Docebo te amare II

di lulette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ubi es? ***
Capitolo 2: *** Adhuc simul ***
Capitolo 3: *** Iuvenis cordi esse ***
Capitolo 4: *** Rationes amicorum ***
Capitolo 5: *** Obsessio ***
Capitolo 6: *** Quid eventi mihi? ***
Capitolo 7: *** Aliquid mali est ***
Capitolo 8: *** Quid non potest ***
Capitolo 9: *** Apud te sed sine te ***
Capitolo 10: *** Contra factum est? ***
Capitolo 11: *** Nihil impossibile amanti ***



Capitolo 1
*** Ubi es? ***



3011 parole

 

Capitolo I


Ubi es?


Dove sei?















 

Erano ormai passati tre anni da quando Merlin aveva lasciato Camelot.

 

Arthur aveva passato un periodo terribile, dopo aver mandato via il suo fido servitore e migliore amico. Era diventato prima apatico e depresso. Trascurava i suoi doveri di regnante, beveva troppo e stava bene solo quando dormiva.

 

Fu un brutto periodo anche per la servitù del castello.

George era avvilito, tanto da sentire anche lui la mancanza di Merlin. Quello che faceva non andava mai bene anche se sapeva di essere un bravo servo. Lui non era divertente come Merlin, lo sapeva. Non aveva il dono di intrattenere il re come fosse un vecchio amico. Non andava a caccia con il re, tanto meno in missione. Non era coraggioso, perspicace e nemmeno grazioso come Merlin. Lui era puntuale, preciso, un lavoratore indefesso, ma il re non lo apprezzava. Riusciva a leggere sul viso del re che il sovrano lo trovava noioso e asfissiante. Tutto ciò che preparava al meglio per il re, finiva per essere ignorato quando non apertamente svilito.

George allora se ne andava per tornare a fare ordine solo quando il re si allontanava dalle sue stanze. 

 

I membri del consiglio non se la passavano meglio. Gli avevano parlato. I più saggi l'avevano voluto incontrare a quattr'occhi. Avevano cercato di stimolarlo, di spaventarlo anche, purché tornasse a regnare come aveva fatto fino a pochi mesi prima. Qualche consigliere aveva suggerito in gran segreto che forse al re mancasse una donna, poiché si vociferava che l'ultima fidanzata del re se ne fosse andata con uno dei cavalieri. 

 

Avevano osato prendere drastiche iniziative, tra cui far trovare in camera del re, qualche donna di piacere perché speravano che potesse rilassarsi e dimenticare ciò che lo angosciava. La presenza di una bella donna compiacente nel proprio letto poteva fare miracoli per molti uomini. Non che il re ne avesse bisogno: Arthur era sempre stato apprezzato dal gentil sesso. Ma siccome non  frequentava più nessuna ragazza, avevano provato ad 'aiutarlo'. Tutto per poter riavere indietro il loro amato re.

 

Arthur semplicemente congedava le donne con modi garbati e con una scusa. E non gli interessava neppure di sapere chi gli avesse mandato quei "doni", anche se lo immaginava. Alcuni membri del consiglio erano quanto meno eccentrici.

 

Una sera Arthur entrando in camera non si accorse della persona di spalle che sostava vicino al caminetto acceso.

Stava per buttarsi sul letto quando intercettò quella figura e quasi saltò in aria per lo spavento.

"Oh, dèi! …" strillò.

 

Sfilò il pugnale dalla cintura, poiché si era già tolto la spada che era lontana e gridò: "Chi sei?"

Poi lo mise a fuoco. Il ragazzo era magro, alto, con i capelli neri.

 

'Merlin!'

Lo stomaco sembrò fargli una capriola in pancia.


Il ragazzo si girò lentamente verso di lui. Anche di profilo gli ricordava Merlin.

 

Il giovane uomo lo fronteggiava sorridendo.

 

'No! Non è lui!' e avvertì nell'addome lo schianto della delusione.

 

Il ragazzo si accorse solo in quel momento che il re brandiva un pugnale e sgranò gli occhi di terrore.

"Vi prego maestà. Non fatemi del male" supplicò disperato.

"Chi sei?"

"Mi chiamo Aland!"

 

"Cosa fai qui?"

"Vi prego, riponete il pugnale, maestà."

 

Il ragazzo tremava: Arthur capì che non aveva niente da temere e rinfoderò l'arma.

"Mi è arrivato un messaggio in cui sarei dovuto trovarmi qui a quest'ora."

"E con le guardie come hai fatto?"

"Mi ha scortato fin qui un vecchio signore dall'aria elegante."

"Per cosa? Sei il nuovo valletto?"

Il ragazzo si schiarì la voce e sorrise. "Non so se si dica così, maestà. Sono qui per … farvi compagnia."

"In che senso?"

"Quello che volete … possiamo parlare, posso farvi un massaggio rilassante, posso fare tutto quello che volete…"

Il ragazzo fece un paio di passi lenti verso il re.

Arthur lo squadrò.

'Dèi, quegli imbecilli! Hanno passato il segno, stavolta! Li metterò alla gogna tutti quanti finché non gli verrà una gobba tale che non riusciranno più a rialzarsi sulla vita!’

 

Il ragazzo prese coraggio:

"Sono molto felice, maestà! Me l'avevano detto ma non credevo che foste l'uomo più bello di tutta Camelot. Sarà un piacere oltre che un onore per me, mettermi al vostro servizio…"

 

Arthur alzò una mano per metterlo a tacere.

"Senti Harold…"

"Aland…"

 

"Aland, non prendertela, ma devi andare subito via"

"Ma… io…"

"Tu sei adorabile ma … aspetto già qualcun altro. Mi dispiace, se l'avessi saputo… sarà per un'altra volta!" mentì senza il minimo scrupolo.

"E … il mio compenso?"

"Puoi aspettare un po’ nella camera di fianco. Poi puoi tranquillamente dire loro che il tuo re è stato più che soddisfatto. Non ti smentirò!”

Così dicendo lo spedì fuori dalla porta.

Il ragazzo appena uscito era bello e aveva modi suadenti, ma non gli aveva smosso nulla. E capì che l'unico uomo che gli fosse mai interessato era Merlin. 

Per certi versi questa conferma lo rese triste. Se avesse potuto trovare anche un minimo conforto tra le braccia di un altro uomo, forse si sarebbe sentito meno a terra.


Più passavano i giorni, più Arthur si arrovellava il cervello.

Perché aveva mandato via Merlin?

Solo perché quello stupido bacio per allontanare Gwen era piaciuto un po' troppo ad entrambi?

A Merlin piacevano gli uomini e quindi per lui era comprensibile. Arthur sapeva invece che a lui piacevano le donne ma … purtroppo, ora gli piaceva anche Merlin. E gli piaceva anche più che le ragazze. Si era, odiava ammetterlo, innamorato di lui, altrimenti non si spiegava la sua profonda malinconia di vivere. Poi c'era il motivo peggiore, il suo dolore più grande, il vero rimorso che non gli dava pace: era stato lui stesso a chiedergli di allontanarsi. E l'aveva fatto perché tenerselo vicino significava prima o poi cedere al desiderio bruciante che aveva di lui. Desiderio unito a una dolorosa tenerezza e ad un'intensità di sentimenti che non gli era mai capitato di provare per nessun'altra persona.

 

Aveva scoperto che uno dei modi più efficaci per lenire in parte le ferite del suo povero cuore sembrava essere la vicinanza di Gaius, sfinito ormai dalla  continua richiesta di averlo al suo fianco. Gaius voleva bene a Merlin e anche il ragazzo si era molto affezionato al vecchio medico, per cui averlo vicino glielo riportava alla mente quando ancora provava solo amicizia per il ragazzo. Ed era l'unica persona che provava un dolore simile al suo per la lontananza di Merlin. Simile, anche se non uguale.

 

"Andrà meglio" gli ripeteva il mentore comprensivo. "Un giorno quando starete meglio potrete sempre farlo tornare qui."

Arthur non gli aveva parlato dei suoi sentimenti per Merlin, ma con lui non nascondeva il fatto che il servo gli mancasse molto.




 

'Vederlo, solo … vederlo', era diventata un'ossessione, per Arthur. 

Così una mattina, all'alba, era partito per il regno di Valiant. Si era messo in viaggio da solo: una leggerezza che Arthur non avrebbe dovuto commettere.

 

Gaius che intuì dove Arthur si fosse recato mandò vari cavalieri incontro al re.

Quando Arthur giunse a destinazione, si recò da Valiant.

Gli ci volle mezza giornata per trovarlo.

 

"Principe Valiant, sono qui per vedere Merlin. Ho bisogno di alcune importanti informazioni che credo lui possa fornirmi."

 

"Non è tornato a Camelot, maestà? disse Valiant con profondo stupore.

 

"Che cosa significa?"

 

Valiant aspettò a lungo con lo sguardo basso poi alzò gli occhi su quelli del re.

 

"Merlin non è mai arrivato fino a qui. Non era interessato a ciò che potevo offrirgli. Poco dopo essere partiti da Camelot ha detto che avrebbe proseguito da solo. E siccome eravamo ancora vicini a Camelot, ho pensato che dopo un po' sarebbe tornato da voi. Ma … non l'avete più visto?"


Arthur era costernato. Dov'era finito Merlin in quei sei mesi? Provò un dolore sottile e profondo al petto e allo stomaco. Lui aveva pensato che fin da subito Merlin sarebbe diventato il favorito del principe Valiant. Con dolore e estrema gelosia l'aveva immaginato tante volte tra le braccia del cavaliere nel suo talamo. Invece non era mai stato nel suo regno. Meglio così! Anzi no! Aveva disubbidito ai suoi ordini. E provò un momento di disperazione. Solo in quel momento Arthur capì perché si fosse recato lì. Non solo per l'ossessione di  rivederlo, ma per riprenderselo. Non importava con quanti uomini fosse finito a letto nel frattempo. Solo con Valiant o con altri venti. Però ora che lo rivoleva l'altro non c'era più. Mentre tornava indietro incontrò i suoi cavalieri che gli andavano incontro e tornò mestamente a Camelot con loro. 

 

Per non pensare più a Merlin decise di fare una cosa che aveva sempre odiato. Avrebbe incontrato qualche principessa. Ormai che tutto era andato a scatafascio doveva solo pensare al regno, a sposarsi e a dare degli eredi a Camelot. Aveva perso Merlin per fare in modo che Gwen si allontanasse da lui ed ora stava per ricominciare da capo con un'altra donna.

Quando si dice il destino!

 

Tra le ragazze nobili e le varie principesse che invitò a corte scelse Mithian, principessa di Mercia. La ragazza era bella, intelligente, colta e simpatica. Aveva uno spiccato senso dell'umorismo e non nascondeva di provare una forte attrazione per lui. Era anche giovane e sana: avrebbe potuto dargli figli forti e altrettanto sani. 

 

Dopo poche settimane Arthur sposò Mithian che diventò regina di Camelot. E in un paio d'anni diede alla luce due bei bambini: un maschio e una femmina.





 

Merlin aveva cambiato il suo nome in Myrddin, che non era altro che il suo nome in lingua gallese. Per tutta la durata di quei tre anni aveva sempre fatto il boscaiolo. Vendeva legna soprattutto in inverno poiché con la magia era riuscito a rendere rami e ceppi impermeabili e presto si sparse la voce su di lui e sulla sua legna che con ogni condizione climatica era in grado di prendere fuoco, senza fumo. Non si parlava di magia. Si diceva che il boscaiolo aveva messo a punto una mistura che spennellata sulla legna da ardere la rendeva asciutta per sempre.

 

Anche Camelot mandava i suoi inservienti a rifornirsi di legna da ardere da lui, sebbene Merlin non avesse mai incontrato Arthur.

Ogni mattina presto, Gaius si recava da lui e gli raccontava i fatti salienti successi a Camelot.

Gli portava anche qualcosa da mangiare, come il pudding o le costine di cui Merlin andava ghiotto.

Gli aveva raccontato del dolore del re dovuto alla sua mancanza. Gli aveva raccontato del viaggio fatto dal re fino al regno di Valiant. E gli raccontò anche delle principesse in visita, della regina scelta, del matrimonio e della nascita dei due eredi. Merlin pensò che fosse giusto, che tutto stava andando come doveva andare, ma ciò non gli impedì di provare un forte senso di perdita, come se il suo Arthur ormai non esistesse più, il principe di cui era stato molto amico e con cui, ora poteva dirlo aveva passato il periodo più felice e spensierato della sua vita.

 

Il giorno del matrimonio del re, Merlin non aveva resistito alla tentazione ed era andato a vedere, confuso in mezzo a migliaia di persone. Era stato uno sbaglio. Arthur aveva baciato la sua regina in pubblico.

Merlin lì per lì c'era rimasto malissimo. 

 

'E cosa mi aspettavo, scusa!? È un matrimonio questo! Cosa sono venuto a fare?'

 

Aveva sofferto. Anche perché la regina era giovane e bella. Forse aveva sperato di essere diventato più resistente a certe emozioni, ma evidentemente non era così.

Con il tempo si era detto che se avere una famiglia fosse servito a rendere Arthur felice, allora anche lui doveva accettare la cosa.

Più facile a dirsi che a farsi. 

Ma non aveva scelta. E sentiva che in fondo era giusto così. Era sicuramente quello che Arthur voleva, fin da quando l'aveva mandato via.

 

Quando Gaius gli diceva che il re sarebbe probabilmente passato vicino a uno dei suoi rifugi, Merlin si nascondeva o si allontanava per qualche ora.

Meglio evitare d'incontrarlo, non tanto per paura di essere riconosciuto, il che era pressoché impossibile, ma per non essere tentato di avvicinarlo e di soffrire ancora nel vederlo. 

 

Eppure quella volta non era riuscito a evitarlo. Erano in pieno inverno e una mattina Merlin stava scendendo per un ripido sentiero di rocce in fondo al quale c'era una delle sue capanne più grandi.

Arthur in carne ed ossa  sostava proprio di fronte alla sua abitazione. Merlin rimase immobile senza fiato. Gli sembrava di avere un'allucinazione. Arthur non era cambiato. Era ancora il ragazzo stupendo che ricordava. 

Con la coda dell'occhio intravide a una certa distanza da lì un manipolo di cavalieri. Forse c'erano anche i suoi vecchi amici insieme a loro. Merlin dovette fermarsi, per non rischiare di cadere, tanta era l'emozione di trovarselo di fronte.

 

"Ehi buon uomo! Siete voi che vendete la legna che non si bagna?" gli urlò il re da sotto in su.


Merlin impedito dalla legna che aveva tra le braccia disse immediatamente. "M- maestà! Sì, sono io! Arrivo"

 

"Fate con calma, amico mio"

Che colpo al cuore per Merlin! Nonostante gli avvertimenti del re, Merlin scese molto velocemente e Arthur, preoccupato che il vecchio cadesse sfracellandosi, gli andò incontro ma fu lui a inciampare. D'istinto Merlin usò la magia, senza formule e senza gesti. Solo con il bagliore dorato delle sue iridi, ma nessuno lo vide e Arthur sbigottito si ritrovò sdraiato su un paio di cuscini che l'avevano protetto dalla caduta e lasciato illeso. O quasi, poiché una mano del re era rimasta fuori ed era piena di escoriazioni.

 

"Cos'è successo?" chiese Arthur. "Da dove vengono questi cuscini?"

 

Merlin era piuttosto agitato. Sapeva di non correre rischi in quanto Arthur stesso era stato di parola e aveva liberato la magia già tempo prima ma forse temeva che il re potesse riconoscerlo.

 

"Li avevo in mano maestà, insieme ai rami!"

 

"Non credere che non ti sia riconoscente, ma cosa ci facevi con dei cuscini?"

 

"Ecco, vedete, maestà. Su per di qui" e indicò la via da dove era venuto "c'è una grotta che utilizzo come riparo, quando non sono tranquillo, come quando sento parlare di predoni o bestie feroci in zona. Solo che … ogni tanto i cuscini vanno lavati!" asserì, indicando il torrente che scorreva lì vicino.

 

Arthur assentì con un sorriso.

"Certo. Sembri un vecchio piuttosto in gamba. Hai dimostrato riflessi pronti e buona mira."

 

"Una volta ero un valente scudiero. Forse qualcosa mi è rimasto."

 

Entrambi scesero lentamente fino alla terra in piano. 

"Sanguinate? Non sono stato poi così veloce" disse Merlin con un po' di preoccupazione nella voce.

 

"Non è niente!"

 

"Venite con me nella

capanna."

 

"Sono qui Arthur" disse Gwaine che aveva seguito l'intera scena e li aveva raggiunti "entrerò con voi!"

 

Il re non poteva rischiare di entrare da solo nella casa di uno sconosciuto. Merlin sorrise affettuosamente al vecchio amico, che lo guardò con curiosità.

Il re era lì, nella sua capanna, con un piccolo sorriso e il solito cipiglio deciso. Bellissimo e forte, come lo ricordava.

Arthur si sedette.

 

"Come vi chiamate?"

 

"Mi chiamo Myrddin"

 

Merlin tirò su il capo e per un attimo si guardarono negli occhi.

 

"Ci conosciamo?" fece Arthur.

 

"Non credo, maestà!"

E mostrò ad Arthur un sorriso un po' sdentato.

 

"Eppure i vostri occhi mi ricordano qualcuno… avete qualcosa di familiare."

 

Merlin cominciò a sudare.

"Sono a Camelot da poco. E non ho parenti in vita, sire!"

 

"Certo. Mi sarò sbagliato."

 

Merlin lavò la mano di Arthur con abbondante acqua. Prese un vaso con un unguento alle erbe e avvolse il tutto con una benda pulita. 

"Credo che tra poche ore, la ferita migliorerà sensibilmente."

 

Merlin faceva fatica a guardare Arthur che invece aveva continuato ad osservarlo.

 

"Sei un medico?" chiese Arthur.

 

"No. So usare solo qualche metodo naturale efficace."

 

"Gaius è il medico di corte. Lo conoscete?”

"Ne ho sentito parlare, anche se non ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente." mentì Merlin.

 

"È anziano"

"Lo sono anch'io"

"Ma siete molto diversi e tu potresti dargli una mano. Ci vorrebbe qualcuno di fiducia, che conosca le erbe da raccogliere e che lo accompagni nelle visite."

Merlin intravide la possibilità di tornare a Camelot che aveva a lungo atteso per poter vivere ancora al fianco di Arthur. Ma ora che era sposato con figli, non era più così tentato dalla proposta. E prese tempo.

 

"Non so maestà. Non sto male qui e voi non mi conoscete abbastanza da potervi fidare di me. Dovrei pensarci!"

 

"Ecco, bravo, pensaci e fammi sapere. E per quanto riguarda le persone oneste, io mi fido del mio sesto senso."

Merlin fece un inchino verso Arthur.

"Puoi prepararmi legna sufficiente per un falò?"

"Della durata di quante clessidre circa circa?"

"Quattro o cinque"

"Certamente." Merlin si mosse spedito, mettendo i rami all'interno di un sacco.

Arthur si allontanò lasciando a Gwaine l'incombenza del pagamento dopo avergli dato un sacchettino di monete.

"Grazie di tutto, Myrddin. Fatevi vedere a palazzo!"

"Grazie a voi Ar… maestà!"


"Avete fatto colpo sul nostro re. È una cosa rara, caro signore!" sussurrò Gwaine.

 

"Voi dite?" rispose Merlin guardandolo negli occhi solo un attimo.

Gwaine pagò la legna e disse: "la vostra invenzione è fantastica, Myrddin! Come ci siete riuscito?"

Merlin sorrise: "Perdonatemi cavaliere, ma se ve lo rivelassi, non avrei più l'esclusiva e rischierei di non riuscire a vendere nemmeno un pezzo di legno…"

 

Gwaine sorrise e pensò che quell'uomo parlasse in un modo piuttosto colto per essere un semplice boscaiolo. In più, non aveva paura di dire ciò che pensava e questo gli piacque.

Quel vecchio doveva essere stato un bell'uomo ai suoi tempi. Aveva due occhi blu grandi e luminosi che contrastavano con il resto del viso assai rugoso. Era alto e magro anche se aveva un principio di gobba. Pensò anche lui per un attimo, che, come Arthur, il vecchio gli ricordasse qualcuno. Si mosse per raggiungere gli altri e non ci pensò più.

 

Merlin al contrario di Gwaine, non riuscì a non pensare a quella visita per tutto il giorno. E a quello che Arthur gli aveva proposto.

Era tentato, ma sarebbe stata una buona idea?

 

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Capitolo 2
*** Adhuc simul ***



3064 parole

 

 

Capitolo II

 
Adhuc simul

(Ancora insieme)















 

"Perché diavolo non hai accettato subito? Non è da tre anni che aspetti questo momento?"

 

Gaius era piuttosto arrabbiato e la sua faccia era ancora più raggrinzita del solito.

 

"Perché ormai è cambiato tutto da quando ero a palazzo" disse Merlin spalancando le braccia.

 

"La magia non è più vietata, e questo è un bene! Il re è stato di parola"

 

"Non parlo della magia" aggiunse Merlin. "È cambiato Arthur!"

 

"Non più di tanto. Ha avuto un momento di forte sbandamento, quando ti mandò via, ma per il resto Arthur è sempre lui. Meno allegro, meno guascone, d'accordo. Ora è un re più maturo, più serio, forse più triste ma la vita a volte va così."

 

"È sposato! Ha dei figli!"

 

"E cosa pretendevi Merlin? È il sovrano di un grande regno. Non avrebbe mai potuto essere solamente tuo!"

 

Merlin strinse i denti dalla rabbia.

"Io non c'entro. È stato lui a cacciarmi…"

 

"Lo so. Ma ora ha dei doveri verso il suo regno e uno di questi è assicurargli una discendenza."

 

"Mi sembra che non abbia perso tempo!" disse cinico.

'Gaius non può capire. Non potrà mai!' si disse il ragazzo rassegnato.

 

E invece Gaius aveva capito benissimo. Sapeva perfettamente che entrambi i giovani soffrivano dolorose pene d'amore ma purtroppo non poteva farci niente. E quindi forse aveva il dovere di ricordare ai due ragazzi il motivo più alto del loro legame e cioè la salvezza dell'intera Albion. Cosa poteva fare se non rimanere alternativamente accanto ad entrambi e offrire loro la sua amicizia e il suo consiglio, anche se quest'ultimo spesso era malaccetto. Se anche parteggiava nascostamente per loro, non li avrebbe aiutati a illudersi che il loro amore sarebbe stato possibile. Non riusciva a vedere una vita lieta per loro, né separati, né insieme.

 

"Potrebbe essere la tua ultima occasione, Merlin! Io spero che tu un giorno potrai finalmente rivelargli la tua identità, ma se tu rifiuti la possibilità di stargli accanto, questo non avverrà! Arthur ha bisogno del suo mago e tu hai bisogno del re di Albion! Non lo dico io, Merlin. Sta scritto! Devi pensare a fare il tuo dovere. Sarà doloroso? Sì, purtroppo. Ma tu lo farai lo stesso."

 

Merlin respirava a fatica e avvertì un forte calore al viso.

"D'accordo. Avete ragione. Ma non avete idea di ciò che mi state chiedendo!"

 

"Quando sarai con Arthur, non vedrai così spesso né la regina né i principini. Credo però che almeno loro ti piacerebbero. Sono così piccoli e carini. Due terremoti in fieri, beninteso! E la regina è un'ottima regnante, generosa e disponibile."

 

Le parole di Gaius ebbero solo l'effetto di aumentare la sensazione di gelosia bruciante nel suo cuore. Pensare alla regina insieme ad Arthur, nel suo talamo con lei, di notte, era anche peggio di ciò che aveva provato quando c'era stata Gwen. Tanto valeva che Arthur si fosse sposato con lei.

In fondo avevano orchestrato di tutto per liberarsi di Gwen. Ora quell'idea di Arthur gli sembrava un'idea inutile, stupida e crudele. Soprattutto perché era ciò che li aveva separati.

 

E Merlin spesso si dava ancora dello stupido. 

Quando Gaius gli aveva detto che il re l'aveva cercato presso Valiant, si era illuso che Arthur lo rivolesse con sé e sull'onda dell'entusiasmo si era sentito subito pronto a presentarsi a corte con il suo aspetto di giovane servo, ma per fortuna aveva aspettato, perché, tempo due mesi e Arthur era già sposato con Mithian e aveva capito che nulla sarebbe mai tornato come ai tempi felici quando stava con il re a palazzo.


Gaius non aveva torto quando diceva che per adempiere al loro fato, avrebbe dovuto sopportare di tutto.

Se si fosse concentrato su questo scopo, sarebbe riuscito a vedere Arthur solo come il magnifico re di Camelot da sostenere e proteggere. L'amico, il compagno d'avventure, il ragazzo tanto desiderato, sarebbero doverosamente passati in secondo piano, e per tutta la vita.

 

Merlin pensò anche che, un giorno, avrebbe potuto trovare un'altra persona da amare, un altro uomo. E questo gli diede un leggero conforto.

 

Certo, non fino a quando avesse avuto le sembianze di vegliardo come adesso. Né finché avesse avuto sotto il naso l'arrogante bellezza di Arthur con cui fare da paragone agli altri.

 

Per lui la vita era molto lunga, molto più lunga di quella di chiunque conoscesse. Dei suoi genitori, dei suoi amici e soprattutto più lunga di quella di Arthur.

Ma non voleva deprimersi per questo, non di nuovo, non adesso. Ora doveva pensare a riavvicinarsi al re per poter adempiere con lui alla salvezza dell'intero regno: un nobilissimo compito, che meritava qualsiasi sacrificio, compreso quello di veder vivere il re in un modo che, lo sapeva, l'avrebbe fatto soffrire come un cane bastonato.

Era contento di sapere Arthur felice ma non poteva certo essere felice per se stesso.

 

Così il giorno dopo scrisse un breve messaggio al re, dicendogli che accettava la sua proposta e mandò un messo a palazzo perché lo consegnasse.

 

Il messo tornò con un messaggio in risposta per Merlin in cui Arthur gli chiedeva di rivolgersi a Gaius per la sua sistemazione e poi di presentarsi a lui.

 

Merlin sistemò la capanna e gli altri ripari, facendo sparire con la magia tutto ciò che non serviva. Infine noleggiò un carretto con un cavallo per trasportare i suoi averi, più che altro libri e qualche vestito, in modo da non destare sospetti.

 

Gaius lo accolse con un gran sorriso e lo aiutò a mettere in ordine le sue cose. 

"La tua stanzetta è ancora lì se vuoi, ma se preferisci un'altra sistemazione …"

 

"Andrà benissimo. È un po' come tornare a casa." gli sorrise.

 

L'indomani era il giorno di presentarsi al re per i nuovi incarichi. Merlin si preparò con particolare cura. Si lavò e indossò i panni più decenti che aveva. A un certo punto prese una decisione un po' ardita. Con la magia si concentrò su di sé. Occhi dorati e un incantesimo in lingua antica sulle labbra:

 

"Rydych chi'n dod yn ddeng mlynedd yn iau"

 

Quando si guardò fu abbastanza soddisfatto. Non si aspettava nulla di speciale: solo che sentirsi a posto lo faceva sentire più sicuro di sé. Con l'incantesimo si era tolto circa dieci anni d'età. Ora aveva l'aspetto di un settantenne.

L'aveva fatto soprattutto per avere più resistenza e forza. Altrimenti seguire Arthur nei suoi spostamenti sarebbe diventato a tratti impossibile. Sperava che il re non si accorgesse di quel cambiamento.

Spuntò i capelli che ora gli arrivavano sotto le orecchie e pareggiò la corta barba bianca. Questo al contrario lo fece solo per soddisfare quel residuo di vanità che gli rimaneva.

 

Arthur era nelle sue stanze, quando lo ricevette.

 

Sedeva al tavolo e stava scrivendo con la piuma d'oca.

"Vieni Myrddin"

"Maestà!" Merlin si inchinò e rimase in piedi di fronte a lui. Gli sembrava così strano ritrovarsi in quelle stanze così note, dopo un tempo che gli era sembrato infinito.

 

Arthur alzò gli occhi e rimase a guardarlo con espressione incerta.

 

"Myrddin! Scusami ma … sei diverso dall'altro giorno … ti ricordavo più vec … perdonami!" E gli sorrise.

 

"Mi sono solo dato una ripulita per l'occasione, maestà"

 

"Quanti anni hai?"

 

"Settanta!"

 

"Li porti molto bene. Dimmi Myrddin, hai un cognome?"

 

"Silvester*. Mi chiamo Myrddin Silvester"

 

Arthur sorrise:

"E infatti... sei un boscaiolo. Cosa sai fare? Cosa ti piacerebbe fare?"

 

"Ho fatto il servo per molti anni presso una famiglia nobile. Non qui, ma in Irlanda, dove sono nato… Quindi so fare i lavori domestici. Mi piace soprattutto occuparmi della vestizione, della somministrazione dei pasti ma so anche assemblare un'armatura in modo preciso e veloce. Conosco bene Camelot perché in gioventù ho vissuto qui qualche anno. So cucinare all'occorrenza."

 

"In caso di missioni al di fuori di Camelot, è necessario portarsi dietro la tua legna?"

 

"No, sire. In quel caso la legna non serve, basto io."

 

"Dovrai portarti la tua miscela…"

Merlin decise di osare. 

Avrebbe dovuto mentire ad Arthur tante di quelle volte, proprio come stava facendo in quel momento che  decise che per quel che poteva, Merlin gli avrebbe detto la verità.

 

"Mi dispiace, maestà, ma dal momento che accetto di lavorare per voi, credo di non dovervi nascondere nulla. Io …possiedo la magia ma l'ho sempre e solo usata a fin di bene."

 

Arthur sgranò gli occhi. Non se l'aspettava proprio e rimase bloccato per lo stupore.

 

Merlin continuò. "È così che ottengo la legna che non si bagna. Con un incantesimo. È una magia molto utile"

 

"La magia…"

 

"Mi rendo conto maestà. Se avete cambiato parere su di me, non preoccupatevi."

 

"Quindi l'altra volta, … i cuscini sotto di me, quando sono caduto…"

 

"Esatto. Ho usato la magia.

Ma come sapete non l'ho usata troppo bene, poiché vi siete comunque ferito…"

 

"Mi hai curato con un incantesimo?"

"Solo in parte. Non volevo che ve ne accorgeste, visto che ancora non mi conoscevate."

 

Arthur rimase in silenzio a lungo osservando attentamente l'uomo.

 

"Hai famiglia?"

 

Merlin si chiese cosa centrasse quella domanda.

"No. Non mi sono mai sposato, né ho avuto figli… e della famiglia originaria sono rimasto soltanto io."

 

"Come mai?"

 

Merlin aprì la bocca stupito. Perché il re voleva sapere quelle cose?

"C'era una persona… una persona che non ho potuto avere e ho atteso tanto tempo … invano"

 

Arthur lo studiò ancora per un po', poi si alzò in piedi.

 

"Eppure avrei giurato che l'altro giorno non avevi tutti i denti che hai adesso!"

Merlin si mise a ridere, sollevato dal cambio di argomento.

"Beh, sì. Un altro incantesimo, maestà"

E Merlin arrossì. Gli seccava che Arthur pensasse di avere un nuovo servo così vanitoso.

 

"Ti dispiacerebbe se per adesso non parlassimo con gli altri della magia che utilizzi per incantare la legna?

Solo per il momento …"

 

"Certamente. Non lo farò, visto che me lo chiedete voi" 

 

"E accetteresti di venire in missione con me e i miei uomini, nel caso?"

 

Merlin si aprì un gran sorriso.

"Voi adesso mi vedete così, vecchio e magro, ma sono molto più resistente di quello che può sembrare. E poi la magia aiuta…"

 

"Guarda che non ho pensato a te come a un vecchio debole. Anzi mi sembri un uomo in forma per la tua età… soprattutto oggi!"

 

Merlin arrossì nuovamente.

 

"Non so perché, ma

tu mi ricordi qualcuno, te l'ho già detto. Non riesco ancora a inquadrarti. Sei una specie di enigma per me. Ma mi ispiri fiducia"

 

"Mi fa piacere. E per quanto riguarda la fiducia, peccherò di immodestia ma mi sento di dirvi che essa è ben riposta. Non avrete mai a pentirvi di questo."

 

"Ma è vero che nascondi altri misteri?"

 

"Forse qualcuno, mio signore, ma non più della maggior parte delle persone. E comunque non ritengo di avere segreti pericolosi per nessuno, e meno che mai per voi"

 

Arthur sorrise. La voce di quell'uomo, le sue espressioni e il fatto che fosse un mago gli fecero venire in mente …lui. Quasi non osava nemmeno pensarlo quel nome. E una stretta allo stomaco gli ricordò quanto ancora gli mancasse, quanto ancora il suo cuore lo cercasse in mezzo alla folla. E ad ogni ragazzo alto e moro, sobbalzava dalla speranza che fosse lui. Aveva pensato di essere riuscito a mettere una pietra sopra a quella faccenda ed era andato avanti con la sua vita.

 

Teneva a Mithian. Era una brava madre. Una brava regina. Non avrebbe potuto trovare una donna migliore di lei. Non ne era innamorato, ma sapeva che a quel punto, non era poi così importante. Sapeva che ormai non si sarebbe più innamorato di nessuno. Era rimasto del tutto impantanato con Merlin e il fatto di non aver avuto la possibilità di amarlo ne aveva acuito il desiderio ed era rimasto come un segno impresso a fuoco nella sua testa.

 

Il re viveva questa felicità tiepida, questi sentimenti controllati, come una fortuna insperata. Nessun desiderio sfrenato, nessuna intensa passione. Meno gioia significava anche meno dolore. A lui andava bene così. O almeno quasi sempre. Diciamo che per lui, la barca andava lenta, ma comunque andava. Alcune notti non dormiva pensando a Merlin. E fantasticava su di lui mentre altre volte semplicemente piangeva. Quasi sempre ritornava alla stessa scena e la rivoltava, all'infinito. "Voi non prendereste in considerazione l'idea di amarmi ... con tutto voi stesso? È chiaro che se voi vorreste io lo vorrei ancora di più". E Arthur cancellava la sua risposta piena di paura e menzogna. "Ti prego non insistere"

E immaginava di dirgli: " Lo voglio Merlin, ma tu non hai paura?"

"L' unica mia paura é che non possiate amarmi come vi amo io"

"Di questo non devi preoccuparti" 

Si sarebbe avvicinato e l'avrebbe baciato, accarezzato e abbracciato come non aveva mai fatto con nessuno e Merlin avrebbe intravisto cosa c'era nel suo cuore e, ne era certo, se ne sarebbe accorto. 

 

Arthur e Mithian dormivano separatamente. L'uno poteva accedere liberamente alla camera dell'altro e viceversa ma per dormire era uso che ognuno stesse nella propria camera. Era così da sempre per tutte le coppie di reali che li avevano preceduti. Il pensiero di Merlin soprattutto di notte gli risultava insopportabile. E Arthur si limitava a sopportare il dolore, bramando qualche ora di pace e riposo. Durante una delle notti peggiori, quelle dove la mancanza di Merlin si faceva particolarmente sentire, il re era arrivato a toccarsi. Solo come sfogo disperato, per trovare un attimo di sollievo al dolore. 'Queste fantasie sono sciocche e infantili' si era detto, dopo, vergognandosi di se stesso. Ma dopo pochi giorni tornava a fantasticare su quel "sì" che mai gli aveva detto e sulle sue ormai impossibili conseguenze.

 

Solo una cosa riusciva a distrarlo completamente da tutto il resto: i suoi bambini. 

Li adorava. Per lui erano davvero i bimbi più belli, più intelligenti e più simpatici del mondo. Proprio come per qualsiasi altro padre. Era orgoglioso del maschietto, più simile alla madre, con grandi occhi e capelli scuri. Era incantato dalla dolcezza della femminuccia che aveva preso invece i suoi colori. Li benediceva ogni giorno ed era molto grato a Mithian che gli aveva dato la ragione più importante della sua vita. 

Aveva a disposizione ingenti somme di denaro e nel regno aveva il potere di fare qualsiasi cosa eppure non riusciva a godersi i propri figli come avrebbe voluto.

Purtroppo i tanti impegni quotidiani glielo impedivano. Era re, era ricco e non poteva neanche permettersi di portare i figli qualche giorno in montagna o al mare. 






 

Erano passate alcune settimane da quando Merlin era tornato a palazzo. I primi tempi era stato piuttosto agitato, temeva di commettere qualche errore, che avrebbe potuto compromettere il suo lavoro, che avrebbe potuto allontanarlo da Arthur.

 

Si occupava del legname, della preparazione e della vendita. Durante l'estate la vendita diminuiva drasticamente e vendeva qualcosa solamente se pioveva. 

Doveva aiutare Gaius nella raccolta delle erbe medicinali. Dava una mano agli stallieri, ai cavalieri se avevano bisogno di uno scudiero. Vedeva il re abbastanza di rado ma stare a Camelot dove poco o niente era cambiato a parte la famiglia del re, bastava a renderlo sufficientemente felice.

 

Vedeva il re tutti i giorni per pochi minuti, quando Arthur passava in rassegna le scuderie.

Un giorno avvenne che George, portando un grande cesto di panni da lavare, non vide un gradino e ruzzolò per le scale di pietra procurandosi una brutta storta a una caviglia. 

Fu Arthur a chiedere che fosse Myrddin a sostituirlo per un po'. 

"Non è un ruolo particolarmente impegnativo e io non sono molto esigente, ma se non te la senti…"

"Lo faccio con piacere. Solo ditemi se faccio qualcosa che non va…"

"Non preoccuparti. In tal caso sentirai il tuo nome risuonare per l'intero castello…"

 

Merlin rise al ricordo di quei "Merliiin!” gridati da Arthur che una volta udiva spesso, e che gli procuravano un po' di ansia ma anche un certo divertimento. 

 

Era contento di essere stato scelto ma al tempo stesso era spaventato dalla vicinanza al re che quel ruolo comprendeva.

 

Un giorno mentre tornava dalle scuderie incontrò la piccola Seraphine con Arthur. 

La bimba doveva avere circa due anni ed era incantevole, molto simile ad Arthur. Era sporca di marrone attorno alla bocca e anche il delicato vestitino era imbrattato di una sostanza non meglio conosciuta.

Merlin fece un inchino a entrambi.

"Non riesco a tenerla a freno. Anche se la amo soprattutto per questo, sua madre mi mangerà la faccia per averla fatta sporcare così…"

Merlin fece un sorriso a labbra chiuse.

"Mi sembra che vi somigli… alludo ai lineamenti!"

"È vero. È bellissima!"

'Il solito modesto' pensò Merlin.

"Anche se non vale che lo dica io! Sono il padre"

"No. Lei lo è davvero!" disse Merlin, in leggero affanno.

 

"Chi sei?" chiese la bimba a Merlin.

"Sono Myrddin"

"Sei il mio nonno?"

Arthur intervenne. "No, il tuo nonno si trova in Mercia ma verrà a trovarti presto."

"Sei un amico di papà?"

 

"Io sono un servo del tuo papà…"

 

"Però è anche mio amico…" aggiunse il re.

 

Merlin sorrise con gli occhi bassi.

Era emozionato. Anche se il re l'aveva detto solo per impartire alla figlioletta un esempio di buona educazione.


Merlin non aveva ancora visto il piccolo principe da quando era nato. Non ci teneva nemmeno particolarmente. I figli di Arthur erano la manifestazione lampante che il re aveva scelto una compagna, che non era lui.

Erano innocenti e non aveva nulla contro di loro, ma rimanevano comunque la testimonianza più concreta del tradimento di Arthur.

Non avrebbe voluto pensarla in questo modo, perché Arthur l'aveva lasciato andare prima di tradirlo. Ma era così che si era sempre sentito. Non poteva farci niente.

 

La prima volta che vide Martin, questo era il nome del figlio maschio del re, questi era insieme ai suoi genitori. E si rese conto di quanto Mithian avesse acquistato importanza agli occhi di Arthur. Lei gli aveva dato dei bei figli e si occupava di loro.

 

L'infante era molto bello. Rosa e paffuto. Bruno come la madre ma con il fisico robusto del padre.

Merlin dopo poco si allontanò velocemente con una scusa.

Era ancora difficile per lui, stare lì a guardare il perfetto quadretto della famiglia felice di cui Arthur sembrava l'orgoglioso capofamiglia.

 

Quanto avrebbe dovuto aspettare prima che la cosa non gli facesse più effetto, o almeno perché diventasse più sopportabile?

 

Merlin temeva di conoscere la risposta.





 











*Silvester, in italiano Silvestro o silvestre, derivato di selva, bosco.





 


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Capitolo 3
*** Iuvenis cordi esse ***


 

3369 parole

 

Capitolo III

 

Iuvenis cordi esse


(Giovane dentro)








 

La regina Mithian spesso affidava i figli ad una o più ancelle fidate e andava a trovare i malati e i poveri personalmente, per fargli compagnia e per portare loro un cesto di provviste. 

 

Da qualche settimana a Camelot erano apparsi diversi casi di febbre pestilenziale. C'erano già stati alcuni morti.

 

Gaius, interpellato dalla corte, disse di non essere sicuro che la malattia non fosse causata dalla magia, da un tipo di magia oscura ovviamente e cominciò a visitare i malati, spesso in compagnia di Myrddin.


Arthur non voleva che la moglie continuasse a frequentare i malati. 

Temeva che la nuova tremenda malattia potesse contagiarla.

 

"Hai mai pensato che abbiamo due figli piccoli e potresti trasmettere quella pericolosa febbre anche a loro? I bambini hanno meno difese. Come farò se capiterà qualcosa a loro o a te?"

 

"Sono una regina e devo dare io per prima il buon esempio al mio popolo, proprio come fate voi, quando vi dirigete a testa alta contro un esercito nemico, rischiando la vita. E mi piace aiutare i più bisognosi, anche se spesso vedo delle situazioni al limite della sopportabilità. 

Alcuni abitanti di Camelot vivono in condizioni disperate e non è con un cesto di cibo che si risolverà la loro situazione."

 

"Potresti portare loro qualche offerta in denaro."

 

"Non sarebbe sufficiente neanche il denaro. Il denaro migliorerebbe la loro situazione per qualche giorno e poi tutto tornerebbe come al solito. E lo sapete anche voi. Sarebbe più utile dar loro un pezzo di terra o un lavoro al castello."

 

"A palazzo la servitù è al completo ma l'idea di un pezzo di terra per loro non è male.

Voglio proporla al consiglio di corte."

 

"Al completo, ma non così tanto. Ho saputo che hai chiamato un nuovo aiutante"

 

"Sì, è un vecchio servo con esperienza e una certa cultura. Ti farà piacere sapere che viveva da qualche anno come un poveraccio, nel bosco appena fuori Camelot."

 

"Questo non mi era stato riferito."

 

"E comunque grazie per la tua buona idea sul terreno da spartire. Credo che avrà successo!"

 

La regina fece un piccolo gesto con il capo.

 

"Sono orgoglioso che tu ti occupi delle persone più indigenti di Camelot, Mithian, ma … devi capire che i nostri figli sono la cosa più importante per me …"

 

La regina aveva un sorriso amaro sul viso.

"Oh, lo so bene. Ormai ho capito che l'unico motivo per cui mi avete sposato è perché potessi darvi degli eredi."

 

"Questo non è vero … io l'ho fatto perché …"

 

"Non certo perché mi amate" lo interruppe la regina con voce piena di rancore. "L'unica stupida innamorata sono stata sempre e solo io. Ma mi sta bene perché … lo sapevo. Il vostro cuore è sempre stato di qualcun'altra, anche se non ho mai capito di chi. Sono stata un'ingenua. Credevo che il mio amore sarebbe bastato per tutti e due. Credevo che un giorno vi sareste accorto di amarmi anche voi."

 

"Non dire questo! Io tengo molto a te!  

Sei la regina perfetta per chiunque … voglio dire, per me! Io non potrei chiedere di più, ma sono un uomo che ha sempre fatto fatica ad esprimere i propri sentimenti. Purtroppo temo anche di essere un uomo che ha difficoltà ad amare. Forse anche a causa del mio ruolo di regnante. Non lo so. Ma ti ho promesso protezione e fedeltà e non verrò meno alla mia parola, a meno che non sia tu a volermi lasciare"

 

"Eravate innamorato di Gwen?"

 

"Non vedo cosa c'entri Gwen ora! …"

Ma Mithian continuava a guardarlo.

"All'inizio pensavo di sì ma con il tempo mi sono accorto che non era così. Ti ho appena detto che per quanto riguarda i sentimenti sono un po' freddo."

 

"D'accordo, per ora. Cercherò di accettarlo ma non vi garantisco che ce la farò, perché … ho idea che si tratti di una scusa."

 

"Puoi pensarla come vuoi" disse Arthur con voce monocorde, ma senza alterarsi. E se ne andò con un inchino del capo.

 

Arthur sapeva di aver mentito a Mithian. Di nuovo. Si era inventato questa specie

di allergia all'amore per giustificare in qualche modo il suo atteggiamento distaccato verso di lei e il suo affetto proiettato unicamente sui figli.

 

Sapeva di poter amare con tutto se stesso. Non solamente i figli che gli davano la spinta per tirare avanti e per regnare bene su Camelot.

C’era anche l’altro sentimento. Riguardava una parte della sua vita che aveva dovuto accantonare, ma l'amore per Merlin era reale e forte. Non mancava niente a quel sentimento: affetto, complicità, audacia, fiducia, gioia e … desiderio. A un certo punto era comparso anche quello. Inaspettato e scomodo. E intenso. Cosa che l'aveva terrorizzato. E quindi da qui a capire che provava amore per quel ragazzo non era stato così difficile.

 

Ma poteva anche sbagliarsi.

 

Non poteva sapere con matematica certezza che ciò che provava per il suo servo si sarebbe trasformato in un sentimento di vero amore.

 

C’era stato questo lampo, il bacio appunto, forte e letale, poi era finito subito tutto. C’era stata una grande malinconia e un grande rimpianto. Ma poi, con il tempo…

si era assuefatto ai ricordi che aveva con Merlin tanto li aveva pensati e ripensati. Anche il ricordo di quell’unico bacio, per quanto grandioso, a forza di richiamarlo alla mente in modo quasi ossessivo, era adesso più lieve, come se invece di tre anni ne fossero trascorsi molti di più.

 

Allora era bastato quello a fargli sentire le campane nella testa e le farfalle nello stomaco, ma non era del tutto sicuro di come sarebbero potute andare veramente le cose, se fosse andato oltre con Merlin.

 

Forse era stato uno dei motivi per cui l'aveva allontanato.

 

Magari avrebbe scoperto che giacere con un uomo non era poi così bello. Era un'idea che mai, prima di quel bacio, l'aveva sfiorato. Quando gli era capitato di pensarci, prima di allora, si era accorto di considerare l'unione fisica di due uomini provando una sensazione sgradevole, innaturale e triste.

 

Forse non sarebbe nemmeno riuscito a portare a compimento un atto come quello.

O forse era una piccola speranza che Arthur si era dato per superare l’episodio e dare un senso ad una scelta scellerata che avrebbe distrutto due vite, tra cui la sua.

 

Certo che se si fissava sul ricordo di un particolare del viso di Merlin come la bocca o la gola, oppure su un particolare del suo corpo come le lunghe gambe o le mani affusolate oppure ancora su una sua caratteristica come il timbro della sua voce o il modo di ridere, allora sì che gli sembrava improvvisamente possibile.

 

Ultimamente aveva anche fatto cercare Merlin di nascosto. Gli era venuto in mente che Merlin potesse essere presso i suoi. Come aveva potuto non pensarci prima? 

Aveva mandato Gwaine con altri due uomini a Ealdor, travestiti da contadini. Con una scusa erano riusciti a parlare con alcune persone e persino con i genitori di Merlin. Balinor si era limitato a guardarli in cagnesco e non aveva detto nulla. L'unica cosa che riuscirono a scoprire era che Merlin non si trovava a Ealdor, ma nessuno, né la madre, né altri amici dissero loro dove poteva essere andato. Sembrava che nessuno lo sapesse.

 

E se l'avesse trovato? Gli avrebbe chiesto di tornare con il rischio che forse ancora rappresentava per lui? Dopo tutto quel tempo, forse la passione di Merlin per il suo re era bell'e che dimenticata, ma Arthur poteva dirsi sicuro del contrario? 

Magari il suo servo avrebbe avuto altri interessi amorosi nel frattempo … a quanto ricordava, Merlin nell'ultimo periodo a corte, era in una fase di ricerca molto attiva della sua vita amorosa. Aveva baciato diversi uomini in poco tempo. Una fitta di gelosia, come ormai non ne sentiva più di così forti, lo prese al petto. Chissà quanti uomini il suo corpo doveva aver conosciuto in quegli anni! Ricordava come Merlin a quel tempo fosse fiorito tutto in una volta e sembrasse pronto per conoscere l'amore e la sessualità. 

D'altronde cosa poteva  pretendere da lui? L'aveva cacciato e poi in tempi record si era sposato e aveva avuto due figli. Cosa avrebbe provato Merlin rivedendolo ora? 

 

Lui era andato avanti con la sua vita. Le cose non erano idilliache come aveva sperato poiché con Mithian c'erano dei problemi. Era una donna intelligente ma gli aveva appena esplicitato di essersi accorta di non essere stata scelta per amore da lui.

 

 

Merlin era una persona solare, allegra, che non portava facilmente rancori. Se, però, era vero che l'aveva amato con così tanta intensità, l'allontanamento che gli aveva imposto poteva aver lasciato un'ombra di acredine in lui, se non di aperto odio, perché sapeva che il ragazzo aveva  sofferto.

 

Questo pensiero gli creava, ogni volta che ci pensava una sorta di malessere fisico.

Non che lui non avesse sofferto, ma il suo ex servo non aveva avuto alcuna possibilità di scelta.

 

C'era un'altra cosa. Una cosa che gli dava da pensare. Merlin prima di allontanarsi per sempre gli aveva detto chiaramente che non si sarebbe liberato di lui. E come?

Aveva mentito? Probabilmente era stato un pensiero del momento, parole dettate dalla rabbia o dalla frustrazione. Ma era anche vero che Merlin era un mago e Arthur non riusciva a capire fino a quali livelli ci si potesse spingere grazie alla magia.



 

Poco dopo Arthur fece chiamare Myrddin.

 

"Credo che tra qualche giorno, partiremo per una missione. Tu verresti?"

"Ecco… sì!" ma di cosa si tratta?"

"Te lo dirò quando ne avrò conferma. Sai combattere Myrddin?"

"So usare la spada, ma non molto bene. Preferisco usare un bastone o la magia… nei casi estremi. Insomma me la cavo con la difesa, meno con l'attacco."

"Ti va di provare un po' con me dopo l'addestramento dei cavalieri?"

No, che non gli andava. Arthur era terribile come addestratore.

"Certamente" rispose invece.



 

"Forza, Myrddin! Affonda con il destro e para con lo scudo. Più veloce, più a fondo! No, no!"

"Mi dispiace maestà. È passato troppo tempo dall'ultima volta"

Era già da un'ora che si stavano esercitando. Lui era tutto sudato all'interno di quella corazza di fortuna e dell'elmo instabile e scomodo, mentre Arthur appariva fresco come una rosa.

"Sei un disastro Myrddin… ma la forza ce l'hai, vedi?"

Arthur si mise a spingere sulle sue spalle e lui non indietreggiava. Gli resisteva.

"Hai visto? Eppure hai le braccia molli! Proviamo con il bastone."

Entrambi facevano leva sul bastone e con un gesto di rotazione dello stesso da parte di Arthur, Merlin cadde a terra. Molte volte.

Poi fu Merlin a ruotare il bastone prima che lo facesse Arthur. Il re cadde a terra e Merlin, sbilanciato dal proprio peso in avanti, franò su di lui.

Arthur scoppiò a ridere, portando la testa all'indietro fino a terra. Quando tirò su il capo erano molto vicini e Merlin ebbe paura che da quella distanza il re potesse intuire la verità.

"Sei andato meglio, stavolta. Devi solo evitare di cadere addosso al nemico. Oppure è una tua tecnica per metterlo fuori gioco? Scusa ma dovresti essere più in carne per bloccare un nemico in questo modo."

"Volete dire che dovrei essere come voi?"

 

Arthur si immobilizzò. Merlin strinse i denti per quella gaffe così pericolosa.

 

"Stai dicendo che sono grasso, Myrddin?"

 

"Non mi sognerei nemmeno di pensare una cosa simile maestà. Intendevo solo che siete … pieno di muscoli!"

 

Arthur sospirò. Perché ogni cosa che gli altri dicevano, gli riportava alla mente sempre Merlin?

"D'accordo. Basta per oggi. Non sei così male in fondo, ma dovrai irrobustire mani e braccia. Ci penseremo domani. Ora ho bisogno urgente di un bagno."

 

In quel mentre si avvicinò sir Gwaine.

"Scusate sire, ma un certo William Stockley chiede di vedervi. Dice che è un amico di Merlin."

 

'Will! Santo cielo: è Will!'  pensò Merlin sentendo i battiti del cuore accelerare.

 

"Fallo passare!" disse Arthur, chiedendosi chi fosse mai costui e sinceramente incuriosito.

 

"Maestà" il giovane corse verso il re e si inginocchiò di fronte a lui.

"Oh, dèi del cielo! Tu sei Will!"

 

"È un piacere vedervi maestà. Scusate il disturbo ma volevo sapere se avevate notizie di Merlin."

 

E dire che aveva sperato per un attimo di ricevere lui, notizie da Will.

 

"Sono davvero spiacente Will. Ma non so niente. L'ho fatto cercare. Sono personalmente andato fino al regno di Valiant, ma non l'ho trovato. Ho idea che si sia trasferito in un posto lontano."

 

"Che peccato! Anche a Ealdor e dintorni l'abbiamo cercato tanto, ma niente…"

 

Merlin cercava di non guardare troppo Will, per non dare nell'occhio. 




 

Il re stava prendendo il bagno, mollemente adagiato nella sua vasca fumante e Myrddin era al suo fianco al posto di George.

 

Arthur era a suo agio e Merlin faceva tutto come in passato, ma senza mai guardarlo.

 

"Come sapevi dov'era la cenere e anche lo straccio per lavarmi? Hai usato la magia?"

 

Merlin rimase di ghiaccio per un attimo.

"Ricordate che ho servito in casa di nobili? Sono case che si assomigliano un po’ tutte, per molti aspetti e ho trovato le cose che mi servivano per il bagno perché si trovavano negli stessi posti della casa dove servivo"

"Chi era il tuo padrone?"

"Lord Clandermott. Lo conoscete?"

"Mai sentito…"

"Certo. L'Irlanda è molto lontana."

"Ma non hai alcun accento irlandese!"

"Ho imparato a parlare con l'accento inglese ma sentite qua…"

E Merlin declamò un detto tipico irlandese: "Ná bíodh aiféala ort dul in aois: níl an phribhléid seo ag go leor acu"*

 

Arthur rise a lungo: "Sei proprio irlandese. Non ho capito niente!"

Anche Merlin sorrise.

 

"Vorrei conoscerti meglio Myrddin. Ma ogni domanda che ti faccio non porta a …niente. Non hai familiari e i tuoi ricordi sono molto lineari, asettici, quasi che appartengano a un'altra persona piuttosto che a te."

 

"C'è stato un tempo in cui la mia vita era straordinaria, maestà. In gioventù sono stato molto felice."

"C'era anche la persona che amavi con te?"

"Certamente. Eravamo buoni amici. Una strana amicizia condita da dispetti ma anche di amore"

"Lei ti amava?"

"Lei, chi?"

"La donna che amavi…"

"Oh,...penso che ad un certo punto, sì, mi abbia amato"

"Siete stati insieme?"

"No! Ci fu un unico bacio. Ma mi segnò profondamente. Si spaventò e ci separammo"

"Cosa temeva?"

"Credo la differenza di ceto…" disse Merlin distogliendo lo sguardo.

"Lei era nobile?" sollevò le sopracciglia Arthur.

"Molto!" rispose il servo con un sorriso ironico.

 

"Scusa se sono brusco, ma forse lei non ti amava veramente. Altrimenti non ti avrebbe mai lasciato andar via. Non per una cosa così!"

 

'Da quale pulpito…' si disse Merlin, leggermente contrariato.

Dopo un attimo Arthur si rifece sotto.

"Lei era bella?"

"O santo cielo, sì! La persona più bella del creato!"

"E tu com'eri? Bello anche tu?"

"Maestà, io sono ancora bello…" si finse offeso Merlin.

"Sì, certo, scusa ma volevo sapere com'eri in quel periodo."

"Non mi stancavo mai; avevo tante di quelle energie! Non ero bello, ma piacente sì! Almeno questo mi dicevano gli altri. Io non mi sono mai piaciuto troppo, a parte gli occhi e la bocca!"

"Avevi la mia età?"

"Poco meno"

"E mi assomigliavi?"

Merlin rise: "Magari, maestà. Io ero moro ed ero uno stecchino…fossi stato come voi, avrei avuto di che consolarmi delle mie pene d'amore"

"Guarda che non è così. Molto fa il carattere e lo stato mentale ed emotivo"

"State dicendo che tra le principesse che potevate scegliere, ce n'era anche solo una che vi avrebbe rifiutato?" 

"No, ma è perché sono un re!"

"Anche le principesse sono donne e certo potendo scegliere per marito un brutto re molto ricco o un re meno ricco ma bello, credo di sapere cosa sceglierebbero"

"Sei un romantico Myrddin. Ma credo che tra soldi e bellezza vincano i primi"

"È una bella gara!"

"Ma… come sapevi delle principesse?"

Merlin sentì la bocca farsi asciutta.

"È una pratica comune per la nobiltà… lei scelse così suo marito"… e poi ho vissuto nel bosco qui davanti, non in un eremo inaccessibile posto su un alto monte. Ho sempre frequentato parecchia gente. Gente che parla volentieri degli amori del suo re. Infine, c'ero anch'io il giorno del vostro matrimonio."

"Non avrei detto che fossi il tipo, ma in fondo ti conosco poco."

"Scusate maestà" disse Merlin mettendo il telo di fronte al re "non voglio che vi raffreddiate… avrete le dita ormai sciolte…"

Arthur si guardò i polpastrelli raggrinziti.

"Hai ragione, Myrddin" e uscì dall'acqua.

Merlin intravide, suo malgrado, le nudità del re e provò un turbamento molto forte.

Non gli era mai successo in passato. Era sempre riuscito a mantenersi professionale come giovane Merlin. Quel momento del re era sacro e inviolabile.

Merlin strinse i denti e massaggiò il telo attorno ad Arthur, per asciugarlo. Sentiva il viso bruciare e sperò non si vedesse. 

"Dèi, come sei rosso, Myrddin!" 

 

Ecco, come non detto.

 

"Purtroppo alla mia età, ho problemi di circolazione, maestà. Appena ho caldo, divento rosso più del fuoco"

ridacchiò Merlin.

Anche Arthur rise. Poi si tolse il telo e lo consegnò a Merlin.

Vestire sua maestà fu un'impresa immane. Quelle sue mani anziane e non più abituate a quel compito, si inceppavano, lasciandolo mortificato. In più la vicinanza e l'odore di Arthur gli provocavano brividi e capogiri. 

Il re però non sembrò accorgersi di niente.




 

Gaius non c'era. Probabilmente a causa di un malato grave o di una partoriente.

Merlin saltò la cena.

Si specchiò: era tutto sporco di terra dall'addestramento del pomeriggio. Arthur avrebbe dovuto accennarglielo.

 

Prese un bagno nella bacinella. Senza volere gli tornò in mente l'immagine di Arthur di poco prima. 

Respirò profondamente, chiuse gli occhi e immaginò di toccare quel corpo meraviglioso, mentre in realtà accarezzava il suo. Sospirò poi di colpo aprì gli riaprì. Uscì dal catino e si specchiò. Com'era vecchio il suo corpo. Toccarsi pensando ad Arthur era come profanare la bellezza del re.

Da quanto non si sentiva così. Un'eternità. Pensava che il suo vecchio corpo fosse immune ormai dal desiderio, invece, lo sentiva forte come poche volte nella vita gli era capitato.

Era così emozionato e turbato che quasi non capiva. Forse aveva fatto male a togliersi quei dieci anni di dosso. Era sicuro che se avesse mantenuto il suo corpo ad un’età di circa ottant'anni, come nei tre anni precedenti, avrebbe raggiunto e mantenuto la pace dei sensi. Probabilmente era così. Ma cambiare età, ora che Arthur lo conosceva bene non era più fattibile.

 

L'immagine di Arthur nudo continuava a tormentarlo.

Soffriva fisicamente e mentalmente. Poteva concedersi quella piccola trasgressione.

Continuò a guardarsi nello specchio e vide se stesso con la luce dorata negli occhi e il palmo in fuori, pronunciare quell'antica formula che aveva promesso di non pronunciare più. Non era stato neppure doloroso, ma il problema non era trasformarsi da vecchio a giovane, bensì il contrario. 

Eppure questa consapevolezza non era bastato a fermarlo. 

 

Una luce forte lo inondò, poi eccolo lì, il giovane Merlin. Bianco, liscio, sodo, persino muscoloso. Si toccò il viso, i capelli. Che effetto strano! Non ricordava di essere così giovane! E nemmeno così bello. Si sorrise. Poi tornò a finire di fare il bagno, con un languore al petto. Si asciugò e andò a sdraiarsi sul letto. Chiuse di nuovo gli occhi e pensò ad Arthur nudo. Bastò un solo pensiero rivolto a lui per accendersi come un fuoco. Con dolcezza si accarezzò il petto, l'addome, il sesso, e si lasciò andare.


Giaceva senza forze, languido e soddisfatto.

Non avrebbe pensato che sarebbe stato così bello, anche se oltre al sollievo provava un curioso senso di colpa. Non per ciò che aveva appena fatto, quanto per il motivo per cui dopo tre anni aveva ripreso il suo aspetto originale. Solo per ... strozzare il pollo, si diceva in Irlanda. E si fece una risata.

 

Merlin indossò la camicia da notte poi si distese sotto le coperte.

Poco dopo sentì dei rumori alla porta del laboratorio. Si spaventò. Che fossero ladri? Probabilmente era solo Gaius. Qualcuno adesso stava bussando e Merlin si alzò.

"Chi è?" chiese piano Merlin.

"Sono un amico di Merlin. Aprite per favore!"

 

'Will!' 

 

Merlin ci pensò su un attimo poi non resistette e aprì la porta.













 

*“Non rimpiangere di essere invecchiato. Molti non hanno questo privilegio”

 

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Capitolo 4
*** Rationes amicorum ***


 

3459 parole

 

Capitolo IV

 

Rationes amicorum


(Le ragioni degli amici)
















 

"Oh, per gli dèi, Merlin!… Merlin, sei tu?"

Will lo abbracciò di slancio e poco dopo, cominciò a singhiozzare tenendo stretto l'amico.

Merlin ricambiò affettuosamente l'abbraccio. 

 

Non lo vedeva da una vita e Will gli era mancato tanto. Non aveva potuto rivelare a nessuno ciò che gli era successo, non per intero, non quello che era capitato con Arthur.

Finalmente una persona che sapeva chi lui fosse. Qualcuno che era preoccupato per lui, che lo amava per com'era davvero, nel bene e nel male. Anche a Merlin scesero lacrime di consolazione. 

 

Poi tornò in sé, si guardò intorno e tirò l'amico dentro al laboratorio. Se l'avessero scoperto non avrebbe saputo cosa fare! Merlin non si era ancora ritrasformato. 

Avrebbe tanto voluto provare a passare una notte serena, senza gli acciacchi dell'età. Si sentiva così bene ora che era giovane e dinamico.

 

Merlin staccò le mani dalle spalle di Will. 

"No!" quasi urlò Will. "Ti prego, Merlin, non staccarti da me. Non lo sopporto…"

 

Il servo preoccupato gli mise le mani tra le sue. 

Will le strinse forte. "Solo un attimo ancora … Ho paura che se ti lascio, sparirai di nuovo… Ti cerco da tanto di quel tempo…"

 

"Ma … la lettera che ho mandato ai miei genitori … non ti hanno detto nulla?"

"Cosa avrebbero dovuto dirmi? Che eri sparito e molto probabilmente morto e sepolto? Che cosa ti è successo? E perché Arthur mi ha detto che non sapeva dov'eri? Mi odia ancora, 

quindi!"

 

"Non ti odia! Ti ha detto che non sapeva dov'ero perché … é la verità: lui non lo sa. Aspetta…"

 

Merlin fece sedere Will e gli si sedette di fronte senza lasciare le mani dell'amico.

 

"Ricordi l'uomo che si allenava con Arthur, prima, quando gli hai chiesto udienza?"

"Quel cavaliere che sembrava un fantoccio?"

"Esatto. Quel fantoccio ero io!"

"No! Non è possibile! Si muoveva come un vecchio…"

 

"Appunto. È da tre anni che sono vecchio. Mi faccio chiamare Myrddin e l'unico che ne è al corrente è Gaius. Sono da poco tornato al servizio di Arthur, ma se lui sapesse… devi giurarmi che non lo dirai a nessuno"

"Va bene. Puoi stare tranquillo… ma perché lo hai fatto?"

 

Merlin si guardò intorno per un attimo, forse a disagio. Ma di Will poteva fidarsi come di se stesso.

"Io e Arthur… tu non puoi saperlo … ci fu un bacio tra noi…"

 

Will spalancò gli occhi, sorridendo e si fece uscire solamente un sorpreso: "Merlin!..."

 

"No, aspetta! Doveva essere una specie di scherzo…  ma poi la situazione è trascesa…"

 

"Che vuoi dire?"

 

"Arthur mi baciato, intendo dire, baciato sul serio e io … non mi sono certo fatto pregare!"

 

"Penso che sia più che naturale per te. Voglio dire, che altro avresti dovuto fare? Sei innamorato di lui da una vita … Mi verrebbe da esultare, Merlin. Penso che sia una cosa meravigliosa."

 

"Lo è stata, ma solo finchè è durato"

 

"Hai capito Arthur! Il furbacchione! Tanto virile, tanto le ho tutte ai miei piedi ... ti giuro che non l’avrei mai detto. 

Anche se ci speravo … per te."

 

"L’ho pagata cara però! Quello è stato l’inizio della fine…"

 

"Perché? Cosa è successo?"

 

"Poco dopo Arthur scoprì che possedevo la magia"

 

E di nuovo gli occhi di Will si spalancarono.

"Ahia! Com’è andata?"

 

"Era una situazione al limite… ho dovuto usare la magia e lui mi ha visto. I particolari te li risparmio. Ciò che conta è che mi ha mandato via … con Valiant…"

"Ma perché?"

"Secondo te?"

"Non so. A causa della magia?…"

 

Merlin lo stava guardando con occhi pieni di tristezza.

 

"No! Si era… si era pentito!… Mi dispiace. Ti si sarà spezzato il cuore"

 

Merlin sospirò.

"Si sentiva minacciato da ciò che aveva provato durante il bacio. Sperava mi mettessi con Valiant… così era a posto con la coscienza"

 

"Che vigliacco! Ora ce l'ho di nuovo con lui, ma più prima. Ha sbagliato tutto…"

 

"Abbiamo sbagliato entrambi!"

"Non sono d'accordo!"

 

"Ti va di mangiare?"

"Sicuro. Grazie”

 

Merlin lasciò le mani dell'amico e apparecchiò la tavola per lui. Tra un boccone e l’altro Will biascicò:

"Sono davvero scioccato, Merlin per ciò che mi hai detto."

 

"A vederti mangiare non si direbbe…" sorrise Merlin. "Mi sei mancato, Will. Avevo voglia di dirti tutto ma non potevo certo scriverti una cosa così, per lettera. E del resto credevo che i miei ti avessero detto almeno che ero vivo…" 

 

"Hunith non mi ha detto niente. Non si fida di me, vero? Da Balinor me lo sarei aspettato, ma non da lei …"

 

"Non so. Avranno avuto paura per me. Avrei voluto però che ti avessero avvertito."

 

"Se ci pensi bene, il motivo per cui ti mandarono a Camelot la prima volta fu perché io avevo scoperto la tua magia!"

"Non solo per quello!"

"Non ti ho mai tradito."

"Lo so!" 

"Neppure mia moglie sa niente."

"Tua moglie…" disse Merlin intenerito.

"Non L’ho mai vista, neanche una volta… Avrei tanto voluto farti da testimone"

 

"Per un po' fui furioso con te, sai? Poi prevalse la preoccupazione. E l'amicizia. A proposito sai chi ho scelto come testimone?"

"Non dirmi che hai scelto Lawrence!"

Will lo guardò con fare offeso, ma poi scoppiò a ridere: "Lawrence? Ma neanche su un'isola deserta! Ho scelto Balinor!"

"Che cosa? Ma se hai sempre avuto paura di lui!"

"Non è vero! Tuo padre è solo un po'... burbero. L'ho scelto perché… se non potevo avere te, volevo qualcuno che ti fosse molto vicino."

"E lui ha accettato?"

"All'inizio non voleva poi gli ho spiegato il motivo e alla fine, sì, si è convinto. Devo dire che si è comportato molto bene al matrimonio"

 

"Che dolce sei stato. Grazie Will! Ma dimmi… sei felice?"

 

"Oh, sì. A parte la spina nel cuore dovuta a te, posso dire di non essere mai stato più felice. Tra qualche mese sarò padre"

"Forse dovrei invidiarti, ma ti adoro così tanto che sono solo contento! È bello saperti felice. Una casa, una moglie, un figlio … ce l'hai fatta, Will!"

 

"Ogni tanto però, io e Eda litighiamo …"

"Però poi … fare pace dev'essere una delizia!"

 

Will ridacchiò. "Ammetto che qualche volta ho cercato la lite, proprio per quello…"

 

"Tu non cambierai mai… Sei il solito furbastro… ma credo che Eda sia davvero una ragazza molto fortunata …"

 

Will si sentì commuovere nuovamente e per togliersi dall’imbarazzo del momento virò bruscamente il discorso.

"Ci stai ancora provando?"

sorrise Will con malizia.

 

"Come? No! Cosa ho detto di male?" 

 

"Non ho dimenticato i tuoi gusti sessuali…"

 

"Il fatto che tu sia stato il primo a farmi battere il cuore, non significa che non possa provare per te dei sentimenti d'amore scevri ormai da qualsiasi impulso sessuale."

 

Will fece uno strano broncio.

"Per un ragazzo bello come me non è facile accettare che il tuo amico alternativo non provi più desiderio per te."

 

Merlin scoppiò a ridere. "Ma ti senti? E poi sarà successo dieci anni fa… immagino che tu stia scherzando"

 

"No"

 

"Allora deve trattarsi di una forma di orgoglio. Credo che sia piacevole sapere di essere desiderati…" sorrise Merlin un po’ confuso.

 

"Dipende da chi. Se al tuo posto ci fosse stato Lawrence, mi sarebbe venuto da vomitare. Con te invece credo di essere stato persino un po' geloso, quando mi hai detto di esserti innamorato di Arthur. Non fraintendere: mi ha fatto piacere vederti così preso e entusiasta. A volte sono ancora un po' bambino…"

Merlin gli mise una mano sulla spalla.

"Ti posso dire che tu sei stato e sarai sempre il mio migliore amico …"

 

"Ma … non credo, sai? Mi sa che anche qui sono diventato secondo, Merlin…"

 

"Dici?... C'è stato, è vero, un periodo in cui l'amicizia di Arthur era davvero importante, non lo nego. Ma adesso non è più così e per ovvi motivi… per cui non sentirti secondo a nessuno. Parlo di amicizia e non di amore …" 

"Hai il tatto di un pachiderma, Merlin! Ti piace continuare a mettere il dito nella piaga, eh? Ma … va bene così!" sorrise l’amico.

 

"Mi aiuteresti?" chiese Merlin guardandolo.

 

"E come?"

 

"Vieni in camera mia!"

Will lo seguì senza obiettare.

 

"Mi aspettavo una delle tue battute sporche!" ridacchiò Merlin. 

 

Will si mise a ridere a sua volta.

Merlin si pose di fronte allo specchio: "Non è un peccato sacrificare tanta bellezza, Will?" disse facendo finta di ammirarsi allo specchio.

 

"Vuoi tornare vecchio?" 

 

"Sì. È molto strano che tu sia apparso proprio l'unica volta in cui sono tornato me stesso."

 

"Magari, non è un caso! Non ti avrei mai riconosciuto altrimenti. Ma … come mai l’hai fatto proprio oggi?"

 

Merlin esitò. "È una lunga storia. Niente di importante…"

 

Il viso di Will si illuminò e si avvicinò all'altro per guardarlo negli occhi e mettergli le mani sulle braccia.

"Sai che hai ragione! Penso sia davvero un peccato sprecare la tua bellezza e la tua giovinezza. Basta Merlin! Pensa solo a te stesso per una volta. Ti prego! Io credo che tu dovresti trovare un modo per poter vivere la tua età. Secondo me dovresti tornare a Ealdor o andare altrove e scordarti del re."

 

"Non potrei mai…"

 

"Sì, so anche che sei testardo come un mulo, purtroppo … ma riflettici su con calma, me lo prometti?"

 

"Questo posso promettertelo!"

 

"Adesso cosa posso fare per aiutarti?"

 

"Non ho avuto problemi a tornare giovane, ma l'ultima volta che ho usato l'incantesimo invecchiante sono stato davvero male. Non devi fare nulla se non starmi vicino. Ma se non te la senti, posso capirti."

"Tranquillo! Ce la farò!"





 

Will era ripartito. Non prima di averlo redarguito a dovere.

"Non prenderla a male" gli aveva detto con serietà. "Non sei terribile come vecchio, ma non riesco a guardarti così. Tutti pagherebbero oro per tornare giovani e tu passi la tua vita, nei panni di un vecchio, con tanto di acciacchi, per giunta! E ti ho visto, sai? Hai sofferto come un cane quando hai usato quell’incantesimo. Ho avuto paura per te. Hai impiegato tutta la notte per riprenderti"

 

Gli aveva chiesto di salutare il re da parte sua. E Merlin per contro gli aveva chiesto di abbracciare i suoi per lui.

Will ridendo aveva risposto: "Non abbraccerò tuo padre! Abbraccerò sicuramente la tua mamma per te, sempre che Balinor non sia nei paraggi."

Merlin rise ma ebbe un moto di malinconia a pensare ai suoi genitori. Loro conoscevano la sua storia, tranne i dettagli della vicenda con Arthur. Sicuramente mancava loro come loro mancavano a lui. 

 

Quel pomeriggio sul tardi Merlin raggiunse Arthur sul campo di addestramento. Si sentiva più energico del solito. Forse era stata la visita di Will, o forse quel suo intrattenimento solitario del giorno prima. 

 

"Myrddin, eccoti" fece Arthur. Il re si mise di fronte a lui con le mani sui fianchi e lo guardò incerto. "Forse dovremmo trovarti un equipaggiamento più consono. Così sembri una marionetta di latta …"

 

Merlin sorrise: "Come volete. Devo portarvi gli omaggi del signor Stockley che è dovuto partire in mattinata per un'urgenza"

Arthur storse le labbra per un attimo.

"Mi avrebbe fatto piacere salutarlo. L'hai conosciuto?"

"Ieri sera è venuto al laboratorio per salutare Gaius."

"Capisco!"

"Purtroppo non è riuscito a vederlo. Gaius era in visita ed è rientrato solo a mattino inoltrato. Visto che ieri sera si stava facendo tardi, ho proposto al Signor Stockley di fermarsi a dormire. Spero di non aver sbagliato!"

 

"Hai fatto molto bene invece. Ti ringrazio. Lui era il più caro amico di M… di un mio caro amico."

"Questo Merlin di cui chiedeva a tutti?"

 

Arthur assunse una postura un po' contratta.

"Già, lui … Cominciamo."

Merlin avrebbe voluto chiedergli qualcosa in più. Per capire ciò che Arthur pensava di lui dopo tanto tempo.

 

"Togliti pure quella ferraglia di dosso. Non ti servirà!"

"A saperlo prima …" borbottò appena Merlin.

"Come hai detto?"

"Niente, maestà!" sorrise togliendosi l'elmo.

Poi cominciò a manovrare i chiavistelli dell'armatura ma a causa dell'agitazione non fece che combinare guai.

La chiave della gorgera nella fretta si era inceppata.

"Un attimo solo, maestà" disse arrossendo.

"Aspetta" si avvicinò Arthur "ti aiuto!"

"Grazie" disse Merlin a disagio. Arthur lo guardò da vicino e gli scappò un sorriso nel vedere il vecchio servo abbassare gli occhi con imbarazzo e arrossire.

Poi il re liberò il servo dal suo giogo.

"Ecco tieni queste e indossa i guanti!"

"Cosa sono?"

"Sono delle forbici speciali con cui i contadini tagliano le foglie e i rami. Vedi queste siepi? Tu dovrai potarne metà con la mano destra e l'altra metà con la mano sinistra. Credimi, non c'è niente di meglio per rafforzare le mani. Per questo i contadini hanno le mani grosse."

 

Merlin sospirò. Lui aveva dita e mani molto sottili.

 

"Spero che tu riesca a finire in un paio d'ore. Ma ricorda che domani verrò a controllare che tu abbia potato correttamente. E se non sarà così dovrai rifarlo"

 

"Ho capito maestà!"

Una punta di delusione lo colse. Non solo per l'immane potatura che lo attendeva, ma perché Arthur non sarebbe rimasto con lui.

 

"Ah, Myrddin c'è una cosa.

George è guarito e domani tornerà in servizio."

Per Merlin fu una doccia fredda. Sapeva che non sarebbe durata ma non pensava che sarebbe finita dopo un paio di giorni.

 

"Va bene, maestà!"

 

"Continuerei queste nostre sedute d'addestramento se per te va bene!"

"D'accordo!"

"Avrò bisogno di te nelle scuderie oltre che pensare alla legna. Ti presenterai a me dopo colazione, ogni mattina per ricevere ordini."

 

"Va bene!"

"Tra una luna partiremo per quella missione. Sei ancora dell’idea di unirti a noi?"

"Certo, maestà!"

 

Arthur si allontanò e Merlin si sentì più sollevato. Sarebbe stato ancora a fianco del re, in un modo e nell'altro.

Però in quel momento lo sentì più lontano. Cosa aveva creduto? Che lo avesse tenuto al posto di George? Per Arthur, lui non era nessuno. Nient'altro che un vecchio servo straniero, da trattare con rispetto per via dell'età.

 

Quando tornò in laboratorio, aveva le mani piene di piaghe, nonostante i guanti. Gli dolevano i muscoli di mani e avambracci. E pure la schiena.

Gaius gli aveva preparato la cena. 

"Gaius, sei stato via tutta la notte scorsa!"

"Sì. Il ragazzino che ho curato era in pericolo di vita e non ho voluto allontanarmi. Ma sono riuscito a dormire qualche ora e il paziente sta meglio"

"Sapete… è venuto Will ieri!"

"Cosa?"

"Sì e mi ha visto! Mi ha visto davvero, intendo: ero tornato alla mia età…"

Gaius era doppiamente stupito. 

"Com'è successo?"

"Diciamo che … non ho resistito alla tentazione!"

"Dovrebbe trattarsi di una magia permanente, tranne che non sia tu a decidere di annullarla…"

"È stato così!"

"Posso sapere il motivo?"

"Ehm, per un attimo ho desiderato ardentemente tornare com'ero. Ma ho commesso un errore. Tornare come sono adesso è stato più doloroso di quel che ricordavo. Per fortuna Will era qui!"

 

Gaius rimase a lungo in silenzio. 

"A cosa pensi, Gaius?"

"Che dovresti smettere di vivere in questo modo."

"Si tratta solo di qualche anno."

"I migliori anni della tua vita, Merlin!"

"Vivrò a lungo, Gaius. Potrò recuperarli. E la salvezza di Albion è la mia missione…"

 

"Non saranno sempre anni buoni Merlin, quelli futuri. Prima o poi perderai tutte le persone che ami e ti sentirai solo. Dovrebbero essere questi gli anni più felici della tua lunghissima vita. La tua giovinezza non sarà mai più come adesso, persino se vivrai da adolescente per tutta la vita.

 

"Sembra molto triste, detta così. E certamente lo sarà. Ma la profezia del drago ha la priorità."

 

"Ammettilo! È anche per rimanere accanto ad Arthur, vero?"

 

Merlin era scioccato. Era la prima volta che Gaius parlava apertamente di lui e Arthur insieme.

"Non spero più niente da lui, se è questo a cui vi riferite. È sposato con figli…"

 

"E sarà sufficiente a tenervi lontani? Non sei solo tu, ma anche lui. Io l'ho visto. Non era più in sé quando non c'eri. Temo che potrebbe avvicinarsi di nuovo a te, se sapesse chi sei e non sarebbe un bene per nessuno dei due. Tu non riusciresti a resistere, lo so io e lo sai anche tu!"

 

"Lui non sa chi sono! Sono solo un vecchio servo per lui. Pensate che potrei interessarlo ugualmente?"

 

"No…" mormorò Gaius.

 

"Non preoccupatevi allora. Mi ha già rifiutato una volta e non ho certo intenzione di ripetere l'esperienza. È stato umiliante!"

 

"Anche se sai che, se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto te?"

 

"Cosa dite? Lui è il re! Lui poteva scegliere e ha scelto. Non gli ho imposto nulla. Non gli ho mica chiesto … di sposarmi!"

 

"Oh, Merlin. Lui non poteva affatto scegliere. Non lo capisci?"

 

"Non è vero … Io gli ho aperto il mio cuore ma lui non mi ha mai amato. Ha fatto e disfatto tutto lui. 

Lui mi ha baciato, lui mi ha mandato via, lui si è rifatto una vita. E io invece non posso. Continuerò a desiderarlo, lui no. Continuerò ad amarlo, lui no. Lui ha dei figli che lo amano. Io non li avrò mai!" Si accorse che stava urlando di rabbia e improvvisamente si bloccò, sentendo un groppo in gola. "Lui ha una persona accanto che ama e …" mormorò con voce rotta.

 

"No, Merlin." disse Gaius a bassa voce.

"Lui non ama la regina. Non l'ha mai amata. E sai perché? Perché non è riuscito a dimenticarti. Arthur ama molto i suoi figli, ma il suo matrimonio sta per naufragare e anche se non ne hai colpa, la causa sei tu!"

 

Merlin tacque. 

Si era lasciato andare. Si era sfogato, ma non ne aveva tratto alcun sollievo.

 

"Tu non puoi farci niente! Anzi non devi farci niente! Arthur è in grado di gestire questa situazione. È diventato un bravo re ed è un brav'uomo. Ha sbagliato a sposare Mithian, ma ha raggiunto il suo scopo principale: dare degli eredi a Camelot. È anche un bravo padre. Ama teneramente i suoi figli ed è disposto a fare qualsiasi cosa per loro. Perdonami, ma io spero che Arthur non torni sui suoi passi con te. Ha sofferto ed è cambiato… Anche se tu avessi le tue vere sembianze, sarebbe tentato, lo so, ma penserebbe sempre prima ai suoi figli, al loro benessere e al loro buon nome. Non lo metterebbe a rischio neppure per amor tuo. Il mio consiglio è: vattene, Merlin e vivi la tua vita!"

 

Merlin si alzò e uscì. Aveva bisogno di aria. Si sentiva come compresso, chiuso. Ripensò alle parole di Gaius che gli graffiavano il cuore. 

Si allontanò da Camelot. A piedi. Era notte e si diresse nel largo spiazzo dove altre volte era stato per chiedere consiglio.

E lo chiamò.

 

"Draca! Cuman sōna nēah ic"

 

No, Merlin non era il signore dei draghi. Suo padre, il legittimo signore dell'ultimo drago ormai esistente, gliel'aveva offerto in dono. Il suo drago. Gliel'aveva scritto in risposta alla sua lettera di tre anni prima, quando Merlin lo informò della sua metamorfosi.

Balinor aveva semplicemente detto a Kilgharrah, il drago: "Ti ordino di fare tutto ciò che mio figlio Merlin ti chiederà!"

Kilgharrah si era lamentato. "Posso avere un solo padrone!" Al che Balinor aveva risposto. "Non prenderai più ordini da me, ma solo da Merlin!" 

Era un ordine e il drago non poté fare altro che accettare.

 

Poco dopo un'ombra enorme oscurò la luna e si appoggiò davanti a Merlin, scuotendo la terra.

"Kilgharrah, aiutami! Ho bisogno di sapere se devo rimanere a Camelot o se posso andare via."

 

"La profezia è chiara, giovane mago. O meglio, vecchio mago…" ghignò il drago.

 

"Sono sempre io comunque."

 

"Se sei la metà di un intero, perché si adempia il destino di Albion, tu e Arthur non potete essere separati"

"E se questo non fosse possibile?"

"In questo caso credo che la profezia non si avvererà!"

"E quindi cosa succederebbe?"

"Tu vuoi lasciare il re?"

"No, ma credo che per lui sarebbe meglio…"

"Pensi che per lui sarebbe meglio perdere la sua metà?"

"Penso che saremmo entrambi più felici. È tutto così strano!"

"Strano poiché ora hai questo aspetto da vegliardo? Non credo cambi nulla."

"Lui non sa neanche che sono io…"

"Ricordi all'inizio quando non lo sopportavi? Eppure sei rimasto con lui. E direi che è andata bene! Adesso la scelta è tua. Ma sappi che Albion non potrà essere salvata da uno solo di voi. Mi dispiace. Non ho altro da dire"  e se ne volò via.


Merlin rimase lì, con tante domande in testa. Kilgharrah aveva detto che allontanandosi dal suo re la profezia non si sarebbe avverata. 

Non gli era stato poi così utile. Le risposte di Kilgharrah erano sempre piuttosto criptiche!

Un moto di scoramento lo prese. Non aveva ancora capito cosa doveva fare.

 

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Capitolo 5
*** Obsessio ***


3292 parole

 

Capitolo V

 

Obsessio









 

Tornando indietro più confuso di prima, Merlin si spaventò vedendo una figura nel buio, proprio davanti all’ingresso del laboratorio.  Era George che con il consueto modo irreprensibile cominciò a parlare. "Sua maestà vuole parlarti, Myrddin. Ti cerca già da parecchio tempo..."

"Grazie George. Vado subito. Ma tu come stai?" 

"Bene, grazie" e il servo si allontanò senza dire altro.

Doveva immaginare che George non sarebbe cambiato. Sempre freddo ma educato, sempre chiuso, preciso e irrimediabilmente noioso. Chissà come faceva Arthur a sopportarlo. 

In fondo non era così terribile ma purtroppo era il servo di Arthur, colui che aveva preso quel posto che in passato era stato suo a lungo, nel periodo più felice e spensierato che avesse mai passato. George non aveva colpe.

 

Merlin si mosse quasi di corsa verso le stanze del re. Ormai le guardie lo conoscevano bene e lo lasciarono passare senza controllarlo.

Si fermò di fronte alla porta. Aveva il fiatone. Si ravviò i capelli un paio di volte e si lisciò la barba. Poi bussò.

 

"Avanti!"

 

"Maestà, scusatemi se vi ho fatto attendere. Volevate parlarmi?"

 

Il re era seduto alla sua scrivania e aveva un’aria  piuttosto seccata. Stava facendo volteggiare una penna con una mano e i suoi occhi parvero glaciali quando lampeggiarono su di lui.

"Sì. Volevo solo sapere se hai completato l'allenamento e com'è andata! Dovrai essere pronto. Quando sarai in missione dovrai essere almeno in grado di difendere te stesso."

 

Arthur notò le bende sulle sue mani.

"E quelle?"

"Non è niente. Qualche piccola vescica, maestà. È stato Gaius a volermi curare, ma non ce n'era bisogno."

 

"Fammi vedere. Togliti le bende"

"Ma sire…"

"Adesso!" Il tono del re non ammetteva repliche.

Merlin srotolò le bende, che caddero a terra e mostrò arrossendo le mani al re.

 

Altro che piccole vesciche. Aveva bolle gonfie, già purulente e molte delle lacerazioni sanguinavano ancora.

Merlin si chinò per raccogliere le bende insanguinate da terra.

 

"Vieni qui, Myrddin"

 

Il re gli prese delicatamente la mano libera e gliela girò per osservarne il dorso. Nonostante l'età, le mani erano ancora bianche e lisce, da fare invidia ai suoi migliori scrivani. Non le aveva notate, prima, quelle lunghe dita sottili, così simili a quelle di Merlin.

 

"Non mi hai detto che fai il boscaiolo?"

"Sì, maestà!"

"Ma se hai le mani come quelle di una fanciulla che suona la cetra! Mi prendi in giro?"

"No. In realtà io faccio il boscaiolo da pochi anni. Ho sempre fatto il servitore, come vi ho detto. Tagliare la legna è un lavoro molto duro e io mi sono aiutato con la magia … praticamente ogni giorno. Non sono mai stato un uomo particolarmente robusto … mi dispiace se siete deluso."

"Non lo sono. Almeno sono sicuro che non hai barato durante l'addestramento!"

"Perché avrei dovuto barare?"

"Perché sei un mago, ma se tu avessi usato la magia non avresti le mani ridotte in questo stato."

"No, infatti!"

 

Arthur si alzò dalla sedia e lo guardò con aria beffarda.

 

"Dov'eri prima, quando ti ho fatto chiamare?" Il tono di Arthur era un po’ più aspro.

"Ho fatto una passeggiata per schiarirmi le idee!"

"Non è che, per caso, sei andato alla taverna?"

Merlin ebbe un curioso déjà vu. 

"Non sono andato alla taverna, maestà!"

"Dite tutti così…" sorrise il re sarcastico.

 

"Non avrei motivo di mentirvi. Se voglio andare a bere alla taverna, non credo di dover chiedere il vostro permesso, oppure ci sono nuove regole di cui sono all'oscuro?"

 

Arthur camminò fino a dargli  le spalle.  

"No, certo. Sei abbastanza maturo per fare le tue scelte. Allora, dimmi…" chiese girandosi verso di lui con un piccolo sorriso "su cosa  dovevi riflettere di così importante?"

 

Merlin ci rimase un po' male. Il re gli stava facendo delle domande inopportune. Sembrava quasi in cerca di un motivo per poter arrabbiarsi con lui. In quel momento aveva davanti a sé il giovane principe borioso e arrogante dei primi giorni.

 

"Su cosa un boscaiolo deve riflettere così a lungo? Sul significato della vita? Sei anche un filosofo, Myrddin?"

 

Merlin strinse i denti.

"Stavo pensando se mi convenisse restare a Camelot oppure no!"

Il viso del re si corrucciò.

"Cosa? Ma non sei in parola con me? Non hai detto che parteciperai alla missione?"

 

"Certo e lo farò. Parlavo del futuro."

"Cosa ti porterebbe lontano da qui? Cosa c’è che non va a Camelot?"

 

"Nulla. Adoro Camelot e voi mi avete offerto nuove possibilità di lavoro: vi sono molto grato. Ma Camelot è legato a una persona di cui vi ho già parlato."

 

"La donna della tua vita abita a Camelot?" domandò Arthur stupito.

"Esatto."

"Sei venuto qui per lei?

"Fra le altre cose, penso di sì!"

"E l'hai già incontrata?"

"Ultimamente la vedo tutti i giorni."

"Mi hai detto che é nobile! Quindi la conoscerò sicuramente!"

"È possibile."

"Chi è?"

Merlin prese un grosso respiro ma poi sorrise: "Non chiedetemelo, maestà. Non ve lo posso dire"

"Tanto prima o poi lo scoprirò..." ridacchiò Arthur.

"Oh, io non credo!" fece Merlin con sguardo irriverente.

"Beh, se la vedi tutti i giorni,…"

"Dovete sapere che … lei non mi ha riconosciuto. Ne sono sicuro. Sono passati più di quarant'anni e io sono molto cambiato."

"Tu l'ami ancora?"

"Una parte di me l'amerà sempre. C'era un rapporto speciale tra noi, almeno per me era così"

"Sarà sicuramente molto invecchiata anche lei?"

Merlin lo guardò: "Per me è sempre bellissima"

Non mentiva. Era sicuro che se si fosse trovato di fronte il re, con quarant’anni di più, non sarebbe cambiato niente del suo sentimento.

 

"Come sei romantico! Sembri uscito da uno di quei romanzi d'amore che piacciono tanto alle nostre dame."

 

"Gli eroi nei romanzi d'amore sono sempre principi, re o cavalieri. Vedo più voi in queste vesti, se non vi dispiace…"

 

"Quando fai così, mi ricordi il mio vecchio servo…"

 

"Merlin?"

 

"Lui! Devi scusarmi per prima ma mi sono comportato con te esattamente come facevo con lui."

 

Myrddin sorrise. "Non lo invidio! Voglio dire, se non poteva andare neanche alla taverna…"

Anche ad Arthur scappò un sorriso e si spiegò. "Non era per la taverna. Era perché spariva là dentro anche per due, tre giorni di seguito senza dirmelo"

"Una bella sbronza, non c'è che dire…"

"E non l'ha mai ammesso, nemmeno una volta: era questo che mi faceva ammattire. E un po’ come fai tu, aveva un modo di fare un po' … irriguardoso." 

"Perdonatemi, ma io non mi sento affatto irriguardoso con voi…"

"Forse mi sono espresso male. Intendo più un certa ironia di fondo che permea il tuo comportamento, come il suo, in passato. Nel tempo ho scoperto molto di più su di lui e alla fine era diventato il mio amico più caro, la persona senza la quale non mi sentivo mai del tutto a mio agio. Era divertente, intelligente, … in una parola unico!"

 

"Devo correggermi, allora, quando ho detto che non lo invidiavo: penso che Merlin sia stato molto fortunato. Poche sono le amicizie così forti tra un re e un suo sottoposto." E sentì un lieve groppo in gola.

 

Arthur stava in silenzio. Sembrava riflettere.

 

"Se posso permettermi, maestà, come mai l’ amicizia con Merlin, è finita?" 

 

"Ecco… è una lunga storia. Si sono intromessi fattori interni ed esterni … Uno di questi era la magia, che in tanti anni al mio servizio, non mi aveva rivelato di possedere. Per me fu un colpo. E dubitai della sua buona fede."

 

"Se vigeva ancora la vecchia legge di vostro padre, non mi stupisco che ve l'abbia tenuta nascosta. Dirvelo sarebbe stato un suicidio"

 

"È vero, ma non è per quello che l'ho mandato via… perché devi sapere che sono  stato io a chiedergli di andare via, nonostante mi sia costato molto …" 

Arthur rimase in silenzio con un'espressione sul viso assolutamente cupa. "Scusami ma … non me la sento di parlarne. È bene che ora vada a dormire!"

 

"Certamente sire. Vi auguro la buonanotte"

 

"Buonanotte anche a te. Ma ricordati: se dopo la missione, sentirai di nuovo il desiderio di andartene, vieni prima a parlarne con me. Forse troveremo qualcosa che ti interessi"







 

Il re non smetteva di baciare il figlioletto, che rideva e gli toccava la faccia con le manine. E ogni volta che lo stava per dare in braccio alla moglie, lo riprendeva: ancora una coccola, un vola-vola, un abbraccio, un bacio. Non la finiva più. Smise solo quando la bimba più grande cominciò a strattonare i calzoni del padre, aggrappandovisi poi con forza.               

Arthur non poteva permettersi di rimanere con il sedere di fuori di fronte a tutta Camelot. Sarebbe diventato lo zimbello del regno.

‘Fosse solo per il sedere …’ pensò Arthur mentre una goccia di sudore freddo scivolò dalla tempia al collo e velocemente consegnava il figlio a Mithian per poi prendere in braccio Seraphine.

 

"Piccola bricconcella…"

 

Anche per lei ci furono baci e giravolte, parole dolci e tenere abbracci. Merlin si limitava a guardarlo e a sorridere. Un padre completamente succube dei figli: ecco cosa sarebbe diventato. Anzi lo era già. L'opposto di suo padre Uther.

Per lui era un piacere vederlo così!

 

"Ciao papà! Ciao, amico di papà" lo salutò la principessina Seraphine, quando partirono sui loro cavalli.

La bimba stava in piedi davanti alla mamma agitando la manina. Il piccolo Martin piangeva in braccio alla madre, forse disturbato da tutto quel rumore. Non era ancora in grado di comprendere che il padre sarebbe stato lontano per molti giorni.

La regina era seria e sembrava stanca. 

Merlin ricordò ciò che Gaius gli aveva detto della coppia reale. La regina non meritava una vita infelice. Ma evitò di sentirsi in colpa anche per quello. In fondo lei … lo aveva avuto ed era ancora sua moglie.

Lui era stato molto meno fortunato. Lui non aveva avuto niente, anzi aveva perso tutto e aveva dovuto reinventarsi una vita.





 

Merlin non sapeva nemmeno dove erano diretti né tantomeno il perché.

 

Si accorse che i cavalieri ogni tanto bisbigliavano tra loro con aria preoccupata.

 

Dopo un viaggio lungo e sfiancante, si accamparono e si sistemarono per la sera. Erano circa una ventina di uomini. Tra loro una metà erano cavalieri e altrettanti erano i cadetti, scelti tra i più promettenti per un futuro ruolo di cavalieri.


Oltre a Merlin c'erano altri due giovani servi con i quali preparò una colossale zuppa che richiese più di tre ore di preparazione. Era talmente caldo vicino al grande calderone che Merlin legò i capelli con uno spago dietro la nuca. 

Gli uomini spazzolarono i loro piatti, chiedendo altro stufato. Per fortuna i due servi e Merlin, su consiglio di quest'ultimo, si erano messi da parte una porzione ciascuno, altrimenti sarebbero rimasti a becco asciutto.

Merlin fu felice di constatare che la zuppa era ottima.

 

Gli fu risparmiato il lavaggio dei piatti al fiume, in virtù delle ferite alle mani non ancora rimarginate. Quindi si preparò un giaciglio vicino al fuoco. Avevano dovuto accendere molti fuochi per permettere a tutti di stare al caldo durante la notte. Arthur era l’unico ad avere una tenda.



 

Merlin fu anche esonerato dal turno di guardia notturno.

 

Arthur sedeva presso le radici di una magnifica quercia poco lontano. Merlin lo guardò: il re era inondato dalla luce arancione delle fiamme. Era un'immagine molto pittoresca e infatti potendo l'avrebbe fatta immortalare in un quadro da un esperto pittore.

 

Arthur si alzò in piedi e gli fece un gesto con due dita invitandolo ad avvicinarsi. Poi sparì dietro la quercia.

 

Gli sarebbe sembrato un gran bel sogno, se la tua situazione fosse stata del tutto diversa.

La realtà fu, invece, che fece una gran fatica ad alzarsi dal suo giaciglio e le gambe gli tremavano dalla stanchezza.

Raggiunse il re, che lo attendeva in piedi dietro la quercia. 

Non lo vedeva quasi: la luce del fuoco non superava il grosso tronco dell'albero.

"Siete qui, maestà?"

"Fai tre passi avanti!"

Merlin avanzò adagio, come un cieco, e fatti i tre passi, sentì le mani di Arthur prendergli leggermente le braccia e rilasciarle, solo per fargli capire dove si trovava.

"Grazie maestà"

 

"Senti, Myrddin. È giusto che tu sappia cosa ci aspetta. Ci stiamo dirigendo verso il castello di Idirsholas che fa parte del regno di Camelot. È tra i villaggi più antichi: fu una delle prime sedi del re locale e del suo seguito, poi con l'ampliarsi del territorio è stato scelto un posto più centrale e comodo, Camelot appunto. 

Il palazzo è stato abbandonato molto recentemente dai nobili del posto si sono trasferiti o vivono all'aperto. Molto sconveniente. 

Il castello è vecchio ma è ancora bellissimo."

"Perché i nobili non ci stanno più?"

"Hanno paura. Chiacchiere, credo. Stupidaggini, forse. Spiriti, dicono. Io non ci credo molto, ma non si sa mai. Ne ho viste di cose strane. Per questo avrò bisogno soprattutto di te."

 

"Spiriti?"

 

"Gast, loro li chiamano così. Non ci voleva. Sono morte due persone. Poi ci sono anche i motivi economici. Il villaggio di qui produce miele e vino di ottima qualità. Si coltivano anche verdure e grano. È un villaggio piuttosto ricco e autonomo. Porta ricchezze anche a Camelot che commercia i prodotti di qui con un buon guadagno. Capisci, Myrddin?" Arthur parlava con una certa foga.

"Sì, mio signore!" 

 

Arthur respirò e continuò con voce più gentile.

 

"Non ti scoccia essere partito da Camelot? Non rivedrai la tua bella per un po'!"

Merlin rise. "Vi ho già detto che è sposata e con figli?"

"È un problema, sicuramente, ma non è detto che la cosa sia irrisolvibile. Si vive solo una volta, Merlin. Se lei fosse ancora innamorata di te, le cose potrebbero anche aggiustarsi. I figli saranno grandi e ormai sistemati. E lei potrebbe scegliere di venir via con te o di restare dov’è ora. Oppure ci sono alcune vie di mezzo che per quanto ne so, tu non concepiresti mai. Ma se l’amore è così forte potresti non avere scelta."

"Intendete … una relazione extraconiugale?"

"Mh, qualcosa del genere!"

 

"Voi lo fareste?"

"Se mi avessi fatto questa domanda solo un po' di tempo fa, avrei reagito con sdegno. Ora, non lo so più… Possibile che un uomo come te in quarant'anni non sia riuscito a trovare un altro amore? Non dovevi essere poi così ripugnante, se non sei male neanche ora che sei vecchio…"

 

"Siete molto bravo a fare i complimenti, mio signore" disse Merlin con una smorfia della bocca.

"Non era un amore normale, maestà. È strano come questi quattro decenni siano passati così in fretta, per me. Sembrano passati solo pochi anni. E se anche ci fossero state donne interessate a me, non avrei potuto sposarle, perché non le amavo. Voi cosa avreste fatto al mio posto?"

Merlin capì che provava ancora del rancore verso Arthur, altrimenti non gli avrebbe rivolto una domanda del genere.

 

Arthur rimase in silenzio per un po'. Le parole del servo gli davano fastidio, perché era quello che lui stesso aveva scelto di fare diversamente.

 

"Io non sono in grado di comprenderti Myrddin e non credo che tu potresti comprendere me. Abbiamo dei ruoli e degli obblighi troppo diversi."

 

'Ha eluso la domanda cercando una scappatoia nelle differenze del nostro stato. Sarà anche vero, ma non mi sembra giusto lo stesso' si disse Merlin.

"Se volete scusarmi… i vecchi hanno bisogno di riposare più dei giovani" e si inchinò aspettando che il re lo congedasse.

 

"C'è qualcosa che io non so, vero?"chiese Arthur.

Merlin sollevò un po' la testa, ancora chino un avanti per la riverenza e guardò il suo re con occhi grandi e un po' spaventati.

"A cosa alludete, maestà?"

"Non lo so. Sei tu che devi dirmelo…"

"Pensate che sappia qualcosa su di voi? Ho sentito molte cose belle su di voi e altre un po' meno belle. Ma sono abituato a pensare con la mia testa e a giudicare in base alla mia esperienza diretta."

"Parlavo di te. Tu non mi hai detto alcune cose che dovrei sapere di te…"

"In realtà voi sapete di me molte più cose di quanto ne sappiamo le altre persone che mi conoscono. Solo la mia famiglia e i miei amici più cari ne sanno di più di voi. Mi sono aperto fin troppo con vostra maestà."

"La tua famiglia? Mi hai detto che non avevi più nessuno."

Merlin sussultò. Questo errore poteva costargli caro. Stava parlando troppo. 

"Intendevo i miei genitori, finché erano ancora in vita."

Arthur sembrò accettare la spiegazione ma ancora non lo congedava.

"In effetti ci sono alcune cose che non vi ho detto su di me, ma sono strettamente personali. Fanno parte del mio passato e siccome non sono racconti lieti non mi fa piacere parlarne. Solo un paio di persone al mondo conoscono tutto di me, ma non significa che se ho scelto di tacere con voi, io non sia completamente leale nei vostri confronti. Sono pronto a dare la vita per il mio nuovo re, anche se sono solo uno straniero. E vi assicuro che a nessun altro re ho mai giurato fedeltà."

"Perché non sei mai stato un soldato" sorrise Arthur "come vanno le mani?"

"Con i guanti riesco a fare quasi tutto, tranne lavare i piatti."

"Ottima cena, comunque, Myrddin!"

"Grazie per l'onore che mi fate!"

"Merlin ci avrebbe mezzi avvelenati…"

Merlin sapeva che era una bugia.

"Siete ancora tutti al mondo, a quanto pare …scusate. Voleva essere una battuta…"

"Saresti andato d'accordo con lui."

"Forse. L'avete mai più visto, dopo che lo cacciast… dopo che andò via?"

"No! E non ne ho più saputo nulla. Dopo un po' mi sono sentito in colpa per averlo fatto. L'ho fatto cercare e l'ho cercato io stesso. Volatilizzato."

 

"E se l'aveste trovato?"

"Gli avrei chiesto di perdonarmi, con il cuore in mano, come non ho mai fatto con nessuno."

"Non è da voi!"

"Verissimo, ma l'avrei fatto. Ero pronto a farlo!"

"E se avesse accettato di tornare da voi?"

"Non lo so, Myrddin. Davvero non lo so. Forse è stato meglio così"

 

Merlin provò del risentimento e molta tristezza a quelle  parole amare. "Ne sono convinto anch'io, Arthur!"

 

"Mi hai chiamato per nome!"

"Vi chiedo scusa. Non so come mi sia scappato."

"Non è un problema. Ti dò ufficialmente il permesso di chiamarmi Arthur, come fanno i miei cavalieri." 

"Grazie. Questo è molto gentile da parte vostra."

 

Merlin uscì dal cono d'ombra della quercia, seguito da Arthur. 

"Fermati, Myrddin!"

Merlin si fermò.

"Cosa c'é maestà!"

"Stai fermo un attimo solo! … Oh, dèi! Le tue orecchie!"

"Oh, mi dispiace, maestà, che mi abbiate visto in queste condizioni. Mi sono dimenticato di togliermi il laccio dai capelli!"

E subito lo tolse.

"No…" mormorò Arthur. "Volevo vedere le tue orecchie…" ma si rese conto di ciò che stava dicendo e arrossì imbarazzato.

"Ho delle orecchie molto vistose, maestà. Sono sempre state un mio cruccio."

"Hai delle orecchie un po' particolari, Myrddin. Tutto qui"

E non aggiunse che le sue orecchie, come anche le sue mani e i suoi occhi gli ricordavano quelli di Merlin. Myrddin avrebbe potuto pensare che lui fosse davvero ossessionato da Merlin. E anche Arthur stesso cominciava a pensarlo.

 

Merlin si sdraiò sul suo giaciglio. Arthur gli aveva appena detto che avrebbe preferito ritrovare Merlin. I suoi amici più vicini gli avevano detto che avrebbe dovuto allontanarsi da /Camelot per il suo bene. Mentre il drago era stato più pratico. Insieme la profezia a favore di Albion si sarebbe realizzata, viceversa no.

Lui ci aveva pensato. E malgrado capisse le ragioni di uno e dell’altro, decise che non se ne sarebbe andato. Ad essere sincero, lo sapeva fin dall'inizio. 

Sarebbe stato difficile: lo era già. Ma era con Arthur. E in tutto quello c'era sicuramente tanto dolore ma anche l'unica gioia che poteva avere. Quella di stargli accanto nonostante tutto.



 

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Capitolo 6
*** Quid eventi mihi? ***


3722 parole

 

Capitolo VI

 

Quid eventi mihi?


(Cosa mi é successo?)
















 

Il giorno successivo giunsero finalmente a Idirsholas, quando il sole stava per tramontare. Montarono l’accampamento ma non ci fu tempo per mangiare né per riposare.

Arthur voleva togliersi il pensiero il prima possibile. 

A gruppi di due si sarebbero sparsi per tutto il castello con le torce accese e le armi in mano. 

Merlin sperava che Arthur sarebbe andato con lui. I gast o quello che erano non si combattevano con spade e pugnali. Molto meglio la magia.

"Myrddin tu verrai con me!" Disse a Merlin, ma Gwaine con espressione preoccupata volle dire la sua:

"Maestà fatemi venire con voi e Myrddin per favore."

"Si vede bene che sei in pena per me, ma non devi. Myrddin ha doti nascoste che nemmeno sospetti. E poi ho bisogno che tu stia con uno dei nostri cadetti. Sono i più vulnerabili, qui!"

Gwaine ci rimase male. Era molto affezionato al suo re e temeva continuamente per la sua incolumità. Da quando Merlin se n'era andato, il cavaliere sembrava aver raccolto la sua eredità nel compito di proteggere la persona del re, come la prima e più importante missione del suo ruolo di cavaliere.

 

Vagavano per il castello solitario. Soffitti, pareti e pavimenti erano finemente decorati con bassorilievi, affreschi e mosaici di gran pregio. Vi erano mobili bellissimi e lampadari straordinari. Le scale, i tappeti e i letti erano pure magnifici, ma aleggiava ovunque un sentore di triste abbandono e la polvere e le ragnatele avevano già cominciato ad annebbiare la bellezza di quelle stanze.

Ogni tanto incrociavano un'altra coppia di soldati.

 

"Avrai sonno Myrddin… io ne ho molto…" Si informò Arthur.

 

"Sarà la tensione, ma per ora non ho sonno…"

"Sei con me e non dovresti sentirti teso…" sorrise il re.

 

"Non credo di essere teso a causa vostra…" Ma il servo si rese conto subito dell’equivoco che le sue parole potevano suscitare. "Voglio dire … sono i fantasmi che non mi sono mai stati simpatici"

Aveva associato la sua tensione al fatto di essere assieme al re, il che era vero, ma in fondo era sempre stato un po' così, solo che non avrebbe mai voluto che Arthur lo sapesse.

 

"Hai già avuto a che fare con i fantasmi?"

Merlin rabbrividì, ripensando ai fumosi Dorocha che, semplicemente attraversandolo, lo avevano congelato e ridotto in fin di vita.

"Qualche volta è successo. Spesso venivo convocato in questi casi…" Disse preferendo rimanere sul generico.

 

In lontananza udirono una serie di voci straziate che urlavano di terrore.

Cominciarono a correre verso il luogo da cui provenivano. Quando arrivarono trovarono una stanza devastata di mobili rovesciati e suppellettili distrutte.

Un cadetto era a terra, soccorso da Elyan. Il cavaliere era sconvolto.

 

"Cos'è successo?" Chiese Arthur.

"Era un gast... una donna fatta di fumo. Era orribile: è apparsa pochi istanti e quando ha urlato, tutto è volato in aria e John è stato colpito da un mobile."

Merlin si chinò per controllarlo. "È svenuto, ma respira."

 

"Myrddin, puoi fare qualcosa?" Chiese il re.

"Non è in pericolo, ma qui non si respira dalla polvere che c’è e bisogna portarlo fuori"

 

John fu portato all'aperto, a braccia, da Elyan e Arthur. Merlin curò il livido nero che aveva sulla tempia con le erbe che si era portato dietro da Camelot.

"Domani avrà un brutto mal di testa. Gli preparerò una tisana che possa alleviare il dolore."

"Bene Myrddin! Tu rimani vicino a John e se puoi cerca a dormire…" gli ordinò gentilmente Arthur.

 

Merlin si alzò in piedi e si diresse verso il re.

"Posso parlarvi un attimo, Arthur?"

"D'accordo."

 

Si allontanarono dagli altri.

"Scusatemi ma quando sono entrato nel castello con voi, io ho avvertito la presenza di questo spirito…"

 

"Davvero? E perché non me l'hai detto?"

"Non ne ero sicuro. La percezione che ho di questi gast è diversa da quella degli altri fantasmi, incontrati finora. Ma ora che l'ho percepita sono in grado di riconoscerla. E dopo l'incidente a John, non ho percepito più nulla. Per stanotte non torneranno."

"Sei sicuro?"

"Sì."

"Accidenti, speravo di poter tornare a Camelot quanto prima, ma temo che non sarà così!"

 

"Avete idea di chi possa essere lo spirito della donna?"

"Ho decine di avi che hanno abitato in questo castello. Avrei dovuto portare Geoffrey con noi."

"O l'intera biblioteca" Rise Merlin.

"A quanto pare a te piace stare qui!" Dichiarò Arthur con un’espressione seccata sul volto.

"Non lo so ancora. Mi piacciono alcune cose in effetti e altre meno."

"Ad esempio?"

"Mi piace stare tutti insieme attorno al fuoco a bere e a raccontarsi un po’ di tutto. Ma in genere la missione comprende sempre un certo pericolo e quello non mi piace."

"Ho capito. Della missione ti piace il contorno, l'atmosfera, ma non la missione."

Merlin si mise a ridere.

 

"Quindi con il tuo vecchio padrone andavi in missione?"

"Sì, ma solo perché possedevo la magia" rispose Merlin, ma subito si morse un labbro, pentito. Temeva che le troppe corrispondenze tra la finta vita di Myrddin e quella vera di Merlin potessero fare insospettire il re.

 

"Lui … lo sapeva quindi? Sapeva che eri uno stregone?" Arthur era molto stupito.

"Sì. In Irlanda quasi tutti i paesi accettano la magia, già da diversi decenni, purché 'buona', s'intende"

 

Ad Arthur venne in mente Merlin. Se Camelot fosse stato un paese come  l’Irlanda, un paese dalle idee più moderne, il suo servo avrebbe potuto aprirsi molto prima con lui. 

'Che spreco! Di talento, di tempo, di occasioni!' Si disse provando ancora quel dolore al petto che si manifestava quando era triste per Merlin. Quel dolore che si ritrova ormai come sgradito compagno quotidiano. E la presenza di Myrddin gli faceva uno strano effetto. A volte lo faceva intristire perché gli faceva pensare alle occasioni che aveva perso con Merlin, come in questo caso. E altre volte invece ne traeva consolazione, poiché riusciva a tratti a ritrovare in Myrddin quella confidenza e anche quella fiducia che aveva avuto con il suo giovane servo. Ma non era la stessa cosa. Merlin non poteva essere sostituito da nessuno. 

Il loro rapporto si era evoluto. 'Decisamente troppo' Pensò il re con amarezza.

 

Arthur si riscosse dai suoi pensieri:

"Fatti venire in mente qualcosa, Myrddin, se no rischiamo di stare qua un'infinità di tempo!"

"Ci proverò, sire"

 

Passarono i giorni e le notti. Per molte sere non si presentò neanche un gast.

Arthur cominciava a diventare insofferente.

 

"Forse ho trovato un modo!"

"Davvero Myrddin? E quale? Vorresti bruciare il castello? Perché ti assicuro che ci ho pensato anch'io e quasi quasi vorrei farlo."

 

"Bisognerebbe sapere chi sono quei gast e cioè a quali persone viventi corrispondevano."

 

"Perché?"

 

"Quando sapremo di chi sono, bisognerà capire dove sono stati sepolti i loro resti e infine trovare l'oggetto mediatore che si trova necessariamente all'interno del castello.

Occorre fare un censimento dei gast. Quanti sono e chi sono?" 

 

"Scusa ma cosa ce ne frega?"

 

"È perché dovremo bruciare tutto ciò che troviamo dentro le loro sepolture oltre a bruciare gli oggetti mediatori. In questo modo se ne andranno"

 

"Ma allora perché non bruciamo tutte le sepolture qui attorno e tutti gli oggetti del castello? Faremmo molto prima."

 

"Perché funziona al contrario per tutto coloro che non sono diventati gast. Rischiamo di risvegliare gli spiriti di coloro che non c’entrano, coloro che erano innocenti. Ci ritroveremo con molti più gast furiosi di quanti ne abbiamo adesso."

"Maledizione!" urlò il re frustrato.

"Vi mancano i vostri figli?" chiese Merlin con dolcezza.

 

Arthur prese fiato. Stava quasi per gridare a Myrddin di farsi i fatti suoi ma quando vide gli occhi dell’uomo e l'espressione sicura ma venata di tenerezza del servo, sospirò profondamente. 

"Non sono mai stato lontano da loro per così tanto tempo, da quando sono nati. È una vera tortura per me."

 

"Avremo bisogno di qualcuno che vada a Camelot per un compito importante. Ci andrete voi Arthur. Non mi fiderei di nessun altro. Ovviamente prenderete una scorta con voi!" 

"Da quando i nostri ruoli si sono invertiti, Myrddin?"

 

Merlin gli mostrò il suo miglior sorriso. 

 

"Ti piace dare ordini, eh Myrddin?"

"Molto!"

Arthur sorrise a sua volta e gli mise una mano forte sulla spalla, scrollandola.

"Grazie! Non voglio che corriate inutili rischi. Aspettate che ritorni prima di fare qualsiasi cosa."

 

"Se facessimo gruppi di quattro uomini, non potremmo iniziare il censimento? Non provocheremo i gast …"

 

"Se pensi di farcela, d'accordo. Voglio darti fiducia. Prenderai tu in mano la situazione. Lo dirò a Leon."

 

"Un momento … Non vorrei attirarmi delle inimicizie, Arthur! Sono l'ultimo arrivato e non sono un cavaliere!"

 

"C'è un modo per ovviare a questo inconveniente. Posso parlare a tutti della tua magia, se sei d'accordo."

Merlin ebbe una fitta allo stomaco per l'improvvisa notizia, ma rispose di sì.

 

A fine cena, Arthur si alzò in piedi chiamando Myrddin presso di sé. Tutti gli uomini rimasero in silenzio.

 

"Voi tutti conoscete Myrddin come nostro cuoco. Fa parte anche del mio gruppo di servitori, ma soprattutto Myrddin possiede la magia. È uno stregone dedito esclusivamente alla magia bianca. Ho la massima fiducia in lui, come ce l'ho in voi. Io devo tornare a Camelot e sarò assente per qualche tempo. Di giorno Leon mi farà da vice. Di notte invece, quando entrerete nel castello, seguirete gli ordini di Myrddin. Ha il mio permesso. Partirò domattina presto. Buonanotte a tutti."

 

Dal gruppo si alzò la voce allegra di Gwaine:

"E bravo Myrddin!"

Merlin gli sorrise e gli fece con una mano il segno della vittoria.

 

Fu difficile per Merlin vedere il suo re partire. Aveva iniziato a frequentarlo da poco tempo ma si era già abituato ad averlo intorno. 

Era vero che Arthur era maturato. Trattava i sudditi con maggior rispetto, cercando di metterli a loro agio. Era grato a tutti coloro che lo servivano. E con lui Arthur era sempre gentile, a parte un paio di volte in cui il suo vecchio comportamento era tornato a galla. Ma non era importante. A lui Arthur piaceva in ogni modo.

 

Quelle notti il traffico dei gast fu imponente. Quasi che i gast sapessero che mancava Arthur, il loro capo. Ogni gruppo di uomini vide almeno un gast, una o anche due volte per sera.

Quindi erano riusciti a capire che i gast erano tre. Un uomo, un ragazzo giovane e una donna.

Per non essere attaccati Merlin aveva chiesto a tutti di fare il massimo silenzio, tranne in caso di incidente. Inoltre distribuì delle candele da usare al posto delle torce. La visione era minore ma così non si rischiava di disturbarli. 

Merlin sperava che Arthur sarebbe tornato presto. Quella sera decise di andare a controllare, da solo, una zona del castello che secondo lui era stata trascurata. 

 

Quando vi entrò vide che c'erano alcune piccole stanze che davano tutte su un lungo corridoio. Dovevano esserci gli alloggi per la servitù, dato lo stato modesto della zona. Guardò in tutte le stanze. Poi sentì una specie di fischio provenire dal fondo del corridoio. Vi si recò, con tutti i sensi allertati e un forte batticuore. Appena varcò la soglia non vide nulla, ma, fatto un passo in avanti, vide una luce provenire dalle sue spalle. Si girò e fece appena in tempo a vedere incollato al muro sopra la porta la figura di un vecchio gast. Merlin fu investito da una saetta di luce, che lo scagliò all'indietro con forza. Sbatté il capo contro la parete di fronte e perse i sensi.




 

"Bevi questa Myrddin, ti farà bene"

Merlin sorseggiò la dolce bevanda restando a occhi chiusi.

"Hai voluto fare l'eroe solitario, eh Myrddin?" Era la voce di Elyan.

"E chi lo sente Arthur adesso!" disse preoccupata la voce di Leon.

"Perché non mi hai chiesto di venire con te?" Questo invece era Percival.

"Non preoccupatevi, ragazzi! Myrddin ha la testa dura! È uno stregone!" Mancava solo lui: Gwaine.

 

Quando riaprì gli occhi, Merlin vide tutt'attorno a lui i volti dei suoi amici cavalieri. Ebbe un moto di tristezza: loro erano davvero suoi amici. Ma non lo sapevano. Avrebbe tanto avuto bisogno di conforto in quel momento: stava molto male. I cavalieri erano gentili e disponibili. Ma con Merlin sarebbe stato tutto diverso. Li avrebbe visti farsi in quattro per lui. Avrebbe visto nei loro visi il dolore più puro perché gli volevano bene e lui ne voleva a loro.

Allora si calmò: per loro era senz’altro meglio così.

 

"Beh, almeno hai dormito tutta la notte… Meno male che John ha sentito dei rumori ed è corso a vedere. È stato lui a dare l'allarme"

Merlin parlò con un po’ di fatica. "I gast sono quattro: l'ultimo è un vecchio particolarmente potente … ringraziate John da parte mia"

"Coraggio Myrddin!" disse Gwaine. "Tra poco dovrebbe tornare il tuo re. L’abbiamo notato tutti, sai? Un vero colpo di fulmine tra voi. Vedrai cosa ci toccherà subire a causa tua!"

"Non dire le solite scemenze, Gwaine!" Merlin parlava biascicando le parole. Qualcuno doveva avergli gentilmente elargito delle erbe che conciliavano il sonno.

"Non me ne farei un gran riguardo, fossi in te!  Guarda che non sei neanche il primo! Però, così vecchi, ad Arthur, non erano mai piaciuti. Senza offesa" disse Gwaine, ridendo.

"Ma vuoi lasciarlo in pace?" intervenne Leon.

 

"I vecchi hanno molta più esperienza, cosa che i giovani si sognano." sorrise Merlin.


Aveva preso un colpo alla schiena e uno alla testa. Si sentiva come fosse stato investito da un carro di cavalli lanciati al galoppo.

 

Quando aprì gli occhi, dopo aver dormito molto, vide il viso di Arthur davanti a sé e si agitò. Ebbe un attacco di tosse e il male alla testa si acuì in un attimo, tanto che tornò con la testa a terra.

"Arthur!"

"Per fortuna che hai chiesto la mia fiducia. È così che mi dai retta? Non dovevi muoverti all'interno del castello assieme ad altri tre uomini?"

"Sto bene Arthur. Sono solo un po' stanco e l'importante è che sappiamo quanti sono."

"Sei un vecchio pazzo!" Brontolò Arthur ma Merlin colse una certa tenerezza nella modulazione della voce del re.

 

"Come stanno i vostri figli?"

 

"Stanno bene, grazie!...

Ti ho portato Geoffrey e mezza biblioteca di Camelot…"

Merlin rise ma fu interrotto sul nascere da un nuovo attacco di tosse.

"Riposa, Myrddin. Parleremo più tardi."

Merlin richiuse gli occhi, sollevato dalla presenza di Arthur. 

 

I giorni seguenti Merlin girava con questo largo bernoccolo rosa in testa, lucido delle creme alle erbe di Gaius. Ogni tanto qualcuno lo prendeva in giro.

"Myrddin ti ha beccato il gallo stamattina?" O ancora "Ti ci vedo nei panni di un frate, sai? Con quella tonsura." Frasi seguite dai soliti stupidi sghignazzamenti dei compagni.

 

Merlin consultò insieme a Geoffrey l'albero genealogico dei Pendragon, ma gli avi erano così tanti che non sapevano da che parte cominciare.

Poi scoprirono che a certo punto la catena degli avi Pendragon si interrompeva bruscamente. Il primo dei Pendragon era stato un potente re, Albur, ed era colui che aveva conquistato il regno insieme ai suoi uomini. Prima di loro a capo del castello c'era un'antica famiglia celtica: i Buddenleaf.

 

Sembrava che Albur fosse un uomo crudele e senza scrupoli e non si fosse accontentato di avere conquistato il palazzo ma aveva ordinato che tutti i componenti della famiglia reale fossero eliminati. E la famiglia Buddenleaf constava del re, della regina, del suocero del re e di loro figlio.

"Sono loro!"

"Probabilmente sì!" disse Geoffrey.

 

Merlin raggiunse il re e lo aggiornò. 

"Il vostro antenato, Albur, morì poco dopo la conquista di Idirsholas, all'interno del castello in circostanze non meglio specificate ma per me fu ucciso dai gast per vendetta"

"Perché dopo Albur, i gast non hanno ucciso gli altri Pendragon?"

"È solo un'ipotesi ma forse dipende da com’erano i re. Il figlio di Albur fu un re molto popolare e molto amato. E così fino ai giorni nostri…"

"Allora perché non attaccare mio padre Uther? È stato considerato un re molto duro, lo so."

"Non saprei e soprattutto non capisco perché si siano rifatti vivi adesso. Anche voi siete un re molto amato."

"Chissà se devo essere preoccupato per i miei figli o per Mithian…"

"Sembra che questi gast siano stanziali. Non sono mai apparsi da nessun'altra parte che qui. Ed è una cosa piuttosto normale." 

"Chi ti ha colpito, secondo te? Il re?"

"No, sono sicuro che fosse il suocero del re e ho idea che fosse uno stregone. Almeno è quello che ho percepito."

"Ti ringrazio Myrddin. Se ci sono novità, aggiornami subito"




 

Geoffrey e Merlin erano ancora su quei vecchi volumi consunti a cercare i nomi dei Buddenleaf.

"Penso che lo stregone si sia nascosto proprio per affrontare te. Sicuramente ha percepito la tua fonte magica."

"Geoffrey, il re te l'ha detto dunque? Di me?"

"Sì, non poteva farne a meno, non credi?"

"Probabilmente … Perché sono apparsi ora?"

"In realtà qui dice che anche durante il regno di Uther sono apparsi più volte. Ci furono anche alcuni feriti e un morto."

"Ma Arthur è un ottimo re, il migliore di tutti!"

"Sono d’accordo ma può essere che i gast lo percepiscano come un pericolo, magari per loro stessi? E comunque non sono apparsi ora, Myrddin. È questa la cosa che non capisco: Arthur è re da cinque anni ormai e i gast sono in giro solo da tre anni. Perché non prima?"

Merlin trasalì. Possibile che fosse collegato al fatto che lui era stato lontano dal re?

Che avesse a che fare con la profezia che li voleva uniti? Ma ora che era tornato da Arthur, i gast non avrebbero dovuto sparire di nuovo? Nelle vesti di Myrddin, Merlin stava ingannando le persone, ma i gast avrebbero dovuto percepire che la sua magia e quella di Myrddin coincidevano, che erano la stessa cosa.

 

Quella sera ci fu una nuova escursione a palazzo. Arthur e il suo servo stavano attraversando quello che doveva essere un meraviglioso salone da ballo. 

Arthur lo faceva appoggiare al suo braccio a causa del dolore alla schiena che ancora non era passato. 

Da un refolo di fumo ghiacciato che si manifestò al centro della stanza, si materializzò la figura grigia di un ragazzo. Più che fumo stavolta sembrava fosse fatto di ghiaccio e pietra. Si voltò e li guardò in un modo che ad Arthur non piacque per niente.  Infatti la creatura tirò fuori una specie di lungo bastone con una lunga lama affilata all’apice e fece per colpirli. Arthur spostò Myrddin così in fretta che carambolarono a terra.

 

Myrddin immobile,  provò a parlare con la statua vivente: - Lui è Arthur, re di Camelot. Perché vuoi la sua morte? Lui è un re giusto!"

"Prima…" rispose il gast con voce grave e roca.

Arthur era ancora abbracciato al servo. Il gast sparì in un istante insieme al fumo che venne risucchiato via.

Merlin cominciò a sudare, di un sudore freddo, tremava e gli venne una forte nausea. Sentì dentro di sé la sua magia premere per uscire. Si spaventò: non gli era mai successa una cosa simile. 

La magia continuava ad aumentare e Merlin scattó in piedi, liberandosi del peso di Arthur. 

"Cosa c'é Myrddin? Stai male?" Domandò preoccupato il re.

Il servo non riusciva a contenere la magia. Percepì gli occhi farsi dorati e subito li chiuse.

Senza una parola, e ad occhi chiusi cominciò a correre più veloce che poté verso l'uscita del castello. 

Dietro di sé udiva i passi del re che lo rincorrevano.

"Myrddin fermati! Aspetta!"

Merlin pensò che Arthur l'avrebbe raggiunto pochi istanti dopo. Ma Merlin si accorse di ciò che gli stava capitando, quando i suoi passi lenti e ciondolanti diventarono a un tratto sicuri e scattanti. Si stava trasformando contro la sua volontà.

'Dèi, ma che mi sta succedendo?' pensò terrorizzato.

Doveva scappare e nascondersi. Per fortuna era buio e anche se Arthur era velocissimo, forse sarebbe riuscito a non farsi vedere. Corse come mai aveva fatto in vita sua, corse a lungo, e i passi e la voce di Arthur ormai non si sentivano più.

Purtroppo era buio pesto anche per lui e non aveva idea di dove si trovasse. Poco male. Avrebbe dormito all'addiaccio come tante volte. All'alba si sarebbe trasformato di nuovo in Myrddin e il pensiero del dolore che avrebbe provato gli provocò un nuovo attacco di nausea. Ogni volta era peggio. Prima o poi ne sarebbe morto.

 

Dopo essersi ripreso, con la luce del giorno e con l'aiuto della magia, sarebbe tornato dagli altri, adducendo come scusa per la sua fuga, un momentanea perdita di memoria, dovuta alla presenza del gast.

 

Ma le cose non andarono come aveva previsto. Si era appena sistemato sotto un incavo di roccia, per stare al riparo dal freddo, che vide da lontano delle piccole luci che si muovevano.

Non erano lucciole. Ebbe un brivido. E se si fosse trovato sulla montagna, nei pressi del cimitero e la sua presenza avesse disturbato le anime degli avi di Arthur? E se fossero stati i fuochi fatui dei morti ingiustamente che cercavano vendetta? E se fossero i gast che lo cercavano al di fuori del loro castello?

Ebbe paura e rimase immobile a lungo, guardando con orrore crescente le piccole luci che a poco a poco si ingrandivano avvicinandosi. 

Il terrore fu più forte di tutto.

Era un mago, ma in quel momento era sopraffatto da quell'atmosfera cupa e dalla solitudine.

 

Si alzò e cominciò a correre. Le luci erano sempre più vicine e con sgomento si accorse di averle anche ai lati e non solo dietro. Lo stavano circondando.

Ad un certo punto vide una luce vicinissima: era la luce di una torcia. E comprese.

 

'Arthur e i suoi uomini stanno cercando Myrddin'

 

Sarebbe stata una consolazione se solo non avesse avuto quell’aspetto. 

Merlin non avrebbe avuto problemi a dormire all'aperto. Myrddin sì. Era questo uno dei motivi per cui aveva deciso di posticipare la trasformazione.

 

Udì una voce, proveniente dalla torcia vicino che urlava a squarciagola: 

"È qui! L'ho trovato! … Ma non è lui! Non è Myrddin."

Merlin cominciò a correre verso il buio. Purtroppo per lui era davvero troppo buio e inciampò in qualcosa che poteva essere una roccia o la radice di un albero.

 

Quando si girò, vide una torcia avvicinarsi veloce, tanto che lo abbagliò:

 

"MERLIN!" 

 

La voce che giunse inequivocabile all’orecchio di Merlin era quella di Arthur. 

 

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Capitolo 7
*** Aliquid mali est ***


3747 parole

 

CAPITOLO VII


Aliquid mali est
 

(Qualcosa non va)







 

Merlin non riusciva a vedere il viso di Arthur, abbagliato com'era dalla luce della sua torcia, ma l'aveva riconosciuto immediatamente dalla voce.

Aveva sentito nel suo tono tutto lo stupore e lo sconcerto possibili.

 

Ma non poteva finire tutto così: doveva fare qualcosa subito.

 

Si schermì il volto con un braccio. Arthur non doveva continuare a guardarlo. Non poteva essere ancora del tutto sicuro che si trattasse di lui.

 

"Sono Arthur, Merlin! Tu sei Merlin, vero?"

 

Il giovane agì d'istinto.

Un’ intensa luce dorata gli illuminó gli occhi e allungò il braccio libero verso l’altro, sussurrando le parole nella lingua dell’antica religione:

 

'Ic nelle neah bē!’

 

Subito Arthur fu sollevato da terra e spinto all'indietro da una forza invisibile. Il re cacciò un urlo di spavento e dopo diversi metri cadde a terra con un tonfo. 

Merlin cominciò a correre come se ne andasse

della sua vita. Voltandosi indietro vide Arthur rialzarsi e lanciarsi all'inseguimento verso di lui.

 

"Merlin, fermati!" urlava e invece Merlin correva più forte.

 

"Fermati, ti prego!"

 

Arthur non l'aveva ancora raggiunto, ma se avesse continuato così presto se lo sarebbe ritrovato addosso. E questo acuì il suo senso di panico.

 

'Maledizione a lui! Non si stanca mai?' si chiese Merlin nella foga della corsa.

 

Fisicamente Arthur era molto più forte di lui e, nonostante Merlin fosse sempre  stato rapido nella corsa, al pari di una lepre, per via della sua leggerezza e agilità, Arthur correva di potenza ed era davvero veloce.

 

Per fortuna Merlin si accorse di essere arrivato in un bosco. Gli alberi potevano essere un valido aiuto per lui.

 

Da un lato percepiva la presenza di un'alta siepe o di un gruppo di alberi: non poteva esserne certo in quel buio. Sussultò quando sentì la voce del re chiamarlo subito al di là di quella barriera naturale.

 

"Merlin. Devo parlarti. Non ti farò niente!"

Arthur aveva il fiatone, ma continuava a correre come un ossesso.

 

Non poteva, non doveva ascoltare le parole di Arthur, così pregne di significato e così allettanti. 

 

Sentendosi braccato, aggirò un albero e si arrampicò su di esso in un baleno, salendo di qualche ramo verso l'alto.

Cercò di non fare rumore, ma i rami scricchiolavano un po' troppo sotto il suo peso.

Capì ben presto di essersi messo in trappola da solo.

 

"So che sei qui, Merlin! Non devi scappare da me!"

 

Il mago intuì la figura del re, sotto il suo albero. La voce di Arthur gli giungeva ora vicinissima.

 

'Ma perchè non mi lascia stare? Non ha capito che voglio essere lasciato in pace?’

Quasi lo odiò, per la sua mancanza di tatto e comprensione, per la testardaggine che da sempre lo contraddistingueva, per l'arroganza di cui era capace, quando voleva.

 

E di nuovo usò la magia contro il suo re, senza neanche troppi sensi di colpa. 

 

'Ranc bu dreosan!' 

 

Un ramo di dimensione cospicue si staccò dall'albero e cadde dritto sulla fronte di Arthur che dopo aver fatto qualche piccolo passo indietro, rovinò a terra.

 

Merlin scese velocemente dall’albero, con il cuore che ormai gli scoppiava nel petto per la corsa e l’agitazione. Accese una fiammella sul palmo della sua mano, con un lampo dorato negli occhi. 

 

'Fam menn lufu!’

 

Avvicinò la fiamma al volto del re e lo osservò da vicino: respirava. Aveva un bel segno rosso in piena fronte.

"Mi dispiace, Arthur, ma te la sei cercata!" mormorò senza più astio.

 

Con la magia fece accendere un fuoco nei pressi di Arthur. Per tenerlo al caldo. Per tenere lontane le bestie feroci. Il terreno era umido e il falò non sarebbe stato un pericolo per il re.

 

Si allontanò di molto. Accese un fuoco anche per sé e si sdraiò per terra, in quella che sembrava essere una radura. 

Non poteva più aspettare e con apprensione per ciò che l'aspettava, si apprestó alla dolorosa trasformazione.





 

"Myrddin? Svegliati, Myrddin!"

Merlin aprì gli occhi e vide i volti di Arthur e degli altri cavalieri attorno a lui.

Doveva essere giorno fatto, visto che il sole era già piuttosto alto.

 

Tutto cominciò a girare e Merlin fu costretto a chiudere gli occhi: "Maestà…" mormorò appena.

"Vieni su, Myrddin! Ti riportiamo al campo" disse Arthur.

"Vi prego, lasciatemi qui, mi fa male tutto ... non posso muovermi…"

 

Arthur fece una smorfia, preoccupato. 

"Chiedo a voi cavalieri, di portare qui il giaciglio di Myrddin, più qualche cosa da bere e da mangiare… per lui e per me. Voglio restare io con lui"

 

I cavalieri non si fecero pregare e in men che non si dica, Merlin si ritrovò all'interno di una tenda, comodo e al caldo sotto strati di coperte.

Vicino a lui qualche fuoco adibito a scaldare tè e zuppa.

"Grazie, maestà…" disse a fatica.

"Non pensarci e cerca di riposarti più che puoi."

 

Per tutto il giorno Merlin alternò periodi di sonno agitato a dolorosi risvegli.

Arthur era sempre lì. Scriveva delle lettere. Alla famiglia, ai consiglieri, agli alleati, questo non lo sapeva.

 

Era contento di avere Arthur accanto, così premuroso, e si vergognò molto quando notò il rigonfiamento sempre più scuro sulla fronte del re.

 

Ma la cosa più terribile fu quando uno dei cadetti entrò con una brocca in mano e chiese con rispetto al re: "Maestà, potreste gentilmente aspettare un attimo fuori dalla tenda?"

Arthur l’aveva guardato, sorridendo con malizia: "Mi sa che stavolta ti tocca!"

 

Merlin non capiva. 

 

"È l'ora di fare pipì!" trillò il giovane cadetto in modo cordiale.

 

Merlin avrebbe voluto nascondersi o scappare, ma non riusciva a muoversi.

Il cadetto fu gentile e rispettoso, ma Merlin prese molto male quella situazione.

 

Quando Arthur rientrò, vedendolo così a terra tacque a lungo poi non ce la fece più:

"Myrddin, puoi dirmi che cosa c'è che non va?"

 

Merlin sospirò:

"Non sono altro … che un vecchio rimbambito…"

 

Arthur sorrise. "Vecchio… sicuro. Rimbambito, non direi proprio. Quando si è malati è normale fare la pipì nella brocca. Sai quante volte è successo anche a me?"

"È così umiliante…"

"Sono stato io a chiedere a uno dei cadetti di venire qui per quello. I cavalieri si sarebbero offerti senza nessun problema, ma pensando a te, ho creduto che non ti avrebbe fatto molto piacere…"

 

"No… infatti. Avete avuto un pensiero molto delicato. Vi ringrazio."

 

"Posso chiederti cosa ti è successo stanotte?"

"Non lo so. Ricordo che mi avete salvato dal gast, che ero in terra con voi che mi facevate da scudo con il vostro corpo  … poi mi sono svegliato in quella radura con voi e gli altri cavalieri."

"Quindi non ricordi di essere scappato?"

"No…" mentì.

"E …tu non hai visto nessuno?" domandò agitato il sovrano.

"Chi dovrei avere visto?"

"Stanotte mentre ti cercavo, ho visto… Merlin!"

 

"Merlin? Qui, a Idirsholas?" disse con fare scettico.

 

"Sì"

 

"Siete proprio sicuro che fosse lui? Doveva essere molto buio..."

 

"Ecco… anche tu come gli altri, non mi credi! Nessuno crede che lo abbia visto veramente. Pensano che me lo sia inventato. Pensano che sia ossessionato da lui." Disse Arthur alzandosi in piedi con un movimento stizzito delle braccia.

 

"Perché dovreste essere ossessionato da lui?"

"Perché l'ho cacciato, nonostante non volessi farlo. Perché era … un caro amico"

"Ma lui vi ha visto?"

"Sono certo di sì"

"E come ha reagito?"

"Prima mi ha fatto volare all’indietro con la magia, poi è scappato come un cavallo impazzito. E alla fine quando ormai non aveva più scampo, mi ha tramortito con un ramo … sempre usando la magia."

"Ma … se fosse stato davvero lui, non avrebbe dovuto venirvi incontro a braccia aperte?"

"Non credo proprio. Penso anzi che lui mi odi. Almeno, io al suo posto lo farei"

 

"Voi quindi …pensate che fosse Merlin?" 

 

Arthur sospirò:

"Non lo so più. Uno dei cadetti l'ha visto, ma non così bene. Ha detto che era giovane, di bell'aspetto, con i capelli corti e un'espressione terrorizzata."

"Una descrizione che potrebbe andare bene per molti… ma siete voi quello che lo conosce meglio di tutti gli altri."

 

"Ha usato la magia! Capisci? Quanti stregoni ci saranno mai a Camelot?"

"Non così tanti, sire, ma nemmeno così pochi, soprattutto dopo il vostro editto che li ha riscattati."

 

"Merlin mi disse che non mi avrebbe lasciato… Forse ha sempre seguito i miei spostamenti… forse mi ha sempre tenuto d'occhio…"

 

"D'accordo. Ma perché l'avrebbe fatto?"

 

"Lui è convinto che io abbia bisogno della sua protezione."

"Ed è così?"

"Forse. Mi ha salvato la vita talmente tante volte… Dall'esterno non è facile capire, ma noi siamo sempre stati collegati in qualche modo"

"Deve essere qualcosa che ha a che fare con la magia."

"Sì, ma non solo. Non so come spiegarlo, Myrddin. Tra noi non c’è solo una normale amicizia: è un legame particolare, speciale direi. È come se lui possedesse una parte di me e io di lui."

 

Merlin si sentiva scosso dalle parole del re. Avrebbe usato lui stesso le medesime frasi per definire quel concetto, ma ancora una volta finse indifferenza.

"Allora deve essere cambiato qualcosa, se vi ha colpito in modo così barbaro, maestà".

 

"Non ho detto che il nostro fosse un rapporto tranquillo. 

Abbiamo litigato molte volte, anche seriamente… ma è stato il legame più profondo che abbia sperimentato con qualcuno."

Merlin sentiva le lacrime affiorare agli occhi e trovò una scusa.

"Perdonatemi, maestà, ma mi si chiudono gli occhi…" 

"Dormi pure, Myrddin e non preoccuparti di nulla."



 

Era già buio quando Merlin si sentì un po' meglio e provò a sedersi. Era ancora debole ma si sentiva decisamente più in forma rispetto a prima. Il falò quasi spento, illuminava fiocamente Arthur, steso a terra di fianco a lui, che dormiva. 

Nel vederlo così, Merlin provò una grande tenerezza per il suo re. Stese una mano verso di lui e sfiorò la ferita sulla sua fronte.

 

'Wendam benn!’ sussurrò con un bagliore di luce negli occhi.

 

Quando ebbe finito, la fronte di Arthur era liscia e perfetta come era sempre stata.

 

Merlin fece un sospiro soddisfatto. Ancora un'ora o due e avrebbe potuto alzarsi.


Il giorno dopo era di nuovo in piedi, non rapido come suo solito, ma riusciva a fare quasi tutte le cose, soprattutto la pipì da solo. Cosa che gli diede un enorme sollievo.

 

Era ancora convinto che la sua trasformazione fosse dovuta al tentativo di attacco del gast, ma c’era qualcosa che non andava.

Quanto sentiva la mancanza di Gaius! Avrebbe tanto voluto sapere il suo parere in proposito. Il vecchio amico era sempre così lungimirante e comprensivo. Non l'avrebbe giudicato per aver colpito Arthur, anzi avrebbe tentato di comprenderlo e soprattutto l'avrebbe aiutato a risolvere quell’imbroglio: perché si era trasformato, contro la sua volontà?

 

Poco dopo ebbe modo di parlare al suo re.

"Non potremmo tornare a Camelot, per un po'?"

"Cosa c’è che ti turba, Myrddin?" chiese Arthur.

"Credo che potrei capire meglio alcune cose sui gast consultandomi con Gaius!"

"Non sapevo che tra te e Gaius intercorresse un rapporto così buono!"

"Gaius è un medico molto bravo, conosce molte cose riguardanti la magia, ha esperienza da vendere. Inoltre è saggio ed equilibrato. Mi fido molto del suo giudizio e tiene a voi come a un figlio! In più mi tratta come fossi un suo pari!"

 

"D'accordo, Myrddin. Ti darò una scorta per tornare a Camelot. Ma ricorda che io … che noi tutti ti aspettiamo. Il tuo contributo contro i gast potrebbe essere l'unica arma vincente che possediamo per risolvere il problema"

 

"Voi non venite con me?" chiese Merlin, deluso.

"Qualcuno dovrà pure controllare che i miei cavalieri non commettano imprudenze. Sono teste calde! Ormai li conosci anche tu! Manderò Percival con te. E anche Geoffrey, che ha già fatto tutto quello che poteva. Va bene?"

"Bene, maestà. Cercherò di tornare prima possibile!"

"Passa da me domattina prima di partire. Devo darti un mucchio di posta da consegnare a Camelot"

"Sarà fatto, maestà!"

"Ehi, quasi dimenticavo…" Arthur indicò la sua fronte chiara e liscia con un dito.

"Tu?"

Merlin sorrise e fece un piccolo cenno con la testa.

"Grazie!" Sorrise il re a sua volta.


E così era partito, assieme a Percival e a Geoffrey e dopo il lungo viaggio, durato quasi due giorni, arrivò stremato a Camelot.

 

"Fammi chiamare, Myrddin, quando sarai pronto per ripartire"  gli disse Percival, fresco come una rosa.

'Maledetta vecchiaia' Si disse Merlin con invidia.

 

Salutò e ringraziò Geoffrey per poi recarsi subito al laboratorio.

 

Quando Gaius gli aprì la porta si sentì quasi venir meno per il sollievo. 

"Oh, Gaius. Quanto mi sei mancato!" e lo abbracciò di slancio.

Gaius sorrise dandogli lievi pacchettine sulla schiena.

"Su, vieni. Non vogliamo dare spettacolo, qui fuori.

Peccato non aver saputo del tuo arrivo. Ti avrei fatto trovare qualcuno dei tuoi piatti preferiti"

"Non importa, Gaius. Stavolta, davvero, ho solo bisogno di consigliarmi con te."

Merlin si sedette e Gaius dopo avere versato due tazze di tè, si sedette di fronte a lui.

"Grazie Gaius!" E si attaccò alla sua tazza finché non l'ebbe finita.

"Che succede Merlin?" Disse il vecchio medico, versando una seconda tazza di tè a Merlin.

 

"È successa una cosa terribile. Mi sono trasformato senza volontà nel giovane Merlin e a momenti Arthur mi prendeva. Ho dovuto metterlo fuori uso con la magia, se no mi avrebbe catturato."

"Ha capito che sei Myrddin?"

"No, ne sono sicuro. Ma non capisco perché sia successo…"

"Calmati e dimmi quando è successo esattamente."

"Subito dopo che il gast ci ha attaccati. Purtroppo quel maledetto è riuscito ad attraversarmi"

"Potrebbe essere proprio questa la ragione ma voglio sapere altri particolari. Quando hai avvertito il primo cambiamento?"

"Ero sdraiato a terra con Arthur a coprirmi. Mi ha salvato lui dal gast, buttandosi addosso a me.

È stato proprio quando ero sotto di lui che ho sentito il primo cambiamento nella magia"

"Chissà … potrebbe essere una reazione al contatto con Arthur, oppure, ancora più probabile, le due cose insieme. L’attacco ravvicinato del gast può aver indebolito la tua magia e la vicinanza di Arthur può aver fatto tornare indietro l'incantesimo. Ho anche idea che, sia il tuo corpo, che la tua magia, si stiano ribellando a questo incantesimo così lungo e destabilizzante per te."

 

"Se questo è vero, cosa devo fare? Il ritorno alla vecchiaia stavolta è stato un'agonia. Quasi un giorno per riuscire ad alzarmi in piedi."

"Merlin voglio controllare alcuni libri che potrebbero darmi informazioni importanti. Ora voglio che tu mangi e che vada a dormire"

"Devo consegnare un mucchio di lettere di Arthur!"

"Lo farai domattina"


L'indomani mattina Merlin consegnò il tutto ad un messo, raccomandandosi sull'urgenza delle consegne. 

Avrebbe potuto farlo lui personalmente, ma non aveva la minima voglia di incontrare la regina. Anche se Mithian avrebbe sicuramente voluto sapere della missione e del marito. ‘Ma tanto Arthur, gli avrà certamente scritto tutto!' si disse e non ci pensò più. 

 

E fu un errore. Perché dopo pranzo fu convocato urgentemente dalla Regina.


Merlin era doppiamente dispiaciuto. Sia di aver commesso una leggerezza imperdonabile, sia di dover conferire con Mithian in quell'occasione.

 

La regina sedeva su un'alta sedia che sembrava un trono. Indossava un abito cremisi incredibilmente semplice ma che su di lei appariva molto elegante.

Era molto pallida e molto seria. Sul suo viso non appariva la benché minima forma di un sorriso.

 

"Eccoti, Myrddin!"

"Maestà, vostro marito il re mi ha incaricato di portarvi i suoi saluti. E anche ai vostri figli. Mi dispiace se non sono venuto prima, ma non mi sentivo bene." 

 

"Mi dispiace che tu sia stato male. Alla tua età dovresti aver più cura di te. Ma Arthur ti voleva portare con sé a tutti i costi. Se fossi in te sarei molto orgoglioso di aver conquistato la sua fiducia in così breve tempo. È una cosa che non gli avevo mai visto fare prima"

 

"Lo sono, maestà. A volte stento a credere che il sovrano sia così profondamente giusto e magnanimo"

 

"Sì, Myrddin, Arthur è molto generoso con i suoi sottoposti, ma solo con coloro che riescono a toccare il suo cuore, intendi?"

"Credo di sì, maestà!"

"Bene. Vorrei sapere la situazione attuale a Idirsholas"

 

"Siamo riusciti a scoprire la presenza di quattro gast tutti facenti parte dell'antica famiglia dei Buddenleaf. Hanno tutti dei poteri, ma uno di loro sembra che in vita fosse uno stregone. Agiscono per vendetta contro i re Pendragon che nel tempo si sono macchiati di crimini efferati.

Non sappiamo ancora come fermarli. Dobbiamo scoprire i loro nomi, e gli oggetti che li tengono legati al nostro mondo. Non dovremmo essere lontani dalla soluzione, ormai. Chiedo il permesso di consultare qualche libro della biblioteca Reale proprio per queste ragioni."

"Molto bene. Non serve il mio permesso, perché tanto avrai già quello del re."

"Vedrete, maestà. Arthur ritornerà presto."

"Ti ha dato lui il permesso di chiamarlo per nome? Che cosa insolita… Comunque Arthur è il re e tornerà quando lo deciderà lui. Le mogli dei re non hanno alcun potere sui loro mariti."  

‘Che parole dure!’ Merlin era bloccato con la testa china. Sì maledì interiormente per il suo errore e non riuscì a proferire parola. 

La regina sospirò: "Porta i miei saluti a tutti i soldati e al re. Puoi andare Myrddin, grazie."

"Maestà" disse solo, con un ultimo inchino.

 

Sicuramente la regina non era soddisfatta delle notizie ricevute e probabilmente sapeva già tutto dalle lettere del marito.


Si recò in biblioteca chiedendo a Geoffrey tutti i nomi dei componenti delle famiglie reali fino ad almeno due secoli prima. 

Passò da Percival per dirgli che di lì a due giorni sarebbero potuti ripartire e si chiuse con Gaius nel laboratorio.

 

Dopo diverse ore di consultazione dei libri, il mentore gli disse:

"Merlin! Non posso smentire in maniera assoluta che sia stata anche la vicinanza fisica ad Arthur ad annullare l'incantesimo di invecchiamento … Sai che più ci penso, più credo che sia vero quello che ti ho detto prima?"

"Ho capito Gaius, devo stare lontano da Arthur. Me lo ricorderò!"

"Sì, sono preoccupato, perché se dovessi trasformarti di nuovo in vegliardo…"

"Non me ne parlate …l'ultima volta pensavo che sarei morto"

"Ecco. Proprio qui volevo arrivare Merlin. Il rischio c'è:  potresti davvero morire. Oppure potresti non riuscire a trasformarti, che sarebbe il male minore"

 

"Il male minore? Quindi dovrei scappare di nuovo senza poter più rimanere a Camelot?" domandò Merlin con voce malferma. Gli veniva da piangere.

"Chissà che per te non sia un bene… rifarti una vita lontano da qui…" disse Gaius con una punta di dolore nella voce.

 

‘Tanto varrebbe smettere di vivere’ pensò Merlin distrutto, ma non lo diede a vedere a Gaius, per non turbarlo più di quanto non lo fosse già.

"Grazie. Non preoccuparti per me, Gaius. Starò molto attento."





 

"Percival, Myrddin! Siete tornati finalmente! Vi aspettavo"

Arthur con il suo sorriso più bello si avvicinò a loro. Il re abbracciò rudemente il suo soldato e quando si girò per salutare Myrddin, si accorse che il servo si era spostato di almeno venti passi indietro. 

 

"Maestá è un onore rivedervi!" urlò forte il servo da dove si trovava, inchinandosi con la testa fino alle ginocchia.

Arthur e Percival si guardarono senza capire, poi il re urló anche lui:

"Avrete fame! La cena vi aspetta!"

"Grazie" disse Percival.

"Grazie!" continuava a urlare il servo da lontano.

 

Merlin pensò subito di mettersi un po' distanziato dal resto del gruppo per mangiare. Ma ricordava bene quella volta che essendosi appartato a distanza dagli altri, Arthur lo aveva raggiunto e poi riportato in seno al gruppo. Certo, lui non era Merlin, per Arthur, ma era meglio non rischiare.

Si infilò con poca eleganza in mezzo a Leon e a Gwaine. C'era poco spazio tra loro. 

"Scusate,... scusate, ragazzi!"

"Prego" fecero gli altri due un po’ sorpresi, spostandosi per lasciarlo sedere in mezzo a loro.

 

'Che figura! Penseranno che sono un gran maleducato'

 

Ma al contrario i due uomini gli fecero tante domande sul suo viaggio e parlarono piacevolmente tutti e tre.

 

Arthur, gli era di fronte, dall’altra parte del fuoco: rideva e parlava con i cavalieri, ma ogni tanto si fermava a guardarlo. Merlin faceva finta di niente ma negli occhi del re sembrava di leggere una specie di muto rimprovero. Forse Arthur pensava che Myrddin avrebbe dovuto parlare prima di tutto con lui.

 

Dopo cena, essendo l'aria mite e particolarmente piacevole, i cavalieri rimasero seduti a parlare o andavano a fare due passi nei dintorni.

 

Merlin si sedette su un masso, vicino a un corso d'acqua. Il viaggio di ritorno lo aveva stancato notevolmente. 

 

"Myrddin, che notizie mi porti da Camelot?" gli domandò d'un tratto Arthur avvicinandosi velocemente a lui.

Il servo saltò in piedi.

"Fermatevi, maestà, vi prego…"

 

Arthur si fermò.

"Perché?"

 

"Perché … forse ho quella malattia… la febbre pestilenziale… e non voglio attaccarvela!" improvvisò, mentendo.

 

"È una malattia molto debilitante e tu sembri piuttosto in forma…"

 

"Non mi sento poi così bene…" farfugliò confuso.

 

"Allora perché durante la cena ti sei praticamente appiccicato a Leon e a Gwaine, se avevi questo dubbio? Vorresti forse contagiarli?"

 

Merlin era senza parole. Era stato sbugiardato in due e due quattro da Arthur.

"No. Io…" sospirò un paio di volte.

"La febbre non c'entra … Gaius mi ha detto che … devo stare lontano da voi, perché … potrebbe succedermi come l'altra volta… di non ricordare più niente e fare cose strane senza volere…"

 

Ora era Arthur ad essere rimasto privo di parole.

 

"Credevo fosse stato il gast… non avevo la minima idea che la colpa potesse essere mia…"

 

"Sembra siano tutt'e due le cose insieme, maestà. Prima il gast mi ha indebolito poi il contatto con voi… mi ha portato ad avere quella brutta amnesia."

 

"Una cosa davvero strana…ma, va bene, se lo dice Gaius … starò attento a non venirti troppo vicino"

 

"Che buffo. Vero, maestà?" fece Merlin con un sorriso triste.

"Da questa distanza credi che possiamo parlare?"

 

"Sì, certo"

 

"Hai visto i miei figli?"

"Non li ho visti"

"Ovvio, che domande…"

"Ho visto la regina" disse Merlin con disagio.

"Come sta?"

"È un po' pallida, in realtà. A parte questo sembrava stesse bene!"

"E Gaius ti è stato d'aiuto?"

"Moltissimo. A parte la teoria sulla mia amnesia, una notte è rimasto con me per spulciare l'albero genealogico e abbiamo trovato i nomi dei gast."

 

"Questa è un'ottima notizia. Finalmente intravedo un barlume di speranza per questa storia. Ma quando pensavi di dirmelo?" Disse Arthur un po’ serioso.

 

"Non appena fossimo rimasti soli, maestà. Come adesso…" rispose Merlin con semplicità.

 

Arthur non poté fare a meno di sorridergli.



 

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Capitolo 8
*** Quid non potest ***


4031 parole

Capitolo VIII

 

Quid non potest

 

(Ciò che non si può)









 

Dopo colazione Arthur chiamò tutti a raccolta, attorno al fuoco. Arthur si trovava nel posto più lontano da Merlin, che non ne era molto felice, ma non voleva certo rischiare la pelle.

 

"Myrddin conosce i nomi dei gast. Li ha trovati assieme a Gaius!" esordì il re.

 

"Davvero? È fantastico" quasi urlò Gwaine.

Arthur cominciò a leggere da una pergamena vergata da Gaius:

"Il re si chiamava Isembard Buddenleaf e aveva quarant’anni quando morì. Il figlio è Manfred Buddenlief e doveva avere circa sedici anni quando è morto. La regina è Margery Buddenlief Dankworth, aveva trentacinque anni e di suo padre è confermata la fama di stregone: si chiamava Wymond Dankworth. Aveva quasi settant’anni quando perì per mano di Albur…

Oggi, anzi ora, tutti noi cercheremo le loro sepolture …"

 

"Ma gli oggetti mediatori?" chiese Percival.

"Per quelli dovremo affidarci maggiormente all’istinto. Credo che anche voi converrete che sia Myrddin il più indicato a cercarli. Forse dovrà ribaltare il castello da cima a fondo per trovarli… Gwaine… tu dovrai aiutarlo"

E si mosse insieme agli altri. 


"Ero sicuro che sarebbe rimasto lui con te …" dichiarò stupito Gwaine. "Myrddin, non avrete mica litigato, vero?"

"No, anzi, andiamo molto d’accordo ultimamente" lo guardò Merlin con un sorriso.

 

"E perché hai mangiato assieme a noi, quando era chiaro che Arthur avrebbe avuto piacere di confrontarsi con te?"

 

"Abbiamo già chiarito prima, io e il re. È tutto a posto"

 

"Va bene, Myrddin. Gioielli o pettini per la regina, armi, corone, scettri per il re e il figlio, ma per lo stregone chiedo lumi a te."

 

"Potrebbe trattarsi anche per lui di un’ arma, oppure di un bastone da mago, un sigillo …"

 

"Bene, Myrddin! Che ne dici di spostarci all’interno del palazzo? Ora che è giorno i gast non dovrebbero manifestarsi, giusto?"

"Esatto, Gwaine!"

"Arthur fa presto a dire ‘Trovateli!’  Ma come faremo a capire se un oggetto è magico o meno?" 

"Li prenderò in mano. Se sono magici io lo percepirò."

"Davvero? Cavolo, non pensavo sarebbe stato così facile ..."


"Facile? Il problema è la quantità di oggetti presenti in questo castello! Ricorda che nel seminterrato ci sono migliaia di oggetti antichi ed è probabile che ciò che cerchiamo si trovi proprio lì…"



 

Avevano cercato ogni singolo nome di ogni sepoltura trovata. Alcune insegne erano rovinate o mezze cancellate. Arthur era al limite dell’esasperazione. Quasi venti uomini impegnati per ore e non avevano trovato nemmeno una delle tombe.

 

Elyan correva su per la collina quasi avesse una bestia famelica alle calcagna.

"Maestà!" gridava.

Aveva gli occhi fuori dalle orbite e faceva strani cenni con le braccia. 

Il cavaliere era completamente privo di fiato. "Sono giù…" ansimava.

"Dove?"

"Da quella parte… laggiù. Ci sono delle sepolture… antiche ... in mezzo agli alberi..."


Subito Arthur scese per andare a vedere. Si trattava di sepolture in condizioni disastrose. Di alcune rimaneva solo un pezzo di legno rinsecchito piantato per terra.

Per altre dovettero scavare alla cieca, per riuscire a trovare i pezzi di legno su cui erano incisi i nomi degli occupanti.



 

Merlin e Gwaine cominciarono dalla stanza della regina Margery. Merlin toccò ogni oggetto presente nella stanza concentrandosi sulla magia che poteva percepire, ma non trovò nulla.

Passarono allora alla stanza del figlio. Tra le altre cose c’erano diversi bauletti. Li aprirono e quando Gwaine ne scoperchiò uno particolarmente prezioso, Merlin captò una scintilla di magia.

"È questo!"

"Questo medaglione rotto? Sei sicuro?"

"Sì!"

Gwaine fece un largo sorriso.

"E uno! Dallo a me! Non vorrei che interferisse con la tua magia nel trovare gli altri oggetti"





 

"Arthur! Venite presto!"

Leon lo chiamò con voce eccitata. E Leon non era mai eccitato, per cui il re si affrettò per andare da lui.

"Guardate. In questa c’è un sigillo reale"

"Scavate qui. Cercate l’insegna con il nome" disse Arthur ai suoi uomini.

E poco dopo finalmente fu trovata.

"È lui. Bene! Vi chiedo di scavare ancora fino a trovare i suoi resti. Mentre voi concentratevi sulle sepolture qui intorno. È probabile che i membri della famiglia reale siano stati sepolti gli uni accanto agli altri" ordinò Arthur con voce vibrante di eccitazione.

 

Due delle tombe vicine appartenevano alla moglie e al figlio del re.

Arthur era elettrizzato.

"Cercate ancora: manca solo il suocero del re." E lui stesso si mise a scavare presso le tombe circostanti.




 

Anche Gwaine e Merlin ebbero fortuna. Trovarono un corto pugnale di ferro in un cassetto nella camera del re, scoprendo che era l’oggetto mediatore di Isembard.

Passarono poi nei sotterranei controllando bauli pieni di vecchi gioielli. Merlin trovò, grazie alla magia, la spilla bianca che fungeva da mediatore alla regina.

 

Il sole stava tramontando quando Arthur in persona trovò l’insegna di Wymond, molto lontana da dove era sepolta la figlia. E si mise a scavare con foga, per cercare i resti mortali dello stregone.





 

"Ormai è buio. Può essere molto pericoloso rimanere nel palazzo. Myrddin, andiamo via. Torneremo domattina" disse Gwaine a Merlin con fare insistente.

"Ancora pochi minuti Gwaine, per favore. Sento che non manca molto"

 

Il tempo passava ma Merlin non voleva ancora arrendersi.

"Ti prego, Myrddin. Se dovesse capitarti qualcosa sono sicuro che Arthur non me lo perdonerebbe mai" 

"L’oggetto non è qui. Dovremo tornare su, nella camera di Wymond.”



 

Arthur tornò indietro per cercare Myrddin. Era molto orgoglioso di ciò che avevano trovato e non vedeva l’ora di dirglielo. I cavalieri nel frattempo avevano ricevuto l’ordine di raccogliere i resti e di portarli sulla piazza del castello, mentre i cadetti preparavano un enorme pira di legno.





 

Gwaine e Merlin entrarono nella stanza di Wymond con le torce in mano.

"Sento qualcosa, Gwaine" E rovistò in una coppa piena di piccoli oggetti.

"Eccolo!" Merlin raccolse un grosso anello di colore scuro dalla coppa. Il suo viso si aprì in un grande sorriso.

 

Poi udì un rumore come di scudiscio e si girò: Gwaine era stato colpito da qualcosa e giaceva a terra privo di conoscenza.

"Gwaine!" urlò Merlin, gettandosi in ginocchio presso l’amico.

Si guardò intorno spaventato e vide una figura di fumo bianco aleggiare vicino al soffitto.

"Maledetto Wymond! Perchè te la prendi con chi non può combattere con te ad armi pari? Prenditela con me: sono anch’io uno stregone."

 

"Lo farò. Prima che tu e il tuo re distruggiate ciò che ci lega a questo luogo. La nostra vendetta non è ancora compiuta." La voce arrivava a Merlin ovattata e cantilenante.

"La vostra vendetta non ha più senso. Arthur è un re straordinariamente giusto"

"Non ci risulta. Inizialmente era così ma in seguito è cambiato. È andato contro se stesso e da allora nel suo cuore alberga l’odio e la menzogna."

Merlin scattò in piedi: "Non è vero! Io lo conosco meglio di chiunque altro. Lui compirà la profezia che salverà Albion: non puoi volere la sua morte."

 

"Siete di nuovo vicini adesso. Tu lo conosci, lo so, ma lui non sa chi sei. Dentro re Arthur ci sono ancora paura, risentimento e rancore. Così non arriverete da nessuna parte e non salverete nessuno."

"No, ascolta…"

"Non posso più aspettare" Wymond mosse il braccio di nuvola verso Merlin. 

 

"Myrddin!" Arthur irruppe nella stanza, trafelato, seguito da Percival.

L’incursione di Arthur e Percival bloccò di fatto la mano di Wymond.

 

"Andate via, Arthur!" gridava forte Merlin.

Il re si fermò ad una certa distanza.

 

Percival si inginocchiò e illuminò con la sua torcia il viso di Gwaine, che, anche se ferito seriamente, aveva ripreso i sensi.

Riuscì a passare all’amico gli oggetti mediatori che Percival prese e nascose addosso a sé. Erano tre.

Gwaine bisbigliò: "L’anello ce l'ha Myrddin!"

 

Percival si avvicinò agli altri. La situazione era al limite e il cavaliere decise di osare: "Myrddin, abbiamo tutto. Ci manca solo ciò che hai tu!"

Merlin capì all’istante e si girò lanciando l’anello di Wymond a Percival che l’afferrò al volo.

 

"Porta via Gwaine! E fate  ciò che dovete" gridò Arthur a Percival, il quale prese in braccio Gwaine con relativa facilità e corse via veloce.

 

Wymond provò a lanciare la sua saetta sui due fuggitivi ma Merlin con un gesto magico annullò l’incantesimo dello stregone, che con ira puntò la mano verso di lui, lanciandogli una sfera di fuoco. Merlin rotolò per terra e riuscì a schivarla. Arthur si avvicinò allo stregone con la torcia in mano, attaccandolo più volte.

Lo stregone gonfiò il petto e lanciò un grido tremendo:  molti degli oggetti presenti nella stanza volarono in aria. Arthur dovette schivare un armadio che si schiantò ai suoi piedi. Merlin rabbrividì quando vide manifestarsi altre tre nubi grigie che a poco a poco prendevano la forma degli altri gast. L’urlo dello stregone non era servito solo a creare trambusto nella stanza, ma a richiamare gli spiriti dei familiari. 

 

Merlin era preoccupato più per Arthur che per se stesso. E si accanì sul più forte dei gast lanciando dardi di luce in direzione dello stregone. 

Arthur era stato circondato dagli altri. Tre gast erano troppi da tenere a bada con un’ unica torcia. Merlin sbiancò quando udì l’urlo agghiacciante di Arthur: re Isembard l’aveva attraversato, facendolo poi cadere a terra.

 

"Arthur!" urlò Merlin, distogliendo l’attenzione da Wymond, e colpì lo spirito di Isembard con la magia. Il gast subito si dissolse, anche se lentamente andava riformandosi. 

Merlin pensò che avrebbe potuto guadagnare un po’ di tempo e colpì sia lo spirito della regina che quello di suo figlio con altrettante folgori.

 

Arthur che nel frattempo si era rialzato si accorse che lo stregone stava per colpire Merlin alle spalle e cominciò a correre verso il servo per sottrarlo alla vendetta del gast.

Con un grande balzo, atterrò sul servo. Caddero a terra entrambi ma furono colpiti ugualmente dal terribile fulmine di Wymond.

Urlarono, sentendosi andare a fuoco, ma all’improvviso tutto si fermò.


Arthur si guardò intorno. Non c’era traccia dei gast.

L’unica cosa che sentiva era un vago odore di bruciato che proveniva dai suoi vestiti e da quelli di Myrddin.

"Ce l’hanno fatta! Hanno bruciato tutto! Ce l’abbiamo fatta, Myrddin!" gridò di gioia e rivolse lo sguardo all’altro.

Sembrava dormisse. Arthur si alzò e ripose le torce negli appositi sostegni, per evitare di rimanere al buio.

Poi sentì delle urla provenire dall’esterno: i suoi uomini lo chiamavano.

Arthur si affacciò alla finestra che dava sulla piazza:

"Sono spariti! Abbiamo vinto! Grazie a tutti per questo grande successo!"

Un urlo collettivo, caldo e gioioso raggiunse le orecchie e il cuore.

"Venite giù, maestà. Venite a festeggiare con noi. Anche Myrddin" urlò Gwaine che sembrava stare meglio.

"Siamo stati colpiti e Myrddin sembra molto provato. Resteremo qui per adesso. Voi festeggiate anche per noi. Siete stati tutti magnifici"

Rientrò. Non aveva voluto dire loro che Myrddin era svenuto, per non rovinare quel momento ai suoi uomini.

 

Il viso del servo era strano. Arthur ebbe un brivido lungo la schiena. Cosa stava succedendo a Myrddin?

Indietreggiò ricordando che il servo avrebbe potuto stare male se gli fosse stato troppo vicino. Ma forse era tardi per quello. Sperò che Myrddin si sarebbe ripreso presto.

Arthur notò il volto del servo, distorto e … mutevole. Sembrava che la sua faccia fosse fatta di creta che mani invisibili si divertissero a plasmare. 

 

Cacciò un urlo smorzato: "Myrddin!"

 

Stava guardando i lineamenti di quel viso diventare sempre più lisci, distesi, più glabri, simili a quelli di un giovane… ‘Oh, dèi!’

 

Il servo sbatté gli occhi confuso e si sentì osservato.

Arthur lo stava guardando come se fosse un gast, ben più orribile di quelli che avevano appena battuto. 

 

Merlin lo guardò di rimando, notando quell'espressione scioccata. 

"Arthur, sto bene!" mormorò temendo che il sovrano fosse in pena per lui.

 

"Merlin!" soffiò il re, senza voce.

 

Merlin si portò la mano al viso ed ebbe quasi un mancamento quando notò l'assenza della barba ed ebbe la conferma di ciò che era successo dall'energia che sentiva di nuovo nel suo corpo. Se non fosse stato sdraiato a terra, sarebbe caduto.

 

'No... Sono di nuovo io!' e rimase a guardare Arthur e la sua reazione.

Non poteva più scappare, né ricorrere alla magia.

'Adesso finirà tutto… È già finito!'

 

"Merlin!" ripeté il re con sgomento. Respirava velocemente ed era pallido. Sembrava non stare bene.

 

"Sì, Arthur … sono io!" E una lacrima scese lungo la tempia del mago.

 

Il sovrano allungò una mano verso Merlin e gli sfiorò appena la guancia liscia poi si ritrasse come se si fosse bruciato. 

 

"L'avevi detto…che non mi avresti lasciato!"

 

"Arthur, io…"

 

"Come potevo pensare che Myrddin … fossi tu?"

 

Merlin si tirò su a sedere. Non riusciva a sostenere lo sguardo dell’altro che non voleva staccarsi dal suo.

 

"Gli occhi, le mani, le orecchie … avrei dovuto capirlo."

Arthur allungò una mano sulla sua spalla, come per rendersi conto che fosse veramente lui. 

Gli occhi del re luccicavano, ormai pieni di lacrime, che presero a scendere veloci sul bel volto e colpirono Merlin con l'arroganza di uno schiaffo in pieno viso.

 

"No, vi prego" mormorò.

 

"Eri tu … eri qui!"

 

"Colpitemi piuttosto, ma non piangete … vi supplico."

 

Il re allungò una terza volta, la mano verso il volto di Merlin. Seguì il disegno di un suo sopracciglio con un dito poi tuffò la mano nei suoi capelli, afferrandoli in modo un po’ brusco. Qualche ciuffo bruciacchiato rimase in mano al re.

 

"Anche voi siete un po’ bruciato qui … e qui" disse Merlin avvicinando la mano alla chiusura del mantello e ad una ciocca sopra l’orecchio del re, ma a differenza dell’altro non osò toccarlo.

 

"Ti ho cercato. Ti rivolevo a Camelot… ma dov’eri sparito?"

 

Merlin scosse la testa. Se avesse parlato sarebbe scoppiato a piangere.

 

"Volevo che tu sapessi che ero pentito di averti mandato via…"

 

"Perdonatemi!" mormorò l’altro.

 

Il re non ce la fece più e lo abbracciò con forza, rimanendo fermo a lungo. Merlin chiuse gli occhi godendo di quel momento. Quando si staccò da lui, lo guardò come se ancora non credesse che l’altro fosse lì. Appoggiò lievemente le labbra sul viso del servo, spostandole sulle guance e passando sulle labbra di Merlin con una devozione commovente.

Il mago sentiva sul suo volto, l’umido delle lacrime e della bocca di Arthur e si sentì sopraffare dalla tenerezza e dalla commozione. Anche lui cominciò a piangere in silenzio per l'emozione.

 

Non avrebbe dovuto accettare quelle effusioni. Non dovevano essere per lui. Ma aveva perso in lucidità ed era ormai completamente succube della dolcezza di Arthur.

Il re continuò a stringerlo e a baciarlo, concentrandosi sulla sua bocca con sempre maggior impeto. Con le sue labbra, schiuse quelle di Merlin e il bacio diventò profondo e intenso. Il servo era dimentico di tutto e tutti. Il tempo era fermo ed esisteva solo Arthur.


Quando si staccarono, il servo si accorse che il suo re tremava.

Era strano vedere Arthur così remissivo e tenero. Eppure proprio per questo, per Merlin risultava essere più irresistibile che mai.

 

Arthur d'altronde si sentiva come se tutto quello facesse parte di un’altra realtà, di un mondo esterno al suo, ed era così travolgente e potente che si sentì diverso, esposto e debole, in balia degli eventi, quasi non fosse lui a guidare i suoi gesti ma qualcosa di molto più forte. Che fosse la magia di Merlin? Se anche fosse stato, avrebbe accettato senza opporsi. 

 

E Merlin non poté fare a meno di accogliere la sua muta richiesta. L'aveva sognato così tanto, desiderato ogni istante e lui era lì e non avrebbe dovuto, ma il resto non contava più niente.

 

Merlin lo baciò, circondandolo con le braccia.

Tra un contatto e l’altro:

"Mi sei mancato…" sussurrò piano il re.

"Anche voi!"

"Ma io c'ero …"

"Anch’io"

"Non per me…"

"…"

 

Arthur scese a baciare il collo di Merlin che buttò la testa all’indietro, dandogli libero accesso, provando un piacere così intenso da strappargli un gemito. Il re spostò di lato la camicia di Merlin fino a scoprirgli una spalla e la morse con passione.

Il fiato caldo di Arthur,  l’aria fredda e la lieve fitta gli fecero provare brividi in tutto il corpo. Poi gli abbracciò la testa:

 

"Merlin, perdonami"

 

Merlin si tirò indietro di scatto con gli occhi lucidi:

"No. Non vi perdonerò mai…"

Arthur non se l’aspettava, ma poi sorrise: Merlin sembrava un bambino imbronciato. 

Gli afferrò il collo e baciò quelle labbra arricciate che trovava adorabili.

Merlin provò a schermirsi ma solo per pochi istanti, perché si arrese subito e ricambiò quel bacio con rinnovato entusiasmo. 

Arthur si tolse l’armatura e si sfilò la giacca e la camicia, con un po’ di goffaggine, data dalla fretta.

 

'Non vale così' pensò contrariato l'altro.

Conosceva ogni vena, ogni cicatrice, ogni muscolo dell'uomo eppure vederlo spogliarsi per lui, annientava ogni sua forma di difesa.

Il re si avvicinò di nuovo a Merlin e lo aiutò a togliere la camicia poi lo cinse con dolcezza tra le braccia. L'abbraccio pelle contro pelle accese entrambi quasi con disperazione.

In quell'abbraccio c'era tutto: il tormento del desiderio, l'arsura data dalla mancanza, l’ombra del peccato. Ma anche la paura e il coraggio, la gelosia e la devozione, la rabbia … e il perdono. E soprattutto l’amore.

Eppure qualcosa nella mente di Merlin risuonò forte e limpido.

Era consapevole di ciò che stava facendo. Era conscio dell’errore e del tradimento insito in quei baci. Prese la sua decisione: non avrebbe dato la colpa a nessun altro che a se stesso.

 

Finirono di spogliarsi l'un l'altro con una certa smania.

Merlin ingenuamente cercava di coprirsi almeno in parte. All’altro fece tenerezza: Merlin era bellissimo e lui già impazziva di desiderio al solo vederlo, ma non gliel’aveva mai detto. Ed essendo per lui la prima volta, era naturale che si vergognasse.

"Sei la persona più bella che abbia mai amato.

Perché, se non lo sai, Merlin, io sono innamorato di te. Non devi aver paura di niente. Se ti vedessi come ti vedo io, capiresti. Sei … perfetto!"

Merlin sorrise a disagio. Non era abituato a quel genere di complimenti.

"Grazie, ma … se vi deludessi?"

"L’unico modo in cui potresti farlo é andartene via."

"Dovrei farlo e … anche voi"

"Tu vuoi andare via?"

Merlin non rispose e gli scappò un sospiro.

Arthur saggiò le intenzioni dell’altro: "Vorresti gentilmente chiudere la porta con la tua magia?"

Merlin chiuse gli occhi e aspettò per quella che al re sembrò un’infinità. Il mago mosse appena le dita e le labbra soffiando: "Fordyttan duru"

"Posso spegnere anche le torce?" domandò poi il mago.

"Ma … io vorrei vederti…" 

"E io vorrei che voi non mi vedeste…"

Arthur alzò gli occhi al cielo. Non gli andava di prenderla persa. Non per quello. Ci teneva troppo. 

"Tu non mi vuoi vedere?"

‘Un altro colpo basso!’ pensò Merlin che prese l’iniziativa di usare ancora la magia: "Bihreosan cēn ne unc"

Tutte le torce si spensero, tranne una Un compromesso che forse accontentato tutti e due. "Può andare così?"

"D’accordo, ma solo perché è molto romantico… proviamo il letto di Wymond?"

"Non avete appena detto molto romantico?"

 

Il re fece sdraiare Merlin e cominciò a dedicarsi al suo corpo, ma poco dopo si trovò a prendere tutta la meraviglia che l'altro gli dava. Merlin era curioso e prendeva alcune iniziative che lo distoglievano dai suoi intenti. 

"Non ero io che avrei dovuto insegnarti ad amare?"

Merlin si sedette sul letto: "Sono dunque un amante così scarso? E ancora non vi ho fatto niente…"

Il re scompigliò tutti i capelli del mago e sorrise: "No. Al contrario … ma se fai così, sarò io a non essere un bravo amante"

"In che senso?"

"Nel senso che … durerei poco. Capisci?"

"Non mi sembra un gran problema. Si può sempre rifare …"

Il modo involontariamente suadente con cui aveva pronunciato quelle parole scatenarono in Arthur una nuova e più pesante ondata di eccitazione.

 

Non riusciva più ad aspettare. Merlin lo capì e finalmente gli si offrì. Il re lo prese con la delicatezza massima consentita dal suo stato.

Il servo resistette il più possibile ma non poté evitare che gli sfuggisse più di un lamento. Arthur, pur più esperto, non essendo mai stato con un uomo, uscì subito da lui, temendo di avergli fatto troppo male.

"Scusa" boccheggiò.

Merlin lo avvicinò a sé baciandolo di nuovo.

Com'era bello Merlin in quella luce fioca. Il desiderio se possibile aumentò ancora di più. 

"Devo dirti una cosa: anch’io sono molto innamorato di te, Arthur … dal primo giorno". 

L’altro lo ricompensò con il suo sorriso più bello e lo baciò ancora e ancora senza fermarsi, fino a che Merlin non gli disse di sentirsi pronto. Il sovrano lo prese di nuovo e sembrava che le cose fossero migliorate, anche se faticava a distinguere i gemiti di dolore di Merlin da quelli di piacere, ma ormai non era più così lucido.

 

Come Merlin, del resto, che si sentiva languido e strano a causa della moltitudine di emozioni provate: il senso di appartenenza, l'unione con l'uomo che amava, il forte piacere e a tratti il dolore, ma riusciva a dire solo: "Ancora…"

Arthur si sentì esplodere di piacere quando raggiunse l'orgasmo e alla fine rimase disteso sul corpo di Merlin.

 

Il tempo di riprendersi un attimo e fu Arthur a offrirsi inequivocabilmente all'altro. 

"Cosa fai?" sorrise Merlin un po’ preoccupato. In realtà la posizione di Arthur non dava adito a nessun dubbio.

 

"Ti amo e voglio che anche tu provi ciò che provato io."

Merlin non avrebbe pensato di arrivare fino a tanto. In realtà quella non era una cosa che si poteva fare. Si trattava pur sempre del re di Camelot.

 

"Non posso…"

 

"Allora ti dirò che sono io a voler provare quello che hai provato tu"

Il modo in cui lo guardò e lo baciò sciolse le ultime riserve di Merlin.

 

Il servo fece sdraiare l'amante a pancia in su. Voleva vederlo, voleva baciarlo. Cominciò con un massaggio, godendo del contatto delle proprie mani con quello del corpo di lui.

Non passò molto tempo che il re si sentì permeare nuovamente  dallo stesso forte desiderio di prima.

"Merlin…"

"Dimmi…"

"Potresti fare un po' più in fretta?"

"Adoro farti i massaggi"

"E io adoro i tuoi massaggi, però…"

Merlin rise. Come non accorgersi che Arthur era pronto?

 

Si sdraiò sopra Arthur, che gli cinse i fianchi con le gambe. Merlin si spinse in avanti e contemporaneamente cercò la sua bocca con le labbra. Arthur protestò, mugugnando forte e Merlin si fermò per poi muoversi molto lentamente.

Il servo osservava ogni espressione del viso dell'amato, cogliendone ogni sfumatura: fastidio, gioia, piacere.

Arthur se ne accorse:

"Ehi, che stai facendo?"

"Ti guardo. Sei così bello che non posso farne a meno." Poi Merlin rise. Era un po' imbarazzato ma era talmente felice che non gli importava.

"Puoi guardarmi anche in un altro momento…ora hai di meglio da fare!"

"Stavo aspettando che il dolore diminuisse"

"Non m'importa. È un dolore sopportabilissimo…"

"Beh, insomma…"

"Io sono un uomo d'arme… cosa vuoi che sia per uno come me?"

"Meglio così!" disse il servo sorridendo. Possibile che Arthur fosse così superbo, perfino mentre lo facevano?

Si mossero insieme e Merlin chiuse gli occhi cingendo con una mano il capo di Arthur che sudava abbondantemente e si lasciò andare. I gemiti di Arthur erano uno stimolo che lo portava in alto. Quando fu sul punto di perdersi, sentì di non poter più controllare il suo corpo e nemmeno la sua magia che fuoriuscì dagli occhi sotto forma di un'intensa luce bianca, molto più forte del solito.

Il volto di Arthur era avvolto da quella stessa luce bianca, che aumentò fino ad avvolgere completamente i due amanti e quando Merlin raggiunse il climax del piacere quasi urlò, mentre Arthur gridava ancora più forte. 

 

'Per tutti gli dèi. E chi immaginava che sarebbe stato così …incredibile!' pensò Arthur.

Merlin era spossato e felice ma anche preoccupato per Arthur. Pregò che la sua magia non gli avesse fatto male.

"Arthur, tutto bene?"

"Mmm… direi proprio di sì. Ma cos'è successo? Io non mi sono mai sentito così!"

"Temo che la mia magia sia fuoriuscita, ma non l'ho fatto apposta."

"Amo la tua magia… e amo te! Accidenti, Merlin!"

Merlin si accoccolò di fianco al suo re che lo cinse con un braccio ed entrambi si addormentarono felici.

 













Ciao a tutti/e! La storia non sarebbe dovuta andare così. Merlin al dunque si sarebbe tirato indietro. Ora dovrò riscrivere gli ultimi capitoli e non so da che parte farmi.😆Tutta colpa (o merito) del Natale. Mando a tutti/e voi del fandom tantissimi auguri di Buon Natale!🌲🍀💕 ✨  


 

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Capitolo 9
*** Apud te sed sine te ***


3998 parole

Capitolo IX

 

Apud te sed sine te

 

(Con te ma senza te)







 

Arthur si stirò voluttuosamente, allungando il braccio di fianco a sé sul letto. Ma accanto a lui non c’era nessuno.

 

“Merlin?” chiamò.

 

Si sedette sul letto.

Perché non era lì con lui? Avvertì un brivido sulla pelle, più per la mancanza dell’altro che per la temperatura della stanza.

Dove poteva essere andato? 

Non certo dai cavalieri che non sapevano che Myrddin fosse Merlin in realtà. Forse avrebbe dovuto mettere in conto che l’altro sarebbe tornato ad essere Myrddin. 

E se fosse fuggito? Se non l’avesse più visto per anni o addirittura per sempre?

 

“Giuro che se è così, ti ucciderò…” disse ad alta voce, cominciando in fretta a rivestirsi. Tremava per il nervoso e la preoccupazione.

Cercò nelle stanze del palazzo. Non c’era anima viva … o morta, pensò tra sé, ricordando che i gast erano spariti per sempre.

Uscì correndo sulla piazza antistante, guardandosi intorno.

Era da poco passata l’alba e vide da lontano il bivacco dei suoi uomini che se ne stavano ancora tutti sdraiati a terra a dormire. Sicuramente la sera prima dovevano aver bevuto e fatto tardi per festeggiare.

 

Non sapeva dove andare. Fu assalito da pensieri ancora più terribili e andò in panico. Ricominciò a correre lì intorno, a casaccio, si allontanò fino al fiume e fu lì che lo vide. Stava seduto sopra il solito masso.

Respirò profondamente, ringraziando in cuor suo gli dèi che lui fosse lì.

 

“Merlin!”

 

Il ragazzo si girò verso di lui, sorridendo, ma il sorriso di Merlin non arrivava agli occhi:

era un sorriso di circostanza.

“Avete dormito bene, maestà?”

Il re scosse forte la testa: “Ancora?...  Vorrei che mi dessi del tu, Merlin, come ieri sera…”

“Va bene … ma solo quando siamo soli… “

 

Il re ebbe una piccola fitta allo stomaco: sempre e solo bugie; tra loro, con gli altri… ma non poté fare a meno di accennare di sì con il capo.

 

“Dovrei spiegarti così tante cose … Arthur”

“Non c’è fretta. Parti da quelle più importanti.”

“Non posso tornare ad essere Myrddin. Ricordate che non riuscivo a muovermi quel giorno in cui avevo perso la memoria?”

“Ma tu … non hai mai perso la memoria, giusto?”

“È così: era una scusa perché non sapevo come giustificare la mia assenza quando mi vedesti la prima volta!”

“Già. C’era Merlin e Myrddin non c’era più, poi Myrddin c’era ma non c’era più Merlin. Anche da quello avrei dovuto capirlo …”

“Mi dispiace di aver usato la magia contro di te. Ero davvero disperato! Perdonami!”

“Ma perché eri tornato ad essere Merlin? Volevi tormentarmi? Perché se il tuo scopo era quello, ci sei riuscito!”

Merlin s’inalberò.

“No, non hai capito niente: è successo senza che lo volessi. Per questo sono voluto andare da Gaius… per capire cosa mi fosse accaduto…

Quella fu l’ultima volta che mi trasformai in Myrddin, perché era diventato troppo pericoloso. Gaius dice che potrei morire se lo facessi ancora….”

 

“Guai a te, Merlin! Non pensarci neppure…”

“No, infatti… ma…”

“Chi lo sapeva? Chi sapeva che eri Myrddin?”

“Nessuno… a parte i miei genitori … e Gaius … e Will.”

Il re ridacchió con amarezza. “Gaius! Ho sempre saputo che, dovendo scegliere tra me e te, avrebbe preferito te …”

“Non è vero! Gaius voleva solo aiutarci. Tutti e due…” sbottò Merlin turbato.

 

“E Will? Sai che quando è venuto da me per chiedere dov’eri, ha fatto una scenata madre degna di un commediante?”

 

“Will non vi ha mentito. Ha saputo la verità solo quella notte che ha passato con me a Camelot”

Arthur spalancó la bocca scandalizzato e sdegnato allo stesso tempo. 

“La notte che ha passato - con te - a Camelot -? Scommetto che quella notte possedevi questo corpo e non quello di Myrddin, vero?”

 

Merlin capì l’errore che aveva fatto. Il re era già geloso di Will, ancora prima di tutto quello, figuriamoci adesso.

“È vero, ma è stato solo un caso. Non è successo niente di niente, tra noi. Abbiamo parlato di cosa avevo fatto nei tre anni in cui ero sparito, dei miei genitori, di sua moglie. Aspetta un figlio, sai? Era così felice…”

 

Arthur si calmò un po’. Si fidava di Merlin ma per un momento la sua possessività lo aveva completamente accecato.

“Ho capito… Dove sei stato tutti questi anni?”

“Su questo non ti ho mentito. Sono rimasto nei dintorni di Camelot e ho fatto il boscaiolo. Abitavo in alcune capanne. In una ci sei anche entrato. Ogni tanto Gaius mi informava su di te. Fui io a supplicare di farlo…”

 

“Sei sempre stato vecchio, da allora?”

“Sì, dal giorno in cui me ne andai via. Non potevo rimanere me stesso. Quasi tutti mi avrebbero riconosciuto”

“Non hai saputo che ero pentito? Che ti ho cercato?”

“Fui tentato di tornare da te, ma dopo poco arrivò l’annuncio delle tue nozze con la principessa di Mercia”

“Stavo cercando di andare avanti, Merlin, per non impazzire”

“Almeno hai avuto la cosa che più di altre hai desiderato: due figli, due eredi per il popolo.”

“Non era quella la cosa che più desideravo. Ma una volta che sono nati … lo è diventata.”

Il servo si sentì quasi male per la tristezza, ma non lo diede a vedere.

“Sono disposto a tutto pur di non nuocerti ulteriormente. Ci ho pensato tanto stanotte… Vuoi … che me ne vada da Camelot senza che nessuno sappia di Myrddin?”

 

“Tutto voglio, tranne che tu sparisca di nuovo. Io voglio che tu resti, qualsiasi cosa accada”

 

“Va bene. Allora … vuoi dirlo ai cavalieri?”

 

“Adesso non lo so, dovrei pensarci. Perché non torniamo in camera? … Non riesco a pensare ad altro che … che vorrei stare ancora un po’ con te … per capire cosa sia meglio fare”

 

Merlin non credette alle buone intenzioni del re. Andare in camera con Arthur significava solo una cosa e come la sera prima aveva deciso di stare con lui a dispetto di tutto, ora aveva deciso che non si sarebbe più ripetuto.

Però aveva anche compreso che Arthur non gli avrebbe dato una mano in questo suo intento. Anzi aveva già iniziato a rendergli le cose più difficili che mai, con quell’invito tutt'altro che innocente.

Il re si avvicinò a Merlin e gli mise le mani sulle spalle, ma sentì l’altro irrigidirsi e le ritirò.

 

Merlin lo guardava con occhi così seri e intensi che il re avvertì una fitta al petto.

 

“Arthur, ascoltami. Io ti amo e stanotte è stato … meraviglioso. La cosa più bella che abbia mai avuto. L’unica cosa veramente mia. Lo volevo così tanto che mi sono imposto di non pensare ad altro, sul momento. E so di aver fatto la scelta più giusta. Per me. Ma è stato un sogno: adesso è ora di tornare con i piedi per terra. Lo sapevo e lo sapevi anche tu.”

 

“Non vuoi più stare con me? Non mi bacerai più? Vuoi dire questo?”

 

“Possiedi il mio cuore, l'avrai sempre… è la cosa migliore che posso darti di me!”

 

Merlin forse aveva ragione, ma Arthur non poteva pensare di non avvicinarsi più a lui, di non poterlo avere, di non poterlo amare. Non dopo averlo fatto in quel modo con lui. Il desiderio che lì per lì era scemato in quanto era stato soddisfatto, ora era tornato più forte di prima.

 

Ma non era solo quello.

 

Il servo possedeva anche il suo, di cuore. Finalmente amava qualcuno per la prima volta, in modo totale e sublime. Ed ecco che già finiva tutto, dopo aver appena raggiunto e assaggiato quella felicità. 

Sentì montare una gran frustrazione e anche rabbia, per Merlin, e per se stesso. Cosa pensava, che tutto si sarebbe aggiustato come per magia, se avessero fatto l’amore?

 

E parlò con un po’ di freddezza:

“Credo di capirti, Merlin. Sei tu il saggio tra noi. Sappi però che la tua decisione non mi trova d’accordo. Avrei preferito di gran lunga che noi rimanessimo … amanti.”

 

“Amanti clandestini? Ti rendi conto dei rischi? Tu non sei un contadino o un commerciante. Sei il re di Camelot.”

“Giusto. Per questo posso fare quello che voglio senza chiedere il permesso a nessuno.”

“Sei sposato!”

“Sono quasi due anni che non la tocco…”

 

Merlin avrebbe preferito non saperlo.

“Non sto parlando di questo, ma di ciò che lei proverà se si dovesse sapere. Il dolore, l’umiliazione pubblica.”

“Non ti preoccupare… lei diventerebbe una vittima agli occhi del popolo. Sarei io la pietra dello scandalo. E anche tu!”

“Di me poco importa, ma tu…sei già una leggenda, il mitico re Arthur e …”

 

“Se fosse così, non credi che in fondo non importerebbe a nessuno con chi vado a letto? Ma poi scusa… perché ti interessi di Mithian? Finora l’ho rispettata come persona e madre dei miei figli, ma lei sa che non l’ho mai amata. Me l’ha detto lei, di persona. Ed è sempre stata gelosa del tuo ricordo…”

 

“A ragione, a quanto pare. Io l’ho tradita!"

Arthur stava cominciando ad alzare la voce:

“Non l’hai tradita! Tu sei al mio seguito, non al suo. Tu non le devi niente. Sono io che le ho giurato fedeltà, più di una volta, e invece…”

 

“Per come la vedo io, ognuno di noi ha le sue colpe. La mia è stata quella di non voler rinunciare a te.”

 

“Se avessi saputo che non ci sarebbe stato un seguito, forse non avrei insistito così tanto” disse il re scostante.

 

“È una cosa che ho deciso dopo… non avrei mai potuto fare questo tipo di congetture ieri…”

 

“Forse pensi che io sia uno di quelli che una volta avuto ciò che desidera, se ne disinteressi. Forse in passato sono stato così, ma non ora, non con te…” 

 

“Non ho pensato a niente del genere. Non ho pensato nemmeno a ciò che volevi tu, ma solo a quello che volevo io”

 

“Quindi per te é stato un errore?”

 

“No, sul momento non lo è stato, perché ero consapevole di volerlo con tutto me stesso. Ma questo adesso mi rende solo più colpevole”

 

“Per me non è stato un errore…”

 

Merlin deglutì, commosso e ferito da quelle parole. Ma non doveva lasciarsi intenerire.

“Bene. Vogliamo parlare dei tuoi figli?”

Arthur sussultò sentendo nominare i figli.

“Lasciali stare, Merlin. Loro non c’entrano”

“Udirebbero ignobili pettegolezzi sul loro padre. Non vuoi risparmiare loro questo dolore?”

“Ci sono sempre dicerie più o meno vere sui sovrani. Ci penserò io a rassicurarli e quando saranno abbastanza grandi parlerò con loro.”

 

“D’accordo. Ma io non darò ulteriore adito a questo possibile scandalo. E lo faccio per amor tuo.”

 

Arthur era ora distaccato e indisponente.

Era il suo modo di nascondere la profonda delusione e il dolore. 

“Vedo che hai già deciso anche per me… allora, che farai con i cavalieri?”

 

“Se dovrò restare, bisognerà dirglielo e prima sarà, meglio sarà”

 

“D’accordo. Vieni. Andiamo a dirglielo adesso.”

Merlin sospirò di angoscia. “Arthur, dammi ancora un attimo… Cosa diremo?”

 

“Quando sarò lì, mi inventerò qualcosa!”






 

Arthur prese un mestolo e lo batté ripetutamente e con forza sulla pignatta di rame che usavano per fare la zuppa.

 

Cavalieri e cadetti si alzarono in piedi, ancora intontiti dal sonno e non proprio al meglio della forma.

Il ciuffo di Gwaine ad esempio ricordava quello di un’upupa e Leon cercava di schiacciare con le mani la sua criniera decisamente ’ariosa’.



 

“Miei prodi, rinnovo a voi le congratulazioni per l’esito della battaglia di ieri. Voi non lo sapete ma con il vostro intervento non avete distrutto solo i gast: avete salvato la mia vita e quella di … Myrddin!”

 

“A proposito come sta Myrddin?” chiese Percival.

 

“Bene! Si è ripreso in fretta!”

 

“Ma adesso dov'è?" chiese Gwaine, smettendo di sistemarsi i capelli.

 

“Vedete … è successa una cosa stanotte. Myrddin stava dormendo quando ha avuto un sogno … premonitore, così ha detto. Una faccenda seria … non ho capito quale… che riguardava un suo parente, che abita lontano… E siccome ha pensato che ormai noi non avessimo più bisogno di lui ... è partito a cavallo. Mi ha detto di salutarvi tutti e di ringraziarvi uno ad uno. L’avete fatto sentire uno di famiglia…”

 

“Ma… è partito di notte, da solo? Non è più tanto giovane, poveretto!” disse Elyan perplesso.

“È quello che gli ho detto anch’io, ma lui è un tale testardo, lo sapete …però non dimentichiamoci che è un potente stregone” 

 

Qualche cavaliere mugugnò qualcosa a bassa voce e il re continuò:

“Ma c’è una novità! Un’incredibile novità, che sono sicuro vi farà molto piacere. Stamattina presto, ho ricevuto una visita, inaspettata e gradita. Voglio comunque simbolicamente tirare le orecchie a tutti quelli che mi hanno preso per un pazzo visionario, … praticamente tutti voi.”

Poi gridò ad alta voce: “Puoi venire!” 

 

Dalla porta principale del palazzo, in lontananza, venne fuori una figura, che dagli abiti e dal modo di camminare, non diede adito a dubbi a chi l’aveva conosciuto. I cadetti invece lo guardavano avvicinarsi senza avere la minima idea di chi fosse costui.

I cavalieri si mossero e cominciarono a correre verso l’amico. 

Leon fu il primo ad abbracciarlo. “Quanto ti abbiamo aspettato, Merlin!”

Elyan lo abbracciò in silenzio. Una lacrima bagnava il suo bel viso di colore. 

Merlin non diceva niente, per non scoppiare in lacrime.

Percival lo sollevò in alto e lo portò come in trionfo per un po’. “Merlin è tornato!” gridava pieno di gioia.

 

Non appena lo rimise giù, Merlin fu gettato a terra da qualcuno che si era letteralmente tuffato su di lui.

“Porca vacca!” disse solo Gwaine. Poi mentre era ancora su Merlin, gli prese la testa tra le mani e appoggiò le labbra su quelle dell’altro.

 

Arthur non mosse un muscolo, ma avvertì forte e chiaro quello che sembrava essere un poderoso pugno all’addome. Aveva una gran voglia di tagliare la testa a quel cavaliere spudorato.

 

“Tante donne, Gwaine, solo per nascondere che sei … uno di gusti strani” disse Percival un po’ acido.

 

“Ehi! È solo perché sono sicuro della mia mascolinità che posso permettermi di dimostrare il mio affetto ad un uomo con un bacio. Non come qualcun altro qui…” disse Gwaine rialzandosi e puntando gli occhi in faccia a Percival. 

Gli altri ridevano come matti e continuavano a prenderlo in giro.

 

“State attenti” disse Gwaine furente “che se non la fate finita, dopo tocca a voi. E magari vi piacerà pure…”

 

Merlin li guardava e rideva. Era solo felice che i cavalieri lo avessero accolto in quel modo. I suoi amici gli erano mancati molto. 

La risata gli si spense sulle labbra, non appena vide Arthur che con le braccia incrociate, lo guardava come un toro fumante rabbia che avesse voglia di incornarlo.

 

Poco dopo fecero colazione tutti insieme. Arthur, che sembrava aver riacquistato un minimo di calma, presentò Merlin a ogni singolo cadetto. Anche coloro che non lo conoscevano avevano comunque sentito parlare di lui. Il mago riconobbe anche il cadetto che era andato ad aiutarlo con la brocca, ma naturalmente non disse nulla.

E avendo terminato la loro missione, si prepararono a smontare il bivacco e ripartirono per  Camelot.


Durante il viaggio Merlin, al contrario del suo solito, rimaneva nelle retrovie. Non era più il valletto del re. Ma non era il vero motivo: stare accanto ad Arthur, dopo quello che c’era stato tra loro, poche ore prime, lo faceva sentire angustiato e un po’ sporco.

 

Arthur non si girò a cercarlo, ma decise in cuor suo che Merlin stava sbagliando e non avrebbe permesso al suo servo di trattarlo come un uomo succube né superficiale.

 

Se pensava di metterlo da parte così, si sbagliava di grosso. Non sapeva forse, il suo giovane amante, che lui era uno che non si arrende mai? Beh, ci avrebbe pensato lui a ricordarglielo.

 

Una volta arrivati a Camelot, Merlin se ne tornò di filato al laboratorio. 

Gaius rimase di sale quando se lo trovò di fronte, così giovane e anche così … triste.

Merlin abbracciò il vecchio amico scoppiando a piangere forte. Riuscì solo a dirgli: “Avevi ragione… Su di lui e su di me”

Gaius forse aveva capito o forse no, ma non era quello che importava: il mentore lo tenne stretto a sé senza dire nulla per tutto il tempo che servì a Merlin per calmarsi.

 

Passavano i giorni e il re non lo fece chiamare. Merlin inizialmente non sapeva cosa fare ma poi tornò alle mansioni di quando era Myrddin. Oltre ad aiutare Gaius, andava a occuparsi della legna e delle scuderie. Coloro che l'avevano conosciuto Merlin in passato gli fecero festa ma anche un mucchio di domande. Lui rispondeva sempre in modo gentile, rimanendo sul vago.

E tutti gli chiedevano che fine avesse fatto Myrddin. Merlin diceva solo che al momento era partito e che non sapeva altro.


Dopo una settimana di silenzio da parte di Arthur Merlin provava emozioni contrastanti: era più sereno perché il re aveva accettato la sua decisione in modo repentino. Ma nel profondo non poteva fare a meno di sentirsi triste perché Arthur sembrava già essersi dimenticato di lui.

 

Un pomeriggio dopo aver finito di lavorare Merlin ricevette una visita che non si sarebbe mai aspettato.

“Ciao Merlin. Il re mi ha raccomandato di consegnarti questo personalmente.”

“Ciao, George. Che cos’è?”

“Credo l’invito a una festa che ci sarà a breve a palazzo. C’è un’altra cosa però…”

“Vuoi entrare, George?”

“No, grazie… volevo chiederti se non ti farebbe piacere tornare a fare … il valletto del re?” 

“Te l’ha chiesto lui?”

“No, ma potrebbe farlo…”

“Perché me lo chiedi?”

“Perché quel posto è tuo! Non sai con quanta letizia ho appreso del tuo ritorno. Merlin … io non sono felice di lavorare per il re. Che gli dèi mi perdonino. Non credevo che l’avrei mai detto”

“Ti tratta male?”

“No. E comunque non più male di quanto facesse con te. So di essere bravo nel mio lavoro, ma il re non mi apprezza, perché io non sono te.”

“Non credo … guarda che Arthur è un terribile padrone da accontentare … anche per me!”

“Ma tu riesci a sopportarlo meglio di tutti gli altri. Solo quando c’eri tu, il sovrano sembrava felice. So che gli sei devoto nonostante tutto…Ti prego di accettare. Vorrei tanto tornare al mio lavoro precedente”

Merlin non avrebbe voluto tornare da Arthur. Troppe enormi tentazioni. Ma non pensava che George si sarebbe mai aperto con lui in quel modo e non voleva deluderlo. 

“Se Arthur me lo chiederà, ci penserò!”



 

Nel messaggio a Merlin c’era scritto che i

reali volevano festeggiare il suo ritorno a Camelot. 

Quella sera stessa si sarebbe svolta una festa in suo onore.

 

Merlin presenziò alla cena con il medesimo spirito di un condannato alla gogna. 

Rimase molto impressionato quando entrò nel salone. C’erano una marea di invitati e tutto era disposto in modo molto simile a quella famosa festa di primavera che avevano organizzato insieme anni prima. C’erano anche i tavoli con tanti giovani contadini e contadine, come allora.


“Cosa pensi di Merlin?” chiese il re a sua moglie seduti al loro tavolo.

“È un ragazzo semplice, ma capisco perché sia così importante, per voi. È un giovane allegro e molto simpatico. E lo trovo molto attraente” disse Mithian con voce maliziosa.

 

“Sono assolutamente d’accordo con te. Se io fossi nato donna, avrei fatto di tutto per accalappiarlo” disse scoppiando a ridere “ma temo che sia già sentimentalmente impegnato!” concluse senza più guardarla.

 

“Possiamo presentarlo pubblicamente, adesso? Sono stata insieme con i bambini tutt’oggi. Martin non stava bene. Sono molto stanca e vorrei ritirarmi prima possibile”

 

Il re fece chiamare Merlin che si avvicinò ai reali.

“Cari amici! Stasera vi ho voluto qui perché il mio valletto e mio grande amico, dopo più di tre anni è tornato tra noi. Abbiamo sentito tutti la sua mancanza, primo tra tutti io. Vorrei brindare alla sua salute insieme a voi. Prosit!” disse Arthur alzando il calice.

“Prosit!” rispose il pubblico festante.

Seguì un lungo applauso, durante il quale Mithian si avvicinò a Merlin.

“Perché non hai portato con te la tua fidanzata? Mi sarebbe piaciuto conoscerla” disse a Merlin, sottovoce

“Fidanzata?”

“Sì, me l’ha detto il re!”

“Allora, devo essermi spiegato male, perché …”

“Perché?” Insistette la regina.

“Perché… la conosco da poco tempo e non era il caso che la portassi qui” mentì, temendo il motivo della domanda della regina.

“Scusami, Merlin, se lascio la festa così presto, ma sono molto stanca…”

Merlin s’inchinò alla sovrana e tornò dagli amici. 

 

La cena andò avanti per le lunghe. Le pietanze sembravano non finire più, come il vino, che scorreva a fiumi, tra i tavoli.

Il re era sempre impegnato a parlare con qualcuno. 

 

Verso la fine della cena, Arthur invitò chi voleva danzare, sul largo spiazzo di fronte all’uscita. 

Un’orchestra già suonava la prima danza.

‘Tutto come l’altra volta’ si disse Merlin.

Merlin fu conteso da un numero ragguardevole di donne che volevano ballare con lui. Alcune erano popolane, altre nobildonne. Cercò di accontentarle tutte, cambiando dama ad ogni danza.

‘No’ pensò Merlin stanco ‘l’altra volta era diverso’

 

Arthur non si vedeva. Chissà perché non ballava.

 

Era già molto tardi quando la festa volgeva al termine. Merlin si era praticamente nascosto in mezzo ai suoi amici cavalieri. Se un’altra donna gli avesse chiesto di farla ballare, Merlin sarebbe probabilmente svenuto ai suoi piedi.

 

Arthur, finalmente si unì a loro. 

“Accidenti, ragazzi! Non sono riuscito a fare neanche un ballo! Ho parlato con il gran segretario di Castry… e ho leccato i piedi al vicerè di Migoon … sono sfinito”

 

“In compenso Merlin ha ballato anche per voi…” si inserì Gwaine, decisamente alticcio.

“Davvero?” chiese il re.

 

“Perché ti intrometti Gwaine?” sussurrò Percival un po’ seccato a Gwaine in modo che lo sentisse solo lui.

“Che cosa vuoi Percival? Hai ballato poco stasera? Mi dispiace… vieni” disse prendendolo per un braccio “Ti faccio ballare io!”

Gli altri rimasero a guardarli un po’ perplessi.

“Giusto, Merlin. Mi fai fare un ballo anche tu?” sorrise Arthur, approfittando dell’occasione.

E prima che potesse rispondere si ritrovò in pista a ballare con il re. 

Era una sarabanda, un ballo lento a coppie.

Si procedeva l’uno di fianco all’altro tenendosi per mano e ogni tanto il primo faceva un cerchio intorno all’altro e si scambiavano di posto.

Arthur si muoveva con grande grazia. Ma non smetteva di fissarlo, per cui Merlin si ritrovò agitato più che mai. Il re era di certo l’uomo più seducente del mondo e al servo non era sufficiente esserne a conoscenza.

 

Arthur volle fare altri balli.

“Se ballano loro …” diceva a Merlin, indicando Gwaine e Percival, poco più in là. Erano davvero una coppia piacevole da guardare. Andavano entrambi a tempo di musica, anche se non seguivano i passi canonici dei balli: probabilmente non li conoscevano neppure. Sembrava quasi un elegante duello, quello tra i due. Una gara per dimostrare all’altro chi fosse il danzatore migliore. Eppure entrambi sorridevano. Gwaine fece addirittura qualche acrobazia. Percival invece aveva un incedere molto sciolto e distinto.

 

Fu a metà di un ballo che Arthur s’impossessò del polso di Merlin e correndo lo portò un po’ distante dalla piazza, nel giardino dove non arrivava la luce delle candele. Senza tante storie lo attaccò al tronco di una grossa quercia e lo baciò.

 

Merlin con le mani lo spinse indietro.

“Arthur. Ti avevo chiesto…”

“Non ce la faccio, Merlin. Tu come ci riesci?”

“Io penso al tuo bene. Se facessi anche tu come me, potresti, credimi!”

“Io ti amo!”

“Sei egoista, Arthur, ed anche infantile” 

“Non m’importa…”

“E perché questa festa? Non era necessaria: tutto questo sfarzo… un grosso spreco”

“Non capisci. Era per te.”

“Per il mio ritorno, lo so...”

“Non per il tuo ritorno… per il tuo fidanzamento…”

“Oddio … e con chi? La mia fidanzata inesistente?”

“Che cosa? No! Con me!”

Arthur tirò fuori dalla tasca un anello d’argento.

 

Merlin rimase per un attimo senza fiato poi lo guardò con occhi glaciali.

 “Non mi piace affatto questo scherzo…” 

E se ne andò via correndo.

 

Per quello Arthur aveva allestito tutta quella pompa magna? Ma che senso aveva? Se lo sapevano solo loro! Se lui aveva già una moglie!

Stupido’ si disse stravolto. Tutte le bugie si erano trasformate in una grande, enorme beffa.


 

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Capitolo 10
*** Contra factum est? ***




2810parole



Capitolo X

 

Contra factum est?

 

(Il destino è contrario?)





 











Pochi giorni erano passati dalla festa.

Arthur c’era rimasto molto male per la reazione di Merlin alla sua proposta di fidanzamento. Era convinto che l’altro si sarebbe lasciato infilare l'anello al dito. Era l'anello di sua madre: non avrebbe potuto consegnarlo a nessun altro che a lui. 

Quando aveva sposato Mithian le aveva dato un altro anello.

 

Pensava che Merlin l'avrebbe baciato e abbracciato.

Si era impegnato per tutta la settimana per la festa, perché se tutto fosse stato perfetto, l’altro avrebbe detto di sì.

 

Ma niente era andato per il verso giusto.

 

Ora però aveva capito. 

 

Avrebbe insegnato a Merlin cosa può e deve fare un uomo, per ciò che crede giusto, ma anche per ciò che vuole davvero. 

Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma sapeva che avrebbe agito.






 

In quei giorni gli amici di Merlin e Gaius si erano accorti che qualcosa non andava nel ragazzo. Sorrideva e faceva battute, come al solito, ma per lo più era silenzioso e spesso sembrava assente. Per non parlare del suo aspetto: aveva perso peso, già che non era mai stato molto in carne. I solchi nelle guance erano più scavati, il pallore della pelle si era intensificato e alcune vene blu erano comparse sulle tempie e sugli avambracci del ragazzo.

Gaius vedeva che Merlin si nutriva poco e di notte lo sentiva rigirarsi nel letto all’infinito, oltre la porta della sua stanzetta. Qualche volta urlava, forse in preda agli incubi.

 

Una mattina Arthur fece chiamare Merlin, il quale andò in panico: non voleva che il re lo vedesse in quelle condizioni. 

Si vestí con gli abiti migliori che aveva, avendo cura di coprire bene i polsi. Pettinò i capelli in avanti fino a ricoprire le tempie e si specchiò: ‘Dei del cielo… sono orribile… peggio di Myrddin!’

E si mise un cappello, calato fino agli occhi. Infine pizzicò a lungo le guance per cercare di avere un colorito più roseo.




 

“Arthur” disse inchinandosi profondamente, poi trattenne un grosso sospiro quandò vide il re: era ancora più bello del solito. Era in piedi vicino alla scrivania con un rotolo svolto tra le mani e una elegante penna nell’altra.

Aveva un paio di calzoni scuri a vita alta e una camicia bianca di tessuto leggero infilata nei calzoni. Lo scollo era profondo e senza lacci. Con la luce del sole alle spalle del re, Merlin vedeva in trasparenza le linee dei muscoli del torace e delle spalle di Arthur. Era una visione: un dio sceso in terra, come in quegli affreschi dove il personaggio principale calava dal cielo, inondato di luce.

Davvero costui era stato suo? 

Dubitò della sua sanità mentale. Forse era solo un povero pazzo delirante, che viveva in un mondo immaginario!

Si sentiva molto turbato dalla presenza magnetica del re, ma era anche avvilito dalla consapevolezza del suo aspetto emaciato e della stravagante immagine che il re avrebbe notato.

E infatti:

“Ma come ti sei conciato? Sei irriconoscibile Merlin! Lo sai che devi scoprirti la testa in mia presenza?”

 

“Perdonatemi … perdonami, ma non sono stato molto bene e non sono arrivato a lavarmi i capelli” mentì Merlin. “Potrei tenerlo?”

 

“Va bene. Non importa… Ho pensato che tu potresti riprendere il tuo vecchio ruolo qui a Camelot. Ti andrebbe di tornare a fare il mio valletto?”

 

‘Accidenti!’

Come avrebbe fatto se il re avesse cominciato a tormentarlo, tutti i giorni, più volte al giorno. La sua volontà era tenace, ma c’erano dei limiti. Era convinto che in quel modo non avrebbe retto più di una settimana.

 

“E George? Vi ha servito fedelmente per anni. Non mi sembra giusto nei suoi confronti…”

Merlin ricordava la mezza promessa fatta a George, ma in quel momento non gli importava. Si sarebbe attaccato a tutto pur di giustificare il suo rifiuto.

“È stato lui a chiedermelo.”

“E perché l’avrebbe fatto?”

“È stato un servo fedele, Merlin, ma la verità è che  George non ne puó più di me … colpa mia. L’ho sempre trovato noioso e non mi sono mai premurato di nasconderglielo. Ha resistito anche troppo.”

 

Merlin decise allora che trovare altre scuse non aveva senso. L’antica complicità tra loro, che si era acuita la notte passata insieme, forse aveva almeno quel vantaggio: quello di poter essere sinceri.

 

“Io non posso tornare a fare il valletto reale. Una parte di me lo vorrebbe. Il periodo in cui ero il tuo servo è stato il più bello e spensierato di tutta la mia vita …”

“Questo me l’avevi già detto … quando eri Myrddin. Tutte quelle bugie sulla tua vita in Irlanda e sulla donna della tua vita… non esiste vero?”

“Ho mentito su nomi e luoghi ma non su quello che a ho provato. Quella donna … eri tu. Parlavo di te …”

“Non sono sicuro che la cosa mi faccia piacere” sorrise leggermente il re.

 

“Nessuna allusione Arthur. Tu sei l’uomo più virile che conosca…”

Merlin arrossì furiosamente, pensando a cosa aveva appena detto.

Ma il re non infierì. “Che fine farà Myrddin? So che è una cosa stupida, ma … mi manca. Eravamo diventati amici, almeno per me era così…”

 

“Lo era anche per lui … io credo che non lo rivedremo più. A meno che non sia estremamente necessario. Però, in alcuni casi, potrebbe rivelarsi ancora utile, non credi?”

 

“No… non voglio che tu muoia”

 

“Intendevo dire, se io e Gaius trovassimo la maniera di richiamarlo senza rischi per la mia incolumità.”

 

“Nel caso, prima di fare qualunque passo, voglio prima esserne messo al corrente. Meglio pensare alla tua salute che ad un uomo che in fondo non è mai esistito…”

 

Merlin si rabbuiò per un attimo ma poi sorrise:

“Vuoi sapere una cosa buffa… ricordi quando hai dichiarato ai cavalieri che Myrddin possedeva la magia? E di Merlin, lo stregone, non ne hai fatto parola con nessuno.”

 

“Ti mandai via, subito dopo averlo scoperto. E non avevo ancora promulgato nessuna legge a difesa della magia bianca… Perché non venisti subito da me? In forma di Myrddin, intendo.”

 

“Ero arrabbiato e triste. Poi avresti capito che ero io. Tu e anche gli altri”

“Gli altri forse, io … sono un po’ troppo semplice per queste cose. Penso sempre che le persone gentili con me, siano miei sudditi devoti.”

 

“È così. Vale sia per me, che per Myrddin.”

 

“I segnali c’erano tutti, ma io non ci sarei arrivato lo stesso. Come fu per la tua magia, ricordi? Per fortuna ti sei trasformato in Merlin sotto i miei occhi. Altrimenti non ci avrei mai creduto…”

 

Merlin appariva impacciato: “Per quanto concerne il motivo per cui mi hai fatto chiamare, la mia risposta è no”

 

“Ormai solo ‘no’ mi sai dire…” si adombrò Arthur.

Merlin chinò il capo: “Mi dispiace!”

“Ecco altre parole che ti sento dire spesso”

“Mi disp…”

“Sappi che anch’io ti ho mentito. Ti ho detto che ti avrei lasciato in pace, ma come avrai già capito, non ho nessuna intenzione di farlo”

 

“Eppure devi farlo … per me…”

Merlin si levò il cappello, scoprendo il capo e il viso e si tirò su le maniche.

 

Arthur trasalì.

“Che cosa diavolo ti è successo?”

 

“Non volevo arrivare a tanto, te lo giuro, ma come vedi non sono molto in forma!”

 

“Che cos’hai?”

Arthur si avvicinò, guardò i polsi di Merlin, il suo viso smagrito, i suoi occhi cerchiati, le tempie bluastre. “Sei malato?”

 

“Se il mal d’amore può essere considerato una malattia… allora sì”

Arthur non resistette e istintivamente lo abbracciò. Lui soffriva e non aveva tenuto conto del fatto che anche Merlin soffrisse, forse anche più di lui.

Merlin provò un momento di beatitudine e mi non si mosse. Non ricambiò l’abbraccio né cercò di sottrarsi.

 

“Ho deciso di fare una cosa.” Mormorò il re con la bocca tra i capelli del servo. “So che non potrai mai essere mio finché non farò chiarezza con Mithian. Voglio parlarle ora. Vuoi venire con me?”

“Che cosa? No!” disse Merlin, staccandosi dal re. 

“Non intendo farti incontrare Mithian. Ti chiedo solo di aspettarmi fuori dalla sua stanza. L’idea che tu sia lì, mi darà il coraggio di dire tutto ciò devo. Preferirei affrontare una bestia feroce, te l’assicuro. So già che la farò soffrire. Spero che tu capisca quanto ti amo Merlin, perché sarà … penoso”

 

“Non farlo! Ho paura!”

 

“Non lo faccio per te, non capisci? Hai ragione quando dici che sono un’egoista”

 

“Se tu non fossi stato sposato, avrei gradito molto la tua proposta: la festa, il fidanzamento, l’anello, ma …”

 

“È quello che sto cercando di fare ... non essere più sposato. Dovevo essere davvero stravolto per accettare un matrimonio senza amore. Già è difficile quando due persone si amano…”

 

“Non vi facevo così scettico…”

 

“Oh, non temere. Noi saremo la più bella delle eccezioni.” 

 

Arthur stava per baciarlo ma si accorse che Merlin non era ancora pronto e rispettò la sua scelta.

 

Il re stava per bussare alla porta di Mithian quando Merlin gli corse incontro abbracciandolo forte. Arthur si sentì sciogliere all’interno. E lo amò ancora di più per questo.

 

“Buona fortuna” gli mormorò all’orecchio.

 

Arthur rimase per tre ore dentro la stanza di Mithian. 

Merlin all’esterno sentiva quasi tutto: i pianti, le urla da una parte e dall’altra. Poi c’erano momenti di silenzio ancora più inquietanti delle liti.

Merlin pregò ogni dio che conosceva e pianse silenziosamente per quasi tutto il tempo, angosciato ma con un pizzico di speranza, nonostante tutto.

Poi lo vide: Arthur spettinato e stravolto che usciva da quella stanza, anche lui con gli occhi lucidi e inferocito al tempo stesso. 

 

Quando vide Merlin, si asciugò il volto arrossato e si ravviò i capelli con le mani.

Sì avvicinò al moro e tacque a lungo, poi con voce roca disse piano: “Niente da fare! È andata peggio di quel che pensavo. Sì è impuntata. Ha detto che se la lascerò porterà via i bambini con sé!"

“No…” sussurrò Merlin con il gelo nel cuore. 

“Non mi arrenderò. Ma … per il momento sarà bene aspettare...” Poi ricominciò a inveire a bassa voce. “Le ho detto che non la ripudierò. Le ho detto che potrà risposarsi con chi vuole e che sarebbe rimasta a palazzo col suo nuovo marito. Le ho detto che intendevo nominarla consigliere di corte, per portare avanti i suoi progetti sugli indigenti. Le ho detto che lei avrebbe avuto l’ultima parola sull'educazione dei figli, almeno fino alla maggiore età, che saremmo stati buoni genitori anche da separati, che non sarebbe cambiato quasi niente, in fondo, anzi che la situazione tra noi sarebbe potuta solo migliorare. Sembrava quasi d’accordo ma … quando le ho detto di te, è impazzita di gelosia. Mi ha detto cose irripetibili riguardo a noi due.

Ma se non si capaciterà della cosa, la ripudierò, la farò allontanare e le toglierò i figli … lei ha dimenticato chi sono! Se mi costringerà a farlo, la rovinerò!”

“No. No… meglio aspettare un po’ perché si abitui all’idea, come hai detto prima. Deve solo prenderne atto e le cose piano piano si sistemeranno, vedrai”

disse Merlin, senza crederci neanche per un attimo, ma solo per calmare l’agitazione di Arthur.

“Ho fame! Posso mangiare in tua compagnia, Arthur?”

Il re respirò rumorosamente. “D’accordo, andiamo!”

 

 

 

Il mattino dopo Merlin sentì bussare forte alla porta del laboratorio. Era ancora presto. In pratica dopo la situazione frustrante e dolorosa che aveva passato il giorno precedente, aveva impiegato molto tempo per addormentarsi. Gli sembrava di aver appena chiuso gli occhi.

Poi sentì bussare alla porta della sua stanza.

Senza aspettare l’invito ad entrare, Gaius aprì la porta, con un viso così tirato che Merlin balzò a sedere sul letto.

“È arrivato un messo del re con un dispaccio urgente. Arthur chiede di vederci immediatamente. 

Ci aspetta nella stanza di Mithian.”

 

Merlin si irrigidì tutto. Non voleva pensarlo ma, la regina!… Che avesse commesso un insano gesto?

 

“Quando arrivarono trovarono Mithian a letto, con un’espressione sofferente. I suoi due figlioletti erano sdraiati accanto a lei. Avevano gli occhi chiusi e respiravano rumorosamente. Avevano una gran brutta cera proprio come la madre. Arthur era seduto accanto al letto con i gomiti sui ginocchi e le mani tra i capelli. Sembrava veramente disperato.

“Merlin, Gaius, vi prego! Stanno male tutti e tre! Tutti e tre! Come è possibile?”

Gaius rispose: “Dobbiamo visitarli adesso, maestà. Vi prego di aspettare qui fuori.”

Nell’uscire, Arthur mise una mano sulla spalla di Merlin e lo guardò con occhi imploranti, pieni di lacrime. 

Anche a Merlin veniva da piangere nel vedere l’altro così disfatto dal dolore. Strinse le labbra e fece un gesto di assenso col capo. Poi Arthur uscì dalla stanza.

 

Mithian aprì appena gli occhi e con voce flebile disse:

“No… tu no, Merlin. Vattene via. Non voglio vederti.”

“Merlin è un potente mago” disse Gaius con voce calma ma decisa. “Ho bisogno di lui. Se non volete farlo per voi, fatelo per i vostri figli.”

Al che la donna, lacrimò.

“È colpa mia se i bimbi si sono ammalati. Li ho contagiati io. Arthur me l’aveva detto, ma io ho fatto di testa mia. Salvateli, vi prego. Di me non m’importa ma Martin e Seraphine … salvateli vi prego. Merlin aiutali!” E scoppiò in un pianto terribile, che le causò un brutto attacco di tosse.

“Certo! Siamo qui per questo. Ma dovete cercare di stare tranquilla, altrimenti anche i vostri figli si spaventeranno. I bimbi capiscono più cose di quello che pensiamo.” le disse Merlin.





 

"Cos'è?" chiese Merlin a Gaius dopo che avevano finito di visitarli.

“È la febbre pestilenziale” mormorò Gaius all’orecchio di Merlin. 

“Posso fare qualcosa?”

“Prima andrò a prendere un paio di libri. Tu intanto dovresti fare bollire dell’acqua per creare del vapore e dentro mettici questa crema”

 

Merlin usò la magia. Fece apparire un grosso pentolone d’acqua già bollente sul camino e ravvivò il fuoco sempre con la magia. Poi sciolse all’interno l’intero vasetto di crema, che sprigionava un leggero odore di menta, timo e salvia più altre erbe che Merlin non riconosceva dall’odore.

 

Gaius rientrò trafelato. 

“Dobbiamo fare scendere la febbre. Ci sono dei sacchetti di stoffa: vorresti riempirli con del ghiaccio da mettere sulle loro fronti?”

Merlin prese l’acqua che aveva a disposizione e con una nuova magia la trasformò in ghiaccio, poi con un'altro gesto magico sbriciolò il ghiaccio in frammenti. Riempì i sacchetti e li tenne in posizione sulle fronte dei tre malati.

Continuarono così per tutto il giorno e tutta la notte. Facendo bere ai malati delle bevande con erbe medicinali, producendo vapori benefici e ghiaccio per la fronte. Dopo un po’ anche Arthur andò ad aiutarli. Sembrava un'anima in pena e in più c’era bisogno di aiuto. Dopo tre giorni passati così, senza che Mithian né i bambini migliorassero Gaius prese da parte Merlin.

“Non sono peggiorati, ma non migliorano. Per me è ora di provare con la magia.”

Ma Merlin aveva troppa paura. Finché si trattava di svolgere quei compiti semplici era d’accordo. Ma se le cose non fossero andate per il verso giusto?

“Io non me la sento. Mi dispiace!”

“Parla con Arthur.”

“Lui ha fiducia in me. Ma se anche solo uno di loro non ce la facesse, come farei a guardarlo in faccia? No!”

“Se non intervieni forse non se ne salverà nessuno. A quest’ora le cure avrebbero già dovuto cominciare a fare effetto, almeno un po'. Ascolta Merlin, ho idea che questa malattia sia stata originata dalla magia. Malvagia naturalmente. Lascia che parli io con il re.”





 

Arthur si avvicinò con gli occhi rossi a Merlin. Gaius uscì dalla stanza. 

“Io non posso Arthur.”

“Non devi salvarli, se non puoi. Devi solo provarci. E io so che tu ce la metterai comunque tutta. So quanto mi ami. Ti prego di farlo per amor mio.”

Merlin si mise a singhiozzare e cercò conforto nell’abbraccio di Arthur che lo strinse a sua volta con forza. 

 

“Ti prego, Merlin, fallo! Anch’io mi fido di te.” disse Mithian con un filo di voce. 

Merlin si staccò subito da Arthur. Mithian era lì che moriva mentre loro si abbracciavano e pensò che fosse una crudeltà farsi vedere così da lei.

 

“Rimani con me?” Chiese Merlin al re.

“Volentieri…”

 

Non era poi una cosa impossibile. Merlin doveva concentrare la sua magia su ciascuno dei tre malati e ripetere per tre volte, la formula che era sul libro di Gaius.

Merlin si concentrò come non aveva mai fatto prima in vita sua.

 

“Lo miht heardgweard!”*

 

Dai suoi occhi fuoriusciva una luce d’oro assolutamente luminosa.

 

“Lo miht heardgweard!”

 

Dalle mani di Merlin fuoriusciva un intenso raggio di luce che inondava il malato.

 

“Lo miht heardgweard!”

 











*“Eccoti la forza per guarire!”






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Capitolo 11
*** Nihil impossibile amanti ***


 

Capitolo XI

 

Nihil impossibile amanti

 

(Niente è impossibile a chi ama)






















 

Mithian e i figlioletti di Arthur si erano ripresi tutti. Quasi istantaneamente dopo la magia operata da Merlin su di loro.

Arthur era al colmo della gioia.

 

Merlin invece si sentiva svuotato. Le tre notti precedenti passate in bianco, l’ansia di una responsabilità così grande e le forze spese per la tripla magia, avevano prosciugato ogni sua energia. E il sollievo che ne era seguito non aveva aiutato il suo stato a migliorare. 

Si era addormentato in camera di Arthur, per volontà del re che, inebriato dalla magica guarigione dei figli e di Mithian, aveva voluto a tutti i costi che riposasse nella sua camera.

 

Arthur gli era accanto e lo guardava. Pensò di essere fortunato: Merlin era l’uomo più bello del mondo. Amava i suoi capelli neri e corposi, le guance, i meravigliosi occhi blu e la bocca dolce e carnosa. Amava il colore lunare della sua pelle, il collo liscio, il corpo sottile e forte.

Amava tutto di lui.

 

Ciò che Merlin aveva fatto per lui, con tutti i rischi del caso, glielo faceva vedere per la prima volta per quello che era: un mago potentissimo con un cuore ancora più potente.

Lo amava prima e lo amava ora, più che mai.

 

Poi si alzò, visto che non c’era verso di dormire e andò a controllare la famiglia. Tutti dormivano serenamente, respiravano senza affanno e i loro visi avevano riacquistato i colori della salute.

Baciò teneramente il suo bimbo e la sua bimba con il cuore che gli scoppiava d’amore.

 

Guardò Mithian. 

Merlin non aveva pensato, nemmeno per un attimo di avere la possibilità di rifarsi della sua “rivale”. 

Arthur si chiese se, al posto suo, sarebbe stato altrettanto irreprensibile, nel sapere che limitandosi a non salvarla, poteva avere l’occasione di liberarsi, in una volta sola, di tutti i problemi che aveva a causa sua.

No, Merlin non era così! Non lo era mai stato.

Ma nemmeno lui lo era.

Provava un grande sollievo nel sapere che lei stava bene.


Come chiamata dal pensiero di Arthur, Mithian aprì gli occhi.

“Mithian! Come ti senti?”

“Sto bene!” Sorrise la donna.

“Arthur, io… sono viva grazie a Merlin. E soprattutto i nostri figli sono salvi … sempre grazie a lui …”

Arthur fece un cenno di sì con la testa e lei chiuse gli occhi. Rimase così a lungo poi, con voce roca e incrinata dal pianto, chiese:

“Tu … lo ami davvero?”

Ora Mithian aveva riaperto gli occhi e studiava la reazione sul viso di Arthur, che sembrava a disagio.

“Non voglio farti del male… non sei ancora guarita del tutto.”

 

“Ho bisogno che tu mi risponda sinceramente. Lo ami?”

Arthur si passò la mano sulla bocca: “Sì”

“E … lui ti ama?”

“... È così!” 

 

Mithian deglutì poi si mise a sedere sul letto, avendo cura di non svegliare i bambini e parlò velocemente:

 

“Per mostrargli tutta la mia gratitudine, sono disposta a concederti la separazione…”

 

Arthur rimase immobile. Temeva di aver capito male o che Mithian delirasse per la febbre…

 

Le mise una mano sulla fronte per sentire che non scottasse e si accorse che aveva la pelle  fresca.

“Non sto dando i numeri, Arthur… solo dimmi se tutto ciò che mi hai detto l’altra volta, vale ancora…”

“Vale ancora, certo!”

 

Mithian sorrise.

“Tu sai che questo è solo il primo degli ostacoli che dovrete superare... Hai intenzione di ufficializzare la tua unione con lui?”

“Dopo che avremo sistemato la nostra, sì, mi piacerebbe!”

“Tu mi consenti di vivere a Camelot, con i nostri figli ed io non posso chiederti di più. Da parte mia, tu e Merlin avrete appoggio e sostegno, ma non credo basterà!”

 

“Per me è già una enorme conquista la tua accettazione. Ti ringrazio!”






 

Arthur tornò in camera. Gli tremavano le gambe dall’emozione ma si sentiva felice e libero. Avrebbe tanto voluto svegliare Merlin per dargli la notizia, ma guardandolo dormire, decise di lasciarlo riposare.

E capì di amarlo una volta di più. Un tempo non avrebbe avuto questa considerazione per Merlin.

Si limitò a sdraiarsi vicino all’altro e tanto bastò a riempirgli il cuore di calore.


Al mattino, Merlin aprì gli occhi. Era molto intontito dal sonno. Si girò nel letto e lo vide. Sorrise: che sensazione incredibile svegliarsi nello stesso letto con lui.

Rimase lì a guardarlo.

 

L’altro si mise su un fianco voltato verso di lui:

“Buongiorno dormiglione!”

“Senti chi parla. Non sai quante volte ho dovuto buttarti giù dal letto, nella mia vita.”

Arthur rise pensando a quel periodo un po’ folle e spensierato.

 

Merlin sgranò gli occhi all’improvviso.

“George! Mio Dio! Se venisse ora e ci vedesse così… vado via subito…”

Sì alzò ma il re fu lesto ad afferrargli un braccio:

“Fermati! Non verrà nessuno. George ha un altro impiego adesso e non l’ho ancora sostituito...”

Merlin si fermò, rimanendo seduto sul letto.

“Ah! È bene che vada lo stesso…”

“Aspetta… devo dirti una cosa importante.”

 

Merlin si voltò verso di lui e Arthur fece fatica a non sorridere.

“Ho parlato con Mithian…”

Merlin si sentì quasi morire e anticipò il discorso di Arthur.

“Avrai capito da questa situazione che lei è troppo importante per i tuoi figli e per te. Hai fatto la scelta giusta. Non ti devi preoccupare, lo sapevo giá…” e si alzò in piedi.

 

Il re scosse la testa, ma non lasciò la mano di Merlin.

“Non hai capito niente. Lei dice che ci separeremo. E che noi possiamo stare insieme!”

Merlin lo guardò con occhi increduli e brillanti di lacrime.

“È la verità?”

Arthur gli sorrise come mai aveva fatto prima.

Merlin piombò su di lui, abbracciandolo stretto. E chiuse gli occhi per assaporare quel momento. 

Anche Arthur lo circondò con le braccia tenendolo forte.

Dopo un lungo momento Merlin alzò il viso lentamente, inspirando l'odore dell’altro per cercare le labbra del re con le sue. Non poteva più resistere. Era l'istinto a muoversi per lui. La bocca di Arthur prima morbida e dolce si accese nella sua. Sembrava di vivere al di fuori del tempo e dello spazio.

Seguirono carezze dolci, vestiti fruscianti che cadevano dal letto e parole d’amore semplici e vere.

Fecero l’amore in modo diverso rispetto alla prima volta. Non c’era più l’urgenza divorante, la paura di essere scoperti, il senso di colpa che attanagliava le viscere.

Ogni gesto era lento e pregnante: le mani che si univano incrociando piano le dita, il profumo e la sericità dei capelli, il calore della pelle e il piacere caldo dell’amplesso.

Merlin capì che non avrebbe più potuto fare a meno dell'altro, qualunque cosa fosse loro successa e Arthur scoprì quanto potesse essere destabilizzante e magnifico al contempo lasciarsi andare con la persona amata, fino a mostrare completamente le proprie debolezze, senza la corazza che le aveva celate. 






 

La folla rumoreggiava assiepata nella piazza. Tutti stavano aspettando il discorso del re che gli ultimi giorni gli araldi avevano annunciato in ogni angolo del regno.

Sulla piazza c’erano i cavalieri che parlavano piano tra loro. 

“Ragazzi non ho dormito niente dopo ciò che Arthur ci ha detto ieri…” esordì Percival.

“Non mi sarei aspettato che Merlin avesse così grandi poteri” proseguì Leon. “Io sì, almeno ho avuto dei dubbi. Ricordate quando ci guidò fuori dalla foresta impenetrabile, dopo che ci eravamo persi?” intervenne Elyan che continuò:

“Io sono rimasto più colpito dal fatto che loro stiano insieme”

“Io no” fece Leon “una volta li sorpresi nei sotterranei. Stavano molto vicini. Mi dissero che Merlin insegnava poesie al re. Vi rendete conto? Non ci ho creduto nemmeno per un secondo…”

“Io mi ero accorto che a Merlin non dispiacevano gli uomini, ma credevo di essere io il suo preferito…” continuò Gwaine.

“Figuriamoci…” commentò Percival aspro.

"Leon, secondo me dovresti stare accanto a lady Mithian, oggi. Ha bisogno di un amico leale e devoto come te." disse Gwaine.

 

"Non so. Io non credo che Arthur voglia che io stia vicino alla sua ex moglie."

 

Pensi che Arthur preferisca mettersi in casa uno straniero, di cui non sa nulla. E vedi di muoverti, anche! Lady Mithian è molto bella e non tarderà a trovarsi qualcun altro..."

"D'accordo. Non l'avevo pensata così. Ma se siete così convinti..."

 

Poi corsero al loro posto, perché Arthur stava entrando.

 

Il re camminò fino al podio e vi salì. Aveva un’aria severa e concentrata e cominciò subito.

 

“Popolo di Camelot, vi ho fatto riunire perché da oggi ci sono grandi novità. Novità che spero apprezzerete, pensate e agite per migliorare la vita di chiunque abiti nel nostro regno. La prima novità riguarda la possibilità di contrarre matrimoni tra ceti differenti purché consensuali e tra persone che abbiano raggiunto la maggiore età.

Un uomo del popolo potrà sposare una nobildonna e viceversa. E persino uno schiavo o una schiava potranno sposarsi, tra loro o con chiunque desiderino farlo.”

 

Un silenzio innaturale sovrastava quella piazza piena di persone.

 

Arthur respirò a fondo.

 

‘E non ho nemmeno iniziato.’ disse tra sé. 

 

“Saranno ammessi matrimoni tra persone di diversa etnia, e tra persone dello stesso sesso, i quali potranno adottare dei bambini, se avranno le caratteristiche giuste per l’adozione.”


Un brusio passò per la folla. Arthur lo avvertì e il cuore aumentò i battiti ma continuò, senza cedimenti apparenti.

“Si auspica una maggiore disponibilità verso gli stranieri che vogliono stabilirsi a Camelot. Da parte della corte ad essi verranno date loro le stesse possibilità che hanno i cittadini, ma essi dovranno dimostrare di agire sempre nell'interesse di Camelot.

È la stessa cosa che vale per la magia che ho da poco riscattato. Si può essere quello che si vuole, ma agendo sempre in favore e mai contro Camelot e i suoi abitanti.”

 

Mithian raggiunse Arthur, che fece una pausa e si voltò. La regina portava il piccolo in braccio e dava la mano alla bimba.

Arthur prese in braccio Seraphine.

“La regina e io da questo momento non siamo più sposati, ma rimarremo una famiglia.”

Sì sentì più forte un brusio di delusione

“Abbiamo deciso insieme, ma la responsabilità è mia. Mi sono innamorato di un’altra persona e Mithian non vuole vivere nella menzogna. E nemmeno io. Tuttavia io non la ripudierò. Lei non lo merita. E resterà a Camelot come madre dei miei figli e mia amica personale. Le sono infinitamente grato per questo. Ovviamente lei potrà risposarsi, a partire da adesso, con chiunque vorrà. E le auguro di trovare presto la persona che possa amarla e renderla felice. Penso che sarete contenti di sapere che sarà nominata consigliere reale. È intelligente, lungimirante e sensibile. Con le competenze acquisite e la sua visione del regno, anche in quanto donna, potrà essere molto utile al consiglio e alla città di Camelot. Continuo ad avere piena fiducia in lei.”

 

Parte della folla applaudì e Arthur sorrise di sollievo. Mithian riprese per mano Seraphine e tornò a sedersi.

 

"Sarò io il primo a mettere in pratica queste nuove  leggi. Sposerò una persona di ceto inferiore al mio. Un uomo. Uno stregone.”

Ora di nuovo la piazza era muta.

 "È il mio servo Merlin che tanti di voi conoscono e apprezzano. Lui è uno stregone potente e magnanimo. Ha salvato tante volte la mia vita e quelle di altre persone. Ha salvato Camelot senza che nessuno lo sapesse.

Merlin sarà nominato stregone di corte. Sarà a disposizione di tutti voi e potrete consultarlo ogni volta che avrete bisogno. Se potrà vi aiuterà. Statene certi. Sappiate che l'unico motivo per cui ci sposiamo è l'amore, forte e reciproco. Sono felice e credo che un re felice sia un re migliore, così come un uomo o una donna felici possano essere un uomo o una donna migliori. Quando sposerò Merlin diventerà re come me!”

Il brusio aumentò.

"Merlin, vuoi raggiungermi per favore?"

Subito Merlin avanzò verso il re. Gli tremavano le gambe ed era sinceramente commosso per le parole che aveva appena udito.

Si mise a fianco di Arthur ma fu assalito da una sorta di panico e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era scappare.

 

"Chi pensa di non poter essere d'accordo con queste leggi, può tranquillamente lasciare Camelot senza subire alcuna conseguenza.

Chi, pur non trovandosi del tutto d'accordo, si sente comunque in grado di accettare la libertà altrui senza sentirsi offeso o danneggiato nella propria libertà, potrà naturalmente continuare a vivere a Camelot, come ha sempre fatto.

Ci saranno molte questioni da affrontare. Ricordate che Camelot è il primo regno a promulgare leggi così forti sulla libertà personale.

Mi auguro di cuore che ogni cittadino pensi bene, prima di agire, a quello che queste nuove leggi, potrebbero comportare per loro. È nel vostro interesse e in quello dei vostri figli e nipoti. Ognuno potrà vivere come vuole, limitatamente ai vincoli della libertà altrui e delle norme che regolano una civile convivenza.

Per finire invito tutti coloro che vorranno, l'ultimo giorno di questo mese, al matrimonio del vostro re, con l'uomo che gli ha rubato il cuore."

 

Detto questo prese Merlin per mano.

Gran parte della folla ricordava il giovane servo che con Gaius o da solo, aveva curato molti contadini senza pretendere nulla in cambio. I giovani lo ricordavano dall’ultima festa, perché aveva brindato, parlato, ballato e riso con loro.

 

Merlin stava fermo con il viso pieno di lacrime ma anche con il suo sorriso più abbagliante.

La folla applaudì dapprima timidamente poi sempre più forte.

Ad Arthur si sciolse il cuore. E portò in alto la mano di Merlin stringendola più forte.

E in quel momento di accettazione da parte del suo meraviglioso popolo, ebbe la certezza che tutto sarebbe andato bene.




 

Epilogo



 

La cerimonia era  avvenuta in pubblico. La piazza era adorna di fiori multicolori anche se le rose rosse erano le predominanti, soprattutto sull’altare degli sposi.

I primi ad arrivare furono i contadini e le famiglie dei cavalieri. Ma poco prima della cerimonia, tutta Camelot si riversò nella piazza principale.

Le persone che avevano lasciato Camelot, scandalizzate e terrorizzate dal fatto che la collera degli dèi si sarebbe riversata su di loro, facendo cadere il cielo su tutto il regno, si contavano sulle dita di una mano.

Gwaine dopo averlo saputo aveva commentato: “Come se gli dèi dovessero turbarsi per così poco, quando loro sono stati i primi a … farne di tutti i colori…” E trovò d'accordo tutti i cavalieri. 

Indossavano tutti l’alta uniforme, completamente bianca tranne i vaporosi pennacchi sui cappelli, i mantelli e gli stivali rigorosamente color rosso Pendragon.*

 

“Siamo bellissimi!” esordì un Leon particolarmente emozionato. Gli altri lo guardarono stupiti. Non era da lui dimostrare le proprie emozioni in quel modo. Elyan rise. “Quanto hai bevuto, Leon?“

“Non ho ancora bevuto niente. Ma guardateci. 

Siamo così eleganti. Poi tu, Percival … sei uno spettacolo!”

Percival arrossì come le piume che aveva in testa e non riuscì nemmeno a dire grazie.

Gwaine stava per dire qualcosa, ma alla fine decise di soprassedere, perché Arthur era già entrato e la folla aveva iniziato ad applaudire.

Arthur era vestito di bianco e rosso come i cavalieri, ma tutto era più ampio come le maniche, il corsetto lungo e soprattutto con il lunghissimo mantello rosso bordato d’ermellino.  Indossava la corona, quella stessa corona che portava quando fu nominato re.

I cavalieri stavano in fila ai lati del quadrato dove era giunto Arthur. 

Geoffrey di Monmouth presiedeva la cerimonia, con un’espressione estremamente compunta.

Se fosse contrario o meno a quel tipo di “ matrimonio”, non lo fece minimamente capire.

Il più felice tra tutti gli astanti era Gaius, in una sgargiante tunica dai colori dell’arcobaleno. Lui era stato il testimone discreto del loro amore fin dagli albori e aveva patito con l'uno e con l’altro temendo che non un giorno come questo non sarebbe mai arrivato.

Ora sorrideva a tutti e ogni tanto rideva da solo come fosse un po’ matto, ma a lui non importava.

 

Poi entrò Merlin e la folla si azzittì. Era vestito con un abito blu oltremare di tessuto lucido e prezioso che riprendeva il blu intenso dei suoi occhi.

Il mantello era molto lungo, a pieghe, di seta blu. Arthur rimase incantato. Merlin era semplicemente meraviglioso e aveva un modo di fare che, pur naturale, sembrava essere nato per fare il re.  


In prima fila c’era Mithian, non più regina ma consigliere reale e madre dei principi ereditari che sedevano ai suoi lati in braccio a due dame di compagnia che intrattenevano i bimbi vestiti a festa.

 

Quando Merlin baciò Arthur ci fu un forte boato.

Il re diede una carezza sul volto del marito e Merlin gli mimò le parole “Ti amo!”

 

Per un attimo Arthur pensò di fare il pazzo e di saltare il pranzo e tutti i convenevoli. Aveva solo voglia di stare con lui. 

Ma poi vide gli occhi del marito e il suo sorriso e decise che per amor suo, poteva sopportare ancora qualche ora, soprattutto pensando al ‘compenso’ finale.

E con Merlin al suo fianco in quella baraonda non sarebbe stato neppure così gravoso.


Dopo la solenne cerimonia i novelli sposi salutarono centinaia di persone.

“Mamma!”

“Tesoro!” disse Hunith tra le lacrime, abbracciandolo di slancio “Io lo sapevo, sai? Ci ho sperato così tanto e ora mi sembra un sogno” e scoppiò in singhiozzi.

Anche Balinor che aspettava in disparte aveva le lacrime agli occhi. Cosa assolutamente strana. Forse era commosso che il figlio fosse diventato re! O forse era triste perché suo figlio aveva sposato un uomo.  Probabilmente tutte e due le cose.

 

“Papà? Sei davvero tu?”

“Fatti abbracciare, figliolo Non ti vedo da una vita” e Balinor abbracciò il figlio lungamente e con forza.

“Papà non sei arrabbiato?”

“Forse in parte lo sono stato, ma l’importante è che tu sia felice! Lo sei?”

“Mai stato più felice!”


“Oh, Dio! Will!” 

I due amici si abbracciarono con trasporto. 

“Ecco, lei è Eda!”

“È un vero piacere Eda!” disse stringendole le mani. “Finalmente ti conosco! Will mi ha fatto una testa enorme, parlandomi di te!” fece la donna.

“Will non hai esagerato. È molto bella, forse troppo per te!” rise Merlin. “Ma… il mio figlioccio?”

“Ecco!” disse Will, prendendo un frugoletto da una strana culla con le ruote. 

“Ma è un amore…” si sciolse Merlin.

“Posso prenderlo?”

“Puoi prenderla. Lei è Polly!”

Merlin si mise a ridere per la gaffe appena fatta. 

“Ciao Polly! Sei bellissima! Hai preso tutto dalla mamma, sai?”

“Ehi! E io che l’ho chiamata Polly in tuo onore…”

“Mh?”

“Merlin è il nome di un uccello, come Polly!”

Arrivò nel frattempo Arthur. Sfiorò la fronte della bimba e andò ad abbracciare Will. 

“Grazie maestà! Ora finalmente non sarete più geloso di me!”

Merlin sbarrò gli occhi e riportò Polly in braccio al padre, guardandolo con aria di rimprovero, poi s’inchinò a Eda e preso il marito sotto braccio si allontanò con lui ma non riuscì a non scoppiare a  ridere. 

“Mi dispiace. Io ci ho provato ma Will è senza speranza …” disse Arthur.

“Quindi non è la verità? Tu non eri geloso di Will?”

“Ammetterai che a volte Will è un po’ ambiguo!”

“Forse sì, ma solo a parole…” sorrise di nuovo Merlin.


Durante il rinfresco, Percival prese Gwaine da parte.

“Cosa c’è Percival?”

“Io vorrei farti capire che, come te, anch’io sono in grado di dimostrare il mio affetto ad un uomo con un bacio!”

Gwaine era diventato serio. Era raro vederlo così: lui era o estremamente scherzoso o piuttosto arrabbiato. 

Purtroppo ormai a Percival piaceva in ogni modo. Quanto aveva lottato con se stesso, per non finire nella rete di Gwaine, come tante altre ragazze che ne erano uscite un po’ squassate.

Inoltre Gwaine non era affatto facile da capire: buttava lì una serie di segnali e poi tornava a scherzare, che non capivi più cosa fosse vero e cosa no.

 

“Ti sfido Percival. Non ce la farai mai, non in pubblico. Anche se dopo ciò che ha detto Arthur, non dovremmo essere incarcerati per questo. Ma io ti dico che comunque non puoi farcela.”

Percival aveva sul viso una smorfia di sfida. Si abbassò di parecchio, prese Gwaine per le guance e lo baciò. Subito l’altro strisciò le mani verso l’alto salendo sulle braccia di Percival, agganciandolo per la nuca. Fu un bacio lungo e tenero. 

Quando si staccarono si accorsero di essere guardati dalle persone accanto a loro. E sgattaiolarono via, non per fuggire, ma per stare finalmente insieme in separata sede.

“Scusa” chiese Gwaine a Percival, durante il tragitto “ma… è il fatto che Merlin e Arthur si siano sposati a renderti  così intraprendente con me?”

“È da principio che ti avevo notato. Mi piacevi ma … non ti sopportavo. Il discorso di Arthur è stato illuminante e mi ha reso… libero dai miei stessi pregiudizi”

“Dove mi porti?”

“In un posto dove potrò renderti felice”

“Anch’io voglio renderti felice” sorrise Gwaine.

“Lo fai giá!”

 

Merlin che aveva assistito alla scena da lontano si chinò verso il marito.

“Hai visto? Abbiamo già convinto la prima coppia a seguirci!”

Arthur si mise a ridere: “Non mi ci far pensare…” 

“Perché? Io li trovo carini…”

“Davvero? Io no! Gli unici davvero carini per me, siamo noi… non vedo l’ora di restare un po’ da solo con te. Ho un’idea…”

“Tanto ormai abbiamo già fatto tutto…”  

“Povero, piccolo, dolce, ingenuo Merlin! Non immagini nemmeno quante altre cose possiamo fare…” gli disse

guardandolo fisso.

Merlin deglutì a secco: ‘Quando finirà questa benedetta festa’ pensò tra sé.

 




















*Gli stivali rossi sono quanto di più anacronistico e kitsch, ma non ho resistito. 

 

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