Conseguenze e nuovi inizi (Le Leggende dei Forgotten Realms)

di oscuro_errante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ATTO PRIMO - CONSEGUENZE ***
Capitolo 2: *** ATTO SECONDO - NUOVI INIZI ***



Capitolo 1
*** ATTO PRIMO - CONSEGUENZE ***


Shael ritrasse la mano da dove l’aveva appoggiata sul fianco che le pulsava senza pietà, trovandola completamente ricoperta di sangue. La vista si stava gradualmente appannando, il respiro usciva sempre più faticosamente e affannosamente da naso e bocca, il sangue continuava a fluire sempre più copiosamente mentre la scout rimaneva immobile dove era stata malamente gettata dai suoi rapitori, dopo che, fino a poco prima, alcuni di loro l’avevano brutalmente pestata per divertimento.

Nakeas non si era lontanamente mostrato, quel giorno, lasciando ai suoi uomini il perverso piacere di soddisfare i loro più bassi istinti, che si erano tradotti nel pestaggio che l’aveva ridotta quasi a fin di vita. Ci sarebbero anche riusciti, se non fosse intervenuto il braccio destro del cugino ad allontanarli brutalmente da lei, mettendo due guardie fidate a piantonare il suo corpo massacrato e coperto di sangue. Non le era però stato possibile capire se avessero anche mandato a chiamare qualcuno per rimetterla in sesto, come accaduto altre volte in passato quando si erano presentate situazioni simili. Nello stato attuale in cui si trovava, e con la poca lucidità che le rimaneva, l’Elfa sperava ardentemente di essere lasciata a morire: almeno le proprie sofferenze sarebbero terminate una volta per tutte.

Nel dolore che le annebbiava sempre di più il cervello, Shael pensò a Dandreal, al sollievo provato quando l’avevano finalmente sottratta dalle grinfie di Nakeas, ai dubbi morali, alla serenità nello stringerla finalmente a sé, al sapere che l’altra donna sarebbe stata sempre al suo fianco, in qualsiasi situazione… stava scivolando sempre di più nell’oblio, una qualche remota parte del suo cervello se ne rendeva conto, ma sembrava essere totalmente incapace di reagire.

Non si accorse, quindi, dell’improvviso assalto all’accampamento, con il sibilo delle frecce che solcavano l’aria e colpivano infallibili i propri bersagli, abbattendo l’uno dietro l’altro gli Elfi in vista, comprese le due guardie a lei assegnate. Non si accorse dei due lupi, uno bianco e immenso, l’altro dal manto grigio argento e solo di poco più piccolo, che disseminarono ulteriormente il panico tra i seguaci di Nakeas. E nemmeno si accorse del conseguente arrivo di un gruppo di figure armate fino ai denti, a portare il colpo di grazia, che fece disperdere i sopravvissuti nella foresta circostante, Nakeas compreso.

E nemmeno si accorse che uno di quegli individui si era immediatamente diretto verso di lei, le si era inginocchiato di fianco e, con estrema dolcezza, le aveva appoggiato le mani sul corpo, una sulla sua mano, nei pressi della ferita, e l’altra sulla spalla. Una strana luce soffusa iniziò a pulsare intorno alle due figure, quella dell’Elfa e quella dell’Aasimar piegata sopra di lei, mentre l’incantesimo di cura incominciava a penetrare nel corpo esanime della scout, rimarginando le ferite e finalmente interrompendo la copiosa emorragia dal fianco.
Con un sospiro esausto, la chierica sembrò quasi accasciarsi a sua volta sul corpo ancora immobile della donna sotto le sue mani, quando finalmente l’incantesimo si dissolse. Una mano ferma la tenne in equilibrio, mentre altre figure la circondavano: quella della barda e di Ice erano le più vicine, ma le sagome degli altri membri dei Five Protectors erano poco distanti, ad aggirarsi tra i resti dell’accampamento a controllare cos’avessero abbandonato gli Elfi nella foga del fuggi fuggi.

«Le ferite sono piuttosto gravi,» sospirò, esausta, la chierica, il capo chino e gli occhi chiusi. Una lacrima solitaria le stava lasciando un solco salato sulla guancia sinistra, irrefrenabile. Non era riuscita a trattenerla, dopo aver visto in che condizioni era stata ridotta la scout, ma sapeva che se non fosse intervenuta subito, l’avrebbe persa per sempre. Aveva fatto del suo meglio, ma: «Non riesco a fare più di così. Dovremmo farle assumere qualche pozione e utilizzare qualche impacco d’erba, oltre a fasciarle le lacerazioni meno pericolose. Sono riuscita a fermare l’emorragia e a intervenire sui danni più gravi, ma sul resto…»
«Hai fatto del tuo meglio,» la rassicurò la barda, continuando a sostenerla, guardando al tempo stesso con occhio critico Shael, mentre Ice si era avvicinato ulteriormente alla scout, fino a protendere il muso verso il volto spigoloso, quasi ad assicurarsi che fosse viva e stesse bene. Dopodiché, le si acquattò di fianco con fare protettivo e sguardo vigile.

«Preoccupiamoci di trovare il necessario per rimetterla in sesto,» aggiunse la barda, facendo pressione affinché Dandreal si alzasse, «poi tu hai bisogno di riposare. Come tutti noi,» la ammonì severamente, «ma senza di te, Shael ha molte meno speranze di sopravvivere. A maggior ragione considerando che,» aggiunse, «non sono ben sicura di come funzioni la Verga della Resurrezione. Vorrei evitare di brancolare nel buio con tentativi inconcludenti e il rischio di perderla una volta per tutte.»
La barda, al suo fianco, la rassicurò: «Ice si prenderà cura di lei, non farà avvicinare nessuno, a costo di farsi uccidere nel tentativo.»
Dandreal si lasciò portar via, a malincuore, seguendo la mezzelfa addentrandosi nella foresta, alla ricerca delle erbe medicinali necessarie allo scopo.

***

Si era deciso all’unanimità di rimanere nel campo precedentemente occupato da Nakeas e dai suoi scagnozzi per quella sera e i due o tre giorni successivi. Non era assolutamente pensabile, infatti, spostare l’Elfa da quel luogo, a meno che non si volessero mandare all’aria tutti gli sforzi fatti per mantenerla ancorata alla vita. L’unico spostamento che si erano trovati costretti a imporle, nonostante fosse ancora incosciente e parecchio indebolita, era stato quello dal posto dove l’avevano trovata a una posizione più vicina al fuoco del bivacco.

Dandreal e Ice non lasciarono mai il suo capezzale, nonostante il palese disagio di entrambi dovuto dall’essere così vicini a delle fiamme vive. Fu soltanto verso l’ora di pranzo del giorno successivo che l’Elfa, finalmente, diede qualche segno di vita, iniziando ad agitarsi un po’ di più e, infine, spalancando gli occhi, guardandosi attorno con sguardo febbrile e chiaramente terrorizzato.
Nonostante l’intervento repentino della chierica Aasimar, mai troppo distante dal suo capezzale, ci volle comunque un bel po’ prima che la scout smettesse di agitarsi, accasciandosi sollevata tra le braccia dell’altra donna.

«Sono viva,» sussurrò annaspando la ladra, parecchio sorpresa e completamente priva di energie; a fatica, alzò una mano per stringere, seppur debolmente, una delle braccia della chierica, incredula. Incredula di essere sopravvissuta a quella terribile ordalia, incredula di essere stata trovata, incredula di trovarsi nuovamente tra le braccia della compagna, che temeva di non rivedere mai più.
L’odore dell’Aasimar l’avvolgeva totalmente, come la cingevano strettamente le braccia della chierica, e in quel momento Shael comprese come Dandreal doveva essersi sentita quando era stata la scout a strapparla dalle grinfie di Nakeas e dei suoi, il disperato bisogno di sentirsi al sicuro, di sentirsi proteggere da qualcuno che avesse pienamente a cuore la sua sicurezza. Sebbene non amasse sentirsi e mostrarsi così debole e insicura, Shael non si ritrasse dalla stretta dell’Aasimar, prendendo piuttosto profondi respiri per calmarsi e convincersi di essere finalmente al sicuro.

Dandreal la sistemò più comodamente tra le proprie braccia, ma non volle assolutamente farla distendere a terra, preferendo di gran lunga tenerla stretta a sé, continuando a cullarla come se fosse qualcosa di prezioso. E, per lei, soprattutto in quel momento, lo era, più di qualsiasi altra cosa.
Ice si era silenziosamente avvicinato loro, torreggiando sulla coppia con fare protettivo, uno sguardo feroce negli occhi, a indicare un profondo e bruciante desiderio di vendetta, che difficilmente si sarebbe spento. Solamente vedere Nakeas fatto a pezzi lo avrebbe probabilmente soddisfatto… fatto a pezzi dalle sue zanne, si intende. Ma nient’altro.

Gli altri lasciarono loro il tempo e lo spazio necessari per loro stesse, limitandosi a portare due ciotole piene di cibo nel caso le due donne avessero voluto mangiare, e rimasero in disparte per la maggior parte del tempo, tutto sommato sollevati di aver ottenuto quel successo. Non era scontato.
Si dedicarono al ripulire il campo di tutto ciò che era stato lasciato indietro, nella fuga, dagli Elfi al seguito del cugino di Shael - i cadaveri li avevano impilati, la sera prima, su una pira sufficientemente lontana dall’accampamento da non impestare l’aria che respiravano una volta accesa per ardere i corpi, nel tentativo di evitare pestilenze. Sicuramente, in un secondo momento avrebbero potuto constatare anche loro, di persona, in che modo stesse la compagna di avventure, ma in quello specifico contesto era nettamente meglio lasciare le due donne da sole.

Quando finalmente Dandreal lasciò andare la presa quel tanto che bastava per guardare negli occhi l’Elfa, lacrime di sollievo le scendevano copiose sul volto, incapace di arrestarle. Con uno sforzo immenso, indebolita dalla sua attuale condizione, la ladra cercò di alzare ulteriormente la sua mano, con l'intenzione di accarezzarle il viso e, nello stesso tempo, asciugarglielo. La chierica, compresa l’intenzione, le afferrò delicatamente la mano, portandola dolcemente a sé, sussurrandole con un timido sorriso che le apriva il volto: «Sì, sei viva… siamo giunti appena in tempo. Perdonami…» Non poté continuare la frase, in quanto la ladra riuscì a sporgersi quel tanto che bastava per interromperla con un bacio, leggerissimo, sulle labbra, prima di sussurrarle a sua volta, a fatica: «Siete arrivati. Sei riuscita a trovarmi e io non sono morta, grazie a tutti voi. Questa è l’unica cosa che conta. Non sai quanto sia bello…» tossì per qualche istante, prima di poter continuare a parlare, «… essere tra le tue braccia. Considerato tutto,» un sorriso stiracchiato, «e con il senno di poi, non ero e non sono affatto pronta a morire.»

Con un sospiro, la chierica la aiutò ad abbassare il braccio senza che si sforzasse troppo, si asciugò il volto ancora bagnato di lacrime e, poi, disse, con grande rammarico: «Hai bisogno di riposare, se vogliamo che tu ti riprenda in fretta. Inoltre,» aggiunse con un sorriso dolceamaro, «non posso tenerti tutta per me. Anche gli altri hanno il diritto di vederti, visto che hanno contribuito a tirarti fuori da qua. Se non fosse stato per loro, non ce l’avremmo mai fatta.»
Con una leggera smorfia, Shael annuì. «Aiutami a mettermi seduta, per favore,» le chiese, non proprio contentissima della cosa, «ho bisogno di meditare, è il modo più rapido che conosco per riprendere le forze, e non riesco a farlo da coricata.»

«Fai piano,» la pregò Dandreal, premurosa, mentre la metteva seduta praticamente di peso, «ecco, così, brava.» L’aiutò ad appoggiarsi con la schiena al fianco di Ice, stranamente mansueto, che si era disteso dietro all’Elfa proprio con l’intenzione di farle da sostegno.
«Ce la fai?» La preoccupazione era evidente nel tono della chierica, giustificata da un colore della pelle della scout di un bluastro malaticcio, che su una carnagione umana si sarebbe tranquillamente considerato pallido. Dopo essere riuscita a regolarizzare il respiro, tornato affannoso nell’essersi messa seduta, Shael annuì appena: «Devo farcela per forza, Dandreal.» Con le dita affusolate, la ladra strinse appena la mano che la chierica le aveva appoggiato su una gamba: «Ho solo bisogno di riprendermi come si deve. Tra qualche giorno dovrei essere in grado di rimettermi in piedi quel tanto che basta per allontanarci da qua.»
Aprì un occhio, guardando di sghimbescio verso la compagna: «Rimani? Riesco a concentrarmi meglio, se ci sei tu…» La chierica annuì, con un sorriso, sporgendosi verso di lei e dandole un bacio sulla fronte, prima di rialzarsi con eleganza per andare a prendere la propria scodella di cibo: «Mangio qualcosa, nel mentre. Quando hai finito di meditare, faremo in modo di far mangiare anche te.»

***

Nonostante tutte le premure e le attenzioni del caso, quando finalmente giunsero presso la città di Thealean, dove la famiglia dell’Elfa possedeva una bella e imponente dimora a strapiombo sul mare, Shael sembrava più pallida e ridotta male di quanto non fosse quando l’avevano trovata, più morta che viva, una settimana prima.
I pochi servitori presenti, informati per tempo, si erano premurati di preparare la più ampia stanza da letto disponibile al pian terreno, in maniera tale che la donna potesse esservi trasportata senza subire ulteriori sballottamenti, con grande sollievo di tutti. In particolar modo il suo. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva avuto modo di riposare in un letto e in quel momento fu particolarmente grata di averne una possibilità concreta.

Non fu l’unica a essere contenta della situazione: anche i suoi compagni, infatti, poterono godere di un materasso morbido e di cibo caldo, almeno per quella notte. Il giorno dopo, di prima mattina, la casa si svuotò della maggior parte dei suoi ospiti: i Five Protectors, infatti, non avevano perso tempo a organizzare un paio di gruppi di ricerca per riuscire a stanare Nakeas e, lasciandosi dietro Shael e Dandreal, si erano impegnati in quella che si sarebbe prospettata come una interessante, quanto complessa, caccia all’uomo. O, nel caso di Nakeas, all’Elfo. Anche Ice non si era unito loro: l’idea era quella di fornire una qualche forma di protezione a chi era rimasto indietro, in caso di estrema necessità.

Shael era riuscita a completare un intero ciclo di meditazione, quella notte, tornando perfettamente cosciente dopo quattro ore, quando ancora il cielo era di un intenso blu scuro, trapuntato di stelle. Notando una sorta di presenza, al proprio fianco, aveva guardato alla sua destra, sorridendo dolcemente nell’individuare la forma addormentata di Dandreal; l’Aasimar aveva raggiunto la compagna all’incirca un’ora dopo che l’Elfa aveva iniziato a meditare, addormentandosi esausta nel giro di poco.
Spostandosi con molta cautela, per non svegliare la chierica e per evitare di fare movimenti troppo bruschi, che avrebbero in qualche modo peggiorato la sua situazione, l’Elfa si coricò a sua volta e fece per abbracciarla, quando l’altra donna si mosse nel sonno, girandosi e finendo con l’appoggiare la testa sulla spalla della ladra e un braccio a cingerle la vita, sistemandosi inconsciamente in maniera tale da aderire meglio al corpo dell’altra donna. La mattina successiva, quando l’Aasimar si era svegliata, si era trovata piacevolmente intrappolata tra le braccia dell’Elfa: quella, forse, era stata la prima notte che la chierica era riuscita a passare senza rigirarsi troppo nel letto, prima di prendere sonno. Anche gli incubi, che l’avevano tormentata a lungo, sembravano aver avuto pietà di lei, donandole un sonno ristoratore.

*

La ladra non prese benissimo l’essere stata lasciata indietro dai propri compagni, pur essendo ben conscia di non essere ancora nel pieno delle proprie forze e, di conseguenza, in grado di gestire un impegno di quel tipo. Era anche ben cosciente che, se i compagni non si fossero messi subito alla ricerca del cugino, questi sarebbe stato facilmente in grado di far perdere le proprie tracce, di conseguenza si decise a ingoiare l’amaro boccone senza troppe proteste, accettando la situazione al meglio delle proprie possibilità.
Nonostante la disapprovazione della chierica, che avrebbe preferito vedere la compagna rimanere a letto almeno per quel giorno, Shael volle potersi spostare dalla stanza a un’ampia sala adibita a salotto, con finestre a trifora e a strapiombo sul mare, per potersi muovere un minimo e sgranchirsi un po’.

«Sai benissimo che non riesco a stare troppo ferma in un posto solo,» bofonchiò la ladra, quando la chierica aveva provato a protestare, «e il salotto non è distantissimo. Mi farà bene. Prometto che non esagererò, d’accordo?»

Diversi giorni passarono senza che ci fossero notizie concrete su dove si trovasse Nakeas. L’Elfa passò la maggior parte di quel tempo cercando di riprendersi non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, da quanto le era successo, nonostante si irrigidisse ancora molto ogni volta che qualcuno dei servitori le si avvicinava troppo. Persino con Dandreal ci furono un paio di occasioni in cui la scout si ritrovò a reagire forse eccessivamente, ma l’Aasimar fu sempre in grado di gestirla al meglio, nonostante la preoccupazione costante per la compagna.

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Capitolo 2
*** ATTO SECONDO - NUOVI INIZI ***


Consequences and New Beginnings
» Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» Prompt: Hurt/Comfort
***

«Mi stai fissando ancora, Dandreal,» osservò Shael Silentlight, scuotendo impercettibilmente il capo, prima di girarsi verso l’Aasimar, che la guardava senza celare la sua preoccupazione. «Non sei particolarmente brava in queste cose, lo sai,» aggiunse, con dolcezza, allontanandosi dalla grande finestra a trifora che dava sullo strapiombo a picco sul mare.
Si trovavano nella dimora estiva della famiglia Silentlight, per riprendersi dall’ordalia a cui erano state sottoposte nell’ultimo periodo: collocata a strapiombo sul mare, in una delle zone più temperate dell’isola, era una delle poche residenze non finite in mano a Naekas Silentlight, cugino della ladra attualmente datosi alla macchia.

Con calma, e non poca fatica, Shael si diresse verso un ricco divano ricamato con una fiamma dorata su fondo blu trapuntato, simbolo della casata Silentlight; accomodandosi, con evidente difficoltà a causa delle ferite non ancora completamente guarite dall’ultima sua disavventura, le domandò: «Cosa c’è, tesoro? Vuoi dirmi cosa ti sta turbando? Mi guardi come se avessi il timore di vedermi sparire nel giro di un istante.»

Dandreal non rispose subito, studiando piuttosto con attenzione l’altra donna. L’Elfa era ancora molto sciupata, i lividi e le ferite di quanto era stata costretta a subire ancora ben visibili sul suo corpo. Naekas, prima di essere costretto a darsi alla macchia, era riuscito ad attirare la cugina a Evermeet catturando l’Aasimar, ricorrendo addirittura alla tortura.
Shael, anche grazie al supporto dei Five Protectors, era stata in grado di trarla in salvo, ma chiaramente la questione non era finita: alcuni degli Elfi di Nakeas avevano teso loro un agguato, riuscendo nell’intento di prendere la ladra e portarla al loro padrone, il quale non aveva esitato ad approfittarsi della situazione.

I giorni si erano pian piano trasformati in settimane, prima che si fosse in grado di localizzare dove Nakeas e i suoi si fossero rintanati, assieme alla loro prigioniera. Quelle settimane erano state uno stillicidio per tutti, ma in particolar modo per Dandreal: l’Aasimar aveva continuato a immaginarsi uno scenario deleterio dopo l’altro, da quando l’immenso Lupo Bianco che accompagnava i Five Protectors e ombra costante dell’Elfa era stato trovato gravemente ferito, a pochi giorni di cammino dal nascondiglio dei rapitori. La chierica e il Ranger erano stati in grado di rimetterlo in sesto, prendendosi cura di lui con estrema attenzione, ma quando Ice si era finalmente ripreso, era chiaro che era diventato assolutamente imperativo trovare quanto prima Shael.

Era stato il Lupo stesso a condurli fino all’Elfa, chiaramente pronto a prendersi la vendetta che gli spettava per quanto era accaduto: la maggior parte del lavoro sporco, quel giorno, l’aveva fatto lui. La scena che si era presentata di fronte al nutrito gruppo di avventurieri, una volta fatta irruzione dell’accampamento, era stata agghiacciante: con il vantaggio della sorpresa, erano riusciti ad abbattere la maggior parte degli Elfi, ma non Nakeas, che invece era fuggito, lasciandosi dietro i compagni caduti e una figura ‘accartocciata’ su sé stessa, parecchio malconcia e con chiari segni di pestaggio sul corpo.

Nonostante Ice e Grey, l’altro bellissimo lupo del gruppo ritrovato tempo prima da Altan, avessero tutte le intenzioni di continuare la caccia - Nakeas non era l’unico a essere riuscito a fuggire - il Ranger aveva preferito richiamarli: tutti quanti erano stati d’accordo nel dare precedenza alla sopravvivenza di Shael e avere i due lupi impiegati nell’inseguimento avrebbe reso più complesso riunirsi in un secondo momento. La caccia all’uomo avrebbe potuto aspettare.
L’immagine della scout completamente ricoperta di sangue, in fin di vita, era ancora molto viva nella mente dell’Aasimar, e non voleva assolutamente togliersi, riaffiorando sempre nei momenti meno opportuni. Come quello, con l’Elfa in carne e ossa di fronte a lei e in una condizione nettamente migliore rispetto a quella in cui l’aveva trovata nell’accampamento.

«Dandreal?»
La voce dell’Elfa, improvvisamente vicina a lei, la richiamò alla realtà: la scout si era alzata e le si era avvicinata, silenziosamente, preoccupata dal suo silenzio. Nonostante fosse chiaro che non si fosse ancora ripresa del tutto, e che ci sarebbe voluto ancora del tempo affinché ritornasse completamente in forma, era sempre pronta a prendersi cura di lei. Era doloroso pensare di aver corso il serio rischio di perdere una tale purezza di sentimenti e una persona in grado di provarli, così pienamente e con tutta sé stessa, sempre. Shael fece per toglierle una ciocca di capelli dal volto, con l’intenzione di accarezzarle una guancia, ma la chierica non le diede il tempo di farlo: le gettò le braccia al collo e la strinse disperatamente a sé, cedendo finalmente al tumulto di sentimenti che impazzava dentro di lei.

La reazione di Shael fu un po’ goffa, ma l’Elfa riuscì comunque a ricambiare la disperata stretta della chierica, stringendola a sua volta, nel tentativo di tranquillizzarla il più possibile.
«Ehi,» le sussurrò tra i capelli, «sono qua. Sono qua, non ti libererai così facilmente di me,» cercò in qualche modo di sdrammatizzare, ben conscia di quanto fosse complessa la situazione e di come sarebbe stato complesso uscirne, senza ripercussioni troppo tragiche per tutte e due.
«Sono fiera di te, Dandreal,» le sussurrò, «hai avuto molto coraggio nel non perdere la lucidità, quando mi avete trovato.» Altan le aveva detto che la chierica non si era risparmiata, nel tentativo di riportarla nel mondo dei vivi, e che si era comportata in maniera esemplare, particolarmente spronata dal suo essere profondamente implicata, per via degli intimi sentimenti che nutriva nei confronti della scout.

Ci volle un bel po’ prima che la chierica riuscisse a calmarsi e a riprendersi quel tanto che bastava per allentare la presa, ma non sembrava affatto intenzionata a staccarsi dalla ladra, la quale sembrava chiaramente ricambiare il sentimento. Tra una cosa e l’altra, sembrava essere passata una vita dall’ultima volta che avevano potuto godere l’una della presenza dell’altra. Alla fine, comunque, Dandreal si rassegnò a staccarsi da Shael, con molta riluttanza, per poi dirle, in tono di finto rimprovero: «Andiamoci a sedere, che devi ancora riprenderti. E non ho intenzione di averti sulla coscienza proprio adesso, dopo tutta la fatica fatta per tenerti in vita.»
Con un sorriso, scrollando esasperata il capo, Shael sfiorò le labbra della compagna con un dolce bacio, prima di allontanarsi da lei e iniziare a dirigersi verso il divano, sul quale era precedentemente seduta. La chierica le afferrò con decisione una mano, seguendola a poca distanza e accomodandosi così tanto vicino alla ladra, da sembrare che volesse fondersi con lei.

«Cosa è davvero successo, in quell’accampamento, Shael? Cosa ti hanno fatto?» Dandreal, ora, stava spasmodicamente stringendo la mano dell’Elfa: da quando l’avevano sottratta dalle mani del cugino, il desiderio di conoscere, di sapere cosa le avessero fatto la stava tormentando così tanto da non farle chiudere occhio se non a notte inoltrata, cedendo alla stanchezza.
Alla domanda, la ladra si irrigidì palesemente e, se possibile, sbiancò ancora di più: anche lei non dormiva affatto bene da quando era stata tratta in salvo, a causa degli incubi che si palesavano ogni volta che chiudeva gli occhi. «Per favore,» la supplicò, con un nodo alla gola, l’Elfa, stringendole entrambe le mani tra le sue, nel tentativo di frenarne il tremore, «non costringermi a rivivere quei momenti. Non costringermi a dirtelo,» alzò una mano tremante per sfiorarle dolcemente il volto, «farei male a entrambe. Inoltre, se devo essere onesta,» aggiunse, chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro, «non sono pronta ad affrontare io per prima le conseguenze di quanto successo con Nakeas…»

Istintivamente, Dandreal la strinse a sé, nel tentativo di farla sentire al sicuro come tante altre volte, in passato, Shael era riuscita a fare con lei, farla smettere di tremare. «Perdonami,» le sussurrò all'orecchio, «perdonami. Non ho la benché minima idea che cosa tu abbia passato nelle scorse settimane… sono profondamente grata di averti nuovamente qua con me. Ho davvero patito un sacco la tua assenza.»
La cullò con estrema dolcezza tra le proprie braccia, incapace di lasciarla andare anche quando il tremore dell’altra donna si placò, sussurrandole parole di conforto e ripetendole che lei c’era, che non l’avrebbe mai lasciata, per nessun motivo.

Le si strinse il cuore quando l’Elfa la pregò di tenerla stretta a sé, di non lasciarla ancora andare. Era la prima volta che la ladra si dimostrava così tanto fragile e, da quando si erano conosciute, entrambe avevano fatto passi da gigante, aprendosi sempre di più all’altra. «Stai tranquilla,» le sussurrò, «da qua non me ne vado. Non ti perderò più di vista, promesso,» aggiunse, cercando di sorridere e di alleviare un po’ la tensione. In cuor suo, però, tremava al pensiero che Shael, prima o poi, sarebbe potuta ripartire con i Five Protectors, che qualcosa le succedesse senza che la chierica potesse intervenire come accaduto l’ultima volta. Senza rendersene conto, la strinse maggiormente a sé, quasi temesse di vederla sparire da un momento all’altro.

«Dandreal…» rantolò Shael, nel tentativo di farle capire come le stesse facendo involontariamente male, e la chierica si affrettò ad allentare la presa, preoccupatissima di aver fatto qualche danno. L’Elfa si rimise dritta, asciugandosi con una mano gli occhi, ma senza cercare di nascondere all’Aasimar l’aver pianto; l’altra mano era rimasta intrecciata a quelle della chierica.
La guardò, gli occhi ancora arrossati e pieni di un dolore indefinibile che, se possibile, spezzò ulteriormente il cuore a Dandreal, avrebbe tanto desiderato togliere quell’espressione dal volto della compagna. Riscuotendosi, Shael prese un profondo respiro e iniziò a dire: «Perdonami, non volevo scaricare su di te tutto questo…»

Esasperata, la chierica si lasciò scappare un esausto «Non essere sciocca!» Per una frazione di secondo, nessuna delle due disse niente, prima che entrambe si rilassassero finalmente un pochino e Shael tentasse un minimo di ironia, facendole notare che era proprio quello il motivo per cui l’amava. L’osservazione non ottenne proprio l’effetto sperato, in quanto l’Aasimar assunse immediatamente uno sguardo vigile e serio, che mise sulle spine la donna di fronte a lei. «Sì,» le rispose in maniera semplice, compita, «ti amo. Sei tutto ciò che avrei potuto desiderare e anche di più. Farei qualsiasi cosa per te.»

Le mani erano nuovamente intrecciate, i pollici della chierica che disegnavano dei disegni ipnotici sui dorsi della ladra; l’atteggiamento di Dandreal era pensoso, riflessivo, anche serio: credeva a ogni parola che le stava dicendo. Ricordava con precisione le cicatrici che le tempestavano la schiena, da un’ustione riportata da un incendio scoppiato anni prima nel suo villaggio, segno indelebile di un passato del quale non si sarebbe mai potuta liberare.
C’erano voluti mesi, anni quasi, prima che le due donne si potessero fidare a tal punto l’una dell’altra, da mostrarsi sempre di più nelle loro fragilità, oltre che negli inevitabili difetti che le caratterizzavano come individui.

Dandreal si perse dentro gli occhi dell’Elfa per qualche momento, venendo riportata alla realtà dalla proprietaria, che colse l’occasione per prenderla completamente in contropiede con una domanda cruciale: «Mi vuoi sposare?»
«Cosa?» Dandreal la stava fissando, senza apparentemente capire la domanda postale. «Sposare…?»
«Sì,» le rispose pazientemente la ladra, sorridendo appena. «Ti sto chiedendo di sposarmi,» continuò, liberando dolcemente una delle mani dalla presa dell’Aasimar per accarezzarle il volto, scostandole una ciocca di capelli da davanti gli occhi.
«Sai,» aggiunse con gentile ironia, due persone che si presentano davanti a un officiante per celebrare l'unione di intenti di passare il resto della propria vita come partner.
»

«Vuoi sposarmi?» Dandreal andò dritta al punto, senza preoccuparsi di rimproverare la compagna per l’ironia fuori luogo su un tema così importante come il matrimonio.
«Sì, voglio sposarti,» rispose semplicemente la ladra. «Perché questi mesi lontana da te, senza sapere come stessi, con la paura di non poterti più vedere, di perderti… è stato tutto davvero troppo da reggere. Lo è ancora troppo, diamine. Ci vorranno mesi, se non anni, prima che si potrà guardare a questo periodo con serenità, da parte di entrambe. Ma preferisco passare questo tempo, e i giorni, mesi, anni successivi, sapendoti a tutti gli effetti come qualcosa di più della mia partner. Se dovesse mai succedermi qualcosa…»

Le due donne finirono entrambe con le gambe all’aria, quando l’Aasimar si gettò di peso tra le braccia dell’Elfa, senza più badare alle parole che l’altra donna stava pronunciando o al fatto che fosse ancora malconcia. Dopo averle stampato un intenso bacio sulle labbra, tale da mozzare il fiato, si puntellò gentilmente sul suo petto per risponderle, con gioia: «Sì, voglio sposarti, Shael.»
Il sorriso che le rivolse era così radioso, così bello, che il volto sembrava aver apparentemente perso quella tensione che, fino a pochi istanti prima, la faceva da padrona. E, nonostante la serie di difficoltà che si sarebbe presentata loro nel futuro prossimo, poter affrontare il futuro assieme, in quella veste, rendeva tutto più facile.

Ci sarebbe voluto parecchio tempo, prima che Shael avesse la forza e il coraggio di dire tutto a Dandreal, come per la chierica di parlare del suo periodo di cattività tra le mani di Nakeas. Quando, però, riuscirono ad affrontare il discorso, per entrambe fu una liberazione, permettendo loro di affrontare il futuro con più serenità e leggerezza.

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