ira. Si posizionò al centro della stanza, e chiuse gli occhi, inspirando fino a sentire i polmoni lacerarsi. Quando li riaprì, la terra sotto i suoi piedi tremò e si spaccò, e il demone precipitò per molti metri nel nero e freddo vuoto. 

Seppe di essere arrivato perché il nauseabondo fetore gli stava rivoltando lo stomaco. Sapeva di morte e di disperazione. L'Inferno gli faceva sudare le membra e la fronte anche senza fiamme. Era così asfissiante, così afoso, si attaccava alla pelle e la consumava pezzo dopo pezzo. 

Crowley era l'unico tra i suoi simili, a non mostrare la propria forma nel luogo di origine. Il suo viso era sempre liscio e pulito e non vi erano segni del fatto che fosse molto di più che un semplice uomo. Eppure adesso aveva bisogno di mostrarsi. Aveva bisogno di fare sul serio. Sulla porta dell'ufficio di Lord Belzebù, gli occhi furono completamente gialli, pagliuzze dorate nuotavano nei bulbi intorno alle pupille aghiformi. La lingua si allungò, le due punte svolazzavano fuori le sottili labbra, il volto ed il corpo cosparso di squame cremisi ed ossido, il naso ridotto a fessure. 

«Crowley. Quale onore. Da quanto non ci degni della tua presenza? Uno, due secoli?»
Il sarcasmo nella sua voce era tutt'altro che occultato, anche se lei non sapeva come chiamare il tono che effettivamente stava usando. 

«Ho bisogno di rissscattare, Lord Belzebù.» Il volto pieno di pustole sulla quale decine di mosche uscivano ed entravano riponendo le loro uova, scrutava il demone della terra con sorpresa con un sopracciglio sollevato.

«Non hai raggiunto il miliardo di anime.»

«Sssi che l'ho fatto.» Crowley era particolarmente nervoso, il suo sibilo era fuori controllo. Non era mai stato tanto arrogante, tanto fermo e deciso dinanzi al proprio superiore. Il signore delle mosche si accigliò, e ripescò gli archivi. Cosa che di lì a poco avrebbe perso d'abitudine fare. Dopo qualche minuto di controllo, sollevò l'attenzione su Crowley, sospirando annoiata.

«E che cosa vorresti?» Il demone si sporse sulla scrivania, fissandola con esasperazione, vittima di un visibile sforzo di trattenersi.

«Vorrei essere avvisato prima che un qualsiasi demone operi, e metta piede sulla Terra. Ogni volta.» Crowley fece una pausa, e poi assottigliò lo sguardo.

«La Terra è la mia giurisdizione.» si sentì in dovere di puntualizzare.

«E chi è che è salito senza permesso?» 

Crowley allora raccontò, stando meticolosamente attento a non menzionare niente di differente o di aggiuntivo all'insubordinazione dei suoi colleghi di rango inferiore. Chiese per buona misura che venissero tormentati e torturati per il prossimo secolo, cosicché la cosa fosse chiara a loro e al resto dei dannati. Avrebbe distrutto chiunque avesse mai tentato di fare del male all'angelo.

 

(Capitolo II parte seconda, epilogo).

 

Palam et clam

-apertamente e in segreto-

 

Roma, 290 d.C

 

Crowley si ristabilì nella città Eterna, ch'era esattamente come l'aveva lasciata. Disse a se stesso che era ragionevole soggiornare per qualche altro tempo, godersi ciò che Roma aveva da offrire prima di viaggiare altrove, e iniziare ad interessarsi a qualcosa di diverso. Anche se a Roma, da ormai due secoli, Crowley aveva costruito gran parte del proprio io umano. Aveva scoperto ciò che gli piaceva e che avrebbe sempre ricercato altrove, in tutte le epoche e in tutte le città in cui avrebbe girato. Cresceva anno dopo anno così come le proprie consapevolezze.. 

E aveva fatto in modo che i nuovi e vecchi letterari e i nuovi e vecchi filosofi e chiunque altro a Roma avesse mai preso in mano una penna che abbia avuto un certo riguardo nella politica o nella propaganda, riscrivessero per filo e per segno tutto quello che Aziraphale gli aveva raccontato quel pomeriggio al porto. 

Aveva influenzato i più grandi esponenti delle arti di quella portanza, colloquiando per giorni interi, spingendoli con l'inganno e con la propria influenza a pubblicare quelle opere, e con il tempo, sarebbero ritornate in auge tra gli esseri umani in tutto il mondo. 

 

Quel pomeriggio, Crowley si diresse in una delle più grandi terme della città, per un festino a regola d'arte, organizzato per i patrizi e principalmente, i signori della zona ricca. In quel periodo, la tradizione stava spopolando. 

Come da tempo era celebre dire.. 

Balnea vina venus corrumpunt corpora nostra sed vitam faciunt, e cioè.. i bagni, il vino e l’amore corrompono i nostri corpi, ma fanno bella la vita; e il demone aveva tutta l'intenzione di farsi bello. 

 

 

Ecco di nuovo Roma, Aziraphale la trovava un po' troppo caotica per il suo gusto, però aveva sempre il suo fascino. Si dilettò a fare delle compere, prese una nuova toga e qualche pergamena per scrivere. 

Ogni volta ammirava l'ingegno dei romani e la loro abilità nelle costruzioni, ma c'era qualcos'altro che saltò all'orecchio dell'angelo.. un luogo dove avrebbero servito pietanze speciali? Nuovi tipi di formaggi, una carne speziata e del vino? "Non posso perdermelo!" pensò tra sé e sé l'angelo, impegnato ad annotarsi mentalmente il nome del luogo. Palazzo Rubrum, non molto lontano dalla colonna traiana, caratterizzato dai tendaggi vermigli e dorati. La giornata passò in fretta e si fece sera, così l'angelo si recò con allegria a questo edificio, vide due giovani all'ingresso decisamente.. pittoreschi e poco vestiti. Forse era un'usanza del posto?

Neanche fece in tempo a presentarsi che lo invitarono dentro, e appena varcata la soglia l'angelo fu inebriato da profumi molto forti: incenso, vino...
Si trovava in un grande salone con un ampio tavolo al centro, tutt'intorno si aprivano altre serie di stanze e piccoli antri. Ma Aziraphale comprese che qualcosa non andava quando una donna e un uomo iniziarono a cercare di svestirlo, e a toccarlo in punti decisamente privati.

«M-ma che fate!» esclamò l'angelo rosso di imbarazzo.
«Vieni con noi, sei qui per questo no?» disse il giovane uomo dai tratti sicuramente troppo peccaminosi. 

L'angelo era sempre più confuso, i comportamenti dei presenti erano oltremodo volgari, rozzi e.. fu allora che Aziraphale capì di aver sbagliato posto.
 

I rumori che sentì all'improvviso ribombare nell’aria colma del vapore acqueo erano chiari, rapporti carnali si consumavano nelle stanze del salone, e gli sembrò di riconoscere un vagito alquanto familiare quando altri individui cercarono di trascinarlo in giro.
«Non toglietemi la toga! Oh cielo, dove sono finito, chiedo perdono..» balbettò l'angelo quando appena fuori da una delle stanze della sala tappezzata di mosaici e arazzi lo vide, Crowley. 

Egli non amava mangiare, quindi.. era lì per motivi precisi, e quella consapevolezza fece sprofondare l'animo dell'angelo.

«C-Crowley! E lasciatemi voialtri! Insomma quel tizio per esempio è decisamente meglio di me, andate a tentare lui!» si dimenò l'angelo indicando un uomo a casaccio nella sala mentre tentava arrancando di raggiungere il demone, Aziraphale era totalmente paonazzo in viso.
Il demone Crowley era uscito da una delle stanze nella quale si era appartato con un uomo e tre donne quando Aziraphale lo vide, i capelli lisci lunghi sino all'orecchio appiccicati alla fronte e alle tempie per il calore del rapporto appena consumato, e per l’aria condensata che emanavano i fumi delle vasche stracolme di gente. Sentì la voce di Aziraphale.. e spalancò la bocca. Non pensò subito al fatto che era completamente nudo a parte un telo intorno alla vita tenuto su da una corda nera, ed estremamente appiccicaticcio.
Aveva un aspetto decisamente differente rispetto al solito, e saperlo in quel luogo avrebbe procurato un probabile attacco di cuore al povero angelo sperduto, una volta uscito da quell'inferno.
«Crowley c'è stato un errore! Non dovrei essere qui in questo antro demoniaco, io.. portami via, non mi fanno uscire!» balbettò l'angelo coprendosi il volto con una mano, non voleva vedere né sentire nulla, anzi forse aveva già visto cose che un angelo non dovrebbe mai vedere. 

 


 

L’inviato Infernale dovette riflettere per reagire, spiazzato dalla presenza della creatura in un posto come quello, e allertato dal timbro intimorito. D'istinto, il demone posò le mani sulle spalle dell'angelo, come per informare i presenti di lasciarlo perdere poiché già impegnato. 

«Oh, come potrei ignorare la sssupplica di un angelo?»
Naturalmente l'intento di Crowley non era sedurre Aziraphale, ma non poteva fermare i tratti del viso disteso dal recente culmine del piacere carnale, che gli davano un'aria maliziosa così come il tono di voce basso e intenso. Infatti, sorrideva, e da parte sua era divertito. Dall'esterno invece, sembrava solo in procinto di divorare viva una preda.
Il demone sfiorò il dorso della mano di Aziraphale, e percorse l'avambraccio con le dita, muovendosi fluidamente come se fosse naturale per non dare troppo nell’occhio, compiendo ciò che chiunque avrebbe fatto lì dentro al posto suo fino a toccargli la metà del braccio, e materializzare un grosso bracciale dorato a fascia.
Segno di schiavitù nell’Antica Roma. 

«Vieni.. mettimi una mano nella cintura e seguimi. Ti lasceranno in pace.»
L’atteggiamento di Crowley era.. Aziraphale non sapeva come descriverlo, imbarazzante. Un brivido che non aveva mai sentito prima attraversò la schiena dell'angelo quando il demone passò la mano su di lui, non aveva mai amato il contatto fisico, ma forse.. con il demone era diverso.
“No, non lo è.”
Quest’ultimo condusse l'amico fuori dallo stabilimento, e non appena l'aria fresca lo avvolse, sibilò soddisfatto. 

Poi, osservò il volto livido e impacciato nella pura soggezione del biondo, e scoppiò in una risata.

«Aziraphale, le feste a Roma non vogliono dire davvero festa.»

L’angelo di certo non aveva fatto finta di nulla, aveva notato il volto di Crowley, la sua pelle, i suoi occhi, sapeva benissimo cosa aveva interrotto, e il pensiero gli faceva provare dei sentimenti contrastanti.
Una volta fuori fece un grande sospiro di sollievo, mentre non riusciva a guardare il demone negli occhi nemmeno per sbaglio. Non si era mai sentito così in soggezione in vita sua.. come poteva essere stato tanto ingenuo?
«Sì, beh, non sono stato molto a Roma. Ora è meglio che vada, ti lascio ai tuoi.. doveri.»
Balbettò l’angelo non sapendo come altro definire ciò che stava facendo là dentro, sapeva ciò che il demone faceva di consueto in giro sulla Terra, o almeno lo aveva sempre immaginato, ma vederlo era ben diverso.
«Doveri?» Questo è piacere, dovresti provarci ogni tanto; avrebbe voluto dire, ma una certa voce in una delle ante chiuse del suo inconscio cominciò a bussare per fargli presente che forse, forse non era la cosa giusta da dire. Il demone aprì leggermente le labbra, ancora gonfie e di un colorito più acceso, più intenso del normale.
Aziraphale si voltò e iniziò ad avviarsi, doveva assolutamente allontanarsi da quel posto e da Crowley, non sapeva dirsi perché, ma oltre ad una profonda sensazione di vergogna si sentiva anche un po’ triste, e infastidito. 

«Ma- dove vai?!» Crowley strabuzzò gli occhi, cercando di persuadere l'angelo a restare. Non era sicuro, malgrado il loro ultimo incontro fosse stato intimo in termini emotivi se Aziraphale fosse a suo agio con se stesso e con lui, se lo avesse trattenuto fisicamente, quindi, avanzò qualche passo veloce.

Era consapevole del fatto che l’angelo fosse scosso. Aveva immaginato che non si trastullasse in troppi vizi, ma.. 

 

..Improvvisamente, un pensiero lascivo lo sfiorò. Fu come il tocco di un velo al vento, che solletica la pelle solo per un secondo. Avrebbe tanto voluto vederlo sotto le vesti. Il fremito che ne derivò accese le risposte nel proprio corpo umano, e fu tale che dovette stringere i denti. 

 

Così come lo pensò, si morse la lingua. Era un angelo, era chiaro che fosse puro come un giglio e distante dai meri richiami della carne. Ma non pensava che quel territorio gli fosse completamente sconosciuto, o che gli pesasse così tanto da essere soffocato anche solo dall'idea di ciò che succedeva intorno a lui malgrado per gli uomini lì presenti, anche solo per il bagno, fosse normale

«Non c'è solo questo. Voglio dire, il vino qui è buono.» 

 

Aziraphale si bloccò, giocherellando nervosamente con la propria toga, perché insisteva, non vedeva che era già abbastanza scosso?

«Non ci torno là dentro, Crowley, a tutto c’è un limite, e non farei mai e poi mai il bagno in mezzo ad altre persone! Berrò in una locanda tranquilla, tu.. divertiti.» rispose l’angelo sforzandosi di fare un sorriso di circostanza, perché non riusciva davvero a guardare il proprio amico in quello stato. Certo doveva ammettere che aveva proprio voglia di farsi un bagno, ma conosceva un centro termale più isolato, chiudeva presto la sera, si sarebbe intrufolato quando non ci sarebbe stato più nessuno così da godersi l’acqua in santa pace.
Aziraphale non lo avrebbe mai ammesso, ma si vergognava a mostrare il proprio corpo ad altre persone, a chiunque in realtà, dopotutto era un angelo, ma non era solo per la sua natura divina, piuttosto anche perché pensava di non essere affatto piacevole da guardare.

Aziraphale, quindi, si incamminò di nuovo verso la locanda più vicina, aveva sicuramente bisogno di bere un po’, per dimenticare tutto.. ma sapeva che non avrebbe mai dimenticato Crowley in quello stato.

 

Lui però non sapeva bene come interpretare il suo stesso stato d'animo. Perché mai sentiva prorompente il bisogno di giustificarsi? Di fare qualcosa per assicurarsi che tra loro fosse tutto.. nella norma? A posto?.. 

Il suo sguardo, il suo tono, il suo distacco. Semplicemente, sentiva di non sopportare l'idea del rancore, malgrado non capisse per quale accidenti di motivo quell'angelo avrebbe dovuto avercela con lui. Smise di arrovellarsi mentalmente, ed emise un verso molto molto irritato, incominciando a camminare dietro di lui fino a che non lo affiancò. 

«Allora andiamo.» 

 

Aziraphale lo guardò di sfuggita un po’ stranito, perché si ostinava a seguirlo.
«Per Di-- potresti rivestirti almeno?» disse alzando gli occhi al Cielo, non era saggio invocare Dio in quel momento. Ormai era calata la notte e un venticello fresco sembrò risollevare l’angelo, ora più calmo rispetto a quando era uscito da quell’antro infernale.
Annuendo senza comprendere perché la questione fosse vitale, il demone miracolò il proprio telo perché divenisse una tunica abbastanza lunga da coprirlo interamente. Portò due lembi su una spalla e lì fissò, mentre il resto della veste gli scendeva morbida sul corpo longilineo, fermata in vita. Il cammino di Crowley era quasi uno strisciare.
«Non sono decisamente adatto a Roma.. è troppo caotica, preferisco Delfi, Atene, però hanno ottimo cibo e gli impianti termali migliori.» commentò l’angelo, desideroso di distrarsi il più possibile.

 

Il demone tolse gli occhiali per un attimo, passandosi le mani nei folti riccioli rossi come rubini, scuotendoli perché potessero aprirsi e corrergli spettinati e liberi solleticandogli le orecchie.

«Più che caotica la definirei dissoluta, angelo.»

 

Aziraphale sbuffò, quando improvvisamente al braccio notò il gioiello.
L'angelo si bloccò un momento, ricordando quando mai lo avesse indossato, e cosa fosse accaduto poco prima..

 

L'angelo fulminò Crowley con lo sguardo, togliendosi il bracciale frettolosamente.

«Tu! Tu infimo..!» blaterò Aziraphale lanciandogli addosso l’oggetto.

«Quello è un bracciale da Schiavo, mi hai fatto passare per il tuo schiavo sess.. oh bontà divina che Dio mi assista! Che orrore, orrore!» l'orgoglio di angelo di Aziraphale decisamente colò a picco, e lo sguardo infuocato che rivolse al suo opposto era annesso al broncio più contrariato che riuscisse a fare, anche se visto esternamente era più buffo che altro.

«E non dire che era necessario, potevi portarmi fuori e basta! Lo hai fatto apposta!» esclamò con voce alta, alcuni passanti pensarono fosse una coppia nel bel mezzo di un litigio.

E forse non avevano torto..

«Beh, caro mio, se avevo anche solo lontanamente.. pensato di farti vedere un bagno speciale qui nei dintorni dato il nostro ultimo incontro ad Alessandria, ho cambiato idea.»
Crowley ascoltò lo sproloquio dell'angelo attonito. Senza parole.
Non perché non ne avesse, ma perché tentava di parlare ed ogni volta l'angelo gli inveiva contro, sempre più ostinato, sempre più.. offeso?
Crowley acchiappò il bracciale al volo, che gli sfuggì dalle mani un paio di volte, e gli occhiali gli scivolarono sul naso rivelando i suoi occhi splendenti nella penombra della sera imminente. 

E la cosa migliore era che non poteva più giocarsi la propria giustificazione. Aziraphale aveva già detto che non era necessario.

Non sapendo perché, pensava di fare un dispetto a Crowley parlando di un ipotetico invito ad un bagno. Ma si sentì stupido, perché quel demone avrebbe voluto vedere un bagno con lui? Probabilmente non gliene sarebbe importato comunque nulla e avrebbe continuato a sollazzarsi in quel luogo, un luogo.. probabilmente più divertente che vedere una stupida pozza d'acqua con un angelo, al chiaro di luna. 

"Idiota, idiota di un angelo" pensò Aziraphale sospirando. 

 

Crowley era a dir poco esterrefatto, immobile come una statua cercando di elaborare tutte le cose che l'angelo gli stava lanciando a raffica, come frecce in una battaglia. 

«Dannaz.. Aziraphale!»

Crowley scattò verso di lui.
Certo non era la persona migliore al mondo. Certo non era buono, e si, era infimo, ma allora perché gli faceva così male sentirlo. Era davvero una coltellata al  petto l'essere accusato di trappola, di inganno.
Di secondo fine. Da lui, comunque.

La cosa peggiore era che per un attimo aveva davvero pensato di poter.. passare un certo momento con lui, lo aveva davvero trovato attraente sotto il punto di vista voluttuoso del termine, ma.. non lo avrebbe mai fatto. Non sapendo che per Aziraphale era un terreno indesiderato. Ma la sola certezza che Aziraphale avesse almeno un minimo di ragione gli disgregava l'anima. Doveva fare qualcosa.

«Non volevo insultarti! D'accordo, hai.. è vero, non era necessario, era solo furbo.» Stava per dire intelligente, ma probabilmente non lo era affatto considerando il soggetto. 

«Avrebbero cercato di adescarti, ti guardavano come un dolce, angelo, chiunque lo farebbe! Era solo la prima cosa che mi è venuta in mente per evitarlo!» 

Aziraphale rimase interdetto per un momento. Lo sembrava davvero? Non aveva mai pensato a sé stesso in quel modo, né come un dolce, né come attraente.. lui era solo Aziraphale, e basta. 

 

Solo un angelo, uno dei tanti. 

 

«Chiunque lo farebbe..? Non credo di..» l'angelo non sapeva cosa dire, ma soprattutto non riusciva a capire se Crowley fosse davvero serio, provò a ripensare al modo in cui fu guardato in quel luogo, agli sguardi che si posarono su di lui.

«Non sono un dolce, erano tutti ubriachi, probabilmente vedevano qualcun'altro.» rispose Aziraphale alzando il volto e guardando distrattamente le stelle.

«Mi hai salvato la vita ad Alessandria, quindi.. per questa volta ti perdono.» disse infine, con un sospiro.
«Per il bagno, forse, un giorno.. vedremo. C'è una bella vista lassù, è un laghetto artificiale da dove si può vedere tutta Roma, tutte le colline. E le stelle.» 

Aziraphale amava guardare le stelle, non sapeva perché, semplicemente si era innamorato delle stelle da molto tempo. 

 

Il demone sentì il bisogno impellente di sospirare con sollievo, ma si trattenne. Essere perdonato.. era possibile? Era reale? Non voleva mostrarsi così vulnerabile dinanzi a lui, ma era veramente lieto che le cose si fossero risolte, per quando concerne la situazione brusca nella quale si erano trovati. Era la prima volta che litigavano. O meglio, che Aziraphale litigava con lui. In cuore suo sperò fosse anche l'ultima, ma ammise che non gli sarebbe dispiaciuto battibeccare fintanto che avessero fatto la pace dopo. 


«Sembra allettant– bellissimo. Quando vorrai portarmici, quel giorno accetterò.»



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Salve a tutti!
L'abbiamo combinata un po' stavolta, ma non è la cosa peggiore a cui assisterete.
'Quando sono in sintonia con chi scrivo, mi scateno'; a voi stabilire se testuali parole sono dell'autrice angelo o dell'autrice demone.
Per il resto, il loro viaggio continua, e Crowley e Aziraphale sono felici di condividerlo con voi!
Grazie a tutti per il supporto che ci mostrate qui, e in privato.
A presto!

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Capitolo 4
*** Cpitolo III, Parigi. ***


 

                                                                                              Capitolo III


Gutta cavat lapidem - La goccia fa il buco nella pietra


325 d.C;

 

Il tempo trascorso era stato piacevole, ma insipido per certi versi. Sotto un certo aspetto Crowley era molto peggio di un bambino, non per i capricci -che non erano certo assenti, anzi, lamentarsi era forse una delle sue attività favorite- quanto per le fisime mentali che si creava su qualcosa, fino a quando non la otteneva. Poveri coloro che gli dicevano che gli avrebbero dato o portato qualcosa. Certo, al demone non interessavano principalmente gli esseri umani in sé, era la parte materiale che bramava quando essa gli veniva promessa. In questo frangente però non riusciva a togliersi dalla mente l'idea del prossimo incontro con quell’angelo.

 

Ci aveva rimuginato tantissimo negli anni successivi, e finiva sempre con l'ubriacarsi per smettere di trovare risposte che non aveva a domande che non doveva porsi. 

 

Non era solito abbandonare il vizio, imparare dai propri errori.

 

Lo reputava un amico? Non aveva nulla in contrario ad ammetterlo a se stesso, fino a che la voce restava nella sua testa. Anche se non avrebbe dovuto per principio. 

Lo era davvero? Molto probabilmente sì, quasi sicuramente lo sarebbe diventato ancor di più. 

 

Il demone Crowley reputava l’angelo una bellissima creatura, dotata di particolare intelligenza e di un'ombra differente che gli aleggiava intorno e che lo rendeva.. interessante, in un modo che comunque, proveniente dalla propria
bocca per quanto avesse provato a spiegarsi per ciò che realmente provava, sarebbe risultato peccaminoso. Era pur sempre un demone, aveva pur sempre un'indole che non riusciva talvolta a controllare. Decise che se lo sarebbe semplicemente tenuto per sé.
Per l’invito al bagno era sicuramente troppo presto. l’angelo, anzi, non sapeva se avrebbe mai davvero avuto il coraggio di mantenere quella promessa, Crowley era un amico sì, gli umani mostravano i propri corpi tra di loro con normalità, ed era normale, ma non per Aziraphale, non per lui. 

 

Il demone Crowley trascorreva il tempo nei borghi romani con un nuovo hobby, un nuovo trucchetto per guadagnarsi anime; il gioco d’azzardo. A Roma, e specialmente nelle Cauponae, ultimamente stava crescendo in maniera esponenziale l’arte dell’imbroglio. I più abili giocatori armeggiavano con la mente dei loro simili, specie sotto influenza e suggerimento di Crowley. Egli ne approfittava con gusto cosicché la cosa prendesse piede tra gli umani, e fosse utile e dilettevole per non dire funzionale e divertente

Utilizzavano la scommessa, una valida analogia al baratto. Chiunque avrebbe rischiato dai beni mobili alle proprietà quando in palio c’era qualcosa di succoso che ad essi mancava. Una debolezza umana che Crowley aveva imparato nel tempo a manovrare come un burattinaio i quali fili non mancavano una singola vittima, arpionandosi ai loro cuori, stritolando fino a inculcargli la tentazione come il serpente quale era per natura. E tutte le liti e il vizio ludopatico che ne derivava erano solo un piacere da vedere e da riscuotere, quando quelle anime si sarebbero assassinate per gioco o fossero morte sprofondando dritte all’Inferno. 

Crowley aveva introdotto dopo un buon annetto di par impar, il Perudo. I dadi erano i peggiori nemici degli uomini, e Crowley sguazzava nelle loro partite. Inutile sottolineare che nessuno vinceva contro di lui, e per questo, si era fatto una nomea nuova tra Patrizi e Plebe. 

 

Quella sera il demone era nel Palazzo in cui risiedeva nella zona d'alto rango della città, quando una colomba immacolata atterrò sul davanzale della sua finestra. Il demone curioso raccolse la pergamena che portava legata alla zampa con del nastro morbido, e quando lesse la firma, un angolo delle labbra s'incurvò verso l'alto, increspando il suo volto. 

Stella Egiziana.

«Asssiraphale.» 

Disse in un sibilo, sfiorando per l’appunto i fiori della Stella Egiziana donatagli dall'angelo in persona nel vaso di terracotta. Sogghignò, e bruciò la pergamena.

 

Avevano preso quella strana, insolita abitudine.

Nessuno dei due avrebbe mai voluto che all'altro potesse capitare qualcosa di gravità tale da interrompere la permanenza sul pianeta, e impedirgli di ritrovarsi casualmente, nel corso del tempo, in un luogo imprecisato del globo terrestre. E così i due si scrivevano, solo una volta tanto, ragguagliandosi a vicenda dei programmi, delle mansioni. Delle complesse opere a favore e a sfavore degli esseri umani, mentre il mondo intorno a loro cambiava ancora e ancora.

 

Anche per Aziraphale il tempo passò in modo piuttosto.. spinoso, era turbato. Turbato dagli ultimi avvenimenti di Roma, continuava a pensare al Crowley di quella sera, alle tre donne e all’uomo che vide con lui.
Un conto era sapere che faceva quelle cose, un conto era “coglierlo in flagrante” come dicevano gli umani. Ripensò a quelli con cui era stato insieme il demone, non erano propriamente snelli o longilinei, due erano.. biondi? Sì, ricordava bene. “Perché diamine ci sto pensando?! Basta!”

 

L’angelo, dopo quella sera, si ritrovò a pensare a cose a cui non aveva mai lontanamente pensato: le relazioni tra umani, le fasi di corteggiamento, e si mise persino ad osservarli come una sorta di “studio” che stava conducendo. Era interessante vedere come cercavano di attirare l’attenzione della persona che desideravano: inviti a cena, fiori, poesie, regali.. si rese conto che diverse cose le aveva già proposte a Crowley (a partire dal bagno insieme), e si trovò a capire che esternamente (o almeno dal punto di vista degli umani) sembravano quasi delle tecniche di abbordaggio, e quando si rese conto di tutto rimase un intero giorno a letto sotto le coperte a crogiolarsi nell’imbarazzo.
Aziraphale di certo era ingenuo, ma non ci aveva mai visto “secondi fini” nei pranzi con Crowley, loro erano solo amici. Solo amici, o collaboratori al massimo. 

Aveva imparato molto sui vizi e sulle passioni umane in quel periodo di studio, che gli fece amare gli umani sempre di più, riservavano sempre delle sorprese. Forse capiva perché Crowley ne era attratto come lui, certo l’angelo non ci andava a letto, il solo pensiero lo fece rabbrividire. 

Aziraphale sospirò, tornando ai suoi studi, ai suoi doveri angelici e alla sua protezione dell’umanità.
Non poté resistere al mettersi in contatto con lui però, e così gli spedì una pergamena, solo ed unicamente per accertarsi che tutto andasse bene, e che stesse bene.



Crowley ricevette il messaggio e raccolse un calamo, e lo usò per scrivere una risposta da affidare al volatile di Aziraphale. Il demone aveva imparato a leggere e scrivere soltanto per restare al passo con gli uomini, e non restare un analfabeta ignaro del mondo e degli avvenimenti. In più aveva scoperto che gli umani erano soliti riporre i propri pensieri sul papiro quando non potevano confessare le proprie intime vergogne ad alta voce, e lo trovò un modo sciocco di intervenire sull’analisi di se stessi. Insomma, un pezzo di pergamena poteva comunque essere scovato, e nel suo caso, usato contro di loro.

“Sto magnificamente. Dalla Cina arriva il riso e della stoffa niente male. Il riso è una specie di pianta, che crea questi cosi ovali che si cuociono. Credo ti piacerebbe, è bianca e gli umani ci mettono dentro di tutto. I culti misterici sono arrivati anche qui a Roma, per tua informazione, così come il Cristianesimo si diffonde a macchia d’olio. Così tanti credi, così tante religioni. Credo proprio che tu non stia facendo un buon lavoro, con questi umani.”

Il demone ghignò. Adorava prendersi gioco del suo operato.

“Hanno frainteso la purificazione dell’anima. Se bastasse sacrificare un pollo e dar fuoco a tre o quattro bastoncini per un posto in Paradiso, tutta questa scocciatura non sarebbe necessaria. Ah, i Cristiani vanno alla grande. Sono come bambini pestiferi. Li detesto, scrisse, e poi lo cancellò scarabocchiando il testo a regola d’arte.
“E lì ci sono arrivati i Barbari?
-C’è davvero bisogno di dirti chi sono ogni volta?”

Il demone inviò la colomba. Quel terzo secolo era oltremodo spassoso. 

 

Aziraphale stava leggendo nella sua dimora ad Atene, dove ormai alloggiava da molto tempo. Aveva arredato la sua stanza con una montagna di pergamene, un tavolo di lettura, una vasca (acquistata altrove) e un comodo letto, ovunque erano sparsi oggetti: ceramiche, accessori, toghe e mantelli. 

Quando arrivò l’animaletto, Aziraphale senza accorgersene sorrideva spontaneamente. Ma quando lesse il messaggio si imbronciò.

 

Vedo che sei sempre molto preparato nel criticare il mio operato. Controllare il flusso dell’umanità e delle sue idee è un compito arduo, ma almeno non passo il mio tempo a bere e fare altre attività con gli umani.

La Grecia è meno toccata dai Barbari, questi sono concentrati nell’Italia settentrionale e nel territorio che va dal Reno al Danubio.. tuttavia sono informato, è terrificante sentire di queste invasioni. 

Non ho mai assaggiato il riso, credo che lo proverò. Ho già acquistato abiti e scialli realizzati con stoffe dalla Cina e dall’Oriente, ho una buona collezione.

Sì, devi firmarti, se intercettano la colomba e qualcuno scrive al tuo posto, rischieremmo di rivelare il nostro legame, amicizia, rapporto la nostra collaborazione, non essere stupido.

Ti informo che tra un po’ di tempo mi trasferirò a Parigi.”

 

Aziraphale mandò la sua risposta, odiandosi per quelle cancellazioni, ma aveva finito la pergamena e non poté riscrivere tutto il messaggio. In realtà avrebbe voluto rivederlo prima o poi, era già passato diverso tempo.


Quando il volatile tornò da Crowley, egli aveva appena finito di colloquiare con un illustre esponente dell’epoca, retore e apologeta scrittore romano. Il demone gli aveva affidato un compito importante; citare in una delle sue opere, e fare in modo che gli scribacchini ricopiassero per tre o quattro volte l’intero rotolo di pergamena, narrante una delle filologie preferite dall’angelo, risalente ad uno dei testi andati persi nell’incendio di quasi quaranta anni prima. Una delle copie, era stata meticolosamente imbarcata assieme ai beni merce di scambio, su una nave Greca.
Il demone lesse e rilesse il messaggio. Ci voleva davvero tanto a bucare la pergamena, a bruciacchiarla, a macchiarla..? Alzò le spalle chiedendosi se fosse Aziraphale ad influenzare gli umani o viceversa senza trovare risposte, e scrisse un nuovo messaggio.

“Vorrei farti notare tre cose. La prima è che stai diventando vizioso. Ricchezze terrene da collezione? La seconda, è che sono un demone e sarò sempre pronto a giudicarti e a bloccare ciò che fai, come per esempio non rassicurarti sul fatto che non ho letto la parte dove ti lamenti del mio tempo libero e sulle anteposizioni alla nostra collaborazione. E la terza è che non ti sei firmato.” Crowley mostrò alla pergamena, come fosse il viso dell’angelo, i canini appuntiti del proprio sorriso vittorioso.
“Ci vediamo lì.”

E senz’aggiungere altro la spedì al primo mittente, e si addormentò soddisfatto e felice d’aver vinto una nuova battaglia contro il suo nemico, ignaro del fatto che in un lontano futuro, contro di lui avrebbe perso la Guerra più importante. 

 

Aziraphale stava cenando con della focaccia e del vino, quando ricevette notizie del collega.

Ora sì che era infastidito, d’istinto strappò la pergamena.
«Perché non ho firmato?! Ero intento a fare altre cose.. quanto è odioso, odioso!» borbottò l’angelo degustando il vino innervosito.
E poi la prossima volta non devo lasciare le cancellature.. ah, dannato, ho proprio la testa tra le nuvole, in senso metaforico”.
E che c’era di male nel volersi vestire bene? Non era colpa sua se aveva degli standard alti in fatto di moda e tendenze.

Parigi,  497 d.C;

Gli umani erano strani. Crowley era arrivato al punto di essere certo. Però erano anche furbi, e a lui questo piaceva tantissimo, perché agivano esattamente come avrebbe reagito lui. Una cosa non gli andava a genio, non andava nel verso giusto, e loro semplicemente distruggevano tutto e ricominciavano da capo.
Questo era accaduto e stava ancora accadendo. I paesi occidentali risentirono così tanto delle invasioni dei Barbari, che a Roma il governo imperiale iniziò a cedervi le terre. I cristiani invece, cedevano le proprie abitazioni alla Chiesa in cambio della salvezza delle anime. Inevitabilmente, una delle crisi economiche peggiori della storia portò come conseguenza il tramonto dell’Impero Romano, e Crowley si trasferì definitivamente.
In una delle capitali d’Europa più popolose e centranti per tanti aspetti quali arte culinaria, cultura e commercio, le due entità sovrumane s’incontrarono agli albori di una nuova era, il Medioevo.
Crowley per tutta la durata del periodo, faticò a descriversi più impressionato, basito o divertito. Gli esseri umani erano folli. Ed era soltanto l’inizio.
Il demone attendeva il proprio incontro con le mani dietro la schiena, i capelli acconciati in tanti perfetti boccoli tirati dietro da un fermaglio, ed una treccia che terminava all’altezza delle scapole. Gli occhiali scuri più fini ed eleganti ed il vestiario in pendant con la raffinatezza degli abitanti. Iniziava ad odiare le dannatissime colombe. 

 

Erano secoli difficili, colmi di caos, guerre, persecuzioni.. Aziraphale si trovò spesso in situazioni assurde dove difendeva prima i pagani, a volte i Cristiani, semplicemente faceva ciò che riteneva giusto al momento. Immaginò che anche Crowley si fosse trasferito dopo la caduta dell’Impero Romano, Aziraphale faticava a crederci.. Roma aveva governato il mondo per diversi secoli, vedere l’ultimo Imperatore romano deposto fu di un certo impatto per l’angelo. Roma si portava dietro tanti ricordi, così come la Grecia, ma anche Atene ormai non era più la stessa. Aziraphale si vestì con dei pantaloni bianchi e una maglia a maniche lunghe azzurra ricamata, mentre un lungo mantello grigio, anch’esso ricamato di argento, scendeva sulle spalle dell’angelo. Era ormai passato diverso tempo dal loro ultimo incontro, ma c’erano state molte corrispondenze.. alcune più fastidiose di altre. Vide Crowley all’orizzonte al centro dei giardini parigini, era felice di poterlo rivedere, dopotutto.. si erano avvicinati un po’.

«Crowley, buonasera.» esordì l’angelo avanzando verso di lui con un sorriso, il sole stava ormai calando dietro gli alberi

 

«Angelo.» Il demone si sentì parzialmente sciocco. Sapeva che stava incontrando Aziraphale, si era diretto lì apposta, per cui non seppe spiegarsi la frivola sensazione che provava al momento, il tuffo al cuore fin dentro lo stomaco del corpo umano che possedeva. Era una sorta di paura, ma non appartenente alla categoria del timore, o del terrore. Era più legato alle aspettative. Che cosa avrebbe indossato, avrebbe cambiato finalmente la sua pettinatura oppure no. Aveva sempre gli occhi nel confine tra cielo e oceano? Era come se non sapesse che cosa aspettarsi, e forse per certi versi era sensato, lui e il portatore di luce si erano visti solamente qualche volta, e mai per questioni lavorative. O meglio, una sola volta, e tanto doveva bastare. Mentre invece, adesso si davano un punto di ritrovo. Crowley ponderò una breve analisi sul fatto che una volta tanto era bene confrontarsi con qualcuno che a grossissime linee gli era simile, ma anche questa giustificazione perdeva la base su cui era fondata quando subentravano tutte le pergamene che si erano scambiati. 

Ormai non avevano un termine con il quale definirsi.  ̶E̶s̶i̶s̶t̶e̶v̶a̶,̶ ̶m̶a̶ ̶l̶o̶r̶o̶ ̶l̶o̶ ̶i̶g̶n̶o̶r̶a̶v̶a̶n̶o̶ ̶v̶o̶l̶u̶t̶a̶m̶e̶n̶t̶e̶.̶

Odiava quella sottospecie di tarlo mentale, un tormento che non aveva a parer suo né capo né coda, eppure, tanto insistente da spazientirlo. Lo irritava perché non si dava una ragione, lui sempre tanto a caccia di risposte, affamato della verità. 

E quando lo vide, tutto finì, ma il cuore si era tuffato eccome. 

E Aziraphale era come sempre meglio di quanto ricordasse la volta precedente. Avrebbe voluto complimentarsi per le vesti, i toni freddi e le manifatture ornamentali gli conferivano sempre un aspetto così.. incantevole. Ma i demoni non si complimentano. 

«Hai scelto uno stile interessante. Mi piace.»

I demoni. Crowley, era un'entità a sé.
A metà tra la terra e un punto indefinito dello spazio-tempo. 

 

Sì, l’angelo era davvero felice di vederlo, anche se non lo avrebbe mai ammesso a sé stesso era così ogni volta che lo vedeva. Rimase sorpreso dal complimento del demone, non era solito farne, così Aziraphale accennò un sorriso leggermente imbarazzato.
«Ah, grazie.» disse poco prima di riprendere a camminare.

«Sto imparando molte cose qui a Parigi, hanno una tradizione di miniature dipinte davvero interessante, inoltre hanno così tanti tipi di formaggio! Non ci crederesti, e se ero sempre abituato al vino rosso, qui è forte il bianco, dalla regione di Champagne, delicato, frizzante. Si accompagna bene con quasi tipo di piatto.» continuò Aziraphale raccontando alcune pietanze assaggiate, diversi monasteri e abbazie visitati in cui consultò le miniature sacre e le tecniche di disegno. 

«E tu.. cosa hai fatto?» chiese l’angelo guardandolo con la coda dell’occhio, forse aveva timore a udire la risposta?

Parigi era una città ricca di vita, di persone e di tradizioni, sarebbe stata una casa ideale per l’angelo. 

 

«Non conosco la città quanto te a quanto pare, fammi da Cicerone. Sembrano chic questi francesi.» il demone esortò commentando le prime impressioni su quel popolo che in futuro che avrebbe dato delle soddisfazioni, incominciando a camminare accanto a lui. Crowley per la prima volta non si interessò affatto delle zone altolocate della metropoli, per quanto potesse definirsi così la parte benestante della città in termini di benessere. Era un paese ancora giovane, ancora in fase di evoluzione, dato il fatto che nessuno sembrava essere alfabetizzato. Nonostante nel corrente secolo i libri avessero già sostituito le pergamene, in Francia sembrava non essere in auge né l'una e né l'altra. Eppure, erano la discendenza germanica per eccellenza in fatto di intelletto. Gli umani, come diceva il demone, erano strani. 

Crowley guardò Aziraphale. 

«Ti piace davvero questo posto? Sembrano così poco civilizzati.» 

«Dire che mi piace è forse eccessivo.. ne riconosco le potenzialità, credo che diventerà un bel centro.» commentò l’angelo guardandosi intorno.
«Purtroppo l’alfabetizzazione è relegata agli uomini di fede, ai monasteri.. ci vorrà tempo per una civilizzazione estesa anche ai cittadini più comuni, però un giorno insegnai l’alfabeto ad un bambino.» raccontò Aziraphale, stranamente con i bambini era bravo, non sapeva dirsi perché ma quegli esseri umani in formato da viaggio sembravano volergli bene appena posavano gli occhi su di lui.

Egli camminava tranquillo, quando iniziò a notare alcune cose.. era letteralmente circondato da coppie umane che andavano mano nella mano, alcuni di loro avevano dei.. regali? 

E fu allora che un improvviso flash attraversò la mente di Aziraphale.

Era San Valentino, la festa dedicata all’amore, e loro si erano dati appuntamento proprio in quel giorno e proprio nei giardini tipici in cui passeggiavano le coppie.

Si sentì improvvisamente agitato, come indeciso sul da farsi, l’idea di cenare insieme.. avrebbe voluto davvero cenare con lui, Crowley lo sapeva che giorno era? 

«Mh, Crowley.. vuoi per caso assaggiare lo champagne francese? Magari da un’altra parte della città..» disse cercando di sembrare disinvolto, perché lì c’erano davvero troppe coppie. Troppe.

 

«Che domande, angelo. Mi hai incuriosito abbastanza con la faccenda del bianco frizzante.» Il demone si guardò intorno. I suoi occhi non scorsero affatto le coppiette, quantomeno non ne era disturbato né sorpreso. A Roma nella quale visse per così a lungo le interazioni tra gli esseri umani erano così sfacciate e frequenti che non ci badava più. Ed anzi, il fatto che fosse la prima ricorrenza della festa degli innamorati nata giusto lo scorso anno, non faceva che rendere il tutto normale per Crowley. Agli umani piaceva mettersi in mostra, ostentare qualsiasi cosa, ed ogni occasione era ben accolta per festeggiare. In questo li trovava un po' meno fastidiosi, più spassosi in verità.

 

Per tale motivo, si accigliò quando l'angelo gli propose di spostarsi altrove.

«Non mi hai detto di venire qui proprio perché dalla tua permanenza hai scoperto che è il quartiere migliore?»

 

Crowley respirò e si assaggiò la lingua.

Era timidezza quella che sentiva? 

 

Il soggetto in esame buffò, perché doveva sempre rendere tutto più difficile?

«Sempre a contestarmi! Andiamo via e basta, conosco meglio di te la città e so dov’è il vino migliore, non qui.» sbottò l’angelo, e così lo prese per la manica affrettando il passo, finché non furono lontani da quei giardini diabolici

Aziraphale non aveva mai amato l’ostentazione delle effusioni, specie in pubblico, sapeva fosse normale in quel giorno, ma.. non riusciva a rimanere lì, non se era accanto a Crowley, non dopo i fatti di cui lo aveva visto protagonista. Dopotutto era un angelo, l’essere pudico faceva parte di lui. Certo non si rendeva conto che prenderlo per le vesti in quel modo sembrava tutto il contrario dell’essere due conoscenti, ma l’angelo era ancora ingenuo su molte delle cose riguardanti le relazioni e i gesti, nonostante i suoi studi.
«Ecco, qui fanno del buon vino, inoltre la mattina puoi fare colazione con del pane dolce e del latte caldo, adesso invece è sera e servono le cene..»
Già, le cene. Forse Aziraphale era caduto dalla padella alla brace, come si soleva dire, forse quel ristorante era anche peggio dei parchi.

Oh cielo, perché dovevamo vederci proprio oggi?” pensò tra sé e sé, sospirando.

 

Il demone aveva iniziato a rendersi conto dell'impulsività che prendeva possesso dell’amico così come la sua eccessiva suscettibilità già qualche anno addietro, quando qualcosa non andava come voleva e come diceva lui, il che lo rendeva ironicamente permaloso, e il demone trattenne l'impulso di ridere, ma anche quello di controbattere.

Qualcosa di astratto eppure così tangibile da risultare l'ossimoro più complesso del mondo, gli diceva che era meglio per lui non pizzicare le sue corde, quando reagiva a qualcosa con gesti che non erano da lui. Era meglio tacere e assecondare. 

La mano di Aziraphale però non aveva ancora lasciato la manica della camicia color fumo del demone.

«Non possiamo fare altro che cenare allora.» Crowley asserì, ed insieme entrarono nel ristorante. Era tutto scritto e parlato in fràncone. Il demone lo masticava, ma andava perfezionato. Non era semplice imparare così tante lingue come poteva sembrare, per lui che detestava dover alzare una brocca per versarsi da bere, sarebbe stato perfettamente sufficiente che al mondo tutti i maledettissimi umani parlassero una maledettissima lingua. Perché si complicavano così tanto?

 

Vennero accolti da un cameriere, che sotto miracolo veloce li fece accomodare. Era accogliente, e la cosa positiva era che nessuno aveva occhi su di loro. Tutti troppo occupati a tenere gli sguardi fissi in quello del rispettivo partner. Era San Valentino dappertutto, in fin dei conti. 

«Effettivamente questo posto è migliore, i miei complimenti per l'idea.»

«Già.. grazie. Ho le idee migliori, come al solito.» gli disse orgoglioso quando in realtà pensava il contrario, quella era stata una pessima idea. Pessima.
Il ristorante era, di fatto, zeppo di coppie. Non c’era un tavolo che fosse uno, che non avesse due amici che si comportavano in modo normale.

Aziraphale ormai doveva farsene una ragione, di certo qualcuno li guardò sorpresi, chissà che pensavano. Ci mancava solo che Aziraphale venisse accusato di sodomia.. ma no, probabilmente stava esagerando, non doveva pensarci. Aveva una gran fame, più del solito, e voleva mangiare.
 

Si sedettero, e Aziraphale si concentrò sul menù ricco di disegni che riproducevano le leccornie per non farsi distrarre da tutte quelle effusioni.

Come sei bella stasera, mia cara” sentì dire dal tavolo dietro, e l’angelo avvampò totalmente.
«A-Allora, ti consiglio l’anatra, anche la carne di cervo non è male, non passare la serata solo a bere!» disse l’angelo ordinando subito del vino bianco al cameriere, quella sera era più imperativo, più affamato, più suscettibile, più tutto. E un motivo c’era, ma il demone ancora non sapeva.
Il sapore sulla lingua del serpentesco uomo era il medesimo in qualsiasi zona si concentrasse, gli umani emanavano soltanto desiderio, lussuria, e trasporto di tipo romantico.


Crowley mostrò le zanne. Era il sorriso diabolico meglio riuscito a sua disposizione. Per lui era quella la cattiveria, l’essere così sfrontato e impudente da compromettere le piccole cose, solo per divertimento.
Per farla breve, uccidere, distruggere, ferire, non gli davano compiacenza quanto divertirsi separando una coppia di piccioncini facendolo passare come un nobile tentativo di aiuto verso il suo collega.
Aveva colto perfettamente il suo disagio. Crowley non era un asso in materia di emozioni, ma non era neanche stupido, anzi, era molto e forse troppo attento ai particolari, e sapeva che Azirphale adottava il cambio argomento quando non voleva discutere di qualcosa che lo rendeva inquieto.
E Crowley voleva soltanto aiutare.
Schioccò le dita, e l’uomo che aveva fatto traboccare il vaso di Aziraphale con quell’ultima goccia di sfacciataggine, sbagliò il nome della donna a cui si era rivolto, e la successiva cosa che si udì era un manrovescio ben assestato.
Aziraphale era concentrato sul menù quando vide Crowley compiere il miracolo. Quando sentì cosa accadde al tavolo dietro di lui e anche ad altre coppie intorno, lo guardò con disappunto.
«Vada per il cervo. Mi sembra appropriato. Appartiene alla famiglia animali dell’amore assieme a un’altra razza campagnola.»
Crowley non tentava neanche più di nascondere il divertimento sul suo viso, man mano che dava alle coppie un motivo per litigare.

«Per l’amor del cielo Crowley, smettila! Non rovinare l’amore di questi umani, oggi è.. San Valentino. Lasciaglielo vivere con serenità, almeno loro possono.. voglio dire, amarsi.» gli disse senza farsi sentire ma con fermezza e forse un velo di malinconia: era vero che quelle coppie lo mettevano a disagio, ma forse.. un po’ le invidiava. Potevano essere sé stesse e amarsi senza paura, senza conseguenze, mentre per le creature celesti non era così.

L’angelo sospirò mentre ordinava la carne di cervo con contorno di patate al forno, aveva davvero una fame quasi surreale.

Il demone scrollò le spalle, incappando in un terreno sconosciuto di cui non aveva la minima idea. Come diamine ci si comportasse davanti a un’asserzione del genere proprio non lo sapeva. Prima di tutto perché non era nulla alla quale aveva mai prestato attenzione, il suo compito terminava a malefatta compiuta, non era la spalla su cui piangere di nessuno. E in seguito perché Aziraphale era totalmente diverso dal resto del mondo. Non era sicuro di come doversi porre con lui quando il loro cerchio comportamentale smetteva di essere una curva geometricamente perfetta, quando l’angelo smetteva di dire cose razionali e iniziava a navigare in quella parte di mare profonda e inesplorata.
Si tenne fuori dalla questione, ma comprese ciò che voleva dire.
Dopotutto quella era l’unica cosa che probabilmente nessuno dei due avrebbe mai potuto sperimentare. Gli umani erano mortali, e loro erano troppo distanti da tutti gli altri anche solo per pensare di potersi mai immergere nel romanticismo. Non che a Crowley importasse, ma forse all’angelo si. Dopotutto lui era fatto per amare.
«Mi divertivo solo un po’.. almeno adesso non siamo al centro dell’attenzione di nessuno.» concluse con un ghigno sottile, mentre il cibo veniva loro servito. Sentiva in qualche modo di dover mostrare.. vicinanza all’angelo, poiché erano le uniche creature che condividevano la condizione di astensione dagli affari amorosi terreni, per cui si decise a condividere il pasto con lui per accontentarlo. per renderlo di nuovo felice. E quando provò il vino bianco.. oh, era saporito, ma la sua lingua continuava a preferire il rosso. 

 

Aziraphale si fiondò sul cibo come se non mangiasse da giorni.. o quasi. Quel cervo era divino, così come le patate, arrostite tanto da avere quella croccantezza che amava, e il vino si accompagnava perfettamente.
L’angelo raccontò al demone delle sue giornate a Parigi, e di alcuni vigneti che aveva visitato, dimenticando quindi delle coppie intorno a sé e del San Valentino, si sentiva.. sereno. Uscirono dal ristorante soddisfatti, mentre le malefatte di Crowley per fortuna cessarono, eppure forse l’angelo aveva capito il suo gesto e.. lo apprezzò, dopotutto Crowley lo conosceva bene, ed era bello avere un amico che ti conoscesse così tanto. Che ti capisse.

L’aria notturna di Parigi era frizzante e Aziraphale era più freddoloso del solito quella sera, così si strinse nel mantello come avrebbe fatto un cigno con le sue ali. Ripresero a camminare, mentre il celestiale inviato continuava a sproloquiare sui vigneti, lasciando che Crowley si subisse le sue analisi vitivinicole.
Ma si sentiva strano, e conosceva molto bene quella sensazione, quel dolore che stava per arrivare.

 

Stava ancora discorrendo quando si fermò di colpo e cercò di mascherare un gemito di dolore con un colpo di tosse, le fitte in quel posto lì.. erano tornate, sempre puntuali.
Aziraphale aveva scelto di avere un organo femminile completo, perché si sentiva a suo agio in quella pelle, si sentiva sé stesso, e per altri motivi e ragioni etiche.
Tuttavia quella scelta portava conseguenze, egli si stava avvicinando sempre di più agli umani, anche nel fisico, e forse troppo. L’angelo si appoggiò un momento alla parete, cercando di mascherare tutto, ma non era facile.
«Devo andare.. è stata una bella serata Crowley, ci vediamo domani a colazione.» concluse frettoloso avanzando il passo, ma non riusciva a camminare normalmente per il fastidio che lo tormentava e si dovette sedere su una panchina.. perché proprio ora? Perché proprio con Crowley? Era riuscito a nascondere tutto per secoli, e invece, in quel maledetto giorno..




Il demone non abboccò all’amo. Detestava quando le persone anche solo pensavano di rifilargli una sciocchezza sperando che la prendesse per vera, ed erano estranei, figurarsi quando l’angelo voleva liberarsi di lui senza fornirgli una motivazione. Era piuttosto evidente il suo stato anomalo, quasi di sofferenza. Un angelo non dovrebbe essere dolorante né patire come sonno, freddo, fame, sensazioni fisiche sgradevoli.
«Che ti succede?» gli chiese, sedendosi scomposto e spaparanzato sulla panchina con l’aria interrogativa. 

In cuor suo aveva sempre saputo di non poter ingannare Crowley. Un angelo che illudeva un demone? Ridicolo.
Lo guardò stare accanto a sé con imbarazzo, come poteva spiegarsi? Crowley gli avrebbe riso in faccia se avesse saputo cosa avesse, e perché avesse scelto volontariamente di soffrire in quel modo.
«Potresti farmi una coperta.. ma sto bene, tra poco vado a casa, ho un alloggio, forse è il vino--» e proprio mentre stava dando la colpa al vino, ne arrivò un’altra, di fitta. 

«Oh Gesù santo, ancora?!» sbottò, portandosi istintivamente un braccio al basso ventre, braccio che allontanò subito per non destare sospetti, anche se forse era troppo tardi.
«Angelo questo è.. eretico?!» La cosa quasi lo eccitò. E quello fu un ironico pensiero, perché poi la candela gli fece luce nel meandro oscuro in cui si trovava, e allora la bocca si aprì con sorpresa. E allora sì che il suo interesse fu catturato a dovere.
«D’accordo, va bene, prova a ridere, prova solo a ridere e..» minacciò l’angelo finendo però con un gemito di dolore, coprendosi il volto con le mani e la parte finale dell’addome, fulcro di quella tortura.
Crowley lo fissò basito. Si tolse gli occhiali scuri, per enfatizzare la confusione che aveva sul volto e che la sua mimica facciale esprimeva, poi, lo shock più totale.
«Mi stai dicendo che tu sei.. in fiore?» Non poteva credere a una cosa del genere. Non al mondo, avrebbe mai immaginato che l’angelo potesse avere un apparato femminile. Non che si aspettava che non avesse mai provato a scegliersi uno dei due sessi, o forse invece sì? Lo aveva sempre creduto asessuato. In realtà sempre si riferiva a qualche secondo addietro, quando avevano spostato il focus su quel piccolo particolare a cui non aveva mai pensato veramente.
«Ma perché mai?!» Perché al mondo aveva scelto tra i due quello complicato? 

 

L’angelo sospirò, quel che era fatto era fatto, e ormai non poteva più negare. Era giusto spiegarsi, dopotutto Crowley condivideva la terra con lui.
«Io.. mi sento a mio agio così, da quando vivo sulla terra molte cose sono cambiate. Ho assistito a diverse nascite, ho aiutato donne incinte che erano totalmente sole, ho visto la sofferenza che Dio ha riservato a queste creature che hanno un compito sacro e fondamentale.. dare la vita. Ci pensi? E’ qualcosa di magnifico. Non volevo che fossero sole nella loro sofferenza. Se sento il loro dolore potrò aiutare davvero gli umani, le donne. Certo, ci sono delle conseguenze, ma non mi pento di-- aah, non me ne pento..» raccontò Aziraphale finendo di nuovo con un altro gemito di dolore.
«So che forse ti sembrerà ridicolo ma.. sono felice così. Quando mi guardo allo specchio, mi vedo come dovrebbe essere.» concluse, anche se probabilmente avrebbe dovuto chiedere a Crowley di aiutarlo a tornare al proprio alloggio.

 

«…» il silenzio era padrone di quel momento successivo alla confessione dell'angelo. Crowley non faceva che battere le palpebre, e aprire e chiudere la bocca man mano che un pensiero gli balenava nella mente e si estingueva un attimo dopo perché gli sembrava troppo inadatto da esprimere, dato che l'unica cosa che voleva chiedergli era: ma che diavolo ti salta in mente?

Forse dagli occhi di un angelo era un gesto meraviglioso, purissimo, spinto da nient'altro che l'amore più puro. Ma non aveva alcun senso per Crowley, non era stato punito lui stesso con quel martirio eterno per esserne stato la causa principale, perché Aziraphale avrebbe dovuto infliggerselo da solo soltanto per essere vicino all'umanità? 

«Beh, una scelta.. curiosa. Mi chiedo veramente come ti sia saltato nel cervello di fare una sciocchezza del genere avendo visto il modo in cui soffrono quelle povere donne. Cioè anche io sono stato testimone di malattie aberranti ma non me le faccio venire per comprenderne le pene.» una coperta comunque apparve sulle spalle dell'angelo.

«Lo vedo comunque, che non te ne penti.»

 

Aziraphale lanciò un’occhiata infuocata d’oro al demone, se si osservava, era visibile uno stralcio di luce assomigliante a una saetta passare sulle iridi celesti dei suoi occhi.
«Gran parte della sofferenza delle donne è colpa tua! Ma non mi aspettavo che tu potessi capire! Perché sto qui a parlare con te?! Non ti sopporto! Quando sono in questo stato non ti conviene starmi intorno, demone. E adesso lasciami in pace, me ne torno a casa!» Aziraphale lanciò la coperta in faccia a Crowley, alzandosi - non senza fatica - e dirigendosi a grandi falcate verso il proprio alloggio, si trovava all’incrocio con i giardini dove si erano incontrati.
Altroché San Valentino, è una festività stupida! Perché.. mi sento così?”  L’angelo si sentiva imbarazzato, un po’ ferito e confuso, aveva passato una bellissima serata e sperava che Crowley potesse capirlo.. che potesse apprezzarlo semplicemente per ciò che era, avrebbe voluto fare una passeggiata in quei giardini, con lui, da soli.

Ma si sentiva stupido per averlo anche solo pensato. Per poco non inciampò su se stesso, aggrappandosi ad un tronco d’albero lungo il tragitto, oltre alle fitte iniziò a percepire anche la nausea, ma ce l’avrebbe fatta. Di solito non era così doloroso, ma quel mese si stava facendo sentire di più.

Sembrava che Crowley accentuasse la sua.. umanità, sembrava che Crowley lo rendesse più vulnerabile.

 

Il demone imprecò una bestemmia assai poco ortodossa sperando che non infierisse ulteriormente, ma era stato preda di un istinto troppo forte da controllare. Raggiunse l'amico velocemente, sorreggendolo con un braccio dietro la schiena. 

«Ti assicuro che proprio per ciò che ho fatto le rispetto molto, le donne. Non mi aspettavo che Lei si arrabbiasse tanto, tutta questa cosa è disumana, se me lo chiedi! Cioè, un marmocchio che pesa quattro chili che esce da lì sotto? Prima deve uscire, e poi diventa quattro chili, allora è giusto!» Il demone tentò di spiegarsi sospirando, nel tentativo che Aziraphale tornasse almeno in parte in sé.

 

Quest’ultimo onestamente faticò a capire il discorso confuso del demone, tuttavia parve di capire che stava cercando di.. rimediare.
Aziraphale sospirò e si lasciò aiutare, e i due arrivarono davanti ad una deliziosa casetta di legno e pietra, fuori c’era un piccolo giardino con fiori e piante di vario tipo.
«Siamo arrivati.» esordì l’angelo aprendo la porta: la casa consisteva in una stanza ampia, con alte librerie piene di pergamene e tomi (trasferiti da Atene), un tavolo da studio, un baule, delle mensole e ripiani con altri oggetti di vario tipo e piante, infine un grande letto matrimoniale azzurro e bianco, con accanto un comodino e dei tendaggi anch’essi bianchi e chiari come l’angelo, poche lampade illuminavano poco la stanza. 

L’angelo si tolse il mantello e si diresse ad un armadietto per tirare fuori il vino e due bicchieri, perché non ne aveva bevuto abbastanza.
«Sei proprio pessimo a dare spiegazioni, comunque non mi aspetto che tu.. beh, va bene così, ora sai una cosa in più su di me, non che questo ti cambi molto la vita, quindi dimentica tutto, fai finta di non sapere niente. Non voglio più parlarne.» disse Aziraphale gustando il vino appena versato, forse stava bevendo troppo, si sentiva la testa un po’ pesante. 

Si appoggiò al tavolo e iniziò ad allentarsi la camicia.
«Puoi andare ora, devo riposare.» “Non vorrai mica rimanere a guardare questo ridicolo angelo con il suo ridicolo organo femminile dolorante” pensò tra sé e sé divertito l’angelo, passandosi una mano tra i ricci chiari, di certo quando era in quello stato, il suo aspetto e i suoi modi di essere erano leggermente diversi, più lenti, più.. sensuali, ma l’angelo non se ne rendeva conto, il suo amore per le donne come creature sacre da proteggere era ricambiato con tanta grazia e una bellezza nascosta che solo i più attenti potevano notare. Si sentiva un po’ sudato e gli occhi socchiusi di Aziraphale erano sì cerulei ma anche dorati, guardarono Crowley per qualche istante, reclinando leggermente la testa, mentre allentava sempre di più la camicia.

«Che ti prende?» chiese, vedendolo ancora lì.

 

«A me? » 

Crowley chiese spontaneamente. E un attimo immediato dopo allungò una mano aperta davanti a sé come per chiedergli di aspettare. Poi ingoiò il vino in un sorso solo, ed emise un verso di carica, prima di rivolgersi nuovamente all'angelo, che a detta sua aveva già cambiato tre umori diversi e Crowley stesso iniziava a non capirci più granché. 

«Niente, intendo niente.» Non si seppe spiegare il motivo ma sapeva che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata fraintesa per certo, per cui adottò la tattica del parlare come se si stesse rivolgendo a un piccolo umano non in grado di cogliere le sottigliezze. Non che Aziraphale normalmente fosse ferrato nella cosa, comunque. Era tutto così surreale. Il demone Crowley schiarì la gola, annuendo come ciò che stava guardando non lo toccasse affatto. Minimamente, assolutamente indifferente. Se solo l'angelo fosse stato un minimo più sagace avrebbe compreso che anche per Crowley c'era una bella differenza tra l'immaginare e il sapere, e che spogliarsi in quel modo non lo aiutava affatto ad andarsene. Non che volesse.. era solo ammaliante da vedere e il fatto che fosse un demone inspiegabilmente attratto da una creatura tanto analoga quanto difforme era un bonus che non sarebbe dovuto mai emergere. Quindi batté le sue stesse mani assieme come a volersi distrarre, ed indietreggiò. Aveva intenzione di farlo ammattire, e ci riusciva perfettamente.

«Ugh, bene, se serve qualcosa io.. mandami il volatile.»
Detto ciò, Crowley lasciò la casetta in preda al sudore e all'agitazione.

Che creatura bizzarra. 


                                        ꧁                ⚘                 ꧂

 

Qualche luna trascorse dal loro incontro parigino molto.. particolare.

Aziraphale ogni tanto ci ripensava e d’automatico si sentiva imbarazzato, ma decise fermamente che non sarebbe più saltato fuori l'argomento, sperò solo di non avere più fitte in sua presenza. Passarono comunque una giornata piacevole l'indomani di quella notte, e Aziraphale si scusò per aver perso le staffe.. si rendeva conto che quando era in quello stato, forse, era troppo suscettibile. 

 

In quel lasso di tempo Aziraphale visse comunque nuove esperienze che voleva condividere con l'amico.

Dal suo piccolo studio scrisse su pergamena e mandò la colomba dal demone. 

 

"Ciao, sei ancora in Francia?

In questo mese ho fatto amicizia con un duca francese, Jean-Jacques, condividiamo la passione per le scritture antiche ed è molto preparato!

Inoltre ho imparato a cavalcare, ci credi? Mi ha fatto cavalcare il suo destriero per un giorno intero, ero stanco, però stare in compagnia degli animali è più piacevole di quanto pensassi, Jean è poi molto paziente. 

Così insieme siamo andati a comprare una giumenta, ne ho presa una bianca, l'ho chiamata Juliette, ora mi muovo solo a cavallo, così comodo.. e i cavalli sono creature più intelligenti di quello che sembrano. Più tardi andiamo a cena, vuole farmi vedere alcune scritture particolari. 

Tu come stai? 

 

- Stella Egiziana"

 

La sera arrivò. 

L'espressione umana avere un diavolo per capello non è corretta. È frutto di un infinitesimale errore di pronuncia tra capello (cheveux) e cavallo (cheval). 

Questo perché nel giorno di fine febbraio di quell'anno accadde qualcosa che radicò nel folklore del paese per un bel po' di secoli, e perché i popolani nel dialetto stretto, come accade in ogni paese del resto, alle volte tendevano ad avere una parlantina sin troppo stretta. I Franchi, più in avanti Francesi ancora tramandarono nei racconti popolari le vicende di quella sera di marzo inoltrato, in cui nacque la curiosa espressione ‘un diavolo per cavallo.’

La corte reale del re e dei rispettivi esponenti di rango decrescente per importanza non aveva una fissa dimora, al demone Crowley ci volle quasi un mezzo dì intero per scovare l'ubicazione, ma non fu complicato in quanto ormai parlava fluentemente la lingua autoctona, e in quanto sapeva come estorcere in bene e in male informazioni dai paesani. 

Al Re piaceva moltissimo collezionare destrieri in cura presso le scuderie ove i migliori soldati e i giovani apprendisti avrebbero poi preso lezioni o tenuto spedizioni, i cavalli erano affidati al suddetto Duca che pergamena recitava, che aveva non solo il compito ma addirittura l'ordine di curarli almeno quattro volte al giorno, l'ultima alle sette prima che si ritirassero per la notte a sole già tramontato.

 

Quella sera, invece, tutti i santissimi cavalli evasero dalle scuderie, imbizzarriti come posseduti da un diavolo. Uno ciascuno.

Ed anche questo non è corretto, in quanto Crowley aveva minuziosamente aizzato tutte le bestie per fuggire dalla corte e seminare subbuglio e panico in tutta Parigi. Quella sera, il Duca dovette ripescare tutti i quadrupedi. E così per il successivo mese.

 

"Aziraphale, devo essermi perso il volatile, mi è giunto soltanto adesso. Lo sai, gli uccellacci sono distratti, le ali troppo piccole per le lunghe distanze. Ho lasciato la Francia per un po', ordini dal Basso, ma sono ritornato. Com'è andata poi la tua cena? Le scritture erano della stessa portata di quelle a cui sei abituato da Atene?

 

P.s: i cavalli sono molto più intelligenti di tante, tante persone. Esseri umani, animali, e non solo." 

 

Aziraphale era contento di poter cenare con il signor Jean-Jacques, ma.. non fu possibile, Jean gli inviò una lettera dicendogli che i cavalli erano fuggiti e doveva rimediare, per un po’ di tempo non si sarebbero potuti vedere, il povero Duca stava passando dei guai seri con la corte per questo incidente.. le voci si sparsero in città.

 

“Purtroppo non ho più potuto cenare con Jean, un caos è successo ieri.. i cavalli sono fuggiti. Che disgrazia per il povero Jean, probabilmente manterremo una comunicazione epistolare e recupereremo tra qualche mese. Io mi sto prendendo cura di Juliette, le ho comprato un posto in un’altra stalla non lontana da qui, conto di fare delle passeggiate, se vorrai unirti a me, magari in un picnic tra le campagne della Borgogna. Buon lavoro e a presto.

-Stella Egiziana”


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Salve a voi tutti!
Ovviamente dovevamo trovare un modo per il quale potessero parlarsi e sviluppare il rapporto senza vedersi ogni giorno, ci è sembrato carino farli avvicinare per corrispondenza! 
Siamo consapevoli che non è da tutti avere una visione di Aziraphale in queste carni, ma alla luce di una scelta ponderata ve lo presentiamo così, e spero possiate apprezzarlo in tutta la sua divina voglia di strangolare Crowley.
Ad ogni modo ci stiamo addentrando in secoli interessanti, e non vedo l'ora che leggiate le loro avventure in seguito.
Grazie a tutti voi per la compagnia!

A presto!

Ah... e buon ritorno a Hogwarts a tutti xD

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Capitolo 5
*** Capitolo IV, Ortigia. ***


                                                                                                  Capitolo IV


Legibus solutus - Sciolto dall’obbligo di osservare la legge


Aveva proprio bisogno di andarsene. Ne aveva bisogno quando non poteva.
Aveva vissuto così tanto tempo sulla Terra che ritornare all’Inferno valeva a dire tortura anche senza essere sfiorato con un solo dito.
Quando Crowley Cadde, fu qualche mese dopo la Grande Guerra dei Cieli. Questo perché era parte nel Regno dei Cieli, per gerarchia, dei Sette Arcangeli, e come tale il suo operato risultava assai peggiore di quello degli altri angeli, in quanto quella cerchia, era la cerchia più vicina al Signore, e nessun Arcangelo avrebbe mai dovuto trovarsi in una situazione simile. Loro erano l’esempio, la guida, il palo portante del Paradiso. Ci si sarebbe dovuta aspettare solo assoluta lealtà e fiducia nei confronti del Piano e di tutto ciò che Dio aveva in serbo, e non che proprio uno di loro, scoperti gli atti di inganno e reticenza di Lucifero, gli restasse vicino. Il suo unico espediente che era anche la propria verità, la propria campana reputata una giustificazione senza valida dimostranza, era che lui non aveva davvero gli stessi pensieri e le stesse opinioni di chi aveva scelto di ribellarsi. Lui era solo a favore della conoscenza. Lui voleva soltanto sapere, perché, come, a quale scopo. Non voleva interrompere, svoltare o creare trambusto e caos nell’immagine che Dio aveva del futuro.

Raffaele fu una piuma in un ciclone, in quel periodo. Isolato da tutto e da tutti, nella collera e nel dispiacere, nella paura più pura- Aveva visto che cosa era accaduto ai suoi compagni, e sperava soltanto in un Miracolo.
Migliaia di occhi bruciarono su di lui quel giorno in cui la sua sorte sarebbe stata riscritta. Si sentiva penetrato da mille e una lama arroventate. Gli sguardi degli angeli.. gli stessi identici sguardi che avevano indugiato su Lucifero e le sue schiere al momento del giudizio. Si sentì morire, mentre il processo indotto dagli Arcangeli, dai Serafini e dai Cherubini si protraeva, con se stesso al centro del dibattito. Ad ogni minuto gli sembrava che un pezzetto di sé si disgregasse dalla materia, come una meteora all’avanzare della propria caduta. Perché lui lo sapeva che cosa stavano per fargli, lo scorse negli occhi di tutti, che non lo consideravano già più parte del Paradiso. Una macchia di caffè su un foglio di pergamena.

Qualcosa che suscitava fastidio, che dava nell'occhio, che non dovrebbe essere stato lì a rovinare la perfezione del tutt’intorno. Nessuno, nemmeno uno di loro, era né felice né neutrale rispetto al suo essere lì.. al suo esistere. Erano tutti contrariati, persino gli angeli di portanza minore ubicati sulle nuvole sovrastanti come spettatori oculari. Tutti lo consideravano un potenziale pericolo, qualcosa che andava risolto prima del peggio.
E aveva pianto, si era disperato, aveva chiesto la pietà, ma a niente era servito.

«Gabriele.. per favore..» Supplicò, con gli occhi neri pieni di lacrime della stessa iridescenza del diamante puro, ma l'Ametista negli occhi di Gabriele non conosceva perdono.
Era stato Infine giudicato, e le ali erano diventate pesanti, e l’aureola si era spaccata in tanti acuminati frammenti, che gli avevano perforato il corpo contenitore del suo spirito generando tagli, tagli dalla quale l’oro liquido di cui era composta l’essenza e che scivolava fuori era mutato man mano in sostanza melmosa scura e nauseabonda, mentre le sue grida di protesta e di angoscia con le ginocchia in terra e la testa che gli scoppiava riempivano il freddo e crudele silenzio della Corte.
Allora, fu esiliato.

L’arrivo nella nuova dimora non era stato dei migliori, e cosa ci si poteva aspettare.
La cosa negativa dell’intera faccenda, ponendo il caso in cui tutto il resto non avesse già contribuito, era che non era accolto nemmeno lì. Gli altri demoni -perché era questa l’immondizia che era ormai diventato-, erano perfettamente al corrente del fatto che lui non avrebbe mai voluto stare lì. Né il Paradiso né l’Inferno lo giudicava degno di stare in mezzo agli altri o anche solo lo tollerava. Era completamente solo, e per queste ragioni, vittima dei tormenti e delle torture di Satana e del suo braccio destro.
Non scordò mai il momento in cui vide la pelle, le corna, le ali di Lucifero dopo la Caduta. In quel preciso momento seppe di essere condannato a un’eternità di dolore e di sconforto. Se il più bello, il preferito era ridotto così, che speranza c’era mai per loro, per lui?
Era disgustato da tutto, e più di tutti da se stesso. Dai suoi nuovi occhi maligni, dalle sue squame immonde, dalla nuova forma. Dal calore che lo circondava, dal fetore, dalla vista di quel luogo e dei dannati.
E fu per quello che quando fu completa la creazione della Terra, Crowley imparò a strisciare con il corpo suo contenitore e a fare salti mortali senza volare pur di andarsene di lì, ed essere l’inviato tramite dell’Inferno.
Almeno poteva essere lontano.

Il nuovo lavoro gli piaceva, eppure non aveva considerato un piccolo particolare. Tentando Eva, dando modo ai giocattoli di Dio di aprire gli occhi, creando il Peccato Originale, aveva anche creato una zona dell’Inferno che prima non esisteva, il Limbo.
Colpa sua, responsabilità sua. Oltre ad essere l’inviato sulla Terra ne era anche il guardiano, nessuno dei suoi era disposto ad occuparsi di un’ulteriore scocciatura.
Lì, in quel girone, tutti coloro che perivano senza aver conosciuto Dio erano costretti. Tutti quelli che morivano senza aver ricevuto il Battesimo. E chi occupava la fetta della torta maggiore appartenente a quella categoria se non i bambini? Crowley visse con un nuovo peso alle spalle da quel momento in poi, un peso che gli gravava più di tutti. Vedere quelle anime innocenti soffrire le pene peggiori per un semplice capriccio, era la sua colpa più grande. Non sarebbe mai stato perdonato perché egli per primo non si perdonava.

Ed ora, nel corso del Sesto Secolo d.C; Crowley si trovava lì per rettificare i periodi di assenza da ormai un secolo e mezzo. Era stato risucchiato dalla terra durante una perlustrazione in India, e non aveva più fatto ritorno. 

 

Dopo tanto tempo sulla Terra, Aziraphale fu richiamato in Paradiso e ci rimase per diversi anni.. tanto da arrivare a sentire la mancanza della Terra. L’angelo amava il Paradiso, su questo non vi era dubbio, ma la vita sulla terra lo aveva irrimediabilmente cambiato, e persino Gabriele lo ammonì per essersi lasciato coinvolgere troppo dagli umani e dalle loro cose. Il lavoro lassù era parecchio intenso perché l’umanità stava affrontando un periodo difficile, ricco di guerre, di conflitti di varia natura e di altre aberrazioni che gli angeli stavano cercando di regolare. Tuttavia alcune aree del Paradiso riportavano alla mente anche diversi ricordi.. e il più brutto, quello che rimase impresso come il fuoco in Aziraphale, fu la caduta di Crowley, che non sentiva ora da molto.*

Spesso si chiedeva come stesse andando laggiù, mentre pregava con gli altri angeli nella sala rotonda tappezzata di lapislazzuli e argento, come stavano gli umani? Soprattutto i più deboli? Forse si stava davvero affezionando troppo all’umanità, ma non solo.. gli mancava Crowley.

Il demone andava e veniva dall’Ufficio di Belzebù. Ormai si era fatto una posizione di riguardo, e quando incontrava gli altri suoi simili, molte volte riceveva domande curiose e indiscrete sul comportamento degli umani e sulla terra in generale.
La raccomandazione era comunque la medesima da parte dei superiori: fai attenzione a non farti scoprire. Perché il compito lì era duplice, bloccare le benedizioni del rivale, e sorvegliarlo di modo da poter riferire ogni sospetto tentativo di sabotaggio da parte dell’opposizione. Nel tempo infatti aveva dovuto inventarsi delle cose, per mantenere il posto e darsi credibilità, cose che aveva scatenato delle conseguenze talvolta evitabili e marginali all’umanità, ma doveva. Per preservare la sua condotta e il rapporto con Aziraphale. Avrebbe giocato gli uomini nella loro interezza per non perdere ciò che aveva con l’angelo, qualsiasi cosa fosse e di qualsiasi natura era.

Il girone a cui doveva badare era caotico, perché non aveva una legge del Contrappasso vera e propria. Negli altri otto cerchi vi era una corrispondenza con i peccati, ma lì di fatto non era colpa dei residenti, per cui, era solo un luogo di desolazione e di disperazione immotivata.
Era tutto di pietra scura, sia gelido che bollente. L’atmosfera era pregna di densa nebbia grigia, e le anime rantolavano in eterno tra i lamenti e le urla, condannati a restare lì accecati, così come in vita erano stati ciechi, ignari riguardo al Creatore. In terra, con la testa tra le ginocchia e le catene ai piedi.
Il demone passeggiava nella terra sporca e dura che era il suolo del Limbo, impegnato nel censimento. Tentava di non guardare ai feti deformi e incustoditi, soli e abbandonati, o ai piccoli pargoli o ai ragazzini e alle loro lacrime di fame, freddo e solitudine irrisolvibili. Non era codardia, era solo un rifiuto intrinseco. Non ce la faceva neanche volendo. Tuttavia suo il girone sue le regole, e quindi quando era solo poteva permettersi di cercare in ogni modo possibile di alleviare un minimo le loro sofferenze. Non avrebbe dovuto neanche sapere come indurre una benedizione, i demoni non lo facevano, non potevano.
Ma a differenza degli altri, Crowley in quei frangenti lo desiderava, e per questo ci riusciva.
Gli mancava la Terra, suo malgrado. Non sapeva che cosa stesse accadendo, non aveva idea di come stesse l’angelo, e la cosa gli mangiava l’anima.
Frustrato, cenere fumò in una nube fuori dalle narici del demone, le ali nere spiegate, le squame sul viso e sull’intero corpo, gli occhi da rettile spenti e vuoti, e le spalle basse in segno di rassegna, mentre desiderava non essere mai stato creato, o quantomeno, non aver mai creato quel posto orribile quanto la sua anima. 

 

700 d.C; Un punto imprecisato nel Cielo terrestre.

 

Aziraphale, finalmente poté riscendere sulla Terra.. trovandovi il caos totale, o almeno in gran parte del mondo terrestre. Gli Avari assediarono Costantinopoli, il Re Longobardo stava avviando il popolo al cattolicesimo, ci fu anche la guerra tra Ostrogoti e Bizantini, un fattore positivo? La nascita delle scuole di scrittura e arte nelle Abbazie, forse un piccolo faro per la diffusione dell’alfabetizzazione e della cultura, in un mare di conflitti. Aziraphale sedeva momentaneamente su una nuvola molto alta nel Cielo, prima di capire cosa fare e, soprattutto, dove andare. Stava riflettendo se tornare in Francia oppure passare dall’Italia, quando.. lo sentì, da qualche parte là sotto c’era Crowley, aguzzò i suoi occhi dorati per vederlo sporgendosi dalla nuvola, sembrava fosse su un monte proprio sotto di lui.

Il demone fu finalmente libero di andare. Non scelse neanche una destinazione, si limitò a prendere la prima scala disponibile non appena ricevette il congedo, e riemerse dalla gola della terra per trovarsi sul monte Cho Oyu. Certo faceva freddo, ma a lui che cosa importava. Poté finalmente respirare dell’aria pura e fresca, e bearsi della luce del giorno. Non aveva avuto occasione di vedere il sole, o la neve, o il cielo negli ultimi due secoli, perciò ne approfittò per riformulare i propri pensieri e cercare di dimenticarsi quanto vissuto, quando esattamente ciò che ci voleva gli piombò in linea d’aria. Il monte era alto ben ottomiladuecento metri, circondato da candida condensa immacolata, e proprio da lì Aziraphale sbucò d’improvviso.

«Crowley! Crowley sono qui!» urlò l’angelo sbracciandosi, così felice di vederlo che non riuscì a contenere il suo sorriso, tuttavia nel tentativo di farsi vedere perse l’equilibrio e cadde a testa in giù dalla nuvola come un sacco di patate, costretto ad usare le ali all’improvviso per ritornare diritto.. un’altra pessima figura, ma non era colpa sua, quando era felice non riusciva a volare in modo normale.


A volte Crowley aveva il dubbio che non esistesse solo Dio che ascoltava le anime, o non si spiegava come fossero possibili coincidenze come quella. Ad ogni modo, si levò in volo incontrando l’altitudine del rivale, felice di rivederlo, felice come non lo era stato da molto. Per fortuna, stava bene.
«Lo sai che il tuo corpo è mortale, te lo ricordi senza che qualcuno venga a ricordartelo ogni vent’anni, giusto?» Il demone non nascose un sorriso. Era troppo allietato per pensare a certe cose. Assieme, tornarono sulla nuvola sulla quale sedeva Aziraphale prima del suo arrivo, e si misero fianco a fianco con le gambe penzoloni. Crowley aveva una veste nera in dotazione dall’Inferno di cui non vedeva l’ora di liberarsi, appena avrebbe scoperto che tipo di moda andava in voga adesso tra gli umani, e aveva le mani ai lati del corpo posati sulla soffice acqua velata, mentre Aziraphale aveva le proprie in grembo. Nessuno dei due aveva riposto le ali, e nessuno dei due guardava in faccia l’altro.
Le montagne rocciose innevate e il sole all’orizzonte nel cielo limpido erano uno spettacolo meraviglioso. 

 

Ogni parte del viso di Aziraphale sorrideva in quel momento, quasi due secoli.. era davvero tanto tempo, forse uno dei tempi più lunghi senza nemmeno una colomba o qualche messaggio. Per fortuna stava bene, non gli era accaduto nulla.

«Quanto tempo..» commentò guardando l’orizzonte, meraviglioso, gli era mancata quella vista.
«Crowley, ci sono stati tanti conflitti.. appena sono tornato ho sentito molta sofferenza, siamo mancati per un periodo forse troppo lungo.» disse l’angelo guardando verso il basso, dove stava la Terra.
«Credo tornerò in Italia, forse in Sicilia, è minacciata dalle incursioni arabe.» Aziraphale ci teneva alla Sicilia, un tempo territorio della sua amata Grecia, c’era tanto dei greci su quell’isola.
«Siamo? Che vuol dire siamo mancati?» Crowley rivolse il viso verso l’angelo. Da quella angolazione i raggi del sole illuminavano perfettamente il suo viso, e tutto il candore da cui erano circondati -candore che accecava il demone tanto da dover tenere gli occhi semichiusi a fessura- lo rendeva quasi un’apparizione, una visione più che uno spirito trascendentale rinchiuso in una scatola fatta di carne. E i suoi occhi erano sempre più azzurri di tutto il resto, in qualche modo. Era l’immagine fatta persona della serenità, anche se i suoi lineamenti erano addolorati.


Le ferite bruciavano sulla schiena del demone. Quelli della sua fazione di riferimento non amavano che prendesse iniziative proprie, come per esempio accudire i dannati anziché assicurarsi che le punizioni fossero esemplari, nonostante fossero dei piccoli umani senza colpe. Così, le fruste dentate avevano incontrato le sue carni molteplici volte. Ogni volta che l’angelo parlava del dolore che avvertiva, un po’ del proprio si risvegliava. Ma almeno lì con lui era sopportabile. 

L’angelo si rivolse verso il demone, guardandolo con i suoi occhi cerulei, e gli rivolse un altro sorriso.
«Vuol dire quello che ho detto, siamo mancati. La terra non è la stessa senza di noi.» una frase forse detta ingenuamente, continuava a usare il “noi” senza darci peso, perché per Aziraphale era normale, erano un noi un’entità.. certo non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a sé stesso. Non ci vedeva nulla di male o malizioso, era per lui la cosa più naturale del mondo, così come esiste il giorno esiste la notte, così come esiste il cielo esiste la terra, così come esiste Aziraphale esiste Crowley, l’uno l’opposto dell’altro eppure complementari.

«Mi prenderò una casa sulla spiaggia e guarderò il sole sorgere dall’acqua, e ogni notte farò il bagno sotto la luna, nel frattempo aiuterò dove posso. Tu dove andrai?» gli chiese curioso. Crowley era un tentatore e anche colpevole del peccato originale, ma.. per Aziraphale questi aspetti non sembravano essere importanti, non in quel momento, non dopo che non lo aveva visto per quasi due secoli. Erano nemici, lo sapeva, ma non riusciva ad atteggiarsi con distacco o inamicizia verso di lui, nemmeno volendo.
Il demone guardò in basso. Erano davvero alti. Erano lontano, ma in un certo senso esposti. Forse Aziraphale sapeva più di lui che Dio o che tutti gli altri angeli non si prendevano la briga di affacciarsi per controllare, e quindi se lui non si preoccupava non aveva senso rimuginarci o porsi mille quesiti. Bisognava farlo prima che mancasse il coraggio.
«Mi hanno ricordato che non sono qui a zonzo a vuoto e che ho delle regole da seguire. Andrò in Pannonia, per cominciare.»
Pannonia, decisamente un territorio di fuoco, ma lui era di certo caotico, quindi forse gli si adattava come luogo.
«Stai attento laggiù.» gli disse l’amico, dondolandosi un po’ sulla nuvola.
«Tecnicamente sono loro che devono fare attenzione a me.» Crowley non era molto d’accordo nell’incoraggiare i saccheggi e il radere al suolo città e sodomizzare e piegare persone per il puro gusto della soddisfazione, era alquanto macabro e disgustoso, fosse stato per lui sarebbe stato sufficiente restare a guardare mentre si ferivano da soli prendendosene i meriti solo per mettere a tacere l’Inferno, e farsi lasciare in pace. Comprese che anche Aziraphale era stato lontano dalla Terra a sua insaputa, e tutta la malora che incombeva sull’umanità era forse il frutto di uno squilibrio tra le loro capacità, che il disequilibrio tra bene e male poteva sbilanciare a tal punto gli uomini. Non potevano rischiare che accadesse ancora, o avrebbero perduto il mondo a cui tanto tenevano, malgrado le ragioni fossero diverse. L’unica cosa sicura era che entrambi si trovavano meglio lì che nel sopra, o nel sotto.
«Dobbiamo occuparci dei nostri doveri anche nella parte opposta. Tentazioni e Benedizioni. Il mondo è in rovina perché non ha avuto nessuno che lo rimettesse in riga, e se uno di noi dovesse andarsene di nuovo sarà peggio.»
Era consapevole che avrebbe incontrato riluttanza da parte di Aziraphale, ma aveva bisogno che l’angelo comprendesse quanto poteva essere conveniente, e che per una volta mandasse al suo capo il timore di essere scoperto.
«E poi così facendo, ci possiamo riposare a turno una volta tanto.»

Quando sentì la proposta di Crowley, l’angelo  aggrottò le sopracciglia e aspettò dei momenti prima di rispondere per riflettere.

“Io.. un tentatore?” pensò un po’ incredulo.
Era commettere peccato, andare contro Dio. Ma dopotutto aveva già mentito a Lei e già commesso peccato, quindi.. se questo significava aiutare l’umanità, poteva funzionare, sapeva che era quello l’intento di Crowley.
«Capisco quello che vuoi dire e perché me lo stai proponendo. Ma credi che io ne sia capace? Insomma.. tentazioni piccole forse, io certe cose non le faccio, lo sai.»
«Certe cose gli umani le fanno benissimo da soli, te lo posso garantire. Adescali all’ultimo e indirizzali come se lo avessi provocato tu. O meglio, io. Laggiù non ci baderanno, a loro non importa come viene fatto, gli importa che lo faccio e basta.» Sbottò il demone, ricordando vividamente le minacce e le punizioni.
«Se è così, sì, penso di poterlo fare, per il bene dell’umanità.» borbottò l’angelo imbarazzato, sapendo quali letali tentazioni inducevano i demoni a fare: rapporti carnali, omicidi.. cose che l’angelo non avrebbe mai potuto fare.
Il demone sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga, e incastrò lo sguardo demoniaco in quello probo della creatura.
Era lieto che non avesse dovuto spiegarsi ulteriormente, attaccare una pantomima sui vantaggi, iniziare a convincerlo. Non ne aveva la forza, era stanco.
Aziraphale alzò l’ala sinistra e coprì Crowley, avvicinandosi il giusto per essere coperto anche lui stesso, così che nessun occhio indiscreto potesse scorgere due ali nere.
«Tornerò a mandarti la colomba, e vieni a trovarmi qualche volta alla baita, ti farò sapere dov’è, il vino siciliano è davvero buono.» gli disse con un sorriso, era troppo felice per pensare a ciò che lo attendeva, alla guerra, al lavoro da fare.

In quel momento, stava già immaginando la sua baita e un’ottima cena, l’acqua increspata, il vino, le chiacchere.. quell’unico pensiero lo distraevano dal peso di tutto il resto. Certo, pregava che Crowley non scendesse a trovarlo durante i suoi.. dolori umani, come l’ultima volta, o sarebbe stato di certo spiacevole.
«Hmpf. E’ mai possibile che in duecento anni non si siano inventati un modo migliore per parlarsi senza voce, questi umani?»
Crowley parve esasperato, ma si sentiva protetto. Osservò l’arco perfetto che creava l’ala alabastra dell’angelo, le piume perfettamente pettinate e ogni filamento distanziato e ben visibile, come una coperta e uno scudo assieme, conciliava la pace e la guerra, la protezione e la delicatezza.
«D’accordo, va bene, affare fatto. Ma con le tentazioni probabilmente avrò bisogno di qualche aiutino all’inizio, non credo di averle capite bene.» sussurrò a non molti centimetri di distanza dal suo volto, gli occhi azzurri illuminati dalla luce solare del giorno.
«Non è difficile. Certo aiuterebbe se tu potessi assaggiare quello che provano, ma sono sssicuro che a modo tuo hai altri talenti.» Gli disse ritornato momentaneamente al suo solito stato istigatorio, senza nessuna base di malvagità.
«Posso insegnarti qualcosina.» Ecco che Crowley tornava a essere.. Crowley. Aziraphale si sentì avvampare fino alle orecchie, il suo rossore sarebbe stato visibile persino dalla mappa del Paradiso. Spostò l’ala che usò per coprire parte di sé stesso ora.
«C-Crowley! Farò finta di non aver sentito. Di certo sarai un gran maestro, ma ti potresti ritrovare un altro bracciale o un’altra coperta in fronte.» borbottò l’angelo girando lo sguardo. Quando lo sentì parlare della guerra, sbuffò irritato.
«Ah, sono tutti malpensanti come te gli altri angeli, Aziraphale?» 

Gli disse sollevando le sopracciglia, mentre un fastidioso velo di colore faceva da sfondo alle lentiggini che sostituivano le squame da rettile sul naso e sulle gote. Eppure gli era davvero mancato un momento come quello. Era come se ogni scombussolamento che aveva patito il suo spirito si stesse lentamente rigenerando fino a ricomporsi così come doveva essere.
«Tu invece non venire da me. Ti informerò quando mi sposto, ma tu resta in Sicilia fino a che la situazione non si appiana.»

«Non sono un angelo delicato, ho partecipato a tante guerre con Alessandro. Non sono male sai? Certo stavo per finire scorporato ma solo perché stavo difendendo troppe persone, ma ho fatto tremare tanti Persiani quel giorno, il colore dell’oro diventò il loro incubo. Ma va bene, ti aspetterò in Sicilia.» potevano essere frasi di un angelo quelle? Sì, lo erano, Aziraphale era un angelo particolare, poteva parlarti del vino per poi passare a come sconfisse una piccola legione persiana nel 331 a.C.

 

«I Persiani bruciavano vive le persone nei carri in cui le imprigionavano e violavano donne e bambini davanti a te e Alessandro? Reggeresti?» Non che Crowley non credesse nella forza di un essere come Aziraphale. Gli angeli forse non avrebbero sentito il dolore quanto lui, era solo per questo che voleva risparmiargli una orribile realtà, ma come diceva, non era tanto delicato e non poteva esserlo in quel periodo di barbarie, ma perché renderlo partecipe di qualcosa di tanto ostile quando poteva pensarci lui.
Aziraphale deglutì.

«No, non reggerei.. ci sono lati dell'umanità molto oscuri, che farò sempre fatica a comprendere, li aveva anche Alessandro, in modi diversi. D'accordo allora, mi godrò la mia spiaggia, penso andrò vicino Ortigia.» continuò l'angelo, tornando a guardare il demone. 

«Sì, comincio io. Tu goditi l'acqua e la spiaggia. Verrò per dirti che le cose vanno meglio.» il suo tono era calmo, nonostante tremasse. 

«Ah, quanto tempo dal cibo umano! Pregusto già il vino, sdraiato su un'amaca con un solo telo di seta addosso, mentre accanto a me ho i frutti e la verdura del posto, il mare cristallino, la sensazione dell'acqua fresca..» 

Avrebbe voluto aggiungere che godersi tutto quel panorama da solo era.. noioso, ma non voleva dare l'impressione sbagliata quindi si limitò a sognare ad occhi aperti, pronto a partire.

 

«Mh.» Crowley prese un bel respiro e si massaggiò le tempie con pollice e medio di una sola mano. Era difficile credere che non lo facesse apposta.

«Sssai non credo tu abbia bisogno di lezioni per fare casino con gli umani.»

Disse, qualcosa che poteva essere o capito al volo o troppo superfluo per chiedere un approfondimento. 

Il demone indugiò sui suoi tratti ancora una volta, godendosi divertito la mimica facciale dell'angelo alla propria affermazione, giusto per non sbirciare nel suo cervello alla ricerca dell'immagine che Aziraphale gli aveva fornito. Chi avrebbe mai saputo quando sarebbe arrivato il momento di vedersi ancora. Era solo bello per un po' godersi il tramonto in una pace che potevano conservare per i momenti bui che li attendevano.

 

Aziraphale guardò il cielo pensoso.
«Tu dici? Lo spero.» disse l’angelo, sperando davvero di riuscire nel compito che avevano accordato, era un buon compromesso, così entrambi potevano prendersi più momenti di pausa, e magari riuscire a gustarsi qualche cena in più. «Io vado allora, devo scegliermi una bella spiaggia.. ci vediamo presto, Crowley.»
E cosi alzò in volo, allontanandosi, non senza fare qualche piroetta nel cielo come amava fare, la sua lunga veste bianca e argentata sembrava seguirlo ubbidiente. 

Il demone alzò una mano senza fare altro, e accompagnò la falcata dell'angelo con quel gesto di arrivederci fino a che l'essere si fuse col non essere dell'orizzonte, e Aziraphale fu indistinguibile. Crowley allora si lasciò cadere all'indietro e posò la schiena martoriata contro la morbida nuvola, e si godette il tepore del sole e la freschezza del vento con le mani dietro la testa e un sorriso rilassato. Si addormentò fino a che la nuvola non fu così carica d'acqua da indurre un temporale assieme alle sue sorelle, e a quel punto lasciò il confine tra Cina e Nepal, e volò fino in Ungheria, che a quei tempi era Pannonia. 

Lo spettacolo che vi trovò era dei peggiori. Non solo i conflitti rendevano il territorio invivibile senza conseguenze, ma una moltitudine di altri problemucci temevano la società in ginocchio: le invasioni avevano portato un numero esorbitante di microrganismi che davano nuove patologie al popolo quali la dissenteria e una forma potenziata d'influenza, la flora e la fauna erano contaminate dalle importazioni. Crowley, fermo in un punto della città in cui si era stanziato, posò le mani sui fianchi e si guardò attorno.

«Da dove diavolo comincio?!» esasperato sbuffò, ricordandosi di aver promesso di occuparsi anche delle Benedizioni. Perché aveva le idee migliori, il demone, quando era stressato. 



Aziraphale sorvolò gran parte delle coste della Sicilia, la situazione non era affatto.. buona, per niente. Si fermò ad aiutare diversi residenti, debilitati e feriti dagli arabi, finché non trovò Ortigia, un angolo remoto della costa totalmente deserto: la sabbia bianca, l’acqua limpida, una ricca vegetazione.. era perfetto. Aziraphale, non senza qualche piccolo miracolo, riuscì a ricavare un’abitazione molto salda e grande, sulla struttura preesistente di un piccolo tempio greco, circondato da colonne doriche, creò un tetto resistente, un ingresso (delimitato da una grande tenda blu). La sala del tempio greco divenne la sua stanza, ci mise librerie, il suo tavolo, un grande letto, bauli e altri oggetti. Per un momento, gli sembrò di essere tornato nella sua amata Atene, ai tempi di Pericle. 

Durante la vacanza si preoccupò di raccogliere erbe e fiori per creare creme e sostanze per l’igiene personale (un problema importante di quei tempi), Aziraphale ci teneva tremendamente alla pulizia e all’aspetto. Visitò Siracusa, che fu capitale dell’Impero orientale al posto di Costantinopoli dal 663 al 668, era ancora libera dagli arabi, così poté acquistare nuovi abiti dal gusto greco-orientale, una città ricca di storia e tradizioni. Tornò a gustare l’amato cibo umano, godendosi ogni secondo dei suoi pranzi e delle sue cene, chiedendosi come se la stesse passando Crowley, sperando riuscisse a fare tutto.. senza troppe difficoltà.

Gli inviò così una colomba, dal suo piccolo tempio, la sua nuova casa.

Spero che tutto stia andando bene da te, io mi sono sistemato in un piccolo tempio greco sulla costa a nord-est di Ortigia, è perfetto, ho fatto la tettoia e l’ingresso, si trova su un piccolo promontorio sopra la spiaggia, appena mi affaccio fuori vedo il mare. Scrivimi se hai bisogno d’aiuto, io sto facendo scorta di vino.

A presto.
-Stella Egiziana

 

Il demone Crowley non si era mai trovato nel mezzo di una guerra. Non attivamente, in prima persona. Si era affibbiato un compito importante, era adesso responsabile per la gran parte delle sorti della parte vulnerabile dei conflitti, e per questo non si era risparmiato di affiancare gli uomini con archi e spada, e lasciare che le donne trovassero rifugi sicuri. Non perché le riteneva inferiori, ma perché Crowley era convinto che loro fossero davvero il genere che meritava la sopravvivenza e il benessere in extremis come un'invasione barbarica, che il mondo sarebbe andato comunque avanti senza gli umani maschi, ma non senza le umane femmine. Andavano preservate finché possibile. Quindi, molte volte si era visto costretto a salvaguardare beni che storicamente avrebbero avuto un rilievo fondamentale, aveva assistito feriti e guarito gli infermi, aveva aiutato a seppellire i caduti e a benedire le loro anime, e soprattutto, accudire i bambini mentre i genitori prendevano parte alla battaglia. Insegnargli le nuove scritture onciali, i nuovi numeri arabi, i canti. E soprattutto, ad essere autonomi nel caso in cui sarebbero divenuti orfani. 
Al contempo però, doveva assecondare quelle invasioni. Doveva tentare gli umani a unirsi a quei popoli. Un dare e avere estremamente complicato, che durò quasi un secolo e che si spartì tra Africa, India e Spagna negli anni. 
La cosa positiva era che perlomeno gli umani non arretravano con la tecnologia. Iniziarono a usare l'Atlantico come letto per gli scambi tra paesi, inventarono cose carine come i giornali e le penne d'oca per la scrittura. Ma non un maledetto modo per comunicare senza colombe. 

Crowley non aveva mai pensato alle penne in quel senso, non poté resistere alla tentazione di strapparsene una e riempirla di inchiostro per scrivere le lettere su carta che scambiava con l'angelo. In un'occasione gliene regalò perfino una, senza dirgli a quale animale appartenesse. 

"Ti avverto che il mio periodo di lavoro sta per finire. Goditi l'acqua ancora per un po'.
P.s: dovresti davvero staccarti dalla Grecia." 

 

L’angelo amava quella spiaggia, era pulita, ordinata, la sabbia era bianca, l'acqua era sempre cristallina e il mare non era mai agitato. Passava le giornate a leggere, gustarsi del buon vino insieme ai frutti e alle verdure di quella terra, era tutto di ottima qualità. Aveva sistemato una piccola area fuori dalla sua nuova abitazione, con un tavolo per cenare che affacciava sul mare, vi era un grande albero su cui aveva sistemato un'amaca per i pisolini pomeridiani. 

Un giorno probabilmente esagerò un po' con il vino e si sentì la testa pesante, non indossava quasi nulla dato che faceva un po' di caldo, se non un telo sottile azzurro a coprirgli il pube. Così si addormentò, beato come l'angelo che era, il corpo era coperto dal sole, così non si sarebbe scottato. Il vento spostò leggermente il telo azzurro, rivelando un ciuffetto di ricci biondi dell'intimità, Aziraphale corrucciò la fronte.. cosa stava sognando?
«Smettila, no, ho ragione io; Crowley..» 
Borbottò infastidito l'angelo muovendosi leggermente, quel demone dagli occhi serpenteschi sembrava fargli perdere le staffe anche nei sogni. Povero Aziraphale.
Quando l’inviato infernale planò sulla spiaggia quel pomeriggio di fine Ottavo Secolo, reduce del ricordo della perfetta descrizione del piccolo angolo di Aziraphale, non si aspettava certo un’accoglienza del genere. In primis l’angelo non dormiva, non che egli sapesse. In secondo luogo, era avvolto come un fagottino di gioia umano in una culla sospesa e penzolante. E tutte le grazie celesti erano ben, benissimo esposte. Il demone non credeva che gli umani avessero inventato un aggettivo capace di descrivere lo stato in cui si trovava, ci rimuginò per tutto il quarto d’ora passato a osservare quel piccolo miraggio.

Dopotutto perché svegliarlo, e perché coprirlo, se consapevolezza propria sapeva che in una spiaggia avrebbero potuto accorrere persone per un motivo o per un altro. Quindi, semplicemente, entrò nella sua piccola abitazione lasciandolo in balia del vento e del calore del sole, e decise che dopo un secolo di sudore, fatica e maledizioni, se l’angelo non era preparato a offrirgli la scorta di vino che aveva fatto nel tempo, se la sarebbe presa da solo.
Lo trovò un ambiente basico ed accogliente, dava aria di freschezza e di ospitalità riflettendo perfettamente lo stile del padrone.
Crowley portava con sé una tavola pieghevole formata a scatola, che da aperta diveniva un tavoliere. All’interno risiedevano trentadue pezzi laccati in bianco e nero, in India avevano da poco inventato gli scacchi, e il demone fremeva per presentarli all’angelo e giocare con qualcuno al pari della prorpia abilità intellettuale.
La lasciò su una scrivania, e iniziò a girovagare per casa. Passava le mani sulle copertine dei libri, l’espressione sempre più annoiata e aborrita, i suoi oggetti materiali. Fino a che non trovò finalmente la tanto ambita fonte di ubriachezza, e portò la brocca all’esterno con soddisfazione, mentre si stese sulla sabbia accanto all’amico che dormiva indisturbato, bevendo con altrettanta serenità.
«Adesso sssì.»

Aziraphale, quando era sulla terra diventava decisamente più umano, se in Paradiso non dormiva mai, sulla Terra si concedeva dei riposi ristoratori.
L'angelo si svegliò confuso, sentì il rumore del vento ed anche.. qualcos'altro. Si stropicciò gli occhi con le mani, mise a fuoco la vista e allora lo vide, Crowley che stava bevendo il vino. Per un momento pensò di stare ancora sognando, poi guardò sé stesso e.. il modo in cui non era vestito. Per niente.
«Oh.. OH CIELO!» esclamò sentendosi avvampare per l'imbarazzo delle condizioni in cui si trovava, subito con uno schiocco di dita si vestì di una tunica bianca e azzurra.
«Da quanto sei qui?! Perché non mi hai svegliato?» disse rivolgendosi al demone che si era già servito il vino, mentre frettolosamente cercò di scendere dall'amaca (in realtà sarebbe corretto dire che cadde dall'amaca).
Non si era mai mostrato a nessuno svestito, e il fatto che Crowley fosse il primo ad averlo visto in quelle condizioni.. l'angelo si sentì morire, perché doveva arrivare proprio in quel momento? 
«Dormivi come un angioletto.»
Ghignò il demone, posando la caviglia sul ginocchio piegato dell'altra gamba, mentre giaceva comodo sulla distesa biancastra. 
La brocca di vino era a metà, e lui non sembrava essersi mai rilassato così tanto. Gli occhiali scuri gli impedivano anche di accecarsi mentre volgeva il viso al cielo aperto. Roteò gli occhi gialli verso l'angelo con un sorriso mentre faceva girare la bevanda del bicchiere con movimenti fluidi e continui come per miscelare.
«Oh non volevo interrompere il tuo momento di libertà, svestiti pure se vuoi, non badare a me.» Al rettile non dispiacque affatto l'idea di restarsene lì e scaldare il sangue freddo, a costo di arrostire. 
Aziraphale si ricompose, dandosi una sistemata ai ricci scomposti, mentre cercava di calmarsi e prendere un bel respiro. Finché il demone non parlò di nuovo, ormai aveva preso gusto a metterlo in imbarazzo, facendogli credere che.. gli piaceva quello che aveva appena visto? Impossibile. O così credeva.
«Beh.. se l'unica creatura in questo universo ad avermi visto in quelle condizioni, ti direi che sei stato privilegiato, odio farmi vedere mentre dormo. E smettila con quel ghigno.» 
Borbottò, sedendosi accanto al demone, ovviamente senza bere nulla, aveva bevuto troppo. 
«Piuttosto.. è andata bene? Qui in Sicilia sono arrivati gli arabi, un caos, ho cercato di aiutare e difendere le persone, e anche le rovine greche dalla distruzione.. stavo di nuovo per finire sotto una lancia per difendere un tempio di Atena.» raccontò con una leggera risata l'angelo.
Sì, Aziraphale esagerò di nuovo, ma la Grecia era parte di lui, aveva amato la sua vita ad Atene e gli mancava, così come gli mancavano gli anni passati con Alessandro, tutto ciò che avevano lasciato i greci.. gli ricordavano il guerriero macedone, doveva difenderli.
«Lo sai qual è il bello? Che tu non muori.» Crowley gli disse velenoso, e morse la lingua un attimo dopo togliendosi gli occhiali. Si sollevò e sciolse la crocchia rossa dalla quale alcuni ciuffi cadevano ribelli, e scosse il capo perché la chioma fluente gli cadesse sulle spalle. 
«È andata. È finita, da quelle parti.» Crowley piegò le spalle con aria stanca. Niente che non avesse già vissuto all'inferno, ma ogni volta che chiudeva gli occhi la visuale veniva occupata dal rosso vermiglio e le urla dei deboli gli perforavano i timpani. 
«E credo che ora tocchi a te. Io sono ufficialmente in ferie!» Il demone puntualizzò prendendosi gioco di lui con un tono infantile, mentre per un attimo invase il suo spazio personale solo per punzecchiarlo mentre chiariva la cosa.
Aziraphale sbuffò, sì, era arrivato il momento per lui.
«Lo so che tocca a me.. partirò domani.» 
Il demone trascinò con sé molti granelli di sabbia nell'alzarsi da quella spiaggia, e a piedi nudi raggiunse la riva del mare. Si concentrò sulla sensazione dell'acqua sotto i piedi nudi, che gli leniva lo scottare del sole. Lentamente entrò nelle acque cristalline, galleggiando come un palloncino in aria. L'acqua gli bagnava le vesti e i capelli ad ogni movimento, e gli massaggiava le membra intorpidite. 

L’angelo lo seguì con le iridi dalle pupille distese. Gli sembrava male andare subito via, si erano appena rivisti. Rimase seduto sulla spiaggia, miracolando il luogo in cui era seduto così che non arrivasse il sole.
Se solo potessimo rimanere qui per sempre..” pensò per un momento, guardando il demone e poi abbassando lo sguardo sui granelli di sabbia, e si sentì subito stupido per averlo solo pensato, se non blasfemo. Era semplicemente impensabile, entrambi avevano i loro doveri, entrambi erano nemici. Se fossero nati umani come sarebbe stato..?
A volte Aziraphale se lo chiedeva, invidiava gli umani, avevano modo di scegliere come vivere e con chi vivere la loro vita, Aziraphale amava essere un angelo e credeva profondamente in ciò che faceva, tuttavia vivendo sulla Terra ogni tanto si chiedeva come sarebbe potuto essere, se solo la realtà fosse stata diversa.

«Stai attento a non scottarti! Io.. torno dentro.» gli disse dalla spiaggia, alzandosi e osservando ancora una volta il mare. “Aspetta, ma un demone.. può scottarsi?” si chiese l’angelo, la sua pelle d’alabastro sotto al sole rifletteva ancora di più il chiarore, e non poté fare a meno di pensare che gli occhi gialli di Crowley, in un ambiente così solare e marino, fossero perfetti.
«Non sono mica un vampiro!»
Crowley gli urlò, e quando non udì alcuna risposta, smise di stare a galla come un morto per girarsi ed osservare Aziraphale che lentamente lasciava quel luogo. Nuotò fino a qualche metro a largo standosene a livello del fondale, affondando le mani nella sabbia fredda. 

 

Aziraphale tornò dentro a rassettare, dovendo partire era importante lasciare tutto in ordine, sistemò pergamene, libri, oggetti, decidendo di volta in volta cosa portarsi dietro. «Il diario, pergamene per i disegni.. ah sì, la spada di Alessandro, non si sa mai cosa dovrò affrontare.» parlava tra sé e sé. Sì, Aziraphale miracolosamente riuscì a salvare la spada di Alessandro e per tutti quei secoli riuscì a tenerla immacolata, splendente come la luce del sole, quella spada aveva conquistato il mondo intero, appesa al centro del muro del tempio. L’angelo faticava a non essere triste, perché lo era? Dopotutto era sempre stato così, lavorava da solo, eppure separarsi da Crowley di nuovo.. prima per ben due secoli, adesso di nuovo per un altro secolo. L’angelo non si rendeva conto del motivo per cui si sentisse così, ci sarebbe voluto molto tempo per lui per realizzare la mancanza che sentiva quando rimaneva lontano dal demone per molto tempo.
Qualche minuto dopo era sulla soglia del piccolo abitacolo dell'angelo. 

«Non ti ho mai parlato dei Vampiri, vero? In Pannonia si sono inventati questa storia per cui i morti non-morti.. in realtà non ho capito che razza di esseri sono, però succhiano il sangue e diventi come loro. E altre sciocchezze del genere. Più tardi ti racconto.» Crowley entrò in casa scostando le tende, in cerca del proprio amico.

«Che ti prende angelo? Ah, quello. Sono scacchi.» il demone gli si avvicinò, guardandolo curioso con la testa inclinata di lato. Non era sicuro che Aziraphale stesse bene, ma non riusciva questa volta a decifrarlo.
Quel maledetto ormai sembrava conoscerlo così bene che si accorgeva di ogni cambio di umore. 

L’angelo sfoggiò il migliore dei sorrisi che aveva, non voleva lasciar trasparire nulla, non poteva, assolutamente non poteva permetterselo, lui era un angelo e Crowley un demone.
«A me? Niente, sto solo rassettando e capendo cosa portarmi via, curioso oggetto quello che hai portato.» Aziraphale guardò quegli oggettini a forma di cavallo e di torre, un gioco?
«Spiegami tutte le regole mentre finisco di sistemare, scommetto che ti batterò e ferirò il tuo stupido orgoglio demoniaco.» canzonò l’angelo, pronto a fare il tentatore dal giorno successivo, meglio iniziare da subito, no?

«Uuh, sento parecchia superbia. Si, giochino interessante. Nessun essere umano mi ha ancora battuto. Dunque, Re e Regina. Ci sei?» Gli disse il demone tenendo alti davanti al collega i due pezzi distinti nelle mani. I due occupavano due lati opposti del letto, le gambe incrociate. Crowley era ancora parecchio umido addosso, mentre consumavano la settima partita. Aziraphale si era dimostrato un giocatore esemplare, non che il serpente fatto uomo si aspettasse qualcosa di diverso, o non gli avrebbe mai proposto il passatempo.

Per la prima volta, fu Crowley l’entità loquace nella stanza. Poche volte aveva trovato qualcosa che gli interessasse sul serio, e adesso che l’umanità si era inventata una cosa tanto assurda come esseri che al sole morivano così come con un palo di legno e della verdura che cresce sotto al terreno, gli sembrava un’occasione troppo ghiotta per non condividere. Parlò ridendo da solo delle stesse cose che diceva, rideva della stupidità di quelle creature. Perché sì, le riteneva stupide. Affascinanti, ma idiote.
Di certo quei vampiri erano inquietanti, ma sembravano davvero divertire il demone, così Aziraphale lo lasciò parlare e lo ascoltava, con il sorriso sulle labbra. Muovevano le pedine abilmente, ogni mossa non distava due secondi l’una dall’altra. Erano così concentrati sulla partita e sui racconti folkloristici degli abitati della futura Ungheria, che quasi sfuggì loro la sensazione di domesticità di ciò che stavano vivendo.
E poi, al demone non stava bruciando poco il fatto che stava perdendo.
Doveva vincere. 

 

Il tempo sembrava volare via, quel gioco si rivelò molto interessante e affascinante, Aziraphale se ne innamorò. Non aveva mai visto Crowley così chiaccherone, era strano vederlo ridere e parlare tanto, era.. piacevole, bello, essere lì con lui.
Se già Aziraphale non avrebbe voluto andarsene, il pensiero di dover partire gli pesava come un macigno sul cuore. L’angelo dubitava che per la creatura sua opposta fosse lo stesso, Crowley sapeva bene come divertirsi anche in sua assenza, molto probabilmente non gli sarebbe cambiato nulla.
Aziraphale stava diventando bravo a mascherare ciò che pensava, lasciando che si concentrassero sul gioco.

«Dovresti rinunciare a battermi, vedi, ho vissuto tanti anni in mezzo agli strateghi più brillanti che l’umanità abbia mai visto, quando Parmenione e Nearco pianificavano la guerra con Alessandro, ho imparato tante cose. Gli scacchi sono come una guerra, il trucco è prevedere le mosse del nemico.» disse Aziraphale, finalmente aveva qualcosa con cui prendere in giro un po’ il demone. L’angelo, se era sempre allegro e se sembrava ingenuo, quando giocava a scacchi assumeva un’espressione seria, concentrata, quasi statuaria. Era la stessa che aveva quando era nella sala con Parmenione e gli altri, osservandoli parlare di tattiche di guerra, mentre prendeva appunti sulla sua pergamena. Aziraphale si stiracchiò e scese dal letto, avvicinandosi a Crowley, così da potergli sussurrare:
«E tu sei più prevedibile di quanto pensassi.»
E poi rise, una risata cristallina, mentre si allontanava a sistemare le ultime cose.
«Ah-a, vedremo quanto riderai quando giocheremo laddove si può bluffare signor prevedere le mosse.»
«Mi riposo qualche ora sull’amaca.. poi partirò, se vuoi restare qui, per me va bene, basta solo che tieni in ordine e non tocchi nulla, e soprattutto qui non deve entrare nessuno. A Siracusa puoi fare acquisti e trovare da mangiare, se vuoi.» l’espressione di Aziraphale era un sorriso, però indecifrabile come una scultura, senza dire altro si diresse fuori dal tempio.

Fu una sensazione davvero inusuale, quando quelle parole furono meccanizzate, e processate quel tanto che bastava ad arrivargli dove le mani non potevano. Questo perché con Aziraphale c'era tutto tranne che contatto fisico, di qualunque genere. Ed era comunque in grado di toccarlo, molto spesso lo sentiva sulla pelle. Una sorta di esoterismo che apparteneva alla sfera che riguardava soltanto loro. Era una di quelle sciocchezze che i cartomanti e i maghi diffondevano alle persone per spillare denaro, i legami tra anime, il destino. Crowley aveva sempre trovato che la fantasia degli uomini fosse forbita e colorata, ed era anche uno dei propri tratti distintivi e personali, ed era per questo che quando sentiva loro parlare di certe cose ne restava sia interdetto che ammirato. Ma in quel momento, e se scavava nelle proprie memorie anche in tutti gli altri momenti che trascorreva con Aziraphale, tutto quel blaterare corrispondeva alla realtà.

Lui era l'unica creatura in grado di provocargli quelle esatte sensazioni, ed era qualcosa che francamente non riusciva davvero a spiegarsi anche provandoci.
Ora per esempio aveva la netta sensazione che da parte sua, l'angelo gli stava dicendo addio. E non gli piacque affatto. Perché mandarlo a Siracusa quando avrebbe potuto, come sempre d'altronde, proporgli una scampagnata delle loro? 
Che indicazioni bizzarre poi gli aveva dato. Non toccare niente. 
Il demone andò a sedersi alla scrivania rivolto un po' più a destra verso uno specchio, e si acconciò i capelli in un bella coda alta, poi raggiunse l'angelo alla spiaggia. Trovava che il chiaro di luna fosse il suo elemento, malgrado lui appartenesse alla luce. Il pallore del plenilunio lo rendeva una visione quasi onirica, e inavvertitamente si sentì sorridere da solo. Si appoggiò ad uno degli alberi che sosteneva l'amaca, e posò un piede sul tronco dietro di lui mentre mantenne le braccia conserte, e il volto verso il mare che era ora una distesa di diamanti per il riflesso del satellite. La sua mente era vuota, era il cuore ad essere troppo pieno. Un malessere strano e senza fondo che non sapeva proprio interpretare. Osservò l'angelo riposarsi, ed anche stavolta non lo disturbò. Gli parve così tanto incorrotto che si sentì egoista e profondamente ipocrita, per avergli proposto di giocare sporco e di andare contro i suoi principi per una mera comodità. Gli parve d'essere indegno del pomeriggio trascorso, dello strano rapporto che si era creato, e della sua voce melodica e armoniosa. Si sentiva come se non avesse né permesso né autorizzazione a toccarlo, o a rivolgergli parola, e si chiese nella sua mente quanto tempo ancora avrebbero vissuto quella proibita vicinanza prima che Aziraphale si rendesse conto che lui non era altro che la macchia nera sulla sua veste bianca.

 

Quando Aziaphale si svegliò fu colpito dai primi raggi solari dell’alba, uno spettacolo meraviglioso di luci si creò sull’acqua.
Era arrivato il momento di partire.

Di lasciare quel luogo di pace dove aveva trascorso una giornata serena, felice, come non gli capitava da tanto tempo, forse dai tempi antichi.
Controllò ancora una volta che la casa fosse a posto. Preferì non girarsi verso Crowley, non voleva guardarlo o temeva che non sarebbe più riuscito ad andare via, avendo ancora lo spirito e il cuore pieno del giorno precedente. Il suo sguardo rimase così fisso sull’orizzonte, colorato di azzurro e arancio.
«Allora.. alla prossima. Divertiti.» disse l’angelo spiegando le ali, per poi librarsi in volo.
 


*[tratto dal diario di Aziraphale]

Ricordo gli spalti ricolmi di angeli dagli sguardi decisi e sorpresi, ricordo i bisbigli, le cattive parole sull’angelo dai capelli rossi e sulla sua condotta.. tutti erano d’accordo, il piano di Dio non doveva essere messo in discussione e al minimo dubbio o domanda si metteva in dubbio la condotta dell’angelo. Crowley aveva sbagliato, sì, tuttavia non ho mai dubitato del suo animo, delle sue intenzioni, ricordo il suo sguardo quando lo incontrai, il suo entusiasmo, non erano di un angelo che meritava la Caduta. 

Urlai, cercai di far ragionare gli angeli, cercai di dissuaderli, di dargli una seconda possibilità. Non fui ascoltato, non ero nemmeno un Serafino, solo un Cherubino. 

Ricordo le mie lacrime dorate, ricordo il dolore che provai, piansi tanto quel giorno, senza farmi vedere dagli altri angeli. Ormai non posso fare nulla per cambiare la realtà, ma se potessi riportare Crowley qui con me.. lo farei, anche se probabilmente lui non sarebbe d’accordo.

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Salve a tutti! 
Siamo ritornate con l'appuntamento settimanale! 
Non ci credo, pubblicando, che siamo ancora a questo punto.. 
Dalla prossima settimana probabilmente pubblicheremo più spesso, in quanto ci duole tanto dirlo perché per noi è.. bellissimo e tristissimo al tempo stesso, ma l'abbiamo finalmente portata a termine, e non vediamo letteralmente l'ora di donarvela tutta quanta. Che dire.. a voi i commenti per questo piiiiiccolo scorcetto di vita insieme. 
A presto, e grazie, un grazie infinito a tutti voi che ci seguite e supportate, vi adoriamo.

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Capitolo 6
*** Capitolo V; Wessex. ***


                                                                                              Capitolo V


Multae insidiae sunt bonis - Sono molte le insidie per i buoni

 

800 d.C;

 

Il demone Crowley aveva interpretato l'invito di Aziraphale a rimanere lì non come un pernottamento, ma come una residenza fissa. Ebbe la chiara e netta sensazione che l'angelo volesse mantenere quella piccola abitazione che si era goduto nel secolo scorso, e come tale voleva che restasse integra, intonsa e che il demone gliela conservasse così come l'aveva lasciata. Certo, non era lui il Guardiano della coppia, quindi passarono soltanto una decina di anni prima che la noia subentrasse, e che si rendesse conto che quantomeno doveva sgranchirsi le gambe. La noia era un concetto quasi astratto quando i soggetti erano creature immortali. Lo scorrere del tempo, a differenza di come si potrebbe pensare, non era diverso per loro. Ogni minuto, giorno e anno veniva vissuto con la stessa intensità di un comune mortale. Era l'idea dell' eternità o quantomeno la conoscenza della data di scadenza, che permetteva loro di viverlo in modo diverso. 

Continuarono a scriversi, a informare l'altro puntuali e diligenti verso il patto che avevano stipulato senza bisogno di formare né di stringere la mano. La loro parola era sacra. 

 

A tale proposito, il demone Crowley miracolò scrupolosamente il luogo e gli oggetti che appartenevano alla creatura che glieli aveva lasciati, affinché niente e nessuno li rovinasse, di modo che egli potesse fare ritorno lì ogni qual volta sentiva l'esigenza di un porto sicuro o di uno dei suoi preziosi amici di carta. Poi, informò Aziraphale delle sue decisioni, e migrò nel territorio Inglese, più precisamente in una delle sette divisioni di esso; il Wessex. Il popolo anglosassone nacque a quei tempi da Angli e Sassoni, e cominciò nel tempo la diffusione della lingua che al momento al demone parve la più simpatica, l'inglese antico. Durante questo particolare periodo Medioevale, molti furono i sovrani che cercarono di unire le varie ripartizioni per poter combattere alla pari i Vichinghi, ma soltanto uno, grande amico del demone e primo umano che non gli provocava fastidio o repulsione, riuscì nell'impresa.

 

Alfredo "il Grande" era un uomo dotato di vasta cultura, tanto che promosse l'istruzione e riformulò la legislazione. Crowley influenzò parecchio le opere dell'umano nel destinare fondi per costruire di navi, organizzare eserciti militari e stabilire un metodo di difesa con roccaforti posizionate in specifici sedi strategiche.

Prevedere le mosse del nemico era qualcosa che dopotutto, non riusciva male neanche a un demone non troppo demone come lui.

 

Carlo Magno, personaggio interessante, la sua dinastia sembrava essere destinata a grandi cose. Adesso, l'Italia era in mano ai franchi. I papi e la Chiesa acquisirono un vasto potere, non solo spirituale ma politico.. e Aziraphale non vedeva di buon occhio tutto questo, il potere dava alla testa e corrompeva lo spirito, temeva che la cristianità si potesse macchiare di peccato e avarizia (come era già successo), timori che ben presto si sarebbero rivelati fondati: la Chiesa avrebbe giocato di lì a poco un ruolo decisivo nella storia umana, tuttavia ad Aziraphale importava solo e soprattutto che il messaggio di Dio si tramandi in modo corretto, non avrebbe tollerato nessuna macchia sulla casa del Signore. 

 

Aziraphale aveva ormai quasi terminato il suo periodo di operato, era stanco, spossato, e spesso non aveva avuto nemmeno il tempo di mangiare. 

Indurre alle tentazioni non fu facile, ci mise un po' a capire come.. indirizzare gli umani, ma con il tempo aveva compreso, era davvero facile raggirare gli umani con le parole, dopotutto. Inoltre le difficoltà date dalla scelta della sua sessualità si rivelarono.. complicate da gestire a volte.
I mesi, gli anni passarono da quel giorno, e spesso Aziraphale ripensava a quella giornata sulla spiaggia passata con Crowley, sembrava così lontana ormai. A volte sembrava quasi che non fosse mai esistita.

Prima di tornare, volle assistere all'incoronazione di Egbert in Wessex, così da monitorare la situazione in quel luogo.

Inviò una colomba per avvisare Crowley del suo ritorno, fu piuttosto telegrafico, ma aveva visto troppa sofferenza anche solo per parlarne o avere voglia di scrivere.

 

"Sto per tornare, mi dirigo nel Wessex per vedere l'incoronazione di Egbert, penso sarò lì domani.

 

- Stella Egiziana"

 

L'angelo stava sorvolando su un terreno di guerra tra arabi e franchi, una brutale guerra che Aziraphale non riuscì a guardare quella violenza che si consumava, era assorto e sovrappensiero mentre volava e non si accorse dell'arrivo improvviso di una lancia.. impossibile che un umano l'avesse lanciata a quell'altezza. La schivò in ritardo, ed essa riuscì a colpire l'ala destra.

Aziraphale urlò di un dolore che mai aveva provato prima.

La lancia era intrisa di qualcosa, non era terrena. 

La vista annebbiata dell'angelo scorse una figura molto lontana con dei lunghi capelli neri, due occhi vermigli, un'armatura scura e un ghigno che gli gelò il cuore e lo spirito. Doveva fuggire. Capii subito che quello era un demone,  decisamente oltre la sua portata.
Affannato e dolorante si tolse la lancia urlando di nuovo, e un fiotto di sangue rosso dalle opalescenze in oro si riversò. 

Nonostante la ferita si alzò ancora in volo, ogni battito d'ali era un dolore insopportabile, ma si fece forza e fuggì con tutta la velocità di cui disponeva.

«Vola, piccolo Principato! La prossima volta ti prenderò in pieno!» urlò il demone in piedi sul promontorio roccioso, con una risata sinistra che gelò Aziraphale, non si era mai sentito così impotente, così debole, così terrorizzato

 

Quel volo fu invalidante in modo indescrivibile, quando arrivò nel Wessex il giorno prima dell'incoronazione. Non riuscì a planare compostamente, e raggiunse uno dei boschi così stanco e dolorante che cadde rovinosamente sul terreno, prima sbattendo contro le chiome degli alberi che si colorarono del suo sangue tra l’umano e il divino. Aziraphale si trascinò fino ad una roccia, per fortuna non aveva sbattuto la testa.
«C-Crowley..» riuscì solamente a dire, non sapendo nemmeno se il demone fosse lì. Le ali erano distese sul terreno di un piccolo spiazzo circondato da alberi, i raggi di sole illuminavano l'ala destra che presentava il foro ancora sporco di sangue e di una leggera bruciatura, chiaramente opera di una creatura maligna che non apparteneva a quel mondo. Aziraphale stava lentamente guarendo, ma il suo volto era pallido, una maschera di dolore e stanchezza. Rimase semplicemente sdraiato, doveva riposare. Non riusciva a muoversi, non ancora. 


Inevitabilmente la presenza di un angelo fu captata.
La dannata colomba gli aveva portato giubilo il giorno prima, e sapeva che di lì a poco l’inviato celeste si sarebbe palesato, per assistere tra l’altro ad un evento di cui il demone andava molto fiero. Gli sarebbe piaciuto mostrargli il regno d’Inghilterra, quanto maestoso e singolare fosse, e fu felice del fatto che volesse essere presente a un evento che molto probabilmente avrebbe cambiato ancora gli eventi dell’umanità.

Crowley seppe che l’angelo era lì solo quando un vento diverso gli arrivò addosso. L’aria era cambiata, era pregna dell’essenza di una creatura eterea. Si chiese per un attimo se gli umani riuscissero a sentirlo, loro che professavano di avvertire la vicinanza di Dio in determinati momenti. Si chiese se fosse solo frutto della loro stessa soggezione, o se quando Aziraphale camminava in mezzo a loro, sentivano davvero di essere avvolti dallo Spirito Santo.
Scosse la testa e si liberò dai pensieri, attendendolo a Corte.
Ciò non successe. Né per la prima ora, né per la seconda da quando aveva saputo del suo arrivo.
Così si congedò dagli illustri esponenti del palazzo che ospitava il futuro Re, e s’incamminò verso la sorgente della quintessenza che aveva messo piede nel Regno, poiché più tempo passava, più poteva in qualche modo intercettare un pericolo crescente.
Lo spettacolo che ebbe dinanzi non era niente di ciò che si sarebbe aspettato. Sgranò gli occhi inorridito, e corse accovacciandosi in terra su un ginocchio macchiandosi di sangue angelico.
Fu come scottarsi, ma non ci badò.
«Che cosa hai combinato? Chi ti ha fatto questo?» gli disse senza potere, neanche volendo, mascherare la preoccupazione nella voce.

 

Aziraphale si sentì subito più tranquillo, si sentiva al sicuro.
Era salvo ora, con lui accanto. 

Una mano tremante di Aziraphale andò a stringere quella del demone, come se quel contatto potesse calmarlo, sentiva ancora il terrore nel suo cuore. Prese un bel sospiro, cercando di calmare il tremore e i battiti. 

«U-un demone.. un demone potente.. era così..» la voce dell’angelo vacillò. «Aveva dei lunghi capelli neri, due occhi infuocati, una risata terrificante. Sono vivo per miracolo..» raccontò l’angelo cercando di alzarsi, senza mollare la presa della mano di Crowley.
«Ha detto.. che la prossima volta mi centrerà in pieno.. ho avuto paura, ho visto la follia in quegli occhi, oh Crowley, se lo incontrerò di nuovo, non avrò scampo.» Aziraphale cercò di riprendere fiato, mentre la ferita all’ala si stava rimarginando, ora il terrore di incrociare di nuovo quel demone si fece spazio in lui, ben consapevole fosse al di sopra delle sue capacità, inoltre non era nemmeno nella natura di Aziraphale attaccare qualcuno, fino ad ora aveva solo difeso degli umani, senza però ferire mai. 

Per un momento pensò che, se quella lancia avesse centrato il petto.. non avrebbe più rivisto Crowley per chissà quanto tempo.


Fu un racconto al di fuori della realtà, quasi. Certo Aziraphale non poteva sapere in che tipo di creatura era incappato, ma Crowley certamente si. E la cosa lo spaventò.
I Perduti erano quella categoria di dannati esiliati dal Paradiso, che non conservavano più alcun tratto, alcun valore né alcuna qualità di chi erano stati prima di Cadere. Non più disgraziati, ma creature immonde e laide nell’animo. Carnivori che si nutrivano della stessa sostanza in cui si erano trasmutati, dolore, violenza, disperazione e atrocità. Il loro spirito cambiava così tanto sino a trasformarli in bestie simili a Satana stesso, le loro ali non avevano piume, le corna erano più dure del diamante, e gli occhi con cui guardavano il mondo e il resto delle creature vividi e spaventosi come la lava dell’Inferno stesso.
Ma finora nessuno era emerso in superficie. E poi, Crowley non ne aveva mai visto uno. Essi si aggiravano nei cerchi prossimi al Principe dei dannati, come le bolge dei fraudolenti o dei traditori.
Il viso di Crowley era tirato in una maschera allarmata, ma al momento non poteva rimuginarci. Adesso doveva solo portare Aziraphale laddove avesse potuto riposare e rimettersi in sesto, poiché lui essendo un demone, non aveva alcun potere curativo nei confronti di un angelo. E la cosa non faceva che attorcigliargli le viscere ancor di più. Doveva informarlo della portata del problema, Aziraphale non si sbagliava a sentirsi in pericolo.
«Vieni, ti porto nella mia residenza. Ti presenteremo domani i teologi di Egbert.» Il demone Crowley ripulì entrambi dell’oro sanguigno che aveva fortunatamente smesso di sgorgare dalla ferita, e lo aiutò a camminare sino a quando non furono a Corte.
La stanza di Crowley era ben arredata. Vasi ricolmi di piante, compresa la Stella Egiziana, adornavano tutto il perimetro dell’abitazione, tutte in fila l’una accanto all’altra adiacenti alle pareti. Un grosso letto avvolto da tende velate color cremisi che scendevano dal soffitto. Un tavolo che occupava quasi tutta la stanza, sulla quale vi erano posti perlopiù trofei di guerra, e quello che poteva sembrare uno spazio morto, colmo di oro e di vesti.
Crowley adagiò l’angelo sul letto, e corse a prendergli dell’alcol diverso dal vino, che potesse alleviare il dolore, e degli intrugli che i druidi e i medici del tempo impastavano come sostanza lenitiva. Era l’unica cosa che poteva fare per assisterlo. 

 

Aziraphale si lasciò guidare da Crowley, ed una volta nella residenza si avvolse tra le sue coperte, godendosi la morbidezza delle lenzuola e.. il profumo. Accettò di buon grado gli intrugli di Crowley, anche se non avevano proprio un buon sapore.
«Grazie.» l’espressione dell’angelo era più rilassata, finché non si rese conto di essere davvero nel letto di Crowley. Il letto.

«Ti prego, dimmi che le lenzuola sono pulite e immacolate. Altrimenti dormirò fuori nel bosco.» borbottò Aziraphale guardandosi intorno, conoscendo i passatempi del demone. Ma doveva ammetterlo, quel posto non era affatto male, vide la sua Stella Egiziana in salute e sorrise, si sarebbe dilettato a studiare i Sassoni e la loro cultura, prima però doveva calmarsi e riprendersi.
«Ugh, falla finita! Certo che sono pulite!» Replicò il demone bruscamente con l’aria infastidita, e fece per chiudere i tendaggi intorno al letto. Lasciò solo uno scorcio in modo che i due potessero guardarsi.
«Domani staremo in piedi tutto il giorno, quindi vedi di riposare. Io trovo una sistemazione qui nei dintorni, e domattina verrò per controllarti.»

 

Aziraphale si lasciò prendere dall’agitazione, l’idea di stare tutto quel tempo da solo dopo ciò che era successo.. 

«NO! DORMI QUI!» urlò l’angelo imperativo, mordendosi le labbra e cercando di mantenere un contegno.
«Voglio dire.. non qui con me, non nello stesso letto.. però non andare via, puoi dormire per terra, sul tavolo, oppure ti trasformi in un pipistrello e dormi sul soffitto? Però resta.» chiese l’angelo cercando di nascondere il proprio volto con le lenzuola.
«Non avrei dovuto raccontarti dei Vampiri, a te.» Il demone si massaggiò la fronte al centro delle sopracciglia, a testa bassa, e sospirò gravemente. Era sensato che l’angelo avesse paura, ma.. dal suo punto di vista, tendeva a diventare l’emozione che sentiva quando era tanto, troppo forte. E il demone non era mai stato conosciuto nel corso dei millenni trascorsi come colui che spiccava di pazienza tra le virtù umane. Crowley richiuse le tende e a poco a poco sparì, e optò per la soluzione migliore.

Lentamente, un sonaglio risuonò. Era semplicemente un avvertimento a non spaventarsi ulteriormente, prima che un rettile del deserto mediamente lungo salì il letto fino a raggiungere i piedi di esso, e acciambellarsi nascondendo il volto tra le pieghe del corpo. 

Aziraphale rimase sorpreso, non si aspettava quella soluzione ma era un’ottima alternativa, tuttavia.. non era ancora del tutto soddisfatto. L’angelo prese la forma serpentesca di Crowley e lo appoggiò con un piccolo tonfo sul cuscino accanto al suo. Era da tanto che non lo vedeva in quella forma.
«Qui è perfetto, bella idea.» disse mentre con uno schiocco di dita cambiò veste e indossò una camicia da notte di seta azzurra ricamata in argento, sorseggiò una delle bevande che il demone aveva preparato prima di accoccolarsi, sorridere al serpente non molto lontano da lui, e chiudere gli occhi, ora si sentiva davvero al sicuro. 

Non fosse che, per il povero serpente sarebbe stata una.. dolce tortura? Perché il sogno di Aziraphale fu agitato, e non riuscì a fare a meno di muoversi, e stringere a sé Crowley.
Se solo non si fosse.. avvicinato a quell’angelo nel corso del tempo, lo avrebbe avvelenato a morsi. Gli stava rendendo la notte impossibile, eppure, se dapprima era rimasto sorpreso e sconcertato dal gesto dell’amico e successivamente irritato, non poteva non ammettere dentro di sé quanto stare vicino al volto addormentato di Aziraphale, e stretto al suo corpo, gli facesse bene.
Tutto sommato non fu poi una notte tanto brutta, nonostante la paura nel cuore dell’angelo e la preoccupazione nella mente del demone.

 

Nonostante il sonno smanioso di Aziraphale, egli dormì benissimo come non gli capitava da forse un secolo ormai. Il sole sorse, i raggi dell’alba filtrarono nella stanza e l’angelo lentamente si svegliò.. ritrovandosi letteralmente avvinghiato al serpente, la mano avvolta in una delle spire, il suo muso a pochi centimetri dal viso. Aziraphale scattò su di soprassalto spingendo via il serpente, che finì giù dal letto.
«Che ci facevi avvinghiato a me?! Sei proprio un.. un pervertito, Crowley! Persino da serpente!» gli disse, coprendosi con le lenzuola, come se Crowley lo avesse spiato in quella forma. Il serpente aveva appena finito di rotolare su se stesso sul pavimento quando Aziraphale lasciò l'ala notte dell'appartamento inglese. Un risveglio alquanto brusco.
L’angelo aveva il volto rosso. Era un serpente, sì, ma era pur sempre Crowley, e il corpo era sul suo fino alle gambe..
Oh cielo, che imbarazzo, perché ho dormito qui?!” 

 

Crowley si tramutò sul pavimento stesso nella sua figura antropomorfa, tenendosi il retro della testa con una mano. Restò lì, ed anzi si stese osservando il soffitto.

Come era possibile al mondo che fosse sempre colpa sua? Soprattutto, perché non gli rispondeva mai? 


                                         
                                                       


La corte nobiliare di Wessex era interamente riunita quella mattina, nella Cattedrale di Old Minister, nel Winchester. A parte uno, tutti e sei i regni che componevano quello che in futuro sarebbe stata l’Inghilterra come la si conosce ai giorni d’Oggi, avevano accettato il giovane Egbert come sovrano.
I Cavalieri del regno e le loro eleganti e possenti armature costituivano la splendida cornice di quella cerimonia, e a seguire tutta la House of Lords, Crowley compreso. Nel tempo aveva acquisito, non senza un discutibile seppur sorvolabile miracolo demoniaco, il titolo di Conte. Earl of Winchester, per la precisione.
Il demone presenziava in prossimità dell’altare assieme ai Duca, ai Marchesi ed ai Baroni con le rispettive moglie ed eredi, evidenti e “presunti”, come si soleva dire per un secondo figlio maschio, fiero e spinto dall’amicizia col padre del ragazzo che stava per l’appunto, sostituendo il defunto genitore.
La borghesia era in festa, chiunque a modo proprio fuori le porte delle abitazioni o nelle botteghe dei negozi aveva affisso un qualcosa che celebrasse il sovrano, e all’interno della chiesa, le genti dell’alto ceto sociale appartenenti al popolo assistevano dalle loro panchine in legno scuro, in religioso silenzio. Quelle cerimonie gli piacevano.
La nobiltà in generale gli era vicina, peccando di presunzione forse, era comunque il posto nella quale si sentiva più appartenente, al centro del prestigio. Dopotutto ai tempi d’Oro della sua stessa esistenza, era stato un Arcangelo. Certo, forse un po’ outsider per gli standard, e quella era una caratteristica che tutt’ora teneva. Crowley non era di certo una persona ordinaria, ma non si poteva certo dire che non sapeva stare tra la gente. Di qualsiasi portata.



Il lungo mantello rosso calava finemente lungo la sua figura longilinea sino agli stivali in pelle, lo stemma della Corona all’altezza del petto a sinistra ove il manto era tenuto assieme. Il serpente sulla tempia perfettamente in vista, e solo e soltanto lui aveva gli occhi coperti dagli occhiali scuri, o da qualsiasi altro tipo di occhiale. Dalla sua posizione non poteva vedere che dinanzi a sé, era considerato poco educato voltarsi alle spalle, per cui, per un paio d’oro non poté incrociare lo sguardo dell’angelo.
Quando l’Arcivescovo posò la pesante corona sul capo del sovrano e l’incoronazione fu completa, Crowley applaudì con tutti gli altri, con vigore ed energia. La cerimonia fu meravigliosa, degna di un Re della sua portata.
Lunga, forse noiosa per i canti e i versi a dir poco distesi.
Ed i festeggiamenti a Palazzo iniziarono. 

 

Di certo Winchester ed i Sassoni suoi abitanti avevano un certo fascino, le architetture e gli abiti erano degni di nota, inoltre la loro lingua risultava melodiosa e piacevole.

Aziraphale si vestì di abiti eleganti ma non eccessivamente lussuosi, un misto tra l'oro e il bianco, i capelli biondi erano ben pettinati all'indietro e indossò un berretto, con qualche ricciolo che gli ricadeva sul viso. 

Si presentò come il Signor Fell Magnus di Atene, quindi uno straniero, amico di un certo demone che si era fatto strada nella nobiltà inglese. Aziraphale guardava ogni dettaglio e osservava i nobili, ma non era quello il suo ambiente. Non gli ci volle molto a percepire l'avidità, la lussuria e la corruzione che aleggiava tra molti di loro. La vita di Aziraphale era spesa nel contesto dei filosofi, degli artigiani, degli studiosi, persone certamente più umili. 

 

I festeggiamenti si svolsero in un grande salone pieno di arazzi e con grandi tavole imbandite con tanto di quel cibo che all'angelo si illuminarono gli occhi. Crowley gli presentò diverse persone ed i nobili del paese, ebbe modo di parlare degli argomenti più disparati, e molti rimasero sorpresi di vedere come quello straniero fosse preparato su qualsiasi argomento gli si proponesse. 

Molto più di tanti membri che si professavano "esperti" di certe tematiche. Tuttavia Aziraphale non amava essere al centro dell'attenzione, così si mise da parte come osservatore (non senza spiluccare e bere).

Osservò Crowley nel suo elemento naturale, si muoveva con naturalezza e sinuosità proprio come l’elegante rettile che era, sapeva cosa dire e come dirlo, lo trovò estremamente affascinante.. fu felice di notarlo così a suo agio, così soddisfatto. Almeno finché non si palesò un gruppo di dame che continuavano a stargli attorno per attirare la sua attenzione. Dopotutto era ovvio, lo consideravano un buon partito.. di certo Crowley avrebbe avuto da divertirsi a lungo in quel Regno.

Aziraphale distolse lo sguardo un po' infastidito e stranamente intristito, anche se non lo avrebbe mai ammesso era così da sempre.. dai tempi di Roma; Crowley sarebbe sempre stato circondato da umani di ogni tipo e Aziraphale sarebbe sempre stato messo in ombra, avrebbe potuto pettinarsi, e vestirsi bene quanto voleva, ma non sarebbe mai stato gradevole d'aspetto. Non come quelle dame di certo.

 

Tra i nobili ebbe modo di parlare con il Barone Robert Huntingdon, appassionato di testi sacri, arte, filosofia. Il Barone fu stupefatto nel constatare la vasta conoscenza di Aziraphale del mondo greco, della letteratura e della teologia. Parlarono molto a lungo, l'uomo aveva un chioma di capelli mossi castani e biondi, due occhi verdi come un prato estivo e la pelle chiara, un uomo gradevole, colto, gentile e affabile.

«Si vede che avete viaggiato molto signor Fell, siete un pozzo di conoscenza e informazioni,  il vostro aiuto sarebbe molto gradito all'Abbazia di Winchester, vede stiamo traducendo testi dal greco antico.»

Disse il Barone agitando il suo bicchiere.

Aziraphale accennò un sorriso imbarazzato, era sempre così quando riceveva complimenti.

«La ringrazio Barone, sarò felice di aiutare, mi fermerò qui per un po'. Voglio imparare di più sul Wessex, so che avete tanti testi e miniature che non hanno nulla da invidiare ai franchi.» commentò l'angelo.

«Avrete sicuramente pane per i vostri denti, allora nei prossimi giorni vi aspetto all'Abbazia, dovete percorrere la via principale e salire un po', la vedrete subito.»

 

Aziraphale annuì interessato, e spese molto tempo a parlare dei filosofi greci.

Calato il sole l'angelo si era già seccato di quell'ambiente, nonché della falsità di molti nobili. Inoltre, non aveva voglia di vedere il modo in cui Crowley -seppur involontariamente, o per semplice mansione lavorativa- seduceva mezza corte inducendo in tentazione, così si avviò all'uscita cercando di passare inosservato mentre brindisi e omaggi e grida gioiose acclamavano il Re. Le uniche persone al di fuori della House of Lords erano gli accompagnatori, i sudditi non erano certamente invitati a quel tipo di evento. Loro avrebbero incontrato il loro condottiero nel corso dei giorni a venire durante le sfilate e i discorsi al popolo nelle piazze più importanti. Forse, Aziraphale non sapeva o semplicemente non si era reso conto, sapendo i sassoni essere uno straniero, che si stava godendo quel luogo di festa era perché il Conte di Wessex aveva garantito per lui come suo più uno. Il demone sapeva, o quantomeno immaginava che al suo amico avrebbe fatto piacere confrontarsi con un popolo nuovo, con altre menti e con altre visioni, su tutto ciò che lo aveva appassionato durante la permanenza sulla terra. Purtroppo però Crowley era parte dell'Élite, e non poteva che porgere i saluti a tutti gli altri membri, e per questo dovette separarsi dall'angelo. Non pensava però che una volta ritornato al banchetto di Aziraphale non vi era traccia.

 

Il Barone seguì quello strano e affascinante personaggio che era Aziraphale al di fuori della sala, e gli si affiancò.

«Ditemi signor Fell Magnus.. siete come il vostro amico Conte di Winchester? A Corte è risaputo che è a dir poco complesso entrare nelle sue grazie, difatti nessuno si può dire essere suo amico. Non è un uomo molto socievole, anche se non è di certo solo.»

Alluse il Barone, avendo anch'egli visto come le figlie del Vassallo e del  Marchese, e dei Duca cercassero ogni tipo di pretesto per avere un contatto con lui. Il Barone porse ad Aziraphale un bicchiere.

«Come mai è venuto da così lontano come la Grecia per assistere alla presa al trono del nostro Re?» 

Aziraphale non si aspettava che il Barone lo seguisse fuori dalla sala, tuttavia non poté di certo ritrarsi dal conversare con lui.
L'opinione di Crowley del barone lasciò Aziraphale un po' interdetto, cosa poteva dire? 

«Mi ritengo una persona affabile e incline alle amicizie. Il Conte, beh.. è riservato, ma gentile, non siamo propriamente amici, conoscenti direi.» 

Non erano propriamente amici.. lo stesso Aziraphale non sapeva ancora definire quel rapporto.
«Mi piace viaggiare, non resto mai fermo in un luogo.. queste regioni hanno molto da offrire a livello artistico e culturale, vado dove ci sono nuove cose da imparare.» disse poi per spiegare la sua presenza nel Wessex, sperando bastasse. La sera era ormai calata e faceva un po' fresco, tuttavia le stelle nel cielo regalavano uno spettacolo affascinante. 

Il Barone gli propose un breve giro della Capitale e Aziraphale accettò di buon grado, Sir Robert si dimostrò un'ottima guida, gli mostrò le architetture religiose e i giardini, e l'angelo s’innamorò molto velocemente di quella città. 

«Mi sembra che Winchester sia di suo gusto, Signor Fell.» gli disse il Barone con un sorriso. I suoi occhi verdi sembravano illuminarsi sotto la luce lunare, Aziraphale li trovò quasi magnetici.

«Sì, mi piace, l'architettura è interessante e.. mi piacciono i questi paesaggi, sarò felice di aiutare l'Abbazia. Tempo fa lavorai in una biblioteca in Egitto.»
Il Barone si mostrò interessato al suo lavoro, e Aziraphale gliene parlò ancora.

Le luci delle lampade in città cominciarono a spegnersi, così Aziraphale fece ritorno alla residenza di Crowley, chiedendosi cosa vi avrebbe trovato.. ma aveva già deciso, l'angelo aveva trovato una locanda in cui alloggiare temporaneamente, non voleva guastare i divertimenti del demone, si stava giusto recando da lui per dirglielo.

Gli occhi demoniaci del suo collega lo avevano seguito solo fino a un certo punto qualche ora prima; e poi, con un'espressione delusa e indispettita ed un verso arrogante, era ritornato dentro la sala ove il ricevimento continuava indisturbato. 

 

Gli alloggi dei Signori non erano molto distanti dal Palazzo reale, tutto era strutturato strategicamente perché nessuno dovesse disturbarsi più del dovuto per raggiungere la sede dei propri doveri nobiliari, e ciò definiva infatti il quartiere patronale di tutta la regione. 

Questo comportava anche un dettaglio importante, tutti sapevano esattamente chi risiedeva e dove. 

A tarda sera, quando ormai tutti i vicoli del paese erano bui Crowley tornò in carrozza con alcuni membri della cerchia imperiale, e raggiunse l'ingresso della sua abitazione. Tre dame erano lì, i boccoli perfettamente acconciati, le labbra rosse e il viso pallido, le gote colorite come gli occhi e i loro corsetti stretti. I ventagli sventolavano dinanzi i loro visi puliti e signorili nonostante fuori non ci fosse esattamente una temperatura mite. Educatamente e con un sorriso più divertito che altro, Crowley le salutò con un mezzo inchino e un movimento della mano. Era chiaro che a loro piacesse essere corteggiate, ma il demone quella sera scelse semplicemente di godersi il piccolo e innocuo giochino di scambio di battute, quando Aziraphale tornò. 

Allora, si congedò momentaneamente, percorrendo a grandi falcate la distanza che lo separava dallo straniero. 

«Ti hanno mai detto che la città è meglio se vista di giorno?» le palpebre del demone si assottigliarono.

«Dopo che ti ho invitato apposta per farti conoscere la Corte, ad un evento del genere, sarebbe bello che mi avvertissi quando intendi sssparire

«Il Barone Robert mi ha invitato ad una passeggiata in città, non potevo rifiutare, un uomo molto colto. Inoltre non ti vedevo, eri molto.. impegnato, e vedo che la compagnia non ti manca.» disse guardando le tre fanciulle togliendosi il berretto per salutarle educatamente.
«Ho trovato una locanda dove alloggiare, grazie per l’ospitalità, buonanotte.» Aziraphale cercò di sembrare affabile, anche se dentro di sé alloggiava una tempesta all’immaginare come il demone avrebbe passato la notte, ma dopotutto.. non poteva dirgli nulla, era nella sua natura.
L’angelo accennò un sorriso, facendo per girarsi e andarsene.

 

«Gli uomini colti di cui ti sarebbe dovuto interessare erano quelli dentro la sala del Trono, quelli che ti avrebbero parlato di tutte le idiozie che ti piace sentire, sono loro le menti più brillanti del paese.» il demone alzò il tono della voce di rimando.
Forse, erano due o tre i motivi per i quali il demone stava perdendo le staffe in quella maniera. La prima era che aveva garantito alla corte la presenza di un uomo dall'intelletto sopraffino, e tale uomo era improvvisamente scomparso. La seconda era che aveva completamente dimenticato il fatto che si era proposto egli stesso per illustrargli le meraviglie del Wessex e dei suoi luoghi l’indomani.. e la terza era che odiava dal profondo della sua anima, quando l'angelo si permetteva di decidere al posto suo cosa gli sarebbe piaciuto fare e cosa no. Detestava lui e la sua vocina indisponente, il suo tono e il modo in cui arricciava le labbra e le sopracciglia, quando lo giudicava anche per quello che non aveva fatto. 

Aziraphale si bloccò, girandosi piuttosto sorpreso di sentirlo parlare in quel modo.
«Non alzare la voce con me, Crowley.» disse l’angelo con un tono di voce serio e grave.
«Non so davvero perché tu ti sia preso la briga di inserirmi tra quelle persone. Non sono come te, non amo quegli ambienti, sono ricolmi di falsità, avidità. Non mi sento a mio agio fra loro, non è da loro che voglio imparare. Io ascolto la gente più umile, gli uomini di fede nelle Abbazie e le loro scuole, persone che possono darmi un punto di vista autentico, non veicolato dal potere.» si spiegò Aziraphale stringendo i pugni.
«Ah, sì, perché tu sei il Santo, e sono solo quelli che conosci tu che sono degni di nota.»
«Oh, che sciocchezza! Nessuno ci impedisce di visitare il paese domani come ci eravamo accordati, con la luce, non vedo perché scaldarsi tanto! Tu passi tutte le tue serate in compagnia, non vedo perché non posso farmi una passeggiata in giro.»
«Beh. ‘Notte.» il fastidio era presente nei propri monosillabi, mente si allontanava raggiungendo le dame di corte.

«Come se potesse riconoscerla la falsità, quello.» ovviamente, nessuna di loro comprese la momentanea crisi di nervi. 

Certo era giusto, nessuno poteva impedirgli ne tantomeno fargli pesare tanto l'essere uscito a fare due passi, così come non era compito né facoltà di nessuno criticare il suo modo di passare le notti, eppure, Crowley non lo aveva mai lasciato quando Aziraphale era presente.
Angustiato e ribollente, invitò le ragazze a entrare.
Era davvero stufo delle trovate di quell’uom- di quell’angelo. Alle volte, Crowley si chiedeva se fosse veramente così duro di comprendonio, se interpretasse le cose perché Dio aveva montato nel corpo che abitava il cervello al contrario o solo perché era davvero stupido, o molto più probabilmente perché tutto era tranne che puro e ingenuo e si divertiva a provocargli l’exploit che lo rendeva il cattivo della situazione. Ad ogni modo, lo mandò in un posto che non voleva davvero che lui vedesse mai, e come poche, pochissime volte aveva fatto nella vita, quella sera consumò uno dei rapporti più poco cavallereschi della propria vita terrena. Non si curò nemmeno per un secondo del bisogno degli umani con cui si stava intrattenendo, si concentrò soltanto su se stesso e sul modo in cui incanalava la rabbia, in uno sfogo puramente personale ed egoistico.
Non ne andava molto fiero, ma al diavolo anche quello per stanotte.

 

Aziraphale si diresse adirato alla locanda, pagò la stanza, si spogliò e si distese sul letto. Tuttavia fu molto difficile per lui prendere sonno, e si rialzò.

Fa l’offeso quando passa la notte non con una, ma con tre donne! E sgrida me per aver fatto un giro col Barone! Roba da matti!” si disse l’angelo tra sé e sé sistemando nervosamente i vestiti.
Non importa che io ieri sia stato quasi ucciso, no, pensa alle damigelle dai boccoli d’oro!” sbottò, sospirando innervosito.
Non dovrei stupirmi né aspettarmi nulla da lui, è un demone, io un angelo.. un noioso angelo.” pensò guardando il suo riflesso allo specchio, i capelli ormai spettinati e il volto rigato da una lacrima dorata.

Voleva odiarlo, con tutto sé stesso, ma la verità è che gli mancava tremendamente. Si rimise a letto e si avvolse nelle coperte, non c’era nessun serpente questa volta, era da solo, un po’ di angoscia si fece strada nel cuore dell’angelo, mentre si addormentava.

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Salve a tutti, con una novità!
Non solo abbiamo deciso di portare avanti una Long alla POST S2; ma stiamo anche scrivendo una AU a tema PIRATI, che non appena sarà a metà pubblicheremo!
Che dire, con questi due l'ispirazione ci mangia. Non vediamo l'ora di condividere tutto quanto con voi, grazie un milione di volte per il vostro supporto.
A presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - Atene e Toledo. ***



“I tempi bui; la Rinascita dell’anno Mille” - Basso Medioevo.

                     

Mala tempora currunt (sed peiora parantur);
Corrono tempi cattivi (ma se ne preparano di peggiori).


1000 d.C; 

Il demone Crowley si era ritirato in Germania dopo l’ultimo secolo trascorso, e ne aveva passato un altro interamente a dormire.
Si era trovato una fossa abbastanza accogliente, che aveva poi miracolato perché nessuno potesse trovarlo, perché nel tempo non corresse rischio di andare in rovina, perché niente gli accadesse.
Aveva scelto di chiudere gli occhi ed abbandonare tutto, tutti i suoi doveri.
Era diventato tutto troppo asfissiante, troppo serio. Tutto troppo ingestibile.
Era curioso se si pensava al fatto che avesse affrontato cose ben peggiori, e che forse i momenti di crisi sarebbero dovuto sopraggiungere in specifiche ere addietro, eppure sentiva di dover evadere, poiché troppo coinvolto emotivamente in troppi frangenti che costituivano ormai la sua vita.
E allora, si era risvegliato dal lungo letargo solo cento anni dopo, quando il mondo era in procinto di affrontare l’epoca più violenta, più dura, più incredibile in quanto di più pessimo potesse esistere. Crowley aveva sempre condannato a mani basse gli esseri umani, secondo lui erano tutti peccatori. Bastava uno sguardo affinché si tuffassero senza neanche togliersi le vesti nella laguna di persuasione che dava loro. Tutti prima o poi si rifugiavano in qualcosa che gli dava la possibilità di stare fuori dai loro problemi, dalle loro responsabilità, per poi ritornare come agnellini pentiti in cerca di remissione quando erano soddisfatti della scappatella dalle regole e dalle virtù. Era questo che li differenziava da lui; l’ipocrisia.
Ma dovette anche ammettere a se stesso, che aveva studiato un unico lato di loro nei quasi cinque millenni addietro. Era ora, forse, di appassionarsi a qualcosa che gli umani creavano di positivo.

Quegli anni, come accennato, furono culla di importanti invenzioni, notevoli svolte che cambiarono le sorti dei popoli e del loro stile di vita.
Invenzioni come i mulini ad acqua, come i telai, come gli aratri; l’agricoltura non era mai stata così prospera.
La costruzione delle abitazioni cambiò di struttura, e le case erano più stabili, meglio impalate. Era bello vedere il modo in cui le civiltà si evolvevano trovando anno dopo anno soluzioni che potessero migliorare il lavoro e la routine, e se proprio Crowley doveva peccare anche in quel caso, ciò di cui s’innamorò per modo di dire umano, ciò a cui incominciò ad appassionarsi in giro per il mondo, era l’Astronomia. Antica e prima scienza naturale risalente alla Mesopotamia del 2700 a.C;
Il demone Crowley non era solito alzare gli occhi al cielo stellato, da quando abitava la Terra. Brutti ricordi inondavano la sua mente ultraterrena, quelle stelle non erano altro che un trofeo messo a prendere polvere, poiché la persona che le aveva create, che avrebbe dovuto curarle, non c’era più. Esse erano soltanto come dei soprammobili lasciati su un tavolo infinito, e abbandonate in una casa inabitata. E si odiava ancora per averne perso la potestà, ma non poteva che sentire una scintilla di orgoglio ogni volta che vedeva un essere umano guardarle ammaliato, rapito, come se cercasse di comprendere lo spettacolo in realtà incomprensibile davanti ad egli. Sorrideva quando gli umani cercavano di unire i punti gassosi a miliardi di chilometri di distanza associandoli a figure oggettistiche o animali. Sapeva che le avevano studiate, ma non aveva mai voluto approfondire. Forse era arrivato il momento.
Il demone allora si recò proprio a Babilonia, cercando di risalire ai primi testi che tentavano di classificare le stelle, la loro posizione, avevano addirittura diviso il Cielo, l’intero Cosmo a loro presente, in zone e in parti. Come se fosse possibile una cosa del genere. Non avevano che aggrapparsi a Dio o alla loro fantasia in fin dei conti, e Crowley glielo perdonò. La stupidità non era un peccato, era solo una sfortuna. Era la prima volta che leggeva un libro per piacere personale. Se doveva essere onesto, erano più le risate che gli suscitavano quelle righe.. Alpha Centauri.. che razza di nomi si inventavano. Fantasiosi, questi umani.

 

Si stavano avvicinando tempi molto strani, da una parte colmi di luce: il progresso agricolo ed economico era decisamente senza pari, Aziraphale girava per le città e vedeva sempre più persone in giro, notando la netta differenza rispetto ai secoli scorsi. La congregazione cluniacense fu un’interessante novità nel panorama religioso, le architetture di questi ordini erano a dir poco grandiose, l’angelo aveva assistito ad una parte della costruzione dell’abbazia di Cluny, si trattava di ordini molto ligi al dovere, umili, aiutavano i bisognosi e avevano un’organizzazione interna mediamente democratica, con un’Abbazia che “controllava” che le altre facessero il loro dovere. Le tecniche edilizie e architettoniche migliorarono, la Chiesa stava costruendo cattedrali sempre più maestose, volutamente maestose, per sottolineare la gloria di Dio.. gesto sicuramente apprezzabile, tuttavia non è nel lusso che si trova Dio, ma nell’umiltà e nel dare sostegno ai deboli, concetti che la Chiesa cattolica non sembrava comprendere a pieno, la Chiesa stava andando sempre di più verso la corruzione, l’avidità.. e Aziraphale era molto preoccupato. Passo un secolo a salvaguardare e indirizzare vescovi, preti e fedeli. Erano anni di grande sperimentazione per le costruzioni, si arrivò ad abbandonare la tradizionale copertura lignea per porre una volta in pietra sopra l’aula del sacrificio eucaristico, di qui partirà il motore di quella che in futuro venne definita “architettura romanica”.

 

L’angelo si trovava più a suo agio tra i monaci benedettini o cluniacensi, il loro stile di vita dedito alla preghiera e all’umiltà era molto vicino ai dettami di Dio. 

Certo Aziraphale, volendo, era un po’ menzognero, lui stesso era già caduto nel peccato di gola, tuttavia si dilettava e s’impegnava per evitare che gli altri vi cadessero come aveva fatto lui.
Non è colpa mia, ma sua, di quel demone..” si ripeteva spesso mentre provava una sorta di invidia nell’osservare il modo in cui i monaci erano così dediti al resistere alla tentazione, nel mangiare poco ed evitare l’alcol.
Molti manoscritti e incunaboli venivano prodotti nelle Abbazie e scuole di scrittura, l’arte della miniatura medievale era un campo che affascinava molto Aziraphale, di fatto collezionò molte opere nel corso del tempo, anche quelle di campo arabo e orientale. Era da un po’ di tempo, però, che non vedeva né sentiva Crowley con la stessa regolarità di un tempo.
Ne avevano passate tante nella loro esistenza, il loro rapporto era complicato da descrivere, amici? Potevano essere davvero amici, un angelo e un demone? Crowley gli aveva a piccoli passi dimostrato che forse non era una follia, gli aveva salvato la vita. Si erano fatti persino dei regali. Avevano litigato, amavano discorrere, si tenevano aggiornati sulle loro vite e le loro scoperte, niente che due amici umani non facessero. Tuttavia vivevano decisamente in modo diverso, e comunque a discapito di questo avevano persino deciso di collaborare. Quando Aziraphale scriveva sul proprio diario, sembrava evitare volutamente l’argomento poiché non sapeva dare una definizione di quel rapporto, della mancanza che sentiva, della confusione, delle domande, dei momenti vissuti e dei ricordi. 

Al di là di tutto, non potevano permettersi il lusso di decidere cosa provare, ma era davvero possibile controllare le emozioni, i sentimenti? Aziraphale aveva una conoscenza immensa, eppure quegli argomenti gli rimanevano oscuri nonostante i secoli vissuti tra gli umani.. perché i sentimenti tra gli umani erano diversi, non si potevano paragonare alla loro condizione. 

Per quanto fosse confuso, per quanto volesse rimanere cieco (forse perché affrontare la realtà era troppo complesso), Aziraphale sentiva la mancanza di quel rettile indisponente.
 

Si può sapere dove sei finito? Ti ho mandato una colomba ma è tornata indietro. 
Non fare scherzi, se ti sei nascosto di sicuro ti troverei.

-Stella Egiziana

Suddetta colomba quella volta non dovette ritornare da dov’era venuta.
Eppure quando trovò Crowley che destatosi dal suo letargo si era recato in Cina, sembrò guardarlo con aria di rimprovero. Il demone dovette cacciarla via più volte per convincerla a portare il suo messaggio ad Aziraphale, ma ella si decise a lasciarlo soltanto dopo che la creatura satanica le accarezzò ben bene il dorso e le penne, e dopo averle dato in premio -in scusa, Crowley sospettava- del riso prima inumidito, e poi gonfiato col calore del fuoco fino a diventare soffiato. Che cosa aveva da guardarlo in quel modo quell’uccellaccio, non ne aveva idea.
Un paio di volte aveva creduto che Aziraphale resuscitasse sempre la stessa colomba nei secoli dei secoli, poi si diede del pazzo e si decise a posare tutte le carte che stava esaminando.

“Ma tu lo sapevi che gli umani contano i giorni in base alle mie stelle?

P.s: Sarò in Grecia la settimana prossima, a studiare Anassimandro. E’ quello che ha messo un palo su una ruota con dei buchi e ha capito a che altezza si trovano il sole e la luna dall’ombra. Quello che ha capito che ruota tutto attorno a un asse.. qualcosa del genere.”

Con questo non voglio dire che hai ragione sui Greci, scrisse, ma poi scarabocchiò a regola d’arte.
Era stato in Egitto nel corso di quell’anno.. aveva apprezzato il meraviglioso ingegno del popolo. Crowley trovava gli Egizi il popolo più straordinario che era vissuto, a suo tempo. Certo, rude, superbo.. molto, molto peccaminoso in termini di religione ma, tutto sommato gran parte delle intuizioni e delle scoperte apparteneva loro. E poi, le Piramidi.
Gli Egizi avevano scoperto che ogni determinato periodo di pleniluni diluviava, e avevano imparato a basarsi su quelle notti per la raccolta dell’acqua. E avevano così inventato il calendario lunare estremamente preciso, che contava trecentosessanta giorni a cui poi in Cina dov’era adesso ne avevano aggiunti altri cinque.
Crowley era senza fiato. Niente lo aveva mai appassionato così tanto come l’osservazione dei grattacapi logici e delle processazioni delle creature di Dio nel fare della sua Creazione una guida per la navigazione, per i raccolti, per la conta degli anni. Era a dir poco affascinato. Lui aveva solo tappezzato l'Universo in modo che la sua Nebula fosse.. bella, e ampia.
Ed era impaziente ed eccitato di condividere tutto con Aziraphale. Voleva che sapesse. Voleva che condividessero ancora il manto del Cosmo, come piaceva a lui stavolta. Stavolta avrebbe ascoltato l’angelo.
L’angelo rimase a dir poco.. stupefatto dal messaggio di Crowley. Per un momento pensò l’avesse scritto da ubriaco o che fosse nei guai, eppure era tutto autentico. Crowley stava studiando qualcosa, qualcosa che non fosse un sotterfugio, una strategia, l’intimità di una donna, di un uomo o il fondo di una bottiglia.
Incredibile. 
Aziraphale non poté che essere felice nel vedere l'entusiasmo nei suoi occhi, quel giorno che s’incontrarono. 

Per un momento, sai, mi è sembrato l’angelo che ho conosciuto, ho rivisto quella stessa luce negli occhi che… che mi era mancata tanto, che ho sempre amato[dal diario di Aziraphale].

Il demone Crowley sapeva che l’implicito invito sarebbe stato colto, e infatti, sette precisi giorni dopo erano seduti ad un tavolo con decine e decine di appunti del demone e di testi e mappature interamente disegnate a mano dei terrestri. Crowley gliele indicò come un bambino quando comprende per la prima volta come mettere le figure geometriche nella giusta buca di forma analoga.
«Tu capisci, angelo? Capisci che cosa si sono inventati? Io ho solo fatto fare kaboom e loro adesso ci campano, costruiscono un puzzle. Costellazioni, traiettorie.. devo fartele vedere fuori, stanotte.»

 

L’angelo ascoltò tutto con pazienza, sorridendo di tanto in tanto e provando a ricordare se aveva mai trovato testi sullo studio delle stelle. Di sicuro c’era qualcosa, bastava cercare bene.
L’invito a guardare il cielo lo colse di sorpresa, sarebbe stato come quando si erano conosciuti?
«Sarò felice di vedere le stelle, Crowley.» rispose l’angelo sorridendo. «Finalmente ti sei appassionato a qualcosa, sono contento, sarò lieto di trovare dei manoscritti che fanno al caso tuo. Io ho potuto assistere all’evoluzione architettonica degli ultimi anni, sbalorditivo, stanno cambiando tante cose..» disse l’angelo scarabocchiando sul suo blocchetto dei disegni, provando a riprodurre alcune delle mappature che osservò da Crowley. 

 

«Puoi raccontarmelo mentre guardiamo.» 

Annuì il demone impaziente di definirgli le scoperte degli umani, e poi mostrò ad Aziraphale la sua mappa preferita.

 

 

Qualche ora dopo aver blaterato sino a far fumare il cervello dell'angelo, rimise a posto tutte le carte -stando attento a rubare senza che gli occhi dell'angelo potessero scorgerlo una delle riproduzioni di Bellatrix che aveva disegnato assieme ad altri corpi astrali-. 

Si arrampicò in maniera aggraziata sul tavolo e si stese, i capelli lunghi sino alla vita stavolta che pendevano liberi in crini lisci al di fuori della tavola piana. Invitò Aziraphale a fare lo stesso, e poi fece come per accarezzare l'aria con la mano destra, il braccio lungo davanti a sé.

 


 

 

Poco dopo, il soffitto della casetta era come sparito, e tutte le lampade si erano affievolite fino ad estinguere ogni fiammella. In realtà era solo divenuto trasparente, lo aveva solo scolorito, e una meravigliosa distesa blu ricolma fin quasi a scoppiare di punti luce nel cielo di Atene era ben visibile ai loro occhi. 

Crowley indicò una costellazione, e la disegnò nel nulla in modo che Aziraphale potesse collegare i punti aiutandosi col suo gioco di movimenti.

«Lo vedi il Leone?» Crowley alzò leggermente la testa da steso per osservare la concentrazione sul volto dell'angelo. In maniera genuina avvicinò la testa alla sua per avere la sua prospettiva a qualche centimetro di differenza, e raccolse la mano dell'angelo che come lui stava disegnando nell'aria, e la guidò.

«Questa è la testa.. queste le zampe anteriori.. lo vedi adesso?» Gli chiese, lasciandogli la mano sospesa.

Si conoscevano da così tanti secoli.. eppure Crowley non aveva mai parlato così tanto come quel giorno. Aziraphale era ancora stupefatto, era contento per lui. Lo seguì assecondando il suo desiderio, dopotutto sembrava davvero felice di condividere tutte quelle cose.. come lo fu Aziraphale ad Alessandria, quando gli raccontò di tutti gli scritti perduti della Biblioteca; almeno Crowley non aveva perso nulla, gli scritti su quegli argomenti erano rimasti intatti e leggibili. Di certo i capelli del demone erano davvero lunghi, per un soffio l'angelo non se li ritrovò negli occhi. Aziraphale era concentrato nell'individuare le costellazioni, quando sentì Crowley avvicinarsi davvero tanto, e quando gli prese la mano.. l'angelo si agitò e si sentì andare a fuoco il viso. «S-sì, lo vedo bene.» borbottò cercando di mantenere la calma, perché ogni volta che si avvicinava al demone aveva quella reazione? Perché non poteva rimanere semplicemente normale
Aziraphale si chiese, per un momento soltanto, perché fosse lì a guardare le stelle con Crowley in quel modo. Ma soprattutto si chiedeva che cosa significasse per Crowley.. un passatempo da condividere con un amico?
Sì, probabilmente era così e l'angelo si stava facendo troppe elucubrazioni mentali, non c'era niente di male, doveva calmarsi. Il loro primo incontro non aveva nulla a che fare con tutto questo, era solo una coincidenza, di certo Crowley nemmeno ci stava pensando.
Mentre Aziraphale non poté fare a meno di collegare i due episodi. L'angelo cercò di rimanere concentrato su quei maledetti puntini luminosi, cercando di non pensare a tutto il resto. 

 

 

Era tutto tanto bello da essere sbagliato, a rigor di logica avrebbe dovuto costituire un campanello d'allarme.
Erano così esposti a Dio al di sopra di loro e perfino delle stelle stesse, che avrebbero dovuto costruirne altre cento di tettoie per nascondersi, per evitare di essere scoperti. 

Eppure a Crowley piacque in quel momento pensare che magari Dio era troppo lontano per riuscire vederli, che le stelle gli facessero da specchio, così come era impossibile per loro e per gli esseri umani vedere al di là di una vastità talmente profonda. Forse nessuno di loro riusciva a vedere l'altro lato del cielo e andava bene così, perché si sentì sicuro che anche Dio ogni notte si sporgeva dal suo tempio d'Oro al di sopra di tutto per osservare le stelle, e ammetteva d'esser fiero di Raffaele, per avergli creato uno spettacolo tanto sorprendente, di una beltà rara e irreplicabile, in grado di ipnotizzare l'occhio più cieco. Ed era così tanto concentrato ad osservare le costellazioni, che non badava a un angelo e a un demone ad anni luce di distanza fare la medesima cosa, fianco a fianco, in una notte senza nuvole della Grecia.

Fu una delle notti più intense della loro strana e ineffabile conoscenza. 

«Grazie per avermi spiegato tutto questo, dopotutto tempo fa ti ho trattenuto tanto a parlare di testi perduti..» disse l’angelo con una leggera risata, ricordando come occupò Crowley per un intero pomeriggio.
L’angelo si mise seduto, e guardò un attimo il demone.
«Dovresti tagliarti i capelli.. prima mi stavi accecando. Se vuoi posso farlo io, ho un barbiere che è un caro amico e ho imparato. Come li vorresti?» gli propose, sperando di non risultare inopportuno. 

Crowley iniziò ad avere un piccolo presentimento. Ogni qualvolta aveva i capelli più lunghi di venti centimetri, Aziraphale lo rimproverava. Che in Paradiso ultimamente avessero stabilito che fosse peccato? Lo guardò un po' accigliato. Adorava i suoi capelli. Ma si fidava della veridicità delle sue parole.
«Uhm.. taglia tutto quanto di netto. Stravolgiamo tutto.»
«Mmmh..» Aziraphale iniziò a riflettere mentre miracolosamente apparvero gli attrezzi, le forbici e una bacinella piena d’acqua.
«Userò dei prodotti che ho inventato io con la vegetazione terrestre, risultato garantito.» spiegò iniziando ad armeggiare con ampolle e recipienti.
«Per il taglio.. posso farti qualcosa di simile a quello che avevi..» Aziraphale si bloccò, stava per dire “a quello che avevi a Roma quella sera alla festa”, ma così avrebbe dato l’idea di ricordarsi molto bene il suo aspetto di quella volta, che tra l’altro era svestito.

No, decisamente inopportuno.

«Mh, te li taglio fin sopra le spalle magari, e li lascio mossi, che ne pensi?» chiese sospirando per aver avuto la prontezza di essersi evitato una figuraccia.
«Mi va' l'acconciatura.» Il demone annuì, e si lasciò completamente guidare dall'angelo mentre egli gli immergeva la testa nella bacinella d'acqua ove flora di vario genere era in ammollo. Sentì l'acqua impregnargli i lunghi e folti crini e la frescura sul cuoio capelluto, e poi una densa pasta che l'angelo prese a stendere e massaggiargli tra le radici. Senza che potesse controllarlo, sospirò soddisfatto, la lingua biforcuta che quasi danzava da una spiraglio fuori dalle labbra sottili. Poi, si rialzò e il tipico rumore dell'acqua che scorre secondo gravità fu l'unico suono nella stanza. Poi.. la sua testa si fece molto più leggera, quando tutto gli fu tagliato.

Sul pavimento, corde di crini rosse erano sparse alla rinfusa, e le mani di Aziraphale stringevano le punte nei palmi sino a dargli la classica forma ondulata. Crowley sorrise appagato.

Aziraphale non se ne rese conto al momento, ma era davvero felice di tagliare i capelli di Crowley, lo trovò divertente e rilassante. Ma ci voleva un tocco finale. «Non abbiamo ancora finito, ho usato diversi fiori, un po’ di miele.. e ho creato questa crema che ammorbidisce e dà un bell’effetto alla chioma asciutta.» spiegò, avrebbe davvero potuto aprire persino una bottega per questi prodotti di sua invenzione. L’angelo prese un po’ di crema chiara tra le mani e iniziò ad applicarla sulla testa del demone, con massaggi circolatori che partivano dalle tempie, andavano al centro della testa per poi finire sulle lunghezze. Le mani di Aziraphale erano decisamente angeliche, aveva un tocco delicato, ma deciso. 
Infine, risciacquò ancora una volta, accarezzando la testa di Crowley per togliere i residui, probabilmente in tanti secoli insieme non gli aveva mai riservato tante attenzioni.. ma per Aziraphale fu tutto naturale, come se l’avesse sempre fatto, come se fra loro fossero sempre esistiti quei tocchi, quelle premure. 
Asciugò con un panno e con un piccolo miracolo i capelli del demone erano asciutti, mossi, luminosi, quasi riflessati d’un dorato dato dai prodotti usati e da un certo tocco angelico. «Spero ti piacciano.» gli disse, dato che per tutto il tempo non spiccicò parola, sembrava.. mezzo addormentato? «Mh, belli veramente..» mugugnò il demone che per l'intero processo non aveva fatto che stare ad occhi chiusi e un'espressione quasi esatasiata. «Ti tieni le tue scoperte tutte per te, eh angelo, sia mai che gli umani attingano da te e non il contrario..» disse decisamente assonnato, e infine si addormentò con un sospiro.

 

1200 d.C, Spagna, Toledo.

 

Gli anni appena trascorsi furono.. molto difficili per l’angelo. La lotta per le investiture si concluse nel 1122 con il Concordato di Worms, fu un periodo stressante e quasi tragico per Aziraphale, che vide la Chiesa, la casa di Dio, corrompersi fino alle ossa nonostante i suoi sforzi. Aziraphale sparì per molto tempo senza mai mandare una colomba, il suo cuore era pesante, c’era troppo da fare, le persone si ammalavano, i papi non comprendevano il reale messaggio di Dio. Tante sere, l’angelo, si addormentava tra le lenzuola con il volto rigato d’oro, la sua espressione era cambiata, l’allegria e l’ingenuità che lo contraddistinguevano lasciarono spazio a profondi solchi oscuri e ad un volto provato e serio, non voleva farsi vedere da Crowley in quello stato.. l’umanità lo stava consumando. Tra la corruzione e le epidemie, Aziraphale si diresse dagli ordini mendicanti per aiutare gli infermi e i bisognosi, ma era un lavoro a dir poco estenuante, di fatto perse anche parecchio peso.. sarebbe stato felice di averlo perso, ma guardandosi allo specchio non stava meglio, anzi, sembrava quasi malato. Il suo corpo stava assorbendo l’umanità, forse troppo, e poteva essere pericoloso, ma Aziraphale ormai sembrava non badarci più di tanto, impegnato com’era dall’ aiutare le persone. 

Toledo in seguito ad una guerra civile fu riconquistata dagli spagnoli di Castiglia, dopo essere stata governata da Ferdinando II di Léon. La città presentava rovine romane come un acquedotto e il circo, pullulava di conventi e Chiese, una città misteriosa, affascinante da girare.

Nella casa di una famiglia povera vi era una ragazza malata, Aziraphale ricevette le direttive da uno dei frati, così si diresse lì percorrendo la strada esterna al circo romano. I dottori non sembravano essere riusciti a fare molto per lei, forse Aziraphale poteva compiere un piccolo miracolo, dopotutto Gabriele sembrò non ammonirlo troppo quando aiutava gli infermi.
Quando entrò in quella casa si sentì come schiacciare da una forte.. pressione, una forza oscura. Qualcosa non andava. L’aria era pesante, quasi soffocante per l’angelo. «Non sappiamo davvero più che fare, i dottori non trovano una cura, possiamo solo affidarci a Dio..» disse la madre in lacrime, e all’angelo si strinse il cuore. «Non pianga, mi dica esattamente che cos’ha..» 
«Non è più la stessa, si comporta in modo strano.. non mangia, sembra quasi non riconoscerci, forse ha perso la memoria?» Aziraphale si accigliò un momento, e provò a dirigersi nella stanza della ragazzina. 

Era sdraiata, immobile, con gli occhi rivolti al soffitto.. non sembrava avere ferite o sintomi esterni evidenti. Provò a parlarle, nessuna risposta. Nemmeno lo guardava. Passò del tempo e l’angelo era sempre più inquietato.
Quando si decise a cercare di comprendere cosa la affliggeva, disegnando una croce nell’aria con la mano destra, la piccola scattò la testa nella sua direzione, con gli occhi iniettati di sangue.

«Pessima idea venire qui, angioletto.» la bambina improvvisamente parlò con una voce che gelò il sangue di Aziraphale, che la guardò esterrefatto. Una voce sinistra e gutturale, il volto della ragazzina era.. diverso da un comune volto umano. Poi, iniziò a parlare in Aramaico antico tra le risa sguaiate, e Aziraphale corse fuori dalla stanza chiudendola a chiave, spaventato e con il respiro irregolare.
«C-ci vuole uno specialista signori, lasciate che lo chiami e risolverà t-tutto..» disse l’angelo con voce tremolante. Non voleva vedere Crowley, non ridotto così, ma non aveva scelta, doveva aiutare quella ragazzina.
Mandò subito la colomba, a cui intimò di volare in fretta.

Crowley, devi venire subito a Toledo.. c’è una persona in difficoltà e serve il tuo aiuto. Qualunque cosa tu stia facendo, interrompila e muoviti! Vicino al circo romano, DOMANI.
- Stella Egiziana

Non molto lontano in Occidente, Crowley aveva dei sentimenti più che contrastanti. Era felice che l’idea di addormentarsi per un secolo intero gli fosse venuta duecento anni prima e non recentemente, altrimenti si sarebbe perso un circo niente male che era quell’epoca Medioevale.
Dall’altro lato invece desiderava talvolta non essersi mai svegliato, perché ciò che stava accadendo lo disgustava. Prima di tutto, il pullulare di sporcizia e la proliferazione di malattie era insostenibile, e chissà per quale assurdo motivo le persone non raccoglievano ceppi d’albero nei boschi di cui disponevano o anche qualsiasi accidenti di cosa bruciasse, per scaldare l’acqua che raccoglievano dal fiume e lavarsi regolarmente anziché aspettare solo i periodi caldi dell’anno.. e i restanti mesi restare lerci e sudici.
Non comprendeva, eppure il prurito sarebbe dovuto essere insostenibile, specialmente per le zone private che guai azzardarsi a toccare, figurarsi lavare, sia mai cadessero in tentazione di darsi un po’ di amor proprio. Ma dopotutto parlava di persone che sulla testa e nei peli pubici coltivavano interi ecosistemi, di che cosa mai si lamentava se i vestiti fossero macchiati fino a essere indistinti per colore.

Per questo, Crowley nel secolo addietro, in quello corrente e nel restante paio futuro si sarebbe minuziosamente astenuto da qualsiasi forma di contatto.
Era possibile mai che degli esseri tanto intelligenti in grado di costruire navi a mano e sculture perfette partendo da enormi blocchi rettangolari, e arrivare fino in capo al mondo sulle acque come oceani per mesi interi fossero così stupidi da credere a qualsiasi cosa dicesse loro la Chiesa? Era mai normale che si regredisse anziché svilupparsi, mentalmente parlando?
Il demone non riusciva a capacitarsene. Il potere del Cristianesimo e di chi ne era al comando era tale da aver trasformato tutte le genti in un gregge di pecore, avevano imposto loro un timor di Dio che Lei stessa, se solo avesse saputo -perché per non intervenire doveva certamente essere all’oscuro di tutto, credeva fermamente Crowley- avrebbe organizzato una seconda venuta di Gesù Cristo, e stavolta, avrebbe proprio voluto vedere se avrebbe accettato di farsi rimettere in croce per una banda di smidollati del genere.
Loro si che non meritavano perdono, altroché. Poi, il demone si rese conto praticando la borghesia in ogni parte dell’Occidente, che non avevano paura di Dio, ma dei loro padroni terreni. Altrimenti, non c’era una logica alle atrocità e alle cose talmente macabre e oscure che facevano per ovviare alla legge.
Per esempio, cucinare i neonati o gettarli nel fiume o soffocarli in culla quando avevano una gravidanza indesiderata o quando le bocche da sfamare erano diventate troppe da permettersi un figlio, solo perché per legge era peccato abbandonarli. Il demone Crowley infatti, andava e veniva dal Limbo a causa dell’esponenziale crescita numerica delle anime da controllare, in concomitanza anche alla morte dei bambini per stremo delle forze nei campi di lavoro.
E queste pratiche di devianza dalle punizioni quali multe che non potevano permettersi o torture di natura fisica come forca o frustate, innalzavano loro le scappatoie da adottare, e resero quel periodo il più buio che l’umanità avesse mai visto. Con tutte le guerre che avevano affrontato in special modo gli appartenenti alle basse classi sociali, che cosa li spingeva ad arrivare a tanto anziché rivoltarsi contro questi dittatori vestiti d’oro e di croci, Crowley proprio non lo sapeva.
La colomba che planò sul proprio davanzale stavolta si augurava fosse un messaggio di pace da Dio, di nuovo, ma non c’erano più speranza né all’Inferno e né sulla terra.
Crowley si sentì allibito, non sapeva esattamente cosa pensare. Non aveva mai ricevuto un’istruzione da Aziraphale tanto intrisa di urgenza.
Il demone incontrò l’angelo in quel luogo di desolazione e miseria, e la prima cosa che notò era che fosse smorzo. E la cosa non gli piacque affatto.
Quando Aziraphale vide arrivare Crowley, si sentì subito più tranquillo e sereno. 

..Almeno finché il demone non aprì bocca. «Non saprei dirti dove sono messi peggio, angelo. E’ tutto così.. gne.» Asserì Crowley guardandosi intorno arricciando il naso in segno di ribrezzo. «Perché mi hai chiamato per aiutare una ragazzina? Ti sei rotto di questo periodo e vuoi prenderti una vacanza? Posso capirlo, ma non so se altrove trovi qualcosa di meglio di questo.» 
«Ti avverto Crowley, sono sull’orlo di una crisi di nervi, perciò evitiamo le battutine e seguimi, c’è di mezzo qualcosa di demoniaco qui!» disse l’angelo con voce seria e grave, non sapeva cosa avesse fatto tutto quel tempo il demone, ma Aziraphale, dopo questo, di certo se ne sarebbe volato via lontano da tutti, ormai non reggeva più niente. 

Guidò Crowley nella casa di questa famiglia vicino al circo, in un’abitazione modesta.
«Ti presenterò come il mio assistente, questa ragazzina ha iniziato a parlare in Aramaico e aveva una voce terrificante.. è la prima volta che lo vedo. I demoni possono.. entrare dentro la gente?!»
«Nahhh non spaventarti.» tentò di convincerlo mentre stava con lui dietro la porta chiusa. Aveva già visto questo genere di cose, Crowley. Quando Aziraphale gli dipinse il quadro della situazione, mutò le proprie vesti come fossero quelle di un sacerdote. Per esperienza, gli umani si fidavano se avevi il colletto. Per la croce seppur avrebbe potuto materializzarne una non consacrata aveva desistito, per paura di sciogliersi.
Quando Aziraphale lo vide con quella veste per un momento non cacciò un urlo, Crowley in veste sacerdotale era.. assurdo, inconcepibile. Sensuale, inguardabile.
L’angelo entrò e salutò nuovamente i genitori che li accolsero con volti stanchi e tirati, e la creatura eterea portò il demone alla stanza.

«Non so se voglio entrarci di nuovo qui, Crowley.. vai avanti tu.» e l’angelo rimase ben nascosto dietro il demone, sussurrandogli per non essere ascoltato dagli umani appena dietro di loro. Il demone si schiarì la gola.
«Darò un’occhiata col mio collega, ma vi assicuro che è davvero improbabile che un demone abbia profanato la vostra figliola, starà solamente ammattendo. Non sarebbe la prima..» Crowley tranquillizzò i genitori, e si rivolse poi ad Aziraphale una volta che li ebbe congedati bruscamente.
«In questo periodo sono tutti quanti convinti che Dio abbia piazzato soldati angelici sul soffitto e alle finestre pronti a fulminarli sul posto appena camminano nel modo sbagliato. Si sono fatti fottere il cervello, vedrai che è un altro caso di soggezione. I ragazzini sono le vittime peggio messe, sai quanti genitori le costringono a esorcismi perché loro sono convinti di essere maledetti? Guarda caso poi sono tutte femmine, questi demoni beffardi che entrano loro dai genitali, eh?»
Crowley aprì la porta.. e la richiuse di botto.

Alzò le sopracciglia, e portò la bocca all’insù come se fosse meravigliato.
«Beh, questa qua finge bene.» La ragazza infatti, era -seppur legata- in ginocchio sul letto con il busto all’indietro e la testa tra le gambe, in mezzo alle gambe, degna del migliore contorsionista. Aziraphale si fece nuovamente il segno della croce.
«Oh cielo, oh buon Dio.. che cos’è quella cosa?! Non voglio guardare, non voglio guardare!» gemette Aziraphale rimanendo voltato accanto allo stipite della porta, mettendosi le mani sul volto e scuotendo la testa..

Perdonaci Dio, lo facciamo per il bene di una ragazzina..” si disse tra sé e sé, seguendo Crowley. L’angelo si sporse da dietro la spalla del demone per guardare, e appena vide lo stato in cui versava la ragazzina che aveva iniziato a emettere versi inquietanti da dentro la stanza chiusa, emise un sussulto inorridito.
«Ti prego Crowley fai finire questo incubo.. non dovrei neanche pregarlo un demone per amor di Dio..» borbottò l’angelo, rendendosi conto che aveva appena pregato Crowley.
«Lo sai vero che se tu quello che in nome di Dio li deve allontanare? Vuoi vedermi bruciare vivo per caso? Nemmeno posso reggere una Bibbia!» e dopo aver ponderato che litigare non sarebbe stato di alcun aiuto, Crowley riaprì la porta e tutti e due, con molta calma, entrarono.
«Allora, stai comodo lì dentro?» Crowley disse rivolgendosi alla creatura dentro la ragazza. Lei sorrise in un modo che un essere umano non avrebbe potuto fare muscoli non permettendo, e si sporse in avanti.
«Lo sai dove starei comodo? Nel grosso didietro dell'angelo. Perché non esci e lo lasci a me? Ho voglia di sbattermelo da sotto la veste bianca finché non mi prega di continuare.» La blasfemia non solo era chiara, ma anche emanata con una duplice voce, al maschile. Aziraphale rimase semplicemente attonito e disgustato dalle parole del demone, nessuno si era mai rivolto a lui in quei modi. E poi come osava dire che avesse il didietro grasso? Aveva perso peso!
Crowley si accigliò, ma parlo a braccia conserte con un'espressione pacata e per niente disturbata. 
«Non so quanto ti convenga, igienicamente parlando è un periodo particolare.»
«Ehi! Guarda che io mi lavo!»
«Così non mi aiuti!!» 
Dopo che i loro occhi si furono incrociati per un attimo e Crowley si sentì quasi strangolare dallo sguardo orripilato e assassino dell'angelo, così sospirò irritato e tornò a rivolgersi alla ragazzina.
«Bene, vuoi l'angelo? Lui non verrà lì, quindi lascia in pace la marmocchia e raggiungilo.» Sfidò Crowley, con una mano sul fianco e l'altra ad indicare Aziraphale in segno di invito.
Crowley effettivamente non poteva tenere in mano una Bibbia né un Vangelo, così Aziraphale con agitazione tirò fuori la sua fidata Parola di Dio, manoscritta e miniata realizzata in Francia.
«Andiamo angelo, fai il bravo agnello di Dio e sacrificati per l'umana.» L’angelo gli lanciò un’occhiataccia.
Aziraphale non aveva mai svolto un esorcismo, però ne aveva letto da qualche parte, così tornò con la memoria a quelle parole lette, innalzando la Bibbia e benedicendo l’acqua della bacinella posta ai piedi del letto.
«Oh cielo, spero che funzioni..»
"Tanto Crowley è.. Crowley, lui è il più forte tra tutti i demoni", Aziraphale lo aveva sempre pensato, in modo naturale quasi. 

E invece, Crowley stava letteralmente sudando, ben rifugiato in un angolo della stanza. Non appena aveva visto l'angelo benedire l'acqua e tirare fuori i testi sacri, se solo non avesse saputo che la ragazzina sarebbe stata il bersaglio si sarebbe rifugiato sotto le coperte con lei. 
Il demone si sentiva asfissiato dalle preghiere, e aveva una paura matta di essere nella traiettoria di una qualsiasi goccia d'acqua.

Sancte Deus, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute in infernum detrude. Amen.”
Recitò Aziraphale schizzando acqua benedetta verso la ragazzina, inorridito, stanco e provato da tutto, ovviamente nemmeno ci pensò al fatto che Crowley fosse vulnerabile all’acqua santa, ma sembrava stesse funzionando. L’aria si fece più rarefatta e improvvisamente ci fu una luce abbagliante. Aziraphale si coprì gli occhi correndo verso Crowley che non si fece problemi a usare come scudo qualunque cosa stesse succedendo a quel demone. Quando corse dal demone Crowley, egli raccolse una sedia e la mise in orizzontale davanti a loro, con un sopracciglio in sù.

Il volto della ragazzina ad ogni parola latina urlava contorcendosi, e l'acqua come fosse stato un ferro arroventato le sfregiava il corpo. 
«Mi sa che lo hai fatto incazzare, angelo!»
Aziraphale non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma si ritrovò letteralmente avvinghiato a Crowley.. solo quando se ne accorse si staccò cercando di mantenere una dignità. Il demone non era ancora andato via. Così gonfiò il petto.
«Io ti comando..!!» urlò l'angelo.
«Si bravo, così lo convinci!» gli disse allora Crowley, e aveva ragione, le parole non bastavano più. L'angelo odiava la violenza, ma se ci voleva..  Prese un bel respiro e, miracolosamente, fece apparire l'amata spada di Alessandro, intonsa e lucida, la bagnò di acqua benedetta. Aziraphale la maneggiò e agitò abilmente con la mano destra, in Grecia aveva imparato ad usare la spada con una certa abilità. «Ti conviene ritirare ciò che hai detto sul mio didietro, non amo quando giudicano il mio aspetto.» disse Aziraphale con voce grave e seria, allora lanciò un fendente potente e d'orizzontale, così da non offendere la ragazzina ma ferire il demone con l'acqua. Questi allora, urlando e discorporandosi, uscì dalla ragazza in una nube oscura e fumante.

Tutto era.. finito, davvero finito. Aziraphale rilassò i muscoli abbandonandosi alla parete della stanza. «Perdonami Alessandro, ho dovuto usare la tua spada per una bestia immonda..» disse con tristezza facendo sparire la spada. L'angelo sistemò la ragazzina sul letto coprendola con la coperta, attento ad essere delicato, come se maneggiasse un oggetto di vetro. I genitori entrarono allora e piansero vicino a lei. Stava bene. 
«Oh buon uomo, lei è un angelo! Come si chiama? Come possiamo sdebitarci?» L'angelo sorrise amabilmente. «Mi chiamo Fell, e non voglio niente. Seguite la luce di Dio e vivete a pieno le vostre vite.» Disse Aziraphale, e si diresse fuori dalla casa, felice sicuramente, ma stravolto. 

Il demone era a dir poco affascinato. Si sarebbe fatto volentieri scacciare in quel modo da Aziraphale, ma questo non lo disse mai. Fece per seguire il collega, ma si rivolse poi agli adulti nella casa. «Sono venti pezzi d'argento e una brocca di vino.» Replicò, e agli sguardi interdetti degli umani, sghignazzò. «Solo il vino, solo il vino.» Mentre usciva dalla stanza, qualcosa lo riempì. Parve perso nei pensieri, e marciò verso la cameretta ancora una volta. Allora si avvicinò al letto della ragazzina e si sedette al di sopra di esso, ai piedi. Conversò con la fanciulla a porte chiuse. 
Soltanto lui sapeva quanto era orribile ciò che aveva passato, ciò che quella bestia poteva averle messo in testa, averle fatto fare o pensare. Ciò che le aveva fatto sentire. 
«Non ti scelgono perché hai fatto qualcosa di sbagliato. Loro si buttano sulla prima anima casta che incontrano.» Sembrò colpevole mentre ne parlava, come se stesse di fatto accusando anche se stesso. Solo bisbigli erano udibili da fuori la porta, mentre la ragazzina scossa ancora dalla paura e con le lacrime agli occhi annuiva, e stringeva le mani di Crowley per cercare conforto. Il rosso padre allora le mise una mano sulla fronte ben attento a non toccarla perché residua ancora di acqua benedetta, e la miracolò perché potesse dimenticare tutte le eresie con cui quella bestiaccia le aveva riempito la testa e il cuore. Una creatura satanica che attacca l'animo era una delle esperienze più brutte da vivere per un essere umano, significava essere impotenti mentre si veniva violati e profanati dall'interno, ed era una sensazione che poche volte si dimenticava da soli. 

Aziraphale si ritrovò all'aria aperta che respirò a pieni polmoni, osservava il circo romano, ricordandosi i tempi della gloriosa e antica Roma. Vide Crowley raggiungerlo più tardi, si era soffermato in quella casa? «Crowley, dov'eri?» chiese incuriosito, sedendosi su una panchina e passandosi le mani sul volto stanco. «Ah, ho riscosso un bicchiere di vino per l'anima della ragazza.» Crowley divertito, pesantemente cadde seduto sulla panchina, a gambe aperte e mezzo steso, scomposto come suo solito. 
«Da quando in qua i demoni vanno in giro a possedere le persone senza autorizzazione?»
«Ah, non lo so, niente ha più senso ormai..» iniziò l’angelo tenendo lo sguardo fisso sul pavimento. Il suo petto sembrava pesare come un macigno, così come ogni parte del suo corpo. 
«Io.. ce l’ho messa davvero tutta, Crowley, in quest’ultimo secolo. Ma la Chiesa è marcia fino al midollo, e questo mi distrugge.» la voce di Aziraphale iniziò a tremare. 
«Avidità, potere, da sempre corrompono l’uomo.. ma speravo che rimanessero fuori dalla casa di Dio, ho provato ad indirizzare vescovi, preti, ma niente. E’ come lottare contro i mulini a vento, come nuotare controcorrente in un fiume, ma ho finito per lasciarmi affogare. Sono stanco.» Aziraphale sospirò, mentre una lacrima dorata rigò il suo volto. 

«Non faccio un pasto decente da mesi, le malattie dilagano, c’è tanta sofferenza.. c’era anche nei secoli scorsi, sì, ma adesso è peggio. Mi sono rivolto agli ordini mendicanti, lì sembrava che potessi fare qualcosa, ma appena ne guarisci uno, ne arrivano altri venti. E così, anno dopo anno, decennio dopo decennio… Ho perso me stesso, non posso salvare tutti. Ho preso consapevolezza di questo, non posso salvare tutti, solo Dio potrebbe, ma così si romperebbe l’evoluzione dell’umanità.. quindi.. la sofferenza è necessaria? Tutto questo è parte del piano? Probabilmente sì, e dovrei smetterla di provare a salvare tutti, ma non ce la faccio. Vedo i loro occhi, vedo madri e bambini soffrire e sto male, Crowley, sto male.» altre lacrime dorate solcarono le guance d’alabastro di Aziraphale. 

«Ho anche perso peso, pensavo fosse una cosa positiva, ma sono più brutto di prima, e già prima ero brutto, adesso sono l’angelo più brutto che qualcuno possa guardare!» Aziraphale aprì la diga e lasciò semplicemente che l’acqua scorresse, tirando fuori il dolore e la frustrazione di un intero secolo.. forse era vero, forse era troppo legato all’umanità, gli angeli dovevano mantenere sempre un certo distacco perché non era il loro compito influire o cambiare l’evoluzione umana, e accettare tutto questo per Aziraphale fu difficile, forse il momento più difficile.
Capire che non poteva salvare tutti.
Capire che Dio ha previsto tutto questo, e che fa parte del Suo disegno, che così deve essere. Che la sofferenza è parte della vita degli umani, che la maggior parte di loro non avrà una vita in salute o serena, ma destinato alla sofferenza
Aziraphale doveva cambiare approccio, doveva smetterla di consumarsi per salvare tutti, ci mise un secolo per capirlo.. ma era arrivato il momento di staccare, ritornare in salute e fare ciò che poteva fare, senza esagerare e senza pretendere più troppo da sé stesso. Troppo puro, troppo gentile e altruista, troppo innamorato dell’umanità e del loro ingegno, Aziraphale era troppo di tutto

Il demone Crowley non poteva che annuire. Comprendeva ciò che stava attanagliando la mente e il cuore dell'essere più casto sulla faccia della terra e probabilmente di tutto il Paradiso. L'impotenza era un dolore che dilaniava, irrimediabilmente le ferite avrebbero cicatrizzato molto lentamente e molto male, e da quelle ferite aperte sarebbe entrato qualcosa di losco, qualcosa di subdolo, e il dolore acuto sarebbe stato tanto anestetizzante da deviare l'attenzione, e allora lui sarebbe cambiato senza nemmeno rendersene conto. Senza poter fare nulla per evitarlo, perché quando si sarebbe ripreso da quella trance, e avrebbe smesso di tribolare, il veleno del malessere avrà già messo le sue radici, arpionandosi al suo animo come un rapace con i suoi artigli durante un attacco di fame. 

Crowley sospirò forte dalle narici, togliendosi gli occhiali scuri. Ed indicò la casa a pochi metri dalla panchina su cui erano seduti.

«Quello. Quello era brutto, Aziraphale. Quella era sofferenza e no, non era nel Grande Piano. Lei non ci ha creati perché fosse tradita, perché all’Inferno creassero questo e tu lo hai bloccato, e quella ragazzina tra quarant'anni sarà beata ed è grazie a te.» Il serpente fatto uomo tentò per quanto ne fosse capace di inculcargli la verità.
«E ci sei arrivato finalmente, tu non sei Lei. Tu non puoi prenderti il mondo sulle spalle. E sia tu che io sappiamo che fine fanno quelli corrotti, avari e marci fino al midollo. Quindi invece di pensare a chi comanda, pensa a questi disgraziati che hanno bisogno di te.» Crowley rigirò gli occhiali tra le mani. Non sapeva esattamente cosa dire senza farlo sembrare un discorso a fine di rimprovero, per cui chiuse gli occhi e inspirò.
«Lo sai che tutto questo finirà. Finisce sempre. E smetti di piangere oro, ti crederanno un mago e ce li avrai appesi alle gambe a vita.» Si tolse dalla gola lo straccio arrotolato per dare l'effetto di un collare e glielo porse. Voleva solo che smettesse di sentirsi responsabile per un volta. «Hai fatto quello che potevi. Penditi una pausa, lascia che me ne occupi io. Fidati di me.»

Aziraphale ascoltò il discorso di Crowley e le sue parole furono un balsamo per il suo spirito e il suo cuore.. aveva ragione, e averlo lì accanto in quel momento lo fece sentire più leggero. 

«Mi si appenderanno come i Koala. Trovo siano carini i koala, e i panda.. ma no, non voglio averli attaccati addosso.» Aziraphale pianse effettivamente parecchio oro. Lo guardò sulle sue vesti ma gli venne un’idea. Si girò per non farsi vedere dagli umani in giro e compì una piccola “magia”: manipolò le sue stesse lacrime e formò una catenella dorata, una collanina, che aveva come ciondolo un piccolo serpente attorcigliato attorno ad una piuma. Si rigirò verso il demone e gliela porse. «Tienila tu, se in futuro dovessi di nuovo perdere la ragione, o la via.. ripetimi le cose che mi hai detto oggi, oppure portami a guardare le stelle, e allora ritroverò me stesso. Grazie. Ma forse ora è meglio che vada..» gli disse l’angelo, accennando un sorriso tirato, sperando di aver fatto un dono gradito. Una collana fatta delle sue lacrime.. si sentì stupido per un momento dopo averla creata, tanto che sentì subito l’impulso di allontanarsi dal demone.
Provò ad alzarsi, ma appena lo fece ebbe un forte giramento di testa e vacillò, ritornando subito seduto. 
«Forse.. forse aspetto ancora un attimo.» disse, mentre gli occhi si chiudevano quasi da soli. 
Crowley allora sostenne moralmente l'angelo, e aspettò insieme che riprendesse le forze. Rigirò tra le mani la collana. Apportò una piccola modifica: il serpente non avvolgeva la piuma come se la stesse imprigionando, bensì come se la stesse sorreggendo. Le lacrime di un angelo gli pizzicavano sulla pelle come avrebbe fatto un maglione vecchio e mal tessuto, ma ciò non gli impedì di mordersi la lingua a sangue e indossarla ugualmente. Era una richiesta, una promessa implicita, e la accolse come un impegno. Il silenzio aleggiava tra loro ed era pregna l'aria di tutte le cose che avrebbero voluto dirsi e di tutto quello che non si dissero. E un'ora più tardi, il demone e l'angelo erano seduti in una locanda a brindare alla lotta vinta e ad una pronta fine di quel secolo.



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Salve! Abbiamo spostato circa otto secoli i cento anni di sonno di Crowley perché sì, nel libro si verificano ma nella serie no, in quanto in quel secolo litigano per l'acqua Santa ed in più c'era qualcosa di TROPPO importante che abbiamo messo a bollire in pentola per farlo dormire, quidni perdonate questa modifica per rendere sia canon che a nostro piacimento la cosa, e perdonate anche l'Easter Egg del mio pg preferito in Harry Potter.. ad ogni modo spero vi siate divertiti xD noi stavamo impazzendo a scrivere questa cosa, ci siamo fatte tante risate.
Il prossimo capitolo sarà una OS che abbiamo giù pubblicato, solo che nella pubblicazione a sé manca ovviamente il loro ritrovo dopo i fatti, quindi la inseriremo qui.
Grazie sempre a tutti quanti voi per il supporto, vi adoriamo.
A presto!

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Capitolo 8
*** Capitolo VII - Firenze. ***












 

Salve a tutti! Ci faremo perdonare per il ritardo, ma causa 'vacanza ed esami', non siamo riuscite a proseguire nella settimana scorsa, per cui pubblicheremo altri due capitoli la settimana prossima <3 

Come già accennato questo capitolo era stato precedentemente pubblicato come OS, ma abbiamo aggiunto una sorta di seconda parte perché non era finito, e perché altrimenti non avrebbe avuto molto senso ripubblicarlo in maniera identica, quindi speriamo che vi possa piacere. La seguite in molti e questo ci riempie di gioia, non vediamo davvero l'ora di pubblicare tutto, è stato un viaggio veramente meraviglioso e da qui in poi 'everyday it's a gettin' closer'... 
Ci auguriamo che vi possiate divertire ed emozionare come abbiamo fatto noi scrivendo e sclerando durante la stesura, per tutto il resto, vi ringraziamo di cuore.
A presto!

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L’amor che move il sole, e l’altre stelle.


Ortigia/Firenze, 1289 d.C; 

 

Aziraphale si concesse diversi anni per riprendersi da quello che era stato forse il secolo più stressante e buio vissuto. Passava le giornate a mangiare, bere qualche bicchiere, farsi persino bagni al mare, dormire sull’amaca, scrivere, leggere, fare passeggiate.. e ogni tanto ripensava al discorso del demone, sperando avesse gradito il suo dono. Riprese il suo normale peso, le occhiaie scomparvero, riuscì a riprendere il sonno regolarmente, nonostante alcune notti facesse degli incubi. 

Quando Aziraphale si svegliava nel cuore della notte, sognando i suoi momenti tra donne e bambini malati dell’epoca, per calmarsi ripensava a quella notte in cui osservò le stelle con Crowley ad Atene.. quei momenti sembravano essere gli unici che riuscissero a calmarlo e, talvolta, gli sembrava di udire la voce del demone. “Non aver paura, è tutto finito, Aziraphale”, e allora l’angelo riusciva a riprendere sonno.

 

Stava mangiando un po’ d’uva, quando apparve la fidata colomba  sul davanzale della finestra, e Aziraphale lesse il messaggio. 

 

"Firenze. Devi venire qui. Tra una settimana partiremo per Pisa. Alzati dalla tua amaca e raggiungimi subito."

 

Di certo molto breve e con carattere d’urgenza..
Firenze, città promettente, ma l’angelo venne a sapere della lotta fra guelfi e ghibellini, come se non bastassero già tutti i conflitti presenti in Occidente. Firenze era di parte guelfa, ma si trattava solamente di pretesti per altre lotte di potere, a prescindere se prendessero le parti del Papa o dell’Imperatore. Firenze era in forte espansione, Aziraphale pensò alle “Arti Maggiori”, ossia l’élite del mondo degli affari.. che, a quanto aveva capito, era indissolubilmente legata alla vita politica della città. Poteva sicuramente imparare molto sull’arte e il commercio in quel centro. L’angelo aveva già sentito parlare del famoso Giotto, il pittore che sembrò aver “mutato” il percorso dell’arte stessa, un suo Crocifisso fu realizzato nella Chiesa di Santa Maria Novella proprio quell’anno.. l’angelo era molto curioso di vederlo.

 

Aziraphale iniziò a prepararsi, non sapeva perché, ma si sentiva piuttosto agitato ed entusiasta: si lavò con i suoi olii, usò un buon profumo di lavanda e si pettinò la chioma riccia e bionda (che si era fatto crescere un po’, non aveva tagliato i capelli per diversi anni). Indossò un abito in stoffa blu e argento, con le calze e un mantello, tipico dello stile di Firenze del tempo, il berretto era ricamato con delle perle e una piccola piuma. 

 

Arrivato a Firenze si guardò intorno per cercare il demone, destando l’attenzione di diversi passanti, forse era troppo ben vestito, forse era davvero bello ma non riusciva a rendersene conto, dato che l’opinione verso sé stesso rimaneva sempre immutata, non riusciva mai a notare come le persone lo guardassero. Che città meravigliosa, quella Firenze, Aziraphale sentiva che sarebbe diventata sempre più bella.

Per la prima ed ultima volta in vita sua, il demone Crowley si sentì spinto da una forza più grande. Una forza innata, una chiamata alla quale non poté sottrarsi.
Le reali motivazioni però le avrebbe scoperte soltanto ventidue anni più tardi, ma adesso era irrilevante.
Per anni si era stabilito a Firenze, ed aveva osservato da lontano la nascita, la crescita, la formazione e l’erudizione del padre della letteratura Italiana, il Sommo Poeta; Dante Alighieri.
Il demone non aveva mai conosciuto un tale individuo, capace di trasmettergli le sensazioni che provava ogni qualvolta i suoi occhi si posavano sul giovane scrittore, dai mille vocaboli, dall’animo nobile, dalla sopraffina padronanza dell’arte della poesia. Suoi erano i versi che rapivano l’animo nero di Crowley, suo era il merito per il quale avrebbe compreso che il tormento più grande non era essere stato come lui Esiliato, ma essere di fatto come lui lontano da ciò che move il sole e l’altre stelle, l’amore. Un amore che il demone non sapeva ancora di covare da lungo tempo.
Crowley aveva vissuto proteggendo e affiancando nell’ombra il ragazzo nella sua vita, persino durante gli studi a Bologna, persino durante la promessa al casato con la futura sposa Gemma, perfino durante il momento in cui si era realmente innamorato della nobildonna fiorentina Beatrice Portinari.
Nessuna città lo aveva fatto sentire nel posto giusto al momento giusto prima di Firenze a quel tempo. Crowley sentiva visceralmente una sorta di connessione primitiva, un’attrazione, un magnetismo soprannaturale.
Molte delle opere a quel tempo erano state soltanto iniziate, e non ancora neanche pubblicate, ma Crowley seppe, leggendole in segreto, che aveva trovato la soluzione. La soluzione di tutto. Erano colme di un’inenarrabile beltà, un lessico così ricco e tanto passionale da lasciare esterrefatti.

Quel pomeriggio s’incontrò con l’angelo in una piccola piazzetta. I suoi abiti erano più popolani di ciò che era il suo solito, questo perché il giovane era nato in una umile famiglia in un umile luogo, e doveva mescolarsi bene passando inosservato. Crowley credeva fermamente che Dante fosse l’unico essere umano in grado di descrivere in modo che gli uomini potessero comprendere, la vera essenza dell’Aldilà, da cui provenivano i due. Era convinto che Dante potesse rimescolare la corruzione e rimettere in riga il marciume che il Cristianesimo profanava, mettendo in evidenza vizi e virtù. Che potesse ristabilire ordine tra le persone, così da ridare ad Aziraphale un motivo per essere un angelo.
«Ti dico che è lui, angelo. Lui può farlo. Lui può cambiare le cose.» la luce negli occhi di Crowley era quasi visibile anche sotto le lenti. Ogni tratto del suo volto brillava al sol narrargli delle bellezze che aveva visto provenire dalla mente di Dante. La sua voce quasi tremava.
«Ha deciso di prendere parte all’assalto al Castello di Caprona. Devo andare con lui, e tu devi essere lì. Non posso rischiare di perderlo.» 

Aziraphale vide l'eccitazione di Crowley, l'entusiasmo e la luce nei suoi occhi, ma faticò a capire.

«Aiuterei volentieri, ma sarebbe fantastico sapere di chi stiamo parlando.. cosa è successo?» 

Crowley aveva parlato di un "lui" da proteggere, tuttavia il demone non era mai un granché nell'essere chiaro nelle spiegazioni, cambiare quali cose, poi?
«Immagina una persona, angelo, un umano soltanto che riuscirebbe a far innamorare chiunque di sé senza neanche conoscerlo, soltanto leggendolo. Quello è lui. E credimi, lui è quello che fa al caso nostro. Guardati intorno, l’umanità sembra aver perso il senso della spiritualità, della vita e delle cose, e sei stato tu a dirlo, no? Possiamo farglielo riconquistare. Dante è il diamante della nostra corona, io lo so.»

«Stai parlando con un esperto di letteratura e testi.. certo gli stai dando delle qualità davvero sbalorditive, non ti ho mai visto parlare così di un letterato. Ci sono opere già pubblicate? Sono curioso.»

Aziraphale ora era sicuramente incuriosito, Crowley che parlava di letteratura e versi? Questa era bella, sapeva fosse appassionato di astri e stelle, oltre che a donne, uomini e fondi di bottiglie, ma mai lo vide leggere dei versi.
 

Il demone aveva seguito la stesura di quelle che in futuro sarebbero divenute le sue opere più illustri, quelle revisionate nel corso dei secoli a venire da esponenti illustri nella letteratura mondiale, quelle che al sol leggerle tutta l’essenza di cui erano composti tremava, quella dinanzi al quale qualsiasi filosofo si sarebbe inchinato. 

«E’ giovane, angelo. Ha soltanto vent’anni. Posso farti.. sbirciare qualcosa che ho rubato, ma tu mi devi sssoltanto prendere alla lettera. Tu adesssso dammi la tua parola
E Crowley mostrò all’angelo alcuni dei canti di lì a poco denominati danteschi scribacchiati sul retro di un foglio universitario. E attese paziente mentre lui leggeva la dolcezza e la profondità dei suoi abbozzi, provando l’impulso di mangiucchiarsi le unghie.
«Allora?!» 

Crowley era davvero su di giri, e Aziraphale lesse quelle parole e si prese dei momenti per "viverle". L'angelo aveva seguito l'evolversi della letteratura fino ad arrivare all'uso del volgare, ai trovatori e ai romanzi cortesi, le opere teologiche, il Cantico delle Creature, le agiografie… ma niente, niente poteva paragonarsi a quelle parole, a quel modo di esprimersi di quel misterioso giovane di nome Dante. 

 

"Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciò ch’ella mira; ov’ella passa, ogn’om ver lei si gira, e cui saluta fa tremar lo core.."

 

Queste erano le parole scarabocchiate, insieme ad altri versi, e penetrarono nel cuore dell'angelo come una luce che si fa spazio tra le fessure dell'antro buio di una caverna. A quel punto il volto di Aziraphale si fece serio, così come la sua voce, e si rivolse al demone.

«Ti aiuterò, voglio conoscerlo.» disse semplicemente, rileggendo ancora quei versi.. era strano per l'angelo leggere poesie d'amore, una parte di lui sembrava comprenderle, ma un angelo può davvero capire il significato dell'amore umano?
Il demone allora parve essersi liberato di un monte che gli pesava sul petto. I suoi tratti s’ammorbidirono e un sorriso elettrizzato si dipinse sulle labbra.
«Non è il momento. Lo faremo presto, angelo. Adesso lui ha delle faccende importanti da sbrigare. Ce ne staremo buoni, accovacciati sulla cima di una torre vegliando su di lui in battaglia. Non nascerà un altro umano così, io lo sento da dentro le ali.» 


E così fu, per otto lunghi giorni. Quell’agosto, l’esercito della lega guelfa di Toscana sostenitrice del papato e delle autonomie locali combatté valorosamente contro le truppe ghibelline di Pisa sostenitrici dell’Imperatore, per il possesso di Caprona. Alla piazzaforte Pisana, Dante fu uno dei duecento cavalieri e quasi duemila pedoni della milizia fiorentina. L’impresa era compiuta, e Aziraphale e Crowley non fecero altro che esimerlo dai danni del combattimento. L’epilogo era stato tutto merito loro. Il demone non poté che mostrarsi compiaciuto. Dante ora poté fare ritorno in patria, ove pochissimo tempo tempo convolò a nozze con Gemma Donati. Chiese la sua mano per poco più di duecento fiorini, e l’angelo e il demone nel frattempo, non fecero granché altro che visionare le brillanti creazioni del ragazzo, mentre Crowley descriveva ogni giorno al suo collega, tutta la vita del giovane fino a quel momento.

Crowley gli aveva inoltre esposto il suo piano. Avrebbero, in segreto e ben nascosti, rivelato a Dante i segreti delle loro origini. Gli avrebbero narrato del Paradiso, dei cerchi celesti, e dell’Inferno e dei gironi e delle bolge, e del modo in cui i beati e i dannati erano condannati e privilegiati a vivere il resto delle loro esistenze. Tutto perché egli potesse racchiuderlo, come solo e soltanto lui era degno ed in grado di fare, in un’opera letteraria, che forse, forse, avrebbe mostrato agli uomini e all’umanità intera, che cosa toccava loro nel momento in cui imboccavano uno dei due sentieri del libero arbitrio che Dio aveva dato loro dopo che Crowley aveva generato il peccato originale.
I due esseri ultraterreni avevano provato e riprovato nel corso del tempo, ma erano sì innamorati e facenti parte della Terra e di tutte le meraviglie che ospitava, ma ancora e sempre troppo distanti dagli uomini perché loro potessero ascoltarli. Serviva un loro simile, un autentico essere umano, forgiato però dell’intelletto e della capacità che soltanto un angelo e un demone possedevano. E quell’uomo era Dante.

E poi, Crowley non sopportava l’idea che Aziraphale si struggesse tanto come aveva fatto in quel secolo del Basso Medioevo, in cui sporcizia spirituale e materiale infettava gli uomini e la Chiesa al punto da perdere speranze nelle creature di Dio, incolpandosi di imperizia, di negligenza. Non stava né in cielo e né in terra. Sperava solo che in quel modo, avrebbe potuto dargli una nuova ragione di essere se stesso, così come Crowley lo aveva conosciuto e apprezzato.
Il demone non sapeva esattamente chi, o cosa, gli avesse suggerito proprio ora, proprio con lui quell’opportunità. Era certo spinto da quel preciso obiettivo, ma per tutti gli anni di vicinanza all’umano, dal primo momento che lo aveva visto nascere, per caso, aveva sentito che era quella la via da intraprendere. 


 

Aziraphale avrebbe pensato di tutto, ma non che si sarebbe ritrovato a proteggere un poeta insieme a Crowley. Stavano passando così tanto tempo insieme che non ricordava l'ultima volta che era accaduto.. ma l'angelo era felice, avevano un obiettivo comune, ed era bello vedere Crowley battersi tanto per della buona letteratura, anzi, più di semplice poesia, Crowley voleva mandare un messaggio importante, Aziraphale lo aveva capito. 

Proteggere Dante non fu difficile, non per un demone e un angelo, sembrava un ragazzo affabile, forse un po' riservato e strambo, ma decisamente talentuoso.

Dato che per la prima volta, Aziraphale e Crowley si erano stabiliti in una città per rimanerci diverso tempo, l'angelo si attivò subito per cercare delle sistemazioni. Voleva dormire e mangiare bene, inoltre avere le sue comodità. Trovò due graziose abitazioni appena ai limiti della città, esattamente adiacenti: diventarono gli alloggi temporanei del demone e dell'angelo. Letti grandi, tavoli, armadi, bauli e una piccola area verde esterna, semplicemente perfette. Aziraphale era davvero felice, non sapeva perché, forse per l'importanza di Dante? Forse perché, per la prima volta dopo.. tutta la loro esistenza, vivevano vicini, e non c'era più lo spazio infinito di terra e cielo che li aveva allontanati.

Era come se, in qualche modo, non fossero mai stati separati.
Ma la cosa che colpì di più l'angelo fu assistere al suo amore "impossibile" per Beatrice, quasi gli si spezzò il cuore.. raramente aveva assistito a un sentimento così forte, quasi spirituale, totalizzante. 

«Povero Dante.. vorrei aiutarlo ma non posso, poi è sposato. Però mi dispiace vederlo così, deve essere dura.» commentò un giorno l'angelo, osservandoli dal tetto di un edificio.

«Io posssso aiutarlo benissimo invece.» alluse Crowley all’adulterio, peccato in cui parecchio si era dilettato in passato, sgranchendosi le nocche delle mani come un pianista in procinto di creare una meraviglia musicale.
Non poté però influenzare il poeta, perché sempre e comunque bloccato dall’intervento celeste del biondo.
«In guerra e in amore tutto è concesso, angelo. E lui la ama, dovresti appoggiare il sentimento!» era il monito ricorrente del demone Crowley, che ogni santa volta riceveva in risposta quello dell’angelo, un'occhiataccia che avrebbe spaventato Satana in persona.


Aziraphale e Crowley non fecero che nascondersi. Nessuno oltrepassava più di un certo limite che confinava il rifugio che si erano scelti per soggiornare quegli anni a Firenze, nell’attesa che il momento giusto arrivasse. Avevano a lungo e dettagliatamente discusso su che cosa raccontagli, quanto precisi essere, quando e come palesarsi a lui per far sì che egli credesse loro. Quanto del loro potere mostragli, se necessario. Avrebbero tentato il tutto e per tutto, e al più presto.
O almeno, lo credettero.
Dante crebbe professionalmente. Non molto tempo dopo seguì la politica fino ad esserne parte, e con essa la medicina, iscritto infatti alla corporazione di medici e speziali del posto. Con lui, Aziraphale e Crowley imparavano.
I due prendevano in prestito tutto ciò che il pensatore scriveva, dalle critiche della condizione degradata di quel tempo alle Rime, piccole opere che come le restanti altre vedevano utilizzato il simbolismo, lo stile novo, e l’amore come spiritualmente concepito, essendo il suo vero amore platonico.
E più Crowley leggeva, più il suo cuore batteva, quei versi gli penetravano la pelle sino ad insediarsi in lui come acqua nella terra.
Talvolta gli era complicato non interrompere la lettura, specie quando parafrasava quei versi in compagnia dell’angelo. Qualcosa stava accadendo nel suo io interiore, qualcosa stava crescendo, sbocciando. E gli faceva male, perché mancava sempre qualcos’altro che non riusciva a trovare. Era come un labirinto senza uscita, ma con sempre più cunicoli.

Ciò che segnò il poeta per sempre però, fu la tragica e inaspettata morte della sua amata Beatrice nel 1293. Dante ne fu devastato, e doveva tenersi tutto quanto all’interno per non destare sospetti nella propria quotidianità matrimoniale e genitoriale, perché si, aveva avuto dei figli.
Bambini che Crowley e Aziraphale controllavano personalmente, e da loro si che si facevano vedere.

Tuttavia, alla morte di Beatrice, l’angelo poté ammettere di non aver mai visto un uomo soffrire in quel modo per amore.. era la prima volta, era un tipo di dolore diverso, un dolore dell’anima, ma l’anima non poteva essere guarita né da medicina né da altro, Aziraphale non poteva fare nulla, se non sperare che gli passasse presto.. come si sentiva il poeta? Cosa provava? L’angelo se lo chiedeva, era nella sua natura interessarsi e rimanere affascinato dall’amore umano, se una parte di lui avrebbe voluto provarlo, dall’altra ne temeva le conseguenze e le sofferenze, proprio come era capitato a Dante. Certo era che in quel periodo, mentre Dante scriveva e soffriva per la morte di Beatrice, Crowley era diverso dal solito, più silenzioso, più riflessivo, non era da lui essere così, probabilmente anche il demone rimase colpito da quel dolore?

Dante somatizzava in silenzio, il suo tormento veniva covato in seno come serpi, e veniva dissipato soltanto quando la sua penna incontrava il foglio. I versi erano sempre più disperati, sempre più passionali, sempre più struggenti, belli al punto che una notte Crowley, a ripensarci, pianse silenziosamente:


Morte, che fai piacere a questa donna,

per pietà innanzi che tu mi discigli,

va da lei, fatti dire

perchè m’avvien che la luce di quigli

che mi fan tristo, mi sia così tolta:

se per altrui ella fosse ricolta,

falmi sentire, e trarra’mi d’errore,

e assai finirò con men dolore.


L’amore descritto da Dante non era umano né onirico, era qualcosa che andava oltre, nel mezzo, nello spirito e nella quintessenza. Era qualcosa che non esisteva tra le genti.
Era uno strazio così confortante che dimostrava che anche nel tormento era possibile sentire il tocco della persona amata così da sperare nella morte come riunione eterna, era qualcosa che faceva desiderare di provarlo.

E le problematiche non terminarono certo lì.
Due anni più tardi, i guelfi si spaccarono tra bianchi e neri. Dante si diceva parte dei primi, ed aveva iniziato a partecipare a diverse missioni e spedizioni politiche, lasciando il tempo che trovava alle sue opere. Era diventato un uomo di pace, di Provvidenza e di fermezza tali che nel 1300 fu nominato priore.
Aveva solo trent’anni. Solo trent'anni quando la peggiore delle cose accadde.

I due dovevano pazientare.

Non poterono nulla contro il colpo di stato dei guelfi neri. Non poterono nulla, poiché non era loro indicato interferire con le lotte umane, e perché Dante non era a Firenze quando le truppe assediarono la città.
Dante fu con loro grande dispiacere e delusione, accusato inguistamente di abusare del proprio potere, di promettere ad altri denaro o servizi a favore di informazioni contro lo stato. Da quel momento in poi, fu esiliato, e Crowley per la prima volta sentì il cuore spezzarsi a metà.
Successivamente le dannate lotte interne nella fazione guelfa e nella città stessa, non portarono altro che problematiche per Dante.
Aziraphale si sentì impotente, come si sentiva impotente mentre assisteva alle tante guerre umane nel corso dei secoli. Quando Dante fu mandato in esilio, Aziraphale strinse la manica della veste di Crowley, con volto triste e preoccupato.

Furono anni decisamente movimentati, ma quella “missione” stava appassionando sempre di più l’angelo, che più leggeva i versi di quell’uomo, più ne rimaneva estasiato. Era da tantissimo tempo che non mostrava i suoi poteri ad un umano, ma lui e il demone si erano ormai messi d’accordo su tutto, e l’angelo ne era davvero entusiasta. 

«Adesso.. aspettiamo?» chiese.
«Adesso aspettiamo. Di nuovo.»

Dovettero muoversi con cautela. Era complicato seguire il giovane e la propria famiglia, essergli accanto pur tenendosi occulti alla società -per non rischiare d’essere visti e riconosciuti-, e a loro in prima persona. Dante si batté pubblicamente con rigore per contrastare le accuse, e non abbandonò la propria rettitudine morale neanche davanti alle offerte che ricevette per restare in patria, poiché pattuendo i termini avrebbe implicitamente ammesso le colpe che non aveva, e lui non era una persona di questo genere.
Il miracolo non cessò d’esistere, ma i due inviati sulla terra dovettero intensificarlo durante la seconda condanna di Dante, la confisca dei suoi beni e morte al rogo. Per cui, il loro viaggio assieme incominciò.

Crowley lamentava costantemente la situazione, in molti frangenti si trovò con le mani legate, soltanto per quieto vivere e perché Aziraphale, lo capiva, faceva tanto per evitare che egli interferisse con gli eventi. Ma la rabbia e il disappunto del demone erano forti, tali che il primo anno d’esilio nel settentrione italiano fu intriso di difficoltà, eventi che Crowley definiva assai poco carinamente seccature, in un volgare che era ben diverso dal lessico dantesco.
Molte furono le città che li videro rifugiati, e neanche la lontananza impedì a Dante di scrivere e di pubblicare molte opere. Non fu facile assistere all’esilio di Dante, se si segue una persona per tanto tempo.. sembrava di conoscerla, sembrava quasi un “amico”, pur non avendoci mai parlato prima. Tuttavia era arrivato il momento.


Nel 1307, Parigi fu la clandestina casa del Poeta, e di rimando, anche dei due.
E fu allora, una notte di maggio, che i due scelsero di presentarsi dinanzi all’umano dalle mille risorse.
quale città più romantica se non proprio Parigi? Luogo ideale per compiere il loro mandato.
Non potevano stare nella casa che condivideva con la famiglia, per cui di notte, Crowley lo raccolse dal proprio letto senza che si destasse miracolosamente, e lo portò nella nuova casa dell’angelo, abitazione come a Firenze, adiacente alla propria. Il demone accomodò Dante su una piccola poltroncina. e ora i due stavano dinanzi a lui. A braccia conserte, Crowley parlò.
«Dai, sveglialo. E’ inutile aspettare ancora.»

L’angelo era di certo un po’ agitato quella notte, mentre aspettava che Crowley portasse lì Dante, per l’occasione aveva sistemato e pulito tutto. Il demone arrivò col poeta, e dopo una vita intera.. ci avrebbero parlato, finalmente, certo Aziraphale non approvò molto il metodo del “rapimento”, ma d’altra parte non potevano fare altro. 

«D’accordo.. lo sveglio.» L’angelo, con la delicatezza di cui era capace, ridestò il poeta dal suo torpore, e gli rivolse un sorriso rassicurante, tuttavia - come immaginava - Dante fu piuttosto allarmato. 

«Si calmi, signor Alighieri, non siamo qui per farle del male, anzi, vogliamo aiutarla, crediamo che sia la persona giusta.» iniziò l’angelo.
«Il mio nome è Aziraphale, lui è Crowley, non si faccia impressionare, è sempre stato un po’ scorbutico.» disse con onestà l’angelo.

«Ma dove sono?! Cosa volete?!» Aziraphale poteva essere gentile quanto voleva, ma era chiaro che chiunque al posto di Dante sarebbe stato spaventato.

«Te l’avevo detto che questa non era una buona idea..» sussurrò Aziraphale a Crowley.

«Beh è chiaro, se mi presssenti così!» Il demone sottolineò irritato, e si rivolse poi al padre della letteratura italiana.

«Sssenti, vorrei davvero darti il tempo di metabolizzare ma ormai sono dieci anni che temporeggiamo. Quindi accogli l’ospitalità e ascolta.» Crowley indicò un té e delle brioches che, sotto ordine dell’angelo era stato costretto a cercare. Al meglio che possiamo, aveva detto, e quindi le migliori della città. L’espressione sul viso di Dante era impareggiabile, e Crowley si stava nel profondo divertendo moltissimo, ma non era il momento di ridere di lui. Adesso avevano del lavoro da fare. Crowley si accomodò su una poltrona, con l’incavo del ginocchio sul bracciolo. La veste nera che ricopriva il corpo sino ai piedi, così come quella bianca dell’angelo. Le stesse vesti, lo stesso aspetto che avevano quando si rincontrarono sul muro dell’Eden. Il demone aveva lasciato che fosse Aziraphale a rassicurarlo, anche se dovettero ricorrere a un piccolo miracolo anti panico, per così dire, quantomeno per farsi ascoltare senza che urlasse o cercasse di fuggire. 

«Mio caro, carissimo poeta, sono un grande ammiratore dei tuoi versi. Sei l’unico degno del compito che ti stiamo proponendo. Lascia che ti spieghi il perché di tutto questo..» e Aziraphale iniziò a illustrare a Dante il loro obiettivo, essendo un po’ nervoso finì con lo spazzolare via il cibo che - in teoria - aveva fatto prendere a Crowley per il poeta. Dante sembrava molto confuso e non era nemmeno molto convinto dell’identità delle due creature celesti, molti umani erano piuttosto restii a credere alle parole, più inclini ai fatti, alle prove concrete. 

«Beh immagino dovremo dare qualche dimostrazione.. qualche idea, Crowley?» chiese al demone, ma Aziraphale iniziò già di sua volontà a parlare molte lingue diverse, eppure esse potevano essere studiate, non era poi così impossibile. Aziraphale allora provò a raccontargli degli avvenimenti storici vissuti in prima persona secoli prima, ma Dante rimase accigliato. Chiunque poteva inventarsi due storielle se era uno studioso di storia, no? L’angelo sbuffò, finché non gli venne un’illuminazione. 

«E va bene, mio caro scettico amico, un essere umano potrebbe fare questo?» e così l’angelo.. cambiò improvvisamente aspetto e sesso. Diventò una donna.

 

«Convinto ora, mio caro?» la voce di Aziraphale era ancora più soave di prima, i capelli argentati raccolti in una crocchia, una collana di perle, un  vestito totalmente bianco ricamato, la pelle candida e gli occhi azzurri, seppure le forme del viso erano molto simili alla sua versione più “maschile”. 

Dante rimase scioccato. E così come lui, il demone Crowley, che si sporse dalla sedia sgranando i serpentini occhi gialli. 

«Davvero?! Veramente, Aziraphale?» la visione a cui stava assistendo la creatura infernale era delle più divine mai concepite. Non esisteva al mondo e non sarebbe mai esistita una fanciulla tanto candida e quasi sirenesca, oltre che serafica. Crowley arricciò la bocca in una espressione di approvazione e di ammirazione, battendo le mani.. ma senza essere troppo coinvolto, anche se a lungo avrebbe sognato quell’aspetto. Poi, si alzò dalla poltrona, e si parò dinanzi a Dante con le braccia incrociate sotto il petto. Duro in volto, ad occhi chiusi, si trasmutò nella propria forma demoniaca. Squame nere alla luce cangianti in cremisi lungo tutta la pelle al posto delle lentiggini che aveva nel suo involucro umano, il naso assottigliato e le orbite completamente bronzee, le pupille aghiformi molto più sottili. Un rettile antropomorfo, lunghe corna che ascendevano sino a formare un arco che discendeva poi all’indietro, e le ali nere spiegate. Crowley parlò con voce inumana, dalla doppia cacofonia.
«Che vuoi farmi fare per convincerti, possederti? Posso farlo, ma sarebbe doloroso.» 

 

Aziraphale si sistemò la veste, doveva ammettere che si sentiva bene in quella forma. L’angelo era preso a sorridere amabilmente a Dante quando Crowley si mostrò.. in tutto il suo essere demoniaco, certo se Aziraphale lo trovava affascinante, non era lo stesso per Dante che era decisamente spaventato. 

E allora l’angelo gli si parò davanti, frapponendosi tra Crowley e Dante, la chioma argentata ondeggiò sul naso del rettile. 

«Lui scherza, mio caro! So che può sembrare spaventoso ma Crowley non ti farebbe mai del male, anzi, è grande fan delle tue opere, non mi stupirei se lo vedessimo piagnucolare come un angioletto mentre legge i tuoi versi. Noi siamo.. amici? Sì, più o meno.. non volevo arrivare a questo ma era necessario per dimostrarti chi siamo.» disse Aziraphale con dolcezza, faticando a definire effettivamente il rapporto che c’era tra loro. Mantenere quella forma femminile forse era l’ideale per tranquillizzare Dante, era risaputo che le donne fossero più rassicuranti degli uomini. Aziraphale allora si inginocchiò, così che il suo viso arrivasse all’altezza di quello di Dante, mentre si sciolse la crocchia, lasciando che la chioma argentata le ricadesse sulle spalle.
«Te ne prego, ascoltaci, fallo per me, Dante Alighieri, e ti prometto che sarai l’artefice della più grande opera che il mondo abbia mai visto.»
Un po’ angelicamente e candidamente seducente? Sì, Aziraphale ne era capace, quando era necessario tirava fuori dei lati di sé che di rado mostrava, gli occhi erano luminosi come due fari nella notte, quasi dorati, e Dante, gradualmente, cadde sotto il suo incantesimo, perdendo i sensi. 

«Oh cielo.. ho esagerato? Insomma non posso averlo ucciso! Sono stata solo un po’ dolce, volevo tranquillizzarlo.. potevi evitarle le corna, sai!» disse Aziraphale giocherellando ansiosamente con la sua collana di perle, la sua chioma sembrò quasi fluttuare nell’aria.

 «Per Satana maledetto, angelo, tirati sù!» il demone si sporse oltre la chioma bionda, e si avvicinò al poeta incosciente, ad un soffio dal suo naso. Gli mise tre dita della mano destra dalle lunghe unghie nere su una spalla, e lo scosse un paio di volte.
«Hmpff, credo che tu lo abbia steso. Era necesssario lo sguardo da luce edenica?!» Crowley allora prese il mento di Dante sollevandogli la testa, e picchiò su una guancia forse più forte del necessario, a intervalli regolari molto vicini l’uno all'altro. Aziraphale sbuffò, insomma non era abituato all’effetto che aveva quella forma sugli uomini. Quando poi Crowley continuò a parlare..
«Vuoi sssvegliarti, porco il D…….» Il demone Crowley in un impeto d’esasperazione, bestemmiò.

L’angelo saltò per aria e strillò, come solo la sua forma femminile angelica sapeva strillare.

«PER L’AMOR DI DIO CROWLEY! NON ESSERE BLASFEMO!» urlò l’angelo, la chioma argentata sembrava seguire il suo umore e si agitò anch’essa nell’aria.

Il demone in questione strinse i denti e serrò gli occhi; quasi svenne anch'egli tanto era penetrante l'offesa dell'angelo. Portò le mani alle orecchie per non crollare in terra stordito, e poi alzò una mano in segno di scuse, tornando ad avere il consueto aspetto.

«Va bene, va bene, ho capito! Mea culpa, angelo, d'accordo?!?» E mentre i due a vicenda si guardavano in malo modo, Dante rinvenne.

«Alla buon'ora. Non abbiamo tutta la notte e credo ci voglia almeno qualche ora, solo per cominciare!»
 

Dante sembrò aver finalmente realizzato la portanza della situazione in cui era incappato, e non appena riprese possesso delle facoltà mentali, fu lui a inginocchiarsi e tenere con le mani il bordo delle vesti delle creature, e pianse un fiume di lacrime.

«Ve ne prego, oh creature Empiree che stanotte mi mostrate i vostri volti, ve ne prego.. la mia Beatrice.. lei dov'è? Lei come sta?» 

Crowley allora si passò una mano in faccia, espirando gravemente.

«E ovviamente lui pensa alle grazie di Beatrice, prima.» 

Aziraphale si commosse a quella domanda, ma appena sentì parlare Crowley, gli diede una spinta con l’anca per allontanarlo. 

«Demone senza cuore! Spostati!» e Aziraphale sorrise al giovane Dante, allargando le braccia come quando si prega Dio. 

«Caro Dante.. Beatrice è in Paradiso, in mezzo alla luce, al calore di Dio, non preoccuparti per lei. Una creatura tanto divina non potrebbe mai stare in mezzo a dei demoni brutti e sciocchi come questo qui presente. So quanto amore provavi per lei, mio caro, mi dispiace per la tua perdita, ma sentiti in pace, perché lei lo è.» Dante sembrò estasiato, e Crowley guardò l'angelo riservandogli un'infantile smorfia canzonatoria.

«Si si, tutto molto toccante. Per la cronaca, io ho cercato di tentarla a stare con te, ma l’angelo qui me lo proibiva.» 

L’angelo gli lanciò un’occhiata fulminea, aggrottando le sopracciglia. 

«Non è così che funziona! Dante è un uomo sposato! Mio caro, farsi tentare da un demone non è.. la cosa giusta, Beatrice è felice, questo conta. Non è la felicità della persona amata la cosa a cui teniamo di più?» parlò Aziraphale, l’angelo che si era fatto tentare con il cibo, con il vino e che per primo aveva fatto delle tentazioni. 

«E chi ti dice che non sarebbe stata felice anche lei di starci un po’ sotto le vesti?» Il demone alzò un sopracciglio. Per un attimo parve quasi che Dante non ci fosse, nel loro piccolo battibecco. Parlavano come se non fossero ascoltati, dall’oggetto poi dei presunti peccati, prima di tutto del desiderio.
«Però di una cosa posso.. dire che l’angelo qui non ha torto, Dante. Incappare nelle tentazioni e cedervi è una condanna eterna, e ogni profana soddisfazione provata in vita ha la sua analoga punizione dall’altro lato. Adesso apri bene le orecchie, ti porto all’Inferno.» 

E così cominciò quella lunga e fantastica avventura. I tre sedettero, e parlarono per molte ore. Parecchie erano le domande del profeta, che si era da tempo calmato e curiosamente interessato a quella piccola e segreta interazione. Comprese di essere stato osservato per tutta la vita, e si sentì lusingato e al contempo intimidito del compito che gli era stato affidato.
Crowley incominciò dalla Grande Guerra, gli narrò di come la Caduta del Drago sulle colline di Megiddo vicino Gerusalemme aveva spaccato la terra non ancora popolata dagli uomini, cinquemila anni addietro circa. Gli narrò di come in un luogo non tangibile si fosse formata la residenza di demoni e dannati, della gerarchia, e della struttura di quel luogo di tormenta che non aveva alcuna pietà.
Gli narrò chi risiedesse al suo interno. Di quali vizi capitali venivano sentenziati gli imputati, dei nove Cerchi e delle rispettive bolge, che dividevano i peccatori più gravi da quelli più lievi. I più gravi sempre più vicini a Lucifero, a Satana, il quale battito delle ali generava un vento gelido che ghiacciava l’ultimo cerchio.
E da lì, ogni notte, ogni singola notte le creature prelevavano il poeta dal suo letto, e dedicavano a lui il tempo per espletargli, senza dimenticarsi di niente, i segreti e i misteri che regnavano l’Aldilà. 

Le notti divennero mesi, che divennero anni. Dante chiedeva, egli era affamato di conoscenza, e timoroso della verità, esattamente il riflesso di Aziraphale e Crowley. E il demone gli narrava di quale illustre storico era zeppo l’Inferno e perché, dai Papi a Ulisse, da Cleopatra a Lancillotto. Gli disse del modo in cui Satana nella Giudecca masticava all’infinito Giuda, Bruto e Cassio, i traditori più celebri e importanti della storia, del modo in cui sputava le loro spoglie che si ricomponevano, e li masticava ancora per il resto dell’eternità.

Era crudo, era reale, e i sentimenti che provava nel descriverglielo talvolta colpivano anche il suo stesso animo. Gli descrisse la Legge del Contrappasso, le condanne dei peccatori. Di come i lussuriosi fossero trasportati da una bufera, di come i golosi fossero squartati dal Cerbero immersi in un mare di lerciume, o di come i violenti a seconda della gravità fossero immersi in un lago di sangue bollente, o sotto una pioggia di fuoco, o mutati in vegetali. Di come i seduttori fossero frustati a sangue.
E Dante apprendeva, si inorridiva, piangeva e domandava. E loro gli rispondevano. 

 

La notte del primo incontro però, dopo che i due miracolarono Dante perché svenisse nuovamente, e lo riportarono nel proprio letto accanto a Gemma, nella casa dell’angelo poi un patto fu stipulato. Uno dei tanti, tra i due.
«Lasciamogli credere che stesse avendo una visione, che stesse sognando. Non rispondiamo se ci chiama. E’ troppo pericoloso, se solo si venisse a sapere ciò che abbiamo fatto..»  

«Nessuno lo saprà. Rilassati.» Crowley camminò quasi strisciando, fino a che non raccolse una succosa mela rossa dal cestino sul tavolo, e la addentò. Poi, mentre masticava, la offrì all'angelo senza parole, semplicemente allungandogli il frutto con il viso contorto in un'espressione beffarda.

Aziraphale indossava una lunga veste blu, si sedette sulla panchina quando vide il demone allungargli la mela. Ovviamente gli lanciò un'occhiataccia, raccolse la mela.. e gliela lanciò addosso, più precisamente in testa.
«Stupido!» gli disse, e Crowley ridacchiò.

«Tu lo sai vero, angelo, che la cara Beatrice è all'inferno? Non è stata battezzata.» gli disse con un tono sottile, l'aria gongolante di chi si stava trattenendo dal ridere da molte ore. Aziraphale allora lo guardò sorpreso, incredulo e anche un po' indignato. 

«Oh povera cara..» disse l'angelo portandosi una mano sulla bocca, non credeva che Beatrice potesse essere davvero all'inferno. 

«Gongolati pure, sei insopportabile oggi, Crowley.» sbuffò l'angelo accavallando le gambe con sdegno.

 


 

Dante era di certo un uomo curioso. Chiedeva quanto e come venisse stabilito il confine tra vizio e virtù, qual era la linea che separava un grave peccato da uno lieve.  Aziraphale però lo fu allo stesso modo, ascoltando i racconti di Crowley sull'inferno.. sembrava davvero un posto terrificante, come riusciva Crowley a stare lì? L'angelo si sentì triste per il destino che gli era toccato, fermamente convinto che il demone non meritasse di cadere. 

Ma Aziraphale fu l'unico angelo a battersi per fermare quella caduta, tutti gli altri angeli erano concordi.. ma chi avrebbe mai dato ascolto ad un Principato? Non poteva fare di più, eppure Aziraphale, per un momento, si sentì in colpa durante l'ascolto di quei racconti. 

L'angelo passò dopo diversi anni a raccontare il Paradiso, spiegando i vari ranghi degli angeli, e quando Dante chiese se il suo rango (il Principato) fosse davvero così basso, Aziraphale si sentì un po' risentito.

«Beh, ho avuto compiti molto importanti.. e poi non interrompermi, giovanotto!» gli disse, e Dante si ammutolì. 

Spiegò come il Paradiso fosse un luogo immateriale, etereo, diviso in Nove Cieli; i primi sette prendeono il nome dai corpi celesti del Sistema solare, il tutto contenuto nell'Empireo, luogo della presenza fisica di Dio. Non molto diverso dalle intuizioni avute da Aristotele e Claudio Tolomeo.
 

Aziraphale era un buon narratore, inoltre il suo aspetto sembrava decisamente adatto a quel tipo di compito. 

Tuttavia, Aziraphale era preoccupato per Dante, e per il suo destino.. così una sera, gli chiese se se la sentiva di confessare i propri peccati e ottenere la sua Benedizione. E così Dante fece, e Aziraphale luminoso prese il suo volto tra le mani e gli baciò la fronte. 

 

Gli anni in compagnia di Aziraphale e Crowley furono lunghi e intensi. 

Le due creature dal canto loro, non si lasciarono mai. Quattordici anni interi trascorsi assieme, nel compiere quella missione sacra e indispensabile: illustrare agli uomini la via. Crowley non credette nemmeno per un attimo di star andando contro la propria chiesa, di essere un traditore. Avrebbe sempre tentato gli uomini e loro si sarebbero sempre fatti tentare. Ma ciò non era l'importante, in realtà voleva solo e soltanto rendere Aziraphale di nuovo entusiasta del proprio lavoro. 

Nel 1315 a Dante fu offerto di riconoscere le colpe dell'Esilio e di pagare una somma di denaro in cambio del rimpatrio, ma egli si disse offeso, e rifiutò, con grande soddisfazione di entrambi i suoi nuovi amici immaginari

 

Il Poeta nel frattempo pubblicò molte opere, e tutte sembravano essere più belle dalla precedente. L'Italia intera iniziava a riconoscere il suo valore.

Dante si impegnò negli anni nella stesura della Comedia, così aveva chiamato la sua più celebre opera, in canti endecasillabi.

E più tempo passava, più smetteva di chiedere. Semplicemente ascoltava, elaborava, ed inventava. Si era perfino inventato il Purgatorio, con enorme sorpresa, interesse e sbigottimento delle due creature suoi mentori.

«Secondo me inizia a fare uso di oppio, angelo. Gli abbiamo stravolto la testa.» 

Ma Dante aveva concepito quel regno intermediario come analogia della vita terrena, nella quale le anime potessero redimersi prima di andare finalmente in Paradiso, ed aveva attinto da ciò che aveva ascoltato negli anni.
«Molto ingegnoso..» commentò Aziraphale quando lesse le invenzioni e i cambiamenti di Dante, anche se alcune parti chiaramente non le aveva ben comprese, ma dopotutto era un umano, tuttavia il Purgatorio era.. quasi una forma di "rassicurazione" per gli uomini, ossia che puoi scontare delle pene e accedere al Paradiso, non tutto deve essere nero e bianco, c'è una possibilità di salvezza.. purtroppo l'Angelo sapeva fin troppo bene che non era così. 

 

Aziraphale e Crowley leggevano nascostamente le elaborazioni di ogni singolo capitolo, e ne erano affascinati così come il poeta era affascinato da loro e dalla loro e dalle loro storie. 

Dante nel tempo crebbe anche coscienziosamente, fu come se il cammino in cui i due lo avevano trascinato gli avesse instaurato delle consapevolezze nuove, come se tutti i suoi reconditi peccati fossero emersi e lo avessero reso un uomo differente, più maturo, più determinato. Talmente libero da ogni colpa, che quando le due creature una notte gli confessarono che Beatrice non era beata, egli internalizzò con filosofia, nonostante il dispiacere.
Il Poeta era come calato in trance quando li ascoltava, con una mano sotto il mento e gli occhi vispi e luminosi. Chiedeva, eccome se chiedeva.

 

Soltanto una notte non fecero visita al Poeta. Una notte in cui per l'ennesima volta dovettero cambiare città. 

I due, quella sera, erano lontani. Un momento di riposo, credettero, avrebbe giovato a tutti. 

 

Finalmente una pausa dopo anni di spiegazioni incessanti, letteratura e scrittura, anche per Aziraphale.. passò molto tempo a scrivere sul proprio diario di Dante e di ciò che stava venendo fuori. 

Aziraphale voleva realizzare un piccolo desiderio, da appassionato di romanzi cortesi voleva regalarsi una serata in cui poter interpretare la fanciulla dei tanti romanzi letti, e stare in mezzo agli umani. 

Voleva passeggiare con Crowley, dopotutto non conosceva nessun altro.. e sentiva di non volere nessun altro accanto a sé per quella serata. 

Aziraphale indossò un lungo vestito tutto azzurro, dei guanti bianchi, la chioma raccolta in una crocchia, una collana di perle e un piccolo velo trasparente come coprispalle. L'angelo uscì e subito si lasciò accarezzare dall'aria fresca della sera, di certo la Toscana era una regione che dava dei panorami davvero belli. 

«Crowley! Pensavo non venissi! Ho deciso di rimanere in questa forma ancora un po', sono tutti molto più gentili e mi regalano un sacco di cose, per esempio questo coprispalle mi è stato donato da un sarto!» disse Aziraphale volteggiando su se stessa per mostrare quel piccolo miracolo sartoriale fiorentino. 

«Andiamo, facciamo un giro!» gli disse l'angelo sorridente ed entusiasta, prendendolo sottobraccio per avviarsi.
«Bello..» annuì il demone, incredulo del fatto che Aziraphale dopo tanto tempo passato tra gli umani non si rendesse ancora veramente conto delle cose, eppure avesse comunque la sottigliezza di fingersi sorpreso della sua presenza lì quando glielo aveva praticamente, in maniera molto pacata da perfetta signorina, imposto.
Non era male però, passeggiare e godersi una sera diversa, fuori dalle vesti sataniche.

Crowley aveva i capelli corti e molto ricci, un copricapo da sera e una mantella verde smeraldo sopra l’abito popolare nero. Aziraphale era molto diverso quella sera, sembrava più tranquillo. Tranquilla. Sia mai avesse sbagliato il pronome, quando aveva deciso di mostrarsi così in pubblico, era legge. Quel contatto era un salva apparenze, dopotutto non erano obbligati a passeggiare distanziati per paura di essere scoperti a confabulare, loro due rivali, dal momento che l’angelo era praticamente irriconoscibile se non dal demone stesso. Quindi, Crowley le fece da appoggio senza stringere come un perfetto gentiluomo, e insieme passeggiarono. Gli occhi del demone da sotto le lenti scure non abbandonavano le gote rosa sulla pelle alabastro della dama. Da anni ormai era disturbato da un fastidio interiore, che non lo abbandonava mai se non quando i due erano in compagnia. Forse si disse, si erano talmente abituati alla presenza l’uno dell’altro che era semplicemente il rigetto della solitudine passata. Ma non poteva essere così in quanto quel malessere era cominciato dal momento della nascita di Dante, e loro due erano separati.
Ma più Aziraphale gli stava accanto e più i tormenti svanivano. Adesso per esempio mentre conversavano a braccetto, era leggero come quando era in volo.

In lontananza una musica crebbe sino a solleticare i loro timpani. Poi, il suono di strumenti tipici delle feste popolari, e i canti delle persone. Stavano festeggiando qualcosa, probabilmente qualche santo o qualche ricorrenza come il raccolto. Fatto stava che non appena apparirono nel campo visivo dei partecipanti alla festa, un uomo si avvicinò loro in abiti tipici, e si levò il berretto dinanzi la signora con un inchino, rivolgendosi poi a Crowley.
«Orsù, lor signori vogliono unirsi alle danze?» e così dicendo, due damigelle infilarono una fascia di stoffa in pendant con quelle di tutti sulle loro teste in modo che cadesse loro monospalla.
«Non credo di conoscere il ballo tipico. E tu angelo? Se non erro voi non ballate.»
Aziraphale si rivolse a Crowley entusiasta
«Sì, gli angeli non ballano, ma io sono speciale.» sussurrò vicino al demone, strizzando l’occhio poco dopo.
«Oh, che romantico dar dell’angelo alla propria moglie!»  Crowley sgranò gli occhi.
«Oh no, no. Lei non–» 

Ma passeggiare con il demone fu più piacevole di quanto pensasse, forse si stava abituando troppo alla quotidianità della vita terrestre.. o meglio, della vita con Crowley. Aziraphale fu subito attirata dalla musica, l’aveva sempre amata, sin dai tempi dell’antica Grecia. Sapeva che in Italia andavano molto di moda le festività cittadine e locali, ma non ne aveva mai vista una dal vivo. Quando vide avvicinarsi quelle persone, l’angelo ne fu felice. 

Quando si sentì definita come “moglie” di Crowley, l’angelo rise di gusto, una risata cristallina che coinvolse in automatico anche gli umani presenti. «Oh sapete, mio marito sa essere noioso a volte.. io mi unisco alle danze!» e così Aziraphale seguì l’uomo e le damigelle verso la piazzetta, osservò i movimenti e iniziò a danzare.. probabilmente non si era mai sentita così leggera, così in pace, come in quel momento; ballare era bellissimo, era come avere una strana elettricità addosso che coinvolgeva ogni parte del corpo. 

«Oh avanti, marito mio, unisciti a noi!» esclamò Aziraphale divertito, mentre danzava con diversi gentiluomini a turno, tutti erano incantati dall’angelo, sembrava quasi fluttuare, più che ballare, le luci dei fuochi e della luna rendevano il tutto degno di un romanzo, proprio come desiderava Aziraphale.

 

Il demone aveva sempre reputato l'angelo imprevedibile. E quello era di per certo uno dei momenti in cui ne era più convinto. Aziraphale senza rendersi neanche conto dell’effetto che aveva sulle genti, era ormai padrone della sera.
Non si rendeva conto, il demone supponeva, che qualsiasi male sarebbe stato sempre un po’ meno male, quando c’era lui. Non volle perdersi quell’immagine né ci provava a lasciare il posto in disparte, a qualche metro dalla folla in cui era, poiché lì in mezzo nel danzare si sarebbe perso il modo in cui sorrideva, e il modo in cui lo stesso facevano le persone ogni qualvolta incontravano il suo sguardo ceruleo. Quella sera era grigio, una bellissima sfumatura di grigio che conteneva parti parallele di un mondo che amava e di un mondo che aveva imparato a soffrire, una cosa che il demone gli invidiava. E poi, si sentiva stranamente felice. Non lo interruppe, non si immischiò, se ne restò semplicemente lì a guardare desiderando per un attimo che non finisse mai.

Durante la danza, Aziraphale dimenticò tutto, dimenticò di essere un angelo, dimenticò l’ultimo secolo vissuto nella sofferenza, dimenticò che Crowley fosse un demone.. per quella sera si sentì semplicemente una dama che amava danzare, un’umana che si godeva la vita. Nulla di più, nulla di meno, ed era tutto perfetto, era come aveva sognato. Il tempo passò e Aziraphale volteggiava insieme alle genti, scambiava due chiacchere, rideva.. finché non salutò tutti per ritirarsi. 

«Vi ringrazio tutti, buonanotte!» e Aziraphale li salutò con un elegante inchino, per poi tornare da Crowley che, con suo dispiacere, non si era unito alle danze. I capelli argentati erano un po’ spettinati per il movimento e aveva un po’ di fiatone, ma il suo volto era più felice che mai.
«Oh Crowley, mi gira ancora la testa, com’è bello danzare!» disse Aziraphale aggrappandosi alle sue spalle. «Noioso demone che non ti sei unito a me!» disse scuotendolo un po’, e rise di nuovo, certo era anche colpa del bicchiere abbondante di vino rosso che gli avevano offerto, quella sera sembrava renderlo ancora più allegro.  

«Forse è meglio tornare.. andiamo.» gli disse agitando il coprispalle davanti al suo naso. 

«Sssì, forse è meglio davvero.» Crowley sbuffò divertito, e insieme trovarono alloggi per la notte. Non avevano certo bisogno di dormire nonostante fosse una delle attività favorite del demone, e forse in tempi in cui la movida notturna incoraggiata dalla modernità dei tempi sarebbe prosperata, avrebbero vissuto la notte, ma non era certo possibile nel Basso Medioevo.

Due anni trascorsero.
Dante, stabilito assieme alla famiglia e ai suoi fidati prodotti della sua mente a Verona, non demorse malgrado le oppressioni sociali. Ed anzi, riuscì a radunare un vasto gruppo di allievi tra cui il giovane Iacopo figlio suo, con cui leggeva e discuteva le proprie opere. Quando i canti dell’Infero e del Purgatorio furono nero su bianco, i due esseri soprannaturali iniziarono a vedere il barlume di luce che stavano coltivando da ormai trent’anni. Il primo essere umano a commentare l’opera fu proprio suo figlio, e nel leggere e rileggere quel capolavoro, Crowley peccò innumerevoli volte di compiacenza, d’orgoglio. Era così fiero di lui, e del lavoro svolto con l’angelo. Ormai, i tre erano come degli strani, ineffabili e improbabili amici, che godevano del silenzio e del consiglio della notte per compiere una missione esemplare. Quello fu il periodo più bello della sua vita finora.
Ma tutte le cose belle, specie se di mezzo c’erano gli umani, prima o poi finivano.
Negli ultimi tre anni vissero a Ravenna, fino ad una fredda notte di settembre quando il poeta lasciò quel mondo da esiliato, ma in pace, e non senza aver stilato anche tutto il Paradiso.

 

Quando Dante venne a mancare, Aziraphale non riuscì a non versare qualche lacrima dorata per il poeta.. un uomo che avevano seguito, protetto e indirizzato per tutti quegli anni, un uomo che sembrava aver unito ancora di più un angelo e un demone, impresa a dir poco divina. Perché anche se Aziraphale non ci pensava o non lo ammetteva, grazie a Dante Crowley e l’angelo avevano rafforzato il loro legame vivendo vicini e diventando fautori dell’opera letteraria che avrebbe stregato il mondo intero.
Poco dopo la morte del Sommo Poeta, Aziraphale fu richiamato in Paradiso. Soliti compiti e doveri burocratici, allora, l’angelo salutò di buon grado il demone, tornò alla sua forma maschile originaria e salì. Gabriele, come suo solito, ammonì l’angelo per aver trascorso troppo tempo sulla terra, così dopo essersi sorbito il solito richiamo, cercò subito Dante Alighieri.. doveva essere in Paradiso, per forza. 

Girovagò tra nell’etereo, nella materia celeste, finché non lo trovò, e il volto di Aziraphale si commosse. 

«Dante! Se passa un angelo fai finta di non conoscermi.. è meglio così.» gli sussurrò Aziraphale, e Dante lo salutò.

«Allora, come ti sembra?» chiese Aziraphale al poeta, indicando intorno a sé.

«Non ho parole per spiegarlo, angelo Aziraphale, è ancora meglio. Andava al di là della mia comprensione durante la stesura.. non credo di aver dato giustizia al Paradiso.» confessò il poeta preoccupato.

«Ti sbagli Dante, hai fatto un lavoro straordinario, grazie a te.. forse l’umanità si avvicinerà ancora di più a Dio, forse i miei sforzi varranno qualcosa.» disse l’angelo sorridendogli e agitando le ali.

«Grazie, Aziraphale. Mi sembra di capire.. che non avevi l’autorizzazione di mostrarti a me con i tuoi poteri, sbaglio?» l’angelo cambiò espressione, angosciato.

«Sssh, ti prego Dante, parla a bassa voce.. l’abbiamo fatto per un bene superiore.» Dante sorrise. 

«Lo so, e vi ringrazio dal profondo del mio cuore.. davvero, lo dica al signor.. lei-sa-chi. Gli chieda se può salutarmi Beatrice..» e Aziraphale annuì affabile.

«Certamente, Dante, goditi il Paradiso. E se gli angeli che cantano ti danno fastidio, prova a parlarne con il responsabile. A volte noi angeli facciamo un po’ troppo rumore con quelle trombe.» gli disse salutandolo con una risatina, prima di volare via alleggerito e contento di vedere Dante nel suo amato Paradiso.  

 

Crowley e Aziraphale non furono in grado di leggere l’opera intera fino a quando egli non spirò. Per quanto provassero a miracolare le pagine. Fu come se l’opera stessa volesse essere letta per intero soltanto quando il poeta avrebbe rotto il legame con la vita terrena. Ed era proprio così. Una forza importante circondava quel pezzo mancante, un potere più forte del loro, una volontà indistruttibile. Questo perché celava la soluzione ad un mistero impenetrabile, tale fino a quando il demone Crowley non fosse stato pronto a scoprire, ad accettare, a soffrire.

Una notte, finalmente, le pagine del Paradiso apparvero al demone. Come fosse stato il compimento di un miracolo sospeso. Il demone era in lutto, ma ciò non gli impedì di alzarsi dal letto non appena l’opera si materializzò sul suo comodino. Accese una candela, sorpreso. Ebbe il convulso istinto di svegliare Aziraphale, di chiamarlo, eppure non lo fece.
Afferrò quei fogli gialli adornati dalla scrittura perfetta del poeta, e con un groppo in gola, cominciò a leggere.

Paradiso,
Canto I.

La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.

Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;

 

 

 Il demone Crowley divorò trentadue canti in una sola mezz’ora. Questo perché ritenne sempre più complicato passare al verso successivo senza affogare nelle proprie nere e amare lacrime.
Il Paradiso era ancor più bello, descritto così. Crowley era presente quando Aziraphale glielo descrisse. Aveva nelle orecchie il melodico suono della voce dell’angelo, e dinanzi agli occhi i tratti del suo viso ed ogni movimento. Il modo in cui si emozionava, il modo in cui sorrideva, il modo in cui brillava anche se erano alla fioca luce di una lampada quasi morta, ma lo scintillio dei suoi occhi bastava a illuminare la città intera e la perduta anima dannata del demone, e il cuore di Dante, che piangeva con l’angelo.

Il loro amore era uguale e contrario, si rese conto Crowley. Aziraphale esprimeva un amore verso Dio che Dante concepiva ma non comprendeva, e Dante professava un amore verso Beatrice che Aziraphale comprendeva, ma non concepiva.
Entrambi cercavano la stessa cosa.
Entrambi provavano la stessa cosa.
Entrambi descrivevano questo sentimento come qualcosa che non apparteneva alla terra, come qualcosa che non si creava e che non si distruggeva, come qualcosa che vinceva il tempo e lo spazio, una certezza che resisteva e fioriva in ogni momento, che non li lasciava mai.
E Beatrice per Dante in quella commedia, lesse il demone, era la guida della vita. Era lei quella che lo spingeva a essere migliore anche se nell’essenza di carne era incline alla tentazione, e alla dannazione, perché debole e vulnerabile e sottomesso volontariamente e con ogni fibra del suo spirito a quella donna che era la sua ragione di vita.
Lei era ciò che gli faceva desiderare di non essere un peccatore non per se stesso, ma per essere degno di lei.
Così come lui, un demone che non poteva amare, desiderava farlo non per se stesso, non per la redenzione, non per la beatitudine.
Ma solo e soltanto per un attimo insieme liberi da tutti, lui e l’angelo. Liberi dalle catene dalle fazioni, liberi dagli schieramenti e dalle regole.

Le dolci e delicate parole che Aziraphale aveva usato per descrivere il luogo empireo erano quelle di una madre che bacia suo figlio, e Crowley seppe di non avere memoria migliore del Paradiso di quella che Dante aveva rappresentato leggendo Aziraphale e la sua essenza.
Mai luce gli era sembrava più forte. E nessuno meglio di lui sapeva che era verità, perché puoi conoscere la luce soltanto dopo aver visto il buio. E Crowley lo aveva visto e lo aveva dimenticato, quando leggendo Aziraphale sembrava essere di nuovo lì accanto a lui a sorridergli.
E poi quando Aziraphale gli aveva mostrato la sua preoccupazione nella creazione dell’Universo. E quando aveva condiviso con lui il muro dell’Eden. Quando gli aveva fatto dono della Stella Egiziana. E quando gli aveva narrato delle sue battaglie Persiane. Lo stesso amore che Aziraphale gli aveva mostrato piangendo l’oro nei suoi occhi quando confessava i suoi tormenti a lui e soltanto a lui, o quando gli aveva tagliato i capelli perché troppo lunghi. Ogni qualvolta gli inviava la colomba con un messaggio che gli chiedeva se stesse bene. Ogni qualvolta s’offendeva, casto e puro com’era per la sua blasfema e tagliente lingua biforcuta. La stessa emozione che sentiva quando egli credeva di essere divertente ai suoi occhi. Lo stesso sentimento, costante, penetrante, forte e deliziosamente violento che gli lasciava il cuore pesante ogni qualvolta si separavano per adempiere ai loro doveri.
Uno sguardo in silenzio che gli bruciava le retine, il respiro che esalava quando nel corso degli anni lo rivedeva come se fosse stato un umano sott’acqua per il tempo necessario che bastava a uccidere, meno un secondo. E quel secondo era il momento in cui si salvava e tornava a vivere, perché Aziraphale era di nuovo accanto a lui.

Cinquemila anni gli ci vollero. L’ultimo canto della Comedia di Dante, il trentatreesimo, gli ci volle.

A l’alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva ‘l mio disio e ‘l velle,

sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.    

L’amor che move il sole e l’altre stelle, lo stesso amore con cui erano state create. E lui non era stato solo quando l’Universo e tutti gli astri presero vita nel cielo infinito.

Crowley era innamorato, e lo era da molto tempo e non lo aveva mai capito, perché definizione di Demone voleva che fosse imperdonabile, incapace di amare. Eppure, si sentiva perdonato e sentiva di amare così come Dante gli aveva spiegato con quelle poesie, così come Aziraphale gli aveva detto aprendogli il suo cuore anche quando non voleva.
E con quella certezza e con quelle parole sparse i fogli in aria, e pianse con le mani strette sugli occhi e le vesti tra i denti, singhiozzando da solo nel buio di una candela la cui fiamma s’era estinta come tutte le speranze.

Aveva finalmente scoperto che cos’era quell’angolo nel cuore che differiva dal resto, e così come lo aveva trovato lo aveva anche perso, consapevole che non poteva esistere in cielo o in terra qualcosa di tanto bello come lui e l’angelo, quando lui era un laido, indegno, corrotto, dannato demone, che aveva preferito chiedere anziché ascoltare.

 

 

Capitolo VII 

Parte II



 

Aziraphale tornò dal Paradiso, di nuovo in Toscana, nelle recenti abitazioni che lui e Crowley avevano trovato. Doveva riferire a Crowley della sua chiacchierata con Dante, così comprò dei dolci italiani e si diresse a casa del demone, ritornato nella sua normale forma “maschile”. L’angelo ripensò di nuovo a quella serata in cui danzò con quegli umani e, di rimando, sorrise, probabilmente non l’avrebbe mai dimenticata, così come non avrebbe dimenticato quella passeggiata in cui, per qualche ora, lui e il demone finsero di non essere nemici naturali ma solo.. umani.

Non c’era traccia di Crowley nel giardinetto fuori dalle loro abitazioni, così andò direttamente a bussare alla porta di legno. «Crowley sono io! Ho parlato con Dante lassù! Mi apri? Ho anche dei dolci!» disse l’angelo in attesa.

 

Crowley non batté ciglio.

Aveva trascorso le restanti ore, lunghe e solitarie ore a piangere. Era completamente prosciugato. Gli sembrò che i suoi stessi sbagli lo punissero, svolazzandogli intorno come le Arpie, e che si cibassero ad ogni giro, di una parte della sua faccia. 

Gli occhi erano tremendamente gonfi, e le borse viola e pesanti. E il suo cuore.. quello era talmente duro da essergli pesante nel petto. Qualche minuto passò prima che si decidesse ad aprire. Gli occhiali scuri ben posizionati, il volto impassibile.. niente lo avrebbe preparato a rivedere Aziraphale dopo la sua epifania, così si rassegnò alla sofferenza, e lo accolse.

«Aziraphale. Come sta Dante? È lassù per davvero?»

La casa di Crowley era fredda, quasi gelida. Tutto era di nuovo in ordine, una copia della Comedia intera sulla scrivania.
Crowley sembrava un po’ apatico, ma forse era la stanchezza degli ultimi mesi. 

L’angelo si sedette e appoggiò i dolci sul tavolo, sfogliando la copia della Commedia. «Oh sì, non preoccuparti per lui, sta benissimo! Ci ringrazia entrambi, e ti chiede di.. salutargli Beatrice, incredibile, pensa ancora a Lei nell’aldilà, doveva essere un grande amore.» spiegò l’angelo sfogliando i canti del Paradiso.

«Come dice qui, sì.. l’amor che move il sole e l’altre stelle, una forza così dirompente da muovere il cosmo stesso? Che sia più forte dell’amore di Dio? Chissà, non lo saprò mai probabilmente, ma c’erano altri versi nell’Inferno che mi colpirono molto.. dicevano.. ah sì. 

 

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense.

 

Girone dei lussuriosi, il canto di Paolo e Francesca. Secondo Dante l’amore può albergare solo in un cuore gentile, tuttavia questa forza va al di là dell’individuo stesso o della sua volontà, come se non si potesse controllare. Certo con quei due l’esito fu tragico.. però Dante sa rendere dolce anche il dramma. Si merita il suo posto nel Paradiso.» 

Analizzò Aziraphale recitando il canto dell’Inferno, cercando di tenere un ritmo melodico, pur trattandosi di due peccatori del girone dei lussuriosi. L’angelo mangiò un dolce sfogliando ancora la Commedia, più la guardava più ne rimaneva estasiato.

 

Il demone allora chiuse gli occhi dietro le lenti, e in quel preciso momento in cui il labbro inferiore tremò, un vaso esplose da sopra un comò distante dai due. Il dolore che provava era insopportabile. La voce di Aziraphale era insopportabile, il fatto che stesse volando col suo cuore tra le righe di un sentimento condannato, era insopportabile. 

Scelse la strada più facile, e gettò tutta la colpa su di lui.

«Cerca di emozionarti di meno, mi distruggerai casa.» Gli disse fermo senza sentimenti.

«E non sorprenderti. Dante era un essere umano. Ed era di buona condotta morale. Empatizzava, lui. Anche con chi se lo merita, quel tipo di condanna.» 

Crowley raccolse quelle pagine fingendo di leggerle. Le conosceva ormai a memoria. Dante era riuscito meglio di lui e di come Satana stesso avrebbe fatto, a portare al mondo quella realtà.

Ma adesso, desiderava non averglielo mai fatto fare.. 

«Certo però, aveva una parlantina niente male.»

Aziraphale saltò per aria quando sentì lo scoppio, per un momento pensò fosse entrato un ladro.. ma come aveva fatto?

«Io? Non mi era mai successo.. forse non devo leggere i versi di Dante ad alta voce, insomma, già una volta l’ho fatto svenire al povero poeta, ci manca solo che mi metto a rompere vasi..» disse avvicinandosi alla terracotta per ripulire il pavimento dai cocci.
«Ah, ci hai messo meno tempo di quanto m'aspettassi a capirlo.» e dirlo, fu un assurdo paradosso. Gli dispiacque vederlo indaffararsi per raccogliere i suoi disastri, ma non fece assolutamente niente per aiutarlo o per prendersi le responsabilità. Voleva solo andarsene via, adesso. Quanto ancora sarebbe stato così, nella loro vita?
«Tutta questa faccenda di Dante è stata davvero assurda, abbiamo fatto un bel lavoro, sento che forse le persone potranno avvicinarsi di più a Dio e.. ciò che ho fatto non è stato vano. Hai avuto una bella intuizione, Crowley, ricordo quando mi parlasti per la prima volta di Dante, fu come quando mi parlasti delle stelle e di astronomia.. non stavi più nella pelle. E poi la danza di quegli anni fa! Già mi manca ballare, ma non terrò la forma femminile, essere donne in questo mondo è un incubo.» continuò Aziraphale mangiando un altro dolce. «Credo che ora starò un po’ ad Ortigia, ho voglia di farmi un bagno e di dormire sull’amaca, e tu?» chiese l’angelo guardando Crowley, certo quel giorno era più strano del solito. 

«Io andrò via dall'Italia. È.. asfissiante stare qui, ora. Torno in Spagna, ad Aragona.» ed era sincero. Gli faceva troppo male, ma non poteva confessarsi. Aveva bisogno di stargli lontano. Sia mai avesse ceduto. Sia mai avesse..
Stupidamente, per un momento Aziraphale sperò lo seguisse ad Ortigia, o che rimanessero ancora in Toscana, ma.. non fu così. Avevano vissuto già tanto vicini, correndo non pochi rischi, se fossero stati scoperti. 

«Oh, capisco.. certo, la Spagna, terra che ha i ricordi di quell’assurdo esorcismo di Toledo.» disse l’angelo divertito.

«Partirò domani. Io ho..» Crowley dovette prendere un respiro. Doveva salvare le apparenze.

«Conservato ogni prima copia dell'opera. Questa è quella originale. A Dante e alla sua famiglia ho sempre restituito dei falsi clonati.»
E così dicendo, Crowley gli allungò il tomo.

Quando Crowley gli porse il libro, l’angelo lo prese con cura, come si prendeva un neonato. «Grazie, ne avrò molta cura, promesso! Forse un giorno mi creerò un posto dove vendere libri, manoscritti, testi.. potrei essere bravo a farlo. Certo le rarità non le venderò mai, questo tomo sarà ben custodito. Allora a presto, Crowley, mi farò sentire, non metterti nei guai.» disse colui che si metteva sempre nei guai. L’angelo gli sorrise e, con un piccolo inchino che fece ondeggiare il suo mantello blu, uscì dalla casa del demone.

«Ngk.» Crowley lo salutò cercando di non cadere in ginocchio, dinanzi quella movenza. E si era superato, lo aveva fatto, si era separato finalmente e con enorme tristezza, dalle uniche due cose alle quali aveva mai tenuto.
Adesso, doveva solamente imparare a convivere, di nuovo, con l’isolamento e la bufera che albergava nella sua psiche. E pianse ancora.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - Firenze e Madrid. ***




 

Mutatis mutandis;
Cambiando ciò che si deve cambiare.



Firenze, 1400 e 1500 d.C;
il Rinascimento e La Santa Inquisizione.


 

Il XV e XVI secolo furono dei periodi estremamente prolifici e intensi a livello culturale e artistico, l’angelo viaggiò in diverse città italiane: Milano, Roma, Siena, Assisi, Mantova, Venezia.. stava assistendo ad una rinascita artistica e architettonica senza precedenti, ovvero il Rinascimento italiano. 

L’invenzione della prospettiva, le nuove cattedrali, un nuovo modo di dipingere così dolce e aggraziato che più volte l’angelo si commosse, soprattutto osservando le opere di Botticelli, Donatello, Brunelleschi, i fiamminghi.. ma c’era di più, Aziraphale si soffermò per molto tempo alla bottega di Andrea del Verrocchio, dove si formarono, assieme a lui, molti altri artisti fra cui Leonardo da Vinci e Botticelli che conobbe in prima persona. 

Di anno in anno, Aziraphale imparò a dipingere, oltre alla scrittura, la pittura divenne una delle sue più grandi passioni. 


 

Era noto come Azira di Atene, un nome altisonante che destò non poche curiosità, finendo con l’essere conosciuto come il “pittore greco” di Firenze, le sue opere erano un miscuglio tra uno stile dolce e aggraziato e un uso dei colori piuttosto variabile, amava dilettarsi con tonalità scure così come con tonalità chiare, come se nella sua pittura vi fosse sia luce che ombra. Ben presto fece amicizia con Leonardo, che seguì lungo tutta la sua carriera; era un uomo gentile, affabile e un buon amico, certo di un intelletto senza pari. Spesso passeggiavano insieme discutendo di arte e scienza, i disegni di Leonardo affascinavano moltissimo l’angelo, tanto che spesso si fermava da lui ad osservarlo mentre disegnava. Aziraphale si preoccupò molto delle voci che, ad un certo punto, iniziarono a circondare Leonardo, riguardanti accuse di sodomia. Leonardo, di fatto, si era invaghito di uno dei suoi allievi, il giovane Gian Giacomo Caprotti (detto il Salaì), un ragazzo di bell’aspetto… ma tremendo. Giocava tutti i soldi di Leonardo alle scommesse nelle locande e, puntualmente, Aziraphale risarciva il povero artista sgridando l’allievo che, però, continuava imperterrito a indispettire sia Leonardo sia l’angelo. Aziraphale entrò nella corte di Lorenzo il Magnifico, uomo enigmatico, intelligente, comprendeva bene il suo ruolo e diede un forte impulso alla cultura come motore politico e sociale della città. Un uomo dal carattere difficile e piuttosto malmostoso fu Michelangelo, di fatto nessuno era davvero suo “amico”, e più di una volta assistette a qualche commento velenoso tra lui e Leonardo, quest’ultimo di fatto, di natura colma di grazia, evitava ogni genere di conflitto. 

 

Tuttavia, se da un parte Aziraphale si dilettò nelle arti e nelle scienze, un’ombra oscura aleggiava sulla Chiesa cattolica, già a partire dal XIII secolo: l’istituzione dell’Inquisizione via via si stava intensificando sempre di più. Cacciare gli eretici e qualsiasi persona professava concetti e “scienze” che la Chiesa considerava come eretiche.. che comprendeva tantissimi campi, soprattutto la medicina, spesso erroneamente scambiata come “magia”. Persino Aziraphale che, da angelo quale era, si impegnava per aiutare i bisognosi.. finì più volte nel mirino degli inquisitori, lui che era letteralmente un angelo fu tacciato dalla Chiesa, non poteva esserci ossimoro più assurdo. Il fenomeno fu molto presente in Spagna e Portogallo, ma dal XVI secolo anche a Roma. L’angelo soffriva molto di questa condizione, quasi come soffrì nell’XI secolo, quando si sfogò con Crowley a Toledo, odiava vedere la Chiesa corrotta da una tale violenza, da una cecità senza pari. Più volte si trovò a difendere idee, donne e uomini dalla Chiesa e dai suoi Inquisitori, una notte fu costretto persino a usare i suoi poteri per addormentarli, per evitare che catturassero un astrologo e una donna che praticava medicina (e lui stesso).

Come nella sua arte, c’era luce e ombra in ogni epoca, l’una non esisteva senza l’altra, e questo Aziraphale lo capì a sue spese… ma lui era dalla parte di Dio, non si sarebbe mai arreso, la luce poteva risplendere di nuovo, prima o poi. 

Le comunicazioni con Crowley erano.. sporadiche, da quando si lasciarono a Firenze dopo Dante, il demone sembrava un po’ cambiato, anche se l’angelo non sapeva dirsi perché, forse la Commedia lo aveva colpito molto. 

Ma c’era qualcos’altro che tormentava l’angelo, i metodi dell’Inquisizione, di fatto, avevano un’aria spaventosamente familiare.. le loro torture, la loro “visione” di tutto, richiamava molto l’Inferno della Commedia. Aveva sentito voci dall’alto sui possibili demoni in parte responsabili di tale corruzione, e l’angelo non voleva.. non poteva credere che Crowley avesse contribuito a tale scempio, non dopo il loro incontro di Toledo. Non dopo lo sfogo che aveva avuto Aziraphale, causato proprio dal marciume della Chiesa cattolica, no, non poteva essere davvero così. Aziraphale si convinse dell’innocenza di Crowley, ma il suo animo rimaneva fortemente agitato, confuso e ferito.

Crowley crebbe di aver visto le cose peggiori al mondo. E molto probabilmente era vero. Ciò che non aveva mai fatto però era scatenarle.
Si trovava lì, quell’oggi, al cospetto del Re e della Regina di Castiglia. Ferdinando ed Isabella, che nel loro territorio assistevano ad un momento storico di pace, pace tra gli occupanti della Spagna e le loro diverse religioni: gli spagnoli, cattolici. I musulmani, e gli ebrei, col giudaismo come uso e costume, e l’ebraismo per religione.
Ed era ancora una volta, al popolo di Dio che fu riservato un trattamento osceno e terrificante.

{Un mese prima.}

Crowley era stato convocato negli Inferi.
Gli uffici di Belzebù erano come al solito, umidi e lerci, pieni di uova di mosche alle mura. Il demone sentiva la bocca dello stomaco sparire ogni volta che entrava lì dentro, o che scendeva laggiù, ad ogni modo.
Con pazienza comunque, attese con le mani giunte dietro la schiena che il braccio destro di Satana si presentasse.
«Ah, eccoti qui, Crowley!» lo spirito immondo col corpo di donna gli si parò dinanzi. Fiera nella sua divisa, la testa alta e il viso.. pieno di pustole dalle quali insetti sporchi e rumorosi fuoriuscivano. Doveva davvero trattenersi per non dare di stomaco ogni volta.
«Lord Belzebù. Al tuo servizio. Che posso fare per voi?»
«L’Inferno è vuoto.» Il demone si guardò intorno, le sopracciglia aggrottate.
«Mi sembra anche troppo.. popolato, se devo dire la mia.» le disse riferendosi più che altro al fetore, che occupava gran parte dello spazio libero tra un dannato e l’altro. Spazio che non era poco, poi.
Ma ella insisteva.
«Le anime, Crowley. Perché abbiamo un tasso di dannazione così basso nell’ultimo secolo? Che cosa stai combinando?»
Crowley, che era un attore a dir poco magistrale quando trattavasi di mantenere la calma dinanzi a situazioni scomode, sollevò il labbro inferiore con aria di chi era altrettanto stupito e indignato.
«Ugh. Questi umani stanno davvero diventando difficili. Ultimamente sembrano essere immuni.»  
«Mh, dubito fortemente che sia l’intervento dell’opposizione. Quegli angeli sono uno più stupido dell’altro.»
«Già, chissà che gli passa per la testa a questi umani.»
«Te lo dico io. Qualche idiota più idiota delle ali bianche si è inventato un modo per.. spaventare gli umani e allontanarli dalla tentazione. Una Commedia in un libro, mi pare lo abbia chiamato Hastur..»
«Libro?» ripeté il demone dai rossi boccoli. «Hastur sa leggere?»
Non sia mai avrebbero sfogliato la Comedia di Dante. Chi se non lui avrebbe mai potuto dirgli per filo e per segno cosa accadeva lì? Ed anche se avesse fatto in modo di dire loro che Dio gli aveva mandato una visione e che se stesso non c’entrava assolutamente niente, sarebbe stato prima amaramente torturato. I demoni si guardarono. Un silenzio scomodo e carico di accuse incombeva tra di loro. Fino a che il Signore delle Mosche fissò il demone suo subordinato con un’espressione dura.
«Ho un compito per te, Crowley. Dato che i giocattoli di Dio sono diventati ‘difficili’ come dici tu.. vanno un po’ incoraggiati.» Crowley allora comprese, e il respiro parve bloccarglisi in petto.
Incoraggiare, quando le tentazioni non andavano a buon fine, valeva a dire costringere, fornire mezzi e materiale. Con un sorriso saccente e garbato al contempo, scosse la testa finemente.
«Naaah.. non ne hanno bisogno, Lord Belzebù. Si fidi di me, sono perfettamente in grado di sistem–»
«Ti stai rifiutando?» Gli occhi dalle aghiformi pupille allora si restrinsero ancor di più. Il sorriso vacillò per un attimo, un attimo soltanto.
«Certo che no. Sono perfettamente in grado di sistemare le cose. Dopotutto sono stato scelto perché sono bravo, no?»

La donna non fece altro per trattenere il demone che non voleva cadere, nonostante non si fidasse, né tantomeno le piacesse quel tentativo di deviare gli ordini e i comandi.

Era stato vano, il metodo precedente.
Crowley aveva fatto di tutto perché gli ebrei non venissero perseguitati, ma semplicemente indirizzati. Aveva provato a suggerire la conversione per forza. Un cambio di credo era sempre meglio che morte, tortura e confisca dei beni, in più avrebbe sottratto fedeli a Dio, e così parve aver risolto. Dittatori razzisti e conservatori che imponevano la vita con la minaccia, anime dannate, e fine dei giochi. Sarebbero dovuti essere tutti contenti, lui e l’Inferno.

Ma nonostante molti ebrei conversos si fossero battezzati e avessero accettato le imposizioni del Governo, continuarono a mantenere gli usi ed i costumi delle proprie origini.
Le voci corsero troppo in fretta.
Aveva purtroppo fallito, il demone. Sapeva che ogni azione aveva una conseguenza, quando fatta in prima persona. Aveva ingenuamente pensato e colpevolmente sperato che un piccolo escamotage potesse zittire le pressioni, che potesse ovviare al problema, che potesse finalmente dare un equilibrio pur essendoci lo zampino del male radicato, in maniera poco ortodossa.
Purtroppo, Belzebù non mancò di scendere nel pozzo più basso del Nono Cerchio Infernale, ad avvertire Satana in persona.
Il demone guardò il suo Signore dal basso, in volo sul Lago Ghiacciato in cui erano circondati lui e i tre traditori peggiori della storia. Egli nella sua mastodonticità, smise per un attimo di masticare Bruto, e sbattè le enormi ali rosse.
«Fallo venire qui. Subito.»

Quando Crowley seppe di essere stato convocato dall’angelo preferito di Dio ora diventato l’essere più crudele dell’Universo, quasi si discorporò. Non era mai, mai accaduto prima di allora. Con l’essenza colma dell’ansia più pura e della paura più nera, raggiunse quella destinazione, la Giudecca. Satana era lì, fuori dal lago di ghiaccio, tra le suppliche degli spiriti in pena in cerca di pietà. 

Con le ali che talvolta ritiravano autonomamente nelle scapole quasi a rifiutarsi di volare in quel girone, si costrinse ad avanzare fino ad essere ai piedi del demonio in persona, dalla quale bocca pioveva letteralmente un bagno di sangue. Cassio, Bruto e Giuda venivano trapassati dai grossi denti di Satana, e le loro urla erano così strazianti da sovrastare i lamenti delle anime e i pensieri del demone, immobile dinanzi a quelle scene. Ciò che udiva, inoltre, era il rumore delle zanne sbattere l’una contro l’altra e le ossa macinate. Era inquietante e inorridente, così come lo erano carne e squarci di interiora che piovevano giù. Il demonio, mescolò alla propria saliva la pastocchia che erano divenuti i tre umani dannati, e con sdegno lo sputò senza tante cerimonie a poca distanza da Crowley, che d’istinto indietreggiò quasi inciampando nei suoi stessi piedi.

Era disgustato al limite della sopportazione. La carne tritata a pochi metri, dopo un po’, ritornò ad avere l’aspetto dei tre uomini, intonsi e risanati come se nulla fosse stato. Correvano, scappavano con gli occhi fuori dalle orbite e le braccia in testa come a proteggersi, ma Satana li riafferrava con le sue mani enormi e ripeteva l’intero processo.

La voce del mostro era un profondo abisso di orripilanza.

E prima di entrare in quelle fauci per l’ennesima, dolorosissima volta, le loro gole si erano già lacerate a forza di urlare proteste e una pietà che non avrebbero ricevuto. Poi, Satana parve notare Crowley che era ormai in una trance dissociativa, con gli occhi vuoti e impauriti.
«E allora, Crowley. Ho saputo che ormai lavori ed operi da solo.»
Il demone volle parlare, ma gli sguardi dei peccatori e il rombo della voce di Satana parvero volerlo uccidere, in modi differenti. La pena ed il panico.
«No mio Signore, io-»
Il dorso dell’enorme mano sbatté contro il demone, che volò senza aiuto delle ali contro la roccia che era la parete della Giudecca, e fu certo di sentire almeno quattro o cinque vertebre crollare. Un urlo di dolore lasciò la sua gola senza il suo controllo. Satana poi aprì una mano e lo richiamò a sé, e fu immediatamente stretto nella sua presa. Quando lo lasciò cadere, catene ai polsi e al collo gli offendevano la pelle.
«Stai mettendo in discussione anche me, Crowley?»
«N-No! No Signore, non...» il demonio strinse le catene così forte che i polsi si spezzarono. Fu costretto in ginocchio, e i lunghi artigli del demone gli tagliarono la schiena, come avrebbe fatto una volpe a nove code dalle punte d’acciaio. Crowley urlò, col viso in terra e il sudore che gli colava giù dalla fronte, le membra impossibilitate al movimento. Piangeva in silenzio come non avrebbe mai voluto fare nella vita, per orgoglio, per necessità.
«Ti sei battuto tanto da codardo quale sei per essere scelto come inviato sulla terra, per fuggire da qui. E quando un ordine ti viene dato, tu lo segui, Crowley. Fai il tuo dovere, o sguinzaglierò qualche altro servo che non ha di certo paura di ingoiare fino all’ultimo umano, e soprattutto, di darti il tormento in eterno. ! »
Tuonò allora il Diavolo, e Crowley tremò fino all’ultima fibra dell’anima, annuendo per disperazione.


E così ora, Crowley era in Spagna.
La brutalità che aveva ancora impressa nel cuore e sulle carni non lo fecero, suo malgrado, esitare per un solo attimo mentre incoraggiava i sudditi a convincere il Papa di approvare l’Inquisizione.
Era stato già approvato circa un secolo addietro dal precedente Papa l’utilizzo della tortura come metodo di estirpazione della verità. Anche l’uomo migliore al mondo, con i principi morali più sani e giusti prima o poi avrebbe ceduto ai metodi con la quale venivano lacerate, deturpate, e strappate le carni.
Il dolore fisico talvolta era insostenibile, e la violenza con la quale era inflitto, nuda e cruda, avrebbe spaventato chiunque.
I giudici e i funzionari del governo spagnolo seguirono strade infauste per estirpare fondi di verità che talvolta neanche esistevano, dagli ebrei e dai loro familiari. Gli interrogatori erano posti da gente tanto colta rispetto ai popolani, che alla fine finivano per confessare anche in maniera retroversa spinti dai giochi di parole.
Fino a che tutti gli ebrei furono espulsi dalla Spagna, dopo quasi un secolo di persecuzioni, di torture, e così anche i loro testimoni che o testimoniavano a favore, o venivano condannati per appoggio.
Talvolta l’inquisito neanche conosceva i motivi della condanna, poiché ben presto iniziarono a non avvisare neanche che si sarebbe tenuto un processo.

E la Chiesa nel secolo dopo, da che si mostrò contraria inviando parecchie lettere al Re per avere pietà degli ebrei, adottò gli stessi identici metodi contro gli eretici. Metodi che Crowley aveva portato ispirandosi alle torture infernali.
La Culla di Giuda, la Vergine di Ferro in cui la persona veniva chiusa viva in un sarcofago pieni di chiodi , la Pera che rompeva la mascella o il retto delle persone, la Tavola che trazionava gli arti fino a slogarli, e la Mordacchia che bucava la lingua.
E purtroppo, non aveva finito.

Col cuore in tempesta e ricoperto di melma incandescente e putrida, Crowley diede inizio alla più sporca e indicibile oppressione umana della storia.
E fu contento di non doverla condividere.. fino a che Aziraphale non lo convocò.

 

Aziraphale ben presto venne a sapere in modo più specifico i metodi di tortura utilizzati dall’Inquisizione e, una notte, si intrufolò in una delle loro segrete per vedere con i suoi occhi quegli strumenti.. ed erano come descritti, quella notte l’angelo uscì da quel luogo putrido e diede di stomaco, per poi piangere tanto oro. 

Furono tante le notti in bianco, tanti i dubbi e le paure che lo assillavano, specie da quando Gabriele parlò di un “demone dai capelli rossi” che sembrava aver incoraggiato la fondazione dell’Inquisizione. Non poteva essere vero, il cuore dell’angelo pesava come un macigno.

 

Madrid, 1560 d.C.

 

Crowley, mi dirigo a Madrid, incontriamoci lì, alla Plaza de la Villa. Subito.

  • Stella Egiziana

 

L’Angelo si diresse subito a Madrid, ma provava un’angoscia mai sentita nella sua esistenza… non dai tempi della Biblioteca di Alessandria, anzi, era decisamente peggio, di gran lunga. Nessun libro poteva essere comparato alle migliaia di vite umane spezzate nella pozza oscura del dolore. 

Aziraphale, in una giornata uggiosa e fredda, arrivò nella piazza. Di solito Crowley arrivava sempre in anticipo, ma questa volta sembrava in ritardo, il volto di Aziraphale era serio, preoccupato.. per tanto tempo lui e Crowley non si erano raccontati praticamente nulla, Aziraphale avrebbe voluto narrargli delle sue avventure fiorentine, ma sembrava che il demone si fosse allontanato e non fosse più incline alla totale condivisione, assurdo, no? Vivere accanto per così tanti anni, e poi dividersi. Cos’era successo in quel lasso di tempo? L’angelo se lo chiedeva spesso, ripensava alla notte toscana in cui danzò e passeggiò con Crowley, ma sembrava solo un lontanissimo ricordo.

Il demone fu pervaso dalla tentazione di non rispondergli, e vi cedette. Non aveva mandato alcun messaggio in risposta. E fu anche tentato dal non presentarsi. Molti fattori giocavano contro di lui: non aveva il coraggio di presentarsi dinanzi l’angelo, non dopo quello che aveva fatto. Si vergognava dal profondo dell’anima, e si sentiva colpevole. Non per gli esseri umani, in questo frangente, ma verso di lui. Sentiva di aver infranto un patto importante, di essere andato contro principi che andavano oltre il loro status, e non quello di creature opposte e rivali, ma quello che nel tempo avevano costruito, con fatica, con fiducia. E poi, non avrebbe potuto guardare nei fondi infiniti più lucenti del sole di Aziraphale, sostenerli, o mentire. Non dopo che egli aveva riposto una fede in lui che non meritava per principio oltre che per operato. Non dopo che sapeva di essere innamorato di lui. Era come se lo avesse tradito di nuovo, e questa volta consapevolmente, e senza possibilità di redenzione. Perché Crowley sapeva, non era certo uno stupido, che dal tono implicito di Aziraphale adesso sarebbe toccata a lui, l’Inquisizione.
E mai tortura sarebbe stata più amara e infelice che vederlo soffrire a causa sua.

Satana gli aveva dato del codardo, e forse lo era. Tendeva per natura a fuggire, il demone, quando la situazione diventava troppo. E non avrebbe potuto neanche chiedergli una pausa, perché non avrebbe mai potuto trasferire all’angelo la responsabilità delle torture, o della tentazione verso gli umani di entrare a far parte della corte giudiziaria.

Niente gli era favorevole. Tutto sembrava volerlo vedere morire, o anzi vivere con quel fardello insopportabile, divertendosi a vedere fino a quando e dove sarebbe sopravvissuto senza impazzire.
Quando Crowley arrivò con tutta la calma del mondo, fu come andare al patibolo. Ciononostante, rivedere Aziraphale malgrado i loro volti fossero l’uno più collerico e duro dell’altro, fu la cosa più felice che potesse ricordare negli ultimi secoli.
«Angelo.» gli disse anaffettivo, gli occhiali scuri a coprire un grosso livido che non sarebbe guarito tanto facilmente.

 

Aziraphale finalmente vide arrivare Crowley, e sentendo il suo saluto lo percepì.. il distacco. Un tono freddo, quando un tempo era solito essere sempre caloroso nei suoi confronti. Non c’era tempo per le chiacchiere, i convenevoli o gli inviti a pranzo.. entrambi sapevano perché si trovavano lì, Aziraphale doveva sapere.

«Lo sai perché sono qui. Gabriele mi ha riferito di un demone dai capelli rossi che ha incoraggiato l’Inquisizione.. per un momento, onestamente, non ci ho creduto. Insomma, non può essere vero, giusto? Non faresti mai.. non dopo ciò che ti ho detto a Toledo. Al di là delle fazioni, dello status, tu ami l’umanità Crowley, come me. Abbiamo.. fatto tante cose insieme.» la voce di Aziraphale iniziò a tremare e i suoi occhi cerulei si inumidirono. «Ma oltre l’umanità.. perché dovresti farmi del male? Non credo di averti fatto qualche torto.. l’Inquisizione stava per prendere anche me, una notte, lo sai? Me! Se non fosse stato per  i miei poteri, a quest’ora il mio corpo sarebbe stato torturato, ed è come se.. come se fossi stato tu a inseguirmi, quella notte, se è vero. Gabriele non sbaglia mai..» delle lacrime dorate iniziarono a inumidire gli occhi dell’angelo. Perché, in cuor suo, sapeva benissimo qual’era la verità, tuttavia il suo cuore si rifiutava di crederci.
«Non amo l’umanità» Crowley interruppe bruscamente, ma con il tono garbato. L’unico e solo modo che aveva per non cadere in ginocchio e pregare esattamente come aveva fatto prima di cadere, era scegliere di non provare emozioni. Sapeva che quando avrebbe annullato il proprio auto miracolo sarebbe stato il più brutto di tutti i suoi giorni dannati, ma non avrebbe potuto in nessun modo sostenere quella conversazione, quel viso. Malgrado le iniziali incomprensioni e il loro modo di tenersi a distanza per non incappare in scomode situazioni che li avrebbero messi nei guai, Aziraphale non lo aveva mai guardato in quel modo, esattamente come si guarderebbe un demone.
Con delusione, con rabbia, con dispiacere.
E l’idea che sarebbe potuto finire appeso ad una corda per i polsi da dietro la schiena, o appeso a testa in giù e segato dall’inguine al petto, quasi annullò il miracolo, poiché si sentì formicolare le mani. Se non si fosse reso apatico, starebbe ribollendo di rabbia, livido e incontenibile.
E invece, scosse la testa.
«Lo vedi da te che non siamo simili.» gli disse, come a voler sottolineare una cosa che lui aveva fatto e che l’angelo non avrebbe fatto mai. Neanche sotto tortura, si sarebbe fatto uccidere piuttosto.

 

Aziraphale rimase semplicemente stupito, interdetto, confuso. «Tutto qui? E’ questo che hai da dire?!» esclamò, quasi facendo fatica a respirare.

«Ti credevo diverso.. quando mi hai salvato ad Alessandria, a Roma, poi in Francia, e soprattutto a Firenze, ricordi quella sera? Ti ricordi?! Non è mai significato niente per te?!» le lacrime dorate scorrevano, e il mondo attorno all’angelo sembrò scomparire, tutto sembrò dissolversi, tanto era il dolore che stava provando, il suo cuore sembrò spezzarsi. «Non posso lasciarti ferire l’umanità così.. l’umanità che cerco di proteggere da secoli, l’umanità che ho imparato ad amare, che tu stesso mi hai fatto amare. Ti dovrò fermare, Crowley.. non ho scelta, non sottovalutarmi, non sono un Arcangelo, ma so il fatto mio.» mai, mai Aziraphale avrebbe pensato di arrivare alle minacce, e il solo fatto di aver pronunciato quelle parole gli portò una tale nausea che dovette accostarsi alla parete di un edificio. 

Per un momento, la vita dell’angelo sembrò fermarsi, ormai niente sembrava avere più senso, senza Crowley al suo fianco.
«Che brutto vizio hai, di pensare sempre al passato! Ovviamente puoi permettertelo tu, che non hai mai conosciuto niente di diverso da-»
Le sue stesse parole si rifiutarono di uscire.
Lui aveva ragione, comprendeva il suo gesto. Era solo un disperato tentativo di farlo rinsavire, come se fosse privo di ragione.
Ed invece era solo manovrato. Un pupazzo nelle mani di una forza maggiore che non poteva sconfiggere né tantomeno rifiutare. Ma questo non glielo poteva dire. Si strinse i lembi finali delle maniche lunghe della veste con le mani, come se volesse nascondergli quanta più martoriata pelle possibile. Veniva ancora torturato, sempre, perché non si scordasse che era sotto sorveglianza.
E non glielo poteva dire, o Aziraphale avrebbe cercato di convincerlo a trovare una soluzione alternativa, quando non ce n’erano senza anche lui si facesse male.
E se questo avrebbe voluto dire essere nemici come non lo erano mai veramente stati, non poteva che accettarlo. Perché non lo avrebbe mai messo in pericolo. E se lo avesse davvero bloccato, forse gli avrebbe fatto soltanto un grosso, grossissimo favore.
«Neanche tu sai di che cosa sono capace. O forse te lo sei solo dimenticato.» 

 

E così iniziarono anni e anni di una “guerra indiretta” dell’angelo e del demone un tempo uniti, fautori della Divina Commedia. Aziraphale aveva perso il suo solito appetito, non mangiava quasi più e aveva perso peso, raramente dormiva, le giornate erano.. eterne. Era come vivere con tanti spilli conficcati dentro, nelle membra, nel cuore. Non era vita quella, sembrava più una tortura. Gabriele lo intimò di impegnarsi per cessare le torture, così come Dio stesso che, dopo tantissimi secoli, gli rivolse la parola: “Principato Aziraphale, non posso tollerare che tanto dolore venga cosparso in mio nome.. opponiti a tutto questo, con la bontà che ti contraddistingue” e così fece l’angelo. Non ferì mai Crowley, né lottò contro di lui, semplicemente lo ostacolava e, ogni tanto.. si mostrava, sempre aveva gli occhi coperti il demone, e non poté mai guardarlo davvero negli occhi per cercare di fermarlo. 

 

Era una sera fredda, umida, Aziraphale doveva aiutare una donna e un filosofo, dichiarati colpevoli, sarebbero presto finiti in una delle segrete per essere torturati. Aziraphale aveva ormai capito i metodi dell’Inquisizione, gli orari, le usanze.. ma fece male i suoi calcoli quella sera, i due umani riuscirono a salvarsi, ma Aziraphale fu colto di sorpresa quando si ritrovò una corda attorno al collo e cadde a terra, iniziando a sanguinare. 

«Tu.. continui a ostacolare il nostro operato, l’operato di Dio, non sappiamo come fai a sfuggirci, forse pratichi magia nera, mi sono preso il personale compito di toglierti di mezzo.» disse l’uomo, un inquisitore molto conosciuto di nome Armando, meglio noto come “La Frusta Nera di Madrid”, e quella frusta.. la vide.

«Questo non è l’operato di Dio.. stolti!» esclamò, e la famosa frusta gli colpì una spalla, e poi il viso. L’angelo urlò, non aveva mai urlato in quel modo prima d’ora, ma il dolore fu estremamente vivido. Riuscì ad usare il suo potere per indurre uno svenimento. Aziraphale si tirò su a fatica, il volto d’alabastro ricoperto da una striscia di sangue rossa. Solo dopo si accorse della presenza di Crowley, poco più lontano.. aveva visto tutto e non era intervenuto, nemmeno in quel frangente? Una lacrima dorata solcò il volto dell’angelo, non provava neanche più rabbia, solo una profonda tristezza.. e solitudine. Senza dire nulla, si voltò e se ne andò via zoppicante.

Crowley fu costretto, a non alzare neanche un dito.
Faceva ormai parte della magistratura d’inchiesta di Spagna, come membro rappresentante il cui compito era, naturalmente, controllare che tutto andasse come il male aveva programmato per gli uomini e per la casa di Dio.
Aveva il rigido ordine di non intervenire, per la prima volta da quand’era su quel pianeta ebbe su di sé l’ambasciata Infernale che risaliva ad ogni suo miracolo, e ogni qualvolta cercava di impedire, alleggerire o smorzare una condanna, veniva risucchiato dalla terra e torturato lui stesso.
Trentanove frustate, come ricevute da Cristo prima della passione, poiché trentanove era il dosaggio perfetto per ferire senza uccidere. Arrivando solo allo stremo. Le fustigazioni erano dure e ad ogni scatto le carni si aprivano, e ne aveva di nuove regolarmente, poiché tutto sopportava tranne la vista dei bambini.
Gli umani ci pensarono da soli ad accrescere esponenzialmente la sua trovata.
Le autorità Romane molto presto iniziarono ad accanirsi anche sui fanciulli, in età nella quale essi cominciavano a sviluppare il pensiero logico che permetteva loro di ragionare. Otto ai dodici, era l’età in cui venivano messi a morte dopo le bestiali torture, accusati di pro maleficis habitos, stregoneria.
Non poteva resistere a loro. Così come non avrebbe potuto resistere ad Aziraphale, ma, al piano di sotto c’era la possibilità che sapessero che aveva salvato un angelo, e allora probabilmente le frustate sarebbero state quaranta, letali per il suo corpo mortale. O peggio.
Dopotutto nessuno sapeva né doveva mai sapere che non solo si conoscessero, ma che collaborassero spesso e volentieri.

Quando l’angelo gli dichiarò guerra fu come aver perso ogni lucidità, ogni speranza, e questo era certamente un dettaglio importante se riferito a un ottimista come lo era lui. Aveva sempre saputo che prima o poi qualsiasi cosa avrebbe trovato la vita della guarigione, come le epidemie, i conflitti, ma vedere la persona amata odiare così tanto se stesso era insostenibile, era talmente tanto dura che niente sembrava avere più una ragione.

Non poteva impedire che Aziraphale fosse ferito.
Ma nessuno gli aveva detto che non poteva portare l’Inquisitore all’Inferno.
Una passeggiata prima del previsto non avrebbe cambiato niente, pensò.
Quindi, quando Armando rinvenne, Crowley fu davanti a lui coi polsi chiusi e lunghi sui fianchi.
L’umano avrebbe spiccato il volo in discesa seduta stante.
E così, il demone finì la sua inutile e miserabile vita con tanta rabbia da poter far esplodere tutti i soli dell’Universo.

 

Furono gli anni più brutti per Aziraphale, ancora peggiori dell’XI secolo.. ciò a cui stava assistendo non aveva paragoni. Quando persino i bambini furono coinvolti, l’angelo scoppiò in una crisi di nervi, e pianse per una notte intera.
Era stanco, ora basta.
Intercettò Crowley, lo incontrò ai confini della città di Madrid, come sempre, freddo e distaccato, non sembrava nemmeno più lui. Non era più il suo Crowley.
«CROWLEY!» urlò l’angelo per farsi sentire.
«Tutto questo deve finire! Non anche i bambini! Non puoi acconsentire a queste atrocità!» l’angelo urlò, i suoi occhi luminosi d’oro, la sua chioma riccia fluttuava nell’aria, non aveva neanche più badato a tagliarsi i capelli, quindi si erano allungati. Doveva fermarlo.. doveva fare qualcosa, non potevano continuare così.
Il demone non si era aspettato quella visita, e ne fu colto di sorpresa. Sapeva che prima o poi Aziraphale sarebbe arrivato a dispensargli i sensi di colpa, ma non era preparato a controbattere tenendosi addosso la maschera che gli avevano messo.

«Aziraphale, adesso basta! Ti ho già detto di no, se vuoi bloccarmi devi cavartela da solo!» 

Gli urlò esasperato, col cuore che martellava nelle orecchie. 

 

Aziraphale sospirò con disperazione, se si avvicinava Crowley sarebbe potuto fuggire o peggio.. lo avrebbe attaccato con il fuoco infernale? Non poteva rischiare, ormai non era più sicuro di chi fosse davvero.
Gli occhi di Aziraphale divennero due fari luminosi d’oro, agitando le mani materializzò una serie di filamenti dorati che formarono due braccia vicino a Crowley e in un gesto disperato, tentò di bloccarlo con una copia dorata di sé stesso, così da mantenere le distanze di sicurezza, ovviamente fece di tutto per non ferirlo.. Crowley si divincolò e, nel farlo, le sue vesti si strapparono, ciò che vide l’angelo lo lasciò paralizzato. Un forte senso di nausea lo colse e si portò una mano alla bocca, tremante.
Ora tutto aveva un senso, ora capiva perché Crowley non si rifiutò di farlo. Lo avevano costretto.. con la tortura.
Aziraphale si sentì mancare la terra sotto i piedi, la pelle del demone era una visione raccapricciante, delle lacrime dorate rigarono il volto dell’angelo, al solo pensiero che Crowley avesse sofferto così tanto.
«C-Crowley..» balbettò, facendo subito scomparire la propria copia dorata.
La visione dei solchi nella carne, del sangue, della pelle che non c’era più.. aveva sempre amato la pelle di Crowley.
«Raggiungimi alla mia casa di Firenze, posso guarire ogni ferita, anche se inferta da Satana stesso, non soffrirai più, ti prego.. devo guarirti.» gli disse con voce tremante, ed era vero, i poteri curativi di Aziraphale erano senza limiti, per sua natura era incline alla guarigione e alla gentilezza. Non importava più ciò che aveva fatto il demone, avrebbe dovuto immaginarlo che Crowley non avrebbe mai commesso simili atrocità.. se non costretto da simili malvagità.
«Scusami, scusami Crowley, dovevo immaginarlo.. non avrei mai dovuto dubitare di te. A volte dimentico i metodi che usano all’Inferno..» balbettò poco dopo, provando un senso di colpa per aver messo in dubbio il demone, chiunque al suo posto avrebbe fatto lo stesso, persino l’angelo. 

Quando Aziraphale ebbe visione completa della schiena e del petto colmo di abrasioni vive e di solchi neri e incrostati, dei polsi con la quale veniva appeso da filo spinato, Crowley si sentì troppo vulnerabile, troppo esposto. 

Avrebbe voluto ricoprirsi, ma non lo fece. Non trovò ragioni, non poteva cancellare il fatto che lo avesse visto in quello stato. Stava solo a testa bassa, il volto paralizzato in una smorfia impassibile, come privo di capacità di interazione con l'ambiente. 

Respirò come per ridestarsi, e alle parole dell'angelo sorrise amaramente.

«Sto bene. Guariranno prima o poi. Stanne fuori, angelo.» gli disse strofinandosi il naso col dorso della mano, come tentativo di distrazione per entrambi. 

Era troppo testardo per accettare di farsi guarire da lui. Neanche avrebbe dovuto sapere che cosa gli accadeva quel secolo.

 

Il volto dell’angelo si fece serio, Aziraphale si dissolse in un cumulo di sabbia dorata che fluttuò nell’aria fino ad avvolgere interamente Crowley, con quell’azione riuscì ad anestetizzare le ferite peggiori, così che almeno non gli portassero più dolore per alcune ore.
«Non mentirmi, Crowley, nessuno potrebbe mai impedirmi di guarirti, nemmeno Satana stesso.» la voce calda e melodiosa dell’angelo risuonò nelle orecchie del demone. L’angelo ritornò nella sua forma, materializzandosi a pochi centimetri dal volto del demone, a cui tolse gli occhiali scuri.
E lo vide, un volto stravolto, addolorato, stanco… con un ematoma e altre ferite, Crowley non era più Crowley, solo una maschera. Aziraphale non sopportava di vederlo così, provò anche una forte rabbia, come mai gli era capitato.. per la prima volta nella sua vita, ebbe l’istinto di fare del male, a coloro che fecero soffrire così tanto Crowley.
«Oh Crowley, se potessi scendere giù all’Inferno gliela farei pagare a tutti quanti. Ti prego, raggiungimi a Firenze, ho una bella casetta lì.. sai? Ho raccolto dei libri sulle stelle che potrebbero piacerti.»

Fu come una folata divina calda e rassicurante, il suo cuore distrutto fu immediatamente riempito di una dolcezza e inenarrabile e la sua mente era fragile. Era tenera quella polvere fine e calorosa che gli avvolse il corpo come un gentile ciclone di cui lui era l'occhio, in esame. Aziraphale mappò ogni centimetro e lui lo sentì, e le ferite sembrarono riacquistare forza, perdere la sensibilità che lo faceva sussultare ogni volta che nei movimenti la veste le sfiorava. Il pulsare delle abrasioni e delle cicatrici smise di vivere, e lui si abbandonò alla sensazione di avere lo spirito dell' angelo intorno, addosso.

Come una coperta in mezzo alle lande ghiacciate. Era come gettarsi in una sorgente fumante in grado di sciogliere i muscoli, dopo essere stati esposti al rischio d'ipotermia per molte ore, e nel suo caso, molti anni. Quando poi l'unica altra barriera che li separava fu abbattuta, e i loro occhi si incontrano non più dietro il velo nero ma direttamente, Crowley parve perdere ogni orgoglio.

«I bambini non li ho coinvolti io.» 

Gli disse come per discolparsi. 

 

«Ti credo, Crowley. Ora andiamo.» Sì, gli credeva, sapeva che Crowley non sarebbe mai stato capace di simili atrocità.
Si diressero a Firenze, troppi occhi su Madrid. L’abitazione di Aziraphale era un’abitazione signorile vicino a Santa Maria Novella, provvista di due piani: al piano terra due stanze, una cucina, un salotto, al piano di sopra vi era il suo studio e atelier dove scriveva e dipingeva, era infatti colmo di dipinti, disegni, libri e bozze. Aziraphale era amato e conosciuto nel quartiere, quando arrivò, tutti lo salutarono con garbo. 

«Signor Azira, bentornato! Allora le porto il latte domattina?»
«Ciao Ruggero! Certo!» disse l’angelo ad un uomo anziano con un carretto.
Dopo circa quattro bambini corsero verso l’angelo, letteralmente travolgendolo con gli abbracci. «Il signor Azira è tornato!» urlarono. E l’angelo diede una moneta a ciascuno di loro. «Compratevi un dolce, e dite al signor Ferdinando che ho finito il vermiglio e gli azzurri.» disse loro l’angelo con un sorriso, e i bambini annuirono correndo via. Passò anche Michelangelo, con cui si scambiarono un cenno di saluto. «Allora, vedo che non è cessato il viavai di uomini dalla tua abitazione, Azira di Atene.» commentò l’artista con un mezzo sorriso. «E pensare che volevo farti i complimenti per la Cappella Sistina e i tuoi progetti fiorentini..» gli disse scocciato l’angelo, non aveva mai amato quel carattere. «Credo che sopravviverò anche senza i tuoi complimenti, Azira.» Michelangelo rise e se ne andò.

«Simpatico.» Commentò il demone al passaggio di Michelangelo, con un sopracciglio sollevato.
L’angelo si affrettò ad entrare, prima che altri lo fermassero. «Ho vissuto molto qui, quindi mi conoscono. Siediti pure sulla poltrona, io controllo la posta.» disse l’angelo rassettando in giro, per il salotto erano sparsi fogli, qualche veste e un vecchio cappello che Leonardo aveva dimenticato lì.. ormai l’artista era deceduto da tempo. «Ho così tante cose da raccontarti! Qui a Firenze ho vissuto gli anni migliori dai tempi di Atene!» disse l’angelo, finalmente contento di poter condividere con Crowley le cose che aveva imparato. 

«Non lo metto in dubbio che ti sia allietato dato il viavai di uomini.»

Crowley gli disse quasi senza tono, malgrado già dall'incontro con il pittore il suo intestino stesse letteralmente friggendo nell'olio bollente. 

 

Tornare a Firenze però era splendido. Aveva lasciato parte del suo cuore lì, e ritornarci era come respirare nuovamente dei ricordi felici impressi nell'aria. Se non fosse per la controparte più oscura e invalidante, si trovava ancora in quel luogo nella quale aveva saputo la verità sui suoi sentimenti, e condividere quei terreni con Aziraphale era un disagio profondo. 

Ma era felice di avergli fornito anche se indirettamente un posto in cui essere felice, un posto in cui ridisegnarsi un'identità con la quale esprimersi dai tempi della sua amata Grecia. 

Firenze a quel tempo era culla di importanti evoluzioni artistiche, e Crowley sarebbe stato interessante nel girare tra gli umani impegnati a trasformare il dolore e la fantasia in arte. 

 

Il demone si accomodò dove gli era stato indicato ed osservò l'ambiente. Era una specie di disastro con una certa logica, poteva dedurre. Esattamente come lo era la fervida mente di Aziraphale.

Sedette in silenzio, ma senza appoggiarsi con la schiena. Gli doleva ancora nonostante l'intervento angelico.
Più silenzioso del solito, studiava i movimenti dell'angelo come se non appartenesse più a quella vita, come se avesse cominciato a esistere da solo un secolo e tutto ciò che aveva intorno fosse nuovo e stranamente pesante sul petto.

 

Aziraphale avvampò alla frase di Crowley. «M-ma che vai a pensare! Erano artisti e letterati e si discuteva di arte, libri e scienze davanti ad una tazza di tè.. però qui tutti pensano male. Lo sai che sono diventato un pittore? Mi sono formato alla bottega di Andrea del Verrocchio, accanto a Leonardo da Vinci, che fu un mio carissimo amico. Spesso veniva a dormire qui per trovare ispirazione per i suoi lavori, un uomo garbato e gentile.» spiegò Aziraphale smistando la posta. «Al piano di sopra c’è il mio atelier, entrai nella corte di Lorenzo il Magnifico, e quel Michelangelo è una spina nel fianco credimi. Ma la pittura è diventata la mia più grande passione, dopo la scrittura, non sono neanche così male, qualcuno ha persino acquistato i miei dipinti!» gli disse con un sorriso.
«Ora ti guarisco, poi te li mostrerò, te ne regalo qualcuno.» spiegò l’angelo, prendendo una sedia e posizionandosi davanti al demone silenzioso. 

 

«Mi spiace ma.. ti devo togliere la maglia, che mi accusassero pure di sodomia se sono tanto interessati a chi invito a casa mia!» disse l’angelo agitando una mano e privando il demone della parte superiore delle vesti. Rivedere quelle ferite gli riportò di nuovo la nausea, ma cercò di evitare di piangere di nuovo.

«Ora.. essendo tu un demone, la mia guarigione potrebbe dare un po’ fastidio, potresti sentire pizzicare o bruciare un po’.» spiegò.

«Quanto potrà fare male questo.» puntualizzò Crowley velenoso, ripensando al dolore subito all'Inferno.
Allora l’angelo passò una mano sulla schiena del demone, affusolata e delicata, da essa si diramò una nube dorata che ripristinò le parti lesionate e i tagli, facendo tornare la pelle al suo stato originario. 

La sensazione di nudità era sgradevole, non perché fosse a disagio col corpo che aveva imparato a conoscere tanto bene nel tempo, ma perché era uno spettacolo ripugnante.

Crowley strinse i denti. Aveva ragione, era molto, molto fastidioso, ma non soffiò un alito di fiato.

 

Il primo passo era fatto, ora la parte più delicata: il viso. Aziraphale non disse nulla sul fatto che curare un demone, per un angelo, poteva avere qualche effetto collaterale se fatto più volte. Aziraphale iniziò a sentire la pressione corporea scendere un po’, ma cercò di mascherare il tutto.
«Il viso e gli occhi sono più delicati, ma resisti, presto sarà tutto finito.» allora l’angelo si posizionò davanti al demone, prese le sue mani (anch’esse ferite) fra le proprie, non gli importava di sporcarsi con il suo sangue, cercò di sorridergli rassicurante, puntando i suoi occhi azzurri in quelli di Crowley. «Chiudi gli occhi.» e quando il demone li chiuse, Aziraphale appoggiò la propria fronte contro la sua.. non si sentiva imbarazzato, anzi, per lui fu la cosa più naturale del mondo. Da quel contatto, presto scaturì un forte bagliore che illuminò quasi tutta la stanza e avvolse Crowley, nella luce, mentre l’angelo si sentì avvolto dall’oscurità. Le mani dell’angelo tremarono ma rimasero strette a quelle del demone, mentre iniziò a sudare freddo.. era come se una piccola parte del dolore del demone la fece propria, per estinguerla, e per un brevissimo momento.. il volto di Satana apparve nella sua mente. Ma non solo, ebbe la visione di una delle torture subite da Crowley, e il volto dell’angelo si rigò di lacrime, pervaso dal terrore nel rivedere il demone che, tempo addietro, lo aveva quasi ucciso. Aziraphale cercò di resistere, cercando di rimanere lucido, non poteva far sapere a Crowley cosa avesse visto. Ma fu uno dei momenti più orribili e dolorosi della sua esistenza.

«Ngh--» Aziraphale gemette sia di dolore che di terrore, un terrore che poté sentire fin dentro nelle membra, era questo che aveva provato Crowley in tutti quei secoli? Aziraphale faticò a realizzarlo, ma era questo che succedeva se un angelo curava più volte un demone: assorbiva una piccola parte della sua essenza, del suo dolore e delle sue visioni passate, per un breve momento.
Era una punizione per l’angelo, un avvertimento: “Se cadrai aiutando i demoni, questo terrore e dolore diventeranno la tua nuova casa”. Se lui aveva provato quel glaciale terrore e aveva visto il Diavolo, sperò con tutto il cuore che Crowley, invece, potesse aver sentito di nuovo il calore del Paradiso dentro di sé. Almeno per quel momento.

 

Fu come se un lampo avesse attraversato la mente del demone, generato da quella dell’angelo, e quando la psiche di due creature soprannaturali, eterea e occulta si toccarono, ciò che accadde era stato probabilmente l’unico evento di quella portata mai esistito al mondo.

Avevano avuto un contatto, come se si fossero fusi, e nella linea di quella scia intangibile che li stava collegando, il frutto delle loro menti lasciò le rispettive origini per viaggiare in direzione opposta, e arrivare all’altro. Momenti vissuti ed altri ipoteticamente sia veri che falsi perché non avvenuti apparvero, dettati dalla casualità del tempo stesso in momenti indefiniti, frutto forse del fato o di una soggezione causata dall’incontro di due nature tra loro contrastanti, forze uguali e contrarie, costruirono immagini e suoni al di là della loro comprensione. 

Crowley vide nella sua mente, mentre il corpo giovava delle cure angeliche, qualcosa che non seppe davvero definire.

 

I suoi capelli erano ramati e non più scarlatti, ed erano morbidi boccoli lungo le spalle e non più ricci indistinti come spirali rettilofile. La sua visuale era diversa, non era più verticalizzata nel focus centrale, era di nuovo comprensiva di tutto il campo intorno all’oggetto sulla quale lo sguardo era posato, come se le sue pupille fossero sferiche e non più aghiformi. Aveva delle vesti leggere come una seconda pelle, e le mani dai palmi setosi. E in terra il pavimento era quasi lontano dalla pianta dei piedi nudi che camminava su di esso, come se stesse attraversando un invisibile ponte d’aria. E dall’altro capo c’era Aziraphale, nella sua pura forma angelica. Niente corpo. Soltanto una figura eterea splendente ma non accecante, non doveva chiudere gli occhi ne socchiuderli per vederlo. La sua essenza emanava riflessi iridescenti, e stava giocando con una sfera d’acqua.

«Che cosa stai facendo?»

«Oh, sto dando la mia benedizione.»

«A chi?» Crowley fu molto attento a non toccare l’acqua.

«A te, Arcangelo Raffaele, guida e difensore dei giovani umani.»

«Non sono nemmeno un angelo. Non più.»     

«Questo lo dici tu.» Crowley si accigliò. Che fosse impazzito?

«Guarda che meraviglia.» Il demone si sporse. Vide l’Eden ai suoi albori, Adamo ed Eva felici. Era di nuovo sul muro, i suoi piedi ora toccavano la pietra. 

«L’ho già visto. E anche tu, angelo, che sta succedendo?»

«Oh, io credo che stiano per conoscere un altro lato della verità, loro due. Sono umani.. imperfetti.» Un serpente, lui da serpente stava attuando la prima tentazione della storia.

«Quello sono io. E nessuno mi ferma.. perché nessuno mi ferma?»  

«Perché, tu sei qui!» 

«Io sono a Firenze, con te, tra quasi seimila anni.»

«Oh. Capisco.»  L’angelo lo guardò, e sembrò decidere per un momento qualcosa di importante. Poi gli sorrise anche senza volto.

«Allora credo che è qui che vorresti essere. Tu puoi farlo. Possiamo restare qui.» Il demone allora ci pensò. 

«Quello che mi stai facendo.. mi stai uccidendo, non è vero?» Aziraphale gli sorrise di più, più dolcemente.

«Si. I poteri di un angelo non dovrebbero benedire un demone. Ma sarà bello qui. Vivremo nei Cieli e lasceremo che la Terra faccia il suo corso da sola. Non sarebbe bello? Vivere per sempre in un ricordo?»  

«Beh tecnicamente non è un ricordo.. è immaginazione. Un’allucinazione, forse.» 

«Oppure è una previsione.» 

«Non può accadere tutto da capo. Non può esserci un Secondo Avvento.» Aziraphale sembrò riluttante.

«Non puoi dirlo.»  

«Si beh, credo me ne tornerò indietro.» 

«Si. Perché se non lo fai morirò anch’io, molto probabilmente. Non sopporto molto il freddo, anche se abito le nuvole.. ma sarebbe stato bello. Vivere qui.» 

 

Crowley allora si voltò incapace di pensare razionalmente.. e quando riaprì gli occhi, il miracolo cessò, e loro erano di nuovo seduti l’uno di fronte l’altro. 

Il demone respirò affannosamente, stringendo d’istinto le mani dell’angelo di nuovo in carne e ossa, con gli stessi abiti, lo stesso volto, ma la carnagione più pallida.
«T-tutto finito.. hai visto? Non ci voleva m-molto.» Il volto di Aziraphale si sforzò di sorridere ma era pallido, rigato d’oro e una goccia di sudore scese lungo la tempia, sentì improvvisamente molto freddo, come se si trovasse in un luogo innevato, le sue mani erano ancora sporche del sangue del demone e scosse da leggeri tremiti. Crowley era totalmente guarito, nessuna ferita, niente sangue, la guarigione dell’Angelo, in teoria, doveva rinnovare anche lo spirito, l’anima, quindi sperò che anche quelli, in parte, stessero meglio, a differenza dei suoi.
Ora l’angelo aveva solo bisogno di un po’ di tempo per riprendersi.
Di certo, non avrebbe mai dimenticato il volto del Diavolo, il solo ripensarci gli gelava il sangue nelle vene. Ma non importava, vedere Crowley in salute lo rese felice, tutto il resto, l’oscurità che dovette assorbire, non aveva nessuna importanza per lui.

Egli invece era rinvigorito.
Sbatté gli occhi incapace di darsi pace, ma non poteva dirgli cosa era successo. Non era normale, né possibile. Quindi abbassò le spalle.
«Grazie.» 

 

Aziraphale gli sorrise, felice di rivederlo risollevato e rinvigorito. «Di niente.» gli rispose, e allora separò le proprie mani da quelle del demone, si alzò e si diresse più avanti verso la cucina per asciugarsi il volto.. si sentiva ancora terribilmente scosso, nelle sue orecchie risuonavano le urla di Crowley e davanti a sé vedeva ancora Satana. Si avvolse in una coperta, poiché la sensazione di freddo non cessò ancora. «Mi faccio un tè, poi ti farò vedere i quadri di sopra.» gli disse, rimanendo voltato. «Se dovesse ricapitare, torna da me.. e ti guarirò di nuovo. Se vuoi puoi rimanere qui, c’è la stanza per gli ospiti, ci facevo dormire Leonardo, è pulita.» non importava quanto dolore dovesse assorbire, ma Aziraphale lo avrebbe sempre guarito. Inoltre, l’angelo sperò di non separarsi nuovamente dal demone, non così presto, non dopo tutti quegli anni di lotta.

 

Crowley sembrò aver riacquistato coscienza, e stavolta, nel senso positivo del termine. Era come se quei momenti d'inferno fossero un ricordo recondito, che neanche lo scottava più. 

Sapeva di aver vissuto ciò che gli era accaduto, ma non lo avvertiva addosso, né dentro. Sentì come se Aziraphale gli avesse curato una sorta di malattia, e gliene fu sinceramente grato. Lo avrebbe infastidito in un'occasione diversa sentirlo parlare degli uomini che aveva ospitato a casa sua, non che ne avesse motivo o ragione, ma era ormai consapevole di provare dei sentimenti per lui, e odiava chiunque gli mostrasse dell'interesse o per chiunque lo palesasse l'angelo stesso. Li invidiava, perché avrebbe voluto ciò che loro avevano con lui, ciò che potevano ricevere e dargli senza catene, senza paure. 

Ma non ora. Adesso si sentiva finalmente bene.

Crowley lo seguì in cucina mentre era impegnato a prepararsi una bevanda calda, e osservò bene ripescando quella visione avuta pochi minuti addietro. 

Immediatamente comprese che forse, in qualche modo, non era stato solo frutto di un momento di trance casuale.

«Non avresti dovuto aiutarmi. Ti avevo detto che era meglio starne fuori. Lo sapranno, Aziraphale. E poi non ti ha fatto bene.»

Crowley gli prese delle foglie secche e le immerse nel bollitore dell'epoca sul fuoco vivo. 

«È successo anche a te. Vero?»

 

Aziraphale lasciò riposare le foglie nell’acqua, era assorto, quasi non sentì Crowley parlargli. «Successo cosa? Io sto bene, tranquillo non scopriranno niente, penseranno che ho curato l’ennesimo umano, faccio spesso magie simili. Non fare la donna isterica, quella parte aspettava a me.» disse l’angelo accennando un sorriso divertito, ricordando la sera in cui Crowley scoprì della sua “sessualità”.
«Qualche piccolo effetto collaterale, nulla di che, senti un po’ di freddo e poi ti passa.» spiegò l’angelo versandosi il tè in una tazza di rame. Gli fece cenno di seguirlo, era contento di potergli mostrare i dipinti, anni e anni di pratica e duro lavoro, nessun miracolo, solo tanto esercizio, ci impiegò circa una trentina d’anni prima di riuscire a maneggiare con abilità e scioltezza i colori e i pennelli.

L’angelo non voleva raccontargli delle sue visioni e di ciò che aveva provato, o temeva che il demone avrebbe sviluppato dei sensi di colpa.. non voleva dargli nessun pensiero o peso, ora che finalmente lo aveva liberato.

 

Crowley seguì l'angelo e sorrise della sua battuta, e quando entrò nella stanza ne fu stregato dall'atmosfera. La bellezza di quei dipinti era indefinibile, e la penombra dell'ambiente rendeva tutto parecchio suggestivo. 
 

L’angelo prese una serie di dipinti e li mostrò a Crowley: temi sacri, paesaggi classici ispirati a Roma e ad Atene, ma anche altri soggetti come angeli e.. demoni, ma i “demoni” di Aziraphale erano decisamente diversi; una donna bellissima con ali di pipistrello e un angelo caduto dai lineamenti perfetti. Forse perché Aziraphale faceva davvero fatica a non dipingere la bellezza e l’amore nei suoi soggetti. 

Infine, mostrò a Crowley il suo ritratto.. e iniziò presto ad agitarsi ed emozionarsi un po’. «Questo è..» iniziò ad asciugarsi il sudore dalla fronte, con il dipinto ancora coperto. «Questo è un tuo ritratto, ci ho messo un anno.. non ti avevo davanti e sono andato per ricordi. Spero ti piaccia, voleva essere un regalo.» e Aziraphale lo mostrò, accanto al suo gemello, ossia un ritratto di sé stesso con un turbante, vestito com’era in Mesopotamia, entrambi con lo stesso sfondo marroncino. «Questo fu il mio primo autoritratto ma.. non mi piace molto.» commentò, forse perché non aveva mai davvero amato il suo aspetto, non riusciva ad amare nemmeno il proprio ritratto. 

Aziraphale era un visionario, lo capiva dai soggetti e dalla scelta delle linee, dei colori e dei contrasti. Totalmente differenti per i parametri dell'epoca, ma lui non competeva con nessuno, non seguiva il tempo, seguiva solo la propria ispirazione, quella che deriva da dentro, dal cuore.. e quello che aveva lui era immenso, e talmente profondo che non rispecchiava la terra, ne nessun altro luogo.

«Notevoli, angelo.» Crowley si trattenne dal ridere. Dentro di lui credeva che il nervosismo dell' angelo che assaporò sulla lingua era solo frutto di ansia da prestazione, da giudizio. Aziraphale ci teneva che gli fosse detto che aveva fatto un buon lavoro, dopotutto. Ma quando aprì gli occhi, fu sorpreso come mai lo era stato. I due erano praticamente identici, era come se avesse in qualche modo catturato le loro immagini e le avesse appiccicate sulla tela. Se stesso aveva i capelli lunghi e ordinati in riccioli larghi.. e il demone gli si avvicinò, accarezzando il proprio ritratto. Era sicuro di non essere così bello, me aveva la certezza. Ma Crowley sapeva anche che Aziraphale non aveva un solo mostro che non riuscisse ad amare come purezza gli induceva, inevitabilmente. Però, finse che lo avesse dipinto perché provava le sue stesse emozioni e che non avesse che la mente piena di lui, e per quello lo ritraeva: per tenerlo sempre con sé anche quando erano separati. Proprio come desiderava lui. E infatti, quando posò le iridi sull'autoritratto di Aziraphale volle quasi sciogliersi. Era mozzafiato. In qualche assurdo modo si era ricopiato la bellezza Empirea di cui era munito e l'aveva trasferita lì. "Non ti piace molto?! Come fai a dire una cosa simile?!" immediatamente pensò nella propria mente, e chiuse il canale di comunicazione con la lingua. Poi spostò la propria attenzione sul dipinto che ritraeva l'angelo, e parlò quasi solenne.

«Non credo di aver mai visto dell'arte più bella di questa, Aziraphale. Non me ne intendo affatto, ma ci hai fatti uguali. Mi piacciono. Molto.» I minuti in cui Crowley osservò in silenzio i dipinti, sembrarono essere i più lunghi della sua vita.. nemmeno quando Michele lo convocava aveva tanta ansia. Tuttavia il giudizio finale lo fece sentire sollevato in Cielo, riuscendo a dimenticare il terrore provato poco prima. Coinvolto dall’entusiasmo, prese le mani di Crowley e gliele strinse. «Grazie Crowley! Prendili entrambi, mettili dove credi. Cioè.. non so se vuoi il mio autoritratto, per un momento ho pensato di venderlo ma chi è che vorrebbe quel ritratto? Se lo vuoi, tienilo.» gli disse, e si sedette su una sedia. 

«Dipingere è una faticaccia.. quante notti passate qui, una volta io e Leonardo ci siamo addormentati qua, e svegliandoci, senza accorgercene, ci siamo dati una testata.» l’angelo rise di gusto ripensando a quegli anni, gli mancava il suo amico. «Oh, sai, un giorno dovetti assumere la mia forma femminile per dei lavori, e allora mi spacciai per la.. sorella di Azira, cioè di me stesso. Leonardo insistette per farmi un piccolo ritratto, un disegno. Guarda. Non male, vero? Quell’uomo era un angelo, o quasi, solo che non finiva mai le cose.. ah non ti ho raccontato dell’Inferno che ho passato a causa del suo amante!» Aziraphale era in vena di ricordare i vecchi tempi d’oro di Firenze. 

«Li terrò entrambi. E li replicherò, e ti mostrerò quanto so essere più bravo di te. Lo sanno tutti che il diavolo rende le cose migliori.»  E detto ciò, sedette e ascoltò tutta la storia di Aziraphale, e si sentì quasi sollevato da quel racconto. Come era stato possibile che fosse divenuto amico di Leonardo era inverosimile, lui che non concludeva ciò che iniziava e l'angelo che, per cose a cui teneva, chiaramente, poteva essere di un'impazienza fastidiosissima. 

«Questo giovane, Gian Giacomo Caprotti, pace all’anima sua.. era tremendo, scommetteva i soldi di Leonardo al gioco e lui non riusciva ad essere duro col ragazzo perché ci teneva troppo, quante sere passate a consolare quel pover’uomo innamorato di un pazzo. Spesso ero io a risarcire Leonardo, poi questo Gian Giacomo, detto il Salaì, fece una scenata perché pensava che IO avessi una relazione con Leonardo! Assurdo! Per un soffio non finivo pure io accusato di sodomia, ci credi?! Per non parlare dei battibecchi tra lui e quella serp-- quell’antipatico di Michelangelo, il viavai era da lui, dato che era palese quanto amasse gli uomini, hai visto le sue opere? Non sa disegnare una donna, sul serio, sai cosa fa? Disegna un petto maschile, ci mette sopra due sfere e pensa che siano i seni, ma non sono così! Non per vantarmi ma conosco bene l’anatomia degli esseri umani.» Aziraphale parlò a ruota libera, ma era da così tanto che non lo faceva con Crowley, che gli mancava terribilmente. Crowley i divertì del gossip, e fece una grassa risata al commento sull'arte femminile dello scultore. Gli era capitato di vedere le sue opere, e Aziraphale aveva ragione.

«Beh non possiamo dire che non abbia creatività nell'ovviare ai problemi, però.» All'ultima sentenza dell'angelo, il demone assottigliò lo sguardo in maniera beffarda. Fortunatamente il suo piano funzionò. Glielo aveva donato. Ma non volle farlo sembrare ambiguo né soffice, per cui lo guardò con finto orgoglio. «Posso giudicarti allora. Modestamente, credo di saperne più di te. Avanti, mostrami i tuoi dipinti anatomici.» Rise al commento di Crowley, finché il demone non fece la sua richiesta e l’espressione di Aziraphale mutò in pura angoscia e imbarazzo. 

«I m-miei dipinti.. anatomici..» ripeté Aziraphale, agitato, ne aveva fatti diversi di nudi, ma si imbarazzava molto a mostrarli, non li aveva mostrati a nessuno.. per di più mostrarli a Crowley lo metteva particolarmente in agitazione. Aziraphale andò a prendere due dipinti come se stesse andando al patibolo. Con (di nuovo) il sudore sulla fronte, li mostrò al demone. «Ecco…» disse distogliendo lo sguardo.



 

«Sssi, accurati, te lo concedo.» Il demone li osservò da vicino. Erano davvero ben fatti, l'angelo sembrava avere una reale predilezione per i prodotti dell'umanità. Crowley invece era più incline alle persone in primo luogo, ed in questo caso l'autore era Aziraphale, che era anche un angelo ed anche molto sensibile a certi discorsi.

Ed era pane per le zanne rettilofile del demone Crowley.

«Anche per questi ti sono stati utili solo i ricordi o hanno posato per te?» nascose un ghigno sotto il palmo della mano sulle labbra, come in una posa da pensatore. 
«Ma che ricordi! Certo che ne ho visti di uomini nudi!» e detto questo Aziraphale avvampò, perché suonò malissimo. «N-nel senso che posavano per noi..» balbettò poco dopo, ed era in parte vero, ma in realtà.. per il primo dipinto dell’uomo sdraiato ricordò molto l’aspetto di Crowley a Roma, quella sera.. ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Comunque non vedo una donna.»
 «Donne? Ho fatto una donna con ali di pipistrello.. ma le donne di solito le faccio vestite, faccio solo uomini nudi.. senza un particolare motivo, voglio precisare..» Aziraphale continuava a balbettare e sperò Dio che quella conversazione finisse presto. 
«Beh è stato davvero bello Crowley ma credo che andrò a dormire, sono stanco.» una via di fuga, l’unica via di fuga.

Crowley si beò letteralmente dei mille sapori che emanava l'angelo. Lo divertiva così tanto che non spiccicò parola durante il suo discorso, proprio per vederlo arrampicarsi sugli specchi in cerca di un modo per spiegarsi senza cadere nell'ambiguità dinanzi a lui.

Alla fine, lo salutò analizzando le sue parole, e quando fu solo accese tre lampade, raccolse i colori ed una tela vuota, e cominciò a dipingere. 

Naturalmente non aveva uno stile, era completamente senza capo né coda. Neanche raccolse i pennelli, intingeva le falangi nelle tempere e picchiettava, non strisciava per creare il disegno di quello che alla fine sarebbe dovuto essere un corpo maschile, di cui alla fine si era stancato, e finì per disegnare i genitali con solo delle linee tonde e minimaliste. Poi dipinse anche un corpo femminile, e solo alla fine nell'ultima tela sporcò dei pennelli, per replicare un cielo azzurro e diversi astri a modo proprio.





Scrisse poi un biglietto.

"Siccome ti sei rintanato come un ratto, non ho potuto raccontare di come nel secolo scorso e per metà di questo l'astrologia sia stata messa al pari dell'evocazione demoniaca con specchi, talvolta anche d'acqua, e del tiro alla sorte. Gli astri sono considerati tema celeste, troppo elevato per la mente umana. La divinazione è vietata, accostata alla magia e all'intervento del demonio. Te ne parlerò la prossima volta, quando avrai dipinto un quadro di cui non ti vergogni.
P.s: O l'uomo che ha posato per te aveva una generosa natura, o non ti sei soffermato il necessario. Quelli non sono così grossi quando un uomo è rilassato."

E il demone Crowley se ne andò, portando via i loro ritratti. 
 

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Saaaaaaalve a tutti! 
Ragazz* non potete capire QUANTO abbiamo sofferto nello scrivere questa cosa, poi quanto ci siamo divertite ed emozionate, e speriamo che il comfort dopo l'hurt sia arrivato anche a voi xD
Era un capitolo difficile da scrivere, e ne abbiamo un po' approfottato per richiamare la seconda stagione.. ci mancano e siamo distrutte e in qualche modo dovevano riportare tutta l'espressione di questi sentimenti. Per adesso vi salutiamo -non per molto- e beccatevi una statua di Michelangelo e la sua idea di corpo femmiinle.
A presto!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX - Londra. ***


 

                                                                                          Capitolo IX 

 

Finis coronat opus;
Il risultato è il coronamento dell’opera.


1600 d.C; 

Il Barocco.

 

Fu un secolo pieno, secondo il demone Crowley. 

Ricco, e colmo di innovazioni. Finalmente, per la prima volta da molto tempo, gli esseri umani sembrarono rendersi conto che la propria mente funzionava, che potevano ragionare, e quasi tutto quanto il marciume cresciuto nei secoli scorsi andava via via scemando, e mutando. 

Certo, non tutto il dramma radicato era stato estirpato, ad esempio, i trent'anni di guerra tra le fazioni di Spagna e Impero Asburgico, e le opposte Francia e Inghilterra. Furono tempi duri, ma dall'altro lato della medaglia, le nuove scoperte parvero fare rifiorire la comunità nel mondo intero.

Crowley ebbe la fortuna e l'immenso piacere di intraprendere il cambiamento culturale nella società conoscendo il fisico astronomo e matematico Galileo Galilei, che accompagnò principalmente nel suo studio d'osservazione e confutazione delle ipotesi del suo predecessore Kopernico. 

Galileo contribuì ad una piccola scintilla che accese un falò che avrebbe stravolto completamente il mondo, ovvero, la conferma della teoria eliocentrica. 

 

Con la propaganda però non pochi furono gli ostacoli e la parte oscura dell'umanità parve riprendere piede, poiché non era più l'uomo il centro dell'Universo, e gli esseri umani cominciarono a discutere e soprattutto a dubitare dell'operato di Dio su cui si basava completamente tutta la loro vita e le loro azioni.

 

Se un neonato nasceva morto o deflrme, allora avevi peccato ed eri stato punito. Se una calamità colpiva la dimora di abitazione, allora avevi peccato, e ovviamente, era una punizione divina.

Adesso invece, parve diffondersi l'idea che forse il mondo intero fosse governato da altre forze al di là del controllo di Dio e delle persone: le leggi della fisica e della genetica. Fu un importante passo avanti per la scienza, un ragguaglio che di lì in poi avrebbe portato scienziati e fisici ingegneri alla costruzione delle macchine, allo studio dei fenomeni.. e soprattutto, vide la nascita dell'epoca Barocca.

Al demone Crowley piacque quel tempo più di qualunque altra epoca vissuta finora.

L'arte e la cultura Barocca erano indice di innovazione, di ribellione quasi, di contrasto. La tradizione non era più la colonna portante. Era una sorta di perfetta imperfezione.


1700 d.C;

L'Illuminismo e le Rivoluzioni.

 

«Nessun uomo ha ricevuto dalla natura il diritto di comandare gli altri. La libertà è un dono del cielo, e ogni individuo, della stessa specie, ha il diritto di goderne appena giunge all'età della ragione

(Denis Diderot)

 

Dopo un periodo buio e difficile, il progresso di certo ispirò moltissimo Aziraphale, soprattutto sul versante del teatro, di cui divenne assiduo frequentatore (già lo era ad Atene), ma quei secoli video nascere nuove prospettive e discipline: le scienze della natura e della terra, ma anche l’archeologia, lo studio del mondo antico, campo che appassionò molto l’angelo e vi diede non pochi contributi, date le sue conoscenze del mondo greco antico e romano. Conobbe Denis Diderot, una delle personalità di spicco di quel secolo dei lumi, e Aziraphale contribuì alla nascita dell’Encyclopédie. Tuttavia le posizioni di Diderot su Dio gli portarono non pochi problemi, di fatto ben presto contro l’Enciclopedia si opposero il Papa, i gesuiti e i giansenisti. Tuttavia Aziraphale apprezzava lo scopo dell’instancabile Diderot: offrire un’educazione esterna alle tradizioni, non solo per nobili o alto-borghesi, ma per il popolo stesso. Le posizioni antireligiose di Diderot erano di certo in contrasto con ciò che rappresentava Aziraphale, eppure i due avevano obiettivi in comune, e l’angelo accoglieva di buon grado nuove visioni del mondo… fatto che, invece, non fu apprezzato in Paradiso.
Presto crederanno solo alla genetica e alla scienza, e non più a Dio!” esclamò Michele, adirato.
Una cosa non deve escludere per forza l’altra, Arcangelo Michele, Dio ha dato libertà agli uomini, l’amore, il libero arbitrio, l’intelligenza, è giusto che progrediscono nella conoscenza della Terra e delle creazioni del Signore, dovremmo essere grati di questi progressi, sono più consapevoli! Sappiamo bene a cosa ha portato la cecità della religione.. solo alla violenza e all’oppressione, che ho visto con i miei occhi per tanti secoli. Si può amare Dio, ma si può amare anche la Scienza, l’una è insita nell’altra, Dio è Scienza, Dio è la Terra e risiede nel cuore di ogni studioso che, di giorno in giorno, scopre nuovi angoli di luce.” rispose Aziraphale di rimando nonostante fosse un po’ timoroso di confrontarsi con un Arcangelo, le sue posizioni erano controverse e crearono non pochi dibattiti in Paradiso, ma diversi angeli sembravano dalla sua parte, e anche Dio stesso. Tuttavia il pericolo dell’ateismo spaventò i piani superiori, e certo ad Aziraphale non faceva piacere che si mettesse in dubbio l’esistenza di Dio, ma è davvero possibile costringere un uomo a credere in qualcosa che non “vede” e con cui non riesce davvero parlare? L’approccio scientifico stava cambiando tutto, l’angelo lo aveva capito, ci si stava avviando verso un’epoca nuova, ma sapeva anche che Dio non avrebbe mai smesso di amare i suoi figli, persino Diderot che lo mise in dubbio. E lui, in quanto angelo, non avrebbe mai smesso di amare l’umanità e aiutarla, persino se molti mettevano in dubbio la sua esistenza come creatura del Paradiso. 

 

Dopo aver avuto a che fare con quel “vulcano” di nome Michelangelo Merisi da Caravaggio, Aziraphale si convinse che tutti gli artisti che portavano il nome “Michelangelo” avessero per natura le rotelle fuori posto, e non di poco. Caravaggio fu un talento straordinario nell’arte, ma il suo carattere litigioso era molto conosciuto, non per niente persino il povero Aziraphale ne rimase vittima, quando un giorno Caravaggio gli lanciò un sacco pieno di verdure addosso solamente perché aveva osato dargli dei consigli sulla sua arte.

 

Se Aziraphale non fu un amante del Barocco apprezzò, più tardi, il Neoclassicismo: riprendere le forme dell’arte classica significava ritornare alle “origini”, origini che lui aveva vissuto in prima persona, assistendo allo splendore dell’arte greca ad Atene. La scoperta di Ercolano e Pompei, inoltre, diedero impulso allo studio archeologico… e rivedere Pompei fece tremare il cuore di Aziraphale, ricordando in modo molto vivido quando quella meravigliosa città venne sepolta nel 79 d.C. a causa del Vesuvio.
Città che l’angelo riuscì a vedere e visitare prima dell’eruzione, ricordando uno splendore senza pari.
In quel periodo Aziraphale disegnò quindi paesaggi antichi e rovine, che furono molto apprezzati. Ma verso la fine del secolo ecco un’altra risposta: il Romanticismo. Aziraphale amava il modo in cui gli uomini continuavano a mettersi in discussione, se prima nasceva una certa visione o modo di pensare, ecco che dopo iniziavano a porsi altre domande. La mente umana era un ingranaggio che, dopo così tanti secoli, era ancora pieno di mistero per l’angelo. Egli seguiva le onde dei movimenti e dei pensieri umani, e persino lui, creatura eterna e divina, grazie agli umani sviluppava nuovi pensieri, nuove realtà, nuovi modi di dipingere che non aveva sperimentato. Ogni giorno si inventavano nuove pietanze, si producevano nuovi vini, per non parlare della musica: Aziraphale seguì da vicino la vita del grande Wolfgang Amadeus Mozart, un umano che sembrava essere stato scelto da Dio per portare bellezza nel mondo e dotarlo di un talento divino, la musica di Mozart arrivò persino a commuovere l’angelo quando ascoltò la Messa di requiem in Re minore, rimasta incompiuta a causa della morte del musicista e completata solo successivamente. 

 

Ovviamente, nessun secolo era senza guerre, la guerra era una costante dell’umanità, con rammarico dell’angelo. Il secolo dei lumi vide importanti guerre di successione, l’umanità sarebbe sempre stata dotata di luce e ombra, per quanto Aziraphale si battesse per far trionfare la luce.. spesso era come combattere controcorrente, le guerre e le ribellioni portavano a importanti realizzazioni e progressi, e a volte sembravano quasi necessarie perché i popoli riuscissero a migliorare le loro vite. 


Il demone Crowley sguazzò letteralmente nel compiacimento e la gratificazione.
Ogni classico era stato lasciato indietro, e la modernizzazione stava prendendo così tanto piede che, guardandosi indietro, gli sembrò che quasi seimila anni di vita fossero serviti soltanto per arrivare a quel momento.
L’Illuminismo fu come una sorta di liberazione per lui, nella quale poté veramente esprimersi e mescolarsi tra la gente. Le persone erano ormai paragonabili a delle spugne colme, piene di tanta repressione dovuta adottare nei secoli precedenti a causa delle costrizioni e delle regole non scritte, e soprattutto per i canoni sociali. Spugne che finalmente, distaccatesi da quella che era una forte e radicata credenza in special modo religiosa, poterono finalmente liberarsi, lasciare scorrere forte tutto ciò che in realtà era l’ingegno vero e proprio, in qualunque campo possibile.
Gli esseri umani iniziavano a scrivere libri riguardanti cose che non esistevano, che erano solo frutto delle loro fantasie. Storie completamente inventate, fatte solo per condividere qualcosa che fino a quel momento le persone non avrebbero capito, accettato, e forse quel fenomeno sarebbe perseverato, ma non abbastanza da scoraggiarli.
Iniziavano a rendersi conto che potevano inventare, parlare, e soprattutto, industrializzare il mondo, creando cose che potevano aiutarli, facilitarli.
Crowley poté parlare con interesse, ascoltare con interesse le creature di Dio, e scoprì che qualcosa stuzzicava i suoi sensi: la musica.
Le melodie erano molto differenti da quelle rinascimentali. Non era più un solo ed unico strumento ed una sola assonanza di note, iniziava ad essere ritmica, e multifattoriale, come un binario che diramava ma correva sempre nella medesima direzione. Il ritmo era più forte, più vario, e lo sfondo era quasi comico, ed il demone Crowley vide un secolo nella quale potersi divertire, sbizzarrire, senza più sottofondi di violenza. Si rese conto che quando gli esseri umani erano in prima persona coloro che amavano peccare, non si sentì sminuito, anzi. Si sentì libero, come il proprio ruolo e potere fossero, contraddittoriamente, una benedizione. Si sentiva respirare più del dovuto e del necessario, in quanto poteva osservare da pari, apprendere, e stravolgere a proprio piacimento. Era come se la propria natura demoniaca non gli pesasse più così tanto, non doveva più nascondersi né sentirsi in torto, spingere controvoglia nessuno. Come se non fosse più in torto né nella zona malvista tra bene e male, perché ormai la religione stava perdendo ogni piede.
Era ancor più interessante indurre la gente in tentazione, adesso che non doveva soltanto instaurare il seme del dubbio in loro e lasciargli assaporare l’idea di peccare, il gusto del proibito. Gli uomini e le donne non dovettero più tenersi dentro le pieghe della mente i loro desideri, ed anzi, erano più che intenzionati ad esporsi, lasciando che l’eleganza fosse sempre la base di ogni movenza e di ogni parola. Il linguaggio era diverso, il canone di bellezza, tutto era in evoluzione, e così, Crowley dovette semplicemente riadattare la società a se stesso, e non più il contrario.
Adesso molte cose potevano essere suggerite ad alta voce, potevano essere condivise, e lui poteva cambiare.
Il demone sperimentò il trasformismo per la prima volta in quei tempi. Non sentiva più il bisogno di avere una sola identità, poteva essere chiunque volesse essere, spostarsi da un ceto all’altro ed osservare finalmente la disuguaglianza come parte integrante di ogni dicotomia e la convinzione di un solo ed unico livello nella quale tutti erano uguali al loro prossimo, e giocare con il proprio talento.
Il demone Crowley era uno spirito creativo, e come tale, mille erano i modi in cui interagiva ed operava.

Frequentava i piccoli caffè, ascoltava gli uomini discutere, dibattere, e si sentì per la prima volta giusto nella sua interezza.
Accettava, a piccoli passi, il non essere più un angelo.
Non sarebbe mai stato fiero di questo, non avrebbe potuto. Lui amava essere una creatura di luce, semplicemente non lo era più, e poteva venire a patti con se stesso senza odiarsi. Ed era solo un mero frutto della propria mente, ma non gli dispiacque affatto vivere come se non avesse un enorme fardello sulle spalle.

Molteplici furono ancora gli incontri con l’angelo. Le innumerevoli rivoluzioni che avevano visto il mondo erano state condivise e talvolta veicolate nelle loro possibilità. Inferno e Paradiso sembravano averli dimenticati, e malgrado così non fosse loro sembravano non badarci più.
Avevano smesso di tenerli così tanto alle strette, quando entrambi davano loro ciò che desideravano.
Nel tempo si erano calati nei panni di due perfetti ingannatori.
Anziché nascondersi, nella simbologia più assoluta del termine si mascheravano a loro. Le innumerevoli bugie raccontate erano condivise come a fin di bene dall’angelo, e come necessarie dal demone, e nella loro forte distanza funzionavano alla perfezione assieme. Si erano resi conto, a modo proprio, che nessuno dei due desiderava essere controllato. Avevano vissuto troppo tempo lontani da quelle costrizioni, dai loro simili, dal loro punto di partenza, e nonostante quasi seimila anni non fossero nulla se paragonati ai milioni trascorsi In Cielo e nella Gola più profonda, sentivano come se mai posto fosse stato più adatto a loro. Nonostante sapessero che prima o poi avrebbero dovuto salutarlo e salutarsi in vista dell’Apocalisse, l’idea non era bastata ad esimersi dall’affezionarsi. Alla terra e.. a loro stessi.
Vivevano il mondo come una casa e non come un luogo ospitale, Aziraphale poteva scoprire e adorare le creazioni umane, e Crowley poteva seguire i creatori senza che mancasse mai il loro dovere. I loro accordi s’intensificarono via via maggiormente, il piacere era a turno anteposto al dovere, fino a che la situazione per quanto bella potesse essere, dal fondo sulla quale era stata costruita celava sempre una piccola falla, che erano i dannati sentimenti.
Non erano i vizi capitali la loro croce.
Erano i loro cuori.

E nessuno di loro li affrontava. 

 

Aziraphale, dopo diversi procedimenti burocratici, riuscì finalmente ad aprire la libreria, una nuova sede dove trasportare tutti i libri di Ortigia raccolti nel corso dei secoli, scelse uno stile in legno scuro per i mobili, dal gusto antico e classico: “A.Z. Fell And Co. - Antiquarian and Unusual Books”
Vi era un piano superiore con una sua stanza privata munita di letto, armadio, baule, tavolino e specchio. Si procurò una serie di libri moderni da destinare alla vendita, non avrebbe mai venduto i suoi libri, per lui erano di vitale importanza, i tesori di una vita trascorsa sulla terra.

 

 

Quando tutto fu quasi ultimato, Aziraphale non stava più nella pelle, doveva assolutamente mostrarla a Crowley. Gli scrisse subito un messaggio.

“Crowley!
Ho aperto la mia libreria, vieni a trovarmi, così te la mostro, ho trasferito tutti i tesori da Ortigia, questa sarà la nuova sede.
Ti aspetto!

- Stella Egiziana”

 

Il demone Crowley non fu tanto sorpreso. Aziraphale gli aveva espresso molto tempo addietro la volontà di aprire una libreria, e dal canto suo, aveva scelto il periodo migliore. Finalmente gli esseri umani si stavano alfabetizzando, e non era un male aprire la mente

Così, curioso dell'invito, Crowley si recò a Londra, in un piccolo quartiere popolare, laddove l'angelo gli aveva indicato. Riusciva a percepire l'entusiasmo tra quelle righe. 

 

La libreria vista da fuori era elegante e graziosa alla vista. Non proprio nel suo stile, innamorato com'era dell'arte e delle linee e i colori gotici, ma lo rispecchiava perfettamente. 

Si avvicinò alla porta, bussando con energia.

 

Non sapeva perché, ma Aziraphale si sentiva nervoso, agitato.. quella mattina passò almeno un paio d’ore per scegliere cosa mettersi, alla fine decise per un lungo cappotto celeste, una camicia di lino e, per la prima volta, indossò un fiocco tartan azzurro e bianco, i pantaloni erano beige e degli stivali alti in cuoio ricamato completavano l’outfit dell’angelo. Si pettinò accuratamente e, grazie alle nuove invenzioni, iniziò ad usare anche i profumi, utilizzò una colonia dal profumo delicato, ma dolce.
Sentì bussare ed entusiasta come un bambino durante le vacanze scolastiche, andò ad aprire la porta, e sorrise al demone, con il sorriso più radioso che un angelo potesse fare.
«Crowley! Ne è passato di tempo, entra! Ti mostro tutto!» l’angelo prese il demone per un polso e lo trascinò letteralmente nella libreria, iniziando a spiegare come fosse articolata, come aveva comprato l’edificio e il tipo di arredamento utilizzato.

 

Il demone aveva sempre adorato la moda e lo stile, e da qualche anno aveva quasi completamente abbandonato qualsiasi colore che non fosse il nero, e gli abiti esageratamente aderenti addosso, non molto conformi ai canoni correnti la quale eleganza dettava la morbidezza dei capi con linee delicate. 

Sapeva che Aziraphale era.. stravagante, almeno per i suoi gusti in fatto di moda, ma vederlo in quel modo lo fece quasi arrossire. 

Le loro vite per un motivo o per un altro sarebbero sempre state destinate a separarsi, quantomeno per un po'. Rivederlo dopo l'industrializzazione e l'avvento della tessitura, ora che anche lui poteva sperimentare tessuti e colori, fu come una ventata d'aria fresca.. almeno fino a quando non posò gli occhi su quel ridicolo foulard, o quel che era.

Accennò appena una protesta poco carina, quando si vide trascinato in quel luogo da un Aziraphale divenuto uragano di gridolini esaltati e denti perfettamente bianchi. Non lo vedeva così felice da molto tempo. Forse non lo aveva mai visto. I suoi zigomi tirati e gli occhi semi nascosti dalle pieghe della pelle lo rendevano così adorabile

Ne era inguaribilmente innamorato, ed ogni volta che lo pensava un foro gli corrodeva il cuore 

La libreria era ben fatta. Era accogliente e ricca alla vista, elegante, e piena zeppa di tomi antichissimi. 

«Quindi hai intenzione di darti alla vendita, angelo?»

 

Il flusso di parole ininterrotte fu fermato dalla domanda dell’angelo, domanda che lo fece tentennare un po’, prima di rispondere. «Beh.. ho preso dei libri specifici destinati alla vendita, ma la maggior parte non li venderò, sono i tesori di una vita. Ecco guarda, qua ho messo i nostri scacchi, questo sarà come un salottino.» disse mostrando una piccola area con un divano, una poltrona con scrivania, la scacchiera e degli armadietti. «Ma non è finita! C’è anche un piano superiore, vieni!» Aziraphale trascinò nuovamente Crowley, il piano superiore aveva un piccolo corridoio con un orologio a pendolo e alcuni dipinti fatti dall’angelo, paesaggi antichi e soggetti angelici.
Infine gli mostrò la propria stanza: molto luminosa grazie ad un’ampia finestra, comprendeva un piccolo angolo di bellezza con un tavolino munito di un grande specchio la cui cornice era decorata di due ali angeliche, sopra vi teneva profumi, pettini e alcune polveri.. speciali, per così dire. Un grande armadio di fattura francese in legno scuro e oro, infine un letto matrimoniale, le cui lenzuola erano bianche, decorate da motivi floreali argentati, qualche camicia era sparsa sul letto, e nell’angolo vi era un manichino su cui era sistemato un vestito azzurro e bianco, destinato alla sua forma femminile.
«La mia stanza! Mi sono preso un letto matrimoniale questa volta, mi muovo molto durante la notte.» spiegò l’angelo entusiasta, amava quella stanza, non si era mai sentito così a casa come in quel momento.. ma non si rese conto che si sentiva davvero a casa, solamente perché ora c’era anche Crowley con lui.

 

«Quindi il tuo negozio è il tuo ripostiglio allestito da esposizione.» Lo punzecchiò beffardo, prima di seguirlo al piano superiore.

Crowley fu colpito dalla naturalezza con cui Aziraphale gli permise di muoversi in quella casa, e soprattutto nelle proprie stanze. Lo aveva inviato, e non si era preoccupato di non lasciare indumenti o oggetti fuori posto. Come se non si preoccupasse di dover fare colpo, o di doversi mostrare al solito, rigido e composto come si contraddistingueva da quando ne aveva memoria su quella terra. Come se si fidasse in una maniera, in uno strano e puro modo, intimamente di lui. Era così spontaneo e così fluido nel movimento nello spazio, nel modo in cui lo occupava e ci si esponeva, che coinvolse inevitabilmente anche il demone nell' esplorazione dell' ambiente. Era come entrare nella mente dell' angelo, come se quella casa fosse la rappresentazione della sua natura cognitiva, di tutto ciò che aveva assorbito e interiorizzato nel corso dei millenni. Era come passeggiare nei suoi pensieri, nel suo carattere. Ogni cosa Era perfettamente conforme ai suoi standard, alla sua essenza. Una casa pulita, luminosa, l'arredo si sposava perfettamente con tutto il resto e le decorazioni erano tanto fini quanto notevoli. Era il riflesso perfetto di tutto ciò che lo aveva realizzato la persona che era a quel tempo. 

Aziraphale ai suoi occhi adesso era come una rassicurazione. Si sentì dentro di lui, e mai pensiero nella mente corrotta del demone fu in realtà più puro.

Si sentiva protetto, e sereno.

«Fa tutto così.. corredo, non so se mi spiego.»

Crowley entrò nella camera per potersi guardare meglio intorno, con il suo caratteristico cammino. Schiuse le labbra ed i canini aguzzi erano visibili dalla piccola fessura creata, mentre aspirava l'odore nell'aria.

Non era affatto cambiato. Era pregno dell'angelo, ora più che mai lo sentiva forte, e si lasciò intossicare segretamente, imprimendoselo. 

«C'è qualcosa.. che manca.» il demone Crowley si guardò intorno.

«Piante. Dovresti metterci una pianta.»

 

Aziraphale si mise a piegare una camicia che aveva dimenticato sul letto, mentre cercò di fare ordine sul suo tavolino di bellezza. Ascoltò il consiglio di Crowley e annuì. «Hai ragione! Portami qualche pianta, quella che preferisci, dopotutto questo posto non sarà solo mio, potrai venire qui quando vorrai. E qui le tue piante saranno curate, come vedi è luminoso, possono crescere bene, magari.. una Stella egiziana.» l’angelo sorrise, e per lui tutto gli sembrava naturale, certo che quel posto era “suo”, ma nella sua mente era il “loro” posto, anche se ancora non lo realizzava a pieno. L’angelo andò poi ad aprire il proprio armadio, cercando di fare ordine nel marasma di abiti che aveva comprato e collezionato.
«Forse.. mi servirà un altro armadio.. e questo quando l’ho preso?» vide un abito dorato ricamato con foglie dorate, che proprio non riusciva a ricordare e allora, dato che Crowley era girato di spalle, assunse l’aspetto femminile, indossandolo automaticamente, i capelli raccolti in un’alta crocchia, fermati da un fermaglio dorato.
«Crowley! Che ne pensi? Dovrei tenerlo?» gli chiese, dubbiosa.

 

 

«Mh?» Il demone si voltò.. e fu allora che intese il significato di sogno ad occhi aperti.

Era come una delle statue della Vergine che la Chiesa Cattolica si divertiva tanto a vestire durante le processioni, ma molto, molto più divina. Era assai più elevata di un'apparizione Mariana, era come qualcosa di tanto splendente e irraggiungibile, da accendere qualunque fantasia e nel suo caso, il desiderio più viscerale. Non poté fermare l'espressione di sorpresa, eppure riuscì a frenare il cadere rovinosamente della mandibola, anche se avrebbe voluto cadere in ginocchio e adorare quella splendida creatura dinanzi a sé. 

Batté gli occhi da sotto gli occhiali scuri un paio di volte, e fu come destarsi da una paralisi cerebrale. Riacquistare la facoltà di parola fu complicato, per la prima volta si sentì avvolto nella fiamma della sfrenata bramosia che s'impadronì di lui, e strinse i pugni dietro la schiena affondandosi le unghie nere nei palmi per non mordersi l'interno delle labbra, e dare segni visibili dello squilibrio emotivo e fisico che sentiva lo stesse consumando vivo. Tremava, per la contrazione muscolare che si stava applicando da solo.

«Ah, ehm. Si. Si è.. forse, per un ballo è appropriato.» 

 

L’angelo fu contenta della risposta del demone, sì, aveva ragione, amava ballare e quell’abito poteva risultare utile. «Hai ragione di nuovo Crowley, è raro che io ti dia ragione più di due volte in una sola giornata.» disse volteggiando su sé stessa, quando sentì suonare il campanello, qualcuno era entrato.. ma la libreria era ancora in allestimento. «Oh, aspetta qui, vado a vedere.» Aziraphale tirò su leggermente il vestito per uscire e andare a vedere chi fosse.
Era Sir Antoine Bennett, un uomo che si occupava di studi storici con cui aveva fatto amicizia ad un caffè giorni fa, quando era nella sua forma femminile.
«Antoine! Entrate!» l’uomo aveva circa una quarantina d’anni, dei capelli castani folti e mossi, e una barba riccia. «Come sempre siete una visione, Lady Zira.» gli disse, inchinandosi per baciarle la mano, Aziraphale arrossì.
«Che ne pensate della libreria? La gestiremo io e mio.. fratello, a turni.» Antoine si guardò in giro, piacevolmente sorpreso.
«Incantevole, davvero, avete avuto gusto con l’arredamento, sarà un nuovo punto nevralgico di Londra, molti studiosi verranno attratti qui, ero giusto passato incuriosito dall’esterno.» “Lady Zira” annuì entusiasta.  
«Devo finire ancora diverse cose, ma.. vi invierò una lettera quando saremo pronti, vi aspetteremo!» Sir Antoine annuì e, con un inchino, uscì dalla libreria.

Crowley alzò le sopracciglia a quella sottospecie di lode, e suo malgrado sollevò, anche se impercettibilmente, un angolo delle labbra. Quando la donna eterea abbandonò la stanza come se stesse fluttuando, fu come liberarsi di un enorme peso. Il demone Crowley non la seguì. Quando fu solo, poté però abbandonarsi a sedere sul letto, con i gomiti appoggiati alle cosce in un abbattimento totalizzante, la testa tra le mani.

Diventava ogni giorno che trascorreva in sua presenza più complicato stargli accanto. Davanti, dovunque. Lo spirito di Aziraphale ingombrava qualunque luogo, e incombeva su di lui schiacciandolo in una pressa invalidante. Adesso che non c’era, poté respirare, a piccole esalazioni ristabilire ordine nel mare in tempesta che affogava il suo cuore abbandonato.
Era ormai tutto così difficile.
Aveva iniziato anche a desiderarlo. E non come una sola volta nel corso del tempo gli era accaduto, non era una questione egoisticamente fisica. Lo desiderava nella sua totalità. Il tormento che vorticava dentro di lui era una febbre inguaribile, e non esisteva una cura e se c’era, non avrebbe potuto adoperarla senza ferirlo, senza ferire anche se stesso. Era condannato a guardarlo senza potergli stare vicino come avrebbe davvero voluto. Lo desiderava nella carne come nello spirito, in ogni forma e in qualunque momento.
Non reggeva più le estranee e pungenti sensazioni che da ormai cinque secoli lo stritolavano, come un suo personale e fastidievole Contrappasso. Da rettile costrittore qual era, era forzato a sentire costantemente la stretta attorno alla gola che era la sua vicinanza, condannato ad asfissiare dallo stesso sentimento che non avrebbe potuto coronare mai.
A nulla erano valsi gli incontri fugaci e insoddisfacenti con gli esseri umani, che presentavano i suoi tratti tipici. La morbidezza delle curve, i riccioli flavi, la distesa infinita negli occhi. Niente lo appagava, niente leniva la voglia di lui. Il bisogno di non separarsi. E la costante finzione e la costrizione a ignorarsi e celare quei momenti in cui avrebbe voluto esprimersi, lo sopprimeva lentamente. Le simboliche catene ai polsi che gli impedivano di toccarlo, la natura traviata e immorale che lo tenevano lontano da lui, l’orgoglio e la dignità che gli imponevano di non parlare.

Un demone avvelenato da ciò che non avrebbe dovuto provare mai.

Quando la donna risalì le scale, si ricompose velocemente aggiustando le pieghe del letto. Il demone Crowley fischiettò passeggiando con indifferenza, frugando nelle polveri speciali dell’angelo. 

Quando lo vide frugare tra le sue polveri arrossì e andò di corsa a raggiungerlo. Non sapeva perché quelle cose lo mettessero in imbarazzo, forse perché aveva provato ad usarle anche nella sua forma maschile..? Ovviamente non lo avrebbe mai detto a nessuno. «Non si fruga tra le cose private di una donna o, meglio, di un angelo, Crowley..!» borbottò Aziraphale allontanandolo dalla sua zona bellezza, mettendogli le proprie mani sulle sue spalle e spingendolo leggermente. Uno dei motivi, tra l’altro, è che proprio in quei cassetti conservava ogni tipo di biancheria intima e ci mancava solo che Crowley aprisse il cassetto sbagliato. «Ti ho detto che puoi venire quando vuoi ma questa zona, quei cassetti, sono privati, d’accordo? O ti devo fare un memorandum? Sarà meglio andare di sotto a brindare.» e l’angelo si allontanò, andando di sotto e sospirando per lo spavento preso. Ovviamente si dimenticò di controllare se il demone la stesse seguendo.

 

Crowley osservò con un sopracciglio alzato la ramanzina dell'angelo. 

«Posto non solo tuo, cassetti tuoi, ho capito.» affermò con una vocina piatta e un'espressione tranquilla.. 

E ovviamente, quando Aziraphale lasciò la stanza, il demone piegò due dita della mano destra, afferrò dal dorso il pomello del cassetto in esame, e trascinò in avanti il legno. 

Una moltitudine di colori e ricami su stoffe perfettamente ordinate e ripiegate occupavano gli spazi. 

Pezzi unici e omogenei per la biancheria maschile, e pizzo e merletti per i pezzi femminili. Tra di essi, un drappo morbido dalle coppe triangolari.

Il demone tirò all'insù il labbro inferiore corrugando le sopracciglia in una espressione soddisfatta, e richiuse il cassetto annuendo.

«Molto carino.»

 

Aziraphale versò due bicchieri di vino rosso all’interno del salotto, quando vide Crowley apparire poco dopo.
«Brindiamo a questa nuova sede!» e così brindarono, l’angelo non si poteva sentire più felice, era da tanto che non si sentiva così. Si sedette poi sulla poltrona, versandosi un secondo bicchiere, avendo finito il primo in davvero poco tempo.
«Che cosa hai fatto ultimamente, Crowley? Io mi sono iscritta ad un club di ‘discreti gentiluomini’ e ho ballato la gavotte! Mi mancava danzare.» gli disse sorseggiando il vino e sciogliendosi i capelli, non era abituata ad avere quella chioma, doveva ammetterlo.
«Spero proprio che tu ci sia andato da gentiluomo.» le disse il demone togliendosi gli occhiali. «Certo che ero un gentiluomo, ovviamente.. e anche molto carino.» disse l’angelo con una risata divertita, parole che uscirono grazie all’effetto del vino nelle gambe e nelle braccia, tutto iniziava a farsi più leggero, e Aziraphale era decisamente brilla, la lucidità stava via via traballando sempre di più. Era a dir poco liberatorio, e nel tempo aveva apprezzato il potersi rivelare così davanti all’angelo. Quantomeno, quando non aveva di che preoccuparsi.
«Io ho viaggiato, principalmente. Le industrie iniziano a svilupparsi e sinceramente, sono curioso.» In pochissimo tempo i due finirono l’intera bottiglia, e poi la seconda. E tutto via via diventava sempre più leggero.
«Quindi hai deciso di stabilirti qui definitivamente, angelo? Londra sarà la tua casa?»
«Sì, questo posto sarà la mia casa.. ehi Crowley.» l’angelo si alzò, il vestito dorato era un po’ stropicciato, e sbandò leggermente quando si ritrovò in piedi, si avvicinò al demone sedendosi in modo scomposto sul divano in pelle accanto a lui, guardandolo negli occhi. «Non nascondere più i tuoi occhi quando sei con me, non è necessario, i rettili sono.. carini.» e l’angelo gli sorrise dolcemente, il viso femmineo era un po’ arrossato a causa del vino, e gli occhi semichiusi.
Aziraphale sentiva che stava crollando, il sonno stava prendendo il sopravvento tuttavia gli sembrava male finire lì la conversazione. L’angelo si lasciò cadere, si sdraiò e adagiò la testa sulla gamba del demone, chiudendo gli occhi.
«Raccontami dei.. tuoi viaggi..» la voce dell’angelo era quasi un sussurro, una voce melodiosa un po’ alterata dall’alcol e assonnata, la chioma argentata si stendeva sulle ginocchia del demone come una coperta di raggi lunari che illuminavano l’oscuro cielo notturno.

 

Il demone Crowley raccolse la bottiglia di vino, e ne studiò con attenzione l'etichetta.

Volume normale, nessun ingrediente insolito. Composto dal colore perfetto, perfino il sapore era piacevole, per niente strano, per niente fastidioso.

Era tutto nei parametri.

 

La sua mimica facciale esprimeva stupore, incredulità. 

Allora iniziò a contare al rovescio da cento saltando di volta in volta le cifre in ordine decrescente dal dieci in poi, e non incappò in errori. Quando si rese conto che non era lui a recepire male a causa dell' alcol, tornò a posare lo sguardo sull'angelo.

"Saranno gli ormoni.." volle dire, ma non volle neanche sembrare maschilista, visti gli eventi storici attuali.

«Ho girato l'America, che non sono riuscito a vedere nei secoli scorsi. Ma a dirti la verità, mi aspettavo assai meglio. Ho visitato la Germania ed ho incontrato un'infinità di talenti musicali.. tutti ottimi candidati per la mia fazione, ovviamente..» e così il demone cominciò a parlare. Cosa che di rado accadeva. 

Quantomeno con le persone. Parlava da solo, sì. Parlava alle proprie piante. 

Ma non raccontava alla gente. 

 

La voce di Crowley riempì la stanza fino a che le palpebre dell'angelo non caddero pesantemente senza riaprirsi per intere ore. Avrebbe potuto fare in modo che tutta la fonte del suo abbattimento abbandonasse le sue vene e finisse fuori dal circolo sanguigno, nuovamente nella bottiglia, eppure scelse la strada egoistica ancora una volta. Un'ultima volta, si disse come la precedente, in cui avrebbe dovuto destare Aziraphale da un qualche cosa che in normali situazioni non avrebbe mai fatto, ma non lo fece.

Neppure ne approfittò. Si limitò semplicemente ad osservarla dormire, fino a che non abbandonò quella libreria con la sensazione delle cosce accaldate per il contatto e il profumo dei capelli dell'angelo intriso negli abiti. 

Non dopo averla coperta dal freddo di aprile.


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Salve a tutti!
Signori.. questo capitolo è quello che noi chiamiamo la quiete prima della tempesta... 
Abbiamo fatto qualcosa di grosso per il prossimo, quindi speriamo che questo cuscinetto di dolcezza vi sia piaciuto in qualche modo xD
Grazie per il sostegno ed il supporto, non sapete quanto lo apprezziamo. Siete fantastic*

A presto!

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Capitolo 11
*** Capitolo X. ***


Londra, 1888 d.C;

 

Quale grande periodo fu il XIX secolo, Aziraphale guardò estasiato le prime locomotive a vapore, l’illuminazione a gas, nel 1829 fu brevettata la prima macchina da scrivere che rivoluzionò decisamente la vita dell’angelo (per quanto continui a preferire la scrittura a mano). In Francia si diffuse il positivismo e, come temevano gli Arcangeli, una fedeltà alla scienza decisamente più forte, soprattutto dopo l’opera di Charles Darwin “L’origine della Specie” che, malgrado tutto, Aziraphale trovò decisamente ispirata.
A livello artistico fu un periodo decisamente vitale, il romanticismo fu particolarmente apprezzato dall’angelo, vide in prima persona i lavori di Gustave Courbet, Théodore Géricault, l’inquietudine di Goya, per non parlare degli impressionisti. La dolcezza del bacio di Hayez, in particolare, scosse molto l’angelo, senza un motivo preciso. Il modo in cui l’uomo, nel dipinto, bacia la dama, gli sembrò quasi fugace tanto che è possibile vedere l’elsa del pugnale emergere, come se da un momento all’altro qualcuno li stesse per scoprire, dietro sullo sfondo gli parve di vedere un’ombra. Essere scoperti, non poter vivere un momento così dolce in tranquillità.. gli ricordava qualcosa, la perenne angoscia dell’essere scoperto a “fraternizzare” con un demone, anche solo in amicizia, il timore che da un momento all’altro Gabriele lo chiamasse perché lo aveva scoperto; quell’ombra nel dipinto fu l’elemento che inquietò di più l’angelo.

 

 

La libreria di Aziraphale si riempì presto di tanti titoli, tuttavia l’angelo non amava vendere libri e anzi.. cercava molti modi per non farlo, tuttavia quel luogo divenne presto un punto fisso, una posto dove sentirsi davvero a casa.
Londra era nel pieno dell’era vittoriana, un’epoca fatta di luci e ombre: se da una parte la cultura risplendeva dando vita a opere e architetture notevoli, dall’altra vi erano molti lati oscuri che turbavano l’angelo come la dilagante prostituzione, la povertà delle classi basse e il lavoro minorile. Spesso l’angelo cercò di aiutare bambini e donne, ma molti erano riluttanti ad accettare il suo aiuto, essendo lui inserito nell’élite della classe alto-borghese. Questa élite era decisamente ipocrita e paternalistica, credeva di sapere tutto e giudicavano con facilità chi stava al di sotto del loro rango. Tuttavia, sfruttando proprio tale superficialità, spesso induceva (indirettamente) i facoltosi ad aiutare i più bisognosi, tramite raggiri di parole e cambiando spesso le carte in tavola, di certo aver collaborato con Crowley aveva dato i suoi frutti.
Grazie all’invenzione della macchina da cucire la moda era avanzata e Aziraphale di certo non era da meno: indossava spesso lunghi cappotti aderenti che andavano dal beige all’azzurro, in alcune occasioni indossava il frac con pantaloni leggeri, comprò diverse camicie di lino sia lisce sia a fantasia, cravatte che annodava in un fiocco e molti soprabiti ricamati.
Ma le esperienze dell’angelo non si fermavano qui, ben presto approfondì anche la danza della gavotte in un club per discreti gentiluomini e, proprio come a Firenze, danzare lo faceva sentire vivo come poche altre cose nella sua vita sulla terra.

Sotto il regno della regina Vittoria, politicamente e socialmente molti cambiamenti avvenirono, e principalmente la pace era ormai padrona della maggior parte d’Europa, dopo le dure e sanguinose Rivoluzioni politiche in America ed in Francia. Erano ormai giunti al termine tutti quei rigidi e bigotti protocolli, tutte le regole e i dettami collettivi che descrivevano i comportamenti socialmente accettabili e soprattutto che delineavano la distanza tra borghesia e aristocrazia.
Non vedeva Aziraphale da quel giorno a Parigi, ove per la ventesima volta in tutta la sua esistenza, aveva toccato cibo.
Ancora in quel frangente, lo aveva sentito. Quel senso di allerta che pizzicava il retro della nuca, e gli pulsava nelle tempie. La sensazione di pericolo a cui si era aggrappato quando aveva usato le proprie capacità soprannaturali lo aveva condotto da lui, ancora una volta.
Ma molte, troppe cose erano accadute perché i due potessero incontrarsi ancora tanto presto.
Edimburgo fu sede del loro ultimo e fugace incontro clandestino, nella quale Aziraphale per la prima volta messo dinanzi al concetto di peccare per buona causa, in quel cimitero tetro e desolato. L’angelo infatti sembrò comprende che alle volte, peccato e tentazione erano due concetti completamente distanti l’uno dall’altro. Avrebbe volentieri approfondito la cosa con lui, se solo il demone non fosse stato risucchiato nella terra e sottoposto a un processo Infernale e fastidiosamente noioso, per aver condotto una buona azione tra mille e più inganni e malevolenze.
Non mise piede sulla terra per due anni.

Il mondo andava avanti veloce, come proiettato nel futuro ancor prima che i giorni presenti volgessero al termine. Ogni ora correva più velocemente di quella precedente, e gli esseri umani stavano sorprendentemente al passo. Forse, furono proprio le due creature ultraterrene a dover imparare a star dietro al loro ingegno, ai loro cambiamenti.
Quando tornò infatti, tante furono le invenzioni, sensate o meno, utili o dilettevoli che gli uomini avevano creato.
I viaggi del demone Crowley di fatto non terminarono di certo, malgrado si fosse deciso a stabilirsi a Londra, nella stessa città del proprio oppositore non così tanto rivale.
L’Inferno aveva scoperto che egli risiedeva lì, e Crowley ne aveva sagacemente approfittato per avanzare la proposta di una sede fissa, così da darsi modo di tenerlo sotto controllo e bloccare i suoi tentativi di benedizione più facilmente.. sempre senza farsi notare.
L’unica cosa che desiderava era solo vederlo più spesso, ma quel momento era ancora troppo lontano. 

 

Verso la fine del secolo, Aziraphale iniziò a leggere le opere di tale Oscar Wilde, rimanendo profondamente colpito per la dialettica e la capacità di uso delle parole, era impossibile non rimanere ipnotizzati dalla sua scrittura, dal modo in cui intrecciava l’arte con la vita in significati che, in realtà, erano ben lontani dalla morale dell’angelo: la ricerca del piacere e l’edonismo, elementi che portarono il protagonista del romanzo appena pubblicato, Dorian Gray, alla morte.
Eppure perché Aziraphale era attirato da quelle letture come una falena verso la luce? Non avrebbe dovuto approvarle, anzi, Wilde stava decisamente svolgendo molto bene il lavoro che, di norma, facevano i demoni: tentare, indurre l’uomo a ricercare i piaceri, non privarsene.
La vita imita l’arte, più di quanto l’arte non imiti la vita”, fu una frase di Lord Henry, nel libro, su cui l’angelo si trovò a riflettere. Quale tipo di rapporto aveva Wilde con i suoi personaggi, si rispecchiava in qualcuno, in cosa credeva davvero?

Erano tante le domande, finché non fece in modo, una sera, di incontrarlo ad una cena dell’altà società. La sala era uno sfarzo di rosso e oro, di luci, di profumi e sapori, quando l’angelo vide Wilde rimase incantato dall’abilità e prontezza con cui conversava, nessuno sembrava tenergli testa… tranne Aziraphale, la visione della vita e dell’uomo di Oscar Wilde era in contrasto con la sua, eppure la loro conversazione attirò presto l’attenzione di tutta la sala. Quel grande e alto uomo, sembrava avere occhi solo per l’angelo, quella sera. Quando Oscar sembrava trovare qualcosa su cui Aziraphale non fosse preparato, si sbagliava di grosso, e più andavano avanti più l’angelo smentiva e rigirava le provocazioni dello scrittore inglese. Persino l’angelo rimase sorpreso da sé stesso, non si era mai ritenuto un grande conversatore, ma con Oscar Wilde era diverso. Vestito di cappotto e pantaloni beige e bianco, l’angelo contrastava con lo scrittore inglese, che risplendeva di un rosso vermiglio acceso e nero, con lunghi stivali fino alle ginocchia. 

 

 

La serata passò velocemente, Oscar Wilde parlò poi con altri gentiluomini e con un tale Robbie Ross, con cui sembrava avere un bel legame. Aziraphale, senza dare nell’occhio, si ritrovò presto in strada, sotto la luce lunare e vicino alle carrozze che sfrecciavano per le strade londinesi. 

«Aspettate, non fuggite.» disse improvvisamente Oscar, apparendo poco dietro l’angelo.
«Si è fatto tardi e..»

«Non privatemi della vostra compagnia così presto, signor Fell.»

L’angelo accennò un sorriso, e accettò di passeggiare con lo scrittore ancora un po’.

«Siete misterioso Signor Fell, avete la risposta sempre pronta, ma non mi avete detto niente di voi.»

«Non c’è molto da dire, vengo dalla Grecia, ma viaggio molto, studio, dipingo e scrivo..» Oscar Wilde sembrò sorpreso.

«Ah, quindi un uomo dalle mille risorse, dipingete dite? Vorrei vedere delle vostre opere. Non me ne sorprendo, siete l’uomo forse più preparato e acculturato rispetto a quella massa di ignoranza che c’era in quella sala..»
«Ho avuto dei privilegi, signor Wilde, che mi hanno permesso di ampliare le mie conoscenze.»

«Non c’entra il privilegio, tutti in quella sala hanno avuto le possibilità di imparare, si tratta di volontà, di curiosità, di sete di conoscenza, sono in pochi ad avere uno spirito come il suo. Non è sposato?»

«No.. non ho tempo.» disse l’angelo distogliendo lo sguardo. Sapeva bene che un uomo della sua età non sposato, a Londra, era molto.. strano. Oscar sembrò compiaciuto della risposta.
«Saggia scelta, il matrimonio è la tomba della passione, se me lo permette. Ma essendo lei un uomo dalla fede incrollabile, immagino siate di diverso avviso.»
«Penso che il matrimonio possa essere una tomba.. solo se si sceglie la persona sbagliata, ma non mi ritengo un esperto di.. queste cose.» Oscar Wilde rise, sembrando divertito.
«Queste ‘cose’ signor Fell? Le donne?» 

«Non intendevo-- parlavo di relazioni umane..»
«Mh, relazioni umane.. lei è un viaggiatore, avrà incontrato tante persone, nessuno le ha rapito il cuore?» L’angelo sembrò imbarazzato, Oscar Wilde lo notò, e fu proprio per questo continuò su quell’argomento, stuzzicato come un leone che, prima di divorare la sua preda, ci gioca e la trae in inganno.
«Direi di no..» 

«Giusto, forse nella vostra vita c’è solo l’amore verso Dio, e tuttavia.. non siete monaco né prete, apprezzate il buon vino, la buona tavola e le mie opere, che di religioso hanno ben poco. Come ve lo spiegate?»

«La religione non è per forza legata alle sacre scritture, Dio è bellezza, e se in qualcosa vi vedo bellezza, allora per me è degna di essere apprezzata.»
«Ecco che rigirate di nuovo le parole, signor Fell.. se davvero vedete Dio nella bellezza, forse il vostro concetto di bellezza è alquanto discutibile, di che tipo di bellezza stiamo parlando? La ricerca del piacere, della passione, una ricerca tanto spasmodica da portare al crimine e al decadimento della morale? Non potete davvero vederci Dio in questo.»

«Voi non capite, non è tanto il significato dell’opera in sé, ma il modo in cui la storia è stata ideata e scritta e--»

«Vi state arrampicando sugli specchi, signor Fell, il fatto è che non siete così retto come credete di essere, avete un’immagine piuttosto distorta di voi stesso.» lo interruppe Oscar, fermandosi in una delle vie secondarie di Londra, essendo egli parecchio più alto di Aziraphale, in quell’angolo di città, con le luci fioche, lo faceva sembrare quasi una creatura sovrannaturale.. ma non del Paradiso. 

Decisamente non del Paradiso, tutt’altro.

«E voi dite questo solo dopo aver parlato con me per una sera, signor Wilde.» 

«Vedete, io sono uno scrittore e sto lavorando a diverse commedie, sono un buon osservatore, se non lo fossi, non potrei scrivere delle passioni umane. E quel che ho capito stasera, signor Fell.. è che con voi sicuramente c’è da divertirsi. Vi prego di unirvi a me nei successivi pomeriggi, vorrei discutere con voi della.. vostra particolare concezione di rettitudine.» Disse Oscar Wilde con un sorriso divertito, sottolineando la parola “rettitudine” in modo canzonatorio e ironico. L’angelo sussultò indispettito, e ogni moto di imbarazzo e fastidio sembravano essere gocce di miele per lo scrittore inglese. 

 

E così iniziò quella strana amicizia tra Oscar Wilde e l’angelo Aziraphale, un’amicizia fatta di visioni contrastanti, ma uniti da qualcosa che ancora l’angelo non si spiegava.. dall’amore per la cultura, per la vita, per l’arte?
Forse, o forse era semplicemente una connessione mentale che non aveva mai avuto prima, nemmeno con Alessandro Magno. Passavano i pomeriggi a prendere il tè, a visitare mostre o luoghi remoti di Londra, parlando delle commedie che Oscar scriveva, iniziando a darsi presto del “tu”. 

Passarono i mesi, e poi gli anni.
E tuttavia, le voci iniziarono a circolare.. le voci sulla condotta morale di Oscar e dei suoi amanti, Aziraphale non ci mise molto a capire di cosa si trattasse, soprattutto avendo avuto modo di conoscere Robbie Ross, e vedendolo diverse volte.. Oscar si comportava con lui in modo diverso, ancora di più con ‘Bosie’, Lord Alfred Douglas, con lui Wilde sembrava perdere parte della propria razionalità, era chiaro che provasse dei sentimenti. 

L’amicizia con l’angelo non ebbe mai le connotazioni particolari dei precedenti nomi citati, tuttavia Oscar Wilde aveva un’altissima considerazione di Fell, lo considerava un suo pari, un grande amico.. forse il compagno che desiderava ma che sapeva di non meritare, le loro nature erano troppo diverse, Fell sembrava qualcosa di lontano e intoccabile per lui. 

 

In un pomeriggio uggioso londinese, al caffè Ye Olde Mitre, Oscar sembrava un po’ sovrappensiero.

«Oscar, qualcosa non va?» chiese l’angelo mettendo via il cappello cilindrico sul tavolo.

«Fell.. voglio parlarti di una cosa.» così Aziraphale si mise sull’attenti, prima di ordinare il tè.
«Dimmi.»

«Avrai sentito le voci, sei un uomo intelligente, non mentirmi.»
«Sì, le ho sentite.»
«Ebbene?» Oscar sembrava agitato.
«Dovrei dire qualcosa?»
«Non ti turbano? Sai che potrebbe risentirne anche la tua, di reputazione? Non.. va contro la tua morale?»
«Non mi turbano e no, la Bibbia è stata molto fraintesa, Dio è amore, non mi importa chi ami, Oscar, purché ti faccia felice. E non preoccuparti della mia reputazione.. tanto non sono interessato a inserirmi più di tanto nell’alta società.» Oscar sembrò rimanere colpito dalle parole dell’angelo, rimanendo in silenzio per un momento. 

«Grazie, Fell.. non so cosa farei senza di te, sono felice di averti incontrato.» L’angelo gli rivolse allora un sorriso.
«Fell, non posso fare a meno di pormi delle domande, dopo averti osservato in questi anni.» continuò lo scrittore, e Aziraphale lo guardò interrogativo.
«Per esempio?»
«In questi anni tante donne ti hanno guardato, io le ho viste, ma tu.. non ti accorgi nemmeno di loro. Sei un pozzo di conoscenza di letteratura, arte, ma sembra che tu sappia molto poco delle passioni umane.»
L’angelo fu un po’ imbarazzato da quella constatazione.. ma Oscar aveva ragione. Aziraphale amava leggere dell’amore umano, ma dell’amore non ne sapeva nulla.
«Te l’ho detto.. non ho tempo e..»
«Non ti interessano le donne?» chiese Oscar senza staccare lo sguardo da lui, Aziraphale avvampò, per poco non si strozzò con il tè.
«Non è questo, ho fatto voto di.. castità.»
Lì per lì sembrava l’unica soluzione per soddisfare i dubbi e le domande dello scrittore. Tuttavia Wilde non sembrava del tutto convinto.
«Mh.. capisco. Anzi no, non ti capisco proprio Fell, ti privi di uno dei piaceri più grandi della vita. Un’ondata di passione, il primo soffio ardente della giovinezza, ecco cosa valgono i proverbi di tutti i sapienti che ben conosci. Non tormentarti l’animo con la filosofia morta, non abbiano noi, forse, labbra per baciare, cuori per amare, occhi per vedere?»
Aziraphale rimaneva sempre incantato dal modo in cui Wilde usava le parole, e gli rivolse un sorriso, seppur ancora imbarazzato.
«Mi sono già fatto tentare con il cibo e con il vino tanti anni fa.. e guardami ora, continuo a mangiare biscotti, ci manca solo.. tutto il resto.» disse l’angelo accennando una risata, ma Oscar si accigliò con sorpresa.
«Aspetta, aspetta, qualcuno è riuscito a tentarti e incrinare la tua rettitudine con l’alimentazione e l’alcol? Dimmi chi è, voglio sapere chi è questo grande sapiente.» disse Oscar, improvvisamente concentrato.
Aziraphale avvampò nuovamente, tirando un sospiro esasperato.
«Sul serio, Oscar, devo parlare di lui mentre prendo il tè?» Oscar allora accennò un sorriso, più un ghigno.
«Ah, un lui, come immaginavo. Sì, voglio sapere tutto, sai come divento quando sono curioso, sarò il tuo tormento.» e Aziraphale sospirò di nuovo, iniziando a raccontare (parafrasando, per rendere credibile il tutto) della sua amicizia con Crowley, per la prima volta nella sua vita ne parlava con un umano, e sembrò come togliersi un peso dal petto.. alla fine fu felice di avergliene parlato. Oscar lo ascoltò con attenzione e trasporto per tutto il tempo, osservando ogni minimo movimento o cambio di tono nell’angelo.
«Potrei scriverci un libro, si è gettato nelle fiamme per salvarti? Questo è.. notevole. Lo sai, Fell, che mentre ne parlavi hai sorriso come un ebete per tutto il tempo?» Aziraphale lo guardò accigliato.
«Io sorrido spesso, che sciocchezza.»
«Ti conosco da ormai diversi anni Fell e no, non ti ho mai visto sorridere in questo modo, né parlare mai di un tuo.. amico, in questo modo.» L’angelo scosse la testa.
«Bosie ti sta dando alla testa Oscar, vedi le cose dove non ci sono, quel giovane può avere una cattiva influenza, sai.. stai attento.» lo redarguì l’angelo, finendo il suo tè.
«Mio caro Fell, sei tu ad essere cieco, io sono ben lucido, come mai lo sono stato prima, ho capito più io di te che tu di te stesso.»
Aziraphale, quel giorno, tornò a casa più confuso che mai, era stata una strana conversazione.
In ogni caso, sentì l’impulso di scrivere al demone, qualche giorno dopo.

 

“Caro Crowley,

Come stai? Non ci sentiamo da un po’, hai visto la nuova locomotiva? Ci sono salito! E’ splendida, è quasi come volare, solo sulle ruote!
Sono stato anche alla prima Esposizione Universale di Londra nel 1851, l’arte sta davvero facendo progressi. Incontriamoci, un giorno di questi.
Un saluto,

- Stella Egiziana”

 

Il demone Crowley fu sorpreso di ricevere la dannatissima colomba.
Erano stati letteralmente anni di silenzio assoluto, l’angelo sembrava non avere ragione o motivi anche solo per sentirlo.
L’unico frangente in cui aveva visto o avuto notizie dell’angelo, era tramite propaganda giornalistica per le commedie del tale Wilde.
Egli era uno degli artisti correnti letterarialmente parlando, che rispecchiava maggiormente l’aria cangiante dei tempi a quel punto moderni.
Sul giornale in bella vista la prima teatrale di una sua opera, in fotografia vi era il viso pulito e l’aspetto perfetto del commediante, le gambe accavallate e il sorriso compiaciuto e beffardo di chi stava contrastando lodevolmente gli ideali tipici. Aveva incontrato il suo nome in giro per i Caffé ove gli umani discutevano gli argomenti di attualità in chiave filosofica, o per l’appunto sulle stampe, ma non si era mai interessato più del dovuto. Forse perché la sua idea di poesia si era sviluppata in Francia, ove i cosiddetti Poeti Maledetti iniziarono a descrivere per le prime volte argomenti spinosi e considerati tabù, come la droga, la prostituzione, la povertà e la violenza, la crudeltà del mondo.
Tutti naturalmente, dediti all’assunzione di sostanze che sicuramente ampliavano il loro malessere e l’oscurità dei pensieri.
L’assenzio e l’oppio per esempio, sembravano trasportarli in viaggi astrali così allettanti che Crowley stesso non seppe resistere alla tentazione di mettergli cose in testa mentre la loro stessa lucidità era compromessa. Era esilarante vederli sconnettersi dalla realtà e incalzare sceneggiate che davano dell’assurdo, non crebbe di aver riso così tanto in vita sua come in uno di quei salotti in cui lacrime e disperazione dei discorsi sulla falsità del velo che copre la psiche furono il principale tema di conversazione. Era una comicità così macabra e strana che, in futuro, lo avrebbe portato ad appassionarsi alla commedia.
Gli esseri umani erano così bizzarri.
Ma astuti, quelle droghe erano davvero un regalo meraviglioso.

E accanto a Oscar, in fotografia, vi era il volto dal più bianco sorriso mai visto sulla terra, felice e spensierato.
Il demone non fu tanto sorpreso, Aziraphale aveva sempre osservato da vicino gli esponenti delle arti che più lo allietavano, era logico che facesse parte da così vicino della vita del critico. Non fu in effetti quello a disturbarlo, quanto il senso di domesticità che scaturiva da quell’immagine. Aziraphale sedeva proprio così vicino da risultare quasi intimo, e in quanti millenni aveva saputo e conosciuto il suo amico, mai lo aveva visto approcciare con una tale naturalezza a un essere umano, quasi non esistesse tra loro il varco enorme che era la sua immortale e divina fondamenta. Non si toccavano, ma il linguaggio del corpo esprimeva ciò che le parole non facevano. Erano sporti l'uno verso l'altro, le spalle aperte, le mani strette in un pugno rilassato.
Si sentì molto, parecchio stranito. Ma non in un senso di disagio, era più simile a qualcosa che gli alterava il raziocinio.

I pensieri erano brutti, il sapore era amaro. Non era preoccupato per lui, lo era per se stesso. Una emozione egoistica e bruciante, come il rigetto dello stomaco all’assunzione di un vino troppo acido. La stessa vampa di calore, ma riflessa nel cervello. 


Si rese conto che voleva sapere tutto di quella persona, conoscerla, ma non aveva alcuna intenzione di vederla. Così azzardò a prendere in prestito alcuni dei suoi scritti, e lesse.
E non gli piacque affatto.
In una occasione contraria sarebbe stato soddisfatto del suo modo di esprimersi, e di come la sua testolina girava.
Ideali liberalistici, beffe sul sacro distorto, continue e costanti prese in giro in chiave ironica ed elegante, critiche contro la società, il potere, i regimi, le restrizioni.
Non erano altro che lamentele, dopotutto, ed il demone Crowley adorava lamentarsi. Di tutto, di tutti. Oscar sarebbe stato uno degli umani degni della sua attenzione.
Una cosa che odiava il demone, per esempio, era lo squallido ideale che la sessualità fosse ancora distinta così tanto abissalmente, per gli uomini e le donne, come il concetto che non provassero piacere se non tramite penetrazione vaginale.
E quando esse s’inventarono la malattia più assurda che l’umanità avesse mai preso per buona, l’Isteria, e la conseguente cura per masturbazione, fu molto di un'enorme soddisfazione per lui, per non parlare del sotterfugio usato per indurre l'interruzione della gravidanza, quando era indesiderata, senza farsi passare per colpevoli dalla società maschile e dalla Chiesa, che decideva per loro. 

"Nuovo farmaco integratore per la cura della pelle, dalle mille proprietà benefiche e distensive, per la vostra routine di bellezza. Attenzione, può causare dissenteria, nausea e aborti." 

A buon intenditor poche parole.

Certo al demone non faceva così tanto piacere che si sbarazzassero dei bambini, ma ammise che l'ingegno era al pari di un qualunque demone con un po' di fantasia.

Gli esseri umani maschi erano così frivoli e deboli al loro confronto. E Oscar lo aveva capito.

Eppure, sentiva un profondo odio che difficilmente provava per gli uomini. Tanto innato e istintivo che poco plausibilmente si spiegava.

Si sentì inoltre ignorato dall' angelo, e stavolta non per gli impegni celesti né per la proroga di stabilire una certa distanza atta a non destare sospetti dai loro Capi, ma per causa di un'altra creatura. Una creatura umana.
Fu per quello che quando il volatile si posò sulla sua finestra, non esitò un attimo a raccogliere il piccolo foglio legato alla sua zampa.
Lesse la lettera tutta d'un fiato, e non esitò a rispondere. 

 

"Ho visto la locomotiva. Ne sono impressionato, devo essere sincero. Sicuramente non si dovranno più preoccupare dell'odore delle bestie da soma per muoversi. 

E a proposito, non so se ti è arrivato l'uso dell'arsenico nei cosmetici. Per Satana, non toccare quella roba."

 

Il demone prese e posò la penna più volte. Voleva scrivergli, voleva raccontare. Ma per la prima volta si sentì.. distante.
 

Londra, 1895

 

Il tempo passò, e la condotta morale di Oscar Wilde andò peggiorando, Aziraphale litigò anche più di una volta con Bosie, intimandolo di dare un freno a tutto, altrimenti Oscar sarebbe finito nei guai. Bosie, dal canto suo, non lo ascoltava, anzi, lo accusò di essere geloso, di avere una relazione con Oscar.. un vero caos. Wilde iniziò ad alloggiare in albergo, ricercando di proposito un ambiente ambiguo e sregolato, Bosie d’altro canto non si nascondeva, entrava dalla porta principale per mostrare a tutti che era il prediletto del poeta.
Tuttavia Oscar incontrava Aziraphale in luoghi pubblici, in quanto aveva troppo rispetto per l’angelo per invitarlo nel suo alloggio.
Oscar, d’altro canto, covava da sempre un desiderio per Fell, ma non aveva mai osato fare delle avance. 

«Oscar, lo sai bene com’è la società in cui vivi.. se continui così finirai processato, di sicuro! E i tuoi figli..» Oscar scosse la testa, stavano passeggiando di sera, in uno dei parchi di Londra, le luci dei lampioni illuminavano debolmente la strada.
«Posso resistere a tutto, Fell, ma non alla tentazione. Non ci riesco. Sono già dannato ormai, non crucciarti per me. Non credo di meritare le premure di un uomo retto e.. puro, come te. Mi chiedo perché mi frequenti ancora, dopo tutto quello che hai visto.» disse Oscar guardandolo con la coda dell’occhio.
«Sei mio amico, Oscar..» disse l’angelo, e Wilde sorrise dolcemente.
«Se fosse lecito sposare un uomo, ti avrei già fatto mio sposo, e probabilmente non sarei caduto così in profondità nel peccato, perché con te accanto, chiunque può essere un uomo migliore, Fell.» Aziraphale arrossì, sospirando.
«Fell. Guardami.» Oscar si fermò, il parco era deserto, solo il suono del verso di un gufo rompeva il silenzio. Aziraphale lo guardò.
«Non sono l’uomo adatto per elargire consigli a uno come te, ma.. smettila di mentire a te stesso.» l’angelo lo guardò confuso.
«Mentire a me stesso? Di che parli?»
«Non hai fatto nessun voto di castità, e non è vero che non hai mai provato interesse per qualcuno, lo hai provato, lo provi, per il tuo amico Crowley.» Aziraphale strabuzzò gli occhi, il cuore gli martellava nel petto, tutto il mondo intorno a lui sembrò iniziare a girare.
Oscar, allora, gli prese il volto tra le mani e lo baciò, fu un bacio profondo in cui le loro lingue si intrecciarono, un bacio che lasciò l’angelo totalmente inerme, come se fosse neve sotto al sole, sciogliendosi lentamente.
«O-Oscar! Che fai?!» gli disse, il volto paonazzo e il respiro accelerato, le labbra gli sembrarono come tremare.
«Perdonami, Fell, ma se non facevo così.. non avresti mai capito, e non voglio che ti privi di una delle cose più belle che Dio ci ha dato.. l’amore, perché te lo meriti. Ora rifletti, se fossi stato Crowley, come ti saresti sentito?»
Aziraphale lo guardò come sconvolto, i suoi neuroni sembravano non connettere più ma le parole di Oscar gli mandarono, involontariamente, un’immagine: immaginò che fosse stato davvero Crowley a baciarlo in quel parco, oppure quella sera a Roma, al tramonto ad Alessandria.. una serie di immagini apparvero nella sua mente. E allora il suo volto cambiò e gli occhi si inumidirono, e guardò Oscar, questa volta con espressione spaventata.
Era terrorizzato.
«Vedo che hai capito. Non devi aver paura, lasciati amare Fell… probabilmente io morirò con il grande rimpianto di non averti mai potuto avere come mio, perché la mia anima è nera, corrotta fino al midollo, ma tu, tu puoi amare in un modo meraviglioso, non privartene.» Aziraphale non sapeva cosa dire, e semplicemente se ne andò, lasciando Oscar in quel parco, solo con i suoi pensieri.
Tornò a casa e scoppiò in un forte pianto, lasciando gocce dorate ovunque, quelle immagini continuavano a vorticare nella sua mente, vedeva Crowley ormai ovunque.
Aveva paura, paura perché l’amore tra un angelo e un demone era blasfemo, impossibile, loro erano nemici.
Come preso da una trance.. prese matita e carta e iniziò a disegnare, disegnava e piangeva allo stesso tempo.
E quando finì il disegno, alle quattro del mattino, fu più terrorizzato di prima, le sue mani tremavano mentre stringeva quel pezzo di carta, si addormentò sulla scrivania per qualche ora.. e quando si svegliò mise sottochiave quell’opera. E proprio come Dorian Gray, sapeva che quel disegno sarebbe stato il suo tormento, perché rappresentava per l’angelo ciò che di più proibito poteva desiderare: amare un demone. Ma sapeva.. sapeva che ciò lo avrebbe portato alla distruzione, ma cosa più importante non era la propria distruzione, quanto quella di Crowley, non avrebbe mai messo in pericolo il demone, mai.
L’angelo aveva realizzato di amare Crowley, di averlo sempre amato probabilmente.. e per un momento odiò Oscar Wilde che era stato capace di leggere nel suo animo come nessun altro prima d’ora. Come poteva vivere adesso, con quel tormento?

 

 



Erano giornate difficili per l’angelo, non dormiva più bene, pianse per.. molto tempo, le lenzuola si sporcarono di oro così tanto che dovette cambiarle. Doveva distrarsi, doveva trovare qualcos’altro da fare, e non poteva vedere Crowley, non in quel momento. Era come vivere con un laccio legato al cuore, bastava davvero poco e questo laccio si stringeva, e il cuore sanguinava. Dopo quella sera non vide Oscar per diverso tempo e questi non si fece sentire, probabilmente aveva compreso che Fell aveva bisogno di tempo.
In passato si erano scambiati delle lettere, quando Wilde era in America, che custodiva gelosamente, in ordine cronologico, ma non questa volta, preferì non scrivere al poeta inglese. Ad ogni modo, capitò a pennello un gentiluomo che conobbe a teatro, anche lui un antiquario, lo avvisò di una fiera di libri e antiquariato a Brighton, durava due giorni. L’angelo voleva assolutamente andarci, ma non voleva lasciare incustodita la libreria, vi era stato qualche furto nel circondario e non voleva rischiare. Così scrisse un altro messaggio al demone.

“Crowley, vorrei andare ad una fiera di libri e antiquariato a Brighton il prossimo fine settimana, per due giorni, tuttavia non mi sento tranquillo a lasciare la libreria.. ti dispiacerebbe stare lì, per quei due giorni? Ho anche comprato del caffè se vuoi fartelo. Ci sono stati dei furti nell’ultimo mese, non vorrei rischiare.
Fammi sapere, ti ringrazio.

 

P.s:  non vendere NIENTE, non toccare niente, dormi sul divano, non spostare nulla e non entrare in camera mia. Grazie, mio caro.

- Stella Egiziana”

Non vi era modo per cui Crowley potesse rifiutarsi.
Mio Caro era l’oggetto della lettera.
Gli scrisse una veloce risposta, ma quando poi si presentò fuori dalla libreria, nessuno c’era ad accoglierlo. Si trovò costretto ad aprire la porta con un miracoloso gesto della mano, ed una volta dentro, si tolse lo sfarzoso cappotto vittoriano nero gettandolo su una sedia, e si rilassò.
L’esplorazione fu la principale attività del demone. Non ci entrava da un po’, ciò che notò però era che assolutamente niente era cambiato, se non l’aggiunta di qualche curioso oggetto nuovo inventato da pochi anni, come per esempio il cilindro fonetico, il grammofono. Era interessante l’idea di ascoltare della musica senza andare ad un concerto, certo privava le persone della bellezza del vedere le abili mani dei musicisti e le loro espressioni mentre davano vita ad una canzone, ma d’altra parte permetteva a chi non poteva fisicamente assistere ad uno di essi, di ascoltare almeno l’opera. La tecnologia progrediva prodigiosamente.
Dovette cacciare qualche cliente di tanto in tanto, e ne approfittò per portare con sé le piante che gli aveva proposto il secolo scorso, consapevole che l’angelo non lo avrebbe ascoltato.
Ed infatti, era spoglio di vegetazione.
Quindi sistemò un po’ di quelle creature senz’anima ma dotate di profonda comprensione quantomeno per le vibrazioni captate in giro per la libreria, compresa una dei figlioletti della Stella Egiziana che l’angelo gli aveva donato ad Alessandria molto tempo addietro.
Impiegò quasi tutto il giorno ad addomesticarle perché fossero sempre in fiore, rigogliose e sempre ben profumate, ai completi voleri dell’angelo.
Si presentò alla potenziale clientela di volta in volta come un lontano parente di Lady Zira -nome trasmesso da nonna a nipote- e del Signor Fell, e il forte accento scozzese lo definiva come settentrionale. Molti portavano i saluti, talvolta delle lettere, o dei dolcetti, e Crowley non faceva molto altro che accatastare gli oggetti in un angolo della scrivania principale con nonchalance, seppure molto spesso si fermava a conversare soltanto per ingannare il tempo, dato che il rigido non toccare niente della lettera era stato semplicemente ignorato a dovere.
Si era solo soffermato sui vari tomi e sulle opere, nello spazio dedicato al suo adoratissimo Alessandro Magno compreso di un mezzobusto in marmo, e sui romanzi che collezionava così tanto gelosamente. Ma la sua attenzione scemò presto per la letteratura.
Oltre al grammofono poi, sulla scrivania vi era un telefono, il primo modello della storia, di quelli che trasmettevano la voce umana tramite elettricità fino a un chilometro e mezzo di distanza. Si divertì ad utilizzarlo per infastidire i negozianti vicini e dirimpettai.

Quando la sera calò, il demone Crowley si trovò spaparanzato sul divano, comodo, ma assai piccolo per la sua stazza. Era parecchio alto, e doveva scegliere se tenere fuori dai cuscini la testa o i piedi.
Scelse nessuno dei due, e salì al piano superiore.

Troppe direttive, non era poi così abituato a seguire le regole.
Pregustò il calore delle coperte quando si rese conto che non si sarebbe mai ricordato l’ordine preciso e le posizioni degli oggetti sparsi sul letto di Aziraphale, per potergli garantire di averlo ascoltato.
Alla rinfusa vi erano un reggiseno, una camicia di lino, delle mutande da uomo, e tre libri. Uno di essi recitava la scritta 𝕎𝕀𝕃𝔻𝔼  sulla copertina con conseguente titolo, ed accanto ad esso vi era un biglietto e un abbozzo di ritratto. Dovette sporsi col busto in avanti appigliandosi alla testiera del letto per arrivare a leggere senza creare una sola piega sul letto.

"Al mio caro Fell, sono felice di averti incontrato, il mondo è più luminoso grazie alla tua presenza

- Oscar Wilde"

Gli ci volle l’intero autocontrollo per non raccoglierlo e compiere un gesto inconsulto.
In effetti, non aveva visto al piano inferiore una sola mensola che esponeva quel nome.
Espirando aria in un impeto infastidito, girovagò per la stanza in cerca di qualcosa che potesse distrarlo, ma anche in quel frangente non una virgola era diversa dall’ultima volta che aveva visto la camera. Soltanto una penna e un calamaio sul comodino a destra, vicino alle tende della finestra.
Era molto singolare, più da esposizione che da uso proprio. La manifattura era perfetta, erano entrambi in argento brillante, con trasposizioni di colore blu e verde. Non poté resistere al rigirarlo tra le mani per osservarne i dettagli, o almeno era ciò che credeva di fare.

Quando allungò la mano per toccarlo, però, la carne umana del suo corpo entrò dentro l’oggetto. Era come se non esistesse, come se non avesse una forma tangibile ma fosse soltanto la raffigurazione di ciò che sembrava.
Provò in diversi modi a renderlo tangibile, fino a che l’illuminazione non gli solleticò l’intelletto. Non era affatto un calamaio.
Schioccò le dita, ed una pila di lettere apparve, e quelle si che si facevano toccare.
Ed erano tutte di Oscar.
Crowley lottò con una serie di mostri nella sua mente per qualche ora: la ragione, la conseguenza, il rispetto per l’amico, la fiducia che aveva riposto in lui. Morse le cuticole delle dita fino a farsi sanguinare il contorno del letto ungueale, mentre passeggiava avanti e indietro con le lettere tra le mani e gli occhi fissi sulla busta sì chiusa, ma non sigillata.
Alla fine cedette.
Voleva, aveva bisogno di sapere.
Si sedette ai piedi del letto rispettando l’ordine in cui le buste erano state raccolte l’una sull’altra, dal basso. Le sistemò a testa in giù così da avere una cronologia precisa, e sfilarle ad una per volta.
E così, cominciò.

Gennaio 1893

Mio Caro Fell,

Il mio tour sta andando bene, come al solito le persone mi rivolgono domande stupide e scontate. Presto sarò in Francia, poi dovrò andare a trovare mia madre che non sembra stare molto bene.
Mi mancano i nostri pomeriggi a sorseggiare tè e parlare di commedie.. dimmi tu, come stai, amico mio.

 

Il tuo Oscar Wilde


 

Il volto del demone non parve turbato.

 

Febbraio 1893
 

Mio Caro Oscar,

Sono felice che le tue opere abbiano successo, te lo meriti. Io sto portando avanti la libreria, le vendite stanno andando bene.
Sto inoltre finendo il ritratto che mi avevi chiesto di farti, ma.. non ne sono molto convinto, forse ho perso il mio tocco.

A presto, mio caro.

Fell

 

Le mani strinsero la carta.
Non era Crowley ad essere il caro di Aziraphale, era la cortesia del linguaggio. O questo, o l’angelo li metteva al pari, e questa fu l’opzione che scartò a mani basse.

 


Marzo 1893

Mio Caro Fell,

Sono contento, la tua libreria è un cuore pulsante di Londra, quella città ha bisogno di persone come te.
Per il ritratto, niente che le tue mani creano può essere brutto, Fell, sono certo che mi avrai colto in ogni dettaglio. Ho sempre amato il tuo tocco. 

 

Il tuo Oscar Wilde

«Le tue opere sono così sfacciate e le tue lettere così pudiche, bastardo di un puttaniere incallito. Che diavolo combini, Aziraphale?» incazzato nero, gettò via quella lettera.

 

Agosto 1893

Mio Caro Oscar,

Ho saputo delle tue conferenze sui Preraffaelliti e dei tuoi numerosi viaggi, spero che ti stia divertendo.
Ti allego una bozza disegnata del tuo ritratto.. spero che tu abbia ragione, tienimi aggiornato. 

 

Fell

 

 


 

Ottobre 1893

Mio caro Fell,

Sì, mi sto divertendo, viaggiare apre la mente, ma sarei stato più felice se avessi potuto passeggiare e scoprire nuovi piatti insieme a te.
Il tuo disegno è meraviglioso, come sempre. Un giorno vorrei tornare in Italia, e quella volta verrai con me, non accetto un no come risposta. Dopotutto, mi hai raccontato di aver soggiornato a Firenze per diversi anni. 

Presto sarò di nuovo a Londra, aspettami al nostro caffè. 

 

Il tuo Oscar Wilde

 

Nulla più gli sembrò così tanto ambiguo. Difatti, sembrò riprendere fiato. In un modo o nell’altro si era calmato, quando l’orologio a pendolo rintoccò una volta. Lesse quella che gli sembrava l’ultima lettera per parte che si erano scambiati.
 

[*Aziraphale, per un breve momento a suo tempo cambiò aspetto, ringiovanendo la sua attuale forma di circa vent’anni, per poi farsi scattare una fotografia in doppia copia, invecchiandole poi con un miracolo]

 

Febbraio 1894

Mio caro Oscar,

Se insisti tanto, ti invio una mia fotografia ai tempi del College.
Non credo di essere così angelico come dici.. ma ti ringrazio.

Stammi bene, ti aspetto.

Fell

 


 

 

Marzo 1894

Mio caro Fell,

Non credo di aver mai visto niente di più bello né divino, del tuo volto in quella fotografia. Grazie per questo dono.
Ci vediamo tra qualche giorno.

Il tuo Oscar Wilde


E qualcosa non quadrò più. Non gli aveva chiesto alcuna fotografia, possibile che da ottobre a marzo si fossero visti quando le lettere indicavano precisamente la loro lontananza? Fino a che non notò, nella stessa busta dell’ultimo scritto di Oscar, un ulteriore foglio. Così, cercando di ignorare il fatto che il loro rapporto fosse tanto delicato, l’impaccio del biondo e l’impertinenza del poeta, lesse l’ultima lettera. E da quel momento in poi, fu tale la rabbia che non si curò di rimetterle al loro posto.

Gennaio 1894

Mio caro Fell,

Pochi giorni e sarò di nuovo a Londra. L’altro giorno stavo giusto visitando una chiesa ricca di meravigliosi dipinti e affreschi.. in uno di questi vi era un angelo dai riccioli biondi, con due ali perfettamente disegnate, mi ha ricordato te. Credo che, diversi anni fa, il tuo aspetto fosse simile alla visione di una fonte d’acqua nel deserto, tuttavia non hai mai voluto mostrarmi fotografie né ritratti di te stesso da ventenne.. non posso far altro che volare con l’immaginazione.
Fell, mi farai diventare pazzo, lo sai?

Il tuo Oscar Wilde


Non erano più parole equivoche, un concetto elusivo che dava spazio all’immaginazione. Era una chiara dichiarazione. Era il perfetto accenno a qualcosa che andava ben oltre il platonico.
Crowley conosceva benissimo quel lato dell’umanità. Sapeva quanto potessero essere sfrontati e allusivi gli uomini quando la cupidigia faceva padrona del loro volere. I perfetti seduttori, quelli capaci di avvolgere tra le proprie peccaminose spire gli animi più casti, prede inconsapevoli della loro sottigliezza, arte che da millenni instaurava in loro per indurli in tentazione. Ed Oscar non era affatto un tipo da romanticismo. L’angelo invece si, e lui lo aveva evidentemente compreso, essendo i suoi deposti verso di lui colmi di desiderio pur apparendo pateticamente frutto di toccanti sentimenti e di sogni a lungo termine.
Tutte le irragionevoli stronzate che amava Aziraphale.
E Crowley purtroppo si rifiutava di pensare che non se ne fosse reso conto. Leggeva troppi stupidi romanzi per non cogliere lo stile di chi faceva la corte a qualcuno, e gli rispondeva. Lo assecondava.
Un essere umano vizioso e cinico, al contrario di tutti i principi per cui si batteva contro il demone da sempre.
Un essere umano mortale e traviato.

La sensazione medesima di quando li aveva visti insieme in foto qualche anno prima tornò a bruciargli lo stomaco. La faccia pizzicava di calore, lo stomaco rivoltatosi al contrario in un intreccio con le viscere intestinali, il cuore che martellava contro l’osso del petto, la testa e i pensieri avvolti in un uragano di emozioni, e le mani che prudevano sui palmi.
La sensazione di allora era la stessa di adesso, amplificata per tante volte quante erano quelle in cui Aziraphale gli aveva detto che era sbagliato ciò faceva fare agli umani.

La gelosia.

Era caduto per un umano, e Crowley dovette andarsene di lì per non appiccare un incendio, dato che le carni gli stavano fumando.
Una volta fuori dalla libreria, l’urlo di rabbia che gli partì dal petto era tale che il cielo per poco si spaccò, e la pioggia attecchì alle strade inondandole nel giro di pochi minuti. Goccioloni sommergevano accumulandosi in una sola unica e grande pozza tutto il manto terreno, così forte che il rumore dell’acqua che batteva era quasi più forte del rombo dei tuoni sulla testa di Londra.
La sua mente corse troppo velocemente. Ma Crowley era un demone, e come tale era troppo corrotto dal distorcere la realtà dei fatti quando essi erano ancora solo un’ipotesi, per non pensare che Oscar non fosse solo l’unico colpevole in quella relazione. Perché di questo trattavasi, secondo lui.

Respirava così forte con la testa tra le mani nel mezzo della tempesta, con l’acqua che gli correva lungo le membra gelide e tremanti di ira, che non aveva più visione davanti a sé. Gli occhi erano come bendati e accecati, tanto che il cerchio alla testa lo costrinse a cedere in ginocchio e poi completamente seduto al suolo, in mezzo alla fanghiglia e al fiume che aveva creato la pioggia.
La tempesta incombé per molte ore, assieme ai gesti del demone mossi da una furia che gli aveva fatto strappare i capelli dalle radici. Non aveva modo di uccidere quel dolore. Ferirsi era l’unica cosa che gli sembrava sensata, come se tutto potesse fluire fuori di lui e lasciarlo in pace.
Non c’era modo di esorcizzarsi, e non c’era modo di accogliere neanche un solo frammento di ciò che sentiva.

Non sapeva come avrebbe potuto affrontare Aziraphale il giorno dopo.
Erano le cinque del mattino quando si stese esausto e si abbandonò alla disperazione.
E più tardi quel mattino, quando l’acqua era ancora tutta pregna nelle nuvole nere, risistemò le lettere dove le aveva trovate.
Aveva deciso di andarsene, e lo fece.
Ma quella volta non si sentì né in potere né in dovere di proteggerlo da niente, per cui ventiquattr’ore dopo, era seduto sulla poltrona del salotto proprio difronte la porta di entrata, con gli occhiali al loro posto sul suo naso, le zanne avvelenate, e i tratti facciali distorti, mentre sfogliava con ingordigia e disgusto il libro di Wilde trovato sul letto di Aziraphale.

 

In quei due giorni cercò di non pensare e si concentrò sui libri, Aziraphale fece di tutto per allontanare.. le emozioni, ma lui era un angelo, era pregno di emozioni dalla testa alle ali, soprattutto da quando si era avvicinato così tanto all’umanità. Da quando si era divorato i romanzi d’amore, da quando aveva iniziato a dipingere. Era sempre riuscito a rimanere serafico, a controllarsi, ma quando si ritrovò davanti alla libreria, il laccio che aveva attorno al cuore iniziò a stringersi, e gli sembrò di sanguinare dentro. La gola era chiusa in un nodo, così come lo stomaco, ma doveva farsi forza ed entrare.
Così entrò.
Si ritrovò subito davanti Crowley, e al solo vederlo si sentì sprofondare, ma cercò di mantenere un’espressione normale e serena.

«Oh, Crowley, leggi? Spero.. sia andato tutto bene.» esordì l’angelo accennando un sorriso, anche se faticava persino a guardarlo negli occhi.
«Tutto bene. Non ho venduto niente, sono stato bravo.» Il demone parlò senza guardarlo. Il rumore della pagine sfogliate era l’unica cosa che riempì il silenzio, anticipando la sua voce pacata seppure alta.
«Non vi è altro modo di liberarsi da una tentazione che di soccombere ad essa. Se resistete, l’anima vostra si ammalerà di desiderio per quelle cose che le sono state rifiutate.» recitò.
«Ah, leggi Oscar.» disse mettendo via il cappello e il cappotto sull’appendiabiti, ovviamente riconobbe subito quelle parole. «Sì, mi sembra tutto a posto, grazie Crowley.»
«Ngh.» il suo fu più un rancoroso vagito che una risposta.
«Allora, che cosa mi racconti? Secolo interessssante, questo.»
Aziraphale notò le piante e sorrise, effettivamente stavano bene, tuttavia si sentiva sempre più pesante, accanto a Crowley.
«Io? Beh, sono stato a questa fiera di libri e ho fatto ottimi acquisti, poi..» Aziraphale sembrò fare fatica a trovare le parole. «Ho fatto molte cose, sì, teatro, uhm, passeggiate.. e nuove amicizie.» raccontò guardandosi intorno distrattamente.
«E’ bello avere qualcuno con cui fraternizzare che non sia un demone che ti faccia avere dei richiami.» Allora, sollevò gli occhi su di lui. L’intensità dell’oro in essi era tale da comparire al di sotto delle lenti scure. Crowley richiuse il libro, e lo lanciò aggraziatamente sul divano lì vicino, posandosi le mani in grembo mentre muoveva la caviglia della gamba che aveva a cavallo dell’altra.
«Anche se, non è poi così tanto diverso da me.»
Aziraphale lo guardò un po’ confuso, non capendo le parole del demone.
«Scusa, ma di che parli?» gli chiese, sedendosi alla scrivania e sistemando alcune carte, proprio non riusciva a sostenere il suo sguardo.
«Del tuo amico. E’ passato ieri sera, pensava di trovare te. Abbiamo conversato.» le lettere avevano conversato con il demone. Non aveva proprio idea di che colore fossero gli occhi, o i capelli dell’uomo, le fotografie dell’epoca non erano poi così tanto fedeli alla realtà, né tantomeno Wilde aveva forse idea di chi Crowley fosse. Iniziava a sentire il sapore del deserto sulla lingua.
Aziraphale lo guardò allarmato, ora sì che era agitato, dopo ciò che era successo. «O-Oscar? E’ passato? Ah.. cosa.. voleva? Ti ha detto qualcosa?» sperava non avesse raccontato niente al demone, ma l’atteggiamento dell’angelo diceva già tutto, non sarebbe mai stato capace di tenere un segreto, non con Crowley, non dopo aver compreso.. ciò che provava.
«Un Haiku Giapponese. Deve sapere bene quanto ami la poesia orientale. Non lo ha di certo scritto, non è nel suo stile. Me lo ha solo recitato e chiesto di riportartelo, in quanto non riusciva a tenerlo sulla lingua un minuto in più.» alzò le mani come per sottolineare testuali parole, e si schiarì la voce alzando una mano come l’Amleto avrebbe sorretto il teschio.
«Respiro ogni fiore della tua pelle, che trasformano i miei desideri in farfalle di ossessioni.» Il demone Crowley sorrise in una maniera inquietante. Era come un quadro che cangiava se guardato da destra, o da sinistra. Poteva essere un sorriso tanto quanto una smorfia.
«Poetico perfino per me.»
Aziraphale semplicemente si sentì andare a fuoco per l’imbarazzo, e probabilmente il suo rossore sarebbe stato visibile persino da Parigi. Il colletto della camicia diventò stretto e provò ad allentarlo.. non voleva che Crowley si facesse l’idea sbagliata, non amava Oscar Wilde, lo aveva capito sin troppo bene. La gola era secca, ma provò a parlare.
«Oh, beh.. Io.. cioè noi.. noi..» Aziraphale balbettava, mentre guardò nervosamente il demone. «N-Non c’è niente tra me e Oscar, è un tipo passionale diciamo, ma.. c’è stato solo un..» Aziraphale stava quasi sudando. «Un bacio, qualche giorno fa al parco, ma inaspettato.. insignificante, io.. non provo niente per lui. Lui.. lui non lo so, forse sì? Non saprei. Ma non accadrà di nuovo.» una risata nervosa accompagnò quelle frasi, non poteva tenerselo dentro, non ci riusciva.
Fu allora che per la seconda volta nella sua intera esistenza sentì il cuore spezzarsi in due metà che mai più si sarebbero ricucite assieme, i bordi nello squarcio erano troppo irregolari, e avevano perso i cocci in qualche lugubre luogo nella sua anima quando quelle parole gli esplosero dentro. Crowley scosse il capo con un’espressione strafottente, la pelle creava rughe intorno alla bocca piegata all’insù.
«Io non ho detto che tu o lui provate qualcosa. Lo stai dicendo tu.»  l’indifferenza nel tono del demone sparì quando schioccò la lingua in mezzo ai denti, mentre guardava fuori dall'enorme finestra della libreria.
«Mi chiedo soltanto..» posò le mani sui braccioli della poltrona, appoggiò entrambi i piedi a terra e con un finto verso stanco si alzò, camminando per un paio di metri.
«Come sia possibile che un essere umano ti influenzi e non il contrario.» Il demone indicò il libro sul divano.
«I matrimoni sono una tomba, la fedeltà è un costrutto sociale che non appartiene alla natura, il bello del vivere è godersi i piaceri.» citò alcune delle cose che aveva letto quella mattina.
«Non è molto conforme al tuo principio morale eppure, non ti fai problemi.» 

Aziraphale lo ascoltò e lo guardò accigliato, mentre cercava - invano - di calmarsi. «Lui non mi influenza! Siamo di visioni opposte, ma.. anche con Alessandro ero di visioni opposte, però eravamo amici. Oscar mi rispetta, non ha mai cercato di indurmi a fare nulla, anzi.. il contrario, mi ha aiutato a--» Aziraphale si bloccò, no, non poteva dirlo, non poteva, doveva riflettere prima di parlare. «Non ho mai fatto niente di disdicevole.. e non l’ho baciato io, ma lui, a tradimento. Certo non è stato male, devo dire. Pensavo saresti rimasto divertito, vuoi davvero parlarmi tu di morale? Lascia perdere. Non devo giustificarmi con te.. per un errore, uno in secoli di vita sulla Terra.» disse Aziraphale alzandosi dalla sedia con nervosismo, davvero lo stava giudicando, lui? Lo stesso che vide a Roma insieme ad altre.. quante erano, quattro persone? Sapeva di aver sbagliato, ma l’ultima cosa che voleva era una ramanzina da un demone, anzi, proprio da Crowley, non da lui.
«Io mi prendo una pausa. Dato che sono apparentemente l’unico essere indegno di fiducia tra quelli che possono dire di conoscerti o di averti conosciuto fuori dalla tua stupida arte, devo trovare una protezione da solo.» Crowley sospirò sconfitto e parecchio deluso, avviandosi fuori dalla libreria.
«Ricordati che abbiamo un patto. Le tentazioni ormai ti escono fuori bene, hai fatto la lingua lunga angelo, sono le orecchie il tuo eterno problema.»

Il demone si avviò alla porta, e non si prese la briga di richiuderla dietro di sé.
«Aspetta! Non è vero che non sei degno della mia fiducia.. !» provò a dire l’angelo, ma ormai Crowley sembrava lontano. Cos’era successo? Aziraphale fece fatica a processare, non capiva, perché il demone era arrabbiato? Per Oscar? No, non aveva senso. Non capiva più niente, l’angelo, si mise seduto sul suo divano, e pianse ancora tanto oro.

 

E il giorno temuto arrivò, Aziraphale non fece neanche in tempo a riprendersi dall’incontro con Crowley, che Oscar.. fu processato. Quando emisero la sentenza di due anni di carcere, poté sentire Wilde dire “Mio Dio, Mio Dio” e quasi svenne. Anche Aziraphale era distrutto, ricordò bene quando portarono via Oscar, questi si girò e urlava il suo nome, come se l’angelo potesse salvarlo.. come se l’angelo fosse l’unica cosa davvero pura che lo scrittore avesse mai toccato. Aziraphale andò a trovarlo in carcere, cercando di aiutarlo a riconciliarsi con Dio, e Oscar peggiorò di anno in anno, lo sfarzo e i colori di un tempo erano solo un lontano ricordo. Uscito dal carcere, Oscar andò in Italia e Aziraphale lo seguì, vissero come “vicini” di casa alcuni anni a Roma, insieme, e l’angelo lo ringraziò.. per avergli fatto davvero capire cosa provava per Crowley.
«Mi ringrazi ma.. sei qui con me, e non con lui.» disse lo scrittore.
«Non posso Oscar.. non posso, è semplicemente impossibile, è complicato.. ma lui non.. penso mi amerebbe mai.» disse l’angelo con voce strozzata.
«Come è possibile che un qualsiasi essere umano non possa amarti, tu fai innamorare chiunque incontri, con la tua gentilezza e la tua vivacità, se non fosse stato per te.. non so cosa ne sarebbe stato di me, in quel carcere, i pomeriggi a studiare la Bibbia con te mi hanno salvato.» Aziraphale sorrise, e così gli anni continuarono.. e Oscar si ammalò, l’angelo ormai aveva capito che presto sarebbe scomparso. Lo aveva capito anche lo scrittore, che lo chiamò mentre era a letto, desideroso di parlare. Vederlo in quello stato spezzò il cuore dell’angelo, ma Oscar sembrava tormentato.
«Fell, devo.. devo parlarti, devo togliermi questo peso.» la sua voce era bassa, del grande uomo che si stagliava nel centro di Londra come una torre, ne rimaneva solo l’ombra.
«Dimmi, amico mio.»
«Tu.. ti conosco da quasi una vita, Fell, non sei invecchiato di una virgola, non ti ho mai visto ammalarti, e in carcere.. sono certo di averti visto far addormentare una guardia, come per magia. Fell, questi pensieri mi tormentano da mesi.. chi sei tu, davvero?» e udendo quelle parole, l’angelo iniziò ad agitarsi, quasi sudava freddo, e Oscar lo notò, Aziraphale era un libro aperto.
«Sono solo Fell, non so di che parli..»
«Non mentirmi! Non a me Fell, non so nemmeno se sono ancora lucido, ma so che.. tu sei qualcos’altro, non sei umano, non è possibile che tu sia identico a quando ti conobbi. Dimmi la verità, dimmela!» Aziraphale non sapeva cosa fare, ma odiava mentire, non a lui, non dopo una vita accanto, rischiava grosso a rivelarsi, ma.. Oscar se lo meritava, per ciò che aveva fatto. L’angelo chiuse a chiave la porta e abbassò le veneziane, e Oscar lo guardava rapito, confuso.
«Oscar, io sono.. un angelo, dal Paradiso. Mi chiamo Aziraphale.» Oscar strabuzzò gli occhi, la sua espressione era un concentrato di shock, paura e.. forse meraviglia. Perché Oscar se lo sentiva, Fell.. il suo Fell, non poteva che essere un angelo.
«P-Provalo, Fell..» e Aziraphale mostrò le ali, e il suo aspetto cambiò leggermente, era luminoso come l’alba del mattino, e Oscar, in automatico, pianse a quella visione.
«Oh Fell… Oh Dio, sei.. sei meraviglioso.» disse Wilde in lacrime.
«Me lo sentivo, mi dispiace.. di averti baciato, non avrei dovuto, non volevo.. corromperti. Puoi perdonarmi?» Aziraphale si avvicinò e gli sorrise.
«Non devo perdonarti nulla Oscar.. è stato bello essere tuo amico.»
«Perché.. perché un angelo mi è stato accanto? Non lo meritavo, non ti ho mai meritato Fell.. Aziraphale. La tua luce, ho goduto della tua luce che mi accarezzava il volto ogni volta che ti vedevo, una luce che ho desiderato con tutto me stesso.»
«Sono stato amico di uomini anche peggiori.. sono stato al fianco di Alessandro Magno, che era un soldato, un omicida. Non sentirti in colpa per.. avermi desiderato. Ne sono lusingato, in realtà, mi sono sempre trovato poco desiderabile.» gli disse sedendosi sul letto.
«Hai davvero un’opinione totalmente distorta di te stesso.. eppure sei un angelo.» Aziraphale alzò le spalle, e per un momento una delle ali non diede un ceffone al povero Oscar.
«Scusa!» ma Wilde rise. «Sono davvero belle, parlami del Paradiso.. della tua vita sulla Terra.. e dell’Inferno, che è il luogo-- aspetta un momento, ma allora Crowley chi è?!» chiese allarmato Oscar.
«Lui è.. un demone dell’Inferno.» Oscar rimase attonito.
«Un angelo.. è innamorato di un demone? Questo spiega tante cose, potrei davvero scriverci un libro, peccato che sto morendo. E’ per questo che non puoi stare con lui? Mi dispiace, Aziraphale.» E allora, Aziraphale pianse oro, e Wilde lo abbracciò teneramente, e parlarono tutta la notte dei viaggi dell’angelo, di storia, di arte..
«Fell, quando finirò all’inferno.. non potrò più rivederti.»
«Purtroppo no, Oscar.. forse vedrai solo Crowley.»
«Capisco, ho.. paura. Tanta paura.»
«Tieni, usa questo anello dorato, quando la sofferenza sarà troppo forte.. lenirà un po’ il dolore. E ti ricorderai di me, ma non dire a nessuno che te l’ho dato, e non dire di conoscermi, per favore, o sarò nei guai.» Oscar prese l’anello, e sorrise malinconico. «Non mi starai chiedendo di sposarci..» entrambi risero, e il giorno dopo Oscar morì.
Aziraphale andò al funerale e quando tutti erano ormai andati via, andò alla tomba di Oscar e lasciò un leggero bacio sulla lapide.
«Addio, amico mio.»

La discesa di Oscar negli Inferi fu facilitata. Quando un’anima lasciava il corpo, non fluttuava fuori una volta che il cuore smetteva di battere, come credenza dava a pensare. Ecco perché quando gli esseri umani iniziavano a invocare gli spiriti ciò che ottenevano, se Crowley era presente, non era altro che l’esplodere delle lampade o il volare di tavoli e sedie, solo e soltanto per spaventarli.
I morti non avevano più accesso al regno dei vivi.
Nessuno poteva connettersi con l’oltretomba.
Quando un corpo compiva l’ultima esalazione, l’anima semplicemente si restringeva, sempre di più come se stesse implodendo, fino a restringersi in un punto concentrico, e i ventuno grammi si sottraevano alla salma.
Leggera e priva di forma o di sostanza, veniva richiamata da una forza vorticante  che l’aspirava conducendola laddove apparteneva, e se macchiata, come un alito di vento raggiungeva le viscere della Terra.
E allora ritornava ad essere spiritualmente, preservata di tutta la concentrazione di cui l’essere umano l’aveva nutrita nella permanenza in quel luogo di passaggio che era il mondo.
L’anello d’oro al dito di Wilde valse molto di più che due monete per Caronte, che traghettò il suo spirito assieme a quello di molti, tanti altri dannati. Ma non volle separarsene, e fu per quello che suo malgrado, rubò delle monete da un altro dannato. I peccati della terra erano quelli che contavano, dopotutto. Il suo destino era già scritto.
Il fiume era nero, colmo di anime perse che non avevano potuto pagare il traghettatore cercavano di appigliarsi alla barca, e il loro pianto di dolore era straziante. Fu allora che i peccatori nella concavità del legno asciutto sedevano in terra cercando di stare lontani da quelle figure, e attorno a loro l’oscurità impediva la visuale. Si stringevano tra loro e molto spesso urlavano, per un attimo convinti che fossero stati catturati e trascinati in quelle acque.
Oscar se solo avesse ancora avuto un cuore, avrebbe sicuramente sperimentato l’infarto del miocardio.
Sedeva con le mani nei crini castani, la sua anima aveva la memoria della respirazione, fu solo per quello che continuò a compiere il movimento di quel gesto come se potesse aiutarlo a calmarsi. La memoria emotiva però era perfettamente intatta, e la paura gli scuoteva la sostanza.
L’unico e solo modo per non pensare, era conversare ancora e un’ultima volta con i dannati suoi accompagnatori.
Ricordò il Decamerone, il poeta. E da lì raccolse l’idea, di ingannare la consapevolezza di stare per perdersi per l’eternità.
La barca si arrestò con un tonfo secco, e le anime furono costrette a scendere. Dietro una grotta in pietra chiusa da una porta, vi era il primo vero demone loro interfacciato.
Minosse.


Quando Oscar fu chiamato al cospetto, il cieco diavolo gli fece segno di avvicinarsi. Gli occhi erano privi di qualsiasi bulbo, due fosse orbitali scure e vuote. Eppure fu solo quando l’enorme volto del mostro si avvicinò a lui, che tentò di fuggire invano.
«Fermo, umano. Sento i tuoi peccati.» la coda della creatura avvolse l’anima, e l’annusò profondamente. Due furono le spire della coda. Due cerchi. Secondo girone.
«Lussuria!» asserì la voce gracchiante, e l’enorme mano lo spinse tra le mani di due subordinati che lo condussero agli uffici nella quale sarebbe stato smistato.

Quando Crowley lesse sui giornali della dipartita del commediante, l’unico suo gesto fu l’alzare le sopracciglia. Prima o poi sarebbe dovuto arrivare il momento.
Tolse i suoi occhiali e disegnò un Pentacolo di sale intorno a sé, alla quale poi diede fuoco. Pochi minuti dopo, era nel proprio cerchio.
Attraversò l’inferno fino a raggiungere la burocrazia, e in cambio di un permesso di possessione, essendo la Terra la sua giurisdizione, uno dei demoni di turno gli diede accesso ai registri. Quando si trovò dinanzi alla sua cartella, però, notò un piccolo particolare. Era stato trattenuto, per possesso di averi. Il demone si accigliò. Le lunghe corna fuori dai capelli rossi come il fuoco vivo, e le lunghe unghie nere percorsero quelle diciture.
Beni ultraterreni non idonei alla permanenza.
Che diavolo voleva dire?

«Vi dico che non potete prenderlo. E’ mio!» Oscar stringeva l’anello con avidità. Tecnicamente, nessun demone poteva fargli niente fino a che non veniva chiuso nel suo girone. Ma non potevano neanche tenerlo lì, in quell’Ufficio.
«Adesso basta, Ilah, chiama Michele e facciamolo scendere.»
«L’Arcangelo Michele non ha niente a che fare con noi, Beliah.» la doppia voce di Crowley riempì la stanza.
«Ah, hanno mandato te. Era ovvio, la roba di quel posto tocca a te.»
«Divertiti Crowley, avrai una pila intera di scartoffie di cui occuparti!»
I subordinati uscirono sbattendo la porta. Oscar fissò gli occhi serpenteschi, le squame scure, le ali fatte di tenebra.
«Nessuno quaggiù perde occasione per scaricarti addosso qualcosa di fastidioso.» Il demone Crowley parlò, avvicinandosi all’anima. Per la prima volta si conobbero.
«Vi ha mandato lui..?»
«Chi? Aziraphale?» Crowley sussurrò quel nome, e fu spontaneamente scosso da una risata che non aveva niente di spiritoso.
«Non c’è modo che possa comunicare con te. Non più. Ma gli eviteresti un sacco di processi se gli restituissimo quello che gli appartiene. Non l’abbiamo messo nei guai sette secoli fa, non lo faremo adesso.»  E così dicendo allungò la mano aperta, e titubante, Oscar vi posò sopra l’anello.
Crowley lo ripose nella veste, e lo osservò. Quell’umano era così vulnerabile ora, come tutti loro. Perso, e spaesato. Gli sembrò di stare davanti a un fastidioso, irritante, desolante specchio.
«Posso essere il meno peggio che incontrerai. Ti conviene stare zitto. Lassù poteva sembrarti intelligente, perfino appagante blaterare dei tuoi chiamiamoli  principi, ma qua sotto nessuno ha mai letto neanche uno dei cartelli appesi al muro, né conversato di niente, e se solo azzardi una parola delle tue gli dai molta più.. motivazione.»
«Dovrei ringraziarvi?»
«Mh.. decisamente no!» Il demone lo canzonò con tono impertinente e infantile, aprendo la porta per lui.
«Quanto male farà su una scala da uno a dieci?» gli chiese sapientemente Oscar, attraversando la porta per seguire il demone. Più lo guardava, e più il suo ormai simbolico cuore oscillava tra l’inquietudine e l’ammaliamento. Era forse il più piacevole alla vista di tutti i demoni che popolavano quel luogo, e fino ad allora, l’unico che non aveva tentato a modo proprio di distruggerlo.
«Oh tu hai molta fantasia. E’ tutto connesso. Ricordi la sensazione di stare vicino all’oggetto del desiderio, Oscar Wilde. La frenesia che avvolge la mente e infiamma i lombi, la sensazione del cuore che pompa, il fremito lungo le membra e i brividi dietro la nuca, il magnetismo che attira. E’ uguale, solo che è dannatamente doloroso. Ma non è niente di cui un uomo della tua portata non possa essere pronto. Ti sei preparato per tutta la vita.»
Oscar allora chiuse gli occhi, e parve sofferente. I due camminavano assieme, fianco a fianco. La pressione dello spirito occulto incombeva su di lui, che avrebbe potuto soffocare nel corpo umano se ne avesse posseduto ancora uno.
Quando arrivarono a destinazione, Crowley salutò rispettosamente il padrone del Cerchio, che li lasciò passare. Immediatamente il calore asfissiante colpì l’anima umana, e fu ben presto sostituito dalla cocente ustione indiretta che erano le lingue di fuoco che avvolgevano i dannati.
«Meritiamo davvero tutto questo, non è così?»
«Ritardare la tua pena in questo modo è davvero indegno di te.»
«Non siete un amante delle domande retoriche, Crowley.» 
«Non sono un amante di chi arrivato a questo punto comincia a riflettere.»
«Vorrei solo poter portare agli uomini tutto quello che concepirò qui.»
Crowley fece una smorfia comprensiva.
«Nah. Hai fatto abbastanza.»  prima che Oscar potesse rassegnarsi alla dannazione eterna nel proprio vento cocente di cui da quel momento in poi sarebbe stato l’occhio, mentre il ciclone di fuoco gli avrebbe consumato e rosicchiato lentamente le carni spiritiche, si voltò verso Crowley.
«Salutereste Aziraphale per me? Diteglielo, che l’ho sempre amato.»
«Avresti dovuto dirglielo tu, Oscar. Non lo hai fatto?» 
«Come non lo ha fatto lui.» Wilde gli disse, ma non si stava riferendo a sé stesso. Questo però, Crowley non lo comprese, e godette egoisticamente della sofferenza di tutti e due in un tale e animalesco modo, quando il poeta scomparve tra le fiamme ed urlò.


Pochi giorni più tardi, dopo lunghe e tortuose pratiche per poter aggiustare quel malinteso all’Inferno, Crowley fece spedire un pacchetto nella libreria dell’angelo a Londra. Dentro vi era il suo anello con lo stemma dei Principati, e un biglietto.

“Le mie più sentite condoglianze.
Soltanto un idiota avrebbe potuto anche solo pensare che un oggetto del Paradiso potesse entrare all’Inferno con così tanta leggerezza.
Non è Dio quello che dovresti ringraziare in eterno se adesso non ti trovi un’orda di pustole in faccia.

E dice di averti sempre amato, ma tanto lo sapevi.

Divina Commedia, Inferno, canto V.
È sullo scaffale in alto sulla sinistra mi sembra.” 


Quando Aziraphale ricevette la lettera, sembrò scoppiare di gioia come non gli capitava da decenni, ma leggerne il contenuto.. lo intristì. Non fu tanto per il destino di Oscar, sapeva quale pena avrebbe vissuto, né per la sua confessione, Aziraphale lo sapeva, glielo aveva detto sul letto di morte.
Ma Crowley non gli domandò né come stava, né di vedersi.. sembrava non interessargli, sembrava si fosse disturbato solamente per ferirlo, forse sarebbe stato contento di finire in un processo infernale, forse era l’unico modo per vedere quel dannato demone serpentino.
Aziraphale strappò la lettera, e si chiuse in camera tutto il giorno.


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Salve a tutti!
Allora... XD non sappiamo che dire in realtà, solo che ci abbiamo perso testa e cuore qui come con il capitolo su Dante.. sono stati momenti veramente complicati, lo scavare nelle loro essenze e fare in modo che i momenti in cui i loro sentimenti per l'altro fossero riconosciuti, quindi SPERIAMO di aver fatto un buon lavoro. 
Grazie MILLE per il vostro supporto, siete prezios*.
A presto!

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