He ate the apple and was chased out of Eden di Ofeliet (/viewuser.php?uid=114644)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** guidati dalle sottili piste ***
Capitolo 2: *** intrecci invisibili ***
Capitolo 3: *** estranei condividono un viaggio ***
Capitolo 4: *** rivelazioni dopo il tragitto ***
Capitolo 1 *** guidati dalle sottili piste ***
Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers
Hetalia
Personaggi: Francia,
Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi:
Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei
reati particolarmente esecrabili
Prompt: indizio
Chiesa a cui mi rivolgo:
non è un mistero come io sia folle, ma mettersi a fare una
challenge con un giorno di preparazione mi mancava.
Non mi sentivo
così entusiasta di scrivere da un po'.
Che dire,
arrivo solo con sette anni di ritardo sul tema, ma devo dire che dal
2016 la mia vita è stata sballottata parecchio (e
soprattutto ero in altri fandom). Quindi meglio tardi che mai.
Premetto che
è tutto dal POV di Francia (perché mi diverte
scrivere di lui) e l'avvertimento OOC è lì
perché non amo calcare troppo sulla sua versione pervertita,
più su quella del bohemien/mean girl e non a tutti
può piacere. Che altro dire se non che ho avuto 24h per
documentarmi su tutta la timeline della Brexit e che continuare a
scrivere questa storia con un lavoro a tempo pieno sarà
tutt'altro che semplice, ma voglio ugualmente provare.
Al prossimo
capitolo~
A mughetto,
un anticipato e tardivo regalo di compleanno.
C’era qualcosa
nell’aria.
Francia aveva sempre
pensato che lasciare la presidenza dell’unione anche solo per
un anno ai Paesi Bassi avrebbe portato solo disgrazie. Infatti questo
non era iniziato nei modi migliori. Italia aveva alzato la voce
riguardo a un morto in Egitto, mentre Belgio si era assentata per
qualche riunione per “ragioni mediche”. Germania
aveva insistito che gli attacchi terroristici per loro valessero come
un’assenza di malattia. Non aveva conteggiato i suoi scioperi
come una giustificazione valida, però.
Il meglio di
sé, però, lo aveva dato Inghilterra che a gennaio
aveva annunciato un referendum sul rimanere o meno
nell’Unione Europea.
Non lo avevano preso
troppo sul serio. Non era nemmeno la prima volta che ne faceva
menzione, anche se era la prima che presentava davvero un referendum da
effettuarsi nel mese di giugno. Sembrava non poterlo posticipare ad
estate inoltrata, quello di luglio era già troppo pieno di
pessimi ricordi per la nazione, non voleva certo aggiungerci
un’ulteriore umiliazione.
Francia per primo ne
aveva riso.
Trovava divertente la
questione e si era detto il primo e maggiore sostenitore se la cosa
fosse realmente andata in porto. Aveva tempo da perdere, ma alla fine
come ogni cosa anche questa finita dimenticata in qualche angolo della
sua mente finché il mese di giugno non era arrivato e le
voci sulla questione si erano fatte insistenti.
Germania lo aveva
approcciato una sera, dopo l’ennesimo incontro.
« Tu lo
conosci da tanto tempo, cosa ne pensi? »
A Francia era venuto da
ridere. Aveva preso un sorso del suo calice, e si era sistemato meglio
sulla poltroncina dove si era seduto in attesa che la serata diventasse
più interessante.
« Ma cosa
devo pensare? Quello è un’isola. Le isole sono
sempre state strane. » commenta, non guardando
l’altra nazione. « Avrà questo
improvviso desiderio di indipendenza perché inizia a
sentirsi anziano e vuole rivivere qualche vecchia, gloriosa fantasia.
»
Lui stesso aveva
definito in una occasione l’Unione Europea come una casa di
riposo per nazioni millenarie, e simile affermazione non era lontana
dalla realtà. Escludendo Germania, che per i suoi parametri
era ancora un bambino e non aveva alcun diritto di prendere parola
– e che invece quasi settant’anni prima lo aveva
steso dandogli un semplice schiaffo –, diverse nazioni
lì dentro potevano contare un millennio sulle spalle.
In effetti era
divertente litigare ma non correre rischi reali come un tempo. Francia
da quando era entrato nella “lega dei perdenti”,
come l’aveva definita Inghilterra un tempo, si divertiva a
protestare ed esporre la sua importantissima opinione, ma alla fine era
Germania a fare tutto il lavoro al posto suo.
Germania, seduto
accanto a lui, non sembrava tranquillo. Poverino, prendeva troppo
seriamente ogni questione, ignaro di come fosse un comportamento
normale per nazioni che avessero vissuto il medioevo, dove le alleanze
cambiavano a seconda di che colore indossassi. Gli mancava
l’esperienza, e il litigare per una semplice pecora che
potesse scatenare un conflitto lungo quindici anni.
« Poi cosa
pensi che succederà? Che la popolazione voti in massa per
andarsene? Va bene che sono inglesi, ma non sono così
stupidi. »
Non era da lui fare un
complimento, ma nei secoli Francia aveva imparato che Inghilterra
sapeva dosare bene l’impulsività con la pazienza.
Quando era venuto il momento giusto si era isolato dal resto di loro, e
aveva rivolto la parola solo a Giappone. Forse era stato un bene,
perché da simile cosa era nata l’idea
dell’Entente. Edouard gli mancava tantissimo, ma era stato
ironicamente il fautore della sua felicità, per quanto breve.
« Ho guardato
i sondaggi e- »
« Tu guardi
un po’ troppi dati, e non la realtà. Certo qualche
capo politico urla che vuole andarsene, ma tutti noi ne abbiamo uno.
Persino tu. »
Germania sembra
finalmente comprendere cosa intende. A volte gli sembra davvero un
bambino, se non fosse un armadio. Ovviamente non riesce a rispondergli,
e Francia prende un altro sorso di vino.
« Stai
tranquillo Germania, l’anno prossimo ce ne saremo
già dimenticati tutti di questa storia. »
La nazione teutonica
annuisce, e si alza.
Dice qualcosa sul
doversi alzare presto, ma Francia non gli dà più
alcuna attenzione.
Sentirsi minacciato da
un referendum, una sciocchezza. Anche Italia ne aveva appena sostenuto
uno, e non era successo niente. Certo era su delle trivelle e non
sull’andarsene, ma simili questioni raramente riuscivano ad
andare da qualche parte. Poteva solo immaginare come poi Inghilterra
avrebbe spiegato la questione a Betty.
« Ma
guardati, tutto solo come il vecchio che sei. »
La voce di Belgio non
fallisce mai di provocare la sua irritazione. Non si gira nemmeno a
guardarla.
« Mi avevano
detto che eri malata. »
« Infatti
sono qui per accompagnare i miei fratelli. »
« E bere
gratis. »
La sua insinuazione
sembra colpire nel giusto.
Belgio, a differenza
sua, poteva ancora permettersi di buttare giù
metà delle bottiglie dell’open bar. Sarebbe stato
pronto per il momento in cui sarebbe svanito l’effetto magico
della sua gioventù. Belgio non aspetta nemmeno il suo
invito, e si siede dove poco prima era stato Germania. Ha un cocktail
in mano, come si aspettava.
« Hai sentito
quello che ha intenzione di fare Inghilterra? » esordisce.
Francia alza gli occhi al cielo.
« Dovrei
vivere sotto un sasso per non saperlo. »
« Sai
com’è, hai una certa età, non so se tu
sia capace di usare uno smartphone. » le sue parole vengono
seguite da una risata, sta ovviamente cercando di irritarlo.
« Certo che
tu ti fai le stesse pare di Germania. »
« Che non sai
usare il telefono? »
« Che
succederà qualcosa con il referendum di Inghilterra.
» la interrompe. « Come l’ha chiamato?
Angle- »
« Brexit.
» lo interrompe Belgio a sua volta. « Ha uno strano
senso dell’umorismo anche in situazioni simili. »
Francia non vuole
commentare. Non vuole darle la soddisfazione di ridere in un contesto
simile. Certo era una situazione ridicola. Inghilterra voleva
andarsene. Dopo aver finto di voler entrare insieme a Danimarca e
Irlanda, ora cercava di uscirne come un ladro.
Perché
volesse andarsene, poi, non se lo spiegava.
Aveva il vanto di
conoscerlo meglio dei fratelli, in certi momenti della storia, ma in
quel frangente ciò che stava pensando era un mistero anche
per lui. Era inutile chiederselo. Inghilterra avrebbe fatto passare
anche quel referendum, come tutti loro, e niente sarebbe cambiato.
« Sono
sorpresa che tu non abbia ancora battute argute a tema. »
« Per averle
l’argomento dovrebbe essere interessante. »
Non vuole darle
soddisfazioni.
Inghilterra non aveva
lasciato alcun indizio di voler davvero cambiare la sua situazione.
Come tutti loro, sembrava soltanto desiderare dare uno scossone alla
barca e poi ritornare alla normalità.
L’invecchiamento l’aveva sicuramente spaventato, ed
era solo un modo per sentirsi giovane.
Non vuole discuterne
con Belgio. Ha sempre la sensazione che questa voglia superarlo in
qualsiasi cosa, e i rapporti con l’isola sembravano nella sua
lista. Non intendeva cederle terreno, e tantomeno darle alcun tipo di
indizio.
« A
proposito, hai visto Inghilterra? » chiede Belgio,
guardandosi intorno. Francia nega non la testa. Mentirebbe se dicesse
che non l’ha cercato, ma subito dopo il suo arrivo
Inghilterra sembrava non essere uscito dalla sua stanza. Francia aveva
abbastanza dignità in corpo per andare a bussargli, e quindi
la domanda di Belgio rimaneva senza una vera risposta.
«
Starà praticando qualche suo rituale per domani. »
le risponde, con una punta di malignità.
Belgio non sembra molto
convinta delle sue parole.
« Se lo vedi
digli che lo stavo cercando. »
Francia non lo
farà. Non intende dare Albione in pasto alle Fiandre,
perché se Belgio aveva bisogno di parlarti spesso non era
niente di buono, o peggio, si trattava di soldi. Ogni motivo era buono
per evocare quello straccio di terra che era Lussemburgo con
l’estratto conto stampato a chiedere spiegazioni su certe
spese che molto spesso non si voleva giustificare. Con Francia simili
colloqui erano frequenti, e per sua sfortuna molto estenuanti.
Francia osserva
l’altra nazione andare via, e rimane da solo con il suo
calice.
Al bancone ci sono
Spagna e Portogallo che parlano fitto tra loro, molto probabilmente a
causa di elezioni che andavano male, non una novità per la
penisola iberica. Di Prussia non aveva notizie da un po’, ma
non era una novità che sparisse per poi sbucare fuori quando
meno te lo aspettavi.
Inghilterra,
ovviamente, non era presente togliendogli la soddisfazione di scaldarsi
bisticciando per qualcosa di molto inutile ma divertente.
Aveva tanti amici un
tempo, ma ora che era seduto lì ben pochi sembravano
realmente interessarlo. Nella sua mente si palesa l’immagine
dei vecchietti che davano da mangiare ai piccioni nei parchi di Parigi,
e si chiede se sarà la fine anche per lui. Era ancora una
nazione potente, e l’Europa non aveva ancora prodotto
abbastanza nazioni giovani per rimpiazzarlo. Non aveva senso rimanere
lì a deprimersi.
Scozia stava
raccontando qualcosa di molto divertente al tavolo, era un vero peccato
che Francia ancora faticasse a capire che cosa stesse dicendo. Era un
trauma che affondava nei tempi della loro prima alleanza, sempre contro
Inghilterra, per spezzare ogni sogno romantico che aveva quando aveva
inteso che il suo nuovo consorte, o meglio alleato, era
incomprensibile. Per quello la loro unione non avrebbe mai funzionato.
Ne aveva avuto di
matrimoni falliti. Nella sua mente tornano quelli con Inghilterra, li
scaccia dalla mente. Non serviva ricordargli quei tempi di imbarazzo,
quando si era piegato così tanto. Lo aveva fatto anche
Inghilterra, durante la guerra, ma a Francia bruciava più la
sua défaillance la decade successiva.
Non c’era
alcun bisogno di avere pensieri foschi. Ci sarebbe stato il meeting,
era un’occasione per divertirsi.
Era sicuramente il vino
a renderlo malinconico, non trovava alcuna spiegazione alternativa.
Francia appoggia il calice, lontano da sé, dando segno al
cameriere di portarlo via. Non aveva alcuna ragione di sentirsi in quel
modo. Se Inghilterra fosse stato vicino lo avrebbe accusato
pubblicamente di qualche fattura ai suoi danni, ma dell’isola
non c’era traccia e Francia non voleva attribuirgli una
simile importanza. Era troppo impegnato a fingere che il suo referendum
fosse importante per considerare seriamente qualche strana magia.
Lo conosceva bene,
sapeva come prendesse a cuore delle semplici sciocchezze. Forse era
l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione.
La tentazione di andare
a disturbarlo è forte, ma sa già che si
troverebbe solo un occhio nero e forse qualche ciocca strappata.
Inghilterra era poco più giovane di lui, ma il vizio di
aggredire chiunque non gli andasse a genio non sembrava passargli. Gli
era persino strano pensare che fossero stati dallo stesso lato. Era una
sensazione fresca, che gli dava una soddisfazione maligna nel poterlo
tormentare senza preoccuparsi di veder recapitata una dichiarazione di
guerra due settimane dopo. Per una volta poteva averlo accanto, invece
che subire le sue frecce e cannonate.
Stava ovviamente
diventando un nostalgico.Di guerre non ne aveva più
combattute, semmai subite. Non gli andava di rivivere quei tempi, e non
ne sentiva alcuna mancanza. In Europa sembrava essere il primo a
essersene stancato, mentre intorno aveva gente che aveva continuato a
darsi da fare prima di essere preso a schiaffi da un ragazzino venuto
da oltre l’oceano e che sembrava voler continuare a ficcare
il naso nei loro affari.
Gli Stati Uniti non
potevano davvero comprendere cosa fosse realmente quel calderone quale
era l’Europa. Troppo inesperto, ben propenso a cercarsi guai
fuori da casa sua, non poteva capire cosa significasse fare guerra coi
suoi parenti – escludendo quando ha litigato con sua madre e
lui lo aveva persino aiutato – per mere sciocchezze come
fazzoletti di terra.
Era strano vederli
parlare alle conferenze internazionali, come se non si fossero lanciati
fango a vicenda pochi secoli prima, ma in fondo lui e Inghilterra
avevano continuato a farlo per un millennio e riuscivano a parlarsi
quasi senza insultarsi.
La sua mente sembra non
volersi liberare dal pensiero dell’isola. Dà la
colpa al sequestro del suo telefono. La sicurezza, ogni volta che
partecipava a un evento, gli toglieva ogni genere di comunicazione
elettronica. Francia aveva protestato, aveva cercato di contrabbandare
un telefono personale, ma a ben poco erano serviti i suoi sforzi. Si
era fatto una cattiva reputazione sui social personali, e
l’unico account che gli era stato permesso di tenere era
quello su Twitter dove seguiva le uscite anime. Per il resto per lui
c’erano solo canali istituzionali, e la soppressione di
qualsiasi suo tentativo di essere indipendente.
Aveva protestato,
dicendo che non intendeva certo usare il suo telefono per spedire foto
della sua Tour Eiffel. Non si riferiva al celebre monumento, ma cercava
di darsi un minimo di dignità nei suoi pensieri.
Nel vedere altre
nazioni costrette a socializzare immaginava non fosse l’unico
a subire un simile trattamento. Con l’avvento dei social
molti capi di stato sembravano essere corsi al riparo, e persino a
Germania era stato vietato un simile privilegio.
Il gruppo Whatsapp
dell’Unione, creato per comunicazioni serie, era diventato un
burrone dove lanciare sfotto e guardare le altre nazioni scatenarsi
lontano da un occhio pubblico. Più di una volta si finiva
con gli insulti alla tribù tardo-antica dalla quale si
millantava la discendenza. Anche l’annuncio a quel meeting
era finito presto sommerso tra gli insulti per l’ennesimo
turista maleducato o la classifica delle migliori birre al mondo.
Le aveva tentato tutte
per poterne portare uno a quell’incontro, ma era stato
persino perquisito. Non sembravano più fidarsi di lui, ma
Francia aveva la buona sensazione che prima o poi sarebbe riuscito a
fregarli.
« Non sembri
molto contento di essere qui. »
Ora è il
turno di Spagna di venire a disturbarlo. Sembra che abbia terminato la
fitta discussione avuta col fratello, ma non gli importa davvero cosa
si siano detti.
« Il vino non
è delle migliori qualità di questo posto.
»
Spagna ride piano.
« Non dirlo troppo ad alta voce, o ferirai quello che rimane
dei sentimenti di Paesi Bassi. Sembrava già abbastanza
scontento di doverci ospitare. »
«
Probabilmente pensa già alle fatture da mandare ai nostri
governi a permanenza finita. »
L’avarizia di
quella specifica nazione non era un mistero a nessuno, ma la vera
domanda era come facesse ad avere due fratelli ben più
ricchi di lui nonostante la sua parsimonia. Il Benelux a volte gli
sembrava un conglomerato unico, non tre nazioni distinte. Una volta
aveva sognato che diventassero una cosa sola, e si era svegliato
urlando. Ci mancava solo una simile disgrazia.
« Tu invece
mi sembri bello, come sempre. »
Spagna non ha mai preso
sul serio i complimenti sul suo aspetto, dando a Francia un piccolo
maligno vantaggio di potergli soffiare il primo posto e dichiararsi la
nazione più bella in Europa. Per il mondo aveva dei feroci
avversari, e non aveva abbastanza coraggio per reclamare anche quello a
voce alta.
Ora che era costretto a
parlare iniziava a sentirsi stanco. Si alza lentamente, fingendo che
quasi si dispiace di starsi defilando e mette in atto una delle sue
interpretazioni migliori da quando è entrato
nell’hotel. Non aveva funzionato con la concierge ma su
Spagna avrebbe certamente fatto effetto.
« Me ne vado
a dormire. Ho molto sonno. »
Non aveva dormito un
granché.
Francia si guarda allo
specchio, ma trova ben poco dell’uomo che ha lasciato quando
si è messo a dormire. Riesce a scorgere persino una traccia
di occhiaie, inaccettabile per uno come lui. Con un vago sconforto si
sposta sul balcone e si accende una sigaretta, l’unica cosa
che può dargli conforto in un momento come quello.
Non ricorda cosa ha
sognato, ma qualsiasi cosa fosse lo aveva tenuto abbastanza sveglio da
non riposare. Non si sentiva così inquieto dalle ultime
elezioni. Non doveva preoccuparsi, il suo governo non era ancora
così instabile da provocargli alcun tipo di malessere fisico.
Si passa una mano tra i
capelli, trovando un nodo, e la ritira scocciato.
La giornata non stava
iniziando nel migliore dei modi, e sembrava destinato persino passarla
ad ascoltare cose di cui non gli importava niente. Poteva
già sentire la voce di Germania tuonare per qualcosa che non
aveva disturbo di stare a sentire, o le varie nazioni che protestavano
per l’ennesimo trattamento ingiusto nei loro confronti.
Francia non riusciva
davvero ad empatizzare con nessuno di loro. Gli sembravano
così carichi di piagnistei, quando gli unici realmente
importanti erano i suoi.
Non doveva rovinarsi la
giornata fin da subito. Il completo che aveva portato da indossare
veniva da una deliziosa boutique di Avenue Montaigne e le sue occhiaie
non erano niente che il suo correttore di marca non potesse coprire.
Lui era ancora una
nazione vincente, e non si sarebbe lasciato abbattere. Aveva persino
portato l’arricciacapelli per poter sistemare i suoi boccoli
totalmente naturali.
Quando arriva
l’ora della colazione lo specchio gli restituisce
l’immagine di una nazione bellissima, ed era ciò
che Francia sapeva benissimo di essere.
C’erano poche
nazioni alla sala delle colazioni. Germania, ovviamente, sembrava
essere di ritorno dalla sua corsa mattutina. Chi lo costringesse a
quella tortura, Francia non voleva saperlo per timore di essere
costretto a seguire una simile routine. C’erano Romania e
Bulgaria, che in occasioni di incontri come quello si muovevano insieme
quasi fossero una sola entità, e poi su un tavolino non
facilmente visibile c’era Inghilterra. Vederlo era una
sorpresa, più per la sua presenza che per
l’orario. Inghilterra sembrava negarsi persino di dormire un
po’ di più.
Gli ricordava i tempi
della guerra, dove dormiva poco e mangiava anche meno. Non aveva preso
peso in tutti quegli anni, e infatti aveva solo una deliziosa teiera di
porcellana sul tavolo dalla quale si era versato una singola tazza che
stava consumando.
Per Francia era
inconcepibile, tanto che si avvicina al buffet caricando il piattino di
croissant e ordinando al cameriere un caffè nero da
portargli al tavolo.
« Il tavolo
è già occupato. » gli dice Inghilterra,
quando gli è davanti.
«
L’hotel non ti appartiene quindi posso sedermi dove voglio.
»
Doveva guardarlo mentre
mangiava tutto quello che aveva nel piatto, poco ma sicuro.
« Ci sono
qualcosa come venti tavoli, qui, Francia. »
Ha una nota irritata
nella voce, e ciò gli provoca soddisfazione. Stava
già recuperando il buonumore.
« E io voglio
sedermi qui, non mi pare sia un crimine. »
Il cameriere appoggia
la tazza di caffè, interrompendo brevemente la loro
schermaglia verbale. Inghilterra non sembra voler continuare la
discussione. Prende di nuovo la sua tazza di tè, e non lo
degna di uno sguardo.
Francia non comprende
cosa gli abbia fatto, di recente, per meritarsi un simile trattamento.
Prende comunque un croissant dal proprio piattino, deciso a mangiarlo
direttamente in faccia all’altra nazione. Lo sentiva come una
questione di rivalsa personale, e intendeva con tutte le sue forse
farlo parlare per primo. Una sensazione di
déjà-vu passa dal suo cervello, prontamente
scacciata dalle critiche che sicuramente rivolgerà alla
cucina per il pessimo croissant che gli era stato servito.
Sente una lieve
risatina, seguita da un colpo di tosse. Aveva vinto.
« Che hai da
ridere? »
Inghilterra gli appare
come se fosse stato colto in fallo.
« Ridevo
della tua faccia. »
Non aveva mai imparato
l’arte raffinata di parlare per giri di parole. Aveva
imbellettato la sua lingua di formali onorifici, ma quando gli parlava
dava continuamente dimostrazione di come questo non avrebbe mai
camuffato la sua vera natura. Inghilterra rimaneva il peggiore
filibustiere che c’era in circolazione, e questo era
stranamente confortante da pensare. La sua linguaccia lo avrebbe sempre
tradito.
« La mia
faccia è perfetta, a differenza della tua, grazie mille.
»
Inghilterra non sembra
sorpreso dalla sua risposta, tanto che si appoggia meglio allo
schienale della sedia e gli restituisce un sorrisetto sardonico.
« Certo, ogni
rana pensa di essere la più bella del suo stagno. »
Era inconcepibile.
Sembrava essersi preparato simili battute in anticipo tanto gli
uscivano bene. Francia si sentiva indignato anche se era stato lui ad
accendere le fiamme di quel confronto. Forse qualcosa, nei secoli,
Inghilterra aveva preparato.
« Sempre
meglio dei bruchi che porti sulla tua faccia. »
Prendere in giro le
sopracciglia di Inghilterra era quasi uno sport, un obiettivo facile da
colpire, anche se poco efficace. L’isola sapeva di non essere
bella, almeno dai tempi del medioevo, e non poteva nemmeno aspirare ad
esserlo.
Inghilterra, infatti,
non appare troppo sconvolto dalle sue parole.
« Che vuoi
Francia? » gli chiede, invece, quasi indicandogli di andare
al sodo. Francia non ha una risposta. Certo voleva infastidirlo, ma
oltre a quello non aveva una reale motivazione per essersi seduto al
suo tavolo.
La verità
era forse più maligna, ma più nociva per lui che
per Inghilterra.
« Volevo
sapere se ti nutrissi di anime per colazione, visto che la tavola
è vuota. » una mezza verità, ma rimane
abbastanza composto da non cedere troppe informazioni che potrebbero
suonare compromettenti. Inghilterra sembra processare le sue parole, e
poi guarda il tavolo. Sembrava star realizzando adesso che fosse
tragicamente vuoto, a parte il suo piattino di croissant. Non si
rendeva conto come non stesse mangiando niente. Era così
anche nelle trincee, era così anche quando Londra viveva di
porzioni razionate e Inghilterra non finiva neanche ciò che
gli spettava. Era un periodo terribile che Francia si era lasciato alle
spalle, mentre Inghilterra sembrava quasi imporsi ancora un terribile
regime alimentare.
« E dato che
sono generoso, io, ti darò questo croissant. » lo
prende senza troppe cerimonie e lo porge. Inghilterra lo guarda ancora
più confuso, come se gli stesse porgendo una boccetta di
veleno e lo stesse incoraggiando a berla. Lo osserva passare lo sguardo
dalla sua mano a lui. « Non ho tutto il giorno. »
Inghilterra sembra
abbassare la sua guardia, e prende finalmente il croissant tra le mani.
Lo studia, forse pensando davvero che ci sia del veleno.
« Non sono
abituato a fare colazione- »
« Va bene che
non è un piatto di fagioli e lard ma- »
« Sto dicendo
che non sono abituato a fare alcun tipo di colazione. » lo
interrompe Inghilterra. « E poi fagioli e uova le mangiavo
solo quando andavo in miniera! » sembra abbastanza piccato
sull’argomento.
« Ti faccio
portare un piatto di fish and chips, allora? »
Inghilterra lo guarda
con ancora più stizza, ma prende un morso nervoso del
croissant, masticandolo insieme agli insulti. A suo modo lo stava
facendo mangiare. La soddisfazione che prova è ben radicata
in tempi antichi, e un po’ se ne vergogna.
Si sente come nel
medioevo, quando Inghilterra era un piccoletto tutto pelle e ossa e lui
era l’unico in grado di poterlo maneggiare in qualche modo.
Al tempo gli offriva bacche e pezzi di pane di grano, una prelibatezza
che veniva quasi contrabbandata al di fuori del castello dove
risiedeva, ora invece gli offre pezzi di pasticceria pregiata, per
quanto comunque dozzinale in quell’albergo. Doveva ricordarsi
quella nota alle cucine.
Era passato tanto tempo
tra di loro, ma nutrire Inghilterra era un traguardo del quale giusto
Francia potesse fregiarsi. Non era comune che le nazioni fossero
così premurose.
Il pensiero lo riscuote
alla realtà. Lui non era certo premuroso con Inghilterra,
voleva solo assicurarsi che avesse abbastanza energie per discutere
quella sciocchezza che intendeva presentare durante
l’incontro. Si trattava del suo divertimento.
Forse mentiva a se
stesso, ma conosceva Inghilterra da abbastanza tempo da sapere che non
avrebbe accettato aiuto se non sotto forma di tormento. Quella dannata
isola era talmente orgogliosa che se si fosse trovata sul continente, e
non al sicuro circondata dal mare, sarebbe stata soppressa velocemente.
Inghilterra davanti a
lui finisce il croissant a grandi morsi, e Francia teme che un boccone
potrebbe soffocarlo tanta è la foga che ci mette. Lo ha
provocato e quelli sono i risultati.
Gli appare ora come se
avesse finalmente preso un po’ di colore, e può
prendere con calma un sorso del suo caffè senza il rischio
che tutto il tavolo venga ribaltato su se stesso.
«
Perché mi stai guardando? » gli chiede allora
Inghilterra, più scontroso, e Francia si accorge che non gli
ha realmente staccato gli occhi di dosso. Si sente come una scolaretta
beccata a copiare, e non ha molti modi dignitosi per sfuggire alla sua
figuraccia.
« Hai
qualcosa in faccia. » gli risponde, quindi. Inghilterra si
tocca frenetico il viso, nel tentativo di pulire qualcosa che non
esiste. « Ah no scusa, è solo la tua faccia.
»
La nazione smette di
colpo di pulirsi. Ha un’espressione strana in viso, e le sue
sopracciglia aggrottate fanno intuire che non ha preso bene lo scherzo
che ha messo in atto. Lo vede indurire la sua espressione, e
l’atmosfera che c’era prima si spezza,
può persino sentire il rumore dei frantumi nelle orecchie.
Francia non riesce a
trovare le parole adatte.
Continua a sostenere il
suo sguardo, ma ha una vaga sensazione di colpevolezza per qualcosa che
stava diventando di cattivo gusto. Inghilterra sembra non trovare nulla
da dire a sua volta, e si crea un silenzio che sembrava imbarazzante.
Un cameriere si
avvicina, spezzandolo, quasi intuendo che probabilmente c’era
qualcosa che non andava.
« Tutto a
posto, signori? » gli chiede, e Francia lo percepisce come un
intruso, una scocciatura, anche se Inghilterra di certo non gli avrebbe
rivolto la parola per primo.
«
Sì, voglio un piatto di uova e bacon. » esordisce
invece Inghilterra, e Francia si rende conto che lo stava guardando. Il
cameriere si defila, e Francia osserva Inghilterra incrociare le
braccia al petto, in attesa, come se non gli sedesse davanti.
Aveva chiesto da
mangiare, in un certo senso Francia la sentiva come una vittoria anche
se Inghilterra lo aveva fatto per mero scorno a lui.
Il cameriere torna
abbastanza velocemente con il piatto richiesto da Inghilterra, e glielo
sistema davanti. Questo procede a consumarlo appena vengono portate le
posate, e non dice una parola. Francia sorseggia di nuovo il
caffè, e continua a mangiare la propria colazione.
Non si dicono
nient’altro, ma Francia non sente troppo bisogno di parlare.
Qualsiasi cosa lo attende in quel momento è una schermaglia
verbale, e non ha alcuna voglia di riprendere le ostilità.
Inghilterra finisce il suo piatto velocemente, quasi non guardando
ciò che stesse mangiando, e si versa un’altra
tazza di tè. Una scelta curiosa, ma Francia si trattiene dal
commentarla.
« Sei
contento adesso? » è invece Inghilterra a prendere
la parola, di nuovo.
« Di cosa?
»
Inghilterra aggrotta le
sopracciglia, di nuovo, come se non capisse la sua risposta, ma poi le
rilassa, quasi si stesse rilassando al pensiero.
« Niente.
»
« Dimmi cosa
intendevi. »
« Non
intendevo niente. »
Era frustrante
discutere con lui, e anche se Francia si era cacciato da solo in quella
situazione ora stava iniziando a pentirsi.
Inghilterra
però smette di dargli corda, o provocarlo, e si alza in
piedi. Gli passa accanto, ma non si salutano. Francia teme se basti una
parola per riaccendere il conflitto tra di loro, e sicuramente
avrà da conservare le energie per quella sciocchezza della
Brexit.
La realizzazione lo
colpisce con forza.
Si era scordato di
chiedergli di quello. Aveva visto la sua faccia e sembrava essersi
rassegnato di doverla vedere fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva
offeso? Probabilmente, Inghilterra era tipo da fare caso a simili
sciocchezze.
Francia si appoggia
allo schienale, spiluccando l’ultimo croissant che si era
preso.
Ora si spiegava il suo
cattivo umore.
Si era comportato come
al solito, ma Inghilterra probabilmente dentro era piegato dal
conflitto che rappresentava il referendum. Le voci che chiedevano
insistentemente di uscire sembravano crescere sempre di più
con l’avvicinarsi della giornata che avevano scelto.
Non sarebbe cambiato
niente, di quello Francia era convinto. Un referendum era una
sciocchezza, una formalità, ma Inghilterra non avrebbe mai
deciso di andarsene. Un’isola non poteva rimanere a lungo
sola, e di certo i fratelli non gli avrebbero davvero permesso di
andarsene in quel modo.
C’era
però qualcosa di strano, qualcosa che non gli tornava.
Tra un paio
d’ore ci sarebbe stato il meeting, e prima di quello le foto
di gruppo, e lui doveva risultare bellissimo.
Non c’era
troppo spazio nella sua mente per preoccuparsi di faccende che non lo
riguardavano, e adorava mentire a se stesso.
Di ritorno in camera
Francia si sistema i vestiti e si infila la giacca. Ha ancora un
bell’aspetto, alla faccia di Inghilterra che insisteva a
chiamarlo “rana”. Il suo bel viso gli era valso
molti complimenti, e ben più di un quadro immortalava la sua
splendida presenza. Era proprio vero che oltre il canale della manica
non ci fosse alcuna civiltà o comprensione della bellezza,
visto che aveva dovuto accumularla dagli altri in passato.
Era una replica
tagliente da usare quando ne avrebbe avuto necessità, e
Francia si complimenta con se stesso per averla pensata anche se con un
lieve ritardo. Non sarebbe certamente mancata un’altra
discussione con Inghilterra, e non era certo l’ultima volta
che lo paragonava a una rana. Sembrava quasi essere il suo insulto
preferito da usare nelle discussioni.
Non serviva pensarci
troppo, in fondo lo aspettava una lunga giornata dove poteva osservare
gente discutere di cose noiose. Almeno aveva la permanenza pagata, e
forse non gli avrebbero chiesto un resoconto quando sarebbe tornato a
casa. Ancora sentiva nelle orecchie i rimproveri della sua segretaria
perché era tornato a mani vuote.
Avrebbe copiato quelli
di Germania a fine giornata, certo che ne avrebbe presi in maniera fin
troppo meticolosa, avrebbe aggiunto qualche commento personale e
sarebbe stato perfetto.
Ora si sentiva meglio,
ed è con rinnovata fiducia in se stesso. Non doveva
lasciarsi abbattere da ciò che era successo a colazione.
Intendeva far pagare Inghilterra ogni singolo insulto, per una mera
questione di orgoglio. Poteva causare un incidente diplomatico se i
governi l’avessero scoperto, ma Inghilterra in fondo non
aveva mai lasciato uscire niente sui pesanti insulti che si rivolgevano
da praticamente la memoria dei tempi.
Francia si sente il
corpo pieno di rinnovato entusiasmo. Doveva pensare a cose che lo
riempivano di soddisfazione, e non aveva alcun senso rimanere
lì in stanza. Apre la porta, dandosi un’ultima
occhiata.
Era il momento di
andare in scena.
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Capitolo 2 *** intrecci invisibili ***
Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra;
[secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo,
sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati
particolarmente esecrabili
Prompt: legami
Chiesa
della pendolare esausta: ci sto prendendo
ritmo. Non so come ma questa storia sta prendendo sempre più
forma.
Il pov di
Francia non è semplice da scrivere (ma mai difficile quanto
quello di Inghilterra, per me) e raccontare spicchi della sua mente,
spesso incoerente e altamente drammatica, è tanto
divertente.
I flash dei fotografi
non lo disorientano più di tanto.
Francia aveva
approfittato della nuova invenzione appena c’era stata la
possibilità, e da quel momento in poi non rinunciava ad
apparire il più possibile gradevole. L’obiettivo
della fotocamera sembrava adorarlo, ed erano rare le fotografie in cui
non fosse splendido. I fotografi poi spesso si prendevano il tempo per
riprenderlo con maggiore cura, una cosa che nutriva il suo orgoglio in
modi che non credeva possibili.
Col calma Francia si
sistema i capelli, mettendo in atto una delle tante pose che avevano
funzionato davanti allo specchio. Non c’era alcuna
possibilità di fallire. Quando scade il suo tempo si sente
quasi scocciato, ma deve cedere il passo a un’altra nazione,
spostandosi verso il punto in cui verrà fatta la foto di
gruppo. Solitamente si faceva prima, in quanto all’uscita
dalle riunioni non tutti avevano un aspetto considerato presentabile.
Germania ha
già il naso nella fitta agenda della giornata. Francia non
comprende come ogni volta che lo vede è immerso nel lavoro,
senza darsi alcuna tregua o pausa. Sembrava fatto di un qualcosa di
diverso dal resto di loro, ma non era abbastanza per indagare.
Lentamente anche le
altre nazioni li raggiungono, e una volta che sono tutti lì
un fotografo si presenza per fare l’ultima foto, con loro
tutti insieme. Francia si guarda intorno, cercando di apparire al
meglio, e il flash lo coglie impreparato. Aveva sicuramente chiuso gli
occhi, ma alle altre nazioni non importava. Avevano fatto tante di quel
genere di fotografie, e il futuro faceva presupporre che li attendevano
molte altre.
Non serve a placare il
suo malumore.
Avrebbe dovuto poi
prenderla e usare Photoshop per sistemarla.
Magari anche farsi dare
il nome di quell’incompetente e farlo licenziare.
I suoi pensieri
macchinosi sono talmente densi che quando va a sbattere contro
Inghilterra è troppo tardi. Sente rumore di un grosso
raccoglitore cadere per terra, mentre gli duole il naso che ha sbattuto
contro l’altra nazione.
« Ma che hai
nel cervello? » gli chiede questi, chinandosi a sollevare il
raccoglitore caduto mentre lui si massaggiava il naso. « Non
guardi nemmeno dove vai! »
Per Francia
è strano vederlo ora, molto diverso da come lo aveva visto a
colazione. Sembra molto più irascibile, e probabilmente
molto propenso a scoppiare se gli si dava la giusta via di fuga.
« Sei tu che
ti sei fermato di colpo! »
Avevano già
dato il via alle ostilità.
Francia si tocca ancora
il naso dolente, ben deciso a non farla passare.
« Senti, non
ho tempo da perdere con te. » ringhia Inghilterra a denti
stretti. « Vai a prenderti del ghiaccio e non disturbarmi.
»
Francia apre la bocca
indignato per rispondergli, ma Inghilterra è già
sparito oltre la porta che portava alla sala delle riunioni. Quella
isola impudente, dopo tutto quello che aveva fatto per lui. Doveva
fargliela pagare in qualche modo. Con calma pensa a cosa può
fargli, ma ogni idea che gli viene in mente ha un sapore datato,
già fatto. Deve inventarsi qualcosa di nuovo. La sua mente
non gli propone nuove idee.
Si siede sulla
postazione che gli è assegnata, e si massaggia la tempia con
teatralità. Davanti a lui c’è il
programma della giornata delle varie discussioni. Con vago disinteresse
Francia passa il dito sulla scaletta, e arriva al punto che gli
interessava.
Inghilterra era
programmato per parlare dopo il pranzo.
Gli viene da ridere, e
lo guarda con la coda dell’occhio. Gli pare di vedere una
copia di Germania, un altro che aveva il naso fisso tra le carte che
portava e non si accorgeva troppo di ciò che lo circondava.
Lo guarda studiare il
foglio tra le mani.
Gli viene da chiedersi
perché ha deciso proprio adesso di toccare un argomento
così insignificante come un referendum e ridicolo come
l’uscita dall’unione. Inghilterra ovviamente non
darà mai risposte dirette a lui, e probabilmente nemmeno a
Germania vista l’ansia che la nazione tedesca sembrava
provare proprio nei confronti della sua presentazione.
Forse si sarebbero
annullati a vicenda e lui non avrebbe dovuto fare niente.
Inghilterra si
acciglia, catturando la sua attenzione, ma Paesi Bassi prende parola,
distogliendo temporaneamente la sua attenzione. A Francia giungono solo
parole noiose su come si svolgerà l’incontro, e
una vaga presentazione degli argomenti che verranno trattati.
« E a seguire
Inghilterra parlerà del referendum che si
svolgerà a fine mese. »
Le parole di Paesi
Bassi, in qualche modo, rendono la situazione reale.
Francia realizza in
quel momento che Inghilterra stava realmente per parlare di come voleva
proporre l’idea di andarsene. Si sente pervaso da una sottile
sensazione di orrore. Lo ha sentito dire parecchie volte in quelle ore,
ma solo adesso avvertiva un peso all’altezza dello stomaco
come se si stesse preparando a ingoiare un boccone amaro.
Il proprio sguardo
torna a Inghilterra, che non ha alzato il suo. Continua a leggere le
sue carte, ma ora sembra più forzarsi a non alzare la testa,
forse perché non vuole guardare nessun altro. Francia ne
osserva il viso, contorto in una sottile smorfia. Non sa cosa stia
pensando, ma poco importa. Continua a osservare le sue espressioni,
senza perdersi nemmeno una. C’era tensione sul suo viso, una
nuova, diversa da quella che era abituato a osservare. Non era quindi
causata da lui.
Francia non apprezzava
molto essere messo in secondo piano, anche se nel caso di Inghilterra
si trattava di essere secondo ad emozioni più negative che
felici. Era riuscito a essere un problema maggiore per lui che i suoi
stessi fratelli, in fondo, e non accettava certo di essere considerato
un agente superfluo al suo malumore.
C’era
qualcosa di più profondo che gravava sulla mente di
Inghilterra, e non era nemmeno certo che fosse il pensiero del suo
intervento. Appariva quasi come se qualcosa, in lui, era dilaniato a
metà. Una sensazione che Francia aveva vissuto, ma che
considerava stana nei tempi in cui viveva.
Le sue osservazioni non
vanno lontano, ed è colto di sorpresa quando viene
annunciata la pausa pranzo. Si sente colto quasi in fallo,
perché non è giunto ad alcuna conclusione. Aveva
il pranzo per pensare alle peggiori domande con cui interrompere
Inghilterra e tornare in cima alla lista delle sue preoccupazioni.
La sua postazione per
mangiare, questa volta, è assegnata insieme a Repubblica
Ceca, Spagna e Polonia. La parte peggiore era che Inghilterra era
seduto accanto al suo tavolo, dandogli le spalle. Chiunque avesse
arrangiato i posti da sedere aveva un terribile senso
dell’umorismo, oppure lo aveva fatto apposta. Sembrava che
quell’hotel puntasse a irritarlo intenzionalmente.
« E quindi ho
chiesto una proroga. » sente non appena si mette a origliare.
Portogallo non aveva esitato ad attaccare bottone alla prima occasione.
L’alternativa era parlare con Germania o Danimarca, in fondo,
e doveva ammettere che anche lui si sarebbe rivolto a Inghilterra in
mancanza di partner di conversazione.
« Posso
immaginare. » è la risposta cordiale di
Inghilterra. La freddezza nella sua voce è strana persino
per Francia. Portogallo era forse l’unico alleato che non gli
aveva mai voltato le spalle, in fondo, e Inghilterra non aveva mai
rifiutato alcuna interazione da quando erano sotto il suo sguardo.
C’era
qualcosa che non andava. Inghilterra era strano.
La sua tavolata
è invece monopolizzata da Polonia, preso a discutere con
Ceca riguardo a un argomento che non aveva ascoltato in alcun modo. Lo
distraevano dalla sua missione.
« Se continui
così ti torcerai il collo. » gli dice allora
Spagna con un sorriso, e Francia si rende conto che l’antico
amico ha potuto guardarlo origliare per tutto quel tempo. Dovrebbe
sentirsi in imbarazzo, ma ormai è troppo tardi per fingere
anche quello. In fondo Spagna non aveva la fama di essere
particolarmente sentenzioso, e Francia poteva permettersi di rendersi
almeno un po’ ridicolo finché Polonia o Repubblica
Ceca non si accorgevano di lui.
« Dico
davvero Francia, ti farai male. » dice quindi Spagna,
prendendo una forchettata dal suo piatto e mettendosela in bocca. Il
suo lungo masticare gli da il giusto tempo per pensare a una risposta.
Non comprende
perché proprio ora Spagna stava cercando di infilarsi nei
suoi affari. Decide che non vale la pena dargli troppa retta, e torna
alla sua missione di spionaggio. Hanno smesso di parlare tra loro.
Francia prova un picco di irritazione, ma Portogallo per sua fortuna
riprende a parlare.
« Inoltre
sono curioso di come andrà il tuo referendum. »
L’irritazione
sale nel corpo di Francia. Come facesse a non capire che
l’argomento fosse da evitare, o almeno da approcciare con
cautela, era un mistero. Sente Inghilterra sospirare.
« Non
c’è niente di particolarmente interessante.
» lo sente dire, con una nota stanca nella voce. «
Andrà come vogliono che vada. »
Rassegnazione, ecco
cos’era. Nemmeno Inghilterra era sicuro di come sarebbe stato
il risultato. Francia si sente gelare il sangue. Una nazione, di
solito, lo sentiva. Lo sapeva. Se Inghilterra ne parlava in quel modo
significava soltanto che non aveva certezze. Questo voleva dire che
forse poteva anche vincere quello che nessuno si aspettava. Non era un
buon segno, almeno per Francia.
« Tanto a
nessuno importa. » le parole gli escono con un volume troppo
alto. Ovviamente coglie subito l’attenzione di chi
desiderava, tanto che il dialogo tra Inghilterra e Portogallo si
interrompe. Si sente scrutato anche se non li guarda.
C’è
silenzio per tutta la sala. Forse lo hanno sentito tutti, e il problema
doveva ingigantirsi fino a scoppiare. Inghilterra, però,
sospira come se non volesse cogliere la sua ovvia provocazione.
« Ti dicevo-
»
« Insomma,
una cosa come quella non è di particolare importanza.
»
Si sta scavando la
fossa da solo ma non riesce a tenere a freno la lingua. Questa volta si
gira, trovando come lui e Inghilterra fossero a pochi centimetri di
distanza. Anche l’altra nazione si gira, molto più
irritata di quando cercasse di trattenere.
« Francia,
nessuno ti ha chiesto un’opinione. » interviene
Portogallo, ugualmente scocciato, ma Francia mantiene il contatto
visivo con il suo antico rivale. Non vuole dargli soddisfazione, non
vuole che esprima la sua incertezza sul risultato che lo attendeva.
« Non vedo
perché una cosa simile dovrebbe importarti. »
sibila quindi Inghilterra.
« Mi importa.
Sarò il primo a stendere il tappeto rosso per la tua uscita.
»
Vuole essere cattivo.
Non deve, ma vuole.
Non comprende come
Inghilterra possa pensare di volersene andare, di prendere
consapevolmente la decisione di abbandonare l’Unione, e lui,
in quel modo così sgraziato.
Francia non voleva, ma
non sapeva quali parole usare se non quelle maligne. Inghilterra
infatti rimane in silenzio.
« Per fortuna
non dipende da te. » commenta con acidità,
incrociando le braccia. Ora la maggior parte del suo corpo era girato
nella sua direzione.
« Vi prego,
non mi sembra questo il momento di discutere- »
« Dipendesse
da me non saresti nemmeno entrato. » Francia interrompe le
parole di Germania sputando veleno. Non era un mistero che si fosse
opposto, più per abitudine che per reale opposizione. Aveva
finto di fare un favore ad altre nazioni, ma vedere Inghilterra di
nuovo dalla stessa parte lo aveva reso terribilmente felice, talmente
tanto che si era ubriacato per dimenticarlo.
Inghilterra non gli
risponde. Il labbro inferiore gli trema, e le sopracciglia si
aggrottano, ma non sembra avere parole da dire. Invece si alza da
tavola, dicendo che non ha più appetito, e lascia la sala.
Come al solito ha
esagerato, e quello era il risultato che lo attendeva. Francia torna a
guardare il suo piatto, ignorando le voci che tornano a popolare la
sala, probabilmente commentando il loro scambio.
« Certo che
potevi tenerti simili frasi per te. » commenta Polonia.
« Non hai fatto una gran bella figura. »
Francia vorrebbe dirgli
di tacere, ma ha realmente poco interesse a farlo. Ogni passo che
faceva verso Inghilterra lo riportava due indietro di reazione. Non
riusciva a smettere di comportarsi in quel modo.
« Ho finito
anch’io. » dichiara alla sua tavolata, e si alza.
Non intende cercare
Inghilterra. Sarà troppo arrabbiato per quello che gli ha
detto e l’unica cosa che rimedierebbe sarebbe solo un
ulteriore danno al suo naso.
Non aveva alcun senso
parlargli ora.
Con calma Francia si
dirige verso il bagno, nel tentativo di sistemarsi e apparire
presentabile.
Il riflesso ora gli
restituisce un’immagine più stanca, quasi
rassegnata. Non aveva idea del perché si era comportato in
quel modo. L’idea che Inghilterra volesse andarsene non gli
era passata per la mente nemmeno per un momento. Non aveva alcun reale
motivo per andarsene, non se ne sarebbe andato per le sue parole.
Francia sapeva che non bastavano delle parole di scorno per
allontanarlo, dopo tutto quel tempo.
La sua mente torna a
quando Inghilterra era un fagotto armato di frecce. Era ancora fragile,
piccolo. Con lui non avrebbe mai parlato così, anche se si
era divertito a prenderlo in giro. Si sente quasi in colpa verso quella
versione di Inghilterra che non esisteva più se non nei suoi
ricordi. Inghilterra, in fondo, non era più così.
Era solido, impossibile
da abbattere, non in grado di piegarsi.
Francia, almeno ha
sempre pensato che fosse così.
Inghilterra non
considerava le sue parole così pesanti da agire a causa
loro. Francia non voleva sentirsi responsabile di un eventuale
abbandono. La consapevolezza gli fa stringere lo stomaco. Non voleva
che Inghilterra se ne andasse. Eppure Inghilterra desiderava andarsene.
Doveva porsi la
domanda, ma non aveva una risposta definitiva.
Francia prende un lungo
respiro.
Se Inghilterra voleva
andarsene non era certo a causa sua. Provava a giustificarsi, ma non
pensava di avere un tale impatto per l’altra nazione
nonostante la loro lunga storia insieme.
Si sente uno sciocco.
Poteva usare parole diverse, poteva non parlargli in quel modo. Era
inutile rimuginare. Aveva detto ciò che pensava, in fondo. I
sentimenti di Inghilterra, anche se feriti, non erano tra le sue
priorità.
Non doveva lasciarsi
coinvolgere così tanto. Era un incontro come un altro.
Il senso di colpa,
però, sembra volerlo divorare dall’interno.
Francia si tocca il petto, come per tentare di calmare un qualcosa di
cui non voleva riconoscere l’esistenza. Lui era una nazione
potente, e di certo non era una sua responsabilità occuparsi
di come gli altri lo percepivano.
Ha vissuto un millennio
a non preoccuparsene, e non intendeva iniziare in quel momento.
Doveva rimanere sicuro
delle proprie intenzioni, ed era certo che quella situazione con
Inghilterra non sarebbe andata da nessuna parte. La sua certezza
affondava le radici nella sua speranza, e si sentiva come pronto a
lanciarsi in un burrone senza alcun paracadute.
Si stava preoccupando
troppo.
Si sciacqua il viso,
cercando di calmarsi. Non era da lui comportarsi in quel modo, e
già sentiva la voce di Malta che commentava come la sua
pressione fosse troppo alta.
Inghilterra non sarebbe
andato da nessuna parte, e anche se fosse, sarebbe tornato indietro
prima ancora che si fossero accorti della sua assenza.
Nonostante i suoi
accorgimenti era arrivato in ritardo alla ripresa
dell’incontro dopo la pausa.
C’era
silenzio in sala, e Portogallo stava parlando. Francia cerca di
reprimere un picco di irritazione, e si sistema al suo posto, facendo
finta di essersi sempre trovato lì e di non essere in
ritardo.
Inghilterra sarebbe
stato il prossimo a parlare.
Non vedeva
l’ora di smontare le sue argomentazioni pezzo dopo pezzo. Lo
prendeva come un esercizio creativo. Lo guarda di nuovo. Inghilterra
non controlla più i suoi fogli ma sembra stare a braccia
incrociate a fissare la presentazione in atto. Sembra essere quasi
più sicuro di sé, e questo lo turba in un modo
nuovo. Sembrava quasi che avesse rinunciato a qualcosa.
Non doveva lasciarsi
prendere dai pensieri negativi. Francia aveva vissuto cose peggiori, e
di certo qualsiasi cosa Inghilterra avesse proposto sarebbe risultata
in un disastro.
« Bene, con
questo posso dire la mia presentazione conclusa. »
Francia vorrebbe fargli
il verso, ma pensa ancora di avere abbastanza dignità in
corpo. Portogallo spegne lo schermo con qualche tentativo e raccoglie
la sua documentazione, probabilmente preparata all’ultimo,
andando a sedersi.
Le poche nazioni
realmente interessate finiscono di prendere i loro appunti. Il foglio
davanti a lui è tristemente vuoto. Si appunta mentalmente di
spiare da Germania il materiale da ricopiare, davvero non poteva
sopportare l’ennesima predica nei suoi confronti su come
mancasse di portare indietro anche un semplice resoconto.
« Bene.
» dice allora Paesi Bassi, alzandosi in piedi. «
Ora è il turno di Inghilterra. Intende parlare
dell’imminente referendum sul rimanere o meno
nell’Unione Europea. »
Nessuno finge stupore,
e Inghilterra si alza in piedi, raccogliendo il suo materiale. Appare
quasi una nazione seria che non si ubriacava per ogni vittoria
internazionale. Francia lo osserva camminare a grandi passi verso il
piccolo podio adibito al punto delle presentazioni, e controllare di
avere tutto quello di cui aveva bisogno.
Rispetto a quella
mattina sembrava determinato, più sicuro di sé
nonostante le sue parole. Francia si sente quasi offeso pensando che
tutto quello che gli aveva detto non aveva funzionato.
Lo osserva schiarirsi
la voce, e poi cercare il telecomando per accendere lo schermo per una
presentazione. Germania aveva insistito che i loro interventi
diventassero più tecnologici, anche se Francia
più di una volta aveva combinato un mezzo disastro.
L’unica consolazione era che non fosse stato
l’unico a subire la digitalizzazione proposta, e non era la
sua la peggiore figuraccia sul tema.
Inghilterra invece
sembra sicuro di quello che sta facendo.
Ci impiega un
po’ a caricare la presentazione, ma Francia lo vede prendere
un lungo respiro, e lo schermo illuminarsi con la prima pagina.
Stava andando in scena.
Un brivido corre lungo
la sua schiena anche se Francia cerca di ignorarlo. Inghilterra lo
guarda per primo, come se volesse sfidarlo. Sembra essere tornato la
nazione agguerrita, e forse lui lo aveva provocato ad esserlo.
Poco importava, Francia
voleva sentire qualsiasi stupida idea avesse e distruggerla non appena
venisse posta sul tavolo. Era diventata una questione
d’orgoglio.
« Come avevo
già anticipato, il 23 giugno si terrà il
referendum sul rimanere o meno in Unione Europea. »
La voce di Inghilterra
è decisa. Non lascia spazio a indecisioni, e non sembra
nemmeno bisognoso di guardare il testo che si è preparato.
Sembrava davvero sicuro di cosa stesse dicendo.
Un po’ gli
ricorda quando si era dichiarato un impero. Un tempo lontano, carico di
nostalgia. Forse aveva ragione, forse Inghilterra voleva solo rivivere
qualche antica gloria, ignorando come una simile trovata potesse
rovinarlo. In fondo alcune nazioni erano cadute con molto meno.
No, si sbagliava. Non
sarebbe bastato un simile scossone per ridurre il grande impero che
Inghilterra era stato, di questo Francia era convinto. Non capiva
perché bramasse così tanto andarsene. Il suo
essere un’isola non era una spiegazione sufficiente. In fondo
l’unione, a parte lui, non lo aveva maltrattato in alcun
modo. Inghilterra doveva essere grato di vivere in una simile
accoglienza.
Ma non voleva.
Per Francia
è una realizzazione terribile da fare.
Inghilterra non voleva
rimanere in unione, non voleva rimanere insieme a loro. Insieme a lui.
Un tempo Francia
avrebbe fatto lo sdegnoso. Si sentiva indignato anche in quel momento,
mentre Inghilterra presentava un grafico sui prognostici dei risultati
del referendum. Lo odia, ma allo stesso tempo non vuole essere odiato
da lui. La sensazione è orribile.
Lo osserva parlare di
andarsene con naturalezza, come se fosse una cosa spontanea, come se
desiderasse davvero andarsene e un nodo gli si forma spontaneamente in
gola. Non poteva lasciarlo andare. Ma non poteva nemmeno trattenerlo.
Inghilterra non aveva alcuna ragione per rimanere, e Francia non si
sarebbe mai abbassato a implorare.
Non c’erano
state troppe parole dolci, tra di loro, e non avrebbe iniziato in quel
momento.
« Per questo,
è stato considerato favorevole… » le
parole di Inghilterra si accumulano nella sua mente, e Francia non
comprende come tutti possano ascoltarlo senza opporsi. Qualcuno doveva
dire qualcosa, ma lui era troppo vigliacco per esporsi in quella
maniera. Non era compito suo.
Francia osserva
Germania.
Sta di nuovo prendendo
appunti, invece di sollevare obiezioni che avrebbero fatto cambiare
idea a Inghilterra. Anche gli altri membri dell’unione
avevano la bocca sigillata, e nessuno sembrava davvero interessato a
dire qualcosa.
Si sente le spalle
pesanti, come se di colpo la responsabilità fosse tutta
sulle sue spalle. Francia non sapeva come scrollarsela di dosso.
« In
conclusione, le opinioni sono polarizzanti e non
c’è ancora una vera certezza sui risultati.
» Inghilterra fa una pausa. « Verranno riferiti
all’unione non appena verranno convalidati i voti. »
Inghilterra parla con
una voce dura, quasi monotona.
Sembra quasi che non lo
riguardi la situazione, ma ci ha messo troppa cura nel preparare tutto
quel teatrino nel quale si era esibito.
« Se non ci
sono domande, ho terminato. »
C’è
silenzio, ma finalmente Germania prende fiato.
« Ovviamente,
in caso di un esito positivo- »
« Quale
sarebbe un esito positivo? » lo interrompe allora
Inghilterra. Germania appare confuso.
Francia lo guarda
aprire e chiudere la bocca, come un pesce brutalmente estratto dal
laghetto in cui nuotava ignaro di tutto.
« Ovviamente
mi riferisco al fatto che rimani. »
Inghilterra non sembra
prendere bene la sua affermazione.
« E chi mi
dice che rimanere sarebbe la scelta migliore per me? »
La sua risposta
è per Germania, ma lo sta guardando. Francia si sente preso
in causa, e si sente piccolo. Non ha pensato a cosa dire a sua volta,
ma è sempre stato molto bravo a improvvisare.
« Insomma,
quale altra organizzazione ti accoglierebbe a braccia aperte?
» gli dice Francia. « Non sei più
l’impero imponente di un tempo. »
Forse lo sta pungendo
dove lo fa più male. Forse a Inghilterra non importa davvero
rimanere.
Francia non riesce a
pensare a come possa sentirsi. Si sente preso in causa, e ovviamente si
sente spinto a lottare come ha sempre fatto.
« Sono
comunque una maggiore potenza economica, molto più di te.
» era parzialmente vero. Inghilterra era più
forte, ma Francia gli veniva subito dietro. « Inoltre la mia
moneta è ancora forte. »
Sono obiezioni
legittime. Sono obiezioni sterili. Francia non vuole sentirle.
« Sappiamo
benissimo che non basta quello, altrimenti Stati Uniti ti avrebbe
già ficcato la lingua in gola. » le sue parole
portano il disagio a dipingersi sul viso di Inghilterra. Non si
è mai accorto delle aspirazioni di quello che aveva
cresciuto come un figlio, oppure aveva sempre preferito ignorarlo.
Francia non lo sapeva, ma non era cieco.
« Francia,
non è appropriato- »
« E poi anche
se te ne andassi, per noi non cambierebbe niente. »
Una mezza
verità. L’economia inglese non era fondamentale,
per loro. Un suo abbandono non avrebbe sconvolto loro quanto avrebbe
più destabilizzato l’isola con i suoi fratelli.
Ma a Francia sarebbe
mancato discutere con lui per ogni sciocchezza. Non avrebbero
più fatto colazione insieme, o lasciato scarabocchi sopra i
reciproci fogli. Inghilterra avrebbe smesso di lanciargli pezzetti di
carta nei capelli, e Francia avrebbe smesso di offrirgli bicchieri di
whiskey fingendo che fossero da parte di un ammiratore che Inghilterra
cercava di capire chi fosse ma beveva sempre con un mezzo sorriso.
Francia non voleva
rinunciare a quello, ma era incapace di esprimerlo.
« Se questa
è l’opinione generale- »
« No,
è solo Francia- » cerca di intervenire Germania,
ma è troppo tardi.
« -il
risultato del mio referendum non dovrà sorprendervi.
»
La voce di Inghilterra
è pesante, affaticata. Non gli era mai apparso
così sconfitto se non nei peggiori bombardamenti di Londra,
colpito al cuore. Francia lo guarda raccogliere i suoi fogli, e
spegnere lo schermo con la presentazione.
Ha esagerato, come suo
solito. Non era riuscito a tenere la lingua a freno, e quelle erano le
conseguenze. Aveva la sensazione di non poter rimediare, ma allo stesso
tempo non aveva alcuna reale influenza su qualsiasi decisione
Inghilterra intendesse prendere. Francia si era vantato un tempo, di
poterlo prevedere, ma ora quello che lo aspettava era un salto nel buio.
Certo Inghilterra dopo
tutto quello che era successo non aveva alcuna ragione di rimanere.
Inghilterra, anche se
seduto, continua a mantenere il contatto visivo. Ha
un’espressione scocciata, e nessuno fa caso a Lussemburgo che
lo aveva succeduto nella sua presentazione. Qualsiasi cosa stesse
succedendo, Francia non intendeva lasciargliela vinta in alcun modo.
Il resto della riunione
passa oltre le sue orecchie, e la sua mente non riesce a concentrarsi
su nient’altro che su ogni singola parola che Inghilterra
aveva detto. Non comprendeva come Inghilterra potesse anche solo
pensare di andarsene.
Non era certo
l’anima della festa, ma non poteva andare via.
Non doveva andare via.
La vera domanda da
chiedersi era che cosa volesse Inghilterra. Non aveva mai realmente
commentato sul desiderio di andarsene, ma non respingeva nemmeno
l’idea dato che l’aveva presentata come se parlasse
di un qualsiasi altro argomento. Era la sua indifferenza a colpirlo, e
non in positivo.
A volte Francia pensava
che Inghilterra, senza di lui, non poteva esistere. Erano stati nemici,
certo, ma allo stesso tempo per tutti quei secoli non erano riusciti a
fare a meno dell’altro. In fondo durante il Terrore i suoi
nobili erano fuggiti tutti da lui, in cerca di un porto sicuro mentre
lui veniva dilaniato – e decapitato, diverse volte
– dal conflitto sul suo territorio. Era sempre stato lui a
fuggire da Inghilterra, quando Germania lo aveva irrimediabilmente
colpito dopo aver calpestato le nazioni che stavano tra loro.
Era più
difficile pensare a quando Inghilterra aveva bisogno di lui. Si
trattava per lo più di tentativi di prendersi il suo trono.
Francia si chiede cosa
sia realmente rimasto di quel bambino che doveva convincere a scendere
dagli alberi, e se fosse l’unico a ricordarlo. Inghilterra
era un adulto, e lui forse si rifiutava di riconoscerlo. La guerra, in
fondo, era sempre un mezzo per stare vicini per le nazioni. Forse per
tutto quel tempo Francia si sentiva legato a Inghilterra, ma era
l’unico a sentire quel laccio.
Si stava commiserando,
e non doveva. Era una grande nazione, e di certo nessuno avrebbe dovuto
saperlo struggersi per scenari ipotetici. Era il primo a spingere via
Inghilterra ma poi struggersi perché questo non lo voleva
accanto a sé. Inghilterra doveva capirlo, solo non voleva
farlo.
Realizzarlo, per
Francia, non è piacevole.
Si era spesso vantato
di essere una figura di rilievo e influente su quell’isola,
ma ora che era arrivato il momento Inghilterra gli stava dimostrando
come non intendesse ricambiarlo in alcun modo. In fondo, pensa Francia,
loro due non si dovevano niente.
« Mi
riferisco alle spese sostenute nel primo trimestre…
» la voce di Lussemburgo ora gli arriva lontana, ma avvicina
soltanto il suo malumore. Vorrebbe strillare, attaccare briga con
Inghilterra, fargli rimangiare ogni singola parola che ha detto prima,
ma non può. Fissa con distrazione il foglio che gli era
stato depositato davanti, ma non lo vede realmente. Non ha alcuna
voglia di concentrarsi su cose che non gli importavano.
Francia sente quasi una
forma di debito pesare sulle sue spalle.
Inghilterra si
lamentava, urlava, minacciava, ma alla fine non gli aveva mai chiesto
il conto di ciò che aveva ricevuto a suo tempo. Francia era
stato terribile, violento, infame, e Inghilterra gli aveva sempre
risposto a tono.
Era sempre stato
così, e non doveva cambiare.
Inghilterra doveva
capire.
Doveva parlargli.
Francia osserva
Lussemburgo parlare. C’è ancora una discreta fila
di nazioni che attendono il loro turno. Il pomeriggio si preannunciava
infinito, e lui doveva fare una cosa troppo importante. Sente il
nervosismo persino nelle punte delle dita.
Inghilterra non doveva
andarsene, e anche se Francia sapeva che non poteva davvero fare
qualcosa a riguardo, doveva almeno parlargli.
Doveva almeno scusarsi.
Forse era un pensiero drammatico, e a Francia piaceva percepirsi come
tale. Si sentiva sciocco, ma allo stesso tempo si sentiva
più leggero. Non voleva essere la ragione per la quale
Inghilterra proponesse di andarsene. Se voleva andarsene, Francia non
voleva essere la spiegazione.
Non sarebbe cambiato
niente.
Probabilmente non
sarebbe stato capace di mettere in atto nessuna delle sue fantasie.
Molto più probabilmente avrebbero litigato in maniera
più grave, e la situazione invece che essere risolta sarebbe
solo peggiorata.
Francia adorava quelle
fantasie, ma si trovava a pensare che la realtà alla fine
era molto meglio.
Sarebbe stato bello
fingere di vivere in pace con Sacro Romano Impero, in fondo, ma non era
mai avvenuto. Pensava raramente a lui, e forse era rimasto uno dei
pochi che lo faceva. Era triste fare la sua stessa fine, e certamente
Francia si sarebbe impegnato per essere impresso nella roccia anche nei
millenni che avrebbero seguito.
Sarebbe stato
così con Inghilterra.
Stava facendo di tutto
per lasciare una sua impronta in quel mondo.
Forse la Brexit era
soltanto un altro metodo per emergere da quell’oceano di
mediocrità e cooperazione. In fondo Inghilterra non aveva
mai imparato ad esprimersi normalmente. Quando lo aveva incontrato non
parlava nemmeno, emettendo parole tutte sconnesse tra loro.
Non glielo avrebbe mai
ammesso, di questo Francia era sicuro.
Quella isola testarda
sarebbe esplosa piuttosto che comunicare in maniera dignitosa. A volte
voleva sapere da chi avesse preso un simile atteggiamento. Non
importava.
Davanti a lui altre
nazioni si susseguono sul podio, ma Francia non sente nessuno di loro.
La sua mente è orientata su ciò che lo aspetta
dopo.
Non sa davvero cosa lo
attenda. Poteva succedere di tutto, per quanto ne poteva sapere, ma
voleva togliersi almeno un velo di senso di colpa. Doveva parlare a
Inghilterra, che non lo guardava più neanche di sfuggita.
Stava seduto a braccia incrociate, e non faceva nessun intervento. Era
insolito in quanto aveva sempre da ridire.
C’era davvero
qualcosa nella sua mente. Francia voleva sapere cosa anche se non
glielo avrebbe mai detto. Voleva comunque tentare di capire la sua
mente, anche solo per un frammento, nella speranza che Inghilterra gli
permettesse di avvistare anche solo quello spicchio.
Francia non aveva un
piano, ma sapeva che doveva agire in qualche modo.
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Capitolo 3 *** estranei condividono un viaggio ***
Autore:
Ofeliet
Fandom: Axis
Powers Hetalia
Personaggi:
Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi:
Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti:
OOC
Cultober:
Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: seduti
in un'automobile
Chiesa di chi
è già in ritardo sulla tabella di marcia:
forse, finalmente, sono in pari. Devo dire che nonostante in questo
capitolo non succeda niente, allo stesso tempo succede di tutto.
La fine del meeting
è accolta con una generale freddezza.
Francia osserva le
prime nazioni alzarsi, ma aspetta il momento giusto per fare lo stesso.
Inghilterra è ancora seduto, e sembra non preoccuparsi di
nient’altro. Ha ancora un’aria tesa, ed emana un
atteggiamento di scontrosità. Non sembra voler rimanere a
lungo, quindi Francia sa bene come il suo tempo per parlargli
è limitato.
Non sa proprio come
avvicinarsi, dopo averlo spinto così malamente via, e non ha
molto tempo per pensarci. Ha trascorso l’ora precedente a
dipingersi più come un eroe tragico che a pensare a un
qualcosa di realmente concreto.
Decide comunque di
alzarsi in piedi, e sistemarsi. Messo in quella situazione
l’unica cosa che poteva fare era improvvisare.
Si sente guardato, e si
rende conto che chi più o meno evidentemente lo stava
osservando. Non lo faceva sentire tranquillo, sembrava quasi che tutti
si aspettassero che facesse qualcosa. Francia non aveva idea di cosa.
La sua mente gli
proponeva idee, ma erano tutte ridicole e venivano molto spesso da
romanzi. Era abbastanza certo che non avrebbe funzionato. Non doveva
agitarsi, tutto era sotto controllo. Tranne Inghilterra, che si stava
alzando in quel momento. Francia sente un nodo in gola nel guardarlo, e
prova a muoversi. Si sente paralizzato. Tutto il coraggio e la
spavalderia che aveva dimostrato ora sembravano svanite come neve al
sole.
Inghilterra non sembra
volerlo aspettare, e in pochi battiti di ciglia è sparito
dalla sua vista. Francia vorrebbe indignarsi, ma prende a guardarsi
intorno almeno per avere un indizio di dove fosse andato.
Doveva intercettarlo
prima che sparisse per andarsene all’aeroporto. Sarebbe stato
un ambiente ideale per scene di alto spessore, ma Francia avrebbe poi
dovuto perdere il treno che lo avrebbe riportato a casa e non gli
andava di sentire ulteriori prediche su prenotazioni da modificare
all’ultimo minuto.
« Francia.
» lo richiama quindi Germania. Ha un’espressione
stanca, forse appare quello più provato dalla situazione. Se
Inghilterra se ne andava non aveva idea di quante scartoffie sarebbero
cadute sulla testa della nazione teutonica .
Germania intanto gli
porge un plico di fogli.
« Si tratta
del resoconto del convegno. » gli dice, quando Francia lo
scruta con confusione. Lavorava insieme con un santo, poco ma sicuro.
« Spero che la prossima volta prenderai i tuoi appunti.
»
Sembrava davvero un
capoclasse indispettito, e la cosa fa ridere Francia.
« Non
prometto niente. »
Germania sospira, ma
non gli dice niente. Si congedano in fretta, e Francia scambia solo
qualche rapido saluto prima di spostarsi verso l’uscita
secondaria dell’hotel dove attendevano diversi taxi.
Inghilterra stava parlando con uno di loro, che gli rispondeva con
troppo entusiasmo.
Inghilterra, a
differenza sua, aveva raramente trattato con sdegno la gente che
offriva servizi. Ma in fondo Francia era tale anche perché
si comportava in quel modo, e Inghilterra per quanto avesse esportato
il classismo di rango se lo era fatto passare in fretta come un banale
raffreddore.
«
Inghilterra. » lo chiama, e l’altra nazione quasi
salta sul posto. Non sembra nemmeno volerlo vedere, il che peggiora la
sua irritazione.
« Che vuoi?
» le sue parole sono subito sulla difensiva. Francia sa che
ha causato il suo stesso male, ma non vuole accettarlo comunque.
« Devo sbrigarmi ad andare in stazione, il mio treno parte
tra un’ora. »
« Treno?
» la nuova informazione lo coglie di sorpresa.
Inghilterra non era
solito viaggiare in quel modo, ma l’occasione era troppo
conveniente e ghiotta per lasciarsela andare.
«
Sì, Francia. Treno. Quello che viaggia sulle rotaie.
» sta facendo sarcasmo. Un po’ lo fa sentire
rincuorato che nonostante tutto Inghilterra lo tratta ancora male,
significa che non è ancora così arrabbiato da non
rivolgergli la parola.
« Anche io
devo prendere il treno. » la sua lingua è
più veloce della sua mente. Sa che ha un’occasione
d’oro che non deve farsi sfuggire.
« E quindi?
» gli chiede Inghilterra, alzando un sopracciglio.
« Pensavo che
potevamo prendere insieme lo stesso taxi. »
« Prenditene
uno per te! » esclama allora l’altro, apparendo
scocciato. « Io non intendo condividerlo. »
Ovviamente si
comportava così. Inghilterra su certi argomenti non si
smentiva in alcun modo, e stava a Francia trovare la perfetta breccia
con cui farlo cedere.
« Suvvia,
Angleterre, tutti questi taxi vanno verso l’aeroporto. Il tuo
è l’unico che va in stazione. »
Stava mentendo tra i
denti, ovviamente. Sapeva benissimo come c’erano altre
nazioni che avevano scelto la sua stessa opzione, ma era ancora troppo
presto perché fossero lì a palesare la loro
direzione. Inghilterra non sembra molto convinto, anzi, sembra aver
persino compreso che gli sta mentendo.
Francia sapeva che
doveva mettere in atto tutto il proprio carisma. « E poi-
»
« Va bene.
Puoi prendere questo taxi. Io aspetto il prossimo. » Francia
si scopre a impallidire. Non stava andando come voleva, e non gli stava
piacendo la situazione in cui si era cacciato.
« No!
» esclama, forse con troppa emozione. « No, va bene
se lo prendiamo entrambi. »
Inghilterra non gli
appare convinto, e Francia ha la sensazione che è
l’unica occasione che ha per rimanere insieme da soli e
parlare senza interruzioni. « Dico che se ne prendi un altro
arrivi in ritardo. »
Inghilterra lo fissa
confuso, ma lo guarda ragionare. Sa che ha ragione, il traffico dopo
una certa ora era ingestibile in ogni capitale. Francia comprende che
bastava una piccola spinta per farlo cedere del tutto.
« E poi
possiamo dividere il costo. » sapeva che era
un’esca sciocca, ma stranamente su Inghilterra poteva
funzionare. Era in effetti tutto quello che serviva. Passano momenti
interminabili per Francia, che rimane in attesa di un riscontro da
parte dell’altra nazione.
Inghilterra sospira,
apparendo sconfitto.
« Va bene.
» Francia si sente finalmente in grado di respirare.
« Ma io mi siedo davanti. »
Francia non riesce a
obiettare, ma per la prima volta è il giovane tassista che
interviene, a suo favore questa volta.
«
Perdonatemi, ma c’è posto solo nel sedile
posteriore. »
Chiunque fosse quella
persona era un angelo venuto dal cielo.
Inghilterra sembra
senza parole.
« Bene!
» esclama invece lui, andando subito a sedersi. Non intende
lasciarsi sfuggire una simile occasione. Vede Inghilterra dal
finestrino temporeggiare, ma cedere e aprire la portiera. Si siede
accanto a lui, ma non lo guarda nemmeno di sfuggita. La cosa non
preoccupa Francia più di tanto, era già un
traguardo sufficiente averlo convinto a fare la stessa strada nello
stesso veicolo.
Si sente a suo modo
molto emozionato.
« Che non
diventi un’abitudine. » ringhia Inghilterra nella
sua direzione.
« Non sono io
quello che di solito prende un aereo per tornare a casa. »
Inghilterra sembra
colpito nel vivo.
La sua bocca si torce
in una smorfia, e non sembra avere altro da dire.
Il taxi si mette in
moto, e per un po’ non si dicono niente.
«
Perché hai preso il treno, stavolta? » gli chiede,
cercando di attirare la sua attenzione. Inghilterra per un
po’ rimane in silenzio.
« Non ti
riguarda. »
Il suo modo di porsi
è ovviamente sgarbato, incivile. Francia non se ne sorprende
mentre Inghilterra continua ad evitare il suo sguardo. Sa che
è normale, per Inghilterra, che poche persone gli avevano
mai chiesto il perché delle sue decisioni. Era strano che
usasse il treno. Francia lo aveva visto prendere la metro, al massimo,
quando gli incontri si svolgevano a Londra. Vorrebbe tanto capire cosa
gli passa per la testa.
« Pensi
davvero di andartene? »
« Ne devi
parlare proprio adesso, Francia? »
La sua
aggressività sembrava destinata a non abbassarsi. Francia si
sente messo all’angolo in quel piccolo abitacolo. Lui e
Inghilterra sono vicino, ma in realtà sono lontani.
«
Sì, perché poi tu tornerai su quella isola che
chiami nazione e non ti farai sentire finché- »
«
Finché? »
Francia si morde un
labbro. « Finché non usciranno i risultati.
»
Non comprende
perché lui e Inghilterra non potessero capirsi meglio. Le
risposte erano molteplici, ma Francia voleva ignorarle. In quel momento
Inghilterra doveva capirlo. Lo vede aprire la bocca diverse volte.
« E anche se
fosse, a te cosa cambia? »
Francia apre la bocca a
sua volta. La sua domanda è giusta, ma dare una risposta ad
alta voce avrebbe contribuito a rendere tutto reale e Francia ne aveva
timore. Certe verità era convinto che se ne sarebbe portato
dentro fino alla fine. Inghilterra non poteva sapere certe cose, e
Francia non era così coraggioso da dire davvero tutto quello
che pensava.
«
Perché tutti sono convinti che io ne sappia qualcosa.
» fa una pausa. « Ma in realtà, non so
niente. »
Non stava mentendo.
Quella decisione, tanto decantata, lo aveva colto di sorpresa anche
più degli altri. Inghilterra fa un’espressione
strana, ma sembra che la sua aggressività cali di colpo.
« Non
è un qualcosa che puoi capire. » gli risponde,
criptico. Francia torna a guardarlo, stavolta con più calma.
Vede una nazione stanca. Non sembrava più così
combattivo, anche se Francia non comprendeva cosa fosse cambiato.
« Certo,
perché tu sei un incompreso e l’unico indizio che
dai è in questo modo »
« A te cosa
importa di tutta questa storia? »
Francia non sa
rispondergli. Apre la bocca un paio di volte, ma non escono reali
parole. Non sa se esista una risposta che potrebbe soddisfare
Inghilterra. Forse gli importa più di quanto voglia dare a
vedere. Francia era sempre stato bravo a mentire anche a se stesso, se
la situazione lo richiedeva.
« Lascia
stare. » riprende Inghilterra. « Non mi aspetto che
tu abbia una risposta sensata. »
Un po’ lo
offende, ma Francia non desidera riprendere davvero il discorso. Ha
bisogno di pensarci, di trovare una risposta che salvi la propria
dignità. Inghilterra non poteva capirlo, ma
l’altra nazione a volte viveva seguendo delle regole che
nessun’altro si imponeva.
« Sai
già come andrà a finire? »
Questa volta
è il turno di Inghilterra di fare silenzio. Francia lo
osserva aprire la bocca diverse volte, ma nessun suono uscire da essa.
La cosa lo spaventa più di quanto vorrebbe. Se Inghilterra
ammetteva di essere in dubbio, era sicuro che non ci fosse nessuna
certezza e avrebbero dovuto attendere solo i risultati. Significava che
la nazione era divisa, che Inghilterra non poteva rassicurarlo in alcun
modo. Francia si sente tradito, in qualche senso. Inghilterra, a suo
modo, era sempre stato una certezza. Che si trattasse di entrare in
guerra o smettere di parlare a chiunque, erano decisioni prese con una
convinzione e fiducia nelle proprie capacità.
« No.
» è l’unica risposta che ottiene.
Una semplice parola
spezza i castelli di vetro che Francia stava cercando di costruire.
Non gli piaceva la
piega che stava prendendo la situazione. A quel punto preferiva non
avergli mai chiesto niente di simile. Forse il dubbio sarebbe stato
meglio, a confronto con la cruda realtà che gli si era
presentata davanti.
Inghilterra non dice
nient’altro, e anche Francia non ha molta iniziativa per
altre conversazioni. Sono entrambi prigionieri dei loro pensieri, i
quali non sarebbero mai stati condivisi con l’altro. Solo ora
Francia si rende conto di come il tassista ha sentito tutta la loro
conversazione. Chissà quale opinione si era fatto. Era
sciocco chiederselo, gli esseri umani non potevano realmente capire i
problemi di nazioni come loro.
Fuori dal finestrino la
città scorre, ignorando le sue lunghe stringhe di pensieri.
Era stato un errore prendere lo stesso taxi di Inghilterra. Se non lo
avesse fatto, avrebbe dovuto attendere i risultati come tutti gli
altri, nel dubbio di cosa sentisse veramente. Invece ora doveva fare i
conti con quella realtà incerta e piuttosto crudele che non
poteva più dimenticare.
Il taxi si ferma nel
parcheggio davanti alla stazione.
« Pago io.
» esordisce Inghilterra. Sembra voler riaccendere le
ostilità, in un modo sciocco ma che ha un qualcosa di
rassicurante.
« No, pago
io. » risponde prontamente, sentendosi in modo sciocco pieno
di entusiasmo. Entrambi hanno contanti in mano. Il tassista li osserva
entrambi discutere, ma alla fine Francia riesce a spuntarla. Lui in
fondo aveva solo gli euro, mentre Inghilterra un mix di monete locali,
non abbastanza per pagare la metà della tratta del suo
viaggio.
Con soddisfazione
Francia allunga la banconota, ottenendo il resto e desideroso di
sbatterlo in faccia a Inghilterra. Questi appare deluso, ma non dice
niente. Apre invece la portiera ed esce, lasciandolo da solo.
Francia lo osserva
allontanarsi dentro la stazione.
Non si erano capiti di
nuovo.
Lui, cortesemente,
saluta a sua volta il tassista e si sistema i capelli prima di uscire.
Fuori fa caldo, anche a pomeriggio inoltrato il sole era ancora alto.
Non riesce più a vedere Inghilterra. Aveva parlato di come
dovesse prendere il treno con urgenza, in fondo, mentre lui aveva
ancora una generosa ora per rilassarsi a qualche cafè
sovrapprezzato della stazione.
Aveva sicuramente
bisogno di qualcosa di dolce per riprendersi da tutta quella giornata.
In fondo a Parigi lo
aspettava un appartamento disordinato, e i messaggi della sua
segretaria. Tanto valeva passare del tempo e fingere che non avesse un
lavoro.
Un po’
sperava di poter rivedere Inghilterra, ma questo probabilmente era
già su un treno, lanciato a una velocità
spropositata, allontanandosi il prima possibile da tutto quello.
Francia, alla fine,
aveva ricevuto le risposte che voleva da lui. Non doveva angosciarsi
troppo a lungo, si sentiva troppo stanco per portare una cosa simile.
Aveva vissuto crisi peggiori, nella sua vita, e quella sarebbe stata
una come un’altra. Non lo avrebbe nemmeno riguardato
personalmente, oppure non sarebbe davvero successo niente.
Qualsiasi prognostico
sarebbe stato inutile, a quel punto. Doveva solo aspettare, e la
risposta sarebbe caduta dritta ai suoi piedi se attendeva.
Rimaneva da chiedersi
cosa significasse tutto quello per Inghilterra, ma non aveva abbastanza
coraggio da chiederglielo. Erano rivali, nemici, alleati. Francia non
sapeva quanto davvero Inghilterra gli concedesse di conoscere, pur
sapendo di lui molto più di quanto Francia gli aveva
lasciato intendere.
«
Chissà che altro intende combinare…»
dice ad alta voce, sentendosi subito ridicolo per averlo fatto.
Già vedeva le testate giornalistiche associare questo
piccolo sfogo con un eventuale desiderio di limitare qualsiasi tipo di
censura. Gli veniva da ridere, pensandoci.
Erano nazioni, loro.
Qualsiasi cosa facessero veniva metto sotto osservazione e interpretato
modellandolo sui tempi in cui vivevano. Una volta aveva starnutito e la
corte era andata in panico temendo il ritorno della peste. Alla fine si
era trattato di una banale influenza che aveva messo in ginocchio
Parigi, ma per Francia la loro reazione era stata certamente esagerata.
Ne aveva riso, quando finalmente era guarito da quel brutto malanno.
Chissà come
avrebbero interpretato ai posteri quello che stava facendo Inghilterra.
Francia era quasi curioso di conoscere l’interpretazione
pittoresca che ne avrebbero ricavato. Immaginava già interi
romanzi sull’argomento.
Si trattava solo di
aspettare, come stava attendendo il suo treno. In fondo, tutto arrivava
a suo tempo, e anche le conseguenze per Inghilterra non sarebbero
tardate ad arrivare.
Sembrava che il fato
adorasse essere crudele, o volesse aiutarlo.
Francia non sapeva
dirlo. La banchina del treno, una volta effettuato i controlli, era
piena di persone. Lui, però, si era fatto prenotare la
carrozza del business e avrebbe dovuto condividere un tavolino solo con
un altro, facoltoso, sconosciuto.
La situazione con
Inghilterra era ben lontana dall’essere risolta. Francia
sapeva come non aveva fatto abbastanza, ma poteva almeno pensarci lungo
il tragitto che lo avrebbe ricondotto a casa.
Non doveva lasciarsi
scoraggiare dalla situazione, era davvero convinto di riuscire a
passare anche quella avversità. Inghilterra,
però, sembrava essere diventato un muro, non sono nei suoi
confronti ma in quelli di chiunque. Qualsiasi cosa gli passasse per la
testa Francia non sapeva se fosse in grado di sbrogliare.
Il solo pensarci lo
faceva prendere dallo sconforto.
Una volta che sarebbe
partito avrebbe sicuramente ordinato un cocktail, almeno
l’alcol lo avrebbe distratto dalla situazione in cui era.
Il posto a lui
assegnato è dignitosamente elegante. Francia guarda la
postazione di fronte a lui, vuota, e spera che nessuno venga ad
occuparla. Ha bisogno di rimanere da solo, a struggersi per tutto
quello che aveva vissuto in quelle ore. Non sa se avrà
fortuna, ma si siede, sistemandosi il più comodo possibile e
guardando fuori dal finestrino. Ci sono diverse persone che ancora sono
fuori, a fumare o abbracciare le persone che li avevano accompagnati
fino a lì. Prova una punta di invidia. Nessuno lo salutava
mai in quel modo quando doveva partire.
« Oh, ma mi
state prendendo in giro! »
Francia scatta nel
sentire una voce famigliare. Inghilterra è in piedi davanti
a lui, la bocca aperta e le sopracciglia strette in
un’espressione che giudicare arrabbiata è
riduttivo.
« Che ci fai
qui? » gli chiede, e Francia batte le ciglia.
« Torno a
casa, ovviamente. Questo treno va a Parigi. »
Inghilterra sospira.
« Cosa ci fai
tu, qui? »
Inghilterra sembra meno
pronto a rispondere. In fondo, sapeva anche lui che il capolinea di
quel treno era Parigi e non Londra. Certo, non esistevano collegamenti
diretti tra Amsterdam e la sua capitale, ma doveva andarsene a
Bruxelles se voleva tornare a casa più velocemente.
Per Francia un
comportamento simile è inspiegabile.
« Quello
è il mio posto. » gli dice, indicando la poltrona
di fronte a lui. A Francia viene da ridere, l’ironia della
situazione in cui si trovava diventava sempre più
inspiegabile, e sembrava tanto desiderosa di giocare con lui.
« E questo
è il mio. » gli risponde, mascherando una mezza
risata.
« Mi stai
prendendo in giro. » Inghilterra sembra più
parlare a se stesso che a lui. Finisce però col sospirare e
appoggiare la sua borsa. Ha cambiato i vestiti, ora indossa le maniche
corte. C’era una strana praticità di Inghilterra
nel viaggiare, mentre lui continuava a indossare l’elegante
completo che ha portato per tutta la giornata.
« Non
l’ho fatto apposta. » si sente dire, e Inghilterra
si siede, guardando fuori.
Francia un
po’ vuole credergli.
Inghilterra gli ha
mentito, in passato, ma mai sulle cose sciocche.
Lo osserva sedersi, ma
non coglie il suo contatto visivo. Sembra volerlo evitare a tutti i
costi, cosa che irrita Francia più del dovuto.
« Certo, tra
tutti i treni e le carrozze disponibili sei sistemato proprio qui.
» commenta con una punta di sarcasmo.
« Scusa, la
prossima volta sarò informato su quale treno sarai
così da evitarti. »
Simili schermaglie
verbali lo rassicurano. Gli sembra che niente stia realmente cambiando
tra di loro.
« La colpa
è tua che non hai preso l’aereo come tuo solito.
»
Inghilterra lo fissa
con una certa irritazione. Sa che ha ragione, ma non lo
ammetterà mai.
« Possiamo
almeno far partire questo treno prima di metterci a litigare? Non mi va
di andarlo a cambiare all’ultimo. »
Era dritto al punto.
« Saranno le
quattro ore più lunghe della mia vita. »
Francia vorrebbe
complimentarsi per aver controllato il tempo del tragitto. Sarebbe
stato a Parigi a sera inoltrata, giusto in tempo per sedersi a un bel
bistrot che conosceva lui e pochi altri per cenare. A Inghilterra
toccavano invece minimo altre due ore di viaggio.
Francia non capiva come
non avesse preso l’aereo in quelle condizioni. Sarebbe
rimasto un mistero, ne era certo.
« Hai vissuto
più di mille anni, quattro ore saranno un battito di ciglia
per te. »
« Parli come
se tu fossi più giovane. »
Non avevano mai
approfondito la loro differenza di età. Era probabilmente
sotto a un secolo, ma Francia si era sempre fregiato di essere un
fratellone e il primo a marcare la scena politica
dell’Europa. C’erano altri prima di lui, ma la loro
esistenza sembrava essere stata dimenticata. Francia stesso non sapeva
dire chi fosse venuto prima di lui, con grande disappunto degli storici
che venivano puntualmente a intervistarlo.
« Lo sono.
» replica Inghilterra, lapidario. « Non mi sembrava
una novità. »
« Eppure
discutiamo come avessimo un secolo a testa. »
Inghilterra emette una
breve risata, probabilmente pentendosene subito dopo. Francia lo segue.
Qualsiasi cosa fosse successo tra loro, in quel momento stavano
condividendo la stessa carrozza del treno. Qualsiasi cosa fosse
passata, tra loro, era alle spalle e gli permetteva di comunicare in
quel modo.
L’annuncio
del treno li coglie di sorpresa. Stava parlando delle solite
istruzioni, ed erano quasi pronti a partire. Francia ascolta con
distrazione gli annunci in lingue che non si era mai sforzato di
imparare, fingendo di prestarci particolare attenzione per sfuggire
alla tensione che provava in tutto il suo corpo.
Inghilterra, rimasto in
piedi per tutto quel tempo, finalmente si siede. Ha deciso di non
fuggire, o di non prendere un altro treno. Francia, dentro di
sé, si sente come se avesse vinto anche se non sa su quale
argomento.
Le porte si chiudono, e
dopo qualche minuto il treno inizia a muoversi. Francia si risparmia
qualsiasi genere di commento sulla partenza, sente come sarebbe
superfluo.
Non si dicono molto.
Inghilterra guarda fuori dalla finestra, e ben presto Amsterdam lascia
spazio al paesaggio rurale del paese. Francia guarda fuori a sua volta,
anche se poco interessato a quello che vedeva. Il silenzio ora inizia a
pesargli, e teme quasi che si ripeta esattamente ciò che
aveva vissuto nel taxi poche ore prima.
Per sua fortuna arriva
un controllore, che procede a verificare i loro biglietti e chiedergli
se preferissero qualche accorgimento per migliorare il loro viaggio.
Entrambi non chiedono niente, e rimangono in silenzio.
Di solito Francia
avrebbe finto di lavorare, almeno, ma non aveva con sé
nemmeno il telefono per scrollare lungo i social e controllare gli
articoli che probabilmente stavano già uscendo su Internet.
La sfortuna era essere seduto di fronte alla nazione più
scorbutica che potesse conoscere, e che non avrebbe mai conversato per
il mero piacere di farlo.
« Germania,
comunque, mi ha chiesto spiegazioni. »
Tanto valeva iniziare a
parlare. Aveva quattro ore da riempire, e forse Inghilterra in
quell’ambiente non sarebbe riuscito a fuggire alle sue
domande. Lo vede alzare le spalle.
« Germania
è diventato troppo ansioso. »
Si trova a dargli
ragione. Della nazione bellica che li aveva spaventati entrambi era
rimasta poca cosa. Germania era diventato più morbido, molto
più preoccupato, e decisamente più stressato.
« Mi ricordo
quando Prussia lo ha presentato la prima volta- »
« Sei
consapevole che se parli così sembri ancora più
vecchio? »
« Stavo
cercando di farti un complimento! » esclama piccato. In fondo
la prima volta che Germania aveva visto Inghilterra ne era uscito molto
intimidito. In quel periodo Inghilterra trasudava una strana
virilità che Francia poteva tranquillamente dire di avergli
visto addosso durante i tempi della pirateria. Mentiva se diceva che
non lo aveva trovato attraente, anche se doveva mordersi la lingua.
Qualsiasi tentativo di flirt era accolto da Inghilterra con una fuga
poco tattica e una chiusura che rendeva impossibile qualsiasi approccio
per mesi.
Inghilterra sbuffa.
« Io mi ricordo solo quanto fosse irritante Prussia.
»
Francia non commenta.
Sanno entrambi che ha ragione.
Poteva citare parecchi
aneddoti sul tema, ma più guardava indietro più
riusciva a richiamare alla mente gli innumerevoli contatti e faide che
avevano nei secoli. Francia poteva dire di conoscere Inghilterra da
troppo tempo. Conoscevano i reciproci difetti, ammiravano segretamente
i rispettivi pregi anche se Francia sapeva di averne più di
lui, e nei secoli non si erano mai davvero annientati a vicenda anche
se ne avevano avuto la possibilità. Qualcosa doveva pur
valere, tra loro.
«
Però tu sei sempre stato più irritante di lui.
» aggiunge allora Inghilterra, indispettendolo. Francia
avvampa per una simile offesa nei suoi confronti, e si sente pronto a
sfidarlo quasi a duello. Non avevano mai duellato nonostante si fossero
minacciati di farlo diverse volte. Alla fine le loro rimostranze
rimanevano una cosa che non meritava una risoluzione tanto drastica.
« Adesso stai
esagerando. » Inghilterra scoppia a ridere, ma si copre
subito la bocca. Pare quasi un bambino colto a fare una cosa che non
doveva. « E poi io sono molto più bello.
» dice, guardandolo con sfida. Voleva sapere fino a dove si
sarebbe spinto.
Inghilterra non
risponde immediatamente. Lo guarda, forse ci impiega un po’ a
realizzare quello che gli ha appena detto.
« Non sei
così bello. » risponde dopo un po’.
« Sei passabile. »
Quella piccola infida
isola. Non avrebbe mai ammesso niente, e avrebbe sempre affermato il
contrario di ciò che lui diceva. In quello non era mai
cambiato.
« Non
è una vera critica, vista la tua di faccia. »
Inghilterra, per quanto
ne sapeva, non si era mai considerato bello. Coraggioso, avventuroso,
forse addirittura virile. Erano aggettivi che persino Francia non era
in grado di negargli, nella propria mente.
« Certo che
tu sei il primo a criticarmi. » sospira Inghilterra,
incrociando le braccia. « Qualsiasi cosa io ti dica,
avrà sempre una tua critica attaccata. »
Francia nelle sue
parole sente una improvvisa, e inaspettata, apertura. Inghilterra stava
ammettendo, a modo suo, che quello che gli aveva detto lo aveva offeso.
Un tempo Francia ne avrebbe approfittato per infliggere un colpo
peggiore, più profondo, ma era stanco di lottare. Non voleva
più imbracciare le armi, voleva che Inghilterra capisse cosa
volesse dirgli senza chiudersi immediatamente a riccio.
Non era certo delle
parole che andavano utilizzate, però.
Sarebbe bastata una
mossa sbagliata per ridurre quel momento in frantumi.
« Non ti
critico sempre. » dice, parlando piano. « Ti
critico quando non ti capisco. »
« E cosa
c’era da capire, oggi? » la voce di Inghilterra
è più tesa. Non sta fuggendo, come Francia
temeva. Era un buon segno, significava che c’era speranza di
continuare. « Ho solo parlato di un referedum- »
« Stai
dicendo che vuoi andartene. » lo interrompe Francia.
« Non capisco perché, e tu non stai di certo
aiutando con la comprensione. » Inghilterra non riprende la
parola. Si morde le labbra, ma non appare ancora sconfitto.
« Non mi
riferisco a questo. »
Francia batte le dita
sul tavolo, nervoso. Qualsiasi cosa Inghilterra intendesse, stava
diventando criptico. Forse la sua stessa mente non era certa di cosa
stesse pensando a riguardo, e come al solito si era gettato alla cieca
in una discussione pensando di saperla spuntare indipendentemente da
come si poneva.
« Non capisco
perché tu ti sia impuntato su questo referendum. Lo sto
facendo io. »
«
Perché tu non ne parli chiaramente! » esclama
quindi Francia, piccato. La frustrazione mista alla preoccupazione
accumulata lo faceva sentire pieno di una strana euforia. Tutti i
pensieri che aveva accumulato nel corso della giornata premevano nella
sua mente.
« Non ho idea
a cosa tu ti riferisca. »
Inghilterra forse fa
finta di non capire. Francia non sa dirlo con certezza a sua volta. Sa
che è quello il momento giusto per ottenere la
rassicurazione che forse, in fondo alla sua mente, stava bramando. Non
avrebbe avuto pace se non l’avesse ottenuta, e quella era la
vera unica occasione di poterla avere tra le mani. Non poteva lasciarla
fuggire in alcun modo.
« Dimmi tu
cosa ne pensi! » ha un tono forse troppo accusatorio. Francia
non sa dirlo, ma finalmente riesce a spingere Inghilterra nella
direzione che doveva andare. Inghilterra batte le ciglia un paio di
volte, forse non sta realmente capendo cosa gli stia chiedendo.
Ha le braccia
incrociate, ma le sistema di nuovo quasi per rafforzare la sua
posizione nei suoi confronti. In un’altra occasione Francia
lo avrebbe preso in giro, ma ora non ha più tempo da perdere.
« Non vedo
perché ti interessa. »
Quella isola testarda.
Francia vorrebbe sospirare affranto, vorrebbe afferrarlo e scuoterlo
per ottenere una risposta come se fosse una di quelle palle magiche che
tutto facevano tranne accontentarti. Un paragone ridicolo, ma
stranamente molto calzante nei confronti di Inghilterra.
« Mi importa!
Per questo te lo sto chiedendo! »
Non ha senso mentire
nemmeno a se stesso, in quel momento. Francia sa che sta dicendo la
verità, e forse finalmente anche Inghilterra lo ha capito.
Lo vede indurire la mascella, forse sta ponderando cosa dirgli. Francia
prende dei lunghi respiri. La verità che aveva pesato sul
suo petto era finalmente uscita, e aveva smesso di dargli tutto quel
tormento. Si chiede perché non l’abbia detto
prima, e aveva anche la risposta pronta alla sua domanda.
L’orgoglio
che guidava lui e Inghilterra non avrebbe mai permesso loro di
comprendersi completamente. Francia avrebbe protetto il proprio
così come Inghilterra avrebbe protetto il suo, aveva
funzionato così per secoli. Forse però Francia
era stanco di salvaguardarlo. Non lo avrebbe più condotto
dove desiderava.
« Non ti
è mai importato un granché. »
Inghilterra, da parte sua, non voleva evidentemente rinunciare a esso.
Sembrava starsi costruendo un nuovo fortino, forse spaventato dalla
discussione che stavano avendo. Francia non voleva andasse
così. Inghilterra doveva smettere di correre ai ripari,
almeno con lui. Non poteva lasciare che si nascondesse in un frangente
così fondamentale.
« Forse in
passato. Ma ora te lo sto chiedendo, Inghilterra. Voglio che tu me lo
dica perché voglio ascoltare. »
Francia non ha idea se
quello che gli sta dicendo possa funzionare. L’espressione di
Inghilterra è sempre più tesa, ma non sta
fuggendo. La sua difesa invece di alzarsi sembra aspettare il momento
giusto per scendere.
« Io non
voglio parlarne! » è un suo ultimo tentativo di
difendersi. Francia lo capisce dalla sua voce. Sa che non
può sbagliare proprio in quel momento. Inghilterra, forse,
vuole finalmente essere vulnerabile e lui non può
lasciarselo sfuggire.
La sua mente soppesa le
parole giuste, cerca di modulare il tono corretto. Inghilterra deve
capire che può parlarne con lui, con nessun altro che con
lui. Un antico nemico, certo, ma ora c’erano solo loro due su
un treno che viaggiava a velocità folli. Non doveva avere
paura o tentare di fuggire. Francia non intendeva lasciarselo scappare
in alcun modo.
« Penso che
dovremmo parlarne, invece. »
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Capitolo 4 *** rivelazioni dopo il tragitto ***
Autore:
Ofeliet
Fandom:
Axis
Powers Hetalia
Personaggi:
Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi:
Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti:
OOC
Cultober:
Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: dopo
tutto questo tempo?
Chiesa
del malumore:
non ho terminato il capitolo con il migliore dei umori, ma in fondo
perché essere arrabbiata se posso sfogarmi sulla fruk (no
non è violenza domestica lo giuro agente)
Inghilterra sembra quasi
alzare gli occhi al cielo.
« Ti ho
già detto- »
« Se non ne
volevi parlare non saremmo qui. »
Inghilterra sembra
odiare la sua logica. Francia si sente un po’ vittorioso, e
quasi vorrebbe darsi da solo una pacca sulla spalla. Forse sa anche lui
che ha ragione.
Francia lo osserva
tendersi, forse scocciato, forse preoccupato. Ha la sensazione che
quello era il confronto di cui entrambi avevano bisogno. Francia
pensava di meritare qualche genere di rassicurazione, almeno in quel
momento.
Ha di fronte una
nazione che se voleva poteva persino aggredirlo, Francia non dubitava
come Inghilterra ne avesse ancora le energie.
« Io davvero
non capisco cosa tu voglia sapere. »
Francia nemmeno.
Sa già
troppo, a suo avviso, e teme che saperne di più lo
farà sentire solo peggio.
Forse non era nemmeno
un bene che Francia ne sapesse qualcosa. Immischiarsi negli affari
delle altre nazioni era forse divertente, ma comportava anche il
rischio di scoprire cose che non si voleva sapere nemmeno dopo secoli.
Francia ne era stato il portatore della pratica, e anche se non si
diceva pentito a volte si sentiva perlomeno turbato.
« A volte non
capisco come ragioni. »
« Non devi,
infatti. »
Francia emette un verso
di stizza, ottenendo un sorriso sardonico come risposta.
« Avanti,
Inghilterra, non siamo più ragazzini. »
Forse è
più forte di Inghilterra, Francia non sa dirlo.
Inghilterra lo attraeva
come una calamita, ma allo stesso tempo gli scatenava la peggio
malignità che potesse avere in corpo. Forse Inghilterra
provava lo stesso tipo di cosa, oppure era nato maligno e stava solo
seguendo la sua natura. Francia non era molto certo di nessuna ipotesi.
« Infatti,
ormai potresti avere l’età di una vecchia signora
impicciona. » il suo tono è spoglio di cattiveria,
ma Francia si sente ugualmente offeso. Voleva fargli i complimenti per
il talento che aveva per irritarlo, ma Inghilterra si stava
divertendo e Francia non riusciva davvero a rovinare a sua volta
l’atmosfera. Era assurdo pensare che Inghilterra volesse
rinunciare a tutto quello.
« Sono una
bellissima signora impicciona. » gli risponde, ma gli viene
da ridere.
La porta scorrevole si
apre, lasciando entrare una hostess con un carrello. Francia non esita
a ordinare una merenda gourmet, pagata coi soldi dei contribuenti,
mentre Inghilterra chiede solo una tazza di tè.
Per Francia era assurdo
pensare a come questi si rifiutasse di mangiare anche in occasioni come
quella. Inghilterra sembra notare il suo sguardo, e ordina anche un
panino da accompagnare.
La hostess non ci
impiega molto a servirli, e li lascia di nuovo soli. Francia prende un
sorso della tisana che ha ordinato, il caffè dopo una certa
ora sembrava iniziare a fargli un brutto effetto, mentre Inghilterra
sorseggia con calma dalla sua tazza. Come adorasse
quell’acqua che sapeva di foglie era un mistero, ma
Inghilterra sembrava non essere mai guarito da quando aveva reso il
tè il suo unico tratto della personalità.
Francia non poteva
prenderlo troppo in giro, perché anche lui aveva subito la
stessa sorte con altre argomentazioni.
Inghilterra davanti a
lui sta mangiando.
Francia pensa che
dovrebbe smettere di sentirsi così soddisfatto nel
guardarlo. Che Inghilterra mangiasse o meno non doveva importargli, e
invece era seduto lì come uno sciocco ed era contento come
uno stupido. Francia non poteva davvero capire se stesso, anche se
voleva impegnarsi.
Forse non poteva
comprendere Inghilterra nello stesso modo. Lo aveva desiderato come
colonia, ma non era davvero in grado di capire le sue esigenze.
Inghilterra, dal canto suo, non sembrava volerci nemmeno fare caso.
« Comunque
sei il primo che mi chiede il perché. » parla
allora Inghilterra. Sono rimasti in silenzio abbastanza a lungo, e
Francia stava pensando che forse era meglio non riprendere la
conversazione. Inghilterra però non era dello stesso avviso.
Sembra persino
imbarazzato da quella ammissione.
« Era ovvio
che te lo avrei chiesto- »
« No, non lo
era. Mi fa strano pensare che sei l’unico che ha voluto
saperne di più. »
Francia non pensava di
essere la nazione più vicina a Inghilterra. La geografia
parlava per sé, ma c’erano ben altre nazioni con
le quali Inghilterra si sentiva a suo agio rispetto a lui. Era strano
anche per Francia pensare a come, in fondo, la loro rivalità
li aveva legati stretti e si era rifiutata di scioglierli in alcun modo.
Inghilterra non era un
qualcuno che si sarebbe aperto facilmente, lo sapeva. Non con lui,
almeno, anche se qualche parte di Francia aveva desiderato intensamente
essere il suo unico confidente.
« Non volevo
che pensassi che non mi importava. »
Inghilterra abbozza una
risata, anche se poco convinta.
« Tu riesci
ad esprimerti solo parlando con malignità. »
Francia sa bene che
è una critica vera. Inghilterra, in fondo, era stato una
delle sue prime vittime, e uno dei pochi che aveva sempre risposto a
ciò che gli diceva. A suo modo era anche quello un motivo
per sentirsi importante.
« Qualcuno
doveva pur dire qualcosa. »
« E sei stato
tu a farlo. »
Francia aveva una
strana sensazione di star perdendo il confronto, come se Inghilterra
avesse deciso di attaccarlo camminando molto velocemente. Qualcosa in
lui si agita. Non si stava comportando così senza un motivo.
Inghilterra si stava sentendo in trappola a sua volta.
«
Inghilterra, perché vuoi andartene? » gli chiede,
questa volta incrociando le braccia e puntellandosi cercando di
mantenere la calma.
Messa a voce sembra una
cosa ben più spaventosa.
Inghilterra sembra
finalmente preoccuparsi, o forse era finalmente arrivato il momento
della realizzazione anche per lui. Francia vuole cavargli una risposta,
anche a costo di litigare.
Francia lo osserva
raccogliere i pensieri. Non era mai un buon segno, ma forse facendo
così Inghilterra sarebbe giunto a una conclusione e Francia
avrebbe smesso di sentirsi tormentato da risposte che non voleva
sentire.
Aveva ammesso a se
stesso di voler sapere cosa Inghilterra pensasse, ma ora che era
davanti alla possibile ammissione di verità ha paura di
ciò che può sentire.
Per un po’
c’è solo il rumore del treno, tra loro.
Francia rimane in
attesa, sa che non può parlare per primo. Inghilterra sembra
pensare intensamente a ciò che intende dirgli, e non vuole
mettergli alcuna fretta.
« Hai mai la
sensazione di non essere più te stesso? » gli
chiede, dopo aver deglutito.
« Tante
volte. » gli risponde Francia, alzando le spalle.
« Non nel
senso di una guerra o di instabilità. Sentire come si essere
trascinato in un unico conglomerato dove pensi ma non sei davvero tu a
prendere la decisione. »
Francia si ferma a
pensare, e stranamente riesce a comprendere subito a cosa si riferisca.
«
Inghilterra, ti spaventa stare insieme ad altri? »
Sembrava aver fatto
centro.
« Pensi che
l’unione ti stia togliendo la tua autonomia? »
Era un pensiero
sciocco, ma era vero che Inghilterra era un’isola e ragionava
in modo diverso. Francia era abituato a spostare i suoi confini e non
avere una forma definita, e anche se aveva sofferto sia a cedere sia ad
acquisire per lui era doloroso ma normale. Inghilterra aveva confini
ben definiti, e aveva sempre lottato duramente per mantenerli.
Inghilterra aveva
paura.
Era strano pensare come
ci fosse andato vicino ad arrivare a capire il perché delle
sue motivazioni.
« Mi stanno
togliendo la sicurezza! E poi- » Inghilterra si blocca,
prendendo un lungo respiro. « Non sono certamente amato, sul
continente. »
Francia vorrebbe avere
una risposta sottile, ma non c’è una che possa
dargli. Era strano pensare a come Inghilterra era rimasto simile a
quando era bambino.
«
Inghilterra. » il suo tono, forse, è paternale.
« Hai deciso di andartene per questo? »
« Non ho
deciso di andarmene! Non so se voglio andarmene! »
Erano le parole che
Francia voleva sentire, anche se non avevano risolto niente.
Inghilterra era spezzato, al suo interno, e aveva paura. Stava vivendo
qualcosa di terribilmente difficile, e non voleva accettare alcun aiuto
o parola di conforto. Era Francia a dovergli parlare, ma non sa cosa
dire.
Qualsiasi cosa potesse
pronunciare non avrebbe sanato la frattura che Inghilterra stava
provando in quel momento. La tensione tra loro era ancora
più alta. Inghilterra trasalisce, ma non sembra voler
fuggire.
Francia non sa che fare.
Ha davanti a
sé una nazione ferita, spaventata.
« Non devi
deciderlo qui davanti a me. » gli parla, cercando di
calmarlo. Vorrebbe lo facesse, ma spingere Inghilterra in quella
direzione lo avrebbe fatto sentire solo peggio.
Inghilterra ha il viso
rosso, forse per la troppa agitazione.
« Tutti
vogliono una risposta subito. » mormora Inghilterra,
abbassando lo sguardo. « Si aspettano che io abbia le idee
chiare. »
A Francia viene da
ridere. Non aveva mai risposto chiaramente nemmeno a un re o a un
sacerdote quando veniva interpellato, ma per Inghilterra una simile
trasparenza era sempre stata un motivo di orgoglio.
« Sembra
quasi che pensino che tu sappia vedere il futuro. »
« Ho letto i
tarocchi solo una volta- » esclama Inghilterra, abbassando
poi il tono della voce. « E nessuno sa davvero il futuro.
»
Sembra sconfitto, e a
Francia quasi dispiace non essere lui il vincitore in quella storia.
Osserva Inghilterra.
Lo conosce da
così tanto tempo, e gli fa tenerezza. Non è
più il possente impero, sono solo due nazioni che hanno
vissuto troppo a lungo e rifiutavano di andarsene.
Francia non sa
perché si alza e allunga una mano verso Inghilterra. Gli
sfiora una guancia pallida. Lo sente ruvido, ma non gli da fastidio.
Inghilterra apre la
bocca, ma non esce alcun suono.
Francia non sa dire che
cosa stia facendo. Si sta muovendo per qualche strana forma di istinto.
Non conosce il modo migliore per rassicurare Inghilterra. Non ce ne
sono, probabilmente, ma vorrebbe almeno tentare.
Inghilterra rimane teso
sotto il tocco delle sue dita, e Francia passa a sfiorare le sue
labbra. Sono secche e poco piacevoli da toccare. Non si sente sorpreso
nel vederle così, ma si risparmia qualsiasi genere di
critica all’altra nazione.
Inghilterra le schiude
piano, e lascia uscire un sospiro.
Francia non lo guarda
negli occhi. Ha paura di farlo e venire rigettato dal suo sguardo.
Invece si china e appoggia le proprie labbra su quelle di Inghilterra.
Non ricorda bene
l’ultima volta che l’ha baciato. Forse era per
l’anniversario dell’entente. Era la parata del
quattordici luglio, era venuta una divisione inglese per condurla.
Inghilterra era venuto lì in modo ufficioso.
Lo aveva baciato
durante i fuochi artificiali, preso dall’euforia di un secolo
di intesa. Lo aveva baciato più spesso lui, rispetto a
Inghilterra che raramente prendeva l’iniziativa.
Inghilterra intanto si
era aggrappato al suo braccio, ma non lo stava allontanando. Le sue
sopracciglia erano aggrottate, e sentiva le sue guance farsi sempre
più rosse.
Francia sapeva bene di
avere la certezza di farlo arrossire.
Non sapeva nemmeno
perché lo aveva baciato. Forse era un modo semplice di
rassicurarlo, anche se non era totalmente vero. Francia aveva bisogno a
sua volta di rassicurazioni, e Inghilterra non lo stava respingendo in
alcun modo, facendolo finalmente sentire tranquillo.
Si erano baciati
diverse volte, ma ogni volta sembrava la prima perché aveva
sempre un sapore diverso.
Si allontana per un
breve momento, il giusto per riprendere fiato, ma Inghilterra lo
insegue e schiocca le labbra contro le sue. Questa volta è
il turno di Francia si sentirsi in imbarazzo, ma non di allontanarsi.
Sembra un momento
perfetto. Si sente vicino a Inghilterra, si sente come se non potesse
essere separato in alcun modo.
Il momento
però finisce, e Francia torna alla realtà. Il
rumore del treno torna a riempire le sue orecchie. Inghilterra non lo
guarda, ora che lo sta osservando. Entrambi riprendono fiato.
Non hanno bisogno di
parlare di quello che era appena successo. Parlarne lo avrebbe reso
reale, e forse Francia voleva illudersi per un momento che fosse stato
un frammento della sua immaginazione, un sogno.
Per tutto quel tempo
aveva sognato una simile vicinanza, e per ulteriore tempo poteva solo
raccoglierne le briciole.
Inghilterra non parla,
e Francia sa che non c’è davvero bisogno di
parole.
« Esco a
fumare. »
Sta fuggendo, forse. Ha
bisogno di riflettere. Non dovrebbe lasciare Inghilterra da solo, ma
questi non reagisce alle sue parole. Forse sta pensando, e Francia ha
bisogno di farlo a sua volta.
In fondo il bacio tra
loro non aveva risolto niente, pensa mentre si accende la sigaretta.
Baciarlo non avrebbe fatto rientrare Inghilterra dal referendum, e
anche se Francia voleva sapeva di non avere lo stesso peso che una
popolazione aveva per una nazione. Forse voleva solo esprimere a
Inghilterra ciò che provava, e si era affidato alla mera
fisicità perché fosse capita.
Forse stava
semplicemente accampando scuse, e non voleva che Inghilterra se ne
andasse. Non era una verità che poteva negare, ma
Inghilterra non era mai stato benevolo verso i suoi desideri. Si erano
baciati, certo, ma non sarebbe mai stato abbastanza per nessuno dei due
per desistere.
Lo aveva ricambiato,
però. La cosa lo aveva colto di sorpresa, e Francia aveva
cercato di non pensarci. Inghilterra aveva un approccio aggressivo,
poco raffinato. Non era bravo a baciare, ma Francia adorava ricevere
quel genere di attenzione da lui.
Doveva smettere di
mentire a se stesso.
La sigaretta continua a
bruciare, riempiendo l’aria del suo odore, e Francia ne
aspira il fumo. Lo rilassa, ma appena torna a pensare a Inghilterra il
suo cuore si agita. Aveva ottenuto da lui la risposta che voleva, ma
non si sentiva comunque tranquillo. La sensazione che fosse solo
l’inizio gravava sulle sue spalle.
In fondo il referendum
doveva ancora essere fatto.
Non sapeva se aveva
spinto la bilancia in qualche direzione.
Non era da lui
preoccuparsi. Spesso persino l’elezione del suo stesso
presidente era imprevedibile, ma gli era sempre importato molto poco.
Doveva tornare da
Inghilterra. Dovevano ancora parlarsi. Non era finita.
Francia continua a
osservare la propria sigaretta che brucia, e la spegne con una certa
rassegnazione. Fumare non lo stava aiutando a schiarirsi le idee, e non
gli andava di sprecare una sigaretta per fissare il paesaggio fuori dal
finestrino.
Si sistema il pacchetto
in tasca, e torna alla carrozza dove c’era ancora Inghilterra
ad attenderlo. Sembra essere più reattivo, ora, anche se non
lo guarda direttamente. Francia non cerca di indagare sul suo
comportamento.
Deve aspettare che sia
Inghilterra a parlargli.
« Puzzi di
fumo. » gli dice infatti, non appena è abbastanza
vicino. Francia si siede, guardandolo più direttamente.
Inghilterra ancora evita il suo sguardo.
« Avevo
bisogno di schiarirmi le idee. »
«
C’era qualcosa che andava chiarito? »
Lo sta provocando,
anche se Francia non capisce il perché. Forse lo ha turbato
con quel bacio, anche se non voleva. Doveva ammettere che era lui il
vero bisognoso, tra loro due, almeno a se stesso.
« Non ci
baciamo spesso. » dirlo ad alta voce sembra quasi
sottolineare cosa avevano fatto. « Quindi sì, ne
avevo bisogno. »
Inghilterra arrossisce.
Sembrava che l’argomento per lui fosse un punto molto debole.
A suo modo lo era anche per Francia, anche se per un motivo diverso.
Inghilterra arrossiva
perché era stato baciato, Francia lo faceva
perché gli era piaciuto chi stava baciando. Erano motivi
diversi.
Inghilterra si morde le
labbra, provocandogli stizza. Erano già ruvide abbastanza
senza che ci infierisse in quel modo.
« In
più non penso che un semplice bacio possa cambiare qualcosa.
Non siamo in una favola. »
« Infatti non
cambierà niente. » risponde Inghilterra.
« Non risolve niente. »
Era stranamente
rassicurante sapere che fosse così solido anche se un
semplice bacio poco prima lo aveva reso incapace di parlare.
Inghilterra non reagiva mai bene ai baci, almeno ai suoi. Il solo
pensiero che altri potessero baciarlo lo rendeva irritato, ma la sua
mente non voleva nemmeno immaginare un simile scenario.
La sensazione di
impotenza non lo faceva più sentire così male.
Francia sapeva che non poteva davvero fare qualcosa, e che fosse tutto
nelle mani di Inghilterra.
A suo modo era un
pensiero spaventoso, ma tratti confortante.
Ognuno di loro doveva
decidere il proprio percorso, e anche se erano tutti insieme nessuno
poteva davvero interferire.
« E poi a te
non cambierà niente. »
Francia vorrebbe
negare. Aveva passato gran parte della sua vita in conflitto con
Inghilterra. Il loro rapporto era cambiato in molti modi, ma era
rimasto saldo. Aveva paura che non avrebbe retto una simile frattura,
forse una convinzione nutrita dalla sua stessa insicurezza.
« Non
dovrò vederti a ogni incontro ufficiale. » gli
dice allora. « Anche se questo non ti ha mai impedito di
venire a casa mia senza annunci pubblici. »
Faceva riferimento a un
paio di decadi precedenti quando Inghilterra, ubriaco, si era
presentato alla porta di casa sua. Avevano finito con
l’ubriacarsi insieme ancora di più.
« Se te ne
vai chiuderò la frontiera. »
« Se lo fai
finalmente smetterai di esportare i tuoi ratti a casa mia. »
Stavano scherzando.
Francia sente che tutta quella altalena di emozioni lo avrebbe ucciso.
Se Inghilterra se ne fosse andato sarebbero stati in grado di
comportarsi ancora in quel modo?
« Se te ne
vai- »
«
Probabilmente me ne vado. »
Francia lo sapeva che
Inghilterra non poteva evitare di rovinare il momento. Le sue parole
sono come una secchiata di acqua gelida sulla sua testa, e si paralizza
a metà della frase. Non riesce a mantenere il contatto
visivo.
Quella serpe era
riuscita a colpirlo in un momento dove era lui ad aver abbassato le
difese. Francia si sente all’improvviso inerme, colpito da
quelle parole come da un mattone. Vorrebbe fare una scenata, ma non ha
le forze.
« Te ne vai?
» gli chiede, a voce bassa. « Bene. Mi hai tolto un
peso. »
Deve tornare a essere
crudele. Deve farlo, o verrà consumato dal dolore di quel
colpo basso.
Inghilterra gli appare
sorpreso.
« Fino ad
adesso hai detto che volevi sapere cosa ne pensavo, e ora che te lo
dico te la prendi? »
Francia vorrebbe dargli
dello stupido.
Ovviamente Inghilterra
non era in grado di esprimersi in modo normale. Lo faceva in modo
inopportuno, quando meno te lo aspettavi.
« Ti sembra
adesso il momento di dirlo? »
Inghilterra non
può davvero capire. Apre bocca e ci da fiato non si
preoccupa di cosa ne esca. Francia si sente pieno di rabbia, e fa
fatica a controllarsi.
« Certo!
Quando te lo posso dire altrimenti? Il viaggio è quasi
finito. »
Francia si scopre con
orrore a dargli ragione. In quello stesso momento viene annunciato il
loro approcciarsi a Parigi. Il loro momento, il loro piccolo mondo,
stava raggiungendo la fine. Francia non era pronto a lasciarlo andare,
ma non c’era molto che potesse fare.
Inghilterra ora lo
guarda direttamente, ha un’espressione rassegnata. Francia ha
finito le proprie parole, ma non vuole lasciar andare la situazione ora
che sa davvero cosa pensa Inghilterra. Le rassicurazioni che si era
dato con le pacche sulle spalle erano inutili di fronte a quella
realtà dei fatti.
Inghilterra era sleale
verso di lui.
Lo osserva controllare
la borsa che aveva, come se non gli importasse più niente, e
non riesce a distaccarsene con la stessa indifferenza.
« Non abbiamo
finito. »
« Hai ancora
qualcosa da dire? »
Tutte le sue parole lo
ferivano come coltelli.
«
Sì, ho molto da dire. »
Si sente come se
parlasse a vanvera, ma non ha più un piano. Inghilterra
appare sorpreso della sua affermazione, ma incrocia le braccia al
petto.
« Non hai
molto tempo per farlo, però. »
Sembra però
in attesa di qualcosa. Francia non sa che cosa.
Il treno inizia a
rallentare, segnando il loro avvicinamento ormai inesorabile alla
stazione. Francia non vuole che tutto quello finisca.
« Tu
però vuoi ascoltarmi? »
Inghilterra sembra
sorpreso della sua domanda. Francia gli ha sempre imposto le sue idee,
e Inghilterra anche se diceva di odiarle le accoglieva sempre in
qualche modo. Forse era la prima volta che si facevano così
tante domande. In fondo nella storia i momenti di calma tra loro erano
rari, e quelli in cui potevano chiarirsi su qualcosa quasi impossibili
da cercare.
Inghilterra annuisce.
Sembra di colpo timido e incapace di parlare.
Francia prende un lungo
respiro.
« Non voglio
che tu te ne vada. »
La verità
era lì, sul tavolo davanti a loro. Era la verità
che si era tenuto stretto e ora sembrava finalmente rivelare al diretto
interessato. Inghilterra sgrana gli occhi con evidente sorpresa.
Francia lo comprende.
Sa bene come anche lui
proverebbe lo stesso se fosse lui a volersene andare, ma ormai era
troppo tardi e se era la verità il laccio che poteva
trattenere Inghilterra con lui ancora un po’ Francia non
avrebbe esitato in alcun modo per utilizzarlo.
« Io...
» mormora Inghilterra. « Io… io non so
cosa dire. »
Francia però
lo sa.
« Rimani con
me stasera. A Parigi. »
Inghilterra,
stranamente, scoppia a ridere. Francia non ne capisce subito il motivo,
e il treno si ferma. Sono arrivati.
Si sente catatonico, e
fa fatica anche solo a pensare di alzarsi. Inghilterra invece lo fa
subito.
Si è reso
ridicolo davanti a Inghilterra, se ne rende conto. Tutta la sua
dignità l’ha gettata per terra, ai suoi piedi, e
sta per vederla calpestata senza alcuna pietà. Non ha alcuna
voglia di scendere dal treno, forse se si faceva riportare indietro
poteva dimenticare quelle quattro ore che aveva vissuto.
Inghilterra,
però, gli mette davanti un biglietto.
Francia lo guarda, poi
alza gli occhi su Inghilterra.
« Dovresti
leggerlo. »
Forse vuole di nuovo
prenderlo in giro, ma si china per controllare.
Era un biglietto per il
treno diretto a Londra. Sembrava quasi farsi beffa di lui,
finché non fa caso all’ora di partenza. Era per un
treno che sarebbe partito, ma la mattina successiva.
Si scopre ad alzare la
testa di scatto, e Inghilterra evita il suo sguardo.
« Avevo
già pianificato di rimanere. » dice, apparendo
quasi come un ragazzino colto a fare qualcosa che non doveva.
« Senza che tu lo sapessi. »
Le sue parole ridanno
speranza a Francia. Torna a guardare il biglietto.
Inghilterra non sarebbe
fuggito dalle sue mani, almeno in quel momento. Poteva trattenerlo con
sé, ancora un poco. Qualcosa di caldo si forma
all’altezza del suo petto, e Francia si sente come se fosse
ancora in grado di respirare.
L’entusiasmo
torna a popolare la sua mente.
Si alza quindi anche
lui, sistemandosi le pieghe dei vestiti.
« Vieni con
me. » Inghilterra sembra essere diventato un docile
agnellino. Senza nemmeno che lo tocchi si lascia condurre
giù dagli scalini, e lo segue per la banchina della
stazione.
Francia, da parte sua,
si sente finalmente più libero.
Il mondo che
c’era tra di loro era finito, era alle loro spalle e forse
non sarebbe più tornato. Ciò che gli rimaneva era
quello che provava, e Inghilterra che lo seguiva. Per qualche motivo
Francia sapeva che poteva chiedergli di seguirlo in capo al mondo e
Inghilterra non si sarebbe sottratto all’avventura.
La stazione anche se
è sera è ancora piena di persone. Francia cerca
di schivare il più possibile le valigie dei turisti, e
continua a tenere d’occhio Inghilterra che lo segue. Forse si
sta pentendo di seguirlo, e non vuole dargli il tempo di cambiare idea
almeno su quello. Francia si ferma, e si gira nella sua direzione.
Inghilterra non se lo aspetta, e incespica sui suoi stessi piedi.
« Vieni.
Prendiamo il taxi. Conosco un posto dove cenare. » ora che
è a casa sua Francia si sente molto più sicuro di
sé. Anche se si è reso ridicolo, anche se ha
messo a nudo quello che provava, ora era in un posto sicuro e niente
più lo avrebbe turbato in quella maniera.
Ora doveva solo
convincere Inghilterra a rimanere.
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