New Skins di Roxanne Potter (/viewuser.php?uid=115588)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Ottobre
aveva portato con sé il
primo vero freddo e le prime piogge d'autunno: Rose, che tremava
persino nel suo mantello imbottito e con le mani coperte dai guanti
in pelle di drago, tirò un sospiro di sollievo quando la
professoressa Corner accese con un colpo di bacchetta un fuoco
verdognolo che iniziò a volteggiare nell'aula di Antiche
Rune,
spandendo il suo calore confortante tra le mura di pietra umida.
Finalmente
capace di concentrarsi
a dovere sulla lezione, Rose ricominciò a prendere appunti,
lanciando di tanto in tanto delle occhiate fugaci alle finestre
battute dalla pioggia.
“Se non smette di piovere io
questo pomeriggio non ci vado a seguire Erbologia,”
mormorò a un
certo punto, rivolta a Scarlet. La sua migliore amica annuì
con aria
distratta; i folti capelli castani legati da un fiocco nero, il mento
poggiato su una mano e le dita coperte di schizzi d'inchiostro,
Scarlet aveva lasciato a metà i suoi appunti ed era intenta
a
rifinire i contorni di una natura morta sulla pergamena.
“Sì, hai ragione. Però
possiamo sempre evocare un fuoco come ha fatto la Corner e portarcelo
dietro in un barattolo.”
“Ottima idea. Conosco l'incantesimo,
è semplice...”
“Ragazzi, fate tutti
attenzione, per favore!”
Rose
si voltò di scatto; Aimee
Corner aveva chiuso il libro dal quale fino a quel momento aveva
letto le sue spiegazioni e ora, seduta sul bordo della cattedra,
osservava la classe con un'espressione speranzosa negli occhi.
“Ricordate quando vi ho parlato
della possibilità di dedicarvi a dei progetti
extracurriculari?”
iniziò la professoressa, ricevendo in risposta un coro di
assenso.
“Bene, la mia prima proposta è questa: una ricerca
di
approfondimento sulla storia e la scoperta delle rune Hälsinge,
da consegnare entro il venticinque novembre. Ho qui con me una lista
di testi di riferimento che potete trovare in biblioteca, ma
ovviamente nulla vi vieta di consultare altri testi aggiuntivi a
vostra scelta. La mia idea è che lavoriate in coppie o in
gruppi di
massimo tre persone. Dunque, chi di voi è interessato al
progetto
alzi la mano.”
Rose
sollevò la sua e si guardò
intorno, constatando con una punta di delusione che Scarlet non aveva
fatto altrettanto.
“Solo quattro persone? Beh, non importa,
almeno ci troviamo con i numeri. Sandrox e Tolipan, vi metto in
coppia? Benissimo... a questo punto rimangono la Weasley e la Lennox.
Ragazze, potete venire qui a prendere la bibliografia.
Dopodiché,
per la vostra gioia, possiamo considerare questa lezione
conclusa.”
“Scusami,” disse Scarlet
mentre iniziava a sistemare i suoi libri in borsa. “In questo
periodo ho un sacco di cose per la testa, non me la sento di
dedicarmi anche a dei progetti extracurriculari...”
“Tranquilla,
non fa niente,” la interruppe Rose con una scrollata di
spalle. Nel
momento in cui si voltò verso la cattedra vide Sophie Lennox
dirigersi verso di lei, tenendo in mano la pergamena con la lista dei
testi.
“Ciao, ragazze,” le salutò
allegramente Sophie. “Rose, se ti va possiamo già
iniziare a
organizzarci con lo studio. Sei libera questa settimana?”
“Fammi
pensare... possiamo vederci giovedì alle quattro in
biblioteca, che
ne dici?”
“Sì, va bene. Lo ammetto, avrei voluto fare la
ricerca con Scorpius ma lui mi ha abbandonata, dice che deve
rimettersi in pari con i programmi di altre materie.”
Rose
lanciò un'occhiata a Scorpius Malfoy che, come suo solito,
stava
uscendo dall'aula con lo sguardo assorto e apparentemente perso nel
vuoto, senza unirsi alle chiacchiere degli altri studenti.
“Non si fermerà mai a parlare
con noi, vero?” osservò Scarlet.
“Non so. Prima o poi, forse. Ma
stai tranquilla, non ha niente contro di voi. Lo sapete, Scorpius
è
solo molto timido... come lo era tuo cugino, Rose, prima di uscire
completamente fuori di testa.”
Rose
si limitò a ridere mentre
seguiva Sophie e Scarlet fuori dall'aula, per nulla infastidita nel
sentir definire Albus fuori di testa. Aveva colto
l'ironia
benevola in quelle parole, uno di quei piccoli dettagli che la
rendevano sempre più convinta che Sophie non fosse affatto
male come
persona – non poteva considerarla propriamente un'amica, la
loro
conoscenza non era mai andata davvero oltre la superficie, ma non se
l'era mai sentita di definirla una stronza o un pezzo di ghiaccio
come facevano in molti.
“Sapete che esiste un corso di
Alchimia per gli studenti del settimo anno?” stava dicendo
Sophie,
mentre le tre ragazze imboccavano il corridoio dell'aula di
Incantesimi. “Però viene organizzato solo se
c'è abbastanza
domanda, infatti quest'anno non è partito. So che
è presto per
pensarci ma io sono convinta di volerlo seguire, a costo di farmi
dare lezioni private da Lumacorno.”
“Beh, secondo me in pochi
vogliono caricarsi di un tale impegno durante l'anno dei
M.A.G.O.,”
osservò Rose. “A meno che tu non sia davvero
appassionato della
materia.”
La porta dell'aula di Incantesimi si aprì, lasciando
uscire un gruppo di studenti di Tassorosso. Rose riconobbe Wanda
McMillian, che camminava leggermente distanziata dalle sue compagne,
e approffittò del momento in cui i loro occhi si
incrociarono per
rivolgerle un cenno del capo. Con sua sorpresa, Wanda non
tirò
dritto come ormai faceva sempre più spesso quando si
incontravano in
pubblico; virò il passo per avvicinarsi a lei e
salutò Scarlet e
Sophie con un “ciao” sbrigativo prima di rivolgerle
la sua
attenzione.
“Ti va di fare un giro? Devo
parlati di una cosa importante.”
Dopo
un istante di esitazione,
Rose annuì.
“Sì, va bene. Ci vediamo a
pranzo, Scarlet. Ciao, Sophie, a giovedì!”
Wanda
inarcò le sopracciglia nel
momento in cui la sentì salutare Sophie ma non fece alcun
commento,
neanche quando lei e Rose si ritrovarono a camminare sole lungo il
corridoio e poi su per una stretta scalinata; Rose non sapeva se
irritarsi o preoccuparsi davanti a quel silenzio.
“Allora? Cosa è successo?”
la incalzò.
“Tra un po' ti dico. Troviamo prima un posto comodo
dove parlare.”
Rose trattenne l'istinto di alzare gli occhi al
cielo. Sempre più spesso le “cose
importanti” di cui Wanda aveva
bisogno di parlarle – presentate a volte come questioni di
vita o
di morte – riguardavano semplici resoconti delle sue
giornate,
lamentele sulla scuola o pettegolezzi sulla vita amorosa degli altri
studenti. Semplici pretesti per reclamare la sua compagnia; il che
non sarebbe stato un male se nel corso del tempo Wanda non avesse
iniziato a cercarla quasi unicamente quando si ritrovava sola e se
l'atteggiamento che assumeva nei suoi confronti in presenza di altre
persone non fosse diventato – per ragioni che Rose non
riusciva a
comprendere – sempre più scostante e indifferente,
a tratti
addirittura brusco.
Raggiunto
il corridoio in cima
alle scale, Wanda si sistemò a gambe incrociate sull'ampio
davanzale
in pietra di una finestra. Rose si poggiò con la schiena al
muro e
incrociò le braccia al petto; non le piaceva lo sguardo
accigliato
con cui la sua amica la stava osservando.
“Come mai ti vedi con la Lennox
giovedì?” iniziò Wanda.
Lo
sapevo. Non ha niente di serio di cui parlarmi.
“Dobbiamo lavorare insieme a
una ricerca di Antiche Rune.”
“Beh, buona fortuna. Io quella
non la sopporto, mi sta proprio sul cazzo. Sta sempre lì a
parlare
male della gente e a criticare chiunque, come se fosse l'unica
persona intelligente sulla faccia della terra. Non capisco come
faccia a essere amica della Callister, lei è sempre
così carina con
tutti...”
“Ti prego, non apriamo questo discorso,”
replicò
Rose, secca. “C'è un motivo per cui mi hai chiesto
di parlare da
sole o volevi solo farmi una predica sulle mie amicizie?”
Lo
sguardo di Wanda si adombrò
di colpo e le sue dita iniziarono a tamburellare nervosamente sulle
ginocchia. Un attimo dopo Rose era seduta accanto a lei, una mano
poggiata sulla sua spalla e il senso di colpa che le premeva sul
petto.
“Hey, che succede?” disse
dolcemente. “Qualcosa di grave a casa?”
“Non proprio grave. Stamattina
papà mi ha scritto, ha detto che mamma finalmente si
è fatta
risentire.”
“Oh... e non porta buone notizie?”
“No. Lui
le aveva chiesto se le sarebbe piaciuto organizzarsi per passare il
Natale con noi, ti ricordi?
Le
aveva detto che ovviamente
avrebbe dovuto farlo per me, perché sarei stato felice di
vederla,
non certo per lui. E che non ci sarebbe stato niente di male se si
fossero sforzati di andare d'accordo e comportarsi in maniera civile
almeno per un giorno.”
“Tuo padre ha ragione,
certo.”
Rose strinse leggermente la spalla di Wanda, rendendosi
conto che, fino a qualche tempo prima, non avrebbe avuto alcun remore
ad abbracciarla in un momento simile.
“Lei gli ha risposto che non è
sicura di esserci perché vorrebbe passare il Natale in
Portogallo
col suo futuro nuovo marito. Ti rendi conto?”
La voce di Wanda
tremò e Rose si aspettò di vederla piangere; ma i
suoi occhi,
seppur umidi, non versarono nessuna lacrima.
“Per Merlino, mi dispiace... da
quant'è che non la vedi?”
“Dall'estate scorsa. Sinceramente
in questo momento non avrei voglia di rivederla neanche se fosse lei
a farsi avanti, per me è solo una grandissima
stronza.”
Rose si
morse le labbra, incerta su quali fossero le parole giuste da usare.
Dopotutto, erano anni che ascoltava gli sfoghi di Wanda sulla madre
che l'aveva abbandonata fin da quando era bambina e che da allora non
aveva avuto quasi più alcun ruolo nella sua vita.
“Mi dispiace,” ripeté
infine, consapevole di quanto suonasse banale quell'asserzione.
“Sai
che non posso immaginare cosa significhi. Ma magari tu e tuo padre
riuscirete lo stesso a passare un bel Natale insieme. Lui non aveva
iniziato una frequentazione quest'estate?”
“Sì, ma anche se
non me l'ha detto direttamente da quello che ho traspare dalle sue
lettere ho inuito che dev'essere già finita. Sai
com'è mio padre. È
sempre troppo assorbito dal lavoro per prestare la giusta attenzione
a qualsiasi altra cosa... comprese le tipe con cui esce.”
La
voce di Wanda suonò più calma, più
ferma, e questo portò Rose a
scostare la mano dalla sua spalla.
“Prima o poi persino lui
troverà la persona giusta,” disse sforzandosi di
infondere un
tocco di ironia nella voce. “Quando succederà
vedrai che non ci
penserà due volte a mettere il lavoro in secondo
piano.”
“Ne
dubito,” replicò Wanda con un sorriso amaro.
“A meno che non
decida finalmente di seguire una terapia. Io non credo molto a queste
cose ma i tuoi genitori con la terapia hanno risolto i loro problemi,
no?”
“Beh, risolto è un parolone.
Continuano a farsi
le loro belle litigate però le cose vanno molto meglio
rispetto a
prima. Forse non te l'ho mai raccontato ma una sera sono tornati a
casa dopo un incontro con la terapista e sembravano una coppia di
piccioncini, non li avevo mai visti andare così d'amore e
d'accordo.
Poi, ecco... sono saliti in camera e io e Hugo li abbiamo
sentiti...”
Si interruppe, mentre Wanda rovesciava indietro la
testa e scoppiava in una risata sinceramente divertita.
“Oh, Merlino... voi cosa avete
fatto?”
“Io mi sono chiusa in camera con la musica a palla e
Hugo si è messo i paraorecchi che usa per le lezioni di
Erbologia.”
Rose si unì alla risata di Wanda. Per un attimo, fu
colta dall'illusione che la loro confidenza non si fosse mai
incrinata. Che le loro discussioni sempre più frequenti non
fossero
mai esistite, che la distanza che le separava avrebbe potuto
colmarsi.
Ma
non era la prima volta che le
cose tra loro sembravano tornare al loro posto per poi andare
nuovamente in pezzi, rendendola sempre più stanca e
demoralizzata
nel tentare di raccogliere i cocci di un'amicizia che sembrava avere
sempre meno senso di esistere.
Forse
posso continuare a starle a fianco. Se lei sarà capace di
cambiare,
di tornare la persona che era prima.
Parole
alle quali Rose,
nonostante la leggerezza di quel momento, sapeva di non credere.
*
Note
Salve a tutti! Sono molto contenta di essere riuscita a
pubblicare questo prologo perché era da tempo che volevo
scrivere una Long (in questo caso MiniLong, probabilmente non
andrò oltre i dieci capitoli) mettendo in campo i personaggi
della mia Nuova Generazione, compresi i miei OC, ai quali tengo un po'
come se fossero i miei figli. I personaggi saranno abbastanza numerosi
perciò cercherò di introdurli pian piano andando
a chiarire progressivamente quali sono le loro Case e i rapporti che
legano ognuno di loro, sperando di non generare troppa confusione nei
lettori e non risultare dispersiva.
Ogni capitolo seguirà diversi punti di vista, soprattutto
quelli dei personaggi citati nell'introduzione. Ho deciso di non
inserire il genere Romantico perché non sarà
prevalente nonostante la presenza di accenni a coppie e interessi
amorosi, la trama sarà principalmente una slice of
life/coming of age in cui i personaggi attraverseranno dei percorsi di
maturazione e cambiamento tipici della loro età legati
soprattutto alla nascita di nuove importanti amicizie, da qui il titolo
"New Skins." (A questo proposito mi sono ispirata anche al nome della
serie tv adolescenziale "Skins" per cui ultimamente ho sviluppato una
vera e propria ossessione, anche se in questa storia sono ovviamente
assenti i temi più "trasgressivi" affrontati dalla serie)
Se siete arrivati fin qui spero che questo prologo sia stato di vostro
gradimento, ringrazio in anticipo chiunque lascerà una
recensione o deciderà di seguire la storia!
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
Il
bolide sfrecciò a un soffio dal suo orecchio; Albus
sferò di lato e
arrestò bruscamente la scopa a mezz'aria, concedendosi un
istante
per buttare fuori il fiato.
“Roxanne!”
urlò in direzione della ragazza che volava verso di lui
impugnando
una mazza da Battitore. “Due centrimetri di differenza e mi
avresti
spaccato il naso! Si può sapere perché mi vuoi
morto?”
“Perché
sei un Cercatore pessimo e voglio farti sostituire,”
ribatté
Roxanne, ormai ferma davanti a lui. Subito dopo le sue labbra si
tesero in un sorriso che lui non poté fare a meno di
ricambiare.
“Scusa, mi sono fatta un po' prendere la mano.”
“Cerca di
stare attenta, vi servo tutto intero contro i Tassorosso.”
Planarono
insieme in discesa, verso il centro del campo, e balzarono
giù dalle
scope accanto a Matt, che scuoteva la bacchetta per costringere il
bolide che aveva quasi spaccato il naso di Albus a stare fermo nel
baule.
“Noi
andiamo in dormitorio a finire i compiti, vieni con noi?” gli
chiese Matt mentre entravano negli spogliatoi.
“No,
io pensavo di andare in Sala di Ritrovo,” rispose
sovrappensiero
Albus, riponendo la scopa e la divisa spiegazzata nel suo armadietto.
“Mi faccio la doccia qui, non aspettatemi.”
Si
precipitò verso i bagni, senza dare a Matt e Roxanne il
tempo di
replicare. Quando – vestito in felpa nera e jeans –
tornò nello
spogliatoio, lo trovò vuoto. Si diede un'ultima occhiata
allo
specchio della stanza, aggiustandosi una ciocca dei capelli
perfettamente allisciati dietro l'orecchio, prima di gettarsi addosso
il cappotto e uscire incamminandosi lungo il pendio erboso che
portava all'ingresso del castello.
Si
trovò a fischiettare allegramente tra sé e
sé mentre camminava.
Nonostante l'atmosfera tetra data dal grigio cielo autunnale e dagli
alberi ingialliti, non poteva fare a meno di sentirsi di buonumore;
il suo quarto anno si stava rivelando molto più divertente
del
terzo, da quando sua cugina e il suo migliore amico erano entrati
nella squadra di Grifondoro. Avevano iniziato ad organizzare dei
piccoli allenamenti privati tra loro oltre quelli con il resto della
squadra, in vista della partita che avrebbe visto i Grifondoro contro
i Tassorosso.
In
più si sentiva animato dalla prospettiva di poter vedere
Mary da lì
a poco.
Mary,
Tassorosso, di due anni più grande di lui, la ragazza
più bella che
avesse mai visto in vita sua. Era da tempo che tentava di beccarla da
sola per chiederle di uscire, speranza prontamente delusa in quanto
la ragazza era sempre circondata da gruppi di amiche. Aveva persino
chiesto consiglio a James il quale aveva riso e gli aveva detto, con
il solito tono di scherno; “Andiamo, Al, non sei neanche
capace di
chiedere a una ragazza di uscire con te?”
Un moto di fastidio
gli contorse lo stomaco nel ricordare quelle parole. Nonostante lo
scorrere del tempo, James continuava a trattarlo come se lui fosse
ancora il ragazzino timido che aveva appena messo piede a Hogwarts
–
suo fratello sembrava del tutto cieco ai cambiamenti che pian piano
avevano trasformato la sua personalità nel corso di quegli
anni. Lo
infastidiva oltremodo che James fosse convinto della sua
incapacità
di chiedere a una ragazza di uscire per quanto – o almeno
così gli
ripeteva Rose – sapeva che non avrebbe dovuto affatto curarsi
del
suo giudizio.
Quelle
preoccupazioni svanirono nel momento in cui varcò la soglia
della
Sala di Ritrovo, gremita di studenti che studiavano ai tavolini
accanto alle finestre o chiacchieravano intorno al fuoco. Si
sentì
richiamare da un gruppo di ragazzi di Corvonero del suo anno ma le
loro voci sbiadirono quando scorse Mary seduta davanti al camino,
sola, intenta a leggere un libro.
Grazie,
Rose, grazie.
Era
stata sua cugina a dirgli che, di tanto in tanto, vedeva Mary
studiare da sola in Sala di Ritrovo intorno a quell'ora del mattino.
Continuando a ringraziare Rose tra sé e sé, si
incamminò verso la
ragazza senza alcuna esitazione.
“Ciao.
Ti disturbo?”
Mary sollevò lo sguardo dal libro e gli sorrise –
di un sorriso bellissimo che le illuminò gli occhi castano
chiaro.
“Ciao.
No, figurati. Siediti pure qui,” rispose, indicando la
poltroncina
vuota accanto alla sua.
Albus
si sedette, il cuore che iniziava ad accellerare i battiti.
“Che
cosa leggi?”
“Il
libro di Storia della Magia. Domani abbiamo un compito scritto, sto
provando a ripassare qualcosa.”
“Anche noi abbiamo avuto un
compito scritto di Storia della Magia la settimana scorsa. L'ho
consegnato in bianco, ovviamente. Vedi, in realtà a me piace
molto
come materia. Però non mi piace essere forzato a studiare le
cose
per quanto mi appassionino. E poi penso sempre che potrei impiegare
il mio tempo in cose molto più proficue, per esempio il
Quidditch...”
“Certo, abbiamo la partita a fine novembre,”
lo interruppe Mary – per quanto il suo tono fosse bonario,
Albus si
ritrovò a chiedersi se non fosse infastidita dalla sua
parlantina.
Eppure
lei continuava a sorridergli mentre parlavano; senza neanche
rendersene conto Albus si lasciò andare a un fiume di
parole, come
la prima volta che l'aveva approcciata all'ingresso della Sala
Grande. Lei portava una spilla dei Ballycastle Bats, la sua squadra
di Quidditch preferita, e senza neanche riflettere lui le aveva
chiesto dove l'avesse acquistata e da quanto tempo fosse una loro
fan. Da allora si erano incontrati e parlati altre volte, sempre
negli stessi toni amichevoli, ma mai soli – quel momento era
l'occasione perfetta per chiederle di uscire. Ora o mai più.
“Anche
la vostra squadra si allena nei weekend come la nostra?” gli
stava
chiedendo Mary.
“Sì,
spesso. Però, sai, stavo pensando che ogni tanto potrei
anche
sacrificare un po' di tempo dedicato al Quidditch per...”
“Oh,
aspetta un attimo.”
Mary
si era voltata di scatto e aveva sollevato la mano in segno di
saluto, gli occhi più luminosi che mai. Albus
seguì il suo sguardo;
suo fratello James e i suoi amici erano sulla soglia della porta e
guardavano nella loro direzione.
“Scusa,
vado un po' di fretta. Mi ha fatto piacere parlare con te. Ci
becchiamo in giro, va bene?”
“Sì, certo, non c'è
problema,”
rispose lui, la gola stretta in un nodo insopportabile, mentre Mary
si gettava la spalla in borsa e si alzava di scatto, rivolgendogli
appena uno sguardo sfuggente prima di affrettare il passo verso James
e salutarlo con un bacio sulla guancia.
“Un
bacio sulla guancia,” ripeté Rose tra
sé e sé, arrotolandosi un
ricciolo rosso fuoco intorno al dito. “E lui le ha sfiorato
la
spalla, giusto? Non ci sono stati né abbracci né
baci di altro
tipo?”
“Esatto. Tu dunque non ne sapevi niente?”
Albus
guardò speranzoso Rose, che solitamente era al corrente di
gran
parte dei pettegolezzi che circolavano per la scuola. Si trovavano in
sala comune, seduti a un tavolino circolare sul quale Albus aveva
sparso i suoi libri e dispiegato la pergamena ancora
immacolata sulla quale avrebbe dovuto scrivere il suo tema di
Trasfigurazione.
“No,
non ne sapevo nulla, te lo giuro. Altrimenti te l'avrei detto subito.
Se davvero si stanno frequentando deve essere qualcosa di molto
recente. Però... ecco, non è detto che stiano per
forza insieme.
Forse...”
“Mary non ha neanche sfiorato gli amici di James, li
ha solo salutati a voce,” la interruppe Albus. “Si
vedeva che tra
loro c'era una confidenza diversa.”
“Beh, questo è vero.”
Rose si strinse nelle spalle. “Però non saltare a
conclusioni
troppo affrettate. Cercherò di raccogliere qualche
informazione in
questi giorni e ti farò sapere, va bene?”
Albus annuì e tornò
con lo sguardo alla pergamena, sentendosi cogliere da un lieve senso
di colpa. Dall'inizio dell'anno scolastico era riuscito a stento a
tenere in mano una piuma; il Quidditch e il tempo passato con i suoi
amici avevano assorbito del tutto le sue energie e le sue attenzioni,
al punto da essersi beccato almeno un paio di punizioni dal professor
Wildred e persino un rimprovero dal professor Lumacorno, di cui era
sempre stato un pupillo.
Forza,
concentrati.
Intinse
la piuma nel calamaio e iniziò a scrivere l'introduzione ma
non
riuscì ad arrivare neanche in fondo al primo rigo; la sua
mente era
invasa dal ricordo del bacio sulla guancia che Mary aveva dato a
James.
Si
disse che, forse, avrebbe potuto sopportare che a lei piacesse un
altro, ma non suo fratello.
Certo,
James non gli stava facendo alcun torto personale; non aveva idea che
fosse Mary la ragazza per cui lui si era preso una cotta.
Ciò che
non sopportava era il pensiero che Mary potesse preferirgli la
persona a cui lui si era paragonato – in negativo –
per una vita
intera.
Aveva
passato anni recluso in se stesso per colpa di James, delle prese in
giro che avevano prosciugato la sua autostima e la sua sicurezza.
Innumerevoli volte aveva esitato a parlare in sua presenza per paura
di essere interrotto perché James aveva la fastidiosa
abitudine di
interrompere le persone quando parlavano, soprattutto se si trattava
di Albus; sembrava che non avesse mai avuto alcun interesse ad
ascoltare ciò che suo fratello aveva da dire. Aveva
soffocato più e
più volte il suo bisogno di mettersi al centro
dell'attenzione
durante una conversazione di gruppo o un pranzo in famiglia
perché
James gli avrebbe rubato il posto in un battito di ciglia; James e i
suoi monologhi, James che raccontava storie divertenti e che faceva
ridere tutti, James che animava una stanza con la sua sola presenza.
Come
lui non era mai riuscito a fare. O meglio, come solo recentemente
aveva imparato a fare.
Gli
ci era voluta una vita intera per uscire dall'ombra, per tornare a
essere se stesso senza temere il confronto con suo fratello. Non
voleva accettare l'idea che, senza neanche esserne consapevole, James
gli avesse soffiato via la ragazza di cui si era innamorato.
Infatuato.,
si corresse. Non
so se
posso dirmi innamorato di lei. Non ancora, almeno.
“Albus? So a cosa stai
pensando. Smettila.”
Sbatté le palpebre per uscire dallo stato
di trance in cui l'avevano immerso i suoi pensieri e si
voltò a
guardare Rose.
“Non puoi sapere a cosa sto
pensando.”
“Invece sì,” replicò lei.
“Ti conosco fin
troppo bene. Che cosa ti ho detto più e più
volte? Non devi
metterti a confronto con altre persone, tantomeno con lui.”
“Non
mi stavo mettendo a confronto con nessuno.”
“Andiamo. Non puoi
neanche illuderti di riuscire a prendermi in giro.”
Rose
aveva ragione. Non solo era dotata di un'empatia e un intuito che le
permettevano di comprendere le emozioni delle persone che la
circondavano; per lui era come una seconda sorella e il legame che
convidiveva con lei era persino più solido e profondo di
quello che
sentiva di condividere con Lily.
“Va bene. Forse, ma solo forse,
stavo pensando a...”
Si bloccò, le parole incastrate sulla
punta della lingua. Era sempre stato molto bravo ad ascoltare gli
sfoghi altrui, un po' meno a parlare delle proprie emozioni,
soprattutto nel momento in cui ciò avrebbe significato
esternare
delle debolezze che lui non voleva accettare di possedere.
“Ho
capito, adesso non ti va di parlarne,” sorrise Rose,
comprensiva.
“Quando ne avrai voglia, fammi un colpo. Piuttosto, vuoi
sapere
cosa mi è successo ieri con Wanda?”
“Fammi indovinare. Vi
siete date appuntamento e lei non si è presentata?”
“Esatto.”
Gli occhi azzurri di Rose, solitamente pacati e gentili, iniziarono a
infiammarsi e la sua voce ad accalorarsi. “Dovevamo vederci
in Sala
di Ritrovo, solo io e lei. Ovviamente non si è fatta viva,
neanche
per sbaglio. Stamattina a colazione mi ha detto di essere stata
trattenuta da degli imprevisti. Pensa un po', abbiamo il Ministro
della Magia a Hogwarts e non ne sapevamo niente!”
“Io credo
che dovresti lasciarla stare. Vedi?” Un sorriso malizioso gli
piegò
le labbra. “Così come tu mi dici di non curarmi
del giudizio di
James e di non mettermi a confronto con lui, io ti dico che tu
dovresti lasciar stare la MacMillan una volta per tutte. È
lo stesso
concetto. Perché io dovrei ascoltare te ma tu non ascolti
me?
D'altronde Roxanne e Louis ti dicono la stessa cosa. Non perdere
tempo dietro a delle persone che non fanno altro che stressarti senza
darti nulla in cambio. Capisco che durante i primi due anni siete
state molto amiche e che avete condiviso dei momenti importanti, ma
sei sicura che lei ti racconti la verità quando ti dice che
tu sei
l'unica a cui confida i suoi problemi personali? Dopotutto dovresti
aver imparato che la MacMillan non è una persona molto
sincera,
anzi, per niente sincera da quello che intendo. Io penso
che...”
“Va
bene, Albus, va bene. Mi hai fatto questo discorso già un
sacco di
volte,” Rose gli diede un colpetto sulla spalla e si
lasciò andare
a un sospiro, esasperato quanto divertito. “Ti prego,
smettila di
parlare e scrivi il tuo dannato tema. Puoi copiare il mio se vuoi.
Davvero, non capisco come fai ad avere i complessi di
inferiorità
nei confronti di James. La tua parlantina è peggiore della
sua.”
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
“Secondo
me devi invitarla a uscire la prossima volta che la vedi. Anche se ci
sono le sue amiche davanti. Cosa t'importa?”
Albus
annuì alle parole di Matt, gli occhi fissi su uno schema di
allenamento che suo cugino Fred – il capitano della squadra
– gli
aveva consegnato quella mattina in sala comune. Non alzò lo
sguardo,
fingendo di essere perso nello studio degli schemi disegnati dal
cugino; non voleva lasciar intendere che il pensiero di Mary
riuscisse a distogliere la sua attenzione, seppur temporaneamente,
persino dal Quidditch.
Da
quando si era alzato quella mattina riusciva a pensare solo a lei;
frammenti delle loro conversazioni passate e i suoi occhi luminosi
continuavano a turbinargli nella mente. La voglia matta di rivederla
– e soprattutto di chiederle finalmente di passare un
finesettimana
a Hogsmeade insieme – lo portò a indirizzare lo
sguardo verso il
tavolo di Tassorosso, ma non riuscì a distinguerla in mezzo
alla
folla di studenti. Forse doveva ancora arrivare in Sala Grande?
Oppure si era già avviata a lezione?
“Allora, vi sbrigate a
fare colazione oppure devo andare da solo?”
A riportarlo alla
realtà fu la voce di Louis, venata del solito sarcasmo. Suo
cugino,
già pronto con la borsa dei libri in spalla, guardava
annoiato
Roxanne e Matt che si stavano affrettando a mandare giù le
loro
tazze di succo di zucca.
“Andiamo,
non voglio sentire Wildred che mi urla addosso anche stamattina
perché sono in ritardo,” disse Roxanne, avvolgendo
il suo toast al
prosciutto in un fazzoletto e riponendolo in borsa.
Albus
si concesse un'ultima occhiata vana alla tavolata di Tassorosso prima
di alzarsi e seguire Louis, Matt e Roxanne verso l'uscita della Sala
Grande.
“Quando
l'anno prossimo mi nomineranno Prefetto vi impedirò di
portarvi il
cibo a lezione.”
“Non ci credo affatto,” ribatté pronto
Albus, dando una spallata leggera a Louis. “L'anno prossimo
chiuderai un occhio ogni volta che ci vedrai utilizzare un prodotto
dei Tiri Vispi e coprirai le nostre uscite notturne. Ancora meglio,
parteciperai alle nostre uscite notturne.”
“Cosa ti assicura
che lo farò?”
“Il tuo affetto per noi.”
“Interessante.
Sembri convinto che io provi affetto per voi.”
Albus si lasciò
andare a un botta e risposta con Louis – mentre Roxanne e
Matt
chiacchieravano riguardo il prossimo allenamento con la squadra
–
finché non raggiunsero l'aula di Trasfigurazione.
La
lezione del giorno verteva fortunatamente su un argomento pratico
–
Incantesimi Trasformativi – sul quale lui si era
già esercitato a
inizio anno durante una settimana particolarmente noiosa a causa
della mancanza di allenamenti di Quidditch; il professor Wildred, che
ultimamente per lui aveva solo commenti e sguardi di disapprovazione,
gli rivolse occhiate soddisfatte mentre i suoi ricci si trasformavano
in puntaspilli e boquet di fiori dai colori sgargianti esplodevano
dalla punta della sua bacchetta.
“Allora
vedo che non abbiamo perso del tutto la mano,” fu il commento
sarcastico del professore a fine lezione. “Ormai mi aspettavo
ben
poco da te, signor Potter.”
“Dovrebbe
sapere che sono un uomo dalle mille sorprese, professor
Wildred!”
esclamò Albus – facendo ridere un gruppo di
compagni a lui vicini
– prima di affrettarsi a raggiungere Matt e Roxanne che lo
aspettavano sulla soglia dell'aula; Rose e Louis si erano
già
volatilizzati per andare al loro corso di Aritmanzia.
“Troviamo
un'aula vuota,” disse allegramente Roxanne non appena
iniziarono a
incamminarsi lungo il corridoio. “Manca ancora mezz'ora a
Incantesimi e io devo assolutamente farvi vedere cosa mi ha dato Fred
stamattina.”
Trovarono un'aula abbandonata proprio accanto a
quella di Incantesimi, al piano inferiore. Albus si appoggiò
contro
il muro e guardò curioso Roxanne che, seduta su un banco,
tirava
fuori dalla tasca della veste un sacchetto ripieno di minuscole
biglie viola scuro.
“Caramelle
dell'Invisibilità!”
“Fantastico,”
osservò Matt, gli occhi scuri che brillavano.
“Quanto dura
l'effetto?”
“All'incirca
un quarto d'ora o venti minuti. Fred mi ha spiegato che le stanno
ancora mettendo a punto. Però potrebbero risultarci utili se
vogliamo uscire dopo il coprifuoco, no? Visto che James ancora non si
è convinto a prestarci il Mantello...”
“Che tra l'altro può
coprire al massimo due persone,” concluse Albus.
“Certo, un
quarto d'ora di invisibilità non è il massimo,
però potrebbero
darci il tempo di scappare e rifugiarci da qualche parte se sentiamo
qualcuno avvicinarsi nei corridoi. Mi fai vedere meglio?”
Roxanne
annuì e gli porse la bustina, che lui si rigirò
tra le mani,
saggiando la consistenza morbida di quelle che a una prima occhiata
gli erano sembrate delle biglie.
“Che
ne dite di organizzarci per una di queste sere?” disse in
tono
entusiasta, riportando lo sguardo su Matt e Roxanne.
“Possiamo
parlare con Ben e i suoi amici dopo la lezione di Incantesimi, loro
volevano fare una serata nella Sala di Ritrovo. Per l'alcol possiamo
chiedere a Fred. E per stare ancora sicuri posso provare a convincere
di nuovo James a prestarmi il Mantello e la Mappa.”
“Certo che
sì,” risposero Roxanne e Matt all'unisono.
Questo
era ciò che gli piaceva di più di quei due;
l'irrequietezza così
simile a quella che lui aveva scoperto in se stesso, la disposizione
a buttarsi a capofitto nella vita senza curarsi troppo delle
conseguenze.
Per
quanto adorasse Rose, che pur essendo una studentessa modello non
aveva nulla del carattere rigido e inflessibile della madre,
nell'ultimo anno – da quando aveva messo da parte i suoi
libri per
iniziare a vivere la vita reale – si era reso conto di aver
altrettanto bisogno di Matt e Roxanne.
Loro
gli permettevano di vivere senza pensare troppo, senza perdere tempo
in eccessive elucubrazioni che gli avrebbero impedito di agire. Erano
le persone giuste con cui ridere e parlare di Quidditch fino allo
sfinimento, ignorando la pila di compiti che si accumulava sempre di
più e che avrebbero copiato all'ultimo secondo. Le persone
con cui
organizzare una serata a base di alcol senza temere più di
tanto le
possibili punizioni che sarebbero sortite se fossero stati colti in
flagrante.
Un'idea
improvvisa lo fece fremere; avrebbe potuto invitare Mary alla serata.
Perché no? Se lei fosse venuta avrebbero potuto bere
insieme,
entrambi si sarebbero sciolti, lui l'avrebbe baciata senza curarsi
della presenza di altre persone...
Il cigolio della porta che si
apriva, l'esplosione di una risata femminile. Albus si voltò
e
rimase raggelato; sulla soglia c'erano James e Mary, avviluppati in
un abbraccio, una mano di lui affondata nei lunghi capelli castani di
lei. I due si guardarono intorno e, dopo qualche istante, fu James a
spezzare il silenzio imbarazzato che era calato su di loro.
“Scusate,
pensavamo non ci fosse nessuno!”
Senza aggiungere altro, si
richiuse la porta alle spalle.
Albus
rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, la mente talmente alla
deriva nel tentativo di realizzare ciò che aveva appena
visto da
sentire appena il tocco rassicurante della mano di Matt che si
poggiava sulla sua spalla.
La
biblioteca era il posto che Rose preferiva di Hogwarts.
La
seconda parte del suo tema sulle rune Hälsinge,
vergata in una grafia perfettamente ordinata, giaceva sul tavolo da
studio, a fianco di una pila di libri che lei aveva estratto dagli
scaffali e di cui ora stava consultando i titoli, indecisa su quali
prendere in prestito.
“Hai
intenzione di portarli tutti con te?” disse Sophie. Era
seduta
davanti a lei, intenta a riporre la sua piuma in un astuccio di pelle
di drago vermiglia.
“Purtroppo
no, altrimenti mi si rompe la borsa.”
“Questo prendilo.
Dottrine
Apocrife Orientali!”
Sophie
puntò il dito sul dorso impolverato di uno dei libri.
“L'ho
letto l'anno scorso, è un testo ottimo.”
Rose non poté fare a
meno di scrutarla con curiosità.
“Non
conosco molte persone che leggano libri simili a parte mia
madre.”
“Io non conosco nessuno che legga libri simili, a
parte te. Sai, ti ritengo una persona molto intelligente.”
“Davvero?”
Battè
le palpebre, sorpresa. Sophie Lennox era l'ultima persona al mondo da
cui si sarebbe aspettata un complimento così improvviso.
“Davvero.
Lo so che sembro una stronza che guarda tutti dall'alto in basso ma
in realtà io osservo molto gli altri. È anche un
modo per capire se
posso andare d'accordo o meno con qualcuno. Secondo me tu non sei una
di quelle persone che impara le cose a memoria e le ripete a
pappagallo come fa per esempio la Sandrox. Capisci e applichi
veramente quello che impari e soprattutto ti appassioni alle cose.
Per esempio, Rune Antiche. Non segui il corso solo per avere un bel
curriculum scolastico, ti piace sul serio come materia.”
“Beh...
grazie. Io potrei dire lo stesso di te,” rispose Rose,
aprendo le
labbra in un sorriso. Le sembrava di aver compreso una cosa molto
importante; Sophie le stava dicendo indirettamente che l'aveva
osservata ed era giunta alla conclusione che loro due potessero
andare d'accordo. Che lei le piacesse come persona, forse la stimasse
addirittura.
“Mi
spieghi una cosa? Come fai a essere amica di una come la
MacMillan?”
A quella domanda, il sorriso di Rose svanì
lasciando il posto a un'espressione dubbiosa.
“Come
mai me lo chiedi? Hai avuto a che fare con lei?”
“Non
direttamente ma purtroppo la sento parlare e ho ascoltato molte
storie su di lei. Trovo sia una persona di una mediocrità
imbarazzante.” Un'altra caratteristica di Sophie, prese nota
Rose,
era l'assoluta schiettezza. “Non c'è niente di
profondo in lei.
Solo un mucchio di insicurezze che la portano ad attaccarsi alle
persone che ritiene in qualche modo illustri e importanti. Ti ricordi
che i primi anni di scuola si vantava di essere tua amica
perché sia
suo padre che i tuoi genitori avevano fatto parte dell'Esercito di
Silente e combattuto durante la battaglia di Hogwarts?”
“Sì,
questo me lo ricordo. Però, ecco, erano i primi anni...
eravamo
ancora piccole, lei era ancora piccola...”
“Non che sia
cambiata molto da allora. Se noti continua a passare da un'amicizia a
un'altra e non è capace di mantenere un rapporto per
più di pochi
mesi. E si avvicina sempre a persone che in cambio possono darle
qualcosa. Hai presente la mia amica Janet?”
“Sì, certo,”
rispose Rose, ricordando la ragazzina bionda e minuta che girava
sempre in compagnia di Scorpius Malfoy.
“Non
si sono mai parlate in tre anni. Poi, verso la fine dell'anno scorso,
Wanda è diventata di colpo amichevole con lei. Abbiamo
capito subito
che il suo scopo era farsi aiutare in Aritmanzia perché si
stavano
avvicinando gli esami.”
“Questo non lo sapevo,” mormorò
Rose. “Devo dire che anche con me ha fatto così in
passato. L'ho
aiutata spesso con lo studio perché lei non va bene a scuola
come
me. A un certo punto questa cosa ha iniziato a infastidirla. Pensa, a
volte mi ha accusata di volerla aiutare solo perché in
questo modo
io vorrei dimostrarle di essere più brava di lei e pormi in
una
condizione di superiorità...”
“Invidia,” la interruppe
Sophie, stringendosi nelle spalle.
“Sì,
questo lo penso anche io. Però... vedi, noi abbiamo un
rapporto
particolare. Ci siamo conosciute i primi giorni di scuola e lei si
è
sempre affidata a me ogni volta che aveva bisogno di parlarmi dei
suoi problemi. Lo fa ancora adesso.”
“Quindi
tu senti in un certo modo il dovere di rimanere al suo fianco
perché
hai paura che se troncassi il rapporto lei potrebbe rimanere
sola?”
Schiettezza e acume, rifletté Rose. Sophie aveva colto
il vero cuore del suo problema pur conoscendo solo i contorni della
situazione.
“Esatto.
Ogni volta che penso di volerla lasciar stare, lei torna da me
piangendo perché ha qualche problema... non so, magari sta
male
perché il ragazzo che le piace non la considera oppure
perché sua
madre che l'ha abbandonata quando era piccola non si fa più
sentire... e io non ho il cuore di dirle che non voglio avere
più a
che fare con lei.”
“Questa è una tua scelta,”
osservò
Sophie. “Non sono certo io a doverti dire di chi devi o non
devi
essere amica. Però riflettici sopra. Io non vorrei mai che
qualcuno
si sentisse in dovere di rimanere mio amico solo per
compassione.”
Un'altra osservazione acuta che l'attraversò e le
aprì gli occhi a una nuova consapevolezza; si rese conto per
la
prima volta, con una chiarezza abbagliante, che la compassione
–
ancora più dell'affetto – fosse probabilmente
l'unico sentimento
che ancora la legava a Wanda. Una compassione che le impediva di
comprendere cosa lei volesse davvero da quel rapporto che ormai
rapporto quasi non era più.
“Hai
ragione,” disse, guardando Sophie dritto negli occhi.
“Non ci
avevo mai pensato in questi termini. Comunque, tra poco dobbiamo
scendere in Sala Grande per la cena. Perché prima non mi
aiuti a
scegliere quali libri portare? Mi fido del tuo giudizio.”
“E
fai bene perché il mio giudizio è
ineguagliabile,” rispose seria
Sophie, strappandole una risata.
Mentre
iniziavano a consultare insieme i libri impilati sul tavolo, Rose
ebbe la ferma sensazione che quel pomeriggio in biblioteca sarebbe
stato solo l'inizio di molti altri.
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