He ate the apple and was chased out of Eden

di Ofeliet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** guidati dalle sottili piste ***
Capitolo 2: *** intrecci invisibili ***
Capitolo 3: *** estranei condividono un viaggio ***
Capitolo 4: *** rivelazioni dopo il tragitto ***



Capitolo 1
*** guidati dalle sottili piste ***



Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: indizio
Chiesa a cui mi rivolgo: non è un mistero come io sia folle, ma mettersi a fare una challenge con un giorno di preparazione mi mancava.
Non mi sentivo così entusiasta di scrivere da un po'.
Che dire, arrivo solo con sette anni di ritardo sul tema, ma devo dire che dal 2016 la mia vita è stata sballottata parecchio (e soprattutto ero in altri fandom). Quindi meglio tardi che mai.
Premetto che è tutto dal POV di Francia (perché mi diverte scrivere di lui) e l'avvertimento OOC è lì perché non amo calcare troppo sulla sua versione pervertita, più su quella del bohemien/mean girl e non a tutti può piacere. Che altro dire se non che ho avuto 24h per documentarmi su tutta la timeline della Brexit e che continuare a scrivere questa storia con un lavoro a tempo pieno sarà tutt'altro che semplice, ma voglio ugualmente provare.
Al prossimo capitolo~





A mughetto,
un anticipato e tardivo regalo di compleanno.


C’era qualcosa nell’aria.
Francia aveva sempre pensato che lasciare la presidenza dell’unione anche solo per un anno ai Paesi Bassi avrebbe portato solo disgrazie. Infatti questo non era iniziato nei modi migliori. Italia aveva alzato la voce riguardo a un morto in Egitto, mentre Belgio si era assentata per qualche riunione per “ragioni mediche”. Germania aveva insistito che gli attacchi terroristici per loro valessero come un’assenza di malattia. Non aveva conteggiato i suoi scioperi come una giustificazione valida, però.
Il meglio di sé, però, lo aveva dato Inghilterra che a gennaio aveva annunciato un referendum sul rimanere o meno nell’Unione Europea.
Non lo avevano preso troppo sul serio. Non era nemmeno la prima volta che ne faceva menzione, anche se era la prima che presentava davvero un referendum da effettuarsi nel mese di giugno. Sembrava non poterlo posticipare ad estate inoltrata, quello di luglio era già troppo pieno di pessimi ricordi per la nazione, non voleva certo aggiungerci un’ulteriore umiliazione.
Francia per primo ne aveva riso.
Trovava divertente la questione e si era detto il primo e maggiore sostenitore se la cosa fosse realmente andata in porto. Aveva tempo da perdere, ma alla fine come ogni cosa anche questa finita dimenticata in qualche angolo della sua mente finché il mese di giugno non era arrivato e le voci sulla questione si erano fatte insistenti.
Germania lo aveva approcciato una sera, dopo l’ennesimo incontro.
« Tu lo conosci da tanto tempo, cosa ne pensi? »
A Francia era venuto da ridere. Aveva preso un sorso del suo calice, e si era sistemato meglio sulla poltroncina dove si era seduto in attesa che la serata diventasse più interessante.
« Ma cosa devo pensare? Quello è un’isola. Le isole sono sempre state strane. » commenta, non guardando l’altra nazione. « Avrà questo improvviso desiderio di indipendenza perché inizia a sentirsi anziano e vuole rivivere qualche vecchia, gloriosa fantasia. »
Lui stesso aveva definito in una occasione l’Unione Europea come una casa di riposo per nazioni millenarie, e simile affermazione non era lontana dalla realtà. Escludendo Germania, che per i suoi parametri era ancora un bambino e non aveva alcun diritto di prendere parola – e che invece quasi settant’anni prima lo aveva steso dandogli un semplice schiaffo –, diverse nazioni lì dentro potevano contare un millennio sulle spalle.
In effetti era divertente litigare ma non correre rischi reali come un tempo. Francia da quando era entrato nella “lega dei perdenti”, come l’aveva definita Inghilterra un tempo, si divertiva a protestare ed esporre la sua importantissima opinione, ma alla fine era Germania a fare tutto il lavoro al posto suo.
Germania, seduto accanto a lui, non sembrava tranquillo. Poverino, prendeva troppo seriamente ogni questione, ignaro di come fosse un comportamento normale per nazioni che avessero vissuto il medioevo, dove le alleanze cambiavano a seconda di che colore indossassi. Gli mancava l’esperienza, e il litigare per una semplice pecora che potesse scatenare un conflitto lungo quindici anni.
« Poi cosa pensi che succederà? Che la popolazione voti in massa per andarsene? Va bene che sono inglesi, ma non sono così stupidi. »
Non era da lui fare un complimento, ma nei secoli Francia aveva imparato che Inghilterra sapeva dosare bene l’impulsività con la pazienza. Quando era venuto il momento giusto si era isolato dal resto di loro, e aveva rivolto la parola solo a Giappone. Forse era stato un bene, perché da simile cosa era nata l’idea dell’Entente. Edouard gli mancava tantissimo, ma era stato ironicamente il fautore della sua felicità, per quanto breve.
« Ho guardato i sondaggi e- »
« Tu guardi un po’ troppi dati, e non la realtà. Certo qualche capo politico urla che vuole andarsene, ma tutti noi ne abbiamo uno. Persino tu. »
Germania sembra finalmente comprendere cosa intende. A volte gli sembra davvero un bambino, se non fosse un armadio. Ovviamente non riesce a rispondergli, e Francia prende un altro sorso di vino.
« Stai tranquillo Germania, l’anno prossimo ce ne saremo già dimenticati tutti di questa storia. »
La nazione teutonica annuisce, e si alza.
Dice qualcosa sul doversi alzare presto, ma Francia non gli dà più alcuna attenzione.
Sentirsi minacciato da un referendum, una sciocchezza. Anche Italia ne aveva appena sostenuto uno, e non era successo niente. Certo era su delle trivelle e non sull’andarsene, ma simili questioni raramente riuscivano ad andare da qualche parte. Poteva solo immaginare come poi Inghilterra avrebbe spiegato la questione a Betty.
« Ma guardati, tutto solo come il vecchio che sei. »
La voce di Belgio non fallisce mai di provocare la sua irritazione. Non si gira nemmeno a guardarla.
« Mi avevano detto che eri malata. »
« Infatti sono qui per accompagnare i miei fratelli. »
« E bere gratis. »
La sua insinuazione sembra colpire nel giusto.
Belgio, a differenza sua, poteva ancora permettersi di buttare giù metà delle bottiglie dell’open bar. Sarebbe stato pronto per il momento in cui sarebbe svanito l’effetto magico della sua gioventù. Belgio non aspetta nemmeno il suo invito, e si siede dove poco prima era stato Germania. Ha un cocktail in mano, come si aspettava.
« Hai sentito quello che ha intenzione di fare Inghilterra? » esordisce. Francia alza gli occhi al cielo.
« Dovrei vivere sotto un sasso per non saperlo. »
« Sai com’è, hai una certa età, non so se tu sia capace di usare uno smartphone. » le sue parole vengono seguite da una risata, sta ovviamente cercando di irritarlo.
« Certo che tu ti fai le stesse pare di Germania. »
« Che non sai usare il telefono? »
« Che succederà qualcosa con il referendum di Inghilterra. » la interrompe. « Come l’ha chiamato? Angle- »
« Brexit. » lo interrompe Belgio a sua volta. « Ha uno strano senso dell’umorismo anche in situazioni simili. »
Francia non vuole commentare. Non vuole darle la soddisfazione di ridere in un contesto simile. Certo era una situazione ridicola. Inghilterra voleva andarsene. Dopo aver finto di voler entrare insieme a Danimarca e Irlanda, ora cercava di uscirne come un ladro.
Perché volesse andarsene, poi, non se lo spiegava.
Aveva il vanto di conoscerlo meglio dei fratelli, in certi momenti della storia, ma in quel frangente ciò che stava pensando era un mistero anche per lui. Era inutile chiederselo. Inghilterra avrebbe fatto passare anche quel referendum, come tutti loro, e niente sarebbe cambiato.
« Sono sorpresa che tu non abbia ancora battute argute a tema. »
« Per averle l’argomento dovrebbe essere interessante. »
Non vuole darle soddisfazioni.
Inghilterra non aveva lasciato alcun indizio di voler davvero cambiare la sua situazione. Come tutti loro, sembrava soltanto desiderare dare uno scossone alla barca e poi ritornare alla normalità. L’invecchiamento l’aveva sicuramente spaventato, ed era solo un modo per sentirsi giovane.
Non vuole discuterne con Belgio. Ha sempre la sensazione che questa voglia superarlo in qualsiasi cosa, e i rapporti con l’isola sembravano nella sua lista. Non intendeva cederle terreno, e tantomeno darle alcun tipo di indizio.
« A proposito, hai visto Inghilterra? » chiede Belgio, guardandosi intorno. Francia nega non la testa. Mentirebbe se dicesse che non l’ha cercato, ma subito dopo il suo arrivo Inghilterra sembrava non essere uscito dalla sua stanza. Francia aveva abbastanza dignità in corpo per andare a bussargli, e quindi la domanda di Belgio rimaneva senza una vera risposta.
« Starà praticando qualche suo rituale per domani. » le risponde, con una punta di malignità.
Belgio non sembra molto convinta delle sue parole.
« Se lo vedi digli che lo stavo cercando. »
Francia non lo farà. Non intende dare Albione in pasto alle Fiandre, perché se Belgio aveva bisogno di parlarti spesso non era niente di buono, o peggio, si trattava di soldi. Ogni motivo era buono per evocare quello straccio di terra che era Lussemburgo con l’estratto conto stampato a chiedere spiegazioni su certe spese che molto spesso non si voleva giustificare. Con Francia simili colloqui erano frequenti, e per sua sfortuna molto estenuanti.
Francia osserva l’altra nazione andare via, e rimane da solo con il suo calice.
Al bancone ci sono Spagna e Portogallo che parlano fitto tra loro, molto probabilmente a causa di elezioni che andavano male, non una novità per la penisola iberica. Di Prussia non aveva notizie da un po’, ma non era una novità che sparisse per poi sbucare fuori quando meno te lo aspettavi.
Inghilterra, ovviamente, non era presente togliendogli la soddisfazione di scaldarsi bisticciando per qualcosa di molto inutile ma divertente.
Aveva tanti amici un tempo, ma ora che era seduto lì ben pochi sembravano realmente interessarlo. Nella sua mente si palesa l’immagine dei vecchietti che davano da mangiare ai piccioni nei parchi di Parigi, e si chiede se sarà la fine anche per lui. Era ancora una nazione potente, e l’Europa non aveva ancora prodotto abbastanza nazioni giovani per rimpiazzarlo. Non aveva senso rimanere lì a deprimersi.
Scozia stava raccontando qualcosa di molto divertente al tavolo, era un vero peccato che Francia ancora faticasse a capire che cosa stesse dicendo. Era un trauma che affondava nei tempi della loro prima alleanza, sempre contro Inghilterra, per spezzare ogni sogno romantico che aveva quando aveva inteso che il suo nuovo consorte, o meglio alleato, era incomprensibile. Per quello la loro unione non avrebbe mai funzionato.
Ne aveva avuto di matrimoni falliti. Nella sua mente tornano quelli con Inghilterra, li scaccia dalla mente. Non serviva ricordargli quei tempi di imbarazzo, quando si era piegato così tanto. Lo aveva fatto anche Inghilterra, durante la guerra, ma a Francia bruciava più la sua défaillance la decade successiva.
Non c’era alcun bisogno di avere pensieri foschi. Ci sarebbe stato il meeting, era un’occasione per divertirsi.
Era sicuramente il vino a renderlo malinconico, non trovava alcuna spiegazione alternativa. Francia appoggia il calice, lontano da sé, dando segno al cameriere di portarlo via. Non aveva alcuna ragione di sentirsi in quel modo. Se Inghilterra fosse stato vicino lo avrebbe accusato pubblicamente di qualche fattura ai suoi danni, ma dell’isola non c’era traccia e Francia non voleva attribuirgli una simile importanza. Era troppo impegnato a fingere che il suo referendum fosse importante per considerare seriamente qualche strana magia.
Lo conosceva bene, sapeva come prendesse a cuore delle semplici sciocchezze. Forse era l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione.
La tentazione di andare a disturbarlo è forte, ma sa già che si troverebbe solo un occhio nero e forse qualche ciocca strappata. Inghilterra era poco più giovane di lui, ma il vizio di aggredire chiunque non gli andasse a genio non sembrava passargli. Gli era persino strano pensare che fossero stati dallo stesso lato. Era una sensazione fresca, che gli dava una soddisfazione maligna nel poterlo tormentare senza preoccuparsi di veder recapitata una dichiarazione di guerra due settimane dopo. Per una volta poteva averlo accanto, invece che subire le sue frecce e cannonate.
Stava ovviamente diventando un nostalgico.Di guerre non ne aveva più combattute, semmai subite. Non gli andava di rivivere quei tempi, e non ne sentiva alcuna mancanza. In Europa sembrava essere il primo a essersene stancato, mentre intorno aveva gente che aveva continuato a darsi da fare prima di essere preso a schiaffi da un ragazzino venuto da oltre l’oceano e che sembrava voler continuare a ficcare il naso nei loro affari.
Gli Stati Uniti non potevano davvero comprendere cosa fosse realmente quel calderone quale era l’Europa. Troppo inesperto, ben propenso a cercarsi guai fuori da casa sua, non poteva capire cosa significasse fare guerra coi suoi parenti – escludendo quando ha litigato con sua madre e lui lo aveva persino aiutato – per mere sciocchezze come fazzoletti di terra.
Era strano vederli parlare alle conferenze internazionali, come se non si fossero lanciati fango a vicenda pochi secoli prima, ma in fondo lui e Inghilterra avevano continuato a farlo per un millennio e riuscivano a parlarsi quasi senza insultarsi.
La sua mente sembra non volersi liberare dal pensiero dell’isola. Dà la colpa al sequestro del suo telefono. La sicurezza, ogni volta che partecipava a un evento, gli toglieva ogni genere di comunicazione elettronica. Francia aveva protestato, aveva cercato di contrabbandare un telefono personale, ma a ben poco erano serviti i suoi sforzi. Si era fatto una cattiva reputazione sui social personali, e l’unico account che gli era stato permesso di tenere era quello su Twitter dove seguiva le uscite anime. Per il resto per lui c’erano solo canali istituzionali, e la soppressione di qualsiasi suo tentativo di essere indipendente.
Aveva protestato, dicendo che non intendeva certo usare il suo telefono per spedire foto della sua Tour Eiffel. Non si riferiva al celebre monumento, ma cercava di darsi un minimo di dignità nei suoi pensieri.
Nel vedere altre nazioni costrette a socializzare immaginava non fosse l’unico a subire un simile trattamento. Con l’avvento dei social molti capi di stato sembravano essere corsi al riparo, e persino a Germania era stato vietato un simile privilegio.
Il gruppo Whatsapp dell’Unione, creato per comunicazioni serie, era diventato un burrone dove lanciare sfotto e guardare le altre nazioni scatenarsi lontano da un occhio pubblico. Più di una volta si finiva con gli insulti alla tribù tardo-antica dalla quale si millantava la discendenza. Anche l’annuncio a quel meeting era finito presto sommerso tra gli insulti per l’ennesimo turista maleducato o la classifica delle migliori birre al mondo.
Le aveva tentato tutte per poterne portare uno a quell’incontro, ma era stato persino perquisito. Non sembravano più fidarsi di lui, ma Francia aveva la buona sensazione che prima o poi sarebbe riuscito a fregarli.
« Non sembri molto contento di essere qui. »
Ora è il turno di Spagna di venire a disturbarlo. Sembra che abbia terminato la fitta discussione avuta col fratello, ma non gli importa davvero cosa si siano detti.
« Il vino non è delle migliori qualità di questo posto. »
Spagna ride piano. « Non dirlo troppo ad alta voce, o ferirai quello che rimane dei sentimenti di Paesi Bassi. Sembrava già abbastanza scontento di doverci ospitare. »
« Probabilmente pensa già alle fatture da mandare ai nostri governi a permanenza finita. »
L’avarizia di quella specifica nazione non era un mistero a nessuno, ma la vera domanda era come facesse ad avere due fratelli ben più ricchi di lui nonostante la sua parsimonia. Il Benelux a volte gli sembrava un conglomerato unico, non tre nazioni distinte. Una volta aveva sognato che diventassero una cosa sola, e si era svegliato urlando. Ci mancava solo una simile disgrazia.
« Tu invece mi sembri bello, come sempre. »
Spagna non ha mai preso sul serio i complimenti sul suo aspetto, dando a Francia un piccolo maligno vantaggio di potergli soffiare il primo posto e dichiararsi la nazione più bella in Europa. Per il mondo aveva dei feroci avversari, e non aveva abbastanza coraggio per reclamare anche quello a voce alta.
Ora che era costretto a parlare iniziava a sentirsi stanco. Si alza lentamente, fingendo che quasi si dispiace di starsi defilando e mette in atto una delle sue interpretazioni migliori da quando è entrato nell’hotel. Non aveva funzionato con la concierge ma su Spagna avrebbe certamente fatto effetto.
« Me ne vado a dormire. Ho molto sonno. »

Non aveva dormito un granché.
Francia si guarda allo specchio, ma trova ben poco dell’uomo che ha lasciato quando si è messo a dormire. Riesce a scorgere persino una traccia di occhiaie, inaccettabile per uno come lui. Con un vago sconforto si sposta sul balcone e si accende una sigaretta, l’unica cosa che può dargli conforto in un momento come quello.
Non ricorda cosa ha sognato, ma qualsiasi cosa fosse lo aveva tenuto abbastanza sveglio da non riposare. Non si sentiva così inquieto dalle ultime elezioni. Non doveva preoccuparsi, il suo governo non era ancora così instabile da provocargli alcun tipo di malessere fisico.
Si passa una mano tra i capelli, trovando un nodo, e la ritira scocciato.
La giornata non stava iniziando nel migliore dei modi, e sembrava destinato persino passarla ad ascoltare cose di cui non gli importava niente. Poteva già sentire la voce di Germania tuonare per qualcosa che non aveva disturbo di stare a sentire, o le varie nazioni che protestavano per l’ennesimo trattamento ingiusto nei loro confronti.
Francia non riusciva davvero ad empatizzare con nessuno di loro. Gli sembravano così carichi di piagnistei, quando gli unici realmente importanti erano i suoi.
Non doveva rovinarsi la giornata fin da subito. Il completo che aveva portato da indossare veniva da una deliziosa boutique di Avenue Montaigne e le sue occhiaie non erano niente che il suo correttore di marca non potesse coprire.
Lui era ancora una nazione vincente, e non si sarebbe lasciato abbattere. Aveva persino portato l’arricciacapelli per poter sistemare i suoi boccoli totalmente naturali.
Quando arriva l’ora della colazione lo specchio gli restituisce l’immagine di una nazione bellissima, ed era ciò che Francia sapeva benissimo di essere.
C’erano poche nazioni alla sala delle colazioni. Germania, ovviamente, sembrava essere di ritorno dalla sua corsa mattutina. Chi lo costringesse a quella tortura, Francia non voleva saperlo per timore di essere costretto a seguire una simile routine. C’erano Romania e Bulgaria, che in occasioni di incontri come quello si muovevano insieme quasi fossero una sola entità, e poi su un tavolino non facilmente visibile c’era Inghilterra. Vederlo era una sorpresa, più per la sua presenza che per l’orario. Inghilterra sembrava negarsi persino di dormire un po’ di più.
Gli ricordava i tempi della guerra, dove dormiva poco e mangiava anche meno. Non aveva preso peso in tutti quegli anni, e infatti aveva solo una deliziosa teiera di porcellana sul tavolo dalla quale si era versato una singola tazza che stava consumando.
Per Francia era inconcepibile, tanto che si avvicina al buffet caricando il piattino di croissant e ordinando al cameriere un caffè nero da portargli al tavolo.
« Il tavolo è già occupato. » gli dice Inghilterra, quando gli è davanti.
« L’hotel non ti appartiene quindi posso sedermi dove voglio. »
Doveva guardarlo mentre mangiava tutto quello che aveva nel piatto, poco ma sicuro.
« Ci sono qualcosa come venti tavoli, qui, Francia. »
Ha una nota irritata nella voce, e ciò gli provoca soddisfazione. Stava già recuperando il buonumore.
« E io voglio sedermi qui, non mi pare sia un crimine. »
Il cameriere appoggia la tazza di caffè, interrompendo brevemente la loro schermaglia verbale. Inghilterra non sembra voler continuare la discussione. Prende di nuovo la sua tazza di tè, e non lo degna di uno sguardo.
Francia non comprende cosa gli abbia fatto, di recente, per meritarsi un simile trattamento. Prende comunque un croissant dal proprio piattino, deciso a mangiarlo direttamente in faccia all’altra nazione. Lo sentiva come una questione di rivalsa personale, e intendeva con tutte le sue forse farlo parlare per primo. Una sensazione di déjà-vu passa dal suo cervello, prontamente scacciata dalle critiche che sicuramente rivolgerà alla cucina per il pessimo croissant che gli era stato servito.
Sente una lieve risatina, seguita da un colpo di tosse. Aveva vinto.
« Che hai da ridere? »
Inghilterra gli appare come se fosse stato colto in fallo.
« Ridevo della tua faccia. »
Non aveva mai imparato l’arte raffinata di parlare per giri di parole. Aveva imbellettato la sua lingua di formali onorifici, ma quando gli parlava dava continuamente dimostrazione di come questo non avrebbe mai camuffato la sua vera natura. Inghilterra rimaneva il peggiore filibustiere che c’era in circolazione, e questo era stranamente confortante da pensare. La sua linguaccia lo avrebbe sempre tradito.
« La mia faccia è perfetta, a differenza della tua, grazie mille. »
Inghilterra non sembra sorpreso dalla sua risposta, tanto che si appoggia meglio allo schienale della sedia e gli restituisce un sorrisetto sardonico.
« Certo, ogni rana pensa di essere la più bella del suo stagno. »
Era inconcepibile. Sembrava essersi preparato simili battute in anticipo tanto gli uscivano bene. Francia si sentiva indignato anche se era stato lui ad accendere le fiamme di quel confronto. Forse qualcosa, nei secoli, Inghilterra aveva preparato.
« Sempre meglio dei bruchi che porti sulla tua faccia. »
Prendere in giro le sopracciglia di Inghilterra era quasi uno sport, un obiettivo facile da colpire, anche se poco efficace. L’isola sapeva di non essere bella, almeno dai tempi del medioevo, e non poteva nemmeno aspirare ad esserlo.
Inghilterra, infatti, non appare troppo sconvolto dalle sue parole.
« Che vuoi Francia? » gli chiede, invece, quasi indicandogli di andare al sodo. Francia non ha una risposta. Certo voleva infastidirlo, ma oltre a quello non aveva una reale motivazione per essersi seduto al suo tavolo.
La verità era forse più maligna, ma più nociva per lui che per Inghilterra.
« Volevo sapere se ti nutrissi di anime per colazione, visto che la tavola è vuota. » una mezza verità, ma rimane abbastanza composto da non cedere troppe informazioni che potrebbero suonare compromettenti. Inghilterra sembra processare le sue parole, e poi guarda il tavolo. Sembrava star realizzando adesso che fosse tragicamente vuoto, a parte il suo piattino di croissant. Non si rendeva conto come non stesse mangiando niente. Era così anche nelle trincee, era così anche quando Londra viveva di porzioni razionate e Inghilterra non finiva neanche ciò che gli spettava. Era un periodo terribile che Francia si era lasciato alle spalle, mentre Inghilterra sembrava quasi imporsi ancora un terribile regime alimentare.
« E dato che sono generoso, io, ti darò questo croissant. » lo prende senza troppe cerimonie e lo porge. Inghilterra lo guarda ancora più confuso, come se gli stesse porgendo una boccetta di veleno e lo stesse incoraggiando a berla. Lo osserva passare lo sguardo dalla sua mano a lui. « Non ho tutto il giorno. »
Inghilterra sembra abbassare la sua guardia, e prende finalmente il croissant tra le mani. Lo studia, forse pensando davvero che ci sia del veleno.
« Non sono abituato a fare colazione- »
« Va bene che non è un piatto di fagioli e lard ma- »
« Sto dicendo che non sono abituato a fare alcun tipo di colazione. » lo interrompe Inghilterra. « E poi fagioli e uova le mangiavo solo quando andavo in miniera! » sembra abbastanza piccato sull’argomento.
« Ti faccio portare un piatto di fish and chips, allora? »
Inghilterra lo guarda con ancora più stizza, ma prende un morso nervoso del croissant, masticandolo insieme agli insulti. A suo modo lo stava facendo mangiare. La soddisfazione che prova è ben radicata in tempi antichi, e un po’ se ne vergogna.
Si sente come nel medioevo, quando Inghilterra era un piccoletto tutto pelle e ossa e lui era l’unico in grado di poterlo maneggiare in qualche modo. Al tempo gli offriva bacche e pezzi di pane di grano, una prelibatezza che veniva quasi contrabbandata al di fuori del castello dove risiedeva, ora invece gli offre pezzi di pasticceria pregiata, per quanto comunque dozzinale in quell’albergo. Doveva ricordarsi quella nota alle cucine.
Era passato tanto tempo tra di loro, ma nutrire Inghilterra era un traguardo del quale giusto Francia potesse fregiarsi. Non era comune che le nazioni fossero così premurose.
Il pensiero lo riscuote alla realtà. Lui non era certo premuroso con Inghilterra, voleva solo assicurarsi che avesse abbastanza energie per discutere quella sciocchezza che intendeva presentare durante l’incontro. Si trattava del suo divertimento.
Forse mentiva a se stesso, ma conosceva Inghilterra da abbastanza tempo da sapere che non avrebbe accettato aiuto se non sotto forma di tormento. Quella dannata isola era talmente orgogliosa che se si fosse trovata sul continente, e non al sicuro circondata dal mare, sarebbe stata soppressa velocemente.
Inghilterra davanti a lui finisce il croissant a grandi morsi, e Francia teme che un boccone potrebbe soffocarlo tanta è la foga che ci mette. Lo ha provocato e quelli sono i risultati.
Gli appare ora come se avesse finalmente preso un po’ di colore, e può prendere con calma un sorso del suo caffè senza il rischio che tutto il tavolo venga ribaltato su se stesso.
« Perché mi stai guardando? » gli chiede allora Inghilterra, più scontroso, e Francia si accorge che non gli ha realmente staccato gli occhi di dosso. Si sente come una scolaretta beccata a copiare, e non ha molti modi dignitosi per sfuggire alla sua figuraccia.
« Hai qualcosa in faccia. » gli risponde, quindi. Inghilterra si tocca frenetico il viso, nel tentativo di pulire qualcosa che non esiste. « Ah no scusa, è solo la tua faccia. »
La nazione smette di colpo di pulirsi. Ha un’espressione strana in viso, e le sue sopracciglia aggrottate fanno intuire che non ha preso bene lo scherzo che ha messo in atto. Lo vede indurire la sua espressione, e l’atmosfera che c’era prima si spezza, può persino sentire il rumore dei frantumi nelle orecchie.
Francia non riesce a trovare le parole adatte.
Continua a sostenere il suo sguardo, ma ha una vaga sensazione di colpevolezza per qualcosa che stava diventando di cattivo gusto. Inghilterra sembra non trovare nulla da dire a sua volta, e si crea un silenzio che sembrava imbarazzante.
Un cameriere si avvicina, spezzandolo, quasi intuendo che probabilmente c’era qualcosa che non andava.
« Tutto a posto, signori? » gli chiede, e Francia lo percepisce come un intruso, una scocciatura, anche se Inghilterra di certo non gli avrebbe rivolto la parola per primo.
« Sì, voglio un piatto di uova e bacon. » esordisce invece Inghilterra, e Francia si rende conto che lo stava guardando. Il cameriere si defila, e Francia osserva Inghilterra incrociare le braccia al petto, in attesa, come se non gli sedesse davanti.
Aveva chiesto da mangiare, in un certo senso Francia la sentiva come una vittoria anche se Inghilterra lo aveva fatto per mero scorno a lui.
Il cameriere torna abbastanza velocemente con il piatto richiesto da Inghilterra, e glielo sistema davanti. Questo procede a consumarlo appena vengono portate le posate, e non dice una parola. Francia sorseggia di nuovo il caffè, e continua a mangiare la propria colazione.
Non si dicono nient’altro, ma Francia non sente troppo bisogno di parlare. Qualsiasi cosa lo attende in quel momento è una schermaglia verbale, e non ha alcuna voglia di riprendere le ostilità. Inghilterra finisce il suo piatto velocemente, quasi non guardando ciò che stesse mangiando, e si versa un’altra tazza di tè. Una scelta curiosa, ma Francia si trattiene dal commentarla.
« Sei contento adesso? » è invece Inghilterra a prendere la parola, di nuovo.
« Di cosa? »
Inghilterra aggrotta le sopracciglia, di nuovo, come se non capisse la sua risposta, ma poi le rilassa, quasi si stesse rilassando al pensiero.
« Niente. »
« Dimmi cosa intendevi. »
« Non intendevo niente. »
Era frustrante discutere con lui, e anche se Francia si era cacciato da solo in quella situazione ora stava iniziando a pentirsi.
Inghilterra però smette di dargli corda, o provocarlo, e si alza in piedi. Gli passa accanto, ma non si salutano. Francia teme se basti una parola per riaccendere il conflitto tra di loro, e sicuramente avrà da conservare le energie per quella sciocchezza della Brexit.
La realizzazione lo colpisce con forza.
Si era scordato di chiedergli di quello. Aveva visto la sua faccia e sembrava essersi rassegnato di doverla vedere fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva offeso? Probabilmente, Inghilterra era tipo da fare caso a simili sciocchezze.
Francia si appoggia allo schienale, spiluccando l’ultimo croissant che si era preso.
Ora si spiegava il suo cattivo umore.
Si era comportato come al solito, ma Inghilterra probabilmente dentro era piegato dal conflitto che rappresentava il referendum. Le voci che chiedevano insistentemente di uscire sembravano crescere sempre di più con l’avvicinarsi della giornata che avevano scelto.
Non sarebbe cambiato niente, di quello Francia era convinto. Un referendum era una sciocchezza, una formalità, ma Inghilterra non avrebbe mai deciso di andarsene. Un’isola non poteva rimanere a lungo sola, e di certo i fratelli non gli avrebbero davvero permesso di andarsene in quel modo.
C’era però qualcosa di strano, qualcosa che non gli tornava.
Tra un paio d’ore ci sarebbe stato il meeting, e prima di quello le foto di gruppo, e lui doveva risultare bellissimo.
Non c’era troppo spazio nella sua mente per preoccuparsi di faccende che non lo riguardavano, e adorava mentire a se stesso.
Di ritorno in camera Francia si sistema i vestiti e si infila la giacca. Ha ancora un bell’aspetto, alla faccia di Inghilterra che insisteva a chiamarlo “rana”. Il suo bel viso gli era valso molti complimenti, e ben più di un quadro immortalava la sua splendida presenza. Era proprio vero che oltre il canale della manica non ci fosse alcuna civiltà o comprensione della bellezza, visto che aveva dovuto accumularla dagli altri in passato.
Era una replica tagliente da usare quando ne avrebbe avuto necessità, e Francia si complimenta con se stesso per averla pensata anche se con un lieve ritardo. Non sarebbe certamente mancata un’altra discussione con Inghilterra, e non era certo l’ultima volta che lo paragonava a una rana. Sembrava quasi essere il suo insulto preferito da usare nelle discussioni.
Non serviva pensarci troppo, in fondo lo aspettava una lunga giornata dove poteva osservare gente discutere di cose noiose. Almeno aveva la permanenza pagata, e forse non gli avrebbero chiesto un resoconto quando sarebbe tornato a casa. Ancora sentiva nelle orecchie i rimproveri della sua segretaria perché era tornato a mani vuote.
Avrebbe copiato quelli di Germania a fine giornata, certo che ne avrebbe presi in maniera fin troppo meticolosa, avrebbe aggiunto qualche commento personale e sarebbe stato perfetto.
Ora si sentiva meglio, ed è con rinnovata fiducia in se stesso. Non doveva lasciarsi abbattere da ciò che era successo a colazione. Intendeva far pagare Inghilterra ogni singolo insulto, per una mera questione di orgoglio. Poteva causare un incidente diplomatico se i governi l’avessero scoperto, ma Inghilterra in fondo non aveva mai lasciato uscire niente sui pesanti insulti che si rivolgevano da praticamente la memoria dei tempi.
Francia si sente il corpo pieno di rinnovato entusiasmo. Doveva pensare a cose che lo riempivano di soddisfazione, e non aveva alcun senso rimanere lì in stanza. Apre la porta, dandosi un’ultima occhiata.
Era il momento di andare in scena.

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Capitolo 2
*** intrecci invisibili ***




Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: legami
Chiesa della pendolare esausta: ci sto prendendo ritmo. Non so come ma questa storia sta prendendo sempre più forma.
Il pov di Francia non è semplice da scrivere (ma mai difficile quanto quello di Inghilterra, per me) e raccontare spicchi della sua mente, spesso incoerente e altamente drammatica, è tanto divertente.





I flash dei fotografi non lo disorientano più di tanto.
Francia aveva approfittato della nuova invenzione appena c’era stata la possibilità, e da quel momento in poi non rinunciava ad apparire il più possibile gradevole. L’obiettivo della fotocamera sembrava adorarlo, ed erano rare le fotografie in cui non fosse splendido. I fotografi poi spesso si prendevano il tempo per riprenderlo con maggiore cura, una cosa che nutriva il suo orgoglio in modi che non credeva possibili.
Col calma Francia si sistema i capelli, mettendo in atto una delle tante pose che avevano funzionato davanti allo specchio. Non c’era alcuna possibilità di fallire. Quando scade il suo tempo si sente quasi scocciato, ma deve cedere il passo a un’altra nazione, spostandosi verso il punto in cui verrà fatta la foto di gruppo. Solitamente si faceva prima, in quanto all’uscita dalle riunioni non tutti avevano un aspetto considerato presentabile.
Germania ha già il naso nella fitta agenda della giornata. Francia non comprende come ogni volta che lo vede è immerso nel lavoro, senza darsi alcuna tregua o pausa. Sembrava fatto di un qualcosa di diverso dal resto di loro, ma non era abbastanza per indagare.
Lentamente anche le altre nazioni li raggiungono, e una volta che sono tutti lì un fotografo si presenza per fare l’ultima foto, con loro tutti insieme. Francia si guarda intorno, cercando di apparire al meglio, e il flash lo coglie impreparato. Aveva sicuramente chiuso gli occhi, ma alle altre nazioni non importava. Avevano fatto tante di quel genere di fotografie, e il futuro faceva presupporre che li attendevano molte altre.
Non serve a placare il suo malumore.
Avrebbe dovuto poi prenderla e usare Photoshop per sistemarla.
Magari anche farsi dare il nome di quell’incompetente e farlo licenziare.
I suoi pensieri macchinosi sono talmente densi che quando va a sbattere contro Inghilterra è troppo tardi. Sente rumore di un grosso raccoglitore cadere per terra, mentre gli duole il naso che ha sbattuto contro l’altra nazione.
« Ma che hai nel cervello? » gli chiede questi, chinandosi a sollevare il raccoglitore caduto mentre lui si massaggiava il naso. « Non guardi nemmeno dove vai! »
Per Francia è strano vederlo ora, molto diverso da come lo aveva visto a colazione. Sembra molto più irascibile, e probabilmente molto propenso a scoppiare se gli si dava la giusta via di fuga.
« Sei tu che ti sei fermato di colpo! »
Avevano già dato il via alle ostilità.
Francia si tocca ancora il naso dolente, ben deciso a non farla passare.
« Senti, non ho tempo da perdere con te. » ringhia Inghilterra a denti stretti. « Vai a prenderti del ghiaccio e non disturbarmi. »
Francia apre la bocca indignato per rispondergli, ma Inghilterra è già sparito oltre la porta che portava alla sala delle riunioni. Quella isola impudente, dopo tutto quello che aveva fatto per lui. Doveva fargliela pagare in qualche modo. Con calma pensa a cosa può fargli, ma ogni idea che gli viene in mente ha un sapore datato, già fatto. Deve inventarsi qualcosa di nuovo. La sua mente non gli propone nuove idee.
Si siede sulla postazione che gli è assegnata, e si massaggia la tempia con teatralità. Davanti a lui c’è il programma della giornata delle varie discussioni. Con vago disinteresse Francia passa il dito sulla scaletta, e arriva al punto che gli interessava.
Inghilterra era programmato per parlare dopo il pranzo.
Gli viene da ridere, e lo guarda con la coda dell’occhio. Gli pare di vedere una copia di Germania, un altro che aveva il naso fisso tra le carte che portava e non si accorgeva troppo di ciò che lo circondava.
Lo guarda studiare il foglio tra le mani.
Gli viene da chiedersi perché ha deciso proprio adesso di toccare un argomento così insignificante come un referendum e ridicolo come l’uscita dall’unione. Inghilterra ovviamente non darà mai risposte dirette a lui, e probabilmente nemmeno a Germania vista l’ansia che la nazione tedesca sembrava provare proprio nei confronti della sua presentazione.
Forse si sarebbero annullati a vicenda e lui non avrebbe dovuto fare niente.
Inghilterra si acciglia, catturando la sua attenzione, ma Paesi Bassi prende parola, distogliendo temporaneamente la sua attenzione. A Francia giungono solo parole noiose su come si svolgerà l’incontro, e una vaga presentazione degli argomenti che verranno trattati.
« E a seguire Inghilterra parlerà del referendum che si svolgerà a fine mese. »
Le parole di Paesi Bassi, in qualche modo, rendono la situazione reale.
Francia realizza in quel momento che Inghilterra stava realmente per parlare di come voleva proporre l’idea di andarsene. Si sente pervaso da una sottile sensazione di orrore. Lo ha sentito dire parecchie volte in quelle ore, ma solo adesso avvertiva un peso all’altezza dello stomaco come se si stesse preparando a ingoiare un boccone amaro.
Il proprio sguardo torna a Inghilterra, che non ha alzato il suo. Continua a leggere le sue carte, ma ora sembra più forzarsi a non alzare la testa, forse perché non vuole guardare nessun altro. Francia ne osserva il viso, contorto in una sottile smorfia. Non sa cosa stia pensando, ma poco importa. Continua a osservare le sue espressioni, senza perdersi nemmeno una. C’era tensione sul suo viso, una nuova, diversa da quella che era abituato a osservare. Non era quindi causata da lui.
Francia non apprezzava molto essere messo in secondo piano, anche se nel caso di Inghilterra si trattava di essere secondo ad emozioni più negative che felici. Era riuscito a essere un problema maggiore per lui che i suoi stessi fratelli, in fondo, e non accettava certo di essere considerato un agente superfluo al suo malumore.
C’era qualcosa di più profondo che gravava sulla mente di Inghilterra, e non era nemmeno certo che fosse il pensiero del suo intervento. Appariva quasi come se qualcosa, in lui, era dilaniato a metà. Una sensazione che Francia aveva vissuto, ma che considerava stana nei tempi in cui viveva.
Le sue osservazioni non vanno lontano, ed è colto di sorpresa quando viene annunciata la pausa pranzo. Si sente colto quasi in fallo, perché non è giunto ad alcuna conclusione. Aveva il pranzo per pensare alle peggiori domande con cui interrompere Inghilterra e tornare in cima alla lista delle sue preoccupazioni.
La sua postazione per mangiare, questa volta, è assegnata insieme a Repubblica Ceca, Spagna e Polonia. La parte peggiore era che Inghilterra era seduto accanto al suo tavolo, dandogli le spalle. Chiunque avesse arrangiato i posti da sedere aveva un terribile senso dell’umorismo, oppure lo aveva fatto apposta. Sembrava che quell’hotel puntasse a irritarlo intenzionalmente.
« E quindi ho chiesto una proroga. » sente non appena si mette a origliare. Portogallo non aveva esitato ad attaccare bottone alla prima occasione. L’alternativa era parlare con Germania o Danimarca, in fondo, e doveva ammettere che anche lui si sarebbe rivolto a Inghilterra in mancanza di partner di conversazione.
« Posso immaginare. » è la risposta cordiale di Inghilterra. La freddezza nella sua voce è strana persino per Francia. Portogallo era forse l’unico alleato che non gli aveva mai voltato le spalle, in fondo, e Inghilterra non aveva mai rifiutato alcuna interazione da quando erano sotto il suo sguardo.
C’era qualcosa che non andava. Inghilterra era strano.
La sua tavolata è invece monopolizzata da Polonia, preso a discutere con Ceca riguardo a un argomento che non aveva ascoltato in alcun modo. Lo distraevano dalla sua missione.
« Se continui così ti torcerai il collo. » gli dice allora Spagna con un sorriso, e Francia si rende conto che l’antico amico ha potuto guardarlo origliare per tutto quel tempo. Dovrebbe sentirsi in imbarazzo, ma ormai è troppo tardi per fingere anche quello. In fondo Spagna non aveva la fama di essere particolarmente sentenzioso, e Francia poteva permettersi di rendersi almeno un po’ ridicolo finché Polonia o Repubblica Ceca non si accorgevano di lui.
« Dico davvero Francia, ti farai male. » dice quindi Spagna, prendendo una forchettata dal suo piatto e mettendosela in bocca. Il suo lungo masticare gli da il giusto tempo per pensare a una risposta.
Non comprende perché proprio ora Spagna stava cercando di infilarsi nei suoi affari. Decide che non vale la pena dargli troppa retta, e torna alla sua missione di spionaggio. Hanno smesso di parlare tra loro. Francia prova un picco di irritazione, ma Portogallo per sua fortuna riprende a parlare.
« Inoltre sono curioso di come andrà il tuo referendum. »
L’irritazione sale nel corpo di Francia. Come facesse a non capire che l’argomento fosse da evitare, o almeno da approcciare con cautela, era un mistero. Sente Inghilterra sospirare.
« Non c’è niente di particolarmente interessante. » lo sente dire, con una nota stanca nella voce. « Andrà come vogliono che vada. »
Rassegnazione, ecco cos’era. Nemmeno Inghilterra era sicuro di come sarebbe stato il risultato. Francia si sente gelare il sangue. Una nazione, di solito, lo sentiva. Lo sapeva. Se Inghilterra ne parlava in quel modo significava soltanto che non aveva certezze. Questo voleva dire che forse poteva anche vincere quello che nessuno si aspettava. Non era un buon segno, almeno per Francia.
« Tanto a nessuno importa. » le parole gli escono con un volume troppo alto. Ovviamente coglie subito l’attenzione di chi desiderava, tanto che il dialogo tra Inghilterra e Portogallo si interrompe. Si sente scrutato anche se non li guarda.
C’è silenzio per tutta la sala. Forse lo hanno sentito tutti, e il problema doveva ingigantirsi fino a scoppiare. Inghilterra, però, sospira come se non volesse cogliere la sua ovvia provocazione.
« Ti dicevo- »
« Insomma, una cosa come quella non è di particolare importanza. »
Si sta scavando la fossa da solo ma non riesce a tenere a freno la lingua. Questa volta si gira, trovando come lui e Inghilterra fossero a pochi centimetri di distanza. Anche l’altra nazione si gira, molto più irritata di quando cercasse di trattenere.
« Francia, nessuno ti ha chiesto un’opinione. » interviene Portogallo, ugualmente scocciato, ma Francia mantiene il contatto visivo con il suo antico rivale. Non vuole dargli soddisfazione, non vuole che esprima la sua incertezza sul risultato che lo attendeva.
« Non vedo perché una cosa simile dovrebbe importarti. » sibila quindi Inghilterra.
« Mi importa. Sarò il primo a stendere il tappeto rosso per la tua uscita. »
Vuole essere cattivo. Non deve, ma vuole.
Non comprende come Inghilterra possa pensare di volersene andare, di prendere consapevolmente la decisione di abbandonare l’Unione, e lui, in quel modo così sgraziato.
Francia non voleva, ma non sapeva quali parole usare se non quelle maligne. Inghilterra infatti rimane in silenzio.
« Per fortuna non dipende da te. » commenta con acidità, incrociando le braccia. Ora la maggior parte del suo corpo era girato nella sua direzione.
« Vi prego, non mi sembra questo il momento di discutere- »
« Dipendesse da me non saresti nemmeno entrato. » Francia interrompe le parole di Germania sputando veleno. Non era un mistero che si fosse opposto, più per abitudine che per reale opposizione. Aveva finto di fare un favore ad altre nazioni, ma vedere Inghilterra di nuovo dalla stessa parte lo aveva reso terribilmente felice, talmente tanto che si era ubriacato per dimenticarlo.
Inghilterra non gli risponde. Il labbro inferiore gli trema, e le sopracciglia si aggrottano, ma non sembra avere parole da dire. Invece si alza da tavola, dicendo che non ha più appetito, e lascia la sala.
Come al solito ha esagerato, e quello era il risultato che lo attendeva. Francia torna a guardare il suo piatto, ignorando le voci che tornano a popolare la sala, probabilmente commentando il loro scambio.
« Certo che potevi tenerti simili frasi per te. » commenta Polonia. « Non hai fatto una gran bella figura. »
Francia vorrebbe dirgli di tacere, ma ha realmente poco interesse a farlo. Ogni passo che faceva verso Inghilterra lo riportava due indietro di reazione. Non riusciva a smettere di comportarsi in quel modo.
« Ho finito anch’io. » dichiara alla sua tavolata, e si alza.
Non intende cercare Inghilterra. Sarà troppo arrabbiato per quello che gli ha detto e l’unica cosa che rimedierebbe sarebbe solo un ulteriore danno al suo naso.
Non aveva alcun senso parlargli ora.
Con calma Francia si dirige verso il bagno, nel tentativo di sistemarsi e apparire presentabile.
Il riflesso ora gli restituisce un’immagine più stanca, quasi rassegnata. Non aveva idea del perché si era comportato in quel modo. L’idea che Inghilterra volesse andarsene non gli era passata per la mente nemmeno per un momento. Non aveva alcun reale motivo per andarsene, non se ne sarebbe andato per le sue parole. Francia sapeva che non bastavano delle parole di scorno per allontanarlo, dopo tutto quel tempo.
La sua mente torna a quando Inghilterra era un fagotto armato di frecce. Era ancora fragile, piccolo. Con lui non avrebbe mai parlato così, anche se si era divertito a prenderlo in giro. Si sente quasi in colpa verso quella versione di Inghilterra che non esisteva più se non nei suoi ricordi. Inghilterra, in fondo, non era più così.
Era solido, impossibile da abbattere, non in grado di piegarsi.
Francia, almeno ha sempre pensato che fosse così.
Inghilterra non considerava le sue parole così pesanti da agire a causa loro. Francia non voleva sentirsi responsabile di un eventuale abbandono. La consapevolezza gli fa stringere lo stomaco. Non voleva che Inghilterra se ne andasse. Eppure Inghilterra desiderava andarsene.
Doveva porsi la domanda, ma non aveva una risposta definitiva.
Francia prende un lungo respiro.
Se Inghilterra voleva andarsene non era certo a causa sua. Provava a giustificarsi, ma non pensava di avere un tale impatto per l’altra nazione nonostante la loro lunga storia insieme.
Si sente uno sciocco. Poteva usare parole diverse, poteva non parlargli in quel modo. Era inutile rimuginare. Aveva detto ciò che pensava, in fondo. I sentimenti di Inghilterra, anche se feriti, non erano tra le sue priorità.
Non doveva lasciarsi coinvolgere così tanto. Era un incontro come un altro.
Il senso di colpa, però, sembra volerlo divorare dall’interno. Francia si tocca il petto, come per tentare di calmare un qualcosa di cui non voleva riconoscere l’esistenza. Lui era una nazione potente, e di certo non era una sua responsabilità occuparsi di come gli altri lo percepivano.
Ha vissuto un millennio a non preoccuparsene, e non intendeva iniziare in quel momento.
Doveva rimanere sicuro delle proprie intenzioni, ed era certo che quella situazione con Inghilterra non sarebbe andata da nessuna parte. La sua certezza affondava le radici nella sua speranza, e si sentiva come pronto a lanciarsi in un burrone senza alcun paracadute.
Si stava preoccupando troppo.
Si sciacqua il viso, cercando di calmarsi. Non era da lui comportarsi in quel modo, e già sentiva la voce di Malta che commentava come la sua pressione fosse troppo alta.
Inghilterra non sarebbe andato da nessuna parte, e anche se fosse, sarebbe tornato indietro prima ancora che si fossero accorti della sua assenza.

Nonostante i suoi accorgimenti era arrivato in ritardo alla ripresa dell’incontro dopo la pausa.
C’era silenzio in sala, e Portogallo stava parlando. Francia cerca di reprimere un picco di irritazione, e si sistema al suo posto, facendo finta di essersi sempre trovato lì e di non essere in ritardo.
Inghilterra sarebbe stato il prossimo a parlare.
Non vedeva l’ora di smontare le sue argomentazioni pezzo dopo pezzo. Lo prendeva come un esercizio creativo. Lo guarda di nuovo. Inghilterra non controlla più i suoi fogli ma sembra stare a braccia incrociate a fissare la presentazione in atto. Sembra essere quasi più sicuro di sé, e questo lo turba in un modo nuovo. Sembrava quasi che avesse rinunciato a qualcosa.
Non doveva lasciarsi prendere dai pensieri negativi. Francia aveva vissuto cose peggiori, e di certo qualsiasi cosa Inghilterra avesse proposto sarebbe risultata in un disastro.
« Bene, con questo posso dire la mia presentazione conclusa. »
Francia vorrebbe fargli il verso, ma pensa ancora di avere abbastanza dignità in corpo. Portogallo spegne lo schermo con qualche tentativo e raccoglie la sua documentazione, probabilmente preparata all’ultimo, andando a sedersi.
Le poche nazioni realmente interessate finiscono di prendere i loro appunti. Il foglio davanti a lui è tristemente vuoto. Si appunta mentalmente di spiare da Germania il materiale da ricopiare, davvero non poteva sopportare l’ennesima predica nei suoi confronti su come mancasse di portare indietro anche un semplice resoconto.
« Bene. » dice allora Paesi Bassi, alzandosi in piedi. « Ora è il turno di Inghilterra. Intende parlare dell’imminente referendum sul rimanere o meno nell’Unione Europea. »
Nessuno finge stupore, e Inghilterra si alza in piedi, raccogliendo il suo materiale. Appare quasi una nazione seria che non si ubriacava per ogni vittoria internazionale. Francia lo osserva camminare a grandi passi verso il piccolo podio adibito al punto delle presentazioni, e controllare di avere tutto quello di cui aveva bisogno.
Rispetto a quella mattina sembrava determinato, più sicuro di sé nonostante le sue parole. Francia si sente quasi offeso pensando che tutto quello che gli aveva detto non aveva funzionato.
Lo osserva schiarirsi la voce, e poi cercare il telecomando per accendere lo schermo per una presentazione. Germania aveva insistito che i loro interventi diventassero più tecnologici, anche se Francia più di una volta aveva combinato un mezzo disastro. L’unica consolazione era che non fosse stato l’unico a subire la digitalizzazione proposta, e non era la sua la peggiore figuraccia sul tema.
Inghilterra invece sembra sicuro di quello che sta facendo.
Ci impiega un po’ a caricare la presentazione, ma Francia lo vede prendere un lungo respiro, e lo schermo illuminarsi con la prima pagina.
Stava andando in scena.
Un brivido corre lungo la sua schiena anche se Francia cerca di ignorarlo. Inghilterra lo guarda per primo, come se volesse sfidarlo. Sembra essere tornato la nazione agguerrita, e forse lui lo aveva provocato ad esserlo.
Poco importava, Francia voleva sentire qualsiasi stupida idea avesse e distruggerla non appena venisse posta sul tavolo. Era diventata una questione d’orgoglio.
« Come avevo già anticipato, il 23 giugno si terrà il referendum sul rimanere o meno in Unione Europea. »
La voce di Inghilterra è decisa. Non lascia spazio a indecisioni, e non sembra nemmeno bisognoso di guardare il testo che si è preparato. Sembrava davvero sicuro di cosa stesse dicendo.
Un po’ gli ricorda quando si era dichiarato un impero. Un tempo lontano, carico di nostalgia. Forse aveva ragione, forse Inghilterra voleva solo rivivere qualche antica gloria, ignorando come una simile trovata potesse rovinarlo. In fondo alcune nazioni erano cadute con molto meno.
No, si sbagliava. Non sarebbe bastato un simile scossone per ridurre il grande impero che Inghilterra era stato, di questo Francia era convinto. Non capiva perché bramasse così tanto andarsene. Il suo essere un’isola non era una spiegazione sufficiente. In fondo l’unione, a parte lui, non lo aveva maltrattato in alcun modo. Inghilterra doveva essere grato di vivere in una simile accoglienza.
Ma non voleva.
Per Francia è una realizzazione terribile da fare.
Inghilterra non voleva rimanere in unione, non voleva rimanere insieme a loro. Insieme a lui.
Un tempo Francia avrebbe fatto lo sdegnoso. Si sentiva indignato anche in quel momento, mentre Inghilterra presentava un grafico sui prognostici dei risultati del referendum. Lo odia, ma allo stesso tempo non vuole essere odiato da lui. La sensazione è orribile.
Lo osserva parlare di andarsene con naturalezza, come se fosse una cosa spontanea, come se desiderasse davvero andarsene e un nodo gli si forma spontaneamente in gola. Non poteva lasciarlo andare. Ma non poteva nemmeno trattenerlo. Inghilterra non aveva alcuna ragione per rimanere, e Francia non si sarebbe mai abbassato a implorare.
Non c’erano state troppe parole dolci, tra di loro, e non avrebbe iniziato in quel momento.
« Per questo, è stato considerato favorevole… » le parole di Inghilterra si accumulano nella sua mente, e Francia non comprende come tutti possano ascoltarlo senza opporsi. Qualcuno doveva dire qualcosa, ma lui era troppo vigliacco per esporsi in quella maniera. Non era compito suo.
Francia osserva Germania.
Sta di nuovo prendendo appunti, invece di sollevare obiezioni che avrebbero fatto cambiare idea a Inghilterra. Anche gli altri membri dell’unione avevano la bocca sigillata, e nessuno sembrava davvero interessato a dire qualcosa.
Si sente le spalle pesanti, come se di colpo la responsabilità fosse tutta sulle sue spalle. Francia non sapeva come scrollarsela di dosso.
« In conclusione, le opinioni sono polarizzanti e non c’è ancora una vera certezza sui risultati. » Inghilterra fa una pausa. « Verranno riferiti all’unione non appena verranno convalidati i voti. »
Inghilterra parla con una voce dura, quasi monotona.
Sembra quasi che non lo riguardi la situazione, ma ci ha messo troppa cura nel preparare tutto quel teatrino nel quale si era esibito.
« Se non ci sono domande, ho terminato. »
C’è silenzio, ma finalmente Germania prende fiato.
« Ovviamente, in caso di un esito positivo- »
« Quale sarebbe un esito positivo? » lo interrompe allora Inghilterra. Germania appare confuso.
Francia lo guarda aprire e chiudere la bocca, come un pesce brutalmente estratto dal laghetto in cui nuotava ignaro di tutto.
« Ovviamente mi riferisco al fatto che rimani. »
Inghilterra non sembra prendere bene la sua affermazione.
« E chi mi dice che rimanere sarebbe la scelta migliore per me? »
La sua risposta è per Germania, ma lo sta guardando. Francia si sente preso in causa, e si sente piccolo. Non ha pensato a cosa dire a sua volta, ma è sempre stato molto bravo a improvvisare.
« Insomma, quale altra organizzazione ti accoglierebbe a braccia aperte? » gli dice Francia. « Non sei più l’impero imponente di un tempo. »
Forse lo sta pungendo dove lo fa più male. Forse a Inghilterra non importa davvero rimanere.
Francia non riesce a pensare a come possa sentirsi. Si sente preso in causa, e ovviamente si sente spinto a lottare come ha sempre fatto.
« Sono comunque una maggiore potenza economica, molto più di te. » era parzialmente vero. Inghilterra era più forte, ma Francia gli veniva subito dietro. « Inoltre la mia moneta è ancora forte. »
Sono obiezioni legittime. Sono obiezioni sterili. Francia non vuole sentirle.
« Sappiamo benissimo che non basta quello, altrimenti Stati Uniti ti avrebbe già ficcato la lingua in gola. » le sue parole portano il disagio a dipingersi sul viso di Inghilterra. Non si è mai accorto delle aspirazioni di quello che aveva cresciuto come un figlio, oppure aveva sempre preferito ignorarlo. Francia non lo sapeva, ma non era cieco.
« Francia, non è appropriato- »
« E poi anche se te ne andassi, per noi non cambierebbe niente. »
Una mezza verità. L’economia inglese non era fondamentale, per loro. Un suo abbandono non avrebbe sconvolto loro quanto avrebbe più destabilizzato l’isola con i suoi fratelli.
Ma a Francia sarebbe mancato discutere con lui per ogni sciocchezza. Non avrebbero più fatto colazione insieme, o lasciato scarabocchi sopra i reciproci fogli. Inghilterra avrebbe smesso di lanciargli pezzetti di carta nei capelli, e Francia avrebbe smesso di offrirgli bicchieri di whiskey fingendo che fossero da parte di un ammiratore che Inghilterra cercava di capire chi fosse ma beveva sempre con un mezzo sorriso.
Francia non voleva rinunciare a quello, ma era incapace di esprimerlo.
« Se questa è l’opinione generale- »
« No, è solo Francia- » cerca di intervenire Germania, ma è troppo tardi.
« -il risultato del mio referendum non dovrà sorprendervi. »
La voce di Inghilterra è pesante, affaticata. Non gli era mai apparso così sconfitto se non nei peggiori bombardamenti di Londra, colpito al cuore. Francia lo guarda raccogliere i suoi fogli, e spegnere lo schermo con la presentazione.
Ha esagerato, come suo solito. Non era riuscito a tenere la lingua a freno, e quelle erano le conseguenze. Aveva la sensazione di non poter rimediare, ma allo stesso tempo non aveva alcuna reale influenza su qualsiasi decisione Inghilterra intendesse prendere. Francia si era vantato un tempo, di poterlo prevedere, ma ora quello che lo aspettava era un salto nel buio.
Certo Inghilterra dopo tutto quello che era successo non aveva alcuna ragione di rimanere.
Inghilterra, anche se seduto, continua a mantenere il contatto visivo. Ha un’espressione scocciata, e nessuno fa caso a Lussemburgo che lo aveva succeduto nella sua presentazione. Qualsiasi cosa stesse succedendo, Francia non intendeva lasciargliela vinta in alcun modo.
Il resto della riunione passa oltre le sue orecchie, e la sua mente non riesce a concentrarsi su nient’altro che su ogni singola parola che Inghilterra aveva detto. Non comprendeva come Inghilterra potesse anche solo pensare di andarsene.
Non era certo l’anima della festa, ma non poteva andare via.
Non doveva andare via.
La vera domanda da chiedersi era che cosa volesse Inghilterra. Non aveva mai realmente commentato sul desiderio di andarsene, ma non respingeva nemmeno l’idea dato che l’aveva presentata come se parlasse di un qualsiasi altro argomento. Era la sua indifferenza a colpirlo, e non in positivo.
A volte Francia pensava che Inghilterra, senza di lui, non poteva esistere. Erano stati nemici, certo, ma allo stesso tempo per tutti quei secoli non erano riusciti a fare a meno dell’altro. In fondo durante il Terrore i suoi nobili erano fuggiti tutti da lui, in cerca di un porto sicuro mentre lui veniva dilaniato – e decapitato, diverse volte – dal conflitto sul suo territorio. Era sempre stato lui a fuggire da Inghilterra, quando Germania lo aveva irrimediabilmente colpito dopo aver calpestato le nazioni che stavano tra loro.
Era più difficile pensare a quando Inghilterra aveva bisogno di lui. Si trattava per lo più di tentativi di prendersi il suo trono.
Francia si chiede cosa sia realmente rimasto di quel bambino che doveva convincere a scendere dagli alberi, e se fosse l’unico a ricordarlo. Inghilterra era un adulto, e lui forse si rifiutava di riconoscerlo. La guerra, in fondo, era sempre un mezzo per stare vicini per le nazioni. Forse per tutto quel tempo Francia si sentiva legato a Inghilterra, ma era l’unico a sentire quel laccio.
Si stava commiserando, e non doveva. Era una grande nazione, e di certo nessuno avrebbe dovuto saperlo struggersi per scenari ipotetici. Era il primo a spingere via Inghilterra ma poi struggersi perché questo non lo voleva accanto a sé. Inghilterra doveva capirlo, solo non voleva farlo.
Realizzarlo, per Francia, non è piacevole.
Si era spesso vantato di essere una figura di rilievo e influente su quell’isola, ma ora che era arrivato il momento Inghilterra gli stava dimostrando come non intendesse ricambiarlo in alcun modo. In fondo, pensa Francia, loro due non si dovevano niente.
« Mi riferisco alle spese sostenute nel primo trimestre… » la voce di Lussemburgo ora gli arriva lontana, ma avvicina soltanto il suo malumore. Vorrebbe strillare, attaccare briga con Inghilterra, fargli rimangiare ogni singola parola che ha detto prima, ma non può. Fissa con distrazione il foglio che gli era stato depositato davanti, ma non lo vede realmente. Non ha alcuna voglia di concentrarsi su cose che non gli importavano.
Francia sente quasi una forma di debito pesare sulle sue spalle.
Inghilterra si lamentava, urlava, minacciava, ma alla fine non gli aveva mai chiesto il conto di ciò che aveva ricevuto a suo tempo. Francia era stato terribile, violento, infame, e Inghilterra gli aveva sempre risposto a tono.
Era sempre stato così, e non doveva cambiare.
Inghilterra doveva capire.
Doveva parlargli.
Francia osserva Lussemburgo parlare. C’è ancora una discreta fila di nazioni che attendono il loro turno. Il pomeriggio si preannunciava infinito, e lui doveva fare una cosa troppo importante. Sente il nervosismo persino nelle punte delle dita.
Inghilterra non doveva andarsene, e anche se Francia sapeva che non poteva davvero fare qualcosa a riguardo, doveva almeno parlargli.
Doveva almeno scusarsi. Forse era un pensiero drammatico, e a Francia piaceva percepirsi come tale. Si sentiva sciocco, ma allo stesso tempo si sentiva più leggero. Non voleva essere la ragione per la quale Inghilterra proponesse di andarsene. Se voleva andarsene, Francia non voleva essere la spiegazione.
Non sarebbe cambiato niente.
Probabilmente non sarebbe stato capace di mettere in atto nessuna delle sue fantasie. Molto più probabilmente avrebbero litigato in maniera più grave, e la situazione invece che essere risolta sarebbe solo peggiorata.
Francia adorava quelle fantasie, ma si trovava a pensare che la realtà alla fine era molto meglio.
Sarebbe stato bello fingere di vivere in pace con Sacro Romano Impero, in fondo, ma non era mai avvenuto. Pensava raramente a lui, e forse era rimasto uno dei pochi che lo faceva. Era triste fare la sua stessa fine, e certamente Francia si sarebbe impegnato per essere impresso nella roccia anche nei millenni che avrebbero seguito.
Sarebbe stato così con Inghilterra.
Stava facendo di tutto per lasciare una sua impronta in quel mondo.
Forse la Brexit era soltanto un altro metodo per emergere da quell’oceano di mediocrità e cooperazione. In fondo Inghilterra non aveva mai imparato ad esprimersi normalmente. Quando lo aveva incontrato non parlava nemmeno, emettendo parole tutte sconnesse tra loro.
Non glielo avrebbe mai ammesso, di questo Francia era sicuro.
Quella isola testarda sarebbe esplosa piuttosto che comunicare in maniera dignitosa. A volte voleva sapere da chi avesse preso un simile atteggiamento. Non importava.
Davanti a lui altre nazioni si susseguono sul podio, ma Francia non sente nessuno di loro. La sua mente è orientata su ciò che lo aspetta dopo.
Non sa davvero cosa lo attenda. Poteva succedere di tutto, per quanto ne poteva sapere, ma voleva togliersi almeno un velo di senso di colpa. Doveva parlare a Inghilterra, che non lo guardava più neanche di sfuggita. Stava seduto a braccia incrociate, e non faceva nessun intervento. Era insolito in quanto aveva sempre da ridire.
C’era davvero qualcosa nella sua mente. Francia voleva sapere cosa anche se non glielo avrebbe mai detto. Voleva comunque tentare di capire la sua mente, anche solo per un frammento, nella speranza che Inghilterra gli permettesse di avvistare anche solo quello spicchio.
Francia non aveva un piano, ma sapeva che doveva agire in qualche modo.

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Capitolo 3
*** estranei condividono un viaggio ***



Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: seduti in un'automobile
Chiesa di chi è già in ritardo sulla tabella di marcia: forse, finalmente, sono in pari. Devo dire che nonostante in questo capitolo non succeda niente, allo stesso tempo succede di tutto.






La fine del meeting è accolta con una generale freddezza.
Francia osserva le prime nazioni alzarsi, ma aspetta il momento giusto per fare lo stesso. Inghilterra è ancora seduto, e sembra non preoccuparsi di nient’altro. Ha ancora un’aria tesa, ed emana un atteggiamento di scontrosità. Non sembra voler rimanere a lungo, quindi Francia sa bene come il suo tempo per parlargli è limitato.
Non sa proprio come avvicinarsi, dopo averlo spinto così malamente via, e non ha molto tempo per pensarci. Ha trascorso l’ora precedente a dipingersi più come un eroe tragico che a pensare a un qualcosa di realmente concreto.
Decide comunque di alzarsi in piedi, e sistemarsi. Messo in quella situazione l’unica cosa che poteva fare era improvvisare.
Si sente guardato, e si rende conto che chi più o meno evidentemente lo stava osservando. Non lo faceva sentire tranquillo, sembrava quasi che tutti si aspettassero che facesse qualcosa. Francia non aveva idea di cosa.
La sua mente gli proponeva idee, ma erano tutte ridicole e venivano molto spesso da romanzi. Era abbastanza certo che non avrebbe funzionato. Non doveva agitarsi, tutto era sotto controllo. Tranne Inghilterra, che si stava alzando in quel momento. Francia sente un nodo in gola nel guardarlo, e prova a muoversi. Si sente paralizzato. Tutto il coraggio e la spavalderia che aveva dimostrato ora sembravano svanite come neve al sole.
Inghilterra non sembra volerlo aspettare, e in pochi battiti di ciglia è sparito dalla sua vista. Francia vorrebbe indignarsi, ma prende a guardarsi intorno almeno per avere un indizio di dove fosse andato.
Doveva intercettarlo prima che sparisse per andarsene all’aeroporto. Sarebbe stato un ambiente ideale per scene di alto spessore, ma Francia avrebbe poi dovuto perdere il treno che lo avrebbe riportato a casa e non gli andava di sentire ulteriori prediche su prenotazioni da modificare all’ultimo minuto.
« Francia. » lo richiama quindi Germania. Ha un’espressione stanca, forse appare quello più provato dalla situazione. Se Inghilterra se ne andava non aveva idea di quante scartoffie sarebbero cadute sulla testa della nazione teutonica .
Germania intanto gli porge un plico di fogli.
« Si tratta del resoconto del convegno. » gli dice, quando Francia lo scruta con confusione. Lavorava insieme con un santo, poco ma sicuro. « Spero che la prossima volta prenderai i tuoi appunti. »
Sembrava davvero un capoclasse indispettito, e la cosa fa ridere Francia.
« Non prometto niente. »
Germania sospira, ma non gli dice niente. Si congedano in fretta, e Francia scambia solo qualche rapido saluto prima di spostarsi verso l’uscita secondaria dell’hotel dove attendevano diversi taxi. Inghilterra stava parlando con uno di loro, che gli rispondeva con troppo entusiasmo.
Inghilterra, a differenza sua, aveva raramente trattato con sdegno la gente che offriva servizi. Ma in fondo Francia era tale anche perché si comportava in quel modo, e Inghilterra per quanto avesse esportato il classismo di rango se lo era fatto passare in fretta come un banale raffreddore.
« Inghilterra. » lo chiama, e l’altra nazione quasi salta sul posto. Non sembra nemmeno volerlo vedere, il che peggiora la sua irritazione.
« Che vuoi? » le sue parole sono subito sulla difensiva. Francia sa che ha causato il suo stesso male, ma non vuole accettarlo comunque. « Devo sbrigarmi ad andare in stazione, il mio treno parte tra un’ora. »
« Treno? » la nuova informazione lo coglie di sorpresa.
Inghilterra non era solito viaggiare in quel modo, ma l’occasione era troppo conveniente e ghiotta per lasciarsela andare.
« Sì, Francia. Treno. Quello che viaggia sulle rotaie. » sta facendo sarcasmo. Un po’ lo fa sentire rincuorato che nonostante tutto Inghilterra lo tratta ancora male, significa che non è ancora così arrabbiato da non rivolgergli la parola.
« Anche io devo prendere il treno. » la sua lingua è più veloce della sua mente. Sa che ha un’occasione d’oro che non deve farsi sfuggire.
« E quindi? » gli chiede Inghilterra, alzando un sopracciglio.
« Pensavo che potevamo prendere insieme lo stesso taxi. »
« Prenditene uno per te! » esclama allora l’altro, apparendo scocciato. « Io non intendo condividerlo. »
Ovviamente si comportava così. Inghilterra su certi argomenti non si smentiva in alcun modo, e stava a Francia trovare la perfetta breccia con cui farlo cedere.
« Suvvia, Angleterre, tutti questi taxi vanno verso l’aeroporto. Il tuo è l’unico che va in stazione. »
Stava mentendo tra i denti, ovviamente. Sapeva benissimo come c’erano altre nazioni che avevano scelto la sua stessa opzione, ma era ancora troppo presto perché fossero lì a palesare la loro direzione. Inghilterra non sembra molto convinto, anzi, sembra aver persino compreso che gli sta mentendo.
Francia sapeva che doveva mettere in atto tutto il proprio carisma. « E poi- »
« Va bene. Puoi prendere questo taxi. Io aspetto il prossimo. » Francia si scopre a impallidire. Non stava andando come voleva, e non gli stava piacendo la situazione in cui si era cacciato.
« No! » esclama, forse con troppa emozione. « No, va bene se lo prendiamo entrambi. »
Inghilterra non gli appare convinto, e Francia ha la sensazione che è l’unica occasione che ha per rimanere insieme da soli e parlare senza interruzioni. « Dico che se ne prendi un altro arrivi in ritardo. »
Inghilterra lo fissa confuso, ma lo guarda ragionare. Sa che ha ragione, il traffico dopo una certa ora era ingestibile in ogni capitale. Francia comprende che bastava una piccola spinta per farlo cedere del tutto.
« E poi possiamo dividere il costo. » sapeva che era un’esca sciocca, ma stranamente su Inghilterra poteva funzionare. Era in effetti tutto quello che serviva. Passano momenti interminabili per Francia, che rimane in attesa di un riscontro da parte dell’altra nazione.
Inghilterra sospira, apparendo sconfitto.
« Va bene. » Francia si sente finalmente in grado di respirare. « Ma io mi siedo davanti. »
Francia non riesce a obiettare, ma per la prima volta è il giovane tassista che interviene, a suo favore questa volta.
« Perdonatemi, ma c’è posto solo nel sedile posteriore. »
Chiunque fosse quella persona era un angelo venuto dal cielo.
Inghilterra sembra senza parole.
« Bene! » esclama invece lui, andando subito a sedersi. Non intende lasciarsi sfuggire una simile occasione. Vede Inghilterra dal finestrino temporeggiare, ma cedere e aprire la portiera. Si siede accanto a lui, ma non lo guarda nemmeno di sfuggita. La cosa non preoccupa Francia più di tanto, era già un traguardo sufficiente averlo convinto a fare la stessa strada nello stesso veicolo.
Si sente a suo modo molto emozionato.
« Che non diventi un’abitudine. » ringhia Inghilterra nella sua direzione.
« Non sono io quello che di solito prende un aereo per tornare a casa. »
Inghilterra sembra colpito nel vivo.
La sua bocca si torce in una smorfia, e non sembra avere altro da dire.
Il taxi si mette in moto, e per un po’ non si dicono niente.
« Perché hai preso il treno, stavolta? » gli chiede, cercando di attirare la sua attenzione. Inghilterra per un po’ rimane in silenzio.
« Non ti riguarda. »
Il suo modo di porsi è ovviamente sgarbato, incivile. Francia non se ne sorprende mentre Inghilterra continua ad evitare il suo sguardo. Sa che è normale, per Inghilterra, che poche persone gli avevano mai chiesto il perché delle sue decisioni. Era strano che usasse il treno. Francia lo aveva visto prendere la metro, al massimo, quando gli incontri si svolgevano a Londra. Vorrebbe tanto capire cosa gli passa per la testa.
« Pensi davvero di andartene? »
« Ne devi parlare proprio adesso, Francia? »
La sua aggressività sembrava destinata a non abbassarsi. Francia si sente messo all’angolo in quel piccolo abitacolo. Lui e Inghilterra sono vicino, ma in realtà sono lontani.
« Sì, perché poi tu tornerai su quella isola che chiami nazione e non ti farai sentire finché- »
« Finché? »
Francia si morde un labbro. « Finché non usciranno i risultati. »
Non comprende perché lui e Inghilterra non potessero capirsi meglio. Le risposte erano molteplici, ma Francia voleva ignorarle. In quel momento Inghilterra doveva capirlo. Lo vede aprire la bocca diverse volte.
« E anche se fosse, a te cosa cambia? »
Francia apre la bocca a sua volta. La sua domanda è giusta, ma dare una risposta ad alta voce avrebbe contribuito a rendere tutto reale e Francia ne aveva timore. Certe verità era convinto che se ne sarebbe portato dentro fino alla fine. Inghilterra non poteva sapere certe cose, e Francia non era così coraggioso da dire davvero tutto quello che pensava.
« Perché tutti sono convinti che io ne sappia qualcosa. » fa una pausa. « Ma in realtà, non so niente. »
Non stava mentendo. Quella decisione, tanto decantata, lo aveva colto di sorpresa anche più degli altri. Inghilterra fa un’espressione strana, ma sembra che la sua aggressività cali di colpo.
« Non è un qualcosa che puoi capire. » gli risponde, criptico. Francia torna a guardarlo, stavolta con più calma. Vede una nazione stanca. Non sembrava più così combattivo, anche se Francia non comprendeva cosa fosse cambiato.
« Certo, perché tu sei un incompreso e l’unico indizio che dai è in questo modo »
« A te cosa importa di tutta questa storia? »
Francia non sa rispondergli. Apre la bocca un paio di volte, ma non escono reali parole. Non sa se esista una risposta che potrebbe soddisfare Inghilterra. Forse gli importa più di quanto voglia dare a vedere. Francia era sempre stato bravo a mentire anche a se stesso, se la situazione lo richiedeva.
« Lascia stare. » riprende Inghilterra. « Non mi aspetto che tu abbia una risposta sensata. »
Un po’ lo offende, ma Francia non desidera riprendere davvero il discorso. Ha bisogno di pensarci, di trovare una risposta che salvi la propria dignità. Inghilterra non poteva capirlo, ma l’altra nazione a volte viveva seguendo delle regole che nessun’altro si imponeva.
« Sai già come andrà a finire? »
Questa volta è il turno di Inghilterra di fare silenzio. Francia lo osserva aprire la bocca diverse volte, ma nessun suono uscire da essa. La cosa lo spaventa più di quanto vorrebbe. Se Inghilterra ammetteva di essere in dubbio, era sicuro che non ci fosse nessuna certezza e avrebbero dovuto attendere solo i risultati. Significava che la nazione era divisa, che Inghilterra non poteva rassicurarlo in alcun modo. Francia si sente tradito, in qualche senso. Inghilterra, a suo modo, era sempre stato una certezza. Che si trattasse di entrare in guerra o smettere di parlare a chiunque, erano decisioni prese con una convinzione e fiducia nelle proprie capacità.
« No. » è l’unica risposta che ottiene.
Una semplice parola spezza i castelli di vetro che Francia stava cercando di costruire.
Non gli piaceva la piega che stava prendendo la situazione. A quel punto preferiva non avergli mai chiesto niente di simile. Forse il dubbio sarebbe stato meglio, a confronto con la cruda realtà che gli si era presentata davanti.
Inghilterra non dice nient’altro, e anche Francia non ha molta iniziativa per altre conversazioni. Sono entrambi prigionieri dei loro pensieri, i quali non sarebbero mai stati condivisi con l’altro. Solo ora Francia si rende conto di come il tassista ha sentito tutta la loro conversazione. Chissà quale opinione si era fatto. Era sciocco chiederselo, gli esseri umani non potevano realmente capire i problemi di nazioni come loro.
Fuori dal finestrino la città scorre, ignorando le sue lunghe stringhe di pensieri. Era stato un errore prendere lo stesso taxi di Inghilterra. Se non lo avesse fatto, avrebbe dovuto attendere i risultati come tutti gli altri, nel dubbio di cosa sentisse veramente. Invece ora doveva fare i conti con quella realtà incerta e piuttosto crudele che non poteva più dimenticare.
Il taxi si ferma nel parcheggio davanti alla stazione.
« Pago io. » esordisce Inghilterra. Sembra voler riaccendere le ostilità, in un modo sciocco ma che ha un qualcosa di rassicurante.
« No, pago io. » risponde prontamente, sentendosi in modo sciocco pieno di entusiasmo. Entrambi hanno contanti in mano. Il tassista li osserva entrambi discutere, ma alla fine Francia riesce a spuntarla. Lui in fondo aveva solo gli euro, mentre Inghilterra un mix di monete locali, non abbastanza per pagare la metà della tratta del suo viaggio.
Con soddisfazione Francia allunga la banconota, ottenendo il resto e desideroso di sbatterlo in faccia a Inghilterra. Questi appare deluso, ma non dice niente. Apre invece la portiera ed esce, lasciandolo da solo.
Francia lo osserva allontanarsi dentro la stazione.
Non si erano capiti di nuovo.
Lui, cortesemente, saluta a sua volta il tassista e si sistema i capelli prima di uscire. Fuori fa caldo, anche a pomeriggio inoltrato il sole era ancora alto. Non riesce più a vedere Inghilterra. Aveva parlato di come dovesse prendere il treno con urgenza, in fondo, mentre lui aveva ancora una generosa ora per rilassarsi a qualche cafè sovrapprezzato della stazione.
Aveva sicuramente bisogno di qualcosa di dolce per riprendersi da tutta quella giornata.
In fondo a Parigi lo aspettava un appartamento disordinato, e i messaggi della sua segretaria. Tanto valeva passare del tempo e fingere che non avesse un lavoro.
Un po’ sperava di poter rivedere Inghilterra, ma questo probabilmente era già su un treno, lanciato a una velocità spropositata, allontanandosi il prima possibile da tutto quello.
Francia, alla fine, aveva ricevuto le risposte che voleva da lui. Non doveva angosciarsi troppo a lungo, si sentiva troppo stanco per portare una cosa simile. Aveva vissuto crisi peggiori, nella sua vita, e quella sarebbe stata una come un’altra. Non lo avrebbe nemmeno riguardato personalmente, oppure non sarebbe davvero successo niente.
Qualsiasi prognostico sarebbe stato inutile, a quel punto. Doveva solo aspettare, e la risposta sarebbe caduta dritta ai suoi piedi se attendeva.
Rimaneva da chiedersi cosa significasse tutto quello per Inghilterra, ma non aveva abbastanza coraggio da chiederglielo. Erano rivali, nemici, alleati. Francia non sapeva quanto davvero Inghilterra gli concedesse di conoscere, pur sapendo di lui molto più di quanto Francia gli aveva lasciato intendere.
« Chissà che altro intende combinare…» dice ad alta voce, sentendosi subito ridicolo per averlo fatto. Già vedeva le testate giornalistiche associare questo piccolo sfogo con un eventuale desiderio di limitare qualsiasi tipo di censura. Gli veniva da ridere, pensandoci.
Erano nazioni, loro. Qualsiasi cosa facessero veniva metto sotto osservazione e interpretato modellandolo sui tempi in cui vivevano. Una volta aveva starnutito e la corte era andata in panico temendo il ritorno della peste. Alla fine si era trattato di una banale influenza che aveva messo in ginocchio Parigi, ma per Francia la loro reazione era stata certamente esagerata. Ne aveva riso, quando finalmente era guarito da quel brutto malanno.
Chissà come avrebbero interpretato ai posteri quello che stava facendo Inghilterra. Francia era quasi curioso di conoscere l’interpretazione pittoresca che ne avrebbero ricavato. Immaginava già interi romanzi sull’argomento.
Si trattava solo di aspettare, come stava attendendo il suo treno. In fondo, tutto arrivava a suo tempo, e anche le conseguenze per Inghilterra non sarebbero tardate ad arrivare.

Sembrava che il fato adorasse essere crudele, o volesse aiutarlo.
Francia non sapeva dirlo. La banchina del treno, una volta effettuato i controlli, era piena di persone. Lui, però, si era fatto prenotare la carrozza del business e avrebbe dovuto condividere un tavolino solo con un altro, facoltoso, sconosciuto.
La situazione con Inghilterra era ben lontana dall’essere risolta. Francia sapeva come non aveva fatto abbastanza, ma poteva almeno pensarci lungo il tragitto che lo avrebbe ricondotto a casa.
Non doveva lasciarsi scoraggiare dalla situazione, era davvero convinto di riuscire a passare anche quella avversità. Inghilterra, però, sembrava essere diventato un muro, non sono nei suoi confronti ma in quelli di chiunque. Qualsiasi cosa gli passasse per la testa Francia non sapeva se fosse in grado di sbrogliare.
Il solo pensarci lo faceva prendere dallo sconforto.
Una volta che sarebbe partito avrebbe sicuramente ordinato un cocktail, almeno l’alcol lo avrebbe distratto dalla situazione in cui era.
Il posto a lui assegnato è dignitosamente elegante. Francia guarda la postazione di fronte a lui, vuota, e spera che nessuno venga ad occuparla. Ha bisogno di rimanere da solo, a struggersi per tutto quello che aveva vissuto in quelle ore. Non sa se avrà fortuna, ma si siede, sistemandosi il più comodo possibile e guardando fuori dal finestrino. Ci sono diverse persone che ancora sono fuori, a fumare o abbracciare le persone che li avevano accompagnati fino a lì. Prova una punta di invidia. Nessuno lo salutava mai in quel modo quando doveva partire.
« Oh, ma mi state prendendo in giro! »
Francia scatta nel sentire una voce famigliare. Inghilterra è in piedi davanti a lui, la bocca aperta e le sopracciglia strette in un’espressione che giudicare arrabbiata è riduttivo.
« Che ci fai qui? » gli chiede, e Francia batte le ciglia.
« Torno a casa, ovviamente. Questo treno va a Parigi. »
Inghilterra sospira.
« Cosa ci fai tu, qui? »
Inghilterra sembra meno pronto a rispondere. In fondo, sapeva anche lui che il capolinea di quel treno era Parigi e non Londra. Certo, non esistevano collegamenti diretti tra Amsterdam e la sua capitale, ma doveva andarsene a Bruxelles se voleva tornare a casa più velocemente.
Per Francia un comportamento simile è inspiegabile.
« Quello è il mio posto. » gli dice, indicando la poltrona di fronte a lui. A Francia viene da ridere, l’ironia della situazione in cui si trovava diventava sempre più inspiegabile, e sembrava tanto desiderosa di giocare con lui.
« E questo è il mio. » gli risponde, mascherando una mezza risata.
« Mi stai prendendo in giro. » Inghilterra sembra più parlare a se stesso che a lui. Finisce però col sospirare e appoggiare la sua borsa. Ha cambiato i vestiti, ora indossa le maniche corte. C’era una strana praticità di Inghilterra nel viaggiare, mentre lui continuava a indossare l’elegante completo che ha portato per tutta la giornata.
« Non l’ho fatto apposta. » si sente dire, e Inghilterra si siede, guardando fuori.
Francia un po’ vuole credergli.
Inghilterra gli ha mentito, in passato, ma mai sulle cose sciocche.
Lo osserva sedersi, ma non coglie il suo contatto visivo. Sembra volerlo evitare a tutti i costi, cosa che irrita Francia più del dovuto.
« Certo, tra tutti i treni e le carrozze disponibili sei sistemato proprio qui. » commenta con una punta di sarcasmo.
« Scusa, la prossima volta sarò informato su quale treno sarai così da evitarti. »
Simili schermaglie verbali lo rassicurano. Gli sembra che niente stia realmente cambiando tra di loro.
« La colpa è tua che non hai preso l’aereo come tuo solito. »
Inghilterra lo fissa con una certa irritazione. Sa che ha ragione, ma non lo ammetterà mai.
« Possiamo almeno far partire questo treno prima di metterci a litigare? Non mi va di andarlo a cambiare all’ultimo. »
Era dritto al punto.
« Saranno le quattro ore più lunghe della mia vita. »
Francia vorrebbe complimentarsi per aver controllato il tempo del tragitto. Sarebbe stato a Parigi a sera inoltrata, giusto in tempo per sedersi a un bel bistrot che conosceva lui e pochi altri per cenare. A Inghilterra toccavano invece minimo altre due ore di viaggio.
Francia non capiva come non avesse preso l’aereo in quelle condizioni. Sarebbe rimasto un mistero, ne era certo.
« Hai vissuto più di mille anni, quattro ore saranno un battito di ciglia per te. »
« Parli come se tu fossi più giovane. »
Non avevano mai approfondito la loro differenza di età. Era probabilmente sotto a un secolo, ma Francia si era sempre fregiato di essere un fratellone e il primo a marcare la scena politica dell’Europa. C’erano altri prima di lui, ma la loro esistenza sembrava essere stata dimenticata. Francia stesso non sapeva dire chi fosse venuto prima di lui, con grande disappunto degli storici che venivano puntualmente a intervistarlo.
« Lo sono. » replica Inghilterra, lapidario. « Non mi sembrava una novità. »
« Eppure discutiamo come avessimo un secolo a testa. »
Inghilterra emette una breve risata, probabilmente pentendosene subito dopo. Francia lo segue. Qualsiasi cosa fosse successo tra loro, in quel momento stavano condividendo la stessa carrozza del treno. Qualsiasi cosa fosse passata, tra loro, era alle spalle e gli permetteva di comunicare in quel modo.
L’annuncio del treno li coglie di sorpresa. Stava parlando delle solite istruzioni, ed erano quasi pronti a partire. Francia ascolta con distrazione gli annunci in lingue che non si era mai sforzato di imparare, fingendo di prestarci particolare attenzione per sfuggire alla tensione che provava in tutto il suo corpo.
Inghilterra, rimasto in piedi per tutto quel tempo, finalmente si siede. Ha deciso di non fuggire, o di non prendere un altro treno. Francia, dentro di sé, si sente come se avesse vinto anche se non sa su quale argomento.
Le porte si chiudono, e dopo qualche minuto il treno inizia a muoversi. Francia si risparmia qualsiasi genere di commento sulla partenza, sente come sarebbe superfluo.
Non si dicono molto. Inghilterra guarda fuori dalla finestra, e ben presto Amsterdam lascia spazio al paesaggio rurale del paese. Francia guarda fuori a sua volta, anche se poco interessato a quello che vedeva. Il silenzio ora inizia a pesargli, e teme quasi che si ripeta esattamente ciò che aveva vissuto nel taxi poche ore prima.
Per sua fortuna arriva un controllore, che procede a verificare i loro biglietti e chiedergli se preferissero qualche accorgimento per migliorare il loro viaggio. Entrambi non chiedono niente, e rimangono in silenzio.
Di solito Francia avrebbe finto di lavorare, almeno, ma non aveva con sé nemmeno il telefono per scrollare lungo i social e controllare gli articoli che probabilmente stavano già uscendo su Internet. La sfortuna era essere seduto di fronte alla nazione più scorbutica che potesse conoscere, e che non avrebbe mai conversato per il mero piacere di farlo.
« Germania, comunque, mi ha chiesto spiegazioni. »
Tanto valeva iniziare a parlare. Aveva quattro ore da riempire, e forse Inghilterra in quell’ambiente non sarebbe riuscito a fuggire alle sue domande. Lo vede alzare le spalle.
« Germania è diventato troppo ansioso. »
Si trova a dargli ragione. Della nazione bellica che li aveva spaventati entrambi era rimasta poca cosa. Germania era diventato più morbido, molto più preoccupato, e decisamente più stressato.
« Mi ricordo quando Prussia lo ha presentato la prima volta- »
« Sei consapevole che se parli così sembri ancora più vecchio? »
« Stavo cercando di farti un complimento! » esclama piccato. In fondo la prima volta che Germania aveva visto Inghilterra ne era uscito molto intimidito. In quel periodo Inghilterra trasudava una strana virilità che Francia poteva tranquillamente dire di avergli visto addosso durante i tempi della pirateria. Mentiva se diceva che non lo aveva trovato attraente, anche se doveva mordersi la lingua. Qualsiasi tentativo di flirt era accolto da Inghilterra con una fuga poco tattica e una chiusura che rendeva impossibile qualsiasi approccio per mesi.
Inghilterra sbuffa. « Io mi ricordo solo quanto fosse irritante Prussia. »
Francia non commenta. Sanno entrambi che ha ragione.
Poteva citare parecchi aneddoti sul tema, ma più guardava indietro più riusciva a richiamare alla mente gli innumerevoli contatti e faide che avevano nei secoli. Francia poteva dire di conoscere Inghilterra da troppo tempo. Conoscevano i reciproci difetti, ammiravano segretamente i rispettivi pregi anche se Francia sapeva di averne più di lui, e nei secoli non si erano mai davvero annientati a vicenda anche se ne avevano avuto la possibilità. Qualcosa doveva pur valere, tra loro.
« Però tu sei sempre stato più irritante di lui. » aggiunge allora Inghilterra, indispettendolo. Francia avvampa per una simile offesa nei suoi confronti, e si sente pronto a sfidarlo quasi a duello. Non avevano mai duellato nonostante si fossero minacciati di farlo diverse volte. Alla fine le loro rimostranze rimanevano una cosa che non meritava una risoluzione tanto drastica.
« Adesso stai esagerando. » Inghilterra scoppia a ridere, ma si copre subito la bocca. Pare quasi un bambino colto a fare una cosa che non doveva. « E poi io sono molto più bello. » dice, guardandolo con sfida. Voleva sapere fino a dove si sarebbe spinto.
Inghilterra non risponde immediatamente. Lo guarda, forse ci impiega un po’ a realizzare quello che gli ha appena detto.
« Non sei così bello. » risponde dopo un po’. « Sei passabile. »
Quella piccola infida isola. Non avrebbe mai ammesso niente, e avrebbe sempre affermato il contrario di ciò che lui diceva. In quello non era mai cambiato.
« Non è una vera critica, vista la tua di faccia. »
Inghilterra, per quanto ne sapeva, non si era mai considerato bello. Coraggioso, avventuroso, forse addirittura virile. Erano aggettivi che persino Francia non era in grado di negargli, nella propria mente.
« Certo che tu sei il primo a criticarmi. » sospira Inghilterra, incrociando le braccia. « Qualsiasi cosa io ti dica, avrà sempre una tua critica attaccata. »
Francia nelle sue parole sente una improvvisa, e inaspettata, apertura. Inghilterra stava ammettendo, a modo suo, che quello che gli aveva detto lo aveva offeso. Un tempo Francia ne avrebbe approfittato per infliggere un colpo peggiore, più profondo, ma era stanco di lottare. Non voleva più imbracciare le armi, voleva che Inghilterra capisse cosa volesse dirgli senza chiudersi immediatamente a riccio.
Non era certo delle parole che andavano utilizzate, però.
Sarebbe bastata una mossa sbagliata per ridurre quel momento in frantumi.
« Non ti critico sempre. » dice, parlando piano. « Ti critico quando non ti capisco. »
« E cosa c’era da capire, oggi? » la voce di Inghilterra è più tesa. Non sta fuggendo, come Francia temeva. Era un buon segno, significava che c’era speranza di continuare. « Ho solo parlato di un referedum- »
« Stai dicendo che vuoi andartene. » lo interrompe Francia. « Non capisco perché, e tu non stai di certo aiutando con la comprensione. » Inghilterra non riprende la parola. Si morde le labbra, ma non appare ancora sconfitto.
« Non mi riferisco a questo. »
Francia batte le dita sul tavolo, nervoso. Qualsiasi cosa Inghilterra intendesse, stava diventando criptico. Forse la sua stessa mente non era certa di cosa stesse pensando a riguardo, e come al solito si era gettato alla cieca in una discussione pensando di saperla spuntare indipendentemente da come si poneva.
« Non capisco perché tu ti sia impuntato su questo referendum. Lo sto facendo io. »
« Perché tu non ne parli chiaramente! » esclama quindi Francia, piccato. La frustrazione mista alla preoccupazione accumulata lo faceva sentire pieno di una strana euforia. Tutti i pensieri che aveva accumulato nel corso della giornata premevano nella sua mente.
« Non ho idea a cosa tu ti riferisca. »
Inghilterra forse fa finta di non capire. Francia non sa dirlo con certezza a sua volta. Sa che è quello il momento giusto per ottenere la rassicurazione che forse, in fondo alla sua mente, stava bramando. Non avrebbe avuto pace se non l’avesse ottenuta, e quella era la vera unica occasione di poterla avere tra le mani. Non poteva lasciarla fuggire in alcun modo.
« Dimmi tu cosa ne pensi! » ha un tono forse troppo accusatorio. Francia non sa dirlo, ma finalmente riesce a spingere Inghilterra nella direzione che doveva andare. Inghilterra batte le ciglia un paio di volte, forse non sta realmente capendo cosa gli stia chiedendo.
Ha le braccia incrociate, ma le sistema di nuovo quasi per rafforzare la sua posizione nei suoi confronti. In un’altra occasione Francia lo avrebbe preso in giro, ma ora non ha più tempo da perdere.
« Non vedo perché ti interessa. »
Quella isola testarda. Francia vorrebbe sospirare affranto, vorrebbe afferrarlo e scuoterlo per ottenere una risposta come se fosse una di quelle palle magiche che tutto facevano tranne accontentarti. Un paragone ridicolo, ma stranamente molto calzante nei confronti di Inghilterra.
« Mi importa! Per questo te lo sto chiedendo! »
Non ha senso mentire nemmeno a se stesso, in quel momento. Francia sa che sta dicendo la verità, e forse finalmente anche Inghilterra lo ha capito. Lo vede indurire la mascella, forse sta ponderando cosa dirgli. Francia prende dei lunghi respiri. La verità che aveva pesato sul suo petto era finalmente uscita, e aveva smesso di dargli tutto quel tormento. Si chiede perché non l’abbia detto prima, e aveva anche la risposta pronta alla sua domanda.
L’orgoglio che guidava lui e Inghilterra non avrebbe mai permesso loro di comprendersi completamente. Francia avrebbe protetto il proprio così come Inghilterra avrebbe protetto il suo, aveva funzionato così per secoli. Forse però Francia era stanco di salvaguardarlo. Non lo avrebbe più condotto dove desiderava.
« Non ti è mai importato un granché. » Inghilterra, da parte sua, non voleva evidentemente rinunciare a esso. Sembrava starsi costruendo un nuovo fortino, forse spaventato dalla discussione che stavano avendo. Francia non voleva andasse così. Inghilterra doveva smettere di correre ai ripari, almeno con lui. Non poteva lasciare che si nascondesse in un frangente così fondamentale.
« Forse in passato. Ma ora te lo sto chiedendo, Inghilterra. Voglio che tu me lo dica perché voglio ascoltare. »
Francia non ha idea se quello che gli sta dicendo possa funzionare. L’espressione di Inghilterra è sempre più tesa, ma non sta fuggendo. La sua difesa invece di alzarsi sembra aspettare il momento giusto per scendere.
« Io non voglio parlarne! » è un suo ultimo tentativo di difendersi. Francia lo capisce dalla sua voce. Sa che non può sbagliare proprio in quel momento. Inghilterra, forse, vuole finalmente essere vulnerabile e lui non può lasciarselo sfuggire.
La sua mente soppesa le parole giuste, cerca di modulare il tono corretto. Inghilterra deve capire che può parlarne con lui, con nessun altro che con lui. Un antico nemico, certo, ma ora c’erano solo loro due su un treno che viaggiava a velocità folli. Non doveva avere paura o tentare di fuggire. Francia non intendeva lasciarselo scappare in alcun modo.
« Penso che dovremmo parlarne, invece. »

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Capitolo 4
*** rivelazioni dopo il tragitto ***



Autore:
Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: dopo tutto questo tempo?
Chiesa del malumore: non ho terminato il capitolo con il migliore dei umori, ma in fondo perché essere arrabbiata se posso sfogarmi sulla fruk (no non è violenza domestica lo giuro agente)





Inghilterra sembra quasi alzare gli occhi al cielo.
« Ti ho già detto- »
« Se non ne volevi parlare non saremmo qui. »
Inghilterra sembra odiare la sua logica. Francia si sente un po’ vittorioso, e quasi vorrebbe darsi da solo una pacca sulla spalla. Forse sa anche lui che ha ragione.
Francia lo osserva tendersi, forse scocciato, forse preoccupato. Ha la sensazione che quello era il confronto di cui entrambi avevano bisogno. Francia pensava di meritare qualche genere di rassicurazione, almeno in quel momento.
Ha di fronte una nazione che se voleva poteva persino aggredirlo, Francia non dubitava come Inghilterra ne avesse ancora le energie.
« Io davvero non capisco cosa tu voglia sapere. »
Francia nemmeno.
Sa già troppo, a suo avviso, e teme che saperne di più lo farà sentire solo peggio.
Forse non era nemmeno un bene che Francia ne sapesse qualcosa. Immischiarsi negli affari delle altre nazioni era forse divertente, ma comportava anche il rischio di scoprire cose che non si voleva sapere nemmeno dopo secoli. Francia ne era stato il portatore della pratica, e anche se non si diceva pentito a volte si sentiva perlomeno turbato.
« A volte non capisco come ragioni. »
« Non devi, infatti. »
Francia emette un verso di stizza, ottenendo un sorriso sardonico come risposta.
« Avanti, Inghilterra, non siamo più ragazzini. »
Forse è più forte di Inghilterra, Francia non sa dirlo.
Inghilterra lo attraeva come una calamita, ma allo stesso tempo gli scatenava la peggio malignità che potesse avere in corpo. Forse Inghilterra provava lo stesso tipo di cosa, oppure era nato maligno e stava solo seguendo la sua natura. Francia non era molto certo di nessuna ipotesi.
« Infatti, ormai potresti avere l’età di una vecchia signora impicciona. » il suo tono è spoglio di cattiveria, ma Francia si sente ugualmente offeso. Voleva fargli i complimenti per il talento che aveva per  irritarlo, ma Inghilterra si stava divertendo e Francia non riusciva davvero a rovinare a sua volta l’atmosfera. Era assurdo pensare che Inghilterra volesse rinunciare a tutto quello.
« Sono una bellissima signora impicciona. » gli risponde, ma gli viene da ridere.
La porta scorrevole si apre, lasciando entrare una hostess con un carrello. Francia non esita a ordinare una merenda gourmet, pagata coi soldi dei contribuenti, mentre Inghilterra chiede solo una tazza di tè.
Per Francia era assurdo pensare a come questi si rifiutasse di mangiare anche in occasioni come quella. Inghilterra sembra notare il suo sguardo, e ordina anche un panino da accompagnare.
La hostess non ci impiega molto a servirli, e li lascia di nuovo soli. Francia prende un sorso della tisana che ha ordinato, il caffè dopo una certa ora sembrava iniziare a fargli un brutto effetto, mentre Inghilterra sorseggia con calma dalla sua tazza. Come adorasse quell’acqua che sapeva di foglie era un mistero, ma Inghilterra sembrava non essere mai guarito da quando aveva reso il tè il suo unico tratto della personalità.
Francia non poteva prenderlo troppo in giro, perché anche lui aveva subito la stessa sorte con altre argomentazioni.
Inghilterra davanti a lui sta mangiando.
Francia pensa che dovrebbe smettere di sentirsi così soddisfatto nel guardarlo. Che Inghilterra mangiasse o meno non doveva importargli, e invece era seduto lì come uno sciocco ed era contento come uno stupido. Francia non poteva davvero capire se stesso, anche se voleva impegnarsi.
Forse non poteva comprendere Inghilterra nello stesso modo. Lo aveva desiderato come colonia, ma non era davvero in grado di capire le sue esigenze. Inghilterra, dal canto suo, non sembrava volerci nemmeno fare caso.
« Comunque sei il primo che mi chiede il perché. » parla allora Inghilterra. Sono rimasti in silenzio abbastanza a lungo, e Francia stava pensando che forse era meglio non riprendere la conversazione. Inghilterra però non era dello stesso avviso.
Sembra persino imbarazzato da quella ammissione.
« Era ovvio che te lo avrei chiesto- »
« No, non lo era. Mi fa strano pensare che sei l’unico che ha voluto saperne di più. »
Francia non pensava di essere la nazione più vicina a Inghilterra. La geografia parlava per sé, ma c’erano ben altre nazioni con le quali Inghilterra si sentiva a suo agio rispetto a lui. Era strano anche per Francia pensare a come, in fondo, la loro rivalità li aveva legati stretti e si era rifiutata di scioglierli in alcun modo.
Inghilterra non era un qualcuno che si sarebbe aperto facilmente, lo sapeva. Non con lui, almeno, anche se qualche parte di Francia aveva desiderato intensamente essere il suo unico confidente.
« Non volevo che pensassi che non mi importava. »
Inghilterra abbozza una risata, anche se poco convinta.
« Tu riesci ad esprimerti solo parlando con malignità. »
Francia sa bene che è una critica vera. Inghilterra, in fondo, era stato una delle sue prime vittime, e uno dei pochi che aveva sempre risposto a ciò che gli diceva. A suo modo era anche quello un motivo per sentirsi importante.
« Qualcuno doveva pur dire qualcosa. »
« E sei stato tu a farlo. »
Francia aveva una strana sensazione di star perdendo il confronto, come se Inghilterra avesse deciso di attaccarlo camminando molto velocemente. Qualcosa in lui si agita. Non si stava comportando così senza un motivo. Inghilterra si stava sentendo in trappola a sua volta.
« Inghilterra, perché vuoi andartene? » gli chiede, questa volta incrociando le braccia e puntellandosi cercando di mantenere la calma.
Messa a voce sembra una cosa ben più spaventosa.
Inghilterra sembra finalmente preoccuparsi, o forse era finalmente arrivato il momento della realizzazione anche per lui. Francia vuole cavargli una risposta, anche a costo di litigare.
Francia lo osserva raccogliere i pensieri. Non era mai un buon segno, ma forse facendo così Inghilterra sarebbe giunto a una conclusione e Francia avrebbe smesso di sentirsi tormentato da risposte che non voleva sentire.
Aveva ammesso a se stesso di voler sapere cosa Inghilterra pensasse, ma ora che era davanti alla possibile ammissione di verità ha paura di ciò che può sentire.
Per un po’ c’è solo il rumore del treno, tra loro.
Francia rimane in attesa, sa che non può parlare per primo. Inghilterra sembra pensare intensamente a ciò che intende dirgli, e non vuole mettergli alcuna fretta.
« Hai mai la sensazione di non essere più te stesso? » gli chiede, dopo aver deglutito.
« Tante volte. » gli risponde Francia, alzando le spalle.
« Non nel senso di una guerra o di instabilità. Sentire come si essere trascinato in un unico conglomerato dove pensi ma non sei davvero tu a prendere la decisione. »
Francia si ferma a pensare, e stranamente riesce a comprendere subito a cosa si riferisca.
« Inghilterra, ti spaventa stare insieme ad altri? »
Sembrava aver fatto centro.
« Pensi che l’unione ti stia togliendo la tua autonomia? »
Era un pensiero sciocco, ma era vero che Inghilterra era un’isola e ragionava in modo diverso. Francia era abituato a spostare i suoi confini e non avere una forma definita, e anche se aveva sofferto sia a cedere sia ad acquisire per lui era doloroso ma normale. Inghilterra aveva confini ben definiti, e aveva sempre lottato duramente per mantenerli.
Inghilterra aveva paura.
Era strano pensare come ci fosse andato vicino ad arrivare a capire il perché delle sue motivazioni.
« Mi stanno togliendo la sicurezza! E poi- » Inghilterra si blocca, prendendo un lungo respiro. « Non sono certamente amato, sul continente. »
Francia vorrebbe avere una risposta sottile, ma non c’è una che possa dargli. Era strano pensare a come Inghilterra era rimasto simile a quando era bambino.
« Inghilterra. » il suo tono, forse, è paternale. « Hai deciso di andartene per questo? »
« Non ho deciso di andarmene! Non so se voglio andarmene! »
Erano le parole che Francia voleva sentire, anche se non avevano risolto niente. Inghilterra era spezzato, al suo interno, e aveva paura. Stava vivendo qualcosa di terribilmente difficile, e non voleva accettare alcun aiuto o parola di conforto. Era Francia a dovergli parlare, ma non sa cosa dire.
Qualsiasi cosa potesse pronunciare non avrebbe sanato la frattura che Inghilterra stava provando in quel momento. La tensione tra loro era ancora più alta. Inghilterra trasalisce, ma non sembra voler fuggire.
Francia non sa che fare.
Ha davanti a sé una nazione ferita, spaventata.
« Non devi deciderlo qui davanti a me. » gli parla, cercando di calmarlo. Vorrebbe lo facesse, ma spingere Inghilterra in quella direzione lo avrebbe fatto sentire solo peggio.
Inghilterra ha il viso rosso, forse per la troppa agitazione.
« Tutti vogliono una risposta subito. » mormora Inghilterra, abbassando lo sguardo. « Si aspettano che io abbia le idee chiare. »
A Francia viene da ridere. Non aveva mai risposto chiaramente nemmeno a un re o a un sacerdote quando veniva interpellato, ma per Inghilterra una simile trasparenza era sempre stata un motivo di orgoglio.
« Sembra quasi che pensino che tu sappia vedere il futuro. »
« Ho letto i tarocchi solo una volta- » esclama Inghilterra, abbassando poi il tono della voce. « E nessuno sa davvero il futuro. »
Sembra sconfitto, e a Francia quasi dispiace non essere lui il vincitore in quella storia. Osserva Inghilterra.
Lo conosce da così tanto tempo, e gli fa tenerezza. Non è più il possente impero, sono solo due nazioni che hanno vissuto troppo a lungo e rifiutavano di andarsene.
Francia non sa perché si alza e allunga una mano verso Inghilterra. Gli sfiora una guancia pallida. Lo sente ruvido, ma non gli da fastidio.
Inghilterra apre la bocca, ma non esce alcun suono.
Francia non sa dire che cosa stia facendo. Si sta muovendo per qualche strana forma di istinto. Non conosce il modo migliore per rassicurare Inghilterra. Non ce ne sono, probabilmente, ma vorrebbe almeno tentare.
Inghilterra rimane teso sotto il tocco delle sue dita, e Francia passa a sfiorare le sue labbra. Sono secche e poco piacevoli da toccare. Non si sente sorpreso nel vederle così, ma si risparmia qualsiasi genere di critica all’altra nazione.
Inghilterra le schiude piano, e lascia uscire un sospiro.
Francia non lo guarda negli occhi. Ha paura di farlo e venire rigettato dal suo sguardo. Invece si china e appoggia le proprie labbra su quelle di Inghilterra.
Non ricorda bene l’ultima volta che l’ha baciato. Forse era per l’anniversario dell’entente. Era la parata del quattordici luglio, era venuta una divisione inglese per condurla. Inghilterra era venuto lì in modo ufficioso.
Lo aveva baciato durante i fuochi artificiali, preso dall’euforia di un secolo di intesa. Lo aveva baciato più spesso lui, rispetto a Inghilterra che raramente prendeva l’iniziativa.
Inghilterra intanto si era aggrappato al suo braccio, ma non lo stava allontanando. Le sue sopracciglia erano aggrottate, e sentiva le sue guance farsi sempre più rosse.
Francia sapeva bene di avere la certezza di farlo arrossire.
Non sapeva nemmeno perché lo aveva baciato. Forse era un modo semplice di rassicurarlo, anche se non era totalmente vero. Francia aveva bisogno a sua volta di rassicurazioni, e Inghilterra non lo stava respingendo in alcun modo, facendolo finalmente sentire tranquillo.
Si erano baciati diverse volte, ma ogni volta sembrava la prima perché aveva sempre un sapore diverso.
Si allontana per un breve momento, il giusto per riprendere fiato, ma Inghilterra lo insegue e schiocca le labbra contro le sue. Questa volta è il turno di Francia si sentirsi in imbarazzo, ma non di allontanarsi.
Sembra un momento perfetto. Si sente vicino a Inghilterra, si sente come se non potesse essere separato in alcun modo.
Il momento però finisce, e Francia torna alla realtà. Il rumore del treno torna a riempire le sue orecchie. Inghilterra non lo guarda, ora che lo sta osservando. Entrambi riprendono fiato.
Non hanno bisogno di parlare di quello che era appena successo. Parlarne lo avrebbe reso reale, e forse Francia voleva illudersi per un momento che fosse stato un frammento della sua immaginazione, un sogno.
Per tutto quel tempo aveva sognato una simile vicinanza, e per ulteriore tempo poteva solo raccoglierne le briciole.
Inghilterra non parla, e Francia sa che non c’è davvero bisogno di parole.
« Esco a fumare. »
Sta fuggendo, forse. Ha bisogno di riflettere. Non dovrebbe lasciare Inghilterra da solo, ma questi non reagisce alle sue parole. Forse sta pensando, e Francia ha bisogno di farlo a sua volta.
In fondo il bacio tra loro non aveva risolto niente, pensa mentre si accende la sigaretta. Baciarlo non avrebbe fatto rientrare Inghilterra dal referendum, e anche se Francia voleva sapeva di non avere lo stesso peso che una popolazione aveva per una nazione. Forse voleva solo esprimere a Inghilterra ciò che provava, e si era affidato alla mera fisicità perché fosse capita.
Forse stava semplicemente accampando scuse, e non voleva che Inghilterra se ne andasse. Non era una verità che poteva negare, ma Inghilterra non era mai stato benevolo verso i suoi desideri. Si erano baciati, certo, ma non sarebbe mai stato abbastanza per nessuno dei due per desistere.
Lo aveva ricambiato, però. La cosa lo aveva colto di sorpresa, e Francia aveva cercato di non pensarci. Inghilterra aveva un approccio aggressivo, poco raffinato. Non era bravo a baciare, ma Francia adorava ricevere quel genere di attenzione da lui.
Doveva smettere di mentire a se stesso.
La sigaretta continua a bruciare, riempiendo l’aria del suo odore, e Francia ne aspira il fumo. Lo rilassa, ma appena torna a pensare a Inghilterra il suo cuore si agita. Aveva ottenuto da lui la risposta che voleva, ma non si sentiva comunque tranquillo. La sensazione che fosse solo l’inizio gravava sulle sue spalle.
In fondo il referendum doveva ancora essere fatto.
Non sapeva se aveva spinto la bilancia in qualche direzione.
Non era da lui preoccuparsi. Spesso persino l’elezione del suo stesso presidente era imprevedibile, ma gli era sempre importato molto poco.
Doveva tornare da Inghilterra. Dovevano ancora parlarsi. Non era finita.
Francia continua a osservare la propria sigaretta che brucia, e la spegne con una certa rassegnazione. Fumare non lo stava aiutando a schiarirsi le idee, e non gli andava di sprecare una sigaretta per fissare il paesaggio fuori dal finestrino.
Si sistema il pacchetto in tasca, e torna alla carrozza dove c’era ancora Inghilterra ad attenderlo. Sembra essere più reattivo, ora, anche se non lo guarda direttamente. Francia non cerca di indagare sul suo comportamento.
Deve aspettare che sia Inghilterra a parlargli.
« Puzzi di fumo. » gli dice infatti, non appena è abbastanza vicino. Francia si siede, guardandolo più direttamente. Inghilterra ancora evita il suo sguardo.
« Avevo bisogno di schiarirmi le idee. »
« C’era qualcosa che andava chiarito? »
Lo sta provocando, anche se Francia non capisce il perché. Forse lo ha turbato con quel bacio, anche se non voleva. Doveva ammettere che era lui il vero bisognoso, tra loro due, almeno a se stesso.
« Non ci baciamo spesso. » dirlo ad alta voce sembra quasi sottolineare cosa avevano fatto. « Quindi sì, ne avevo bisogno. »
Inghilterra arrossisce. Sembrava che l’argomento per lui fosse un punto molto debole. A suo modo lo era anche per Francia, anche se per un motivo diverso.
Inghilterra arrossiva perché era stato baciato, Francia lo faceva perché gli era piaciuto chi stava baciando. Erano motivi diversi.
Inghilterra si morde le labbra, provocandogli stizza. Erano già ruvide abbastanza senza che ci infierisse in quel modo.
« In più non penso che un semplice bacio possa cambiare qualcosa. Non siamo in una favola. »
« Infatti non cambierà niente. » risponde Inghilterra. « Non risolve niente. »
Era stranamente rassicurante sapere che fosse così solido anche se un semplice bacio poco prima lo aveva reso incapace di parlare. Inghilterra non reagiva mai bene ai baci, almeno ai suoi. Il solo pensiero che altri potessero baciarlo lo rendeva irritato, ma la sua mente non voleva nemmeno immaginare un simile scenario.
La sensazione di impotenza non lo faceva più sentire così male. Francia sapeva che non poteva davvero fare qualcosa, e che fosse tutto nelle mani di Inghilterra.
A suo modo era un pensiero spaventoso, ma tratti confortante.
Ognuno di loro doveva decidere il proprio percorso, e anche se erano tutti insieme nessuno poteva davvero interferire.
« E poi a te non cambierà niente. »
Francia vorrebbe negare. Aveva passato gran parte della sua vita in conflitto con Inghilterra. Il loro rapporto era cambiato in molti modi, ma era rimasto saldo. Aveva paura che non avrebbe retto una simile frattura, forse una convinzione nutrita dalla sua stessa insicurezza.
« Non dovrò vederti a ogni incontro ufficiale. » gli dice allora. « Anche se questo non ti ha mai impedito di venire a casa mia senza annunci pubblici. »
Faceva riferimento a un paio di decadi precedenti quando Inghilterra, ubriaco, si era presentato alla porta di casa sua. Avevano finito con l’ubriacarsi insieme ancora di più.
« Se te ne vai chiuderò la frontiera. »
« Se lo fai finalmente smetterai di esportare i tuoi ratti a casa mia. »
Stavano scherzando. Francia sente che tutta quella altalena di emozioni lo avrebbe ucciso. Se Inghilterra se ne fosse andato sarebbero stati in grado di comportarsi ancora in quel modo?
« Se te ne vai- »
« Probabilmente me ne vado. »
Francia lo sapeva che Inghilterra non poteva evitare di rovinare il momento. Le sue parole sono come una secchiata di acqua gelida sulla sua testa, e si paralizza a metà della frase. Non riesce a mantenere il contatto visivo.
Quella serpe era riuscita a colpirlo in un momento dove era lui ad aver abbassato le difese. Francia si sente all’improvviso inerme, colpito da quelle parole come da un mattone. Vorrebbe fare una scenata, ma non ha le forze.
« Te ne vai? » gli chiede, a voce bassa. « Bene. Mi hai tolto un peso. »
Deve tornare a essere crudele. Deve farlo, o verrà consumato dal dolore di quel colpo basso.
Inghilterra gli appare sorpreso.
« Fino ad adesso hai detto che volevi sapere cosa ne pensavo, e ora che te lo dico te la prendi? »
Francia vorrebbe dargli dello stupido.
Ovviamente Inghilterra non era in grado di esprimersi in modo normale. Lo faceva in modo inopportuno, quando meno te lo aspettavi.
« Ti sembra adesso il momento di dirlo? »
Inghilterra non può davvero capire. Apre bocca e ci da fiato non si preoccupa di cosa ne esca. Francia si sente pieno di rabbia, e fa fatica a controllarsi.
« Certo! Quando te lo posso dire altrimenti? Il viaggio è quasi finito. »
Francia si scopre con orrore a dargli ragione. In quello stesso momento viene annunciato il loro approcciarsi a Parigi. Il loro momento, il loro piccolo mondo, stava raggiungendo la fine. Francia non era pronto a lasciarlo andare, ma non c’era molto che potesse fare.
Inghilterra ora lo guarda direttamente, ha un’espressione rassegnata. Francia ha finito le proprie parole, ma non vuole lasciar andare la situazione ora che sa davvero cosa pensa Inghilterra. Le rassicurazioni che si era dato con le pacche sulle spalle erano inutili di fronte a quella realtà dei fatti.
Inghilterra era sleale verso di lui.
Lo osserva controllare la borsa che aveva, come se non gli importasse più niente, e non riesce a distaccarsene con la stessa indifferenza.
« Non abbiamo finito. »
« Hai ancora qualcosa da dire? »
Tutte le sue parole lo ferivano come coltelli.
« Sì, ho molto da dire. »
Si sente come se parlasse a vanvera, ma non ha più un piano. Inghilterra appare sorpreso della sua affermazione, ma incrocia le braccia al petto.
« Non hai molto tempo per farlo, però. »
Sembra però in attesa di qualcosa. Francia non sa che cosa.
Il treno inizia a rallentare, segnando il loro avvicinamento ormai inesorabile alla stazione. Francia non vuole che tutto quello finisca.
« Tu però vuoi ascoltarmi? »
Inghilterra sembra sorpreso della sua domanda. Francia gli ha sempre imposto le sue idee, e Inghilterra anche se diceva di odiarle le accoglieva sempre in qualche modo. Forse era la prima volta che si facevano così tante domande. In fondo nella storia i momenti di calma tra loro erano rari, e quelli in cui potevano chiarirsi su qualcosa quasi impossibili da cercare.
Inghilterra annuisce. Sembra di colpo timido e incapace di parlare.
Francia prende un lungo respiro.
« Non voglio che tu te ne vada. »
La verità era lì, sul tavolo davanti a loro. Era la verità che si era tenuto stretto e ora sembrava finalmente rivelare al diretto interessato. Inghilterra sgrana gli occhi con evidente sorpresa.
Francia lo comprende.
Sa bene come anche lui proverebbe lo stesso se fosse lui a volersene andare, ma ormai era troppo tardi e se era la verità il laccio che poteva trattenere Inghilterra con lui ancora un po’ Francia non avrebbe esitato in alcun modo per utilizzarlo.
« Io... » mormora Inghilterra. « Io… io non so cosa dire. »
Francia però lo sa.
« Rimani con me stasera. A Parigi. »
Inghilterra, stranamente, scoppia a ridere. Francia non ne capisce subito il motivo, e il treno si ferma. Sono arrivati.
Si sente catatonico, e fa fatica anche solo a pensare di alzarsi. Inghilterra invece lo fa subito.
Si è reso ridicolo davanti a Inghilterra, se ne rende conto. Tutta la sua dignità l’ha gettata per terra, ai suoi piedi, e sta per vederla calpestata senza alcuna pietà. Non ha alcuna voglia di scendere dal treno, forse se si faceva riportare indietro poteva dimenticare quelle quattro ore che aveva vissuto.
Inghilterra, però, gli mette davanti un biglietto.
Francia lo guarda, poi alza gli occhi su Inghilterra.
« Dovresti leggerlo. »
Forse vuole di nuovo prenderlo in giro, ma si china per controllare.
Era un biglietto per il treno diretto a Londra. Sembrava quasi farsi beffa di lui, finché non fa caso all’ora di partenza. Era per un treno che sarebbe partito, ma la mattina successiva.
Si scopre ad alzare la testa di scatto, e Inghilterra evita il suo sguardo.
« Avevo già pianificato di rimanere. » dice, apparendo quasi come un ragazzino colto a fare qualcosa che non doveva. « Senza che tu lo sapessi. »
Le sue parole ridanno speranza a Francia. Torna a guardare il biglietto.
Inghilterra non sarebbe fuggito dalle sue mani, almeno in quel momento. Poteva trattenerlo con sé, ancora un poco. Qualcosa di caldo si forma all’altezza del suo petto, e Francia si sente come se fosse ancora in grado di respirare.
L’entusiasmo torna a popolare la sua mente.
Si alza quindi anche lui, sistemandosi le pieghe dei vestiti.
« Vieni con me. » Inghilterra sembra essere diventato un docile agnellino. Senza nemmeno che lo tocchi si lascia condurre giù dagli scalini, e lo segue per la banchina della stazione.
Francia, da parte sua, si sente finalmente più libero.
Il mondo che c’era tra di loro era finito, era alle loro spalle e forse non sarebbe più tornato. Ciò che gli rimaneva era quello che provava, e Inghilterra che lo seguiva. Per qualche motivo Francia sapeva che poteva chiedergli di seguirlo in capo al mondo e Inghilterra non si sarebbe sottratto all’avventura.
La stazione anche se è sera è ancora piena di persone. Francia cerca di schivare il più possibile le valigie dei turisti, e continua a tenere d’occhio Inghilterra che lo segue. Forse si sta pentendo di seguirlo, e non vuole dargli il tempo di cambiare idea almeno su quello. Francia si ferma, e si gira nella sua direzione. Inghilterra non se lo aspetta, e incespica sui suoi stessi piedi.
« Vieni. Prendiamo il taxi. Conosco un posto dove cenare. » ora che è a casa sua Francia si sente molto più sicuro di sé. Anche se si è reso ridicolo, anche se ha messo a nudo quello che provava, ora era in un posto sicuro e niente più lo avrebbe turbato in quella maniera.
Ora doveva solo convincere Inghilterra a rimanere.

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