Cuore di diamante [James Marsters]

di spikey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I CAPITOLO ***
Capitolo 2: *** II CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** III CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** IV CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** V CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** VI CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** VII CAPITOLO ***
Capitolo 8: *** VIII CAPITOLO ***
Capitolo 9: *** IX CAPITOLO ***
Capitolo 10: *** X CAPITOLO ***
Capitolo 11: *** XI CAPITOLO ***
Capitolo 12: *** XII CAPITOLO ***
Capitolo 13: *** XIII CAPITOLO ***
Capitolo 14: *** XIV CAPITOLO ***
Capitolo 15: *** XV CAPITOLO ***
Capitolo 16: *** XVI CAPITOLO ***
Capitolo 17: *** XVII CAPITOLO ***
Capitolo 18: *** XVIII CAPITOLO ***
Capitolo 19: *** XIX CAPITOLO ***
Capitolo 20: *** XX CAPITOLO ***
Capitolo 21: *** XXI CAPITOLO ***
Capitolo 22: *** XXII CAPITOLO ***
Capitolo 23: *** XXIII CAPITOLO ***
Capitolo 24: *** XXIV CAPITOLO ***
Capitolo 25: *** XXV CAPITOLO ***
Capitolo 26: *** XXVI CAPITOLO ***
Capitolo 27: *** XXVII CAPITOLO ***
Capitolo 28: *** XXVIII CAPITOLO ***
Capitolo 29: *** XXIX CAPITOLO ***
Capitolo 30: *** XXX CAPITOLO ***
Capitolo 31: *** XXXI CAPITOLO ***
Capitolo 32: *** XXXII CAPITOLO ***
Capitolo 33: *** XXXIII CAPITOLO ***
Capitolo 34: *** XXXIV CAPITOLO ***
Capitolo 35: *** XXXV CAPITOLO ***
Capitolo 36: *** XXXVI CAPITOLO ***
Capitolo 37: *** XXXVII CAPITOLO ***
Capitolo 38: *** XXXVIII CAPITOLO ***
Capitolo 39: *** XXXIX CAPITOLO ***
Capitolo 40: *** XL CAPITOLO ***
Capitolo 41: *** XLI CAPITOLO ***
Capitolo 42: *** XLII CAPITOLO ***
Capitolo 43: *** XLIII CAPITOLO ***
Capitolo 44: *** XLIV CAPITOLO ***
Capitolo 45: *** XLV CAPITOLO ***
Capitolo 46: *** XLVI CAPITOLO ***
Capitolo 47: *** XLVII CAPITOLO ***
Capitolo 48: *** XLVIII CAPITOLO ***
Capitolo 49: *** XLIX CAPITOLO ***
Capitolo 50: *** L CAPITOLO ***
Capitolo 51: *** LI CAPITOLO ***



Capitolo 1
*** I CAPITOLO ***


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Eccomi qui, alla mia prima fan fiction; anche se non tratterà dei famosissimi Robert Pattinson o Johnny Depp, dateci almeno un occhiata.

Sono una grande fan di James Marsters, interprete di Spike in “Buffy” e ho pensato a lui per la mia prima storia.

Se l’inizio vi sembrerà un po’ lento è perché volevo spiegare al meglio alcune cose, per rendere la trama più scorrevole nei capitoli successivi.

Accetto, anzi, ESIGO dei commenti, positivi o negativi non importa…voglio sapere cosa ne pensate…

E prometto che questa sarà una fanfic COMPLETA!!! Quindi niente cose lasciate a metà, che non sono mai piacevoli.

PS: i riferimenti a luoghi e persone sono PURAMENTE CASUALI, come del resto gli aspetti del carattere di James Marsters, il protagonista. Alcune cose della protagonista femminile, invece, rispecchiano molto la mia vita e la mia personalità.

Detto ciò, buona lettura.

 

I  CAPITOLO

 

“E impari che nonostante le tue difese,

nonostante il tuo volere o il tuo destino,

in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo, grande

Jonathan Livingston.

E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

 

 

La ragazza entrò di corsa in palestra, la borsa a tracolla che sbatteva contro ogni spigolo; senza salutare nessuno dei presenti si fiondò in spogliatoio, dove trovò le sue compagne già belle che pronte.

“Sei in ritardo- osservò una di loro, legandosi i capelli lisci in una coda alta – Ho un dejà-veaux!”

 

“Grazie di farmelo notare tutte le volte, Alice!” ironizzò l’ultima arrivata, mentre si spogliava e praticamente in contemporanea indossava il body in lycra.

 

Marina, una ragazza castana, minuta e pacata, intervenne in quel momento, con lo sguardo basso, intenta ad allacciarsi la cintura: “Cosa è successo ‘stavolta?”.

 

La ritardataria si tuffò nei pantaloni da ciclista, poi subito in quelli del judoji: “Mio padre…Come al solito…aveva uno dei suoi impegni- quasi col fiatone si infilò nella giacca della divisa, sciogliendo le spalle sotto il rigido tessuto –e, come se non bastasse, mi ha dato la bella notizia che avremo ospiti”.

 

Dal bagno apparve in quell’istante l’ultima del gruppo femminile, Laura: “Sbaglio o ho appena sentito la voce della nostra…Ahhhh!!!Allora eri proprio tu!” abbracciò l’amica, troppo intenta a intrecciarsi i capelli per contraccambiare il gesto.

Dopodiché, anche per lei fu il momento della cintura, di colore nero, come tutte le altre.

In fin dei conti poteva ritenersi puntuale.

 

Lisa, diciotto anni (e tre quarti, ci teneva sempre a precisare), capelli lunghi e mossi, castano chiari, grandi occhi di un verde quasi trasparente, carnagione olivastra.

Faceva judo, che lei definiva l’unico sport degno di questo nome, dall’età di sette anni.

E quelle attorno a lei erano le compagne di una vita, da cui non si era mai separata, con cui aveva condiviso lacrime, sudore e gioie immense.

Se qualcuno avesse chiesto di definire il loro rapporto, tutte avrebbero risposto alla medesima maniera: come si fa a definire il rapporto con se stessi?

Perché loro erano così, un’unica persona, scissa in tre splendide personalità agli antipodi, ragazze pressoché simili (stessi capelli castani, stessi occhi scuri, stessi fisici atletici), che una volta conosciute meglio, si rivelavano inconfondibili.

A un esame approfondito si poteva notare una netta differenza tra i capelli castano-biondo di Marina e quelli di Laura, con sfumature mogano.

Allo stesso modo gli occhi neri di Alice non avevano nulla a che vedere con le pagliuzze dorate nelle iridi marroni di Marina.

Per non parlare del corpo, muscoloso e ben definito quello di Laura, più longilineo e slanciato quello di Alice, minuto e leggero quello di Marina.

Più Lisa le guardava, più si convinceva di quanto tutte, singolarmente e nel loro insieme, le fossero indispensabili per sentirsi completa e…in pace col mondo.

Per quanto le cose della vita di una diciassettenne potessero stravolgersi, loro tre erano un punto fermo su cui Lisa avrebbe scommesso la propria vita.

 

Ormai pronte, le quattro judoka uscirono dallo spogliatoio e, dalla porta di fianco, sentirono la voce del preparatore atletico che si stava vestendo: “Allora mezze calzette- esclamò l’uomo ai ragazzi che erano con lui nella stanza –siete pronti a vedere come si fa judo sul serio!?

 

Lisa alzò gli occhi al cielo e con voce implorante sussurrò: “Vi prego, ditemi che oggi non è lunedì!”

Alice rise, facendo ondeggiare la frangia corvina, che presto le si sarebbe appiccicata alla fronte, fradicia di sudore. E comunque sarebbe sembrata sempre perfetta: “No, Lisa, mi dispiace deluderti. Oggi è lunedì e c’è pure il tuo grande amico!

 

“Arrogante e saccente come sempre?”chiese sempre lei, facendo il saluto per salire in pedana e sfoggiando un falsissimo sorriso a trentaseimila denti.

 

“Magari, cara mia! Peggiora ogni volta!- raccontò Laura –ma togliti pure quella paresi facciale di dosso, finchè non arriva. Sei ridicola!”

 

Lisa obbedì e tornò all’espressione seria e strafottente che teneva durante l’allenamento.

A dire il vero, di solito allenarsi le metteva una gran gioia e non sarebbe potuto essere altrimenti, se non fosse stato per l’entrata in scena del nuovo preparatore atletico, borioso e supponente.

Una persona che, secondo Lisa, non si conciliava con gli ideali di modestia e umiltà che stavano alla base del judo.

In più quella non era la serata migliore per istigarla, come era solito fare lui. A Lisa era bastato il diverbio col padre per arrivare al colmo.

 

“Avremo un ospite, fra qualche giorno!” le aveva semplicemente detto.

“Cosa?! E per quanto resterà qui?!” lo aveva aggredito di rimando la figlia.

“Il tempo necessario- era stata la risposta, netta, del padre –parteciperà a un nuovo programma che sarà mandato in onda quest’estate. Dato che, immagino, sarà una cosa lunga, mi sembrava scortese farlo stare in albergo. Non sarà un problema, in casa c’è spazio in abbondanza

Lisa aveva alzato gli occhi al cielo, pensando: “Come no! Quante volte l’ho già sentita!”.

Dopodiché si era precipitata ad allenamento, senza chiedere ulteriori delucidazioni sull’identità dell’ospite; non sapeva nemmeno se fosse un uomo o una donna.

 

L’ultima volta che avevano litigato su quell’argomento, i risvolti erano stati pressoché catastrofici: Lisa aveva dovuto fare da serva a un George Clooney inaspettatamente pretenzioso e per nulla cordiale. Due mesi paragonabili a un nuovo girone infernale a cui la ragazza doveva ancora trovare un nome appropriato.

“Speriamo almeno che questa volta sia una donna.- pensò Lisa ad alta voce –Così perlomeno potrò girare per casa in mutande!”

 

Pur essendo una frase campata per aria, le tre amiche capirono perfettamente a cosa si riferisse.

“Facciamo così- propose Marina –appena il tuo nuovo “coinquilino” arriva, tu ci chiami, così noi corriamo da te e ti portiamo via con la forza!”. Detto ciò, le fece un occhiolino d’intesa; Lisa non potè fare a meno di sorridere.

 

Una voce e un battito di mani annunciarono l’inizio dell’allenamento; le quattro si lanciarono un’occhiata significativa poi, sospirando quasi all’unisono, presero posto in mezzo agli altri per il saluto d’inizio.

 

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Capitolo 2
*** II CAPITOLO ***


II° capitolo

II° capitolo

 

Non era una vita facile, quella di Lisa.

Il padre, Leonard D’Andrade, era un famoso regista, di origine Italiana, cresciuto nei salotti Newyorkesi e poi tornato in patria per gli studi alla scuola di cinema di Roma.

Qui aveva conosciuto una giovane Egiziana, Samia Rushdy, che al tempo si trovava nella capitale in cerca di fortuna nel campo della moda.

Samia aveva dato alla luce Lisa due anni dopo, ma quando la bimba aveva appena cominciato a parlare, il richiamo delle passerelle era stato troppo forte, così la giovane bellezza era letteralmente scappata, per tornare nel suo paese natale.

Ogni tanto, da quello che aveva intuito Lisa, suo padre la sentiva ancora, per assicurarsi che stesse bene.

Samia, da parte sua, rispondeva sempre da posti diversi, una volta dalla Russia, una volta dall’Australia…

L’uomo era rimasto sempre legato a quella donna, tanto simile alla figlia, nell’aspetto e nel carattere selvatico.

 

Alla fine della storia, Lisa era rimasta in Italia col padre, aveva preso a frequentare un liceo che offriva anche materie inerenti il cinema e si era fatta una vita in cui la parola “mamma” non era contemplata; forse non l’aveva mai nemmeno imparata.

Il vizio del padre di ospitare saltuariamente star di Hollywood, era una conseguenza diretta del suo lavoro: Leonard era il collante tra la TV italiana e le grandi reti statunitensi. Tutti i più grandi produttori facevano affidamento sui suoi agganci, per portare all’interno dei propri programmi VIP d’oltreoceano.

Lisa rammentava ancora la simpatia di Sharon Stone, che le aveva regalato un peluche che custodiva gelosamente; e aveva sentito la nostalgia delle barzellette di Will Smith, che era stato da loro l’inverno precedente.

 

Perdendosi nei ricordi, la ragazza aprì la porta di casa; silenzio e luci spente le fecero intuire di essere sola.

Accesa la luce, Lisa notò subito il biglietto sul tavolo: suo padre la avvisava che era fuori a cena col nuovo ospite.

“Tra qualche giorno, vero?” pensò furibonda, accartocciando il pezzo di carta per poi lanciarlo a caso, in un angolo indefinito del piano terra.

Abbandonò la borsa dell’allenamento sul divano, senza curarsi di svuotarla: “Pensaci tu, visto che non è un problema” si disse stizzita.

 

In quei cinque minuti di ira furente, avrebbe creato un caos tale nei due piani della villetta, da far rimpiangere al padre di essere nato.

Poi si sarebbe pentita e avrebbe rimesso tutto a posto, però nel frattempo si spogliò lasciando impunemente i vestiti appoggiati al bordo della vasca del bagno.

Con indosso una semplice camicia da notte in cotone, si sdraiò sul letto, accendendo il PC portatile e aspettando che MSN partisse.

Storse il naso delusa, quando vide che nessuna delle sue compagne di judo era ancora connessa, ma le bastò aspettare cinque minuti prima che un suono l’avvisasse dell’accesso di Marina.

 

“Buonasera!” cominciò Lisa “Vuoi sapere l’ultima? L’ospite è già qui!”.

Sotto quella frase aggiunse uno smiley molto arrabbiato.

La risposta fu quasi immediata “Oddio! E chi è?!”.

“Non si è ancora visto- digitò Lisa, scaricando la sua rabbia sui tasti –altra sorpresa, è fuori a cena con mio padre. Così io sono sola a casa,  senza nulla di commestibile. Mi sa che digiuno”

“Allora domattina sei prenotata!- la dolcezza di Marina non tardava mai ad arrivare- alle 8:30 io e le altre passiamo da te! Tuffo fuori dalla finestra e sei salva! E  ci pensiamo noi a farti recuperare, con una colazione super!”

 

Lisa si sentiva già più leggera dopo quelle poche parole.

Il breve scambio di battute fu interrotto dalla vibrazione del cellulare: Laura la stava chiamando dal telefono di casa, sarebbe stata una lunga conversazione.

Così la ragazza congedò l’amica in rete con la promessa di rivedersi la mattina dopo, poi si dedicò a quella dall’altra parte della cornetta: “Ciao tesoro!- esordì Lisa- cosa mi racconti?”.

 

Una voce acuta e sbigottita le fece eco: “Cara mia, sei tu a dovermi spiegare…su internet ho beccato Mary: mi ha accennato dell’arrivo a sorpresa”.

 

Lisa si spaparanzò sul materasso e accese la TV: i programmi della seconda serata non erano mai entusiasmanti, ma quasi per caso trovò un canale che trasmetteva i nuovi episodi di “Buffy The Vampire Slayer”.

Con un gridolino soddisfatto si accinse a rispondere a Laura: “Ormai l’unica sorpresa è che io continui a sorprendermi…perdona il gioco di parole!”.

 

L’amica dall’altro capo rise: “Hai reso perfettamente l’idea! Ma sbaglio o quella che sento in sottofondo è la sigla di Buffy?”. In effetti era praticamente impossibile sfuggire al radar delle sue compagne di squadra: qualunque cosa Lisa facesse o pensasse, le tre ne erano sempre al corrente.

 

Quest’ultima sospirò: “No, non sbagli…e sembra pure una puntata inedita!”.

Bastarono pochi attimi, dopodiché Lisa si ammutolì: in scena era entrata la protagonista che, con una spada più grossa di lei, cercava goffamente di infilzare un certo demone Chtulhu…o qualcosa del genere.

La spettatrice storse il naso: “Di sicuro non hanno investito sugli effetti speciali!” notò con occhio critico.

 

“Approvo pienamente” concordò Laura, che si era sintonizzata sullo stesso canale.

Poi d’un tratto entrò in scena un altro personaggio, al cui arrivo Lisa fischiò in segno di ammirazione: “Mi chiedo come faccia ad essere sempre così dannatamente bello!”.

 

Raramente la ragazza faceva complimenti a quello o quell’altro attore, ma in quel caso era totalmente diverso: James Marsters, alias Spike, il vampiro biondo della serie televisiva, rappresentava il suo unico strappo alla regola.

Lisa non avrebbe speso un minuto del suo tempo per un autografo di Brad Pitt o Matt Damon… ma avrebbe venduto l’anima per poter vedere anche solo di sfuggita quella maledetta chioma platinata dal vivo!

Adorava il personaggio, lo trovava incredibilmente azzeccato e l’attore lo interpretava egregiamente; in sostanza sembrava fatto apposta per lui!

 

“Dimenticavo i tuoi momenti di debolezza di fronte alle scene di Spike!- bofonchiò Laura, che ormai aveva ascoltato quella tiritera all’infinito- Quando hai finito di divinarlo fammi un fischio!”

 

Lisa abbassò il volume: ovviamente Spike aveva vinto il combattimento col demone Chtulhu e ora si baciava appassionatamente con la cacciatrice.

“Asina!- scherzò poi rivolta all’amica- sai bene che la mia è una pura attrazione professionale”.

 

“Sì , come no!- la schernì Laura con tono saccente- Una di quelle cose di cui si discute professionalmente sotto le coperte, giusto?!”.

 

La sfacciataggine della compagna a volte metteva Lisa in imbarazzo; ma era incredibilmente sincera, non poteva farci nulla. Così si limitò ad arrossire e a emettere un risolino soffocato: “Smettila! Sfacciata che non sei altro!”.

 

In risposta ebbe la frecciatina dell’amica: “Ehi bella mia…sei tu che devi stai sbavando sul telecomando! Sento gocciolare fino a casa mia!”.

 

Le risate di Lisa si fecero più fragorose: “Bastaaaa! Sei una vacca!”.

“Ho imparato dalla migliore!”.

Quel botta e risposta non aveva nulla di offensivo; se non si fossero amate profondamente, mai si sarebbero sognate di insultarsi in un modo così diretto, e tuttavia affettuoso.

 

“Ammetti che sono la migliore nel tirarti su di morale!”aggiunse infine.

Lisa poteva immaginarsi la faccia di Laura, mentre si faceva i complimenti da sola: un piccolo pavone che fa la ruota con la coda!

Non c’era neppure bisogno di rispondere, così fu sempre Laura a chiudere la conversazione: “Ci vediamo domani, tesoro; sotto casa tua alle 8:30. E non lamentarti sempre delle superstar che ti ritrovi in pantofole per casa! Sii altruista e pensa anche un po’ a noi”.

 

Lisa alzò gli occhi al soffitto: “Dimenticavo che ormai vi presentate qui esclusivamente per rifarvi gli occhi!-poi si fece una domanda- solo io sono immune al fascino di queste statue di cera, che ogni tanto si stanziano qui?”.

 

“Mai dire mai, stella!”.

 

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Capitolo 3
*** III CAPITOLO ***


III° capitolo

 

 

III° capitolo

 

Lisa sognava beatamente: il demone Chtulhu la inseguiva, poi lei si girava verso di lui e cominciava a colpirlo a suon di…cuscinate? Sbigottita da quel particolare, cominciò il ritorno al mondo dei vivi.

A rovinare definitivamente il tutto, la sua faccia iniziò a vibrare.

Ogni cosa tornò alla posizione reale, cioè nell’ordine: il guanciale stretto in mano, la faccia sotto il guanciale e il cellulare compresso tra la faccia e il letto.

Ovviamente il cellulare stava squillando.

Noncurante delle radiazioni che,probabilmente, stavano trucidando i pochi neuroni di cui era in possesso, rimase in quella posizione ancora un po’; forse un giorno avrebbe capito come faceva a dormire in quelle posizioni assurde.

Nel frattempo, dato che il telefono si ostinava a squillare, prese l’impegnativa decisione di rispondere: “Phhontoh?” bofonchiò, non ancora del tutto sveglia.

 

L’allegra voce di Alice la prese in giro: “E quello ti sembrava un pronto?!” squittì ridendo, causando una smorfia di fastidio dall’altra parte.

 

“E’ tutto quello che concedo a quest’ora- poi Lisa si destò di colpo, drizzandosì a sedere- che ore sono?!”.

“Sempre troppo tardi per essere puntuale- osservò l’amica con fare rassegnato –saremo da te tra dieci minuti! Sbrigati a vestirti!”. D’accordo, quello era un ordine.

Lisa afferrò il messaggio e senza neanche salutare, spense la chiamata e si buttò giù dal letto.

Buttarsi fu il termine giusto, in quanto le coperte si erano letteralmente impossessate delle sue gambe, causando a Lisa un violento tèt-a-tèt col pavimento.

Scalciando e sbottando fra sé e sé, si rimise in piedi; barcollò un attimo, poi accese la lampada da tavolo e si mise a cercare i vestiti. La penombra dell’armadio non facilitava di certo l’abbinamento di colori, ma una luce più forte sarebbe stata il colpo di grazia.

 

Alla fine optò per una maglietta a maniche corte bianca (colore inconfondibile) e un paio di shorts di jeans (altra scelta inequivocabile).

Lasciò la T-Shirt fuori dai pantaloni e dato che le arrivava a metà coscia, legò la cintura direttamente su di essa.

Poi, come voleva la moda, la arricciò leggermente al di sopra della cinta, per darle una forma più morbida e meno “stirata”.

Infine si buttò sulle spalle un cardigan a maniche lunghe: l’immagine riflessa nello specchio non sembrava così male.

Così si diresse in bagno e, sempre restando nella semi-oscurità, si lavò la faccia e stese un velo di crema idratante sul viso; recuperò la borsa abbandonata in un angolo del corridoio e fece per scendere le scale.

 

Dal piano terra le giunse all’orecchio la voce di suo padre e si bloccò subito: parlava in inglese e a rispondere…c’era una voce maschile.

Lisa palesò la propria delusione con uno dei suoi sorrisi sghembi: tanti saluti alla privacy femminile.

Cercando di origliare la conversazione, scese a passi felpati i gradini.

“Perdona il caos!” disse un imbarazzato regista.

A quelle parole Lisa si battè la fronte con la mano: si era dimenticata di risistemare il “disordine vendicativo” della sera prima…pazienza, ora non ci poteva fare più nulla.

“Un buon inizio” pensò toccando il pianterreno e trovandosi faccia a faccia col padre…e il suo nuovo, inaspettato ospite.

 

La prima reazione della ragazza fu un encefalogramma piatto: il sonno tormentato e il risveglio brusco l’avevano scombussolata ben a modo, così lo sguardo le rimase fisso sullo sconosciuto.

“Ecco la mia spina nel fianco!” esclamò Leonard, squadrandola con una finta occhiataccia.

Vedendo che Lisa non reagiva e rimaneva con lo sguardo ebete fisso nel vuoto, l’uomo continuò:

“James, ti presento mia figlia Lisa; cara, questo è James Marsters”.

Il cervello di Lisa riusciva a pensare solo una cosa: non poteva essere vero.

“Facile, sto ancora sognando-si disse lei –magari da qualche parte si nasconde il demone Chtulhu”.

A coronamento della figuraccia, la ragazza si mise a guardare prima la cucina, poi la lavanderia, in cerca di Buffy o qualche altro residuo onirico; non si rese neppure conto che l’attore le stava cortesemente porgendo la mano già da un po’.

 

A salvarla fu il campanello della porta d’ingresso e un vociare a lei noto.

Sempre evitando accuratamente di ricambiare la stretta, Lisa aprì bocca per la prima volta, emettendo un rauco “Vado ad aprire”.

Mentre si allontanava udì suo padre che la giustificava: “Devi scusarla- disse all’ospite –è infuriata con me perché non l’ho avvisata del tuo arrivo: aggiungici il fatto che è adolescente…

Lisa non volle ascoltare oltre, così aprì la porta e lasciò che il frastuono delle amiche invadesse il soggiorno.

 

“Finalmente! Cosa aspettavi, l’ispirazione dal cielo, per farci entrare?”civettò Alice guardandosi intorno curiosa.

 

“Allora!- intervenne Laura, quasi urlando –dov’è la nostra nuova pred…ah…

Nemmeno lei, la sfrontata  per eccellenza, riuscì a nascondere l’espressione attonita.

Dal canto suo, Marina si limitò a proferire un laconico “Oh…”.

 

Le nuove arrivate avanzarono verso l’ospite, come se stessero guardando un Picasso senza trovare quale fosse il sotto e quale il sopra.

“Speriamo solo che non mi abbia capito” sussurrò Laura piegandosi verso le altre.

 

Per concludere col botto quell’inizio catastrofico, James si girò verso Lisa,porgendole di nuovo la mano, dicendo: “Prometto che non mordo!”. Il tutto in un italiano pressoché perfetto.

 

“Ecco,come non detto” commentò Laura, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Solo allora Lisa potè svegliarsi del tutto e constatare che quella era la dannata realtà; con un gesto meccanico strinse la mano dell’uomo.

A quel contatto cominciò a notare i particolari: i capelli ossigenati di Spike avevano lasciato spazio al castano naturale di James; la pelle non era di quel pallore cinereo che lo aveva caratterizzato nel telefilm, ma anzi, mostrava una lieve abbronzatura. E, cavoli, gli occhi erano davvero fottutamente azzurri, da togliere il fiato!

Il colpo di grazia le fu dato dal suo sorriso; le labbra sottili si dischiusero, mostrando una fila di denti splendenti e da lontano, forse dal paradiso, una voce le parlò: “Tuo padre mi ha raccontato molto di te. Ora mi spiego perché- James si rivolse al regista –come l’avevi definita? Fantastica, ma decisamente fuori dagli schemi? Direi che ci siamo”.

 

Detto ciò, piantò nuovamente gli occhi di ghiaccio su Lisa, che di rimando spalancò i suoi, verdissimi, indecisa se morire d’infarto o per mancanza d’ossigeno.

 

Fu la faccia tosta di Laura a salvare l’amica; Lisa si sentì presa di peso per le spalle (grazie al cielo facevano tutte judo!) poi una voce dietro di lei disse, con tono frettoloso: “Bene! Noi dobbiamo andare; piacere di averi conosciuto James, ma Lisa è molto occupata, ora”.

In un lampo erano tutte fuori casa, nessuno aveva fatto in tempo a replicare.

 

Marina battè una mano sulla spalla di Laura: “Complimenti! Mancava solo che aggiungessi “…e Lisa sta per sbavarti sulle scarpe…” così avresti regalato a questo incontro il Nobel per la demenza

 

La prima cosa che entrò nella visuale di Lisa, ancora in stato vegetativo, fu la frangia perfetta di Alice: “Huston? Abbiamo un problema! Sei ancora fra noi?” si premurò di informarsi, agitando le braccia freneticamente.

 

L’altra alzò le mani per fermare tutto quel trambusto: “Sì , ci sono…- fu fiera di se stessa, anche se la voce le tremava vistosamente –Ma, accidenti, che colpo…era davvero lui?”.

 

Laura si gonfiò orgogliosa: “Esatto bimba! E il tuo cuore di ghiaccio si sta già sciogliendo!”.

Il gruppo di amiche camminò in silenzio per qualche minuto, poi Lisa si fermò di colpo

“Ma che sto facendo?- si interrogò –sono qui, a due isolati dall’attore dei miei sogni e me ne sto zitta?!

 

Davanti agli occhi di tre judoka sconvolte, Lisa emise un urlo, con tutto il fiato che aveva risparmiato in 19 anni di vita. Se James Marsters non la sentì, fu solo per un miracolo.

 

 

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Capitolo 4
*** IV CAPITOLO ***


IV CAPITOLO

IV CAPITOLO

 

Quel dannato cappuccino non sarebbe mai stato abbastanza zuccherato, constatò Lisa.

Ma d’altra parte, avrebbe potuto anche essere succo di cicuta, che non se ne sarebbe resa conto.

In sottofondo una saggia Marina le stava elencando le regole fondamentali per una buona convivenza: non lasciare calzini in giro, stai seduta composta a tavola…

La diretta interessata si limitava ad annuire e a fissare il viso ovale dell’amica, coperto per metà da un paio di occhiali a mascherina, sotto cui quasi scompariva il naso piccolo e sottile.

 

Alice, dall’altra parte del tavolino, si controllava le doppie punte e la noia negli occhi di Laura era più che comprensibile. Sbuffando, quest’ultima interruppe Marina con tutta la delicatezza possibile: “Scusa tesoro, ma qui l’unica legge universale da  rispettare è…Non girare nuda per casa!- esclamò la ragazza- del resto goditi la sua permanenza nelle tue stanze!”

 

Notando lo sguardo malizioso di Laura, Alice buttò indietro la coda e prese la parola: “Tu cosa ti senti di fare? Se pensi che sia troppo imbarazzante puoi stare da me finchè non se ne va”.

 

Lisa, di nuovo, alzò le braccia per tranquillizzare le compagne: “No, nessun problema. Devo solo abituarmi all’idea; non è nelle mie qualità fare la faccia indifferente.- si tirò gli occhiali da sole sulla nuca e sorseggiò il suo cappuccino – sapete meglio di me quanto sono dannatamente e inopportunamente espressiva!”

 

Alice si accese una sigaretta e inspirò una boccata di fumo. Non lo faceva spesso, solo quando aveva bisogno di riflettere; d’altra parte era pur sempre un’atleta: “La mattina sarai praticamente sempre a scuola; di domenica potremmo incontrarci per la colazione, come abbiamo fatto oggi- fece una pausa e bevve in un sorso il suo caffè –Del resto ci alleniamo tutti i pomeriggi, quindi saresti in casa due ore in cui dovrai sbrigare i tuoi compiti”.

 

Lisa si fermò a pensare: non faceva una grinza.

“In più quest’uomo dovrà pur lavorare! O è qui solo per una vacanza a sbafo?” esclamò Laura. Diretta, concisa ma decisamente brava a centrare la questione.

 

Marina pose le ultime parole del discorso: “Il tuo unico pensiero saranno i pranzi e le cene! Cucinerai tu?”

 

In risposta la ragazza emise uno sbuffo: “Sì! E pensi che sia poco? –piagnucolò poi, raspando col cucchiaino la schiuma dal fondo della tazza – rischio di avvelenare l’uomo dei miei sogni!”.

 

Laura rise di gusto: “Signore e signori, il ghiaccio è letteralmente evaporato!”.

Facendo un gioioso applauso, Alice buttò la sigaretta e recuperò dai meandri della borsa il suo

I-Phone: “Internet serve proprio a questo- poi si bloccò dubbiosa –cosa devo cercare?”

 

Lisa si tuffò sullo schermo del palmare e con trepidazione suggerì: “Qualsiasi cosa! Vai sui siti ufficiali di tutta Europa, manda e-mail ai gestori dei siti dei fans…ingegnati!”.

 

Effettivamente Alice ce la mise tutta; stettero più di un’ora a navigare in rete, facendo fuori una sfilza di caffè shakerati e diverse porzioni di salatini.

Neppure con le doti di traduttrice di Laura, che frequentava il liceo linguistico, riuscirono a trovare qualcosa di soddisfacente.

Un’intervista risalente a un mese prima svelava che James aveva smesso da poco di fumare ed era inoltre praticamente astemio. Nulla di più.

Lisa potè constatare coi suoi occhi l’estrema riservatezza dell’attore; ammirevole, ma alquanto seccante in quella situazione.

 

Verso l’ora di pranzo, la ragazza ricevette un SMS dal padre, nel quale le ordinava di raggiungerla agli studi televisivi dove stavano programmando la nuova trasmissione.

Dopo la pessima figura di poche ore prima, era il momento per Lisa di riscattarsi.

Senza fretta mangiò un insalata in compagnia delle amiche; dopodiché le congedò e si diresse a passo svelto verso il suo scooter nero.

 

Giunse a destinazione un quarto d’ora dopo, salutò la ragazza alla reception e salì le scale verso la sala dove si doveva trovare il regista.

Inizialmente credette di aver sbagliato corridoio: lo studio in cui si ritrovò era il più grande dove suo padre avesse mai lavorato, poteva tenere fino a 500 spettatori.

 Molto spesso da casa non ci si rendeva conto delle reali dimensioni di una sala, la maggior parte delle volte ospitavano poco più di cento persone. Quello doveva essere lo spazio più grande di tutto l’edificio.

 

La risata di Leonard in lontananza le confermò che si trovava nel posto giusto.

Lisa si diresse verso il gruppetto di aiutanti che faceva capannello attorno a suo padre.

Quando gli si trovò di fronte, notò la presenza di James, che stava ridendo divertito a una battuta del regista.

“Finalmente sei qua- la accolse suo padre, congedando con un cenno della testa gli altri- avevo bisogno di parlarti un attimo”. James era rimasto accanto a loro; indossava un paio di jeans scuri e una camicia di colore grigio-metallizzato.

“Concentrati sulle parole del regista!- si impose mentalmente la ragazza – focalizza, Lisa…focalizza!”

 

“Volevo parlarti del mio nuovo programma- iniziò a spiegare l’uomo, indicando il posto attorno a loro –Come avrai notato anche tu, questa è una cosa in grande! Si tratterà del lied-motive dell’estate e sarà strutturato in due parti”.

 

Leonard si sedette su una delle poltroncine per il pubblico; Lisa lo imitò, mentre James rimase in piedi, troppo intento a studiare la ragazza.

“Le puntate saranno divise in due serie- continuò il regista con professionalità –la prima andrà in onda nella prima serata del martedì, mentre la seconda occuperà la seconda serata del giovedì”.

 

Lisa si sentiva come se il padre stesse parlando arabo: nell’aria c’era il profumo di un dopobarba che non conosceva, probabilmente di James, e il solo pensiero la stordiva.

In aggiunta a tutto ciò, era la prima volta che il famoso Leonard D’Andrade si premurava di rendere partecipe la figlia dei propri sviluppi lavorativi. Il perché restava un mistero.

 

“Ora voglio che tu presti la massima attenzione- precisò Leonard calcando il tono della voce…si era forse reso conto dei viaggi mentali di Lisa? –i temi trattati il giovedì notte saranno estremamente delicati: sicurezza nazionale, sanità…cose in cui non ti voglio coinvolgere”.

 Concluse la frase quasi frettolosamente, come se volesse rendere il più palese possibile che lei doveva restarne fuori.

 

“Però- si accinse a continuare l’uomo – il martedì sarà diverso”.

“Ecco dove stava il trucco” pensò Lisa, nascondendo l’espressione trionfante: conosceva troppo bene suo papà per lasciarsi sorprendere così facilmente.

 

In quel momento un trillo interruppe lo sproloquio del regista; Leonard si allontanò per rispondere al cellulare, facendo prima un cenno con il capo in direzione di James.

Questi si sedette nel posto occupato fino a qualche attimo prima e parlò…o, perlomeno, aprì bocca ed emise dei suoni, che Lisa non fu in grado di decifrare.

“Scusa, scusa un attimo- lo interruppe lei appena ebbe di nuovo il controllo sulla propria voce –puoi ripetere il discorso?”.

 

Quasi dispiaciuto James si bloccò: “Perdonami, non mi ero neppure reso conto di parlare in inglese…vuoi che provi in italiano?” chiese infine nella lingua madre di Lisa.

La ragazza scosse la testa; sentì il battito cardiaco aumentare e un improvviso calore alla faccia. Perfetto, doveva essere paonazza!

 

“Non mi riferisco a quello- spiegò poi cerando di ironizzare – Capisco l’inglese. Ma credo di essermi persa mentre tu mi spiegavi qualcosa riguardo la trasmissione del martedì…sbaglio o c’era il mio nome in mezzo?”.

 

James scoppiò a ridere. “Allora mi vuoi morta!” pensò disperata Lisa, di fronte a quel gesto disarmante.

“Non ti sbagli… Il programma del martedì sarà decisamente più soft, ma soprattutto…incentrato su tematiche riguardanti l’adolescenza- mettendo le mani curate avanti, l’attore si spiegò meglio – Tuo padre intendeva affrontare il mondo dei ragazzi da una prospettiva diversa: storie vere raccontate in diretta, ospiti di una certa rilevanza e, specialmente, -fece una pausa per enfatizzare quello che intendeva dire- impatto! Non so se sono stato chiaro”.

 

Una voce alle spalle di Lisa rispose per lei: “Sei stato chiarissimo, caro James!- disse il regista, dandogli una pacca sulla schiena, per poi rivolgersi alla figlia –Pensi di essere in grado di occuparti della stesura dei testi?”

 

La ragazza strabuzzò gli occhi, in un’espressione che James aveva già notato e che l’aveva divertito: si  potevano scoprire molte cose, dentro quelle iridi chiarissime.

“Ne sono in grado?” chiese di rimando lei.

 

“E’ un impegno di un certo calibro, lo ammetto- rispose Leonard, in piedi a braccia incrociate –Ma ti reputo in gamba e un passo avanti rispetto ai tuoi coetanei. Puoi vedere gli argomenti di cui trattare dall’interno ma con occhio più critico”.

 

Lisa rimase spiazzata: mai prima di allora si era sentita descritta in quel modo dal padre.

Puntò gli occhi verdi su James, per carpire da una sua qualsiasi reazione, cosa ne pensava al riguardo; in risposta ebbe solo lo sguardo di ghiaccio dell’attore, che la costrinse a girare il capo imbarazzata.

 

“E ora cosa faccio?”.

A risolvere quel quesito, intervenne proprio lui, James: “Tuo padre mi ha chiamato qui anche per affiancarti nel tuo lavoro…oltre che per fare la parte della bella statuina che farà presa sulle  telespettatrici adolescenti”. 

Poi si aprì in uno dei suoi splendidi, disarmanti mezzi sorrisi, che tanto avevano colpito Lisa, la prima volta che lo aveva visto calato nei panni del vampiro Spike.

Niente a che vedere con la tenebrosa interpretazione del personaggio, quell’espressione era esclusivamente sua.

 

La risposta non potè che essere un netto e deciso “Sì”.

 

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Capitolo 5
*** V CAPITOLO ***


V CAPITOLO

V CAPITOLO

 

Ho letto solo ora i primi commenti e ci tengo a rispondere subito

Per Bell_Lua: grazie della fiducia!prometto che ce la metterò tutta per rendere questa storia davvero speciale!

 

Per memole_88: condivido pienamente quello che hai scritto…le fan del caro James mi hanno deluso finora..così ho deciso di recuperare io per tutte J sperando che il seguito ti piaccia!

 

Grazie mille ai miei primi commentatori…pensavo di passare inosservata e invece comincio a vedere un po’ di curiosità!!!

 

 

La prima parte del pomeriggio era volata via in un soffio, e per l’ennesima volta Lisa era dovuta correre ad allenamento, arrivando comunque in ritardo; ma la ramanzina del maestro non servì a buttarla giù di morale.

La giornata era stata troppo alle stelle per poter essere smorzata da un qualsiasi imprevisto

Per di più suo padre e James sarebbero stati fuori a cena pure quella sera, quindi il rischio avvelenamento era stato, per il momento, scongiurato.

 

L’allenamento fu inaspettatamente intenso, nessuno riuscì a riprendere fiato per le successive due ore e quando, dopo la doccia, Alice propose di mangiare qualcosa tutte insieme, Lisa glissò gentilmente l’invito: aveva ancora tutti i compiti da fare e voleva almeno provare a buttare giù qualche idea per il programma.

Sarebbe stata dura far conciliare tutto, a maggior ragione nell’anno del Diploma.

 

Appena arrivata a casa, Lisa si premurò di svuotare la borsa del judo e di portare i vestiti sporchi nella lavanderia.

Diede un’occhiata, più per abitudine che per altro, al frigo deserto e ne ebbe quasi compassione; si fece l’appunto mentale di andare a comprare qualcosa, il giorno dopo.

Addentò una mela ammaccata e si diresse al piano superiore, col vocabolario di latino sottobraccio.; come se non bastasse la mole di impegni che già aveva, 5 anni prima aveva deciso che il liceo classico sarebbe stato l’ideale, per le sue ambizioni da scrittrice.

 

Così ora si ritrovava alle prese con le truppe di Cesare, che sostavano in Gallia durante l’inverno e passavano il tempo giocando a dadi… o raccogliendo ghiande, non le era chiaro quel passaggio.

Con un gridolino di stizza chiuse di scatto il vocabolario e si prese la testa fra le mani.

L’orologio segnava le 23:30, ma l’adrenalina residua dell’allenamento non accennava a calare.

“Addio sonno!” disse rassegnata prima di mettersi a letto con la musica a tutto volume nelle orecchie.

 

Contro ogni aspettativa, si addormentò dopo due canzoni, dimentica dei suoi buoni propositi per la trasmissione del padre.

 

Quel pensiero la colse in un attimo di dormiveglia, qualche ora più tardi.

Con un improvviso senso di ansia, si drizzò a sedere e guardò l’ora: le 3:00 di notte.

Sconsolata, si mise sul bordo del letto; doveva fare qualcosa per quell’insonnia cronica.

Dato che ormai conosceva a memoria il soffitto della propria camera, decise di andare a contemplare quello del salotto; così, prendendo il fascicolo del suo lavoro, si diresse giù per le scale; perlomeno avrebbe fatto qualcosa di utile.

 

A metà della sua discesa si rese conto della luce azzurrina che proveniva dalla TV al piano terra.

Qualcuno doveva averla dimenticata accesa; invece, con grande sorpresa, trovò un James Marsters alquanto imbambolato, intento a fare zapping.

 

Lisa non riuscì a trattenere il disappunto e esclamò: “Cosa ci fai qua?”.

Lui in risposta sobbalzò per lo spavento e la ragazza si rese conto di essere stata troppo brusca; si morse la lingua e aspettò una risposta.

 

“Ho ancora il jet-lag sballato- spiegò l’uomo- e il letto nuovo non aiuta…

L’altra annuì.

“Tu piuttosto? Che ci fai alzata a quest’ora?” chiese sempre lui, incuriosito da quella buffa presenza in camicia da notte e pantofole: nulla a che vedere con il look curatissimo e alla moda di quella mattina.

 

Solo allora Lisa notò che James era a torso nudo; fisico asciutto, addome muscoloso…”Manca solo un notaio- constatò lei, trattenendo il respiro- poi posso fare testamento”.

Fingendo naturalezza, la proprietaria di casa cercò di sorridere: “Mi faccio un po’ di the, lo vuoi anche tu?”

Come risposta ebbe un cenno di dissenso e un’occhiata sorridente che le fece tremare le gambe.

 

“Lisa, ragiona! Devi prepararti il the…focalizza!”

Sfruttando solo le luci baluginanti della TV,  la ragazza mise un pentolino con dell’acqua a bollire, aspetto cinque minuti, poi tornò verso il divano con una tazza fumante in mano e il suo fascicolo in bocca, come un segugio.

 

James la scrutò divertito: ogni tanto quella giovanissima ragazza se ne saltava fuori con un nuovo aspetto bizzarro. Decisamente non era “una delle tante”.

 

Appena si fu seduta, l’attore si avvicinò incuriosito: “E’ il copione, quello?”.

Lisa appoggiò con cautela la tazza sul tavolino di cristallo e rispose con un “Sì” bofonchiato: teneva ancora il plico di fogli tra i denti.

Con l’imbarazzo che saliva a livelli esponenziali, la ragazza afferrò il fascicolo e lo aprì, fingendosi molto concentrata.

 

Passarono dieci minuti, in cui Lisa sentì distrattamente i canali della TV che cambiavo; il suo foglio era ancora irrimediabilmente bianco.

“Non so da che parte cominciare- riuscì a confessare, alla fine- Insomma…non ci vorrebbe una laurea, o qualcosa del genere per scrivere testi televisivi?”.

 

James scosse la testa, come solo chi ne ha viste un bel po’ sa fare: “Una laurea per la creatività? Penso che non l’abbiano ancora inventata…altrimenti non esisterebbero più i geni”.

 

“Uno a zero per James, palla al centro” pensò soddisfatta l’inesperta autrice.

“Libera la mente!- le suggerì James-  Voi giovani non vedete tutto così incasellato come facciamo noi vecchi”.

Azzardando una battuta, Lisa si concesse una risata: “Ha parlato Matusalemme!”.

 

Però lui aveva ragione: non era poi così difficile parlare di…di cosa? Delle paure dei ragazzi? Dell’aborto? Dell’eutanasia? Delle droghe?

A Lisa sembrò di dover trascrivere pari pari le domande che più spesso la assillavano e a cui non riusciva a dare risposta.

In quel momento capì perché suo padre aveva scelto proprio lei: la conosceva decisamente bene.

 

Con piacere James notò la matita della ragazza scrivere veloce alcune parole chiave; di tanto in tanto Lisa si fermava a riflettere, con gli occhi persi nella tazza di the, o per chiedere i consigli più disparati all’attore.

 

Quando gli sbadigli tra i due cominciarono ad aumentare, decisero che era ora di dormire.

La ragazza sorseggiò quel che restava della bevanda e ripose la tazza nel lavandino.

James l’aspettò ai piedi delle scale, per augurarle la buonanotte; lasciando Lisa sempre più di stucco, le strinse le spalle in un affettuoso abbraccio, poi cominciò a salire i gradini.

 

A metà della scala, l’uomo si fermò: “E stata una riunione di lavoro insolita…ma decisamente divertente- fece notare –Direi che possiamo replicare!”.

 

Questa volta la sorpresa di Lisa non fu data dal fatto che l’attore che lei adorava le aveva appena proposto di incontrarsi di nuovo, ma dal fatto che una persona che le cominciava a piacere mostrava interesse in quello che lei faceva e pensava.

 

Sorridendo a quel pensiero, rispose: “Con immenso piacere!”.

 

 

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Capitolo 6
*** VI CAPITOLO ***


VI CAPITOLO

VI CAPITOLO

 

grazie ancora a tutti per i vostri commenti! Da ora in poi la storia comincerà a “movimentarsi” un po’…è il momento di lasciare più spazio ai due protagonisti!!!

 

 

 

Marina scosse la testa incredula: “Non ci credo…non è possibile- poi si rivolse all’amica Laura, appena arrivata in spogliatoio – Secondo te è vero che James le ha chiesto di fare lezioni private notturne di scrittura?!”.

 

Laura si fermò solo un attimo a pensare, poi rispose semplicemente: “No…E ti spiego il perché- aggiunse, puntando il dito verso l’interessata –Se fosse successo davvero non saresti qui a raccontarlo, ma galleggeresti a un’altezza non ben definita, tra l’ottavo e il dodicesimo cielo!”.

 

Lisa rise sommessamente: “Basta, mi arrendo…Alice, aiutami tu!”.

Quella in risposta, la squadrò, dalla punta dei piedi, alla punta dello chignon che aveva in testa: “A mio parere sei troppo calma per una notizia del genere”.

 

Lei si alzò dalla panca e si accinse a spiegare: “Ragazze…Non ho dormito tutta notte, per questa cosa! Non ho le forze per saltellare da un capo all’altro della palestra! E poi comunque me ne sono fatta una ragione: è un essere umano, respira ossigeno come noi- la sua espressione si fece sognante –certo, è dannatamente bello, affascinante, ha un dopobarba delizioso…e vorrei svenire tutte le volte che sorride”.

 

Laura si espresse con uno dei suoi urletti trionfanti “Aah! Allora da qualche parte, lì dentro, c’è ancora la nostra amica Lisa!” e la abbracciò con entusiasmo.

 

Quella sera la seduta professionale cominciò subito dopo cena (a base di pizza ordinata per telefono); non a caso Lisa si era liberata dei compiti nel pomeriggio, così da potersi dedicare anima e corpo al suo lavoro…e alla squisita compagnia che ne derivava.

 

Mentre James sorseggiava il caffè migliore della sua vita, osservò attentamente la ragazza, che con espressione seria, si raccoglieva i capelli tra le mani, per poi fermarle con la matita.

Lisa, cercando di fargli distogliere quello sguardo insistente, chiese: “Mi sono sempre domandata come sia la vita dei famosi. Io l’ho solo intravista, attraverso i racconti di mio padre- gli occhi verdi lo fissarono curiosi- com’è la vita di una star?”.

 

Aveva ottenuto l’effetto desiderato; James faticò a trovare la risposta giusta: “Immagino che tra queste mura abbiano sostato attori ben più famosi di me- temporeggiò, spostando gli occhi glaciali sulla sua tazzina –Ma nel mio piccolo, devo ammettere che non è facile. E’ come vivere mille vite diverse, e in fondo non viverne nessuna…Sono poche le persone che davvero restano, nella miriade di comparse che cercano di accaparrarsi un pezzetto della tua vita.

 

Punto.

Mai parole erano state più incisive.

Lisa segnò un altro punto a favore di James; oltre che un bell’uomo, aveva anche un animo grande.

Difficilmente la ragazza si ritrovava a fare considerazioni del genere sugli ospiti di casa D’Andrade.

In fondo erano tutte persone che, presto o tardi, l’avrebbero lasciata.

E lei aveva subito il suo più grande e doloroso abbandono tempo addietro; si era già giocata il jolly delle lacrime e delle sofferenze inutili…e aveva solo quattro anni.

 

Con un sorriso compiaciuto, Lisa si dichiarò felice di aver fatto un’eccezione, con James.

Soddisfatta di sé e del collega, si mise al lavoro.

 

Nei giorni successivi, quello divenne un loro tacito accordo: ogni sera, dopo cena, si ritrovavano in salotto, Lisa col suo solito the, James col suo amato caffè italiano; parlavano ogni volta di un argomento diverso, come se procedessero di puntata in puntata.

La mattina successiva, di norma, il padre di Lisa presentava il lavoro della nottata ai suoi assistenti, che svolgevano i dettagli e si mettevano all’opera sulla stesura definitiva.

 

Nelle sere in cui Lisa aveva da studiare, i due rimandavano alle ore piccole.

Una volta Lisa si era svegliata alle 2:00, vittima di uno dei suoi attacchi di panico notturni. Aveva sceso le scale, intenzionata a svolgere il suo manoscritto da sola, per non svegliare James: lo aveva trovato seduto sul divano, che sorseggiava il caffè, ascoltando un TG della CNN.

 Il the della ragazza era pronto ad aspettarla al posto di sempre, sul tavolino di cristallo.

Quando lo sguardo dell’uomo si era posato su di lei, per la prima volta Lisa non aveva visto Spike, ma il vero James.

Mai come allora si era sentita così intimamente vicina a qualcuno.

 

Non c’era stato bisogno di ringraziare o spendere parole di circostanza; si era limitata a sedersi della posizione di sempre, il blocco degli appunti in mano e l’immancabile matita fra i capelli: quando si era impossessata dell’oggetto, per scrivere una nuova idea, la chioma si era sciolta e James, estremamente vicino a lei, aveva sentito l’aroma di pesche dello shampoo che Lisa usava: forte e dolce, come la ragazza al suo fianco.

 

Una delle sere successive, Lisa stava sviluppando sui suoi appunti il tema dell’aborto.

Tra un sorso di the e l’altro, le nacque nella testa una domanda: dov’era la famiglia di James? Ma soprattutto, com’era?

Effettivamente Lisa si era sempre appassionata al personaggio di Spike, ma mai seriamente all’uomo reale che le sedeva accanto.

L’unica volta che aveva cercato informazioni sui suoi gusti culinari, aveva fatto un buco nell’acqua; così si ripromise di indagare, onde evitare  in futuro domande imbarazzanti a riguardo.

 

Nel frattempo, per quietare un po’ la sua curiosità, Lisa si propose con una frase molto evasiva: “Come vanno le cose in patria, in questi giorni di assenza?”. Disse quelle parole continuando a scrivere, con finta noncuranza, sul foglio, per fargli capire che non voleva essere una domanda impegnativa.

 

E invece Lisa fece colpito e affondato in un colpo solo.

James abbassò gli occhi, improvvisamente interessato ai ghirigori dipinti sulla sua tazzina.

“Come non detto”  pensò la ragazza, appoggiando la matita sul fascicolo, pronta a scusarsi.

James fu più veloce di lei e la fermò: “Lascia stare, non hai detto nulla di male…Sei stata fin troppo carina ad interessarti- fece una pausa di riflessione, poi continuò –Mettiamola così: le cose potrebbero andare meglio.-la guardò con un sorriso leggero –Non sono capitato in Italia per caso…e nemmeno per esclusivi motivi di lavoro. Sono in pausa dai miei problemi, ecco…”.

 

Dopo quella dichiarazione a cuore aperto, Lisa sentì una stretta allo stomaco.

Dannazione, non era proprio capace di tenere quella boccaccia chiusa?

Nel vederlo così, con gli occhi persi nel vuoto, quegli splendidi occhi che illuminavano la stanza quando rideva, la ragazza potè notare per la prima volta delle striature argentate tra i capelli di James.

Certo, il biondo platino del vampiro Spike le avrebbe mascherate, ma in quel momento Lisa vide solo James, stanco e profondamente infelice.

 

Con un gesto che le venne automatico, gli strinse il braccio per confortarlo: quello era il primo vero contatto fisico che Lisa aveva con l’attore. Peccato, sperava che sarebbe stato totalmente diverso.

 

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Capitolo 7
*** VII CAPITOLO ***


VII CAPITOLO

VII CAPITOLO

 

Eccomi qua con un nuovo capitolo!

Bell_Lua: grazie mille per i tuoi commenti! Non avevo mai condiviso una mia storia ed è fantastico ricevere i complimenti x quello che scrivo!

Per quanto riguarda il povero James…i problemi non tarderanno a svelarsi…ma ci vorrà ancora un pochino prima che succeda…

gelb_augen: una sola parola: GRAZIEEEE! ho sempre adorato Buffy, come te, e per non rimanere mai in crisi d’astinenza ho scaricato tutte le stagioni! E hai perfettamente ragione…JAMES…basta il suo nome a descriverlo: è unico! La mia storia tra i tuoi preferiti?! Sono onorata! Davvero ancora mille grazie!!Prometto che mi impegnerò al massimo per rendere onore al nostro amato James!

Buona lettura!

 

 

Dopo quell’episodio, Lisa non fece più domande sulla vita personale di James.

Ma, da buona fan, lo interrogò approfonditamente riguardo alla sua recitazione sul set di Buffy The Vampire Slayer e “Angel”.

Così, nelle pause di lavoro, l’attore le raccontava gli aneddoti più divertenti, i gossip dei protagonisti delle due serie televisive e i retroscena delle riprese.

 

Da parte sua, ogni tanto James si informava incuriosito sulle tre strambe amiche della ragazza; questa gli raccontò delle figuracce di Laura, dell’eleganza di Alice e della timidezza della dolce Marina e lui potè notare quanto profondo fosse il loro legame, solo guardando gli occhi di Lisa brillare nel descriverle.

 

Fu la domenica sera successiva che successe l’imprevedibile: Lisa aveva appena appoggiato il book coi suoi testi sulle ginocchia e, approfittando della pausa, si stiracchiò con gusto, facendo scricchiolare tutte le giunture, quasi fosse una vecchietta artritica

Sorprendendosi di se stessa la ragazza disse: “Complimenti all’atleta!”.

 

Con il suo fantastico mezzo sorriso sulle labbra, James le chiese: “Quanti anni sono che fai judo?”.

L’altra fece un rapido calcolo mentale: “Dodici anni, ormai…e non ho mai smesso, neppure per un giorno, di amare il mio sport”. Precisò con fierezza.

 

“Mi piacerebbe molto vederti in azione”.

Lisa rimase basita: col senno di poi, si sarebbe resa conto di aver riproposto una replica dell’espressione ebete con cui si era presentata il primo giorno.

Ma in quel momento si limitò a rimanere in silenzio, con la bocca semi-aperta e un caldo rovente alle guance, segno che era arrossita vistosamente.

 

James credette di averla messa a disagio (e non si sbagliava!) così provò a tranquillizzarla: “Se non ti va, possiamo anche evitare…So che certe persone preferiscono allenarsi in solitudine, senza distrazioni esterne…”.

 

“Bene, faccia da pesce lesso..ora risolviti pure questa!” pensò Lisa, sgridandosi mentalmente per l’ennesima figuraccia.

“No, no…non ti preoccupare- lo aveva interrotto scuotendo con forza il capo – Sarebbe un onore! E’ una cosa di cui sono orgogliosa e che mi piace condividere…domani sera mi alleno fino alle 21:00…se ti va di passare…”.

 

In risposta ebbe un semplice cenno del capo; poi entrambi si concentrarono di nuovo sul lavoro.

Quella sera l’argomento scelto era stato la protezione delle specie in via d’estinzione: Lisa adorava la natura, ma non voleva che quella puntata si trasformasse in un documentario.

I giovani sarebbero stati di sicuro più colpiti da storie cruente, immagini scioccanti e racconti di bestie torturate. Ma neppure quella era la direzione che Lisa voleva seguire.

 

“Coraggio Lisa- si incitò fra sé e sé – Pensa, pensa…racconta qualcosa che senti parte di te…

All’improvviso le si accese una lampadina, sommersa da qualche parte nel cervello, tra le coniugazioni dei verbi latini e le odi greche.

“Bingo!” esclamò a bassa voce, appuntando una “F” maiuscola sul suo foglio.

 

Purtroppo il giorno dopo James fu trattenuto fino a tardi agli studi: il padre di Lisa voleva fare il resoconto sul lavoro della ragazza, per cominciare a mandare alla produzione  le prime puntate del book.

Lo staff del regista aveva fissato gli ospiti e gli esperti da contattare solo per le prime tre puntate, così quella si rivelò una lungaggine inutile.

 

Benché l’attore si fosse sforzato per arrivare alla palestra in tempo, vi giunse solo alle 20:30.

Era mortificato per quell’inconveniente e per nulla al mondo avrebbe voluto deludere la ragazza.

Lisa non si era limitata a fargli da collega, si era proposta come una vera e propria compagna di viaggio, pronta a condividere tutto.

Pur essendo di carattere volubile, Lisa sapeva far emergere da dietro la sua corazza, premure e attenzioni estremamente…tenere.

James non la voleva conoscere in versione infuriata, qualcosa gli diceva che non doveva essere un lato piacevole da scoprire.

 

Ma quando varcò la soglia del basso edificio, l’uomo si rese immediatamente conto che la ragazza non sarebbe stata in grado di rendersi conto della sua assenza.

Sul bordo del tatami, vide una Laura molto scossa e si accinse a salutarla.

Poi avvistò Lisa e fece qualche passo verso di lei: dall’espressione delle sue tre compagne qualcosa non andava.

 

Un uomo biondo, sulla trentina, stava gridando ordini, a un ritmo sempre crescente.

Di fronte a lui, una Lisa paonazza e mortalmente seria obbediva ai comandi con evidente fatica.

James la vide salire una fune servendosi della sola forza delle braccia, per poi cimentarsi in una serie di balzi.

“Più svelta! Voglio che porti quelle maledette ginocchia al petto, quando salti!” gridò l’allenatore noncurante dell’espressione sofferente della sua atleta.

 

Marina, ferma in un angolo, gettò l’occhio su James e, avvicinandosi con cautela, gli spiegò: “Ha risposto a tono all’allenatore…e ora gliela sta facendo pagare”.

L’uomo sembrava non credere ai propri occhi. Davvero quello era lo sport che Lisa adorava così tanto?

Mentre la ragazza stava scendendo la fune per l’ennesima volta, le braccia le cedettero e si fece gli ultimi due metri sfregando i palmi sulla corda, per poi finire col sedere a terra.

 

Il biondo aguzzino ritenne che quell’ultima umiliazione poteva bastare, così spedì il gruppo di atleti, Lisa compresa, a fare la doccia.

 

Con sollievo James la vide scendere dal tappeto, zoppicante e con un rantolo nel respiro, ma tutta intera.

Fece per accostarsi a lei, ma appena la giovane atleta lo vide, abbassò il capo e con passo deciso lo scavalcò letteralmente…nemmeno si accorse della spallata che gli tirò per farsi spazio.

In quella frazione di secondo in cui si incrociarono, James sentì una stretta al cuore, nel vedere quegli occhi verdi gonfi di lacrime e colmi d’odio.

Quella era la Lisa infuriata.

 

Alice si prese l’impegno di riaccompagnare l’amica a casa in auto: “Non sei in grado di guidare lo scooter- aveva detto –Lo recupererai domani”.

Lisa non aveva fiatato, si era limitata a posizionarsi sul sedile, non senza una smorfia di dolore, per poi scendere senza proferir parola, una volta a destinazione. Neppure aveva ringraziato, ma Alice non se la prese: era mortificata quanto lei per l’accaduto.

 

James era rientrato a casa da un bel pezzo, guidando l’auto che aveva preso a noleggio per la sua permanenza in Italia; sentendosi inutile, aveva preferito evitare di incrociare Lisa al suo rientro, così si era chiuso in camera a leggere.

 

La ragazza entrò in silenzio, trascinò la borsa in lavanderia ma non la vuotò.

Non le passo nemmeno per la testa di mangiare, così salì le scale, con andatura claudicante.

Si spogliò lentamente e, sempre al rallentatore, si preparò per la notte.

Quasi le sembrò di svenire, una volta toccato il materasso.

 

Appena un’ora più tardi, un dolore acuto in tutto il corpo la svegliò.

Ecco, i muscoli si erano raffreddati, adesso cominciavano il peggio.

“Immobile…resta immobile” si disse Lisa, respirando profondamente.

Ma aveva una sete terribile, nemmeno aveva bevuto, alla fine dell’allenamento: era costretta ad andare di sotto.

 

Dicono che a scendere tutti i Santi aiutano; probabilmente pure loro stavano dormendo, a quell’ora, perché il primo gradino fu come una fucilata nei polpacci, per Lisa.

Stringendo i denti si aggrappò al corrimano, poi fece qualche passo. Quando ormai mancavano due scalini al piano terra, le ginocchia le cedettero, così lei cadde di sedere con un sonoro tonf.

Un po’ per il male, un po’ per la frustrazione, Lisa non riuscì a trattenere un singhiozzo.

Suo padre non era neppure a casa, era via per un viaggio di lavoro; così probabilmente la ragazza sarebbe rimasta lì tutta la notte.

 

Il caso volle che James si fosse addormentato sul divano, con la TV accesa. Non sperava di certo che Lisa lo raggiungesse, quella notte, ma quando udì un suono sordo sulle scale si svegliò subito.

Gli bastò aspettare qualche secondo, poi all’orecchio gli giunse un singhiozzo sommesso: non aspettò un attimo in più.

 

Lisa vide una figura nera avvicinarsi con passo deciso, poi sentì due braccia forti stringerla dietro la schiena e nell’incavo delle ginocchia; non serviva fare gli eroi o fingere che fosse tutto a posto, così la ragazza si limitò a cingere le braccia attorno al collo dell’uomo.

Avvertendo un vago profumo di dopobarba, si sentì subito meglio.

 

Un attimo più tardi erano entrambi sul divano, lei sulle ginocchia di James, ancora nella posizione di prima.

Con voce tremante Lisa disse: “Mi dispiace”.

In risposta ebbe un semplice “Dispiace anche a me”.

 

La ragazza tirò su col naso e appoggiò la guancia umida nell’incavo del collo di lui: “Non è questo il judo che speravo di farti vedere”.

James le accarezzo i capelli, commosso da tanta dolcezza: “Lo immaginavo”.

 

Passò qualche minuto, in cui non c’erano altre cose da aggiungere a quella conversazione.

Ormai più tranquilla, Lisa fece una considerazione ad alta voce: “Domani devo andare a scuola”

 

James si scostò di poco, per guardarla negli occhi: “Non è più usanza tra voi giovani approfittare di ogni scusa per saltare le lezioni?!- cercò di ironizzare, poi tornò serio –Direi che posso fare il cattivo fratello maggiore, in assenza di papà”.

 

Lisa non riuscì a trattenere una risata, poi tornò ad appoggiare la testa  sulla spalla dell’attore.

“Brava piccola, ridi- sussurrò piano James –E che vada al diavolo, chi che ti ha fatto piangere”.

 

 

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Capitolo 8
*** VIII CAPITOLO ***


VIII CAPITOLO

VIII CAPITOLO

 

Prima di procedere con la storia, i ringraziamenti e le risposte per tutti

crys: grazie mille x i complimenti, ancora non ci credo che a così tante persone piaccia Spike…e ovviamente il suo interprete! Spero continuerai a leggere la mia fanfic

 

memole_88: in effetti mi sono mancati i tuoi commenti!!! Mi sono chiesta dove fossi finita e se (ODDIO) la mia fanfic ti avesse fatto così schifo da smettere di leggerla! Finalmente rieccoti qui!

Cercherò di essere il più veloce possibile nello scrivere i nuovi capitoli, x non lasciarti in sospeso!!

 

gelb_augen: è stato davvero piacevole leggere il tuo commento, e condivido quello che hai detto su Twilight e compagnia bella: ci sono così tante storie in giro che ormai, quelle un po’ diverse rischiano di passare inosservate! E ti confido che anch’io avevo il terrore di non essere mai recensita, ma eccomi qua, a rispondere a un commento!  Del resto…mi ha fatto piacere ricevere una critica sull’ultimo capitolo e mi accingo a spiegarti il perché della mia scelta (che paroloni seri!!): in poche parole…è chiaro che ormai tra i due protagonisti succederà qualcosa, prima o poi, e io mi sono sforzata tantissimo di creare una storia su come maturi il loro rapporto, per renderlo il meno banale e sbrigativo possibile…in molte fanfic i due personaggi pricipali finiscono a letto dopo dieci righe (!!!!) e io volevo qualcosa di diverso! Ho cercato di rendere l’atteggiamento di James premuroso e non troppo confidenziale…ma adorandolo mi sarà scappata qualche sdolcinatezza!(si può dire?non so se esiste ‘sta parola).

D’altra parte ti confido che l’episodio dell’allenamento mi è successo sul serio!!!!!!! Magari avessi avuto James pronto a consolarmi!

Detto ciò, ti lascio alla lettura del prossimo capitolo! A presto!!!!

 

Il mattino dopo, Lisa fu svegliata dal suono del telefono; con molta cautela, aprì un occhio e, almeno quello, non le fece male.

Sempre usando la massima calma, si mise a sedere e notò di essersi addormentata in salotto, sul divano; James non era più lì, ma la sera precedente, prima di andarsene, si era premurato di coprirla con un plaid.

 

Tutti i vari dolori dell’allenamento punitivo sembravano essersi calmati, almeno un po’: mai più preparazione atletica il lunedì, Lisa mise una croce sopra quel giorno.

Sempre più fiera della risposta positiva che diedero le sue ginocchia, si alzò in piedi; non potè fare a meno di zoppicare, ma giunse in tempo a sollevare la cornetta del telefono di cucina: era Laura.

“Tesoro!- esordì quella –come va? Quell’idiota ieri ha superato ogni limite!”.

 

Lisa guardò l’orologio: erano le 10:00 di mattina: “Non ti preoccupare, ho la pelle dura…Ma non dovresti essere a scuola?”.

Infatti ci sono!- rispose Laura, col solito tono allegro –Sono scappata dalla lezione di chimica per sapere come stavi”.

 

L’altra sorrise, felice di avere amiche così: “Ora è tutto a posto; mi fanno un po’ male i palmi delle mani, mi sono “bruciata” a salire la fune…i polpacci stanno ritornando al loro posto…Ma stanotte non mi reggevo in piedi- ricordare quell’episodio non le fu piacevole, scosse la testa, quasi per rimuoverlo –Se non ci fosse stato James avrei dormito sulle scale”.

 

Un momento di pausa fece intuire a Lisa che l’amica non aveva capito, così si spiegò meglio: “Mi ha trovata lì, accasciata e in lacrime, mi ha presa in braccio e messa sul divano”.

 

La reazione successiva fu molto più “in stile Laura” : “Cos’ha fatto? Vuoi dire che ti ha afferrata tra le sue forti e possenti braccia e ti ha consolata come una bambolina?!”.

Lisa alzò gli occhi al cielo: “Lo so, mi dovrei vergognare, sono una rammollita…

“Ma quale rammollita?!- strillò l’altra, facendo rimbombare la voce per i corridoi della scuola –Forse non ti rendi conto che James,il tuo James, ha fatto un gesto di affetto nei tuoi confronti”.

 

Lisa stette un attimo a riflettere: “In effetti mi ha tenuta in braccio finchè non mi sono addormentata”.

Laura gridò di nuovo: “Accidenti, cara mia, qui si sta muovendo qualcosa. E perdipiù sei a casa sola con lui! Vedi di aggiornarmi…vacca!- concluse poi sghignazzando- Quasi dimenticavo: avverti le altre che stai bene; Alice era un po’ scossa ieri…e Mary stava per mettersi a piangere”.

 

La “malata” sorrise dolcemente…davvero uniche, quelle strane ragazze.

Le due amiche parlarono ancora qualche minuto, poi un rumore in cima alle scale  fece drizzare le orecchie a Lisa, che congedò Laura e si allungò a guardare chi fosse.

 

James (e chi altri?) stava scendendo di sotto, con la faccia assonnata e il passo incerto: “Scommetto che era una delle tue compagne…Laura giusto?”.

La ragazza lo guardò stranita: “Come fai a saperlo?”.

“Le sue urla arrivavano forti e chiare fino alla mia camera”. Rispose l’attore, entrando in cucina.

Lisa non potè fare a meno di ridere, prima di scusarsi: “Mi dispiace che ti abbia svegliato”.

 

Lui aprì il frigo e prese fuori il latte: “Non ti preoccupare…Tu, piuttosto, come stai?- chiese poi, stupito di vederla in piedi –Vai alla grande, mi sembra!”.

Lisa annuì, abbassando lo sguardo imbarazzata: “Volevo ringraziarti per ieri sera…non è da me lamentarmi inutilmente per un po’ di carne greve…”.

 

James la fermò subito, con un affettuoso buffetto alla guancia: “Non devi ringraziarmi..e quelli- disse, calcando la voce e indicando il punto in cui l’aveva trovata, la notte scorsa –Non sono lamenti inutili. Stavi male…e non sei una persona qualunque- a quella frase l’uomo si fece titubante e pose lo sguardo sulla sua tazza di latte – Non ti meritavi di stare così”. Lo disse quasi in un sussurro, come se fosse una frase che pronunciava a se stesso.

 

Lisa incrociò le braccia e si appoggiò al frigo: “Ora sto bene- non trovando altre parole, si limitò a cambiare discorso -e tu sei in ritardo al lavoro!”.

L’attore si drizzò in piedi di scatto: “Hai ragione! E oggi non c’è neppure tuo padre!- prima di salire le scale si girò verso la ragazza e chiese –Stasera come ci organizziamo con la cena?”.

 

“Tasto dolente, caro mio”. Pensò la ragazza.

D’altronde lei era la padrona di casa, quel tipo di incombenze riguardavano lei!

Ricordandosi dell’idea avuta la domenica precedente, Lisa sorrise: “Lascia fare a me, ci penso io; tu fatti trovare pronto per le 20:00”.

 

A James parve strano quel comportamento, ma non volle indagare; se quella era una sorpresa, voleva dire che Lisa stava facendo emergere un altro aspetto del proprio carattere e l’attore non voleva sembrare frettoloso.

Così la salutò, con un fugace bacio sulla fronte, prima di correre agli Studi, lasciando Lisa di stucco, ancora appoggiata al frigo, con le braccia incrociate.

 

Quella sera James arrivò a casa in anticipo, per potersi cambiare e fare una doccia veloce.

Alle otto in punto scese le scale, trovando Lisa già pronta, ad aspettarlo sul divano: indossava un abito intero, di tessuto morbido nero, formato da pantaloni e top, scollato sulla schiena.

Non aveva potuto indossare i tacchi alti, a causa dei dolori residui della sera prima, così aveva optato per un paio di stivali di pelle.

 

James invece aveva scelto un paio di jeans scuri e in abbinato una semplice camicia, di un viola molto scuro, le maniche rimboccate all’altezza del gomito: erano entrambe due vestite estremamente semplici, ma che insieme facevano la loro figura.

 

“Come è andata oggi?” chiese la ragazza salendo in auto.

“Tutto bene- rispose l’attore per poi mettere in moto –dimmi dove devo andare”.

Lisa indicò una svolta a destra in fondo alla via di casa sua: “Io ho portato avanti il lavoro che avremmo fatto stasera- gli fece segno di girare a sinistra –Puoi darci un’occhiata, quando hai tempo, così domani lo puoi consegnare al team di mio padre.”

 

“L’ho sentito, a proposito- disse lui, continuando a seguire le indicazioni di Lisa –Era a Parigi: aveva una riunione con qualche pezzo grosso della TV statunitense…credo per un film, ma non mi ha detto di più”.

 

La figlia del regista indicò una strada che portava in mezza campagna: “Prendi la prima a destra…esatto…Per  quanto riguarda il lavoro di mio padre, io ne so meno di te: ho scoperto che era partito per la Francia quando mel’hai detto tu.”

 

Il viaggio in macchina durò una decina di minuti, finchè Lisa ordinò a James di svoltare in una stradina che portava a una casa privata.

L’uomo aggrottò la fronte: se la ragazza aveva intenzione di sorprenderlo, ci stava riuscendo.

“Dove siamo?” chiese poi, chiudendo l’automobile.

Lisa si incamminò verso l’ingresso di una piccola casetta, immersa in un gigantesco parco verde.

Dalla rada boscaglia della proprietà sembravano giungere versi di animali.

 

L’attore si fermò ad ascoltare: “Comincio a preoccuparmi…Dove mi hai portato?”.

Lisa continuò ad avanzare e bussò alla porta, noncurante di quelle lamentele.

Quasi immediatamente un uomo venne ad aprire e ridendo di gusto, abbracciò la ragazza e la sollevò di peso.

 

Un dubbioso James Marsters guardava la scena con espressione interrogativa; di nuovo coi piedi per terra, Lisa si girò verso di lui: “Vieni pure, James- gli disse con un gesto di incitamento –Ti presento mio zio Ralf, il fratello di mio padre…Zio, questo è il nostro nuovo ospite: James Marsters”.

I due si strinsero la mano e l’attore notò un’effettiva somiglianza, tra quel corpulento signore sulla quarantina e il regista Leonard.

“Vuoi dire che ci siamo auto-invitati a cena a casa sua?” chiese allora James, rivolto alla ragazza.

Ralf rise nuovamente, sembrava estremamente gioviale: “Mia nipote non ti aveva avvertito della vostra mèta?- si spostò dall’uscio per farli entrare –Se può aiutarti a sentirti meno in imbarazzo, siete qui anche per motivi di lavoro…ma prima mangiamo! Prego, sedetevi” li invitò, infine, con un ampio gesto del braccio ad accomodarsi in un piccolo soggiorno.

 

Quella casa in formato mignon sembrava sproporzionata, in confronto all’immenso giardino che la circondava.

Appena le pietanze furono servite in tavola, Lisa cominciò a svelare il suo mistero: “Mio zio ha passato la maggior parte della sua vita in Africa ed è uno dei maggiori collezionisti di animali esotici d’Italia”.

Il diretto interessato annuì e si sedette: “Lo puoi ben dire! Quasi tutti gli animali che hanno partecipato a un qualsiasi film italiano degli ultimi dieci anni, provengono dalla mia tenuta”.

 

James si riempì il piatto di pasta al salmone, per la seconda volta: “Che cosa ti ha riportato in Italia, Ralf- chiese, prima di masticare un boccone –Non sei stato contagiato dal celebre “mal d’Africa”?”.

L’uomo scosse la testa, accennando un sorriso: “C’era un richiamo molto più forte, qui in patria: dovevo veder crescere la mia nipotina!”.

A quella frase Lisa abbassò lo sguardo sul suo piatto: “Non cominciare a fare il sentimentale!”.

 

James si appoggiò allo schienale della sedia: “Sono decisamente pieno…ed era tutto squisito!- poi, fregandosi le mani, disse –Allora…non dovevamo parlare di lavoro?”.

Ralf fece un cenno di dissenso col capo: “Non essere precipitoso, scommetto che, prima, Lisa ti voglia far vedere le mie bellezze”.

La ragazza si illuminò: “Giusto! Dai, alzati- disse trascinando l’attore per un braccio – andiamo a fare due passi”.

Lo zio acconsentì di buon grado: “Cominciate pure senza di me. Io finisco di riordinare, poi vi raggiungo”.

 

Lisa lo condusse sul retro della casa, dove cominciava lo spettacolo: sulla destra, un’enorme voliera conteneva decine di specie diverse di uccelli; la ragazza indicò a James uno splendido tucano.

“Davvero Ralf è tornato qui appositamente per la tua nascita?”.

La ragazza sospirò e senza guardarlo negli occhi procedette verso la sezione dedicata ai serpenti: “Non è andata esattamente così- spiegò, accarezzando le spire di un grosso boa –Mio zio è tornato quando avevo quattro anni- piantò gli occhi verdi in quelli glaciali di James –Quando mia madre se n’è andata…ha aiutato mio padre a crescermi. Mi ama come se fossi figlia sua”.

 

L’uomo si sentì improvvisamente in imbarazzo: “Leonard non mi ha mai raccontato nulla di lei. Deve essere stato un dolore molto grosso.

“Lo è tutt’ora” precisò l’altra, fischiando per richiamare l’attenzione di una scimmia cappuccina.

James notò l’indifferenza con cui lei ne parlava; sembrava stesse raccontando la vita di qualcun altro.

In quell’istante capì come mai quella giovane ragazza sfuggisse da tutto ciò che poteva, in qualche modo, ferirla; i suoi cambi di umore, persino la sfuriata con l’allenatore, erano solo armi di difesa: per evitare che il mondo la colpisse a tradimento, lei attaccava per prima.

 

“Guarda!” la voce di Lisa lo distolse dalle sue considerazioni: stava indicando un’antilope che allattava il suo piccolo.

James si appoggiò al recinto, noncurante degli animali, e si mise a studiarla: in quell’istante sembrava in pace col mondo, ma lui non poteva neppure immaginare la tempesta che aveva dentro.

Una  corazza nascondeva bene la dolce Lisa che aveva pianto fra le sue braccia, la sera prima.

 

“Ti ricordi qualcosa di lei?” le chiese poi, forse approfittando un po’ troppo di quel momento di quiete.

Infatti la ragazza si sollevò dalla staccionata e, senza batter ciglio, riprese a camminare: “Di lei mi rimane solo il mio secondo nome: Jamila…significa “bella”, molto semplicemente- con un sorriso privo di emozioni lo fissò – Lo scelse lei, dicendo che così, il mio nome completo sarebbe stato simile a “Isabella”, spezzato e detto in due lingue diverse”.

 

James contraccambiò lo sguardo, felice di aver scoperto un’altra carta di Lisa; corazza o no, il nome “bella” era decisamente azzeccato.

 

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Capitolo 9
*** IX CAPITOLO ***


IX CAPITOLO

IX CAPITOLO

 

Eccoci di nuovo qua!il capitolo precedente non mi ha lasciato molto soddisfatta, quando l’ho scritto; ma ho trovato cmq i vostri bellissimi commenti che mi hanno fatto capire di aver fatto un buon lavoro!!!

 

memole_88: non ti ringrazierò mai abbastanza! Mi incoraggia molto vedere quanto ti piace la mia storia…vorrei che si sviluppasse tutto più in fretta ma…cavoli, devo essere paziente! Sono personaggi impegnativi da portare avanti!!

 

crys: eccoti di nuovo accontentata! Un altro capitolo fresco fresco di “Stampa”. Grazie mille della tua devozione alla mia storia. E’ fantastico vedere che altre persone ci credono quanto me!

 

Grazie ancora a tutti!!! Anche a chi legge senza recensire! Mi state dando la carica per continuare a scrivere!

 

In quel momento dei passi alle loro spalle li indussero a girarsi: Ralf stava arrivando a grandi falcate, sventolando un paio di guanti: “Ora vi faccio vedere il pezzo forte!”.

Quasi dal nulla, Lisa splendette di nuovo in un radioso sorriso: “Finalmente! Cominciavo a sentirne la mancanza”.

 

Appena girato l’angolo, dietro la grande voliera, c’era una gabbia, contenente…”Una pantera?!

Esclamò James stupefatto.

“Ottimo spirito d’osservazione!” lo schernì la ragazza, spalancando la porta che la divideva dall’animale.

L’attore sbiancò: la ragazzina era sotto la sua tutela, se fosse stata sbranata da quella bestia, non sarebbe stato facile da spiegare al padre.

 

Negli attimi successivi, il grosso felino si mosse dalla postazione dove era stato seduto fino ad allora, corse in contro a Lisa e le saltò addosso, catapultandola con la schiena a terra…per poi iniziare a leccarle la faccia.

 

Ancora pietrificato dalla paura, l’attore non si azzardava a muovere un muscolo, mentre una Lisa raggiante rideva con una pienezza che non gli aveva mai dimostrato, fino ad allora: “Quanto sei cresciuta, cucciola mia! Pesi un quintale!” disse lei, mentre l’animale cercava di rispondere a modo suo, con una serie di ringhi smorzati.

 

Zio Ralf entrò nella gabbia: “Ora basta- ordinò all’animale, che obbedì al volo –Sei sempre la solita esagerata!”.

Lisa si alzò e si rivolse a James: “Ti presento Felina: è una pantera di tre anni. L’abbiamo trovata io  mio zio nel nostro ultimo viaggio”.

Ormai più tranquillo, l’interlocutore si avvicinò: “Dove, di preciso?”

“In Etiopia- rispose Ralf –Come ben saprai, non era esattamente il suo habitat: un bracconiere doveva averla trasportata fin lì da non so dove, per poi abbandonarla…forse  si era stancato di rischiare grosso per un semplice animale”.

 

La giovane grattò la pantera dietro un orecchio, e questa la ringraziò con un mugugno d’approvazione: “Aveva visto le luci del nostro campo e si è avvicinata: era un frugoletto- l’espressione di Lisa si fece seria –Quel bastardo le aveva cavato tutti gli artigli di netto; probabilmente era destinata a un circo e volevano renderla  innocua…e invece eccola qua!”.

Concluse, dandole una sonora pacca sul fianco.

 

A quel punto James capì: “E’ lei il motivo di lavoro per cui siamo qui”. Gli altri due presenti annuirono.

“La vuoi in trasmissione per la puntata dedicata alle specie in via d’estinzione, giusto?”. Chiese sempre lui, con aria contrariata: non sapeva quanto il regista avrebbe approvato quello stravolgimento nel suo programma.

 

Intuendo il disappunto, Lisa si alzò in piedi: “Senti James…Volevate che raccontassi storie vere, in cui i giovani riuscissero a immedesimarsi- con un braccio cinse il collo di Felina –Questa è vera…e fa parte di me…

 

Nei suoi gesti, nel fervore delle sue parole, nella luce che l’aveva illuminata alla visione dell’animale- una vita che Lisa stessa aveva salvato – James aveva trovato la risposta da darle: “Mi avevi già convinto quando lei ti è corsa incontro”. Detto ciò sorrise e allungò una mano per accarezzare Felina, che accettò il complimento di buon grado.

 

Da parte sua, la ragazza saltò letteralmente in braccio al’attore, ripetendo “Grazie” un centinaio di volte, prima che questi la implorasse di staccarsi dal suo collo.

Appoggiato alla rete della gabbia, Ralf se la rideva di gusto: “Ti preparo il guinzaglio, bambolina”.

 

A quella frase, James tornò sul chi va là: “Guinzaglio? E per far cosa?”.

Lisa abbracciò di nuovo la pantera: “La portiamo a casa”.

L’altro strabuzzò gli occhi spaesato: “Questo non era negli accordi”.

 

Mentre Felina usciva con non-chalance dalla gabbia, trotterellando allegramente al fianco di Lisa, lo zio sogghignò sotto i baffi: “Mai scendere a patti con la mia Jamila! Non c’è verso di uscirne vincitori”.

 

Felina entrò in casa di Lisa con passo trionfante, annusando l’aria, e puntò convinta verso il divano.

La ragazza intuì cosa volesse fare l’animale e la ammonì con un secco: “No”.

La pantera si immobilizzò, guardando James con aria supplichevole: “Non cercare il mio appoggio- scherzò lui –fosse per me ora saresti fuori sullo zerbino- poi si rivolse a Lisa –possiamo fidarci a dormire con un feroce predatore della giungla in casa?”.

 

Quella si tolse la giacca: “Certo…se smetti di risponderle per le rime…o potrebbe diventare molto dispettosa”. Disse quella frase chinandosi sulla sua amica a quattro zampe, per rifilarle un’altra dose di coccole.

Fu allora che James notò una macchia sulla schiena di Lisa, lasciata scoperta dal top; era l’ennesima sorpresa che quella ragazza gli mostrava: “Non sapevo di quel tatuaggio”.

 

Lei si alzò da terra e cominciò a sfilarsi gli stivali: “Non è stata una cosa molto approvata da mio padre. L’ho fatto poco dopo aver salvato Felina; aveva un significato a cui non volevo rinunciare”.

L’uomo si avvicinò e capì al volo: il disegno raffigurava una pantera, con zanne e artigli scoperti.

 

Quasi scherzando, James toccò il tatuaggio: “Questa però non è lei- indicò con un cenno del capo l’animale lì presente –lei non ha gli artigli”. Detto questo, percorse le linee del disegno con un dito, procurando un brivido a Lisa, che si girò per averlo di fronte, e interrompere quella carezza.

 

“Hai detto giusto: questa sono io”.

L’attore la guardò stupito, inizialmente senza capire, così lei si spiegò: “Ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per salvarla. In quell’occasione, mi sono letteralmente trasformata in un killer spietato- si accarezzò la spalla su cui c’era quel simbolo indelebile – deve servirmi da memento.

 

Pur avendo un’aria vagamente divertita nel dire ciò, James capì che quella era la pura verità.

D’altra parte, se non fosse stata una combattente per natura, Lisa non avrebbe mai praticato uno sport come judo.

 

Con un sospiro carico di tanti significati, l’uomo tornò a posare lo sguardo su Felina, che stava procedendo a un’accurata toeletta del suo manto corvino.

Lisa lo imitò e sorrise dolcemente verso l’animale.

Compiendo un gesto inaspettato, James le cinse le spalle nude con un braccio: “Sei una ragazza davvero coraggiosa”.

 

Sentendo l’intensità di quello sguardo premere sui suoi occhi, Lisa deglutì a fatica; quel contatto era decisamente più diretto di quello che avevano avuto la sera prima, e totalmente diverso.

James aumentò di poco la stretta, poi la sua voce calda pronunciò le parole più importanti che Lisa si fosse mai sentita dire: “E’ davvero un onore, lavorare al tuo fianco”.

 

 

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Capitolo 10
*** X CAPITOLO ***


X CAPITOLO

X CAPITOLO

 

Devo ringraziare il cattivo tempo, che mi sta permettendo di stare in casa…e scrivere alla velocità della luce! Prima di tutto, vi rispondo una per una!

 

memole_88: seguirò il tuo consiglio, cercando di far evolvere la cosa un po’ per volta…senza far diventare noiosa la storia, però!! Uhm…non sarà facile…mi impegnerò ;-)

 

crys: mi fa piacere che tu abbia apprezzato il carattere di Lisa, che sta prendendo forma:  è la parte più difficile da far emergere…e pure James non è un personaggio facile…mi sono documentata molto su di lui per provare a capire come presentarlo il più vicino possibile alla realtà ma, accidenti…è veramente troppo riservato!

 

gelb_augen: innanzitutto, non ti devi scusare! La mia storia non va da nessuna parte, è sempre qui che ti aspetta, pronta per essere letta! In secondo luogo…ti dico che ti capisco: pure io faccio sempre di tutto per sembrare un cubetto di ghiaccio, davanti agli altri (ogni tanto mi convinco stupidamente che così si rischi meno di soffrire) e forse la mia storia si baserà proprio su questo.

Per quanto riguarda James…un po’ lo compatisco: è maledettamente dura rapportarsi al personaggio di Lisa…e come si fa, cavoli!? A volte è un fiore, altre una fredda insensibile. Lui ci sta provando in tutti i modi a farla aprire: comportandosi da papà, da fratello, da amico, da semplice collega…forse sarebbe più semplice comportarsi in modo diretto…ma lo scopriremo solo vivendo J!!

Infine, ti svelo un segreto…io faccio DAVVERO judo…e sono DAVVERO cintura nera. Sorpresa!!!

E quell’odioso preparatore atletico…esiste davvero. Argh!! Ma questa è un'altra storia…ti lascio al racconto…e grazie dei tuoi commenti!!!!

 

 

Laura fece un fischio di approvazione: “Uao!- esclamò rigirandosi un chupa-chups in bocca –ripetimelo un’altra volta!”.

Alice buttò indietro la testa, con aria esasperata, e la frangia le si scompigliò irrimediabilmente; pettinandola alla bell’e meglio con le dita, rimproverò l’amica: “Sarà la quinta volta che glielo chiedi, penso che tu abbia capito, ormai!”.

Lisa guardò Marina, seduta di fianco a lei, ringraziandola mentalmente per i suoi silenzi; Laura era già assillante per tutte quante loro messe insieme.

 

“Insomma…- cominciò a parlare proprio Mary – è stato molto…professionale! Cavoli, è un attore di fama internazionale, ed è onorato di lavorare con te!”.

Sventolando il lecca-lecca in direzione di Lisa, Laura rincarò la dose: “Sarà anche un uomo adulto ed esperto a concupire giovani ingenue…ma a me non la da a bere”.

 

Di nuovo Alice, interruppe l’irruenza della compagna: “Laura! Non esagerare adesso!- poi si rivolse direttamente a Lisa –Tu cosa senti? Ti sembra inopportuno o sfrontato? Qualche segnale dovrebbe avertelo mandato…”.

 

L’altra si grattò la fronte, con lo sguardo perso nella schiuma del suo cappuccino: “Non saprei…Mi è sembrato…sincero, tutto qua.- alzò gli occhi verdi verso le amiche – credeva davvero in quello che ha detto. O perlomeno mi è parso così…il modo in cui mi ha preso per le spalle, il tono di voce…

“Il suo buonissimo dopobarba…” concluse sempre Laura, ricevendo in risposta il lancio di un accendino, da parte di Alice.

 

Marina ignorò quella scena e continuò a parlare con Lisa: “Scusa ma siamo tutte un po’ scettiche…Puoi intuirne i motivi- con un gesto affettuoso le scompigliò i capelli –ma è per il tuo bene”.

Lisa sorrise e annuì: “Lo so, stella”.

 

Quella era la loro solita colazione domenicale; Lisa aveva aspettato una settimana a raccontare gli ultimi episodi.

 In quei giorni non si era allenata, un po’ per riprendersi, un po’ per ripicca; il giorno dopo sarebbe andata a parlare con il suo maestro ufficiale, per spiegargli gli ultimi screzi con il preparatore atletico.

Nel frattempo la scuola, la stesura dei testi del programma e la presenza di Felina (molto impegnativa da gestire), avevano impedito alla ragazza di vedere le sue compagne.

 

Le erano mancate infinitamente; forse proprio per l’assenza dei loro consigli e del loro sostegno, il rapporto tra James e Lisa era tornato freddo e distaccato, come quando lui era arrivato, quasi venti giorni prima.

La ragazza non aveva saputo gestire gli sviluppi che aveva avuto quella insolita situazione, così l’aveva “congelata”. In attesa di un’ispirazione dal cielo sul da farsi.

 

Certo, le parole di Laura non potevano paragonarsi a una rivelazione profetica, ma la compagna aveva maledettamente ragione. Come del resto anche le altre due…così Lisa era punto e a capo.

“Niente nuove, buone nuove” pensò quest’ultima, sconfortata.

Avrebbe lasciato tutto com’era, decise sistemandosi la sciarpa bianca, in tinta con borsa e stivali.

Inforcò gli occhiali da sole e si alzò dal tavolino per andare a pagare.

 

Nel frattempo, un ignaro James Marsters si svegliava, a causa di un suono sommesso che non accennava a smettere. Qualcuno stava russando in modo alquanto…potente.

In un primo momento pensò fosse Leonard, ma poi si ricordò che, anche di domenica, era solito alzarsi presto e andare agli Studi.

Lisa non poteva di sicuro produrre tutto quel rumore…

D’un tratto il baccano cessò e l’attore si girò verso la porta: dall’altra piazza del letto, a meno di mezzo metro dal suo naso, due occhi gialli lo fissavano seri…Felina.

James capì subito la situazione e rimase immobile. La pantera fece lo stesso; non si capiva chi dei due fosse più a disagio.

 

Poi l’uomo gettò una fugace occhiata all’orologio digitale sul comodino, dalla parte di Felina e notò che era coperto da un foglio. Nella semi-oscurità non riusciva a leggere cosa vi fosse scritto; di certo non si sarebbe azzardato ad allungare con noncuranza un braccio sopra all’animale.

Poteva anche essere un “micione innocuo”, ma non si fidava così ciecamente.

Quindi, con molta cautela, si alzò dal letto e vi girò attorno, sotto la stretta supervisione della pantera.

 

“Sono uscita un attimo a comprare da mangiare per Felina, torno subito.”

James lesse il messaggio ad alta voce; quando buttò lo sguardo sulla pantera, questa si leccò i baffi.

“Non farti venire strane idee!”. La ammonì lui.

 

L’animale, in risposta, gli andò dietro come un segugio giù per le scale; in salotto si piazzò a due metri da lui, mentre James cercava di concentrarsi sulla TV e non su quello sguardo felino da inquisitore.

 

Dopo poco meno di mezz’ora, si sentì il rumore di una chiave che girava nella serratura; la porta d’ingresso si aprì e Lisa fece capolino fischiando, per richiamare Felina.

Questa zampettò felice dalla padrona, strusciandosi contro le sue gambe.

Hey, cucciola- disse la ragazza togliendosi la giacca –Adesso ti do da mangiare, tranquilla”.

 

Sentendo l’odore della carne, l’animale divenne irrequieto e lo manifestò emettendo dei deboli ruggiti.

Con molta cautela, munita degli appositi guanti, Lisa appoggiò per terra il vassoio del cibo; poi mise il resto della carne in freezer, riempiendolo completamente.

 

Soltanto allora si accorse che la televisione era accesa e andò a controllare dove fosse James.

Lo trovò sul divano, con la testa girata all’indietro per guardarla, un sorrisetto divertito dipinto sul volto: “Non eri minimamente preoccupata della mia salute!”.

 

Lisa si strinse nelle spalle, gettando i guanti da una parte: “Mi fido di Felina, non ti avrebbe mai fatto del male”.

L’attore non trovò parole adatte a ribattere; in fondo, non aveva neppure bisogno di una

risposta, quella frase…come molte altre che la ragazza gli aveva propinato quella settimana.

Sembrava che di punto in bianco avesse cancellato ogni tipo di rapporto.

 

“Io devo fare i compiti- esordì Lisa – Se ti vuoi dedicare al lavoro…sul tavolo c’è posto pure per te”.

James non se lo fece ripetere due volte; afferrò il book con la scaletta del programma e prese posto su una sedia di cucina.

Attorno all’ora di pranzo, il regista Leonard tornò dagli Studi televisivi, fischiettando allegramente, un sacchetto con su scritto “Mac Donald’s” sotto il braccio.

 

Felina gli si avvicinò annusando l’odore di cibo; sentendo che non c’era nulla di suo gradimento, tornò a fare le fusa sul tappeto del salotto.

Il pasto fu occupato totalmente dai discorsi del padre di Lisa: aggiornò i due “collaboratori” delle novità sul lavoro e chiese com’era lo stato di avanzamento del programma del giorno.

 

La ragazza si dovette alzare da tavola per rispondere al cellulare; Alice la tenne al telefono una mezz’ora buona, chiedendole consigli su come comportarsi con un nuovo ragazzo, conosciuto per i corridoi della scuola, che le stava facendo una corte spietata.

D’altra parte non esistevano solo i suoi problemi e il rapporto con le tre compagne non poteva ruotare attorno a Lisa.

 

Così  questa ascoltò paziente i viaggi mentali dell’amica: cosa faccio, cosa non faccio…cosa dico, cosa non dico…

Arrivate alla conclusione che Alice doveva affrontare la cosa con serenità e con meno paranoie, Lisa la salutò e tornò al piano terra.

 

Suo padre era scappato di nuovo al lavoro; James stava rileggendo sul divano gli appunti della mattina, con Felina ai suoi piedi, che ronfava beatamente.

La ragazza sospirò e si rimise a tradurre l’Ode di Orazio che aveva abbandonato prima di pranzo.

 

Due ore più tardi, un gridolino e un tonfo sordo costrinsero James a girarsi verso la cucina: constatò divertito che Lisa era piegata sul tavolo, intenta a prendere a testate il piano in legno.

La pantera si avvicinò incuriosita alla padrona, senza capire quel comportamento.

“Orazio ti da dei problemi?”. Chiese sorridendo l’attore, riponendo il fascicolo del suo lavoro.

 

“Non sai quanti!” fu la risposta di lei, piagnucolata sotto la coltre dei suoi ricci sciolti, che giacevano sparsi sul foglio.

Felina le appoggiò la testa sulle gambe e Lisa la accarezzò: “Vuoi che ti porti un po’ fuori, tesoro?” le domandò poi, sollevando la testa dal tavolo.

La risposta fu un mugugno di approvazione; così la ragazza si alzò e si rivolse a James: “Io faccio una pausa; vuoi venire con noi?”.

 

La pantera strattonava il guinzaglio con foga, cercando di intrufolarsi in ogni pertugio; un paio di volte Lisa rischiò anche di doversi arrampicare su un albero per recuperarla.

Fortunatamente le vie del suo quartiere erano deserte: nonostante fossero i primi di maggio, l’aria fredda e il cielo nuvoloso aveva spinto tutti a chiudersi in casa.

Così i due camminarono per un bel po’ nel silenzio più assoluto, prima che James porgesse la mano alla ragazza: “Vuoi che la tenga io?- chiese, riferito a Felina – Ti vedo affaticata”.

 

Lisa annuì e gli porse il guinzaglio: “Questi ritmi stanno prosciugando tutte le mie energie- osservò lei, stringendosi nel suo cardigan blu –Non vedo l’ora che almeno la scuola finisca: dopo gli esami potrò tirare un po’ fiato”.

 

Quella era l’ennesima frase fine a se stessa: semplicemente una constatazione, che non necessitava della risposta di James e non poteva considerarsi l’inizio di una conversazione.

L’uomo così, stette zitto, alambiccandosi il cervello sul motivo di quella freddezza, che stava dimostrando la ragazza.

 

Quasi  per miracolo, l’attore trovò un modo di sciogliere un po’ quell’atmosfera così rigida; girato l’angolo, si trovarono di fronte a una pizzeria al taglio.

James prese l’iniziativa e propose: “Ti va di mangiare qualcosa? Ho una fame incredibile e voi italiani siete abituati a cenare decisamente troppo tardi!”.

 

Lisa si lasciò scappare una risata e annuì: come poteva dire di no a una semplicità così disarmante?

A volte si sentiva totalmente a suo agio con lui, benché si sforzasse in ogni modo di mantenere le distanze.

 

Si sedettero su una panchina fuori dalla pizzeria, gustandosi i loro tranci fumanti: “Noi italiani saremo delle frane con gli orari- esordì la ragazza –Ma siamo decisamente inimitabili in cucina!”.

James, a bocca piena, bofonchiò una risposta, restando in contemplazione della sua 4 stagioni.

Di nuovo Lisa non riuscì a trattenere una risata

 

Persino Felina apprezzò la pizza ai funghi della padrona; alzandosi per buttare i tovaglioli di carta, Lisa scosse la testa: “Lo zio mi uccide, se scopre che ti vizio così”.

Quello spuntino diede la carica a tutti, soprattutto alla pantera, che cominciò a correre all’impazzata, costringendo gli altri due a fare il tiro alla fune col guinzaglio.

 

Ormai a un centinaio di metri da casa, quando Lisa non si reggeva più in piedi dalle risate, iniziò a piovere; non fu una cosa graduale, ma un’improvvisa secchiata dal cielo, che li inzuppò dalla testa ai piedi.

 

A coronamento della cosa, Felina decise di piantarsi in mezzo alla strada.

La ragazza non sapeva se continuare a ridere o mettersi a piangere: “Cucciola mia! Ti prego, smuoviti!”. Ma il quintale dell’animale, ancorato saldamente all’asfalto, non si mosse di un centimetro.

 

James si avvicinò: “Perché fa così?!”. Lisa lo guardò e notò che la pioggia gli grondava giù per il naso, sulle labbra, per poi infilarsi dentro il collo della maglietta.

“Dannazione Lisa- si maledisse lei –Riesci a rimanere incantata a guardarlo persino sotto il Diluvio Universale!”.

Si limitò a pensare questa frase, ciò che disse fu totalmente diverso: “E’ un animale delle foreste pluviali- spiegò continuando a strattonare l’amica a quattro zampe – Ama l’acqua più di ogni altra cosa”.

 

Quando ormai si erano rassegnati ad aspettare la fine della pioggia, Lisa si illuminò e, preso per un braccio James, lo incitò a camminare: “Io non ti aspetto in eterno, bella mia! Me ne vado”.

L’attore si staccò dalla sua stretta e la guardò con aria di rimprovero: “Non la possiamo lasciare lì”.

 

La risposta arrivò letteralmente dal cielo: un lampo squarciò le nubi, seguito da un potente tuono.

Come Lisa aveva calcolato, un guizzo nero passò di fianco a loro, puntando a velocità supersonica verso casa, con la coda fra le gambe.

 

La ragazza esultò, facendosi i complimenti da sola, per il proprio colpo di genio, poi riprendendo a correre, si girò ridendo verso James: “Hai visto? Se l’è fatta addosso dalla paura!”.

 

 

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Capitolo 11
*** XI CAPITOLO ***


XI CAPITOLO

XI CAPITOLO

 

Lisa varcò la soglia di casa a grandi passi, quasi si dimenticò di lasciare la porta aperta per James: “Ehi! Aspetta!” fu la risposta stizzita di lui.

“Scusa- rispose Lisa, col fiato corto – avevo paura che Felina scappasse di nuovo fuori”.

 

Dal canto suo la pantera si era rifugiata in casa ben prima degli altri due e ora si stava scrollando allegramente il manto bagnato.

Anche Lisa e James erano grondanti d’acqua. L’idea di fare un giro a piedi, senza ombrelli, non era stata delle migliori.

 

La ragazza buttò sul tavolo della cucina il cardigan: “Lascia qui i vestiti più bagnati e le scarpe- ordinò all’ospite – vado di sopra a prendere degli asciugamani”.

Poi corse su per le scale, cercando di non scivolare sul parquet del corridoio.

 

Quando tornò al piano terra, trovò James appoggiato a un bracciolo del divano, Felina che si lisciava il pelo poco più in là.

“Non vi muovete”. Ordinò a entrambi, anche se non fece molta presa sulla pantera, che si sdraiò soddisfatta sul tappeto.

 

Lisa lanciò distrattamente un telo da bagno a James, poi chiamò a sé l’animale, che le andò in contro di buon grado: “Vieni cucciola” le parlò dolcemente, mentre quella si appoggiava col muso al suo petto e cominciava a fare le fusa.

 

James sorrise, guardando la premura con cui la ragazza accudiva la pantera: quando si trattava di prendersi cura di Felina, Lisa si trasformava; vederle insieme gli ricordava ogni volta quanto lei e l’animale fossero anime affini.

 

Anche Lisa si mise a ridere, quando la sua amica iniziò a leccarle un braccio, come per ricambiarle la cortesia.

Poi, sentendo lo sguardo insistente di James su di sé, abbassò gli occhi e arrossì: “Hai finito con quello?” chiese poi, riferendosi all’asciugamano.

 

“Oh…sì” rispose lui distrattamente, prima di passarsi in fretta il telo fra i capelli.

Quando Lisa tornò a fissare l’attore, notò i capelli arruffati, non più in posa grazie a quintali di gel. Era in quei momenti, in cui lui appariva umano e dannatamente imperfetto, che la ragazza rimaneva senza fiato: si sentiva partecipe del vero James, in quei frangenti.

 

Nonostante i suoi pensieri e uno scarso tentativo di rimanere seria, Lisa si lasciò sfuggire un risolino soffocato.

“Che c’è?- chiese lui, poi capì – Santo cielo! Immagino di essere ridicolo” e fece per pettinarsi con le dita, ma Lisa lo fermò.

 

“Lascia stare- disse seria –Li preferisco così”. E, con fare concentrato, si mise a scompigliare i capelli dell’attore, prima da un lato, poi dall’atro, poi solo il ciuffo davanti, poi tutta la chioma.

James, divertito da quell’insolita intraprendenza la lasciò fare.

 

L’idillio durò poco: quando Lisa si rese conto di avere fra le mani i capelli di quello che, fino a venti giorni prima, era il suo idolo, cambiò espressione.

Improvvisamente vulnerabile, si allontanò di qualche passo, mentre si accingeva ad indossare di nuovo la sua impenetrabile corazza.

 

Non sapendo dove guardare, si concentrò su Felina, seduta al suo fianco.

 

Per James quello fu l’ennesimo buco nell’acqua: cominciava ad essere snervante, il tira e molla con la ragazza; non che lo irritassero i suoi continui sbalzi d’umore. Piuchealtro lo frustravano; si sentiva infinitamente inutile.

Ma non poteva far finta di niente in terno, così prese coraggio e parlò: “Ogni tanto ti vedo fuggire…Dov’è che vai?”.

 

“Non può averlo detto sul serio…visto? Sei una stupida..era così difficile startene ferma?”.

Innumerevoli pensieri simili le vorticavano nella testa, così Lisa decise di dare un taglio a quel caos: “A portare questi in lavanderia” rispose semplicemente, facendo finta di non capire, e afferrò il mucchio di indumenti e teli bagnati.

 

Felina la seguì, con la sua solita curiosità: “Non si lasciano da soli gli ospiti” le fece notare la padrona; nel dire ciò, notò la propria immagine riflessa nello specchio del bagno di servizio: capelli appiccicati alla testa, il mascara, che si era data prima di uscire, sbavato…e dire che aveva appena preso in giro il look di James.

 

Buttò i vestiti in un angolo e fece per sistemarsi, ma poi pensò che lui lo avrebbe notato, interpretandolo probabilmente come un tentativo di farsi bella ai suoi occhi.

“Come se poi gli importasse qualcosa, di come sono…” constatò dura, infine.

Così si arrese e uscì dalla stanza, rassegnata alla faccia che si ritrovava.

 

“Io vado a letto- esordì, una volta in sala –Penso che ora ci possiamo muovere senza fare troppi danni alla casa”.

James annuì e Lisa vide che non si era mosso dalla sua postazione; era ancora lì, col suo sorriso serafico, che si addiceva più a un inglese che a un americano.

 

La seguì su per le scale, stando a distanza; le lasciava spazio, sorprendendo Lisa per la sua pazienza.

“Mi riterrà un’adolescente nevrotica, in piena crisi ormonale” si lamentò mentalmente la ragazza, mentre percorreva il corridoio.

 

Proprio allora Felina, spaventata da un lampo improvviso, schizzò sotto le gambe di Lisa, facendola barcollare e poi scivolare sul bagnato.

Non ci fosse stato James pronto ad afferrarla al volo, sarebbe stata una caduta decisamente brutta, per non dire pericolosa.

 

Solo per un attimo la ragazza rimase immobile, letteralmente in braccio a lui.

Una volta riacquistato l’equilibrio, si girò per ringraziarlo, ma un tuono fortissimo la fece sussultare e poi ridere, imbarazzata.

 

“Il tuo trucco non è più perfetto come prima” esordì James.

Niente di meglio per farla sentire ancora più a disagio: “Non c’è bisogno che me lo dici. Posso immaginarlo!”.

“Almeno siamo pari- fu la risposta sorridente dell’attore –Permetti?” chiese poi, allungando una mano.

 

Lisa si sentì mancare; avrebbe potuto aprire un dibattito sull’esistenza di prodotti struccanti più idonei del dito che lui le stava passando delicatamente sotto gli occhi, ma riusciva a malapena a respirare, figuriamoci ad emettere suoni articolati…non se ne parlava neanche.

 

Approfittando di quel momento, James ripetè ciò che aveva detto poco prima, imperterrito: “Non hai risposto alla mia domanda- smise di accarezzarle le palpebre e la guardò serio -Perché fuggi?”.

 

Quello fu il culmine; Lisa scosse la testa e si staccò, anche se riluttante, da lui.

Fu un ritorno alla realtà troppo brusco, la fece quasi arrabbiare: “Il mondo ferisce- si accinse a rispondere, con una durezza nella voce che non aveva mai usato prima con James –Io ho la brutta abitudine di dimenticarlo”.

 

Fu una frase tagliente, persino crudele, constatò James, soprattutto detta da una ragazza così giovane: peccato, perché quando si dimenticava della cattiveria del mondo, diventava una persona fantastica.

Altrimenti sarebbe stato decisamente più facile ignorarla.

Lisa aveva paura di lui; questa consapevolezza gli fece inaspettatamente male.

 

“Davvero hai solo 18 anni?”.chiese l’uomo, cercando di ignorare quella sensazione.

“18 e tre quarti” precisò lei in modo fiscale e un po’ fuori luogo.

Noncurante della sua freddezza, James continuò: “Parli con la stanchezza di chi ha sofferto per una vita intera

Lisa aggrottò la fronte: “Stanchezza?”.

“Sei rassegnata…tutto qui”concluse l’attore, lasciando l’altra ammutolita e immobile come una statua.

 

L’unica luce che li illuminava era quella del bagno, alla loro destra, così, nella penombra, Lisa quasi non si accorse che James si era nuovamente avvicinato: “Posso darti un consiglio?- esordì sempre lui – sono più grande di te…per non dire più vecchio- James si lasciò sfuggire una mezza risata (era nervoso?) poi continuò – Dimenticati del mondo; è vero, può pugnalarti ogni volta che giri le spalle. Ma tu lascialo fare; ti ferisce solo se glielo permetti”.

 

Ora Lisa poteva sentirlo…percepiva il calore di lui, del suo corpo, l’aroma del suo dopobarba, e questo la lasciava spaesata e terrorizzata.

Non capiva cosa stesse accadendo, il cuore era come scomparso dal suo petto.

 

All’improvviso qualcosa le sfiorò la schiena, svegliandola da quello stato di trance. Era il braccio di James, che nel tentativo di avvicinarla a sé si accorse che la ragazza era ancora bagnata dalla piovuta di prima: “Non ti sei ancora asciugata!” constatò sorpreso, cercando di smuoverla dal suo mutismo.

 

Lisa dal canto suo, non riusciva a reagire; quel tocco sulla pelle la rese solo ancora più spaventata e immobile..

James prese coraggio a quattro mani e parlò nuovamente: “Se continuerai a stare in silenzio comincerò a preoccuparmi…”.

 

Quasi per miracolo, quella frase riuscì a strappare una risata soffocata a Lisa: “No…sto bene…credo” lo tranquillizzò; successivamente non si sarebbe ricordata di aver parlato, sconvolta com’era.

 

L’attore fece un respiro profondo e provò di nuovo ad aprire una breccia nella corazza di lei: “Senti…Non so se questo sia giusto…non capisco nemmeno se sia giusto quello che provo.

Ma voglio fare una cosa, e la farò solo se tu vuoi, altrimenti me ne andrò e sarà come se non fosse successo nulla.

Aspettò qualche istante, in cui a Lisa cominciò a girare la testa, forse perché era in apnea.

Poi James chiese: “Posso baciarti?”.

 

Se Lisa non fosse stata così vicina alla parete, sarebbe caduta di nuovo a terra.

Cercò in tutti i modi di nascondere che tremava, un po’ per il freddo, molto di più per la tensione; ad ogni modo non trovò il coraggio di rispondere.

 

Dopo alcuni (forse troppi) secondi di attesa, James sospirò, quasi deluso, e prese le distanze da lei.

Per Lisa fu un dolore rinnovato sentirlo così lontano, così, con un coraggio nato dal nulla, lo prese per un braccio: “Sì –rispose con voce roca –sì” ripetè, incerta se lui avesse sentito.

 

La ragazza intravide un sorriso sollevato sul viso dell’uomo, che colse al volo l’occasione per stringerla in un abbraccio.

Lisa si abbandonò contro di lui, togliendosi di dosso il peso delle paure di poco prima: quella non era una bugia, era reale; lui non la stava stringendo come aveva già fatto in passato.

Non era un abbraccio paterno, o di incoraggiamento; non la stava consolando o congratulandosi con lei per qualcosa che aveva fatto.

 

Il bacio che James le diede sulla fronte fu incredibilmente…vivo e tenero allo stesso tempo.

Lisa inclinò la testa all’indietro, lasciando che il suo naso sfiorasse quello di lui.

Potè sentire il suo respiro, mentre le labbra dell’attore si avvicinavano.

 

Quando finalmente la bocca di James premette su quella di Lisa, le sembrò rovente; la cinse dietro il collo, per avvicinarla ancora di più e subito la ragazza smise di rabbrividire.

L’uomo rimase piacevolmente colpito da quell’improvvisa dolcezza: non solo i capelli, ma anche le labbra e la pelle fresca, sapevano di pesca.

 

Non fu per loro volontà che si staccarono, non sentivano il bisogno di riprendere fiato.

Fu un rumore al piano terra, seguito dal fischiettare allegro del padre di Lisa.

I due sobbalzarono per la sorpresa, l’attore liberò la ragazza dalla sua stretta e portò, con un gesto rapido, le braccia lungo i fianchi.

 

Come un bambino che viene scoperto a fare una marachella, James si girò circospetto verso la tromba delle scale, e notò le luci della televisione accese.

Leggermente più tranquillo tornò a voltarsi verso Lisa, ma il sorriso gli morì sulle labbra, quando di fronte a sé, vide solo la porta della sua camera, chiusa: lei era scappata di nuovo.

 

 

 

 

NdA: spero che questo capitolo non sia apparso troppo sdolcinato o noioso…non è stato per nulla facile scriverlo…

gelb_augen: mi scuso già in anticipo! So che a te questi particolari non piacciono, ma prima o poi doveva succedere!!! Prometto che ora la storia non prenderà una piega scontata!

 

 

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Capitolo 12
*** XII CAPITOLO ***


XII CAPITOLO

XII CAPITOLO

 

Eccoci qua, come ormai molti si aspettavano, quello che doveva succedere è successo.

Mi accingo a rispondere ai vostri commenti a riguardo.

 

memole_88: ti di perfettamente ragione sul personaggio di Lisa. In certi momenti si rende (o meglio, LA rendo) decisamente snervante. Però ti svelo che il suo comportamento è una serie di passaggi che pure io ho attraversato e, col senno di poi, ho voluto scrivere questa storia anche per dare una morale, di fronte alla quale pure lei sarà costretta a cambiare..ma ovviamente arriverà alla fine del racconto!

 

gelb_augen: è sempre piacevole leggere i tuoi commenti, ma non ti preoccupare se “perdi qualche pezzo per strada”. Come ti ho già detto, non scappo J.

Per quanto riguarda Felina: NO, NON HO UNA PANTERA! E aggiungo purtroppo…ma la passione mi è nata da piccola, un amico di famiglia allevava felini africani…devo pure avere un dente di giaguaro da qualche parte…e cmq non ho nemmeno quel tatuaggio, anche se penso davvero che un segno così indelebile debba essere fatto solo se rappresenta una parte di noi, che altrimenti non sarebbe messa in luce.

Per quanto riguarda il lato romantico della storia…sono felice che la parte del bacio ti sia piaciuta…mi soddisfa molto! Riguardo l’età di James…per fortuna ( e purtroppo allo stesso tempo) l’amore non ha età…se ne vedranno i risvolti!

 

Buona lettura.

 

 

Appena si sentì al sicuro nella sua stanza, Lisa si spogliò degli abiti bagnati, come se si volesse liberare di quell’episodio.

Dieci minuti dopo era seduta alla sua scrivania, in camicia da notte, intenta a districarsi i capelli ancora umidi. Ai suoi piedi Felina ronfava pacifica.

 

Da parte sua, la ragazza non riusciva a pensare ad altro che agli ultimi minuti con James: era realmente accaduto? Sì, non c’erano dubbi.

Aveva fatto la cosa giusta? Ecco, su questo punto, invece, di dubbi gliene sorsero parecchi.

 

Si era lasciata andare, e la ricompensa era stata il bacio più perfetto e dolce che una ragazza potesse sognare. Di contro, ora doveva vedersela con il lato negativo della cosa: aveva baciato James Marsters, attore di fama internazionale che, oltre ad essere dannatamente più vecchio di lei, stava lavorando al suo fianco per la realizzazione di un programma televisivo.

 

Decisamente, il gioco non sarebbe valso la candela, concluse poi fra sé e sé, annodando la chioma in una lunga treccia.

Ma poi si ricordò di come lui l’aveva stretta, coccolata, protetta…

Decisamente, non sarebbe riuscita a concludere nulla, in quelle condizioni. Ci voleva un parere esterno.

 

Così, accese il PC e aspettò che fosse pronto alla connessione; l’immagine del desktop sembrò quasi canzonarla: era una foto di James, in una delle sue pose meglio riuscite.

MSN si attivò e questa volta nessuna delle sue compagne di squadra risultò connessa.

Lisa sbuffò e prese il cellulare: “Grosse novità! Super problemi! Vi aspetto domani mattina a casa mia…alle 7:30”.

Dopo aver impostato il messaggio, scelse l’opzione “inoltra a molti” e selezionò i nomi delle tre amiche.

 

Mentre si metteva a letto, con l’intento di impegnarsi a dormire, si ricordò di un dettaglio.

“Grandioso!”constatò nella sua mente: il giorno dopo sarebbe cominciata la parte di lavoro agli Studi televisivi; ciò comportava 5 ore filate gomito a gomito con suo padre…e James.

 

La mattina dopo non ci fu bisogno della sveglia per ricordare a Lisa che erano le 7:00.

Aveva passato la notte in bianco; i suoi pensieri avevano deciso di darle tregua attorno alle 4:00, ora in cui Felina aveva cominciato a russare sonoramente. Inoltre, fuori non aveva smesso un attimo di tuonare.

 

Così fu quasi sollevata di doversi preparare ad uscire.

Dall’armadio selezionò una camicia a body, bianca e un paio di jeans stinti, a cui abbinò un paio di stivali blu; una tenuta sobria ma non troppo elegante, per la sua prima giornata di lavoro.

 

Fuori il sole stentava ancora a farsi vedere, ma erano i primi di giugno e non avrebbe tardato ad arrivare per mitigare l’aria.

Nella penombra si guardò distrattamente allo specchio, limitandosi a spalmare della crema idratante sul viso; non c’era tempo di truccarsi.

 

Di soppiatto, sgattaiolò fuori dalla camera, cercando di imitare i passi felpati della sua pantera.

In casa dormivano ancora tutti e un silenzio tombale aleggiava nell’aria.

L’unico rumore era il “tic-tac” delle lancette dell’orologio di cucina.

La ragazza prese il guinzaglio e uno scialle leggero da buttarsi sulle spalle, poi uscì dalla porta sul retro.

E le trovò lì, le sue tre amiche, chi con la faccia assonnata, chi con il broncio, chi un po’ scocciata.

“Ora ci dovrai dare molte spiegazioni” esordì Alice, trattenendo uno sbadiglio.

 

Mentre Felina si gustava la sua dose extra di coccole, Lisa si avvolse nella sciarpa: “Vi accompagno a scuola, così intanto possiamo parlare”.

In effetti l’anno scolastico non era ancora terminato; ma la ragazza aveva anticipato di sua scelta la fine, per potersi dedicare con più calma al ripasso delle materie e al testo del programma.

 

La stizza sui volti delle tre compagne era scomparsa; ora era il loro “momento delle amiche”.

“Allora?!- domandò Laura col suo solito sorrisetto malizioso –Avevi una super novità da raccontarci”.

Notando l’impazienza negli occhi di Marina e Alice, Lisa cominciò a parlare.

Raccontò loro tutto: la giornata passata a lavorare, il pranzo fugace in compagnia di suo padre, la passeggiata con Felina.

 

I dettagli cominciarono a farsi minuziosi quando giunse al momento in cui era iniziato a piovere.

Durante la narrazione della scena imbarazzante in salotto, le tre amiche presero a guardarla con aria stralunata.

Quando Lisa continuò con i risvolti avvenuti in corridoio, sembrò che avesse rivelato loro il terzo segreto di Fatima.

Poi concluse: “A quel punto…- si fermò per guardarle negli occhi –Mi ha chiesto se poteva baciarmi!” gridò quella frase in mezzo alla strada, ricevendo come risposta salti e urla di gioia.

 

“E tu? Cosa gli hai risposto?” chiese Marina, spalancando gli occhi nocciola.

In tutta risposta, Lisa si limitò a sorridere, scatenando di nuovo l’euforia delle amiche.

 

“E’ un sogno”, “Io non ci credo ancora!”, “Io invece lo sapevo che sarebbe successo!”.

Le ragazze si sovrapponevano in una serie di esclamazioni incredule.

Quel vociare eccitato continuò a diffondersi per alcune vie; qualche passante cominciò a dimostrarsi irritato.

 

Così Lisa abbassò la voce e tornò seria: “Sono scappata in camera come un coniglio, dopo che è successo.- strattonò Felina al guinzaglio –L’ho lasciato lì, come uno stoccafisso…Un po’ mi vergogno”.

 

Alice lasciò cadere le braccia lungo i fianchi: “Tesoro! Ma non sei proprio in grado di vivere con spensieratezza per più di venti secondi?”.

La diretta interessata sembrò non capire, così Laura intervenne: “Non fare la faccia da tonta” era una cosa che si sapeva dall’inizio: vi piacete, punto e basta”.

 

Lisa alzò le braccia in segno di resa: “Okay, time out- con un gesto indicò Marina – Ci manca solo che tu ora mi dica di fare quello che mi sento, poi avrò tutto il repertorio di frasi fatte”.

Non voleva sembrare scortese, ma sentiva il bisogno di essere sincera, almeno con le sue amiche-sorelle.

 

Infatti, bastò un’occhiata e le tre capirono al volo: “Ti potrà sembrare banale, ma ora dico sul serio- esordì Laura, stranamente seria –Lascia che le cose…vadano. Ora lo rivedrai, forse ne parlerete, o forse no; oppure lo bacerai di nuovo…o forse non succederà più. Comunque sia…” la ragazza non finì la frase, ma non ce n’era bisogno.

 

Marina e Alice si limitarono ad annuire e Lisa le ringraziò mentalmente: non era una soluzione scontata, quella;  senza volere era l’unica che la ragazza non aveva vagliato…o forse non era un caso.

 

Lisa varcò l’ingresso dello Studio televisivo a testa bassa: i collaboratori di suo padre erano già tutti presenti e non riuscì a trattenere un sussulto, quando vide che James era già lì.

Indossava una maglia nera elasticizzata, che gli aderiva fin troppo bene al torace, e un paio di pantaloni dello stesso colore.

 

Fingendo noncuranza, per quanto le sue ginocchia traballanti glielo permettessero, la ragazza andò a versarsi del caffè, poi iniziò a guardarsi intorno; decisamente non le interessava capire come funzionasse la telecamera che stava esaminando, ma doveva pur fingersi impegnata in qualcosa.

 

“Dimentichi qualcosa” una voce alle sue spalle la fece sobbalzare e rischiò di rovesciarsi il caffè addosso. Ovviamente era James, che con un sorriso soave la scrutava a distanza decisamente troppo ravvicinata.

Lisa fece un passo indietro e cercò di fare ordine nella testa: quando pensò di aver trovato le parole giuste per discutere dell’accaduto, James la precedette.

Con un gesto rapido le allungò il book su cui era solita lavorare ai suoi testi: “L’avevi lasciato a casa”.

 

Quell’indifferenza lasciò di stucco la ragazza, che si aspettava tutt’altro tipo d’incontro.

James notò la faccia stranita di Lisa e a fatica trattenne un sorriso: era stato tutta notte a pensare a quei pochi minuti di idillio.

Tuttavia, non era riuscito a prendere sonno per un altro motivo; il modo in cui lei lo aveva lasciato,  era stato…una mazzata. Forse perché non era abituato ai tira e molla, forse perché gli faceva specie che una ragazza così giovane lo facesse sentire tanto…inadeguato.

Fattostà che al sorgere del sole, l’attore aveva deciso di adottare un’altra tattica.

 

Simulando uno sguardo distratto, James si avvicinò: “Bella camicia” disse, in un sussurro, soffermandosi un attimo sulla scollatura.

Poi, con la stessa noncuranza con cui aveva parlato, se ne andò.

 

Lisa strinse la tazza che aveva in mano fino a sentir male; quello non era previsto.

Potevano baciarsi, ma non era successo; potevano semplicemente discutere, ma neppure quello era accaduto.

La terza opzione non era stata considerata da Laura; anche Lisa ci mise un momento a capire cosa fosse: semplicemente…indifferenza.

 

Il calore che sentì salire alle gote nell’istante successivo non era vergogna, ma rabbia.

Nessuno aveva il diritto di prenderla in giro, non lei.

“Vuoi giocare, caro?- pensò furente –Eccoti accontentato”.

 

 

 

NdA: mi scuso se questo capitolo e parte dei successivi dovessero risultare solo “di passaggio”. Ma non volevo che la mia storia fosse esclusivamente un racconto d’amore strappalacrime e scontato.

D’altra parte anche il resto della trama sarà fondamentale a “portare avanti” i due protagonisti.

 

 

 

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Capitolo 13
*** XIII CAPITOLO ***


XIII CAPITOLO

XIII CAPITOLO

 

Vedo che la storia continua a piacere! E comincio ad affezionarmi alle mie commentatrici. Innanzitutto…grazie mille a tutti! E’ una gioia immensa vedere quanti si stanno appassionando alla mia fanfic.

 

crys: finalmente rieccoti qua! Mi chiedevo che fine avessi fatto! Mi fa piacere che la storia continui a piacerti…Per quanto riguarda le intenzioni di James…ci sei andata vicino, ma vedrai i veri motivi del suo comportamento nei prossimi capitoli…intanto grazie mille della tua “fedeltà” verso la mia fan fiction!

 

gelb_augen: ho letto della dipartita del tuo monitor…e io adesso come faccio?! I tuoi commenti sono sempre fantastici, li aspetto ogni volta con trepidazione! Vabbè, cercherò di impegnarmi comunque…così al tuo ritorno troverai pane per i tuoi denti da recensire.

Ti ringrazio di cuore per la tua sincerità: oltre ai complimenti per come scrivo (davvero sono così brava?) le tue critiche sono sempre ben accolte, proprio perché parli “senza peli sulla lingua”e le trovo di grande aiuto!! Ti apprezzo molto per questo aspetto J.

Per quanto riguarda l’ultimo appunto sulla pantera..non ho scelto questo animale a caso: mi sono documentata e ho scoperto che è il felino più nervoso e difficile da addomesticare…un particolare che mi aiuterà molto nella narrazione…

Senza voler rivelare di più…ti lascio ai prossimi capitoli: a prestissimo, cara!!!

 

La sera stessa, Lisa decise di andare a judo; avrebbe dovuto fare i conti col suo preparatore, ma il fatto quasi non la toccava.

Di problemi che la tenevano impegnata, ce n’erano già troppi; il judo non sarebbe stato un pensiero in più.

 

Appena la videro sul tatami, le sue tre compagne donne strabuzzarono gli occhi: il resto della squadra maschile non fu da meno.

Tuttavia la ragazza li ignorò e cominciò a correre.

Come aveva previsto, l’allenatore la lasciò in pace, interpellandola solo per farle notare qualche piccolo errore nelle tecniche che eseguiva.

 

Doveva avere la morte dipinta in volto, perché nessuno osò avvicinarla per le due ore successive.

Solo sotto la doccia, Laura riuscì a parlarle con calma: “E’ successo qualcosa, piccola?”.

Lisa passò lo sguardo vacuo su di lei, prima di insaponarsi: “No…è questo il punto”.

Alice e Marina si lanciarono un’occhiata dubbiosa.

 

Lisa spense l’acqua e si avvolse nell’asciugamano: “Avete presente…il nulla?- cominciò lei –Oggi l’ho visto, negli occhi di James”.

Alice si strofinò i capelli: “Ti ha ignorata?”.

L’altra fece una risata amara: “Ignorata sarebbe un complimento. Mi ha fatto sentire…il vuoto!- con la testa fra le mani, sbuffò –Mi ha persino guardato nella scollatura, con la stessa noncuranza che avrebbe potuto avere…-faticò a trovare un paragone –un gay!” concluse la frase con la voce più acuta del normale.

 

Marina scosse il capo: “Siete colleghi: forse è il suo modo di farti capire che non deve succedere altro”.

Lisa rimase con lo sguardo nel vuoto; quella spiegazione non la convinceva.

“Tu pensi ci sia dell’altro” suppose Alice, quasi avesse letto nella mente dell’amica.

 

Dall’altra parte dello spogliatoio, Laura esclamò: “Ma è ovvio che ci sia dell’altro”.

“Allora illuminami- la rimbeccò con tono stizzito Lisa –Perché oggi ho passato la giornata peggiore della mia vita, a cercare di capirlo e, nel frattempo, lavorarci insieme”.

L’altra si sedette di fronte a lei, pronta a spiegarsi: “Hai fatto lo yo-yo per un mese intero, cara- iniziò con un sorriso divertito –Prima eri dolce e carina, poi un cubetto di ghiaccio, poi tornavi ad essere un gioiello di ragazza- le appoggiò una mano sulla spalla umida –Pur non vedendovi insieme, noi l’abbiamo percepito.” Detto ciò, si girò verso le altre due, in cerca di approvazione.

 

Infatti, Alice annuì: “Non ti avevamo mai vista così strana e volubile; di solito per te è tutto o bianco, o nero, mai le due cose insieme”.

Lisa si strinse nelle spalle, ancora senza comprendere: “Cosa ha a che fare il mio comportamento col suo?” chiese, riferendosi a James.

 

Marina inclinò di lato la testa: “Molto più di quel che pensi”.

Fu sempre Laura a tagliare corto: “E se lui si stesse vendicando? – di fronte al silenzio di Lisa, continuò –Ti sta solo ripagando con la stessa medaglia”. Poi si alzò, per andare a vestirsi.

 

Assurdo forse, ma maledettamente reale: le tre compagne avevano ragione.

E il sorrisetto che Lisa aveva visto su quelle labbra sottili, che poche ore prima l’avevano baciata, non era stato pura immaginazione. A modo suo, l’aveva sfidata.

Di conseguenza, non c’era altro da fare che comportarsi come  Lisa aveva già programmato: doveva solo stare al gioco.

 

Il giorno seguente, Lisa aspettò che James se ne fosse andato di casa, prima di uscire anche lei.

Arrivò agli Studi per ultima, quando tutto lo staff era già al lavoro.

L’attore si stava giusto chiedendo dove fosse la ragazza (non l’aveva nemmeno sentita rientrare, la sera prima) quando un suono di tacchi lo costrinse a girarsi.

 

Se la trovò lì di fronte e quasi stentò a riconoscerla: oltre ai decolletè alti 10 cm, la sua mise era composta da pantacollant neri, con ricami di pizzo, e un maglione leggero, che avvolgeva strettamente i pantacollant giusto sotto i glutei, per ricadere invece morbido attorno al collo.

 

I capelli non erano raccolti in cima alla testa come sempre, ma sciolti in ampi boccoli.

Inoltre, quella era ufficialmente la prima volta che l’uomo la vedeva truccata, con rossetto, fard e abbondante matita nera a risaltare gli occhi verdissimi.

 

Sfoggiando un dolcissimo sorriso, la ragazza prese in mano la caraffa che c’era sul tavolino delle vivande: “Caffè?” chiese rivolta ai presenti.

Di fianco a James, uno dei collaboratori si stava dondolando sulla sedia; dal rumore che sentì, dedusse che si era sbilanciato, rischiando di cadere.

Da parte sua, l’attore sorrise e alzò la mano, come si fa con una cameriera.

 

Lisa gli riempì una tazza di bevanda fumante e gliela portò.

Nel chinarsi sul tavolo per porgergliela, indugiò qualche secondo con la mano sulla sua spalla: “Bella camicia” gli sussurrò in modo che solo lui potesse sentire.

Quando si rialzò, James potè sentire il solito, inebriante profumo di pesche, come una scia dietro la ragazza, mentre lei si sistemava al suo posto, accavallando le gambe.

 

L’attore non scoppiò a ridere perché era bravo a recitare; e anche perché l’odore di pesca aleggiava ancora attorno a lui, lasciandolo…stordito.

Comunque fosse, la ragazza aveva abboccato.

 

 

 

Fu una settimana decisamente dura, quella.

Gli aiutanti di Leonard tendevano spesso a criticare in modo fiscale l’operato della ragazza, che dovette combattere per mantenere inalterata la propria opera.

Contro ogni aspettativa, James fu un valido alleato; appoggiò Lisa quasi su tutta la linea, modificando lo stretto indispensabile.

 

Solo per un fortuito caso, la ragazza aveva scoperto che l’attore recitava spesso in teatro e aveva persino prodotto un paio di commedie: le sue conoscenze su ciò che accadeva su un palcoscenico furono molto utili, quando si trattò di decidere lo schieramento degli ospiti sulla scena.

 

“Io proporrei di far scendere il conduttore per la scala- aveva detto, indicando il percorso che si era immaginato –Magari gli ospiti della serata potrebbero entrare con lui”.

Uno degli addetti alla sala di regia annuì compiaciuto: “Bella idea!- commentò questi –Una specie di corteo che si accinge a cominciare il dibattito, la proporrò a Leonard”.

 

Lisa assisteva al work in progress da un angolo, molto spesso intenta a ripassare una materia scolastica; interveniva solo se il proprio radar le faceva intuire che il suo testo fosse “in pericolo”.

 

Fu proprio in uno di quei momenti che suo padre arrivò, con un plico di fogli, malamente accartocciato: “Dov’è mia figlia?”. Chiese con tono serio.

La diretta interessata era proprio lì, appoggiata a una colonna, con un passo delle Bucoliche fra le mani; erano così vicini che si sarebbero potuti toccare.

 

Lisa non potè fare a meno di ridere e a quel suono il regista si girò verso di lei, stentando ancora a riconoscerla: si era lisciata i capelli con la piastra, e ora le ricadevano sulla camicia nera. I pantaloni grigi con la piega, erano stati oculatamente scelti in tinta con la cravatta, che le cingeva il collo.

“Ciao papà”. Lo salutò lei, divertita.

 

In risposta l’uomo la squadrò dalla testa ai piedi, fingendosi disinteressato; poi, sventolando i fogli disastrati di poco prima, la ammonì: “Tieni a bada la tua pantera! Ha preso il mio copione per un osso da sgranocchiare”.

 

Buttando l’occhio poco più in là, Lisa intravide Felina che arrivava trotterellando, biascicando qualcosa (forse un brano televisivo) fra le fauci.

Obbedendo all’ordine del padre, legò l’animale al guinzaglio, lasciando che masticasse quello che rimaneva del book.

Mentre si allontanava, Leonard si girò nuovamente verso la figlia: “Stai bene, vestita così”. Detto ciò, tornò nella sua tana a finire la stesura del testo ( le puntate del giovedì notte, di sua competenza, erano ancora un mistero, quasi per tutti).

 

La prima cosa che Lisa fece, fu posare gli occhi sul palco, dove la troupe continuava il proprio lavoro. Un divertito James Marsters se la rideva di gusto, per la scena a cui aveva appena assistito.

La ragazza lo imitò, prima di tornare alle poesie di Virgilio.

 

 

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Capitolo 14
*** XIV CAPITOLO ***


XIV CAPITOLO

XIV CAPITOLO

 

Cara gelb_augen: sono felicissima di vederti tra i commenti! E spero che il PC regga x leggere questo nuovo capitolo.

Avevo avvisato che ci sarebbero stati dei passaggi un po’ “insipidi” nella storia, ma erano necessari per andare avanti…d’altra parte nemmeno nei romanzi più celebri c’è un colpo di scena ad ogni pagina!!

Parlando dei due protagonisti…diciamo che si sono lanciati una sfida, a cui Lisa, per il suo carattere combattivo, ha risposto tirando fuori unghie e denti!(i vestiti ci sono sempre stati, come si deduceva dal secondo capitolo, ma lei non sentiva il bisogno di nascondersi dietro abiti mozzafiato e firmati!) Ma è solo l’ennesimo tentativo di nascondere una grande paura dietro tanta aggressività…prima o poi tutti crollano!

Per quanto riguarda il numero di capitoli…ancora non lo so, perché mentre sto riscrivendo su EFP la fanfic…la devo ancora finire….grossomodo siamo a un po’ meno della metà…forse…

Premetto che qs capitolo mi è sembrato molto ben riuscito…ne sono fiera! Ma non trattenerti dal criticarlo, se trovi qualcosa che non va! Buona lettura!!!

 

 

Era ormai giunta la metà di Giugno: gli esami incombevano e pure l’inizio dell’estate; la stesura del programma era agli sgoccioli.

Come previsto, gli ultimi sette giorni furono di caldo rovente; neppure l’aria condizionata degli Studi riusciva a rinfrescare l’ambiente.

 

Felina stessa, pur provenendo da climi tropicali, boccheggiava in cerca di refrigerio, seguendo la padrona con insolito nervosismo.

Lisa, da parte sua, cominciava a mostrarsi irrequieta, come la sua pantera. Ad aggiungere peso ai suoi impegni scolastici, lavorativi e sportivi, c’era la situazione di stallo con James.

 

Durante l’ultimo periodo, i due avevano incrociato di rado lo sguardo e le parole che si erano detti erano state pura formalità.

A parte quel sorriso che si erano scambiati giorni prima, i loro contatti si erano pressoché annullati.

 

Solo un paio di volte, gli era capitato di sfiorarsi, forse non del tutto casualmente.

Lisa a quel tocco, aveva sentito la pelle d’oca sul collo; James era passato oltre, intento a visionare il posizionamento dei cameramen, lasciando dietro di sé il profumo dolciastro del suo dopobarba.

 

In un’altra occasione, mentre l’attore passeggiava sovrappensiero dietro le quinte, aveva sentito i mugugni di Felina e subito dopo la voce della ragazza che la chiamava: “Cucciola…smetti di giocare a nascondino! Mio padre mi impicca se ti trova qui”.

 

James non aveva fatto in tempo a proferire parola, che si era ritrovato a scontrarsi con Lisa, sentendosi avvolto in quel persistente odore di pesca, che si ritrovava a sentire fin troppo spesso, in giro per gli Studi.

“Scusa”. Aveva semplicemente detto lei, prima di trascinare via una Felina molto delusa di non poter più giocare con quei serpenti, che erano in realtà cavi elettrici.

 

Il loro tacito accordo di indifferenza parve rompersi un venerdì mattina.

Lisa era in sala di regia, intenta a sorseggiare il suo the, con gli occhi smeraldo che cercavano di capire quell’arcana materia, in cui era tanto ferrato suo padre.

Scorrendo lo sguardo da uno schermo all’altro, non si accorse della presenza di James nella stanza.

 

Lo trovò lì, sull’ingresso, che la passava ai raggi X coi suoi occhi di ghiaccio, l’immancabile tazza di caffè fra le mani.

Lisa distolse lo sguardo; voleva evitare di soffermarsi un secondo di troppo su quei lineamenti affilati, sul torace muscoloso, che si intravedeva sotto la camicia di cotone blu.

 

Fu lui a fare un passo avanti: “Dalle mie parti, in questi casi, si direbbe “un dollaro per i tuoi pensieri.

Lisa gli girò le spalle, appoggiandosi alla balaustra che dava sullo studio: da lì si poteva avere una panoramica di tutta la sala.

“Non mi vendo per così poco, caro” avrebbe voluto ribattere la ragazza; tuttavia si limitò a rispondere: “Sarebbe un dollaro sprecato: non c’è niente di interessante nei miei pensieri”.

Si rese conto di non aver mai detto bugia più assurda.

 

Ignorando il tono acido di quella frase, l’attore la raggiunse e si mise accanto a lei, nella sua stessa posizione.

“Si potrebbe scrivere una canzone, a riguardo- disse poi, fissando un punto nel vuoto –Uno di quei pezzi in cui l’autore si tormenta su cosa pensi una donna”.

 

Lo stupore di Lisa era troppo per permetterle di ribattere, ma non nascose l’espressione curiosa, guardandolo per la prima volta negli occhi.

La frase successiva fu ancora più sconvolgente: “In effetti una delle mie canzoni, cadrebbe a pennello”. Aggiunse fra sé e sé James, come se stesse pensando a voce alta.

 

La ragazza cascò nuovamente dalle nuvole: era inutile negarlo, quell’uomo era decisamente più che un attore sexy, con la maschera del vampiro Spike indosso.

Ma le sorprese per lei non erano ancora finite; quasi rischiò di far cadere di sotto il suo thè, quando udì James intonare le note di una melodia sconosciuta.

 

Con voce profonda e avvolgente, mantenendo gli occhi fissi davanti a sé, l’attore cantò piano:

 

“Maybe you do
Maybe you don't
Maybe you should
Probably won’t...”

 

Furono poche parole, che però bastarono a Lisa per sentire un brivido lungo la schiena.

I suoi occhi erano palesemente spalancati, non provava neanche a nascondere lo sguardo attonito.

 

A quel punto, James si alzò dalla balaustra; dopo aver sfiorato la guancia della ragazza con una casta carezza, si avviò verso il piano di sotto.

Lisa potè sentire la voce calda dell’uomo canticchiare sottovoce una semplice frase:

 

“So I say, good night sweet girl”.

 

 

La prima cosa che la ragazza fece, una volta tornata da allenamento, fu buttarsi sul proprio PC, mentre dall’altra parte del suo telefono, Marina diceva: “Perché diavolo ha fatto una cosa del genere?”.

Lisa sbuffò, chiudendo la porta della camera, per assicurarsi che nessuno la sentisse.

“Non lo so, stella” rispose in seguito, sedendosi alla sua scrivania.

 

A dirla tutta un’idea ce l’aveva: forse era stato un modo tutto particolare di stabilire una tregua.

Lisa era quasi sollevata: alla fine James aveva ceduto per primo? Le cose sarebbero tornate a posto?

Non voleva ammetterlo, ma lo sperava con tutto il cuore; le era mancato maledettamente quell’unico bacio.

 

“Ora cosa intendi fare?” domandò l’amica al telefono.

“Capire che cosa diavolo mi ha cantato!” esclamò l’altra, sfogando la propria ira sui tasti.

Così per i successivi dieci minuti, cercò tutte le canzoni di James Marsters che il web era in grado di trovare.

Con voce sconfortata, congedò l’amica: niente di ciò che trovò aveva a che fare con quelle parole.

 

Il cellulare suonò quasi subito: questa volta era Alice.

“Trovato qualcosa?”.

“No- fu la risposta stizzita Lisa –In effetti di canzoni ne ha scritte…ma nulla a che vedere con…”.

Non concluse quello che stava per dire, troppo intenta a tradurre nella sua testa le parole sentite poche ore prima.

 

“forse si
forse no
forse dovresti
probabilmente non lo farai…

 

Una frase struggente, che in effetti incarnava alla perfezione i dubbi di un amante non contraccambiato.

Ma fu il verso successivo a darle l’illuminazione: quindi ti dico, buona notte dolce ragazza…”.

 

Certa di aver trovato la soluzione, digitò Goodnight sweet girlsulla Homepage di Google.

“Bingo!” pensò soddisfatta quando vide il nome di James associato a quelle parole.

In effetti era una sua canzone, che aveva però cantato molti anni addietro, quando faceva parte di un gruppo chiamato Ghost Of Robot”.

 

Con espressione ammirata, Lisa commentò: “Pittoresco”.

Alice, ancora in attesa al telefono, intervenne: “Qualcosa mi dice che hai fatto centro”.

Cliccando l’icona di un link, l’altra si accinse ad ascoltare il brano: “Come sempre!”disse infine.

 

La canzone cominciava con qualche arpeggio di chitarra acustica: poche note, lente e malinconiche.

Bastò la prima strofa a cambiare lo stato d’animo di Lisa.

 

“Are we done for now,
Or is this for good,
Will there be something in time?
With us there should.”

 

Non le servì un grande impegno a tradurre; conosceva bene l’inglese e, ironia della sorte, non avrebbe confuso quella voce e la sua cadenza con nessun’altra al mondo.

Ma fu il significato a toglierle il respiro:

 

“Abbiamo finito per ora?
oppure è per sempre?
ci sarà qualcosa in futuro?
con noi dovrebbe”

 

Davvero aveva rivolto quel testo a loro due? Non poteva essere…eppure non era di sicuro un caso o un errore.

Giunta all’ultima strofa, Lisa si era ormai dimenticata di avere Alice che ascoltava dall’altro capo del telefono.

 

“Still see the promise in your eyes
And still wonder if it's for me
But I know it's still there
Even when you sleep

So I say, good night sweet girl”
.

 

Ormai la canzone era finita, anche la parte strumentale aveva cessato gli arpeggi.

Nel silenzio più totale, Alice prese la parola: “Non ho sentito bene l’ultima parte…puoi tradurmela?”.

Massaggiandosi la tempia con la mano libera, Lisa rispose: “Certo…Grossomodo dovrebbe essere…

 

“Vedo ancora la promessa nei tuoi occhi
e mi chiedo ancora se è per me
ma so che sarà lì
anche mentre dormi

quindi ti dico, buona notte dolce ragazza”
.

 

L’amica sembrò continuare a non comprendere: “Cosa significa “la promessa”? non vi siete mai promessi nulla tu e lui…”.

 

Lisa alzò gli occhi al cielo: “E’ una canzone, tesoro! Cerca di leggere tra le righe!”.

Dall’altra parte, l’amica la rimbeccò: “Perché non lo fai tu? In fondo, è dedicata a te!”.

Sempre più esasperata, la diretta interessata rispose: “Risale a più di dieci anni fa! Non è dedicata a me!”.

 

Quando Alice parlò di nuovo, il suo tono era assolutamente imperioso: “Sai bene a cosa mi riferisco…e il messaggio che ti ha voluto mandare è molto chiaro.”

A quell’affermazione, Lisa no se la sentì di ribattere: era la verità, punto e basta.

 

Il silenzio in cui si erano chiusi entrambi, non aveva portato a nulla di buono, solo a farsi del male inutile.

Dopo aver augurato la buonanotte all’amica, Lisa si sconnesse da internet, ritrovandosi di fronte al desktop di James, che le sorrideva malizioso.

 

Con lo sguardo perso nei suoi occhi blu, la ragazza si rese conto che non c’era nulla di metaforico, in ciò che lui aveva voluto trasmetterle attraverso quella canzone.

James sapeva che qualcosa l’avrebbe sempre tormentata; finchè non avesse fatto il primo passo per riunificarsi, un tarlo l’avrebbe corrosa.

“Anche mentre dormo” pensò lei, ripetendo le parole della canzone.

 

Contro tutti i piani, l’attore non si era fatto avanti per porre una tregua.

Al contrario, si era messo da parte, lasciando quella decisione a lei; lui si sarebbe limitato ad aspettare.

Ma lei, avrebbe risposto alla provocazione?

 

“forse si
forse no
forse dovresti
probabilmente non lo farai…

 

Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra carnose della ragazza. Quello, era il suo turno.

Così, mentre aspettava che il sonno la cogliesse, con Felina che faceva le fusa accanto a lei, si ritrovò a cantare sommessamente.

 

“So I say, good night sweet girl”.

 

 

NdA: se volete sentire la canzone di James si intitola “Good night sweet girl” (esiste davvero, non l’ho inventata)…è molto orecchiabile e se date un occhiata al testo, noterete che ha anche un bel significato!!!

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** XV CAPITOLO ***


XV CAPITOLO

XV CAPITOLO

 

crys: ancora grazie x i complimenti, è bello vedere che la mia storia ti appassiona così tanto…In effetti ora è il momento della verità, da qui non si scappa…vedremo se Lisa sarà la solita fredda insensibile o svelerà un altro lato del suo carattere…

 

Bell_Lua: rieccoti qua!!! In effetti era un po’ che non trovavo i tuoi commenti…finalmente ti rivedo! Mi fa piacere che tu sia tornata proprio ora, i prossimi capitoli saranno cruciali…aspetto con ansia le tue recensioni!!!!

 

Auguro buona lettura a tutti…non esitate a scrivere un vostro parere!!!

 

Il mattino successivo, la sveglia di Lisa furono i colpi di muso della sua pantera.

Era sabato e suo padre le aveva concesso quella giornata libera, da dedicare completamente allo studio.

Stranamente la ragazza concluse che Svevo e Pirandello non sarebbero riusciti a farla innamorare delle proprie opere.

 

Tuttavia il silenzio tombale che regnava in casa, le concesse più concentrazione di quella che si sarebbe immaginata; quasi non si accorse del tempo che passava.

Attorno alle 10:30 si fermò per uno spuntino e ne approfittò per fare pausa: i “Malavoglia” l’avevano decisamente stremata.

 

Stette quindi per un tempo indeterminato a fare zapping davanti alla TV, con Felina ai suoi piedi, intenta a sgranocchiare un osso.

La vibrazione del cellulare la risvegliò da quello stato catatonico: era un messaggio di Laura:

“Sono a casa da sola. Pranziamo insieme?”.

 

Lisa si piegò indietro a guardare l’orologio di cucina; erano solo le 11:00, così rispose:

“D’accordo. Studio ancora un po’, poi vengo da te. Va bene per le 12:30?”.

 

La ragazza aspettò conferma, poi si alzò dal divano e con un sospiro si accinse a ripassare matematica. La sua bestia nera.

 

Quando suonò il campanello di Laura, Lisa sentì già il profumo di lasagne provenire dalla finestra della cucina.

L’amica le venne ad aprire subito, salutandola con un affettuoso bacio sulla guancia: “Ci sono novità?”. Domandò poi, sfornando le lasagne, che sua madre le aveva lasciato pronte.

 

L’altra scosse la testa ed aiutò Laura a servire nei piatti: “Ero a casa da sola, quando ci siamo sentite. Oggi lavorano tutti, a parte me”.

“Come sta andando il programma?” chiese sempre la compagna, cambiando argomento; non voleva che la loro conversazione si fissasse subito su James, altrimenti sarebbe stato un pranzo davvero pesante da digerire, per entrambe.

 

Lisa sorrise soddisfatta e si sedette: “Ci siamo quasi! Il mio testo deve solo essere approvato definitivamente dalla produzione.- assaggiò il primo boccone di minestra – Tra meno di una settimana dovremmo cominciare la registrazione!”.

 

A quelle parole, Laura scatto in piedi: “Grandioso!- disse battendo le mani –Allora si deve festeggiare!”.

Nonostante i tentativi di Lisa per farla desistere, l’amica stappò una bottiglia di vino e riempì due calici per brindare.

 

Fu un pranzo decisamente rilassato e, una volta finito, le due rimasero a tavola a dilungarsi in chiacchiere.

Lisa aveva proposto, da un po’ di tempo, un viaggio post-maturità al mare, dove lei aveva la casa: discusse con Laura delle date potenzialmente utili per partire, in base anche alla fine della registrazione del programma.

 

Verso le 14:00 si alzarono per rassettare la cucina; poco dopo Lisa era già sulla strada di casa, pronta a continuare la sua battaglia con l’algebra.

L’argomento “James” era stato sfiorato solo alla fine del pasto.

Mentre Laura lavava i piatti, era saltata su con una semplice frase: “Mi prometti che starai attenta?”.

 

L’altra aveva subito intuito a cosa si riferisse, rispondendo solo: “Farò del mio meglio”.

L’amica aveva smesso di insaponare la pirofila e l’aveva guardata: “Non voglio sembrare odiosa…Ma non voglio nemmeno vederti soffrire. Non te lo meriti”.

Quella frase non aveva avuto bisogno di repliche.

 

Comunque fosse, gli integrali in quel momento erano un problema ben peggiore, concluse Lisa, entrando dalla porta di servizio.

La scena che si trovò davanti fu alquanto bizzarra: Felina ronfava beatamente sul divano mentre, poco più in là, James se ne stava appollaiato su uno scomodo sgabello, con il proprio PC appoggiato su un bancale della libreria.

 

Lisa si mise le mani nei capelli e gridò: “Scendi subito di lì!”.

A quelle parole, sia la pantera che l’attore la guardarono con aria interrogativa.

James si indicò dubbioso: “Stai parlando con…

“Con lei, ovviamente!”. Lisa finì la frase con un gesto severo verso l’animale che, sentitosi chiamato in causa, scese dalla sua postazione e si defilò in cucina.

 

L’uomo sorrise: “Io ci ho provato per mezz’ora, ma continuava a ringhiare”.

La ragazza scosse la testa, sorpresa: “E’ strano; lei per istinto rispetta l’uomo, è praticamente sottomessa- con un cenno della mano tagliò corto –Questione di imprinting”.

 

Solo allora Lisa si rese conto di aver appena intrattenuto il primo dialogo normale con James, da dieci giorni a quella parte.

Poteva essere un buon inizio, così ne approfittò per continuare a parlare: “Scusa, mi rendo conto che in questa casa la cortesia per gli ospiti è un concetto…un po’ ignorato- afferrando la moka, lo guardò, dirigendosi verso la cucina –Vuoi un caffè?”.

 

La risposta fu un cenno affermativo.

“Dov’è mio padre?” chiese lei accendendo un fornello, stupita della tranquillità che stava simulando.

“E’ rimasto agli Studi- rispose l’uomo, chiudendo con uno scatto il computer –La finitura del programma del giovedì notte lo sta massacrando”.

 

Mentre ascoltava, Lisa tirò fuori dalla credenza un pacco nuovo di caffè, poi si guardò intorno in cerca delle forbici.

“Dove sono le tazzine?”domandò James, con l’intento di dare una mano.

Stava succedendo tutto in modo troppo pacifico e indifferente.

 

Persa nelle sue considerazioni e ancora intenta a trovare le forbici, l’altra gli rispose distrattamente: “In alto, a destra del frigo” poi, rassegnata, decise di arrangiarsi con un coltello.

Ne prese uno con la lama seghettata dal cassetto delle posate.

 

Lisciò i primi due tentativi di tagliare la linguetta della confezione; quindi sbuffò scocciata, strinse con maggior forza…e con un colpo deciso si ferì il pollice della mano sinistra.

Il primo istinto fu quello di gridare, più per la sorpresa che per il dolore.

 

James si girò di scatto: “Ti sei fatta male?”.

Lisa aveva già aperto l’acqua e ora la lasciava scorrere sul dito ferito: “Non è nulla” rispose, con la testa appoggiata al pensile della cucina; odiava la vista del sangue, inoltre quella sembrava una cosa abbastanza seria: se non si fosse fermata, avrebbe rischiato di tagliarsi via un pezzetto di dito.

 

“Quanto sei stupida, Lisa” si rimproverò poi, constatando che la testa cominciava a girare.

 

“Non me la racconti giusta- obiettò l’attore, sporgendosi per vedere l’entità del danno –fammi dare un’occhiata…Hai fatto un bel pasticcio!” constatò infine, prendendo qualche tovagliolo di carta dal piano di cucina.

 

Poi fece per afferrare il polso della ragazza, che lo guardò con disappunto; lui non si fece intimidire e con un gesto brusco tamponò la ferita.

Fu allora che le distanze di sicurezza si accorciarono pericolosamente,  facendo sentire Lisa in balìa di James, che le stringeva la mano ferita, quasi con ostinazione.

 

Lo scatto della ragazza fu improvviso e inaspettato: “Si può sapere cosa vuoi da me?!” domandò, liberandosi dal tocco dell’attore.

Perfetto…Ormai la frittata era fatta; volente o nolente, alla fine Lisa aveva dato il calcio d’inizio di quel match, che si prevedeva molto combattuto.

 

“A che diamine di gioco stai giocando?!- continuò lei, con rabbia crescente – Non sono una bambola!- la testa continuava a girare, forse aveva perso più sangue del dovuto – se credi che io sia una stupida adolescente che si fa abbindolare dal primo attore che passa…Hai sbagliato di grosso”.

 

Pronunciò le ultime parole  con tono spossato, prima di appoggiarsi al tavolo; ci mancava solo che svenisse!

Dall’altra parte della stanza, James se ne stava appoggiato al frigo e, maledizione a lui, la fissava con un sorrisetto abbozzato, una di quelle espressioni dannatamente maliziose che lo rendevano unico.

 

Poi, scuotendo la testa, si sollevò dalla sua posizione: “Sai, potrei registrare quello che hai detto e rigirarti la frase- aveva una punta di amarezza nella voce –Credi che si sia capito qualcosa di ciò che volevi, nell’ultimo mese?”

 

Lei si morse la lingua, abbassando gli occhi; James continuò: “Gradirei che mi guardassi, per favore- la ammonì –pure io potrei sostenere che tu abbia giocato, con me; hai portato avanti questo tira e molla fino ad ora- aprì le braccia, in segno di esasperazione –Guarda dove siamo arrivati!- abbassò volutamente il tono della voce- Io sapevo benissimo cos’era quel bacio; sono un uomo adulto, so capirle certe cose”.

 

Sentendosi incolpata ingiustamente, Lisa ribattè con forza: “Beh, allora…illuminami uomo adulto!- incrociò le braccia, stringendo convulsamente il dito ferito – Pensavi che sarebbe stato tutto rose e fiori, dopo? Che per me fosse una situazione facile da gestire?”.

 

In un istante, l’espressione di James cambiò; strinse le labbra e con la mascella serrata le si avvicinò, puntandole un dito contro: “Non venire a dare lezioni di vita a me, ragazzina- la voce si era fatta tagliente e quasi spaventò la ragazza, abituata a vederlo pacifico e calmo – I problemi veri…tu non sai nemmeno quali siano. I problemi veri sono quelli che io ho lasciato in America.

 

Lisa non riuscì a reggere quegli occhi di ghiaccio e, d’altra parte, non trovò il coraggio di ribattere.

Così lasciò che l’uomo continuasse la sua sfuriata.

“Se credi che io abbia preso la via più facile nel baciarti, hai sbagliato di grosso. La vita non è mai facile…”.

 

Quel discorso per la ragazza fu una ferita, ben peggiore di quella alla mano.

Le parole che James le aveva quasi gridato contro erano state un vortice doloroso di sensazioni a lei prima sconosciute: inadeguatezza, vergogna, frustrazione…

 

Aveva costretto l’attore a rivangare argomenti che preferiva tenere sepolti, procurandogli dolore e rabbia. Quando i suoi occhi glaciali l’avevano fulminata, per un attimo aveva sentito un profondo odio, diretto a lei.

 

In quel frangente, Lisa si era resa conto di quanto lei fosse infinitamente piccola e lontana dal mondo degli adulti, così duro e crudele.

La sofferenza più grossa però, non era stato il rimprovero, bensì la consapevolezza dell’oceano tra lei e James; anche con le migliori intenzioni, forse ci sarebbe sempre stato un qualcosa, per quanto piccolo e impercettibile, a dividerli.

 

Non aveva il diritto di entrare nella vita personale dell’uomo, di conseguenza ne era inevitabilmente tagliata fuori.

Lisa posò lo sguardo su di lui e vederlo distante, gli occhi privi di luce, scuro in volto, fu un’altra pugnalata.

Quindi decise di girarsi verso la pantera, che la fissò di rimando, con un’intensità di cui solo i felini sono in grado; l’animale si leccò i baffi e annusò l’aria, quasi sentisse l’odore della tristezza che era calata nella stanza.

 

Le parole erano state dette tutte, non c’era altro da aggiungere.

Prima che le lacrime prendessero il sopravvento, Lisa si alzò dal tavolo e si diresse verso le scale.

Appena finita la prima rampa, la ragazza piangeva già silenziosamente; Felina mugugnava al suo fianco, forse per accompagnare il suo pianto, forse per imprecare come poteva contro James.

 

Il pomeriggio e la sera, Lisa li passò barricata in camera, stretta alla sua amica a quattro zampe.

Un paio di volte le parve di addormentarsi e sperò che fosse stato tutto un sogno.

Ma le lacrime di cui erano impregnati il cuscino e il pelo di Felina, le ricordarono che quella era la cruda realtà.

 

 

 

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Capitolo 16
*** XVI CAPITOLO ***


XVI CAPITOLO

XVI CAPITOLO

 

Ragazzi, questo non è stato un capitolo facile e non so quanto mi sia riuscito bene…spero che d’ora in poi cominci la discesa, visto che il resto della storia è (quasi) tutto programmato. Ma ora è il turno dei commenti.

 

Bell_Lua: eheh, non sei la prima a scervellarti sui problemi di James…ma sii paziente…siamo quasi sul punto di scoprirlo…grazie della tua puntualità con i commenti…e di onorarmi con la tua presenza…mmm forse è troppo altisonante…in poche parole…grazie di esserci!!!!

 

memole_88: carissima…apprezzo le tue osservazioni sui protagonisti…e ti do ragione…hanno torto e ragione entrambi, allo stesso tempo…e anche se sono mie creazioni…li vedo pure io con occhio critico e a volte non del tutto positivo…ma sono comunque esseri umani…e come accade nella realtà…sbagliano, hanno dei sentimenti…in questo ho appunto cercato di renderli più “umani”; non sono una semplice adolescente complessata e un attore sicuro di sé, chiuso sotto una perfetta campana di vetro…ancora grazie della tua devozione….sono felice di averti tra le mie lettrici…

 

e ora, vi lascio al capitolo!!!

 

A notte fonda cominciò a piovere; Lisa guardò fuori dalla finestra e vide il quartiere illuminato dai lampioni.

Ci fu un fulmine e la ragazza affondò il volto nel manto della pantera, che sussultò appena sopraggiunse il tuono, ma non smise comunque di fare le fusa; sentiva che la padrona aveva bisogno di conforto, così rimase immobile al suo fianco.

 

Dopo qualche tempo, quando Lisa stava ormai per riaddormentarsi, ci fu di nuovo un forte tuono, ma di fianco a lei nessun sobbalzo di paura.

La ragazza allungò un braccio e sentì l’altra piazza del letto matrimoniale vuota.

 

Quasi contemporaneamente, un ringhio alle sue spalle la costrinse a voltarsi verso la porta; Felina era lì, pronta ad attaccare una sagoma nera immobile sulla soglia.

Ci mise un po’ a focalizzare nella penombra: era James…e chi, altrimenti?

 

La ragazza richiamò con un fischio l’animale, che si andò subito ad accucciare sotto il letto.

“Posso entrare?” chiese l’uomo a bassa voce, se non altro ora più sollevato della dipartita della pantera.

 

Lisa stentò a rispondergli; il loro confronto di poco prima era stato molto chiaro, le rispettive posizioni erano ora ben definite e, purtroppo, decisamente distanti.

Un lampo illuminò il volto di lui e le ombre andarono a evidenziare i suoi lineamenti spigolosi: per la prima volta la ragazza notò le rughe dei suoi 40 anni inoltrati, lasciate da esperienze che lei non poteva nemmeno immaginare.

 

Quel pensiero la fece stringere ancora di più alle coperte e non riuscì ad aprir bocca.

“Vuoi che me ne vada?” all’ennesima domanda dell’attore, Lisa riuscì solo a scuotere la testa.

Con un sospiro sconfortato, James si sedette sul bordo del letto, accanto a lei: “Senti…- cominciò lui –Prima sono stato…orribile, me ne rendo conto. Non è da me esplodere così e tu sei l’ultima persona che merita di…

 

“No – lo interruppe la ragazza, drizzandosi a sedere – Sono io a dovermi scusare, non tu…mi sono comportata come una bambina egoista. ..-si passò una mano sulla faccia –Mi vergogno di me stessa…tu non sei orribile; ciò che ti fa soffrire lo è…”.

 

Con una carezza James la zittì: “Mi dispiace solo che tu pensi che io stia giocando – la luce esterna illuminò un debole sorriso – Per quanto il mondo possa aver ferito i tuoi sentimenti, non è colpa mia…- il suo tono divenne quasi divertito- Non mi puoi azzannare tutte le volte che ti senti minacciata…Io non sono il mondo”.

 

Lisa annuì debolmente, appoggiandosi alla mano che lui le teneva sulla guancia.

Traendola a sé in un abbraccio, James sussurrò: “Se ti va posso restare un po’ qui”.

Con la testa affondata nel suo petto, lei si limitò ad annuire nuovamente.

 

L’uomo la strinse di più, rendendosi conto per la prima volta di quanto la ragazza fosse minuta, seppure muscolosa.

James si appoggiò alla testiera del letto con la schiena e stette lì, immobile, tenendola contro di sé.

Non fece altro, aspettò che fosse Lisa ad allungarsi verso di lui, per lasciargli un lieve bacio, sfiorandogli le labbra, senza osare di più.

 

Per la prima volta, la ragazza aveva preso coraggio, abbassando le sue invincibili difese.

James non si lasciò scappare quell’occasione; afferrandola dietro la nuca, la avvicinò nuovamente a sé.

Quel bacio fu totalmente diverso, più vivo, pieno…quasi aggressivo, constatò la ragazza.

 

Ma ora come non mai, era quello che lei voleva, aveva aspettato una vita intera prima di aprirsi, prima di scoprirsi, in tutti i sensi.

Così allungò una mano dietro il collo di James e, imitando il suo gesto, lo trasse verso di lei, aderendo a lui con tutto il corpo.

 

Quel gesto fu inaspettato per l’uomo, che non si immaginava tanta intraprendenza; tutto, di quella ragazza, lo sorprendeva: il suo profumo, la dolcezza che stava rivelando…persino la semplicità con cui indossava quella camicia da notte celeste, era qualcosa che lo lasciava senza fiato.

 

Staccandosi con riluttanza dalle labbra di lei, abbozzò un sorriso: “E’ un piacere conoscerti…”.

Lisa fu costretta ad abbassare gli occhi, a quella battuta; a modo suo, James aveva ragione: fino ad allora aveva mostrato solo un’infinitesima parte di sé.

 

L’attore fece il gesto di porgerle la mano, come per presentarsi: “Sono James”.

Lei stette al gioco e gliela strinse: “Lisa…” si limitò a rispondere.

Sfiorando col proprio naso quello della ragazza, l’uomo sorrise di nuovo: “Finalmente…”.

 

Si baciarono nuovamente e questa volta James non potè ignorare i segnali che il proprio corpo gli mandava, sentendosi a contatto con quello di lei: la cosa aveva decisamente preso il largo.

Così l’uomo si allontanò di nuovo: “Penso che dovremmo fermarci” riuscì a dire, riprendendo fiato.

 

Col mento appoggiato alla spalla di lui, Lisa stette in rispettoso silenzio, di fronte a quell’affermazione.

Visto che l’uomo non osava dire altro, fu lei a intervenire: “E’ una cosa che hai detto tu…non io”.

 

Per l’ennesima volta in quella sera, James rimase attonito. Se la ragazza aveva deciso di svelarsi, lo stava facendo con tutta se stessa, constatò lui, perdendosi nel verde dei suoi occhi spalancati.

Mai come allora gli era sembrata limpida, come se attraverso le iridi chiarissime potesse vedere direttamente i suoi pensieri.

 

Ma quella frase…Lisa voleva davvero ciò che lui stava immaginando?

L’attore percepì una profonda sincerità  nelle parole di lei; la sensazione dei suoi seni piccoli contro il petto sarebbe stata solo una conferma in più.

 

Ma James fu costretto a notare che c’era dell’altro nello sguardo di Lisa.

Non ricordava di aver mai visto un espressione simile negli occhi di una donna…o forse sì; era qualcosa di relegato nel passato, probabilmente nell’adolescenza.

 

Si rammentava di aver visto la stessa titubanza anni (forse decenni) addietro.

Ad un tratto capì che lei aveva paura.

Con molta delicatezza si scostò da quell’abbraccio, scrutandola con un dolce sorriso; non aveva dubbi: “Tu sei vergine”.

 

Era una constatazione, la sua, non una domanda. E fu anche uno schiaffo, in senso figurato, per Lisa.

Da cosa l’aveva capito? Davvero era così chiaro? I suoi occhi avevano tradito quel segreto?

Perché era dannatamente vero…la ragazza non poteva vantare l’esperienza delle precedenti fiamme dell’attore, e quasi se ne rammaricò.

 

Con un sospiro abbassò lo sguardo, così eloquente, e prese le distanze.

Capendo di aver sbagliato di nuovo, James la prese per una spalla, temendo di perderla ancora, dietro la sua corazza: “Non devi dispiacerti…anzi- con un sorriso imbarazzato, stentò a tenere lo sguardo fisso su di lei –Ma so che spesso queste cose sono…una catastrofe, la prima volta- si fermò un attimo, ora con sguardo serio – Soprattutto quando si ha paura”.

 

Quasi rattristata, Lisa si tornò ad appoggiare contro di lui, questa volta senza trasporto o malizia.

Era stata palesemente smascherata, su tutta la linea, ma questa consapevolezza non la fece arrabbiare, o vergognare…e nemmeno si sentì ferita.

Sembrava, invece, cercare conforto: “Cosa pensi di fare?”.

James la rassicurò con un abbraccio: “Stare con te…ed aspettare- le diede un lieve bacio sulle labbra –Almeno fino alla fine del programma”.

 

La ragazza annuì e fece un respiro profondo. Non era stata una separazione, quella, non si trattava di prendere nuovamente le distanze: avevano solo preso tempo.

James affondò il volto nei suoi capelli, sentendo che tutto ciò che era di lei, cominciava a far parte di lui.

 

Finalmente Lisa si concesse il primo vero sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** XVII CAPITOLO ***


XVII CAPITOLO

XVII CAPITOLO

 

Il mattino seguente, Lisa fu svegliata dal campanello della porta, che suonava a distesa.

Molto lentamente, tastò il letto e lo sentì vuoto, di fianco a sé.

 

L’ostinazione di quel dannato dlin-dlon, che non accennava a smettere, le fece intuire che James non era in casa, come suo padre del resto…Probabilmente erano agli Studi: in quel lavoro non esisteva domenica, soprattutto in una fase cruciale come quella.

 

Con quel sottofondo martellante a farle da sveglia, la ragazza barcollò in giro per la stanza, alla ricerca di qualcosa da indossare, scegliendo un vestito leggero di cotone nero, che le arrivava al ginocchio.

 

Dopodiché fece per andare ad aprire e una massa di pelo le tagliò la strada mentre scendeva le scale, rischiando di farla cadere; Lisa decise che Felina doveva perdere quel brutto vizio.

Da parte sua, l’animale arrivò per primo alla porta e cominciò a bofonchiare con qualche ruggito sommesso.

 

Dall’esterno una voce nota salutò la pantera e riconoscendo Marina, l’amica si affrettò ad andare ad aprirle.

“Ciao tesoro!” la abbracciò sorridendo.

“Ti ho svegliata, immagino- rispose l’altra –Non pensavo nemmeno di trovarti qui: perché non sei agli Studi?”.

 

Lisa si strinse nelle spalle; le spiegò che, in effetti, non sapeva perché i due “uomini di casa” non l’avessero svegliata: “E’ quasi ora di pranzo- aggiunse infine –In più sono praticamente due giorni che non vedo mio padre, avrei piacere di salutarlo almeno, ogni tanto”.

 

Marina alzò un sopracciglio, gli occhi scuri e tondi divennero dubbiosi: “Non è da te dormire fino a tardi…a maggior ragione in un momento del genere, con l’esame da preparare e il programma in fase di finitura”.

 

L’altra abbassò lo sguardo e ritenne opportuno far sedere l’amica, prima di riassumere gli avvenimenti delle ultime ore.

Mentre una Felina soddisfatta si gustava il proprio pasto, la padrona raccontò accuratamente la serata con James: l’episodio del taglio al pollice, il suo scatto di rabbia, il litigio, fino alla conclusione, nei minimi particolari, di ciò che era stato detto, fatto, o pensato una volta a letto con l’uomo dei suoi sogni.

 

Il discorso si concluse con una serie di divagazioni personali: “E’ stato meraviglioso!- disse Lisa, con gli occhi che brillavano per l’eccitazione –Sembrava così…surreale! Tutto ciò che si trovava all’esterno appariva distante e ovattato. E’ stato un momento solo nostro e ora…mi devi spiegare perché non salti sul tavolo gridando e ridendo come mi sarei aspettata”. Concluse mutando la propria faccia in un’espressione delusa.

 

In effetti l’atteggiamento di Marina era cambiato molto velocemente, durante quel riassunto romantico.

All’inizio era parsa indifferente, poi improvvisamente curiosa, poi aveva partecipato con esclamazioni del tipo: “Davvero?” , “Non ci credo!” , “Dici sul serio?”.

 

Infine quando la narrazione si era spostata in camera da letto, aveva cominciato a muoversi inquieta sulla sedia, quasi a disagio.

Ora non riusciva a proferire parola, così si limitò a lanciare sul tavolo una chiavetta USB, lasciando l’amica di stucco.

 

Pure Felina, a quel suono inaspettato, drizzò le orecchie.

Poi Marina disse: “Ho brutte notizie”.

 

Come un automa, Lisa accese il PC portatile, al piano di sopra; l’amica gettò un’occhiata imbarazzata al letto sfatto, ma l’altra le appoggiò una mano sul braccio, rassicurandola: “Non è successo nulla, te l’ho già detto”.

 

L’attenzione di Marina si portò al computer, che aveva rilevato la periferica:”Vai su quella cartella” e indicò un’icona chiamata “Buffy”.

Fu allora che Lisa si sentì davvero, davvero nel panico; tuttavia obbedì e cliccò, trovandosi davanti a un’altra icona, questa volta un collegamento a una pagina web.

 

Quando si vide apparire una foto di James a torso nudo, sussultò vistosamente: “Non è nulla di nuovo, per te- commentò l’altra –ma leggi lì sotto”.

In quel momento Lisa avrebbe preferito essere cieca.

 

L’articolo parlava della storia personale di James: per Lisa molte notizie erano nuove, abituata com’era a navigare nei siti in cui all’attore era associato il ruolo di Spike.

 

Marina aprì bocca dopo qualche minuto: “A parte le notizie di dominio pubblico (come il fatto che ha frequentato la scuola di teatro Juilliard) la sua vita privata è un enigma per molti fan: ho impiegato due ore a trovare un resoconto esauriente di tutte le piccole e grandi relazioni che ha avuto”.

 

Quelle parole non smossero più di tanto Lisa: era ovvio che James avesse avuto delle donne in passato, alla sua età non poteva essere altrimenti.

Poi l’occhio le cadde su uno spezzone di biografia che le bastò a cambiare espressione.

 

“Dopo un matrimonio durato pochi anni,

 James ha divorziato dalla moglie Liane Davidson nel 1998”.

 

Aveva avuto una moglie…nulla di scioccante, se non fosse stato per la frase successiva

 

“Insieme a Liane, l’attore ha l’affidamento congiunto del figlio Sullivan

 e della nipote Brittany, figlia del fratello di James, Peter”.

 

Un figlio? Quella era una cosa che i siti di Spike non dicevano. Lesse l’anno di nascita del ragazzo: 1996

Aveva 5 anni in meno di lei! Come età, era più vicino a Lisa del padre James!

Perché lui non gliene aveva mai parlato? Certo, era una notizia che chiunque avrebbe potuto ottenere, in un modo o nell’altro.

 

Ma non nominare mai il proprio figlio, sangue del suo sangue…Cosa poteva esserci da nascondere, in un fatto del genere?

Perlomeno Lisa fu sollevata del fatto che l’uomo non fosse più sposato.

Ma era decisamente troppo presto per gioire.

 

Le righe successive parlavano ancora della famiglia:

 

“Tuttavia da qualche mese è in corso una battaglia legale

 per l’affido di Brittany e Sullivan:

 la ex-consorte Liane sembra più che determinata

ad ottenere la tutela esclusiva di entrambi”.

 

Lisa sospirò profondamente; quindi erano quelli i problemi di James. Decisamente, non avrebbe mai neppure pensato a una situazione simile.

Provò a immaginare il dolore che poteva provare un padre nel vedersi strappati i propri figli.

In fin dei conti, lei poteva capire: aveva vissuto un’esperienza simile. Nel suo caso però, era stata la madre, quella che si era sentita sfuggire dalle manine paffute di bambina.

 

Eppure, lui l’aveva tagliata fuori anche da quell’episodio: proprio lei, che si era aperta raccontandogli la propria sofferenza.

Pur sapendo quanto, in quel dolore comune, fossero simili loro due,  James aveva taciuto il proprio tormento.

Questo la ferì più di quanto avrebbe voluto.

 

I paragrafi successivi parvero invisibili, agli occhi della ragazza; tra le lacrime lesse qualcosa di simile a una carrellata di fidanzate, vere o presunte che fossero.

Perlopiù tutte attricette di teatro, o modelle giovani e affascinanti.

 

Purtroppo la pagina non era ancora finita, così Lisa si accinse a leggere l’ultimo frammento di intervista, che riguardava l’ultimo album di James.

L’intervistatore poneva una domanda su una canzone intitolata “Patricia”.

 

“E’ uno dei brani a cui tengo di più- aveva commentato l’attore –è dedicato alla mia ragazza: il nostro non è un rapporto facile, lei studia in Germania e la grande distanza che ci divide alle volte è estenuante”.

 

L’articolo si concludeva con una nota della redazione:

 

“La tempesta legale per i vari affidamenti della ex-famiglia Marsters hanno portato molta curiosità sul bell’interprete del vampiro Spike. Certi pettegolezzi dicono che Liane male approvi l’ultima relazione di James in quanto definisce, testuali parole, “Poco educativo per dei bambini, vedere il padre che si ostina a frequentare ragazzine poco più che maggiorenni. Non è questo l’esempio che voglio per Sullivan e Brittany”.

 

Lette le ultime righe, Lisa richiuse la pagina web, quasi volesse togliersela da sotto gli occhi.

Si ripetè nella mente le parole “ragazzine poco più che maggiorenni”…quindi lei non era la prima e nemmeno l’unica, a quanto pareva.

 

La causa dei problemi era proprio quel dettaglio: quindi la ragazza non era altro che parte del problema.

Anche lei era nell’elenco di James, ora, in mezzo a tante altre semi-adolescenti, più o meno ricercate e belle, ma sicuramente d’effetto, al fianco del fascinoso attore.

 

Il colpo di grazia era stato però la data dell’intervista: risaliva agli ultimi di aprile; James era giunto in Italia solo pochi giorni dopo.

A meno di catastrofi o robe simili, lui era ancora fidanzato.

All’improvviso la ragazza sentì la faccia rovente.

 

“Cosa dovrei provare ora?” si domandò, restando impassibile, non perché volesse apparire tale, ma semplicemente perché non sapeva veramente cosa era giusto sentire.

Rabbia? Tristezza? Odio? Frustrazione?

Forse tutto ciò…o forse niente.

 

Marina le appoggiò un mano sulla spalla: “Dio solo sa quanto avrei voluto cancellare quello che ho scaricato. Ma sei mia amica, mi sarei disgustata di me stessa se l’avessi fatto”.

 

Lisa scosse il capo e le accarezzò il braccio: “Non ti preoccupare; hai fatto la cosa giusta- sospirò a fatica –Comunque pure io avevo intenzione di fare una ricerca di questo tipo. Era solo questione di tempo”.

 

L’amica si allungò verso di lei e la abbracciò: “Mi preoccupi. Ti vedo così…placida. Non è da te”.

Lisa si fermò a riflettere: dentro di lei infuriava un uragano caotico, nessuna azione umanamente concepibile sarebbe riuscita a manifestarlo.

 

Così rimase lì, ferma sulla sedia, davanti a un desktop che, ironia della sorte, ritraeva James in una delle sue pose migliori. Quando se ne rese conto, chiuse con uno scatto lo schermo e inspirò profondamente alcune volte, finchè non cominciò a girarle la testa.

 

Infine si alzò, con un gesto improvviso e quasi violento: “Non importa quello che provo. Il fatto è che questo non è più il suo posto. C’è solo una cosa da fare”.

Pronunciando tali parole, Lisa uscì dalla stanza, intenzionata ad andare fuori; quando si trovò sulla soglia, si fermò, con l’impressione di aver dimenticato qualcosa.

 

Sì…la sua infallibile corazza…Era il momento di recuperare i pezzi e tornare a indossarla.

 

 

 

Innanzitutto, ci tengo a precisare che mi sono rifatta a notizie vere solo per quanto riguarda i nomi di ex-moglie, figli e fidanzata di James…quest’ultima studia davvero in Germania, ma gli eventi che ho narrato attorno alla famiglia, sono inventati, ai fini della storia!

 

memole_88: ancora grazie dei complimenti sul mio modo di scrivere e tutto il resto…e mi fa davvero piacere di averti dato, anche se involontariamente, l’input per scrivere…E non mancherò tra le tue lettrici! A presto!

 

gelb_augen: vuoi che ti dica la verità? Neppure io sono rimasta soddisfatta dal capitolo precedente. L’ho scritto una volta, ma non mi piaceva, così l’ho cambiato, ma nemmeno così mi andava bene…per quanto ti possa essere sembrato “poco bello”, è il meglio che sono riuscita a fare, soprattutto in base a come si doveva evolvere la trama. Senza volere, descrivendomi come l’avresti preferito, hai inserito dei particolari che ci saranno davvero, dato che i prossimi capitoli li ho scritti da tempo e sono solo da adattare! Quindi nelle mie intenzioni c’era qualcosa di molto simile a ciò che ti aspettavi, solo “girato” in modo diverso.

Non ti scusare per la tua sincerità! Per quanto possano essere gratificanti i giudizi positivi, sono le critiche a far crescere una storia e anche chi la scrive…quindi le accetto volentierissimo e ti prego di non aggiustare il tiro solo per non sembrare troppo cattiva. Grazie ancora, soprattutto perché seguirai la mia storia nonostante questa piccola “delusione”. Un bacio cara!

 

Bell_Lua:mi fa piacere che tu abbia apprezzato il dettaglio del temporale, e pure quello della pantera…saranno elementi ricorrenti, che ho scelto per dare più “pienezza” a certe parti, quindi sono felice che ti piacciano!

Davvero mille grazie per i complimenti…ho sempre adorato scrivere ma l’ho sempre tenuto per me…è stata dura trovare il coraggio di pubblicare e vedere una risposta così positiva mi incita a continuare…quindi spero che pure questo capitolo ti piacerà…un bacio!

 

 

 

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Capitolo 18
*** XVIII CAPITOLO ***


XVIII CAPITOLO

XVIII CAPITOLO

 

Bell_Lua: ho letto la tua recensione e mi ha fatto un immenso piacere vedere che anche tu la pensi come me, sulla scrittura. Mi sono rivista molto nelle tue parole…e devo ammettere che hai ragione….scrivendo viene fuori il meglio di me, di quello che provo e che vivo…non riuscirei mai a rinunciarvi e pubblicare le mie storie mi permette di condividere…e di sentirmi parte di qualcosa di un po’ più grande…

Dopo queste considerazioni, ti lascio al prossimo capitolo…

Buona lettura…

 

“Che diamine significa che lasci il programma?! Il tuo programma?!” gridò isterica Alice.

Laura schivò una bici, camminando a passo svelto dietro a Lisa: “Tesoro, ormai sei agli sgoccioli! La stesura dei testi è praticamente conclusa”.

 

Senza fermarsi né girarsi, Lisa rispose: “Appunto”.

Alice fece qualche passo e si parò davanti a lei: “Ascolta tesoro- iniziò, simulando il tono più calmo che le riusciva –La sceneggiatura è tua! Hai sudato sangue per tutto questo. Chi si occuperà dello show al posto tuo?”.

 

Lisa la scavalcò scortesemente, il volto impassibile: “Mio padre”. Altra risposta secca e irremovibile…

Marina si limitava a seguire il corteo di grida ed esclamazioni, in silenzio; aveva già provato a supplicare l’amica, in ogni lingua conosciuta, ma nulla era servito a farle cambiare idea.

 

Ad un tratto Lisa si girò esasperata verso il vociare delle altre due: “Sentite- cominciò in tono concitato –Punto primo – alzò un dito per elencare – James è l’ospite del programma, non se ne può andare. Punto secondo: Io non lo voglio più vedere in alcun modo. Punto terzo: il mio ruolo è facilmente rimpiazzabile con un professionista più esperto di me. In conclusione…”

 

“….Ritengo che sia un bene per tutti che io lasci i miei compiti, qui agli Studi, per dedicarmi alla più idonea occupazione di studentessa all’ultimo anno di liceo.”

Con questo, Lisa aveva finito il proprio discorso alla troupe televisiva; ovviamente  dalle sue dimissioni era stato omesso l’argomento “James”, sostituito dalle comunque valide motivazioni relative alla sua giovanissima età, alla poca esperienza, e via dicendo…

 

La ragazza guardò il padre che, con occhio serio e vigile, vagliava le reazioni dei presenti: erano giorni che non si parlavano, per un motivo o per l’altro. Quel discorso era stato un amaro “buongiorno”.

 

L’uomo posò lo sguardo severo su di lei, ben consapevole che quelle erano tutte scuse. Sulle vere cause di tale decisione, avrebbe indagato più tardi; ora il primo pensiero era riprendere in mano le redini del programma, a poco più di una settimana dalla messa in onda.

 

“Penso che sia stato detto tutto l’indispensabile- osservò Leonard con tono professionale –Qualcuno ha domande?”.

I cameramen si lanciarono un’occhiata dispiaciuta; lo stesso fecero molti collaboratori del regista, mentre altri si limitarono a sospirare, dicendosi mentalmente che si aspettavano che quell’adolescente prima o poi si sarebbe arresa. Qualche maligno gioì anche, dentro di sé.

Tuttavia nessuno osò intervenire o ribattere.

“Bene- concluse brusco il regista –Tutti al lavoro! Non c’è un attimo da perdere! Show must go on!”.

 

Lisa non sentì neppure le ultime parole del padre; si diresse con le tre amiche verso il camerino dello staff di produzione.

Laura le cinse le spalle con un braccio: “Vieni tesoro. Ti aiutiamo a impacchettare la tua roba”.

In risposta ebbe solo il sospiro dell’amica; stava reagendo bene, si disse Lisa.

Con molta calma si accingeva a cominciare quell’ennesima scalata.

 

Si stava giusto ripetendo che la sua corazza aveva ripreso a proteggerla egregiamente, quando una voce rischiò di farla crollare.

“Lisa! Aspetta!” non poteva essere altri che James.

 

Era rimasto in disparte fino a quell’istante: mentre la ragazza parlava, l’aveva sconvolto il pallore di Lisa, le sue braccia conserte fino quasi allo spasimo, gli occhi spenti, tanto da non sembrare più verdi, ma di un grigio…morto.

 

Dal canto suo, Lisa non reagì quando si sentì chiamare; fu Laura a stringere ancora di più il suo abbraccio attorno all’amica, per proteggerla.

Dietro di loro, Alice e Marina si voltarono verso l’uomo, per poi immobilizzarsi.

In tal modo James fu costretto a passare davanti allo sguardo inquisitore dell’una e dell’altra, sentendosi inspiegabilmente a disagio, come se fosse stato improvvisamente nudo.

 

Quando Laura se lo ritrovò di fronte, sciolse la stretta su Lisa e si diresse con le altre nello studio della ragazza.

James le guardò allontanarsi, prima di fissarsi su Lisa; lei era appoggiata a una parete dell’angusto corridoio, gli occhi stanchi cerchiati da profonde occhiaie; ad un tratto l’uomo si sentì soffocare, chiuso in quello stretto passaggio.

 

Ma doveva capire cosa avesse quella piccola donna, che tanto lo aveva preso, donandogli un trasporto dimenticato ormai da anni.

“Cosa stai facendo?- chiese allargando le braccia –Perché te ne vai?”.

 

Lisa battè le palpebre, lentamente; aveva pensato a tutto, tranne che a quel confronto.

Lo aveva rifiutato, forse, nella sua mente, come non si accetta la morte di una persona cara.

Per lei quel tradimento equivaleva a un lutto, ed era giunto il momento del funerale.

 

Tuttavia non riusciva ad aprire bocca, non voleva rischiare di piangere; se ne era guardata fino a quel momento e non avrebbe ceduto per nulla al mondo.

James si avvicinò di un passo, spingendola ad arretrare: “Parla” –esclamò allora lui –Dì qualcosa!”.

 

A tale affermazione, Lisa inclinò la testa; le aveva dato l’input giusto: “In effetti ho una sola parola da dirti- iniziò, sollevandosi dal muro –O forse sono due, o tre…magari quattro- vedendo l’espressione interrogativa del suo interlocutore, rincarò la dose –A dire il vero sono dei nomi…vediamo se li conosci!” poi avanzò verso James, con gli occhi brucianti di lacrime.

 

Quel corridoio si stava rivelando decisamente troppo stretto; se due persone si fossero incrociate, si sarebbero dovute appiattire contro il muro per passare entrambe.

Così quando Lisa avanzò verso James, con gli occhi brucianti di lacrime, lui si fece indietro intimorito: “Cominciamo con Diane…o dovrei dire Sullivan? Magari Brittany- ad un tratto la ragazza cambiò espressione, fingendo di aver avuto un illuminazione –Aspetta, ci sono! Patricia”.

 

James, con il capo abbassato, ammutolì.

“Sorpresa!” pensò malignamente lei, per poi ricominciare a parlare:

“Davvero mi credevi così ingenua? Speravi fossi solo l’ennesima bambolina con cui spassartela?- la voce cominciò a tremarle, così per nasconderlo alzò il tono della voce –Avevi detto di non giocare con me, di essere diverso dal mondo- scuotendo la testa, d’un tratto così pesante, Lisa constatò- E’ vero…sei diverso…ma solo perché sei peggiore.

 

L’uomo sospirò, incrociando le braccia al petto: “Mi dispiace”. Scontato, prevedibile, banale…bastò a far sbroccare definitivamente Lisa.

“Beh, a me invece non dispiace! Sono solo disgustata…da te…da tutto quanto”e purtroppo era vero; non riusciva a sentirsi affranta, non la urtava quell’ennesima perdita. La sua furia era rivolta esclusivamente al tradimento subito, una ferita che lei stessa si era lasciata, stupidamente, infliggere.

 

“Voglio che tu te ne vada- ordinò la ragazza –Vai in albergo, o sotto un ponte, o in una casa per appuntamenti- si avvicinò minacciosa, puntandogli un dito contro il petto –Esci dalla mia vita”.

 

James non credeva alle proprie orecchie e ai suoi occhi: l’angelo con cui aveva passato momento indimenticabili nelle ultime ore, lo stava odiando dal profondo del cuore; lui sentiva il male che lei provava, quasi fosse palpabile nell’aria viziata di quel corridoio.

 

Quel dolore immenso lo contagiò, portandogli lacrime inaspettate agli occhi: “Ti prego- supplicò –Lascia che ti spieghi”.

Tale intervento commosso fu troppo per Lisa; vedere l’azzurro delle sue iridi diventare lucido come il ghiaccio, la fece infuriare.

 

Con un gesto rabbioso, sfogando tutta la sua angoscia e il suo dolore, Lisa gli sferrò un violento schiaffo in faccio, con tutta la potenza che avrebbe usato per schiantare a terra un suo avversario, durante un incontro di Judo.

 

Il contatto fu così feroce che oltre alle vistose ditate rosse sulla guancia, Lisa potè notare delle piccole strisce cremisi: lo aveva graffiato brutalmente.

James barcollò e non cadde solo perché il corridoio era troppo stretto per concederglielo; di conseguenza ebbe un forte contraccolpo sulla parete, che lo lasciò lì, piegato in due, senza capire quale parte della testa fosse più grave o più dolorante.

 

Lisa si avvicinò, senza versare una lacrima: “Fa male, vero?- chiese con la bocca distorta in un’espressone di disprezzo –Benvenuto nel mio mondo”.

E se ne andò.

 

Dopo quello scontro, Lisa passò l’intero pomeriggio a vagare per la città, da sola.

Le tre amiche fecero fagotto delle sue cose agli studi televisivi e le portarono a casa di Alice: questa aveva una piccola dependance in giardino ed era stato accordato che Lisa rimanesse lì, fino alla dipartita di James.

 

 

Tuttavia c’era una sola cosa che non poteva essere ignorata dal cuore della ragazza, per quanto potesse essere spezzato: Felina.

Prima del tramonto si fermò quindi a casa, entrando di soppiatto dalla porta di servizio.

Il solo rumore dei suoi passi fu perfettamente riconoscibile per la pantera, che le corse incontro mugugnando.

 

La ragazza lanciò un’occhiata alla scala: ai suoi piedi c’era una valigia,per ora vuota.

Prese il guinzaglio dal mobile della sala e vi legò Felina; poi fece per andarsene, ma si trovò davanti suo padre.

Sussultò, per la paura e la sorpresa; non l’aveva sentito arrivare.

 

Con un cenno del capo indicò l’animale: “La riporto dallo zio. So che non hai piacere che stia qui” detto ciò fece per sgattaiolare via, ma Leonard le sbarrò la strada.

“Dobbiamo parlare”.le ordinò con tono severo, il viso accigliato sotto la folta barba.

 

Lisa si massaggiò le tempie: “Pensavo di aver già detto tutto l’indispensabile”.

“E invece non hai detto un bel niente!” gridò il regista, allarmando la figlia e inducendola a guardarsi intorno preoccupata.

 

“Stai tranquilla…Lui non c’è”. A quell’affermazione Lisa capì che per quanto suo padre fosse chiuso, o burbero, o distante, era però anche dannatamente perspicace.

La ragazza, a quel punto, cercò di difendersi: “Allora a maggior ragione ho fatto la cosa giusta- si strinse nelle spalle- Dov’è il problema?”.

 

Con un sorriso saggio il padre addolcì i toni: “Sta proprio qui il problema- si sedette su uno sgabello della cucina –Credi che non abbia visto come stavi quando eravate insieme, tu e lui? Ormai era ovvio quanto ti piacesse James; e non è difficile capire il perché…Siete due persone fantastiche, entrambi.- la guardò assottigliando gli occhi- Ma tu ti sei messa in gioco con tutta te stessa e poi, quando le cose sono precipitate, hai fatto la cosa giusta”.

 

Con aria esterrefatta Lisa lasciò cadere sul pavimento il guinzaglio: “Continuo a non capire”.

Leonard alzò gli occhi al cielo: “Maledizione Lisa! Pensi che non ti conosca? Tu vivi di sentimenti, a volte sei così piena di vita che ti esplode fuori dal petto- in quella descrizione gli occhi dell’uomo divennero lucidi –Non è da te ragionare razionalmente di fronte a…questo!”.

 

Nel raccontare tutto ciò, gli era spuntato uno strano sorriso sul volto: lui e sua figlia erano profondamente uguali. Condividevano lo stesso tradimento, sepolto nel passato, e parlare con Lisa lo portava a rivangare quel dolore.

Solo Dio poteva immaginare quale fosse la sofferenza di un padre che vede la propria figlia ripercorrere lo stesso male provato da lui: era come se avesse fallito, nel cercare di proteggerla dal mondo.

 

Lisa, dall’altra parte della sua ferrea barricata, cominciava ad innervosirsi: “Dove vuoi arrivare?” chiese stizzita.

L’uomo si alzò in piedi: “So cosa stai provando, è un dolore che toglie il respiro e ti fa desiderare di scomparire per sempre- la prese per le spalle –Ma ciò non accade, quindi si va avanti e si vive comunque- scosse il capo, chiudendo gli occhi arrossati –So che sembra un controsenso ma…hai sbagliato a fare la cosa giusta! Dovevi seguire il cuore, non la testa!”.

 

Con un sorriso disilluso, la ragazza pensò: “E’ il cuore a rimanere ferito, non la testa…Quindi io scelgo la seconda”.

Lisa sentì la gola dolerle in modo incredibile, mentre cercava di reprimere il pianto.

Ma sarebbe stato stupido arrendersi proprio in quel momento, così alzò di nuovo lo sguardo sul suo papà e gli parlò: “Vado a stare da Alice, finchè le cose non saranno sistemate…Può darsi che una delle ragazze passi a prendere un po’ di cose; i libri per studiare e qualche vestito. A te va bene?”.

 

Quella freddezza fu l’ennesima pugnalata per il regista, che cercò di incassare come poteva; quindi assentì in silenzio, poi prima che la figlia uscisse, disse un’ultima cosa: “Di dolore non si muore, bambina”.

 

Lisa lo guardò, Felina che ormai la trascinava fuori dalla porta: “E’ qui che ti sbagli, papà”.

E uscì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** XIX CAPITOLO ***


XIX CAPITOLO

XIX CAPITOLO

 

Il passo successivo fu ricondurre Felina da Ralf, suo zio; Lisa rimase per lungo tempo con la testa affondata nel pelo della pantera, che stette immobile, senza batter ciglio, finchè la ragazza non smise di piangere.

 

Dopodiché andò nella sua gabbia, annusando il vecchio giaciglio e sdraiandosi lì, dove l’aveva vista l’ultima volta che l’era andata a prendere.

Lisa sbuffò tristemente: senza la sua presenza nel programma, la puntata dedicata a Felina sarebbe stata annullata.

 

Così anche l’idea della ragazza di approfittare della TV per una raccolta fondi, per gli animali di suo zio, era sfumata.

La riserva che aveva immaginato per l’amica pantera doveva aspettare.

 

Era l’ennesima cosa per cui ci sarebbe voluto tempo, affinchè si realizzasse; tempo, tempo e ancora tempo. E troppa pazienza, che Lisa sentiva di non avere.

Congedò Ralf, con la promessa che sarebbe tornata presto, poi si avviò verso casa di Alice.

 

 

James varcò la soglia del bagno e accese la luce; con un gesto stanco aprì l’acqua della doccia, girando la manopola tutta dalla parte del rosso. Una doccia bollente l’avrebbe di sicuro ristabilito.

Fissò l’immagine che gli mandava riflessa lo specchio: vide il volto di un uomo meschino e viscido, stentò quasi a riconoscersi.

 

Davanti a lui notò la propria roba: rasoio, deodorante, dopobarba...avrebbe liberato quel ripiano al più presto.

Quando il bagno si riempì di vapore, si buttò sotto il getto d’acqua; cercando a tentoni il bagnoschiuma fece cadere qualcosa, nella doccia.

 

Un violento profumo di pesca pervase l’intero ambiente; decisamente l’acqua calda non sarebbe servita a nulla, così girò la manopola dalla parte del freddo.

Una doccia ghiacciata era la cosa migliore.

 

 

Con un brivido di freddo Lisa si avvolse in una coperta: fuori dalla dependance pioveva a dirotto, nonostante fosse già giugno inoltrato; dentro e fuori si aspettava un’estate che esitava ad arrivare.

Con un gesto nervoso la ragazza buttò il libro di latino sul tavolo, pronunciando un “Bah” che esprimeva tutti i suoi dubbi, sugli esami che si accingeva a sostenere.

 

Un tonfo improvviso la fece girare; Alice era piombata, fradicia dalla testa ai piedi, dentro la casetta, arredata con letto, armadio in betulla, scrivania e comò dello stesso legno.

L’angolo cottura era in marmo chiaro e l’amica si sorprendeva ogni giorno di più della cura maniacale di Lisa per la pulizia di quel luogo.

Non sapeva davvero a che santo votarsi per tenersi impegnata in continuazione.

 

“Tutto bene?” chiese a quel punto Alice.

“Sì, mi hai solo spaventata a morte” rispose l’altra con una risata tremula.

“Allora è tutto a posto- constatò la proprietaria di casa, guardandosi intorno –Temevo che entrasse acqua da qualche spiffero”.

 

L’espressione di Lisa si rabbuiò: “Non temere: piove già dentro”. Detto ciò si strinse ancora di più nella coperta, guardando oltre il vetro.

Alice comprese al volo cosa intendesse l’amica; senza invadere i suoi spazi, si appoggiò al bancone di cucina: “Sono passati solo sei giorni, cara.- la confortò dolcemente –Nemmeno l’influenza passa così rapidamente”.

 

Non c’era intenzione di scherzare nelle sue parole, era solo la sacrosanta verità: Lisa non era ancora in grado di guarire, punto e basta.

Perciò lei, Laura e Marina la lasciavano stare, intervenendo solo se interpellate da Lisa stessa.

 

Quest’ultima scosse la testa: “Alla fine nemmeno io so quanto voglio che tutto questo passi.- constatò con amarezza –Mi sento indifferente verso il mondo…Panta rei.” Disse infine, citando una massima di Eraclito.

 

Alice aggrottò la fronte: “Cosa?”.

“Significa tutto scorre, in greco- tradusse Lisa –Anche se certe cose scorrono come l’acqua e altre somigliano di più a una melma lenta e maleodorante”.

 

Alice fischiò in segno di ammirazione: “Che poeta!”.

Senza mutare l’espressione seria, Lisa aggiunse: “Se vuoi, a riguardo ti posso citare la filosofia di pensiero dei poeti romantici e decadentisti…l’artista si trastulla nel proprio dolore e nelle sciagure, poiché da essi nascono opere epiche…- sbuffando si sedette sul davanzale dell’ampia vetrata – Come minimo io dovrei scrivere una nuova Divina Commedia- riflettè un attimo –Potrei narrare una Divina Tragedia”.

 

Assistendo a tale monologo, Alice non potè fare a meno di ridere: “Scusa…Se non fosse che so come stai, direi che questa è una battuta maledettamente buona…e che non sei cambiata di una virgola”.

 

Scuotendo la testa, divertita, anche la frangia corvina di Alice si mosse coprendole gli occhi.

A quel gesto, Lisa la imitò e sorrise; a volte invidiava i capelli lisci dell’amica, così eleganti, tanto da preferirli alle sue splendide onde castane.

Le venne spontaneo chiedersi cosa avrebbe fatto senza le sue tre compagne di vita.

 

Si rispose ad alta voce: “Credo che senza di voi non sarei più la stessa. Forse è questo che mi tiene ancorata a quella che ero”.

Alice non sentì il bisogno di controbattere; con un cenno di saluto uscì nuovamente sotto la pioggia.

 

 

Correndo all’impazzata, Lisa entrò nella sua scuola con un vocabolario sotto braccio: in mano stringeva solo due biro e la carta d’identità.

Vedendola arrivare, una delle bidelle le indicò l’aula dove si sarebbe tenuta la prima prova d’esame: il tema.

 

Lisa adorava scrivere, non aveva paura di quella prova anzi, ne era quasi contenta.

Tempo per studiare e riflettere ne aveva avuto fin troppo, era il momento di dimostrare al Ministero della Pubblica Istruzione quanto valeva.

 

La ragazza si sedette nell’unico banco libero e lanciò una rapida occhiata ai compagni attorno a sé;

lesse il terrore puro negli occhi della maggior parte.

Lei si limitò a fare spallucce e a sorridere al Presidente della Commissione, che le passò i fogli con le tracce e fece una firma su ognuno.

 

Dopodiché diede uno sguardo poco interessato ai temi di argomento scientifico, politico, sociale…all’improvviso le sembrò di notare la parola “amore” tra le righe.

In primis pensò di aver visto male, poi tornando a scorrere il testo, arrivò alla traccia di argomento letterario.

 

Quasi le scappò da ridere, quando lesse per intero la consegna:

 

“Amore: tra tormento e dolore nella letteratura classica”.

 

Le poche righe richiedevano di citare autori di epoca greca e romana (con relative opere e brani significativi di esse) che trattassero di pene d’amore.

Di norma sarebbe stato improponibile ripercorrere una carrellata completa e dettagliata di un argomento così vasto, ma per Lisa era diverso.

 

In quei giorni bui aveva cercato ovunque risposte che la confortassero nei momenti di sofferenza.

Virgilio, Catullo, Orazio…erano stati tutti ottimi interlocutori con cui confrontare il proprio stato d’animo.

 

Appassionandosi all’argomento, si era resa conto che il proprio dolore non aveva tempo né età.

Pur essendo trascorsi millenni, l’essere umano ne era ancora schiavo.

 

Dopo pomeriggi interi ad alambiccarsi il cervello, Lisa si era rassegnata; ora, col cuore pressoché in pace, si accingeva a narrare al mondo il suo tormento, attraverso le parole di Catullo ed altri grandi della storia.

 

 

James varcò la soglia dell’aeroporto con passi strascicati; il trolley sembrava pesare una tonnellata, benché avesse le ruote.

Detestava quei posti affollati: così pieni di gente e tuttavia immensamente vuoti.

Dirigendosi al check in implorò mentalmente che nessuno lo riconoscesse, non era in vena di autografi e foto di circostanza.

 

Il suo sospiro di sollievo sorprese la hostess di terra, quando l’attore le chiese: “Quando parte il prossimo volo per Berlino?”.

La giovane bionda digitò qualche codice sulla tastiera del computer: “Tra tre ore…Mi dispiace ma dovrà aspettare- tornò a posare gli occhi su di lui – Altrimenti abbiamo dei posti liberi in Business Class sul volo delle 9.30”.

 

Con un gesto sbrigativo, James guardò l’orologio: “Va bene, prendo quello.- le porse distrattamente la sua American Express –Pago con carta”.

La hostess la prese e lo avvisò: “Abbiamo dei problemi con i terminali, stamattina: forse dovrà attendere qualche minuto”.

 

Scuotendo la testa, in un cenno di indifferenza, James si appoggiò al bancone.

Passò due o tre volte lo sguardo sulla folla di persone che correva avanti e indietro, in un caos che nemmeno Babilonia aveva dovuto subire.

 

Poi gli occhi gli caddero su un mega schermo alla sua destra: si intrattenne guardando le varie pubblicità che rifilava, sperando che la biondina alle sue spalle diventasse magicamente capace di fare il proprio lavoro.

 

Mentre si perdeva nelle sue acide considerazioni, un’immagine proiettata sullo schermo al plasma lo risvegliò all’improvviso: era la pubblicità di un noto profumo, che portava la firma di Roberto Cavalli.

La foto ritraeva una giovane modella, abbandonata languidamente su un divano; ai suoi piedi giaceva una pantera, nobile e maestosa.

 

L’associazione di idee che ne derivò, fu un colpo di frusta per l’uomo.

Con lo sguardo d’un tratto perso, si girò verso la hostess: “Mi scusi- cominciò con voce flebile –Può annullare la transazione?”.

L’altra cercò di celare la faccia esasperata dietro il monitor del terminale: “Certamente…Vuole effettuare un’altra prenotazione?”.

 

La risposta che ricevette da James fu quasi febbrile: “Il primo volo per Los Angeles, grazie”.

 

 

 

Dopo aver armeggiato per qualche minuto con le chiavi, Laura entrò in casa di Lisa; col timore di incontrare presenze indesiderate, sgusciò dentro e salì le scale, puntando dritto verso la camera dell’amica.

 

Trovò subito l’interruttore della luce e si diresse verso l’armadio.

“Laura, tranquilla- si disse mentalmente –Devi solo prendere costumi da bagno, vestiti estivi e teli da mare, nel ripiano in alto” con gesti rapidi obbedì a ciò che si era appena detta.

 

La ragazza svuotò un cassetto e un ripiano di abiti, riponendo il tutto in una piccola valigia.

Lasciò i libri scolastici portati con sé sul letto, poi richiuse tutto, valigia, armadi e camera, sollevata di aver adempiuto al proprio compito.

 

“La prossima volta ci penserà Marina, mi sento una ladra tutte le volte che vengo qua

Pensò stizzita trascinando la borsa giù per le scale.

Gettò un’occhiata in giro, con un gesto che le venne automatico, per verificare che non mancasse nulla alla sua commissione.

 

Non venendole in mente altro, fece per uscire; fu allora che un flash le scattò nella testa…effettivamente mancava qualcosa…ma non c’entrava con la valigia di Lisa…bensì con un’altra.

 

Tornando sui propri passi, varcò la soglia del salotto: quasi sussultò quando vide un vuoto, dove prima c’era il trolley di James.

Alla fine se n’era andato.

 

 

 

Ciao a tutti!avviso che questo e forse pochi altri capitoli faranno da intermezzo tra le due parti della storia: nelle prossime pubblicazioni James e Lisa saranno irrimediabilmente separati…ma per quanto? J

Spetta a voi scoprirlo…e avere un po’ di pazienza…

 

Cara Bell_Lua: questi capitoli sono stati decisamente tristi da elaborare; benché sia tutta una finzione, è inevitabile inserire un po’ delle proprie esperienze in ciò che si scrive.

Ma tutto passa, nella finzione come nella realtà.

In effetti ho un’altra storia in sospeso..mai pubblicata e divisa in due parti…è una FF originale, senza attori o personaggi famosi, ma sarà da adattare, visto che l’ho scritta qualche anno fa…

Tornando a questa storia…scopro ogni volta che le parti che voglio rendere più evidenti sono quelle che poi rimangono impresse…come il temporale,il ruolo della pantera, la frase tra Lisa e suo padre…

Sono punti salienti che non sono fini a se stessi e sono davvero felice che tu li abbia colti…

 

“buon capitolo” e a presto!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** XX CAPITOLO ***


XX CAPITOLO

XX CAPITOLO

 

 

 

Lisa si strizzò i capelli e con quel gesto bagnò Alice, sdraiata accanto a lei: “Dovrei forse ringraziarti?” domandò ironica quest’ultima.

L’amica in risposta sorrise: “Non fare la brontolona! Vieni anche tu- la incitò Lisa –l’acqua è stupenda!”.

 

L’altra sbuffò infastidita; nel frattempo le raggiunsero correndo anche Marina e Laura.

Ulteriori schizzi bagnarono Alice sulla sua postazione: “Va bene- si arrese poi, alzandosi –Ho capito che un momento di pace è impossibile da ottenere con voi- si girò verso Lisa –E’ ovvio che poi dimagrisci se non stai ferma un attimo”disse infine, fingendosi arrabbiata.

 

Lisa la prese sottobraccio, disposta a trascinarla al bar: “Dato che sei mia amica dovresti essere comprensiva nei miei confronti…Assecondami e portami ad ingrassare!”.

 

Marina e Laura le sorrisero: negli occhi dell’amica non si leggeva più la burrasca di un mese prima.

Come poteva essere altrimenti, con un mare come quello della Sardegna sullo sfondo?

Fisicamente ne aveva risentito, non c’era dubbio, ma ora che era tornata la pazza scatenata di sempre, i chili persi sembravano quasi un toccasana.

 

Le quattro ragazze si sedettero a un tavolino del bar, in riva alla spiaggia, salutarono alcuni amici conosciuti là e ordinarono panini e bibite fredde.

Alice si sporse verso il proprietario del locale, in piedi dietro al bancone e chiese: “Possiamo accendere la TV?”. Con un lancio dritto e preciso entrò in possesso del telecomando.

Dopo qualche istante di zapping, la ragazza trovò un notiziario, alzò il volume e si mise a mangiare.

 

Senza prestare attenzione a ciò che diceva lo speaker, Marina chiese: “Stasera che facciamo? Non ho granchè voglia di andare in discoteca?”.

Laura scosse la testa: “Nemmeno io- passò lo sguardo dal TG a Lisa –Cosa proponi? D’altra parte sei tu la padrona di casa…noi non conosciamo molto la zona”.

 

Lisa addentò il proprio panino crudo e mozzarella e fece spallucce: “Possiamo fare un giro per negozi…oppure andare in paese a vedere le bancarelle del mercatino- masticò, mentre pensava ad altre proposte –Non ci sono molte alternative”.

 

L’attimo successivo fu di silenzio: d’altro canto gli esami erano finiti da poco, la voglia di divertirsi era tanta, come del resto la stanchezza.

Così la maggior parte delle sere, le ragazze si ritrovavano attorno al tavolo del solito pub, senza le energie per mettere in atto i progetti della nottata.

 

Mentre Laura finiva di bere il suo thè dalla cannuccia, producendo dei rumori poco delicati, alla TV passò una notizia che fece drizzare le orecchie alle quattro telespettatrici.

“Ed ora passiamo alla pagina dello spettacolo- la donna in tailleur girò, con un sorriso raggiante, il foglio della scaletta, poi continuò –Si sono svolte ieri sera le premiazioni di fine stagione, dedicate ai programmi più in voga dell’anno. Tra i titoli maggiormente attesi ed ambiti, quelli di “miglior programma” e “miglior regia”. Vediamo il servizio.”

 

Sullo schermo passarono le immagini del red carpet di Cinecittà, a cui Lisa assistette con grande trepidazione, tentando di scorgere tra la folla di VIP il suo candidato preferito: suo padre.

 

L’aveva visto solo di sfuggita, dopo il loro ultimo confronto; lui si era complimentato per la lode che la figlia aveva riscosso agli esami e poi, non senza imbarazzo, l’aveva salutata, prima di ripartire per Roma, dove ora si trovava per quella prestigiosa onorificenza.

 

Il discorso post-catastrofe aveva portato entrambi a scoprirsi oltre un limite a cui molti genitori e figli non arrivano, nemmeno in una vita intera.

Almeno secondo Lisa, vi era una distanza invalicabile tra quelle due parti; purtroppo questa era stata superata, catapultandoli ad un livello in cui Leonard non era più l’adulto e Lisa non era più la ragazzina adolescente.

 

Sentirsi improvvisamente una sua pari, aveva portato Lisa in una dimensione futura, o meglio, quasi futuristica e surreale, che non doveva esistere; come se suo padre avesse scavato troppo a fondo cose che lei non sapeva ancora di provare.

 

La ragazza si era immaginata che la stessa sensazione, dovevano averla provata gli uomini del ‘400, quando gli era stato annunciato che la Terra era tonda.

 

Allo stesso modo, per lei le parole del regista erano una verità altrettanto innegabile, a cui non si poteva sottrarre, ma che non era ancora pronta a sentirsi dire.

 

Un fastidioso spintone alla spalla la svegliò da tali pensieri: “Lisa!- Laura quasi gridava – Ma non stai ascoltando la TV?”.

L’interpellata aggrottò la fronte e, con un sussulto, vide il padre sullo schermo, con un mega-microfono praticamente piantato in bocca; un intervistatore gli stava chiedendo: “Allora, signor D’Andrade, ci dica come si sente dopo questa duplice vittoria”.

Lisa sgranò gli occhi: Duplice vittoria? Doveva prestare più attenzione, accidenti.

 

Il padre, con un gesto a lei tanto noto, si grattò un orecchio; era in imbarazzo: “Beh, prima di tutto sarebbe giusto dire come ci sentiamo, poiché dietro ad “Armida”- così si chiamava il programma – c’è un lavoro di gruppo portato avanti con costanza e professionalità da tanti”.

 

Il regista calcò la voce sull’ultima parola, facendo sorridere Lisa: la sua modestia lo aveva sempre reso grande agli occhi di tutti.

E per quanto riguardava quel nome, Armida, era stato il suo ultimo piccolo contributo.

Significava “armata, pronta a combattere” e l’aveva suggerito lei stessa, per le tematiche trattate sia dalle puntate del martedì, di sua creazione, sia per quelle del giovedì.

 

Effettivamente, quella trasmissione si era rivelata un’arma da combattimento mediatica, soprattutto per quanto concerneva la parte del lavoro di Leonard.

Vantandosi di fior fior di esperti, con l’aiuto di agganci ottenuti a volte per vie non proprio limpide, la parola Armida aveva messo in luce, col passare delle settimane, argomenti decisamente scottanti.

 

Molto spesso erano giunte minacce, querele, denunce a tutto lo staff operativo, ma il fatto non cambiava: Lisa e suo padre erano riusciti a dar voce a molte battaglie dell’umanità, che anni di giornalismo avevano tenuto nell’ombra.

 

In una delle puntate in seconda serata, uno scienziato ospite aveva dichiarato, con prove alla mano,  che il virus dell’HIV era stato creato in laboratorio.

In un altro caso, un soldato americano aveva svelato particolari agghiaccianti sulle torture inferte a presunti Talebani, in Iraq.

 

Più di una volta, guardando le immagini del programma, Lisa si era sentita in colpa e aveva temuto per suo padre.

Benché non potesse intervenire oltre sulla stesura dei testi, le sembrava di aver abbandonato il regista alle conseguenze di certe scelte che lei aveva in parte favorito.

 

La ragazza si era completamente persa nelle sue riflessioni, quando il cronista fece un’altra domanda: “Vorrei sfatare una leggenda metropolitana che ormai tutti i giornali di gossip ripropongono: è vero che l’attore James Marsters se n’è andato dallo staff di Armida a causa di un litigio con Lisa, sua figlia?”.

 

Leonard sogghignò fra sé e sé, ma solo la ragazza notò quel cenno impercettibile: “Intanto colgo l’occasione per salutarla e augurarle buon compleanno: oggi compie 19 anni, non è più una bambina”.

 

Tale precisazione aveva voluto dire in realtà: “Ormai è adulta, non azzardatevi a trattarla come una stupida capricciosa”.

Lisa annuì leggermente a quella frase: Grande papi pensò soddisfatta.

 

Intanto il discorso continuava: “In più la linea che aveva preso il programma non permetteva più di dare a James lo spazio che era stato ritagliato per lui; a un certo punto, semplicemente, le nostre strade non combaciavano più”. Dopo quella bugia di gran stile, l’uomo fece una pausa, breve ma eloquente, a voler dividere in modo netto ciò di cui aveva parlato da ciò che stava per dire.

 

“Mia figlia non era pronta per gestire un programma di questa portata, ma non escludo che un domani lo sarà”.

L’uomo col microfono, stentando a proseguire, azzardò un sorriso tirato e fece la domanda successiva: “A proposito del futuro: sappiamo che ha grandi idee in cantiere”.

 

“Sì- rispose laconico il regista –Una famosa casa di produzione americana ha chiesto di poter veder realizzato sotto il proprio nome un film, di cui mi dovrei occupare con il mio staff, ormai collaudato- fece spallucce –E’ una proposta come tante, che andrà vagliata e a cui va dato il giusto peso”.

 

Lisa scosse divertita la testa: la 20th Century Fox proponeva un contratto multimilionario e suo padre riusciva a fare il sostenuto; umile fino alla morte.

 

Il servizio era finito, la speaker in studio espresse le ultime parole a riguardo: “E chissà che non ci sia proprio la giovane Lisa D’Andrade, al comando della regia di un nuovo capolavoro”.

Stappando una bottiglia di birra, l’interpellata rise sonoramente.

 

 

Eccoci di nuovo qua, come preannunciato, James e Lisa sono decisamente lontani l’uno dall’altra…in fondo però, non così tanto come sembra…

 

Bell_Lua: sono felice di rallegrare il tuo inizio di giornata!!! Anche se gli ultimi capitoli sono stati un po’ tristi…

Comunque concordo con te che scrivere è un’ottima alternativa alla psicanalisi!! E ti avvertirò di sicuro quando comincerò l’altra fanfic…ma per ora ci tengo a finire questa!!!

E l’argomento James/Lisa…poverini…sembrano tanto distanti ormai…mi fanno quasi pena, così provvederò a rimediare la situazione…ahah!

A parte gli scherzi, sono felice di averti tra le mie commentatrici, spero che la storia continui a piacerti…a presto!!!

 

memole_88: hai proprio ragione…a volte il tradimento è peggiore di ogni altro tipo di perdita…lascia vuoti e soli…diciamo che James doveva decidere se tornare a casa o approfittare della vicinanza alla Germania per andare dalla fidanzata…e ha scelto la prima…il perché lo si scoprirà più avanti…

 

grazie ancora a tutti!!!!

 

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Capitolo 21
*** XXI CAPITOLO ***


XXI CAPITOLO

XXI CAPITOLO

 

crys: in effetti mi ero chiesta dove fossi…ma hai ragione, l’importante è sapere che ci sei ancora! Anche se non recensisci tutti i capitoli…ora che lo so sono più tranquilla…ahahah! A parte gli scherzi, tornando a Lisa e James…le acque sembrano essersi calmate x lei, ora che non sono più vicini. Per quanto riguarda lui, ti basterà leggere il prossimo capitolo x scoprirlo.

Grazie ancora…sei sempre dolcissima!

 

Bell_Lua: innanzitutto, scusa se ieri non ho postato il capitolo, ma non ne ho avuto tempo. In effetti ho pensato “Cavoli, e poi lei come fa che comincia la giornata con il mio nuovo capitolo della giornata?” ma davvero non cel’ho fatta.

Da quello che ho capito tu vivi in Finlandia…uhm…particolare…e coraggioso! Di sicuro una bella esperienza, ma anche tanto faticosa, immagino la tua voglia di tornare a casa. come mai sei là?

Tornando alla storia…ho voluto tener divisi i due protagonisti proprio per far capire quanto cambiano senza l’altro/a…e nulla di quello che inserisco in questi capitoli di intermezzo è fine a se stesso, sarà indispensabile  per il proseguimento…

 

gelb_augen: sono onorata che tu per recensire la mia storia ti perda l’inizio di Buffy…non so se io avrei la stessa “vena”… J

come sempre il tuo occhio critico non si lascia sfuggire nulla… i tuoi commenti sono sempre i più costruttivi: d’altra parte, parlando di Lisa, benché i problemi d’amore siano quelli di una normale adolescente…lei è un po’ fuori dalle righe, sia come carattere che come vissuto personale…è difficile riuscire a far emergere ciò che prova un personaggio così complicato…a volte m sembra di non riuscire a capirla neppure io!

Le notizie sulla vita di James sono tutte vere, a parte quella della battaglia legale per l’affidamento, che ho inserito solo ai fini della mia ff…d’altra parte la sua ex moglie Liane esiste davvero, come il figlio Sullivan e la nipote Brittany, che lui ha in affidamento dal fratello Peter, ma non sono riuscita a scoprire di più. Patricia, ahimè, esiste davvero e vedendo le sue foto sono rimasta molto delusa…non è né bella né affascinante, davvero insipida; viene quasi da chiedersi cosa ci faccia con James…ma tutt’ora sono insieme, quindi un perché ci sarà…

Dopo queste delucidazioni, ti lascio al prossimo capitolo.

 

 

 

 

L’aria di Los Angeles era maledettamente rovente in quel pomeriggio di fine agosto.

Mentre in tutto il resto dell’emisfero il clima era pressoché uniforme, quella città aveva il misterioso potere di incrementare le temperature medie di 10°C.

 

Lo smog, il caos, il frastuono superavano su tutta la linea quelli della sorella maggiore, New York.

LA era un riassunto di tutti i difetti e le negatività della Grande Mela, e offriva ben pochi vantaggi.

 

L’uomo moro sbattè la portiera dell’auto di servizio degli Studios, quasi a voler manifestare il nervosismo per quel caldo soffocante: la camicia gli sembrava tatuata sul proprio torace.

Una serie di clacson furiosi incitarono l’autista del CHRYSLER SEDAN di servizio a ripartire…decisamente snervante.

 

Quando l’uomo si accinse a varcare la soglia dell’imponente edificio, fu fermato dal richiamo di una voce maschile: “David? David?”.

Lui si girò, già sorridendo leggermente: conosceva quella persona.

 

“Ehi amico, cosa ci fai qua?” i due si abbracciarono con calorose pacche sulle spalle; sempre il primo continuò: “Vedo che hai di nuovo i capelli di quel colore…” David lasciò la frase incompleta, cercando un aggettivo che definisse il biondo platino, vistosamente artificiale.

 

L’altro scosse la testa, tra il contrariato e il divertito: “Già caro mio! Così hanno ordinato i produttori del film”.

 

David strabuzzò gli occhi: “Allora eri tu l’altro candidato per “Diamond Heart”?”

James, sorpreso all’inverosimile, tese di nuovo le braccia in avanti, in segno di abbraccio: “Vuoi dire che siamo qui per firmare lo stesso contratto?!”

L’altro rise: “Dopo “Buffy” ed “Angel” di nuovo insieme!”.

 

Ancora increduli per quella coincidenza, varcarono insieme la soglia degli studi cinematografici, raccontandosi gli ultimi mesi di lontananza: “Come sta tuo figlio?”

James sorrise: “Bene; ha compiuto 13 anni una settimana fa…abbiamo organizzato un party per lui e per Brittany, così hanno festeggiato insieme”.

 

Fermandosi nella Hall chiesero a una bionda e svampita segretaria dove fossero gli uffici della produzione, poi presero l’ascensore, diretti al trentesimo piano, l’ultimo.

“E la tua famiglia invece?” chiese il biondo.

 

“Nulla di nuovo- David si strinse nelle spalle – Ho passato i mesi estivi a casa con mia moglie Jamie…sta per partorire.”

James gli sorrise senza nascondere la gioia per l’amico: “Congratulazioni! Mi ero quasi dimenticato della cosa, d’altra parte me ne avevi parlato a dicembre…Maschio o femmina”.

 

Il moro attore scosse la testa: “Non lo sappiamo ancora, abbiamo preferito tenere la sorpresa fino alla fine…anche se speriamo sia una bimba- ammise dolcemente –visto che il primogenito è un maschio”.

 

L’ascensore arrivò a destinazione con un melodioso tlin.

Appena furono in corridoio, David si fermò a fissare James con aria dubbiosa: “Ora che ci penso…tu dovresti essere in Europa!”.

Quello che vide sul volto del collega fu un sorriso amaro: “Già- fece una pausa di silenzio –Ho avuto…diciamo, problemi gestionali”.

 

In quell’esatto istante, il cellulare nella giacca del completo nero di James squillò e vibrò con insistenza.

Lanciando un’occhiata di scusa verso David, guardò il nome sul display: Patricia.

Era una dannata coincidenza, che proprio mentre pensava ai suoi “problemi italiani” lo chiamasse la fidanzata? O da lassù qualcuno voleva di proposito rigirare il coltello nella piaga, per fargliela pagare?

 

Emettendo un respiro profondo, premette il tasto “mute” e lasciò squillare.

David, guardando il biondo di sottecchi, domandò: “E’ chi penso io?- la risposta tardò ad arrivare, così continuò –Non dirmi che le voci che sono girate su…” leggendo il disagio negli occhi glaciali di James, si interruppe: “Erano vere?!” esclamò infine sconcertato.

 

L’altro alzò le mani in segno di resa: “Ennesima sbandata, ennesimo errore…lo so, ma ne sto pagando tutte le conseguenze- l’espressione gli si rabbuiò –La faccenda dell’affidamento non sta andando come immaginavo. Questa volta Liane sembra un killer”.

 

David abbassò la testa, continuando ad avanzare a passi lenti: “Joss Wedon mi aveva accennato qualcosa, appena dopo la tua partenza per l’Italia…Ma “Angel” era terminato da un bel pezzo, erano secoli che non avevo tue notizie”.

 

Erano ormai giunti di fronte all’ufficio di Ludovic Harmville, uno dei più famosi produttori della 20th Century Fox.

“Avremo tempo per parlarne con più calma” concluse James bussando alla porta.

 

 

“Prego, prego! Entrate!” ad attendere i due, dietro una scrivania di abete, c’era un uomo sulla sessantina, con folta barba bianca e una calvizie avanzata, che gli lasciava solo pochi capelli dietro la nuca, anch’essi candidi.

 

Si alzò e andò loro incontro; era poco più basso di James: “Signor Boreanaz, signor Marsters- stringendo le mani dell’uni e dell’altro, sorrise apertamente –Spero di potervi chiamare David e James”.

I due attori risero, con una punta di sorpresa per quella cordialità, rispondendo con un “Sì” sincero.

 

Dopodiché si accomodarono di fronte a Mr. Harmville: “Queste sono le bozze della sceneggiatura- disse sempre quest’ultimo, porgendo un fascicolo a testa agli altri due –Ovviamente può sembrare solo un’accozzaglia di idee, ma cosa ci volete fare? E’ così che ci tocca lavorare quando scendono in campo i grandi del cinema!” non vi era boria nel tono della sua voce, era la semplice verità.

 

Incuriosito da quelle parole, David prese a sfogliare le pagine che aveva sottomano; la prima cosa che gli saltò all’occhio fu il nome del regista, un italiano.

“Ma…James, questo non è il regista con cui…”

“…ho lavorato negli ultimi mesi. Sì, è lui” rispose l’interessato, senza alzare lo sguardo dal proprio fascicolo.

 

“Ha ragione a definirlo un genio- aggiunse James, rivolto al produttore – Ha appena ricevuto il premio come miglior regista e il suo show è stato definito in Italia il migliore degli ultimi 10 anni di televisione”.

 

Scorrendo la lista di nomi dei figuranti, David notò con occhio critico quello ella protagonista femminile: “Chi è questa…Sheila Sone?” non ricordava di averla mai sentita nominare.

Ludovic fece spallucce: “Un’attrice emergente, consigliata dal regista stesso. Leonard sosteneva che optando per una star di Hollywood la sua presenza avrebbe prevalso su tutto il resto”.

 

Subito dopo il biondo notò chi sarebbe stato aiuto-regista; alzando gli occhi verso il produttore, questi aveva già capito cosa stesse per chiedere: “Non è un errore- spiegò Ludovic –Parteciperò pure io alla messa in opera del film- sporgendosi sul tavolo, calcò il tono della voce –Amo il mio lavoro: credo in quello che faccio e sono profondamente fiducioso che nasca una grande opera dalla nostra collaborazione”

 

David e James si guardarono; con aria d’intesa presero quasi contemporaneamente la biro per firmare il contratto.

L’attore platinato scrisse il suo nome, poi con decisione passò la penna al suo compagno.

Il futuro gli prospettava finalmente grandi cose, ne era certo.

 

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Capitolo 22
*** XXII CAPITOLO ***


XXII CAPITOLO

XXII CAPITOLO

 

 

crys: carissima…ti chiedo di avere ancora un po’ di pazienza…è giusto che succedano un paio di cose, prima di un prossimo colpo di scena…intanto ti auguro buona lettura…

 

grazie a tutti! E’ una gioia immensa vedere che la mia storia continua a piacere!!!!

 

 

 

 

Una settimana prima, in Italia

 

Lisa si sedette sul letto, sbuffando scocciata.

Quasi subito il sobbalzo del materasso la avvisò che non era sola; Felina si era appena premurata di occupare gran parte dello spazio.

La ragazza si affrettò a togliere da sotto il ventre della pantera il portatile e vari plichi di fogli: tutto ciò su cui l’animale posava il suo quintale di peso, diventava irrecuperabile.

 

Con un sorriso a fior di labbra,trascinò un lembo del pantalone della tuta fuori dalle grinfie dell’amica a quattro zampe, che si lamentò con un borbottio di disapprovazione.

Poi Lisa accese il PC e il ronzio delle ventole fu presto coperto dalle fusa di Felina.

 

Con un gesto rapido ed esperto, la ragazza si raccolse i capelli in uno chignon molto alto: così conciata pareva un cespuglio di ananas vivente.

“Devo decidermi a tagliarli” pensò fra sé, riferendosi alla chioma.

 

Sullo schermo di fronte a lei apparve una foto di Felina: il PC era pronto.

Non senza una punta di ansia, Lisa aprì i fascicoli che le aveva lasciato il padre, prima di partire per l’ennesimo viaggio di lavoro.

 

“E’ solo un abbozzo di idee- le aveva detto –Ma penso che ti piacerà: potresti aiutarmi a svilupparlo”.

Ripensando a tali parole, la giovane scosse la testa: suo padre era riuscito a incastrarla di nuovo.

 

A malapena le aveva spiegato la trama di quel film, era ancora tutto campato per aria.

Di nuovo le frullò per la testa il discorso frettoloso del regista: “E’ un racconto pseudo-horror, con la solita storia d’amore trainante. Ma voglio che sia diverso dalle pappardelle tutte uguali che vanno di moda adesso”.

 

Sfogliando gli appunti di cui era in possesso, ne riscrisse alcuni in una pagina di word:

 

“Trama - horror sentimentale                 

- elementi sovrannaturali nuovi

 

Si fermò un attimo a pensare, poi completò la frase:

 

“No vampiri o licantropi, servono creature immortali diverse”.

 

Ma che cosa poteva rendere inconsueto un argomento del genere? Soprattutto con la clausola della storia d’amore “trainante”…che novità!

Con un lampo di genio improvviso, pestò sui tasti una nuova idea:

 

“Immortalità come scelta”.

 

Immediatamente dopo, le sembrò troppo vago; certo, l’immortalità data ad un vampiro poteva essere vista come una condanna, ma chi non avrebbe fatto carte false per ottenerla?

Cancellò la parola “scelta” e inserì “scotto da pagare”.

Ma da pagare in cambio di cosa?

 

Lisa sbuffò e si tolse gli occhiali da vista (li aveva dovuti comprare da poco, appena tornata dalle vacanze).

Mannaggia a lei e alle sue dannate doti nella scrittura; si era pure dovuta sorbire i complimenti per quel banalissimo tema d’esame sull’amore.

 

A tale pensiero si rimproverò quasi subito per il proprio cinismo: non doveva disprezzare il suo lavoro, benché fosse un mero riassunto di formalità scolastiche.

Quindi cercò di ritornare con la mente a ciò che aveva provato nello scrivere il tema d’esame: disperazione, rabbia, voglia di svanire.

Bingo.

 

Riprese possesso della tastiera:

 

“Immortale: dopo un forte dolore, un umano decide di perdere il proprio cuore,

piuttosto che continuare a vivere nel tormento”.

 

Felina si sporse verso lo schermo, vedendo una veloce fila di formiche che vi camminava sopra.

Lisa le accarezzò la testa, giocando con un orecchio vellutato; poi riprese a scrivere.

 

“Lo scotto da pagare è perdere ogni tipo di sentimenti

   e la propria mortalità.”

 

Si fermò a riflettere: era così che lei si era sentita negli ultimi tempi.

Avrebbe venduto l’anima per diventare insensibile ad ogni accadimento esterno; tuttavia dopo mesi di ponderazione, aveva ricomposto la sua solida corazza, che funzionava in modo analogo.

 

A modo suo aveva abbandonato la vita; e le andava bene così: non che si fosse privata di nulla, si dedicava ancora a tutto, ma quel tutto le scorreva addosso.

Pose le ultime parole alla fine della nota:

 

“Vita eterna senza sentimenti: condanna o benedizione?”

 

A quel punto una vibrazione sorda le fece drizzare le orecchie: era il cellulare. Ma dov’era?

Notando l’espressione di disappunto negli occhi gialli di Felina, capì.

Dopo qualche tentativo e molta fatica, Lisa trovò il telefono sotto la pancia dell’animale.

 

Ciao cara!- la salutò allegramente Marina –Che fai di bello?”

L’altra storse il naso: “Rileggo la scenografia di quel filmaccio. Chissà cosa credeva, mio padre, quando mi ha interpellata”.

 

“Wow!- esclamò l’amica –Non ti ho mai sentita così acida nei suoi confronti. Ti sta dando qualche problema?”

La ragazza ridacchiò; Marina aveva colto nel segno: “Già- si accinse poi a spiegare –Devo inventarmi dei nuovi vampiri, che non siano vampiri, ma comunque immortali”.

 

Dopo qualche attimo di silenzio, Marina commentò: “Mmm…un po’ vago…E fisicamente come sono? Super forti? Hanno strani poteri? O sono maledettamente fighi?”.

Lisa non trattenne una risata, ma restò anche sorpresa, dato che non aveva ancora pensato a quell’aspetto.

 

“Boh, non saprei- rispose quindi –Hai qualche idea da proporre?”.

Dall’altra parte del telefono, Marina rimase spiazzata: “Oddio tesoro…la sceneggiatura è roba tua, ma immagino che ci debba essere un qualcosa che caratterizzi questi immortali- si accinse ad elencare –I vampiri hanno i canini affilati, i licantropi sono pelosi, gli zombie puzzano…”disse con fare scherzoso.

Eppure aveva ragione.

 

L’altra digitò due parole chiave nel suo documento, poi comunicò quel dettaglio all’amica: “Sono senza cuore”.

Marina comprese che quello era uno dei noto exploit creativi di Lisa, così volle approfondire:

“Intendi in senso anatomico o figurato?”.

 

Tale domanda fu l’ennesimo input per la scrittrice.

“Sei meravigliosa” pensò fra sé, riferita all’amica.

“In entrambi i sensi” rispose soddisfatta, continuando la stesura del copione.

La semplicità di Marina le venne di nuovo in aiuto: “Ma se sono senza cuore- cominciò questa –Cos’hanno al suo posto, un buco?”.

 

Lisa smise un attimo di scrivere e arricciò il naso: “No, così non mi piace: un buco” è troppo negativo, malvagio…non so se mi spiego”.

“Beh, posso intuire- sbuffò l’amica –Ma non ci puoi mettere un mazzolino di viole,per far capire che questi “immortali” sono i buoni”.

Dopo una pausa di silenzio in cui le due si erano immaginate la scena, scoppiarono entrambe a ridere.

 

Il lavoro di Lisa si stava lentamente liberando delle zavorre di poco prima: “Fammi pensare, tesoro- riprese Mary –Hai detto che sono senza cuore, quindi senza sentimenti…potrebbe starci un bel blocco di ghiaccio!”.

 

“Il ghiaccio si scioglie” ribattè l’altra.

“Allora cara mia, non so cos’altro dirti!” esclamò esasperata l’amica.

 

Lisa stette qualche secondo con lo sguardo perso nel vuoto, poi scrisse un’altra parola.

“Sento un rumore di tasti nel silenzio più totale- osservò Marina – work in progress?”.

 

“Diamante” fu la risposta dall’altro capo.

“Cosa?!

“Diamante” ripetè con insisetnza Lisa.

“Non stiamo giocando a “sasso, carta e forbice”- fece notare dubbiosa l’altra –E comunque “diamante” non è contemplato nelle regole!”

 

Lisa sghignazzò divertita: “Ma no, asina! Il cuore…è fatto di diamante: freddo, duro, indistruttibile…immortale” disse infine, componendo con forza le parole sulla tastiera.

“Sei un genio! Alla fine niente ti può fermare- la elogiò l’amica –sei indistruttibile pure tu”.

 

Parlarono ancora qualche minuto, scambiandosi pareri su cosa fosse in grado di distruggere il diamante; Lisa sosteneva che bastasse un forte calore, Marina invece votò per una forte pressione.

 

Quando erano ormai sul punto di congedarsi, Marina chiese: “E chi sono i cattivi della storia? Degli altri immortali?”.

Quel dettaglio si dipinse fin troppo in fretta, nella mente di Lisa e fu quasi doloroso metterlo per iscritto: “Sì” rispose laconicamente.

“E loro nel cuore cos’hanno?” incalzò Mary, apparendo come una bimba curiosa.

Purtroppo la sua allegria fu spenta dalla risposta.

“Il nulla”.

 

A Lisa sembrò di sentire un amaro sorriso che si formava sulle labbra dell’amica, quando questa fece l’ultima domanda: “E con cosa si distrugge il nulla?”.

Lisa salvò la pagina di testo, poi spense il computer: “Non si distrugge”.

 

Mentre le due ragazze si scambiavano i saluti, Lisa aprì il secondo fascicolo, quello del casting.

Dopo un sintetico “Ciao” spense la conversazione e lesse i nomi.

La distinzione era ancora limitata esclusivamente a “buoni” e “cattivi”, in attesa della stesura definitiva: si trattava quindi di una semplice lista di proposte, a cui lei doveva dare una prima scrematura.

 

Con rapidi gesti di penna, eliminò gli attori che non le andavano a genio, poi ne trovò uno che la fece sorridere: David Boreanaz.

Adorava le sue interpretazioni, sia nel ruolo di “Angel”, sia nel telefilm “Bones”, che erano ormai i suoi due cavalli di battaglia.

 

Bello e tenebroso, ma inevitabilmente un buono; sapeva dare il giusto carattere al proprio personaggio, qualunque esso fosse.

Evidenziò il suo nome e passò oltre.

 

La piacevole sorpresa fu subito uccisa dalle poche lettere successive: James Marsters.

Lisa trattenne il respiro e quando non fu più in grado di continuare, buttò fuori tutta l’aria.

Davvero suo padre era stato così subdolo da inserirlo nelle proposte, per poi coinvolgerla nella creazione del film?

 

Si sentì improvvisamente ferita, da quella stupidità così plateale: il sale sulle ferite bruciava ancora.

Dopo qualche attimo di tentennamento, Lisa inghiottì la rabbia e indossò di nuovo la propria corazza (il suo “diamante nel cuore”).

 

Poi prese una decisione: depennare o distruggere in qualsiasi modo la presenza di James sarebbe stato un gesto azzardato e palesemente poco professionale; inoltre l’avrebbe messa nuovamente allo scoperto, rendendo noto al mondo intero cosa lei provasse.

Doveva agire in modo più sottile.

“La testa al posto del cuore…ricordati” si ammonì mentalmente la ragazza.

 

Alla fine la soluzione si prospettò semplice e cristallina.

Lisa ringraziò mentalmente un inconsapevole David Boreanaz, scrisse il suo nome sotto la colonna dei buoni e aggiunse in maiuscolo “assolutamente protagonista”.

 

Poi rimase ferma a fissare il proprio capolavoro: causa ed effetto, uno annullava l’altro. Come poteva essere altrimenti?

Si fece i complimenti da sola.

Bene, quel problema era risolto.

 

Ora restava l’ultima rogna da gestire: Lisa andò a cercare nell’elenco di nomi femminili quello della protagonista, già prefissata da suo padre.

Un orrendo problema quello, che poteva ovviare solo in un modo, benché fosse una magra consolazione: cancellò la decisione del famoso regista col bianchetto, poi riscrisse un altro nome.

Infine lo inserì nella colonna dei buoni, sotto a David Boreanaz.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** XXIII CAPITOLO ***


XXIII CAPITOLO

XXIII CAPITOLO

 

Innanzitutto…mi scuso x l’attesa che avete dovuto subire, prima della pubblicazione del prossimo capitolo, ma l’università è iniziata e non sono più nella totale nullafacenza!!!!

Spero che la resa di ciò che ho scritto possa permettermi di farmi perdonare…

 

Bell_Lua: carissima!!!! Quanto mi dispiace non essere riuscita a risponderti fino ad oggi…ma è stata davvero dura trovare tempo libero per riscrivere il capitolo…ci vorrà tanta pazienza con me, nei prossimi tempi…farò tutto il possibile per aggiornare più in fretta che posso!

Tornando a noi….mi stimola molto sentirti così curiosa sui prossimi sviluppi della storia, vuol dire che sto riuscendo a coinvolgerti….spero che non ti deluda sapere che l’attesa continuerà ancora per un po’, prima di nuovi colpi di scena…la trama sarà densa e carica di eventi…ma James e Lisa non possono (anzi, non devono!) reincontrarsi subitissimo.

Mi affascina molto, il tuo soggiorno in Finlandia e ti devo fare i complimenti x aver scelto una strada del genere…davvero ammirevole…devi essere una con la scorza dura ;-) io sono troppo radicata nelle mie abitudini…anche se a volte sento pure io l’istinto di cambiare vita, per dare una bella ripulita…

Ora bando alle ciance, ti lascio alla lettura.

 

L’uomo si sistemò nella sedia dell’aula di tribunale: dura, fredda, decisamente troppo legnosa per definirsi comoda.

Ma forse nemmeno un trono di velluto gli sarebbe parso confortevole, in tale situazione.

Tanto più quando il suo avvocato si sporse verso di lui per parlargli all’orecchio.

 

“Dobbiamo muoverci con cautela, Mr. Marsters- disse poi,sistemandosi gli occhiali dalla montatura tonda –Non sappiamo con esattezza quali assi abbia nella manica la sua ex-moglie”.

James liquidò quella frase con un gesto della mano: tutte parole insipide, alle proprie orecchie; non avrebbe mai immaginato di potersi sentire più indifeso di così.

 

Il giudice richiamò entrambe le parti al silenzio, poi con voce annoiata pronunciò i dati del processo.

La dolce consorte sibilò qualcosa nell’orecchio del suo avvocato, e questi, dall’alto del suo metro e novanta, sentenziò: “Chiamo a testimoniare James Marsters”.

 

L’attore biondo non si era mai sentito tanto a disagio come in quei dieci passi che fece per raggiungere il banco degli imputati; neppure fosse stato uno spietato criminale…

Dopo i giuramenti di circostanza, l’avvocato dell’accusa iniziò a parlare: “Lei viaggia molto per lavoro, vero?”.

 

Con un sospiro sconsolato, James rispose: “Sì, è vero”.

“E ritiene di essere una figura sufficientemente presente nella vita dei suoi figli, Signor Marsters?”.

Non poteva porgli domanda più ovvia: “Penso che non sia la quantità di tempo che rende un uomo un buon padre- rispose seccato – quanto la qualità dei momenti che riesce a dedicare alla famiglia. In questo non ho nulla da rimproverarmi.”

 

Ignorando totalmente la risposta, l’inquisitore cambiò argomento: “Se non sbaglio di recente è stato in Italia”.

A tale affermazione, James si irrigidì: non fosse stato per il suo aplombe, tutti avrebbero notato uno scatto di disappunto, in quel momento.

“Sì, è vero”. Dopo aver risposto, lanciò un’occhiata interrogativa al proprio avvocato: si stavano avventurando in acque profonde e sconosciute.

 

“E’ stato per motivi di lavoro?” incalzò quel giocatore di football americano in doppio petto, facendo valere la propria stazza e il timore che incuteva.

“Sì, un caro amico mi aveva offerto un ruolo in una trasmissione televisiva- fingendo noncuranza, mantenne il discorso sul lato professionale –Oltretutto si è rivelato di uno show di grande portata...il migliore dell’anno, a dire il vero”.

 

A nulla valse quello scarno tentativo. La domanda seguente fu più incisiva: “Certe voci dicono che lei sia stato scelto per affiancare la figlia del regista, alle prime armi con il mondo dello spettacolo”.

La gola di James si rivelò improvvisamente secca; non era nelle facoltà di mentire, ma un semplice “Sì” di assenso sarebbe stato forse peggio di una bugia.

Optò così per una mezza verità: “Tutto lo staff di autori ha dato una mano alla figlia del Signor D’Andrade. Io ho collaborato al pari degli altri”.

 

L’accusa ormai sentiva lo stridere delle unghie sullo specchio: l’interrogato arrancava, era ora di dare il colpo di grazia: “Ma a differenza dello staff, lei viveva in casa con questa ragazzina- l’uomo non trattenne un sorriso bieco – Dormiva a pochi passi dalla sua camera”.

 

All’improvviso, per James cominciò a fare caldo; questa volta non riuscì a mascherare la tensione nella voce: “Come le ho già detto ero ospite del regista. Casa sua era un posto letto come un altro…come poteva esserlo un albergo”.

 

L’avvocato alzò un indice, in segno di monito: “Solo che in un albergo non avrebbe potuto giovarsi della compagnia di quell’adolescente…”.

Fu il colmo per l’attore: “Queste sono insinuazioni pesanti- disse a voce alta, sporgendosi pericolosamente verso il proprio interlocutore  - non ho intenzione di…”.

Il rimbombo del martello del giudice lo interruppe, e li richiamò entrambi alla calma.

 

Fingendosi calmo e innocuo, l’accusatore cominciò il suo sproloquio, con tono placido: “Non possiamo considerare un caso (l’ennesimo caso, per giunta) che in questa storia fosse inclusa una giovanissima ragazza- lanciò uno sguardo al giudice, con aria da predicatore del bene –Per la sua età quella bambina poteva trattarsi benissimo di una fidanzatina del figlio”.

 

La sedia di James scattò all’indietro e si rovesciò per terra, mentre lui urlava: “Con che faccia tosta lei viene a parlare così davanti a una giuria? Qui non si tratta di infangare la reputazione di quella ragazza.- lo smartellare si era fatto insistente, quasi snervante, così concluse con rabbia – Per vostra informazione, di tutti voi, la bambina di cui parlate è una persona migliore della maggior parte degli adulti qui presenti”.

 

Il corpulento aguzzino non aspettava altro; sovrastando il rimbombo del martello, sentenziò: “Quindi lei ammette di aver preferito la compagnia di tale ragazza a quella di una qualsiasi donna adulta che le fosse attorno…”.

 

Fu dura per James riprendere a respirare; paonazzo in viso, tornò al proprio posto, di fianco al suo avvocato, ormai ammutolito quanto lui.

Quando riuscì a emergere dall’apnea, desiderò ardentemente che un vago sentore di pesca giungesse alle sue narici.

 

Purtroppo l’odore acre che lo colpì fu di altro tipo; prendendo una profonda boccata d’aria cercò di identificarlo…era naftalina? Sì…naftalina…

A James venne da vomitare.

 

 

 

Il regista Leonard si passò il cellulare dal lato destro a quello sinistro, tenendolo fermo tra la spalla e l’orecchio; contemporaneamente scrisse qualche appunto sul proprio PC.

Non poteva immaginare che dall’altra parte del globo la figlia stesse compiendo lo stesso gesto.

 

Lisa finse di ignorare l’argomento “James”, cercando il massimo della professionalità: “Ti sono piaciute le mie idee?” disse semplicemente, con tono speranzoso.

“Particolari…- fu la risposta –Ma hai elaborato tutto da sola?”.

 

La figlia alzò gli occhi al cielo; mai una volta che l’uomo non facesse il sostenuto: “Beh, sì…A parte i commenti svampiti di Marina durante la stesura”.

In risposta ebbe una grassa risata: “Li ritengo un validissimo aiuto- osservò suo padre –Non per niente le idee appaiono chiare, la trama lineare e limpida, non banale: si nota che avevi in mente un percorso ben definito”.

 

Lisa lo interruppe disperata: “Ehi! Puoi mettere da parte un attimo il Signor D’Andrade e lasciar parlare il mio papà?!

Dopo un iniziale silenzio, dall’America la ragazza si sentì rispondere: “Questa volta hai superato te stessa”.

 

Lei alzò un braccio in segno di vittoria, prima che dal cellulare uscisse la frase successiva: “Per quanto riguarda la scelta di Boreanaz, cosa mi dici? Da cosa è nata?”.

Ritornando sul piano lavorativo, Lisa simulò tutta la finta serietà di cui era capace: “Conosco le sue interpretazioni, ha già lavorato in film e telefilm dello stesso genere.- tralasciò il suo sotterfugio per eliminare l’altro – In base ai miei progetti è il più adatto a calzare i panni del protagonista”.

 

Il risultato fu più che soddisfacente: “Bene- approvò soddisfatto il regista, ma cambiò subito tono – per quanto riguarda l’attrice principale…perché l’hai cambiata? E poi chi sarebbe questa…Shelia Sone?”

 

Scandendo bene le parole, col massimo tatto possibile, la figlia rispose: “Non l’ho esattamente sostituita…” poi lasciò passare qualche istante, per permettere a Leonard di capire da solo.

“Ah…- pausa dagli States – perché hai fatto questa scelta? – aggiustando il tiro, riformulò la frase – Mi spiegherai tutto una volta arrivata a Los Angeles”.

 

La giovane diciannovenne chiuse gli occhi stanchi; si aspettava un tiro del genere, d’altra parte aveva rinunciato di proposito a iscriversi a qualsiasi università.

Il padre le aveva esplicitamente ordinato di “non prendere impegni” per i mesi successivi; “un anno di riflessione non è un anno perso” , aveva commentato l’uomo alla vista dell’espressione contrariata di Lisa.

 

“Quando dovrei partire?” chiese rassegnata.

Il prima possibile, Ludovic Harmville è ansioso di conoscerti”.

Mascherando l’ansia nella voce, la ragazza domandò: “Avete già stipulato qualche contratto con altri attori?- poi mentì spudoratamente –Le mie amiche sono curiose”.

 

Un sospiro precedette la risposta: “No, anche se Ludovic ha movimentato il suo team per contattare alcuni dei nomi in lista.- fece una pausa – Ma ho comunque fatto presente quanto tu sia gelosa delle tue creazioni”.

 

Lisa si concesse una faccia basita: “Davvero? Non lo sapevo”, quella era una delle tipiche licenze poetiche che ogni tanto un padre si concede sulla propria figlia.

“Ti sto solo preparando a quel che ti aspetta” si giustificò lui.

 

Chiacchierarono ancora pochi minuti, dopo i quali Lisa prese la sua decisione: “Dammi una settimana: prima di partire voglio sistemare come si deve ogni cosa…Pulire casa, salutare Felina…”.

 

A tale affermazione il regista propose divertito: “Perché non la porti con te? D’altra parte dovevate esordire insieme nel mondo dello spettacolo: potremmo trovarle un cameo”.

La reazione di Lisa fu un susseguirsi di grida, risate gioiose, salti sul letto, che richiamarono l’attenzione della pantera; era forse il suo momento dei giochi?

 

 

Dopo aver salutato il padre, la ragazza lanciò il telefono da una parte e si gettò sull’animale, per abbracciarlo.

La vita sorrideva, finalmente.

 

 

 

Laura fece il broncio e si sedette sul letto: “Per quanto starai via?”

Lisa smise di rovistare nell’armadio: “Stella mia, non lo so! Ma vi ho già detto che potete venire a trovarmi, tutte quante”. Promise rivolta alle tre amiche, che in quel momento stavano sedute una accanto all’altra, con facce tristi e contrite.

 

Lisa le paragonò mentalmente alle tre scimmiette “Non vedo, non sento, non parlo” ma si guardò bene dal rivelare tale pensiero, per non rischiare di aizzarle ulteriormente.

“Non dovete avercela con me- le supplicò con aria divertita –Si tratta di lavoro e sapete bene quanto preferirei restarmene a casa mia”.

 

Alice borbottò indispettita: “Ci dovremo sentire spessissimo” la frangia liscia che le copriva gli occhi rese ancora più minacciosa quella frase.

“Lo giuro- rispose immediatamente Lisa –Però voi verrete a L.A al più presto. Mio padre ha assicurato viaggio e soggiorno completamente gratuiti”.

 

Marina inclinò la testa di lato: “Da dove nasce tutta questa cordialità?”.

Con una punta di orgoglio nella voce, Lisa si impettì: “E’ bastato sottolineare l’importanza della vostra collaborazione- le indicò allargando le braccia –siete parte fondamentale del mio processo creativo!”.

 

Benché fosse ormai scomparsa ogni forma di astio verso quell’abbandono, Laura si finse ancora offesa: “Verrò solo se nel ruolo di cattivo sceglierai Keanu Reeves”.

“Con una piccola parte per Orlando Bloom” aggiunse speranzosa Marina.

 

A tal punto Alice le osservò spiazzata: “Eh no! Allora io voglio quell’oca di Cameron Diaz tra i cattivi…Ma deve morire atrocemente nei primi dieci minuti di film”.

Tutte le presenti la guardarono attonite.

 

“Cosa c’è?- chiese lei –Mi avete bruciato le alternative migliori, l’ho messa sul perfido!”.

Il piccolo dibattito non poteva che causare la ristata divertita di Lisa: “Siete proprio subdole…Vi ho già detto che posso garantire solo per David Boreanaz; del resto il produttore ha già messo le mani sul resto del casting”. Spiegò infine, piegando un maglione per riporlo in valigia.

 

Marina tornò improvvisamente seria: “Sei sicura di volerti avvicinare così pericolosamente a …lui?”.

Laura e Alice si guardarono: nessuna aveva ancora avuto il coraggio di toccare il tasto “James”.

Lisa fece spallucce e con indifferenza continuò a riempire il trolley: “L’America è grande….e quando si ha a che fare con attori che viaggiano in lungo e in largo, è come trovare un ago in un pagliaio”.

 

Facendo una pausa di silenzio, mise a confronto due camicie, una grigia e una bianca; infine optò per quella grigia e riprese a parlare: “In più non ho la certezza che invece non sia da queste parti, magari in Germania, dalla sua…- non riuscì a pronunciare quel nome, quindi fingendosi concentrata sul cassetto della biancheria, continuò il suo sproloquio –Comunque se così fosse, niente di più azzeccato che allontanarsi. Los Angeles è decisamente lontana”.

 

Notando il silenzio di tomba che veniva dal proprio letto, Lisa alzò la testa e vide le amiche lanciarsi occhiate eloquenti ed evidentemente imbarazzate.

Quasi fu ridicolo che le dovesse tranquillizzare: “Ehi bimbe mie…Ho digerito quella cosa! Ho razionalizzato la mia follia e mi sono resa conto di  essermi comportata in modo vergognoso”.

 

“In che senso?” Alice sembrò non capire.

Lisa si sedette di fronte alle altre: “Nel senso che mi ero fatta castelli in aria come una stupida adolescente; mi ero illusa che lui non dovesse avere né un passato, né un presente sentimentale. Ma al mondo non esiste solo l’egocentrica ed egoista Lisa…Mi aveva pure mandato dei messaggi, che qualcosa non andava…” pensò, pronunciando l’ultima frase come fosse rivolta solo a se stessa.

 

“Ma lui era fidanzato!”le fece notare Marina.

In risposta Lisa fece spallucce: “E allora? A un essere umano non è concesso sbagliare? Soprattutto con disastri famigliari vari in corso d’opera…”.

 

Laura la punzecchiò con tono divertito: “Però gli hai tirato uno schiaffo”.

L’altra sorrise, fissando il vuoto, in ricordo di quell’attimo: “Già…un Signor Schiaffo, oserei dire- poi con tono sommesso, confidò alle amiche –E’ pure rimbalzato su muro!”.

 

Marina strabuzzò gli occhi: “Stai scherzando!?”.

“Non ce ne avevi mai parlato!” aggiunse Alice, mentre Laura si costrinse a soffocare una risata.

“Avete ragione- notò Lisa –Forse non ero ancora pronta a scherzarci su!”.

 

Con energia rinnovata, Laura si alzò in piedi: “E’ ora di dedicarsi seriamente ai bagagli: io scelgo i vestiti da sera!”.

“I più utili, devo dire” sentenziò Marina, con aria contrariata.

“Assolutamente!- fu la risposta –Cosa ci va a fare, questa qui, in mezzo ai Vip, se non per farsi vedere?”.

 

Dalla sua postazione, Alice scuoteva sconfortata la testa.

Lisa rise di gusto, mentre nella sua testa si dipingeva di nuovo l’immagine delle tre scimmiette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** XXIV CAPITOLO ***


XIV CAPITOLO

XXIV CAPITOLO

 

Bell_Lua: eccoti di nuovo qua, non manchi mai l’appuntamento con i nuovi capitoli, e te ne sono grata.

Allora finalmente torni in Italia! In effetti pure io non potrei sentirmi a casa in nessun altro posto…forse è questo che mi frena…

Per quanto riguarda Los Angeles…me l’hanno sempre descritta come una città dura, “difficile”, benché sia unica nel suo genere, ma la sentivo più adatta rispetto a posti come New York o Chicago o Detroit… mi da l’idea di una metropoli che ti scorre attorno, che “invade”, che non ti aspetta…l’impatto di Lisa con questo mondo sarà molto più sentito.

D’altra parte non potrei mai rinunciare a figure uniche come Felina, o le tre sorelle/amiche…mi ci sto affezionando quasi fossero reali…

Spero che le novità dei prossimi capitoli possano entusiasmarti quanto è successo a me nello scriverle…

E prometto che aggiornerò più in fretta che posso!!!!

A presto!

 

 

 

“Pronto? Pronto, David?” l’uomo tirò una profonda boccata di fumo dalla sigaretta, in attesa di risposta; si era ripromesso di smettere quel brutto vizio ed effettivamente per un po’ c’era riuscito.

D’altra parte, durante il suo soggiorno in Italia, era diventato assuefatto qualcosa di ben più potente della nicotina.

 

Rovinarsi i polmoni, una volta rientrato negli States, si era rivelato un valido placebo.

“Sì , eccomi- rispose una voce concitata dall’altra parte –Scusa ma è appena arrivato il produttore: c’è un gran trambusto…dicevi?”.

 

Alzando gli occhi azzurri al cielo con estremo nervosismo, l’altro riprese a parlare: “Sono in tribunale a una delle udienze relative all’affidamento- si guardò intorno, in cerca di qualche paparazzo- Le cose stanno tirando per le lunghe e in più sembra che pioverà- lanciò la sigaretta in un bidone della spazzatura – Contando il traffico non arriverò mai in tempo…puoi comunicarlo tu allo staff?”.

 

David diede una rapida occhiata ai presenti: erano ancora in pochi, il resto del gruppo tardava ad arrivare: “Certo – rispose poi –Tanto qui non c’è praticamente nessuno; siamo in attesa di aerei da ogni parte del mondo…Non ti perderai niente”.

 

Quasi non riuscì a concludere la frase che dall’altro capo lo stavano già congedando.

“Grazie mille amico. A domani allora”  il biondo attore riattaccò.

David scosse perplesso la testa: “Di niente, James”.

 

Lisa uscì dal taxi, si fece consegnare il pesante trolley e pagò, il tutto sotto una pioggia battente, che aveva prima causato tre ore di ritardo al suo aereo, e che ora le stava sgualcendo il tailleur blu notte comprato apposta per l’occasione.

 

Notando l’infinità di scalini che la separavano dall’ingresso degli Studios, imprecò e si maledì per aver indossato quel traballante paio di decolletès in tinta col vestito.

Quando constatò che si sarebbe preoccupata di tale scelta (di Alice, per giunta) più tardi, decise di sollevare di peso la valigia e scalare i gradini dell’edificio.

 

Una volta che ebbe toccato coi piedi fradici la moquette della Hall, il suo umore migliorò nettamente.

Con un sorriso divertito si rivolse alla segretaria dietro al bancone: “Buonasera”.

La bionda non potè fare a meno di contraccambiare l’espressione allegra di quella giovanissima ragazza: “Splendida giornata, vero?”.

 

Absolutely- concordò Lisa, sfoggiando un buon inglese – Puoi dirmi dove trovo un bagno? Sono un vero strazio” concluse indicandosi.

Dopo aver abbandonato i bagagli alla simpatica biondina, si chiuse a chiave nella toilette delle signore; come prima cosa si sedette su un mobiletto e si liberò di giacca e scarpe.

 

Il passo successivo fu recuperare il cellulare da una delle tasche, per chiamare suo padre.

“Pronto?” in mezzo a un’accozzaglia di rumori le parve di riconoscere la voce del regista.

“Tutta quella confusione mi fa pensare che non sei ancora arrivato” appurò la ragazza, con una punta di astio nella voce.

 

“Tesoro, hai visto anche tu che tempo c’è!”

“Come non detto- lo fermò subito, prima di sentire un acuto suono di clacson, che le perforò un timpano –Lascia stare, mi arrangerò”.

 

“Come sempre” pensò poi spegnendo la comunicazione, senza attendere risposta.

Con molta cautela, Lisa scese dalla sua postazione ed esaminò l’immagine che mandava riflessa lo specchio: accettabile, in fin dei conti.

 

Sarebbe bastato raccogliere i capelli (sempre dannatamente più lunghi) in uno chignon e asciugare giacca e scarpe sotto l’apposito phon del bagno.

Dieci minuti dopo, ringraziando i tessuti sintetici, la ragazza era già fuori dalla toilette.

Estrasse da una delle tasche del trolley il fascicolo con la trama del film; doveva essere introdotta in quel mondo da suo padre.

Beh, avrebbe improvvisato.

 

 

Nella sala riunioni di Mr. Harmville erano solo in quattro: David Boreanaz, una certa Holly Del Toro, interprete di una co-protagonista dei buoni, la costumista e Ludovic stesso.

Quel maledetto temporale di fine estate aveva bloccato gli staff della fotografia, i cameramen, i tecnici degli effetti speciali e, ovviamente, il regista, la sceneggiatrice, la protagonista…e James Marsters.

 

Nell’imbarazzo più totale, ognuno dei presenti passava lo sguardo dall’orologio, al copione sulla scrivania, al pavimento, mantenendo un silenzio di tomba.

Quando qualcuno bussò alla porta, tutti sobbalzarono per lo spavento.

 

All’”Avanti” del produttore, spuntò da dietro l’uscio una ragazza poco più che maggiorenne, vestita di un semplice ma elegante completo blu, con grandi occhi verdi e una folta chioma castana, raccolta a cipolla sul capo.

David aggrottò la fronte nel notare la sua giovane età; di sicuro non poteva essere…

 

“Sono l’autrice della sceneggiatura” come non detto…

Tali parole non intimorirono Ludovic, che invece le andò incontro con fare istrionico: “Finalmente ti conosco, cara! Incredibile, sei uguale a tuo padre!” Lisa sorrise, si presentò all’uomo e gli si sedette accanto.

 

“A proposito, ho appena sentito il nostro regista- disse lei, per rompere il ghiaccio –E’ bloccato nel traffico. Ma penso che potremmo iniziare comunque”.

“Bene, perfetto- approvò Ludovic con entusiasmo – Cominciamo con le presentazioni”.

 

Lisa strinse la mano alla costumista: Daniela Santucci, un’italiana sulla quarantina, con corti capelli biondi e un viso cordiale, amica di suo padre dall’università; poi fu il turno di Holly, giovanissima messicana, quasi coetanea di Lisa, che contraccambiò la sua stretta con molta timidezza.

 

Infine la ragazza si allungò verso David, felice di poterlo finalmente conoscere: “Grazie di aver accettato il ruolo- gli disse con gratitudine –Ho saputo che sei diventato papà da poco”.

David rimase spiazzato dal gradevole accento italiano di lei e dalla sua gentilezza.

 

“Beh, sì…a dire il vero è la seconda volta

“Una femmina, giusto?” chiese interessata Lisa.

“Esatto- confermò il neo-papà – Si chiama Bardot Vita…fa venti giorni oggi”.

La ragazza sorrise raggiante: “Fantastico! Ancora congratulazioni”.

 

La prima impressione era stata di sicuro positiva, così Ludovic procedette a parlare di lavoro:

”Ora che almeno tu sei arrivata, potremo chiarire alcuni dubbi che tuo padre non ha ancora spiegato- aprendo le mani con aria divertita, continuò –Chi è, per esempio, questa misteriosa Sheila Sone, che attende a svelarsi?”.

 

Lia bofonchiò una mezza risata, poi alzò le braccia in segno di resa: “Anticipo che è stata una scelta di mio padre…dalle mie parti si dice “ambasciator non porta pena.

Poi, quasi riluttante, si indicò, senza proferire parola.

 

Tutti strabuzzarono gli occhi, sbigottiti, ma solo David si attentò a pronunciare un “Tu?!” di cui si pentì subito.

Non voleva apparire scortese, ma non avrebbe mai immaginato di prendere ordini da una ragazzina e avercela oltretutto al fianco nella recitazione.

 

Lisa comprese il perché di tale reazione e si accinse a spiegare: “Non voglio sembrare la solita figlia di papà: quel poco che ho fatto fin’ora me lo sono guadagnata coi denti e non è mia intenzione usare questo film come un banale trampolino lancio”.

 

Si fermò un attimo a guardare la reazione dei presenti; vedendoli tutti seri e interessati, proseguì: “Per questo ho messo un nome d’arte. Non volevo che i critici, leggendo il mio nome, dicessero “L’ennesima trovata per sfondare nel mondo dello spettacolo, sarà solo un film spazzatura”- fece un’ulteriore pausa, questa volta per dare enfasi alla frase successiva –Credo nella storia che ho scritto, è una mia creatura e voglio che sia…una gran cosa- infine guardò titubante Ludovic –non so se mi sono spiegata”.

 

In quell’esatto istante, un trafelato Leonard D’Andrade varcò la soglia della sala riunioni, ancora bagnato di pioggia: “Scusate il ritardo- poi vide la figlia –Lisa…Cosa ci fai qui?” le chiese nella sua lingua madre.

 

Senza nascondere la stizza che ancora provava nei suoi confronti, la ragazza rispose, in italiano: “Mi sono arrangiata, come ti avevo detto” nel parlare fece sfoggio di tutta la rabbia che voleva esprimere.

 

Pur senza aver capito una parola, Ludovic intuì l’astio tra i due, quindi intervenne con fare pacificatorio: “Nulla da farti perdonare, Leonard. Tua figlia ci stava egregiamente illustrando alcune delle vostre scelte sul film- alzando un dito in segno di approvazione, concluse –Mi piace l’idea del nome fittizio per Lisa. In tal modo terremo lontane almeno per un po’ le voci maligne della critica…Proporrò a tutto lo staff un set a porte chiuse, in proposito”.

 

Totalmente spiazzato, il regista rispose: “Va bene” senza togliere lo sguardo di dosso da un infuriata Lisa.

David, seduto di fronte a lei, quasi non credette ai suoi occhi, quando vide la dolcissima ragazza di poco prima tramutarsi in un cubetto di ghiaccio, alla vista del padre.

Si fece un appunto mentale che mai nella sua vita avrebbe voluto vedere quell’espressione sul volto della propria figlia.

 

Quasi con una punta di compassione nei confronti del bonario regista, David intervenne: “Penso che non andremo più lontano di così, vista la moria generale fra i partecipanti”.

Il tono ironico nel finale aveva funzionato? Pareva di sì: con un mezzo sorriso, Lisa si alzò  radunò le proprie carte, imitata da tutti gli altri.

 

“Quasi dimenticavo- esclamò Ludovic – Io e Leonard avevamo organizzato la cena i un ristorante orientale molto in…volete unirvi a noi?”.

Lisa rispose per prima, con aria indifferente: “Se non vi dispiace, preferirei restare in albergo- poi interrogò il gruppo –Siamo tutti nello stesso, giusto?”.

 

Daniela, la costumista, annuì: “Sì, siamo all’Hilton, a due isolati da qui”.

La giovane sceneggiatrice, con fare intraprendente, si girò verso la timidissima Holly: “Se vuoi possiamo cenare insieme, così potrai chiedermi quello che ti interessa sulla tua parte”.

In risposta ebbe un debole cenno del capo, accompagnato –miracolo!- da uno splendido sorriso.

 

Soddisfatta, Lisa si rivolse agli altri: “L’invito vale anche per voi: sarà una chiacchierata tra i superstiti di questo temporale” scherzò infine.

David, sollevato dal ritorno del buonumore, accettò l’offerta e lo stesso fece Daniela.

 

Quest’ultima, si mise in coda al corteo, al fianco di Lisa e le parlò in italiano, con un sorrisetto d’intesa: “Tuo padre l’ha fatta grossa, vero?”

L’altra contraccambiò con uno sfuggente sorriso: “Non sai quanto”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** XXV CAPITOLO ***


XXV CAPITOLO

XXV CAPITOLO

 

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Con molta fatica, eccomi di nuovo qui ad aggiornare…prima di dimenticarmi, rispondo alle recensioni:

 

Bell_Lua: penso di averti già risposto nella mail, comunque sia ci tengo a ringraziarti nuovamente, per la tua presenza assidua e la partecipazione che dimostri a ogni nuovo capitolo, che sembra entusiasmarti ancora di più dei precedenti…spero che questo amore per la mia FF continui…aspettando il tuo ritorno dalla lontanissima Finlandia!!!

 

gelb_augen: finalmente rieccoti qua, con la tua schiettezza, sempre senza peli sulla lingua…Continuo a sostenere che le tue recensioni siano le più costruttive…spesso mi rendo conto di errori che ho fatto, leggendo i tuoi commenti, sia nella trama che nello stile.

Anche se non li ritengo veri e propri errori: se la mia storia è così com’è, è perché la sento “giusta” così…non per vanità o egocentrismo, forse più per affetto verso una mia creatura.

C’è da dire che David e James non sarebbero dovuti essere di nuovo colleghi: Lisa aveva fatto di tutto proprio per evitare la presenza di James, ma la produzione ha scelto una strada decisamente insolita e controcorrente. James doveva essere una sorpresa, tenuta nascosta fino all’ultimo, e proprio la presenza di Davi si rivelerà cruciale, in quanto lavorerà gomito a gomito con due persone…difficili da gestire.

E Lisa che lavora per la Century…davvero troppo, lo ammetto anch’io…e da una cosa talmente sproporzionata, non possono che nascere problemi enormi.

 Certo, sarà tutto ovattato dalla presenza di adulti che la proteggeranno dagli urti di una professione simile, come suo padre; d’altra parte, per quanto si stia rivelando comprensivo e premuroso…è sempre un egocentrico regista holliwoodiano…e il fatto che l’abbia catapultata in un mondo del genere fa capire che…c’è qualcosa che non va, o che non andrà…

Sono contenta che comunque la mia storia ti lasci sempre un pizzico di curiosità; significa che non è poi tanto male!

 

Dopo queste considerazioni…buona lettura!!!

 

 

 

Appena Lisa ebbe varcato la soglia dell’hotel, affibbiò il trolley a un facchino; poi, con un gesto non molto elegante, si tolse le scarpe e camminò scalza sulla moquette.

“Che sollievo!” sospirò con gioia, davanti allo sguardo imbarazzato di Holly e al sorriso sorpreso di David.

 

Daniela la conosceva già, grossomodo, perlopiù tramite i racconti del padre; aveva già inquadrato quella bizzarra ragazzina dalle mille sorprese, così si limitò a godersi le facce dei presenti, divertita.

Il gruppetto si congedò e si diede appuntamento mezz’ora più tardi, nella Hall al piano terra.

 

Lisa e Holly avevano le camere contigue, David e Daniela erano invece in fondo al corridoio, una cinquantina di porte più avanti.

Appena prima di entrare, Lisa osservò ad alta voce: “Ci hanno smistato in ordine di età”.

 

Da lontano le due ragazze udirono un “Ti ho sentita!” pronunciato da un David Boreanaz visibilmente permaloso.

Holly arrossì subito e ammutolì, mentre Lisa scoppiò in una fragorosa risata.

 

La camera era di sicuro fantastica, ma non troppo esagerata: letto da una piazza e mezzo color champagne, armadio ad ante scorrevoli e comò con specchiera.

Linee classiche, niente spazi smisurati e inutili; persino il bagno non sforava nel chich, limitandosi a sfoggiare un grande lavandino e una vasca idromassaggio, per metà protetta da alti vetri, e che quindi poteva fungere pure da doccia.

 

Lisa poteva ritenersi soddisfatta della scelta di suo padre; l’odio di poco prima stava scemando.

Con grande felicità si liberò degli abiti del viaggio e li ripose su una gruccia; successivamente lasciò attaccato alla giacca un appunto per il cameriere, con su scritto Loundry Service”.

 

Senza molto interesse, tirò fuori dalla valigia i primi strati di vestiti e li ripose nell’armadio; nei giorni successivi sarebbero arrivati all’albergo altri bagagli, che dovevano essere sufficienti a un soggiorno di minimo sei/otto mesi.

 

Quando intravide nei meandri della borsa ciò che le interessava, se ne impossessò e filò dritto in bagno, felice di inaugurare quell’invitante doccia.

Si diede una rinfrescata veloce, poi si rivestì, ora più rilassata.

Dieci minuti dopo, con la sua inseparabile cartellina in mano, si dirigeva già nella Hall.

 

David la trovò nella saletta subito di fianco alla reception: non vece fatica a notare la ragazza, raggomitolata su un divanetto, vestita con una semplice tuta della Nike e lo sguardo fisso su un blocco di appunti.

Gli occhi verdi erano ipnotizzati da ciò che stava scrivendo, niente al mondo l’avrebbe distratta dal proprio testo.

Infatti l’arrivo dell’attore la fece sussultare, quando David esordì con un vigoroso “Ciao!”.

 

Ossignore” esclamò lei in italiano.

L’altro rise e chiese scusa: “Posso sedermi?”.

Senza proferire parola, la ragazza gli indicò la sfilza di poltrone vuote attorno a lei: non era scortese, semplicemente non sprecava tempo per le cose ovvie.

 

“Tutto bene a casa?” chiese Lisa, per la seconda volta in quel giorno.

David annuì: “Certo…Mia moglie è molto stanca, ma la baby sitter le da una mano”.

L’arrivo di Holly non diede tempo ai due di dilungarsi oltre.

 

“Ciao tesoro, siediti pure” la salutò Lisa indicandole il posto accanto a sé.

La messicana rimase un attimo interdetta; non sapeva che quella cordialità per Lisa era il normale tono che usava con le sue tre amiche-sorelle.

Si trattava di una semplice abitudine, non di una forzata ostentazione.

 

Forse la neo-sceneggiatrice avrebbe dovuto sentirsi imbarazzata in una situazione del genere, dopotutto era solo al suo esordio; d’altra parte credeva nel proprio lavoro, aveva fiducia in ciò che era riuscita a creare.

Così, chiudendo il fascicolo si rivolse agli altri due: “Bene: direi che potremmo cominciare. Daniela ha un ruolo più tecnico all’interno del film- li indicò –Ora invece voglio dedicarmi alla parte astratta: un vostro parere”.

 

La prima risposta che ricevette fu il silenzio; David ruppe il ghiaccio per primo: “Non saprei…Mi sono limitato a scorrere la trama- fece una pausa e tagliò corto –D’altronde era tutto così nebuloso, il giorno della firma del contratto…”.

 

Holly intervenne, felice di poter aggiungere qualcosa di più: “Io ho letto la stesura definitiva, giusto prima di partire per L.A”.

Lisa si tolse gli occhiali da vista: “Grande! – esclamò –Coraggio, racconta quello che hai capito”.

 

Con molta titubanza, la moretta cominciò a riassumere: descrisse gli immortali in maniera eccellente, poi si portò sullo sviluppo della trama: “La storia parla di Raina, una ragazza (interpretata da Lisa) che perde l’uomo che ama per una malattia terminale e si reca dal Re degli Immortali”.

 

“Che sarei io” suggerì David.

“Esatto –assentì la narratrice provetta –In poche parole, Raina riceve un cuore di diamante dal sovrano in persona, per poi sedersi al suo fianco sul trono- si rivolse direttamente a Lisa –Ho fatto fatica a capire il rapporto tra i due personaggi: non sono semplici “compagni”, ma nemmeno due figure completamente scisse”.

 

Lisa annuì: “E’ esattamente così- parlando a David, specificò –E’ molto importante che tu comprenda questo passaggio: i due protagonisti sono cuore e anima, inscindibili l’uno dall’altra. In breve sono un po’ come il vampiro Sire e il suo congiunto – fece tale paragone sapendo che David non era nuovo nella materia e gli sarebbe stato più facile da capire – tuttavia ciò che avevo in mente io era qualcosa di più tangibile e….viscerale”.

La ragazza italiana fece fatica a trovare la parola giusta in inglese.

 

Tuttavia David assottigliò le palpebre e annuì: “Okay, credo di aver afferrato…e Holly che parte ha?”.

Lisa toccò un braccio della ragazza, come a volerla sciogliere ulteriormente: “Lei è la mia compagna in battaglia…un piccolo cuore di leone – Holly rise, a quel paragone – Protegge e segue la protagonista come un segugio”.

 

“Fino alla morte – aggiunse l’altra, lasciandosi scappare la sua prima battuta – In tutti i sensi, visto che ci lascio letteralmente le penne!”.

David sembrò sbigottito dal nuovo dettaglio; indicando la diretta interessata, chiese a Lisa: “Fai morire la tua migliore amica?!”.

 

Lisa per la sorpresa, si lasciò scappare una forte risata: “Ti ricordo che stiamo parlando di un film! E comunque volevo che ogni singolo sentimento fosse un impatto, nella trama. Il rapporto che lega gli Immortali è infinitamente tragico: sono morti per il loro dolore- spiegò poi – Intendo trasmettere le emozioni forti tramite episodi altrettanto duri”.

 

Questa volta fu il moro attore a restare di stucco: la giovanissima Lisa non aveva nessuna qualifica professionale per quel tipo di incarico, ma sembrava sapere il fatto suo.

David si scosse dalle proprie considerazioni quando sentì la sceneggiatrice esclamare: “E qui arriva il bello –disse Lisa pronta a raccontare il clou della storia –Durante una ricognizione notturna per le vie della città, Raina incontra il Re dei Cuore di Tenebra, i cattivi del film…e non è altri che il fidanzato che lei credeva morto”.

 

David doveva essersi perso un passaggio, così chiese chiarimenti: “Ma avevamo detto che era malato terminale!”.

Holly, ora più in confidenza coi presenti, anticipò la collega: “Si sveglia dal coma, solo per un attimo, prima di morire. E il destino vuole che veda fuori dalla finestra quella che era stata la sua amata, con un diamante che brilla all’altezza del cuore”.

 

La messicana si girò verso Lisa e le disse: “E’ la parte che ho preferito: struggente e tragica; lui la vede e sentendosi abbandonato, muore colmo d’odio…e si trasforma in un Cuore di Tenebra”.

David, non avendo ancora letto una riga di quel fiume di parole, si ritrovò spiazzato: “E come mai questo poveretto non diventa un Cuore di Diamante?”.

 

Lisa portò le gambe al petto e con molta calma spiegò: “ Sta qui il fulcro della trama. In mezzo a tutto questo gotti-horror, la morale è tremendamente reale: il dolore rende duri, come il diamante- fece una pausa, improvvisamente seriosa – l’odio invece, lascia solo il nulla, come il buco nero che hanno nel petto i Cuore di Tenebra”.

 

A quell’ultima frase, David capì: non solo la trama, ma anche tutto il resto.

La ragazzina di fronte a lui non era così geniale per un puro caso: un male che lui non riusciva nemmeno ad immaginare l’aveva cambiata…e costretta a crescere a una velocità terribilmente dolorosa.

Alla fine l’attore decise che, sì, Lisa era all’altezza del suo ruolo, se non addirittura al di sopra.

 

Holly imitò la posizione dell’altra ragazza e si rannicchiò sul divano: “Ho visto che manca ancora il finale. Non l’hai ancora preparato?”.

Lisa sospirò, mostrandosi dubbiosa per la prima volta: “A dire il vero ne ho scritti due o tre. Ma devo ancora decidere quale sia il più idoneo a trasmettere il messaggio che voglio dare”.

 

“E quale sarebbe?” David si sporse verso le altre due, incuriosito.

In risposta ebbe l’allegra risata della sceneggiatrice: “Dovrai aspettare le prossime puntate per saperlo, caro mio- scherzò lei –dipende anche da chi interpreterà il ruolo del crudele ex-fidanzato. Voi ne sapete qualcosa?”.

 

Holly aggrottò la fronte, accingendosi a dare una risposta negativa, ma fu preceduta da David: “Dicono che sia stato scelto per ultimo e non sia ancora inserito ufficialmente nel casting- tentando disperatamente di salvare la conversazione, aggiunse –E’ ancora tutto un mistero”.

 

Fortunatamente in quell’istante li raggiunse Daniela, con un ingombrante book di disegni sotto il braccio: “Scusate il ritardo…Mi sono persa qualcosa?”.

Lisa rispose: “Ho appena finito di interrogare- con un sorriso continuò –Holly ha preso 10, mentre David non ha fatto i compiti”.

 

La costumista si finse preoccupata: “Allora ho fatto bene a leggere il copione, altrimenti non avrei potuto realizzare questi”.

Detto ciò, sparse sul tavolino le proprie creazioni

Gli altri tre si allungarono incuriositi sul ripiano.

 

“Avevo pensato per un total look bianco, per la Corte di Diamante” cominciò la donna, china sugli schizzi: ad alcuni era graffettato un lembo di tessuto.

 

“David, per te l’idea era un completo broccato, con la giacca in doppio petto e il colletto alla coreana- con una mano accarezzò il campione di stoffa – E’ leggermente elasticizzato; volevo che addosso desse un effetto di aderenza, senza risultare scomodo”.

 

L’attore prese in mano il disegno che lo raffigurava e lo esaminò: gli parve perfetto, tranne che per un particolare: “Perché sono scalzo?”.

Daniela si sedette accanto a lui: “Sono poche le scene in cui il Re esce dalla Corte; tutti i “buoni” sono scalzi all’interno di essa, tranne Lisa. Lei è molto più bassa di te e volevo che apparisse decisamente più slanciata”.

 

La diretta interessata storse il naso: “Tacchi vertiginosi e pose plastiche…Devo ringraziare i miei geni mediterranei”.

Holly la tranquillizzò: “Ti capisco perfettamente. Non so cosa darei per dieci centimetri in più!”.

Daniela ne approfittò per porgere a quest’ultima il suo modello: “Tu, a differenza di David, ti muoverai soprattutto all’esterno. La tua caratteristica saranno gli accessori, armi per la maggior parte, visto che sarai il killer della storia”.

 

Questa volta l’abito era un completo aderente, molto semplice, formato da top, pantaloni e stivali, il tutto in una sfumatura panna, che si avvicinava molto al vestito dell’attore.

“E’ già stato realizzato- precisò la costumista indicandolo –E ti assicuro che corredato di pugnali e spade, fa un effetto da urlo”.

 

Infine la donna si girò verso Lisa: “Per il tuo caso avevo bisogno della tua presenza: è già tutto pronto, ma Leonard mi ha accennato che sei dimagrita molto…Le taglie saranno da rivedere. Potremo cominciare già da domani”.

 

La ragazza esaminò lo schizzo del suo personaggio: un top aderente le avvolgeva il busto, andando a legarsi dietro al collo e lasciando spalle e schiena scoperte.

Una profonda scollatura lasciava in vista un lembo di pelle, fino quasi all’ombelico.

Quando Lisa stava per dire la sua su quell’abbigliamento troppo succinto, delle voci dalla Hall ruppero quell’atmosfera concentrata.

 

“No! Vi prego, signori…E’ contro il regolamento!”. Supplicò un receptionist estremamente trafelato.

I quattro nella saletta si sporsero per vedere cosa stesse succedendo e Lisa riconobbe la risata di suo padre.

Poi un suono familiare la fece saltare in piedi.

 

Compiuti pochi passi di corsa, la ragazza potè vedere una Felina decisamente scalpitante, che strattonava il guinzaglio e bofonchiava contrariata; appena l’animale la vide, divenne intenibile, così il regista lasciò la presa sulla corda che la teneva.

 

In un balzo la pantera fu in piedi, più alta di Lisa: “Finalmente ti rivedo, cucciola!” esclamò lei abbracciandola, come fosse una persona.

David. Holly e Daniela assistettero allibiti alla scena.

Da parte sua Felina cinse la padrona attorno alle spalle, quasi volesse ricambiare la stretta.

Dopo qualche altro salto di entusiasmo, l’animale si calmò e si mise al suo fianco, in adorazione della ragazza.

 

Lei si girò verso i tre “colleghi”, raggiante in volto: “Daniela, sono addolorata, ma penso che lei sia la “pecora nera” del tuo total look in bianco!”.

La costumista inizialmente non capì, poi con una risata sincera scosse la testa bionda: “Non importa, sarà un piacevole stacco di colore, in tutto quel candore!”.

 

Holly arretrò di qualche passo: “Dovremo lavorare con una pantera? Questo non era previsto nel copione” l’espressione spaventata fece tornare seria Lisa.

“Stai tranquilla- disse lei –E’ totalmente innocua: dorme nel mio letto…è persino senza artigli- vedendo che la messicana non accennava a calmarsi, mise una mano tra le fauci dell’animale – Le zanne le ha, ma non farebbe mai del male a un essere umano…a meno che non si senta minacciata”.

 

Ludovic intervenne, annuendo con la testa: “Posso confermare quello che dice- diede una rapida carezza a Felina –Mi è stata di fianco durante tutto il tragitto in auto e non ha smesso un attimo di fare le fusa”.

 

La padrona di Felina strabuzzò gli occhi e su girò verso il regista: “Quindi è per questo che oggi sei arrivato tardi”.

Leonard rise compiaciuto: “Ed è per questo che io e Ludovic abbiamo organizzato un appuntamento in un “Ristorante orientale”” con le dita mimò due virgolette.

 

Lisa capì solo allora che si era trattato di una sorpresa: Felina doveva arrivare negli Stati Uniti solo una settimana più tardi. Il cuore grande di suo padre non smetteva mai di stupirla

Il produttore assecondò l’amico regista: “C’era qualche problemino alla dogana, però eccoci qua!- con un gesto indicò la pantera –E ora ve lo devo proprio dire: siete fantastiche insieme”.

 

David si svegliò solo allora dal suo mutismo, era rimasto basito da quella novità: se Lisa era davvero quella ragazza che aveva causato problemi gestionali a James, ne capiva il motivo: era più unica che rara.

“Direi che a questo punto potremmo andare a cena tutti insieme” suggerì infine l’attore, trovando l’approvazione del gruppo.

Mentre si avviava verso il ristorante, dietro una soddisfatta Felina, David pensò che i problemi veri sarebbero arrivati il giorno dopo.

 

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Capitolo 26
*** XXVI CAPITOLO ***


XXVI CAPITOLO

XXVI CAPITOLO

 

Il mattino seguente la sveglia di Lisa non riuscì ad assolvere al proprio compito, poiché fu anticipata dai colpi di muso di un’affamata Felina.

La ragazza le diede una brusca spinta e si girò dall’altra parte: quella era stata una notte già abbastanza movimentata.

Il letto nuovo, l’eccitazione per l’arrivo, il jet-lag e tutto il resto le avevano permesso di assopirsi solo alle ore piccole.

A quanto pareva l’insonnia l’aveva seguita fino negli States.

 

Rassegnata all’insistenza dell’animale, Lisa si mise a sedere, sbuffando.

La luce filtrava attraverso le pesanti tende della camera: almeno era già sorto il sole.

Quando l’orologio suonò, alle otto e mezza, la ragazza era già vestita.

Soddisfatta del proprio operato, la pantera le zampettò al fianco, lungo il corridoio dell’albergo: “Traditrice!” la rimproverò Lisa, ricevendo in risposta un gorgoglio simile a un ruggito svogliato.

 

Poi si appoggiò con la fronte al muro, aspettando l’arrivo dell’ascensore.

Fu così che la trovò David: sonnecchiante, più morta che viva, con indosso una tuta azzurra molto semplice: “Sei mattiniera!”. Osservò lui.

 

Senza staccarsi dal suo appoggio verticale, la ragazza indicò Felina: “Merito suo…- non volendo sembrare scortese, continuò –Tu invece? Come mai già alzato?”. Non si curò nemmeno di aprire gli occhi, nel pronunciare quella frase.

 

“L’aria condizionata era troppo forte: mi sono svegliato per il freddo- poi dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato, chiese –Cosa stiamo aspettando?”.

Socchiudendo una palpebra, Lisa indicò la porta metallica accanto a lei: “L’ascensore” i suoi movimenti sembravano quelli di un posseduto.

 

Ancora alcuni attimi passarono, prima che David, titubante, domandasse con il massimo tatto possibile: “L’hai chiamato?”.

La ragazza sollevò la testa dal suo cuscino improvvisato; no, in effetti non l’aveva chiamato.

 

 

Ci vollero solo dieci minuti di ritardo, prima che Daniela e Holly comparissero nella Hall.

Lisa si era riaddormentata su un divanetto e vedendola così conciata, la costumista chiese: “Stai bene?”.

 

L’altra rispose alzando un braccio, come se dovesse dire “presente” a un appello scolastico: “Starò magnificamente dopo un caffè…forte e rigorosamente italiano”.

David, qualche poltrona più in là, era concentrato nella lettura del “Washington Post”.

Felina lo aveva scrutato, annusato e studiato a lungo; soddisfatta del proprio esame, si era accucciata con espressione sorniona ai piedi di quel pacifico essere umano.

 

Holly invece, ancora restia a stringere amicizia con l’animale, si sedette accanto a Lisa: “Come dovremmo recarci agli Studios?” domandò quest’ultima, rimettendosi in posizione eretta.

 

Leonard giunse in quel momento, con la risposta pronta: “Abbiamo uno sponsor d’eccezione per il film: la casa automobilistica Chrysler. Ci sono state fornite alcune delle loro auto di cortesia, per gli spostamenti.- con sguardo furbo si rivolse direttamente alla figlia- scommetto che ti piaceranno”.

 

Con curiosità rinnovata, Lisa affidò la pantera a uno degli inservienti: l’avrebbe tenuta all’aperto tutta la mattinata (con coraggio e molta pazienza) per poi ricondurla in camera verso sera.

Per quanto Lisa detestasse gli eccessi, rimase stupefatta dalle automobili che si ritrovò davanti: una sfilza di CHRYSLER SEBRING CABRIO, nero antracite, li aspettava davanti all’Hilton.

 

La linea aggressiva della berlina, la potenza resa dalle proporzioni (decisamente all’americana) dei dettagli, cerchioni in lega, le eleganti linee scolpite del cofano su cui spiccava il fregio alato del marchio ed i grandi fari quadrangolari che avvolgevano le estremità delle fiancate.

Il tutto si presentò agli occhi degli attori sottoforma di corteo; se quella doveva essere un’entrata in scena di stile, il risultato era stato ben oltre le aspettative dei presenti.

 

Lisa si girò verso il padre: “Una cabrio per ognuno di noi? Non ti sembra un tantino esagerato?”

La risposta fu molto semplice: “Intanto si tratterà di una cabrio ogni due di noi…e poi per i vari staff tecnici saranno messi a disposizione altri mezzi un po’ più spartani”.

La ragazza alzò gli occhi al cielo: “Finora sei stato impeccabile…Vedi di non smentirti!”

Benché quella fosse una frase scherzosa, David sentì un brivido ghiacciato scorrergli lungo la schiena.

 

Una volta agli Studios, Daniela si mise subito al lavoro, mentre una spaesata Lisa si guardava intorno, esaminando il proprio camerino, contiguo a quelli di Holly e David.

Ancora nessun altro si era aggiunto all’appello, ma era stata avvertita che tutto il cast e i vari operatori di scena sarebbero giunti lì nel corso della mattinata.

 

La preparazione al ciack era ancora in alto mare: sarebbero occorsi una decina di giorni prima che tutto il necessario fosse approntato alle riprese: abiti e trucchi giusti, sale per gli effetti speciali allestite, scenografie e fondali finiti…Tuttavia il lavoro preliminare incuriosiva Lisa come se fosse al primo giorno di scuola..

 

Nel frattempo la costumista stava dimostrando una professionalità che lasciò la figlia del regista a bocca aperta: da un armadio estrasse il modello dell’abito di Lisa e questa si accinse ad indossarlo.

Mentre le quattro assistenti di Daniela si dedicavano ai costumi di scena di Holly e David, Lisa vide prendere forma sul proprio corpo quello che sarebbe stato il suo vestito principale nei giorni e mesi avvenire.

 

Come preannunciato dalla stilista, il top, legato dietro il collo, scollato e aderente, non appariva volgare, bensì regale ed elegante, anche per merito del tessuto candido con cui era realizzato.

La parte superiore della schiena della giovane attrice era completamente scoperta, mentre dove il top andava ad avvolgerle il busto, era lasciata parzialmente in vista da una fascia di pizzo.

 

Dopo aver effettuato qualche piccola modifica, Daniela invitò Lisa a provare una gonna lunga fino alla caviglia, con ampio spacco su una coscia: “Questa sarà la tua tenuta all’interno della corte- con gesti abili e misurati puntò qualche spillo per stringere la vita –Provvederemo a ricamare ai lati le stesse fantasie dell’abito di David.

 

In quell’esatto istante, l’attore moro fece capolino da dietro la porta: “Come ti sembra?” chiese poi riferendosi alla propria tenuta.

La ragazza gettò l’occhio verso di lui, notando con piacere che il completo broccato gli stava a meraviglia: raffinato e semplice allo stesso tempo, riusciva a dare a David quel tocco di nobiltà che aleggiava di solito attorno ai personaggi di sangue blu.

 

“Semplicemente perfetto” commentò poi con ammirazione, facendo i complimenti al genio di Daniela…e a suo padre, ovviamente, che l’aveva assunta.

 

Il resto della mattinata la troupe lo passò a organizzare i gruppi di lavoro, i turni e le cose burocratiche.

Fuori dalla zona dei camerini, Lisa cominciò a sentire un lieve brusio, sintomo che la grande macchina targata Century Fox si stava mettendo in moto.

 

“Dove si trovano tutti gli altri attori?” domandò a un certo punto Lisa.

Daniela alzò gli occhi dal paio di pantaloni che la ragazza avrebbe utilizzato nelle scene in esterna; erano di un tessuto simile alla pelle, ma più morbido ed elastico, rifiniti alla caviglia con una cerniera argentata, che dava nel complesso un’aria più aggressiva rispetto all’elegante gonna con strascico di poco prima.

 

“Siamo divisi in due unità operative, sia per motivi logistici, che di trama- spiegò poi la costumista –La “Corte delle Tenebre” è gestita dall’altra metà dello staff: Ludovic voleva che ci fosse quasi una forma di dissonanza, fra la parte del bene e quella del male- fece qualche aggiustamento, prima di rimirare da più lontano la propria creazione- Avrete stilisti diversi, maestri di combattimento differenti…saranno due mondi completamente scissi”.

 

Poco più tardi Holly si presentò nella stanza di Lisa per farsi esaminare da Daniela: il suo doveva essere il costume più semplice, ma nell’intento di non renderlo banale, la costumista aveva ripreso le linee principali degli abiti degli altri due attori: “Anche tutte le comparse avranno costumi simili a questo…le conoscerete nel corso delle riprese” precisò poi la donna.

 

Mentre le stiliste perfezionavano i tre costumi in contemporanea, la domanda di Lisa sorse spontanea: “Questo posto è immenso…ma dov’è l’altra metà del team?”.

Holly si strinse nelle spalle: “Penso che siano di là, in fondo a quel corridoio” rispose allungando un braccio avvolto da un polsino di pelle.

 

David, a un passo da loro, trattenne il respiro: davvero c’erano solo quei pochi metri e qualche muro in cartongesso, a dividerli dalla catastrofe?”.

 

 

Il pranzo fu frugale, consumato alla velocità della luce; nel primo pomeriggio sarebbe stato il turno di trucco e parrucco.

Così David, Lisa e Holly furono sistemati in fila, seduti davanti a una lunga serie di specchi, insieme a un’altra decina di figure in bianco, che dovevano essere comparse.

 

Una delle parrucchiere, una ragazza mulatta dal sorriso radioso, si presentò a Lisa: “Piacere, Lorianne- le strinse velocemente la mano e si accinse a spiegare- nelle prossime ore dovrai avere molta pazienza; faremo delle prove, in base alle idee che abbiamo avuto, e vedremo come si abbinano meglio all’abito”.

 

Difatti Lisa notò una serie di foto appese agli specchi: erano dei primissimi piani suoi e degli altri attori, accanto ai quali erano stati appuntati talloncini con diverse gamme di colore, probabilmente riferite ai cosmetici che Lorianne avrebbe usato.

 

Con grande rammarico di Lisa, le make-up artists decisero di lisciare gli adorati boccoli della ragazza; glieli raccolsero all’indietro e vi applicarono una coda di extension, di modo che, anche così legati, apparissero lunghi fino al sedere.

 

Passando al trucco, optarono per le tonalità “nude”, senza esagerazioni o troppi accostamenti di colore; il punto forte, sia per Lisa che per Holly, furono folte ciglia finte, abbondante matita a ridisegnare il contorno degli occhi e infine, ombretto nero.

L’effetto fu decisamente buono: il fard illuminante di Lisa mandava riflessi glaciali, in contrasto con il nero marcato attorno al verde delle sue iridi; l’immagine complessiva era quella di una regina delle nevi.

 

Mentre le due attrici si rimiravano compiaciute, David si sottoponeva paziente a qualche ritocco delle sopracciglia e delle basette; i capelli gli furono lasciati scompigliati, con l’aiuto del gel, dandogli alla fine le sembianze di “Un vero latin lover” scherzò Lisa, guardando la sua immagine riflessa e aggiustandosi i sandali dal tacco altissimo.

 

Quelli erano stati un dettaglio doloroso, per la ragazza: erano indubbiamente fantastici, coperti di strass sul plateau e sul tacco, ma quei sedici centimetri in più davano dei seri problemi a Lisa.

Facendo qualche calcolo, dalla sua altezza di 1 metro e 64 scarsi, con quell’aggiunta svettava fino al metro e 80.

Si chiedeva come facesse a non avere vertigini, a una tale altitudine.

 

Persino gli stivali con cui avrebbe girato le scene in esterna e i combattimenti, vantavano un tacco a spillo di dieci centimetri.

Fissando la suola bassa delle calzature di Holly, Lisa piagnucolò: “Potrei quasi odiarti, lo sai?”.

 

Il civettare delle ragazze fu interrotto da David che, con fare paterno, le ammonì: “Smettetela di ridere! Siete delle “Cuore di Diamante”, no? Vi voglio mortalmente serie!”.

In risposta le due improvvisarono un’espressione torva allo specchio, più per gioco che per altro.

 

Alle loro spalle, il regista Leonard passò, dando una pacca sulla spalla alla figlia: “Molto convincenti- detto ciò, battè le mani per richiamare l’attenzione di tutti i presenti- Un attimo di silenzio…Vi pregherei di portarvi tutti alla sala dei fondali, tra breve ci riuniremo con l’altra parte dello staff per una riunione generale”.

 

Lisa si alzò barcollando sui suoi trampoli e seguì il navigato David fino al posto designato: rimase sconvolta dalle dimensioni di quella stanza, in cui alcuni tecnici stavano allestendo le impalcature necessarie alla creazione della Corte di Diamante.

 

In breve tempo, tutt’attorno cominciò a raccogliersi la troupe al completo, ma la ragazza non si curò della loro presenza, limitandosi a seguire con occhi scrupoloso le mosse del regista.

Fu allora che David cominciò a fremere, buttando lo sguardo alle sue spalle, di tanto in tanto.

 

Nell’istante in cui Leonard e Ludovic cominciarono a parlare, il moro attore non resistette più: “Ti chiedo scusa in anticipo- bisbigliò sottovoce all’orecchio di Lisa –C’è un problema di cui non ti ho…di cui nessuno ti ha parlato”.

 

 

L’altra aggrottò la fronte e inclinò la testa verso David, per sentire meglio: “Di cosa parli?”.

L’uomo lanciò un’occhiata al regista e con fare prudente sussurrò: “E’ meglio che non parli…Giudica tu stessa…Quattro o cinque file dietro di noi”.

Lisa ascoltò, poi con indifferenza, si accinse a girarsi.

 

Qualche passo più indietro, James ascoltava distrattamente il discorso di Leonard: cose del tipo “Impegnatevi al massimo, date il meglio di voi, siate una squadra…”.

Frasi retoriche sentite milioni di volte, ma inevitabili.

 

Facendo passare lo sguardo sui presenti, scorse in prima fila David, con un elegante abito bianco; accanto a lui vi era una ragazza, decisamente alta, dal fisico asciutto, con una lunghissima coda a coprirle la schiena.

La vide inclinarsi verso il collega per ascoltare meglio un suo commento.

Poi, lentamente, si girò nella sua direzione,

 

Inizialmente sembrò cercare a vuoto, più per noia che per altro, con gli occhi cerchiati di trucco nero, poi le fu inevitabile notare la chioma platinata di James.

 

Colpito da quello sguardo, il biondo attore ebbe un mancamento: gli zigomi spigolosi, i capelli lisci, potevano ingannare, ma non quegli occhi verdissimi.

Trattenendo il respiro, vide Lisa voltarsi nuovamente in avanti con uno scatto.

 

 

La ragazza scrutò la folla alle sue spalle: senza occhiali faceva fatica a focalizzare, ma notò decine di persone, tutte più o meno…ordinarie.

Fu una chioma di capelli chiari ad attirale la sua attenzione; poteva essere un particolare insolito, ma non unico.

Ciò che invece poteva definire veramente unico erano quegli occhi blu.

 

Le bastò una frazione di secondo per riconoscere i lineamenti, la bocca sottile (come poteva confonderla con quella di qualcun altro?).

Non fece neppure in tempo ad avvertire la sorpresa; la rabbia sovrastò tutto il resto.

 

Con un guizzo fulmineo girò la testa verso suo padre e incrociò le braccia, con l’intento di farsi notare da lui.

Le lacrime per quell’ennesimo tradimento non riuscirono neppure a manifestarsi; il viso della ragazza rimase asciutto e impassibile.

Con la mascella serrata, Lisa fece un passo avanti, distinguendosi dal resto del gruppo.

Il regista non potè fare a meno di notarla e di fronte a quell’espressione imperiosa, fu costretto a interrompere il proprio sproloquio.

 

Non ci fu bisogno di parole, l’uomo capì al volo.

“Bene- si disse Lisa, bruciante d’ira –E ora vai al diavolo”. Pensata tale frase, girò sui tacchi, imparando miracolosamente a camminarci sopra, da un momento all’altro.

 

Avanzando a grandi falcate verso l’uscita, annusò nell’aria un vago sentore di dopobarba.

Quello fu troppo; afferrò una bottiglia lasciata in un angolo e la scagliò, mandandola in frantumi, prima di tornarsene in albergo.

 

 

Finalmente sono riuscita ad aggiornare!!! Mi scuso per il ritardo imbarazzante, ma l’importante è avercela fatta!!! Spero “accorrerete” numerosi a leggere questo nuovo capitolo che, devo dire, mi sembrato davvero denso di descrizioni, forse un po’ troppo…Comunque ammetto che mi sono divertita a scriverlo, forse perché avevo mille idee in testa e mi sembrava tutto così caotico che dovevo metterlo per iscritto.

 

Ora rispondo ai vostri commenti:

 

romina75: che bello!!! Una nuova commentatrice!!!sono proprio felice! Spero che tu ci sarai per leggere i prossimi capitoli, anche se sono scomparsa e non mi sono fatta viva per un po’!!!

comunque…sì il film e il suo finale dipenderanno in qualche modo dal rapporto tra James e Lisa…soprattutto perché lei non ha ancora scritto la fine…

dopotutto il film è una “storia nella storia” e non è molto semplice farle andare d’accordo…spero di non creare pasticci…

 

gelb_augen: so che per ora ti sembra tutto troppo “grande” per la giovanissima Lisa, ma tutto tenderà a ridimensionarsi nel corso della trama…ho dovuto concentrate tante cose ed è verissimo, il mondo in cui l’ho catapultata è molto surreale…ma tutto tenderà a diluirsi e a farsi più “umano”, e ciò che apparirà troppo esagerato..lo sarà pure per Lisa e avrà ripercussioni sul suo personaggio…è quindi tutto voluto e pensato…

anche se non escludo di aver peccato un po’ di egocentrismo…Ma tu sarai sempre pronta a rimettermi in carreggiata( o almeno lo spero) se esagererò!

Come hai intuito pure tu…la storia è ancora lunga…senza voler anticipare nulla e buttandola sul ridere…Lisa farà in tempo a cambiare, rompersi e ricomporsi mille volte…e comincerà a farlo direttamente dai prossimi capitoli…

Aspetto un tuo nuovo commento!!a presto!!!

 

Bell_Lua: alla fine eccoti qua, dopo i tuoi mille viaggi! Non nascondo che ho aggiornato lentamente anche per permetterti di leggere con calma, capitolo per capitolo…ecco, ora gli altri lettori mi odieranno…

A parte gli scherzi, tutti mi state dicendo di raccontare qualcosa di più su Lisa…forse io avendo già in mente come, cosa e quando scriverò sul suo passato, sto lasciando taciuti alcuni particolari che potrebbero aiutare a comprendere meglio il suo personaggio.

Ti tranquillizzo…Lisa si svelerà del tutto, nel corso del racconto…non ho intenzione di lasciare le cose a metà!!!! Solo che per come l’ho pensata io…ci vorrà tempo…

Porta pazienza, anche x quanto riguarda i miei tempi dilatati!

Spero che questo capitolo ti piaccia quanto è piaciuto a me scriverlo. Buona lettura!

 

 

 

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Capitolo 27
*** XXVII CAPITOLO ***


XXVII CAPITOLO

XXVII CAPITOLO

 

L’autista del Chrysler di servizio non nascose l’espressione stupefatta, quando si vide volare addosso una Lisa fuori di sé, completamente inguainata in un abito di simil-pelle e truccata di tutto punto.

Tuttavia non fece domande e all’ordine imperioso: “Portami in albergo” obbedì taciturno.

 

Durante tutto il viaggio la ragazza fissò fuori dal finestrino, maledicendo il traffico e il caos della grande metropoli, a cui non era abituata.

Il cielo si era fatto plumbeo e se si fosse trovata in Italia, la pioggia avrebbe cominciato a cadere da quel bel pezzo.

 

Al contrario lì a Los Angeles Dio se ne fregava delle leggi climatiche e rimaneva là, in attesa, né carne né pesce, a fissare la misera condizione di chi era  costretto a stare per ore interminabili in colonna.

Le immense vetrate dei grattacieli riflettevano il grigio delle nuvole, innervosendo Lisa: col loro occhio inquisitore, le fecero rimpiangere le quiete finestrelle delle casette a schiera del proprio quartiere.

 

Lanciò un’occhiata verso i sedili anteriori: nel portaoggetti di fianco al volante era fissata saldamente una tazza di caffè.

La scritta sul fianco recitava Have a nice day.

Tornando a concentrarsi sul nevrotico paesaggio, oltre i finestrini oscurati, Lisa maledisse il mondo: “Fottetevi tutti”.

 

Il tragitto dal pian terreno alla sua camera fu costellato di inservienti, camerieri e donne delle pulizie, che con sorrisi più o meno raggianti, sembravano intralciare di proposito la strada della ragazza.

 

L’unica che si limitò ad aprire un occhio giallo, per poi ricominciare a dormire, fu Felina, che in assenza della padrona si era goduta le lenzuola di lino del lettone matrimoniale.

Non senza fatica, Lisa si liberò degli abiti di scena, delle scarpe e in ultimo delle extensions: riponendo il tutto in una busta di plastica, chiamò la reception e chiese di provvedere a restituire tutto agli Studios entro la serata.

 

Dopo aver smollato il suddetto armamentario fuori dalla porta, si buttò sul letto, impossessandosi dell’amica pantera.

Usando forse una forza eccessiva, la strinse in un abbraccio convulso, abbandonando per un attimo le angosce e il malessere che l’avevano presa poco prima.

 

Felina si lamentò con un mugugno assonnato e cominciò a sferzare l’aria con la coda: si trattava forse di una vendetta per il brusco risveglio di quella mattina? Comunque fosse, l’animale sbuffò scocciato, quasi fosse un essere umano.

Subito dopo alzò il testone vellutato, mettendosi in posa come una sfinge; annusando i capelli di Lisa, sentì un profumo nuovo, probabilmente la lacca usata per l’acconciatura di scena: provò anche a leccarla, ma con una smorfia di disgusto appurò che era amaro e non commestibile.

 

La ragazza sorrise pacifica, affondando il volto ancora truccato sotto la gola di Felina.

La vibrazione sorda delle fusa la fece crollare in un sonno senza sogni.

 

 

Il rumore della bottiglia schiantata per terra causò un generale stato di imbarazzo, sorpresa e spavento, che si tradussero nel silenzio più totale.

Leonard sospirò, lanciando una pesante occhiata a Ludovic, che serrò le labbra improvvisamente nervoso.

Holly cercò lo sguardo del suo collega David e lo trovò carico di tensione e vergogna.

Nel reparto del trucco, Daniela stava freddamente richiamando all’ordine il proprio team.

 

Poco più in là, un James Marsters pallido e contratto si chiedeva ancora se quel vago sentore di pesca nell’aria fosse solo un sogno.

Purtroppo per lui, le schegge di vetro sparse tutt’attorno gli ricordarono che si trovava nella realtà.

 

Nella sua mente passarono più e più volte i fotogrammi degli ultimi trenta secondi.

Rivide dentro di sé la figura algida di Lisa, gli occhi verdi che brillavano per la collera, più del vestito bianco che la avvolgeva.

 

Era decisamente dimagrita; questo particolare, insieme ai lunghissimi capelli lisci, mascherava un po’ i lineamenti dolci della ragazza.

Ora le labbra carnose spiccavano maggiormente sugli zigomi spigolosi, donandole così una perenne aria imbronciata.

 

I passi infuriati con cui lei aveva abbandonato il luogo risuonavano ancora nei ricordi dell’attore; capacitandosi in un attimo del timore che gli avevano infuso, James fu colto da una rabbia selvaggia.

 

Avanzando di qualche metro, scoccò un’occhiata perforante al regista: “Posso parlarti un attimo?”.

Non attese risposta; girando le spalle a decine di persone si diresse verso il bagno degli uomini.

Attese l’arrivo di Leonard, poi sbattè la porta con vigore: “Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?!” domandò quasi urlando.

 

L’altro si passò le mani fra i riccioli brizzolati: “Non è colpa mia, o meglio non del tutto- portò le mani avanti per calmare l’attore –Ludovic ha insistito sulla tua partecipazione e ormai lei faceva già parte del film. David doveva essere un deterrente, ma a quanto pare non è bastato”.

 

Tali parole furono l’ennesima scossa elettrica per James: “Un deterrente? Quindi io non sarei dovuto essere qui?- battè il palmo della mano sulla porta – Io sono un professionista, non lavoro per capriccio o per mancanza di personale”.

 

Detto ciò chiuse i pugni, mentre in mezzo a tutto il proprio imbarazzo Leonard stava cercando di riaggiustare il tiro: “Sai bene a cosa mi riferisco: tu sei stata l’ultimo attore convocato, quando ormai Lisa era scelta e il contratto era già firmato- fece una pausa e aggravò il tono della voce – Sai pure cosa significherebbe revocare la tua firma”.

 

James si appoggiò al lavandino e sbuffò: lo sapeva bene…Nel migliore dei casi si sarebbe trattato di una rottura con l’approvazione di entrambe le parti, ma il produttore, essendo la parte lesa, avrebbe comunque richiesto il rimborso, con l’aggiunta dei danni, al biondo attore.

Aveva già un processo in corso, non c’era bisogno di altra carne sul fuoco; quindi era bloccato lì.

 

Alzando gli occhi glaciali, fissò con impotenza il regista: “Cosa devo fare?”.

La risposta fu dura e decisa: “Non creare problemi….sono già tante le cose che potrebbero non andare in questo film- Leonard si accinse ad elencare- La partecipazione di mia figlia, la sua sceneggiatura, la presenza congiunta di te e David…Se davvero sei un professionista adulto, limitati a fare il tuo lavoro”.

 

Con stupore James assottigliò le palpebre: era forse risentimento, quello che percepiva nella voce dell’amico? No, era puro e semplice astio…

Gli occhi azzurri erano cerchiati da profonde occhiaie, ma non era il momento di fermarsi…o tantomeno riposare; conscio di questo, Leonard concluse: “Evita di deludermi nuovamente, James”. Detto ciò si accinse a uscire dal bagno, ma sulla soglia si fermò, guardando l’attore nel riflesso dello specchio: “Forse potrà esserti d’aiuto stare lontano da Lisa”.

 

Ormai solo nell’angusto spazio, il biondo aprì l’acqua del lavabo, per rinfrescarsi le mani e il viso.

Fissando la propria immagine si rese conto di avere scavato troppo a fondo nell’ultima mezz’ora; a nulla erano serviti tre mesi di lontananza, neppure le udienze per l’affidamento erano riuscite ad uccidere quello che provava.

 

Sotto la chioma di capelli platinati, qualche rotella arrugginita riprese a muoversi, portando alla luce immagini sepolte.

James ripensò alla faccia sconvolta della ragazza il giorno in cui si erano conosciuti; poi ricordò la prima volta che l’aveva abbracciata, per sorreggerla e cullarla.

In seguito risuonarono nella sua mente le mille risate gioiose che lei gli aveva regalato; in ultimo, ma non per ultimo, James sentì il corpo di Lisa contro il proprio, quelle splendide labbra premute sulla sua bocca, la tenerezza degli occhi verdi…

 

Un brivido lo percorse, facendogli rimpiangere di aver accettato quella parte.

Lisa era ancora dannatamente viva dentro di lui.

E nemmeno un maledetto miracolo l’avrebbe cancellata.

 

 

Qualche ora più tardi Lisa scoprì che la piccola suite in cui alloggiava possedeva un campanello.

Ne sentì il suono, tra un sogno e l’altro, e ci mise un attimo a riordinare la realtà: Los Angeles. Film. James.

Bene…era tutto schifosamente chiaro: ora era in grado di andare ad aprire.

 

La prima cosa che vide oltre la soglia fu la luce del corridoio che la abbagliò.

La sagoma di fronte a lei rimase nera e indistinta, finchè non ne udì la voce.

“Mi dispiace, non immaginavo che stessi dormendo” si scusò David, notando il trucco sbavato sul viso della ragazza: le occhiaie erano ancora più evidenti, sotto il mascara colato.

 

“Non importa- biascicò lei schermandosi dalla luce- Che ore sono?”.

Gli occhi scuri dell’attore passarono uno sguardo distratto sull’orologio: “Quasi le sette: non ti ho visto a cena e mi sono preoccupato”.

 

Alle sue spalle Lisa percepì una scalpitante Felina che le spingeva le gambe: voleva uscire…e ne aveva tutte le ragioni.

“Non mi bastava un padre che combina casini. Ora ne devo gestire pure un secondo” pensò sarcastica la ragazza; poi con tutta l’educazione che riuscì a racimolare, rispose a David: “Ora scendo a mangiare qualcosa, dammi un minuto- poi si ricordò della pantera – Prima porto Felina fuori. Mi vuoi accompagnare?”.

 

 

L’albergo si sviluppava a corte attorno a un patio, arricchito di fontane e passeggiate romantiche; non era ciò che la ragazza preferiva, come luogo d’incontro col suo nuovo collega, ma l’aiuola di gelsomini sembrò piacere molto alla pantera, così Lisa si mise a qualche metro di distanza, osservandola con attenzione.

 

“Se hai intenzione di scusarti nuovamente, puoi evitare” disse lei, con l’aria placida di chi è estraneo a tutto.

David sospirò, con le mani nelle tasche del suo Belstaff beige: Lisa non era assolutamente indifferente a James, lo era nei confronti delle sue scuse.

 

“Pensavo fossero solo voci- rispose lui, saltando a piedi pari la parte di approccio e arrivando dritto al sodo –Oggi ho capito che è stato qualcosa di ben più grosso”.

 

Felina percepì un movimento in un cespuglio, forse un grillo, e vi si catapultò dentro.

I titolari dell’hotel non ne sarebbero stati molto felici, tuttavia Lisa si rese conto che mai avrebbero osato discutere con un felino di duecento chili, così si girò verso David: “Una delusione, tutto qui- si strinse nelle spalle – La digerirò. Tu sei l’ultimo a doversi sentire responsabile”.

 

L’attore si fermò un attimo a riflettere sul tono di quella frase: la ragazza lo aveva appena sgridato? No…Lisa era troppo distante e impenetrabile per abbassarsi a un simile rimprovero.

Quasi a voler aggiungere un tocco di ironia al discorso, fece capolino in quell’istante Leonard.

 

In un primo momento il regista rallentò il passo, vedendo la figlia in compagnia di David Boreanaz, ma zittì immediatamente ogni tarlo, giurandosi che sarebbe stato assurdo pensare a qualsiasi cosa ambigua riguardante quei due.

Salutandoli entrambi, porse a Lisa un fascicolo rilegato: “Eccoti la versione rivista del tuo testo: il mio staff l’ha corretta ed è arrivato a questo”.

 

Lei si limitò ad annuire: sapeva che la storia e i dialoghi da lei ideati avrebbero subito delle modifiche; non poteva essere altrimenti, vista la sua poca esperienza nel campo.

Di conseguenza aveva accettato di buon grado l’aiuto del team di fedelissimi di suo padre.

 

“Quali sono i programmi di domani?” intervenne David, mantenendo il discorso sul piano professionale.

Leonard si battè la fronte: “Quasi dimenticavo: avrete un colloquio incrociato con i tecnici degli effetti speciali, i personal trainer e i maestri di arti marziali, per le scene di combattimento- poi si rivolse esclusivamente alla figlia- nel pomeriggio comincerai subito gli allenamenti”.

 

La ragazza annuì soddisfatta: da quasi una settimana si era privata del judo, avrebbe ricominciato l’attività fisica con piacere.

Il sesto senso dell’attore moro gli fece comprendere che la sua presenza non era più richiesta; congedò con un cenno del capo padre e figlia e si ritirò al caldo, lasciandoli soli.

 

La prima battuta che Lisa si concesse fu un pesante sospiro, accompagnato dallo sguardo sconsolato del regista. Litigare con lui? Praticamente impossibile: la sua insormontabile bontà pregiudicava un qualsiasi scontro.

 

“Non sapevo come dirtelo- Leonard abbassò il capo, sconsolato- Eri talmente entusiasta, la parte era già tua…poi all’ultimo Ludovic ha cominciato a puntare i piedi sul cast – con occhio mesto l’uomo scrutò la figlia – Credi che non avessi capito la tua mossa di scegliere Boreanaz?”.

 

L’altra lasciò che il padre concludesse (o meglio, che non concludesse) la frase, poi fece calare il silenzio.

“Posso andarmene?” fu l’istintiva domanda che pose immediatamente dopo.

“Non se ne parla nemmeno” fu la secca risposta di Leonard, d’un tratto severo.

 

Lisa gli aveva visto la stessa espressione solo un’altra volta: risaliva alla prima elementare…una mattina lei gli aveva chiesto se poteva saltare la scuola.

Lui si era limitato a negare, tacendo il proprio disappunto…insieme a qualcos’altro.

Solo in quell’attimo la Lisa adulta capì cosa fosse: delusione.

Il regista aveva riposto fiducia in lei ed era rimasto ferito da tale domanda, ora come 13 anni prima.

 

Lisa si vergognò infinitamente e si sentì tutto d’un colpo indifesa.

Fino ad allora aveva covato la speranza di poter scappare: le era già andata bene una volta in passato, perché non ritentare?

 

Ora però, la certezza di essere incatenata lì, senza remore, con l’oceano a dividerla dalla patria (e da un’apparente salvezza) le causò un profondo stato di angoscia, che si tradusse a livello fisico con un vuoto allo stomaco.

Non c’era via di scampo, era con le spalle al muro e la dura realtà si avvicinava sghignazzando, sapendola in trappola.

 

“Dimmi cosa devo fare” prendere ordini era l’unica cosa di cui sarebbe stata in grado in un momento del genere, le decisioni proprie erano da escludere.

L’aria fresca della sera la fece stringere nello scialle di lana grossa: il sole li avrebbe presto abbandonati.

 

“Il lavoro preliminare alle riprese ti terrà impegnata un mese abbondante- spiegò pacato il regista – Nel frattempo ti dedicherai esclusivamente allo studio delle scene ambientate nella Corte di Diamante”.

 

Lisa chiuse gli occhi: si trattava solo di ritardare i contatti. Palliativo deludente, tuttavia l’unico possibile.

“Tenetemi lontana…non chiedo altro” supplicò poi, con voce spenta; da cosa ,non era necessario specificarlo.

 

Leonard le strinse una spalla: “Fai un buon lavoro- poi indicò il trucco rimasto sul volto della figlia – Ora vatti a togliere quella porcheria dalla faccia…e mangia qualcosa”.

La ragazza avanzò un debole sorriso; sapeva che il senso implicito della frase era “Torna ad essere te stessa e prenditene cura”. Il codice segreto con cui il padre le lanciava messaggi lo conosceva bene.

 

Felina aveva ormai disboscato una siepe a forma di palla da rugby; arrabbiarsi sarebbe stato inutile, quindi la richiamò con un fischio a cui la pantera obbedì immediatamente: avrebbe giocato con l’altro simpatico albero a forma di coniglio il giorno seguente.

 

Benché la sala ristorante fosse deserta, Lisa ordinò il suo pollo alla piastra con riso al curry direttamente in camera.

Aveva cose ben più importanti da fare: con il PC alla mano accese il rilevatore di Skype e fece due calcoli: erano le sette e un quarto…in Italia sarebbero state le due di notte.

 

Sperava che Laura avesse lasciato il computer acceso, il suono della chiamata in attesa l’avrebbe piacevolmente svegliata.

Nell’arco di tre squilli vide l’immagine della webcam illuminarsi leggermente; un fruscio in indistinto, e Lisa intuì che l’amica era tra le coperte, come era giusto che fosse.

 

“Sei una disgraziata”.

Quelle poche sillabe strascicate fecero tornare il sorriso sul volto della ragazza: la voce di Laura, che aveva parlato nella sua lingua madre, ebbe un potere guaritore che la raggiunse fino in America.

 

“Anche tu mi manchi, stella!” rispose Lisa, indossando un auricolare con microfono e prendendo posto davanti all’obiettivo della videocamera.

Dall’altra parte del globo una disperata Laura imitava tale gesto, gli occhi socchiusi per l’abbagliante luce dello schermo.

Dalla sua immagine a scatti si poteva dedurre lo sforzo sovrumano che stava compiendo per non crollare fra le braccia di Morfeo.

 

“Hanno inventato una cosa nuova, lo sai?- disse poi quella, sarcastica, lasciando Lisa in attesa di una delle sue battute- Si chiama “fuso orario”” eccola, la sua amica-sorella: fedele e inequivocabile.

“Pensa che nemmeno i fusi orari sono in grado di dividerci- la rimbeccò l’altra –Ci amiamo o no?”.

Uno sbuffo stanco le arrivò in risposta, facendo sibilare l’audio: “Sbrigati a raccontare, amore, ho lezione fra sei ore e voglio dormirle tutte”.

 

Alla fine, nonostante i casi della vita fossero infiniti, il destino le aveva divise: Marina studiava Design a Milano, Alice si era iscritta in una facoltà dal titolo impronunciabile relativa all’elettronica ( a Roma) e Laura si era trasferita a Perugia per frequentare medicina.

Riuscivano a vedersi solo nel week end e per Lisa saltare quell’immancabile appuntamento nei mesi avvenire sarebbe stato una pugnalata, ogni fine settimana.

 

“Ho conosciuto Boreanaz e la Del Toro: davvero adorabili” Lisa preferì fare un giro molto largo, prima di giungere al dunque: nel frattempo Laura sarebbe stata adeguatamente sveglia.

“Gli Studios come sono? E l’albergo?” in risposta alla seconda domanda, la ragazza all’Hilton fece ruotare il PC, concedendo all’amica una panoramica sulla suite.

 

Mica male!- notò Laura con approvazione –Come è andato il primo giorno?”.

“Calma, calma e indifferenza” si impose Lisa con un sospiro forzato: “Egregiamente….certo, qui è tutto più in grande…immenso è la parola giusta, mi sento una formica. Ma sono stati tutti così fantastici che nemmeno mi sembra di essere lontana da casa, come stanno le altre?”.

 

Laura raccontò le prime novità delle loro vite via da casa: Marina condivideva l’appartamento con una pazza scatenata e Alice cominciava già a immergersi nel sofisticato mondo della tecnologia. In quanto a lei, attendeva con ansia il suo primo giorno in corsia, anche se avrebbe dovuto aspettare un po’.

Dopo il breve riassunto, l’immagine bluastra di Laura inclinò la testa: “Sarà merito dell’aria statunitense, ma ti vedo proprio bene!”.

 

A tale frase Lisa non si trattenne più: non poteva fingere, e poi a quale pro? Forse le sue tre amiche erano le uniche degne di sapere cosa le stesse esplodendo dentro, così interruppe l’altra: “James è il mio antagonista”.

La reazione fu delle più inaspettate: “Lo so cara- affermò Laura con tono comprensivo- Non sono nei tuoi panni, ma immagino che lui sia ancora una ferita aperta”.

Lisa aggrottò la fronte, poi scosse il capo con frenesia, rendendosi conto che aveva frainteso: “Non hai capito: James è il mio antagonista nel film”.

 

Il PC di Laura sobbalzò, quando la sua proprietaria si mise di scatto a sedere: “Che diavolo stai dicendo?” fu la domanda infuriata che ne seguì; pareva quasi rabbia nei confronti di Lisa stessa.

Quest’ultima rimase in silenzio: mai come allora si era sentita fragile, forse si trattava della prima vera volta in cui doveva affrontare un problema da sola, lontana dai suoi tre frammenti di anima.

 

“Mi dispiace. Non ci si può fare nulla, vero?”.

Lisa scosse desolata la testa: “Ho paura- fu solo in grado di dire – Di tutto….di me stessa, di lui, del film, della città…- gli occhi le divennero lucidi, li strizzò un paio di volte, finchè non li sentì a posto- Ho voglia di scappare”.

 

“Non puoi- constatò laconicamente Laura- volente o nolente, quello ora è il tuo posto”.

L’altra assottigliò le palpebre, in un gesto che voleva esprimere tutta la propria incomprensione verso tale durezza: “Casa mia è il mio posto….voi siete il mio posto- si prese la testa fra le mani – Mi sento un niente senza di voi”.

 

Ignorando l’ultima affermazione, Laura continuò imperterrita: “Il nostro posto è dove vogliamo essere- poi a voler dare enfasi alla sua frase, sottolineò –e ci troviamo dove è giusto essere: Los Angeles è stata una tua scelta- con uno scatto la figura nello schermo si strinse nelle spalle- Questo vale anche per me e le altre: non siamo a casa, ma siamo comunque al nostro posto”.

 

Di nuovo, dall’America, Lisa sentì le palpebre bruciare: freddo invece del calore amico in cui confidava…non era nei suoi piani.

Incrociò le braccia, chiudendosi in risposta all’indifferenza dell’amica: “Cosa dovrei fare, crocefiggermi con le mie stesse mani, oltretutto per una cosa di cui non sono colpevole?”.

 

Laura si accinse a spiegarsi meglio: “Non è tua responsabilità che James sia stato scelto: ma lo è stata la tua decisione di partire. Vuoi andartene? Nessuno ne morirà…Ma se sei lì è perché devi essere lì…e devi restarci”.

Addolcendo lo sguardo concluse: “Devi perché quella che resta sei tu. La ragazza che scappa io non la conosco”.

 

Lisa abbassò gli occhi, su cui si intravedeva ancora un rimasuglio di ombretto nero: in mezzo a tutta quella filosofia, nessuno più di lei poteva capire l’anima di tali parole.

Aveva combattuto una vita intera, per la vita stessa, sua e degli altri, affinchè ogni suo passo sulla Terra vibrasse, carico di significati.

Fuggire non era una cosa contemplata nel DNA della judoka che le cresceva nel cuore.

 

Aveva svegliato nel bel mezzo della notte una delle sue più care amiche, con l’aspettativa di farsi consolare e compatire.

Ciò che aveva ottenuto era stato l’opposto: Laura non aveva lasciato spazio a commenti penosi o comprensivi. E pure suo padre, poco prima, aveva fatto lo stesso.

 

“Non voglio essere crudele- si scusò Laura, conscia della tristezza sul volto di Lisa- Ma devi svegliarti. Il mondo non ti aspetta, tesoro”.

Aveva ragione, il pianeta Terra era un concentrato di cattiveria, in cui il male si sviluppava con la densità media del piombo.

E quello era stato solo il suo primo assaggio.

 

Eccomi di nuovo qua….la lentezza con cui pubblico si fa sempre più imbarazzante. Ma il tempo, le energie e tutto il resto scarseggiano…almeno le idee ci sono! E spero che vi piacciano!

 

 

crys: come sempre ti poni mille domande, sul perché questo fa questo, perché quello dice la tal cosa…e il più delle volte…ti rispondi da sola nel modo giusto! Ahah!

Comunque in un'altra cosa hai ragione: si dovrà aspettare un po’ di tempo prima di un confronto vero e proprio. Finora hai avuto la pazienza di sorbirti la lentezza di questa storia, spero continuerai a farlo!!!

 

romina75: è una gioia vedere che il mio intento di rendere questa storia diversa dalle altre, piace, perché vuol dire che ci sto riuscendo!

Diciamo che in questo capitolo ci sono state di sicuro delle discussioni…ma non dei veri e propri litigi! E’ anche vero che questo capitolo…si è un po’ scritto da solo, io avevo in mente di farlo totalmente diverso…oddio! E’ vivo! AHAHAHAH! A parte gli scherzi, buona lettura.

 

Bell_Lua: tesoro! Quante cose mi hai scritto! Vedrò di rispondere a tutte!

Allora: parlando del rapporto tra Lisa e suo padre…è evidente quanto sia profondo il legame che li unisce, soprattutto visto l’abbandono da parte della madre quando Lisa era bambina (ne ho parlato nei primi capitoli, forse non ti ricordi, ma è normale, è talmente lunga la storia!)

Per quanto riguarda la descrizione degli abiti…era da tempo che me la studiavo, anche guardandomi intorno, su internet e sulle riviste di moda (che io odio, ma dove sono riuscita a trovare quel tocco di eleganza che volevo dare alla Corte).

E lo stesso ho fatto per la storia delle auto di cortesia: la casa Chrysler mi è sempre piaciuta, così ho selezionato i modelli che a mio parere si addicevano di più alla storia…magari pure io avessi un auto del genere!

Per quanto riguarda il risveglio in stile lisa….pure per me la mattina è un momento tragico, quasi infernale, ma vedo che non sono l’unica a soffrire il risveglio!!!!

E la bottiglia scagliata…di sicuro teatrale, ma ho provato a immedesimarmi in Lisa…talmente tante sensazioni che le sono esplose dentro, riguardanti James, suo padre, l’ansia x la nuova vita, la nuova città…tutto è emerso in quell’unico violento gesto. Teatrale di sicuro, ma più umano di quel che sembra…

Parlando di altro…prometto che risponderò alle tue mail! E farò in modo di sentirci al più presto….buona lettura!

 

gelb_augen: ecco la mia critica più feroce…giuro che un po’ temo il momento in cui leggo il tuo nome fra le recensioni….Sto scherzando, ammetto che invece le tue parole mi stanno aiutando a ridimensionare certe cose…sono quindi apertissima al nostro confronto costruttivo…. ;-)

d’altra parte…hai detto bene: Lisa è una ragazza lunatica, instabile e apparentemente irrazionale: già in alcun passaggi dei capitoli precedenti si era intuito che il suo equilibrio fosse del tutto precario e mirato più a nascondersi che a mostrarsi….forse finalmente verrà fuori qualcosa di nuovo di lei….forse emergerà la vera lei!

Ammetto che il prox capitolo è ancora in fase di stesura, è un momento cruciale, in cui potrei sbagliare molte cose e far prendere una piega sbagliata alla storia. Conto sul tuo aiuto per rimettermi in carreggiata, se necessario.

Come ho detto prima nella recensione di Bell_Lua, il lancio della bottiglia è un gesto in cui mi sono immedesimata molto: all’inizio della storia avevo anticipato che molti aspetti del carattere della protagonista mi appartengono…e purtroppo per me, il mio caratteraccio volubile mi ha fatto reagire in modi analoghi, di fronte a situazioni così “vulcaniche”. A questo punto hai il diritto di rimproverare me come persona, oltre che come scrittrice, non il personaggio.

Spero di ritrovarti tra le recensioni, nel prossimo capitolo!! A presto!

 

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Capitolo 28
*** XXVIII CAPITOLO ***


XXVIII CAPITOLO

XXVIII CAPITOLO

 

James uscì dall’ascensore con passo svogliato e dopo un istante di riflessione, imboccò il corridoio che portava alla sua camera.

Nel breve tragitto esaminò tutte le porte che gli passavano accanto; e se Lisa fosse saltata fuori da una di esse? Sarebbe stato alquanto disdicevole.

Quasi con cautela raggiunse la stanza 213 e fece scorrere il proprio tesserino magnetico nella serratura.

 

Un breve scatto e fu dentro; la passeggiata per i due isolati contigui non lo aveva aiutato a liberare la mente e nemmeno a conciliare il sonno.

In aggiunta, durante l’ultima ora, il cellulare aveva suonato a distesa, facendo comparire ogni volta sullo schermo, in modo quasi impertinente, il nome “Pat”.

Uomo adulto? In quel momento non ne vedeva l’ombra.

 

Liberandosi degli abiti della giornata, restò in boxer e si accasciò sul letto.

Rimase così, steso sulla schiena, accarezzandosi i capelli platinati con due dita. Dopo breve si rese conto che non sarebbe bastato aspettare il sonno: lo avrebbe dovuto implorare affinchè arrivasse.

 

Con questa nuova consapevolezza si avvolse nel piumone, godendosi il tepore del letto; quasi gli parve di avere il corpo di qualcuno premuto contro il proprio, ma era solo il peso delle coperte.

Proprio mentre stava per addormentarsi, un movimento alle sue spalle lo destò di colpo.

 

Rimase immobile, un attimo interdetto, insicuro sul da farsi: un terremoto? O un semplice scatto involontario, dei suoi stessi muscoli che si rilassavano?

Con una lentezza estenuante si girò dalla posizione supina sul fianco sinistro.

Fu allora che sentì un lieve tocco sulla spalla nuda; passò qualche istante a cercare di capire cosa fosse: un insetto? Troppo piccolo. Il lenzuolo? Troppo leggero e alquanto improbabile.

 

Il cuore gli saltò in gola quando comprese: capelli.

James si mosse nuovamente, stavolta più rapido e decisamente spaventato; nella penombra intravide una sagoma scura semisdraiata sul letto, quasi aderente alla propria schiena.

La luce esterna dei lampioni illuminava una serie di lunghi boccoli, che ricadevano sulle spalle di una figura femminile.

 

Da cosa capì che si trattava di una donna? James intravedeva una sottile camicia da notte, a coprire il corpo di quella misteriosa apparizione; le ombre accentuavano le sue forme arrotondate.

Come era entrata nella stanza? Ma soprattutto, chi era?

 

La prima domanda perse totalmente di importanza, quando alle narici di James giunse un profumo ben noto: pesca.

“Lisa” pensò, con l’intento di pronunciare tale nome, ma dalla gola gli uscì solo un rantolo soffocato di sorpresa.

La ragazza si mosse, facendo ondeggiare la chioma riccia e uno spiraglio di luna illuminò il suo viso, dando luce a quegli occhi magnetici.

 

La voce incerta di James tremò, quando chiese in un sussurro: “Cosa ci fai qui?”. A malapena riuscì a finire la frase; un dito affusolato si poggiò sulle sue labbra sottili, approfittandone per accarezzarle.

A completare tale gesto, la ragazza si piegò verso l’uomo: il profilo del seno era fin troppo visibile attraverso la vestaglia trasparente, il che lasciò intuire all’uomo che lei non indossava biancheria intima.

 

Levando la mano dalla bocca di James, Lisa la sostituì col tocco delicato delle proprie labbra.

La dolcezza iniziale di quel contatto si trasformò ben presto in qualcosa di più penetrante e malizioso.

Ormai senza fiato, James pose le mani sui fianchi di lei e li strinse con forza, tanto da chiedersi a un certo punto se non le stesse facendo male, quasi a volerle trasmettere il dolore che quell’attesa gli aveva causato.

 

La ragazza ne approfittò per mettersi cavalcioni su di lui; il passo successivo fu praticamente istantaneo: Lisa imitò il movimento dell’uomo e lasciò scivolare le dita fino ai boxer.

James, giunto al limite della sopportazione, non potè fare a meno di sussultare e cessare di baciarla.

La sentì giocherellare con l’elastico del suo unico indumento; un attimo dopo, inspiegabilmente, l’uomo era completamente nudo.

James fu solo in grado di rabbrividire, quando la carezza del corpo di lei calò sul suo.

 

Per l’attore fu una sofferenza uscire dall’apnea: si levò a sedere in un colpo, trovandosi inaspettatamente solo.

Era stato un sogno…o forse un incubo, constatò poi, riprendendo fiato.

Aveva il battito cardiaco accelerato e le coperte intorno a lui erano madide di sudore.

 

Tremava, in un misto di eccitazione, paura e, inspiegabilmente, freddo, così che ci mise qualche minuto per auto convincersi che oltre a lui, nessun altro avrebbe potuto entrare nella camera; si risdraiò, una volta certo che era stato un  malsano viaggio dell’immaginazione.

Come poteva comportarsi nei confronti di quell’opportuna fantasia? D’altra parte i sogni sono involontari, si disse.

 

Eppure tutta l’intensità di poco prima gli era piaciuta, quasi si era rammaricato che non fosse reale.

In un istante seppe cosa fare, come punirsi per tale ulteriore tradimento: prese con foga il cellulare e mandò un laconico ma significativo SMS; poi premette il tasto di spegnimento.

Avrebbe letto la risposta l’indomani mattina.

 

Dopodiché si sdraiò di pancia, pronto a riprendere sonno.

Gli bastò qualche secondo, per sentirsi fisicamente a disagio in tale posizione.

“Pazzesco” pensò fra sé, costringendosi a girarsi sul fianco.

 

 

Il mattino successivo la piacevole musica della radio-sveglia avvisò Lisa che erano le 8:30.

Felina aveva capito la lezione e si era limitata ad appoggiare il muso sul letto, aspettando il momento più consono per mugugnare il suo “Buongiorno”.

La ragazza la accolse sotto le coperte, approfittandone per coccolarla: “Ciao a te, cucciola” la salutò poi.

 

Ci mise poco ad alzarsi, insolitamente era riuscita a dormire a sufficienza.

Aprì l’armadio e riordinò i pensieri su cosa avrebbe fatto quel giorno: suo padre aveva accennato a un incontro con personal trainer, maestri di non-so-cosa

L’abbigliamento più consono sarebbe stato una delle sue morbidissime tute; ne scelse una dell’Adidas, nera con bande dorate sui fianchi.

La doccia che si concesse fu rapida: aveva molta fame, il cibo era la sua priorità a quell’ora.

 

La pantera approvò la cosa e la attese davanti alla porta, la coda che sferzava l’aria, impaziente.

Appena Lisa fece per uscire, qualcosa sbattè, fuori, all’altezza della maniglia; la ragazza allungò il collo all’esterno e vide una cartellina appesa: erano gli ordini del giorno.

La mattinata sarebbe stata occupata ball’allenamento in palestra (una certa Stacy Miller avrebbe studiato gli esercizi più consoni al suo fisico); nel primo pomeriggio ci sarebbero state le presentazioni col maestro di arti marziali: per due ore avrebbe lavorato insieme a David.

Infine dalle 17:00 in poi la aspettava una noiosa seduta in sala verde, per gli effetti speciali.

 

Con un sospiro si avviò verso l’ascensore e si dedicò alla lettura dei dettagli finchè non giunse al pianterreno.

Il sonoro tlin le ricordò che la attendeva la colazione a buffet…insieme ad altre decine di persone che il giorno prima l’avevano vista in versione “pazza scatenata lancia-bottiglie”.

Tale consapevolezza le fece rallentare il passo, scrutando da lontano la sala ristorante, finchè non si bloccò: e se “lui” fosse stato là in mezzo?

 

Felina si leccò i baffi, pronta a degustare nuovamente l’ottimo filetto scelto che lo chef dell’albergo le avrebbe preparato; poi avanzò di qualche metro, abbandonando la padrona nella hall, intenta a sondare il terreno coi suoi verdi occhi, purtroppo miopi.

 

Fu così che la trovò David, una volta uscito dall’ascensore: immobile, circospetta e infinitamente ridicola.

Si fermò a fissarla, con le mani in tasca e un sorriso sghembo: quell’inesperta ragazzina di campagna aveva decisamente bisogno di qualche dritta, così aveva dichiarato sua moglie, navigata pin up di Playboy.

David scosse il capo e si avvicinò divertito; se non altro avrebbe fatto esperienza, in preparazione all’adolescenza di sua figlia.

 

“James non c’è” disse poi, irrompendo nei pensieri di Lisa, a tal punto da spaventarla.

“Cosa?” la domanda che lei pose fu sincera: era talmente fra le nuvole da non aver ascoltato nulla.

 

L’attore moro sorrise, chinando la testa per guardarla negli occhi, dai suoi quasi due metri di altezza: “La Corte di Tenebra oggi ha la prova costumi, sono già agli Studios- notando la finta noncuranza di Lisa, scoppiò a ridere – Stai tranquilla, ci sono squali a sufficienza qua dentro; uno in meno non guasta” poi la convinse con un gesto a entrare nel ristorante.

 

“Pessima attrice, cara mia- si disse lei –La tua corazza necessita di una revisione”.

David cominciò a versarsi del succo di frutta e si impossessò di qualche fetta di pane dolce: “Non potrai nasconderti per sempre” cominciò poi, servendo la colazione anche a Lisa, che rimase stupefatta dalle premure di quel semi-sconosciuto.

 

D’altra parte nel mondo dello spettacolo non c’era tempo o spazio per la titubanza o l’imbarazzo: erano solo energie sprecate.

Consapevole di dover lavorare gomito a gomito con Lisa per parecchi mesi, David preferì mettere in chiaro come funzionavano le cose: “Tuo padre non te lo dirà mai, non per cattiveria, ma al contrario per troppa bontà – prendendo un pezzo di torta al cioccolato, si avviò verso un tavolo libero- Prima o poi dovrai fartene una ragione: lavora sodo e passa oltre, altrimenti non andrai da nessuna parte…E sul set nessuno starà ad aspettarti”.

 

La giovane italiana, quasi incantata da tanta schiettezza, ascoltò ammutolita, masticando qualcosa che sembrava essere pane e marmellata.

Dopo qualche attimo di silenzio, una piccola figura dalla pelle bruna si sedette accanto a loro: “Buongiorno” esordì Holly abbozzando un debole sorriso.

 

Lisa ricambiò il gesto, troppo in imbarazzo per riuscire a rivolgerle la parola per prima: la timidezza della messicana non sarebbe stata d’aiuto, così si rivolse al disinibito David Boreanaz: “Come va a casa? La bimba come sta?”.

 

Lui sorrise dolcemente: “Sta alla grande, è il fratello maggiore che comincia a dare i primi segni di gelosia”.

“Mi piacerebbe vederli” ammise sincera Lisa.

L’attore fece un cenno di assenso col capo: “Verranno a L.A per il Giorno del Ringraziamento”.

 

L’italiana restò spaesata: sapeva dell’esistenza di quella festività Americana, ma non si ricordava neanche quando cadesse.

“E’ il quarto giovedì di Novembre. Per alcuni è addirittura più importante del Natale- spiegò David – La prima vacanza che ci sarà concessa durante le riprese: fino ad allora, preparati ad abolire le domeniche dal calendario”.

 

Quella battuta fece sorridere entrambe le ragazze e andò a sciogliere il gelo della vergogna.

Lisa finì il proprio cappuccino e si alzò da tavola, per poi rivolgersi a Holly: “Porto Felina in giardino: ti va di accompagnarmi?”.

A sentire il nome dell’animale, la messicana assentì, con l’espressione di chi non aveva altra scelta.

 

Mentre la pantera se la vedeva col tronco di un ulivo, la sua padrona prese coraggio e parlò chiaro: “Mi dispiace per la scenata di ieri- piantò volutamente gli occhi verdi in quelli scurissimi di Holly, per trasmetterle la propria serietà –So bene che ho fatto la figura della pazza nevrotica, ma non sono così e farò di tutto per dimostrarlo”.

 

L’altra parve spiazzata: tutta quella trasparenza la mise a disagio, ma era obbligata a rispondere: “Non devi dimostrare nulla – e in effetti la reazione di Lisa non intaccava direttamente il loro rapporto professionale –Pensiamo a fare il nostro lavoro, punto e basta”.

 

In effetti Holly aveva già lavorato come comparsa in qualche film; scenate come quella del giorno precedente erano la consuetudine.

Tuttavia Lisa si irrigidì, per la seconda volta nelle ultime due ore: si erano forse messi tutti d’accordo per canzonarla alla stessa maniera? Quasi la infastidì sentirsi ribadire il concetto con cui poco prima David l’aveva accolta a colazione.

 

La messicana riprese a parlare, con gli occhi fissi sui giochi irruenti di Felina: “Non sei stata né la prima né l’ultima ad esplodere sul set…anche se nel tuo caso è successo in tempi record…Ma questa sarà la tua casa per un bel po’ di tempo; vedi di “arredarla” con lo spirito giusto”.

 

Tale monito concluse il ciclo di sorprese per Lisa: sapeva quanto fosse chiusa quella bella ragazza dalla pelle del colore dell’ebano.

Oltre ad aver compiuto uno sforzo sovrumano per parlare in modo tanto diretto, ciò che aveva detto era stato come una schiarita in mezzo alla tempesta delle ultime 24 ore; forse se a pronunciare tale frase fosse stato chiunque altro, l’italiana non avrebbe accusato il colpo.

 

La determinazione di Holly indusse Lisa a mordersi la lingua: era l’ultima arrivata nel dorato mondo del cinema, per quanto potesse amarsi ed essere sicura di sé, i consigli e le opinioni di chiunque altro avrebbero avuto la precedenza sulla sua voce.

Non era nessuno, e da “nessuno” si doveva comportare: ingoiò amaro, accingendosi a seguire l’unico e semplice ordine che tutti le avevano impartito: stare al suo posto.

 

 

Lisa si sottopose in modo remissivo a tutti i test che le propinò Stacy, un’energica quarantenne dall’accento lievemente tedesco.

“Hai subìto un forte dimagrimento, constatò la donna leggendo la cartella coi dati di Lisa- Il tuo fisico è asciutto, ma sofferente”.

 

La ragazza alzò le iridi verdi al cielo, senza farsi notare: aveva ben due maestri di judo e un preparatore atletico, in Italia, che le avevano ripetuto le stesse cose nei mesi precedenti.

Però quello non era il suo Dojo, attorno non aveva i compagni di squadra di una vita e gli allenatori che l’avevano vista crescere.

Con un respiro profondo Lisa riportò il proprio ego all’ultimo gradino della piramide alimentare di cui ora faceva parte.

Poi si accinse a cominciare il test di cooper.

 

 

Qualche piano più in basso David  si recava al reparto costumi per parlare con Daniela degli ultimi ritocchi al proprio abito: aveva lasciato Holly alle prese col tapis-roulant e la “adductor machine”, mentre una nervosa Lisa rispondeva ad ogni ordine di Stacy con uno stoicismo inaspettato e quasi servile.

Le pressioni psicologiche del giorno prima l’avevano abbattuta, al contrario quelle fisiche sembravano non toccarla minimamente: la rigida “forma mentis” del judo stava lentamente emergendo.

 

Mentre il moro attore rifletteva su questo e sulla necessità di un caffè, si imbattè in una macchinetta automatica.

Una chioma platinata si stava chinando per prelevare la bevanda dal distributore: “Guarda chi si rivede!” esordì David avvicinandosi all’amico.

 

Una volta al suo fianco lo vide pallido ed emaciato (e il capello biondo  non aiutava a migliorare il complesso).

Con un’occhiata al caffè di James l’altro osservò: ”Non credo che ti faccia molto bene- mise le mani sui fianchi –Che ti è successo?”.

 

James scosse il capo: “Giuro che non lo so” mosse il bicchierino con gesti circolari, rimescolando il liquido fumante, indeciso se berlo o no.

David cercò qualche moneta nelle tasche e selezionò il pulsante del cappuccino; il tutto per evitare di fare pressioni su James.

 

Sempre con molta calma, tentò di intavolare una conversazione neutra e amichevole: “Dormito bene?”.

James alzò la testa verso di lui con uno scatto: “Non mi sembra il momento giusto per scherzare!”.

 

Bevendo un sorso di schiuma, David abbozzò un sorriso sapiente: “Come mai questa coda di paglia? Cos’hai fatto stavolta?”.

L’altro si guardò intorno con fare circospetto, regalando all’attore al suo fianco una risata divertita: “Hai visto il diavolo, per caso?” domandò poi David.

 

“No, peggio- fu la risposta di James che lo prese per un braccio iniziando a camminare – Quello che sto per dirti deve rimanere fra noi….Giuralo!”.

David trattenne l’ennesima risata, sentendosi d’un tratto come un ragazzino per i corridoi del liceo, e si limitò ad annuire.

Allora James si fermò, per sussurrare: “Stanotte…- ma si bloccò immediatamente, in un misto di vergogna e titubanza – L’ho sognata!”.

 

L’amico attore non riuscì a celare l’espressione allibita: gli ci volle qualche attimo, poi andando per esclusione, capì. La risata che si concesse fu spontanea e incontrollata.

Dall’altra parte la confusione di James Marsters aumentò; la sua crisi sentimental-spirituale aveva avuto sul collega l’effetto di una barzelletta. Cosa doveva fare ora?

Avrebbe voluto piangere come un bambino indispettito, ma raccolse il suo ultimo briciolo di dignità per simulare un’aria grave e solenne.

 

David si fece forza e serrò i muscoli della mascella, tentando invano di tornare serio: “Vedo che la cosa ti sconvolge- tornò a sorseggiare il suo surrogato di cappuccino – Che può mai esserci di male in un sogno innocente”.

 

A tale frase, James prese a gesticolare e rinunciò al proprio caffè, spedendolo nella spazzatura: “Non è stato un sogno innocente- mimò con le mani due ali svolazzanti – Non c’erano allegri uccellini che cinguettavano e castelli incantati”.

 

Fingendosi immensamente interessato, il moro incrociò le braccia e si piazzò a gambe larghe in mezzo al corridoio: “Ah no?! Allora racconta!”.

In tutta risposta James si massaggiò le tempie platinate: “C’entrava di più con…notte, coperte, cuscini…pelle nuda…materiale vietato ai minori, insomma!”.

 

In un lampo David emerse dalla propria postura canzonatoria e bloccò l’amico: “Va bene, va bene! Risparmiami i dettagli – lo prese per le spalle con l’intento di frenare la sua lingua – In parole povere hai fatto un sogno erotico su una tua collega nonché ex…- si fermò un attimo, dubbioso su come definire Lisa – Cos’eravate voi?”.

 

Un impeto di vergogna fece arrossire James, rendendolo simile a una buffa lampadina platinata: “Non mi stai aiutando” lo ammonì quello, con tono tagliente.

“Hai ragione- assentì l’altro – Ma come potrei esserti d’aiuto?”.

In effetti non era una posizione facile, quella di David: non poteva prendere le parti né di Lisa né di James ed oltre ad essere tra due fuochi, era appena stato partecipe di una descrizione fin troppo  “hard” di un ragazza con cui avrebbe dovuto girare scene  d’amore.

 

Con un sospiro esasperato, il moro attore lasciò cadere le braccia lungo i fianchi: il copione sarebbe stato il minore dei suoi problemi, nei mesi avvenire.

 

 

gelb_augen: Carissima! Rieccoti qua con i tuoi preziosissimi consigli…Innanzitutto grazie per i complimenti, sul mio stile, i miei miglioramenti e la storia in generale!

E finalmente sono riuscita a far apparire Lisa sotto la luce che le volevo dare: come dici tu, egocentrica, sempre a cercare di emergere…ma piena di difetti…e tra una risata e l’altra, in questo nuovo capitolo, il suo lato più umano sta emergendo, causandole diverse botte nei denti…

E comunque, non preoccuparti di apparire insopportabile…sii te stessa, senza consigli come i tuoi non mi metterei mai in discussione, mentre è la prima cosa che devo fare per migliorare…Quindi ancora grazie, perché parte del merito dei miei miglioramenti lo devo a te!!!

Buona lettura

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Capitolo 29
*** XXIX CAPITOLO ***


XXIX CAPITOLO

Quando David andò a scontrarsi con Lisa, lei stava ancora masticando l’ultimo boccone del suo tramezzino al tacchino: se quelli dovevano essere i ritmi serrati del film, la ragazza avrebbe fatto fatica ad arrivarci in fondo.

L’uomo abbassò lo sguardo su di lei, e la mente tornò a qualche ora prima: ricordandosi delle parole di James, delle descrizioni oniriche in cui aveva accennato a una Lisa “senza veli”, arrossì vistosamente.

Cimentandosi in una delle sue recite migliori, si finse indifferente: “Siamo a lezione da Stephan”.

Lisa inghiottì il tacchino trangugiato in un lampo e rispose: “Lo so”.

“Siamo in ritardo” fece notare l’altro.

“Lo so!”.

David la prese per le spalle e la fece girare di 180 gradi: “E siamo giù di qua” precisò indirizzandola nel corridoio giusto.

La ragazza obbedì spaesata: se si fosse persa nei meandri degli Studios, l’avrebbero trovata giorni e giorni dopo le squadre di soccorso.

“Lo conosci già?” chiese lei riferita al maestro di arti marziali.

“Sì”.

“Dici che si arrabbierà?”.

Aprendo la porta della palestra, David inclinò il capo, pensieroso: “Potrebbe essere”.

Lisa non fece in tempo ad accorgersi del sorrisetto divertito dell’esperto collega, che una voce la fece girare verso l’angolo più lontano della sala: “Buongiorno!”.

La ragazza assottigliò gli occhi per focalizzare meglio e si tolse calze e scarpe; il contatto familiare con il tatami la rallegrò subito.

Quando l’istruttore cominciò ad avanzare verso di loro, Lisa dovette inspirare profondamente un paio di volte, prima di tornare a ragionare.

L’uomo Vitruviano, Adamo, il David di Michelangelo non erano nulla, a confronto con l’essere umano di forma maschile che le stava porgendo una mano perfettamente curata, per presentarsi.

Bocca sottile, quasi disegnata, sopracciglia marcate, occhi neri e penetranti, fisico asciutto e ben proporzionato, lineamenti Italo-spagnoli.

Infatti le parole che fuoriuscirono da una fila di denti piccoli e bianchissimi furono nella lingua madre di Lisa: “Una mia connazionale, che pratica le arti marziali e dorme con una pantera- schiaffò un sorriso disarmante in faccia alla ragazza- Ero decisamente curioso di conoscerti”.

“E io farò in modo di diventarlo, nei prossimi giorni” si giurò lei mentalmente, contraccambiando la stretta con un sorriso sfacciatamente raggiante.

Avrebbe voluto prolungare tale contatto oltre i limiti consentiti dal buon costume, ma col timore di sforare nello stalking, lasciò la presa e si voltò verso David, aggrappandosi al suo sguardo placido e indifferente.

Questi conosceva già Stephan e lo aveva incrociato il giorno prima per i corridoi dell’albergo, così si limitò a rinnovargli il saluto con un ceno del capo.

“Bene…Sono abituato a partire in quarta col lavoro- si propose il maestro che, constatò Lisa, non doveva avere più di 28 anni- Quindi, se non vi dispiace, vi proporrò una breve carrellata sul tipo di coreografie che avevo pensato per i combattimenti”

Fece una breve pausa, in cui si premurò di togliere il respiro a Lisa con uno sguardo diretto esclusivamente a lei: “Conosci il tessenjutsu?”.

La ragazza riprese fiato e si limitò ad annuire: tessenjutsu, meglio conosciuta come “l’arte dei ventagli da guerra”; una danza sensuale e letale allo stesso tempo. Un po’ come i pettorali di Stephan.

All’improviso un cellulare squillò e fu proprio l’istruttore ad allontanarsi per rispondere.

Lisa ne approfittò per allungarsi verso David: “Ti prego- supplicò in un sussurro- Per il bene del film….dimmi che è gay!”.

Inizialmente lui rimase spiazzato, non conoscendo Lisa non sapeva se classificare tale frase come un’affermazione seria o una battuta.

L’aria stordita della ragazza gli tolse ogni dubbio e rise sommessamente, felice di aver appurato che lei aveva spirito: “No, molto peggio- abbassò la voce, lasciando un attimo di suspance - E’ single”.

L’espressione disperata dell’impotente Lisa sarebbe stata una delle cose più divertenti di cui si sarebbe ricordato, nei mesi avvenire.

Nelle due ore successive Stephan dimostrò di essere estremamente professionale, oltre che bello e affascinante.

Aveva studiato con dedizione il piano degli allenamenti e propose come primo approccio una serie di filmati: “Questo è semplicemente il kata del Tessen, la sua forma più pura – aveva spiegato indicando lo schermo del PC – Le nostre coreografie saranno più complesse e aggressive, mescolate ad altre arti marziali”.

Lisa esaminò i passaggi cruciali dei video, ogni volta che Stephan premeva il tasto di rewind per farle notare una tecnica particolare.

La ragazza constatò che si trattava di movimenti del tutto simili al Karate, con qualche acrobazia tipica del Kung Fu.

“Quei calci rotanti mi hanno sempre intimorito – ammise Lisa – Il Judo è uno sport di contatto fisico, per quanto riguarda le piroette sono totalmente ignorante”.

“Non ti devi preoccupare – la rassicurò il giovane insegnante – Dove tu non riuscirai, ci penserà una controfigura”.

In risposta la ragazza propose una delle sue buffe facce stupite, poi si rivolse direttamente all’autorevole David: “Io non voglio controfigure”.

L’interpellato lanciò un’occhiata eloquente a Stephan, l’istante successivo scoppiarono entrambi a ridere.

La reazione di Lisa fu accentuata dal rossore che le era salito alle guance: si sentiva derisa e questo la fece infuriare.

Notando la rabbia con cui la ragazza stava mettendo il broncio, David si premurò di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, non ti stiamo prendendo in giro; semplicemente tuo padre ci aveva avvertito che avresti…puntato i piedi a riguardo”.

Lisa non se la sentì di controbattere: le braccia incrociate con impertinenza al petto rendevano già abbastanza l’idea di bambina capricciosa da cui stava cercando di rifuggire.

Il suo volere fu accolto all’unanimità, anche se Stephan sottolineò che la preparazione si sarebbe complicata, per la giovane attrice, del tutto digiuna dal Tessen.

“Se siamo riusciti a sciogliere David penso che con te sarà una passeggiata” ironizzò infine.

Il passo successivo riguardò proprio le armi di cui si sarebbero serviti durante le riprese.

Il maestro estrasse da una cassapanca tre ventagli, del diametro di un braccio, poi li fece esaminare ai due attori; Lisa trovò il proprio molto pesante e la presenza di barre di ferro alle estremità spiegò il perché.

Stephan non fece cerimonie e iniziò immediatamente a proporre alcuni movimenti base col ventaglio: si pose girato di spalle ai due allievi, in modo che potessero ripetere i suoi gesti.

Quando il ragazzo buttò l’occhio alle sue spalle per vedere i risultati dei primi esercizi, fece un sorriso verso Lisa: “Te la cavi bene”.

Al suo fianco l’attrice sentì tossicchiare: “Vi disturbo? Volete che vi lasci soli?”

Lisa esplose in una fragorosa risata, che mise sull’attenti l’inconsapevole Stephan.

Quando questi si girò nuovamente in avanti, Lisa si sporse verso il collega: “No, ti prego…Resta!- con un cenno del capo indicò il posteriore del maestro- Devi assolutamente distrarmi da quello”.

In risposta David lanciò un’occhiata, fra l’esasperato e il divertito, al soffitto.

“Ne vedremo delle belle” pensò fra sé, per nulla dispiaciuto.

Al ritorno dalla seduta in sala verde, Lisa. David e Holly erano tutti incredibilmente acciaccati: per ore e ore erano stati costretti a proporre e riproporre camminate in lungo e in largo, coperti di sensori che captavano ogni singolo movimento.

Le quattro menti informatiche più geniali della Century Fox avevano registrato il tutto con inspiegabile zelo: mentre Lisa simulava una serie di passi sinuosi sugli “adorati” tacchi, aveva visto quei topi informatici esaltati per la sequenza di stringhe numeriche che i loro monitor regalavano.

Il solo pensiero che Alice si trasformasse in uno di loro le ricordò che doveva chiamarla in serata; tuttavia la priorità in quel momento era accasciarsi sui divanetti della Hall.

Passarono pochi istanti in cui la ragazza quasi si commosse per la morbidezza dei cuscini, poi un muso peloso le si appoggiò in grembo.

Le fusa della “sorella a quattro zampe” ebbero un effetto ristoratore nella ragazza; accarezzandole un orecchio lo trovò freddo. Gli addetti dell’albergo si erano premurati di portarla in giardino.

In tal modo Lisa poteva fiondarsi direttamente al ristorante e concedersi il primo pasto decente della giornata: doccia e vestiti avrebbero aspettato, lo stomaco gridava vendetta.

Così con fare deciso si alzò dalla sua postazione; la fame le passò del tutto quando le saltò agli occhi una chioma bionda, girata di spalle: il gesto istintivo che Lisa si concesse, fu afferrare un Menu con la mano destra e la collottola di Felina con la sinistra.

Poi si buttò a sedere al tavolo di David, che stava discorrendo amabilmente al telefono, probabilmente con la moglie.

Quest’ultimo, vedendo Lisa con la faccia immersa nella carta dei vini, scosse la testa: “Ti devo salutare Jamie – disse, facendo poi una pausa – Esatto, hai capito…ti amo anch’io. Dai un bacio ai bambini”

Subito dopo si rivolse alla giovane collega, con fare canzonatorio: “Chardonnay o Pinot Grigio?”.

Con l’espressione di chi risponde a una domanda retorica e inutile, Lisa lo scrutò con sguardo circospetto: “Sono astemia”.

“Lo immaginavo – David prese possesso del paravento improvvisato – Basta con questo teatrino”.

Passarono pochi attimi e i posti liberi al loro tavolo furono occupati da Daniela e Holly. Proprio quando la sala era ormai gremita dallo staff al completo, una voce fece sobbalzare Lisa: “Allora è questo il tuo animale da compagnia”.

Con molto disappunto la diretta interessata alzò lo sguardo su uno splendido Stephan, agghindato di tutto punto, con camicia e jeans stinti che gli donavano quasi più della tuta con cui l’aveva visto nel pomeriggio.

Lisa era così intenta a interrogarsi su cosa fosse più bianco, se i suoi denti perfetti o la camicia inamidata, che quasi non sentì la domanda del maestro di arti marziali: “Posso sedermi qui? Sempre che alla tua pantera non dispiaccia…”.

La ragazza scosse distratta la testa e con un gesto ordinò a Felina di spostarsi.

“Posso accarezzarla?” a tale domanda Lisa abbassò il capo e scese dalle nuvole: la pantera aveva bruciato le tappe e ora se ne stava col testone appoggiato in grembo a Stephan; la padrona sussultò, timorosa che il ragazzo potesse spaventarsi e scatenare il putiferio con qualche gesto brusco. Tuttavia l’animale e lui si stavano limitando a scrutarsi con curiosità.

Lisa scoppiò a ridere e si strinse nelle spalle: “Ormai vi siete presentati, non avete più bisogno di me”.

Qualche tavolo più in là James stava assaggiando il suo antipasto, quando gli giunse all’orecchio la risata cristallina di una voce femminile, a lui ben nota.

Grande errore fu quello che fece nel girarsi verso la fonte del suono: ciò che vide ebbe un effetto pungente sui suoi sensi: Lisa sorrideva radiosa, rivolta a un ragazzo giovane e decisamente carino (anche se James era ben consapevole che ciò che lui, da uomo, definiva carino, per una donna era il più delle volte spettacolare).

Entrambi stavano ricoprendo di attenzioni una soddisfatta Felina, che contraccambiava il gesto con generose leccate alle mani del bel sconosciuto.

A malincuore l’attore si lasciò sfuggire un sospiro; la pantera non era mai stata così affettuosa nei suoi confronti: “Avrà un sesto senso per gli stronzi” bofonchiò fra sé e sé, facendosi comunque sentire da Ludovic che cenava al suo fianco.

“Come dici, scusa?” lo interrogò quest’ultimo.

Ignorando la domanda, James gliene pose un’altra, con fare distratto e disinteressato: “Chi è il tizio al tavolo di David?” non fece neppure lo sforzo di girarsi verso il diretto interessato.

“E’ il maestro di arti marziali della Corte di Diamante; uno dei tanti amici di Leonard”.

“Se li sceglie bene” osservo James, omettendo di proposito il soggetto –femminile- della frase; poi tracannò il bicchiere di vino che si era appena versato.

Il seguito della serata fu leggero e spensierato per Lisa: rimase nella sala di lettura dell’albergo coi suoi colleghi, a guardare un’insolita Felina giocare con Stephan.

Quando il maestro di Tessen si offrì di accompagnare pantera e relativa padrona alla loro camera, Lisa non ebbe nemmeno un attimo di esitazione; si fidava di Felina, credeva fermamente nel suo sesto senso e nella simpatia che riponeva in quel ragazzo.

Difatti il tragitto dalla hall alla stanza fu interamente occupato dai mugugni divertiti dell’animale, ogni volta che Stephan la stuzzicava con una tirata di orecchie o uno spintone; giunta a destinazione, Lisa era ormai convinta di essere il terzo incomodo del momento.

Aprì la porta con la tessera magnetica e fece un fischio per richiamare l’attenzione dell’amica a quattro zampe; quest’ultima smise di rincorrere il nuovo compagno di giochi per il corridoio e si infilò con un mezzo ruggito nella camera, quasi a voler dire “Ho vinto io!”

Solo allora Lisa si accorse che alla maniglia penzolava la solita cartellina col programma del giorno seguente: la afferrò e cominciando a contemplarla varcò la soglia della camera.

Quando si girò per richiuderla si trovò a un palmo dal naso di Stephan: “Non mi saluti nemmeno?”.

La sorpresa di ritrovarselo lì, con un piede oltre la soglia, appoggiato allo stipite, fu troppo anche per la glaciale Italiana. Balbettando una mezza scusa ritornò sui suoi passi: “A dire il vero la più maleducata è Felina- lanciò un occhio al letto per vederla lisciarsi placidamente il pelo- Lei è letteralmente scappata!”.

Stephan si aprì in un sorriso mozzafiato e riempì il corridoio con una risata vibrante: “A dire il vero è stata estremamente educata e…discreta” disse l’ultima parola abbassando il tono della voce.

In tutta risposta, Lisa ordinò mentalmente ai propri occhi di non spalancarsi nella loro tipica posa da pesce lesso.

“Respira…Respira e fingi indifferenza…E non guardargli il torace” troppo presa dalla propria opera di convincimento, la ragazza lanciò un occhiata in basso, sulla tabella di lavoro.

Rimase a bocca aperta, quando l’attenzione le cadde sulle parole “Prova copione”, relative alla mattina dopo: non immaginava che la parte relativa al film vero e proprio sarebbe cominciata così presto.

Tutt’a un tratto nella sua testa non c’era più spazio per i denti perfetti o i pettorali o lo sguardo ammiccante di Stephan.

All’improvviso due mani forti entrarono nel suo campo visivo, afferrando la cartellina: “Questa la prendo io!” esclamò il ragazzo con un tono tra l’indispettito e il divertito.

Cercando di restare seria, Lisa rinsaldò la presa e cominciò a supplicare, ma quel tira e molla non fece altro che avvicinarla di più al Maestro di arti marziali.

Fu così che tra un “Ridammela!” e una risata, la ragazza si trovò avvinghiata in un mezzo abbraccio, la cartellina ormai irraggiungibile.

Non fece nemmeno in tempo a capacitarsi della situazione che alle sue spalle udì una serie di passi in avvicinamento; quando Lisa riuscì a buttare l’occhio dietro di sé era ormai troppo tardi.

Una figura maschile, di spalle e col cellulare all’orecchio, stava aprendo una porta, o meglio la porta di fronte alla camera dell’Italiana.

James si voltò e senza interrompere la conversazione fucilò Lisa con le sue iridi ghiacciate.

Il primo, vero sguardo dopo mesi di lontananza e la ragazza percepì una profondità tale in quell’occhiata carica di odio, che tremò sulle gambe, ringraziando per un istante di essere sorretta dall’abbraccio di Stephan.

Il biondo attore varcò la soglia della propria stanza, poi si girò nuovamente a fissarla, perforandola con una nuova occhiata: “Notte Pat –parlò al telefono- Anch’io ti amo”.

Detto ciò, semplicemente, chiuse la porta con un colpo deciso.

gelb_augen ; crys; romina75; Bell_Lua; memole_88; ElleBaker e tutti gli altri che hanno letto senza commentare…sono tornata!

E’ vero, è passato quasi un anno e probabilmente molte di voi si saranno dimenticate di questa fanfic…MA IO CI SONO ANCORA!! E LA STORIA NON è FINITA!

Vi ri-aspetto numerose!

Buona lettura

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Capitolo 30
*** XXX CAPITOLO ***


XXX CAPITOLO

 

 

romina75: eccoti!! D’accordo, sono una pessima ritardataria, ma mantengo sempre le promesse…e ben 1 anno –e 30 capitoli fa- avevo promesso che questa sarebbe stata una Fanfic completa!

Come promesso…ho riaggiornato subito…ora che ho più tempo per me, mi rivedrai molto spesso nelle  “ultime storie”….Grazie per essere ancora qui.

Buon capitolo!!

 

 

 

“Tesoro non puoi immaginare! Avrei voluto sprofondare!” Lisa allargò le braccia e calcò il tono della voce, ad enfatizzare il concetto.

Dall’Italia una sempre sincera Alice non potè fare altro che sospirare: “Non ti invidio cara mia…E l’aitante istruttore come l’ha presa?”.

L’altra si sedette al tavolo del ristorante, pronta per la sua super colazione: “Secondo te? Ero più interessata all’ordine del giorno che a lui” fece roteare vistosamente gli occhi, quasi a voler coinvolgere nella conversazione David, seduto di fronte a lei.

 

“Ma…James… –si informò Alice- Puoi descrivere con precisione il tipo di sguardo che ha usato? Magari hai frainteso!”.

Frainteso?! –sbottò l’altra- Mi ha letteralmente demolita. E’ stata…una mitragliata a bruciapelo. Devo avere ancora i fori, da qualche parte” con fare ironico finse di esaminarsi il vestito di lana grigia.

A quella battuta David quasi si affogò col caffè; non voleva riderle in faccia, ma non poteva resistere all’ingenua simpatia dell’italiana.

 

“E ora come farai? Rischi di incontrarlo tutte le mattine…più di quanto non rischi già!” constatò Alice.

Lisa stette un istante immobile: “Chiederò di cambiare stanza”.

“Sono tutte occupate” la risposta giunse, inaspettata, proprio da David.

“Come non detto –bofonchiò sovrappensiero la ragazza, poi si rivolse all’amica –Aspetta un attimo…tu capisci l’Italiano?” concluse poi, questa volta interrogando David.

“Io sono di origini Italiane”.

 

Dopo una frazione di secondo, in cui Lisa fece il bilancio dell’ennesima figuraccia, appurò che in confronto agli sfondoni degli ultimi giorni quella era poca cosa.

“Comunque –riprese di nuovo al cellulare –Hai per caso sentito le altre?”.

“Solo di sfuggita, due giorni fa –Alice si insospettì- Perché me lo chiedi?”.

“Tanto per sapere- l’amica assaggiò uno scialacquato caffè americano- Ho scoperto che il giorno del Ringraziamento cade la terza settimana di Novembre. Se non avete esami potreste fare un salto qui!”.

 

Uno sbuffo dispiaciuto oltrepassò l’oceano e raggiunse Lisa: “Sono mortificata tesoro, ma credo che gli impegni di Mary e Laura siano inconciliabili con i miei. Sarà dura riuscire a combinare tutto”.

L’altra storse il naso delusa e rispose con un rassegnato: “Non importa, vorrà dire che rimanderemo!”

Le due si congedarono, poi Lisa si concentrò interamente sulla colazione. O quasi…

 

Al tavolo insieme a lei e David c’erano i tecnici degli effetti speciali, tutti presi nelle loro discussioni tecnologiche e virtuali, di conseguenza la ragazza si concesse una battuta azzardata: “Come avrai intuito ieri la serata non si è conclusa in modo tranquillo”.

“Già” fu la laconica affermazione che ricevette dal collega.

Con fare circospetto Lisa appoggiò la tazza calda sul piattino: “Come facevi a sapere che tutte le camere dell’Hilton sono occupate?”.

 

In risposta ricevette un imbarazzato silenzio, che si concluse con la semplice frase: “Stamattina James ha chiesto che gli fosse cambiata la stanza- sospirò David con la faccia immersa nel Washington Post- Ma non è stato possibile”.

Tale affermazione lasciò Lisa di stucco: il biondo attore che le toglieva tuttora il respiro l’aveva preceduta, facendo di tutto per allontanarsi da lei.

“Esci dalla mia vita” gli aveva ordinato; l’obbedienza da lui dimostrata si rivelava ora persino dolorosa.

Davvero James aveva accettato l’oceano posto da Lisa a dividerli?

 

Apparentemente senza alcun motivo valido, se non quello di farsi del male, Lisa domandò: “Ti ha parlato di…qualcosa…riguardo ieri sera?”.

David espresse la sua contrarietà inarcando entrambe le sopracciglia: “Non ho intenzione di fare da medium in questa faccenda- alzò un indice con fare di rimprovero- Ricorda quello che ti ho detto: lavora sodo e..”

“E stai al tuo posto” lo interruppe la ragazza sbuffando; inghiotti quella faccenda con l’ultimo sorso di caffè e si preparò allo studio del copione.

 

Tale fase del lavoro si sarebbe svolta direttamente nel padiglione dei fondali: vari operai stavano realizzando alla velocità della luce la “Corte di Diamante”, un soppalco che si sviluppava su 4 piani sfalsati, sezionato su un lato, come una gigantesca casa delle bambole, per consentire delle rapide carrellate a tutt’altezza.

Lisa rimase abbagliata dal candore del set, ormai imbiancato nella sua totalità: per la prima volta prese contatto con la grandiosità del film, in parte creato da lei stessa.

Ludovic e suo padre discutevano in un angolo, profondamente concentrati e ignorarono la presenza dei due attori.

 

Solo dopo qualche minuto di apatia, Leonard si voltò con aria di rimprovero verso la figlia: “Lisa, non devi aspettare me per dare il via- le parlò in Italiano, accentuando l’intimità di quel richiamo- Non sei una semplice attrice, ma anche quella che ha creato i personaggi. Spetta a te istruire David”.

Quest’ultimo, nella sua limitata conoscenza della lingua, aveva afferrato il concetto, così annuì, ad incoraggiare la collega: “Ha ragione. Chi meglio di te conosce la storia?- prese il proprio copione- E non sentirti in soggezione”.

 

Con un sospiro teso la sceneggiatrice in erba aprì il fascicolo con le battute del giorno; David non sbagliava, la storia era una sua creatura, infatti le bastarono pochi secondi per inquadrare la scena a cui si sarebbero dedicati in giornata.

La ragazza sapeva che lo sviluppo delle riprese dei film non andava praticamente mai di pari passo con l’ordine cronologico della trama, più per motivi logistici che per altro; tuttavia quella coincidenza non potè che strapparle un sorriso amaro.

 

Scuotendo la testa si accinse a contestualizzare la scena, con un tocco di ironia nella voce: “Siamo a quasi un terzo del racconto: Raina, la protagonista, torna a casa dopo la ricognizione che l’ha portata faccia a faccia con l’uomo amato, che credeva morto -quasi faticò a raccontare- Il Re la vede turbata e la interroga sul perché”.

 

Le due ore successive furono dedicate allo studio di dieci, quindici battute a testa, non di più: David aveva bisogno di inquadrare il proprio personaggio e Lisa non aveva mai recitato fino ad allora, così si trattò di una piacevole seduta di confronto, al termine della quale Leonard e Ludovic vollero visionare lo stato di avanzamento del lavoro.

La ragazza sfogliò smarrita le pagine che aveva fra le mani, cercando uno dei passaggi chiave; lo indicò a David che annuì.

 

 

Con molta ansia Lisa prese posto appoggiata a una balaustra della scena; si impegnò ad assumere l’atteggiamento caratteristico della protagonista: teso, severo, ma placido, di chi è in pace col mondo benchè bersagliato da un vortice di negatività.

David le si avvicinò, con una lentezza quasi snervante, ma era il risultato che voleva ottenere: chi ha l’eternità davanti non ha mai fretta.

Poi con estrema delicatezza i accostò alla schiena di Lisa, aderendovi completamente; i visi erano accostati, la ragazza sentiva il respiro di lui nell’orecchio, tuttavia senza che quella vicinanza estrema le procurasse imbarazzo.

Tale contatto risultava professionale, pur nella sua intimità, e la fece sentire stranamente rassicurata.

 

Poi David cominciò a parlare: “Chi era?” domanda netta, concisa, esplicitamente riferita a James, o meglio, a Lucius, il suo personaggio.

Colpita da un improvviso nervosismo, Lisa rinsaldò il contatto con il collega, aggiungendo involontariamente ulteriore intensità alla scena.

Con la gola secca la ragazza rispose: “Qualcosa che è rimasto” mantenne lo sguardo fisso nel vuoto, sapendo che pure David stava facendo lo stesso.

“Ma che non ti appartiene più” puntualizzò il Re della Corte.

Con un sospiro denso di significato, Lisa ribattè: “Ti sbagli: sono io che non appartengo più alla vita- fece una pausa e inarcò un sopracciglio, continuando la sua parte- Te ne sei forse dimenticato?”.

 

Il suo primo, fulmineo sketch era terminato.

Dalle loro postazioni Ludovic e Leonard si guardarono, ammutoliti.

Fu proprio il regista a proferir parola per primo: “Accidenti ragazzi…Rimpiango di non avere qui tecnici delle luci, truccatori e costumi di scena- allargò le braccia incredulo- Era perfetta!”.

La ragazza sentì la tensione del collega sciogliersi e d’un tratto le parve di avere un morbido cuscino alle spalle; con gran dispiacere non riuscì ad imitare David e restò lì, arpionata alla balaustra.

 

“Possiamo riprendere col lavoro, ora?” chiese con voce roca, niente a che fare col timbro profondo che aveva tenuto durante la recitazione.

Un cenno del padre le diede risposta affermativa e Lisa sbuffò profondamente, per poi tornarsene al suo sgabello e al suo rassicurante fascicolo.

“Qualcosa non va?” domandò quasi in un sussurro David.

La giovanissima attrice si passò una mano sulla fronte, scostando qualche ciuffo ribelle troppo corto per stare nello chignon; davvero tante cose della sua vicenda si riflettevano nella trama del film.

Quanto a lungo sarebbe riuscita a tollerarle?

“Lo scoprirò” mormorò poi, rispondendo sia alla domanda di David, sia a quella che nascondeva dentro di sé.

 

Il rientro in albergo, quella sera, fu come l’arrivo in terra santa, per Lisa.

Non pensava che recitare qualche battuta l’avrebbe lasciata coi muscoli così tesi ed indolenziti: quando nel pomeriggio si era dovuta dedicare alla lezione di Tessen, aveva faticato a seguire i movimenti fluidi del maestro Stephan.

La compagnia di Holly e dell’istruttore aveva alleggerito l’atmosfera opprimente della mattinata; le risate con gli altri due compagni erano continuate fino alla sala ristorante, dove ora si apprestavano a cenare.

 

Quella sera niente menu a carte, l’accolse invece un più spartano buffet, attorno a cui si accalcavano in un centinaio, tra comparse, tecnici e costumisti.

Mentre un inserviente consegnava a Lisa il guinzaglio a cui era legata l’amata Felina, la ragazza fu colta da un’improvvisa stanchezza; era solo il terzo giorno di lavoro e già accusava il colpo.

In attesa del proprio turno, Lisa si appoggiò a una parete, isolandosi dal forte brusio della sala.

Quando una mano le picchiettò sulla spalla, in un gesto che poteva solo significare “vorrei passare”, la ragazza si sollevò di scatto, pronta a scusarsi.

 

Prima ancora che l’immagine davanti a lei fosse registrata e interpretata dal suo cervello, la pantera cominciò a ringhiare.

Una chioma bionda e due occhi di ghiaccio urtarono la vista di Lisa: “fastidio” fu la sensazione che la pervase.

Non tristezza o rabbia, ma più semplicemente insofferenza; mentre quella stessa mattina i ricordi del passato l’avevano stordita, la realtà del presente fu per lei un prurito insistente, nulla di più.

Le fatiche della giornata le impedirono di reagire, così se ne restò lì, immobile, fissando con aria di attesa quel volto che l’aveva emozionata così tanto.

 

La voce di James fu quasi un sibilo: “Permesso”.

La banalità di tale parola risvegliò l’animale ferito che giaceva ancora sopito dentro Lisa; con aria di sufficienza rinsaldò la presa sul guinzaglio e si strinse ancora di più addosso la sua corazza invisibile.

“Passa pure” rispose quasi ringhiando, come avrebbe probabilmente fatto Felina se ne fosse stata in grado.

Nulla di più, niente di speciale o particolarmente doloroso.

Quello, constatò Lisa, era solo un odio puro.

 

 

 

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Capitolo 31
*** XXXI CAPITOLO ***


XXXI CAPITOLO

romina75: bene, è cominciata la gara a chi di noi due sarà più veloce a scrivere J ahahahah!

A parte gli scherzi…ammetto che sto continuando a caricare, caricare e caricare la trama di tensione. La vera masochista sono io!! Quando verrà il momento dell’esplosione, si rischierà di cadere nel cataclisma più totale…No dai, non voglio essere tragica, però riconosco che non è facile gestire INSIEME due personaggi che insieme NON CI DEVONO e NON CI VOGLIONO STARE: è inevitabile che i momenti di incontro si tramutino in realtà in momenti di scontro…e nel prossimo capitolo la cosa sarà ancora più evidente.

Grazie ancora per la tua assiduità ..e per i complimenti, ovviamente!!

A presto!

Un mese più tardi

Quella fu solo una delle molte frecciate che i due si lanciarono nelle settimane successive, ma per Lisa valeva più di tutte le altre: l’aveva vissuta come una dichiarazione di guerra.

La ragazza sospirò, accingendosi a provare una delle coreografie di combattimento con David.

Era ormai metà Novembre, la Corte di Diamante era bella che finita; coi suoi baldacchini e tappeti di pelliccia candida, prometteva di diventare il must dell’anno in fatto di moda d’arredamento.

Lo studio del copione era a buon punto e i tecnici degli effetti speciali stavano già lavorando all’elaborazione elettronica dei primi spezzoni di film.

In quel gelido pomeriggio autunnale, Lisa e David avrebbero affinato gli ultimi dettagli a una delle scene più faticose e spettacolari del film: si trattava di 5 minuti in cui Raina e il suo Re simulavano un intenso allenamento di guerra, intervallato da battute di copione taglienti e provocatorie riguardanti Lucius, o meglio James, nella veste di cattivo.

La difficoltà stava nel riproporre ogni movimento alla perfezione, senza accusare neppure un minimo tremolio nella voce: gli Immortali non possono avere il fiatone.

Lisa prese posto a un lato del padiglione della sala verde, cercando di ignorare i fastidiosi sensori che le ricoprivano il corpo.

Poi afferrò due ampi ventagli bianchi, forniti di barre di ferro che simulavano le lame; David la attendeva, in posizione di difesa, proteggendosi dietro due ventagli neri, che in movimento creavano un effetto scenico di contrasto, rispetto a quelli candidi della ragazza.

Dopo un breve sospiro Lisa partì: in primis si esibì facendo roteare le armi, poi cominciò con i finti calci e fendenti.

Pur essendo lame fittizie un loro colpo lasciava comunque lividi e ammaccature, così David stette attento a colpirla solo con la parte di tela dell’arma.

Finito il primo scambio di tecniche lui parlò: “Non è questo che mi aspettavo da te- simulò un calcio rotante e Lisa girò le spalle per evitarlo- Sei la Regina”. La frase alludeva allo sketch che avrebbe preceduto quello che stavano girando: Raina, di fronte al Re di Tenebra, si era rifiutata di combattere.

Tutte scene che dovevano ancora essere immortalate su una pellicola cinematografica, ma che Lisa temeva già.

La ragazza lasciò che un flash le percorresse la memoria: risaliva a tre settimane prima, quando, alla fine dell’ennesima giornata di prove, aveva indugiato qualche minuto fuori dalla camera d’albergo; Laura l’aveva chiamata per accordarsi su un’eventuale visita negli States ed erano rimaste a ridere e scherzare più del dovuto.

A un certo punto la porta di James si era aperta e lei se lo era trovato lì, con la sua usuale impertinenza.

L’aria nel corridoio si era addensata a tal punto che persino Laura aveva smesso di parlare.

Il biondo attore e Lisa si erano fissati a lungo, “senza motivo”, avrebbe raccontato lei in seguito, nessuna parola era uscita dalle loro labbra, nessuna espressione descrivibile era passata sui loro volti.

Quell’attimo di stallo era finito quando James aveva richiuso la porta, tornando nella sua tana.

“Qui la temperatura è scesa improvvisamente di 10 gradi- aveva commentato sardonica Laura- Lì come va?”.

Anche in quel momento, nella sala verde, c’era dannatamente freddo e Lisa si infuriò nel rendersi conto della cosa.

“Una regina non deve niente a nessuno- continuò a recitare- Prima di tutto è sovrana di se stessa” caricò i fendenti successivi di una furia che non aveva mai usato prima, tanto che David stentò a starle dietro.

Il flash successivo la raggiunse di sorpresa, spiazzandola.

Risaliva al giovedì precedente; Lisa era appena entrata in ascensore, quando un tlin l’aveva avvisata che qualcuno aveva prenotato la chiamata, prima che le porte si chiudessero del tutto, così si erano riaperte.

Girandosi, dentro di sé sapeva già chi il destino le aveva riserbato di trovare alle sue spalle; James non fu una sorpresa.

Con uno sbuffo all’unisono i due si erano scrutati in un gioco di forze basato su sguardi vuoti e insensibili; alla fine James aveva ceduto e senza battere ciglio si era diretto verso le scale.

Solo Felina aveva mugugnato, compiaciuta di quella piccola vittoria.

Pure nel presente Lisa mugugnò, un ansito di fatica e rabbia che diede enfasi alla piroetta che fece, lanciando un ventaglio contro il collega.

Come da copione, questi lo evitò- nel film sarebbe stato inserita una scena in cui David lo prendeva al volo, con l’aiuto degli effetti speciali. Poi afferrò il braccio di Lisa, rimasto teso, traendola a sé.

Arrivando a un palmo dal suo naso le alitò in faccia le semplici parole: “Tu appartieni a me”.

Fu il netto applauso di Ludovic a interrompere l’atmosfera elettrica che si era creata.

Non era nelle intenzioni di Lisa sfogare la frustrazione dell’ultimo mese su David, ma lì per lì era stato inevitabile.

“Complimenti ragazzi- li raggiunse la voce di Leonard- Ottimo lavoro; direi che qui abbiamo finito. Andate pure a cambiarvi”.

Lisa annuì e prendendo le distanze da David si diresse all’angolo dove aveva lasciato i suoi vestiti: mentre Ben, uno dei decnici degli effetti speciali, la liberava dai sensori fu ragguinta dal solare Stephan: “Sei stata grande- le cinse le spalle con un braccio e si rivolse a David- Insieme siete due combattenti perfetti; sono un insegnante fortunato”.

Lisa gli sorrise lievemente mentre beveva dalla sua bottiglietta, ringraziandolo con una pacca sulla schiena; non riuscì a elargire abbracci o altri gesti di affetto, doveva restare immobile per farsi togliere di dosso i fastidiosi chip.

Alan, un ragazzino poco più che maggiorenne ma geniale nel settore dei computer, stava riservando lo stesso trattamento a David, qualche metro più in là.

“Come va?” le chiese l’attore, in un italiano dal forte accento inglese: aveva preso a rivolgersi a lei nella sua lingua madre, ogni tanto, spesso per divertimento, più raramente per parlarle senza farsi capire dagli Americani circostanti.

La maggior parte delle volte Lisa rispondeva sghignazzando per i suoi errori di pronuncia, ma in quel caso non potè fare a meno di notare il tono serio nella sua voce.

“Me la cavo” rispose brevemente.

“Prima ti ho vista molto tesa”.

La ragazza trasse un respiro profondo e lo guardò negli occhi; già una volta si era sentita dire quella frase.

Era successo qualche giorno prima, durante uno dei buffet allestiti per cena; Lisa si era trovata in fila davanti a David, James che attendeva il proprio turno –ironia della sorte- davanti a lei.

A un certo punto un inserviente aveva fatto cadere un cabaret di salmone affumicato e i presenti in prima fila avevano indietreggiato bruscamente, creando un effetto Domino.

Così James era stato spinto all’indietro, finendo su Lisa, che era caduta addosso a David.

Per una frazione di secondo si era trovata schiacciata tra i due, annaspando in cerca di aria, benchè ce ne fosse in abbondanza.

La mossa successiva di James era stata la scelta peggiore: si era girato per scusarsi con chi aveva involontariamente calpestato; purtroppo quel chi era proprio Lisa, sorretta alla bell’e meglio dall’abbraccio improvvisato di David.

Quell’ennesimo ricordo la fece sospirare e con sguardo neutro fece un cenno alla tutina aderente con cui era inguainato David, tenuta d’obbligo per le riprese in sala verde: “Ti dona- scherzò, cambiando volutamente discorso- Ci vediamo a pranzo?”.

Lui scosse la testa: “Oggi no, ho promesso di mangiare fuori con…” indugiò sul nome finale.

Tale tentennamento portò Lisa a roteare gli occhi, in un misto di stizza e stanchezza: “Con lui…Ho capito” completò infine la frase, un po’ delusa.

Fingendosi imbronciata indossò una tuta felpata su quella di scena: “Sono gelosa” scherzò poi.

David sorrise, passandosi un asciugamano sul viso sudato ma perennemente sereno: “Non dirlo troppo forte- la canzonò- Ci sono orecchie indiscrete ovunque”.

Lisa gli lanciò il tappo della bottiglia: “Sai cosa intendo: dover condividere le persone e le cose della mia vita con lui mi rende…frustrata- era ormai seria, quando accartocciò la bottiglia di plastica fra le mani- E a volte pure un po’ sola”.

David sospirò, intento a fissarla mentre recuperava il tappo per riavvitarlo.

Erano quasi due mesi che lavoravano insieme, a volte anche 10 ore al giorno e molto spesso in compagnia solo dell’altro; un duetto lavorativo molto affiatato. Volenti o nolenti, si erano ritrovati a conoscersi, a volte in modo sorprendente anche per loro stessi.

Raramente Lisa aveva elargito complimenti o accenni di sensibilità, in quell’arco di tempo; dopo l’iniziale stupore, David si aprì in un sorriso di piacere.

“Persone della sua vita”…In quell’espressione Lisa aveva compreso pure lui; alla fine aveva trovato i suoi equilibri, in quel mondo difficile, fatto di volti, luoghi e ritmi del tutto nuovi.

Ma ogni tanto dimostrava ancora la sua fragilità di ventenne, davvero matura per la sua età, ma forse un po’ troppo per riuscire a gestirlo.

Senza privarsi del suo eterno mezzo sorriso, David rispose alla considerazione di lei: “E a me fa sentire a disagio essere chiuso su due fronti- recuperò i propri vestiti, pronto ad andarsene- Non sono molto bravo a giocare nel ruolo della Svizzera”.

Lisa si lasciò contagiare dall’aria pacifica del collega e rise: “Non dirlo a me, che a Risiko sono una frana” nello stesso momento in cui pronunciò tale frase, la sua mente le ripropose una carrellata di tutti i flash di James, dal suo arrivo a Los Angeles fino ad allora.

In effetti era vero il contrario: si era dimostrata fin troppo corretta con lui e la cosa la sorprese; solo qualche tempo prima aveva reagito alla sua vista facendo letteralmente esplodere una bottiglia.

A malapena si riconosceva, in quella sua nuova tranquillità.

Un lieve buffetto di David la risvegliò dall’ennesimo viaggio mentale della mattinata: “Oggi pomeriggio non ci sarò. Mi raccomando, comportati bene”.

Lisa fece finta di non capire ma il dito puntato del suo collega le comunicò che lui non aveva abboccato: “Promettimelo!” insistette l’attore; gli bastò un cenno del capo come conferma, prima di dirigersi alla doccia più vicina.

In effetti quello era un giorno particolare: Lisa avrebbe recitato per la prima volta senza di lui.

Ormai le scene che coinvolgevano esclusivamente i loro due personaggi, all’interno della Corte, erano pronte: era il grande momento delle scene di battaglia, con riprese in esterna.

Quasi con sdegno la ragazza prese il copione: quella sera Raina avrebbe incontrato Lucius.

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Capitolo 32
*** XXXII CAPITOLO ***


XXXII CAPITOLO

 

 

Holly raggiunse Lisa in camera sua e la trovò con l’inseparabile cellulare all’orecchio.

“Chi è delle tre?” chiese la Messicana, riferendosi palesemente alle amiche-sorelle della collega.

“Marina”.

“Ah…salutamela. E dille che non vedo l’ora di conoscerla!”

Lisa tradusse e riferì il messaggio, poi riprese il discorso in Italiano: “Ormai cominciano a formarsi le prime scene fatte e finite, con tanto di effetti speciali- fece una pausa, poi rise- No, non credo proprio che Ennio Morricone scriverà le musiche…a riguardo siamo ancora in alto mare”.

 

Dopo alcune battute scherzose, le due si salutarono dolcemente.

“Quale delle tre sposerai?” domandò divertita Holly.

“Tutte! Non potrei mai separarmi da nessuna di loro- Lisa sbuffò e prese il copione- Com’è il tempo, fuori?”.

L’altra storse il naso: “Pove a dirotto!”. In risposta ebbe l’espressione esasperata della compagna: “Sarà un inferno far lavorare Felina sotto l’acqua!”.

Scacciò con un movimento del capo il dolce e impertinente ricordo di lei e James, sotto al temporale, la sera del loro prima bacio.

“Risparmieremo sugli effetti speciali” concluse brevemente prima di uscire. Destinazione: gli Studios, per la seduta di trucco e vestizione.

 

In effetti la scena fatidica dell’incontro si doveva svolgere sotto una pioggia battente e qualcuno da lassù aveva esaudito tale necessità.

Lisa alzò il capo al cielo delle quattro di pomeriggio, ormai buio pesto.

“Mi vuoi prendere in giro?” chiese mentalmente a quel qualcuno, mentre attendeva l’arrivo del Chrysler di sevizio.

 

Ormai Lisa e Holly erano abituate alle tre ore che ogni giorno trascorrevano sotto le mani di Daniela e Lorianne, ma quel giorno erano tutti incredibilmente tesi: capelli, vestiti e trucco avrebbero dovuto resistere alle secchiate d’acqua del temporale e ogni cosa doveva essere calcolata alla perfezione.

 

Mentre una delle assistenti sistemava le extension di Lisa, arrivò Stephan, con pugnali, ventagli e varie armi di scena: “Tutto bene?” salutò Lisa con un buffetto sulla guancia.

Lei nel cercare di girare la testa verso di lui, ricevette un forte strattone alla nuca: “Ahia!- con una smorfia di sofferenza lo guardò, riflesso della specchiera- No…E’ tutto un disastro”.

L’istruttore la consolò con un caldo sorriso: “Dici sempre così, e tutte le volte va alla grande”; mentre parlava si dedicò ai pugnali di Holly, già pronta a partire, e la aiutò a indossare i foderi.

Lorianne afferrò con forza il mento dell’italiana, a intimarle di stare ferma: il mascara era sempre una tortura per la ragazza.

 

Giusto in quel momento arrivò pure Leonard: “E’ tutto pronto: come avevamo accordato ci sarà lo sketch di lotta con le comparse, poi lo scambio di battute con Holly e la corsa sui tetti”.

Lisa fu costretta a combattere con un immenso pennello da cipria per riuscire a guardare suo padre negli occhi: “Dovrò fare il cambio scarpe…Daniela, le puoi mettere in macchina per favore?- gridò alla costumista, che correva da una parte all’altra del camerino- Quanto dobbiamo fare in fretta?”.

 

La tempistica sotto la pioggia era il problema preminente: Lisa non poteva far attendere macchinari e quasi 30 persone, tra cameramen, tecnici e comparse per un suo errore o per distrazione.

“Non vorremmo ripetere le scene più di due volte l’una..-specificò il regista- Massimo un’ora e mezza: il temporale sembra calato e ne approfitteremo”.

Lisa portò una mano alla fronte e in risposta fece il saluto del militare: dire sissignore avrebbe fatto infuriare Lorianne, che le stava mettendo il lucidalabbra.

Con uno scatto l’attrice fu in piedi, pronta a indossare le guaine dei ventagli; Stephan le fu subito dietro e la sentì sbuffare per la tensione: “Com’era il punto di stacco?- chiese al maestro- Due pugni, calcio alto, poi tiro fuori i ventagli e…”

“E alla fine calcio rotante rasoterra- completò per lei Stephan- Smettila di ripetere la lezione, l’hai imparata a memoria”.

 

Lisa chiuse gli occhi e si sciolse le spalle, inguainate dalle cinghie dei ventagli: Stephan gliele afferrò e con una stretta delicata fece per massaggiarle.

“Stasera sarai molto più rilassata e serena- il ragazzo fece una pausa in cui Lisa restò nel silenzio più totale- Ci vediamo stasera a cena?”.

In quell’istante il clacson del Chrysler Sedan annunciò a Lisa che era il momento di andare in scena; con un cenno veloce del capo rispose a Stephan: “Va bene! Ci sentiamo quando torno in albergo!”.

Poi corse verso l’auto, proteggendosi con un mantello lungo fino ai piedi.

 

Appena fu dentro Holly le domandò: “Cosa voleva?”.

Lisa si sistemò sul sedile posteriore: “Niente…Mi ha solo detto che ci vediamo a cena”.

La chioma voluminosa della compagna si girò di colpo verso di lei: “Cosa?!”.

L’italiana la fissò con sguardo interrogativo: “Ti vedo stupita…”.

Holly si battè una mano sulla fronte: “Certo che sono stupita…Stephan ti invita a cena e tu me lo dici così, come se niente fosse?”.

Lisa si sistemò contro lo schienale e riflettè; quando le parve di aver rimesso insieme tutti i pezzi del puzzle, aggrottò la fronte: “Dici sul serio? Era un invito, quello?”.

L’unica risposta che ricevette fu uno sconfortato: “Sei senza speranze”.

 

La scena era stata allestita a 5 minuti dagli Studi al chiuso, all’interno dei recinti della Century Fox; un tragitto breve, che alla ragazza parve fulmineo, per la miriade di pensieri che la pervadeva.

Non sapeva a cosa dare la priorità, se al copione, a James, o all’imminente appuntamento con Stephan.

Quando si ritrovò sotto una pioggerellina insistente, in mezzo a fari, telecamere e binari perle riprese veloci, scollegò il cervello e corse verso il padre.

Si sorprese di trovare lo staff del regista sotto una tenda che li proteggeva a malapena da acqua e fango: era incredibile come si passasse dal budget milionario del film a scene improvvisate di quel tipo.

 

Al suo arrivo una manciata di comparse in bianco si liberò di k-way e impermeabili, pronti a girare la scena, già provata mille volte in interna.

Noncurante delle fastidiose gocce che lo imperlavano, James se ne stava in mezzo al fondale, fumando una sigaretta, con a fianco l’attore che gli faceva da co-protagonista: David Gallagher.

Lisa lo conosceva per il ruolo di Simon, nel Telefilm “Seven Heaven; tuttavia il ragazzo che aveva di fronte, moro, corredato di piercing e tatuaggi di scena, non aveva nulla a che fare con l’angelico biondino della serie TV. Prometteva, con quell’interpretazione, di diventare il nuovo idolo dlle ragazzine, al pari di Robert Pattinson e Orlando Bloom.

 

Entrambi gli attori le lanciarono un’occhiata distratta, fingendo di non vederla.

Avendo evitato la corte di Tenebra per settimane, Lisa non aveva stretto amicizia con nessuno dei suoi membri, compreso Gallagher.

Holly lo aveva descritto come un ragazzo alla mano, che vedeva però in Lisa –sue testuali parole- una spocchiosa figlia di papà. L’influsso di simpatia che era emanato da James di sicuro non migliorava il quadro.

 

Lisa fece spallucce e si liberò del mantello, restando sotto la pioggia.

“Tutti in campo! Si gira!- gridò Leonard battendo le mani- Chi deve comparire solo nella scena terza esca dal fondale”.

Riferimento molto esplicito, quello; la figlia del regista rabbrividì dal freddo, mentre i due  -soli- interessati si allontanavano con snervante lentezza.

Mentre anche le comparse dei Cuore di Tenebra si sistemavano alle postazioni prestabilite, Lisa e Holly si affiancarono, in attesa del segnale di inizio.

 

Fu una mezz’ora intensa, in cui i figuranti si videro costretti a ripetere il combattimento più delle due volte canoniche accordate col regista: il suolo bagnato causava diversi scivoloni, ma dopo 4 tentativi i cameramen avevano riprese a sufficienza per montare la scena.

Quando Lisa si rifugiò sotto la tenda, accanto a Ludovic, fu solo per pochi istanti: la pioggia aumentava d’intensità e c’erano alcune battute da interpretare, affiancata da Holly e Felina.

Il tempo di una ritoccata al trucco e ai capelli, poi Lorianne la lanciò letteralmente sul set.

 

I successivi dieci minuti furono impiegati per convincere la pantera a salire sul tetto di un finto edificio, alto tre metri; fu un’impresa recitare e contemporaneamente obbligare l’animale a stare fermo: l’altezza non la convinceva e quando fu ora di girare la corsa sui tetti fu ben felice di catapultarsi giù dalla scala.

Più di una volta guardò la padrona con aria interrogativa, quando questa le ordinò di ripetere il tragitto, per pure esigenze di riprese da varie angolazioni.

La registrazione aveva già sforato di quasi un’ora dai tempi stabiliti, quando Ludovic annunciò il ciack della scena clou.

 

Durante la sua corsa David Gallagher –alias Drake- si sarebbe buttato da un’impalcatura-torretta, fingendo di colpire Lisa e mandarla al suolo.

La regola di Lisa “niente controfigure” l’aveva costretta a dedicare un pomeriggio di prova alla scena, con lo stesso Gallagher.

La novità sarebbe stata la comparsa di James, tecnicamente molto semplice da interpretare, ma quell’improvvisazione tormentava Lisa da diversi giorni e nemmeno James era da meno.

Mentre la ragazza aspettava il ciack del padre, si scrollò di dosso il gelo che le stava penetrando le ossa: la pioggia si ostinava ancora a inzupparla da capo a piedi.

 

Quando all’orecchio le giunse l’urlo del regista ebbe un attimo di tentennamento.

Poi scattò in avanti, Felina al suo fianco, contando i secondi che la dividevano dall’impatto col collega attore.

Con la coda dell’occhio lo intravide, un attimo prima che Gallagher si lanciasse simulando uno spintone; l’impatto fu più violento di quanto pattuito.

Lisa cadde, fingendo solo in parte, con il naso a toccare l’asfalto del set; in sala prove si trattava di parquet e non era gelido e fradicio, così l’impatto la immobilizzò.

Per Felina quello non era un gioco: la padrona era stata aggredita e ringhiò con l’intento di proteggerla.

 

Tale suono avvertì la ragazza che doveva ritornare in sé: molto lentamente si sollevò sulle braccia e girò il capo.

Come da copione Gallagher rimase lì, un mezzo ghigno sul volto sbarbato, prima di arretrare di un passo; era il momento per Lisa di rialzarsi in piedi.

Con movimenti precisi e studiati si portò a pochi passi dal ragazzo, la mascella serrata per nascondere i denti che battevano.

Uno scatto delle mani e queste furono armate dei letali ventagli bianchi: era il segnale.

James uscì dall’oscurità, concedendosi prima nella penombra, per portarsi solo gradualmente sotto i riflettori.

Un tuono fece sussultare Felina, che si lamentò irritata; la padrona invece riuscì a trattenersi, ma un nodo si strinse alla bocca del suo stomaco: tanti saluti alla cena con Stephan.

 

Una folata di vento la riportò alla realtà e all’impassibile recitazione della Regina.

Solo allora si rese conto di una cosa: lui la stava guardando con un’intensità che il copione non prevedeva.

Le gocce d’acqua rendevano i lineamenti del viso ancora più affilati, il disegno dei pettorali sotto la maglia nera, appariva fin troppo evidente.

Lisa indietreggiò di un passo, sentendosi schiacciata dal ghiaccio di quello sguardo magnetico.

Passò qualche istante, prima che il segnale dei due registi le permettesse di correre via, per poi saltare giù dall’impalcatura.

A pellicola conclusa, la scena sarebbe terminata con una fuga nella notte, affiancata da Felina.

Tuttavia in quel momento, ad accoglierla a terra ci fu un materasso ad aria, per attutire la caduta.

 

Il frastuono che seguì le parve ovattato e lontano; alcuni applaudivano, altri urlavano di smontare immediatamente le attrezzature, altri correvano a proteggere le telecamere.

Una coperta fu buttata sulle spalle di Lisa e lei nemmeno si rese conto di chi aveva compiuto tale gesto.

Le prime parole distinte che udì furono quelle di Ludovic: farfugliava qualcosa riguardo alle luci, al riflesso causato dall’acqua, mentre un trafelato Leonard smentiva tutto; il ciack era stato perfetto e la pioggia battente avrebbe impedito risultati migliori.

 

Afferrando distrattamente un asciugamano, Lisa rientrò nel Chrysler di servizio.

Non rivolse una sola parola, neppure uno sguardo a nessuno dei presenti.

Si avvolse nel suo mantello improvvisato e disse solo: “Andiamo in albergo”.

La ragazza smise di tremare solo quando giunse nella Hall, i vestiti gocciolanti e la coda di capelli che lasciava un rivolo al suo passaggio.

Si fermò alla reception per scusarsi col portiere: “Perdonami Jack, ma non resistevo più sotto il temporale- si appoggiò spossata al bancone- Potresti farmi portare un accappatoio?”.

 

Mentre il biondino obbediva gentilmente, Lisa rimise in ordine le idee; la prima scossa le fu data da una consapevolezza: Felina era rimasta da sola sul set. Mai prima di allora l’aveva abbandonata.

Senza aspettare che Jack finisse la chiamata Lisa gli ordinò: “Avvisa subito mio padre che mi riporti al più presto la pantera”.

Con aria spaesata il ragazzo assentì e digitò in fretta e furia sulla tastiera; dopo una breve attesa ricevette risposta da uno degli assistenti del regista, già sulla strada per l’Hilton con una scalpitante Felina nel bagagliaio.

 

Il sospiro di sollievo di Lisa fu subito seguito da un secondo, questa volta di sconforto: egoista, egocentrica, boriosa, individualista…questo era stata negli ultimi 10 minuti; questo era ciò che James aveva fatto emergere con un semplice sguardo.

Nulla era rimasto dei nobili intenti maturati negli ultimi mesi; David ne sarebbe rimasto deluso.

Fu il suo ultimo pensiero, poi si trascinò verso l’ascensore, un soffice cappuccio di spugna a nasconderle la testa dalla vergogna.

 

Si accasciò sulla pulsantiera, sognando il suo letto, ma l’impertinente tlin fece riaprire le porte.

Con disperazione Lisa appoggiò lo sguardo sulla figura che si trovò di fronte.

James. Di nuovo. Davvero il destino voleva essere tanto crudele con lei, quella sera?

Forse fu la stanchezza, forse il delirio portato dalla febbre che sentiva salire…o forse Lisa sentì qualcosa di umano nella visione di un James fradicio tanto quanto lei, gli occhi azzurri cerchiati da occhiaie che entrambi condividevano.

Fatto sta che nella mente della ragazza si aprì uno spiraglio, una possibilità di riscatto dal declino delle ultime ore…e forse degli ultimi mesi.

 

Nel tentativo di parlare, le labbra le parvero incollate fra loro; la gola bruciò quando da essa uscirono le gracchianti parole: “Dobbiamo per forza essere così incivili?”.

Nell’esatto istante in cui pronunciò tale frase, Lisa se ne pentì: la voce scemò riducendosi in un sussurro.

L’uomo non parve sorpreso, non si abbandonò ad espressioni che lasciassero trapelare le proprie emozioni; abbassò il capo, solo per un attimo, e quando lo rialzò Lisa vi trovò dipinta una smorfia, simile a un sorriso di convenienza che la colpì più di quanto avrebbero fatto mille parole di offesa.

 

Fu quello che James fece subito dopo, a toglierle il respiro: con tranquillità l’uomo infilò solo il braccio dentro all’ascensore, restandone fuori. Poi premette il pulsante che avrebbe portato Lisa al suo piano. E contemporaneamente rispose: “Già…”.

 

Quando le porte si chiusero, celando del tutto il viso severo di James, Lisa si sentì in un solo modo: demolita.

L’uomo aveva lanciato un bussolotto di dinamite nell’ascensore e poi l’aveva fatto esplodere.

La ragazza si guardò intorno, quasi a cercare i pezzi da recuperare, per ricomporsi, ma non c’era nulla che la potesse aiutare dentro la piccola cabina.

 

Improvvisamente si sentì soffocare, come se qualcosa le stritolasse la gola e ci mise qualche secondo a capire: lacrime.

Senza ricordare come si facesse, Lisa si piegò su se stessa e pianse.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** XXXIII CAPITOLO ***


XXXIII CAPITOLO

 

romina75: carissima….concordo con te: David è adorabile, l’ho voluto far apparire proprio come lo definisci tu, ironico, calmo, paterno e premuroso.

Per quanto riguarda il film…ti dirò, in realtà doveva essere una FF a parte, nata in un periodo un po’ difficile della mia vita. Poi senza volere le due storie si sono affiancate e la soluzione di unirle è venuta da sé.

So che stai aspettando uno scontro, e arriverà…ma la mia idea è gia delineata e ti svelo che dovrai aspettare ancora due o tre capitoli…

 

ElleBaker: grazie per i complimenti (ricevuti via e-mail)…James è davvero odioso in questo momento…a volte quasi mi dimentico che …noooooooooo! Non posso dire nienteeeeeee….no vabbè, a parte gli scherzi: preparati al peggio, perché un atteggiamento tanto fetente non può passare impunito. E vedo che come me….adori Felina….senza di lei la storia non sarebbe la stessa, mi ci sono proprio affezionata!

 

A tutti voi, commentatori e non…buona lettura!!!

 

 

Quando l’ascensore raggiunse il piano David restò un attimo interdetto; fissando il mucchietto di stracci bagnati buttato in un angolo, si chiese chi l’avesse lasciato lì.

E sobbalzò con una punta di spavento quando dagli asciugamani uscì il rumore di un singhiozzo.

“Lisa…sei tu?” con una mano bloccò le porte dell’ascensore e si diresse verso la ragazza: “Cosa è successo?” tastando la stoffa trovò quella che gli parve una spalla e la strinse.

 

Lisa si scosse per la sorpresa e alzò il capo: gli occhi rossi, il viso rigato di lacrime e i capelli ancora fradici.

Distogliendo lo sguardo dall’amico, Lisa singhiozzò: “Sono un disastro!”.

Le porte dell’ascensore fecero per richiudersi e David fu costretto a bloccarle con un piede: “Può essere…Ma andiamo a parlarne fuori di qui”.

Con delicatezza la aiutò ad alzarsi e la accompagnò fino alla sua camera; lungo il tragitto Lisa gli raccontò, tra i singulti e le lacrime, quello che era accaduto, prima sul set e poi nella Hall.

 

David la ascoltò attentamente, un braccio a cingerle la vita e a darle conforto. Poi le aprì la porta e la fece sedere sul letto.

“Aspetta- esordì lui- Vado a prenderti il tuo accappatoio”.

Lisa si soffiò il naso e scosse la testa: “No non importa, ci penso io- si alzò liberandosi dei teli bagnati- Aiutami solo a slacciare l’imbragatura dei ventagli”.

David obbedì, abituato a compiere tale gesto dopo ogni ripresa e si accorse che la pelle della ragazza era più calda del dovuto.

 

In pochi secondi Lisa andò in bagno, si liberò degli indumenti fradici restando in biancheria e si coprì con un nuovo accappatoio, caldo e asciutto. Poi tornò in camera, dove David la aspettava, seduto su una poltrona, con aria visibilmente preoccupata.

“Come stai? Tutto quel freddo deve averti fatto salire la febbre…Avevo detto a tuo padre di rimandare…”.

Lisa si sedette sul materasso, lasciandosi cadere su un fianco, stremata, con la testa sul cuscino e le gambe penzoloni.

 

“Lascia perdere- sbuffò poi- Quella maledetta pioggia è l’ultimo dei miei problemi- fece una pausa e alzò gli occhioni verdi verso l’amico attore- Adesso cosa faccio?”.

David sospirò e con un mezzo sorriso si protese in avanti: “Ti comporti da donna delle caverne”.

Vedendo l’espressione interrogativa sul viso perfettamente truccato di Lisa, si lasciò scappare una risata: “Ti ha detto di essere incivile: tu obbedisci”.

Le labbra carnose della ragazza rimasero imbronciate, così l’altro si affrettò a puntualizzare: “Sto scherzando”.

“Non fa ridere” sbottò la ragazza rannicchiandosi ancora di più.

“Lo so” ammise David prima che calasse il silenzio.

 

“Non puoi farci nulla- la risposta le giunse dopo qualche minuto- siamo a metà Novembre e le riprese non finiranno prima di Febbraio. Tra una cosa e l’altra dovrete lavorare gomito a gomito per altri quattro mesi”.

L’attore fece una pausa di riflessione: “Inoltre la maggior parte delle riprese richiede la vostra presenza congiunta”.

Lisa sbuffò, infastidita dal discorso e si drizzò a sedere: “Non mi stai affatto aiutando”.

“Questa è solo la realtà-la rimbeccò lui severo- Non ti deve piacere o aiutare. Devi solo prenderla per quello che è”.

 

La ragazza si accoccolò nella posizione di poco prima: “E’ ridicolo…L’inesperta attricetta ventenne che deve essere superiore al navigato attore di quarant’anni...Ridicolo”.

David si strinse nelle spalle: “Normalmente ti darei ragione; ma l’attricetta ventenne in questione sei tu. Cambia tutto”.

Lisa non aveva ancora compreso del tutto la frase del collega, che qualcuno bussò alla porta.

David si premurò di andare ad aprire e per poco non cadde, quando un’agitatissima Felina gli passò attraverso le gambe, per poi catapultarsi fra le braccia della padrona.

“Cucciola mia!- la accolse lei stringendole il testone nero- Scusa, scusa, scusa. Non succederà più”.

 

L’attore sorrise, sollevato nel vedere la ragazza nuovamente serena, poi si girò a ringraziare l’inserviente che l’aveva riaccompagnata.

Fece fatica a celare la sorpresa quando, invece di uno dei camerieri, si trovò di fronte il suo maestro di arti marziali, Stephan; quest’ultimo era altrettanto imbarazzato, quando salutò David: “Nessuno riusciva a tenerla al guinzaglio- disse riferendosi alla pantera- L’ho solo “scortata” fino a qui”.

Per evitare fraintendimenti David aprì del tutto la porta e lo invitò ad entrare: “Vieni dentro. Lisa è a letto: ha un po’ di febbre”.

 

La ragazza si sentì mancare: aveva completamente dimenticato l’appuntamento col ragazzo: “Oddio Stephan…Mi dispiace- si accinse a spiegarsi- Le riprese sono durate più del dovuto e poi ho avuto…un contrattempo. Ora mi preparo!”.

L’altro la interruppe, lasciando il moro attore lì presente sempre più attonito: “Non preoccuparti, sarà per un’altra volta”.

David ci mise un attimo a fare due più due e con molta non-chalance congedò gli altri, non prima di aver ripetuto una decina di volte a Lisa di provarsi la febbre, stare al caldo e non uscire.

Una volta fuori dalla stanza tirò un respiro profondo e prese in mano il telefono, per chiamare la moglie Jaime; forse un miracolo, nei mesi successivi, lo avrebbe salvato dall’analisi.

 

 

Il mattino seguente Lisa si svegliò alle sei, a causa di un fortissimo mal di testa, probabilmente dovuto dal diluvio della sera prima.

A premere contro il suo corpo c’era il caldo manto di Felina, nessun’altra presenza le aveva fatto compagnia, in quella funesta nottata.

Dopo molti –vani- tentativi di persuasione, Stephan aveva salutato gentilmente Lisa, augurandole di guarire presto; inutile inventare scuse, la faccia della ragazza era una maschera di tristezza e lui nulla avrebbe potuto contro i mille pensieri che le ronzavano in testa.

 

Presa da un attacco d’ansia, Lisa si era buttata sul cellulare, intenzionata a chiamare le sue amiche; con grande rammarico, nessuna delle tre aveva risposto.

Con qualche calcolo aveva poi appurato che in Italia era notte fonda, così si era rimessa a letto, trascinandosi fino a mattina un’emicrania di dimensioni pachidermiche.

Dopo qualche barcollamento, Lisa si impossessò di una pastiglia di analgesico, speranzosa che fosse abbastanza forte da convincere la scimmietta che batteva i piatti nella sua testa di piantarla.

 

Le era bastato qualche passo nella camera buia per svegliare l’amica pantera: “Ti va uno spuntino, tesoro?”. Le chiese dolcemente giocherellando con un orecchio vellutato.

Quando uscì dalla porta quasi le venne un colpo nel veder dondolare la solita, malefica cartellina alla sua maniglia: non era pronta a ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con James.

La sorpresa fu grande appena lesse le poche righe che sostituivano gli usuali papiri:

“David mi ha informato della febbre. Hai la giornata libera. Gran lavoro ieri sera. Leonard”.

 

Professionale, conciso, senza smancerie o sviolinate. Si era perfino firmato col nome e non semplicemente “papà”.

Ma la frase “Gran lavoro ieri sera” racchiudeva tutti i sorrisi, gli abbracci e i complimenti che il regista non aveva avuto il tempo di elargire.

Stringendo la cartellina, la ragazza sorrise: suo padre era fiero di lei, chi o cosa avrebbe potuto mai fermarla?

Non le serviva l’ascensore, voleva correre giù per le scale, gareggiando con Felina; si fece portare la colazione nella sala relax dell’albergo, mentre la pantera sgranocchiava un osso ai suoi piedi.

Anche se quel giorno non avrebbe lavorato cominciò a leggere il copione con le scene dei giorni avvenire e fece un paio di calcoli: era mercoledì, il giorno seguente si sarebbe festeggiato i Ringraziamento e Ludovic avrebbe lasciato tutti in vacanza fino al lunedì successivo.

 

Le riprese più impegnative sarebbero state quelle riguardanti la cattura di Lucius/James e relativi dialoghi col personaggio di Lisa: la ragazza avrebbe dovuto esercitarsi col biondo attore, almeno quattro pomeriggi a settimana.

David si era offerto di sostituirlo, almeno nelle prove iniziali, ma Lisa stessa aveva declinato la proposta. Ora come ora, tuttavia, tornare suoi propri passi le sembrava grandioso.

 

Con un gesto pratico la ragazza si raccolse i capelli in una cipolla disordinata: il lato estetico e d’immagine non la interessava minimamente al di fuori del film.

Alzò il braccio verso il portiere e lo chiamò.

“Sveglia all’alba anche oggi?” la interrogò il biondino con gentilezza.

“Avevo mal di testa; che quotidiani italiani avete oggi?”.

Jack alzò lo sguardo in aria con fare pensieroso: “credo ci sia ancora qualche copia de “Il Giornale”…vado a controllare”

 

La ragazza sorrise per poi dedicarsi alle coccole con la sorella pantera.

Poco dopo nel suo campo visivo entrò una copia del giornale richiesto, accompagnata da una voce femminile che…intonava l’inno d’Italia.

Inizialmente Lisa non capì: da diversi mesi parlava Italiano solo di rado e la sorprese sentire le parole “fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”; inoltre la prima pagina de “Il Giornale” le occupava tutta la visuale.

 

Ma quella voce non poteva essere confusa con altre; in un lampo Lisa strappò il giornale dalla misteriosa mano…che si rivelò essere di Laura.

Un attimo di sorpresa, prima di rendersi conto che aveva dinnanzi a sé Marina, Alice e Laura, poi si aprì in un urlo di gioia, buttandosi fra le braccia delle sue migliori amiche.

“Cosa diavolo ci fate qui?!” domandò con le lacrime agli occhi, stretta a Laura e Alice, il viso affondato nei morbidissimi capelli di Marina.

“Mi sta per venire un infarto!”.

 

“Anche a noi…se non allenti un po’ la presa!” scherzò Laura contraccambiando l’abbraccio soffocante.

Il gesto successivo fu un leggero buffetto alla nuca, opera di Alice: “Credevi che ti avremmo lasciata sola il Giorno del Ringraziamento? Grazie per la fiducia!”.

“No…è che io…davvero, non ho parole” farfugliò Lisa.

“Beh, sarebbe la prima volta da quando ti conosco!” rise Marina.

“Come siete arrivate fino qui?”.

 

Alle loro spalle una voce rispose in inglese: “Ti è piaciuta la sorpresa?”.

Holly spuntò dalla Hall a braccia spalancate, radiosa come mai era stata in mesi di lavoro.

“Questo è opera tua?” Lisa strabuzzò gli occhi.

“Solo l’idea…Lo ammetto, non è tutto merito mio!”.

Con un braccio alzato sopraggiunse David: “Per la parte logistica rivolgiti a me- sorrise compiaciuto e incrociò le braccia al petto- Tuo padre non aveva tempo per organizzare tutto, così a delegato la cosa a me”.

 

Lisa si strinse nelle spalle visibilmente imbarazzata: aveva condiviso settimane intere con i due colleghi, il lavoro li aveva letteralmente sommersi, ma senza privarli di quello sguardo in più che gli aveva permesso di legarsi a lei.

Per quanto quella strana ragazza fosse volubile e fredda all’apparenza, Holly e David avevano colto tante piccole cose di lei, che avevano imparato ad amare.

Lisa li aveva scelti come personaggi della sua storia, ma alla fine si erano scelti a vicenda come compagni di quel viaggio.

 

“Grazie mille. Non so cos’altro dire- Lisa era davvero a corto di parole, l’avevano sempre messa a disagio regali e sorprese- Io non ho nulla per contraccambiare” e in effetti non aveva valutato la possibilità che il Ringraziamento sarebbe stato come un secondo Natale.

“E invece puoi fare una cosa- David si piegò verso il suo orecchio per bisbigliarle- Non pesare a James, almeno per oggi, e vai a divertirti- tornando al suo solito tono di voce arretrò di qualche passo e concluse- Risparmiaci le tue lamentele per le prossime ore”.

Holly sorrise e annuì scherzosa: “Esatto: basta paranoie per un po’”.

 

Laura fece un radioso sorriso e intervenne: “Non ho capito assolutamente nulla di quello che vi siete detti, quindi mi sembra ora di passare a cose più interessanti”.

Lisa scosse la testa, tra l’esasperato e il divertito: si era quasi dimenticata della sfrontatezza dell’amica.

“Ti riferisci forse a un giro di ispezione nella nostra suite, pettegolezzi e shopping?” si informò sarcastica Alice. Naturalmente domanda retorica.

 

Le ore seguenti furono dedicate alle valigie: le ragazze sarebbero rimaste poco meno di due settimane, quindi il loro bagaglio era molto limitato.

O meglio, lo sarebbe stato, se non si fosse trattato delle tre fuori di testa con cui Lisa era cresciuta.

In breve la loro presenza all’Hilton Hotel aveva ricreato il caos con cui le quattro trascorrevano allenamenti, serate e giornate intere.

Tutto ciò aveva innegabilmente frastornato Lisa: la sua mente non aveva ancora assimilato l’ultima pugnalata e ora doveva vedersela con tubini, tacchi a spillo e accessori vari.

 

Tra una risata di Marina e uno schiamazzo di Alice, successe una cosa inaspettata.

Come se nel cervello di Lisa fosse avvenuto un crollo, la ragazza si sedette sul letto, improvvisamente estraniata da tutto.

Alle amiche bastò quel semplice gesto per capire che qualcosa non andava.

“No no, vi prego- si scusò in fretta Lisa- E’ solo un attimo di…bah, non ho nessun diritto di comportarmi così- con un gesto della mano scacciò i pessimi castelli in aria che si stava costruendo- siete venute qui in vacanza, per divertirvi, sarei solo un’egoista a…”.

Marina la interruppe: “Piantala con queste idiozie- abbandonò una maglia di seta blu nell’armadio- Non siamo qui solo per divertirci, siamo qui per te, con tutti gli annessi e connessi del caso”.

Laura le si sedette accanto: “Mettiamola così: sputa il rospo più velocemente che puoi, così dopo ci dedicheremo alle cose piacevoli”.

 

Dopo qualche sbuffo svogliato, non ci volle molto perché Lisa “cantasse”: era già la seconda volta che si vedeva costretta a raccontare quel doloroso ricordo, ma si sentì in qualche modo in obbligo verso le tre amiche, così spiegò tutto per filo e per segno.

Alla fine Alice scosse la testa: “So che ciò che sto per dire non sarà d’aiuto ma…-piantò gli occhi su Lisa- Come diamine farai a lavorarci insieme?”.

Marina tentò di zittirla ma fu inutile.

“Davvero non capisco; quale malsana idea è passata per la testa di quel…come si chiama? Ludovic? Capisco che lo show-business sia un mondo di squali, ma perché gettare in pasto proprio te? E proprio con lui?”.

 

Lisa sospirò sconfortata: “Devo deluderti cara: la critica comincia a infarinare i primi articoli sul film; per ora sono più che positivi. A quanto pare la scelta di James nel cast è stata un colpo grosso”.

Laura le afferrò con un gesto affettuoso lo chignon che aveva in testa e la scosse: “Tesoro… diciamo che in questo momento ti è concesso tutto, ma a un patto: ci deprimiamo fino all’ora di pranzo- le schioccò un bacio sulla guancia- poi ti prego…usciamo insieme a divertirci”.

Il sorriso di Lisa valse come un dolce ma sofferto “Sì”.

 

Marina colse la palla al balzo e uscì dalla camera, diretta nella Hall per prenotare il servizio in camera.

Le ci vollero qualche tentativo e molte parole spiegate a gesti, per ordinare salmone affumicato e spiedini di pesce, ma la pazienza di Jack alla fine la fece tornare in ascensore trionfante.

Mentre saliva una ragazza si infilò all’ultimo tra le porte, prima che si chiudessero.

Sorry” si scusò con Marina e lei si limitò a sorriderle.

 

Poi si chiese che ruolo svolgesse nel film; forse era una truccatrice, o una comparsa, ma lo scarso inglese di Marina la convinse a non indagare.

A gran sorpresa fu l’altra ad attaccare bottone: “Lavori qui”.

Beh, perlomeno l’aveva capita, così Marina si lanciò nella risposta: “Sono amica di una delle attrici. Ono qui in vacanza. Tu invece?”. Ora che la guardava bene era certa di averla già vista da qualche parte; doveva proprio essere del cast.

E invece: “Pure io: sono qui solo per il Ringraziamento- poi le porse la mano- Comunque piacere, il mio nome è Patricia”.

 

Tali parole furono un lampo di luce per l’italiana; la mano tesa di quella sconosciuta sembrò stringerle lo stomaco, anziché la sua, di mano.

Sì, Marina la conosceva…fin troppo bene.

Patricia. La fidanzata di James

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Capitolo 34
*** XXXIV CAPITOLO ***


XXXIV CAPITOLO

 

ElleBaker: rispondo qui alle tue e-mail, come sempre…lo so, ci ho messo più del solito, e questo sarà un capitolo di transizione…il tempo per trascriverli è quello che è…ma ne ho già altri due praticamente solo da riscrivere a PC….per quanto riguarda il povero David…a volte mi sento un po’ sadica a torturarlo così, ma mi sono troppo affezionata al suo personaggio, quindi gli vorrà molta pazienza!

E la mia Felina?a volte giro per casa e mi chiedo dove sia…ma cavoliiiiiiiiiiiiufff…ok, la smetto di dire idiozie.

Poi….quell’inutile figura di Patricia…ho la nausea a pensare che l’ho dovuta inserire nella storia…vedessi com’è nella realtà….ti chiedi come fa James Marsters a stare con una schifa così…mah….ora ti lascio…a presto!!

 

romina75: ciao cara, scusa il ritardo…ma gli impegni sono stati troppi questo mese…

se ti può aiutare…come hai scritto tu nel commento precedente…stai sicura che almeno IO ho avuto il fumo alle orecchie quando ho scritto la parte di Patricia….ARGH…quindi, con molta calma, continuo a caricare la bomba….ahahahah!!!

buona lettura!

 

 

 

Al tlin dell’ascensore David rimase qualche istante immobile: era perso nei suoi pensieri e non si aspettava di trovarsi di fronte una delle amiche di Lisa, con un’altra ragazza…ma un attimo: la conosceva!

“Ciao Patricia! Stai bene?” la salutò con un mezzo sorriso imbarazzato; lei contraccambiò il saluto, aggiunse poche parole, che Marina non capì, prima di dileguarsi in camera.

L’italiana restò impalata dentro l’ascensore, gli occhi stralunati, senza alcuna intenzione di uscire.

 

Si limitò ad alzare un dito in perfetto stile “E.T, telefono-casa” per indicare il punto dove prima c’era Patricia.

David capì al volo e annuì con un laconico “Yes”.

“Oh my God!” Marina non fu in grado di aggiungere altro a quella frase fatta.

Il moro attore la invitò ad uscire dal suo nascondiglio, barcamenandosi con poche parole in italiano: “Portate Lisa fuori, tutto il giorno- poi concluse, quasi con un lampo di genio- E anche stasera: organizzo io!”.

La ragazza trattenne il respiro, mentre ascoltava quella sfilza di ordini, poi corse nella stanza di Lisa, sperando che il brunch arrivasse presto.

 

Sotto consiglio di David fu Holly ad accompagnare le ragazze in giro per Los Angeles: Lisa a malapena era uscita dall’albergo durante le riprese e faticava ancora ad orientarsi nella grande metropoli.

Furono le tre amiche a trascinarla nei negozi di alta moda, Lisa non avrebbe mai avuto voglia, soprattutto quella mattina, di tuffarsi dentro vestiti griffati di Valentino, Dolce&Gabbana o Chanel.

Suo malgrado si innamorò di un abito rosso firmato Yves Saint-Lauren, allora Holly estrasse quella che Alice definì “l’ottava meraviglia del mondo”.

“E’ una carta di credito della Century Fox- spiegò stampandosi sul viso ebano un sorriso di perle- il 30% viene detratto come spesa aziendale e il negozio appone un ulteriore sconto del 50%: le star che indossano un abito firmato sono la miglior pubblicità che uno stilista possa sognare”.

 

Mai parole furono prese così sul serio: le tre turiste si provarono ogni paio di scarpe, vestito o accessorio che le vetrine di lusso offrivano.

Quando Holly notò che quell’esaltazione femminile cominciava a creare curiosità fra i passanti, diresse le altre nel più vicino Starbucks.

Laura si fece descrivere in un inglese misto spagnolo tutti i prodotti del listino, anche se Holly era certa che quando ordinò un mocaccino-ice, non aveva ancora capito cosa fosse.

 

Mentre esaminavano soddisfatte gli acquisti, Alice domandò: “Potremo assistere alle riprese?”.

Lisa e Holly si guardarono , quest’ultima fece spallucce: “Penso non ci siano problemi, dovremo accordarci con tuo padre”.

Proprio allora il cellulare della messicana squillò: un messaggio “E’ David: ha prenotato la cena in un ristorante giapponese- finendo di leggere aprì ulteriormente il suo sorriso- e per concludere avremo un tavolo prenotato nella discoteca più in di L.A.!”

Alice e Laura non trattennero un gridolino e si diedero il cinque.

 

Lisa. In risposta, si scosse di dosso le negatività della giornata e si sporse in avanti in un gesto di complicità: “E se chiedessi un piccolo favore a Lorianne?”.

Marina aggrottò la fronte mentre le altre due già scalpitavano, così Lisa spiegò: “E’ la make-up artist della Corte di Diamante: vi andrebbe una piccola seduta al salone del set?”.

La risposta fu tanto impetuosa che tutti i presenti nel locale si girarono verso il loro tavolino.

Holly non si trattenne e anche la sua timidezza scemò in una risata.

 

L’aperitivo che si concessero alle sei del pomeriggio fu l’ennesima tappa chic del loro tour di L.A.: d’altra parte avere a disposizione uno dei Chrysler di servizio con rispettivo autista aveva i suoi vantaggi.

Sedute di fronte a una vetrata al trentesimo piano di un grattacielo, presero a sorseggiare i loro drink.

“E pensare che all’inizio del lavoro ero spaventatissima da Lisa”

La diretta interessata bevve il suo analcolico alla frutta e si girò sbigottita verso Holly: “Non me l’avevi mai detto”

L’altra scosse la voluminosa chioma riccia: “Sembravi un dittatore…con quei copioni!”

“E i blocchi di appunti!- la incalzò Laura- Allora non sei proprio cambiata”.

La messicana alzò una mano sventolando l’ombrellino del suo cocktail: “E’ riuscita a intimorire persino il povero Stephan: penso che prima di lei non avesse mai ricevuto un due di picche così”.

 

Tre paia di occhi si spalancarono, per poi puntarsi sulla colpevole: “Non ci hai mai informato neppure della sua esistenza!” rimbrottò Laura con una punta di risentimento.

Lisa alzò gli occhi al cielo: “Appunto! Provate a immaginare quanto peso ho dato all’episodio”.

Alice sbuffò e cercò appoggio nella dolce Holly: “E’ davvero senza speranze”.

“Assolutamente- fu la risposta- E quando vedrete Stephan mi darete ragione: stasera anche lui festeggia con noi!”.

Laura alzò il braccio: “Affermo ufficialmente che non ho gli stessi problemi della mia amica qui presente…Mi prenoto!”.

Marin scosse il capo: “E io affermo ufficialmente che non devi bere più Cuba Libre”.

 

Lorianne fu ben felice di preparare le ragazze alla serata: si fecero trovare già vestite con i loro nuovi acquisti e in meno di un ora erano perfette; Lisa stretta nel tubino rosso, Laura con  una tuta aderente di seta nera, Marina in abito corto azzurro cielo e Alice con un jeans aderente e camicia semi-trasparente verde

Holly arrivò di corsa, sistemandosi il vestito scollato viola: “Dovevo farmi spiegare la strada da David, i ragazzi ci raggiungeranno dopo- si rivolse a Lorianne- ce la fai a cotonarmi i capelli? Qualcosa di leggero, non come al solito”.

 

“Direi che David ha superato se stesso- osservò Alice rimirandosi intorno- Peccato che sia già sposato”.

Lisa le tirò una ciocca di capelli: “Ne ho abbastanza di Laura, che prova a sedurre tutti i miei colleghi”.

La diretta interessata si mise il tovagliolo sulle ginocchia, poi si difese: “Io stasera sono solo di Stephan”.

Marina si battè la fronte col palmo della Mano: “E’ questo che mi preoccupa: da domani sarai di nuovo una mina vagante”.

Holly capì praticamente tutto il dibattito tra le italiane, viste le molte somiglianze tra la propria lingua e la loro, e non potè fare a meno di ridere: “Ma sono sempre così?” domandò poi a Lisa.

“No cara mia: finora sono state degli angioletti”.

Laura puntò il dito verso l’amica e ribattè in inglese: “ Non si parla male dei presenti, stasera le cattiverie le riserviamo solo agli assenti”.

 

Nonostante la riluttanza di Lisa verso il pesce crudo, Holly le fece assaggiare diverse varietà di sushi e sashimi;  tuttavia su una cosa non l’ebbe vinta, dopo pochi tentativi Lisa abbandonò le tradizionali bacchette per fornirsi della più comoda forchetta: “Mi dispiace, adoro il Giappone, ma le posate sono una splendida invenzione occidentale”.

Holly assentì e aggiunse: “Solo in una cosa gli Europei, soprattutto voi Italiani, siete ultimi in classifica: gli orari! Mangiate sempre troppo tardi”.

 

Ecco, poche parole, ma le più sbagliate in assoluto; d’altra parte che ne sapeva la povera Holly che già qualcuno aveva usato le stesse identiche parole con Lisa.

In un lampo nella mente della ragazza fu notte; il già insipido sushi che stava masticando divenne una massa inconsistente e collosa sotto i denti.

Non poteva sputarla, così la deglutì rumorosamente.

 

Alice, seduta accanto a lei, la guardò con l’aria di chi ha già capito tutto: “Flashback?”.

Usando l’idioma in inglese, anche la faccia interrogativa di Holly ebbe risposta.

“Sì- Lisa si schiarì la voce e si rivolse alla collega- Scusa se non te ne ho mai parlato, ma dopo la mia esplosiva presentazione all’inizio dei lavori…ho pensato che meno ne parlavo meglio era”.

 

La messicana battè le palpebre truccate di lilla: “James- disse il suo nome a vuoto- E’ ancora così…” non completò la frase, sperando che fosse Lisa a farlo.

E infatti: “Ogni giorno, come se fosse il primo”. Il make up di Lorianne quella sera riproponeva su Lisa ombretto grigio sfumato; sul set la posa statuaria della Regina Raina avrebbe reso i suoi occhi verdi alteri e potenti, ma ora la tenera Lisa appariva solo sconfitta e vulnerabile.

 

“Qualunque cosa faccia o pensi, qualunque angolo degli Studios giri, il mio primo pensiero è … James” sibilò il nome tra i denti, un suono stridente per le sue orecchie.

Furono le tre amiche, insieme, alternandosi con il miglio inglese che conoscevano, a raccontare per intero le vicissitudini di cinque- già così tanti?- mesi prima.

Il perenne tepore nello sguardo della timida Holly scomparve tra una portata e l’altra di gamberoni alla piastra e sakè.

A racconto concluso era stato soppiantato da una smorfia di palese disgusto

 

“Non posso crederci- i ricci cotonati dimostrarono il suo stupore con uno scossone- in questo tempo avevo provato a immaginare…ho pure cercato di essere amica…con tutti”.

Il discorso non ebbe una conclusione, perché proprio in quel momento un raggiante David comparve al loro tavolo: “Buonasera Misses! Il ristorante è stato di vostro gradimento? Posso portarvi qualcos’altro?”.

Seppur con grande sforzo, Lisa non se la sentì di rabbuiare la spontanea allegria dell’attore, così simulò un radioso sorriso: “Qualsiasi cosa tranne il conto”.

 

“A quello ci pensiamo noi” non era di David, la voce maschile che aveva parlato, tuttavia Lisa la riconobbe con piacere.

“Non ti fermerò di sicuro, Stephan!”.

Il maestro di arti marziali rispose con una risata magnetica, che lasciò le tre ospiti Italiane senza respiro.

Solo Laura e la sua sfacciataggine l’ebbero vinta: “Vi prego- sussurrò in Italiano- Lasciate che sia io a ringraziarlo a nome di tutte”

Seguì una risata esclusivamente femminile, a cui i due uomini assistettero in silenzio, inermi.

La complicità tra quelle ragazze a volte si rivelava inquietante.

 

 

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Capitolo 35
*** XXXV CAPITOLO ***


XXXV CAPITOLO

 

romina75: rieccomi qua. Sorpresa della mia velocità? Ahahah…. Ti devo dar ragione: la figura di Lisa è caduta nel vittimismo, da quando è arrivata in America, forse per una mia disattenzione, o più semplicemente perché la faccio reagire come farei io se mi trovassi nella sua situazione: guerriera sì, perché lavora gomito a gomito con IL problema della sua vita, ma tanto tanto sofferente. O forse, ancora più facile, è abituata a combattere per gli altri, che siano le sue amiche, Felina, un amore, il lavoro e in generale cose “altre”, esterne a ; ma quando ci tocca di combattere per noi stessi è tutto più complicato, spesso siamo più indifesi. Almeno, io mi sono resa conto che per me vale questa regola…

dopo queste riflessioni (in cui, lo confesso, ho svelato in modo indiretto un particolare dei prossimi capitoli) ti auguro buona lettura!!!

 

La discoteca “L.A Mirage” era il locale più in di tutta la metropoli; non potevi definirti un VIP se non avevi avuto almeno una volta nella vita un posto riservato di fianco alla consolle, dove erano soliti suonare i Dj più famosi del mondo.

Era una sorta di La Mecca della notorietà e ovviamente i due Chrysler della Century Fox non passarono inosservati alle decine di persone scalpitanti all’ingresso.

 

David scese insieme a Stephan ed entrambi aspettarono le cinque ragazze, infreddolite nei loro abiti leggeri.

Ci fu qualche flash, ma quando i pochi paparazzi presenti si resero conto che non vi era nessuno scoop nell’aria, il gruppo fu lasciato in pace.

Lisa e le altre seguirono il moro attore  lungo la corsia preferenziale battendo i denti per il freddo; sempre David parlò a una delle hostess del locale, una splendida bionda che Lisa battezzò come “donna più bella mai vista”, prima di lasciare la giacca al guardaroba.

 

“Seguitemi” smielò la dea platinata, rivolta a lei e alle altre che obbedirono riverenti entrando nel cuore vero e proprio della discoteca.

Parecchia gente beveva, ballava e si divertiva sulle note di una musica house già notevolmente alta.

Lisa prese a lisciarsi nervosamente una ciocca di capelli cotonati, sotto lo sguardo curioso si alcuni ragazzi: quei posti l’avevano sempre messa a disagio.

Cercando di rilassarsi battè sulla spalla di Holly: “Sei già stata qui?”.

Quella annuì con un cenno del capo verso Stephan: “Sì, io e lui ci siamo conosciuti qua, durante le riprese di Catwoman. E’ stata Halle Berry a farmi conoscere la magia dei mohjito”.

Frugando nella pochette vinaccia chiamò a lei Marina: “Venite, vi offro da bere!”.

 

Giusto qualche minuto dopo l’amico attore le raggiunse, sorprendendole nel primo brindisi: “Non avete perso tempo- notò stupito per poi rivolgersi a Lisa- Vi porto al nostro tavolo, è lassù”.

Benchè fosse una talpa la collega italiana vide chiaramente la sfilza di gradini che conducevano a un vero e proprio salottino privato, su un palchetto accanto alla consolle; due body guards stavano di vedetta, fuori dal cordone rosso che delimitava l’area riservata.

 

Lisa fischiò in segno di sorpresa: “Ci vuoi proprio viziare…Non sarà un tantino esagerato?”.

David le cinse le spalle mentre si avviavano verso la scalinata: “Le stesse parole di tuo padre. Ma è la vostra serata, godetevela come si deve” fece un cenno all’energumeno di vedetta al privèe e questi li lasciò passare.

 

Quando Stephan ordinò il secondo giro di mohjito, la musica era assordante e dall’alto della postazione si vedeva la gene accalcarsi per un occhiata ai tavoli di VIP; visto che nelle risate e nelle grida delle quattro italiane non c’era niente di interessante, nessuno prese l’iniziativa per chiedere un autografo a David.

L’attore dal suo canto, passò gran parte del tempo a esaminare Lisa: mai prima di allora l’aveva vista così radiosa, le sue amiche-sorelle erano state una cura miracolosa.

Abituato a vederla sprofondata in enormi tute felpate, a stento la riconosceva inguainata in quel tubino rosso, che rendeva il bianco dei suoi mille sorrisi ancora più splendente.

Quando i camerieri portarono una serie di calici e un Magnum di champagne per il brindisi, le cose precipitarono.

 

Quella sera James non se la sentiva di uscire; avrebbe volentieri dato un polmone per potersi concedere una frugale cena in albergo, ma la presenza di Patricia lo costrinse- almeno moralmente- a organizzare la “perfetta” serata romantica.

Ora il colletto della sua camicia grigia stringeva come un cappio.

Per quanto il sushi fosse viscido e sguisciante non voleva decidersi a scivolare giù per l’esofago.

Di cosa stava parlando Pat? Ah sì, del suo ultimo esame all’università.

Non aveva ancora toccato i suoi gamberi alla piastra, era troppo concitata nel suo racconto per rendersi conto che l’etichetta  di un locale così chic richiedeva più silenzio.

 

Mentalmente James si pentì di aver seguito il consiglio di Ludovic sulla location e si slacciò un bottone della camicia.

Continuò ad affogare nei suoi divagamenti finchè lo sproloquio della fidanzata si interruppe: “Oh, guarda…C’è quella ragazza che ho incontrato oggi…E’ con delle altre- Patricia indicò un tavolo, in un angolo lontano della sala che James dalla sua visuale non avrebbe visto- Tue colleghe? Sono davvero belle”.

 

Un’occhiata distratta e l’attore emise un singulto di sorpresa: un abito azzurro, un completo  nero, una camicia verde…poi quel vestito rosso, sfacciato, appariscente…di una bellezza mozzafiato.

Lisa non poteva vederlo e nemmeno le altre presenti, tra cui l’uomo riconobbe, con una punta di timore, le tre inseparabili che qualche mese prima lo avrebbero volentieri linciato.

“Sì…colleghe…una specie” fu la risposta strozzata che James concesse alla dolce metà.

 

“Qualcosa non va?” Patricia lo esaminò, i capelli lunghi e neri tirati dietro le orecchie, come al solito.

L’uomo tentò di sciogliere il nodo alla gola con un sospiro, ma questo servì solo a far aumentare il senso di claustrofobia.

Non se la ricordava così; sinceramente non gli sembrava di averla mai vista prima, tanto Lisa appariva diversa. Una sua risata e a James parve di sentire nella testa mille specchi andare in frantumi.

 

Dovette parlare per mettere a tacere quel suono e lo fece ignorando la domanda di Patricia: “Volevo parlarti di una cosa- le parole precipitarono una sull’altra, per fortuna con un senso compiuto- Riguarda i bambini: sarebbe bello se passassi il Natale con noi”.

I semplici occhi tondi della ragazza si spalancarono: “E Diane? Ti ucciderà!”.

“No, non credo: sarà via per lavoro per tutte le feste- rimase in apnea per continuare il discorso- E sarebbe una buona occasione per testare una futura convivenza”.

 

Inizialmente Pat sembrò non capire: quando ciò accadde, la reazione fu un gridolino eccitato: “Oddio James! Pensavo che non sarebbe mai successo e invece…Cosa ti ha fatto decidere?”.

Da bravo attore, il platinato finse indifferenza: “E’ tanto che ne parliamo…Pensavo che all’uscita del film…anche per mettere a tacere voci varie, tra cui quella della mia ex moglie…”

Forse l’ultima parte non arrivò nemmeno all’orecchio della fidanzata; un sorriso smagliante e due braccia protese gli si avventarono contro.

“Finalmente, amore! Finalmente! Oddio, sono così felice….dobbiamo festeggiare!”

E dentro di sé James pregò che quel tavolo non avesse sentito nulla.

 

 

Nessuno aveva spiegato a Lisa il concetto di Long Drink, ovvero: un espediente per farti ubriacare con quattro cocktail anziché uno.

E lei era già al quinto quando Stephan propose a tutti un brindisi a base di champagne; la musica si fermò e per un attimo tutta l’attenzione fu puntata sulla boulle di Crystal che salivava la scalinata del privè, circondata da bastoncini artificiali che mandavano scintille tutt’attorno.

Un cameriere servì lei e le altre, poi anche Stephan e David alzarono i calici urlando gli auguri per la festa del Ringraziamento.

Dopodichè il Dj fece partire il brano del momento a tutto volume e il caos ricominciò.

 

Fu allora che nel campo visivo, abbastanza sfuocato, di Lisa entrò il sorriso perfetto del maestro di arti marziali.

“Ti stai divertendo?” domanda banale ma cortese, Lisa rispose rallentata dagli effetti dell’alcool con un semplice cenno di assenso.

“Temevo ti fossi dimenticata come si fa, con tutto quel lavoro”.

Il sorriso che la ragazza gli concesse fu aperto e anche un po’ sguaiato.

 

“Accidenti, contieniti Lisa…Dannati mohjito!” fu il pensiero equilibrato con cui si rimproverò subito dopo; cercò di riprendersi da quella sfacciata euforia ma qualcosa le solleticò l’orecchio: erano le labbra di Stephan: “Devi ancora farti perdonare per il due di picche di ieri sera”.

L’attrice italiana sbattè gli occhioni da cerbiatta e ingollò un sorso di champagne: “E come?”.

Davvero aveva parlato? Erano sue quelle parole?

La risposta di Stephan le tolse ogni dubbio: “Io un’idea cel’avrei”.

 

Anche se avesse voluto, i riflessi della ragazza non le avrebbero permesso di scansarsi.

Così rimase immobile; quando la bocca di Stephan si appoggiò sulla sua un gusto di fragola la stordì, mentre la lingua di lui si intrufolava  fra le sue labbra per poi accarezzare tiepidamente la lingua di Lisa.

La scarica elettrica che la pervase fu violenta e improvvisa e il tutto fu amplificato dalle mani forti che le strinsero i fianchi.

 

Un barlume di decenza baluginò nella mente della ragazza e la prima cosa a cui pensò fu la marea di occhi sottostanti, puntati su di lei.

Con uno sforzo sovrumano  tentò di focalizzare la massa indistinta di persone, ma la miopia e i fumi dell’alcool glielo impedirono.

Solo a un certo punto le sembrò di notare qualcosa, come quando torna in mente un pensiero che fino a poco prima sfuggiva; fu un flash di un attimo, dopodichè ripiombò nella nebbia, con le mani tra i capelli di Stephan.

 

 

Forse una magia, o meglio, un maleficio aveva convinto James a buttarsi nella caotica movida di L.A.

O semplicemente l’ignavia aveva prevalso sul resto; per questo ora, come un automa, si accingeva a varcare la soglia del “L.A Mirage”. Patricia lo aveva convinto- o stordito- con la sua allegria: non era mai stata in quel locale, dovevano festeggiare il Ringraziamento, brindare al nuovo envento e così via.

Si informarono per avere un tavolo del privè ma un’algida hostess biondina scosse amabilmente la testa: era già occupato.

Al terzo spintone nella calca James era già pronto a girare sui tacchi e tornare in albergo, quando una spallata più forte delle altre lo indusse a girarsi scocciato; senonchè il colpevole dello scontro altri non era che David Boreanaz.

 

“Ehi, anche tu qua?- il moro attore gli diede una pacca e con un cenno salutò Pat- Non è esattamente un localino riservato e tranquillo”.

James assottigliò gli occhi; c’era uno strano tono nella voce del collega? Gli era parso quasi che volesse invitarli ad andarsene.

“Già….volevamo un posto un po’ meno caotico, ma devo dedurre che stasera tu e il resto del cast abbiate l’esclusiva!” rispose poi con fare indifferente, indicando con un dito la scalinata che portava al tavolo riservato.

 

“Hai visto giusto” fu la breve affermazione di David.

In effetti James aveva visto giusto, ma non aveva visto tutto; poteva tranquillamente rimanere all’oscuro, ma quel rosso acceso era troppo appariscente.

Aveva già visto Lisa truccata, in quell’unica ripresa in cui era stato trafitto dai suoi terribili occhi verdi, che gli avevano silenziosamente ordinato di morire.

Ma ora era tutto diverso: i capelli non erano raccolti in una severa coda di cavallo, ma liberi sulle spalle, lisci e leggermente cotonati.

Per una volta gli occhi apparivano quasi struccati, se non per una patina grigia sulle palpebre e sarebbero apparsi quasi inoffensivi, non fosse stato per il lucidalabbra colore del sangue, che rendeva il verde delle iridi potente come un semaforo.

 

Un paio di scossoni e qualche attimo di ressa fecero perdere a James la visuale sul palchetto dove Lisa stava festeggiando e ballando.

Quando posò di nuovo gli occhi su di lei, un ragazzo le parlava all’orecchio: si trattava del maestro di arti marziali, che oltre a essere stupendamente atletico doveva essere anche davvero simpatico: gli bastarono poche parole per regalare all’italiana una fragorosa risata, di cui James non udì il suono ma che gli lasciò uno strano brivido sul collo.

 

Forse Patricia urlò qualcosa, forse gli strinse anche il braccio più forte del dovuto; tornando indietro con la memoria James non avrebbe saputo confermarlo con certezza.

L’unica cosa che vide- e gli parve quasi di sentirlo- fu il bacio con cui Stephan si appropriò di Lisa: languido, quasi liquido, mentre le mani di lui affondavano nei suoi fianchi, trascinandosi quasi fino ai glutei.

 

L’ultima cosa che si ricordò della notte del Ringraziamento al “L.A Mirage” furono le dita di Lisa che accarezzavano i capelli del suo principe azzurro…e un sorriso rosso scintillante e malizioso.

Dopodichè rotolò letteralmente fuori dal locale, trascinando Pat per quello che era un braccio…o forse una gamba…o i capelli.

E…sì, sicuramente lei ora stava urlando.

 

 

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Capitolo 36
*** XXXVI CAPITOLO ***


XXXVI CAPITOLO




romina75: rieccomi qua, dopo la pausa di Natale...intanto auguri!! anche se non nutro un grande amore nei confronti delle festività...mi hanno rubato più tempo del dovuto.

Tornando a noi...sì, è il momento per Lisa di smetterla con questa coda fra le gambe, con la remissività e il vittimismo...ancora un pochino di pazienza, poi la rivedremo con artigli e zanne protesi!

E James...sarà pure inspiegabile il suo nascondersi dietro una finta vita perfetta, ma purtroppo ho visto diverse persone fare così: è più facile, per chi si sa accontentare. E pure a me è successo di avere a che fare con persone che decantavano un perbenismo da manuale per poi trasformarsi nelle serpi peggiori! Benchè i personaggi siano inventati, non c'è nulla di irrealistico in quello che scrivo...e sottolineo PURTROPPO! Ho solo trasferito cose che mi sono successe, nel racconto!


Ora basta con gli astrattismi! Ti lascio al nuovo capitolo...buona lettura



La prima cosa che entrò nella hall dell'Hilton hotel furono le risate sguaiate di Lisa e delle altre quattro ragazze in coda.

Dietro di loro un noncurante David scambiava le ultime battute della serata con Stephan, appena alticcio.

Lo stesso non si poteva dire dell'attrice italiana: tacchi in mano, capelli orma raccolti in uno chignon “a ciuffo d'ananas”, giacca e borsa affibbiate al pazientissimo collega attore.

Gieeek!” urlò Laura pigiando più volte la mano sul campanello della reception; il biondino in questione non tardò ad arrivare: era stato svegliato dal loro frastuono prima ancora che oltrepassassero l'ingresso.


“Abbassate la voce, ragazze” disse Jack in un sussurro inglese.

“Che ha detto?” domandò Alice sotto la frangia spettinata.

David si fece avanti: “Leonard è già rientrato?”; in effetti un tête-a-tete con il padre regista sarebbe stato alquanto sconveniente.

“No- fu la confortante risposta- Ma Ludovic ha chiamato poco fa dicendo che erano tutti di ritorno dai festeggiamenti”.


Per convincere Lisa a salire in ascensore ci vollero una ventina di minuti; prima dovette raccontare a Jack ogni singolo dettaglio della serata, dalla cena fino ai bagordi in discoteca: “Abbiamo mangiato sushi, sashimi...poi gamberoni alla piastra in salsa di...- si girò verso Marina- come si chiamava quella cosa? Beh, comunque...la prossima volta prenditi la serata libera e vieni anche tu!”.

A mali estremi...con esasperazione David decise di prenderla in braccio come un sacco di patate; altri cinque minuti li impiegò a entrare e uscire fisicamente dall'ascensore, con la ragazza che dimenava braccia e gambe come una matta.


Il corteo al seguito si limitava a dire ogni tanto: “Shh...Non urlare o sveglierai tutti!”. Le tre amiche italiane non erano d'aiuto: ridevano...e basta.

Stephan passò tutto il tragitto fino alle camere a rovistare nella borsa di Lisa alla ricerca della chiave magnetica.

Quando David credette di aver raggiunto il culmine, qualcuno al piano terra richiamò l'ascensore e allora fu il panico: con ogni probabilità si trattava del padre della ragazza.

“Vado a chiedere il pass-partout in reception” disse Stephan senza essere sentito, poi scomparve giù per la scala.


L'unica cosa che riuscì a fare l'agitatissima Holly fu tappare la bocca di Lisa: “Nella tua camera...Presto!” ordinò poi al moro attore.

“Cosa? Ma sei matta? Domani mattina arrivano Jaime e i bambini”.

“Li sistemerai nella mia. Ora non c'è tempo”.

David sospirò, incerto se arrabbiarsi- e soprattutto “con chi?”-poi prese la carta magnetica, la strisciò nella fessura e scaricò l'Italiana sul letto, riservandole un'occhiata di odio che probabilmente non avrebbe recepito.

“Domani regoliamo i conti” la sua minaccia velata ebbe in risposta un mugugno indistinto.


Risolto il problema principale, i sopravvissuti si guardarono ponendosi con un'occhiata la muta domanda “Ora come facciamo?”.

Proprio mentre la stravolta Holly, col trucco sbavato e l'abito sgualcito, si accingeva a trovare una soluzione, fu scavalcata dall'attimo di lucidità di Marina: “Felina! E' in camera da sola- passò una mano a scompigliare le onde agitate dei suoi capelli- Non possiamo abbandonarla tutta la notte”.

David mosse gli occhi tutto attorno prendendo in seria considerazione l'idea di schiantare la fronte contro lo spigolo più vicino; alla fine rinunciò e tra l'infuriato e l'isterico indicò le italiane: “Due di voi: in camera di Lisa. La terza nella vostra suite e io...- alzò le braccia al cielo- starò da Stephan”.


Proprio allora arrivò il maestro di arti marziali con la chiave di riserva e nell'arco di alcuni minuti l'allegria di Leonard e Ludovic entrò nel corridoio; poche parole di circostanza, gli auguri e il regista nemmeno si chiese dove fosse la figlia. A volte i miracoli succedono.

Questione di un attimo e tutti erano sistemati nelle rispettive camere; certo, le due “sfrattate” dovettero fare la spola tra le camere per recuperare l'occorrente della notte, ma ora che il rischio “Leonard” era scongiurato, tutto sembrava rose e fiori.


David approfittò della lunga doccia di Stephan per chiamare Lisa dal telefono fisso; ci vollero parecchi squilli prima che la ragazza riemergesse dall'oblio dell'alcool, ma alla fine rispose.

“Cosa c'è?” domandò in italiano, strascicando le consonanti che coprirono quasi del tutto le vocali.

Solo allora David si rese conto di una cosa: se qualsiasi altra persona avesse chiamato la sua camera, avrebbe trovato Lisa.

Si domandò per qualche istante se il peggiore dei casi sarebbe stato Leonard, o James, o in alternativa sua moglie.


Tale riflessione lo esasperò ulteriormente, così la domanda che pose suonò come un sbuffo: “Come stai?”.

Silenzio, poi Lisa rispose: “David...Sei arrabbiato?” di nuovo le sillabe si sovrapposero in un codice segreto sconosciuto a entrambi. La ragazza cercò di ricomporsi facendo schioccare la lingua secca e intorpidita.

Tentò pure di sollevare la testa, ma una forza oscura gliela pigiò di forza sul cuscino, così si arrese: “Gira tutto- riuscì a formulare- E' normale?”.


L'ingenuità nella voce dell'Italiana strappò un sorriso al moro attore: “Questo è solo l'inizi, mia cara!”.

Il tempo che passò prima che Lisa rispondesse fu scandito dal respiro pesante di lei: “E' colpa mia?”.

Nulla di quella conversazione sarebbe rimasto nella memoria di Lisa, ma David trovò il quesito incredibilmente serio e realistico; ci mise un po' a trovare la risposta giusta: “Forse...Ma è anche colpa mia”.

Stava per proseguire, tirando in ballo il problema Stephan/James, poi si rassegnò a concludere: “Ora pensa a dormire, ne parleremo domani”.


Mentre riattaccava dall'altra parte ricomparve la voce di Lisa: “David...ci sei? Stavo pensando...posso spogliarmi?”.

L'uomo ci mise un po' a capire la richiesta, poi con un sorriso al cielo annuì: “Dato che non sono lì con te...sì”.

“Ti stai giocando di me? Fu la sconfusionata domanda, anche un po' imbronciata, della ragazza.

In realtà voleva dire “Ti stai prendendo gioco di me?” ma David decise di vedere la cosa dal lato divertente e rispose a tono: “No, non mi sto giocando di te- ancora con la risata nell'aria aggiunse- Ma domani dovremo fare un discorso”.


Silenzio. Altro silenzio. Poi Lisa biascicò un “Bfff...” scocciato e riappese.

David fece lo stesso e si girò su un fianco per dormire; si ritrovò a sorridere mentre pensava che, dopotutto, le voleva anche bene.



Approfitto di questo capitolo per inserire le immagini dei vestiti indossati dalle ragazze in questo capitolo: per Lisa, abito rosso. Per Holly tubino viola, per Laura tuta in seta nera, per Marina abito azzurro. La camicia verde di Alice non ho potuto inserirla, nei vari cataloghi di moda non l'ho trovata!

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Capitolo 37
*** XXXVII CAPITOLO ***


XXXVII CAPITOLO

XXXVII CAPITOLO

 

Ok, ok….per la seconda volta nel corso della stesura della mia FF….SCUSATE! MEA CULPA!! SONO RI-SPARITA…Ma prima la laurea, poi diversi contrattempi e un nuovo lavoro mi hanno rubato tutto: tempo, voglia e ahimè soprattutto creatività…di nuovo mi trovo a rassicurare: questo capitolo che leggerete è seguito già da altri tre…quindi presto avrete tutte le risposte che ho taciuto finora…

Buona lettura!!!

 

 

Nonostante il freddo della notte precedente, la mattina del giorno del Ringraziamento si prospettava incredibilmente radiosa e mite.

Laura raggiunse Marina e Alice -con Felina- verso le dieci di mattina: l'animale scalpitava per la sua solita passeggiata e relativo spuntino, così le tre italiane decisero di lasciare Lisa nel mondo dei sogni per concedersi una colazione nel giardino dell'Hilton Hotel.

 

“Sicuramente non avrà fame al suo risveglio” osservò Marina passandosi le dita fra i capelli voluminosi per pettinarli.

Alice si limitò a ridare una forma definita alla frangia, poi si buttò sulle spalle uno scialle di lana grossa e raggiunse le altre: “Non dovremmo andare a vedere come sta?”

“Non ci sentirebbe nemmeno bussare!”concluse Laura prima di entrare in ascensore, la pantera al guinzaglio.

 

In effetti aveva ragione: le facoltà dell'amica attrice si erano disattivate la sera prima, dopo la chiamata di David; neppure si ricordava di essersi tolta il suo  Yves Saint-Lauren rosso, così quando   

socchiuse un occhio non capì perchè i suoi soli indumenti fossero un bustierre di pizzo senza spalline e un invisibile perizoma nero.

Priva delle forze necessarie ad agitarsi e andare nel panico, si rese conto di essere in una camera sconosciuta.

 

La prima domanda che si pose mentalmente fu “Cos'ho fatto?” ma appurò di non conoscere la risposta..

Girò il capo per verificare se fosse da sola o in dolce compagnia -magari di Stephan- e un martello invisibile iniziò a prenderla ripetutamente a mazzate in testa.

La vista sfuocata rispose al suo secondo quesito: era da sola e non aveva fatto nulla di troppo stupido, altrimenti non sarebbe stata ancora “vestita” con i capi di quel pornografico completo intimo; il bustino la strizzava ancora come la sera prima, trasformando la sua seconda in una terza abbondante, quindi nessuno gliel'aveva slacciato...e lo stesso valeva per le mutandine.

L'attimo di tranquillità fu interrotto da tre vigorose bussate alla porta; contro i pronostici di Laura, Lisa le sentì e andò addirittura ad aprire.

 

 

Patricia russava della grossa quando James uscì di soppiatto dalla stanza; si era limitato  indossare i pantaloni della sera prima con una felpa sportiva.

 Non voleva svegliare la fidanzata mettendosi a frugare nell'armadio; daltronde doveva solo andare a colazione con David e famiglia. Avrebbe chiesto a lui qualcosa da indossare, in prestito.

 

Perchè lasciare Patricia nel letto? Per tanti motivi. Primo fra tutti, non voleva confrontarsi con lei riguardo alla fuga della sera prima dal “L.A Mirage”; ma cosa più importante, non voleva che l'allegra fidanzata facesse della loro convivenza futura l'argomento della giornata.

L'avrebbe resa troppo...cosa? Ufficiale? Tangibile? Angosciante?

Eppure era quella la strada che lui si era prefissato di percorrere ormai da tempo.

 

Il platinato attore mise a tacere la voce della coscienza bussando con forza alla camera di David: la priorità era trovare dei vestiti della sua taglia nell'armadio del ben più alto collega.

Ci vollero parecchi secondi prima che da dietro la porta giungesse un qualche segno di vita: una mano armeggiò goffamente con la chiave per un po', prima che l'inquilino si presentasse agli occhi di James.

In effetti, sì, indossava una camicia gessata che poteva essere giusta per lui, ma era slacciata e vistosamente aperta; da sotto non spuntavano gli addominali muscolosi di David, ma un bustino ero e rosa carne, che cingeva due seni tondi, il tutto in tinta con...si potevano definire mutandine, quelle?

 

James era rimasto così tramortito di fronte a quella visione che non si era neppure accorto di non trovarsi dinnanzi alla capigliatura bionda della moglie di David, bensì a una chioma molto più voluminosa e castana.

Solo al terzo -o quarto- esame riuscì a riassemblare le tessere del puzzle e riconoscere quegli occhioni verdi, cerchiati da profonde occhiaie e rossi per il trucco sbavato.

 

Cosa doveva fare, scusarsi per aver sbagliato camera? No dannazione! Quella era la camera giusta!

E la riprova gli fu data dall'unica parola che Lisa pronunciò, nei meandri del doposbronza: “David?”.

Dopodichè si appoggiò languidamente allo stipite, creando un ulteriore effetto push-up sul suo decolletè, già troppo prorompente.

 

Dal fondo della sua gola, qualcuno rispose al posto di James: “No, non sono David”.

Lisa, che fino a quel momento si era schermata con una mano da quella che le pareva la luce del Paradiso, strabuzzò gli occhi e tentò di focalizzare il proprietario della voce a lei familiare.

Inizialmente fu solo nebbia, un attimo dopo sentì la pungente sferzata di dopobarba e la testa le cominciò a girare.

 

Neppure il tempo di vedere quella chioma bionda e già sentiva in bocca il gusto di menta fermentata della sera prima.

Una frazione di secondo dopo, Lisa vomitava i suoi 5 mohjiti e la cena su James.

Se ci fu una risposta o una qualsiasi reazione, la ragazza non lo scoprì, poiché immediatamente dopo gli richiuse la porta in faccia; si sdraiò e riprese a ronfare quasi subito.

 

“Non ti sto facendo una ramanzina- concluse David sulla porta della camera di Stephan- siete entrambi adulti e vaccinati, fatto sta che il primo comandamento dello staff è: lontano da Lisa”.

L’altro sbuffò contrariato: “Non capisco tutte queste paranoie. Insomma, lavoriamo insieme da mesi, può capitare, no?”

David tolse la mano dalla maniglia per cominciare ad elencare: “Tu sei il suo istruttore, suo padre il regista… James la sua ultima fiamma- allargò le braccia in un gesto che racchiudeva l’evidenza di quelle parole- Normalmente potrebbe capitare, in questo caso te lo vieto!”.

 

Detto ciò l’attore uscì dalla suite e di conseguenza dalla conversazione; gli bastarono pochi passi prima che gli franasse addosso un altro problema.

Questa volta però aveva i capelli ossigenati e gli occhi fuori dalle orbite.

“Credevo di farcela, sai?- David indietreggiò alla vista dell’indice di James puntato contro di lui- Credevo di riuscire a gestire tutto…questo. Ma tu e la tua combriccola…Non voglio nemmeno sapere cosa state combinando”.

 

Il placido collega incrociò le braccia e dalla sua botte di ferro sibilò la risposta: “Mi sono perso al credevo di farcela- appoggiò la schiena a una parete- Ce la fai a calmarti e comunicare come una persona sana di mente?”.

James rimase di stucco di fronte a tanto aplòmbe; se lo chiese pure lui. Era in grado di ragionare lucidamente? Almeno ci avrebbe provato.

 

Deglutì e cominciò: “Ho visto la scena di Lisa e…quello Stephan al L.A Mirage e mi sono detto “Amico, cosa ti aspettavi? E’ normale!”-fece una pausa –Ma poi stamattina…Jaime lo sa?”

David si sollevò dal muro, ora meno tranquillo: “Cosa c’entra mia moglie?- quando l’istante successivo comprese, scoppiò in una fragorosa risata- Ho capito: sei passato per camera mia”.

Un ulteriore ghigno divertito fece innervosire James: “Ti sembra che ci sia da ridere? Santo cielo David…Sei sposato!- l’altro stette zitto godendosi la scena- Cosa succederebbe se Jaime si trovasse una ventenne in perizoma, guepierre e…e push-up? Quella è roba da infarto, te lo garantisco!”.

 

Prima di ridursi piegato in due dal divertimento, David decise di dare un taglio al proprio sadismo: “D’accordo James, ora fai un respiro profondo”.

Le spiegazioni furono laconiche e fulminee: Lisa aveva dormito tutta notte ubriaca e sola. Punto.

Dopodichè James passò un tempo indefinito ad annuire al vuoto, lo sguardo perso nell’imbarazzo: “Ok…quindi…ho preso un abbaglio”.

L’amico lo confortò con una pacca sulla spalla: “Non è successo niente”.

 

Il biondo attore volle rassicurare l’altro: “Non volevo dubitare di te ma…capiscimi: la situazione era molto equivoca- fece una pausa- e anche parecchio scioccante”.

“Ora cerca di non pensarci più” suggerì saggiamente David.

“Hai ragione” James passò qualche altro istante ad annuire. Poi chiese: “Si è rifatta le tette, per caso?”

 

“Dovrà uscire dalla sua tana almeno per pranzo- osservò esasperata Holly- E’ il Giorno del Ringraziamento”.

Marina rimise il guinzaglio alla pantera e scosse la testa: “Io non ho alcuna intenzione di entrare in camera di David”.

Fu Laura a prendere l’iniziativa: “Qualcuno dovrà farlo; vado a chiedergli la chiave”.

Non ci fu bisogno di cercarlo, il diretto interessato piombò nel giardino quasi scontrandosi con Laura.

 

“Vi prego, fate qualcosa- senza bisogno di altre parole pose la tessera magnetica in mano alla ragazza- Ci mancava solo James, a completare la serata della vostra amica”.

Quattro paia di occhi si strabuzzarono, ma Laura tagliò corto e disse solo “D’accordo…non mi ricordo: corridoio di destra o di sinistra?” chiese riferendosi alla camera.

“Non puoi sbagliare- rispose sconfortato l’attore- troverete Jack che sparge segatura sulla moquette”.

 

Questa volta le parole di David non potevano passare ignorate; solo Felina continuò a sonnecchiare al sole.

L’uomo spiegò in fretta, tra italiano e inglese, cosa era successo poco prima: “Fatele fare una doccia ghiacciata e rendetemela presentabile per l’ora di pranzo”. Si trattenne dal ripetere “Vi prego” per non apparire troppo patetico.

D’altronde il messaggio era stato recepito forte e chiaro; le quattro ragazze entrarono in ascensore quasi col fiatone.

Marina, dall’alto della sua innocenza, sgranò gli occhini nocciola: “Scusate se sembrerò una completa idiota ma…solo a me scappa da ridere?”.

 

La chioma riccia di Holly scattò verso la frangetta di Alice, ma come al solito fu Laurea dare il via alle danze.

Il tempo di arrivare al piano ed erano piegate su se stesse, chi seduta, chi contorta in un angolo della cabina, e nessuna sembrava intenzionata a smettere di sghignazzare.

Laura fece fatica a infilare la carta nella serratura, tra un singulto e l’altro. A Lisa parve che l’armata degli Unni fosse appena entrata alla conquista della camera.

 

“Abbassate le voci, vi scongiuro!” piagnucolò schermandosi gi occhi.

Alice incrociò le braccia e la squadrò dalla testa ai piedi: “Fai proprio schifo, lo sai?”.

L’amica le girò le spalle nascondendosi sotto le coperte: “Lo so…Lasciatemi qui…Voglio morire”.

A tali parole Laura scosse la testa ed emise un gridolino tra il nervoso e l’infuriato: “Questo è troppo- le strappò le coperte di dosso- Basta con le coccole, le serve la terapia d’urto”.

 

Per i primi cinque minuti di doccia gelata Lisa fu incerta se mettersi a piangere o meno; quando Alice la reputò di nuovo lucida e sveglia decise di lasciarla finire da sola, a una temperatura ragionevole.

Fu Marina a scegliere i vestiti per lei, mentre le altre si preparavano nella propria camera.

“Può andare?” mostrò all’amica la gruccia che aveva recuperato dalla suite di Lisa; lei la esaminò mentre si strofinava la faccia con un telo di spugna, per riassumere un colore umano: ima camicia di cotone bianca con colletto alla coreana e pantalone nero aderente a vita alta. Elegante e sobrio.

 

Lisa annuì soddisfatta: “Perfetto; dovrebbero esserci un paio di stivali a gamba alta, da qualche parte…e una cintura a fascia”.

Marina completò la mìse come suggerito, poi si dileguò in camera a cambiarsi.

L’attrice italiana dal canto suo, fece tappa negli alloggi di Lorianne per un trattamento extra coprente sulle occhiaie post-sbronza.

 

Una volta nella hall, i capelli raccolti in un ordinato chignon, poteva definirsi- con cauto ottimismo- praticamente guarita dai bagordi della sera prima.

Fu allora che un suono lancinante le perforò i timpani e solo per miracolo la testa non ricominciò a pulsare; dopo lo stordimento iniziale Lisa riconobbe quello stridio: erano i vagiti di un neonato, in braccio a una donna bionda, solare e bellissima.

La ragazza rimase immobile, frastornata e indecisa, mentre la neo-mamma si girava verso di lei: “Perdonala, ha fame…e ama farsi sentire”.

C’era un che di familiare in quell’aria placida e serena, a Lisa non ci volle più di qualche attimo per associare la donna a David: “Devi essere Jaime- cercò di intravedere la bambina da sotto la tutona invernale- E tu Bardot”.

 

Poi porse con educazione la mano alla donna: “Piacere, sono Lisa”.

L’altra contraccambiò morbidamente la stretta: “Accidenti, finalmente ti conosco- scrutò la ragazza con aria simpatica- La tua fama ti precede”.

Lisa annuì, per nulla fiera di sé: “Lo immagino”.

Jaime alzò il braccio libero: “Non fraintendermi, David mi ha raccontato sempre tutto di voi, e soprattutto di te: il quadro complessivo è incredibilmente caotico- ammise aprendosi in un radioso sorriso- Ma splendido”.

 

La ragazza si rilassò a tali parole, ma un lampo le attraversò subito la mente: “O mio Dio!” esclamò ad alta voce con il viso coperto dalle mani: i pezzi del puzzle si stavano ricomponendo, ora che gli effetti dell’alcool erano svaniti; come era logico che accadesse, il primo tassello ad andare a posto fu l’ultimo in ordine cronologico: James e il teatrino di quella mattina.

 

Tra un imprecazione e l’altra Lisa sentì la voce di Jaime salutarne un’altra più giovanile.

L’italiana sbirciò tra le dita che ancora le coprivano gli occhi: un viso femminile pallido, anonimo ma che le ricordava qualcosa stava  sorridendo alla piccola Bardot Vita; appena l’altra ragazza si rese conto della presenza di Lisa la salutò con un cenno del capo: “Tu devi essere la protagonista del film”.

 

La diretta interessata aggrottò la fronte sospettosa, le braccia strette al petto e le labbra imbronciate,come spesso le teneva quando pensava intensamente.

Dall’altra parte della barricata la sconosciuta tese la mano: “Piacere, Patricia”.

Uno strano giro del destino volle che giusto allora David giungesse nella hall; lo spettacolo che si trovò davanti fu il culmine della sua crisi di nervi: Jaime  al centro della scena, alla sua destra Lisa e alla sinistra Patricia. E a dividere (o incitare) le due dalla catastrofe solo il braccio teso della dolce metà di James.

 

Con voce innaturalmente acuta, il moro attore irruppe nel quadretto: “Amore! Ma dove ti eri cacciata?- si frappose alle due ragazze per lanciare un bacio sulla fronte della moglie- Andiamo a sederci a tavola!” chiunque lo conoscesse avrebbe compreso il tono falsamente allegro e più stridulo del normale.

Forse un miracolo fece abbassare la mano- senza risposta- di Patricia e le parole di David la fecero dileguare nel ristorante.

Lisa se ne stava ancora immobile, apparentemente senza intenzione di spostarsi dalla sua posa plastica.

 

Con un sospiro di sollievo il collega la squadrò e la vide stranamente rinata rispetto alla sera precedente, forse per merito dell’eleganza del suo completo ingessato: “Stai bene…” constatò soddisfatto.

La ragazza spostò solo le iridi verdi verso di lui, la posizione del resto del corpo immutata: “Sto per vomitare”  ribattè con fare derisorio.

Inaspettata giunse la battuta di Jaime: “Di nuovo?!”.

 

Lisa attese qualche secondo, per capire se stesse scherzando, prima di scuotere la testa, quasi sorridendo.

La risata pacifica dell’amico e della sua bellissima consorte fu aria nei polmoni: sì,quella non poteva che essere una splendida giornata.

 

 

 

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Capitolo 38
*** XXXVIII CAPITOLO ***


XXXVIII CAPITOLO

XXXVIII CAPITOLO

 

Quasi duecento persone, tra membri dello staff, comparse, attori e famigliari, si accingevano a festeggiare il Ringraziamento nella sala ristorante dell’Hilton Hotel, che quel giorno aveva registrato il tutto esaurito.

Un immotivato sollievo colse Lisa alla vista del padre.

“Finalmente ti vedo- tuonò la voce di Leonard, che la abbracciò- Penso di essere l’unico regista che pur lavorando con la propria figlia, non la vede per due giorni di fila”. Il suo gruppo di assistenti si unì alla risata e le fecero allegramente gli auguri.

 

Marina sopraggiunse trainata da Felina, la padrona la accolse con una pacca ben assestata sul fianco; un bambino di sei anni sopraggiunse col suo sorriso sdentato: “Posso accarezzarla?”.

Lisa lo scrutò qualche attimo, sondando i tratti somatici del paffuto biondino che attendeva il suo permesso; poi la ragazza annuì: “Certo Jaden”.

Jaden…pronunciò con sicurezza il nome del figlio maggiore di David, uno splendido angioletto che col sorriso ,tanto simile a quello del padre, avrebbe conquistato il mondo.

 

Infatti trascorsero pochi minuti prima che il moro attore sopraggiungesse col solito ghigno serafico: “Ecco il mio rubacuori!- lo canzonò prendendolo in braccio- Ti abbandono un attimo e già provi a sedurre la mia collega?”.

Lisa alzò le mani in segno di resa: “Lo confesso, c’è riuscito in pieno”.

La ragazza insistette per avere suo padre accanto: quello era forse il primo pranzo insieme dopo settimane e il Ringraziamento era un giorno sacro per la famiglia.

 

Così l’Italiana si circondò delle uniche persone che valevano nella sua vita: le eterne amiche-sorelle, Holly e David coi rispettivi parenti e Felina accucciata al fianco.

Stephan ebbe la delicatezza di accomodarsi qualche posto più in là con Stacy e gli altri personal trainer del cast.

Ludovic si trovava dalla parte opposta del grande ferro di cavallo formato dai tavoli, attorniato dalla sua Corte di Tenebra; a ricordare la nausea di poco prima, una chioma bionda e una corvina, femminile, si sedettero dando le spalle a Lisa.

Perlomeno non avrebbe visto se colloquiavano amabilmente, scherzavano, ridevano o amoreggiavano.

La testa riccia di Marina entrò nella sua visuale, quando l’amica si sedette di fronte a Lisa, visibilmente strattonata dalla solita ispida Laura: “Non ci pensare neanche cara mia- la rimbeccò quest’ultima- Un’altra occhiata a quel lato della tavola e ti lancio la mia porzione di tacchino!”.

L’amica attrice la ringraziò con un muto sospiro di sollievo; il caos delle voci, le risate, i discorsi di gente che non si vedeva da mesi resero l’aria nella sala viva e frizzante.

 

La felicità della festa era palpabile nell’aria, cosicché fu impossibile per tutti, posare la mente su pensieri negativi.

Con allegria Lisa cominciava già a programmare le ferie Natalizie: “Quest’anno il 25 cade di sabato- constatò sul calendario del telefono- Le vacanze saranno concentrate, ma un salto a casa lo farei volentieri” assaggiò con riluttanza il tacchino ripieno: i postumi della sbronza erano ancora in agguato.

“Sarebbe fantastico!- Marina applaudì entusiasta- La nostra vecchia squadra ha organizzato uno stage col Maestro giapponese Katanishi”

Alice annuì: “E’ vero! Sarebbe come tornare ai vecchi tempi”.

 

Lisa si girò verso il regista: “Pensi che sia possibile?”.

Leonard sbirciò le date delle riprese sul suo palmare e fece spallucce: “Dovresti concentrare qualche sketch…L’importante è che tu sia qui il due Gennaio”.

La figlia strabuzzò gli occhi contrariata: “Così non starei via nemmeno dieci giorni!”.

Il padre bevve un sorso di vino: “Per quella data avremo la Premiêre con la stampa americana”.

La ragazza sbuffò e guardò con aria torva David: “Tu lo sapevi?” in risposta sia lui che Holly scossero la testa.

 

“Non so nemmeno di cosa si tratta- aggiunse l’Italiana- la Premiêre non si fa a riprese terminate?”.

“Questa sarà un’anticipazione-spiegò il regista- A porte chiuse, solo per giornalisti, critici e pochi invitati”.

Ancora la giovane attrice non capiva: “Come possiamo presentare un film incompleto?”.

“Non è consuetudine, ma spesso viene proposta una proiezione privata delle scene salienti che abbiamo già pronte…un quarto d’ora, venti minuti al massimo; serve per preparare la stampa e favorire la pubblicità prima della data di lancio. Per il resto si tratterà di interviste e Pubbliche Relazioni”.

Il botta e risposta padre/figlia si concluse con uno sbuffo di Lisa: “In pasto agli squali…cosa aspettavi a dirmelo?”.

 

“Non vederla così in negativo: sarà una serata di rappresentanza- si giustificò Leonard, con un gesto diretto a uno dei camerieri- E poi prima volevo darti questo!”.

In un batter di ciglia Lisa si trovò in grembo un’immensa scatola argentata su cui spiccava il disegno di un cigno, in rilievo: “Cosa…” riuscì solo a farfugliare.

“Aprilo” la incitò il regista distendendo le gambe sotto al tavolo, per godersi lo spettacolo.

 

Con molta soggezione la ragazza rimosse il coperchio: sotto un primo velo di tulle protettivo giaceva un abito, o meglio l’abito più straordinario che Lisa avesse visto.

Un bianco accecante, quasi etereo le colpì gli occhi; la seta candida che si trovò ad accarezzare era imperlata di fili di cristalli, incastonati uno ad uno nel tessuto, come se fosse un gioiello, andando così a formare onde e gocce di diamanti. Il tutto, pure i guanti abbinati all’abito, parevano così imperlati d’acqua.

“E’ uno Swarovsky, un pezzo unico- spiegò Leonard- Disegnato apposta per te; Daniela ha dato una mano”.

“Chi meglio di me poteva conoscere le tue taglie?” scherzò la costumista, mentre Lisa continuava a fissare a bocca aperta il regalo.

“Abbiamo avuto colloqui con diversi potenziali sponsor- continuò il regista- Quando le alte sfere della Swarovsky hanno scoperto la trama del film, questo è stato il loro contributo alla Regina di Diamante”.

 

Sul fondo della scatola giaceva un biglietto, scritto a mano; Lisa lo lesse tra sé e sé.

“Per Lisa

E per Raina.”

Da un mondo ovattato e lontano un braccio le cinse le spalle: “Voglio che lo indossi per la Premiêre” era Leonard, che la baciò dolcemente a una tempia sussurrandole i suoi auguri.

Fu David a stemperare il momento di silenzio: “Adesso come troverò un completo che renda onore a questo?”.

Daniela finse un’aria implorante: “Ti prego di evitare il giallo e il viola…del resto non puoi sbagliare”.

 

Lisa riemerse dallo stato di trance e si voltò a coinvolgere Jaime: “L’importante è che gli abiti in pèn-dant siano i vostri due” depose la scatola e il gioiello al suo interno nelle mani di un inserviente.

“Purtroppo io non ci sarò, cara- la bionda cullò leggermente Bardot- E’ una serata a porte chiuse, per pochi eletti: i familiari del cast non sono ammessi”.

Un baluginio passeggero illuminò gli occhi di Lisa: nessuna “figura estranea” l’avrebbe turbata; nessun intruso avrebbe violato i suoi spazi sacri.

Accanto a lei David parve leggerle nel pensiero e borbottò a testa china: “Saremo solo noi”.

Un vagito irruppe nella gravità della scena e l’Italiana abbandonò l’espressione pensosa: “Ti va di venire da me?” gongolò a braccia tese.

Poco dopo i capricci erano finiti, sostituiti dalle risate di tutti.

 

Ormai appariva evidente quanto quel giorno fosse il giorno di qualcuno; era chiaro anche a chi come James, girato di spalle, si trovava coinvolto nella voce squillante di Lisa.

L’uomo si girò solo un attimo e riuscì a intravedere la ragazza, circondata da sorrisi e calore, che tuttavia lui non riusciva a percepire; un monso a sé da cui lui era stato tagliato fuori.

“E’ una ragazzina molto fortunata- la voce di Patricia lo fece irrigidire, James tornò alla sua posizione composta- quanti anni ha? Venti?”.

“Diciannove e…sì, è davvero fortunata- il biondo attore abbassò il capo sul piatto- Quasi invidiabile”.

 

 Il pranzo si protrasse fino a tardi e le conversazioni proseguirono tutto il pomeriggio nella sala da tè dell’hotel; Lisa fece da baby sitter a Jaiden, rapito dalla presenza di Felina. La ragazza fu quasi dispiaciuta quando Jaime glieli sottrasse per il riposino pomeridiano: aveva passato mesi ad ascoltare il collega attore descriverle i suoi figli e ora che li poteva toccare con mano, Lisa si rendeva conto della bontà più pura che il padre aveva trasmesso ai bambini.

Tuttavia era stremata e decise di congedare i festeggiamenti per ritirarsi in camera con le tre amiche.

 

“Uff…” sospirò accasciandosi sul letto, la faccia nel cuscino e le braccia aperte, come un morto a faccia in giù in uno stagno.

“Vedo che ti sei ripresa- Alice le propinò uno schiaffo sul sedere- Sciagurata…Ieri sera hai dato spettacolo”.

“Perché sento che stai per aggiungere dettagli a quel poco che ricordo?” mugugnò la “scellerata” in questione.

“Di cosa parli? Dello spettacolino sexy che hai fatto con Stephan?” la schernì Laura, incalzata da Alice: “E tutto sotto gli occhi del tuo ice man!”.

A Lisa servirono un paio di respiri profondi prima della sinapsi: “James! C’era anche lui? Starete scherzando…”.

Marina si sedette sul letto: “Purtroppo no, nelle ultime 24 ore l’hai ucciso moralmente almeno due volte!”.

“Tre- la corresse Laura- Una al locale, una quando gli hai aperto in biancheria intima e…”.

“Oddio!- strillò l’interessata- mi ero totalmente dimenticata! Basta così, questi sono tasselli di un puzzle che voglio rimanga incompleto”.

 

Felina sbadigliò annoiata dal gossip femminile; si accoccolò accanto alla padrona e in breve le sue fusa divennero un rilassante sottofondo.

Le quattro amiche-sorelle rimasero lì, ammucchiate sul lettone di Lisa, per concludere le chiacchiere della giornata. Fecero un breve accenno alla fidanzata di James, con osservazioni decisamente femminili sui capelli e il look, e quando la tensione degli eventi delle ultime ore sembrò scemata, si salutarono per andare ognuna nella propria stanza.

Tuttavia dopo pochi minuti Marina fece capolino dalla porta: “Anch’io ho un regalo per te” e sventolò davanti al naso di Lisa la custodia di un CD.

L’altra si mise a sedere e la guardò sospettosa: “Cosa hai tramato alle mie spalle?”

I semplici occhini nocciola di Marina risposero per lei: “Nulla…Prendi il computer o ti fai pregare?”.

Lisa le lanciò un cuscino ma obbedì; subito dopo inserì il disco con titubanza: l’ultima volta che Marina si era proposta con un gesto del genere era stato per svelare gli altarini di James. Ma dato che quell’Apocalisse era già passata, Lisa si mise il cuore in pace e aprì l’unica cartella presente sullo schermo.

 

Con grande sorpresa l’attrice Italiana si trovò di fronte a una serie di file musicali: “Ora mi devi spiegare tutto” puntualizzò.

L’amica le diede un buffetto alla nuca: “Sei proprio una guastafeste. Era da qualche tempo che parlavamo della colonna sonora…”.

“Beh, in verità solo io e te ne stiamo parlando: le musiche saranno composte verso la fine del film, tra qualche mese” a Lisa dispiaceva essere così logorroica, ma le tempistiche del suo lavoro erano davvero tanto snervanti.

 

La sua parentesi pessimistica le costò un altro buffetto di rimprovero: “Vuoi lasciarmi finire? So benissimo come funzionano queste cose, perciò ti dico ora ascolta il mio CD. Poi valuterai il da farsi”.

Ancora scettica, l’amica attrice scorse i titoli: “Within Temptation…cos’è?”.

Marina le risparmiò l’ennesimo buffetto e rispose con tono paziente: “E’ un gruppo musicale, il loro genere è gothick-metal, sul melodico però, niente di fracassa-timpani”.

L’inesperta Lisa aggrottò la fronte: “Come gli Evanescence?”.

Marina riflettè un attimo: “I cultori del genere ti definirebbero un’eretica, ma ci sei quasi. Hai reso l’idea”.

L’altra si grattò il capo ancora dubbiosa: “Non so…non vorrei che sembrasse la solita frittata”.

Una mano alzata in segno di “alt” la bloccò: “Limitati ad ascoltare, a mente libera; prenditi qualche ora nei prossimi giorni, senza alcun impegno”.

Con un sorriso sincero Lisa abbracciò il testone riccio dell’amica: “Grazie tesoro, è un pensiero davvero splendido…è da te del resto.”

“Certo, non vale migliaia di dollari come il tuo sciccosissimo vestito…” Marina si strinse nelle spalle, ricevendo in risposta lo schiocco di un bacio sulla guancia.

“Se ti può interessare, una colonna sonora vale molto di più…e quella di un’amica non ha prezzo”.

 

Purtroppo nei giorni successivi il CD in questione cadde nel dimenticatoio: Ludovic lasciò effettivamente tutti a  in vacanza fino al lunedì successivo.

Lisa e le sue amiche italiane, più Holly, si concessero una gita fuori porta e per l’attrice in erba la mèta fu l’ennesima sorpresa: Leonard le spedì su una grande isola al largo della costa di Los Angeles.

Santa Catalina non era solo un ritrovo turistico noto a molti VIP, ma anche e soprattutto un angolo di relax e pace, due cose che il padre regista aveva voluto regalare alla figlia.

 

“La capitale si chiama Avalon- Laura stava osservando una cartina- Pittoresco…”.

Il viaggio in traghetto lo trascorsero a progettare quella breve vacanza, da cui le tre turiste Europee erano galvanizzate: “Cosa c’è di interessante in questo atollo sperduto?” domandò sempre Laura scorrendo la guida turistica.

“Non è sperduto- precisò Holly- Robbie Williams ci si è sposato poco tempo fa. In più da quello che so è famoso per la fauna e un sacco di specie strane”.

Marina puntò il dito sul libro che stava leggendo: “Fanno pure visite in barca per esplorare la costa…con tanto di oblò sul fondo della barca per vedere il fondale”.

 

Dal canto suo Alice fu più entusiasta dell’hotel- con Spa annessa- e del letto a baldacchino in camera.

“Fa davvero caldo qui!- esaminò con soddisfazione il termometro che segnava 24 gradi- non ho portato il costume da bagno”.

“Chiamo un taxi per un giro di shopping” Marina aveva già il telefono in mano, ma Holly la fermò: “Niente taxi a Santa Catalina: qui si usano solo golf-cart elettici”.

Laura espresse la propria approvazione con un gridolino eccitato: quel posto si stava rivelando un campo giochi per le tre di oltreoceano.

 

L’autunno sembrava essersi dimenticato di passare per quell’angolo di paradiso, la sera le cinque ragazze si concessero una cena all’aperto; al moento del caffè le raggiunse una chiamata di David.

“Come è andato il primo giorno?” chiese curioso, con in sottofondo le voci dei suoi figli.

Lisa gli raccontò della passeggiata in spiaggia e per i mercatini, seguita da una seduta ai bagni termali e conclusa con un massaggio rilassante.

L’attore la informò che Felina stava bene: dormiva in camera con Leonard ed era coccolata da tutto lo staff.

Jaime ne stava approfittando per rilassarsi e lui per recuperare i mesi di lontananza dai bambini: “Vedi di non abbronzarti troppo- scherzò David prima di salutarla- Lorianne è già preoccupata per il tuo pallore da copione”.

I due si congedarono per poi darsi appuntamento il lunedì seguente a colazione, prima dell’inizio delle registrazioni.

 

Proprio per questo il mattino successivo fu di studio, per Lisa e Holly; si sdraiarono al sole, in piscina mentre le altre erano disperse in giro, chi a nuotare, chi in sauna, chi a dormire.

“La cattura di Lucius- la messicana scorse velocemente le pagine del copione- Come farai?”.

L’altra sospirò e si strinse nelle spalle: non aveva ancora realmente lavorato con James e non sapeva cosa pensare a riguardo. Puntualmente, quando si trovava a domandarsi cosa sarebbe successo, la sua mente rifuggiva su altro; l’intero suo essere rigettava quel necessario evento.

 

Con uno sguardo veloce Lisa individuò le prime battute: una Raina infuriata afferrava per i capelli Lucius, in catene e inginocchiato a terra:

 

“Perché sei venuto qui?”

La risposta era un ghigno derisorio: “Tu stessa mi ci hai condotto, ricordi?”.

Sì, strappandosi il cuore la Regina di Diamante aveva indotto l’amato a morire colmo di rabbia e odio.

E…sì, scrivendo una storia che celava tra le righe il suo dolore, per qualche oscuro giro del destino, la sceneggiatrice aveva avvicinato a sé proprio chi l’aveva spezzata.

Nella scena Raina teneva fede all’indifferenza dei Cuore di Diamante: dato che non la toccavano né la vita né la morte del suo prigioniero, lo lasciava andare, così come aveva lasciato andare tutto, compresa la sua stessa vita.

 

Il quel frangente il cellulare della ragazza squillò, per un messaggio che le procurò una smorfia di fastidio misto a imbarazzo: Stephan.

Lisa prese esempio dalla sua stessa creazione e con un sospiro che portava il nome di James, lo lasciò andare. Lui e tutto il resto.

 

 

 

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Capitolo 39
*** XXXIX CAPITOLO ***


XXXIX CAPITOLO

XXXIX CAPITOLO

 

Come promesso…sono qui!!! Sono stata di parola, pochi giorni ed ecco un nuovo capitolo.

Un ringraziamento particolare a Kithiara, sei stata la più veloce a commentare, fedelissima e puntuale; ammetto che ci vorrà un po’ per recuperare tutti i lettori “dispersi” in questo tempo, ma non nego una cosa: se sono tornata è soprattutto per l’approvazione che ho letto nei commenti, e le varie mail in cui mi chiedevate come mai fossi “scomparsa” sono state il colpo di grazia, quindi…OK OK, D’ACCORDO, SONO DI NUOVO QUI! E se è possibile lo devo soprattutto a voi, che leggete, commentate, mi incoraggiate.

Avevo nostalgia di EFP, delle mail di persone di cui sono diventata amica grazie alla mia storia, di chi mi ha aggiunto su FB per rimanere sempre in contatto…(a proposito, chi volesse darmi il suo nominativo, lo aspetto volentieri in posta privata!)

Non potevo ringraziarvi in altro modo, se non regalandovi il prossimo capitolo…un nodo difficile da scrivere, ma che mi ha profondamente soddisfatto. Spero che piaccia anche a voi.

 

Buona lettura, e ricordate che non vedo l’ora di leggere i vostri commenti! Non potete immaginare quanto mi servano per andare avanti nella trama!!

Con affetto, Lisa

 

Il ritorno delle cinque vacanziere fu rapido e tumultuoso: a Holly aspettava una mattinata di corsa tra sala verde, sedute dal parrucchiere e ri-doppiaggio di alcune scene; nell’arco di un mese il suo personaggio sarebbe passato a miglior vita, così avrebbe dovuto condensare le riprese prima della Premiere di Gennaio.

 

Le tre Italiane in visita si presero la mattinata del lunedì per un giro turistico degli Studi della Century, così Lisa annullò la colazione col collega David e restò in albergo a coccolare un’irrequieta Felina.

La pantera aveva sentito la sua mancanza e non smise di mugugnare e girare in tondo finchè la padrona non si sedette sul letto accanto a lei.

 

Fu solo per caso che da una delle tasche laterali della borsa saltò fuori il regalo di Marina; la custodia di plastica del CD cadde rumorosamente infastidendo sia Lisa che l’amica a quattro zampe.

Facendo spallucce la ragazza lo raccolse per inserirlo nel computer; le si aprì subito una schermata contenente decine di file musicali.

Lisa sbuffò e prese il suo book: nei giorni successivi avrebbe spiegato a Marina che esaminare una discografia completa non sarebbe stato “senza alcun impegno” ma un vero e proprio lavoro a se stante.

 

Lasciando la mente libera fece scorrere in avanti di qualche minuto la prima canzone, e così fece con la maggior parte delle altre; dopodichè si dedicò a una selezione basata sulla parte strumentale dei brani: scartò quelli troppo ritmati e evidenziò quelli melodici.

Solo a questo punto si dedicò ai testi: depennò dalla lista i più inappropriati o banali e poi si affidò al caso.

Tra una coccola e l’altra alla sua pantera incappò in un titolo curioso: “The Promise”.

Quasi involontariamente le tornò alla memoria una strofa della canzone di James:

 

“Vedo ancora la promessa nei tuoi occhi
e mi chiedo ancora se è per me”

 

Lisa si lasciò scappare un mezzo sorriso amaro; odiava le coincidenze e questa in particolare la fece infuriare: “Vediamo cosa ci dicono di bello i Within Temptation” sussurrò e con fare di sfida cliccò sull’icona.

La sorprese un overture altisonante, diretta da archi e tromboni, a preannunciare l’entrata in scena della voce della cantante:

 

“On behalf of her love
She no longer sleeps”

 

Tale inizio mise sull’attenti la ragazza: le prime parole parevano l’inizio ideale di una dolorosa vicenda d’amore, che continuava…


”Life no longer had meaning
Nothing to make her stay
She sold her soul away”

 

Un nodo alla gola si strinse a smorzare il respiro di Lisa; quella scossa elettrica che solo gli artisti nel momento della creazione possono capire, la pervase.

Quasi stentando a crederci la ragazza riavviò il brano per ascoltare la prima strofa.

 

“In nome del suo amore
Lei non dorme più
La vita ha perso ogni significato
Niente che possa farla rimanere
Ha venduto la sua anima”

 

Ricacciò indietro una lacrima e si fece l’appunto personale di essere riconoscente a Marina per il resto della sua vita, non solo per quel regalo che si stava rivelando quasi profetico, ma soprattutto per il suo significato intrinseco, celato a chiunque e decifrabile soltanto dal legame profondo che le univa; Marina conosceva visceralmente Lisa, più di quanto lei stessa si conoscesse e solo un miracolo poteva averle donato un tale angelo.

Continuando la sua analisi Lisa avviò il brano seguente, intitolato Frozen il richiamo alla Regina di Diamante di Lisa fu soltanto l’inizio:

 

“Can’t feel my senses
I just feel the cold
All colors seem to fade away
I can’t reach my soul”

 

Non poteva essere solo una coincidenza; la ragazza alzò il volume e rimandò indietro l’ennesimo groppo, prima che uscisse fuori come singhiozzo.

 

“Non riesco a percepire i miei sensi
Sento solo il freddo
Tutti i colori sembrano sbiadire
Non riesco a raggiungere la mia anima”

 

La sua anima…per la seconda volta nell’arco di poche strofe la giovane attrice vedeva la sua storia prendere forma, o meglio, entrambe le sue storie, quasi qualcuno le avesse già scritte in musica.

Ricopiò di getto quelle poche parole:

 

“Tell me I’m frozen but what can I do?
Can’t tell the reasons

I did it for you”

 

Lisa annuì fra sé: “Già…”.

 

“Mi dici che sono congelata, cosa ci posso fare?
Non posso rivelarti le ragioni, l’ho fatto per te”

 

Proprio così; Lisa non poteva dirlo e nemmeno Raina. Entrambe avevano rinunciato, si erano strappate il calore della vita dal petto, semplicemente per lui.

Ma la ragazza non doveva spiegare il perché:

 

“I can feel your sorrow
You won’t forgive me,
but I know you’ll be all right
It tears me apart that you will never know
but I have to let go”

 

Lisa non riuscì a resistere, una lacrima si tuffò sul foglio bianco, mentre lei trascriveva l’ennesima strofa che stava riaprendo tutte le sue ferite, alcune a lei sconosciute.

Perché se ce n’erano di tangibili, alla luce del sole e reali, altre erano tuttavia meno accecanti, ma più profonde e infinitamente pericolose.

Lisa aveva rinunciato, la ragazza che aveva combattuto la sua vita di solitudine, che aveva salvato dalla morte una pantera con le sue stesse mani, aveva perso la propria battaglia contro il dolore.

 

“Posso sentire la tua sofferenza
Non mi perdonerai,
Ma so che starai bene
Mi strazia il pensiero che tu non saprai mai,
Ma devo arrendermi”

 

Con rabbia Lisa si lasciò scappare un singhiozzo: una persona senza cuore le aveva strappato il suo. In risposta lei si era arresa; arresa a un susseguirsi di respiri tutti uguali, annaspando aria per sopravvivere fino all’istante successivo.

Fu così che attimo dopo attimo, la canzone terminò e lasciò spazio al brano successivo.

Quasi sottovoce, come una timida intrusione nel pianto della ragazza, la voce della cantante domandò:

 

Would you mind if I hurt you?
Understand that I need to
Wish that I had other choices
Than to harm the one I love”

 

A risvegliare la mente persa di Lisa fu una voce maschile, dura, di accusa, che si intromise come un urlo di rabbia.

 

“What have you done now?”

 

Quello fu il primo racconto che la ragazza si concesse, con attenzione rinnovata riavvolse fino all’inizio:

 

Ti importerebbe se ti ho ferito?

– almeno dieci volte sentì nella testa quella domanda, e altrettante la risposta-

Capisci che dovevo farlo?
Mi piacerebbe aver avuto un'altra scelta
Che ferire colui che amo”

 

E di nuovo il ritornello, una condanna: “Cos’hai fatto adesso?”

Ogni nuovo ascolto dava potenza e nuovo vigore alle parole, tanto che a un certo punto, tra il diciottesimo e diciannovesimo rewind, la canzone faceva parte di Lisa; no, il contrario, Lisa faceva parte della canzone.

Si vide in un duetto col suo nemico, poi nella mente si sostituirono Lucius e Raina, a chiedersi “Cosa mi hai fatto? Perché devo ucciderti? Perché deve esserci una maledizione su di noi?”

 

Un vortice in cui bene e male si confondevano, in cui vittima e carnefice non avevano più i confini netti dei personaggi iniziali.

Il tutto durò una frazione di secondo, in cui mille cose accaddero: un flash e Raina uccideva Lucius, poi un altro flash cancellava il precedente ed era Lucius a uccidere Raina; fu un turbine di emozioni che di nuovo, finalmente, fece esplodere l’aria nei polmoni di Lisa; una Lisa che chiudeva di scatto il PC, riscriveva la trama del film e infine, riprendeva in mano le redini della sua vita.

 

 

 

 

La ragazza nemmeno si accorse di aver lasciato aperta la porta della suite, così Felina non fece altro che seguirla.

Una decina tra inservienti, autisti e assistenti di suo padre la presero per pazza mentre correva in uno dei padiglioni della Corte di Tenebra.

Il primo a notarla fu Ludovic, che fermò la ripresa di una tranquilla scena di dialogo tra David Gallagher e … James, ma Lisa a stento buttò l’occhio sul set.

Il rimprovero del regista sopraggiunse subito dopo: “Cosa ci fai qui? E Felina?!”.

La figlia a malapena lo ascoltò, gli aprì invece il computer portatile sotto il naso.

“Papà so che mi riterrai impazzita, ma credo di aver avuto un’illuminazione”.

 

“Magnifico!” sbottò dal canto suo James, a cui Lisa dal canto suo riservò un’occhiata distratta.

Forse fu la tensione dei giorni precedenti con la fidanzata, forse fu per l’espressione di totale noncuranza della ragazza, così simile a quella che la sua ex moglie Liane gli aveva sbattuto addosso la mattina stessa in tribunale, fattosta che il platinato attore grugnì un: “Qui c’è gente che lavora” troppo sopra le righe per passare inosservato.

L’unica reazione fu di Leonard, che cinse le spalle della figlia prima che questa si riavesse dal gesto inaspettato del rivale, per poi allontanarsi con lei verso la postazione di regia.

 

Dal set si captavano solo alcune parole nervose in italiano, la ragazza gesticolava e indicava il suo blocco di appunti, poi lo schermo del PC.

“Ti sembrerà totalmente folle, ma ascolta- Lisa fece partire l’ultimo brano che l’aveva tanto elettrizzata- Non so cosa mi sia preso, sto chiedendo una pazzia ma…- allargò le braccia e rise isterica- la voglio, questa pazzia! Sento che è qualcosa di grosso, può funzionare”.

Nel frattempo la curiosità di Ludovic lo aveva fatto avvicinare al collega regista e alla giovane sceneggiatrice; Leonard si passò una mano fra i folti ricci e sbuffò, tra il concitato e l’indeciso: “E’ qualcosa di incredibilmente caotico e strampalato,  tanto che non saprei con quali scuse potrei dirti di no!”.

 

Il produttore rimase qualche minuto ad ascoltare il dibattito tra due, silenzioso in un angolo, ma dall’alto della sua esperienza aveva già capito l’idea della ragazza: “Ha i numeri in regola per diventare un gran colpo di genio”.

La ragazza si illuminò: “Davvero?”

 

I due veterani del cinema si guardarono e annuirono: “E’ ancora prematuro pensare alle musiche in questa fase delle riprese” esordì Leonard mettendo le mani avanti, da bravo diplomatico.

“Ma se l’idea è quella di affiancare i testi musicali con la trama- lo interruppe l’altro- caschiamo a pennello!” concluse la frase con un allegra risata.

Lisa si aprì in un urlo di gioia e saltò al collo di suo padre, Felina che girava in tondo agitata.

Cosa dobbiamo fare adesso? Qual è la prima mossa?”

Di nuovo i registi si consultarono con uno sguardo: “Immagino che ci sia da avvertire la casa discografica, poi il gruppo musicale”. Ludovic annuì con approvazione: “Il periodo Natalizio cade a pennello, avremo qualcosa di pronto già per la Premiere”.

 

Di nuovo la ragazza abbracciò il padre, mentre Ludovic batteva le mani per richiamare la troupe lasciata allo sbaraglio.

Il burbero regista le scompigliò con una carezza i boccoli, poi indicò il computer: “Da dove salta fuori questa roba?”

Con estrema fierezza la ragazza si impettì sorridente: “Marina!”.

 

Come un ago da lontano giunse l’eco di una voce maschile: “Abbiamo il permesso di ricominciare?”

Una scarica elettrica, un sibilo provocatorio che distrusse i castelli di carta che fino a un attimo prima avevano fatto rinascere Lisa; in passato la sua mente lo avrebbe rifiutato, avrebbe detto che no, non poteva essere James, non di nuovo, a ferirla così.

In passato sarebbe scappata, rinnegando ciò che in realtà Lisa era: un felino, niente più e niente meno che la sua pantera.

 

E da tale ruggì contro il suo nemico: “Sì avete il permesso- iniziò Lisa avanzando verso le luci del set- Per un semplice motivo: stai calcando la scena di un film che io ho creato. Sono io che ti permetto di recitare e finchè non senti il rumore del ciack, sono io che decido se devi respirare, vivere o morire”.

Aveva pronunciato il suo ringhio di rabbia in apnea, così la ragazza dovette fermarsi per riprendere fiato; nessuno si sarebbe mai aspettato tale reazione, così il mutismo generale le permise di continuare: “Quindi ti semplificherò tutto dandoti una scelta: accetta la mia presenza, o vattene da qui”.

 

Erano pochi i metri a dividerli ormai, la distanza di sicurezza che Lisa si era imposta era stata sfondata; poteva vedere gli zigomi tesi di James, la vena pulsante del collo e le labbra serrate in una furia sull’orlo dell’esplosione.

Tutti i presenti restarono immobili, tranne uno, il più potente e allo stesso tempo il più semplice: Felina. Poteva sentire l’aria sfrigolare di pericolo attorno alla sua padrona, così la affiancò a spalleggiarla, con un minaccioso mugugno gutturale.

 

James non sembrò accorgersi dell’avvertimento e fece un passo prepotente verso la ragazza; una smorfia di disgusto anticipò parole altrettanto sprezzanti: “Ma guardati, la bambina che vuole insegnare al mondo come vivere- la indicò muovendo ad ampi gesti il braccio- Porti in giro un nome famoso, due begli occhioni e credi che queste cazzate siano vita!”.

 

Lo scatto nervoso dell’attore non fece altro che innervosire la pantera; Lisa rimase impassibile, non vi era nessuno dinnanzi a lei che avesse mai conosciuto prima o tantomeno amato, si limitò a sfidare quello sconosciuto a testa alta: “Insegnacelo tu, James, dall’alto dei tuoi quarant’anni straripanti di valori e morale- sibilò strafottente- insegnaci cosa conta e cosa no! ”.

Lisa ora stava urlando, i pugni stretti lungo i fianchi, il busto in avanti ad attaccare l’uomo, Felina non era altro che la trasposizione a quattro zampe della padrona.

 

Fu quello il culmine per James, l’attore uccise gli ultimi passi che lo dividevano da Lisa e si ritrovò a un palmo dal suo naso, a gridarle contro: “Non hai ancora capito che non c’è possibilità di paragone? In confronto a qualsiasi cosa, fino alla più insignificante… tu non vali nulla”.

 

L’ultima frase, l’ultimo gesto di troppo ad aggredire Lisa; con un ruggito feroce Felina fece un balzo in avanti e attaccò proprio quel braccio che aveva osato alzarsi contro la padrona.

La ragazza vide tutto a rallentatore, prima il salto, poi la sorpresa nello sguardo di James, poi un urlo acuto che scoprì essere il proprio.

Battè le palpebre una, due volte, poi allungò una mano a difendere…che cosa, James, il suo nemico? O la sorella pantera da un destino ben peggiore, nel caso in cui il suo assalto fosse andato a segno?

 

Non ebbe tempo di darsi risposta, poiché sentì il proprio grido, la sua stessa voce cambiare nel momento in cui le zanne affondavano nell’avambraccio.

Fu una frazione di secondo, Felina strinse la morsa e sentì il sangue in gola, lo stesso gusto dolce che leccava con affetto dalla pelle della sua padrona.

La pantera mugolò e si lasciò cadere a terrà, il corpo schiacciato al suolo in segno di sottomissione, con un pianto straziante di cui solo la voce umana dovrebbe essere in grado; Lisa cadde  in ginocchio di fianco a lei, battendo le palpebre per liberarsi dalla nebbia che le era calata sugli occhi.

Sentì solo uno schiocco sordo, prima che la pantera si accasciasse a terra. Poi il buio.

 

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Capitolo 40
*** XL CAPITOLO ***


XL CAPITOLO

 

 

XL CAPITOLO

 

Ciao a tutti, come promesso rieccomi qua, sono diventata di parola! Vedo che pian piano, cominciate a ritornare, con commenti e mail…bene bene, sono molto felice.

Rispondo a buffy46: sono felice che i precedenti capitoli ti siano piaciuti e ti prometto che i prossimi saranno in crescendo…spero che ti appassionino come è successo a me nello scriverli.

Per Sara666: sì, la storia dei due protagonisti sembra destinata a non finire mai…o almeno non bene! Ammetto che “Stressare” così tanto la trama l’ha portata a un picco da cui è stato difficile scendere, e ammetto che anche per questo avevo perso la spinta a scrivere di nuovo; superato il panico da foglio bianco, ti anticipo che sono davvero fiera del seguito. Ti aspetto con ansia tra i commenti

In più rispondo a una recensione di qualche mese fa (mi vergogno quasi, a farmi viva solo ora…), risale ad agosto per la precisione ed era stata persa nei meandri della mia assenza: MakeMeWannaDie…non mi sono dimenticata di te e soprattutto del tuo entusiasmo e sta tranquilla, la “persecuzione” dei lettori è la soddisfazione più grande che chi scrive possa ricevere. Ho inserito la tua ff su James tra le “ricordate” e appena pubblicato questo capitolo andrò a leggerla…aspettati i miei commenti, saremo una la persecutrice dell’altra J

Infine ringrazio chi mi ha commentato via mail, risponderò privatamente il prima possibile.

Buon capitolo!!

 

 

A svegliare Lisa ci pensò una luce bianca accecante; si trovava presumibilmente sdraiata s un letto non suo, circondata da rumori ovattati che divennero pian piano voci.

Le prime percezioni che recepì da quel luogo non le piacquero: lampade al neon, odore di disinfettante, pareti sterili…

Provò a muovere la testa ma un improvviso attacco di nausea la immobilizzò; emise un lamento inarticolato e la gola le dolette.

 

Qualcosa le toccò il braccio e una voce conosciuta le parlò: “Lisa? Tesoro, mi senti?”. Suo padre.

Con un mugugno la ragazza ricacciò indietro un altro conato di vomito, si limitò ad annuire debolmente.

“Cerca di non muoverti, tra poco arriverà il dottore”. A tali parole tutti i ricettori di Lisa si svegliarono, con uno scatto si drizzò a sedere; cominciò gradualmente a ricordare. Le canzoni di Marina, la discussione coi registi, il litigio con James…le pareva tutto quanto un sogno.

 

Fu l’immagine della sua pantera, il suo miagolio disperato e tutto ri-precipitò nel caos: “Dov’è Felina? Dov’è? Dov’è?” si mise a gridare.

Alle sue spalle due mani intervennero a immobilizzarla con la schiena sul materasso.

“Non ti preoccupare- solo la voce le giungeva, il volto di Leonard era ancora sfuocato- E’ stata sedata e ora riposa in una gabbia alla Century Fox”.

Lisa scosse la testa e cercò di divincolarsi: “Devo andare da lei”.

 

Un’altra mano le si posò sul braccio: “Non ancora- Lisa vide distintamente un uomo castano con gli occhiali, al suo fianco- Sei sotto l’effetto dei farmaci, rimarrai stordita per qualche ora”.

Un respiro profondo, un altro e le immagini tornarono nitide, seppure al rallentatore; la giovane attrice deglutì e di nuovo sentì dolerle la gola: “Cosa…cosa è successo?” strascicò con voce gracchiante.

“Felina ha attaccato James per difenderti e…”

“Questo lo so!” Lisa interruppe suo padre alterata, poi si costrinse a calmarsi per evitare l’ennesima ondata di nausea.

 

Quando ti sei ripresa dallo svenimento- iniziò il medico- eri sotto shock: urlavi e ti dimenavi e stavi perdendo molto sangue dalla ferita”.

Giusto…il morso…Solo allora la ragazza abbassò lo sguardo e vide l’avambraccio destro completamente bendato.

“I denti della pantera avevano leggermente lacerato una vena- continuò l’uomo- Per evitare che peggiorassi la situazione sei stata sedata in dosi massicce. Abbiamo proceduto con una ricostruzione semi-plastica dove le ferite erano più profonde; i farmaci e l’anestesia potrebbero lasciarti la nausea per tutta la notte, così rimarrai in osservazione qui in ospedale”.

 

Ora Lisa cominciava a ricordare: si era svegliata dal mancamento pochi attimi dopo essere svenuta, alcuni soccorritori stavano già arrivando e lei aveva visto solo il corpo esanime della pantera. Aveva temuto il peggio.

Si era messa a gridare con tutto il fiato che poteva buttare fuori in una vita intera, fino a ferirsi la gola, fino a perdere la voce.

Non sapeva che dietro le quinte dei film con animali di grossa taglia erano obbligatori per legge fucili narcotizzanti; glielo stava spiegando ora il regista, da un luogo lontano, fuori dalla sua mente, dove a gridare vi erano altri pensieri: Felina l’aveva lasciata, l’aveva riconosciuta appena il braccio della padrona era entrato tra le sue fauci. E si era spaventata, lo aveva sentito nel ruggito disperato che la bestia aveva emesso quando si era accorta dell’errore.

 

“Scusa, non volevo” l’aveva implorata con gli occhioni nocciola; in risposta aveva ricevuto un proiettile addosso, forse aveva creduto che fosse la fine, prima di addormentarsi e Lisa non era stata con lei.

Ancora adesso Lisa non era con lei, ma con esseri umani mille volte più insignificanti; non le importava del dolore alla testa, al braccio, alla gola.

Fu come se il suo cuore si staccasse dalla sua posizione, per cadere giù, da qualche parte dentro di lei, disperso.

Fanculo a suo padre, al film, a tutti quanti, ogni cosa era inutile a confronto con la sua Felina; nel turbinio di voci che la circondava, Lisa ordinò: “Uscite fuori”:

 

Leonard si pietrificò, lo stesso fecero il dottore e i due infermieri; lo sguardo della ragazza rimase vacuo e impassibile: “Tutti quanti” precisò, più lucida che mai.

Una pausa di un attimo, poi Leonard la guardò arreso: “Ci sono gli altri qua fuori; vogliono sapere come stai…e vederti”.

“Dì loro che sto male e che mi va bene così” lo zittì tagliente la figlia.

A un comando tanto imperioso nessuno osò obbiettare, un attimo dopo Lisa si riempì i polmoni d’aria, per la prima volta nel silenzio.

Le parve di sentire la voce di Ludovic che disquisiva con suo padre: “Lasciala stare, ora- consigliò il produttore con tono pacato- L’importante è che entrambe staranno bene”. Che amara ironia, constatò la ragazza, che un mezzo sconosciuto desse lezioni a suo padre su come fare il padre.

 

Un debole colpo di tosse fece girare Lisa verso la porta; al lato del letto c’era David: “Ciao piccola- un rapido movimento e si sedette sul materasso accanto a lei- Non me ne frega niente se non vuoi vedermi” poi quel sorriso, un semplice accenno che l’amico sapeva rendere magico e tutto parve all’improvviso un po’ migliore.

Ricambiando il gesto Lisa gli tese la mano: “La cosa non mi sorprende” con affetto il moro attore appoggiò il palmo su quello di lei, senza stringere.

“Come ti senti?”.

Lisa storse il naso: “Quanti tir mi sono passati sopra?”. In risposta ricevette una risata che fu come ossigeno: “Neanche uno, te lo assicuro- David alzò la mano in segno di giuramento- Ti gira la testa?”.

L’altra scosse il capo: “Ho il vomito”.

E anche a questo siamo già abituati!”.

 

Fu la prima vera battuta che le fece tornare il sorriso, prima di riacquistare l’espressione cadaverica: “Ho fatto un bel casino questa volta”.

In risposta David fece spallucce: “Dirti di sì ti farebbe stare meglio?- la ragazza non capì- ciò che è successo oggi non è colpa di nessuno, è stato solo un malaugurato incidente”:

fuori dal contesto Lisa chiese allarmata: “Che ore sono?!” una mano di David le si pose sul capo, a rassicurarla: “Le sei di pomeriggio, hai dormito parecchie ore- prima che la ragazza potesse ribattere, lui la precedette- Felina sta bene, l’ho vista poco fa e comincia a svegliarsi adesso. I veterinari l’hanno visitata e le hanno fatto una flebo per idratarla”.

Lisa rilassò di nuovo i muscoli: “Voglio vederla”.

“Dovrai avere pazienza, nulla di più”.

 

Quel primo scambio di battute terminò in un silenzio denso e teso, in cui David non smise di accarezzarle la mano, lasciando che Lisa riordinasse i pensieri; come spesso succede la prima cosa che le venne in mente fu la più stupida, forse perché sono le cose stupide a restituirci una parvenza di normalità: “Come farò a recitare con…questo?” Lisa mosse di poco il braccio dolorante.

David la tranquillizzò ancora, da buon angelo custode: “Non temere, il cast si sta riorganizzando per risolvere le cose più urgenti” detto ciò le spiegò per filo e per segno come suo padre aveva pensato di risolvere l’imprevisto.

 

Quando concluse Lisa non aveva quasi più la nausea e l’ECG segnalava che era molto più calma.

“Ti ringrazio- sospirò l’Italiana, ricevendo in risposta l’ennesimo sorriso rigenerante- Dov’è Jaime?”. A bloccare la risposta di David, una voce di donna cominciò a squillare in corridoio.

Lisa e l’amico attore si guardarono domandandosi con un’occhiata chi potesse essere.

“Non mi interessa cosa pensi, voglio vederla!” sbottò con arroganza la voce sconosciuta.

 

David si alzò con aria interrogativa e si avvicinò alla porta, ma fu quasi investito dalla falcata concitata di una donna alta, sulla quarantina, con due occhi di un verde acceso e aggressivo, che a Lisa risultarono familiari benché non avesse mai visto quell’intrusa.

 

“Tesoro, stai bene?- una frazione di secondo e la convalescente si sentì stritolare una spalla- Tuo padre mi ha detto dell’incidente…come ti senti?- le iridi penetranti mimarono un intenso pathos- Dannazione, ho sempre detto di tenerti alla larga da quella bestia”.

L’espressione di Lisa passò da inebetita, a incredula e infine scioccata; David lesse il disagio nello sguardo della ragazzina e intervenne con fare diplomatico: “Mi sembra di capire che lei la conosca- esordì rivolto alla sconosciuta- ma che la cosa non sia reciproca” e indicò Lisa con un cenno della testa.

 

In quell’istante nella scena entrò anche Leonard, il volto rosso per la collera, parlò con voce falsamente fredda e pacata: “Ti chiedo di uscire immediatamente”.

La donna incrociò le braccia, altezzosa: “Perché, non ho forse anch’io il diritto di stare qui?”.

Leonard deglutì a fatica, i pugni stretti e il tono grave: “Questo è tutto da vedere”:

imperterrita l’altra rincarò la dose: “Per fortuna che ero in città, altrimenti non avrei mai saputo…”.

Con un gesto che stupì e spaventò Lisa, suo padre fece un passo avanti e afferrò la sconosciuta per un polso: “Vattene subito, Samia” e con uno strattone uscirono entrambi dalla stanza. Lasciandosi alle spalle una scia di urla e insulti.

 

David alzò le braccia al cielo, esasperato: “Non ci posso credere!- indicò la porta- Chi diavolo era quella?”.

Con lo sguardo rivolto a Lisa, si rese conto che aveva il respiro affannoso e sbatteva le palpebre con insistenza; la vista si offuscava di nuovo, il braccio operato pulsava e la nausea era tornata alla carica.

Lisa non aveva capito, il suo cervello aveva rifiutato la scena di poco prima, finchè suo padre non aveva pronunciato quel nome… SamiaSamia… sua madre.

La ragazza scosse la testa e singhiozzò violentemente, a occhi chiusi, e sentì un conato di vomito salirle in gola.

 

In un altro universo due voci maschili parlavano in tono concitato: “Che sta succedendo?”.

Un David non più calmo e placido rispose: “Non è questo il momento più adatto, soprattutto per te”.

Non servì altro, un lieve sentore di dopobarba pervase Lisa e fu troppo: la ragazza girò la testa verso la fonte della voce e vomitò.

 

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Capitolo 41
*** XLI CAPITOLO ***


XIL CAPITOLO

XIL CAPITOLO

 

Dopo lo spiacevole incidente addosso a James, il medico si decise a somministrare un anti-emetico nella flebo di Lisa; ordinò a tutti di uscire dalla stanza e di non sottoporla a ulteriori stress. Fino al mattino successivo non avrebbe ricevuto visite.

“Posso andarmene?” aveva poi chiesto la ragazza in privato.

Il dottore aveva sospirato e aperto le braccia in segno di impotenza: “Sei maggiorenne, puoi firmare la dimissione quando vuoi; ma ti consiglio di restare qui. Lascia al tuo corpo il tempo di assimilare i farmaci e...tutto il resto”.

La ragazza aveva accettato il consiglio con un triste sorriso, per poi girare le spalle alla porta, isolandosi dal mondo.

 

Tra un pensiero e l’altro Lisa si rese conto di essere tagliata fuori da tutto, non aveva niente con sé: documenti, soldi, vestiti. Suo padre la conosceva bene e le aveva precluso ogni via di fuga.

Era imprigionata lì, senza neppure il cellulare per tentare una chiamata alle sue amiche-sorelle; le aveva intraviste solo di sfuggita, fuori dalla porta, e le loro facce preoccupate le avevano stretto il cuore.

Le era parso di sentire pure la voce di Stephan, in un insistente ma vano tentativo di svicolare dentro alla stanza; gli inservienti lo avevano bloccato prima che i loro sguardi potessero incrociarsi.

D’altra parte meglio così, riflettè sfinita la ragazza. Cosa avrebbe mai potuto dire?

 

“Sono esplosa in faccia alla mia vecchia fiamma, la cui presenza a quanto pare, mi fa ancora questo effetto, praticamente  ogni volta che ci avviciniamo?”

 

Lisa rise amaramente immaginandosi la scena.

Davvero valeva la pena essere lì? Non aveva più nemmeno la certezza che valesse la pena vivere; se ogni respiro futuro doveva portare la tristezza che sentiva in quell’istante, tanto valeva chiudere gli occhi e mandare al diavolo tutto.

 

“Stai dormendo?” la domanda nacque così, dal nulla del buio, e la fece sussultare.

Lisa si girò verso il misterioso interlocutore e assottigliò gli occhi.

“Non volevo spaventarti, scusa” la voce non più sconosciuta vibrò nel torace di Lisa, come se l’avesse toccata dentro.

Dopo un iniziale tentennamento, le spalle della ragazza si rilassarono con uno sbuffo, prima che girasse di nuovo le spalle alla porta: “E’ un po’ tardi per le scuse”.

 

Una pausa di imbarazzo, poi la risposta: “Lo so”. Netta, profonda…una lama.

La ragazza strinse il cuscino con la mano della flebo: “Cosa vuoi ancora, James?”.

Insensibile, priva di emozioni, Lisa trattenne fra i denti la “s” finale di quel nome, così la sua domanda parve il sibilo di una vipera pronta ad attaccare.

 

L’uomo si bloccò per un istante, titubante di fronte a tanta freddezza; poi si aprì in un’affermazione decisa: “Non sono qui per avere il tuo perdono, so che non riuscirei ad averlo neppure in un milione di vite- dal fronte, o meglio dalle spalle nemiche, nessuna risposta- Ho i tuoi vestiti. Posso portarti alla Century da Felina”.

 

Inaspettata e inopportuna, la risata di Lisa esplose nella stanza: “Quanto sei patetico- neppure si degnò di girarsi a fronteggiarlo- Non voglio la tua elemosina, posso permettermi 20 dollari per un taxi”.

James sospirò esasperato: “Siamo a mezz’ora di viaggio dagli Studios- spiegò sempre alla schiena di Lisa- Non ti permetterei di passare in mezzo al traffico da sola, in queste condizioni”.

 

La ragazza serrò la mascella e strizzò gli occhi, lasciando che due lacrime di rabbia  le rotolassero lungo le guance. Con un gesto rapido si asciugò e si girò verso James: i suoi occhi rossi e cerchiati dalle occhiaie trasmisero al biondo attore il vuoto più totale.

Come un fulmine nella sua mente passarono le sensazioni che l’avevano lasciato ammaliato, la prima volta che quelle iridi si erano illuminate nel riflesso delle proprie; adesso non vi era più nulla.

Qualche mese prima avrebbe potuto amarla, ora doveva accontentarsi di supplicarla.

Con un sospiro carico di angoscia l’uomo tentò di nascondere il proprio disagio.

 

Dal canto suo la ragazza serrò i denti, quasi a farsi forza nel rimanere impassibile dinnanzi al profilo indistinto di James; inconsciamente ringraziò la penombra che toglieva quella disarmante luce blu agli occhi del suo interlocutore.

Ogni parola che lui pronunciava era una scossa elettrica e questo era sufficiente a far tentennare la sua traballante freddezza; le bastò sbattere le palpebre un paio di volte per focalizzare meglio i lineamenti di James e altrettanto in fretta giunse a una conclusione. Non lo odiava, non ci riusciva nemmeno sforzandosi.

 

“Tu non vali nulla”

 

Con quelle parole James aveva soffocato ogni pensiero della ragazza; Lisa non aveva più le forze di ribattere, di affrontarlo e sì, neppure di odiarlo. D’altronde a cosa sarebbe servito, se lei non valeva nulla?

Lisa era niente, e da niente si sarebbe comportata.

 

D’altronde la ragazza era stata pugnalata troppe volte quel giorno perché quel semplice contatto visivo potesse ferirla; l’ultimo ricordo, l’ultimo pensiero che aveva formulato era poche ore prima aveva definitivamente perso sua madre: una madre che non aveva mai avuto e che mai più avrebbe voluto.

James era aria fresca, a confronto.

 

Fu proprio l’uomo a spezzare il silenzio, lanciando una pila di indumenti sul letto di Lisa:

“Vestiti con calma, ti aspetto qui fuori- questa volta fu lui a darle le spalle- Stanotte fa freddo, copriti bene”.

 

Dieci minuti più tardi Lisa uscì dalla stanza massaggiandosi il polso: non aveva pensato che togliersi la flebo sarebbe stato complicato con la mano fasciata, ma pur di non chiedere aiuto a James si era sfilata da sola l’ago.

Stringendosi nel cappotto nero barcollò lungo i corridoi fino al banco dell’accettazione; un ignaro e inesperto infermiere le fece firmare i documenti per la dimissione e Lisa fu fuori.

James la scrutava, stando qualche passo dietro di lei e le indicò l’automobile parcheggiata all’ingresso; quasi senza riflettere, l’attore le aprì la portiera del passeggero e fece per appoggiarle una mano sulla spalla, per aiutarla a salire.

Lisa schivò il gesto con un passo indietro e afferrata la maniglia della portiera posteriore,  si sdraiò sul sedile, in posizione fetale.

 

Fu l’ennesimo schiaffo morale per James, che mai si sarebbe immaginato un muro tanto difficile da scalare; tuttavia il platinato attore sospirò, ormai arreso e si mise alla guida.

A coronare il tutto un incidente stradale li bloccò lungo il percorso costringendoli a passo d’uomo per quasi mezz’ora.

Per spezzare quel silenzio imbarazzante James tentò un contatto con Lisa: “Stai bene?”. Non pretendeva una risposta, credeva che sarebbe stata una domanda al vento.

 

Tuttavia contro ogni previsione Lisa si diede un minuto di tempo per pensare, poi rispose: “Il braccio…comincia a farmi male” affermò con voce rauca.

Il suono dei clacson li avvertì che l’ingorgo si stava muovendo; James diede gas e rispose: “Mi dispiace- non vi era nulla che non sarebbe risultato banale, proferito da lui- Resisti, siamo quasi arrivati”.

E in effetti l’attore mantenne la parola; poco dopo stavano varcando la soglia degli Studios, nel reparto “Animali di Scena”.

 

Lisa scese dalla macchina con le movenze di un automa e senza guardare in faccia il custode, si diresse verso la zona delle gabbie.

Una voce la bloccò immediatamente: “Non potete entrare lì. Dovete avere i pass autorizzativi”.

La ragazza respiro rumorosamente, cercando di ignorare la claustrofobia di quel minuscolo atrio dalle pareti verde oliva.

Fottiti” fu l’unica, lapidaria parola che lanciò insieme al suo sguardo vacuo, in direzione dell’anonimo sbarbatello.

 

Fortunatamente James intervenne a fare da mediatore: “Siamo qui per Felina, la pantera…Lei è la figlia del regista D’Andrade”.

La ragazza aveva già girato sui tacchi, diretta al retro dell’edificio, così non potè vedere una banconota da 50 dollari scivolare dalla mano dell’attore a quella del custode; era così vicina ora che nulla l’avrebbe fermata.

Con inusuale cortesia la guardia li scortò fino alla gabbia dell’animale e si affrettò ad aprirne la serratura, prima che la ragazza gli strappasse le chiavi di mano.

 

Felina era lì, in un angolo, che ringhiava diffidente verso tutto ciò che si muoveva al di fuori delle sbarre.

Lisa entrò nella minuscola prigione sbattendo la porta in faccia a James, o meglio, senza neppure accorgersi che lui fosse lì con lei; con gesti lenti e misurati la ragazza si chinò, fino a inginocchiarsi sul cemento della cella.

Subito dopo so si slacciò con una smorfia di dolore il cappotto e se lo tolse a fatica: “Coraggio piccola- sussurrò con la gol che le doleva- sono io…sono sempre io…Non avere paura”. Detto ciò distese entrambe le braccia verso la pantera.

 

Questa se ne stava sdraiata dall’altro lato della gabbia, gli occhi sgranati e la pupilla dilatata per effetto dei narcotici; un mugugno di risposta fece ben sperare la padrona.

“Bene, cucciola. Ora vieni qui…Torniamo a casa”.

L’animale protese le orecchie verso l’origine della voce e annusò l’aria; poi si mosse a fatica, trascinando la sua mole verso Lisa, una zampa nera dietro l’altra.

Col muso ciondoloni andò ad appoggiare la testa contro il petto della ragazza, spingendo fino a farla cadere seduta; Lisa avvolse le braccia attorno al soffice mantello blu notte e affondò il viso nella pelliccia.

Felina cominciò a fare le fusa e gli occhi di Lisa si riempirono di lacrime, per la prima volta; quel giorno aveva urlato, imprecato, gridato aiuto, ma mai si era lasciata sconfiggere dalla tristezza. Ora che si trovava dove doveva essere, le sue difese erano crollate.

 

James non udiva il pianto, ma poteva vedere le spalle di lei alzarsi e abbassarsi a ritmo dei singhiozzi. Stranamente i suoi polmoni si aprirono in un sospiro di sollievo: nell’arco delle ultime ore aveva toccato con mano la sofferenza di quella ragazzina e, con immenso rammarico, ne era stato l’artefice.

Quell’Italiana viziata dalla fortuna quasi invidiabile, come l’aveva definita, portava in realtà il peso di enormi sacrifici.

L’apparizione della madre, quel giorno, gli aveva aperto gli occhi su quanto avesse perso, a confronto di quanto effettivamente aveva dalla vita; era stato difficile, quasi impercettibile, ma quando James si era reso conto che, a causa propria, Lisa aveva rischiato di perdere Felina, l’ennesimo frammento di cuore, un nodo alla bocca dello stomaco lo aveva abbattuto.

 

Doveva, voleva proteggerla…da tutto e da tutti. Persino da se stesso, aveva concluso con vergogna.

Forse la sua ultima opera buona non sarebbe valsa a niente, ma quella notte aveva messo almeno in parte a tacere il proprio senso di colpa.

 

Mentre Felina ispezionava curiosa la fasciatura della padrona, Lisa la lasciò fare; il naso umido dell’animale la solleticava, facendola sentire di nuovo incredibilmente viva.

Solo allora la ragazza assimilò davvero ciò che l’amico David le aveva detto: “Per un po’ non potrai recitare con quelle ferite- le aveva spiegato- Tuo padre ha pensato di lasciarti a riposo il più possibile. Potrai tornare in Italia con le tue amiche, se vuoi…Penso che ti servirebbe”.

 

Ma…il film? E la Premiere?” erano state le sue domande ansiose.

Ludovic ritiene che ci sia materiale sufficiente per la presentazione; le scene incomplete saranno completate dagli effetti speciali e nel frattempo continueremo le riprese di sketch in cui non sei presente”.

David aveva poi fatto una pausa di silenzio per lasciarle il tempo di decidere se accettare quell’unica possibilità: “Non ti nascondo che lo staff ha passato qualche ora di panico- ci aveva tenuto a precisare il moro attore- Fortunatamente io e tuo padre abbiamo convinto tutti che non c’era bisogno di sospendere la lavorazione del film”.

 

Lisa aveva deglutito, poi con un gesto istintivo aveva aperto e chiuso la mano sinistra, quella fasciata.

“Felina…”

Verrà in Italia con te- l’aveva anticipata David- D’altra parte starai via un mese. Dovrai solo essere qui in tempo per la Premiere con la stampa”.

 

Tali parole risuonarono alcune volte nella mente di Lisa: “Non ti abbandonerò più, lo giuro” disse nell’orecchio vellutato dell’amica a quattro zampe.

Era deciso, avrebbe preso quel mese di pausa, lontana dal set, dal padre, da Stephan…da James.

Da un remoto meandro dei pensieri la raggiunse un piccolo ricordo: aveva la  sua novità su cui lavorare, il piccolo colpo di genio della mattina scorsa era lì che aspettava di venire alla luce.

Si sarebbe dedicata alla sua sceneggiatura anche dall’Italia. Con Felina al suo fianco.

 

Si addormentò così, con la pantera accoccolata in grembo, due lacrime a rinfrescarle le guance e un flebile sorriso sulle labbra.

Sì, decisamente, tutto sarebbe andato bene.

 

 

 

Sì, si, lo so, un altro piccolo ritardo…ma ci sono! E non potete capire quanto sono felice di vedervi così numerosi. Mi stavo dilungando nella stesura del nuovo capitolo ma le vostre presenze lievitavano, così ho accelerato!

 

kithiara, come prima cosa un piccolo remember su Samia, la madre di Lisa: l’aveva abbandonata in Italia col padre, quando lei aveva 4 anni, per tornare al suo impiego di top model, e da allora non aveva più rivisto la figlia. Sì, è stata un po’ una sorpresa anche per me, mi è uscita come un colpo di genio quando avevo bisogno di portare la trama al culmine.

Però ora lo prometto, un po’ di pace, prego. Lisa è stata fin troppo vittima e James fin troppo perfido. Ora sono qui, pronta al varco!!

 

 MakeMeWannaDie, partendo dall’inizio…finalmente ti ritrovo!!mi ero sentita un sacco in colpa ad averti dispersa nei meandri della mia assenza…bene bene bene

Mi fa piacere che tu apprezzi il personaggio di David, anche io ho nella vita reale un amico parecchio più “adulto” (vecchio suona offensivo) di me ed è davvero la mia ancora di salvataggio nei momenti difficili, il mio porto sicuro quando ho dei problemi o qualcosa non va. Vedere che anche dall’altra parte pure tu lo adori mi fa capire che l’ho creato proprio come me l’immaginavo. Un angelo custode come lui serviva a placare il caos di Lisa.

C’è poco da fare…AMO i vostri commenti, perché sapete darmi una carica incredibile!

Adesso il momento del mea culpa (liceo classico docet, che tristi ricordi): hai perfettamente ragione, James è passato molto in secondo piano, sembra quasi una figura secondaria…e mi dispiace che la storia abbia preso questa piega, è stato un errore- lo ammetto- dovuto a troppi capitoli in cui i due personaggi erano in conflitto. Li ho allontanati troppo l’uno dall’altra, ma confesso che vederli insieme mi mancava tanto, per questo ho preferito dare una scossa alla storia, nel bene e nel male sono costretti a riavvicinarsi (anche se l’inizio con due gettate di vomito addosso a James non promette bene).

TE LO GIURO, siamo quasi alla svolta.

 

Dopo queste anticipazioni inedite…ci si rivede al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 42
*** XLII CAPITOLO ***


XLII CAPITOLO

 

 

XLII CAPITOLO

 

Rieccomi qua! Come al solito ringrazio i miei lettori e commentatori, la voglia di sapervi intenti a leggere un nuovo capitolo, mi ha dato l’ispirazione nello scriverlo.

Spero che vi piaccia e… una piccola anticipazione: qualsiasi cosa leggiate nelle prossime righe…non disperate!!!!

Buona lettura

Lisa

 

 

 

 

 

Con un paio di sobbalzi l’aereo atterrò a Los Angeles e Lisa cominciò a fremere. Appena il tempo di accendere il cellulare e avere il segnale, che ricevette una chiamata: si trattava di una conversazione molto diversa da quelle delle decine di persone che si accalcavano in fila per scendere; la ragazza non aveva smesso un attimo di lavorare, durante la sua vacanza forzata.

 

Era riuscita ad allenarsi di nuovo, con la sua squadra e le sue tre amiche-sorelle, ritrovando con tutto il gruppo il legame viscerale con cui era cresciuta. Aveva passato uno splendido Natale sempre con le sue tre inseparabili compagne di vita, presso la riserva dello zio e con lui era rimasta per alcune notti insonni nel recinto di un’antilope che doveva partorire.

Il judoji, il PC e il blocco di appunti erano stati i suoi compagni di emozioni in quel mese in Italia, con le fusa di Felina a fare da sottofondo alle notti passate a scrivere.

 

Proprio a riguardo l’assistente di suo padre la stava assillando al telefono.

Lisa sbuffò e rispose: “Sean, sono atterrata ora- con una rocambolesca acrobazia prese possesso del bagaglio a mano- La gabbia di Felina è arrivata?- una pausa in cui fece un cenno di saluto alle hostess- Senti, mi stavo chiedendo…come si chiama la cantante dei Within Temptation? Non vorrei fare brutte figure…”.

Nel breve tragitto che portò Lisa alla saletta riservata, Sean le spiegò le condizioni poste dalla casa discografica per l’uso dei brani scelti.

Dici che saranno da ri-arrangiare?- la ragazza si calò il cappuccio foderato di pelliccia in testa- Dove sei adesso?” non fece in tempo a concludere la frase che se lo vide comparire davanti.

 

Alto, stempiato e sulla cinquantina, Sean era un veterano dello staff di Leonard.

Nell’arco dell’ultimo periodo aveva fatto da aiutante e agente all’attrice in erba e l’aveva assistita nelle fasi più delicate della stesura delle nuove parti della sceneggiatura.

Non fecero in tempo a salutarsi che uno degli innumerevoli telefoni dell’agente squillò; uno sguardo al display e passò la chiamata a Lisa.

La ragazza prese il cellulare e prima di rispondere ammonì l’altro col dito indice puntato: “Voglio l’indirizzo del Tribunale, sai che non accetto scuse. Mio padre aspetterà”. Si mise l’auricolare e premette il tasto verde.

 

“Pronto?- con l’orecchio libero ascoltò Sean che informava Leonard sullo sbarco di Lisa e della gabbia di Felina- Scusi può ripetere?” dall’altra parte uno sconosciuto le stava proponendo una qualche sorta di servizio fotografico.

“Di che si tratta?- si informò la ragazza- Una cascata di diamanti? Un po’ banale…- di nuovo silenzio- Escludo una partecipazione di Boreanaz…come dice?- Lisa si allontanò da Sean per sentire meglio- La devo deludere ma non ci saranno molte scene di amore nel film…cosa intende con estensione?- aggrottò la fronte- Scusi, come ha detto che si chiama?”.

 

Togliendosi l’auricolare Lisa si rivolse a Sean: “Questo tale…Robert Mac qualcosa…ti dice niente?”.

L’altro rispose distrattamente: “E il vice-direttore di Playboy America”.

Lisa restò un attimo stranita: fissò il display del cellulare e quando ebbe fatto due più due, stralunò gli occhi.

 

“Questa poi…”

 

L’istante dopo aveva lanciato il cellulare a un incredulo Sean: “Te lo lascio volentieri, dammi mio padre”.

Col passaggio di testimone l’argomento cambiò: “Ciao…Hai parlato col gruppo musicale?” dall’altra parte la sorprese la voce galvanizzata di Leonard: “L’idea è stata accolta all’unanimità, Sharon Del Adel, la cantante, ha letto parte della sceneggiatura ed è impazzita; ha detto che i brani sembrano nati apposta per Cuore di Diamante”.

 

Lisa battè le mani con gioia: “Le ho parlato ieri e c’era nell’aria l’intenzione di proporre un nuovo video di What have you done?”. La ragazza aveva difeso a spada tratta quello che secondo lei doveva essere il pezzo trainante della trama e che le aveva aperto nuovi orizzonti sul film.

 

Il tono del regista tornò serio e professionale: “Beh, a riguardo credo ci siano delle novità: ho saputo che avete accennato a una tua partecipazione nel videoclip.- con diplomazia si accinse a spiegare- Sono state pensate altre modifiche per inserire ancora di più il testo nella sceneggiatura.”

 

Lisa si massaggiò una tempia, non più rilassata come prima: “Parla chiaro” tagliò corto.

“E’ stato proposto di cambiare l’interprete maschile…Prova a indovinare…”.

Non fu un enigma difficile da svelare, un attimo dopo la ragazza imprecava già mentalmente.

 

“Non ci voglio credere…”

 

“Tu cos’hai detto a riguardo?”.

Il padre rimase imperturbabile: “James è un cantante abbastanza affermato negli States, era una buona idea e non ho potuto negarlo”.

La ragazza abbandonò le braccia lungo i fianchi, ormai vaccinata alle sorprese dello Show Business: “Basta che non ci sia da spogliarsi, del resto va bene tutto!”.

“Oddio, decisamente NO!- fu la reazione sconvolta del padre- Perché questa domanda?”.

Lisa terminò lo scambio di battute con un sorriso: “Sempre meglio chiarire, ti spiegherò più tardi”.

 

Le parve di vedere il regista scuotere la testa divertito, mentre si salutavano affettuosamente.

Quando l’italiana alzò lo sguardo dal pavimento, Sean teneva Felina al guinzaglio e l’autista del Chrysler stava caricando i bagagli sull’auto di cortesia.

Lisa mandò avanti il suo agente e l’autista, che sistemò Felina nel baule, poi uscì di corsa, schermandosi il volto coi suoi Chanel specchiati; qualche sparuto fotografo azzardò pigramente alcuni flash, più per abitudine che per altro.

La ragazza non era ascesa alle luci della ribalta, il suo nome non destava ancora interesse sui giornali di gossip.

 

Ma la scoperta di un nuovo talento non avrebbe tardato a incuriosire i giornali internazionali; per ora l’attrice in erba si godeva l’attimo di non- notorietà e lo difendeva gelosamente.

Quando la portiera si chiuse dietro di lei, Lisa si liberò del pesante cappotto inumidito da alcuni fiocchi di neve.

 

Poi si sollevò la manica sinistra del maglione, sotto cui spuntava la fasciatura del braccio ferito; con un gesto rapido si tolse la garza ed esaminò i segni del morso, ormai rimarginati.

Per tutta la sua lontananza dal set si era sottoposta, due volte al giorno, a iniezioni sottocutanee di agenti fitostimolanti e ricostruttivi: dove avrebbero dovuto trovarsi le cicatrici, c’erano invece quattro cerchiolini arrossati, lasciati dai canini di Felina.

Lorianne avrebbe dovuto a malapena correggerli con un tocco di fondotinta.

 

Nell’arco dei giorni passati in patria, Lisa si era quasi dimenticata dell’accaduto: aveva comunque frequentato gli allenamenti, fasciandosi con un tutore rigido durante gli incontri di Judo e si era dedicata all’addestramento di un cucciolo di leone appena arrivato alla tenuta dello zio Ralf.

Si era comportata come se quel giorno tremendo nella memoria non fosse stato altro che un disguido di poco conto.

Mentre le ferite fisiche si sanavano, pure i ricordi si facevano meno opprimenti.

 

Aveva parlato dell’incontro con sua madre alle ragazze, che l’avevano ascoltata imbarazzate.

“Ha chiesto a mio padre di potermi vedere o almeno sentire…”

Marina aveva scosso la testa: “Cosa pensi di fare?”.

Lisa aveva fatto spallucce, spaesata: “Non lo so, credo nulla- si era poi stretta nella coperta del suo letto- Ho passato tutta la vita a costruirmi una realtà senza di lei, ora mi sembra surreale pensare a una vita con lei”.

E non aveva mentito; da quel momento sarebbero state tante le persone a fare a gara per accaparrarsi un pezzetto della sua fama, così la ragazza non poteva fare altro che guardarsi da chiunque e difendersi in ogni modo possibile.

 

“Iniziamo da questo” mormorò scendendo dall’auto, di fronte alla gradinata del Tribunale civile di L.A.

 

 

 

Quella si preannunciava come l’ennesima giornata a vuoto, giuridicamente parlando; furono tali i pensieri di James mentre prendeva posto sulla solita sedia in attesa dell’inizio dell’udienza.

Aveva trascorso i giorni delle feste nella sua casa a Modesto, giocando per la prima volta la carta di Patricia in famiglia.

Il risultato erano stati dialoghi sterili con i vari cugini e parenti, poche risate e la totale indifferenza di suo figlio Jason e della nipote Brittany nei confronti della fidanzata.

In tal modo la sorte aveva voluto che nulla di piacevole giungesse a distogliere i pensieri del biondo attore dalle ultime vicissitudini; il ricordo di Lisa era ancora un macigno.

 

L’avvocato arrivò in quel momento e con un saluto lo risvegliò dal suo flashback; dall’altra parte della barricata vi era la ex moglie, pronta a iniziare l’ennesima battaglia per l’affidamento.

Il pubblico si alzò all’ingresso del Giudice in sala, poi calò un religioso silenzio.

L’uomo sulla sessantina aprì la cartella con la documentazione del caso e parlò: “Vedo che c’è un aggiornamento dell’ultimo minuto all’ordine del giorno. Entrambe le parti ne sono al corrente?”

Tutti gli interessati risposero positivamente, tranne James che restò muto, il sangue gelato nelle vene.

Il suo avvocato si affrettò a tranquillizzarlo e insieme zittirlo: “C’è stato un cambio di programma improvviso, ma giocherà a nostro favore, si fidi di me”.

 

James non fece in tempo a rimproverargli di non essere stato avvertito, che delle falcate decise varcarono l’aula; due gambe magre e slanciate, avvolte da morbidi stivali scamosciati fin sopra il ginocchio, passarono il cancelletto a fianco di James e si diressero al banco degli imputati.

Una scia di pesca fu il primo vero benvenuto che l’attore ricevette dall’anno nuovo, iniziato il giorno prima e che ancora non gli dimostrava alcuna clemenza

.

Non poteva essere lei, per nulla al mondo. Cosa ci faceva lì? Come faceva a sapere?

Dal gelo iniziale, James cominciò a sentire le gambe molli, come se ora la paura lo stesse sciogliendo.

 

Si identifichi, signorina”.

“Lisa D’Andrade, Giudice” rispose la giovanissima teste arrotolandosi le maniche di un maglione bianco fin sopra i gomiti, mettendo a nudo le braccia lisce e- constatò James- prive di qualsiasi segno.

Ad alzarsi per primo fu l’avvocato di sua moglie; con passo misurato si avvicinò alla ragazza. Probabilmente stava riordinando le idee prima di partire con l’interrogatorio.

 

“Conosce l’uomo seduto là?” l’avvocato indicò James, arpionato ai braccioli della sedia.

“Sì” fu la laconica risposta di Lisa; gli occhi trasparenti rimasero saldamente puntati su quelli dell’inquisitore.

“Come vi siete conosciuti?”.

“E’ stato collega di mio padre in Italia. Ora lavoriamo insieme a un film di prossima uscita”.

Quindi vi siete visti per la prima volta in Italia”:

“Corretto” Lisa annuì inespressiva, il tono del nemico si manteneva ancora inoffensivo.

“E’ giusto dire che il signor Marsters è stato suo ospite?”

Nostro ospite, in casa nostra”. La ragazza cominciò ad affilare il tono.

“Ha dormito con lei?”.

 

Improvvisa e inaspettata, la domanda tagliò l’aria e James finì in apnea.

Ma ancora più sorprendente fu la risata a stento soffocata della teste: “Di sicuro non l’ho lasciato sullo zerbino per mesi!”.

Qualche membro del pubblico si lasciò sfuggire un risolino divertito, prima che il martello del giudice richiamasse tutti al silenzio.

“La invito a riformulare la domanda, avvocato- poi l’uomo si rivolse a Lisa- E lei si limiti a rispondere in modo pertinente”.

 

La ragazza ignorò il richiamo e tenne gli occhi inchiodati davanti a sé.

“Il rapporto tra voi due, lo definirebbe…”

“Puramente professionale” la brusca interruzione spiazzò l’uomo.

“Smentisce le voci relative a una vostra relazione clandestina?”

A malapena lo lasciò finire, Lisa anticipò la domanda: “Smentisco qualsiasi tipo di relazione con James Marsters al di fuori dell’ambito lavorativo”:

“Le ricordo che è sotto giuramento, signorina”.

 

Lisa fece una pausa e sospirò, appoggiando la schiena alla sedia: “Mi guardi avvocato, le sembro una stupida?”.

Stranamente il giudice la lasciò parlare, forse curioso di scoprire dove sarebbe andata a parare.

“Al contrario- rispose seria l’accusa- la sua fisionomia mi suggerisce una persona sveglia e intelligente”.

L’italiana ignorò la vena ruffiana di quella collosa affermazione, poiché era giunta al posto giusto: “Come tutti in quest’aula possiamo notare, James Marsters è un uomo di quasi cinquant’anni e come lei ha detto, sono abbastanza sveglia da rendermi conto di quanto sarebbe inopportuna una relazione. Se lei pensa il contrario, lo prendo come un insulto alla mia intelligenza”.

 

Concisa e inopinabile, la dichiarazione di Lisa si chiuse lì.

L’avvocato dell’accusa abbassò il capo, a labbra serrate: “Non ho altre domande” fu l’ultimo intervento che proferì.

Così il giudice si rivolse alla difesa, che dichiarò di non essere interessata a interrogare il teste.

Nei brevi attimi in cui il giudice esaminò le carte, James tenne lo sguardo puntato verso la ragazza, teso come una molla e pronto a scattare in piedi al suono del martelletto.

 

Dal canto suo Lisa inforcò gli occhiali scuri e prese la giacca sottobraccio; non incrociò gli occhi del platinato attore nemmeno di sfuggita.

Era un’attrice d’altra parte, pensò James, e come tale stava portando avanti una recita esemplare. Ma era davvero una finzione, quella? L’uomo se lo chiese sinceramente, perché le affermazioni di Lisa erano state talmente decise e pragmatiche che l’attore faceva fatica a ritenerle solo una coperture di facciata.

 

“Preso atto della nuova testimonianza, la Corte si aggiorna in data da destinarsi”.

Il colpo del martello seguì le parole del giudice e il silenzio lasciò spazio al brusio generale dei commenti di chi usciva dall’aula.

Lisa si sollevò dalla sedia come un automa; il tonfo netto sul legno era stato come uno sparo, dentro di lei. Con quel suono la ragazza aveva posto fine a un capitolo della sua vita, una triste parentesi fatta di finte speranze e illusioni.

 

“Sì, questa è la fine”

 

Si ripetè mentalmente mentre aspettava immobile la scorta dei bodyguard dietro al cancelletto.

Nel suo mese di meditazione lontana da lui, era arrivata alla conclusione che il problema di tutto erano stati lei e il suo nulla; quel nulla che aveva incantato James quasi un anno prima e che li aveva avvicinati.

Lo stesso nulla (come l’aveva definita lo James in persona) che era stato causa della catastrofe di un mese prima.

 

“Chi diavolo sono io, per odiarlo o anche solo amarlo?”

 

Non erano bugie le sue dichiarazioni, ma una vera e amara confessione.

La folla cominciò a defluire e due gorilla le si affiancarono; proprio allora un tocco leggero le sfiorò il braccio sinistro, ormai guarito.

Ad accoglierla quando alzò lo sguardo stanco dal pavimento ci fu il ghiaccio degli occhi di James. La ragazza combattè contro un rantolo che voleva uscire dalle labbra, a metà tra un singhiozzo e un grido sorpreso.

 

L’uomo si specchiò nelle lenti scure dei suoi Chanel che lo privarono di un vero contatto visivo;

 

“Perché tutto questo odio? Perché la tua vendetta? Perché sembra quasi che desideri la mia morte?”

 

Erano solo alcune delle cose che avrebbe voluto gridare, ma quasi disarmato emise un'unica, debole parola:

Perché?”.

 

Lisa deglutì a fatica, rigida, prima che il braccio del bodyguard le cingesse la vita per condurla fuori.

Qualche passo e il tocco di James scivolò via dal suo braccio, impalpabile come la risacca del mare; il brivido che le lasciò diede a Lisa la forza di rispondere: “Ho saldato il mio debito. Nient’altro”.

 

Ormai solo nella stanza, James crollò davanti a un’unica certezza: nella sua vita non aveva mai affrontato nulla di più terribile di quel “nient’altro”.

 

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Capitolo 43
*** XLIII CAPITOLO ***


XLIII CAPITOLO

 

 

 

XLIII CAPITOLO

 

 

La prima cosa che accolse Lisa nella Hall dell’hotel fu il sorriso cioccolato di Holly; la messicana la avvolse in un caldo abbraccio e la strinse: “Finalmente! Non sai quanto sono felice di vederti”.

L’Italiana accarezzò con affetto la folta chioma riccia: “Sono felice anch’io. Mi sei mancata”. Con curiosità Holly le prese il braccio non più fasciato: “Accidenti, è fantastico! Non si vede nulla…”.

Lisa sorrise soddisfatta: “Non dirlo a mio padre, ma ho pure fatto judo, a casa- concluse sottovoce, col tono di chi deve nascondere una marachella- Stephan è tornato?”.

 

Il maestro di arti marziali si era infatti assentato pochi giorni prima dal set per raggiungere in Spagna la sorella che stava per partorire; aveva mandato un messaggio, totalmente ignorato, a Lisa, per proporle di raggiungerlo a Madrid.

“Non ancora- rispose la messicana- dovrebbe tornare il giorno della Premiere, se prenota il volo in tempo”.

“Da lassù qualcuno mi ama, oggi” a quell’osservazione Holly rise di gusto, finchè il vocione di David sopraggiunse a coprire la conversazione.

 

“Eccoti qua! Fatti abbracciare- in uno slancio euforico strinse Lisa e la sollevò da terra- Mi mancavano i tuoi disastri, era tutto tremendamente noioso senza di te!”

Holly annuì: “Negli ultimi giorni ci hanno assillato. Mi sembrava di essere tornata al liceo!”.

Il moro attore diede una pacca di saluto a Felina e aggiunse: “Tuo padre e Ludovic ti aspettano nella sala conferenze: stanno appuntando le ultime cose per domani- tra il divertito e l’esasperato disse- non immagini quanto sono tesi, sembrano al loro primo giorno di scuola”.

 

Lisa non se lo fece ripetere e raggiunse i due registi; li trovò seduti a un lungo tavolo, nella sala conferenze, intenti a borbottare dietro lo schermo di un portatile.

La voce squillante della ragazza fece irruzione nel quadretto drammatico che stava andando in scena: “Vedo che senza di me avete perso il buonumore!”.

In risposta ricevette il sorriso smagliante di Ludovic: “Bentornata! Fatto buon viaggio?”.

Lisa annuì e scambiò un breve abbraccio col padre: “Come stai cara?” le diede un veloce bacio in fronte.

“Alla grande, tu?” Leonard abbassò la testa è scrutò il braccio della figlia: “Impressionante! Le cure hanno fatto miracoli”.

Lisa tagliò corto e indicò lo schermo: “Come andiamo?”.

Ludovic chiuse il PC con fare divertito: “Top secret! Vogliamo che domani la sorpresa sia per tutti”.

 

L’attrice alzò le mani in segno di resa: “D’accordo, mi terrò la mia curiosità. Del resto che si dice?”.

Il regista  spense il computer e rispose: “Ho già ricevuto due telefonate della stampa riguardo alla tua comparsata in tribunale”.

Lisa alzò gli occhi al cielo: “Ti avevo avvertito, era una cosa che dovevo fare”.

Un sospiro, poi la domanda del padre: “Mi dirai mai il perché di questa scelta?”.

“Mi farebbe piacere che tu la accettassi semplicemente per come è”.

 

Leonard la fissò negli occhi, poi le cinse le spalle e in risposta le diede un altro bacio in fronte; non aveva nulla da rimproverare alla sua ragazza.

Ludovic intervenne a cambiare discorso: “Daniela è nel tuo camerino che scalpita. Devi provarti l’abito di domani. Faremo in modo che sia una serata spettacolare”.

Lisa assentì convinta: “E lo sarà”.

 

Fu il regista a spiegarle i particolari: “La stampa è attesa per le 19:30. Noi faremo il nostro ingresso mezz’ora dopo- fece un rapido calcolo a mente- Contiamo di mandare in proiezione il filmato per le 20:30”.

“Quanto durerà?” Lisa si sedette sul tavolo.

“Diciotto minuti e trentatrè secondi”.

La ragazza fischiò stupita: “d’ora in poi non ti chiederò mai di essere più preciso”.

Ludovic continuò: “Dopo seguiranno alcune domande dei giornalisti e il ricevimento vero e proprio”.

“Amo le serate di rappresentanza” ironizzò sarcastica la ragazza.

 

Sarà il tuo ingresso in società- precisò il padre- Non voglio metterti pressione ma…”

“Ah no, davvero?!” lo schernì la figlia.

Il produttore si inserì a fare da paciere: “Lisa si comporterà egregiamente-si preparò a dire il suo ma Piuttosto, come pensi di cavartela con…” omise volutamente quel nome.

 

“Lo ignorerò, come è giusto che sia- fu la netta affermazione della ragazza- Avrò David a farmi da angelo custode”.

Leonard scosse il capo, tra il divertito e l’incredulo: “Mi toccherà dargli un extra alla fine delle riprese. Chi avrebbe mai detto che sarebbe diventato il tuo…assistente sociale?”.

L’attrice si concesse una risata spontanea: “Penso che tu abbia ragione!”.

Con un gesto della mano il padre la congedò: “Daniela ti aspetta, vai pure”.

 

Lisa trovò la costumista intenta a ritoccare l’abito da cerimonia; rimase abbagliata dallo scintillio degli Swarovsky, non l’aveva mai visto nella sua interezza.

“Ho paura di sembrare ridicola con questo addosso”.

La donna la guardò sbigottita: “Un vestito ideato apposta per te non può che renderti magnifica! Lorianne sta studiando un’acconciatura da urlo, sarà una bella sorpresa”.

 

Lisa accarezzò i guanti di seta candida: “Tutto questo bianco…comincia a stancarmi”.

La costumista la rassicurò: “Prometto che per le prossime uscite cambieremo totalmente look”.

La ragazza sorrise, l’aria assente, i suoi occhi parevano esaminare gli intarsi di brillanti ricamati, ma la sua mente era altrove.

Daniela la scrutò, le mani severe sui fianchi: “Cosa c’è che non va?”.

 

“Nulla- Lisa scosse la testa per scacciare l’attimo di malinconia- Semplicemente…tornare in Italia mi ha fatto bene…ma anche male: mi manca casa mia, le mie piccole cose, la vita di prima…e mi è venuto da pensare che non volevo niente di tutto ciò- stette in silenzio persa nel vuoto, prima di riprendere- Desideravo una vita normale, per quanto possibile, e ora tutto sta cambiando”.

 

La costumista sospirò: “Lascia che le cose passino, cara; non vivere il film e tutto il resto come una prigione da cui fuggire- la ammonì con un gesto della mano- Il più grande dono che hai a disposizione è poter fare ciò che vorrai della tua vita. Goditi questa realtà, prima di rimpiangerla”.

Lisa annuì grata: “Accetterò il tuo consiglio…poi escogiterò qualcosa per affrontare certi incontri di domani sera nel modo meno traumatico possibile”.

Daniela esplose in una risata: “Beh, il mio vestito è meraviglioso, ma non fa i miracoli! Per quelli rivolgiti alla santa pazienza del tuo collega”.

 

“Due a zero per David- pensò Lisa- Poveraccio!”

 

Decise di andarlo a trovare nei suoi alloggi: le parve che fosse passato un secolo dalle loro chiacchierate.

Lisa trovò l’amico attore impegnato in una video-chiamata con sua moglie: “Ciao Jaime!- la ragazza si inserì nella visuale della videocamera- Come stanno i bambini?”.

Alla grande, tesoro! Jaiden mi chiede in continuazione di comprargli una pantera”.

Cominciate con un gattino, magari nero, poi si vedrà!”.

David salutò la consorte: “Torno al mio secondo lavoro, amore”.

La giovane Italiana si imbronciò: “Perché mi trattate tutti come un caso umano? Sono così terribile?”.

Jaime rispose scherzosa: “No, tranquilla…basta che non ti metti a vomitare addosso alla gente!”.

Lisa stette al gioco e scosse il capo: “Ah…queste leggende metropolitane…”.

 

Sempre la donna li salutò entrambi con un bacio, poi spense il pc; David armeggiò ancora per un attimo col portatile: “Tutto bene?”.

Lisa riflettè un attimo, poi annuì.

“Non mi hai ancora raccontato nulla…Sei sicura?”. Il moro attore si distese sul divano, pronto ad ascoltare.

La ragazza se ne stava seduta al lato opposto del sofà, la schiena appoggiata al bracciolo e le gambe raccolte al petto: “Sono solo un po’ preoccupata per domani”.

David intrecciò le mani dietro la testa, a di cuscino: “Non può succedere nulla che ti colga impreparata; domani porteremo in scena i nostri personaggi…una sorta di presentazione teatrale”.

 

Lisa sbuffò: “E’ quello che temevo. Sono mesi che viviamo con una maschera addosso. Vorrei solo tornare ad essere…me, capisci?”.

L’attore alzò un sopracciglio, il sorriso sghembo accompagnò la risposta: “Parli con uno che è stato un vampiro con l’anima per quasi dieci anni- poi la scrutò sapientemente- C’è dell’altro?”.

 

“No, niente di grave. Solo un po’ di nostalgia- per la seconda volta in quella giornata lo sguardo smeraldo si perse nei ricordi- In questi giorni ho riavuto la mia vita così come la amavo: l’odore di bucato, il mio the caldo…pensa che a malapena mi ricordavo qual era il cassetto delle posate e il programma delicati della lavatrice. Tutte cose che risalgono a un periodo in cui eri felice e in cui ero…”.

“…con lui” David la anticipò saggiamente, lasciandola di stucco.

Lisa si abbandonò sul divano: “E’ come se l’America avesse complicato tutto. In Italia era più facile…”.

“Niente sarà mai facile tra voi due- ribattè deciso David- che si tratti di amore o di odio, gli ultimi eventi lo hanno dimostrato”.

L’Italiana sbuffò e si prese la testa fra le mani: “Con lui sbaglio sempre tutto…come se non sapessi comportarmi…e basta!”.

 

“Ti piace ancora?”.

La domanda ammutolì Lisa e le strinse la bocca dello stomaco: “Non lo so- la risposta dubbiosa fu seguita da un silenzio denso- Credo non sia così semplice…è diverso…non so dirti altro”.

“Provi rancore o rabbia verso di lui?”.

Di nuovo qualche secondo di mutismo, David sapeva sempre quali tasti toccare: “No, non credo” fu l’incerta risposta di Lisa.

“E’ già qualcosa” fu la consolante risposta dell’amico.

 

Con uno scatto nervoso la ragazza tornò sulla difensiva: “E lui invece? Lui cosa prova? Cosa vuole da me?”.

“Queste sono domande pericolose, Lisa- la ammonì David- Prima di portele, devi scoprire cosa vuoi tu!”.

La conversazione stava mettendo a disagio la giovane attrice, che si rannicchiò ancora di più sul divano; l’attore notò il gesto e si sollevò dalla sua posizione rilassata per avvicinarsi.

“Ehi…Non sono qui per farti da inquisitore e nemmeno da padre- con un braccio le avvolse le spalle- Ma ricorda quel che ti dirò adesso: le persone di cui ti circondi devono farti stare, come minimo, come già stai. A volte sono in grado di farti sentire meglio o anche benissimo, ma la regola è…mai peggio. La vita è abbastanza difficile per conto suo”.

 

Lisa sorrise lievemente e accettò l’affetto dell’amico ricambiando l’abbraccio: “Grazie di tutto- poi la ragazza pose un quesito molto più pragmatico- Come farò domani sera?”.

Di nuovo David rise: “Questa è facile: sarai circondata da talmente tante persone, mille volte peggiori di James, che sarai immune alla sua presenza”.

“Lo spero!” rispose lei spalancando gli occhini chiari.

 

Mentalmente si fece un appunto: per capire ciò che voleva, Lisa si sarebbe concentrata su ciò che non voleva.

E assolutamente non voleva che niente rovinasse la sua Premiere; con quella certezza, tutto il resto passò in secondo piano.

 

 

 

Ok, ok…capitolo statico, riflessivo, ma ci voleva: nei prossimi vedremo lo show del film andare in scena.

Ciak si gira! Comincia il bello…e non poteva essere altrimenti, visto il periodo natalizio.

A tutti voi buone feste…grazie della devozione con cui mi leggete, mi incoraggiate e mi commentate.

Un abbraccio forte e un augurio che l’anno prossimo sia fantastico!

Lisa

 

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Capitolo 44
*** XLIV CAPITOLO ***


XLIV CAPITOLO

XLIV CAPITOLO

 

 

La mattina del 2 Gennaio gli attori del film furono svegliati per le nove in punto: non vi erano problemi dell’ultimo minuto e quella sarebbe stata una giornata interamente dedicata a vestizione, trucco e parrucca dei figuranti.

Lisa e Holly fecero colazione insieme, poi furono raggiunte in palestra dal collega David; dopo una mezz’ora di tapis-roulant si diressero tutti verso gli Studios, dove ognuno di loro fu sequestrato da truccatori e costumisti per il resto del giorno.

Lorianne salutò Lisa con un bacio e un abbraccio entusiasta: “Sei pronta a cominciare?”.

“Direi di sì- rispose lei sedendosi al lavatesta- Vi vedo tutti così galvanizzati…Hai delle sorprese per me?”.

L’altra battè le mani eccitata: “Certamente! Quando avrò finito non crederai ai tuoi occhi”.

 

Con calma e molta cura le hair stylist lavarono e lisciarono la lunga chioma di Lisa, poi intervenne Lorianne ad applicare delle extension chilometriche di diverse tonalità di castano: “E’ da una settimana che lavoriamo al tuo look- insistette- Ogni commento negativo verrà punito con la morte”.

L’attrice rise di gusto ma in effetti mai avrebbe immaginato tanta dedizione: due ragazze dello staff di Lorianne intrecciarono alcune sottili ciocche, mentre le extension furono lasciate libere di cadere fino a metà schiena. Parte della chioma fu raccolta sulla nuca in un’acconciatura stile imperiale, fatta di trecce e spille di perle, con lunghi fili d’argento che si confondevano tra le ciocche.

 

Verso la fine di quella scultura fece capolino David, ancora in maniche di camicia e con un paio di pantaloni neri improvvisati: “Accidenti, qui sì che fate sul serio!” osservò stupito.

Lisa lo guardò dubbiosa: “E tu cosa ci fai…messo così?”.

Lui abbassò il capo a esaminarsi: polsini slacciati, colletto alla coreana sgualcito…: “Ah…C’è stato un contrattempo…Devo convincere Daniela a non truccarmi”.

Truccarti?!” Lisa sgranò gli occhi.

“Già- fu la risposta imbarazzata dell’amico- Con…matita per occhi e…ehm…mascara…”.

L’Italiana a stento evitò di scoppiargli a ridere in faccia, prima che da dietro l’angolo si udisse la voce severa di Daniela: i due si congedarono e subito dopo fu il turno del trucco di Lisa.

 

La ragazza non riuscì a evitare il solito pesante ombretto nero, arricchito di brillantini adesivi lungo la linea delle palpebre; l’attrice si rassegnò a portare in scena Raina, non se stessa, quindi per le ore seguenti avrebbe “rubato” al suo personaggio l’impenetrabile corazza di diamante.

 

“Troviamo almeno un lato positivo”

 

Fu così che fra una breve pausa, un pranzo veloce e un’altra pausa ancora più breve, arrivarono le sei di pomeriggio.

Con un passaparola generale tutti gli attori della Corte di Diamante furono richiamati nella sala principale; ad attenderli vi era Leonard, in tenuta assai informale per essere pronto a una cerimonia.

Contro i completi gessati degli attori, il regista aveva scelto jeans, camicia sbottonata e giacca nera.

Ma non era lui ad andare in scena: “Un attimo di attenzione- zittì il brusio con un battito di mani- Le auto di servizio arriveranno tra poco”.

Descrisse brevemente la location, cioè una sala-proiezioni adiacente al complesso della Century: “Le limousine di Ludovic arriveranno insieme alle nostre- continuò- Fate il vostro gioco, signori! E che sia una serata spettacolare!”.

 

Il capannello di gente si disperse e una voce maschile giunse all’orecchio di Lisa: “Direi che l’inizio promette bene”.

L’italiana girò il capo verso quel “lui” che si rivelò essere David: il completo di scena del collega era stato replicato in versione più moderna, un broccato bianco che stagliava sui lineamenti marcati dell’attore e sulla folta chioma scura, sagomata in un’elegante cresta.

“Sei un capolavoro” si lasciò scappare la ragazza, a bocca aperta.

 

David scoppiò in una fragorosa risata: “Così mi fai arrossire!”.

Lisa scosse la testa e lo indicò”No, dico davvero! Sembri una scultura così conciato, dannazione…Io mi sento solo una …Barbie pronta a entrare nella scatola dell’edizione limitata di Natale!”.

L’attore abbassò lo sguardo a esaminarla: il lungo abito della ragazza brillava per le centinaia di cristalli intarsiati nel tessuto. Mentre sul davanti manteneva una linea sobria e priva di scollature, la schiena era totalmente scoperta fino alla linea dei glutei.

Gli Swarovsky apparivano come incastonati in una fitta rete che la avvolgeva come una seconda pelle, tranne che sul ventre, scoperto da uno spacco nell’abito che proseguiva a spirale sul fondoschiena e risaliva fino alle scapole.

 

L’amico attore sorrise di sottecchi: “Mi sento un maledetto Matusalemme a confronto con te!”.

Una voce alle loro spalle li interruppe: “E a me non dite nulla?”. Holly non aveva tutti i torti, Lisa stentò a riconoscerla in quella tenuta: il vestito della messicana sembrava nato da un unico telo di tulle nero, cucito direttamente attorno alle sue forme.

Tutto il corpo appariva sotto il tessuto semi trasparente intarsiato da una cascata di brillanti.

 

“Wow- fu l’unico commento di Lisa- Mi sono persa davvero parecchie cose”.

David si accinse ad avviarsi verso le auto di cortesia: “Ora sai perché tutti sembrano esauriti”.

Sean si affiancò a Lisa per parlarle: “Felina è con Jack all’hotel, staranno in giardino tutta la sera. Rientreranno in camera solo poco prima della fine della presentazione”.

La ragazza annuì: “L’importante è che stia sola il meno possibile”.

 

Un fischio di David la avvertì che era ora di mettersi in marcia.

Con un respiro profondo Lisa prese posto accanto al collega; ; l’autista chiuse la portiera e il cuore della ragazza andò a mille. Si torturò le mani inguantate per nascondere il tremore che la scuoteva e ci vollero pochi minuti prima di intravedere il capannello di giornalisti fuori dal quartier generale della Century Fox.

 

“Penso che potrei morire” osservò Lisa in apnea; solo allora si accorse dei due carpet allestiti all’ingresso, uno bianco e uno nero.

Lisa girò le spalle per vedere dal lunotto la limousine dei Corte di Tenebra che parcheggiava dietro di loro.

Daniela la distrasse avvolgendole le spalle con una stola di pelliccia bianca: “Non credo che smetterai di tremare, ma questa ti scalderà”. L’attrice le sorrise, capendo che la propria tensione era palpabile.

 

Come da copione il ciack fu dato da Leonard e Ludovic, che uscirono nello stesso istante dalle rispettive auto; iniziò la cascata di flash, a cui i due veterani si prestarono offrendo sorrisi e saluti alla folla.

David picchiettò un dito sulla coscia di Lisa per attirare la sua attenzione: “E’ il nostro turno!” le disse con un occhiolino d’intesa.

 

Due valletti in perfetta sincronia aprirono le portiere delle limousine e Lisa si sentì afferrare la mano dall’amico, che scese per primo e la sorresse riportandola al suo fianco.

Fino a quel momento i vetri oscurati l’avevano protetta dai flash diretti, così Lisa dovette sforzarsi per evitare smorfie di fastidio, mentre si apriva in un radioso sorriso.

 

Sulla sua destra comparve Holly, che le cinse la vita partecipando alle foto di rito.

A qualche paso di distanza lo stesso trattamento era riservato anche agli antagonisti del film; l’italiana vide distintamente James e David Gallagher, due macchie nere tra un lampo di luce e l’altro. I loro completi neri mantenevano lo stile classico dello smoking, tranne che per il tessuto, un cotone antracite consunto e volutamente sbiadito, che dava ai bei tenebrosi l’aria vissuta di due veri Bad Boys.

 

Lisa fu costretta a deglutire parecchie volte, prima di rendere credibile la sua allegra paresi facciale; la visione di James l’aveva riportata a parecchi mesi prima, quando insieme si erano presentati alla tenuta di Ralf, in abito elegante da sera. Quello era lui, il sorriso serafico e cordiale, gli occhi tranquilli di chi ama la vita e il mondo.

Tutto ciò era stato suo e ora Lisa poteva toccare solo un fantasma di quel ricordo.

 

Furono le voci concitate dei giornalisti a risvegliarla:

“Una foto di gruppo, per cortesia”

“Lisa! Lisa guarda qui!”

“Da questa parte! Un sorriso per il Times!”

E poi, ultimo ma non ultimo:

“James…una foto con Lisa!”

 

La ragazza ricominciò a tremare, pregando che l’espressione pietrificata fosse credibile; in teoria James avrebbe dovuto ignorare la cascata di suppliche dei media, come le altre decine di proposte assurde che stavano sciorinando: sorridi, guarda su, fai una giravolta, falla un’altra volta…

Tuttavia l’attore si concesse una mossa a sorpresa: con due ampie falcate fu accanto alla ragazza e continuando la recita del sorriso dell’anno, le cinse la vita col braccio.

Il destino volle che la mano calda del suo aguzzino andasse a stringere il fianco di Lisa, dove la pelle era lasciata nuda dallo spacco dell’abito; una splendida posa plastica per la stampa, ma un tuffo al cuore per Lisa.

 

Nessuno poteva sapere che erano mesi che il platinato attore non la sfiorava nemmeno, benché lei avrebbe voluto il contrario…Diavolo se l’avrebbe voluto!

Prima che anche l’ultimo accenno di sorriso scemasse dalle labbra marcate di rossetto scuro, gli uomini della sicurezza fecero cenno al corteo di procedere e David riprese possesso della collega con fare divertito: “Ti fai fotografare proprio con tutti, eh?”.

Lisa lo seguì, rigida come una statua: “Poteva andare peggio” finse naturalezza, ma non riuscì a ingannare il collega: “Certo, potevi vomitare!”.

 

Prima che la ragazza riuscisse a replicare, le porte dell’edificio si riaprirono facendo entrare una folata di vento gelido, ma uno stuolo di body guard coprì la visuale di chi era già entrato.

Poco dopo Lisa riuscì a focalizzare la chioma platinata di James, intenta a salutare l’ultimo arrivato, una figura maschile che Lisa non riconobbe.

Fu questione di un attimo, poi lo sconosciuto dal pizzetto rossiccio puntò nella sua direzione, salutando con un sorriso David.

 

“Questa sì che è una sorpresa” esclamò il collega abbracciando il misterioso ospite che, dedusse Lisa, non si trattava di un attore, benché avesse un che di famigliare.

“Ti presento Joss Whedon, il creatore e produttore di…”

L’italiana recuperò terreno: “Buffy…e Angel, ovviamente- gli strinse la mano- Accidenti, è un onore averla qui…non so cosa dire!”.

Joss contraccambiò la stretta con vigore: “Metà del cast è composto da mie creature- scherzò cordialmente- Non potevo mancare”.

 

“Credo che questa sarà una serata all’insegna delle sorprese” una voce profonda e allegra giunse dietro Lisa, che ad accoglierla trovò un sorriso smagliante su una pelle d’ebano, come quella di Holly.

Lisa trattenne a stento un gridolino eccitato e si butto nell’abbraccio di quello che non era altri che Will Smith: “Cosa ci fai qui? Quanto sono felice di vederti”.

La ragazza sentì la cassa toracica dell’attore rimbombare per la risata che tanto le era mancata, una volta che la permanenza in Italia dell’attore era finita.

 

“Non potevo perdermi il tuo esordio- rispose lui scuotendo deciso la testa- Ricorda cosa ti ho promesso un anno fa: sarò il tuo testimone di nozze, il padrino di tuo figlio e…”

Lisa finì per lui la frase: “E mi consegnerai il mio primo Oscar”.

Will Smith si strinse nelle spalle: “Sembra che le cose non accadranno proprio in quest’ordine, ma sono prenotato comunque”.

La ragazza lo abbracciò di nuovo, rincuorata dalla presenza di un volto amico.

 

L’attimo di idillio fu interrotto dall’arrivo della cantante dei Within Temptation, che ringraziò Lisa e il regista per l’invito e strinse calorosamente la mano alla sceneggiatrice in erba.

“Mi spiace se il montaggio delle musiche sembrerà provvisorio- si scusò anticipatamente l’italiana- Ma abbiamo avuto davvero poco tempo e per la versione definitiva vorremmo che il gruppo lavorasse con noi!”.

Sharon Den Adel  scosse la chioma corvina, come a scacciare i convenevoli: “E’ un piacere immenso anche solo essere qui, più tardi parleremo di lavoro”.

 

Le porte della sala si aprirono e il capannello di VIP fu invitato a entrare: l’ampio spazio era stato allestito in maniera insolita, non con le usuali file di sedie posizionate davanti a un megaschermo, ma con una serie di tavoli rotondi da otto posti ognuno, sparsi per tutta la sala.

Non vi era un solo telo per la proiezione, ma ben quattro, uno per ogni parete, in modo che tutti gli ospiti potessero avere una visione ottimale e si sentissero immersi nel film.

Come anticipato da Ludovic, il cast si posiziono sulla fila di tavoli più lontana dall’ingresso, in modo che i giornalisti prendessero progressivamente posto nei tavoli restanti.

 

Con entusiasmo Lisa fece un cenno verso il tavolo di suo padre: “Will, vieni qui!” ordinò all’amico attore indicando l’ultimo posto libero al proprio tavolo, accanto alla Den Adel.

Lui obbedì, con un cenno scherzoso verso il tavolo alle spalle di Lisa: “Credo di aver rubato la sedia a un tuo pretendente”.

La ragazza gettò l’occhio poco più indietro, per intercettare un paio di iridi di ghiaccio freddare lei e Will, prima di rassegnarsi a sedersi al tavolo di Leonard.

 

Pazzesco…James voleva sedersi al suo tavolo. Accanto a lei.

Un provvidenziale David Boreanaz la rassicurò con una pacca sulla gamba: “Tranquilla, non l’avrei mai permesso”.

Lisa rimase sconvolta da come l’amico sapeva leggerle il pensiero, ogni volta che lei arrancava in cerca di aiuto.

Prima che potesse replicare, una donna radiosa al tavolo dei registi attirò l’attenzione dell’italiana, salutandola con ampie sbracciate; Lisa trattenne il secondo gridolino di eccitazione nel riconoscere in quella corta chioma femminile un’altra amata ospite di casa sua.

“Ciao Sharon!” la salutò trattenendo l’entusiasmo, per mantenere un minimo di etichetta. Un attimo prima che le luci si spegnessero le comunicò a gesti che si sarebbero parlate più tardi.

 

Holly sussurrò: “Sharon Stone, Will Smith…Chi è qui la novellina?” si allungò a dare un buffetto scherzoso a Lisa, prima che la musica in dolby sorround zittisse tutti.

A rompere il silenzio della sala fu un ticchettio netto che si diffuse dalle casse, prima che sugli schermi cominciassero le immagini.

Un lampo fece luce su un paio di tacchi vertiginosi, che avanzavano sul suolo battuto dalla pioggia; fu di nuovo buio ed esplose un tuono.

 

Ancora luce, il suono di tacchi sostituito da un ECG, la stanza di un ospedale; il flash finì e si riaprì lo scenario sotto il temporale, l’ennesimo tuono.

La telecamera salì, partendo dai piedi, su tutta la lunghezza delle gambe di Lisa- o meglio, Raina- i fianchi ondeggianti, la schiena inguainata dai letali ventagli, la chioma gocciolante.

 

“Si dice che l’uomo sia forgiato col dolore”

 

Iniziò una voce narrante che Lisa riconobbe come quella di Holly.

 

“Dal dolore si nasce, nel dolore si muore”

 

La telecamera ruotò fino a riprendere la protagonista in volto, su cui era dipinta la totale assenza di emozioni.

Tutt’a un tratto Raina girò il volto verso l’alto, gli occhi verdi brillarono.

Il fotograma successivo fu un tuffo al cuore per Lisa: ciò che la sua glaciale controparte stava fissando era quella finestra d’ospedale.

Un letto e un malato agonizzante, Jaes fissò ciò che nella realtà era stato il vuoto, ma che nel film erano gli occhi di Raina e tossì con trasporto.

Di rimando la protagonista si limitò a deglutire.

 

“Ma di dolore non si muore”

 

Continuò la narratrice.

 

“Tuttavia vi è una linea sottile tra vita e morte”

 

Il petto di Raina brillò.

 

“in cui nessuna delle due parti prevale: è il dolore a vincere”

 

La ripresa si concluse nella maniera più spettacolare: Raina si buttò giù dal cornicione dell’edificio su cui passeggiava; un attimo prima dell’impatto sguainò i ventagli a mo di ali e atterrò al suolo.

All’orecchio degli spettatori giunsero gli arpeggi di una canzone ben nota alla sceneggiatrice, che fece un cenno a Sharon Den Adel, per attirare la sua attenzione.

 

“In nome del suo amore
Lei non dorme più
La vita ha perso ogni significato
Niente che possa farla rimanere
Ha venduto la sua anima”

 

Lisa sorrise soddisfatta: gli effetti speciali, il tempismo nel montaggio, la scelta del brano…Suo padre la riusciva sempre a stregare.

“Leonard è un dannato genio, tel’ho mai detto?” Will Smith sembrò leggerle nel pensiero e la ragazza intravide con piacere la cantante dei Within Temptation annuire.

 

Un brivido di compiacimento percorse la schiena dell’italiana, quando il grandangolo allargò la visuale fino a includere Felina nell’inquadratura; un ruggito dell’animale e la scena cambiò.

 

Un rapido scorcio a tutt’altezza dei quattro piani della Corte di Diamante, poi l’entrata trionfale del Re Misdreavus – David- che discese a piedi scalzi una maestosa scalinata in marmo bianco: “Finalmente la mia Regina” proclamò ad alta voce, congelando l’atmosfera della sala gremita.

Uno stacco, un taglio netto e ci fu la sequenza di combattimento tra Raina e il suo sovrano, che si concludeva con quell’elettrico :”Tu appartieni a me”.

 

Di nuovo un’interruzione, l’ambientazione si spostò a una camera da letto, dove sommersi da pellicce candide, i due protagonisti consumavano un energico amplesso, inaspettato per due personaggi tanto glaciali.

La telecamera ruotò, riprese la schiena muscolosa di David, la gamba di Lisa sinuosamente avvolta attorno ai fianchi di lui.

La ragazza nella realtà sgranò gli occhi e indicò uno degli schermi: “Ma quello è il tuo sedere” esclamò quasi soffocandosi in un sussurro.

“Già”. David ghignò come uno che la sa lunga.

“Ma…le mutande?!” in effetti l’attrice si ricordava bene gli slip del collega, mai le sarebbe sfuggito un “dettaglio” simile.

“Effetti speciali- quella risposta la zittì- Mi sono dimenticato di avvertirti!”.

 

Ancora qualche attimo, i corpi dei due si contorsero per pochi secondi, poi Lisa potè ringraziare la fine del supplizio.

La voce narrante di Holly la distolse dai suoi pensieri:

 

“Ma il dolore non è la strada peggiore: quando un cuore è troppo debole persino per soffrire, allora arriva l’odio”.

 

Ciò che seguì fu nuovo agli occhi di Lisa: si trattava di scene della sua controparte, la Corte di Tenebra, con scenari scavati nella roccia nera basaltica, in grotte sotterranee e claustrofobiche, in ui James aveva dato fondo a tutte le energie per portare in scena la crudeltà di Lucius.

La sceneggiatrice rimase colpita dal trasporto della sua interpretazione: “Mi ha tolto la vita una volta- Lucius esplose in una risata profonda e vibrante che strinse lo stomaco della ragazza- La prossima volta dovrà essere più convincente”.

 

Lisa restò rapita dai flash che seguirono: vedere James sullo schermo si rivelò un colpo da cui non era pronta a difendersi.

Combattivo, sensuale e astuto: il platinato attore si era ritagliato un personaggio su misura, la sua interpretazione gli aderiva come un guanto.

Fissò ipnotizzata le movenze fluide dei combattimenti, la recitazione di monologhi taglienti: “Il dolore è solo una fase di passaggio” decantava in un duello all’ultimo sangue con Sabina, il personaggio di Holly.

“L’odio ne è la sublimazione. Chi fa una scelta, sceglie di odiare…è l’unica strada per vincere…e sopravvivere”.

Lo scontro che ne seguì fu il canto del cigno per Sabina, l’ultima scena che passò sugli schermi si concluse con una pugnalata al cuore, inflitta dal Re di Tenebra.

Lisa deglutì, era quella la svolta della trama, in cui il nulla dell’odio e l’immortalità del diamante si capovolgevano, confondendosi.

Era quello il colpo di genio della sceneggiatrice: lei stessa aveva stravolto le basi della storia per arrivare a quel punto.

 

Di nuovo la voce melodica della colonna sonora sopraggiunse, come un requiem.

 

“Sento solo il freddo
Tutti i colori sembrano sbiadire
Non riesco a raggiungere la mia anima”

 

Nelle iridi della sua Regina di ghiaccio non vi era alcun sentimento.

Così doveva essere, ma se era quella la parte del bene, quale umanità e giustizia vi era nell’indifferenza nei confronti di tutto, persino della morte?

Davvero Raina era il bene?

 

Lisa lesse negli occhi di molti attorno a lei il dubbio. Come se l’intera sala si stesse chiedendo “E adesso?”.

 

Poi fu di nuovo buio; il respiro della ragazza rimase sospeso finchè le luci non si riaccesero.

A salvarla dall’apnea sopraggiunsero i primi battiti di mani e infine la standing ovation la salvò dal diventare cianotica.

Quando l’intera platea si aprì in un fragoroso applauso, Lisa sputò fuori dai polmoni tutta l’energia che aveva, in una risala liberatoria.

 

 

 

 

Eccomi, finalmente dopo l’ennesima fatica. Questo capitolo è stato decisamente sudato.

Innanzitutto BUON ANNO di cuore a tutti!!!

Come regalo vi lascio di seguito pure le foto degli abiti indossati dai nostri attori.

Per James non ho trovato nulla di simile a quello che mi ero immaginat, spero che le mie descrizioni siano state abbastanza esaustive.

Ancora augurissimi…grazie a chi è ancora qui a sopportarmi!!

 

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Capitolo 45
*** XLV CAPITOLO ***


XLV CAPITOLO

 

XLV CAPITOLO

 

 

Con notevole imbarazzo l’attrice e sceneggiatrice si alzò in piedi a ringraziare tanta approvazione; quando ormai era ubriaca di tutto quell’entusiasmo il suo sguardo cadde su James.

Anche lui, come tutti gli altri attori, si era unito all’applauso e quasi per errore i suoi occhi sorrident incrociarono quelli lucidi di Lisa.

Nessuno dei due reagì o mutò espressione: entrambi continuarono a sorridere e battere le mani, così che a un certo punto parve che si stessero applaudendo a vicenda.

 

Prima che sopraggiungessero ovvi imbararazzi i giornalisti cominciarono la loro tempesta di domande; le prime si sovrapposero confondendo Lisa, già stordita dalla cascata di flash, voci e applausi.

Poi le acque si calmarono e potè cominciare il dibattito vero e proprio: l’attenzione percorse tutti i protagonisti, a cominciare dall’Italiana e David, per proseguire su Holly e gli altri co-protagonisti.

 

Ad un tratto una voce lontana chiese a James se non si fosse stancato dei ruoli da cattivo e di interpretazioni sempre analoghe fra loro: “Addirittura il cast è una specie di raduno di vecchi compagni” concluse un polemico cronista, che ricevette la silenziosa maledizione di Lisa.

 

Tuttavia James abbassò lo sguardo, l’espressione serena rimasta immutata, e replicò con rilassato aplômbe: “Ammetto che la mia performance possa apparire come un deja vu, ma la definirei piùchealtro un riassunto in meglio di molti antagonisti del cinema moderno. Lucius è un condensato di negatività, l’idea era quella del male più oscuro e io spero di esserne stato all’altezza”.

 

Come una frustata, Lisa sussultò nel trovare gli occhi di James piantati nei suoi: l’attore le si stava rivolgendo direttamente.

 

“Spero di essere stato alla TUA altezza”

 

Sembrò sussurrarle con un cenno della testa.

L’attimo successivo l’attore si rivolse direttamente alla platea: “A proposito di riassunto…E’ vero, ho già lavorato con la maggior parte dei membri dello staff ma…- indicò con un braccio il tavolo a fianco- Squadra che vince non si cambia. Questo lo potete giudicare voi stessi!”.

 

Qualche applauso resuscitò dal brusio, a rimarcare l’approvazione per il film.

Il botta e risposta che ne seguì fu rivolto direttamente a Leonard e Ludovic, ma Lisa si perse suo malgrado quel frangente.

La tensione che l’aveva irrigidita fino a poco prima la abbandonava poco a poco, lasciandola spossata e tremante.

 

Si aggrappò con non-chalance al braccio di David: “Sento che sto per svenire”.

L’amico attore le battè un colpetto di conforto sulla mano: “Un’intervista in più e qualche occhiata in meno ti avrebbero fatto bene, giusto?”.

Lisa lo scrutò mentre sogghignava: “Come fai a essere sempre così dannatamente opportuno?”.

Lui ironizzò con una battuta leggera: “Mangio molta verdura…e mi lavo sempre i denti”.

Col sorriso ritrovato, l’italiana scosse divertita la testa: “Sei un pagliaccio!” riuscì a dire prima che l’applauso conclusivo coprisse qualsiasi altro suono.

 

Ci fu solo il tempo per qualche scambio di pareri tra i partecipanti, poi le porte della sala si aprirono e entrò il servizio di catering; nel frattempo uno dei megaschermi si sollevò andando a rivelare una grande vetrata a tutt’altezza, lungo cui vennero sistemati i tavoli del buffet.

Lisa si recò prima di tutto a salutare Sharon Stone, che con un caldo abbraccio si complimentò con lei: “Sei splendida tesoro- le passò una mano sul volto- E pensare che qualche anno fa eri una ragazzina che amava scrivere su infiniti diari…Come sta Felina?”. L’attrice era infatti stata ospite in casa D’Andrade nel periodo in cui Lisa aveva adottato la pantera ancora cucciola, e le si era affezionata da subito.

 

L’italiana fu costretta a raccontare dell’incidente di un mese prima, fermandosi di tanto in tanto per un brindisi con questo o quell’altro redattore di giornale.

Si sfilò anche il guanto bianco per mostrarle le cicatrici: “Ormai sono scomparse- concluse sorseggiando del vino- Ma sono state le ore peggiori della mia vita. Ho i brividi se ci ripenso”.

La star bionda scosse il capo: “Non voglio credere che Felina abbia fatto questo- cercò poi approvazione in Will Smith- E’ sempre stata innocua”.

 

L’attore di colore annuì e deglutì una tartina: “Quel tizio deve odiarti davvero molto per averla fatta reagire così”.

Lisa sospirò, rimanendo in silenzio:

 

“Magari fosse così semplice, Willie  Pensò malinconica fra sé e sé.

L’altro le posò una mano sulla spalla con un sorriso: “Quasi dimenticavo! Io e Sharon avevamo in mente una raccolta fondi per la tenuta di tuo zio- indicò la diretta interessata- Ne abbiamo parlato qualche giorno fa e direi che questo è il momento d’oro della tua pantera. Posso contare su di te?”.

 

Con enorme imbarazzo Lisa aprì bocca in un balbettio inarticolato: “Oddio…Credo che sia magnifico…- appoggiò la flute sul vassoio di un cameriere- Grazie mille…non so cos’altro dire!” e si buttò nell’abbraccio commosso dei due benefattori.

Una volta di più quella ragazza stava dimostrando che era impossibile non amarla.

 

Ma non ebbe tempo per i convenevoli, una mano le si posò lievemente sulla spalla e Lisa si trovò davanti al sorriso della cantante dei Within Temptation; la poteva vedere chiaramente adesso, capelli corvini, pelle candida e sorriso smagliante. L’italiana appurò che avrebbe dato un braccio per essere altrettanto bella, una volta diventata donna.

 

“Sono davvero felice di essere venuta- iniziò la Den Adel- Continuate tutti a ripetermi che è solo un’anticipazione, che è tutto provvisorio…Ma sono già entusiasta”.

Lisa sospirò confortata, prima che la cantante la interrogasse sugli sviluppi della colonna sonora e del video musicale: “Dovremmo firmare con la casa discografica nei prossimi giorni, nel frattempo mio padre ha chiesto di cominciare comunque il lavoro”.

L’altra annuì di buon grado: “E’ una trama complessa, dovremo mettercela tutta…Domani arriverà il resto del gruppo, io ero solo in avanscoperta”.

 

Lisa e Sharon Den Adel risero, abbandonate le formalità, prima che la donna riprendesse il discorso: “Credo che avrò bisogno della tua fantasia- l’Italiana non capì, così rimase in ascolto- Abbiamo in cantiere un nuovo album, ma ci piacerebbe creare qualcosa di diverso- la cantante si fermò per un brindisi con il direttore di Vogue- Una decina di brani uniti da un’unica trama…Come è stato per il tuo film, ma col processo inverso ”.

 

Lisa non voleva credere alle proprie orecchie: i Within Temptation le stavano chiedendo una collaborazione?

“Sarebbe fantastico!” riuscì solo a commentare, le iridi verdi illuminate dall’emozione.

“Il caso ha voluto che il tuo colpo di genio coincidesse col nostro- Sharon Den Adel protese il bicchiere fino a farlo tintinnare contro quello di Lisa- Al destino!”.

 

La giovane sceneggiatrice respirò profondamente: all’improvviso si sentì schiacciata da tanta grandezza e nei paraggi non vi erano né gli amati colleghi, né suo padre.

Riuscì a scorgere qualche passo più in là Joss Whedon con (miracolo!) David, ma la spinta iniziale per andare a raggiungerli scemò quando vide James in piedi accanto a loro.

Si congedò con un mezzo inchino dalla cantante: “Penso che mio padre sarà entusiasta della bella notizia, vado a informarlo!”.

 

Con quella e poche alte parole di circostanza congedò la dea mora per cercare il regista; come una maledizione, scorse una chioma platinata tra lui e Ludovic.

 

“Perseguitata dai miei stessi fantasmi”

 

Si rimproverò amareggiata. Così decise di isolarsi, a riprendere fiato dal marasma di sfarzo e luci in cui era stata catapultata.

Si defilò sulla terrazza esterna, dove pochi fumatori si raggruppavano intorno alle lampade a fungo per riscaldarsi.

La ragazza si strinse nelle pelliccia candida e ignorò le occhiate di diversi sconosciuti, intenti a fissarla con l’aria famelica di chi fiuta una potenziale e lauta intervista.

Con le spalle alla vetrata, Lisa si accostò alla balaustra: non vi erano il traffico della metropoli o il caos delle strade, ma solo la corte interna della Century Fox, una sorta di patio farcito di innumerevoli piante e fiori.

 

Tuttavia quella sera la pace non le si addiceva. Fu questo il pensiero di Lisa quando una voce maschile la indusse a girarsi: “Hai ricevuto i complimenti di tutti, probabilmente mancano solo i miei”.

L’attimo successivo la ragazza maledì la propria testa perennemente fra le nuvole e concluse che odiava il biondo.

James le si affiancò, l’espressione neutra di chi non vuole nulla; la stessa con cui si era presentato in Italia mesi prima, così Lisa non abbassò la guardia.

 

E pensare che ti stavo evitando…” sibilò lei tornando a fissare le fronde dei rami.

L’uomo deglutì, remissivo a tanta rabbia: “Immaginavo…- commentò con lo sguardo perso nel verde- Ma credo che un ringraziamento sia d’obbligo, almeno per i benefici del tuo film sulla mia carriera”.

Lei continuò a evitare il contatto visivo con James, appoggiò la flute di champagne e si sporse con entrambi gli avambracci sul parapetto: “Non fossi stata io, sarebbe stato qualcun altro- fece spallucce- La solita ruota che gira…Hai presente?”.

 

L’altro incassò l’ennesima frecciata, ormai disarmato dalla lingua tagliente della ragazza.

Tutto d’un fiato disse: “Lisa…”.

Solo il suo nome. L’attimo successivo rimpianse di averlo pronunciato; lei si girò di scatto, sgomenta e circondata da un’aura furibonda.

I suoi occhi, quelle gemme di smeraldo furono una stretta al cuore per James; lo ferì il ricordo dell’ultima volta che lo aveva fissato, in condizioni più pacifiche e con una luce diversa a illuminarli. A stento ricordò che in passato li aveva avuti tutti per sé.

 

Ricacciando indietro l’ennesimo nodo alla gola, il biondo attore aprì bocca: “So che temi questo momento tanto quanto me, ma fuggire ha solo peggiorato le cose…” ammise colpevole James.

Una pausa interminabile lo lasciò lì, appeso alle labbra ostinatamente serrate di Lisa, così decise di continuare: “Sai benissimo che entrambi abbiamo bisogno di una tregua. Non importa se sarà per il film o…per noi”.

“Per il film” laconica e concisa, la ragazza lo interruppe.

 

“E’ già qualcosa”

 

Fu il pensiero che James tacque mentre dalla bocca uscì solo un insipido Ok”.

Lisa deglutì a fatica, prima che un insistente prurito la raggiungesse al braccio operato; con uno scatto nervoso si tolse il guanto imperlato di cristalli e si trattenne con uno sbuffo dal grattarsi.

 

James rimase sorpreso e capì solo all’ultimo il gesto, quando riconobbe le areole delle cicatrici ormai rimarginate: “Cos’hai?” domandò preoccupato.

La ragazza si passò una mano sull’avambraccio e rispose distrattamente: “I postumi dell’intervento…I tessuti che si rimarginano a volte danno scosse di prurito”. Fu più un pensiero ad alta voce che una reale risposta.

Così per la seconda volta Lisa si fece trovare sovrappensiero e quasi si spaventò quando James le sfiorò il disegno delle suture.

 

L’uomo scosse la testa borbottando fra sé: “Non posso credere che questo sia successo a causa mia”.

Lisa alzò gli occhi illuminati dal trucco sul viso pensoso di James e vederlo torvo e turbato le diede fastidio, tanto che gli si rivolse direttamente, con tono deciso: “Non è stata colpa di nessuno- fu quasi scocciata di doversi spiegare- Felina è un animale selvatico e per quanto addomesticata resta imprevedibile, soprattutto con gli estranei”.

O con chi ti aggredisce”.

 

La ragazza ammutolì di fronte a quell’ammissione.

James sospirò, gli occhi blu che guizzavano tutt’intorno pur di non soffermarsi su di lei; la sua mano strisciò via dal braccio di Lisa, lasciandole il brivido di un’involontaria carezza.

Sarà…ma non puoi impedirmi di sentirmi responsabile…mi dispiace e per quanto so che ti farà infuriare…ti chiedo scusa”. L’uomo aveva sussurrato la parte finale fino a farla perdere nel verde della boscaglia.

 

Lisa era rimasta immobile, sorretta dal parapetto della terrazza a cui si stava accasciando sempre di più: non poteva sentirlo parlare così, non poteva permettersi di cedere.

Così la mascella le restò serrata, lo sguardo puntato sul profilo di lui, sulle piccole rughe al lato delle palpebre ora invisibili ma che- lei lo sapeva- emergevano a rimarcare i lineamenti spigolosi solo quando lui sorrideva, rendendolo così vero.

 

Quando James si decise a fronteggiarla, la ragazza si preparò all’apnea e inspirò profondamente.

“Non so cosa darei per non averti…ferita così”.

L’uomo protese una mano verso il volto di Lisa, a lasciarle sulla guancia arrossata dal freddo una carezza, che invece rimase a mezz’aria, come se James si fosse trattenuto o avesse rinunciato.

 

Con quella frase l’attore non si riferiva soltanto alle ferite fisiche dell’incidente, ma anche a tutto il resto: le parole d’odio che le aveva urlato contro, la perfidia con cui l’aveva provocata o peggio, ignorata, il tradimento che le aveva inflitto nei mesi passati…

L’uomo strinse i denti, quasi a soffocare le parole di troppo che stavano prendendo il sopravvento; con un barlume di autocontrollo strinse le dita a pugno e abbassò il braccio.

 

“Non si può tornare indietro, James” nient’altro che una frase fatta, ma Lisa non riusciva a trovare altre parole.

“No, purtroppo- ne convenne James- Ma non smetterò mai di detestarmi per…essere qui a biascicare parole senza senso, nella serata della tua vita, di fronte a te che sei…- lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, disarmato- …sei dannatamente perfetta e…mandi luce da tutti i pori”.

 

A tali parole la ragazza rabbrividì e per nascondere il tremore alle mani si infilò di nuovo il guanto: “Se ti può far sentire meglio- aprì i palmi guantati- Sono Swarovsky, non i miei pori” il sorriso forzato che si concesse non mutò l’espressione seria di Lisa.

James contraccambiò cortesemente il gesto, stirando il lato destro della bocca in un mezzo ghigno, goffo e imbarazzato; lo sguardo del platinato attore la scansionò da capo a piedi, rapido ma penetrante come una fucilata.

 

“Beh…Ammiro la modestia, ma credo che tutti gli invitati di stasera ti abbiano ripetuto fino alla nausea quanto...- la voce gli tremò mentre infilava le mani in tasca a celare la vergogna- …quanto tu sia bella con quest’abito e…”. James si bloccò, alzandosi dalla balaustra da cui aveva ricevuto sostegno fino ad allora.

Con un mezzo inchino di saluto fece un passo indietro: “Credo sia meglio che vada”.

 

Lisa annuì frettolosa: “Già, comincio a sentire freddo, preferisco rientrare”. Senza neanche un “ciao” conclusivo, la ragazza girò sui tacchi, pregando che nel tragitto verso la sala non le cedessero le gambe.

 

Da dietro la vetrata un pensieroso David Boreanaz esaminava la scena: “Merda”.

L’esclamazione che si lasciò sfuggire tra i denti attirò l’attenzione di Holly, intenta a pescare tartine dal buffet: “Cosa succed…Oh! Dannazione!- la messicana imprecò allarmata e lo raggiunse- James ha fermato Lisa…Stanno litigando?” si informò poi.

“Molto peggio- rispose David con voce àtona, lo sguardo agganciato ai due come un mirino- Stanno parlando”.

Holly sospirò”E’ già qualcosa, temevo che…-assottigliò gli occhi mogano- aspetta un attimo, l’ha toccata! E lei…non fa nulla- Holly alzò le braccia, arresa- Ti do ragione, due volte merda! Dobbiamo intervenire?”.

David tracannò il suo champagne tutto d’un fiato: “Troppo tardi: lei sta sorridendo”.

L’altra scosse il capo incredula e lo canzonò con un gesto della mano, a scacciare quell’eventualità: “Cosa diavolo stai dicendo? Quello non era un sorriso!”.

 

Un’altra voce maschile si aggiunse: “Sì, è un sorriso”.

Le due vedette si girarono verso Leonard, l’ultimo elemento di quella missione vouyeristica: “E credo che si possa dire tre volte merda!”.

 

 

 

Eccomi qui, per alcune precisazioni: la proposta di collaborazione della Den Adel si riferisce a un album già pubblicato dei WT, The Unforginving, in cui i brani sono collegati da un'unica trama su cui sono stati scritti pure dei fumetti…a mio parere un capolavoro, oltre che un fantastico colpo di genio.

Il collegamento di Lisa con una cosa davvero esistente, l’ho inserito per dare maggiore realismo alla storia…come quando si guarda il prequel di un film e si esclama “Ecco come mai dopo succede la tal cosa…” oppure “Ecco come è nata la tal’altra…”…spero di essermi spiegata!!

Dopo i miei vagheggiamenti, un abbraccio enorme a tutti, soprattutto a chi mi sta dando consigli e suggerimenti da cui prendere spunto.

A presto!

 

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Capitolo 46
*** XLVI CAPITOLO ***


XLVI CAPITOLO

 

 

 

XLVI CAPITOLO

 

 

Ci vollero parecchi minuti prima che Lisa riacquistasse lucidità; vagò per la sala senza una mèta, lasciando che gli ospiti la ricoprissero di un mare di domande, complimenti, frasi fatte a cui lei rispose con vacui sorrisi e monosillabi vuoti.

La ragazza dribblò prima il regista, poi i colleghi Holly e David e infine anche Will Smith e Sharon Stone; tutto quel fuggi fuggi si concluse nel solo modo possibile. Dal caos della folla emerse per un attimo una testa bionda diretta verso di lei.

 

“Questo è davvero troppo”

 

Con lo sguardo sul pavimento Lisa afferrò lo strascico del sontuoso abito e puntò verso l’uscita.

L’attimo successivo si era messa in contatto con Lorianne: “Scusa se ti chiamo, sei ancora alla festa?”.

L’Italiana ignorò le esclamazioni di sorpresa della make up arstist, quando ella comprese che Lisa era scappata.

“Ti chiedo un enorme favore- la supplicò l’attrice- Puoi contattare una delle ragazze perché venga ad aiutarmi a disfare l’acconciatura? Non vorrei rimanere calva, nel provarci da sola”.

Un sospiro e una riposta affermativa, poi il telefono diede muto.

 

Poco dopo fu il turno di un’altra faccia sorpresa: “Ti prego Jack, non fare domande- il receptionist si zittì- Puoi chiamare la 302 e dire che sono arrivata?”.

Il giovane biondino obbedì in silenzio e l’istante successivo Lisa era già in ascensore, il cellulare attaccato all’orecchio e le labbra serrate in una muta preghiera che dall’altra parte del mondo Laura sentisse la chiamata.

Tempo di arrivare al terzo piano e le sue suppliche furono esaudite.

 

“Come mai non sono così sorpresa che tu mi stia chiamando?”.

Lisa si sedette sul letto con uno sbuffo di sollievo: “Grazie al cielo hai risposto!”.

Una risata sarcastica dall’Italia la punzecchiò: “Beh, non siamo nel cuore della notte e non mi hai svegliata- poi una pausa- Adesso che ci penso…qui sono le tre di pomeriggio, quindi da te sarà a malapena…mezzanotte? E sei già in hotel? E’ successo qualcosa!” il monologo finì con una netta affermazione che fece sorridere Lisa.

“Sì Sherlock, ma non indovineresti mai”.

“Allora illuminami, Watson!”.

 

Qualcuno bussò alla porta e l’attrice sussultò, prima di andare ad aprire: era Katie, una delle aiutanti di Lorianne, con tutto l’armamentario per sbrogliarle la chioma.

Lisa si sedette sul bordo del letto e continuò il discorso in italiano, tranquilla del fatto che la truccatrice non l’avrebbe capita.

 

“Ecco…lui mi ha parlato”. L’esordio non fu dei migliori, Laura rimase ammutolita, così l’altra si limitò a raccontare con diffidenza l’accaduto.

“Davvero, non so cosa pensare…tutti quei complimenti…e l’imbarazzo…mi hanno letteralmente terrorizzata- dagli Stati Uniti Lisa aggrottò la fronte- E tu sei ancora zitta e non mi stai urlando contro. Devo preoccuparmi?”.

 

Laura riemerse dal suo mutismo e con fare calmo schernì l’amica: “No tranquilla: ero solo impegnata a fare un biglietto per venire a Los Angeles a commettere un omicidio”.

Lisa serrò le labbra, rimaste aperte in modalità pesce lesso; Katie sfilò le extension e una ciocca di capelli rimase impigliata nei fili argentati che imperlavano l’acconciatura.

“Ahia!” si lamentò Lisa.

“E non sai quanto male ti farei io cara!- aggiunse Laura - ma credo che non sarà mai tanto quanto quello che ti stai facendo da sola”.

 

L’altra sbuffò aiutando come poteva la truccatrice con la zip dell’abito: “Che intendi dire?” ad attenderla sulla sedia c’era la sua sottoveste di seta, che si infilò maldestramente.

Con un gridolino nervoso l’amica spiegò: “Devo forse ricordarti chi è lui? Il male che ti ha fatto e continua a farti da quasi…un anno?”.

Lisa si morse la lingua e congedò con un gesto Katie, restando finalmente sola: “Hai ragione, stella…Non so che mi è preso” .

 

E invece la ragazza sapeva benissimo cosa provava.

Anche in quel momento Lisa sentì una stretta al ventre nel ripensare alle parole di James, ma soprattutto a lui: la linea delle sue labbra mentre sorbiva champagne dalla flute, gli occhi blu incastonati sopra gli zigomi affilati.

Solo allora si rese conto di quanto le mancasse quel James; il James che parlava con lei, che le sorrideva…che la sfiorava.

Dio, quanto aveva desiderato quelle mani e ora che se ne rendeva conto, ora che la corazza si stava aprendo, i suoi sentimenti le si scaraventavano addosso: la diga che li conteneva aveva infine ceduto a quei mesi di negazione.

 

Lisa dovette deglutire qualche volta prima di parlare nuovamente: “Mi dispiace, Laura - confessò con voce rauca, le labbra aride- Mi manca come il primo giorno e non posso farci niente”.

Con un gesto nervoso la ragazza si strinse le braccia nude, provando a ripararsi dal freddo che le stava penetrando attraverso l’impalpabile sottoveste di seta.

Un sospiro sconfortato la raggiunse dall’Italia: “Scusa tesoro, non sai quanto detesti giocare al poliziotto cattivo. Stavolta hai ragione, forse non c’è nulla da fare. Le hai già provate tutte”.

 

Lisa dovette convenire con quanto detto dall’amica: aveva tentato tante strade, ottenendo sempre la stessa sconfitta.

Aveva provato tutto, tranne la cosa più ovvia: lasciare che la cosa prendesse il sopravvento…se non era già successo.

Solo allora uno sbadiglio di Felina le ricordò della presenza della pantera e fu l’ennesimo flash: cercando di proteggersi aveva messo in pericolo molto più di se stessa.

A risvegliare Lisa fu la supplica di Laura: “Promettimi che starai attenta!”.

L’altra sorrise triste: “Te l’ho promesso già una volta. Non voglio rischiare di ripetermi”.

 

Di nuovo il toc toc alla porta la fece sussultare, riportandola definitivamente alla realtà: “Sarà di sicuro David…o mio padre. Ti devo lasciare, vado a sorbirmi la prossima lavata di capo”.

A malapena si salutarono, Lisa riattaccò semplicemente, per poi fare cenno a Felina di restare al suo posto: “Piantala di ringhiare come un segugio da guardia” le intimò aprendo la porta.

 

Il fiato le si spezzò in gola appena alzò lo sguardo; la pantera sorbì dalle narici la paura della padrona e l’istante successivo balzò contro lo spiraglio di luce del corridoio.

Con un gesto fulmineo la ragazza la precedette chiudendola in camera; ci furono il tonfo delle zampone contro il legno, poi un imprecazione in “panterese”.

 

“Credo che prima o poi dovremo fare un discorso, io e la tua Felina”.

Lisa appoggiò le spalle allo stipite, le braccia conserte al petto: “Prega che non accada mai. Non ti piacerebbe, te lo assicuro”.

Due occhi blu la scrutarono sfacciati, mettendola a disagio. Di nuovo.

 

Fantastico! Non bastavano la confusione che aveva in testa, il freddo e il fatto che si fosse appena chiusa fuori dalla propria stanza.

 

“Stupida!”

 

James le faceva quest’effetto, comunque provasse a rigirarla, lei perdeva il controllo della situazione.

L’attrice rimase in attesa, assordata da mille pensieri; aspettò che fosse lui a parlare per primo, d’altra parte aveva bussato alla sua porta per quello, giusto?

 

“A cosa stai pensando?” James assottigliò le palpebre, mostrando curiosità.

Lisa se ne stava incollata al muro e non potendo scappare a gambe levate usò l’arma del contrattacco: “Penso di essere stata una persona terribile nelle mie vite precedenti, forse Stalin…o Hitler. Magari entrambi”.

Il biondo attore aggrottò le sopracciglia: “Non capisco…”.

Lisa strizzò gli occhi irritati  per il mascara che cominciava a colare: “Lascia perdere- sbuffò esasperata- Immagino tu sia qui per qualcosa…o hai semplicemente sbagliato stanza?”.

 

Questa volta fu James a sospirare, le mani sprofondate nelle tasche; si era slacciato la cravatta antracite e i primi due bottoni del colletto erano aperti.

Non poteva neanche immaginare quanto la sua presenza fosse magnetica e infinitamente pericolosa per Lisa.

Così lei si morse la lingua, distogliendo lo sguardo da quei difetti e imperfezioni che si era abituata ad amare e che lo rendevano così perfetto.

 

Quasi si spaventò quando James si decise a parlare: “Sono qui per farti una domanda. Alla Premiere non sarebbe stato opportuno e così…”.

“…mi hai seguita” lo interruppe la ragazza con tono tagliente.

“Piantala di attaccarmi per difenderti da me” fu la brusca rimbeccata dell’uomo, che poi abbassò lo sguardo col fare amareggiato di chi sta combattendo contro i mulini a vento.

La faccia di Lisa era rovente, se lo sentiva e suo malgrado l’Italiana non sapeva come nascondere la collera, l’imbarazzo e il restante milione e mezzo di sentimenti che si dibattevano nello stomaco.

La sua Regina di Diamante avrebbe riso di lei, se avesse potuto.

 

“Perché sei venuta in tribunale?” .

Secca e concisa, la domanda stupì Lisa che tentò la difensiva: “Te l’ho già detto. Avevamo un debito da saldare”.

James scosse il capo, sinceramente incredulo: “E’ questo che non capisco! Un debito per cosa? Per come ti ho trattata, per come ti ho ferita…- fece un mezzo passo verso di lei - Era davvero indispensabile rendere pubblico quanto mi odi e che mi vuoi fuori dalla tua vita?”.

 

La ragazza si prese il viso tra le mani, ora sull’orlo della disperazione; James aveva frainteso, credeva che la sua comparsata fosse stata una sorta di condanna sulla pubblica piazza, con lo scopo di crocefiggerlo una volta per tutte.

No, no, NO accidenti! Era solo un modo per mettere la parola “fine” alla loro storia, un punto netto in cui nessuno dei due doveva più niente all’altro e potevano finalmente chiudere.

“Non hai capito” sussurrò lei sui palmi delle mani.

 

L’uomo incrociò le braccia, in attesa di spiegazioni: poteva distinguere chiaramente la pelle d’oca sugli avambracci di Lisa e solo allora si rese conto che lei doveva ancora rivestirsi dall’abito della Premiere. I capelli giacevano sparsi sul viso e sulle spalle, in parte sciolti, in parte intrecciati e quella che indossava doveva essere una semplice sottoveste.

James ebbe un brivido di freddo per lei, o forse a causa sua.

Quando Lisa sollevò il volto, l’attore distolse in fretta lo sguardo; farsi beccare in contemplazione sarebbe stato sconveniente.

 

La ragazza si accinse a spiegare: “Non eri tu quello in debito, ma io!”.

James non potè fare a meno di sentirsi deriso: “Che diavolo stai dicendo?!” la domanda suonò come una risata di scherno.

Lisa strinse i pugni lungo i fianchi e serrò le palpebre: se doveva dire ciò che stava per dire non ce l’avrebbe mai fatta guardandolo negli occhi.

 

“Dopo l’incidente sei venuto da me e…- tagliò corto- …lo sai bene”.

James si morse un labbro annuendo con finta approvazione: “Certo, non fa una grinza…Ora mi è davvero chiaro il collegamento tra la tua pantera e l’affidamento dei miei figli”.

La giovane attrice alzò gli occhi al cielo: “Piantala col sarcasmo” lo pregò con voce tremante.

“Allora spiegati meglio- un altro mezzo passo di James e Lisa finì in apnea- Sono stanco dei tuoi giochi di parole. Se vuoi essere trattata da adulta, comportati come tale!”.

 

No, non doveva piangere, si intimò Lisa.

Ma come poteva parlare, soffocata dalle lacrime che le annodavano la lingua, pronte a uscirle dal cuore e su per la gola, anziché dagli occhi.

Per miracolo o per puro caso, la ragazza sputò tutto d’un fiato: “Mi hai riportata da Felina, l’unica cosa che per me in quel momento contava- le lacrime le offuscavano gli occhi impedendole di vederlo chiaramente- Non potevo fare altro che…contraccambiare”.

Un tassello dietro l’altro, James si prese il tempo necessario per ricomporre il puzzle; restò così, la fronte aggrottata e le labbra semi aperte in un muto stupore.

 

Dinnanzi al suo silenzio Lisa prese coraggio: “Tuo figlio…e tua nipote- poi azzardò flebilmente- Le cose che più contano per te…Dovevo almeno provare a saldare il debito…il mio debito James”.

James…il proprio nome, pronunciato dopo mesi di omertà da quelle labbra che ora tremavano per trattenere il pianto, fu per l’uomo come uno tsunami.

Solo allora capì: Lisa non l’aveva fatto per vendetta, non si era scoperta così tanto per un regolamento di conti.

Aveva sacrificato tutto ciò che provava per restituirgli la sua famiglia. Lei, che mai ne aveva avuta una: il valore di quel gesto era immensamente più grande di quanto lui potesse immaginare.

Ora quella ragazza sempre circondata da una corazza, dall’aria enigmatica e sfuggente, si palesava lì di fronte a lui e mai come allora James si sentì disarmato, dinnanzi alle iridi verdi spalancate.

 

Il biondo attore abbassò lo sguardo sulla moquette, appesantito dalla scoperta: “Eri sotto giuramento…e hai mentito” sussurrò la frase fra sé, un semplice pensiero a voce alta.

Lisa deglutì a fatica e si astenne dal proferir parola; il silenzio era già di per sé una risposta sufficiente.

Quando il blu profondo di quegli occhi la sondò di nuovo vi era qualcosa di diverso a illuminarli; come un temporale estivo, quando giunge al termine e cessano i tuoni, per lasciare spazio solo alla melodia della pioggia che va pian piano scemando.

La ragazza ricevette una pace profonda da quello sguardo e benché si sentisse spogliata di ogni difesa, si accorse che…andava bene così.

 

“Perdonami” l’unica parola che scivolò fuori dalle labbra di James l’avvolse come una spirale ipnotica e a stento riconobbe la propria voce nel rispondergli.

“Non hai niente da farti perdonare, James- la ragazza lasciò cadere le braccia intorpidite lungo i fianchi, ormai stremata- Ti prego, basta col passato”.

 

Non mi riferisco a quello…ma a questo”.

James non le lasciò il tempo di replicare o reagire; colmò la breve distanza che li divideva con passo fluido e impercettibile.

Prima che Lisa potesse sottrarsi le prese il viso fra le mani, per lasciarle un timido bacio sulle labbra.

 

Il volto di lei, la sua bocca erano freschi, a confronto con James che ribolliva di tensione.

A Lisa parve di sentire l’odore di dopobarba giù per la gola, caldo e avvolgente, quasi lo stesse respirando attraverso lui; ormai inerme, abbandonò la testa all’indietro, sotto la lieve pressione di James.

 

L’uomo lesse il suo tacito “sì” e premette con più decisione sulle labbra di Lisa. Prese a carezzarle il labbro superiore con la lingua, fino a incontrare quella di lei; il contatto improvviso fu una scossa che tolse il fiato a entrambi, lasciandoli spaesati e allo stesso tempo bramosi di continuare.

Le dita di James salirono ad accarezzarle i capelli, dietro le orecchie, spingendo Lisa ad appoggiarsi a lui; ogni singolo muscolo del suo torace era teso nello sforzo di trattenersi e l’impercettibile sottoveste che lei indossava diede all’uomo la sensazione di abbracciare il suo corpo nudo.

 

Le bocche continuarono a cercarsi, in sintonia con la delicatezza delle carezze che stavano pian piano avvolgendo Lisa, lasciandole l’impressione che non ne sarebbe mai stata abbastanza sazia.

Fu lei a cingere con le dita affusolate i polsi di James, per intimargli di farle prendere aria.

L’attore lasciò scivolare i palmi dalla nuca della ragazza fino al collo, per proseguire con una carezza fino all’incontro delle clavicole; si fermò a un soffio dalla curva del seno e fu sufficiente per strapparle un ansito.

Infine, riluttante, abbandonò quel bacio tanto agognato ma rimase abbastanza vicino da poterle sfiorare le labbra, come a concederle solo una breve tregua.

 

Gli occhi si incontrarono e sia Lisa che James lessero un turbine di sensazioni in quelli dell’altro; la ragazza lo guardò come se non lo riconoscesse, le sembrò di aver dimenticato lei stessa chi fosse.

James pareva supplicarla con una silenziosa preghiera di non fuggire di nuovo, di restare con quelle magiche iridi verdi agganciate alle proprie.

 

“Dio…perché l’hai fatto?” Lisa gli alitò quel sussurro a fior di labbra e lui rispose con un debole sorriso che la scaldò intimamente.

“Credi forse di avermi lasciato altra scelta?”.

Fu ossigeno puro per Lisa, che inalò tali parole come aria, protesa a sfiorargli la bocca in attesa di un nuovo bacio.

 

Un suono secco, estraneo all’aura che li avvolgeva, disfò per un attimo l’atmosfera ovattata del corridoio.

Lisa abbandonò una languida occhiata alle spalle di James e questo bastò a svelarne l’origine.

Un colpo di tosse. Stephan era tornato dalla Spagna.

 

 

 

Con questa mega sorpresa…mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto.

Grazie di cuore a MakeMeWannaDie…se la FF è come la leggete, è anche merito suo!

Un abbraccio a tutti

Lisa

 

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Capitolo 47
*** XLVII CAPITOLO ***


 

                                                                                                                 

XLVII CAPITOLO

 

 

Per i corridoi della Century si cercava una ragazzina bionda, attorno ai dieci anni, che si era persa nei meandri del complesso di edifici.

Quando sentì la terza persona parlarne, Lisa non potè che ringraziare il cielo; tutti erano talmente presi dall’evento che nessuno si curò di lei.

 

Aveva concluso la nottata nel più turbolento dei modi: James si era eclissato in camera sua, lo sguardo chino sulla moquette mentre un incredulo Stephan la fissava in attesa di spiegazioni.

Per la seconda volta in poche ore Jack si era trovato dinnanzi alla faccia stranita dell’Italiana: “Ti prego…il passpartout” aveva supplicato lei, mentre il maestro di arti marziali le incombeva col fiato sul collo.

Il giovane receptionist non aveva capito la ragione di quel diverbio, Lisa non aveva fatto altro che zittire Stephan a ogni nuovo attacco, finchè non erano scomparsi su per le scale.

 

Tuttora l’Italiana faticava a credere a ciò che era accaduto; o meglio, non voleva crederci, ma vi era costretta.

Mentre esaminava la pianta dell’edificio riflettè per la millesima volta su di lui. James.

Era tornato, erano tornati; nel magnifico marasma che provava, Lisa concluse che la stretta alla bocca dello stomaco era una sensazione angosciante, ma che al contempo la riempiva di vita.

Non era più un burattino, non stava recitando un copione: ora quelle emozioni erano solo sue e benché la terrorizzassero, le strinse dentro di sé in un abbraccio immaginario, per sentirle ancora più sue.

 

Fu l’ultimo pensiero che fece, prima di buttarsi in uno spogliatoio della “Dance Wing”, l’ala della Century dedicata alla scuola di recitazione.

 

 

Quel mattino qualcuno l’aveva voluto punire: fu questa la conclusione a cui giunse James, le tempie spremute fra l’indice e il pollice: “Cosa vuol dire che l’hai persa, Sullivan?” fu la minacciosa domanda con cui interrogò il figlio.

Dall’altra parte della barricata una scodella castana sbottò: “Non l’ho persa papà. Brit è scappata!- il ragazzino gesticolò, terrorizzato dalla furia del padre- Mi ha mandato a fanculo ed è corsa via”.

Un dito gli si parò a un palmo dal naso: “Modera il linguaggio- James fece una pausa per recuperare lucidità- Ti do dieci minuti, se non la trovi in tempo passerai dei guai seri”.

 

O li passerò io con tua madre”

 

Fu la sardonica osservazione che l’uomo si tenne per sé.

Era stata quella la ripicca della ex moglie: dato che aveva smaniato per portare in scena la sua Patricia di fronte ai ragazzi, ora James li avrebbe avuti in affidamento fino a metà gennaio, causa viaggio di lavoro di Liane.

Per i due piccoli selvaggi, già poco avvezzi alla presenza del padre, quella si stava rivelando una vacanza senza freni.

Nel subbuglio di pensieri James si avviò con scarso entusiasmo lungo il corridoio alla ricerca della nipote.

 

Nel frattempo un baschetto biondo cenere giocava a nascondino tra i bidoni del differenziato e le macchinette del caffè.

La bambina aveva visto passare alcuni agenti della sorveglianza armati di walkie tolkie e la cosa l’aveva allarmata: sarebbe finita in prigione?

Una porta sbattè e la fece sobbalzare, prima che un gruppo di ragazze sgallettanti entrasse in una sala da ballo; la fuggitiva prese coraggio e si intrufolò nello spogliatoio apparentemente vuoto, per poi accasciarsi contro la porta.

 

E tu che ci fai qui?”

 

La voce dalla semi-oscurità della stanza la fece gridare per lo spavento; solo dopo focalizzò una figura femminile che la osservava curiosa, con le mani sui fianchi.

La ragazzina deglutì a fatica e non rispose.

“Per caso…è te che stanno cercando in tutta la Century?” l’espressione della ragazza rimase tra il curioso e il divertito, così la biondina prese coraggio e annuì.

 

L’accento della sua interlocutrice le fece dedurre che non fosse Americana…forse Greca, o Italiana.

Inoltre la sua postura decisa e un po’ mascolina la rendeva diversa dalla marea di oche giulive che popolavano quel luogo.

La mĭse era quella tipica della danza classica: body in lycra, calzamaglia, scaldamuscoli e punte di gesso, ma le movenze per niente classiche della sconosciuta le ispiravano simpatia.

 

“S…sono Brittany” si presentò timidamente la fuggiasca.

“Piacere, Lisa- l’altra le porse una mano sorridendo- Si può sapere da chi scappi? Sembra che tu abbia alle calcagna l’uomo nero”.

“No, solo il mio fratellastro…fratello…cugino” la piccoletta cercò di trovare l’aggettivo adatto, facendo sorridere Lisa.

“Beh…Allora ho quasi indovinato!” stava per aggiungere che era ora di tornare dalla sua famiglia ma si bloccò nello studiarla.

 

L’italiana aveva lasciato da poco la patria, dove si era allenata coi ragazzini della sua squadra, la nuova guardia, come lei e le tre amiche-sorelle li avevano soprannominati; in un attimo rivide i suoi piccoli compagni, in quella goffa adolescente, e si perse in un attacco di nostalgia.

Chi era lei per decidere cosa fosse giusto o no, per quella maldestra fuggitiva, pensò teneramente per poi darle un buffetto sulla spalla.

 

“Se proprio non vuoi tornartene a casa vieni con me, penso che l’istruttrice non dirà nulla se assisti alla lezione. Ti piace la danza?”.

“Sì ma…non posso entrare lì…” asserì incerta Brittany.

Lisa fece spallucce: “Pure io sono un’intrusa, credo che una più, una meno non faccia la differenza” con un braccio la incitò a precederla.

“Non sei una ballerina?” la biondina sgranò gli occhi.

“Sono un’attrice- si accinse a spiegare l’altra- Ma un amico mi ha suggerito di seguire queste lezioni- imprecò mentalmente verso David- Dice che niente affina il linguaggio del corpo meglio della danza”.

La ragazzina si illuminò in un sorriso, prima di varcare la porta della sala da ballo: “Anche mio zio fa l’attore”.

La voce severa dell’istruttrice le riportò entrambe al silenzio; a piccoli passi Lisa e Brittany si dileguarono in mezzo alle altre ragazze, confinandosi nell’angolo più nascosto.

 

La giovane attrice aveva taciuto quegli appuntamenti settimanali quasi dall’inizio delle riprese: sollevare pesi e affannarsi sul tapis-roulant l’avevano annoiata da subito; il moro collega e la preparatrice Stacy le avevano consigliato l’alternativa della danza, a cui si era sottoposta inizialmente con disgusto, poi con interesse sempre crescente.

Suo malgrado, ora Lisa era felice del suo appuntamento del mercoledì mattina e cominciava a prendere confidenza con le figure base della disciplina, non tanto dissimile dalla sua arte marziale.

 

Con un respiro profondo la ragazza si posizionò alla sbarra per gli esercizi di riscaldamento; Brittany si sedette sul parquet incuriosita, strappandole un sorriso.

Poi partì la musica d’accompagnamento.

 

 

James pareva sempre di più un leone in gabbia; era ormai più di un’ora che si disperava alla ricerca della nipote, insieme ad alcuni agenti della sicurezza che lo tenevano informato via cellulare sugli sviluppi.

Perso nei propri pensieri si ritrovò a vagare senza mèta, dimentico anche della missione di recupero.

Si rimproverò per la malandata fuga della notte precedente, ma dinnanzi all’occhiata mortale di Stephan il platinato attore aveva perso la parola; liberata Lisa dal suo abbraccio, si era defilato nella sua tana senza fiatare.

Con la schiena appoggiata alla porta chiusa, l’imbarazzo aveva ceduto il passo a qualcosa di più bruciante. Gelosia.

Anche in quel momento una furia immotivata prese possesso della sua mente, rendendolo istantaneamente paonazzo.

 

Gli occhi di Lisa, lo sguardo con cui l’aveva lambito appena dopo il loro bacio…era stata sua. Era solo sua. Nessun altro la poteva avere.

Alcuni arpeggi di pianoforte lo risvegliarono da quella contemplazione catatonica; sulla sua destra notò una vetrata, affacciata su una grande sala al piano inferiore.

Dall’alto James potè vedere una schiera di ballerine, decine di fenicotteri che si libravano negli esercizi di riscaldamento: erano le studenti della prestigiosa scuola di danza nata sotto il patrocinio di Ludovic, alla Century Fox.

 

L’immagine aulica fu spezzata dalla voce dura dell’insegnante che interruppe l’esercizio: “Ragazze, vi vedo un po’ arrugginite dalle vacanze; dovete sentire il ritmo- la chioma tirata della donna si chinò ad armeggiare attorno allo stereo- Vediamo se con qualcosa di più moderno vi svegliate…e uno, due, tre, quattro” battè le mani seguendo la cadenza delle percussioni.

James si concesse un sospiro, appoggiato alla ringhiera.

Forse la sua mente macchinosa lo avrebbe ringraziato per la pausa; la voce di Leona Lewis lo raggiunse dalle casse, sulle prime note di Bleeding love” e pure lui, cantante per passione, intonò l’inizio della strofa.

 

“Closet off from love

I didn’t need the pain

Once or twice was enough

And it was all in vain

Time starti to pass

Before you know it your frozen

 

Dapprima un po’ spaesate, poi con trasporto crescente, le giovani allieve ripassarono tutto il repertorio di figure in un sincrono pressoché perfetto.

 

But something happened

For the very first time with you

My heart melts into the round

Found something true

And everyone’s looking round

Thinking I’m going crazy

 

Le prime file si esibirono in un arabesque, imitate da tutte le altre.

“Là in fondo…tallone a terra e partenza in seconda posizione, non in quarta”.

Lo sguardo di James seguì il rimprovero dell’istruttrice e l’attimo seguente gli si spezzò il fiato in gola.

Di nuovo quelle labbra, quel verde sgargiante delle iridi perse nel vuoto; James fu costretto a respirare profondamente prima di tornare lucido.

 

But I don’t care what they say

I’m in love with you

They try to pull me away

But they don’t know the truth…”

 

Cosa ci faceva lì Lisa? Si trattava di coincidenza o di una maledizione? Ma soprattutto, come faceva a togliergli il lume della ragione ogni volta?

Il ritornello sopraggiunse in quell’istante a minare la lucidità già minata dell’uomo.

 

You cut me up

And I keep bleeding

Keep, keep bleeding love”

 

Lisa mosse le labbra cantando sottovoce le parole del brano; lentamente sollevò il ginocchio destro al petto, il piede elegantemente teso. Poi con molta cura lo mosse in un arco pressoché perfetto, fin sopra la testa, concludendo con una spaccata verticale.

 

“Dio, quanto mi sei mancata”

 

A metà tra pensiero e frase sussurrata, quella realtà sferzò James come un colpo di defibrillatore, togliendogli il fiato per poi ridargli nuova vita.

Non vi era niente della perfezione della notte prima negli scaldamuscoli spaiati della sua musa; anche lo chignon scappava alla perfezione dell’etichetta della danza e alcune ciocche mosse si adagiavano sulla linea del collo. Quella pelle…dannazione, l’aveva accarezzata poche ore prima.

 

James si rese conto che gli sarebbe bastato solo restare a guardarla da dietro il vetro, per tutta la vita anche, cantando insieme a lei quella canzone- sì, voleva cantare insieme a lei, cosa c’è di più inspiegabile dei vagheggiamenti di un infatuato?-

Fu una tortura il battito di mani dell’istruttrice che congedava le sue allieve.

Immediatamente dopo la visuale idillica gli fu preclusa dal marasma di ragazze che si affrettavano negli spogliatoi.

Lei invece restò lì, con un sorriso tranquillo dipinto sulla bocca carnosa; Lisa stava parlando con qualcuno, intenta negli esercizi di stretching alla sbarra.

Quando lo sciame di adolescenti si fu dileguato, l’uomo potè vedere chiaramente: lisa rideva di gusto, assieme a una curiosa figura minuta nascosta in un angolo.

L’aura soave svanì dal volto di James: Brittany, sua nipote.

L’attimo dopo il leone in gabbia si liberò.

 

L’italiana si massaggiò l’arco plantare scherzando con la piccola fuggiasca: “Ora vado a farmi una doccia, poi ti consegno alle autorità”.

Quasi non sentì la propria voce, un rombo di passi giunse dalle scale del soppalco a coprire le ultime parole, prima che una figura maschile facesse irruzione nella sala da ballo.

Quando i miopi occhi di Lisa riconobbero lo sconosciuto, James era ormai troppo vicino.

 

“Tu?- sibilò la ragazza- Che ci fai qui?”.

“Sono qui per lei” gli occhi blu del suo tormento la trapassarono; in quel momento Lisa non esisteva, alle sue spalle vi era qualcosa di vitale importanza per il platinato attore.

Brittany si rifugiò dietro l’attrice, solo la testa a fare capolino da un lato.

Lisa arrossì per l’imbarazzo e a stento non balbettò: “Piccola volpe che non sei altro- lanciò un’occhiata alla ragazzina che la teneva per la vita, come un ostaggio- E’ lui il tuo uomo nero?”.

In risposta Brittany scosse il capo: “No…è lui” un braccio spuntò a indicare il bambino che li stava raggiungendo in una corsa a perdifiato.

“Visto? Visto papà?- il monello cercò l’approvazione di James- Ti avevo detto che era qui”.

 

In quel quadretto tragicomico Lisa si ritrovò spiazzata: James Marsters formato famiglia era un tiro della sorte che non si aspettava; cercando di riordinare le idee esaminò il ragazzino, o meglio, quello che spuntava dalla zazzera castana.

“Ricapitolando…Brittany, tu – fulminò il Marsters Senior- e…Sullivan, giusto?”.

“Come fai a…”

“Lavoriamo insieme” James zittì il figlio senza degnarlo di uno sguardo, il blu dei suoi occhi infisso nel verde smeraldo di Lisa.

“Ma…lei ha disobbedito- la versione Junior di quell’impiastro voleva la scena per sé a tutti i costi- Avevi detto di non dividerci e lei è scappata”.

“Non sono scappata!- la protetta di Lisa urlò furente- Hai detto…che che comandavi tu…perché io non sono tua sorella e quindi non sono della famiglia…e che dovevo starmene ferma immobile ad aspettarti…ma mi annoiavo”.

 

L’italiana incrociò le braccia, la cosa cominciava a incuriosirla: “A quanto pare qui qualcuno non l’ha raccontata giusta- conficcò le pupille in quelle del piccolo colpevole, per poi tornare a concentrarsi sul padre- Chissà perché non sono sorpresa?! Sarà un difetto di famiglia?”.

James chiuse gli occhi contando fino a dieci, venti, cinquanta, prima che un barlume di senno gli permettesse di dare una risposta civile: “Non ti intromettere, fatti da parte”.

L’italiana si sbracciò, stizzita e incredula: “E come faccio? Guardami!” squittì indicando la piccola terrorista che l’aveva sequestrata.

 

Quasi insicuro sul da farsi James si rivolse alla nipote, o meglio, a un orecchio e metà del sopracciglio: “Brit…Piantala con questo teatrino e lascia stare la tua nuova amica”.

Lisa si trattenne dallo scuotere il capo, contrariata: decisamente, James amava la nipote, glielo leggeva nell’apprensione delle iridi blu e nella voce insicura, ma il distacco legale imposto dalla ex moglie aveva allontanato i due ragazzi da lui; l’attrice si ritrovò improvvisamente a dispiacersi per tutti loro e intervenne a rassicurare Brittany.

“Non credo che tuo zio ti mangerà o ti spedirà in collegio per la prossima era geologica- calcò il tono della voce guardando James- Giusto?”.

 

Il platinato attore deglutì a fatica, senza sapere se cedere o continuare la sceneggiata del padre-padrone: “Coraggio Brit, torniamo in albergo- alzò l’indice a minacciare l’altro selvaggio- E prima di essere arrivati tu dovrai averle chiesto scusa”.

L’italiana rimase di stucco quando le piccole canaglie si diressero fuori a testa bassa e con pochi borbottii di protesta; fu così sorpresa da dimenticarsi delle due gemme blu che la stavano passando al microscopio.

Con lo sguardo concentrato sui ragazzini ormai lontani, Lisa esordì: “Sei ancora qui? Strano…di solito scappi dalla vergogna subito dopo aver commesso un’idiozia”.

 

James ignorò bellamente l’acidità di quella frecciata; il mezzo sorriso che gli si dipinse in volto produsse nella sua vittima una voglia matta di scappare a gambe levate…o provarci, almeno, prima che le ginocchia le si sciogliessero.

 

“Da quando in qua danzi?”

“Non credo che ti riguardi!” Lisa rimase sbigottita da tanta sfrontatezza.

A occhio e croce, da almeno quattro o cinque mesi” l’ostinazione con cui l’uomo ignorava la sua rabbia, lasciò la ragazza disarmata.

Cosa ne sai tu?”.

James allargò ulteriormente il sorriso, soddisfatto di aver fatto breccia una volta di più nella corazza dell’avversaria; avanzò di un passo e lei si piegò indietro, a mantenere le distanze.

“Parli con uno che ha fondato una scuola di recitazione, penso di essere abbastanza ferrato in materia” l’uomo spostò il peso da una gamba all’altra, con le movenze di un felino predatore.

 

A quel gesto Lisa arrancò, nel tentativo di recuperare una posizione stabile e le punte di gesso non fecero altro che renderla più goffa e spaesata.

“Beh..ok…giusto…Ma credo che sia ora che tu scappi in albergo coi tuoi figli” gli occhini verdi della ragazza spaziarono dal soffitto, alla scala, al pavimento, per poi soffermarsi in un punto indefinito tra il mento e i pettorali di James: non voleva ingannare l’alibi da altezzosa inacidita col suo sguardo sempre troppo sincero.

“Se stai alludendo alla fuga di ieri sera…Direi che le circostanze non mi hanno lasciato scelta”.

 

“Bene, basta con la diplomazia”

 

“Cosa diavolo intendi dire? Vuoi un applauso per avermi abbandonata d sola con Stephan nell’imbarazzo più totale?”.

“Parli di Mister “ti ammazzo con uno sguardo”?”.

Lisa nemmeno si accorse dell’intervento sarcastico: “E poi in imbarazzo per cosa? Di cosa ti dovevi vergognare?”.

“Ehi, signorina…Respira un attimo- alla fine anche James uscì dai gangheri- Sei tu che da mesi tiri avanti il mistero della nostra non-storia con tutti che sanno e nessuno che parla”.

 

Non poteva essere, si disse Lisa: di nuovo rabbia, di nuovo una lite…e di nuovo quello stramaledetto profumo di dopobarba.

“Ho sentito bene? Potresti ripetere, scusa?”.

Sì, perché l’espressione uscita fra le imprecazioni del platinato attore l’aveva stesa, quanto il suo bacio poche ore prima.

“Non storia”. Parlare di qualcosa che non c’è come se ci fosse; oppure parlarne proprio perché non c’è.

Questa era stata  la definizione del loro rapporto, avanzata non da una persona qualunque, ma proprio da chi ne aveva fatto parte.

 

La ragazza deglutì abbattuta, una volta in più: “Beh, allora non fa una piega- incrociò le braccia a nascondere che tremava- Quello di ieri è stato solo l’ennesimo non-momento della nostra non-storia. Più che logico sparire come se niente fosse”.

Dopodichè alò un ovvio silenzio, in cui James prese a massaggiarsi le tempie, mentre lei esaminava minuziosamente le figure geometriche composte dal parquet.

 

“Lisa…- l’uomo arrancò in cerca delle parole giuste- Ieri sera tu hai detto…delle cose- tagliò corto- Guarda, là ci sono i miei bambini…il giudice ha rinviato la causa e questo per merito tuo”.

Ora James sorrideva, le sue stesse parole parevano averlo curato dall’ira di poco prima.

“Era questo che volevo dirti ieri sera…ma con te nulla è  facile, neanche parlare…e poi…tu- l’attore annaspò imbarazzato prima di recuperare il filo- Tu sei venuta in tribunale per salvare la mia famiglia…ed è stata la cosa più dolce che una persona abbia mai fatto per me…”.

 

James era rosso in volto, non di vergogna ma di entusiasmo, la stessa luce che gli illuminava gli occhi ed il sorriso; era felice, per merito suo e a Lisa questo parve infinitamente pericoloso.

La ragazza aveva imparato a proprie spese che il momento più rischioso della guerra è quando entrambe le parti abbassano le armi, in segno di tregua: il nemico è sempre pronto a imbracciare le armi per attaccare a tradimento.

Così l’italiana rimase sulla difensiva, pronta a incassare l’ennesimo colpo basso, se mai sarebbe arrivato: “E’ stata la mia tregua. Abbiamo fatto un patto, no?- l’uomo sembrava non capire- Per il filmripetè infine, riferendosi alla sera precedente.

 

James fece mente locale, poi con un sorrisetto sghembo, scosse il capo: “Davvero poco professionale il modo che hai di suggellare un patto tanto serio”.

E come se non bastasse si accarezzò il labbro inferiore, un riferimento diretto al loro bacio.

 

“Dannatamente pericoloso”

 

La giovane scosse la testa e alcuni boccoli scapparono dallo chignon.

“No…ok…Basta…Credo che sia ora di salutarci”.

“Senza neanche un bacio?”.

Lisa non poteva credere alle proprie orecchie…non doveva e non voleva; ma James era lì, a un palmo dal suo naso, sentiva il respiro caldo sulla propria pelle e lei non sapeva nemmeno dire quando e come si fosse avvicinato così tanto, senza che lei stessa se ne accorgesse.

 

Con scarsa convinzione la ragazza alzò il dito in segno di ammonimento e ado occhi chiusi sentenziò: “Per il film”.

 

Probabilmente agli occhi del suo aguzzino apparve sufficientemente imperiosa e incisiva –o fragile e insicura, a seconda dell’ottimismo-; James obbedì all’ordine e si allontanò lentamente camminando all’indietro, un passo fluido dietro l’altro.

 

Inebetita e ridicola, Lisa rimase in quella posizione finchè lui non ebbe raggiunto la porta e i figli, che lo aspettavano in fondo al corridoio; una vittoria che le parve più simile a una disfatta, ma doveva accontentarsi.

 

Poco più in là James camminava fingendo naturalezza, tenendo i pugni serrati, un respiro profondo dietro l’altro.

“E’ davvero simpatica quella ragazza- esordì Brittany con soddisfazione- Mi ha fatto ridere tutto il tempo…ed è pure bella!”.

“Molto bella- ci tenne a precisare Sullivan- Quanti anni ha?”.

Il padre ci rimase di stucco; quando capì dove voleva andare a parare il figlio appena adolescente, esplose in un’esclamazione concitata: “Non ci pensare nemmeno!”.

Ma papà…sarà poco più grande di me…”.

“Toglitelo dalla testa, Sull

Mentre dalla bocca uscivano solo comandi scoordinati e divieti, nella mente di James rimbalzarono pensieri ben diversi.

 

“Ridicolo…tutto questo è ridicolo…e anche un po’ pazzesco”.

 

 

 

 

E siamo di nuovo qui…potrei quasi commuovermi perché vi vedo sempre più numerosi e dopo la mia lunghissima assenza non posso che ringraziarvi per tanta tenacia nell’incoraggiarmi a continuare.

Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto!

A prestissimo

Lisa

 

Ps: vi lascio qui sotto il link alla canzone a cui faccio riferimento, video, testo e traduzione.

Comunque sia, se volete ascoltarla, si tratta di “Bleeding love” di Leona Lewis.

 

http://www.airdave.it/leona-lewis-bleeding-love-video-testo-lyrics-traduzione-523/

http://www.youtube.com/watch?v=Vzo-EL_62fQ&ob=av3n

 

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Capitolo 48
*** XLVIII CAPITOLO ***


XLVII CAPITOLO

 

 

XLVII CAPITOLO

 

Dopo la doccia Lisa si tuffò in un mega-maglione sformato per poi affrettarsi a pranzo: aveva schivato spiegazioni imbarazzanti la sera prima e la mattina stessa, così si rese conto di non poter digiunare ulteriormente ed entrò a passo deciso nella sala ristorante.

I riccioli umidi cadevano sulle grosse lenti dei suoi RayBann a goccia e servendosene come paraocchi, la ragazza puntò dritto al buffet, passando discretamente inosservata. A tutti tranne che a uno.

 

“Bene bene. Eccoti qui…”.

Lisa alzò gli occhi al cielo, esasperata: “Cosa devo fare per evitare questo supplizio, tramortirti con una testata?”.

David sorrise sincero e prese un tozzo di pane dal self service: “No, tranquilla. Ti chiederò solo una volta cosa è successo tra te e Stephan, poi desisterò”. L’uomo sorvolò volutamente sull’incontro ben più scottante sulla terrazza per sondare le reazioni della collega.

 

Lisa si fece quasi scappare il pollo alle mandorle dal vassoio, prima di fingere noncuranza: “Ehm…beh…lui che versione ti ha dato?” dopodichè stritolò una pagnotta con le pinze, in attesa di risposta.

L’altro le fece strada fino a un tavolo libero: “Vuoi quella ufficiale o quella che ho dedotto io?”.

Lei gemette sfiduciata: “Non so quale sia la peggiore”.

David sorrise, puntandole contro il broccolo infilzato nella forchetta: “Doveva succedere prima o poi, erano secoli che lo ignoravi”.

 

“Fa che non sappia niente, fa che non sappia niente, fa che non sappia niente…”

 

L’uomo continuò, ignaro delle preghiere di Lisa: “E’ da stamattina che evita tutti, cosa mai gli hai detto per ridurlo così?”.

L’espressione di sollievo della ragazza lasciò David perplesso; scosse il capo per scacciare quell’interrogativo e concluse: “Comunque tutti abbiamo avuto un due di picche, gli passerà”.

 

Lisa stava per iniziare una disquisizione sulla serata precedente – la Premiere, le interviste, gli ospiti… - quando delle allegre risate fecero irruzione nella sala.

Sullivan e Brittany si precipitarono sul buffet con curiosità famelica, l’attimo successivo furono raggiunti da James.

 

Un sussulto e l’Italiana quasi si affogò col succo di pomodoro; tossicchiò con la massima discrezione possibile, poi sprofondò il collo nella felpa grigia, a di testuggine nel guscio.

“Beh…allora…ieri cosa mi sono persa?” fingendo di grattarsi la testa si schermò con un gomito.

 

Sono invisibile, sono invisibile…”

 

“Nulla di che, ho rispolverato qualche vecchia gloria con Joss, bevuto parecchio champagne e…”.

Lisa si perse nel racconto di David, troppo impegnata a tenere sotto controllo i movimenti della Marsters Family: ci vollero solo pochi secondi prima che tutti e tre si servissero. Dopodichè Brittany girò sui tacchi…e puntò dritto al tavolo accanto a Lisa.

 

In quel momento la giovane attrice cominciò a vedere le fate: sì, quella serie di luci bianche baluginanti che precedono uno svenimento…o nel suo caso, un’imminente figura di…

“Ciao Lisa!”.

“Sono morta!”.

Brittany si sbracciò raggiante prima di sedersi, imitata dal cugino.

“Ehi, ciao” esclamò Sullivan.

Dulcis in fundo, due occhi blu seguirono le voci dei bambini, andando a posarsi su Lisa, ormai incassata nella sedia e in procinto di sciogliersi sotto al tavolo; James sorrise, prima di prendere posto a sedere con un “ciao” pacifico e sinceramente allegro.

La ragazza mosse la mano che teneva premuta contro la fronte in un secco saluto militare, la cosa più neutra e inoffensiva che le venne in mente.

 

David aggrottò le sopracciglia, certo di aver visto male e gettò uno sguardo alle sue spalle; no non aveva visto male.

L’istante successivo rimise insieme i tasselli del puzzle e cominciò a tossire per un infima briciola di pane che gli era andata di traverso.

Da sotto il tavolo spuntavano ormai solo la fronte e gli occhiali dell’Italiana; “morire di imbarazzo”, ora sapeva cosa significava. Letteralmente.

 

“Ho bisogno di un notaio” concluse fra sé prima che David riacquistasse la parola.

“Mi sono perso qualcosa? Squittì lui tra un colpo di tosse e l’altro.

Lisa riemerse allarmata dalla tovaglia: “Abbassa la voce!”.

“Scusami- sibilò l’altro, sarcastico- Ma credo di aver bisogno di qualche aggiornamento” e col pollice indicò il quadretto che pranzava alle sue spalle.

“Vi ho visti parlare ieri sera. Poi tu sei andata via…e Stephan era appena tornato- il monologo sconclusionato di David continuava senza interruzioni- Dannazione…ora mi ricordo! Anche James è sparito all’improvviso”.

 

Lisa alzò le mani e gesticolò per fermare quel fiume di parole: “Ok. Prima che tu fraintenda…non è successo nulla” non del tutto esatto ma molto rassicurante.

E Stephan?”.

“Ci ha semplicemente visti in corridoio” la ragazza storse il naso, conscia della contraddizione che  si era appena fatta scappare.

E infatti: “Allora non è vero che non è successo nulla!” David stava alzando di nuovo il tono e Lisa gli intimò di calmarsi.

“Nulla di rilevante- lei prese un respiro profondo poi chiuse gli occhi, pronta a salire sul patibolo- Un bacio…”.

 

“Un bacio? E ti sembra niente?”.

Lisa stette in silenzio, abbandonata contro lo schienale della sedia; per quanto sconvolgente, la realtà non la stava…sconvolgendo.

“Lisa…è James!”.

“Lo so”.

Ed è fidanzato”.

“So anche questo”.

“Stanno per andare a convivere”.

“Ne ho sentito parlare…Questo cambia le cose?”.

 

Lapidaria e concisa, la ragazza lasciò senza parole il collega ben più vecchio, almeno per qualche minuto, prima che allo stupore subentrasse la rabbia.

E va bene, ti vedo sicura di quello che fai, quindi non venire a piangere da me alla prossima crisi mistica”.

Lisa sospirò sconfortata: “David, capisco la tua reazione, ma ormai è successo, nonostante siano mesi che ci dichiariamo guerra…perciò lascia che le cose vadano, semplicemente”. Fu difficile trovare le parole giuste per calmare l’amico, ma la bontà d’animo di David gli impedì di rimanere risentito.

 

Ok, ma sappi che non parlo così per fare il moralista- si piegò in avanti col busto e abbassò la voce- Quando sei arrivata in America, sei mesi fa, la prima cosa che ho visto è stata una ragazza delusa e combattuta dal rimorso. Dato che a quella ragazza ho imparato a volere un po’ di bene, non voglio che si butti via per un colpo di testa”.

Lisa sorrise, imbarazzata dalla dimostrazione di tanto affetto: “Ti ringrazio, ma non preoccuparti per me. Me la caverò”.

“Ne sono certo, non so come se la caverà lui- ironizzò David- Oggi dovrò fare due chiacchiere da uomo a uomo”.

“L’avevo immaginato”.

 

Quando David si svegliò dai suoi monologhi vaneggianti incrociò il viso sorridente di Lisa e non potè fare a meno di contraccambiare la risata.

“D’accordo- l’uomo bevve un sorso d’acqua- Qual è il tuo programma del giorno?”.

Lisa si ricompose, sollevata dal nuovo argomento: “Ho appuntamento alla Music Wing con Sharon Den Adel- la ragazza si alzò- dobbiamo approntare alcune cose per il video musicale”.

L’altro la esaminò divertito: lo stesso programma di James, lo aveva letto la mattina stessa sulla cartellina che penzolava dalla porta del platinato collega.

Lisa lo sapeva? Probabilmente no.

“Buon divertimento” la congedò mentre la ragazza correva all’appuntamento.

 

 

Come al solito l’Italiana si perse nei labirintici corridoi della Century e arrivò in ritardo.

Sharon Den Adel se ne stava seduta sul tavolo di una delle sale di registrazione, disquisendo amabilmente con quelli che dovevano essere i membri del gruppo…più un intruso, biondo e irritante.

Lisa si chiuse la porta alle spalle e camuffò l’astio per la presenza indesiderata dietro uno smagliante sorriso: “Perdonatemi, ma il senso dell’orientamento non è una mia dote”.

Ignorando palesemente James si presentò ai musicisti dei Within Temptation: Robert e Ruud, i due chitarristi, Jeroen il bassista, Martjin e Stephen, rispettivamente tastierista e batterista.

Dopo poche formalità la cantante offrì una tazza di tè a Lisa e la invitò a sedersi.

 

Il platinato nemico rimase appollaiato al suo sgabello, a braccia incrociate, facendo così risaltare i bicipiti e i pettorali da sotto il cardigan nero.

 

“Focalizza, Lisa…Dannazione!”

Si rimproverò la giovane vittima di quella posa plastica e trangugiò qualche sorso della bevanda.

L’uomo dal canto suo la fissava con fare interessato e anche discretamente divertito.

La Den Adel stava aggiornando il resto della band sui brani scelti e l’Italiano ne approfittò per prendere un cubetto di ghiaccio dal vassoio del brunch, accanto a James.

Pochi passi a testa bassa, poi lui mandò a segno la prima provocazione: “Sorpresa!”.

“Oh…Davvero divertente - lo rimbeccò la ragazza sottovoce- è un piacere averti qui”.

 

“Bene!- li interruppe Sharon- oggi vi ho voluti entrambi per discutere del ri-arrangiamento di What have you done?- fece una pausa- Non sarà facile, dovremo inserire voci nuove e renderlo sufficientemente originale da poterlo proporre come nuovo”.

Lisa sorseggiò tranquilla: “Avevamo accennato a una breve battaglia coi ventagli, qualche passo di danza, spezzoni del film- indicò il nemico puntando la tazza nella sua direzione- lui che canta”.

La navigata musicista ribattè: “Beh, sì…ma io vi vorrei entrambi nella canzone”.

 

“Eh?!” l’attrice in erba fece una smorfia di disappunto; forse aveva capito male.

“Vuole che tu canti” tradusse sarcastico James.

Lisa strabuzzò gli occhi e quasi si versò il tè addosso: “Cosa?! Non se n’era parlato! Io non ho mai cantato in vita mia- per sicurezza posò la tazza- E poi è una canzone tremendamente difficile, con tutti quegli acuti...- si rivolse direttamente alla Den Adel- Non è per adularti o essere ipocrita, ma la tua voce è inimitabile e…”.

L’altra alzò le mani a fermare la ragazza: “Stai tranquilla, non ti chiedo una performance da professionista, solo poche note, cantate sulla tua tonalità- indicò il biondo complice- Anche per James faremo lo stesso”.

Proprio quest’ultimo tentò di convincerla: “Coraggio…almeno prova!”.

“Non dirmi cosa devo fare” lo zittì la ragazza senza farsi sentire dagli altri presenti.

 

Sharon Den Adel continuò “Abbiamo qui di fianco la sala di registrazione; basteranno un paio di strofe e il modulatore elettronico individuerà a quale livello della scala si avvicina di più la tua voce. Così vedremo come inserirti nella canzone”.

Lisa scosse il capo ancora contrariata; le sembrava tutto così assurdo…ma mai quanto quello che stava per dire il beneamato James.

“Possiamo provare a cantare insieme”.

“NO!”

“E’ un’ottima idea!”

Le risposte di Lisa e Sharon si sovrapposero.

“E’ il modo perfetto per vedere come lavorano insieme le vostre voci. Ci vorrebbe qualcosa di semplice…un brano cantato a due. Vediamo cos’ho in memoria”.

La cantante aprì un PC portatile spuntato dal nulla e Lisa si convinse sempre di più che l’unica via rimasta era la fuga. Gli eventi avevano decisamente preso il sopravvento.

 

“Non essere così drammatica” il sussurro di James non fece altro che aizzarla ulteriormente.

“A che gioco stai giocando?” lo punse lei sempre sottovoce.

Ma che cosa…”

Sei fidanzato, James” uno schiaffo morale, che però il diretto interessato incassò egregiamente.

Questo cosa c’entra con la canzone?” domandò lui spavaldo.

“C’entra…con tutto” Lisa lo fulminò, prima di accorgersi che quel battibecco l’aveva portata a un palmo dal suo naso.

Rimasero immobilizzati così, lo sguardo torvo e il respiro dell’altro sulla pelle, alla distanza di un bacio…o di un morso.

La ragazza provò a barricarsi in se stessa per difendersi dall’imbarazzo: “Non so cantare”.

“Sì invece”

E tu come lo sai?”

“Fidati di me”

“Neanche morta”.

 

Qualcuno dalla terra di nessuno tossicchiò per far riemergere i due eserciti dalle rispettive trincee: “Avete preferenze sul brano?”.

“Sì” rispose James.

“No” si sovrappose la voce di Lisa, prima che si fissasse con aria interrogativa sul collega: ok, avrebbe rimandato a dopo la sua lapidazione.

Mentre lei restava impietrita l’attore prese possesso del computer e qualche secondo dopo Google gli diede ciò che voleva.

Direi che può andare- Sharon Den Adel guardò lo schermo e approvò di buon grado- Semplice, senza acuti né bassi…vedo cosa riusciamo a fare per mandarvelo in filodiffusione”.

 

Lisa se ne restò lì, con aria scettica e un sopracciglio alzato in segno di supponenza; James ruotò il PC verso di lei, a darle il colpo di grazia. La ragazza a malapena buttò l’occhio allo schermo e subito spostò l’attenzione alla parete.

“Non la conosco”.

“Bugiarda” l’uomo sorrise docilmente, senza rabbia e senza spazientirsi.

Era talmente disarmato dal broncio di Lisa che ebbe la tentazione di posare una mano sulla guancia arrossata di quella piccola leonessa.

“Allora Nostradamus, sei in vena di leggermi nel pensiero- ironizzò lei- Come sai che la conosco?”.

“Lo so e basta” tagliò corto James, certo di aver ragione.

 

Dinnanzi a tanta ostinazione Lisa fu costretta a desistere; con un sospiro sconfitto posò nuovamente lo sguardo al titolo della canzone.

Need you now di Nahvy e Lady Antebellum.

Un brano poco conosciuto, che le aveva fatto compagnia nelle lunghe notti insonni della permanenza di James in Italia; se l’era trovato per caso nella playlist e come molte volte capita con le cose accidentali, se n’era innamorata.

E tra qualche minuto l’avrebbe intonata insieme a James. Quanto si odiava…

 

 

 

Jeroen, il bassista del gruppo, aiutò Lisa con le cuffie; le posizionò di fronte lo schermo con le parole del testo e le spiegò brevemente cosa avrebbero fatto: “Non importa se stoni, continua a cantare…Fa finta di giocare al karaoke”.

Lei annuì brevemente e sistemò al meglio l’attrezzatura; nel frattempo James la osservava gesto per gesto. Le sue iridi puntate addosso diedero a Lisa un fastidioso prurito dietro il collo, come se il suo sguardo la stesse pungendo.

“Cos’hai da guardare?” lo aggredì per farlo smettere.

Lui sorrise e abbassò il microfono all’altezza giusta: “Se posso darti un consiglio…Non seguire la voce registrata. Seguila con un orecchio solo per ritmo e intonazione, ma con l’altro ascolta la tua voce. Ti aiuterà a non steccare”.

 

Con un sorriso sarcastico Lisa lo canzonò: “Che gentile, davvero, sono commossa- non risparmiò un colpo- Mi accompagni al patibolo e poi mi dici anche come impiccarmi”.

L’uomo sospirò sconfortato: “Catastrofista”.

“Falso buonista” lo rimbeccò lei.

Dalla sala della consolle il colpo di tosse imbarazzato di Sharon li raggiunse: “Siamo pronti. Possiamo cominciare?”.

Nessuno dei due cantanti rispose, bastò il cenno del capo di James.

 

Immediatamente dopo Lisa sentì le prime note di pianoforte e le andò il cuore in gola; non aveva mai cantato prima in pubblico, si vergognava come una ladra. In più le battute iniziali sarebbero state le sue.

Con voce tremante cominciò.

 

“Picture perfect memories

Scattered alla round the floor

Reaching for the phone

‘Cos I can’t fight it anymore

 

Riprese fiato, diede più forza alla voce e come una scossa sopraggiunse la voce di James

 

“And I wonder if I ever crossed your mind

 

Di nuovo in assolo Lisa rispose:

 

For me it happens all the time

 

La musica si alzò e l’Italiana sorrise lievemente ripensando al significato delle prime battute; capiva perché James avesse scelto proprio quel brano.

Aveva resistito fino a quel momento, senza di lei, forse passando pure lui notti insonni a chiedersi se fra il turbinio dei pensieri di Lisa vi fosse anche lui.

“A me accade tutte le volte” si era trovata a rispondere la ragazza, tra una nota e l’altra.

La voce profonda di James la accompagnò nel ritornello, dandole il coraggio di alzare il tono.

 

It’s a quarter after one

I’m all alone and I need you now

Said I wouldn’t call but I lost all control

and I need you now

And I don’t know how I can do without

I just need you now

 

Quando fu il turno di James, Lisa si fermò a guardarlo mentre scandiva le parole: non l’aveva mai sentito cantare davvero dal vivo e rimase ipnotizzata dal timbro profondo che la avvolse.

A malapena si accorse che l’uomo stava ignorando il gobbo e teneva gli occhi sorridenti su di lei.

 

Another shot of whiskey

Can’t stop looking at the door

Wishing you’d come sweeping

In the way you did before

 

“And I wonder if I ever crossed your mind

Lisa intervenne alla fine e questa volta fu James a rispondere:

For me it happens all the time

 

Al secondo ritornello l’attrice in erba si rese conto di quanto la coinvolgesse in realtà quella canzone; cominciava a prendere confidenza con il suono della propria voce e non poteva negare che le piacesse…maledetto James.

 

It’s a quarter after one

I’m all alone and I need you now

 

Cantò con trasporto rivolta direttamente a lui, che sorrise compiaciuto e completò

 

Said I wouldn’t call but I’m a little drunk

and I need you now

 

Per poi concludere insieme

 

And I don’t know how I can do without

I just need you now

 

Sì, quel frangente era stato decisamente rapido ma…indolore?

L’applauso di un’entusiasta Sharon Den Adel li risvegliò dalla trance del momento: “Grandioso ragazzi- si rivolse a Lisa- Sono stupita, perché eri così pessimista?”.

La diretta interessata si strinse nelle spalle: “Mi vergogno a cantare in pubblico”.

Ma non a farti riprendere nello stesso letto con David Boreanaz” sibilò sottovoce James.

Il sorriso di Lisa scomparve, per lasciare spazio all’astio più totale: “Ti odio”.

L’altro ignorò la rabbia della ragazza e la stese con un sorriso sghembo, incredibilmente sicuro di sé: “Credevi che te l’avrei fatta passare liscia?”.

 

Il battibecco fra i due fu interrotto dal gruppo musicale: discussero insieme del brano appena registrato e si diedero appuntamento la mattina dopo per cominciare le prove su “What have you done?”.

Poi furono costretti a congedarsi senza troppi convenevoli: i Within Temptation erano già in ritardo per un’intervisa al magazineRolling Stone”.

 

Una frazione di secondo dopo Lisa stava riordinando il suo blocco di appunti, pregando che James fosse oberato di impegni. E invece no.

La sua presenza continuò a incombere dietro di lei, finchè la ragazza non si decise a girarsi per fronteggiarlo, le braccia incrociate al petto.

James era di nuovo lì, appoggiato al tavolo del brunch e con tutte le intenzioni di restarci fino alla fine dei tempi; non c’era scelta, Lisa doveva arrendersi. Così prese posto su un alto sgabello accanto al leggìo.

 

Ok, credo di avere due domande da farti- la ragazza accavallò le gambe, pronta al dibattito- Come sapevi che so cantare?” non voleva compiacerlo, ma nemmeno lei aveva mai creduto troppo nella propria voce.

“E’ stato un puro caso- rispose pacifico lui- Quando ti ho vista nella sala da ballo tenevi il tempo cantando- il suo tono era dolce, lo stesso che si usa a raccontare le fiabe della buonanotte- Nelle scuole di recitazioni il trucco per distinguere le attitudini degli allievi è uno: vederli danzare. I ballerini tengono il tempo contando, i cantanti…cantando. E’ una specie di riflesso incondizionato”.

Professionale e concisa, la risposta spiazzò Lisa: si era dimenticata che James era un navigato attore di teatro e aveva da insegnare molto più di qualche trucchetto.

 

Touchè dovette convenire la ragazza; ma non poteva dargliela vinta, c’era la domanda di scorta.

“Bene…e come facevi a sapere che conosco quella canzone?”. Il secondo quesito era in effetti un mistero: lei stessa era incappata nel brano per puro caso. Lui come poteva sapere, se non leggendole nel pensiero?

Il sorriso che si aprì sul volto del suo tormento fece vacillare Lisa.

 

“Oddio, sa anche questa!”

 

Accingendosi a rispondere l’uomo si alzò dalla sua postazione e si avvicinò: “E’ una storia un po’ lunga- quando ebbe riordinato le idee le era accanto- eravamo in Italia, la sera del…temporale”.

James si guardò bene dal dire “La sera del nostro primo bacio” così Lisa volle premiare la discrezione e dargli  una chance, così non lo interruppe.

“Avevo bisogno di riflettere e ho deciso di fare una passeggiata; il tuo IPod era di fianco ai libri su cui studiavi, in cucina…l’ho preso in prestito- James si fermò per sondare il terreno, ma Lisa attendeva la fine della dichiarazione- Tra un brano dei Maroon 5 e uno di Britney Spears ho trovato Need You Now. Ora ti sembrerà una banale sviolinata da cantautore, che la musica sia il primo posto in cui ci rifugiamo quando ci sentiamo persi…Ma forse tu lo sai meglio di me”.

 

L’uomo si appoggiò con un fianco alla gamba di Lisa e con quel gesto lo sgabello ruotò, accostando Lisa al petto di James.

La ragazza non battè ciglio, mantenne le dita incrociate in grembo e accennò una risata per nascondere l’imbarazzo: “Wow…Allora, Nostradamus del popolo…Ho svelato i tuoi trucchi?”.

L’uomo abbassò il capo con un sorriso malinconico: “Mai usato trucchi con te, benché tu pensi il contrario- il blu dei suoi occhi tornò a premerle addosso- Posso farti anch’io una domanda? Credo di essermela meritata”.

 

Lisa non trovò le parole per rifiutarsi, così James prese al balzo il suo silenzio e parlò: “Stamattina mi hai letteralmente cacciato via, ma non intendo arrendermi- l’uomo appoggiò i palmi sul tavolo, Lisa chiusa nel mezzo fra le sue braccia- Voglio quel bacio”.

L’Italiana rimase immobile, incredula e spaventata: quello era un James che non aveva mai visto…Gli occhi foschi per il desiderio sembravano aver abbandonato l’azzurro naturale per lasciare posto a un grigio cupo e irreale.

Così chiusa in gabbia, sputò fuori il nodo in gola con una rauca risata: “James…non è così semplice…” voleva incominciare un discorso di cui neanche lei avrebbe trovatati capo e coda, ma l’uomo le tolse l’incombenza posandole una mano sul viso.

 

Col sobbalzo sorpreso di Lisa il mondo si fermò: la ragazza si torse le mani sudate cercando di restare lucida. Poteva sentire una lieve pressione sul corpo: lui la stava sfiorando o erano semplicemente le loro auree roventi che premevano l’una sull’altra?

Lisa deglutì rumorosamente, il volto proteso verso quello di James: voleva sentire l’odore del suo respiro sulle labbra e mettere a tacere la propria coscienza urlante.

L’ultimo briciolo di lucidità agì per lei: la mano della ragazza si pose su quella di James. Lisa se la premette sulla guancia, riluttante al distacco, prima di farla scivolare dal viso al collo; già una volta il contatto fisico con l’uomo aveva anestetizzato i suoi sensi, non poteva permetterlo di nuovo, neppure ora che sentiva il pollice di lui carezzarle la gola.

 

La giovane attrice si guardò dal tendere il collo verso James, come un felino in procinto di fare le fusa e riprese fiato: “Non sempre è giusto avere quello che si vuole, James”.

Razionale e lapidaria, la risposta della ragazza stordì il biondo attore, che dopo un paio di respiri profondi liberò Lisa dalla sua dolce trappola.

Si era arreso? La ragazza non sapeva se dispiacersi o esserne felice.

 

James le sfiorò il volto coi polpastrelli, ancora riluttante a dichiararsi sconfitto, ipnotizzato sulle labbra di lei: “Cosa devo fare per farti capire che ti puoi fidare?”.

 

Dire che mi vuoi, che non puoi stare senza di me, che non riesci a dormire senza il mio corpo accanto al tuo”

 

Lisa tacque le grida nella sua testa con un lieve sorriso.

Poi disarmata riuscì solo a dire: “Una magia?” ironica e anche un po’ sarcastica, doveva spezzare l’idillio di quell’attimo, che si ostinava ad aleggiare nella stanza.

A salvarli sopraggiunse il rumore secco di una bussata.

 

David era lì, le nocche sullo stipite della porta aperta, il sorriso saggio di chi sa: “Ehm…scusate il disturbo- si schiarì la voce e rivolse una domanda direttamente a Lisa- Hai un minuto?”.

La ragazza annuì, percependo il calore di poco prima che scemava: James si era allontanato di qualche passo, lasciandola composta sul suo sgabello.

Will Smith è partito in fretta e furia, ha detto che doveva organizzare una cosa…e ha lasciato questo per te- allungò un biglietto all’amica attrice- Ti chiamerà stasera”.

 

Lisa aggrottò la fronte, curiosa, e si alzò dalla sua postazione per prendere il foglio di carta: era un invito, stampato su carta filigranata e su cui campeggiava la foto di un albergo da sogno in riva al mare.

Poco sotto lo scarabocchio di alcune veloci parole che Lisa decifrò subito:

 

“Party in the city where the heat is on

All night on the beachtill the break of down”

E subito prima della firma, un indizio

Benvenido a Miami”.

 

Le ci volle un attimo e capì: la serata di beneficenza per Felina, Will era partito in anticipo per correre ad organizzarla e la ragazza sentò a crederlo possibile. Miami.

L’amico voleva fare le cose in grande. Non ci volle altro a farle brillare le iridi verdi di commozione.

Quasi si dimenticò di salutare i presenti, prima di correre via lungo il corridoio.

 

David sapeva della sorpresa, così si prese quel frangente per godersi lo spettacolo di James, perso in contemplazione di ogni respiro di Lisa.

Ora il biondo attore se ne stava con la testa a far capolino fuori dalla porta, per seguirla con lo sguardo.

David incrociò le braccia divertito: “Fammi indovinare…Ti ha respinto”.

James a malapena si accorse dell’amico attore: “Cosa ne sai tu?” chiese distratto.

L’altro entrò di prepotenza nel suo campo visivo: “Cos’hai fatto? Hai sfoderato il tuo fascino da latin lover convinto che lei cedesse?”.

Il biondo interrogato nascose dietro la stizza l’attimo di tentennamento: “latin lover? Come se non mi conoscessi, amico…”.

 

David si fermò a sondare ai Raggi X l’imputato: lo vedeva sincero, non nelle parole- era una frana a mentire- ma glielo leggeva nei movimenti nervosi degli occhi e quell’infatuazione era reale, soprattutto quando la luce dell’immagine di Lisa illuminava i suoi occhi blu.

Così il moro attore decise di dire la verità: “Ti vuole ancora…Ma non è una delle tue tante fan adolescenti che svengono per un autografo”.

“Risparmiati l’ironia” lo zittì tagliente James.

“No, dico davvero: guardala bene- David si accinse a spiegare- Non c’è persona che conosca che non abbia imparato a volerle bene. Persino Star come Will Smith e Sharon Stone si fanno in quattro per lei…per il semplice fatto che lei se lo merita”.

Dove vuoi andare a parare?” James faticava a seguire il discorso.

“Intendo dire che Lisa è diversa…ed è ferita…e spaventata- David ammonì l’altro con l’indice puntato verso il suo naso- E non provare a fare lo gnorri a riguardo”.

 

A tali parole James fu costretto ad abbassare lo sguardo, colpevole.

“Non so cosa fare, lo ammetto”.

L’altro aprì le braccia esasperato: “Fai qualcosa per lei…Dimostra di essere diverso, una volta per tutte. Sorprendila!”.

James rimase spiazzato da tanta ovvietà. Voleva a tutti i costi che lei si fidasse e così facendo la stessa Lisa era stata messa in secondo piano dal suo desiderio.

Cosa voleva di più da lei? Vederla sorridere…i suoi occhi che risplendevano di gioia e che le toglievano il fiato.

 

Sorprenderla, sì…David aveva ragione. L’attimo successivo James sapeva cosa fare.

“D’accordo” disse, più a se stesso che al moro attore, prima di avviarsi all’albergo.

EJames?”

“Sì?”

“Cerca di non fare cazzate questa volta”.

 

 

 

Rullo di tamburi…cel’ho fatta. A distanza di un mese esatto dall’ultima pubblicazione, sono di nuovo qua.

Non è stato un periodo facile, chi mi conosce sa il perché, ed ho arrancato per mantenere viva la voglia di aggiornare. Purtroppo nei momenti di difficoltà la prima cosa che ne risente è la creatività.

Ammetto che ho passato giorni in cui anche ascoltare musica era troppo, volevo solo buio e silenzio.

Poi mi sono resa conto che la mia serenità esiste anche per loro, Lisa e James…e per tutti voi, che mi fate battere il cuore per l’emozione tutte le volte che vedo un nuovo messaggio in posta o nei commenti.

Un grazie in particolare a Chloe, che mi è stata vicina con discrezione e pazienza, lanciandomi un messaggio in chat qua e là, ogni tanto…sono tornata cara!

Spero che questo capitolo non abbia risentito del mio attimo di malinconia, se così fosse, prometto che ci sono grandi sorprese all’orizzonte.

 

Non smettete mai di sperare che torni il sereno. La speranza è già di per sé l’alba di un nuovo inizio.

Con affetto, Lisa

 

Ps: qui sotto il link al video della canzone a cui faccio riferimento nel capitolo, spero che la ascolterete e che vi piaccia, nella sua semplicità, mi ha trasmesso tanta dolcezza

http://www.youtube.com/watch?v=eM213aMKTHg&feature=fvwrel

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Capitolo 49
*** XLIX CAPITOLO ***


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49 CAPITOLO

 

 

Lisa reclinò il seggiolino e distese le gambe sulla moquette; riusciva a rilassarsi solo allora, dopo una settimana di corse a perdifiato tra set e sala di registrazione.

L’aereo era decollato con poco ritardo da Los Angeles, direzione Miami e la ragazza benedì l’obbligo di tenere i cellulari spenti: gli sponsor del film cominciavano a pressarla, per contratti, spot pubblicitari, servizi fotografici…

I 12 mesi successivi avrebbe calcato la parte di testimonial della Swarovsky, lo stesso sarebbe stato per David con la casa automobilistica Chrysler e per Holly con l’ultima linea Loubuotin. Idem per James con una campagna pubblicitaria per la Dytona.

 

Al suo pensiero Lisa trattenne il respiro. Erano stati giorni difficili, quelli: avevano avuto il loro battesimo del fuoco sul set per la prima volta insieme e la cosa si era ripetuta nella registrazione della colonna sonora.

Involontariamente la tensione reale che li avvolgeva li aveva accompagnati anche in scena, dove Raina e Lucius dovevano darsi battaglia; suo malgrado, gli applausi dei registi le avevano dato conferma dell’ottimo lavoro che stava facendo con James.

Tra un pensiero e l’altro l’ansia scemò, lasciandola intorpidita e stanca, finchè Lisa non si addormentò cullata dal rollio dei motori.

 

 

TRE GIORNI PRIMA

 

“Stop! Lisa non ci siamo capiti, voglio più incisività…Raina è la Regina: devi comandare tu quando reciti”.

La ragazza si massaggiò le tempie e scacciò con una mano il rimprovero di Ludovic.

Era il primo giorno di riprese con James, a distanza troppo breve dal loro tete-a-tete e la giovane attrice faticava a restare lucida; dopo un paio di laconici ciak discretamente buoni quella era la quarta volta che il produttore la richiamava.

 

“Non faccio nulla di diverso dai due terzi di film che ho già girato. Cosa c’è che non va?” Lisa si alterò, ormai esausta.

James, o meglio Lucius, se ne stava in piedi, immobile; era stato catturato nello schetch precedente e ora interpretava la parte del prigioniero incatenato al muro.

“E’ questo il punto- ribattè Ludovic- Ora sei col tuo nemico…Raina amava Lucius, non può rimanere insensibile! E’ qui che il ritmo deve cambiare”.

Il cellulare dell’aiuto regista squillò e l’uomo ne approfittò per dare una breve pausa.

 

Lisa imprecò e bevve un sorso d’acqua dalla sua bottiglietta, mentre Lorianne le ritoccava il fondotinta.

James si piegò, seduto sui talloni, e fissò l’attenzione sulla ragazza.

“Ha ragione” esordì dalla sua postazione.

“Non ti ci mettere pure tu, ti prego” lo supplicò lei, sfinita.

“No, dico davvero…fermati un attimo a rifletter: Raina odia Lucius?”.

Lisa sbuffò spazientita; la trama era sua, non poteva farsi mandare a scuola da quello che in pratica era un suo dipendente. Si limitò a ignorarlo, scuotendo la testa: le quattro ore di recitazione non-stop le avevano tolto pure lo slancio per litigare.

 

James rise, senza alcun risentimento: “Beh, tornando a noi…Raina odia Lucius?”.

“Sì” si arrese lei.

“Tu odi me?”.

Lisa sussultò. Quello era un colpo basso.

“James…ti ho già spiegato che…”

L’uomo alzò una mano a zittirla: “Bene…Ora odiami” e tacque con aria decisa.

 

Lasciò alla collega il tempo per assimilare tale affermazione e prima che lei potesse inventarsi una qualsiasi risposta, James tornò all’attacco: “Avanti…Davvero è così difficile?”.

A darle il colpo di grazia, lui fece guizzare la lingua fra le labbra.

Benché fossero a metri di distanza, Lisa venne scaldata intimamente da quel gesto e la cosa la fece tentennare; non era altro che un affronto, perdipiù agli occhi dello staff al completo.

La ragazza si sentì vulnerabile e la rabbia salì a colorarle le gote: come poteva permettersi di spogliarla ogni volta del suo equilibrio?

 

Proprio allora Ludovic tornò in campo: “Bene, riproviamo…Non voglio altri errori Lisa!”.

Lei in risposta lanciò la bottiglietta in un angolo e assentì col capo; gliel’avrebbe fatta vedere.

Il ciack diede inizio alle danze: Lisa seguì il copione con la dovuta neutralità, passeggiando per la prigione di Lucius.

James recitava in modo provocante, riproponendo ad ogni frase la malizia che faceva tremare le gambe a Lisa.

Non ci volle altro, solo la battuta chiave che ripeteva ormai da un’ora.

 

“Cosa ci fai qui? Non ti ho già ucciso una volta?”

James sghignazzò: “Amore mio, a quanto pare tu mi desideri più della morte”.

Il gioco del sorriso lascivo di James fu il colmo: Lisa avanzò a grandi falcate verso il prigioniero, inginocchiato a terra; ormai faccia a faccia, la ragazza sollevò la gamba destra per poi piantare il tacco dello stivale nella spalla del nemico, inchiodandolo al muro.

 

Comandava lei? Beh, con quell’improvvisazione l’avrebbero capito tutti.

L’ultimo impeto di rabbia lo sfogò con uno strattone alla chioma platinata; le dita affusolate arpionarono il capo dell’attore costringendolo a reclinare la testa per guardarla negli occhi.

Infine Lisa gli alitò sulla pelle la feroce minaccia: “Quando avrò finito con te neppure la morte ti vorrà”.

 

NEL PRESENTE

 

La giovane Italiana reclinò di lato la testa per ricevere il bacio di saluto di Will Smith.

“Welcome to Miami” la accolse l’amico, sulle note della propria canzone.

“Benvenido a Miami” Lisa completò dandogli il cinque, entusiasta della sua trasferta in solitaria; né l’agente Sean, né suo padre le avrebbero fatto da bàlia. Purtroppo David non sarebbe stato al suo fianco ma lei era lì per Felina, il resto non contava.

 

Lisa si dimenticò dei suoi pensieri deliranti su James e si sedette al bar dello splendido hotel dove si sarebbe tenuta la serata di beneficenza; i venticinque gradi e il sole che rifulgeva sopra i tendoni dei tavolini all’aperto stordirono la ragazza, sorpresa dal clima estivo in quei primi giorni di febbraio.

Will parve leggerle nel pensiero e indicò il panorama: “E’ da mozzare il fiato, vero? Unica al mondo…”.

L’altra scherzò, prelevando dal vassoio del cameriere una limonata ghiacciata: “Già…Da scriverci una canzone”.

“Mi domando perché nessuno l’abbia ancora fatto”

“Ti farò un promemoria”

La conclusione di quel botta e risposta li fece scoppiare entrambi in una solare risata e a Lisa parve di essere tornata a due anni prima, quando lui rappava sui capitoli di storia per aiutarla a studiare.

 

Stettero parecchio tempo a parlare del più e del meno, poi l’attore le spiegò come si sarebbe svolta la serata di beneficenza: “Sharon Stone arriverà stasera, all’ultimo piano la sala ricevimenti è stata allestita come un immenso casinò. Il ricavato delle giocate sarà devoluto per la riserva di tuo zio Ralf. Abbiamo in programma anche un’asta di oggetti dedicati all’Africa- sorseggiò il suo tè freddo- Più varie chicche che voglio lasciarti come sorpresa”.

 

Lisa scosse il capo divertita: quel momento era davvero suo. Si trovava dall’altra parte degli Stati Uniti per un evento di cui lei sarebbe stata la madrina…Non riusciva a placare l’entusiasmo.

Finalmente aveva potuto scegliere lei stessa come vestirsi, come pettinarsi e cosa dire a chi l’avrebbe intervistata.

Solo una punta di malinconia la colse, alla fine del suo drink, forse per colpa dell’aspro gusto di limone.

 

Con lo sguardo sul fondo del bicchiere Lisa sentì che le mancava qualcosa: James.

Incredibile come il suo pensiero riuscisse a spuntare anche ora, tra un cubetto di ghiaccio e una scorza di limone. Ma era solo un pensiero, nulla di reale e tangibile. Senza un perché apparente, la cosa le dispiacque.

L’istante successivo Will si rovesciò addosso il tè e la mente della ragazza tornò a sorridere leggera.

 

QUELLA SERA…

 

Mai avrebbe immaginato così tanta tensione: certo, Lisa era abituata a recitare, aveva pure passato egregiamente la sua prima Premiere…Ma quello era un pubblico diverso, un trampolino di lancio che le pareva più simile a un patibolo. Cominciò a temere le sorprese tanto promesse da Will.

L’attrice in erba fece il suo ingresso a braccetto con l’amico, tenendo con la mano libera lo strascico di seta nera; il cuore succhiò sangue dalle vene e prima di riuscire a pomparlo nelle arterie, la ragazza finì in apnea.

 

“Non so come mai- iniziò ironica lei- Non riesco a odiarti in questo momento, ma nemmeno a volerti bene come al solito”.

Una fila di smaglianti denti bianchi le diede uno spiraglio di tranquillità: “Non ti preoccupare. Sei splendida”.

Lei sospirò profondamente, stritolando la pochette mignon nel palmo della mano, poi si guardò attorno: nell’immensa sala da Gala al piano attico erano stati allestiti numerosi tavoli da Black Jack, Poker e diverse Roulette. Sopra gli invitati dell’elite statunitense si stagliava un soffitto affrescato, così maestoso che Lisa si sentì schiacciata sotto tanta grandiosità.

 

Quando la ragazza si focalizzò sulle pareti tutto cambiò: immense gigantografie della sua Felina campeggiavano in tutto il salone; si perse per un attimo negli occhini nocciola della sua pantera, intenta a bere da una pozza o mentre si crogiolava al sole…il flash violento di una Reflex ruppe l’idillio del momento.

“Che diavolo...Willie? Non era vietato l’accesso ai fotografi?” sbottò la giovane attrice sfarfallando gli occhi per cacciare le fastidiose macchie nere.

 

Un’immagine femminile comparve allora a calmare le acque: “E’ il fotografo ufficiale- spiegò Sharon Stone, sopraggiungendo tra la folla- Gli invitati potranno acquistare gli scatti della serata e farseli autografare…e il ricavato andrà a sommarsi alle giocate dei tavoli”.

Lisa salutò la donna con un caloroso abbraccio: “Avete pensato proprio a tutto” poi si aprì in un radioso sorriso, prima che il flash la immortalasse di nuovo, questa volta in posa coi due amici attori.

 

Alcui signoroni in frac si accomodavano già per le scommesse, mentre le mogli si affollavano attorno alle star, per ringraziarli della splendida serata.

La consorte del governatore chiese un autografo della giovanissima italiana: “Sa, è per mia figlia” spiegò tendendole con la mano guantata un calice di champagne per il brindisi.

“E’ vero che lei dorme insieme a questa pantera?” domandò un’altra.

“Lo posso confermare- intervenne Sharon a fare da testimone- Ho un ricordo magico dei giorni passati da ospite in casa sua”.

“Sono cresciuta in mezzo agli animali della riserva di mio zio- aggiunse Lisa- Li amo più di me stessa”.

La ragazza rimase spiazzata dalla marea di complimenti degli invitati; per l’abito, per i capelli, per il suo spirito umanitario…

 

Era talmente ubriaca di tanta approvazione che non si accorse del suo nome, chiamato a gran voce da qualcuno tra la folla; un capannello di curiosi attorniava lei e Will Smith, intento anch’egli nelle foto di rito con la collega Sharon Stone.

Fu lui a vedere per primo fra la ressa che si dissipava e con rapida delicatezza prese Lisa per un braccio: “Rimani accanto a me- bisbigliò discretamente al suo orecchio- C’è tua madre…e ci sta raggiungendo”.

 

 

La ragazza faticò a restare impassibile e a non frantumarsi la flute tra le dita: “Come ha passato la sicurezza senza invito?” mantenne gli occhi sul pavimento, evitando di incrociarli con i presenti e magari proprio con quelli di lei.

Sharon bisbigliò a Will Smith: “Va a chiamare i bodyguards, noi rimaniamo qui” dopodichè la donna si prodigò ad attirare il maggiorn numero di persone a fare ressa attorno a loro, con un improvvisato scudo umano.

Improvvisamente sola, l’Italiana si barcamenò tra un complimento e un brindisi, lo sguardo guizzante per tutta la sala e la silenziosa preghiera che nessuno notasse il violento tremore delle mani e i denti che battevano per la tensione.

Quello era un tiro della sorte che non aveva calcolato, una nota stridente nella melodia della serata che poteva essere la serata della sua vita. Dei suoi sogni.

 

Prima che le sue preghiere fossero esaudite una chioma mogano si insinuò tra gli ospiti in fila per le foto e Lisa intravide un braccio ambrato fare ampi gesti per attirarla nella sua direzione; lo stesso braccio che un mese prima l’aveva stritolata, quando lei giaceva in un letto d’ospedale.

Proprio mentre i primi curiosi si giravano verso l’insistente richiamo della voce femminile, Sharon Stone si parò tra la donna e Lisa, con un’allegria teatrale degna dell’attrice che era.

“Samìa! Che piacere vederti, fatti abbracciare” recitando una stretta che pareva più una morsa che un abbraccio, l’attrice trascinò qualche metro più in là l’intrusa, troppo interdetta per reagire.

 

Contemporaneamente una mano cinse la vita di Lisa e la strinse saldamente.

Will era stato davvero così veloce? Non esattamente…

 

“Finalmente ti ho trovata!” un paio di labbra sconosciute le schioccarono un bacio in fronte; ancora stordita dal caos degli ultimi minuti, Lisa faticò a connettere.

Perché al posto degli occhioni neri di Will c’erano due zaffiri penetranti? Anche la pelle non era del colore dell’ebano, come si aspettava…

 

“James” mormorò stupita l’italiana, lo sguardo perso sui lineamenti del suo salvatore.

In risposta egli sorrise raggiante e alzò il braccio verso il fotografo: “Ehi, Tony…Puoi scattare una foto a me e alla Signorina?”.

Alcuni degli ospiti risero dinnanzi alla spontanea genuinità dell’attore, ma Lisa rimase impietrita, non credeva ancora ai suoi occhi.

James in risposta allargò ulteriormente il sorriso e le strinse di nuovo il fianco, per svegliarla dalla trance.

 

“Guardate in camera, prego!” chiese Tony prima dello scatto del flash, che accecò per un attimo la ragazza.

Così non potè vedere l’arrivo degli energumeni della sicurezza, che condussero con discrezione sua madre all’ingresso, tra le imprecazioni di protesta della donna e il risolino soffocato di Sharon Stone, di ritorno dalla sua missione.

 

“Vedo che sei già stata salvata” fu l’osservazione di Will Smith, giunto sul posto insieme alle guardie del corpo.

“Ehm…sì…così sembra- la ragazza si staccò dall’abbraccio del suo eroe- Falso allarme”.

Will annuì strizzandole un occhio: “Meglio così” e li congedò entrambi con un cenno del capo.

 

Di nuovo sola con James, Lisa portò tutta l’attenzione su di lui, le mani sui fianchi, incapace di nascondere l’immensa curiosità: “E tu che ci fai qui?”.

L’altro alzò le braccia con aria enigmatica: “Magia!” il guizzo di malizia la riportò a qualche giorno prima.

 

“Cosa devo fare per farti capire che ti puoi fidare?”

“Una magia” aveva risposto lei.

 

 “Wow- si lasciò scappare, rapita da quel gesto- Credo che…dovrei ringraziarti per poco fa- Lisa si portò una mano alla fronte- Cavoli, non so cosa dire!”.

James scherzò: “Beh, non stai per vomitarmi addosso. E’ un enorme passo avanti!”.

Lisa cercò di trattenersi, ma alla fine cedette regalandogli una risata cristallina e mille specchi andarono in frantumi nella mente frastornata di James.

 

Rimasero alcuni istanti in silenzio, lo sguardo imbarazzato sulla moquette rossa, poi l’uomo ruppe il ghiaccio prendendo due calici da un vassoio di passaggio.

“Direi che non ci resta che brindare- con un cenno indicò le gigantografie alle pareti- Certo, vedere la mia potenziale assassina un po’ ovunque è inquietante…”.

Di nuovo Lisa rise, facendo tintinnare la flute contro quella di lui: “Ci lavoreremo sopra” lo rassicurò infine.

 

“Parlando seriamente…- James fece qualche passo in tondo per ammirare la sala gremita- Davvero bella serata, devo farti le mie congratulazioni”.

La ragazza alzò le mani in segno di resa: “Tutto merito di Will e Sharon”.

L’uomo le sorrise dolcemente: “Non proprio tutto”.

Di nuovo la ragazza ammutolì: non era nata per i complimenti, come del resto per qualsiasi cosa che creasse imbarazzo.

Così si limitò a sorbire champagne dal bicchiere, mentre una raffinata coppia di signori si accostava per ringraziarla dell’invito.

“Ha un cuore grande” la congedò l’uomo di mezza età con un dolce sorriso sotto i baffi brizzolati.

 

James assistette alla scena; appena l’attenzione della ragazza tornò su di lui le chiese: “Chi ti ha acconciato i capelli?” e indicò la chioma cotonata della ragazza, raccolta in uno chignon all’antica.

“La make up artist di Sharon Stone, è venuta fin qui apposta per la serata!”.

“Ti dona” ammise l’uomo.

In effetti il look orientaleggiante di Lisa era il coronamento dell’abito scuro: per quell’evento la ragazza aveva deciso di dare un tributo al Giappone, patria del suo Judo.

 

Indossava un pezzo unico dell’ultima collezione di Alexander McQueen, un abito di Gala che riprendeva le linee essenziali del kimono fuse con l’eleganza della seta; si apriva sul davanti con una profonda scollatura, che si spingeva quasi fino sotto la linea dei seni, dove un’ampia fascia di morbido cuoio chiudeva la parte superiore, dividendola dallo strascico.

Le maniche, larghe come voleva la moda dell’estremo oriente, erano intarsiate di fitti ricami dorati; James potè riconoscere il disegno di numerosi pavoni, sullo sfondo di un tipico giardino Zen.

 

Non sapeva spiegarsi il perché, ma dinnanzi a quelle immagini si sentì immediatamente in pace col mondo. Aveva sentito parlare delle proprietà miracolose di certi luoghi dell’estremo oriente, ma esserne colpito persino tramite un disegno gli parve troppo.

Lesse nel sorriso di Lisa quanto la scelta di quell’abito in realtà significasse per lei; non vi era più l’ombretto nero di Raina a pesarle sugli occhi, solo un tocco di mascara e la sfumatura perlata di un fard illuminante.

Quella era la ragazza che aveva conosciuto in Italia, l’esatto opposto della cupa attrice con cui lavorava ogni giorno da mesi.

 

“Beh- James mise a tacere il turbinio di pensieri infilando una mano sotto la giacca- Non sono qui per caso, ho una richiesta da farti”.

Lisa stemperò la tensione con una battuta: “Oddio…giurami che non ti inginocchierai davani a tutta questa gente con un cofanetto in mano, potrebbe essere imbarazzante”.

L’uomo stette al gioco e sorrise: “Tranquilla- le porse un foglio bianco e una biro- Solo un autografo…Brittany mi ha minacciato di morte, se non te l’avessi chiesto”.

 

La ragazza restò incredula e prese in mano il pezzo di carta; lo girò, accorgendosi che si trattava di una sua foto, per la precisione il primissimo scatto con cui il fotografo l’aveva immortalata a tradimento quella sera, mentre lei vagava con sguardo assorto per la sala.

Lisa non lo avrebbe mai creduto possibile, ma quell’immagine aveva un che di magico, quasi ipnotico; piacevolmente sorpresa, firmò di buon grado il retro dell’immagine.

“Da ora puoi ufficialmente dire di aver contribuito al reintegro della fauna selvatica nella mia futura riserva in Kenya”.

“Kenya?” James parve sorpreso.

“Già. Un piccolo sogno nel cassetto, mio e di mio zio.- spiegò poi passando lo sguardo sulle foto di Felina- E per Sullivan? Niente autografo? Non voglio creare gelosie…”.

 

Il biondo attore fece un sorriso sghembo e scosse il capo: “Oh no…a dire il vero…- le si avvicinò parlando sottovoce- mi ha chiesto il tuo numero”.

Lisa faticò a cogliere il doppio senso di tale richiesta, ma appena capì si tinse di vergogna: “Santo cielo…D’accordo, questa è in assoluto la parte più imbarazzante di tutta la storia!”.

James la coinvolse nella sua risata divertita e la invitò a sedersi a un alto tavolino da cocktail: “Mi devi spiegare che stregoneria hai fatto ai miei figli. Di solito odiano ogni forma vivente che mi sta intorno…specialmente se femminile”.

 

Lisa fece spallucce e giocherellò con la mini-pochette: “Sono solo ragazzini, hanno tutti i motivi di odiare il mondo intero.- parlò con aria nostalgica- Mi mancano da morire i piccoli della mia squadra; i nostri allenatori hanno sempre detto che noi grandi dovevamo essere il loro punto di riferimento, perché gli adulti sarebbero stati i loro maestri di vita, ma avrebbero scelto noi come esempio”.

James si fece ammaliare dal racconto, nato dalle timide labbra dell’Italiana. Forte e delicata allo stesso tempo, riusciva a unire eleganza e tenacia in tutto ciò che difendeva e in cui credeva.

Se lui stesso ne era rimasto stregato, come poteva essere diversamente per i suoi figli?

 

Tutto a un tratto la voce di Will Smith li interruppe: “Un attimo di attenzione- disse dal microfono richiamando tutti al silenzio- Vorrei dare inizio all’asta della serata. Potete accomodarvi ai vostri tavoli!”.

Lisa si sistemò per assistere alla scena; sul palchetto vedeva una serie di oggetti- tappeti, gioielli, strumenti musicali- originari dell’Africa, su cui gli invitati cominciarono subito a fare offerte.

Dopo una decina di pezzi, la ragazza perse il calcolo del ricavato e in un certo senso se ne compiacque; nel frattempo James passava lo sguardo dall’asta alla giovane Italiana, che torturava da ore la borsa con le ughie laccate color pesca. Dall’ampio scollo a “V” dell’abito a malapena si percepiva il movimento ritmico del respiro.

 

“E adesso una sorpresa” tutti gli occhi si puntarono su Will Smith, che con fare teatrale srotolò una tela alle sue spalle: dall’alto il drappo che la copriva cadde, rivelandone in contenuto.

“Si tratta di una tela a olio, dipinta a mano dal fumettista J. Scott Campbell”.

Lisa si alzò in piedi, per avvicinarsi a esaminare il disegno, che ritraeva una versione femminile del personaggo Black Panther, accompagnata dall’omonimo felino.

 

Will scese dal palco mentre il curatore d’arte descriveva nei dettagli l’opera.

“Ma…Will…Non lo sapevo!” balbettò Lisa quando l’amico la raggiunse, indicando incredula la tela dipinta, delle maestose dimensioni di due metri per quattro di altezza.

“Era il pezzo forte della serata- spiegò Will- Campbell ha assistito alla tua Premiere e quando ha saputo di quest’asta si è messo all’opera, in tempo record!”.

La ragazza tornò ad esaminare i disegni e capì: il soggetto era un’enorme pantera albina, ai cui piedi vi era rappresentata una piccola figura di donna, dalle sensuali forme inguainate di nero.

L’artista aveva estrapolato i personaggi del film, Raina e Felina, riproponendoli in quella versione immaginaria, a colori invertiti: bianco il manto dell’animale e nero l’abito della donna.

 

“Non ci posso credere- Lisa trattenne le lacrime- Lui è…il miglior fumettista della Marvel…Giusto? E ha fatto questo…per me? Senza neanche conoscermi?”

“E per lei!” precisò Will indicando le foto della sua amica a quattro zampe.

La ragazza lasciò che l’altro le cingesse le spalle con la mano colore dell’ebano, senza trovare le parole per ringraziarlo: “Ve lo meritavate entrambe” la anticipò lui, prima che la platea si aprisse in un applauso diretto al vincitore dell’asta, che con diverse migliaia di dollari si era aggiudicato il dipinto.

 

In mezzo al fragore un tocco delicato chiamò Lisa a girarsi. James.

“Hai tempo per un’ultima sorpresa?”.

Lei non capì e rimase in silenzio, mentre lui cominciò a passeggiare  le fece cenno di seguirlo; dopo breve l’Italiana si trovò sull’ampia terrazza affacciata sull’oceano. Avanzò di qualche passo e inspirò a pieni polmoni l’aria salmastra, godendosi il clima mite di Miami.

James girò l’angolo e la aspettò sotto un piccolo gazebo, in un lato riparato del piano attico; Lisa lo raggiunse. Il parapetto in pietra le arrivava poco sotto la spalla, così si sporse per vedere il mare.

 

“Hai qualche altra magia in serbo per me, stasera?” ironizzò pacifica, ignara del cofanetto che subito dopo James le porse.

“So che farsi perdonare con un regalo è un clichè a cui non cederesti mai. Ma ci tengo che tu abbia questo”.

Lisa sorrise, con una punta di divertimento in volto: le sembrava di essere tornata ai tempi in cui lui era suo ospite in Italia: impacciato, timido, maldestro…la stessa espressione tranquilla, gli stessi occhi sorridenti in grado di scaldarla e farla sentire sempre al posto giusto. E con la persona giusta.

 

Porse la mano a ricevere il dono e dopo essersi accertata che erano soli, aprì la scatola.

Un ciondolo rotondo, poco più piccolo di una noce, tintinnò mandando luccichii da tutte le parti: era una semplicissima pallina cava, in oro bianco.

“E’ un chiama angeli. Contiene uno xilofono, all’interno. Si dice che la frequenza del suo suono abbia effetti benefici”spiegò James, scrutando il volto di lei, bramoso di una qualsiasi reazione.

 

Sì, Lisa ne avevagià visti altri, ma non proferì parola finchè il ciondolo non rotolò su se stesso, andando a rivelare un incisione:

 

“Tutto ciò che si vede

È il riflesso della luce

Tutto ciò che si ama

Splende ancora di più”

 

La ragazza lesse a mente, poi si morse il labbro; James non seppe come interpretare quel gesto e chiese: “Va tutto bene? C’è qualcosa che non va?”.

Lisa spalancò gli occhi verdi, con una punta di imbarazzo: “No no…Scusa ma…sono solo…senza parole”.

Posò il palmo aperto sul collo del suo smoking nero e ne carezzò le cuciture con le dita sottili; stava per commuoversi e non voleva che gli occhi luccicassero sotto i raggi della luna, tradendola.

 

Tutto ciò era davvero più di qualsiasi cosa avesse sognato; si sentiva protetta, al sicuro, in una realtà onirica che le pareva quasi incredibile.

James fermò l’andirvieni della mano di lei sul proprio petto: “Quando dico che non avrei voluto ferirti in alcun modo, intendo che voglio solo vederti felice- indicò con l’indice il ciondolo- Stasera sei qui per tutto ciò che ami…e quando ami hai una luce…che ti fa splendere. Quando ami sei…da togliere il fiato- l’uomo scosse il capo- Dio solo sa quanto mi abbia ferito vederti cambiata negli ultimi mesi: continuavo a ripetermi che era solo colpa mia, e più ti vedevo distante, più diventava irraggiungibile poterti vedere di nuovo…così…con me…”.

 

Fu inutile ogni resistenza: una lacrima rotolò lungo la guancia di Lisa e la ragazza lasciò che James intrecciasse le dita con le sue, stringendo la mano sul cuore.

Con un gesto rapido la ragazza si asciugò il volto e già sorrideva.

“Puoi aiutarmi a indossarlo?” porse il ciondolo a James che si affrettò a obbedire.

Con delicatezza allungò le braccia dietro al collo di lei fino a chiuderla in un involontario abbraccio; Lisa rimase tutto il tempo con lo sguardo su di lui, prima che il chiama-angeli scivolasse sotto la scollatura dell’abito con un tintinnio.

 

“Direi che è perfetto” constatò la ragazza, il naso che ormai sfiorava la guancia di James.

L’attore rimase sorpreso da quel contatto volontario e nel girarsi quasi non si accorse delle labbra di Lisa che si posavano sulle proprie, in un casto bacio che lo sfiorò appena.

“Questo cos’era?” domandò rapito James.

“Un ringraziamento…credo che te lo sia meritato”.

“Mi sento onorato” la schernì docilmente lui, senza il coraggio di chiederne ancora.

 

Lisa giocherellò con il ciondolo: “Non voglio sembrare scortese…Ma ci siamo messi in vetrina, scappando da decine di ospiti che si staranno chiedendo dove è finita la madrina della serata…forse è il momento di rientrare”.

L’uomo annuì sorridendo: “Già, è ora che il lupo cattivo ti riporti a casa” e le lasciò un ultima, fuggevole bacio a fior di labbra, col braccio a cingerle la vita, prima di ricondurla nella Sala.

 

 

 

 

Ok, non sono un mostro della puntualità…ma questo capitolo meritava un mesetto di riflessione (ops, forse sono davvero in ritardo).

Vi lascio anche questa volta con due foto, un piccolo regalo di fine capitolo: l’abito di Lisa e il dipinto a cui faccio riferimento nell’asta.

Spero siano di vostro gradimento.

A presto e grazie a tutti della vostra lettura, risponderò ai commenti il più presto possibile!!

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Capitolo 50
*** L CAPITOLO ***


CAPITOLO 50

Il fervore dei giochi era ricominciato, all’interno: i pezzi più consistenti dell’asta erano stati assegnati e i croupier cominciavano a tirare le somme ai tavoli.

L’etichetta esemplare dei presenti permise a Lisa e James di rientrare nella discrezione più totale; solo l’amico Will si avvicinò alla ragazza, col sorriso raggiante che lo caratterizzava.

“Direi che la tua micetta ha riscosso successo” scherzò indicando i capannelli di persone che si affrettavano alle ultime scommesse.

James rimase a qualche passo di distanza, per poi assentarsi diretto alla toilette, lasciando così a Lisa i suoi spazi.

 

La giovanissima attrice finse indifferenza e continuò il discorso con Will Smith.

“Ti vedo tranquilla” osservò l’afro-americano.

“A cosa alludi?” lo punzecchiò l’italiana.

“Io, alludere?- l’altro si mise sulla difensiva- Dico solo che...quel David, il tuo collega- ignorò la faccia interrogativa di Lisa- Beh, lui deve essere un diplomatico, sarà molto bravo nelle ramanzine...Ma se il riccioli d’oro qui presente dovesse fare qualcosa di storto...David probabilmente lo sgriderebbe...però nel frattempo io gli spezzerei le gambe”.

 

L’aria serafica dell’amico fu il colmo; Lisa abbandonò ogni titubanza ed esplose in una fragorosa risata.

Cercò di calmarsi sventolando una mano a mò di ventaglio ma fu inutile: “E io che da brava figlia unica mi credevo al sicuro da queste gelosie da fratelli maggiori- con fare materno diede una pacca alla spalla di Will- Ti ringrazio Superman, la città dormirà sonni più tranquilli”.

“Smettila di scherzare prima che ti chiuda in camera e butti via la chiave”

Il simpatico botta e risposta dei due fu interrotto dal ritorno di James; stettero ancora poco a scambiarsi alcune impressioni sulla serata e quando i primi signoroni ingessati si recarono dal trio per congedarli, Lisa ne approfittò per levare le tende.

 

“Credo che sia meglio che io vada. Domani ho qualche ora di volo e mio padre mi aspetta sul set...Will, ricorda di salutare Sharon per me”.

Come alla fine di un bel sogno, la ragazza sospirò e con un lungo abbraccio congedò l’attore; lo strinse con tuta la forza che aveva, a trasmettergli la muta gratitudine per l’enorme dono dell’amico. Non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza.

James si unì al saluto con una calda stretta di mano: “Fantastica serata”.

Will contraccambiò il gesto: “E’ stata una bella sorpresa averti qui...Vado a chiamare lo steward, vi faccio portare le giacche”.

 

L’attimo successivo Lisa e James furono di nuovo da soli: le emozioni della serata sfrigolavano ancora nell’aria, sovrapponendosi in un caos che li zittì entrambi.

Nessuno dei due sapeva cosa fare. Quale sarebbe stato il primo passo?

Contro ogni pronostico fu Lisa a esporsi: “Avrei voglia di un te, prima di dormire. Mi accompagni al bar?”.

Il sorriso di James gli brillò negli occhi: “Certo, ne approfitto per un caffè”.

La ragazza assentì col capo; così era nata la loro storia, tra un te e un caffè notturni, a riscaldare le serate di lavoro insieme. E così sembrava voler rinascere, anche se a scaldarli ora era qualcosa di diverso.

 

Decisero di comune accordo di fare una passeggiata verso il basso, lungo i piani di scale che li dividevano dal piano terra, così da evitare inutili resse agli ascensori.

Dopo poche rampe immersi nel silenzio dei loro passi sulla moquette, Lisa si fermò, aggrappata alla ringhiera: “Ok, so che non è per nulla elegante, ma non credo che ti formalizzerai per così poco” e senza attendere risposta, si liberò dei sandali con tacco a spillo, sollevando con la mano libera lo strascico da terra.

Il tintinnio del gioiello attorno al suo collo inebriò James, quasi fosse il suono melodioso della risata di Lisa; dopo i primi imbarazzi ora i due parlavano del più e del meno.

 

“Brittany vorrebbe studiare recitazione e Sull fare una scuola di musica. Sarà dura per loro scegliere un liceo!” raccontò l’uomo tra un gradino e l’altro.

Lisa lo scrutò a lungo, dopo tale affermazione: “Sarebbe bello se scegliessero di stare a Losa Angeles. Non agevolerebbe l’affidamento a te, anzichè alla tua ex moglie?”.

Lui le prese la mano per aiutarla a indossare nuovamente le scarpe, alla fine dell’ultima rampa:”Sarebbe proprio un bel sogno”

 

La conversazione continuò al bar della reception, mentre il cameriere preparava le ordinazioni nel silenzio più totale dell’hotel, ormai immerso nel sonno.

“Lasciami la tazza- suggerì Lisa al barista- La finirò in camera”.

L’attimo successivo si accinse a salire in ascensore, seguita da James: “Decimo piano” pensò ad alta voce la ragazza.

“Pure io”.

Lisa aggrottò la fronte: “Dormi qui?”.

“Certo! Credevi che avrei fatto il pendolare?” la schernì James appoggiandosi alla parete con aria pacifica.

La ragazza mescolò il te col cucchiaino, con imbarazzo malcelato: “Direi che dopo i colpi di scena di stasera meriti una bella dormita- vedendolo silenzioso calcò il tono su quell’affermazione- Sul serio, mi ha fatto davvero piacere averti qui”.

 

L’ascensore toccò il piano annunciandosi con un sonoro tlin e James lasciò che Lisa lo precedesse fuori dall’abitacolo: “Sono felice di sentirtelo dire. Non sapevo se mi avresti accolto con un abbraccio o con un morso, visti gli ultimi giorni...insieme...sul set”.

Lisa alzò gli occhi al cielo: “Stai per caso parlando della versione di James-collega saccente e irritante? Non era rimasto a Los Angeles?”.

L’uomo smise di passeggiare e si appoggiò al muro: “Touchè” ammise sorridendo verso la giovane attrice.

Lei dal canto suo procedette di qualche passo prima di accorgersi che James si era fermato: “Che fai?” domandò tra un sorso e l’altro di tisana.

 

Il platinato attore rimase un istante a esaminarla: il kimono intarsiato di ricami dorati sembrava cucito attorno alle sue forme, la chioma raccolta lasciava in vista l’esile collo e la tazza che teneva fra le mani era il coronamento perfetto. Pareva essersi tramutata in una moderna geisha d’oltreoceano; se non fosse stato per il rosa pallido sulle gote gli sarebbe parsa un’immagine in bianco e nero.

 

Con fare rassegnato l’uomo estrasse la chiave della camera e indicò la porta alla sua sinistra: “Questa è la mia fermata”.

“Oh...” la ragazza posò la bevanda su un tavolinetto poco più in là, prima di tornare sui propri passi; teneva lo sguardo basso, sul piccolo ciondolo che James le aveva donato: “Beh, riguardo a questo...Non so come ringraziarti- giocherellò con la sferetta facendola tintinnare- Sai lasciare una donna senza parole”.

Lui la esaminò silenzioso: “Tu, senza parole? Potrei gridare al miracolo- capì subito quanto potesse suonare ambiguo- Cioè...intendevo...non che mi faccia piacere quando tu resti zitta...”.

“Ok, ok ho capito. Non ti preoccupare. Mi hai lasciata piacevolmente senza parole” lo interruppe Lisa con fare divertito, a tacere l’attimo di imbarazzo.

 

Il sorriso che ricevette in risposta celò malamente un velo di tristezza e la ragazza ne fu subito contagiata. L’istante successivo James stava già armeggiando con la serratura.

Un’improvvisa e inspiegabile paura riempì il cuore di Lisa di angoscia e solo all’ultimo riuscì a sconfiggere la paralisi tendendo un braccio tra l’uomo e la porta ormai aperta.

“James...Io non capisco?”.

Delicata e flebile come  un fiocco di neve, allo stesso tempo potente come una valanga, Lisa richiamò immediatamente l’attenzione di lui.

“A cosa ti riferisci?” domandò con un sospiro paziente l’uomo.

La ragazza spalancò le braccia, ormai rovente:  “A ogni cosa! Insomma...la tua comparsata, il regalo...-la faccia doveva essere paonazza, se lo sentiva- E ora dopo aver giocato il tutto per tutto...scappi. Di cosa hai paura?”.

La sghemba smorfia del platinato attore la colpì come una sferzata: “Esattamente di tutto quanto- le iridi blu la bruciarono, come azoto liquido- Dannazione, Lisa...Davvero non capisci e non ricordi? Sono mesi che cerchiamo di demolirci a vicenda. Una battaglia contro i mulini a vento in cui tu ci hai quasi rimesso un braccio- con un accenno di calma ritrovata si spiegò meglio- Ho pregato che tornasse come prima...ma ogni volta che ci pensavo, mi sentivo solo uno sporco egoista, che non voleva altro che un suo capriccioso castello in aria stesse in piedi...quando ero stato io stesso a distruggerlo- la fine di quella frase mosì in un sussurro- Ero innamorato di un sogno...e ho perso di vista la realtà”.

 

Lisa non poteva credere alle proprie orecchie:  “James...ti prego, guardami- lo afferrò per un polso, ormai esasperata- Hai praticamente venduto la tua anima perchè io mi fidassi di te...e ora posso dirlo: sì, mi fido di te”.

Con una scossa, la ragazza sentì i muscoli dell’altro rilassarsi, la mano si spostò dalla maniglia: “Dici davvero?”.

Lisa sospirò, voleva trovare le parole perfette per convincerlo della propria risposta: “Hai ragione, siamo stati due stupidi- intrecciò le dita con quelle di lui- Ma più me ne rendevo conto, più ci sentivo irrimediabilmente distanti- si avvicinò di un passo, accostandosi a James- ora quel bacio...credo che ce lo meritiamo entrambi”.

Non lo lasciò riflettere, con un gesto condusse la mano di lui ad abbracciarle la vita e portò le proprie sui suoi fianchi, da sotto la giacca.

 

Trattenendosi a un palmo dal naso sottile di Lisa, James la avvertì: “Non tentarmi” non sapeva come toccarla, non sapeva come guardarla...

Lei in risposta rinsaldò la presa, stringendo di più il proprio abbraccio: “Non ti sto tentando, James...te lo sto chiedendo”.

Sospirò l’ultima parola fra le labbra di lui; James inspirò il suo profumo e quando ormai poteva sentirlo giù per la gola la trasse a sè, strappandole un bacio profondo, somma di tutti quelli di cui si era privato.

Lisa non oppose resistenza, anzi, diede inizio a un gioco di carezze con la propria lingua contro quella di lui, sul palato, lungo il profilo delle labbra sottili, mentre le mani inseguivano da sopra la camicia il disegno dei muscoli della schiena, per continuare sul petto teso e sui bicipiti.

 

L’uomo dischiuse gli occhi, perso nei movimenti ipnotici della ragazza: “Dio...non farmi questo” una supplica che parve più un incitamento a continuare. E così fece Lisa, chiudendogli la bocca in un nuovo bacio.

Con le mani strette attorno alla vita esile, James la sollevò da terra, in un abbraccio soffocante che li fece barcollare all’indietro, oltre la soglia della suite.

L’uomo la posò delicatamente a sedere sul tavolo che li divideva dal letto, l’aria titubante di chi si trova in un luogo senza sapere come vi è arrivato; passò il pollice sulle labbra di Lisa, un unico piccolo ostacolo a frapporsi fra loro e l’ennesimo bacio.

 

Lisa imitò il gesto, le dita affusolate che si insinuavano sotto il colletto ingessato, troppo stretto per concedere di più; così un bottone dopo l’altro la camicia di James si aprì a rivelare la linea tesa dei pettorali, fino allo sterno.

L’uomo fremette per il desiderio e con un rapido gesto fermò le mani di lei: “Questo è troppo”. Cercò di mantenere un tono rilassato, ma la voce rauca tradì il sorriso dimostrando per l’ennesima volta che intendeva l’esatto opposto.

Gli occhi verdi della ragazza rimasero rapiti sul lembo di pelle che si nascondeva sotto la camicia aperta; noncurante delle parole di James lasciò un caldo bacio nella fossetta tra le clavicole, alla base del collo.

“No, non lo è” Rispose in un sussurro che gli fece venire la pelle doca, per poi attirarlo a sè con uno strattone alla camicia.

 

James, ormai sopraffatto, perse ogni indugio e si lasciò trasportare contro il corpo di Lisa, che gli cinse i fianchi con le gambe, coperte dal lungo abito.

L’uomo la baciò di nuovo, sul viso, sulle labbra roventi, sul collo, con morsi delicati fino all’orecchio, strappandole un ansito roco.

La seta dello strascico scivolò via dalla gamba di Lisa, scoprendola fino quasi all’anca, mentre la camicia bianca cadeva definitivamente a terra, senza che nessuno dei due sapesse dire con certezza come vi era finita.

 

Le dita di James si allungarono a solleticare sapientemente l’incavo del ginocchio risalendo piano lungo la coscia, assaporando ogni centimetro di pelle col palmo aperto, finchè col pollice non arrivò a stringere nell’incavo dell’inguine, a un soffio dall’elastico della mutandina.

 

JamesJamesJames” ripetè più volte Lisa, irrigidendosi a quel tocco, con le mani premute sui pettorali di lui per riprendere fiato dalla stretta soffocante.

L’uomo lesse tale gesto come un rifiuto e si ritrasse con fare colpevole: “Lo so, dobbiamo fermarci...-deglutì a fatica e ad ogni parola le sue labbra carezzarono quelle di lei- E’ solo che...Dannazione non riesco a ragionare” strizzò gli occhi, annaspando in cerca di lucidità.

 

Contro ogni previsione, Lisa sorrise dolcemente: “No, non intendevo questo. E’ che...- prese fiato, mentre le mani vagavano sui pettorali e le spalle-...ho indosso un abito da ventimila dollari e se lo rovinassi penso che Alexander McQueen uscirebbe dalla tomba per uccidermi”.

James si aprì in una magnifica risata, con cui le solleticò una guancia: “Mi sei mancata”.

La ragazza annuì: “Da morire...” mormorò languidamente, schiudendo le labbra in attesa di un nuovo bacio.

“Volevo...farti una domanda- sussurrò lui carezzandole la linea del collo- Tu e...Stephan...Cosa...cioè...avete mai...”.

“No, mai” lo interruppe decisa Lisa.

 

Alla mente del platinato attore giunse il ricordo di parecchi mesi prima: loro due, in Italia, su un letto...l’imbarazzo gli dipinse il viso di un rosso vermiglio.

Deglutendo a fatica chiese: “Quindi tu...ancora...non hai mai...sei...”.

“Vergine? Sì...”  ancora una volta la dolcezza dell’Italiana sopraggiunse a sollevarlo da quell’incombenza.

Il fiato gli si spezzò in gola dinnanzi alla scoperta e nascose un fremito dietro la risata rauca: “Wow...Ora sei tu a...lasciarmi senza parole”.

Piacevolmente senza parole?” domandò maliziosa la giovane attrice, mentre con le dita esili ripercorreva ogni singolo lineamento di quel volto.

James chiuse gli occhi, assaporando il suo tocco: “Sì, decisamente sì- Con le labbra esitanti premute sul suo orecchi, sussurrò- Vuoi che sia io...la tua prima volta?”.

 

Lisa protese gli occhi luccicanti verso lui, con voce rotta rispose: “Sì...Ti prego...” e soffocò un singulto nell’ennesimo bacio, avvolta dall’aroma del dopobarba di James.

Con delicatezza l’uomo si allontanò da lei, invitandola ad alzarsi in piedi; Lisa ebbe solo qualche istante per intravedere il suo busto nudo, le luci soffuse scolpivano il profilo dei muscoli e a stento si trattenne dal protendere una mano verso la pelle liscia e bollente degli addominali.

James le sorrise con malizia prima di condurla con una lenta piroetta a girare su se stessa, portandola con la schiena contro il petto di lui; con tocco vellutato l’uomo percorse la colonna vertebrale da sotto lo chignon, un bacio dopo l’altro fino alla cerniera dell’abito.

 

Lisa lo sentì, appoggiato con decisa leggerezza alle natiche, mentre la stretta del corpetto a fascia si allentava.

Pian piano l’alto bavero del kimono scivolò sulle spalle; prima una manica poi l’altra cadero dalle braccia, stese lungo i fianchi.

James si trovò dinnanzi alla schiena nuda della ragazza, il tatuaggio della pantera spiccava sulla carnagione chiara e solo dopo parecchi secondi l’uomo si accorse che l’unico indumento intimo di lei era solo una culotte di pizzo nero che si rivelò da sotto la cascata di seta.

L’attore raccolse con un gesto rapido il vestito per adagiarlo su una poltrona, poi tornò a concentrarsi su Lisa, immobile e ancora girata di spalle: “Sei più tranquilla, ora?” le mormorò all’orecchio, le mani castamente appoggiate sugli avambracci.

 

La ragazza non rispose ma James percepì il suo sorriso, pur non vedendola in viso; le labbra si posarono sul collo e le mani scesero fino alla vita, per poi risalire lungo i fianchi fino alla curva dei seni.

Lisa non trattenne un gemito quando le mani di lui sfiorarono i suoi capezzoli, inturgiditi dal freddo e dall’eccitazione, mentre la bocca di James percorreva tutta la schiena con incessanti baci; il tocco si fece man mano più deciso, fino a tramutarsi in una stretta decisa sui seni tondi della ragazza.

Lei dal canto suo si liberò con un gesto fulmineo delle mollette che le fissavano i capelli in cima al capo e una cascata di profumo di pesca inondò l’uomo alle sue spalle, che sorbì a pieni polmoni l’aroma, col volto tuffato nella chioma leonina.

 

Con lentezza quasi impercettibile la mano destra di James scese lungo il fianco di Lisa, passando sull’ombelico, verso il basso, lasciando la ragazza stordita dal vortice di emozioni che si confondeva tra i baci, le carezze e la mano che le scendeva lungo il ventre.

La carezza impalpabile di James si insinuò sotto il pizzo della mutandina, riempiendo Lisa di un fuoco rovente e umido che la sconvolse; l’uomo passò due dita sulla pelle serica del pube esitando a continuare.

Rimase per un tempo indefinito in quella posizione, le dita che si muovevano in piccoli cerchi appena sotto la stoffa.  Poi si spinse oltre, in mezzo alle gambe di lei, inducendola ad allargarle.

 

Con un languido bacio alla tempia James sussurrò: “Se vuoi che smetta, devi solo chiedere”.

Una voce arrochita dall’eccitazione giunse a rispondergli con una risata: “Non credo che lo farò”. Lisa gli cinse il collo con un braccio, incitandolo a continuare.

L’uomo chiuse gli occhi, assaporando ogni centimetro del suo intimo, prima dal’esterno sulle labbra, poi sulla fessura calda e bagnata, fino atrovare la punta del suo piacere, strappando un gemito a Lisa; con tocco esperto prese ad accarezzarla, senza smettere un istante di baciarla, la mano libera fermamente salda sul suo seno.

 

Gli ansiti della ragazza crebbero di intensità e le ginocchia presero a tremarle.

“Dio...James...Non riesco...Io...” poche parole, confuse e inarticolate, ma l’uomo colse al volo l’occasione per allentare la sua morsa di carezze e prenderla in braccio.

La condusse oltre il tavolo, gli occhi infissi in quelli di lei, e la adagiò con cura fra i cuscini del letto.

Lisa tese le braccia, ad accogliere il petto nudo di James contro la propria pelle rovente; i baci di lui si spinsero fino ai capezzoli e fu solo l’ennesimo delirio per la ragazza.

L’uomo la fissò negli occhi con sguardo malizioso, mentre le mordeva un seno.

Contraccambiando l’occhiata lasciva Lisa sussurrò: “Non è giusto- strattonò leggermente i pantaloni di lui- Via questi”.

 

Il sorriso di James dimostrò che non aspettava altro; con rapidi gesti si liberò dello scomodo indumento, scarpe e calze, rimanendo in boxer.

Nella semi-oscurità Lisa potè notare il vistoso rigonfiamento da sotto il tessuto blu, prima che lui si adagiasse di nuovo fra le sue braccia, premendo col bacino contro l’intimo di lei.

Lisa gli cinse i fianchi e sentì ancora più fermamente l’eccitazione di lui premerle sulla mutandina; con una carezza la sua mano percorse la schiena, fino a insinuarsi sotto i boxer, sulle natiche tese di James, che accompagnò il gesto liberandosi di quell’ultimo lembo di stoffa.

 

Lisa inarcò il bacino per sottoporsi allo stesso trattamento e quando fu libera dello slip, bagnato dei propri umori, fissò per la prima volta lo sguardo su un uomo nudo; sfiorò rapita la pelle setosa della sua erezione, strappandogli un ansito che morì fra le labbra di James quando si chinò a lasciarle un dolce bacio.

Contemporaneamente lui si avvicinò al ventre col bacino, sfiorandone l’apertura; a quel primo contatto Lisa si ritrasse, colta di sorpresa.

“Ehi...Non avere paura. Non ti farò male, lo giuro- James le carezzò il volto con la punta del naso e le prese il mento fra l’indice e il pollice- Solo...guardami negli occhi”.

James passò un ultima volta la mano ad accarezzare le forme di Lisa, per appoggiarla sull’anca; le strinse il fianco e nello stesso momento cominciò a farsi strada dentro di lei.

Si ritrasse un momento per lasciare a Lisa il tempo di rilassarsi, poi di nuovo spinse, con più forza.

La ragazza gemette lievemente e premette il palmo della mano contro l’inguine di lui, pronta a fermarlo; James la trapassò con un’occhiata magnetica, lasciandole a fior di labbra il solletico di due semplici parole.

“Ti amo”.

 

Detto ciò si insinuò dentro di lei in un unico deciso movimento.

Una morsa di dolore strinse il ventre di Lisa e dalle sue labbra uscì solo un lamento silenzioso, di cui James si riempì i polmoni, sorbendolo come ossigeno puro.

Ora era sua, gli apparteneva e il solo pensiero che, in certo senso, le sarebbe rimasta dentro per sempre lo indusse ad affondare le unghie nel fianco di lei.

Una scossa, questa volta di piacere, percorse il vente della ragazza, stringendolo nell’intimo e strappandogli un brivido.

 

L’uomo cominciò la sua lenta danza, aprendosi la strada dentro e fuori da lei, in un crescendo da cui Lisa rimase sopraffatta.

James accompagnava ogni nuovo affondo con un bacio, sulle guance, sulla fronte, sugli occhi e Lisa faceva lo stesso, con le mani ferme sui glutei dell’uomo, a seguirne i movimenti.

Continuarono a lungo, finchè i gemiti di Lisa non crebbero, andando a culminare in un unico, violento spasmo.

James con movenze sapienti spinse ancora un ultima volta, in profondità, stringendo i denti per trattenersi, ed esplodere infine unendo il proprio orgasmo a quello di lei.

Stettero qualche istante coi corpi in tensione, il verde prato di Lisa perso nel ghiaccio degli occhi di James; poi col fiato corto l’uomo si accasciò su di lei.

 

Come la risacca giunsero le ultime scosse di piacere, a cui si abbandonarono entrambi, col volto illuminato da un sorriso sognante.

James la ricoprì di baci, non voleva averne abbastanza, non dopo il troppo tempo trascorso a privarsene.

Continuò a baciarla, finchè al gusto dolce di pesca non si sostituì quello salino delle lacrime.

Le sue? Quelle di Lisa? O entrambe...non importava.

Si addormentarono così, pregando di non svegliarsi dal loro sogno ad occhi aperti.

 

 

 

Avevamo detto “Basta ritardi epici?”.

Ehm...ebbene sì! Oops I did it again… ma cosa posso farci, a parte chiedere scusa?

Perdonatemi, il capitolo rating rosso è stato sufficente no?

Aspetto numerosi commenti, anche perchè questo è un esperimento!

Grazie a tutti!

Al prossimo capitolo!!

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Capitolo 51
*** LI CAPITOLO ***


CAPITOLO 51

 

 

 

 

Col sorgere del sole fu Lisa a dare la sveglia al nuovo mattino: la notte precedente era crollata in un sonno profondo che l’aveva abbandonata solo dopo molte ore di riposo.

Aprì un occhio e vide buio. Che ore erano? Non aveva le forze di verificarlo.

Il primo pensiero che la raggiunse fu rivolto al magnifico sogno intrapreso fra le coperte; certo, molto dettagliato e un po’ spinto, ma fantastico.

 

Si concesse un lungo sospiro e il morbido cotone delle lenzuola le carezzò la pelle nuda del seno, scuotendola dal dormiveglia.

Non era stato un sogno...con una punta di cinismo Lisa si tastò il collo in cerca della catenella e quando l’ebbe trovata, il ciondolo la salutò con un tintinnio allegro.

Le rimaneva la prova del nove: voltò lentamente il capo per intravedere alle sue spalle la chioma bionda di James, adagiata fra i cuscini e la morbida linea delle coperte a fare da cornice al suo corpo totalmente nudo.

 

Con fare discreto Lisa gli girò le spalle, tornando a immegersi nei suoi pensieri.

“Wow...” sussurrò fra se e se.

Cercò di riordinare le idee ma come succede coi sogni, le fu difficile ripercorrere la linea logica che l’aveva condotta fino lì.

Aveva dormito con James. E per “dormito” si intendeva il pacchetto completo di optional. Tutti gli optional.

Tra il turbinio di emozioni che la pervasero, pronte a prorompere fuori con un gridolino di gioia, una sormontò il resto. Lui le aveva detto “Ti amo”.

Quelle semplici sillabe avevano prevaricato qualsiasi altra cosa fisica- che era stata pressochè fenomenale, accidenti se lo era stata!-.

 

Ma l’intensità delle parole alitate fra le proprie labbra lo avevano reso davvero suo; non nel modo in cui si possiede egoisticamente un oggetto, ma in quello viscerale e innato in cui si appartiene a un padre, a un figlio. A una famiglia.

Una casa invisibile che nasce da un semplice sorriso, le cui pareti sono le braccia che ti avvolgono.

 

Trascorse qualche breve attimo prima che un movimento alle sue spalle la adagiasse di nuovo nella realtà.

Un sospiro profondo le solleticò la nuca e la voce di James impastata dal sonno mormorò: “Buongiorno piccola”.

E strusciò il viso nell’incavo del collo di lei, che si inarcò all’indietro per accompagnare quel gesto: tutto il corpo di James aderì alla sua schiena, come se la linea della colonna vertebrale fosse nata per combaciare perfettamente contro i pettorali di lui. Forse quando due persone si completano, è vero anche fisicamente, pensò Lisa.

 

“Come facevi a sapere che ero sveglia?”.

“Mi hai tirato un calcio” Lisa potè sentire il sorriso nel tono di James e rispose pacifica.

“Bugiardo...non ho mosso muscolo tutta notte”.

“Beh, tutta notte...non proprio” l’uomo le solleticò la pancia e quando la ragazza si girò, nella penombra della camera percepì lo sguardo adorante di James.

“Hai ragione, non ti sei mossa- confessò lui- Ero sveglio da un po’ ma mi dispiaceva svegliarti”.

 

Con un movimento delicato allungò una gamba a cingere quelle di lei, su fino ai fianchi.

“Stai bene?” le chiese poi con quella che parve timidezza malcelata.

Lisa si stirò le braccia per poi accasciarsi contro il suo petto: “Divinamente”.

La ragazza si accoccolò fra le braccia di James, assaporando ad occhi chiusi l’odore della sua pelle; un dito le si posò sulle labbra, a disegnarne il profilo con un’impalpabile carezza.

 

“Dio...da dove sei saltata fuori?”.

L’intero corpo di lei vibrò a tale domanda; James era sprofondato nei suoi occhi, con un’intensità che pareva scavarle dentro.

Il suo fare enigmatico la lasciò spiazzata: “Che intendi dire” sussurrò lei compiacendosi delle sue carezze.

“Indendo dire...dove sei stata fino adesso?” l’espressione sognante dell’uomo indusse Lisa ad allargare il sorriso già radioso.

“Beh, da un anno a questa parte...esattamente nella camera di fronte alla tua”.

“Così lontano?”.

 

L’imbarazzo sopraggiunse a colorarle le gote e James la canzonò divertito: “D’accordo, la smetto di farti arrossire”.

Lisa si finse imbronciata: “Non sono arrossita”.

Lui la sfidò, appoggiando il viso al palmo della mano e provocandola: “Ah davvero? A me sembra il contrario”.

La ragazza stette al gioco e alzò il mento con fare saccente: “Un navigato ultra-quarantenne che infierisce su una ragazzina indifesa alle prime armi...Giochi scorretto!”.

James si drizzò a sedere con fare stupito: “Io gioco scorretto? Ma dico, ti sei vista- con un gesto del braccio indicò le sue forme, contornate dalle coperte- E in quanto a navigato...beh, è tutto da vedere”.

 

Lisa lo imitò nella posa di poco prima e si appoggiò al gomito: “Non credo di capire”. O meglio, le parole di lui erano state tanto chiare da lasciarla sconcertata.

L’uomo prese a carezzarle il prifilo delle labbra, accingendosi a spiegare: “In effetti non ci crederai ma...vedi, io non ho mai avuto una vera prima volta- fece una pausa interrotta da un mezzo sorriso- Beh, credo che avrai la tua vendetta perchè..se mi lascerai continuare probabilmente mi imbarazzerò e arrossirò”.

Con malizioso sadismo Lisa mimò un finto ghigno: “Non vedo l’ora” e lasciò a James l’incombenza del proprio racconto.

“Piccola perfida che non sei altro!” con fare scherzoso l’attore inscenò una breve lotta fra i cuscini, che Lisa fu felice di lasciargli vincere; essere intrappolata dal suo abbraccio non era del tutto una sconfitta.

La voce dell’uomo tornò al timbro profondo di sempre, gli occhi rimasero sorridenti.

“Vedi, la mia prima fidanzata al liceo era più grande di me di un anno e da allor per le ragazze che ho frequentato non sono stato esattamente una novità- con la punta del naso carezzò quello di lei- Non ero mai stato la prima volta di nessuno, fino a stanotte. Ero alle prime armi anch’io, in un certo senso”.

 

Lisa assaporò il suo monologo con le labbra appoggiate a quelle di James, carezzata dal suo alito morbido. Non proferì parola, fu sempre lui a stuzzicarla.

“Quindi, piccola tentatrice, ti consiglio di rivestirti e di correre al riparo, prima che e ne approfitti di nuovo”.

La ragazza accennò un sorriso, che si smorzò appena i ricordi la scaraventarono nuovamente nella realtà: “Diavolo...l’aereo! Che oro sono?” scattò a sedere in cerca della borsa e del telefono.

Rotolò fino al bordo del letto per tastare la moquette, invano

James se ne stava immobile, ammirando lo spettacolo della schiena nuda di lei, fino alle fossette lombari e sui glutei; Lisa non si era accorta di essere totalmente scoperta, una tentazione troppo forte per l’uomo, che gattonò fino a lei e prese a carezzarle una gamba.

 

“James...Così non mi aiuti- lo rimproverò la ragazza senza degnarlo di uno sguardo- Se perdo il volo mio padre mi uccide...CI  uccide!”.

In risposta ricevette la risata dell’uomo: “E se ti dicessi di stare calma, e che non c’è nessun aereo da prendere...o da perdere, a seconda dei punti di vista”.

Lisa girò il capo ccon fare interrogativo, mentre un James più che soddisfatto cominciava a massaggiarle le cosce; si chinò col capo a lasciarle un bacio fra le scapole, poi più giù lungo la colonna vertebrale: “Ti ricordi qualcosa del flashback del secodo atto?”.

 

Dapprima Lisa chiuse gli occhi, senza poter fare a meno di rilassarsi sotto il suo tocco, subito dopo scosse il capo indispettita. James stava forse parlando di lavoro?

Ma il risentimento si sciolse in un istante, sotto le carezze della lingua di James, che le percorrevano il corpo, vertebra dopo vertebra.

L’attimo successivo Lisa si fermò a riflettere e capì.

James si era riferito a scene precise del film, in cui Raina ricordava la sua esistenza mortale insieme a Lucius. Tramite brevi flash back rammentava il loro amore, la gioia... la vita.

Erano scene ancora da girare, che nell’immaginario di Leonard e della figlia sceneggiatrice si sarebbero ambientati...

Sul mare!” esclamò lei in un colpo di genio.

 

Alle sue spalle James annuì, intento a carezzarle una natica: “Esatto...I registi hanno approfittato della tua trasferta per spostare qui le riprese, oggi”.

In un’ondata di felicità Lisa rilassò i muscoli e sospirò profondamente.

“Tuo padre e Ludovic non ci saranno...forse ti ha avvisato ieri sera con un messaggio...che non hai letto!- continuò a spiegare divertito- tra poche ore saremo raggiunti solo dallo staff delle riprese. Saremo solo io e te, sulla spiaggia”.

Lisa finse un broncio infantile: “Questo significa che dovremmo alzarci e vestirci?”.

La risata di James le vibrò contro una coscia, dandole la pelle d’oca: “Beh, non necessariamente subito” il tocco vellutato dell’uomo scese fra le natiche.

La ragazza si accorse che si trattava della sua lingua quando ormai era insinuata dentro di lei.

 

Con un gemito sorpreso Lisa inarcò il bacino e indusse James a fermarsi, solo per un attimo.

“Faremo tardi, lo schernì poi guardandolo di sottecchi, ancora supina.

L’uomo si alzò carponi e gattonò sopra di lei; quando si adagiò col petto sulla sua schiena, la ragazza sentì il tocco dell’erezione fra le cosce.

Le morse con forza la carne tenera tra la spalla e il collo, come a immobilizzarla, prima di penetrarla con un unico affondo , stavolta senza i preamboli e la delicatezza della sera precedente.

                                  

Il piacere esplose fuori dalle labbra di Lisa con un grido breve e acuto; non era ancora pronta, glielo diceva il lieve bruciore al ventre che nonostante ciò fremeva attorno al membro rovente di James, incitandolo a continuare.

E così fece, iniziando a colpirla, dentro e fuori, cercando ad ogni affondo di insinuarsi sempre più in profondità, come se in realtà non fosse mai abbastanza.

In risposta Lisa inarcò la schiena, per accompagnare l’affondo dove più lo sentiva; James insinuò le braccia sotto di lei, a cingerle i seni piccoli e tondi.

 

La scossa dell’orgasmo di Lisa lo avvolse, improvvisa e violenta, cogliendo lei stessa di sorpresa e inducendola a urlare, le mani avvinghiate alle coperte.

James non si fermò, prolungando con le proprie spinte il piacere della ragazza.

“Ancora” rantolò lei con un filo di voce, prima che il secondo spasmo di piacere trascinasse con sè anche James.

 

L’uomo le si accasciò addosso, ansimante e ancora restio a sfilarsi dal ventre pulsante della ragazza.

Le baciò una tempia, poi il profilo della palpebra e una guancia, fermandosi a sussurralre all’orecchio: “Così impari a mettermi fretta”.

Lisa rise, tra l’estasi e la spossatezza: “Imparerò a farlo più spesso, invece!”.

Lui in risposta rinsaldò l’abbraccio e con un un ultimo brivido scivolò fuori, per poi sdraiarsi su un fianco.

 

Stettero per un tempo indeterminato a guardarsi, con occhi socchiusi e le dita intrecciate, prima che James parlasse: “Credo che dovremmo farci una doccia- con l’indice appoggiato al naso di Lisa precisò- E rigorosamente da soli”.

La ragazza rise. Dieci minuti lontana da James...erano più che accettabili.

 

 

Eccomi qui, di ritorno dall’ennesima assenza, questa volta forzata da cause esterne...

Purtroppo vivo a Carpi, uno dei paesi colpiti dal terremoto. Come vedete nei TG, siamo in piedi, terrorizzati ma tutti interi.

La mia città tutto sommato può definirsi miracolata, è quasi salva dai danni, a parte il centro storico.

La paura di sicuro non ha aiutato, facciamo ancora fatica a dormire in casa e non ho avuto voglia fino ad oggi di riprendere la fanfic.

Che sia un nuovo inizio, questa creatività ritrovata! Il capitolo è solo un intermezzo, ma avevo bisogno di buttare giù qualcosa per dire a tutti... CI SONO ANCORA!!

Grazie di cuore a chi commenta, vedo un entusiasmo quasi commovente da parte di tutti.

Prometto di continuare al più presto, calamità naturali permettendo... sì, davvero qui riusciamo ancora a scherzarci su, per questo sono fiera della mia terra...e della gente che la abita!

Un abbraccio strettissimo, a presto.

Lisa

 

Ps: per farmi perdonare...date un occhio al primo capitolo...mi sono cimentata in un collage a photoshop e penso di caricarne altri!

Se ya soon!!

 

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