Anno 2005
Novantasette anni. Il
terribile vecchio aveva superato le mie previsioni.
Quando arrivai davanti
all'edificio adibito ai funerali non confessionali notai che non
eravamo esattamente una folla. Me lo aspettavo, ma provai un moto di
rabbia.
Fino a quel momento avevo
tenuto gli occhi bassi, un po' perché si confaceva
all'occasione, un po' perché mi veniva spontaneo tenere
d’occhio l'anello che portavo; mi stava largo e rischiava
continuamente di scivolare via. Sollevai la testa e lanciai delle
occhiate discrete in giro. Gli altri erano quasi tutti uomini, di mezza
età o oltre, eleganti o di quella particolare trasandatezza
tipica degli anticonformisti di classe superiore. Ero la più
giovane, una delle poche donne, e, sperai, quella con lo sguardo meno
allucinato.
A proposito di sguardi
allucinati, non era possibile che mancasse...
Continuai a passare in
rassegna i presenti con una certa urgenza, finché i miei
occhi si posarono su una figura familiare.
Eccolo lì.
Dovevo aver sussultato,
perché attirai l’attenzione di Vanini. I nostri
occhi si incontrarono ma nessuno dei due accennò ad
avvicinarsi. In realtà ero imbarazzata; visto il suo
rapporto particolare con il defunto non sapevo se fosse il caso di
fargli le condoglianze.
Dopo un veloce cenno di
riconoscimento il suo sguardo si fermò sul mio anello. Mi
sarebbe piaciuto vederlo restare a bocca aperta, ma la sua faccia
restò inespressiva come al solito. Comunque prima di
accendersi la sigaretta rimase per un attimo immobile con l'accendino
sollevato.
Trattandosi di lui, avrei
dovuto accontentarmi.
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