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di Spreeng
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora e Ancora ***
Capitolo 2: *** Permettimi di Aiutarti ***
Capitolo 3: *** Sesshomaru ***
Capitolo 4: *** Piacere di fare la tua conoscenza ***
Capitolo 5: *** Nekimi - La Gatta che Atterra Sempre in Piedi ***
Capitolo 6: *** Il Demone Sta Nei Dettagli ***
Capitolo 7: *** Amore Paterno ***
Capitolo 8: *** Out of Character ***
Capitolo 9: *** Lasciarsi Andare ***
Capitolo 10: *** SWEET SIXTEEN ***
Capitolo 11: *** Bowl n' Chain ***
Capitolo 12: *** Divertiti, divertiti, la vita vola via! ***
Capitolo 13: *** Provaci ancora, Rin! ***
Capitolo 14: *** Lacrime ***
Capitolo 15: *** E Domani è un Altro Giorno ***
Capitolo 16: *** A Spasso Con Rin ***
Capitolo 17: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 18: *** Due Serate Molto Diverse ***
Capitolo 19: *** Se i Kami Vorranno ***
Capitolo 20: *** Chi Non Muore si Rivede ***
Capitolo 21: *** Le Piccole Cose ***
Capitolo 22: *** Cambio di Programma ***
Capitolo 24: *** La Sabbia Inizia a Scorrere ***



Capitolo 1
*** Ancora e Ancora ***


ANCORA E ANCORA

-I clienti del locale riferiscono che la rissa abbia coinvolto 6 avventori, uno dei quali avrebbe provocato verbalmente gli altri 5 per poi aggredirli fisicamente.- Ogni 4 mesi circa, la storia si ripeteva, e questa volta era capitato al pub dove lavorava Kagome: il suo "cognatino" non riusciva proprio ad evitare di attaccare briga con gli esseri umani, e il fatto che la sua cauzione venisse puntualmente pagata dal padre ogniqualvolta si verificassero certi eventi non aiutava di certo. La giovane barista prese il telefono e lasciò un messaggio al fidanzato; non si trattava di niente di particolarmente prolisso, vista l'abitudine: un semplice "È successo ancora 🙄".



Nota dell'autore
Alla fine mi sono deciso: perché pubblicare questa storia in italiano solo su Ao3, quando c'è un altro sito dove l'italiano domina? E così, INGESTIBILE sbarca su efpfanfic.net!!! 🥳 Spero che la storia vi piaccia, cercherò di aggiornarla una volta alla settimana.

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Capitolo 2
*** Permettimi di Aiutarti ***


Quando arrivò il messaggio, Inuyasha era al lavoro: era stato assunto di recente come badante da Miroku Kanagawa, erede di una discreta fortuna e rimasto paralizzato dopo un grave incidente d'auto.
Il suo datore di lavoro, con cui aveva instaurato un rapporto di fiducia reciproca nelle ultime settimane, si accorse quindi facilmente che qualcosa non andasse.
"Cosa ti turba, Inuyasha?" Chiese Miroku.
"Mh? Oh, niente, niente: tutto a posto."
"Si-curo?"
"Sì." Ripeté il mezzo-demone, un pochino infastidito.
"Sicuro sicuro?" insistette l'altro.
"Ti ho detto di sì!" Tagliò corto Inuyasha.
"Eddai, non fare il timido: non è che mi lancerò in sedia a rotelle a sbandie…"
"Ma tu, i cazzi tuoi, proprio non sai farteli? È una questione privata, e non mi serve che tu mia dia una mano paralitica!"
Miroku non pareva minimamente toccato dallo scoppio del suo nuovo badante, ed aspettò che si calmasse; quest'ultimo, conscio di aver esagerato, cercò di scusarsi bofonchiando sommessamente.
"Scusa, non volevo infierire, solo che…"
"Tranquillo, non ha importanza; quando avrai voglia di parlarne, lo farai: nessun problema."
Il mezzo-demone annuì, e nella stanza tornò a regnare il silenzio.
Dopo 10 minuti, il telefono di Inuyasha squillò, mostrando sul display la scritta 'Papà'. Rispose.
"Pronto, papà? Sono al lavoro, ti richiamo più tardi."
Miroku gli fece cenno con la testa di fare pure, ché tanto non aveva bisogno di aiuto nell'immediato.
"Come non detto, dimmi pure." rettificò allontanandosi.
"Hai saputo della rissa al pub dove lavora Kagome?"
"Dei cinque avventori che sono finiti all'ospedale per aver 'infastidito' il demone sbagliato?"
"Lo prendo per un sì"
"Papà, Kagome è la mia ragazza: mi parla di queste cose."
Dall'altro capo del telefono, un sospiro gli suscitò un profondo fastidio.
"Indovino…"
"Devi andare da lui e…" cominciò Toga.
"No!" sbottò il giovane "Non se ne parla proprio: sai che non mi sopporta, e il sentimento è reciproco! Che se ne resti un po' dietro le sbarre."
"È proprio quello che dovrai dirgli."
"Ti ho detto che no…aspetta, come?"
"Sì, hai capito: mi sono stufato di questo suo atteggiamento, non può continuare a comportarsi così." continuò il genitore, un po' incerto.
"Papà, ti senti bene?" se prima era stato colto alla sprovvista, ora era preoccupato.
"Io gli voglio bene, figliolo, ma tuo fratello è davvero…davvero…" "Una spina nel culo?" offrì Inuyasha.
"Sì." sospirò il padre "non so davvero cosa fare, con lui."
"Tranquillo, papà. Mi metto in viaggio."
"Grazie, ragazzo mio." si congedò chiudendo la chiamata.

Il mezzo-demone rientrò nel salotto per prendere il cappotto, ed incrociò lo sguardo del suo capo.
"Scusami, Miroku, ma temo che dovrò assentarmi per un paio d'ore: problemi inderogabili in famiglia."
Mentre il badante stava per uscire, il giovanotto tetraplegico lo fermò.
"Aspetta, posso darti una mano!"
Inuyasha stava per varcare la porta.
"È gentile da parte tua, ma non devi disturbarti, davvero."
"E io dico di sì, invece: voglio aiutare tuo fratello."
Il mezzo-demone si irrigidì. Non gli aveva mai parlato di Sesshomaru, quindi come diavolo faceva a saperlo? Si era messo ad origliare? Aveva dedotto il tutto grazie a qualche indizio a la 'Sherlock Holmes'? Ma soprattutto: aveva davvero importanza? Fatto sta che si avvicinò alla sedia a rotelle.
"Ti ascolto." concesse Inuyasha.
"Ho saputo anche io della violenta rissa che si è svolta la notte scorsa, e conosco qualcuno che potrebbe risolvere il problema."
Il badante lo guardò accigliato, ma il suo capo fraintese.
"Nulla di illegale, tranquillo, e non intendo pagare la cauzione."
"Non è quello il punto, quanto il fatto che lui non voglia essere aiutato: è perennemente incazzato con il mondo, e tutto ciò che sa fare è malmenare gli umani." puntualizzò il mezzo-demone.
"C'è un programma per la gestione della rabbia guidato da una mia amica: si chiama Kagura Kazehaya, forse l'hai già sentita nominare."
Forse?! Quella donna era su ogni tabloid: per alcuni la bellissima filantropa in prima linea per garantire la convivenza pacifica tra umani e demoni, per altri la figlia del magnate dell'informazione Naraku Kazehaya.
"Sì, perché? Come potrebbe aiutarlo?" non che gliene importasse granché, ma sapeva che suo padre non gli avrebbe perdonato se avesse rifiutato senza aver ascoltato tutto attentamente.
"Nell'ultimo periodo ha iniziato un progetto in collaborazione con la polizia per la gestione della rabbia e l'incoraggiamento alla tolleranza tra demoni ed umani: potrebbe trovare un posto per lui."
"Miroku, davvero: non devi scomodarti per quello stronzo."
"Inuyasha, guardami!" protestò il padrone di casa "Non ho la pretesa di conoscere tuo fratello meglio di te, ma concedimi la possibilità di darti una mano ok? Tu aiuti me, ed io te, non è che, perché sto su una sedia a rotelle, io non possa fare altro che assistere impotente al mondo che mi passa davanti, lo capisci?"
Inuyasha era senza parole: davvero si sentiva così? Spaventato all'idea di essere compatito e reputato utile solo ad ascoltare i piagnistei altrui? Cavolo, non si aspettava quella reazione.
"D'accordo, Miroku." accettò il mezzo-demone, ancora un po' a disagio "Ti ringrazio."
"Non è necessario." lo rassicurò l'altro.
Dopo un breve silenzio, l'anfitrione si mise a ridere:"Posso raccontarti una cosa che nessuno sa?"
"Cioè?" drizzò le orecchie Inuyasha.
"È stata la mia prima amica donna, il che mi ha stupito, visto che ci siamo conosciuti con io che le palpavo il sedere, e lei che mi ha fatto un occhio nero. Ahahahahahah"
Il badante non riusciva a crederci: stava ridendo anche lui.
"Sei incorreggibile, Miroku!"


Allora: che ne pensate?

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Capitolo 3
*** Sesshomaru ***


Entra in scena il protagonista...spero vi piaccia, benché un pochino OOC


"Taisho Sesshomaru, hai visite!" avvisò l'agente.
Il detenuto, fino a quel momento rimasto sdraiato sulla branda con lo sguardo rivolto al soffitto, si rizzò a sedere e si voltò verso l'interlocutore scambiandogli un ghigno derisore.
"Allora, hanno già pagato la mia cauzione?" chiese.
"Sta' zitto ed avvicinati con la schiena rivolta verso le sbarre!" ricevette in tutta risposta.
Sesshomaru non era stupido, quindi si dimostrò collaborativo; ma non poté esimersi dallo stuzzicare il proprio interlocutore.
"Altrimenti cosa, patetico umano? Mi bastonerai?"
Lo sbuffo ricevuto in risposta mentre passava le mani attraverso una luce tra le sbarre gli fece capire di aver fatto centro.
'Che insopportabile presuntuoso damerino!' pensò la guardia mentre gli stringeva le manette ai polsi.
"Sono affezionato alla mia attrezzatura, e non ci tengo proprio a ricevere un richiamo disciplinare a causa tua."
"E a te che importa? Tanto voi umani siete così insofferenti alle regole, non sapete ubbidire a chi vi è superiore" lo schernì il demone portandosi le mani dietro alla schiena in un gesto volutamente plateale "Avanti, non mi difenderò nemmeno, così saremo ad armi pari e potrai sfogarti un po'...se riuscirai a prendermi."
"Faresti meglio a tacere: a nessuno piacciono gli spocchiosi, e tu ti stai candidando a diventare il bersaglio preferito dell'intero istituto, detenuti o guardie, umani o demoni che siano."
"Oh, no: Tremo dalla paura…eheheheheh."

Con sua grande sorpresa, ad attenderlo non c'era suo padre, ma il fratellastro…in compagnia di una donna che ricordava di aver visto in televisione.
"Che cazzo ci fai tu, qui, dov'è quel miserabile di tuo padre?" Domandò al mezzo-demone "E lei chi è?" aggiunse, con lo sguardo rivolto verso l'intrusa.
"Papà non ha intenzione di tirarti fuori dai casini, a questo giro."
La mimica del fratello era in tutto studiata per innervosirlo, ma Inuyasha si fece forza e continuò "Tuttavia, la qui presente Kagura Kazehaya ha fatto sì che tu possa uscire."
Il volto di Sesshomaru si allargò in un ghigno compiaciuto, e rivolse lo sguardo verso la demoniessa che rispondeva al nome di Kagura, convinto che sarebbe presto riuscito a farla cadere ai suoi piedi con poche semplici frasi: magari, le sarebbe potuta tornare utile, in futuro.
"L'unica condizione che dovrà rispettare" prese la parola lei "è di seguire con cadenza quotidiana, per due mesi a partire da domani, un programma per la gestione della rabbia e l'incoraggiamento alla tolleranza."
Il demone cane aggrottò la fronte: cos'era, uno scherzo? Qualcuno voleva prendersi gioco di lui? Che diavoleria era quella? Uno spiccio tentativo di irreggimentamento ed omologazione studiato perché qualche stupido umano potesse dormire tranquillo la notte?
"Ad accompagnarla in questo percorso, avrà uno sponsor umano, che vorrei presentarle: sono convinta che condividere del tempo con qualcuno con un background così diverso possa essere di giovamento per entrambi...dopotutto, umani e demoni sono due lati della stessa medaglia, non crede."
Seguendo la propria natura, il demone cane ringhiò alla propria interlocutrice, che non parve minimamente turbata, e anzi accennò un sorriso.
Tutta quella cortesia cominciava a seccarlo. E poi uno sponsor? Umano, per di più? Ma chi credeva di avere davanti?
"E sia chiaro: se dovesse tardare anche un solo minuto in un solo giorno, mi assicurerò personalmente che lei venga riportato dietro le sbarre; lo immagini come una forma di libertà vigilata."

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Capitolo 4
*** Piacere di fare la tua conoscenza ***


"Signor Taisho, lei è Rin Noto, e sarà il suo sponsor in questi due mesi: ha insistito personalmente per seguirla."
Il volto del demone cadde sulla figura minuta e sorridente davanti a lui: New Balance nere dalle suole leggermente consumate, lunghi pantaloni di jeans neri tenuti su da una cintura che sortiva l'effetto di esaltarne i fianchi, una camicetta arancione con motivi floreali e farfalle, con il primo e l'ultimo bottone slacciati, occhiali da vista squadrati color viola scuro ed un elastico per i capelli, anch'esso viola, che li teneva raccolti in un'adorabile coda di cavallo color ebano; a completare il tutto, un sorriso a 32 denti e le guance leggermente arrossate.
'Devono credere che io sia stupido, o non me lo spiego: come pensano che questo scricciolo possa gestirmi e guidarmi in una riabilitazione?' si interrogò il demone, irritato 'Il lato positivo è che sia carina…cosa?! Che diavolo stai pensando? Adesso usi parole così ridicole? È un'umana, e il suo odore è rivoltante, come quello dei suoi simili.'
"Buongiorno, Sesshomaru" trillò la piccola donna "Sono felice di incontrarti di persona, finalmente, e spero proprio che andremo d'accordo in questi 2 mesi."
Il suo interlocutore si limitò ad annuire seccato; Kagura, rimasta per assicurarsi che non accadesse nulla di male, si congedò di lì a breve, lasciandoli soli.
"Prima di cominciare, Sesshomaru…"
"Gradirei che evitassi di usare il mio nome, sciocca ragazzina." confidò lui.
"Rivolgersi alle altre persone per nome aiuta a sviluppare le fiducia, nelle relazioni interpersonali, per questo sono incoraggiata a farlo, e dovresti anche tu." spiegò lei.
"Solo nel caso in cui io abbia interesse a relazionarmi con te."
La giovane donna, in tutta risposta, gli rivolse un altro sorrisone: Sesshomaru stava iniziando a pensare che fosse ritardata.
'Almeno è decisamente più sexy rispetto a quei Neanderthal dell'altra sera.' rifletté 'Ma che termini usi? Sexy??? Da quando trovi sexy le donne umane? Ricomponiti, cazzo!'
"Se potessi essere così gentile da seguirmi, vorrei cominciare la giornata con un semplice esercizio." disse, e si incamminò verso la stanza adiacente.
Sesshomaru la seguì, e si sorprese quando si accorse che lo sguardo caduto sulle curve della donna.
'Datti un tono, idiota, alza lo sguardo.' lo redarguì una vocina nella sua testa 'Nostro padre ci ha davvero scombussolati.'
I due giunsero a destinazione, ritrovandosi in quello che doveva essere l'ufficio di Rin: la parete opposta all'ingresso era tappezzata di poster, dalle copertine degli album di Katy Perry alle locandine di sdolcinate commediole, con l'unica nota stonata rappresentata da ENEMY, di Denis Villeneuve; quella dietro la scrivania, invece, era occupata da lavagnette di sughero, con affissi documenti e promemoria vari, molti dei quali decorati con piccoli commenti accompagnati da faccine molto esplicative; la parete della porta era molto meno decorata, ed ospitava giusto un cestino ed un appendiabiti; infine, la parete opposta alla scrivania era occupato da un armadio.

"Siediti pure." lo invitò "Mettiamoci comodi."
Sesshomaru si avvicinò alla scrivania, tirò indietro la sedia e si sedette senza troppe cerimonie: era annoiato, e non avevano nemmeno ancora iniziato.
"Dunque, prima di addentrarci nel percorso di gestione della rabbia, vorrei fare un piccolo gioco con te."
Il demone sbuffò spazientito, non sapendo più cosa aspettarsi.
"Ogni giorno, a partire da oggi, ci faremo una domanda a testa: io risponderò a te e tu a me, e da esse potremmo trarre ispirazione per l'attività della giornata. Vuoi cominciare tu?"
Sesshomaru ci rifletté un attimo, poi prese la parola:"Una soltanto?"
"Una soltanto."
Allora doveva essere buona: aveva un solo colpo in canna, motivo per cui era di vitale importanza massimizzare il danno…così, forse, sarebbe rimasta zitta e non lo avrebbe importunato.
"Kagura ti ha definita il mio sponsor, come per gli Alcolisti Anonimi." cominciò "Questo significa che anche tu devi aver avuto problemi con la gestione della rabbia, ma francamente" cercò di trattenere il più possibile le risate "non riesco ad immaginare cosa ti abbia fatta esplodere, in passato: avrai su per giù 26 anni, cos'è, i tuoi genitori non ti hanno comprato un cane?"
La vide stringersi sulla sedia, e recepì il gesto come un segno che stesse andando nella direzione giusta.
"Beh, nel caso, io sono più che disposto a darti tutte le attenzioni che vorrai" seguitò, per quanto il pensiero lo repellesse: molti esponenti del gentil sesso erano rimasti stregati dal suo fascino, e anche più uomini di quanti fossero disposti ad ammetterlo, perciò sarebbe valsa la pena tentare; eppure non sembrava riuscire ad andare oltre, quella pareva una statua.
"Oppure le tue amiche ti hanno dato buca una volta di troppo ai concerti di Katy Perry? O, non sia mai, a far traboccare il vaso è stata una persona come me, che ha fatto più di una domanda al giorno? Su, racconta, muoio dalla voglia di sentire."
Il suo assalto era terminato, ma con risultati molto inferiori rispetto a quanto si aspettasse. Il suo olfatto sopraffino gli fece percepire una singola lacrima, sul volto della giovane, ma non autentica, come se lei stessa si fosse sforzata per farla uscire.
Rin si asciugò con estrema nonchalance: quella puttanella si stava prendendo gioco di lui, per caso?
"Cavolo, ci eri andato così vicino, quando hai nominato il cane" ridacchiò lei "Ma se proprio vuoi sapere cos'abbia fatto perdere la pazienza a questo piccolo angioletto - si tirò su le guance con il dorso delle mani per simulare un sorriso - beh, è stato l'incidente stradale con cui un guidatore ubriaco si è schiantato contro l'auto dei miei genitori, condannandoli a 6 mesi di ospedale, dal quale non sono mai più usciti.
Sono stata sospesa in un limbo, intrappolata in un vortice di speranza, odio e collera.
È passato tutto dopo che il cavalier king di quel beone ha 'accidentalmente' mangiato tre tavolette di cioccolato."
Sesshomaru era confuso: non si aspettava questo, dov'erano le frivolezze per cui gli umani tanto spesso si insultavano e finivano alle mani?
"Dimmi, Sesshomaru, perché ora è il mio turno: cosa ti spinge ad attaccare briga con gli esseri umani? Hai paura di prenderle da altri demoni? Oppure uno di loro ti ha preceduto nella conquista di una donna? Beh, nel secondo caso, avanti" lo provocò inarcandosi in maniera provocante lungo la scrivania e solleticandogli la punta del mento "Sono pronta, e tutta bagnata per te."
Come si permetteva, quell'umana insolente? Lui desiderare lei? Non sarebbe mai successo, nemmeno in mille anni; ma era stata onesta, questo le andava riconosciuto…quindi avrebbe ricambiato, anche se a denti stretti.
Rin, intanto, si era rimessa a sedere, consapevole di aver vinto l'incontro.
"Io non ho paura di nessuno: anche nel mio caso è colpa di un essere umano, se la mia famiglia è morta."
Vide che la donna si stava incupendo, e proseguì.
"In senso figurato, quindi non metterti a frignare" avrebbe voluto fermarsi lì, ma sembrava che le labbra si fossero animate e facessero di testa propria "mio padre si è risposato, e gli affari di mia madre vanno a gonfie vele, tra…"doveva fermarsi: questo era troppo.
La donna di fronte a lui gli fece cenno di continuare, incuriosita.
"Non sono affari tuoi, è chiaro?" Ringhiò in risposta.
"Tranquillo, so come continua la frase, mi sono informata su di te e su tua madre: stavi per dire 'tra un tentativo di suicidio e l'altro', giusto?"
Gli occhi del demone divennero rossi, e in men che non si dica Rin si ritrovò sollevata di peso e schiacciata contro la parete dei poster, appena accanto ad un Jake Gyllenhaal cui spuntava una città dalla testa.
Sesshomaru la premeva al muro tenendola per le spalle; avvicinò la bocca all'orecchio destro di lei e sibilò:"È colpa di voi umani, se lei soffre così tanto: una di voi ha corrotto mio padre, e l'ha convinto ad abbandonare la donna che amava…per colpa sua, voi tutti pagherete!"
Alzò lo sguardo, e la locandina catturò la sua attenzione: gli venne alla mente la voce della madre.

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Capitolo 5
*** Nekimi - La Gatta che Atterra Sempre in Piedi ***


Mi sono reso conto che le età dei personaggi potrebbero fare comodo:
Sesshomaru: 30
Rin: 26
Inuyasha: 24
Kagome: 22
Miroku: 29
Kagura: 30
Toga: 58
Kimi: 54
Izayoi: 47

4 anni prima


"Stai meglio, madre?" chiese Sesshomaru, mentre poggiava sul tavolino del soggiorno un vassoio con una tazza di caffè, un bicchiere d'acqua con accanto un'aspirina ed un piattino con delle prugne salate.
La madre giaceva distesa sul divano, accusando gli strascichi di una forte emicrania.
Kimi Gobodo aveva l'incredibile talento di apparire splendida anche con addosso i postumi di una sbornia eclatante, motivo per cui Toga l'aveva soprannominata 'Nekimi', la gatta che atterra sempre in piedi.
Quando vide il figlio così intento a prendersi cura di lei si sentì assalire dal senso di colpa, ma preferì nascondere il tutto con un sorriso colmo di gratitudine.
"Grazie, Sesshomaru: sei una benedizione per il genere femminile."
"Continui a ripetermelo, e sto iniziando a crederci." ridacchiò il giovane con un pizzico di mestizia ben velato.
"Perché è vero: mi stupisce che tu non abbia ancora una fidanzata, bambino mio."
"Mi sono preso una pausa: mi ero stufato di scopate vuote e frivolezze imbarazzanti" le spiegò il figlio "E poi così possiamo passare più tempo assieme: non sei felice?"
"No, sono preoccupata, Sesshomaru" lamentò Kimi "Non è giusto che tu sprechi i tuoi anni migliori prendendoti cura della tua sciocca madre alcolizzata: dovresti fare esperienze, stare con i tuoi amici e goderti quante più 'vuote scopate' possibili, finché sei in tempo."
Eccolo là: l'elefante nella stanza era stato nominato!


Erano passati 12 anni da quando il divorzio tra Kimi e Toga era stato ufficializzato, e se tutti quanti erano riusciti ad andare avanti, Sesshomaru no: non avrebbe mai perdonato il padre per il dolore arrecato alla madre, neanche se fosse stata lei stessa, a pregarlo.
Infatti Kimi, a pezzi dopo il divorzio, era caduta nel vortice dell'alcolismo, e Sesshomaru era stato affidato alla custodia del padre e cresciuto assieme al fratellastro ed alla matrigna: avrebbe odiato ogni singolo giorno dei 2 anni che sarebbero passati da quel momento alla fine della riabilitazione della madre.
Appena ne ebbe la possibilità, chiese di poter essere affidato alla madre, che aveva dimostrato la propria idoneità a ricoprire nuovamente il ruolo di sua tutrice.
Finalmente il giovane Taisho sentiva di aver ritrovato un po' di felicità.
L'università, tuttavia, occupava molto tempo a Sesshomaru, e non gli permetteva di visitare la madre così spesso, e questo influì su Kimi, che ricominciò ad eccedere con l'alcol nella speranza di alleggerire il peso della solitudine...ma questa volta non sembrava destino che la demoniessa riuscisse ad uscire dal tunnel; e suo figlio sapeva bene chi fosse la causa di tutta quella sofferenza: l'unico e solo Toga Taisho.


"È l'alcol che parla: ora devi riposarti, capito?" rispose il giovane rampollo, diretto verso la cucina. "Quando ti sarai ripresa, ti renderai conto di aver detto una sacco di sciocchezze."
"A-aspetta, Sesshomaru" lo implorò la madre "ascolteresti con me i consigli di Ah-Un, per favore?"
Quella richiesta congelò i movimenti di Sesshomaru: sua madre doveva sentirsi davvero a pezzi, se tirava in ballo il draghetto bicefalo di peluche che gli era tanto caro da piccolo.
"Mamma…" una parola che molto raramente usciva dalla sua bocca.
"Ascolta, dolce ragazzo" cominciò Kimi, attingendo ai propri ricordi per emulare la voce che faceva un tempo, goffa ed un po' impacciata per far ridere il suo bambino "Quando ti innamorerai di una donna, umana o demone che sia, assicurati che ti ami tanto quanto tu ami lei: non fare come la tua mamma e il tuo papà, perché meriti di meglio!"
Il fiuto di Sesshomaru captò delle lacrime, motivo per cui si avvicinò alla madre e la strinse forte a sé: odiava vederla soffrire per il matrimonio, che pure era terminato da svariati anni.
"Te lo prometto" giurò il figlio "Ma adesso non piangere, capito? Vado a prendere un film e lo guardiamo assieme, ok?"
La madre singhiozzò e fece di sì con la testa.
"Kevin Spacey?" propose Sesshomaru
"Jake Gyllenhaal, per favore: ENEMY, di Denis Villeneuve."
"Aggiudicato! Vado a prenderlo! Tu non piangere più, nel frattempo, ok? Ti fa brutta." le sorrise benevolo.
"Croce sul cuore." rispose la madre, passandosi la mano sul petto incerta, prima di alzarsi verso la tazza di caffè e le prugne.
Dopo pochi minuti, madre e figlio stavano guardando il film di Villeneuve.


La visione proseguì senza intoppi fino alla fine, quando Kimi si lasciò scappare un commento, che il figlio avrebbe ricordato per molto tempo:"Ogni volta che guardo questo film penso a te…e a tuo padre: uno se n'è andato, ma almeno qualcuno ha preso il suo posto." rise amaramente.




Che ne pensate di questo soprannome per la bella Inu Kimi? A me piace, lo trovo carino e facile da ricordare.
Volevo proprio presentare una versione meno algida di "Mamma-maru", spero sia di vostro gradimento

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Capitolo 6
*** Il Demone Sta Nei Dettagli ***


"Lasciala andare, subito!" sbraitò un'agente dai capelli corvini puntandogli la pistola taser contro "Non costringermi ad usare la forza, capito?"
"Sango, tranquilla: sto bene, non preoccuparti." la rassicurò Rin, che aveva sentito allentarsi la presa sulle sue spalle.
Il tempo si fermò per una decina di secondi, al termine dei quali il demone lasciò la camicia della sponsor e aprì bocca:"Ho capito, finalmente" proferì mentre poggiava una mano sulla locandina "Ho sempre avuto un'alta stima di te, padre…e invece sei solo un debole."
Si voltò ed oltrepassò la donna che gli aveva urlato contro, che avvertiva un brivido lungo la schiena nonostante fosse lei, ad avere il coltello dalla parte del manico; altri due agenti di polizia stavano aspettando Sesshomaru all'ingresso, due demoni lupo sulle cui uniformi erano riportati i cognomi KISHIO e YOSHINO; il delinquente alzò le mani e se le portò dietro la testa, per permettere ai due di ammanettarlo per riportarlo in cella.
Sango si precipitò su Rin, per accertarsi che stesse bene:"È tutto a posto, Rin, ti ha fatto del male?"
"Non preoccuparti: ho voluto provocarlo di proposito, eheh" rise lei "Voglio parlare di nuovo con lui, domani."
"Cosa?! Ti si è fuso il cervello? Vuoi farti ammazzare?" Le parole di Sango erano di genuina preoccupazione, per cui Rin si ritrovò a doverla calmare.
"Sango, ti prego, ascoltami: si è fermato, ha preso coscienza di qualcosa e mi ha lasciata andare...è un'occasione che non posso lasciarmi sfuggire."
"E come fai ad essere sicura che ci sarà una prossima volta?"
"È troppo orgoglioso per accettare conti in sospeso: ci sarà."
Sango la squadrò, e per un attimo tornò con la mente ad 8 anni prima, quando era ancora una giovane recluta ed era intervenuta per la denuncia di un beone che giurava gli avessero avvelenato il cane con della cioccolata: all'inizio non ci aveva creduto, ma una volta arrivati una ragazzina si era avvicinata a lei ed al suo partner, Shiori, e aveva detto di volersi costituire per l'avvelenamento del cane; Rin era profondamente pentita per quanto fatto all'animale, e aveva dichiarato di avere problemi a controllare le proprie emozioni, da quando i suoi genitori erano morti in un incidente causato dall'autore della recente segnalazione.
Sango era rimasta stupita dalla sua assunzione di responsabilità, e questo l'avrebbe portata a stringere un legame con Rin, durante la sua detenzione.
Ora quella piccola furfantella era cresciuta, aveva ripagato la fiducia che Sango aveva riposto in lei, e le stava chiedendo di fidarsi di lei.
"Sei sicura di volerlo fare?" chiese a Rin.
"Sicurissima…tu sarai con me?"
"Puoi starne certa, amica mia."

"No, non posso permettertelo, Rin!" tuonò il suo capo "È troppo pericoloso, voglio dire guardati: tocchi a malapena il metro e sessanta e pesi 50 kg bagnata; se ti dovesse mettere di nuovo le mani addosso non avresti speranze di uscirne illesa!"
"Kagura, ho esagerato, posso concedertelo, ma so di non sbagliarmi, te lo assicuro."
"Quando ho reclutato Sango in questo progetto l'ho fatto perché mi fidavo di te e di Kohaku; non posso credere che adesso dovrò avvalermi proprio di lei perché riporti TE alla ragione!"
"In realtà io sarei d'accordo con Rin." riferì Sango.
Kagura la squadrò confusa, ricevendo in tutta risposta:"Io mi fido di lei, signorina Kazehaya."
"Oh, santo cielo: siete 2 umane, ve ne rendete conto?" Riprese la rampolla di casa Kazehaya "Non mi manca la fiducia in voi, ma quel demone è già finito 9 volte dietro le sbarre per rissa: non si farà problemi ad alzare le mani su una donna!"
"E noi saremo pronte anche per questo scenario!" rispose Sango decisa "Kagura, ascoltami: sono anni che lavoro in polizia, e se c'è qualcosa che ha sempre premiato è la tenacia, perché in questo mestiere il pareggio non è contemplato."
La promotrice dell'iniziativa aveva il volto tra le mani e mugugnava di quanto fosse spacciata e che questo episodio le sarebbe costato l'appoggio della polizia.
"Kagura, non disperare" la confortò Rin "Kohaku è riuscito a convincere il capo della polizia che il tuo progetto sarà benefico per la città, non si farà scoraggiare dalle prime difficoltà."
La ricca ereditiera fece sbucare gli occhi da dietro le mani, e Incrociò gli sguardi prima di Rin e poi di Sango:"Sicura? Vi ho messe a rischio, oggi."
"Altroché, mio fratello saprebbe vendere del ghiaccio agli eschimesi; e mi conosce molto bene, quindi sa quali siano i miei limiti: non si lascerà influenzare dalla nostra parentela."
"D'accordo." concluse la demoniessa "A domani, allora: ci attende una grande sfida."
"Ci vediamo!" si congedò Rin.
"Ci si vede domani!" salutò Sango.

Il giorno dopo, Sesshomaru stava aspettando nella cella della centrale di polizia, quando si sentì chiamare da un'agente: l'uniforme della donna vista il giorno prima diceva YAMAGUCHI, ma il volto urlava a gran voce 'Vaffanculo!'.
"Andiamo, il programma ti aspetta!" ordinò lapidaria.
"A chi sarò affidato, questa volta? A te, peperino?" la schernì lui.
"Pensi di fare paura a qualcuno? Rin non è spaventata da te: ha insistito per poterti vedere di nuovo, pensa un po'."
Davvero? Questa era un'ottima notizia, che prometteva molto divertimento.
"Non ha intenzione di arrendersi…lodevole, anche se così dimostra di avere il vuoto tra le orecchie."
"Prova a torcerle un capello e ti farò un buco in testa…capito?" minacciò l'agente.
Non valeva nemmeno la pena di risponderle a voce, perciò il demone si limitò a ghignare divertito.





Note
Sango, 29 anni


Sarà meglio fugare i dubbi ed elaborare una strategia al più presto, o qualcuno potrebbe farsi male

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Capitolo 7
*** Amore Paterno ***


E dopo aver seguito la pecora nera, riportiamo la nostra attenzione sul gregge.



Mai si sarebbe aspettato una simile intrusione, da parte della propria famiglia: eppure erano lì, davanti al cancello d'ingresso della villa di Miroku.
"Non ci posso credere!" imprecò Inuyasha da dietro le tende al secondo piano, sperando che padre, madre e fidanzata non lo avessero scorto.
"Qualche problema?" risuonò la voce affabile dell'anfitrione.
Il badante si voltò irritato.
"C'è la mia famiglia, fuori dal cancello, e..."
"Lo so: li ho invitati io."
Ecco, adesso il mezzo-demone era senza parole e con gli occhi sgranati.
"Come sarebbe a dire 'li ho invitati io?', Miroku?!"
"Oggi è Sabato, ho ipotizzato che nessuno di loro avrebbe avuto degli impegni per pranzo, quindi ho pensato di invitarli qui: devo aver azzeccato, non trovi?"
Fu questa la risposta del giovanotto tetraplegico.
Inuyasha grugnì seccato, ma sollevato.
"La prossima volta dovresti avvisarmi, quando prendi certe iniziative, ok?"
"E dove sarebbe la sorpresa, scusa?" rise l'altro, in risposta.

Toga, Izayoi e Kagome vennero fatti accomodare nella casa da Kaede, la governante, e Miroku li fece chiamare poco dopo.
Quando i tre ospiti entrarono nel soggiorno per incontrare il padrone di casa, rimasero piacevolmente sorpresi nel vedere la cura del mobilio e la disposizione dei quadri alle pareti: Miroku doveva essere un intenditore d'arte, visto che le tele seguivano un puntiglioso ordine cronologico di tutto il Novecento.
Il figlio e il di lui capo li stavano aspettando.

"Mamma, papà, Kagome, vi presento…"
"Miroku Kanagawa, molto piacere di conoscervi; Inuyasha non mi aveva detto di avere una fidanzata così carina!" ammiccò sorridente l'anfitrione, ottenendo in risposta due guance arrossate.
"Voglio ringraziarla" cominciò Toga "per la possibilità che sta offrendo a mio figlio, Sesshomaru: spero che almeno Inuyasha non sia per lei una fonte di preoccupazione."
"Grazie, papà!" sbuffò il diretto interessato.
"Ahahahah, stia tranquillo signor Taisho, suo figlio è un buon amico; e vi prego, non mi date del 'lei': voglio che tutti voi vi sentiate a vostro agio...che non si dica che sia stato sgarbato con il produttore cinematografico Toga Taisho e la sua splendida famiglia, giusto?"
"Ahhh, ma figurati: nulla potrebbe essere più lontano dalla verità."
"Va bene, giovanotto" accettò Izayoi "ma ci teniamo a farti sapere che ti siamo debitori."
"Esatto" le fece eco Kagome, un po' rattristata "Siamo molto preoccupati per il mio cognatino."
"Kagome!" la sgridò il suo fidanzato "Ti ho già detto che non mi piace quando lo chiami così."
"Lo so, tesoro, ma è pur sempre uno di famiglia."
"Nolente, da come ha voluto lasciar intendere l'ultima volta."

La discussione proseguì in sala da pranzo, dove Miroku ed i suoi ospiti poterono godere un delizioso arrosto di tacchino, con contorno di carote e patate al forno, accompagnato da uno ricco pinzimonio per soddisfare tutte le preferenze.
La prima curiosità della famiglia di Inuyasha fu espressa da Kagome:"Come mai sei costretto alla sedia a rotelle?"
"Kagome!" la ammonì Inuyasha.
"Tranquillo, Yasha, non è un problema per me: verso in questa condizione da quasi 8 anni, e la colpa è esclusivamente mia." spiegò il tetraplegico "Quando mio padre morì, ero a pezzi: Mushin, il mio attuale segretario, nonché amico di mio padre, era preoccupato che avrei fatto sciocchezze, e quando lo chiamarono alle 3:00 del mattino dall'ospedale per informarlo di un'auto schiantatasi ai 100 km/h contro un albero di ciliegio…beh, capì di aver avuto ragione: la stessa conclusione cui ero giunto anch'io, a caro prezzo."
"Sono davvero desolato per la tua perdita, Miroku" commentò Toga "Non posso immaginare il dolore che devi aver provato."
"Ma potrà bene immaginare come si sia sentito Mushin, dico bene?"
"Perché dici così, Miroku?" domandò Kagome, un attimino spiazzata.
"Ascoltandovi, ho notato che avete tutti e quattro una diversa stima di Sesshomaru: vorrei, doveste concedermelo, che mi aiutaste a comprendere che tipo di persona sia."
"Uno stronzo di prima cat…ahia, ma perché lo hai fatto?!" chiese Inuyasha alla madre, che gli aveva appena tirato uno scappellotto.
"Non è questo il modo di affrontare la questione!"
"Come volevasi dimostrare, Izayoi è genuinamente preoccupata per il suo figliastro; tu invece, Inuyasha, non sembri avere la minima speranza in un cambiamento da parte di tuo fratello."
"E puoi biasimarmi, dopo che ha trascorso tutta la vita ad insultarmi semplicemente per la mia esistenza? A sminuirmi ogni singolo giorno perché ai suoi occhi sono e sarò sempre un 'ibrido bastardo'? Ad accusarmi di avergli rovinato la vita? La prossima volta che ci vedremo spero sarà all'obitorio per riconoscerne il cadavere."
Toga sbatté un pugno sul tavolo e si alzò di scatto in piedi.
"Inuyasha, ora basta!" tuonò come una cannonata. "Comprendo la tua frustrazione, ma è e rimane tuo fratello, quindi non ti azzardare a pronunciare mai più simili parole!"
"Per quale ragione pretendi che gli porti rispetto, se lui non ha mai rispettato me?"
"Inuyasha, calmati per favore." tentò Kagome.
"No, non mi calmo per niente! Spero anzi che gettino la chiave della cella in cui marcirà, così potremo vivere tranquilli e senza di lui."
"Ma non lo capisci, che non sarà così per tuo padre?!" ribatté la giovane umana.
Inuyasha si interruppe per metabolizzare quanto sentito, e si lasciò ad andare ad una risatina.
"Non dire assurdità, ti immagini le cose, non è assolutamente vero, giusto?" Chiese rivolto al genitore.
Toga non fiatò, si limitò ad abbassare il capo e si rimise a sedere.
"Vero?" ripeté il mezzo-demone, pensando che magari potesse non averlo sentito.
Ancora silenzio.
"Papà?" ritentò, tra lo spazientito e lo sbigottito.
Toga alzò lo sguardo verso il figlio: dai suoi occhi radiava una profonda tristezza, e questo bastò per suscitare l'indignazione di Inuyasha.
"Non ci posso credere!" sbottò.
"Figliolo, ascoltami…" tentò il genitore.
"Come puoi esserti convinto di tutte le stronzate che ti ha propinato in questi anni? Come puoi volere ancora un legame con quell'ingrato?"
"Perché un genitore amerà sempre i propri figli, per quanto possano deluderlo."
Tuttavia non fu Toga a parlare: tutti si voltarono verso Miroku, l'autore di quell'intervento.
"Mushin non ha fatto altro che ripetermelo, il primo mese dopo l'incidente: anche quando cresciamo e iniziamo a prendere decisioni per conto nostro, e inevitabilmente sbagliamo, chi si è preso cura di noi spererà sempre che possiamo imparare dai nostri errori e ci aiuterà a rialzarci quando cadremo; perché è a questo che serve la famiglia.
"E per quanto riguarda Kagome: sono convinto che lei voglia veder cambiare Sesshomaru più di quanto lui odi la sua umanità...dico bene?"
"Sì: per quanto non mi abbia mai accettata, non perdo la speranza che qualcosa possa cambiare; e chissà, magari questo percorso sarà la sua grande occasione."
Tutti annuirono e ripresero a mangiare, persino Inuyasha anche se non del tutto convinto.

"Nooo, davvero?" esclamò Miroku.
"Ma come, Inuyasha non te lo aveva mai detto, finora?" si stupì Kagome.
"No, mai!"
"E ci sarà anche un perché, amore mio." puntualizzò il mezzo-demone rassegnato.
L'arrosto ed il pinzimonio erano oramai un lontano ricordo, e i commensali stavano ancora conversando amabilmente tra un sorso di vino ed una sfera di profiterole.
"Dopo che erano passati alcuni appuntamenti, abbiamo deciso di passare una serata assieme a guardare film a casa mia: e uno di questi era WALL•E, che lui non aveva mai visto...è stato dolcissimo, mi sono commossa vedendolo emozionarsi per i protagonisti."
Voleva morire: come poteva permettere che si sapesse in giro che piangeva per un film d'animazione?
"Non sapevo avessi un lato così romantico, Yasha." gli disse Miroku.
"Nostro figlio ha un animo gentile, anche se a volte è parecchio burbero." affermò raggiante Izayoi.
"Su questo posso confermare." ammise il giovane in sedia a rotelle prima di scoppiare a ridere contagiando tutto il tavolo.

A pasto concluso, Miroku ed Inuyasha si congedarono dai Taisho e da Kagome, che per un momento erano riusciti a ritrovare il sorriso, nonostante i recenti accadimenti.





Ciao a tutti!
Con questo capitolo voglio augurarvi Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
La programmazione riprenderà il 9 Gennaio, perciò...fino all'anno prossimo dovrete aspettare. 😜

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Capitolo 8
*** Out of Character ***


Cavolo, mi ero quasi dimenticato che oggi si riparte 😅...
Spero di farmi perdonare. 😊


"Laurea summa cum laude in Bioingegneria Medica." recitò la sua sponsor sfogliando il fascicolo "E secondo i suoi docenti del liceo, uno studente perfetto, non fosse per l'indole scontrosa ed arrogante."
Lo sguardo di lei si sollevò, nella ricerca degli occhi ambrati del demone, ma non riuscì ad incrociarlo.
"Non mi sarei mai aspettata che ti fossi messo così tanto d'impegno per renderti la vita difficile, Sesshomaru: insomma, avresti tutte le carte in regola per svolgere la professione di chirurgo, ma con tutte le risse cui hai dato inizio o preso parte…"
Dall'altro lato della scrivania, il demone ribatteva con un profondo silenzio.
"Frattura scomposta di ulna e radio del braccio sinistro a seguito di un incidente stradale" alzò nuovamente lo sguardo verso l'interlocutore "ironia della sorte, sembra che i due 'fragili umani' responsabili dello scontro non abbiano riportato lesioni significative." si lasciò scappare un risolino.
Infastidito, Sesshomaru chiuse gli occhi ed aprì la bocca:"Sei più sciocca di quanto pensassi: ero convinto che la dimostrazione di ieri fosse stata sufficiente a farti comprendere che non ti conviene farmi spazientire."
"C'è poco da fare, tutti i miei amici dicono che sono di coccio." ribatté ridacchiando la donna minuta dietro la scrivania."E poi vorrei ricambiare il favore che ti devo."
Che novità fosse questa, sfuggiva alla comprensione di Sesshomaru.
"Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando, quindi spiegati o metti quella boccuccia a buon uso." il tono voleva mascherare la curiosità e la sorpresa, ma Rin sapeva di aver fatto centro.

2 anni prima

"Hey, tutto bene?" chiese la ragazza al demone riverso sul bancone accanto a lei.
Questi, riverso con la guancia sinistra sul bancone, stava scrutando la fanciulla attraverso il bicchiere dello shot mentre ci passava sopra il polpastrello dell'indice destro nella speranza di produrre qualche suono, e canticchiava la versione di Louis Armstrong de LA VIE EN ROSE.
15.
"Non preoccuparti per quel povero ubriaco, tesoro." disse un altro avventore, un umano, ponendosi fra lei e lui "Che ne dici, piuttosto, di divertirci un po' io e te?"
Rin era a disagio per le nuove attenzioni non richieste, e provò a districarsi da quella situazione.
14.
"No, grazie, non sarei una buona compagnia: ero passata solo per chiacchierare con il bartender, che è un mio amico." tentò.
Il giovanotto al bancone sorrise in direzione del bellimbusto.
"Anche io sono un suo amico, sai? Quindi, possiamo esserlo anche noi due per osmosi, giusto?" tornò alla carica quell'avventore molesto.
Sesshomaru odiava le ostentazioni ridicole e sbagliate, gli davano sui nervi.
12.
"È molto gentile da parte tua, ma davvero: no, grazie." insistette Rin, il cui corpo suggeriva il desiderio di fuggire da quella situazione non più solo fastidiosa, ma anche spaventosa.
Ma il suo ammiratore non si arrese.
"Eddai, non essere timida con me!" cominciò, prima di dare una pacca sul fondoschiena della piccola donna, che sobbalzò per l'imbarazzo; improvvisamente, una mano afferrò il polso dell'importuno cliente: una mano artigliata, attaccata ad un demone dallo sguardo torvo e minaccioso.
"Ti ha detto di no, cosa non ti è chiaro, microbo?" intervenne Sesshomaru, la cui pazienza stava giungendo al termine.
10, mantieni la calma.
Il ragazzo dovette metterci molta forza, prima che il demone lo lasciasse andare.
"E tu che vuoi, rottame?" sbottò l'umano "Vedi di farti gli affari tuoi!"
Altri due avventori si avvicinarono a lui, al bancone, mentre Sesshomaru ritornava al proprio posto.
"Qualcosa non va, Shigeru?" chiese uno, corpulento.
"No, tutto a posto: è solo un merdoso ubriacone." rispose lui, massaggiandosi il polso.
8, la situazione stava degenerando.
"Hey!" tuonò il bartender, sulla cui targhetta campeggiava il nome BYAKUYA "Niente turpiloquio nel mio locale!"
"Tu vedi di stare zitto e preparaci da bere, fighetta del…" abbaiò il compare del grassone, che aveva una sparuta chioma bionda; il suo intervento fu interrotto da un pestone al piede.
"Non mancare di rispetto al mio amico" pronunciò ferma Rin, calcando il piede.
9, magari la ragazza sapeva cavarsela da sola.
"Troietta! Vedi di trattare bene i miei amici, o potresti pentirtene." minacciò Shigeru in un sibilo, mostrando il coltello che teneva alla cintura.
Adesso, Byakuya e Rin erano allarmati: un coltello? Davvero l'avrebbe usato contro di lei?
"Tranquillo, ok?" tentò di persuaderlo il bartender "Attento con quell'affare."
A Sesshomaru non piaceva questo modo di fare.
6.
Si raddrizzò sullo sgabello, avvertendo un po' di squilibrio a causa dei 9.000 yen di shot che si era fatto servire, e prese la parola rivolto ai molestatori:"Siete davvero pusillanimi a prendervela con le donne e con chi vi sta servendo."
Rivolse rapidamente un'occhiata al bartender come a voler dire 'grazie per l'alcol.'
"Fuori dai coglioni, pezzo di merda!" Abbaiò uno degli amici di Shigeru.
5.
Il demone si avvicinò ai tre, ma una Rin preoccupata provò a fermarlo.
"Senti, non c'è bisogno di iniziare una rissa qui, ok? Possiamo andare fuori, se preferisci."
"No, so gestire la situazione benissimo", mugugnò Sesshomaru "E tu mi servi qui."
"Come, scusa?" chiese la giovane sgranando gli occhi.
Il suo interlocutore avvicinò la bocca al suo orecchio e le disse:"Esatto: mi serve una scusa per quel che farò."
Dopodiché, rivolse la propria attenzione a Shigeru e i suoi amici, lasciando Rin allibita.
"Le vostre madri sanno che passate le serate ad importunare delle povere ragazze?"
"Hey, boyscout! Ti ho già detto di toglierti dalle palle?" ridacchiò l'uomo più corpulento.
4.
"Devi capirlo, Suneo: deve aver messo anche lui gli occhi su quel bocconcino, solo che Shige si è mosso per primo." Sghignazzò il terzo.
3.
"Dici, Takeshi?" si aggiunse l'uomo con il coltello "Beh, in tal caso mi dispiace molto darti la notizia che adesso lei è mia, vero carina?"
Rin oscillava lo sguardo tra il trio e l'alto demone ubriaco accanto a lei, insicura sul da farsi.
"Ora smettetela, ok?" sbottò Byakuya nonostante il tono di voce tradisse ancora una certa insicurezza "Fuori da qui o chiamo la polizia."
"Fa' pure, e chiama un'ambulanza." lo esortò Sesshomaru.
"Molto bravo, belloccio: sai già come andrà a finire per te." lo canzonò Takeshi.
2.
"Se pensi che una donna possa essere presa o lasciata, devi essere davvero molto stupido…non che mi aspettassi molto da un patetico umano come te" sogghignò il demone.
Improvvisamente Shigeru gli puntò contro il coltello con aria divertita.
"Siamo tre contro uno, ed io sono armato: perché desideri tanto farti del male?"
1.
"Questa giornata è iniziata male, quindi potrebbe esserne il degno finale"
Il suo interlocutore esagerò una risata e prese la parola:"Hai fatto la rima, ahah: non pensavo che questo figlio di puttana fosse un cazzo di poeta! Avanti, fanne un'altra, sono proprio curioso!"
0.
Adesso sarebbero cominciati i guai.
Sesshomaru sapeva che fosse un insulto sciocco, non poteva accettare una simile offesa nei confronti della madre, e avrebbe fatto pentire quell'imbecille di aver pronunciato l'ingiuria.
"Senza quel cucchiaio sei solo un codardo" iniziò a canzonare Shigeru.
Pensò che si sarebbe divertito di più, una volta che gli avesse fatto sparire quella risata idiota dal volto, quindi lo volle esaudire.
"Fatti sotto, inutile bastardo!"
L'offesa fece infuriare l'umano, che gli si avventò contro agitando la lama; Sesshomaru gli afferrò il polso della mano con cui la teneva, lo strinse e lo torse, strappando un urlo all'assalitore, che fece cadere il coltello a terra. Allontanò l'arma con un piede, approfittando del movimento per fornire maggiore energia ad una ginocchiata nei testicoli, seguita a breve da un montante che sbalzò Shigeru ai piedi dei suoi compari, due metri dietro di lui.
Suneo e Takeshi si lanciarono all'attacco insieme, rispettivamente alla sua sinistra e destra; Sesshomaru si spostò a destra ed assestò un poderoso ceffone al biondo semi-pelato, per poi spazzargli le gambe con una falciata alle caviglie, facendolo rovinare a terra.
Mancava solo Suneo, che agitò un cazzotto che andò a vuoto; il suo avversario afferrò il braccio e glielo immobilizzò con il proprio, per poi trascinarlo verso il bancone e sbattergli la testa prepotentemente contro il bicchiere da shot una…due…tre volte: assicuratosi che fosse stordito, lo finì con una gomitata sul muso.
Accasciati a terra, i tre avventori erano ancora confusi per la rapidità con cui era successo tutto quanto.
Sesshomaru, affaticato, si lasciò cadere su uno sgabello e fece segno a Byakuya di essere pronto a pagare. Quando la polizia arrivò, affiancata da un'ambulanza, furono interrogati gli avventori ed il bartender, e tutti indicarono Sesshomaru come il risolutore della rissa.
"Lei ha preso parte alla rissa, giusto?" domandò il sergente Koga Yoromizu, ricevendo un cenno di assenso in risposta dal demone cane.
"Dovrà seguirmi in centrale: li ha conciati parecchio male, e non posso chiudere un occhio; prenda il suo cappotto e mi segua."
"Aspetti, agente!" segnalò Byakuya indicando il coltello di Shigeru "Quella è l'arma che aveva l'uomo con la mandibola a pezzi: il signore con cui sta parlando ha cercato semplicemente di difendersi."
"Ha qualche filmato che lo dimostri?" chiese
Il poliziotto.
"Sissignore!" fu la risposta del bartender.
Nel frattempo, Koga osservò la lama, poi tornò a guardare il demone con cui stava parlando.
"C'è qualcuno che possa confermarlo?" chiese.
"I-io, signor sergente." balbettò una donna minuta che l'agente riconobbe.
"Rin, non ti avevo notata."
"Ihih, non preoccuparti, Koga; piuttosto, salutami Sango, quando la vedi, ok?"
"D'accordo" si congedò, per poi tornare a guardare Sesshomaru "La sua presenza non è più necessaria, chiederemo al proprietario di fornirci i filmati della sorveglianza: le faremo sapere se avremo bisogno di lei."
Gli porse un biglietto. "Sa cosa fare."
Il demone sbuffò, afferrò il biglietto da visita, raccolse il proprio cappotto e sospirò.
"Mi toccherà andare in un altro locale" si rabbuiò.
Appena davanti alla porta, qualcosa lo spinse a voltarsi verso la fanciulla di nome Rin, e a parlarle.
"Hey Rin!" attese che la diretta interessata incrociasse il suo sguardo per assicurarsi la sua attenzione "Torna a casa: tua madre non merita di restare in pensiero per la sua bambina."
'Ma come diavolo parli? Forse sei davvero ubriaco, dopotutto!'
Rin rimase scioccata dalle parole del demone, ma durò solo un secondo: rispose con un sorriso a trentadue denti e promise che lo avrebbe fatto, anche se lui non poteva sapere che lei non aveva più i propri genitori.
Superata la porta, Sesshomaru capì di essersi appena dato un ottimo consiglio.

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Capitolo 9
*** Lasciarsi Andare ***


Sesshomaru, quindi, sa essere una brava persona? Rin ne sembra convinta, ma lui?


Oggi,

"Quindi hai insistito per seguire il mio caso perché ti senti in debito per quella sera."
Rin annuì con il capo.
"Capisco, e non me ne frega nulla; penso che passerò i prossimi…" cercò un orologio nella stanza, ma fu anticipato dalla sua interlocutrice.
"35 minuti?"
"Esatto…ad ingaggiare con te una bella gara di sguardi: non caverai un ragno dal buco, sappilo."
La ragazza non poteva crederci: come poteva conciliarsi questo lato infantile con quello che aveva visto fino ad allora? Ne era proprio curiosa, motivo per cui decise di mettersi a scavare.
"Lo sai che non siamo due bambini delle elementari in punizione, vero Maru-chan?" lo apostrofò ricordando quel fumetto che aveva finito di leggere da poco, qualcosa tipo…
"ARRIVARE A TE?" Il demone riconobbe il riferimento e ridacchiò "Già, in fondo non è che mi aspettassi qualcosa di diverso, da una simile ingenua."
"Ti pregherei di non mi trattarmi come una bambina, d'accordo?"
"Sono costretto, visto che l'unico modo per farmi comprendere da te sembrerebbe comportarmi come con una bambina di 4 anni." ribatté Sesshomaru.
"Quel ruolo in realtà spetterebbe a me."
Cosa? E questo che cosa voleva dire?
"Temo di non seguirti." ammise il demone cane, alquanto perplesso.
"Hai citato Denzel Washington in PHILADELPHIA, ma in quel film lui vuole aiutare il protagonista, anche se inizialmente è riluttante."
Adesso il suo interlocutore era in silenzio, e Rin aveva capito di avere di nuovo la situazione in pugno.
"A te piacciono i film, quindi che ne pensi se, anziché una domanda al giorno, partissimo da un film, per decidere il tema della giornata?
Per esempio, per quanto riguarda ieri…" fece un cenno del capo per indicare la parete piena di poster in direzione di ENEMY "Quel film lo hai visto, vero?"
Sesshomaru sapeva che la giovane non avrebbe creduto ad un suo diniego…e sbatterla al muro non sarebbe stato benefico per la propria autostima.
Non restava dunque che stare al gioco.
"Apprezzo Denis Villeneuve, e avevo letto l'opera di Saramago, quindi ero curioso." fu la sua risposta.
"Pensi che Adam ed Anthony siano una sola persona oppure due?"
"Due: perché mai una persona dovrebbe cambiare la propria alimentazione per amore di qualcun altro?"
"Tutto qui? Non ti facevo così superficiale, Maru-chan." rise dolcemente Rin. "Cosa c'entrava tuo padre?"
Sesshomaru era sempre stato molto geloso della propria vita privata, ma con la sua dimostrazione del giorno prima quella donna si era guadagnata un po' della sua stima, per quanto mai l'avrebbe ammesso.
"Quando ho visto quel film ero con mia madre, ad aiutarla a riprendersi da una sbornia: durante i titoli di coda, lei mi disse che un uomo" non intendeva ripetere l'errore di chiamarlo 'padre' "era uscito dalla sua vita, ma che un altro aveva preso il suo posto; solo ieri ho capito pienamente cosa intendesse."
Mai come allora Rin si sentì così felice di essersi presa il rischio di continuare con il recupero, ed era ovvio che Kagura non avrebbe mai dovuto sapere che nutriva dei dubbi sul demone cane.
"Quindi stai dicendo di aver ereditato il ruolo di tuo padre nella vita tua madre, è così?"
L'espressione di Sesshomaru si indurì, e la sua voce venne fuori come un sibilo minaccioso:"Non chiamarlo in questo modo, hai capito? Quel miserabile non è mio padre: è solo un verme che non ha mantenuto la promessa fatta alla donna cui aveva giurato fedeltà fino alla fine...l'unica cosa buona che abbia mai fatto è stato mettere al mondo qualcuno con un briciolo di spina dorsale in più, che capisse veramente il valore di quella donna."
"Ma non è quello che ti vuoi, è vero?"
Lo vide in posizione per ribattere con una smorfia indignata a segnargli il volto; tuttavia Rin era nota a tutti per la sua inarrestabile parlantina e la rapidità, sia di comprensione sia a prendere la parola, motivo per cui lo anticipò.
"Non ti sto accusando di essere un figlio degenere, ok Maru-chan?"
In risposta, un ringhio poco convinto.
"Dico solo che non hai ancora parlato di nulla che riguardasse te direttamente" spiegò "o che ti definisse in maniera più approfondita rispetto a 'figlio' e 'studente'...a quell'età i ragazzi pensano a farsi degli amici, non a badare ad un genitore alcolizzato: è naturale, che una parte di te desideri avere quel tempo indietro, per sperimentare i piaceri che le spettano."
Sesshomaru ascoltava le parole della giovane umana, ed era sorpreso di sentire propria madre in esse.
"Vorrei che oggi, una volta usciti da questo studio, tu provassi a mettere te stesso in primo piano: la sola domanda che ti deve passare per la testa dev'essere 'Cosa voglio fare per divertirmi?', e poi falla!..." si spiegò, rendendosi conto di dover sottolineare "...ovviamente nei limiti della legalità, si intende."

"Vorrei andare in una sala giochi: ho sempre voluto provare l'air hockey." ammise a denti stretti il demone cane dopo una pausa di qualche minuto.
"Allora andiamo, Sesshomaru: è giunta per te l'ora di divertirsi un pochino"




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Capitolo 10
*** SWEET SIXTEEN ***


Kimi riceve una visita inaspettata



*DRIIIIN*

Kimi si prese il suo tempo per alzarsi dal letto e mettersi le pantofole, ma arrivò alla porta prima che i visitatori potessero suonare nuovamente il citofono.
Una volta aperto, restando appoggiata alla porta, si ritrovò davanti il padre di suo figlio e la nuova compagna di lui.

"Ciao, Kimi!" cominciò Toga "Io ed Izayoi ci abbiano pensato; e siamo giunti alla conclusione che dovremmo parlare di Sesshomaru..." una breve pausa, come se non si sentisse ancora pronto per il seguito "...tutti e tre assieme."

La padrona di casa si raddrizzò e spostò lo sguardo verso l'altra donna, che si sforzava di mantenere il sorriso nonostante la mestizia: non sapeva se lo facesse per lei o per se stessa...ma importava davvero?

"Avanti, entrate pure." li invitò, neutra "Ti trovo bene...yo-yo? Era questo il nome?" rise goffamente, rivolta ad Izayoi.

"Sì, Ki-ki, ti ringrazio. E tu sei bella come sempre." ribatté questa, sollevata.

Toga non aveva la minima idea di come la sua consorte fosse riuscita a stringere un simile legame di fiducia con la donna che avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per odiarla; provava a convincersi che fosse dovuto alla personalità solare di Izayoi, che, in qualche modo, risultava complementare a quella "lunare" di Kimi...
'Ok, forse così è troppo melenso, però' rifletté il vecchio produttore.

"Dovete scusarmi, se non mi sono preparata meglio per ricevere ospiti; voi accomodatevi, non preoccupatevi, io vado a prendere 'SWEET SIXTEEN', ok?"
Con quel nome Kimi si riferiva ad una bottiglia di Talisker invecchiato 11 anni risalente al 1997, poco prima che Izayoi rimanesse incinta di Inuyasha e che iniziasse la tumultuosa separazione di Kimi e Toga.
La padrona di casa aveva voluto soprannominare la bottiglia in quel modo per omaggiare la canzone di Billy Idol, che lei e il suo ex-marito avevano voluto che fosse suonata al matrimonio.
Non ci sarebbe mai stata l'opportunità di stapparla, e sarebbe rimasta a lei, dopo il divorzio.

I due coniugi si sedettero sullo spazioso divano penisola bianco del soggiorno; di lì a poco, la padrona di casa li raggiunse con la bottiglia ed i bicchierini, che poggiò sul tavolino appena di fronte al sofà; lei, invece, prese posto su una comoda poltrona dello stesso colore della mezzaluna che spiccava sulla sua fronte.

"Da un lato devo ringraziarvi: mi sembrava di impazzire, senza alcol" ammise la stilista, un po' in imbarazzo, mentre versava da bere a sé ed agli ospiti "ma adesso che ci siete voi due a tenermi d'occhio posso concedermi un bicchierino e bere responsabilmente, giusto?"

Nonostante i tanti anni trascorsi da quando lui, lei e Sesshomaru erano una famiglia felice, Toga sapeva ancora distinguere benissimo i segnali della sua ex-moglie; decise, perciò, di rompere tutti gli indugi.

"Prima vorresti sentire quello che sappiamo di Sesshomaru, lo so, Kimi." sorrise.

"È finito di nuovo nei guai per una rissa, vero?"

"Purtroppo sì, Ki-Ki, ma questa volta è diverso" si affrettò a dire Izayoi temendo che, se avesse tardato anche di un solo secondo, la sua povera interlocutrice avrebbe dato di matto "hai presente Kagura Kazehaya, la giovane filantropa, figlia di Naraku Kazehaya? Si sta battendo per portare avanti un progetto riabilitativo con la collaborazione del corpo di polizia, volto al miglioramento delle interazioni tra umani e demoni; e ha accettato Sesshomaru tra i partecipanti."

Kimi stava ascoltando le parole della donna di Toga, ma non riusciva ad esserne sollevata, conoscendo l'indole del figlio.

"Deve essere molto coraggiosa o stupida, per aver accettato una simile gatta da pelare."
Ridacchiò, per evitare di farsi avvolgere da una travolgente onda di sconforto; in cuor suo sperava solo che Sesshomaru l'avesse ascoltata, quando gli aveva detto che Toga aveva solo una parte di responsabilità per come lei stesse.

"Ti ricordi, Toga, di quando parlava tutto orgoglioso del suo papà che si batteva coraggiosamente perché noi tutti potessimo avere dei bei film da vedere?"

L'immaginazione di Izayoi e la memoria di Toga rievocarono la tenera immagine del bambino che Sesshomaru era stato.

"Mi manca il mio bambino." tentennò l'anfitriona, prima di prendere il bicchierino come a chiamare un brindisi "se ancora ci sei, batti un colpo, ok?"

"Sono sicura che è ancora lì, da qualche parte nel profondo del tuo Maru, Kimi." la consolò l'altra donna.

"Farò tutto quanto in mio potere, non mi darò tregua finché non riuscirò a riportare indietro nostro figlio...è il minimo che io possa fare per te, Nekimi." le fece eco Toga

All'udire il vecchio soprannome, l'ex-moglie si ritrovò suo malgrado a sorridere.

"A chi non si arrende!" dedicò.

"A chi non si arrende!" si unirono i due coniugi.

 

Un paio d'ore più tardi, i tre si congedarono con auguri di ogni bene ed un ritrovato senso di serenità, fiduciosi per quello che il futuro avrebbe riservato loro...

...perché negarsi la speranza è la peggiore sofferenza che qualcuno possa infliggere a sé stesso.

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Capitolo 11
*** Bowl n' Chain ***


Dopo una quindicina di minuti di passeggiata, Rin e Sesshomaru erano arrivati a destinazione: Bowl n' Chain.

"Vedrai che ti piacerà: c'è sempre molta gente, e l'atmosfera è favolosa quando ti lasci andare."
Così gli aveva promesso la sua sponsor, prima che entrassero nell'edificio per farsi accogliere dall'aria condizionata.
A riprova delle parole della sua sponsor, davanti al banco per la prenotazione delle piste da bowling c'era già una fila ben nutrita.

"Tu va' pure a cercare un tavolo dell'air hockey: io ti raggiungo dopo, quando riuscirò a liberarmi." gli sorrise la giovane donna minuta.
"Non avevo intenzione di fare una partita a bowling, non era questo che avevamo deciso di fare." replicò il demone.
"Oh, eddai! Dagli una possibilità: se vinci tu, faremo come vorrai, dopo."
Sesshomaru sperava che questa volta non si sarebbe rimangiata la parola all'ultimo, ma non ci contava molto.
"Ok" si congedò, prima di dirigersi alla sala giochi indicata da una piccola insegna qualche metro più avanti.
Facendo attenzione a non urtare altri avventori, riconobbe i cabinati e l'angolo del tiro a canestro, per poi rendersi conto che la sala giochi avesse uno sviluppo a L, rispetto al corridoio da cui stava arrivando; adesso, davanti ai suoi occhi, si stagliavano i vari 'acchiappa la talpa', 'ruota della fortuna', 'punching ball', e tanti altri.

Ad attirare la sua attenzione, però, fu una postazione chiamata 'Bomba in Buca!': dietro la teca protettiva, un lungo tubo trasparente era posizionato appena sopra il bordo di un disco di legno pieno di buche contrassegnate da numeri; mentre questo disco continuava a ruotare, sullo schermo dietro ad esso un omino indicava il pulsante da premere per giocare;
Sesshomaru osservò un ragazzino tentare la fortuna schiacciando il pulsante con forza; dal tubo cadde una pallina che si mise a rimbalzare a destra e manca, salvo poi iniziare a rotolare lungo i bordi e cadere nella buca contrassegnata da un 10.
Dalla postazione uscirono altrettanti biglietti.

Mentre il ragazzino continuava la sua partita, il demone andò a controllare dove fosse il distributore di gettoni; una volta trovato, ritenendola vantaggiosa, decise di comprare 15 gettoni per 800 yen.
In questo modo, quando tornò alla postazione la trovò libera, e decise di darci dentro.
L'unica cosa che contava per questo gioco era il tempismo, e Sesshomaru sapeva di averne parecchio.
Cominciò, usando i primi tre tentativi per riuscire a centrare a buca meno proficua, da 1 punto: una volta capiti i tempi per quella, il gioco sarebbe stato fatto.

"Scusami se ci ho messo un po', ma la coda non sembrava volerne sapere di..." provò a scusarsi Rin quando riuscì a ricongiungersi con il demone, ma si interruppe quando si accorse della lunga lingua di biglietti che usciva dalla postazione di 'Bomba in Buca!'.
"Ah, alla fine sei arrivata." constatò il demone.
"C-c-co-come diavolo hai fatto?" balbettò la ragazza, stupefatta dalla scena che le si parava davanti.
"Occhi aperti." si limitò a risponderle il suo interlocutore, che pur sembrava più solare rispetto a quando erano entrati. "Cosa stavi dicendo, prima?"
"Eh? Ah, giusto: la pista sarà disponibile tra 20 minuti, quindi dovremo aspettare; andiamo all'air hockey?"
"Va bene, ho già preso qualche gettone."
"Ok" si illuminò la ragazza.

Se quello era l'inizio...forse non sarebbe stato così terribile, dopotutto.





Questo capitolo sarà una parte 1: temevo che il capitolo diventasse troppo lungo

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Capitolo 12
*** Divertiti, divertiti, la vita vola via! ***


Continua la giornata al bowling di Sesshomaru e Rin.



2 gettoni per 3 minuti di gioco: questa era la tariffa del tavolo da air hockey.

"Avanti, cominciamo!" fu l'incitamento che giunse da Rin.
Le monete scivolarono nella fessura e Sesshomaru premette il pulsante per dare il via alla partita.
Dal segnapunti partì un suono metallico, e da una fessura sul lato del tavolo di Rin sbucò il dischetto.
Lei lo raccolse e lo mostrò al suo avversario, per poi lasciarlo cadere sul campo da gioco; una volta constatato che l'aria stesse uscendo dai forellini, mise a segno il primo colpo.

"Hi-yah!"
Il dischetto schizzò dritto verso la porta avversaria, ma sbatté contro il piattino di Sesshomaru, che ancora stava prendendo familiarità con lo strumento.
L'impatto rispedì il dischetto nella metà campo della ragazza, che si inarcò fin quasi a sdraiarsi sul tavolo per colpirlo con quanta più forza aveva nel braccio; nel farlo, Rin rideva come una bambina, dettaglio che non passò inosservato, anzi, perplesse l'altro giocatore, ancora intento a calibrare la forza da usare.
Il dischetto rimbalzò contro un lato del tavolo, poi sull'altro, avvicinandosi alla porta di Sesshomaru in lente diagonali; il demone volle approfittarne per sferrare un colpo mentre la sua avversaria si rimetteva in posizione...se l'avesse colpita, beh: che colpa ne avrebbe avuto, si era messa lei in quella situazione?
Fortunatamente nessuno rimase ferito, ma il dischetto rimbalzò contro uno degli angoli della porta di Rin e tornò nella metà campo di Sesshomaru, con un ampio movimento a zig-zag.
Quest'ultimo tentò di colpirlo prevedendo la traiettoria, ma si rese conto che era troppo tardi per fermarlo.

1-0 per Rin, 2:36 alla fine.

"Sì, un punto per me!" esclamò accompagnando l'esultanza con un piccolo balletto celebrativo, mentre il giocatore dall'altro lato rimetteva in campo il dischetto.
"Aspetta a cantar vittoria!" le si rivolse lui, con un tono un po' troppo serio; non poteva farci nulla, non gli piacevano le scenate di auto-compiacimento come quella di Rin, per lui non avevano senso.
"Tranquillo, Maru-chan: devi solo prenderci la mano, non ci vorrà molto."
Disse questo e si preparò all'attacco del suo avversario; questi, una volta posizionato il dischetto, lo lasciò scorrere un pochino sul campo, per valutare, nel mentre, quale potesse essere il tiro migliore.
"Allora? Cosa aspetti?" lo canzonò la giovane umana all'altro capo del tavolo, impaziente.
Ritenendo di aver trovato la traiettoria migliore, mandò a segno un colpo diagonale micidiale, e si sentì il rumore del dischetto che finiva in porta e cascava giù.
"Un tuo momento di distrazione, ed eccolo qui!" ghignò divertito Sesshomaru.
Rin rimase un attimo attonita per la velocità del colpo, ed ammise di essere stata fregata come una pivellina.

1-1, 2:00 alla fine.

Ci stava prendendo la mano, un po' per volta.
"Bene bene, ammetto che è stato un bel colpo, ma è solo la fortuna del principiante, sai?" disse, ricambiando la smorfia di sfida che le era stata lanciata.
Rimesso il dischetto in gioco, la giovane umana gli diede una bottarella in orizzontale, confondendo il proprio avversario, dopodiché lo mandò in avanti evitando tiri diretti, per testare la reazione dell'altro giocatore, che, in tutta risposta, provò a replicare il tiro con cui aveva segnato.
Stavolta, però, Rin sapeva dove colpire...anche se, forse, con un po' troppa forza, visto che il dischetto rimbalzò contro il divisorio di plastica a metà campo, per poi roteare sbilenco davanti a lei.
Lo schianto le fece fare un piccolo sobbalzo.
"Ups, scusa" ridacchiò spedendo via il dischetto.
Questo arrivò davanti a Sesshomaru, che lo parò impartendogli, però, una deviazione laterale molto accentuata, per cui, adesso, esso rimbalzava orizzontalmente, pressoché parallelo alla porta.
Nel tentativo di allontanare la piccola minaccia circolare, il demone mosse il piattino troppo in fretta, e quando il dischetto impattò finì in porta, regalando un punto all'avversaria.
Sesshomaru ringhiò irritato, ed afferrò il dischetto per rimetterlo in gioco.

2-1, 1:02 alla fine.

"Fa' attenzione, Maru-chan: il tempismo è la chiave di tutto, sai?" Gli sorrise Rin.
Il demone partì nuovamente all'attacco, con riacquistata concentrazione, e riuscendo a mettere in difficoltà la sua avversaria, che, ad un certo punto, fece volare il dischetto fuori dal campo, colpendo una ragazza sulla fronte.
"Ahia!" esclamò questa, in un misto di dolore e sorpresa.
"Oh, cielo: mi scusi tantissimo, non l'avevo vista; mi perdoni se le ho fatto male." si precipitò a scusarsi la sponsor, un po' tremante.
In tutta risposta, l'altra si mise a ridere, e la rassicurò che non fosse nulla, anzi le aveva davvero rallegrato la giornata con questa scena involontariamente comica.
Sesshomaru, ormai non più interessato alla partita, cui tra l'altro mancavano ormai pochi secondi, rimase sbigottito dal comportamento della ragazza nei confronti della sua sorvegliante.
Era leggermente più bassa di lei, ma, per come si stava comportando Rin, sembrava almeno 5 cm più alta del 1.62 di Rin.

Un ragazzo si avvicinò alle due, un po' arrabbiato.
Sarà stato alto 1.76, e quindi sovrastava entrambe.
"Ehi, guarda cos'hai fatto alla mia fidanzata!" attaccò, indicando il rossore sulla fronte della 'vittima' "Stai più attenta, capito? Altrimenti..."
"Calmati, Hiroshi, non l'ha fatto apposta." rise lei, per distogliere la sua attenzione da Rin.
"Non mi importa, deve stare più attenta, capito?" proseguì minaccioso.
Sesshomaru, notando il diverbio, si avvicinò ai tre, e decise di sfruttare il proprio 1.95 per una buona causa.
"Ti ha detto che è stato solo un incidente, ok?" chiese, sforzandosi di non sollevare il ragazzo da terra.
Quest'ultimo, atterrito per la differenza d'altezza e stazza, parve sbiancare e balbettò che, ok, non era nulla di grave, prima di allontanarsi con la fidanzata.

Rin li guardò allontanarsi e poi volse lo sguardo al suo paziente:"Grazie per avermi difesa, Sesshomaru."
Lui si limitò a sbuffare, quasi come se il pensiero lo offendesse.
"Vuoi provare qualche altro gioco? Mancano ancora 15 minuti, prima che la pista sia pronta."
"Sì, va bene...ora che ci penso: ricordati di portare i punti alla macchinetta, così non ce li avrai dietro per il resto della giornata."
Approvando l'idea, i due si diressero alla macchinetta mangiapunti, ricevendo indietro un foglietto che attestava gli 807 punti fatti da Sesshomaru al gioco.
"Bene, adesso che facciamo?" domandò Rin.
Prima che Sesshomaru potesse risponderle, da un altoparlante si sentì il seguente messaggio:"Prenotazione Rin e Maru-chan, siete pregati di recarvi alla cassa."

Lo sguardo del demone cadde sulla minuta donna umana, e, se ne fosse stato in grado, l'avrebbe incenerita sul posto, per quello scherzo di pessimo gusto.
"Eddai, non te la prendere: sei o non sei un demone cane, dopotutto?" chiese lei, cercando disperatamente di rimanere seria.
Consapevole che obiettare non avrebbe portato a nulla, Sesshomaru si incamminò verso la cassa.

"Che taglia avete?" domandò il cassiere.
"48"
"38"

Di lì a due minuti, i due erano in pista, accanto ad una occupata da sei ragazzini delle medie, che li guardavano come se fossero una coppia...ah, quanto erano distanti dalla realtà.

"Comincio io!" trillò Rin.
In effetti, nonostante il nome della prenotazione, sul tabellone figuravano entrambi i nomi di battesimo, senza soprannomi stupidi ed improbabili.
La ragazza afferrò una palla da bowling verde con un grosso 7 nero stampato sopra, si portò davanti alla pista e si preparò a tirare; dopo una breve rincorsa, lanciò la palla, che sfrecciò verso i birilli con una lieve curvatura verso destra.
Sfortunatamente, la curvatura si rivelò essere troppa, e le negò uno strike, lasciando, però, aperta la possibilità di uno spare 3-6.
Inutile dire che il secondo tiro andò a segno.

"Adesso è il tuo turno." lo incitò lei.
Sesshomaru valutò la palla che riteneva più agevole, si portò in pista e si preparò a tirare, quando una melodia attirò la sua attenzione: si voltò, per scoprire che proveniva dal telefono che una sghignazzante Rin aveva in mano.
"Si può sapere che cosa stai ascoltando?"
Scoperta, la giovane umana provò a rispondere, ma aveva la voce rotta dalle risate.
"No, niente, scusa Sesshomaru: è che volevo proprio...ahahah...volevo proprio vedere come saresti sembrato al posto di Jesus Quintana.
Sesshomaru aveva visto IL GRANDE LEBOWSKI, ma non aveva mai capito come fosse possibile che avesse ottenuto così tanto successo, viste le critiche ricevute all'uscita.
Eppure, in quel momento si ritrovò a sperare di fare un bello strike, proprio come John Turturro nel film.
Prese la rincorsa, lanciò la palla ed attese lo schianto; una volta sparita, la palla si era portata dietro tutti e 10 i birilli.
"Woo-hoo!" si accese Rin "Bravo, bel colpo!"
"Non era la fortuna del principiante?" la sfidò Sesshomaru, con lo sguardo.
"Oh, adesso ti faccio vedere io, caro il mio spavaldo!" rispose lei.

Adesso Sesshomaru non aveva più dubbi: le cose si sarebbero fatte interessanti.





E qui finisce la parte 2...settimana prossima, la parte 3! Siateci!
Il titolo è una libera traduzione della canzone "Enjoy Yourself" di Louis Prima...spero che i fan di DR. HOUSE apprezzino 😊

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Capitolo 13
*** Provaci ancora, Rin! ***


Era di nuovo il turno di Rin, e la ragazza si accingeva a lanciare la palla, ma si interruppe quando riconobbe la canzone che risuonava nel locale: LA VIE EN ROSE, che il mese precedente le aveva fatto maturare il buon proposito di imparare il Francese.
'Anche se, forse, sarebbe stato meglio padroneggiare per bene l'Inglese, prima' si rimproverò bonariamente; 'Però bisogna ammettere che le lingue latine sono così passionali, ihihih!' si fece sentire un'altra vocina.
E con questo pensiero in testa, improvvisò un piccolo balletto che lasciò alquanto confuso il suo avversario.
Infine tirò, e la palla investì 9 birilli, lasciando il numero 10 come unico superstite.
"Evvai!" squillò lei "Un altro tiro fantastico, non pensi?"
"Migliore rispetto a prima, sicuramente." rispose neutro Sesshomaru, mentre aspettavano che la palla ritornasse alla loro pista.
Non capiva cosa passasse per la testa della sua sponsor: quando le aveva parlato della sala giochi, durante la seduta, non si aspettava minimamente che lei lo avrebbe trascinato in quel posto...eppure eccoli lì, lei felice come una bambina il giorno di Pasqua e lui ad osservarla mentre tentava di replicare lo spare del turno prima.
Purtroppo, questa volta Rin ebbe sfortuna, e la palla giunse a fine percorso senza aver incontrato quell'unico fortunato birillo.
"Bene, adesso tocca a te, Maru-chan!"
Sesshomaru si avvicinò al nastro e raccolse una palla, per poi portarsi davanti alla pista.
Lanciò, ma si accorse subito di aver inclinato troppo il braccio, e la sfera ne doveva aver risentito, visto che finì nella corsia laterale di sinistra.
"Cazzo!" sibilò a bassa voce. Ma non abbastanza.
"Capita, di sbagliare, Sesshomaru."
"Lo so, ma non per questo deve piacermi."
"Tranquillo" si avvicinò la ragazza "Questo non è un test, non c'è bisogno della perfezione."
Incuriosito da questa prospettiva, il demone decise che si sarebbe concesso un po' di leggerezza.
Di tanto in tanto, faceva piacere sapere di non dover dimostrare niente a nessuno.

I turni si susseguirono, tra tiri buoni e meno, passando per strike, cantonate ed uno split da paura da parte di Rin.
Il risultato, alla fine, fu di 142-116 per lei.
"Allora, vuoi la rivincita?" lo sfidò Rin, che sprizzava entusiasmo da tutti i pori.
"Sei davvero sicura che ti sia concesso, tutto questo?" le chiese l'altro, suscitando perplessità nella giovane umana.
"Di cosa parli, Sesshomaru?"
"Se, come dici tu, questo non è stato un test, allora quale sarebbe la tua utilità, qui? Non posso credere che il tuo lavoro consista nel farmi da compagna di giochi, quindi qual è la prova che devo superare, e che dà un senso alla tua presenza?"
Il tono del demone non lasciava trasparire alcuna sfumatura, come se quel lato di lui che Rin aveva visto nell'ultima ora e mezza non fosse stato altro che una maschera.
"Io non ho mai avuto intenzione di metterti alla prova, Maru-chan."
"Preferirei che mi chiamassi per nome, sono stato chiaro?"
Lei rimase sorpresa dalla piega che la conversazione stava prendendo: fino a pochi minuti prima si stavano divertendo, tra sfide, incitamenti e risate (le ultime due, solo da parte di Rin).
"Da quanto tempo è, che ci stai pensando?" domandò un po' ferita.
"Non rispondere alla mia domanda con un'altra, chi se ne frega di quando ho iniziato a sospettare del tuo comportamento?" la incalzò Sesshomaru.
"Rispondi e basta, Sesshomaru: da quant'è che pensi che di essere sotto esame?"
Il demone cane alzò gli occhi al cielo, innervosito dalla mancanza di una risposta alla propria domanda e dall'atteggiamento della sponsor: se voleva uscirne, evidentemente, avrebbe dovuto rispondere.
"Da quando ti sei messa in testa di portarmi in questo posto, ok? Ti va bene, così?"
Rin annuì.
"Quindi e così? É davvero così difficile, per te, immaginare uno scenario dove non sei osservato al microscopio?" gli domandò, preoccupata.
Come ebbe finito di chiedere, realizzò quello che aveva visto alla postazione di 'Bomba in Buca': tutti quei biglietti non erano frutto di un'esperienza di divertimento, ma di un insaziabile desiderio di competizione, che sbraitava ai quattro venti 'Io sono il più intelligente, il migliore di tutti! Nessuno è al mio livello!'.
"Anche prima, durante la partita a bowling, stavi covando questo dubbio?"
"Ovviamente, e io non sbaglio mai, su questo fronte: non abbatterti, c'ero quasi cascato, ma adesso puoi smettere di fingere che-"
"KAZUMA!!!" tuonò una voce femminile all'entrata del locale, ed uno dei ragazzini nella pista accanto a Sesshomaru e Rin si voltò, gli occhi sgranati e un'espressione confusa.
"Mamma, che ci fai qui???" chiese.
"Cosa ci faccio qui? COSA CI FACCIO QUI??? Non mi hai avvisata che saresti uscito, mi hai fatto prendere un colpo!" continuò la donna, su tutte le furie "Ero così preoccupata che ti fosse successo qualcosa...adesso fila subito in auto, torniamo a casa!"
"Cosa? No!" contestò il figlio "Io, Tota e gli altri volevamo fare un'altra partita!"
"E invece tu, vieni con me, giovanotto, e subito!" concluse la madre prendendolo per un braccio.
"Mamma, smettila: così mi metti in imbarazzo!"
"Dovevi pensarci prima di dimenticarti di avvisarmi...ora andiamo!"
"No, io resto qui: vattene tu, io non ti voglio più vedere!"

Guardando la scena, Rin si sentì un po' dispiaciuta per la donna, che aveva tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata.
"Povera signora!" sussurrò, prima di cogliere un movimento vicino a lei con la coda dell'occhio: Sesshomaru si stava dirigendo verso Kazuma e sua madre.
"Sesshomaru, aspet-"
"RAGAZZINO!!!" esplose lui.

In quel momento, tutti gli avventori del locale si voltarono verso l'uomo dalla voce stentorea da cui era partito quell'urlo.
Il destinatario, il ragazzino di nome Kazuma, si voltò di scatto nella direzione in cui si era sentito chiamare, e vide venirgli incontro quello che, per lui, era una montagna.
E questa montagna era arrabbiata con lui.

"Come ti permetti di parlare in modo tanto irrispettoso a tua madre?" domandò adirato Sesshomaru, avvicinandosi lentamente, fino ad arrivare a mezzo metro da lui.
"M-m-mi scusi, signore!" balbettò Kazuma.
"Come, prego?"
"Mi scusi, signore, la supplico, non mi faccia del male!" ripeté in preda al panico, accovacciandosi e coprendosi la testa con le braccia.
La scena che il demone si stava trovando davanti era patetica, ma lui non aveva intenzione di lasciar correre.
"Alzati, e alla svelta." ordinò, con un tono più contenuto, in modo che il ragazzino si sentisse meno minacciato.
Quest'ultimo, piano piano, si riportò in piedi, sbirciando per assicurarsi che non stessero per arrivare schiaffi o scappellotti.
"Guardami ed ascoltami bene, mocciosetto" proseguì Sesshomaru "La donna a cui hai appena mancato di rispetto è la stessa che si è sempre presa cura di te, senza mai esigere nulla in cambio: ti ha accompagnato agli allenamenti, ti ha permesso di invitare a casa i tuoi amici e ti ha sempre aiutato quando avevi bisogno di una mano.
Ti ha chiesto soltanto di mandarle un messaggio, per farle sapere dove sei, e tu le rispondi così?"
Kazuma si sentì sprofondare, ma non perché era stato ripreso da uno sconosciuto in mezzo a tanti altri sconosciuti, bensì perché non poteva ribattere in alcun modo, visto che aveva pienamente ragione.
"Dovresti davvero vergognarti, per il tuo comportamento, e chiedere scusa a tua madre" concluse Sesshomaru volgendo lo sguardo verso la donna. "Non sai mai, fino a quando potrà rimanere al tuo fianco, quindi non ti azzardare mai e poi mai a mancarle ancora di rispetto in questo modo, mi sono spiegato?"
Ci vollero un paio di tentativi, prima che il ragazzino riuscisse a ricomporsi e trovare la voce, ma alla fine ce la fece.
"Sissignore!"
Sesshomaru sbuffò.
"Adesso sparisci dalla mia vista, vai in auto."

Tutti i presenti osservarono la scena giungere al termine e, dopo una breve riflessione, tutti tornarono a fare quello che stavano facendo prima.
Tutti, o quasi.
Rin era scioccata da quanto aveva appena visto: continuava a pizzicarsi il braccio per assicurarsi che non fosse un'allucinazione, e che quello che aveva visto fosse effettivamente Sesshomaru che rimproverava un ragazzino in maniera...beh, 'esemplare' sarebbe stato un po' eccessivo, ma comunque 'accettabilissima'.
Anche gli amichetti di Kazuma erano sbalorditi per la scena cui avevano assistito, e decisero di salutarsi lì, per tornare a casa dalle rispettive famiglie.
Infine, la madre di Kazuma si avvicinò al demone cane e, un po' imbarazzata, lo ringraziò.
"Le chiedo ancora scusa, per il disturbo che mio figlio le ha arrecato, la ringrazio tantissimo."
"Non ho fatto niente di speciale: il rispetto nei confronti dei propri genitori è dovuto."
Sesshomaru sapeva che non fosse del tutto vero, ma sapeva di non poterlo dire, in quel momento.
"Invece ha fatto molto più di quanto creda, glielo assicuro." insistette la donna "Adesso la lascio tornare dalla sua fidanzata, sono sicura che gradirebbe il proprio ragazzo indietro." gli sorrise.
Qualche metro dietro di loro, Rin si coprì la bocca per assorbire lo squittio che le era scappato sentendo quelle parole.
Sesshomaru, invece, mise le mani avanti senza tante cerimonie.
"Quella ragazza non è la mia fidanzata, signora, ma il mio supervisore" spiegò alla donna, che adesso sembrava confusa "Sono in libertà vigilata, per farla semplice."
La donna cambiò espressione e fece un passo indietro, a metà tra l'imbarazzo e il disagio.
"Oh, ca-capisco...la saluto, ok?" si congedò frettolosamente.

Rin si avvicinò a Sesshomaru.
"Sei stato incredibile, lo sai?" gli domandò.
"Davvero?" la squadrò lui "Sembrava che non volessi che mi intromettessi, o sbaglio?"
"Temevo che avresti approfittato di questa occasione per farti beffe di quella donna, ma sono felice di essermi sbagliata."
"Questo vuol dire che ho superato la prova?" la interrogò il demone.
"No, quella l'hai persa quando hai iniziato a dubitare di me; ma non ti preoccupare: sei una brava persona, e questo lo hai dimostrato." replicò lei.
"Come fai ad esserne tanto sicura?"
"Diciamo che lo so e basta, ok?"



Concluso il dialogo con Sesshomaru, Rin decise che si fosse fatto sufficientemente tardi per entrambi, quindi invitò il suo accompagnatore ad uscire dal Bowl n' Chain.

"Che dire, mi sa che ci dobbiamo fermare qui, Sesshomaru: è stata una giornata molto proficua, ma sono sicura che il meglio debba ancora arrivare!"
Il demone cane alzò gli occhi al cielo, ma solo un pochino, perché sapeva bene che Rin avrebbe potuto ritorcergli contro quel gesto d'insofferenza.
"Non hai proprio intenzione di arrenderti, vero?" non si esimette dal domandarle "Ti avviso: questo è un giorno fortunato, quindi faresti meglio a non abituartici."
La sua interlocutrice gli rivolse un sorrisetto giocoso e si passò una mano sulla testa, sfregandosi la tempia sinistra.
"Sai, Maru-chan: secondo me, sotto sotto, sei persino più entusiasta di me!" lo stuzzicò "Adesso sarà meglio tornare allo studio, così da dichiarare conclusa la giornata" concluse.
Si incamminarono verso la sede del programma, e Rin, ad un certo punto, si ricordò di una domanda importante.
ah, quasi dimenticavo: i tuoi effetti personali...?"
"Li ho ritirati questa mattina, prima di essere portato da te: ero convinto te l'avesse detto la tua amica, l'agente Yamaguchi; era così arrabbiata, quando è venuta a prendermi."
"Sango è una persona molto protettiva, è normale che reagisca così; ti chiedo solo di non farla innervosire, pensi di riuscire a farcela?"
"Se lei farà lo stesso potrei valutare l'ipotesi...anche perché, dopo un po', stuzzicarla perde del tutto il suo gusto."
Rin sapeva che non avrebbe ottenuto tanto di più, ma le bastava, per il momento, quindi annuì.
Il silenzio li accompagnò per il resto della passeggiata.
I due si salutarono e tornarono alle rispettive abitazioni.

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Varcata la soglia di casa, Rin inspirò a pieni polmoni il profumo dell'appartamento in cui viveva in affitto: un grazioso bilocale distante soltanto una ventina di minuti a piedi dalla sede del programma di recupero.
Una volta poggiata la borsa sul tavolo della cucina ed estratto il telefono da una tasca laterale, si fiondò sul divano ed aprì l'app di Duolingo, per provare a racimolare i punti sufficienti per evitare la retrocessione: aveva lottato come un piccolo drago, per raggiungere la lega Ossidiana, e non avrebbe permesso a nessuno di cacciarla, nemmeno a ChillieBeanie219, causa di tante notti insonni; per quanto Rin si sforzasse, non riusciva mai a sbarazzarsene, in un modo o nell'altro questo utente le stava sempre alle calcagna, come Javert con Jean Valjean.
'Ma si facesse una vita, dannazione!' si era ritrovata a pensare più volte, Rin.
Verso le 18:00, quando lo stomaco iniziò a borbottare, la ragazza decise di mettersi a cucinare; la ricetta che avrebbe preparato era una torta salata di spinaci e ricotta che aveva trovato su un sito di cucina italiana: solo a guardarla le era venuta l'acquolina in bocca.
La preparazione non era complicata, soprattutto per una brava come Rin, ma richiedeva tempo, e la cosa poteva non essere il massimo, soprattutto al termine di una lunga giornata di lavoro.
Nonostante tutto, il risultato fu davvero soddisfacente, e Rin non potè che ringraziare la natura per aver inventato i pinoli.
"Non vedo l'ora che arrivi domani, Sesshomaru" si ritrovò a pensare ad alta voce "Sei una persona buona, voglio aiutarti a capirlo, e lo farò, stanne pur certo."
La promessa era rivolta tanto a lui quanto a sé stessa, e le tornarono alla mente le parole di quel giorno.
"Tua madre non merita di stare in pensiero per il proprio bambino."

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Suo padre aveva voluto comprare quell'appartamento perchè gli spostamenti fossero più comodi durante l'università, e Sesshomaru ci era rimasto anche in seguito.
Le stanze dovevano aver sicuramente visto tempi migliori: in cucina, accanto al frigorifero, giaceva una bottiglia di birra vecchia di almeno un paio di settimane; si diceva che l'avrebbe buttata, ma mai quando sarebbe arrivato quel giorno.
In camera da letto, la sedia con le rotelle era piegata sotto il peso dei vestiti appoggiati su di essa, e la scrivania era un macello indistinguibile di calze, fogli e monetine.
La prima preoccupazione di Sesshomaru fu di controllare se, nella credenza, fossero rimasti dei salatini: non aveva voglia di fare la spesa, e nemmeno di buttare soldi per un pasto che sapeva sarebbe arrivato in ritardo.
Sfortunatamente per lui, di quelli nemmeno l'ombra, ma c'erano delle focaccette, che sarebbero andate bene ugualmente.
Unitamente al pane, il demone decise che non gli sarebbe dispiaciuto dell'alcol: una bella bottiglia di Jack Daniel, e del pane non sarebbe rimasta traccia.
'Dovresti evitare certe pessime abitudini!' si sentì apostrofare dal padre; tuttavia Toga non era lì, e Sesshomaru sapeva che era stata una parte di sé, a parlare.
"Posso smettere quando diavolo voglio, ok? E se dico che posso reggere, allora è così, punto!" esclamò, per poi buttare giù una generosa sorsata.
'Lo diceva anche nostra madre, e guarda cosa le è successo!' ringhiò la sua vocina della ragione, molto irritata 'Però ti capisco, sai: la mela non cade mai tanto lontano dall'albero, è così che si dice? Eh?'
La frase lo investì come una secchiata di acqua fredda, rievocando alla memoria l'unica rissa che lui avesse mai perso: un diverbio avuto con il padre la mattina dopo una bella sbronza; a peggiorare il tutto, quella volta era presente anche quel piccolo bastardello di Inuyasha.





Oggi capitolo più lungo, spero vi piaccia

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Capitolo 14
*** Lacrime ***


6 anni prima

Come se controllati da un interruttore, gli occhi di Sesshomaru si aprirono sul mondo…o perlomeno su quel piccolo, confortevole angolino in esso, meglio noto come 'il suo appartamento per l'università'.
Il giorno prima, dopo aver trascorso la serata a ridere (imbarazzato) e scherzare (si fa per dire) con alcuni compagni di corso in un pub, aveva deciso di defilarsi silenziosamente e rincasare, per poi concludere in bellezza, ubriacandosi sul proprio divano in allegria e solitudine, due concetti che riteneva si potessero sovrapporre senza problemi.
Certo, avrebbe potuto accettare le avance delle ragazze scosciate del giorno prima, che, in top striminziti, avevano usato la scusa del freddo per spiattellargli le tette in faccia e sussurrargli all'orecchio promesse di succulente ricompense; ma quella sera tutto ciò che desiderava era smettere di sentire tutto, spegnere l'interruttore.
In quel momento, preferiva di gran lunga la compagnia di Jack, Jim e Johnnie, piuttosto che quella di una eventuale Ritsuko, Ayumi o Kimiko.

Con i sensi ancora ottusi, non comprese subito che qualcuno stesse bussando alla porta, e dismise il fastidioso rumore con un mugugno di totale disapprovazione; il disappunto iniziò a montare quando l'importuno visitatore riprese l'assalto.
"Non sono interessato, sparisci!"
L'intimazione sembrò sortire l'effetto, perché il silenzio tornò a regnare in quel confuso Sabato…a proposito, che ora era?
'Solo a titolo informativo' si disse il demone.
Strabuzzò gli occhi e si mise di riflesso a tastare le tasche, che, incredibilmente, trovò: bene, aveva bevuto abbastanza per dimenticarsi di spogliarsi, cose che capitano.

Il telefono era sul tavolino a mezzo metro dal divano, ma fece appena in tempo ad afferrarlo che partì l'avviso di chiamata: numero non salvato in rubrica, sospetto spam.
'Fanculo!' imprecò chiudendo la telefonata.
Stava cominciando ad innervosirsi sul serio, e non erano ancora…le 10:00…10:01…1 nuovo messaggio.

Premette sulla notifica e si ritrovò davanti una chat già aperta, che lo aiutò a capire di chi si trattasse: Inuyasha, la causa di tutti i suoi mali.
'SESSHOMARU, APRI QUESTA CAZZO DI PORTA, PORCA PUTTANA!!!'
Il solito sboccato, non c'era che dire.

Lasciò cadere il telefono sul divano, si tirò in piedi, accertandosi che i vestiti non gli cadessero di dosso, e si diresse verso la porta d'ingresso, cui si appoggiò per guardare nello spioncino: e la giornata era rovinata.
"Che ci fai qui, che vuoi?" ringhiò, una volta scostata la porta.
Il suo interlocutore pareva avere persino meno voglia di lui, di stare lì.
"Sono venuto con papà, ma fidati che vorrei essere dappertutto meno che qui."
Ecco, appunto.
"E dov'è, adesso?"
"Sta arrivando." spiegò il mezzo-demone "Hai idea di quanto fosse preoccupato per te?"
"L'ho sempre detto che gli fa male, stare in pensiero per gli estranei." ribatté Sesshomaru, sul punto di chiudere la porta.
"Estranei???" tuonò una voce da dietro la porta, che il giovane demone riportò controvoglia al suo posto.

"Sesshomaru, non mi ricordo di aver cresciuto un simile screanzato!"
"Naturale che non te ne ricordi, Toga, visto che hai preferito spassartela con una sgualdrina e lasciare quel compito a mia madre." affondò il figlio primogenito.
"Hey, come ti permetti, bast…!" esclamò un furioso Inuyasha, mentre si preparava a sferrare un pugno, che non arrivò mai a destinazione.
"Inuyasha, sta' buono." lo ammonì Toga.
"Ma, papà…"
"Niente ma! Non è il momento, capito?"
"Ufff, Va bene." acconsentì il secondogenito.
'Chissà, forse potrò divertirmi un pochino.' rimuginò il figlio maggiore.

"Figlio mio, eravamo così preoccupati, non sapevamo che fine avessi fatto." disse Toga con voce grave.
"Immagino che tu ti riferisca a te ed Izayoi, giusto?" domandò Sesshomaru, portandosi una mano alla fronte: il mal di testa che colpiva come una bomba a scoppio ritardato.
Toga rimase interdetto per un momento, consapevole della direzione in cui il figlio voleva portare la conversazione.
"Lo sai, che tua madre sta affrontando un brutto periodo, ma questo non significa che…"
"Quindi non era agitata?" lo interruppe Sesshomaru.
"Non lo ha lasciato trasparire, no."
"Allora non era preoccupata, ma tranquillo, non si tratta di un brutto periodo: semplicemente mi conosce, ed è decisamente più sveglia di te e di quell'ingenua della tua compagna."
Lo sguardo del primogenito ricadde sul fratellastro, che sprizzava irritazione da tutti i pori; dopodiché, tornò a posarsi sul genitore.
"È incredibile come un mezzo-sangue che mi disprezza mi conosca meglio di chi mi ha messo al mondo, non trovi?"
Toga si stava sforzando di rimanere tranquillo, ma suo figlio gli stava rendendo il lavoro impossibile.
Inuyasha, spazientito, entrò nell'appartamento spalancando la porta ed oltrepassando un seccato Sesshomaru.

"Ma prego, fate come se foste a casa vostra, no?"
Da dietro di sé, il giovane demone udì tossire.
"Porca miseria, qui dentro è peggio di una distilleria!" esclamò Inuyasha dal salotto "Dico, se ci fosse stata una donna, almeno avrei potuto darti il cinque, ma così fa davvero tristezza!"
Nel frattempo, Toga era entrato e stava cercando di superare il disagio che quel tanfo di alcol gli suscitava.
Una volta arrivati tutti in salotto, Sesshomaru, indispettito, non perse l'occasione per rispondergli a tono.
"Tranquillo, la prossima volta ti lascerò guardare, meticcio."
La pazienza aveva un limite per tutti, e Toga aveva raggiunto il proprio.
"Quando è troppo, è troppo, Sesshomaru!" tuonò "Scusati immediatamente con tuo fratello!"
"Altrimenti…cosa? Mh? Mi prenderai per un orecchio? Mi caccerai da questo appartamento? Sparirai di nuovo dalla mia vita? Ti assicuro che questo sarebbe un regalo stupendo, da parte tua."
Volendo dar credito alle parole di Washington Irving, secondo cui la lingua diventa tanto più affilata quanto più la si usa, la bocca di Sesshomaru doveva ospitare un maledettissimo rasoio; un rasoio con cui stava pugnalando spietatamente il genitore.
Toga rimase impietrito, udendo le parole del figlio, e si sentì avvolgere da una profonda tristezza.
Inuyasha gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
"Torniamo a casa, papà."
"No, figliolo, non possiamo andarcene adesso."
"Fa come ti dice" insistette Sesshomaru, andato a stendersi sul divano "L'emicrania inizia a farsi sentire, e non vorrei altre scocciature tra i piedi."
Il mezzo-demone ne aveva avuto abbastanza di essere trattato con sufficienza, quindi decise di affrontarlo.
"Guardandoti così somigli sempre di più a tua madre, Sesshomaru" cominciò "Ma suppongo sia normale: dopotutto, la mela non cade mai troppo lontana dall'albero."
"Inuyasha!" proruppe Toga.

"Che cosa hai detto?" sibilò Sesshomaru, minaccioso.
Le sue mani si strinsero in pugni ed un ringhio gutturale cominciò a sollevarsi da dentro di lui.
Nella sua incoscienza, Inuyasha ripeté quelle parole.
"Sei sordo, per caso? La mela non cade mai lontana da…ugh!"
Prima che potesse finire la frase, si sentì mancare la terra sotto ai piedi e la schiena sbattuta contro una parete.
Il fratellastro gli stava premendo il braccio sinistro sulla gola, ma a terrorizzare Inuyasha era il suo sguardo: sclere rosse e pupille blu, canini simili a zanne ed un ringhio spaventoso.

Mentre la sua preda cercava di alleviare la pressione sulla gola, Sesshomaru sferrò un pugno in pieno volto ad Inuyasha.
Un secondo lo seguì, e così un terzo.
Non contento, estrasse gli artigli della mano libera, e avrebbe sfregiato il fratellastro, se il padre non fosse intervenuto per fermarlo.
"SESSHOMARU, BASTA, TI PREGO!"
Il figlio, ancora accecato dalla furia, lasciò cadere a terra il fratellastro per potersi concentrare sull'altro bersaglio.
Quest'ultimo era riuscito a bloccargli il braccio destro, quindi sarebbe bastato aspettare che attaccasse con il sinistro e fermare anche quello.
Così fu, ma anche con i pugni bloccati Sesshomaru sapeva di essere più resistente di Toga: sarebbe bastato prenderlo per sfinimento ed avrebbe vinto.
Tuttavia, per uno stupido scherzo del destino, l'emicrania lo colpì, facendolo barcollare all'indietro e portandolo a massaggiarsi la testa.

Mentre Inuyasha si tirava su un po' a fatica e si passava una mano sulle ferite, Toga si avvicinò all'altro figlio e gli prese le spalle.
"Figliolo, tutto bene?" gli chiese, preoccupato.
Nonostante ciò, Sesshomaru allontanò il genitore e riprese ad attaccare.
"Non toccarmi!" ansimò, sentendosi più fiacco ed abbandonato dall'aura demoniaca.
Cercò di catturare il suo avversario, ma lui lo afferrò ai polsi.
Allora iniziò a dimenare le braccia per cercare di liberarsi, sbraitando.
"Sei soltanto uno schifoso…" iniziò. "…traditore…" c'era quasi, ne era sicuro. "...puttaniere!" e le mani erano di nuovo libere.
Ma Toga fu più rapido del figlio, e gli assestò un cazzotto in pieno volto, facendolo capitolare a terra.

Sesshomaru voleva alzarsi, ma era come se il suo corpo gli si fosse svuotato di tutto; si sentiva pesante e molle, ed oltre al sangue avvertì altre gocce rigargli il naso.
'Perché sto piangendo?' si interrogava sconvolto.

Toga si diresse dall'altro figlio e lo aiutò a rimettersi in sesto.
"Stai bene, Inuyasha?"
"Sono stato meglio, papà, ma grazie" lo rassicurò il figlio minore.

Una volta risolto su quel fronte, l'uomo tornò dall'altro rampollo, riverso a terra dopo il colpo ricevuto.
"Adesso sei contento, bastardo?" lo canzonò Inuyasha "Vedi di non rialzarti, o ti darò il resto io."
"Inuyasha!" lo ammonì Toga, ricevendo uno sbuffo dal secondogenito.
Rivolse poi l'attenzione ai tentativi di Sesshomaru di rimettersi in piedi, prima di accorgersi dell'odore di lacrime provenire dalla sua direzione: si sentì come se gli fosse stato stritolato il cuore.

"Sesshomaru, che cosa ti sta succedendo?" chiese Toga con voce flebile.
Cercando di mascherare la voce rotta dalle lacrime per preservare il poco orgoglio che riteneva gli fosse rimasto, Sesshomaru rispose.
"L'hai abbandonata, e guarda cos'è successo: non ti perdonerò mai, nemmeno se lei mi pregasse di farlo."
"Figlio mio…"
"Smettila di chiamarmi così" una minaccia che suonava quasi come una supplica "noi due abbiamo smesso di essere padre e figlio quando te ne sei andato ed hai distrutto tutto."
Ascoltando le parole del primogenito, Toga sentì l'anima dilaniarsi.
Avrebbe voluto consolarlo, ma come poteva se lui lo riteneva la causa di tutti I propri mali?
"Sesshomaru, mi dispiace che tu ti stia sentendo così, e spero che potremo parlarne di nuovo quando ti sarai ripreso; ricorda che io ci sarò per te, se me lo concederai."
Il respiro del giovane si era fatto più regolare, e le forze gli erano tornate a sufficienza per mettersi seduto.
Rivolse uno sguardo al genitore e lo invitò ad andarsene senza particolari inflessioni nel tono della voce: ne avevano avuto tutti abbastanza, non valeva la pena continuare.
I due visitatori si congedarono e chiusero la porta.

Quando padre e figlio raggiunsero l'automobile, Toga parlò.
"Per favore, Inuyasha, guida tu, per il ritorno."
Il ragazzo si voltò ed incrociò lo sguardo del genitore, rigato dalle lacrime.
Il telefono di Inuyasha squillò è si illuminò: 'Mamma'.

"Ciao, mamma." rispose il giovane, con voce spenta.
"Ciao, tesoro mio. Com'è andata, da Sesshomaru?" domandò preoccupata Izayoi.
Il ragazzo fece un respiro profondo, sperando di non far preoccupare troppo la madre.
"Nonostante lo zigomo e l'occhio nero, penso di esserne uscito meglio di tutti."
"Cosa?!" gridò la donna dall'altro capo del telefono "Lui ti ha…"
'E bravo idiota: come tranquillizzi tu, nessuno mai' si rimproverò mentalmente.
"Mamma, lasc-, aspett-, aspett-, aspetta: fammi spiegare la situazione, ok?"
"Come faccio a stare calma, se mi dici che ti hanno fatto un occhio nero?! E tuo padre non ha fatto niente?"
"Mamma, ascoltami: sto bene, ho già fatto a botte prima d'ora, e posso assicurarti che i segni non resteranno a lungo, va bene?"
Izayoi assentì, lasciando che il figlio proseguisse la spiegazione.
"Ho ceduto alle provocazioni di Sesshomaru, e ho finito per insultare sua madre." spiegò il mezzo-demone.
Quanto avrebbe detto dopo, il fratellastro non avrebbe mai dovuto saperlo: non voleva mica far passare l'idea che tenesse a lui.
L'avrebbe scoperto a tempo debito.





Ciao, scusate il ritardo, ma oggi ho avuto una mattinata piena, alla ricerca di appartamenti.
Spero che questo capitolo possa piacervi, perché scriverlo mi è piaciuto molto

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Capitolo 15
*** E Domani è un Altro Giorno ***


Dopo una lunga settimana di lavoro, gli agenti di polizia della nostra storia si concedono un meritato riposo...ma non tutti possono concedersi un simile lusso.



Anche quella notte l'avrebbe trascorsa in ufficio: la preparazione della cena di gala volta a promuovere il progetto non si sarebbe ultimata da sola, dopotutto; Kagura non aveva comunque molto altro da fare, la sera: non era impegnata in una relazione perché, come ripeteva spesso ai tempi del liceo e dell'università, voleva essere libera come il vento; Kanna, sua sorella minore, l'aveva rimproverata per questo, ma si era anche proposta di essere la sua 'tenera spalla' nel caso avesse trovato il ragazzo giusto.
Le due sorelle erano molto legate, e Kagura ne era molto felice.
Decise di farle uno squillo, sperando non fosse occupata con lo studio.

"Ciao sorellona, come stai?"
"Ciao Kannella, stavo pensando a te e ho deciso di concedermi una piccola tregua dall'organizzazione del gala: come va con l'università?"
"Dritta al punto come sempre, vedo; se ti preoccupi per i miei esami puoi stare tranquilla..."
"No, no, non mi riferivo a quelli" la fermò la sorella maggiore "Sei con amici, adesso?"
"Diciamo che faccio la terza incomoda con Shippo e Soten, ma sono molto carini con me, e mi invitano sempre a passare le serate con loro: oggi siamo andati al karaoke, e hanno passato tutto il tempo ad elencare ragioni su ragioni per cui chiunque sarebbe fortunato a stare con me."
"Fa' sapere a quei due che appoggio pienamente anche io!"
"Sorellona, anche tu?!"
"Sei una ragazza bellissima, premurosa e simpatica: ci metterei la firma anch'io, se non fossi tua sorella."
"Lo dici come se, invece, tu fossi..." iniziò Kanna.
"...caduta dall'albero delle bruttone, battendo la testa ad ogni ramo." la interruppe la sorella.
Dall'altro capo del telefono scoppiò una risata di cuore.
"Però è vero: hai anche una risata stupenda!" insistette Kagura.
"Smettila, e pensa a trovartelo tu, un fidanzato!"
"Lo sai com'è, il lavoro mi occupa tanto tempo." si giustificò Kagura.
"Mi chiedo come faccia a piacerti: non dicevi che volevi essere libera come il vento? Questo progetto sembra incatenarti ed assorbirti completamente." riflettè Kanna.
"Diciamo che la vedo come una possibilità per farmi un nome per conto mio, senza papà nell'equazione."
"Ok, allora. Adesso ti saluto, torno dagli altri. Non strapazzarti troppo, mi raccomando!" la salutò Kanna.
"Va bene, Kannella, te lo prometto. Buonanotte."
Quella telefonata ci voleva proprio.
E adesso di nuovo al lavoro.

 

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"Sono arrivata!" si annunciò Sango nel corridoio d'ingresso della casa paterna.
"Ciao, gioia mia! Vieni in cucina, così finiamo i preparativi." la invitò il padre.
La cena della Domenica era un momento speciale, per la famiglia Yamaguchi, che si riuniva per condividere le proprie (dis)avventure settimanali e confrontarsi su problemi relativi il lavoro.
Mentre Sango aveva seguito le orme del padre Tsutomu, ed era entrata in polizia, Kohaku aveva frequentato la facoltà di comunicazione.

Di tanto in tanto, anche la partner di Sango, Shiori, accettava i suoi inviti e partecipava alla cena.

Questa Domenica era il compleanno di Kohaku.
"Scusa il ritardo, ma la pasticceria ha fatto un macello con la torta e ha sbagliato a scrivere il nome."
Anziché gli ideogrammi di 'ambra' avevano usato quelli di 'tigre bianca'...forse però l'errore sarebbe stato gradito, visto l'ultimo libro che suo fratello stava leggendo, di Henning Mankell.
"Tranquilla, Sango: Kohaku capirà."
Per tradizione, era stato stabilito che la cena della Domenica successiva ad un compleanno non avrebbe visto la partecipazione del festeggiato.

"Ecco qua il tuo piatto preferito, fratellino: Monjayaki di Tokyo!"
Il festeggiato schiuse le labbra in un grosso sorriso e si mise a ringraziare la sorella e il padre.
"Siete fantastici, davvero!" si complimentò "Com'è stata la vostra settimana?"
Iniziarono a mangiare.
"Giovedì, in centrale, due agenti sono venuti alle mani perché uno dei due ha segnalato un comportamento scorretto dell'altro, che, in tutta risposta, gli ha mostrato le quattro dita." raccontò il padre, capitano "non posso accettare che tra i miei uomini ci siano individui così ignoranti ed indisciplinati, quindi dovrò prendere provvedimenti. E tu, Sango?"
La giovane fece un sospiro e prese la parola.
"Il progetto della signorina Kazehaya procede, ma una parte di me non riesce a stare tranquilla, pensando a Rin: Venerdì un paziente l'ha sbattuta contro una parete, e non so cosa sarebbe successo, se non ci fossimo stati io, Ginta e Hakkaku...io ho fiducia in lei, ma deve essere più cauta."
Kohaku si mise a ridacchiare.
"Disse la ragazza con i piedi di piombo."
Tsutomu si lasciò andare in una fragorosa risata.
"Ah! Ah! Ah! Come siamo spiritosi" commentò Sango, prima di buttare un occhio alla cucina "Chissà chi rimarrà senza torta, per il suo compleanno?"
"Uffa, come siamo permalose!" stuzzicava Kohaku "Anche dopo che sono riuscito a convincere il capo della polizia ad appoggiare il progetto di recupero, sorellona?"
"Non montarti la testa, non ancora: siamo riusciti solo a guadagnare un po' di tempo, ma la strada è ancora lunga."
"Come il caffè che piace a te, giusto Sango?" chiese suo padre.
In effetti la domanda era pertinente, visto che i piatti erano ormai vuoti.
"Sì, papà" confermò la donna "mentre tu prepari il caffè, io porto in tavola la torta e dei piattini."

"TANTI AUGURI A TE!" finirono di cantare suo padre e sua sorella.
Kohaku soffiò sulle due candele, e la serata proseguì tranquillamente, fino a quando fu l'ora per ognuno di tornare a casa propria.

 

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"Certo che è passato un bel po', dal nostro ultimo giro in moto, non trovi?" notò Ginta.
"Hai ragione, Ginta: sei riuscito persino a superarmi un paio di volte, quindi...tre mesi buoni." confermò Hakkaku.
Il primo lo strattonò un po', in scherzoso disaccordo.
"Menomale che questa settimana il problema più grande si è consegnato spontaneamente." pensò "Spero che quella ragazza stia bene."
"Sango se lo sarà mangiato vivo" commentò Hakkaku "A proposito, ti va di andare da Byakuya?"
"Mi ci vorrebbe proprio...chi arriva ultimo paga da bere?"
"Ovvio!"

 

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"Ayame, ci sei?" chiamò Koga "Ayame?"
Proseguì dal salotto verso lo studio della sua compagna, e trovò la porta socchiusa, e sentiva due voci.
La sua attenzione fu poi catturata da un foglio sul vetro della porta: 'seduta straordinaria con un paziente, sarò occupata fino alle 19:00'.
Koga guardò l'orologio: 18:50...non sarebbe morto, ad aspettare 10 minuti...e il nuovo divano era davvero comodo.

"Ciao, amore mio! È tanto che aspetti?" si scusò la ragazza, prima di sedersi sul divano.
"No, non preoccuparti, sono arrivato da poco" la rassicurò Koga "Piuttosto, tu come stai? Se ti chiamano di Domenica deve essere roba seria."
Ayame si accoccolò vicino al fidanzato e gli fece cenno di sì con la testa.
"Sono felice che mi abbia chiamata per tempo, ma mi fa sentire male: mi sento come se il mio lavoro fosse tutto per niente."
I suoi occhi si erano fatti scuri, Koga capiva la situazione: lavorare come psicologa per l'adolescenza, soprattutto per una ragazza così sensibile, poteva rivelarsi provante.
"Non dire così, tu fai sempre il possibile per aiutare i tuoi clienti, ma non puoi seguirli sempre: a quello devono pensarci i loro genitori."
"Sei sicuro?"
"Certo che sì, cucciola." le scoccò un bacio sulla fronte "mi metto a cucinare, ok?"
"Va bene. Ti amiamo."
"Anche io"
Koga si alzò in piedi, ed era già davanti alla porta della cucina quando si arrestò e si voltò.
"A-aspetta: mi amate tu e...chi?"
Ayame si massaggiò il ventre e rivolse un sorrisone al fidanzato.
"Mi sa che non era un'indigestione, quella al ristorante italiano."




Il libro di Henning Mankell in questione è LA LEONESSA BIANCA, con protagonista il commissario Kurt Wallander

Il Sanjomiyaki è simile all'Okonomiyaki, ma nello stile di Tokyo, anziché di Osaka o Hiroshima.

Mostrare le quattro dita (dall'indice al mignolo) è un'offesa rivolta ai burakumin, un gruppo sociale discriminato a causa di vecchie credenze religiose

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Capitolo 16
*** A Spasso Con Rin ***


"Buongiorno, Sesshomaru! Sei pronto per la giornata che ti aspetta?" fu l'accoglienza che Rin gli riservò quando lo vide varcare la porta dell'ufficio.
Senza emettere un fiato, il suo interlocutore prese posto a sedere e si avvicinò alla scrivania.
Era rimasto turbato, quando il ricordo del pugno di suo padre era riaffiorato, e aveva deciso di abbondare un po' con l'alcol, ma nulla di cui preoccuparsi, giusto il necessario per assicurarsi un sonno senza sogni.
"Ehi, tutto a posto?" domandò curiosa la sponsor, notando che la risposta del demone cane tardava ad arrivare.
Sesshomaru incrociò il suo sguardo per un momento, confuso...poi capì.
"Ah, sì, sì, sto bene" cominciò, prima di essere colto da una forte voglia di sbadigliare; pur essendosi coperto la bocca con la mano, il giovane capì che avrebbe fatto meglio a mettersi del collutorio, perché lo sguardo di Rin lanciava coltelli.
"Hai bevuto?" domandò la donna minuta.
Analizzando la situazione, Sesshomaru decise di approfittarne per scherzare un po'.
"L'acqua era finita, e..." ridacchiò.
"Sesshomaru, non c'è niente da ridere, lo capisci? Una dipendenza è sempre grave, non può essere ignorata."
"Il problema di voler sempre ficcare il naso nella vita degli altri, Rin" ribatté Sesshomaru "è che si rischia spesso di risultare superficiali a causa di valutazioni affrettate: io non sono un alcolista, semplicemente mi piace l'alcol, ma posso smettere anche oggi stesso."
La sua interlocutrice alzò gli occhi al cielo, e decise che non avrebbe insistito ulteriormente...almeno, non direttamente.
"Se adesso ho la tua attenzione, volevo chiederti: hai mai avuto un animale domestico?" domandò.
"Contando Inuyasha, solo lui."
"Lo sai che questo umorismo spiccio non ti salverà dalle mie domande, vero?"
"Ma ti ho risposto, quindi evita di farmi la predica." rispose lui.
La ragazza dovette riconoscere che il suo interlocutore avesse effettivamente ragione.
"D'accordo, allora: hai mai visto A STREET CAT NAMED BOB, Maru-chan?" chiese.
"Ho vaghi ricordi, di cosa tratta?"
Perfetto! Potendo contare su questo fatto, lei avrebbe potuto volgere la situazione a proprio favore, omettendo alcuni dettagli che avrebbero messo in guardia Sesshomaru: Rin sapeva che non fosse molto leale, approfittarne per portare avanti la propria posizione, ma non intendeva arrendersi, nei confronti della dipendenza di Sesshomaru...insomma, qualcuno avrebbe dovuto pur affrontare l'elefante nella stanza, prima o poi.
"Una sera, un giovane uomo, artista di strada, riceve una visita inattesa: un gatto rosso, senza alcuna medaglietta o indicazioni di qualche padrone; all'inizio gli dà da bere e qualcosa da mangiare, pensando che poi se ne sarebbe andato, ma questo gatto ormai ha deciso che gli rimarrà sempre accanto, qualunque cosa accada. Allora il ragazzo inizia a portarselo dietro al 'lavoro', e la gente inizia a prestargli più attenzione del solito, portando un po' più di allegria nella sua vita."
Dall'altro lato della scrivania, il demone cane la guardò con un'espressione ben poco convinta, e Rin temette di aver fatto un passo falso.
Infine, parlò.
"Sei davvero convinta" iniziò "che mi sentirei meglio se avessi un gatto? O un canarino, o un acquario con dei pesci?"
"Beh, vale la pena tentare, dico bene?" rispose la giovane, sollevata per non essere stata scoperta.
"La tua ingenuità sarebbe quasi tenera, se non mi desse sui nervi."
Rin si ritrovò a trattenere una risatina.
"Mancano ancora 58 giorni, oltre ad oggi: abbiamo ancora un lungo viaggio davanti, Maru-chan."
Uno sbuffo si levò dell'interlocutore.
"Bastano 58 minuti, per morire" bofonchiò.
"Come hai detto?" chiese la donna.
"Niente, lascia perdere."
"Bene, allora: preparati, perché stiamo per uscire."
Quando fu arrivata alla porta, vedendo che il demone era rimasto seduto al suo posto, capì di doversi spiegare.
"Che aspetti? Ci stanno già aspettando, forza!"

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"Inuyasha, ho finito il libro, saresti così gentile da riporlo insieme agli altri di Lorenz, per favore?"
Un rumore di passi proveniente dal salotto si intensificò, e cinque secondi dopo Inuyasha si trovava al fianco di Miroku.
"Dov'è il cucchiaio?" chiese.
Il suo datore di lavoro, a causa dell'incidente che lo aveva lasciato paralizzato, non riusciva a muovere nemmeno le braccia, e quindi anche leggere un libro richiedeva una certa dose di immaginazione: la soluzione era giunta con un leggio montabile sulla sedia a rotelle ed un cucchiaio di legno, unico utensile che non gli infastidisse la bocca sul lungo periodo; ovviamente, però, questo implicava che dovesse riporre la posata, per poter parlare...o sputarla.
"Vicino al vaso di ortensie, penso di aver battuto il mio ultimo record, eheh."
Inuyasha si diresse verso il ripiano con i fiori, e dopo averlo raccolto si voltò verso Miroku, valutando la distanza.
"Mh" rimuginò, prima di giungere ad una conclusione "Non c'è che dire: è un record!"
Il tono trionfale del badante strappò una risata all'anfitrione.
Tuttavia, affari più importanti necessitavano della sua attenzione.
"Mushin ti ha avvisato?" domandò.
"Per la visita di oggi pomeriggio, alle 14:30?"
"Esatto, Kagura vuole tenermi aggiornato e discutere sull'andamento di Sesshomaru."
"Sarebbe un problema, se durante i colloqui vi lasciassi soli?" azzardò Inuyasha.
"Penso che potresti esserle d'aiuto su alcuni punti, in realtà; in fondo, l'ultima volta non avete discusso più di tanto."
"Quindi non posso proprio rifiutare?"
"Se la cosa ti causa un tale malessere da non poter sostenere la conversazione..." cominciò Miroku.
"È che non ritengo di poterle essere inutile; questo, e soprattutto perchè ho già fatto tutto il mio possibile, per venirgli incontro, ma è stato inutile."
Con uno sguardo, l'anfitrione gli fece capire che comprendeva il sentimento.
"Posso chiedertelo come favore?" domandò.
"Me ne andrò quando ne avrò avuto abbastanza, ok?"
"Ok."

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"Ecco, questo mascalzone si chiama Roku: è arrivato qui con la mandibola ridotta uno schifo per via delle bastonate ricevute da un vigliacco."
Il gattone nero in braccio alla sua interlocutrice lo stava squadrando, torvo, con aria di sfida.
Sesshomaru ricambiò lo sguardo, sentendo che se non lo avesse fatto sarebbe stato peggio: la presa d'iniziativa di Rin, questa visita all'oasi felina, lo aveva colto alla sprovvista...e si sarebbe dovuto sfogare su qualcuno, presto o tardi.
Il felino iniziò a ringhiare, spingendo la volontaria ad ammansirlo.
Rin fece lo stesso con il proprio paziente.
"Tranquillo, Sesshomaru, è solo un micio: ti assicuro che ti piacerà." lo rassicurò.
In tutta risposta, il demone cane le rivolse un'occhiataccia, che sortì come unico effetto di strappare una risata alla sua sponsor; inutile che insistesse, tanto il risultato non sarebbe cambiato.
"Dunque, ehm...Rin mi aveva avvisata che sarebbe venuta in compagnia." cominciò la donna, intenta a poggiare il gatto per terra, lasciandolo libero di scorrazzare per il prato.
"Piacere, io sono Rumiko" si presentò.
"Capito, cosa serve che faccia?" fu la breve risposta di Sesshomaru, giusto per levarsi di torno i convenevoli.
"Beh, mi daresti davvero una mano se tenessi d'occhio Roku, visto che ha la tendenza a bisticciare con gli altri gatti; quando ci è stato portato abbiamo notato che aveva un testicolo solo, ed è saltato fuori che l'altro è ritenuto, ma per la sterilizzazione..."
Prima di venire rintronato dal fiume di parole che si prospettava, il demone approfittò di una piccola pausa della volontaria per zittirla.
"Roku, come il gatto che hai appena poggiato per terra e che si è subito dileguato?" le chiese in modo alquanto ironico.
Lo sguardo confuso che ricevette si contorse in una smorfia, dopo che Rumiko ebbe realizzato la situazione.
"Oh, scusami, hai ragione: davvero, oggi non so dove ho la testa, devi perdonarmi."
"Non preoccuparti, Ru, capita a tutti di essere un po' distratti, di tanto in tanto" la rassicurò Rin "Sono sicura che Sesshomaru sarà in grado di ritrovare Roku; in fondo, da demone cane, per lui sarà facile..."
Dunque, si voltò verso il galeotto.
"Giusto, Maru-chan?"

Non era ancora passato un quarto d'ora e già era tentato all'idea di andarsene.
'Cosa pensi di ottenere, giocandoti la libertà vigilata? Toga non ha intenzione di pagarti un'altra cauzione.'
"Sta' zitto!" sibilò Sesshomaru, mentre cercava l'uscita.
'Io sono una parte di te, ti basta volere il mio silenzio, per ottenerlo.'
Che fastidio, non bastavano le voci seccanti di quelle due, adesso ci si metteva pure il suo subconscio?
Per fortuna quella voce fastidiosa fu sovrastata dallo schiamazzo di alcuni gatti, tra cui ne spiccava uno grosso e nero.
Di getto, si diresse verso la baruffa pelosa per allontanare Roku dagli altri, e quando lo afferrò si sentì piantare prima una e poi un'altra zampata nell'avambraccio.
Non che gli avesse fatto male, ma era pur sempre fastidioso sentirsi graffiare, motivo per cui Sesshomaru ringhiò in direzione del felino, facendolo ammutolire.

Il gatto, però, non era spaventato: quell'omone aveva qualcosa che lo incuriosiva.
Ritrasse gli artigli e smise di agitarsi, mentre veniva lentamente poggiato a terra.
"Ci siamo capiti?" sentì dire a Sesshomaru, prima che si dirigesse verso le due donne.
C'era sotto qualcosa, e Roku voleva scoprirla...ma prima sarebbe stato meglio mangiare: l'ora della pappa si stava avvicinando.

"Tutto bene, Sesshomaru?" si precipitò Rin.
"È solo un gatto, non penserai davvero che possa farmi del male?"
Subito furono raggiunti da Rumiko, tutta agitata.
"Accidenti, mi dispiace davvero Sesshomaru, sono costernata."
"Beh, ne avrei fatto anche a meno." rispose lui.
"Sesshomaru, si sta scusando, non essere così duro con lei." lo riprese Rin.
"E allora? Vi ho già detto che non è niente di grave." ribatté seccato, prima di rivolgere lo sguardo alla volontaria "Perciò, se siamo d'accordo, adesso comincerò a tenere d'occhio il gatto."
E come ebbe finito di parlare, si congedò, diretto da Roku.

 

_________________________________________________

 

"Come stai, Miroku? Vedo che il tuo badante abbassa l'età media dei suoi predecessori."
Kagura era la sua migliore amica, e a Miroku piaceva pensare che il sentimento fosse reciproco.
"Ahahah, che posso dire, mi ero stancato di avere attorno una mummia più mummia di me!"
I due amici risero, scordandosi per un attimo delle altre due persone nello studio.

"Piacere, io mi chiamo Inuyasha Taisho, e sono..."
"Il badante del signor Kanagawa, immagino."
"Già" confermò il mezzo-demone mentre si dava una grattatina alle orecchie "Che dire? Non il massimo, come presentazione, non trovi?"
"Beh, dai, ho sentito di peggio" ammise la sua interlocutrice "Io sono Sango Yamaguchi, e ho avuto il, diciamo, 'piacere' di conoscere tuo fratello."
"Ah, tranquilla: so per esperienza quanto possa essere uno stronzo, quando ci si mette."

"Inuyasha, verresti a darmi una mano, per favore?" chiamò l'anfitrione "Io e Kagura pensavamo di spostare la conversazione nel salotto."
"Arrivo, Miroku!"
"Sango, unisciti anche tu." fu l'invito di Kagura.
"Oh, giusto, non ho ancora avuto modo di presentarmi." le fece eco il tetraplegico "Sa, signorina, mi fa sempre piacere quando si presenta una nuova faccia. Miroku Kanagawa, è un piacere."
L'agente si avvicinò e ricambiò il saluto, benché con un pizzico di freddezza, che lui notò.

Giunti a destinazione, il padrone di casa si schiarì la voce.
"Ok, Kagura: suppongo che ora possiamo passare all'argomento clou, non pensi?"
"Concordo: mi hai affidato una bella gatta da pelare, spero che tu ne sia consapevole."
"Correggimi se sbaglio: io avevo la possibilità di compiere una buona azione, tu avevi bisogno di candidati per il tuo progetto...ed eccoci qui: questa io la chiamo collaborazione."
"Fai poco lo spiritoso, ok?" si intromise Sango "Quella carogna per poco non ammazzava Rin, questo lo capisci?"
"Sango, calmati..." provò a placarla Kagura.
"Nemmeno per sogno: deve sapere che anche le sue azioni hanno delle conseguenze."
"Lo so benissimo, signorina..." iniziò Miroku.
"Agente, per lei!" lo corresse con forza la poliziotta, mostrando un vigore che Inuyasha non potè che ammirare.
"Agente Yamaguchi, mi scuso; quello che sto cercando di dire è che sono stato messo al corrente di quanto capitato alla signorina Noto, come anche del fatto che abbia deciso di continuare a seguire Sesshomaru Taisho, nonostante tutto.
"Però non sono sordo davanti alle vostre preoccupazioni, motivo per cui oggi Inuyasha ha accettato di discutere con la signorina Kazehaya per offrirle un quadro quanto più ampio possibile sul fratello."
Volse lo sguardo verso il mezzo-demone.
"Dico bene, Inu?"
"Fratellastro." fu la risposta "ma sì: per il resto hai ragione." Dopo una breve pausa, il badante riprese a parlare.
"Però, posso chiederti un favore, Miroku?"
"Di' pure."
"Vorrei che questa conversazione rimanesse tra me e la signorina Kazehaya, con permesso."
Cercando di non farsi notare dalla poliziotta, rivolse un occhiolino al suo datore di lavoro.
Anche Kagura lo notò, e dovette sforzarsi per contenere un ghigno divertito.
"Beh, allora sarà meglio che mi porti fuori dalla stanza, prima." lo invitò Miroku.
"Sango, non ti dispiacerebbe occupartene tu, per favore?." domandò Kagura "Dopotutto, dovresti uscire anche tu."
Per una frazione di secondo, l'agente sgranò gli occhi davanti a quel piccolo tradimento, ma si ricompose per non attirare troppo l'attenzione, ed assentì.
"D'accordo, lo farò."

Una volta rimasti soli, Inuyasha e Kagura incrociarono gli sguardi ed Iniziarono a discutere.
"Lo so, che non è il suo argomento preferito, si era capito già la prima volta che lo abbiamo affrontato; per questa ragione, Taisho..."
"Inuyasha va bene, non serve tanta formalità." la rassicurò il secondogenito di Toga.
"Va bene, Inuyasha...quello che stavo dicendo è che ho intenzione di lasciare che sia tu a parlare: voglio che tu sia libero di dire quello che ti senti."
Il mezzo-demone diede cenno di aver capito, e si lasciò andare ad una pausa di riflessione.
Una volta raccolte le idee, si schiarì la voce ed iniziò.

Fuori dal salotto, Sango aveva trovato una sedia e si era accomodata, cercando di rimanere a distanza da Miroku, ma non abbastanza da renderlo evidente.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, quando l'anfitrione decise di parlare.
"Quindi il suo nome è Sango, giusto agente Yamaguchi?"
La sua interlocutrice bofonchiò quello che doveva essere un sì; dopodiché sbuffò, e la quiete tornò a regnare.
"Se non sono indiscreto, da quanti anni è che lavora per il dipartimento di polizia? Sa, ho sempre ammirato il suo lavoro, ma so bene che le serie TV non siano sempre del tutto affidabili, perciò..."
"Guarda che non siamo tenuti a parlare, se non lo vogliamo."
"Questo è vero, Sango" disse lui "ma ammetterai anche tu che qui qualcuno sia partito con il piede sbagliato, e vorrei ovviare a questo piccolo inconveniente, dovessi permettermelo."

La poliziotta incrociò lo sguardo dell'uomo in sedia a rotelle, e la sua faccia si addolcì...

"Quindi stai dicendo che riconosci di aver sbagliato a porti, prima?"
Miroku la osservò, confuso, ma realizzò in fretta.
"In realtà stavo parlando di te." rispose con naturalezza.

...ma solo per un attimo.

"IO???" sbottò Sango, incredula "quindi sarebbe colpa mia?"
"Come dire...?" tentò il giovane tetraplegico.
"C'era da aspettarselo, da uno sbruffone imbellettato come te, senza un minimo di rispetto per chi lo circonda e pronto a nascondersi dietro la disabilità per dire tutto quello che gli pare."
"Guarda che hai frainteso, cara Sango..." cercò di ribattere Miroku.
"Oh, io avrei frainteso? E sentiamo, cosa avrei frainteso di te che dici che sono io, ad essere partita con il piede sbagliato?"
In quel momento, Miroku chinò la testa verso il basso, invitando Sango a seguire il suo sguardo: perché, d'un tratto, il suo interlocutore si era messo a contemplare i propri...oh, cielo.
"Perché io non posso muovermi."
Silenzio.
"Non vorrai sul serio dirmi che te l'eri preparata, vero?" domandò lei incredula.
Con un sorriso divertito, il suo interlocutore prese la parola.
"Non hai idea di quanto abbia aspettato un'occasione adeguata."
E Sango, che fino a quel momento avrebbe voluto rompergli una sedia in testa, si ritrovò a dover contenere una risata, davanti a quella scenetta davvero sciocca...ma decise di lasciarsi andare. E Miroku la seguì a ruota.
"Sei davvero uno stupido, lo sai?"
"Per vedere una bella donna sorridere, questo e altro."

Passarono il resto del tempo a conoscersi meglio, con Miroku che ascoltava con estremo interesse le storie sportive di Sango e le sue peripezie con la moto e sulla tavola da surf.
Ad un certo punto, la porta si aprì, e ne uscirono Inuyasha e Kagura.
"Beh, mi sa che è giunto il tempo di salutarci, Sango. È stato bello chiaccherare con te." si congedò Miroku.
Sango lo salutò e si diresse verso Kagura, ma non prima di lasciare ad Inuyasha un biglietto da visita.
"È stato piacevole anche per me, Miroku. Ci vediamo."
"Altroché: spero proprio di vedere di nuovo il tuo sorriso."
La poliziotta si sentì avvampare le guance, e si voltò verso la signorina Kazehaya, prima che l'uomo in carrozzina se ne accorgesse.

Quando le due donne se ne furono andate, Inuyasha si avvicinò a Miroku.
"Il suo sorriso, mh?" lo canzonò il badante.
"Assolutamente sì, amico mio: le tue insinuazioni mi feriscono."
"Guarda che ti conosco, brutto pervertito: pensi che non mi sia accorto di tutte quelle occhiate fugaci al suo fondoschiena? Per non parlare della tua eccitazione: sono certo che l'abbia avvertita anche Kagura."
Il padrone di casa ridacchiò, ammettendo di essere stato sgamato.
"Ma tu mi vuoi bene lo stesso, giusto?"
Inuyasha gli diede una pacca sulla spalla.
"Certo, sporcaccione che non sei altro."

"Vedo che eravate molto presi, tu e Miroku."
"Non farti strane idee, Kagura" mise le mani avanti Sango "Semplicemente sono stata un po' troppo affrettata nel giudizio."
"Guarda che a me non dà minimamente fastidio: è un brav'uomo, nonostante possa apparire frivolo."
"Ma ti dico che non è così!" insistette la poliziotta.
"Sì, sì, lo so...allora, io andrei, adesso: i preparativi per il galà richiedono la mia presenza."
"Ci vediamo."

 

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La giornata era proseguita senza intoppi, dopo le artigliate ricevute da Roku: Sesshomaru aveva aiutato i volontari con le pappe, le visite e i bagnetti, riuscendo al contempo a non lasciarsi strappare di bocca troppe parole.
Presto si fecero le 16:30, e Rin lo chiamò per invutarlo a salutare Rumiko prima di tornare alla sede.

"Grazie per la disponibilità, Ru! Sapevo di poter contare su di te."
"Una mano in più non si rifiuta mai, figuriamoci due." e rivolta a Sesshomaru "Spero che, nonostante il piccolo inconveniente con Roku, la giornata sia trascorsa bene."
Il demone la degnò di uno sguardo carico di noia, prima di chiederle:"Il gatto dov'è?"

Quell'umano era diverso dagli altri, questo lo aveva capito, ma voleva vederci chiaro; durante il giorno aveva tentato in vari modi di avvicinarsi a lui, ma per una ragione o per l'altra era sempre stato ostacolato o respinto.
Adesso si trovava vicino all'ingresso, quindi se ne stava per andare: non poteva lasciarsi scappare una simile occasione.
Il piano era semplice: lasciarsi cadere dal tetto della struttura ed atterrare davanti a lui; perfetto...se solo un'altra donna non si fosse accorta di lui.

"FERMO, NO!" si sentì strillare "resta dove sei, fa' il bravo, ok?"
Rumiko, Rin si precipitarono in direzione dell'urlo, e Sesshomaru le raggiunse poco dopo, infastidito da quell'imprevisto.
Con sua grande sorpresa però, il responsabile era proprio il felino che stava cercando.

"Piano, Roku" intimò la volontaria che aveva gridato "Non fare lo scemo, ok?"
Il gatto scrutò dall'alto, e riconobbe il suo bersaglio...era tempo di lanciarsi.

"Ma che diavolo prende a quel gatto? Sembra impazzito." commentò Rumiko.
Gli occhi ambrati di Sesshomaru incontrarono quelli di Roku, e capì che cosa stava succedendo.
"Vuole impressionarmi."
Tanto la volontaria quanto Rin si voltarono verso di lui.
"È da tutto il pomeriggio che mi ronza attorno, sperando di ricevere le mie attenzioni" spiegò lui "Ammetto che questa non me lo aspettavo".

Il felino, fregandosene altamente degli altri umani, balzò dal tetto in direzione della sua 'preda'.
Una volta atterrato, del tutto illeso, tra lo stupore dei volontari, si diresse verso Sesshomaru.
"Ma come...?" balbettò Rin "Allora i gatti atterrano davvero sempre sulle zampe."

Mentre il gatto gli stava facendo le fusa e si stava strusciando sui pantaloni, quelle parole colpirono Sesshomaru.
I ricordi legati a sua madre riaffiorarono, in particolare quello in cui lei gli spiegò il motivo del proprio soprannome, cui era molto legato.

Certe volte, la nostalgia sa essere davvero una brutta canaglia, ma quando vuole è in grado di strapparti un sorriso partendo dalle situazioni più singolari.

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Capitolo 17
*** Ritorno a casa ***


"A cosa stavi pensando, prima?" indagò Rin durante il viaggio di ritorno.
"Mh?" mugugnò il demone cane mentre sollevava la testa dal finestrino e rivolgeva lo sguardo alla sua sponsor.
"Prima: quando Roku si è lanciato dal tetto e si è avvicinato per farti le fusa...cosa ti ha fatto sorridere?"
Dire o non dire?
In fondo, negli ultimi tre giorni erano passati da lei sbattuta contro una parete all'oasi felina, passando per una giornata al bowling ed un ragazzo capriccioso arrabbiato con la madre; perciò la risposta risultava ovvia.
"A quanto siano sciocchi certi sfoggi: io non tornerò qui, lui mi avrà già rimosso, e presto sarà come se nulla fosse mai successo."
Perplessa, Rin cercò di proseguire con la conversazione.
"Non ti sembra un tantino esigente, caricare un animale di questi ragionamenti così complicati?"
"No" rispose lui, lapidario "anzi, penso che dovresti iniziare a dare loro più credito, invece di arroccarti nella tua arroganza."
"Parole forti, qui: ti ho fatto arrabbiare per qualcosa che ho detto, per caso?"
"Non più del solito, per tua fortuna."
Sesshomaru tornò a guardare fuori dal finestrino, sperando che la sua interlocutore avesse deciso di gettare la spugna.
Povero illuso.
"Se la situazione è questa, perché continui a fare buon viso a cattivo gioco, Maru-chan?"
Il passeggero fece spallucce.
"Non mi risulta di avere molta scelta: o mi adeguo a questo programma, oppure torno dentro, e lì la compagnia non è proprio il massimo" spiegò, esponendo la siuazione "non che quella che mi ritrovo adesso sia tanto migliore, ma almeno è più gradevole alla vista."
La conducente si lasciò scappare una piccola risata.
"Beh, grazie: è confortante sapere di essere più bella di un branco di omoni e demoni rozzi e nerboruti."
"Non era nato per essere un complimento, non farti strane idee."
'Certo che così te le cerchi, però' irruppe il suo sub-conscio 'avresti potuto parlare di quanto sia bello andarsene a zonzo per la città, o tracannare whiskey dalla bottiglia, e invece hai voluto fare un apprezzamento su di lei ed il suo bel culetto.'
Irritato da quella fastidiosa vocina insistente, Sesshomaru sbuffò risentito.
"Tranquillo, lo so: tu riporti solo i fatti, e non sei il tipo da lasciarsi andare a simili frivolezze...un passettino per volta, va bene?"

 

Una volta giunti alla sede del programma, erano le 17:15.
Usciti dall'auto, i due si salutarono.
"Quindi...domani alla stessa ora, suppongo." iniziò Rin.
"Temo di sì." condivise Sesshomaru "Nella speranza che non sia come oggi."
"Eddai, non fare il musone: è stata una bella giornata, e alla fine hai anche sorriso...è stato un giorno degno di essere vissuto."
"Perché lo dici tu, mia minuta seccatura?" la apostrofò lui, dall'alto dei suoi 195 centimetri.
"No, perché lo disse Charlie Chaplin" ribatté lei, divertita "E sappi che potrei essere più alta di così, ma se devo scegliere tra i tacchi a spillo o tenermi il mio 1.60 scarso, allora preferisco salvaguardare i miei piedi."
Dopodiché, si avvicinò al demone, invitandolo a chinarsi, e, in punta di piedi, gli sussurrò all'orecchio:"E poi...a te piaccio di più così, no?"
Sesshomaru si irrigidì: come diavolo le era passata per la mente un'idea del genere?
Immediatamente la sentì iniziare a ridere.
"Ahahahahah, guarda che faccia hai fatto!" lo indicò lei, prima di piegarsi dal ridere tenendosi la pancia.
Questo era stato davvero un affronto, ma ciò che preoccupava maggiormente Sesshomaru era la saliva che si sentiva in bocca.
Ricomponendosi, rivolse un ultimo saluto a Rin, prima di tornare a casa.
"Non è divertente, capito? Non rifarlo." fu l'ammonimento con cui si congedò.
"Agli ordini, Maru-chan!" replicò divertita la donna, inscenando un saluto militare.

 

Giunta in ufficio, Rin si mise al lavoro per compilare i moduli relativi la giornata appena trascorsa; si concesse una pausa caffè quando arrivò una telefonata da parte di Kagura.
"Salve, capo! Bisogno di qualcosa?" trillò.
"Ciao anche a te, Rin. No, comunque, volevo solo chiederti una cortesia."
"Spara."
"Segnati il numero che ti manderò via messaggio, ho pensato che potrebbe tornarti utile." la istruì Kagura.
"Posso avere un indizio al riguardo?" curiosò Rin.
"No" tagliò corto l'altra.
"Per favore?"
"Te l'ho già dato."
"A me servirebbero tante cose, a partire da un bel ragazzo." disse la sponsor prima di sorseggiare il caffè della macchinetta.
"Come, un ragazzo? Ero convinta che tu e Kohaku..."
"Nossignora: diciamo che lo ha reso molto chiaro quando mi ha detto di avere due sorelle, una maggiore ed una minore."
"Ed io, adesso, vorrei che questa chiamata finisca per andare a scavarmi una fossa, eheh." ridacchiò imbarazzata Kagura.
"Ma no, non ti preoccupare, non ci sto più male...e poi non devi preparare il gala?"
"Guarda, non me ne parlare: questa sera mi sono portata il lavoro a casa, almeno potrò farmi una doccia, ché ne ho taaaanto bisogno." lamentò "E poi mi manca il mio letto."
"Ti capisco. Io adesso torno a redigere il resoconto della giornata: per ora sta andando tutto bene, ma ti terrò informata, così da non aggiungerti preoccupazioni."
"Grazie, Rin, magari fossero tutti così riguardosi."
E così si chiuse la chiamata.

 

Il numero era di Tokyo: (03) 7053-9146
Non era troppo tardi, le 18:15, quindi avrebbe potuto provare a chiamare.
Uno squillo.
Due.
Tre.
Forse il proprietario stava ancora lavorando, chissà.
Quattro.
Rin stava già per chiudere la chiamata, quando sentì vibrare il telefono.
"Pronto?" rispose una voce femminile, con buona probabilità appartenente ad una donna sulla quarantina, azzardò la giovane.
"Sì, pronto, mi chiamo Rin Noto, e..."
E adesso come poteva proseguire? Kagura non le aveva detto se anche lei avessi precedentemente parlato con la proprietaria del numero, informandola che avrebbe ricevuto un'altra chiamata.
"Non si preoccupi." mettere le mani avanti poteva essere un buon inizio "Non ho cattive intenzioni, mi hanno solo detto di chiamare il suo numero perché avrebbe potuto essermi d'aiuto."
'Mamma mia, che imbarazzo, non è da me' pensò, a disagio.
Dall'altro capo del telefono, tuttavia, la donna stava ridendo.
"Non si preoccupi, signorina Noto: Inuyasha, il fratellastro di mio figlio, mi aveva avvisata che lei mi avrebbe chiamata."
MOMENTO.MOMENTO.MOMENTO.
'S-s-st-st-sto parlando con Kimi Gobodo? Quella Kimi Gobodo? Kimi-fottuta-Gobodo in persona? Ok, Rin, datti un contegno e mantieni la calma: sei una professionista, prima di tutto, non una ragazzina in preda alla shopping-mania...però quei vestiti: ideati da Dedalo, tessuti da Aracne, degni di Afrod...'
"Mi scusi, è ancora in linea?" domandò la stilista.
'Rin, per l'amor del cielo: concentrazione!'
"Mh? Sì, sì, mi scusi. Innanzitutto, volevo dirle che adoro le sue linee di abbigliamento...ma questo non c'entra, mi scusi ancora...allora, allora, allora...giusto, suo figlio, suo figlio: c'è qualcosa che vorrebbe sapere?"
Una breve pausa.
"Sì, come ogni madre preoccupata." ammise Kimi "Ma prima vorrei che accettasse le mie scuse: ho saputo che mio figlio l'ha aggredita, e non immagina quanto saperlo mi susciti vergogna."
Rin si sentiva intenerita dallo scambio che stava avendo, sensazione acuita dal fatto che doveva ancora riprendersi dallo scossone di stare parlando con un'autentica celebrità.
"Signora Gobodo, la ringrazio, davvero, ma non deve preoccuparsi, dico sul serio" e, per fugare ogni esitazione "A dirla tutta, suo figlio mi aveva tirata fuori da una brutta situazione, anni fa."
"Di cosa sta parlando?" chiese l'interlocutrice, confusa.
"Eravamo nello stesso bar, una sera, e lui mi ha salvata da un energumeno viscido che non voleva accettare un NO, come risposta."
Kimi si sentì triste: Sesshomaru non le aveva mai raccontato di un simile episodio.
Intanto la ragazza all'altro capo del telefono riprese a parlare.
"Sa, suo figlio tiene molto a lei, di gran lunga più che a sé stesso o a chiunque altro."
"Lo so, ma non gli fa bene: ho provato a spiegargli che deve andare avanti, ma non vuole ascoltarmi; è come se si fosse arenato, ma ho paura di non sapere quando sia successo per davvero."
Questo poteva essere interessante: se voleva aiutare Sesshomaru, Rin aveva bisogno di tutti gli indizi necessari, quelli che il diretto interessato non sarebbe mai stato disposto a confidarle.
"Perché dice così? Non per fare l'impicciona, ma Sesshomaru parla davvero poco di sé, e quando lo fa è sempre in relazione a lei o al padre, perciò..."
Kimi esalò un sospiro di sconforto.
"È così da anni, da quando il tribunale dei minori ha riconosciuto in suo padre il genitore più adatto a prenderlo in custodia: parla poco, e quando lo fa è sospettoso, ripulsivo."
In quel momento, un'illuminazione balenò per la testa di Rin.
"E se trovassimo un terreno in cui potesse sentirsi più a suo agio?" suggerì.
"Non la seguo, signorina." riconobbe la stilista.
"Per caso, saprebbe dirmi se una delle sue boutique stia cercando personale?"
Un piano semplice, ma assai promettente: gran parte del lavoro del commesso si basa sulla comunicazione, in fin dei conti.
La giovane donna non poteva saperlo, ma la sua interlocutrice adesso stava sorridendo: era raro, per Kimi, trovare un'intesa così rapidamente, ma quella ragazza ci sapeva fare, doveva ammetterlo.
'Non è da tutti escogitare un simile piano con così pochi elementi...vale la pena tentare.'
"Certamente, le farò sapere." rispose.
"Sul serio?"
"Per i figli si fa di tutto, signorina Noto: se lo ricordi."
"Non lo metto in dubbio." concordò Rin.
Controllando l'orologio, si erano fatte quasi le 18:30.
"Allora la saluto, signora Gobodo, grazie per la sua disponibilità."
"No, giovanotta: grazie a lei"
E riattaccò.

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Capitolo 18
*** Due Serate Molto Diverse ***


Che diavolo di reazione era, quella?!
Non ricordava di aver mai avuto l'acquolina in bocca per una donna; era sempre successo il contrario, da che ne aveva memoria.
Tornato a casa, si diresse verso il frigo alla ricerca di alcol, ma la sua parte più razionale lo fermò: se avesse bevuto, Rin lo avrebbe notato, e sarebbero state seccature che non aveva voglia di affrontare.
'Ehi, Maru-chan! Che ti prende? Ti vergogni a dire che apprezzi un bel fondoschiena? È naturale, fare apprezzamenti, non avrai la dannazione eterna.' lo scherniva il suo sub-conscio.
"Sta'! Zitto!...cazzo! Non ho voglia di starti a sentire."
'Di cos'hai paura? Sappiamo bene entrambi che non sei più un liceale arrapato, nessuno pensa il contrario.'
E in quel momento riemerse alla sua memoria un ricordo dolce di vendetta.

 

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Le riviste gravure non gli suscitavano interesse in passato e nemmeno adesso, e questo aveva incuriosito i suoi compagni del liceo, alcuni dei quali si erano convinti che potesse essere omosessuale.
Quando tale voce iniziò a girare nell'istituto, gli altri studenti iniziarono a guardarlo con circospezione: una discreta fetta della popolazione femminile si lamentò dell'ingiustizia divina, invidiando i propri coetanei maschi, i quali, dal canto loro, furono più che felici, davanti alla prospettiva di non dover più temere le intromissioni da parte di un simile rivale.
Sesshomaru non era mai stato il tipo da badare ai pettegolezzi, e la situazione sarebbe continuata così, se solo qualcuno non lo avesse detto ad alta voce.

Durante una lezione di chimica, il docente chiamò a rispondere Funakoshi, la sua gentile ed impacciata vicina di banco, una mezzo-demone pipistrello.
"Come si chiama il composto organico più semplice appartenente alla classe dei chetoni?"
Con la sua caratteristica titubanza, la ragazza si era schiarita la voce per prepararsi a rispondere; dopo aver pensato qualche secondo, rispose.
"È il Propanone, professor Asaba!"
Il docente corrugò la fronte, confuso.
"Potresti ripetere, cortesemente?"
"P-p-pro-propanone, professor Asaba." ripeté la studentessa.
Allora l'insegnante scosse la testa, in diniego.
"È l'Acetone, giovanotta; sarebbe meglio cominciare a studiare, o rischi di finire in mezzo alla strada."
L'alunna si sentì avvolgere dall'imbarazzo, e avrebbe voluto sotterrarsi.
Dal centro dell'aula si sollevò una risata che Sesshomaru identificò come quella di Horikoshi, una mezzo-demone volpe decisamente chiaccherona.
"Deve p-p-perdonarla, signor professore: si sa che i pipistrelli dormono, durante il giorno."
Le fecero seguito quelle degli altri studenti in aula, meno una.

"Da quando vengono corrette le risposte giuste, Asaba?" domandò Sesshomaru, attirando l'attenzione del docente e gli sguardi dei compagni.
"È PROFESSOR Asaba, Taisho; cerca di ricordartelo."
Che ingenuo, se pensava di poter far desistere Sesshomaru con un tono così patetico; persino le finte minacce di sua madre fatte da bambino incutevano più timore.
"Perché non comincia lei, aiutandomi a ricordarlo?" ribatté "Quale insegnante di chimica degno di questo nome può permettersi di dimenticare la nomenclatura IUPAC, secondo la quale il nome riferito da Funakoshi sarebbe corretto?"
Il professore stava per rispondere, ma era come se le parole gli si fossero incastrate da qualche parte nel tragitto verso la bocca.
Controllò sul libro di testo, e ciò che vide non gli piacque affatto: aveva commesso un errore, e l'intervento di Taisho lo aveva reso manifesto; era stato esposto, e il suo alunno era inattaccabile.

"Oh, guardate, Sesshomaru che difende qualcuno!" lo indicò Horikoshi, parlando a gran voce "Avete visto? Io ve l'avevo detto che non era gay! Tutti a festeggiare o disperarvi credendo a questa sciocchezza, ma alla fine avevo ragione io!"
Tutti gli studenti si ritrovarono ammutoliti, mentre il professore stava ancora cercando un modo per recuperare la situazione con dignità.
L'allievo che lo aveva corretto davanti a tutti cominciò a ridacchiare, alzando il tono a sufficienza perché tutti potessero sentirlo.
'Perché sta ridendo?'
'Non è da lui!'
'Non si sente ben...?'
"Hey, belloccio, si può sapere cos'è che ti diverte tanto?" sbottò Horikoshi.
Sesshomaru smise, si abbassò verso lo zaino e estrasse un foglio protocollo e due piccoli fascicoletti; dopodiché si alzò e cominciò a leggere il primo.
Se volevano la guerra, lui gliel'avrebbe data.

 

Prezzario:
1.200 ¥: pantaloncini e crop top (3 foto)
1.800 ¥: intimo di pizzo (3 foto)
2.000 ¥: solo mutandine (3 foto)
2.200 ¥: come mamma mi ha fatta e come mi sogni tu (2 foto)
+300 ¥/foto: se vuoi vedermi in una posa in particolare, lascia una richiesta, ed io la esaudirò, ;)
...
Che dire? Niente male davvero, Horikoshi: ti faccio i miei complimenti per l'organizzazione."
"Non hai alcuna prova: potrei essere la vittima, per quanto hai detto."
"L'ho sospettato, visto che questo foglio è caduto dallo zaino di Kusanagi, ma vedi: sulla prima facciata c'è il prezzario...sulla quarta ci sono i clienti...e sulla seconda e terza, che hai unito con una spillatrice, c'è una 'lista degli obiettivi'...e dubito fortemente che Kusanagi possa desiderare un bikini floreale della collaborazione Cotazur-Gobodo, giusto?"
Il ragazzo interpellato provò a mostrare calma e sicurezza, ma non aveva capito che non sarebbe servito a nulla.
"Io l'avevo solo trovato per terra, volevo restituirlo a lei, ma non ho mai comprato queste foto, lo giuro!"
Sesshomaru rise.
"Hai ragione, non hai mai comprato quelle foto; dopotutto, a chi serve pagare, quando si può ricattare?"
Riprese a leggere.
"È scritto nella tua calligrafia:
'sono riuscito a strappare a Horikoshi il 15% dei ricavi.
Patetica lei e quelli che la pagano: sono insoddisfatti delle proprie ragazze e poi si accontentano di qualche fotografia...se solo sapessero che basta una mano sotto la gonna, per farla scodinzolare'
Come lo spieghi, questo?"
Sesshomaru era arrabbiato, e aveva imparato ad essere spietato.
Cominciò ad elencare i nomi sulla quarta facciata, uno ad uno; alla fine della recita, risultavano innocenti solo lui ed il professore, che si era dileguato.

La volpe era senza parole per l'imbarazzo e rossa come un pomodoro maturo.
Intorno a lei iniziò ad alzarsi un brusio, tra chi rideva di lei, chi commentava la vicenda e chi la giudicava come una poco di buono.
"Basta." supplicò con un fil di voce, facendosi piccola nel suo banco "Basta, smettetela!"
Tuttavia nessuno pareva ascoltarla.
"In effetti, voi non siete tanto meglio di lei" commentò il figlio di Toga.
Lasciato da parte il foglio, iniziò a sfogliare uno dei due fascicoletti: RECENSIONE RAGAZZE
"Keiko non ha proprio nessuna qualità: è alta, piatta come un tavolo e tiene i capelli corti; sembra mio fratello, sfortunato chi se la ritroverà come ragazza." lesse "firmato: Ryuji"
Gli sguardi di tutti si volsero verso di lui, che negò di aver mai scritto nulla di simile.
"Quella stronzetta di Futaba pensa di potermi battere con Taki? Staremo a vedere, dopo che le avrò distrutto quei bei capelli" ripartì il demone cane "firmato: Sachi"

"TAISHO!!! In presidenza, subito!" esclamò il professor Asaba, accompagnato dal preside.
Nella classe era tornato il silenzio, ma il giovane Taisho aveva altri progetti: prese in mano i due fascicoletti, RECENSIONE RAGAZZE e MALDICENZE VARIE, e li lanciò in mezzo all'aula.
"Buona lettura a tutti!"
gli altri studenti si lanciarono sui bersagli, e Sesshomaru approfittò del marasma generato per afferrare Funakoshi ed uscire dall'altra porta dell'aula; la ragazza rimase un po' scombussolata, ma seguì il proprio 'rapitore'.

"Li abbiamo seminati" fu la rassicurazione che il ragazzo fece alla sua compagna di classe.
"Quindi, n-non ci stanno più seguendo, g-giusto?" chiese lei.
Sesshomaru diede un'occhiata alle spalle e le diede conferma.
"Menomale" fu l'ultima parola che sentì prima di ricevere un sonoro schiaffo sulla guancia sinistra.
"Che diavolo ti è saltato in mente? Perché hai fatto una cosa del genere?" si sentì gridare contro dalla pipistrella, che stava tremando come una foglia "C-ci sono anche io, tra quelle maldicenze?"
"Tu ne hai ricevute più di tutte, ma non ne hai mai scritta neanche una...perché?"
"Perché non mi piace parlare male alle spalle delle persone; e dire delle cattiverie non mi ha mai fatta stare meglio." rispose la ragazza.
"Adesso rispondi alla mia domanda: perché stai rischiando una sospensione per me?"
Sesshomaru distolse lo sguardo.
"Non lo sto facendo per te, insulsa mezzo-demone." la attaccò "Volevo solo vedere come avreste reagito sentendo quello che pensate davvero gli uni degli altri."
"Allora perché mi hai portata via? Non dovrei essere lì ad ascoltare, adesso?"
Doveva concederle che aveva ragione, su questo punto.
"Tu non hai colpe per la tua balbuzie e la timidezza, tutto qui." una breve pausa "come io non ho colpe se le modelle delle riviste che girano a scuola posano per Kimi Gobodo."
Non l'aveva mai detto a nessuno, sia per non apparire debole, sia per non dare pensieri alla madre, ma era quella, la ragione per cui non era interessato alle riviste.

Quelle parole, per quanto semplici e già sentite, resero Funakoshi molto felice: anche se Sesshomaru non lo avrebbe mai ammesso, lei aveva capito che si era preoccupato per lei, e adesso aveva anche condiviso con lei un segreto; voleva ringraziarlo, ma assieme farlo stare meglio, eppure non le venivano idee in mente, tranne forse...ma dai, dove pensava di essere, all'asilo?
Si avvicinò alla guancia che aveva colpito, ma prima che potesse darle un bacetto Sesshomaru si era voltato verso di lei, sorpreso; e adesso, anziché le strisce magenta, sulla sua traiettoria erano finite le sue labbra.
Quel giorno sarebbe entrato a pieno titolo nella classifica dei giorni più imbarazzanti della vita della pipistrella.
Durò un soffio, perché Sesshomaru si allontanò in un lampo.

"Ma che diavolo fai, sciocca??"
"Scusascusascusa, non volevo, non volevo" balbettò Funakoshi "stavo m-m-mirando alla guancia, e tu t-ti sei girato, e-e allora io...ah, s-scusa davvero, fingi, f-fingi che non sia successo, ok?"
Sesshomaru detestava questo genere di prese d'iniziativa, ma una parte di lui non riusciva proprio ad essere arrabbiata con quella tenera e timida ragazza mezzo-demone.
La abbracciò, la rassicurò un'ultima volta, e la salutò.

 

_______________________________________________

 

Con gli anni aveva dimenticato il nome di quella ragazza, ma forse era meglio così: di sicuro l'avrebbe mandata ai matti, viste le brutte abitudini che aveva poi maturato; e poi, le bottiglie di alcolici sono meno suscettibili rispetto alle persone.

 

_______________________________________________

 

"È da un po', che non andiamo al cinema, vero Yashy?" disse la ragazza in punta di piedi, prima di scoccargli un bacio sulle labbra.
"Già, tesoro. Sei pronta per il film?"
Miroku aveva voluto dare la sera libera ad Inuyasha, rassicurandolo dicendo che Kaede si sarebbe occupata di lui, fino all'indomani.
Allora i due piccioncini avevano voluto fare una serata al cinema, e guardare il nuovo film che Izayoi aveva consigliato loro: THE WHALE, di Darren Aronofsky.
Mancava ancora mezz'ora all'inizio, quindi avevano deciso di andare a prendere degli snack al bar.

"Buonasera, vorremmo..." cominciò Kagome.
"Non me ne potrebbe fregare di meno: il mio turno è finito, aspettate che arrivi il mio collega." la interruppe il cassiere.
"Eh?"
"Ho detto che non sono in servizio, carina: o tu e il tuo ragazzo aspettate il mio collega o ve ne potete andare, per quanto mi riguarda."
Inuyasha non era mai stato un campione di pazienza, ma aveva avuto modo di studiare la situazione, e prese una decisione.
Una volta trovato il contenitore di chicchi di mais, lo sollevò e lo riverso in testa all'idiota che stava mancando di rispetto a Kagome e lui.

"HEY, MA CHE CAZZO FAI???" scoppiò il cassiere.
Inuyasha lo squadrò e rispose.
"Rivesto un pannocchione!"
Gli altri clienti iniziarono a ridere, e il cassiere non la doveva aver presa bene, perché provò a colpire Inuyasha con un pugno.
Per sua sfortuna, il mezzo-demone fermò il pugno e sbatté il braccio contro il bancone per bloccarlo; infine, per far desistere il suo avversario, mostrò i denti, come a dire 'ti conviene rischiare?'.
La risposta, come prevedibile, fu NO.

Dopo 2 minuti, e con il sottofondo degli applausi degli altri clienti, Inuyasha e Kagome erano finalmente riusciti a farsi dare i pop corn e le bibite.

Il film scorse piacevolmente, tra momenti allegri ed altri malinconici, ma il finale lasciò commossi tutti gli spettatori.
Kagome conosceva il suo ragazzo, e sapeva che doveva avere il naso saturo dell'odore di pianto delle altre persone in aula, ma era insolitamente tranquillo (non come lei, che sembrava una fontana).

"Tutto bene, Inuyasha? Sembri lontano."
"No, no, tranquilla: ero solo sovrappensiero."
"È per il lavoro? Miroku ti ha dato la serata libera, ricordi?"
In realtà, il ragazzo stava pensando al padre, per il quale la visione di questo film non doveva essere stata semplice.
Ma l'atmosfera era così bella che sarebbe stato un peccato, rovinarla.
"Eheh, hai ragione, amore. Torniamo a casa?"
"Va bene, ma guido io." annunciò Kagome.
"Neanche per scherzo: innanzitutto, hai ancora gli occhi lucidi, e poi..."
"Poi cosa?" chiese curiosa.
"Niente." si affrettò a rispondere il fidanzato.
"Nonono, adesso sono curiosa." protestò afferrando giocosamente una delle orecchie canine. "Dimmelo! Dimmelo! Dimmelo!"
Il figlio di Toga scoppiò a ridere: quando la sua ragazza si lanciava in queste scene da bimba era assolutamente adorabile, e si divertiva un mondo.
In un attimo si portò al suo orecchio e sussurrò.
"Tu lo sai che ti amo da impazzire, vero...?"
"Mhmh, sì?"
"...ma guidi come una lumaca."
"Come, prego?" ripartì all'assalto lei.

Il mattino dopo, per quanto belli fossero stati sia il sesso sia le coccole, Inuyasha trovò la forza per staccarsi da Kagome ed alzarsi dal letto.
Una volta preparatosi e fatta colazione, prese il telefono e mandò un messaggio ad uno dei suoi contatti: TODOKE.

"Il film è stato molto bello: parlava un po' di me ed un po' di te. XO"

Inviato il messaggio, si diresse a casa di Miroku.

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Capitolo 19
*** Se i Kami Vorranno ***


"Piacere, Rin Noto." si presentò al proprio interlocutore, un piccolo kappa verde dai grossi occhi gialli, seduto ad una scrivania.
"Ah, giusto: la signora Gobodo l'aveva detto, che sarebbe venuta oggi; mi consegni pure il curriculum, gli darò un'occhiata quando mi sarà possibile, d'accordo?"
L'espressione confusa della giovane donna umana ed il silenzio prolungato dopo la sua richiesta perplimerono alquanto il piccolo demone.
"Scusi, signorina, c'è qualcosa che non le è chiaro?" tentò.
"Ehm, in realtà signor..." lo sguardo di Rin vagò per l'ufficio, alla ricerca di un qualche indizio sul nome del kappa; convinta di averlo trovato, decise di verificare "...Jaken, giusto?"
"Jaken è il mio nome, ma per lei sono il signor Rokudo." puntualizzò il piccoletto.
"Molto bene, signor Rokudo; in realtà non sono qui in cerca di un lavoro, ma sono sicura che la signora Gobodo le avrà già spiegato la situazione, giusto?"
"Ha detto di togliere l'annuncio di lavoro per questo negozio e di aspettare Rin Noto, nulla di più" spiegò Jaken "Anche se sono passati vent'anni, da quando ho iniziato a lavorare per lei, come segretario, devo ammettere che le sue istruzioni sono sempre ridotte all'osso, senza che dia mai alcuna spiegazione; alla fine ho deciso di affidarmi al mio intuito, e devo dire che sono diventato abbastanza bravo, nel tempo."
Rin si stava sforzando di non ridere, un po' perché lo trovava buffo e un po' perché le dispiaceva doverlo deludere.
"Ecco, vede: in realtà io sono qui solo per supervisionare un'altra persona, che è quella che dovrà lavorare qui oggi." espose, prima di voltarsi verso la porta "Avanti, vieni pure: non è educato far aspettare le persone."

Pochi secondi dopo, la porta si aprì e Sesshomaru entrò e salutò il kappa, pur con un tono alquanto svogliato.
"Buongiorno." disse, praticamente esalando, quell'unica parola.
Jaken non aveva bisogno delle presentazioni, per capire chi aveva di fronte: quei lunghi capelli bianchi, quelle strisce sulle guance, quegli occhi colore dell'ambra,...il figlio del suo capo era cresciuto, a quanto pareva.
"Sesshomaru, quanto ti sei fatto grande." non potè trattenersi dal dire "Cosa ti porta da queste parti? Per caso hai intenzione di aiutare la signora ad occuparsi dell'attività sul fronte finanziario?"
"F-f-finanziario?" si intromise Rin, confusa dalle parole del piccoli demone verde "Nono, lui sarà qui in giornata come commesso; la signora Gobodo è stata davvero così criptica?"
"Il lupo perde il pelo, ma non il vizio." commentò Sesshomaru, spiazzando gli altri presenti "Non preoccuparti, Jaken: ho qualche ricordo, di quando mia madre parlava di quanto fosse divertente tormentare il proprio segretario."
Il diretto interessato deglutì, preoccupato.
Se l'annuncio per la posizione di consulente finanziario serviva ancora e lui lo aveva cancellato sarebbe stata una lunga giornata, che avrebbe passato a scervellarsi su di quale morte sarebbe dovuto morire.
"Ma evidentemente sai fare il tuo lavoro, se non sei stato licenziato dopo tutto questo tempo, quindi rallegrati." sentì proseguire Sesshomaru.
In effetti, aveva senso...e Jaken già si sentiva meglio.
"Sì, ehm, dunque: per fare il commesso è necessario saper informare i clienti, mostrarsi disponibili a dare loro una mano e sapere quali articoli siano presenti o meno in magazzino."

Rin spostò l'attenzione dal kappa al demone cane.
"Potremmo cominciare dall'assistenza clienti, che ne dici Maru-chan?"
Se uno sguardo avesse potuto uccidere, la donna sarebbe stata nei guai.
Se ne accorse anche Jaken, che commentò con una risatina nervosa.
"Beh, direi che hai ereditato anche la durezza, dalla madre."
iniziò "Ma sì dice che la pratica renda perfetti, giusto signorina Noto?"
La donna confermò, ed assicurò al demonietto verde che non ci sarebbero stati problemi.
"Me lo auguro; adesso, se voleste scusarmi, devo occuparmi di tutte le pratiche dietro questa iniziativa, quindi potete andare."
E così fu.

Una volta fuori dall'ufficio, Sesshomaru aveva l'espressione di chi si aspettasse una risposta quantomeno convincente.
"Quando pensavi di dirmelo, Noto?"
"Che cosa?" domandò lei.
"Sai perfettamente di cosa sto parlando, quindi non cercare di apparire più stupida di quanto tu non sia già, è chiaro?"
"Ha parlato quello sveglio." sussurrò Rin.
"Che cosa?!"
"Niente, solo un pensiero ad alta voce."
Sesshomaru ripartì all'attacco.
"Chi ti ha dato il permesso di chiamare mia madre ed organizzare questa pagliacciata, destinata a fallire?"
"Non sapevo di aver bisogno del tuo permesso, per fare una telefonata" lo provocò la donna umana "E tua madre era liberissima di rifiutare la mia chiamata, ma ha fatto la sua scelta e l'ha accettata; ti basta, questo?"
"Per niente; anche perché si può sapere come hai avuto il numero privato di mia madre?"
"Ha importanza?"
"Molta, per me." insistette Sesshomaru.
"Me l'ha passato Kagura: avrà organizzato un incontro con tuo padre..."
A quelle parole, il demone cane iniziò a ringhiare minacciosamente, rivolgendole uno sguardo feroce.
"...con Toga Taisho, hai ragione, e lui le avrà girato il numero di telefono; non lo so, comunque, lei non me l'ha detto ed io non ho chiesto."
Dopo una breve pausa, il suo interlocutore stabilì di averne avuto abbastanza, ed iniziò ad incamminarsi verso l'uscita.
"Me ne vado, non ho intenzione di prestarmi a questo patetico spettacolino; inventati qualcosa per Jaken e..."
"Perché devi fare tanto il difficile?" lo interruppe Rin.
"Mi hai incastrato."
"Non ti ho incastrato, ti ho fatto un favore" lo corresse.
Sesshomaru si fermò e si voltò.
"Sappiamo bene entrambi che conosci il catalogo Gobodo come le tue tasche: tua madre sembra essere l'unica persona a questo mondo verso la quale riesci a provare sincero affetto, e non ci credo neanche morta, che ti interessi così poco del suo lavoro."
Su questo non poteva contraddirla.
"Ti ho portato qui perché volevo che ti sentissi più a tuo agio, per farti sentire un'atmosfera più vicina a casa; quindi, per favore" lo pregò Rin, poggiando le mani giunte sulla guancia sinistra "Aiutami ad aiutarti, ok?"
Dopo un'attenta valutazione, Sesshomaru giunse alla conclusione che, se non avesse accettato, questa noiosa piccola peste lo avrebbe comunque importunato per il resto della giornata...e la prospettiva non lo entusiasmava minimamente.
La soluzione migliore era arrendersi e sopportare.
"Va bene." sbuffò, prima di dirigersi a prendere l'uniforme.

 

Due donne umane, all'incirca venticinquenni, entrarono nel negozio e rimasero affascinate dai numerosi kimono, chemisier e camicie in esposizione.
Si aprono le danze.
"Buongiorno, signorine, come posso aiutarvi?" chiese loro Sesshomaru.
Una delle due, dalla carnagione olivastra e dai riccioli neri, ridacchiò alla vista del bel demone, e rispose giocosamente.
"Eravamo venute qui per fare acquisti, ma adesso siamo più interessate al tuo numero, carino."
È vero che il cliente abbia sempre ragione, ma ci sono momenti in cui è giusto mettere le mani avanti.
Certe frivolezze proprio non riusciva a sopportare.
"Apprezzo il tentativo, ma lei non è il mio tipo." posò lo sguardo sull'altra donna, leggermente più bassina e dai lunghi capelli biondi "E lo stesso vale per la sua amica."
Le due si guardarono, e per un attimo fu come se si fossero dimenticate di lui...solo per tornare alla carica.
"Oh, capisco: il suo ragazzo dev'essere molto fortunato."
Sesshomaru non sapeva se essere sorpreso, deluso o rassegnato; era vero che parecchi suoi coetanei maschi avevano espresso apprezzamenti nei suoi confronti, ma non era convinto di dare così tanto l'idea. Non si aspettava che le sue interlocutrici capissero quello che intendeva, anche questo era vero, ma che almeno non partissero dal presupposto che non trovarle attraenti volesse per forza di cose schifare il genere femminile.
"Forse avete ragione." cercò di liquidare l'argomento "Tornando a voi: stavate cercando qualcosa in particolare?"
La prima, quella con la carnagione olivastra, prese la parola per prima.
"Sto cercando un kimono che possa andare bene per un'uscita galante, ma che non urli ai quattro venti 'ostentazione', se capisce cosa intendo."
Sesshomaru non ne aveva idea, ma si sentiva ancora sufficientemente alleggerito, dopo il commento sulla sua ipotetica dolce metà; perciò decise di sforzarsi per essere educato.
"Mi aiuti a capire, per favore."
"Oh, naturalmente: vede, la verità è che ho un gokon con la mia amica, e vorrei apparire elegante, ma senza dare l'impressione di essere inavvicinabile." spiegò la cliente.
"Forse so qual è il capo che cerca." rispose il demone, con voce neutra.
Prima di incamminarsi verso l'abito che aveva in mente, rivolse lo sguardo verso l'altra donna, quella più bassina.
"E lei, invece? Cosa desidera, per sé stessa?" domandò.
"I-io vorrei che..." si interruppe, insicura su come proseguire "c'è qualcosa che pensa potrebbe valorizzarmi?"
Perché gli aveva posto una simile domanda? Voleva davvero affidare le sorti della propria serata ad un commesso che, anche se non lo sapeva, la disprezzava? Sesshomaru non voleva davvero crederci, ma non poteva nemmeno dire di non averne idea, perché sapeva bene che non sarebbe stato bello da dire, e Rin, che fingeva di sistemare le pile di abiti, glielo avrebbe rinfacciato.
"Non sono la persona giusta a cui chiedere, ma posso dire che sei minuta, e questo è un buon punto di partenza, e hai un aspetto delicato, motivo per cui anche a te si addirebbe un motivo floreale."
Sperava che questo piccolo turbine di parole l'avesse tenuta impegnata abbastanza per permettergli di controllare se ci fosse ancora un esemplare taglia S di uno chemisier blu che aveva intravisto mentre entrava.

Con immenso sollievo di Sesshomaru, c'erano entrambi i capi, ognuno con la taglia adatta alla rispettiva cliente.
Il primo era un kimono floreale nero con rose rosse, camelie bianche e gigli; ricordava di averlo visto disegnare alla madre, che lo aveva chiamato PERSEPHONE, come la sposa del dio greco degli inferi. Taglia M.
Il secondo era uno chemisier blu tappezzato di rami in fiori; il nome di quest'altro, se non andava errato, era STENDAHL. Taglia S.
Le due donne li provarono, rimasero soddisfatte e ringraziarono Sesshomaru per l'assistenza riservata loro.

 

La giornata proseguì, tra persone più o meno gentili, fino all'orario di chiusura, e Jaken si rallegrò che non fosse accaduto nulla di grave, visto che probabilmente si era già salvato per miracolo da un richiamo da parte del capo.

 

"Farò sapere alla signora, vostra madre, che la giornata è andata bene." li salutò, prima di rimettersi al lavoro per sistemare le ultime questioni.
"Ti ho visto molto dedito, oggi; lo vedi, che devi fidarti di me?" lo punzecchiò Rin, in auto.
"Ho solo aiutato qualche persona a scegliersi un abito che indosserà due o tre volte e poi tratterà come una reliquia, lasciandolo a prendere polvere in un armadio, oppure come vestaglia per starsene a casa a vegetare; non è nulla di cui andare fieri."
"Sai, sembri quasi dispiaciuto, dal tono."
"L'aspetto che meno apprezzo dell'abbigliamento è la vendita: non c'è più la magia che contraddistingue il momento della creazione; al suo posto vedo solo il disagio nel vedere il proprio lavoro finire nelle mani di qualcuno che crede di meritarselo solo perché può permetterselo." replicò Sesshomaru.
Passò qualche minuto, prima che Rin rompesse di nuovo il silenzio.
"Perché hai bevuto, ieri sera?" lo interrogò "E non provare a dire che ti annoiavi, ok?"
"Dobbiamo per forza affrontare l'argomento? Ho fatto il bravo, come volete tu e Kagura, e in tutto questo non ho ancora ricevuto le mie scuse."
"Ancora? Ti ho già detto che mi...aspetta, ehi: non cambiare discorso!"
"E tu impara a fidarti di me: la fiducia non può essere a senso unico, dico bene?" ribattè il demone cane.
"Ma una cosa del genere io la devo segnalare, lo capisci?"
"E invece non lo farai, perché avresti già dovuto farlo ieri, ma così non è stato."
"Qui stiamo parlando del tuo bene, Sesshomaru, non è uno scherzo."
"Ma fammi il piacere, a nessuno interessa."
"Perché dici una cosa così brutta?" domandò Rin.
"Perché è così, non provare a psicanalizzarmi."
"Prima o poi ne dovremo parlare, che tu lo voglia o no; oppure preferisci tornare in prigione o allo sbando? Lo hai detto tu stesso, che preferisci addirittura la mia compagnia, piuttosto che la loro."
Senza che se ne accorgessero, erano già davanti alla sede del progetto.
Nel parcheggio antistante, oltre a loro, c'era una NISSAN GTR della polizia.

 

"Ciao Rin." salutò Shiori.
"Shiori, che ci fate tu e Sango, qui?"
"Beh, passavamo per di qua, lei era preoccupata per te...e ho deciso di assecondarla, per questa volta."
Sesshomaru uscì dalla Opel Corsa rossa di Rin e andò da lei, che era in compagnia di una mezzo-demone, da quel che il fiuto gli suggeriva.

 

"Ah, Sesshomaru: scusa se sono corsa via senza salutarti; oh, a proposito: Shiori, lui è..."
"Taisho, sei tu?" bisbigliò la donna.
Rin tacque.
Sesshomaru inclinò la testa di lato e chiese:"Ci conosciamo, per caso?"
Le guance della mezzo-demone si imporporarono: davvero lo aveva dimenticato? Oppure sarebbe bastato un piccolo input?
"Ti ricordi di Funakoshi, quella che balbettava e che una volta ti ha tirato uno schiaffo?"
Fu in quel momento che, senza che nemmeno lui se lo aspettasse, il demone cane si ritrovò a corto di parole e non riuscì ad articolare nulla di più intelligente di:
"Oh, cazzo."





Scusate il ritardo, ma ieri ero davvero stordito 😅😆

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Capitolo 20
*** Chi Non Muore si Rivede ***


Quando Sango ebbe finito di chiedere a Kagura quali aggiornamenti avesse ricevuto da Rin, si avviò verso l'uscita; fu piacevolmente sorpresa nel vedere Rin conversare con Shiori, ma il sorriso si dileguò dal suo volto quando notò la presenza dello stronzo con i capelli troppo lunghi e troppo bianchi, che si stava avvicinando a loro.
Decise di affrettare il passo, e quando li raggiunse fece in tempo a sentire il demone cane imprecare.

"Oh, cazzo!"
Rin era rimasta basita: quanto doveva essere piccolo, il mondo, perché il suo paziente e la collega della sua migliore amica si conoscessero?!
Si trattava di una vicenda che avrebbe dovuto assolutamente indagare...per motivi puramente professionali, questo è ovvio.
Shiori, anch'ella parecchio meravigliata, si lasciò andare ad un risolino imbarazzato ed abbassò lo sguardo cercando di non incrociare quello di Sesshomaru.
"Eh eh...ehm, beh, non so che dire: chi non muore si rivede, giusto?"
Perché in quel momento l'unica cosa che avrebbe desiderato era evaporare? Com'era possibile che quell'incontro stesse facendo riemergere così facilmente la ragazzina bullizzata ed insicura di un tempo?
"Con mia grande sfortuna, temo di sì." tentò di liquidarla il demone cane, ma un dettaglio catturò la sua attenzione: l'agente Yamaguchi si stava avvicinando, sfoggiando la migliore faccia incazzata del proprio repertorio.

La poliziotta si frappose tra la propria collega e il figlio maggiore di Toga Taisho, impuntandosi e guardandolo dritto nelle palle degli occhi.
"Stai cercando guai, carogna?" ringhiò nella direzione del proprio interlocutore.
Dietro di lei, una mano le si poggiò sulla spalla e la avvicinò: Shiori la rassicurò, dicendo di non preoccuparsi e che qualsiasi altra cosa avesse fatto avrebbe reso la situazione più imbarazzante.
"Ti spiegherò tutto più tardi, va bene?" bisbigliò infine.

Giunto al limite della sopportazione per quel giorno, Sesshomaru si incamminò verso la fermata dell'autobus più vicina, lasciandosi dietro le tre donne.
"E-ehi, aspetta, Sesshomaru!" provò a richiamarlo Rin "Io deve sapere che cosa significhi, tutto questo: non puoi andartene così, senza dire niente!"
"Oh, può eccome, e lo sta facendo, lo stronzo." intervenne Sango, tentata come non mai di gridare l'insulto a gran voce.
La mano sulla sua spalla si strinse, e la donna si voltò verso la collega.
"Non è una cattiva persona, ma ha difficoltà a dimostrarlo." furono le parole di Shiori, nel frattempo ripresasi dall'imbarazzo della 'rimpatriata' di poco prima.

"Tutto bene, Shiori?" le si avvicinò Rin "Mi dispiace, non avevo idea, che voi due..."
"Ma certo, non ti preoccupare, non potevi saperlo: non te l'ho mai raccontato."
A quel punto, fu Sango ad aggiungere qualcosa.
"Neanche a me, hai mai detto di conoscere Sesshomaru Taisho." iniziò "Cos'hai da dire, a tua discolpa, Shiorin?"
Quando usava il diminutivo, Shiori sapeva che la sua collega voleva prenderla in giro, e che non avrebbe smesso fino a quando le avesse dato una risposta soddisfacente, ossia la più completa possibile. E questo, per lei, poteva rappresentare un problema.

"Beh, ecco, vedi..." fu il titubante inizio della sua confessione "...ti ricordi la domanda che mi hai fatto questa mattina?" proseguì cautamente.
Rin, perplessa, rivolse uno sguardo a Sango, che appariva leggermente confusa anche lei.
"Cosa c'entra adesso, la ristrutturazione dell'area comune, in centrale?"
Shiori si rese conto che la sua amica non aveva capito, e provò a riportarla sui binari giusti.
"No, dopo, durante la pausa pranzo, vicino a quel McDonald, a due passi dal Konbini del ladro invisibile."
L'altra poliziotta valutò le nuove informazioni ricevute, ma dopo poco si ritrovò ad ammettere di non riuscire a seguirla.
"Di nuovo, come può essere rilevante, quello che ti ho detto sulla situazione sentimentale di Kohaku?"
Questa volta, mentre le guance della mezzo-demone prendevano fuoco, Rin non fece in tempo a contenere lo squittio di sorpresa all'udire una simile notizia: aveva sempre giurato che Shiori provasse qualcosa per il fratello di Sango, ma adesso ne aveva la conferma...e anche ¥1.800 che aveva scommesso con quest'ultima.
"Per l'amor del cielo, Sango, così mi metti in imbarazzo...mi riferisco a prima, poco prima di quel momento."
La sua interlocutrice si mise a fare mente locale su questi ultimi input e, una volta convinta di aver compreso, sgranò gli occhi in un moto di incredulità mista a terrore.
"IL TUO PRIMO BACIO LO HAI DATO A QUEL BASTARDO???"
Adesso Shiori stava nascondendo il volto con le mani, e ripeteva che fosse stato un incidente, con la voce rotta dall'imbarazzo.
Rin si mise a ridere, felice per la propria amica...anche se qualcosa, dentro di lei, aveva emesso un brontolio.

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Il telefono stava squillando, ma non capiva in mezzo a quali cuscini del divano fosse finito: che nervi!
Quando riuscì a trovarlo, per di più, ricevette l'avviso di chiamata persa.
Di lì a qualche minuto, il telefono riprese a squillare, e stavolta rispose immediatamente.

"Buonasera, signora Gobodo!" esclamò, agitato, Jaken "C-come posso esserle d'aiuto, adesso?"
"Jaken: per caso, hai rimosso tu l'annuncio per la posizione di consulente finanziario per l'azienda?"
Ecco, il momento era giunto: le opzioni erano due, o arrampicarsi sugli specchi perdendo ogni rimasuglio di dignità, oppure ammettere l'errore e prepararsi alla vita da disoccupato.
"In caso affermativo, grazie: mi ero dimenticata di farlo io stessa, e sarebbe stato un guaio, se fosse rimasto."
Il kappa era talmente preoccupato che, all'inizio, non si rese conto del ringraziamento ricevuto.
"Dovere, signora!" affermò "Per quanto riguarda la giornata di oggi: c'è qualcosa che vuole sapere sulla signorina Noto?"
All'altro capo del telefono, Kimi si fece seria.

"Che impressione ti ha fatto?" gli domandò.
Il suo interlocutore si prese una quindicina di secondi per pensare, al termine della quale dovette ammettere che:"Nonostante una piccola disattenzione iniziale, devo dire che ha l'aria di qualcuno che sa il fatto suo"
Proseguì:"Ho origliato una conversazione che hanno avuto dopo aver lasciato il mio ufficio...e ha dimostrato di saper tenere testa a vostro figlio, mia signora: ci vuole molto coraggio."
L'espressione sul volto di Kimi si rilassò: se Sesshomaru non riusciva a sbarazzarsene, allora dovevano essere sulla strada giusta.

______________________________________________

Stava facendo un buon lavoro, doveva ammetterlo.
I preparativi per il gala stavano procedendo: aveva già scritto il discorso di presentazione del progetto, consultato un arredatore d'interni ed organizzato con il catering un'alternativa tanto per vegetariani e vegani quanto per gli amanti della carne.
Per il momento, nessuno aveva disdetto la propria disponibilità, e lei non era ancora entrata nella fase di ricontrollo maniacale di tutti i dettagli...perciò si sentiva soddisfatta.
Avrebbe voluto concedersi un bel calice di vino rosso, ma le venne in mente una cosa più importante.
Prese il telefono e compose il numero del fratello.

"Ciao Kagura, è da un po', che non ci sentiamo." fu il saluto di Byakuya.
In effetti era vero: a causa di impegni vari e di un'effettiva assenza di argomenti di cui parlare, i due non avevano un legame paragonabile a quello che ognuno di loro condivideva con Kanna, la piccola di casa.
"Hai ragione, Kuya, il lavoro..." ammise, dispiaciuta "Forse dovremmo dare ascolto a Kanna e prenderci una bella settimana di pausa, ogni tanto."
Il fratello ridacchiò.
"Già, è strano pensare che debba arrivare lei ad inculcarci un minimo di buonsenso."
A Kagura si formò un sorriso, che riportò un po' di serenità.
E un'idea neanche tanto malvagia.
"Ti andrebbe, se venissi a trovarti al lavoro?"
"Cosa???" chiese sconcertato Byakuya.
Sua sorella non era mai stata una frequentatrice di locali, perciò la sua reazione era, almeno in parte, giustificata.
"Eddai, non dire così: siamo entrambi ancora giovani, no?"
"Davvero? Ero convinto che, nel cuore, avessi l'età di nostro padre, sai?"
Adesso a dover trattenere una risata era Kagura.
"Che scemo che sei!"
Una volta finito di riordinare la scrivania, si fermò un attimo e guardò il telefono; impostò un promemoria per l'indomani mattina, e poi, comportamento molto strano da parte sua, spense il telefono: per quella serata, non voleva seccature.

Ah, se solo non l'avesse fatto: avrebbe potuto notare una mail molto importante, in cui il sindaco la informava che, a causa di non meglio specificati numerosi impegni, il lancio del progetto sarebbe stato...anticipato di tre settimane.

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Appena varcata la soglia di casa, sbatté la porta con rabbia.
"È uno scherzo, non c'è dubbio; e di pessimo gusto, per di più!" lamentò Sesshomaru.
'Oh, certo: quindi Funakoshi si è presentata oggi dove lavora Rin perché voleva farti i dispetti...ma ti ascolti quando parli?' sbucò la vocina nella sua testa.
"E tu che cazzo vuoi? Ti ho detto di sparire, chè non ho intenzione di ascoltarti."
'Oh, davvero? Sai bene come fare, per mettermi a tacere, quindi vai, fa' quello che devi!'
Il demone controllò se fosse rimasto qualcosa di forte, ma con suo grande dispiacere la risposta era NO.
"Vattene, lasciami in pace!"
'Ok, campione, ma avevo invitato un amico, e mi sembra scortese cacciarlo così, in malo modo.'
E adesso che diavolo stava dicendo?
All'improvviso, le gambe non lo reggevano più, e Sesshomaru ringraziò di trovarsi vicino ad una sedia; si appoggiò, chiuse gli occhi, e quando li riaprì vide davanti a sè qualcuno che non aveva il minimo senso si trovasse lì.
"Ciao, Sesshomaru" disse la figura, prima di prendere un'altra sedia ed avvicinarsi a lui "Sai? Quest'abito da professore è davvero molto bello: Denis e la troupe hanno avuto buon occhio."
Notando che il demone cane non rispondeva, la figura gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"Non ti senti bene, per caso?" chiese.
"Perché c'è Jake Gyllenhaal nel mio appartamento?" fu tutto ciò che Sesshomaru riuscì a proferire in quel momento.
Dalla bocca dell'attore uscì una risata beffarda.
"Beh, se non lo sai neanche tu potremmo avere un bel problema, sai?"

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Capitolo 21
*** Le Piccole Cose ***


"È sempre così allegro, durante la settimana?" chiese Kagura, mentre giochicchiava con la fettina di lime del proprio margarita.
Erano le 20:35, eppure il locale era già pieno di persone con una birra in mano o uno shottino stretto tra le dita.
"Allegro? Qui siamo ancora al livello 'mortorio', se proprio ci tieni a saperlo; per trovare un locale 'allegro' dovresti aspettare perlomeno le 22:00: lì sì, che si cominciano a vedere follie."
In effetti era stato circa verso quell'ora, che, un paio d'anni prima, aveva assistito alla rissa tra un demone cane e tre avventori molesti; si trattava di una storia che ripeteva ogni 2-3 settimane per intrattenere gli avventori al banco, quelli che di solito non avevano o non cercavano la compagnia di nessuno oltre alla bottiglia.
Tuttavia Byakuya era fatto così: amava parlare con le persone, con l'idea di tirare loro su il morale e di ridere con i propri clienti (e alcune volte anche di loro, ma giusto verso l'orario di chiusura, a serata terminata).

"Per esempio, ti ho mai raccontato di quando un avventore mi ha salvato da una coltellata?"
Da un altro seggio, all'altro capo del bancone, una testa si alzò ed il proprietario rispose con tono seccato:"Sì, Byakuya! Sì, Byakuya! Cazzo, non fai altro che tirare fuori questa storia ogni volta che vengo qui!"
"Grazie per il tuo intervento, Atsushi..." sorrise il bartender "...e comunque sono passate tre settimane, dall'ultima volta che l'ho raccontata."
Il cliente inclinò la testa, perplesso, e dopo qualche secondo sbuffò.
"Allora, come vedi, sono tre settimane che non vengo qui...sto facendo progressi, non trovi?"
Di questo, Byakuya non era del tutto convinto: se da un lato era vero, che adesso Atsushi si facesse vedere di meno, dall'altro non poteva ignorare che avesse iniziato a rimanere più a lungo, quando capitava dalle parti del locale, e che bevesse come se dovesse compensare per le altre assenze.
Aveva letto un articolo di vulcanologia che diceva che, in Italia, ci fossero due vulcani molto noti: uno molto più attivo dell'altro, ma con eruzioni di più lieve entità rispetto al secondo; tuttavia quest'ultimo, il Vesuvio, era passato alla Storia per la potenza e i danni legati ai suoi eventi, più rari, ma più devastanti.
Era questo, il più grande cambiamento che riteneva di aver notato nell'avventore che lo aveva interrotto.

"La prossima volta cerchiamo di arrivare ad un mese intero, che dici?" propose Byakuya.
Per un attimo sembrò che il suo interlocutore ci stesse riflettendo seriamente, ma si mise a ridere.
"Tu vendimi la tua birra peggiore, ed io ti assicuro che ci possiamo arrivare senza troppi problemi, ahahah."
Detto questo, tornò a tracannare la bottiglia che stringeva tra le mani.

"Stavi dicendo?" lo richiamò Kagura.
"Mh?" fu ciò che le rispose il fratello.
"La storia della coltellata che ti sei evitato."
"Ah, vero, mi stavo quasi dimenticando." fece seguito una breve pausa, in cui il barista ripassò per bene tutti i dettagli, per non lasciarsi sfuggire quelli più succosi.
"Erano circa le 21:30, quando questo demone si siede sullo sgabello dove ti trovi tu adesso" disse, puntando il dito verso il grembo della sorella "un bestione di quasi due metri, ma non di quelli esagerati, con il fisico da Braun Strowman".
Notando la perplessità sul volto di Kagura, Byakuya capì di dover riformulare.
"Per darti un'idea, questo tizio aveva più il fisico da Tom Hiddleston."
Cenno di comprensione: missione compiuta, l'aveva recuperata.
"E niente, ordina uno shot di whiskey con una voce che dire annoiata sembra riduttivo: non quella da 'giornataccia a lavoro, stendimi con qualcosa di forte', ma più 'togliamoci il pensiero, su'...capisci che intendo?"
La donna scosse la testa.
"Forse sarebbe meglio accorciare il preambolo, non trovi, Kuya?"
"Ah, ma così si perde tutta la carica." protestò.
"Fidati che non è così."
Fratello e sorella volsero lo sguardo alla ricerca della persona che aveva parlato, e la trovarono: Kanna, la piccola di casa, era davanti a loro, ed in compagnia di Shippo e Souten.

"Kannella, che bello poterti abbracciare!" la salutò Kagura, stringendola forte forte in un abbraccio.
"Sorellona, sicura di non essere andata in palestra, ultimamente? Hai una stretta micidiale."
Le due iniziarono a sghignazzare, felici di vedersi.
Una volta sciolto l'abbraccio, la più grande si rivolse agli altri due universitari.
"Piacere di incontrarvi, voi siete gli amici di mia sorella, Shippo e Souten, giusto?"
"Sissignora!" risposero in coro i due.
Dall'altro lato del bancone, Byakuya non riuscì a trattenersi dal commentare.
"Che bella coppietta, posso offrirvi qualcosa da bere? Cocktail con due cannucce, vi va?"
"Quasi quasi..." cominciò Soten
"Buona idea, cucciola: così, forse, tra tre giorni sarai riuscita a smaltirlo e tornare sobria." la punzecchiò il suo ragazzo.
Signori, il battibecco è servito.

"È bello vedervi assieme fuori dal lavoro in un giorno che non sia nella Golden Week!" esclamò la terzogenita di Naraku Kazehaya "Allora, Kagura: Byakuya ti stava raccontando del fustacchione ubriaco che ha messo al tappeto tre avventori, dico bene?"
"Beh, ci stava arrivando con moooolta calma, ma sì, proprio di lui."
Il fratello, con finto risentimento, volse lo sguardo altrove.
"Voi non sapete apprezzare le mie doti oratorie."
"Va bene, Kuya, ma adesso Kagura vorrà sapere come finisce la storia." disse la più piccola.
"D'accordo, allora: arrivato al decimo shot era riverso sul bancone, e stava giocando con l'orlo del bicchiere, quando è arrivata Rin; un altro avventore, un umano, ha cominciato a provarci con lei, le ha dato una pacca sul sedere e questo demone per poco non gli spaccava il polso." imitò il movimento "quando si sono avvicinati gli amici di quel porco con il coltello hanno cominciato ad insultarlo: lui ha risposto alle provocazioni con altre, e quando gli si sono lanciati addosso, è stato assurdo; tempo 15 secondi ed erano tutti e tre a terra e doloranti. Quando è arrivata la polizia, il sergente Yoromizu voleva portarlo in centrale, ma per fortuna sono riuscito a risparmiargli una notte in cella: questo e altro, per il mio salvatore, anche se credo che non fosse particolarmente interessato a me, quanto a Rin."
Adesso che aveva l'attenzione di tutti e quattro, compresi i due fidanzati, che avevano finito di scannarsi, il bartender proseguì.
"Avreste dovuto esserci: sembrava un grosso cagnone da guardia dalla lunga chioma."
Kagura sgranò gli occhi e si rivolse al fratello.
"Un grosso 'cagnone', hai detto?"
"Sì, esatto: aveva tutto l'aspetto di un demone cane, perché?"
"Oh, nulla, solo curiosità, davvero."
'Ti prego, Rin, non dirmi che è quello che penso che sia, o mi costringerai a pulire i pavimenti con la tua faccia.'
Ma perché non poteva avere dei collaboratori tranquilli, una volta tanto?

 

___________________________________________

 

*BRRRRRRRR*
*BRRRRRRRR*
*BRRRR*
"Ciao Ki-Ki, è successo qualcosa di bello che ti andrebbe di raccontarmi, oggi?"
Nonostante si sentissero per telefono con una discreta frequenza, ogni volta che la madre di Sesshomaru rispondeva alle sue telefonate Izayoi si sentiva pervadere da uno strano entusiasmo, che non sapeva spiegarsi, ma di cui neanche le importava avere una risposta.
Dall'altro capo del telefono, la famosa stilista prese parola.
"Ti dirò, Yo-Yo: Jaken mi ha dato un'ottima ragione per non licenziarlo neanche quest'anno."
"Ah, davvero? Cosa ha fatto?"
"Posso dire che mi ha ridato un po' di speranza, similmente a come avete fatto tu e Toga facendomi visita...ma parlami di te, adesso: qualcosa che ti ha messo di buonumore?"
"Beh, in realtà nulla di così eclatante, ma spero che vada bene lo stesso: Finalmente la mia pianta carnivora sta ricominciando a crescere, ci avevo quasi perso le speranze, dopo questo inverno un po' pazzerello."
Silenziosamente, le labbra di Kimi si inarcarono a formare un sorriso.
"Eh, già, ma nonostante questo hai continuato a vegliare su di essa, e questo ti fa onore."
L'altra donna ridacchiò, accettando il complimento.
"È molto carino da parte tua, ma la verità è che ho solo capito di essere in difficoltà, e allora mi sono rivolta a qualcuno più preparato di me, tutto qui."
"Ti assicuro che chiedere aiuto in queste situazioni è molto più difficile di quanto sembri...soprattutto quando si è orgogliosi come me."
Il silenzio che seguì fece capire ad Izayoi quale pianta affollasse i pensieri della sua interlocutrice.
"Tu credi in lui?" le chiese.
La stilista non ebbe alcuna esitazione.
"Certo."
"Allora non avete nulla da temere, nè tu nè lui." fu la rassicurazione di Izayoi "Sono sicura che la signorina Kazehaya lo abbia lasciato in mani esperte, e che tu riavrai indietro tuo figlio."
Un altro silenzio.
"Grazie, Izayoi: ne avevo bisogno."
"Felice di aiutare."
Si era fatto tardi, conveniva andare a dormire.

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Capitolo 22
*** Cambio di Programma ***


Dopo le sorprese riservategli dalla dimenticabilissima gornata precedente, ed in assenza della minima traccia di etanolo nella propria dispensa e frigo, Sesshomaru non era riuscito a prendere sonno.
Un po' perché non ne aveva bisogno, vista la natura demoniaca, un po' perché destabilizzato dalla folle visione che aveva avuto, e dalla stella del cinema che si era messa a girovagare per il suo appartamento dispensando commenti a destra e manca;
"Porca troia, bello: tutto alcol e neanche il più vago sentore di sesso; sicuro che vada tutto bene, là sotto?"
Alzando gli occhi al cielo, Sesshomaru tentava di ignorare la fastidiosa presenza, che tuttavia non accennava a dileguarsi.
"Sono solo nella tua testa, Sono solo nella tua testa,..." ripeteva come un mantra, con il semplice intento di risultare il più molesto possibile...e ci stava decisamente riuscendo.
Per rendersi presentabile per l'attività del giorno, si mise sotto la doccia, dove sperava di poter trovare la quiete.

Se Rin fosse venuta a conoscenza di cosa gli stava succedendo non gli avrebbe dato tregua fino a quando non sarebbe riuscita a trascinarlo ad un incontro degli Alcolisti Anonimi...ma questo voleva dire giocarsi la possibilità di uscita, dato che potevano andare nelle carceri, quindi era fuori discussione.
"SE è la parola giusta, SE" confermò Jake Gyllenhaal.
Mentre lui parlava, Sesshomaru si stava sciacquando la faccia, nella speranza di farlo sparire quanto prima...ma dopo essere uscito dalla doccia ed essersi asciugato, se lo ritrovò comunque davanti, ma stavolta ad un palmo dal naso, e con un sorriso sornione stampato in volto.

"Si può sapere per quale assurda ragione non vuoi sparire, cazzo?" ringhiò il demone cane.
Il suo interlocutore, per nulla intimorito, lo squadrò con attenzione, e si lasciò scappare un fischio di ammirazione.
"Sei ancora più sexy, quando ti arrabbi" commentò, divertito "Come mi ha detto Heath, una volta: attento al naso, bello mio!"
Fece un balzo in avanti con i piedi per cercare di chiudere lo stacco di oltre 10 cm che li separava, ma Sesshomaru lo evitò, ed uscì dal bagno per andare a cambiarsi.

"Hai intenzione di mentirle, non è così?"
"Perché, non lo sai? Non sei nella mia testa, dopotutto?" chiese il demone.
"Certo che sì, ma sai, le idee cambiano, e..."
"Ascoltami bene, se vuoi farmi la morale sul motivo per cui dovrei essere sincero hai sbagliato persona, è chiaro?"
La star alzò le mani, ma non come a dire 'Mi hai scoperto', quanto più come...
"Nono, figurati, io sono d'accordo con la tua idea." ecco, proprio così.
Adesso il figlio di Toga si sentiva un pochino più sollevato.
"È la prima cosa su cui ci troviamo d'accordo." disse, prima di chiudere la cintura.
"Nah, non direi: io voglio che tu menta perché non mi piace stare al fresco; tu lo farai perché non hai il coraggio di ammettere quanto sei patetico."
Ignorando l'offesa, Sesshomaru si diresse verso la fermata del bus, dove controllò l'ora: aveva tempo a sufficienza per arrivare con calma.

Niente da fare: qualche turista idiota a bordo di un go-kart aveva deciso di dare prova al mondo della propria imbecillità, e, nel farlo, si era schiantato contro il pullman.
Di questo passo sarebbe arrivato tardi, e questa non era una buona notizia.

Giunto a destinazione, fu alquanto sorpreso nel non trovare Rin ad attenderlo, e si decise a controllare per capire dove potesse trovarsi.

 

_______________________________________________

 

"C'è una ragione per cui volevi vedermi, prima che iniziassi la giornata di oggi con Sesshomaru?" domandò Rin.
Kagura era di lato alla propria scrivania, con una mano su una pila di documenti.
"Rin, lo sai che ho bisogno che i miei collaboratori e dipendenti siano trasparenti, con me, vero?"
Rin era perplessa, ma rispose.
"S-Sì, senza ombra di dubbio" si affrettò "È successo qualcosa, per caso?"
"Beh, non saprei, questo devi dirmelo tu: credi che sia soltanto una coincidenza, che tu abbia insistito per seguire Taisho e che un fantomatico demone cane abbia persuaso degli imbecilli dal metterti le mani addosso, un paio di anni fa?"
In quel momento, la più giovane sbiancò in volto.

'Com'è possibile che lei lo sappia?' pensò 'Non ho mai raccontato questa storia a nessuno: gli unici ad esserne a conoscenza sono Sesshomaru, Koga e...oh, cavolo, mi ero scordata di Byakuya! Stupida! Stupida! STUPIDA! Come ne esco, adesso?'

"Beh, insomma" cominciò, ma si fermò di lì a breve in preda ad un risolino nervoso "Potrebbe anche essere, no?" azzardò Rin, senza avere la minima idea di come sfilarsi da quella situazione terribile "Voglio dire: non è che Sesshomaru sia l'unico demone cane al mondo."
Nel frattempo, Kagura aveva lasciato la propria postazione e si trovava ora faccia a faccia con Rin, fissandola con aria truce.
L'altra se ne accorse, ed iniziò a pentirsi di non aver mai accennato l'episodio; poteva provare a sviare il discorso nella speranza di guadagnare tempo.
'Puoi farcela, Rin, resta tranquilla, chè Kagura non ti mangerà.'

"Comunque sono felice che tu sia riuscita a ritagliarti una sera libera per..." iniziò.
"Alt! Alt! Alt! Non pensare nemmeno per un secondo di cavartela così, hai capito?"
"Capo" tentò Rin, nella speranza che la consapevolezza di essere in comando potesse ammansire la bestia che si stava risvegliando "te lo giuro, posso spiegare..."
"No, No, adesso ti spiego io, qualcosa; stammi bene a sentire e guardami dritto nelle palle degli occhi, va bene?"

'Panico!' pensò Rin 'Ha pronunciato la frase: non è arrabbiata, è furibonda!'

"Non solo mi sono ritrovata una mail dell'ufficio della governatrice in cui mi si informa che 'Ops, la data del lancio non ci va più bene, va anticipata'; adesso mi ritrovo ad avere una collaboratrice che è convinta di poter usare questo progetto come un sito d'incontri?"

'Scappiamo, scappiamo, prima che ci mangi vivi: sono troppo giovane per morire!'

"Perché devi farmi pentire della fiducia che ho riposto in te, e per cosa? Un Bryan Glowman, misto a Loki?"
"Intendi Braun Strowman, per caso?" suggerì Rin.
"Sì, quello che ho detto. Stai cercando di sabotarmi?"

'Okay che Byakuya ha una certa fantasia, ma questo è troppo anche per lui; Sesshomaru è più vicino a...non lo so, Drew McIntyre, forse? Che fico perso, con il kilt! E senza barba sarebbe ancora più...Eh, ma che sto dicendo? Adesso Kagura è arrabbiata, come posso, in un momento così delicato, pensare a Sesshomaru in kilt? EH??? Cos-, no, non Sesshomaru, Drew McKnight, cioè McIntyre, che c'entra LA Knight, ora? Oh, cielo, cos'è tutto questo casino? Che confusione! Che cosa faccio? Che cosa faccio?'

"Rin, mi stai ascoltando?" chiese la sua interlocutrice.
La giovane umana, però, aveva il cervello in pappa, e stava cercando in tutti i modi di riprendere a ragionare almeno decentemente.
"FORZA ASUKA, EMPRESS OF TOMORROW!!!" gridò a pieni polmoni.
Con buona probabilità l'intero piano l'aveva sentita, ma almeno adesso sentiva di avere la mente più libera.

"Scusa, Kagura, mi dispiace tantissimo, ma adesso ci sono, guarda" fu la rassicurazione che diede al proprio capo prima di prendersi a schiaffetti sulle guance per rafforzare il concetto "Allora, cosa stavi dicendo?"

"Ti voglio sul pezzo, concentrata al massimo, perché abbiamo solo 3 misere settimane, prima del lancio del progetto, capisci?"
"3 SETTIMANE?! Cosa pensano che facciamo, miracoli? Non posso concentrare il lavoro di 9 settimane in 4, non funziona così!"
"Beh, dovrai trovare un modo, perché questo progetto non può permettersi un fallimento."

Prima che potessero proseguire, si sentì bussare alla porta.
"Avanti." concesse Kagura.
La porta si aprì, rivelando Sesshomaru.

'Avanti, racconta la cazzata.' gli sussurrò Jake all'orecchio.
"Stavo aspettando in sala d'attesa, ma non si è presentato nessuno." spiegò in tono arido.
In realtà era appena arrivato, ma quel dettaglio non avrebbe deposto a suo favore, perciò meglio evitare.
La demoniessa volse lo sguardo verso Rin e le fece cenno di andare.
"Sì, subito." si affrettò.

Usciti dall'ufficio, si diressero verso quello della sponsor, che non osava fiatare.
"Non ti facevo fan della WWE, signorina Noto." ridacchiò il demone cane.
"Sta' zitto, Sesshomaru: mi sei appena costato una sfuriata epocale."
"Dov'è finita la ragazzina chiacchierona ed energica che mi si è presentata 3 giorni fa?" indagò l'albino.
L'umana gli rivolse uno sguardo sorpreso: le aveva fatto un complimento, per caso?
"Per la cronaca: io preferisco Becky Lynch."
'Eh, vabbè: nessuno è perfetto.' pensò Rin

Un altro giorno li attendeva: non restava altro che scoprirlo.

 

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"Ok, tutto chiaro, ci sentiamo più tardi."
Certo che questa era proprio la madre di tutte le prese per il culo, vincitrice a mani basse, non c'era che dire:
Il gala era già stato organizzato e i preparativi quasi del tutto ultimati, e adesso saltava fuori che bisognava anticipare tutto?
Poteva ben capire perché Kagura lo avesse chiamato con il tono di chi pareva stesse per avere una crollo nervoso.

Ma quando il tempo stringe, le soluzioni devono essere trovate alla svelta.
Facendo un attimo mente locale, sapeva di non poter chiamare Rin, visto che l'avrebbe disturbata mentre seguiva il paziente.
A giudicare dalla telefonata recentemente conclusa, con Kagura non avrebbe cavato un ragno dal buco.

Rimaneva soltanto una persona.

"Ciao Kohaku, è un'emergenza?"
"A tutti gli effetti, sì: Kagura è nel panico, quindi ho bisogno che tu faccia una telefonata; lei mi ha detto che hai il numero di un certo Miroku Kanagawa, è giusto?"
Sango fu piacevolmente sorpresa di sentire quel nome, e si sentì venire meno la preoccupazione.

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Miroku l'aveva chiamata, la sera precedente: la conversazione era stata un po' strana all'inizio, perché sembrava che lui avesse una patata in bocca; poco dopo, l'uomo in sedia a rotelle le rivelò di esserci andata vicino, e che si trattava...di un cucchiaio con attaccato un pennino per il telefono.

"Scusa, ma non paghi profumatamente un valletto che possa, tra le altre cose, tenerti il telefono mentre parli?" aveva chiesto.
"Eheheh, Sei in vivavoce, Sango." la informò Miroku "Il valletto vuole farti sapere che l'hai molto offeso."
Cercò di reprimere una risata, ma decise di non proseguire nell'intento.
"Ciao, Inuyasha!" salutò "Troppo orgoglioso per chiedergli una mano?"
Dall'altro capo del telefono si udì uno sbuffo divertito.
"Sono io che voglio parlarti, e quindi io farò le telefonate."
Era stata una serata piacevole, ed era valsa la pena di rinunciare ad un po' di sonno per quella telefonata.

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"Sì, ho il suo numero, di cosa ha bisogno?"
"Di un ansiolitico, probabilmente, ma spero che il mio intervento possa sortire un effetto ancora migliore." rispose il fratello.
"Allora di cosa hai bisogno tu?"

"Pronto, chi parla?" chiese Miroku quando Inuyasha gli portò il telefono.
"Ciao, è un brutto momento?"
"No, per niente, come posso esserti d'aiuto?"
"Avrei bisogno di parlare con Inuyasha, per favore: riguarda il progetto di Kagura."
"Presente" salutò il mezzo-demone dall'altro capo del telefono "Lo stronzo ha combinato qualche casino?"
"No, per ora no." lo rassicurò Sango "Piuttosto, avrei bisogno di sapere il numero di telefono di sua madre, Kimi Gobodo."
"Ma lo avevo già fatto avere a Kagura."
"Lo so, ma lei è in un momento molto delicato, con i nervi a fior di pelle, e disturbarla farebbe più male che bene."
"D'accordo" replicò il figlio minore di Toga "Allora te lo detto."

"Grazie della disponibilità, buona giorn-ah, aspetta Inuyasha: passami Miroku, per favore." si corresse la poliziotta.
"Agli ordini, agente" ubbidì, avvicinando il telefono all'orecchio del proprio capo, ma non prima di avervi sussurrato "Hai fatto bingo, passerotto."
"Ciao di nuovo, Sango; cos'altro posso fare per trattenerti ancora un minuto e farmi deliziare dalla tua voce?"
Il suo badante alzò gli occhi al cielo, divertito.
"Cavolo, questa è la nuova frontiera della svenevolezza, sai?"
"Finché riuscirò a strapparti un sorriso, saprò che ne sarà valsa la pena. Ci sentiamo, stasera, oppure sarai occupata fino a tardi?"
"Ti avviserò appena lo saprò. Buona giornata."

"Porca vacca: adesso vedo quello che riesci a fare da tetraplegico, ma non oso immaginare quanto successo dovessi avere, prima dell'incidente." commentò il mezzo-demone.
"Ah, da quel punto di vista, credo che non sia cambiato più di tanto: il tempo che prima dedicavo all'esercizio fisico, ora lo trascorro cercando di perfezionare le mie abilità oratorie." spiegò Miroku.
Dopo un breve silenzio, Inuyasha ridacchiò.
"Immagino sarà stato difficile, per te, dire addio al Leg Day."
A questo punto, il suo capo si unì a lui.

 

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"Pronto, con chi parlo?" chiese Kimi Gobodo.
"Buongiorno, signora Gobodo, il mio nome è Kohaku Yamaguchi, la contatto per parlare del programma di cui fa parte suo figlio".





Ciao ragazzi, purtroppo devo annunciarvi che, da questo capitolo in poi, la programmazione diventerà bisettimanale: ho bisogno di più tempo per organizzare le idee e proseguire nella maniera, spero, migliore.
Grazie in anticipo per la comprensione

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Capitolo 24
*** La Sabbia Inizia a Scorrere ***


"E così tu e Shiori, voglio dire l'agente Funakoshi, vi conoscete, ho capito bene?"
Il demone cane dall'altra parte della scrivania era svaccato sulla propria sedia e teneva le gambe sul tavolo, una sopra l'altra.
"A quanto pare, sì." rispose.
Rin si imbronciò, indispettita da questa risposta così vaga.
"Come sarebbe a dire 'A quanto pare, sì'? Non posso credere che tu non riesca a ricordare una ragazza cui hai rubato il primo bacio."
Sesshomaru alzò gli occhi al cielo: già la giornata non era cominciata nel verso giusto, vista la seccante presenza di cui non si era ancora riuscito a liberare; se adesso la sua sponsor aveva davvero intenzione di sprecare il tempo di entrambi a ficcanasare su un episodio così sciocco ed insignificante della sua vita, non lo avrebbe accettato.

"Eheheh, sei nei guai, bello mio: vuole sapere di quel bacio perché, sotto sotto, è gelosa, e sta morendo d'invidia." sussurrò una voce maschile al suo orecchio destro: fottuto Jake Gyllenhaal.
"Non ho rubato niente a nessuno, hai capito?" fu l'avviso che Rin ricevette "Mi sono semplicemente voltato verso di lei, chi poteva aspettarsi che quell'insulsa mezzo-demone pipistrello si fosse messa in testa di baciarmi?"
Rin diede due colpetti di tosse per ammonire Sesshomaru.
"Vorrei farti presente che si tratta di una mia cara amica, quindi ti inviterei a portarle rispetto, d'accordo?"
"E ti pareva." sbuffò il demone cane, seccato.
"Come hai detto, scusa?"
"La lagna comincia a diventare ripetitiva: a sentirti parlare sembra che chiunque, a questo mondo, sia o sia stato tuo amico, in un modo o nell'altro."
"E allora, che cosa ci sarebbe di tanto strano?" domandò l'umana "Voglio dire, sono una persona socievole, me lo dicono in molti."
"Altroché se lo sei, ed è qui che iniziamo ad avere un problema, perché io non ho alcuna intenzione di diventare tuo amico: è per questa ragione che hai insistito affinchè ti fosse affidato il mio caso e potessi seguire anche dopo la mia aggressione, dico bene? Non sei adatta per questo lavoro."
Si stava mettendo sulla difensiva, notò Rin, che subito intervenne.

"Perché la cosa ti infastidisce, Maru-chan?"
"Puoi smetterla con questo soprannome del cazzo? Non ho mai detto che mi facesse piacere essere chiamato così."
La sponsor, imperturbabile, alzò le mani in finta resa e ribattè:"Lo farò quando avrai risposto alla mia domanda, che ne dici?"
"Porca vacca, sta tirando fuori i denti, la pupa: il carattere forte la rende molto più sexy, non trovi?"
Ignorando completamente le ultime parole della donna e dello spettro, Sesshomaru voleva una risposta alla propria domanda.
"Perché ci tieni così tanto a saperlo? Sei più interessata alla cosa tu di quanto lo sia io: fino a un paio di giorni fa nemmeno mi ricordavo che esistesse."
"Quindi averla rincontrata dopo tanto tempo non ti fa nè caldo nè freddo? Perché dalla tua reazione non si direbbe, sai?"
Forse punzecchiando il demone cane ancora un po' sarebbe riuscita a cavargli di bocca qualcosa di utile: stando alle ultime notizie di Kagura, ne avevano tremendamente bisogno, quindi doveva tentare.
"Vuoi seriamente affrontare questa seduta come la conduttrice di un'insipida trasmissione di gossip di quarta lega? Perché se è così posso tranquillamente mettermi a dormire ed ignorarti per il resto del tempo che sarò costretto a passare con te."
Okay, fanculo la delicatezza: se lui voleva fare il difficile, a lei sarebbe toccato ricorrere all'artiglieria.

"Sesshomaru, se cominciassi ad aprirti un po' di più non ci sarebbe bisogno che mi comportassi come la Oprah Winfrey dei poveri, ne sei consapevole, vero?"
L'interlocutore si sentì scuotere dal torpore che la discussione gli aveva procurato fino a quel momento.
"Già ho avuto difficoltà a farti parlare di te stesso senza che condissi il tutto con il tuo sarcasmo o gli scatti d'ira, e adesso devo scoprire dettagli sul tuo passato perché, per caso, siamo incappati in Shiori? Perché devi rendere tutto così difficile? Perché non riesci a concepire che possa esserci qualcuno che voglia davvero aiutarti?"

"Aiutarmi?" ripeté Sesshomaru "E in che modo, di grazia? Trattandomi come un bambino, da distrarre alla sala giochi? Insistendo che io abbia un problema di alcolismo anche quando ti ho detto chiaramente che non è così?" da dietro le spalle di Rin, Jake lo guardò con una smorfia di tristezza degna del meme AM I A JOKE TO YOU?, cui il demone cane rispose con un'espressione assai infastidita "Oppure organizzando una giornata alle mie spalle con la complicità di mia madre? Tu non vuoi aiutarmi, mi stai solo manipolando nel tentativo di rendermi più mansueto."

Rin abbassò gli occhi, delusa e rattristata.
"È davvero questo, quello che pensi? Che non me ne importi niente e che sia qui solo per prendermi gioco di te?"
Il figlio di Toga le fece cenno che sì, lo credeva:"Per te non sono tanto diverso da James Bowen, dico bene?"
La giovane donna sgranò gli occhi, sentendo il nome del protagonista di A STREET CAT NAMED BOB.
"Pensavi davvero che non avrei cercato il film di cui mi hai parlato?" domandò mentre toglieva i piedi dalla scrivania e si rimetteva composto "Su quello schifoso drogato ed il suo pulcioso gattaccio?"
Si alzò dalla sedia e si inarcò per fissarla negli occhi.
"Perché non dici chiaramente come stanno le cose? Che ti faccio pena? Che mi ritieni patetico e provi compassione per me?"
Il suo aspetto si stava facendo inquietante, e la donna in stanza con lui tremava.

Prima che Sesshomaru proseguisse ulteriormente, Rin doveva cercare di calmarlo, anche se la paura la bloccava.
"Sesshomaru, ascoltami..."
"IO. NON HO. ALCUN. PROBLEMA! HAI CAPITO?"
"Se sei qui è evidente che ti sbagli, ti è mai venuto il sospetto?" ribattè l'umana, stranamente rinvigorita da quella frase.
"Sono qui perché qualcuno è convinto che questo percorso mi renderà più docile e meno problematico."
"Quel qualcuno è tuo padre, lo fa perché ci tiene a te, non perché ti ritenga un impiccio; e scommetto che lo stesso vale anche per tuo fratello."
"Posso assicurarti che a nessuno dei due interessa nulla di me" si mise una mano in tasca ed estrasse il telefono; lo sbloccò e lo avvicinò a Rin "Se vuoi puoi chiedere tu stessa al mezzo-sangue, sarà ben contento di risponderti."

Non era andata affatto come sperava, e di questo passo non sarebbero stati pronti nemmeno in tre anni, altro che settimane.
'Però...' bisbigliò una vocina nella testa di Rin, che lei riconobbe come il proprio istinto.
'Cosa però?'
'Potrebbe essere un rischio, e sembrarti assurdo, ma...forse dovresti davvero fare questa telefonata.'
'COOOOSA?!?!?!'
'E non urlare, cavolo!'
'Ma se siamo nella mia testa, nessuno sta urlando!'
'Fidati che ti si sente, ma ora concentrati, ok?'
'Perché dovrei farlo? E poi dubito che mi lascerà anche solo toccare il suo telefono?'
'FALLO E BASTA!'
La donna allungò la mano e si portò il telefono all'orecchio, prima di rendersi conto che...non aveva fatto partire alcuna chiamata...e adesso il cellulare era di nuovo in standby.
Imbarazzata, cercò lo sguardo del demone cane e balbettò:"M-me lo sbloccheresti di nuovo, per favore?"
Incredulo, Sesshomaru non potè fare altro che esaudire la sua richiesta...
"Ecco...vedi di non metterci troppo"
...e stare a guardarla mentre attendeva risposta.

Mentre Rin aspettava con ansia, Jake aveva deciso che era il momento di tornare in scena e far sentire la propria fastidiosa presenza al malcapitato demone.
"Però, è proprio tosta, la fanciulla, non trovi?" commentò, mentre accarezzava le spalle della donna.
'Basta' fu l'avviso che Sesshomaru dovette solo pensare, ricordando che un solo fiato lo avrebbe potuto rovinare.
"Non è che io abbia molta voce in capitolo, ricordi?"
Cazzo, aveva ragione.
"Sono solo frutto della tua fervida immaginazione...Maru-chan" disse, battendosi la tempia destra con l'indice "Quindi, c'è un unico modo per tenere la mia lingua a freno, ed è usare la tua."
Finalmente, una vibrazione informò che la telefonata era stata accettata.

 

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Sognava o era desto?
Una chiamata da parte di Sesshomaru?
Che razza di scherzo aveva in serbo per lui?
'O in Croato...uh, merda: Miroku mi sta attaccando la freddurite'
Ad ogni modo, l'evento era più unico che raro, perciò non poteva trattarsi di sciocchezze come un prank telefonico; tuttavia, arrogante e testardo com'era, quella del fratellastro non era sicuramente una richiesta d'aiuto.
"Posso, Miroku? Dice che è Sesshomaru."
"Certo, nessun problema: ne approfitterò per fare una corsetta da Sango."
'Questo è il mio capo, signori!'
"Grazie, torno subito."
Ed uscì dal salotto.

"A cosa devo l'immenso dispiacere, mh?"
Doveva ammettere di essere rimasto sorpreso dalla chiamata, ma non voleva assolutamente che a quello stronzo sfiorasse il pensiero che lui ci tenesse; per questa ragione aveva deciso di utilizzare un tono sgradevole, ma non troppo.

Dall'altro capo del telefono non giunse una risposta: Inuyasha pensò che, stupidamente, aveva sperato troppo; e stava per chiudere, quando-
"Parlo con Inuyasha Taisho, giusto?"
Mai si sarebbe aspettato di udire una voce femminile rispondere dal telefono di Sesshomaru.
Però, a pensarci bene, Miroku e la signorina Kazehaya avevano parlato di una certa Noto, quindi poteva trattarsi di lei: valeva la pena tentare.

"Purtroppo sì, e mi dispiaccio del tono, non era destinato a lei." cominciò.
"Non fa niente, capisco la confusione." rassicurò la sua interlocutrice "Il mio nome è Rin Noto, e avrei bisogno di chiedere una cosa a lei e al suo capo, è lì con lei?"
'E ora che c'entra Miroku?'
"Ehm, sì, un attimo e lo raggiungo." rispose, ritornando in salotto e allontanando il cellulare dall'orecchio per parlare all'uomo in carrozzina.
"È per entrambi noi." spiegò, prima di mettere in vivavoce.
Lo sguardo che ricevette era la definizione da vocabolario di CLUELESS.

"Ok, signorina Noto: è in vivavoce, la sentiamo."
Prima di continuare, decise di mandare un messaggio anche al quarto elemento.
"Sentiamo anche te, Sesshomaru." annunciò nel tono più calmo e pacato che gli fosse possibile.

"Dunque, signorina Noto, di cosa deve informarci? Dev'essere importante, visto che ha richiesto la presenza di entrambi. O sbaglio?"
"E perché ci sta chiamando dal telefono di quel bastardo? Gliel'avete sequestrato come ad uno studente indisciplinato?"
Rin, preoccupata per gli effetti che l'intervento di Inuyasha avrebbe potuto avere, tardò a rispondere, e Miroku colse l'occasione per disinnescare la situazione.
"Quello che il mio assistente vuole sapere è se questa telefonata sia una sua personale iniziativa, oppure se, a breve, Kagura si unirà alla discussione."
Rin si schiarì la gola, più tranquilla.
"Allora, per rispondere alla domanda di Inuyasha: no, la signorina Kazehaya non è al corrente di questa telefonata, ma la avviserò appena mi sarà possibile.
Per quanto riguarda la sua, invece: vorrei sapere se per lei ci fossero dei problemi, qualora dovessi...come dire..."
La chiamata venne messa in attesa.

"Qualora lei dovesse...? Signorina Noto, tutto bene?"
Nessuna risposta.
Inuyasha era perplesso, ma qualcosa gli diceva che c'era dietro lo zampino di Sesshomaru. E la cosa iniziava a preoccuparlo.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, la telefonata riprese...e i battiti del mezzo-demone si normalizzarono quando udì nuovamente la voce di Rin.

"Scusate, mi è arrivata una chiamata dall'altro telefono; ehm, cioè, il mio, sì, insomma, non questo, chè non è mio, eheh."
'È bella strana, la ragazza' fu il pensiero che dovette aver attraversato la mente di Inuyasha e Miroku, che si stavano scambiando uno sguardo perplesso.

"Tornando a noi, signor...Kanagawa, giusto?"
"Giusto." rispose l'interpellato.
"Grazie. Signor Kanagawa, per lei sarebbe un problema insormontabile, se nei prossimi giorni dovessi sottrarle Inuyasha per un'ora, un'ora e mezza?"
Il diretto interessato aveva capito la piega che stava prendendo la discussione...e le implicazioni di quell'invito non gli piacevano minimamente.
Perciò la sua ovvia risposta sarebbe stata:
"Non se ne parla, non ho alcuna intenzione di perdere il mio tempo con qualcuno che mi disprezza."

Sesshomaru aprì le mani come a voler dire che quel risultato era scontato, e che l'unica a non esserci arrivata era proprio Rin, che adesso si era portata il pollice destro alla bocca per staccarsi una pellicina a morsi.
"Vi prego, sarà solo per un paio di giorni, ve lo posso assicurare, promesso." stava supplicando al telefono.

"Mi dispiace, signorina Noto, ma Inuyasha ha già espresso la propria opinione, e bisogna rispettarla.
La ringrazio di aver chiamato, mandi i miei saluti a Kagura, per favore."
Dall'altro capo del telefono, una Rin sconfitta non potè fare a meno che accettare la risposta.
"Capisco, ma se doveste cambiare idea vi pregherei di chiamare il centro, oppure la stessa signorina Kazehaya, per favore. Buona giornata."
E riattaccò.

"Telefonata intensa, nè?" commentò Miroku "Dato che non vorrai parlarne, che ne diresti di aiutarmi con l'allenamento?"
Il mezzo-demone ringraziò il proprio capo per la cortesia, ma una piccola voce lo ammonì:
'Prima o poi la verità verrà a galla, e dovrai farci i conti."

 

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Gli occhi che incrociò la stavano giudicando, e questo la fece sentire piccola piccola.
Tuttavia, non si aspettava di sentire quello che Sesshomaru le avrebbe detto.
"Mi hai sorpreso, Rin: non mi aspettavo che lo facessi davvero; che raccogliessi la mia sfida con tanta determinazione."
Quello era senza ombra di dubbio un complimento, e a confermarlo ulteriormente furono le farfalle nello stomaco che la giovane donna avvertì a quelle parole.
'CAZZO!!!!!! Non è possibile!'

 

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"Quindi, signor Yamaguchi, il giorno del gala per la presentazione del vostro progetto è stato anticipato all'improvviso e questo ha scombussolato tutta l'organizzazione, ho capito bene?"
La mole di informazioni ricevuta da Kimi poteva essere riassunta così.
"Ahimè sì, signora Gobodo: la situazione è quella da lei descritta." confermò Kohaku "E sono profondamente dispiaciuto nel darle una simile notizia, ma ho ritenuto che informarla sarebbe stato quantomeno corretto nei suoi confronti."

'Il giovanotto sa davvero quali punti toccare, quando parla.' pensò Kimi 'anche se questo salamelecco non è assolutamente necessario: lo so, potrà sembrare un cliché, ma sono una madre preoccupata per il proprio figlio e i soldi non sono un problema, perciò...'
"Non si preoccupi, le sono grata di aver pensato a me; crede che potrei esserle d'aiuto, in un modo o nell'altro? Potrei mettere a disposizione il mio salone, per il gala, se vi potesse tornare utile...cosa ne pensa?"

'Penso che abbiamo un accordo, ecco cosa!' si compiacque Kohaku, convinto di aver aggiunto un altro raggiro a regola d'arte alla lista dei propri successi.
Tuttavia, la cautela prima di tutto: se avesse accettato subito sarebbe stato molto sospetto, un segno di disperazione, e sapeva bene di non potersi permettere di mostrare punti deboli.
"È proprio sicura che per lei non sarebbe un disturbo, signora Gobodo? Non ci perdoneremmo mai, se dovessimo scoprire di aver abusato della sua generosità."

"Posso assicurarla che non mi ritengo assolutamente sfruttata, in questa situazione."
Le parole giunsero alle orecchie del suo interlocutore come un cucchiaio di miele...
...che però nasconde un'amara medicina.
"Sa, è un peccato non avere una persona come lei alle mie dipendenze."

Kohaku si pietrificò: era solo una sua impressione oppure era appena stato smascherato?
Per il momento, non essendone del tutto sicuro, avrebbe fatto meglio a procedere con i piedi di piombo.
"Mi scusi, temo di non seguirla, potrebbe spiegarsi meglio?"
Musica per le orecchie di Kimi!
"Una lingua affilata è il solo strumento tagliente che, con l'uso, migliori il filo." rispose citando il racconto RIP VAN WINKLE "Sono convinta che valga lo stesso anche per l'arte della lusinga, e devo riconoscere che sei bravo, Kohaku; ma dovresti fare attenzione a non esagerare, e soppesare ogni parola con il bilancino dell'orafo."

Non c'era alcun dubbio: aveva trovato qualcuno non solo in grado di tenergli testa, ma anche di batterlo per esperienza.
Diamine, avesse avuto una pala l'avrebbe usata per seppellirsi.
"Prima Washington Irving e adesso Marco Terenzio Varrone? Devo averla completamente sottovalutata, signora.
Vogliate accettare le mie sincere scuse per questa mancanza di rispetto."
Prima che riuscisse a finire, sentì una risata.

"Non hai idea di quanto mi sollevi sapere che ci siano ancora giovani che leggano autori così poco considerati."
Kohaku non riusciva a credere alle proprie orecchie: insomma, qualsiasi persona, al posto della demoniessa, in quella situazione gli avrebbe attaccato il telefono in faccia indignato (prima o dopo avergli rivolto epiteti poco lusinghieri).

"Ad ogni modo, se te lo stessi chiedendo, sappi che il mio appoggio rimarrà: il vostro capo è riuscito in qualcosa di cui pochi altri possono vantarsi, e cioè suscitare la mia ammirazione."
Quelle parole riportarono l'interlocutore alla realtà, anche se gli ci volle qualche secondo per realizzare appieno quanto cosa gli fosse stato detto.
Ancora scombussolato, accennò una risposta il più composta possibile.
"Certamente. Allora riferirò la vostra risposta alla signorina Kazehaya appena mi sarà possibile.
La ringrazio per la disponibilità e per la dritta: vedrò di tenerla bene a mente.
Le auguro una buona giornata."
"Buona giornata anche a lei, signor Yamaguchi."
E la telefonata fu chiusa.





Nell'ultima settimana ho riflettuto molto, e sono giunto ad una conclusione: non fissare delle scadenze, se si sa di non riuscire a rispettarle;
Per questa ragione, ho deciso che pubblicherò quando sarò sicuro di esserne pienamente convinto.
Questo non significa che passeranno mesi, sia chiaro, ma è un progetto iniziato per gioco e a cui mi sono piano piano affezionato, perciò vorrei che vi piacesse e fosse ben fatto. Tuttavia, posso dire di aver imparato una lezione: non fissare delle scadenze, se si sa di non riuscire a rispettarle;
Per questa ragione, ho deciso che pubblicherò quando sarò sicuro di esserne pienamente convinto.
Questo non significa che passeranno mesi, sia chiaro, ma è un progetto iniziato per gioco e a cui mi sono piano piano affezionato, perciò vorrei che vi piacesse e fosse ben fatto.

Grazie per la pazienza, e spero che il capitolo possa piacervi

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