Caught | vampire!AU | sakuatsu

di GReina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Prologo ***
Capitolo 2: *** 02. ***
Capitolo 3: *** 03. ***
Capitolo 4: *** 04. ***
Capitolo 5: *** 05. ***
Capitolo 6: *** 06. ***
Capitolo 7: *** 07. ***
Capitolo 8: *** 08. ***
Capitolo 9: *** 09. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. Epilogo ***



Capitolo 1
*** 01. Prologo ***


•CAUGHT• 

•••
Sakusa

Kiyoomi era maledettamente annoiato quando si trasferì (di nuovo) nei pressi di Hyogo. A dirla tutta era maledettamente annoiato da anni. 

Entrò nel possente maniero senza molto entusiasmo, guardando i begli arazzi e gli straordinari dipinti che adornavano le pareti con poco interesse, per nulla impressionato. Aveva visitato quel castello mezzo secolo prima e da allora si era molto impreziosito, eppure tutto ormai, ai suoi occhi, aveva perso briosità. 

Trovò i suoi averi più importanti nella camera padronale. Tutta spazzatura, adatta a sfoggiare ricchezza e a nient'altro. L'unico, vero oggetto che gli era caro era il pianoforte: bello, a coda, d'ebano, un Cristofori importato direttamente dall'Italia quasi un secolo prima. Lo trovò nel salotto dell'ala est, una stanza di modeste dimensioni, se paragonata a tutto il resto; più intima e certamente non degna del suo oggetto più amato. La scandagliò con lo sguardo: le grandi finestre, alte e bellissime, e allo stesso tempo così potenzialmente fatali per una creatura della notte come lui; l'imponente caminetto, con il suo gelido marmo nero ed i bassorilievi bianchi; la tappezzeria, i divani, il mobilio. 

Infine, posò lo sguardo sulle figure in attesa, schierate lungo la parete alla sua sinistra. Sakusa sospirò, accarezzando il Cristofori e sistemandosi l'abito. Poi si avvicinò a loro. I suoi servitori – dieci in tutto – avevano pulito e sistemato il castello per lui; infine, avevano raggiunto l’abitato più vicino e raccolto i dieci ragazzi più belli per portarli al suo cospetto. Non appena si avvicinò, le orecchie acute di Kiyoomi furono assordate dai frenetici battiti cardiaci degli umani. Odoravano di paura, sporcizia e sudore. Il vampiro lo trovava disgustoso. Con una smorfia, si portò il fazzoletto davanti al naso superando i primi tre candidati senza degnarli di uno sguardo. Il quarto catturò la sua attenzione, il quinto il suo interesse, ma fu solo al sesto che si fermò davvero. Dimostrava tra i venti e i venticinque anni, come gli altri; era bello e con i muscoli temprati al punto giusto. I suoi capelli castani ricadevano in ciocche disordinate, dandogli un aspetto spavaldo che ostentava anche nello sguardo. Curioso di osservarlo meglio, il vampiro sollevò una mano e gli afferrò il mento. 

"Non toccarlo!" arrivò immediatamente un ringhio. Gli occhi di Kiyoomi si allargarono con sorpresa. Erano anni che nessuno alzava la voce in sua presenza. Si voltò verso quel fastidioso suono solo per trovare l’esatta copia del ragazzo che stava tenendo tra le mani dimenarsi nella stretta del suo servitore più lontano. Anche il ragazzo più vicino a lui parlò: in un rantolo preoccupato, sussurrò tra i denti "Tsumu sta' zitto." ma Kiyoomi lo ignorò. Invece, lo lasciò andare e si avvicinò all'altro. Da vicino poté accorgersi di alcune lievi differenze tra i due gemelli. Il ragazzo che gli aveva urlato contro aveva più massa muscolare, i capelli – pettinati in modo diverso – erano leggermente più chiari e la sua mascella appariva meno squadrata. Se gli occhi blu di suo fratello gli erano parsi sicuri e pronti a sfidarlo, quelli castani di questo ardevano di puro odio, intenzionati non a sfidarlo bensì ad ucciderlo. 

Sakusa ghignò, felice di divertirsi per la prima volta dopo mesi.  

"Tutti gli altri possono andare. Che rimangano solo loro due." Subito, i servitori eseguirono ed in breve a rimanere nella sala del pianoforte furono solo in cinque. I gemelli furono avvicinati: uno calmo e l'altro che si dimenava. Il vampiro non aveva occhi che per quest'ultimo. 

"Parenti?" Gli chiese con sarcasmo. L'umano rispose con un ringhio senza accorgersi che in quel modo non faceva altro che il suo gioco. 

Sakusa si avvicinò al fratello più placido, ispirò il suo odore sonoramente, avvicinandosi al suo collo mentre esponeva i canini per il solo gusto di sentire l'altro impazzire. 

"Sta' lontano da lui, stronzo!" 

"Tsumu non fare l'idiota!" 

Kiyoomi ghignò ancora, cambiando bersaglio. 

"Dammi solo una ragione per la quale dovrei ascoltarti." 

"Se lo tocchi ti uccido."  

Quindi Sakusa rise. "Una credibile." Riformulò. L'umano non poté far altro che respirare affannosamente. Furente, spaventato. Irresistibile. 

Kiyoomi lanciò un ultimo sguardo al ragazzo più tranquillo, poi si rivolse nuovamente al fratello. 

"Tsumu?" Chiese. "Per cosa sta?" Non ci fu risposta, quindi senza staccare gli occhi dai suoi Sakusa allungò di scatto la mano e la serrò attorno alla gola dell'altro. La reazione del ragazzo fu impagabile; dopo aver sgranato gli occhi, tra i rantoli di suo fratello, urlò: "Atsumu! Atsumu!" respirò a fatica. "Miya Atsumu."  

Soddisfatto, Kiyoomi ritirò la mano. I suoi artigli avevano scavato la pelle dell’umano più di quanto avesse voluto, ma colse con piacere l'opportunità di vedere crollare Atsumu un'altra volta e leccò le poche gocce di sangue che aveva rubato a suo fratello dalle proprie dita. 

"Ti propongo un patto." Si rivolse ancora a lui. "La libertà di tuo fratello con la tua prigionia." 

"Andata." Disse subito. 

"Stronzate!" Si oppose l'altro. Sakusa rise, avvicinandosi ad Atsumu.  

"Non ho finito. Libererò tuo fratello se eseguirai ogni mio ordine. Esita soltanto, e io lo ucciderò. Non importa quanto lontano scapperà. Non riuscirà a sfuggirmi." Miya lo guardò con sfida, ma prima che potesse rispondergli suo fratello urlò di nuovo: 

"Tsumu! Non pensarci nemmeno! Non accetterai, coglione!" Questa volta fu lui a dimenarsi mentre Atsumu rimaneva calmo. Né lui né Kiyoomi diedero segno di aver sentito l'altro. 

"Lo farò, ma non solo per la sua libertà. Lo farai riportare in paese, a casa, e ti assicurerai che sia al sicuro." 

In effetti, non sarebbe costato nulla a Sakusa proteggere quell'umano, ma non gli piaceva scendere a patti, soprattutto se la controparte era così debole come il ragazzo che gli stava di fronte. Studiò il suo sguardo, che da castano si infiammò in un più lucente color miele. 

"Bene." Disse infine. "Tuo fratello sarà libero e al sicuro."  

Atsumu, che stava trattenendo il fiato, espirò rilassato. Poi chinò lievemente il capo. Un gesto dato dal sollievo, forse, o magari dalla rassegnazione. Aveva appena firmato il suo patto con il diavolo, vendendo la sua anima in nome di una semplice promessa. 

Il vampiro fece un cenno ai suoi servitori, che liberarono Atsumu e portarono via suo fratello tra le maledizioni e i deliri di quest'ultimo. 

Kiyoomi si avvicinò al ragazzo rimasto, mettendogli le mani addosso per la prima volta. Gli accarezzò il collo facendolo rabbrividire per il tocco lieve dei suoi artigli prima e per la temperatura gelida delle sue dita poi. Gli occhi del vampiro scattarono alle mani di Miya, strette a pugno e tremanti, fremevano per attaccarlo, ma ugualmente rimanevano inerti lungo i suoi fianchi. Avvicinò il viso alla giugulare pulsante del ragazzo, che riluttante voltò il capo per dargli più spazio. Sakusa però non lo morse, non ancora. Ispirò a fondo il suo profumo, pregustando il suo sapore. 

"Dirò ai servi di prepararti un bagno. Benvenuto a casa, Atsumu." 
 

•••
Miya

Atsumu visse le ore successive alla sua decisione in uno strano stato di confusionale calma. Tutto quello a cui riusciva a pensare, mentre i servitori del padrone di casa lo conducevano verso la sala da bagno, era a Osamu e a quanto ardentemente in quel momento dovesse starlo odiando. I suoi pensieri non divagarono nemmeno quando si immerse nella vasca e neppure quando i servitori iniziarono a toccarlo ovunque per pulirlo. Le loro mani erano fredde, i volti spettrali e la pelle di un pallido innaturale. Come il loro padrone, le creature intorno a lui erano vampiri, eppure Miya non riusciva a provare paura, solo tristezza, e non per la propria prigionia, ma per i sentimenti che sapeva essere nel cuore di suo fratello. 

Non poteva biasimarlo, in ogni caso. A parti invertite Atsumu non lo avrebbe mai perdonato. Ma Osamu era vivo, libero e al sicuro. Anche se adesso non riusciva a capirlo, col tempo si sarebbe rifatto una vita, e questo era tutto ciò che importava. 

Quando Atsumu fu abbastanza profumato, i vampiri lo fecero uscire e lo asciugarono tamponandogli il corpo con della stoffa soffice. Lui li lasciò fare, non opponendo resistenza, quasi fosse una bambola di pezza; allo stesso modo lo vestirono così, prima che Miya potesse rendersene conto, fu pronto per il padrone. I vampiri lasciarono la stanza, e fu solo in quel momento che la sua mente tornò lucida. All'improvviso, il motivo per cui i servitori avessero dedicato particolare zelo nel pulirgli il collo divenne spaventosamente chiaro. Se qualche ora prima, quando aveva stretto il patto per la sua condanna, una parte di lui sapeva cosa sarebbe successo, i fatti adesso rendevano l'idea ben più inquietante di quanto non avesse voluto immaginare. Deglutì al pensiero dei lunghi denti aguzzi del suo carceriere. Atsumu non era mai stato tanto consapevole della propria vulnerabilità, il suo collo - dopo quel bagno approfondito più sensibile che mai - iniziò a sembrargli per la prima volta troppo esposto, troppo fragile, quasi potessero bastare due canini – quei due canini – per tranciarlo; quasi potessero bastare cinque dita – le sue – per spezzarlo. Sentì il proprio battito cardiaco pulsare nella giugulare, quando deglutì; il pomo d'Adamo guizzare su e giù. I servitori avevano scelto abiti leggeri, raffinati, eleganti e scollati. Non vi era modo di sollevarne l'orlo fino al collo, quindi non gli rimase altro che cingersi la pelle con le mani.  

Inutile. Come se, poi, la stoffa avrebbe potuto fare di più. Niente aveva più importanza, la sua vita non gli apparteneva, la sua volontà non contava. Aveva provato paura quando i vampiri erano venuti a prendere lui e Osamu al paese, terrore – persino – quando avevano raggiunto il castello. Ma non appena fu lasciato solo, lì, in attesa del proprio destino, quando tutto gli apparve chiaro, lucido come fino a quel momento non era stato, lo assalì la più pura forma di disperazione. Iniziò a tremare, la voce gli venne meno, la gola prese a bruciargli. Strinse la presa sul proprio collo, tentando di proteggerlo o di renderlo insensibile con la morte. Non lo seppe, né riuscì mai a darsi una risposta, perché il padrone di casa spalancò la porta ed entrò nella stanza. 
 

•••
Sakusa

La sua servitù era efficiente e conosceva bene i suoi gusti. Ancor prima di raggiungere la sala da bagno, Kiyoomi sapeva che sarebbe rimasto soddisfatto di come avrebbe trovato Atsumu. Eppure, ancora una volta, quel ragazzo superò le sue aspettative. Il vampiro non era ancora riuscito a decifrarne del tutto il fascino, rimanendo ignorante sul perché Miya gli piacesse così tanto. Certamente era di bell'aspetto ed il suo odore era invitante, eppure ne aveva visti tanti di ragazzi con quelle stesse qualità, nel corso dei suoi anni. Atsumu aveva qualcosa in più, ma non capire cosa fosse stava iniziando a infastidirlo. Quando Sakusa aprì la porta sapeva che avrebbe trovato l'umano pulito ed agghindato, così come sapeva che l'avrebbe trovato terrorizzato. Il suo odore, ancor prima che Kiyoomi avesse aperto i battenti, era riuscito a dargli un'idea precisa delle emozioni che imperversavano in Atsumu. Vista la sua situazione il vampiro non ne fu stupito, né tantomeno si ritrovò deluso da una cosa tanto ovvia. Eppure, non appena il corvino mise piede nella stanza, ebbe giusto un attimo per osservare la paura nel volto di Miya; poi essa scomparve. Il suo corpo smise di tremare, le sue membra si raddrizzarono. Il suo sguardo da tetro si fece di fuoco e Sakusa, ancora una volta, si ritrovò ad ammirare con curioso interesse quell'essere umano, unico nel suo genere, e adesso e per sempre... suo.  

Gli sorrise con divertimento, poi gli si avvicinò. Il corpo dell'altro si irrigidì, ma non fece cenno di volersi ritrarre. Invece, teso, rimase al suo posto. Kiyoomi gli accarezzò una ciocca di capelli, trovandoli morbidi ed ancora umidi per il bagno appena fatto. Gli sistemò la ciocca più lunga della frangia insieme alle altre. 

"Mi piacciono più biondi." Affermò ad alta voce tra sé e sé. Avrebbe detto ai servitori di schiarirglieli. Solo allora abbassò lo sguardo su quello di Atsumu. Era ancora duro, per nulla incline a sottomettersi, ma Kiyoomi sapeva che – come da accordi – avrebbe fatto tutto ciò che gli avrebbe chiesto, e solo per il puro gusto di appurarlo gli afferrò il mento con due dita. Come immaginato, al suo primo cenno di volergli voltare la testa, il ragazzo seguì l'ordine silenzioso e allungò il collo in modo che Sakusa potesse morderlo. Il vampiro in realtà non voleva farlo, non in quel momento, ma si compiacque comunque del suo gesto, dunque si avvicinò alla pelle di Miya, ispirò il suo odore fresco di bagno e gli lasciò un bacio lì dove molto presto l'avrebbe bucato. A quel contatto le spalle di Atsumu scattarono, il suo intero colpo ebbe un sobbalzo, pronto a scappare ed impossibilitato a farlo. Non parve rilassarsi quando capì che quello appena ricevuto era un fioco bacio e non un morso: fu sorpreso, ma non rincuorato. Deglutì, osservando confuso Kiyoomi che si ritraeva. 

"Ti faccio fare un giro." Disse questi, poi poggiò una mano sulla parte bassa della schiena di Atsumu e lo guidò fuori dalla sala da bagno.  
 

•••
Miya

Sin da quando era piccolo Atsumu era stato messo in guardia dai vampiri. Tutti sapevano che erano mostri assetati di sangue e incapaci di provare emozioni. Avevano la pelle di marmo, gli era stato insegnato: resistente, fredda e perfetta; bramavano il sangue perché nelle loro vene non ne scorreva; l'unico modo per ucciderli era trafiggere il loro cuore, mozzargli la testa od esporli alla luce del sole. Questo era tutto quello che Atsumu sapeva di quelle creature quindi, se non per essere usato come pasto, il ragazzo non aveva idea di cosa quel vampiro potesse volere da lui. Erano passate diverse ore dal suo arrivo al castello. Arrivati a quel punto Miya credeva che sarebbe già stato esangue. Invece, il vampiro gli stava mostrando la sua nuova casa. 

Si presentò: gli disse di chiamarsi Sakusa Kiyoomi. Atsumu aveva dato per scontato che si trattasse di un nobile, ma l'altro non aggiunse nessun onorifico al suo nome. Era probabile che quei titoli nobiliari per lui non contassero nulla. Perché dare importanza a simili investiture, d'altronde, quando semplicemente con la forza e la paura potevi ottenere tutto ciò che desideravi? Atsumu era lì, d'altronde, proprio come Sakusa aveva voluto; mentre non voleva neanche immaginare dove potesse essere finito il precedente proprietario di quel castello. 

Durante il giro, Atsumu cercò di godersi la vista delle meraviglie che lo attorniavano. C'erano dipinti, statue, vasi, arazzi e tappeti dalla indiscutibile bellezza, tanto che neanche un profano come lui avrebbe potuto non notarli. Eppure, non appena si perdeva ad osservare un'opera, la sua guardia si abbassava e la minaccia del vampiro che lo seguiva gli sembrava aumentare. Quando accadeva, il ragazzo non riusciva ad impedirsi di sobbalzare, il che – capì – divertiva Sakusa, dunque Atsumu cercò di reagire il meno possibile, ma gli risultò difficile non sussultare ogni volta che – probabilmente per mero divertimento – il corpo del corvino incombeva su di lui.  

Verso la fine della visita, Atsumu fu messo al corrente di quali fossero le regole: non toccare le tende, se non vuoi essere squartato; non uscire dal castello, se non vuoi essere squartato; non toccare il pianoforte, se non vuoi essere squartato; non disobbedire, se non vuoi essere squartato; non farmi aspettare quando chiamo, se non vuoi essere squartato. Il doppio del dolore che sarebbe toccato a lui ad ogni ammonizione, sarebbe andato a suo fratello. Atsumu non era mai stato il tipo di persona abituata a rispettare le regole, ma decise che da quel giorno sarebbe stato il dannatamente migliore al mondo nell'eseguire gli ordini. 

Come ultima tappa, il vampiro gli mostrò la camera dove Atsumu avrebbe dormito. Era grande, poco illuminata come il resto del castello, ma comunque calda e all'apparenza accogliente. C'erano tre divani, un paio di tavolini da caffè ed uno più imponente per consumare i pasti. Infine, il letto si trovava sulla destra, in una parte della stanza resa più intima da un arco con delle tende al momento ripiegate ai lati. Il letto era a baldacchino, le coperte di un bordeaux scuro con ricchi ricami neri. Atsumu ne stava ancora studiando i disegni quando Sakusa, roco, gli disse: "Provalo." 

Una parte di lui si chiese se dovesse considerare anche quello come un ordine. Non provare il letto subito avrebbe avuto qualche ripercussione? Atsumu non aveva intenzione di scoprirlo. Si era ripromesso di diventare il migliore ad eseguire gli ordini, dunque obbedì immediatamente. Sospirando, fece qualche passo in avanti e si sedette sul materasso. Era molto morbido; Miya lo testò facendo pressione un paio di volte, così non ebbe modo di accorgersi di Sakusa finché non fu su di lui. Gli afferrò il mento, come già aveva fatto diverse volte nell'arco della notte, e Atsumu si limitò a fissarlo. Si era già sbagliato più di una volta pensando che stesse per morderlo, quindi non fece una piega neanche quando l'altro si avvicinò al suo collo. Sentì il fiato del vampiro – gelido come il suo tocco – incontrare la sua pelle. Il battito cardiaco di Miya aumentò, ma ripetendosi che sarebbe stato come le ultime volte tentò di rilassarsi e a non pensare ai denti aguzzi del vampiro così vicini ad uno dei suoi punti vitali. Poi, Sakusa dischiuse le labbra, e continuare a tenere in piedi quell'illusione iniziò a diventare impossibile. Fece alcuni respiri profondi, Atsumu, mentre l'altro gli poggiava una mano sul petto e lo spingeva a coricarsi. 

Chiuse gli occhi. Il fiato del vampiro era ancora su di lui; gli mise una mano sul volto e lo spinse a voltare la testa. Il ragazzo poggiò il capo sul letto e si concentrò sul mantenere la calma. Sentiva Sakusa respirare profondamente il suo odore, e si domandava solo quando infine l'avrebbe assaggiato. Nonostante la profonda preparazione mentale, quando infine ciò avvenne Atsumu si sentì svenire. Spalancò immediatamente gli occhi ed iniziò a dimenarsi nel dolore e nel panico mentre urlava. I canini del vampiro, brutali, si erano scavati un varco fino alle sue vene, ma non contento il corvino si era ritratto per affondare nuovamente nella sua carne, allargando le ferite e l'agonia della sua vittima. Il corpo di Atsumu agì d'istinto provando a scappare, ma la presa del succhia-sangue era forte e non gli lasciò scampo. Sentì pungere nei polsi lì dove – stretti tra le dita di Sakusa – gli artigli del vampiro gli stavano lacerando la pelle; sentì le gambe pesanti, lì dove quelle dell'altro stavano premevano per impedirgli i movimenti; ed infine sentiva tirare i capelli, lì dove la sinistra di Sakusa li teneva ferrei per mantenere il collo di Atsumu in posizione. 

Tra le lacrime, Miya non poté far altro che fissare la porzione di stanza che aveva davanti: la colonna destra del baldacchino del letto, le tende dell'arco e la piccola finestrella sprangata da grezze placche di legno. Cercò di concentrarsi su quella, di contare i chiodi con cui era stata barricata, di cercare forme simili a volti nelle venature del legno, ma il dolore era troppo forte, e nulla riuscì a distrarlo. Sakusa stava bevendo senza pietà, stringendogli i polsi e i capelli come un uomo disperato, se di uomo si poteva parlare. Atsumu percepiva il sangue risalire lungo le proprie vene ed infine abbandonarlo, sentendo chiaramente la sua linfa vitale venire meno. Non riusciva ad evitare di emettere lamenti, di muovere le membra: tutto inutile. Il fiato gli divenne corto, poi improvvisamente lento. Più il vampiro andava avanti, più il corpo di Atsumu diventava pesante. Sentiva freddo ed era stanco. A un tratto, non ebbe più la forza di combattere. Lasciò che il vampiro lo prosciugasse, fissando la finestrella con la testa svuotata. Sentiva i denti di Sakusa entrare e uscire dal suo corpo, forse in cerca di una posizione più comoda, forse in cerca di più sangue, forse per mero divertimento, forse semplicemente accecato dalla frenesia. Atsumu non lo sapeva, né riusciva a pensarci. Era ancora lucido quando il vampiro smise di bere, abbastanza per capire che quelli non erano gli occhi di qualcuno che aveva finito. Gli voltò il viso e bucò l'altra parte del suo collo ricominciando da capo. Miya si sentiva fluttuare sopra l'oblio, incapace di capire se sperasse di caderci dentro o di sfuggirgli mentre il vampiro, ancora e ancora, ritirava i denti e lo mordeva. 

Atsumu non si accorse quando Sakusa finì di cibarsi. Probabilmente a un certo punto aveva perso i sensi, ma non avrebbe potuto dirlo con certezza. Quando si accorse di non avere più i denti di Sakusa nel suo corpo, fu perché questi lo stava fissando negli occhi. Quelli del vampiro apparivano di un verde brillante e non neri ossidiana come erano stati fino a poco prima. Lo stava guardando soddisfatto, appagato. Le sue labbra ed il suo mento grondavano di sangue scuro e alla sola vista il corpo già infreddolito di Miya gelò. Sakusa si leccò le labbra, poi, con una delicatezza che sorprese Atsumu, lo prese tra le braccia e lo adagiò sotto le coperte con il capo sul cuscino. 

"Sei squisito." Credette di sentirgli dire. "E sei stato bravo." Anche. La mente di Atsumu era troppo confusa per capire se esse furono frasi realmente pronunciate, o solo frutto della sua immaginazione. La carezza che il vampiro gli diede sui capelli, però, la sentì bene. Tornò a chiudere gli occhi e non ebbe più la forza di riaprirli. Si addormentò, del tutto ignaro se il sangue che gli rimaneva in corpo sarebbe bastato per fargli vedere un altro giorno.  

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Capitolo 2
*** 02. ***


n.a. Dal momento che oggi è Halloween mi sembrava d'obbligo pubblicare un capitolo! Ma non abituatevi troppo... dalla prossima volta gli aggiornamenti saranno a cadenza settimanale...
Ci vediamo domenica!



Sakusa 

La sua prima impressione su Atsumu non si era rivelata essere errata. Erano anni che Sakusa non beveva il sangue da qualcuno di così appagante, il che lo aveva reso frenetico, finendo per fargli bere più sangue di quanto non fosse consigliabile se si voleva tenere l'umano in vita. Miya però era stato bravo. Il suo corpo si era istintivamente ribellato al suo attacco, tuttavia se qualcuno di più debole si sarebbe squarciato da solo il collo pur di sfuggirgli, la tempra di Atsumu era stata forte abbastanza da lasciare che Kiyoomi lo usasse come voleva il loro accordo. Era solo grazie a quello se il ragazzo non era morto, e sebbene Sakusa si ripromise di andarci più leggero, la prossima volta, comunque non poté impedirsi di provare gioia nell'appurare – un'ennesima volta nell'arco di poche ore – di aver finalmente trovato uno svago che allietasse le sue monotone giornate. 

Dopo che Kiyoomi ebbe finito di bere, Atsumu rimase a letto senza dar segno di volersi svegliare per quasi trenta ore. Il vampiro aveva ordinato ai propri attendenti di tenere d'occhio il suo stato e di assicurarsi che si rimettesse, e anche lui si ritrovò più spesso di quanto non avesse pensato a passare dalla camera dell'altro per controllare le sue condizioni. 

Quando infine il ragazzo si svegliò, parve sorpreso di trovare del cibo abbondante ad aspettarlo e non un vampiro affamato. Come tutti gli umani probabilmente era convinto che le creature della notte come lui non riuscissero a controllare la sete, eppure non c'era niente di vero. I vampiri erano già morti: non c'era modo che potessero morire di nuovo di stenti. I trucchi per porre fine alla loro esistenza erano pochi, ma nessuno di questi contemplava la mancanza di sangue. Invece, chiunque di loro avrebbe potuto resistere per sempre senza assaggiarne una sola goccia. Non per questo, certo, i vampiri erano intenzionati a farlo. Incapaci, ormai, di trovare appagamento nei rapporti carnali che potevano aver trovato soddisfacenti in vita, la specie di Kiyoomi aveva trovato un perfetto sostituto nel succhiare il sangue umano. Era difficile per loro – perlomeno per Sakusa – arrivare al punto più alto del piacere, perché molto spesso le vittime morivano prima. Atsumu non solo si era dimostrato adeguato esteticamente, ma anche compatibile fisicamente. Eccitato e a un passo dall'essere soddisfatto, non c'era stato modo per Kiyoomi di fermarsi nonostante il sangue di Miya fosse diventato più arduo da tirare. Se voleva ripetere l'esperienza (e voleva), doveva fare in modo che l'umano riprendesse le forze. Osservò quindi con minacciosa attenzione i suoi servitori aiutare il ragazzo ad alzarsi dal letto per sedersi al tavolo da pranzo. Gli servirono pietanze e bevande di ogni genere e poi rimasero lì ad assicurarsi che mangiasse. Atsumu – a fatica – ingerì tutto, poi si rimise a letto piombando ancora una volta in un sonno pesante. Solo a quel punto Kiyoomi andò via. Non appena si sarebbe svegliato avrebbero replicato il trattamento e in qualche giorno sarebbe stato nuovamente pronto per lui. Sakusa doveva solo aspettare. 
 

••• 
Miya 

Atsumu non capiva cosa trovasse più inquietante: se essere circondato da non-morti che si occupavano delle sue esigenze, la consapevolezza di essere stato messo all'ingrasso solo per essere nuovamente dissanguato, o la costante presenza degli occhi acuti di Sakusa su di lui. Anche quando non erano nella stessa stanza, Miya aveva come la sensazione che il padrone lo osservasse. Piano ma inesorabilmente si rimise in forze, e allo stesso modo da presenza distante e silenziosa Sakusa Kiyoomi iniziò ad avvicinarsi. Atsumu sospettava che spesso il vampiro gli rivolgesse degli ordini solo per il puro gusto di vederlo obbedire, ma tenendo a bada l'orgoglio il ragazzo – sebbene a testa alta – non si era mai tirato indietro. 

I giorni e le notti iniziarono a susseguirsi, ma Atsumu perse presto traccia del calendario. Sakusa gli impediva di uscire dal castello, che fuori ci fosse luce oppure oscurità, dunque – tentando di non impazzire – Miya iniziò a contare i giorni come se iniziassero e finissero con la sua routine quotidiana: veniva svegliato dai volti macabri dei servitori, veniva sfamato con vitto abbondante, veniva lavato con ossessiva attenzione, ed infine sui suoi capelli veniva applicato un prodotto di cui Atsumu ignorava l'origine. Riguardo a quest'ultimo sapeva solo che odorava di miele, fiori e muschio, quindi si disse che non poteva essere troppo male. Scoprì la sua funzione solo molti "giorni" più tardi, quando per la prima volta da quando era arrivato al castello poté riflettersi su uno specchio. Era stato Kiyoomi a farglielo portare in camera, e non un piccolo specchio da poter reggere in una mano, bensì uno grande, a figura intera. Gli attendenti lo scoprirono dal lenzuolo che lo proteggeva dalla polvere ed Atsumu poté osservarsi. La sua forma fisica era cambiata: aveva meno muscoli e più carne; era pallido per la carenza di luce solare, ma le sue guance erano ricche di colorito e appariva in salute; i suoi occhi erano cerchiati di nero per mancanza di un sonno tranquillo; infine, i suoi capelli erano più chiari. A quella vista, Atsumu improvvisamente si ricordò cosa avesse detto Sakusa poche ore dopo il loro primo incontro: "Mi piacciono più biondi". All'epoca Miya non ci aveva dato importanza, mentre ora il ricordo lo fece ridere: l'arroganza del vampiro era più grande della sua, tanto che non capiva come fosse possibile per le mura di quel castello contenere il suo ego. 

"Cosa ti diverte?" Atsumu sussultò a quelle parole non aspettandosi di sentire Sakusa così vicino vista la sua assenza nello specchio. Quando si voltò, il ragazzo scoprì l'altro a mezzo passo dalla sua schiena. Tornò a guardare davanti a sé, ma del vampiro – sulla lastra riflettente – non c'era traccia. 

"Ottieni sempre tutto quello che vuoi." Rispose alla sua domanda. "Volevi che i miei capelli fossero biondi, e ora lo sono." 

"Non dovresti esserne sorpreso."  

"Non lo sono." Disse. "È questo che mi fa ridere." Kiyoomi mormorò per dar segno di aver capito, poi poggiò una mano sul collo di Atsumu che – sussultando per il freddo – scostò il capo di lato. 

Erano passati dodici giorni, secondo i suoi calcoli, dalla prima e ultima volta che Sakusa lo aveva morso. Adesso il ragazzo si reggeva in piedi, sentiva gli arti più leggeri e le vertigini erano scomparse, ma ogni volta che il vampiro si avvicinava a lui la sua spina dorsale veniva attraversata da un forte brivido per la paura di dover ripetere la brutta esperienza. Quel giorno non fu diverso, quindi chiuse gli occhi e respirando affannatamente si impose di non muoversi. Eppure, ciò che si poggiò sul suo collo furono labbra morbide e non denti aguzzi. La reazione di Atsumu fu istintiva: aprì gli occhi e li alzò al cielo. Odiava essere trattato come un animaletto da viziare. Lui era un prigioniero, Sakusa il suo secondino. Avrebbe preferito essere dissanguato mille volte piuttosto che essere considerato un idiota. 

"Qualcosa non va?" Gli chiese il vampiro con voce infastidita. Doveva aver visto l'espressione di Atsumu attraverso lo specchio. 

"Sono obbligato a fare tutto ciò che mi dirai di fare." Rispose con rabbia. "Mi tieni in questo castello per bere il mio sangue. Quindi fallo, cazzo! Ma smettila di giocare con il bastone e la carota, perché tanto non--" la sua voce si spezzò non appena Kiyoomi lo morse. Miya spalancò gli occhi, sorpreso e in agonia, ma presto si riprese e strinse i denti per sopportare il dolore. 

Fu strano osservare la scena allo specchio: Sakusa non era presente, eppure lì dove lo stava mordendo il suo collo era infossato e sanguinava dai fori che vi erano stati scavati. Vide alcuni rivoli cremisi sfuggire alla ferita e colare lungo il suo corpo fino ai vestiti che vennero imbrattati. La sensazione dei denti del vampiro nella sua carne e del proprio sangue che risaliva le vene fu spiacevole come l'ultima volta, eppure gli sembrò di provare meno dolore. Prese alcuni respiri profondi, e non tardò ad aggrapparsi alle braccia di Sakusa quando questi gli circondò la vita con i suoi arti.  

"Preferisci che faccia così?" Il vampiro interruppe il pasto per chiedergli. 

"Sì." Rispose l'altro, a fatica, dopo un attimo. "Non ho bisogno di essere trattato come se fossi di porcellana."  

Kiyoomi mormorò un assenso, e con una lunga lappata gli tolse parte del sangue fuoriuscito sul collo. Il ragazzo grugnì schifato, anche se non poté negare che non avere più la sensazione del sangue che gli colava addosso fosse – nella sua tragica situazione – un miglioramento.  

"Credimi, non ho mai pensato che tu fossi fragile. Per essere un umano." Atsumu sbuffò. "Ma mi fa piacere sapere che la pensi in questo modo." Continuò il vampiro. "Vorrà dire che mi farò meno scrupoli da ora in poi." Il biondo ebbe giusto un momento per pentirsi (forse) di aver puntato i piedi; poi il vampiro tornò a bere e lui a stringere gli occhi. Aveva bisogno che Sakusa si dissetasse; poi – almeno per un po' di tempo – sarebbe finita. Il vampiro lo avrebbe morso di nuovo, questo lo sapeva, e poi ancora, ma decise di affrontare una cosa alla volta, quindi tentò di rilassarsi ed aspettò paziente.  
 

Dopo quel giorno, Kiyoomi non ne fece passare altri dieci come l'ultima volta prima di morderlo di nuovo, tuttavia era anche vero che ad Atsumu occorse meno tempo per riprendersi. Ogni pasto di Sakusa lo lasciava in uno stato confusionale che gli impediva di pensare con lucidità, eppure era chiaro che – almeno rispetto alla prima volta – il vampiro si stesse trattenendo pur di non ridurlo a uno straccio. In poco tempo il ragazzo imparò alcuni trucchi per rimettersi più in fretta e persino delle posizioni che rendevano i canini del vampiro meno pungenti quando gli scavavano la pelle. Con sua sorpresa, spesso fu Kiyoomi stesso ad istruirlo: un giorno gli suggerì di rilassare i muscoli e di lasciare il peso del proprio capo alle cure della sua mano, ed Atsumu eseguì. La sensazione del sangue che gli veniva succhiato via rimaneva spiacevole, ma doveva riconoscere che il suo corpo non veniva più attraversato dall'istinto di fuggire alla morsa del vampiro. Di solito in quei frangenti Atsumu si estraniava pensando ad altro: ad Osamu la maggior parte delle volte; a Suna che non aveva neanche potuto salutare; alla catapecchia che aveva condiviso con suo fratello e alle cose al suo interno che si era ripromesso di riparare ma che poi non aveva neanche toccato, e prima ancora che potesse accorgersene, Sakusa finiva e lo lasciava andare. Contro ogni logica e sicuramente contro ogni suo prognostico, alla fine non furono più i morsi del succhia-sangue a minacciare la sua salute fisica e mentale, ma la noia. Un'immensa, tremenda, mortale noia che lo portò spesso a domandarsi se non sarebbe stato meglio che Sakusa lo dissanguasse a morte per errore in un eccesso di sete. Atsumu non voleva morire, non davvero, e anche se avesse voluto, il suo patto con il vampiro gli impediva di prendere la decisione di porre fine alla sua vita. Ma se Kiyoomi l'avesse ucciso? Osamu sarebbe stato salvo e lui libero. 

I suoi erano pensieri macabri, Miya lo sapeva bene, eppure aveva tempo (e molto) per indugiare su quelli, così come su qualsiasi dannata altra cosa. Aveva esplorato ogni angolo del castello, mappando i suoi corridoi, i passaggi segreti, le stanze in uso piene di candele accese e quelle dimenticate, buie e infestate da polvere e ragnatele. Lo faceva tra un morso e l'altro, quando le sue forze erano tali da salire diverse rampe di scale, spostare pesi ingombranti e all'occorrenza arrampicarsi. Ad ogni sua esplorazione – puntuale – Sakusa arrivava per coglierlo con le mani nel sacco, e ogni volta Atsumu esclamava la stessa frase, che un giorno il corvino ebbe persino l'ardire di anticipargli: "Non stavo scappando! Mi annoiavo soltanto!". Il ragazzo aveva messo il muso dopo quell'imitazione poco lusinghiera e non aveva più aperto bocca per giorni, ma quando il vampiro ammise che si stava meglio senza la sua voce fastidiosa costantemente nelle orecchie, il biondo-tinto cambiò tattica iniziando a parlare più di prima. 

Forse fu proprio in quel modo che lui e il suo carceriere iniziarono ad interagire più spesso. Atsumu se ne rese conto tutt'a un tratto mentre si stavano sfidando a scacchi. Si chiese come fossero arrivati ad avere quella nuova dinamica, chi tra i due avesse approcciato per primo l'altro per combattere la noia insieme, ma soprattutto come avesse fatto ad abituarsi ad una normalità così tanto malata. Mentre la testa del ragazzo era impegnata in tutto quello, Kiyoomi dichiarò scacco matto, ma Atsumu non ci fece molto caso, e continuando a fissare senza davvero vedere la scacchiera che aveva davanti, sovrappensiero disse:  

"Sakusa, posso farti una domanda?" 

"Mh?" 

"Da quanti giorni sono rinchiuso in questo castello?"  

Atsumu non aveva idea di che espressione avesse in viso, ma il vampiro – già pronto a schernirlo – corrucciò la fronte prima di rispondere: "Cinque mesi, circa." Miya annuì soltanto, senza sapere davvero come reagire. Sebbene i primi giorni avesse provato a tenere conto del tempo che passava, ci aveva messo poco a rinunciare. I servitori di Kiyoomi continuavano a svegliarlo, lavarlo, nutrirlo, trattargli i capelli, ma il ragazzo non avrebbe mai potuto dire ogni quante ore la cosa si ripetesse. Senza contare i giorni in cui il vampiro esagerava nel togliergli il sangue facendolo rimanere a letto per un'eternità e quelli al contrario che passavano assurdamente veloci grazie ad attività tutte nuove che rompevano la monotonia delle altre. Per Atsumu potevano essere passate cinque settimane così come cinque anni. Invece erano cinque mesi. 

In cinque mesi aveva fatto pace con la propria situazione, trovando in Kiyoomi l'unico simil-umano con cui poter parlare e passare del tempo. Rimaneva un prigioniero e Sakusa il suo aguzzino. Atsumu lo odiava ancora con tutto se stesso, ma aveva compartimentato la cosa in un recesso buio del suo cervello. La sua preoccupazione principale, da alcune settimane a quella parte, era trovare un po' di svago, e stare con Kiyoomi – malauguratamente – era la cosa che più vi si avvicinava. I suoi denti e la sua prepotenza erano solo uno spiacevole inconveniente. 
 

••• 
Sakusa 

Se cinque mesi per un essere immortale non erano niente, Sakusa capì che per Atsumu doveva essere l'opposto quando, nello scoprire che tale era stato il tempo da lui trascorso in quel castello, il ragazzo aveva sgranato gli occhi perdendo quella scintilla di sfida nello sguardo che lo caratterizzava ogni volta che si ritrovava a poter sfidare Kiyoomi, che si trattasse di scacchi o di qualsiasi altra cosa. Sakusa – comunque – aveva appena posto fine alla partita, dunque Miya ebbe la scusa perfetta per ritirarsi nella sua camera ed il vampiro decise che fosse bene lasciargli i suoi spazi. Fu solo due giorni più tardi, infatti, che Kiyoomi tornò ad approcciarlo. Passare il tempo con lui si stava rivelando essere soddisfacente quasi quanto succhiargli il sangue dalle vene, portando la sua decisione di tenere l'umano con sé vantaggiosa non solo durante i pasti ma anche tra un morso e l'altro. 

Insieme si intrattenevano con scacchi, dama, senet, go, shoji, e talvolta anche con giochi più villani che Atsumu conosceva meglio di lui. I due si ritrovavano a parlare di romanzi (non il punto forte di Atsumu), sport, passioni, e presto il vampiro arrivò a conoscere Miya abbastanza da riuscire a distrarlo anche quando, traditrice, la sua mente si posava su cupi pensieri e ricordi nostalgici. 

Nonostante tutto quello, fu comunque sbalordente per Kiyoomi rendersi conto di cos'era disposto a concedere pur di fare passare del tempo di qualità a se stesso e ad Atsumu. Un giorno, infatti, decise che gli avrebbe insegnato a suonare il piano: lui ci aveva messo diversi anni a padroneggiare quell'arte e così sarebbe stato per l'umano. Quella nuova attività avrebbe sicuramente giovato a entrambi in intelletto e divertimento, ma se per chiunque altro Sakusa avrebbe preferito spendere capitali in nuovi pianoforti piuttosto che fare toccare il suo prezioso Cristofori, l'idea che Atsumu vi ci poggiasse le dita non lo infastidiva, anzi, forse persino lo deliziava. 

Miya si disse meno entusiasta di quanto il vampiro non avesse sperato quando gli propose quelle lezioni di musica, ma – anche lui succube della noia – accettò di buon grado. Seduti in due sullo sgabello imbottito, il corvino iniziò a tendere sempre più spesso a sfiorare Atsumu anche quando non avrebbe dovuto. L'umano non mancava mai di sussultare, ma per il vampiro la tentazione era troppo forte: osservava le dita di Miya danzare sui tasti bianchi e neri, i suoi occhi luccicare di sfida e ispirazione; sentiva il suo odore fragrante, tanto dolce e appetitoso, e ammirava il suo collo, pulsante, pieno di vita e sempre così pronto a tentarlo. Fu quando Atsumu smise si trasalire che Kiyoomi capì che l'amore per la musica l'aveva infine conquistato, aggiungendo una spunta in più alla lista di cose che potevano fare insieme con piacere. 

Ma se permettere ad Atsumu di usare ogni giorno il suo avere più caro era già stato sintomo di un rapporto che andava sospettosamente sempre più ad approfondirsi, fu nulla in confronto alle conversazioni di volta in volta più intime che iniziarono ad intrattenere.  

Un giorno – a quasi un anno e mezzo dall'inizio della sua convivenza forzata con il vampiro – Miya visitò la camera personale di Kiyoomi per la prima volta. 

"Era ora che io la vedessi." Annunciò entrandovi. "È l'unica sala del castello che non avevo ancora esplorato." 

"È solo una stanza come le altre." Gli rispose Sakusa senza entusiasmo, ma Atsumu era di un altro avviso, infatti fu una rivelazione per lui scoprire come poteva essere la camera da letto di un vampiro. 

"Manca il letto." Disse infatti subito dopo, con un'esclamazione sorpresa. Il corvino rise sotto i baffi. 

"Non me ne farei nulla."  

Atsumu si corrucciò guardandosi intorno visibilmente alla ricerca di qualcosa di fondamentale che mancava. 

"Non c'è neanche la bara." Disse, facendo ridere Sakusa appieno, questa volta. 

"Perché dovrei avere una bara? Nella vita servirà meno a me che a te."  

Atsumu mise il broncio, offeso per tutto e per niente. 

"Ma i vampiri dormono nelle bare, no?" Kiyoomi lo guardò con tenerezza.  

"Alcuni vampiri decidono di passare il giorno nelle bare perché sono casse sicure nelle quali i raggi del sole non possono arrivare. Ma si tratta solo di rimanere sdraiati finché non passa il tramonto. È tremendamente noioso, e certamente non avrebbe senso farlo con un castello a prova di sole come questo." Miya non rispose subito. Invece, sembrò soppesare quelle nuove informazioni. 

"I vampiri non dormono?" Chiese conferma. 

"Non dormono." Gliela diede Kiyoomi. Ci fu un'altra pausa prima che l'umano tornasse a parlare: 

"Dev'essere assurdamente noioso vivere in eterno giorno e notte, senza neanche potersi riposare dormendo un po'." Lo disse più a se stesso che a Sakusa, quasi stesse esplicando a voce alta l'ultima nozione di cultura generale appena appresa. Il vampiro soppesò se rispondere o meno, ma non riuscì a trovare nessuna ragione né la forza di non farlo: 

"Molto spesso è difficile, in effetti." Atsumu lo guardò negli occhi, e dalla sua espressione Kiyoomi seppe che per la prima volta nel corso della sua esistenza – e chissà forse persino della storia del mondo – un essere umano provò compianto per un vampiro immortale. 

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Capitolo 3
*** 03. ***


Miya 

Quella notte Kiyoomi aveva deciso di prenderlo appoggiato al muro. Atsumu stava camminando tranquillo nel corridoio del secondo piano quando il vampiro gli si era avvicinato. Gli aveva accarezzato il collo e il ragazzo aveva capito. Atsumu aveva esposto la giugulare, poi con un paio di passi Sakusa lo aveva spinto verso la parete, ed era lì, adesso, che si stava dissetando con il suo sangue. 

Dopo un anno e mezzo, Miya non poteva ancora dire di essersi abituato. I denti che gli scavavano la carne maltrattata facevano male adesso come avevano fatto la prima volta. C'erano volte, come quella, in cui il vampiro si faceva più irruento. In tali occasioni mordeva ripetutamente lo stesso punto, allargando i fori sul suo collo per permettere al sangue di sgorgare più in fretta. Sebbene più rapido, Atsumu odiava quel metodo, quindi – in quei frangenti – tentava di capire cosa scatenasse quella frenesia in Kiyoomi così da poterla evitare. Inizialmente aveva pensato fosse dovuta a una maggiore sete, ma quegli attacchi più vivaci di raro coincidevano con un periodo di magra nel quale il vampiro aveva dovuto trattenersi dal bere per una ragione o per un'altra. 

Privo di idee, a Miya non rimaneva che chiudere gli occhi, afferrare con forza le vesti del corvino e provare a resistere. Sapeva che dimenarsi avrebbe solo aumentato il suo fastidio, quindi tentava di non farlo. Sakusa – come spesso avveniva – gli mise una mano sulla nuca e con quella iniziò ad accarezzarlo placido, forse tentando di calmare il suo battito accelerato. Atsumu cercò di non pensare al suo sangue che lo abbandonava, ma – con la testa sempre più vuota – non riuscì a trovare altro che lo distraesse se non il corpo del vampiro. Kiyoomi lo teneva ferreo con un braccio intorno alla sua vita, ma esso era superfluo, perché la sua massa – pesante e forte – lo inchiodava per intero tra se stesso ed il muro freddo. Le loro gambe erano intrecciate, i riccioli scuri di Sakusa gli solleticavano la guancia; Atsumu sentì gli artigli dell'altro sfiorargli l'attaccatura dei capelli e quel tocco leggero lo fece rabbrividire. Poi, le dita dell'altro si immersero nella sua chioma dorata e da lì iniziarono a massaggiargli la cute. Il ragazzo si concentrò su quelle carezze, felice di avere su di sé quella pressione delicata. Inspirò profondamente ed il suo cuore – che fosse per la ritrovata calma o per la mancanza sempre più importante di sangue – iniziò a battere più lentamente. A un certo punto, forse calmatosi anche lui, Kiyoomi ritirò i denti e continuo a succhiare con le sole labbra. Quando sospirò soddisfatto, rinfrescandogli la pelle con il suo respiro, Miya seppe che aveva finito. Gli pulì parte della ferita con una lappata, poi afferrò il suo fazzoletto da taschino, si asciugò le labbra e poi si occupò di lui.  

Il ragazzo sapeva cosa sarebbe venuto dopo, e se mesi prima vi si opponeva, adesso – quasi – non aspettava altro. Kiyoomi gli prese la mano e lo guidò verso la superficie più comoda nei paraggi, che spesso coincideva con il suo letto, ma che stavolta toccò essere il divanetto della sala del pianoforte. Confuso come gli accadeva sempre di essere dopo un pasto di Sakusa un po' più abbondante, decise di abbandonarsi alle braccia del vampiro. Questi si stese insieme ad Atsumu e – comodo – gli permise di riprendersi mentre le sue mani lo viziavano. Il ragazzo era sempre stato una persona bisognosa d'affetto. Osamu l'aveva spesso preso in giro per quello, e sebbene Atsumu non avesse mai mancato di contraddire sul fratello, quello che l'altro aveva sempre affermato era vero. Il suo rapporto con Sakusa era complicato e tutt'altro che sano, tuttavia le premure che gli riservava il vampiro dopo ogni pasto erano quanto di più vicino Atsumu potesse avere all'affetto umano e – dopo tanti mesi in isolamento – gli dèi soltanto sapevano quanto ne sentisse il bisogno. Piano ma inesorabilmente, la sua mente fu persuasa ad associare il dolore del morso al piacere delle coccole. Miya aveva solo una vaga idea di quanto ingarbugliata dovesse essere la sua testa, ma conscio del fatto che non avrebbe mai lasciato quel castello né mai più stretto rapporti di alcun tipo con altri esseri viventi, decise di non combattere quelle sensazioni per godersi – là dove poteva – quell'affetto strano e malato che Kiyoomi era in grado di dargli. 

Potevano essere passati solo pochi minuti o molte ore da quando il corvino aveva iniziato ad accarezzarlo, quando Atsumu decise di rompere il comodo silenzio che era sceso tra di loro per porre una domanda. 

"Perché a volte sembri avere più sete?" Chiese, in parte con l'intento di evitare che lo mordesse di nuovo con tanta enfasi, ma perlopiù per sincera curiosità.  

"Cosa intendi?" 

"Oggi, ad esempio. Hai bevuto con più forza. Di solito sei più delicato." Erano ancora abbracciati sul divanetto; Kiyoomi non aveva smesso di toccargli i capelli, ma si limitò a quello e non rispose immediatamente. 

"Perché credi che io beva il tuo sangue?" Miya aggrottò la fronte senza capire quella domanda. Si scostò dal corvino per sedersi ritto e guardarlo negli occhi. 

"Per la sete." Disse con sicurezza.  

"Io sono un non-morto, Atsumu. Non posso avere sete."  

Il biondo rise, incapace di credere che l'altro fosse serio. "Fame, allora. O comunque tu voglia chiamarla. I vampiri devono bere per sopravvivere..." La sua voce, così come le sue certezze, andarono affievolendosi sul finire della frase. Atsumu aveva appreso tante cose nuove nel corso della sua convivenza con Sakusa, che si trattasse di storia, geografia, arte, scienza oppure occulto. L'ultima rivelazione era stata che i vampiri non dormivano nelle bare e quella prima ancora che l'America non era stata scoperta da Cristoforo Colombo ma da un tale italiano di nome Amerigo Vespucci. 

Adesso, il ragazzo si ritrovò a fissare Kiyoomi, curioso e impaurito di scoprire che per tutta la vita si era sbagliato su un'ennesima cosa. 

"Perché i vampiri bevono il sangue se non ne hanno bisogno per sopravvivere?" Sakusa esitò ancora e – tanto assurdo per essere vero che Miya credette di esserselo immaginato – per la prima volta da quando lo conosceva il vampiro sembrò arrossire. L'assenza di sangue nelle sue vene lo rendeva ovviamente impossibile, ma ad Atsumu non venne in mente nient'altro di adatto per descrivere l'ombra di imbarazzo che gli passò sul viso. 

"Bere il sangue umano è soddisfacente." Disse non appena trovò le parole. "Non c'è niente più del sangue che riesca a far eccitare la mia specie. Lo desideriamo tanto da prenderlo con la forza, e deve appartenere ad un essere umano, ma potremmo farne a meno." Spiegò. Atsumu stava ancora cercando di assimilare l'informazione quando le ultime parole di Kiyoomi lo aiutarono a capire cosa volesse dire: "Se l'aspetto della persona da cui beviamo ci aggrada fisicamente, il piacere è ancora più grande." 

La realizzazione arrivò a sopraffarlo molto lentamente, facendogli prima allargare gli occhi e poi colorare le guance. La voce – troppo imbarazzata – decise di non uscire.  

"Bevete il sangue perché vi eccita!?" Riuscì ad urlare infine. "Voi...!" Continuò balbettando. "Tu!!?" Boccheggiò. Ed il vampiro rise. A quel gesto Atsumu mise il broncio. Come poteva Kiyoomi dirgli una cosa del genere e aspettarsi che lui non reagisse in quel modo?  

"Sembri sconvolto." 

"Lo sono!" Strillò. "Per tutto questo tempo ho creduto-" La voce gli si mozzò; in quel momento troppe emozioni erano in lotta nella sua testa perché potesse riuscire ad esprimersi con senso logico.  

Cercò di calmarsi. 

"Per tutto questo tempo ho creduto che tu bevessi il mio sangue perché eri assetato. Invece mi usavi per il tuo piacere personale." Disse, perlopiù riflettendo ad alta voce; l'intruglio dei suoi pensieri che andava pian pian spiegandosi fino a convergere alla verità, che Atsumu tradusse usando il corrispettivo umano: 

"Quando bevi il mio sangue è come se facessi sesso con me, non è così?" Chiese schietto, stanco di girarci intorno come stava facendo l'altro e ben lungi dall'essere restio a parlare in modo diretto. 

Il vampiro sospirò, ma ad Atsumu sembrò quasi rasserenato, come se fosse contento che a rendere la cosa esplicita fosse stato Miya e non lui. 

"Una cosa simile, sì. A volte la libido è talmente forte da non riuscire a fermarmi se non dopo aver raggiunto il piacere più alto. Altre riesco a trattenermi, ma con te anche quelle mi aggradano." Sorrise, guardandolo attraverso le ciglia lunghe con un luccichio assetato. Eccitato. La sua, forse, voleva essere una lusinga, ma Atsumu non la prese in quel modo. Davvero Sakusa credeva che il sapere di appagarlo sessualmente rendesse il ragazzo felice? 

Miya non rispose, spaventato in parte e rabbuiato per il resto. 

"Sembra quasi che preferissi quando pensavi che il tuo sangue mi serviva per la sete." Disse Kiyoomi divertito. 

"È così, infatti." Fu la risposta di Atsumu, pronunciata con tono più duro di quanto non avesse voluto. 

"Perché?" Chiese Sakusa genuinamente confuso. "Il mio potrebbe essere visto come un complimento."  

A quel punto il ragazzo socchiuse gli occhi, giudicante e deluso che l'altro non capisse. 

"Dove starebbe il complimento?" Non attese risposta prima di continuare: "Fino ad oggi ho creduto che il tuo fosse un istinto primordiale spinto dalla voglia di sopravvivenza. Pensavo che bere sangue umano fosse l'unico modo che i vampiri hanno per non morire. Invece ora mi dici che potreste controllarvi, ma non lo fate semplicemente perché vi piace di più così! Mi stai tenendo in vita perché ti piaccio, ma quanti ne hai uccisi prima di me solo perché hai deciso di non trattenerti?" Sospirò, tutt'a un tratto triste e stanco. "Non so se avrei voluto sapere questa cosa. Se prima avevo la peggiore opinione possibile dei vampiri, adesso è persino un gradino più in basso. Siete stupratori. Niente di più." 

Kiyoomi non rispose, ma Atsumu non si sentì minacciato da quel silenzio. Sapeva che la sua lingua era andata lontano, ma sapeva anche che non gl'importava quali conseguenze le sue parole avrebbero potuto avere. Come Miya prima di lui, forse il vampiro stava ora soppesando le nuove rivelazioni di quella notte. 

"Capisco." Mormorò dopo diversi secondi. "Non avevo mai ascoltato il punto di vista umano." Gli disse. "In realtà non mi era mai importato di cosa gli umani pensassero di me, ma tu--" Si bloccò. Poi rise sotto i baffi. "Niente." Sussurrò. Poi si alzò dal divanetto, si sporse verso il biondo e gli baciò la fronte. "Grazie per il pasto, Atsumu." Infine si voltò e lasciò la stanza. 
 

Dopo quella discussione Kiyoomi si fece vedere poco e niente. Miya sospettava che non lo stesse più avvicinando per una sorta di senso di colpa o per cercare di rimediare a un torto che scopriva solo ora di avergli fatto. Quest'ultima ragione al ragazzo sembrava assurda, perché sebbene ai suoi occhi i vampiri fossero peggiorati, lui rimaneva comunque un prigioniero in quel castello. Che Sakusa lo stuprasse o no, a quel punto, poco importava davvero. Atsumu non era più padrone della sua vita da così tanto tempo che la sua nuova consapevolezza sulla natura dei non-morti non poteva influenzarlo che in conoscenza. Ora sapeva come stavano le cose, bene. Ma nell'atto pratico, cosa sarebbe cambiato per lui? 

Non sapeva cosa pensasse Kiyoomi di tutto quello, sapeva solo che erano dieci giorni che il corvino lo evitava e che lui stava iniziando ad annoiarsi un po' troppo. Cercò di parlargli più volte, ma l'altro gli sfuggiva sempre. Così lasciò passare i giorni. Si esercitò al piano, contento dei propri progressi; lesse qualche libro, indice – l'essere arrivato a quel punto – di quanto si stesse davvero annoiando; e soprattutto lasciò rimarginare le ferite sul suo collo. I servitori di Kiyoomi continuavano a fargli fare il bagno ogni giorno, strofinando con foga e dovizia ovunque Sakusa fosse solito morderlo, ma anche loro iniziarono a notare che il padrone non si cibava più di lui e presto – inquietanti – iniziarono a lanciargli strani sguardi. Atsumu cercò di non pensarci. In quasi due anni dal suo arrivo, quei vampiri non avevano mai dato segno di volerlo attaccare, troppo intimoriti da cosa Kiyoomi avrebbe potuto far loro se solo avessero provato a rubargli il bottino. Miya non conosceva neanche i loro nomi; a stento li aveva sentiti parlare, e certo non aveva fretta di cambiare le cose.  

Le giornate ripresero a susseguirsi monotone come lo erano state durante i suoi primi mesi nel castello. Come allora, l'unico segno che fosse notte e non giorno era Kiyoomi che usciva dalla porta principale e tornava dopo alcune ore. Invidiava la sua libertà, ma non si era mai azzardato di chiedergli qualche ora d'aria. Era tentato di farlo adesso non appena fosse tornato, quando suonarono alla porta.  

Per Atsumu fu una cosa talmente nuova e inaspettata che ci mise qualche secondo per capire di cosa si trattasse. Felice di avere una novità davanti, si precipitò all'ingresso dove il maggiordomo di Kiyoomi – se così poteva definirlo – stava già aprendo a chiunque fosse arrivato. Miya rimase in cima alle scale, guardando verso il basso carico di aspettativa. Quando l'imponente portone si fu aperto del tutto, il ragazzo poté vedere chi aveva suonato. Erano in quattro: due di loro erano imponenti, dai capelli scuri e le spalle larghe, mentre gli altri erano più bassi ed esili. Fece qualche passo verso di loro con curiosità; era chiaro che fossero vampiri. Apriva la fila una figura con i capelli rosati. Da quel che Atsumu poteva vedere da quella distanza sembrava possedere un'espressione gentile; i suoi occhi vagarono incuriositi per l'androne, ma non aveva mancato di fare un cenno cordiale al servitore che gli aveva aperto la porta prima di concentrarsi altrove. Dietro di lui, entrò un vampiro castano che iniziò a guardarsi intorno con più divertimento che interesse. Aveva delle strane sopracciglia ed un ghigno sulle labbra che prometteva guai. Anche lui, tuttavia, non diede a Miya l'impressione di essere pericoloso. Tutt'altra storia erano gli ultimi. Che fosse per la massa o per gli sguardi truci, spinsero Atsumu a bloccarsi sul posto. Non sentì cosa ospiti dissero al maggiordomo, probabilmente stavano cercando Kiyoomi e si stavano informando su dove fosse, il ragazzo non lo sapeva né pensava che si sarebbe avvicinato per scoprirlo. Lo sguardo che uno dei due vampiri corvini posò su di lui gli tolse ogni dubbio, così fece un passo indietro, si voltò e tornò nella sua stanza.  

 

••• 
Sakusa 

Kiyoomi capì che qualcosa non andava nel momento stesso in cui rimise piede nel castello. Stava quasi per albeggiare quando lo fece. Di solito non rischiava così tanto, ma da alcuni giorni a quella parte era confuso, e gli serviva spazio per pensare. Non appena sprangò il portone dietro di sé, assicurando gli interni della sua dimora alle tenebre, una strana elettricità statica gli fece alzare la guardia. Cercò di capire cosa avesse fatto reagire il suo istinto in quel modo quando una sottile scia profumata rispose alla sua domanda. Quelli della sua specie non emettevano odore, ma molti – lui compreso – erano vanitosi abbastanza da usare acque di colonia profumate. Sentì quattro fragranze diverse: il suo territorio era stato invaso.  

Il suo primo pensiero corse ad Atsumu, solo insieme a dei vampiri sconosciuti, ma gli bastò acuire l'udito per sentirne il battito tranquillo due piani più in alto. Gli ospiti inattesi, invece, si trovavano verso il salotto del pian terreno: si diresse verso di loro già di malumore. 

La prima cosa che sentì una volta entrato nella sala fu una risata divertita. Una risata, si accorse immediatamente, che conosceva anche fin troppo bene. Komori Motoya, quel maledetto bastardo. Gli era mancato, ma questo non voleva dire che aveva voglia di vederlo. 

"Che vi avevo detto? Ero sicuro che avrebbe fatto i salti di gioia, vedendoci." Insultò alla sua maniera lo sguardo truce del padrone di casa.  

Kiyoomi sospirò, e mentre lo faceva gettò lo sguardo sui vampiri che accompagnavano suo cugino: c'era Tsukasa Iizuna, composto e dalle maniere impeccabili come sempre; Ryosei Kai, imbronciato più di lui; ed infine Inubushi Higashi, l'ultimo essere – vivente o no – che Sakusa avrebbe mai voluto rivedere. Assottigliò gli occhi di secondo in secondo sempre meno incline a fare gli onori di casa. 

"Che spiacevole sorpresa." Disse in un ringhio. Motoya mise il broncio, ma Sakusa non staccò gli occhi di dosso da Inubushi che ghignava. 

"Kiyoomi, dovevi immaginare che saremmo venuti." Iizuna, che aveva appena parlato, non aveva tutti i torti. Il corvino sapeva che prima o poi sarebbero venuti a cercarlo, ma sperava più nel poi, che nel prima. 

Sakusa si permise di distogliere lo sguardo dal suo ospite più sgradito per puntarlo su quello di Tsukasa. 

"La mia risposta rimane la stessa." Rispose senza che fosse necessario sentire cosa avessero da dirgli.  

"Sei il secondo vampiro più forte di tutto il Giappone." Espose l'altro ciò che sapeva già. "Il nido ha bisogno di te."  

Il corvino non aveva mai capito perché delle creature della notte come loro dovessero vivere in branchi. Se sopportare le stesse persone per un'intera vita era già di per sé abbastanza complicato, farlo per l'eternità risultava assolutamente impossibile.  

"Sto bene qui." Replicò. Poi il suo sguardo fu catturato da un movimento alla sua destra: Inubushi si era alzato, si guardò intorno e ridacchiò.  

"Ci credo." Disse senza smettere di curiosare. "Ti sei sistemato bene. Bravo il nostro Kiyo. E abbiamo notato che nascondi anche una Bella, nel castello." Il ringhio minaccioso che venne fuori dalla gola di Kiyoomi fu inevitabile e controproducente. Gli occhi di Higashi scintillarono di sfida, ma prima che Kiyoomi potesse accertarsene quella luce nei suoi occhi scomparse. Komori non si accorse di nulla, o se lo fece decise che non gli importava, invece si rivolse a suo cugino: 

"Kiyo, sono più di ottant'anni che te ne stai per i fatti tuoi. Non pensi che sia ora di tornare dalla tua famiglia?" Il corvino si voltò verso di lui.  

"Solo tu lo sei, Motoya. Sei il benvenuto, ma non chiedermi di seguirti." Il suo parente sospirò poggiando le mani sui fianchi e abbassando la testa in segno di sconfitta. 

"Sapevo che non sarei riuscito a convincerti. Ma dovevo provarci, non trovi? E poi mi mancavi. Dovevo almeno vederti." Kiyoomi gli concesse un sorriso. Se fosse stato solo, e non accompagnato da certi individui, probabilmente anche lui sarebbe stato felice di rivederlo. Stava per cacciarli tutti via, quando Komori parlò ancora: "Se proprio non verrai via con noi dobbiamo almeno aggiornarci sull'ultimo secolo! Devo raccontarti un sacco di cose." Sakusa sospirò per la seconda volta. Era giorno, ormai: anche se avesse voluto non avrebbe potuto metterli alla porta a quell'ora; non aveva nessuna voglia di sentire i loro inutili racconti, ma sapeva anche di volerli tenere d'occhio finché fossero rimasti sotto il suo tetto. Così acconsentì. Si accomodarono tutti sui divanetti ed iniziarono a parlare; Sakusa decise che avrebbe seguito la conversazione con un orecchio solo mentre l'altro si assicurava costantemente che Atsumu rimanesse lontano dagli intrusi. Istintivamente, il corvino prese a spostare lo sguardo verso l'alto quando i rumori emessi da Miya si facevano più consistenti. In quelle occasioni l'ansia che si mettesse in pericolo era talmente forte da non rendersi conto che non era l'unico, nella stanza, a reagire agli spostamenti del ragazzo. Inubushi Higashi era sempre stato furbo, calcolatore e attento. Come Kiyoomi, decise di ascoltare ciò che gli interessava davvero, e di certo non si trattava delle chiacchiere moleste di Komori. Ma i rumori di Atsumu non furono l'unica cosa che i suoi sensi attenti carpirono: le reazioni di Sakusa non passarono inosservate, e prima ancora che potesse accorgersene, la sua testa fu invasa da un unico, ingombrante pensiero: caccia.

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Capitolo 4
*** 04. ***


Miya 

Atsumu rimpianse immediatamente di aver voluto una novità nelle sue giornate. 

Quei nuovi vampiri non gli piacevano. Ne era stato alla larga, ma quei pochi sguardi che vi aveva incrociato – specie con uno di loro – erano bastati per fargli capire che sarebbe stato meglio non averli incontrati affatto. 

Passò diverse ore chiuso in camera propria, sussultando ad ogni rumore, che poi puntualmente si rivelava essere un servitore che puliva. Cercò di dormire un po', ma aveva i nervi a fior di pelle e ogni suo tentativo di rilassarsi risultò vano.  

Dopo un tempo imprecisato, Kiyoomi lo raggiunse. Era la prima volta che si vedevano faccia a faccia dopo giorni, ma la loro interazione durò poco: il vampiro lo avvisò solo che avrebbe mandato via gli ospiti entro la notte e poi andò via. Il ragazzo non dubitava che le sue intenzioni fossero state sincere, ma nei fatti si rivelarono essere false, perché la giornata passò, calò la notte, poi sorse nuovamente il sole e gli estranei erano ancora lì.  

Dopo un po', Atsumu capì che Sakusa stava facendo in modo che rimanessero al piano di sotto, quindi, passati due giorni, decise che non poteva più rimanere prigioniero della sua stanza, specie non sapendo quando gli intrusi sarebbero andati via, e iniziò ad oziare per tutto il secondo piano. 

Riprese a suonare e a leggere, sussultando ancora ad ogni brezza ma abituandosi pian piano a pensare che Kiyoomi avrebbe tenuto gli estranei lontani. Non sapeva da cosa nascesse quella sua fiducia nel proprio secondino, ma consapevole di dover dare tregua ai propri nervi decise di accettarla senza porsi troppe domande.  

Forse fu per quello che non si accorse del non-morto che entrò nella sua stessa stanza, anche se molto più probabilmente fu perché i vampiri – quando vogliono – riescono a non farsi sentire. 

"Te l'ha insegnata Kiyo?" Atsumu stava suonando il pianoforte quando una voce sconosciuta proveniente dalle sue spalle gli porse quella domanda. Il ragazzo trasalì facendo stonare qualche nota, ma in qualche modo riuscì a non urlare. Deglutì e si voltò, ma notando che si trattava di strane-sopracciglia e non di uno dei due vampiri dai capelli neri, poté rilassarsi.  

"Sì." Affermò, riferendosi alla melodia. "Questa e tutte le altre che conosco." L'altro allargò gli occhi, all'apparenza stupito e divertito. 

"È così strano immaginare mio cugino che insegna a qualcuno! Non ha mai avuto la pazienza necessaria per questo genere di cose." 

"Kiyoomi è tuo cugino?" Si ritrovò a chiedere il biondo. Il vampiro che aveva di fronte non gli sembrava minaccioso; inoltre aveva perso il conto di quanti giorni fossero passati dall'ultima vera conversazione che aveva potuto intrattenere con qualcuno.  

Il castano annuì. 

"Mi chiamo Komori Motoya, piacere." Fece un galante inchino. "Tu sei?"  

"Miya Atsumu." Rispose in fretta. Poi esitò. Come avrebbe dovuto definirsi? Di certo non era un amico di Sakusa, e di certo non si sarebbe trovato lì se il cugino di Komori gli avesse permesso di uscire. Stava ancora cercando qualcosa da aggiungere per spiegare la sua presenza in quel castello quando l'altro cambiò argomento. Era probabile che sospettasse la situazione o che non gl'importasse affatto. 

Afferrò una sedia e la portò vicino allo sgabello del Cristofori cosicché potessero continuare a conversare. 

"Non oso avvicinarmi di più." Rise Motoya facendo un cenno del capo verso la sua direzione. "Kiyo ha pochissime cose di cui è geloso, e credimi ho imparato a mie spese che è meglio non mettere alla prova la sua pazienza. Scommetto che in questo momento ci sta ascoltando per assicurarsi che faccia il bravo e tenga le mani a posto. Come se poi con me ce ne fosse bisogno..." Miya non riuscì a capire se parlando "delle cose di cui Sakusa era geloso" Komori si stesse riferendo al pianoforte o a lui, ma quelle parole lo rasserenarono ugualmente: poteva rimanere nell'illusione di essere protetto, quantomeno quando si trovava vicino al Cristofori. 

"Se ci sta ascoltando approfittiamone e facciamolo imbarazzare." Si ritrovò a dire – sicuro e beffardo – il biondo. Il vampiro sorrise malandrino. 

"Mi piaci!" Esclamò. "Quindi ti accontenterò. Ho tantissimi aneddoti di Kiyo imbarazzanti." 

Così, tra le risate, Atsumu scoprì che Sakusa odiava la polvere. Quella, soprattutto se si contava quanto tempo i servitori di casa passassero a pulire, non era una novità. Lo fu invece il fatto che il vampiro si trovava a trasalire alla prima ragnatela che vedeva e che arrivava persino a strillare come una ragazzina se era sfortunato abbastanza da ritrovarsi vicino ad un insetto.  

Scoprì che la leggenda secondo la quale l'aglio era dannoso per i vampiri veniva da Kiyoomi: gli bastava sentirne l'odore, infatti, che la sua espressione diventava tanto brutta da sembrare che stesse per morire. 

Motoya gli raccontò anche quella volta in cui il corvino si era affogato bevendo il sangue dal collo di un ragazzo, ed Atsumu – stranamente – si ritrovò ad arrossire mentre rideva. Conoscere tutte le allusioni sessuali che derivano dall'atto rendevano il racconto ancora più imbarazzante; immaginarsi Kiyoomi farsi andare il sangue di traverso e poi dirlo – in qualche modo – a suo cugino rendeva la scena troppo divertente per potersi trattenere. 

Infine, Komori nominò "il mantello giallo" di suo cugino. Anche se chiamarlo così, gli disse, era un complimento. Il colore del soprabito, infatti, era talmente abbagliante da non poterlo guardare direttamente. Quella ad Atsumu sembrava un'esagerazione, ma proprio per questo la sua voglia di vederlo con i propri occhi crebbe a dismisura. Motoya gli raccontò che Sakusa era sempre stato preso in giro per quel mantello. Era il suo preferito, quindi quando qualcuno osava insultarlo Sakusa si assicurava di fare male (molto male) ai poveri sciocchi che parlavano troppo. Anche Komori, naturalmente, aveva riso di quell'indumento, e come ripercussione gli erano toccati due decenni di totale silenzio da parte del corvino. 

Quando, quasi con un broncio, Miya si lamentò del fatto che non l'avesse mai visto indossare niente del genere, il castano gli spiegò che da qualche anno Sakusa si era stufato di dover difendere il proprio onore e che probabilmente aveva smesso definitivamente di indossarlo per farsi rispettare dai servitori che si occupavano della sua casa. Atsumu aveva sempre dato la loro lealtà verso Kiyoomi per scontata, ma parlando con Komori capì che invece essa era basata sulla paura ed il rispetto per la forza e che per questo si trovava ad essere sempre in bilico, pronta a crollare al primo segno di cedimento. 

Chiacchierare con Motoya fu divertente oltre ogni dire. Erano anni che Atsumu non rideva così tanto. Fu solo quando si stese sul proprio letto che capì di essere tremendamente stanco. Non aveva idea di quante ore avessero passato a parlare, ma il ragazzo non poté dirsi che contento di aver passato del tempo di così alta qualità con qualcuno che non lo guardasse come se volesse mangiarlo.  

Chiuse gli occhi, felice e soddisfatto, e dormì profondamente senza nessun tipo di pensiero ad attanagliargli lo stomaco e a rovinargli il sonno.  
 

••• 
Sakusa 

Nonostante l'ultima cosa che Kiyoomi volesse fosse far restare anche solo una notte in più i suoi ospiti non invitati, doveva considerare che in caso di scontro sarebbero stati in quattro (tre, non contando Motoya) contro uno. Legato al nido e a tutte le sue regole, non avrebbe mai potuto chiedere a suo cugino di schierarsi dalla sua parte se alla fine la rissa sarebbe scoppiata. Dunque era solo, e preferì far credere di essere stato indulgente concedendo loro qualche giorno nel castello piuttosto che consapevole del proprio svantaggio. La situazione non gli piaceva, ma le cose stavano così, quindi decise di pensare al lato positivo e di usare quelle giornate per recuperare il tempo perduto con il suo parente e con quello che un tempo era stato amico e mentore. Nel pacchetto erano inclusi Ryosei e Inubushi la cui sola presenza gli recava sofferenza, ma d'altronde si era ripromesso di non perderli mai di vista, e così fece. 

I quattro gli parlarono del nido. Di quanto fosse diventato potente, sconfiggendo qualsiasi altro manipolo di vampiri osasse sfidarlo, "Anche senza il tuo aiuto" volle specificare Kai. Gli dissero dei nuovi acquisti di Itachiyama e dei nuovi rapporti amichevoli che avevano stretto con quello che un tempo era stato il loro nido rivale per eccellenza, lo Shiratorizawa. Per quanto non gli fosse mai dispiaciuto vedere Ushijima né avere novità di questi, di tutto quello a Kiyoomi non importava nulla. Sapeva che con quei discorsi i quattro stavano cercando di convincerlo a tornare nella squadra, ma senza saperlo stavano ottenendo l'effetto contrario. Sentire delle nuove reclute – sconfitte da altri nidi o trasformate per l'occasione – gli ricordò di quando lui e suo cugino erano stati forzati ad unirsi a loro; sentire della nuova sede di Itachiyama – a Tokyo – gli ricordò che non aveva mai avuto nessuna voce in capitolo sugli spostamenti. Andarsene era stata la cosa migliore che avesse mai fatto e certamente adesso non avrebbe cambiato idea. 

Quando Komori, Iizuna, Ryosei e Inubushi capirono che le loro chiacchiere non stavano portando a nulla, cambiarono discorso lasciando finalmente perdere gli aneddoti su Itachiyama per passare a cose più generali, come romanzi, politica, storia e arte. Kiyoomi li lasciò parlare. Più il tempo passava, più tutti loro sarebbero stati inclini ad andare via senza fare storie; avrebbero capito che Sakusa era irremovibile e avrebbero lasciato il castello. Spesso qualcuno – specie Higashi – metteva alla prova i suoi nervi con provocazioni poco velate, ma Kiyoomi resistette sempre. Rimanere ininterrottamente nella stessa stanza di Inubushi lo stava logorando, ma questi era un sadico: mordeva le sue vittime passando attraverso i nervi così che si dimenassero a più non posso mentre lui beveva. Non avrebbe mai potuto rischiare che si avvicinasse ad Atsumu, e l'unico modo per evitarlo era quello di tenerlo costantemente sotto controllo. 

"I vampiri non dormono perché non si stancano" aveva spiegato molti mesi prima a Miya, eppure la sgradita visita dei quattro vampiri stava consumando ogni sua energia e senza che se ne accorgesse iniziò a perdere colpi: dapprima lasciando che Komori si avvicinasse ad Atsumu ed in seguito – se ne accorse con sgomento sentendo il ragazzo urlare il suo nome – che lo facessero Inubushi e Ryosei. 
 

••• 
Miya 

Alla sua prima conversazione con Komori ne seguì un'altra e poi un'altra ancora. Il vampiro castano gli raccontò che suo cugino non aveva risparmiato gli avvertimenti, ma che infine si era detto tranquillo di lasciarlo interagire a suo piacimento con lui. Atsumu non seppe se esserne lusingato oppure offeso: per come la metteva sembrava quasi che Kiyoomi lo ritenesse il suo animaletto domestico! Ma si accorse che tendeva a spendere un po' troppo tempo a pensare a cosa Sakusa pensasse e cosa lo preoccupasse, quindi smise di farlo decidendo di godersi semplicemente la compagnia di Motoya.  

Fu questi a dirgli – rispondendo alla sua domanda – che erano passate esattamente sette notti da quando erano arrivati, ma gli assicurò anche che non ne sarebbero passate altre sette prima che ripartissero. 

"Iizuna è il leader del nostro nido. È stato il mentore di Kiyo e sa benissimo di godere di grande rispetto da parte sua. Ma è anche saggio e non metterà alla prova la pazienza di mio cugino. Sta cercando di convincerlo a venire a Tokyo con noi con ogni mezzo." Ghignò. "Ma non ci riuscirà."  

"Perché ne sei così sicuro?" Si interessò Atsumu. 

L'altro ampliò il proprio ghigno. 

"È strano che io sia l'unico ad essermene accorto. Te e Kiyo compresi." Miya non capì, aggrottò la fronte, ma l'altro non risolse i suoi dubbi. 

"Lascia perdere." Disse invece. Poi scrollò le spalle. "A parte tutto, ormai dovresti conoscerlo abbastanza da sapere che non è un tipo molto socievole."  

Il ragazzo non era del tutto certo di voler lasciar cadere l'argomento di poco prima così facilmente, ma quelle ultime parole lo fecero ridere. Dire che Sakusa non era molto socievole era un eufemismo. 

"E come se questo non bastasse, non è mai stato troppo felice di fare parte di Itachiyama. Quando eravamo ancora giovani vampiri è rimasto perché si sentiva costretto, ma ora che ha assaporato la libertà non penso che tornerà indietro."  

"La libertà." Sospirò Atsumu. "Non avrei mai detto che Kiyoomi ne fosse un estimatore." Continuò amaro, ma se Komori lesse qualcosa nel suo tono, non lo diede a vedere e continuò: 

"Quando fai parte di un nido sei costretto a rispettare una serie di regole che a Kiyo non sono mai piaciute. Sei libero di andartene solo se dimostri la tua forza combattendo. Lui avrebbe potuto farlo da secoli, ma è sempre rimasto per me. Alla fine, sono stato io a pregarlo di andare via. Lui non ci ha mai veramente creduto fino in fondo, ma io sono sincero quando dico di stare bene a Itachiyama." Miya annuì, contento di apprendere una cosa nuova sulla società dei vampiri. Chiese a Komori di dirgli di più, e così lui fece. Parlarono per ore, fino a quando le parole di Atsumu non furono interrotte da un suo sbadiglio. Motoya rise. 

"Va bene, ti lascio andare a dormire. Sarà tardi, ormai." Atsumu mormorò concorde. "E poi devo andare a salvare Kiyo. Iizuna mi aveva detto di voler provare a convincerlo a seguirci parlandoci da solo. Scommetto che lo sta facendo proprio in questo momento." 

"D'accordo." Annuì il biondo. "Ci vediamo più tardi." 

"Ci vediamo più tardi." Concordò Motoya prima di lasciare la stanza per raggiungere suo cugino. Miya invece si alzò con più calma, si stropicciò gli occhi ed uscì in corridoio diretto alla sua camera da letto. Stava già sognando le proprie coperte quando si ritrovò la strada sbarrata dalle ultime due creature che avrebbe mai voluto vedere. 

I vampiri con i capelli scuri. 

Atsumu non sapeva quali fossero i loro nomi. In effetti, aveva fatto di tutto per evitare di pensare a loro sin da quando avevano messo piede nel castello. I loro occhi erano freddi; solo quelli furono in grado di gelare il ragazzo sul posto. Se aveva avuto paura di Kiyoomi, a volte, fu niente in confronto a ciò che provò ritrovandosi davanti a loro. 

Non emise suono. Divenne una statua di sale. Era come se il suo corpo non gli rispondesse più; talmente paralizzato da non riuscire neanche a tremare. 

"Guarda, Kai." Disse uno di loro. "Il bocconcino di Kiyoomi finalmente si fa vedere." Atsumu fu solo in grado di deglutire. 

"Ero tanto curioso di vederti da vicino," continuò il vampiro, "ma quello scettico di Sakusa non mi staccava gli occhi di dosso." Ridacchiò. "Immagino che la pazienza ripaghi, non è così?" Chiese conferma al suo amico, che incrociò le braccia e mormorò d'accordo. 

"È inspiegabile quanto Kiyoomi sia diventato servile." Disse questi. La sua voce era più profonda e rauca di quella dell'altro. "Speravo che vedendo l'umano che protegge avrei capito, ma rimane un mistero. Vuoi dirci come hai fatto a trasformare il potente Sakusa Kiyoomi nel tuo personale cagnolino, piccolo umano?" 

La voce di Atsumu non venne fuori, e anche se l'avesse fatto non avrebbe saputo cosa rispondere. Kiyoomi il suo cagnolino? Piuttosto era il contrario. 

Prima che Miya potesse ritrovare le parole, il primo vampiro che aveva parlato rise. 

"Non riesce neanche a parlare. L'atteggiamento di Kiyo non può dipendere da lui. È più probabile che si sia semplicemente rammollito."  

"Oppure il sangue di questo umano è talmente afrodisiaco da fare impazzire persino uno come Sakusa." Ipotizzò quello che rispondeva al nome di Kai. A quelle parole, una luce pericolosa si diffuse nello sguardo dell'altro, che eccitato si leccò le labbra. Un grosso brivido pervase tutto il corpo di Atsumu; non aveva mai temuto per la propria incolumità come in quel momento. Il ghigno che si aprì sul volto del vampiro lo fece quasi svenire, poi il non-morto parlò, e lo fece con voce rauca e trepidante: 

"C'è solo un modo per scoprirlo."  

Miya sapeva bene quanto potessero essere veloci i vampiri. In parte dalle leggende, in parte da Sakusa e in parte da Komori aveva scoperto che per natura i succhia-sangue possedevano tutte le caratteristiche capaci di renderli il predatore perfetto: nessun odore, infinita resistenza, sensi acutissimi. Ma tutto quello era superfluo, perché in ogni caso nessun essere vivente – che appartenesse alle creature soprannaturali o che non lo facesse – poteva sfuggire alla loro velocità. Se avessero deciso di prenderti non avresti avuto scampo, e questo Atsumu lo sapeva meglio di chiunque altro. 

Quando il corvino balzò verso di lui, il ragazzo ebbe a stento il tempo di spalancare gli occhi. Fece mezzo passo indietro ed inciampò su se stesso. Sapeva, comunque, che non sarebbe arrivato a cadere, perché il vampiro gli sarebbe stato addosso prima che ciò potesse accadere. Nel terrore, la sua mente pensò di fare l'unica cosa che poteva sperare di salvarlo: chiamare Kiyoomi. Tuttavia, il suo corpo non reagì come avrebbe dovuto, così – mentre il suo aggressore lo afferrava – furono solo le ultime tre lettere del suo urlo a venire fuori. 

"--OMI!"  

Poi Atsumu non vide più nulla. Sentì un forte impatto sul fondoschiena e null'altro. Respirando a fatica, si accorse di essere sul pavimento e di avere gli occhi chiusi. Li riaprì lentamente e con timore, ed era talmente scosso che ci mise davvero troppi secondi per comprendere l'immagine che si ritrovò davanti. Sakusa si ergeva imponente davanti a lui; in mano – stringendola per i capelli – reggeva la testa mozzata del vampiro che aveva provato a morderlo. Se quelli della testa mozzata erano ormai vacui, gli occhi di Sakusa erano invece di un verde accecante e spaventoso. Nonostante fossero due anni che vivevano insieme, Atsumu non l'aveva mai visto così minaccioso; lo fu talmente tanto che – sebbene consapevole che fosse accorso per aiutare proprio lui – il ragazzo non si azzardò a muoversi, quasi la sua situazione non fosse per niente migliorata.  

Kiyoomi, lentamente, si voltò verso il vampiro rimasto, e se questi l'aveva guardato con rabbia fino a un secondo prima, cambiò subito atteggiamento non appena gli occhi verde brillante di Sakusa lo puntarono. Ritirò i canini che aveva scoperto poco prima in segno di sfida e fece due passi indietro. 

"Via." Ordinò il padrone di casa. Anche la sua voce si era fatta glaciale. Kai ebbe il coraggio di assottigliare lo sguardo con fare infastidito, ma nulla di più, e in un attimo scomparve. Sakusa gettò a terra il capo del vampiro ucciso facendo sussultare Miya; poi si voltò verso Iizuna e Komori, ai quali – però – non dovette dire nulla. Il primo fece solo un cenno del capo da lontano prima di seguire Kai, mentre il secondo salutò con la mano.  

"La prossima volta vi scriverò un telegramma prima di passare a trovarvi." Il ringhio che provenne dalla gola di Kiyoomi fece quasi tremare le pareti. Motoya sussultò al pari di Atsumu. "Da solo!" Si affrettò a puntualizzare il castano. Sakusa si calmò, fece un impercettibile segno a suo cugino e poi questo andò via. Atsumu si ritrovò da solo con Kiyoomi. Era ancora terrorizzato da lui, ma tutto cambiò quando il vampiro incrociò il suo sguardo. I suoi occhi erano tornati d'ossidiana e le sue sopracciglia tradivano preoccupazione. Prima che potesse realizzare cose stesse facendo, Miya si ritrovò a sorridere per tranquillizzarlo. Funzionò, e Sakusa sospirò rasserenato.  

"Hai appena usato un nomignolo per chiamarmi?"  

Atsumu ci mise un attimo per capire a cosa si stesse riferendo. La voce gli era venuta meno; chiamarlo "Omi" non era stato premeditato, ma l'idea di usare quel diminutivo non gli dispiaceva, specie sapendo che i membri del suo vecchio nido si ostinavano a chiamarlo "Kiyo". 

"È carino, vero?" Disse, come se avesse pensato a che nome usare per giorni. 

Kiyoomi si crucciò. 

"Per niente." Miya rise, riuscendo a scaricare un po' di tensione. Sakusa gli porse la mano per rialzarsi e lui la accolse con piacere. Si rimise sui suoi piedi, ma non appena la stretta di Kiyoomi venne meno, le sue gambe cedettero. D'istinto, il corvino lo afferrò e lo tenne tra le proprie braccia. Solo a quel punto Atsumu si rese conto che stava ancora tremando. Buttò fuori un enorme respiro, ma non bastò a renderlo saldo. Sakusa lo strinse più forte. 

"Nessuno ti farà del male, te lo prometto." Gli sussurrò circondandolo con il suo corpo. Atsumu e Kiyoomi avevano più o meno la stessa stazza, ma in quel momento gli sembrò che il vampiro riuscisse ad avvolgerlo completamente. Sebbene il ragazzo sapesse che lo stava abbracciando per cercare di calmarlo, sapeva anche che non avrebbe mai potuto sfuggire ad una morsa del genere se solo Kiyoomi avesse deciso di non lasciarlo più andare.  

All'improvviso, le parole di Sakusa gli sembrarono ipocrite e con frustrazione strinse la sua camicia tra i pugni. 

"Nessuno tranne te." Lo corresse in un sussurro. Per un po' nessuno dei due parlò. Poi il vampiro gli diede ragione. 

"Nessuno tranne me." 

Nel sentirlo, Atsumu sospirò. Non sapeva cosa si fosse aspettato né sapeva cosa volesse. Il vampiro fece per sciogliere la stretta ed improvvisamente il cuore dell'altro iniziò a correre veloce, come spaventato. Miya seguì le braccia di Kiyoomi e non lo lasciò andare. 

"Tu puoi mordermi." Disse di getto. Non sapeva nemmeno lui perché l'avesse fatto, ma facendosi un esame di coscienza lo capì immediatamente dopo: erano settimane che Sakusa lo evitava; in particolare da quando avevano parlato dei morsi e di cosa significassero davvero per i vampiri. Atsumu non era ancora certo che l'idea di far bere il suo sangue a quelle condizioni gli piacesse; quello di cui era certo era che rivoleva Kiyoomi e le attenzioni che gli rivolgeva nella sua vita.  

Sospirò. 

"Tu puoi mordermi." Ripeté con più consapevolezza. "Se è stata la tua preoccupazione per me a tenerti lontano in questi giorni... Sì, ecco, se è il mio consenso che vuoi, ce l'hai." Kiyoomi si scostò appena dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi. 

"Non sei costretto a farlo. Puoi dirmelo se non vuoi che beva più il tuo sangue." Atsumu soppesò se dirgli che in effetti non voleva. Era sicuro che Sakusa non l'avrebbe ucciso per questo. Nel peggiore dei casi l'avrebbe tenuto ancora nel castello per avere compagnia e nel migliore l'avrebbe lasciato andare. Ma poi corsero alla sua mente le cure che il vampiro gli riversava subito dopo ogni singolo pasto, e la sua testa doveva essere messa davvero molto male, perché una volta che quelle immagini gli vennero in mente non riuscì più a farle andare via.  

"Puoi mordermi." Confermò una terza volta. Kiyoomi sorrise e Atsumu lo trovò affascinante.  

Lo baciò sulla fronte. 

"Ora pensiamo solo a farti stare meglio." 

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Capitolo 5
*** 05. ***


Sakusa 

Dopo la partenza dei tre vampiri – e soprattutto la dipartita del quarto – la vita di Kiyoomi e Atsumu riprese più serena di prima. 

Il vampiro iniziò ad essere sempre più indulgente con l'umano; il brutto episodio avvenuto con Inubushi, e più in generale l'ansia che aveva attanagliato il suo stomaco durante tutta la permanenza dei suoi ospiti non invitati, gli aveva fatto capire quanto tenesse a Miya. Voleva che il biondo stesse bene e che fosse felice, e sapeva perfettamente che il ragazzo avrebbe potuto essere entrambe le cose semplicemente lasciando che tornasse a casa da suo fratello, tuttavia il vampiro non era ancora pronto a rinunciare a lui; non voleva dirgli addio, e se lo avesse liberato non era sicuro che Atsumu sarebbe stato felice di continuare a ricevere le sue visite. Invece, rimanendo in quel castello gli occhi del biondo brillavano non appena incrociavano quelli di Kiyoomi, le sue guance si coloravano di contentezza e il suo viso si apriva in un meraviglioso sorriso. Sakusa era consapevole di essere egoista, ma pur di tenere Atsumu con sé era pronto a fare i conti con la propria coscienza. A volte il ragazzo si adombrava, triste di essere tenuto in gabbia o arrabbiato di non possedere più il libero arbitrio, ma Kiyoomi, in qualche modo, riusciva sempre a farlo tornare di buonumore, dunque iniziò a ripetersi che Miya con lui era felice e che stava bene mettendo a tacere qualsiasi altro pensiero.  

Un giorno, rientrato da una delle sue passeggiate notturne, il vampiro gli regalò un orologio da polso. Spesso Atsumu si era lamentato di perdere la cognizione del tempo, così Sakusa aveva voluto rimediare. Con l’orologio il corvino gli diede anche un calendario, gli indicò ora e giorno esatti ed insieme passarono il resto della giornata a ricaricare e sistemare tutti i pendoli presenti nel castello. 

Iniziò persino a portare Atsumu fuori. Si fece convincere immediatamente quando il biondo glielo chiese; quasi ogni giorno aspettavano che le ultime luci del sole sparissero e poi uscivano dal portone per vagare nella steppa circostante. 

Aprirono e spolverarono la mansarda, e lo fecero loro due personalmente, uno urlando per gli insetti e l'altro ridendo a crepapelle; comprarono un telescopio e iniziarono a studiare le stelle; dipinsero; fecero sport. Kiyoomi – chissà come – si fece persino convincere ad indossare il suo amato mantello giallo. Ringhiò alle risate di Atsumu, ma non era davvero arrabbiato. Vederlo con le gote arrossate dalle risate e gli occhi umidi di lacrime divertite non avrebbe mai potuto metterlo di malumore. 

"Sta così male con tutto il resto!!" Urlò Miya non appena si fu ripreso quel tanto da poter riprendere a parlare. Sakusa aggrottò la fronte guardandosi alla bell'e meglio, impossibilitato com'era a specchiarsi. Indossava dei vestiti semplici: una camicia bianca dalle balze larghe, dei pantaloni neri più aderenti ed un gilet vinaccio che gli fasciava i fianchi.  

"Non capisci niente." Disse convinto. "Questo mantello sta bene su ogni cosa." Fece ridere Atsumu più forte.  

La loro vita non sarebbe potuta andare meglio. Miya gli permetteva persino di bere il suo sangue. Sakusa non mancava più di chiedergli se andasse bene, ma l'altro non si era mai sottratto. 

Tutto era perfetto e Kiyoomi avrebbe fatto in modo che lo rimanesse: avrebbe tenuto Atsumu sotto la sua personale teca di vetro, lontano dal mondo, lontano dal pericolo e da ogni strana influenza che potesse convincerlo a non interagire più con Kiyoomi. Se ci aveva messo una settimana a cacciare gli ultimi quattro attentatori di quell'idillio, si ripromise che semmai qualcuno avesse riprovato a disturbarli la vita di questi sarebbe finita in pochi attimi. 

Stranamente, l'occasione si ripresentò abbastanza presto. Erano passati solo quattro mesi da quando i membri del suo vecchio nido avevano lasciato il castello quando un nuovo piccolo manipolo di scocciatori invase la loro pace. Era giorno quando lo fecero e, a differenza dei quattro vampiri di Itachiyama, i nuovi visitatori non provarono neanche per un attimo ad usare la diplomazia. Chiunque fossero, erano umani e pur di mettere piede nel maniero stavano usando un ariete. Kiyoomi e tutti i suoi servitori si limitarono ad osservare la porta che cigolava sotto i duri colpi degli invasori da una certa distanza di sicurezza, e più in particolare dal punto in cui sapevano che – in caso di sfondamento – la luce del sole non sarebbe mai potuta arrivare. Sarebbe stato facile per loro rinforzare la porta, ma non lo ritenettero necessario; chiunque ci fosse dietro quell'attacco si stava scavando la fossa a suon di colpi d'ariete. Dopo circa due ore che gli uomini sconosciuti lavoravano, Sakusa si rese conto di esserne quasi divertito. Ormai, grazie ad Atsumu, lo svago non gli mancava, ma scoprì fargli davvero molto piacere avere l'occasione di entrare in azione. Decise che si sarebbe divertito, per nulla spaventato ma quanto piuttosto eccitato all'idea di scoprire che grosso numero di essere umani avrebbe invaso (o quantomeno provato ad invadere) il suo castello.  

Ciò accadde diversi minuti più tardi ancora. I primi della fila, stremati dallo sforzo fisico che aveva richiesto far cedere la porta, si misero da parte, appoggiandosi chi ai propri compagni chi alle pareti riparati dalla luce del sole, mentre tutti gli altri – più riposati – caricarono squarciando l'aria con inutili urla di battaglia e brandendo in mano ogni genere d'arma, da paletti di legno (inutili dal momento che non avrebbero mai potuto superare la sua pelle di marmo), ad asce, a lance, a fucili. 

Kiyoomi sorrise osservando la scena, non degnando gli uomini rimasti alla luce del sole neanche di uno sguardo per concentrarsi su quelli che stavano invadendo l’ingresso. Questi non avevano che il tempo di mettere piede all'ombra che i suoi servitori li ghermivano per farli a pezzi. Sakusa aveva loro vietato nel modo più assoluto di ferire Atsumu, ma non si sarebbe mai sognato di negare a qualsiasi vampiro il bottino della caccia. Chiunque afferrassero, spettava a loro. 

Prima di gettarsi lui stesso nella mischia si voltò verso Atsumu. L'aveva sentito raggiungerlo dalla sua stanza diverso tempo prima, ma non essendoci motivo per ordinargli alcunché aveva lasciato che osservasse la scena. Adesso, però, la sua incolumità andava salvaguardata: 

"Torna nella tua stanza, Atsu." Non attese risposta. Si voltò verso gli invasori e raggiunse i suoi servi per divertirsi insieme a loro. 

Come gli altri vampiri, decise di prendersela con calma. Se non si fossero trattenuti tutto il divertimento sarebbe finito all'istante. A volte facevano credere a qualche umano di averli colpiti, altre – verso coloro che tentavano di ritirarsi al sole – di essere arrivati alla salvezza, solo per stroncare tutte le loro speranze all’ultimo istante trapassando il loro corpo con gli artigli o squarciando le loro gole con i denti. Avevano provato a invadere casa sua, sfondando la porta e attaccando con l'intento di ucciderlo. Sakusa non si sentì minimamente in colpa quando sottrasse a ognuno di loro la vita. 

Lasciò che i membri più promettenti del gruppo si insinuassero nel castello. Qualcuno di loro – persino – arrivò a schiodare qualche tenda, ma per Kiyoomi ed i suoi attendenti non fu un problema evitare i fasci di luce che penetrarono all'interno. 

Qualche ora e la notte sarebbe calata. Kiyoomi avrebbe aspettato quel momento per iniziare a fare sul serio. Voleva leggere la più totale disperazione sui volti dei pochi umani rimasti, consapevoli, a quel punto, che insieme al sole tramontava ogni loro pur minimo barlume di speranza di uscirne vivi. 

Cosa avevano creduto di poter fare quando avevamo deciso di attaccare il castello? Erano stati persuasi da una ricompensa in oro o solo raggirati da belle parole sul dovere degli umani contro l'immoralità dei mostri come lui? A cosa o a chi dovevano le loro sciocche, inutili morti? Sebbene curioso, il corvino non avrebbe lasciato nessuno in vita che potesse rispondere ai suoi quesiti. Qualsiasi fosse stato il motivo che li aveva spinti a farlo, quegli umani avevano dubitato della sua forza, e per questo sarebbero tutti morti a memento per chiunque altro. 

Erano rimasti in pochi, ormai, quando sentì un urlo molto familiare. I suoi occhi si spalancarono e una morsa gli calò sul cuore al pensiero che gli fosse successo qualcosa. Gli aveva detto di tornare nella sua stanza! Perché non l'aveva fatto? 

Quando si voltò verso quel suono capì tutto: un uomo identico ad Atsumu era stato afferrato da uno dei servitori di Kiyoomi. Era suo fratello. Il biondo corse verso il suo parente mentre il vampiro – forse sorpreso – arrestò il suo attacco per limitarsi a trattenere l'altro Miya. Sakusa sapeva bene come uno della sua specie potesse reagire se qualcuno tentava di sottrar loro la preda, dunque scattò verso Atsumu e lo afferrò per il polso in modo che non si avvicinasse al suo pericoloso servitore.  

"Lasciami!" Urlò Atsumu senza neanche guardalo; prese a dibattersi, a lottare come un animale. "Lasciami andare! Samu! Samu!!" La voce del ragazzo diventò roca in fretta mentre suo fratello rispondeva con lo stesso tono disperato "Tsumu!!". 

Il biondo iniziò a respirare affannosamente, con gli occhi sbarrati annegati nella disperazione più totale. 

"Samu!" Disse ancora una volta, poi si voltò verso Kiyoomi. "Il nostro patto!" Disse, quasi respirando di sollievo alla vista di una soluzione. "C'è ancora il nostro patto. Devi proteggerlo. Tu devi proteggerlo! Sono qui per questo!" Sakusa lo sapeva. Non l'aveva dimenticato. Eppure, le parole di Atsumu ebbero solo il potere di farlo arrabbiare. Mostrò i denti e un ringhio rabbioso iniziò a scaturirgli dalla gola.  

Atsumu era lì per quello. In qualche modo il vampiro era riuscito a convincersi che il biondo vivesse in quel castello per stare insieme a lui. Con quella frase, quella richiesta, quell'ordine implicito perfino, il ragazzo aveva riportato il loro rapporto indietro di anni.  

Aveva ragione: Atsumu era lì in cambio della promessa di Kiyoomi di proteggere suo fratello, ma il corvino rimaneva furioso. 

"Il patto era che in cambio tu obbedissi ad ogni mio ordine." Disse in un rantolo, facendo paura quasi anche a se stesso. "Ti avevo detto di andare in camera tua, e invece sei qui." In un picco di irritazione, Sakusa strinse un po' troppo la presa sul polso di Atsumu, che di istinto portò la mano libera a stringere la sua tentando di alleggerire la sua morsa. 

"Mi dispiace!" Ansimò. E poi ancora: "Mi dispiace! Mi dispiace! Farò il bravo, lo giuro! Tutto quello che vuoi, come sempre! Ma ti prego, ti prego rispetta la tua parte dell'accordo." 

Kiyoomi ringhiò ancora. "La mia parola è legge, Atsumu."  

L'altro annuì velocemente. Il vampiro aspettò qualche altro secondo. Nessuno osò più muoversi nel castello. I pochi umani superstiti tremavano sul posto, Atsumu respirava affannosamente, e il servitore che stringeva il secondo Miya attendeva le sue istruzioni. 

"Ti lascerò andare." Disse Sakusa ad Atsumu. "Sta' fermo." Gli intimò. Il biondo deglutì sonoramente, ma quando Kiyoomi mollò la presa, le sue membra rimasero immobili. 

A quel punto il corvino si voltò verso l'attendente. 

"Atsumu ha ragione. Lui non puoi averlo." Fece cenno verso il primo umano che gli capitò sotto gli occhi. "Fa di quell'altro tutto ciò che vuoi." 

"No!" 

Quelle due lettere furono esclamate dai due gemelli contemporaneamente mentre il vampiro lasciava andare il fratello di Atsumu per avventarsi sulla sua nuova vittima. Di nuovo, il suo attendente si ritrovò a fermarsi. Strinse gli occhi in due fessure e guardò verso Atsumu ringhiando tra i denti. Fino a quel momento nessuno dei suoi servitori si era permesso di minacciare così apertamente una sua proprietà, ma le circostanze lo giustificavano e Kiyoomi non gli rimproverò niente. Sospirò, invece, e cercando di tenere a bada i nervi si voltò a sua volta verso Atsumu. 

"Cosa." 

"Ah--!" Sussultò questi, consapevole – probabilmente – di aver raggiunto il limite della pazienza del corvino. "M-mi dispiacere è che..." Deglutì facendo saettare lo sguardo da Sakusa a suo fratello all'altro uomo. 

"Sunarin... Per favore, non Sunarin."  

Kiyoomi rise freddamente. "Vuoi prendermi in giro?" Quasi urlò in un moto di rabbia. "Non detti tu le regole in questo castello. O ti ho mai dato l'idea che fosse il contrario?" 

"N-no! Certo che no! Lo so. Mi dispiace, ma ti prego." La voce di Atsumu tremava così come ogni fibra del suo corpo. Tuttavia, a suo merito, Sakusa notò che non si era mosso minimamente, come il suo ordine di poco prima impartiva. 

"Tuo fratello ha la mia piena protezione. Non c'è spazio per la trattativa, nel nostro patto." Guardò il suo servo, e stava giusto per dirgli che era libero di procedere quando Atsumu gli parlò sopra. 

"Mio fratello e Sunarin si amano!" Urlò parlando in fretta. "Conosco Osamu e so che se sono entrambi qui è solo per me. Deve essere stato mio fratello a organizzare l'attacco. Se Sunarin dovesse morire, Samu si addosserebbe la colpa."  

Kiyoomi ghignò divertito di quel debole tentativo di difesa. 

"Arriva al punto." 

"Hai promesso che Samu sarebbe stato bene, ricordi? Che sarebbe stato bene e al sicuro. Ma non starà bene se Sunarin non torna a casa insieme a lui." Il biondo finì di parlare e poi continuò a fissarlo con grossa aspettativa. Kiyoomi era stanco di scendere a patti con lui. Sarebbe bastato un cenno del capo verso il suo servitore e non avrebbe più dovuto pensarci. Che Atsumu fosse felice o no di quella situazione, non avrebbe avuto altra scelta che accettarla. Fare i conti con la coscienza era snervante, lo odiava e in effetti non doversi fare scrupoli di alcun tipo era la cosa che più aveva amato da vampiro. Stava proprio per condannare a morte quello sconosciuto che il biondo chiamava Sunarin quando Atsumu parlò ancora, e la sua voce venne fuori così malinconica che annientò ogni parvenza di malvagità del corvino. 

"È il mio migliore amico..." Sussurrò, spezzato.  

Sakusa fissò i suoi occhi castani a lungo. Era arrabbiato con lui, arrabbiato con tutti. Odiava sapere che Atsumu l'avrebbe lasciato senza pensarci due volte per quegli uomini, e soprattutto odiava sapere di essere alla mercé dei sentimenti di quel ragazzo che lo fissava con speranza. Sebbene avesse diversi secoli di esperienza alle spalle, quelle sensazioni erano totalmente nuove per lui e non sapeva cosa farne. Quello che sapeva era che non voleva che Atsumu soffrisse, non in quel modo. 

Kiyoomi resistette solo un attimo ancora, prima di cedere alle richieste di Miya.  

"Bene. Anche lui se ne andrà incolume."  

"Ma Sire!" 

Sakusa spalancò gli occhi, indignato e furioso. 

I membri della servitù presenti nel castello erano al suo servizio da più di un secolo. Centosessant'anni, arrotondando. Nell'arco di tutto quel tempo, mai, nemmeno una volta, uno di loro aveva osato proferire parola in sua presenza. Era stata una regola che aveva posto sin dall'inizio. Esigeva silenzio assoluto e quindi che i suoi lavoratori non parlassero in sua presenza. Nessuno aveva osato ribattere, né – aveva pensato – avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.  

Sakusa guardò il vampiro che aveva parlato con occhi che brillavano di verde e un ringhio minaccioso che gli usciva dalla gola. L'altro si inchinò profondamente, desolato per quanto accaduto. Poi il padrone di casa si rivolse a tutti i suoi servi. 

"Questi due uomini hanno l'immunità." Disse. Poi si rivolse ad Atsumu: "Non osare chiedermi più niente, Atsumu. Tutti gli altri umani morranno adesso." Solo a quel punto i diretti interessati ripresero a farsi sentire. Probabilmente fino a quel momento avevano sperato che la strana indulgenza del mostro si sarebbe riversata anche su di loro, ma in quel momento capirono che così non sarebbe stato; dunque, iniziarono chi a tentare la fuga, chi a piangere disperato, chi a riprendere a combattere, mentre la maggior parte di loro strisciò verso Atsumu. Rantoli di "ti prego...", "convincilo" e "salvaci" si mescolarono l'uno sopra l'altro. Il biondo non si mosse, mentre quando fu il fratello di questi a provare a farlo, uno dei servitori di Kiyoomi intervenne per trattenerlo. Al corvino sarebbe bastato un ordine per mettere a tacere tutti quei lamenti, ma doveva impartire una lezione ad Atsumu e quella era la situazione perfetta per farlo, dunque aspettò. C'erano lacrime sugli occhi del biondo e tremore su ogni parte del suo corpo. Infine, sconfitto, distolse lo sguardo da chiunque, chiudendo gli occhi e voltando il capo verso il basso. Sakusa mormorò soddisfatto, poi alzò due dita e mise fine a tutta quella miseria. 
 

••• 
Miya 

I rantoli degli uomini impauriti e feriti intorno a lui cessarono in un attimo. Atsumu aveva appena distolto lo sguardo da loro quando sentì una leggera brezza e poi il più assoluto dei silenzi. Riaprì gli occhi con paura e davanti a lui non trovò altro che devastazione. Diverse paia di occhi dallo sguardo ormai spento lo stavano ancora fissavano; in gola un grido che non sarebbe mai più uscito. Poi Atsumu si voltò verso Osamu e Rintaro e sospirò di sollievo nel vederli entrambi sani e salvi.  

Erano senza parole anche loro. Sconvolti, tristi, arrabbiati, impauriti. Ma – come era stato per lui – tutto quello passò in secondo piano non appena incrociarono lo sguardo di Atsumu. Il biondo avrebbe voluto abbracciarli e non lasciarli più andare; correre da loro ed annegare le lacrime che stava a stento trattenendo sulle loro spalle. Ma non lo fece. Non poteva. 

"Non chiedermi più nulla" aveva imposto Kiyoomi. Il vampiro sarebbe potuto venire meno al loro patto dopo che lui aveva infranto l'ultimo ordine che gli aveva dato, invece non solo aveva protetto Osamu, ma esteso anche quella protezione a Suna. Che diritto aveva di chiedergli di più? "Sta' fermo" gli aveva ordinato, e in quel modo lui rimase. 

Il sole era ormai scomparso e i servitori di Sakusa si adoperarono subito per smaltire i cadaveri portandoli fuori. Uno di loro si avvicinò ai suoi due amici e iniziò a spingerli verso la porta abbattuta, e fu in quel momento che Osamu iniziò a protestare. 

"No! Lasciami! Tsumu!!" Lo chiamò. Il biondo scosse la testa con energia. 

"Non farlo arrabbiare." Pensò. "Non mettere alla prova la sua pazienza." Ma suo fratello, di solito così bravo a leggergli nel pensiero, non sembrò carpire il suo avvertimento silenzioso. 

"Non posso andarmene! No!" Continuò invece a sbraitare. "Non senza prima averti detto addio!!" A quelle parole, le lacrime vinsero su Atsumu e iniziarono a scendere copiose sulle sue guance, ma – di nuovo – non osò muoversi di un passo né fiatare, quindi suo fratello si voltò verso Sakusa. 

"Ti prego." Disse. "Solo un saluto." Atsumu trattenne il fiato; voltò il capo ed incrociò lo sguardo con Kiyoomi. I suoi occhi erano tornati del loro bel nero ossidiana; la mascella era ancora serrata per l'irritazione, ma le sue spalle apparivano rilassate. 

Si guardarono per degli attimi interminabili. Poi, semplicemente, il vampiro voltò a tutti le spalle e sparì al piano di sopra. Tutti lessero quel gesto nell'unico modo possibile; i servitori continuarono ad occuparsi dei corpi senza vita degli esseri umani, e quello di loro che stava trattenendo Osamu e Rintaro li raggiunse per aiutare. Subito i due scattarono verso di lui e prima ancora che potesse realizzarlo Atsumu era inginocchiato sul pavimento tra le loro braccia. Fu indescrivibile il calore che provò a quel gesto. Se prima era stato vittima di lacrime silenziose, adesso il suo corpo era scosso violentemente da grossi singhiozzi e quasi non riusciva a respirare tanto forte era il suo pianto. Non sapeva se gli altri fossero nella sua stessa situazione, il mondo intorno a lui era troppo appannato per riuscire a capire qualsiasi cosa; sapeva solo che la loro stretta era ferrea, tanto che arrivò a chiedersi persino se la forza dei vampiri sarebbe stata sufficiente a separarli. Lo era, ovviamente, ed Atsumu lo capì l'attimo immediatamente successivo. Era per questo che – con la morte nel cuore – avrebbe dovuto convincere suo fratello e il suo migliore amico a lasciarlo andare prima che i succhia-sangue perdessero la calma. 

"Non potete rimanere qui." Riuscì a dire, a fatica, molti secondi dopo. Sentì il capo di Osamu sulla sua spalla scuotersi con forza in segno di diniego. 

"No. No. Non posso. Tsumu, non posso andarmene senza di te."  

"Samu..." Riuscì a sussurrare il biondo, a un tratto più lucido di poco prima. "Non puoi rimanere qui." Decise di ripetere. "Kiyoomi non te lo permetterà e io non voglio che l'accordo che ho stretto con lui venga infranto." 

"Fanculo l'accordo!" Sbraitò l'altro, interrompendo l'abbraccio solo per poterlo guardare negli occhi. I suoi, come quelli di Atsumu, erano infranti dalla tristezza ed annegati in un mare di lacrime.  

"Non possiamo permettere che ti tenga prigioniero qui! Non possiamo--" 

"Non possiamo fare niente, Samu!" Urlò lui di rimando. "Non ti è bastato vedere cosa è successo agli altri!?" Il cuore di Atsumu si chiuse in una morsa anche solo nel nominarli. Aveva conosciuto alcuni di loro. Il paese in cui lui e suo fratello erano cresciuti era piccolo e gli era capitato più volte di interagire con quegli stessi uomini e donne che ora giacevano a pezzi fuori dalle mura del castello, gettati lì con noncuranza alla stregua di rifiuti che presto avrebbero iniziato a puzzare. 

"Non dovrai mai più tornare qui. Mai più!" Ma Osamu si rifiutava, e imperterrito continuò a scuotere la testa. Quindi Atsumu prese un profondo respiro ed afferrò le mani di suo fratello nelle sue.  

"Samu, mi sei mancato così tanto. Mi manca stare con te e Sunarin, mi mancano i tuoi insulti, mi manca picchiarti come risposta. Mi manca la nostra casa e mi manca la luce del sole. Mi mancano così tante cose..." Ammise. "Ma ne ho trovate anche altre qui al castello con Kiyoomi. So che è difficile da credere, ma ho trovato pace nella mia situazione. Lo capisci? Omi è buono con me. Dico davvero." 

"Omi!?" Chiese con sdegno Osamu. Poi gli mise una mano sotto il mento e gli scostò il volto per esporgli il collo. 

Atsumu sapeva bene come apparivano le ferite dei morsi su di lui: in parte rosse, in parte viola e in parte nere, rendevano tutta quella zona della sua pelle una tela astratta e dall'aspetto macabro. 

Atsumu afferrò la mano di Osamu con delicatezza e rimise la testa dritta. 

"Non è niente." Disse. E – dopo più di due anni ad abituarsi a quel piccolo fastidio perenne – era più che sincero nel dirlo. 

Le lacrime si erano finalmente attenuate ed entrambi sembravano essersi calmati. Il biondo tornò ad abbracciare suo fratello. Lo strinse forte e ne fece incetta. 

"Va tutto bene." Osamu tentò di liberarsi dalla sua stretta, ma Atsumu la rinforzò impedendogli di ritirarsi. "Sto bene, Samu, e voglio che lo stia anche tu. Devi riprendere a vivere, dico davvero. Di chiunque sia stata l'iniziativa di oggi non deve ripetersi. Non puoi vincere, l'hai capito, vero?" Suo fratello non rispose, ma afferrò la stoffa dei vestiti di Atsumu e strinse i pugni con disperazione mentre tornava a singhiozzare. 

Era un sì. 

Il biondo sospirò rasserenato, ma volendo essere sicuro che Osamu non si sarebbe mai più messo in pericolo aggiunse: 

"Se tornerai, Sakusa mi ucciderà. Ucciderà Suna e solo per ultimo ucciderà te. Vai avanti con la tua vita, Samu. Ti prometto che io andrò avanti con la mia." I singhiozzi dell'altro aumentarono, quindi Atsumu sciolse l'abbraccio e sollevò una mano per asciugargli le lacrime. "Posso farlo, sai?" Gli disse. "Andare avanti con la mia vita, intendo. Omi è gentile con me e insieme ci divertiamo. A volte non mi piace quando beve il mio sangue, ma è solo un piccolo prezzo da pagare per la nostra più totale protezione, non trovi?" Gli asciugò altre lacrime, infine si voltò verso Suna e sorrise abbracciando anche lui. 

"Non lasciare che faccia stupidaggini." Sussurrò solo al suo indirizzo. "Prenditi cura di lui." Percepì il movimento della sua testa che annuiva e per lui fu sufficiente. 

Si alzarono. Poi Atsumu incrociò lo sguardo con uno dei servitori che si avvicinò e riprese a spingere gli altri due verso la porta come pochi minuti prima stava facendo il suo collega. Atsumu non riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi amici che se andavano e lo stesso fu per Osamu che continuava a guardarsi indietro piangendo, proseguendo solo grazie alla mano di Rintaro che lo guidava. Il biondo si sforzò di sorridere finché non sparirono alla vista. Infine, si mise una mano sulle labbra e soffocò un urlo sul proprio palmo. Pianse ancora un po', ma poi si ricompose; si voltò e iniziò a salire le scale.  

Doveva affrontare Kiyoomi. 

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Capitolo 6
*** 06. ***


Sakusa 

Atsumu lo raggiunse nella sala del pianoforte. Kiyoomi stava suonando con zelo una delle sue sinfonie preferite, dunque per il ragazzo non fu difficile trovarlo. Quando arrivò non lo disturbò, né lui interruppe la sonata. Fu solo quando l'ebbe finita che invece si voltò verso il biondo. Questi era ancora appoggiato allo stipite della porta e, quando i loro sguardi s'incrociano, gli sorrise con aria triste; aveva gli occhi ancora umidi e il naso arrossato, eppure emanava forza e sicurezza, le stesse – in effetti – che avevano fatto in modo che a Kiyoomi piacesse all'istante. 

"Non arriverei mai a uccidere te, il tuo amico e tuo fratello, semmai dovessero ritornare." Atsumu non fece una piega alla scoperta che Sakusa doveva aver ascoltato tutta la sua conversazione con il parente. Invece sbuffò una risata. 

"Lo so." Disse, e prese ad avvicinarsi. "Ma era l’unico modo per convincerlo a non tornare." Quando gli fu vicino abbastanza, i suoi movimenti iniziarono a farsi più timidi. Guardò in basso e prese a martoriarsi le mani tra di loro. 

"Mi dispiace se ti ho fatto arrabbiare." Sussurrò. "Non era mia intenzione, credimi." Concluse. Poi si morse il labbro a disagio. 

Il corvino si ritrovò a sospirare. Atsumu l'aveva fatto arrabbiare, sì. Tutta quella situazione l'aveva innervosito, e anche se stava tentando di tenere a bada l'umore, c'erano attimi in cui quasi non resisteva alla propria ira. Guardando Atsumu, risentiva nella propria testa le sue parole: "Sono qui per questo". Il risentimento di Kiyoomi verso Miya era perlopiù ingiustificato, ma ugualmente forte. Quando quei sentimenti rischiavano di sopraffarlo, però, ripensava alle frasi che aveva origliato, quando il biondo aveva detto a suo fratello che Kiyoomi era gentile con lui e che insieme stavano bene. Il vampiro non aveva trovato traccia di menzogna nel suo tono e nel suo battito cardiaco e così la sua collera diminuiva. 

Si alzò dallo sgabello imbottito del pianoforte e raggiunse Atsumu. Sebbene stesse cercando di non rimanere arrabbiato, al momento lo era, e voleva assicurarsi che la cosa non si ripetesse.  

"Non mi piace quando mi disubbidisci, Atsu." Questi annuì velocemente per dar segno di aver capito. "Inoltre ti basta chiedermi le cose. Non hai bisogno di sfidarmi." Si riferiva al modo in cui Miya aveva rigirato le sue parole di due anni prima per fare in modo che "Sunarin" rientrasse nel patto, e da come il biondo sussultò dovette averlo capito.  

"Credevo di piacerti proprio perché ogni tanto ti sfido, Omi." Ridacchiò l'umano nervosamente in risposta, ma se a Sakusa sarebbe potuta piacere quella replica in qualsiasi altro momento, in quell'istante non lo fece. Si ritrovò a ringhiare sommessamente ed Atsumu trasalì, tuttavia l'umano si riprese in fretta, infatti fece un passo in avanti e con presa leggera afferrò le vesti di Kiyoomi.  

"Scusa." Disse. "Non essere arrabbiato con me." Sakusa si calmò, ma era bel lungi dal non essere più arrabbiato con Atsumu quando – a sorpresa – questi espose il collo di propria iniziativa, raggiunse la nuca del vampiro con una mano e spinse le sue labbra verso la propria gola.  

Kiyoomi deglutì sonoramente. Era la prima volta che Atsumu faceva il primo passo. Sakusa non sapeva se fosse semplicemente per rabbonirlo o perché volesse riappacificarsi del tutto con lui. Dubitava che al ragazzo piacesse essere morso, ma sapeva anche con assoluta certezza che amava essere curato subito dopo. Forse quel morso serviva a Miya tanto quanto a lui. 

Respirò a fondo, gettando il proprio fiato sulla pelle marchiata di Atsumu e facendola divenire d'oca. Si leccò le labbra, espose i denti e li affondò in Miya. Il biondo si strinse più forte a lui soffocando un gemito di dolore nella sua spalla. Kiyoomi lo abbracciò e continuò a bere ritirando i denti e poggiando su Atsumu solo le proprie labbra. Bastò una sola goccia del sangue del biondo perché un forte desiderio invadesse tutto il corpo del vampiro. La stretta intorno alla vita del ragazzo si fece più ferrea, i sorsi del corvino più ampi e rapidi, e una confortevole sensazione di calore iniziò a farsi largo nel suo petto. 

Quando Kiyoomi capì che forse stava esagerando, si fece indietro leccando i rivoli di sangue che avevano tentato di fuggire alla sua bramosia scendendo lungo il corpo di Atsumu. Si accorse che le membra di questi erano più deboli, ma il ragazzo riuscì comunque a ricambiare il suo abbraccio e – cosa nuova – a continuare ad accarezzarlo sulla nuca, dove la sua mano era rimasta. I suoi occhi castani erano languidi ed il suo sorriso di un malinconico contento. Sakusa non ci rifletté molto, semplicemente si sporse in avanti e poggiò le proprie labbra su quelle di lui. Dapprima il ragazzo si irrigidì, sorpreso e probabilmente confuso da cosa quel bacio potesse voler dire per loro, ma infine ricambiò, rilassò i propri arti abbandonandoli alle braccia di Kiyoomi che li stinse e li sorresse.  

Le labbra di Atsumu erano macchiate di rosso quando Sakusa le lasciò andare per tornare a succhiare dal suo collo. Bevve finché non raggiunse l'apice del piacere, e quando il corpo di Miya cedette alla spossatezza il vampiro lo raccolse per portarlo a letto. 

Atsumu aveva disubbidito a un suo ordine, ma ciò che era avvenuto quel giorno non era stata colpa sua, ed il fatto che a volte si sentisse libero di agire come voleva, in fin dei conti, non poteva essere che indice di quanto il ragazzo si trovasse a suo agio insieme a lui. Solo pochi minuti prima Atsumu gli aveva detto che credeva di piacergli perché ogni tanto lo sfidava, ed in effetti era proprio così. Miya non aveva fatto nulla di male e Sakusa non avrebbe mai potuto rimanere arrabbiato con lui un minuto di più. 

 

••• 
Miya 

Atsumu si svegliò con lentezza. Non ricordava di essersi addormentato, ma sapeva di aver perso molto sangue la sera prima e – conoscendo ormai bene quella sensazione – evitò di fare movimenti azzardati. Gli girava la testa, quindi tenne gli occhi chiusi e tentò di capire la propria situazione. Era a letto, sotto le coperte, ed indossava abiti comodi, probabilmente il pigiama. Il collo gli pulsava e qualcosa di freddo gli stava toccando il petto. Aprì gli occhi, abbassò lo sguardo e capì che erano le braccia di Kiyoomi che lo circondavano. Atsumu non poté fare a meno di irrigidirsi. Erano ormai più di due anni che abitava in quel castello e in quel lungo arco di tempo più volte era capitato che il vampiro rimanesse a coccolarlo dopo aver bevuto il suo sangue finché lui non si fosse addormentato. Mai, però, era capitato che Atsumu si risvegliasse tra le sue braccia. 

Diede un'occhiata all'orologio da comodino che aveva accanto e scoprì che era giorno: avevano passato tutta la notte in quel modo.  

"Sei sveglio." Disse Kiyoomi. Miya deglutì, non sapendo bene come comportarsi. Gli era sempre piaciuto che il corvino si prendesse cura di lui dopo il pasto, ma quella situazione era del tutto nuova, e poi c'era stato quel bacio... 

Si voltò tra le sue braccia per poterlo guardare negli occhi. 

"Buongiorno..." Disse con voce arrochita dal sonno. Sakusa gli sorrise. Quel succhia-sangue era la ragione per cui Atsumu si trovava tra quelle mura e non a casa propria con suo fratello, maledizione! Come poteva trovare quel sorriso tanto adorabile? 

"Sei stato con me tutta la notte?" 

"Non avevo niente di meglio da fare."  

Il biondo sospirò, in parte contento e in parte agitato. 

"Non sei arrabbiato con me?" Volle chiedergli. Per tutta risposta Kiyoomi si avvicinò a lui, poggiando una mano vicino al suo capo e schiacciandolo per metà con il proprio peso. 

"No." Gli rispose a pochi millimetri dalle sue labbra, poi lo baciò di nuovo. Atsumu aprì le labbra permettendo alla lingua di Sakusa di scivolare dentro la sua bocca; incontrò i suoi canini affilati, ma quando questi morsero leggiadri le sue labbra non gli fecero nulla. Il battito di Miya accelerò e il ragazzo non riuscì a capire se trovasse tutto quello romantico o inquietante. Kiyoomi interruppe il bacio, mormorò contento e tornò ad abbracciare Atsumu seppellendo il volto nella sua spalla. La sua pelle diventò d'oca e un forte brivido gli partì dal collo per irradiarsi su tutto il resto del suo corpo. Avrebbe potuto essere il freddo o i riccioli neri del vampiro che gli formicolavano la pelle, ma in realtà Atsumu sapeva bene essere per i denti dell'altro così vicini al suo punto più dolente. Di solito Sakusa evitava di morderlo a distanza di poche ore, e se proprio sentiva la necessità di farlo cambiava punto di spillatura, dunque Atsumu tentò di calmarsi, respirando a fondo e rilassando i muscoli. Abbracciò di rimando il vampiro cercando di godersi quel segno d'affetto ma riuscendo al contrario solo a paragonarlo con quello avuto alcune ore prima con Osamu e Rintaro. Il loro abbraccio era stato caldo, rassicurante e pieno d'amore, mentre in quello di Kiyoomi trovò freddo, ansia e senso di possesso. Forse trattandolo in quel modo Sakusa voleva fargli capire che gli voleva bene, ma se fosse stato veramente così l'avrebbe lasciato andare.  

Con rabbia, Atsumu strinse nei propri pugni le vesti di Kiyoomi. Il vampiro era prepotente, pericoloso e ipocrita, ma il biondo non avrebbe mai potuto dirglielo. Decise di mantenerlo di buonumore, invece; consapevole che puntando i piedi non avrebbe ottenuto nulla. 
 

In realtà, si disse diverse ore più tardi, il vampiro non era tanto male. L'umore del ragazzo continuava a passare da arrabbiato a confuso a stranamente felice. C'era da dire che Kiyoomi si impegnava parecchio per farlo stare bene, quindi – sebbene consapevole della propria situazione e di chi ne fosse il responsabile – cercò di rimanere positivo. 

Passarono diversi mesi, ma nonostante i suoi sforzi il biondo non riuscì a tornare ad avere l'atteggiamento spensierato di un tempo. Lui e Sakusa ripresero a sfidarsi a scacchi, a suonare insieme il pianoforte, a parlare delle cose che amavano di più, ma laddove prima vi erano solo divertimento e risate, adesso con rabbia Atsumu ricordava a se stesso di essere un prigioniero. La cosa peggiore era che il vampiro gli piaceva sinceramente, e sarebbe pure tornato spesso a fargli visita se solo questi gli avesse permesso di decidere della propria vita. Ma il fatto era proprio quello: Kiyoomi non gli lasciava decidere nulla. I suoi servitori sapevano quando svegliarlo, quando lavarlo, quando cibarlo. Atsumu godeva di una pseudo libertà di scelta per tutto il resto: la maggior parte delle volte era lui a scegliere l'attività da svolgere insieme a Kiyoomi, ma questo cosa lo rendeva se non un innocuo animale domestico da assecondare e coccolare a proprio piacimento? 

In quei momenti ripensava all'amico di Inubushi Higashi e a quanto fosse stato sciocco da parte sua definire Sakusa il suo cagnolino. In quel frangente, risalente ormai all'anno precedente, Kiyoomi l'aveva protetto all'istante, ma questo certo non perché Miya fosse in grado di dargli ordini. 

L'aveva protetto però, . E aveva risparmiato Suna, ed ogni volta che voleva cibarsi di lui gli chiedeva il permesso, e si assicurava che non si annoiasse, che mangiasse bene, che i suoi servitori non fossero troppo brutali mentre gli strofinavano via lo sporco dal corpo. Iniziò persino a portargli doni dalle sue passeggiate notturne, e in ognuno di loro Atsumu poteva riconoscere un dettaglio che gli indicasse quando Kiyoomi lo conoscesse bene. 
La rabbia del biondo non fu mai in grado di sparire del tutto, ma iniziò a stemperarsi. I morsi del vampiro si fecero sempre più delicati, i suoi baci più frequenti. 

Era ancora arrabbiato. 

Era ancora arrabbiato. 

A volte gli occorreva ripeterselo più volte per convincersene, finché a un certo punto iniziò a diventargli quasi impossibile. 

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Capitolo 7
*** 07. ***


Sakusa 

Dopo la "visita" inaspettata di suo fratello, Atsumu ci aveva messo un po' per riprendere la vita di tutti i giorni. Non era stato difficile per Sakusa notare quanto l'atteggiamento del ragazzo nei suoi confronti fosse cambiato. Era come se un’ombra, grande e minacciosa, si fosse stesa sopra il loro rapporto. Il vampiro aveva pensato spesso a come poterla fare andare via, arrivando quasi sempre alla conclusione che l'unica soluzione fosse quella di permettere ad Atsumu di fare visita liberamente alla sua vecchia casa, ma immediatamente dopo la parte più egoistica e vigliacca di lui gli faceva cambiare idea. Se era bastato qualche minuto insieme a Miya Osamu per fare allontanare Atsumu da lui, Kiyoomi tremava all'idea di cosa intere giornate in sua compagnia avrebbero potuto portare. Tempo fa si era ripromesso di proteggere Atsumu sotto una teca di vetro, sapendo bene – in realtà – che sotto quella teca stava mettendo la sua relazione con l'umano, ma se aveva pensato di aver fatto grandi passi in avanti con lui, i giorni immediatamente successivi al tentato attacco degli umani lo fecero ricredere. Non era ancora pronto a lasciare quella libertà ad Atsumu, ma questo non voleva dire che non volesse renderlo felice. 

Sapeva che il biondo odiava leggere, quindi iniziò a scegliere i libri che sapeva per certo che gli sarebbero piaciuti e iniziò a leggerli ad alta voce per entrambi; sapeva che la musica moderna lo aggradava di più, quindi si procurò gli spartiti e iniziarono a studiarla insieme per poterla riprodurre; sapeva che gli piaceva ridere, quindi si lasciò trasportare sempre più spesso in discussioni frivole e piene di insulti rozzi e fantasiosi che Kiyoomi neanche capiva appieno; sapeva che amava passeggiare, quindi iniziò a portarlo sottobraccio sotto le stelle; sapeva che gli piaceva danzare, quindi fece in modo di ottenere il nuovissimo grammofono e iniziarono a farlo nell'intimità del loro salotto preferito, frac elegante, scarpe di vernice e mantello giallo per il loro primo ballo insieme. 

"Ti porto fuori." Gli disse una sera. Gli ultimi raggi di sole stavano scomparendo dietro l'orizzonte ed il cielo era terso. Non c'era attimo migliore per farlo. 

Il biondo sorrise. "Fuori?" Chiese. "Dove andiamo?" Fino a quel giorno Kiyoomi l'aveva accompagnato solo in luoghi deserti con nient'altro che le loro voci e quelle degli animali notturni a rompere il silenzio, ma per la loro nuova gita aveva in mente qualcosa di diverso. Gli afferrò una ciocca ribelle di capelli biondi che gli coprivano il viso e gliela sistemò di lato, poi sorrise. 

"È fine marzo. Voglio portarti ad Osaka e farti vedere i ciliegi in fiore." 

Gli occhi di Atsumu, subito, si illuminarono ingrandendosi un po'. "Osaka?" Chiese incredulo. "Credevo non andassimo dove c'è altra gente." 

Sakusa scrollò le spalle. "E perché no." Disse. "Potremmo divertirci." 

Atsumu ampliò il sorriso. "Partiamo subito?" Kiyoomi rise del suo eccitamento. 

"Sì." Gli disse. "Ci vorranno più di cinque ore di carrozza, quindi sarà meglio non perdere tempo." A quel punto Miya si adombrò. 

"Non si farà troppo tardi poi per tornare indietro?" Una strana sensazione di felicità e orgoglio si diffuse in Sakusa. 

"Sei preoccupato per me?" Ghignò, cercando di nascondere quanto in realtà ne fosse compiaciuto.  

Il ragazzo arrossì. "No!" 

L'altro rise. "Conosco un posto lì vicino in cui potremmo passare il giorno. Torneremo qui domani." Detto ciò, il corvino diede l'ordine e la carrozza venne preparata. L'avevano già usata in altre occasioni nonostante non si fossero mai allontanati troppo, ma era la prima volta che Sakusa rifiutava il cocchiere. Invece, si mise al posto di guida – Atsumu al suo fianco – e partirono da soli. 

 
Fu all'incirca a mezzanotte che arrivarono in città. Prima che fossero tra la gente, però, Sakusa fermò i cavalli e raccolse un pacchetto che aveva incartato per Atsumu. 

"Ho una cosa per te." Annunciò. Il biondo non era estraneo ai suoi regali, ma reagì come ogni volta, sorridendo contento e vibrando impaziente di scartare il proprio dono. "Ammetto che si tratta di un regalo riciclato." Avvertì il vampiro, ma non disse altro e lasciò che Atsumu aprisse il pacchetto. Kiyoomi osservò come sempre con grande attenzione la sua espressione, non volendo perdersi per alcun motivo neanche un dettaglio della sua reazione. Le sopracciglia di Miya si sollevarono alla vista del contenuto mentre le dita scattavano ad accarezzare la stoffa appena rivelata. Si trattava di una sciarpa, raffinata ma comunque dal tessuto pesante, molto efficace contro il freddo. Era di un verde deciso, molto difficile – a dire di molti – da abbinare con altri accessori. 
"È la mia preferita." Aggiunse Kiyoomi. "Ce l'ho da moltissimi anni. Spero che non la trovi troppo rovinata." 

Atsumu assimilò l'informazione, poi chiuse gli occhi e se la portò al petto. "È perfetta, Omi. Grazie." 

Il corvino sorrise, poi afferrò la sciarpa dalle mani di Atsumu e iniziò a sistemargliela intorno al collo. Il ragazzo guardò in basso per tutto il tempo cercando di carpire i suoi movimenti. Quando Kiyoomi ebbe finito, l'altro sbuffò una risata. 

"Adesso nessuno direbbe che abito con un vampiro." Accarezzò la propria sciarpa. 

Sakusa mormorò concorde. "Era questo il suo scopo finale, ma sono comunque felice che ce l'abbia tu."  

Il biondo arrossì e non rispose per un po'. Infine, decise di stemperare l'imbarazzo. "Mi piace tanto, ma è di un verde abbagliante, Omi! Come fa ad essere la tua preferita?" Ridacchiò. 

Il vampiro mise il broncio. "È un colore bellissimo." 

"Senza offesa, ma è un colore tremendo!" 

"Se la insulti ancora me la riprendo." Fece per avvicinare la mano alla sciarpa, ma Atsumu si fece indietro stringendosela al petto. 

"Non provarci, è mia!" Kiyoomi si ritirò con aria soddisfatta, quasi avesse vinto la discussione, ma poi il biondo riprese:  

"I tuoi gusti però rimangono i peggiori." Rise. 

Sakusa ringhiò sommesso, per niente minaccioso. Si voltò e diede uno strattone alle redini per far riprendere la marcia ai cavalli. "Nessuno di voi ha gusto." Mormorò scontento riferendosi ad Atsumu, Komori, Iizuna e a tutti quelli che avevano avuto l'ardire di commentare i suoi capi d'abbigliamento. L'unica risposta di Atsumu furono altre risate, mentre Sakusa – a quella reazione – dovette nascondere le sue. 

Arrivarono in città poco dopo. Si stava facendo tardi, ma trovarono ugualmente le strade molto popolate. Atsumu fremeva accanto a lui, felice – a quanto gli parse – di essere nuovamente tra la civiltà. Kiyoomi cercò di non esserne geloso, eppure il proprio braccio si ritrovò a raggiungere la vita dell'altro, poggiandosi sulla parte bassa della sua schiena per guidarlo lungo il percorso che li avrebbe portati ad ammirare i fiori dei ciliegi. Se Miya se ne accorse, non lo diede a vedere. Erano lontani i giorni in cui si ritrovava a sussultare al suo tocco. Invece, continuò a guardarsi intorno, felice ed eccitato. C'erano coppie come loro che passeggiavano, gruppi di amici che uscivano a divertirsi, persone solitarie che tornavano a casa, e persino commercianti più audaci che vista la vita notturna della città avevano deciso di tenere aperto fino a tardi. Più si avvicinavano alla loro destinazione, più il viavai di gente aumentava. Arrivati nei pressi del giardino Nishinomaru, iniziarono a vedere petali rosa portati lì dal vento, e fu in quel momento che Atsumu perse del tutto la pazienza, afferrò la mano di Sakusa ed aumentò il passo per arrivare a vedere gli alberi. 
Come quando il biondo scartava i regali, Kiyoomi fece bene attenzione a non perdersi neanche un particolare del viso di Miya mentre la meraviglia raggiungeva i suoi occhi. Davanti a loro vi era un grande viale, lungo il quale – a intervalli regolari – vi erano lanterne dalla luce tenue, tenute sospese in aria grazie a delle corde resistenti. Dietro di queste, decine e decine di alberi in fiore coloravano tutto l'ambiente di rosa e di bianco. Un grande tappeto di petali chiari copriva il pavimento ed ovunque intorno a loro non si percepiva altro che meraviglia e felicità.  

Kiyoomi afferrò la mano di Atsumu ed iniziò a camminare. Il ragazzo era come incantato. Passeggiando, raccontò al vampiro di non aver mai visto così tanti fiori in vita sua e Sakusa immediatamente capì che se era quella l'espressione che avrebbe visto ogni volta sul suo viso davanti a quel genere di novità, allora avrebbe dovuto fargli vedere molte altre cose nuove e bellissime quanto lui.  

Passarono una notte sublime, piena di risate, chiacchiere e affetto. 

Quando il cielo inizio a rischiararsi, fu soprattutto Atsumu ad agitarsi. Da parte sua Kiyoomi conosceva ormai bene gli orari del sole ed era tranquillo, ma preferì non lasciare che Miya stesse in ansia, così guidò entrambi verso il rifugio che avrebbero usato durante la giornata. 

"Alcune notti fa ho mandato una lettera ai miei amici di qui." Spiegò il corvino ad Atsumu, che per tutta risposta lo guardò stralunato. 

"Hai degli amici oltre Komori? Strano che qualcun altro oltre noi due sopporti il tuo brutto caratteraccio." Commentò, e Kiyoomi gli diede una schicchera sulla fronte. 

Mentre il biondo si lamentava per il dolore portandosi le mani sul punto leso, Sakusa si difese: "Sono io a sopportare loro. Sono i vampiri più rumorosi e fastidiosi che io abbia mai conosciuto." Fece una pausa. "E questo include anche Motoya." Atsumu rise e lui sospirò. Poi riprese a spiegare: "La villa dove staremo è di proprietà di uno di loro. Si chiama Bokuto Koutaro ed è…" Tentennò, cercando il modo migliore per descrivere il suo amico; sbirciò verso Miya che lo stava fissando in un misto di curiosità e apprensione, quindi si affrettò a concludere per rassicurarlo. "È molto eccentrico." Disse. "Ma è anche fedele e premuroso. È innocuo, te lo garantisco. Non ti avrei mai portato da lui altrimenti, devi credermi."  

Atsumu sbuffò cercando di far passare la propria ansia per noncuranza. "Lo so, ovviamente." Disse, e Kiyoomi finse di credergli.  

"L'altro si chiama Hinata Shoyo." Spiegò ancora. "Ma si sposta sempre. Ha viaggiato per tutto il mondo, avrei voluto fartelo conoscere ma al momento si trova a Rio." Descrivere Hinata gli venne semplice: se esisteva una prova che le creature della notte potessero risplendere come il sole, quella era Shoyo. Sapeva che Atsumu avrebbe potuto trovarsi bene con lui, ed infatti semplicemente sentirne parlare lo fece visibilmente rilassare, quindi si ripromise di presentarglielo, un giorno. 

Quando arrivarono davanti alla villa di Bokuto, Atsumu si disse sorpreso che si trovasse in città.  

"Non tutti odiano la compagnia come me, Atsu. Bokuto si deprimerebbe in fretta senza nessuno di nuovo con cui parlare ogni notte." 

Il biondo scrollò le spalle. "Non mi sorprende più nulla." Disse. "Un tempo credevo che voi vampiri dormiste nelle bare." Gli ricordò, come se quello dicesse tutto. Sakusa ebbe giusto il tempo di sorridere che le porte della villa davanti a loro presero ad aprirsi.  

"Hey, Hey, Heeeyy!!" 

Kiyoomi sospirò, già mettendo in dubbio ogni sua scelta di vita. 

"Buonasera, Bokuto." Lo salutò con garbo. L'altro vampiro superò l'ingresso e corse ad abbracciarlo. Sakusa odiava il contatto fisico, ma c'era qualcosa nei grossi abbracci di Koutaro che lo facevano segretamente sentire a proprio agio.  

"Lui è Miya Atsumu." Fece le presentazioni non appena il suo amico lo lasciò andare. "Ed è--" continuò in fretta, bloccando lo scatto che Bokuto stava facendo per abbracciare il biondo "--un essere umano. Abbraccialo come fai sempre e gli spaccherai le ossa." Gli occhi di Atsumu si spalancarono comicamente a quelle parole mentre Koutaro metteva il broncio e faceva un passo indietro. 

"Entrate, allora!" Disse invece. "Vi devo far conoscere Akaashi!!" 

Vennero accolti da un grande atrio d'ingresso. La dimora di Bokuto era di più modeste dimensioni della sua, ma non per questo meno ricca. I preziosi dipinti e il raffinato mobilio, il pavimento in marmo, i grossi tappeti, le scale pregiate e i corrimani dorati, l'enorme candelabro di cristallo e i vasi preziosi non lasciavano adito a dubbi sulla fortuna del loro proprietario. Sakusa, a differenza del suo compagno di viaggi, non perse molto tempo ad ammirare quegli interni per concentrarsi invece sulla nuova figura appena apparsa dal salotto d'accoglienza. Era un ragazzo giovane, sulla ventina; aveva i capelli corvini e gli occhi di un blu intenso; indossava un kimono tradizionale e la sua postura era impeccabile. 

"Buonasera." Salutò educatamente. 

Kiyoomi strabuzzò gli occhi prima di rispondere. Non era abituato a trovare qualcuno di così mansueto sotto il tetto del suo amico. "Buonasera." Lo salutò di rimando. 

"Sono Akaashi Keiji." Fece un inchino. "Felice di fare la vostra conoscenza."  

Akaashi era un umano. Se l'odore non fosse bastato a dirglielo, l'avrebbe fatto il suo collo. Al pari di quello di Atsumu, mostrava segni arrossati o anneriti a causa del sangue pesto. Kiyoomi poteva riconoscere diversa bramosia nei solchi che si ritrovava sulla pelle, ma conoscendo Bokuto e vedendo quanto attraente fosse quel ragazzo, Sakusa non poté stupirsene. Non sapeva che Koutaro avesse preso con sé qualcuno di fisso da cui bere come lui aveva fatto con Atsumu, ma era felice che Akaashi fosse lì, in questo modo Miya avrebbe potuto parlare con qualcuno che poteva comprendere la sua situazione. 

Si presentò ad Akaashi e presentò anche Atsumu. Quando però si voltò verso di questi, sicuro di trovarlo interessato al loro interlocutore, scoprì che era tutto l'opposto. Il biondo sfuggiva lo sguardo di Akaashi, parlava a malapena e odorava di disagio. Sakusa si crucciò, confuso su cosa quel suo atteggiamento potesse voler dire, ma diede presto la colpa alla stanchezza e fece notare a Bokuto che il suo accompagnatore aveva bisogno di dormire. 

"Sì! Certo! Akaashi ha pensato a questo. Ti mostrerà la tua stanza." Disse il padrone di casa ad Atsumu, che si limitò ad annuire e a seguire l'altro umano su per le scale con la testa china e poche parole. 

Sakusa stava ancora pensando a cosa potesse essere successo a Miya, quando una potente pacca sulla spalla lo sbilanciò in avanti facendolo quasi cadere. C'era un motivo, dopotutto, se Bokuto era stato definito tra i cinque vampiri più potenti del Giappone. 

"Andiamo in salotto! Devo raccontarti un sacco di cose!" 

Tutte le cose che Bokuto aveva da raccontargli si scoprirono essere aneddoti su Keiji. Ad esempio, il momento in cui l'aveva visto per la prima volta: gli disse che stava passeggiando per le vie di Tokyo con Hinata quando i suoi occhi blu, così calmi e intelligenti, l'avevamo folgorato. Non si era avvicinato per parlargli, in quel frangente, troppo intimorito dalla sua aura; invece, l'aveva fatto qualche mese più tardi, consapevole del fatto che non avrebbe mai potuto lasciare Tokyo se prima non l'avesse fatto. Gli raccontò del primo morso che gli aveva dato, del primo bacio che si erano scambiati. Gli disse anche di come una notte avesse dovuto salvarlo da degli uomini che avevano tentato di aggredirlo e poi di come l'aveva sottratto alla sua famiglia, umani spregevoli e menefreghisti che non l'avevano mai apprezzato. In quell'occasione Bokuto non aveva chiesto il permesso di Akaashi, più che certo che il suo gesto sarebbe stato apprezzato, ma si era sbagliato. Tre settimane dopo l'accaduto, infatti, Keiji si era sentito abbastanza a suo agio da poter prendere da parte il vampiro per fargli una bella ramanzina, ed era da allora che Bokuto non faceva più niente che riguardasse Akaashi senza prima chiedergli cosa ne pensasse.  

Sakusa ripensò immediatamente alla conversazione che aveva avuto con Atsumu riguardo al bere il sangue degli umani. Il biondo ne era rimasto sconvolto, passando presto dall'esserne imbarazzato all'esserne arrabbiato. La volta successiva in cui Kiyoomi si ritrovò a morderlo, gli era venuto naturale chiedergli se gli andasse bene che lo facesse. In effetti, da quel giorno Sakusa non aveva mai smesso, ma spesso aveva come la sensazione che Miya gli rispondesse semplicemente ciò che credeva il vampiro volesse sentirsi dire. Così, senza che lo avesse premeditato, Kiyoomi si ritrovò a chiedere consigli sentimentali a Bokuto. Il corvino non si riconosceva, eppure voleva che il biondo stesse bene, e dai racconti del suo amico sembrava che Akaashi – a differenza di Miya – avesse sempre parlato chiaro con Bokuto. Quindi si torse le mani, digrignò i denti, prese coraggio e disse: 

"A volte ho come la sensazione che Atsumu mi menta quando mi dice di essere d'accordo che io lo morda. Ormai glielo domando sempre, ma non mi ha mai negato il suo sangue. A te è successo?" 

"Molte volte." Ammise Bokuto. "Gli umani sono fragili, lo sai! Altrimenti mi avresti fatto abbracciare Tsum-Tsum, vero?" 

Kiyoomi storse il naso, sia per il soprannome che era appena stato affidato ad Atsumu sia per il fatto che no, in ogni caso probabilmente Sakusa non avrebbe permesso a Bokuto di toccare il ragazzo. Ma voleva che l'altro arrivasse al punto, quindi rispose di sì e lasciò che Koutaro proseguisse. 

"Akaashi dice che fa male se lo mordo troppo spesso e poi che è fastidioso sempre, in generale."  

Per quanto le frasi di Bokuto fossero spesso da interpretare, non sembrava stargli dicendo nulla di nuovo.  

"È normale." Rispose lui. "Chiunque si farebbe male se gli venisse morso il collo." 

L'altro vampiro scosse per aria la mano, come a voler passare rapidamente oltre perché Kiyoomi non stava capendo cosa stesse intendendo.  

"Non dico per quello. È fastidioso perché gli umani offrono un sacco di piacere ai vampiri, ma i vampiri non ne offrono a loro. Se io mordessi ‘Kaashi senza soddisfare anche le sue voglie, a me piacerebbe meno." 

Sakusa non fu certo di aver capito, e quella conversazione lo stava inibendo talmente tanto che quasi decise di non chiedere, tuttavia sapeva di doverlo fare e soprattutto – cosa assai peggiore – che non ci sarebbe stato nessuno di più adatto di Bokuto a cui parlarne. "Di che tipo di piacere stiamo parlando?" Si costrinse quindi a dire. 

Bokuto sollevò un sopracciglio. "Che tipo di piacere proviamo noi bevendo il loro sangue?" Rispose ponendo una domanda a sua volta. Poi continuò: "Se tocchi il tuo compagno nei punti giusti, sentirà meno dolore mentre bevi, e allora piacerà anche a lui e ti risponderà sinceramente quando ti dirà che gli va bene essere morso." 

Durante la conversazione Kiyoomi si era avvicinato al bordo della poltrona dove si era seduto, quasi le parole di Bokuto lo stessero attirando fisicamente verso di loro, ma a quell'ultima frase si gettò di peso contro lo schienale. 

"Quindi finora mi ha sempre mentito." 

Koutaro scrollò le spalle.  

"Può darsi di no, ma di sicuro non gli piaceva."  

Sakusa si crucciò, deluso da se stesso. Non poteva ancora credere di aver avuto quella conversazione con Bokuto, eppure era stata illuminante. Si rese conto di aver passato troppo tempo nei panni di un vampiro, dimenticando completamente cosa volesse dire essere umani. Decise che si sarebbe impegnato di più a mettersi nei panni dell'altro, poi – con sorpresa di entrambi – Sakusa chiese ancora a Bokuto di Akaashi e della loro vita insieme, di cosa fossero l'uno per l'altro e del loro equilibrio in casa. Koutaro gli rispose che non si sentiva affatto superiore a Keiji, e che piuttosto riconosceva quanto l'umano fosse più in gamba di lui sotto moltissimi aspetti. La chiave di tutto, gli disse infine, era la parità. A Sakusa venne da ridere. Se era la parità ciò che serviva perché un rapporto vampiro-umano potesse funzionare, lui e Atsumu avevano parecchie cose sulle quali lavorare, ma il corvino era intenzionato a farlo, ed iniziò proprio non appena rimisero piede nel loro castello. 

 


N.B. non potrò pubblicare per tempo il prossimo capitolo perché sarò fuori città. Tuttavia su wattpad e Ao3 è possibile programmare in anticipo la pubblicazione dei capitoli, quindi - puntuale - potrete trovare l'8 capitolo di questa long sui miei profili Ao3: "malaka_1315" e Wattpad: "GReinaXxX".
Baciii

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Capitolo 8
*** 08. ***


n.a. Alla fine sabato scorso sono riuscita a pubblicare solo su Wattpad e non su Ao3 (ops). Mi scuso con coloro che hanno cercato su Ao3 senza trovare nulla... anyway, ecco qui il capitolo! Questo è stato particolarmente difficile e sono tanto curiosa di sentire i vostri pareri! Donate una piccola recensioncina a una tormentata scrittrice... <3



Miya

Quando rimisero piede in casa, Atsumu non sentiva di avere ancora realizzato tutto quello che era successo negli ultimi due giorni. La gita che avevano appena fatto ad Osaka era stata semplicemente meravigliosa. Se chiudeva gli occhi gli sembrava di riuscire a vedere ancora quei bellissimi fiori di ciliegio mentre sentiva la voce di Kiyoomi che gli spiegava il loro significato: "I sakura simboleggiano la vita e la morte, la bellezza e la violenza." gli aveva detto guardando in alto, verso i fiori. A quelle parole invece Atsumu aveva osservato lui: era maestoso e bellissimo come sempre, con gli occhi sciolti in un caldo color ossidiana, la pelle candida e i riccioli scuri che danzavano con il vento. Eppure, l'umano non poté fare a meno di scorgere della malinconia nella sua postura e nel suo tono di voce. "Sono come te, Omi."  aveva osservato lui. Di rimando il vampiro aveva sorriso. "Io non sono come loro. La loro vita è breve e ci ricorda che il nostro tempo è prezioso."  Aveva fatto una pausa. "Io non sono come loro." 

Atsumu non era ancora riuscito a capire del tutto cosa Sakusa avesse voluto dire quella notte, ma sentiva ugualmente di aver appreso più di Kiyoomi in quel viaggio che vivendo con lui per tre anni. Era successo qualcosa tra di loro a Osaka, anche se non sapeva bene cosa. L'unica sua certezza era che il ragazzo e il vampiro che erano tornati al castello non erano gli stessi che erano partiti.  

Atsumu, in ogni caso, non aveva intenzione di lamentarsi: era come se Sakusa avesse fatto un passo indietro e allo stesso tempo diversi passi in avanti verso di lui. Miya iniziò a decidere per conto suo quando svegliarsi, quando mangiare, quando fare il bagno. Un giorno, persino, uscì in giardino a prendere il sole. Kiyoomi assecondava tutto con gioia, e quando arrivò di nuovo il momento di morderlo gli propose una novità. All'inizio Atsumu ne fu imbarazzato, ma presto la passione prese ad avvolgerlo. Il vampiro assaporò la sua pelle annusandola e leccandola prima ancora di bucarla con i denti, e mentre lo faceva iniziò a tastare le zone più erogene di Atsumu. Quando la libido del biondo si fece forte abbastanza da fargli sopportare meglio il dolore, Kiyoomi lo morse, eppure il corpo di Miya fu troppo concentrato a godere dei suoi tocchi per essere infastidito dai canini aguzzi e prima ancora che se ne accorgesse, forse persino troppo in fretta, raggiunsero l'apice entrambi. 

Presero anche a viaggiare più spesso. Prima fu Osaka, poi Kobe, Kyoto, Nara, Nagoya, Tokyo. Kiyoomi gli disse che gli avrebbe fatto conoscere tutto il Giappone e poi, chissà, forse persino il mondo. Il castello di Hyogo divenne semplicemente un punto di riferimento, buono solo a lasciare i souvenir dei loro viaggi per far posto a quelli nuovi. A volte capitava che si fermassero un po' più a lungo nella loro vecchia dimora perché a detta di Sakusa i suoi servitori si stavano impigrendo. Atsumu non vedeva molta differenza, ma il vampiro era più che certo che in casa ci fosse più polvere del normale, così restavano quanto bastava affinché Kiyoomi tornasse a farsi temere dai propri lavoratori e poi ripartivano. 

Era da circa un anno che avevano iniziato a viaggiare quando si ritrovarono di nuovo a casa. Erano stesi a letto in mezzo alle coperte; Atsumu pigramente sonnolento che cercava di riprendersi dal piacere di Kiyoomi e dal proprio mentre il vampiro lo accarezzava.  

"Atsu." 

"Mh?" Il biondo non si preoccupò di aprire gli occhi quando Kiyoomi lo chiamò; anzi, allungò le braccia e si strinse maggiormente al vampiro. 

"Non sono più lo stesso da quando ti conosco. Il solo starti accanto mi spinge ad essere migliore."  

A quel punto Atsumu sorrise e si sollevò su un gomito per guardare l'altro negli occhi. "È molto dolce, Omi. Adoro quanto tu sia tenero sotto tutto quell'aspetto da vampiro tetro e minaccioso." Ridacchiò all'espressione di Sakusa, che però non negò. Si sporse in avanti, invece, e lo baciò con solerzia mentre lui continuava a ridere. 

"Solo tu mi rendi così. Se qualcun'altro provasse a dirmi una cosa del genere--" 

"Oh, non voglio neanche immaginare che fine orribile gli faresti fare!" Non lo lasciò finire Miya. Poi sorrise di nuovo. "Questo mi rende speciale, vero?"  

Kiyoomi gli accarezzò una guancia mentre lo guardava con affetto. "Molto." Disse. "Tutto ciò che voglio è renderti felice e tenerti al sicuro."  

Atsumu sorrise ancora, sinceramente contento che Kiyoomi tenesse a lui in quel modo, eppure le sue parole non poterono che lasciare un velo di fastidio nel cuore del ragazzo. Il corvino lo baciò ancora, e Miya ricambiò. Le labbra di Sakusa erano fredde come al solito, ma anche morbide, gentili e delicate, e come sempre il ragazzo amò tastarle e morderle con le proprie. 

"Atsu..." Il vampiro interruppe il bacio per sussurrare nuovamente il suo nome. Il modo in cui pronunciava quelle quattro lettere, il modo in cui lo guardava e il modo in cui le sue mani – potenzialmente così letali – lo accarezzavano dolcemente, facevano sciogliere il cuore di Atsumu e al tempo stesso accelerare il suo battito. Erano cambiati entrambi molto durante l'ultimo anno, e la loro connessione era diventata innegabile. Miya, però, si era sempre rifiutato di analizzare i propri sentimenti, sicuro che non gli fosse permesso tenere così tanto all'essere che l'aveva imprigionato in un castello solo per il proprio diletto. Adesso, tuttavia, aveva come la sensazione che Kiyoomi stesse per scoprire le carte in tavola e in fretta il ragazzo si chiese cosa avrebbe potuto fare una volta che ciò fosse successo. 

Ebbe paura. 

Rimanere in quell'ambigua zona del "non-detto" sarebbe stato perfetto: avrebbe potuto continuare ad amare il vampiro, lì, senza che la sua morale obiettasse nulla. Ma se Kiyoomi avesse parlato...  

Il corpo del ragazzo iniziò a reagire d'istinto, rifiutandosi di ascoltare, rifiutandosi di credere. Tentò la fuga iniziando a scostare le lenzuola, ma non fu veloce abbastanza: 

"Ti amo."  

Il cuore di Atsumu si fermò con quelle due parole. Chiuse gli occhi, incredibilmente felice e del tutto terrorizzato. Lui provava lo stesso! Avrebbe solo dovuto dirglielo: "Ti amo. Ti amo anch'io, Omi.", ma per quanto ci provasse, quelle parole non riuscivano a lasciare la sua gola. Rimase a bocca aperta, invece, fissando il corvino con paura, timidezza ed infine repulsione. Poi iniziò a piangere. 

"Come?" Disse, mentre i singhiozzi scoppiavano ed il suo corpo veniva attraversato da diversi singulti. "Come puoi dire una cosa così? Tu non mi ami. Non puoi." La confortevole zona in cui era rimasto appisolato per tutto quel tempo era appena stata distrutta; il "non-detto" era stato tirato fuori dal vaso insieme a tutto il resto: il dolore, il risentimento, persino la sua enorme confusione; tutto venne fuori per investire entrambi senza pietà. 

"Come puoi dire di amarmi se continui a tenermi prigioniero!?" Urlò. Si mise seduto e iniziò a picchiare i pugni sul corpo del corvino. I suoi occhi madidi di lacrime rendevano il mondo intorno a lui appannato e confuso, eppure – quasi come se l'universo volesse punirlo – il dolore riflesso nello sguardo di Kiyoomi gli fu chiaro.  

Atsumu non riusciva a smettere di singhiozzare. 

"Lasciami andare, se è così! Lasciami libero se mi ami davvero!!" Sakusa afferrò i polsi di Atsumu per fermare i suoi pugni, ma li lasciò stretti al suo petto. Non c'era battito lì, eppure in qualche modo il biondo seppe che il cuore di Kiyoomi si stava spezzando. 

"Ci ho provato." Disse il corvino dopo un po'. La sua voce era inclinata. "Molte volte. Ma non posso." 

"Sì che puoi!" 

"No." Rispose, definitivo. "Non ci riesco, mi ucciderebbe lasciarti andare."  

Atsumu fu attraversato da un attacco di risa, ma gli sembrò superfluo far notare a Sakusa che lui era già morto.  

"Dici che l'unica cosa che vuoi è rendermi felice, ma non sei mai riuscito a mettermi al primo posto." Il biondo sospirò, poi strattonò via le mani. Sapeva bene che se solo l'altro l'avesse voluto avrebbe potuto trattenerlo.  

Si voltò di schiena e sollevò le coperte fino al mento.  

"Vorrei restare solo, se non ti dispiace." Sussurrò alla fine. Chiuse gli occhi quando la sua visione periferica captò la mano di Sakusa raggiungere la sua testa. Le sue carezze, prima così tanto apprezzate, adesso sembravano bruciare come l'inferno. 

Il vampiro uscì e lui rimase solo, come aveva chiesto. Anche Atsumu lo amava, ma come avrebbe mai potuto dirlo? Come mai avrebbe potuto ammetterlo a Kiyoomi e prima ancora a se stesso?  

Sfogò il proprio pianto attutendo i gemiti sul cuscino, ripensando ai momenti passati con Sakusa e soprattutto rimpiangendo la catatonia di cui era stato vittima e artefice fino a poco prima. 

 

Passarono diversi giorni dopo quella discussione nei quali Kiyoomi si fece a stento vedere. Ad Atsumu sembrò tanto un dejà vu. Anche quando il ragazzo aveva scoperto cosa provasse il vampiro nel bere il suo sangue, infatti, Sakusa aveva reagito in quel modo. Era stato snervante allora e lo fu nuovamente in quell'occasione. A dire la verità nei giorni immediatamente successivi alla dichiarazione di Kiyoomi ad Atsumu non era dispiaciuto avere un po' di spazio per comprendere se stesso, tuttavia aveva presto capito che più pensava alla propria situazione, più la sua testa si ingarbugliava. Non aveva mai legato con i servitori della casa, che piuttosto continuavano a intimidirlo; non sentiva nessuna connessione con loro e anche volendo non avrebbe saputo come intavolare una conversazione. Erano giorni, quindi, che non gli rimaneva altra scelta che rimanere da solo con i propri pensieri e la cosa – oltre che ad annoiarlo pesantemente – stava iniziando a spaventarlo. Il fatto era che nella sua lista mentale a favore di Kiyoomi c'era poco, eppure quegli esigui pro continuavano a vincere contro gli interminabili contro. Aveva bisogno di confrontarsi con lui, di parlargliene, se non altro perché anche volendo non c'era nessun altro con cui poterlo fare. Ma il vampiro continuava ad evitarlo. Miya aveva giusto il tempo di guardarlo negli occhi – se era fortunato abbastanza – prima che Kiyoomi schizzasse fuori dalla stanza per andare dall'altra parte del castello (o, se era notte, anche del rione). Atsumu sapeva cosa voleva ma non come farci i conti, e più Sakusa lo sfuggiva, più lui covava rabbia.  

Una notte, innervosito, si ritrovò ad entrare nel salotto d'accoglienza al pian terreno, dove trovò Kiyoomi a leggere. Non appena i loro sguardi s'incontrano, quelli del vampiro si spalancarono; chiuse il libro e si alzò per andarsene quando – improvviso – un urlo rabbioso lasciò la gola di Miya. 

"Affrontami!!" Disse. Il suo tono fu talmente autoritario e la sua azione talmente inaspettata, che non solo Sakusa ma anche tutti gli attendenti-vampiri presenti nella stanza smisero di fare qualsiasi cosa per fissarlo con fare sbigottito.  

Atsumu, tuttavia, non ebbe occhi che per Kiyoomi, verso il quale si mosse a grandi falcate. Non appena lo raggiunse, gli afferrò la camicia per il bavero strattonandolo in avanti. 

"Parlami, cazzo! Non è evitando il confronto che risolverai le cose." Ringhiò arrabbiato.  

Sakusa deglutì e distolse lo sguardo, ma il ragazzo non demorse. 

"Perché mi costringi a stare ancora qui se poi intendi ignorarmi!? Usami come vuoi o lasciami andare, vigliacco."  

Gli occhi di Sakusa furono attraversati da una scintilla di verde intenso, ma si calmò subito, a differenza dell'umano. 

"Mordimi, Omi." 

"No." 

"Perché!" 

"Non vuoi che io lo faccia." 

"Sì invece." 

"No." 

"Sì, cazzo!!" Strinse maggiormente la presa sulla camicia, poi espose il collo. "Bevi." 

"No." 

"Allora liberami!" 

Seguì un silenzio. Poi: "No..."  

Atsumu urlò di rabbia e frustrazione e lasciò andare Sakusa. Quindi si portò una mano alla giugulare. 

"Che senso ha la mia vita qui." Chiese con voce disperata. "Che senso ha che io rimanga se non mi parli! Se non stiamo insieme, se non mi mordi!" Piegò le dita ad artiglio e iniziò a graffiare la propria pelle mettendoci tutta la forza che possedeva. Quella parte del suo corpo era diventata molto delicata a causa delle sue continue cicatrici, quindi non fu difficile che gliene si aprisse una facendolo sanguinare. A quel punto Sakusa reagì scattando verso di lui con espressione preoccupata. 

"Che cosa fai!?" Gli chiese con rabbia e ansia. "Fermo!" Fece, afferrandogli entrambe le mani. Fu a quel punto che una voce familiare proveniente dalla porta attirò la loro attenzione: 

"Credo di avervi preso in un momentaccio. Posso ripassare." 

Era Komori. Atsumu sospirò; non avrebbe mai creduto che sarebbe stato così felice di rivederlo. Allentò la presa sul proprio collo e Sakusa lo lasciò andare facendo un passo indietro.  

"Motoya." Chiamò il corvino. L'altro vampiro rise agitato. 

"Ripensandoci, penso di essere arrivato al momento giusto, cugino. Che ne dici se parliamo un po'?" Atsumu si voltò verso Kiyoomi per vederne la reazione, ma questi non gli diede soddisfazioni. 

"Al piano di sopra." Diede indicazioni al parente senza nessuna particolare inclinazione nella voce, ma quando anche l'umano fece per seguirli, Sakusa lo incenerì con lo sguardo; i suoi occhi si accesero di colore e guardando verso Atsumu – semplicemente – scosse il capo. Poi uscì dal salotto. Il ragazzo si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo esasperato, poi si voltò e raggiunse la cucina per prepararsi del caffè.  

Komori, forse, sarebbe riuscito a far ragionare suo cugino. 

Komori forse sarebbe riuscito a farli ragionare entrambi. 

  

Atsumu non seppe mai cosa i due vampiri si dissero. Rimasero a parlare in privato per delle ore, e quando Komori riemerse – facendo capolino nella camera da letto del ragazzo – semplicemente disse: 

"È il tuo turno. Ho mandato Kiyo a farsi un giro, quindi puoi parlare tranquillamente senza aver paura che ti senta." 

"Non mi interessa se mi sente." Ringhiò forte il biondo. "Quel pezzo di merda si merita tutti gli insulti a cui sto pensando!" Motoya sbuffò ed entrò definitivamente nella stanza. Si sedettero scomposti sul divanetto dell'angolo ed iniziarono a parlare. 

"Se vuoi insultare Kiyo, io ci sto. A volte è talmente estenuante stare con lui che pensi che potrà finire soltanto con un suicidio o un omicidio, non è così?"  

"Cazzo se è così!"  

Komori ridacchiò mentre l'umano continuava a sbraitare: "È l'essere più testardo che io abbia mai incontrato, e sono cresciuto con Osamu, cazzo! Sono giorni che provo a parlargli ma lui non me lo permette. Hai idea di quanto sia frustrante vederlo scappare dal confronto ogni volta!?" 

"Perché? Pensi che con me non l'abbia mai fatto? Verrebbe da mandarlo a farsi fottere, e tanto peggio per lui."  

Atsumu era così contento di avere Komori sotto il suo stesso tetto! Sentiva di avere accanto finalmente qualcuno che potesse capirlo. 

"Lo odio." Ringhiò sommesso. "Ho provato a calmarmi ma lui--!" Non concluse la frase. Invece, urlò di frustrazione.  

Miya e Komori rimasero in silenzio per un po', prima che il vampiro tornasse a parlare. "Amare mio cugino è difficile, credimi, lo so."  

Atsumu spalancò gli occhi, ma sebbene una parte di lui volesse negare l'affermazione implicita dietro quella frase, le sue corde vocali decisero di non collaborare. 

"Sai che è stato lui a trasformarmi?" Chiese Motoya ad Atsumu. Questi si limitò a scuotere il capo, così l'altro continuò: "Io e Kiyo ci scambiavamo di quasi vent’anni quando eravamo ancora umani. Sì, tecnicamente è mio cugino, ma direi che mi ha fatto più da zio. Si prendeva cura di me. Della mia infanzia ricordo soprattutto le giornate passate in casa sua. Era scorbutico anche allora, ma sappiamo entrambi che è tutta apparenza con quelli che ama, vero?" Atsumu arrossì, e fu una risposta sufficiente. 

"Poi Kiyo è stato trasformato. Itachiyama aveva bisogno di diventare più forte, e mio cugino è stato tra gli umani tanto sfortunati da finire nel loro mirino. Per i primi anni da immortale è stato costretto ad eseguire i loro ordini, ma io ovviamente non lo sapevo. Dal mio punto di vista di bambino il cugino Kiyo si era stufato di me e se n'era andato. Ho pianto per mesi." Sospirò. "E poi, più o meno quindici anni dopo mi ha colpito la peste. Ti risparmio i dettagli, non gioverebbe a nessuno. Comunque ho capito che Kiyo non se n'era mai andato. Aveva continuato a vegliare su di me, ma l'idiota ha pensato che fossi più al sicuro senza di lui e non si è fatto vedere fino al giorno in cui ha deciso di trasformarmi. Tutto il resto della famiglia era morta e io li avrei sicuramente seguiti. Non ricordo molto di quegli ultimi giorni di malattia, ma quando mi sono risvegliato da vampiro Kiyoomi non c'era. Mi ha aiutato il suo nido, ma per quanto io chiedessi di lui non me lo lasciavano vedere. Sono stati giorni orribili e tutto ciò che volevo era stare con la mia famiglia, ma ogni volta che ero vicino a trovarlo, lui scappava più lontano." Komori fece una pausa, ed Atsumu non lo forzò. Riprese dopo diversi secondi. "Sono passati anni prima che riuscissi ad incontrarlo di nuovo, e quando finalmente l'ho fatto Kiyo mi ha confessato che trasformarmi era stata la cosa più egoistica che avesse mai fatto e che se ne pentiva. Prima di quel giorno non era riuscito a trovare il coraggio di guardarmi in faccia." 

Atsumu assimilò quelle nuove informazioni. "Oggi gli ho dato del vigliacco." Sussurrò il ragazzo. 

Motoya rise. "L'ho sentito. Praticamente l'hai urlato."  

Miya mise il broncio. "Be', avevo ragione! Chi altro scapperebbe in quel modo?"  

Il castano annuì concorde, ma pensò bene a quali parole usare per rispondere. 

"Io penso che Kiyo faccia del suo meglio, ma non è facile per lui scindere l'affetto dalla veemenza. Magari è iniziato proprio quella notte in cui mi ha morso. Sarà pur stata l'azione più egoistica che abbia mai fatto, ma in quel modo mi ha salvato. Ha imparato che il modo migliore per proteggere le persone che ama è quello di agire in questo modo e, per quanto si senta in colpa, magari non riesce a farne a meno." 

Atsumu espirò a fondo, quasi stremato. 

"Non posso amare qualcuno che pur di tenermi al sicuro mi impedisce di scegliere della mia vita. Tu lo capisci, vero? Posso rimanere qui e divertirmi con lui e volergli bene, ma conservo ancora abbastanza rispetto per me stesso per impedirmi di andare oltre." 

Rimasero in silenzio per un po' prima che Komori rispondesse: "Lo so." Poi non dissero più niente. Dopo diverso tempo sentirono il portone d’ingresso aprirsi. Forse per Atsumu era giunto il momento di parlare davvero con il cuore aperto. 

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Capitolo 9
*** 09. ***


Sakusa

Kiyoomi non era mai stato credente, ma quando Motoya arrivò al castello si ritrovò ugualmente a ringraziare gli dèi per averlo mandato da lui. Il suo intervento era stato tempestivo, anche se brutale. Aveva detto tantissime cose giuste a Sakusa, e tutte crudelmente sincere. 

Il vampiro non dubitava che le sue parole contenessero in parte ciò che Atsumu stava tentando di dirgli da giorni, ma se con l'umano era riuscito a fuggire, lo sguardo di ammonimento di suo cugino gli aveva impedito di fare altrettanto con lui. 

Komori era la sua famiglia, lo conosceva più di chiunque altro e soprattutto era colui di cui Sakusa si fidava di più. Parlare con Motoya fu catartico, quasi avesse discusso apertamente per la prima volta con la propria coscienza. Quando suo cugino gli ordinò di uscire dal castello per qualche ora affinché lui potesse parlare apertamente con Atsumu, il corvino colse l'occasione di prendere un po' d'aria con gioia e lasciò il maniero.  

Tornò solo quando stava quasi per albeggiare, deciso a parlare con Miya una volta per tutte. Tuttavia, non appena mise piede nel castello qualcosa gli disse che la loro conversazione avrebbe dovuto aspettare. Infatti, il suo olfatto catturò molti profumi sconosciuti che lo misero in allerta. Sentì delle voci – Atsumu e Motoya erano tra quelle – e decise di dirigersi verso di loro. 

"--n faremo niente, se Kiyo non si opporrà." Fu la prima cosa che sentì. Era la voce di Ryosei Kai. Il suo istinto gli disse di tenersi pronto ad attaccare mentre ringraziava il fatto di non aver usato nessun tipo di profumo quella mattina: gli intrusi non avevano ancora idea che Kiyoomi fosse tornato. 

Sbirciò nella stanza. Atsumu era seduto sul divanetto vicino al camino, ma dalla sua espressione e dal mondo in cui serrava i pugni e la mascella, Kiyoomi capì che gli era stato imposto. Sei vampiri erano in piedi intorno a lui. Uno era Ryosei, due erano dei membri giovani di Itachiyama di cui Sakusa non ricordava i nomi, mentre i restanti gli erano del tutto sconosciuti. Motoya stava poco lontano e cercava di fare ragionare Kai. 

"Rifletti." Gli stava dicendo. "Anche in sei non avreste nessuna speranza contro di lui. E non penserai che io me ne stia buono mentre provate a massacrarlo per ottenere la sua fortuna."  

L'altro rise sprezzante. "Hai ragione, tuo cugino è molto più forte di noi. Ma possiede anche il punto debole più grande." Allungò la mano ed afferrò Atsumu per il mento. Kiyoomi per poco non scattò verso di lui, ma si trattenne. La situazione era disperata, Kai aveva ragione: Sakusa avrebbe potuto arrivare in fretta e persino uccidere l'altro senza fatica, ma prima che potesse riuscirci Ryosei avrebbe potuto torcere il collo ad Atsumu almeno tre volte.  

Il ragazzo provò a liberarsi dalla sua stretta, ma non ci fu verso. Komori iniziò ad innervosirsi. 

"A-anche così!" Esclamò, facendosi avanti. "Kiyo potrebbe vincere lo stesso, e nel momento stesso in cui tu uccidessi Atsumu, lui ucciderebbe te. Non penso che ti convenga, no?"  

Ryosei sospirò quasi con fare annoiato e lasciò andare il ragazzo. Si voltò verso il camino e fissò le fiamme accese per un po'. 

"No, infatti. Non mi converrebbe. Ucciderlo soddisferebbe la mia sete di vendetta per la morte del mio amico, ma sono qui soprattutto per accrescere le mie ricchezze reclamando le sue. Se sconfiggessi il potente Sakusa Kiyoomi, chi mai oserebbe obiettare i miei titoli?" 

"Giusto!" Disse ancora Komori facendo un altro passo verso Kai ed Atsumu. "Non avrebbe senso morire così, quindi è meglio che te ne vada adesso che ancora non è tornato. Cinque aiutanti non ti basteranno per batterlo." 

Ryosei rise ancora. 

"Hai ragione. È per questo che ne ho molti di più." Kai non fece in tempo a finire la frase né Kiyoomi a realizzare la cosa che una potente spinta lo fece cadere in avanti facendolo entrare nella stanza. Il corvino barcollò un po' riuscendo a stento a mantenersi in piedi. Si ricompose in fretta e si voltò verso il proprio assalitore. 

Il suo servitore. 

O almeno uno dei tanti. Non si era mai preso la briga di conoscere i loro nomi; in quasi un secolo a stento li aveva sentiti parlare, ma riconobbe nella figura che l'aveva spinto il suo governante, colui che amministrava tutti i lavori di casa. 

Questi si inchinò con poca compostezza e nessuno zelo. "Padrone." Disse, con tono tanto canzonatorio da risultare offensivo. Sakusa gli ringhiò contro, poi si voltò verso Kai e si accorse che questi aveva afferrato Atsumu per tenerlo in piedi davanti a lui a mo' di scudo umano. Il ringhio di Kiyoomi si accentuò facendo vibrare l'aria intorno a sé; i suoi occhi si accesero e l'adrenalina iniziò a pompare i suoi muscoli. 

"Raffredda i bollori, ragazzone. Detto io le regole." Piegò le dita, ed i suoi artigli graffiarono il collo di Atsumu. Sakusa non sapeva se il sangue che iniziò a scorrere sulla sua pelle fosse dovuto ai graffi che si era autoinflitto il ragazzo qualche ora prima o a quelli che gli procurò in quel momento Kai, ma Sakusa ci vide ugualmente nero. 

"Ecco cosa faremo." Iniziò Ryosei. "Ti inginocchierai e ti farai mozzare la testa." Miya iniziò a dibattersi, ma Kai lo strinse più forte. "In cambio, hai la mia parola che il tuo gracile umano vivrà. Lo affiderò alle cure di tuo cugino e non lo toccherò mai più. A patto che Motoya non pensi di rivendicare la tua eredità, ovvio. Quindi ti conviene accertarti che non lo faccia, prima di morire." 

Kiyoomi rise. "Non scendo a patti con quelli come te." 

Kai ghignò, poi scoccò le dita e tutti i servitori di Sakusa si radunarono nel salotto d'accoglienza. "Caro." gli disse quasi con biasimo. "Non hai scelta."  

Il corvino si guardò intorno e valutò la situazione: i suoi servitori – sebbene non della tempra più forte – erano dieci vampiri in salute; poi c'erano i cinque accompagnatori di Kai ed ovviamente lui, che teneva Atsumu tra le proprie grinfie. Anche contando sull'aiuto prezioso di Motoya, gli avversari li battevano comunque otto a uno. Sakusa era forte abbastanza da poterne battere la maggior parte, ma la situazione rimaneva troppo sbilanciata.  

"Da dove viene tutto questo." Chiese rivolto a tutti e a nessuno in generale, giusto per prendere tempo. 

"Sei diventato debole." Rispose Ryosei. "È da tempo che i tuoi servi ti studiano. Sei stato via spesso e abbiamo avuto modo di parlare, non è così?" Guardò verso gli attendenti che però stentavano ancora ad aprire bocca. Poi uno di loro si fece coraggio. 

"Quell'umano se lo rigira come vuole!" 

E poi un altro: "Ha perso la sua forza, e sicuramente il nostro rispetto." 

Sakusa rise. Non avrebbe potuto importargli di meno del loro rispetto, ma quello rimaneva comunque un bel problema, soprattutto perché non aveva idea di come ribattere. Tutto quello di cui lo stavano accusando era vero. 

"Avrò pur concesso tutto ciò che potevo ad Atsumu, ma non ho perso la mia forza. Ora vi faccio vedere." 

Passò un secondo appena dalle sue parole che però parsero anni. Lanciò un'occhiata a suo cugino, dopodiché si mossero all'unisono. Komori afferrò Atsumu e Sakusa uccise di netto i primi tre vampiri che gli capitarono a tiro. Poi tutto si immobilizzò di nuovo. 

Adesso erano tredici contro due ed Atsumu era salvo. Il suo collo, tenuto stretto da Kai mentre Motoya glielo strappava dalle mani, grondava sangue. Il ragazzo vi ci premette sopra i propri palmi mentre Komori si strappava una parte di veste affinché potessero usarla come fascia. Sakusa osservò attentamente la scena e poi riprese a concentrarsi su tutti gli altri. 

"Adesso sono davvero arrabbiato." Ringhiò. 

La battaglia riprese. Di per sé non gli sarebbe stato difficile uccidere tutti loro se non fossero stati così tanti. Lo attaccarono in massa coprendogli la visuale su Motoya e su Atsumu. Kiyoomi non faceva in tempo a crearsi un varco ferendo i suoi avversari che altri lo assalivano facendolo ricominciare da capo. I suoi vestiti vennero strappati, i capelli tirati, la pelle marmorea graffiata. Qualcuno, alle sue spalle, riuscì persino a mettergli tra i denti un bavero e a tenerlo stretto in modo che non potesse squarciare più la gola di nessuno. 

Fu l'intervento di Komori a salvarlo; si misero schiena contro schiena e in quel modo riuscirono a tornare in vantaggio. Atsumu era premuto in un angolo, aveva gli occhi agguerriti e teneva stretto tra le mani il tizzone ardente del camino, ma nonostante tutte le sue buone intenzioni non avrebbe potuto fare niente. Sincerato che fosse ancora illeso, Sakusa tornò a lottare. Trucidò uno, due vampiri. Contando anche le vittime di Motoya adesso gli avversari erano scesi a nove. Stavano procedendo estremamente lentamente, ed ogni secondo che passava era un secondo in più in cui i nervi di Kiyoomi si logoravano dall'ansia per il ragazzo. 

Ripresero. 

Trafisse al cuore uno dei membri di Itachiyama, troncò la testa al proprio maggiordomo.  

Sette contro due. Poi l'esclamazione di Atsumu attirò la sua attenzione. Spaventati, gli intrusi spostarono la battaglia più vicina all'umano tentando di usarlo da scudo e da distrazione. Ci riuscirono, ovviamente, e Sakusa tornò in svantaggio. Il vampiro non poteva sanguinare, ma diversi squarci vennero aperti sulla sua carne. Il corvino si ritrovò più volte a un passo dal finire qualcuno che altri minacciavano Miya costringendolo ad arretrare. A un certo punto ricordò che ore fossero. Stava quasi per albeggiare quando Kiyoomi era tornato al castello, e sapeva che una volta sorte le prime luci il sole sarebbe stato rapido ad uscire del tutto. Afferrò le tende inchiodate alla finestra e tirò con tutte le proprie forze. Il tessuto si staccò di netto dalla parete ed una potente luce aranciata invase la stanza. Tre vampiri vennero bruciati all'istante, poi Sakusa raggiunse il petto di Atsumu con una mano e lo spinse sotto il fascio di sole. Kiyoomi e il biondo si guardarono per un istante, capendo entrambi di appartenere a mondi diversi. Il posto di Atsumu era sotto la luce, con i raggi del sole a baciargli la pelle e una famiglia ordinaria a volergli bene. Sakusa, invece, apparteneva alle tenebre. Si voltò e riprese a combattere. Se fosse morto, Kai avrebbe perlomeno risparmiato Motoya, legato com'era alle leggi del loro nido comune. Suo cugino avrebbe interceduto per Atsumu, lo sapeva. Al ragazzo sarebbe bastato rimanere nella luce fino alla fine di quella battaglia e qualsiasi fosse stato l'esito sarebbe stato salvo. In effetti, avrebbe anche potuto rompere la finestra, scappare via e non avere più niente a che fare con nessuno di loro, ma Kiyoomi smise presto di indugiare in quei pensieri. Dopo l'ultima vittima di Motoya erano rimasti in tre contro due. Erano Ryosei, un altro membro di Itachiyama e un servitore della casa. Sakusa non aveva mai visto Kai così iniettato di sangue, e mentre Komori si avventava sull'unico vampiro che gli era permesso attaccare, il corvino corse verso gli altri due. 

Sebbene non fosse alla sua altezza, Ryosei era molto abile, e se a questo ci si aggiungeva il suo aiutante e il fatto che Kiyoomi fosse molto provato, non si metteva bene per il padrone di casa. Un vampiro gli spezzò un braccio, l'altro gli slogò la mascella e persino le sue costole vennero rotte o inclinate. Il corvino riusciva a difendersi a malapena, ed era talmente impegnato a non farsi uccidere da non riuscire ad attaccare. Vessato sotto i colpi sempre più potenti dei suoi avversari, Kiyoomi non poté far altro che tornate a pensare all'eventualità della sua morte: lo scontro si sarebbe fermato; Motoya avrebbe protetto Atsumu. "Sì." Si disse. "Andrà bene." 

Ryosei gli afferrò i vestiti per il bavero e la cinta, il mondo di Sakusa si inclinò e prima che riuscisse a realizzarlo stava volando per aria diretto proprio verso il sole. Non aveva modo di modificare la propria traiettoria mentre era a mezz'aria. 

Atsumu sarebbe sopravvissuto. 

"Va bene così. Va bene così." Continuò a ripetersi, ma dannazione se non voleva morire. Non che avesse scelta. 

Chiuse gli occhi, e non appena la sua schiena toccò il suolo, seppe di essere finito. Tranne che la morte non venne. 

Riaprì gli occhi molto lentamente, e lo vide. Atsumu lo guardava: i suoi occhi erano umidi di lacrime, sorpresi dal suo stesso gesto e frastagliati in mille scintille d'ambra; le sue braccia, tese ai lati del capo di Sakusa, irradiavano calore; le sue labbra, morbide e piene, erano semischiuse; e la sua chioma chiara, colpita dal primo sole del mattino, incorniciava il suo bel viso rendendolo una visione divina. A quella vista furono talmente tanti i pensieri che passarono per la testa di Kiyoomi che nessuno riuscì veramente a rimanervi. 

Il vampiro amava Atsumu, e se gli occhi di questi non mentivano, anche lui amava Kiyoomi. 

Miya era troppo speciale per rimanere rinchiuso lì con lui. 

Sakusa non si meritava la sua presenza, figurarsi il suo amore. 

Deglutì, ma non si concesse altro. Invece, decise di sfruttare la confusione di tutti, tanto sicuri di averlo finalmente sconfitto da non pensare di mantenere alzata la guardia. Kiyoomi schizzò verso Kai, lo afferrò negli stessi punti in cui lui era stato afferrato poco prima e lo scaraventò verso la luce del sole. Il nemico urlò, prima sorpreso e poi disperato; raggiunse la luce, ma non ci fu nessuno a coprirlo. 

Bruciò in pochi istanti e, come Sakusa si era aspettato, la battaglia finì. I due malconci superstiti si arresero, ma se anche il corvino avesse mai potuto pensare di perdonarli, un'occhiata allo stato del suo amato Atsumu gli tolse ogni dubbio. Senza pietà, afferrò anche loro e li gettò in pasto al sole sfondando il vetro della finestra. Sapeva di avere un'espressione terrificante in viso: non era mai stato tanto arrabbiato. L'avevano insultato, minacciato, attaccato, e cosa peggiore avevano fatto tutto quello anche a Miya. Persino adesso che la minaccia era stata estinta il suo corpo non smetteva di tremare. Ringhiò forte, si avvicinò ad Atsumu e lo afferrò per il braccio, poi prese a marciare verso la porta d'ingresso, scardinò i battenti e spinse il ragazzo all'esterno. 

"Vai!" Urlò. 

Atsumu rimase immobile. 

"Vattene." Ringhiò di nuovo. "Torna da dove sei venuto quattro anni fa. Torna da tuo fratello o viaggia per conto tuo." Respirò pesantemente, ma Miya continuò a fissarlo allibito. 

"Cosa non capisci!?" Urlò Sakusa arrabbiato. "Volevi essere liberato, non è così? Allora vattene! Non voglio più vederti, mi hai capito!?" Atsumu lo fissò ancora per un istante, gettò uno sguardo veloce verso Motoya, poi fece un passo indietro, e un altro, e uno ancora. Infine si girò e prese a correre veloce per allontanarsi dal castello senza mai voltarsi indietro. 

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Capitolo 10
*** 10. ***


n.a.
Buonasera gente! Qui per informarvi che la prossima settimana pubblicherò due capitoli: giorno 27 (o alla peggio il 28) il capitolo 11 e giorno 30 il capitolo 12 nonché epilogo. Questo perché la settimana dopo non avrò accesso al pc e proprio per il capitolo finale non mi andava di fare aspettare. Quindi ci vediamo presto! E fatevi sentire nei commenti (...please).



Miya

Atsumu non si chiese come mai Kiyoomi avesse cambiato idea, né si chiese cosa quel suo gesto volesse poter dire. Si voltò e iniziò a correre. Corse a perdifiato verso un sole ormai sorto e la sua libertà appena ritrovata; corse verso Osamu, la sua famiglia e la sua vecchia vita. Corse ignorando i polmoni che dolevano e le gambe che tremavano.  

Sin da quando Atsumu avesse memoria, se dal paese nel quale era cresciuto si alzavano gli occhi verso ovest, si sarebbe potuto scorgere il castello del rione all'orizzonte. La realtà di quel maniero gli era sempre parsa tanto distante da risultargli irraggiungibile. Una volta, per scommessa (che perdipiù Atsumu aveva perso), lui e suo fratello avevano chiesto alla loro madre quante ore di cammino sarebbero occorse a un uomo per raggiungere la cima della collina, ed ella gli aveva detto che in salita sarebbe servita non meno di un'intera giornata. Adesso il biondo era in discesa e correva, ma gli parse comunque di impiegare molto più tempo. Dovette fare diverse pause per riprendere fiato, ma non si fermò mai; non finché non fu finalmente arrivato. Se si fosse girato avrebbe visto la sagoma del castello di Kiyoomi in cima al colle, come l'aveva sempre visto da bambino, ma non lo fece. Si concentrò sulla cittadina che aveva davanti, invece: le mura esigue, le case esili e modeste. Non era cambiato niente. 

Riprese a correre, spinto dalla gioia, dall'adrenalina, dalla immane voglia di riabbracciare suo fratello. 

Arrivò alla soglia della loro piccola baracca a pomeriggio inoltrato. I polmoni gli dolevano al punto da non riuscire a respirare, il collo ferito gli pulsava e faceva talmente male da confonderlo, ed il suo stomaco vuoto si contorceva e si lamentava a gran voce in cerca di cibo. Appoggiò i palmi sulle proprie ginocchia e cercò di riprendere la capacità di parlare. Adesso che era arrivato alla sua destinazione tutta l'adrenalina che l'aveva mantenuto in piedi iniziò ad abbandonarlo. Si rimise dritto in fretta, incapace di attendere un solo minuto in più, poi sospirò forte ed aprì la porta. Il forte odore della cucina di Osamu lo avvolse: tonno grasso, riso bollito, aglio e altre spezie. Atsumu ispirò a fondo più contento che mai, nonostante l'attacco di tosse con cui i suoi polmoni decisero di protestare. 

"Rin?" Sentì la voce di Osamu provenire dall'unico altro vano della casa. "Sei tu?"  

Atsumu non ebbe il tempo di trovare la voce per rispondere che i loro occhi si incontrarono. Osamu era più magro e più alto di come lo ricordasse. Indossava il suo solito grembiule da cucina ed un berretto che impediva ai suoi capelli scuri di finire nel cibo. Per alcuni secondi non si sentì altro che il fiatone del biondo. Poi, all'unisono, quasi si fossero letti nel pensiero, i due gemelli scattarono in fretta l'uno verso l'altro incontrandosi a metà in un abbraccio soffocante e bellissimo. 

Iniziarono a piangere entrambi quasi senza accorgersene e non ci fu bisogno di dire altro per un po'. Osamu tremava tra le sue braccia, eppure le sue mani erano più ferme che mai, decise a non lasciare andare suo fratello per nessuna ragione al mondo. Non ci fu bisogno di parlare perché entrambi capissero i pensieri dell'altro e rimasero così. Atsumu aveva sognato quel momento così a lungo che stentava a credere di starlo finalmente vivendo. Se il suo corpo non avesse fatto tanto male, avrebbe pensato si trattasse di un sogno. Aveva fame, e sonno, e la ferita sul suo collo lo faceva rabbrividire, ma persino usando tutta la sua forza di volontà non fu in grado di interrompere quell'abbraccio. 

Fu Osamu, dopo alcune ore, a farlo per lui. 

"Il sole...!" Esclamò. Atsumu riaprì gli occhi e notò che si era fatto buio. Gli ultimi raggi di luce stavano sparendo oltre l'orizzonte. Osamu sciolse la stretta, afferrò Atsumu per le spalle e con espressione spaventata disse: "Di notte può raggiungerti! Lui--"  

Il biondo non lo lasciò finire. "Mi ha lasciato andare." Gli disse. Poi Atsumu riprese a piangere, se fosse per la presenza di Osamu o per il gesto di Kiyoomi non lo sapeva. "Non mi seguirà, te lo garantisco." Gli colò il naso e si asciugò il muco con la manica della raffinata veste che aveva comprato a Tokyo. Se Sakusa l'avesse visto ne sarebbe rimasto oltraggiato. 

"Siamo al sicuro..." Sussurrò di nuovo, ma con la stretta di Osamu se n'era andata anche gran parte della sua forza e gli occhi – stremati – iniziarono a chiudersi. 

"Tsumu, cazzo!" Sentì la voce di suo fratello, già in parte attutita. "Il tuo collo... Hey!" Lo sorresse per impedirgli di cadere. "Stai male!?"  

Il biondo scosse il capo facendo qualche verso di diniego, poi tornò ad appoggiarsi all'altro. "Sono solo molto stanco." Sospirò mentre le braccia del castano tornavano a cingerlo. "Sono così stanco, Samu...!" Riprese a piangere. Poi cadde nell'oblio. 

 

Si svegliò infinite ore più tardi. Aveva dormito talmente a lungo e pesantemente da non avere idea di quanto tempo fosse passato, ma voltandosi a sinistra scorse alcuni raggi di sole provenire dalla finestra, quindi doveva aver dormito almeno per una notte intera. Indossava abiti puliti e – sollevando una mano – sentì che la ferita sul suo collo era stata bendata come si deve. 

Sentì anche dei rumori provenienti dall'altro vano: doveva essere Osamu. Fece per andare da lui, ma non appena provò a muoversi un gemito di dolore gli sfuggì dalle labbra. Aveva corso ininterrottamente per diverse ore, senza bere né mangiare, con del sonno arretrato e avendo perso sangue solo poco prima. I suoi muscoli dolevano e sentiva le ossa pesanti. 

Prese due ampi respiri e riprovò, ma il risultato fu lo stesso. Sentiva gli arti di pietra. 

"Tsumu?" Sentì la voce di Osamu, poi questi entrò nella stanza e lo aiutò a mettersi seduto. 

"Samu... Per quanto tempo ho dormito?" 

"Sono quasi le tre del pomeriggio." 

Come se avesse sentito le sue parole, subito il suo stomaco iniziò a brontolare. Atsumu si portò una mano alla pancia e fece una smorfia. 

"Ma certo." Disse. "Non mangio da due giorni." 

"Che dici." Controbatté Osamu. "Ieri sera ti ho fatto bere e mangiare. Hai anche protestato, e io ti ho imboccato. È stato imbarazzante." Seguì un silenzio. "Non te lo ricordi?" 

Atsumu sdrammatizzò ridacchiando. "Dovevo essere proprio andato." Ma tutto ciò che ottenne fu l'espressione preoccupata di suo fratello.  

"Ho altro cibo. Sono passate comunque quasi venti ore dall'ultima volta che hai mangiato." Si alzò dal letto e aiutò Atsumu a fare lo stesso. Arrancarono insieme fino al tavolo dove il castano fece accomodare Atsumu. Il biondo si sedette ed attese il suo piatto vagando con lo sguardo per l'ambiente. Fu allora che notò le valigie e le casse. 

"E quelle cosa sono?" Chiese ad Osamu mentre questi gli metteva davanti diversi onigiri.  

"Stamattina Rin mi ha aiutato a impacchettare un po' di roba. Gli sarebbe piaciuto salutarti, ma non volevamo svegliarti." 

Atsumu scosse il capo. "Samu, non stai rispondendo alla mia domanda." 

L'altro sospirò. "Ho deciso che ce ne andiamo." 

Il biondo rise. "E io non ho voce in capitolo? Mi piacerebbe partecipare alla decisione." 

"Che c'è da decidere!?" Urlò di punto in bianco suo fratello. "Ho capito che avremmo dovuto mettere quanta più strada tra te e quel mostro nel momento stesso in cui ti ho riavuto tra le mie braccia!" Allungò le mani, come a indicarsele. 

Atsumu sussultò, ma non seppe per cosa: poteva essere il fatto che non si aspettasse quel cambiamento improvviso; il fatto che Osamu non gli stesse permettendo di decidere della sua vita anche adesso che aveva pensato di aver riavuto la libertà; il fatto che dovesse dire addio a tutti gli amici che aveva sperato di rivedere dopo tanti anni; il fatto che quando al castello gli era capitato di ripensare a casa gli erano sempre venute in mente quelle logore, cigolanti quattro mura. O magari per il fatto che Osamu avesse chiamato Kiyoomi "mostro", o ancora per il fatto che partire avrebbe davvero voluto dire mettere più distanza tra di loro e forse – dico forse – Atsumu non voleva. 

"Cazzo, dammi un attimo, Samu! Sono appena arrivato. Voglio tornare in piazza, salutare i vecchi amici d'infanzia, dire a tutti che sto bene...!" 

"Non c'è rimasto più niente per noi qui, Tsumu." Sussurrò Osamu avvicinandosi a lui e stringendogli una mano con la sua con fare disperato. "I nostri amici sono morti nell'assalto al castello di due anni fa, oppure sono andati via dopo che i vampiri si sono trasferiti sulla collina. Io sono rimasto perché non riuscivo ad abbandonarti, e Rin è rimasto perché non riusciva ad abbandonare me. Ma non c'è nessun altro del vecchio gruppo."  

Il biondo assimilò l'informazione e sospirò forte. Quattro anni prima aveva accettato il patto con Kiyoomi unicamente per salvare Osamu e permettergli di rifarsi una vita. Adesso, però, vedeva che non era riuscito a farlo: in tutti quegli anni suo fratello era stato prigioniero di quel castello come lui, se non in maniera peggiore. 

"D'accordo." Disse. Consapevole non solo che ad Osamu servisse fuggire dall'ombra di quel maniero per andare avanti, ma anche che lui avrebbe dovuto fare lo stesso se sperava di poter dimenticare il vampiro che l'aveva fatto innamorare. 

Finì di mangiare e poi – sebbene lentamente – aiutò Osamu a fare qualche bagaglio. Sul tardi Suna fece capolino con alcune borse da caricare sul carro, così Atsumu poté salutare anche lui, ed entro sera ebbero finito.  

Il biondo fu tentato più volte e sempre con maggior forza di suggerire agli altri due di partire alle prime luci dell’alba, ma ogni volta si costrinse a tacere. Atsumu era rimasto così tanto a lungo sotto i comandi di Sakusa che gli sembrava strano, adesso, non aspettarsi che il vampiro si mostrasse per ordinargli di tornare in camera sua, eppure il ragazzo non aveva alcun dubbio che Kiyoomi non si sarebbe più fatto vedere. C'erano maggiori possibilità che fosse lui a tornare sui suoi passi, e questo lo spaventava più di qualsiasi altra cosa al mondo: più di Inubushi Higashi, più di Ryosei Kai, più dell'attacco in massa di quindici diversi vampiri. Era per questo che doveva partire, e doveva farlo il prima possibile. 

  

Si fermarono solo dopo due notti e due giorni di marcia, ed Osamu volle specificare che sarebbe stato solo per poco. Non avevano portato molta roba insieme a loro, solo viveri e vestiario che potesse stare sul carretto di famiglia. Atsumu, in ogni caso, era corso via dal castello senza nient'altro che i vestiti che aveva indosso, e prima ancora aveva lasciato ogni cosa ad Osamu credendo che non avrebbe mai più rivisto niente. Suo fratello non aveva buttato via nulla ma, a parte che per un paio di cambi d'abito, il biondo aveva deciso di lasciare quel poco di spazio che avevano sul loro mezzo a Suna ed Osamu. Lui, comunque, non aveva bisogno d'altro. 

La cittadina nella quale decisero di fermarsi per qualche giorno si chiamava Nakama. Si trovava sul mare e ad Atsumu piaceva. Lasciò che la salsedine gli accarezzasse la pelle e che lo rilassasse prima di seguire l'esempio di Osamu e Rintaro e scaricare i bagagli. Soggiornarono in un piccolo ed economico affittacamere mangiando ciò che suo fratello era in grado di cucinare con il piccolo fornetto messo a loro disposizione. 

Sebbene non si vedessero da diversi anni, nessuno di loro tre aveva parlato molto durante il viaggio e in camera non fu diverso. Fu solo quando si fece nuovamente mattina che iniziarono a sciogliersi un po'. Durante la colazione, Suna gli raccontò che Osamu aveva messo in piedi una modesta attività di cibo da asporto; aveva comprato un treruote grande abbastanza da contenere diversi chili di riso cotto e vari condimenti, ma anche piccolo al punto da poterlo spostare tranquillamente da solo. Osamu aggiunse che in quel modo era riuscito a seguire la confusione del paese e a vendere cibo lì dove la massa tendeva a comprarne di più. Dopodiché, partendo nuovamente da Suna, iniziarono a riportargli le scene più esilaranti e paradossali che avevano dovuto vivere con i clienti. Presto, la stanza fu invasa dalle loro risate, tuttavia non appena ad Atsumu veniva in mente qualcosa di simile alle loro storie vissuto con Kiyoomi che avrebbe potuto raccontare, qualcosa lo tratteneva. Osamu e Rintaro erano convinti che Sakusa fosse solo il perfido mostro che aveva rapito lui e trucidato tutti coloro che avevano provato a salvarlo, e – – il fatto era che Kiyoomi era anche quello. Per quanto ci provasse, Miya non riusciva a trovare il coraggio di parlar loro dell'altra faccia del vampiro, quasi sentendo di non averne il diritto. Si godette moltissimo i racconti degli altri due, però. Lo fecero distogliere dai suoi pensieri più ingombranti e in qualche modo ebbero il potere di riportarlo nel passato, ad ancor prima che conoscesse Sakusa. 

"Quindi quand'è che vi siete messi insieme?" Chiese a un certo punto, e la stanza crollò nel silenzio. "Perché... Adesso state insieme, vero?" Silenzio. 

Atsumu iniziò a ridere, sinceramente divertito da quanto quei due fossero idioti ed al tempo stesso esasperato proprio per questo. 

"Non posso credere che non vi frequentiate ancora!" 

"Smettila, stronzo! Non è così semplice!" Lo riprese suo fratello. 

"È semplicissimo invece!" 

"No!" 

"Sì! Siete innamorati sin da quando ricordo! Mi hai anche detto che Sunarin non è partito per rimanere con te, Samu! E siete entrambi umani, cosa può esserci di complicato!" 

I due non parlarono per un po'. Atsumu non seppe se non lo fecero perché interdetti dalle sue ultime parole – frase, comunque, che gli era sfuggita senza permesso – o perché privi di una vera e propria spiegazione. Magari fu per entrambe le cose. Il biondo seppe però che erano arrossiti entrambi, cosa che fino a quel momento Atsumu avrebbe reputato impossibile sia per l'uno che per l'altro. 

Sospirò. "Va bene, facciamo finta che finora sia stato complicato. Adesso però è semplice, non siete d'accordo?" 

Osamu e Suna si guardarono, arrossendo ancora di più. Per Atsumu stava iniziando a diventare imbarazzante. 

"Immagino di sì." Borbottò suo fratello e l'altro Miya annuì. 

"Bene, allora." Atsumu fece perno sulle proprie braccia e si alzò in piedi. "Risolvete questa cosa. Io mi tolgo dai piedi per un po'." Quasi avesse detto che andava in guerra, Osamu si sollevò spaventato. 

"Tsumu!!" 

"Samu..." Fece lui, molto più pacato. "Non puoi controllarmi per il resto della vita. È giorno, nessuno mi farà del male." Disse alzando gli occhi al cielo. "E non voglio essere qui quando inizierete a sbaciucchiarvi." Suo fratello diventò ancora più rosso, immobilizzandosi del tutto, così Atsumu poté superarlo e raggiungere la porta. Fece un occhiolino ad entrambi ed andò via. 

In realtà, quella pausa dall'apprensione di Osamu gli fece bene. Amava suo fratello ed era felice di essere lì con lui, ma c'erano tante cose che doveva dirgli e molte di più che sentiva non sarebbe mai riuscito a raccontare. Continuare ad allontanarsi da Hyogo non sarebbe servito a nulla, eppure ad ogni giro di ruota del carro Osamu gli sembrava più sereno, ed Atsumu – anche solo per questo motivo – lo era con lui.  

Girovagò per molte ore sul lungomare della piccola città, ripensando a quella volta ad Okinawa, e quell'altra a Niigata e ancora a Choshi. Il panorama era sempre stato bellissimo, e d'altronde Kiyoomi si era sempre vantato di avere buon gusto in quel genere di cose, ma in quelle occasioni fissare la superficie dell'acqua ed il riflesso della luna su di essa non era mai stata la sua attività preferita. Sakusa adesso era un vampiro, ma spesso c’erano momenti – specie quando erano soli – che ad Atsumu altro non sembrava che un semplice uomo d'altri tempi, e le notti che aveva passato con lui nei vari romantici lungomare rientravano certamente tra quelli. Una volta, persino, al commento del biondo di quanto bella fosse la vista, l'altro aveva avuto l'audacia di rispondere che non si sarebbe mai permesso di portarlo in un luogo che non avrebbe valso la sua bellezza. Atsumu, ovviamente, aveva risposto insultando la sua eccessiva arroganza, ma in fondo gli era piaciuto essere lusingato in quel modo. 

Tornò in camera da Suna e Osamu prima che il sole calasse in modo da evitare che il fratello che aveva da poco ritrovato morisse d'infarto. Non appena rientrò, nessuno dei due gli disse niente su ciò che era successo in sua assenza né lui chiese alcun dettaglio. Vide, però, sguardi rubati e tocchi veloci delle loro dita, e sorrise. 

Osamu forse non era riuscito a rifarsi una vita sapendo suo fratello prigioniero di un succhia-sangue, ma poteva rimediare adesso. 

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Capitolo 11
*** 11. ***


Miya 

Come promesso, lasciarono la cittadina di Nakama dopo appena due dì e proseguirono verso ovest. Viaggiarono per qualche altro giorno, finché davanti a loro non ci fu altro che mare. Osamu iniziò a fissare l'orizzonte con fare desolato, forse persino ponderando di imbarcarsi su una nave, ma Atsumu fermò quel pensiero prima ancora che suo fratello potesse decidersi. 

"Staremo bene qui, Samu. Ormai siamo abbastanza lontani da Hyogo." Rintaro aiutò nella persuasione del suo compagno ed iniziarono a cercare una casa da affittare a lungo termine. Spesero tutto ciò che avevano, ma ottenendo in cambio un locale abbastanza grande per tutti e tre con due piani, nel primo dei quali Osamu avrebbe potuto imbastire una piccola locanda specializzata nella preparazione di onigiri. Non fu facile ricostruire le loro vite da zero, ma aiutandosi a vicenda riuscirono a farcela. Le ferite sul collo di Atsumu iniziarono a schiarirsi fino a diventare di un pallido bianco; i suoi capelli tornarono castani; e solo un anno più tardi – specie grazie a Osamu – "Onigiri Miya" aprì i battenti. Rintaro e Atsumu aiutarono con piacere, ma se uno sembrava soddisfatto di poter aiutare il proprio compagno con gli affari, l'altro sentiva che la ristorazione non era la sua strada. Vedeva Osamu e Suna andare avanti, felici di dov'erano arrivati, e non riusciva a capirli. Atsumu aveva passato tutta la sua vita prima nel suo paese natale e poi al castello, e solo durante l'ultimo anno vissuto con Kiyoomi aveva visitato un po' il mondo. In tutti quei luoghi, in qualche modo, si era sentito a casa, ma non lì ai confini del Giappone, fuggito da un pericolo che in realtà non esisteva. Si disse che per eliminare quella grande insoddisfazione che si sentiva dentro avrebbe dovuto trovarsi un lavoro tutto suo che rispecchiasse i suoi interessi, così iniziò a chiedere nei suoi luoghi preferiti se cercassero personale. Ebbe fortuna in uno dei club più prestigiosi della zona. Atsumu, ovviamente, non aveva la classe sociale né il denaro sufficiente per frequentare quel posto, ma aveva saputo che cercavano un pianista, così aveva fatto domanda, ripescando – con l'occasione – gli abiti con i quali era fuggito dal castello e che Osamu non sapeva avesse portato con sé. 

Suo fratello era rimasto più perplesso di quanto l'altro non aveva immaginato quando gli diede la notizia che aveva ottenuto il lavoro, ma proprio mentre Atsumu stava per chiedergli perché stesse reagendo in quel modo, suo fratello disse: "Non sapevo suonassi il piano." 

"Oh." Pensò Atsumu, ormai abituato ad avere a che fare con quello. In tutti quei mesi, la sua permanenza al castello era rimasta un argomento tabù. Ogni volta che Atsumu tentava di raccontare qualcosa, Osamu si impietosiva, e ancora prima di sentire alcunché iniziava a consolare il fratello, assicurandogli che non era costretto a raccontare nulla, se non voleva. Ma il fatto era che Atsumu voleva raccontare quelle cose, e provava rabbia verso Osamu ogni volta (quindi tutte) che lo trattava come una vittima. Capitava, quindi, che venissero fuori novità come quella del pianoforte, che invece di trovare interessanti suo fratello screditava. 

"Ti costringeva anche a fare questo." 

Atsumu respirò a fondo nel tentativo di calmarsi. 

"Non è così. Passavamo il tempo a suonare perché ci divertiva." Come sempre, Osamu aggrottò la fronte, quasi l'immagine che Atsumu stesse tentando di descrivere fosse impossibile da immaginare, ma l'altro non gli permise di fare commenti ed iniziò a raccontare della sua prima lezione, del Cristofori e di quanto dannatamente Kiyoomi tenesse a quel pianoforte italiano. 

La storia durò poco, però, perché fu interrotta da un'emergenza di lavoro a Onigiri Miya che Atsumu preferì non andare a verificare. Sapeva quanto fosse difficile per Osamu comprendere tutte le sfaccettature di grigio delle esperienze di cui Atsumu avrebbe voluto parlargli, e lo frustrava non riuscire a farlo, ma non avrebbe rincorso suo fratello, almeno non su quello. 

Riprendere a suonare il pianoforte fu bello. Scoprì che senza accorgersene era diventato davvero bravo e che il suo repertorio musicale – prima di Sakusa completamente inesistente – era anche piuttosto ampio. Tuttavia, il lavoro lo aiutò solo in parte e forse – al contrario – ebbe l'effetto collaterale di fargli mancare quel tenore di vita a cui il vampiro lo aveva abituato. E gli mancava lui, soprattutto; gli mancava come l'aria. La presenza di Kiyoomi accanto a lui nello sgabello, le sue risate, le sue dita fredde che non mancavano occasione per toccare quelle del ragazzo sopra i tasti bianchi e neri. Il modo in cui Osamu e Rintaro fossero restii ad ascoltare anche la più banale delle sue storie faceva sentire Atsumu in difetto, come se rimpiangere la presenza di Sakusa accanto a lui fosse sbagliato. Non che la sua famiglia non si sforzasse di provare a capire, ma più Atsumu faceva scorrere i suoi pensieri ad alta voce, più gli altri due lo guardavano con espressioni strane, lugubri, di biasimo, che Atsumu odiava con tutto se stesso e che voleva evitare. Una cosa che avrebbe dovuto aiutarlo ad aprirsi di più, quindi, iniziò a farlo chiudere maggiormente in se stesso, e più suo fratello e il suo migliore amico andavano avanti con le loro vite, più Atsumu si rendeva conto di essere rimasto bloccato nel passato. 

"Devo partire." Disse agli altri due durante la cena. Tutti smisero di mangiare, bloccando persino i bocconi a metà. Atsumu fece un sorriso mesto e continuò: "Amo stare qui con voi, ragazzi, ma mi sento di troppo." 

"Non dire cazzate!" Si arrabbiò subito Osamu. "Come potresti essere di troppo!?" L'altro Miya fu felice di sentire quelle parole, ma ciò non cambiò come si sentiva. 

"Devo trovare il mio posto, Samu. Siamo qui da quasi tre anni e ancora non sono riuscito ad ambientarmi. Sai a che punto ero con Omi dopo tre anni dal mio arrivo al castello??"  

Osamu voltò il capo con stizza, distogliendo lo sguardo dal suo con uno scocco di lingua. 

"No, infatti." Continuò Atsumu. "Non lo sai perché non vuoi saperlo." 

Poi Osamu tornò a guardarlo, stavolta con più ansia. "Non puoi tornare da lui, Tsumu! Non capisci quello che ti ha fatto. Sei confuso, non puoi davvero volere--" 

"Non tornerò da lui, cazzo. E non c'è bisogno che me lo dica tu che la mia testa è incasinata, grazie tante. Ma questo non toglie il fatto che devo partire!" Ci fu un forte silenzio per un po', interrotto infine da Rintaro. 

"Samu..." Chiamò piano, quasi sussurrando. "Non puoi impedirgli di partire, o non sarai migliore di quel vampiro." Quelle parole colpirono in profondità entrambi i Miya per ragioni diverse. Il comportamento degli ultimi due anni di Sakusa era stato tanto diverso da quello di Osamu dopo la sua fuga? 

Ad Osamu tremò il labbro, ma trattenne le lacrime.  

"Questo non vuol dire che non ci rivedremo, Samu. Siamo entrambi adulti, ormai. Tu ti sei creato una vita con la persona che ami, ora io devo provare a fare lo stesso."  

Suo fratello sospirò forte. "Prometti che non farai cazzate?"  

Atsumu ci pensò. Non voleva mentire a suo fratello. "Prometto che prima di farle passerò da qui per darti la possibilità di fermarmi." Osamu annuì facendosi andare bene quella risposta, ed Atsumu poté tirare un sospiro di sollievo. Tornarono a mangiare e a parlare d'altro, tentando – in quel modo – di non pensare agli addii. Dopo cena, Atsumu decise di prendersi tempo per preparare tutto senza ansie: avvertì il club che non avrebbe più suonato per loro, ritirò la sua ultima busta paga, infagottò alcuni vestiti e molto cibo pronto di Osamu e – tre giorni più tardi dal suo annuncio – fu pronto a partire. 

Né l'uno né l'altro Miya, né tantomeno Suna, erano pratici con quel genere di cose. Le circostanze li avevano spesso portati ad essere più sentimentali del normale, ma cedere a quel tipo di romanticismo veniva difficile a tutti e tre. Atsumu decise quindi di abbracciare prima il fratello, poi l'amico, concedendo ad entrambi giusto qualche pacca sulla spalla. Quello non era un addio, tuttavia decise comunque di sussurrare a Suna la preghiera di prendersi cura di Osamu. Sapeva che l'avrebbe fatto, ma ricordargli che ora avrebbe dovuto lavorare anche lui non avrebbe guastato. 

Si issò sul carretto dando un'ultima occhiata a ciò che si stava lasciando alle spalle: una casa sicura, Onigiri Miya, un amico prezioso e un fratello che stranamente amava più di ogni altra cosa al mondo. Una vita sulla carta perfetta, ma che per lui non lo era, perlomeno non per la persona che era diventato. Scoccò le redini ed il ronzino partì. 

Si diresse ad est, perché solo ad est avrebbe potuto dirigersi, marciando verso l'alba; la stessa, in effetti, che gli aveva fatto da panorama il giorno in cui aveva lasciato il castello di Kiyoomi diversi anni prima. 

Non avendo una meta precisa, l'uomo decise di godersi il viaggio, fermandosi solo quando era ispirato e vivendo alla giornata. Si guadagnò da vivere facendo quello che gli piaceva fare; conobbe gente nuova e riuscì – in alcune occasioni – persino a legare con qualcuno. Furono mesi ricchi ed educativi: non sapere quali avventure avrebbe vissuto il giorno dopo lo eccitava e distoglieva la sua mente dai pensieri più logorroici, e presto ritrovò una parvenza di pace. Poi, però, il suo carro arrivò ad Osaka. Atsumu tentò di autoconvincersi di esserci capitato per caso semplicemente perché aveva fatto poca attenzione alle strade che prendeva, ma la consapevolezza di aver raggiunto quella città con uno scopo ben preciso era troppo forte per poter essere raggirata. 

Quando fu in pieno centro si era fatto ormai tardi, quindi lasciò il proprio cavallo nell'unico deposito aperto a quell'ora e girovagò per le strade di Osaka per il resto della notte.  

Visitò luoghi bellissimi, come il teatro, il quartiere Minami, il tempio Shitenno-ji e quello Hozen-ji, ma si vide bene dall'evirarne accuratamente altri, come la spiaggia e – soprattutto – il giardino Nishinomaru. 

Quando stette per albeggiare, smise di tergiversare e si voltò per raggiungere la sua prossima meta. Arrivò davanti alla villa di Bokuto qualche minuto prima che il sole sorgesse; guardò ad est ed aspettò. Quando finalmente scorse i primi raggi di luce, si fece coraggio ed avanzò fino all'ingresso suonando il campanello. Passarono alcuni attimi, poi Akaashi gli aprì. 

"Miya-san!" Lo salutò, piacevolmente sorpreso. Si inchinò appena e lo accolse meglio: "Che piacere rivederti. Accomodati." Atsumu esitò guardando oltre le spalle del corvino, da dove provenne la voce di Bokuto che chiedeva chi fosse alla porta. Keiji non gli rispose, forse pensando che presto il vampiro l'avrebbe visto con i propri occhi, ma Atsumu non fece cenno di muoversi. 

"Potremmo andare a parlare fuori, invece?"  

Se Akaashi fu sorpreso da quella richiesta, non lo diede a vedere. Invece, a Miya parse quasi che il sorriso che gli fece di rimando fosse uno di quelli comprensivi.  

"Ma certo." Rispose. 

"Allora chi è??" Si sentì di nuovo Bokuto, e di nuovo Akaashi lo ignorò. 

"Io esco, Kou." Disse invece, senza preoccuparsi di sforzare la voce, visto l'udito dell'altro.  

"Uffa! Torna presto! Divertiti con Tsum-Tsum!"  

Miya ridacchiò, invidiando i sensi acuti dei succhia-sangue. 

"Ciao anche a te, Bokuto-san." 

"Togli quel san--!" Fu l'ultima cosa che gli sentirono urlare dall'ombra prima che Akaashi chiudesse la porta dietro di sé. 

Passeggiarono per un po', andando al mercato e mangiando cibo di strada senza fretta. Infine, si sedettero su una panchina e rimasero in silenzio. Keiji non gli fece nessuna pressione, ma l'altro fu comunque già in grado di percepire la differenza tra lui e Suna ed Osamu. 

"Avete rivisto Kiyoomi, dall'ultima volte che sono venuto qui con lui?" Chiese come prima cosa. 

"No." Akaashi scosse il capo. "Quella è stata la prima e l'ultima volta che ho avuto il piacere di incontrarlo." 

"Mh-Mh." Mormorò Atsumu, tornando silenzioso. 

"Lui ti piace." Affermò il corvino dopo un altro po'. Miya rizzò la schiena e prese a fissarlo, colpito e colpevole. L'altro rise della sua reazione. "Sì, è chiaro solo a vederti." Continuò, ma questo non faceva sentire meglio Atsumu, che tornò ad incurvare le spalle e a fissare davanti a sé. 

"Non dovrei. È stato un pezzo di merda con me." 

"Ma ti piace comunque. E questo ti fa sentire in colpa." Miya si voltò nuovamente verso l'altro e sorrise, tremendamente contento di aver trovato qualcuno così capace di comprenderlo. 

"Sono rimasto con Omi per quattro anni. All'inizio è stato un inferno, ma poi..." Sospirò. "Il suo unico errore è stato impedirmi di scegliere. Se l'avesse fatto a quest'ora non avrei avuto dubbi." 

"Non sai se tornare da lui?" Cercò di capire Akaashi. Atsumu abbassò il capo e se lo afferrò tra le mani, disperato. 

"La testa mi dice di non farlo, ma il cuore..." Sentì una fitta al petto mentre lo diceva. "Omi mi ha lasciato andare tre anni fa. Mi sono allontanato da lui più che ho potuto, e ho provato a ricominciare, ma non riesco ad andare avanti. È come se fossi bloccato!" Deglutì il groppo che aveva in gola, poi con più calma riprese a parlare. 

"Mi dispiace essere venuto a darti fastidio, è che non sapevo che altro fare. Sei l'unico che conosca che possa capirmi."  

"Nessun disturbo, Miya-san. Se posso esserti utile mi fa piacere, ma non conosco Sakusa-san abbastanza bene da poter parlare per la vostra situazione. Posso solo raccontarti la mia." 

Atsumu annuì con foga, smanioso di sentire il suo punto di vista.  

"Come Sakusa-san ha fatto con te, anche Koutaro all'inizio mi ha sequestrato senza il mio consenso. La mia famiglia era facoltosa e non mi aveva mai fatto mancare nulla, ma erano anche avidi e poco affettuosi, e mi stavano costringendo in un matrimonio combinato che non volevo. Avevo conosciuto Koutaro qualche mese prima, ma fino ad allora si era sempre mantenuto in disparte. In effetti, mi faceva tenerezza il modo in cui mi guardava."  

Atsumu sbuffò una risata. Sakusa l'aveva guardato in tantissimi modi differenti, ma certamente l'umano non si sarebbe mai sognato di dire che ispiravano tenerezza. 

"Quando ha scoperto del mio matrimonio non si è fatto scrupoli a rapirmi. Mi ha afferrato e mi ha portato qui ad Osaka. Dal suo punto di vista l'ha fatto per aiutarmi, ma non ho mancato di spiegargli che non ha usato il metodo giusto. È rimasto depresso per settimane, da quella discussione." Atsumu sorrise al pensiero del potente vampiro rannicchiato sotto un tavolo con i capelli flosci ed il labbro sporgente. 

"Il fatto è," continuò il corvino, "che Koutaro non aveva idea di avermi fatto un torto." Miya annuì. 

"Ho avuto una conversazione simile con il cugino di Kiyoomi, riguardo al fatto che i vampiri tendono a dimenticare quali fossero le regole degli esseri umani. Ma Omi mi ha costretto a rimanere con lui minacciando di uccidere mio fratello." Scosse la testa, arrabbiato e frustrato. "Non posso perdonarlo!" 

"Ma non devi." Fu la risposta. Atsumu tornò a guardare Akaashi. "Qualsiasi cosa deciderai di fare, non sei costretto a perdonare Sakusa-san per quello che ti ha fatto. Tornare da lui non vuol dire dimenticare tutto." 

"Ma come potrei mai tornare da lui senza dimenticare?" 

"Sakusa è cambiato mentre era insieme a te, non è così? Correggimi se sbaglio, ma penso che adesso non minaccerebbe mai tuo fratello per tenerti con sé. È cambiato grazie a te o per te. In entrambi i casi, può voler dire solo che è stato disposto a metterti al primo posto."  

Quelle parole fecero sussultare il castano. Pochi giorni prima che Kiyoomi lo lasciasse andare Atsumu gli aveva proprio rinfacciato che non era mai riuscito a metterlo al primo posto. 

“Hai detto che sei stato con lui per quattro anni.” Continuò il corvino. “Quattro anni non sono niente per gli immortali. Magari tu credi che avrebbe dovuto lasciarti andare via prima, ma per un vampiro il fatto che abbia cambiato atteggiamento in soli quattro anni vuol dire davvero molto. È giusto volere che loro si adattino alla nostra natura umana, ma per far sì che le cose funzionino dobbiamo anche noi comprendere la loro, di natura."  

Atsumu cercò di assimilare quella nuova prospettiva, cercando di convertire i quattro anni vissuti da lui nel castello da umano negli stessi quattro anni ma vissuti da vampiro. Se fino a quel momento il problema principale era stato che Sakusa ci aveva messo troppo tempo a decidere di lasciarlo libero, adesso l'intervento di Akaashi gli stava facendo rivalutare il suo punto di vista. 

Ridacchiò quando gli venne in mente una cosa: "La prima volta che ti ho visto mi hai fatto paura." Raccontò Atsumu ad Akaashi. "Non volevo rivolgerti la parola, perché la tua connessione con Bokuto era chiara. Avevo paura che confrontandomi con te avrei definitivamente ceduto al fascino di Kiyoomi. Lo amavo già all’epoca, ma riuscivo ancora a negarlo a me stesso." 

"Pensi ancora che parlandomi di queste cose quando ci siamo conosciuti avresti ceduto?" Gli chiese. 

"No, non lo penso. Lo so per certo." Rise. "Un anno dopo la nostra visita di Osaka, Omi ha detto di amarmi, e io ho dato di matto. Se noi due avessimo parlato prima, probabilmente avrei solo ricambiato." Scese un silenzio confortevole tra loro, durante il quale Miya provò ad immaginarsi come sarebbe stata la sua vita se avesse corrisposto la dichiarazione del vampiro. 

"Sono felice che sia andata così." Decise alla fine. "In questi tre anni ho vissuto con mio fratello, ho cercato di farmi una vita, e ho capito qual è il mio posto. L'avevo già trovato, ma non lo sapevo, e negli ultimi anni non ho fatto altro che tentare di tornare lì, anche se non sempre me ne rendevo conto."  

Akaashi sorrise. "Hai deciso cosa fare?" 

"Sì, ho deciso. Tornerò da mio fratello." Sospirò Atsumu. "Gli ho promesso che prima di fare una cazzata sarei tornato da lui per dargli la possibilità di farmi cambiare idea."  

"Capisco." 

Atsumu sorrise a quella risposta. "Lo so." Gli disse. Infine si alzarono; Miya passò la notte nella villa di Bokuto e Akaashi, ma ripartì di buon'ora non appena arrivò la mattina. 

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Capitolo 12
*** 12. Epilogo ***


Miya O. 

"Rin, l'ordine per il tre è pronto!" Avvertì Osamu a gran voce affinché il suo compagno sentisse. L'altro si avvicinò con la sua solita espressione neutra, ma Miya sapeva bene quanto prendesse sul serio il suo lavoro al ristorante. Afferrò i piatti da servire e Osamu gli inclinò la maschera d'indifferenza rivolgendogli un sorriso cochon. Non era mai facile modificare l'espressione di Suna, quindi si congratulò mentalmente con se stesso, felicemente consapevole di cosa quel sorriso gli sarebbe valso quella stessa notte tra le lenzuola. Sogghignò contento e tornò a lavorare il riso. Ormai la sua attività andava avanti da anni, ma non passava quadrimestre in cui lui e Suna non registrassero aumenti di profitto, ed Osamu non avrebbe potuto esserne più fiero. Suo fratello era partito da sette mesi, ma spesso arrivavano lettere e persino alcuni clienti che dicevano di portare con sé il "buono-sconto-Tsumu-è-il-miglior-gemello" per il quale avevano fatto diversa strada. La gioia di Osamu nell'incontrare viaggiatori che erano entrati in contatto con suo fratello superava (la maggior parte delle volte) la sua rabbia nel leggere le pessime offerte che Atsumu aveva garantito loro. Osamu preparava a quei clienti ciò che chiedevano e si sedeva con loro per fare due chiacchiere sullo strano uomo identico a lui che li aveva indirizzati verso Onigiri Miya. Il castano sapeva che Atsumu stava cercando la propria strada, e si era ripromesso di accettarla, qualunque essa fosse, anche se questo avrebbe voluto dire lasciare che l'altro si allontanasse da lui. 

Fu poco dopo i nove mesi di viaggio che finalmente Osamu lo vide ritornare. Il furin suonò, indicandogli che qualcuno aveva aperto la porta, dunque Miya si voltò per accogliere il nuovo cliente, quando la vista della sua immagine identica lo bloccò. L'appena arrivato sorrise. 

"Ciao, Samu. Sono a casa." 

Miya sorrise di rimando, si affrettò a girare davanti al bancone e poi corse a stringere il suo gemello. Un tempo non erano così affettuosi, ma Osamu sentiva come se ad ogni separazione una parte del suo stupido orgoglio andasse via con Atsumu, e quando poi suo fratello ritornava, Osamu non era più interessato a riavere quella parte indietro, ma solo a stringere quello stupido girovago tra le proprie braccia. 

L'altro ricambiò la stretta e risero, entrambi felici di essere nuovamente insieme. Rintaro li raggiunse poco dopo e non persero altro tempo: si sedettero al bancone e iniziarono a recuperare il tempo perduto. 

Atsumu era diverso, in meglio. Sorrideva come se non avesse un pensiero al mondo; le sue guance erano vivaci di colore ed i suoi occhi brillavano mentre raccontava loro le sue avventure; aveva anche smesso di portare abiti dal girocollo alto che gli coprissero le cicatrici, indossando invece proprio quei morsi con una dignità tale da renderli quasi invisibili. 

Parlarono per ore, servendo i clienti insieme tra una parola e l'altra, e prima che se ne rendessero conto fu notte fonda. Rimasero ancora al pian terreno, con porta e vetrine chiuse a coprire la luce delle lanterne e le loro tre voci accompagnate da altrettante risate contente. Andarono a dormire sul tardi, stremati tutti dalla lunga giornata, ma ugualmente impazienti di risvegliarsi di buon'ora il mattino seguente per riprendere da capo.  

Passarono giornate incantevoli; attorniati solo da belle sensazioni e sentimenti d'affetto, e fu solo all'orario di chiusura del terzo giorno, mentre Suna era a fare commissioni, che quella piccola bolla di felicità scoppiò.  

"Sono partito per cercare il mio posto nel mondo," gli aveva detto Atsumu, "e finalmente l'ho trovato." L'altro Miya non avrebbe potuto essere più contento a quella notizia, già pronto ad accettare che fosse dall'altra parte del Paese, ma per quanto si fosse preparato ad ogni evenienza, non avrebbe mai potuto esserlo per quella: 

"Dov'è?" Chiese. 

"Con lui." Gli fu risposto.  

Il cuore di Osamu calò a picco, come gettato in fondo a un pozzo senza fine. Gli mancò il fiato, vedendo crollare all'improvviso il futuro radioso che aveva immaginato per suo fratello. 

"No..." Aveva sussurrato, privo di altre parole. La gola gli diventò arida e per diversi attimi non riuscì a fare altro che boccheggiare. Sembrava che Atsumu si aspettasse quella reazione, perché lo guardò dispiaciuto, allungando una mano oltre il piano di legno per stringerne una delle sue. 

"Samu--" iniziò, ma lui non lo fece finire. 

"No!" Scansò la mano dalla stretta di Atsumu solo per passare ad essere lui a stringere quella dell'altro. "Tsumu, mi dispiace!" Gli disse con fare disperato. "Mi dispiace non riuscire a capire cosa ti abbia fatto quel vampiro mentre ti teneva lì con lui, prometto che proverò a rimediare, ma non andare." 

Atsumu ridacchiò, in parte mesto e in parte commosso. "Durante il mio viaggio ho realizzato che per quanto io mi sforzi non potrò mai farti capire il mio punto di vista, e che per quanto ti sforza tu, tu non potrai mai capirlo." 

Osamu iniziò a scuotere il capo, forse concordando con suo fratello ma rifiutandosi di accettarlo. "Non tornare da lui per questo. Non è lui che può capirti!" 

"Lo so." Rispose Atsumu repentinamente. "Neanche Omi può capirmi appieno, almeno non per ora." Poi continuò: "L'ultima tappa del mio viaggio prima di tornare qui è stata Osaka. Io e Omi c'eravamo stati diversi anni fa, e allora ho conosciuto un vampiro e un umano che stanno insieme. Ho parlato con loro. Più con l'umano, in realtà. Lui è l'unico che possa capirmi davvero, Samu, e grazie a lui ho fatto chiarezza nella mia testa." 

"Ma--!" 

"No." Lo interruppe Atsumu. Poi sospirò, e strinse maggiormente la mano intorno a quella di Osamu. "Sono tornato perché ti avevo fatto una promessa, ma sono convinto della mia scelta, Samu." 

L'altro non sapeva come altro convincerlo. Sciolse la presa delle loro mani per allungare la propria fino ai segni sul collo di Atsumu. 

"Come la metti con questi? Perché vuoi tornare da un mostro che ti usa solo come cibo."  

Atsumu rise come si può ridere ai bambini che non capiscono qualcosa di basilare. "Il suo nome è Kiyoomi, e non mi usa affatto come cibo." Gli scostò delicatamente la mano dal collo per rimetterla tra la propria poggiata sul piano del tavolo. 

"Ascolta, so che il mio rapporto con Omi è iniziato male, ma è cambiato. Io l'ho fatto cambiare, capisci?"  

"Vuoi solo convincertene!" 

"È la verità!" 

"Ci scommetteresti la tua vita!?" Chiese il ristoratore, arrabbiato e preoccupato. "Se torni da lui non ti lascerà più andare. Non farlo... Non farlo." 

"Non mi costringerà più a fare qualcosa che non voglio." 

"Non puoi saperlo." 

"Lo so. Tu non lo conosci." 

"Forse neanche tu...!" Rantolò, sempre più a corto di speranza. 

Seguirono alcuni secondi di silenzio; poi Atsumu rispose alla sua domanda lasciata in sospeso: “Mi fido di lui e, sì, ci scommetto la vita. Non riesco a spiegarti tutto, Samu, e ho fatto pace con l'idea che non riuscirò mai a farlo, ma tu cerca di capire." Gli disse. "Non sto prendendo questa decisione d'istinto. Sono tre anni che ci ragiono. Senza Omi sento che non sarò più completo, una parte di me è rimasta in quel castello. Vedevo te e Sunarin andare avanti e non riuscivo a capire perché io non riuscissi a farlo, ma adesso lo so." 

Calde lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Osamu. Aveva provato a dissuadere Atsumu dal seguire l'ombra del suo passato tante volte, e in tutte aveva fallito. Per quanto si sforzasse, davvero non riusciva a capire come suo fratello potesse anche solo accettare l’esistenza di quell’essere. Osamu non si era mai arreso, e con tutto il proprio impegno tentava ancora di persuadere Atsumu a cambiare idea, ma sentiva che il fallimento di quella sera sarebbe stato quello definitivo. 

"Devo vederlo con i miei occhi." Decise. "Se ci scommetteresti la tua vita, allora verrò con te e mi assicurerò che trovi quello che cerchi." 

"Samu--" 

"Se sei pronto a scommettere la tua vita devi scommettere anche la mia!" Osamu vide l'indecisione passare sul volto dell'altro. "O hai paura che Kiyoomi possa uccidermi non appena mi vede?" L'indecisione diventò determinazione.  

"D'accordo. Ti farò vedere, allora." 

  

Decisero di partire l'indomani, prima che uno dei due cambiasse idea. Dopo diverse proteste di questi, fu deciso che Suna sarebbe rimasto a servire i clienti di Onigiri Miya, dunque Osamu si fece da parte e lasciò che Atsumu salutasse come si deve il suo migliore amico. Rintaro non aveva partecipato alla discussione della sera prima, quindi la loro decisione di partire per Hyogo l'aveva spiazzato a dir poco. Lui più di Osamu sapeva che non avrebbero mai potuto trattenere Atsumu contro la sua volontà, eppure – privato del tempo necessario per abituarsi all'idea – Suna non riuscì a nascondere la propria delusione per quella nuova e più dolorosa separazione. Osamu decise di lasciare quel momento per loro, conscio del fatto che la sua presenza avrebbe potuto essere solo di troppo.  

Quando infine partirono, il ristoratore osservò di sottecchi il fratello che invece – deciso – guardava dritto davanti a sé. La postura delle sue spalle, la tensione della sua mascella e la stretta possente dei pugni sulle redini, gli dissero però che stava facendo un grande sforzo per non voltarsi indietro, portando Osamu a chiedersi in quante altre occasioni si fosse già comportato in quel modo. Atsumu aveva stravolto la sua realtà per poi rimetterla insieme così tante volte da far male persino a lui che tutti quei traumi li aveva vissuti solo di riflesso. Miya sperava davvero che quella attuale fosse l'ultima volta che suo fratello fosse costretto a cambiare di netto la propria vita, demolendo tutto e ricominciando da capo, ma Osamu non sarebbe mai arrivato a credere che ciò fosse possibile andando a vivere con Sakusa finché non l'avesse visto con i propri occhi, e forse neanche allora. 

Si voltò a sua volta verso il sentiero che avevano davanti e tenne lo sguardo fisso all'orizzonte, consapevole di non poter fare altro, arrivati quel punto, che accettare di seguire la strada che Atsumu aveva scelto di percorrere. 

  

Fu sempre Atsumu a guidare il carro. A scegliere dove dormire, a consultare la cartina e a dettare i tempi di marcia. Guardandolo in azione, per la prima volta Osamu capì quanto fosse cresciuto. Erano gemelli, certo, e per definizione non potevano che crescere insieme; tuttavia, sin da quando Atsumu era tornato dal castello Osamu non era riuscito ad impedirsi di trattarlo come se fosse fatto di cristallo. L'aveva lasciato partire nove mesi prima con una morsa sul cuore e gli incubi a disturbargli il sonno ogni notte. Invece, Atsumu era uscito da tutte le sue esperienze rafforzato, e non indebolito. 

Arrivarono al loro paese natale in poco più di una settimana di viaggio, ma non si fermarono a salutare nessuna vecchia conoscenza, né indugiarono quando intravidero i ruderi della loro vecchia baracca. Piuttosto, deciso e sempre più eccitato, non appena il castello del vampiro fu a vista Atsumu fece scoccare le redini ed il ronzino aumentò il passo. Fermarono il carro pochi minuti più tardi che il sole fu scomparso dietro l'orizzonte. Osamu non sapeva se suo fratello avesse calcolato appositamente i tempi per arrivare a quell'ora, ma in ogni caso lui non poté impedirsi di fissare il cielo con apprensione. Si voltò verso Atsumu per controllare se anche lui fosse nelle sue stesse condizioni, ma quello sorrideva, fremendo dall'eccitazione e quasi tremando per impedirsi di correre verso il portone. Quando si voltò verso di lui notando i suoi dubbi, gli sorrise dandogli una leggera spallata.  

"Ti piacerà non appena lo conoscerai." Disse poco prima di fare un passo avanti, e poi un altro, e un altro ancora, sempre più veloce, finché non furono entrambi a pochi centimetri dall'ingresso. Atsumu sollevò una mano per afferrare il picchiotto ed Osamu sospirò per tentare di prepararsi all'incontro con Sakusa, ma nessuno dei due ebbe il tempo di portare a termine i propri propositi: il pesante portone si spalancò di scatto e la figura slanciata del succhia-sangue incombette su di loro. Osamu agì d'istinto, facendo un passo indietro ed afferrando il braccio di Atsumu affinché lui facesse altrettanto, tuttavia questi non si mosse, rimanendo sul posto come avrebbe potuto fare solo una massiccia statua di pietra. Sgomento, Osamu saettò lo sguardo dal vampiro col gilet appariscente a suo fratello; l'atmosfera si fece immobile, gli occhi di entrambi incatenati a quelli dell'altro, le parole bloccate in gola e persino i fiati sospesi. 

"Sei tornato." Sussurrò il vampiro con la voce che gli usciva a malapena. 

"Sì." 

"Non avresti dovuto." 

"Questo lo benissimo anche io, Omi! Non fare il saccente!"  

Osamu non sapeva cosa si fosse aspettato di vedere; sapeva che in casi normali Atsumu avrebbe risposto a chiunque per le rime, ma quello davanti a loro era un assassino senza scrupoli, certamente non un "caso normale", ed urlargli contro non poteva di certo essere la soluzione migliore. 

"Allora perché sei qui?" Domandò ad Atsumu, stranamente senza alcuna ripercussione per il suo tono di poco prima. L'umano non rispose ed il silenzio si protrasse per qualche attimo.  

"Io ho una domanda migliore." Fece suo fratello, mortalmente serio. "Che. Cos. È. Quel gilet, Omi!" Scandì bene, finendo poi con una risata. In effetti, il gilet del vampiro era (ovviamente) stata la prima cosa che Osamu aveva notato. Dal verde dei limoni sfumava in un giallo deciso, e – sebbene fosse da riconoscere quanto gli fasciasse bene la vita – non poteva che cozzare con la bella camicia color panna a falde larghe ed i pantaloni scuri. 

Sakusa guardò in basso il proprio vestiario e anche se Osamu stentava a credere ai propri occhi, avrebbe giurato che fosse in imbarazzo. 

"L'ho visto nella bottega di un sarto un paio di anni fa e ho pensato che ti sarebbe potuto piacere, quindi l'ho preso." Se quella frase, così umana e persino affettuosa, destabilizzò Osamu, Atsumu non fece una piega, e invece continuò a ridere. 

"Come hai potuto pensare che mi sarebbe piaciuto!? È orribile e lo odio. Ti sta malissimo, Omi."  

Invece di arrabbiarsi, il vampiro sorrise di rimando. "Allora diciamo che l'ho visto e ho pensato che ti avrebbe fatto ridere." Le risate di suo fratello si fecero più allegre. "E avevo ragione." Concluse il corvino. 

A quel punto Atsumu si morse il labbro, indeciso, forse, sulle prossime parole da usare. 

"Hai avuto torto su una cosa però, poco fa." Alla tacita domanda nello sguardo di Sakusa, Atsumu rispose: "Riguardo al fatto che non sarei dovuto tornare." 

"Non ho mai avuto più ragione, invece." 

"Allora perché non hai finto di esserti trasferito? Sono passati quasi quattro anni da quando me ne sono andato. Non mi sarei stupito se non ti avessi trovato." L'altro non rispose, quindi Atsumu continuò ad infierire: "Invece sei corso ad aprirmi la porta. Hai sentito il mio odore, non è così? O hai riconosciuto il suono dei miei passi? Non hai lasciato neanche che bussassi alla porta." 

"Tu avresti dovuto essere più forte di me. O più saggio, quantomeno. Che ne è del tuo istinto di preservazione?" 

"Fanculo!" Sbraitò Atsumu. "È proprio per quell'istinto che sono qui!" Dopodiché si sentì solo il rabbioso respiro d'affanno di Atsumu per un po'. Osamu prese a studiare le reazioni del vampiro: era lì per quel motivo, dopotutto, ed i due non sembravano starsi rendendo conto che con loro ci fosse anche lui, il che gli stava rendendo il compito più semplice. Sapeva cosa suo fratello provava per l'altro, eppure se fu strano per lui vedere Atsumu urlare così liberamente contro Sakusa, ancora di più lo fu vedere lo sguardo di questi così perdutamente vittima dell'umano. Quell'immagine si dissociava talmente tanto dalla sua idea di quel mostro e dai pochi ricordi che ne aveva che l'unica spiegazione plausibile che gli venne in mente fu di starsi immaginando ogni cosa, eppure i sentimenti di quei due erano tanto chiari da far invidia al sole. 

"Non sei cambiato." Disse Kiyoomi ad Atsumu. "Continui a non fare quello che ti dico." L'altro sollevò il mento. 

"Non devo più." 

"No, infatti." Concordò il corvino. "Perché ho lasciato che fuggissi." 

"Ma ora sono tornato." 

"Non dovevi." 

"Ma l'ho fatto! E voglio restare." A quel punto Sakusa spalancò gli occhi, ma qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di rispondere, gli rimase bloccata in gola. Atsumu fece un passo in avanti arrivando a un palmo dalle fauci dell'altro, ed Osamu trattenne il fiato. 

"Però stavolta sarò io a mettere delle regole." Incapace di parlare, il corvino annuì. 

"Se è qualcosa che riguarda me dovrai sempre assicurarti di avere il mio consenso. Sono libero, quindi potrò fare quello che mi pare. Voglio che andiamo a vivere in città, così durante il giorno avrò qualcosa da fare se mi andrà di uscire. E potrò invitare chiunque io voglia e tu dovrai comportarti bene. Mi tengo i miei capelli castani." Fece una pausa, poi il suo sguardo cadde verso il petto del vampiro. "E non potrai più comprare cose gialle o verdi senza il mio benestare. Non sai sceglierle, Omi! Al nostro guardaroba ci penso io." Atsumu sorrise della propria ultima richiesta, ma il corvino era ancora troppo trasognato per reagire in altro modo se non deglutire sonoramente, forse nel tentativo di riprendersi. 

"Accordato." Sussurrò infine, e Miya annuì soddisfatto.  

"Vuoi che io accetti qualcosa in cambio?" Gli chiese, ma Kiyoomi scosse la testa, stupendo Osamu. Atsumu si rilassò visibilmente, trasformando la grinta in un più rilassato sentimento d'affetto; i suoi occhi castani si sciolsero in miele ed il suo fiato si fece irregolare, come in trepidante attesa. Gli occhi neri del succhia-sangue si incatenarono alle labbra dell'altro, poi tonarono agli occhi. 

"Posso baciarti?" Domandò, vibrando d'ansia e di aspettativa. 

"Sì, per favore." Esalò Atsumu, ed un attimo dopo furono l'uno sull'altro. Per quanto tentato di distogliere lo sguardo, una forte voglia di comprendere si impadronì di Osamu: le braccia di suo fratello si legarono attorno al collo di Sakusa mentre quelle del corvino cingevano la vita di Atsumu stringendo nei propri pugni le sue vesti. Il bacio che si scambiarono fu lungo e profondo e sembrò trasportarli in un modo interamente loro. Gli occhi di entrambi erano chiusi, le sopracciglia aggrottate in un'espressione piena di passione e sentimento. 

Si separarono solo quando Atsumu ebbe bisogno di respirare, a quel punto Sakusa gli accarezzò una guancia, sorridendo raggiante, ammaliato dal viso di Atsumu ed in estasi per il fatto di averlo davanti ai propri occhi, poi si fece avanti, puntando il viso verso il collo dell'uomo, ed Osamu rimpianse tutto: la sua debolezza nel non aver convinto il fratello ad ascoltarlo, la sua stoltezza per aver anche solo creduto che una creatura del calibro di Sakusa Kiyoomi potesse provare amore, ma non fece in tempo a concludere quei pensieri che dovette ricredersi. I canini del vampiro superarono il collo di Atsumu senza sfiorarlo nemmeno; Sakusa seppellì il viso nell'incavo della spalla di Miya e strinse forte l'umano in un abbraccio pieno di tenerezza. 

"Grazie." Sentì la sua voce attutita. "Grazie, grazie per essere tornato." Osamu non capiva come poco prima avesse potuto credere che Kiyoomi volesse morderlo, quando bere il sangue di Atsumu sembrava così distante dei suoi pensieri. 

"Atsu, non ho mai smesso." Continuò il corvino. "Penso ancora quelle cose che ti ho detto." Osamu non aveva idea di cosa il corvino stesse parlando, ma notò suo fratello irrigidirsi poco prima di sciogliersi completamente tra le braccia di Sakusa.  

"Anch'io ti amo." Gli rispose, scioccando Osamu meno di quanto questi avrebbe voluto ammettere. "Ti amavo allora, e ti amo anche di più adesso." 

Il vampiro strinse maggiormente la presa. "Prometto che farò in modo di meritarmelo." In risposta Atsumu mormorò compiaciuto ed iniziò a giocare con i suoi riccioli neri. 

"Perché non cominci dal fare cambiare idea su di te a mio fratello?" Suggerì, poi i due si voltarono verso di lui, a un tratto di nuovo consapevoli della sua presenza.  

Kiyoomi gli aveva già iniziato a fargli cambiare idea e non ci aveva neanche provato, ma Miya avrebbe preferito morire prima di ammetterlo a suo fratello e soprattutto prima di lasciare che le cose potessero diventare facili per Sakusa. Osamu incrociò le braccia, quindi, e minaccioso (per quanto un umano potesse esserlo per un immortale) strinse le labbra e sollevò un sopracciglio. 

"Può provarci." Accordò infine. Atsumu sorrise, Kiyoomi un po’ meno, poi il vampiro fece un passo di lato per fare accomodare gli umani nel castello.  

"Temo che non inizierò con una bella figura. Non ho più servitori e non ho mai imparato ad usare i fornelli, vi offrirei del thè o un po' di caffè, ma non ho idea di come si dovrebbe fare." Osamu trattenne una risata beffarda mentre Atsumu la sfogava ad alta voce, poi questi prese Kiyoomi per mano e iniziò a marciare verso quella che doveva essere la direzione della cucina. 

"Non dirmi che non usi una cucina dal XIII secolo, Omi." 

"In realtà non ho dovuto neanche quando ero umano. Avevo la servitù." 

"Ovviamente!" Osamu sentì la voce sempre più lontana di Atsumu sbeffeggiarlo. "Vorrà dire che stavolta insegnerò io qualcosa a te. Posso aggiungere che voglio la colazione a letto almeno una volta a settimana tra le mie regole?" 

"Puoi aggiungere tutte le regole che vuoi, Atsumu." 

Osamu si godette quel quadretto per qualche secondo ancora, prima di raggiungerli. I timori che l'avevano attanagliato durante gli ultimi otto anni erano stati dettati da fatti concreti ed episodi di indiscutibile crudeltà da parte del vampiro. Ma c’era di più. Atsumu aveva provato a dirglielo nel corso degli ultimi anni, e adesso – forse – Osamu era pronto ad ascoltarlo. Miya non avrebbe mai potuto approvare un nuovo tentativo di convivenza tra Atsumu ed il suo aguzzino, eppure davanti a lui si parava qualcos'altro, non una vittima con il suo carnefice, bensì due anime che si amavano, e quello sì, col tempo avrebbe potuto accettarlo. 

Fin. 
 


n.a. 
Eccoci alla fine. Spero vi sia piaciuta! Ci sono volute quasi 38K parole per cercare di “giustificare” l’amore di Atsumu per Sakusa. Lascio a voi il giudizio finale! 
Da questo punto in avanti non aggiungo altro. Ho pensato a mille finali diversi, ma eccetto che per questo risultavano essere tutti angst, e qualcuno mi ha vietato di farlo...  
Dato che sono stronza, però, ora vi dico il mio headcanon (ringraziatemi più tardi, eheh): Atsumu non vuole essere trasformato e Kiyoomi lo rispetta. Vivono insieme finché Atsumu non muore di cause naturali. Dopo un centinaio di anni passati senza Atsumu, Kiyoomi capisce che non riavrà mai un amore simile; ripensa al sorriso di Atsumu con affetto paragonandolo alla bellezza del sole e capisce che – in effetti – non sarebbe un brutto modo per raggiungerlo: aspetta l’alba, apre le porte, fa qualche passo in giardino e sorride alla vista del sole che spunta all’orizzonte. Poi si dissolve. (SORRY-NOT-SORRY). 

È stato un pacioro. Adiòs! 

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