Per Sempre Malandrini.

di ladymisteria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** capitolo 50 ***
Capitolo 51: *** capitolo 51 ***
Capitolo 52: *** capitolo 52 ***
Capitolo 53: *** capitolo 53 ***
Capitolo 54: *** capitolo 54 ***
Capitolo 55: *** capitolo 55 ***
Capitolo 56: *** capitolo 56 ***
Capitolo 57: *** capitolo 57 ***
Capitolo 58: *** capitolo 58 ***
Capitolo 59: *** capitolo 59 ***
Capitolo 60: *** capitolo 60 ***
Capitolo 61: *** capitolo 61 ***
Capitolo 62: *** capitolo 62 ***
Capitolo 63: *** capitolo 63 ***
Capitolo 64: *** capitolo 64 ***
Capitolo 65: *** capitolo 65 ***
Capitolo 66: *** Capitolo 66 ***
Capitolo 67: *** capitolo 67 ***
Capitolo 68: *** capitolo 68 ***
Capitolo 69: *** capitolo 69 ***
Capitolo 70: *** capitolo 70 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


La tenue luce dell'alba illuminava il maestoso castello di Hogwarts, donando alle sue mura una magica sfumatura rosa. L'aria - ancora legata all'estate morente - era dolcemente carica del profumo della rugiada e dei delicati fiori che crescevano selvatici lungo le pendici dei monti che circondavano la scuola. Ogni cosa era immersa nel più quieto dei silenzi - interrotta, di tanto in tanto, solamente dal cinguettio allegro di alcuni uccellini, e dal suono della brezza tra le fronde degli alberi della Foresta Proibita.

In una delle torri più alte del castello, tuttavia, vi era già chi si adoperava per guastare irrimediabilmente quell'idilliaco scenario...

«Guarda come dorme!» sussurrò una voce maschile.

«E guarda che sorriso! Lascia che te lo dica: questo qui fa tanto l'ingenuo, ma in segreto si prende gioco di noi tutti» replicò una seconda voce, anch'essa maschile.

«Sorriderà meno tra un po', non è vero Felpato?» riprese la prima, con una vaga sfumatura di divertimento.

«Assolutamente, Ramoso».

Improvvisamente una terza voce si unì alle precedenti - questa, tuttavia, era nervosa e carica di ansia.

«Avanti ragazzi! Sapete che odia essere svegliato bruscamente!».

Vi furono due risate soffocate.

«Ah, Codaliscia! Sappiamo tutti che alla fine ti divertirai anche tu. Lo fai sempre» gli fece notare il giovane chiamato Ramoso.

Peter Minus - Codaliscia per i suoi amici - era un ragazzo piccolo, tremante e paffutello, con i capelli color topo e gli occhi acquosi, ed era proprio con questi ultimi che ora fissava i due compagni.

«Certo, quando gli scherzi li fate ai Serpeverde, e non a Lunastorta!» ribatté, sempre più nervoso.

Ma le sue parole vennero completamente ignorate.

I due ragazzi - i cui nomi erano in realtà Sirius Black e James Potter - si alzarono in piedi, mostrando immediatamente di essere più alti del loro amico, e si avvicinarono al letto dove un quarto ragazzo dormiva profondamente.

Il primo aveva lunghi capelli neri che gli ricadevano sui penetranti occhi grigi - donandogli un tocco di mistero e di distratta eleganza - e la pelle abbronzata. Era uno dei più giovani discendenti dei Black - una delle famiglie più facoltose, temute ed odiate dell'intero mondo magico - ma a differenza del fratello minore Regulus, odiava le sue origini - tanto da essere fuggito di casa quando non aveva ancora compiuto sedici anni, rifugiandosi dall'amico James, poiché troppo disgustato dagli ideali razzisti profondamente radicati all'interno della propria famiglia, e con i quali era stato costretto a crescere. Un gesto, il suo, che gli era costato il posto nell'arazzo di famiglia - oltre al rispetto della maggior parte dei suoi parenti, che ormai lo reputavano solamente un traditore del proprio sangue.

L'altro ragazzo, invece, aveva corti capelli neri perennemente scompigliati, occhi nocciola con scaglie dorate e la pelle olivastra. Essendo nato da genitori facoltosi ma relativamente anziani, e che pertanto avevano ormai perduto ogni speranza di avere figli, James era stato amato e coccolato in ogni momento, senza che potesse mai sentire la mancanza di qualcosa. La sua bravura a Quidditch l'aveva trasformato ben presto in uno dei più bravi giocatori che avessero mai frequentato la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts - cosa di cui non mancava mai di vantarsi - permettendogli anche di essere nominato Capitano della squadra della sua Casa.

«Pronto Felpato?» chiese James, sempre sussurrando.

«Prontissimo» replicò Sirius, impaziente.

«Direi di cominciare, allora».

Sirius Black fece un rapido movimento con la bacchetta, e James si ritrovò sospeso a mezz'aria all'altezza dello stomaco del malcapitato ragazzo chiamato Lunastorta.

Un ultimo gesto di intesa tra i due amici, e Sirius sollevò l'incantesimo - facendo precipitare James a peso morto sul compagno addormentato.

Questi si svegliò di soprassalto, scattando istintivamente seduto sul suo letto - un'espressione scioccata sul volto. Espressione che mutò rapidamente in un cipiglio infastidito quando sulla sua testa si rovesciò un secchio di miele mischiato a piume magistralmente collocato sulla testata del letto a baldacchino, e opportunamente capovolto con un colpo di bacchetta da parte dei compagni - i quali, al momento, erano letteralmente stesi a terra, rotolandosi dalle risate.

Il ragazzo - che si chiamava Remus Lupin - scattò in piedi come una furia, dimostrando di essere persino più alto di James e Sirius. Il suo aspetto malaticcio e tormentato, unito ai corti capelli castani e agli occhi verdi, faceva sì che chiunque lo vedesse non potesse fare a meno di pensare a lui come il classico bravo ragazzo della porta accanto. Ma non lo era sempre: sapeva essere peggiore di James e Sirius, quando voleva.

Diversi anni prima, suo padre Lyall - che collaborava con il Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche - aveva offeso lo spietato licantropo Fenrir Greyback, e questi aveva deciso di vendicarsi dell'uomo attaccandone il figlio, trasformandolo a sua volta in un lupo mannaro. All'epoca Remus non aveva ancora cinque anni, e fu solo grazie al padre se Greyback non riuscì a terminare il proprio intento: portarlo via dalla sua famiglia, per poterlo crescere come uno dei suoi lupi - uno dei suoi figli - e insegnargli ad odiare i maghi normali. L'essere cresciuto lontano dagli altri licantropi - e aver avuto, grazie ad Albus Silente, la possibilità di frequentare comunque Hogwarts - aveva fatto sì che Remus odiasse la propria condizione esattamente come Sirius odiava la propria famiglia.

Pur essendo stato nominato Prefetto due anni prima - più che altro nella speranza che riuscisse così a tenere a bada gli amici - Remus non era stato scelto per ricoprire il ruolo di Caposcuola; tale carica, con sommo stupore di tutti, era stata infatti affidata a James. La cosa, tuttavia, non era sembrata importare più di tanto a Remus, che per primo aveva sempre detto di essere un pessimo Prefetto, e di aver fallito miseramente nel portare a compimento i suoi doveri.

«Dite un po', razza di deficienti…» ringhiò Remus.

Se possibile, James e Sirius risero ancora più forte, vedendo il miele e le piume corrompere irrimediabilmente l'espressione furente dell'amico.

«Ci tenete tanto a non arrivare a diciotto anni?» continuò il licantropo, senza lasciarsi influenzare dal pensiero di quanto comico potesse apparire in quel momento.

«Scusa Remus, ma sei troppo buffo!» riuscì a dire James fra le lacrime, mentre anche Peter si lasciava andare ad una risata troppo a lungo trattenuta.

Remus Lupin fece un sorrisino diabolico.

«Ma davvero?» disse, arrotolando le maniche del suo pigiama fin sopra ai gomiti.

Intuendo improvvisamente l'intenzione dell'amico, i tre ragazzi smisero di ridere e corsero velocemente alla porta, trovandola però chiusa a chiave.

«Vediamo se vi divertirete ancora» ghignò Remus, alzando la propria bacchetta.

[*]

Nella sala comune dei Grifondoro, un timido ragazzino del primo anno non poté fare a meno di alzare un po' la testa ai rumori - alquanto sinistri - che provenivano dal dormitorio.

«Che succede, Danny?» chiese al fratello maggiore, tranquillamente seduto vicino al camino.

Il ragazzo chiamato Daniel - Danny per il suo fratellino - alzò gli occhi verso il dormitorio, senza riuscire a nascondere un sorrisetto divertito.

«I Malandrini si sono svegliati».

 

 

 

****Note dell'autrice****

Okay, è davvero necessario che io scriva alcune note riguardo questa storia.

Sono trascorsi anni da quando ho pubblicato il primo capitolo, e anni da quando ho pubblicato l'ultimo.

In entrambi i casi, è stato imperdonabile, da parte mia, abbandonare questa fanfiction - che mi ha dato grandissime gioie e (lo ammetto) anche diversi grattacapi. Per riparare a questa mostruosa assenza, quindi, ho deciso di riscriverla completamente, apportando modifiche che - grazie a Pottermore e ad un po' di fortuna - spero possano renderla il più accurata e canon possibile (pur trattandosi di una What if?).

Se siete tra coloro i quali hanno letto la versione "originale" di questa fanfiction, saprete già che in essa sono presenti diverse "inesattezze", come ad esempio il fatto che tra Tonks e Remus non vi sia che un solo anno di differenza, che i genitori di James siano stati descritti come due Auror (anche se grazie a Pottermore sappiamo che molto probabilmente non è così), ecc.

Se invece siete alla "prima lettura"... Benvenuti! Spero che - nonostante quanto accennato qui sopra - apprezzerete la lettura di questa fanfiction esattamente come io ne ho apprezzato la scrittura.

Ho cercato di mantenere la trama pressochè immutata, anche perchè - e so di non aver alcuna voce in capitolo, riguardo a questo XD - l'idea originale ancora mi piace moltissimo.

Grazie per il tempo che dedicherete a leggere, o anche solo per aver avuto la curiosità di dare una sbirciatina, senza soffermavi troppo.

♥Lady

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


«Chi sono i Malandrini?» domandò l'undicenne, confuso.

«James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus. Sono dell'ultimo anno e, beh... Sono dei geni. Almeno, la maggior parte di loro lo è» si corresse Daniel.

Vedendo l'espressione del fratellino, il ragazzo pensò bene di dargli qualche informazione in più.

«Voglio dire che sono maghi molto dotati. E non solo per quanto riguarda magie ed incantesimi... James è praticamente considerato da tutti il campione di Quidditch della scuola, e per una buona ragione. E' vero, è un po' arrogante, presuntuoso ed orgoglioso, ma è anche - e soprattutto - un bravo ragazzo. Anche se bisogna ammettere che se l'indole di James è migliorata è grazie soprattutto a Lily Evans - anche lei una Grifondoro all'ultimo anno. Posso garantirti, Matt, che non esiste nessun'altra come lei. E' intelligente, affascinante, ricettiva... E ha davvero un grande cuore. Sul serio, può vedere la bellezza in ogni cosa e in chiunque. Non stupisce che James abbia dovuto cambiare atteggiamento, per avere una speranza con lei. Poi c'è Sirius...».

Daniel emise uno sbuffo all'apparenza divertito.

«Beh, lui è pazzo. Letteralmente. Non passa giorno che non faccia di tutto per discostarsi dall'orrenda famiglia da cui proviene, e che lo ha rinnegato. Penso sia stato il primo ad essere stato smistato qui a Grifondoro, quando tutti - suo fratello Regulus compreso - hanno sempre fatto parte dei Serpeverde. E' brillante, coraggioso, leale verso gli amici... Ma è anche una testa calda. Non bisogna pestargli i piedi, se capisci cosa intendo. Credo che questo sia una delle poche cose che nemmeno lui può negare derivino dalla sua appartenenza ai Black. Se non sbaglio sono ormai due anni che esce con Lidia Rosie, una ragazza Corvonero all'ultimo anno. E non dimentichiamoci di Remus! E' più tranquillo, rispetto a James e Sirius, ma anche lui - se provocato - dimostra di avere un temperamento piuttosto acceso. E' abile - e veloce - con la bacchetta. Secondo forse solamente a Severus Piton, un Serpeverde dell'ultimo anno con cui i Malandrini hanno una "faida aperta" sin dal loro primo incontro. E Remus è anche ferratissimo in Difesa Contro le Arti Oscure!» ricordò il ragazzo all'improvviso.

«Probabilmente è grazie al padre. So che è riconosciuto a livello mondiale per le sue conoscenze sulle apparizioni di spiriti non umani, e che era lui a fare scuola a Remus, prima di Hogwarts. Non è esattamente un genio in Pozioni, ma ehi! Nessuno è perfetto, in fondo. Ma lascia che ti dica questo, fratellino: se hai qualche problema, nove volte su dieci Remus saprà darti una mano. Puoi starne certo. Può sembrare un po' schivo, è vero. Ma è molto intelligente. Merlino, a volte mi mette i brividi!» rise il ragazzo.

«E Peter?» chiese Matt, parlando per la prima volta dopo diversi minuti passati ad ascoltare il fratello, rapito.

Daniel si grattò il mento, pensieroso.

«Peter... Onestamente non ho mai capito per quale motivo Remus abbia tanto insistito con James e Sirius per "accoglierlo" nel loro gruppo. Chissà, magari sapeva che gli amici non ci avrebbero pensato sopra due volte, prima di includerlo nella lista delle vittime dei loro "scherzi", e non voleva che se la prendessero con un ragazzino che, ammettiamolo, non brilla certo per ingegno o coraggio...» mormorò, facendo spallucce.

Sopra alle loro teste si udì uno schianto fragoroso, e pochi istanti dopo i due videro la porta del dormitorio volare giù dalle scale - in una grottesca imitazione di uno slittino - con tre ragazzi ammassati su di essa. Tutti e tre avevano la testa ricoperta di miele dorato e piume - anche se, al momento, quella sembrava essere l'ultima delle loro preoccupazioni.

James, Sirius e Peter si alzarono in piedi velocemente, correndo al buco del ritratto. Ma una voce melliflua li congelò sul posto.

«Dove credete di andare, voi tre?».

«N-noi? Da nessuna parte, vero Jamie? Peter? Visto? Non vogliamo andare assolutamente da nessuna parte» balbettò Sirius, voltandosi con un sorriso tirato verso Remus, appena sceso dalla scalinata che conduceva ai dormitori.

Matt non vide nemmeno il ragazzo chiamato Remus alzare la bacchetta, eppure gli altri tre ragazzi erano ora appesi per una caviglia al centro della sala comune. Danny aveva ragione: era senza ombra di dubbio veloce.

«REMUS! FACCI SCENDERE!» gridò James, muovendosi come un forsennato.

Remus lo osservò, piegando lievemente il capo da una parte.

«No, non credo che lo farò» mormorò, divertito.

«Ti prego, sto per vomitare!» esclamò allora Sirius, cinereo.

«Allora vomita».

Sirius sgranò gli occhi.

«Brutto stro...!».

«Che succede qui?» chiese una voce femminile, alle spalle di Remus.

Tutti i presenti si voltarono verso il dormitorio femminile.

«Ciao Lily» sorrise Remus.

La ragazza chiamata Lily scese gli ultimi gradini, i lunghi capelli cremisi legati in una treccia e i luminosi occhi verdi puntati sui tre Malandrini appesi al centro della sala.

«Ciao Remus. Che è successo? Perché James e gli altri sono appesi come salami nella nostra sala comune?» replicò Lily, confusa.

«Giusto! Che ci facciamo appesi come salami?» le fece eco Peter, piagnucolando.

Remus fece spallucce, ignorando bellamente le parole dell'amico.

«Solo una piccola scaramuccia interna, Lily. Nulla di cui preoccuparsi. Mi spiace di averti costretta fuori dal letto a quest'ora» disse, sorridendo gentilmente alla ragazza.

Lily alternò lo sguardo da Remus ai tre Malandrini.

«Beh, qualsiasi sia la motivazione che ti ha spinto, non vedo il motivo di punirli in questo modo. Non potevi togliere semplicemente loro dei punti?» chiese, un cipiglio interessato sul suo volto.

«Non dargli strane idee!» esclamò James, continuando a muoversi senza sosta nel tentativo di raggiungere la bacchetta e liberarsi.

«Togliere dei punti a Grifondoro il primo giorno di scuola? La McGranitt ci ucciderebbe, Lily» replicò Remus, realistico.

Lily parve pensarci su.

«Forse hai ragione...» sospirò, alla fine.

«Bene. Mi fa piacere che abbiate risolto ognuno dei vostri piccoli problemi morali. Ora che ne dite di farci scendere?!» chiese Sirius, rosso in viso per il sangue che gli affluiva alla testa.

Remus sospirò, rivolgendosi nuovamente a Lily.

«Dici che dovrei farli scendere?».

La ragazza sembrò combattuta.

«Onestamente, non lo so...» replicò, pensierosa.

«LILY!» urlarono James, Sirius e Peter all'unisono.

«Va bene, va bene!» disse la ragazza, alzando le mani rassegnata. «Falli scendere».

Remus sorrise e fece atterrare pesantemente i tre ragazzi sul pavimento.

«Ahi! Ci hai fatto male!» ringhiò Sirius in direzione di Remus.

Questi sbuffò.

«Esagerati come al solito, eh?».

«Dovresti fare qualcosa per chiederci scusa» brontolò James.

Remus era esterrefatto.

«Che cosa?! Siete voi che avete cominciato! Perché mai dovrei essere io... Ah, lasciamo perdere. Avanti, che avete in mente?» borbottò, rassegnato. 

James si fece pensieroso.

«Sali al dormitorio femminile. Una poderosa scivolata può bastare, per questa volta. Ma non dovrai usare la scopa o la bacchetta, è ovvio!» si affrettò a precisare.

Remus sospirò.

«Altro?»

«No, non c’è altro».

«Benissimo».

Il ragazzo consegnò la bacchetta a Lily, e si diresse alla scala che conduceva al dormitorio femminile - schiarendosi poi la voce per attirare l'attenzione delle occupanti del dormitorio, sicuramente svegliate da tutto quel baccano.

«Dolente di disturbarvi, ma ho bisogno di salire un minuto, posso?» chiese, gentilmente.

Dopo qualche istante, una voce femminile replicò: «E ce lo chiedi? Certo che puoi!».

Remus ghignò.

«Vi ringrazio».

«Non cantare vittoria. Non sei ancora salito, genio» borbottò, Sirius.

«Non sarà un problema» gli rispose il licantropo.

Si raddrizzò, si pulì la divisa, e con un paio di balzi decisamente non umani salì fino al dormitorio femminile.

Pochi secondi più tardi era nuovamente nella sala comune, dopo essere scivolato elegantemente su ciò che rimaneva delle scale.

«Allora? Ho vinto io. Ora sta a voi pagare pegno. E’ la regola» disse, risistemandosi la divisa con aria tranquilla.

I tre ragazzi - ancora seduti a terra - sbuffarono, sconfitti.

«E va bene, hai vinto. Che dobbiamo fare?» chiese James.

«Nulla di grave, non preoccupatevi. La prossima uscita ad Hogsmeade pagherete voi per Lidia e Lily» replicò Remus, affabile.

«Niente di grave dice!» sbottò Sirius.

Remus alzò gli occhi al cielo, rivolgendo poi la sua attenzione a Lily, che gli restituì la bacchetta.

«Si sta facendo tardi. Dovremo andare a perlustrare la scuola e a dare una mano a quelli del primo anno» disse.

Lily annuì.

«Io sono già pronta».

Remus la imitò, studiando lo stato dei suoi capelli e di quelli di James.

«Ti raggiungiamo fuori, okay?»

«Okay».

I due si divisero: Lily sorrise a James - si rifiutava, infatti, di baciarlo finché fosse stato imbrattato di miele e piume - ed uscì dal buco del ritratto, e Remus salì al dormitorio, discendendone nuovamente poco dopo, con i capelli puliti e la spilla da Prefetto appuntata sul cuore.

«E’ meglio che andiate a darvi una ripulita. Tra un po' la McGrannit verrà qui per scoprire cos'è stato tutto quel trambusto. La porta l’ho già sistemata io; ma non servirà a molto, se dovesse vedervi travestiti da tacchini... James, faresti bene a prepararti anche tu: Lily ci aspetta».

James sbuffò esageratamente, e salì nuovamente al loro dormitorio.

Remus si avvicinò con un sorriso a Matt Michaels.

«Hai bisogno di una mano per trovare la tua classe?» gli chiese gentilmente.

Il ragazzino strinse spasmodicamente il braccio del fratello, scuotendo il capo.

«No grazie, per oggi ci pensa Danny» disse, la voce tremante.

Daniel sorrise a mo’ di scusa.

«Scusa Lupin. Ma sai com’è…» mormorò, divertito.

Remus scrollò le spalle.

«Non preoccuparti. Inoltre, posso benissimo fingere che sia James ad aver bisogno di qualcuno che gli indichi la direzione giusta. Non sarà nemmeno troppo difficile...» ghignò.

Poi uscì anche lui, per aspettare James insieme a Lily.

Sirius e Peter si guardarono l'un l'altro, sospirando.

«Andiamo, inizia un altro anno» disse Peter, alzandosi.

«Già» confermò Sirius, imitandolo.

«Ed essendo l’ultimo, faremo in modo che questa scuola non si dimentichi mai più di noi» aggiunse poi, un luccichio diabolico negli occhi grigi.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


«E questo era quello che io e Ramoso avevamo in mente. Abbiamo passato tutta l'estate ad organizzare ogni cosa...» disse Sirius.

Lui e Peter camminavano pacificamente per il corridoio, apparentemente ciechi ai diversi studenti che si scostavano per lasciarli passare. Essere un Malandrino - si disse Peter - aveva davvero molti lati positivi, in fondo. Anche se i Serpeverde rifiutavano di cedere loro il passo, l'essere in grado di evitare un po' della bolgia causata dagli appartenenti ad ognuna delle altre tre Case non era affatto una cosa che gli dispiacesse...

«Buongiorno» borbottò Remus, stiracchiandosi ed unendosi - insieme a James - agli amici.

«Hai l’aria distrutta» notò Peter.

«L’avresti anche tu, se fossi stato costretto a scortare una marea di studenti del primo anno nelle loro classi. Merlino, giuro che si fermavano letteralmente ad ogni passo, chiedendo: “Cos’è quello?”, “Dove conduce quella porta?”, “E’ vero che i Malandrini sono immortali?”» rispose il licantropo, nascondendo a stento uno sbuffo.

«Ti hanno chiesto se siamo immortali?!» esclamò James, piacevolmente colpito.

«Sapresti che è così, se ti fossi degnato di fare il tuo dovere, invece di sparire non appena ci sono stati assegnati quelli del primo anno!» ribatté Remus, secco.

James fece spallucce, indifferente.

«Come Caposcuola, uno dei miei compiti è supervisionare il compito di voi Prefetti. Ho semplicemente convenuto fossi più che qualificato per svolgere questa mansione da solo. In fondo non è il primo anno che lo fai, no?» ghignò.

Remus gli scoccò un'occhiataccia.

«Dì pure che hai semplicemente preferito lavartene le mani» sibilò.

Sirius intervenne prima che la discussione si facesse troppo accesa.

«Tu che hai risposto, quando ti hanno chiesto...?».

«Ho chiesto loro chi avesse messo in giro una voce tanto assurda, ovviamente! A quanto pare, alcuni di loro hanno almeno un fratello - o una sorella - che ha avuto a che fare con noi e la nostra idea di divertimento, e che ha pensato bene di narrare loro le nostre imprese... Poi ho fatto notare come sarebbe stato davvero troppo meschino - da parte dell'universo - costringermi a sopportarvi in eterno. Aveste visto che faccia hanno fatto, quando hanno scoperto che sono uno dei loro "eroi dei racconti"...» replicò Remus, esasperato.

«Che hanno fatto?» chiese Peter, interessato.

«Non hanno smesso un secondo di tenermi gli occhi puntati addosso, pregandomi di firmare le loro cartelle, i loro libri, e tutto ciò che può essere firmato. "Così i miei amici sapranno che è vero!". E' un miracolo che non mi si sia slogato un polso...» borbottò il ragazzo dai capelli castani, massaggiandosi l'arto dolorante.

Peter emise un verso frustrato.

«Perché queste cose succedono sempre solo a voi?» si lamentò.

Remus si tolse la spilla da Prefetto, porgendola all'amico.

«Faccio volentieri a cambio. Odio essere al centro dell'attenzione» ribatté, secco.

Sirius ghignò, voltandosi verso James.

«E tu invece che hai fatto fino ad ora?» chiese.

«Chi ti dice che abbia fatto qualcosa, Felpato?» chiese a sua volta James, assumendo un'aria da santarellino.

«Il fatto che siamo appena passati davanti alle clessidre, e quella dei Serpeverde ha già diversi smeraldi in meno. E chi, se non un Malandrino, poteva togliere dei punti a quei caproni? Aggiungiamo il fatto che solo un Caposcuola può farlo nei confronti di uno studente delle altre Case...» spiegò Sirius, senza smettere di ghignare.

Remus sospirò rassegnato. Doveva saperlo che James avrebbe fatto una cosa del genere, non appena ne avesse avuto la possibilità...

James alzò le mani, sconfitto.

«E va bene, lo confesso: sono stato io! E non fare quella faccia, Lunastorta. Non l'ho fatto per divertirmi. Ne ho beccati un paio mentre tentavano di appendere un Corvonero del primo anno al pennone della Torre Est» si giustificò, serio.

Gli altri tre Malandrini si fermarono di botto, le risate e i ghigni dimenticati.

«Si è fatto male?» chiese subito Remus.

«No. Per fortuna sono arrivato prima che lo lasciassero lassù a sventolare».

«Diventano ogni anno più carogne...» sibilò Sirius, osservando un piccolo gruppo di Serpeverde superarli in gran fretta. «Meriterebbero una lezione».

«L’avranno, Sir» lo rassicurò James.

Remus sospirò nuovamente.

«Immagino che tu non intenda una impartita da uno degli insegnanti, vero?»

«Esattamente, caro il mio Lunastorta. Ho già progettato - ed eseguito - la mia personalissima punizione» disse tranquillo, guardando l’orologio della scuola. «E secondo i miei calcoli le conseguenze si noteranno esattamente...».

Un urlò riecheggiò per tutta la scuola.

James si voltò a guardare gli amici, ghignando.

«...Ora».

Sirius, Remus e Peter si scambiarono un'occhiata.

«Chi è quel pazzo che ha detto che sei maturato, James?» chiese Remus, interessato.

James si corrucciò.

«Nessuno, credo».

Mentre lo superava - insieme a Remus e Peter - Sirius batté una mano sulla spalla dell'amico.

«Grazie di avercelo confermato, Jamie».

Poi i quattro ragazzi si diressero verso la Sala Grande, ansiosi di vedere i risultati del loro primo scherzo ai danni dei Serpeverde.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


«Non ci hai ancora detto che hai combinato» disse Peter, sedendosi al tavolo dei Grifondoro.

«Oh, nulla di che. Ho solo mischiato la Pozione Invecchiante e quella Ringiovanente alla colazione di Alecto. A quanto pare, l'idea era sua...» disse James, tranquillo.

Sirius venne colto da un attacco di risa convulse, al pensiero di quale fosse stato il risultato di quell'assurda combinazione.

Remus, invece, si voltò verso l'amico.

«Credevo avessi sempre detto di essere pessimo, nella preparazione di quelle pozioni...» mormorò, piano.

James fece spallucce.

«Ancora meglio, no?».

Sirius cadde dalla panca con un tonfo, rotolandosi a terra dalle risate.

Dopo qualche istante, nemmeno Peter e Remus poterono fare a meno di iniziare a ridere - nonostante avessero tentato di trattenersi.

«Si può sapere che cosa succede qui?» chiesero Lily e Lidia, sedendosi vicino a James.

James ghignò.

«Ridono per una cosuccia che ho fatto...» disse, laconico.

Lily lo fissò, gli occhi ridotti a due fessure.

«Che tipo di “cosuccia”?» chiese.

«James ha dato da bere ad Alecto la Pozione Invecchiante unita a quella Ringiovanente» esalò Peter, a fatica.

Lidia - una ragazza molto avvenente con lucenti occhi azzurri come il ghiaccio e ricci capelli neri come le ali di un corvo - fissò a sua volta James, confusa.

«Ma non hai sempre detto di non riuscire assolutamente a capire come si preparassero?».

Sirius riaffiorò dal pavimento, le lacrime agli occhi.

«Appunto!» esclamò, e ricadde a terra.

Le due ragazze sgranarono gli occhi.

«James! Sei Caposcuola, adesso! Certe cose non dovresti nemmeno più pensarle!» soffiò Lily, cercando di rimanere seria.

In realtà, nemmeno lei poteva fare a meno di sorridere, pensando allo stato in cui doveva trovarsi ora la Serpeverde.

L'arrivo della posta, tuttavia, mutò drasticamente il loro buon umore.

«Ancora un attacco dei Mangiamorte» sospirò Sirius, chiudendo con un gesto secco la Gazzetta del Profeta.

Udendolo, Peter ebbe un sobbalzo, a cui però nessuno fece caso.

«Vorrei poter fare qualcosa» mormorò Lily, sconfortata.

James fissò gli amici e la ragazza con un'espressione decisa.

«Qualcosa che possiamo fare c'è, in effetti» mormorò, serio.

«E cosa, James?» chiese Remus, interessato.

«Ci uniremo a Silente!».

Sirius sobbalzò.

«Intendi dire nell’Ordine della Fenice o in un altro senso? No, perché se intendi quest'ultimo mi dispiace, ma proprio...» sussurrò, cercando di alleggerire un po' l'atmosfera.

James lo guardò, senza capire.

«Entrando nell’Ordine, ovviamente... Ma che avevi capito?» replicò, confuso.

Sirius emise un sospiro di sollievo, tornando a concentrarsi sulla sua colazione.

«Per un secondo mi hai fatto morire, Ramoso» disse, addentando un toast.

James fece per parlare, ma Remus lo fermò, scuotendo la testa.

«Lascia perdere, James. Fidati».

Peter, dal canto suo, iniziò ad agitarsi sulla panca.

«Non crederai davvero che ci dia ascolto! Siamo solo ragazzi!» esclamò, facendo voltare parecchi dei loro compagni.

Remus gli fece cenno di abbassare la voce.

«Cosa c’entra? L'idea di aver altre persone disposte a combattere contro Voldemort non gli dispiaceva, due anni fa» disse, guardando l'amico con un'espressione seria.

James, Sirius, Peter, Lily e Lidia sgranarono gli occhi.

«E tu questo come lo sai, scusa?» gli soffiò James.

Remus alzò gli occhi al cielo.

«Quando scoprii di Greyback andai a parlargli, okay? Volevo fare qualcosa di concreto per evitare che altri subissero quello che ho subito io, e Silente mi disse che era bello trovare persone pronte a combattere per una giusta causa. Solo, riteneva che fossi ancora un po' troppo giovane per essere una di loro» sbottò.

«Perché non ne hai mai fatto parola?» gli chiese Lidia, scioccata.

Remus sospirò, amareggiato.

«Non accettò il mio aiuto, e voi non sembravate interessati all’Ordine. Non vidi alcun motivo di dirlo in giro, ecco tutto».

«Ti disse solamente che eri troppo giovane per farlo allora. Forse ora la risposta sarebbe diversa» replicò Lily, saggiamente.

Sirius - finita la sua colazione - sorrise entusiasta.

«Allora che cosa stiamo aspettando?» chiese, alzandosi.

Remus gli scoccò un'occhiataccia.

«Noi quattro non abbiamo lezione, ora?» gli chiese, un cipiglio severo sul volto.

James sbuffò, alzandosi a sua volta in piedi.

«Mancano ancora quaranta minuti, Rem...».

Alla fine il licantropo imitò i compagni, così come fecero anche Lidia, Lily e Peter - seppur quest'ultimo sembrasse farlo solo a costo di un enorme sforzo.

«Okay. Ma poi andiamo dritto filato ad Incantesimi, chiaro?» precisò Remus.

James gli mise un braccio sulla spalla con un enorme sorriso.

«Cristallino, Lunastorta».

[*]

I quattro Malandrini sostavano davanti al gargoyle che nascondeva l'accesso all’ufficio di Albus Silente.

«Conoscete la parola d’ordine?» chiese Lidia.

La ragazza aveva infatti deciso di accompagnarli, mentre si recava ad Aritmanzia.

«Sicuro!» disse Sirius, allegro.

«E come, se è soltanto il primo giorno? Non avrete già fatto qualcosa per finire dal preside, spero!» esclamò Lidia.

«Tranquilla tesoro... James è Caposcuola. Questo significa che può accedere a qualsiasi dormitorio ed ufficio di questa scuola» replicò Sirius, ammiccandole.

Lidia si esibì in un'espressione terrorizzata.

«Un Malandrino Prefetto e uno Caposcuola?! Silente dev'essere impazzito... Si rende conto di avervi appena dato le chiavi di Hogwarts?!» esclamò, scioccata.

«Presumo faccia affidamento sul nostro buon senso» disse James, tranquillo.

Lidia alzò gli occhi al cielo.

«Oh, poveri noi...».

«Mi par di comprendere che tale notizia non l'aggradi, signorina Rosie» disse Sirius, in tono sofisticato.

«Per niente, signor Black. Distruggerete la scuola nel giro di una settimana!» ribatté la ragazza.

«Lidi! Significa forse che non ti fidi di noi?» le domandò l'Animagus, mettendosi una mano sul cuore, come se le parole della giovane lo avessero ferito profondamente.

«Non preoccuparti, Lidia. Farò in modo che non accada» s'intromise Remus, sorridendole gentile.

Lidia sospirò.

«Per fortuna c'è ancora qualcuno che usa la testa, allora... Beh, è ora che vada. Non vorrei arrivare in ritardo. A dopo, ragazzi».

«A dopo» risposero questi in coro.

Peter aspettò che la ragazza avesse girato l'angolo, prima di rivolgersi a Remus.

«Ma non sei stato tu, lo scorso anno, ad incantare tutta la pancetta del banchetto di Halloween affinché chiunque la mangiasse diventasse rosso e oro, iniziando poi a grugnire?».

Remus finse di non averlo sentito, preferendo rivelare al gargoyle la parola d'ordine.

«E non sei sempre stato tu, mio caro Lunastorta, a ricoprire l'intero pavimento, i tavoli e le panche della Sala Grande con il contenuto di ben 147 secchi di acqua e sapone, il gennaio scorso?» aggiunse Sirius, circondando la spalla dell'amico con un braccio.

«O a liberare - per Pasqua - in giro per la scuola una schiera di soffici e tenerissimi conigli bianchi - numerati da 1 a 20 - omettendo volontariamente il numero 10, cosicché tutti impazzissero per trovare il coniglietto mancante?» continuò James, fingendosi pensieroso.

Remus ghignò.

«E' la mia parola contro la vostra, ragazzi» ricordò.

Sirius si esibì in una risata simile ad un latrato.

«Siamo decisamente degni di portare il nome di Malandrini...».

E con un'ultima risata, i quattro salirono sulla scala mobile che li avrebbe condotti all'ufficio del preside.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Albus Silente alzò gli occhi sui Malandrini, non appena questi entrarono nel suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.

«Buongiorno ragazzi. Non vi sarete già messi guai, spero» disse, bonario.

James si esibì in uno sbuffo infastidito.

«Perché tutti credono sempre che l'unica ragione per cui veniamo nel suo ufficio sia quella di dover scontare una punizione - o subire una ramanzina - perché abbiamo fatto qualcosa?» domandò Sirius, esasperato.

Remus scosse la testa.

«Fossi in te non me lo chiederei, Sir...» gli sussurrò, sconfitto.

Il ragazzo parve rifletterci.

«Ah, già. Scusa» ammise alla fine, rendendosi conto di quanto assurda fosse stata la sua domanda.

James fece un passo avanti.

«Vorremmo entrare a far parte dell’Ordine della Fenice» disse, senza indugi.

Per qualche istante nella stanza regnò il silenzio - interrotto solamente dai sussurri colpiti dei vecchi presidi e dalle esclamazioni poco consone di Phineas Nigellus Black riguardo alla latente sanità mentale mostrata dal proprio bis-bis-nipote.

Alla fine Silente parlò, unendo le lunghe dita davanti a sé, un'espressione interessata sul volto.

«Si tratta di una richiesta molto diretta, ragazzi. Ed indubbiamente insolita, data la vostra età. Posso chiedervi cosa vi ha spinto a prendere una simile decisione?» chiese, pacato.

I quattro ragazzi si scambiarono un'occhiata.

«Odiamo profondamente ciò che Voldemort e i suoi seguaci stanno facendo al mondo magico e a chi lo abita, signore. Per non parlare poi di ciò che viene fatto ai Babbani. Non possiamo tollerare che questo... Questo... Regno di terrore sia il futuro che si prospetta davanti ai nostri occhi. Vogliamo vivere in pace, andare avanti con le nostre vite, farci una famiglia... Vogliamo vivere. E se per ottenere tutto questo dobbiamo combattere... Bene! Non abbiamo alcuna paura di affrontare dei rischi, se questo significa rendere il nostro mondo un luogo migliore in cui vivere» rispose James, serio e deciso come mai lo era stato.

Silente non rispose subito.

«Sono indubbiamente motivazioni più che valide. Ma mi domando se sappiate veramente ciò che significa combattere per ciò in cui si crede, e per coloro che si amano. Sappiate che gli scontri che affronterete - nel caso in cui diventiate effettivamente membri dell'Ordine - saranno ben diversi da quelli che avete conosciuto tra queste mura. In essi non rischierete una mera punizione, ma bensì la vostra stessa vita...» disse, fissandoli a turno.

«Ne siamo consapevoli, signore. Ma come ha detto James, non abbiamo paura di rischiare, se la causa è giusta» replicò Sirius.

«Essere membri dell'Ordine o non esserlo non farà alcuna differenza, per noi. Vogliamo combattere, e lo faremo in ogni caso» gli fece eco Remus, altrettanto deciso.

Peter annuì.

Silente annuì lentamente, poi disgiunse le mani, posandole sulla sua scrivania.

«Molto bene, allora. Domani notte convocherò l'Ordine, così da poter discutere in maniera approfondita della possibilità di concedervi o meno di entrare a farne parte. Venite verso l’una, e - se è loro intenzione seguirvi in questa decisione - portate anche la signorina Evans e la signorina Rosie».

«Grazie, signore» disse James, riuscendo a malapena a contenere la propria eccitazione al pensiero di riuscire finalmente a fare qualcosa di concreto contro Voldemort.

I ragazzi si voltano per uscire, ma la voce di Silente li richiamò.

«Scusatemi, ragazzi. Ma potrei parlare un momento con il signor Lupin in privato?».

James, Sirius e Peter lanciarono un'occhiata perplessa a Remus, che rispose con un gesto rassicurante.

«Andate avanti. Vi raggiungerò a lezione» disse, tranquillo.

La porta si chiuse alle spalle dei tre giovani, e Remus andò a sedersi davanti all’anziano preside.

L’uomo aveva una lunga barba argentata, che teneva infilata nella cintura, e penetranti occhi azzurri nascosti dietro a un paio di occhiali con le lenti a mezzaluna. Remus lo rispettava moltissimo: era stato lui a permettergli di entrare ad Hogwarts, permettendogli così anche di ricevere un'adeguata istruzione magica - che altrimenti gli sarebbe stata preclusa a causa della sua condizione.

«A quanto sembra, i tuoi amici condividono la tua intenzione di combattere contro il male che affligge ormai sempre più il nostro mondo...» disse Silente, pacato.

«Non si tratta esclusivamente di una mia intenzione, signore. Centinaia di maghi la pensano così» mormorò Remus, in difesa all'accusa che percepiva nelle parole del preside.

Quest'ultimo sorrise davanti all'intuitività del ragazzo.

«Devo ammettere, in verità, di aver pensato che il signor Potter, il signor Black e il signor Minus siano stati un po' influenzati da una vostra precedente conversazione... E non ti nasconderò che lo penso ancora».

«Posso assicurarle che non è così. Non posso prendermi il merito delle loro scelte» rispose il licantropo, tranquillo.

Silente lo studiò attentamente.

«Sembri avere molta fiducia nella loro capacità decisionale...»

«E’ così, infatti».

«Anche se una decisione del signor Black è stata ciò che ha causato quell'incidente - che ha seriamente rischiato di trasformarsi in tragedia - poco più di un anno e mezzo fa?» domandò allora l'anziano preside, fissando intensamente Remus attraverso gli occhiali a mezzaluna.

Il ragazzo serrò la mascella, e per un brevissimo istante i suoi occhi ebbero un guizzo ferito ed irato al ricordo.

«Sono dell'idea che a tutti sia concesso di sbagliare, professore. Sirius non è immune agli errori, e io nemmeno. Mi piace pensare che... l'incidente sia stato esattamente uno di essi. Ma, se posso, preferirei non ripensare a quella vicenda. Anzi, desidererei decisamente mettervi una pietra sopra. Certe cose non sono fatte per essere rivissute» mormorò, alla fine.

Silente annuì di nuovo.

«Certo».

Poi si alzò, andando alla finestra e facendo cenno a Remus si imitarlo.

Quando questi gli fu affianco, il mago sorrise benevolo.

«Vedi quel gruppo di studenti vicino al lago?» gli chiese, indicandoglieli.

Remus annuì, e Silente continuò.

«Presto qualcuno andrà a rimproverarli, mandandoli a seguire la lezione che hanno evidentemente deciso di saltare. Sai perché questo qualcuno non sarà un insegnante, ma bensì un Prefetto o un Caposcuola?».

Il licantropo rifletté a lungo, prima di rispondere.

«Presumo sia per perché un Prefetto o un Caposcuola - essendo più vicino a loro di età - otterrebbe un maggiore risultato, dato che un insegnante potrebbe essere visto solamente come un'autorità da sfidare. Senza offesa» s'affrettò ad aggiungere.

Silente ridacchiò.

«Non preoccuparti, nessuna offesa. Ebbene, hai ragione... Questo è il motivo per cui Hogwarts sceglie di nominare Prefetti e Caposcuola: per rendere possibile un dialogo tra professori e studenti. Poiché vi saranno sempre cose che un giovane non avrà mai il coraggio di dire ad un adulto, nel timore di essere giudicato; così come sempre vi saranno cose che un adulto non potrà dire ad un giovane, senza correre il rischio di essere visto come "un'autorità da sfidare"» ammiccò.

Entrambi ripresero i loro posti a sedere.

«Potresti chiederti il perché io ti abbia fatto questo discorso. Ebbene il motivo è semplice: è mia ferma convinzione che domani notte la vostra richiesta verrà accolta» disse Silente, sincero.

Remus non poté che annuire.

«E' ciò che speriamo, signore» ammise.

«In base a questo, è mia intenzione prendere alcuni provvedimenti per facilitare - così come qui a scuola - il dialogo tra ognuno dei membri. Vedi, delle persone che fanno parte dell'Ordine, probabilmente poche saprebbero gestire dei ragazzi della vostra età. E questo potrebbe rappresentare un ostacolo non indifferente. Mi serve, quindi, qualcuno che conosca il giusto modo di rapportarsi con entrambe le fasce d'età. Riesci ad indovinare chi io abbia in mente, Remus?» gli chiese, sorridendogli furbescamente.

Il ragazzo spalancò la bocca, stupito.

«Io, signore?» mormorò con un filo di voce, incredulo.

«Non vedo alcun motivo per cui non dovresti essere il candidato perfetto».

«Ma... Ma ci sono decine di persone ben più adatte... Voglio dire... James è Caposcuola e Capitano della squadra di Quidditch! Sicuramente le sue capacità di leader sono più che eccellenti, e...» disse Remus, arrivando quasi a balbettare.

Silente sorrise ancora.

«Eppure è inutile negare che la tua condizione ti ha reso notevolmente più propenso a comprendere l'animo di chi ti circonda, e ad agire in base alle situazioni - e alle persone - che ti trovi a dover affrontare. Senza contare che per quanto possa possedere uno spirito da leader, il signor Potter - esattamente come il signor Black - ha la tendenza ad agire d'impulso. E questo spesso non lo rende la persona più diplomatica con cui avere a che fare» gli fece notare. «Ma voglio che tu sappia che la mia non è altro che una proposta. Non sei obbligato minimamente ad accettare, se non è tua intenzione. Desidero solo che tu ci rifletta su, prima di darmi una risposta».

Il licantropo si zittì, pensando alle parole del mago seduto di fronte a lui.

Poi - dopo diversi minuti in cui nulla turbò il silenzio della stanza - annuì.

«Sarà un onore, signore. Le prometto che non la deluderò» disse, serio.

«Ne sono certo. Bene, è tempo che tu vada a lezione. I tuoi insegnanti e i tuoi amici ti attendono» replicò Silente, spiccio.

Remus annuì riconoscente, e qualche istante dopo era uscito.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


James non riusciva a capire cosa fosse successo a Remus. Dopo l'incontro con Silente era stato più taciturno del solito, arrivando persino a non rimproverarli nemmeno quando avevano appeso Piton al lampadario - subito dopo l’ora di Pozioni - pur di suscitare in lui una qualche reazione. E ora stava addirittura versando il proprio succo di zucca nel piatto!

«Lunastorta? Ti senti bene?» gli chiese, preoccupato.

«Come? Oh, sì... Sì, sto... Sto bene. Scusatemi, ma devo andare... Vado in biblioteca» mormorò il licantropo, alzandosi da tavola e lasciando la Sala Grande.

Sirius guardò l’amico andare via, e si voltò verso James.

«Che diavolo gli è preso?».

[*]

"Che accidenti mi è preso?" si domandò Remus, camminando a testa bassa per i corridoi di Hogwarts.

Certo, il compito che gli era stata offerto - e che lui aveva accettato - era indubbiamente molto oneroso, e avrebbe dovuto svolgerlo al meglio delle sue capacità, per poter dimostrare a Silente di essere degno della sua fiducia... Ma valeva davvero la pena rimuginarci tanto sopra, trasformandosi quasi in uno zombie a causa di esso?

Immerso com'era nei suoi pensieri, il ragazzo nemmeno si accorse di essere finito contro qualcuno finché non si ritrovò lungo disteso a terra.

Si rialzò in piedi - curioso di vedere chi avesse urtato - e scorse una ragazza con una brillante chioma rosa gomma da masticare e il viso a forma di cuore, stesa a sua volta a terra.

“Una bella ragazza” si ritrovò a pensare Remus.

Le porse la mano, aiutandola a rialzarsi.

«Scusa, non guardavo dove stavo andando» ammise, imbarazzato.

«Ah, lascia perdere... Non è certo colpa tua! Sono io ad essere incredibilmente sbadata. Faccio sempre danni» replicò la giovane, togliendo la polvere dalla sua divisa.

«Tutto okay?» le chiese Remus.

La ragazza gli sorrise radiosa.

«Certo! Tu?» chiese a sua volta.

«Mai stato meglio».

«Ottimo! Senti, visto che sei un Grifondoro, non è che potresti indicarmi la strada più veloce per la vostra sala comune, vero? Devo consegnare un messaggio di Hagrid ad una ragazza, ma non ho idea di dove andare» spiegò, mostrando un foglio spiegazzato tra le sue mani.

Remus le sorrise educatamente.

«Posso accompagnarti, se vuoi» le propose.

La condusse lungo uno dei corridoi principali, poi in una piccola saletta laterale, le cui pareti erano cariche di dipinti.

La ragazza lo osservò critica.

«Sei sicuro di sapere dove si trovi la tua sala comune?» gli chiese, inarcando un sopracciglio.

Remus sbuffò. Quella ragazza sembrava avere proprio un bel caratterino...

«Più che sicuro» rispose con un ghigno.

Si avvicinò ad un ritratto raffigurante un cavaliere con una spada, mormorò qualcosa, e il ritratto si spostò, mostrando una scala a chiocciola che portava verso l’alto.

«Dopo di te» sorrise il ragazzo, facendosi da parte.

La giovane lo guardò sospettosa, poi superò il ritratto e iniziò a salire.

[*]

Sbucarono vicino alla Signora Grassa, il ritratto che custodiva l’entrata alla sala comune dei Grifondoro.

La ragazza era semplicemente basita.

«Wow! Cavolo, mi sa che devo ricredermi, nei tuoi confronti. Ero già pronta a darti dell'idiota per avermi fatto finire chissà dove e invece... Com'è che ti chiami? Non posso non conoscere il nome di uno dei pochi in grado di farmi ammettere di aver avuto torto in qualcosa!» esclamò, entusiasta.

Remus disse la parola d'ordine al quadro, voltandosi poi a tendere la mano alla giovane.

«Remus John Lupin, piacere» si presentò, divertito.

«Aspetta... Hai detto Remus Lupin? Uno dei quattro Malandrini?» chiese la giovane, sorpresa.

Remus sorrise.

«Esattamente» confermò.

«Ecco perché mi sembrava di averti già visto… Tu guarda! Incontro una celebrità e neanche la riconosco! Piacere, Ninfadora Tonks. Ma non osare chiamarmi con il mio nome di battesimo, o potrebbe capitarti qualcosa di davvero poco piacevole. Lo odio» spiegò, stringendo la mano del ragazzo.

Remus rise.

«Lo terrò a mente... Sei la cugina di Sirius, vero?» chiese, interessato.

«Allora sono anch’io una celebrità! Pare che tutti sappiano chi sono...» ghignò Tonks.

«Beh... Chiunque conosca Sirius l'ha sentito parlare, almeno una volta, di te. Inoltre, se me lo permetti, è difficile non notarti» mormorò, cercando di suonare disinteressato.

La ragazza arrossì, e i suoi capelli assunsero straordinariamente una tinta rossastra.

«Sei una Metamorfomagus?» le chiese Remus ammirato, accennando alla nuova capigliatura.

Tonks si afferrò una ciocca di capelli tra le dita, studiandola da tutte le angolazioni.

«Ops... Di solito riesco a gestire le mie trasformazioni, ma a volte sfuggono al mio controllo... Anche se presumo che ricevere un complimento da un ragazzo che a sua volta non è niente affatto male sia una buona scusante per perdere un po' di concentrazione, no?» ammiccò.

Anche Remus arrossì, provando allo stesso tempo la bizzarra sensazione di avere il colletto della camicia improvvisamente troppo stretto, e lo stomaco pieno di Cioccorane intente a fare le capriole. Non aveva mai sperimentato qualcosa di simile, prima: era come se qualcuno avesse preso tutte le sensazioni provate quando aveva avuto una cotta per una ragazza, e le avesse centuplicate un’infinità di volte.

Tonks si schiarì la voce, imbarazzata.

«Ad ogni modo… Sono tutti così galanti e ben educati i Grifondoro del settimo anno?» chiese, sorridendo.

Remus assunse una finta espressione rassegnata.

«Spiacente. Sono una razza in via d’estinzione, purtroppo».

Tonks ammiccò.

«Allora bisognerà proteggerti».

E senza dargli il tempo di rispondere entrò nella sala comune dei Grifondoro.

Il licantropo rimase a bocca aperta.

Wow!” pensò.

Quella ragazza iniziava davvero a piacergli...

[*]

«Remus, eccoti finalmente! Si può sapere che cosa… Oooh! Adesso ho capito!» esclamò James, non appena i due ragazzi entrarono nella sala comune.

In un attimo era salito al loro dormitorio, e ne era ridisceso seguito da Sirius e Peter.

Sirius sgranò gli occhi e puntò il dito accusatore sui due giovani.

«Perché non ci hai detto che saresti andato da una ragazza?!» esclamò, scioccato.

«Ti avremmo consigliato!» gli fece eco James.

«Anche se a quanto pare ne hai trovata una davvero niente male…» borbottò Peter, con una punta di invidia.

Tonks rise.

«Avevi ragione. Sei l’ultimo» disse, rivolgendosi a Remus con un'aria di finta rassegnazione.

«Che ti avevo detto?» ghignò questi.

Sirius balzò in avanti, circondando le spalle di Tonks con un braccio.

«Cuginetta! Perché non mi hai detto che uscivi con Lunastorta? Ti avrei fortemente persuasa dal farlo! E' troppo noioso e studioso, per te... Insomma, guardalo! Troppo bravo ragazzo, troppo gentiluomo...» esclamò, fingendo disappunto.

Tonks sbuffò, liberandosi dalla stretta di Sirius.

«Non usciamo insieme, gli ho solo chiesto la strada!» borbottò, arrossendo nuovamente.

James, Peter e Sirius si scambiarono un'occhiata d'intesa.

«Ceeeeerto...» cantilenò James, con l'aria di chi in realtà la sa lunga - prima che un piccolo schiaffo lo raggiungesse sul retro del collo.

«Ahi, ahi, Jamie... Mi sa che Lily continua a non apprezzare il tuo modo di fare...» sghignazzò Sirius.

«Vuoi lasciare in pace questi poveri ragazzi?» esclamò Lily severamente.

«Gli abbiamo solo chiesto...» tentò James, prima di essere interrotto nuovamente dalla ragazza.

«Ho sentito perfettamente cosa avete chiesto... E di sicuro avreste finito per interrogarli riguardo a qualcosa di molto personale».

James sospirò rassegnato, lanciando un'occhiata agli amici.

«Che posso farci... Mi conosce troppo bene» ammise, un guizzo affettuoso negli occhi nocciola.

Tonks rise di nuovo.

«Starei ad ascoltarvi tutto il giorno. Ma devo consegnare questo a Mary Macdonald, per poi scappare a sistemare i miei appunti di Incantesimi» disse, dispiaciuta.

Lily le sorrise gentile.

«Purtroppo Mary non è qui. Ma se vuoi posso aiutarti a trovarla. Se non sbaglio, prima diceva qualcosa a proposito di dover completare alcune ricerche per Antiche Rune...» si offrì.

«Grazie! Non avrei mai immaginato che consegnare un messaggio fosse tanto faticoso! Da oggi in poi avrò più rispetto per il mio gufo, questo è certo» esclamò Tonks allegra, seguendo Lily nuovamente fuori dalla sala comune.

Dopo aver aspettato qualche minuto, i tre Malandrini iniziarono immediatamente ad infastidire giocosamente l'amico.

«Il nostro Rem si è innamorato! Non posso credere che stia finalmente succedendo!» esclamò James, asciugandosi una lacrima immaginaria dall'occhio.

«Ehi Remuseo, perché non dai a Doretta un bel bacio? Sono certo che non le dispiacerebbe affatto» lo stuzzicò Sirius.

«E piantatela...» bofonchiò Remus, nascondendo a stento il rossore delle guance.

«Non potremmo mai! È un’occasione troppo ghiotta, Lunastorta!» disse Peter, divertito.

«Non capita tutti i giorni, sai?» confermò James, annuendo convinto.

Remus alzò gli occhi al cielo.

«Bene, allora rimanete pure qui a divertirvi. Io devo andare in biblioteca» disse, accorgendosi improvvisamente come l'incontro con Tonks gli avesse fatto dimenticare completamente il suo intento iniziale.

Sirius e James sgranarono gli occhi.

«Ancora?!» esclamarono, scioccati.

Remus fece spallucce, avviandosi verso l'uscita.

«Non ho fatto in tempo ad arrivarci, prima. E inoltre... Mi piace quel posto».

«Oppure ti piace Madama Pince?!» gli strillarono dietro i Malandrini.

Ma il licantropo era ormai sparito.

 

****Note dell'autrice****

Come ho accennato nelle note dell'autore in fondo al primo capitolo, Tonks in questa fanfiction ha solamente un anno in meno dei Malandrini, quindi non mi sono improvvisamente - e pesantemente XD - ubriacata con del Whisky Incendiario ;)

La ragione dietro questa mia decisione, nel caso qualcuno se lo stesse domandando, è che proprio non riesco a vedere Remus con nessun'altra. Inoltre, la stessa Rowling ci ha gentilmente fatto sapere (grazie Pottermore) che Remus non si era mai innamorato, prima di Tonks, quindi... XD

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


La biblioteca - ricca di una magia completamente diversa da tutta quella che veniva insegnata ogni giorno tra i corridoi di Hogwarts - era sempre riuscita a tranquillizzare Remus. Nessuno di quelli che lui e i suoi amici affrontavano ogni giorno aveva un buon rapporto, con quel luogo. Erano infatti troppo stupidi per comprendere che la forza di un mago non deriva solamente dai muscoli, ma anche - e soprattutto - dalla conoscenza fornita dalle centinaia e centinaia di volumi custoditi all'interno di quel magico e silenzioso mondo... Tra quegli scaffali, Remus poteva essere se stesso senza il timore di ricevere minacce o accuse.

Sorrise.

I Malandrini si erano salvati ben più di una volta grazie alle sue periodiche incursioni all'interno della biblioteca...

Il ragazzo notò una ragazza dalla chioma rosa china su un tavolo della biblioteca.

Tonks.

Com'era possibile che non l'avesse mai notata in giro per il castello, prima di allora?

Scosse il capo, dandosi dell'idiota. Certo che doveva averla notata. Ma probabilmente non si era mai soffermato a pensare a lei - troppo concentrato nello studio, o a tirare fuori dai guai quei delinquenti che lui considerava i suoi migliori amici...

Le si avvicinò furtivo - cosa che gli riuscì sorprendentemente bene - e le sussurrò: «Hai trovato Mary?».

Tonks sussultò, voltandosi a guardarlo terrorizzata. E Remus non poté fare a meno di perdersi nei suoi grandi occhi scuri e di provare di nuovo quella sensazione: amore.

Rimase per alcuni istanti interdetto al pensiero di come i suoi amici avessero potuto capire prima di lui una cosa tanto imprevedibile: si era innamorato di Tonks. Un autentico colpo di fulmine, considerato che l'aveva appena conosciuta...

“Se solo non fossi…” si ritrovò a pensare il ragazzo, mentre un'enorme tristezza s'impossessava di lui.

Non era possibile. Non lo sarebbe mai stato.

Si sfiorò la spalla, dove un marchio ancora ben evidente - nonostante i molti anni passati - segnava la sua condanna; il suo destino. Lui era uno dei Primogeniti, e presto o tardi quel mostro sarebbe tornato per reclamarlo come suo.

«Tutto bene, Remus?» gli chiese Tonks, preoccupata dall’improvviso silenzio del ragazzo.

Remus si riscosse.

«Cosa? Oh, sì. Certo» la rassicurò, con un sorriso forzato.

«Sai, mentre cercavamo Mary, Lily mi ha raccontato dei passaggi segreti del castello - così da aiutarmi nel caso in cui fossi in ritardo per le lezioni - e... Beh, ce ne sono parecchi! Viene da chiedersi come si possa ricordarli tutti» rise la ragazza, raccogliendo i suoi appunti.

Remus annuì, aiutandola a rimettere a posto un voluminoso libro di Incantesimi.

«Basta solo ingegnarsi un po'» le disse, scrollando le spalle.

Si guardò intorno, per poi sussurrarle: «Io e gli altri abbiamo creato una mappa, ad esempio. E'... particolare, e aiuta non poco».

Tonks ghignò.

«Sì, Lily me l'ha accennato, facendomi promettere di non farne parola con nessuno».

Lei e Remus uscirono dalla biblioteca - nuovamente, infatti, il ragazzo non riusciva a ricordarsi per quale motivo avesse deciso di andarci - chiacchierando e ridendo tranquillamente.

Improvvisamente, tuttavia, un corpulento ragazzo con la divisa verde e argento dei Serpeverde urtò Tonks, che non cadde a terra solamente per un fortunato caso.

Remus lo conosceva bene: Avery; uno dei ragazzi che più di frequente si erano scontrati con lui e il suo gruppo di amici; nonchè uno di quei Serpeverde che - ormai non era più un mistero per nessuno - sarebbero finiti sicuramente ad ingrossare le fila dei Mangiamorte di Voldemort, una volta terminata la scuola. E come lui, tutta la sua banda.

«Come osi finirmi contro, sporca ragazzina?» sbraitò Avery, uno sguardo disgustato sul volto.

I capelli di Tonks passarono rapidamente dal rosso fuoco al nero tempesta.

Remus squadrò il Serpeverde con odio.

«Non hai nient'altro da fare, Avery?» ringhiò.

«Guarda chi c’è... Lupin il Prefetto Perfetto! Come stai, oggi? Non benissimo, a giudicare dalla cera...» ghignò l'altro, accorgendosi per la prima volta della sua presenza.

«Oh, ti ringrazio molto per l'interessamento, Avery... Anche se devo confessarti che prima di incontrarti stavo decisamente meglio».

Avery guardò Remus con disprezzo.

«Questa volgare sottospecie di mutaforma è la tua ragazza, oppure la tua presenza qui è semplicemente inutile come sempre, Lupin?» sibilò.

Tonks sbiancò, e Remus non impiegò più di un secondo a capire che l'offesa era andata più a fondo di quanto lo stesso Avery credesse.

Irato, estrasse velocemente la bacchetta.

Avery scoppiò a ridere.

«Oh-oh! Si fa sul serio… Deve piacerti davvero tanto, se rischi di perdere la tua bella spilla da Prefetto per difendere il suo onore!» esclamò, divertito.

«Perché invece di una bacchetta non usi quelle belle zanne che ti spuntano ogni mese? Magari stavolta potresti toglierti qualche soddisfazione, senza che il tuo amichetto Potter si intrometta...».

Il ragazzo si voltò - perché pur essendosi trattato appena di un sussurro, lui lo aveva udito benissimo - e si trovò innanzi Severus Piton, un sorriso maligno sul volto giallastro.

«Stanne fuori, Piton. Questa non è una faccenda che ti riguarda» mormorò Remus, decidendo di ignorare le parole proferite dal nuovo arrivato.

Anche Piton estrasse la bacchetta magica.

«Lo è, se minacci uno dei miei amici. Tu più di tutti dovresti comprendere l'importanza dell'appartenere allo stesso... branco» ghignò Piton.

«Te lo ripeto, Piton. Stanne fuori. Oppure sarò costretto a ricredermi sull'intelligenza che millanti tanto di possedere...» ringhiò Remus, sempre più irato.

Se avesse sentito un'altra battuta sulla licantropia...

Tonks, intanto, era sparita - correndo via per evitare che qualcuno vedesse le lacrime causate dall'ingiuria subita.

Improvvisamente vi fu un rumore di passi, e i due Serpeverde svanirono in un lampo, senza smettere di ridere.

Remus girò sui tacchi, e dopo aver salutato il professor Vitious - pronto a chiedergli cosa stesse facendo fermo in mezzo al corridoio con la bacchetta alzata - si allontanò, in cerca di un posto tranquillo dove poter utilizzare la mappa senza correre il rischio di essere scoperto.

Grazie ad essa, individuò immediatamente il luogo dove Tonks si era rifugiata.

Con un sospiro, il ragazzo rimise la mappa nella borsa, ed uscì dal castello.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Come aveva potuto permettere che quel caprone la trattasse così?

Tonks si strofinò gli occhi con rabbia, chiedendosi per un istante se quelle che stava asciugando fossero lacrime o gocce di pioggia. Diluviava, e quell'albero non offriva certo un gran riparo...

Scosse il capo violentemente. Chi se ne importava se aveva scelto probabilmente il posto peggiore, per sfogarsi. A chi poteva interessare che una così volgare mutaforma corresse il rischio di prendere una polmonite, si disse.

Un mantello comparve improvvisamente sulla sua testa e sulle sue spalle, riparandola dalla pioggia torrenziale.

Si voltò confusa, incontrando lo sguardo di Remus, sedutosi a terra accanto a lei.

«Ti ammalerai, se continuerai a rimanere sotto la pioggia senza un incantesimo che ti ripari almeno un po'» le disse questi a mo' di scusa, facendo spallucce.

Tonks tirò su con il naso, asciugandosi altre lacrime.

«Anche tu» borbottò, cercando di mantenere un tono di voce fermo.

Remus si esibì in un sorrisetto.

«A dispetto di ciò che il mio aspetto può far intendere, è difficile che io mi ammali» le rivelò, in segreto.

Tonks sospirò, tornando a guardare davanti a sé.

«Ti assicuro che di solito ho la lingua molto più svelta e tagliente, con tipi come quello. E difficilmente lascio che le parole mi feriscano. Ma ci sono nervi scoperti che nemmeno le risposte più pronte sono in grado di proteggere... Vorrei avere il coraggio dei Grifondoro» mormorò, piano.

Remus la fissò, serio.

«Tu hai il coraggio dei Grifondoro, Tonks. Probabilmente, anzi, ne hai più della maggior parte dei miei stessi compagni».

La ragazza non poté evitare di sorridere.

«Sei davvero molto gentile, Remus» pigolò.

Il licantropo fece nuovamente spallucce.

«Sono solo realista. E' la mia condanna» aggiunse, melodrammatico.

Ma Tonks, improvvisamente nervosa, non sembrò nemmeno accorgersene.

«Senti… Voi Malandrini siete sempre circondati da ragazze, non è così?» chiese, cercando di apparire disinteressata.

Remus ghignò.

«In realtà questo riguarda più Sirius e James... Ma sì, si può dire che più o meno sia così per tutti» confermò.

La ragazza giocherellò distrattamente con un filo d'erba vicino ai suoi piedi.

«E… Tra tutte quelle che circondano te... Beh, c’è qualcuna che ti interessa?» s'informò.

Remus sorrise.

«Può darsi...» ammise.

Non era una bugia, in fondo...

Vide Tonks intristirsi ed incuriosirsi al tempo stesso.

«Oh... E' al settimo anno come te?» chiese, interessata.

«In realtà no. E' al sesto» rispose lui.

La giovane annuì lentamente, strappando un altro filo d'erba.

«Ed è di Grifondoro o...?».

La risata di Remus la fece guardare verso di lui, gli occhi sgranati dall'orrore.

«Merlino, scusa! Cavolo, devi credermi proprio una terribile impicciona! E' solo che sei stato così gentile, e sto cercando di conoscerti meglio, e...» spiegò, in fretta.

Il ragazzo scosse il capo, senza smettere di ridere.

«Tranquilla. Non penso minimamente che tu sia un'impicciona... E no, è una Tassorosso» sorrise.

Una ciocca dei capelli di Tonks riuscì a raggiungere un'intensa sfumatura rossa, prima che la ragazza la nascondesse dietro all'orecchio.

«Perciò... E' molto probabile che io la conosca» disse Tonks, riuscendo a suonare completamente disinteressata.

«Oh, ne sono assolutamente certo» le rivelò Remus, divertito.

Tonks lo fissò, perplessa.

«Davvero? Beh, prova a dirmi chi è, così possiamo vedere se hai ragione. Voglio dire... se vuoi. Non che sia importante, insomma. E' che mi piacerebbe conoscere l'identità della ragazza che è riuscita a fare breccia nel tuo cuore. Non deve essere stato semplice» gli disse, tranquilla.

Stavolta fu Remus a fissarla incuriosito.

«E perché mai pensi una cosa del genere?».

Tonks gli scoccò un'occhiata.

«Oh, avanti! Si vede lontano un miglio che sei più il tipo di persona che preferisce trascorrere tutta la notte accanto al camino a leggere un buon libro, piuttosto che passeggiando mano nella mano con la propria ragazza al chiaro di luna» rispose, con aria da saputella.

Remus si lasciò sfuggire un sorrisetto triste.

«Oh, su questo hai ragione...» ammise.

«Di conseguenza, la ragazza che ti piace deve essere una che non è molto portata per questo genere di romanticismo. E non molte sono così...» concluse Tonks, onestamente.

Remus alzò le mani, sconfitto.

«Complimenti, signorina Tonks. Mi ha scoperto» disse, ridendo di nuovo.

Tonks sorrise divertita.

«Allora? Chi è?» chiese, circondandosi le ginocchia con le braccia.

La compagnia di Remus era riuscita a farle dimenticare lo spiacevole incontro con Avery, e persino il fatto di essere ancora sotto ad un autentico diluvio.

Il licantropo si chiese per un istante se avrebbe osato...

«Te lo dirò solo se uscirai con me il primo fine settimana ad Hogsmeade» disse alla fine, prima che la propria ragione gli impedisse di proporre una simile follia.

La ragazza lo squadrò, sospettosa.

«La tua ragazza non sarà gelosa?» domandò, cauta.

Remus fece spallucce.

«Non è la mia ragazza, e sono più che sicuro che non le dispiacerà. Allora, che ne dici? Ti andrebbe di venire ad Hogsmeade con me?» chiese.

Tonks non rispose subito.

«Affare fatto. Ora sta a te: chi è questa misteriosa ragazza?»

Remus si morse nervosamente il labbro.

«Purtroppo non posso dirti il nome: odia che venga detto in giro. Ma posso descrivertela, se vuoi» propose.

Tonks riuscì a stento a mascherare la propria delusione. Avrebbe preferito un nome, ma se non poteva averne uno...

«Va bene lo stesso» ammise, sconfitta.

Il licantropo si fece pensieroso, nel tentativo di essere il più fedele possibile.

«Dunque… È unica. Mai vista una simile, prima. Ama i colori, sa indubbiamente il fatto suo e non ha paura di mostrarsi esattamente per quello che è. Detto in confidenza, io penso sia molto più coraggiosa di quanto lei stessa creda» snocciolò, alla fine.

Tonks si corrucciò. Non era certo una descrizione molto chiara...

«Coraggiosa... Significa quindi che bisogna essere coraggiosi, per stare con te?» chiese, interessata.

La ragazza poté giurare di vedere un’ombra passare negli occhi di Remus. E quando questi parlò, la sua voce era incrinata.

«Più che coraggiosi bisogna essere folli...» mormorò, piano.

Tonks lo guardò volgere lo sguardo altrove.

«Perché?» domandò, incapace di trattenersi.

Remus deglutì.

«Non sono… Non posso essere definito una delle persone più tranquille del mondo, ecco tutto. E nemmeno una delle più sicure. So che all'apparenza non si direbbe, ma è così. Ti basti sapere che tu e Sirius non siete i soli ad odiare le vostre origini. Per voi la maggior parte della vostra famiglia è un incubo. Per me, la vita stessa lo è» confessò a fatica.

Tonks gli si avvicinò, prendendogli la mano tra la sue.

«Che ti è successo di così terribile, da farti odiare la vita stessa?» mormorò.

Remus la guardò brevemente, prima di tornare a fissare il paesaggio davanti a sé.

Non sapeva nemmeno perché le stesse rivelando tutte quelle cose. Di solito non era mai molto loquace, specialmente con persone che conosceva da meno due ore - e soprattutto per tutto quello che riguardava la sua condizione. Ma qualcosa gli diceva che in quel momento, con quella ragazza, poteva - e doveva - essere completamente onesto.

«Hai mai sentito parlare di Fenrir Greyback?» chiese, dopo un po'.

La ragazza sussultò.

«Il lupo mannaro?» sussurrò, scioccata.

Remus annuì.

«Ha... Ti ha portato via la famiglia?» s'informò Tonks, cauta.

Non aveva alcuna intenzione di apparire un'impicciona - nonostante il ragazzo le avesse assicurato di non ritenerla tale.

Il licantropo scosse piano il capo, spargendo gocce di pioggia ovunque.

«Mi ha portato via la cosa più bella che si possa avere: la libertà».

Tornò a guardarla, e lesse nei suoi occhi la comprensione. Ma non la paura.

«Sei un lupo mannaro?» sussurrò la giovane, sgranando gli occhi.

«Da prima del mio quinto anno d'età».

Tonks rimase in silenzio per qualche istante.

«E’ per questo che sei sempre in infermeria? A causa della luna piena?» chiese, alla fine.

Il licantropo annuì, abbassando gli occhi.

«Puoi rifiutarti di uscire con me, se vuoi. Ti capirò, se deciderai di farlo... Solo, ti pregherei di non raccontare quello che ti ho appena detto in giro. Le conseguenze sarebbero sicuramente disastrose. Più per me che per chiunque altro, escluso forse Silente» mormorò piano.

«Stai scherzando, vero?!» esclamò la giovane, scioccata.

Remus la fissò, ugualmente stupito.

«Cosa?» chiese, la gola secca.

«Rifiutarmi di uscire con te? Per questo? Merlino, dovrei essere davvero pazza come i miei parenti, se così fosse! Cavolo, pensavo mi dicessi di essere un Mangiamorte, o cose così... Mi hai spaventato!» replicò, dandogli un leggero pugno sul braccio.

Remus continuò a fissarla, sempre più confuso.

«Tonks, non so se hai capito…» iniziò, ma la ragazza lo zittì.

«Certo che ho capito, non sono stupida! Wow... Sarai super avvantaggiato in Difesa Contro le Arti Oscure, allora! Posso studiare con te? Sai, vorrei essere un Auror!» esclamò, eccitata.

Il licantropo non riusciva a staccare gli occhi da quel tornado rosa, che invece di scappare di fronte a lui stava semplicemente saltando di gioia! Fu come se un ultimo tassello fosse andato al proprio posto, completando il puzzle. E osservando affascinato Tonks che - incurante della pioggia - gioiva come se le avessero detto che Natale sarebbe arrivato prima, a Remus non venne in mente che un solo pensiero: "Amo questa ragazza".

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


«Remus?».

Il ragazzo alzò gli occhi verso la porta del dormitorio, da dove Lily lo fissava preoccupata.

«Oh, ciao Lily» sorrise, sedendosi sul proprio letto.

«Perché non sei sceso a pranzo?» gli chiese la ragazza, chiudendo la porta dietro di sé.

Remus scrollò le spalle.

«Avevo bisogno di pensare, e la Sala Grande non è esattamente il posto migliore dove farlo» spiegò, laconico.

Lily andò a sedersi accanto all’amico.

«E’ per quella ragazza, non vero? La cugina di Sirius».

Il licantropo annuì distrattamente.

Lily lo guardò per qualche istante, in silenzio.

«Ti piace?» chiese poi, tranquilla.

Remus si lasciò sfuggire un sorriso tenero.

«Stavolta non me la caverò soltanto con una cotta, Lily...» mormorò, piano.

La ragazza non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

«Ti sei innamorato?» sussurrò, emozionata.

Remus giocherellò con un filo della sua coperta.

«Penso proprio di sì» sospirò, alla fine.

«Perché quell'espressione triste, allora? E' una bella cosa!» esclamò Lily, eccitata.

«No che non lo è» replicò Remus, guardandola negli occhi.

«Perché, scusa?» chiese la giovane, confusa.

Il licantropo si passò una mano tra i capelli.

«Sappiamo entrambi la risposta a questa domanda, Lily...» borbottò, tornando a fissare le proprie scarpe.

Lily non rispose subito.

«Lei sa...?» chiese, titubante.

Il ragazzo annuì.

«E...?» lo spronò Lily, timidamente.

Remus sospirò di nuovo.

«E non le importa. Anzi, ne è stata felice. Temeva le dicessi di essere un Mangiamorte. A quanto pare è considerata una cosa peggiore che essere un mostro ammazzamaghi con ben cinque X» sbottò, ricordando la classificazione che era stata data a quelli come lui ne: "Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli".

Anche Lily sospirò.

«Remus...»

«Oh, non preoccuparti, Lily... Ormai non ci faccio nemmeno più caso. Quasi» si corresse, rivolgendole un sorriso stiracchiato.

Lily posò una mano sulla spalla dell'amico.

«Cos'altro sa?» chiese.

Remus fece spallucce.

«Solo che sono un lupo mannaro. Che senso poteva avere dirle il resto? Non l'ho detto nemmeno ai miei, pur di proteggerli... Me ne sono anche andato, lo sai. Quindi perché fare diversamente con lei?» disse, mogio.

«Onestamente, Remus, io non ho mai capito il motivo di questa tua decisione. Non sei costretto ad affrontare tutto questo da solo, lo sai. Non ti abbiamo forse sempre dimostrato che chi ti ama è pronto a tutto per aiutarti?» domandò la ragazza, seria.

Il licantropo scosse il capo.

«E' questo il problema. A causa mia rischiate di essere coinvolti in qualcosa che - nella migliore delle ipotesi - vi ucciderà. Non trascinerò qualcun altro in questa storia. Non se posso evitarlo» concluse, fissando il paesaggio fuori dalla finestra.

Lily emise un altro sospiro.

«E se lei dovesse scoprire quello che le hai taciuto, come abbiamo fatto noi? Non credi sarebbe meglio se sapesse ogni cosa da te, evitando così di correre rischi inutili per raccogliere informazioni che tu stesso potresti fornirle?» tentò.

Remus rimase in silenzio per un po', apparentemente sordo alle parole della ragazza.

«Se lo facessi... Se le dicessi tutto... Potrebbe decidere di non volermi più nemmeno parlare. So che questa sarebbe la cosa migliore per lei, ma... Voglio dire, io stesso sarei il primo a suggerire una cosa del genere, tuttavia... Tuttavia non ho idea di come reagirei, se non dovessi più vederla o non potessi più parlarle» ammise alla fine, in un sussurro.

La ragazza fissò l’amico con gli occhi verde smeraldo che tanto la caratterizzavano, un sorriso sincero e gentile sul viso.

«Non posso sapere cosa deciderà di fare lei, Remus... Quello che so, però, è che non ti ho mai visto così preoccupato - e terrorizzato - dal giudizio altrui, prima d'ora. Ne tieni sicuramente fin troppo conto, è vero. Ma mai a questo livello. Il terrore di perderla, il suo non averti voluto allontanare nonostante la tua natura, il fatto che il suo giudizio conti per te a tal punto... Come puoi dubitare ancora della profondità dei tuoi sentimenti per lei, Remus? Come puoi non essere sicuro di qualcosa di così ovvio come il fatto che ti sia innamorato di Ninfadora Tonks?».

Lily toccò delicatamente la piccola chiave - nella cui testa era incastonata una brillante pietra rosa - appesa ad una delle due collane che il licantropo portava al collo.

«Penso, Remus, che sia giunto il momento di dare questo ciondolo alla sua legittima proprietaria...».

Il licantropo sorrise timidamente, posando la propria mano su quella di Lily.

«A quanto pare, hai ragione di nuovo, Lily Evans. Nella peggiore delle ipotesi, non potrò rimpiangere di non aver tentato, no?».

Lily sorrise ancora di più, abbracciandolo.

«No, penso proprio di no» lo rassicurò.

«Grazie, Lily. Non so proprio che avrei fatto senza il tuo... discorso d'incoraggiamento» mormorò il licantropo, abbracciandola a sua volta.

La porta del dormitorio si aprì, lasciando entrare James.

«Ehi! Di nuovo attaccato alla mia ragazza, Lunastorta?» esclamò in finto tono geloso, vedendo i due abbracciati.

Remus si mise una mano sul cuore.

«Ahimè! Non posso farci niente! Sono follemente innamorato di lei» esclamò, stampando un grosso bacio sulla guancia di Lily, impegnata a ridere.

«Cosa?!» replicò James, interpretando alla perfezione un ragazzo scandalizzato.

Lily rise di nuovo, alzandosi in piedi ed avviandosi verso la porta.

«Vi lascio a combattere per me, miei cavalieri!» disse, uscendo.

I due si scambiarono un’occhiata, poi James si gettò su Remus, ingaggiando con lui una lotta scherzosa.

«Tu non avevi una ragazza tua - la cuginetta di Sir? Perché devi sempre ronzare intorno alla mia? Sai quanto ci ho messo a conquistarla!» sbuffò James, cercando di colpire l'amico con il cuscino.

Remus sgranò gli occhi.

«Tonks non è la mia ragazza!» esclamò, distraendosi e permettendo all'altro ragazzo di assestargli una cuscinata in faccia.

«Forse non ancora, ma presto lo sarà. Lo sai tu, lo so io, lo sanno tutti!» replicò James, mentre Remus tentava di farlo cadere dal proprio letto.

«Beh, allora forse tutti si sbagliano. Prima deve volermi vedere - una cosa non così scontata, dopo che le avrò detto della gentile promessa di Greyback» disse il licantropo, smettendo di lottare.

Anche James si fermò, lasciandosi cadere sdraiato sul letto.

«Devi proprio farlo?» chiese con il fiato corto.

Remus fece spallucce.

«Non posso non dirglielo, se voglio stare con lei».

James si alzò a sedere a sua volta.

«Cavolo, sei proprio in una brutta situazione...» sbuffò.

«Ci sono sempre stato, James»

«E' vero, però... Vuoi una mano? Io e gli altri saremmo più che disposti...».

Remus alzò una mano, interrompendolo.

«Ascolta… Ti ringrazio. Davvero. Ma è qualcosa che devo fare io».

James annuì, circondando la spalla dell'amico con un braccio.

«Okay, okay… Cambiamo argomento, allora. Stavo pensando di farla pagare a quella serpe di Avery. Non guardarmi così! Quel tonto si è vantato con uno del terzo anno di aver fatto piangere Tonks! Che amico sarei, se permettessi a chi ha infastidito la cuginetta di uno dei miei migliori amici - nonché futura fidanzata di un altro di loro...»

«James...»

«...di passarla liscia?» continuò James, fingendo di non aver sentito.

Il licantropo sospirò, rassegnato.

«Perché dovrei dirti io che fare? Sei o non sei il capo?» disse.

«Siamo una squadra, Remus. Non c’è capo, vice capo… Anche se l’idea di essere servito da Felpato è allettante… Hai detto che sono il capo, eh?» chiese l'altro ragazzo, pregustando l'idea.

«Dimentica tutto, James. Non hai motivo di montarti ulteriormente la testa...» borbottò Remus.

James alzò le mani, sconfitto.

«Okay, hai vinto... Ma questa cosa me la segno...» promise.

[*]

Quando Peter e Sirius entrarono nel dormitorio - un'ora più tardi - trovarono Remus chino su un libro, intento a dettare a James - seduto a terra, circondato da fiale e ingredienti per pozioni - il giusto metodo per creare un buon antidoto.

«Che state combinando?» chiese Peter, confuso.

I due fecero spallucce.

«Vogliamo farla pagare ad Avery» disse James, contando con cura le gocce da far cadere nel piccolo calderone vicino a sé.

Sirius alzò gli occhi al cielo.

«Perché? Che ha fatto stavolta?».

James raccontò quanto accaduto a Remus e Tonks il giorno prima.

«Se lo prendo, io…» ringhiò Sirius, avviandosi verso la porta.

«Stai calmo, Sir. Abbiamo ideato un piano che lo farà tacere per un po'» disse Remus tranquillamente, senza staccare gli occhi dal proprio libro di Pozioni.

«Sempre che funzioni» borbottò Peter.

James lo fissò offeso.

«Sei il solito pessimista, Codaliscia».

«Remus è pessimo in Pozioni!» ribatté il ragazzo, come scusa.

«Grazie Peter...» borbottò Remus, scorrendo la lista degli ingredienti.

«E' vero, e lo sai!» replicò Peter, sulla difensiva.

«Ecco perché Remus è quello che legge, e io quello che prepara fisicamente la pozione» disse James, esasperato.

«Merlino, a volte è così tonto...» sbottò Sirius, accucciandosi accanto a James.

«Non dirlo a me! D'altronde, lo sapevamo quando abbiamo deciso di tenerlo...» replicò quest'ultimo.

«Potreste finirla di parlare come se io non ci fossi?!» esclamò Peter, infastidito.

«Ops! Scusa...» fece Sirius, coprendosi la bocca.

Ma non sembrava affatto dispiaciuto.

«Se siete venuti per darci una mano bene, altrimenti potete anche uscire» disse Remus, osservandoli entrambi con un cipiglio severo.

Sirius e Peter si scambiarono un'occhiata, poi fecero entrambi una pessima imitazione del saluto militare.

«Siamo in attesa di ordini, signori».

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Era l’una di notte, e tutto il castello era immerso nel silenzio più profondo. L’unico rumore era il crepitio del fuoco nelle torce, e - di tanto in tanto - le risate malevole di Pix davanti al risultato dell'ultimo tiro mancino giocato ai danni di Gazza. Nessun altro. O quasi.

TUMP!

«Cavoli, che botta!» borbottò Sirius, tastando il bernoccolo che si stava velocemente facendo strada sulla sua testa.

«Così impari a guardare dove metti i piedi» gli soffiò Lidia secca, guardandosi poi intorno, irrequieta. «Sicuri che non ci scopriranno, senza il mantello?».

James annuì convinto.

«Sicurissimi, vero Remus?».

«Gazza è al primo piano, e Mrs. Purr al terzo. A meno che non decidano di cambiare rotta, abbiamo la strada libera» assicurò il ragazzo, scrutando la Mappa del Malandrino.

Lily, vicino a Lidia, scosse il capo sconfitta.

«Ancora non ho capito perché non avete preso il mantello...» mormorò.

«Perché Peter, Lidia e Sirius non ci sarebbero stati lì sotto» spiegò James.

«Ci siete sempre stati in quattro!» ribatté Lidia.

«Dillo al tuo ragazzo, Rosie! A cena si è spazzolato sei piatti di patate! Dovreste smetterla di trovarvi al rifugio… Guarda come l’hai ridotto: è tutto sciupato!» sibilò James, guadagnandosi uno scappellotto da Lidia.

«Diventerò cretino a forza di prendere tutti questi colpi in testa» sbottò il ragazzo, imbronciato.

«Dubito tu possa peggiorare più di così» mormorò Remus, senza staccare gli occhi dalla mappa.

«Ah-ah... Che simpatico, Lunastorta» soffiò James.

«Io comunque sono d’accordo co-con Lily. Po-potrebbero scoprirci» balbettò Peter, deglutendo nervosamente.

Sirius sbuffò.

«Sempre i soliti paurosi» borbottò.

Il gruppetto si fermò davanti al gargoyle di pietra.

«Ecco, siamo arrivati. Siete tranquilli, ora?» aggiunse poi l'Animagus, esasperato.

Salirono la scala e bussarono alla porta dell’ufficio del preside, pronti ad ascoltare il giudizio dei membri dell’Ordine della Fenice - già arrivati, a giudicare dalle voci che provenivano dall'interno.

Ricevuta risposta, i sei ragazzi si scambiarono un'ultima occhiata - augurandosi buona fortuna - ed entrarono.

Silente li accolse con un sorriso caloroso, facendo loro cenno di avvicinarsi alla sua scrivania, e rivolgendosi poi ai membri dell'Ordine presenti.

«Questi, amici miei, sono sei giovani intraprendenti che vorrebbero unirsi a noi nella lotta contro Voldemort» spiegò.

Un mormorio si diffuse tra il gruppo.

«Sono solo dei ragazzi, Albus» disse un uomo con un bizzarro cappello e la voce ansimante.

«Non sono molto più giovani di me, Elphias» replicò un mago sulla ventina, con la mascella quadrata e spessi capelli color paglia.

«E' evidente che non abbiano più di diciassette anni, Sturgis...» ribeccò Elphias Doge, sistemandosi nervosamente il cappello.

«E' vero, sono ragazzi appena maggiorenni. Ma come tali - legalmente - sono maghi adulti, perfettamente in grado di prendere decisioni e di assumersi le conseguenze delle azioni che compiono. E posso assicurarvi che nonostante la giovane età hanno molto potenziale, oltre alla nostra medesima voglia di porre fine a questa guerra a dispetto dei rischi che una simile intenzione comporta» s'intromise Silente, pacato.

Benjy Fenwick scrollò le spalle con un sospiro.

«Potremmo almeno conoscere i loro nomi?» chiese.

Silente si avvicinò ai ragazzi, posando le mani sulle loro spalle mano a mano che li presentava agli altri.

«Questi sono James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Sirius Black, Lidia Rosie e Remus Lupin. Tutti facenti parte di Grifondoro, a parte la signorina Rosie, che è una brillante studentessa di Corvonero» concluse il mago.

Nuovi mormorii iniziarono a serpeggiare tra i membri dell'Ordine nel sentire i nomi di Sirius e Remus, e alla fine Alastor Moody - rimasto fino a quel momento all'ombra della porta - avanzò zoppicando verso il suo vecchio amico Silente.

«Mi permetti di scambiare due chiacchiere con loro?» chiese, brusco.

«Certamente» disse Silente, andando a prendere posto alla sua scrivania.

Alastor "Malocchio" Moody studiò ognuno dei ragazzi con il suo occhio magico - in grado di vedere attraverso i mantelli dell'invisibilità, i muri e persino la parte posteriore della propria testa.

«Alcuni di voi non ci sono del tutto nuovi, lo sapete?» ringhiò, dopo un attento esame.

Entrambi i suoi occhi si posarono su Sirius.

«Sirius Black... Discendente della più spregevole famiglia purosangue del nostro mondo, dalla quale proviene la maggior parte dei più pericolosi Mangiamorte e criminali che la nostra storia ricordi...» sputò, disgustato.

Sirius fissò un punto imprecisato del muro di fronte a sé.

«Questo non significa che anche io sia un criminale. Ho ripudiato la mia famiglia, e nulla mi darebbe maggior soddisfazione di vedere quei folli dietro una solida cella di Azkaban o persino al sicuro sotto tre metri di terra. Io sono e sarò sempre un Grifondoro; e come tale il mio rispetto e la mia fedeltà vanno a coloro che amo» disse poi, la voce che tradiva il proprio fastidio per essere stato nuovamente associato alla sua famiglia.

Moody lo studiò attentamente ancora per qualche istante, poi zoppicò fino a Remus - la gamba di legno che risuonava con un sinistro clunk ad ogni passo.

«E Remus Lupin. Unico figlio di un’autentica autorità del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche - la cui fama e talento sono riconosciuti in tutto il mondo. Solo pochi, però, sanno che sei probabilmente l'unico bambino a non essere stato trascinato via da Fenrir Greyback, dopo essere miracolosamente sopravvissuto al suo attacco... Uno degli adorati Primogeniti di quella bestia senz'anima» concluse, fissando il ragazzo esattamente come aveva fatto con Sirius, in cerca di una qualsiasi reazione.

Ma a differenza dell'amico, Remus non aprì bocca e fissò Moody dritto negli occhi, senza lasciar trasparire alcuna emozione.

Passarono alcuni istanti in cui l'elettricità nell'aria fu palpabile, e alla fine Moody spostò la sua attenzione sugli altri ragazzi.

«Signorina Evans… Sapresti dirmi cosa faresti, se ti dovessi trovare ad affrontare degli Inferius da sola?» sbottò.

Lily sussultò, rilasciando il fiato che non si era resa conto di aver trattenuto.

«Penso che la cosa più saggia da fare sarebbe quella di circondarmi di un anello di fuoco, tenendoli a bada fino all'arrivo dei soccorsi o fino a quando non dovessi trovare un luogo sicuro da dove potermi smaterializzare» rispose, pensierosa.

Moody annuì soddisfatto, procedendo a porre domande ai restanti ragazzi, che risposero al meglio delle loro capacità - guadagnandosi a loro volta un assenso silenzioso da parte dell'Auror.

Quando fu il turno di Sirius, Moody rifletté a lungo sulla domanda da porgli.

«Il miglior metodo di comunicazione in guerra?» buttò lì, alla fine.

Sirius fece spallucce.

«Considerando che le comunicazioni sarebbero molto probabilmente incentrate sulle strategie e su informazioni segrete, e che è necessario - prima di tutto - verificare l'attendibilità di quanto ci si appresta a conoscere... Direi che utilizzare qualcosa di univoco, come i Patronus - soluzione ideata dal professor Silente, se non erro - sarebbe il metodo migliore. Ogni mago o strega ne possiede uno diverso, ed è un incantesimo che solo pochi non sono in grado di padroneggiare» replicò, noncurante.

Moody piegò il capo da un lato, esibendosi in un ghigno.

«Notevole» ammise laconicamente.

Lanciò un'occhiata a Remus.

«Signor Lupin… Come ti comporteresti se, durante una missione, dovesse sorgere la luna piena?» chiese, continuando a ghignare.

Alcuni dei membri dell'Ordine si esibirono in una serie di bisbigli oltraggiati, ma Moody li ignorò. Domande del genere erano normale amministrazione, per lui...

Il licantropo guardò Moody - ancora fermo davanti a Sirius - con un cipiglio interessato.

«Non penso che avrà risposta alla sua domanda, mi spiace» disse, tranquillo.

Moody strinse gli occhi - entrambi - in un'espressione sospettosa.

«E perché mai?»

«Perché non accetterei mai una missione, se questa dovesse svolgersi durante una notte di luna piena. Quindi, come posso sapere come mi comporterei in una situazione destinata a non presentarsi mai?» replicò Remus, pacato.

Moody zoppicò nuovamente verso di lui, furente.

«E se fossi costretto?» ringhiò, a pochi centimetri dal volto del ragazzo.

Remus non batté ciglio.

«In quel caso, presumo che non potrei comportarmi diversamente da qualsiasi altro licantropo in una situazione analoga: mi trasformerei, rischiando di attaccare - o peggio uccidere - chiunque mi circondi in quel momento. Siano essi amici o nemici. Tuttavia» rispose il ragazzo, cancellando il sorrisetto vittorioso che aveva iniziato a farsi strada sul volto rovinato dell'Auror «non appena dovessi rendermi conto del sorgere della luna piena, farei di tutto per allontanarmi il più possibile da qualsiasi essere umano presente nelle immediate vicinanze».

Lo sguardo negli occhi di Moody avrebbe potuto pietrificare anche i sassi.

«Manderesti a monte la missione, dunque!» ringhiò.

«La missione sarebbe destinata ad andare a monte nel momento esatto in cui venissi assegnato io ad essa, in una simile notte!» ribatté Remus, realistico.

L'Auror non poté evitare di emettere un verso frustrato.

«Molto bene, ragazzo. Questa te la concedo, ma mi devi ancora una risposta» sbottò, prima di mettersi a pensare ad un nuovo quesito. «Dimmi... Perché, sapendo del plenilunio, non scegliere di appostarti semplicemente vicino al tuo avversario - la tua preda, se vogliamo - in attesa del sorgere della luna, e avere così la certezza di colpire l'obiettivo giusto?».

Silente balzò in piedi, gli occhi azzurri che mandavano lampi.

«Alastor...» iniziò, ma Remus lo anticipò.

«Perché io non sono un mostro privo di coscienza, che trae piacere dal rovinare la vita altrui - o perfino dal spezzarla definitivamente».

Moody ghignò.

«Così è come Greyback agisce. Ritieni dunque il tuo creatore - tuo padre - un mostro privo di coscienza?» domandò, interessato.

«No».

Moody non poté nascondere la sua espressione spiazzata.

«E' quello che hai detto» ringhiò.

«Affatto. Lei ha detto che così è come agisce Greyback, definendolo mio padre puramente per il suo essere colui ad aver fatto di me un licantropo».

Il ragazzo fissò Moody con uno sguardo di sfida.

«Ma Fenrir Greyback non è mio padre. Lyall Lupin lo è. E di sicuro non è un mostro privo di coscienza. Le suggerirei quindi di non alludere nuovamente a lui in un simile modo» spiegò, glaciale.

L'Auror fece per parlare nuovamente, ma Silente fu più veloce di lui.

«Penso che tu abbia avuto tutte le risposte che cercavi, Alastor» disse, in un tono che non ammetteva repliche.

Moody non sembrò contento, ma si allontanò comunque, tornando a rintanarsi all'ombra della porta.

La stanza rimase ancora per qualche istante immersa nel silenzio, quasi che nessuno osasse parlare perché ancora troppo scosso dall'intenso scambio di battute tra Moody e Remus.

Alla fine Fabian Prewett si schiarì rumorosamente la voce.

«Bene... Ehm... Se Albus è d'accordo, io passerei a votare per l'ammissione di questi ragazzi all'interno dell'Ordine» disse, incerto.

Altri mormorarono il loro consenso, e Silente annuì.

«Chi è dunque favorevole?» chiese.

Tutti alzarono la mano - anche se Moody lo fece dopo aver rimuginato nel suo angolo per un bel po'.

Silente sorrise benevolo.

«Penso sia evidente quale sia stato il giudizio, ragazzi. Ma devo stabilire una condizione alla vostra ammissione. Una soltanto: dovrete attendere la fine di questo anno scolastico. Solo maghi maggiorenni che abbiano terminato gli studi, infatti, possono essere membri effettivi dell'Ordine della Fenice. E' inutile, quindi, che vi dica che fino ad allora non dovrete assolutamente mettervi a cercare nemici e occasioni di scendere in campo. Godetevi la vostra gioventù finché ne avete la possibilità, poiché presto potreste rimpiangere di non averlo potuto fare come avreste voluto».

I sei ragazzi annuirono riconoscenti, ringraziando nuovamente Silente e l'Ordine per l'opportunità concessa loro.

«Bene, allora. Ora tornate ai vostri dormitori. Per questa notte avete avuto abbastanza emozioni, mi pare» disse Silente, un guizzo divertito negli occhi celesti.

Prima che uscisse, però, Remus venne fermato da Moody.

«Non mi sembri essere molto contento di essere dei nostri, come invece sembrano esserlo i tuoi amici» sbottò l'Auror.

Remus scosse il capo.

«Lo sono, invece. Sono stato il primo a volerlo...».

«E allora cos'è quell'espressione sconfitta?».

Remus si lasciò sfuggire un sorriso amaro, rendendosi a malapena conto come quella fosse la prima vera emozione che mostrava da quando era entrato nell'ufficio di Silente, quasi un'ora prima.

«Trovo semplicemente sconfortante l'idea che, ancora una volta, la mia maledizione abbia fortemente rischiato di allontanarmi dal sentiero che tanto faticosamente continuo a tracciare davanti ai miei piedi. Inoltre, se posso essere onesto con lei, sono abbastanza stanco che le persone mi giudichino in base alla mia condizione, piuttosto che alle mie capacità».

E prima che l'Auror avesse il tempo di replicare, era sparito.

 

****Note dell'autrice****

Spero mi perdonerete se ho "accecato" Malocchio prima del tempo, in questa storia (ne "Il Calice di Fuoco" scopriamo infatti che Moody al momento dei processi ai Mangiamorte aveva ancora entrambi gli occhi), ma proprio non riesco ad immaginarmelo senza il suo occhio magico.

Così ho deciso di basarmi, per questo particolare, sulla trasposizione cinematografica de "L'Ordine della Fenice" - dove si vede, grazie alla foto del primo Ordine, che Malocchio ha già "un pezzo in meno".

♥lady

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Il mattino successivo, i quattro ragazzi si diressero tranquillamente a lezione di Erbologia - dove avrebbero incontrato Avery, che come loro aveva scelto di mantenere quella materia anche per gli ultimi anni di studio.

«Allora, il piano lo conoscete tutti» disse James sottovoce, mettendo le proprie cose sul lungo tavolo della serra.

«Sì, James. Ce lo hai ripetuto almeno un milione di volte» rispose Peter, esasperato.

James si tastò le tasche del mantello.

«L’antidoto?» chiese con un accenno di panico nella voce.

«Eccolo» sospirò Sirius, dando una boccetta piena di liquido arancione all'amico.

Questi si guardò intorno circospetto, bevendone poi l’intero contenuto in un solo sorso e rabbrividendo disgustato.

«Perfetto. E ora...».

Gettò un'occhiata alla professoressa Sprite - impegnata a spiegare ad alcuni Corvonero il modo giusto per maneggiare un Geranio Zannuto - approfittando poi della sua distrazione per chiamare sottovoce Avery, dall'altra parte del tavolo.

«Che vuoi, Potter?» replicò questi, scocciato.

James ghignò, indicando con un cenno del capo la pianta che stava alle spalle del Serpeverde.

«Ho appena scommesso con i miei amici che non hai abbastanza fegato per raccogliere anche solo uno dei germogli della Tentacula Velenosa alle tue spalle, senza l'uso dei guanti» sussurrò, divertito.

«Non vedo perché dovrei farlo» ribatté Avery, tornando a concentrarsi sulla pianta davanti a lui.

James fece spallucce.

«Oh, beh... Se proprio vuoi sottolineare il fatto di essere un codardo... Okay, grazie per avermi fatto vincere» buttò lì, fingendosi disinteressato.

Il Serpeverde gli rivolse uno sguardo puro veleno.

«Perché non dimostri tu di avere il coraggio di farlo, Potter?» sibilò.

James fece spallucce.

«Nessun problema».

Si sporse alle proprie spalle - dov'era piantato un secondo esemplare di Tentacula Velenosa - e ne raccolse abilmente quattro germogli, mostrandoli trionfante ad Avery: l'antidoto aveva funzionato perfettamente. Non solo il veleno dei germogli non l'aveva mandato K.O., ma si era rivelato un ottimo repellente naturale per i tentacoli strangolanti della pericolosa pianta.

Se Avery fosse stato una teiera, in quell'istante avrebbe letteralmente eruttato fumo dalle orecchie, pensò Sirius.

Inviperito, e deciso a non dare a James un altro motivo per vantarsi, il ragazzo si tolse i guanti e ripeté il gesto. Pochi istanti dopo la professoressa Sprite lo stava trasportando in infermeria - grazie all'ausilio di una barella sospesa a mezz'aria - affinché Madama Chips gli somministrasse una potente dose di antidoto e rimuovesse i tentacoli, ancora ostinatamente avvolti intorno al suo volto cinereo.

Tornò comunque troppo presto, il volto rubicondo per l'ira.

«Voi quattro! Immediatamente nell'ufficio del preside!» strillò afferrando James e Sirius per la collottola, e lanciando un'occhiata minacciosa a Peter e Remus, che la seguirono senza obbiettare.

[*]

Nuovamente davanti alla scrivania di Silente, i quattro ragazzi rimasero sorpresi di trovare Moody in piedi accanto al preside.

«Pomona... Che è accaduto, questa volta?» chiese il preside, prendendo atto dell'espressione furente della donna.

«Questi quattro hanno appena riempito uno dei letti di Poppy con un'altra vittima dei loro giochetti!» sbottò lei.

Silente sospirò.

«Chi?» chiese solamente.

«Il signor Avery».

I ragazzi giurarono di aver visto un sorrisetto fare la comparsa sul viso di Moody.

Silente annuì lentamente.

«Vai pure Pomona. Ci penso io» la rassicurò.

La professoressa fu ben felice di uscire dalla stanza, lasciando quelli che al momento riteneva quattro teppisti nelle mani del preside.

Quest'ultimo congiunse le dita davanti a sé.

«Allora, ragazzi…» iniziò.

«Non abbiamo fatto niente, signore» esclamò Sirius, offeso.

«Sottolineo l'affermazione di Sirius! Sono Caposcuola, e Remus è Prefetto. Crede davvero che rischieremmo i nostri distintivi per fare un tiro mancino - veramente ben congeniato, se mi è concesso dirlo - a qualcuno come Avery?» aggiunse James, con altrettanto sdegno.

«Per non parlare, poi, della pericolosità di un simile gesto! Nessuno di noi metterebbe nuovamente a rischio la vita di un nostro compagno, non è forse vero Sirius? James? Peter? Non potremo mai commettere il medesimo errore una seconda volta» concluse Remus, in un perfetto tono ferito.

«Su, su, Remus... Sono certo che il professor Silente non crederà a queste infamanti accuse» mormorò rassicurante James, dandogli piccoli colpetti sul braccio, mentre Peter lanciava un'occhiata speranzosa a Silente.

Quest'ultimo sospirò nuovamente. Sapeva benissimo che i ragazzi erano responsabili di quanto accaduto al loro compagno. Ancora. Ma se c'era una cosa che aveva imparato su quei quattro in tutti quegli anni, era che erano intelligenti; e che non erano soliti fare le cose a metà...

«Suppongo che, come sempre, non ci saranno testimoni in grado di indicarvi come la causa di quanto accaduto al signor Avery. Questo, quindi, non mi dà alcuna motivazione solida per indirizzarvi dalla professoressa McGranitt per una punizione. Innocenti fino a prova contraria. Non è così che si dice, Alastor?».

«Così ho sentito dire» ribatté Moody, con un borbottio.

Silente annuì paziente.

«Bene, allora credo dovreste fare ritorno alle vostre lezioni. Sperando non vi siano altri... malintesi, per oggi» li mise in guardia.

I Malandrini annuirono a loro volta, prima di uscire in gran fretta dalla porta - lieti di averla scampata di nuovo.

[*]

Moody prese posto davanti all’amico, ridendo di gusto.

«Devo ammetterlo: quando ho visto quei quattro per la prima volta, pensavo tu avessi perso completamente il senno. Permettere a dei diciassettenni di entrare a far parte dell'Ordine! Ma ora capisco quello che intendevi... Merlino, mai viste simili facce di bronzo! E che doti interpretative! Se non avessi avuto modo di parlare con loro, ieri notte, avrei avuto seri dubbi riguardo la loro colpevolezza, oggi...» rise.

Spostò il suo occhio magico dietro la propria testa, ma non c'era più nessuno nelle vicinanze.

«Onestamente, però, ho ancora qualche riserva...» mormorò poi, tornando serio.

«Per quale motivo?» chiese Silente, appoggiandosi allo schienale della propria sedia.

«Oh, le mie riserve si concentrano più che altro su quel Minus. Ha qualcosa che non mi convince...» disse Moody con fare sbrigativo.

L'anziano preside lo guardò, incuriosito.

«Qualcosa di che tipo?».

Moody scrollò le spalle.

«Ancora non lo so. Magari non sopporto semplicemente il suo servilismo: tipi del genere sono i primi a cambiare idoli, lo sappiamo entrambi... Forse dovrei tenerlo d'occhio per un po'» borbottò, più a se stesso che ad altri.

Silente fissò l’amico per qualche istante.

«E... Le tue riserve comprendono anche - in minima parte - il signor Lupin? Ieri notte sei stato a dir poco una spina nel fianco, per lui. Ho pensato seriamente che non avresti mai smesso di fargli domande. E quell'allusione a Greyback...» disse, alla fine.

Moody sbuffò.

«Io una spina nel fianco per lui? E' stato l'esatto opposto, casomai! Uno dei Primogeniti, Albus! Sai quanto quell'animale sia legato ad essi! Hai portato una bomba ad orologeria babbana pronta ad esplodere nella tua stessa scuola, e ora nell'Ordine!» sbottò, di malumore.

Silente piegò il capo da un lato.

«Per questo motivo l'hai torchiato in quel modo? Per capire quanto puoi spingerlo, prima che esploda?» chiese, piano.

«L'ho torchiato perché volevo delle risposte; perché potessi fidarmi di averlo - in futuro - nelle nostre file. Volevo capire che tipo è, ma è stato impossibile. C’è qualcosa di diabolicamente sottile nel modo in cui ragiona... Ho interrogato diverse persone, nel corso della mia carriera, ma pochi sono stati tanto illeggibili. Pochi hanno un simile controllo delle proprie emozioni. Quel ragazzo, Albus, è lucido, fermo... Persino freddo. Se dovessi scegliere un'unica parola per descriverlo, sceglierei ambiguo. Il genere di personaggi cui dovremmo fare maggiore attenzione. Chi può dirci cosa davvero passa per la testa di quel Lupin?» rispose Moody, secco.

Non gli piaceva non conoscere chi aveva di fronte - o in questo caso - affianco...

Silente non parlò subito.

«Dubiti della sua lealtà, dunque?» domandò, pacato.

L'Auror fece un gesto di stizza con la mano.

«E' questo il problema: non ne ho idea. Guarda solo l'abilità con cui cela la propria natura! Per tutti è il riservato e pacato Prefetto dei Grifondoro, con ottimi voti e il sorriso sempre pronto. Se non sapessi che cos'è in realtà, darei del folle a chiunque tentasse di dirmi che quel ragazzo è una delle creature oscure più pericolose del nostro mondo... Capisci cosa voglio dire? Potrebbe facilmente convincerci di essere dalla nostra parte, quando in realtà trama alle nostre spalle!» esclamò, infervorato.

«Hai così poca fiducia del tuo giudizio e del mio?» chiese allora Silente, colpito.

L'Auror emise un altro sbuffo.

«Ascolta... Non sto dicendo che il ragazzo sia una mela marcia, quanto piuttosto che sia un grosso azzardo. Ora ti è fedele, certo... Ma che accadrebbe se all'improvviso qualcosa dovesse stravolgere la sua bussola morale? Se dovesse perdere il ferreo controllo che ha su se stesso? Non dico che lo farebbe in maniera volontaria, ma...».

Silente annuì nuovamente, pensieroso.

«Quindi, se ho ben capito, tu pensi che - posto di fronte a determinati avvenimenti - il signor Lupin potrebbe lasciare che sia la maledizione a controllarlo, piuttosto che essere lui a controllare lei... Sia essa una decisione volontaria o meno» aggiunse, serio.

Moody annuì a sua volta.

«Esattamente. Stiamo parlando di un elemento perennemente sul bordo del baratro. Il minimo passo falso e ci ritroveremmo a doverlo annoverare tra le minacce, piuttosto che tra gli alleati. Per questo motivo ritengo doveroso, da parte mia, informarmi quanto più approfonditamente possibile sulla solidità della sua umanità. Parlando, ad esempio, con persone che lo conoscono davvero, il cui giudizio sia categoricamente affidabile».

L'anziano preside piegò il capo da un lato.

«Stai pensando a Lyall e Hope...» mormorò.

«Non solo a loro. Ma conosco Lyall da molti anni, e so per certo che il suo giudizio è totalmente imparziale, anche - e soprattutto - quando si tratta di un membro della propria famiglia. Non è il tipo di genitore che perdona ogni gesto del figlio, se questo si rivela essere qualcosa di più di una bravata giovanile...» replicò Moody serio, fissando Silente con entrambi gli occhi. «Ma di certo non posso discutere di questi argomenti al Ministero. Non sai dove abitano attualmente?»

«Sai bene che lo so, Alastor. E potrei dirtelo. Ma non voglio che tu vada ad insinuare strani pensieri in Lyall e Hope. Non hanno certo bisogno di sentire illazioni sul loro figlio, e tantomeno di uno dei tuoi interrogatori» lo mise in guardia il mago più anziano.

Moody si lasciò sfuggire un ghigno.

«Lyall sarebbe capace di spedirmi in Australia con un solo incantesimo, se anche solo provassi a fare una cosa del genere. E io sono un Auror! No, si tratterebbe puramente di una civile conversazione tra due maghi perbene».

Albus Silente sospirò un'ultima volta.

«Molto bene, allora».

[*]

«Cavolo, per un secondo ho temuto che ci sbattessero fuori, questa volta!» esclamò Peter, lasciandosi cadere affianco agli amici sotto al faggio in riva al lago.

«Ah, Codaliscia… Non hai ancora capito che noi ce la caviamo sempre?» gli disse James, euforico.

Non sarebbe mai riuscito ad abituarsi alla scarica di adrenalina che solo una gita nell'ufficio di Silente poteva regalargli...

«Scusate» disse una voce femminile alle loro spalle.

I quattro si voltarono, e Remus scattò in piedi come se fosse stato punto da un’ape.

Tonks si lasciò sfuggire un sorriso imbarazzato, di fronte a quel gesto.

«Oh, ciao cuginetta! Ultimamente ci vediamo piuttosto spesso, vero?» ghignò Sirius, lanciando un'occhiata divertita a Remus.

La ragazza non diede segno di averlo sentito, e allungò loro quattro piccoli rotoli di pergamena.

«Questi me li ha appena dati Lumacorno. Sono per voi» spiegò.

«Oh, no... Un'altra di quelle sue stupide feste! Speravo che quest'anno ce le avrebbe risparmiate...» borbottò James, alzando gli occhi al cielo.

Peter era di tutt'altro avviso.

«Che hanno che non va le sue feste?» chiese, confuso.

«Oh, nulla... A meno che a te non piaccia essere trattato come un trofeo da mostrare» sbottò Sirius, lanciando un sasso nel lago.

Tonks sospirò.

«Almeno voi potete andarci...».

Remus la fissò, perplesso.

«Vuoi dire che non ci sei mai stata? È strano... Voglio dire, sei una Metamorfomagus! Rari come siete...».

La ragazza scrollò le spalle.

«Evidentemente la mia sbadataggine ha prevalso sulle mie "doti naturali"... Oh, beh. Mi conviene tornare nel mio dormitorio, a godermi quel po' di tempo libero che ho fino alla prossima lezione» disse, salutando i ragazzi e avviandosi verso il castello.

Sirius si fece pensieroso.

«Sarà un disastro muoversi...» notò.

James annuì.

«Saranno tutte lì, pronte a fare di tutto per strappare un invito...» aggiunse.

Sirius rise.

«Non lo otterranno certo da me. Io invito Lidia!»

«E nemmeno da me. Io e Lily ci andiamo insieme. Non ho nemmeno bisogno di chierderglielo: Lumacorno avrà inviato uno di questi anche a lei. L'adora!».

I due Malandrini si voltarono verso gli amici.

«Rimanete voi due. Anche se sappiamo tutti chi inviterà Remus...» ghignò James, mentre Sirius fingeva di suonare una romantica melodia su un violino immaginario.

Remus sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

«Mi rifiuto di rispondervi come meritereste» disse, raccogliendo le sue cose.

Peter sgranò gli occhi, vedendolo iniziare ad avviarsi a sua volta verso il castello.

«Non dirmi che torni in biblioteca!» esclamò, scandalizzato.

«Molto bene, allora non te lo dirò» replicò il licantropo ridendo.

Sirius lo guardò sospirando.

«Hai qualcosa di profondamente sbagliato in quella testolina castana, vecchio mio…».

 

 

 

****Note dell'autrice****

Devo ammetterlo: la riscrittura di questi ultimi due capitoli mi ha davvero messo alla prova! XD

Ma non ero per nulla soddisfatta della versione originale, quindi ho deciso di fare quasi una completa tabula rasa, sostituendo - e approfondendo - i dialoghi (specialmente quelli tra Moody e gli altri personaggi).

Spero che il risultato possa soddisfare ognuno di voi.

In caso contrario... Mi spiace! ^^"

♥lady 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Non appena Remus entrò al castello, tuttavia, scoprì che il suo intento di passare un paio d'ore in biblioteca avrebbe dovuto nuovamente essere accantonato. Un piccolo numero di ragazze di tutte le età e Case, infatti, attendeva con trepidazione il suo arrivo.

«Oh, Merlino...» mormorò il ragazzo, vedendole.

Ancora faticava a comprendere quale motivo spingesse periodicamente alcune studentesse ad interessarsi così tanto a lui: non aveva il fascino di Sirius, né la popolarità di James, eppure... Sindrome della crocerossina? Semplice desiderio di pavoneggiarsi per aver catturato uno dei Malandrini? Pena? Quale che fosse il motivo, non lo avrebbe di certo aiutato ad uscire da situazioni come quella in cui si trovava in quel momento; così si schiarì nervosamente la voce, preparandosi ad affrontare ancora una volta le sue compagne.

«Ehm… Salve ragazze» tentò.

«Ciao Remmy!» replicarono le studentesse in coro, facendo rabbrividire il ragazzo.

Remus deglutì, iniziando ad avviarsi a piccoli passi verso le scale. Con un po' di fortuna sarebbe riuscito ad aggirarle...

Ma intuendo le sue intenzioni, alcune Corvonero si spostarono a bloccargli il passo, sempre sorridendo estasiate.

Il licantropo inspirò ad occhi chiusi.

“E’ facile” si disse. “Devi solo dire che sei impegnato. Che vuoi chiedere ad un’altra di andare alla festa con te”.

Riaprì gli occhi e fece per parlare. Ma prima che potesse anche solo emettere un suono, qualcuno alle sue spalle gli diede un forte spintone - facendolo finire dritto tra le braccia delle ragazze.

Si voltò, scioccato ed infastidito. Chi...?

Sirius, Peter e James si stavano allontanando, ridendo come pazzi.

«Buona fortuna, Lunastorta!» li sentì esclamare.

Il mannaro serrò la mascella.

«Questa vi costerà proprio cara...» promise, prima di tornare a concentrarsi sul suo problema attuale - doveva assolutamente uscire da quella situazione...

Guardò le ragazze che nel frattempo l'avevano circondato, studiandolo come predatori affamati, e si grattò la testa nervosamente.

«Allora... Ehm… Che ne direste di una lista dei ragazzi liberi per la festa?» propose, speranzoso.

«Oh, ma a noi ne basta uno solo...» cinguettò una Tassorosso del settimo anno, in tono zuccheroso.

«Beh, è magnifico! E... chi è?» chiese Remus, sospettando di conoscere perfettamente la risposta.

«Ma tu, sciocchino» rise civettuola una Corvonero che non poteva avere più di quindici anni.

«Lo sospettavo... Ma, ecco... Vedete, il problema è che io non sono esattamente libero...» mormorò.

Non l’avesse mai detto.

Vi fu uno strillo acutissimo, e per un istante Remus si convinse che qualcuno avesse introdotto illegalmente una Banshee nel castello. Ma non era stata affatto una Banshee a produrre quel suono, bensì una Grifondoro del sesto anno.

«Cosa vuol dire che non sei esattamente libero?!».

Nuovamente, Remus non ebbe il tempo di rispondere, perché una vera e propria rissa iniziò sotto i suoi occhi sconvolti.

«Sono certa che sia tu la ragazza a cui lui si riferisce!» urlò una ragazza ben piantata - che poteva benissimo essere la sorella minore di Hagrid - del settimo anno, ad un’esile Tassorosso del primo.

«Strano, stavo per dire la stessa cosa di te!» esclamò un’altra, saltandole al collo.

Remus si coprì gli occhi con una mano.

«Oh, mamma….» mormorò, scioccato. «Ragazze, calmatevi, vi prego! Sono convinto che ci saranno centinaia di ragazzi ben più adatti…».

Ma quelle non lo ascoltavano neppure.

Sconsolato, Remus distolse gli occhi dal massacro che lui stesso - involontariamente - aveva provocato, e sentì gelarsi il sangue nelle vene: Tonks si stava avvicinando, apparentemente attirata dalle urla.

Il ragazzo conosceva abbastanza l’amico Sirius da sapere perfettamente che ognuno dei membri della famiglia Black era dotato di uno spiccato brutto carattere - specialmente la parte femminile della casata. Se lei - che più volte aveva reso chiaro di provare una certa infatuazione nei suoi confronti - lo avesse visto circondato da quella banda di forsennate…

Il licantropo rabbrividì, cercando di nascondersi in mezzo al gruppo. Forse non lo avrebbe notato... Ma la ragazza che per prima aveva accusato le altre di "averle rubato la preda", forse convinta che Remus stesse cercando di svignarsela, lo afferrò per la collottola - sollevandolo di diversi centimetri da terra. Proprio mentre passava Tonks.

La giovane Metamorfomagus fissò allibita la scena, poi fece rapidamente dietro-front, sparendo ben presto su per le scale - i capelli ormai di un minaccioso color tempesta.

“Accidenti!" pensò il ragazzo, divincolandosi.

Tornato con i piedi per terra, esclamò: «Ma quella non è Celestina Warbeck?!».

Come sperava, le ragazze si dimenticarono della lite e si voltarono a cercare la famosa cantante - permettendogli così di fuggire attraverso il primo passaggio segreto del castello che riuscì a raggiungere.

Sbucò vicino al terzo piano, e dopo essersi assicurato di essere finalmente solo, sospirò di sollievo.

"Giuro che non mi lamenterò più, quando gli altri useranno questi passaggi per scappare da quelle invasate!" si ripromise.

Poi si sistemò la divisa, dirigendosi a passo sicuro lungo il corridoio: doveva trovare Tonks.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


James Potter se ne stava beatamente sdraiato sul suo letto, giocherellando con il Boccino rubato pochi anni prima. Era ancora piuttosto divertito per lo scherzo - completamente innocente - fatto all’amico. Sapeva che il buon vecchio Lunastorta gliel'avrebbe fatta pagare cara, certo. Ma se lui e gli altri non lo avessero messo in mezzo a quelle ragazze urlanti - e non avessero successivamente detto a Tonks di raggiungerlo nell’ingresso perché aveva una sorpresa per lei - quel lupastro non si sarebbe mai deciso a fare la prima mossa, invitando la giovane alla festa.

Sospirò soddisfatto. Doveva ammetterlo: era proprio un ragazzo d'oro...

Tuttavia, quando Remus entrò nel dormitorio con la stessa velocità - e la stessa furia - di un Ungaro Spinato, il ragazzo iniziò a sospettare che l'amico non la pensasse esattamente come lui.

«Ciao Rem» disse tranquillo, mettendo via il Boccino.

Il licantropo gli scoccò un'occhiataccia.

«Brillante l’idea di mettermi in mezzo a quelle invasate... Complimenti, un vero colpo di genio» sibilò.

«Davvero?» replicò l'altro, sorpreso.

Forse l'amico non era arrabbiato come sembrava, allora...

Remus emise un verso frustato.

«Assolutamente no! È stata l’idea più stupida, malsana, cretina…».

James alzò le mani, sconfitto.

«Okay, okay! Ho capito l’antifona, non hai apprezzato il nostro aiuto» borbottò, scontento.

Guardò il licantropo frugare nervosamente tra il mucchio di oggetti precariamente impilati sul quinto letto a baldacchino del dormitorio. Un letto che nessuno aveva mai occupato, dato che i Malandrini avevano letteralmente fatto di tutto per ottenere il permesso da parte della McGranitt e di Silente di non dividere la stanza con un altro ragazzo - e la necessità di mantenere il segreto riguardo la condizione di Remus aveva incredibilmente facilitato la cosa...

«Cosa cerchi?» chiese James curioso, sedendosi.

«La mappa, Jamie» replicò l'altro, spostando fogli di pergamena fitti di scritte e innumerevoli involucri di Cioccorane.

«Merlino! Sirius ha seriamente bisogno di un discorsetto riguardo al tenere in ordine le sue cose...» soffiò, dopo essersi tagliato il polpastrello con il coltello che l'Animagus aveva sconsideratamente abbandonato sotto alcuni libri dalla copertina quasi completamente scolorita.

«Vuoi che ti ci dia un bacetto, così ti passa la bua?» ghignò James, guardando l'amico mettersi il dito in bocca - continuando comunque a cercare la Mappa del Malandrino con l'altra mano.

Il licantropo gli scoccò un'altra occhiataccia, a cui James rise.

«Oh, avanti! Sto solo cercando di smorzare un po' la tensione! E comunque, Remus... Non dovresti mettere il dito in bocca, se hai una ferita aperta» aggiunse, serio.

Il licantropo si esibì in una risatina amara - seguendo comunque il consiglio dell'Animagus, e chiudendo il taglio con un colpetto della propria bacchetta.

«E perché mai, James? Hai paura che potrei prendermi qualche infezione?» chiese, sprezzante.

James si lasciò cadere nuovamente sdraiato.

«Dimentico sempre quanto tu possa diventare odioso, prima della luna piena!» sbuffò, infastidito.

Si tolse dalla tasca la mappa e la gettò all’amico.

«Tieni. Ma se sei in vena di accettare un consiglio... Cerca di darti una calmata. Non ho alcuna intenzione di fare io la parte di quello posato e assennato» bofonchiò.

Remus guardò per qualche istante la mappa - ancora bianca - e poi sospirò, alzando gli occhi sull'amico.

«Senti, mi spiace, okay? E' solo che...» scrollò le spalle, indeciso anche lui su cosa dire.

James lo guardò a sua volta.

«Sì, sì, lo so: la luna piena. Tranquillo, è tutto a posto. A dire la verità, la colpa è nostra. Non avremmo dovuto comportarci in quel modo, prima».

Remus fece spallucce, un ghigno malandrino sul volto.

«Non preoccuparti... Ti rifarai uscendo con Mirtilla Malcontenta domenica sera» disse, mettendosi la mappa in tasca.

James si alzò di scatto.

«E perché dovrei farlo, scusa?!» chiese, scioccato.

«Perché si dà il caso che io le abbia promesso che tu l’avresti fatto. A dopo, e grazie per la mappa».

Detto questo Remus uscì, lasciando James ad imprecare contro la biancheria di Merlino.

[*]

Poche ore più tardi, mentre i Malandrini giocavano beatamente nella sala comune, Remus tornò.

«L’hai trovata?» s'informò James, ancora di malumore per l'appuntamento che Remus gli aveva fissato con Mirtilla Malcontenta.

Remus si lasciò cadere su una poltroncina di fronte a Sirius, sconsolato.

«No. Sembra sparita nel nulla» borbottò.

«Hai provato alla Stamberga?» chiese Peter.

Il licantropo scosse il capo.

«Non sa del passaggio, e Gazza di sicuro non l’avrà fatta andare ad Hogsmeade da sola».

«E’ una Metamorfomagus, Lunastorta. Potrebbe aver cambiato aspetto e… Puff!» suggerì Sirius, annoiato.

Remus lo fissò in tralice.

«Spera che non sia così...» ringhiò.

«E perché mai? Sarebbe romantico, in fondo. Tu che la cerchi per tutta Hogsmeade, urlando invano il suo nome nel freddo dell'autunno imminente…» continuò il ragazzo, senza staccare gli occhi dalla rivista che stava leggendo.

«Ti consiglio di non continuare, Sirius. Lunastorta è piuttosto nervoso in questo particolare periodo, lo sai...» lo ammonì Peter, notando l'espressione di Remus.

Quest'ultimo parve ricordarsi improvvisamente di qualcosa.

«Mi ero quasi dimenticato, Sir... Tu domenica sera esci con Pamela» disse.

«Pamela chi?» domandò l'Animagus, abbassando la rivista e fissando l'amico.

«Pamela Socksome. Hai presente, no? Quell’adorabile ragazza alta più o meno quanto Hagrid, di Tassorosso...» rispose Remus noncurante, lanciando nuovamente la mappa a James.

«Che cosa?!» gridò Sirius, facendo voltare verso di lui parecchi studenti.

«Eh sì, caro il mio Felpato. Non avrai pensato che te l'avrei fatta passare liscia, vero? Ed è inutile che tu rida, Codaliscia. Perché si dà il caso che anche tu domenica abbia un appuntamento. Con nientemeno che Mioko Chang. Si è detta molto interessata a conoscerti meglio, dopo la festa di stasera - dove, a proposito, sarà lei ad accompagnarti».

«Mioko Chang...? La piagnucolona di Corvonero?! E perché mai... Aspetta un attimo! Io non le ho mai chiesto di accompagnarmi alla festa di Lumacorno!» protestò Peter, scioccato.

Remus posò i gomiti sulle ginocchia.

«Certo che no, per questo l'ho fatto io al tuo posto. In fondo non era la motivazione che vi ha spinto tutti e tre a ideare quella simpatica burla, stamane? Il trovare una ragazza per la festa?» chiese, mellifluo.

«Per te, non per me!» sibilò Peter.

Il licantropo annuì.

«Vero. Ma anche tu non avevi un'accompagnatrice, Peter. E che amico sarei stato, se avessi approfittato da solo di tutte quelle gentili offerte?» ghignò.

Peter aprì e richiuse la bocca un paio di volte, sotto shock. Poi ebbe un guizzo negli occhi.

«E se ti dicessi dove trovare Tonks?» suggerì.

Remus si appoggiò allo schienale della poltrona.

«Hmm… Proposta interessante. Dove?».

«Potrebbe essere nella Stanza delle Necessità. Prima ho provato ad andare nel rifugio, ma non sono potuto entrare. E sulla mappa la stanza non viene segnata, giusto?» replicò Peter.

Il licantropo sorrise soddisfatto.

«Ottimo Peter. Davvero ottimo».

«Significa che non dovrò uscire con la Chang?» chiese il ragazzo, speranzoso.

Remus si alzò in piedi, tranquillo.

«Oh, no... Sarebbe terribilmente maleducato deludere una ragazza così ben disposta. No, ci uscirai lo stesso. Ma non preoccuparti: saprò ripagarti per l'informazione che mi hai appena dato».

Ed uscì dal buco del ritratto, lasciando dietro di sé gli amici - il cui morale era drasticamente sceso.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Tonks contemplò la strana stanza in cui era chiusa ormai da ore, chiedendosi nuovamente come avesse potuto raggiungerla. L'unica cosa che sapeva era che era passata tre volte lungo quel corridoio - desiderando ardentemente di trovare un posto dove potersi sfogare in santa pace senza essere raggiunta da stupidi Grifondoro dall'aria gentile - e che all'improvviso una porta era apparsa dal nulla.

La ragazza pensò che quella sarebbe diventata ben presto la sua stanza preferita: ovunque guardasse, infatti, vedeva peluche giganti che le sorridevano beati, morbidi pouf intorno a graziosi tavolini a prova di qualunque urto, fazzoletti sempre pronti, ed una grande foto di Remus Lupin da usare come bersaglio per un rilassante tiro a segno.

Sospirò di contentezza. Avrebbe potuto rimanere lì dentro per tutta la vita... Non doveva nemmeno preoccuparsi di come ottenere ciò che desiderava: le bastava pensare a quello che le serviva e Puff!, eccola accontentata. Anche se non tutto ciò che desiderava poteva essere ottenuto in quel modo...

Ripensò alla scena cui aveva assistito quella mattina, e i capelli tornarono ad assumere un violento colore temporalesco.

Prese una freccetta e la tirò a casaccio sulla foto, colpendo il malcapitato ragazzo sul naso.

La foto obiettò, ottenendo in cambio una seconda freccetta in zone decisamente più delicate.

“Sì, questa è davvero la stanza dei miei sogni” pensò la ragazza.

Un bussare leggero la distrasse dai suoi pensieri, portandola ad andare ad aprire incuriosita la porta - trovando proprio Remus davanti a lei.

Tonks arretrò istintivamente, non potendo fare a meno di chiedersi se anche l'improvvisa comparsa del Grifondoro fosse opera della stanza.

«Che vuoi?» chiese, cercando di non lasciar trasparire i propri sentimenti feriti.

«Te lo dirò, ma prima... Cosa hai chiesto per poter entrare? Sono curioso» domandò il Grifondoro.

Tonks aggrottò le sopracciglia, confusa. Che razza di domanda era?

«Che cosa?».

«Quella in cui ti trovi è la Stanza delle Necessità. Tu passi per il corridoio tre volte pensando a quello che vuoi, e la stanza ti accontenta» spiegò Remus, paziente.

Questo spiegava molte cose, si disse Tonks.

«Ho chiesto un posto privo di Grifondoro idioti, dove potermi sfogare in santa pace» borbottò, facendosi da parte per farlo entrare - cosa che Remus fece, dopo qualche istante di silenzio.

«Davvero... carino» disse, chiudendosi la porta alle spalle e guardandosi intorno.

«Che vuoi?» ripeté la ragazza, incrociando le braccia al petto.

Il licantropo la guardò.

«Parlarti. È tutto il giorno che ti cerco».

«Ma davvero? Cos'è, tutte quelle ochette lì fuori non bastano all'irreprensibile Lunastorta? Merlino, mi chiedo come possa la tua ragazza sopportarlo!» esclamò, dandogli le spalle.

Remus dovette trattenere un sorriso.

«Di nuovo: non ho mai detto di star uscendo con questa ragazza; solo di essere interessato a lei» le fece notare.

Tonks scrollò le spalle, non volendo ammettere il proprio errore.

«Beh, comunque...» tentò, prima di zittirsi e iniziare a giocherellare con una freccetta.

Remus si mosse a disagio.

«Hai intenzione di usarmi come bersaglio così come hai fatto con quella foto?» chiese, cauto.

Tonks lo fissò brevemente.

«Potrei. Perciò stai attento» lo minacciò, puntandogli contro la freccetta.

Poi si sedette su una poltroncina giallo acceso.

«Carino da parte tua invitarmi a vedere quello spettacolo» sbottò, di malumore.

Remus sgranò gli occhi.

«Invitarti? Io non ho fatto proprio un bel niente!» rispose, in fretta.

Tonks lasciò cadere la freccetta, tornando ad incrociare le braccia.

«Non ci casco, Lupin. James, Sirius e Peter mi hanno riferito della sorpresa che volevi farmi nell’ingresso»

«Ti giuro che non avevo alcuna intenzione di farti sorprese, o cose del genere. Tantomeno nell’ingresso» le assicurò.

Tonks lo fissò di sottecchi, sospettosa.

«Vuoi farmi credere che sia stata tutta uno scherzo di quei tre?»

«Non mi stupirei troppo, fossi in te...».

Tonks scrollò le spalle.

«Beh, poco importa. Ho comunque avuto una bella sorpresa, no?» disse, amaramente.

Remus si sedette - un po’ riluttante - su una poltroncina di fronte alla ragazza.

«Ascolta, Tonks... L’hai detto anche tu, in fondo: siamo sempre circondati da ragazze. Ma ciò non significa che siamo interessati veramente a loro. Beh, all’inizio Sirius non la pensava esattamente così, ma... Quello che intendo dire è che per me queste ragazze non contano. Perché dovrebbe interessarmi una Pamela Socksome, o una Mioko Chang? Voglio dire... Le hai viste? Non avrò lo stesso numero di ammiratrici di James e Sirius, ma ehi! Non sono ancora così disperato!» esclamò, nel tentativo di farla ridere.

Sembrò esserci riuscito, perché a Tonks sfuggì un piccolo sorriso.

«Hai detto di dovermi parlare» disse dopo un po'.

«Infatti» confermò Remus.

«Parla, allora»

«Volevo chiederti se avevi intenzione di venire alla festa con me, stasera».

Tonks lo fissò sbigottita.

«Cosa?!»

«Ti va di venire alla festa con me, Tonks?» chiese nuovamente il licantropo, sorridendo.

La ragazza sembrò confusa.

«E quelle…?»

«Quelle lasciamole sole con la loro invidia anche per stasera» le rispose, strizzandole l’occhio.

Tonks si sentì volare sulla sua personalissima nuvoletta rosa. Forse, si disse, Remus Lupin era almeno un po' interessato a lei, in fondo.

 

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


«Tu come conosci questa stanza?» chiese Tonks, decisamente più allegra.

«E' il nostro "rifugio". Beh... Ovviamente non questo» specificò Remus, indicando i peluche e i colori accesi dominanti.

Tonks si morse il labbro.

«Posso vederlo, o è zona preclusa solo ai Malandrini?» chiese.

«Sarebbe solo per noi, ma in quanto cugina di Sirius, hai pieno diritto di considerarlo anche tuo».

Tonks sbuffò divertita.

«Quale onore...».

Anche Remus sembrò divertito.

«Prima però dobbiamo uscire. E' impossibile cambiare stanza, se qualcuno è all'interno - così come è impossibile entrare se non si conosce l'esatta formula usata. Certo, a meno che non ti venga aperta la porta...» le disse, alzandosi e tendendo una mano che la ragazza fissò enigmatica.

Remus sospirò teatrale.

«Anche se ti sembrerà assurdo, data la mia natura, posso giurare che non mordo» ghignò.

Tonks lo fissò corrucciata.

«Lo so! Mi stavo solo chiedendo se tutta questa tua gentilezza sia riservata solo a me, o se è una tua dote naturale»

«Diciamo solo che per te mi applico con maggior impegno» sorrise.

Tonks si sentì arrossire. Stava flirtando con lei?!

Nuovamente nel corridoio, Remus istruì la ragazza su quello che avrebbe dovuto pensare per accedere al rifugio.

«Ti basta passare qui davanti tre volte pensando: “Voglio entrare nel rifugio dei sacri Malandrini”».

Tonks lo guardò con il sopracciglio alzato, e il ragazzo ricambiò lo sguardo, sconfitto.

«Non guardarmi così. L’ha scelto tuo cugino» sospirò.

Tonks ridacchiò. Era proprio il genere di cose che Sirius avrebbe potuto pensare...

Fece quanto le era stato detto, e al terzo passaggio, comparì nuovamente la porta.

«Sai? Ho quasi paura di scoprire cosa ci sia qui dentro» ammise, leggermente preoccupata.

Remus si mise una mano sul cuore.

«Ti assicuro che non troverai nulla che possa turbarti».

Incoraggiata dalle parole del ragazzo, Tonks entrò - rimanendo stupita di quanto la stanza fosse cambiata: in un angolo vi erano quattro letti a baldacchino - ognuno con un diverso animale rappresentato sulle coperte - e ovunque erano appesi stendardi dei Grifondoro. Dove nella stanza da lei creata erano stati presenti alcuni tavolini, ora vi era un unico tavolo coperto di pergamene fitte di scritte e sul quale, ne era più che convinta, ogni piano dei Malandrini - ogni scherzo - doveva aver visto la luce. Davanti ad un accogliente camino, poi, comodi pouf erano stati incantati magicamente per narrare le malefatte dei Malandrini e altri racconti di vario genere - mentre sulla parete affianco ad esso erano affisse decine e decine di foto, oltre ad una targa che recitava:

“Non smetteremo mai di combattere fianco a fianco per la nostra amicizia e per i nostri ideali.
E anche se forgiando il nostro destino dovessimo morire, moriremmo in pace.
Perché noi siamo - e saremo sempre - i Malandrini.”

Sul fondo della stanza, infine, un’immensa libreria colma di libri di ogni tipo correva lungo tutta la parete, e in un lato della stanza vi era un altro tavolo, dove diverse pozioni dai colori più diversi bollivano placidamente dentro a lucidi calderoni.

«Allora? È davvero così terribile?» chiese Remus con un sorriso, entrando a sua volta.

Tonks scosse il capo, incapace di parlare.

«E’... E' stupendo! Ma come avete fatto?» domandò a sua volta, con un filo di voce.

Il licantropo fece spallucce.

«Con lunghi anni di aggiunte e cambiamenti. Vuoi contribuire anche tu?» le propose.

Tonks lo fissò come se le avesse appena detto di saltare dalla torre più alta del castello.

«Posso davvero?»

Il ragazzo annuì.

«Ti ho già detto che ora questo è anche il tuo rifugio. E come tale hai tutto il diritto di disporne come più vorrai».

Tonks rimase in silenzio per qualche minuto, pensando. Poi alla fine si concentrò, e nella stanza apparvero alcuni spettri colorati.

Soddisfatta, la ragazza guardò Remus - impegnato a fissare interessato la sua opera.

«Che significano?» domandò, curioso.

Tonks nascose una ciocca di capelli dietro l'orecchio, imbarazzata.

«Beh... I quattro animali rappresentano voi» disse, indicando un cane, un topo, un cervo e un lupo.

«Il giglio - ovviamente - Lily, la Musa Lidia - secondo la mitologia, infatti, Lydia sarebbe stato il nome di una delle figlie di Giove - e la Ninfa... Beh, penso sia abbastanza ovvio...» concluse, indicando gli spettri rimasti.

Remus sembrava pensieroso.

«Non ti piacciono?» domandò Tonks, mortificata.

«Come? Oh, no... Li adoro» la tranquillizzò. «Stavo solo riflettendo sul tuo nome...»

«Non dirlo!» gli ringhiò Tonks, i capelli che iniziavano ad assumere un colore viola scuro.

Il ragazzo ridacchiò.

«Non lo farò, non preoccuparti. In realtà, mi stavo accorgendo di quanto "Dora" suoni bene» la rassicurò, ripetendo il nomignolo tra sé e sé. «Sì, mi piace! Mi permetterai di chiamarti così, d'ora in poi?».

La ragazza arrossì.

«Certo! Anche mio papà mi chiama così... Ed è sempre meglio di quell’orrendo nome che mia madre mi ha dato» disse, tentando di mascherare il suo imbarazzo.

Remus guardò l’orologio.

«Sembra che sia arrivata l'ora di prepararsi per la festa di Lumacorno» disse, pacato.

«Cosa? Oh, certo... La festa. Credo che debba andare a prepararmi anche io, allora» replicò la ragazza.

Ancora non riusciva a credere che Remus l'avesse invitata.

Il licantropo sorrise un'ultima volta.

«Non vedo l'ora di vederti, Dora».

E senza dire altro le baciò la mano in un gesto di galanteria, uscendo e lasciandola a saltellare di gioia al centro del rifugio.

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


Quella sera alla festa del professor Horace Lumacorno vi era un mormorio eccitato, che non aveva nulla a che vedere con il professore e le sue strambe cerimonie. Per il castello girava voce, infatti, che finalmente una ragazza fosse riuscita a fare breccia nel cuore del più schivo tra i Malandrini: Remus. Un’impresa la cui facilità era pari a quella di cantare una ninna nanna ad un Ungaro Spinato.

Buona parte delle ragazze che si erano date battaglia quella mattina - costrette ad accettare un invito da parte di compagni che loro avrebbero definito "di seconda scelta" - fissava ora con insistenza la scalinata che portava al luogo della festa, in attesa di vedere chi fosse la fortunata.

Non dovettero attendere molto, prima che un'agitazione improvvisa segnalasse l'arrivo dei quattro Grifondoro insieme alle rispettive accompagnatrici: James apriva la fila, indossando un paio di pantaloni bianchi, una camicia nera e una giacca grigia, mentre Lily, al suo fianco, indossava un leggero e lungo abito rosso con scollo a cuore e un profondo spacco; i lunghi capelli cremisi legati in un’elegante acconciatura.

Subito dietro di loro c'erano Sirius e Lidia.

Il ragazzo, che indossava un elegante abito da cerimonia - completo di gilet e cravatta in seta - rigorosamente nero, faceva bella mostra di un portamento frutto di anni di forzata disciplina.

Diverse ragazze non ressero alla sua vista, afflosciandosi tra le braccia dei loro accompagnatori.

Vedendole, Lidia - che a differenza di Lily aveva preferito indossare un corto ed elegante abito viola da cocktail con maniche a tre quarti - scoccò un'occhiataccia al proprio fidanzato, la cui unica risposta fu un'impercettibile alzata di spalle, come a dire: “E’ colpa mia?”.

La ragazza sospirò.

Peter scese qualche istante dopo, indossando un completo con gilet di lana color beige chiaro e una camicia azzurra. Si tormentava la cravatta di seta, lanciando occhiate scontente a Mioko Chang - raggiante, al suo fianco, in un meraviglioso cheongsam blu a collo alto.

Per ultimo arrivò Remus, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni che componevano il completo grigio che indossava. Anche lui, come James, non portava alcuna cravatta, e con grande stupore di tutti, era solo.

Il mormorio crebbe. Possibile che la ragazza invitata dal Malandrino avesse - follemente - rifiutato?

Un paio di studentesse - alle quali nemmeno il trucco più efficace era bastato a nascondere i segni della rissa della mattina - si prepararono a una folle corsa all’ultimo sangue per occupare il fianco del ragazzo. Ma prima che potessero anche solo pensare di spiccare il primo balzo, si udì una maledizione borbottata a mezza voce.

L'attenzione tornò a concentrarsi allora sulle scale, da dove la voce era arrivata - e tutti non poterono che sgranare gli occhi.

Tonks aveva appena voltato l'angolo, dondolando instabile su un paio di semplici sandali d'argento dal tacco alto. Ma non erano state le sue calzature a sconvolgere i presenti, bensì il fatto che stesse indossando anche lei un abito, per quanto semplice. A parte una cintura di strass, infatti, il corto vestito azzurro con scollo a cuore della giovane non aveva alcun ricamo complicato o spacco che potessero renderlo troppo cerimonioso.

Tonks mise una ciocca di capelli - di un morbido biondo miele - dietro l'orecchio, in imbarazzo per il trovarsi improvvisamente al centro dell'attenzione.

«Oh, Merlino….» mormorò Remus, non riuscendo a trattenersi.

La ragazza scese traballante i gradini, avvicinandosi a Lily e a Lidia - continuando a guardarsi intorno confusa.

«Scusate, ma non ho alcuna dimestichezza con questo genere di cose... Ho sbagliato qualcosa? Non ditemi che l'unica volta che mi convinco ad indossare un abito ne scelgo uno inadatto!» sussurrò, nervosa.

Le due sorrisero.

«Non preoccuparti, Tonks. Sei perfetta» le disse Lidia, ridendo dell'espressione dipinta sul viso di Remus.

Non c'erano dubbi: il Malandrino aveva decisamente fatto centro.

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


Per tutta la festa, l’attenzione dei presenti fu focalizzata quasi esclusivamente su Tonks. Tanto che alla fine - con la scusa di voler fare una passeggiata con lei - Remus la trascinò fuori, lontano dagli sguardi famelici dei diversi partecipanti alla serata.

[*]

«Non avevo idea che queste feste fossero così divertenti!» esclamò Tonks, allegra.

«Di solito non lo sono, infatti» replicò il Malandrino.

Tonks guardò il licantropo, sorpresa.

«Davvero? Mi domando cosa ci sia di diverso, stavolta»

«Già. Chissà cosa mai potrebbe essere» fece Remus, ironico.

La ragazza sorrise.

«Oh, avanti! Non vorrai farmi credere che sia perché indosso questo!» esclamò, indicando il leggero abito azzurro.

«Sono assolutamente certo che sia proprio questo il motivo...» sbottò Remus.

Si fissarono un secondo, poi scoppiarono a ridere entrambi.

«Dovrei indossarlo più spesso, allora. Chissà, forse i miei disastri passerebbero inosservati...» rise Tonks.

«E' probabile» assicurò Remus.

La ragazza si sedette attentamente ai piedi di un'alta finestra, facendo cenno al licantropo di imitarla.

«Raccontami qualcosa, Remus. Insomma... Sui Malandrini circolano molte voci, ma quali sono vere e quali non lo sono? E com’è essere un lupo mannaro? Voglio dire, immagino che non sia esattamente uno spasso, ma... Quello che ci dicono a lezione è corretto? Oppure ci sono cose che sono inesatte?».

Il ragazzo accettò l'invito, sedendosi anch’egli.

«Sono domande che richiedono spiegazioni un po' lunghe...» mormorò.

«Oh, non preoccuparti. Saprò stare attenta» gli promise, sorridendo radiosa e mettendosi più comoda.

Il ragazzo si fece pensieroso.

«In questo caso, credo che dovrei iniziare con i Malandrini, che dici?».

Tonks sorrise di nuovo.

«Sono più che d’accordo».

[*]

I Malandrini rimasti alla festa, intanto, erano seduti su un divanetto - ormai entrati completamente nella fase del: “Mi-sono-stancato-non-voglio-muovermi-più”.

Sbadigliando in modo decisamente canino, Sirius lanciò un'occhiata alla propria ragazza - ideando un modo per movimentare almeno un po' la serata.

Non appena Lidia fu nelle vicinanze, quindi, l'Animagus si affrettò a toccarle il fondoschiena, per poi ritirare immediatamente la mano, fingendo di non aver fatto assolutamente nulla.

La ragazza avvampò, voltandosi verso il fidanzato con un sguardo omicida.

«Sirius Orion Black! Cosa accidenti ti è saltato in mente?!» esclamò, facendo voltare diverse persone.

Sirius assunse la migliore delle sue espressioni innocenti.

«Niente, Lidi!» rispose, con un tono di voce sorpreso.

Ma Lidia non si lasciò ingannare, e il ragazzo sbuffò.

«Mi annoio! Speravo che ti saresti lanciata in un'apocalittica ricerca del tuo molestatore, ma non l'hai fatto!» borbottò.

La ragazza lo fissò esasperata.

«Che devo fare con te?» sospirò, come se si rivolgesse a un bambino piccolo, anziché a un mago adulto.

«Un paio di idee io le avrei... » sussurrò questi malizioso, prima che Lidia lo colpisse brevemente sulla testa.

James, Lily e Peter - Mioko si era infatti eclissata da tempo immemore - scoppiarono a ridere, presto imitati anche da Sirius.

«Voleva ravvivare un po' l’ambiente, Lidia. Dopo che Lunastorta e Tonks sono sgattaiolati via, qui è tornata ad esserci la solita calma piatta di sempre» disse James con uno sbadiglio.

Peter si riscosse dal torpore.

«A proposito, cosa credete stiano facendo?» chiese, curioso.

«Conoscendo Remus? Parlando» rispose Sirius, sconfortato.

[*]

«Questo è tutto» finì Remus.

«Wow... Davvero affascinante» ribatté Tonks sincera, aprendo la bocca per la prima volta da quando il ragazzo aveva iniziato a raccontare.

Il licantropo la fissò interessato.

«Lo credi davvero?»

«Assolutamente».

Remus si alzò, imitato da Tonks.

La ragazza sembrava molto imbarazzata.

«Ascolta, devo dirti una cosa» mormorò.

«Certo, dimmi».

Tonks si guardò i piedi.

«Prima però vorrei sapere... Ecco… Quello che provi per quella ragazza di Tassorosso… E' una cosa seria?» chiese, la voce tremante.

Il licantropo nascose a stento un sorriso tenero.

«Ogni giorno mi convinco sempre più che lo sia».

«Oh… Beh, allora credo che sia inutile proseguire con la mia domanda» mormorò Tonks, il morale a terra.

Remus si rese conto di non poter più continuare a portare avanti la sua innocua presa in giro.

«Senti, ti interessa ancora la sua identità?» le chiese.

Tonks lo fissò, sospettosa.

«Me lo me lo dirai davvero, stavolta?»

«Se vuoi, sì».

La ragazza fece spallucce.

«Va bene... Tanto non vedo motivo per non sapere il nome di una simile fortunata» borbottò, giocherellando con l'orlo dell'abito.

«Beh, in realtà ho mentito, quando ho detto che era una ragazza. In realtà è una bellissima Ninfa, che si chiama Dora».

Tonks si corrucciò. Quindi era per questo che gli piaceva il nome Dora!

«Una Ninfa? Come la Ninfa Eco?» s'informò, cercando di non mostrarsi troppo offesa per aver accettato di essere chiamata, da lui, come un'altra ragazza.

«Esattamente» confermò lui.

La ragazza sospirò, imbronciata.

«Quindi è così... Tu sei innamorato della "bellissima"... Ninfa Dora?!».

Sgranò gli occhi non appena pronunciò - benché inconsciamente - il proprio nome.

Remus sorrise timidamente.

«Puoi perdonarmi per questa piccola burla?» chiese, fissandola.

Tonks era scioccata.

«Per tutto il tempo tu...»

Il licantropo annuì.

«Già... Ma non l'ho fatto con cattiveria, lo posso giurare!» si affrettò a dire.

La ragazza non sembrò nemmeno averlo sentito, e lo abbracciò euforica.

«Oh, Remus!» esclamò, felice.

Il licantropo l'allontanò gentilmente da sé.

«Aspetta, Tonks. Prima di gioire, devi sapere qualcosa... Vedi, c'è un problema che mi impedisce di essere felice come vorrei, in questo momento. E che potrebbe - anzi, lo fa - mettere un grosso fermo a tutto ciò che io e te potremmo voler costruire...» disse, serio.

Anche il sorriso di Tonks svanì.

«Un problema? Che tipo di problema?».

Remus deglutì, nervoso.

«Riguarda la mia condizione»

«Che tipo di problema?» ripeté la ragazza, iniziando a sentirsi nervosa a sua volta.

Il licantropo non rispose subito.

«Prima ti ho parlato di quanto ogni lupo mannaro sia legato a coloro che morde. Ebbene, nonostante questo... affetto sia qualcosa che prova nei confronti di ognuna delle sue vittime, solo con alcune di esse instaura - di solito - un legame profondo, elevandole quasi a "sue preferite"...» iniziò, scegliendo con cura le parole.

Non era esattamente un concetto semplice, da esprimere.

«Le prime...» mormorò Tonks, capendo al volo ciò che il ragazzo tentava di dirle.

Remus annuì.

«Possono... Possiamo diventare molto gelosi dei nostri preferiti, arrivando a desiderare ardentemente di averli costantemente al nostro fianco - istruendoli al fine di farli diventare il più possibile uguali a noi. E io...».

«E tu sei uno dei preferiti di Greyback» concluse Tonks, abbassando il capo sconfitta.

Di nuovo, il ragazzo annuì.

«L'ho scoperto circa due anni fa. Io, Sirius e gli altri avevamo deciso di trascorrere un mese a Londra insieme. All'inizio dell'estate - dopo aver trascorso la notte in un pub - abbiamo trovato un messaggio scritto con il sangue sul muro dell'appartamento dove vivevamo: "Presto sarai mio, piccolo Remmie."» recitò. «Ovviamente abbiamo lasciato immediatamente Londra, raccontando poi ogni cosa ai nostri genitori. Beh - almeno ai miei e a quelli di James. Ritengo, infatti, che i tuoi prozii lo avrebbero trovato esilarante; mentre quelli di Peter... Diciamo solo che non volevamo allarmarli inutilmente. E' stato allora che mio padre mi ha detto la verità su Greyback e sul loro... scambio di opinioni».

«Cos'è successo, poi?» domandò Tonks, piano.

Remus scrollò le spalle.

«Ho iniziato a raccogliere informazioni su Greyback, desiderando conoscere tutto il possibile riguardo alla persona che mi aveva maledetto. Non ho impiegato molto tempo a capire che non era un semplice lupo mannaro con un pessimo carattere... Alla fine decidemmo tutti di fingere che l'incidente di Londra non fosse mai accaduto, e di continuare con le nostre vite. Ma la mattina successiva all'ultima luna piena prima dell'inizio dell'anno scolastico, trovai un altro messaggio fuori dal capanno in cui io ero andato a trasformarmi: "Non vedo l'ora di poterlo fare insieme." E sotto a quello, dei segni di graffi e dei resti che chiaramente non appartenevano ad un animale».

La ragazza rabbrividì, ma non disse nulla, lasciandolo continuare.

«Cancellai il messaggio, feci sparire i graffi e i resti, e convinsi i miei genitori di essere stato minacciato da uno degli abitanti del luogo - venuto in qualche modo a conoscenza della mia natura. Come speravo, decisero immediatamente che avremmo dovuto trasferirci di nuovo. Ma io non li seguii. Ormai era chiaro che era me che Greyback voleva, e che non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno, pur di riavermi - tantomeno davanti ad un uomo che l'aveva offeso in passato. Ovviamente i miei genitori non furono affatto felici della mia decisione, ma - come sempre - ascoltarono le mie ragioni, e mi permisero di fare ciò che ritenevo giusto per proteggerli».

Scrollò le spalle.

«Da allora io vivo da solo in un piccolo cottage nello Yorkshire, e l'unico contatto che ho con loro è via camino o via gufo. Non ho voluto sapere dove vivono ora. So solo che vivono in riva al mare. Mia madre non fa che dire quanto quel posto mi farebbe bene...» finì, con un sorriso triste.

«Ti ha più trovato?» chiese Tonks, alla fine.

Remus scosse il capo.

«Se l'ha fatto, non ne ha dato prova».

La ragazza giocherellò con i suoi capelli.

«Quindi perché allontanarmi?» domandò poi, piano.

Remus sorrise nuovamente, con aria triste.

«Perché se dovesse trovarmi, potrebbe vederti come una minaccia e decidere di ucciderti. Non puoi chiedermi di accettare questa eventualità, Dora. Inoltre, tu - come la mia famiglia - meriti di vivere una vita lontana da questo orrore. Una vita dove l'unica cosa pericolosa sia un tappeto o chissà, forse addirittura un assurdo portaombrelli» le disse, sfiorandole la guancia con la mano.

Tonks si scostò, ferita.

«Però tu puoi chiedermi di accettare qualunque cosa, vero? Anche di vivere una vita che non desidero... Con che diritto puoi scegliere al posto degli altri?! Tu hai scelto di abbandonare tuo padre e tua madre; tu di vivere nella paura da solo... E ora sei sempre tu che scegli di chinare il capo davanti a Greyback, aspettando da bravo cagnolino che lui venga a portarti via con sé - vanificando così ciò che tuo padre ha fatto quella notte di tredici anni fa!» esclamò, furente.

Il licantropo sgranò gli occhi, sorpreso.

«E che dovrei fare, secondo te? Andare da Greyback e dirgli: "Ehi, Fenrir! Sai una cosa? Non ho alcuna intenzione di venire con te. Quindi perché non te ne torni da dove sei venuto, e mi lasci in pace?" Perché se è questo che hai in mente, potrei benissimo iniziare a scavarmi la fossa, perché indubbiamente mi ucciderebbe senza troppi complimenti» disse, tagliente.

Il lupo dentro di lui percepì i sentori della sua collera, ed iniziò a stiracchiarsi contento.

«Dico solo che non sei obbligato ad affrontare tutto questo! Combatti, no? Non penso proprio che ti manchi il coraggio! O forse è questo il tuo problema, Lupin? Che sei troppo codardo per combattere per la tua stessa libertà?» replicò Tonks, incollerita anch'ella.

Remus serrò la mandibola in un gesto nervoso.

«Non sai di che cosa parli...» sibilò.

Tonks emise un risata vuota.

«Ovvio che non lo so! Nessuno lo sa! Perché non permetti a nessuno di avvicinarsi abbastanza a te per farlo! Godi nello sguazzare nella tua stessa autocommiserazione; troppo spaventato per essere davvero felice!» sputò, ribollente.

Studiò il licantropo con il fiato corto come dopo una lunga corsa.

«Dimmi una cosa, Remus: a cosa è servito tutto questo, allora? Perché dirmi di essere innamorato di me? Per farmi conoscere i tuoi veri sentimenti, così che io possa guardarti - un giorno - mentre vieni trascinato via da Greyback, sapendo che almeno il tuo cuore mi appartiene, laddove il resto di te non lo fa?».

Remus aprì e chiuse la bocca per qualche istante, incapace di parlare.

«Presumo di sì» ammise alla fine.

Tonks emise un verso a metà tra il furente e il divertito.

«Beh, grazie tante, Remus Lupin! Grazie per essere stata una tale delusione!» sibilò, allontanandosi.

Pochi istanti dopo era svanita.

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


Lasciandosi la festa - ormai terminata - alle spalle, i Malandrini e le loro accompagnatrici si avviarono tranquillamente verso le rispettive sale comuni, vedendo Tonks allontanarsi velocemente lungo il corridoio mentre Remus rimaneva immobile vicino ad una delle finestre.

Sirius sospirò sconsolato.

«Dieci galeoni che ha combinato un disastro» disse a James.

«Non vale nemmeno la pena di scommettere» mormorò Peter, scuotendo il capo.

Il ragazzo si avvicinò al licantropo, impegnato a maledire chissà che cosa nel bel mezzo del corridoio.

«Ehi, Remus... Che è successo?».

Quest'ultimo si voltò a guadare l'amico, un'espressione indecifrabile sul viso.

«E' successo quello che succede sempre quando tengo a qualcuno: nel tentativo di proteggerlo lo allontano, rimanendo poi a chiedermi se - agendo in modo diverso - avrei potuto evitarlo!».

E senza dare il tempo a Peter di replicare - o di chiedere maggiori informazioni - salì di corsa le scale, svanendo così come aveva fatto Tonks solo alcuni momenti prima.

James, che come gli altri aveva seguito la scena in silenzio, sospirò sconfitto.

«Allora... Non ho la mappa qui con me, ma trovare il posto dove Remus sarà andato a piangersi addosso non sarà difficile. Lily, potresti andare nel bagno dei Prefetti? Peter, tu sali al nostro dormitorio. Io andrò al rifugio, e Sirius in biblioteca. Vedi se ti è possibile usare quell'adorabile fiuto canino, Sir. Lidia... E' meglio che tu vada a letto. Se dovessero sorprenderti fuori dal letto potresti metterti nei guai» disse pratico.

E senza aggiungere altro, il gruppetto si sparpagliò.

[*]

Mezz'ora dopo, i quattro si ritrovarono nella loro sala comune.

«Allora?» chiese Lily.

«Niente» fu la risposta generale.

James sbuffò frustrato.

«Oh, insomma! Non può essere svanito nel nulla!».

Peter estrasse la Mappa del Malandrino dalla tasca.

«Forse con questa avremo più fortuna...» borbottò, studiandola.

«Che dice?» chiese Lily, preoccupata.

Se non fosse comparso nemmeno sulla mappa...

«E' sulla torre di Astronomia» rispose Peter, indicando il puntino denominato "Remus Lupin".

James alzò gli occhi al cielo, e Sirius si colpì la fronte con la mano.

«Possibile che vada sempre a nascondersi su quella dannata torre?!» sibilò, scattando verso il buco del ritratto. «Vado io, stavolta».

[*]

Remus Lupin se ne stava tranquillamente seduto sul parapetto della torre di Astronomia, con le gambe penzoloni nel vuoto. Non si mosse nemmeno quando sentì il pavimento scricchiolare alle proprie spalle. Anzi si lasciò sfuggire un sorriso stiracchiato.

«Ciao Sir...» mormorò.

«Dovresti smettere di farci preoccupare in questo modo, Lunastorta» disse l'Animagus, piano.

Il lupo mannaro scrollò le spalle.

«Dubito di poterlo promettere».

Sirius lo affiancò.

«Vuoi dirmi che diavolo è successo? E non iniziare con una delle tue filippiche perché arrivo da una noiosissima festa di Lumacorno, e non ho alcuna voglia di spremermi le meningi per capire quello che dici» lo ammonì.

«Perché non possiamo fingere entrambi che ti abbia già detto ogni cosa, allora? Così tu potrai andartene a dormire, e io potrò godermi ciò che resta di questa disastrosa nottata, ammirando in silenzio la cosa più vicina al plenilunio che potrò mai vedere come un normale essere umano» disse Remus, indicando con un cenno della testa la luna - quasi completamente piena.

L'Animagus, però, scosse la testa.

«No, no... Adesso tu dici tutto allo zio Felpato» disse con un ghigno.

«Zio Felpato... Devo ammettere che come visione è piuttosto inquietante» replicò Remus, un piccolo sorriso anche sul suo volto.

Sirius sbuffò divertito.

«Perché non hai mai avuto un tipo come Cygnus a ricoprire quel ruolo» gli confidò.

«In effetti...».

Ma l'altro ragazzo si era fatto improvvisamente pensieroso.

«Anche se, ora che ci penso... Se sposassi Tonks, Cygnus diventerebbe tuo nonno acquisito!» esclamò, indeciso se scoppiare a ridere o mostrarsi disgustato.

Poi sgranò gli occhi.

«Aspetta un secondo... Diventeresti mio cugino!» aggiunse, e stavolta rise davvero. «Oh, Merlino... Diventeremmo parenti! Non ci avevo pensato!».

Remus si mosse a disagio.

«Beh, non abituarti troppo all'idea, perché non succederà» disse, secco.

Sirius lo fissò.

«Che è successo, Remus?» chiese di nuovo, facendosi ancora una volta serio.

Il licantropo sospirò nuovamente. Che male poteva fare, in fondo? La serata non poteva certo peggiorare più di così...

[*]

«Sono perfettamente d'accordo...» iniziò Sirius, una volta che Remus gli ebbe raccontato del disastroso scambio di battute avvenuto tra lui e Tonks.

Remus lo guardò, una piccola scintilla riconoscente negli occhi.

«...Con Ninfadora».

La riconoscenza del licantropo svanì con la stessa velocità con cui era apparsa.

«Stupido io a parlarne con suo cugino» borbottò stizzito.

Sirius sembrò offendersi.

«Non è perché è mia cugina, che sono d'accordo con lei! Lo sono perché io per primo ti ho detto le medesime cose - beh, non proprio le stesse, ovviamente... Ma hai capito cosa intendo - sin da quando il primo messaggio è apparso su quel muro. Ti ho sempre spinto a cercare aiuto in Silente, in tuo padre, nei genitori di Jamie... Ma tu semplicemente hai preferito fare di testa tua, come sempre. Esiste sempre un'altra soluzione, Remus. Basta cercarla con tutte le forze».

«Certo che esiste: si chiama trucidamento. Mi perdonerai, spero, se decido di voler vivere un altro po'».

L'Animagus sospirò rassegnato, sedendosi cautamente accanto all'amico.

Lanciò un rapido sguardo verso il basso, tornando immediatamente a guardare davanti a sé - le mani strette più saldamente sulla balaustra su cui quel dannato lupo mannaro si ostinava ad appollaiarsi come un comunissimo pappagallo faceva sul proprio trespolo.

«Non hai mai pensato che essere seduti su un parapetto a trentacinque metri di altezza sia una cosa un tantino folle da fare?!» chiese teso, guardando l'amico di sottecchi.

Il ragazzo alzò le spalle, rilassato.

«Mi sono sempre piaciute le grandi altezze... Mi danno quel senso di libertà che altrimenti non proverei mai. Inoltre, sono convinto che sia una passione ereditaria. Anche a mia madre…».

Si zittì improvvisamente, e Sirius scosse la testa rassegnato.

«Quand'è che ti deciderai a tornare a casa?» chiese, fissandolo.

Anche Remus scosse il capo.

«Non posso. Ho già causato ai miei fin troppi problemi. Da quando Greyback mi ha morso non sono che un peso per loro...»

«Sai che non è così, Lunastorta».

L'altro ragazzo non parlò per un po'.

«Voglio solo proteggere le persone che amo, Sirius. Tu, le ragazze, i miei... Tonks» ammise, alla fine. «E se per farlo dovrò allontanarmi... Beh, allora così sia. Non valgo certo tutta la pena che continuate a darvi».

Di nuovo il silenzio regnò sovrano.

Poi, inspiegabilmente, Sirius colpì la spalla dell'amico con un pugno - facendolo cadere all'interno della torre.

«Sei impazzito?!» esclamò il mannaro, scioccato.

Sirius attese che si rimettesse in piedi, poi lo raggiunse - fissandolo dritto negli occhi.

«Ascoltami bene, razza di idiota! Sono stufo di vederti continuamente sprecare ogni occasione che hai di avere la vita che meriti, solo perché sei troppo impegnato ad autocommiserarti! Quindi vedi bene di smetterla, perché quello che ho davanti agli occhi ora... Ebbene, non è uno dei miei migliori amici. Non è il ragazzo per cui mi sono fatto il mazzo per diventare un dannatissimo Animagus, chiaro?!» esclamò, gli occhi che mandavano scintille.

E senza dargli il tempo di replicare se ne andò, lasciandolo solo e senza parole per la seconda volta nel corso della medesima serata.

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


Il mattino seguente la tensione era ancora palpabile: nessuno osava affrontare l'argomento con Sirius - e ancor meno con Remus.

Quella sera ci sarebbe stata infatti la luna piena, e i Malandrini ben sapevano che più ci si avvicinava al tramonto, più il lupo scalpitava per prendere il controllo del corpo che lo ospitava. Remus aveva più volte tentato di rassicurarli - dicendo che quella era solo una fase passeggera e completamente indolore - ma loro non gli avevano mai creduto. Come potevano farlo, quando vedevano l'amico diventare sempre più debole e smunto? Quando notavano che anche la più semplice delle azioni - come quella di prendere appunti durante le lezioni - era compiuta con fugaci smorfie di dolore ed eccessiva lentezza? Molte volte avevano tentato di distrarlo, magari con scherzi e battute - ottenendo solamente risposte secche e taglienti, segno che anche l'indole gentile di Remus si preparava a lasciare il posto a quella aggressiva della controparte animale.

Era stato solo con il tempo che James, Sirius e Peter avevano imparato a non infastidirlo in alcun modo, preferendo concedergli tutto il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno. Solo Lily non sembrava dell'idea di lasciare Remus a se stesso in un momento tanto delicato - motivo per cui era sempre lei a portare avanti le relazioni "Malandrini - Lunastorta" in quei periodi. Sembrava, infatti, ch'egli tollerasse maggiormente la presenza della ragazza - piuttosto che quella degli amici.

[*]

Lily bussò piano alla porta del dormitorio, ben a conoscenza che la vicinanza della luna piena aveva affinato i sensi - già notevolmente amplificati dalla licantropia - di Remus, e senza attendere una risposta entrò.

Remus - sdraiato sul suo letto a baldacchino - alzò appena gli occhi.

«Ciao Lily» mormorò laconico.

Sedendosi sul letto di Sirius - quello affianco a Remus - la ragazza provò un buffissimo senso di déjà-vu...

«Ho saputo che hai passato una brutta nottata» iniziò.

Il licantropo fece spallucce.

«Ne passerò ben presto una peggiore...».

Si passò una mano sugli occhi stanchi.

«Tuttavia sì, ieri notte non è stata decisamente una delle migliori. Entrare in conflitto con ben due Black può seriamente logorare anche l'uomo più fermo. Figuriamoci poi un mezz'uomo...» buttò lì, amaramente.

Lily scosse il capo, ma non replicò. Sarebbe stato inutile, in quel momento.

«Hai avuto modo di pensare, comunque? Di solito è per questo che vai sulla Torre di Astronomia» disse invece.

Il licantropo mise le mani dietro la testa, fissando il baldacchino sopra di lui.

«Oh, sì. Mi sono passati per la testa pensieri di ribellione, di voglia di libertà...».

«Pensieri profondi, allora»

«Pensieri pericolosi, Lily» la corresse lui, secco.

Lily sorrise gentile.

«Il fatto che fossero pericolosi non ti ha mai impedito di realizzarli, in passato...» gli fece notare, leggera.

Remus aggrottò la fronte e si morse l'interno della guancia un po' più duramente di quanto intendesse.

"Dannazione!" Pensò il ragazzo, gustando il sapore del suo stesso sangue.

Non ricordava di sentire il lupo così tanto impaziente di uscire da prima di Hogwarts. Forse sarebbe stato meglio se quella notte fosse stato solo...

Lily - spinta dal silenzio del ragazzo - si alzò di nuovo in piedi, uscendo dalla porta.

Qualche secondo dopo, Remus la seguì.

«Lily» la richiamò.

«Sì?» chiese la Grifondoro, voltandosi.

«Ho bisogno che tu mi faccia un favore»

[*]

Lily camminava a passo spedito per i corridoi della scuola. Aveva eluso magistralmente ognuno degli appostamenti dei Malandrini - ansiosi di conoscere cosa passasse per la testa dell'amico - dirigendosi poi decisa da uno dei due Prefetti di Tassorosso, cui chiese di andare nella propria sala comune e dire a Ninfadora Tonks che doveva parlarle.

Un quarto d'ora più tardi, Tonks raggiunse la ragazza in un corridoio deserto.

«Ehi, Lily! Jimmy ha detto che volevi parlarmi. Ti spiace se rimandiamo tutto a dopo? Ho Erbologia, e se manco ad una delle lezioni del capo della mia Casa...» iniziò, imbarazzata.

Lily le sorrise.

«Non preoccuparti per Erbologia. Ho parlato con la Sprite, dicendole che se fossi arrivata in ritardo, la colpa sarebbe stata completamente mia per averti trattenuta».

La Metamorfomagus si rilassò visibilmente.

«Meno male! Non che avessi intenzione di arrivare in ritardo, è chiaro... Ma è bello sapere di avere una scusa, nel malaugurato caso dovesse accadere!» esclamò, sollevata. «Che devi dirmi, comunque?».

Lily si mostrò lievemente imbarazzata.

«In realtà non ho nulla da dirti. Non io, almeno. Vedi, sono qui "su commissione"» spiegò.

Tonks si accigliò.

«Commissione? E di chi?» chiese, confusa.

«Di Remus...».

L'espressione confusa della ragazza lasciò immediatamente il posto ad un cipiglio seccato.

«Ah, no! Non voglio sentire un'altra stupidaggine come quella della notte scorsa - anche se viene detta attraverso di te. Perciò se sei venuta qui per... Non so, supportarlo, o...» iniziò, girandosi e dirigendosi rapidamente a lezione.

Non avrebbe perso altro tempo dietro a quel lupo mannaro cocciuto.

Lily fu al suo fianco in un baleno.

«Sono qui perché Remus mi ha chiesto un favore, Tonks. Dice che aver affrontato te e Sirius gli ha dato modo di pensare attentamente a quanto successo tra voi ieri sera. E di aver preso una decisione» le disse.

Tonks si fermò, guardandola. Non aveva idea di cosa intendesse dire Lily - o meglio, Remus - quando diceva di aver "affrontato" Sirius, e non le importava nemmeno più di tanto, ma non poteva negare di essere incuriosita - e sì, anche spaventata - dal significato del resto della frase.

«E come mai non è venuto lui stesso a dirmi queste cose? Il grande Remus Lupin ha forse paura di affrontare una ragazza che lui stesso ha fatto arrabbiare?» sibilò sprezzante.

Lily si guardò intorno, e quando si fu accertata che nel corridoio non ci fosse nessuno a parte loro, bisbigliò: «L'avrebbe fatto più che volentieri, Tonks. Ma stanotte sarà plenilunio, e Remus ha bisogno di racimolare il maggior numero di forze possibili, così da essere in grado di affrontare la trasformazione al meglio. Forze che spesso non gli bastano comunque, nonostante passi quasi tutta la giornata a letto... Fidati, questo non è il momento migliore per affrontare una discussione con lui».

Tonks si diede mentalmente dell'idiota. Aveva completamente dimenticato che quella notte ci sarebbe stata la luna piena. Chissà come doveva sentirsi Remus...

Scosse il capo per schiarirsi le idee.

"Concentrati, Tonks!" si disse. "Tu sei arrabbiata con lui!".

Poi l'immagine del ragazzo steso a letto - probabilmente ancora più pallido e malaticcio del solito - le si parò davanti agli occhi, e tutta la sua rabbia svanì.

«Tu hai potuto parlargli, però...» mormorò, piano.

La ragazza le posò una mano sul braccio in un gesto amichevole.

«Solo perché me l'ha permesso lui. Sono più che certa che avrebbe preferito molto di più poter parlare direttamente con te».

Tonks annuì mogia.

«Quando potrò parlargli, allora?» chiese.

«Mi ha chiesto di dirti di aspettarlo domani mattina al lago».

Tonks sgranò gli occhi.

«Domani mattina?! Ma sarà distrutto!» esclamò, scioccata.

Lily sorrise nuovamente, una scintilla gentile negli occhi smeraldini.

«Dubito accetterebbe di aspettare anche solo un paio d'ore in più».

Detto questo, la Grifondoro si voltò, lasciando Tonks libera di andare a frequentare una lezione di cui - inutile dirlo - non riuscì a seguire alcunché.

[*]

Tonks continuò imperterrita a passeggiare avanti e indietro sulla riva del lago, lanciando occhiate in giro con aria nervosa. Che si fosse trattato solo di uno scherzo di pessimo gusto?

Scacciò immediatamente quel pensiero. Era impossibile che Remus avesse deciso di farle una cosa del genere, giusto?

Sbuffò, guardando l'ora.

«Oh, al diavolo...» sbottò, pronta a dirigersi nuovamente al castello.

Evidentemente aveva nuovamente dato troppo credito alle parole del Malandrino.

«Ah, vedo che il mio ritardo non è passato inosservato come speravo...».

La ragazza si voltò verso la voce, e il colore le sparì quasi completamente dal viso.

Remus, pallido come mai l'aveva visto prima, stava zoppicando verso di lei. Sulla sua guancia, appena sotto all'occhio, faceva bella mostra di sé un profondo taglio - provocato senza ombra di dubbio da una zampa dotata di unghie affilate. Dalla rigidità dei suoi movimenti, Tonks era pronta a scommettere che quello fosse solo il primo di molti altri...

«Merlino, che ti sei fatto?» sussurrò, avvicinandogli preoccupata.

Il licantropo si esibì in uno dei suoi sorrisi - anche se più tirati del solito.

«Ero più nervoso del solito, tutto qui. E in realtà... - disse indicando il taglio sulla guancia - Questo è opera di Sirius. Avevamo ancora un po' di tensione irrisolta da un recente scambio di battute sulla Torre di Astronomia, così... Beh, diciamo solo che ieri notte Ramoso e Codaliscia hanno dovuto fare un po' da pacieri. Ma non preoccuparti: stanno tutti bene. Qualche graffio e livido, ma nulla di più serio» s'affrettò ad aggiungere.

Tonks non lo ascoltava nemmeno; si era avvicinata per togliergli il sangue - che ancora fuoriusciva lentamente dalla ferita - dalla guancia, ma Remus le fermò delicatamente la mano.

«E' meglio di no, Dora. Il rischio di contagio...» tentò.

«So come funziona, Remus. Non sono stupida. Ma io non ho alcuna ferita aperta, e di sicuro non mi sono trasformata in un vampiro dall'ultima volta che ci siamo visti» ribatté, fissandolo seria.

Remus la lasciò andare, permettendole di sfiorargli leggermente i bordi frastagliati del taglio infertogli da Sirius.

«Sei stato in infermeria?» chiese la ragazza, pulendosi le dita sui pantaloni.

Le tremava la voce.

«Ho tutto il tempo di andarci dopo. Prima dovevo vederti» rispose il licantropo, serio.

«Beh, sono qui» disse Tonks, fissandolo.

Remus esitò.

«Sono venuto per scusarmi per l'altra sera. Vorrei poter attribuire ogni parola e ogni gesto all'avvicinarsi della luna piena, ma non posso: le cose che ho detto erano completamente opera mia. Credevo che rivelarti quello che provo per te mi avrebbe permesso di affrontare il mio destino senza alcun rimpianto, ma mi sbagliavo. Mi sbagliavo, mentre tu e Sirius avevate entrambi ragione: da quando sono stato morso non ho fatto altro che vivere nella paura di ciò che avrei potuto fare ad altre persone durante la luna piena; di ciò che gli altri potevano pensare di me e della mia natura... Sopravvivevo, invece di vivere».

Tonks esitò a sua volta.

«Allora cambierai il tuo modo di porti verso il mondo? Oppure la tua è una semplice realizzazione, destinata comunque a non avere alcun peso sulle tue azioni future?» chiese.

Il licantropo passò distrattamente una mano sul taglio alla guancia - accorgendosi con sollievo che aveva smesso di sanguinare.

«Io... Io ritengo che il punto di fare simili realizzazioni sia proprio quello di utilizzarle, poi, per "cambiare rotta". Anche se non completamente. Non posso impedirmi di temere il giudizio degli altri, o il mio alter ego animale. Quindi penso che la prima cosa da fare, per me, sia quella di ricominciare da capo» disse cauto, e le tese la mano. «Piacere, Remus Lupin. Anche conosciuto come Lunastorta, o il lupo mannaro idiota che ha avuto bisogno di una rocambolesca zuffa con uno dei suoi migliori amici per riuscire a vedere quanto la propria visione del mondo fosse distorta».

Tonks strinse la mano di Remus, vagamente divertita.

«Il piacere è mio, Remus. Io sono Tonks, ma tu puoi chiamarmi Dora. Metamorfomagus imbranata, e cugina dello stesso ragazzo con cui hai ingaggiato quella rocambolesca zuffa».

Remus sorrise imbarazzato.

«A costo di apparire sfacciato, posso chiederti di accompagnarmi ad Hogsmeade, Dora?»

«Pensavo di aver già accettato».

Il licantropo scosse la testa, ammonitore.

«Ah-ah. Quello era prima. Nuovo inizio, ricordi?» le disse.

Tonks ridacchiò.

«Molto bene. Allora sì, Remus. Mi farebbe immensamente piacere. E no, non sei affatto sfacciato. Ma devo chiederlo: in che veste me lo stai chiedendo? In quella di amico, di Malandrino desideroso di far ingelosire le sue ammiratrici...?».

Per tutta risposta Remus le si avvicinò e le chiuse delicatamente la bocca con la propria.

«In quella di ragazzo follemente innamorato di una meravigliosa Ninfa» le disse guardandola.

Tonks era come pietrificata. Aveva forse sognato?! Era probabile - si disse - dato che aveva praticamente passato la notte in bianco, pensando a quello che Remus avrebbe potuto dirle. Forse se l'era solo immaginato. Eppure tutto le era sembrato così maledettamente vero...

«Va tutto bene, Dora?» chiese il licantropo, curioso.

Lei lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.

«Una meraviglia...» sussurrò sognante.

Lui sorrise.

«Ti chiedo perdono. Non avevo intenzione di scioccarti in questo modo» si scusò.

La ragazza notò vagamente che i suoi capelli stavano assumendo tutti i colori possibili - e probabilmente anche quelli impossibili.

«Mi hai… Mi hai baciata?!» esclamò, la voce stranamente acuta.

Remus annuì con aria assorta.

«Sì, penso proprio di averlo fatto. Ma se non ne sei sicura, posso sempre rifarlo...» ghignò.

Tonks arrossì fino alla punta dei capelli.

«Lo rifaresti?» chiese diffidente.

Di nuovo, Remus sorrise.

«Ogni momento».

Per Tonks fu troppo, e dovette appoggiarsi al faggio dietro di lei.

«Che significa questo, Remus? Come mai improvvisamente il pensiero di essere trovato da Greyback non ti spaventa più al punto di voler allontanare tutto e tutti da te?» chiese, con un filo di voce.

Il ragazzo le si avvicinò di nuovo.

«Te l'ho detto: ho avuto modo di pensare alle tue parole, e di accettarle. Il resto è venuto da sé».

Tonks provò l'irrefrenabile impulso di correre per chilometri urlando di gioia.

«Vuol dire che starai con me? Voglio dire... Davvero insieme?»

«Finché mi vorrai».

Il sorriso della ragazza venne per un istante offuscato dalla preoccupazione.

«E che accadrà quando - e se - Greyback scoprirà che qualcuno si è intromesso tra voi? Non pensi ti darà la caccia con maggiore impegno, furioso con te per averlo permesso?» chiese, allarmata.

«Oh, ne sono più che certo» replicò Remus tranquillamente, prendendole il volto fra le mani. «E quando verrà a prendermi, gli dimostrerò che niente e nessuno - nemmeno lui - potrà mai portarmi via da te».

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


Tonks sgranò gli occhi, sotto shock.

«Che vuoi dire? Non vorrai batterti con lui, spero!» pigolò.

Remus si fece serio.

«Devo farlo, Dora. Voglio essere libero. Beh, relativamente libero, ovviamente... Ma pensa questo: se dovessi riuscire, la licantropia sarà l'unica cosa che potrà seriamente ostacolare il mio futuro - e il fatto che io sia a Hogwarts dimostra quanto, con le dovute misure, questo possa essere evitato» disse.

Tonks si sedette lentamente a terra.

«Non avrei mai creduto che mi avresti presa alla lettera, quando ti ho detto di combattere per la tua libertà» ammise sorridendo.

«E' risaputo che gli innamorati sono tremendamente idioti» replicò il licantropo, con aria risaputa.

La ragazza ridacchiò.

«Ti stai dando dell'idiota?»

«Assolutamente».

Tonks lo fissò, gli occhi scuri che le brillavano.

«Tu sei completamente matto...» gli rivelò.

Remus si sedette con cautela accanto a lei.

«Comincio a crederlo anche io, sai? Ma ora ho bisogno che tu sia all'altezza di una vera Malandrina, facendomi un unico favore».

«Un favore di che tipo?»

«Non dovrai dire a nessuno quello che è accaduto qui stamane. Nemmeno agli altri».

Tonks assunse un'aria delusa.

«Perché no?».

«Perché meno persone lo sanno, meno probabilità ci sono che Greyback arrivi a saperlo a sua volta. Ho bisogno di tempo, per prepararmi a dovere ad un inevitabile scontro» rispose il licantropo. «Non di molto, è chiaro. Ti chiedo solo di avere un po' di pazienza. Non te lo chiederei, se non lo ritenessi davvero necessario».

Tonks annuì.

«D'accordo. Sarà il nostro piccolo segreto» ammiccò.

Remus sorrise felice, rialzandosi in piedi.

«E' ora che vada. Madama Chips mi starà sicuramente cercando, e l'ho fatta attendere fin troppo. Sarà furibonda per la mia assenza dall'infermeria».

Anche Tonks si alzò.

«Beh, avevi un'ottima scusa per ritardare l'incontro»

«La migliore che esista» aggiunse lui.

[*]

«Perciò... Non dovrò dire nulla?» chiese Tonks, mentre si avviavano al castello.

«Nulla. Né quello che ho intenzione di fare, né quello che ci siamo detti» confermò Remus.

Tonks si imbronciò.

«Peccato però... Avrei tanto voluto vedere la faccia di certe studentesse...» borbottò.

Il ragazzo rise.

«Quando lo diremo sarà spettacolare, puoi contarci. Specialmente se saranno gli altri ad "organizzare l'annuncio". Varrà sicuramente l'attesa» le disse divertito.

Decisamente più sollevata, Tonks sorrise radiosa.

«Bene. Non vedo l'ora di constatare con i miei occhi la spettacolarità della cosa».

Erano arrivati nell'atrio del castello, e Tonks si guardò intorno con circospezione.

«Pare che non ci sia ancora nessuno sveglio»

«E' il bello dell'alba. Molto utile, se devi andare in infermeria mentre sei ricoperto di tagli e graffi sanguinanti» ammise Remus.

La ragazza gli scoccò un'occhiata maliziosa.

«O se devi salutare il tuo amante segreto, senza paura che qualcuno possa scoprirvi».

Detto questo si mise in punta di piedi e lo baciò delicatamente.

«Buongiorno, monsieur Lunastorta» sussurrò, prima di voltarsi e avviarsi verso il proprio dormitorio.

Remus rimase ancora qualche istante nell'ingresso, pietrificato dalle sensazioni che provava: gioia, divertimento, paura... Libertà. Si scoprì a sorridere come mai aveva fatto fino a quel momento. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere perché quella meravigliosa sensazione non lo abbandonasse mai - a costo di perdere la sua stessa vita.

Si avviò verso l'infermeria senza smettere di pensare a Tonks, e a quanto si innamorasse di lei ogni volta che la vedeva. Non si curò nemmeno del fatto che - molto probabilmente - Madama Chips lo avrebbe rimproverato per la sconsideratezza di ritardare al loro appuntamento mensile, costringendolo poi a letto per chissà quanto tempo. Non gli importava. Come poteva, quando si sentiva come una foglia nel vento - privo di qualunque preoccupazione e pensiero? In quel momento era solo Remus John Lupin, un normalissimo ragazzo di diciassette anni, innamorato di un tornado dai capelli rosa e l'equilibrio precario di un Ippogrifo su due zampe.

Si accorse che Madama Chips gli stava parlando solo quando la donna gli sventolò una mano davanti agli occhi.

«Ehi, giovanotto! Sei tra noi?» chiese la donna, iniziando a preoccuparsi che Remus avesse battuto duramente la testa durante la notte precedente.

«Cosa? Oh, sì... Sì, sono qui» rispose Remus, riscuotendosi.

Madama Chips si mise le mani sui fianchi, severa.

«Hai capito quello che ti ho detto?».

Il ragazzo arrossì imbarazzato.

«Mi spiace, no».

L'infermiera di Hogwarts sospirò platealmente.

«Fila a letto signor Lupin, prima che ti ci costringa io stessa! Su, su, muoversi! Per stamane te ne sei stato a zonzo anche troppo!» esclamò, consegnandogli un pigiama e guidandolo verso uno dei letti in fondo alla sala - circondato da tende.

«Mi chiedo cosa accada a voi ragazzi, una volta arrivati al settimo anno! Vi instupidite tutti, non uno escluso!» borbottò, secca.

Ma Remus non l'ascoltava già più: si era steso sul letto a fissare sognante le tende bianche, in preda a un'euforia indescrivibile.

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


James, Sirius e Peter fissavano da diversi minuti il loro amico Remus, che da qualche giorno si comportava in modo davvero molto strano: era perennemente perso nei suoi pensieri, non mostrava il minimo interesse per le loro buffonate...

«Ehm… Lunastorta?» chiese James, avvicinandosi al ragazzo.

Il licantropo si riscosse.

«Sì?».

James lanciò un'occhiata a Sirius e Peter, che gli fecero segno di proseguire.

«Ascolta... Abbiamo notato che non sei molto in te, ultimamente. Forse un salto nelle cucine ti farà bene, che dici? Facciamo una razzia di cioccolato e poi ci chiudiamo nel nostro dormitorio a mangiarlo fino a stare male, eh?» propose, sorridendo nervoso.

Remus si alzò, scuotendo il capo.

«Scusa Jamie. Ma non ho molta voglia di mangiare cioccolato, ora. Se mi cercate sarò al rifugio, okay?».

E sparì dal buco del ritratto.

Sirius, Peter e James si guardarono, scioccati.

«Andiamo da Silente».

[*]

«Questa storia non mi piace per niente. Remus che non ha voglia di cioccolato?!» esclamò Sirius, facendo di corsa le scale che conducevano all'ufficio di Silente.

«Cosa gli sarà preso?» piagnucolò Peter, arrancando dietro ai due amici.

«Non ne ho idea, ma voglio vederci chiaro» borbottò James, bussando alla porta di Silente.

Il preside li accolse con un'espressione perplessa.

«E’ successo qualcosa, ragazzi?» domandò.

Eppure non aveva udito la professoressa McGranitt - o un altro insegnate - urlare davanti all'ennesima bravata del gruppetto...

«In realtà sì, signore. Remus non vuole più mangiare cioccolata» esclamò Sirius, un'espressione grave sul viso.

L’affermazione cadde nel silenzio - interrotto ancora una volta dal vecchio ritratto di Phineas Nigellus, che borbottò nuovamente qualcosa sulla pazzia che doveva aver colpito il bis-bis nipote.

Albus Silente lo ignorò, e si schiarì la voce.

«Il signor Lupin...? Beh, sono certo che per voi sia un problema incredibilmente grave, e da non sottovalutare, ma... Credo che Madama Chips sia molto più qualificata di me in questo genere...» disse, benevolo.

James scosse il capo.

«Non è solo questo, signore. E’ che… E' strano, ultimamente. Sulle nuvole, persino» aggiunse.

Il preside rimase alcuni istanti in silenzio, poi sorrise.

«In tutta onestà, il signor Lupin non sembra essere il primo a mostrare un simile comportamento...» disse, criptico.

I tre ragazzi si scambiarono un'occhiata, sempre più preoccupati. Significava forse che c'era qualcosa, ad Hogwarts, che stava contagiando gli studenti?

«Dice sul serio?» chiese Peter.

«Assolutamente. Ieri, per farvi un esempio, è venuta la signorina Jenkiss. Anche lei era molto preoccupata per un cambiamento avvenuto nella sua migliore amica. Mi ha detto di aver domandato delucidazioni a Madama Chips, inizialmente, ma di non aver ottenuto altro che uno sbuffo e un'espressione rassegnata in risposta» replicò Silente, mantenendo un tono di voce pacato.

James aggrottò la fronte, confuso.

«E chi sarebbe?».

Non ricordava di averla mai sentita. Forse era una ragazza al primo o al secondo anno?

«E’ una compagna di Tonks» rispose Sirius, che più volte aveva visto la cugina e Miranda Jenkiss in giro per il castello - immerse in chiacchiere su chissà cosa.

Silente annuì.

«Precisamente. Come vi dicevo, a quanto sembra anche la signorina Tonks ha iniziato a mostrare un comportamento simile a quello del vostro amico».

Sirius sbuffò divertito.

«Ninfadora è sempre sulle nuvole. E' fatta così» borbottò.

«La signorina Jenkiss non la pensa in questo modo» disse Silente.

I tre ragazzi sgranarono gli occhi, colpiti dal medesimo pensiero.

«Lei crede... No... Insomma, ce ne saremmo accorti!» esclamò James, incredulo.

«Avanti! Sappiamo che a Remus piace Tonks, ma ci avrebbe detto se le cose fossero progredite!» aggiunse Sirius, convinto.

«Inoltre, Remus non farebbe mai niente di così sconsiderato come iniziare ad uscire con qualcuno. Non sapendo che Greyback...».

Peter Minus si tappò la bocca, mentre Sirius e James gli lanciavano uno sguardo omicida.

Il sorriso svanì dal volto di Silente.

«C'è qualcosa che dovrei sapere sul signor Lupin e Fenrir Greyback, ragazzi? E vi ricordo che sono un discreto Legilimens...» domandò, fissandoli tutti e tre da sopra gli occhiali a mezzaluna.

Sirius lanciò un’ultima occhiata puro veleno al più basso dei suoi amici, poi si schiarì la voce e disse: «Ecco, deve sapere che Remus ha un problemino...».

[*]

Lily e Lidia passeggiavano per i corridoi del castello, godendo del tempo lasciato libero dalle lezioni.

«Ho sentito che Sirius e gli altri sono da Silente» disse Lidia.

Lily sospirò.

«Che hanno combinato, stavolta?» chiese, esasperata.

«A dire il vero, non penso siano là per qualcosa che hanno fatto. Voglio dire, non abbiamo sentito la McGranitt strillare...».

Le due ragazze scoppiarono a ridere.

«Possiamo chiedere a Remus se sa qualcosa. Prima ho sentito che sarebbe andato al rifugio» propose Lily.

«Ottima idea. Andiamo».

[*]

Trovarono il ragazzo seduto su uno dei pouf incantati, circondato da una marea di libri che - a giudicare dagli spazi vuoti nella libreria in fondo alla stanza - dovevano appartenere alla biblioteca personale dei Malandrini.

«Ciao Lidia. Lily» sorrise il licantropo, alzando gli occhi su di loro.

«Ciao. Sai per caso perché i ragazzi sono da Silente?» chiese Lidia, avvicinandosi.

Remus si corrucciò.

«Non ne ho idea» rispose.

«Credi abbiano combinato qualcosa?» domandò a sua volta Lily, imitando l'amica.

Il ragazzo scosse il capo, pensieroso.

«Lo escludo. Di solito mi coinvolgono per avere un alibi» mormorò.

Le due ragazze gli si sedettero affianco, e Lidia sbirciò curiosa il libro che Remus teneva tra le mani.

«Che stai leggendo?».

Remus fece spallucce.

«Stavo cercando qualche suggerimento che potesse aiutarmi a fare una certa cosa, ma mi sono perso a leggere questo manuale che ho trovato su uno degli scaffali più bassi. Probabilmente è lì dal primo anno» disse, mostrando alle due ragazze la copertina:

“BREVE GUIDA AI LUPI MANNARI”*
di Joachim Schepke

«Che cos’è?» chiese Lidia curiosa, prendendolo in mano ed iniziando a sfogliarlo.

«Da quanto ho capito dovrebbe essere una guida su come riconoscerci» rispose Remus, pensieroso.

«Proviamo a vedere se è affidabile?» chiese Lidia a Lily, con un sorrisetto.

«Se a Remus non dispiace...» replicò quest’ultima, lanciando un'occhiata al ragazzo.

Sapeva quanto fosse sensibile riguardo alla sua condizione...

Ma Remus scrollò le spalle.

«Figurati. Fate pure».

Le due si schiarirono la voce, iniziando poi a leggere.

«"E' sempre un uomo. Un maschio. Non esistono lupi mannari donna. Non ci sono mai stati"».

«Non posso esserne sicuro, ma non credo sia vero. Dubito, infatti, che possano attribuirci anche il fatto di essere sessisti» disse Remus con un sorrisetto divertito.

«"I tratti del volto sono sempre marcati: mascella forte, labbra spesse e naso robusto. Il pelo corporeo è presente anche sul ventre e talvolta sulla schiena. Le sopracciglia sono unite e la barba cresce folta”. Non mi sembra...» mormorò Lidia, squadrandolo dalla testa ai piedi con occhio clinico.

«Credo sarai d’accordo con noi, se non ti costringiamo a spogliarti per mostraci se hai del pelo sulla pancia e sulla schiena, Remus» aggiunse Lily, ridendo.

«Completamente d'accordo, in effetti. Temo che la visione delle numerose cicatrici possa rovinare la leggerezza del clima» replicò il licantropo, una punta amara nella voce.

«“Fisico simile a quello di un pugile: magro e molto forte. Questo in via del tutto indipendente dall'alimentazione o dall'attività fisica". Questo è vero, però» disse la Corvonero, studiandolo nuovamente.

«Non giochi a Quidditch, eppure hai una linea invidiabile» confermò Lily, ridendo di nuovo.

«Quasi più della metà di quello che mangio viene bruciata durante le trasformazioni, quindi...» mormorò Remus, improvvisamente imbarazzato.

«“Quasi tutti i lupi mannari hanno gli occhi verdi. Nessuno sa il perché”».

«So che Greyback li ha azzurri, quindi potrebbe non essere vero. D'altro canto, c'è scritto: "Quasi tutti"...» mormorò il ragazzo, corrucciandosi pensieroso.

Lidia rise.

«Non si sta rivelando una buona guida, vero?»

Anche Remus e Lily risero.

«No, infatti» confermò il licantropo.

«La trovo più che altro divertente. Che dice poi?» chiese Lily.

«“Le mani sono grandi e le unghie scure. L'anulare è spesso un po' più lungo di quello che dovrebbe”. Hmm... A parte la cosa delle unghie il resto mi pare abbastanza corretto» disse Lidia.

Remus si studiò immediatamente la mani con un cipiglio preoccupato.

Lidia rise di nuovo, leggendo la riga sottostante.

«“Le orecchie sono leggermente appuntite. Non sempre grandi”».

«Mi sta raffigurando come un mostro. Un vero toccasana per l'autostima» brontolò il ragazzo.

Lily assunse un'aria da professoressa.

«Ah-Ah! Rimanga concentrato, Lupin. Direi che questa è corretta, lei che dice signorina Rosie?»

«Completamente d’accordo con lei, signorina Evans» rispose Lidia, anche lei in un tono forzatamente professionale.

Remus alzò gli occhi al cielo.

«Avrei fatto meglio a non mostrarvi quel libro...» sospirò.

«Però l'hai fatto» ghignò Lidia.

Si mise più comoda sul pouf e continuò: «“Sebbene non sia detto che debba per forza trattarsi di un uomo enorme, un mannaro è sempre ben piantato: difficile che sia sotto il metro e ottanta”. Questo è vero».

«“L'unico modo per diventare lupo mannaro è nascere lupo mannaro: non esiste la possibilità di venire contagiati attraverso il morso, sempre che rimanga qualche cosa di voi”» lesse Lily.

Remus sbuffò infastidito.

«Magari…» borbottò.

«“Un lupo mannaro non vive in eterno, invecchia e alla fine muore. Con il progredire della vecchiaia si trasforma sempre meno e a un certo punto non lo fa più”».

Il licantropo scattò in piedi, come punto da un insetto.

Lily e Lidia sussultarono per il movimento improvviso, e osservarono il ragazzo avvicinarsi al tavolo dove c'erano i calderoni e l'occorrente per creare delle pozioni.

«Che fai?» chiese Lidia, confusa.

«Non è ovvio? Preparo una Pozione Invecchiante!» replicò Remus, sorridendo alle due ragazze con l'aria di chi sa benissimo che quella soluzione non porterà a niente.

Lily gli restituì il sorriso.

«Se proprio ce ne sarà bisogno, la preparerò io, Remus. Pozioni non è decisamente la tua materia» gli ricordò, prima di prendere il libro dalle mani dell'amica. «Hmm... Questo dovrebbe interessarti, Lidia: “Gli animali impazziscono quando ne vedono uno, specialmente i cani”».

Il licantropo sbuffò nuovamente.

«Spero non vogliate darmi la colpa anche di questo... Perché mi spiace dirvelo, ma Felpato è fuori di testa dalla nascita».

Lidia sorrise rassicurante.

«Non preoccuparti. Ne sono ben consapevole».

«“Tendenza a parlare da soli. Ma non elencandosi ad alta voce le commissioni da sbrigare. I mannari parlano ad un pubblico immaginario e talvolta ridono”» continuò Lily.

«Ci manca solo questo...» mormorò Remus, cominciando a raccogliere i libri.

«"Sono caratterialmente incapaci di lasciar perdere una questione qualsiasi: finché non trovano una soluzione continuano ad esserne ossessionati"».

«Ahimè! Mi riconosco colpevole. Ma giuro: credevo di essere semplicemente testardo!» ammise il ragazzo, posandosi una mano sul cuore con finta aria afflitta.

«“Indole solitaria e aria assente. I lupi mannari non sono maleducati, solo si fanno gli affari loro e sono sempre persi nelle loro elucubrazioni.” Questo si avvicina molto a quello che sei tu» disse Lily, sincera.

«Ah, grazie...».

«“Non stanno mai fermi. Seduto a un tavolo, un mannaro muove sempre le gambe e ogni tanto si stira o fa 'scricchiolare' le giunture. Se gli arrivate da dietro se ne accorge e si gira di scatto”».

«Non mi giro di scatto!» esclamò Remus, piccato.

«Tutto il resto però è vero. Ed è vero che te ne accorgi, se qualcuno ti arriva alle spalle» replicò Lidia, onesta.

Il licantropo si grattò l'orecchio.

«Che c'entra...».

«“Quasi sempre hanno un mestiere che consente loro di stare soli ed essere padroni di se stessi”».

«Significa che ci è concesso di lavorare?» chiese amaramente il ragazzo, sistemando i libri raccolti al loro posto.

Lidia lo osservò.

«Io penso che saresti un ottimo insegnante» disse, sincera.

Remus si lasciò sfuggire una risata tutt'altro che allegra.

«Certo... Magari di Difesa Contro le Arti Oscure».

Lily si corrucciò.

«Non ci scherzerei tanto sopra, fossi in te. Entrambe ti ci vedremmo più che bene»

«Oh, avanti! Quando mai si è vista una creatura oscura insegnare come difendersi da quelli come lei?» replicò il ragazzo, serio.

«Mai. Ma non significa che non possa accadere. Nessuno pensava che un lupo mannaro potesse frequentare Hogwarts, eppure eccoti qui. Sono certa che Silente sarebbe più che felice di concederti quest’occasione, Remus» disse Lidia, convinta.

Remus non rispose subito.

«Sì, beh… Non possiamo saperlo, vero? Ci toccherà aspettare e vedere».

[*]

Silente si appoggiò allo schienale della sua poltrona. Se quello che quei tre ragazzi gli avevano detto era vero - e non lo dubitava affatto - doveva immediatamente agire di conseguenza.

«Credo comprendiate che adesso è di vitale importanza che io parli con il signor Lupin...» disse.

I tre Malandrini annuirono mestamente.

«Certo, signore. Gli diremo di venire immediatamente qui» mormorò Sirius, aprendo la porta per sé e gli amici.

Di nuovo fuori dalla porta, James si passò una mano tra i capelli in un'abitudine che non aveva mai perso completamente.

«Stavolta Remus ci ammazzerà».

 

 

 

****Note dell'autrice****

*Direttamente dal sito: "Dal Tramonto all'Alba".

http://www.daltramontoallalba.it/criptozoologia/lupomannaro3.html

♥lady

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Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


«Ad ogni modo, che altro c'è scritto su quella brutta imitazione di un manuale?» chiese Remus, sedendosi di nuovo.

Lidia - ripreso il libro dalle mani di Lily - girò le pagine, assorta.

«Vediamo... "Quasi sempre abitano in un posto dove nessuno si faccia gli affari loro"» lesse.

«Vero. E' stata una delle poche costanti di tutti i nostri trasferimenti. Per esempio, so che la casa dei miei genitori si trova sulla spiaggia, a diversi chilometri dalla città in cui vivono ora» confermò Remus, con una nota triste nella voce.

Lily gli posò una mano sul braccio.

«Quando te la sentirai di andare a trovarli, sappi che saremmo tutti più che felici di accompagnarti».

Remus mise la mano su quella della ragazza, con un sorriso.

«Grazie» disse soltanto.

Lidia nel frattempo continuò a scorrere la lista riportata sul manuale, fermandosi pochi secondi dopo con un ghigno.

«Questo è vero!» esclamò.

«Cosa?» chiesero Lily e Remus all'unisono.

«"La loro mentalità maniacale li porta spesso ad essere molto più sapienti di quello che sembra"».

Remus piegò il capo da un lato.

«Pensi che abbia una mentalità maniacale?» chiese, interessato.

Lidia fece un gesto di stizza con una mano.

«Certo che no! Intendo dire che sei più intelligente di quello che sembri» sbottò.

Il ragazzo annuì lentamente, pensieroso.

«Capisco... Quindi, in pratica, mi stai dicendo che sembro un idiota» mormorò, nascondendo a stento un sorrisetto.

Era divertente vedere Lidia cercare le parole giuste per spiegare ciò che intendeva senza rischiare di ferirlo, pensò con un ghigno.

Lidia si schiarì la voce, in imbarazzo.

«Beh, andiamo… Andiamo avanti» pigolò.

«"Umorismo. Bizzarro e macabro, da far gelare il sangue"»

«Addirittura?» rise Remus.

Lily fece spallucce.

«In effetti a volte te ne esci con certe battute…».

Lidia ridacchiò, mostrando il libro a Lily.

«Questo dovremmo chiederlo a Tonks...» disse.

Dopo aver letto quello che l'amica le indicava, anche Lily si lasciò sfuggire una risatina.

«Assolutamente» convenne.

«Che c'entra Dora?» domandò il licantropo, confuso.

Lily e Lidia lo fissarono con gli occhi che brillavano.

«Dora?!» chiesero in coro.

All'improvviso il libro fu l'ultimo dei loro pensieri, e Remus si diede mentalmente dell'idiota.

«Da quando la chiami così?» s'informò Lidia, interessata.

«Ecco, io e lei… Insomma, noi… Abbiamo deciso di iniziare a vederci» ammise il ragazzo alla fine, con un sospiro.

Le due ragazze sorrisero felici.

«E' stupendo, Remus! E da quando?» domandò Lidia, eccitata.

«Scommetto dall'altra mattina, vero?» le fece eco Lily, allegra.

Remus si grattò la testa, imbarazzato.

«Sì, è una cosa ancora piuttosto fresca. E vi pregherei di non dirlo a nessuno. Devo prima sistemare un paio di cose, e rendere "ufficiale" la nostra relazione potrebbe impedirmelo. Dora è d'accordo con me, quindi...».

Si schiarì la voce, tentando di cambiare argomento.

«Comunque, cos'è che dovreste mostrarle?».

Lidia ghignò.

«Oh, nulla di importante... Solo questa annotazione: "Intenso desiderio sessuale"».

Il viso di Remus divenne scarlatto.

«Non vorrete davvero… Non crederete sul serio…!» balbettò.

Lily gli batté un altro paio di colpetti rassicuranti sul braccio.

«Tranquillo, il tuo segreto è al sicuro, con noi» gli promise, ammiccandogli.

Il licantropo si agitò nervoso, sporgendosi per leggere la riga successiva.

«Ehm… Guardate, c'è dell'altro» disse, le guance ancora di un tenue color rosa.

«"I lupi mannari fanno spesso a botte e picchiano moglie e figli quando li hanno. Spesso sono alcolizzati e la gente impara a star loro lontana, specialmente quando sono poveri e non occupano posti importanti"» lesse Lidia.

«Non so nulla della prima parte, ma per quanto riguarda la seconda... Non a molti piacciono quelli come me» mormorò il ragazzo, l'imbarazzo e il buonumore svaniti completamente.

Lidia passò il manuale a Lily, che lo sfogliò con aria interessata.

«Parla anche della trasformazione... "La trasformazione è volontaria quanto può esserlo una sbronza durante un banchetto: si comincia a bere volontariamente e ci si ritrova ubriachi senza averlo esattamente pianificato. Il mannaro, spesso durante notti buie e tempestose, cade in preda a pensieri violenti e sanguinosi finché talvolta la trasformazione si innesca. Talvolta la trasformazione avviene invece in via del tutto involontaria in seguito ad una feroce crisi di rabbia. La luna piena non c'entra nulla"».

«Se fosse vero le cose sarebbero molto più semplici. Mi basterebbe bere una Pozione Calmante ogni ora... Il resto comunque è quasi del tutto corretto, tranne la parte sulla sensazione che si prova nel trasformarsi. Posso assicurarvi che non è affatto piacevole. Come si può trarre piacere dal rimescolamento dei propri organi interni e dal fondersi e allungarsi delle proprie ossa?» sbottò Remus di malumore, leggendo a sua volta il manuale. «Anche la descrizione fisica di un lupo mannaro trasformato è piuttosto fedele. E quella del comportamento...».

Si corrucciò, scorrendo rapidamente il testo.

«Personalmente non ho alcuna esperienza in fatto di caccia. Ma considerando che qui sono riportate le medesime informazioni che vengono insegnate in ogni scuola, ritengo che possano dirsi corrette. Però non è vero che attacchiamo gli animali, se non troviamo delle persone. Preferiamo mordere e graffiare noi stessi. Sempre che, ovviamente, gli animali non ci attacchino per primi. In quel caso il discorso cambia completamente... Non è vero che riconosciamo la famiglia o i pochi amici; non riconosciamo nessuno. E non è vera nemmeno la storia sull'argento. Anzi! Mescolata al Dittamo, la polvere d'argento è l'unica cosa che possa chiudere una ferita da morso, evitando così la morte per dissanguamento» aggiunse poi, serio.

Le due ragazze lo osservarono per un po', in silenzio.

«Cosa?» chiese Remus, guardandole alternativamente.

«Niente. E' solo che ci chiediamo come tu possa dire di non aver alcun futuro come insegnante» rispose Lily, gentile.

Il ragazzo sorrise debolmente, abbassando gli occhi.

«Le mie conoscenze in merito a questo campo tenderebbero ad essere un po' troppo approfondite. La mia natura verrebbe scoperta nel giro di un paio di settimane, e allora...»

«Allora i tuoi studenti saprebbero di poter contare su un insegnante competente come nessun altro» s'intromise Lidia, decisa.

Remus scosse il capo di nuovo.

«Come dicevo prima, non posso fare altro che aspettare e vedere da che parte "tirerà il vento"...».

Per qualche minuto rimasero tutti e tre in silenzio, immersi nei loro pensieri, poi Remus restituì il libro alle due ragazze.

«Dov'eravamo?».

Lidia si riscosse.

«Vediamo... Alla "ritrasformazione" in essere umano. Dice ovviamente che avviene al contrario di quella in lupo, e che "Lascia il mannaro in preda ad una grandissima stanchezza ma anche ad una cupa, e profonda, soddisfazione. Questi sono i momenti nei quali il mannaro è più gentile e, a suo modo, socievole"» lesse.

Remus annuì.

«Nulla da obiettare».

«Però dice anche che "Difficilmente è in preda a sensi di colpa. Un lupo mannaro è un mostro anche quando è in forma umana: sa benissimo di essere quello che è e gli piace da matti"» si corrucciò Lily.

Il ragazzo fece spallucce.

«Probabilmente questo è vero per Greyback. Per me no di certo».

«"Le eventuali ferite rimangono ma poi si arginano in fretta e quasi a vista d'occhio"».

«Certo, come no...» borbottò Remus, massaggiandosi il polso contro cui si era particolarmente accanito nel corso dell'ultima luna piena - quando sia lui che un Sirius trasformato avevano deciso di "ritirarsi nei rispettivi angoli", dopo il loro piccolo diverbio.

«"Allo stesso modo in cui un ubriaco fa generalmente ritorno a casa sua prima che la sbronza sia finita, un lupo mannaro torna a ritrasformarsi in un luogo sicuro"» lesse Lidia.

«Di solito io non mi allontano mai dal luogo in cui mi sono trasformato in primo luogo, ma presumo che possa essere vero» disse Remus in tono vago.

Era meglio tacere, si disse, il fatto che lui e gli altri uscissero ormai regolarmente dalla Stamberga Strillante ad ogni luna piena per gironzolare per i prati del castello...

Lily lesse il titolo del paragrafo successivo e non poté evitare di ridere.

«"Cose da non fare". Dite che almeno queste saranno affidabili?» chiese.

«Non ci spererei troppo» replicò Lidia, divertita.

«Vediamo... "Essere odiosi ed avere un atteggiamento provocatorio. Un lupo mannaro, in forma umana, è permaloso e si ricorda benissimo di tutti i torti che gli fate"».

Remus sospirò.

«Potrebbe essere vero, se riconoscessimo chi ci circonda...».

«"Mettersi a urlare quando sentite l'ululato del lupo: gli si fanno le cose più facili a trovarvi"»

«Finalmente qualcosa di sensato» esalò il ragazzo, soddisfatto.

«"Essere gli ultimi del gruppo: di sicuro becca voi"»

«Questo sarebbe un avvertimento o un augurio?».

Lily dovette lasciare a Lidia il compito di leggere, perché le risposte di Remus non smettevano di farla ridere.

«"Andare in giro di notte nei boschi o in zone isolate"»

«Un altro ottimo consiglio. Sto iniziando a ricredermi...».

«"Credere che i lupi mannari non esistono"»

«Come non detto».

Anche Lidia smise di leggere, concedendosi una bella risata.

Remus ghignò.

«E immagino che come ogni manuale che si rispetti, citerà anche le cose da fare...».

Lidia controllò, poi annuì.

«"Quando si sente l'ululato del lupo, stare zitti e fermi. Cercate di capire se è un cane, un lupo vero oppure un lupo mannaro: l'ululato del lupo mannaro è infatti molto più breve di quello di un lupo, e ad un volume molto più alto. E' un suono graffiante che, più che ad un autentico ululato, assomiglia ad un urlo"».

Il ragazzo applaudì giocosamente.

«Un buon consiglio, unito ad una spiegazione dettagliata e corretta. Sono colpito...»

«"Valutare la distanza tra voi e lui. Se il lupo è molto lontano e un rifugio vicino, correte. Non preoccupatevi di fare rumore, correte e basta. Se entrambi, lupo e rifugio, sono lontani, sfuggite piano piano senza fare rumore. Espirate dentro al maglione per non trasmettere l'odore. Non pensate di esservi messi al sicuro guadagnando due o trecento metri: il lupo mannaro corre velocissimo anche in mezzo alla boscaglia, voi no. Tendete l'orecchio per captare un rumore di rami spezzati e di balzi pesanti"» lesse Lidia.

«Sono pronto a rimangiarmi tutti i commenti negativi che ho fatto su questo manuale...» ammise Remus.

«"Se il lupo è vicino, buttatevi a terra e non fate niente. Sperate che non si accorga di voi"»

«...O forse no. Dovevano intitolare quel paragrafo: "Cose da fare per farsi uccidere". Merlino, ho l'impulso irrefrenabile di andare a cercare l'autore di questo manuale e chiedergli quanto vino elfico abbia bevuto per scrivere questo enorme mucchio di stupidaggini» sospirò Remus, senza speranza.

Lily lo colpì giocosamente alla spalla.

«Lasciaci finire, Remus!».

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.

«Scusate».

Lidia si schiarì un'ultima volta la voce.

«"Conclusione: Non chiedetevi come fare a battere un lupo mannaro. Chiedetevi piuttosto se non siete mannari anche voi: forse il mondo non si divide in mannari e non mannari ma in uomini più o meno mannari della media. Chi può dirlo?"».

Finito di leggere, la ragazza chiuse il libro, e il crepitio del fuoco rimase l'unico suono nella stanza.

«Mi chiedo perché non uso certi libri per accendere il camino» disse alla fine Remus, grattandosi il mento.

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


«Voi credete che Remus sia ancora al rifugio?» chiese Peter, mentre lui e i suoi due amici si dirigevano a passo spedito verso la Stanza delle Necessità.

«Speriamo di sì. Non ho certo intenzione di rincorrere quel ragazzo per tutta Hogwarts. Preferisco dirgli tutto il prima possibile, sperando poi nella sua consueta clemenza» disse James.

Peter Minus si bloccò, e i due ragazzi impiegarono qualche istante ad accorgersi che l'Animagus non li stava più seguendo.

«Che succede Codaliscia?» domandò Sirius, perplesso.

Il ragazzo deglutì, improvvisamente nervoso.

«Devo… Devo fare una cosa. Ho dimenticato di scrivere a-a mia madre» spiegò rapidamente.

James e Sirius si scambiarono un'occhiata, confusi.

«E non puoi farlo dopo? Non credo ci metteremo molto con Remus, sai?» replicò James, tornando a guardare Peter.

Questi abbassò gli occhi.

«No, no... Lo so. Dico solo che le avevo promesso che le avrei scritto oggi, e...»

Sirius sospirò.

«Va bene! Se è così urgente, fai pure. Ma dopo raggiungici in Sala Grande, okay?» borbottò.

Peter annuì velocemente.

«Okay. A... A dopo».

E sparì dietro l'angolo.

James fece spallucce.

«A volte quel ragazzo è proprio strano...» mormorò, colpendo poi Sirius sulla spalla per attirare la sua attenzione. «Andiamo. Prima concludiamo questa storia, meglio sarà per tutti».

[*]

«Voi avete fatto cosa?!».

James e Sirius fissarono brevemente Remus, prima di tornare a concentrasi sui loro piedi.

«Senti, come potevamo sapere che non avevi nemmeno accennato a Silente del tuo piccolo problema con Fenrir Greyback? Voglio dire, supponevamo che non gli avessi raccontato proprio tutto, ma...» tentò di difendersi James.

«Inoltre, come pretendevi di tenergli nascosto una cosa del genere?» s'intromise Sirius, altrettanto coraggiosamente.

Remus si strofinò la fronte in un gesto di stizza.

«Non è detto che Silente debba sapere tutto! O volete dirmi che avete in programma di rivelargli anche del vostro essere diventati Animagi illegalmente?» chiese, fissandoli con gli occhi che mandavano lampi.

«Beh, no... Ma non stiamo parlando di quello! Stiamo parlando di te e di Greyback che ti dà la caccia da anni! Che c'è di male nel chiedere aiuto ad uno dei più grandi maghi del nostro tempo?» domandò James.

«Il fatto, James, che ora riterrà opportuno tenermi d'occhio ventiquattr'ore su ventiquattro, probabilmente affidando il compito di "sorvegliarmi" a quel Moody! Ci manca solo questo! Già quell'uomo mi odia... Non solo non sarò libero di fare quello che voglio, ma costringerò altre persone a mettersi in pericolo a causa di una faccenda che riguarda solo me e quel...».

Remus si interruppe, alzando le mani sconfitto e frustrato.

Lily approfittò del silenzio per parlare, con il chiaro intento di distrarre il licantropo dai pensieri che sicuramente stavano già iniziando ad affollargli la mente.

«Io non credo che ti odi, sai? Moody, intendo. Anzi, secondo me tu gli piaci. Ritengo che ti trovi interessante, sotto il punto di vista caratteriale, almeno» disse.

Remus sospirò, guardando nuovamente i due amici.

Non sembrava nemmeno aver sentito la ragazza.

«Suppongo che Silente voglia vedermi subito».

James annuì.

«Non appena ti avremmo trovato» confermò.

Il licantropo si guardò intorno, confuso.

«Peter?» chiese, resosi improvvisamente conto dell'assenza del ragazzo.

Sirius fece spallucce.

«Ha detto di dover assolutamente scrivere a sua madre. Più probabilmente non aveva alcuna intenzione di affrontare la tua reazione a qualcosa che - fondamentalmente - ha rivelato lui a Silente».

Remus sospirò nuovamente, avviandosi poi verso la porta.

«Vado da Silente. Ma il discorso non è chiuso, sia ben chiaro. Ne riparleremo al mio ritorno».

Lidia squadrò per qualche istante i due ragazzi rimasti.

«Siete davvero degli idioti» disse alla fine.

[*]

Remus bussò alla porta dell'ufficio di Silente, rendendosi conto quasi per caso come negli ultimi giorni ne fosse diventato un assiduo frequentatore.

«Avanti» rispose una voce dall'interno.

«Voleva vedermi, signore?» chiese, entrando.

Silente gli sorrise.

«Ah, Remus... Vieni, siediti pure».

Il ragazzo obbedì, e il preside lo osservò da sopra le lenti a mezzaluna.

«I tuoi amici si sono lasciati sfuggire quanto è accaduto - ripetutamente - due anni fa» iniziò, pacato.

Remus annuì, tenendo la testa bassa. Che senso poteva avere, ormai, negare?

«Non avrebbero dovuto. Non era mia intenzione rendere altri partecipi, signore» ammise onestamente.

Silente parve sorpreso.

«E per quale motivo, se posso chiederlo?».

Remus scrollò le spalle, concentrando la sua attenzione su Fanny, che lo osservava interessata dal suo trespolo.

«Il mondo magico sta combattendo una guerra che si prospetta essere destinata solamente a peggiorare, professore. Quanto può contare un problema come il mio, in confronto alla battaglia contro Voldemort?» sospirò.

«Molto più di quanto credi, Remus» replicò Silente, serio. «Quando tuo padre ti ha salvato dall'attacco di Greyback - impedendogli di portarti via con sé come ha fatto con tutti gli altri bambini che ha morso - ti ha concesso un'opportunità rarissima. L'opportunità di portare una speranza a chi, come te, ha subito un destino contrario. Ogni giorno dimostri che - seppur segnato da una tremenda maledizione qual è la licantropia - è possibile vivere una vita perfettamente normale, fatta di gioie e dolori per nulla dissimili da quelli delle altre persone. Ogni giorno che respingi l'istinto del lupo - che ti porterebbe a cercare i tuoi simili, per vivere come loro - dimostri non solo a te stesso e alle persone che ti amano, ma anche all'intero mondo magico che non tutti i lupi mannari sono come Fenrir Greyback. Così come l'esistenza di persone che scelgono di combattere per il bene dimostrano che non tutti i maghi sono come Voldemort. Capisci cosa voglio dire, Remus? Riesci a vedere le analogie?».

Il ragazzo annuì lentamente.

«Capisco perfettamente, signore. Ma nonostante le molte analogie che possono esistere tra le due situazioni, vi sono altrettante - se non di più - differenze. Prima fra tutte la differente concezione dei soggetti che combattono. Un mago che combatte per dichiarare la propria indipendenza da Voldemort - e che fallisce - rimane pur sempre un mago che ha combattuto per il bene. E' probabile addirittura che il mondo magico lo consideri un eroe. Un licantropo che combatte per fare lo stesso da Greyback - e che subisca la medesima sorte - rimane invece comunque un licantropo qualunque, considerato dal mondo magico solamente un lupo mannaro aspirante al ruolo di leader».

Finalmente il ragazzo alzò gli occhi sul preside.

«Per questo motivo non volevo - e non voglio tutt'ora - coinvolgere nessuno in questa storia. Perché chiunque dovesse scegliere di aiutarmi non rischia solo la propria vita, ma anche la propria reputazione».

Silente annuì lentamente.

«Capisco... Posso comunque domandarti come hai deciso di agire? Mi pare infatti di aver compreso che è cambiato qualcosa...».

Remus annuì, raccontando della sua intenzione di affrontare Greyback, nel caso in cui si fosse fatto vivo per "reclamarlo".

«E ancora non desideri l'aiuto dei tuoi amici?» gli chiese il preside, una volta che ebbe terminato.

Il ragazzo annuì di nuovo.

«So che può sembrare folle, e forse lo è davvero. Ma è necessario che si fidino di me e delle mie capacità» disse, sicuro di sé.

Silente lo studiò attentamente per qualche secondo.

«Forse i tuoi amici lo fanno, Remus. Ma chiediti questo: tu volteresti loro le spalle, sapendo che corrono un pericolo in grado di stroncare le loro vite? Non pensi che faresti di tutto per proteggerli, anche se questo ti mettesse a tua volta in pericolo? Perché vedi, è questo il bello dei veri amici: una volta che li accogli al tuo fianco, non sono più disposti ad abbandonarlo. Succede lo stesso con le persone che amiamo veramente e che ci amano con la stessa intensità. Un po' come la signorina Tonks, a quanto ho sentito dire» aggiunse, un luccichio divertito negli occhi azzurri.

Remus deglutì imbarazzato.

«E' per questo motivo che gli altri sono venuti qui, prima? Per dirle di me e di…»

«Mi hanno espresso il loro stupore in relazione a certi tuoi comportamenti. E sì, anche per dirmi di te e della signorina Tonks».

Il ragazzo sentì le guance diventare velocemente di un acceso colore rosso.

«Mi spiace che l'abbiano disturbata con una faccenda tanto sciocca, signore».

Esitò. La cosa era già abbastanza imbarazzante così com'era, eppure Silente era forse il più grande mago della storia... Quindi ci si poteva fidare di quello che diceva, giusto?

«Lei ritiene che sia sbagliato da parte mia coinvolgere Tonks in questo tipo di guai?» chiese, rapidamente.

Silente sorrise.

«Ritengo che la signorina Tonks si sarebbe "cacciata in questo tipo di guai" anche da sola. Mi è sembrata una strega particolarmente testarda, il giorno in cui è venuta a chiedermi di entrare a far parte dell'Ordine della Fenice - ormai un anno e mezzo fa. Mi è stato praticamente impossibile rifiutarglielo, a patto che - come te e i tuoi amici - prima termini la sua istruzione».

Anche Remus sorrise, ma non disse nulla.

«Penso sia ora che tu scenda a cena, Remus. Stasera ho un importante annuncio da fare alla scuola, e sono più che sicuro che tu non abbia alcuna intenzione di perdertelo».

«Un annuncio, signore?» domandò Remus, incuriosito.

«Esattamente. Stamane ho ricevuto una lettera del mio amico Alastor Moody, dove mi avvisava che il Ministero ha chiesto a lui e a pochi altri di raggiungere al più presto il castello, così da poter essere d'aiuto nella protezione contro le minacce esterne. E questa è l'unica anticipazione che posso darti, signor Lupin» disse, in tono cospiratorio.

«Capisco. Allora la ringrazio per l'anticipazione e... E per tutto il resto» aggiunse Remus, sincero.

Detto ciò, si congedò e scese in Sala Grande - dove già lo attendevano gli altri.

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Capitolo 24
*** capitolo 24 ***


«Come è andata?» chiese James, una volta che Remus si fu seduto davanti a lui e Sirius.

«Abbiamo fatto una lunga chiacchierata, che mi ha fatto riconsiderare la mia decisione di non voler coinvolgere nessuno».

Il ragazzo si guardò intorno, assicurandosi che nessuno lo stesse ascoltando.

«A proposito di questo... Vorrei parlarvi di qualcosa, non appena avremo un momento. Qualcosa che ho intenzione di fare, se e quando dovesse presentarsene l'occasione» sussurrò.

I due ragazzi stavano per chiedergli di più quando arrivò Peter di corsa.

«Ehi Codaliscia! Cominciavamo a chiederci dove fossi finito» sbottò Sirius, riempiendosi la bocca di patate.

«Black, sei disgustoso» mormorò James, prima di addentare con ferocia una coscia di pollo.

Remus e Lily li guardarono scioccati.

«E poi sarei io quello famelico?» chiese il ragazzo, rassegnato.

Lily sospirò.

«Comincio a chiedermi perché mi ostino a credere che presto si trasformerà in un perfetto gentiluomo».

«Benvenuta nel club» disse Lidia lanciando un'occhiata a Sirius mentre passava per andare a sedersi al proprio tavolo.

Non poté infatti trattenersi oltre, perché Silente si era alzato in piedi proprio in quel momento, attirando l'attenzione dei presenti con qualche colpetto della forchetta sul proprio bicchiere.

«Mi spiace interrompere un così meraviglioso banchetto, ma ho un annuncio importante da dare ad ognuno di voi. Come ben sapete, al di fuori di queste mura imperversa una guerra che ogni giorno rischia di porre fine alla vita delle persone che amiamo, e al mondo così come lo conosciamo. In tempi come questi, quindi, è fondamentale avvalersi di tutto l'aiuto possibile per evitare che il peggio accada, e che vite innocenti vengano brutalmente stroncate. Per questo motivo, il Ministro della Magia ha insistito affinché nei prossimi giorni alcuni Auror e alcuni rappresentanti del Ministero raggiungano il castello con il compito di sorvegliarne i confini ed impedire a forze esterne di penetrarvi» disse il mago.

Un brusio indistinto si levò da tutti e quattro i tavoli, poi un ragazzo di Tassorosso domandò ad alta voce: «Si sa chi saranno?».

Silente annuì, non mostrandosi minimamente infastidito dalla domanda.

«Alastor Moody, Fleamont ed Euphemia Potter, Augusta e William Paciock del Quartier Generale degli Auror» elencò, ignorando volutamente l'urlo di giubilo di James, Sirius e Frank.

«Keyra Folks, Howard Mayson e Brian Kinley dell'Ufficio Misteri, ed infine Morgan Wallace e Lyall Lupin del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche» concluse.

Remus alzò la testa di scatto. Magari aveva capito male. Silente non poteva aver detto davvero…

Cercò con lo sguardo Silente, ma una volta che incontrò i suoi occhi, vi lesse ciò che più temeva: il suo udito finissimo non lo aveva tradito nemmeno quella volta.

Senza nemmeno dire una parola si alzò ed uscì dalla Sala Grande.

[*]

«Che gli è preso?» chiese Tonks sedendosi al posto vuoto lasciato dal ragazzo, una volta che tutti ripresero a mangiare.

James scrollò le spalle, rassegnato.

«Suo padre arriverà al castello» rispose solamente.

Tonks lo fissò confusa.

«E con ciò? Ero convinta che Remus adorasse i suoi genitori...».

Lily sospirò.

«Infatti. E proprio per questo ha evitato ogni incontro di persona, sin dal giorno in cui ha deciso di vivere da solo nello Yorkshire - ormai due anni fa. Certo, scrive loro di frequente e li contatta via camino, ma...».

«Ma è terribile!» mormorò Tonks, mogia.

«Quello zuccone è convinto che rivederli di persona gli renderebbe impossibile prendere di nuovo le distanze. E con Lyall qui al castello per chissà quanto tempo...» aggiunse Sirius.

Il ragazzo tacque, fissando rassegnato i portoni della Sala Grande.

[*]

Remus si fermò in un'ampia radura nascosta nel fitto della Foresta Proibita, il fiato corto a causa della corsa fatta per raggiungere quel luogo isolato, dove avrebbe potuto pensare senza che gli altri lo trovassero com'era avvenuto la sera della festa.

Respirò più a fondo, cercando di calmarsi. Non c'era che dire: Silente era davvero un maestro nel sorprendere gli altri...

[*]

Sirius, James e Peter iniziavano a sentirsi irrequieti. Remus era fuggito dalla Sala Grande ormai da un'ora, e i tre ragazzi non avevano idea di dove fosse.

Non era la prima volta che una cosa del genere accadeva, certo. Anzi capitava molto spesso che il Malandrino decidesse di prendersi un paio d'ore solo per se stesso. Tuttavia, questa volta James, Sirius e Peter non riuscivano a sentirsi tranquilli. Era quasi come se i tre ragazzi sapessero che c'era qualcosa che non andava... Non era un mistero, in fondo, che i Malandrini erano legati da molto più che una semplice amicizia nata e cresciuta nel corso dei numerosi anni trascorsi a scuola. Erano quasi fratelli - e come tali sembravano in grado di provare ogni dolore, ogni tristezza, ogni gioia gli uni degli altri. Come se la loro fosse un'unica anima divisa in quattro persone distinte.

«C'è qualcosa che non va» mormorò Sirius, cancellando la Mappa del Malandrino dopo aver visto con disappunto che Remus non compariva su di essa.

«Già... Ma non riesco a capire che cosa…» annuì James, passandosi nervosamente una mano tra i capelli ribelli.

Dovevano trovare Remus immediatamente.

[*]

La figura piegò lentamente il capo da un lato, fissando il ragazzo ancora per diversi minuti. Era un po' più alto di quanto ricordasse, ma a parte questo era rimasto praticamente lo stesso...

Un brivido di eccitazione gli corse lungo la schiena.

Ah, la caccia... Non lo stancava mai. Specialmente se la preda era sfuggente come lo era stato per tanto tempo il giovane davanti a lui.

Iniziò a muoversi senza provocare il minimo rumore, coprendo il suono dei suoi passi con quelli emessi dagli altri abitanti della foresta.

Ghignò.

Il ragazzo poteva fingere quanto voleva di essere un normalissimo mago, anziché una potente e pericolosa creatura oscura, ma in momenti come quelli - quando voleva rimanere solo con i propri pensieri - rivelava la sua vera natura. Non cercava forse riparo tra ciò che più lo faceva sentire al sicuro, come una foresta o un luogo in cui potesse essere più vicino al suadente richiamo della luna? E non prestava inconsciamente la minima attenzione a tutto ciò che lo circondava, così da essere pronto a contrastare coloro - maghi o creature che fossero - intenzionati a coglierlo di sorpresa?

La figura raggiunse finalmente le spalle del giovane, notando con un altro brivido di piacere come i muscoli di quest'ultimo si tendessero e si contraessero all'erta - quasi che anticipassero un balzo o una corsa.

Ma il ragazzo non si mosse: rimase immobile come una statua, lo sguardo fisso davanti a sé.

Poi, dopo diversi minuti in cui l'aria si caricò di elettricità, il ragazzo parlò: «Ciao Fenrir».

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


Fenrir Greyback si esibì in una risata agghiacciante.

«Cominciavo a credere che stare in mezzo agli umani ti avesse rammollito, Remmie. Che non ti fossi accorto del mio arrivo...».

Remus emise uno sbuffo ironico.

«Sarebbe stato impossibile, con quella tua caratteristica fragranza di sangue, sudore e polvere... E un'altra cosa: il mio nome è Remus, non Remmie» replicò, disgustato.

Greyback ghignò.

«Mi piace vedere che hai conservato la spina dorsale, Remmie. Ma allo stesso tempo non mi piace chi ha la lingua troppo lunga. Cerca di ricordartelo, una volta che avremo lasciato questo posto» ringhiò, voltandosi per andarsene.

Il ragazzo chiuse gli occhi per un brevissimo istante, raccogliendo il coraggio. Non si aspettava che l'incontro con quel mostro avvenisse così presto. Non aveva avuto modo di prepararsi come voleva... Ma in fondo, meglio prima che poi, giusto?

«Hai sempre dato per scontato che sceglierò di venire con te, non è vero?» chiese sospirando.

Greyback si fermò, fissando il giovane che ancora gli dava le spalle.

«Mi stai forse dicendo che non hai alcuna intenzione di farlo? Che oseresti rifiutare la mia proposta?» ringhiò, il tono divertito sostituito da uno minaccioso.

Finalmente Remus si voltò a guardarlo a sua volta.

«Esattamente».

[*]

Sirius scese rapidamente le scale, attraversando di corsa l'ingresso. Era stanco di aspettare che Remus tornasse dal luogo dove si era nascosto. Qualcosa continuava a sussurrargli nell'orecchio che l'amico era nei guai; e lui non aveva alcuna intenzione di sottovalutare quello che gli diceva il suo istinto - canino o umano che fosse.

Ma con sorpresa, si accorse che i portoni di quercia erano stati chiusi.

James, Peter, Lidia, Lily e Tonks lo raggiunsero, stupendosi di vederlo tirare con tutte le sue forze i battenti, nella speranza di riuscire ad aprire un varco abbastanza largo da permettergli di uscire nel parco.

La somiglianza con l'animale in cui si trasformava era più che mai evidente, pensò Tonks...

«Che stai facendo?!» chiese Peter, scioccato.

«Non lo vedi? Sto cercando di aprire questa dannatissima porta!» ansimò Sirius.

«Certo che lo vedo, ma non capisco il perché!» replicò Peter, piccato.

Sirius lasciò andare i battenti del portone, voltandosi verso l'amico.

«Perché Remus non si trova da nessuna parte! Non è sulla Torre di Astronomia, non è al rifugio... Quindi è ovvio che sia in un luogo che non viene riportato sulla mappa. E indovina un po'? L'unico che mi viene in mente è proprio al di là di queste porte!» esclamò, domandandosi inconsciamente quando Peter fosse diventato così ottuso.

James si morse il labbro. In effetti lui stesso aveva pensato alla Foresta Proibita - escludendo senza alcuna esitazione la Stamberga Strillante perché sapeva che l'amico non avrebbe mai scelto di rifugiarsi in un luogo dove ogni segno e ogni mobile distrutto poteva ricordargli la creatura con cui era costretto a condividere il proprio corpo.

Senza ulteriori indugi affiancò quindi Sirius, tentando a sua volta di aprire il portone.

Peter strabuzzò gli occhi.

«Ti ci metti anche tu, adesso?» chiese, con voce acuta.

«Certo! Non ti rendi conto che sta succedendo qualcosa di profondamente sbagliato, Peter? Perché mai sigillare il castello, altrimenti? Su, vieni a darci una mano, invece di startene lì come un gufo impagliato!».

Peter aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento apparve Silente. Al suo fianco, minaccioso come sempre, c'era Alastor Moody.

L'anziano preside sembrò sorpreso dalla scena che si parò davanti ai suoi occhi.

«Che state facendo, ragazzi?» chiese, osservandoli uno per uno.

Sirius lasciò andare nuovamente i battenti.

«Perché il castello è stato sigillato?» chiese senza preamboli.

Silente scosse il capo.

«Secondo Alastor, qualcuno si è introdotto all'interno dei nostri confini, approfittando della mancanza di sorveglianza».

Il gruppetto si scambiò un'occhiata preoccupata. Tutti erano stati colpiti dal medesimo pensiero.

«Signore, deve aprire queste porte e permetterci di uscire» mormorò James, serio.

Silente scosse il capo.

«Devo ricordarvi che avete accettato di non mettervi a cercare nemici o occasioni di scendere in campo. E' bene, quindi, che ognuno di voi faccia ritorno al proprio dormitorio, lasciando che altri si occupino di quanto sta accadendo» li avvertì, in un tono che non ammetteva repliche.

Ma Sirius non sembrava essere per niente d'accordo.

«Se lo scordi! C'è Remus là fuori! E se lei crede che noi accetteremo di abbandonarlo, lasciandolo in balia di un mostro come Fenrir Greyback...» esclamò, furioso.

Moody si fece avanti zoppicando.

«Chi ha parlato di Greyback, Black?» ringhiò.

Il ragazzo sbuffò a metà tra l'incredulo e il divertito.

«Chi crede che sia così pazzo da introdursi nel castello da solo - ed è ovvio che chiunque sia entrato ad Hogwarts questa sera l'abbia fatto da solo, perché altrimenti qui intorno starebbero spuntando Auror come margherite - se non qualcuno che ha un particolare interesse per farlo? E tutti qui sappiamo che Greyback dà la caccia a Remus da anni!» ribatté, infervorato.

Moody lo studiò per qualche istante, poi alzò lo sguardo sul resto del gruppetto.

«Ammettiamo che io e il professor Silente decidessimo di permettervi di seguirci...»

«Alastor...» l'ammonì Silente, ma l'uomo lo ignorò.

«Perché mai pensereste di esserci d'aiuto?» continuò invece, ringhiando.

James lo fissò con uno sguardo spavaldo.

«Perché nessuno meglio di noi conosce Remus e questa scuola - senza offesa, professore» si affrettò ad aggiungere, lanciando un'occhiata a Silente, che tuttavia non replicò.

«Inoltre siamo gli unici, al momento, ad avere la quasi completa certezza del luogo in cui si trova il nostro amico» concluse Sirius in tono di sfida.

Moody si voltò verso Silente, che sembrò esitare per un istante.

«Molto bene. Ma a patto che facciate esattamente ciò che vi viene detto. Se vi diciamo di voltarvi ed andarvene immediatamente, voi lo farete. E' tutto chiaro?» disse, alla fine.

Dopo un ultimo cenno d'intesa, il gruppetto annuì in un unico movimento.

«Chiaro».

[*]

Chiunque, quella sera, avesse definito Fenrir Greyback furioso sarebbe stato certamente accusato di aver pronunciato l'eufemismo del secolo. Il licantropo, infatti, fissava Remus stringendo la mascella spasmodicamente, come se non bramasse altro che di poter affondare nuovamente i denti nella sua carne pallida. E questa volta non solo per un morso...

«E per quale motivo vorresti sputare sul dono che ti ho concesso?» ringhiò, avvicinandosi pericolosamente al volto del ragazzo.

Ma con sorpresa di Remus non lo attaccò, preferendo invece esibirsi in un ghigno orrendo.

«Oh, aspetta... Forse conosco la risposta a questa domanda! Mi è infatti giunta voce che è arrivato qualcuno a mettere strani pensieri in quella tua bella testolina castana... Come si chiama? Hmm... Qualcosa come Bonks, o Ronks...».

Il ragazzo non poté trattenere un brivido, che Greyback accolse con un'espressione deliziata.

«Allora è vero...» mormorò gongolante.

«Come sai queste cose?» chiese Remus, nascondendo a stento il tremito nella sua voce.

Come poteva Greyback sapere di Tonks?

Gli occhi del licantropo più anziano brillarono con un guizzo che Remus poté definire solamente demoniaco.

«Sei curioso, non è vero? Beh, non vedo perché tenertelo nascosto, in fondo... Stamane sono stato contattato da un ragazzo. Uno dei tuoi amichetti con cui ho un piccolo... accordo. E' stato più che felice di raccontarmi del tuo improvviso atto di ribellione. Ovviamente capisci che non potevo starmene buono buono in un angolo, giusto? Dovevo sapere se era vero... Quindi dimmi: è vero che un'umana ti ha spinto a prendere una decisione tanto stupida come quella di rifiutare l'invito ad unirti a me nel branco a cui sai di appartenere?» ringhiò, il divertimento svanito nuovamente dalla sua voce e dai suoi occhi.

Remus raddrizzò le spalle, raccogliendo nuovamente tutto il suo coraggio.

«E' vero» rispose, deciso.

Greyback rimase colpito dalla schiettezza di Remus, e in un lampo gli serrò la mano intorno al collo.

«Ascoltami bene, cucciolo... Non pensare minimamente che l'essere uno dei miei Primogeniti ti dia il diritto di fare quello che ti pare, perché non è così! Sei ancora vivo solo perché io l'ho voluto. Ma sai quanto ci metterei a cambiare le carte in tavola? Lo sai?! Meno di un secondo! Mi basta un piccolo movimento del polso, e il tuo bel collo si spezzerà come un ramoscello secco» sussurrò rabbioso.

E per dimostrare il suo punto iniziò lentamente a fare pressione su un lato del collo di Remus.

Ma il rumore di diverse paia di piedi che si avvicinavano correndo lo distrasse, permettendo al ragazzo di sfuggire alla sua presa e di allontanarsi di un paio di passi, tossendo e tenendosi inconsciamente il collo - ben sapendo che presto sarebbero iniziati a comparire i primi lividi.

Greyback si voltò verso Silente, Moody e i sei ragazzi, e i suoi occhi si posarono con riconoscenza sul più basso del gruppo.

«Ed ecco qui il mio fidato informatore! Ti devo ringraziare, sai? Senza di te non avrei mai scoperto quello che questo piccolo ingrato aveva in mente di fare» esclamò, con un tono quasi affettuoso.

Nella radura calò il silenzio, e gli occhi di tutti si posarono scioccati su Peter - che dal canto suo tremava come una foglia.

Sirius fu il primo a parlare.

«Di che diavolo sta parlando, Peter? Tu non… Perché mai avresti dovuto...?» chiese, sconvolto.

Peter Minus indietreggiò, in un debole tentativo di fuga.

Ma Moody fu più veloce.

«Dove credi di andare, piccolo viscido traditore?» tuonò, e con un rapido movimento della bacchetta schiantò l'Animagus, che cadde a terra con un tonfo attutito.

Greyback rise divertito, lanciando un'occhiata a Remus - fermo a pochi passi di distanza con uno sguardo scioccato e ferito.

«Come ti dicevo, uno dei tuoi amichetti. Anche se a quanto pare non lo è poi così tanto, eh?».

Silente e gli altri alzarono le bacchette su di lui.

«Non c'è nulla per te qui, Fenrir. Nemmeno tu puoi affrontarci tutti insieme» disse il mago, con un'espressione che i ragazzi non gli avevano mai visto sul vecchio volto.

Greyback, tuttavia, non sembrò minimamente toccato dalle parole del preside.

«Puoi stare tranquillo, Silente. Per quanto io ami i ragazzi, stasera sono venuto solamente a riprendermi qualcosa che mi appartiene di diritto. Io e il mio cucciolo stavamo giusto rifinendo gli ultimi dettagli prima della partenza. Non è così, Remmie?».

Il ragazzo lo fissò con odio.

«Vai al diavolo, Fenrir» sibilò, puntando a sua volta la bacchetta su di lui.

Il licantropo più anziano rise di nuovo.

«La metti così? Bene, allora. Facciamo a modo tuo...».

Con un gesto rapido ed improvviso, Greyback estrasse la propria bacchetta e circondò se stesso e Remus con un potente incantesimo scudo: una barriera che avrebbe permesso a Silente e agli altri di vedere ciò che avveniva al suo interno, privandoli tuttavia della possibilità di intervenire.

Greyback fissò Remus, ghignando diabolico.

«Giochiamo».

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Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


Il gesto di Greyback aveva colto tutti di sorpresa, tanto che per diversi minuti nessuno parlò o fece il minimo movimento. Persino Silente e Moody - che pure ben sapevano della sua abilità con gli incantesimi di disarmo e quelli protettivi - erano rimasti stupefatti dalla rapidità con cui il licantropo aveva agito. Nonostante fosse un uomo massiccio, non si poteva negare che Greyback fosse dotato di un'agilità sorprendente... Sorprendente e decisamente non umana.

Moody strinse convulsamente l'impugnatura della sua bacchetta, borbottando una maledizione. Dovevano agire con cautela, o potevano dire addio al ragazzo. E non solo perché quella canaglia avrebbe potuto trascinarlo via di peso con sé...

I cinque ragazzi osservavano impotenti i due lupi mannari davanti a loro.

Poi Tonks puntò la bacchetta direttamente contro la barriera, pronta a lanciarle contro ogni genere di incantesimi pur di farla cadere - anche a costo di inventarne di nuovi sul momento.

Ma Sirius le fermò il braccio.

«Che fai?!» sibilò lei, fissandolo scioccata.

«Gli incantesimi potrebbero rimbalzare e finirci addosso, Tonks!» le disse l'Animagus, secco.

La ragazza si morse il labbro, per nulla intenzionata a stare a guardare senza fare nulla mentre Remus rischiava la propria vita.

«Ma...»

«Silente e Moody troveranno il modo, fidati» le disse, cercando di convincere anche se stesso.

[*]

All'interno della barriera, Greyback e Remus non sembravano nemmeno essersi accorti dello scambio di battute tra i due cugini - troppo impegnati a scrutarsi con odio e disgusto reciproco.

«Beh, pare che il nostro pubblico attenda uno spettacolo, Remmie. Prego, apri pure le danze. In fondo l'idea di ribellarti è tua» ghignò Greyback, esibendosi in un'inquietante riverenza e sfidando il ragazzo a fare la prima mossa.

Sfida che Remus non esitò ad accettare. In un attimo, infatti, aveva puntato la propria bacchetta ai piedi del licantropo esclamando: «Confringo!».

Il terreno sotto i piedi del licantropo più anziano esplose, cogliendolo di sorpresa e scaraventandolo indietro di qualche metro - gli abiti bruciacchiati, così come il volto.

Tutti i presenti fissarono scioccati Remus, che dal canto suo osservava Greyback con un'espressione indecifrabile. Persino Moody non aveva potuto impedire alla propria mascella di spalancarsi per la sorpresa.

«Che diavolo insegnate in questa scuola, Albus?!» esclamò, fissando con l'occhio normale Silente.

Ma anche quest'ultimo sembrava essere rimasto senza parole.

Greyback si alzò in piedi frastornato.

«Piccolo sudicio...» ringhiò.

«Pensavi forse che ti avrei colpito con uno Schiantesimo o perfino con un Incantesimo di Disarmo? Mi spiace deluderti, ma non è nelle mie intenzioni usare i guanti di velluto. Sai? Quando ho scoperto chi tu fossi in realtà mi sono reso conto che i normali incantesimi non mi avrebbero aiutato, contro qualcuno del tuo calibro e resistenza. Ho dovuto ricorrere ad altri mezzi. Come i libri di mio padre, o quelli contenuti nella Sezione Proibita della biblioteca qui ad Hogwarts. Posso dire che è stata una fortuna, per me, che tu abbia deciso di farti avanti quando ormai ero abbastanza grande da potervi accedere sfruttando la mia anzianità» replicò freddamente il ragazzo, stringendo l'impugnatura della propria bacchetta. «In fondo, dovrei davvero ringraziarti. Grazie a te ho avuto la possibilità di vedere quanto orrore si nasconda nel mondo, quanta depravazione e follia la mente umana è in grado di celare dietro al sorriso e alla maschera di una persona perbene. Grazie a te - e ai tuoi così delicati messaggi - sono stato costretto ad affrontare la mia condizione giorno dopo giorno, plenilunio dopo plenilunio. Pensavi di convincermi a seguirti, ad accettare ciò che sono. Ma in realtà hai fatto l'esatto contrario. Mi hai invogliato a combattere con tutte le mie forze affinché questa maledizione non definisca mai e poi mai ciò che sono davvero: un mago. Condannato a vivere un'esistenza di dolore e pregiudizi, certo, non posso negarlo. Ma pur sempre un mago».

Remus fissò Greyback negli occhi, e si lasciò sfuggire un sorriso di sfida.

«Grazie per avermi spinto a combattere le Arti Oscure, anziché a diventare parte di esse, come invece hai fatto tu».

Per Greyback - che già da diversi minuti tremava di rabbia - quello fu troppo, e con un terribile ringhio disumano lasciò cadere la bacchetta, avventandosi su Remus tra le urla dei Malandrini e degli altri - che avevano ascoltato con il fiato sospeso il discorso del ragazzo.

Remus cercò immediatamente di togliersi dalla traiettoria di Greyback, senza tuttavia avere successo - cadendo invece a terra, le mani del licantropo nuovamente strette intorno alla gola.

«Razza di idiota» sputò Greyback, affondando le unghie giallastre nella pelle pallida del collo del giovane.

«Credi davvero che delle belle parole e qualche stupido libro ti salveranno da me? Dalla bestia che ogni mese lotta con le unghie e con i denti per uscire alla luce della nostra unica e sola regina, la luna? Lo credi davvero?! Beh, Remmie, ti sbagli di grosso. Perché presto, molto presto, poche ore in un mese non le basteranno più. Presto la belva che vive dentro di te deciderà di volere più tempo, più vittime, più sangue. E tu non potrai fare nulla per fermarla. E' la tua natura, e soccomberai ad essa. Combatterla non servirà a nulla. Renderà il processo solo più doloroso per te. Guardati! Porti già i segni dell'aver combattuto troppo a lungo una battaglia persa. Quanto pensi ci vorrà prima che le forze ti abbandonino, permettendo al tuo vero essere di sorgere dalle ceneri di questa patetica imitazione di essere umano?» esclamò, stringendo sempre più la propria presa.

Remus lottò per liberarsi e per rimanere cosciente. Ma era tutto inutile. Il dolore al collo si propagava per tutto il corpo, e le parole di Greyback affondavano sempre più nella sua mente, attirando l'attenzione del lupo; iniziando a conquistare la sua fiducia.

"Perché no?" si domandava questi. "Perché non ascoltare le parole di qualcuno come me? Sono così convincenti...".

«LASCIALO STARE!» urlò una voce femminile, e Remus percepì chiaramente il lupo distogliere la propria attenzione da Greyback, concentrandosi sulla ragazza.

Il lupo la studiò incuriosito. Lei gli piaceva: non era come gli altri - lo stuzzicava, lo incuriosiva, lo trattava con rispetto, senza fuggire davanti a lui. Lo accettava. Perché lo faceva? Non era come lui, in fondo... Oppure sì?

Il lupo studiò ancora la ragazza attraverso gli occhi dell'umano che lo ospitava. Era buffa, con quello strano pelo che continuava a cambiare colore; ma era anche molto coraggiosa, a giudicare dalla passione con cui inveiva contro l'altro lupo. C'era qualcosa di incredibilmente fiero e puro, in lei.

Sentì immediatamente il bisogno di proteggerla, difendendola da chiunque osasse ferirla o minacciarla. Voleva accoglierla al suo fianco e custodirla gelosamente come se fosse il più prezioso dei tesori. Lei era un'anima affine, un'amica... Una compagna.

Il lupo si concentrò nuovamente sul suo simile. Perché aveva anche solo pensato di ascoltarlo? Lui non aveva bisogno di un altro branco, ne aveva già uno! Quella ragazza era il suo branco. E come lei anche quello scarmigliato cane nero e quel cervo imponente. Non il topo, però. Quello non gli era mai piaciuto un granché: fuggiva ogni volta in qualche anfratto, e non poteva mai giocarci. Perché il suo umano non reagiva? Perché non imponeva il suo dominio su quel nuovo venuto? Non c'era posto per lui nel suo branco.

Il lupo diede un potente ringhio, che riscosse Remus dal torpore.

Il ragazzo sentì l'adrenalina propagarsi nelle sue vene - annullando completamente il dolore e risvegliando ognuno dei suoi nervi e muscoli. Che faceva lì per terra, molle come una bambola di pezza? Non era una povera pecora destinata ad essere sacrificata. Lui era il lupo.

Approfittando della distrazione fornitagli da Tonks, Remus infilò la bacchetta tra il suo petto e quello di Greyback, pensando intensamente: "Everte Statim!".

Greyback venne nuovamente scaraventato lontano, e Remus si rimise in piedi ansante. Il collo gli doleva da impazzire, e l'odore del suo stesso sangue non faceva altro che aizzare ulteriormente il lupo - che ormai era completamente intenzionato a scacciare l'avversario dal suo territorio e dal suo branco.

Anche Greyback si rimise in piedi, sputando per terra e fissando alternativamente Remus e Tonks.

«Così questa sarebbe l'umana che ha scatenato tutto questo? Non c'è che dire, Remmie, hai davvero un ottimo gusto» disse, nascondendo a stento il respiro ansante.

Non credeva che quel ragazzino fosse tanto resistente. In realtà quando l'aveva rivisto - ore prima - non avrebbe scommesso più di due zellini bucati sulla sua resistenza nel branco. Ma si era sbagliato: il giovane sapeva davvero il fatto suo...

Lo fissò, quasi dispiaciuto. Sarebbe stato un membro insostituibile delle sue fila, se avesse accettato di seguirlo senza fare tante storie. Ma aveva scelto di ribellarsi, e lui non poteva permettersi di portare un simile piantagrane tra gli altri. Li avrebbe convinti ad unirsi a quel pazzo di Silente nel giro di due giorni!

"Che spreco" pensò con una punta di rammarico. "A meno che...".

«Ho un'idea, Remmie. E se ti permettessi di tenerla? Tu avresti il tuo giocattolino, e io non uno, ma bensì due nuovi figli. Saremmo tutti contenti» propose poi, allegro.

Forse non tutto era perduto, in fondo...

La risposta di Remus arrivò sotto forma di un incantesimo che colpì il licantropo alla guancia, provocandogli un profondo taglio.

Greyback si portò istintivamente la mano al punto colpito, quasi a volersi assicurare che il ragazzo avesse davvero osato ferirlo. La vista delle dita macchiate del suo stesso sangue fu una risposta più che sufficiente.

Raccolse a sua volta la bacchetta, puntandola - tremante d'ira - su Remus.

«Ho cercato in tutti i modi di venirti incontro, piccolo ingrato. Ma tu non vuoi proprio saperne niente, non è così? Vuoi rinunciare al potere e alla fedeltà di un branco? Perfetto! Ma ne pagherai tutte le conseguenze!» sputò, e mosse la bacchetta in un gesto grezzo e rabbioso.

Immediatamente Remus sentì un improvviso dolore lancinante irradiarsi dalla sua spalla, come se qualcuno avesse impugnato una lama rovente e l'avesse usata per trapassarlo da parte a parte. Quasi non si accorse delle ginocchia che cedevano sotto di lui, o di aver lasciato cadere la bacchetta nel disperato bisogno di afferrarsi la spalla dolorante e stringerla con tutte le sue forze - nonostante ben sapesse che non avrebbe fermato il dolore.

Si costrinse a serrare la mascella, deciso a non dare la soddisfazione a quel mostro di sentirlo urlare.

Ma il dolore continuò imperterrito ad aumentare, propagandosi come una fiamma lungo tutto il braccio, annullando completamente ogni resistenza di Remus, che non poté più trattenersi: alzò la testa verso il cielo ed espresse tutta la sua agonia con un tremendo grido, implorando silenziosamente, tra lacrime che non ricordava di aver iniziato a versare, affinché qualcuno - chiunque - ponesse fine a quella terribile sofferenza.

Greyback alzò nuovamente la bacchetta sul ragazzo - ormai indifeso - davanti a lui. Ma non fece nulla, a parte arricciare le labbra in un nuovo ghigno.

«Potrei essere clemente e finirti adesso, ponendo così fine anche alle tue pene. Ma sarebbe come ammettere la mia sconfitta. Se ti uccidessi, ti priverei del dolore che provi ora e di quello che proverai alla prossima luna piena e a quelle successive... Ti libererei».

Rimise al suo posto la bacchetta, avvicinandosi a passo cadenzato verso il giovane - ormai steso a terra, la mano ancora stretta sulla spalla grondante sangue e il viso bagnato di lacrime di dolore.

Si chinò su di lui, studiandolo con una finta espressione corrucciata.

«Hai scelto i maghi sopra alla tua stessa gente e hai trasformato te stesso in un reietto per amore di coloro che non vedranno in te mai più di un mostro da cacciare e segregare...».

Greyback si rialzò, poi con noncuranza alzò il piede e pestò con violenza la spalla ferita di Remus, che urlò nuovamente prima di perdere definitivamente i sensi.

«Goditi la tua libertà, cucciolo».

E in un istante era svanito nel folto della foresta.

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Capitolo 27
*** capitolo 27 ***


Per diversi istanti nessuno parlò o si mosse, nonostante la barriera fosse caduta con la partenza di Greyback. Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato. Gli unici rumori erano quelli prodotti dagli abitanti della foresta, che continuavano indisturbati la loro quieta esistenza, apparentemente all'oscuro di ciò che era accaduto entro i confini della loro dimora.

Poi l'incantesimo si spezzò, e con un urlo strozzato Tonks si precipitò al fianco di Remus, seguita quasi all'istante dagli altri quattro ragazzi e da Silente e Moody.

«Che diavolo gli ha fatto?» sussurrò Sirius, ancora scosso dalle urla lanciate dall'amico.

Non ricordava di averlo mai sentito tanto in agonia, se non durante le sue trasformazioni.

«Non ne ho idea, ma qualsiasi cosa sia... Oh, Merlino!» esclamò James, facendo involontariamente un passo indietro.

Tutti trattennero bruscamente il fiato.

Deciso a scoprire cosa Greyback avesse fatto a Remus, James gli aveva tolto il maglione - ormai completamente imbevuto di sangue - e gli aveva lacerato senza troppi complimenti la camicia, rivelando una grossa omega incisa rozzamente appena sopra al morso che aveva maledetto per sempre l'amico.

I cinque ragazzi dovettero trattenersi tutti dal cercare un cespuglio e vomitare.

Silente e Moody, nel frattempo, si erano chinati a loro volta sul giovane.

«Dobbiamo portarlo immediatamente in infermeria, Alastor. Ma prima abbiamo bisogno che qualcuno avvisi Poppy del nostro arrivo» mormorò Silente serio, rivolgendosi ai ragazzi.

Tutti annuirono scossi, poi Lidia si fece avanti.

«Vado io. Le dirò... Le dirò quello che è successo» mormorò, voltandosi e correndo verso il castello.

[*]

Lily, James, Tonks e Sirius non riuscivano a staccare gli occhi dalla figura priva di sensi del loro amico.

«Starà bene, non è vero?» chiese Lily, riflettendo le preoccupazioni di tutti.

Moody li studiò uno ad uno.

«Non è detto. Ma se riuscirà a riprendersi dallo shock sarà come nuovo. Più o meno...» aggiunse poi, concentrando il suo occhio magico sul simbolo brutalmente inciso sulla spalla di Remus, prima che Silente lo nascondesse dietro una stretta fasciatura magica.

«Che voleva dire Greyback quando diceva che Remus avrebbe pagato le conseguenze delle sue scelte? E che cos'è quel simbolo?» domandò Tonks, alzando gli occhi sui due adulti e parlando per la prima volta da quando Greyback se ne era andato.

Moody esitò, ma le espressioni dei quattro ragazzi gli fecero capire che non poteva evitare di rispondere.

«Ha marchiato il signor Lupin come un Omega, ovvero un licantropo che è stato cacciato dal branco o che - come nel suo caso - se ne è allontanato spontaneamente. Quel simbolo indica che per gli altri licantropi il vostro amico è ormai soltanto feccia. Un traditore che non dovranno mai e poi mai aiutare, e che anzi dovranno tenere a debita distanza per non essere considerati a loro volta come tali. Pochi Omega sopravvivono, una volta marchiati. I cacciatori di creature oscure o gli stessi membri del loro vecchio branco si assicurano che ciò non accada» disse l'Auror in modo brusco.

Tonks non parlò subito, tornando a concentrarsi su Remus e spostandogli una ciocca di capelli sudati dagli occhi chiusi.

«Questo perché gli altri Omega non hanno nessuno pronto a combattere per loro» mormorò alla fine, decisa.

Sirius, James e Lily annuirono vigorosamente.

«Non permetteremo che si avvicinino di nuovo a lui» disse Sirius.

«Non dopo che stanotte l'abbiamo lasciato affrontare quel mostro da solo» aggiunse James, rimproverandosi per non aver fatto assolutamente nulla per il suo amico.

Lidia tornò nella radura, il fiato corto.

«Madama Chips dice che è tutto pronto per l'arrivo di Remus» riuscì a dire, ansimando.

Silente annuì riconoscente alla giovane, e fece apparire magicamente una barella su cui - con l'aiuto di James e Sirius - caricò Remus.

[*]

Sirius non riusciva a smettere di giocherellare con il piccolo orecchino che indossava.

Era da mezz'ora che Remus era arrivato in infermeria, e Madama Chips non aveva ancora permesso a nessuno di loro di entrare. Certo, Silente - andato via da qualche minuto - aveva detto loro di stare tranquilli perché era in buone mani. Ma come potevano stare tranquilli? Il loro amico era stato attaccato - di nuovo - dal licantropo più pericoloso che l'intero mondo magico conoscesse!

Tonks, Lidia e Lily erano in piedi vicino ad una delle alte finestre, troppo scosse anche solo per parlare, e James se ne stava seduto a terra, mordendosi il labbro e passandosi una mano tra i capelli ad intervalli regolari.

«Dove credete che sia quel... Quel...» chiese Tonks all'improvviso.

Sirius non ebbe nemmeno bisogno di chiedere a chi si riferisse.

Approfittando della confusione creata dallo scontro tra Remus e Greyback, infatti, Peter era sparito - dileguandosi nella notte.

Moody era immediatamente partito alla sua ricerca, ma i ragazzi dubitavano che l'avrebbe trovato. Probabilmente si era trasformato, ben sapendo che nessuno avrebbe pensato di controllare anche i topi.

«Non lo so» mormorò Lidia, piano.

James sbatté un pugno a terra, facendoli sobbalzare tutti quanti.

«Come abbiamo fatto a non accorgercene? Come abbiamo fatto a non renderci conto che Peter...!» esclamò, furioso con se stesso.

Lily gli si sedette affianco, prendendogli la mano tra le sue.

«Non potevamo. Nessuno di noi poteva» mormorò.

«Dovevamo! Se ce ne fossimo accorti, ora Lunastorta non sarebbe... Dovevamo capire che c'era qualcosa che non andava. Scrivere a sua madre... Figuriamoci! Probabilmente quel piccolo ratto andava ad avvertire Greyback! Come abbiamo fatto a non riconoscere i suoi tentativi di fermarci, stasera? Siamo colpevoli tanto quanto lui!» replicò Sirius con veemenza, lasciandosi scivolare a sua volta a terra, le mani tra i capelli.

Lidia fu subito al suo fianco, abbracciandolo nel tentativo di confortarlo.

Tonks scosse la testa, e alcuni ciuffi castani le finirono davanti agli occhi.

«Non serve a nulla colpevolizzarsi. La verità è che Minus ha giocato bene le sue carte».

Lily guardò gli altri.

«Ma perché avrà fatto una cosa del genere?» chiese.

Si fidavano tutti di Peter, lo credevano uno dei loro amici più fidati...

Sirius emise uno sbuffo, appoggiando la testa contro il muro dietro di lui.

«Secondo Silente, Greyback usava i suoi genitori per minacciarlo: se non avesse tenuto d'occhio Remus per suo conto, avrebbe ucciso prima loro e poi anche lui».

Di nuovo si ritirarono tutti nel più completo dei silenzi.

«Silente come ha preso la notizia che voi e Peter siete Animagi?» chiese Tonks.

Erano infatti stati tutti d'accordo sul fatto che il preside dovesse saperlo, dati gli ultimi avvenimenti.

James sospirò.

«Ha detto che ne riparleremo, ma solo quando Lunastorta starà bene. E lui deve stare bene. Non possiamo perdere un altro Malandrino... Non così!» esclamò, deglutendo a fatica e guardando gli amici con gli occhi lucidi.

Lidia fece per parlare, ma venne interrotta dal rumore della porta dell'infermeria che veniva aperta.

Madama Chips li osservò uno ad uno con un'espressione esausta ma soddisfatta.

«Il vostro amico ha subito un forte shock, ma fortunatamente è più tenace di quanto sembri. Gli ho somministrato diverse Pozioni per indurre un sonno tranquillo e privo di incubi; quindi ritengo superfluo dirvi di non disturbarlo per nessuna ragione. Sono stata chiara?» chiese, sfidandoli con lo sguardo a contraddirla.

Il gruppetto annuì riconoscente.

«Ottimo. Il professor Silente dice di concedervi di rimanere tutti, per stanotte. Ma da domani mattina, non voglio vedere più di due persone alla volta, siamo d'accordo?» chiarì la donna, lasciandoli entrare.

«Sissignora».

[*]

Tonks non riusciva a smettere di fissare il ragazzo addormentato sul letto davanti a lei.

A giudicare dall'enorme varietà di odori che pervadevano l'aria, Madama Chips doveva aver faticato un bel po' per medicare la spalla di Remus - prima di sostituire la benda di fortuna evocata da Silente. Anche se da quel poco di garza che Tonks riusciva a vedere al di sotto del pigiama che era stato infilato a Remus, probabilmente l'infermiera avrebbe dovuto cambiare nuovamente la fasciatura al mattino...

La ragazza studiò i segni - già circondati da lividi violacei - lasciati dalle unghie di Greyback sul collo del giovane.

Quando aveva visto quel mostro afferrare Remus per la gola aveva temuto di star per assistere alla sua prematura morte; ma in qualche modo si era ripreso, subito dopo che lei aveva urlato...

Immagini del corpo di Remus steso a terra agonizzante, con la spalla e il braccio ricoperti di sangue le lampeggiarono davanti agli occhi, e lei scosse violentemente la testa nel tentativo di cancellarle.

Sentì una mano posarsi leggera sulla sua spalla, e si voltò a guardare James - in piedi al suo fianco.

«Starà bene, Tonks» mormorò questi, pallido in volto ma con un sorriso sincero.

Tonks annuì, tornando a guardare Remus.

Inconsciamente i suoi occhi si posarono su una delle troppe cicatrici che si intravedevano sul suo petto.

Sirius - seduto sul letto affianco all'amico - parve accorgersene, e delicatamente tirò le coperte fin sotto il collo del licantropo.

«Lui non vorrebbe che tu le vedessi così, cuginetta».

«E' a quelle che si riferiva Greyback, non è vero? "Porti già i segni dell'aver combattuto troppo a lungo una battaglia persa"» mormorò piano la ragazza, fissandolo.

L'Animagus annuì.

«Non si perdonerebbe mai, se dovesse ferire o mordere qualcuno...» disse.

«Così ferisce e morde se stesso» aggiunse Lidia, affiancandolo.

«O almeno, è quello che faceva quando trascorreva la luna piena da solo» completò Lily, sedendosi sul letto vuoto accanto a quello in cui giaceva Remus.

Il gruppetto tornò in silenzio. Poi James batté piano le mani.

«Beh, basta musi lunghi! Mancano ancora diverse ore al mattino, e nessuno di noi ha intenzione di dormire, giusto? Quindi che ne dite, ci facciamo una partita a scacchi?».

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Capitolo 28
*** capitolo 28 ***


Quando Tonks aprì gli occhi - dopo essere stata bruscamente svegliata dal suono di voci irritate da qualche parte nelle vicinanze - si ritrovò a fissare la tenda che era stata tirata intorno al letto su cui lei ancora posava la testa.

La ragazza impiegò alcuni istanti a ricordare il motivo per il quale si era ritrovata ad addormentarsi in una posizione tanto scomoda, ma quando lo fece alzò la testa di scatto. La foresta, Minus, Greyback, la lotta... Remus.

Tonks si voltò verso l'occupante del letto, trovandolo ancora profondamente addormentato - una nuova fasciatura a sostituire quella insanguinata della notte appena trascorsa.

Tonks cercò con lo sguardo gli altri, ma non ve ne era traccia.

Decisa a scoprire che fine avessero fatto, si alzò in piedi stiracchiandosi e riaprì la tenda - individuando James e Sirius in fondo alla corsia, intenti a spiare fuori nel corridoio attraverso uno spiraglio nella porta.

«Che succede?» chiese piano, avvicinandosi ai due ragazzi.

Sirius sobbalzò, voltandosi a guardarla.

«Merlino! Mi hai fatto prendere un colpo, Tonks!» sbottò, massaggiandosi il cuore.

La ragazza lo ignorò, ripetendo la sua domanda a James.

«Oh, nulla di cui preoccuparsi» rispose questi, senza distogliere lo sguardo da quanto accadeva fuori dalla porta.

Tonks alzò un sopracciglio, scettica.

«Non sembrerebbe, dal tono delle voci. Chi è che sta facendo tutto questo baccano, comunque?».

Sirius fece spallucce, tornando a spiare dallo spiraglio.

«Lyall» rispose laconico.

«Lyall? Aspetta un attimo... Il papà di Remus?!» esclamò Tonks, strabuzzando gli occhi.

«Shh!» sibilarono all'unisono i due ragazzi, lanciando un'occhiata all'amico in fondo alla corsia, che si mosse nel sonno.

«Sì, proprio lui» disse Sirius.

Tonks lo guardò confusa.

«Perché è così agitato?».

Sirius sospirò.

«Beh, sai… Non è che faccia poi così tanto piacere scoprire che il tuo unico figlio ha combattuto contro qualcuno come Greyback, rischiando come minimo di farsi trucidare, mentre si trovava in un luogo che si suppone essere uno dei più sicuri di tutto il mondo magico» le fece notare.

«Oh... Immagino di no, in effetti...» mormorò Tonks, dandosi mentalmente dell'idiota per non averci pensato lei stessa.

«Bene. Ora che abbiamo chiarito tutto, puoi fare silenzio per un secondo? Vorrei capire che sta dicendo...» le chiese l'Animagus.

Tonks sgranò nuovamente gli occhi.

«Sei sordo, per caso? Sta praticamente urlando! E dire che con il tuo essere un cane dovresti avere un buon udito...».

Per tutta risposta Sirius le fece una linguaccia, tra gli sghignazzi di James.

Poi i tre rimasero in silenzio ad ascoltare le voci che si avvicinavano.

«Voglio sapere dov'è!» stava dicendo la voce di quello che Tonks supponeva essere Lyall Lupin.

«Stai tranquillo, Lyall. Lo abbiamo portato in infermeria quasi immediatamente» ringhiò la voce di Alastor Moody.

«Quasi immediatamente?! Che significa quel "Quasi"?! Avete aspettato di vedere se quel pazzo tornava per dargli il colpo di grazia?! E poi si può sapere come diavolo avete potuto permettergli di affrontarlo da solo? Maledizione, ha diciassette anni!» replicò Lyall.

«Eravamo lì con lui, pronti ad intervenire se la situazione fosse sfuggita di mano...» disse Silente in tono pacato.

«Se la situazione...? Mio figlio è in un letto d'infermeria perché un criminale ha pensato bene di inciderlo come si farebbe con la corteccia di un albero! Vuole farmi credere che la situazione non vi fosse già sfuggita di mano?!».

L'uomo sembrava letteralmente fuori di sé.

«Da quanto mi ha detto Silente ieri notte, il ragazzo ha più volte espresso il desiderio di agire da solo, e...» intervenne Moody.

«E di conseguenza avete pensato bene di assecondarlo! Santo cielo, Alastor! Dimmi per favore che non avete ceduto alla testardaggine di Remus! Perché se lo avete fatto, devo dirvelo, l'opinione che ho di entrambi cambia completamente» disse Lyall in tono esasperato.

«Lo ripeto: non era solo. Io, Alastor e i suoi amici eravamo lì. Ma intervenire rischiava di peggiorare solamente le cose» ripeté paziente Silente.

James avrebbe scommesso quanto aveva di più caro al mondo che in quel momento l'anziano preside stava sorridendo di fronte allo sfogo del padre di Remus. Non per canzonarlo, ma perché colpito piacevolmente dall'affetto dell'uomo per il figlio.

«Posso almeno sapere per quale motivo non sono stato informato delle intenzioni di Remus, una volta che le erano state rivelate da lui stesso, Silente? Capisco che anche un gufo urgente avrebbe comunque impiegato qualche ora a recapitare il messaggio, tuttavia sarebbe stato meglio del non saperne nulla fino a fatto compiuto...» chiese Lyall.

Sirius notò che il tono dell'uomo si era notevolmente abbassato, segno che i tre maghi dovevano essere ormai prossimi a raggiungere l'infermeria.

«In tutta onestà, era mia intenzione avvertirla non appena fosse arrivato al castello insieme agli altri funzionari del Ministero. Inoltre ammetto di non aver avuto alcun sospetto che Fenrir Greyback avesse la benché minima intenzione di penetrare nel castello, la scorsa notte. Ritenevo che vi fosse il tempo di discutere la faccenda in tutta tranquillità» rispose Silente, onestamente dispiaciuto dalla piega presa dagli eventi. «Credevo che avvertirla via gufo non avrebbe fatto altro che preoccupare lei e sua moglie, portandovi a compiere gesti avventati».

«Come il precipitarci qui per dare una sonora lavata di capo a quell'incosciente? Beh, aveva ragione di pensare una cosa simile, perché è esattamente quello che ho intenzione di fare, una volta che mi sarò assicurato della sua buona salute!».

Tonks non poté fare a meno di provare un'immediata simpatia nei confronti di quell'uomo. Remus doveva aver preso da lui...

«Quindi, per favore, posso vederlo?»

«Sta riposando» replicò secco Moody.

«Non voglio aggredirlo, Alastor! Solo vederlo. E se hai intenzione di impedirmelo, mi assicurerò personalmente che uno dei letti del San Mungo venga prenotato a tuo nome» replicò deciso Lyall, comparendo all'inizio del corridoio - seguito da Silente e Moody.

«Oh-oh...» mormorò Sirius, chiudendo la porta e ripercorrendo insieme a James e Tonks la corsia fino al letto dell'amico.

«Che c'è?» chiese Tonks, confusa.

«Dovremmo essere a lezione. Tutti e tre» replicò James, altrettanto agitato, richiudendo la tenda e nascondendoli momentaneamente alla vista di chiunque fosse entrato nell'infermeria.

Tonks sbiancò.

«Beh, potrei sempre trasformarmi in Madama Chips e dire a Silente che voi avete avuto il permesso di venire qui dalla McGrannit...» suggerì, mordendosi il labbro.

«Per quanto io ammiri la tua anima malandrina, cugina, non penso che funzionerà. Che succede, per esempio, se la vera Madama Chips arriva proprio durante la tua straordinaria interpretazione?» sussurrò Sirius lanciando un'altra veloce occhiata a Remus, che continuava imperterrito a dormire con il viso mortalmente pallido nascosto dalle coperte candide.

Prima ancora che Tonks e James avessero il tempo di replicare, tuttavia, la porta dell'infermeria si aprì nuovamente, e pochi secondi più tardi un uomo che la ragazza non aveva mai visto scostò la tenda.

Alto quanto il figlio, Lyall Lupin aveva occhi scuri nascosti dietro a un paio di sottili occhiali rettangolari e i capelli ingrigiti di chi ha subito molti dispiaceri in un lasso di tempo decisamente troppo breve.

L'uomo squadrò James, Sirius e Tonks, che per tutta risposta sorrisero nervosi.

«Ehilà, Lyall» disse James, schiarendosi la voce.

«Già, ehm... Ehilà, Lyall» lo imitò Sirius, cercando di apparire tranquillo.

Lyall Lupin sospirò, quasi rassegnato.

«Qualcosa mi diceva che vi avrei trovato qui, ragazzi...».

James si esibì nella migliore delle sue espressioni sorprese.

«Davvero? Wow... Sei proprio eccezionale, non è vero, Sir?» esclamò, assestando una potente gomitata nelle costole dell'amico.

Sirius sobbalzò.

«Assolutamente» confermò, un sorriso forzato sul volto affascinante.

«Voi tre non dovreste essere a lezione a quest'ora?» chiese Silente, avvicinandosi e studiandoli uno per uno.

«Come dice? A lezione? Oh, giusto! Sirius, non stavo proprio dicendo di aver dimenticato qualcosa? L'ho detto! Vero che l'ho fatto, Tonks?» ribatté frettolosamente James, rivolgendosi alla ragazza rimasta muta per tutto il tempo.

«Cos…? Oh sì, è vero! L'ha detto!» confermò Tonks, cercando di apparire rilassata nonostante potesse sentire i propri capelli diventare color pomodoro, così come le sue guance.

Moody intervenne bruscamente, un sorrisetto mal celato sul volto.

«Che aspettate allora?».

James esitò.

«Eh già, che aspettiamo? Noi... Noi...».

«Noi volevamo giusto salutarti, Lyall. Sì, ci siamo detti: "E' un po' che non vediamo il papà di Lunastorta, quindi perché non approfittarne per fargli un saluto?"» mentì Sirius, con aria innocente.

«Quindi, ecco... Ciao!» concluse James, trascinando Tonks e Sirius verso la porta dell'infermeria, che superarono per poi correre a perdifiato nel corridoio, in direzione delle loro aule.

[*]

Lyall Lupin guardò per qualche istante la porta da dove erano spariti i tre ragazzi.

«Non riesco a credere di aver veramente pensato di non trovare quei due qui... Ma la ragazza... Chi è? Non mi sembra di averla mai vista» chiese, rivolgendosi ai due maghi.

«Qualcuno che come te e i giovani Black e Potter ha molto a cuore il benessere di tuo figlio» replicò Moody.

Lyall non disse nulla, preferendo concentrarsi sul figlio steso nel letto davanti a lui. A malapena si accorse che Silente e Moody erano usciti a loro volta, lasciandoli soli.

L'uomo studiò attentamente il figlio. Da quanto tempo non lo vedeva di persona?

Guardando Remus, Lyall si chiese se fosse possibile che fossero passati solamente due anni: il suo ragazzo appariva così diverso! In qualche modo più vecchio dei suoi diciassette anni. D'altronde, era anche vero che quella di dimostrare più anni di quanti ne avesse in realtà era diventata una cosa normale da quando…

Lyall scacciò il pensiero, scuotendo il capo.

Doveva smettere di vedere la maledizione di suo figlio come l'unica ragione dei suoi cambiamenti fisici e psicologici. Certo, la licantropia influiva pesantemente su di essi, ma non rappresentava che una parte di Remus. Una infinitamente piccola, a giudicare dalle parole di Silente e Moody.

I due maghi gli avevano riferito che la notte prima Remus aveva affrontato Greyback come un mago, e non come un licantropo. Poteva scegliere di cedere alla via - relativamente - più semplice, eppure non lo aveva fatto. Aveva deciso di essere un mago prima di una creatura oscura.

Quando Lyall lo aveva saputo, poche ore prima, aveva provato - oltre ad una grandissima paura - un enorme orgoglio per il suo ragazzo, che aveva dimostrato di possedere un coraggio - e sì, anche una stoltezza - decisamente fuori dall'ordinario. Ne aveva avuto un'ulteriore conferma quando gli era stato detto che il figlio aveva deciso di arruolarsi nell'Ordine della Fenice.

Lyall si ripromise di chiedergli il motivo per il quale trovasse tanto divertente continuare a complicarsi la vita. Anche se in realtà pensava di conoscere la risposta a quella domanda... Remus era esattamente come lui: assolutamente incapace di negare il proprio aiuto a chi ne aveva bisogno - fosse questi un altro studente o una vittima di una guerra sempre più opprimente.

L'uomo si sedette cauto accanto al ragazzo, chiedendosi se avrebbe dovuto svegliarlo. Almeno avrebbe fatto due chiacchiere con lui...

Allungò la mano con l'intenzione di scuoterlo delicatamente, ma il figlio lo fermò ancor prima che potesse anche solo sfiorarlo.

«Ciao papà» mormorò con voce roca, tenendo gli occhi ancora ben chiusi.

Lyall si ritrovò a sorridere per la prima volta da molto tempo.

«Da quanto fingevi di dormire?» chiese interessato.

Remus aprì gli occhi, fissando quelli del padre con un sorriso altrettanto sincero.

«Da quando ho sentito la tua voce in corridoio» ammise.

Gli occhi di Lyall si velarono per un istante nel vedere la fatica con cui il ragazzo si metteva seduto sul letto.

«E' in momenti come questi che odio avere l'udito più fine del normale. Anche se in realtà la colpa è di questa spalla: non sembra volermi dare tregua» borbottò questi, apparentemente non accorgendosi del turbamento del padre.

L'uomo guardò il figlio massaggiarsi distrattamente la spalla, sorprendendosi di trovarla fasciata.

«Stai fermo» lo ammonì, quando lo vide cercare di spostare la benda per valutare l'entità del danno.

Remus sbuffò, sentendosi improvvisamente tornato all'età di sei anni, quando suo padre era quasi costretto a legargli le mani per impedirgli di pasticciare con le medicazioni che gli venivano applicate dopo l'ennesima luna piena violenta.

«Che è successo?» chiese, rassegnato all'idea di non poterlo scoprire con i suoi occhi.

Lyall esitò.

«Cosa ricordi?» chiese, cauto.

Remus si concentrò sugli avvenimenti della notte appena trascorsa.

«Io e Greyback abbiamo avuto uno scambio di opinioni non esattamente civile, e all'improvviso lui ha fatto qualcosa con la bacchetta. Non ho riconosciuto l'incantesimo, ma dubito fosse uno di quelli che insegnano qui ad Hogwarts o in qualsiasi altra scuola di magia... Ho sentito la spalla andarmi a fuoco, come se fosse stata infilzata da una lama rovente. Il resto è troppo confuso. Ricordo vagamente che Greyback mi ha detto qualcosa sul godermi la mia libertà, pagando le conseguenze delle mie scelte, ma...» raccontò, la fronte aggrottata per lo sforzo di ricordare.

Di nuovo Lyall esitò.

«Greyback... Lui... Lui ti ha marchiato» mormorò.

Il ragazzo parve confuso.

«Che vuol dire? Pensavo che mi avesse marchiato la notte in cui mi ha morso...».

L'uomo annuì, agitandosi un po'.

«E' così. Ma, com'era prevedibile, non è stato felice del tuo rifiuto a seguirlo, così ha pensato bene di rendere la tua decisione irrevocabile» disse, fissandolo.

Il licantropo inizialmente sembrò non capire, poi si passò una mano sugli occhi.

«Mi ha retrocesso ad Omega, vero?» mormorò, fissando a sua volta il padre.

Questi annuì lentamente, stupendosi di vedere il figlio sospirare di sollievo.

«Non mi sembri turbato» notò.

«Non lo sono, infatti. E no, non ho subito danni alla testa. So perfettamente che in quanto Omega sono bandito da qualsiasi branco di lupi mannari esistente; così come so che qualsiasi appartenente ad uno di essi potrebbe benissimo decidere di uccidermi per compiacere il proprio capobranco, nel caso dovesse incontrami. Ma questo non significa anche che sono libero dall'obbligo di unirmi alle forze di Voldemort? Non significa che, per la prima volta da moltissimi anni, posso effettivamente decidere cosa fare della mia vita - pur sempre nei limiti dettati dalla mia maledizione? Non dovrò più negare a me stesso il desiderio di legarmi ad altri per timore della rabbia di Greyback!» esclamò, sinceramente felice.

Lyall studiò per qualche minuto il figlio, poi sorrise di nuovo - contagiato dalla sua allegria.

«Hai ragione, è sicuramente una vittoria. E una che meriti appieno» confermò.

Remus lo guardò di sottecchi.

«Quindi... Non sei arrabbiato?» chiese, con una punta di imbarazzo nella voce.

Lyall posò il mento sulla mano.

«Puoi giurarci che lo sono, ragazzo. Sei stato incredibilmente sconsiderato» disse serio, inclinando il capo da un lato. «Però ammetto che poterti finalmente rivedere di persona - e relativamente in buona salute - influisce parecchio sul mio stato d'animo attuale, migliorandolo in modo che definirei quasi surreale. Ti consiglierei quindi di stare in riga per un po'. Giusto per convincermi che hai pienamente compreso quanto possono essere pericolose le conseguenze di certe tue decisioni».

Il licantropo si grattò la testa, un leggero rossore a colorargli le guance pallide.

«E io che speravo di essermela cavata...» mormorò piano, un sorrisetto imbarazzato sul viso.

L'uomo scosse il capo.

«Ah-ah. Non sono uno dei tuoi insegnanti, Remus. Non puoi mettermi nel sacco con una delle tue famose espressioni da "Sono-completamente-innocente-non-ho-idea-di-come-sono-finito-in-questa-situazione"».

Remus ridacchiò.

«Non sapevo avessero un nome»

«Adesso lo sai».

Il licantropo tornò serio, guardando il padre.

«Non era mia intenzione escludere te e la mamma, voglio che tu lo sappia. Io cercavo solo di...».

Lyall lo zittì, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

«Non hai bisogno di scusarti, figliolo. Tuttavia ritengo che tu possa anche accettare di tornare a casa, ora. Tua madre e io ne saremmo più che felici. Ovviamente, se questo è ciò che vuoi anche tu. Se invece preferisci continuare a vivere da solo... Beh, in quel caso entrambi insistiamo affinché tu venga a farci visita almeno due volte a settimana. Ma devo essere onesto con te: l'idea di te tutto solo in quel cottage non è mai piaciuta a nessuno dei due».

Remus aveva gli occhi che brillavano di riconoscenza.

«Sarà davvero bellissimo poter tornare a casa, papà».

Per un po' nessuno dei due parlò o fece nulla. Poi Remus si alzò in piedi, iniziando a vestirsi sotto lo sguardo attonito del genitore.

«Posso sapere dove pensi di andare, ora?» gli chiese questi, interessato.

«A lezione» rispose semplicemente il ragazzo, allacciandosi - non con poca fatica - una scarpa.

«Sei ancora in convalescenza per il brutale attacco di un criminale o sbaglio?»

«Non sbagli, e lo sai bene. Ma se non andrò a lezione quei due adorabili ragazzi che erano qui prima - e che si suppone siano i miei migliori amici - distruggeranno la scuola, o cosa ben più grave finiranno nuovamente in punizione» replicò, ondeggiando leggermente a causa di un'improvvisa vertigine.

In un attimo Lyall fu al suo fianco, sorreggendolo.

«Hai uno strano senso delle priorità, Remus...» notò divertito.

«Tutta colpa dei troppi anni passati con James e Sirius, suppongo. Temo mi abbiano irrimediabilmente rovinato» ghignò, avviandosi con passo più stabile verso l'uscita dell'infermeria.

Una volta assicuratosi dell'assenza di Madama Chips nei paraggi, Remus si voltò verso il padre - ancora fermo vicino al letto.

«Sono sicuro che ci rivedremo spesso, ora che sei qui alla scuola. Fino ad allora... Buona giornata» gli strizzò l'occhio, svanendo rapidamente nel corridoio e allontanandosi dagli strilli che Madama Chips avrebbe sicuramente lanciato, una volta resasi conto di aver perso nuovamente il proprio paziente.

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Capitolo 29
*** capitolo 29 ***


Una volta lontano dall'infermeria, Remus si fermò ed inspirò a pieni polmoni l'aria della libertà. Probabilmente non aveva assolutamente nulla di diverso da quella che ogni giorno milioni di persone - sia nel mondo magico che in quello babbano - respiravano, ma a lui sembrava completamente nuova.

Era libero.

Certo, non lo era dalla licantropia. Ma almeno poteva dire di esserlo dallo spettro di Greyback, che per due lunghissimi anni lo aveva costretto a compiere scelte incredibilmente sofferte pur di salvaguardare il benessere di chi aveva a cuore. Sapeva ovviamente di non essere fuori pericolo, e anzi di essere ancora più a rischio di prima - dubitava, infatti, che il licantropo lo avrebbe mai perdonato. Ma non gli importava. Aveva fatto una scelta ed era pronto a tutto pur di dimostrare a se stesso e agli altri che si trattava di quella giusta.

Il sorriso gli si allargò a tal punto che sentì i muscoli della faccia dolergli: libero. Non poteva ancora crederci…

Bussò alla porta dell'aula di Storia della Magia - concedendo ai compagni una tregua dalla solita noiosissima lezione del professore fantasma - ed entrò, cercando di mascherare il proprio sorriso dietro un'espressione mortificata per il ritardo.

Infastidito dall'interruzione, il professor Rüf gli disse seccamente di andarsi a sedere in silenzio, permettendogli così di continuare la propria lezione.

Il licantropo non se lo fece ripetere due volte, e andò a prendere posto accanto a James e Sirius, che sonnecchiavano profondamente sui loro banchi, ignari di tutto ciò che li circondava.

Remus li guardò con un'espressione affettuosa. Non li avrebbe rimproverarti per il mancato seguito alla lezione. Come poteva, sapendo che quei due erano stati al suo fianco per tutta la notte? Si erano meritati il loro sonno. Per stavolta avrebbe chiuso un occhio.

[*]

Quando la lezione terminò, , circa venti minuti più tardi, Remus attese con pazienza che i due si svegliassero - cosa che non avvenne che un quarto d'ora dopo che la classe si era completamente svuotata.

James - il primo a dare segni di ripresa - sbadigliò rumorosamente, grattandosi i capelli ribelli e sistemandosi gli occhiali - finitigli di traverso durante il piacevole pisolino - in una sequenza di gesti che Remus ancora si stupiva l'amico riuscisse a compiere senza nemmeno aprire gli occhi.

Fu poi il turno di Sirius, che stese gambe e braccia in maniera decisamente canina, prima di sbadigliare anch'egli - producendo incredibilmente un suono che un orecchio inesperto avrebbe potuto benissimo associare ad un corno da battaglia.

L'espressione confusa ed insonnolita con cui si guardarono intorno, comunque, svanì immediatamente non appena videro il lupo mannaro seduto sul proprio banco in attesa del loro risveglio.

«Rem!»

«Lunastorta!».

Remus ridacchiò.

«Sì, sono io. Ora che ci siamo presentati, che ne dite di proseguire con le nostre lezioni? O qualcosa ce lo impedisce?» ghignò.

Sirius si alzò in piedi, studiandolo con occhio clinico.

«Che ci fai in piedi?» chiese.

«Non dovresti assolutamente essere in piedi!» gli fece eco James, posando una mano sulla fronte dell'amico.

Remus gliel'allontanò ridendo.

«Non ho ritenuto necessario stare ancora in infermeria» disse, scrollando le spalle.

La fitta che gli percorse dolorosamente il braccio gli ricordò di non compiere quel gesto fino alla completa guarigione.

«Ma…» iniziò James, a cui non era sfuggita la sua lieve smorfia.

Remus scosse il capo caparbio.

«"Ma" niente. Sto bene. Inoltre, chi vi terrà d'occhio, se sarò costretto a letto da Madama Chips?».

Sirius si esibì in un largo sorriso, stringendogli la spalla sana in un gesto d'affetto.

«Il buon vecchio Lunastorta... Che faremmo senza di te?».

[*]

Nessuno, a parte i presenti e pochi altri, seppe mai cos'era accaduto in un'ampia radura della Foresta Proibita la sera in cui Silente annunciò l'arrivo dei funzionari del Ministero della Magia nella scuola. Gli studenti non seppero mai che quella notte il castello fu barricato magicamente, né perché alcuni loro compagni sparirono nell'oscurità - solo per ricomparire il mattino successivo a lezione, stanchi e provati come se avessero assistito a qualcosa di orrendo e sconvolgente.

Ciò che tutti non poterono fare a meno di notare, tuttavia, fu l'improvvisa scomparsa di uno dei quattro membri di quella singolare banda di maghi nota con il nome di Malandrini. Minus, il ragazzo tremante e apparentemente privo di qualsiasi vera capacità, era infatti svanito nel nulla; e nessuno dei restanti tre ragazzi spiegò mai che fine avesse fatto - limitandosi a borbottare a denti stretti che Minus si era "Certamente unito a persone che più lo meritavano" a chiunque chiedesse loro qualcosa al riguardo.

Ben presto tutti impararono semplicemente a non chiedere più nulla. In fondo, l'unico motivo per cui era conosciuto ad Hogwarts era proprio per la sua appartenenza ai Malandrini. Se aveva - stupidamente - deciso di abbandonarli, non meritava certo altre attenzioni...

E benché ci fosse qualcuno che giurava di aver visto - quella notte - gli alberi della Foresta Proibita illuminarsi a causa di un qualche tipo di incantesimo, nessuno vi diede troppo peso. Non erano certo niente più che le consuete voci di corridoio, sussurrate a mezza voce per spaventare quelli del primo anno.

Alla fine la vicenda venne rapidamente dimenticata, anche e soprattutto grazie alla notizia dell'apertura di un nuovo locale, gestito da una certa Madame Piediburro, che era stata in grado di suscitare un'eccitazione tale da rendere la visita al villaggio di Hogsmeade l'evento più discusso e atteso dall'inizio dell'anno scolastico.

A quanto si vociferava, il locale sarebbe stato il luogo ideale dove le coppiette potevano rifugiarsi in cerca dell’intimità che non potevano avere ai "Tre manici di scopa” - voci che sembravano scatenare nelle giovani studentesse pensieri ricolmi di romanticismo, e nei loro compagni violentissimi attacchi di orticaria...

Tuttavia, non tutte le ragazze di Hogwarts sognavano tramonti in riva al mare e romantiche passeggiate al chiaro di luna a cavallo di scintillanti unicorni: ed era proprio per festeggiare l'esistenza di queste rare eccezioni che tre studenti del Grifondoro passarono la sera prima della visita ad Hogsmeade a brindare alla loro buona sorte, che avrebbe risparmiato loro una giornata costellata di frasi zuccherose e tenere effusioni tra tazze di tè e pasticcini al burro.

«Parola mia, ragazzi! Per un attimo ho temuto che Lidia mi dicesse di voler provare quel locale. Non sono mai stato più felice di essermi sbagliato su qualcosa!» esclamò Sirius dopo il sesto bicchiere di Whisky Incendiario.

James e Remus risero, ben attenti a non rovesciare i loro bicchieri.

«Lily? Ha espresso il desiderio di dargli un'occhiata? Lei mi è sempre sembrata un tipetto piuttosto romantico» chiese l'Animagus, afferrando la bottiglia al suo fianco e versandosi un'altra generosa dose di liquore.

James ingoiò in un sol sorso il contenuto del suo bicchiere.

«Oh, lo è! Ma lei stessa mi ha detto che preferirebbe essere bocciata in Pozioni, piuttosto che mettere piede in quel posto!».

Di nuovo, gli altri due ragazzi scoppiarono a ridere.

«E che ci dici di Tonks? Lei se lo farebbe un giretto da Madame Piediburro?» domandò James, sdraiandosi a pancia sotto sul suo letto e fissando Remus.

«Lo so io dove - e soprattutto con chi - si farebbe un giretto mia cugina...» ghignò Sirius.

James rise talmente forte che il bicchiere quasi gli sfuggì dalle mani - una risata, la sua, che aumentò di volume quando l'altro Animagus cadde dal proprio letto dopo aver tentato inutilmente di impedire al cuscino lanciatogli da Remus di colpirlo in piena faccia.

«Allora?» incalzò James, le lacrime agli occhi.

Sirius riaffiorò dal pavimento, sputacchiando qualche piuma.

«Ma l'hai vista?! Spinosi capelli rosa gomma da masticare, anfibi, abiti strappati... Diamine, Ramoso! Ti sembra il tipo che ama le sale da tè e i centrini di pizzo?!».

Remus vuotò il suo bicchiere in un sol sorso.

«Devo ammettere che Felpato ha ragione, stavolta: la tua è stata una domanda idiota, James» confermò divertito.

Vedendo l'amico corrucciarsi, Sirius balzò addosso a James in un lampo, cogliendolo di sorpresa e facendogli cadere il bicchiere - che si frantumò sul pavimento di legno.

«Che ti prende? Ti si è scheggiata una delle corna?» sghignazzò.

«No, è che stavo pensando... Capelli rosa, abiti strappati, anfibi...» elencò James, incredulo. «Come accidenti è stato possibile, Lunastorta?! Voglio dire, tu sei... Insomma... Tu sei tutto libri, studio...»

«Libri...» aggiunse Sirius.

«Calma...»

«Libri...»

«Tranquillità, silenzio...»

«E libri!»

«Mentre Tonks è... E'...».

«Sì, ho capito, James. Ma fossi in te non mi stupirei troppo. Lily esce con te, no?» ghignò Remus, recuperando il whisky dal comodino di Sirius e rovesciando ciò che ne rimaneva nel proprio bicchiere.

«Ehi!» esclamò James, sgranando gli occhi. «Questo non è carino!»

«Parli di quello che ha detto o del fatto che ha finito il liquore?» ridacchiò Sirius.

James parve pensarci sopra, poi fece spallucce.

«Ah, chi se ne importa! A proposito, sapete che Lily stasera mi ha chiesto per quale motivo accetta sempre di andare ad Hogsmeade con un ragazzo che distrugge periodicamente la scuola?».

Il terzetto, ormai completamente ubriaco, sghignazzò all'unisono.

Sirius recuperò il proprio bicchiere - rotolato sotto al letto - e si alzò instabile sulle gambe.

«Avvicinatevi, voi due! Voglio fare un brindisi!» esclamò.

«Abbiamo finito il whisky» ridacchiò Remus.

«E tu hai rotto il mio bicchiere» gli fece eco James.

Ma entrambi si alzarono malfermi, avvicinandosi all'amico.

Remus alzò il bicchiere, mentre James sostituiva il suo con la bottiglia - entrambi completamente vuoti.

«A tre meravigliose ragazze che sono riuscite nella più grande delle imprese: metterci al guinzaglio!» esclamò Sirius, solenne.

«A tre magnifiche fanciulle che ci tengono in riga ogni giorno!» aggiunse James, con la medesima aria pomposa.

«A tre incredibili - e pazienti - creature che ci sopportano senza approfittarsi quasi mai dell'immenso amore che proviamo nei loro confronti, e che ci trasformano ineluttabilmente in tre idioti sentimentali» concluse Remus, a cui era venuto il singhiozzo.

Per un po' rimasero in silenzio, rimpiangendo la fine del liquore.

Poi Sirius si voltò verso Remus.

«Mi spieghi come riesci a usare termini come "ineluttabilmente" quando sei ubriaco fradicio? Io a malapena riesco a ricordare il mio nome!» esclamò, confuso.

Il licantropo ridacchiò.

«Onestamente non ne ho la più pallida idea».

James - ricaduto sul suo letto - riprese a sghignazzare.

«Vi rendete conto che sembriamo tre alcolizzati dementi?»

Remus e Sirius si lasciarono cadere ai due lati dell'amico.

«In tutta onestà, James... Credo che dopo tutti gli anni trascorsi a rubare il miglior Whisky Incendiario dalla cantina di Aberforth, sia ormai appurato che noi siamo tre alcolizzanti dementi...» sussurrò Sirius, le palpebre che iniziavano a chiudersi, spargendo odore di whisky ovunque.

Remus - gli occhi chiusi e un'espressione felice sul volto - si esibì in un ultimo sorriso.

«Ed ecco un'affermazione che neppure io posso smentire...».

Ma ormai non era rimasto più nessuno sveglio per sentirlo.

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Capitolo 30
*** capitolo 30 ***


Il mattino dopo, il villaggio di Hogsmeade si riempì dell'allegro vociare di studenti felici di potersi finalmente allontanare per un paio d'ore dal castello e dalle tediose lezioni che vi si svolgevano. Neppure la vista dei funzionari del Ministero tra i corridoi della scuola e degli Auror che pattugliavano attentamente le strade e i confini della scuola riuscì a smorzare quel clima rilassato e gioioso, poiché tutti si sentivano più rassicurati che preoccupati dalla loro presenza.

Poco lontano dalla ressa degli studenti eccitati, un gruppetto di ragazzi camminava ridendo e scherzando - apparentemente privi di preoccupazioni.

Sirius, il braccio intorno alla vita di Lidia, starnutì violentemente.

«Bah! Io mi chiedo come diavolo sia possibile che noi maghi siamo capaci di trasformare ogni oggetto inanimato in un simpatico animale da compagnia, ma non riusciamo a curare un raffreddore del cavolo!» esclamò, soffiandosi il naso in un fazzoletto nero di seta che portava in tasca.

James ridacchiò. Quella mattina lui, Sirius e Remus avevano avuto bisogno di una lunga doccia gelida per riprendersi dalla sbornia della notte precedente, e l'Animagus sembrava averne ricavato ben più di una mente lucida e sgombra dai fumi dell'alcol...

«Sai che esistono delle pozioni per questo tipo di inconvenienti, vero? Inoltre, pretendi troppo dalla magia, Sirius. Non facciamo certo miracoli!» lo ammonì Tonks.

La ragazza - letteralmente fuori di sé dalla gioia - teneva sotto braccio Remus, e non sembrava intenzionata a lasciarlo andare.

Sirius starnutì di nuovo.

«Ah, ecco cosa c'è di sbagliato! Dovremmo!» sbottò di malumore.

I restanti membri del gruppo scoppiarono a ridere.

«Ascoltate, che ne dite se andassimo a berci qualcosa di caldo alla "Testa di Porco"? Magari così Sirius la finirà di lamentarsi» ghignò James, divertendosi a stuzzicare il pessimo carattere dell'amico.

«Andate avanti voi. C'è una cosa che voglio mostrare a Dora» disse Remus, sorridendo alla ragazza.

Completamente dimenticatosi del proprio naso congestionato, Sirius lasciò andare Lidia e si esibì in una perfetta imitazione di un violinista intento a suonare una melodia di tipico stampo nuziale.

James ridacchiò, e anche Lidia e Lily non poterono trattenersi dal sorridere all'espressione imbarazzata sul volto di Tonks.

«Un'interpretazione sublime, Felpato. Ricordami di ingaggiarti per le nostre nozze. Non vorrei mai privare i nostri invitati della possibilità di vedere il tuo straordinario talento» replicò serafico il licantropo, un guizzo negli occhi.

I due Malandrini ammutolirono, mentre Lidia e Lily risero apertamente.

«Vi aspettiamo da Aberforth, allora» disse Lidia, iniziando a trascinare un Sirius alquanto scioccato verso una stradina secondaria, seguita quasi immediatamente da Lily - costretta a guidare i passi di James, che sembrava essere stato colpito da un Incantesimo Confundus particolarmente potente.

«A dopo» rispose Remus, prima di avviarsi con Tonks verso il centro del villaggio.

[*]

«Dicevi davvero?» chiese Tonks all'improvviso.

Remus la fissò sovrappensiero.

«Come?»

«Prima, con gli altri... Quando dicevi che il giorno delle nozze ingaggerai Sirius per accompagnare la cerimonia» borbottò in fretta, nascondendosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.

«Oh, quello! No, no...».

Tonks non riuscì a mascherare completamente la propria delusione.

«Sirius sarebbe un pessimo musicista. Rovinerebbe totalmente l'atmosfera» ghignò il licantropo, guardandola di sottecchi e gioendo nel vedere il sorriso splenderle sul volto e le guance arrossarsi.

«Significa che mi vuoi sposare?» chiese lei, la voce che tremava impercettibilmente.

«Non dovrei?» domandò a sua volta, continuando a sorridere noncurante.

«Cosa? No! Non intendevo affatto dire... Io voglio sposarti! Anche subito! Ma voglio dire... Ecco, sembri molto sicuro. Non hai paura di stancarti di me?» esclamò in fretta la ragazza, bloccandosi in mezzo alla via.

Remus la fissò con gli occhi che brillavano.

«Stancarmi di te, Ninfadora?».

Tonks aprì la bocca scioccata, poi lo colpì con un leggero pugno.

«L'hai fatto apposta!» sibilò.

Il licantropo rise, avvolgendole un braccio intorno alla vita e schioccandole un bacio sulla tempia.

«Assolutamente sì. Amo il tuo nome».

Tonks emise uno sbuffo.

«Quindi sei convinto che non ti stancheresti di me? Mai?»

Remus scosse il capo.

«Mai, Dora. Se dovessi farlo, significherebbe che sono diventato folle. Anzi, dovrei essere io a temere che sia tu a stancarti di me. Non sarebbe una così grande sorpresa, in fondo...» ammise, onesto.

I due percorsero per un po' il villaggio in silenzio.

«A che pensi?» chiese Tonks, vedendo il proprio accompagnatore corrucciarsi.

«Al fatto che non c'è più alcun motivo di tenere nascosto agli altri studenti quello che c'è tra noi» le confidò.

Tonks sentì il proprio cuore iniziare a battere freneticamente.

«Sì, immagino non ve ne sia più bisogno, ora...» mormorò, un tremito nella voce.

Il licantropo annuì pensieroso.

«Perché sai, avevo intenzione di... proclamarlo ad Halloween. Sempre che a te vada bene, è chiaro. Lo farei prima, ma... Siamo onesti, Dora: dobbiamo essere sicuri che le cose funzionino, tra di noi. Non che non lo stiano facendo alla grande, ora!» si affrettò ad aggiungere, nel timore che lei fraintendesse le sue parole. «Perché voglio che tu sappia che non sono mai stato più felice di come sono ora. Certo, non posso negare di pensare, a volte, che tu meriteresti qualcuno di più adatto a te: allegro, spensierato... Qualcuno che non rischi di farti del male ogni mese...».

Tonks gli mise una mano sulla bocca, interrompendo quel fiume di parole.

«Smettila, Remus. Sei perfetto per me, così come io lo sono per te. Ci completiamo, no?» gli disse, rivolgendogli un sorrisetto. «Per quanto riguarda dover attendere fino ad Halloween, per poter esserne veramente sicuri... Va bene, sul serio. Potrei aspettarti per interi anni, se sapessi di avere anche la più piccola speranza di poter stare con te».

Gli occhi del licantropo brillarono di riconoscenza.

«Grazie, Dora».

Ora era Tonks ad essere pensierosa, tuttavia.

«Ma che succederà ad Halloween? Onestamente non ricordo "le proclamazioni" di Sirius e James...» chiese, curiosa.

Il licantropo ridacchiò.

«Questo perché io diedi una mano ad organizzarle, e quindi l'esuberanza di quei due venne tenuta a freno. Ma sicuramente non mi concederanno di avere voce in capitolo sulla nostra, quindi... Però sono certo che accettino suggerimenti. Da te di sicuro...».

Anche Tonks rise, stringendosi di più a lui.

«A me basta che ci sia tu» ammise.

Il ragazzo si fermò improvvisamente, costringendo anche Tonks - che ancora teneva per la vita - a farlo.

«Sai che ti dico?» le chiese, un'espressione decisa sul volto.

«Cosa?» replicò lei, confusa.

«Non voglio rischiare che qualcuno - folgorato come me dalla tua bellezza - inizi a farti la corte credendoti libera. Sarebbe terribilmente imbarazzante per tutti. E mi fornirebbe uno sfidante non richiesto...» aggiunse in tono pratico.

La ragazza non poté fare a meno di ridacchiare nuovamente.

«E quindi? Che hai intenzione di fare per impedire che ciò avvenga?» chiese, interessata.

«Beh, mi vedo costretto a fare un piccolo strappo alla regola... In fin dei conti sono un Malandrino, e quello di dover essere sempre pronti ad infrangere le regole è un requisito indispensabile, perciò...».

Le afferrò la mano, e senza darle nemmeno il tempo di reagire si inginocchiò lì, in mezzo alla strada - spingendo diversi studenti incuriositi nelle vicinanze a fermarsi per vedere cosa stesse succedendo. 

Tonks non ebbe bisogno di vedersi riflessa in uno specchio per sapere di avere nuovamente i capelli color del pomodoro.

«Remus, che stai...» mormorò, imbarazzatissima.

«Io, Remus Lupin, dichiaro di essere follemente ed inesorabilmente innamorato di questa ragazza, e di essere pronto a sfidare a duello chiunque tenti di ostacolare il nostro amore!».

Poi, davanti allo stupore generale dei presenti si rialzò in piedi, prese delicatamente il viso di Tonks fra le mani e la baciò.

Un paio di studentesse presenti svennero senza ritegno tra le braccia degli amici, ma Remus e Tonks non diedero loro alcun peso, sorridendosi ed allontanandosi l'uno nelle braccia dell'altra.

[*]

Poco lontano, una coppia di maghi dall'aria furente si avviò verso il castello.

Dopo aver assistito a quel pubblico sfoggio di sentimenti, entrambi erano stati immediatamente d'accordo su una cosa: non avrebbero mai permesso che quella storia vedesse un'altra alba.

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Capitolo 31
*** capitolo 31 ***


«Tu sei completamente pazzo!» esclamò Tonks, ancora rossa in viso, quando si furono allontanati dalla folla.

Remus rise apertamente.

«Credevo che questo l'avessimo già appurato, Dora...».

«Voglio dire... Lì in mezzo a tutti… Io...» balbettò la ragazza, apparentemente sorda alle parole del suo accompagnatore.

Il licantropo fece spallucce.

«Temo dovrai abituarti ad essere ancor più al centro dell'attenzione... La dura vita della celebrità» ghignò.

Tonks trasse un profondo respiro, nel tentativo di calmarsi.

Una volta che ci fu riuscita, si guardò intorno.

«Cos’è che dovevi mostrarmi, comunque?» chiese, incuriosita.

«Vieni, è da questa parte» disse, conducendola al limitare del villaggio.

Superarono un vecchio recinto ricoperto di muschio - salendo poi su per una ripida collinetta immersa nella foresta.

Subito prima di giungere sulla sua sommità, tuttavia, Remus si fermò e coprì gli occhi di Tonks con le proprie mani.

«Che fai?» domandò lei, confusa.

«Fidati di me» le disse, facendola avanzare con cautela ancora di qualche passo.

Quando si fermarono, Tonks provò la stranissima sensazione di trovarsi sul ciglio di una sporgenza.

«Attenta a non muoverti troppo, okay? Siamo abbastanza in alto, e temo che la caduta non sarebbe piacevole» le sussurrò Remus, facendole venire i brividi - anche se per la ragazza fu impossibile capire se essi fossero causati dal respiro del ragazzo contro il suo orecchio, o dalla tacita conferma di essere effettivamente sul bordo di un precipizio.

Remus tolse le mani dagli occhi di Tonks, che impiegò qualche secondo ad abituarsi al luminoso ambiente circostante.

«Oh!» sussurrò meravigliata, una volta che i suoi occhi si posarono sul paesaggio davanti a lei.

Ai suoi piedi, la foresta si estendeva a perdita d'occhio, con gli alberi simili ad un vasto prato accarezzato dal vento. Poco distante, Tonks riuscì a scorgere la stazione dove ogni settembre l'Espresso per Hogwarts arrivava carico di studenti desiderosi di immergersi in un nuovo anno scolastico - costeggiata da quell'oceano verde come in una di quelle cartoline che si vendevano nei negozi di souvenir babbani. E a coronare il tutto, davanti a lei - in tutta la sua bellezza e maestosità - il castello di Hogwarts svettava sulla scogliera affacciata sul Lago Nero, stagliandosi imponente contro il cielo azzurro e privo di nubi.

«Allora?» chiese Remus, riscuotendola dal proprio stupore.

«E' bellissimo, Remus...» mormorò con un filo di voce, ammirando ogni singolo dettaglio di quel fenomenale panorama.

«Vengo qui spesso, quando voglio starmene un po' solo con i miei pensieri. E non solo durante le normali gite ad Hogsmeade...» le confidò il licantropo, e la ragazza capì che alludeva anche alle "visite extra" che i Malandrini facevano al villaggio grazie ai passaggi nascosti all'interno del castello.

Tonks si lasciò sfuggire un sorrisetto.

«Suppongo allora che sarai sempre qui...».

Il licantropo le diede un tenero buffetto.

«Sfacciata» mormorò affettuosamente.

Lei lo abbracciò, godendosi il calore delle sue braccia.

«Grazie per averlo voluto condividere con me. Lo apprezzo davvero molto».

Remus ricambiò l’abbraccio.

«Sono felice che ti piaccia».

Rimasero così per un po', fissando quel meraviglioso spettacolo in silenzio.

Alla fine, Tonks si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto al pensiero di quelle ultime ore: l'intenzione di Remus di sposarla, la sua folle dichiarazione nella piazza del villaggio, quel romantico momento solo loro... Non credeva di essere mai stata così felice, prima di allora.

«Credo che dovremo tornare da Sirius e dagli altri. Saranno in pensiero» disse, districandosi dal loro abbraccio.

«Non ne avrebbero motivo. Sanno che non ti farei nulla» replicò lui, ridendo.

«E chi dice che sarebbero preoccupati per me? E' risaputo che tu sei troppo gentiluomo per fare qualcosa di sconveniente, ma io? Sono più che certa che Sirius ti abbia accennato a quanto io gli somigli, in certi frangenti... E guarda! Siamo soli soletti in un luogo che nessuno - almeno spero - conosce, a parte noi...» replicò Tonks, ammiccando.

Non poté trattenersi dal ridere, quando vide le guance pallide di Remus arrossarsi dall’imbarazzo, e si alzò sulla punta dei piedi per baciarlo. Niente avrebbe potuto rovinare quella giornata perfetta...

 [*]

«...E fu allora che i due piccioncini varcarono la porta del locale, dopo essersi finalmente ricordati di avere degli amici che li attendevano impazienti...» esclamò Sirius, alzando il proprio bicchiere per salutare l'ingresso dei due ragazzi.

«Quando la smetterai di essere un tale fastidio, Sirius?» chiese Tonks esasperata, sedendosi tra Lily e Lidia.

«Allora Lunastorta, dove l’hai portata? A vedere una mostra di libri?» continuò Sirius, ignorando bellamente il commento della ragazza.

«Mio caro Felpato, non riesco a trattenere le risate davanti alle tue battute...» replicò Remus, sorridendo.

James gli fece spazio sulla panca.

«Mostra di libri o no, qualcuno si è divertito a mettere in piazza i propri affari, eh?» ghignò.

«A cosa alludi, Ramoso?» domandò Remus, bevendo un sorso della Burrobirra - ormai fredda - ordinata per lui dagli amici.

«A cosa alludo? Stai scherzando?».

E con l'aiuto di Lily ripeté la scena di cui Tonks e Remus erano stati protagonisti a inizio giornata, tra le risate di Sirius e Lidia e l'imbarazzo palese dei due ragazzi.

«Quindi, quando ti deciderai a farle il giuramento vero e proprio?» chiese James tornando a sedersi.

«Stavamo pensando ad Halloween. Vogliamo essere entrambi sicuri che le cose vadano bene, prima» disse Remus, accettando di buon grado la presa in giro da parte degli amici.

Sirius si grattò il mento.

«Hmm... Non capisco come non possiate rendervi conto che siete schifosamente perfetti l'uno per l'altra, ma d'accordo. Sia come volete. Halloween è comunque abbastanza vicino. Almeno avremo il tempo di pensare a qualcosa per rendere l'evento memorabile» mormorò pensieroso.

Remus scosse il capo.

«No, voi non penserete a un bel niente. Preferisco fare da solo. Grazie per l'interessamento, ma non serve. Davvero».

James assunse un'aria ferita.

«Hai sentito Felpato? Non vuole il nostro aiuto!»

«Ho sentito Ramoso. Che ragazzo ingrato...».

Le ragazze scoppiarono a ridere, ben sapendo che Remus avrebbe lottato e pregato i due di non fare alcunché, ma che alla fine avrebbe ceduto, come ogni volta.

[*]

Era ormai sera, quando il gruppetto tornò al castello - dopo una giornata ricca di emozioni. Talmente tante, che Tonks non credeva sarebbe riuscita a dormire se non all'alba.

Halloween. Quella festa non aveva mai significato un granché, per lei. Ma quell’anno sarebbe stato diverso... Quell’anno, Halloween avrebbe rappresentato l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita.

I sei ragazzi entrarono al castello, ridendo ancora della battuta che il padre di James aveva detto loro quando l'avevano incontrato ai cancelli. Si erano trattenuti per parecchio tempo con gli Auror, tanto che ormai tutti i loro compagni erano già seduti a cena.

«Non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti» disse James, affamato.

«Ma… Hai passato tutto il pomeriggio strafogandoti di ogni cosa anche solo lontanamente commestibile!» esclamò Lidia.

«Lascia perdere, Lidia… Ormai io non ci faccio nemmeno più caso» mormorò Lily, rassegnata.

«Ramoso ha ragione, che stiamo aspettando? Anche io sto morendo di fame!» aggiunse Sirius.

«Prenderai un bel brodino caldo, Felpato? Ti farebbe bene, sai?» lo stuzzicò Remus, stringendosi Tonks al fianco.

La tagliente risposta di Sirius venne rovinata da un suo potente starnuto.

Ne stavano ancora ridendo, quando una voce furente li raggiunse.

«Togli quelle manacce da Ninfadora, mostro!».

Dimenticandosi completamente della fame che li attanagliava, tutti lanciarono un'occhiata a Remus, sbiancato improvvisamente.

I loro sguardi poi volarono alla proprietaria della voce, e Tonks - se possibile - sbiancò ancor più del proprio ragazzo.

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Capitolo 32
*** capitolo 32 ***


«Mamma?! Che… Che ci fate tu e papà qui?» balbettò la ragazza, incredula, riprendendosi un po' dallo shock di trovarsi i genitori davanti agli occhi.

Andromeda Tonks era una donna molto attraente, con morbidi capelli castani e grandi occhi scuri. Occhi che in quel momento parevano aver perso la loro gentilezza - sostituita da una furia cieca.

«Abbiamo ottenuto il benestare di Albus Silente per trattenerci qui ad Hogwarts il tempo necessario a sistemare una questione con te, Dora» iniziò il mago - un uomo biondo e allegramente panciuto - prima che la moglie lo interrompesse.

«Quello che tuo padre vuole dire è che siamo qui per impedirti di commettere un grave errore» sibilò la donna, fissando la figlia.

I ragazzi guardarono di sottecchi Remus, vedendolo tenere gli occhi fissi sul pavimento, pallido e provato come dopo lo scontro con Greyback.

Sirius fu il primo a distogliere lo sguardo, puntandolo sulla cugina e il marito.

«Andromeda, Ted, ma che diavolo…?» sbottò, confuso.

«Ti prego, Sirius, di tacere. Se fosse stato per te non avrei certo scoperto che questo… Questo essere… Si era avvicinato alla mia bambina» lo interruppe la donna.

I capelli di Tonks si tinsero di nero tempesta.

«Non sono una bambina!» sibilò, gli occhi che mandavano scintille.

«Non sei nemmeno un’adulta!» controbatté Andromeda, secca.

Cadde il silenzio.

Poi James si schiarì la gola.

«Perché non ci diamo tutti quanti una calmata e non andiamo a parlare di questo da un'altra parte?» chiese, cauto.

Lanciò uno sguardo all’amico, rimasto immobile come una statua.

«Inoltre, se mi è permesso esprimere un'opinione, credo che tu stia un po' esagerando...».

Andromeda Tonks spostò la sua attenzione su di lui.

«Esagerando?».

La donna non sembrava credere alle proprie orecchie.

«La mia unica figlia è sotto chissà quale maledizione, lanciatole da quel mostro, e tu pensi che il chiamarlo con il nome che merita sia esagerare?!» esclamò, furibonda.

«Andromeda, basta!» intervenne Sirius, alzando la voce. «Non hai alcun diritto di chiamare Remus in questo modo!».

«Lascia stare, Sirius» mormorò una voce alle spalle del ragazzo.

Tutti ammutolirono. Remus Lupin stava ancora fissando il pavimento, la voce che gli tremava.

«Dora…» mormorò.

«Il suo nome è Ninfadora!» lo interruppe Andromeda, velenosa.

«Tonks!» sibilò la ragazza.

Il licantropo parve non essersi nemmeno accorto dell’interruzione.

«Ti prego di ascoltare quanto dice tua madre. Sa sicuramente ciò che è meglio per te» esalò, alzando gli occhi sui presenti. «Per quanto mi riguarda, credo che salterò la cena».

E senza un’altra parola scomparve ai piani superiori.

Andromeda Tonks lanciò uno sguardo furente a Sirius e alla figlia.

«Voi due, con noi. Adesso!» precisò.

 [*]

In un'aula deserta, Tonks e Sirius davano fiato alle loro ragioni da quasi un'ora - solo in minima parte ascoltati da un'Andromeda furente e da un Ted non particolarmente convinto delle azioni della moglie.

«Come te lo devo dire mamma? Remus non mi ha fatto alcun incantesimo! Non sono sotto alcuna maledizione, è una mia scelta! Io amo lui e lui ama me. Punto! Perché devi vedere inganni e trame nascoste ovunque?!» ripeté Tonks per l'ennesima volta.

Andromeda sbuffò divertita.

«Perché è un lupo mannaro, bambina mia! Quelli come lui uccidono i maghi, le streghe e tutti coloro che non sono come loro! Per l’amor del cielo, ma che cosa vi insegnano in questa scuola?» sbottò contrariata.

«Dannazione Andromeda, parli come se non conoscessi affatto Lunastorta! Come se non l'avessi mai incontrato prima di stasera! Lui non è come gli altri licantropi, quando ti deciderai a capirlo? Non hai ascoltato, prima, quando ti ho detto quello che è accaduto con Greyback? Credi che se Remus fosse uguale a quel criminale avrebbe agito così? Avrebbe messo a repentaglio la propria vita in questo modo?!» intervenne Sirius, infervorato.

La donna fece spallucce.

«Certo che ho ascoltato, Sirius! Ho sentito quando hai detto che voleva liberarsi di Greyback; che era stanco di doversi sempre guardare le spalle e di non poter fare ciò che più gli piaceva. E ho visto ciò che ha fatto per ciò che è veramente: solamente una serie di azioni per raggiungere uno scopo. Ha fatto solo i suoi interessi!» replicò, freddamente.

Sirius sgranò gli occhi, voltandosi verso Ted.

«Ted, ti prego. Dimmi che non condividi le sciocchezze che tua moglie sta dicendo!».

L'uomo - rimasto muto fino a quel momento - esitò.

«Onestamente Sirius, non so che pensare. Chi ci assicura che non sia un pericolo esattamente come Greyback?» mormorò.

Sirius emise un verso frustrato.

«Chi ve lo assicura? Io! E James, Lily, Lidia, Tonks... Lo stesso Silente! Per la miseria, credete che Silente sarebbe stato così pazzo da permettere a Remus di frequentare Hogwarts, se non fosse stato sicuro al cento per cento che non c'erano rischi per gli altri studenti? O credete forse che Remus abbia stregato anche lui?» domandò, sprezzante. 

Sospirò.

«Sentite, lo conosco da quando avevano entrambi undici anni...».

Ted sospirò a sua volta.

«Lo stesso si può dire di quell'altro ragazzo, Minus. E guarda alla fine che è successo...».

L'Animagus non rispose subito.

«D'accordo, avete ragione. Quel viscido ratto di Minus ci ha preso in giro tutti quanti per anni, ma non potete onestamente paragonarlo a Remus!» esclamò.

Andromeda sbuffò di nuovo.

«Sbaglio o fu proprio grazie al tuo caro amico Remus che Minus entrò a far parte della vostra piccola banda?» domandò, gelida.

«Perché non voleva che io e James lo includessimo nella lista delle vittime dei nostri scherzi! Questo non dimostra quanto Remus abbia a cuore il benessere di chi lo circonda, anche di coloro che alla fine si rivelano essere suoi nemici - pur avendo in precedenza giurato di essere suoi fratelli? Perché è questo che Remus è, per me: un fratello!».

La donna lo fissò.

«Tu hai già un fratello, Sirius. Uno vero. E per quanto la cosa possa non piacerti, senza di lui non avremmo mai saputo niente di quanto stava succedendo qui a Hogwarts tra nostra figlia e questo tuo cosiddetto "fratello"» replicò, secca.

Sirius strabuzzò gli occhi.

«Regulus?! E’ stato Regulus ad avvisarvi?!».

Tonks fissò brevemente il cugino, vedendolo stringere i pugni dalla rabbia.

«E da quando conta più la sua parola della mia? Da quando preferisci ascoltare le parole di chi si accompagna regolarmente con futuri Mangiamorte, piuttosto che quelle di chi ha sempre sputato sulle assurde - ed immorali - convinzioni della nostra famiglia?!» sibilò l'Animagus, senza riuscire a nascondere completamente il proprio disappunto per l'apparente "tradimento" di Andromeda. 

«Da quando questo qualcuno ha deciso che la sicurezza di mia figlia viene dopo i capricci di un abominio» rispose la donna.

Tonks scattò in avanti.

«SMETTILA DI CHIAMARLO COSI'!» urlò.

«Non usare quel tono con me, signorina!» l'avvertì la madre.

«Allora tu non chiamare il mio ragazzo in quel modo!» ribatté Tonks, dirigendosi alla porta.

«Ninfadora Tonks, torna immediatamente qui!» sibilò Andromeda, accennando a fare qualche passo verso la figlia.

Ma la ragazza la fissò con un misto di disgusto e delusione.

«Vai al diavolo» sputò, prima di uscire sbattendo la porta dietro di sé.

Rimasto solo con i due coniugi, Sirius sospirò nuovamente, passandosi una mano tra i lunghi capelli corvini.

«Come ho detto, conoscevi già Remus e ciò che è. Da quando è diventato un mostro?» chiese, rassegnato.

Andromeda tornò a concentrarsi su di lui.

«Da quando ha osato avvicinarsi a mia figlia, Sirius».

Il ragazzo non poté trattenere un sorrisetto sconfitto.

«Quindi Remus è un bravo ragazzo con un grande cuore che va ammirato per il coraggio con cui - nonostante la tremenda maledizione che minaccia di precludergli una vita normale - combatte per ciò che ama, ma solo se non si avvicina a Ninfadora, giusto? Perché in quel caso diventa improvvisamente un pericolosissimo mostro assetato di sangue, pronto a uccidere chiunque si trovi davanti senza fare distinzione tra uomini, donne e bambini... E' questo che intendi dire, Andromeda?».

Si sedette su un banco, fissando la cugina interessato.

«E dimmi, fanno male?».

Andromeda e Ted si scambiarono un'occhiata confusa.

«Di che parli?» domandò Ted, stranito.

«Ma delle tremende ferite che Remus vi ha inflitto quando tua moglie gli ha detto di allontanarsi da vostra figlia, di cos'altro? Voglio dire, è risaputo che i licantropi sono tremendamente possessivi verso ciò che ritengono loro, e che sono pronti ad aggredire chiunque tenti di separarli da essi...».

Tornò a guardare Andromeda negli occhi scuri.

«Quindi, avanti: mostramele. Non preoccuparti di scandalizzarmi: ne ho viste decine - se non centinaia - costellare il corpo di Remus dopo ogni luna piena durante la quale aveva preferito attaccare se stesso piuttosto che chi lo circondava» precisò. «Mostrami che mi sbaglio. Mostrami che Remus è effettivamente una minaccia per Tonks, e che in realtà non la ama come dice. Perché se vi ha attaccato, è chiaro che non ha alcun rispetto per Ninfadora e il suo affetto nei vostri confronti».

Andromeda si morse nervosamente il labbro. 

«E' un lupo mannaro!» ripeté ancora.

«E Ted è un Nato Babbano».

Andromeda spalancò gli occhi scioccata e arretrò di qualche passo.

Ted, dal canto suo, dovette ammettere che il ragazzo aveva decisamente fatto un buon punto.

«Cosa... Che c’entra questo con….» borbottò Andromeda, nervosa.

«C’entra eccome. Non ricordi anni fa, quando fu a te che venne preclusa una relazione con Ted?» disse Sirius tranquillo.

La donna scosse il capo, ferita.

«Lui non è un mostro!» mormorò.

«Lo è per tutta la tua famiglia, escludendone pochissimi appartenenti. Dimmi, allora, Andromeda Black: ci sono poi così tante differenze tra quanto ti disse Druella e quanto tu stessa hai detto a Ninfadora questa notte?».

Si alzò dal banco sul quale si era seduto, dirigendosi anche lui alla porta.

«Sai una cosa Andromeda? Per quanto tu ed io possiamo negarlo, siamo sempre Black. Lo saremo fino alla fine dei nostri giorni. E mi dispiace dire che sono proprio momenti come questo che dimostrano chi di noi ha davvero rifiutato quella famiglia, e chi invece continua a nascondersi dietro vecchi pregiudizi» sospirò, scrollando le spalle sconfitto. «Onestamente, non so perché ho sperato che tu fossi diversa. Sei pur sempre una Serpeverde».

Detto questo lasciò i due soli, e per diversi minuti nessuno parlò.

«Non ha tutti i torti» mormorò alla fine Ted alla moglie, il cui volto era diventato improvvisamente inespressivo.

[*]

Sirius raggiunse James, Lidia, Lily e Tonks - i cui occhi arrossati non lasciarono dubbi sul suo aver pianto. 

«Remus?» chiese a James, che scosse la testa.

«Stavolta dobbiamo lasciarlo in pace, Sirius...» mormorò.

Lily annuì.

«Ha tutto il diritto di stare da solo con i suoi pensieri. La nostra presenza non cambierà nulla. Non stavolta».

Anche Sirius annuì in silenzio, chiedendosi se mai l’amico avrebbe avuto un po’ di pace nella sua vita.

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Capitolo 33
*** capitolo 33 ***


Erano le quattro del mattino quando un ragazzo dai capelli castani ringraziò Aberforth per la sua ospitalità e abbandonò La Testa di Porco, allontanandosi poi in direzione del villaggio - la mente turbata da profondi pensieri che gli facevano aggrottare la fronte e serrare la mascella.

Giunto in prossimità di un piccolo ed anonimo ingresso secondario di Mielandia, tuttavia, il giovane si voltò improvvisamente verso l'avvenente donna che già da diversi minuti lo seguiva da una distanza via via sempre minore.

Per qualche istante i due si fissarono in silenzio, e Andromeda non poté fare a meno di provare un'improvvisa morsa allo stomaco. L'idea di scambiare due chiacchiere con Remus le era sembrata incredibilmente buona, quando - nonostante l'ora tarda e la sua ovvia violazione delle regole della scuola - lo aveva visto passare davanti la finestra della stanza dove lei e Ted avevano deciso di alloggiare; ma ora che poteva farlo non riusciva a formulare alcuna frase di senso compiuto - limitandosi a osservarlo.

Si rese conto di non aver mai avuto occasione di guardare bene quel giovane - onestamente non ne aveva mai sentito il bisogno. In fondo, prima era solo uno dei migliori amici di suo cugino, e successivamente era diventato - ai suoi occhi - niente più del mostro che metteva in pericolo la vita della sua unica figlia. Qualcuno - o qualcosa - da cui allontanarsi al più presto; una bestia immonda e assetata di sangue da tenere il più lontano possibile da Ninfadora. Ma ora che lo vedeva davvero, cominciava seriamente a ricredersi. Era davvero possibile che quel ragazzo fosse tanto crudele e pericoloso? Era veramente un animale alle stregua di Greyback, di cui condivideva la maledizione?

Nei suoi occhi Andromeda non riusciva a leggere alcuna rabbia, alcun disprezzo per colei che per diversi minuti lo aveva ripetutamente definito un mostro - solo una profonda sofferenza. Poteva davvero averlo giudicato male, come sua figlia e suo cugino le avevano ripetuto fino allo sfinimento?

Andromeda si ritrovò a pensare alle parole dettole da Sirius ore prima, e ad ammettere - almeno a se stessa - che erano vere. Non aveva Ted subito il medesimo trattamento - da parte di quella che un tempo era stata la sua famiglia - che ora lei riservava a quel giovane? E ogni giorno l'uomo non le dimostrava quanto quelle parole e quegli insulti non fossero altro che calunnie? Suo marito non era forse un uomo straordinario, a dispetto di qualsivoglia malalingua? Non era perfetto, certo, ma chi poteva dire di esserlo, in fondo?

La donna decise che forse - ma solo forse - avrebbe potuto concedere a quel ragazzo una seconda possibilità. Gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio. In fondo proveniva da una buona famiglia... E dubitava che Sirius avrebbe difeso con tanta foga qualcuno che non lo meritasse sul serio; o persino che Albus Silente avesse accolto con tanta facilità un pericolo tra i suoi studenti.

Andromeda fece per parlare - mettendo Remus al corrente di quanto aveva appena deciso - ma questi glielo impedì.

«Stavo giusto pensando di venire a cercarla, signora Tonks. Anche se, vista l'ora, avrei molto probabilmente atteso il mattino per dirle queste cose...» disse Remus.

La fissò negli occhi, e Andromeda vide la tristezza farsi rapidamente largo nel suo sguardo.

«Ho avuto molte ore per pensare a quanto lei ha detto questa sera, quando ci siamo... Incontrati. E alla fine sono giunto alla conclusione che lei abbia perfettamente ragione, sul mio conto» continuò, senza lasciar trasparire neanche una volta la fatica e il dolore che quelle parole gli stavano senza ombra di dubbio costando.

Andromeda lo fissò a sua volta, spiazzata.

«...Ragione sul tuo conto?» ripeté, confusa.

Remus annuì lentamente.

«Ninfadora sarebbe solo in pericolo con qualcuno come me. Non solo rischierei di farle del male - avverando il mio peggior incubo - ma farei di lei, nel malaugurato caso in cui qualcuno dovesse scoprire ciò che sono, una reietta esattamente come lo sono io. Sarebbe seguita ovunque dal disprezzo e dall'orrore, e la sua vita sarebbe costellata dalla paura e dalla vergogna. E io non posso permetterlo. Ho fatto uno sbaglio, e intendo rimediarvi prima che sia troppo tardi» mormorò, ferito.

La donna era senza parole.

«Sirius e Ninfadora mi avevano assicurato che i tuoi sentimenti erano sinceri, oltre che profondi» replicò lentamente.

Aveva dunque ragione? Quel ragazzo ammetteva quindi che il suo non era stato altro che un capriccio?

Il licantropo si esibì in una risatina nervosa.

«Oh, lo sono. Mai ho provato qualcosa di così profondo e sincero nei confronti di altri che non siano sua figlia. Ma ciò che provo per lei mi ha reso cieco davanti all'evidenza: sarei un peso e un pericolo, per lei. Ciò che è accaduto con Greyback ne è stata la prova lampante. Ninfadora ha corso un rischio enorme, a causa mia. E non deve mai più accadere. Non potrei vivere sapendo di essere stato io la causa del suo dolore, o peggio ancora della sua morte».

Rialzò gli occhi, e Andromeda sentì una fitta al cuore nel vederli lucidi.

«Quindi... Grazie. Grazie, signora Tonks, per avermi aperto gli occhi, ed avermi impedito di rovinare la vita a sua figlia».

Voltò le spalle alla donna, estraendo la bacchetta e toccando con delicatezza la porta nascosta dall'edera - che si aprì senza alcun rumore, rivelando l'interno buio del negozio.

«Ehi, aspetta! Che cosa vuoi fare?» lo richiamò Andromeda, scioccata.

«Quello che avrei dovuto fare sin dall'inizio. Io ho ottenuto la mia libertà. E' giusto che Ninfadora ottenga la sua».

E svanì nell'oscurità, chiudendo la porta alle proprie spalle.

Un uomo si affiancò a quel punto ad Andromeda, dopo aver assistito in silenzio alla scena da un angolo poco distante.

«Pare che tu abbia raggiunto il tuo obiettivo, cara» sussurrò, una nota di biasimo nella voce.

La donna fissò il punto dove prima c'era Remus, mortificata.

«Peccato che io non sia più tanto sicura che sia quello giusto».

[*]

Per il licantropo non fu affatto difficile, una volta tornato al castello, trovare uno dei due Prefetti di Tassorosso che erano stati nominati insieme a lui. Ai fin dei conti pattugliavano i medesimi corridoi da ormai due anni...

«Ehi, Steeval» lo chiamò, vedendolo osservare con espressione assonnata una della armature vicino alle cucine.

Jimmy Steeval si riscosse, guardandosi intorno spaesato.

«Oh, Lupin! Non sapevo pattugliassi tu questo corridoio, stasera» sbadigliò, raggiungendolo.

Remus scosse il capo.

«Non lo faccio, infatti. Ti stavo cercando» confessò.

L'altro ragazzo lo fissò perplesso.

«Sul serio? E perché mai? Non dirmi che dobbiamo di nuovo cercare i soliti studenti che si sono persi nei sotterranei! L'ultima volta ci abbiamo impiegato tutta la notte!» sussurrò, gli occhi neri in preda all'orrore.

Remus scosse nuovamente il capo, lasciandosi sfuggire un sorrisetto divertito.

«Nulla del genere. No, devo chiederti di farmi da intermediario con Tonks. Io non posso entrare nella vostra sala comune, senza parola d'ordine. E anche potendolo fare, non lo farei di certo a quest'ora...»

«Allora aspetta colazione, no?» rispose il ragazzo, confuso.

Il licantropo si grattò un orecchio, imbarazzato.

«E' che... Si tratta di una cosa piuttosto spiacevole, e preferirei non doverne discutere davanti a tutta la scuola...».

Steeval si esibì in un sorrisetto.

«Non sembravi così timido, ieri mattina al villaggio...» ridacchiò.

Remus si passò una mano sugli occhi, studiando l'altro ragazzo.

«C'eri anche tu?» mormorò, rosso in volto.

Il Tassorosso gli batté una mano sulla spalla, ridendo apertamente.

«Amico, c'era metà della scuola! E l'altra metà l'ha imparato nel giro di dieci minuti».

Remus sospirò.

«Lo immaginavo... Beh, questa cosa è meglio che rimanga un po' più... privata, se capisci che cosa intendo. Te l'ho detto, è piuttosto spiacevole, e...».

L'altro ragazzo annuì comprensivo.

«Problemi con la tua ragazza, eh?»

«Una specie, sì...» ammise il licantropo con un sorriso tirato.

Il Tassorosso emise un esagerato sospiro.

«D'accordo, allora. Ma me ne devi una» gli disse.

Remus annuì riconoscente.

«Saprò ripagarti».

[*]

Remus era sprofondato in una delle poltrone della propria sala comune, quando Tonks entrò come una furia - incurante dell'ora tarda e delle proteste della Signora Grassa.

Immediatamente il licantropo si alzò in piedi, avvicinandosi a lei.

«Dora, che ci fai qui a ques...?» iniziò, prima di essere bruscamente interrotto dal violento schiaffo di Tonks.

Il licantropo si portò distrattamente una mano alla guancia appena colpita.

«Presumo che Jimmy ti abbia dato il mio messaggio» mormorò, inespressivo.

Tonks emise una risata incredula.

«Il tuo messaggio?! Oh, tu intendi questo?».

Estrasse dalla tasca del proprio pigiama un piccolo rotolo di pergamena stropicciato.

«"Cara Dora, sono stato incredibilmente fortunato ad essermi innamorato di una creatura meravigliosa come te. Non potrò mai dimenticare le incredibili sensazioni che hai saputo donarmi ogni giorno con la tua sola presenza, e anzi le custodirò gelosamente nel mio cuore, a ricordo di quanto la mia vita sia stata - seppur per pochissimo tempo - assolutamente perfetta. Non possiamo stare insieme, Dora. Le parole di tua madre non sono state altro che la conferma dei dubbi e delle paure che si agitano nel mio animo sin dalla prima volta che ho posato i miei occhi su di te, quella mattina di settimane fa. Addio, quindi. Ti auguro con tutto il cuore di vivere quella vita ricca di gioia che le stupende persone come te meritano. Remus Lupin"» lesse, prima di appallottolare la pergamena e gettarla lontano - tornando poi a fissarlo con occhi furenti.

«Sì. Esattamente quello» replicò Remus, piano.

Un secondo schiaffo risuonò nella sala comune deserta.

«Sai? Per un istante ti ho creduto. Ho davvero creduto che tu mi amassi. Le tue parole quella mattina in riva lago, quella dichiarazione ieri in mezzo ad Hogsmeade... Immagino tu ti sia divertito un mondo, non è così? Chissà quante risate ti sei fatto alle mie spalle. La stupida Ninfadora Tonks, che credeva davvero di essere all'altezza del Malandrino Lunastorta... Che pensava davvero di essere riuscita a conquistare il suo cuore. Che stupida!» ripeté, le lacrime che minacciavano di precipitare dai grandi occhi scuri, ma che lei si ostinava a non versare.

Il licantropo scosse il capo, scioccato.

«No, Dora...»

«Sono Tonks! Hai perso ogni diritto di chiamarmi diversamente!» sibilò.

Remus esitò. Forse avrebbe dovuto mentirle - dirle che aveva ragione; che non aveva rappresentato che un veloce passatempo, per lui. Ma non poteva fare una cosa del genere. Non a lei. Non ci sarebbe mai riuscito. Molto meglio non dire nulla, e lasciare che la ragazza credesse ciò che più voleva. Forse così sarebbe arrivata a disprezzarlo quel tanto che le bastava per lasciarselo alle spalle come un brutto ricordo. Una breve ed insignificante parentesi nella sua giovane vita.

«E' tardi. Dovresti andare al tuo dormitorio, prima che qualcuno ti scopra e ti punisca».

Non meritava anche quello...

Tonks alzò il braccio per assestargli un terzo schiaffo, ma alla fine lo riabbassò.

«Pensi che abbia fatto la strada dalla mia sala comune fino a qui, alle cinque del mattino, per essere liquidata come l'ultima delle scocciature? No, caro il mio Lunastorta. Ora tu mi spieghi che diavolo ti passa per quella testa piena di segatura!» esclamò, irata.

Remus sospirò.

«Ascolta, ho parlato con tua madre, e...»

«Lascia fuori mia madre! Anche io e Sirius ci abbiamo parlato, eppure nessuno dei due ha cambiato idea su di te. Quindi se proprio devi accampare scuse, cerca almeno di trovarne delle solide» lo interruppe di nuovo lei.

Il licantropo esitò nuovamente.

Merlino, perché Sirius e James non gli avevano mai accennato quanto fosse complicato lasciare una ragazza?

«Prima che tu mi interrompa di nuovo, ti prego di ascoltarmi» disse in fretta. «Come dicevo anche a tua madre, ho avuto modo di rendermi conto dello sbaglio che ho fatto assecondando non solo te, ma anche me stesso. Non avrei mai dovuto permetterti di avvicinarti tanto a me. Non avrei dovuto illuderti. Ma non sei tu la stupida, Tonks. Sono io. Perché per un istante ho davvero creduto di poter essere felice. Ho voluto dimenticare ciò che sono, ed è qualcosa che non devo mai fare, proprio per evitare simili conseguenze».

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, mentre il sole iniziava a fare capolino oltre le montagne che circondavano la scuola.

«Sono pericoloso, Tonks. Sono un peso - o almeno lo sarò sicuramente una volta terminata la scuola, perché nessuno vorrà avere tra i piedi qualcuno come me. Non c'è futuro, per quelli come me. Non importa quanto lo desideriamo... Non c'è e basta. E non posso trascinare anche te in una vita simile. Non me lo permetterò. Stando con me, come ti ho già detto più volte in passato, rischi ben più di una punizione assegnata da un insegnante o di un richiamo fatto da un datore di lavoro. Significa dover avere a che fare con una creatura oscura un giorno sì e l'altro pure; il disgusto, l'odio da parte del nostro mondo...».

Tonks alzò una mano per interromperlo.

«A parte che sono stanca di dirti che di tutto questo non mi importa affatto... Pensi forse che io non lo sappia? Che quando mi sono accorta di essermi innamorata di te abbia pensato: "Fantastico, non vedo l'ora di sedermi accanto a lui ad ogni luna piena, lanciandogli una pallina e grattandogli dietro le orecchie"? Pensi che ti abbia chiesto di raccontarmi tutto di te per saziare una qualche curiosità perversa, e non - invece - per imparare le tue abitudini e il tuo modo di rapportarti con gli altri, e poter così agire di conseguenza? Mi ritieni davvero una tale sprovveduta?».

Lo fissò.

«Stare con te farebbe di me una reietta, Remus? È questo che cerchi di dirmi? Devo ricordarti, dunque, che faccio a tutti gli effetti parte a mia volta dei Black - anche se loro per primi fingono che non sia così - pur essendo mio padre un Nato Babbano? Io sono già una reietta. E dal giorno della mia nascita! La famiglia di mia madre ha deciso che è così, e ovviamente nessuno osa contraddire i Black, per paura delle ripercussioni. Sei un peso - o lo sarai in futuro? Ti rendi conto di quanto stupida suoni questa cosa? Certo, forse potrai non riuscire a trovare un lavoro stabile, o uno adatto alle tue capacità. Ma questo non ti rende meno capace o intelligente! Sai quante persone pagherebbero fior fior di Galeoni per sapere anche solo un briciolo delle cose che tu sai? Te lo sei mai domandato? Scommetto di no. Immagina un bambino che attende con trepidazione la propria lettera da Hogwarts, e due genitori che - per le cause più disparate - non hanno la possibilità di istruirlo fino al momento in cui quella lettera verrà consegnata. Non credi che farebbero carte false per avere qualcuno come te che si occupi di questo per loro conto? E non saresti certo obbligato a dir loro del tuo problema!».

«Sarebbe mentire» borbottò il licantropo.

«No, a meno che non te lo chiedano direttamente» replicò Tonks, decisa a non dargliela vinta.

Remus sospirò.

«E se lo facessero?» chiese, a sua volta deciso a non cedere.

«Se mai una cosa del genere dovesse accadere - cosa che dubito fortemente - allora potrai dire loro la verità, se è quello che ritieni giusto. Ma fidati, conoscendo le tue capacità, e la difficoltà che si fa a trovare un insegnante decente al giorno d'oggi, ben pochi ti chiuderebbero la porta in faccia» rispose la ragazza con un'alzata di spalle, tornando a fissarlo implacabile. «Ho smontato pezzo per pezzo ogni tua scusa. Ora resta da chiarire solo una cosa: continuerai a lasciare che sia sempre qualcun altro a decidere per te - anche se questo qualcuno è la tua stessa paura - o prenderai definitivamente in mano le redini della tua vita? Affrontando Greyback hai dimostrato di esserne capace, quindi non puoi più nasconderti nemmeno dietro al "Non posso"».

Il ragazzo non rispose.

Quella Tonks! Non solo non aveva accettato la sua decisione, ma era anche riuscita a fargli dubitare della validità delle sue stesse convinzioni... E tutto nel giro di appena un'ora!

Tonks sospirò.

«Tu mi ami, Remus?».

Il licantropo alzò gli occhi di scatto, fissandola scioccato.

«Certo che ti amo! Che razza di domande fai?!» sbottò.

La ragazza si aprì nel primo vero sorriso che Remus le avesse visto sin dal giorno precedente - prima di avvicinarsi per prendere le sue mani tra le proprie.

«Allora che problema c'è? Ti amo, conosco i rischi che corro, e non ho alcuna paura di essi. Magari non mi trasformerò in un animale per starti accanto durante la luna piena, ma sarò sempre lì ad attenderti al tuo ritorno. Prometto anche di migliorare nella magia curativa!» aggiunse con un nuovo sorriso.

Lui sorrise tristemente, liberando una mano da quelle di Tonks e carezzandole la guancia.

«Sei impossibile, sai? Per quanto io ci provi, non riesco proprio ad allontanarti da me. Dovrei essere dispiaciuto di questo, ma non mi è possibile esserlo completamente. So che meriti qualcuno di meglio, ma la sola idea di vederti con un altro mi fa impazzire e mi spezza il cuore...» mormorò.

Tonks ridacchiò.

«Dovrei scegliere di stare con un altro ragazzo, e lasciare così campo libero ad altre? Mai! Ho faticato non poco per conquistarti, e non ho alcuna intenzione di lasciarti scappare così...» gli rivelò cospiratrice, gettando un'occhiata al sole che illuminava ormai completamente la sala comune. «E' giorno, Remus. E' ora che la follia torni a dormire nei recessi della tua mente».

Il licantropo emise un ultimo sospiro, e posò un tenero bacio sulla fronte della ragazza.

«E' un addio, o un semplice "A più tardi"? Che cos'è?» chiese questa, la voce che le tremava.

Remus la fissò a lungo negli occhi scuri.

«Io. Che mi arrendo. A quanto sembra non sono fatto per vincere questo genere di scontri» esalò, posando la fronte contro la sua. «E in tutta onestà... Se proprio devo dichiararmi sconfitto di fronte a qualcuno, preferisco che questo qualcuno sia tu, piuttosto che un Mangiamorte, Greyback o persino Voldemort stesso».

Si lasciò sfuggire un sorrisetto.

«Sai, hai sicuramente un futuro come Magizoologa» mormorò.

Tonks lo osservò senza capire.

«Sei riuscita ad addomesticare una creatura oscura impossibile da ammaestrare».

La ragazza lo colpì scherzosa al petto.

«Quello si riferisce ad un lupo mannaro trasformato, Remus! Lo sai bene tanto quanto me!» esclamò ridendo.

Remus si fece corrucciato.

«Hmm... Può essere. Ma ho la pretesa di essere un esperto dell'argomento, e posso assicurarti che è un risultato ammirevole e per nulla facile da ottenere anche al di fuori della luna piena...».

Sopra di loro iniziarono a risuonare le prime voci degli studenti che si alzavano dai loro letti.

«Devi proprio andare, ora. Sarebbe complicato spiegare la tua presenza qui a quest'ora. Ed è meglio che nessuno ti veda tornare al tuo dormitorio. Ti consiglio di usare la scorciatoia dietro al quadro in fondo a questo corridoio: ti condurrà al piano sottostante all'ingresso della sala comune della tua Casa» le disse accompagnandola fuori.

La ragazza esitò, gettando una rapida occhiata alla guancia ancora leggermente arrossata del licantropo.

«Remus, per quegli schiaffi...»

Il licantropo scosse il capo sorridendo.

«Non preoccuparti, Tonks. Me li sono meritati».

Tonks si morse il labbro, giochicchiando con la maglia del proprio pigiama.

«Pensi che tornerai presto a chiamarmi Dora? So di averti detto che non lo meritavi più, però...» borbottò, gli occhi bassi.

Remus sorrise di nuovo.

«Temevo non me lo avresti mai più permesso» sussurrò, prima di baciarla.

****Note dell'Autrice****

Ammetto - quando si è trattato di riscrivere la discussione tra Remus e Tonks - di essermi molto lasciata trascinare dal periodo che sto (putroppo) passando...

Ho sempre cercato - sinceramente - di non mischiare mai troppo la mia realtà quotidiana con ciò che scrivo, ma che volete farci? A volte ci si trova ad essere così tanto in sintonia con un personaggio - con il momento che sta vivendo - da non poter fare una corretta distinzione.

Non era mia intenzione rendere i personaggi OOC, e se - malauguratamente - questo è quello che è accaduto, vi chiedo umilmente scusa.

♥lady

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Capitolo 34
*** capitolo 34 ***


Quando Sirius e James si svegliarono, e si accorsero che il letto di Remus era ancora perfettamente intatto - segno che l'amico non vi aveva affatto dormito - iniziarono seriamente a preoccuparsi.

Il primo pensiero di Sirius fu di afferrare la Mappa del Malandrino e individuare il ragazzo, per raggiungerlo e chiedergli dove fosse andato e cosa avesse fatto la notte precedente - raccontandogli poi della discussione avuta con Andromeda. Ma James si disse del tutto contrario, convinto com'era del fatto che l'amico meritasse il riserbo che chiedeva. Ne avrebbero parlato solo se l'avessero ritenuto necessario.

Tuttavia il Caposcuola non poteva negare di essere tremendamente curioso, così come lo era Sirius. Conoscevano entrambi fin troppo bene il disgusto che Remus aveva di sé, e sapevano che non era mai una buona idea lasciarlo rimuginare troppo - perché finiva sempre per compiere gesti folli e avventati, di cui poi si pentiva regolarmente, e che andavano inequivocabilmente ad aggiungersi ai molti sensi di colpa che il ragazzo provava quotidianamente...

I due scesero nella sala comune, e furono sollevati di veder rientrare l'amico dal buco del ritratto: aveva occhiaie profonde, e il rossore della guancia sinistra svettava traditore sulla pelle pallida del suo viso.

Sirius e James si scambiarono un'occhiata eloquente. Non avevano bisogno di chiedere che cosa avesse provocato quel tocco di colore...

«Lunastorta, ehi...» disse James, avvicinandosi all'amico.

«James... Scusa ma non ho tempo per fermarmi a chiacchierare. Devo andare a Cura delle Creature Magiche» lo interruppe il licantropo con un sorriso tirato.

Non aveva fisicamente la forza di rivivere quelle ore... Non ora che il suo orario era pieno di lezioni e compiti da Prefetto da svolgere entro l'ora di cena.

James lo fissò confuso.

«Non fai colazione? Non hai mangiato nulla a cena, e gli Elfi Domestici giù alle cucine hanno detto di non averti visto e di non aver portato nulla al rifugio...» gli chiese, preoccupato.

Remus agitò una mano in un gesto vago.

«Sono stato alla Testa di Porco per buona parte della notte, e ad ogni modo non avevo molta fame. A dire la verità non ne ho nemmeno ora... Ne riparliamo più tardi, va bene?» disse frettolosamente, salendo al dormitorio e scendendone qualche minuto dopo con la propria cartella dei libri.

«Ma certo... Certo, ne parliamo più avanti, come vuoi...» mormorò il ragazzo dai capelli corvini, mentre il buco del ritratto si chiudeva alle spalle del licantropo.

Sirius si avvicinò, studiando il punto in cui prima c'era Remus.

«Credi che quanto accaduto ieri sera abbia cambiato qualcosa tra lui e Tonks?» gli domandò James piano.

«A giudicare dai segni di schiaffi sulla sua guancia, di sicuro qualcosa tra quei due è successa. Ma dubito che Remus sia stato così stupido da lasciarsi influenzare da Andromeda. Probabilmente quel lupastro se ne sarà uscito con una delle sue solite scuse e Tonks avrà reagito di conseguenza. Tutto qui» borbottò Sirius, togliendosi un ciuffo ribelle dagli occhi chiari.

[*]

«Remus! Ehi, Remus!».

Il ragazzo si voltò, sorridendo alla vista del padre che gli si avvicinava.

«Ciao papà» disse, incontrandolo a metà strada.

«Non è un po' presto per andare a lezione? Dovresti essere a colazione, a quest'ora... E lasciati dire che hai proprio l'aria di chi avrebbe bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Da quando sei così magro?» continuò, osservandolo con occhio critico.

Remus non poté non ridacchiare. In qualche modo gli erano mancate le costanti preoccupazioni di suo padre...

«Lo sono da un po'. Ormai non ci faccio nemmeno più caso. In merito alla colazione... Non avevo molta fame. Ho passato una brutta nottata, e ho lo stomaco sottosopra» rivelò, riprendendo a camminare.

«Di nuovo gli incubi?» s'informò Lyall premuroso.

Remus sorrise rassicurante.

«Non preoccuparti. Gli incubi ormai sono solo qualcos'altro a cui non faccio più caso. No, in realtà... In realtà è a causa di... Ah, non importa» mormorò improvvisamente imbarazzato, liquidando poi in fretta la faccenda.

Non sapeva come il padre avrebbe reagito alla sua decisione di iniziare ad uscire con una ragazza. Poteva esserne lieto o tremendamente scioccato...

«Fammi indovinare: si tratta di quella ragazza che era in infermeria con te?» ghignò Lyall.

Il ragazzo si bloccò improvvisamente, e l'uomo ridacchiò.

«Come sai di lei? No, aspetta... Cosa sai di lei?» chiese Remus, rosso in viso.

«A parte che mi sembra una ragazza deliziosa? Oh, non molto: i tuoi amici sono stati davvero poco d'aiuto. Da quello che ho capito, è una delle molte cugine di Sirius, vero?» chiese con aria di finto disinteresse.

Remus, incapace di parlare, annuì.

«E, se non sbaglio, è anche una di quei rarissimi Metamorfomagus. O almeno, questo è quello che ho intuito quando i suoi capelli hanno cambiato almeno dodici colori mentre mi consegnava un messaggio per te, circa dieci minuti fa. Sembrava andare di fretta, ed era terribilmente imbarazzata...» rise all'espressione scioccata del figlio, facendosi poi serio. «Perché non mi hai parlato di lei?».

Remus si grattò l'orecchio.

«Beh, ecco... Pensavo che non avresti gradito» mormorò impercettibilmente.

Lyall sembrò sorpreso.

«Perché è una Metamorfomagus? O perché è - nemmeno troppo indirettamente - una Black?»

«Sai bene perché...» replicò Remus, tetro.

Lyall si mise davanti al figlio, posando entrambe le mani sulle sue spalle.

«Ascoltami bene, giovanotto... Non mi sognerei mai di impedirti di vivere una vita normale, lo sai. E avere una ragazza che ti fa battere il cuore è una delle cose più normali che esistano. Certo, in quanto tuo padre ho in mente un certo tipo di ragazza che vedrei bene al tuo fianco, tuttavia...» scherzò.

Il licantropo suo malgrado rise.

«Ah, sì? E sentiamo: quali sarebbero i requisiti?» chiese, divertito.

Lyall si finse pensieroso.

«Bene... Dev'essere intelligente, ovviamente. Tu sei un ragazzo estremamente intelligente, Remus, e non ho alcun desiderio di vederti sprecato con qualcuno con uno scarso intelletto... Poi deve essere paziente. Oh, questo è fondamentale, con te. Perché sei davvero testardo, ragazzo mio. Davvero molto, molto testardo. Per questo dev'essere anche lei testarda: per farti capire ciò che si prova ad avere a che fare con te. Non starò a dirti cose ovvie come il fatto che deve essere gentile e beneducata, perché spero che sia tu stesso ad interessarti a persone con simili qualità. Ma cosa più importante, deve essere in grado di farti felice. Perché Merlino sa quanto tu abbia bisogno di essere felice, Remus. Tendi a dimenticarlo, secondo James e Sirius» concluse Lyall, un sorriso sincero sul viso.

Lo fissò interessato.

«Quindi? Riconosci quella ragazza in questa descrizione?» gli domandò, pur conoscendo bene la risposta.

La vedeva stampata sul volto del figlio. Specialmente nei suoi occhi. Li aveva visti così brillanti e pieni di gioia solo quando Greyback non era altro che uno sconosciuto per tutti loro.

Remus annuì convinto.

«Al cento per cento. E' Tonks».

Lyall ghignò.

«Finalmente ne conosco il nome! Anche se è uno piuttosto insolito...» ammise.

Remus rise.

«In realtà Tonks è il suo cognome. Lei odia il suo nome, e non permette praticamente a nessuno di usarlo» spiegò.

«E quale sarebbe questo nome?»

«Ninfadora. Anche se a me ha concesso di chiamarla Dora».

L'uomo represse a malapena un brivido.

«Beh... E' particolare. Non fatico a credere che non sia di suo gradimento...» confessò.

Il licantropo rise di nuovo.

«Sarà felice di sapere che la pensi così».

I due rimasero in silenzio per un po'.

Una volta arrivati in vista della Foresta Proibita - dove si sarebbe tenuta la lezione di Cura delle Creature Magiche quel giorno - tuttavia, Remus si voltò verso il padre.

«Quindi Dora ti ha dato un messaggio per me?»

«Oh, sì! Stavo per lasciarti andare a lezione senza consegnartelo... Ecco, tieni».

L'uomo passò al figlio un piccolo pezzo di pergamena - scritto con un eccentrico inchiostro fucsia - e poi gli strinse la spalla.

«Devo andare a parlare con Fleamont. Ci vediamo, Remus»

«A più tardi, papà».

Rimasto solo, Remus si fermò in angolo a leggere il messaggio di Tonks.

"Mio carissimo Remus,
so di aver appena lasciato la tua sala comune - dopo quella che spero essere l'ultima delle nostre discussioni riguardo alla nostra relazione - ma quest'idea mi è venuta in mente solo ora, e non posso tornare indietro per dirtela a voce. Così ho deciso di scriverti questo messaggio, che poi consegnerò a tuo padre - nella speranza che non mi reputi un Troll particolarmente maleducato per aver deciso di usarlo come un banalissimo gufo... Sai? Ora che ci penso, credo che quella di comunicare via lettera e via "intermediari" sia ormai diventata una specie di tradizione, per noi... Ma sto divagando, e non posso permetterlo, se voglio che il mio piano funzioni. Con tutto quello che è accaduto stanotte (e stamattina), infatti, non ho pensato minimamente a come far capire ai miei genitori - anche se forse dovrei dire a mia madre, dato che continuo a pensare che papà non c'entri nulla con l'intera faccenda - quanto è profondo quello che c'è tra noi due. Ma ora che ho avuto modo di riflettere, sono più che convinta di aver trovato il modo giusto... Conoscendo mia madre - e soprattutto il suo doversi trovare davanti a fatti concreti per comprendere certe cose - ho deciso di darle "una piccola spinta" nella direzione giusta, e mostrarle quanto misera io appaia quando sono costretta da persone come lei a starti lontano. Sono quindi io, stavolta, a chiederti di aspettare e di fingere (solo fingere, sia chiaro!) che tra noi tutto sia finito la notte scorsa - come tu stesso hai tentato inutilmente di convincermi con quella tua dannata lettera. Se tutto va come deve, la nostra piccola recita non si protrarrà per più di un paio di giorni. Ma se così non dovesse essere, e mia madre dovesse rimanere irremovibile... Beh, dovrà farsene una ragione: io non ti lascio.

Tonks.

P.S. Ovviamente io non ho alcuna intenzione di vedermi con altre persone, nel frattempo. Ti conviene fare lo stesso."

Il ragazzo rise. Era tipico di Tonks essere allo stesso tempo dolce e minacciosa...

Rilesse il messaggio.

Doveva ammettere che il piano della ragazza non era affatto male... Inoltre, una parte di lui - quella rappresentata non solo dal Malandrino, ma anche dal lupo - chiedeva a gran voce una vendetta, seppur innocua, verso coloro che avevano tentato di tenerlo lontano da quel tornado rosa.

Si lasciò sfuggire un sorrisetto. Assecondare Tonks non era mai stato tanto semplice.

Mise la lettera della ragazza al sicuro nella sua tasca e si affrettò a raggiungere la lezione.

[*]

La donna si avvicinò ai due ragazzi stesi in riva al lago, immersi in chissà quale conversazione. A giudicare dalle risate, una piuttosto divertente. O molto più probabilmente la causa dell'ilarità dei due giovani era da ricercare nella bottiglia vuota di Whisky Incendiario abbandonata tra i loro mantelli, pensò Andromeda stizzita. Possibile che suo cugino riuscisse sempre a procurarsene una?

«Andromeda!» esclamò Sirius, scattando seduto e nascondendo istintivamente la bottiglia dietro la schiena - scatenando nuove risate da parte di James.

«Che fai ancora qui? Credevo che tu e Ted foste già andati a casa!»

«E invece non siamo ancora partiti. C'è ancora qualcosa che vogliamo sistemare, prima» replicò la donna, seccata.

Non doveva certo rendere conto a nessuno dei suoi spostamenti, men che meno a lui!

«Cercavo il vostro amico. Ieri notte non mi ha dato il tempo di spiegare» continuò poi, guardandosi intorno nella speranza di vederlo spuntare fuori dal nulla.

Sirius fece spallucce.

«Probabilmente è ancora a lezione. Pare che si diverta a trascorrere le sue ore seduto da solo ad assistere a noiose lezioni come Rune Antiche» disse, facendo svanire la bottiglia vuota con un solo colpo di bacchetta.

«Avete occasione di frequentarne una insieme a lui?» s'informò Andromeda.

James tirò fuori dalla borsa un orario stropicciato.

«Hmm... Non prima di cena, no. Ma dopo abbiamo Astronomia» rispose, studiandolo a fondo.

Andromeda annuì.

«Sareste così gentili da riferirgli che voglio parlargli? Ovviamente se è dell'idea di ascoltarmi...» aggiunse.

Onestamente non sapeva come avrebbe reagito il ragazzo alla sua richiesta. Avrebbe rifiutato un incontro? In fin dei conti, poteva benissimo non volerne sapere più nulla di lei e di suo marito...

James scrollò le spalle.

«Sicuro» acconsentì.

Sirius, però, fissava la cugina interessato.

«E perché mai vuoi vederlo? Hai trovato una nuova sfilza di insulti da rivolgergli?» chiese gelido.

La donna esitò. Non era abituata a tanto astio da parte di Sirius.

«In realtà volevo scusarmi. Ho provato a farlo ieri notte, ma è sparito prima ancora che avessi il tempo di aprire bocca, lasciandomi chiaramente intendere di star andando da Ninfadora per lasciarla» confessò.

«CHE COSA?!» esclamarono i due giovani.

Andromeda riferì ai due Malandrini della conclusione a cui era giunta la notte prima, e delle parole del loro amico.

«Credevo ve ne avesse parlato...» mormorò, confusa.

James scosse il capo, scioccato.

«Stamattina non c'è stato il tempo di discutere di quanto avvenuto ieri notte. Avevamo intenzione di farlo stasera, mentre aspettavamo di andare ad Astronomia».

Andromeda esitò, poi decise di lasciare i due ragazzi soli, sperando che avrebbero riferito il suo messaggio.

James guardò Sirius, che da quando Andromeda aveva iniziato a parlare era rimasto immobile e con la bocca spalancata per lo shock - apparentemente incapace di formulare una frase di senso compiuto.

Sirius ricambiò lo sguardo.

«Se è vero, giuro su Merlino che lo scuoio e uso la sua pelle come zerbino per casa mia...» ringhiò.

James deglutì.

«Calma, Felpato. Non sappiamo se ha effettivamente lasciato Tonks. Può darsi che abbia solo finto davanti ad Andromeda...» mormorò piano, nel tentativo di calmarlo.

«Stiamo parlando di Lunastorta, Ramoso!» replicò Sirius secco, scattando verso il castello.

L'altro ragazzo lo raggiunse in un lampo.

«Ehi, ehi... Dove pensi di andare, eh? Non abbiamo alcuna prova che...».

Sirius non si fermò.

«Vado nella sala comune. Se conosco Lunastorta, avrà preferito scrivere a Tonks una lettera o un messaggio di qualche tipo. Se è così, avrà sicuramente lasciato delle prove in giro!».

[*]

Remus si sedette al tavolo dei Grifondoro, lo stomaco che ringhiava quasi quanto il lupo che s'impossessava di lui ogni mese. Quel giorno era stato così occupato da aver dovuto rinunciare persino al pranzo, e ora stava letteralmente morendo di fame. Non si sarebbe attardato molto: solo qualche istante per rifocillarsi un po' prima di rinchiudersi in biblioteca, in attesa che arrivasse l'ora di salire ad Astronomia.

Ma purtroppo per lui, sembrava che il suo destino fosse quello di saltare anche quel pasto.

Si era infatti appena seduto, quando dai grandi portoni della Sala Grande entrò un quanto mai arrabbiato Sirius Black - simile, agli occhi di Remus, ad un cane randagio al quale avessero rubato l'osso preferito...

Il ragazzo si diresse ad ampie falcate verso il Grifondoro, puntandogli contro un dito accusatore.

«Tu!».

Remus si guardò intorno spaesato.

«Io?» chiese puntandosi un dito al petto, così da evitare dubbi.

«Sì, tu! Come hai anche solo potuto pensare di lasciare la mia cuginetta?!» sibilò Sirius raggiungendolo.

Le ragazze nelle vicinanze alzarono appena un po' la testa, pronte a captare anche il più piccolo indizio che lasciasse intendere loro che vi era nuovamente qualche possibilità di avvicinarsi al Malandrino dai capelli castani.

Gli occhi di Remus si concentrarono sul piccolo pezzo di pergamena stropicciato stretto nel pugno dell'amico.

Oh.

Quello era il messaggio che aveva fatto consegnare a Tonks, e che la ragazza aveva poi appallottolato e gettato a terra nella sala comune...

Remus si alzò in piedi lentamente, affrontando l'amico adirato. Si era detto pronto a reggere la recita, in fondo...

Fissò Sirius negli occhi, poi si schiarì la voce.

«Ho dovuto».

James arrivò in quel momento, scivolando sul pavimento e sistemandosi i capelli - più scompigliati del solito.

«Fermi! Tutti e due!» precisò, spostando gli occhi nocciola da uno all'altro.

Ma né Sirius né Remus sembrarono averlo sentito.

«Hai dovuto... Ma certo. E che problema c'è?» mormorò Sirius, studiando il licantropo con un sorrisetto tirato.

Remus era stupefatto.

«Dici sul serio?» chiese sospettoso.

«Sicuro» confermò Sirius.

E prima che potessero impedirglielo, assestò un pugno sulla mandibola del lupo mannaro, mandandolo lungo disteso a terra.

«Visto? Nessun problema» disse, facendo spallucce.

Intorno ai due si era intanto formato un piccolo capannello di studenti curiosi. Vedere i due Malandrini accapigliarsi tra loro era pressoché impossibile: una cosa così rara da essere avvenuta solamente una volta, prima di allora... Come dimenticare, infatti, quando durante il loro sesto anno Lupin si era rifiutato categoricamente di rivolgere la parola a Black - arrivando persino a fingere che il ragazzo dai capelli scuri non esistesse affatto - per un intero mese?

Remus si alzò in piedi, massaggiandosi il punto colpito - dove già si stava formando un grosso livido - e studiando a sua volta l'amico, gli occhi che mandavano scintille.

«Sai Sir? Non avresti dovuto farlo...» mormorò, per poi avventarsi su di lui per restituirgli il favore.

I due si azzuffarono sotto gli occhi attoniti dei presenti, con James che tentava inutilmente di dividerli.

«Che ne sai tu di cosa ho dovuto o non ho dovuto fare?!» esclamò Remus ansimando, un livido ormai completamente formato sopra lo zigomo e il labbro sanguinante.

«So che sei un codardo, e questo mi basta!» ribatté con il medesimo fervore Sirius, anche se il naso rotto - dal quale fuoriuscivano ampi fiotti di sangue, che andavano a macchiargli la divisa - distorceva pesantemente le sue parole.

Anche lui, come l'amico, aveva un vistoso livido violaceo - grande come una pallina da tennis - sotto l'occhio.

Remus sgranò gli occhi.

«Un codardo?! Brutto…!» ringhiò, preparandosi a colpire nuovamente l'Animagus.

Ma James riuscì finalmente a frapporsi - seppur a fatica - tra i due.

«Basta, Remus! Sirius, piantala!» esclamò il ragazzo, tentando di allontanare ora uno ora l'altro, ma con scarsi risultati.

«LUPIN! BLACK! NEL MIO UFFICIO IMMEDIATAMENTE!» urlò una voce al di sopra di tutto il frastuono.

La rissa si arrestò di botto, e tutti si voltarono a guardare verso l'ingresso, dove la professoressa McGranitt osservava i due Malandrini con uno sguardo omicida.

Remus fu il primo ad avviarsi verso l'ingresso, seguito un istante dopo da Sirius, che nel superarlo gli fece uno sgambetto e lo mandò nuovamente lungo disteso a terra.

Tuttavia il licantropo, per nulla intenzionato a darla vinta tanto facilmente all'Animagus, gli afferrò con uno scatto la caviglia - facendolo cadere a sua volta sul duro pavimento della Sala Grande.

«Per l'amor del cielo!» sibilò la professoressa McGranitt, scattando in avanti e sollevandoli entrambi per la collottola - dando prova di avere una discreta forza, per una strega della sua età.

«Settanta punti in meno a Grifondoro - a testa! - per quest'inutile esibizione di inciviltà. Due maghi adulti che litigano come ragazzini del primo anno... Sono profondamente delusa e disgustata dal vostro comportamento! Specialmente dal tuo, Lupin. Un Prefetto! Ringrazia il cielo che non ne faccia parola con tuo padre! E tu, Black! Si può sapere che ti è passato per quella testa cava? Credevo che la tua famiglia ti avesse inculcato un po' di buone maniere! Avanti, nel mio ufficio! Immediatamente!» strepitò la donna, trascinandosi dietro i due ragazzi - che da parte loro continuavano imperterriti a guardarsi in cagnesco.

James sospirò di sollievo.

«POTTER! ANCHE TU!» esclamò la professoressa McGranitt, fissando James con gli occhi ridotti a due fessure.

Il Caposcuola sgranò gli occhi.

«Io?! E che ho fatto?!» chiese, confuso.

«Mi sembra di essere stata abbastanza chiara, Potter. Raggiungi subito i tuoi compari. Muoviti!».

Alla fine, a capo chino, James seguì gli amici e la direttrice della propria Casa fuori dalla Sala Grande.

Gli studenti rimasti tornarono ai loro posti, borbottando e ridacchiando.

«Non si può certo dire che quei ragazzi non sappiano come divertirsi...» disse Steeval.

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Capitolo 35
*** capitolo 35 ***


James Potter, Sirius Black e Remus Lupin pulivano in silenzio la Sala dei Trofei, sotto l'occhio vigile e attento di Argus Gazza - il custode di Hogwarts - e della sua gatta, Mrs. Purr.

L'uomo non faceva che ripetere da circa un'ora qualcosa sul ritenere il pulire una lunga serie di coppe ed encomi senza l'uso della magia - "Così avrete di che sfogare l'energia repressa", aveva detto la McGranitt - una punizione troppo leggera per criminali del loro calibro, e sul come avrebbe invece preferito mille volte di più spedirli tutti e tre nella Foresta Proibita da soli, così da "rimetterli davvero in riga".

«Magari» borbottò James di malumore.

«Silenzio!» fu la secca risposta del Magonò.

Li studiò uno per uno con uno sguardo arcigno.

«Io e Mrs. Purr saremo di guardia proprio fuori dalle due porte, quindi non pensate minimamente di potervela svignare come al solito» sputò, voltando loro le spalle - non vedendo così le smorfie che Sirius gli fece - e chiudendo la porta con un tonfo.

«Idiota. Se solo avessi la bacchetta ci penserei io a dargli qualcosa di cui lamentarsi» sbottò Sirius, smettendo di strofinare la Coppa del Quidditch vinta dalla squadra dei Grifondoro l'anno prima.

La bacchetta dell'Animagus - così come quella di James e Remus - era infatti in mano alla professoressa McGranitt, che le aveva requisite subito prima di dire loro in che cosa consistesse la punizione.

«Comunque tu sei un vigliacco» continuò Sirius imperterrito, tastandosi il naso - riparato con un solo colpo di bacchetta dalla professoressa McGranitt - e lanciando un'occhiata al lupo mannaro.

James alzò gli occhi al cielo.

«Merlino, adesso ricominciano...» sospirò.

«Tu credi?» rispose Remus, senza smettere di lucidare una targa d'argento in cui erano incisi i nomi dei vecchi Caposcuola.

Sirius lo studiò sprezzante.

«Ne sono certo» confessò.

Remus fece spallucce.

«Convinto tu...».

Sirius si lasciò cadere seduto a terra, continuando la valutazione dei danni subiti.

«Vorresti forse negare?» domandò, assottigliando gli occhi.

«Precisamente».

L'Animagus si lasciò sfuggire un ringhio. Quel dannato mannaro lo faceva uscire dai gangheri, con la sua flemma...

«Ascoltami bene, Lupin... Ho prove certe che hai lasciato Tonks. Quel messaggio non lascia certo spazio a dubbi! E lascia che ti dica una cosa: mi hai deluso. Hai affrontato Fenrir Greyback in persona, dandogli quella che molto probabilmente è - e sarà - la più grande batosta della sua intera vita, e poi ti pieghi al volere di Andromeda Black? Ti accucci come un bravo cagnolino in attesa che mia cugina ti lanci un osso?» sputò, sentendo nuovamente la rabbia montare dentro di sé.

Lupo mannaro o no, era pronto ad insegnargli un paio di cosette su cosa significasse avere sangue Black nelle vene...

Remus non parve minimamente colpito dallo sfogo di Sirius, e continuò a strofinare con vigore una serie di medaglie.

«Hai finito?» chiese poi, tranquillamente.

Sirius resistette all'impulso di sbattergli la testa contro lo scaffale.

«Perché, hai da fare?» sibilò.

«Sì. Esattamente quello che dovresti fare anche tu: pulire».

L'Animagus raccolse con stizza lo staccio che aveva lasciato cadere.

«Suppongo, quindi, che non mi degnerai della tua attenzione finché non avremo concluso questa stupida punizione!»

«E' possibile, sì. Ma niente ti vieta di continuare ad esprimere le tue opinioni nei miei confronti, nel frattempo. Non preoccuparti, prometto che ne terrò scrupolosamente conto. E se dopo me ne darai il tempo, mi impegnerò a darti le risposte che meriti» replicò pacato Remus, fissando finalmente Sirius negli occhi.

Un silenzio carico di elettricità riempì la stanza.

Nel frattempo, in un angolo, James scribacchiava velocemente qualcosa su una pergamena.

Perplessi, gli altri due ragazzi lo fissarono - dimenticandosi per un momento del loro confronto.

«Si può sapere che combini?» chiese Remus.

«Scrivo un documento dove voi due attestate che io non sono per nulla responsabile dei danni che causerete a questa stanza quando inizierete il secondo round della vostra rissa» sbottò il ragazzo, senza alzare gli occhi da ciò che stava scrivendo.

Loro malgrado, Sirius e Remus scoppiarono a ridere, venendo all'istante fulminati dallo sguardo di James.

«Non ci trovo nulla di divertente! Già stavolta sono finito in punizione per colpa vostra! L'unica volta che non ho fatto niente...» mormorò sconfortato.

«Vale per le volte che la cosa è capitata a me» replicò Remus, tornandosene a pulire i trofei impolverati alle sue spalle.

Fu solo dopo un'altra mezz'ora che il licantropo lanciò una pergamena appallottolata a Sirius - colpendolo alla nuca.

Sirius si voltò di scatto, fissando alternativamente prima la palla di carta poi Remus.

Alla fine, poi, l'Animagus si chinò a raccoglierla e gli diede un'occhiata.

«Che cos'è?» chiese, leggendo rapidamente quanto c'era scritto sopra.

«Hai detto di avere prove certe del fatto che io abbia lasciato Tonks. Ebbene, quella è la mia "prova certa" che invece non l'ho fatto».

Sirius lesse nuovamente il biglietto, le sopracciglia aggrottate.

«Ma il messaggio... E il segno di schiaffi sulla tua guancia...» borbottò, confuso.

Remus scrollò le spalle.

«Possiamo dire che la mia intenzione era quella di lasciarla. Ma dopo una lunga discussione con Tonks, mi sono reso conto che sarebbe stato uno dei più grandi errori della mia intera esistenza».

Sirius puntò il dito contro il mannaro, trionfante.

«Ah-ah!» esclamò. «Vedi allora che ho fatto bene a colpirti?».

Remus lo fissò scioccato.

«Stai scherzando?!».

Ma l'Animagus lo ignorò, massaggiandosi il livido dolorante.

«Sei tu che non avresti dovuto colpirmi!» aggiunse, piccato.

Il mannaro aprì e richiuse la bocca per qualche istante, incredulo.

«Ma certo, come ho fatto ad essere così stupido? In fondo, quando un ragazzo viene colpito da un pugno che lo manda lungo disteso per terra, che fa, reagisce? Ma figuriamoci! Rimane buono buono a ricoprire il ruolo del tappeto, è ovvio!» sbottò poi in tono sarcastico.

Nel suo angolo, James era scosso da risate sommesse - cosa che Sirius cercava in tutti i modi di evitare. Era una discussione seria, in fondo!

Remus scrollò le spalle, rassegnato.

«Comunque ormai è fatta. Ci siamo scaricati un po' di tensione...».

Di nuovo nessuno parlò per un po'.

«Però potevi dircelo subito, no?» mormorò James, gettando la pergamena che aveva scritto nel camino acceso.

Ormai non serviva più.

Il lupo mannaro lo guardò.

«E come avrei fatto?! Non ho avuto nemmeno il tempo di mangiare, oggi!».

Quasi a voler sottolineare la cosa, il suo stomaco scelse proprio quel momento per emettere un lamento di protesta alla mancanza di cibo.

Sirius e James ridacchiarono.

«Hai perfettamente ragione, Lunastorta. E' ora che tu metta qualcosa sotto i denti, e anche noi. Lo sforzo di dividervi mi ha prosciugato di ogni forza, e ora devo rifocillarmi. Che ne dite, quindi, di lasciar perdere questa stupida punizione?» propose James in tono allegro.

«Io ci sto. A mio parere esserci azzuffati è già stata una punizione più che sufficiente» aggiunse Sirius, lanciando lo straccio dentro ad una voluminosa coppa.

Remus alzò gli occhi al cielo, poi annuì a sua volta.

«Non posso negare che stavolta abbiate proprio ragione...» mormorò.

Gli altri due Malandrini gli batterono una mano sulle spalle.

«Resta da capire come faremo ad uscire. Le porte sono sorvegliate da Gazza e dalla sua gatta» disse il mannaro.

James ammiccò, accennando ad una delle grandi finestre.

«E chi ha parlato della porta? E' una splendida serata, in fondo. Ottima per un'evasione di gruppo».

Sirius salì sopra al davanzale.

«Qui sotto c'è una balconata che, se la memoria non mi inganna, porta dritto al deposito vicino all'aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Dovremo solo fare attenzione che le luci dell'ufficio del professore siano spente, altrimenti potremmo essere visti».

James fece un sorrisetto a Remus.

«Passeremo davanti al tuo futuro ufficio, Lunastorta» ghignò.

Remus non rispose - limitandosi a sbuffare e ad alzare gli occhi al cielo.

I tre scavalcarono quindi uno dopo l'altro il cornicione, lasciandosi poi cadere sulla balconata sottostante - dalla quale raggiunsero velocemente prima il deposito di Difesa Contro le Arti Oscure e successivamente l'aula dove si tenevano le lezioni.

Venti minuti dopo erano nelle cucine, circondati da Elfi Domestici ansiosi di dar loro del cibo.

«Credete che la McGranitt si arrabbierà, quando scoprirà della nostra fuga?» chiese Remus ai compagni, addentando un grosso pezzo di torta.

Gli altri due ragazzi si guardarono, poi fecero spallucce.

«Nhaaaaaa».

[*]

La professoressa McGranitt, affiancata dal custode, guardava con occhi che mandavano scintille la Sala dei Trofei deserta.

«Io le assicuro, professoressa, che non li ho visti uscire. Ero di guardia qui fuori, e sono certo che non siano passati!» ripeté Gazza, confuso ed irritato.

La donna fissò la finestra - ancora leggermente aperta.

«Non si preoccupi, Mastro Gazza. Temo non siano ricorsi alla porta, per la loro fuga...» mormorò.

Non l'avrebbe mai ammesso a voce alta, ma quei ragazzi non mancavano mai di impressionarla.

«Desidera che chiami il preside?» domandò Gazza, non capendo completamente le parole della professoressa McGranitt.

Questa fece un gesto impaziente con la mano.

«Lasci stare, Gazza. A questo punto non avrebbe senso. L'unica cosa che possiamo fare è quella di riconoscerci sconfitti ancora una volta. Domani stesso mi occuperò personalmente di restituire al signor Potter e ai suoi amici le loro bacchette, e metterò bene in chiaro che non tollererò un'altra fuga simile, in futuro. Dubito, infatti, che quella di stasera sia stata la loro ultima punizione. Non oserei sperare tanto...» aggiunse, più a se stessa che ad altri.

Lanciò un'ultima occhiata sconfortata alla stanza ed uscì, allontanandosi verso il suo ufficio.

Gazza rimase qualche secondo a sondare la Sala dei Trofei con lo sguardo - quasi che i tre ragazzi potessero spuntare da dietro uno scaffale all'improvviso.

«Oh, arriverà il giorno i cui potrò punirvi come meritate, piccoli teppistelli. Ho ancora le mie vecchie catene, e la Foresta Proibita non aspetta altri che voi... Quel giorno sarò io a divertirmi...».

Poi, seguito dalla sua gatta, il Magonò abbandonò la sala - sapendo in cuor suo di essere stato nuovamente battuto.

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Capitolo 36
*** capitolo 36 ***


«Stavo pensando…» mormorò James pensieroso.

«E già di per sé questo non è un buon segno» replicò prontamente Remus.

L'Animagus si zittì, lanciandogli un cuscino che prontamente gli venne restituito, e per qualche secondo l'unico rumore fu il russare di Sirius - addormentato beatamente sul suo letto con un piede penzoloni fuori dalle lenzuola e le braccia larghe.

Tuttavia alla fine - più per desiderio di scoprire quale assurda trovata avesse in mente l'amico che per altro - Remus si mise seduto, studiando James.

«A che pensavi, comunque?» chiese, rassegnato.

James sorrise.

«Beh, ora abbiamo un altro posto letto vuoto, no?»

Il licantropo piegò il capo da un lato, interessato.

«A meno che non vi dorma una forza invisibile e inconsistente…» mormorò con un sorrisetto.

«Ebbene, che ce ne facciamo?» proseguì James, sinceramente curioso.

Remus attese qualche istante, prima di rispondere.

«Non possiamo lasciarlo vuoto e basta?».

James agitò la mano, quasi volesse scacciare quell'assurda idea.

«Assolutamente no. Vederlo vuoto mi rende triste»

«Ho della cioccolata, se vuoi. Un vero toccasana per la tristezza...» ghignò Remus.

James gli lanciò un'occhiata puro veleno.

«Sul serio, Lunastorta... Non possiamo lasciarlo vuoto»

«E perché no? Non abbiamo avuto alcun problema con l'altro, o sbaglio? Vedrai, nel giro di qualche giorno la roba accumulata sul primo crollerà come un castello di carte, e inizieremo ad usare il vecchio letto di...».

Si interruppe bruscamente. Non avevano più parlato di Peter, dalla notte dell'attacco. Nessuno di loro era nemmeno riuscito a nominarlo: lui no di certo, almeno...

«Beh... Inizieremo ad usare il secondo come "deposito del deposito"» concluse in fretta.

James annuì lentamente, lasciandosi sfuggire un sospiro.

In verità, vedere quel letto vuoto gli ricordava costantemente Codaliscia, e ciò che aveva fatto.

Serrò brevemente gli occhi.

A suo parere, non esisteva nulla di più vile e vergognoso di una persona che tradiva i propri amici. Era un gesto ignobile, persino peggiore dell'affermare senza alcuna vergogna di essere un Mangiamorte. Come si poteva infatti continuare a ridere e scherzare con un amico, ben sapendo di star tramando alle sue spalle per ferirlo - o addirittura per venderlo come un pezzo di carne al miglior offerente?

«Magari hai ragione tu, Lunastorta...» mormorò.

La loro tranquilla chiacchierata mattutina venne disturbata dal sussulto terrorizzato di Sirius, che si sedette sul letto con il fiato corto come dopo una lunga corsa.

«Che ti prende Felpato?» domandò James, fissandolo preoccupato.

Sirius si guardò intorno febbrilmente, gli occhi sgranati di chi ha appena visto cose orribili.

«Ho appena avuto un incubo spaventoso!» esclamò, ansimando.

«Ti guardavi in uno specchio e ti vedevi incredibilmente brutto?» ghignò Remus.

Sirius gli scoccò un'occhiataccia.

«Peggio, Lupin. Molto peggio»

«Hai sognato che dal mondo spariva improvvisamente tutto l'alcol?» continuò il licantropo, divertendosi a punzecchiare l'amico.

L'Animagus scosse il capo, e un ciuffo di capelli scuri gli finì davanti agli occhi.

«La McGranitt in compagnia di un uomo!» esalò, come se avesse appena detto di aver scoperto che un Inferius dimorava proprio sotto al suo letto.

James e Remus si scambiarono un'occhiata, confusi.

«E...? La McGranitt ha pienamente il diritto di avere una vita al di fuori della scuola, Felpato. Non lo credi anche tu? Voglio dire... Forse non è facile immaginarsela in una veste diversa da quella di una professoressa di Trasfigurazione, tuttavia...» borbottò James, scompigliandosi i capelli.

Sirius scosse nuovamente il capo.

«Che la McGranitt possa avere una vita al fuori dalla scuola è perfettamente normale, Ramoso. Ma che in suddetta vita debba spandere dell'olio per massaggi sull'Uomo Pantera proprio no!» replicò con un brivido di disgusto.

Le parole dell'Animagus vennero accolte da un silenzio fragoroso.

«Grazie a te il mio cervello è completamente morto, Black» esalò Remus, sgomento.

[*]

«Ninfadora!» chiamò una voce di donna.

La ragazza serrò gli occhi, esasperata.

«Tonks» corresse meccanicamente, voltandosi poi con astio verso la madre. «Non hai già ottenuto quello che volevi, mamma? Che ci fai ancora qui?».

Andromeda Tonks sembrò ferita dal tono con cui la figlia le si era rivolta.

«Io e tuo padre stavamo giusto per partire. Ho pensato di salutarti... Tuo padre non ce l'ha fatta, però. Sai quanto odia questo genere di cose» le disse, scuotendo il capo rassegnata.

Tonks lo sapeva eccome. Ogni primo settembre suo padre la salutava come se stesse andando a combattere contro Voldemort in persona o contro i suoi Mangiamorte, invece che a studiare ad Hogwarts...

Represse un brivido. Molto presto, se le cose fossero andate come lei sperava, suo padre avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per salutarla in modo simile...

Scacciò il pensiero. Doveva prima finire di studiare, se davvero voleva intraprendere la carriera di Auror - o se voleva divenire a tutti gli effetti un membro dell'Ordine...

Fissò di nuovo la madre, che attendeva evidentemente che lei dicesse qualcosa.

«Bene, allora ciao. Saluta papà da parte mia» disse sprezzante.

Se voleva essere convincente, non doveva rimanere troppo a lungo con lei: sua mamma aveva una capacità innata nello scoprire quando qualcuno le mentiva...

Si voltò di nuovo e camminò a passo spedito verso l'aula di Storia della Magia.

«Così…» iniziò sua madre, affiancandola.

«Così cosa?» sospirò Tonks, alzando gli occhi al cielo.

«Ho sentito dire che tuo cugino e il suo amico si sono azzuffati, ieri sera a cena» buttò lì Andromeda, studiando la sua reazione.

«Che cosa?! Quale amico? James o Remus?» chiese immediatamente la ragazza, fermandosi di colpo in mezzo al corridoio e fissando la madre in cerca di indizi che quella fosse solo una scusa per fare conversazione o per coglierla in fallo.

«Remus» replicò Andromeda.

Tonks imprecò, ed Andromeda impallidì nel sentire un simile linguaggio uscire dalle labbra della figlia.

«Dove hai imparato ad esprimerti in quel modo?!» sibilò.

Ma la ragazza la ignorò.

Una zuffa tra Sirius e Remus! E proprio la sera che aveva deciso di cenare al rifugio, così da non correre il rischio di tradirsi con gli altri!

«Si sono fatti male?» s'informò, preoccupata.

Andromeda serrò le labbra talmente tanto che la bocca le divenne un'unica linea netta.

«Nulla di mortale. Sei molto interessata per essere una strega che è appena stata lasciata da quello che definiva l'amore della sua vita...» notò, fingendosi disinteressata.

Tonks le scoccò un'occhiataccia.

«Prima di tutto, sono appena stata lasciata dall'amore della mia vita perché tu l'hai costretto a farlo - e questo non cambia ciò che proviamo l'uno per l'altra. Secondariamente, anche Sirius è stato coinvolto nella rissa, a quanto dici. E a differenza di qualcuno, io tengo molto al benessere e alla felicità delle persone a cui voglio bene» disse, in tono di sfida.

Andromeda studiò a lungo la figlia, rivedendo sé stessa alla medesima età, quando i suoi genitori - oltre alla sua intera famiglia - tentarono di contrastare il suo amore per Ted.

Le tornarono in mente le sensazioni provate quando aveva incontrato Remus Lupin un paio di sere prima, e di nuovo si chiese se non fosse stata troppo precipitosa nel giudicarlo.

In effetti, si disse, nulla in quel giovane lasciava presagire un segreto tanto terribile... Lei per prima non aveva forse creduto Sirius un pazzo, quando anni prima le aveva rivelato - solo dietro consenso dell'amico - la verità? Non si era chiesta per ore ed ore se tutte le sue convinzioni sui lupi mannari non fossero altro che un mucchio di stereotipi ideati e diffusi dai maghi normali, che vedevano solo la creatura oscura e non la persona che vi era dietro?

Sospirò di nuovo.

La sua intrusione in quella faccenda aveva creato fin troppi danni, si rese conto. Da quanto aveva sentito da quel gruppo di Corvonero che le era passato accanto solo mezz'ora prima, infatti, la lite tra i due ragazzi sembrava suggerire che una crepa si fosse insinuata all'interno di un'amicizia forte apparentemente come le mura della stessa Hogwarts...

«Ascolta Ninfadora…» mormorò, guardando la figlia.

«Mamma!» sibilò la ragazza, esasperata.

Andromeda la ignorò.

«Tieni davvero molto a quel ragazzo, non è vero?» domandò.

Tonks annuì vigorosamente.

«Non puoi immaginare quanto» aggiunse.

La donna si morse il labbro, esitante.

«Ma non hai paura che possa farti del male? O che possa in qualche modo contagiarti?» sussurrò, mentre un paio di Tassorosso le superavano, lanciando loro occhiate curiose.

La ragazza scrollò le spalle, attendendo che i suoi compagni si allontanassero.

«Entrambi conosciamo più che bene i rischi, e agiamo di conseguenza. Lui non mi permetterebbe mai di avvicinarglisi durante tu-sai-cosa, e io non sono ancora così folle da pensare di fare una cosa del genere. E la stessa cosa vale anche per il contagio» sospirò rassegnata. «A dire la verità dovrebbe essere lui ad avere paura di me. Un giorno di questi la mia goffaggine potrebbe ucciderlo. O potrei farlo io, se dovesse di nuovo chiamarmi con il mio nome».

Non le importava se parlando in quel modo la madre avrebbe scoperto che lei e Remus non si erano davvero lasciati: voleva che capisse che non erano due sprovveduti, persi completamente nel loro piccolo mondo.

Andromeda la osservò per un po', perplessa.

«Non sa che non apprezzi il nome che ti ho dato?».

Tonks fece una smorfia.

«Certo che lo sa! E' una delle prime cose che gli ho detto! Ma lui continua a ripetermi che ama il mio nome. Comincio a pensare che si diverta a farlo, pur sapendo che non lo sopporto. D'altro canto, ripete anche che sono ancora più bella, quando sono arrabbiata...» borbottò.

La donna provò un improvviso - anche se non inaspettato - modo di simpatia per quel Remus Lupin. Il giovane adorava evidentemente Ninfadora in tutte le sue forme, non prestava attenzione alla sua sbadataggine, si curava del fatto che non corresse alcun tipo di rischi legati alla sua maledizione... E amava il suo nome! Nessun ragazzo con un simile buon gusto poteva essere un mostro!

Inoltre, pensò guardando di sottecchi la figlia mentre riprendevano entrambe a camminare, la presenza di quel giovanotto l'aveva resa innegabilmente più matura: non ricordava infatti di averla mai vista così combattiva, prima. Forse solo quando, al primo anno, aveva dovuto fare i conti con le malelingue pronte a dileggiarla per il suo dono.

«E sia» disse alla fine.

Tonks la guardò con sospetto.

«Come dici?».

Andromeda alzò gli occhi al cielo.

«Quel ragazzo è arrivato a sfidare il volere di un mostro come Greyback, pur di stare con te. Certo, ne ha ricavato soprattutto un beneficio personale, ma dubito si sarebbe spinto tanto lontano, se non fosse stato per te. E piuttosto che sapere di averti allontanato da me e tuo padre, ha preferito allontanarsi lui da te - benché questo probabilmente gli abbia spezzato il cuore - accettando di buon grado di entrare in una rissa con uno dei suoi migliori amici a causa di questa sua decisione. E mai una volta ci ha accusati o minacciati, usando ciò che è come un'arma contro di noi. Saremmo... Anzi, sarei folle ad impedirvi di stare insieme. Quindi... Va bene. Non potrei sopportare di saperti triste a causa dei miei pregiudizi».

La fissò di nuovo, gli occhi lucidi.

«Solo, promettimi che starai attenta. E che ti allontanerai da lui immediatamente, se dovessi anche solo avere il sospetto che qualcosa non va, d'accordo?» sussurrò, la voce che tremava impercettibilmente.

Tonks sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire un enorme sorriso.

«Grazie mamma, grazie!» esultò alla fine, abbracciandola stretta e scatenando le proteste dei ritratti lì affianco.

Anche Andromeda sorrise, ben consapevole - questa volta - di aver fatto la scelta giusta.

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Capitolo 37
*** capitolo 37 ***


Remus Lupin sbadigliò vistosamente.

Forse Antiche Rune non era esattamente la materia più interessante del mondo, ma poteva rivelarsi davvero molto utile al di fuori della scuola - per non parlare poi del fatto che una buona conoscenza di più di una disciplina era essenziale per diventare un insegnante preparato e competente...

Il ragazzo fissò per qualche istante il muro di fronte a lui.

Per quanto cercasse di negarlo, l'idea - un giorno - di diventare un professore lo allettava moltissimo. Era stato così sin dalla prima volta che suo padre l'aveva raggiunto mentre giocava nel salotto della loro casa, ed aveva iniziato a insegnargli tutto ciò che sapeva riguardo le Arti Oscure e il corretto metodo per difendersi da esse, gli incantesimi, le pozioni, le erbe... Il condividere le sue conoscenze con altre persone, aiutandole a comprendere nozioni che fino a quel momento ignoravano, era un sogno che custodiva gelosamente nel suo cuore.

Fissò sconsolato i banchi vuoti al suo fianco. James e Sirius non seguivano quella lezione, non reputandola utile ai loro scopi.

Sospirò, chiedendosi vagamente cosa stessero facendo. Non aveva ancora sentito le urla infuriate di Gazza, né quelle di uno qualsiasi degli insegnanti, e questo non poteva che definirsi un buon segno...

«Lupin, che ne diresti di tradurre tu il testo?».

La voce dell'insegnante lo riscosse dai suoi pensieri.

«Certamente professoressa».

[*]

James Potter era in piedi in mezzo al campo di Quidditch, davanti a un gruppetto di aspiranti giocatori.

Li passò in rassegna uno per uno, valutandoli brevemente.

La stagione del Quidditch stava per iniziare, ed era essenziale che la nuova squadra di Grifondoro fosse all'altezza della precedente, se non addirittura migliore.

«Allora» disse alla fine, posando un piede sulla cassa che conteneva le palle da gioco. «Prima di iniziare le selezioni vorrei chiedervi, cortesemente, di dividervi a seconda del ruolo a cui aspirate... Perfetto. Ora: la squadra dell'anno scorso si è sciolta, come tutti voi sapete, per i motivi più disparati. Di conseguenza ho bisogno di trovare validi sostituti, e spero vivamente di farlo entro la fine della giornata».

Nessuno aprì bocca, e James lo prese come un segnale per continuare.

«Ovviamente non mi aspetto grandi risultati da parte vostra, oggi. In fin dei conti questa è solo una selezione... Ma - e mi rivolgo a coloro che avranno la fortuna di entrare in squadra - voglio che sia chiara una cosa: esigo la perfezione, in campo. Questo significa che non avrò alcun problema a sbattervi fuori fino all'ultimo, se doveste rivelarvi dei Troll incapaci. Pretendo che la mia squadra sia eccellente, corretta e soprattutto pronta a dare il massimo. Quindi se siete persone che si spaventano davanti ad un po' di pioggia o di fango, potete benissimo voltarvi e tornarvene al castello. Il Quidditch è uno sport duro, e chi sceglie di praticarlo deve farlo senza paura di farsi seriamente male. Sono stato chiaro?».

Si levò un brusio di assenso.

«Direi di cominciare, allora. Procederemo per ruoli, e solo uno per volta, iniziando dai Battitori. Tutti gli altri attendano pure al sicuro sugli spalti. Vi chiamerò io quando sarà arrivato il vostro turno».

Mentre il campo si svuotava, James lanciò una piccola mazza al ragazzo più vicino.

«Boltens, giusto?» chiese, leggendo il nome dell'aspirante Battitore sull'elenco che aveva in mano.

«Sì» confermò il ragazzo.

James annuì, scribacchiando velocemente qualcosa accanto al suo nome.

«Allora... Quando sarai montato in sella e avrai girato un po' per il campo - a non più di due o tre metri da terra, mi raccomando - io libererò uno dei Bolidi. Tutto quello che devi fare tu è colpirlo ed impedire che ti rompa la testa. Piuttosto semplice, no?» gli spiegò, con un sorriso incoraggiante.

Boltens non sembrò molto convinto, ma disse comunque: «Sicuro».

James gli fece quindi un cenno, e pochi istanti dopo che ebbe spiccato il volo -  come anticipato - si chinò sulla cassa e liberò un Bolide.

L'aspirante Battitore tenne scrupolosamente d'occhio la pericolosa palla nera, assestandole un potente colpo con la mazza non appena quella si avvicinò a lui. Solo che il colpo andò completamente a vuoto, e il Bolide lo colpì dritto in fronte, facendolo cadere come una bambola di pezza al suolo.

James sospirò, scosse la testa, e afferrò il Bolide prima che questo colpisse anche lui.

Una volta che la piccola palla nera fu ancora una volta al sicuro nella cassa, poi, il giovane cancellò il nome di Boltens dalla lista e osservò il proprio compagno venir portato fuori con una barella magica.

«Avanti il prossimo: Nowsburn!».

 [*]

Quando Sirius Black passò fischiettando accanto all'infermeria, la scoprì piena di ragazzi e ragazze doloranti - tutti, a giudicare dalle divise, appartenenti al Grifondoro.

Incuriosito, si avvicinò al ragazzo steso nel letto più vicino alla porta - domandandogli cosa fosse accaduto, e ricevendo in risposta solo vaghi vaneggiamenti ripetitivi su un Bolide.

Sirius aggrottò le sopracciglia, perplesso. Poi però fece spallucce, e continuò allegramente per la propria strada - a tal punto concentrato sul motivetto che ancora fischiettava da non accorgersi del sopraggiungere di Tonks fino a quando non le finì malamente addosso.

«Ehilà, cuginetta!» esclamò, trattenendola prima che cadesse all'indietro.

Tonks si massaggiò la testa - che aveva avuto la sfortuna di cozzare contro quella di Sirius.

«Ehilà, Sirius... Non pensavo di averti colpito così forte...» ghignò lei, accennando agli occhi pesti del cugino.

L'Animagus le restituì il ghigno.

«Infatti non l'hai fatto. Questi sono un regalino del tuo ragazzo. Sì, so che lo è ancora» disse, divertito dall'espressione della giovane. «Abbiamo fatto due chiacchiere, dopo esserci azzuffati. Ma non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di rivelare il vostro piccolo segreto ad Andromeda».

Tonks scosse il capo, sorridendo radiosa.

«Non c'è più alcun segreto. Mia madre si è convinta a lasciarmi frequentare Remus, a patto che stia attenta» disse.

Il sorriso di Sirius si allargò.

«E' magnifico, Tonks! L'hai già detto a Lunastorta?»

«Non ancora. Torno adesso dalla stazione di Hogsmeade, dove ho salutato la partenza dei miei. Tu come mai non sei a lezione?».

Sirius scrollò le spalle.

«Ho un paio di ore libere, e così gironzolo un po' per il castello. Ma sembra che qualcosa ti turbi... Stai bene?» chiese.

Tonks esitò.

«Non è niente, davvero... E' solo che... Ormai le cose tra i miei genitori e Remus si sono sistemate, ma possiamo dire che sia tutto pronto per il giuramento?» domandò frettolosamente.

Il ragazzo sembrò confuso.

«Non sei più sicura?» chiese, cauto.

«Cosa? No! Certo che sono sicura! No, è che... Insomma... E se al papà e alla mamma di Remus io non piacessi? Se pensassero che non vado bene per lui? Magari sono troppo sbadata, o troppo poco seria! Chi mi assicura che non mi riserveranno il medesimo, orribile trattamento che i miei hanno riservato a Remus?» ammise, preoccupata.

Sirius ridacchiò.

«Lyall ti ha proprio terrorizzata, eh?».

Tonks gli diede un pugno sul braccio.

«Non sono terrorizzata!» replicò piccata.

Sirius continuò a ridacchiare, avvolgendo con il braccio le spalle della giovane.

«Vieni con me» le disse in tono cospiratorio.

Tonks lo fissò sospettosa.

«E dove?».

«Ma da Lyall, naturalmente! So che è giù ai cancelli con Euphemia e Fleamont».

La Metamorfomagus sgranò gli occhi.

«Sei impazzito?!» sibilò, cercando di liberarsi.

L'Animagus alzò gli occhi al cielo.

«Oh, avanti! Basterà che tu vada da lui e gli dica quello che hai detto a me. Ci sarò io con te!» le assicurò, ammiccando.

Tonks sospirò rassegnata. Doveva proprio imparare a tenere la bocca chiusa...

[*]

«Ehilà Lyall!» esclamò Sirius, trascinando Tonks con sé fino ai cancelli dove il padre di Remus e i genitori di James stavano chiacchierando tranquillamente.

L'uomo si voltò.

«Sirius, che fai qui?» chiese, sorpreso.

I due ragazzi raggiunsero il terzetto.

«Fleamont, Euphemia...» disse Sirius a mo' di saluto.

Entrambi risposero con un cenno della testa e un caloroso sorriso.

«Non ci sono problemi su al castello, vero? James e Remus stanno bene?» chiese Fleamont, studiandolo in cerca di indizi del fatto che portasse cattive notizie.

Sirius fece un gesto vago con la mano.

«Tutto a posto, non preoccupatevi. Jamie si diverte a sterminare i nostri compagni di Casa al campo di Quidditch e Rem è a seguire l'ennesima lezione. Sul serio, Lyall: quel ragazzo studia troppo. Finirà per rovinarsi la salute!» esclamò.

Lyall Lupin alzò gli occhi al cielo. Sapeva bene cosa Sirius pensasse dello studio...

«Per non parlare poi del fatto che si aspetta che noi facciamo lo stesso! Roba da matti, dico io!» continuò Sirius esasperato. «Dovresti sul serio fargli un discorsetto sull'importanza di divertirsi...».

Euphemia ridacchiò.

«Potreste farlo tu e James. Siete autentici esperti del divertimento a discapito dello studio...».

Il ragazzo parve ferito.

«Euphemia! E io che pensavo che si fosse creato un legame tra noi, nel periodo che ho passato accampato nel tuo giardino!».

Fleamont Potter scosse il capo ridendo.

«Continuo a non capire perché ti ostinassi tanto a dormire in tenda... Ti avevamo preparato un letto in camera di James!».

Sirius fece spallucce.

«Beh, ero scappato di casa. Volevo vivere la vita da ragazzo indipendente...» ammise con solennità.

Tutti risero, e poi Lyall fissò nuovamente i due ragazzi.

«Che fate qui, allora?» domandò.

Sirius parve ricordarsi solo in quel momento di Tonks.

«Giusto. Vedi, Tonks... Conosci Ninfadora, vero? La ragazza con cui esce tuo figlio...? Bene. Tonks teme che a te e a Hope non vada bene che lei frequenti Remus».

Tonks avrebbe voluto sprofondare. Avrebbe anche potuto essere meno diretto!

Lyall le sorrise gentilmente.

«E perché mai dovremmo pensare una cosa del genere?».

Tonks prese a tormentarsi le mani, in preda al nervosismo.

«Beh, ecco... Sono molto sbadata, rumorosa... E poi sono una Metamorfomagus che discende da una famiglia di pazzi, e…» borbottò, mentre i suoi capelli assumevano ogni tipo di colore.

«Ehi!» esclamò Sirius piccato, ma nessuno gli badò.

«Fondamentalmente questo, ecco. Quindi non so... Magari posso non essere la ragazza che lei e sua moglie avete in mente per vostro figlio. E mi dispiacerebbe molto, se fosse così. Perché io e Remus ci vogliamo davvero bene, e fino a stamattina sapevo cosa significasse avere dei genitori che non condividono le tue scelte; quindi so che non è piacevole o...» continuò la ragazza, senza riuscire ad alzare lo sguardo dalle proprie scarpe.

Lyall non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a ridere.

«Santo cielo, ora capisco perché piaci tanto a Remus!» disse affettuoso.

Tonks rimase basita per qualche istante.

«Lei... Remus... Che vuole dire?» mormorò, confusa.

«Beh, è evidente che sei una ragazza ben educata e sensibile - altrimenti non ti saresti preoccupata a tal punto del mio giudizio o di quello di mia moglie. Così come è evidente che sei anche molto intelligente, tanto da riconoscere che la famiglia da cui provieni non è certo famosa per la sanità mentale dei suoi membri o per la correttezza dei suoi ideali...» disse, strizzandole l'occhio divertito.

Sirius si esibì in un altro verso indignato, e di nuovo venne ignorato da tutti.

«Ma ciò che è più evidente è il fatto che rendi felice Remus. E di questo io e Hope non ti saremo mai grati abbastanza. Ho visto lo sguardo di Remus quando parla di te, e il trasporto con cui lo fa. So che non deve essere stato facile arrivare ad essergli così vicino, essendo lui tanto testardo. Dimostra che anche tu possiedi un carattere deciso e combattivo» le sorrise di nuovo. «Non avremmo mai osato sperare tanto, per lui».

Tonks sentì immediatamente come se un enorme peso le fosse stato tolto dallo stomaco.

«Non sa quanto questo mi tranquillizzi, signor Lupin» disse, gli occhi che brillavano.

«Per carità! Chiamami Lyall, e dammi pure del tu» replicò l'uomo ridendo.

Anche Tonks rise.

«Allora grazie, Lyall. Mi spiace solo di non poter ricambiare la cortesia. Vedi, il mio nome...».

Lyall la interruppe, alzando una mano.

«Non c'è bisogno che mi spieghi nulla. Remus mi ha già detto del rapporto che hai con il tuo nome».

Si guardò intorno, quasi a controllare che nessuno potesse saltare fuori a contraddirlo.

«In tutta onestà, sono perfettamente d'accordo con te, riguardo ad esso...» le confidò.

Tonks lo avrebbe abbracciato seduta stante.

«Merlino! Temevo di essere l'unica!» esclamò.

Il gruppetto si esibì nuovamente in una serie di basse risate.

«Che succede qui?» abbaiò una voce alle loro spalle.

Alastor Moody, arcigno, si stava avvicinando quanto più velocemente la propria gamba finta gli consentisse di fare.

«Credevo fossimo qui per proteggere la scuola, e non per perdere tempo con inutili chiacchiere!» esclamò, raggiungendoli.

Euphemia sospirò.

«Oh, avanti Alastor! Non si è trattata che di una piccola distrazione, in fondo».

Moody la fissò come se avesse detto di aver appena accettato un invito a cena da parte di Voldemort in persona.

«Sono proprio queste piccole distrazioni che i Mangiamorte aspettano e sfruttano! Quando capirete che ci vuole sempre…»

«Vigilanza costante!» lo anticiparono i genitori di James in coro, scatenando una sommessa risata da parte di Tonks e Sirius.

L'Auror sembrava sul punto di schiantarli tutti, così Fleamont alzò le mani in segno di resa.

«Okay, scusaci. E' che conosciamo il tuo motto a memoria, ormai. Siamo attentissimi, lo sai...».

Moody sbuffò indignato.

«Ah, fate come vi pare! Ma non venite poi da me a lamentarvi se succede il finimondo!» sbottò, dando loro le spalle e avviandosi nuovamente verso la propria postazione.

«Ti promettiamo che non lo faremo!» gli urlò dietro Euphemia, ridacchiando.

Lyall scosse il capo divertito.

«E' meglio che torniate al castello, ragazzi. Non è sicuro per voi rimanere qui» disse poi, tornando serio.

Tonks e Sirius annuirono.

«Probabilmente hai ragione... Allora alla prossima. Vi saluteremo James e Remus» disse Sirius.

«Buona sorveglianza» aggiunse Tonks.

[*]

James si lasciò cadere sconfitto su una delle poltroncine del rifugio.

Ebbe appena il tempo di guardarsi intorno, prima che Remus entrasse, chiudendosi la porta alle spalle.

Il licantropo sembrò sorpreso di vederlo.

«Jamie! Non pensavo di trovarti qui» mormorò tranquillo, accendendo con un colpo di bacchetta il camino e sedendosi poi sulla poltroncina di fronte all'amico.

James scrollò le spalle.

«E invece ci sono. Sorpresa!» borbottò, senza alcuna gioia.

Remus lo studiò per qualche istante.

«Che ti è successo? Non ti vedo così abbattuto dall'ultima volta che la McGranitt ti ha proibito di allenarti...»

«Continuo a ripetere che si trattò di un'ingiustizia bella e buona!» esclamò il ragazzo, non rispondendo alla domanda.

«Non lo fu affatto, e lo sai bene. Solo il giorno prima un Bolide ti aveva centrato la nuca, facendoti precipitare per dieci metri» lo corresse Remus, l'aria rassegnata.

Per James pochissime cose erano più importanti del Quidditch...

Il ragazzo sbuffò.

«Quindi? Che è successo?» tornò a domandare il mannaro, giocherellando distrattamente con lo spettro del lupo.

«Non sono riuscito a trovare nessuno per sostituire i giocatori che ho perso» sbottò James, incrociando le braccia al petto e assumendo il broncio di un bambino a cui viene impedito di giocare con il proprio giocattolo preferito.

«Ah, ecco perché Madama Chips mi ha detto di farti smettere di mandare al macello una decina di ragazzi alla volta! Ammetto di essermene chiesto il motivo...» mormorò Remus, pensieroso.

James sbuffò di nuovo.

«Non è colpa mia se quelli non sanno nemmeno tenere in mano una mazza, o non riescono ad evitare come si deve un Bolide!».

Remus lo osservò interessato.

«Che mi dici di Kattleburn?».

L'Animagus cercò di ricordare chi fosse.

«La ragazza che si è fatta trascinare dalla propria scopa per tutto il campo, mentre cercava di prendere il Boccino?» tentò.

Remus scosse il capo.

«No, quella a cui è rimasta incastrata la caviglia nella porta più alta mentre cercava di parare la pluffa che le hai lanciato. Da quanto ho capito è stato l'unico errore in una prova altrimenti perfetta».

James lo guardò scioccato.

«L'unico errore?! Lunastorta, ho bisogno di un portiere che sappia fermare le pluffe!»

«Magari, se le lanciassi con meno violenza...».

James sospirò esasperato.

«Ascolta, Lunastorta... Apprezzo i tuoi tentativi di tirarmi su il morale, davvero. Ma per quanto tu sia un autentico esperto in Difesa Contro le Arti Oscure e in altre decine di campi, nel Quidditch sei completamente negato» sbottò, sprofondando nuovamente nella propria poltroncina. «Sono circondato da idioti».

«So che significa» gli fece eco Remus, divertito.

James gli lanciò un occhiataccia.

«Per cambiare argomento...» disse poi il licantropo, mentre i sui occhi si posavano brevemente sul posto dove fino a qualche settimana prima c'era il letto a baldacchino di Peter. «Vuoi dirmi che cos'è questo?».

Estrasse dalla tasca un piccolo pezzo di pergamena e lo attaccò sulla fronte dell'amico con un pezzo di Magiscotch.

«Toglilo subito!» esclamò James.

«Toglitelo da solo. Ti assicuro che non riporterai danni permanenti» ghignò Remus, mettendosi più comodo.

L'altro ragazzo staccò la pergamena dalla propria fronte e la guardò.

«E' un biglietto» disse, tranquillo.

«Fantastico James, stupiscimi ancora con una delle tue perle di saggezza...» esclamò il licantropo, alzando gli occhi al cielo.

James si corrucciò.

«Che altro c'è da sapere, scusa? Ho anche scritto in modo chiaro! "Avete bisogno di un posto dove dormire dopo che i vostri compagni di dormitorio vi hanno cacciato con l'infamia? Rivolgetevi ai Malandrini: affascinanti e prestanti ragazzi disposti ad accogliervi a braccia aperte nel loro dormitorio, dove troverete ben due comodi letti vuoti e tre fantastici compagni, pronti a farvi sentire come nel grembo materno. Se interessati, lasciare la propria firma qui sotto. Sarete ricontatti da noi personalmente e al più presto. Astenersi simpatizzanti Serpeverde, amanti del silenzio, dello studio e soprattutto persone contrarie al divertimento"».

Tornò a guardare l'amico, perplesso. Eppure aveva cercato di essere il più chiaro possibile, quando aveva ideato quell'annuncio!

Remus posò i gomiti sulle ginocchia, osservando l'Animagus con uno sguardo curioso.

«Immagino che tu abbia impiegato tutta la mattina, per scriverlo»

«Beh, non è facile essere chiari e concisi...» protestò James, piccato.

Remus piegò il capo da un lato.

«E immagino anche che tu creda sia una buona idea, vero?»

«Già».

Il licantropo si grattò pensieroso un sopracciglio.

«Non per distruggere il tuo sudato lavoro, James... Ma credo tu abbia dimenticato una piccola cosuccia...»

«Sarebbe?» s'informò il ragazzo, interessato.

Remus si schiarì la voce e si esibì in un ululato straordinariamente realistico.

James rimase per qualche istante in silenzio.

«Ah...» mormorò poi.

«Già» convenne il licantropo.

James esitò, guardando l'amico di sottecchi.

«E non credi potremmo dirlo al nuovo… No, hai ragione...» si zittì, vedendo l'espressione di Remus

«Decisamente meglio di no» confermò questi.

Di nuovo, però, James si protese verso l'amico.

«E se… ?» iniziò.

«No» lo interruppe il mannaro.

«Ma…»

«No».

Il ragazzo sospirò frustrato.

«Sicuro?» domandò, con una vocina supplichevole.

«James…».

«Va bene, va bene!» sbottò James, alzando le mani in segno di resa.

Sprofondò ancora di più nella poltroncina, le braccia incrociate e il volto imbronciato - lanciando di tanto in tanto un'occhiataccia al licantropo davanti a lui.

«Guastafeste».

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Capitolo 38
*** capitolo 38 ***


Il giorno di Halloween arrivò accompagnato da grosse nuvole minacciose e cariche di pioggia.

Seduta sul suo letto, Ninfadora Tonks non riusciva proprio a tornare a dormire - nonostante tutti i suoi sforzi: quel giorno lei e Remus avrebbero reso ufficiale la loro relazione, formulando il giuramento e "proclamandolo" alla scuola.

La ragazza rinunciò definitivamente a dormire, e in silenzio - cosa alquanto insolita, per lei - lasciò il dormitorio e le proprie compagne ancora profondamente addormentate.

Uscì dalla sala comune, passeggiando senza meta per i corridoi.

Troppo felice per il fatto di stare con Remus, non aveva mai pensato di chiedere a lui o agli altri in cosa consistesse esattamente il giuramento, e ora l'unica cosa che sapeva era di essere spaventata a morte. Certo, aveva capito che "la proclamazione" non sarebbe stata altro che un annuncio in grande stile, ma per quanto riguardava la parte precedente? Che cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva trattarsi di un Voto Infrangibile, giusto?

Girò l'angolo, scorgendo un gruppo di Corvonero intento a chiacchierare tranquillamente in fondo al corridoio. Riconobbe i lucenti - e riccioluti - capelli di Lidia, e il suo cuore ebbe un balzo. Lei l'avrebbe di sicuro aiutata!

«Lidia?» la chiamò.

La ragazza e le sue amiche si voltarono verso di lei, sorprese.

Lidia mormorò qualcosa alle sue compagne, che la salutarono allontanandosi, mentre lei raggiungeva Tonks.

«Tonks, che succede? Sei pallidissima!» le chiese, preoccupata.

La Metamorfomagus si tormentò una ciocca di capelli.

«Ecco… Magari ti sembrerà sciocco, ma ho un disperato bisogno del tuo aiuto» mormorò.

Lidia annuì.

«Dimmi pure».

Tonks si schiarì la voce.

«Che devo fare oggi? Perché io non ne ho la più pallida idea, e...» disse in fretta, temendo che la ragazza la giudicasse un'idiota per averla importunata per una cosa simile.

Lidia si accigliò, confusa.

«Oggi? Oh sì! Il giuramento».

Sorrise.

«Non devi preoccuparti, Tonks. Non è nulla di cui avere paura: nessuna prova o test da superare, stai tranquilla. Tu e Remus non dovete fare altro che trovare un luogo in cui nessuno può ascoltarvi e parlare in tutta onestà di quello che provate; quello che sognate o sperate per la vostra relazione. Poi Remus ti donerà il simbolo materiale del vostro impegno, e se quanto vi siete detti è sincero, il giuramento può dirsi concluso».

La ragazza sorrise di nuovo, stavolta lievemente imbarazzata.

«Per quanto riguarda il dopo… Temo che una volta che James e Sirius avranno organizzato i festeggiamenti, tu e Remus potrete fare ben poco, a parte goderveli» disse a mo' di scusa.

Tonks la osservò nervosa.

«Ma… Io non so assolutamente cosa dire! E se sbagliassi qualcosa?».

Lidia le poggiò una mano sul braccio, tranquillizzandola.

«Sii sincera e tutto andrà bene. Quanto a quello che dovrai dire... Quando arriverà il momento lo saprai, Tonks. Te lo assicuro».

Poi la salutò, raggiungendo nuovamente le proprie compagne.

Ancora una volta sola, Tonks si sentì decisamente più sollevata. Non doveva fare altro che dire a Remus quello che sentiva.

Sorrise raggiante. Sarebbe stato il miglior Halloween della sua vita!

[*]

Remus Lupin fissò ancora una volta gli amici con aria critica - lo spazzolino da denti in bocca.

«Avanti pigroni, faremo tardi!» disse a fatica, annodandosi la cravatta.

«Lunastorta, vuoi piantarla di scocciare?» sbottò di rimando James, premendosi il cuscino sulla testa.

«Sottoscrivo. Non potresti lasciarci in pace, per una mattina?» gli fece eco Sirius, girandosi dall'altra parte del suo letto - gli occhi ancora ben chiusi.

«Noi stiamo male!» disse la voce ovattata di James.

Remus - finito finalmente di lavarsi i denti - sbuffò.

«Stareste benissimo se non aveste passato tutta la notte nelle cucine ad ingozzarvi» disse, infilandosi la camicia dentro i pantaloni.

Sirius gli scoccò un'occhiataccia.

«Ti ricordo, caro Lunastorta, che siamo dovuti fuggire nelle cucine perché tu hai passato tutta la notte a borbottare e a rimuginare in merito a quello che avresti detto a Tonks oggi, continuando a interpellare me e James - il cui unico desiderio era solo quello di dormire in santa pace!» sibilò.

Il licantropo alzò gli occhi al cielo.

«Spiritoso»

«No, realista».

All'improvviso James si alzò di scatto, quasi che una potente e misteriosa forza invisibile si fosse impossessata di lui.

«Andiamo, Felpato» disse, trascinando molto poco educatamente l'amico giù dal letto.

«Ramoso, sei stato contagiato anche tu dall'efficienza di Lunastorta?!» esclamò Sirius orripilato.

James emise un verso indignato.

«Non dirlo neanche per scherzo! E' solo che Remus non è l'unico impegnato, oggi. Ricordi? Dobbiamo preparare l'annuncio per la scuola!» replicò, tirandolo in piedi.

«Ah, beh. In questo caso...».

Remus alzò nuovamente gli occhi al cielo.

«Dirvi di non combinare disastri e che non voglio nulla di troppo teatrale non servirà a niente, vero?» sospirò.

James ridacchiò.

«Colpito nel segno. L'ho sempre detto che sei troppo intelligente».

[*]

La lezione di Pozioni non fu esattamente il modo migliore per cominciare quella giornata.

Lumacorno, infatti, trascorse entrambe le ore a parlare di come l'Aconito fosse incredibilmente utile per la corretta distillazione di numerosissime pozioni, oltre che per: "Tenere a bada alcune spiacevolissime creature oscure" - e per il termine della lezione, ovviamente, il buon umore di Remus era pressoché svanito.

«Doveva per forza insistere affinché annusassimo tutti un rametto di quella dannata pianta così da saperla sempre riconoscere, vero? E quell'imbarazzante borbottio che mi ha rivolto una volta che i nostri compagni sono usciti, a fine lezione! "Suvvia, ragazzo mio! Non c'è bisogno di prendersela tanto per qualche frase un po' troppo forte, in fondo! Non tutti sono come te, purtroppo..."» sbottò, sedendosi in Sala Grande a pranzo - un violento mal di testa a fargli compagnia.

Sirius gli si sedette accanto.

«Non dargli peso. Sai che Lumacorno non ci sta con la testa. Ha le sue manie, i suoi giri... Non dimenticare che venerava tipi come Bellatrix e i Lestrange, quand'erano ancora qui ad Hogwarts!».

Il licantropo sospirò.

«Lo so, Sirius. Tuttavia...».

James pensò bene di cambiare argomento.

«Alla fine hai deciso cosa dire a Tonks?» gli chiese.

Remus si rianimò.

«Sì, ci ho pensato»

«E…?» lo incitò Sirius, curioso.

«E rimarrà tra me e Tonks. Sapete meglio di me che se qualcun altro, oltre a me e Tonks, dovesse sentire quelle parole il giuramento non avrebbe più alcuna validità».

James si finse deluso.

«Nemmeno un aiutino? Una parolina?» ghignò.

Remus lo fissò con una finta espressione di rimprovero.

Ma ben presto la sua attenzione venne catturata dall'ingresso di Tonks, che gli sorrise per poi andare al tavolo dei Tassorosso.

«L'importante, comunque, è che tutto vada bene. Giusto Remus?» disse Sirius, tagliando una bistecca.

Non ricevendo risposta si voltò verso l'amico, solo per scoprire che non era più seduto al suo posto. Svanito.

James e Sirius si scambiarono uno sguardo rassegnato, riprendendo poi a mangiare come se niente fosse.

[*]

Tonks si avvicinò con cautela alla statua della Strega Orba situata al terzo piano, estrasse la bacchetta e colpì la gobba della strega, pronunciando: «Dissendium».

La gobba si aprì, rivelando l'ingresso al passaggio segreto di cui Remus parlava nel biglietto passatole di nascosto a pranzo.

Dopo un'ultima occhiata intorno a sé, Tonks s'infilò dentro l'apertura e si lasciò scivolare fino al passaggio - buffamente simile ad una gigantesca tana di coniglio.

Mentre lo percorreva, la ragazza pensò a quante volte era passata davanti alla statua della strega, senza minimente sospettare il segreto che custodiva: una via d'accesso alla cantina di Mielandia - ad Hogsmeade.

Tonks sbuffò. Remus le aveva caldamente raccomandato di fare attenzione affinché i proprietari del negozio non la scoprissero - apparentemente dimenticandosi a chi fossero rivolte quelle sue parole... Era altresì innegabile che doveva imparare a muoversi in segretezza, se voleva davvero diventare un Auror; e quello poteva essere un ottimo allenamento...

Quando diverso tempo dopo arrivò alla fine del tunnel, Tonks ascoltò attentamente qualsiasi rumore che le suggerisse che non fosse prudente uscire dalla botola. Ma non udì nulla, così - sperando di non essere scoperta - aprì lentamente la botola e sbirciò fuori. Nessuno.

Più velocemente - e silenziosamente - possibile, allora, uscì e rimise a posto la botola, salendo poi le scale che l'avrebbero condotta all'interno del negozio e successivamente sulla via principale del villaggio - dove si concesse di riprendere a respirare correttamente.

Merlino, Remus poteva trovare un posto meno complicato da raggiungere!

Si fermò in un angolo - ben attenta che non vi fosse nessuno degli Auror di pattuglia nelle vicinanze - e rilesse la destinazione indicata nel breve messaggio: la collinetta che lei e Remus avevano visitato insieme durante il loro primo viaggio ad Hogsmeade.

[*]

Il ragazzo era già lì ad attenderla, al suo arrivo - nervoso esattamente come lo era lei.

Ciò nonostante, quando la vide il suo viso si illuminò con un sorriso.

«Eccoti. Iniziavo a temere che qualcosa ti avesse trattenuta...» disse, andandole incontro.

«No, no. E' andato tutto bene. Ho solo creduto opportuno muovermi con attenzione» lo rassicurò lei, schioccandogli un bacio sulla guancia.

Remus sorrise di nuovo, prendendole le mani tra le sue e guardandola adorante.

«C’è un motivo per cui sei qui, Dora. Lo sai, vero?» le chiese qualche secondo dopo.

Tonks annuì.

«Il giuramento» rispose piano, mentre uno stuolo di farfalle si dibatteva nel suo stomaco.

Remus lasciò le mani di Tonks e si tolse la chiave che portava al collo.

«Questa chiave è l'unica che possa aprire questa. Non ne esiste un'altra» le disse serio, mostrandole la seconda collana che ancora gli cingeva il collo pallido.

Ad essa era attaccato un piccolo ciondolo formato da due lucchetti d'argento intrecciati - uno bianco e uno nero. Nel centro esatto del ciondolo - proprio dove i due lucchetti si fondevano in uno solo - era incastonata una pietra rosa, identica a quella presente nella testa della chiave.

«Questo lucchetto rappresenta simbolicamente me stesso, poiché rappresenta sia luce che ombra» spiegò il ragazzo.

«...E questa chiave è la chiave del tuo cuore» indovinò Tonks.

Remus si grattò la testa imbarazzato.

«Sì, esatto. Per questo non posso che donarla all'unica persona che ormai lo possiede completamente».

Mise la collana al collo di Tonks - il cui cuore sembrò riempirsi improvvisamente di un calore confortante - e si inginocchiò, così come aveva fatto al centro del villaggio - la mano nuovamente stretta tra le sue.

«Molte cose ci hanno divisi, Dora. E probabilmente molte altre cose tenteranno di tenerci lontani in futuro. Ma niente può impedirmi di dirti che ti amo come i fiori amano la pioggia, come le labbra amano il sorriso e il bacio ama le labbra. Se qualcuno mai dovesse dirmi di aver amato più di così, si faccia avanti: riderò della sua bugia. E se qualcuno dovesse ridere di me, e ritenermi folle per quanto ti amo, avrà ragione, e riderò con lui».

Tonks era semplicemente esterrefatta. Mai nessuno le aveva rivolto parole così belle.

Le tornò in mente Lidia, e si rese conto di quanto avesse ragione: sapeva quello che doveva fare.

«Ho dovuto perderti - anche se davvero per pochissimo tempo - per capire quanto davvero ti amo, e quanto davvero tengo a te, Remus. Ora lo so. Ora so esattamente quello che voglio: voglio non dovermi mai più allontanare da te. Perché se è vero che arriverà la notte in cui non potrò esserti vicina, è vero anche che giungerà poi il giorno. E allora solo un folle penserà di potermi separare da te. Solo un pazzo oserà impedirmi di curare le tue ferite, e stringerti a me per ricordarti ancora e ancora il tuo coraggio e la tua bontà sopra la crudeltà della creatura che dimora dentro di te» disse, rossa in viso ma decisa e onesta.

Gli occhi di Remus brillarono di gioia, e il suo sorriso innamorato rischiò di turbare la serietà di quel momento.

«Allora non ho che un'ultima domanda da farti, Dora. E ti prego di pensare bene alla risposta che intendi darmi. Sei davvero disposta ad accettare questo giuramento, consapevole di ciò che sono, accettando di conseguenza di rimanere legata non solo a me, ma anche alla mia oscurità fino al momento in cui dovessi decidere di infrangerlo?» domandò il ragazzo, la voce che gli tremava impercettibilmente.

Tonks annuì.

«Lo sono».

Entrambi i ciondoli brillarono per un istante, suggellando il giuramento.

Remus si rialzò, abbracciando la Metamorfomagus.

«Siamo due pazzi, forse. Ma in fondo, l'ho sempre detto che per stare con me ci vuole senza ombra di dubbio una buona dose di follia» mormorò, carezzandole il viso.

«Sei fortunato allora ad aver trovato me. Io posseggo una valanga di follia, ereditata da anni e anni di unioni tra consanguinei» ridacchiò lei, facendogli l’occhiolino.

Anche Remus rise.

«Oh, questo è poco ma sicuro».

Il licantropo si chinò, baciandola brevemente.

«Il mio personalissimo tornado rosa di follia».

 [*]

Quando i due uscirono dal passaggio della Strega Orba era ormai sera inoltrata, e i corridoi erano carichi dell'odore del banchetto di Halloween - sicuramente già iniziato. 

Scendendo a loro volta a cena, scoprirono che la Sala Grande era stata riempita di lanterne ricavate da enormi zucche e di vivaci pipistrelli vivi, che svolazzavano allegramente vicino a un soffitto che - rispecchiando il cielo all'esterno del castello - veniva attraversato di tanto in tanto da qualche saetta.

«Ogni anno mi stupisco di quanto riescano a fare per festeggiare questo giorno...» disse Remus affascinato, asciugando entrambi con getti d'aria calda fatti fuoriuscire dalla propria bacchetta.

Tonks fissò ammaliata come i pipistrelli si disponessero in gruppo per creare impressionanti figure a tema, e come diversi scheletri intrattenessero i presenti ballando a coppie tra i quattro tavoli.

«Non dovremmo essere molto in ritardo» disse poi, guardando l’orologio.

Il tempo quel giorno era letteralmente volato, ma a lei non importava. Come poteva, quando ora era a tutti gli effetti la fidanzata di Remus Lupin? Stentava ancora a crederlo, eppure la chiave intorno al suo collo non lasciava spazio ad alcun dubbio... Non pensava di poter essere più felice.

«Meglio entrare, o ci perderemo tutto il banchetto» aggiunse Remus.

Ma non avevano fatto che un passo all'interno della Sala Grande, quand'ecco partire - da sopra i pesanti portoni - magici fuochi artificiali che attraversarono la sala - spaventando non poco i pipistrelli - formando un chiaro messaggio sopra le teste degli studenti:

"RAGAZZE, ARRENDETEVI ALL’EVIDENZA: IL VOSTRO LUNASTORTA HA TROVATO LA SUA NINFA.
I MALANDRINI SONO ORA AL COMPLETO."

Nuovi fuochi artificiali illuminarono i due ragazzi pietrificati nell’ingresso, e parecchie studentesse - in preda allo shock - caddero con la testa nei loro piatti, mentre al tavolo dei professori tutti si lasciavano sfuggire un sorriso divertito - persino la McGranit.

Remus sospirò sconfitto.

«E meno male che avevo detto nulla di troppo eclatante...».

Tonks, al contrario, ammirava il messaggio con un enorme sorriso.

«E’ splendido» lo corresse.

Il licantropo le circondò la vita con un braccio, baciandole la guancia.

«Ahimè, è vero».

Poi ognuno andò al proprio tavolo, ben sapendo che per giorni sarebbero stati entrambi bombardati da domande e battutine non sempre corrette.

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Capitolo 39
*** capitolo 39 ***


«James?».

Il ragazzo alzò lo sguardo dal baule aperto davanti a lui, posandolo su Remus - appena entrato nel dormitorio.

«Lunastorta! Dimmi pure»

«Ascolta, potresti avvisare Sirius che stanotte il rifugio deve essere libero? Lo farei io, ma non ho idea di dove si trovi...» sospirò Remus.

James ghignò.

«Qualcuno vuole festeggiare il giuramento di ieri sera, eh?».

«Affatto. Non hai saputo? Tutti i Prefetti e i Caposcuola sono stati incaricati di pattugliare ogni corridoio di Hogwarts, stanotte. Questo implica che non potremo dormire qui, e di conseguenza...» replicò il mannaro, scuotendo il capo.

James si fece pensieroso.

«In effetti non ne sapevo nulla... Immagino servirà la mappa, quindi. Almeno sarà possibile tenere d'occhio ogni cosa senza dover controllare fisicamente i corridoi» mormorò, lanciando un mucchio di abiti alla rinfusa dentro al baule e rovistando sul quinto letto vuoto in cerca della mappa.

«Stai partendo?» gli chiese Remus, non appena ebbe la Mappa del Malandrino al sicuro nella tasca.

James annuì.

«Solo per una settimana. Dato che i miei sono impegnati qui alla scuola, è necessario che qualcuno vada a casa per assicurarsi che tutto sia a posto; che gli incantesimi difensivi siano ancora attivi e ben funzionanti... Lo sai, no?».

Anche Remus annuì.

«Certo. Immagino allora che Silente non abbia ritenuto necessario informarti di stanotte proprio per questo motivo...».

L'Animagus chiuse il baule.

«Mi spiace lasciare te e Lily soli in questo, Rem...» mormorò, voltandosi nuovamente verso l'amico.

Ma il licantropo scrollò le spalle.

«E' solo una ronda un po' più serrata. Vedrai che sapremo cavarcela benissimo anche senza di te» gli sorrise.

James strinse l'amico in un abbraccio fraterno.

«Mi raccomando, Lunastorta: non combinare qualcosa di strano mentre sono via. Voglio essere presente quando farai una delle tue meravigliose - e rarissime - figure da Troll. Siamo intesi?»

«Da che pulpito! Dovrei essere io a dirti di non combinare disastri mentre sei solo con te stesso» ribatté il licantropo, ridendo.

Sciogliendo Remus dall'abbraccio, James uscì con il baule che levitava davanti a sé.

«A proposito...» si ricordò all'improvviso, guardando il mannaro. «Tieni d'occhio Felpato per me, okay? Non ho dubbi che tu saprai startene tranquillo, in mia assenza. Ma quel cagnaccio…».

Remus sorrise.

«Stai tranquillo, ci penso io».

[*]

«Sirius… Te l'ho già detto: sarà solo per una settimana».

James gettò a fatica il bagaglio sul Nottetempo, poi abbassò gli occhi esasperato sul ragazzo abbracciato alla propria caviglia.

«Felpato… Il Nottetempo parte» gli fece notare, nella speranza che questo facesse rinsavire l'amico e gli ricordasse come non solo non avesse più tre anni, ma anche - e soprattutto - come stesse per compierne diciotto, di lì a due giorni.

Evidentemente le sue aspettative erano troppo alte...

«Ti prego! Non puoi lasciarmi una settimana solo con Lunastorta!» piagnucolò Sirius.

James alzò gli occhi al cielo.

«Oh, avanti, Sir! E' solo una settimana!» ripeté.

Sirius sgranò gli occhi chiari.

«Solo...?!» esclamò scandalizzato, mentre James riusciva finalmente a liberare la propria gamba e a salire sul Nottetempo.

«Hai idea di che voglia dire una settimana solo con Remus? Mi annoierò a morte!» aggiunse l'Animagus.

James mosse una mano, noncurante.

«Non sarà così tremendo, e lo sai. Hai Lidia, no?»

«Sì, ma…».

«Alla prossima settimana, Felpato! Comportati bene!» lo interruppe rapidamente James, prima che il Nottetempo svanisse con un bang!

Sirius scosse la testa sconsolato, gettò un'occhiata al castello, e borbottò: «Sarà la settimana più noiosa della mia vita...».

[*]

«Ehi, Felpato! Dove ti eri cacciato?» chiese il licantropo, non appena Sirius arrivò al dormitorio.

L'Animagus attraversò a lunghi passi la stanza, fermandosi a pochi centimetri dal volto dell'amico.

«Mettiamo in chiaro una cosa, Lupin...» ringhiò.

«Okay...» mormorò Remus, stupito.

«Se solo avrò il presentimento che quello che faremo questa settimana sarà terribilmente noioso, io ti azzanno. Ci siamo capiti?» domandò, la voce e l'espressione del viso mortalmente serie.

Remus si corrucciò.

«Non dovrei essere io quello che azzanna, tra i due?» chiese, incuriosito.

La domanda gli costò un'occhiataccia, e il licantropo sospirò rassegnato, alzando le mani sconfitto.

«Va bene, va bene... Ti prometto che non ti coinvolgerò in qualcosa di noioso…» disse.

Sirius sorrise trionfante.

«…A patto che tu accetti le mie condizioni» concluse Remus con un ghigno.

Il sorriso svanì dal volto di Sirius.

«Che cosa?!».

Remus fece spallucce.

«In una buona squadra tutti devono collaborare, no?».

L'Animagus emise un ringhio frustrato.

«Quali sono le condizioni?» sbottò alla fine.

Era inutile tentare di far cambiare idea a quel lupo da strapazzo: era più testardo di un ippogrifo.

«Non preoccuparti, sono solo due. Primo: niente disastri» iniziò ad elencare il ragazzo.

Sirius sbuffò, rifiutandosi di assecondare quelle richieste assurde.

«Sono serio, Felpato. Niente armature che ballano la samba alle tre del mattino nei corridoi della Casa dei Serpeverde» disse Remus, fissandolo con occhi penetranti.

Sirius fece per protestare, ma il licantropo lo interrupe.

«E secondo: niente scherzi a Piton».

Sirius Black strabuzzò gli occhi.

Doveva essere impazzito, non vi era altra spiegazione...

«Remus, ti prego! Non puoi chiedermi questo!» esclamò disperato.

Era come domandargli di suonare a casa dei suoi genitori e supplicarli in ginocchio di riammetterlo all'interno della famiglia!

Remus sospirò esasperato, fissando gli occhi imploranti dell'amico.

Poi alzò gli occhi al cielo.

«Okay, okay! Penso di poter... Modificare la mia affermazione. Niente scherzi a Piton, a meno che non se li meriti. E intendo che deve davvero meritarseli, Black. Il fatto di avere i capelli unti non è un buon motivo, prima che tu possa chiederlo. E no, nemmeno il fatto che il suo naso ti infastidisce» precisò, anticipando le parole che sapeva Sirius avrebbe detto.

Tese la mano all'amico.

«Ho la tua parola che non giocherai tiri mancini a Piton per motivi futili?».

Sirius lo fissò per un attimo, poi gli strinse la mano con un ghigno malandrino.

«E va bene. Hai la mia parola, Lunastorta. Non giocherò alcun tiro mancino a Mocciousus, a meno che non se lo meriti».

Ma il luccichio che animava gli occhi grigi dell'Animagus raccontava tutta un'altra storia.

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Capitolo 40
*** capitolo 40 ***


«Credo che per stasera possa bastare» disse Remus, mettendo via la piuma e stiracchiandosi.

Sirius passò lo sguardo sulle pergamene sparse sul tavolo del rifugio.

«Vecchio mio, lasciati dire che mi hai sorpreso. Non avrei mai pensato che fossi in grado di ideare cose simili. Mi piace questo lato di te che Tonks ha risvegliato» ghignò, battendo una mano sulla spalla dell'amico.

«Penso che lei abbia solo sfondato una porta che tu e James avete forzato per anni, in realtà» rise Remus, prima di fissarlo ammonitore. «Però tutto questo non dovrà vedere la luce fino al 1° aprile, d'accordo?».

Sirius ghignò di nuovo.

«Vuoi davvero che questa scuola non si dimentichi mai di noi, eh?».

Il licantropo restituì il ghigno.

«Non è il tuo stesso desiderio, forse?».

L'Animagus si portò una mano al cuore.

«Monsieur Lunastorta, ma che razza di criminale pensa che io sia?!» esclamò, fingendosi scandalizzato.

Risero entrambi, avviandosi verso l'uscita.

«Così tu e Lily dovete fare la ronda, stanotte?» chiese Sirius, affondando le mani nelle tasche.

Remus annuì.

«Già. Avrebbe dovuto farla anche James, ma...» mormorò, rassegnato.

Sirius ridacchiò, battendo nuovamente la mano sulla spalla dell'amico.

«Conosci Jamie... Se esiste un modo per evitare uno dei suoi doveri di Caposcuola, lui di certo lo sfrutterà» disse divertito, guardando l'orologio. «Faccio un salto da Lily e poi vado a godermi il dormitorio completamente libero. Buona ronda, Lunastorta»

«'Notte, Felpato».

[*]

Remus sbadigliò, fermandosi sotto una delle torce per guardare la Mappa del Malandrino.

I suoi occhi registrarono un gruppetto di studenti del primo anno - ricordava perfettamente i loro nomi essere chiamati dalla McGrannit durante la cerimonia dello Smistamento - gironzolare nei sotterranei, ad appena un corridoio di distanza da uno dei Prefetti di Serpeverde - apparentemente impegnato a ciondolare inutilmente avanti e indietro.

Sbuffò, dirigendosi a passo spedito verso i sotterranei. Chiaramente il mago aveva bisogno che qualcuno gli ricordasse i propri doveri...

[*]

«Che fai qui, Lupin? Credevo che nessuno avesse il fegato di scendere fin quaggiù da solo, una volta calata la notte...» ghignò Pyrites, quando lo vide svoltare l'angolo.

Remus si fermò con un sospiro rassegnato. Non aveva alcuna intenzione di iniziare una discussione a quell'ora...

«Qualcuno dovrà pur sopperire alle mancanze dei Prefetti della tua Casa, Pyrites» replicò, in tono amabile.

L'altro ragazzo gli sbarrò il passo.

«Che vorresti dire?» ringhiò.

«C'è un gruppo di studenti terrorizzati del primo anno nel corridoio qui affianco. E qui sei tu, a fissare il muro. Devo sottolineare l'ovvio?» domandò Remus interessato, sollevando un sopracciglio.

Il Serpeverde serrò la mascella.

«Se si sono persi non è affar mio» sputò.

Il licantropo piegò il capo da un lato.

«Vedi la spilla verde e argento che hai appuntata sul petto? Non ti è stata data perché si intona alla divisa, sai? Ad ogni modo... Per quanto mi piaccia questa conversazione sulle spille e sul motivo per cui sono state create, temo dovrò porvi fine in questo esatto momento. Sono sceso per scoprire il perché vi sia un gruppo di studenti fuori dal dormitorio a quest'ora. Quindi, se vuoi scusarmi...».

Fece un passo di lato per passare, ma di nuovo il Serpeverde gli impedì il passaggio.

Remus sospirò di nuovo.

«Che c'è, Pyrites?» chiese.

«Chi dice che puoi passare?»

«Chi dice che non posso?».

Pyrites ghignò.

«Lo dico io»

«Ottimo. Invece sono io a dire che posso. Situazione piuttosto spiacevole».

Il Prefetto dei Serpeverde squadrò Remus.

«Posso pensare io a quegli studenti»

«Oh, non ne dubito. Ma mi perdonerai, se non mi fido molto delle tue buone intenzioni».

Il secondo ragazzo si esibì in una risata sprezzante, incrociando le braccia al petto.

«Non ho alcun problema a stare qui tutta la notte, Lupin. Quindi ti consiglio di...».

Cadde a terra pietrificato, e Remus lo scavalcò con facilità.

«Perché non l'hai detto subito? Avremmo risparmiato decisamente molto tempo» disse, rimettendo la bacchetta in cintura. «E' proprio una fortuna che tu sia disposto ad attendere tutta la notte, Pyrites. Come dicevi, non è facile incontrare qualcuno quaggiù finché è buio... Temo dovrai attendere il mattino, per essere liberato. Buon proseguimento di serata».

[*]

Ben sei studenti di Tassorosso erano fermi in mezzo al corridoio, guardandosi intorno spaesati e terrorizzati - assumendo un'espressione a metà tra il sollevato e lo spaventato a morte quando sentirono il mannaro avvicinarsi.

«Non è un po' presto per andare a Pozioni?» chiese loro Remus con un sorrisetto.

«Ecco, noi... Noi ci siamo persi. Abbiamo provato a tornare al nostro dormitorio, ma siamo arrivati qui. So che non è credibile, dato che ormai sono mesi che siamo arrivati al castello, ma... Ma è la verità, lo giuriamo!» piagnucolò il più vicino.

Il licantropo sorrise rassicurante.

«Venite con me. E' tardi, e non dovreste trovarvi qui. Vi riporto al vostro dormitorio».

«Ora ci toglierai dei punti, non è vero?» mormorò una ragazzina dai grandi occhi celesti, seguendolo insieme ai compagni.

Remus scosse il capo.

«Non questa volta. Ma se dovessi trovarvi di nuovo a gironzolare per il castello dopo il coprifuoco...».

Tutti e sei lo guardarono con occhi increduli e grati.

«Non accadrà più, lo promettiamo!» esclamarono in coro.

«Guarda guarda! Che fate voi fuori dal letto?».

Si voltarono tutti verso il fantasma di un robusto frate che fluttuava verso di loro.

«Buona sera. Mi sono imbattuto in questi ragazzi durante la mia ronda. Sarei uno sfacciato a chiederle di scortarli lei stesso nella loro sala comune? Sono più che certo che sarebbero in ottime mani» gli chiese educatamente Remus.

Il fantasma del Frate Grasso ridacchiò gioviale, guardando uno ad uno i giovani Tassorosso.

«Affatto, mio caro ragazzo. Capisco bene che tu abbia molti corridoi da pattugliare prima del sorgere del sole, e se posso aiutarti così come tu hai aiutato questi giovani, ben venga! Su, su! Avviatevi, giovani Tassorosso. Sarò subito dietro di voi» continuò, rivolgendosi ai sei studenti - che non se lo fecero ripetere due volte.

«Spero non ti abbiano costretto a togliere loro dei punti» sussurrò il Frate Grasso a Remus, non appena il gruppetto si fu allontanato di qualche passo.

Remus scosse la testa sorridendo.

«Sarebbe stato terribilmente ipocrita da parte mia punirli per essere fuori dal letto, non crede? Hanno detto di essersi persi, e non ho avuto motivi per dubitarne. Inoltre, non stavano facendo nulla di male, a parte occupare un corridoio».

Il Frate Grasso fece per battere una mano sulla spalla del ragazzo, ma la sua mano lo attraversò solamente.

«Ragazzo mio, lasciatelo dire: non sei esattamente il tipo indicato per ricoprire il ruolo di Prefetto. Sei troppo permissivo per essere efficace» rise.

Anche Remus rise.

«Ahimè, lo ripeto da anni, ma nessuno vuole credermi... Ad ogni modo, la ringrazio davvero infinitamente per aver accettato di scortare quei ragazzi. L'avrei fatto io stesso, ma...».

Il Frate Grasso agitò una mano grassoccia con noncuranza.

«Per carità! Noi fantasmi non siamo di molta utilità, di solito. Quindi siamo ben lieti di aiutare, quando ne abbiamo l'occasione».

Con un nuovo sorriso, il licantropo si voltò.

«Devo continuare la ronda, ora. Buonanotte, e grazie ancora»

«Buona notte».

[*]

Remus passò per la terza volta lungo il corridoio, permettendo così alla Stanza delle Necessità di mostrarsi.

Si stiracchiò, ripromettendosi di ringraziare adeguatamente Lily per averlo convinto a prendersi una pausa da studenti fuori dal letto, corridoi vuoti da sorvegliare e quadri che russavano nelle loro cornici - quasi a prendersi gioco di lui.

Entrò al rifugio con tutta l'intenzione di stendersi un po' sul proprio letto - magari con un buon libro - ma rimase sorpreso di trovare Tonks, intenta a studiare con aria assorta le foto sul muro.

«Ehi» le disse, chiudendosi la porta alle spalle.

«Ciao» replicò lei, voltandosi a guardarlo con un sorriso.

«Che fai qui? Non dovresti essere al tuo dormitorio?» domandò il ragazzo, prima di lasciarsi sfuggire un sorrisetto divertito. «Non dirmi che hai perso anche tu la strada, come i tuoi compagni».

Tonks gli fece una linguaccia.

«No, spiritoso. Sarò imbranata, ma so ancora dove si trova il mio dormitorio».

Il licantropo le si avvicinò.

«Quindi qual è la tua scusa per essere fuori dal letto?».

La ragazza fece spallucce.

«Non potrei semplicemente aver avuto voglia di vederti?» chiese, tranquilla.

Lui sorrise, ma non rispose.

«Sei qui da molto?» domandò invece.

«No, al massimo da una decina di minuti. Ho dato un'occhiata in giro, in tua assenza» rivelò lei.

Remus annuì con aria interessata.

«Hai scoperto qualcosa di interessante?»

«In realtà sì. Non mi ero mai soffermata a guardare questi libri, prima. Ne avete molti sulla Difesa Contro le Arti Oscure... Di alcuni non ho mai nemmeno sentito parlare» ammise la giovane, avvicinandosi alla libreria.

«Sono di mio padre. Beh, lo erano. Me li ha regalati quando ho iniziato a studiare qui».

Tonks passò le dita sui volumi.

«E' un regalo molto prezioso, lo sai? Almeno, questo è ciò che penso io. Ma d'altronde, cosa ci si può aspettare da una Metamorfomagus con il sogno di diventare un Auror?» rise.

Remus l'affiancò.

«Per quello che vale, io la penso esattamente come te. E sono un licantropo che sogna, un giorno, di fare l'insegnante di questa particolare disciplina!».

La ragazza lo fissò divertita.

«Siamo proprio una buffa coppia, eh?»

«Non convenzionale, te lo concedo» ammiccò lui.

L'attenzione di Tonks tornò sui libri.

«E… Saresti disposto ad insegnare anche a me tutto ciò che c'è da sapere?» domandò dopo un po'.

Gli occhi di Remus brillarono d'orgoglio.

«Sarebbe inutile: sai già praticamente tutto. Forse addirittura più di me. Ricordi? Sei tu ad aver "addomesticato" un lupo mannaro, in fondo...».

La ragazza lo colpì giocosa.

«Moody non è del tuo stesso parere. Dice che un buon Auror non smette mai di imparare, perché i suoi nemici non smettono mai di inventare nuovi modi per sfruttare le Arti Oscure per ucciderlo».

Remus si fece pensieroso.

«Sembra proprio il genere di cose che direbbe Moody...» borbottò.

«Sai? Ha detto che mi ha preso in simpatia» gli confidò la Metamorfomagus.

Il ragazzo sbuffò divertito.

«Un'altra cosa in cui sei avvantaggiata più di me, Dora. Io e Moody non abbiamo iniziato nel modo giusto...».

Un guizzo malandrino attraversò gli occhi della giovane Tassorosso.

«Fammi indovinare... Questo "disastroso incontro" è avvenuto alla riunione segreta per decidere se tu e gli altri potevate entrare a far parte dell'Ordine della Fenice, una volta terminati gli studi, non è vero?» domandò.

Il licantropo era stupefatto.

«E tu come…».

Tonks rise.

«Perché anche io ho incontrato Moody in una situazione analoga...».

Remus ricordò la conversazione avuta con Silente tempo prima.

«Avevo dimenticato che anche tu hai chiesto di entrare nell'Ordine...» mormorò.

La Metamorfomagus annuì.

«Eh, già. Ho avanzato la mia richiesta a Silente diverso tempo fa. Ben prima che io e te ci scontrassimo in quel corridoio. Ma mi è stato detto di no, per il momento. Anche io dovrò prima terminare gli studi - oltre che diventare maggiorenne, ovviamente... Per fortuna che quest'ultima cosa non è lontana» sbuffò, più a se stessa che a Remus.

Il licantropo le sorrise di nuovo.

«Questo significa che ti avrò al mio fianco anche una volta che Hogwarts ci avrà dato il benservito... E' confortante» rise.

«Eh sì, caro il mio Lunastorta. Non ti libererai di me facilmente, ricordi?» replicò lei, posandogli un rapido bacio sulle labbra.

Remus si finse severo.

«Mi spiace, signorina Tonks... Ma il suo attuale comportamento non basta a distrarmi. Lei a quest'ora dovrebbe proprio essere nel suo dormitorio...»

«Oh, lo so. Così come so, signor Lupin, che lei dovrebbe essere in giro per il castello, a controllare che non vi siano studenti in difficoltà o intenti a infrangere le regole» replicò lei prontamente, fingendosi altrettanto severa.

«Vero. Ma si dà il caso che la Caposcuola della mia Casa - che in caso lei non lo sappia, coordina e supervisiona le attività dei Prefetti - mi abbia molto gentilmente concesso di prendermi una pausa».

Tonks assunse un'aria esageratamente scioccata.

«Ma questo è profondamente ingiusto! Chi può garantire che lei non usi la sua "pausa" per arrecare a sua volta dei danni alla scuola, o per infrangerne le regole? No, no... Mi trovo costretta a rimanere qui, a controllare che lei non trasgredisca».

Remus la guardò critico.

«Perché ho la sensazione che quello di infrangere le regole della scuola sia in realtà il tuo proposito di stanotte, Dora?».

«Perché tu sei straordinariamente intelligente, Remus» replicò lei serafica, circondandogli il collo con le braccia.

Remus si chinò verso il suo orecchio.

«Sai che potrei toglierti dei punti per aver istigato un Prefetto a compiere atti contrari al regolamento della scuola?» le sussurrò.

La ragazza sorrise sfacciata.

«E chi dice che io stia parlando al Prefetto?» domandò innocente, giocherellando con la cravatta del ragazzo.

«E sentiamo, con chi staresti parlando?» ribatté lui, interessato.

Tonks lo fissò con l'aria di chi si ritrova a dover dire una cosa estremamente ovvia a qualcuno di incredibilmente ottuso.

«Ma con Lunastorta, Il Malandrino che ignora costantemente il regolamento!».

Il licantropo ghignò.

«Ah beh, in questo caso…».

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Capitolo 41
*** capitolo 41 ***


Il ragazzo correva a perdifiato per i corridoi, un'unica parola che continuava a lampeggiargli nella mente: ritardo.

Svoltò l'angolo senza rallentare minimamente la sua corsa, e quasi si scontrò con Pix - che fluttuava beatamente in mezzo al corridoio, a circa un metro e mezzo da terra.

Per qualche secondo i due si fissarono in silenzio, poi gli occhietti arancioni del Poltergeist ebbero un guizzo malvagio.

Remus emise un verso frustrato. Conosceva bene quell'espressione...

«Pix, sono tremendamente in ritardo... Per favore, spostati» disse, lanciando un'occhiata al proprio orologio.

Per tutta risposta, Pix sghignazzò e incrociò le gambe - quasi a volersi mettere più comodo.

«Oh, questo è divertente! Mi piace quando uno studentello è in ritardo. Figuriamoci poi quando è tremendamente in ritardo...» ghignò malevolo, fissandolo di sotto in su e grattandosi il mento con finta aria pensierosa. «Però tu e i tuoi amichetti infastidite tanto Gazza, e questa è un'altra cosa che mi piace molto...».

«Pix...» sospirò Remus.

Il Poltergeist batté le mani con aria spiccia.

«Ci sono! Potrei dire a uno degli insegnanti che non eri solo, la notte scorsa! Oh, quello sarebbe davvero divertente! A meno che tu non riesca a impedirmi di farlo, è chiaro...» mormorò, gli occhietti scintillanti.

Il licantropo dimenticò momentaneamente il proprio ritardo, e osservò guardingo Pix.

«E come dovrei fare?» chiese, cauto.

Pix fece spallucce, assumendo un'aria di educata perplessità.

«Non ne ho idea. Sei tu quello che tira sempre fuori dai pasticci i suoi amici con idee brillanti: ingegnati! Sempre che tu non voglia passare dei guai per ieri notte...» gongolò, scuotendo il capo con finto rimprovero. «Quello non era affatto il corretto comportamento di un Prefetto. No, no… Chissà che direbbero i professori».

E senza dare il tempo al ragazzo di replicare, iniziò a canticchiare malevolo:

"Lupin lupesco che arriva in ritardo;
che salta lezioni e reca affronto al proprio stendardo...
Lupin lupesco che arrossisce e si imbarazza;
ma che infrange le regole e si apparta in un angolo con la sua ragazza...".

Remus sospirò di nuovo, passandosi una mano sul viso.

«Pix, sul serio. Sono in ritardo, e non ho tempo per questo».

Ma il poltergeist non diede alcun segno di volerlo ascoltare.

Il licantropo, spazientito, afferrò allora la bacchetta e la puntò contro Pix.

«Non dire che non ti avevo avvertito» disse, e con un gesto fluido, lo rinchiuse in una solida bolla magica.

Lo spiritello - la cui voce non riusciva a penetrare l'invisibile barriera - si agitò furibondo, scoccando a Remus un'occhiata omicida.

«E' inutile agitarsi tanto, Pix. E' un incantesimo creato da mio padre proprio per creature come te. E' a prova di magia» chiarì il ragazzo, mettendo nuovamente la bacchetta in cintura.

Pix sbraitò qualcosa - probabilmente di molto offensivo - ma non si udì alcun suono.

«Ho giocato secondo le tue regole, Pix: ho trovato un modo per impedirti di fare la spia. Quando avrai trovato un nuovo motivetto - di cui io non sarò il protagonista, è chiaro - potrò anche valutare la possibilità di farti uscire. Ma non ci spererei troppo, fossi in te: questa tua bravata non ha fatto altro che aumentare il mio ritardo. Dubito sarò presto dell'umore giusto per liberarti» aggiunse poi, ripartendo di corsa.

[*]

Quasi dieci minuti più tardi si fermò con una lunga scivolata davanti all'aula di Trasfigurazione, e dopo aver recuperato un po' di fiato bussò alla porta, entrando non appena la voce della professoressa McGranitt gli disse di farlo.

Il ragazzo chinò il capo in imbarazzo.

«Perdoni il ritardo professoressa» mormorò flebilmente, incapace di fissare negli occhi la direttrice della sua Casa.

La professoressa McGranitt emise uno sbuffo impaziente, e agitò distrattamente la mano.

«Nulla di cui preoccuparsi, Lupin. Supponevo che prima o poi la pessima puntualità dei tuoi amici ti avrebbe contagiato. Ora siedi al tuo posto, e non disturbare ulteriormente la lezione. O potrei riconsiderare la mia decisione di non togliere dei punti ai Grifondoro».

Senza proferire una parola, Remus raggiunse il fondo dell'aula e si lasciò cadere vicino a Sirius Black, placidamente sdraiato sul proprio banco con l'aria di chi è prossimo ad addormentarsi.

«Ehilà latin lover» borbottò quest'ultimo, alzando appena gli occhi sull'amico.

Remus quasi non lo sentì, prendendo rapidamente i suoi libri dalla cartella.

«Non posso credere di essere arrivato in ritardo. Mi ci vorrà un miracolo per recuperare questa lezione! Non poteva accadere con Difesa Contro le Arti Oscure, con Aritmanzia o con Cura delle Creature Magiche, eh? No, con Trasfigurazione!» soffiò, passandosi esasperato una mano tra i capelli.

Sirius Black si raddrizzò, stiracchiandosi soddisfatto.

«Non preoccuparti, dongiovanni: posso passarti gli appunti e darti una mano io» si offrì.

Il licantropo gli scoccò un'occhiata eloquente.

«Tu, darmi una mano a recuperare una lezione? Sì, come no... A malapena sai che materia stai seguendo, Sir!» gli fece notare, secco.

«Prima di tutto, anche se non sembra, io sono uno studente brillante, Lunastorta. Secondariamente, playboy, si dà il caso che oggi la lezione sia molto più familiare a me che a te» replicò Sirius, per nulla turbato dall'insinuazione dell'amico.

Indicò con un cenno del capo la lavagna affianco alla scrivania della professoressa McGranitt.

Vi era una lunga spiegazione - completa di illustrazioni e istruzioni - su cui capeggiava un'unica parola: "ANIMAGI".

Sirius ridacchiò dell'espressione basita di Remus.

«La McGranitt ha lasciato intendere che sarà un argomento fondamentale dei M.A.G.O., e così ha deciso di rinfrescarci la memoria. Quindi che dici, rubacuori? Vuoi l'aiuto di un autentico esperto, o preferisci fare da solo?» ghignò.

Il licantropo abbassò gli occhi sul proprio libro, sfogliandolo distrattamente nel tentativo di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto ammettere di aver giudicato l'amico troppo in fretta.

«La tua solita fortuna...» borbottò qualche istante dopo.

L'Animagus ridacchiò di nuovo.

«Ah-ah... E' la tua fortuna, casanova».

Remus gettò una rapida occhiata alla McGranitt, poi si voltò verso l'amico.

«Si può sapere perché continui a chiamarmi con quegli stupidi soprannomi?» soffiò, confuso.

Sirius si lasciò sfuggire un sorrisetto, iniziando a dondolare sulle gambe posteriori della sedia.

«Vedi, Lunastorta… Finché non sei entrato ho fermamente creduto che tu fossi in ritardo a causa della stanchezza derivata dalla ronda di ieri notte...» iniziò.

L'espressione del licantropo si fece ancora più confusa.

«Che vuol dire: "Finché non sei entrato"?».

Sirius gli scoccò un'occhiata maliziosa.

«Sei arrivato con delle occhiaie che - lasciatelo dire da qualcuno che se ne intende - non hanno nulla a che fare con il tuo problemino mensile. Risultato di una notte trascorsa a pattugliare i corridoi? Spiegazione più che plausibile, se qualcosa non facesse capire molto chiaramente che non è quello il motivo. Qualcosa che rende lampante il fatto che qualcuno, a un certo punto della notte, ha deciso di... tenere lezioni private alla propria ragazza - se capisci cosa intendo...» ammiccò, facendo un piccolo cenno ai pantaloni dell'amico. «Hai dimenticato la bottega aperto».

Remus, accortosi della tremenda dimenticanza, arrossì di botto e si nascose oltre il bordo del banco per risistemarsi.

Sirius, da parte sua, tornò ad abbandonarsi mollemente sul suo banco, mormorando con aria nostalgica: «Ah, l'amour...».

[*]

«Perché non mi hai avvisato subito, non appena sono entrato?» sibilò Remus.

Sirius fece spallucce con aria indifferente.

«Che vuoi che ti dica... Forse mi piace vederti in biancheria intima».

Remus gli scoccò un'occhiataccia.

«Sei un demente» soffiò il licantropo, passandosi un asciugamano sul viso. «Credi se ne sia accorto qualcuno, oltre te?».

I due erano andati immediatamente nel bagno dei Prefetti, dopo la lezione di Trasfigurazione - ritenendolo il luogo più adatto per discutere di faccende tanto delicate.

Sirius ghignò.

«Dipende... Tu definiresti tutta la parte femminile della classe "qualcuno"?».

Remus lasciò cadere l'asciugamano accanto a sé e nascose il volto tra le mani.

«Fantastico, ora non potrò più girare per la scuola senza essere oggetto di battutine e commenti maliziosi. Perfetto» borbottò.

L'Animagus scoppiò a ridere, e si sedette sul lavandino affianco all'amico.

«Oh, avanti! Goditi la vita, Lupin! Sei un Prefetto, un ottimo studente, un mago brillante, hai una bellissima ragazza che ti ama e con la quale hai appena trascorso la notte...» elencò, ammiccandogli con aria complice. «Non dimenticare di raccontarmi fino al più sordido dettaglio, vecchio mio. Sono curioso...».

Remus lo fissò scioccato.

«Stai scherzando?!» esclamò.

Sirius sbuffò.

«Certo che no! Lei è mia cugina, e tu uno dei miei migliori amici. Devo sapere ogni cosa che fate quando siete soli soletti!».

Il licantropo scosse il capo incredulo.

«Non ti racconterò un bel niente, Black. Queste sono faccende private!».

Di nuovo Sirius fece spallucce.

«Come vuoi. Allora chiederò a Tonks. Sono certo che lei sarà più che disposta a confidarsi con il suo cuginetto...» disse, noncurante - prima di sgranare gli occhi in preda ad un dubbio atroce. «Aspetta un secondo... Non è che sei andato in bianco, vero? Ti prego, dimmi che non è così! Sarei costretto a revocarti il diritto di essere chiamato Malandrino! Perderei tutta la stima che ho nei tuoi confronti, e non riuscirei mai più a guardarti negli occhi! Sarebbe una catastrofe!».

Remus lo colpì con un pugno al braccio.

«Idiota» ringhiò, voltandosi per uscire.

Ma Sirius gli sbarrò il passo, mettendogli entrambe le mani sulle spalle.

«Per favore, devo saperlo! Sei andato in bianco, ieri notte?» domandò, con voce implorante.

Il licantropo tentò inutilmente di sfuggire alla presa dell'Animagus.

«Sì o no, Lunastorta?» insistette quest'ultimo.

Alla fine Remus alzò gli occhi al cielo.

«No, Felpato. Non sono andato in bianco. Soddisfatto, ora?».

Sirius lasciò andare l'amico, portandosi una mano al cuore.

«Merlino, che spavento!» mormorò, rilasciando un sospiro di sollievo.

Il mannaro approfittò della distrazione di Sirius per uscire e dirigersi a Pozioni.

«Così...» disse Sirius, raggiungendolo.

«Cosa?» replicò Remus, esasperato.

«Come è andata? Bene? Male? Senti di aver dato il meglio di te stesso, oppure pensi di aver bisogno di migliorare?»

«SIRIUS!» esclamò Remus con veemenza, fermandosi di botto in mezzo al corridoio - il volto talmente rosso che da lontano avrebbero potuto scambiarlo per una pluffa.

Sirius si voltò a guardarlo, il sopracciglio alzato.

«Che c'è? Te l'ho detto che sono curioso! E poi sono cose normali, che bisogno hai di imbarazzarti tanto?».

Il licantropo si afferrò il ponte del naso e serrò gli occhi in un gesto di stizza.

«Sirius Black, giuro che se non chiudi quella boccaccia ti rinchiudo in una bolla come ho fatto con Pix!» ringhiò.

Sirius ripensò allo spiritello nella bolla magica - visto di sfuggita mentre seguiva l'amico nel bagno dei Prefetti. Non sembrava contento...

Scrollò le spalle, sconfitto.

«D'accordo, d'accordo... Hai vinto tu. Se ti imbarazza tanto, non ti chiederò più nulla di ieri notte. Ma me ne devi una!».

[*]

Erano a pochi metri dall'aula di Pozioni, quando un gruppo di Serpeverde - capeggiati da Regulus - ne uscì rumorosamente.

Per alcuni lunghissimi istanti i due fratelli si fissarono in silenzio; poi il tempo riprese a scorrere normalmente, e ognuno andò per la propria strada, come se nulla fosse accaduto.

«Non avete ancora chiarito?» chiese Remus a Sirius, una volta che entrambi ebbero preso posto nell'aula.

«Che c'è da chiarire? Lui ama un branco di pazzi che molti definiscono ancora la mia famiglia, mentre io ho deciso di alzare la testa e allontanarmene definitivamente. Fine della storia» replicò il ragazzo, gelido.

Remus sospirò.

«Regulus rimane comunque tuo fratello, Sir… Non puoi negarlo» mormorò.

«Gli unici fratelli che ho siete tu e James» ribatté l'Animagus seccamente, e Remus capì che l'argomento era chiuso.

Lui e James sapevano bene che l'argomento "Famiglia Black" era off-limits, anche per loro. Sirius non amava parlarne e loro avevano imparato a non chiedergli niente. Come aveva detto l'amico: fine della storia.

L'atmosfera sembrò rilassarsi nuovamente con l'arrivo di Lumacorno e della sua solita espressione gioiosa e un po' assente - espressione che si rabbuiò nel momento esatto in cui si accorse che alla sua "collezione di studenti" mancava un elemento.

«Ragazzi miei, che è accaduto al giovane signor Potter?» chiese preoccupato, avvicinandosi a Sirius e Remus.

«E' stato risucchiato dallo scarico del water, professore. Abbiamo tentato di salvarlo, ma non c'è stato nulla da fare...» rispose Sirius, fingendosi distrutto dal dolore.

Un'interpretazione eccezionale, a giudicare dall'espressione scioccata e affranta che comparve sul viso di Lumacorno.

«Oh, povero ragazzo! E quando...?» mormorò, dispiaciuto.

«I genitori di James gli hanno chiesto di trattenersi a casa per una settimana. Tra qualche giorno sarà di ritorno, non si preoccupi» spiegò in fretta Remus.

Il professore parve ammutolirsi.

Poi scoppiò a ridere, battendo una mano sulla spalla di Sirius.

«Ah, signor Black... Che meraviglioso burlone! Me l'hai fatta anche questa volta!» esclamò, allontanandosi.

I due Malandrini rimasero a fissarlo per un po'.

«Perché devi sempre fargli fare la figura dell'idiota, Sir?» chiese Remus alla fine.

Sirius lo guardò scandalizzato.

«Non dare la colpa a me, Rem! Lumacorno ha un talento del tutto naturale!».

Tornarono a fissare Lumacorno, intento a chiacchierare con Lily - seduta qualche banco più avanti. Dall'espressione della ragazza, era chiaro che l'uomo le stava dicendo della brillante trovata di Sirius.

«Pensi che se gli dicessimo che Mocciousus ha il Vaiolo di Drago, lo vivisezionerebbe per vendere i suoi organi?» chiese l'Animagus all'improvviso.

Remus alzò nuovamente gli occhi al cielo.

«Credevo fossimo d'accordo, Sir...»

«E io credevo di averti detto che me ne devi una, Rem...».

Il licantropo sospirò rassegnato.

«Non può essere così idiota» borbottò, dopo qualche istante.

I due ragazzi si scambiarono un'occhiata.

«Professore?!».

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Capitolo 42
*** capitolo 42 ***


«Tonks! Eccoti, finalmente!» esclamò Miranda, correndo verso la propria migliore amica - seduta da sola in un angolo del cortile e intenta a scarabocchiare distrattamente qualcosa su un pezzo di pergamena. «Si può sapere dov'eri finita ieri notte?! Ti abbiamo cercato ovunque!».

La Metamorfomagus alzò appena gli occhi.

«Hmm? Oh, ciao Miranda» disse distratta, tornando a concentrarsi su quello che stava facendo.

La seconda ragazza alzò gli occhi al cielo, gettando poi a sua volta un'occhiata alla pergamena.

«Che cos'è?» chiese incuriosita, indicando il disegno che Tonks aveva riprodotto in ogni angolo.

La Metamorfomagus lo fissò sognante.

«Solo il simbolo della cosa più bella e spaventosa che possa esistere» mormorò.

*FLASHBACK*

Tonks passò distrattamente le dita su una delle cicatrici che costellavano il torso di Remus.

«Perché le tieni nascoste?» mormorò, alzando gli occhi sul ragazzo steso affianco a lei.

Remus si mosse un po', nervoso.

«Credo sia piuttosto ovvio, Dora...» mormorò piano, non riuscendo a guardarla.

Tonks sfiorò delicatamente un lungo taglio che gli attraversava diagonalmente lo stomaco, corrucciata.

«Beh, non lo è» borbottò alla fine, tornando a fissarlo. «Perché ti vergogni di loro?».

Remus sospirò, stringendola un po' più a sé.

«Sono i segni della mia maledizione, Dora. Mi ricordano costantemente del mostro con cui divido il corpo».

La ragazza scosse il capo.

«Sono i segni delle tue battaglie, Remus. Ognuna di esse ricorda una tua vittoria. Come quella contro il volere di Greyback» lo corresse ostinarta, indicando l'omega che ancora spiccava vivida sulla sua pelle pallida, e procedendo poi ad indicarle una per una. «O quella contro il desiderio di mordere un essere umano o contro la voglia di lacerare la carne di una preda ignara ed innocente... Devo forse continuare?».

Il licantropo non rispose, preferendo giocherellare con i suoi capelli variopinti.

«Non ho mai pensato a loro in questo modo» confessò dopo un po'.

Tonks sorrise e gli ammiccò.

«Ed ecco perché hai assolutamente bisogno di me» ridacchiò.

Tornò a posare il capo sul petto di Remus, lasciandosi cullare dal suono rassicurante del suo cuore.

«Mi chiedo, Dora... Perché non dovrei vergognarmi del mio aspetto, quando invece tu ti vergogni evidentemente del tuo?».

Tonks alzò la testa di scatto.

«Chi dice che mi vergogno del mio aspetto? Pensi che se fosse così mi ostinerei a tenere i capelli di un colore tanto particolare?» domandò piccata, accennando alle proprie ciocche violette.

Il licantropo ne prese una tra le dita.

«Non parlo di questo aspetto, Dora. Parlo del tuo aspetto naturale» precisò.

La Metamorfomagus piegò il capo da un lato.

«Come sai che non è questo il mio aspetto naturale?».

Remus rise piano.

«A parte il fatto che dubito che tu sia nata con i capelli rosa, viola o di qualche altro colore improbabile? Perché io ho visto il tuo vero aspetto» rivelò.

Tonks sgranò gli occhi.

«Non è possibile. Non l'ho mai assunto in tua presenza!» esclamò.

Il mannaro annuì con aria convinta.

«Posso assicurarti che l'hai fatto. Giusto poco fa. A quanto pare tendi a riprendere il tuo aspetto normale, quando... Beh, quando la tua mente è altrove» mormorò imbarazzato.

La Metamorfomagus sentì il volto andarle in fiamme.

«Cos... Perché non me l'hai detto, scusa?!» pigolò, mettendosi seduta e nascondendo il volto tra le mani.

Anche Remus si sedette.

«Beh, spero mi perdonerai se non l'ho fatto. Ma ero piuttosto... concentrato su altro, in quel momento. E anche tu» ghignò, con un guizzo malandrino negli occhi.

La ragazza lo colpì al braccio.

«Non abbastanza da lasciarti sfuggire la mia metamorfosi, a quanto sembra!» sibilò.

Il licantropo ghignò di nuovo.

«Sono multitasking».

Tonks lo colpì nuovamente.

«No, sei un idiota» borbottò.

Il mannaro sorrise, per poi tornare serio.

«Quindi? Perché le tue preziose perle di saggezza valgono per me ma non per te?» domandò.

La ragazza sospirò, scrollando il capo.

«E' diverso. Come dicevo, le tue cicatrici sono ricordi delle tue vittorie. Il mio aspetto naturale è il ricordo della malvagità che si cela nel mio sangue. Ma non pretendo che tu lo capisca» mormorò, guardandosi le mani.

Remus le nascose una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Tu credi? Ho incontrato Bellatrix, Dora» le sussurrò all'orecchio. «E puoi credimi: assomigli molto più a tua madre, che a lei».

Tonks lo fissò, confusa.

«Se hai davvero incontrato mia zia, saprai che lei e mia madre sono praticamente identiche!».

Remus scosse il capo.

«Può sembrare così, ad una prima occhiata. Ma Andromeda ha i capelli castano chiaro, come te. E i suoi occhi sono più grandi e gentili. Esattamente come i tuoi» la corresse, accarezzandole la guancia. «Ma a differenza di tua madre, Dora, nessuno potrebbe scambiarti per Bellatrix. Nemmeno se mantenessi il tuo vero aspetto. Perché irradi una luce e una purezza che nessuno - nemmeno Andromeda, mi spiace dirlo - potrà mai possedere. Non vi è nulla di malvagio nel tuo sangue. Fidati di qualcuno che conosce bene cosa significa vivere metà della propria vita nell'oscurità».

La ragazza rimase per diversi istanti in silenzio.

«Non l'ho mai vista sotto questa luce» ammise.

«Ed ecco perché hai bisogno di me» ghignò lui, ripetendo le parole dettogli dalla giovane poco prima.

Tonks rise, posando il capo sulla spalla di Remus, che immediatamente la circondò con il braccio.

Solo in quel momento la ragazza notò una piccola macchia nera sulle costole del giovane - invisibile una volta che quest'ultimo avesse nuovamente abbassato il braccio.

Studiandola con maggiore attenzione, Tonks si rese conto che non era affatto una macchia, bensì un tatuaggio: due mezzelune ai lati di un cerchio con una zampa di lupo nel centro.

«Che cos'è?» domandò incuriosita, passandovi sopra le dita.

Il licantropo non rispose subito, quasi che stesse scegliendo con cura le parole.

«E' uno dei simboli con cui viene rappresentata la Triplice Dea; la Dea dai tre volti: Artemide, Selene ed Ecate. Artemide - la Giovane, associata alla luna crescente - rappresenta l'energia, la spensieratezza, la curiosità e la libertà della nascita. Selene - la Madre, notoriamente associata alla luna piena - rappresenta, invece, la potenza e la capacità di creare tipiche della vita. Ecate - la Vecchia, da sempre associata alla luna calante - rappresenta, infine, la saggezza e la comprensione della morte. Insieme simboleggiano il ciclo continuo della natura che ci circonda e di cui, nostro malgrado, facciamo parte» spiegò, indicandole volta per volta ognuna delle parti del proprio tatuaggio. «Io e gli altri cercammo per settimane qualcosa che potesse rappresentare tutti e quattro, e una notte - dopo aver trascorso ore ed ore sulla Torre di Astronomia - Sirius ebbe l'idea: una luna piena. Disse infatti che era - e sarebbe sempre stata - una parte fondamentale nella nostra amicizia, perché senza di essa io non sarei mai stato un lupo mannaro, e di conseguenza loro non avrebbero mai sentito il bisogno di diventare Animagi. James però non fu d'accordo: disse che una luna piena non sarebbe stata altro che un costante ricordo della maledizione, per me. Che serviva qualcosa che simboleggiasse la nostra amicizia anche al di là di quelle poche notti: magari qualcosa che rappresentasse le diverse fasi della vita di ogni essere umano, e che potesse essere unico, pur essendo identico per ognuno di noi. Non saremmo mai giunti ad un compromesso se James, sfogliando un libro in biblioteca, non avesse scoperto che tra gli animali sacri ad Artemide vi sono il cervo, il lupo e il cane. James scoprì inoltre che Artemide è considerata una delle dee lunari, e uno dei volti - insieme a Selene e ad Ecate - della Grande Madre. Così...».

Scrollò le spalle, tornando a sdraiarsi.

«Da quanto ce l'hai?» chiese Tonks, affascinata.

«Ce lo facemmo durante quel famoso mese a Londra, due anni fa. Quello di cui ti ho parlato la sera della festa di Lumacorno. Tutti e quattro nel medesimo punto, ma con un'impronta diversa» rispose, tranquillo.

Tonks si fece pensierosa.

«C'è una cosa che non capisco, però... Perché, una volta deciso di rappresentare la Triplice Dea, avete comunque scelto di rappresentarla con la luna e le sue fasi? Perché non optare, che so, per i volti delle tre dee insieme? Il significato sarebbe rimasto lo stesso! Ora invece hai un'immagine costante di ciò che odi...» disse, sdraiandosi a sua volta e accoccolandosi contro di lui.

Remus esitò.

«Io non odio la luna, Dora. E' solo che... E' complicato. Non so come spiegarlo» sospirò.

«Provaci» lo incoraggiò lei.

Il licantropo sospirò di nuovo.

«La verità è che, nel profondo, io amo la luna. Nonostante sia la causa dei tremendi dolori che ogni mese sono costretto a sopportare, nonostante sembri ridere costantemente delle mie sofferenze... Io non posso fare a meno di guardarla e rimanerne rapito ogni volta. E' l'ultima cosa che guardo prima di trasformarmi, ed è la prima che cerco una volta che il lupo ha preso il sopravvento. Pur non ricordando praticamente nulla di quelle notti, io so che lo faccio. Oh, posso assicurarti che così come la amo, ne ho paura. Sono assolutamente terrorizzato, da lei. Eppure... E' un po' come il fuoco, no? Sai che è pericoloso, eppure non puoi fare a meno di esserne attratto. Questo è la luna per me: la cosa più spaventosa, ma allo stesso tempo la più bella che esista. Esclusi i presenti, ovviamente» aggiunse, ammiccandole.

Tonks rimase a guardarlo in silenzio, un leggero rossore sulle guance e un tenero sorriso sulle labbra.

«Sai? Mi hai piacevolmente sorpresa, Lupin. Temevo che fossi il classico tipo che usa complimenti e belle parole solo per attirare una bella ragazza nel suo letto, per poi trasformarsi in un troglodita che emette rumori molesti e bestemmia come il peggiore dei ricettatori, una volta che ci è riuscito. E invece, eccoti qui ad elargire complimenti e poetiche spiegazioni per il mio diletto. Sono colpita» ammise, posando il mento sulle mani.

Percepì chiaramente il cuore di Remus iniziare a battere più in fretta, e gioì internamente nello scoprire ancora una volta quanto grande fosse l'effetto che aveva su di lui.

«Preferiresti che, com'era? Ah, sì! Che emettessi rumori molesti e bestemmiassi come il più infimo dei delinquenti? Perché in tutta onestà, penso di non poterti accontentare. Ahimè, mia madre ha passato tutta la mia infanzia a insegnarmi questa assurda cosa chiamata "buona educazione"...» ghignò il licantropo.

Tonks si finse dispiaciuta.

«Che peccato! Mi piace un ragazzo che sa essere un po' grezzo...» mormorò, contrita.

Remus finse di corrucciarsi.

«Hmm... Che ne dici di un ragazzo che russa? A sentire James e Sirius sono bravissimo, in questo!».

La ragazza sgranò gli occhi con eccessiva contentezza.

«Sul serio?! Oh, ma è meraviglioso! Dobbiamo verificare subito! Avanti, a nanna, signor Lupin! Voglio proprio vedere se i suoi amici hanno ragione!» esclamò, accoccolandosi meglio contro il suo petto.

Il licantropo rise di nuovo, stampandole un grosso bacio tra i capelli.

«Allora buonanotte, signorina Tonks».

*FINE FLASHBACK*

«Tonks? Mi stai ascoltando?» domandò Miranda, sventolando una mano davanti agli occhi dell'amica.

La ragazza sussultò.

«Oh, scusami Miranda... Stavi dicendo?».

Miranda sospirò esasperata.

«Dove sei stata? Ero preoccupata!» ripeté.

«Ero con Remus».

La ragazza studiò attentamente Tonks, poi annuì con aria di chi la sa lunga.

«Ah... Adesso capisco...» ghignò.

Tonks arrossì fino alla punta dei capelli.

«Ma che vuoi aver capito, tu...» borbottò, senza guardarla.

La Tassorosso ridacchiò.

«Ho capito molto più di quanto tu creda, cara la mia Tonks» ammiccò. «Quindi, mentre le tue compagne ti cercavano disperate per tutto il castello, chiedendosi in che razza di guai ti fossi cacciata, tu te ne stavi tranquilla a giocare al Medimago con il tuo Malandrino nel suo dormitorio, eh?».

Tonks emise uno sbuffo.

«Macché dormitorio...» sbottò.

Il sorrisetto di Miranda sparì, sostituito da un'espressione confusa.

«Vuol dire che voi due non…»

«Miranda!» esclamò Tonks, scandalizzata.

La seconda ragazza alzò le mani in segno di resa.

«Okay, okay! Scusa! Quando hai detto che eri con Remus credevo che...» tentò di giustificarsi.

Tonks si guardò intorno con circospezione.

«Siamo stati al rifugio» le rivelò, un guizzo negli occhi scuri.

Miranda spalancò la bocca, incredula.

«Ah-ah! Allora ho ragione io! Qualcuno ieri notte si è divertito!» chiocciò.

Le due risero.

«E dimmi... Com'è?» domandò Miranda dopo un po', incuriosita.

Tonks la osservò perplessa.

«Che cosa?» chiese.

La ragazza alzò gli occhi al cielo con un'espressione rassegnata.

«Come "Che cosa"! E' vero quello che si dice sui Malandrini? Sono davvero…».

Di nuovo, la Metamorfomagus si esibì in un'espressione scandalizzata, mentre i suoi capelli iniziavano ad assumere un vivace color pomodoro.

«Miranda Jenkiss! Mi stupisco di lei! Le pare il caso di fare domande del genere alla sua migliore amica?!».

Miranda rise di nuovo.

«Certo che mi pare il caso! Che deve fare una povera ragazza quando scopre che la sua migliore amica ha passato la notte con uno dei Malandrini, se non tempestarla di domande?» l'interrogò, scompigliandole affettuosamente i capelli colorati. «Sei proprio fortunata, Tonks. Non sai quante vorrebbero essere al tuo posto...»

«Compresa tu, eh?» ghignò Tonks, raccogliendo le proprie cose ed avviandosi con l'amica verso l'interno del castello.

«Io confido nel tuo buon cuore e nella tua capacità di condividere, mia cara» rispose Miranda, facendole l'occhiolino - solo per farsi nuovamente seria. «No, sul serio... Com'è? E non parlo dell'avere un tipo come Remus Lupin sotto le coperte. Mi riferisco al rifugio. L'ultima volta che una ragazza - a parte Lily Evans e Lidia Rosie - vi è entrata è stato secoli fa, e non ha saputo dare una grande descrizione della stanza. Pare che fosse troppo concentrata sulle attenzioni che tuo cugino le riservava».

Tonks si fece pensierosa. Come faceva a descriverle l'unicità di quel luogo? Da dove avrebbe potuto iniziare a raccontarle della magia che traspariva da ogni angolo di essa?

Ebbe un'illuminazione.

«Vieni con me. Non posso descriverlo, ma posso mostrartelo!» esclamò, afferrandole la mano e iniziando a correre.

[*]

Quando Tonks e Miranda entrarono nel rifugio, si trovarono davanti Sirius, Lidia, Lily e Remus.

Tonks si morse il labbro. Non era sicura di poter mostrare il rifugio ad altri...

Lily sorrise gentile.

«Ciao Tonks. Miranda» le salutò.

Miranda arrossì.

«C-ciao» balbettò, imbarazzata.

Era la prima volta che parlava con la ragazza dai capelli rossi...

«Guarda chi c'è! La mia cuginetta preferita! Perché non vieni qui vicino al vecchio Felpato, e non gli racconti che avete combinato tu e Lunastorta ieri notte, eh?» esclamò Sirius, avvicinando una poltroncina a quella su cui era seduto lui.

Remus alzò gli occhi al cielo, mentre Lidia colpiva il proprio ragazzo con un piccolo schiaffo sulla testa.

«Sei proprio un impiccione, lo sai?» gli sibilò.

«Lascia perdere, non sono riuscita a farle dire niente nemmeno io» disse Miranda, prima di riuscire a trattenersi.

Sirius le lanciò un'occhiata penetrante, e la ragazza si coprì la bocca con una mano.

"Gran bella figura da Troll, Miranda..." pensò, disperata.

Ma l'Animagus scoppiò a ridere, volgendo lo sguardo a Remus - sdraiato sul proprio letto con un libro tra le mani.

«Hai sentito, Lunastorta? Pare proprio che i tuoi segreti siano al sicuro!».

Si alzò in piedi, prendendo Miranda a braccetto e trascinandola alla poltroncina che aveva preparato per Tonks.

«E' bello vedere che c'è ancora qualcuno che ha a cuore le vicende dei propri amici. Ahimè, pare però che il nostro innocuo interesse non sia visto di buon occhio...» le disse, allegro - abbassando poi la voce, pur sapendo benissimo di poter essere ancora sentito da tutti. «Ho cercato per ore di estorcere qualche informazione al mio amico laggiù, ma non ne ha voluto sapere nulla. Perché non provi tu? Magari la galanteria di Lunastorta lo costringerà a rispondere alle innocenti domande di una bella ragazza...».

Miranda arrossì ancora di più. Parlare con Lupin?! Già stentava a credere di essere nel rifugio dei Malandrini, a braccetto con Sirius Black!

«Felpato, perché non lasci stare quella povera ragazza, eh? Presumo che Dora non l'abbia portata qui per essere investita dalla tua irruenza» disse Remus, senza alzare gli occhi dal proprio libro.

Sirius si voltò a guardarlo, e i suoi occhi brillarono maliziosi quando vide Tonks sedersi affianco al licantropo.

«Merlino, Tonks! Lunastorta dev'essere stato davvero grandioso ieri notte, se già cerchi il bis...» ghignò.

Tonks saltò in piedi come punta da un'ape, i capelli di nuovo color del pomodoro.

«Sirius! Come... Che c'entra! Io mi sono solo... Non avevo alcuna intenzione...!» esclamò, balbettando.

Lily scosse il capo sconsolata, e Lidia colpì nuovamente l'Animagus sulla testa.

«Sei un cretino, Sirius Black!» soffiò.

«Glielo ripeto ogni giorno da sette anni, eppure il concetto non riesce ad entrargli in testa...» borbottò Remus annoiato, ma dalla sua posizione, Tonks vide che dietro il libro le guance del ragazzo avevano assunto un tenue colorito rossastro.

Miranda non poté trattenersi, e scoppiò a ridere.

Decisamente più rilassata nel vedere che nessuno le aveva intimato di andarsene, o l'aveva trattata con sufficienza, la giovane Tassorosso si guardò intorno.

«Questo posto è davvero meraviglioso!» esclamò estasiata.

Tutti le sorrisero.

«Sono certa che a James farà piacere sapere che ti piace, Miranda» disse Lily.

Sirius sussultò violentemente.

«Che succede, Sir?» chiese Lidia, preoccupata.

L'Animagus non rispose, raggiungendo in fretta uno dei tavoli e cercando un pezzo di pergamena pulito.

«Sirius?» domandò Lily, confusa dallo strano comportamento del ragazzo.

«Con tutto quello che è successo ho dimenticato... Devo scrivere a James!» esclamò quest'ultimo, afferrando una piuma e intingendola in una boccetta d'inchiostro quasi vuota.

Lidia sospirò.

«Sir, è partito solo ieri! Giuro, a volte mi domando se tu sia fidanzato con me o con lui!» esclamò, sconsolata.

Sirius le rivolse un gran sorriso.

«Ma con te, amore mio! E' solo che devo metterlo al corrente delle ultime novità!».

Remus abbassò il libro, diffidente.

«E di che novità stai parlando?» chiese.

L'Animagus sogghignò.

«E dire che tu sei quello intelligente...» lo punzecchiò.

Il licantropo lasciò cadere il libro accanto a sé, incrociando le braccia al petto.

«La mia minaccia è ancora valida, Black» lo avvertì.

«Lo so bene, Lupin. E' per questo che sto scrivendo a James, invece di contattarlo via camino. E la tua minaccia riguardava il parlare, ti ricordo...» ghignò.

Remus si passò una mano sugli occhi.

«Pensavo fosse chiaro che...»

«Beh, pensavi male» lo interruppe Sirius allegro, riprendendo a scrivere.

Il licantropo lanciò uno sguardo implorante a Lidia, che scrollò le spalle sconsolata.

«Avanti, Sirius... Non puoi lasciar perdere?» chiese, avvicinandosi al giovane.

Sirius la guardò scioccato.

«Lidia, sai quante volte succede che Lunastorta faccia una cosa imbarazzante come quella di stamane? Mai! Sempre perfetto, mai un capello fuori posto, sempre vestito di tutto punto... Non puoi chiedermi di perdere l'unica occasione che ho di prendermi un po' gioco di lui!» esclamò.

Miranda si corrucciò. Lupin aveva fatto qualcosa di imbarazzante?

Sirius notò la sua espressione, e il suo sorriso si allargò.

«Come, non lo sai? Remus stamane è arrivato in ritardo alla lezione della McGrannit, e non si è nemmeno accorto di avere ancora i pantaloni slacciati dalla sua avventura notturna!» le disse, non riuscendo a trattenere una risata.

Dall'espressione sul viso di Tonks, Miranda capì che nemmeno lei ne sapeva nulla.

Il licantropo arrossì e si alzò in piedi, estraendo la bacchetta.

«Okay. Te la sei cercata» sibilò.

Ma Sirius alzò le mani in segno di resa, la pergamena ancora stretta in pugno.

«Ah-ah! Prima che tu faccia qualsiasi cosa, lascia che ti dia due scelte, Lupin. O mi permetti di scrivere a James, oppure dico al mio gufo di consegnare questa a Lyall. Che cosa scegli?».

Il colore sulle guance di Remus sparì completamente.

«Non oseresti...»

«Tu dici?» ghignò.

Il licantropo deglutì. Sapeva bene che l'amico era capacissimo di fare una cosa del genere...

Abbassò la bacchetta.

«D'accordo! Scrivi a Ramoso! Ma ti prego di non enfatizzare troppo, e soprattutto di non romanzare quello che è accaduto. Permettimi di conservare un po' di dignità, almeno!» esclamò, esasperato.

Sirius sorrise trionfante.

«E' sempre bello fare affari con te, Lunastorta»

«Ti odio» sbottò Remus, afferrando il proprio libro e nascondendosi nuovamente dietro ad esso.

Lily alternò lo sguardo tra i due, poi sospirò.

«Due bambini, ecco che cosa siete. Due bambini che si fanno i dispetti».

Lei e Lidia si avvicinarono a Miranda e Tonks.

«Perdonateci, ma questi due ci hanno distratte. Avevate bisogno di qualcosa?» chiese Lidia.

Tonks si riscosse, e di nuovo si chiese se avesse commesso un errore, portando l'amica lì.

«In realtà... Miranda ci teneva tanto a vedere il rifugio, così ho pensato... Non mi è passato per la mente che forse non avrei dovuto farlo, lo giuro!» spiegò.

Le due ragazze scossero il capo.

«Non hai fatto nulla di male, purché sia stata tu a pensare alla frase per accedervi, e Miranda prometta di non dire a nessuno quello che ha visto qui dentro. Molte delle cose presenti in questa stanza metterebbero i ragazzi nei guai» spiegò Lidia.

Miranda annuì comprensiva.

«Ho la bocca cucita» assicurò, guardandosi nuovamente intorno con un sospiro. «Magari avessi anche io un posto così...».

Il viso di Tonks si illuminò.

«Puoi averlo! Basta che tu passi qui davanti per tre volte, pensando intensamente di volere un rifugio tutto tuo - meglio se scegli una frase univoca, così nessuno oltre a te e a chi la conosce potrà entravi - e sarai accontentata! L'importante è che la stanza sia vuota, al momento» esclamò.

Miranda si morse il labbro, guardando uno per uno tutti i presenti.

«Credete che possa provare adesso? So che non ho alcun diritto di chiedervi di uscire, ma...».

Lily le posò con gentilezza una mano sul braccio.

«Certo che puoi, Miranda. Non hai che da chiederlo».

Lidia raggiunse Sirius - ancora al tavolo - e lo tirò in piedi per un orecchio.

«Sentito? Comportati da bravo gentiluomo, e lascia che Miranda crei il proprio rifugio» gli disse, trascinandolo senza tante cerimonie verso la porta.

Tonks si preparò a fare lo stesso con Remus, ma il licantropo la precedette.

«Non c'è bisogno di usare la violenza, Dora. Sono più che felice di farmi da parte» sorrise.

Uscirono tutti, e Miranda passò per tre volte davanti al punto in cui poco prima la porta del rifugio dei Malandrini era sparita.

Quando la porta apparve di nuovo, la ragazza si trovò davanti ad un'immensa sala arredata spartanamente.

«Non è esattamente come me lo immaginavo» ammise, mogia.

Sirius le ammiccò.

«E che problema c'è? Hai a tua disposizione i migliori decoratori d'interni di Hogwarts, no?».

[*]

Miranda guardò con occhi che scintillavano dalla gioia il nuovo aspetto assunto dal suo personalissimo rifugio. Era semplicemente perfetto.

«Davvero, non so come ringraziarvi» pigolò, fissandoli tutti con riconoscenza.

Lily scrollò le spalle sorridendo.

«E di cosa? Il merito è tutto tuo. Noi abbiamo solo seguito le tue direttive» disse, guardando l'orologio che portava al polso. «Oh-oh. La pausa è terminata, Remus. Dobbiamo andare da Hagrid».

«Perché da Hagrid?» chiese Lidia, curiosa.

«Qualcuno si è divertito a mettere a soqquadro il suo orto delle zucche, la scorsa notte» rispose la ragazza.

Sirius si corrucciò.

«E che c'entrate voi? Non può rivolgersi a Silente?»

«No, dato che è proprio nell'orto delle zucche che Hagrid alleva un cucciolo di Quintaped» rispose Remus, scuotendo il capo.

L'Animagus sgranò gli occhi.

«Stai scherzando! Se lo scoprono finirà in un mucchio di guai!».

Scoccò un rapido bacio sulla guancia a Lidia.

«Scusa tesoro, ma ho assolutamente bisogno di scambiare due chiacchiere con il nostro guardiacaccia preferito. Un Quintaped!».

Nel giro di pochi istanti Lidia, Tonks e Miranda rimasero sole.

«Beh... Credo sia ora che vada anche io. Ho dei compiti che mi aspettano, e dubito si faranno da soli. E' stato un piacere conoscerti, Miranda» disse la Corvonero, salutando la ragazza con la mano e sparendo a sua volta.

Tonks lanciò un'occhiata divertita all'amica.

«Allora? Dì, non sono tutti un branco di pazzi?» rise.

Miranda fissò la porta chiusa con occhi increduli.

«Sono straordinari».

 

 

Allora. Allora, allora, allora...
Salve! Prima di tutto non so come ringraziarvi per essere arrivati fin qui. Significa che la storia vi sta piacendo - spero - e che le modifiche che sto apportando pian piano (mi rivolgo a quelli di voi che ne hanno letto la prima versione) sono di vostro gradimento.
In secondo luogo, non sapete quanto ho penato per pubblicare questo capitolo! XD
Siti internet che si riavviavano, chiavette USB che si rifiutavano di essere lette dal mio PC... Un incubo!
Ci tengo tantissimo a precisare che il simbolo della Triplice Dea (unito al suo significato, ovviamente) non è affatto una mia creazione, bensì è uno dei simboli più importanti della Wicca. Il mio unico contributo è stata la differente impronta per ognuno dei quattro ragazzi.
So che si tratta di un simbolo principalmente femminile, e ci si potrebbe domandare per quale motivo io abbia scelto di "utilizzarlo impropriamente" sui Malandrini.
Il motivo è semplice: avevo veramente bisogno di qualcosa che potesse racchiuderli tutti e che allo stesso tempo avesse anche un significato più profondo, oltre a quello "superficiale" della semplice luna piena.
Vi confesso che per giorni mi sono chiesta se includere il flashback di Tonks in questo capitolo, o se creare una one-shot a parte. Alla fine, tuttavia, data la brevità del capitolo originale, la scelta mi è parsa piuttosto ovvia ^^.
E' tutto, credo. Di nuovo grazie mille per essere giunti fino a qui, e grazie enormemente per non avermi lanciato contro uova sode e verdure marce.

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


«Non posso crederci! Io mi allontano per una settimana, raccomandandoti di non combinare niente di strano in mia assenza perché voglio essere presente alle tue rarissime figure da Troll, e tu che fai? Tu... Tu...!» sbottò James, ferito.

Remus sospirò, rassegnato.

«Non farla tanto lunga, Jamie... Non ho fatto nulla di scandaloso...» replicò.

I giorni erano letteralmente volati, e ben presto James aveva fatto ritorno al castello - e com'era ovvio il Grifondoro, accuratamente tenuto informato da Sirius, non era stato per nulla felice di essersi perso il raro momento di follia dell'amico.

James fissò Remus con gli occhi fuori dalle orbite, incredulo.

«Nulla?! Lunastorta, la sera stessa della mia partenza hai pietrificato uno dei Prefetti dei Serpeverde e ti sei piacevolmente intrattenuto con la tua ragazza al rifugio! Poi, non contento, la mattina dopo ti sei presentato al cospetto della McGranitt in ritardo di ben un'ora - dopo aver corso per tutta la scuola con gli abiti in disordine e i chiari segni della serata romantica appena trascorsa con Tonks - e in più hai rinchiuso Pix in una trappola per poltergeist ideata da tuo padre, perché avevi perso la pazienza. Tu!» sottolineò, come se solo quello fosse un avvenimento più unico che raro.

«Nulla, dice!» continuò poi frustrato, mentre Sirius sghignazzava senza sosta in un angolo della sala comune.

Di nuovo il licantropo sospirò.

«Prima Sirius, ora tu... Ma vi pare che a diciassette anni debba ricevere una ramanzina dai miei migliori amici?! Voglio dire, l'ultima volta che ho controllato ero ancora un mago adulto!».

Sirius emise uno sbuffo incredulo.

«Forse non lo ricordi, ma ora io sono ufficialmente più grande di te. E Jamie è Caposcuola. Il che implica che entrambi abbiamo il pieno diritto di farti tutte le ramanzine che vogliamo. Soprattutto quando compi gesti tanto eclatanti!».

Il licantropo aprì la bocca per ribattere, ma le espressioni dei due amici glielo impedirono.

Scosse il capo sconfitto. Era tutto inutile.

[*]

La rapidità con cui novembre e buona parte di dicembre passarono fu impressionante, e nessuno si stupì quando la McGranitt iniziò a raccogliere i nomi degli studenti intenzionati a rimanere al castello per il Natale.

E nonostante ormai non fosse più una novità, per i Malandrini, il passare le vacanze invernali tutti insieme a casa di uno di loro, quell'anno la loro impazienza di lasciare Hogwarts per qualche tempo non aveva eguali. Per la prima volta, infatti, sarebbero andati tutti - persino Lidia, Lily e Tonks - dai genitori di Remus, per festeggiare la riunificazione dell'amico con la propria famiglia dopo due anni di separazione.

[*]

«Dobbiamo proprio aprirli tutti?» chiese Sirius esasperato, guardando il mucchio di regali davanti a lui.

Uno identico a quelli che i suoi amici stavano osservano in quel preciso momento. A quanto sembrava, in qualche modo le loro ammiratrici erano riusciti a trovarli anche in quel tranquillo angolo d'Inghilterra...

«E' il minimo che possiamo fare. In fin dei conti, quelle ragazze hanno avuto un pensiero per noi, Sir...» rispose Remus.

"Tutte le volte la stessa storia" pensò, sconfortato.

James afferrò il primo pacchetto e si sedette più comodo su uno dei letti che erano stati aggiunti per lui e Sirius nella camera - fino a qualche giorno prima inutilizzata - di Remus. Non c'era stato verso, infatti, di convincere Lyall e Hope a farli dormire tutti e tre nella tenda di Sirius insieme alle ragazze - che dal canto loro avevano educatamente rifiutato di privare la coppia della loro camera, dicendosi più che felici di trascorrere le notti accampate sulla spiaggia, cullate dal dolce suono delle onde che si infrangevano sulla riva...

«Oh, davvero... Carine» mormorò James, incapace di trovare un termine migliore per definire il paio di finte corna da renna tra le sue mani.

Sirius e Remus scoppiarono a ridere.

«Le mie sono più belle. E sono anche originali» borbottò il ragazzo dai capelli ribelli, gettandole di lato.

«Ehi, questa mi piace!» esclamò Sirius, mostrando un orologio da tavolo su cui una piccola - e poco vestita - ballerina di Hula danzava sensuale allo scoccare di ogni ora.

Questa volta fu James a ridere.

«Fossi in te lo nasconderei dalla vista di Lidia, Felpato. Temo potrebbe non apprezzarlo»

«Ah, questo è sicuro».

Si voltarono entrambi verso Remus.

«E' il tuo turno, Lunastorta» gongolò Sirius.

Remus afferrò il primo pacchetto della propria pila.

«Hmm... Apprezzo l'impegno, ma penso proprio che non faccia al caso mio» borbottò, scartando una grande luna da parete - che ricreava di volta in volta ognuna delle fasi del satellite.

James guardò chi fosse il mittente.

«Annabella Gwyneth. Non è la presidentessa del club di Astronomia?» domandò, pensieroso.

Il licantropo incartò nuovamente la luna, mettendola insieme alle corna finte di James.

Continuarono a scartare i regali a turno, e ben presto rimasero solo quelli dei loro cari.

Sirius guardò pensieroso ognuno dei regali scartati.

«Che ce ne facciamo quest'anno? Onestamente dubito di poterli affibbiare nuovamente alla mia vicina di casa... Inizia a pensare che io sia una specie di pervertito, o qualcosa del genere» mormorò.

Remus ghignò.

«E non lo sei?».

Sirius gli lanciò un cuscino.

«E se li portassimo in uno di quei magazzini dove raccolgono le cose che la gente non vuole più? Lily mi ha detto che vicino a casa sua ce n'è uno che accetta praticamente di tutto!» propose, osservando a sua volta i doni delle loro ammiratrici.

Remus si fece pensieroso.

«Dubito accetterebbero qualcosa di magico, James».

James scrollò le spalle.

«Possiamo togliere gli incantesimi più evidenti. Non dovrebbe essere troppo difficile, in fondo. E quelli chiaramente magici... Beh, possiamo sempre portarli al San Mungo, chiedendo che vengano dati ai bambini ricoverati lì. Di questi tempi ce ne sono sempre troppi...» aggiunse, con un tono sconfitto. «Che ne dite?».

Gli altri due ragazzi annuirono convinti.

«Allora è deciso. Ora però apriamo gli altri regali. Sono curioso!» esclamò James, prendendo il pacchetto di Lily e strappandone la carta senza alcun ritegno - ammirando poi con occhi che brillavano il nuovo completo da Quidditch.

«Vediamo che cosa mi ha regalato Lidia... Oh, eccolo qui!» mormorò Sirius, cercando tra i propri regali quello della ragazza e prendendo tra le mani un voluminoso pacco.

Il ragazzo lo aprì, e un paio di grandi occhi lo accolsero da quella che sembrava essere la parte superiore di un'armatura completamente nera.

Estraendo l'oggetto dalla scatola, tuttavia, si rese conto che non si trattava di un'armatura, ma di una giacca da motociclista ben rinforzata, e che gli occhi erano solo una parte del disegno impresso sopra ad essa: un minaccioso cane nero che ringhiava.

«"E' protetta dai migliori incantesimi difensivi, per evitare che tu ti rompa qualche osso, quando scorrazzi in giro con la tua amata moto"» lesse Remus, raccogliendo il biglietto che accompagnava il pacco - e che Sirius, come al solito, aveva completamente ignorato.

Sirius studiò la strana corazza da ogni angolo, con aria concentrata.

«Mi piace!» esclamò alla fine, e senza ulteriori indugi se la infilò.

Remus guardò uno per uno i regali davanti a lui, indeciso - scegliendo infine di aprire quello dei suoi genitori, che si rivelò essere una scatola piena di tavolette di cioccolato, avvolta da una calda sciarpa blu di lana fatta a mano.

Prese il biglietto in silenzio, poi sorrise e lesse: «"Tuo padre ha sempre detto che la tua scuola si trova in Scozia, e tutti sanno che il clima da quelle parti è pessimo. Almeno con questa avrò la certezza che starai un po' più caldo"».

Ripiegò con cura la sciarpa, riponendola poi all'interno del suo baule.

Sirius sospirò con finta contrizione.

«Tua mamma è una santa donna, Rem. Non come la mia, che ancora mi invia pus di Bubotubero e veleno di Doxy ogni volta che ne ha l'opportunità».

[*]

«Allora? Come è andata quest'anno?» chiese Lidia, sedendosi al tavolo affianco a Sirius.

Sirius agitò una mano con un gesto noncurante.

«L'ennesimo ammasso di stupidaggini da parte delle ragazze della scuola. Non ti nasconderò che sono felice che questo sia stato l'ultimo Natale in cui ho ricevuto qualcosa da parte loro» ammise.

«Non capisco perché non apprezziate l'affetto che mostrano nei vostri confronti» disse Hope, entrando in cucina.

Tonks, seduta all'altro capo del tavolo con Remus, pensò che la madre di Remus fosse davvero una donna bellissima: e non solo per i lisci capelli scuri o per i dolci occhi verdi, ma anche per l'aura di gentilezza che la circondava.

La ragazza non aveva dimenticato, infatti, il modo in cui la donna l'aveva accolta a casa sua soltanto pochi giorni prima. Troppo concentrata nel non fare una cattiva impressione - nonostante tutti le avessero assicurato che non sarebbe successo - non aveva guardato dove stava andando, rompendo accidentalmente un fragilissimo vaso di cristallo posto nell'ingresso. Ma invece di arrabbiarsi e di riservarle il medesimo sguardo che le rivolgevano tutti quanto combinava uno dei suoi disastri, Hope Lupin le aveva sorriso, e rivolgendosi al marito - entrato alle spalle del figlio - aveva detto semplicemente: «Finalmente ci siamo liberati di quell'orrendo regalo di nozze!».

E mentre Remus faceva sparire i frammenti del vaso - impossibile infatti aggiustarlo, anche con l'uso della magia - la donna l'aveva condotta nel salotto insieme a Lily e Lidia, rivelandole allegramente di invidiarla per il fatto di non dover faticare minimamente ogni mattina per acconciarsi i capelli.

«Non è che non lo apprezziamo, è che i regali che ci fanno sono imbarazzanti!».

La voce di Sirius riscosse Tonks dai suoi pensieri.

James annuì convinto.

«Assolutamente! Tu non hai visto quell'orrendo unicorno di peluche che cantava "Ti amo!" a squarciagola»

«O l'agenda che ti salutava con "Buongiorno, zucchero" ogni volta che l'aprivi» gli fece eco Remus.

«E nemmeno i calzini verde pistacchio con i cuori giallo senape!» concluse Sirius, con un brivido di disgusto al ricordo.

Hope scosse il capo con un sospiro rassegnato.

«Sarebbe interessante scoprire cosa ne pensano le ragazze dei vostri regali» disse.

Lidia, Tonks e Lily sorrisero entusiaste.

«Oh, per fortuna non rimaniamo mai deluse» esclamò Lidia, mostrando il piccolo ciondolo regalatole da Sirius.

Lily annuì, estraendo dalla borsa un piccolo vaso da marmellata con dentro una bellissima farfalla.

«E' solo un incantesimo, ovviamente. Ma io la trovo superba!».

James, al suo fianco, gonfiò il petto con orgoglio.

Lyall sorrise, guardando Tonks.

«E che mi dici di Remus? Spero che il suo regalo non ti abbia delusa».

La Metamorfomagus sorrise a sua volta, lanciando uno sguardo di sottecchi al proprio ragazzo.

«Affatto. Vedete, temo di non essere la persona più semplice a cui fare un regalo...» ammise imbarazzata.

Si chinò ed estrasse a sua volta qualcosa dalla propria borsa: una pergamena dall'aria ufficiale.

«Così, non sapendo cosa potesse piacermi davvero, Remus ha pensato bene di farmi dono della cosa più romantica e duratura che possa esistere...» disse, sorridendo gioiosa e passandola a Hope.

«Una poesia?» ghignò James, ricevendo una piccola gomitata da parte di Lily.

«Una stella» lo corresse Hope, alzando gli occhi dal documento che Tonks le aveva dato.

Nei suoi occhi e in quelli del marito brillò quello che senza alcun dubbio era orgoglio.

Tutti sgranarono gli occhi e fissarono Remus, che da parte sua si mosse imbarazzato sulla sedia.

«Cosa? Mi sono detto che nella sua famiglia quasi tutti prendevano il nome di una stella. Quindi perché non donargliene una sua?» mormorò, abbassando gli occhi mentre le guance assumevano un colorito rosato.

Sirius e James si alzarono con un ghigno, e corsero entrambi ad arruffare i capelli all'amico.

«Oh, che tenero!» esclamarono.

Per tutta risposta Remus li spintonò via, borbottando un insulto che fece ridere i due Animagi e corrucciare Hope.

«Remus John Lupin! Chiedi immediatamente scusa ai tuoi amici!».

Remus sgranò gli occhi, fissando la madre con un'espressione talmente comica che i restanti presenti dovettero faticare parecchio per non scoppiare a ridere.

«Ma mamma! Sono loro che...» esclamò Remus, scioccato.

Hope scosse il capo, caparbia.

«Niente storie, giovanotto! Sarai anche diventato maggiorenne, ma questo non ti dà il diritto di utilizzare un simile linguaggio. Soprattutto non nella mia cucina!» replicò, irremovibile.

Il licantropo aprì e richiuse la bocca un paio di volte, basito.

Poi sospirò sconfitto e chiese scusa a James e Sirius - ancora impegnati a sghignazzare in un angolo.

"Non c'è proprio nulla da fare" si disse, sconsolato. "Pare proprio che il mio destino sia quello di ricevere ramanzine fino alla fine dei miei giorni".

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Capitolo 44
*** capitolo 44 ***


Sirius emise un forte grugnito, girandosi dall'altra parte e dando le spalle ai due amici - seduti sul sedile davanti a lui.

Remus si coprì le orecchie, fissando esasperato James.

«Come fa a russare così?» sbottò.

James lanciò un'occhiata scioccata all'Animagus addormentato.

«Beh, non è poi tanto forte... Voglio dire, esistono persone che riescono a russare in modo decisamente più tremendo, e...».

Sirius scelse proprio quel momento per emettere un suono a metà tra un grugnito e un ringhio, che li fece sobbalzare entrambi.

«Dicevi?» mormorò Remus, scoccando un'occhiata critica al ragazzo seduto al suo fianco.

James non seppe cosa rispondere.

Erano di nuovo sul treno che li avrebbe riportati ad Hogwarts, dopo le vacanze invernali. Erano stati i giorni più divertenti che i Malandrini riuscissero a ricordare: gli scherzi agli abitanti da parte di Sirius e James, le ramanzine di Remus, i disperati tentativi delle ragazze di tenerli tranquilli...

«Prima o poi smetterà» disse James, cercando di convincere soprattutto se stesso.

Il licantropo guardò Sirius, sconfortato.

«Io ne dubito, Jamie...».

Un nuovo grugnito fece sobbalzare James, che dovette resistere al forte impulso di chiudere a forza il naso dell'amico, nel tentativo di fermare quel rumore che a suo parere poteva solo essere definito infernale.

«Dobbiamo trovare una soluzione» borbottò, serio.

«Di che tipo?» s'informò Remus, le mani ancora sulle orecchie.

James lanciò un'occhiata rapida al finestrino dello scompartimento.

«Appendiamolo fuori» propose.

Remus imitò l'amico, fissando interessato il finestrino.

«Non è una cattiva idea, sai?» ammise.

Guardò James, valutando rapidamente la sua forza fisica.

«Io apro il finestrino e tu lo appendi fuori?» suggerì.

James annuì convinto.

«Andata».

Qualche istante dopo, James si stava issando l'amico - ancora intento a russare - sulla spalla.

«Merlino, ma quanto accidenti mangia?» sbuffò nello sforzo di alzare l'Animagus fino al finestrino che Remus aveva aperto.

«CHE STATE FACENDO VOI DUE?!».

I due ragazzi sobbalzarono alla voce della signora del carrello, e James lasciò cadere l'amico - che atterrò sul pavimento con un poderoso stunk!

«Chi, noi? Niente, perché?» domandò innocente, spostando con aria disinvolta il ragazzo steso a terra sotto al seggiolino.

«Allora che… Ah, lasciamo perdere» borbottò la donna, proseguendo per il corridoio.

Remus si affrettò a chiudere la porta dello scompartimento e a tirare giù le tendine, mentre James sollevava Sirius da terra e lo rimetteva nuovamente sul sedile davanti a lui.

«Non è possibile!» esclamò.

«Cosa?» chiese Remus, voltandosi.

«Dorme ancora!»

I due si scambiarono un'occhiata, ed incapaci di resistere oltre scoppiarono a ridere.

«Si può sapere che cos'è tutto questo baccano?!» sbottò di malumore Sirius, alzando appena la testa e guardando gli amici intenti a ridere sul sedile davanti a lui. «Sappiate che qui c'è gente che cerca di dormire!».

Sirius si mise seduto, passandosi una mano fra i capelli scuri.

«E questo bernoccolo da dove arriva?» borbotto confuso, tastandosi con cautela un grosso - e doloroso - bozzo sulla nuca.

Remus e James, le lacrime agli occhi, ulularono dal ridere.

Sirius li fissò di nuovo.

«Voi due dovete farvi vedere, credetemi. Non ci state con la testa».

[*]

Lily rise ancora.

«E non si è accorto di nulla?» chiese.

«Assolutamente. Sul serio, Lily, avresti dovuto esserci!» esclamò James, ancora ridendo.

Remus annuì divertito.

«Quando ce ne siamo andati era ancora lì seduto, a cercare di capire cosa fosse successo per farci ridere tanto, e perché avesse improvvisamente un grosso mal di testa».

I tre ragazzi superarono in fila indiana una delle porte che dividevano le diverse carrozze, proseguendo poi nella loro ispezione.

«Come mai ti sei unito a noi, comunque? Di solito preferisci delegare ai Prefetti il compito di controllare gli altri studenti» ghignò Remus, rivolgendosi a James.

James fece spallucce.

«Se fossi rimasto ancora per un altro minuto insieme a Sirius, sarei scoppiato e gli avrei detto ogni cosa».

Lily scosse il capo con un sorrisetto divertito.

«Mi domando ancora come abbia fatto a non accorgersi di nulla...».

«Ehi, ragazzi!».

Il terzetto tornò sui propri passi, guardando all'interno dello scompartimento che avevano appena superato.

Fleamont, Euphemia e Lyall sorrisero loro da uno dei sedili.

«Ehilà, Fleamont» disse Lily allegramente, rivolgendo poi un educato cenno di saluto alle persone sedute di fronte ai coniugi Potter e al padre di Remus - imitata subito dopo anche dai due ragazzi alle sue spalle.

Non tutti i funzionari del Ministero avevano infatti lasciato Hogwarts, durante le vacanze natalizie. La maggior parte aveva preferito trascorrerle negli alloggi che il Ministero aveva fornito loro ad Hogsmeade.

Lyall studiò attentamente il trio.

«Sembrate allegri» notò.

«Sirius si è dimostrato un ottimo compagno di viaggio ancora una volta» replicò Remus tranquillo, raccontando poi quanto avvenuto qualche carrozza più avanti.

Alla fine Euphemia, seduta vicino al finestrino, fu l'unica a non ridere - sembrando assorta in chissà quali cupi pensieri.

«Tutto bene, mamma?» chiese James, fissandola preoccupato.

La donna sorrise obliqua.

«Certo, tesoro. Solo una brutta sensazione... Sarò più tranquilla una volta arrivata al castello; con Alastor e gli altri» mormorò.

La strega seduta di fronte a lei - Keyra Folks, ricordò Lily - le batté gentilmente una mano sul ginocchio.

«Sono certa che non ci sia nulla di cui preoccuparsi, Euphemia» la rassicurò.

«E' solo questo tempaccio che rende ogni cosa peggiore. Fa venire in mente brutti pensieri» aggiunse il mago dall'aria burbera accanto a lei, accennando ai grossi nuvoloni neri che accompagnavano il treno sin da Londra.

Lyall annuì convinto.

«Brian ha ragione. Vedrai che non appena tornerà il sole le brutte sensazioni svaniranno».

Euphemia sorrise, un po' più rincuorata.

James lanciò un'occhiata al proprio orologio.

«Che dite, torniamo nel nostro scompartimento? Temo altrimenti che Felpato potrebbe inviare una squadra di ricerca...».

«Direi di sì. A più tardi, allora» annuì Lily, salutando gli adulti.

«A più tardi».

[*]

«Sapete? Sono convinto che mia madre abbia ragione ad essere preoccupata. Questi non sono tempi semplici per nessuno, figuriamoci per gli Auror!» disse James, chiudendosi la porta della carrozza alle spalle.

Remus annuì lentamente, studiando il paesaggio fuori per un istante.

«Non li invidio affatto. Immagino che preferirebbero mille volte trovarsi ben lontani da questa maledetta guerra, anche solo per un giorno o due... Chi potrebbe biasimarli? Io lo vorrei, e non ho nemmeno iniziato a combatterla sul serio!».

Anche Lily annuì, pensierosa.

«D'altra parte con che coraggio si può decidere di voltare le spalle ai propri compagni, lasciandoli soli a combattere? Voglio dire... Penso che scegliere di fare una cosa del genere denoti una grandissima mancanza di responsabilità» mormorò piano.

James scrollò le spalle.

«Resta tutto da vedere, mia cara. Non è detto che una persona lasci volontariamente i propri compagni. Pensa a qualcuno che sia costretto a farlo, magari per proteggere coloro che ama. In quel caso non si tratterebbe di codardia, penso...» mormorò, tastandosi le tasche. «Aspettate, ho dimenticato di dare una cosa a mio padre».

Remus e Lily si fermarono in mezzo al corridoio, cercando di rimanere in piedi nonostante i sobbalzi del treno.

Un tuono rombò sopra di loro.

James fece dietro-front e si avvicinò nuovamente alla porta del vagone.

Accadde in un attimo.

Vi fu un'improvvisa esplosione al di là della porta, talmente potente da scaraventare a terra i ragazzi presenti nel corridoio e da sbalzare il treno in avanti.

Immediatamente il panico iniziò ad espandersi come un'inquietante macchia d'olio, e l'aria si riempì di urla e strilli - che andarono a mischiarsi al rumore di finestrini che andavano in frantumi e di lamiere che si accartocciavano, quasi che il treno fosse stato fatto di banalissima carta, anziché di solido ferro.

Decine di ragazzi si catapultarono fuori dai loro scompartimenti, chiedendo a gran voce cosa stesse succedendo, e si accalcarono verso le carrozze più vicine a quella da cui era giunta l'esplosione.

Voci cariche di ansia e preoccupazione riempirono il treno, rendendo impossibile persino pensare.

«Che è successo?»

«Cosa è stato?»

«Veniva da qui!»

«Ho paura!».

Remus Lupin si mise faticosamente in piedi, tenendosi la testa - divenuta improvvisamente leggera - e cercando di liberare la vista dal sottile strano di nebbia che sembrava averla invasa. La gamba destra gli doleva da impazzire, e il suo olfatto registrò immediatamente l'inconfondibile odore di sangue umano fresco.

Scosse la testa nel tentativo di capire cosa fosse accaduto, mentre il lupo si mosse irrequieto, avvertendo sempre con maggiore chiarezza l'aura di morte e dolore che lo circondava.

Lentamente i ricordi si ricomposero nella mente di Remus: James, Lily, l'esplosione...

Si guardò intorno, registrando a malapena l'assenza di vetri intatti e i gemiti degli studenti feriti. L'unica cosa che vedeva era il sangue. C'era sangue ovunque: sul pavimento, sulle pareti, sui corpi stesi a terra...

Si avvicinò al ragazzo più vicino, senza nemmeno sapere chi fosse o a quale Casa appartenesse. Non era importante.

«Bisogna... Bisogna mandare immediatamente un messaggio a Hogwarts. Siamo stati attaccati… Abbiamo bisogno di aiuto!» mormorò.

Il ragazzo annuì debolmente ed eseguì quanto gli era stato detto, correndo oltre alcuni studenti che - evidentemente decisi a non lasciarsi mettere fuori gioco dalla shock - tentavano di mantenere la calma tra i propri compagni, molti dei quali giacevano accanto ai corpi di amici e familiari.

Il licantropo tornò a guardarsi intorno, sperando di ricacciare indietro una nausea sempre più pressante, e i suoi occhi si posarono su James, steso su un fianco poco lontano dalla porta del vagone. 

Sentì il sangue gelarsi nelle vene, e dimenticandosi completamente del dolore alla gamba, si affrettò a raggiungerlo. 

Il Grifondoro - i cui occhiali fossero finiti chissà dove - aveva il viso coperto di sangue e schegge di vetro, e il braccio destro - probabilmente a seguito dell'essere stato sbalzato violentemente all'indietro - formava un angolo innaturale a terra.

Vedendo le sue condizioni, Remus si ritrasse all'istante, e Lily - fino a quel momento impegnata a scuotere il proprio ragazzo con aria spaventata, un rivolo di sangue a scenderle dalla tempia - sollevò su di lui occhi carichi di lacrime e di una muta sorpresa.

Il licantropo scosse il capo con aria disperata, lanciando una breve occhiata ai molti studenti presenti in tutto il vagone e tornando poi a fissare Lily e a scuotere la testa.

La ragazza aprì la bocca per domandargli il motivo di quell'improvviso rifiuto a soccorrere l'amico, ma le parole le morirono in gola.

Alternò lo sguardo dalle ferite aperte sul volto del proprio ragazzo a Remus, e capì all'istante: non poteva avvicinarsi.

Fissò nuovamente l'amico - che ricambiò lo sguardo con gli occhi lucidi - ed annuì.

«Ho capito, Remus» mormorò, accennando ad un sorriso tremante.

Il ragazzo serrò gli occhi, maledicendo nuovamente la licantropia.

«Gli aiuti arriveranno presto, Lily» le disse, la voce incredibilmente roca.

Lily singhiozzò, tornando a concentrarsi su James - ancora incosciente.

Remus serrò la mascella.

«Starà bene. Te lo prometto» disse deciso.

Doveva essere così! James non poteva morire in quel modo...

Il licantropo deglutì e serrò gli occhi di nuovo. Non poteva rimanere lì... Doveva uscire.

Scosse il capo, percependo il lupo ringhiare e premere per uscire. Tutto quel sangue era quasi un invito a nozze... Un muto incitamento ad andare a caccia.

«Tu... Tu rimani con lui, Lily» mormorò, staccandosi dalla parete e avvicinandosi alla porta - ormai divelta - del vagone.

Lily lo osservò scioccata.

«Dove vai?!»

«Devo vedere che è successo. Inoltre...» esitò, guardando rapidamente gli studenti per assicurarsi che nessuno facesse caso a loro. «Inoltre devo uscire. C'è troppo sangue umano, Lily. Non... Non posso restare ancora a lungo. Non qui dentro». 

Uscì barcollando all'aria aperta, e atterrando malamente sui binari, fu lieto che avesse iniziato a piovere. L'odore dell'acqua smorzava infatti quello del sangue, rendendo la sua mente più lucida e la sua vista più chiara.

Alzò gli occhi sulla parte finale del treno, rimasta diversi metri più indietro. Era chiaro che l'esplosione era avvenuta proprio nel vagone che lui, James e Lily avevano lasciato solamente pochi minuti prima...

Il licantropo si avvicinò lentamente, in parte perché la gamba non gli permetteva di fare altro, e in parte perché in cuor suo sapeva già ciò che avrebbe trovato.

Entrò in ciò che restava del vagone - capovolto sui binari - e vide i suoi timori trovare conferma. Non ebbe tuttavia il tempo di addolorarsi della macabra soperta, perché un urlo risuonò alle sue spalle, e voltandosi Remus scoprì che Lily lo aveva seguito - e ora singhiozzava con il volto nascosto fra le mani.

«LILY! REMUS!».

Tonks, Lidia e Sirius si stavano avvicinando a loro volta.

Sirius sorreggeva James, che aveva ripreso i sensi ma pareva non essere ancora molto stabile sulle proprie gambe.

«Che è successo?» chiese Sirius, mentre Lidia e Tonks accoglievano Lily tra le loro braccia.

James, intanto, tentava inutilmente di farsi strada verso l'interno del vagone - trovandosi però sempre il passaggio bloccato dal corpo di Remus, che si ostinava a non volersi spostare.

«Remus, spostati... SPOSTATI!» urlò il ragazzo, alla fine.

Remus scosse il capo, caparbio.

«E' inutile, James... Non servirebbe a nulla» mormorò.

James fece coraggiosamente un passo avanti, fronteggiando l'amico.

«Spostati!»

«No!».

James cercò di vedere oltre le spalle del licantropo, ma questi era troppo alto, per lui.

«Ti prego...» mormorò alla fine, la voce rotta.

Sapeva anche lui quello che avrebbe trovato, ma doveva vederlo con i suoi occhi, o non vi avrebbe mai creduto.

«In nome della nostra amicizia» aggiunse, fissandolo negli occhi.

I due rimasero per alcuni secondi a fissarsi l'un l'altro in silenzio, poi Remus si spostò di lato, lasciandosi cadere seduto a terra. Le urla di James furono le ultime cose che sentì prima di perdere i sensi.

 

****Note dell'Autrice****

Mi spiace di aver reso questo capitolo così traumatico. Dico davvero.
Non mi diverto a creare disastri e massacri (okay, forse solo un po' ^^"), anzi cerco di inserirli nelle mie fanfiction solo se è strettamente necessario, come in questo caso.
Mi è dispiaciuto davvero aver dovuto uccidere "anticipatamente" i genitori di James (morti, secondo Pottermore, poco dopo il matrimonio del figlio a causa del vaiolo di drago) e il padre di Remus (dato che, sempre secondo Pottermore e Wikia, è stata Hope a non sopravvivere alla prima guerra, e non Lyall...), ma non avevo proprio idea di chi "sacrificare" - dato che i genitori di Lily erano Babbani e che (siamo onesti) uccidere quelli di Sirius avrebbe portato i Malandrini a festeggiare, piuttosto che a disperarsi... XD
Volevo che si capisse che - nonostante gli scherzi, le battute e il clima di gioia e divertimento che di solito si associano all'idea dei Malandrini ad Hogwarts - al di fuori del castello vi è comunque una guerra in corso. Una guerra spietata; sorda e cieca davanti alla felicità delle persone che sono costrette a viverla.
  P.S. Forse avrete notato che in questa fanfiction faccio spesso riferimento alla parte mannara di Remus - mettendola costantemente in contrapposizione con la sua parte umana. Il motivo è semplice: ho notato come molto spesso Remus venga rappresentato come un mago capacissimo (e lo è, innegabilmente) che occasionalmente si trasforma in un lupo mannaro, senza tuttavia risentire minimamente degli enormi aspetti psicologici di una tale maledizione.
Per capirci: in queste rappresentazioni sembra quasi che l'unica cosa che fa di Remus un lupo mannaro sia la sua trasformazione. E non è così che io la vedo. Per me l'essere un licantropo influisce molto di più sul suo io quotidiano - così come abbiamo visto nei libri della Rowling - e sulle sue relazioni con gli altri.
Proprio per sottolineare questa mia convinzione, quindi, in questa fanfiction ho tentato di mostrarlo sempre non solo come il Remus che noi tutti amiamo, ma anche come il Remus che è costantemente in lotta con il suo lupo interiore. Spesso vince, ma a volte è costretto a farsi da parte e lasciare che sia la sua parte mannara a dettare legge (come durante lo scontro con Greyback).
Un altro lato di Remus che ho cercato di mostrare in questa fanfiction è quello "reale": quello che noi nei libri non vediamo mai (tranne forse ne "I Doni della Morte"), ma di cui - grazie ad una frase in particolare di Sirius - conosciamo l'esistenza.
Ne "L'Ordine della Fenice", infatti, Sirius (parlando con Harry della Umbridge) dice:
"Lo so che è un brutto soggetto, però… dovresti sentire Remus quando parla di lei."
Il modo in cui viene detta, a mio parere, lascia intendere che Remus non parli esattamente in maniera lusinghiera della Umbridge - e vorrei ben vedere il contrario!
Ora... Quando abbiamo visto/letto Remus parlare male di qualcuno? Non c'è nulla di sbagliato, in fondo, ad ammettere la propria avversione nei confronti di qualcuno... Eppure Remus non lo fa mai. Tranne - a quanto sembra - in presenza di Sirius. Di qualcuno di cui si fida veramente.
Questo è esattamente il Remus che tento di rappresentare: qualcuno che - circondato da persone di cui si fida veramente, che sa che non lo giudicheranno in maniera sbagliata in base alla sua condizione - possa essere davvero se stesso; e cioè un mago incredibilmente capace con comportamenti, sensazioni e istinti che non gli appartengono completamente.
E non un "noioso" intellettuale fissato con la cioccolata, a cui una volta al mese crescono le zanne e spunta il pelo.

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Mai la Sala Grande era stata più cupa e silenziosa: i tavoli, gli stendardi e ogni più piccola traccia di colore erano svaniti. L'unico tavolo rimasto era quello dei professori, davanti al quale si allungava una lugubre fila di bare, ognuna coperta dallo stendardo della Casa di appartenenza della persona che vi giaceva o da quello del Ministero della Magia.

Silente le fissò lentamente una ad una, poi scosse la testa e fronteggiò la scuola - riunita davanti a lui.

«Oggi è un triste giorno per Hogwarts. Un giorno di dolore per tutti noi presenti qui, e per coloro che vivono nel nostro mondo. Perché oggi… Oggi noi piangiamo le vittime di un brutale attacco, perpetrato dai sostenitori di Voldemort nei confronti di persone a noi care».

Un brivido corse lungo la sala al nome di Voldemort, ma Silente non interruppe il proprio discorso.

«Cinque funzionari del Ministero della Magia e dieci studenti hanno perso la loro vita mentre tornavano ad Hogwarts. Studenti la cui vita non era che all'inizio, e maghi e streghe adulti che avevano scelto coraggiosamente di mettere le loro straordinarie abilità al servizio del bene, proteggendo il nostro mondo e le persone a loro care dalla malvagità che ogni giorno tenta di strapparci con la violenza la felicità che tanto duramente combattiamo per ottenere. Quindici persone la cui unica colpa è stata quella di salire sul treno che li avrebbe ricondotti qui. So che molti di voi, in questo momento, non desiderano altro che rimanere soli con il loro dolore e la loro rabbia; magari dimenticando la terribile tragedia avvenuta nelle ultime ore» disse, fissando con i suoi occhi azzurri i posti lasciati vuoti dai familiari delle vittime e dagli stessi feriti. «Ma nessuno di noi può o deve dimenticare. Farlo significa permettere, in futuro, che simili atrocità vengano nuovamente commesse. Significa mancare di rispetto a coloro che hanno perso la loro vita su quel treno. Per quanto faccia male, per quanto sia doloroso, bisogna ricordare. Solo ricordando questa tristezza, questa rabbia e questo dolore possiamo infatti impedire che una tale crudeltà sconvolga ancora una volta le nostre esistenze. Perché chi di noi accetterebbe di provare nuovamente ciò che sta provando ora? Ciò che dobbiamo fare è ricordare, elaborare e superare. Non sarà facile, lo riconosco. Molti di noi potrebbero impiegare anni a farlo. Ma è essenziale per continuare a vivere. Lasciate dunque che il dolore vi assalga ora, per poter domani rimettervi in piedi più saggi e più forti. Non confinatelo nei recessi della vostra mente, perché esso non farà che crescere a dismisura, sfuggendo alla fine al vostro controllo; travolgendovi e trascinandovi inesorabilmente via con sé».

Silente smise di parlare, e la sala ricadde nel silenzio.

[*]

«Non posso ancora credere che siano morti» mormorò Sirius, coprendosi gli occhi con le mani.

Lui, Lidia, Lily e Tonks avevano lasciato la Sala Grande non appena Silente aveva smesso di parlare, troppo scossi persino per domandarsi se potessero farlo senza scatenare l'ira dei loro insegnati - ed ora erano seduti da soli in riva al lago.

Sirius nascose a stento un singhiozzo. Per lui Fleamont ed Euphemia non erano solamente gli amorevoli genitori del suo migliore amico: erano i suoi genitori. Lo erano stati sin dalla prima volta che li aveva incontrati tanti anni prima; e ancor più da quando era apparso davanti alla loro porta, dopo essere scappato dalla propria famiglia. Non gli avevano fatto domande, accogliendolo in casa loro e adottandolo praticamente come un secondo figlio. E Lyall...

Sirius aveva sempre ammirato il padre di Remus: un mago che non solo aveva saputo vedere al di là delle differenze del figlio, crescendolo ed amandolo ogni giorno; ma anche che non aveva avuto paura di proteggerlo e difenderlo dal giudizio della comunità magica e da un mostro come Fenrir Greyback. Un mago che - già una volta punito per aver giudicato chi aveva di fronte - al loro primo incontro l'aveva stretto in un abbraccio paterno, infischiandosene delle sue origini, e l'aveva ringraziato di cuore per essere diventato amico del suo unico figlio.

L'Animagus non l'aveva mai detto a nessuno, ma all'inizio era stato invidioso di James e Remus, perché loro avevano qualcosa che lui non aveva e non avrebbe mai avuto: un padre e una madre che li amavano con tutto il cuore. Ma la sua invidia non era durata a lungo. Giusto il tempo di capire che per i Potter e i Lupin lui era esattamente come James e Remus: un figlio - o perlomeno parte della loro famiglia.

«Non riesco a togliermi dalla mente lo sguardo di James e Remus» sospirò Lily, reprimendo a sua volta un singhiozzo.

«Sono insieme?» chiese Lidia, soffiandosi il naso.

Lily scosse il capo.

«No. James è andato immediatamente al rifugio, dopo essere uscito dall'infermeria. Remus invece è sceso nell'aula che Lumacorno usa per le sue feste. Ha detto qualcosa a proposito di aver bisogno di qualcosa che l'aiutasse a distrarsi» mormorò.

Lidia si alzò in piedi.

«Penso che non faccia loro bene stare da soli. Io e Tonks andremo da Remus. Sirius, tu e Lily andate da James. Vi raggiungeremo lì».

[*]

Appena imboccato l'ultimo corridoio, Lidia e Tonks rimasero incantate da una struggente melodia che sembrava provenire proprio dalla vasta aula che il professor Lumacorno utilizzava per i suoi esclusivi ricevimenti.

Tonks guardò confusa Lidia, che si posò un dito sulle labbra, facendole poi cenno di seguirla.

Affacciandosi sulla porta dell'aula, le due ragazze osservarono in silenzio Remus suonare la misteriosa musica su un vecchio pianoforte in un angolo.

Tonks trattenne a stento un'esclamazione di sorpresa.

«Non sapevo suonasse» sussurrò impercettibilmente.

Lidia annuì piano.

«Quando anni fa Sirius lo scoprì, Remus gli rivelò che fu sua madre a insegnargli, subito dopo il morso. Remus gli assicurò che per quanto potesse sembrare una cosa sciocca ed inutile da fare contro la licantropia, in realtà si rivelò essere un prezioso ed infallibile metodo per controllare i suoi istinti. Suonare richiede molta concentrazione, Tonks. Devi imparare a sentire la musica, per poterla poi riprodurre al meglio. Non basta posare le dita sui tasti e aspettare: devi essere tu a creare la magia. Certo, devi dare libero sfogo alle tue emozioni, ma devi farlo seguendo precise regole, affinché il risultato non sia un semplice rumore, bensì una melodia che riesca a trasmettere ciò che senti in quel momento» aggiunse, vedendo l'espressione confusa della giovane al suo fianco.

Tonks sgranò leggermente gli occhi, capendo ciò che la ragazza voleva dire.

«Gli insegnò a sfogare la rabbia e la frustrazione del lupo sui tasti di un pianoforte» mormorò.

Lidia annuì di nuovo.

«Quasi tredici anni dopo questo è il risultato».

Tonks fissò Remus, ancora profondamente intento a suonare - apparentemente ignaro della loro presenza.

«E' magico» sussurrò.

E lo era davvero.

Hope Lupin, una Babbana, era riuscita a compiere una magia che nessun mago - nemmeno il più potente - sarebbe mai stato in grado di replicare: aveva trasformato la maledizione dell'unico figlio in musica.

«Perché non è con James?» chiese la Metamorfomagus, lasciandosi cullare dalla struggente melodia che riempiva l'aria.

Lidia scrollò le spalle.

«Hanno due caratteri molto differenti. James dà sfogo al proprio dolore urlando, disperandosi... Magari distruggendo ogni cosa che lo circonda. Remus al contrario preferisce chiudersi in se stesso, celando il proprio dolore dietro ad una maschera serena anche se triste. Ha scelto molto tempo fa di essere colui che consola, anziché colui che dev'essere consolato» esitò, lasciandosi poi sfuggire un sospiro. «Onestamente non sono sicura di quale dei due sia il modo migliore di affrontare situazioni simili...».

Le due rimasero in silenzio per un po', ascoltando la musica piena d'angoscia e dolore che fuoriusciva dal pianoforte.

Alla fine Tonks raddrizzò le spalle con aria decisa.

«Io entro. Và pure da Sirius e gli altri. Saremo subito da voi» disse.

La Corvonero annuì, posandole delicatamente una mano sulla spalla.

«Cerca di aiutarlo, Tonks. Non è salutare tenersi tutto dentro...» le sussurrò, prima di allontanarsi.

Tonks si fece coraggio, poi entrò nell'aula.

Remus alzò brevemente gli occhi su di lei, per poi tornare a concentrarli sui tasti.

«Mi chiedevo quando sareste entrate...» mormorò, continuando a suonare.

Tonks lo osservò in silenzio per qualche istante. Sul suo volto - pallido come dopo la luna piena - vi era un piccolo sorriso. Ma non uno di quelli caldi e rassicuranti che il ragazzo rivolgeva sempre a chiunque. Era un sorriso triste e stanco; quasi che qualcuno avesse fallito nel colpirlo con un Incantesimo Rallegrante.

«Ci sono solo io. Lidia ci ha preceduti al rifugio» mormorò.

Remus annuì lentamente.

«Tu vai comunque benissimo...» sussurrò, smettendo di suonare.

La musica cessò di colpo, lasciando Tonks con un vago senso di vuoto all'altezza dello stomaco.

«E' stato Sirius a dirti dov'ero?» chiese il ragazzo, facendole posto accanto a sé.

Tonks scosse il capo.

«Lily, in realtà. Spero non ti dispiaccia. Posso sempre andarmene, se vuoi restare solo» si affrettò ad aggiungere.

Il licantropo la guardò di sottecchi per un breve istante.

«Lo faresti davvero?» chiese piano.

La ragazza si morse il labbro, e scosse nuovamente il capo.

«No...» pigolò.

Questa volta un vero sorriso illuminò il viso di Remus, ma durò appena un battito di ciglia.

«Grazie» mormorò, senza alzare gli occhi dalle proprie mani.

Tonks prese la più vicina, sfiorandone delicatamente le nocche con le labbra.

«Sei davvero molto bravo» gli disse sincera, posando la testa sulla sua spalla.

Le guance del ragazzo si colorarono un po' di rosso, ma lui non replicò.

«James sta molto male, vero?» chiese dopo un po'.

Tonks chiuse brevemente gli occhi, sospirando.

«Starete meglio. Tutti e due» precisò.

Anche Remus sospirò.

«James ha perso entrambi i genitori in una sola volta, Dora. Merita ben più attenzioni di...»

«Finisci la frase, Remus Lupin, e sarai costretto a tornare da Madama Chips per farti sistemare anche l'altra gamba» lo interruppe lei, fissandolo minacciosa.

Il ragazzo sostenne a lungo il suo sguardo, ma alla fine fu costretto a cedere.

«Devo assicurarmi che stia bene, Dora. Lo capisci, vero?» sospirò.

Tonks annuì.

«Certo che lo capisco, cosa credi? Dico solo che non puoi pensare a tutti meno che a te stesso. Non ti fa bene tenere tutto dentro, l'ha detto anche Silente. Và pure da James: consolalo, per quanto è in tuo potere. Ma promettimi che poi non ti rinchiuderai in te stesso; che affronterai la tua perdita adeguatamente» disse, prendendogli il volto tra le mani.

Di nuovo, Remus la fissò, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi scuri.

«Te lo prometto».

[*]

Sirius fissò James - sdraiato sul suo letto al rifugio con il viso nascosto nel cuscino - senza riuscire a dire nulla. E in fondo, che avrebbe potuto dire? Cosa si diceva in questi casi? "Mi dispiace per la tua perdita, vedrai che poi andrà meglio"?

L'Animagus sospirò, passandosi una mano sugli occhi chiari e allontanandosi un po' dal camino acceso.

«Jamie... Avanti, l'ha detto anche Silente: bisogna accettare ciò che è successo, e superare il...».

James voltò rabbioso la testa verso di lui, gli occhi nocciola arrossati dal pianto.

«Vuoi dirmi come accidenti si può "accettare e superare" una cosa del genere, Sirius?! I miei genitori... Mia madre, mio padre...» farfugliò, e in uno scatto d'ira scagliò la bottiglia di Whisky Incendiario che stava sul comodino dritto nel camino, scatenando una violenta fiammata. «...Andati. Saltati in aria esattamente come quella dannata bottiglia! E io lì, senza poter fare nulla, a meno di un paio di metri da loro! Avrei potuto convincerli a rimanere nel nostro scompartimento! A passare il viaggio di ritorno insieme a noi! E invece che ho fatto?! Li ho lasciati andare a sedersi non solo in un altro scompartimento, ma addirittura in un'altra carrozza! Potevano essere vivi! Potevano...».

Lily sospirò.

«James, non continuare a tormentarti con quello che avresti potuto dire o fare. Non cambierà nulla, purtroppo. Non farai altro che soffrire ancora di più. Te ne prego, smettila!».

Il Grifondoro scosse il capo con decisione, reprimendo un singhiozzo e tornando a nascondere il viso nel suo cuscino.

Si rese conto che qualcuno era entrato solo quando il materasso si abbassò, e una mano fasciata si posò sulla sua spalla. Remus.

«Devi reagire, James» mormorò il licantropo.

James scosse il capo con maggiore ostinazione.

«Non posso farlo, Remus. Non ce la faccio» singhiozzò.

Non gli importava di star dando uno spettacolo pietoso ai presenti nella stanza; di apparire come un bambino capriccioso, anziché come un mago adulto. I suoi genitori non c'erano più: poteva comportarsi come accidenti gli pareva!

Remus scosse il capo a sua volta.

«Sì che puoi, James. Puoi e devi. Per Fleamont ed Euphemia. Perché non avrebbero mai voluto vederti ridotto in questo stato a causa loro. Ne sarebbero stati devastati» disse, stringendo la spalla all'amico.

Di nuovo, James si mise seduto con un'espressione carica d'ira - stavolta rivolta a Remus.

«Che ne vuoi sapere tu di cosa volessero loro?!» sputò furioso, liberando bruscamente la spalla dalla stretta dell'amico. «Tu non sai niente! Li vedevi al massimo un paio di volte l'anno! Come puoi anche solo pensare di conoscerli?».

Sirius fece per parlare, ma Remus gli rivolse un cenno rassicurante, tornando poi a concentrarsi su James.

«E' vero, non li conoscevo come te o Sirius. Ed è vero che li vedevo solo un paio di volte all'anno. Ma non è detto che per conoscere qualcuno bisogna per forza passare ogni giorno insieme. Ci sono cose che le persone fanno solamente in presenza di estranei. Così come ci sono parole che in compagnia di persone a loro vicine non oserebbero mai ripetere» replicò, pacato.

James si alzò in piedi, facendo il giro del letto e fermandosi davanti a Remus.

«Cosa vorresti dire? Che solo tu sei in grado di capire le persone? Che gli altri sono troppo ottusi?» ringhiò.

Il licantropo scosse il capo.

«Non ho mai detto questo, James. E non lo direi mai. Voglio solo dire che pur non vedendoli spesso, non mi è difficile capire ciò che avrebbero -  o non avrebbero - voluto per te. E di sicuro il modo in cui stai affrontando la cosa rientra tra le cose che entrambi avrebbero disapprovato».

James impallidì.

«Io... Tu... Come ti permetti di giudicare il mio comportamento?! Proprio tu che hai abbandonato la tua famiglia per due anni! I MIEI GENITORI SONO MORTI, REMUS! Forse per te è facile accettare l'idea che tuo padre non ci sia più, dato che eri già stato tanto codardo da aver voltato le spalle a lui e tua madre, ma le persone normali...».

Sirius scattò in avanti nell'esatto momento in cui Remus si alzò in piedi, afferrando James per il bavero della camicia.

«Ascoltami bene, perché non mi ripeterò nuovamente» ringhiò il licantropo, fissando l'amico con gli occhi che mandavano scintille. «Lo capisco, okay? I tuoi genitori erano persone splendide, premurose, e gentili; persone che ti hanno adorato sin dalla prima volta che hanno posato gli occhi su di te, e che tu a tua volta amavi incondizionatamente. Te li sei visti strappare via entrambi nello stesso momento, e questo è stato oltremodo brutale. Ma non devi dimenticare una cosa: su quel maledetto treno c'era anche mio padre. La prima persona a capire che oltre al lupo c'è pur sempre un essere umano; la prima - e probabilmente l'unica - a non essersi domandato una sola volta se l'avrei attaccato nel sonno; la prima a non camminare sulle uova intorno a me per paura che io potessi reagire con violenza ad una parola sbagliata. La stessa persona che sono stato costretto ad abbandonare, come dici tu, per evitare che un dannatissimo criminale come Fenrir Greyback lo uccidesse per il semplice gusto di ferirmi, e che a mia volta mi sono visto strappare via dalla medesima esplosione che ha ucciso tuo padre e tua madre. Hai ragione, però, le persone normali non "voltano le spalle" a chi amano. Ma d'altronde io non sono una persona normale, vero? Non è forse questo che intendi dire?».

Tutti fissarono ammutoliti la scena. Non era facile vedere Remus perdere la calma. Era capitato, certo, ma lui per primo cercava sempre di controllare la propria furia - allontanandosi quando gli era impossibile.

Sirius si fece avanti, liberando con aria cauta la camicia di James dalla stretta di Remus.

«Diamoci tutti quanti una calmata, va bene? Questo non è il momento di litigare tra di voi, accusandovi l'un l'altro di alcunché» aggiunse, fissando James con aria torva.

Era rimasto, in realtà, piuttosto sorpreso dalle parole proferite dall'Animagus.

Remus si avviò verso la porta con passo deciso, ma prima di uscire si voltò nuovamente verso James.

Tremava, e la mano era serrata a tal punto intorno alla maniglia, che le nocche gli erano diventate bianche.

«Comportarti come un ragazzino non farà tornare i tuoi genitori, Potter. Non basta versare un fiume di lacrime perché le cose si risolvano magicamente da sole. Quindi ascolta quello che ti abbiamo detto: accetta la loro morte e inizia a pensare a come vendicarla; a come farla pagare a Voldemort e ai suoi Mangiamorte. E' quello che sto facendo io: cerco il modo di dimostrare a quelli - tra i presenti in questa scuola - che sono felici di quanto accaduto per mano dei loro futuri compagni che ad ogni azione corrisponde una reazione. Specialmente se tale reazione proviene da un Malandrino con la brutta abitudine di trasformarsi in una creatura oscura ammazzamaghi ogni mese» sibilò, guardando l'amico con uno sguardo sprezzante. «Oppure rimani chiuso qui a piangere e a lamentarti di quanto il mondo sia stato ingiusto con te. Ma lascia che ti dica una cosa: il mondo non è giusto. Ritieniti fortunato di averlo scoperto a diciassette anni, anziché a quattro».

Un istante dopo la porta si chiuse con uno schianto alle sue spalle, e nel rifugio calò un silenzio di tomba.

Profondamente scosso dalle parole e dalle azioni dell'amico, James si asciugò gli occhi con la manica della divisa.

«Ha ragione. Ho frignato abbastanza» mormorò, guardando Sirius e le ragazze. «Andiamo a far capire a quegli idioti chi comanda davvero qui».

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Capitolo 46
*** capitolo 46 ***


Nei giorni successivi, ad Hogwarts regnarono una calma e un silenzio del tutto innaturali - resi possibili soprattutto dalla decisione di molti genitori di riportare a casa i propri figli, convinti che il castello non fosse più il luogo migliore dove essi potessero essere educati. Le lezioni iniziarono a svolgersi nella quiete più assoluta, senza bisogno che i professori richiamassero all'ordine i propri alunni; e persino Gazza - privato di studenti da sgridare per aver tenuto un comportamento scorretto, o da minacciare con qualche antica e cruenta punizione - perse completamente la propria aura inquietante.

Fu solo due settimane dopo l'attacco al treno - quando ormai tutti avevano iniziato ad abituarsi al nuovo clima di tranquillità, e gli studenti fecero ritorno al castello dopo aver adeguatamente disposto delle loro perdite insieme alle proprie famiglie - che il caos si abbatté nuovamente sulla scuola.

Iniziò tutto una fredda mattina di fine gennaio, quando il grido di giubilo di un poltergeist - finalmente liberato dalla propria prigionia - si unì a quello di orrore lanciato da un ragazzo da qualche parte nei sotterranei. Per ore, tutti si chiesero cosa avesse potuto causare un simile strillo da parte di un Serpeverde, finché una voce iniziò a circolare tra i corridoi: a quanto pareva qualcuno, durante la notte, era riuscito in qualche modo a riempire il letto e il cuscino di Wilkes di guizzanti anguille vive.

Ben presto, tuttavia, Wilkes non fu più la sola vittima di assurdi - ed inquietanti - attacchi mirati senza ombra di dubbio a distruggere la salute mentale della persona che li avesse subiti. Ogni giorno, infatti, l'infermiera della scuola sembrava irrimediabilmente destinata a prendersi cura di ragazzi e ragazze isterici che mormoravano di sangue di pollo e di esplosioni maleodoranti. Nessuno della Casa di Serpeverde sembrava essere al sicuro.

[*]

Remus Lupin, Sirius Black e James Potter erano uno affianco all'altro davanti alla lucida scrivania posta nell'ufficio del preside. Era stato proprio l'anziano mago a convocarli, quando era parso evidente a tutti che i misteriosi attacchi non si sarebbero fermati.

Silente sospirò, congiungendo le dita e fissando i tre ragazzi da sopra gli occhialetti a mezzaluna. Stavolta erano davvero nei guai...

«Sapete perché siete qui?» chiese, pacato.

«No» risposero i tre ragazzi all'unisono.

Silente sospirò di nuovo, estraendo dal cassetto della scrivania un lungo foglio di pergamena.

Li fissò uno ad uno, iniziando poi a leggere.

«Il letto e il cuscino del signor Wilkes sono stati riempiti di anguille vive; la doccia utilizzata dai signori Mulciber, Rosier, Avery, Piton e Pyrites è stata stregata in modo da ricoprirli di sangue di pollo; il baule del signor Rookwood è stato fatto esplodere, dopo essere stato riempito con un totale di settecentocinquanta caccabombe; quello del signor Dolohov è stato fatto saltare in aria tramite l'utilizzo di diciassette fuochi d'artificio Filibuster; gli shampoo dei fratelli Carrow sono stati sostituiti con del solvente per pavimenti sottratto a Mastro Gazza... Devo continuare, ragazzi?» chiese l'anziano preside.

Ma nessuno dei tre ragazzi rispose o si scompose.

«Ancora non capisco il motivo per cui siamo stati convocati, signore» disse James, alla fine.

Silente rimise la pergamena nel cassetto della propria scrivania, congiungendo nuovamente le dita.

«Siete stati convocati qui, signor Potter, perché molte persone - incluso me - hanno notato come sia un'incredibile coincidenza che simili attacchi abbiano avuto inizio non appena voi tre siete tornati a dividere il dormitorio, dopo i giorni trascorsi lontano dalla scuola a causa di quanto accaduto all'inizio di questo mese. Nel periodo della vostra separazione, infatti, qui al castello non si è verificato il benché minimo incidente...»

«Molte persone hanno perduto qualcuno su quel treno, signore» disse Remus tranquillo, anticipando l'accusa del mago.

Silente annuì lentamente.

«E' vero. Ma non molte potrebbero compiere simili gesti».

Sirius emise un verso sprezzante.

«Il fatto che una persona potrebbe compiere determinate azioni non significa che le abbia effettivamente compiute, signore» disse.

Silente lo squadrò da sopra gli occhiali.

«Credetemi: io per primo ero pronto a chiudere un occhio su qualsiasi azione sconsiderata gli studenti avrebbero potuto decidere di compiere per sfogare la frustrazione causata dai recenti avvenimenti. Ma qui non si tratta di innocui scherzi, ragazzi. Tutto questo è ben al di sopra di una simile catalogazione... I genitori sono furenti, e chiedono a gran voce che venga fatto qualcosa affinché questi attacchi cessino, e il responsabile venga adeguatamente punito» spiegò, con voce pacata.

James, Sirius e Remus annuirono a loro volta, segnalando di aver capito perfettamente.

«Io e i miei amici siamo più che disposti ad offrirle il nostro aiuto per l'individuazione a la cattura del responsabile, signore. Sempre che, ovviamente, lei già non abbia dei sospetti sulla sua identità. Sospetti sostenuti da prove» precisò James.

Un bussare insistente alla porta impedì a Silente di rispondere.

«Avanti».

Orion e Walburga Black entrarono nell'ufficio con foga, precedendo di qualche passo i signori Lestrange.

Nessuno dei quattro adulti fu troppo felice di trovare i tre ragazzi nella stanza.

«TU!?» strillò Walburga, indicando il proprio primogenito con gli occhi fuori dalle orbite.

«Oh, no... Adesso ricomincia» borbottò Sirius in un tono perfettamente udibile, alzando gli occhi al cielo e scatenando un sorrisetto divertito negli amici vicini a lui.

«Che ci fate voi qui?» ringhiò Orion, osservandoli tutti a tre a turno con la medesima espressione della moglie.

«Non so se ha mai avuto modo di notarlo, signor Black, ma noi qui ci studiamo» rispose Remus, serafico.

Gli occhi del padre di Sirius si strinsero impercettibilmente, mentre fissava il ragazzo con disgusto.

«Chi ti ha dato il permesso di rivolgermi la parola, abominio?».

«Scoprirà che non ho bisogno del permesso di nessuno per fare ciò che desidero» controbatté Remus, senza nemmeno scomporsi.

Sirius soffocò una risata.

«Ah, sarà idilliaco averti in famiglia...» mormorò affettuosamente.

I quattro adulti li fissarono alternativamente, senza parole.

«Che vorrebbe dire?» sibilò Walburga in tono brusco, le narici dilatate.

James circondò le spalle del licantropo con un sorrisetto strafottente.

«Ma come, non lo sapete? Il nostro caro Lunastorta si vede da... Quanti sono, Rem?» chiese, fingendosi pensieroso.

«Quasi tre mesi. Ufficialmente» precisò Remus sorridendo a sua volta, senza mai lasciare gli occhi della strega.

James sgranò gli occhi con finta sorpresa.

«Di già?! Certo che il tempo vola, quando uno si diverte! Ad ogni modo, come stavo dicendo... Il caro Lunastorta si vede da quasi tre mesi con la dolce Ninfadora. La vostra pronipote preferita. O mi sbaglio, Sir?» domandò, sempre con finta aria pensierosa.

«Non sbagli affatto, Ramoso» ghignò Sirius.

«Quindi, come vedete, è solo questione di tempo prima che la famiglia Black accolga tra le sue file un altro dei Malandrini. Dovreste esserne fieri, sapete? Siamo molto richiesti» disse James allegro, ammiccando con aria sfacciata a Walburga.

Tutti e quattro i maghi li fissarono lividi in volto, ma nessuno come Orion. Quest'ultimo stava letteralmente tremando di rabbia, gli occhi che non avevano abbandonato per un solo istante quelli di Remus.

«Come osi insudiciare il nome e il purissimo sangue della mia nobile famiglia, piccolo sudicio ibr…»

«Che posso fare per voi, signori?» chiese Silente ad alta voce, decidendo finalmente di interrompere quello spiacevole scambio di opinioni.

Il padre di Rodolphus e Rabastan Lestrange, rimasto muto per tutto il tempo, si fece avanti con aria furiosa.

«Che può fare?! Può punire chi ha aggredito i nostri figli!» esclamò, rabbioso.

Silente annuì comprensivo.

«Lo farei più che volentieri, se ne conoscessi l'identità».

La strega dietro a Walburga emise un suono a metà tra uno sbuffo e un risolino.

«Come se non lo sapesse, Silente! Non ci vuole certo un genio per capire che i responsabili non possono essere altri che questi tre!»

«Purtroppo non posso accusare questi ragazzi senza avere alcuna prova contro di loro» continuò Silente, tranquillo.

Walburga sgranò nuovamente gli occhi.

«Prova?! A che servono le prove?! Lei sa che sono stati loro!»

«Ti sfido a dimostrarlo» ringhiò Sirius a denti stretti.

Ignorando completamente la presenza di Silente e degli altri due Malandrini, Orion Black fece un minaccioso passo avanti verso il proprio figlio.

«Credi forse che facendo scherzi idioti alla tua famiglia, umiliandola con il tuo comportamento e le tue compagnie, potrai poi dire di essere "pulito"? Beh, mi spiace contraddirti, piccolo ingrato, ma non è così semplice. Puoi averci rinnegato, e noi potremo anche aver fatto lo stesso nei tuoi confronti, ma questo non significa che smetterai di essere un Black. Il sangue che ti scorre indegnamente nelle vene è sangue Black: è nero esattamente come il mio. Sei proprio come tutti noi: godi nel provocare dolore negli altri e sei mosso dai medesimi pregiudizi. L'unica differenza è che tu giustifichi tutto questo con qualche stupida scusa nobile» sibilò tagliente, prima di lanciare una breve occhiata a Remus e concentrandosi poi nuovamente sul figlio. «Dimmi: quanto impiegherai a dubitare della lealtà del tuo amichetto, una volta che la guerra vi avrà raggiunti? Quanto impiegherai, prima di chiederti se sia saggio affidare la tua vita o quella dei tuoi compagni ad uno come lui?».

James e Remus strinsero le impugnature delle bacchette nascoste nelle loro tasche, e Silente tossicchiò.

Sirius fissò il padre con uno sguardo di sfida.

«Credo sia ora che tu e i tuoi compari ve ne andiate. Salutate quel cagnolino fedele che è Regulus, e tornatevene pure nel vostro bel maniero. Mi preoccuperò personalmente di chiamarvi quando avrò bisogno di ricordarmi contro che razza di feccia combatto ogni giorno, o quando avrò bisogno di vomitare un pasto particolarmente disgustoso» sibilò.

I secondi parvero dilungarsi all'infinito, mentre la stanza piombava nel silenzio. Alla fine, però, i quattro maghi adulti si voltarono e uscirono sbattendo la porta senza dire nemmeno una parola. L'unica traccia della loro presenza ad Hogwarts quel giorno fu l'espressione vuota sul volto di Sirius.

Dopo quella che sembrò un'eternità, Silente si schiarì la voce, rivolgendosi nuovamente ai tre ragazzi.

«Per tornare al nostro discorso...»

«Non si preoccupi, professore» mormorò James, senza staccare gli occhi da Sirius.

«Gli attacchi si concluderanno oggi stesso. Glielo possiamo anche giurare, se vuole».

Remus, al suo fianco, annuì.

Silente li squadrò uno ad uno.

«La vostra parola mi basterà, per questa volta. Ora andate».

I ragazzi uscirono, e Silente sospirò un'ultima volta.

«Hai sentito tutto, Alastor?» domandò.

«Ogni cosa» assicurò Alastor Moody, togliendosi il mantello dell'invisibilità e riponendolo con cura in una delle tasche.

Silente lo fissò.

«Pensi che avrei dovuto punirli?»

«Penso che se avessi avuto una prova certa della loro colpevolezza lo avresti fatto senza alcun bisogno di chiedere ad altri il loro parere» sbottò Moody.

Si sedette pesantemente nella sedia di fronte alla scrivania.

«Ricordi quello che ti dissi il giorno dopo che quei ragazzi vennero presentati all'Ordine?» chiese.

Silente sospirò.

«Certo che lo ricordo, Alastor. E credevo che i tuoi dubbi fossero completamente svaniti, dopo l'incursione di Greyback» replicò.

Moody si mise più comodo, fissando intensamente l'anziano mago davanti a sé.

«Ricorderai allora come ti dissi che, nel caso del signor Lupin, il mantenere la sua bussola morale ben puntata verso il lato giusto fosse l'unica cosa di avremmo dovuto preoccuparci... Beh, lascia che ti dica che tu e i tuoi insegnanti state facendo davvero un pessimo lavoro, in merito a questo. E non solo con il giovane signor Lupin!» precisò burbero, raddrizzandosi e posando le mani sulla scrivania. «La bussola morale di quei tre è a tanto così dal puntare nella direzione sbagliata! Tu stesso te ne sei reso conto: quello che hanno fatto - e sai che sono stati loro - ha superato di una buona spanna il confine dell'innocuo scherzo. E a quanto ne so non è nemmeno la prima volta che una cosa del genere succede! Ho sentito di quello scherzo che Black ha fatto al signor Piton...».

Silente lo osservò, interessato.

«E in cosa consisterebbe il nostro errore?» s'informò.

Moody alzò le mani in un gesto rassegnato, tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia.

«Il vostro errore è quello di lasciarli fare! Non fraintendermi, Albus; ma ritengo che a volte siate troppo indulgenti con quei ragazzi. Quante volte tu per primo li hai lasciati tornare alle loro attività, dopo l'ennesima bravata? Quante volte hai sorriso, piuttosto che dar loro una sonora lavata di capo, magari accompagnata da una giusta punizione?» sbottò, prima si sospirare a propria volta. «Onestamente mi spiace vedere quei tre sprecare il loro potenziale con vendette e stupidi atti di bullismo, che non fanno altro che condurli sempre più su una strada pericolosa. Quanto ci vorrà prima che decidano di usare le loro abilità per gli scopi sbagliati? Prima che i detergenti per pavimenti diventino pozioni letali, o l'Incantesimo d'Ostacolo si trasformi in una Cruciatus? E quel che è peggio è che la colpa di questo imminente disastro non è solo loro, ma anche vostra. Perché, lo ripeto, la maggior parte di voi è troppo indulgente. Passare sopra ad un tentato omicidio ad opera di uno studente di sedici anni! Per fortuna non tutti i tuoi insegnanti sono così ottusi! Quante volte, per fare un esempio, Minerva McGranitt ha lasciato che uno studente, persino uno della propria Casa, facesse confusione o infastidisse un compagno? Immagino molto poche. E hai mai sentito di uno studente che abbia fatto qualcosa di sbagliato quando nelle vicinanze c'era lei?».

Moody guardò distrattamente la propria gamba di legno.

«Ma non è questo il problema. Il problema è che quando quella carrozza è saltata in aria nessuno ha fatto qualcosa. Tutto è stato archiviato come l'ennesima disgrazia; l'ennesimo attacco di Voldemort e dei suoi dannatissimi Mangiamorte. E' naturale che il signor Potter e i suoi amici non lo abbiano accettato. Diavolo, nemmeno io l'ho fatto! Ma qualcuno, giù al Ministero, mi ha dato retta? No! Mi è stato detto di starmene al mio posto e di seguire gli ordini. Non c'è da stupirsi che qualcuno dotato di carattere come quei tre abbia deciso di sopperire ad una simile mancanza di giustizia! D'altronde avranno pensato: "Se i Mangiamorte non vengono puniti per aver ucciso quindici persone, perché mai dovremmo essere puniti noi per esserci voluti vendicare?"».

Fissò Silente intensamente.

«Sono bravi ragazzi, Albus. Ma hanno bisogno di imparare la disciplina; a seguire regole precise e a non infrangerle. Ora sono spontanei, impulsivi... Mine vaganti. Completamente inadatti a seguire gli ordini. Oh, non fare quella faccia corrucciata. Potrai ingannare gli altri, ma non me. Non fingere che il tuo intento non sia sempre stato quello, un giorno, di arruolarli come soldati nella guerra contro Voldemort. Il fatto che si siano fatti avanti spontaneamente ti ha solamente facilitato la cosa...» rise in modo roco.

Silente piegò il capo da un lato.

«Onestamente non ho idea di che cosa tu stia parlando, Alastor» disse, pacato.

«No? Allora è solo un caso che gli unici esponenti della famiglia Black che ripudiano le proprie origini facciano parte dell'Ordine della Fenice o ne faranno parte nel giro di pochi anni, mentre il resto hanno scelto di schierarsi al fianco dei Mangiamorte? E' un caso che tra le tue file vi sia un Mezzo gigante e un lupo mannaro, esattamente come tra quelle di Voldemort? Quanto ci vorrà prima che tu decida di sfruttare questa straordinaria coincidenza per spedire Hagrid o Lupin tra i loro simili, nel tentativo di convincerli ad unirsi a noi?» chiese con un ghigno interessato.

Il silenzio dell'anziano preside fu per Moody una risposta più che sufficiente.

«Esattamente come immaginavo» mormorò, alzandosi e dirigendosi alla porta.

Aveva già la mano sulla maniglia, quando Silente parlò di nuovo.

«Pensi di essere in grado di addestrarli a dovere?».

Moody si girò verso il mago, con un nuovo ghigno.

«Fidati di me, Silente: quando avrò finito con loro saranno soldati perfetti».

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Capitolo 47
*** capitolo 47 ***


«Ehi, voi tre!».

James, Sirius e Remus si voltarono verso Alastor Moody, che procedeva a passo spedito verso di loro nonostante la gamba di legno.

«Ci manca solo lui. Come se questa giornata non fosse già abbastanza schifosa...» sbottò Sirius di malumore.

L'incontro con la sua famiglia lo aveva infastidito non poco, e ora non desiderava altro che rinchiudersi nel proprio dormitorio a rimuginare e borbottare frasi cariche di disprezzo nei confronti dei suoi parenti.

«Che è successo? Silente è ancora convinto che i responsabili dell'accaduto siamo noi, e di conseguenza ha deciso di farci pulire tutte le finestre del castello senza magia?» disse poi, una volta che l'Auror li ebbe raggiunti.

Moody ghignò.

«Non sono qui per conto di Silente, bensì per congratularmi della vostra bravura. Suppongo che quegli studenti si siano meritati una piccola strapazzata da parte vostra...» disse.

James alzò gli occhi al cielo, esasperato.

«Quante volte dobbiamo dirlo? Non siamo stati noi».

Moody ridacchiò.

«Oh, avanti! Non siete davanti ad uno dei vostri professori o a Silente! Non serve mentire, con me»

«Buona cosa che non lo stiamo facendo, allora» replicò Remus, tranquillo.

L'Auror li squadrò uno ad uno.

«Ero anche io in quell'ufficio, e vi ho visti pronti a giurare che gli attacchi si sarebbero interrotti oggi stesso. Forse avete ragione e siete innocenti, ma resta comunque il fatto che quello che avete detto lascia supporre che sappiate chi sia il vero responsabile...» mormorò.

«Può darsi che sia così, o può darsi che non lo sia» rispose Sirius, vago.

I tre ragazzi si avviarono verso un corridoio deserto, sempre seguiti da Moody.

«Beh, Black... Nel caso in cui lo sappiate, mi domando per quale motivo rischiare tanto per coprirlo. O coprirla» aggiunse l'uomo.

James emise un verso frustrato.

«Mi ascolti attentamente: nessuno di noi ha fatto qualcosa a quei ragazzi. Non li abbiamo sfiorati nemmeno con la punta delle bacchette. E così le nostre ragazze. Siamo puliti. Abbiamo detto a Silente che non ci sarebbero stati altri attacchi perché ci assicureremo personalmente che sia così. Questo non significa che conosciamo l'identità del colpevole. E' tutto chiaro, ora?» chiese.

Moody non rispose subito, ma quando lo fece sembrò estremamente divertito.

«D'accordo, presumo di aver commesso un errore. Accade anche ai migliori, in fondo... Fingiamo però per un momento che siate veramente voi i responsabili, va bene? In questo caso, come vi sarebbero venute in mente simili idee? E dove, soprattutto? Immagino, infatti, che un dormitorio non sia il luogo adatto dove pianificare qualcosa ai danni di altri studenti: vi è sempre il rischio di essere intercettati...».

Sirius scrollò le spalle, rassegnato.

«Bene, se fossimo stati noi - e non è così - probabilmente il "come" non sarebbe stato affatto un problema».

James annuì.

«Infatti. Abbiamo continuamente idee per scherzi e giochetti da fare ai nostri compagni. Anche se la maggior parte vengono scartate quasi all'istante...» brontolò.

«E riguardo al dove?» s'informò Moody.

«A questo non risponderemo, ci spiace» ribatté Sirius, la cui espressione diceva chiaramente che non gli dispiaceva affatto.

«Ah, davvero? E perché mai?» domandò l'Auror.

«Perché riteniamo tutti e tre che lei sia un po' troppo interessato, per essere qualcuno che crede alla nostra parola...» replicò Remus diffidente, fissando Moody negli occhi.

Moody si esibì in una risata.

«Mi piacciono i tipi come voi, sapete? Sempre sul chi vive... Bravi, bisogna sempre mantenere una vigilanza costante!» esclamò. «E' vero, sono molto interessato. E volete sapere perché? Perché ritengo che abbiate a vostra disposizione un enorme potenziale che, se sfruttato nel modo giusto, può essere davvero utile nella lotta contro Voldemort e i suoi Mangiamorte».

«Che vuole dire?» chiese Sirius, confuso.

«Voglio dire che ho chiesto al professor Silente di potervi addestrare affinché impariate ad utilizzare al meglio questo vostro talento nel creare scompiglio, anche al di fuori della scuola - nel mondo reale. Voglio trasformarvi in perfetti combattenti della resistenza, capaci di sopravvivere in quelle situazioni che ora come ora vi vedrebbero stecchiti nel giro di un paio di secondi. Se mi ascolterete, e farete quello che vi dico, vi garantisco che alla fine ognuno di voi sarà in grado di sfruttare pienamente le proprie doti. Naturali o acquisite» precisò, fissando l'occhio magico su Remus.

I tre ragazzi non risposero subito, comunicando silenziosamente tra loro. Alla fine, però, James annuì.

«D'accordo. Che dobbiamo fare?».

Moody ghignò di nuovo.

«Oh, quando arriverà il momento lo scoprirete...».

Detto questo si allontanò zoppicando. Ma a metà del corridoio si voltò nuovamente verso di loro.

«Ditemi la verità... Davvero non avete nulla a che fare con gli attacchi?».

James guardò alternativamente Sirius e Remus.

«Non abbiamo mai detto una cosa simile» ghignò.

Fu molto divertente, per i tre ragazzi, vedere Moody colto alla sprovvista.

«Ma non è quello che continuate a ripetere?!» sbottò, confuso.

Sirius emise una risata simile ad un latrato, scuotendo il capo.

«Noi continuiamo a ripetere di non aver compiuto gli attacchi»

«E non l'abbiamo fatto, in effetti. Ma nessuno ci ha chiesto se siamo stati noi ad idearli...» concluse Remus con sorrisetto insolente.

Moody rimase basito per qualche secondo, poi scoppiò nuovamente in una grossa risata.

«Oh sì, sarete davvero perfetti» esclamò, voltandosi e sparendo dietro l'angolo - ancora scosso da sporadiche risate.

James fissò gli amici.

«Sapete? Credo faremmo meglio a tenere gli occhi ben aperti con quel tipo, d'ora in poi. Merlino solo sa di che cosa è capace...».

[*]

«Non è giusto!» esclamò Tonks, spaventando diversi ragazzini del primo anno.

«Abbassa la voce, Dora» l'ammonì Remus, sorridendo con aria di scusa al gruppetto di giovani Tassorosso.

Tonks sbuffò, ma fece quello che il ragazzo le aveva chiesto.

«Perché voi potete essere addestrati da uno dei più brillanti Auror in circolazione, mentre io sono costretta a starmene con le mani in mano?!» si lamentò.

Remus scrollò le spalle.

«Guarda che anche Lily e Lidia non verranno addestrate...» le fece notare.

La ragazza sgranò gli occhi.

«Ancora peggio! Questo non può avere che una sola spiegazione!» esclamò.

Il licantropo sollevò un sopracciglio, interessato.

«E quale?».

«Alastor "Malocchio" Moody è un maschilista!» rivelò la Metamorfomagus, con l'aria di chi ha appena annunciato una catastrofe. «E pensare che io lo ritenevo un tipo a posto...».

Da parte sua, Remus cercò di non ridere.

«Avanti, Dora...»

«Ti sfido a dire il contrario, Remus! Sono una Metamorfomagus, in fondo! Non è certo una cosa da tutti, sai?» sbottò la giovane.

Il licantropo scrollò le spalle.

«Certo che lo so, Dora. Che vuoi che ti dica? Evidentemente Moody ritiene che tu già padroneggi il tuo potere alla perfezione. E in fondo, come dargli torto?» mormorò, giocherellando con i capelli - quel giorno ricci e di un intenso color verde - della Tassorosso.

Tonks incrociò le braccia al petto, sfoggiando un cipiglio imbronciato che la faceva somigliare tremendamente ad una bambina la cui madre ha negato il permesso di andare sulle giostre. Una somiglianza davvero impressionante, poté constatare Remus...

Erano nel cortile della scuola, durante una delle rare ore libere che accomunava entrambi.

«Puoi convincere Moody a farmi partecipare agli addestramenti? Ti prego!» lo implorò la ragazza, fissandolo con grandi occhi da cucciolo.

Ma Remus scosse il capo, deciso.

«No, Ninfadora. Non se ne parla neanche. Moody avrà avuto le sue ragioni per non aver voluto coinvol...».

Uno strillo riempì l'aria, e per lo spavento - nonchè per l'eccessiva acutezza del suono - il ragazzo cadde dalla panchina, certo ormai di avere un timpano perforato.

«Sei impazzita?!» chiese a Tonks, sedendosi nuovamente e scuotendo la testa per cercare di riacquistare almeno un po' l'udito.

La Metamorfomagus lo fissava con gli occhi sgranati e colmi di orrore.

«Mi hai chiamato Ninfadora!» sibilò.

Remus la fissò a sua volta, confuso.

«Cos..? Scusa, mi è scappato» borbottò.

Per tutta risposta lei si alzò in piedi.

«Beh, caro il mio Lunastorta, fai in modo che non accada più, o farò personalmente in modo che mi scappi un poderoso calcio indirizzato in zone molto più delicate del tuo udito!» ringhiò, in un tono che non ammetteva repliche.

Poi si voltò e si avviò in classe con il naso per aria, offesa.

«Dora, stai attenta alla panchi...»

BOM!

«…na» sospirò Remus, alzandosi a sua volta in piedi e "raccogliendo" la fidanzata - volata in maniera decisamente poco elegante oltre una delle panchine di cemento del cortile.

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Capitolo 48
*** capitolo 48 ***


Di nuovo quel fastidioso rumore, pensò Sirius. Pareva quasi che qualcuno stesse trascinando un oggetto molto pesante su per la scala che conduceva ai dormitori...

Il ragazzo si mise seduto, si voltò verso Remus - impegnato a sonnecchiare nel letto affianco - e lo colpì con un calzino arrotolato.

Immediatamente il licantropo si svegliò, guardandosi intorno confuso.

Prima che potesse indignarsi per essere stato bersagliato da un calzino puzzolente, tuttavia, Sirius lo zittì posandosi un dito sulle labbra e toccarsi l'orecchio.

Sempre più confuso, Remus si mise in ascolto.

Il suono si ripeté di nuovo.

Accigliato, il ragazzo fissò Sirius, che per tutta risposta fece spallucce e indicò con un cenno del capo James - anch'egli addormentato.

Remus annuì, e dopo essersi alzato e aver percorso con cautela i pochi passi che lo dividevano dal letto dell'amico, lo scosse - posandogli poi immediatamente una mano sulla bocca per impedirgli di parlare.

Basito, James scrutò l'amico come chiedendosi se fosse impazzito.

Ma gli bastò sentire a sua volta il rumore, fattosi ormai vicinissimo alla loro porta, per capire all'istante lo strano comportamento del compagno.

Annuì a sua volta, e Remus tolse la mano.

I due ragazzi raggiunsero in silenzio Sirius, nascostosi nel frattempo dietro la porta con la bacchetta sfoderata, e si affrettarono ad imitarlo.

Sapevano bene, infatti, che c'era qualcun altro che aveva libero accesso alle sale comuni di ognuna delle quattro Case a parte gli studenti che ne facevano parte, i Direttori e il Preside: Pix. Il poltergeist trovava divertente intrufolarsi nei dormitori, spaventando o infastidendo i ragazzi mentre dormivano. Non era forse sfruttando questa sua passione che avevano potuto mettere in pratica i loro attacchi ai danni dei Serpeverde?

Il rumore si interruppe di colpo, e la presa dei tre ragazzi sulle bacchette aumentò.

La maniglia della porta del loro dormitorio si abbassò lentamente, e una lama di luce percorse il pavimento - andando ad illuminare debolmente quello che un tempo era stato il letto di Peter Minus.

Approfittando dell'effimera oscurità, James "riempì" i loro letti con un rapido movimento della bacchetta, per poi puntarla - così come gli amici - sul nuovo venuto, appena entrato.

Prima che uno di loro potesse fare alcunché, però, lo sconosciuto visitatore - fermo accanto al letto di Peter - emise una risata roca, e i tre capirono all'istante di chi si trattasse: Moody.

«Che diavolo ci fa lei qui?!» chiese Sirius, rimettendo la bacchetta in cintura - immediatamente imitato da James e Remus.

«Volevo solo accertarmi che foste sempre pronti a qualsiasi eventualità, prima di cominciare il vostro addestramento. Sono colpito, lo ammetto. Se non avessi avuto questo gingillo, avreste potuto benissimo sorprendermi alle spalle» sbottò, indicandosi l'occhio magico.

«Questo si chiama barare» borbottò James, corrucciato.

«No, Potter. Questo si chiama saper sfruttare le qualità acquisite: esattamente quello che vi dicevo qualche giorno fa» replicò Moody, lasciandosi cadere pesantemente sul letto.

Sirius incrociò le braccia al petto.

«Avrà anche imparato a sfruttare al meglio quell'occhio, ma pare essersi dimenticato la segretezza. L'abbiamo sentita arrivare secoli fa» ghignò, con aria insolente.

Moody lo fissò intensamente.

«Credo che dovremo lavorare un bel po' su questo tuo caratterino, Black... Sei fortunato che mi piacciano le sfide» ringhiò.

Sirius non si scompose, gettando un'occhiata al pesante baule - dotato di sette serrature - che sostava davanti alla loro porta.

«Il fatto che abbiamo due letti liberi non significa che cerchiamo ancora un coinquilino, nel caso non lo sapesse. Abbiamo ormai abbandonato quell'idea. Quindi se è venuto qui con l'intenzione di chiederci il permesso di traslocare nel nostro dormitorio, temo dovremo dirle di no».

«Cosa c'è lì dentro?» chiese Remus, interrompendo sul nascere una discussione tra l'Auror e l'Animagus.

Moody ghignò.

«Qualcosa che servirà al vostro addestramento. Basta chiacchiere, ora. Seguitemi!» esclamò, alzandosi in piedi ed uscendo nuovamente dalla porta.

I tre ragazzi si scambiarono un'occhiata, confusi.

«Seguirla dove?!» chiese James, affacciandosi dalla porta.

«Fuori, nel parco. Dove inizieremo immediatamente il vostro addestramento» replicò Moody, voltandosi verso di lui.

James sgranò gli occhi.

«Ora?! Lei è completamente matto! Tra poco più di tre ore io ho una partita di Quidditch, e non ho nessunissima intenzione di perderla a causa delle sue strambe idee!» esclamò il ragazzo, scioccato.

Moody gli si avvicinò.

«Ascoltami bene, Potter... Se non vieni con me ora, questa mattina il Grifondoro dovrà cercarsi un nuovo Capitano, sono stato chiaro?» ringhiò, minaccioso.

James lo fissò con aria di sfida, ma alla fine sbuffò.

«Se perderemo la partita dovrà solo sperare di non essere nei paraggi, o potrei decidere di rinchiuderla nel suo stesso baule» sbottò, di malumore.

L'Auror ghignò nuovamente.

«Sbrigatevi, e non dimenticate il mio baule!».

[*]

«Può spiegarci per quale motivo abbiamo dovuto trasportare questa cosa, senza magia, fino a qui?!» sbuffò James, lasciando cadere il pesante baule sull'erba del prato davanti al castello.

Moody lo guardò con severità.

«Per farvi capire che non potete fare affidamento esclusivamente ad essa! Che succederebbe se veniste privati della bacchetta?».

«Peccato però che noi le bacchette le abbiamo, e che funzionino alla perfezione!» sbottò Sirius, il fiato corto per lo sforzo.

«Vorrà dire che la prossima volta mi assicurerò di requisirvele» replicò secco Moody.

Remus si tenne un fianco, cercando di riprendere a respirare normalmente.

«In che cosa consiste l'addestramento?» chiese.

Sirius annuì.

«Sa com'è... Vorremmo tirarci indietro prima di scoprire di dover indossare una calzamaglia rosa aderente» puntualizzò.

«Oh, nulla di così imbarazzante, non preoccuparti. Inoltre, il rosa non ti donerebbe affatto» ribatté scontroso Moody. «Voglio che mi diciate sinceramente in che cosa eccellete».

«Nel volo» rispose prontamente James.

«Negli incantesimi di difesa» gli fece eco Remus.

«Nell'attirare le ragazze» ghignò Sirius, facendo ridere i due amici.

Moody sbuffò infastidito.

«Molto divertente, Black... Ebbene, tutto - o meglio quasi tutto - quello che avete detto può tornarvi molto utile in battaglia. Ma questo non significa che dovete accontentarvi di padroneggiare solamente queste poche cose. Dovete sempre chiedervi: "C'è qualcos'altro che posso fare? Cos'altro può salvarmi la vita?". Se vi rendete conto che non c'è più nulla in cui eccellere, allora - e soltanto allora - il vostro lavoro sarà concluso. Ma badate bene: devo ancora incontrare il mago che ha smesso di imparare, o di migliorare ciò che già conosce».

Remus si guardò distrattamente i piedi.

«Beh, presumo che non mi farebbe male impegnarmi un po' di più in Pozioni. E' sicuramente qualcosa che può tornare utile, un domani...» mormorò, scrollando le spalle.

Moody si esibì in un sorriso sghembo.

«Finalmente metti in moto quel cervello che tutti mi hanno assicurato che possiedi, Lupin!» esclamò.

«Se Lunastorta si impegna con Pozioni, io posso fare lo stesso in Storia della magia. Conoscere la nostra storia e gli errori commessi potrebbe essere fondamentale per evitare di ripeterli» disse James, facendo spallucce.

La gioia di Moody sembrò aumentare.

«Davvero ottimo, Potter!».

Tutti si voltarono verso Sirius, che sospirò.

«Suppongo che impegnarsi in Erbologia non sarà così tremendo, in fondo...».

L'Auror batté le mani nodose.

«Perfetto! Ora che avete chiaro in mente un obiettivo, mi aspetto che impiegherete ogni vostra energia nel raggiungerlo. Impegnatevi, e tra qualche mese vedremo se siete in grado di mettere anche qualcosa di serio in quelle vostre teste da burloni incalliti».

Detto questo estrasse la bacchetta, la puntò sul baule - che si alzò levitando da terra - e si diresse verso i cancelli.

I tre rimasero imbambolati in mezzo al prato.

«E quel... Quel... Ci fa trasportare senza magia un baule enorme, riempito di chissà che cosa, fino a qui - e in piena notte! - per... Per...» mormorò James incredulo, fissando Moody allontanarsi nell'oscurità.

«Per dirci qualcosa che avrebbe potuto benissimo dirci nel nostro dormitorio?!» concluse Sirius, ugualmente scioccato.

«Deve aver perso la testa...» sbottò Remus, sbadigliando.

James lo imitò.

«Andiamo. Ho una partita tra meno di due ore, e ho decisamente bisogno di dormire un altro po'».

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Capitolo 49
*** capitolo 49 ***


«E il punteggio sale a centosettanta per Corvonero!» strillò Jason Jordan, sovrastando a fatica le urla di esultanza degli appartenenti alla Casa di Corvonero - intenti ad osannare il loro Cacciatore Phil Perry.

James Potter diede un potente colpo alla sua scopa, raggiungendo in un attimo il proprio portiere.

«Si può sapere cosa stavi guardando, Anne?! Non hai visto la pluffa?» esclamò, infervorato.

La ragazza boccheggiò disorientata.

«Ma… Ma io…» pigolò.

«Cerca di stare più attenta la prossima volta, o rivaluterò la tua presenza in squadra. Siamo intesi?» la interruppe il ragazzo.

Anne Young annuì rapidamente, e James volò verso gli altri due Cacciatori - anch'essi con un'espressione disorientata sul viso.

«E voi due! Pensate di riuscire a segnare ogni tanto, o aspettate sempre che lo faccia io al posto vostro?! Guardate che fare un paio di buoni tiri ad inizio partita non basta; bisogna continuare a farli anche per tutto il resto del gioco! Muoversi, muoversi! Voglio vedere risultati, e non quelle espressioni da tritoni lessi!» sbraitò, fissandoli alternativamente con uno sguardo infuocato.

Tra gli spalti, Sirius e Remus seguivano la partita con aria interessata, chiacchierando tranquillamente.

«James è di pessimo umore, stamane...» disse Remus, accartocciando l'involucro di una Cioccorana e offrendone una anche all'amico seduto accanto a lui.

Sirius l'accettò volentieri.

«Saresti di cattivo umore anche tu, se avessi una squadra che non rispetta i tuoi ordini, e che molto probabilmente ti farà perdere la partita» sbottò, staccando la testa della Cioccorana con un solo morso.

Remus fece spallucce.

«Non stiamo giocando cosi male, in fondo. E se Andrew dovesse prendere il boccino adesso, vinceremmo comunque con un buon vantaggio, mi pare...» disse, pratico.

Sirius lo guardò scioccato.

«Non stiamo giocando così male?! Remus, i punti che abbiamo segnato fino ad ora sfidavano ogni legge di natura!» esclamò.

Il licantropo ridacchiò.

«In realtà, mandare la pluffa in porta dopo che ti è rimbalzata sulla testa non è male...».

L'Animagus fece un gesto di stizza.

«Lasciamo perdere, sei un caso disperato» borbottò.

I due tornarono a seguire la partita, giusto in tempo per vedere Corvonero segnare di nuovo.

Sirius scosse la testa disperato, nascondendo il viso tra le mani.

«Se perdiamo, la squadra verrà letteralmente trucidata» esalò.

Remus ridacchiò di nuovo.

«Da chi? Da James o dalla McGranitt?»

«Da entrambi, temo. Ma se siamo fortunati… EHI, QUELLO E' UN FALLO BELLO E BUONO! ARBITRO, MUOVI QUEL…!».

Fortunatamente, le urla e i fischi di rimprovero e di sdegno dei tifosi Grifondoro coprirono il resto della frase.

Remus era impressionato.

«Wow, Sirius... Lidia lo sa che parli in questo modo?» chiese, interessato.

«Ma quello era fallo, Remus!» protestò l'Animagus, piccato.

«Sì, mi era parso di capirlo» replicò tranquillamente il licantropo.

Sirius fissò.

«Tu sei troppo calmo, Lunastorta» sbottò alla fine.

«E tu troppo agitato, Felpato. Stai tranquillo, Andrew prenderà il boccino da un momento all'altro».

«Ci siamo, gente! Corbins si getta in picchiata, seguito immediatamente da Styber. Sono testa a testa! Ecco che Corbins allunga la mano e... Sì! Andrew Corbins afferra il boccino d'oro, regalando la vittoria alla sua squadra! Grifondoro raggiunge il punteggio di duecentosettanta punti e si aggiudica la partita!» esclamò Jason Jordan dalla sua postazione, mentre diversi cori di festa esplodevano tutti intorno a lui.

Remus si alzò in piedi, pronto a lasciare lo stadio.

«Che ti avevo detto?» disse, pacato.

Sirius lo osservò a bocca aperta.

«Tu sei sicuro di non voler seguire un corso di Divinazione, una volta finita la scuola, vero? No, perché saresti fenomenale. Come accidenti facevi a sapere…» chiese, alzandosi a sua volta e seguendo l'amico giù dalle tribune.

Il licantropo scrollò le spalle.

«Conosco Ramoso, tutto qui. E so per certo che non avrebbe affidato a nessuno il ruolo di Cercatore, se questi non fosse stato come minimo il migliore in circolazione» replicò.

Sirius annuì piano.

«Suppongo tu abbia ragione, come sempre. Festeggi con noi in sala comune, vero?»

«Prima devo controllare insieme agli altri Prefetti e ai Caposcuola che gli sconfitti non creino disordine. Non dovrei impiegarci molto, comunque. In fondo non sono Serpeverde...».

Sirius gli batté una mano sulla spalla.

«Ci vediamo dopo, allora»

«Sì, a dopo».

[*]

«Corbins ha decisamente salvato la partita» disse Tonks, alle spalle di Remus.

Il licantropo si voltò verso di lei, sorridendo.

«Per nostra fortuna. Se avessimo perso, James sarebbe stato intrattabile per giorni» replicò.

Tonks lo raggiunse, ridacchiando.

«Tu non sei bravo a Quidditch?» gli domandò, incamminandosi con lui verso il castello.

Remus scosse il capo.

«Nel volo me la cavo discretamente, ma nel Quidditch sono davvero pessimo. A quanto pare le mie abilità sono altre. Che mi dici di te?» le chiese interessato.

La ragazza scoppiò a ridere.

«Stai scherzando, vero?»

«No, perché?» domandò il giovane, confuso.

«Come per te, non è il volo il problema: è tutto il resto. Al massimo potrei sostituire un bolide, e scagliarmi contro gli avversari» rise lei.

Anche Remus rise - solo per smettere quasi all'istante, nel timore che la sua ilarità potesse offenderla. Tonks, tuttavia, fece un vago gesto con la mano.

«Non preoccuparti. Chissà, forse se fossi meno sbadata avrei qualche possibilità... Anzi, no. Dimentica tutto. Ripensandoci, non sono poi così sicura che mi piacerebbe giocare a Quidditch» disse, decisa. «Pensaci: per giocare a Quidditch non dovrei essere una tale frana. Ma se non lo fossi, quella mattina non ti sarei finita addosso! Non ti avrei mai conosciuto di persona e non mi sarei potuta innamorare follemente di te. Di conseguenza non mi sarei mai dichiarata, tu non avresti fatto mai lo stesso…»

«Non essere tanto pessimista, Dora. Magari ci saremmo comunque incontrati, dopo tutto» la interruppe lui, facendo spallucce. «Essendo tu cugina di Sirius, prima o poi sarebbe accaduto, credo. Anche se temo che, se non fossi stata quello che sei, ai miei occhi non saresti stata molto diversa dalle altre studentesse presenti in questa scuola...».

Tonks inarcò un sopracciglio.

«E perché mai, scusa? Ti sei innamorato di una persona imperfetta e ne rifiuteresti una normale?» sbottò.

Remus le sorrise con aria divertita.

«Non è quello che hai fatto tu?» le chiese, interessato.

La ragazza si fermò, sempre più confusa.

«Non ti seguo».

Il licantropo si fermò a sua volta.

«Perché ti sei innamorata di me, Dora? Con un intero castello pieno di ragazzi normali, tu hai scelto proprio me. Perché?».

«Non si sceglie di chi innamorarsi» borbottò Tonks, corrucciata.

«Questo è vero. Ma si tende sempre a ricercare qualcosa nell'altro, Dora» replicò lui, piegando il capo da un lato.

Tonks esitò, ripensando a cosa l'avesse fatta innamorare di Remus.

«Beh, ti ho sempre visto così assorto, così misterioso... Non facevo che chiedermi per quale motivo un ragazzo come te fosse così deciso a non volere qualcuno al proprio fianco. Supponevo che il motivo fosse da ricercare nel tuo essere tanto amante dello studio, però... E il tuo essere sempre così riservato, così gentile con tutti, a volte persino triste... Mi dicevo che se un giorno, per puro miracolo, avessi avuto l'occasione di starti vicino - anche solo per poco tempo - avrei fatto di tutto affinché tu non smettessi mai di sorridere. Più un altro centinaio di motivi, ecco» mormorò in fretta, chiedendosi perché dovesse sentirsi tanto in imbarazzo a rivelargli quelle cose.

Remus la gratificò con un sorriso carico di affetto.

«Lascia che ti faccia un'altra domanda, Dora. Se non fossi quello che sono, e sai a cosa mi riferisco, proveresti per me gli stessi sentimenti che provi adesso?» domandò.

La ragazza parve spiazzata per un attimo.

Poi scosse nuovamente il capo con decisione.

«No. Credo di no» si corresse. «Se tu non fossi ciò che sei, probabilmente il tuo modo di porti con gli altri sarebbe differente. Non avresti forse alcuna remora ad accettare qualcuno al tuo fianco. Chissà, magari saresti persino uno di quei ragazzi che approfitta dell'effetto che ha sulle sue compagne per conquistarne il più possibile, semplicemente perché può. O persino uno di quei ragazzi che reputano le persone che non sono intelligenti come loro semplice spazzatura. Affascinante, certo, ma vuoto. E non penso di poter amare un tipo del genere» esalò alla fine.

Remus le sorrise di nuovo, avvicinandosi e intrecciando la propria mano con la sua.

«Vedi? E' questo che volevo dire: perché dovremmo accettare di stare con una persona all'apparenza perfetta, quando sono state proprio le nostre imperfezioni a farci innamorare?» le sussurrò saggiamente.

Ripresero a camminare uno affianco all'altra, senza parlare.

«Remus?» chiese dopo un po' Tonks, giocherellando con le loro mani ancora intrecciate.

«Sì?»

«Mi piace parlare con te. Le tue risposte non sono mai banali» ammise la ragazza.

Remus non poté evitare ad un nuovo sorriso di illuminargli il volto.

«E' perché tu non lo sei. Come possono esserlo, dunque, le tue domande?».

Il licantropo notò divertito come Tonks raddrizzò un po' di più le spalle, inorgoglita da un complimento non così velato - solo per poi mordersi il labbro e lanciargli un'occhiata di sottecchi.

«Grazie, però... Ehm...»

«Sì?» ripeté lui.

Tonks sospirò.

«La prossima volta possiamo parlare di cose meno profonde? Ripeto, mi piace intavolare questo genere di conversazione con te, ma... Ecco... Mi piacerebbe, ogni tanto, poter solamente parlare di quanto idiota sia stato uno dei nostri compagni, o di quanto noiosa sia stata la lezione di Storia della Magia» mormorò, di nuovo imbarazzata.

Remus scoppiò a ridere.

«Okay, promesso».

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Capitolo 50
*** capitolo 50 ***


«Immagino che al vostro dormitorio si festeggerà fino al mattino» disse Tonks, entrando nel castello.

Remus scrollò le spalle.

«E' probabile, sì. Ma sono quasi del tutto certo che la McGranitt farà il possibile per impedirlo. Per quanto amante a sua volta del Quidditch, dubito accetterebbe che tutti gli studenti della sua Casa rischino di arrivare in ritardo alle loro lezioni perché troppo stanchi...».

Tonks sospirò.

«Mi piacerebbe unirmi ai festeggiamenti per un po', ma ho davvero una valanga di compiti che mi aspetta. So che manca ancora qualche mese agli esami, ma preferisco iniziare a prepararmi prima dell'ultima settimana, capisci? Non mi va proprio di vanificare completamente gli sforzi fatti fino ad ora...»

Il licantropo annuì.

«Possiamo studiare insieme, se ti va. I M.A.G.O. non sono poi così lontani dai tuoi esami, e...»

«Lupin!».

Remus si voltò verso la professoressa Sprite, appena uscita da un'aula sulla destra.

«Che succede, professoressa?» chiese il ragazzo.

Dubitava che Sirius e James ne avessero combinata un'altra delle loro - erano troppo impegnati ad esultare per la vittoria.

«Due Corvonero del secondo anno devono scontare una punizione, questa notte» replicò sbrigativa la strega.

Remus e Tonks si scambiarono un'occhiata perplessa.

«Non posso dire che la cosa mi faccia piacere, professoressa. Tuttavia non capisco cosa...» iniziò il ragazzo, ma nuovamente la professoressa Sprite lo interruppe.

«Avrebbero dovuto scontarla sotto la sorveglianza del Capo della loro Casa, ma all'ultimo momento il professor Vitious si è trovato a dover portare a compimento un impegno improvviso».

Remus si grattò la testa, confuso.

«Mi spiace, ma continuo a non capire... Non è possibile spostare la punizione ad un altro giorno?» domandò.

La professoressa Sprite scosse il capo.

«Il professor Vitious ritiene che i due studenti possano benissimo essere supervisionati da uno dei Caposcuola o dei Prefetti».

Finalmente il licantropo capì dove la strega voleva arrivare.

«Come lei ben sa io sono un Prefetto di Grifondoro, professoressa... Non sarebbe affatto corretto, da parte mia, prendere il posto di uno di quelli scelti per rappresentare la Casa di Corvonero. Sono lusingato che si sia pensato a me, tuttavia...».

La strega scosse decisa il capo, interrompendolo per la terza volta.

«Non vi è alcun problema, Lupin. Il professor Vitious ha parlato personalmente con i Prefetti e i Caposcuola della propria Casa, e tutti si sono detti ben disposti a cederti il posto per questa notte».

Tonks, al fianco di Remus, nascose una risatina con un colpo di tosse: l'espressione del ragazzo era assolutamente comica.

«Molto gentile da parte loro...» borbottò Remus a denti stretti, prima di sospirare rassegnato. «In che consiste la punizione?».

La professoressa Sprite agitò una mano con noncuranza.

«Dovranno riordinare la biblioteca senza l'uso della magia».

Tonks emise un fischio sommesso.

«Però! Devono aver combinato un bel guaio per ottenere una punizione simile. La biblioteca è enorme!» sbottò.

La professoressa Sprite la guardò con una scintilla divertita negli occhi.

«Nulla in confronto a quelli che il tuo ragazzo e i suoi amici causano almeno quattro volte a settimana, Tonks» ammise, e Remus distolse lo sguardo imbarazzato.

La strega tornò a concentrare la propria attenzione sul ragazzo.

«Tu non dovrai fare altro che tenerli d'occhio e assicurarti che non usino la magia. La punizione inizia alle nove, così che non vi siano studenti ad ostacolare l'operato dei due ragazzi» disse, avviandosi verso il suo ufficio.

Ma Remus la richiamò.

«Il professor Vitious le ha detto per quale motivo ha pensato a me, anziché ad un altro dei Prefetti della scuola?».

La donna gli rivolse un sorrisetto divertito.

«Ha detto che così facendo avrebbe forse limitato i danni causati dall'euforia per la vittoria ottenuta alla partita. A quanto pare, ritiene che gestire due membri della vostra piccola banda sia meglio che dovervi gestire tutti e tre».

Tonks aspettò che la strega sparisse dietro l'angolo, poi scoppiò a ridere apertamente.

«Beh, pare proprio che non potremo studiare insieme, questa sera. Vorrà dire che sarà per la prossima volta».

Gli schioccò un grosso bacio sulle labbra.

«Non divertirti troppo, mi raccomando».

E con un'ultima risata sparì anche lei.

[*]

«Devi fare da balia a due studenti del secondo anno?! E per giunta di una Casa che non è la nostra?!» esclamò Sirius, scioccato.

«Perché mai Vitious ti ha incastrato in una cosa simile, scusa? Che lo chieda a quelli di Corvonero!» gli fece eco James.

Remus scosse il capo, rassegnato.

«Ti ho già spiegato il perché Vitious ha deciso di chiederlo a me, James...» ripeté.

Il Grifondoro sbuffò infastidito.

«Lo so, Remus. Tuttavia ritengo che le motivazioni fornite da Vitious siano troppo stupide per essere considerate autentiche, e di conseguenza sto cercando di capire quali siano quelle reali. Inoltre, come Caposcuola dei Grifondoro, giudico offensivo che sfrutti uno dei miei Prefetti, mentre quelli di Corvonero si godono la serata!».

Il mannaro preferì lasciar perdere, e anzi si alzò dalla comoda poltroncina accanto al fuoco.

«Beh, quando avrai trovato le motivazioni che cerchi, fammelo sapere. Nel frattempo, questo tuo Prefetto va a fare il proprio dovere».

James e Sirius si guardarono, poi si alzarono a loro volta in piedi e lo strinsero in un abbraccio eccessivamente fraterno.

«Ti penseremo sempre!» esclamò Sirius.

«Non sto andando incontro alla morte, sapete?» pigolò Remus, soffocato da quell'improvviso gesto d'affetto.

«E invece sì, a quella per noia» lo corresse James, liberandolo dalla propria stretta.

Remus si risistemò la divisa e lanciò un'occhiata ai due amici, che sembravano incapaci di trattenere due sorrisetti identici.

«Spiritoso... Ci vediamo più tardi».

[*]

«Che razza di sfortunaccia nera» borbottò Todd Lewis, chiudendo e passando un pesante volume intitolato: "Isolarsi contro ogni forma di accidente" all'amico Philip Coe.

«Come avete fatto a meritarvi una punizione del genere?» chiese Remus, seduto su uno dei tavoli con aria annoiata.

«Abbiamo fatto cadere un pentolone carico di Pozione Soporifera su Lumacorno» borbottò Philip, issando a fatica il volume sullo scaffale sopra la propria testa.

Il licantropo tentò invano di nascondere la propria risata con un colpo di tosse.

«Si è trattato di un incidente, oppure di un'azione volontaria?» chiese, interessato.

Todd scrollò le spalle.

«Un po' tutte e due. Noi volevamo colpirlo solo con qualche goccia, ma abbiamo perso il controllo, e...».

Remus annuì comprensivo.

«E il motivo? Sempre che possa chiederlo...» aggiunse.

Philip si scurì in volto.

«Continuava a ripetere che solo poche persone hanno le qualità necessarie per diventare abili pozionisti, o qualcuno "che conta" nel mondo magico. Maghi e streghe le cui famiglie possono vantare una linea di sangue pura e piena di magia. E noi due... Beh... Mio padre è contabile in uno studio notarile, e la mamma di Todd è commessa in un supermercato. Non veniamo proprio dalle famiglie purosangue tanto amate da Lumacorno...» mormorò, improvvisamente abbattuto.

Il licantropo non poté fare a meno di sentirsi infastidito dalle parole del professore, ma prima che avesse il tempo di dire la sua Todd lo interruppe.

«Ma immagino che tu la pensi esattamente come lui. Sei uno dei suoi preferiti, no? Di sicuro incarnerai alla perfezione ognuno dei suoi requisiti idioti...» sbottò, di malumore.

La risposta del mannaro sopraggiunse sotto forma di risata.

«Mi spiace dirtelo, ma hai sbagliato su tutta la linea».

Todd e Philip si guardarono l'un l'altro, confusi.

Remus sorrise gentile.

«Prima di conoscere mio padre, mia madre lavorava per un'agenzia di assicurazione, sono davvero pessimo in Pozioni, e di sicuro non diventerò "qualcuno che conta", una volta finita la scuola» elencò, divertito.

La confusione dei due ragazzi aumentò.

«Allora perché Lumacorno ti considera uno dei suoi studenti preferiti, scusa?» chiese Philip.

Remus scrollò le spalle.

«Lumacorno prova piacere nel collezionare studenti che siano famosi o dotati di un particolare talento - per poter poi brillare a sua volta per osmosi. E stupidamente ritiene che solo i Purosangue rispondano ai suoi requisiti. Ma si sbaglia. Prendete la mia amica Lily Evans, ad esempio. Lei è figlia di Babbani, eppure la sua bravura in Pozioni ha costretto Lumacorno a rivedere, anche se solo in minima parte, le proprie convinzioni. Per quello che riguarda me, penso di far parte di questa "collezione" solo perché mio padre era parecchio famoso, nel suo campo - oltre che una certa mia... particolarità» spiegò in tono vago. «E i miei amici... James è un campione di Quidditch e Sirius è uno degli ultimi discendenti dei Black. Ed entrambi sono brillanti, per la loro età. L'essere uno dei preferiti di Lumacorno, comunque, non cambia nulla. Innegabilmente si ha la possibilità di conoscere persone che un domani potrebbero avere successo... Ma niente e nessuno vi assicura che tali conoscenze vi torneranno utili o vi aiuteranno a farvi un buon nome all'interno della comunità magica. Pensate se, invece di diventare il nuovo Ministro della Magia, la persona conosciuta grazie a Lumacorno - magari la stessa con cui avete faticosamente creato un legame - diventasse un Mangiamorte, o addirittura il prossimo Mago Oscuro! Credete davvero che l'essere suoi amici influirebbe positivamente sulla vostra vita? Accettate un consiglio: dimenticatevi di Lumacorno e delle sue assurde feste, o delle sue errate convinzioni sul sangue puro. Coltivate invece le vostre passioni; siate voi stessi. E quando sarete i migliori in ciò che farete, sarà lui a venire a cercarvi. Non può farne a meno: è come una falena attratta dalla luce».

Guardò l'orologio, saltando poi giù dal tavolo su cui era ancora seduto.

«Sapete una cosa? Alla luce dei fatti, ritengo che questa punizione sia profondamente ingiusta. Quindi ho deciso di porvi fine all'istante» disse, estraendo la bacchetta dalla cintura.

I due Corvonero sgranarono gli occhi.

«Vitious ha detto che non dobbiamo usare la magia!» gli fece eco Todd.

Il mannaro rivolse loro un'occhiata malandrina.

«Ecco perché sono io a fare l'incantesimo. A me nessuno ha vietato nulla» ghignò.

E in un sol gesto i libri dell'intera biblioteca si disposero ordinatamente sugli scaffali.

Concluso il lavoro, Remus rimise la bacchetta al suo posto e si guardò intorno soddisfatto.

«Non smetterò mai di dirlo: i professori si fidano troppo di me».

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Capitolo 51
*** capitolo 51 ***


«Non è saggio lasciarvi tornare al vostro dormitorio da soli. L'umore di Gazza è peggiore del solito, stasera... Probabilmente per l'esuberanza dei miei compagni» disse Remus, uscendo dalla biblioteca con i due ragazzi.

Todd annuì, ma Philip sbuffò infastidito.

«Peccato però che sfoghi il suo pessimo umore solo su alcuni...» borbottò.

«Che vuoi dire?» chiese il licantropo, interessato.

Il ragazzo scrollò le spalle.

«C’è sempre un gruppetto di Serpeverde che gira per il castello. Almeno un paio di notti al mese. Si riuniscono nella vecchia aula di Babbanologia al quinto piano, e vi restano fino all'alba. Ma Gazza non se la prende mai con quelli là, ovviamente...» sbottò di malumore.

Remus si accigliò.

«Sono del vostro anno?» domandò.

Todd fece un gesto vago con la mano.

«Figurarsi. Sono come minimo al sesto o al settimo» replicò.

Remus non parlò per un po', affondando le mani nelle tasche.

«Non sapete che fanno, all'interno dell'aula?» chiese alla fine.

Philip emise uno sbuffo divertito.

«E chi ha mai provato a spiarli?! Non ci vuole certo un genio per capire che sono pericolosi...».

Todd esitò, guardandosi intorno nervoso.

«Noi… Noi crediamo che possano essere Mangiamorte» sussurrò velocemente.

«Ovviamente sappiamo che non è credibile... Ma in fondo siamo in guerra, no? Chi ci assicura che Tu-Sai-Chi non abbia iniziato ad arruolare i suoi seguaci mentre sono ancora studenti? Insomma... Chi penserebbe mai che ragazzi di appena sedici e diciassette anni facciano già parte di un esercito?» aggiunse Philip, temendo che Remus li considerasse solamente due sciocchi dotati di una fervida immaginazione.

Ma il ragazzo più grande sembrò prendere incredibilmente sul serio le loro parole.

«Ne avete parlato con un professore, o addirittura con Silente?» chiese, serio.

I due si scambiarono un'occhiata, spostando il peso da un piede all'altro.

«Beh, no... Le nostre sono accuse molto gravi, e non abbiamo certo delle prove!» mormorò Todd, imbarazzato.

Remus annuì.

«Allora è meglio che qualcuno dia un'occhiata. Giusto per assicurarsi che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ora vi accompagno al vostro dormitorio, e poi vedrò di fare un salto nell'aula di Babbanologia».

Philip e Todd sgranarono gli occhi.

«Sei impazzito?!» sussurrò Philip, scioccato.

Il mannaro scosse il capo.

«Tranquilli, so come non farmi scoprire. Inoltre, è necessario che i vostri sospetti vengano verificati».

Todd si grattò la nuca.

«Contento tu... Ma se ti prendono noi non ti abbiamo detto nulla, okay? Non vogliamo rischiare di finire in guai più grossi di noi».

Remus annuì.

«Sarò muto come un pesce».

[*]

Remus sapeva che andare da solo nella vecchia aula di Babbanologia probabilmente non era una buona idea; ma dopo un veloce ragionamento era giunto alla conclusione che quella fosse l'unica soluzione possibile: tra gli studenti Serpeverde del sesto anno non c’erano solo giovani senza nome né volto, ma anche Regulus, il fratello di Sirius. Se avesse fatto ritorno al proprio dormitorio per chiedere a James di accompagnarlo in un misterioso incontro tra Serpeverde, di certo Sirius avrebbe insistito per seguirli. Una decisione davvero pessima, nel malaugurato caso in cui Todd Lewis e Philip Coe avessero avuto ragione sul conto di quelli che frequentavano tanto assiduamente - e segretamente - quell'aula... Era molto meglio verificare di persona, prima di allarmare inutilmente l'amico.

Disilludendosi in un angolo, si disse, avrebbe potuto seguire quanto accadeva senza essere scoperto - e se avesse visto che la situazione degenerava, sarebbe di corsa andato ad avvisare gli altri.

Sperò solo che il gruppetto si sentisse abbastanza tranquillo da non fare alcun incantesimo di controllo.

Per i professori ci sarebbe stato tempo.

[*]

Dopo diverse ore trascorse pressoché immobile con le orecchie ben tese e pronte a cogliere il minimo rumore, Remus si convinse che probabilmente quella non fosse la notte giusta per smascherare un gruppo di presunti Mangiamorte, e che fosse giunta l'ora che anche lui facesse ritorno al proprio dormitorio.

Ma improvvisamente la porta della classe si aprì con cautela - bloccando sul nascere le intenzioni del giovane.

Meno di un istante dopo, sei persone entrarono silenziosamente nell'aula.

Remus riconobbe facilmente Alecto e Amycus Carrow, Wilkes, Travers, Pyrites e - con una spiacevole morsa allo stomaco - anche il più giovane dei fratelli Black.

Anche se tentava di nasconderlo, si vedeva lontano un miglio che il ragazzo era terrorizzato di trovarsi in quella stanza insieme a studenti dalla nomea tanto pessima.

«Allora, sei pronto?» sibilò Travers.

«Certo» rispose Regulus, cercando di apparire più sicuro di quanto non fosse in realtà.

Wilkes emise uno sbuffo ironico.

«Sicuro di non fartela addosso, moccioso?» ghignò.

Gli occhi di Regulus si animarono di un nuovo fuoco.

«Non trattarmi come un bambino!» sibilò.

Alecto ridacchiò.

«Oooh, guardatelo! Vuole fare l’adulto!» disse, con finto affetto.

«Vogliamo cominciare?» sbottò Pyrites, e gli altri annuirono decisi.

«Bene, Black... Devi essere completamente sicuro di quello che stai per accettare. Il Signore Oscuro non ama i traditori, e noi nemmeno» continuò poi il ragazzo, rivolgendo a Regulus un'occhiata penetrante.

«E' sicurissimo. Ora prosegui» sbuffò Amycus.

Ma Pyrites scosse il capo.

«Deve dirmelo lui, Carrow» ringhiò.

Amycus si voltò verso Regulus, che da parte sua era tornato a concentrare la sua attenzione sul pavimento.

«Non vorrai disonorare la tua famiglia come ha fatto quel viscido ingrato di tuo fratello!» gli soffiò, maligno.

Regulus alzò lo sguardo sui propri compagni, le guance chiazzate di rosso.

«Certo che no!» esclamò bruscamente.

Travers lo afferrò malamente per il braccio.

«Allora rispondi come si deve» ringhiò.

Regulus all'inizio parve tentennare, ma alla fine annuì lentamente.

«Sì, sono sicuro» rispose a Pyrites.

Anche quest'ultimo annuì, estraendo poi la bacchetta magica.

«Ottimo, allora non resta che una cosa da fare...».

«Aspetta!» esclamò Alecto Carrow, facendosi avanti e impedendo così - inconsapevolmente - a Remus di vedere quello che stava accadendo tra Pyrites e Regulus.

Il mannaro avrebbe volentieri imprecato, ma si trattenne. Farlo - così come il tentare di spostarsi per avere una nuova visuale - avrebbe certamente significato farsi scoprire.

«Perché dovresti farlo tu?» continuò la ragazza, seccamente.

Pyrites le scoccò un'occhiata sprezzante.

«Hai intenzione di far entrare uno dei nostri compagni qui a scuola, Carrow? Con tutte le misure di sicurezza aggiuntive imposte dal nostro caro preside amante dei Babbani e da quegli sciocchi del Ministero della Magia? Usa il cervello!».

Alecto sembrò piccata.

«Non sono così stolta! Voglio solo essere io a farlo. In fondo, lo sanno tutti che ho una particolare predisposizione in questo genere di cose...» ghignò, una scintilla maligna negli occhi.

Pyrites rimise la bacchetta al suo posto con uno sbuffo annoiato.

«Come vuoi. Ma sbrigati. Non voglio stare qui tutta la notte» disse, indifferente.

Remus cercò di muoversi lentamente lungo il muro. Di qualunque cosa stessero parlando quei due, di sicuro non era nulla di buono...

Il grido - seppur sommesso - che Regulus emise meno di un secondo più tardi lo scioccò e lo sorprese a tal punto che urtò una sedia con il piede, spostandola di qualche centimetro. Fortunatamente, nessuno dei Serpeverde parve notarlo - perché troppo impegnati a ridere della reazione del giovane.

«Strilla come una femminuccia!» esclamò Travers, tra le risa.

«Può urlare come più gli piace. L’importante è che nessuno lo abbia sentito» ribatté secco Wilkes.

Diverse risate più tardi, il gruppetto uscì dalla classe, lasciando Remus da solo.

Toltosi l'Incantesimo di Disillusione, questi rimase per qualche istante immobile - quasi che non fosse più in grado di muoversi: aveva appena assistito alla nascita di Regulus Black come nuovo Mangiamorte, ne era sempre più certo.

“E quel che è peggio, è che non ho la più pallida idea di come dirlo a Felpato".

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Capitolo 52
*** capitolo 52 ***


Il licantropo non seppe per quanto tempo rimase seduto su quella sedia, prima di trovare il coraggio di alzarsi e tornare al proprio dormitorio per affrontare Sirius.

Gettò un'occhiata fuori da una delle immense finestre del corridoio: era appena l'alba.

"Avrà proprio un bel risveglio..." pensò Remus amareggiato.

[*]

«Sirius... Svegliati, devo parlarti» disse una voce che somigliava tremendamente a quella di Remus, e il ragazzo si sentì scuotere.

Per tutta risposta si arrotolò ancora di più nelle proprie coperte. Qualsiasi cosa dovesse dirgli quel lupastro da strapazzo, poteva attendere ancora qualche ora.

Una nuova scrollata, e la voce sembrò farsi più urgente.

«Sirius, è importante!».

L'Animagus sbuffò infastidito.

«Lunastorta, ho sonno! Di qualunque cosa si tratti, ne parleremo più tardi, va bene? Vattene a dormire anche tu, e smettila di scocciarmi» brontolò, gli occhi ancora ostinatamente chiusi.

Sentì l'amico emettere un sospiro tremante.

«Per favore, Sirius... E' davvero importante».

Alla fine - con un nuovo sbuffo contrariato - Sirius si mise seduto sul proprio letto, scoccando un'occhiata scocciata a Remus e sistemandosi una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio.

«Avanti, che c'è? Non riesci più a ricordare come si bacia una ragazza?» sbottò di malumore, notando come l'espressione sul volto dell'amico non lasciasse presagire niente di buono...

Senza alcun motivo apparente, Sirius sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Conosceva quello sguardo...

«Che è successo, Remus?» chiese, senza più scherzare.

Il licantropo lo fissò per un istante negli occhi.

«Regulus».

Un nuovo brivido corse lungo la schiena dell'Animagus.

«Che c’entra ora…» iniziò cauto.

Remus parve esitare.

«Ricordi che stanotte dovevo sorvegliare quei due del secondo anno?».

«Certo» annuì Sirius.

«Mentre li riportavo al dormitorio, dopo la punizione, mi hanno accennato al fatto che un gruppo di Serpeverde del sesto e del settimo anno si incontrano un paio di notti al mese nella vecchia aula di Babbanologia giù al quinto piano. Sai qual è, no? Quella accanto al quadro di Sir Percival…»

«Vai avanti» lo interruppe Sirius, ormai completamente sveglio.

Il licantropo deglutì.

«Beh, allora ho... Ho deciso che sarebbe stato meglio dare un’occhiata, dato che i due ragazzi mi avevano espresso il loro timore che gli appartenenti a quel gruppo fossero Mangiamorte, per quanto giovani. Mi sono detto che se noi abbiamo potuto entrare a far parte dell'Ordine, perché altri non possono aver scelto di schierarsi anticipatamente dalla parte di Voldemort?»

«Ebbene?» chiese l'Animagus, impaziente.

Remus giocherellò con un filo del proprio maglione.

«Sono rimasto disilluso in un angolo dell'aula per un bel po', ma non è arrivato nessuno. Alla fine, quando ho deciso di andarmene, ho sentito un rumore, così sono rimasto. E... Beh...».

Deglutì nuovamente. Era più complicato di quanto credesse...

«Il gruppetto cui mi avevano accennato i due ragazzi è arrivato. C'erano i Carrow, Pyrites, Wilkes, Travers e...»

«...E?» lo incitò Sirius, anche se in cuor suo già conosceva la risposta.

Remus sospirò sconfitto.

«E Regulus».

Il dormitorio cadde nel silenzio per qualche secondo, poi Sirius si schiarì la gola.

«Magari era solo uno dei loro incontri idioti. Di quelli per organizzare qualche tiro mancino ai danni degli altri studenti. Non è detto che il gruppetto che hai visto tu sia lo stesso a cui si riferiscono quei due Corvonero» disse brusco.

Ma il licantropo scosse il capo.

«No, Sir. Vorrei che fosse così, ma...».

Gli raccontò nel dettaglio quello che aveva visto - e sentito - meno di un'ora prima.

«Non ho idea di cosa Alecto abbia fatto a tuo fratello, Sirius. Ma a giudicare dall'urlo di Regulus di sicuro non si è trattato di un "normale" Voto Infrangibile. Di una cosa sono certo, però: qualsiasi cosa sia, secondo Pyrites è il suggello alla decisione di diventare un Mangiamorte» concluse, dispiaciuto.

Sirius non parlò per un po', poi si alzò di scatto e si diresse alla porta.

«Ora quel demente mi sente!» ringhiò.

«No, fermo!» esclamò Remus trattenendolo - non certo con poca fatica.

«Lasciami, Lunastorta!»

«Non serve a niente, ormai è già…».

Con un ultimo strattone Sirius si liberò e uscì sbattendo la porta.

«…Uno di loro» finì Remus, con un sospiro.

«Stavolta Regulus si è davvero cacciato nei guai».

Il licantropo si voltò, vedendo la propria preoccupazione riflessa negli occhi di un James Potter completamente sveglio.

[*]

Doveva trovare quel… Quel degenerato! Che diavolo gli era saltato in mente di unirsi ai Mangiamorte?!

Sirius correva a perdifiato per i corridoi del castello, incurante delle proteste dei quadri per il chiasso provocato dal suo passaggio, della presenza di Gazza o di quella sua stupida gatta. Che provassero a fermarlo; avrebbe dato una lezione anche a loro!

L'Animagus si fermò un istante a pensare. Dove poteva trovarsi il fratello, a quell'ora?

Supponendo che dopo la gita notturna il fratello avesse deciso di rimanere solo, Sirius si avviò a passo spedito verso il bagno abitato da Mirtilla Malcontenta - che era rinomatamente un luogo dove nessuno entrava mai, proprio per evitare fastidiosi incontri con il fantasma della ragazza.

Arrivò pochi minuti più tardi, bloccandosi tuttavia nuovamente: e se non fosse stato lì? Se fosse invece tornato al suo dormitorio, dove lui non aveva idea di come entrare?

Il ragazzo scrollò le spalle in un gesto di stizza. Al diavolo, si disse. Se quello fosse stato il caso, avrebbe buttato giù l'ingresso alla sala comune dei Serpeverde con la magia.

«Puoi entrare: è lì dentro» risuonò una voce dietro di lui.

Voltandosi, Sirius trovò Remus e James - che stava rimettendo la Mappa del Malandrino in tasca.

«Noi saremo qui fuori» mormorò quest'ultimo serio, e Sirius annuì riconoscente.

[*]

Trovò Regulus in un cubicolo poco lontano dalla porta. Il ragazzo sembrava alquanto scosso, e alla vista del fratello maggiore balzò in piedi.

«Che fai tu qui?» chiese brusco.

Per tutta risposta Sirius lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori.

«Seguimi. Io e te dobbiamo fare un discorsetto» ringhiò.

«Lasciami andare immediatamente!» replicò Regulus, cercando inutilmente di divincolarsi.

Sirius rafforzò la presa sul braccio del fratello, e lo fissò dritto negli occhi.

«Ora tu vieni con me e non fai storie, o quanto è vero che mi chiamo Sirius Black ti muro vivo dentro al water! Chiaro?» sibilò.

Il più giovane annuì lentamente, e poi seguì il fratello fuori.

L'Animagus fece un cenno a James e Remus, ancora fermi nel corridoio.

«Andate pure, me la vedrò da solo con lui» disse, e i due si allontanarono.

[*]

Sirius spinse con poca delicatezza il fratello dentro alla Stanza delle Necessità, per l’occasione trasformata in una saletta da tè.

«Che vuoi da me?» chiese immediatamente Regulus, sistemandosi il pigiama.

Sirius sgranò gli occhi incredulo.

«Che voglio…? Scherzi, vero?!».

Regulus lo guardò sprezzante.

«No, non scherzo affatto. Piombi in un bagno delle ragazze abbandonato come una furia, mi trascini in una stanza senza capo né coda, minacci di farmi Merlino solo sa cosa e pretendi anche che io sappia cosa vuoi da me?».

Sirius emise uno sbuffo incredulo.

«Mi pare evidente, Regulus»

«Beh, non lo è! Cos’è questa improvvisa voglia di parlarmi? Sentivi forse la mancanza di un vero fratello?» chiese freddo.

L'Animagus scosse il capo.

«Non sono io a dover dare delle spiegazioni, ma tu! E in quanto tuo fratello maggiore...».

Stavolta fu Regulus ad emettere un verso a metà tra l'incredulo e il divertito.

«Da quando ti consideri mio fratello?» chiese interessato.

«Da quando ho visto che come figlio unico fai solo sciocchezze!» ribatté Sirius con un nuovo ringhio.

Regulus alzò gli occhi grigi al cielo, sbuffando.

«Si può sapere di che diavolo parli?».

Sirius gli si avvicinò tanto che i loro nasi quasi si toccarono.

«Parlo dell'ultimo club a cui ti sei unito questa notte. Non è la madre delle sciocchezze, questa?» sibilò.

Il ragazzo più giovane indietreggiò.

«Come l’hai saputo?» mormorò, nervoso.

«Ho le mie fonti».

Regulus emise un nuovo verso divertito.

«Già, immagino...» sbottò.

Sirius incrociò le braccia al petto, fissando il fratello minore con insistenza.

«Allora? Si può sapere che ti è saltato in mente?» chiese nuovamente.

Regulus fece spallucce.

«Qualcuno doveva pur risollevare il nome della famiglia davanti al mondo magico» rispose piano.

L'Animagus non poté evitare di spalancare la bocca, scioccato.

«E unirti ai Mangiamorte lo definisci “risollevare il nome della famiglia”?!» esclamò, passandosi una mano tra i capelli, incredulo. «Merlino, quei due devono proprio averti fatto il lavaggio del cervello...».

Regulus, punto sul vivo, si fece nuovamente avanti.

«I nostri genitori ci vogliono bene, Sirius - anche se a loro modo! Sei tu che sei sbagliato! Non hai mai apprezzato ciò che mamma e papà hanno fatto per noi sin dal giorno della nostra nascita!».

Sirius era semplicemente esterrefatto.

«Tu devi essere impazzito, Regulus... Walburga e Orion Black non hanno fatto altro che crescerci come assassini, criminali... Mangiamorte! Tu questo lo reputi un volerci bene?!»

«E’ la sola forma di affetto che ho ricevuto da quando sono nato!» urlò Regulus, affannato come dopo una lunga corsa. «Nessuno mi ha mai detto che quello che facevano - che ancora fanno - era sbagliato! L’unico che poteva farlo, l’unico che poteva dimostrarmi che quello che accade in quella casa è sbagliato, è scappato ancor prima di compiere sedici anni per andare a vivere dall’amico del cuore! Non hai lasciato solo mamma e papà, Sirius. Tu hai abbandonando anche me!».

Sirius tentò di parlare, ma Regulus non glielo permise.

«Tu non sai com’è stato vivere in quel posto dopo che te ne sei andato! Mamma e papà continuavano a dirmi che avrei dovuto risollevare il buon nome della famiglia; che tu avevi tradito chi ti aveva dato la vita! Ero da solo contro entrambi, che avrei dovuto fare?!» esclamò, la voce che gli tremava.

Per anni aveva taciuto il dolore di essere stato lasciato indietro, ignorandolo e permettendogli di crescere e di impossessarsi di lui.

«Potevi scappare! Come ho fatto io, come ha fatto Andromeda!» replicò Sirius con veemenza.

Il ragazzo più giovane emise una risatina nervosa.

«Per andare dove? Andromeda aveva suo marito e tu i tuoi amici. Da chi potevo andare io? Da chi avrei potuto cercare quell’affetto che nessuno era mai stato capace di darmi?»

«Avresti potuto venire con me, Regulus! Potevi seguirmi!».

Regulus scosse il capo, un ghigno sprezzante sulle labbra e gli occhi lucidi.

«Per te è sempre tutto semplice, vero? Tu non sei Serpeverde, Sirius. Non sei a stretto contatto con la tua famiglia - o con i figli dei suoi amici - anche qui a Hogwarts, in ogni momento della giornata! Hai una vaga idea di quello che mi avrebbero fatto, se fossi scappato con te?» sputò. «Quando i nostri genitori mi hanno... Suggerito di unirmi al Signore Oscuro, non ho potuto fare altro che assecondarli. Era così, oppure mi avrebbero punito. E tu sai bene quello che loro intendono per punizione... L'hai provato sulla tua pelle tante volte».

Sirius non osava aprire bocca, conscio che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata quella sbagliata.

Regulus aveva ragione: per lui era sempre stato tutto troppo facile. Era un Grifondoro, e una volta fuggito da casa non aveva avuto alcun problema a tornare a scuola. Era libero di fare ciò che voleva...

Tuttavia, guardando il fratello uscire dalla stanza a testa bassa, scoprì con una dolorosa fitta al cuore che per una volta non avrebbe ottenuto quello che desiderava: la libertà del fratello.

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Capitolo 53
*** capitolo 53 ***


Lidia non riusciva a credere a quanto il proprio ragazzo le stava dicendo.

«Ma... Hai provato a convincerlo a fare un passo indietro?» chiese.

Sirius si passò una mano sugli occhi chiari.

«Regulus non aveva intenzione di diventare un Mangiamorte, Lidia. L’ha fatto solo per far felici quei due… Non ha bisogno di essere convinto a cambiare idea» sospirò.

Lily, che girava senza sosta sul tappeto del rifugio ormai da diversi minuti, si spostò nervosamente i capelli fulvi dagli occhi.

«Dobbiamo assolutamente fare qualcosa» mormorò.

«E cosa? Mandare un gufo a Voldemort per chiedergli di restituirci Regulus?» replicò James sconfortato.

«Diciamolo a Silente. Lui saprà che cosa fare, no?» suggerì Tonks.

Pur non avendo mai scambiato una parola con Regulus, la ragazza non poteva ignorare il fatto che il cugino non si fosse mai schierato dalla parte di coloro che la vessavano per i suoi poteri, per il suo essere una Tassorosso, o per la famiglia a cui apparteneva. E a parte l'aver avvertito sua madre della sua relazione nascente con Remus, Regulus non aveva mai dato segno di interessarsi a lei, decidendo semplicemente di ignorarla. Una cosa che, per quanto crudele da fare, era pur sempre meglio del bullizzarla...

Remus scosse il capo.

«Temo che nemmeno lui possa fare un granché, stavolta. Inoltre, Regulus ha ragione: se anche riuscissimo in qualche modo ad allontanarlo dai Mangiamorte, non potremmo fare lo stesso dai Serpeverde. Ricordiamoci che dovrà rimanere qui a scuola un anno in più di noi. E allora sarà vulnerabile...».

«Anche io rimarrò qui un anno più di voi, Remus. E se Silente non potesse davvero fare nulla per Regulus, io potrei benissimo portare avanti qualsiasi piano dovessimo riuscire ad escogitare per tenerlo fuori da quel giro...» propose Tonks.

Sirius scosse il capo a sua volta.

«Non ce ne sarà bisogno, Tonks. Perché Silente dovrà proteggerlo!» esclamò.

Remus sospirò.

«Silente non può mettere la sicurezza dell'intera scuola in secondo piano per fare da balia a un sedicenne, Sirius».

Sirius lo fulminò con lo sguardo.

«Stai forse suggerendo di lasciar perdere? Di rinunciare?» ringhiò.

James anticipò la risposta del licantropo.

«Assolutamente no, Felpato. Remus sta semplicemente dicendo quello che tutti - tu compreso - sappiamo: e cioè che Silente non può concentrare tutte le sue forze sulla protezione di una sola persona. Per questo penso che Tonks abbia ragione: abbiamo bisogno di trovare da soli un piano a lungo termine» disse.

Lidia annuì.

«E se dovessimo sbagliarci, e Silente dovesse accettare di aiutarci... Ben venga! Regulus si ritroverebbe a godere di una protezione fornita dai nostri sforzi combinati a quelli del preside» aggiunse decisa.

Lily si morse il labbro.

«Non dimentichiamoci, però, che Silente potrebbe decidere di espellere Regulus. Fuori da Hogwarts non sarebbe di certo più al sicuro, di questi tempi...».

Sirius si alzò in piedi.

«E' un rischio che dobbiamo correre, Lily. E se davvero mio fratello dovesse essere espulso, tanto di guadagnato! Vorrà dire che farò in modo di portarlo a casa mia prima che uno di quei pazzi della nostra famiglia possa trascinarlo nuovamente a Grimmauld Place. Non mi importa se per farlo dovrò infrangere ogni singola legge esistente» esclamò con aria combattiva.  

[*]

«Questo è quello che è accaduto, signore. E mi spiace enormemente ammettere che a nulla sono servite ore ed ore di conversazione: non siamo riusciti a trovare un solo modo per impedire che una simile follia abbia seguito. Per questo siamo qui: speravamo che lei potesse consigliarci» concluse Tonks.

Sirius, al suo fianco, annuì.

«Siamo disposti a tutto, signore. Anche ad accettare che mio fratello venga espulso per garantire la sicurezza della scuola. La prego solo di non consegnarlo al Ministero. So che si tratta di una richiesta pressoché impossibile da soddisfare, ma...». 

Silente sospirò.

«Quello che mi avete sottoposto non è un problema facile da gestire, ragazzi...» disse con aria grave.

Lidia annuì.

«Lo sappiamo, e ci dispiace coinvolgerla in questa situazione» mormorò.

L'anziano preside di Hogwarts si alzò in piedi ed iniziò a passeggiare dietro la propria scrivania, pensieroso.

«Pur accettando la vostra richiesta di non fare il nome del signor Black al Ministero, non posso non avvertirne i genitori...» disse.

Sirius sgranò gli occhi.

«Signore, se Regulus si trova in questo pasticcio parte della colpa è loro, oltre che mia. Chiamare quei due sarebbe come darlo in pasto agli sciacalli! L'unica cosa che gli rimprovererebbero sarebbe quella di essersi fatto scoprire! Lo convincerebbero che ciò che ha fatto è giusto, e mio fratello finirebbe solo per farsi ammazzare!» esclamò, una nota disperata nella voce.

Il quadro di Phineas Nigellus emise un verso sdegnato.  

«Definire gli appartenenti alla nobile e antica Casata da cui discendi degli sciacalli! Le nuove generazioni non comprendono davvero più l'importanza del portare rispetto, allora!».

Sirius lo fissò gelido.

«Personalmente trovo alquanto difficile portare rispetto a individui del genere, vecchio» sputò.

Lo sdegno di Phineas si intensificò.

«Frena quella lingua, sciocco giovinastro!» ribatté.

«Basta così ad entrambi» intervenne Silente, zittendoli.

Il mago si rivolse nuovamente ai tre giovani davanti a lui, guardandoli uno alla volta da sopra gli occhialetti a mezzaluna.

«Molto bene, vorrà dire che nessuno al di fuori di me, dell'Ordine e di voi saprà quanto è accaduto nella vecchia aula di Babbanologia. Sì, signor Black: questo significa che così come tuo fratello, anche i suoi compagni non verranno denunciati come Mangiamorte. Per il momento» aggiunse, vedendo l'espressione del ragazzo. «Se indicassi i nomi di quei giovani al Ministero prima della conclusione della loro istruzione, signor Black, uno di essi potrebbe facilmente dimenticare la fedeltà giurata ai propri compagni e denunciare tuo fratello. Come ho detto a te e al signor Potter quando si è presentato il dilemma del rivelare o meno al Ministero del vostro essere Animagi... Bisogna agire con cautela».

Sirius non seppe cosa dire, così fu Tonks a prendere la parola.

«Che possiamo fare allora, professore? Mancano ancora diversi mesi solo alla fine di quest'anno. E Regulus dovrà - nella migliore delle ipotesi - trascorrerne, come me, un altro qui al castello...».

Silente tornò a sedersi. Sembrava incredibilmente stanco.

«Dovrete tenere gli occhi ben aperti e cercare in tutti i modi di allontanare il signor Black dai membri più pericolosi della sua Casa. Non disdegnate di utilizzare appieno il vostro ingegno e ognuno dei mezzi di cui disponete. Ritengo, infatti, che se la causa è giusta uno strappo alle regole può - e deve - essere fatto. Se riuscirete a farlo apparire inaffidabile agli occhi dei suoi compagni - magari a causa del fatto che si trova sempre in punizione quando invece dovrebbe riunirsi con loro - questi potrebbero decidere di "relegare" il signor Black ad un ruolo minore, ritenendolo ben poco utile ai loro scopi» disse.

«Così, nell'ipotesi in cui il suo nome venga fatto, nessuno potrebbe accusarlo di aver partecipato ad alcuna azione sul campo...» realizzò Lidia, stupefatta.

«Esattamente, signorina Rosie. In questo modo, inoltre, il processo di "distaccamento" da parte dell'Ordine sarà notevolmente più semplice» annuì Silente, prima di fissare negli occhi Sirius. «Nel frattempo io avvertirò Alastor di tenere entrambi gli occhi ben fissi sugli appartenenti al gruppetto di cui mi avete parlato. Con l'attenzione di un Auror focalizzata su di loro, dubito che proveranno a compiere qualcosa di più pericoloso di un atto di bullismo - per quanto crudele possa esso essere ai danni delle loro vittime».

«La ringrazio, signore. Davvero, la ringrazio infinitamente» disse l'Animagus, riconoscente.

[*]

«Ebbene?» chiese Lily, non appena i tre ragazzi raggiunsero lei e gli altri sotto al faggio in riva al lago.

Lidia riferì ogni parola che il preside aveva detto loro, e la ragazza sospirò di sollievo.

«E' più di quanto ci aspettassimo» ammise James.

Remus si grattò il mento, pensieroso.

«Ora non ci resta che trovare un modo per dividere tuo fratello dai suoi nuovi amici, Sirius...» mormorò.

Sirius si lasciò cadere seduto a terra.

«Vorrei proprio sapere come... Chissà, potremmo legare ed imbavagliare Regulus, nasconderlo in una torre come una fanciulla in pericolo e mettere sempre uno di noi di guardia» sbuffò.

James gli rivolse un sorriso carico di malizia.

«Lo sai, Felpato? Non è affatto una cattiva idea...». 

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Capitolo 54
*** capitolo 54 ***


Benché San Valentino fosse ormai alle porte, i Malandrini erano troppo impegnati a trovare un modo per tenere Regulus il più lontano possibile dai suoi nuovi amici per potersene preoccupare adeguatamente. Si erano ripromessi di non avere alcuna pietà, di utilizzare anche i metodi più subdoli pur di riuscire nel loro intento. Erano pronti perfino a costringere Regulus a finire in punizione fino alla fine dei suoi giorni da studente...

[*]

«Purtroppo non possiamo fare nulla prima di San Valentino. Non con gli occhi di tutte le studentesse puntati addosso!» sbottò Sirius di malumore.

James si lasciò cadere sulla sedia accanto all'amico.

«Stavo pensando la stessa cosa, Felpato. Ora come ora non abbiamo la benché minima libertà di movimento...» gli fece eco.

Fecero entrambi un vago gesto di saluto alle loro compagne, tutte voltate verso di loro con sorrisi smaglianti.

Sirius sbuffò, posando la testa sulle braccia.

«Remus come sta? Con tutto quello che sta succedendo, stamane non ho avuto il tempo di andare a trovarlo in infermeria» chiese dopo un po'.

James lo imitò, gettando uno sguardo annoiato alla lavagna su cui Vitious aveva segnato l'argomento della lezione.

«Vivrà un altro giorno per rimproverarci di quanto poco stiamo attenti in classe» sospirò, prima di continuare con un sussurro piccato: «Ma sul serio, dovreste darvi entrambi una calmata. Ho ancora il bernoccolo procuratomi nel tentativo di separarvi...».

Sirius fece spallucce.

«Tensione nervosa repressa, che vuoi farci...».

James si guardò intorno con circospezione.

«Sì, però quest'anno capita spesso che voi due abbiate della "tensione nervosa repressa", Felpato. Non mi piace che continuiate a stuzzicarvi in questo modo. E non solo durante le nostre gite notturne» precisò.

Di nuovo Sirius fece spallucce.

«Sono solo più suscettibile alle azioni e alle frasi sospette. Voglio dire... Guarda cos'è accaduto con quel ratto schifoso. Non ci tengo proprio a fare il bis, e nemmeno tu, immagino. Soprattutto non ora che le cose si stanno facendo più pericolose per tutti» disse con aria tranquilla.

James lo fissò a lungo.

«Non vorrai dirmi che ora sospetti che anche Remus stia dall'altra parte» mormorò incredulo.

Sirius sospirò.

«Senti, dico solo che dobbiamo fare attenzione a chi ci sta vicino, okay? Specie se quel qualcuno è naturalmente predisposto a prendere certe posizioni...».

Il richiamo del professor Vitious impedì a James di ribattere.

[*]

L'arrivo della vigilia di San Valentino sembrò infondere una strana agitazione in tutto il castello. In ogni corridoio, aula o bagno le ragazze di tutte le età e Case si radunavano in gruppetti, bisbigliando segretamente tra loro e prorompendo di tanto in tanto in qualche risatina civettuola. Anche l'osservatore più distratto avrebbe intuito che il loro intento era uno e uno soltanto: conquistare il cuore delle loro prede - che queste ultime lo volessero o meno.

[*]

Tonks, Lily e Lidia camminavano spedite per i corridoi.

La Metamorfomagus, a disagio, non faceva che voltarsi indietro a studiare la strada appena percorsa.

«Che succede, Tonks?» chiese Lily, dopo averla osservata per un po'.

Tonks gettò un'altra occhiata alle proprie spalle, sempre più nervosa.

«Magari è solo una mia impressione, ma…»

«Ma?» la sollecitò Lidia, interessata.

Tonks scrollò le spalle.

«Ma mi sento osservata, ecco. Persino studiata» ammise.

Lidia e Lily risero.

«Oh, quello» disse Lily con un sorriso.

«Certo che sei osservata e studiata» le fece eco Lidia.

Tonks sgranò gli occhi.

«Come?!» riuscì a dire.

Lily rise di nuovo.

«Tonks, domani è San Valentino. Una buona parte delle ragazze presenti in questa scuola non ha che un unico obiettivo per questa festa: prendere in qualche modo il nostro posto nel cuore dei nostri ragazzi» le rivelò.

La Metamorfomagus era ancora più scioccata.

«Ma... Ma non hanno altro da fare?!» esclamò.

Lidia fece spallucce.

«Certo che ce l'hanno. Ma reputano il portare a compimento questo obiettivo ben più importante di qualsiasi altra cosa».

Tonks boccheggiò per qualche istante.

«Ah, ma è fantastico! Significa per caso che dovrò fare attenzione affinché nessuno attenti alla mia incolumità?» chiese con tono vagamente divertito, riprendendo a camminare al fianco delle due ragazze.

Lidia fece un gesto vago con la mano.

«Non mi preoccuperei di quello, se fossi in te. Non ti farebbero nulla di veramente serio, rischiando così di far arrabbiare Remus. Ma farei comunque attenzione a qualsiasi cosa ti venisse offerta da bere o da mangiare. E tieni gli occhi ben aperti anche per i possibili incantesimi alle spalle!».

Tonks la fissò spiazzata.

«Grandioso... No, sul serio: sono colpita dal grado di follia che certe persone possono arrivare a presentare qui a Hogwarts...» disse.

Lily salì a Storia della Magia poco dopo, lasciando Lidia e Tonks da sole.

«Allora, come sta andando tra te e Remus?» chiese la Corvonero, interessata.

Tonks sorrise radiosa.

«Oh, davvero benissimo! E’ educato, romantico, intelligente, non si prende gioco di me quando capitombolo giù per le scale…».

Lidia rise.

«Sembra proprio che vada a gonfie vele, allora...» disse.

«E con Sirius?» chiese Tonks a sua volta.

Il sorriso di Lidia svanì.

«Beh, ultimamente con questa storia di Regulus… L'ha presa molto male, sai? Anzi, malissimo. In questi giorni è così serio, scontroso… Non l’ho mai visto così. Nemmeno quando viveva ancora con i suoi. E quel che è peggio è che ora è diffidente nei confronti di tutti. Teme che qualcun altro possa fare "il doppiogioco", come dice lui... Sai che non si fida più nemmeno di Remus?» chiese con aria triste.

Tonks sgranò nuovamente gli occhi.

«Che vuol... Che significa... Perché non dovrebbe più fidarsi di Rem, scusa?» domandò, scioccata.

Lidia scrollò le spalle, rattristata.

«Non ne ho idea. Non me ne parla mai apertamente. Dice solo che è meglio tenere d'occhio... Certi elementi» mormorò.

La Metamorfomagus si bloccò in mezzo al corridoio, spiazzata.

«Stai scherzando! Sta davvero avendo dei dubbi sulla lealtà di Remus in base a tu-sai-cosa?!» chiese.

La ragazza più anziana annuì.

«Ho cercato di dirgli di non fare l'idiota; che non è lui a parlare, ma i pregiudizi con cui la sua famiglia gli ha così gentilmente riempito la testa fin da bambino. Ma non ha voluto ascoltarmi. Ha detto che se Remus sta davvero dalla parte giusta, non ha nulla di cui preoccuparsi, in fondo...».

Tonks era senza parole.

«Devo assolutamente parlargli a quattr'occhi. Come può dire una cosa del genere?» disse, incredula.

Lidia sospirò.

«Temo che la faccenda di Peter l'abbia scosso più di quanto abbia voluto farci credere, e che quanto è accaduto ultimamente - l'attacco al treno, lo scontro con la sua famiglia, la pessima decisione presa da Regulus - abbia rappresentato per lui la classica goccia che fa traboccare il vaso. Penso che ora tema così tanto un nuovo colpo improvviso, da preferire la paranoia alla fiducia. Moody sarà fiero di lui...» sospirò con un sorrisetto forzato che non raggiunse i suoi occhi.

Tonks, però, trovava che ci fosse davvero poco da sorridere.

«Chi se ne importa di Moody! E' questo che lui intende con "addestramento"? Insegnare a Sirius e agli altri a vedere nemici ovunque, a diffidare delle persone care e a fare il terzo grado a chiunque li avvicini? E che cosa, dopo? A bere solamente da una fiaschetta e a mangiare solo ciò che si è cucinato personalmente?» esclamò piccata, voltandosi e correndo lungo il corridoio. «Mi spiace, ma è arrivato il momento che mio cugino mi senta!». 

[*]

Tonks si guardò intorno spaesata, mordendosi il labbro. Nella foga di trovare Sirius non aveva prestato attenzione alla direzione presa, e ora si ritrovava in un'ala del castello che, per quanto si sforzasse, non riusciva a riconoscere affatto.

La ragazza sbuffò esasperata.

"E' mai possibile che io mi perda ogni volta? Eppure sono qui da sei anni, ormai!”.

«Serve una mano?» chiese una voce zuccherosa alle sue spalle.

La giovane si voltò, ringraziando mentalmente la sua soccorritrice - una Corvonero, a giudicare dall’uniforme.

«Sì, grazie. Ero sovrappensiero e ho completamente perso l'orientamento. Non è che sapresti indicarmi il modo più rapido per raggiungere l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure? Devo parlare con un ragazzo, e...» spiegò imbarazzata.

L’altra rise.

«Non devi preoccuparti. Posso accompagnarti io, se vuoi».

Tonks era entusiasta.

«Davvero? Oh, grazie tante! Non sai quanto ti sono grata» esclamò, avviandosi con lei per il corridoio.

«Figurati, non mi devi nulla. A meno che...».

Tonks si mise all’erta.

«A meno che cosa?» ripeté, diffidente.

La Corvonero emise una risatina civettuola.

«Beh, sai... Domani è San Valentino, e... Il fatto è che avevo scommesso con le mie amiche che l'avrei trascorso con uno dei Malandrini, e proprio non mi va di fare una stupida penitenza» rispose, ridendo nuovamente.

Tonks le avrebbe dato una testata lì e subito, ma si trattenne. Doveva ancora arrivare all'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, in fondo...

«E perché il Malandrino che hai scelto è proprio il mio? Sei una Corvonero, in fondo. Non sarebbe stato più logico chiedere a Lidia Rosie? E' una tua compagna, se non sbaglio. O forse Sirius Black non ti piace?» chiese con un ringhio.

L'altra la guardò come se avesse appena detto un'eresia.

«Ma che domande, è ovvio che mi piaccia Sirius Black! Ma…»

«Ma è più semplice abbordare Remus, è chiaro» finì Tonks per lei.

La Corvonero si fece improvvisamente nervosa.

«Non dico che sia più facilmente abbordabile... E' solo che con lui è meno probabile ricevere un rifiuto. E' così gentile! Inoltre non si tratterebbe che di un solo giorno! Non voglio certo prendere il tuo posto!» la rassicurò con un sorriso smagliante. «Allora, che ne dici? Io ti porto a Difesa Contro le Arti Oscure e tu "mi presti" il tuo ragazzo per domani?».

Tonks faticò non poco a tenere a bada l'impulso che provava di saltarle al collo e stamparle la testolina castana contro il muro più vicino.

«Mi spiace, ma Remus non è un giocattolo che può essere prestato a destra e a manca. Non disturbarti a proseguire, comunque. Troverò l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure da sola!».

E con un’aria impettita continuò per la sua strada, senza più degnare di uno sguardo l'altra ragazza.

Quando raggiunse la classe, tuttavia, scoprì che era già vuota.

Sbuffò per la milionesima volta nella giornata, e decise di cercare Lily e Lidia per raccontare loro quanto era accaduto. Avrebbe parlato con il cugino una volta trascorso San Valentino...

[*]

Le due ragazze trovarono la piccola avventura vissuta da Tonks incredibilmente divertente, e non poterono fare a meno di riderne.

«Ti avevamo detto che qualcosa del genere sarebbe potuto succedere, Tonks» le disse Lily.

«Sì, quando arriva San Valentino le altre ragazze impazziscono letteralmente. Non c'è nulla che non farebbero. O quasi» le fece eco Lidia, asciugando le lacrime spuntate nei suoi occhi a forza di ridere.

Lily condusse Tonks a una delle panchine del cortile.

«E poi puoi ritenerti fortunata. Solitamente ti offrono cioccolatini soporiferi - o ti schiantano - e poi ti rinchiudono da qualche parte fino a quando il giorno non è finito. Almeno, questo è quello che - più o meno - è capitato a me l'anno scorso: mi hanno attirata in un'aula vuota con la scusa che la professoressa Sinistra voleva parlarmi, e poi mi hanno chiuso dentro dopo avermi sottratto la bacchetta senza che io avessi nemmeno il tempo di accorgermene» le confidò Lidia.

Tonks era scioccata.

«E come hai fatto ad uscire?» chiese.

La ragazza scrollò le spalle.

«La Mappa del Malandrino. James ha visto il mio nome ed è venuto a liberarmi. Avresti dovuto vedere la faccia di quelle che mi avevano chiuso dentro quell'aula, quando sono ricomparsa al fianco di Sirius meno di un'ora dopo essere stata imprigionata» rise. «La bacchetta mi venne restituita soltanto mezz'ora dopo, quando le mie aguzzine riconobbero la sconfitta».

Tonks era senza parole.

«Di solito come lo festeggiate, voi?» chiese dopo un po'.

«La mattina e il pomeriggio lasciamo i ragazzi in balia delle studentesse, e alla sera - dopo cena - li incontriamo al rifugio, dove poi festeggiamo fino al mattino dopo» rispose Lidia allegra.

«E' un ottimo modo...» sorrise Tonks. «Ma perché lasciarli in balia delle altre fino a sera?».

Lily fece spallucce e sorrise con aria furba.

«Per tutto il giorno sarebbe comunque impossibile avvicinarsi: troppa ressa. Noi aspettiamo. E ne vale davvero la pena, perché quando arrivano al rifugio sono talmente esausti dal continuo scappare, da trasformarsi letteralmente in teneri agnellini in cerca di affetto. Nessuna battutaccia, nessun piano per mandare Gazza o uno dei Serpeverde al San Mungo...».

Tonks ghignò.

«Quindi più mansueti sono loro…»

«Più rilassate siamo noi, esatto» finì Lidia, facendole l'occhiolino.

La Metamorfomagus sorrise.  

Non avrebbe mai creduto che un giorno avrebbe amato San Valentino!

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Capitolo 55
*** capitolo 55 ***


Era un'alba carica di silenzio e pace, alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Cullati dal lieve suono del vento tra gli alberi e dal leggero canto di rari uccellini, tutti gli occupanti del castello dormivano. Tutti ad eccezione - ovviamente - di tre ragazzi in cima a una delle torri più alte...

«Forza Jamie, è ora» sussurrò Sirius agitato.

«Abbiamo preso tutto? Mappa, mantello…» si informò Remus, controllando per la milionesima volta la propria borsa.

«Sì, abbiamo tutto. Possiamo andare» lo rassicurò James.

Il più silenziosamente e velocemente possibile i tre scesero dal loro dormitorio e attraversarono il buco del ritratto - ricevendo non poche lamentele dalla Signora Grassa per averla svegliata.

Si fermarono solo un istante per osservare le decorazioni del corridoio: il soffitto era pieno di enormi cuori magici che pendevano a diverse altezze, le armature erano state trasformate in raccapriccianti Cupidi metallici, e ai vetri delle alte finestre era stata conferita un'accesa sfumatura rosata.

«E’ orribile» soffiò Sirius, combattendo l'impulso di vomitare in una di quelle armature tanto inquietanti.

«Shh!» sibilarono i due amici, chini sulla mappa.

«Nessuno in vista?» domandò l'Animagus.

«Nessuno» confermò James, ripiegando la preziosa pergamena e infilandosela in tasca.

«Sbrighiamoci, allora» sussurrò Remus.

Era essenziale arrivare al rifugio prima che la scuola si svegliasse. Una volta lì, vi avrebbero trascorso la giornata, saltando le lezioni e provvedendo al cibo loro stessi - aiutati dagli elfi domestici.

[*]

«Eccoci. Ora puoi mettere via la mappa, Ramoso» mormorò Remus, indicando con un cenno della testa il quadro raffigurante Barnaba il Babbeo che tentava di insegnare ai Troll a ballare.

James cancellò la mappa, e Sirius emise un sospiro di sollievo.

«Bene. La sola idea di essere in balia di quelle pazze anche quest’anno…».

Ma il resto della frase venne inghiottito da un tremendo strillo.

«ECCOLI!».

I tre ragazzi si guardarono alle spalle, e con orrore videro un'orda di ragazze caricarli come una mandria di rinoceronti impazziti. E alla loro testa...

«Pix» ringhiò James, gettando un'occhiataccia a Remus. «Dovevi proprio chiuderlo in quella bolla, vero?!»

«Ne riparlerete più tardi, ora filiamo!» esclamò Sirius, afferrandoli entrambi per le spalle e spingendoli nella direzione opposta a quella da cui provenivano le loro inseguitrici.

«Fermi! Vogliamo solo dimostravi l’affetto che proviamo per voi!» strillò una di esse.

Quando anche l'ultima delle ragazze fu svanita dietro l'angolo opposto del corridoio, l'occupante del quadro più vicino emise uno sbuffo infastidito.

«Tutti gli anni la stessa storia...».

[*]

William Paciock e Howard Mayson si sedettero sui gradini davanti ai grandi portoni di quercia, sbadigliando vistosamente.

«E un’altra notte è passata» borbottò William stiracchiandosi.

L'altro annuì, imitandolo.

«Già. E meno male che il clima sta lentamente migliorando, mi sento di aggiungere».

William lo fissò brevemente.

«Non era necessario che montassi la guardia con me, Howard».

L'uomo scosse la mano in un gesto vago.

«E lasciarti da solo? Di questi tempi non mi sembrava proprio la migliore delle idee... Soprattutto dopo quello che è accaduto agli altri...» borbottò, reprimendo un brivido e decidendo di cambiare argomento. «Piuttosto, dì un po'... Passerai questo San Valentino con tua moglie?».

William emise uno sbuffo divertito.

«Mi piacerebbe. Ma Augusta è di guardia giù ai cancelli insieme a Moody. Chi ha il coraggio di muoversi, con lui in giro?».

Entrambi risero.

Howard allungò le mani sopra la testa.

«Lo sai? Un po' mi manca festeggiare questa festa qui al castello. Le ragazze che fanno dolci regali ai loro innamorati... Così timide, delicate…».

Un rombo simile a quello di una frana giunse loro alle orecchie, e i due si scambiarono un'occhiata confusa.

«Ma che diavolo….?»

«PISTAAA!».

Tre ragazzi sbucarono all'improvviso dal portone, saltando i gradini e atterrando in malo modo sul prato davanti ai due Auror.

Si rialzarono meno di un istante dopo, riprendendo a correre di gran carriera e sparendo in direzione del lago.

William e Howard ebbero appena il tempo di scambiarsi una nuova occhiata, quando un folto gruppo di studentesse irruppe nel parco tra strilli e spintoni, diretto a sua volta verso il lago.

Nuovamente circondati solamente dal silenzio, William lanciò un'ultima occhiata a Howard.

«Dicevi?».

[*]

Remus, Sirius e James si fermarono solo quando ebbero raggiunto il passaggio sotto al Platano Picchiatore.

«Credete che sia sicuro qui?» chiese Remus con il fiato corto.

James scosse il capo, cercando di riprendere a respirare correttamente.

«Non ne ho idea. Qualcosa mi dice che quelle pazze scatenate sarebbero anche capaci di sradicare l'albero, se sapessero che ci nascondiamo qui sotto».

Sirius si lasciò cadere a terra, il petto che si alzava e si abbassava a velocità allarmante.

«Non è possibile che tutti gli anni veniamo costretti a una prova simile» rantolò.

Avevano letteralmente corso come dei dannati.

Remus si passò una mano tra i capelli.

«Che si fa, adesso? Rimaniamo qui?».

Di nuovo, James scosse il capo.

«Ci divideremo. Magari così facendo le disorienteremo e ci lasceranno in pace» mormorò.

Gli altri due ragazzi annuirono.

«Okay. Dove ci troviamo?» chiese Sirius rialzandosi in piedi.

«Nella Sala Grande, oggi a pranzo».

James strinse le mani degli amici.

«E che Merlino ce la mandi buona».

[*]

La Sala Grande - magistralmente addobbata per la festa - era percorsa da un allegro chiacchiericcio, che faceva da perfetto contorno alla prima vera bella giornata che Hogwarts vedesse dopo molto tempo.

James, seduto nervosamente al tavolo dei Grifondoro con accanto a sé un quantitativo di dolciumi tale da far rimanere di stucco persino la stessa “Mielandia”, continuava a guardarsi intorno preoccupato: ovunque si voltasse trovava lo sguardo di una studentessa che con un sorriso diabolico lo… invitava ad assaggiare il frutto del proprio lavoro notturno. Di Sirius e Remus nemmeno una traccia.

Il ragazzo era ormai convinto che i due amici l'avessero abbandonato al suo destino, nascondendosi al sicuro nel rifugio, quando Remus entrò a sua volta nella Sala Grande: zoppicava visibilmente, e fra le sue braccia - solitamente cariche di libri dall’aria noiosissima - faceva bella mostra di sé una scorta di dolci né più né meno identica a quella dell’amico.

«Lunastorta! Credevo mi avessi abbandonato!» esclamò James sollevato.

«Devo ammettere che la tentazione di scappare mi era venuta...» confessò il licantropo, lasciando cadere il suo dolce fardello sulla panca e sedendosi a sua volta con una smorfia. «Felpato?».

James scosse il capo, fissando l'ingresso della sala.

«Non si è visto»

«Arriverà, stanne certo».

Quasi che avesse sentito chiamare il proprio nome, Sirius varcò gli enormi portoni - la divisa sgualcita e strappata in più punti, come se qualcuno l'avesse trattenuto mentre tentava la fuga. Procedeva lentamente e con passi malfermi a causa di una terza catasta di dolci dall'aria pesante.

«Meno male che sei arrivato. Cominciavamo a credere di averti perso per sempre» fece Remus, iniziando a liberare un posto accanto a sé per l’amico e i suoi dolci.

«Non preoccuparti, Lunastorta. Penso proprio che me ne starò in piedi per un po'» sbottò Sirius di malumore.

«E perché mai, scusa?» chiese James basito.

L'Animagus posò i propri dolci sulla panca con malagrazia, ed estrasse dalla tasca di ciò che rimaneva della sua divisa una ventina di frecce storte dalla punta a forma di cuore.

«Come dicevo, credo che non potrò sedermi per almeno sei mesi».

James e Remus scoppiarono a ridere - cosa che peggiorò soltanto l'umore di Sirius.

«Molto divertente... Davvero spassosissimo. Piuttosto, a voi che è successo?» chiese, vedendo la gamba stesa di Remus e il pallore inconsueto sul viso olivastro di James.

Remus fece spallucce.

«Cercando di fuggire verso i sotterranei ho calcolato male le distanze e ho mancato il primo gradino. Rotolare giù per le scale che conducono a Pozioni mi ha fatto capire con straordinaria chiarezza quello che deve provare Dora... Tu James?» chiese, voltandosi verso l'Animagus.

«Mi hanno inseguito su fino alla torre di Astronomia. Ho dovuto minacciare di buttarmi di sotto perché mi lasciassero in pace».

Sirius si colpì la fronte con la mano.

«Accidenti, avrei dovuto pensarci io!».

I tre guardarono esasperati i loro bottini.

«Che ce ne facciamo?» sospirò James.

«Propongo di portare tutto al nostro dormitorio e una volta lì eliminare quelli ripieni di filtri d'amore» disse Sirius.

«Proposta accettata. Andiamo».

[*]

«E con questo fanno sette filtri d'amore» sbottò James, mettendo un segno di spunta su un foglio di pergamena accanto a sé, ed unendo un'apparente innocua Burrobirra ad altre bottiglie dal contenuto ugualmente alterato. «Tu che mi dici Felpato?».

«Qui ho otto scatole di cioccolatini innocue. Quelle corrette le hai già contate tu» rispose Sirius, facendo a sua volta una piccola crocetta su una pergamena stesa al suo fianco. «Lunastorta?»

«Diciannove biglietti che recitano poesie. No, aspetta... venti» replicò il mannaro, chiudendo con un'espressione stanca l'ennesimo biglietto pronto a decantare le lodi di uno di loro.

James si guardò intorno soddisfatto.

«E' tutto. Merlino, non ce la facevo più» borbottò, lasciandosi cadere sul suo letto.

«Ventisettsette regali in più dello scorso anno. Probabilmente avranno voluto dare il tutto per tutto perché sapevano che non avrebbero avuto un'altra occasione. Ultimo San Valentino a Hogwarts per i Malandrini...» ricordò Sirius.

Remus lanciò un'occhiata ai dolci rimasti.

«Che ne facciamo dei superstiti?».

Sirius fece spallucce.

«Propongo di fare alla vecchia maniera. Ormai è un rituale, no?».

Senza una parola tutti e tre estrassero le bacchette, e riempirono ognuno dei cioccolatini con una potente pozione lassativa.

Poi Sirius si schiarì la voce ed esclamò: «Kreacher!».

Vi fu un crack! e un vecchio elfo domestico dall’aria inquietante fece la sua comparsa nel dormitorio.

«Il padrone ha chiamato?» chiese.

Sirius annuì.

«Sì, Kreacher. Voglio che tu mi tolga dalla vista questi cioccolatini. E sia ben chiaro che non voglio ritrovarmeli in giro come l’ultima volta. Devono sparire. Mangiali tu, offrili a quei degenerati dei miei genitori come un tuo ringraziamento per non averti ancora fatto fuori... Fanne quello che vuoi».

«Potresti portarli ai nuovi amici di Regulus, dicendo che sono da parte sua. Questo dovrebbe cambiare l'opinione che hanno di lui, e con un po' di fortuna potrebbero persino ritenerlo troppo immaturo per far parte della loro cerchia...» propose Remus.

Kreacher si voltò a guardarlo con disgusto.

«Il lupo mannaro parla a Kreacher come se fosse un membro della nobile Casata Black. E c'è anche il ragazzo Potter. Oh, se la padrona sapesse che Kreacher è in simile compagnia, che cosa direbbe...» sibilò, abbastanza forte perché chiunque capisse chiaramente le sue parole.

Remus fece una smorfia.

«Continuo a dimenticare quanto amabili siano gli abitanti di Grimmauld Place...» borbottò, tornando a sdraiarsi sul proprio letto mentre Sirius lanciava un'occhiata carica di disprezzo al proprio elfo domestico.

«Sai una cosa Kreacher? Farai esattamente quello che ha detto Remus. Voglio che tu porti questi dolci ai fratelli Carrow, a Pyrites, a Wilkes e a Travers. E voglio che tu dica loro che sono un regalo da parte di Regulus per ringraziarli dello straordinario onore che gli hanno concesso. Ti proibisco di rivelare la loro provenienza a chiunque. Anche - e soprattutto - a mio fratello. Sono stato chiaro?» domandò l'Animagus studiando attentamente Kreacher.

«Come il padrone desidera» sbottò quest'ultimo, esibendosi in un profondo inchino e borbottando nuovi insulti in direzione di Sirius e degli altri due occupanti della stanza.

Vi fu un nuovo crack! e sia l'elfo che i cioccolatini svanirono nel nulla.

[*]

«Ormai dovrebbero essere qui» disse Lily, dando una rapida occhiata al proprio orologio.

«Giusto in tempo» rispose Lidia, aiutando Tonks ad appendere anche l'ultimo cuore sulla parete.

Le tre ragazze - tutte con un sorriso soddisfatto sul volto - ammirarono il frutto del lavoro di un intero pomeriggio: non c'era angolo del rifugio che non fosse stato riempito con fiori e cuori enormi. L'idea era venuta in mente a Lidia quella mattina, quando si era chiesta come avrebbero reagito James, Sirius e Remus se avessero visto i principali soggetti del loro incubo giornaliero anche in quel luogo. E per quanto avessero immaginato ognuna una reazione diversa, tutte e tre avevano concordato su una cosa: sarebbe stato uno spettacolo a dir poco imperdibile.

Tonks si lasciò cadere sul letto di Remus, esausta.

«Sapete? Ancora mi domando come facciate a non odiare quelle... Quelle... Bha! Solo ripensare a ieri...» sbuffò.

Lidia ridacchiò.

«E' questione di abitudine e di molta, moltissima fiducia nell'incorruttibilità dei ragazzi» disse.

Tonks emise un nuovo sbuffo.

«Gatte morte, ecco cosa mi sembrano. Tutte gatte morte».

Anche Lily rise, sedendosi sul letto affianco a quello occupato da Tonks.

«Nel caso avessi ragione, Tonks, puoi ben dirti fortunata. Da quanto ne so Remus odia le gatte morte» le confidò.

Lidia si unì allegramente alle due amiche.

«E anche Sirius, non dimentichiamocelo» puntualizzò con una nuova risata.

La Metamorfomagus rise a sua volta.

«Solo per deformazione professionale, Lidia».

La ragazza parve pensarci.

«Touchè».

[*]

«Tranquillità, una leggera musica di sottofondo e una bella ragazza al fianco. Esiste San Valentino più bello?» chiese James con un sospiro soddisfatto dal divanetto su cui erano accoccolati lui e Lily.

«Ne dubito fortemente, Ramoso» replicò Remus, facendo volteggiare una Tonks raggiante sulle note di una dolce melodia.

Lidia sorrise a Sirius - fermo in un angolo con uno sguardo sofferente sul viso.

«Sirius, perché non vieni a sederti qui con me? Dopo un'intera giornata passata a scappare sarai esausto» gli disse.

Sirius si schiarì la gola imbarazzato.

«Ehm... Magari un’altra volta, ok?» bofonchiò.

Una scintilla di consapevolezza brillò negli occhi della Corvonero.

«Hanno usato nuovamente le frecce, non è vero?» chiese, indecisa se essere preoccupata o divertita.

Il silenzio di Sirius fu una risposta più che sufficiente.

Tonks rise, districandosi - con parecchi rimpianti - dall'abbraccio di Remus.

«Forse so cosa potrebbe tirarti su di morale, Sirius» disse, e da uno dei tavoli prese un'enorme scatola impacchettata di rosso.

«Io e le ragazze avevamo pensato di distribuirli più tardi, ma tu mi sembri proprio qualcuno che ha bisogno di essere "tirato su di morale"» continuò, aprendo la scatola e porgendola al cugino.

Conteneva una quantità enorme di cioccolatini di ogni forma, dimensione e gusto.

Il verso emesso da Sirius fece temere per un istante a Lidia che il ragazzo si fosse dimenticato di far sparire la propria coda da cane, e che in qualche modo avesse finito per schiacciarsela.

«No, vi prego! Tutto ma non i cioccolatini!» esclamò l'Animagus con voce strozzata.

Lily, Tonks, Lidia e i restanti Malandrini si scambiarono un'occhiata in silenzio.

Poi, incapaci di trattenersi oltre, scoppiarono a ridere.

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Capitolo 56
*** capitolo 56 ***


Finalmente lasciatisi San Valentino - e i relativi strascichi - alle spalle, i Malandrini furono più che lieti di potersi dedicare completamente a quella che loro stessi avevano ufficialmente denominato "O.S.R.": Operazione Salvataggio Regulus.

«Non possiamo permetterci ulteriori rinvii. Credo che su questo siamo tutti d'accordo» disse Remus, bruciacchiando distrattamente un gigantesco cuore di carta - miracolosamente sopravvissuto alle pulizie post San Valentino del rifugio.

James annuì lentamente.

«Assolutamente. Meno Regulus si mischia con quelli, meglio sarà. L'ha detto anche Silente».

Remus si lasciò sfuggire un sorrisetto.

«Veramente mi riferivo all'inizio del ripasso per i M.A.G.O...» scherzò.

James si esibì a sua volta in un ghigno divertito, ma Sirius incrociò le braccia al petto con uno sbuffo contrariato.

Remus lo fissò per qualche istante con uno sguardo interessato, mentre James - all'apparenza ignaro dell'evidente tensione tra i due amici - aveva ripreso il vecchio vizio di rigirarsi il proprio boccino tra le mani.

«Spero davvero che tutti i nostri sforzi siano sufficienti» sbuffò qualche istante più tardi, nascondendo la preziosa pallina d'oro nella tasca interna della propria divisa e alzandosi in piedi con uno sguardo annoiato all'orologio che portava al polso. «Ora che vada. Kattleburn ha acconsentito alla mia richiesta di seguire l'approfondimento della sua lezione sui draghi, e non posso permettermi di fare tardi. Voi che piani avete?».

«Personalmente ho un'ora libera, prima di un'idilliaca lezione di Babbanologia. Lunastorta?» replicò Sirius, volgendo la sua attenzione sul mannaro.

Remus si stiracchiò a sua volta, facendo scricchiolare sinistramente le proprie giunture.

«Niente lezioni fino a Difesa Contro le Arti Oscure con voi, se la memoria non mi inganna» rispose tranquillo.

James sbuffò.

«La solita fortuna. Lo dicevo io che avremmo dovuto scegliere di seguire le medesime materie... Ma no! Voi volevate diventare professori ed Indicibili!» sbottò corrucciandosi.

Scrollò le spalle.

«Ci vediamo dopo a Difesa» disse, chiudendosi la porta del rifugio alle spalle.

Sirius e Remus rimasero per diversi minuti in silenzio, ognuno apparentemente troppo immerso nei propri pensieri per parlare con l'altro.

Fu Sirius a spezzare quell'insopportabile momento di imbarazzo.

«Credo che me ne andrò giù alla Testa di Porco a bermi un Whisky Incendiario» borbottò, preparandosi a lasciare la stanza.

Ma Remus lo richiamò.

«C'è qualche problema, Felpato?» chiese.

Sirius si voltò verso l'amico, la migliore delle sue espressioni confuse sul volto attraente. 

«Problema? No, nessun problema. Perché lo chiedi?» domandò a sua volta.

Remus fece spallucce, guardando Sirius con il capo piegato da un lato.

«James, Dora e persino Lidia non la pensano come te. A sentire loro nei giorni scorsi avresti espresso loro un curioso sospetto...» mormorò pacato, senza staccare gli occhi da quelli dell'Animagus.

Sirius sentì una breve morsa allo stomaco. Aveva sperato che quella conversazione non dovesse mai avere luogo...

«Siamo amici, Sirius?» chiese Remus all'improvviso.

L'Animagus aggrottò la fronte, confuso.

«Che cosa...?».

Il mannaro fece nuovamente spallucce, mettendosi comodo su una delle poltroncine.

«E' una domanda semplice, penso. Siamo amici, Sirius?».

Sirius esitò, cercando un trabocchetto in quella frase. Non ne trovò.

«Certo che lo siamo. Migliori amici» rispose.

Remus giocherellò con il bracciolo della poltroncina.

«Allora per quale motivo sono venuto a conoscenza di questo tuo sospetto nei miei confronti solo stamane - e da Dora, anziché da te?» s'informò.

La sua voce era sempre pacata e tranquilla, ma Sirius conosceva abbastanza l'amico da sapere che in quel momento si sarebbe potuto dire tutto di lui, tranne che fosse rilassato come invece voleva far credere. L'Animagus non dubitava del fatto che se Remus fosse stato appena un po' più in carne, sarebbe stato impossibile notare la tensione dei muscoli - pronti a scattare al minimo passo falso.

Deglutì. Non aveva paura di Remus. Non nel senso letterale del termine, almeno. Ma sarebbe stato uno stupido a sottovalutare quei segnali.

«Non ho mai parlato di un sospetto concreto, nei tuoi confronti» disse cauto.

«E di cosa si tratta, allora? Temi forse che una di queste notti potrei decidere di vedere in te un allegro spuntino di mezzanotte, piuttosto che uno dei miei più cari - se non unici - amici?» replicò Remus incrociando le braccia al petto, un sopracciglio inarcato.

Sirius sgranò gli occhi.

«Cosa? No! Non penserei mai una cosa del genere!» rispose, scioccato.

Il mannaro allargò le braccia, confuso.

«Allora cosa, Sirius? Ho fatto per caso qualcosa che ti ha indotto a credere che io sia un pericolo per te o per gli altri - più del solito?» precisò, la voce che aveva perso un po' della sua pacatezza.   

Sirius scosse il capo più volte.

«Certo che no, Remus. E' solo che tutto questo casino con Regulus, quello che è accaduto dopo Natale... E anche prima! Ti ho visto contro Greyback! Non...».

L'Animagus sbuffò e si passò una mano tra i capelli scuri, cercando le parole per esprimere chiaramente il groviglio intricato che in quel momento erano i suoi pensieri.

«Voglio dire... Non ti ho mai visto... Nessuno di noi ti ha mai visto... Hai affrontato quel pazzo faccia a faccia, e questo è grandioso, certo! Era una cosa che avevi tutto il diritto di fare, e che hai fatto egregiamente. Ma... Non so nemmeno come spiegarlo... Non puoi negare che le tue azioni si prestino ad un fraintendimento, Remus» sbottò alla fine, prendendo posto nella poltroncina di fronte a Remus e fissandolo.

Il mannaro gli restituì lo sguardo, confuso.

«Che vuoi dire, scusa? Come può quello che ho fatto essere frainteso?!».

Sirius sospirò, abbandonandosi contro lo schienale della poltroncina.

«Senti, è sempre stato difficile inquadrarti, sin dall'inizio. Sei riservato, hai un controllo ferreo - ed invidiabile, lasciatelo dire - di te stesso e dei tuoi istinti, sei intelligente... E hai questa tendenza a nascondere le cose da coloro che ti circondano. Ora, se non fossimo in guerra non ci sarebbe assolutamente nulla di sbagliato, in questo. Chi potrebbe mai giudicare quelle che potrebbero essere le tue motivazioni? Ma il problema è che siamo in guerra, Remus. Nascondere delle cose porta ad apparire sospetti» disse.

Remus non parlò subito.

«Sai bene perché nascondo la mia natura...» iniziò cauto.

Ma Sirius lo interruppe, alzando le braccia al cielo in un gesto di stizza.

«Per Merlino, non è quello che intendo!»

«Allora spiegati! Perché al momento non sto capendo affatto per quale motivo tu dovresti sospettarmi di Merlino sa cosa!» esclamò Remus spazientito.

L'Animagus fissò per qualche minuto il soffitto della Stanza delle Necessità, in silenzio.

«Tu nascondi periodicamente delle cose a chiunque ti circonda, Remus. E non parlo della tua condizione, perché quella hai tutto il diritto - e i motivi - di volerla tenere per te. Mi riferisco ad altre cose! Non hai voluto far parola a Silente e ai tuoi genitori delle minacce di Greyback, non hai voluto menzionarci della tua decisione di entrare a far parte dell'Ordine, non hai voluto dirci nulla della tua scelta di affrontare Greyback... Dannazione, non hai voluto dirci neanche che avevi iniziato a frequentare Tonks! Mia cugina!» sbottò infervorato, tornando a guardare l'amico. «Quali altre cose tieni ancora nascoste, Lunastorta?».

Si passò una mano sugli occhi chiari.

«Ripeto, se la situazione non fosse un tale casino probabilmente non baderei minimamente a queste cose, ma il fatto è che rischiamo tutti quanti la pelle. E in una situazione del genere io devo essere assolutamente certo di potermi fidare di coloro che ho affianco. E tu... Beh, comportandoti così non ispiri certo molta fiducia. Per quanto riguarda quello che è accaduto quella notte nella radura... Non posso negare che non sono riuscito a riconoscere il mio amico. Sembravi... Non so... Diverso, Remus. Posso anche giurartelo, se vuoi, ma ad un certo punto - poco prima che Greyback ti lasciasse quel bel ricordino che hai sulla spalla - ho visto il lupo prendere il sopravvento. E non lo negherò: questo mi ha spaventato a morte» ammise.

La stanza piombò in un silenzio fragoroso, mentre i due amici si fissavano negli occhi.

Remus alla fine si alzò, e incapace di stare fermo, iniziò a camminare avanti e indietro.

Aprì e richiuse la bocca diverse volte, quasi che ripensasse continuamente a quello che voleva dire.

«Non... Non posso negare che è quello che è successo, Sirius» ammise alla fine, fermandosi e passandosi una mano tra i capelli. «Quella notte, quando Greyback mi ha inchiodato a terra... Una parte di me, quella non umana, ha seriamente preso in considerazione l'idea di ascoltare quello che mi diceva. C'è stato un momento - un solo lunghissimo momento - in cui la prospettiva di seguirlo è stata incredibilmente allettante. Il lupo voleva -  io volevo - seguirlo. Poi però ho sentito Dora».

Esitò, indeciso su come continuare.

«Non so cos'abbia detto, non lo ricordo. Fatto sta che l'ho sentita, Sirius. E così ha fatto il lupo. E... Non so come spiegartelo, perché tutt'ora non so spiegarlo nemmeno a me stesso, ma in quel momento ho capito che le parole di Fenrir non erano altro che questo: parole. Ho capito che non avevo bisogno di unirmi a nessun altro branco, perché io ne avevo già uno. Io avevo Dora, James, te... Voi eravate - e siete - il mio branco, e abbandonarvi per seguire Greyback... Non ho potuto accettarlo. Ha prevalso l'istinto del lupo sopra a quello dell'essere umano, è vero».

Si guardò intorno, senza tuttavia soffermarsi su nulla.

«Ma il problema principale non è quella notte, vero? Il problema principale sono i segreti. E' questo che a te non va giù: che io abbia avuto dei segreti con voi. Temi che io sia esattamente come Peter».

Dire finalmente quel nome - nuovamente ad alta voce - fece uno strano effetto. Come sentire una brutta parola, per anni vietata.

Sirius esitò a sua volta, poi annuì.

«Sì» confessò.

Remus fece un profondo respiro, tornando a sedersi.

«Posso provare a spiegarmi, oppure niente di quello che dirò ti farà cambiare idea?».

Sirius non rispose subito.

«Quando io feci tu-sai-cosa, tu mi concedesti il beneficio del dubbio. Mi concedesti di spiegare le mie azioni. Penso ti sia meritato il diritto di avere la medesima possibilità» mormorò.

Remus annuì riconoscente.

«Dici che ho mantenuto dei segreti. Ebbene, non negherò nemmeno questo. L'ho fatto. Ma mai per mancanza di fiducia o per secondi fini, voglio che questo sia chiaro. Non ritengo necessario spiegare nuovamente il motivo per cui non ho rivelato ai miei delle minacce di Greyback, ma posso dirti perché non l'ho fatto con Silente: perché l'avrebbe sicuramente portato a decidere di affidare a membri dell'Ordine il compito di impedire a Fenrir di portare a compimento il suo proposito - esponendoli così a rischi a mio avviso inutili. Oppure avrebbe potuto decidere di affidare loro il compito di sorvegliarmi, così da poter intervenire in caso di bisogno. In entrambi i casi le forze dell'Ordine sarebbero state dimezzate, e come tu giustamente hai ricordato più volte, siamo in guerra; e nessuno può permettersi di mettere in pericolo altre persone, se può impedirlo. So per certo che tu definiresti i miei motivi schifosamente nobili, ma io preferisco ribattezzarli puramente logistici».

Sirius non disse nulla, così il licantropo continuò.

«Non vi ho parlato della mia decisione di entrare a far parte dell'Ordine. Vero anche questo, e ne ho già espresso i motivi: mi era stato detto di no, all'epoca, e nessuno di voi mostrava il benché minimo interesse in esso. Non volevo, quindi, che vi sentiste in obbligo di seguirmi anche in questo, così come avevate fatto nelle mie trasformazioni»

«Non è mai stato un obbligo, Remus! Siamo tuoi amici, dannazione!» lo interruppe l'Animagus, sbattendo un pugno sul bracciolo della poltrona su cui era seduto.

Remus sorrise debolmente.

«E di questo non potrò mai esservi grato a sufficienza. Ma onestamente, pensi davvero che avrei chiesto ai miei amici di rischiare le loro vite per me, di nuovo? Credi che la prima volta non avrei cercato di fermarvi, se avessi saputo della vostra decisione di diventare Animagi?».

Sirius aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse immediatamente. Conosceva abbastanza bene Remus da sapere che era esattamente quello che avrebbe fatto...

«Per quanto riguarda la decisione di affrontare Greyback e quella di non dire nulla di me e Dora... Beh, sono strettamente collegate. Avevo deciso, effettivamente, di non coinvolgervi nella mia lotta contro Fenrir. E sempre per lo stesso motivo: non volevo che rischiaste la vita per me. Se vi avessi detto che avevo iniziato una relazione con Dora, inevitabilmente avreste capito che avevo deciso di fare qualcosa affinché Greyback non interferisse in essa. Mi avreste sommerso di domande, e alla fine avreste scoperto la mia decisione - decidendo a vostra volta di unirvi a me nello scontro» sospirò. «Tuttavia quello era il mio proposito iniziale. Ma la lunga chiacchierata avuta con Silente quel giorno mi portò a cambiare idea. Ricordi che - poco prima dell'annuncio dell'arrivo dei funzionari del Ministero - accennai al dovervi dire qualcosa?».

Sirius tornò con la mente a quella sera - una cosa non molto difficile da fare, dato che molto probabilmente non avrebbe mai dimenticato quelle terribili ore.

«Effettivamente... Dicesti che non appena avremmo avuto un momento, ci avresti parlato di qualcosa che avevi deciso di fare» ammise piano, fissando l'amico con gli occhi sgranati.

Remus annuì nuovamente.

«Vi avrei detto ogni cosa, ma l'improvvisa visita di Greyback ha reso del tutto superflua la nostra chiacchierata...».  

Si appoggiò a sua volta contro lo schienale della poltrona.

«E questo è quanto. Da allora non vi ho più taciuto nulla. Sei libero di credermi o meno. Non farei mai nulla che possa mettere in pericolo te e gli altri. Siete la mia famiglia» confessò piano.

Di nuovo, nella stanza calò il silenzio.

Sirius giocherellò distrattamente con la propria divisa per un po', e alla fine tornò a fissare il soffitto.

«Come siamo arrivati a questo? Eravamo inseparabili. Tutti e quattro. Ora Codaliscia è chissà dove, e noi due non facciamo altro che scontrarci. La discussione sulla Torre di Astronomia, la rissa dopo l'arrivo di Andromeda e Ted... Persino tu e James siete quasi venuti alle mani, dopo Natale! E adesso abbiamo iniziato a sospettare gli uni degli altri; abbiamo iniziato a chiederci se uno di noi è un altro traditore... Che cosa ci è successo, Rem?» sospirò.

Il licantropo scosse il capo lentamente, concentrandosi sulle proprie scarpe.

«Non lo so, Sir. Vorrei poter dire il contrario, ma non posso» sospirò. «Forse la verità è che, semplicemente, siamo cresciuti. Magari la nostra è una di quelle amicizie destinate a concludersi con la fine della scuola. Non tutte le amicizie durano per sempre, in fondo. Guarda solo Piton e Lily».

Sirius gli scoccò un'occhiataccia.

«Che c'entra ora Mocciousus?» chiese.

«Lui e Lily erano amici già prima di venire a Hogwarts, non puoi averlo dimenticato. Per anni lei lo ha difeso contro i vostri scherzi. E poi un giorno, tutto è andato in pezzi».

Sirius sgranò gli occhi.

«L'ha chiamata Mezzosangue!» gli ricordò.

Remus sospirò.

«E' esattamente quello che stavo dicendo, Felpato: un'amicizia apparentemente destinata a durare per sempre, rovinata da un'unica azione sbagliata. L'unica differenza con noi è che le azioni sbagliate sono state molteplici. Prima fra tutte... Prima fra tutte quello che è accaduto con Piton» mormorò, fissando l'Animagus, che gli restituì lo sguardo. «Quello è stato l'inizio, Sirius. La prima avvisaglia che qualcosa non andava».

Si passò una mano sugli occhi.

«Ti ho odiato, sai? Per la prima volta, da quando ci siamo conosciuti, ti ho odiato davvero. E sai perché? Perché avevi intenzione di usarmi come arma. Perché, quando hai deciso di fare quel brillante scherzo a Piton, non hai pensato a me come il tuo amico, ma come il lupo mannaro che poteva sporcarsi le mani al posto tuo».

Di nuovo, Sirius sgranò gli occhi.

«Non è assolutamente vero!» obbiettò.

Remus gli scoccò un'occhiataccia.

«Ah, no? E per quale motivo hai deciso di mandarlo alla Stamberga Strillante proprio durante una luna piena? Se il tuo scopo era solo quello di fargli dare una lezione dal Platano Picchiatore, per quale motivo non hai scelto una normalissima notte di, che so, luna nuova?» gli chiese, con tono ferito.

Sirius non rispose, ma per Remus fu una risposta più che sufficiente.

«Credevo mi avessi perdonato» mormorò l'Animagus dopo un po'.

Remus si lasciò sfuggire una risatina tutt'altro che allegra.

«Alla fine l'ho fatto, non è vero? E sai perché, nonostante tutto, decisi di "passare sopra" a quanto avevi fatto? Per lo stesso motivo per cui non potrei mai farti del male coscienziosamente: sei la mia famiglia. Forse lo sei addirittura più di quanto lo sia Jamie» ammise con enorme fatica. «E' che... Siamo simili, in qualche modo, noi due. Entrambi dobbiamo ogni giorno dimostrare che siamo diversi da quelli come noi. Tu sei un Black: la gente si aspetta sempre il peggio, da parte tua. Si aspetta che tu li uccida, li torturi per il puro gusto di sentirli urlare. Ti vedono e si preparano ad essere giudicati come persone inferiori. Non importa quante buone azioni compi, quante volte ti dimostri un amico leale e una brava persona. Basta un solo sbaglio, e tutti ti giudicheranno in base a quello. E la stessa cosa vale per me. Hai visto anche tu Moody, la notte che siamo entrati a far parte dell'Ordine. Hai sentito anche tu i sussurri, hai letto la diffidenza nei nostri confronti...».

Sorrise triste.

«Come potevo dunque essere io quello che ti avrebbe negato il perdono?» concluse.

Sirius, rimasto zitto per tutto il tempo, parve riscuotersi.

«Io... Io penso che tu abbia ragione ancora una volta. La colpa di tutto questo è di entrambi. Se si è creata una crepa nella nostra amicizia è a causa nostra. In questi ultimi anni ci siamo comportati esattamente come gli altri si aspettano che quelli come noi si comportino. Ci siamo lasciati influenzare da pregiudizi e ci siamo dimenticati di essere più di semplici compagni» esalò, serrando brevemente gli occhi. «Ho fatto esattamente quello che quel pazzo di mio padre aveva previsto: ho iniziato a dubitare di te più di chiunque altro a causa della tua maledizione, dicendomi che eri per natura portato a mentire. E in tutto questo non mi sono reso conto di star comportandomi esattamente come i membri di quella famiglia che tanto disprezzo...».

Si prese il viso tra le mani, e non parlò più.

I minuti passarono dolorosamente lenti, finché Sirius non si alzò in piedi e tese una mano a Remus.

«Credo che io ti debba delle scuse. Di nuovo» mormorò, gli occhi lucidi.

Il licantropo fissò brevemente la mano dell'Animagus, poi l'afferrò e strinse l'amico in un abbraccio fraterno. 

«E io ne devo a te, Felpato» rispose.

Si separarono, e Sirius strinse significativamente la spalla di Remus.

«Siamo due idioti, non è vero?» chiese, la voce percorsa da un tremito.

Il mannaro sorrise, imitando il gesto dell'Animagus.

«E della peggior specie».

Sirius si allontanò di qualche passo, cercando di riacquistare - almeno in parte - la propria compostezza.

«Devo andare a Babbanologia. Ci vediamo a Difesa, okay?» disse, raccogliendo la propria borsa di libri.

Remus annuì.

«Certo».

Sirius era già alla porta, quando Remus lo richiamò.

«Ehi, Sirius...»

«Cosa?»

«So già che me ne pentirò, ma se... Se dovessi sentire il bisogno di sfogarti un po' in seguito a questa nostra chiacchierata... Ecco, sappi solo che non ti fermerò. Anzi, a dirla tutta, penso proprio di avere una terribile congiuntivite. Non vedrei uno scherzo nemmeno se venisse fatto proprio sotto al mio naso...».

E quasi a voler avvalorare le sue parole, iniziò a strofinarsi con aria sofferente gli occhi.

Sirius sorrise.

«Grazie, Lunastorta».

[*]

Il professor Kattleburn diede un ultimo sguardo ai ragazzi seduti davanti a lui - la metà della quale era ancora impegnata a copiare quanto aveva scritto sulla lavagna.

«E con questo si conclude il nostro approfondimento. Pur ritenendolo superfluo, mi sento in obbligo di ricordarvi che i draghi - oltre ad essere probabilmente le più celebri creature magiche del nostro mondo - sono estremamente pericolosi, e che per nessuna ragione dovete avvicinarne uno, a meno che non siate maghi e streghe molti capaci ed addestrati. Le conseguenze di una condotta tanto sconsiderata sarebbero molteplici e, vi assicuro, decisamente poco piacevoli. Ritengo inoltre inutile ricordarvi che le uova di drago sono considerate Beni Non Commerciabili di Classe A, e che possederne uno vi porterebbe ad avere diversi problemi con l'Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche».

Con un colpo di bacchetta cancellò la lavagna, rivolgendosi poi nuovamente agli studenti davanti a sé.

«Per domani voglio un saggio di almeno due pergamene sulle dieci razze di draghi conosciute, con particolare approfondimento dei molteplici usi che il nostro mondo fa di queste creature mentre esse sono ancora in vita e al momento della loro morte. Sangue, cuore, pelle... Ogni cosa. Potter? So che la mia materia non rientra nel tuo percorso di studi, ma hai scelto di seguire questo approfondimento, e quindi mi aspetto di vedere anche il tuo saggio, domani».

James si tolse gli occhiali e si strofinò vigorosamente gli occhi con uno sbuffo. Come se non avesse già abbastanza cose a cui pensare, in quel momento...

Raccolse i suoi libri e uscì dalla classe, sperando che ai due amici le cose andassero meglio.

[*]

Sirius Black prese ancora qualche vago appunto di quanto il professore diceva - giusto per non essere richiamato. In realtà non aveva molta voglia di seguire la lezione, quel giorno. La sua mente era altrove, concentrata sul fratello e sul cuore a cuore avuto al rifugio con Remus poco più di un'ora prima. Si sentiva davvero un idiota per aver creduto anche solo per un istante che l'amico potesse rivelarsi un secondo Peter Minus...

Sospirò. Aveva rischiato di rovinare la loro amicizia per sempre, e per cosa? Per le parole cariche di veleno di un padre che aveva odiato - e che l'aveva odiato -  sin da quando aveva memoria. E cosa peggiore di tutte, per giorni - addirittura settimane - aveva messo quasi in secondo piano la sua preoccupazione per Regulus nel disperato tentativo di capire se i suoi sospetti nei confronti dell'amico fossero fondati...

Il professore smise di parlare, e Sirius si costrinse a tornare a concentrasi su di lui.

Il mago li studiò uno per uno, un'espressione allegra sul volto rugoso.

«Prima di lasciarvi al proseguimento della vostra giornata vi chiedo di svolgermi, per domani, un saggio sulla capacità dei Babbani di vivere senza la magia e sui possibili incantesimi che potrebbero rivelarsi loro utili per migliorare il proprio stile di vita». 

Sirius sbatté significativamente la testa sul banco.

Quando aveva deciso di seguire quella materia - puramente per infastidire ulteriormente la propria famiglia - non aveva minimamente immaginato che un giorno avrebbe dovuto cercare un modo magico per rendere più semplice la vita di persone che non dovevano scoprire dell'esistenza della magia. Che senso poteva avere insegnare - in quale modo ancora gli sfuggiva - ad un Babbano che poteva ritrovare le proprie chiavi usando un semplice Incantesimo d'Appello, se poi si sarebbe dovuto cancellare la sua memoria affinché si dimenticasse di aver sentito parlare di incantesimi e magie?

La Tassorosso seduta davanti all'Animagus alzò la mano.

«Sì, signorina Dastick?» chiese il professore.

«Crede che il saggio potrebbe avere una lunghezza minima di tre pergamene? Credo di aver molto da dire» trillò la ragazza.

«Non vedo perché no, signorina Dastick. Anzi, sono convinto che sia davvero un'ottima idea!»replicò  il professore allegramente.

Non visto, Sirius puntò la propria bacchetta verso la compagna, che improvvisamente si ritrovò sulle guance una serie di pustole unite a formare la parola: "Demente”.

[*]

«Avrei davvero voluto esserci, Felpato» sghignazzò James.

Si fece pensieroso.

«Anzi, no. Significherebbe avere anche il saggio di Babbanologia, oltre che quello di Creature Magiche...» si corresse.

Sirius emise un flebile gemito.

«Non ricordarmelo! Sai che sto ancora cercando di trovare un senso a quel compito? Non sai che darei per fare il tuo saggio sui draghi...» sbuffò, abbandonandosi sul proprio banco in fondo all'aula di Difesa Contro le Arti Oscure.

James sbuffò a sua volta.

«Te lo lascerei fare volentieri. Non ho alcuna voglia di trascorrere tutta la notte in biblioteca...».

I due rimasero in silenzio per un po', poi James si schiarì piano la voce, indicando con un cenno del capo Remus - seduto qualche banco più avanti e completamente preso dalla lezione.

«Senti, penso che tu e Lunastorta dovreste seriamente fare due chiacchiere a proposito di...»

«Già fatto» lo interruppe Sirius, scoccando a sua volta una rapida occhiata al licantropo. «Subito dopo che te ne sei andato per seguire la lezione di Kattleburn».

L'Animagus raccontò velocemente a James della conversazione avuta qualche ora prima con il loro amico, stando ben attento che nessuno - professore compreso - sentisse.

«Non nego che la cosa mi faccia molto piacere. La situazione iniziava ad essere davvero invivibile...» sussurrò James, sollevato.

«Sembra che i vostri compagni abbiano un bel po' da dire riguardo agli Alpen... Non è così Potter? Black?».

La voce del professore li fece sobbalzare entrambi.

«Ehm...» iniziò James, guardandosi intorno imbarazzato.

Tutta la classe aveva gli occhi puntati su di loro.

«Veramente, ecco...» gli fece eco Sirius, deglutendo davanti allo sguardo del professore.

Quest'ultimo sospirò rassegnato, scuotendo il capo.

«Lupin, vuoi essere così gentile da aiutare i tuoi amici, dicendo loro cosa sono gli Alpen?» chiese poi, puntando la sua attenzione sul terzo Malandrino - apparentemente perso a sua volta in chissà quali pensieri.

Il mannaro si riscosse.

«Gli Alpen? Credo... Credo siano creature oscure degli incubi originarie della Germania» rispose dopo qualche istante.

Il professore annuì soddisfatto.

«Esattamente. Dieci punti a Grifondoro».

Il mago guardò la classe, per controllare che questa volta tutti fossero attenti.

«Gli Alpen, come accennato dal vostro compagno, sono creature degli incubi - solitamente maschi - che sembrano nutrire una particolare passione nel tormentare i sogni delle donne».

Un brusio terrorizzato percorse la parte femminile della classe, ma il professore lo mise a tacere continuando la sua spiegazione.

«E' bene però precisare che un Alp è particolarmente pericoloso solo se si presenta in forma fisica - di solito prediligendo quella di un parente deceduto recentemente o quella di un vero e proprio demone. Gli Alpen erano molto diffusi durante il Medioevo, epoca in cui apparivano prevalentemente sotto forma di animali: gatti, maiali, uccelli, e molti altri».

«Come si poteva essere certi che si trattasse di un Alp, allora? Non poteva essere un semplice animale?» chiese James, curioso.

Il professore annuì nuovamente, compiaciuto.

«Un'ottima osservazione, Potter. Era possibile distinguerli dai comuni animali perché - anche nella forma animale - queste creature portavano sempre un cappello» spiegò, facendo comparire sulla lavagna alle sue spalle un'illustrazione di un lupo con una bizzarra bombetta, che fece ridacchiare alcuni Corvonero.

Il mago non vi fece caso.

«Pur essendo una creatura oscura pericolosa, difficilmente un Alp arriva ad uccidere le proprie vittime, essendo esso dotato di un atteggiamento valoroso» precisò invece.

«Allora in che modo un Alp è pericoloso?» chiese Sirius.

«L’Alp, Black, sfrutta la propria capacità di trasformarsi per assumere la forma di una farfalla, riuscendo in questo modo a penetrare nelle camere da letto delle sue vittime mentre queste dormono. Una volta che si trova in presenza del dormiente, l'Alp ne succhia il sangue, posandosi sul suo dorso».

«Come i vampiri?» chiese Lily, interessata.

L'anziano professore annuì un'ultima volta.

«Esattamente. Molto spesso un Alp e un vampiro vengono erroneamente creduti la medesima creatura. Ma tra essi vi è una significativa differenza: gli Alpen non dipendono dal nutrimento che il sangue gli porta, a differenza dei vampiri. Con questo termina la lezione di oggi. Non vi assegnerò compiti, poiché l’argomento è ancora agli inizi, e chiedervi di scrivere un saggio significherebbe incoraggiarvi a copiare parola per parola quanto riportato sul vostro libro di testo. Dubito, infatti, che siate già nelle condizioni di poter essere esaustivi senza l'ausilio di esso» disse il mago alla fine, mentre gli studenti si alzavano e iniziavano a riporre i loro appunti e i loro libri.

La classe sospirò di sollievo.

[*]

«Meno male che almeno per Difesa non abbiamo nulla da fare...» mormorò James, lanciando un'occhiata rassegnata alla vecchia copia di "Animali Fantastici e Dove Trovarli" di Remus.

«Già. Altrimenti a quest'ora starei già pregando la stella da cui prendo il nome affinché mi conceda la grazia di farmi ammalare di Spruzzolosi» borbottò Sirius sullo stesso tono, adocchiando "Vita Domestica e Abitudini Sociali dei Babbani Inglesi" - la cui copertina portava ancora i segni di quando, l'anno prima, l'Animagus aveva cercato di convincere il professore di non aver potuto fare i propri compiti perché un misterioso cane nero gli aveva strappato il libro dalle mani.

Remus ridacchiò da dietro il suo libro di Difesa Contro le Arti Oscure.

«Continuare a lamentarvi non vi aiuterà a finire quei saggi, sapete?» disse, girando la pagina con aria divertita.

James gli scoccò un'occhiataccia.

«Pensi di darci una mano, Lunastorta, o aspetti che ti imploriamo in ginocchio?».

Remus chiuse il libro e fissò gli amici - seduti sul tappeto davanti al camino della sala comune - con finta aria pensierosa.

«Hmm... Ammetto che la seconda opzione non suona affatto male...» ghignò.

«Te lo scordi che io mi metta in ginocchio per te, Lupin» ringhiò Sirius, gli occhi ridotti a due fessure.

«Lo stesso vale per me. Se c'è qualcuno per cui mi metterò mai in ginocchio sarà Lily Evans» gli fece eco James.

Remus sospirò rassegnato.

«Dovreste farveli da soli...»

«Ma…?» lo incitò Sirius.

«Ma credo che non sarebbe molto... Amichevole, da parte mia, abbandonarvi a voi stessi» concluse il licantropo.

I due Animagi si esibirono in un sorriso smagliante.

«Sia chiaro che questa è un'occasione eccezionale! E non pensate minimamente che sia io a scrivere i vostri saggi! Io vi troverò soltanto i libri. Al massimo correggerò quello che scriverete, ma per il resto…» precisò il mannaro, ma i due amici non diedero segno di averlo sentito.

«Oh, grazie Rem!» esclamarono, alzandosi in piedi e buttandosi - letteralmente - sull'amico per manifestare fisicamente la loro gratitudine.

«Ehi, giù quelle zampacce! Sono fidanzato!».

 

 

****Note dell'autrice****
"Il capitolo maledetto", ecco come dovrei chiamare questo capitolo. Ve lo posso giurare, non ha fatto che crearmi problemi ç_ç
Dimenticavo quello che dovevo scrivere ogni volta che aprivo il documento Word per "aggiornarlo", la pagina internet si riavviava ogni volta che tentavo di caricarlo (sei volte solo oggi, questa è la settima "-.-), comparivano (nonostante il controllo minuzioso) errori di battitura e grammaticali... Un autentico incubo! O.o
Ammetto che è venuto più lungo (molto più lungo) dell'originale, cosa di cui non mi dispiace affatto. "Perché è più lungo?" potreste chiedervi (o probabilmente no, chi sono io per saperlo?)
Risposta: volevo inserire - da qualche parte - quelli che io reputo i più grandi "Missing Moments" dell'amicizia tra Remus e Sirius.
Momenti che avrei tantissimo voluto leggere nei libri e che avrei voluto vedere - in qualche modo - nei film (dato che nel corso degli anni si è stati capaci di inventare alcune scene bellissime ma a volte anche alcune prive del minimo significato *coff coff* Attacco alla Tana *coff coff*).
1) La reazione di Remus allo "scherzo" di Sirius nei confronti di Piton (e il motivo per cui l'Animagus non abbia pensato minimamente alle conseguenze che l'amico avrebbe potuto dover affrontare - oltre a quelle che ha dovuto effettivamente affrontare - in seguito al suo gesto); 
2) Il motivo (o i motivi) per cui Sirius, a un certo punto, abbia iniziato a sospettare che Remus fosse una spia, decidendo di riporre la sua più completa fiducia in Peter. Perché se da un lato posso benissimo capire che Sirius ritenesse Peter troppo poco sveglio e troppo poco coraggioso per essere una spia, dall'altro non capisco per quale motivo abbia così facilmente pensato che suddetta spia potesse essere Remus.
Che Sirius alla fine si sia lasciato influenzare dai pregiudizi della sua famiglia, non volendosi fidare di un lupo mannaro? Che il gesto di Sirius abbia reso "più semplice" per Remus credere al suo tradimento? Chissà!
Questi argomenti non sono mai stati approfonditi, all'interno della saga, lasciando noi poveri lettori con niente più che supposizioni.
Beh, penso di aver "sproloquiato" fin troppo, per oggi.
♥lady

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Capitolo 57
*** capitolo 57 ***


Regulus Black nascose l'ennesimo sbadiglio dietro la mano. Quella lezione di Pozioni si stava rivelando fastidiosamente noiosa...

Si sfiorò istintivamente il braccio sinistro, e un nuovo brivido di disgusto lo assalì.

Serrò gli occhi, chiedendosi nuovamente come avrebbe fatto ad uscire dal pasticcio in cui si era cacciato - senza trovare tuttavia risposta, come ogni volta che si era posto quella domanda.

«Ti senti bene, signor Black?».

Il ragazzo riaprì gli occhi, scoprendo Lumacorno intento a fissarlo con un'espressione preoccupata.

Regulus si esibì nella brutta copia di un sorriso.

«Certamente professore, nulla di cui lei debba preoccuparsi» rispose, nella speranza di convincerlo a lasciarlo in pace.

Lumacorno annuì, tornando poi ad elencare gli effetti della Felix Felicis alla classe.

Il sorriso svanì dal volto di Regulus, che si concentrò nuovamente sul proprio libro di testo.

«Regulus...?».

Il sedicenne si voltò verso il fondo dell'aula in cerca della ragazza che l'aveva chiamato, senza tuttavia riuscire ad individuarla.

Doveva esserselo immaginato, pensò tornando a rivolgere la sua attenzione alle pagine di "Pozioni Avanzate".

"Il consumo eccessivo è altamente tossico e può causare..."

«Regulus!».

Il ragazzo si voltò ancora una volta, certo - questa volta - di aver udito una voce femminile che chiamava il suo nome. Ma esattamente com'era accaduto in precedenza, non vide nessuno a parte...

Si strofinò gli occhi, guardando meglio la porta dell'aula. Stava forse diventando pazzo? Per quale altro motivo, altrimenti, avrebbe potuto vedere una mano sospesa in aria fargli cenno di seguirla?

Fissò per qualche altro istante la porta, in attesa che la bizzarra apparizione comparisse nuovamente. La curiosità, alla fine, ebbe la meglio.

«Professor Lumacorno?» chiese, alzandosi in piedi.

«Sì, signor Black?» rispose il mago, incuriosito dal comportamento del proprio studente.

«Crede che potrei assentarmi solo per un istante? C'è una questione di cui vorrei occuparmi».

Lumacorno parve spiazzato da una simile richiesta.

«E questa questione non può attendere la fine della lezione?» chiese.

«Temo di no, professore. E' qualcosa che vorrei sbrigare al più presto»

"Prima di perdere il senno", aggiunse mentalmente.

Lumacorno esitò per qualche istante, poi sorrise gioviale.

«Ebbene, se per te è così importante, puoi andare. Cerca solo di fare ritorno prima del termine della lezione. Non che dubiti che con le tue incredibili capacità riusciresti a comprendere la delicata arte della preparazione di questa pozione in particolare, tuttavia...»

«Non si preoccupi, non penso ci vorranno più di un paio di minuti» lo interruppe Regulus - disgustato da quell'eccessivo servilismo da parte del professore - dirigendosi alla porta.

Una volta nel corridoio, Regulus si guardò intorno, cercando con lo sguardo segni della misteriosa mano.

Quando tuttavia non ne vide nessuno, decise di rientrare - dando la colpa di ogni cosa al delicato stato dei suoi nervi.

Fu allora che la misteriosa mano ricomparve, spingendo Regulus a terra.

Il ragazzo osservò stupefatto la mano - armata di una bacchetta che egli riconobbe con orrore essere la sua - compiere un bizzarro cenno a mezz'aria per poi scomparire così com'era apparsa.

Raccogliendo la propria bacchetta e alzandosi da terra, Regulus ebbe appena il tempo di chiedersi che cosa stesse accadendo, quando con un rombo un fiume di acqua di palude iniziò a scorrere impetuoso giù per le scale, inondando l'intero corridoio.

«Buon cielo, che sta succedendo qui?!».

Regulus sobbalzò, voltandosi verso Lumacorno - fermo davanti alla porta aperta dell'aula di Pozioni. Il mago sembrava indeciso sull'essere scioccato o deluso.

«Era questa la questione di cui desideravi così ardentemente occuparti, signor Black?» chiese Lumacorno, fissandolo.

Il Serpeverde sgranò gli occhi.

«Non sono stato io!» esclamò piccato.

«Non vedo altri, qui. E per quanto io stesso fatichi a credere che tu possa compiere un simile gesto...»

«Perché non controlla l'ultimo incantesimo prodotto dalla sua bacchetta, professore? Se è innocente come dice lo scoprirà subito».

Lumacorno e Regulus si voltarono verso le scale, dove - al sicuro da quel pantano - James li osservava con un'espressione innocente, il distintivo da Caposcuola lucente alla luce delle torce.

«Signor Potter, che fai qui?» chiese Lumacorno sospettoso.

James scrollò le spalle con aria tranquilla.

«Ho sentito strani rumori provenire da qui, e trovandomi da queste parti sono venuto a controllare».

«Una vera coincidenza» sibilò Regulus, guardando con disprezzo il Grifondoro.

Ma Lumacorno parve non badarvi, e allungò una mano per prendere la bacchetta che Regulus stringeva ancora tra le dita.

Impotente, il ragazzo gliela porse, guardando lo spettro del misterioso incantesimo librarsi in aria per qualche istante.

Lumacorno gli restituì la bacchetta, un'espressione delusa sul volto.

«Cos'hai da dire a tua discolpa, signor Black?» chiese.

Regulus aprì la bocca per raccontargli della voce che aveva chiamato il suo nome e della mano che l'aveva spinto, compiendo l'azione di cui ora era accusato lui, ma poi ci ripensò. Sapeva che Lumacorno non gli avrebbe creduto. Nemmeno lui l'avrebbe fatto, se qualcuno gli avesse detto le medesime cose...

Lumacorno scosse il capo.

«Mi vedo costretto a togliere dei punti ai Serpeverde, signor Black...» sospirò.

«Perché non lascia fare a me, professore? In fondo Serpeverde è la sua Casa, e posso ben immaginare come la cosa le risulti persino dolorosa, da fare. Ma io? Io non ho alcun problema con il togliere dei punti a chi lo merita...» si offrì James affabile.

Il mago più anziano soppesò per qualche istante l'offerta, poi annuì.

«Molto bene, signor Potter. Lascerò che sia tu ad occuparti di togliere dei punti al signor Black. Non troppi, mi raccomando! In fin dei conti si tratta pur sempre del primo misfatto...» sbottò, lanciando poi un'occhiata esitante a James. «E, signor Potter? So di chiederti molto, ma ti dispiacerebbe occuparti tu di supervisionare alla punizione? Ho diversi impegni improrogabili, e...».

James sorrise sornione.

«Affatto, professore. Sarà un piacere».

[*]

«Potrai ingannare quell'idiota di Lumacorno, ma non me» sibilò Regulus, smettendo di strofinare il pavimento per scoccare un'occhiata carica di veleno all'indirizzo di James.

James assunse un'aria perplessa.

«Non so di che parli, Black».

Regulus emise uno sbuffo divertito.

«Oh, giusto... Tu sei Caposcuola. Completamente incapace di infrangere le regole...» disse in tono sarcastico, riprendendo il compito di ripulire - senza l'uso della magia - il corridoio. «Come se non sapessi che tu e Lupin siete in combutta con mio fratello per mettermi in chissà quali guai... Beh, sappiate che qualunque cosa state facendo, sta avendo successo: nessuno mi vuole più intorno. Pensano tutti che sia una calamita per le scocciature...».

James non rispose.

«Posso almeno sapere che incantesimo hai usato? Dato che sono stato punito per averlo eseguito...» chiese Regulus, lasciando nuovamente da parte lo straccio.

«Non è opera mia» replicò James tranquillo.

Di nuovo, Regulus emise un suono divertito.

«Continua pure a fingere di non sapere nulla, sai che mi importa...» borbottò.

«Non fingo»

«Certo, come no».

I due non parlarono per un po'.

«E la ragazza?» domandò Regulus alla fine.

«Quale ragazza?» chiese a sua volta James, interessato.

«Quella che hai usato per attirarmi fuori dalla classe. Ah già, è vero! Tu non ne sai niente. Come se andando da uno qualsiasi dei professori per accusarti di quanto è accaduto questi mi credesse» sibilò il ragazzo più giovane.

Il silenzio regnò sovrano per diversi istanti, poi James sospirò.

«Tonks».

Regulus lo guardò confuso.

«La ragazza. Era Tonks. E riguardo all'incantesimo, non sono davvero stato io, ma lei. Era nascosta sotto al mio mantello dell'invisibilità. Non ho idea di che incantesimo si tratti; dev'essere di sua invenzione» sbottò James, scrollando le spalle. «Le abbiamo chiesto di aiutarci a farti mettere in punizione, e lei ha detto di sapere esattamente come fare».

Regulus smise di pulire, sedendosi a terra.

«Bullizzare Piton non vi basta più? Ora dovete prendervela anche con me?».

James scosse il capo.

«Non si tratta di "bullizzarti", quanto piuttosto di darti una mano a modo nostro»

«Come so che non si tratta solamente di un'altra trappola?» chiese Regulus sospettoso.

James alzò gli occhi al cielo.

«Si chiama fiducia. E' un concetto astratto, sconosciuto alla maggior parte delle persone e piuttosto noioso da spiegare. Ma per farla breve: stiamo cercando di aiutarti. E considerando il fatto che siamo - probabilmente - la tua unica possibilità consistente di uscire dal guaio in cui ti sei cacciato, ti conviene starci a sentire».

Regulus esitò. Era davvero possibile che suo fratello e la sua banda fossero la soluzione che lui così tanto cercava? Poteva sul serio fidarsi di loro, credendo che non sarebbero corsi a denunciarlo? D'altra parte, che alternative aveva?

«Ipotizziamo che voglia fidarmi, Potter... Come pensate di aiutarmi, se mi avete incastrato qui fino a quando il corridoio non sarà pulito?» chiese interessato.

«E chi ha detto che non lo sia già?» replicò James con un sorrisetto divertito, estraendo la propria bacchetta ed eliminando in pochi secondi ogni traccia del maleodorante scherzo. «Temo però di non poterti assegnare alcun punto in più. Dovrei anzi togliertene... Cinque dovrebbero bastare».

Regulus emise un nuovo sbuffo.

«Tanto per darmi motivi per fidarmi, eh?» borbottò.

James si esibì in un'espressione scioccata.

«Ehi! Il fatto che abbia deciso di aiutarti non vuol certo dire che ho intenzione di far vincere a Serpeverde la Coppa delle Case!».

Regulus dovette trattenere un sorrisetto.

«Ma certo, che stupido io a pensare il contrario...» sbuffò, guardandosi intorno. «Temo però che se qualcuno passasse da queste parti e ci vedesse parlare lo troverebbe alquanto sospetto...».

«Ecco perché non resteremo qui. Troppe possibilità di essere ascoltati da orecchie indiscrete».

Regulus lo fissò diffidente.

«E dove andremo?»

James sorrise vittorioso, uno scintillio furbo negli occhi.

«Conosco il posto giusto».

[*]

«Che posto è questo?» chiese Regulus, guardandosi intorno.

Pur non conoscendo il castello alla perfezione come il fratello e i suoi amici, aveva girovagato abbastanza tra i suoi corridoi da essere certo di non aver mai visto quella stanza prima di allora. 

«Un rifugio dove di solito veniamo quando vogliamo stare tranquilli, o non vogliamo essere intercettati» rispose James, indicandogli una delle poltroncine affinché si sedesse.

Ma Regulus sembrava più interessato a guardare le foto appese alla parete con aria malinconica.

«Vorrei poter dire di aver avuto anche io un luogo simile, insieme a mio fratello. O un rapporto anche solo apparentemente civile, se è per questo... Peccato che Sirius non sia mai stato molto affettuoso, nei miei confronti» mormorò più a se stesso che a James.

Il Grifondoro piegò il capo da un lato, studiandolo brevemente.

«Forse non gliene hai mai dato motivo»

«Forse non si è mai sforzato più di tanto» ribatté secco Regulus, voltandosi a guardarlo.

James scrollò le spalle.

«Può darsi. Nemmeno Sirius è perfetto» ammise, indicando nuovamente la poltroncina davanti a sé. «Perché ora non facciamo quella chiacchierata? Siamo venuti qui per questa ragione, in fondo».

Regulus sospirò, accettando finalmente di sedersi. Ma non parlò subito, preferendo concentrare la propria attenzione su ciò che lo circondava.

«Non è stata una mia scelta» mormorò alla fine.

James annuì.

«Lo immaginavo».

Il Serpeverde posò gli occhi su una foto che ritraeva il fratello abbracciato al ragazzo ora seduto davanti a lui.

«E' stata dei miei genitori. Loro credono che il Signore Oscuro abbia ragione. Che possa ristabilire la supremazia delle famiglie Purosangue sugli altri maghi, streghe e Babbani - così come un tempo progettava di fare Salazar Serpeverde» disse.

James si accigliò momentaneamente. Sirius una volta gli aveva raccontato di come il fratello avesse tappezzato la propria camera con ritagli di giornale riguardanti le imprese di Voldemort e dei suoi Mangiamorte... Era davvero possibile che fosse tutta una facciata per non far sorgere sospetti in Walburga e Orion Black?

«Tu no?» indagò.

Regulus emise uno sbuffo.

«Un tempo. Ora non più. Non dopo aver visto i metodi che usa per raggiungere i suoi scopi, e soprattutto non dopo aver capito come il suo obbiettivo finale non sia affatto quello di restituire il potere ai Purosangue, bensì quello di ottenerlo per poterlo poi utilizzare per governare sul nostro mondo e su quello dei Babbani» replicò, fissando James negli occhi con uno sguardo sprezzante. «Un Black non accetta di prendere ordini da nessuno al di fuori di se stesso. Anche se questo "nessuno" è un mago potente e pericoloso come il Signore Oscuro. Se si tratta di rimettere al loro posto le razze inferiori sono perfettamente d'accordo, ma questo non deve necessariamente avvenire in modo violento o attraverso l'omicidio. L'oro dato alle persone giuste ha sempre funzionato alla perfezione...».

James non replicò subito.

«Non posso dire di essere d'accordo con quello che hai detto. Mentirei, se lo facessi. Ma al tempo stesso non posso negare di aver intravisto la possibilità di un dialogo, tra noi. Correggimi se sbaglio... Tu sei dell'idea che cose come l'istruzione, un impiego e qualsivoglia diritto debbano essere un'esclusiva dei maghi e delle streghe Purosangue, giusto?» domandò.

«Esatto».

«Tuttavia, in caso di un'impossibilità civile ad "eliminare il problema", saresti più propenso ad ignorare e disprezzare quegli esseri umani o quelle creature che ritieni inferiori, piuttosto che a toglierli di mezzo fisicamente. Preferiresti preludere loro ogni cosa attraverso la corruzione, insomma» continuò James.

Regulus annuì.

«Esattamente» ripeté.

James si abbandonò contro lo schienale della propria poltrona.

«Se più persone ragionassero in questo modo il mondo sarebbe un - benché piccolo - passo più vicino ad essere un posto migliore. Ci sarebbero ancora un bel po' di cose da sistemare, ma sarebbe un inizio...» mormorò.

Il ragazzo più giovane fece spallucce, oscurandosi in volto.

«Sì, beh... E' un modo di ragionare che dovrò abbandonare presto, ora che sono uno di loro» sbottò amaramente.

Il Grifondoro incrociò le braccia al petto.

«Puoi sempre tirarti indietro, se vuoi. Nessuno ti biasimerebbe» disse con aria tranquilla.

Regulus gli scoccò un'occhiata carica di compassione.

«Iniziavo a crederti intelligente, Potter. Non si consegnano le dimissioni al Signore Oscuro. Ormai sono un Mangiamorte, e non posso più tornare indietro» sputò.

Fu il turno di James di scrollare le spalle.

«Chi dice che sei un Mangiamorte? Dei ragazzi che ancora devono finire i loro studi? Dì che hai voluto seguire una moda, ma che hai capito immediatamente di aver commesso un errore. Pensi forse che uno qualsiasi dei tuoi nuovi amici oserà farsi avanti per contraddirti? Quando farlo significherebbe ammettere di essere stati presenti alla tua "cerimonia d'iniziazione", e di conseguenza di essere Mangiamorte a propria volta? Puoi credermi: quel branco di idioti tiene troppo alla propria pelle e alla propria libertà per fare una cosa del genere».

Regulus si morse il labbro.

«Sarei sempre in pericolo. E non solo perché i Mangiamorte mi darebbero la caccia, ma perché il Signore Oscuro in persona lo farebbe. Dubito apprezzerebbe il mio sbandierare al Ministero i nomi di alcuni suoi seguaci...».

James sorrise obliquo.

«Metà del mondo magico è sulla lista nera di Voldemort. Non può prenderci tutti; non è infallibile» disse, ignorando l'espressione del Serpeverde al nome del mago oscuro.

Regulus fissò James a lungo, prima di parlare nuovamente.

«E tu e i tuoi amichetti che mi consigliate di fare? Di presentarmi davanti al Ministro della Magia in persona e dirgli: "Ehi, salve! Sono stato marchiato come un Mangiamorte, ma il mio era solo il desiderio di seguire la moda. Negoziereste la mia libertà con alcuni nomi di miei ex compagni?"» sbottò sprezzante.

L'Animagus fece spallucce.

«Non sottovaluterei l'efficacia di una frase del genere. Scommetto che un giorno il Ministero sarà pieno di Mangiamorte pronti a giurare di aver semplicemente seguito una moda, o persino di essere stati stregati...» disse, raddrizzandosi sulla sua poltrona. «In realtà il nostro consiglio è quello di andare semplicemente da Silente e raccontargli quello che stai dicendo ora a me e quello che hai detto a tuo fratello la sera dell'iniziazione. Silente non ti espellerà, una volta conosciute le tue motivazioni».

Lo fissò intensamente.

«Ancora non hai fatto nulla di male, Regulus».

Il ragazzo più giovane si guardò le scarpe.

«Eppure la situazione non cambia. Come posso andare da Silente, sapendo che al ritorno verrò attaccato da coloro che ho "tradito"? Sapendo che nel momento stesso in cui la voce che sono un Mangiamorte si spargerà al Ministero i miei genitori mi trascineranno via da questa scuola, riservandomi un destino che nemmeno oso immaginare?» mormorò.

James non rispose subito.

«Ti rivelerò il nostro ultimo motto: "Non è indispensabile avvertire il Ministero, per il momento". Per quello c'è tutto il tempo una volta conclusi definitivamente i tuoi studi. Sono più che certo che anche Silente suggerirebbe una cosa del genere».

Il Serpeverde storse il naso con aria poco convinta.

«E fino ad allora?»

«Fino ad allora agiremo secondo un preciso piano di attacco che prevede di tenerti il più lontano possibile dai tuoi compagni d'arme. Per tua stessa ammissione il piano sta già avendo successo... Inoltre, puoi ritenerti fortunato: Sirius aveva suggerito di rinchiuderti da qualche parte e di montare noi stessi la guardia a turni. Ma era davvero una pessima idea, così ho deciso di limarne un po' gli angoli» ghignò James con aria malandrina. «Ecco quindi che da una damigella bisognosa di protezione ti trasformi in uno studente ribelle che gli insegnanti sono costretti a mettere in punizione - ovviamente sotto la costante vigilanza da parte di quei Prefetti e di quei Caposcuola che si trovano accidentalmente a passare per quelle parti... E una volta che simili figure non saranno più qui, sono certo che gli insegnanti giusti saranno ben lieti di sopperire alla loro assenza».

«E riguardo ai motivi delle suddette punizioni?» chiese alla fine.

James fece nuovamente spallucce.

«Oh, di quello non mi preoccuperei. Siamo una fonte inesauribile di idee, e hai visto anche tu il talento innato di Tonks nel creare scompiglio... La ragazza saprà certamente dare il meglio di sé. E sei benissimo libero di avanzare delle richieste! Puoi persino chiederle di prendere il tuo posto, a patto che te ne stia nascosto dove nessuno può trovarti».

Regulus era basito. Doveva ammettere che era un piano studiato alla perfezione, fino al più piccolo dettaglio...

James lanciò un'occhiata al proprio orologio e poi si diresse alla porta.

«E' ora che tu vada alla tua prossima lezione. Parlerò io con Lumacorno, dicendogli quanta passione tu abbia messo nel tuo lavoro. Probabilmente ti restituirà persino i punti che ti ho tolto...» borbottò sconfitto.

Ma Regulus non si mosse.

«Hai evidentemente trascorso molto tempo a "limare gli angoli" del piano di mio fratello... Quindi ti chiedo: perché? La mia soffiata ad Andromeda ha causato un bel po' di guai a Lupin, o sbaglio? Per quale motivo, quindi, tu e lui dovreste aiutarmi? Posso arrivare a capire mio fratello, ma voi... Voi cosa ottenete da tutto questo?» chiese, tenendo gli occhi chiari fissi in quelli nocciola di James.

Il sorriso del ragazzo più vecchio si attenuò un po'.

«Ben presto la guerra e la paura ci trasformeranno tutti in assassini o in cadaveri. Che male c'è nel cercare di ritardare il più possibile che questo accada anche ai nostri amici e alle nostre famiglie; nel cercare di impedire che le loro anime vengano fatte a pezzi?».

Regulus lo raggiunse alla porta senza smettere di studiarlo con attenzione.

«Non suoni come qualcuno che sta avendo molto successo...» mormorò.

James scrollò le spalle, aprendo la porta.

«Uno dei miei migliori amici vive costantemente sul limite di un baratro rappresentato dall'oscurità che alberga in lui, l'altro rischia ogni giorno di cedere alla follia che caratterizza la sua famiglia, e quello che pensavo fosse il mio terzo migliore amico al mondo ha venduto il primo ad un assassino assetato di sangue per paura che questi uccidesse orribilmente lui e la sua famiglia. Non sto avendo poco successo, sto fallendo miseramente» sospirò con la voce carica di amarezza. «Ma se riuscirò ad impedire che anche un solo innocente sia costretto a pagare per le assurde trovate di qualcuno più potente di lui, almeno potrò andare a dormire sapendo di aver fatto qualcosa di buono nella mia vita».

E dopo un'azzardata pacca sulla spalla a Regulus richiuse la porta del rifugio, lasciando il ragazzo solo nel corridoio.

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Capitolo 58
*** capitolo 58 ***


«Sapete? Ero fermamente convinto che parlare a Regulus, rivelandogli le nostre intenzioni, sarebbe stata una totale perdita di tempo. Invece devo ricredermi. Le cose stanno seriamente andando come volevamo...» ammise Sirius, aprendo la Mappa del Malandrino sul tavolo coperto di pergamene.

Dopo la chiacchierata avuta con James, infatti, Regulus era andato immediatamente da Silente - raccontaogli ogni cosa: della decisione dei suoi genitori di farlo unire alle fila di Voldemort, dell'incontro a tarda notte nell'aula di Babbanologia, del suo totale disprezzo all'idea di acconsentire al volere di un folle come il Mago Oscuro... E Silente - così come aveva fatto con Sirius, Tonks e Lidia diversi giorni prima - gli aveva assicurato ch'è non avrebbe in alcun modo avvisato i suoi genitori, e l'aveva poi messo al corrente delle misure che intendeva adottare per salvaguardare la sua sicurezza all'interno del castello. 

Ora, quasi due mesi dopo la sua iniziazione come Mangiamorte, le molte ore trascorse in punizione e la quasi totale incapacità di muoversi senza essere seguito - sempre per puro caso - da uno dei professori, o persino dallo stesso Moody, avevano fatto sì che Regulus fosse tenuto a debita distanza dai suoi "compagni notturni". Un vero successo, per i Malandrini.

«Oh, avanti! Quando mai uno dei nostri piani è fallito, Felpato?» esclamò James allegro.

Remus emise uno sbuffo.

«Un paio di volte c'è mancato davvero poco...» borbottò.

James gli rivolse un'occhiata torva.

«Era una domanda retorica, Lunastorta! Quello che conta è che non è mai successo» puntualizzò.

«C'è sempre una prima volta...».

Sirius emise un verso esasperato.

«Perché devi essere sempre così fatalista, Remus?».

Il licantropo scrollò le spalle. 

«Non è essere fatalisti, è considerare ogni possibilità. Non dico che il nostro piano per tenere tuo fratello lontano dai guai sia destinato a fallire, dico soltanto che sarebbe meglio... rafforzare un po' la situazione» precisò, fissando i due amici con serietà. «Non dobbiamo cullarci in un senso di falsa sicurezza, ma assicurarci che le cose continuino ad andare bene come ora».

Estrasse dalla tasca un foglio di pergamena sgualcito.

«Immagino, James, che Sirius ti abbia informato delle mie idee per domani... Ci basta concentrarle sui compagni di Regulus. E, seppur in modo minore, anche su di lui. Giusto per non destare sospetti» disse, passandolo all'amico.

«Le tue...? Oh, sì! Felpato ne aveva accennato nella lettera in cui mi raccontava del tuo... Rencontre amoureuse» ricordò James, prendendo il foglio.

Una volta lettolo rapidamente, l'Animagus guardò l'amico con rinnovato rispetto - e con gli occhi che brillavano di malizia.

«Devo ammettere, Monsieur Lunastorta, che lei non cessa mai di stupirmi» disse, esibendosi in un inchino ammirato.  

Sirius ridacchiò.

«Ti avevo avvertito, James: il nostro Remus è un ragazzo nuovo...».

James si unì alla risata.

«Un ragazzo nuovo davvero. Ricordami di ricompensare Tonks nel modo che lei riterrà più adatto, Felpato. Se lo è decisamente meritato».

Sirius fece scherzosamente il saluto militare, per poi concentrarsi a sua volta sulle pergamene fitte di scritte davanti a lui.

«Immagino che essendo questo l'ultimo 1° aprile che vedremo da studenti sia d'obbligo fare qualcosa per lasciare il nostro segno indelebile su questa scuola...» mormorò pensieroso.

«Qualche idea di come fare?» chiese Remus.

«Una, in realtà. Propongo di prolungare la giornata di domani per tutta la settimana. Onestamente non so scegliere tra tutte le magnifiche idee scritte qui, quindi perché non realizzarle tutte?».

Il ghigno di James si estese a dismisura.

«Oh, Sir... Tu sai veramente come far felice un ragazzo...».

[*]

Remus Lupin, Disilluso, si concesse un breve istante per osservare la Metamorfomagus che camminava davanti a lui - ben attento, comunque, a mantenere ognuno dei suoi sensi all'erta per individuare velocemente ogni possibile segnale di pericolo.

Di solito era contrario a chiedere a Tonks di modificare - anche solo leggermente - il proprio aspetto, così come lo era in merito al coinvolgerla nelle malefatte dei Malandrini; ma James era stato categorico: in quella particolare occasione avevano l'assoluta necessità di avvalersi di tutto l'aiuto possibile. E così, dopo una veloce intrusione da parte di Sirius nella lavanderia, la brillante - seppur sbadata - Tassorosso era stata magistralmente sostituita da un'anonima Serpeverde al primo anno.

Grazie al suo travestimento - e alla parola d'ordine rivelata da Regulus - Tonks avrebbe potuto facilmente introdursi nella sala comune dei Serpeverde e "fare da palo" mentre Remus portava a compimento la propria parte nel piano in tutta tranquillità, senza il timore di essere sorpreso da uno studente in preda all'insonnia.

«Supremazia» sussurrò Tonks, lanciando una fugace occhiata nervosa ai due cobra di pietra messi a guardia dell'ingresso alla sala comune dei Serpeverde - che non riconoscendo in lei un intruso non si mossero.

Sospirando di sollievo, la coppia superò il muro - già scivolato di lato - ed entrò. Dovevano fare in fretta. 

[*]

Diversi piani più su, Sirius Black - accuratamente celato sotto le sembianze di Felpato - raggiunse la Sala Grande con la bacchetta ben stretta tra i denti e le orecchie tese a cogliere il minimo movimento.

Con cautela, il grosso cane nero sbirciò all'interno della sala, trovandola - come si aspettava - completamente deserta.

Soddisfatto, Sirius abbandonò la propria forma animale e pose un Incantesimo di Disillusione su di sé per evitare di incappare in spiacevoli sorprese durante il proprio operato.

Già pregustando allegramente la prospettiva di farsi una sonora risata la mattina successiva, l'Animagus si infilò sotto la lunga tavolata a cui ogni giorno si sedevano gli appartenenti alla Casa Serpeverde.

Riacquistato un minimo di concentrazione, poi, si mise al lavoro. Aveva poco tempo a disposizione.

[*]

Libero - grazie al suo distintivo di Caposcuola - di girovagare indisturbato per il castello anche a quell'ora tarda, James Potter trasportava una pesante borsa - opportunamente occultata da un incantesimo - verso una destinazione ben precisa: il corridoio che ogni mattina consentiva ai Serpeverde di raggiungere la Sala Grande.

Una volta raggiunta la propria meta, l'Animagus si guardò intorno per accertarsi che nessuno fosse nei paraggi; ma a parte uno o due quadri intenti a russare sonoramente, nulla si muoveva.

Per nulla intenzionato a correre rischi inutili, James decise comunque di seguire l'esempio degli amici e di Disilludersi. Normalmente avrebbe fatto ricorso al suo inseparabile mantello dell'invisibilità, ma in quel particolare frangente si sarebbe rivelato più un ostacolo che un alleato. Quanto stava per fare necessitava della più completa libertà di movimento, e della massima attenzione. Una sola cosa fuori posto - anche la più piccola - e tutto sarebbe andato a rotoli.

Sollevò l'incantesimo che celava la sua borsa e si rimboccò le maniche.

«All’opera, Ramoso».

[*]

Era quasi l’alba quando i tre ragazzi si ritrovarono nella sicurezza del loro dormitorio.

«Com'è andata, Felpato?» s'informò James, rimettendo la borsa - ormai vuota - all'interno del proprio baule.

«Tutto secondo i piani, come sempre» rispose Sirius, lanciando la bacchetta sul comodino. «Tu che mi dici, Lunastorta? Qualche problema?».

«Nessuno» replicò Remus, sedendosi sul letto.

James annuì soddisfatto.

«Tutto liscio come l'olio anche per me. Abbiamo un buon alibi?».

Sirius ghignò.

«Tutti i nostri compagni, oltre a Nick-Quasi-Senza-Testa, sanno che ci siamo rinchiusi nel nostro dormitorio subito dopo cena a causa di un tremendo mal di stomaco collettivo - conseguenza di una sfida a chi riusciva a mangiare più muffin di zucca» snocciolò.

James sospirò melodrammatico.

«Non molto lusinghiero, ma inattaccabile».

Prese la propria bacchetta, la agitò, e una bottiglia di Whisky Incendiario comparve davanti a loro insieme a tre bicchieri.

«Signori, vorrei fare un brindisi in onore della "Settimana Malandrina". Che sia di esempio ed ispirazione per le future generazioni di magici malfattori» proclamò, riempiendo fino all'orlo i bicchieri e passandone uno ciascuno agli amici.

«Alla Settimana Malandrina!» ripeterono in coro Sirius e Remus.  

Vari brindisi più tardi, nel dormitorio non rimasero che una bottiglia vuota e tre ragazzi profondamente addormentati.

[*]

Il mattino successivo ogni occupante del castello si convinse del fatto che il tempo si fosse riavvolto su se stesso, trasportando nuovamente ogni cosa a fine gennaio. Di nuovo, infatti, le mura di Hogwarts vennero scosse dal suono di molte grida fuse in un solo urlo di orrore misto a rabbia.   

E mentre tutti i presenti in Sala Grande per la colazione si guardavano l'un l'altro confusi, tre Grifondoro cercavano in tutti i modi di celare i loro sorrisetti divertiti dietro le pagine dell'edizione del mattino della Gazzetta del Profeta.

«Buon 1° aprile, colleghi malfattori» sussurrò Sirius a James e Remus, allontanando il proprio porridge e preparandosi all'arrivo dei compagni Serpeverde.

L'attesa, fortunatamente per lui, non fu troppo lunga. Solamente dieci minuti più tardi, infatti, un primo gruppo di studenti varcò le grandi porte della sala, scatenando l'ilarità generale: quasi tutti avevano infatti braccia e testa saldamente incollati al proprio cuscino - cosa che aveva impedito loro di indossare la divisa prima di uscire dal dormitorio. Diversi Tassorosso arrivarono persino a mettersi a piangere dal troppo ridere, quando videro l’adorabile pigiama con cui Alecto Carrow dormiva: un completo simile ad una vecchia tuta nera babbana, ma con grossi draghetti azzurri ricamati sopra.

Furiosa, la ragazza strillò in preda all'ira, muovendo il cuscino a destra e a sinistra in modo convulso per cercare di individuare chi stesse ridendo di lei - gesto che ebbe come unico risultato quello di far aumentare esponenzialmente le risa. Non che il fratello potesse essere meno appariscente...

«Chi l’avrebbe mai detto che il possente capitano dei Serpeverde dormisse con il suo affezionato unicorno di peluche!» strillò una ragazza Corvonero del terzo anno, attirando l’attenzione di tutti sul corpulento Amycus - che tentava invano di nascondere se stesso e il proprio animale di pezza.

Ma non fu che l'inizio. Dopo che gli sfortunati Serpeverde riuscirono - non con poche difficoltà - a sedersi al proprio tavolo, infatti, un possente gruppo di loro compagni superò le alte porte di quercia, ognuno sotto il chiaro effetto di una o più pozioni differenti: c’era chi mostrava un aspetto per metà giovane e per metà anziano; chi aveva perduto improvvisamente tutti i capelli, solamente per vederseli spuntare dalle orecchie e dal naso; ragazze con il viso incartapecorito e i capelli dal colore talmente acceso da far invidia persino a Tonks e alla sua chioma arancione fosforescente... Sembrava quasi che quel secondo gruppo fosse finito disgraziatamente tra le grinfie di un Pozionista pazzo. Persino i professori, seduti al loro tavolo in fondo alla sala, faticavano a trattenere le risa davanti ad un simile spettacolo.

Ormai certo che tutti i loro compagni avessero preso posto, Sirius si esibì in un ghigno di pura malizia. James e Remus avevano mostrato i risultati del loro lavoro... Ora era il suo turno.

Ben attento che nessuno tra quelli che sedevano vicini a lui notasse i suoi movimenti, quindi, l'Animagus estrasse la bacchetta e la puntò all'inizio del tavolo dei Serpeverde.

Nessuno, inizialmente, fece caso al cattivo odore provocato dallo scoppio di una Caccabomba. Ma ben presto - quando una reazione a catena di proporzioni epiche causò l’esplosione in rapida successione di ogni singola Caccabomba posizionata sotto la lunga tavolata - fu impossibile, persino per i fantasmi, ignorare il tremendo fetore.

«Ehi, Piton! Esiste una cosa chiamata doccia, sai?» gridò James Potter tappandosi il naso.

E mentre i Grifondoro accompagnavano le parole del loro compagno con un autentico boato di approvazione, il Serpeverde non poté fare altro che lanciare al ragazzo uno sguardo puro veleno, maledicendolo mentalmente per la propria testa pelata - sulla quale riluceva la chiara luce del mattino.

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Capitolo 59
*** capitolo 59 ***


Per i Serpeverde quello fu un giorno dolorosamente lungo - scandito dalle malefatte dei Malandrini nei loro confronti e dalle risate di coloro che si trovavano ad assisterne i molteplici risultati. E nonostante vi fossero molti studenti che non approvavano simili "scherzi", tutti non potevano che convenire su una cosa: i tre Grifondoro sembravano aver dato libero sfogo alla loro immaginazione.

Dopo una vasta varietà di oggetti che li aveva bersagliati al loro passaggio in più parti del castello, una gelatina color arcobaleno che aveva avvolto completamente ognuno dei loro effetti personali - solo dopo che questi avevano magicamente assunto un intenso color rosa - e un'autentica invasione di locuste che li aveva costretti a rinchiudersi nello stanzino delle scope per buona parte del pomeriggio, solamente pochissimi Serpeverde ebbero la forza di presentarsi a cena.

A nulla servirono gli sguardi di rimprovero dei professori nei confronti dei Malandrini: come sempre, infatti, nessuno poteva dimostrare il loro coinvolgimento in quella faccenda.

[*]

«Non credete di aver esagerato, questa volta?» soffiò Lily di cattivo umore, alzando gli occhi su ciò che rimaneva dei Serpeverde.

Sirius fece spallucce.

«Affatto. Fossi in te non mi preoccuperei, Evans. In fin dei conti non li abbiamo messi nelle condizioni di non riprendersi mai più. Vedrai che si riprenderanno in un batter d'occhio».

La ragazza sbuffò infastidita, rivolgendosi a James.

«Suppongo che tu la pensi esattamente allo stesso modo, vero?».

James ingoiò un grosso pezzo di carne.

«Oh, avanti! In un paio di settimane torneranno come nuovi. Credo» aggiunse poi a bassa voce.

«Ah, tu credi?» sibilò Lily.

Remus sorrise in direzione dell'amica.

«Siamo sicuri che sia così, Lily. Gli unici segni indelebili che rimarranno saranno quelli al loro orgoglio. Sai bene che ci sono confini oltre i quali nemmeno nei nostri giorni peggiori ci spingeremmo mai» la rassicurò.

La Grifondoro sospirò rassegnata.

«Meritereste davvero che vi togliessi dei punti, sapete? Ma come posso farlo, sapendo che le vostre azioni sono servite anche a tenere ulteriormente Regulus lontano dagli elementi pericolosi della sua Casa?».

Sirius sorrise sfacciato.

«Frequentarci inizia finalmente a dare i suoi frutti...»

Lily lo ignorò.

«Beh, almeno è finita» mormorò sollevata.

I tre ragazzi si scambiarono una rapida occhiata.

«Già... Proprio finita».

[*]

Diverse ore più tardi, i Malandrini finivano ancora una volta di vuotare le borse dei libri sui loro letti - solo per riempirle con tutto l'occorrente per la seconda giornata di scherzi.

«Siete proprio sicuri che non ci sia un altro modo?» sussurrò Remus, posando l'orecchio contro la porta per assicurarsi che nessuno fosse dall'altra parte di essa ad origliare.

James annuì.

«I controlli, dopo quanto accaduto oggi, sono aumentati. Dopo il coprifuoco la McGranitt in persona ha istruito la Signora Grassa a non aprire il passaggio a nessuno che non sia un insegnante fino a domani mattina. Inoltre, i fantasmi, il vecchio Gazza e quella sua gatta da strapazzo pattugliano attentamente i corridoi. Se vogliamo davvero portare avanti i nostri piani dobbiamo ricorrere a soluzioni alternative per lasciare la torre...».

Il Caposcuola aprì una delle finestre e guardò con attenzione fuori.

«La notte è nuvolosa. Questo dovrebbe favorirci» mormorò.

«Preferisco comunque Disilludermi. La prudenza non è mai troppa» gli fece eco Sirius.

Remus rise.

«Sentitelo! Moody sarebbe fiero di te... Vigilanza costante!».

L'Animagus gli fece un gestaccio con la mano.

«Se voi due avete finito di litigare come una vecchia coppia di sposi, direi di muoverci» sbottò James, afferrando - subito imitato dagli amici - la propria borsa dei libri e la propria scopa.

Poi, senza aggiungere altro, superò con un balzo la finestra e si lasciò cadere nel vuoto.

Sirius sospirò rassegnato.

«Quel ragazzo è completamente fuori di testa...».

[*]

«Potresti smettere di fare cose del genere, Ramoso? Il mio cuore te ne sarebbe molto grato» borbottò Remus una volta che anche lui e Sirius ebbero affiancato l'amico nel cielo notturno.

James ghignò.

«Se lo facessi perderei queste tue deliziose ramanzine, Lunastorta. E come potrei, allora, divertirmi ad ignorarle?».

Remus inarcò un sopracciglio.

«Sai che essere il giocatore migliore della nostra squadra non ti esonera dalla possibilità di cadere da quella scopa, vero? In fondo com'è che si dice? "Gli incidenti capitano"» sbottò.

Sirius ridacchiò.

«Anche se sarebbe terribilmente affascinante ascoltare la spiegazione che daresti alla McGranitt per un così tragico incidente, temo che dovremo rimandare. In fin dei conti stanotte abbiamo un lavoro da fare».

[*]

Di ritorno dalla loro missione, i tre ragazzi riempirono nuovamente le borse con tutto l'occorrente per il giorno successivo - stando ben attenti a non lasciare alcuna traccia, in esse, del precedente contenuto in previsione di un'ispezione a sorpresa.

«Abbiamo sistemato tutto?» chiese James riponendo il proprio manico di scopa sotto al letto.

«Tutto» lo rassicurò Sirius.

«Il nostro incantesimo di copertura è ancora al suo posto?» chiese allora il ragazzo, rivolgendosi a Remus.

Il mannaro puntò la bacchetta verso la porta del loro dormitorio, e sussurrò una veloce formula.

«Nessun segno di manomissione. L'intera Torre è convinta che nessuno di noi si sia mosso da qui, stanotte».

Sirius sorrise soddisfatto.

«Lo sai Rem? I tuoi incantesimi protettivi non vengono apprezzati a sufficienza...»

Remus agitò una mano con aria vaga.

«Semplici incantesimi facilmente annullabili. Nulla che non possa essere replicato da altri».

James piegò il capo da un lato.

«Ti sminuisci troppo, amico mio. Un giorno questi tuoi "incantesimi facilmente annullabili" finiranno per tenere al sicuro altre persone dai Mangiamorte. Chissà, magari le nostre stesse famiglie».

Tutti e tre tacquero per un po', le loro menti concentrate su una guerra che si svolgeva - molto probabilmente - solamente alcuni passi al di là dei cancelli di Hogwarts; una che già li aveva privati di molti affetti...

«Beh, direi di metterci a dormire. Non voglio certo che l'essere ancora addormentato mi privi del piacere di gustarmi i frutti del nostro duro lavoro notturno» disse Sirius poco dopo, infilandosi rapidamente il pigiama.

Remus e James lo ringraziarono mentalmente per aver spostato l'attenzione su pensieri decisamente più piacevoli, e dopo averlo imitato si misero a letto.

[*]

Quando la mattina dopo James, Sirius e Remus passarono - ovviamente per puro caso - per il cortile, poterono assistere a ciò che la sorte aveva riservato ai pochi superstiti del giorno prima.

Alcuni di loro urlavano in preda al terrore, mentre la più grande pianta di Frullobulbo che Hogwarts avesse mai visto li faceva oscillare in aria come tanti piccoli aquiloni babbani - completamente incurante dei vari professori che, ai suoi piedi, cercavano senza sosta il modo migliore per liberare gli studenti senza arrecare loro alcun danno.

Altri invece - perlopiù ragazze - erano tenute maldestramente d'occhio dal professor Lumacorno. Questi ultimi avevano un'aria quasi folle.

«Credo proprio che mi mancherà questa settimana, in futuro» confessò Sirius, gli occhi grigi che brillarono di pura soddisfazione quando Travers venne messo sottosopra e sculacciato poderosamente da uno dei rami.

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Capitolo 60
*** capitolo 60 ***


Quella che seguì fu una delle settimane più lunghe - ed indimenticabili - della storia della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Almeno secondo gli insegnanti, che non ebbero quasi altro compito oltre a quello di porre rimedio ai numerosi danni causati al castello e ai suoi occupanti dagli "scherzi" dei Malandrini - benché, come avveniva ogni volta, nessuno potesse affermare di avere le prove dell'effettiva colpevolezza dei tre ragazzi.

Ed esattamente come ogni volta, i tre si ritrovarono ben presto in piedi davanti alla scrivania del preside.

Silente guardò James, Sirius e Remus con un sospiro sconfitto.

«Devo dire di aver quasi sperato che la nostra ultima chiacchierata in merito a quelli che voi ultimamente definite "scherzi" fosse servita a mettervi un freno...» disse pacato.

«Non…» iniziò Remus, ma il preside alzò la mano per fermarlo.

«No, signor Lupin. Non accetterò alcuna scusa, stavolta. Nessun: “Non siamo stati noi”. Confido che lo sappiate».

James, Sirius e Remus abbassarono gli occhi ed annuirono.

Silente sospirò di nuovo.

«Subito dopo che siete stati qui l'ultima volta ho avuto modo di parlare con un caro amico, che mi ha fatto notare come i miei metodi - così come quelli della maggior parte dei vostri insegnanti - siano decisamente troppo poco severi. E devo confessare che mai come ora mi rendo conto di quanto abbia ragione: ho più volte scelto di non vedere. Troppe volte ho giustificato, persino a me stesso, le vostre azioni. Ora mi rendo conto che se certe situazioni continuano a ripetersi, la colpa è soprattutto mia. Non punendovi adeguatamente la prima volta, ho contribuito alla convinzione che poteste fare tutto ciò che volete. Anche se si tratta di attaccare deliberatamente i vostri compagni. Un errore che, tuttavia, non intendo commettere nuovamente» precisò, squadrandoli uno per uno. «Tutti e tre sarete messi in punizione seduta stante. Separati. Signor Black, sono convinto che il professor Lumacorno abbia assolutamente bisogno di un aiuto nella pulizia dei suoi alloggi, della sua aula e della sua dispensa privata. Signor Potter, sarai affidato alla professoressa McGranitt, che sono certo troverà una punizione più che adatta alle tue capacità. Infine, signor Lupin, ritengo che qualche tempo in compagnia di Mastro Gazza potrebbe giovare ad entrambi. Ritengo inutile dire che l'utilizzo della bacchetta sarà strettamente legato ai compiti assegnati e alla generosità dei vostri punitori. Potete andare».

Ai tre ragazzi non restò che uscire, pieni di vergogna.

«Stavolta è stato proprio irremovibile, eh? Presumo sia colpa di quel suo "caro amico"... Quanto scommettete che si riferisce a quello strambo di Moody?» borbottò Sirius, non appena la porta si chiuse alle loro spalle.

Remus scosse il capo.

«Mi spiace, non scommetto quando so di perdere. Le mie finanze non lo consentono».

«Affronteremo la questione delle tue finanze un'altra volta, Remus. Per ora concludiamo questa storia delle punizioni, o rimarremo qui fino alle vacanze estive» disse James, precedendo gli amici giù per i gradini.

[*]

All'interno dell'ufficio di Silente, Moody prese posto davanti alla scrivania.

«Devo chiederlo: di quali prodezze si sono resi colpevoli, questa volta? Giù ai cancelli certe voci non arrivano completamente...» chiese, una risata mal celata nella voce burbera.

Il preside si tolse gli occhialini a mezzaluna e si massaggiò brevemente il ponte del lungo naso, prima di rispondere.

«Diciassette Incantesimi di Adesione Permanente lanciati sui cuscini di altrettanti studenti mentre dormivano; dodici Pozioni Ringiovanenti unite a dodici Pozioni Invecchianti - più tre Pozione per Capelli di Sleekeazy - versate sulle teste di dodici di loro mentre si recavano in Sala Grande; quattro Fatture Pungenti lanciate su altri appartenenti alla Casa del professor Lumacorno e quarantacinque Caccabombe fatte esplodere simultaneamente sotto la tavola dei Serpeverde a colazione. E questa non è che una piccolissima parte di quanto si è visto il primo giorno. Poi sono arrivate la Pianta di Frullobulbo ingigantita con l’incantesimo d'ingozzamento che ha tenuto in ostaggio dodici studenti per sedici ore, le sette studentesse che hanno ingerito una tripla razione di Pozione Eccitante, i diciannove Serpeverde con la testa trasfigurata in quella di un pesce - con annesse branchie - che sono stati ripescati dopo dodici ore di ricerca nel Lago Nero, le ventidue Bevande Balbettanti somministrate a cena, le ventisei doppie dosi di Elisir dell'Euforia che hanno portato altrettante studentesse a cantare ininterrottamente per tutto il tempo - tanto da rendere impossibile il corretto svolgersi dei corsi... Per non parlare poi della Pozione Esplodente versata nei bagni dei dormitori Serpeverde, delle quindici Pozioni Drizzacapelli rovesciate sulle teste degli studenti che si recavano a lezione e del pus di Bubotubero con cui è stato riempito ognuno dei dormitori».

Moody si mise più comodo.

«È una lista bella lunga» disse.

«E ti ho descritto soltanto i primi tre giorni» confessò Silente, mettendosi a sua volta più comodo. «Le cose sono andate avanti in questo modo per altri cinque. Non c'è un solo Serpeverde in giro per il castello. Quelli che non sono ancora in infermeria si rifiutano infatti di lasciare il loro dormitorio».

Il mago sospirò di nuovo.

«Comincio a chiedermi se non sia stato un errore permettere loro di entrare a far parte dell'Ordine: è evidente, infatti, che non hanno alcun controllo...».

Moody lo fissò, sinceramente interessato.

«Tu credi? Invece io penso che abbiano fatto un enorme passo avanti, rispetto alla prima volta che li ho visti».

Vedendo l'espressione scettica di Silente, l'Auror sbuffò.

«Avanti, non posso essere l'unico ad aver notato che ora i loro attacchi si concentrano maggiormente sempre sullo stesso gruppetto di Serpeverde! Il medesimo, se non erro, che tu stesso mi hai chiesto di tenere d'occhio...» ghignò. «Questa non è mancanza di controllo, Albus. Questa è metodologia».

Il preside non parlò per un po'.

«Comunque la si voglia chiamare, è necessario che cessi - o perlomeno che si attenui. I genitori sono sempre più infuriati, e i mezzi scelti sempre più pericolosi: il pus di Bubotubero, la Pozione Esplodente...».

Moody si alzò nuovamente in piedi.

«In tutta onesta, dubito che quei tre smetteranno mai di compiere certe azioni. Anche se doveste punirli da qui alla fine dei loro giorni. Ma su una cosa non posso che darti ragione: è arrivato il momento che quei ragazzi impegnino le loro abilità in qualcosa di più costruttivo».

[*]

«James... James!».

Il ragazzo dai capelli corvini infilò la mano in tasca, estraendone un piccolo specchio sulla cui superficie capeggiava il volto di Sirius.

«Ce ne hai messo di tempo, Felpato! Cominciavo a pensare che ti fossi appartato in un aula con Lumacorno...» soffiò.

Sirius alzò gli occhi al cielo.

«Davvero molto spiritoso, Ramoso... Sul serio, non riesco a trattenere le risate. Ti avrei contattato prima, ma quel vecchio pazzo non la finiva più di tessere le lodi dei suoi "alunni prediletti", mentre me ne faceva lucidare le cornici. Giuro, se avesse continuato per altri cinque minuti avrei vomitato sulla foto di Lucius» sputò con aria nauseata. «A te come è andata? Sei già fuori?».

James annuì.

«Fortunatamente la McGranitt ha avuto un po' di cuore e ha accettato la mia proposta di trascrivere cinquanta volte il procedimento per diventare Animagi».

Sirius fischiò ammirato.

«Come l'hai convinta? Le hai promesso di accompagnarla alla prossima mostra felina?».

James ghignò.

«E rischiare di perdermi la tua esibizione a quella canina? Mai! In realtà mi è bastato mostrarle quanto precisa e realistica sia la mia forma animale. A suo dire il tremendo rischio corso per imparare ad assumerla è stata una punizione più che sufficiente. A dirla tutta, sono convinto che sia fiera di me».

Sirius si esibì in una maledizione parecchio colorita, che fece ridere l'amico.

«Poteva capitare anche a me, eh? E invece no!» sbottò frustrato.

James rise ancora.

«E invece ti è toccato il ruolo dell'Elfo Domestico... Piuttosto, qualche notizia di Lunastorta?».

«Stavo per chiederlo io».

James fece spallucce.

«So solo che doveva andare giù nella Foresta con Gazza. A fare cosa non ne ho idea».

Sirius sbuffò di nuovo.

«Lupastro fortunato... Credi che potremmo andare a dare un’occhiata? Solo per assicurarci che Gazza non lo sacrifichi ai Centauri».

Pur ammettendo a se stesso che l'idea fosse molto allettante, James scosse il capo.

«Preferisco non sfidare ulteriormente la fortuna, per stanotte. La McGranitt potrebbe sempre decidere di cambiare idea e affidarmi una punizione più severa. Penso sia meglio lasciare che Remus se la sbrighi da solo. Vorrà dire che lo aspetteremo qui al dormitorio con la migliore riserva di cioccolato che riusciremo a scovare».

Sirius annuì convinto.

«Affare fatto. Faccio un salto alle cucine e sono subito lì».

Il volto di Sirius sparì, e James rimise lo specchietto al suo posto.

Gettò un'occhiata fuori dalla finestra, da dove si vedeva chiaramente la Foresta Proibita. Non era preoccupato: Remus conosceva quel posto come le sue tasche. Tuttavia, con Gazza come accompagnatore...

Scrollò le spalle.

“Buona fortuna Lunastorta”.

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Capitolo 61
*** capitolo 61 ***


Remus non ricordava di aver mai visto Gazza tanto contento, in tutti gli anni che aveva trascorso ad Hogwarts.

Era vero che non aveva mai prestato particolare attenzione allo stato d'animo del custode, tuttavia era quasi del tutto certo che se l'uomo avesse sghignazzato - come stava facendo in quell'esatto momento - per i corridoi della scuola qualcuno se ne sarebbe sicuramente accorto...

Scrollò le spalle. Probabilmente il buon umore di Gazza era solo dovuto alla possibilità di punirlo "alla propria maniera" - come aveva ripetuto fin da quando aveva bussato alla porta del suo ufficio.

«Finalmente questo giorno è arrivato! Dopo tutto questo tempo posso punire uno di voi teppistelli a modo mio!» ripeté Gazza con aria soddisfatta.

Remus alzò gli occhi al cielo. 

«Può dirmi gentilmente in che cosa consiste la mia punizione?» domandò per l'ennesima volta.

«A suo tempo lo capirai, Lupin. E non ti piacerà».

Il licantropo sbuffò.

«Dubito sia peggiore del sentirti gongolare» sibilò sottovoce.

[*]

«Eccoci qui» esclamò improvvisamente Gazza, girandosi ad affrontare il ragazzo dietro di lui.

Remus si guardò intorno, impallidendo all'istante: si trovavano al centro di una radura all'interno della Foresta Proibita - la medesima dove mesi prima lui e Greyback si erano dati battaglia.

Il ragazzo scoccò un'occhiata di sottecchi al Magonò. Possibile che sapesse...?

Scacciò immediatamente il pensiero.

Era solo una coincidenza, si disse. Una alquanto inquietante, ma pur sempre una coincidenza.

«Quindi?» chiese, una volta sicuro della fermezza della propria voce.

«Quindi cosa?» chiese a sua volta Gazza, spiazzato dalla calma del diciottenne.

Remus allargò le braccia, quasi ad indicare la completezza della radura.

«Che devo fare? Raccogliere le foglie? Spazzare il terreno? Mangiare l’erba?».

La situazione cominciava davvero ad essere comica - e anche un po' frustrante, si disse il mannaro.

Gazza boccheggiò per un paio di istanti, quasi che fosse diventato improvvisamente incapace di formulare una frase di senso compiuto. Si riprese tuttavia abbastanza in fretta, regalando a Remus uno sguardo carico di rancore.

«Fare lo sbruffone non ti servirà a nulla, Lupin. Sarai anche un Prefetto, ma la tua spilla non vale niente qui!».

Remus aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse immediatamente - emettendo poi un sospiro rassegnato. Era inutile: tanto valeva starsene in silenzio e sentire quali piani avesse in mente Gazza per lui.

Apparentemente soddisfatto dal silenzio del ragazzo, l'uomo indicò un grosso masso situato poco lontano dal centro esatto della radura.

«Passerai l'intera notte seduto lì, a riflettere su tutti i guai che tu e i tuoi amichetti delinquenti avete causato alla scuola e a me. Niente bacchetta, niente lanterna... Solo tu e le creature che vivono qui dentro. Non pensare minimamente di andarti a rifugiare da quel sempliciotto di Hagrid, o di tornartene al castello prima del mio ritorno, domani mattina. Pattuglierò personalmente il limitare della foresta, mentre la mia adorata Mrs. Purr rimarrà qui a tenerti d'occhio - e stai pur certo che non avrà alcun problema a venire subito ad avvertirmi nel caso decidessi di fare il furbo. Scappa, Lupin, e stai pur certo che convincerò il Preside a permettermi di ricorrere ad una punizione più sostanziosa. Mi hai capito?!».

Remus annuì, cercando con tutte le forze di reprimere uno sbadiglio.

Un tic nervoso all'occhio del Magonò gli confermò il suo non esservi riuscito completamente.

«Hai capito che sarai da solo, vero?!» ringhiò Gazza.

«Certamente».

«Solo e privo di bacchetta. Di notte. All'interno della Foresta Proibita. Circondato da creature oscure» precisò l'uomo più anziano, sempre più infervorato.

Di nuovo, Remus annuì.

«Sarò solo, privo di bacchetta, seduto su di un masso all'interno della Foresta Proibita di notte, circondato dalle creature oscure che la abitano e costretto a pensare ai miei crimini. Ho capito. Non che sia un concetto così complicato...» ripetè, per dimostrare a Gazza di aver capito.

Per tutta risposta, il Magonò girò sui tacchi e si allontanò nella notte - borbottando imprecazioni a mezza voce sull'insolenza degli studenti di Hogwarts.

Il licantropo sbuffò, sedendosi sul masso. Era dell'idea che pensare richiedesse - come praticamente ogni altra cosa - un tempo e un luogo specifici. Farlo all'interno della Foresta Proibita nel cuore della notte, mentre si era senza bacchetta? Decisamente non la scelta più saggia.

Mrs. Purr - apparentemente ignara del turbamento del giovane - si accovacciò a mezzo metro da lui, fissandolo con quello che senza ombra di dubbio era uno sguardo di pura soddisfazione.

Remus la fissò di rimando, chiedendosi nuovamente se la gatta fosse effettivamente un semplice animale e non - come aveva spesso supposto - una strega costretta in qualche modo a vivere la propria esistenza all'interno di un corpo felino...

Il ragazzo si corrucciò. Ricordava di aver letto - moltissimi anni prima - di una rarissima maledizione del sangue che costringeva gradualmente le streghe che ne erano affette a trasformarsi in animali, senza poter più assumere la forma umana.

Remus chinò il capo da un lato, studiando con attenzione la gatta.

«Che tu sia davvero una...?» esitò, prima di scuoterte il capo. «Temo che frequentare Moody stia rendendo anche me troppo sospettoso. Inizio a vedere complotti e maledizioni ovunque... O magari sto semplicemente diventando pazzo».

Ma l'unica risposta che ottenne fu un lungo soffio minaccioso da parte di Mrs. Purr.

[*]

Il giovane Grifondoro - opportunamente nascosto da un perfetto Incantesimo di disillusione - camminava in silenzio per il prato del castello, gli occhi fissi sulla mappa che stringeva tra le mani.

James poteva dire quello che voleva sulla propria incapacità di fare qualcosa - adducendo come scusa quella di essere "probabilmente sotto sorveglianza" da parte della McGranitt - ma lui non aveva assolutamente nulla che gli impedisse di andare a salvare Lunastorta dalle grinfie di Gazza. Non avevano forse giurato di non lasciarlo mai più da solo?

«Accidenti» mormorò Sirius, alzando gli occhi sui primi alberi della Foresta Proibita.

Dimenticava sempre che sulla mappa quella parte di Hogwarts non era riportata...

«Fantastico. Ora come accidenti li trovo?» sbuffò di malumore.

Cancellò la mappa - ormai inutile - e la rimise in tasca, pensando ad un modo per trovare l'amico e il suo aguzzino.

«Dannato Gazza, mi toccherà farlo alla vecchia maniera...» borbottò alla fine. 

Si guardò intorno con circospezione, sollevando poi l'incantesimo. Non gli sarebbe servito a nulla, all'interno della foresta: il buio e i fitti alberi gli avrebbero infatti fornito tutta la protezione di cui avrebbe avuto bisogno. 

Dopo circa mezz'ora d'infruttuosa ricerca, tuttavia, decise che fosse meglio rinunciare - voltandosi per fare ritorno al castello, ma finendo solamente per trovarsi di fronte proprio Gazza, che lo squadrò con un ghigno tremendo.

«Bene, bene… Un altro piccolo criminale pronto per la punizione; dev’essere la mia sera fortunata!» gioì malignamente, allungando la mano e svuotando le tasche del ragazzo. «Una pergamena? E a che mai può servirti qui fuori? Oppure è un altro dei vostri stupidi scherzi? Beh, non importa: è requisita!».

Afferrò malamente Sirius per un braccio, iniziando a trascinarlo a fatica verso il castello.

«Ora noi due andiamo dal preside. Oh, dovrà per forza concedermi di riutilizzare le mie vecchie…».

Ma non terminò la frase - cadendo invece a terra, colpito dallo Schiantesimo dell'Animagus. 

«Mi spiace, ma non mi hai davvero lasciato scelta» borbottò Sirius, lanciando un Incantesimo di Memoria all’uomo e procedendo poi a cercare febbrilmente la mappa appena requisitagli.

Sapeva, infatti, di non avere probabilmente molto tempo per riuscire nella propria impresa: la gatta pazzoide di Gazza avrebbe potuto raggiungerli da un momento all’altro.

«Al diavolo, la recupererò dal suo ufficio domani!» scattò stizzito poco dopo, lanciando un'occhiata alla foresta alle proprie spalle. «Per stanotte Lunastorta, dovrai proprio cavartela da solo...».

[*]

Il rumore di un ramo spezzato giunse con la stessa potenza di uno sparo nel silenzio della foresta.

«Fantastico. Ci manca solo che io venga attaccato da una creatura mentre sono disarmato...» borbottò il licantropo di malumore, guardandosi intorno attentamente e sorridendo nel vedere qualcuno di conosciuto avvicinarsi lentamente alla radura.

«Buu!» strillò la misteriosa figura, balzando alle spalle di Mrs. Purr e costringendola a fuggire con un soffio terrorizzato verso il limitare della foresta.

Remus scoppiò a ridere, applaudendo ammirato innanzi al gesto di Tonks.

«Un attacco a sorpresa perfettamente riuscito, Dora. Mi congratulo. Ma devo chiederlo: che fai qui? Credevo che il dormitorio dei Tassorosso fosse poco lontano dalle cucine, e non all'interno della Foresta Proibita...» ghignò.

Tonks sbuffò, lasciandosi cadere seduta accanto a lui sul solitario masso.

«E' così, infatti. Ma non mi andava proprio di restarmene a letto mentre tu eri qui tutto solo a morire di noia» spiegò.

«Sai che potresti finire in punizione a tua volta, vero?»

«Certo. Infatti ho intenzione, in caso di una simile eventualità, di proporre una punizione in tua compagnia...» ribatté lei facendogli l’occhiolino.

«Dubito che la tua proposta verrebbe accettata, ma è un pensiero gentile».

Tonks sorrise a sua volta, saltando impacciata via dal masso e tendendo la mano al proprio ragazzo.

«La sua punzione è giunta al termine, Monsieur Lunastorta. Venendo qui ho infatti visto Sirius schiantare e fare un Incantesimo di Memoria sul vecchio Gazza. Sai? Credo volesse essere lui a liberarti - prima di essere stato intercettato».

Remus ghignò nuovamente, avvolgendo un braccio intorno alla vita di Tonks.

«Sarò sincero... Sono felice che sia arrivata tu al suo posto».

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Capitolo 62
*** capitolo 62 ***


«Come hai fatto a liberarti di Mrs. Purr?» chiese stupefatto Sirius, non appena l'amico fece il suo ingresso nel dormitorio.

«Non l'ho fatto. Dora ha semplicemente portato a termine il tuo "tentativo di salvataggio", Felpato» replicò tranquillamente il licantropo, sedendosi sul proprio letto.

James - corrucciato accanto alla finestra del dormitorio - emise uno sbuffo scontento.

«Auguriamoci che il tuo anticipato ritorno possa aiutarci con il piccolo inconveniente causato da Sirius... Vedi, il nostro caro Felpato non solo ha deciso di farsi requisire la mappa da Gazza, ma anche di tornare qui senza averla recuperata!» sbottò di malumore.

Remus sgranò gli occhi - voltandosi verso Sirius appena in tempo per vederlo alzare gli occhi al cielo con un sospiro di stanca rassegnazione.

«Ti ho già spiegato le mie ragioni, e ti ho più volte chiesto scusa per il mio imperdonabile errore. Cos'altro vuoi che faccia, Ramoso? Che mi prostri ai tuoi piedi supplicando la grazia?» disse a denti stretti l'Animagus.

Ma Remus interruppe sul nascere la tagliente risposta di James, alternando lo sguardo tra i due amici.

«Non è il momento di litigare fra noi. L'importante, ora, è unicamente recuperare la mappa prima che qualcuno scopra come funziona. Non la ritengo una possibilità molto probabile, ma non mi sento di voler sfidare più del dovuto la nostra fortuna. E sono certo che anche voi, come me, vogliate che essa torni nelle nostre tasche al più presto...».

Sia James che Sirius annuirono.

«Qualche idea di come fare?» s'informò Sirius.

«Troveremo un modo. Da quanto mi ha detto Dora, hai cancellato la memoria di Gazza»

«Esatto»

«Allora probabilmente non ricorderà a chi ha preso la mappa. Con tutta probabilità la metterà in uno dei suoi cassetti e lì la lascerà - insieme alla mia bacchetta. Chiaramente non potrò andare a richiederla personalmente, o intuirebbe che entrambe appartengono a me...» meditò Remus a mezza voce, prima di alzare nuovamente gli occhi su Sirius. «Potremmo chiedere al tuo elfo di recuperarle per noi, Felpato. I suoi poteri gli danno vantaggi a noi preclusi...».

«In realtà, credo che dovremmo lasciare che Kreacher prosegua nel suo compito di sorvegliare Regulus. Di certo non cercherà di giocarci qualche tiro mancino, sapendo che la sicurezza del suo amato padrone è in gioco...» s'intromise James, ricevendo un tacito d'accordo da parte di Sirius.

Remus sospirò, passandosi una mano tra i capelli.

«Molto bene. Vedremo di trovare un altro modo per recuperare le nostre cose».

[*]

«Che vorrebbe dire: "saremo controllati"?!» esclamò Sirius il mattino seguente, quando Tonks, Lily e Lidia portarono loro la notizia dell'arrivo al castello di una strega - mandata dai genitori dei ragazzi vittime dei loro scherzi - che avrebbe dovuto determinare il loro effettivo ruolo nella spiacevole faccenda.

«Non sappiamo che dirvi: purtroppo anche noi l'abbiamo appena saputo...».

James imprecò contro la biancheria di Merlino, mentre Remus si passò nervosamente una mano tra i capelli.

«Si sa chi sia? Qualcuno dell'Ordine?»

«Nessuno di nostra conoscenza. In realtà, mi è sembrata sin da subito una strega con qualche serio problema a livello mentale...» sbottò Tonks, nervosa anch'ella.

«Se è stata scelta dai tuoi nonni la sua pazzia è pressochè indubbia, Tonks» sbuffò Sirius divertito, riuscendo a far ridere i presenti nonostante la serietà della situazione.

[*]

«Professore, come possono prendere decisioni per i suoi studenti? Nella sua scuola?!» sottolineò Remus con enfasi.

«Come già ho avuto modo di spiegarti, signor Lupin, è necessario che tu e i tuoi amici capiate che ogni azione ha delle conseguenze...» ripetè pazientemente Silente, nascondendo a stento un sorriso quando il licantropo lo interruppe nuovamente con le proprie proteste.

«Ma noi abbiamo già compreso una cosa simile! Abbiamo affrontato le conseguenze delle nostre azioni: siamo stati giustamente puniti, a causa di esse!».

L'anziano preside sospirò, congiungendo le dita innanzi a sè.

«Appare evidente che per i genitori delle vostre vittime, le punizioni assegnatevi non sono sufficienti al danno subito» sospirò pacato.

«Con tutto il rispetto signore, il danno che i nostri compagni hanno subito è ben poca cosa, se paragonato a ciò che sono costretti a subire coloro i quali incontrano i maghi e le streghe che loro supportano con tanto accanimento!» scattò Remus, il tono acceso e una scintilla ribelle negli occhi. 

Ancora una volta Albus Silente sospirò con aria paziente.

«Non sempre le cose vanno come vorremmo, signor Lupin. Non sempre le persone malvagie hanno ciò che più meriterebbero...»

«E per quale motivo, dunque, dovremmo dovremmo averlo noi?».

Silente non replicò, scuotendo piano il capo.

«Temo che questo sia qualcosa che tu e i tuoi amici dovrete comprendere da soli a vostro tempo: non posso fornirvi io la risposta».

Comprendendo di essere appena stato congedato, Remus si voltò e lasciò l'ufficio.

[*]

Sirius e James erano immersi in una fitta conversazione con Alastor Moody, quando Remus li raggiunse nel cortile.

«Lupin, vieni qui!» abbaiò l'Auror non appena lo vide, e Remus non potè fare a meno di sospirare rumorosamente.

«Ora che siete tutti e tre qui, ho bisogno di sapere se la nostra ultima conversazione ha dato i suoi frutti... Siete riusciti a superare ciò che ostacolava la vostra completa formazione quali maghi? Avete messo voi stessi nell'apprendimento dei vostri limiti e nella conoscenza di come aggirarli?» continuò Moody, scrutandoli tutti e tre con l'occhio magico.

«Non è stato semplice, ma possiamo affermare di averlo fatto, sì» confermò James, dopo un'occhiata approfondita agl amici al suo fianco.

«Ottimo! Ora, la mia prossima lezione è: dimenticate ogni cosa. Fingete che non vi abbia detto nulla, e che la nostra precedente chiacchierata non abbia mai avuto luogo. Non fare quella faccia, Blackl» replicò Moody deliziato, osservando Sirius guardarlo come se gli fosse improvvisamente cresciuta una seconda testa. «Dovete imparare a non fare mai qualcosa solamente perché vi viene ordinato: fatelo perché voi per primi volete farlo! Imparate a ragionare su qualsiasi cosa vi viene chiesta: chiedetevi se sia giusto o meno portarla a termine. Se la risposta sarà sì, avanzate. Se invece non lo riterrete giusto, rifiutatevi. Non abbiamo bisogno di marionette, ma di soldati!».

E senza aggiungere altri se ne andò, lasciandoli solo a scambiarsi una nuova occhiata scioccata.

«Sapete una cosa?» esalò alla fine Sirius, osservando Moody allontanarsi zoppicando. «C'è, in effetti, una cosa che voglio assolutamente fare, ora... Schiantare quel tizio!».

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Capitolo 63
*** capitolo 63 ***


«Mi domando come faremo a riprenderci la mappa, se saremo controllati in ogni momento» sbottò Sirius di malumore.

«Sono certo che le ragazze ci aiutano. Sempre che non siano controllati a loro volta...» aggiunse James, studiando pensieroso i titoli ormai sbiaditi dei libri sullo scaffale davanti a sé.

Separatisi da Remus, lui e Sirius si erano diretti nella sezione proibita della biblioteca per recuperare alcuni testi per i loro compiti e per discutere con calma del modo migliore di procedere con Gazza.

«Anche se non credo lo siano. Ad ogni modo, faremmo comunque meglio a studiare un piano di riserva - così da essere pronti in caso di imprevisti» continuò l'Animagus, prima di schioccare le dita al sopraggiungere di un'idea. «E se ci dividessimo, durante la giornata? In questo modo solo uno di noi verrebbe tenuto d'occhio dalla nostra guardiana non richiesta...».

Sirius fece un vago gesto infastidito.

«Così facendo le nostre forze potremmo dimezzate, Ramoso. Di nuovo» sbuffò, guardando poi la pila di libri che James stava infilando a fatica nelle loro borse. «Ricordami... Perché siamo noi a reperire i libri per studiare, stavolta? Non se ne occupa sempre Lunastorta?».

«Perché, Felpato, abbiamo bisogno di informazioni sulla strega inviata a tenerci d'occhio. E vedere Remus - da solo - in giro per il castello desta meno sospetti di quanto farebbe se a fare una cosa simile fosse uno di noi due. Sai anche tu che, se lo vuole, Lunastorta è più che capace di non farsi notare» spiegò pazientemente James, raccogliendo la propria borsa e porgendo all'amico la sua con un sorrisetto. «Bene, qui abbiamo finito. Ora non ci resta che compiere un'ardua scelta... Iniziamo i nostri compiti, oppure portiamo i libri al dormitorio e anticipiamo Lunastorta da Hagrid?».

[*]

«Non ti nascondo che quest'improvvisa sparizione di Remus inizia sinceramente a preoccuparmi» confessò James in tono nervoso, guardandosi intorno - quasi che sperasse che l'amico potesse spuntare fuori da dietro un angolo da un momento all'altro.

Sirius sospirò, le mani affondate nelle tasche.

«Ti direi che stai diventando paranoico, ma non posso negare che la cosa piaccia poco anche a me. Siamo stati da Hagrid tutto il pomeriggio, eppure Lunastorta non si è visto. Non avrei dato molto peso alla cosa, se non fosse stato lui stesso a suggerire di incontrarci lì...».

Dopo un rispettoso cenno di saluto agli Auror di guardia, James varcò gli enormi portoni di quercia che ogni giorno permettevano agli studenti di penetrare all'interno del castello - fermandosi poi per studiare per l'ennesima volta il proprio orologio.

«Manca poco più di un'ora alla cena. Dove accidenti è finito?!» sibilò stizzito. «Ah, se solo avessimo ancora con noi la mappa!».

«Bene, bene... Finalmente due dei simpatici bricconcelli!» trillò una voce squillante all'improvviso, costringendo i due ragazzi a voltarsi in direzione delle scale.

Una strana strega, vestita con un eccentrico abito pervinca dalle maniche a palloncino e un mantello verde acceso, stava procedendo a passo quasi saltellante nella loro direzione.

«Quella chi diavolo sarebbe?» sussurrò Sirius a James, stando ben attento a non farsi sentire dalla donna.

«Oserei dire che stiamo per fare la conoscenza della nostra guardia, Felpato...» replicò sullo stesso tono l'Animagus, prima di esibirsi in un sorriso tanto smagliante quanto fasullo. «Temo di non avere il piacere di conoscerla - un vero peccato, se mi è permesso dire una cosa simile».

La strega, nel frattempo raggiuntili, ridacchiò in modo eccessivamente deliziato.

«Goldie Mensonge, Pattuglia delle Forze dell'Ordine Magiche» cinguettò, mostrando loro il proprio distintivo. «Alcuni genitori mi hanno gentilmente chiesto di... fare luce su alcuni spiacevoli incidenti avvenuti ai loro figli nei giorni scorsi, proprio qui a scuola. Per qualche motivo si sono convinti che voi e un terzo giovanotto - un vostro amico, se ho ben inteso - siate gli unici responsabili, e così... eccomi qui! Ma sono certa che si tratti solo di un terribile fraintendimento, e con il vostro aiuto ho intenzione di dimostrarlo. Perciò, perché non collaborare per fare in modo che questa brutta faccenda si chiuda al più presto?».

Sirius e James si scambiarono una rapida occhiata.

«E... In che modo potremmo collaborare, se posso chiederlo?» s'informò Sirius.

La strega si esibì in una nuova risatina - che nascose dietro la mano.

«Beh, potreste innanzitutto dirmi dove trovare il vostro amico. L'ho cercato per tutto il giorno, ma sembra che nessuno lo abbia visto» si lamentò con un piccolo broncio offeso. «Vorrei davvero poter scambiare quattro chiacchiere in privato con voi, sapete? Prenderci una tazza di tè, mangiare qualche delizioso biscotto... Come si fa tra buoni amici, no? Voglio dimostrarvi che non sono vostra nemica, e che anzi c'è la possibilità di instaurare davvero un ottimo rapporto, tra noi! In realtà, non credo affatto che siate voi i responsabili di quanto avvenuto ai vostri compagni... Ma devo fare il mio lavoro, capite? Allora, che ne dite? Posso sperare in un incontro con tutte e tre voi, dopo cena?».

James si fece avanti prima che potesse farlo Sirius - certo in modi tutt'altro che civili, a giudicare dalla sua espressione...

«Un incontro sarebbe perfetto, grazie mille - anche solo per avere l'opportunità di difenderci dalle vili accuse che ci sono state mosse da quelli che hanno ritenuto necessario farle perdere il suo prezioso tempo. Ma temo che suddetto incontro dovrà attendere» avvertì l'Animagus, gioendo nel vedere il lampo di vittoria che aveva illuminato per un istante gli occhi chiari della strega venir sostituito da un evidente cipiglio furibondo. «Come certo lei saprà, gli esami sono dietro l'angolo, e pertanto il nostro tempo è oberato di compiti, di incantesimi con cui esercitarci e di intere lezioni da studiare. Certo, potremmo... prenderci una pausa, per una sola sera. Ma il pensiero che ciò vada ad impattare, seppur minimamente, sul risultato finale dei nostri M.A.G.O. ci persuade da un tale proposito. L'idea di minare il nostro futuro, capisce, ci risulta fisicamente intollerabile».

Sembrava che la Mensonge avesse appena inghiottito un intero limone, e solo con un enorme sforzo riuscì ad esibirsi in una pessima imitazione di sorriso.

«Sono alquanto stupita dalla vostra dedizione nella costruzione di un futuro solido. Mi siete infatti stati lungamente descritti come giovani privi della qualsivoglia qualità positiva, e temo che - mio malgrado -  ciò abbia finito per farmi pensare a voi come a dei burloni per i quali lo studio è qualcosa da evitare con vivo impegno. Vi devo chiaramente delle scuse, e conto di potervele porgere a dovere domani mattina, subito dopo colazione» cinguettò affabile, quasi sfidandoli a replicare con un nuovo rifiuto.

Sfida che tuttavia James non raccolse, accettando apparentemente con gioia quel nuovo appuntamento e non mancando di rivolgere sorrisi e cenni di saluto alla strega fino a quando questa non sparì dietro l'angolo.

[*]

«Vuoi dirmi che accidenti ti è passato per la testa, James? Non ho alcun interesse nel trascorrere altro tempo con quella donna! Incontrarla per prima cosa al mattino? La ricetta per un'autentica giornata da Troll!» ringhiò Sirius, chiudendosi la porta del dormitorio alle spalle.

«So perfettamente quanto orribile sia l'idea di incontrarla, grazie tante! Ma non possiamo assolutamente permetterci di sottovalutare Madame Mensonge, Sirius» ribatté James, passandosi la mano tra i capelli.

Sirius emise uno sbuffo al contempo divertito e incredulo.

«Devi aver preso un bolide in testa, nel corso dell'ultimo allenamento della squadra... Questo, o hai davvero sopravvalutato quella svitata, caro il mio Ramoso».

James scosse il capo con fare rassegnato.

«Non è affatto sprovveduta come vuole farci credere, Felpato...».

«Oh, ma dai!» sbottò l'Animagus, ora seriamente divertito.

«Dovresti dare ascolto a James, Sirius: Goldie Mensonge è molto più sveglia di quanto voglia farci credere» rivelò Remus, entrando a propria volta nel dormitorio e andandosi a sedere sul proprio letto.

I due amici lo fissarono con un'espressione sollevata e solo in parte incuriosita.

«Lunastorta! Dove diavolo ti eri cacciato?! Non dovevamo incontrarci da Hagrid? Perché non sei venuto? Cosa ti ha trattenuto? Uno di Serpeverde, forse? O magari quella strega stessa? Avanti, sputa il rospo!» lo tempestò di domande James, senza tuttavia permettergli di rispondere nemmeno ad una.

«Lo farei se mi concedessi il tempo di farlo, James» ribatté il licantropo, secco. «Comunque... So che avevamo concordato di incontrarci da Hagrid questo pomeriggio, ma l'improvvisa apparizione della Mensonge mi ha spinto a... modificare un po' il programma per scoprire con esattezza con chi avevamo a che fare. L'ho pedinata, servendomi di un Incantesimo di Disillusione, fino al vostro incontro di poco fa, e ora posso affermare con assoluta sicurezza che James ha tutte le ragioni per voler agire con cautela».

Sirius scambiò un'occhiata tinta di preoccupazione con James, per poi rivolgersi all'amico.

«Quante probabilità abbiamo di convincerla della nostra innocenza?» chiese.

Remus sospirò, scuotendo il capo.

«Praticamente nessuna, Felpato. Ho trovato una lettera, mentre sbirciavo il contenuto del bagaglio che ha lasciato nell'ufficio momentaneamente concessagli da Silente, nella quale Cygnus le prometteva un bel po' d'oro se fosse riuscita a dimostrare il nostro coinvolgimento in ciò che è successo ai nostri compagni».

James si lasciò sfuggire una maledizione particolarmente colorita.

«Speravo che un po' di persuasione sarebbe bastata, ma se sull'altro piatto della bilancia c'è un cospicuo mucchio d'oro...!» sibilò, passando nuovamente una mano tra i capelli. «Sei proprio sicuro che non esista un modo per noi di uscirne puliti?».

«Non ho detto questo» replicò affabile il licantropo, mettendosi più comodo. «Ho infatti scoperto che la Mensonge farebbe di tutto per ottenere una promozione: persino permettere a Cygnus di oliare un po' le ruote del sistema - come lui stesso si è offerto di fare nella lettera a cui accennavo prima».

Sirius sbuffò ancora una volta. Conosceva perfettamente il modus operandi - e la sua efficacia - degli appartenenti alla sua famiglia...

«Questo come ci aiuta, esattamente?» chiese, le braccia conserte.

«Ci aiuta, Sirius, perché la sua ambizione è una debolezza che possiamo sfruttare a nostra volta» rispose, estraendo dalla tasca una pergamena spiegazzata e porgendola a James. «Sono passato dal rifugio, prima di venire qui. Ci ho messo un po', ma alla fine l'ho ritrovato».

James lesse rapidamente il foglio tra le sue mani, fissando poi Remus con uno sguardo sgomento.

«Avevamo giurato di non utilizzare mai questo...» esalò, mostrando la pergamena anche a Sirius.

«Lo so, James. Ma la situazione attuale non ci lascia altra scelta» sospirò il licantropo. «Credimi, non piace nemmeno a me, e se solo esistesse un altro modo...».

La stanza piombò nel silenzio, fino a quando Sirius non si schiarì nervosamente la gola.

«Potrebbe benissimo essere la nostra fine, ma come dice Lunastorta non abbiamo altra scelta. Perciò....» mormorò, incendiando rapidamente la pergamena. «Che cosa stiamo aspettando?».

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Capitolo 64
*** capitolo 64 ***


Lily trattenne a malapena un sospiro frustrato - concedendo a James qualche istante di pace, prima di riprendere il suo interrogatorio ancora una volta.

«Che avete intenzione di fare, questa volta? E non dire 'niente', perché anche il Legilimentes peggiore del mondo sarebbe capace di smentirvi!» lo avvertì con fare ostinato.

James, tuttavia, scosse il capo con fare serio.

«Non avevo intenzione di farlo, Lily» la rassicurò. «Ma non posso nemmeno dirti cosa progettiamo. Questa volta si rischia ben più di una punizione - forse persino l'espulsione - e niente e nessuno ci convincerà a coinvolgere anche voi, mi spiace».

«Espulsione?! » ripeté con un filo di voce Lidia, visibilmente impallidita, voltandosi poi verso Remus - alle sue spalle insieme a Sirius. «Remus, tu sai  che questa...  cosa - qualunque sia - è una follia! Devi saperlo: sei quello che usa maggiormente il cervello, in fondo!».

Remus scrollò le spalle, le mani affondate nelle tasche.

«So che è una follia. Ma questa situazione non sembra avere altra soluzione - e posso assicurarti di averne vagliate di diverse, prima di stabilizzarmi su quella che ho proposto a James e Sirius».

Lily sgranò gli occhi, scioccata.

«Tu hai proposto questa misteriosa soluzione che potrebbe tradursi in un'espulsione?! Sei un Prefetto! E tu James... tu sei addirittura Caposcuola! » inorridì.

Sirius sbuffò.

«Madame Ministero non avrà comunque pace fino a quando non riuscirà a farci espellere, e questo a dispetto di qualunque nostra azione. Te lo dico io, Evans: ancora un paio di giorni, e scopriremo di essere accusati persino di allevare cuccioli di Manticora sotto i nostri letti!» 

«Se davvero è così, perché renderle il compito più facile?!» replica Lidia, sempre più agitata.

James sospirò rassegnato, fermandosi in un angolo del corridoio deserto e abbassando ulteriormente la voce.

«Ascoltate: sappiamo quello che stiamo facendo, e posso assicurarvi che niente dovrebbe andare storto...»

«Dovrebbe!» fece eco Lily seccata, le braccia strette al petto. «Quindi significa che nemmeno voi siete sicuri al cento per cento che tutto filerà liscio!».

Remus sospirò.

«Anche i piani migliori non sono immuni agli imprevisti, Lily. E' per questo motivo che preferiamo non coinvolgervi: così, nell'ipotesi che qualcosa vada storto, voi non ne ricavereste alcun danno. Che c'è di sbagliato, in questo?» le disse con fare conciliante, prima di posarle una mano sul braccio nel tentativo di rassicurarla. «Vedrai, andrà tutto bene».

[*]

«Le ragazze non sembrano essere felici del nostro voler muovere guerra a quella strega...» sbottò Sirius, imboccando l'ennesimo corridoio deserto con aria imbronciata. «Come se credessero sinceramente nella nostra incapacità ad agire con moderazione!»

«Beh, non puoi negare che il loro sospetto sia comprensibile, data la condotta che abbiamo tenuto in questi ultimi tempi...» replicò James con uno sbuffo, facendo poi un vago gesto con la mano - quasi a voler scacciare una mosca particolarmente fastidiosa. «Ad ogni modo, ci preoccuperemo di Lily e Lidia quando questa storia sarà finita».

«Non vi invidio. Anzi, mai come ora sono contento che Dora trovi il combattere il fuoco con il fuoco un'idea assolutamente straordinaria» disse Remus sollevato, senza preoccuparsi di alzare gli occhi dal libro di Incantesimi tra le sue mani. 

Sirius si abbandonò ad un gemito scontento.

«Una ragazza di spirito, che si dice favorevole al tuo piano senza muovere nemmeno un'obiezione... Non voglio più sentirti affermare di essere sfortunato, Lunastorta!» ringhiò.

«Sirius, aspetta!».

L'Animagus si voltò in direzione di Lidia, appena apparve da dietro l'angolo, notando ancora come la ragazza apparisse eccessivamente nervosa - considerata quanto poco sapesse dei loro piani per il sempre più imminente futuro.

«Andate avanti, vi raggiungo tra un minuto» disse ai due amici, voltandosi poi verso Lidia - nel frattempo arrivò al suo fianco. «Che è successo, Lidi? Sembri essere pronta a scattare come una molla...».

La ragazza si mordicchiò un'unghia nel tentativo di calmare i propri nervi.

«Ecco, io... Io devo  parlarti, Sirius. Ho pensato a lungo a questa cosa, e quello che è accaduto in questi ultimi tempi... No, quello che è sempre accaduto mi ha convinto che...»

«Ascolta, Lidia... Perché non ne parliamo più tardi, eh? Ora devo davvero raggiungere gli altri, se vogliamo toglierci di ritorno la Mensonge» la interruppe Sirius, che non aveva smesso un solo istante di guardare i propri amici allontanarsi in direzione delle scale.

«Cosa? No! No, Sirius. Questo è davvero importante. Ne va della nostra...»

«Felpato, sei dei nostri?! Avanti, o andrà tutto quanto a rotoli!» esclamò James in tono seccato dal fondo del corridoio, picchiettando le dita sul suo orologio da polso.

«Arrivo subito, Ramoso!» rispose l'Animagus, rivolgendo poi un sorriso di scuse a Lidia. «Pare proprio che qualunque cosa sia, quella che mi devi dire, dovrà attendere un altro momento».

E prima che la giovane Corvonero potesse protestare, si chinò in avanti per posarle un rapido bacio sulla guancia - spiccando poi una corsa verso l'amico.

[*]

Goldie Mensonge tamburellò nuovamente le dita sulla superfice della liscia, seppur oramai vissuta, scrivania nel vecchio ufficio dell'insegnante di Alchimia - l'unico spazio in tutto il castello, a detta di Albus Silente, in grado di soddisfare appieno il suo bisogno di riservatezza.

La strega emise un poco dignitoso sbuffo infastidito, notando come mancassero ormai solo due minuti allo scadere dell'orario concordato con i tre Grifondoro per il loro appuntamento. Certo, se non si fossero presentati sarebbe stato come ammettere di non volerla incontrare - facilitando in tal modo il suo compito di considerarli, come aveva più volte specificato Cygnus Black nella sua lettera, colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio...

La porta che sbatteva per lasciar entrare un trafellato Remus Lupin la distolse bruscamente dai suoi pensieri.

«Quanta esuberanza, signor... Lupin, giusto? Mi perdoni l'esitazione, ma il suo ingresso ad effetto mi ha momentaneamente spiazzato. Non avevo idea, al momento di suggerire un incontro, che lei ei suoi amici avreste atteso questo momento con una tale impazienza!» ridacchiò con fare esageratamente gioioso, nascondendo a malapena il proprio fastidio per un comportamento tanto incivile. «Probabilmente ne sarà già a conoscenza, ma il mio nome è Goldie Mensonge, e...».

«Mi perdoni, ma al momento non possiamo permetterci di perdere nemmeno un istante. Neanche per una doverosa e corretta presentazione!» la interruppe bruscamente Remus, il fiato corto e l'aria sconvolta. «Anzi, dovremmo già essere in cammino in direzione della Foresta Proibita!».

La donna aggrottò la fronte in confusione.

«La Foresta Proibita? E per quale motivo?» chiese con cautela, insospettita da quell'improvvisa richiesta.

«Poco prima di mezzanotte un Tassorosso del primo anno ha lasciato il castello e si è inoltrato nella foresta, con tutta probabilità a causa di una stupida scommessa fatta con i compagni. Compagni che solo stamane, non vedendolo tornare, hanno finalmente deciso di dare l'allarme» spiegò il ragazzo, sempre più agitato. «Prefetti e Capiscuola hanno avuto il compito di cercare quanti più aiuti possibili, ed io, spero non le dispiaccia, mi sono permesso di pensare a lei - anche se altri spingevano perché avvertissi gli Auror».

La strega non rispose subito, prendendosi del tempo per studiare con attenzione il Grifondoro, in cerca di qualche traccia di menzogna. Ma non ne trovò nessuna - essendo la preoccupazione l'unica emozione chiaramente impressa sul viso del giovane mago.

«La faccenda non è certo da sottovalutare...» mormorò infine, momentaneamente soddisfatta della sua analisi, alzandosi in piedi e seguendo rapidamente Remus fuori dall'aula. «Per quale motivo rifiutare l'aiuto degli Auror, se posso chiederlo?».

Il ragazzo attese di aver percorso alcuni corridoi, voltandosi di tanto in tanto per assicurarsi che lei lo seguisse ancora, prima di lanciarsi in una rapida spiegazione sussurrata a mezza voce.

«Vedere un gruppo di Auror, per quanto contenuto, entrare nella Foresta Proibita risveglierebbe indubbiamente la curiosità degli studenti, portandoli a chiedersi cosa stia succedendo - eventualità che i professori ci hanno detto chiaramente di voler evitare ad ogni costo. Lei certo capisce l'importanza di non allarmare i genitori - soprattutto di questi tempi - con la notizia della scomparsa di un undicenne: l'immagine che la scuola e lo stesso Ministero ne ricaverebbero...» disse rapidamente, ben attento a non farsi sentire dagli studenti che iniziavano a riempire il corridoio. «Oltre a questo... Ebbene, se vuole la verità, io ei miei amici pensiamo sia ingiusto che siano sempre gli Auror a ricevere lodi e ricompense, quasi come se fossero i soli impiegati del Ministero ad essere in grado di gesta incredibili e degne di nota!».

La Mensonge si scoprì ad essere incredibilmente d'accordo con quanto detto dai giovani Grifondoro, e si permise un piccolo sbuffo infastidito. Quante volte, infatti, aveva sentito le persone snobbare il suo ruolo all'interno del Ministero, solo perché erano gli Auror ad occuparsi dei casi più eclatanti? Ebbene, non sarebbe accaduto di nuovo! Ricondurre quell'incosciente Tassorosso alla sicurezza del castello - magari salvandolo da una possibile morte - avrebbe reso evidente il suo valore, e certo le avrebbe aperto più porte di quanto avrebbero potuto fare l'oro e le raccomandazioni di Cygnus Black.  

Gettò un'altra occhiata al ragazzo, tornato a precederla.

Forse il suo verdetto in merito ai loro presunti crimini necessitava di una  piccola revisione...

[*]

«Faresti meglio a prepararti: Lunastorta sta arrivando» disse James - nascosto dietro uno degli alberi che delimitavano l'inizio della Foresta Proibita - vedendo l'amico uscire dal castello, seguito dalla Mensonge.

«È in anticipo. Non credevo sarebbe riuscito a convincere quella strega tanto in fretta...» ammise Sirius, distante appena un paio di passi, trangugiando una piccola fiala di Pozione Polisucco e sostituendo rapidamente la sua divisa con una avente i colori e lo stemma di Tassorosso - trafugata per lui da Tonks.

«Mago di poca fede! Sai quanto persuasivo può diventare Remus, se davvero si impegna» ghignò James, osservandolo cambiare sotto i suoi occhi. «Ma sul serio, dovresti andare: saranno qui in pochi istanti».

Sirius - ora diventato un undicenne dal viso spigoloso e l'aria assai gracile - si esibì in un buffo cenno di saluto, svanendo poi rapidamente all'interno della Foresta Proibita.

James, da parte sua, si preoccupò di assumere l'espressione più agitata di cui era capace - uscendo convenientemente da dietro il suo nascondiglio proprio mentre Remus e la Mensonge raggiungevano il punto dove Sirius era sparito appena una manciata di istanti prima, e trattenendo appena un sorrisetto divertito nel vedere la strega ansimare pesantemente per la corsa a cui il licantropo doveva averla costretta.

«Signor... signor Potter!» seguitò ad ansimare la donna, gettando una rapida occhiata intorno a sé. «Come procedono le ricerche del giovane Tassorosso? C'è qualche novità?».

James si strinse nelle spalle con fare desolato.

«Vorrei davvero saperle rispondere, signora. Ma prima di entrare nella Foresta insieme agli altri insegnanti, la professoressa McGranitt - alla quale mi sono rivolto in cerca d'aiuto - mi ha infatti ricordato che, in quanto studente, non mi era permesso di seguirla. Mi ha solo ordinato di pattugliare questa parte del parco, nel caso in cui quel...!» sbottò, prima di ritrovare la calma. «Nel caso in cui decidesse di fare ritorno».

La Mensonge annuì, celando abilmente la sua piacevole sorpresa nel notare come, ancora una volta, uno dei ragazzi che le erano stati additati come autentici criminali si stesse dimostrando notevolmente bendisposto a rispettare pienamente le regole e le istruzioni dategli dai suoi insegnanti.

«Capisco... Allora vedrò di trovare chi possa fornirmi le risposte che cerco, mettendomi a mia volta in cerca del ragazzo scomparso. Signor Lupin, confido che imiterà il suo amico e attenderà qui» disse, cercando - più per scrupolo che per altro - qualche segno di ribellione sul viso del giovane.

«Certamente» annuì invece con fare sinceramente accomodante quest'ultimo.

La strega contenne a malapena uno sbuffo irritato.

Quel Cygnus Black aveva chiaramente scelto i capri espiatori meno probabili dell'intera scuola! Non le aveva affatto reso le cose facili, e si sarebbe opportunamente preoccupata di pretendere - per quella complicanza - un bel po' più d'oro di quanto le fosse inizialmente stato promesso!

[*]

La strega si appoggiò ad un albero, il fiato corto ancora una volta. 

Aveva creduto che quella missione di salvataggio sarebbe stata più semplice; che in appena mezz'ora avrebbe fatto ritorno al castello con lo studente scomparso, accogliendo le gratificazioni giustamente guadagnate! Invece quello sciocco si era addentrato ben più di quanto pensasse nel folto della Foresta - probabilmente spaventato dalla vista della Professoressa Sprite.

Non che si potesse dargli torto, in tutta onestà... Lei stessa non aveva saputo trattenere un piccolo fremito di paura, quando aveva incontrato la strega - appena una ventina di minuti prima!

Si guardò nuovamente intorno, non osando credere alla sua fortuna quando vide - tra le ombre proiettate dalle alte cime degli alberi a poco più di una ventina di metri di distanza da dove lei stessa si trovava - quello che chiaramente era un giovane con indosso la divisa dei Tassorosso.

«Ehi! Ehi, signor...!» si zittì interdetta, rendendosi improvvisamente conto di non conoscere nemmeno il nome della persona che si era prefissata di salvare. «Non si muova, mi ha sentito? Stia esattamente dove si trova!».

Per tutta risposta il giovane si voltò, correndo via - e solo pochi istanti più tardi si sentì distintamente un grido, per quanto strozzato, seguito da un silenzio quasi opprimente.

La donna si permise di lanciare una maledizione a mezza voce; ed era già pronta a spiccare a sua volta una corsa in direzione del luogo in cui aveva visto sparire il ragazzo, quando la Professoressa McGranitt la raggiunse - la bacchetta sguainata e un'aria combattiva sul volto austero.

«È riuscita a capire da che parte proveniva quell'urlo?» le domandò la Vicepreside bruscamente.

La Mensonge esitò un istante a risponderle. 

Se le avesse detto di sapere esattamente da dove proveniva, con tutta probabilità la donna avrebbe preteso di seguirla, se non addirittura di precederla, mandando a monte ogni sua aspirazione di eroismo!

«Ebbene?» la sollecitò la McGranitt, impaziente.

«Da quella parte, ne sono più che certa» mentì spudoratamente, indicando gli alberi più lontani da quelli sotto il quale il giovane Tassorosso era svanito.

La McGranitt le fece un rapido cenno di riconoscimento, dirigendosi a passo svelto nella direzione indicatale.

Rimasta ancora una volta sola, la Mensonge si congratulò con se stessa. Una piccola bugia, si disse mentre si affrettava nella direzione giusta, non poteva certo fare male - soprattutto quando in ballo c'erano gloria e onore!

Improvvisamente, tuttavia, il suo buonumore svanì in un lampo: davanti a lei, grosso come un orso e con gli occhi ardenti che la fissavano, c'era un Gramo!

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Capitolo 65
*** capitolo 65 ***


«Un Gramo» ripeté Albus Silente in tono cauto, osservando la strega innanzi a lui come se fosse impazzita.

Goldie Mensonge, scossa oltre ogni limite, annuì.

«Comprendo di apparirle ridicola, ma io so quello che ho visto! Un gigantesco cane nero con occhi gialli fiammeggianti e il pelo irsuto, universalmente riconosciuto come un presagio di morte imminente... Non era una creatura magica comune, era un Gramo!» esclamò con voce stridula, guardandosi intorno come se temesse di rivedere quella creatura infernale persino lì, nell'ufficio del preside. 

Silente sospirò pazientemente. Da quando la strega era piombata come un uragano nel suo ufficio non aveva fatto altro che pronunciare frasi incoerenti su uno studente scomparso, sulla Foresta Proibita e sulla terrificante apparizione di un autentico Gramo!

«E so anche quello che dirà: che quello che ho visto poteva tranquillamente essere un lupo appartenente a quella famosa cucciolata liberata tra quegli alberi, in condizioni di estrema segretezza, proprio per sua gentile concessione. Ma non è possibile. Date le eccezionali circostanze della loro venuta al mondo, infatti, l'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche ha studiato a fondo quei lupi; abbastanza da stabilire la loro spiccata intelligenza e la loro abitudine di non scegliere gli umani come vittime dei loro attacchi!» proseguì la donna, sempre più agitata. «E quando quella... cosa è svanita, e sono andata a vedere... Non c'era nulla! Solo i resti della divisa, fatta a pezzi da denti e artigli! E indovini quale creatura aggredisce chiunque incroci il suo cammino e lo trascina nell’aldilà, senza lasciare alcuna traccia visibile del suo passaggio? Il Gramo!».

Silente congiunse le dita innanzi a sè, rimanendo a lungo in silenzio - anche se la Mensonge non parve nemmeno farvi caso - a meditare su quanto la donna gli aveva appena raccontato. 

«Temo che la natura della creatura da lei avvistata sia l'ultimo dei nostri problemi, Madama Mensonge... Ci sono i genitori del ragazzo da avvertire, le testimonianze dettagliate dei maghi e delle streghe coinvolti nelle ricerche da raccogliere, gli studenti da avvertire della perdita di un altro loro compagno... E non dimentichiamo il Ministro da convocare, così che possa esprimersi a propria volta su questa terribile disgrazia! Chissà che non voglia avviare un indagine ufficiale...» disse infine con aria grave. 

La strega non poté evitare un piccolo sobbalzo, a quelle parole.

Se davvero si fosse arrivato ad un'indagine ufficiale, certo la Professoressa Sprite e la Professoressa McGranitt avrebbero rivelato al Ministro i suoi palesi tentativi di raggiungere il Tassorosso in completa solitudine - tentativi che, inevitabilmente, avevano allontanato altri dal luogo in cui il giovane si trovava... L'infausto esito di una condotta tanto scellerata avrebbe macchiato indelebilmente il suo stato di servizio, e nella migliore delle ipotesi la sua carriera ne sarebbe uscita distrutta!

«Il Ministro qui al castello?! Mi perdoni, ma non è un po' troppo... eccessivo? Voglio dire... Di questi tempi la sua presenza al Ministero è praticamente indispensabile, e convocarlo per quella che lei stesso ha riconosciuto essere una disgrazia... E l'ipotesi di un indagine! La Gazzetta del Profeta banchetterebbe sulla tragedia, senza il minimo rispetto dei genitori di quel povero ragazzo, che certo vorranno solo disporre pacificamente del loro caro!» replicò nervosamente. «Non dico che il Ministro vada tenuto all'oscuro, è chiaro! Anzi, se lei me lo permette, mi occuperò personalmente di informarlo al mio ritorno a Londra, oggi stesso».

L'anziano mago fece un lavoro magistrale nel mostrarsi in egual misura sia sorpreso che contrito.

«Come, ci lascia? Spero che non sia una decisione dovuta all'accaduto...» disse.

La donna, nel frattempo alzatasi in piedi e raggiunta la porta, si voltò con un patetico sorriso sghembo sul viso.

«Oh, no. No, io... Avevo già deciso di partire, non avendo più alcun motivo di rimanere» spiegò.

La sorpresa di Silente parve aumentare.

«Dunque la sua indagine sui Signori Potter, Black e Lupin si è conclusa?».

La Mensonge annuì frettolosamente.

In tutta onestà non aveva alcun desiderio di rimanere: non dopo l'incontro con quel Gramo nella foresta - perché era un Gramo, che Silente lo ammettesse o meno! - e certamente non per cercare il modo migliore per incastrare tre studenti chiaramente incapaci di commettere anche la più piccola malefatta! 

«Ehm, sì... Dopo le dovute verifiche, ho stabilito che quei poveri ragazzi non hanno nulla a che fare con gli incidenti che hanno interessato i loro compagni. A dire il vero, anzi, ho sempre pensato che il mio intervento fosse del tutto superfluo, non essendo avvenuto nulla di veramente irreparabile».

Silente annuì, rilassandosi sulla sua sedia - pur rimanendo perfettamente concentrato sulla strega, che da parte sua sembrava non desiderare altro che fuggire il più lontano possibile.

«Suppongo, allora, di doverla salutare» disse l'anziano mago, alzandosi in piedi raggiungendo a sua volta la porta del suo ufficio, dove tese la mano alla strega con un sorriso. «È sicura che non ci sia nulla che io possa fare per farla rimanere con noi per un altro po' di tempo? Trovo che sia un vero peccato, infatti, che la sua permanenza al castello sia stata macchiata in modo tanto tragico...»

«Oh, no... No, ho davvero approfittato della sua ospitalità per tutto il tempo che mi era possibile. Non potrei rimanere nemmeno volendolo: troppo lavoro ad attendermi al Ministero» spiegò la Mensonge in fretta, riuscendo in qualche modo ad esibirsi in un accettabile sorriso sul viso mentre stringeva la mano di Silente. «Sul serio, la ringrazio per avermi accolta e avermi permesso di interagire liberamente con i suoi studenti».

Non aggiunse altro, se non un rapido saluto, prima di saltare letteralmente fuori dall'ufficio.

Meno di un'ora più tardi era sul Nottetempo, ripromettendo a se stessa di non ascoltare più chi le offriva una scorciatoia per ottenere una posizione lavorativa più alta...

[*]

«Credete ci abbia già scoperti?» chiese Sirius, tenendo a malapena a freno il proprio nervosismo.

«Non vedo come possa averlo fatto. Non abbiamo commesso alcun tipo di errore - anzi abbiamo eseguito il piano alla perfezione: nemmeno lui può averci scoperto! Senza contare che, a discapito di quanto si crede, è possibile nascondere qualcosa ad Albus Silente. Non abbiamo nascosto per anni il nostro essere Animagi? Non abbiamo nascosto l'esistenza della mappa che molto presto tornerà in mano nostra?» replicò James, ugualmente nervoso, raggiungendo insieme agli amici la porta dell'ufficio del preside.

Remus, invece, non rispose - limitandosi a bussare ed entrando quando fu invitato all'interno.

«Ah, siete già qui. Bene, bene» disse Silente con un luccichio divertito negli occhi azzurri. «Perdonate se vi ho fatti chiamare, ma ho ritenuto doveroso informarvi che Madama Mensonge vi ha giudicato innocenti di tutte le accuse, e che ha poi proceduto a lasciare immediatamente il castello. Anche se sono convinto che quest'ultimo fatto non giunga affatto come una sorpresa, per voi».

«Se mi permette, professore, non capisco per quale motivo lei pensi una cosa simile...» replicò James, in una perfetta imitazione di un tono confuso.

Anche Silente, da parte sua, assunse un'aria di palese finta confusione.

«Per quanto avvenuto questa mattina, ovviamente. Tu e il signor Lupin eravate tra coloro i quali erano incaricati di cercare aiuto, a quanto ho saputo» rispose candidamente, osservando i tre ragazzi a turno. «Anche se devo ammettere di essere rimasto alquanto sorpreso dell'aver saputo della sparizione di uno studente solamente quando Madama Mensonge è venuta a narrarmene la tragica scomparsa...».

Nessuno dei tre ragazzi parlò, così l'anziano preside proseguì.

«Così sorpreso, infatti, da essermi chiesto se non si trattasse di una burla particolarmente viziosa. Ma, mi sono detto, le professoresse McGranitt e Sprite non si sarebbero certo prestate ad una cosa simile - eppure Madama Mensonge giurava di aver incontrato e parlato con entrambe, nel corso delle ricerche. E sapete cos'altro ha giurato? Di aver veduto un Gramo, nella foresta. Un Gramo che è poi svanito nel nulla, trascinando con sé lo sfortunato studente che lei si era prefissata di ritrovare...».

Silente fissò nuovamente ognuno dei tre Grifondoro - ancora ben decisi a non proferire parola - concentrando poi tutta la sua attenzione su Sirius.

«Ricordami, signor Black: qual'è la tua forma Animagus?»

«Un cane nero» rispose il ragazzo evasivamente.

Il mago più anziano annuì consapevolmente.

«Proprio come pensavo. Ora... Che ne dite se smettessimo questa nostra piccola recita e mi diceste una volta per tutte come sono andate realmente le cose? E vi pregherei di non insultare la mia non trascurabile intelligenza inventando qualche mirabolante storia nella quale voi siete delle semplici vittime degli eventi».

I tre rimasero ostinatamente in silenzio, e Silente sospirò con fare stanco. 

«Non sono in collera con voi, voglio che sia chiaro. Avete dimostrato, più che in passato, non solo di saper affrontare gli ostacoli che altri hanno posto sul vostro cammino, ma anche di saperli superare in modo… beh, mi limiterò a definirlo anticonvenzionale. Ma ciò non toglie che avete corso un rischio enorme. Molte cose sarebbero potute andare male. Goldie Mensonge, per dirne una, poteva decidere di acconsentire ad un'indagine ufficiale del Ministro, e in quel caso...».

«Non lo avrebbe mai fatto» borbottò alla fine Remus, a mezza voce.

A che poteva servire, oramai, continuare a fingere di essere del tutto estranei alla vicenda? Un pensiero, quello, che doveva esser stato condiviso anche dagli altri due ragazzi - che subito fecero un piccolo passo avanti, quasi a voler difendere l'amico stesso, e non solo la sua idea.

«È vero, professore: non c'è stata alcuna scomparsa finita in tragedia; nessuno si è fatto male e nessuno studente - a parte noi - è stato coinvolto o tantomeno rapito. Ma su una cosa ha torto: come Remus ha detto poc'anzi, la Mensonge non avrebbe mai acconsentito a coinvolgere il Ministro; perché sapeva che avrebbe significato dover rispondere di un comportamento che viola ogni buonsenso e che, per quanto ne sa, ha contribuito alla morte di un ragazzo» spiegò Sirius.

Silente incitò silenziosamente il giovane a proseguire.

«Senta, le cose stanno così: durante le nostre indagini per trovare un modo per liberarci di quella donna abbiamo scoperto una lettera nella quale mio zio Cygnus si offriva di aiutarla a fare carriera - a patto che lei dimostrasse la nostra incontrovertibile colpevolezza negli attacchi ai danni di quegli studenti di Serpeverde. Noi non abbiamo fatto altro che sfruttare la sua ambizione a nostro vantaggio» lo accontentò l'Animagus.

«Esattamente» venne in suo soccorso James. «Le abbiamo semplicemente offerto una possibilità per ottenere punti agli occhi del Ministero - l'eroico salvataggio di uno studente minorenne - e lei ha fatto il resto».

Il preside di Hogwarts rimase per qualche istante in silenzio, sistemandosi più comodamente sulla sua sedia.

«Tuttavia non l'ha fatto proprio da sola, a quanto ho compreso...» disse poi.

Fu Remus, questa volta, a prendere la parola.

«No, non da sola. Ritenevamo che andasse... ulteriormente aiutata. Due di noi l'avrebbero convinta della gravità della situazione, mentre il terzo - con l'aiuto di un po' di Pozione Polisucco - avrebbe ricoperto il ruolo dello studente scomparso, mostrandosi alla Mensonge al momento opportuno»

«Che mi dite delle professoresse McGranitt e Sprite? O meglio... delle presunte professoresse? Eravate sempre voi, grazie alla Polisucco?» s'informò Silente, non riuscendo a nascondere un sorrisetto divertito al nuovo silenzio dei tre ragazzi. «Se posso avanzare una teoria, direi di no. Recuperare i capelli necessari, temo, sarebbe stato arduo persino per voi tre. No, io suppongo che quello di ricoprire tali ruoli sia stato un compito affidato a qualcuno dotato della straordinaria capacità di mutare il proprio aspetto. Mi sbaglio, forse?».

L'ostinato mutismo dei tre lo convinse tuttavia che non avrebbe ricevuto più alcuna risposta da parte loro.

«Ad ogni modo, ora che anche questa questione è stata chiarita, ritengo che possiate tranquillamente andare. La giusta preoccupazione provata per i rischi corsi è già stata una punizione più che sufficiente, a mio parere. Ma d'ora innanzi vi pregherei, data la vicinanza dell'inizio dei vostri M.A.G.O., di concentrare il vostro immenso potenziale su di essi - anziché sul vostro prossimo scherzo del secolo».

[*]

«Vi sareste davvero meritati l'espulsione, questa volta! Se solo penso a quante cose potevano andare male...!» sbottò Lily in tono stizzito, quando i tre ragazzi raccontarono finalmente a lei e a Lidia come erano riusciti a cacciare una volta per tutte Goldie Mensonge dal castello.

«Ma, come vi avevamo detto, non è successo nulla» la interruppe James, chiaramente non pentito affatto del proprio operato. «Dovete ammettere, anzi, che siamo stati alquanto geniali. Non pensi anche tu, Lidia?».

Ma la ragazza, pallida in volto esattamente come quella mattina, non diede nemmeno segno di averlo sentito.

«Sirius, credi che ora potremmo raggiungere il rifugio? Devo parlarti da tutto il giorno, e stavolta mi rifiuto di farti andare chissà dove senza che tu mi abbia prima ascoltata molto attentamente...» disse invece, in un tono che non ammetteva repliche, all'Animagus seduto accanto a lei sulla panchina di pietra del cortile.

Sirius la guardò, confuso dalla serietà profondamente incisa sul volto della giovane Corvonero.

«Certo... Non c'è alcun problema» rispose, alzandosi e seguendola all'interno del castello.

Remus, James e Lily si scambiarono un’occhiata.

Qualcosa diceva loro che quella non sarebbe stata la solita serata romantica, tra i due...

[*]

«Eccoci qui» disse Sirius, sedendosi su una poltroncina al centro del rifugio. «Allora, cosa volevi dirmi? Da come ne parli, sin da stamattina, sembra essere davvero qualcosa di davvero importante».

Lidia sembrò esitare per un momento, poi annuì con aria determinata.

«Lo è, infatti» confermò, slacciando il bracciale d'argento che le cingeva il polso e posandolo poi sul tavolino accanto a Sirius - la pietra rosa che brillava alla luce del camino. «Ti lascio».

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Capitolo 66
*** Capitolo 66 ***


Nel rifugio il silenzio regnava sovrano già da dieci minuti, quando Sirius sembrò ricordarsi come si parlasse.

«Che vorresti... Cosa significa, scusa?» chiese, pensando che quello fosse in assoluto uno scherzo ben peggiore di quelli che lui stesso giocava ai suoi compagni.

«Significa esattamente quello che sembra, Sirius: ti sto lasciando. Non desidero più stare con te» aggiunse in modo più chiaro la ragazza, sedendosi a sua volta su una poltroncina.

Sirius reagì scuotendo la testa, incredulo.

Era assurdo - no, peggio ancora: era un incubo! Non c'era altra spiegazione possibile!

«Non capisco; davvero non riesco a capire perché mai...»

«Ascolta, io... Io non posso stare con qualcuno che mette costantemente in secondo piano il suo futuro per fare qualche scherzo idiota insieme ai suoi migliori amici, lo capisci?» esalò Lidia alla fine, giocherellando con l'orlo del suo cardigan e fissandosi le scarpe - quasi che non riuscisse a guardare l'Animagus.

«Ma io ho sempre fatto scherzi; sin da quando sono arrivato ad Hogwarts! Mi hai conosciuto proprio così, non ricordi? Ti ho chiesto di uscire subito dopo aver infilato una gomma da masticare nel naso di quel Raoul perché ti aveva offeso! E solo ora ti accorgi che ti risulta intollerabile?!» sbottò quest'ultimo, balzando in piedi.

«Una volta era diverso; si trattava di cose innocenti, Sirius! Ma adesso... Santo cielo, hai attivamente contribuito ad inscenare il rapimento e la morte di uno studente! Hai consapevolmente ingannato una dipendente del Ministero, senza pensare alle conseguenze! O, peggio ancora, hai ritenuto la cosa solo l’ennesimo gioco!» replicò la giovane, infervorata, prima di emettere un sospiro. «E tutte quelle cose che avete fatto ai Serpeverde, dopo Natale... Rischiavate di essere espulsi, eppure…».

«Non dirmi che ora difendi quei... quei...!» la interruppe, incredulo, Sirius. «Hanno ammazzato i genitori di James, il papà di Remus, i nostri compagni e persino dei membri del Ministero! Che avremmo dovuto fare? Starcene in silenzio e lasciare che si prendessero gioco di noi?»

«Ma non sono stati i nostri compagni a compiere quell'attentato, Sirius! Avete punito i figli per le colpe dei padri! Vi siete comportati esattamente come i Mangiamorte! Come loro avete colpito degli innocenti!».

Sirius la guardò come se fosse completamente impazzita.

«...Innocenti?! Lidia, hai dimenticato che una buona parte di quegli idioti - se non tutti - sono già Mangiamorte, o lo saranno a breve? Hai scordato che proprio alcuni di quelli che tu definisci innocenti hanno iniziato Regulus? Perché fingere che siano diversi da ciò che sono? Che io lo sia?»

«Perchè è quello che volevo che fossi!» esclamò Lidia, distogliendo di nuovo lo sguardo. «È vero: quando ci siamo conosciuti sapevo che eri un ragazzino arrogante e poco incline ad essere uno studente serio e diligente. E non negherò che il fatto che riuscissi comunque ad essere uno degli studenti più brillanti del nostro anno mi affascinava non poco - così come il tuo essere divertente. Ma speravo che, con l'andare del tempo, tu saresti maturato e avresti abbandonato il tuo lato sconsiderato! Invece...»

«Invece sono stato capace di rimanere me stesso. Peccato non si possa dire lo stesso di te» finì Sirius per lei.

Il silenzio regnò sovrano nel rifugio ancora una volta.

«Penso non ci sia più nulla da dire» sospirò Lidia, alzandosi e dirigendosi verso la porta. «Ti sciolgo ufficialmente dalla tua promessa, Sirius. Puoi considerare il nostro giuramento rotto».

Il breve scintillio che illuminò per un secondo il bracciale accompagnò silenziosamente la sua partenza.

[*]

Rimasto solo nel rifugio, Sirius si interrogò a lungo sulla necessità di seguire la Corvonero o al contrario di lasciarla andare tranquillamente per la sua strada - stabilendosi infine su quest'ultima.

In fondo, che senso avrebbe avuto seguirla? Sciogliendolo dalla promessa che si erano fatti durante il giuramento ufficiale, Lidia aveva stabilito la fine definitiva della loro relazione...

L'Animagus cercò di convincersi che si trattasse solo di un'allucinazione dovuta ad una colossale sbornia, ma la vista del braccialetto della ragazza - che ancora scintillava alla luce del fuoco, quasi a ricordargli malignamente che tutto era reale - glielo rese del tutto impossibile.

Sirius se lo rigirò un istante tra le mani - prima di lanciarlo con forza contro il muro, mandandolo in pezzi.

In preda ad una furia distruttiva, poi, rovesciò il tavolino, le poltroncine, l’enorme libreria che percorreva il muro più lontano dalla porta - mandando i libri che l’occupavano a spargersi malamente a terra, mentre le pagine, staccandosi dalle rilegature, volavano ovunque - e persino il tavolo oberato di pozioni e pergamene, creando un pasticcio colorato, appiccicoso e maleodorante sul pavimento.

Non si fermò, tuttavia, lì. 

Ben presto infatti gli stendardi giacquero in pezzi in terra a loro volta, i muri furono spogliati delle foto e persino lo spettro rappresentante Lidia svanì in un filo di fumo colorato - peggiorando l’umore di Sirius.

Quando ormai non era rimasto ormai più nulla di realmente integro nella stanza, il ragazzo appoggiò la fronte allo specchio appeso al muro, respirando a fatica. L'immagine che l'oggetto gli restituì fu quella di un giovane pallido, con i capelli scarmigliati e gli occhi arrossati.

Odiando quella vista, Sirius ringhiò e colpì lo specchio con un pugno, infrangendolo e ferendosi la mano.

Non vi badò, e dopo essersi avvolto le nocche sanguinanti in un fazzoletto si lasciò cadere sul suo letto.

Non avrebbe più lasciato quel luogo, decise.

Mai più.

[*]

James e Remus - impegnati, come diversi loro compagni, a svolgere i compiti assegnati nel corso delle lezioni di quella mattina - si guardarono nuovamente intorno nella Sala Grande, alla vana ricerca di Sirius.

Dalla sera precedente il ragazzo era infatti completamente sparito, e pur sospettando il suo trovarsi ancora al rifugio, entrambi avevano deciso di aspettare che fosse lui a farsi vivo - piuttosto che essere loro a cercarlo. Tuttavia, dopo tante ore senza alcuna notizia da parte sua, i due iniziavano ad essere piuttosto agitati...

«Cosa pensi sia successo, Lunastorta?» sbottò James.

Remus scosse il capo con un sospiro rassegnato.

«Vorrei davvero poterti dare una risposta, James. Ma, come te, non so nulla - se non che questa storia non mi piace affatto. Non è da Sirius svanire in questo modo! Anzi, il più delle volte è persino troppo entusiasta di metterci al corrente di ogni istante della sua giornata!».

L'Animagus sbuffò, lanciando un'altra occhiata infruttuosa lungo tutta la Sala Grande.

«Se soltanto sapessimo a chi chiedere...»

Quasi a rispondere alla richiesta di James, Tonks si sedette nel posto solitamente occupato dal cugino.

«Sirius non si è ancora visto, eh? Non che sia sorpresa.. Anche io, al suo posto, preferirei starmene da sola per un po'. E parlo con cognizione di causa, essendoci passata non troppo tempo fa!» disse a mo' di saluto.

James e Remus si fecero immediatamente attenti - osservandola incuriositi.

«Che vuoi dire? Che è successo?» la interrogò James.

«Come, non lo avete saputo?» replicò la ragazza, improvvisamente stupita. «Lidia l'ha lasciato».

«CHE COSA?!» esclamò l'Animagus, attirando su di sé l'attenzione di buona parte della sala.

«Shh!» sibilò con fare secco Remus, rivolgendosi poi a Tonks. «Sei sicura che non sia una separazione momentanea come è stata la nostra, Dora? Che non abbiano semplicemente avuto una discussione?».

La Metamorfomagus scosse il capo.

«Sicurissima. Stamane ho incrociato Lidia in corridoio, e vedendola senza il suo bracciale gliene ho domandato il motivo. Pensavo ad un furto, ad un incidente... Persino ad una semplice dimenticanza!» spiegò. «Invece mi ha detto di averlo semplicemente restituito a Sirius ieri notte, quando lo ha sciolto dal giuramento».

James si esibì in una rispettabile maledizione, che Remus non sembra nemmeno aver sentito - preso com'era a raccogliere i suoi libri e ad infilarli alla rinfusa nella sua borsa.

«Lascia perdere la biancheria di Merlino, James» disse il licantropo, alzandosi in piedi. «Andiamo da Sirius».

[*]

Quando James aprì la porta del rifugio - anticipando Remus, rimasto indietro per raccontare a Lily, ugualmente preoccupata dalla scomparsa di Sirius, l'accaduto - rimase a bocca aperta a causa dello shock.

La stanza che per anni era stata il loro unico posto veramente sicuro non esisteva più. Era stata completamente distrutta, e non una sola cosa era rimasta al suo posto: non le pergamene, imbevute delle pozioni che ancora gocciolavano dai calderoni rovesciati; non i libri, che giacevano privi delle pagine sul pavimento; non le poltroncine, fatte a pezzi e rese mute; e ancor meno gli stendardi e le fotografie che ritraevano Lidia, e che ora bruciavano pigramente nel camino.

«Merlino, guarda che razza di disastro...» esalò, facendo qualche passo in avanti - mentre i vetri rotti scricchiolavano sinistramente sotto le suole delle sue scarpe.

«Che fai qui?» domandò una voce da un angolo buio.

James si voltò, pronto a rispondere all’amico, ma le parole gli morirono in gola.

Gli occhi rossi e gonfi gli davano un'idea piuttosto chiara di ciò che l'Animagus doveva aver fatto fino a poco tempo prima - anche se era qualcosa che non avrebbe mai ammesso - e lo stato della sua camicia, spiegazzata e macchiata qua e là di liquido ambrato, rendeva altrettanto chiaro il suo aver trascorso l’intera notte sveglio - anche se certamente non a pensare...

Le numerose bottiglie vuote vicino a ciò che rimaneva di uno dei letti, infatti, resero James più che certo del fatto che Sirius dovesse essere ormai del tutto incapace di mettere in fila due pensieri...

«Volevo vedere come stavi. Ieri sera sei sparito, ed eravamo tutti preoccupati per te» rispose.

Sirius accennò ad una risata, che pure non raggiunse i suoi occhi.

«Come sto... Una meraviglia, non vedi?» sbottò, tagliente.

James fece spallucce.

«A mio modesto parere, staresti molto meglio dopo una bella doccia fredda. Sei ubriaco fradicio».

Sirius emise uno sbuffo infastidito.

«Sai che mi importa... O pensi forse di denunciarmi alla McGranitt? Anzi, perché non addirittura a Silente? E non dirmi che hai promesso, come Lunastorta, di non farlo mai!» lo anticipò. «Perché le promesse, anche quelle più importanti... Ebbene, presto o tardi finiscono per essere infrante, come le regole!».

E per sottolineare le sue parole amareggiate diede un forte calcio ad una delle bottiglie, che andò a sbattere con un tintinnio contro la caviglia di Remus - appena entrato a sua volta nel rifugio.

«Ehi! Si può sapere che cosa ti... Per Merlino!» esclamò, guardando intorno scioccato.

«Perfetto... Ora che ci siamo tutti, possiamo festeggiare!» commentò Sirius, incrociando le braccia al petto.

Remus si prese qualche secondo per studiare l'amico, poi sibilò semplicemente: «Hai bisogno di una doccia».

Di nuovo, Sirius scoppiò in una risata - priva tuttavia del solito calore.

«La stessa cosa che ha detto James... Dì: vi siete messi d’accordo, per caso?».

Il licantropo storse il naso con una smorfia.

«No. Ma presumo che non abbia bisogno di un olfatto sviluppato come il mio, per rendersi conto che un bagno ti gioverebbe - anche solo per prevenire la tua solita emicrania post-sbronza» aggiunse.

«Cerchiamo solo di farti stare meglio» annuì James con fare convinto.

«Peccato che nessuno ve lo abbia chiesto. Quindi potete anche togliervi dai piedi e lasciarmi in pace!» ringhiò per tutta risposta l'altro Animagus, guardando entrambi di traverso.

Remus sospirò, rimboccandosi le maniche ed estraendo la bacchetta.

«Molto bene: passiamo alle maniere forti».

Una valanga d'acqua gelida investì immediatamente Sirius - quasi che si fosse trovato sotto una cascata.

«RAZZA DI BAST...!» urlò non appena gli fu possibile, prima che altra acqua lo ricoprisse dalla testa ai piedi - interrompendo la sua invettiva nei confronti del licantropo.

«Va un po' meglio?» chiese qualche secondo più tardi James, cercando disperatamente di non ridere nel vederlo scrollarsi l'acqua di dosso con fare riconoscibilmente canino.

«Vi odio. Entrambi! Vi conviene dormire con un occhio aperto, da ora in avanti!» minacciò per tutta risposta Sirius a denti stretti, gocciolando sul pavimento.

I suoi due amici di scambiarono un'occhiata - stabilendo in silenzio la pericolosità di quelle parole - poi James si fece avanti, scortando l'amico verso una porta appena apparsa alle sue spalle.

«Benissimo, lo terremo a mente. Ma adesso io e te andiamo a darti una sistemata...».

[*]

Quando Sirius e James tornarono dal bagno, una ventina di minuti dopo, la stanza era quasi tornata come nuova: i tavoli erano stati raddrizzati e riempiti ancora una volta con i calderoni delle pozioni - purtroppo oramai vuoti - e con le pergamene ora riparate; le poltroncine erano state nuovamente incantate e riposizionate al loro posto; gli stendardi e le foto erano tornati ad abbellire le pareti... Sembrava non fosse successo nulla.

I due si avvicinarono a Remus, intento a rimettere magicamente le pagine sparse in giro per la stanza all'interno dei rispettivi libri - riposizionandoli poi sugli scaffali di una libreria nuovamente in piedi.

«Mi dispiace per i tuoi libri, Lunastorta» mormorò Sirius, sinceramente abbattuto.

Remus scrollò le spalle con fare casuale.

«Non preoccuparti. In realtà, era da un po' che volevo dare una sistemata come si deve...» rispose, studiando poi i suoi abiti puliti e il suo aspetto decisamente più lucido. «Come ti senti?».

Sirius fece una smorfia.

«Dammi qualcosa da fare e andrà meglio» sbottò.

James, al suo fianco, gli battè una mano sulla spalla.

«Puoi darmi una mano con i letti, allora. Con tutte le attenzioni che hai dedicato loro, il lavoro da fare non ci mancherà di certo... Che ne dici? Sfida a chi riesce a sistemare il proprio al meglio?».

[*]

Quella sera, in sala comune, Sirius raccontò nel dettaglio agli amici quanto accaduto con Lidia.

«Non hai idea di quanto mi dispiaccia, Felpato» mormorò James alla fine. «Non avrei mai creduto che Lidia...»

«Credimi, nemmeno io lo avrei mai fatto» bofonchiò l'Animagus.

James e Remus si scambiarono un’occhiata.

«Non è detto che sia una cosa definitiva... Lidia può sempre ripensarci, in fondo. Dalle un po' di tempo, e chissà che non ripensi alla sua decisione» tentò di risollevargli il morale Remus.

James annuì convinto.

«E se così non dovesse essere... Beh, sappiamo tutti che c'è sempre almeno una studentessa per Casa disposta a fare carte false per essere considerata anche per un solo giorno la tua ragazza. Vedrai che alla fine una che ti vada completamente a genio riuscirai a trovarla nuovamente».

Sirius scrollò le spalle con un sospiro sconfortato.

«Non lo so» confessò. «Sarà difficile trovare un'altra ragazza come Lidia...».

Remus gli batté una mano sulla spalla in un gesto confortante, chinandosi poi per raccogliere dalla sua borsa una pila di voluminosi libri dall'aria noiosa - che passò successivamente all'amico.

Sirius strabuzzò gli occhi, a quella vista.

«Questi che diamine sarebbero, scusa?!».

«I tuoi compiti per domani. Lily me li ha gentilmente consegnati quando ci siamo incontrati, prima che io arrivassi al rifugio» replicò candidamente il licantropo.

L'Animagus fissò nuovamente i libri tra le sue mani.

Ora quella famosa emicrania post-sbronza, si disse con una considerevole dose di esasperazione, non suonava affatto la peggiore delle punizioni...

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Capitolo 67
*** capitolo 67 ***


«Dimmelo di nuovo, Lunastorta: perché dovrei perdere il mio prezioso tempo con questi?» chiese Sirius in tono di supplica, accennando ai pesanti libri impilati davanti a sé.

«Perché, Sirius, altrimenti finiresti bocciato a tutti i M.A.G.O. - vedendoti costretto a ripetere l'anno e finendo senza ombra di dubbio per disintegrare definitivamente i nervi alla McGranitt» ripeté il licantropo pazientemente, per quella che contò essere non meno della milionesima volta.

«Va bene...» disse cauto l'Animagus. «E questo sarebbe negativo perché...?».

Remus si passò una mano sugli occhi, emettendo un sospiro esasperato.

Da quando, una settimana prima, Lidia aveva deciso di lasciarlo - e di non avere alcuna intenzione di ripensare alla propria decisione - Sirius sembrava essere, se possibile, regredito ai suoi primissimi giorni ad Hogwarts: rifiutava categoricamente di svolgere i propri compiti o di studiare, si presentava alle lezioni con venti minuti di ritardo - cosa che più di una volta aveva portato la povera professoressa McGranitt a minacciare di trasfigurarlo in un banco della sua aula, così che fosse per forza sempre puntuale - aveva significativamente aumentato la frequenza con cui attaccava briga con i Serpeverde, e con Piton soprattutto...

«Sirius, ragiona: tu non puoi venire bocciato! Tralasciando l'impegno che abbiamo preso con Silente, Moody e gli altri dell'Ordine, infatti, non mi riesce di capire come tu possa accettare di rimanere per un altro anno di studi» si affrettò a specificare. «Perché é questo che significherebbe essere bocciati: un altro anno di studio in preparazione degli esami, di compiti, di lezioni da seguire...».

Sirius soppesò attentamente la risposta ricevuta dall'amico.

«Ammetto che, detta così, la cosa non mi piace poi un granché. Tuttavia, se consideriamo che le lezioni sarebbero delle semplici ripetizioni... Ebbene, la situazione non sembra affatto così malvagia come la dipingi. Basta che vi facciate bocciare anche voi e...» ghignò alla fine, prima che Remus lo interrompesse.

«No, no... Tu non hai proprio capito, Felpato: sei tu che non hai intenzione di superare l'anno, non noi. Mi spiace dirtelo, ma io e James abbiamo altri progetti. Saresti da solo» mise in chiaro il licantropo.

L'Animagus sbuffò, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi pesantemente al cuscino del suo letto.

«Non capisco perché rigetti la mia idea. Potremmo portare avanti il nostro programma di protezione di Regulus, e tu avresti un altro intero anno da trascorrere con Tonks. Pensaci, non dovresti aspettare le vacanze o i suoi weekend ad Hogsmeade, per incontrarla! Non ti piacerebbe?» tentò in tono suadente, sperando che la prospettiva di altro tempo con la propria ragazza avrebbe reso l'amico più accomodante.

Non avrebbe potuto sbagliarsi di più, nemmeno provandoci con tutte le sue forze.

«Lascia Dora fuori dai tuoi insensati capricci, se non ti dispiace!» sbottò Remus in tono secco, imitandolo ed incrociando a sua volta le braccia al petto - decidendo comunque di non sedersi sul proprio letto.

«Ma...».

«Che fate entrambi qui?! Credevo ci saremmo visti in biblioteca per studiare insieme!» esclamò James con fare piccato, entrando nel dormitorio e chiudendosi la porta alle spalle.

«Quello era il piano, infatti. Ma non mi riesce di convincere Sirius che farsi bocciare sia in assoluto l'idea più idiota che potesse venirgli in mente!» replicò Remus, scoccando un'altra occhiataccia all'Animagus in questione. «E ora ha persino suggerito che anche noi dovremmo mandare a rotoli i nostri M.A.G.O.!».

James fissò a sua volta Sirius con un'espressione del tutto basita. Prima che potesse dire alcunché, tuttavia, il giovane Grifondoro prese la parola per perorare la propria causa.

«Dico a te quello che ho provato a dire a Lunastorta, James... Un anno in più qui al castello ci permetterebbe di seguire da vicino - anzi, di coordinare attivamente - la protezione di Regulus; Remus avrebbe la possibilità di stare con Tonks praticamente ogni giorno; tu...»

«...al contrario potrei vedere Lily soltanto nei giorni destinati alle uscite ad Hogsmeade - e nemmeno questo è sicuro! Sappiamo tutti, infatti, che lei non accetterebbe mai di ripetere l'anno per un motivo futile come quello che sembra spingerti! Davvero, che ti passa per la testa, di questi tempi? Non hai mai venerato lo studio come Remus, è vero, ma farti bocciare apposta?!» lo interrompe prontamente James, scuotendo poi il capo. «Qual è il problema, Sirius? Hai cambiato idea in merito all'entrare a fare parte dell'Ordine, forse?».

Sirius sbuffò di nuovo, spostando improvvisamente lo sguardo dagli amici alla finestra.

«Che idiozia! L'Ordine non c'entra niente...» sbottò a mezza voce.

Remus lo studiò minuziosamente - e in silenzio - per qualche istante, poi la realizzazione lo colpì.

«Non l'Ordine, no... Ma uno dei suoi membri sì, non è così? L'idea di essere di nuovo vicino a Lidia, dopo quello che è successo tra voi, non ti va giù, vero?» lo interrogò piano.

L'Animagus rimase ostinatamente in silenzio, ma oramai era stato scoperto.

James sospirò, sedendosi accanto all'amico.

«Se questo è davvero il motivo dietro il tuo improvviso - ed infantile - desiderio di rimanere al castello, suppongo che accoglierai le notizie che porto con una considerevole dose di sollievo...» mormorò, riuscendo a catturare l'attenzione di entrambi i ragazzi presenti. «Lidia ha rinunciato all'Ordine».

Remus sgranò gli occhi, incredulo.

«Che vorrebbe... Chi te lo ha detto?» chiese, sedendosi a sua volta sul letto di Sirius.

James scrollò le spalle.

«L'ho incontrata prima, mentre usciva dall'ufficio di Silente - a cui aveva, a detta sua, appena comunicato la sua decisione di lasciare l'Ordine. Quando le ho chiesto cosa l'avesse spinta a fare una cosa simile, mi ha mostrato una lettera nella quale i suoi la mettevano al corrente della loro intenzione - una volta concluso l'anno scolastico - di trasferire l'intera famiglia da Londra a Dublino, nella speranza di "allontanarsi dal centro della battaglia"» spiegò, scuotendo nuovamente la testa. «Come ho detto anche a lei, sperare di evitare la guerra - e i suoi effetti - cambiando semplicemente città, è da sciocchi. Ed inoltre non giustifica affatto il suo gesto - dato che può sempre utilizzare la Materializzazione, come fanno tutti...»

«Che cosa ti ha risposto?» domandò Sirius, non riuscendo a spiegarsi il comportamento della ragazza.

«Ha detto di saperlo benissimo, ma - al tempo stesso - di non voler vanificare i tentativi dei suoi genitori di tenere lei e il fratello al sicuro, attirando l'ira di uno qualsiasi dei seguaci di Voldemort» replicò l'Animagus.

I tre ragazzi rimasero in silenzio per un po', immergendosi ognuno nei propri pensieri.

«Se devo essere onesto, pur non condividendo - come voi - la scelta di rimanere a guardare, mentre altri rischiano la vita, non biasimo Lidia per la sua decisione. Far parte dell'Ordine avrebbe finito per mettere in un pericolo costante sia lei che la sua famiglia... Inoltre, la nostra ultima chiacchierata ha reso chiara la sua tendenza ad usare il dialogo, piuttosto che le azioni» borbottò Sirius, alla fine. 

«La fai sembrare una brutta cosa, Felpato... Ma la verità è che se tutti favorissero il medesimo approccio, probabilmente ci sarebbe molto meno bisogno di combattere» sospirò Remus.

«Possiamo solo sperare che prima o poi le cose cambino, Lunastorta» gli fece eco James, decidendo poi di tornare a concentrarsi sul loro problema più imminente. «Quindi, Felpato... Ancora dell'idea di ripetere l'anno?».

[*]

Il viso di Tonks fece capolino dalla porta del dormitorio.

«Si può?» domandò, spostando lo sguardo da Remus e Sirius - entrambi apparentemente concentrati sui diversi e pesanti tomi aperti davanti a loro.

«Tonks! Come sei sei entrata, questa volta? Ti sei sostituita ad un'ignara studentessa, abbandonata - svenuta - da qualche parte?» ghignò Sirius, iniziando a raccogliere le proprie cose.

«No, spiritoso. Ero con Lily, e quando il passaggio si è aperto ne ho approfittato per entrare a fare un saluto» replicò la ragazza, facendogli una smorfia.

«Se lo dici tu...» continuò l'Animagus con tono divertito, alzandosi in piedi e raggiungendo la porta. «Ora esco. Impegni da rispettare, persone da incontrare... Le solite cose. Lunastorta, cuginetta... Vi lascio campo libero. Ti chiedo solo, Remus, di non essere avaro di dettagli, quando poi racconterai a me e a James...».

Un cuscino lo colpì con precisione alla nuca, facendogli alzare gli occhi al cielo con fare melodrammatico.

«Tzè! Sempre la stessa reazione... Sei ripetitivo!» sospirò, uscendo e richiudendosi la porta alle spalle.

«Uno di questi giorni lo appenderò al pennone della Torre Nord» sbottò Remus, mettendo da parte i libri e facendo spazio sul proprio letto, affinché Tonks potesse sedersi.

«Non essere troppo duro con lui: la sua rottura con Lidia è ancora fresca; e se infastidirti lo aiuta a non pensarci più del necessario...» rise lei. «Inoltre, assistere a questi scambi è molto divertente, per me. Mi mancheranno di certo, una volta che sarò rimasta sola soletta qui al castello».

Remus le carezzò la guancia, tentando di sollevarle il morale.

«Sapevamo che sarebbe andata così, Dora. Ma non devi preoccuparti: verrò ogni volta che mi sarà possibile. E ti scriverò - anche e soprattutto per resistere all'impulso di strozzare tuo cugino, quando avrà un'altra idea idiota come quella di oggi...» le assicurò, procedendo poi a raccontarle l'improvvisa intenzione di Sirius di farsi bocciare, e degli sforzi  compiuti da lui e James per farlo finalmente rinsavire.

«Non posso certo dire che avrei disprezzato il poterti tenere con me per un altro anno... Ma non sarebbe stato giusto. Purtroppo» rise di nuovo la ragazza, guardando poi il proprio orologio. «Momento dei saluti terminato: devo incontrarmi in biblioteca con Miranda per una ricerca sui troll norvegesi».

Si chinò per un bacio, interrotto tuttavia quasi subito dall'entrata di Sirius nel dormitorio - che si diresse in fondo al proprio letto ed iniziò a rovistare nel baule.

«Continuate pure, rimango solo un momento. Fate pure come se non ci fossi» canticchiò, vedendoli con la coda dell'occhio fermi a fissarlo incuriositi.

Tonks trattenne una risata, a quella risposta, e Remus sospirò nuovamente.

«Ci vediamo più tardi» sorrise la Metamorfomagus, alzandosi e uscendo - dopo aver salutato il cugino.

Rimasto nuovamente solo con l'amico, l'Animagus si voltò a guardarlo.

«Vi ho interrotti, per caso?»

Remus scosse la testa.

«Come ha detto, era venuta solo per un saluto».

«Oh... Senza la mappa è difficile indovinare il momento migliore per irrompere in una stanza» sbottò Sirius, palesemente deluso. «Quello che ho visto quando sono entrato prometteva bene. Chissà, se avessi aspettato appena qualche istante in più, forse vi avrei colti in una posizione più compromettente...».

Il licantropo emise un ringhio esasperato.

«Te l'ho mai detto che ti detesti, Sirius Black?»

Sirius rise deliziato, lasciandosi cadere affianco all'amico e circondandogli le spalle con il braccio.

«Così tante volte che la credibilità di suddetta frase è del tutto svanita. La verità, amico mio, è che tu mi adori!».

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Capitolo 68
*** capitolo 68 ***


«Ho l'esame di Antiche Rune tra venti minuti, quindi penso che sia il momento di separarci - almeno per ora. Ci vediamo in Sala Grande per pranzo?» chiese Remus, guardando il proprio orologio. «Per quell'ora dovrei aver finito anche con Aritmanzia, e tu Sirius con Babbanologia. Dovremmo avere un po' di tempo per mangiare qualcosa, prima di Pozioni...».

Sirius e James, che avevano ascoltato solo a metà quello che l'amico aveva detto, si esibirono in un piccolo gesto annoiato con la mano - quasi fossero impegnati a scacciare una noiosa mosca.

«Sì, sì, tranquillo...» disse sbrigativo Sirius, un guizzo divertito negli occhi. «Ma ora vai, e in bocca al lupo!».

«Vai al diavolo, Black» replicò esasperato il licantropo, avviandosi a passo spedito lungo il corridoio.

I due Animagi lo osservarono fino a quando non sparì oltre l'angolo, poi si voltarono - procedendo nella direzione opposta con fare tranquillo, come se avessero tutto il tempo del mondo.

«M.A.G.O.!» sbottò Sirius tutto d'un tratto. «Come se gli studenti non dimostrassero ciò di cui sono capaci sin dal loro primissimo giorno ad Hogwarts, o non sostenessero esami ogni anno!».

James fece spallucce.

«In qualche modo bisogna pure che le capacità degli studenti vengano valutate, non credi? Pensa se non esistessero gli esami, e chiunque potesse comunque diplomarsi - persino chi non è nemmeno in grado di brandire correttamente una bacchetta! Ti sentiresti sicuro, se il Guaritore che si occupa delle tue ferite fosse uno di questi ipotetici "diplomati senza merito"? O se lo fosse l'Auror inviato a proteggere te e la tua famiglia?».

«Se la famiglia a cui ti riferisci sono i Black, non mi opporrei nemmeno se inviassero il più idiota dei citrulli» ghignò Sirius, riconoscendo comunque la validità delle argomentazioni dell'amico. «Ciò non toglie, comunque, che non mi piaccia particolarmente l'idea di sostenere esami su esami - anche se sono convinto che Lumacorno accetterebbe di sollevarci dall'onere, se solo trovassimo la merce di scambio giusta...».

Si appoggiò al muro accanto ad una delle enormi finestre che si susseguivano nel corridoio.

«Prima porteremo a compimento i nostri M.A.G.O., e prima potremo tornare a concentrarci sulla nostra ultima questione irrisolta, qui a Hogwarts: il recupero della mappa» sbuffò, iniziando a giocherellare con il proprio orecchino - un gesto che James, fermatosi nel frattempo al suo fianco con le mani affondate nelle tasche, lo vedeva compiere solo quand'era particolarmente nervoso.

«In realtà, Felpato... Ci ho pensato a lungo, e penso che dovremmo lasciare la mappa lì dov'è. Pensaci: a noi a che servirebbe, ora che lasciamo la scuola? Non è meglio lasciarla in eredità a futuri malfattori? Qualcuno abbastanza abile da trafugarla dall'ufficio di Gazza, e abbastanza intelligente da capire il suo funzionamento?» interrogò l'Animagus, fissando l'amico con aria seria.

Sirius ci pensò a lungo, poi fece spallucce con un sospiro.

«Ah, probabilmente hai ragione. Vorrà dire che istigheremo i nostri figli a dimostrarsi alla nostra altezza» rise.

Anche James rise, e per un po' i due amici rimasero così - osservando il via vai continuo degli studenti.

«Mi mancherà tutto questo, una volta che saremo là fuori: il potermi permettere un istante - o persino ore intere - senza la necessità di pensare o di stare in guardia, le situazioni che mi strappano una sana risata, progettare scherzi anziché piani per rimanere in vita...» confessò piano con aria quasi malinconica, per poi riscuotersi e guardare Sirius. «Quand'è che inizia l'esame di Babbanologia, comunque?»

Sirius gettò un'occhiata annoiata al proprio orologio.

«Cinque minuti fa» rispose tranquillamente.

«CHE COSA?! Allora che diavolo ci fai ancora qui, a ciondolare? Avanti, sbrigati!» esclamò James, iniziando un po' a tirarlo e un po' a spingerlo in direzione dell'aula di Babbanologia. «Lunastorta è stato categorico: devo fare in modo che tu sostenga e superi il tuo esame. 'Anche a costo di barare e presentarti tu al suo posto', ha detto».

Sirius lo guardò come se fosse del tutto impazzito.

«E da quando facciamo quello che ci dice Remus?»

«Da quando ha approfittato di una mia distrazione per nascondermi il mantello, minacciando poi di non restituirmelo a meno che non avessi fatto la mia parte nel farti promuovere».

L'Animagus sbuffò per l'ennesima volta, scocciato. Quel licantropo era proprio una spina nel fianco!

[*]

«Io mi domando perché ancora faccio affidamento su di te, James» sbottò Remus, imboccando la scalinata che avrebbe condotto lui e i suoi due amici nei sotterranei - dove si sarebbe tenuto l'esame di Pozioni. «Sul serio, devo davvero avere qualcosa che non funziona come dovrebbe, nella testa!».

James alzò gli occhi al cielo.

«Continuo a ritenere la tua reazione eccessiva, Lunastorta. Sirius alla fine ha affrontato il suo esame, no?» 

«Si è presentato con quindici minuto di ritardo!» ringhiò il licantropo, trattenendosi a fatica dal dare all'amico la risposta che a suo parere davvero avrebbe meritato.

«E l'esaminatrice si è detta perfettamente disposta a perdonare il mio piccolino ritardo, quindi che problema c'è?» sbottò Sirius, scrollando le spalle con aria annoiata.

Remus si fermò così di colpo, che James gli finì malamente addosso - una mezza maledizione sulle labbra.

«Dannazione, Lunastorta! Un altro di questi giochetti, e arriveremo nei sotterranei rotolando per le scale!»

«Ti ha perdonato il tuo piccolo ritardo solo perché James era lì, ed ha avuto la presenza di spirito di inventarsi una scusa convincente!» sibilò Remus, apparentemente sordo alle proteste di James, voltandosi verso Sirius.

«Dettagli» controbattè l'Animagus, stringendo le braccia al petto e osservando poi l'amico con aria di chi calcolava rapidamente qualcosa. «Quand'è il tuo prossimo appuntamento?».

Tutta la risposta che il giovane gli fornì fu un vago verso infastidito, prima di riprendere a scendere i gradini.

«Come pensavo...» sospirò Sirius, seguendolo con fare rassegnato.

[*]

«Ah, eccovi qui! Iniziavo a preoccuparmi, sapete? Credevo aveste deciso di non presentarvi!» esclamò giovialmente Lumacorno, non appena i tre Grifondoro raggiunsero l'ingresso all'aula di Pozioni.

Remus non rispose, limitandosi a scoccargli un'occhiataccia mentre lo superava per andare a prendere posto.

Lumacorno, basito da quel comportamento, si rivolse a James e Sirius.

«Perdoni Remus, professore: da settimane non fa che studiare giorno e notte, e questo purtroppo influisce negativamente sul suo carattere» si affrettò a spiegare James, anticipando l'ovvia domanda del professore.

Non poteva certo rivelare a Lumacorno la vera ragione dietro al brusco comportamento dell'amico! Pur essendosi sempre dimostrato un buon insegnante e una brava persona - anche se a volte non disdegnava di servirsi di metodi discutibili, per ottenere un seppur minimo profitto - infatti, non si poteva sapere con certezza come avrebbe reagito, scoprendo quanto realmente Remus fosse influenzato da ognuna delle fasi lunari...

«Sicuro, avrei dovuto indovinarlo! Esami come quello che state per affrontare sono sempre stati capaci di trasformare anche lo studente più mite in una fiera!» ridacchiò Lumacorno, esortando poi James e Sirius a raggiungere Remus, Lily e gli altri loro compagni. «Questo M.A.G.O. non si supererà da solo, sapete?».

Prendendo posto in uno dei banchi in fondo all'aula, pochi istanti dopo, Sirius ripensò alla brevissima conversazione appena avvenuta tra l'amico e Lumacorno - permettendosi poi di sospirare ancora una volta al pensiero della facilità con cui il professore aveva creduto ad una menzogna tanto platealmente inventata su due piedi.

'Che razza di idiota...'.

***Note dell'Autrice***

1) L'idea che Remus fosse particolarmente nervoso a causa delle notti trascorse a studiare (scusa con cui James nasconde la vera motivazione a Lumacorno) non è - ovviamente - affatto inverosimile.
Io stessa - e mia sorella con me - restavamo puntualmente sveglie fino alle 4:00 del mattino, nelle settimane prima del nostro esame di maturità, per studiare economia aziendale - e posso assicurarvi che tutto eravamo, in quei giorni, tranne che le persone più simpatiche con cui trascorrere il tempo. 😂
2) E alla fine sono giunta a correggere/rivedere/riscrivere anche l'ultimo capitolo della "vecchia" fanfiction - il cui prossimo capitolo (massimo i prossimi due, vedrò al momento se chiudere con un numero tondo oppure no) posso già anticipare sarà l'ultimo.
❤️lady

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Capitolo 69
*** capitolo 69 ***


Una quiete senza pari avvolgeva il castello di Hogwarts, le cui mura erano rischiarate dalla fredda luce della luna e delle stelle - onnipresenti guardiane della notte - e dolcemente accarezzate dalla brezza di inizio estate. Unici rumori, il canto degli uccelli notturni e gli acuti stridii dei pipistrelli a caccia del loro sostentamento e - in alto, sulla sommità della Torre di Astronomia - il lieve cigolio di una porta che veniva aperta e immediatamente richiusa.

«Difficile trovarmi, senza la mappa?» sorrise il ragazzo seduto sulla balaustra, seguitando a scrutare il cielo.

«Lo sarebbe stato, se non ti conoscessi come le mie tasche» replicò un secondo giovane, raggiungendolo e sedendosi al suo fianco con un elegante balzo.

Non si scambiarono altre parole per un lasso di tempo che parve interminabile - uno impegnato a sondare la volta celeste, l'altro interessato apparentemente a qualcosa molti metri sotto di loro.

«Lo sai? Felpato ha resistito meno di due minuti, quando si è trovato in una situazione analoga» ricordò Remus divertito, accennando con piccolo cenno del capo alla loro rischiosa posizione. «Mi ha persino dato del folle, se ben ricordo. Ma sono trascorsi molti mesi, da allora: potrei sbagliarmi».

James ghignò, divertito a sua volta, mettendosi più comodo sulla balaustra.

«Non dimentichiamo che, a differenza sua, io sono abituato a stare per intere ore seduto su un sottile pezzo di legno, sospeso a diverse decine di metri dal terreno... È un vantaggio niente affatto indifferente, non puoi non ammetterlo» disse poi allegramente, voltandosi a guardarlo.

Il licantropo non rispose, e James non lo spinse a farlo.

«Cosa c'è che ti preoccupa, Remus? Non certo gli esami. Con oggi abbiamo concluso ufficialmente il nostro percorso scolastico - perché entrambi sappiamo che abbiamo superato i nostri M.A.G.O. alla perfezione, rendendo nulla l'eventualità di una bocciatura» chiese invece.

Di nuovo, Remus sorrise divertito - scuotendo brevemente la testa, incredulo.

«Che razza di sbruffone...» ridacchiò affettuosamente, facendosi poi serio ancora una volta. «Mi domandi che cosa mi preoccupa... Ebbene, credo tu lo sappia. Mi preoccupano le medesime cose che preoccupano te: la guerra che ci attende quali suoi nuovi giocatori, la consapevolezza che perderemo dei compagni per mano di Voldemort e i suoi - così come perderemo almeno una parte di noi stessi, quando un nostro incantesimo provocherà la morte di qualcuno... E oltre a tutto questo, mi domando quale sarà il mio futuro, se e quando la guerra finirà. L'insegnamento resta il mio obiettivo, certo. Ma sono abbastanza consapevole della realtà che mi circonda da riconoscere che potrebbe rimanere solo un sogno. Se anche Silente decidesse di darmi un'opportunità, infatti, per quanto potrei tenere la mia condizione nascosta agli studenti? Presto o tardi arriverebbe sicuramente uno studente in grado di analizzare le mie prevedibili assenze e di scoprire la verità. A quel punto sarà tutto finito, e nemmeno Silente potrebbe farci nulla».

Anche James si fece serio, annuendo lentamente alle parole dell'amico.

«Hai ragione: sono le mie stesse preoccupazioni... Beh, più o meno» si corresse. «Io non ho alcun interesse nell'insegnamento, ad esempio; ma mi domando comunque se riuscirò davvero a diventare un Auror, un giorno, o se invece verrò ritenuto completamente inadatto per tale ruolo. Non sempre, in fondo, voti eccellenti equivalgono a eccellenti capacità: "la pratica vale mille volte di più della grammatica", diceva mia madre».

Fissò nuovamente l'amico - il cui sguardo era tornato a fissarsi sul cielo.

«Di una cosa, comunque, sono sicuro: la mia famiglia - beh, in realtà mio padre - ha messo da parte un bel po' di quattrini, con la Sleekeazy. Abbastanza da permettermi di vivere comodamente di eredità, e di poter aiutare un amico che dovesse trovarsi nella spiacevole condizione di non sapere come tirare avanti» buttò lì, quasi per caso, trovandosi a dover nascondere un sorriso alla rapidità con cui Remus voltò la testa verso di lui - un'espressione di pura meraviglia, mista a commozione e imbarazzo, impressa negli occhi.

«James, no... Io non posso assolutamente... Non ho mai preteso...» farfugliò, scuotendo il capo con forza.

«Non hai mai preteso cosa? La carità?» lo interruppe l'Animagus, uno scintillio divertito negli occhi nocciola. «Buona cosa che non intendessi minimamente fartela, allora! No, no, Lunastorta: non si tratterebbe affatto di carità, ma del giusto compenso per i tuoi fedeli servigi».

Remus lo guardò, stranito.

«Fedeli...? Ma di che stai parlando?» chiese.

James ricambiò lo sguardo, riuscendo persino a mostrarsi ugualmente confuso.

«Come, non sei la balia mia e di Sirius sin dal primo giorno della nostra amicizia? Non vorrai dirmi che ora intendi rassegnare le dimissioni! Hai idea di quanto sia difficile - ed estenuante - trovare una baby sitter decente, di questi tempi?!» esclamò, fingendosi terrorizzato dalla sola idea di una simile eventualità. 

Remus aprì e chiuse la bocca diverse volte, in una perfetta imitazione di un pesce.

«Ma... Ma non è corretto! Quei soldi ti appartengono! Sono stati messi da parte per garantire una vita dignitosa a te e alla tua famiglia, e tuo padre...» protestò - venendo tuttavia interrotto ancora una volta dall'amico.

«Esatto! Come tu stesso hai appena detto, quei soldi mi appartengono - e pertanto sta a me decidere come impiegarli. Quanto a mio padre... Sono sicurissimo che sia lui che mia madre sarebbero stati più che felici, sapendoli spesi per aiutare uno dei miei due fratelli. Quindi, come vedi, non c'è alcun problema» ghignò James.

Il licantropo aprì la bocca per protestare di nuovo, ma la richiuse - rendendosi conto che sarebbe stato inutile.

«Sei impossibile» sospirò invece, abbassando il capo con un sorriso colmo di gratitudine. «Ma, sul serio, ti ringrazio dal più profondo del cuore. E ti prometto che ti restituirò fino all'ultima moneta!».

James alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo esasperato.

«Fai un po' come ti pare...»

Passò un'altra considerevole quantità di tempo - durante il quale entrambi si godettero la reciproca compagnia.

«Sirius?» domandò Remus all'improvviso.

L'Animagus alzò le spalle nella più classica delle dimostrazioni di ignoranza.

«Un paio d'ore fa ha lasciato il dormitorio, dicendo qualcosa sul voler andare a fare un saluto ad Aberforth, e da quel momento non l'ho più visto. Probabilmente voleva festeggiare a modo suo la fine della carriera scolastica o fare i conti con le proprie preoccupazioni per il futuro... Oppure ancora voleva stare semplicemente da solo con i suoi pensieri» ipotizzò, sembrando poi ricordare improvvisamente qualcosa. «Ora che ci penso... Non ti ho chiesto per quale motivo sei salito fin quassù, stanotte».

Remus indicò con un piccolo cenno del capo la luna, alta sopra di loro.

«Quella di domani sarà la mia ultima trasformazione al castello» spiegò laconicamente. «Da quando sono arrivato ad Hogwarts, trascorro qui ogni vigilia di plenilunio. Non so di preciso perché io lo faccia: è solo che sento di dover essere il più vicino possibile alla luna, e se non mi riesce provo quasi un dolore fisico».

«'La febbre lunare'» mormorò James, facendo poi un vago gesto disinteressato davanti alla sorpresa dell'amico. «Sapevamo, in quei primi tempi, di questa tua abitudine - anche se non ne sapevamo il motivo. Fu solo quando le tue scuse iniziarono a diventare spaventosamente fantasiose che Sirius si ricordò di aver letto di un simile fenomeno in uno dei volumi della biblioteca dei suoi genitori. A dire la verità, la febbre lunare fu proprio il punto di partenza delle nostre ricerche per capire cosa nascondessi...».

Osservò a sua volta la luna.

«Però è uno schifo che debba capitare proprio l'ultima tua notte al castello...» borbottò.

«Nel corso dei quattordici anni da quando sono stato morso è capitato in momenti peggiori, lo sai anche tu: Natale, il mio compleanno... Il segreto sta semplicemente nel riuscire a farci l'abitudine».

«E tu sei riuscito?».

Remus si esibì in un sorrisetto amaro.

«Mai».

[*]

«Mi chiedevo... Come farai a trasformarti, una volta lasciata la scuola?» domandò Tonks piano, voltandosi a guardare Remus - steso sul proprio letto a baldacchino, all'interno del rifugio.

Con le lezioni e gli esami finiti per entrambi, avevano passato buona parte della mattinata a raccogliere le proprie cose e a sistemarle nei bauli - per poi decidere di trascorrere il resto della giornata insieme, in previsione di una separazione anticipata a causa della luna piena.

Una decisione di cui Tonks era più che felice - anche se probabilmente non quanto James e Sirius, da sempre strenui assertori dell'odiosità dell'amico il giorno del plenilunio, e della loro assoluta necessità di stargli il più lontano possibile fino a trasformazione avvenuta; quando, a loro dire, tornava ad essere civile.

«Presumo sempre nello stesso modo: fratturandomi dolorosamente le ossa e spezzandomi i legamenti» replicò tagliente lui, non disturbandosi a distogliere gli occhi dalle tende che circondavano il suo letto.

Tonks emise uno sbuffo infastidito, avvicinandoglisi per elargirgli un poco affettuoso pizzicotto sullo stinco - al quale il ragazzo replicò con un autentico ringhio di avvertimento.

«Perdonami, dovrei forse essere impressionata - o persino spaventata - dalla tua ferocia, Zanna Bianca?» domandò la giovane, il sopracciglio alzato e le braccia strette al petto, squadrandolo con fare scettico. «Perché se è così, sappi che ci vorrà più di qualche brontolio e di qualche ringhio, per spingermi a lasciarti in pace. Il lupo può anche scalpitare per uscire, ma questo non ti autorizza a comportarti come il re dei Troll!».

Remus avrebbe giurato di sentire il lupo andare a rintanarsi in un angolo lontano - le orecchie basse e la coda fra le zampe in un insolita dimostrazione di piccata resa davanti alla feroce determinazione della ragazza.

Sospirò, sedendosi e invitando Tonks a fare lo stesso.

«Hai ragione, la luna piena imminente non giustifica la maleducazione. Ma non ho potuto fare a meno di trovare la tua domanda assolutamente priva di senso» si giustificò con un sordo borbottio.

«Questo perché non stavi ascoltando come avresti dovuto...» gli fece notare lei. «Ovviamente so che la trasformazione avverrà nel solito, terribile modo. Ma mi domandavo dove andrai, e cosa farai se James e Sirius non dovessero essere nelle condizioni di stare con te».

Il licantropo si esibì in una breve scrollata di spalle.

«Casa mia si è sempre dimostrata più che all'altezza del compito, e per quanto riguarda James e Sirius... Beh, non sono sempre stati con me, durante le vacanze estive - eppure sono ancora qui, vivo e vegeto, no?».

Tonks storse brevemente il naso. A dire la verità, infatti, non le piaceva affatto l'idea che il giovane passasse anche un solo plenilunio, così come i giorni immediatamente successivi ad esso, senza la compagnia dei suoi amici - magari ritrovandosi ad essere ferito da una trasformazione più dura del solito.

«Potrei sempre venire io a farti compagnia - almeno fino all'inizio del mio prossimo anno scolastico» si offrì.

Ma con una vigorosa e inequivocabile scossa della testa, Remus protestò immediatamente.

«È assolutamente fuori discussione! Sai perfettamente quanto pericoloso sarebbe, Dora! Pensa solo a cosa accadrebbe se per disgrazia ti avvicinassi troppo mentre sono trasformato e...».

La risata sommessa di Tonks, tuttavia, fermò la sua protesta.

«Non c'è nulla di cui ridere» sbottò, deluso che lei trovasse divertente una condizione seria come la sua.

«Non mi sto prendendo gioco della tua maledizione, se è quello che ti infastidisce - e nemmeno delle tue preoccupazioni per la mia sicurezza» ci tenne a precisare la ragazza, prendendogli una mano fra le sue. «Ciò che mi ha fatto ridere è la tua apparente incapacità a comprendere un concetto in realtà piuttosto semplice. Ho solo proposto di fare ciò di cui, la notte della nostra separazione, ti avevo parlato - ovvero sia attendere il tuo ritorno alla forma umana, così da poterti assistere in caso di ferite o da poterti accogliere con un po' di tè».

Remus si sentì arrossire d'imbarazzo - rendendosi conto di aver effettivamente mal interpretato le sue parole.

«Non penso che i tuoi genitori sarebbero molto dell'idea, Dora» mormorò amaramente.

Tonks fece un ultima volta spallucce, alzandosi in piedi e tirando il ragazzo con sé.

«Non lo sapremo con certezza, finché non li avrò interpellati. Ma ora basta chiacchiere, signor Lupin: questo rifugio non si vuoterà da solo. Beh, in realtà potrebbe, se qualcuno glielo chiedesse...» si corresse, prima di scuotere la testa per scacciare quell'innocua distrazione. «Il punto è che ci sono decine di foto, montagne di libri e quant'altro da impacchettare, e se non ci mettiamo all'opera finiremo per rimanere qui per l'eternità!».

Un sorrisetto impertinente comparve sul viso del ragazzo.

«È una minaccia... o una promessa?».

***Note dell'Autrice***

E... sì. Se non dovesse essersi capito, alla fine ho deciso di concludere con un numero tondo (in questo caso 70). Spero che l'idea vi soddisfi.
❤️lady

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Capitolo 70
*** capitolo 70 ***


«Ti dico che li ho visti, Danny!» piagnucolò Matt Michaels, pestando i piedi a terra e guardando il fratello con uno sguardo implorante. «Oh, perché non vuoi mai credere a quello che ti dico?».

Daniel Michaels rivolse un sorriso esasperato all'undicenne.

«Perché, Matt, non è la prima volta che inventi qualche storiella fantasiosa, solo per attirare la mia attenzione o quella dei miei amici» spiegò con forzata pazienza, quasi che cercasse di non essere eccessivamente duro con il giovane. «Prima dici di aver trovato "una stanza magica", sparita poi nel nulla - al punto che nemmeno tu sei più riuscito a trovarla; dopo è stata la volta dei bagliori che hai giurato di aver visto provenire dalla Foresta Proibita... E ora - alle prime luci dell'alba! - parli di un cane e di un cervo che passeggiano nel cortile!».

Di nuovo, il ragazzo più giovane pestò i piedi a terra in un chiaro momento di stizza.

«Non ho detto bugie! Era tutto vero; ogni cosa che ti ho raccontato!» protestò con veemenza.

«C'è qualche problema?».

I due fratelli si voltarono verso l'ingresso della Sala Comune, appena in tempo per vedere il ritratto della Signora Grassa chiudersi alle spalle di James e Sirius.

«No, no... Nessun problema, grazie. È solo mio fratello; ha un sacco di fantasia, ecco tutto» rispose Daniel, sorridendo con fare estremamente imbarazzato ad uno dei due Caposcuola uscenti.

«Non è vero!» esclamò piccato il giovane Michaels, voltandosi a propria volta verso i due Malandrini e raccogliendo tutto il proprio coraggio per raccontare anche a loro quello che aveva visto. «C'erano un cervo e un cane, prima, nel cortile! Si avviavano all'ingresso, e sembrava che comunicassero fra loro!».

Il fratello alzò gli occhi al cielo - non vedendo, in tal modo, James e Sirius scambiarsi un'occhiata preoccupata.

«Matt...» 

«Li ho visti!» ripeté l'undicenne un'ultima volta, prima di allontanarsi - sdegnato - in direzione dei dormitori.

Daniel si grattò nervosamente la testa, lanciando un'altra occhiata carica di imbarazzo ai due Malandrini.

«Mi spiace che abbiate dovuto assistere ai capricci del mio fratellino - non credo fosse sulla vostra lista delle cose da fare... Non che voglia intromettermi, magari interrogandovi sul perché eravate fuori a quest'ora!» si affrettò a spiegare, parlando in fretta. «Sono in assoluto le vostre ultime ore ad Hogwarts, in fondo - anzi, ad essere del tutto onesti, tecnicamente non siete nemmeno più studenti... Beh, a meno che i risultati dei vostri M.A.G.O. non siano tanto pessimi, è chiaro! Ma non penso sia possibile. Voglio dire... A dispetto di quello che è sempre stato il vostro comportamento, nessuno può negare che siate geniali, e...».

Il suo sproloquio si interruppe con la risata canina di Sirius.

«I risultati dei nostri M.A.G.O. non mi preoccupano affatto. Dubito fortemente, infatti, che saranno così pessimi da tradursi nella nostra bocciatura» assicurò. «Quanto a interrogarci sul perché eravamo fuori... Nessun mistero o piano malvagio, posso assicurartelo! Siamo semplicemente andati a visitare Remus in infermeria».

«Niente di grave, comunque: ieri sera ha semplicemente esagerato con i festeggiamenti per la vittoria di Grifondoro, e si è procurato una brutta indigestione. Secondo Madama Chips, per il momento della partenza sarà come nuovo» aggiunse James, suonando sincero, placando sul nascere le domande del giovane.

«In effetti, ora che ci penso, ricordo di averlo visto sgattaiolare via dalla Torre, durante la festa... Ma non ho dato peso alla cosa, preso com'ero dall'euforia» mormorò, annuendo inconsciamente al ricordo.

Poi scrollò le spalle, sospirando rassegnato.

«Coppa del quidditch e Coppa delle Case nello stesso anno... Dubito ripeteremo questo risultato, in futuro. Già riuscire a infrangere, ieri sera, la storica alternanza di vittorie di Tassorosso e di Corvonero mi è sembrato niente di meno di un autentico miracolo. E ora il miglior Cacciatore che la nostra squadra abbia mai avuto se ne va!» sbottò con aria malinconica. «Ah, mi chiedo come faremo!».

James a quelle parole ridacchiò, battendo una mano sulla spalla del ragazzo più giovane in un gesto amichevole che sorprese piacevolmente quest'ultimo.

«Ci saranno altri giocatori - probabilmente anche migliori di me. Quanto alla Coppa delle Case... Ebbene, arriverà un giorno in cui Grifondoro non dovrà più faticare per ottenerla ogni anno. Me lo sento!» confidò.

Sirius, dopo aver lanciato un'occhiata al proprio orologio, si schiarì la gola - attirando l'attenzione dell'amico.

«Faremmo meglio ad andare a finire di raccogliere le nostre cose, James. Presto arriverà l'ora di partire, e non ci tengo affatto ad arrivare in ritardo, trovandomi a dover trascinare il mio baule fino alla stazione» disse.

James annuì, stringendo la mano a Daniel Michaels.

«È stato un piacere trascorrere gli ultimi anni insieme. Auguro a te e a tuo fratello ogni fortuna».

E con un ultimo cenno di saluto, lui e Sirius sparirono per l'ultima volta su per le scale per il loro dormitorio.

[*]

«Mi mancherà questo posto, in fondo...» confessò Sirius, abbracciando con gli occhi la stazione - brulicante di studenti in partenza - di Hogsmeade, oltre il finestrino del loro scompartimento.

«Già, anche a me. Non tutti i giorni sono stati buoni, in questi sette anni, ma non si può negare che ciò con cui torniamo sia molto di più di quello con cui siamo partiti» concordò Lily, distogliendo lo sguardo, con aria ancora vagamente ferita, quando nel corridoio passò Piton.

«Merlino, se solo penso a quante cose sono cambiate, da quel primo viaggio! A quanti amici e persone care abbiamo guadagnato!» esalò James, gettando uno sguardo carico di affetto ai presenti: da Tonks - seduta accanto a un assonnato Remus - a Lily - alla quale rivolse l'occhiata complice di chi custodisce un segreto.

«E quanti amici e persone care, invece, abbiamo perso...» sospirò Remus, ricordando con una stretta al petto il tradimento di Peter - una ferita non ancora completamente guarita per tutti loro - e il loro ultimo viaggio su quello stesso treno, culminato con la morte di suo padre, dei genitori di James e di molti loro compagni.

«Ancora non riesco a credere che sia trascorso meno di un anno, da quando ho fatto la conoscenza della maggior parte di voi; da quando per me avete smesso di essere semplicemente dei nomi, diventando invece miei amici - o persino qualcosa di più» realizzò incredula Tonks, sorridendo a tutti - e in special modo a Remus.

Qualsiasi altra esteriorizzazione verbale dei loro pensieri fu coperta dal rumore del treno che finalmente lasciava la stazione di Hogsmeade, iniziando così il consueto viaggio che - attraversando la caratteristica campagna scozzese - sarebbe terminato solamente una volta giunto a Londra.

«Che farete, una volta arrivati a Londra?» chiese Tonks, interessata, quando il villaggio magico non fu altro che un puntino lontano alle loro spalle. «Immagino, infatti, che il consueto giro per il mondo sia fuori discussione».

«Dovrà aspettare un momento migliore, sì. Ma non è poi così grave: queste tradizioni sono parecchio sopravvalutate» scrollò le spalle Sirius. «Inoltre, anche senza i sicuri doveri che avremo come membri effettivi dell'Ordine, non credo sarebbe comunque una buona idea intraprendere un viaggio di quel genere. Fino ad ora, in fondo, il nostro contatto diretto con la guerra è stato fortunatamente piuttosto limitato - anche se ugualmente terribile. Non conosciamo il suo effettivo peso sul nostro mondo e su quello babbano...».

Remus annuì in accordo con le parole dell'Animagus.

«Quanto a quello che faremo, una volta arrivati a Londra... Onestamente non lo so. Personalmente non ho alcun progetto, al momento - se escludiamo la doverosa visita a mia madre, è chiaro. Tu James? Lily?».

I due si scambiarono una nuova occhiata, poi James si schiarì la voce - quasi si preparasse a fare un annuncio.

«A dire la verità, noi abbiamo un piccolo progetto - come piace dire a te, Lunastorta - in programma. Ieri sera, prima di lasciare il castello per raggiungere la Stamberga con Sirius, ho infatti chiesto a Lily di sposarmi; e sono lieto di dire che lei ha accettato» confessò con un sorriso vittorioso.

Tonks fischiò ammirata, proprio mentre Remus esprimeva le sue congratulazioni e Sirius si lasciava andare ad una colorita espressione di stupore misto a sincera gioia.

«Che razza di bugiardo... "Ho promesso di mostrare a Lily come entrare nelle cucine, e questa è l'ultima occasione che ho per farlo. Vai pure avanti, ti raggiungerò al Platano Picchiatore"; è così che mi hai detto, no?» rise l'Animagus, battendosi le mani sulle ginocchia. «E che imbecille io a crederci! Ah, stavolta me l'hai proprio fatta, Ramoso - non sospettavo minimamente una cosa del genere!».

Remus e Tonks annuirono in accordo, mentre sia Lily che James risero - chiaramente soddisfatti che il loro intento, benché fosse rimasto segreto per davvero pochissimo tempo, avesse ottenuto il risultato sperato.

«Se può farti stare meglio, non ne sapevo niente nemmeno io» ammise il licantropo con sincerità.

«In effetti lo fa, grazie mille. Confesso che mi sarei sentito tradito, se fossi stato l'unico tenuto all'oscuro...»

«Avanti, Felpato! Sai benissimo che non lascerei mai che una cosa simile accadesse!» si difese James a gran voce, alzando gli occhi al cielo all'eccessiva drammaticità dell'Animagus.

Lily non disse nulla, limitandosi a scambiare un'occhiata di finta esasperazione con Tonks - che ridacchiò silenziosamente, condividendo il suo medesimo sentimento nei confronti del cugino - e a sporgersi per stringere brevemente la mano di Remus - il quale, nonostante avesse nascosto abilmente uno sbadiglio, sembrava faticare a tenere gli occhi aperti.

Il giovane la guardò confusamente per un istante, salvo poi sorridere brevemente quando la ragazza gli sussurrò: «Dovresti provare a dormire un po'. Prometto che farò in modo che questi due se ne stiano buoni, o che vadano a rompere i timpani altrove. Non dovrebbe essere troppo difficile, in fondo».

Remus scosse il capo, riconoscente.

«Non preoccuparti. Questi potrebbero essere gli ultimi istanti di qualcosa di simile alla pace che avremo... Non voglio perdermeli per qualche ora di sonno. Ma ti ringrazio per l'offerta».

«Cos'è che state confabulando, voi due? Non proverai di nuovo a soffiarmi la fidanzata, Lupin, vero? Voglio dire... Tonks è qui, proprio accanto a te! Non hai un po' di decenza?» protestò James in tono volutamente lamentoso, sedendosi pesantemente affianco all'amico e spingendolo giocosamente con la spalla.

«Chi ti dice che non sia io a star tentando di soffiare il ragazzo a Tonks, Potter?» ghignò Lily, appoggiandosi indietro sul proprio sedile con le braccia incrociate al petto.

«Lily!» esclamarono all'unisono James e Tonks, facendo nuovamente ridere tutti.

[*]

«Eccoci qui: Londra. L'inizio delle nostre nuove vite: non più studenti, ma combattenti della resistenza...» mormorò teatralmente Sirius, osservando Tonks allontanarsi al fianco dei suoi genitori e circondando le spalle dei suoi due amici con le braccia. «Tralasciando ogni idiozia, temo che sarà davvero uno dei periodi peggiori delle nostre ancor giovani esistenze».

Remus annuì debolmente, uno sguardo serio negli occhi stanchi.

«Lo temo anche io, Sirius... Ma promettiamoci che faremo di tutto perché questa guerra non rovini la nostra amicizia».

James emise un forte sbuffo che voleva suonare divertito.

«Che ci provi!» sfidò. «Dimostreremo all'intero mondo magico che niente e nessuno riuscirà ad intaccare nuovamente la nostra fratellanza!».

Fu il turno di Lily, al loro fianco, di esibirsi in una piccola risata incredula.

«"Fratellanza"... E avete anche un motto?» li prese bonariamente in giro.

Sirius liberò il braccio per posarsi rispettosamente la mano sul cuore.

«Ovviamente, futura signora Potter!» assicurò con orgoglio. «Ma non si tratta di un motto, bensì di una missione! Noi salveremo il mondo!».

«Oh, bene: qualcosa di semplice. Mi piace!» rise Remus, guadagnandosi un piccolo pugno offeso sul braccio da parte di James.

«Ridi, ridi... Ma ti prometto una cosa, Lupin: alla fine di questa guerra - perchè finirà! - tutti sapranno chi sono i Malandrini!».

E con un ultimo sguardo nostalgico all'Espresso per Hogwarts, i quattro attraversarono il passaggio che li avrebbe ricondotti nel mondo babbano - verso il loro futuro.

*** Note dell'autrice ***

E alla fine, eccoci qua.

Sono cambiate davvero moltissime cose dal giorno in cui ho scritto la prima riga di questa storia (prima del 2008, quando ancora non ero iscritta ad alcun sito di fanfiction): quattro anni consecutivi di interventi chirurgici; costanti problemi medici più o meno legati alla depressione (di cui ho sofferto dal 2009 e in cui ancora oggi mi trovo a ricadere di tanto in tanto) e al disturbo da attacchi di panico (un odioso compagno dal 2006); crolli nervosi; la quasi certa perdita di mio padre (nel 2019) per un gravissimo problema cardiaco, e l'effettiva perdita della mia amata nonna (lo scorso 20 febbraio) - letteralmente dal giorno alla notte, senza alcun tipo di avvisaglia (la mattina stava bene, la sera precipitava in un coma che ce l'avrebbe strappata nel giro di un paio di giorni); e poi problemi, problemi e ancora problemi della più svariata natura, che ancora non accennano a diminuire.

Si è trattato (e si tratta ancora) di situazioni che mi hanno ovviamente cambiata, che per molto tempo mi hanno allontanata dalla scrittura di nuove fanfiction - portandomi invece a decidere di modificare le vecchie (soprattutto questa), in modo che rispecchiassero la "nuova" me.

È stato un processo lungo e non sempre facile, ma è giunto al termine. Spero solo che il risultato sia di vostro gradimento. Grazie per avermi sopportato (e supportato) in questi anni.

❤️lady

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