Teen Girls

di Scaglie_D87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 - Pancakes ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 - Felice ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 - Simboli ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 - Proteggere ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 - Scoperta ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 - Una missione da compiere ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 - Pancakes ***


Capitolo 01 - Pancakes


Avevano fatto irruzione in quell’edificio lui, Batman, Superman e Cyborg.
Erano giunte voci di una fabbrica di nuovi supercriminali, dicevano che stavano inoculando i poteri dei peggiori super-cattivi in cavie umane non consenzienti.
Corpi mutilati e smembrati in quel laboratorio, sangue e viscere, definirlo un macello di esseri umani sarebbe stato limitante per descrivere quel che c’era lì dentro …quei corpi erano stati usati come cibo per altri detenuti. Lui non l’avrebbe mai più scordato l’odore di morte che emanava quell’inferno.
Proprio come non avrebbe mai dimenticato gli occhi di quelle due piccoline, Anya e Lilian.

Anya venne trovata vicino al corpo della madre, all’interno della cella che condividevano.
Questa l’aveva nutrita con la sua stessa carne, si era mutilata le dita dei piedi, poi la pianta, in seguito la caviglia. E infine era morta insanguinata.
Quando provarono a stabilire un contatto con la ragazzina, la piccola Anya si era difesa e aveva messo in seria difficoltà lui e tre importanti membri della Justice League.
Quel giorno Dick la vide combattere per la prima volta, e non ebbe dubbi: sapeva a chi apparteneva il potere che quella bambina nascondeva dentro di sé.



Le prime luci dell’alba filtravano attraverso la lunga e spessa tenda che copriva la grossa vetrata situata di fronte al letto. Oramai svegliarsi a quell’ora era diventata un'abitudine visto che gli allenamenti, da quando ne aveva memoria, iniziano presto, molto presto.
Dick
 si stiracchiò pigramente e si alzò dal letto, circospetto recuperò i suoi abiti e si diresse verso la porta della camera da letto con cautela, silenzioso come solo lui sapeva essere. Non voleva svegliare la sua compagna ma aveva dato appuntamento a due persone, era in ritardo e doveva muoversi.
Camminava per il corridoio verso la cucina quando ripensò ai momenti passati in quella torre: per lunghi anni aveva guidato non una ma due generazioni di Titani. La prima con Garth, Roy, Donna e Wally rispettivamente Aqualad, Speedy, Wonder Girl e Kid Flash. Grazie alle loro gesta era riuscito a guadagnarsi la fiducia della Justice LeagueE poi la sua seconda squadra di titani: Koriand'r, soprannominata Kory Anders ma conosciuta ai più con il nome di Starfire, l’incredibile duo Victor Stone e Garfield Mark Logan ovvero Cyborg e Beast Boy e infine la misteriosa e letale Rachel Roth, conosciuta come Raven.
Negli anni avevano protetto il mondo e Jump City dall’attacco di svariati criminali, calamità del calibro di Deathstroke, Madame Rouge, Brain e la Brotherhood of Evil…ma sicuramente la più grande minaccia si era rivelata essere il demone Trigon, che più di tutti li aveva messi alla prova. Solo grazie alla loro forza di volontà, il loro coraggio e alla loro innata capacità di restare uniti erano riusciti a vincere. Dick ripensava a queste storie tra sé e sé mentre beveva il caffè del mattino, sorseggiando il nero liquido dentro la sua tazza, quella con il logo del suo mentore, proprio la tazza che gli era stata regalata da sua figlia e che da anni custodiva gelosamente.

Terminata la colazione cominciò la routine. Si diresse verso la sala allenamento nel silenzio che rimbombava nella torre. Da quando i Teen Titans avevano ciascuno preso la loro strada quell’edificio monumentale non era altro che un contenitore vuoto. Se ne era sempre lamentato, ma nel profondo Dick rimpiangeva teneramente il fracasso dei suoi vecchi compagni di avventure, loro sì che erano dei rumoristi d’eccezione.
Passeggiando lungo i corridoi si disse che quella torre, tra una cosa e l’altra, era la sua casa da diverso tempo. Solo in un ambiente simile avrebbe potuto veder crescere sua figlia e vivere la famiglia continuando a coltivare la sua carriera come super eroe.
In un primo momento con il nomignolo di Robin e ora con sotto le vesti di Nightwing.
Tutto ciò, la sua carriera e la sua vita, non sarebbero state così se non ci fosse stato supporto della “Wayne Family”, detta anche la “Bat Family”.
Erano loro i suoi mentori, sia nei panni di uomo che di super-sorvegliante, tutto ciò che sapeva, lo aveva appreso con o tramite la Bat Family. Lo aveva aiutato nel percorso di genitore, consigliandolo e promuovendo la vita familiare. Al contempo erano stati sempre loro a indicargli le norme e le peculiarità della vita a super-eroe, solo così aveva potuto difendere e controllare Jump City e Blüdhaven e diventarne ufficialmente il sorvegliante.
Avvicinandosi alla porta della sala pesi sentì un leggero vociferare. A quanto pare i suoi ospiti erano mattinieri. Non avrebbe mai scommesso su ciò nemmeno un nichelino.
Per quanto il giorno precedente li avesse spinti ad allenarsi sin dalle prime luci dell’alba, mai si sarebbe aspettato di venir ascoltato, tra dire una cosa e farla… entrò nella stanza, nascondendo i suoi pensieri, subito sorrise alle due ragazze che gli si pararono di fronte.
«Buongiorno! Devo farvi i complimenti, siete davvero mattiniere, non ci contavo proprio!»
Le due indossavano tute da ginnastica in acrilico, colorate e comode. Una portava i capelli corti ad altezza collo, un pò spettinati, color blu notte e meches viola. Meches in tinta con i suoi occhi. Era pallida ma con entrambe le mani impugnava con fierezza un lungo bastone di legno. Fu lei a parlare per prima: «Beh sei stato tu a dirci di presentarci qui alle prime luci dell’alba e così abbiamo fatto…senza contare che per me non è stato un grosso problema visto che qui ci abito…»
Venne interrotta dalla compagna di allenamento: «Guarda Dick devo dirtelo…se tua figlia ieri sera non mi ospitava, potevi scordartelo che sarei arrivata a quest’ora, sono sincera!»
Terminata la frase, sorrise e mostrò i suoi denti bianchi; aveva la pelle scura e profondi occhi azzurri, capelli stile afro color magenta. Un aspetto inusuale che veniva tradito, o esasperato, dalle due spade di legno che stringeva nei pugni. 
«Ammiro la tua sincerità Anya ma guarda… anche tu e la tua famiglia avreste potuto vivere qui, è stato tuo padre che non ha voluto….»
«Chiamalo scemo - disse allungando una gamba in avanti intenta a fare stretching - ha fatto il salto di qualità LUI. Si è unito alla Justice League e ti assicuro che la Sala della Giustizia a Washington è F A V O L O S A!» - Ebbene si, scandì ogni singola sillaba neanche fosse a un concorso di spelling mentre si rialzava dalla scomoda posizione in cui era stata costretta dall’allenamento. 
E aggiunse: «Senza contare che può bazzicare a suo piacimento nei STAR Labs perché…beh lo sai già…no?»
A Dick non serviva spiegare perché il suo amico Victor era in quei laboratori.
Beh si, certo, dopo ogni scontro il suo corpo robotico aveva bisogno di essere riparato. E ok.
Victor era lì per costruire nuovi dispositivi insieme al team di tecnici a disposizione. E va bene. D'altra parte lui aveva la fissa di dover essere d’aiuto in battaglia, sempre al meglio, sempre più utile.
Ma il motivo reale per cui Victor era in quei laboratori, era uno solo: sistemare la relazione con la dottoressa Sarah Charles. Lui non poteva proprio sopportare quel continuo tira e molla e voleva mettere a posto la situazione una volta per tutte, e non solo per una rivincita personale. Victor e Sarah avevano cresciuto Anya e Lilian insieme. Quel mezzo uomo mezza macchina non riusciva proprio a vedere smembrata la sua famiglia. 
Dick interruppe i suoi pensieri vedendo sbadigliare la ragazza dai capelli blu:
«Dormito male tesoro?»
«Per favore papà! Non mi chiamare così davanti agli altri!»
«Oh, scusatemi Miss Evelyn Grayson, non volevo mettervi in imbarazzo - rispose ridacchiandosela - Cosa dite se iniziamo?»
Le due non se lo fecero ripetere, subito si posizionarono al centro della stanza con le armi ben strette tra le mani, in attesa dell’arrivo di Dick, che li si parò di fronte.
«Senza rancore boss, ma oggi sono sicura che io e Evelyn ti rompiamo il culo!»
«Voglio proprio vedere, vediamo cosa sapete fare!» rispose il mentore sorridendo sarcastico. 
Lui rimase fermo, senza estratte le armi. Voleva vedere come si sarebbero mossi i suoi avversari. Chissà se avrebbero messo in pratica i suoi insegnamenti.
Anya si era spostata sulla destra e stava effettuando un attacco diretto verso il petto mentre Evelyn, da sinistra, cercava di colpirlo con il bastone ad altezza gambe.
Il piano delle giovani poteva sembrare ben orchestrato, schivare uno dei due attacchi, per un combattente qualunque, avrebbe significato essere irrimediabilmente colpito dal secondo avversario. Dick, però, poteva contare su incredibili quanto conosciute capacità acrobatiche. D’altra parte non poteva tradire le origini da circense nel Haly's Circus e nemmeno scordare gli anni passati a sopportare il brutale regime di addestramento di Batman.
Gli bastò una capriola per atterrare perfettamente in equilibrio sul bastone di Evelyn, nel mentre ebbe pure il tempo di estrarre i suoi bastoni Escrima in teak brasiliano e parare le spade di Anya.
Stupite ma non troppo e senza perdersi d’animo, le due ragazze ripresero il combattimento sferrando colpi su colpi contro il maestro.
Per lui fu semplice disarmare la figlia, le bloccò a terra il bastone con un piede e la colpì sulle mani facendole perdere la presa. 
Anya senza esitare lanciò una delle sue spade all’amica per riprendere ad attaccare Dick.
Doveva proprio ammetterlo, quelle due lo stavano mettendo in difficoltà. A nulla era valso esser stato definito dal suo mentore come il combattente corpo a corpo migliore tra tutti i Robin. 
Erano ormai quattro anni che addestrava quelle due.
Sua figlia doveva imparare ancora a controllare il suo potere ma nel caso di Anya la situazione era ben diversa. Ma non era proprio il tempo di pensare a questi aspetti mentre si era in combattimento. Anche perché proprio in quell’istante Evelyn lanciò una spada all’amica così da essere libera di creare una cupola nera con il suo potere e potersi proteggere dall'attacco del padre. Anya sferrò due sciabolate all’avversario intento a districarsi dallo scudo della figlia. Il primo fendente venne parato ma il secondo colpì la mano di Dick, che si vide costretto a mollare la presa e lasciar cadere un bastone.
L’arma non fece in tempo a toccare il terreno. Evelyn la recuperò grazie alla telecinesi e la usò per assestare un colpo ben piazzato sotto il mento del padre. Quest'ultimo assorbì l’attacco e indietreggiò ansimante. 
Le due combattenti non volevano lasciare tempo di pensare all'avversario quindi attaccarono repentinamente.
Dal canto suo, Dick estrasse i bastoni teak da combattimento dalla manica e li combinò insieme per creare un bastone bo.
Lanciò a terra una bomba fumogena e si avventò contro la figlia brandendo una scarica elettrica emessa dal bastone. Evelyn evitò il colpo rendendosi intangibile mentre Anya continuava l’attacco.
Dick non potè che difendersi dalle spade usando la sua arma.
Il fumo riempiva la stanza e rendeva l’aria irrespirabile e la visuale nulla.
Le ragazze però non indietreggiarono e continuarono a tartassare Dick, in evidente difficoltà.
Finché il bastone del maestro non cadde a terra.
Dopo anni di fatiche e sacrifici, fu proprio quel giorno che riuscirono a disarmarlo: avevano raggiunto il loro obiettivo.
«Evvai! Ci siamo riuscite Evelyn! Abbiamo vinto!» esclamò Anya urlando verso il cielo. 
«Mi dispiace deludere le vostre aspettative, c’eravate davvero vicine, ma guardando bene…» la voce di Dick era molto vicina, troppo.
Il fumo si stava dissipando e la realtà era ben diversa da quella che ci si aspetterebbe: il maestro aveva perso il bastone ma era riuscito a posizionarsi alle spalle delle ragazze, puntando un pugnale alla tempia di ciascuna.
«Siete state formidabili ma ricordate bene: lì fuori non avranno alcun scrupolo. Sono orgoglioso che rispettiate il codice d’onore dei combattenti ma i criminali di questa città sono mostri senza ideali. Dovete essere sempre sicure che i vostri avversari siano disarmati, altrimenti, nel dubbio, tramortiteli. Questa piccola precauzione potrebbe essere la differenza tra la vita e la morte.»

«Noto che nonostante tutto sei ancora in forma…però evita di colpire nostra figlia in volto … che l’ultima volta è stato un macello con i professori, volevano denunciarci per maltrattamento su minore» avvertì una voce femminile, autoritaria e decisa, dall’esterno della stanza. 
Nonostante tutto il suo impegno per non far rumore, l’aveva svegliata. Il silenzio non era riuscito a tenere a bada Rachel Roth, compagna di Dick e madre di Evelyn.
«Non preoccuparti mamma, ho quasi 18 anni e a breve finirò il liceo! - disse portandosi la mano alle spalle per nascondere un livido bluastro -  Quando inizierò il college sarà un pò più semplice per me far convivere le mie due realtà.»
«Sai bene come la penso - disse Rachel evidentemente scocciata - se il tuo andamento scolastico peggiorerà a causa della lotta al crimine, io ti inchiodo sulla sedia di camera tua a studiare. E mandiamo in giro tuo padre a fare ronde, visto che è ancora così abile e non vuole proprio saperne di smettere con la lotta al crimine…»
A Rachel non andava proprio giù l’idea che il marito mettesse ancora a repentaglio la propria incolumità per salvare il prossimo, se non il mondo. Gli aveva chiesto più volte di smetterla.
Dick non se la sentiva, non poteva smettere proprio ora. La salute del signor Wayne non era più quella di un tempo e tutti sapevano che se Bruce avesse dovuto scegliere un successore, avrebbe scelto proprio Dick.
«Non ti preoccupare Rachel, io e mia sorella saremo pronte a coprire le spalle a Eve!» si intromise Anya mentre si asciugava i sudori con un asciugamano.
«Quindi una Grayson e due Stone? Che c’è, volete mettere su una nuova squadra di giovani titani?» rispose Rachel sorridendo.
Rachel stava immaginando quelle tre insieme, a combattere il crimine e il male. Dei titani con poteri come quelli di Raven, ma anche un po' di Robin e di Cyborg. Sarebbe mancato solo un po' delle qualità di quel chiacchierone verde, senza pensare alle doti della principessa aliena… ma era meglio non pensare troppo a quella vecchia storia.
«Ah, a proposito Anya, Come sta tua sorella? Come procede il suo allenamento?» disse Eve rivolta all’amica. 
«Te lo dico io, riprese Rachel - Sono in piedi proprio per questo motivo, da oggi inizierò ad addestrare Lilian io stessa.»
«So che la stava addestrando Martian Manhunter, tra le altre cose si trovava bene con Miss Martian, hanno legato parecchio quelle due…» rispose Anya stupita. 
«Non hai tutti i torti ma è stato proprio J’onn a chiedermi di aiutarla. Dice che il mio potere empatico è molto simile a quello di Lilian anche se il risultato finale è diverso. Di certo la posso aiutare molto a controllare le sue capacità. Pensiamo che le sue emozioni siano la fonte concreta delle sue qualità, piuttosto che pensare ad un vero e proprio potere mentale o Psicocinesi.»
«Ah, che storia! A che ora dovrebbe arrivare la mia sorellina?» 
«Verso le otto, otto e trenta. La meditazione e la concentrazione richiedono riposo. Dovete picchiarvi ancora o potete scendere a fare colazione? Preparo pancakes per tutti?»
Anya e Evelyn volsero lo sguardo verso il maestro che le rassicurò:
«Per oggi direi che siamo apposto, vi siete comportate bene. - poi sorrise e aggiunse - E io come posso dire di no ai pancakes di Rachel?»
Anya lanciò l'asciugamano sudato sul volto dell’amica e cominciò a correre verso la cucina urlando:
«L’ultima che arriva pulisce la palestra!»
«Sei una imbrogliona! Non ci provare Anya! Non ci provare!» rispose quell’altra cominciando a rincorrere la compagna.
Le due ragazze stavano giocando come fossero bambine sotto gli occhi dei genitori compiaciuti, d’altra parte l'età glielo consentiva ancora. Quel momento terminò quando i due si incamminarono verso la cucina, fu in quel momento che Rachel domandò a Dick:
«Come mai questa barba incolta?»
«Jason, Tim e Damian dicono che mi sta bene … in realtà, non ho avuto tempo di radermi.»
«Hanno ragione i tuoi fratellastri, ti dona. Sembri più maturo. Anche se sei sempre stato il più maturo di tutti noi, seppur fossi il più giovane della squadra, eri a capo dei Titani per un buon motivo…»
«Sai, sono contento di come si sono evolute le nostre vite ma a volte mi manca quella spensieratezza, quella innata capacità che avevamo di stare insieme io, te, Garfield, Victor e Kory…è che poi ci siamo persi di vista…Victor è sempre impegnato con la Justice League, da quando ha lasciato la torre io e Garfield ci siamo sentiti poco e ci siamo pure lasciati in malo modo…e di Kory non abbiamo più saputo nulla da quando è tornata sul suo pianeta… »
«Stavo pensando giusto a lei prima…vorrei tanto sapere come sta…» aggiunse Rachel rammaricata. 
«Rachel, ti ricordi la prima volta che hai fatto i pancakes per la squadra?» rispose Dick sorridendo. 
«Certo che mi ricordo…erano tutti neri, abbrustoliti e con un aspetto terribile…mi sentivo così avvilita…ma voi li avete assaggiati lo stesso. Ricordo ancora le facce che avete fatto dopo averli messi in bocca! Kory invece era davvero felice e si vedeva che le piacevano un sacco, mi aveva fatto sentire così….bene…»
Dopo una breve pausa, con un pò di titubanza, Rachel riprese:
«Hai….hai mai pensato cosa sarebbe successo se lei non fosse mai partita? Cioè tu….e lei…»
Dick fu sorpreso da quella affermazione.
«Se lei fosse rimasta avrei comunque capito che quello che cercavo non era lei e che quello che mi rendeva, e mi rende ancora felice, era più vicino di quanto pensassi.»
Dick diede un dolce bacio sulla guancia a Rachel, la quale arrossì altrettanto dolcemente.
Senza dire niente intrecciò la sua mano con quella di Dick. I due si sorrisero guardandosi negli occhi quando un urlo secco e deciso li interruppe:
«Visto che devo pulire la palestra, quando posso avere questi benedetti pancakes?!?»

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 - Felice ***


Capitolo 02 - Felice

Avevano fatto irruzione in quell’edificio lui, Batman, Superman e Cyborg.
Un laboratorio della LexCorp nascosto nei bassifondi di Metropoli.
Anya e Lilian, dieci anni la prima e otto la seconda, erano state trovate lì, ultime sopravvissute di una serie di cavie umane utilizzate per creare nuovi supercriminali maneggiando il loro DNA.
Durante il giro di ispezione, mentre consultavano i documenti riposti vicino alle gabbie delle due bambine, scoprirono le brutalità compiute.
Anya era stata manipolata, mente e corpo, facendole assimilare le capacità combattive di Deathstroke ma anche tutte le abilità combattive di Ra's al Ghul, rispettivamente nemico numero uno di Nightwing. e nemico numero uno del suo mentore, Batman.
Lilian, invece, era stata concepita per uccidere l’uomo d'acciaio, in un progetto diretto da
Lex Luthor in persona. Aveva fatto della ragazza la più abile creatura di piromanzia esistente partendo dal DNA di Claire Selton, meglio nota come Vulcana, e mischiandolo con quello di altri esperti di piromanzia.
L’avevano allenata contro la sua volontà a incendiare ogni cosa, piante, edifici, animali e persone vive, bambini e neonati. Lei non ce la faceva, cosciente di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un giorno, però, venne travolta dalla paura e il laboratorio andò completamente a fuoco; inservienti, dottori e professori compresi. 
Da quell’incidente solo le due bambine sopravvissero.
Dopo quel fatto, Lilian rimase in silenzio per diversi mesi limitandosi a piangere senza mai proferire parola. Finché quel giorno non incontrarono i membri della Justice League, finché quel giorno Cyborg non decise di addottarle e affidare alla persona della quale aveva più fiducia il loro addestramento: Dick sapeva che quello sarebbe stato uno dei compiti più difficili e importanti della carriera di Nightwing.

 

Evelyn e Anya si erano recate nella loro stanza preferita dopo aver terminato le pulizie della sala di allenamento. Certo, Anya avrebbe potuto fare anche a meno, ma si era sentita in obbligo di farlo visto che aveva imbrogliato nella corsa per decidere a chi sarebbe spettato questo ingrato compito. 
Si trovavano nella camera in cui il padre di Evelyn, Dick Grayson, collezionava buona parte dei gadget che usava per combattere il crimine. Con grande fervore l’uomo spiegava come analisi tattica e investigazione fossero le vere armi da usare contro il crimine e che, prima di diventare degli eroi, avrebbero dovuto imparare ad essere dei grandi detective. Gli occhi delle due ragazze erano fissi su di lui in contemplazione.
Vista l’ora le due avrebbero dovuto prepararsi per andare a scuola ma Rachel era affascinata nell’osservare come sua figlia Evelyn e la sua amica, figlia di Victor Stone, il loro amico Cyborg, fossero così ammaliate dall’apprendere tutte quelle nozioni. Ciò che più colpiva Rachel era il modo in cui ammiravano il concetto di “giustizia” che gli veniva descritto da Dick. Erano così affascinate che si vedeva nei loro occhi la volontà di fare qualcosa per poter portare l’onestà in quella città ancora corrotta e marcia.
In tutti quegli anni, a nulla erano valsi gli sforzi di Dick, della sua Bat Famiglia e dei vari eroi sparsi per tutti gli Stati Uniti.
Quando parlava di giustizia, Dick era ammaliante e ipnotico, aveva dedicato la vita a quella causa e, sebbene fosse passato tutto quel tempo, la fiamma del dovere era ancora viva e accesa dentro di lui. Tutto ciò spaventava Rachel, era questo il motivo per cui lei gli aveva chiesto di abbandonare il ruolo di Nightwing e dedicarsi solo alla famiglia.

Glielo aveva chiesto con la piena consapevolezza del proprio egoismo ma, dopo tutti quegli anni e quello che avevano passato durante la lotta al crimine, aveva paura di perdere non solo l’uomo che amava, ma di perdere anche il padre di sua figlia.

Lei era a conoscenza di cosa era successo alla prima squadra di Dick, i suoi vecchi compagni - pensava Rachel - avevano sì conquistato grandi traguardi ma pagando tutti un caro prezzo. Dopo aver lasciato i Giovani Titani, Aqualad era diventato ambasciatore delle Nazioni Unite per Atlantide ma aveva perso la sua compagna Tula durante una missione. E che dire di Speedy? Caduto nel vortice dell'eroina. Pure Wonder Girl era diventata ambasciatore per le Nazioni Unite nel ruolo di rappresentante di Themyscira ma il suo matrimonio si era infranto sotto i colpi del dovere; e infine Kid Flash…quella era la ferita più profonda e dolorosa, Nightwing aveva visto il compagno scomparire nel nulla, risucchiato da un campo di energia. Il gesto eroico di Kid Flash aveva sì salvato la Terra ma aveva lasciato un vuoto incolmabile nel petto di Dick. 
Fu allora che Rachel cominciò a ricordare di Joker, quando quella volta le comunicarono che era riuscito a colpire mortalmente Barbara Gordon. La donna aveva deciso da poco di ritirarsi dall'attività da vigilante abbandonando i panni di Batgirl, ma fu comunque vittima incolpevole di quel mostro sghignazzante. Barbara riuscì a sopravvivere alle ferite ma da quel giorno rimase legata a una sedia a rotelle.
Anche questa notizia distrusse Dick, e fu proprio in questa circostanza che Rachel ebbe il timore che il suo compagno potesse venire meno al giuramento imposto dal suo mentore: non uccidere mai, nemmeno per vendetta.
Quando si conobbero lei non ci pensava molto ma da quando era diventata madre la terrorizzava l’idea che Dick potesse morire durante una missione. Sapeva cosa voleva dire crescere i figli senza un genitore, lei l’aveva vissuto in prima persona. Nel suo caso, però, era stato un bene, visto che suo padre Trigon l’aveva tormentata per tutta la vita, fino a spingersi sul punto di provare ad annientarla. Cosa che, tra l’altro, era quasi riuscito a fare.

Ma lei era riuscita a sopravvivere, era riuscita a svoltare, finalmente viveva a pieno la sua vita ed era felice.
Era diventata madre, un’esperienza incredibile che l’aveva cambiata e che le aveva portato altra gioia nella vita, una vita felice.
Felice.
Era proprio quella parola che la spaventava.
Aveva paura di perdere quella felicità, proprio come era successo a tutti gli amici eroi che avevano combattuto al fianco di Dick.

Erano questi i motivi che l’avevano spinta a chiedere al compagno di ritirarsi. Ma il desiderio di giustizia di Nightwing sembrava impossibile da placare. Un sentimento profondo che condivideva con i suoi fratellastri.
Nonostante fosse sempre una scheggia impazzita, Jason Todd quando vestiva i panni di Red Hood era incorruttibile. Oramai faceva coppia fissa con tale Aisha, un agente del Mossad incontrata durante una missione a Tel Aviv. Dopo averla convinta a seguirlo a Gotham, l’aveva aiutata ad entrare nella CIA e ora, sotto il nome di Aaliyah Lopes, combatteva il crimine spalla a spalla con il suo compagno.
Anche Tim Drake quando serviva riprendeva i panni di Red Robin, la sua vita era un po’ più tranquilla da quando era andato a convivere Bernard Dowd, il suo compagno, ma nulla era più importante di rispondere pronto alla lotta all'ingiustizia.
C’era poco da fare, la famiglia dei pipistrelli era troppo devota al dovere per scendere a compromessi con l’amore, e ormai Rachel ne aveva piena consapevolezza.
Amava quell’uomo proprio per quella sua dedizione al giusto ma lei aveva paura di perderlo proprio a causa del suo attaccamento al dovere e alla legalità .
Mentre era assorta nei suoi pensieri fu interrotta da una figura minuta che si affacciava nella sala dalla porta principale. Quella sagoma le faceva tenerezza, era così dolce e goffa nella sua innocente semplicità, eppure nascondeva in sé un enorme potere distruttivo. 
«Vieni pure avanti Lilian, ti aspettavo»
«Buongiorno Signora Roth, grazie mille per avermi ricevuto così presto!»
«Non ti preoccupare Lilian» rispose Rachel «e smettila di chiamarmi Signora Roth, chiamami Rachel, è più che sufficiente»
«Certo Signora R…Rachel. Per caso il Signor Martian Manhunter le ha già spiegato la mia…situazione?»
«Si, J'onn mi ha già spiegato tutto e sono sicura che insieme sistemeremo tutto, non ti preoccupare».
La ragazza fece un timido sorriso, per la prima volta da quando era entrata nella stanza si sentì più tranquilla.
Questo sentimento durò poco, perché in quell’istante arrivarono Evelyn e Anya. Gli occhi di Lilian si spalancarono e si illuminarono: «Ciao Sorellona, che piacere vederti!».
E si mise a correre verso Anya. Quest’ultima la prese e stringendola a sé la alzò leggermente da terra:
«Eccola qui la mia piccola diabla! Come procede il tuo addestramento?»
«Sta procedendo, ho imparato a controllare un po’ meglio il mio potere ma faccio ancora fatica! Però ho imparato questo!»
Lilian alzò l'indice, come per chiedere la parola, ma, dopo un attimo di concentrazione, dal suo dito scaturì una fiamma poco più grande di quella di un accendino.
Anya e Evelyn restano affascinate e subito si congratulano con l’amica per il traguardo raggiunto.
A prima vista poteva sembrare un giochetto di magia, una cosa da poco, ma loro sapevano bene che non lo era, anzi controllare quel potere non era cosa da poco.
Il merito di quei miglioramenti lo si doveva anche ad Anya, fin da subito si mise nei panni della sorella maggiore seppur le due non avessero reali legami di sangue: la famiglia Stone, dopo tutto quello che aveva passato, era più unita che mai.
Presa nei suoi pensieri, Rachel si diresse verso le ragazze dicendo:
«Anya, Evelyn, per favore, andate a prepararvi per andare a scuola! Avete gli ultimi giorni di liceo e sarebbe davvero brutto arrivare tardi, forza!»
Anya diede due dolci colpetti sulla testa di Lilian e le disse:
«Mi raccomando, metticela tutta sorellina! Ci vediamo stasera a casa!».
La sorella regalò un sorriso ad Anya salutandola con la mano.
«Sei pronta Lilian?» interruppe Rachel seduta ad un tavolo.
La ragazza rispose con un cenno di capo e le si accomodò di fronte. 
«Per far emergere e controllare il tuo potere devi cercare di sgombrare la mente ed essere calma. Il tuo potere è come il mio, viene condizionato direttamente dalle emozioni, più sentimenti provi e più energia rilasci. Controllare se stessi non è semplice, richiede tanta concentrazione e non sempre è possibile; quindi devi capire quando riesci a trattenerti e quando puoi sfogare i tuoi poteri.»
«Come posso fare?»
«Facciamo una prova, mostrami come generi fuoco dal dito.»
La ragazza ripropose la piccola fiammella alzando l'indice. 
«Adesso prova a pensare a tua sorella e mantieni accesa questa fiamma».
La ragazza si mostrò sorpresa, non capiva bene quel che avrebbe dovuto fare ma segui le indicazioni.
«Ora, invece pensa a qualcosa che ti fa arrabbiare, cosa ti fa arrabbiare?»
«Oddio, non saprei… - rispose Lilian a Rachel - non sono una che si arrabbia spesso…»
« E se qualcuno facesse del male a tua sorella?» la incalzò la mentore.
La ragazza fece sobbalzo, evidentemente era stata presa alla sprovvista. In quell’istante la piccola fiamma esplose fino a ricoprirle di fuoco tutta la mano.
«Ecco, intendevo proprio questo. Non ti preoccupare, è normalissimo. Come vedi tu stessa, non appena hai pensato a tua sorella in pericolo, hai reagito di getto e la tua fiamma ha cominciato ad ardere più forte. Ora però concentrati, e riduci il fuoco fino a renderlo una fiammella sul tuo dito.»
«Oddio, mi dispiace! Io…cioè io…»
«Ascolta Lilian, stai tranquilla, ti ripeto: è tutto normale. Succederebbe anche a me se sapessi che Evelyn o Dick fossero in pericolo. Reagirei così anche io se non avessi imparato a suon di errori a controllare i miei impulsi in pubblico. Perché diciamocelo, il vero problema è mostrarsi davanti a gente che non comprende i nostri poteri».
Mentre Rachel parlava, Lilian aveva chiuso gli occhi cercando di isolare la sua mente e i suoi pensieri. Dopo un paio di respiri ben distesi riuscì a calmarsi e la sua fiamma si ridusse fino a occupare la sola punta del dito.
«Vedi Lilian la parte più difficile è imparare a trattenere gli impulsi, primo perchè è meglio che nessuno conosca il tuo segreto, ne va della tua stessa incolumità, e poi … sai quanto potrebbe essere…potente…il tuo potere?»
Lilian continuava a tenere gli occhi chiusi cercando di concentrarsi, ma ebbe modo di  rispondere:
«Si…purtroppo ne ho idea…»
«Perché quel purtroppo Lilian?»
«Perchè questo potere mi fa paura, ho paura di non riuscire a controllarlo, ho paura di fare male alle persone che mi sono vicine, alle quali voglio bene…»
«Sai bene che tuo padre e tua sorella hanno seguito diversi corsi per essere pronti ad aiutarti nel caso avessi una crisi, sono tutti preparati»
«Si ma non ci sono solo loro, a scuola ci sono i miei amici, loro non sono…preparati…»
Rachel rimase sorpresa di queste parole.
Aveva visto quella ragazzina crescere fin da piccola, e negli anni aveva capito che era davvero difficile farle proferire parola. Chi provava ad avvicinarsi rimaneva sempre deluso, lei si nascondeva continuamente dietro a suo padre o a sua sorella… Ma ora finalmente sembrava fosse uscita da quella crisalide di paura che l’aveva sempre protetta, o contenuta. Era finalmente uscita dal suo guscio. E proprio per questo era molto importante seguirla nel suo percorso di crescita. Dopo tutta quella fatica un passo falso avrebbe potuto segnarla per sempre, rischiando di farle perdere fiducia in se stessa che aveva conquistato con tanti sforzi, portandola a chiudersi nuovamente in sé stessa.
«Chi sono questi tuoi amici? Come si chiamano?»
Lilian sul momento fu sorpresa della domanda ma non ebbe remore a rispondere pensando  che tutto quel che faceva in quelle ore fosse parte integrante del suo allenamento:
«C’è Jared, abbiamo fatto amicizia ancora al primo anno, abita nel nostro stesso quartiere. È un pò pazzo, gli piace andare sullo skate e fare cose stupide ma alla fine è un bravo ragazzo. Poi c’è Valery, una ragazza bellissima che vuole diventare modella, adesso fa dei video sul web dove condivide tutorial di make-up e recensisce i prodotti cosmetici…e poi…»
Per un attimo la fiamma della ragazza oscilla leggermente, come se esitasse.
«…poi c’è Seth, ma è soprannominato Oz per via del suo cognome. Sai, lui suona in una band, tanti lo trovano strano perchè si veste in modo particolare, ascolta musica estrema ed è sempre molto estroverso, diretto e schietto. Ed io lo trovo…»
Rachel sorrise: «Carino?»
La fiamma di Lilian oscillò nuovamente ma in men che non si dica tornò alla sua forma originale.
«Prometti di non dire niente a papà?» cercò di rassicurarsi Lilian.
«Tranquilla, non mi permetterei mai, so quanto è protettivo Victor…»
«Si, Seth mi piace, siamo entrambi troppo timidi per sbilanciarci e dircelo. Io ho paura di rovinare la nostra amicizia e poi ho paura di fargli del male, tipo….tipo…»
«Tipo….cosa?»
Lilian fece un respiro profondo, poi con decisione rispose:
«Ho paura di bruciarlo vivo con il mio potere».
Rachel non nascose la sua soddisfazione: «Prendere consapevolezza del tuo potere è un passo in avanti per affrontare la tua paura. Dirlo ad alta voce ti aiuta a essere più cosciente del tuo potere. Stiamo andando molto bene Lilian, sei migliorata molto in questi anni, complimenti».
Lilian teneva ancora gli occhi, voleva mostrare a Rachel quanto fosse migliorata dopo l’allenamento svolto alla sede della Justice League. La sua concentrazione e il suo impegno erano chiari: la fiamma sul suo dito continuava a bruciare, ferma e costante.
Rachel stuzzicò la ragazza per capire meglio come poter continuare l’allenamento, solo facendola esplodere di emozioni avrebbe capito i punti deboli della mente dell’allieva.
«E se Oz ti baciasse che faresti?» disse Rachel con fare provocatorio.
Lilian aprì di colpo gli occhi ed una sfera di fuoco si scagliò improvvisamente contro la parete. Di certo, una parte di cucina era in fiamme.
L’incendio durò il tempo di un battito di ciglia, Rachel intervenne subito e rinchiuse le fiamme all’interno di un’ombra nera scongiurando ogni pericolo.
«Oddio, Rachel scusami, scusami davvero! Mi hai preso di sorpresa e io…»
«Tranquilla Lilian, questo incontro serviva a entrambi per capire su cosa lavorare. Ti assicuro che l’amore è il sentimento più complesso da controllare, te lo dico per esperienza».
Lilian abbassò lo sguardo e strinse forte i pugni: «Vedi, è per questo che ho paura di aprirmi con lui…»
Rachel accarezzò la guancia della ragazza con affetto: «So benissimo cosa provi Lilian, ci sono passata e so quanto sia difficile per te, ma devi ricordarti sempre una cosa: continua a ripetere a te stessa di essere felice, ti assicuro che non c’è cosa più bella di vivere una vita felice».
Lilian guardò con ammirazione la donna e, trattenendo con tutta se stessa una lacrima che cercava di uscire dai suoi occhi color sabbia perlato, regalò un sorriso a Rachel. 
«Torniamo ad allenarci?» dichiarò la giovane.
Rachel sorrise e si mise nuovamente a sedere di fronte a Lilian.

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 - Simboli ***


Rachel e Lilian si addestrarono per tutta la mattinata. Erano così concentrate da non notare l’arrivo dell’ora di pranzo. 
Lilian accettò volentieri l’invito di fermarsi a mangiare con loro, anche perchè di lì a poco sarebbero arrivate Evelyn e Anya: preparare un piatto in più non sarebbe stato un problema per Rachel.
Avevano provato a contattare anche Victor Stone, il buon vecchio Cyborg, per aggiornarlo dei progressi in allenamento ma non riuscirono a trovarlo. Lilian ricordava che forse non sarebbe tornato nemmeno per cena a causa di una missione con la Justice League per un problema ad Atlantide.
Non era una novità che Anya si fermasse a casa Grayson, non era assolutamente un problema; anzi era stato lo stesso Victor a chiedere il loro aiuto, e Rachel e Dick avevano accettato volentieri offrendo completa disponibilità. Ma Lilian, no, lei solitamente era ospite ai tavoli da pranzo della Sala della Giustizia. Ora che era diventata allieva di Rachel probabilmente anche lei avrebbe frequentato di più la sua insegnante e il marito supereroe.
«Se vi capita di cenare da sole, tu e Anya venite pure da noi, ci fa solo che piacere avervi come ospiti».
Dick guardò sorpreso Rachel, la sua compagna era molto abitudinaria e non amava particolarmente sorprese o situazioni inaspettate o inattese, come trovarsi due ragazzine a cena, magari autoinvitate all’ultimo.
Non ci volle molto per capire. Rachel ben sapeva cosa significasse cenare a casa da soli, senza compagnia, a fissare il muro; non l’avrebbe mai augurato a nessuno.
«Non ti preoccupare Rachel, se papà non riesce a rientrare, generalmente ci pensa Sarah a stare con noi, non ci troviamo mai sole in realtà».
Dick  intervenne dicendo:
«Come sta la famosa Sarah Charles, la migliore scienziata degli STAR Labs
«Sta bene, sempre autoritaria e con il vizio di essere precisina con le persone che le stanno intorno!»
«Allora non è per niente cambiata!»
Rachel prontamente si unì al discorso:
«Caspita è da tantissimo che non la vedo, chissà se è cambiata dall’ultima volta che l'ho incontrata…»
Lilian subito intervenne dicendo:
«Aspetta ti mostro una foto, ci siamo fatti un paio di selfie insieme l’altro giorno!»
La ragazzina mostrò lo schermo del telefono a Rachel, scorreva una serie di scatti ritraenti Lilian e Sarah sul divano di casa mentre fanno delle facce buffe, scimmiottando i modelli dei social.
La donna sorrise e commentò: «Sembrate molto unite, viene spesso da voi?»
Lilian cambiò espressione e si incupì; aggiunse con tono seccato:
«Viene solo quando papà non c’è ed esce sempre poco prima che lui rientra. Quando io e Anya siamo arrivate da papà vivevano insieme ma poi…beh, insomma le cose non sono andate…»
«Mi dispiace…»
«Anche a me dispiace, Sarah è fantastica ma non so cosa sia successo tra lei e papà…mi piacerebbe tanto che tornassero insieme ma mi sembra di capire che non ci sia l’intenzione…»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Quando sono nella stessa stanza sembrano così…così…distanti…quelle volte che cercano di parlare poi finiscono sempre per litigare.»
Rachel notò il dispiacere della ragazza.
Rachel conosceva il perché di quella rottura ma non doveva e non poteva essere lei a raccontare la verità a Lilian.


Lilian ricevette un messaggio sul suo telefono, dopo aver fatto un sorriso si allontanò e si mise a scrivere dei messaggi.
Era appoggiata al muro e con il dito giocherellava con i suoi capelli ramati che le arrivavano appena sotto il collo. Erano leggermente mossi e le davano un’aria molto elegante, senza contare che tra le sorelle lei era quella più attenta all’abbigliamento.
Secondo Lilian, Anya vestiva come un maschiaccio: indossava spesso una divisa composta da maglia, camicia a maniche lunghe sbottonata, pantaloncini di jeans corti, scarpe da ginnastica di tela e gomma e un berretto di lana in testa.
Lilian, invece, indossava quasi sempre vestiti, o camicie… con fantasie divertenti e dai colori sempre molto accesi, usava spesso calze o leggings, e il binomio dei suoi capelli color rame con i suoi occhi color sabbia perlato le davano un aspetto nobile. 
Le due si vestivano in modo completamente opposto, la prima aveva la carnagione rosea e capelli ramati; la seconda era di carnagione scura con capelli afro color magenta. Chi le guardava avrebbe certamente pensato che fossero due perfette estranee… invece erano sorelle, non di sangue ma di cuore.
Rachel si avvicinò e disse:
«Ti ha scritto Oz?»
Lilian arrossì, lo faceva con una certa dolcezza che chi la guardava si sentiva in colpa. Era così imbarazzata che si limitò a fare un cenno con la testa.
«Ascolta Lilian…tuo padre ha vissuto dei brutti momenti e ora…deve mettere in ordine la sua vita, non essere dura con lui…»
Lilian strinse con forza il telefono, si lasciò scappare qualche scintilla dalle dita e con voce rotta intervenne:
«Lo so, è che dentro di me vorrei che lui e Sarah tornassero insieme, che tornassimo a essere una famiglia, lo so di essere egoista ma lo vorrei tanto…»
Rachel le afferrò la mano per tranquillizzarla e le disse:
«Non sempre tutto va come vorremmo ma al momento la cosa migliore per tutti è che tuo papà torni a essere felice, non trovi?»
Lilian restò un attimo spiazzata da quella affermazione, avrebbe voluto controbattere ma in quel momento dall’uscio provennero dei chiari rumori indistinti che presagivano quel che già sapevano: erano Anya e Evelyn.
L’arrivo delle ragazze permise a Lilian di svincolarsi da quella difficile situazione.
Evelyn lanciò lo zaino in corridoio e cominciò a raccontare la sua giornata senza un interlocutore preciso:
«Oggi è stata davvero interminabile, per fortuna che abbiamo quasi finito il liceo».
Dick si mise a ridacchiare e rispose:
«Tranquilla, quando crescerai rimpiangerai questi momenti!»
Anya entrò nella stanza dirigendosi verso Lilian e, appoggiandole un dito sul naso, le regalò un sorriso; sorriso ricambiato con felicità da Lilian.
«Più che altro al liceo sgattaiolare fuori nel caso succedesse qualcosa in città sarebbe impossibile; mentre al College è più facile…» disse Anya.
Mentre Rachel porge alla figlia e alla sua amica due piatti di maccheroni al formaggio si intromise:
«Non mi piace che parliate così ragazze…lo studio è importante. Io e tuo padre non abbiamo potuto andare a scuola e….»
Evelyn interruppe la madre con sguardo contrariato:
«Mamma tu hai letto praticamente tutti i libri del mondo e papà ha studiato con i migliori insegnanti mentre veniva addestrato dal nonno…non vi è servita la scuola per diventare grandi eroi!»
Dick intervenne subito notando che Rachel era irritata dalla lingua lunga della figlia:
«Per prima cosa è maleducazione interrompere qualcuno che ti sta parlando, figuriamoci tua madre….seconda cosa, i tempi sono cambiati Evelyn, senza contare che le nostre infanzie sono state…particolari ecco…»
Evelyn notò solo in quel momento lo sguardo contrariato della madre, non poté che scusarsi:
«È che sono quattro anni che ci prepariamo per diventare dei vigilanti come papà e…scusami mamma se …. inizio a essere impaziente».
Il volto di Rachel cambiò espressione rivelando un sorriso:
«Sei sempre stata impaziente Evelyn, anche quando hai scoperto i poteri che hai ereditato da me…volevi subito imparare a controllarli. Vorrei sapere a chi somigli!?»
Dick, sentendosi preso in causa, decise di mettersi sulla difensiva:
«Di sicuro non a me. E comunque la colpa è senz'altro di Jason, lo abbiamo sfruttato parecchio come baby sitter e deve averla influenzata negativamente!»
Evelyn divertita diede due colpetti all’amica seduta al suo fianco e disse:
«Figurati che zia Aaliyah quando avevo 14 anni voleva insegnarmi a sparare con la pistola!»
Anya elettrizzata si intromise:
«Aspetta, quella che lavora per la CIA?!? Quella donna è una forza!»
Rachel era divertita da quel teatrino ma non voleva darlo a vedere, così alzò le mani e si girò verso la cucina dicendo:
«Siete senza speranza, io ci rinuncio con voi!»
Le ragazze e Dick si lasciarono andare ad una risata di gruppo. Ma la gioia durò veramente poco, tutti ammutolirono quando sentirono uno strano suono provenire da un dispositivo che Dick teneva in tasca.
L’uomo si alzò di scatto e si allontanò. L’attenzione di tutti i presenti era rivolta verso quell’uomo..
«Come è andata a scuola?» domandò Lilian alle due liceali. «Insomma - replicò Evelyn - siamo partite con matematica e scienze, una dietro l’altra. Sai che tua sorella sulle materie dove bisogna studiare è una frana…»
Anya interruppe seccata:
«Hey, non sono fatta per lo studio, per quello ti ho scelto come mia migliore amica, cara la mia nerd! Mi sono riscattata a educazione fisica!»
«Lo sai che ti ho battuto anche lì vero?» ribatté divertita Eve.
«Ascolta non mi interessa essere la prima della classe, mi va bene essere mediocre» rispose stizzita Anya. 
Dick rientrò in cucina cupo in volto, prese il suo piatto e lo ripose nel lavandino. 
Diede un bacio sulla guancia a Rachel e poi affermò rivolto a tutti:
«Stasera devo fare un giro di ricognizione e scattare delle foto per Oracle, direi che è l’occasione perfetta per farvi fare la vostra prima uscita, ragazze».
Anya fece cadere il boccone dalla forchetta mentre Evelyn rimase ammutolita a fissare il padre, entrambe scioccate dalla notizia. No, quello non era uno scherzo. 
Dopo aver metabolizzato quanto accaduto le due ragazze esplosero di gioia
Lilian non le badava, perché intenta ad avvicinarsi a Dick: «Sig. Grayson, posso venire anche io stasera?»
Non era pronto a ricevere una domanda del genere, per fortuna accorse in suo soccorso Rachel, che con un cenno di testa acconsentì alla richiesta dell’alunna.
«Ok, Lilian - disse Dick -  se Rachel pensa che sei pronta allora verrai con noi».
Lilian sorrise felice e si unì ai festeggiamenti con le amiche:
«Ci sono anch’io stasera! Contente!?!?»
«Sei sicura di sentirtela, sorellina?» domandò Anya un po’ preoccupata. 
Lilian rispose con un cenno del capo, i suoi occhi brillavano carichi di determinazione: voleva dimostrare il suo valore anche lei.
Dick prese una mappa di Jump City per spiegare il piano alle ragazze mentre Rachel sistemava il tavolo. Non avevano nemmeno avuto bisogno di parlarsi, a loro ormai bastava uno sguardo per capirsi.
«Vedete ragazze, Jump City è attualmente presa sotto assedio da una guerra tra bande che vede coinvolte due famiglie, la famiglia Pellino e la famiglia Loach. Joey Pellino lavorava per Two-Face poi ha deciso di mettersi in proprio con lo pseudonimo di Ace. Tiratore scelto, abilissimo nel lancio di armi da taglio ed esperto dinamitardo.
I Loach, invece, provengono dall’Inghilterra, famiglia criminale emigrata in America in cerca di fortuna. Il loro pupillo è Nathan Loach, meglio conosciuto con il nome di Jaws. Nella sua terra natale è conosciuto per rapine, attacchi a furgoni blindati e qualche omicidio ma è da quando è sbarcato in America che il suo curriculum ha fatto un salto di qualità. Ora si occupa a tempo pieno di estorsione, intimidazione e corruzione. Per di più i Loach hanno una spiccata qualità nel gestire il crimine informatico. Nemmeno Oracle è riuscita a bloccare le loro attività in UK, e a quanto pare vogliono infiltrarsi nel sistema americano… Inoltre la famiglia, per essere sicura di proteggere l’investimento come si deve, ha ingaggiato una guardia del corpo al suo pupillo. Si tratta del soldato scelto Wolfhead,  di lui non si sa molto ma sembra che sia una spia internazionale divenuta mercenario dopo aver fatto il giro nei migliori ambienti segreti mondiali, CIA, Mossad, SIS, KGB…»
«Devi recuperare delle foto dei loro uomini o c’è qualcosa in ballo?» chiese Eve, curiosa ed entusiasta. 
«Stasera sappiamo per certo che Ethan Cobblepot, noto come Blacksun, nonché figlio del Pinguino, dovrebbe incontrarsi con La famiglia Loach.»
«Perchè un pezzo grosso come Blacksun dovrebbe incontrarsi con una piccola famiglia criminale come quella dei Loach? È tipo uno dei migliori cyber criminali di Gotham, anzi forse di tutta la zona nord-est degli Stati Uniti…»
Anya cadde dalle nuvole, d’altra parte lei era più brava ad agire che a pensare, ma il ragionamento dell’amica le era sembrato sensato:
«Magari vogliono comprare qualcosa da lui, tipo un sistema per rubare identità o un qualche sistema di cyberlaundering…alla fine se questo Jaws si occupa di estorsione, intimidazione e corruzione è più un picchiatore che un esperto di pc, mi sembra di capire».
Intervenne anche Lilian dicendo la sua:
«Scusate ma se prima il Sig. Grayson ha detto che hanno il monopolio del crimine informatico in Inghilterra, non credo abbiano bisogno di questo Blacksun e delle sue doti come cyber criminale, forse c’è qualcosa di più grosso sotto…»
Dick sorrise soddisfatto ma senza farsi vedere: quelle ragazze erano davvero sveglie e stavano mettendo in pratica i suoi insegnamenti: “il primo grande passo per diventare dei vigilanti è diventare dei buoni detective”.
Anche Rachel aveva notato la spigliatezza delle ragazze ed era certamente orgogliosa, ma anche impaurita, la sua piccola era proprio una piccola Grayson, intraprendente e acuta.
«Vedo che avete colto il punto! - le interruppe Dick - Stasera però ci limiteremo a restare a distanza per fotografare e documentare quello che succede, sarebbe troppo pericoloso per voi intervenire in un conflitto a fuoco tra..»
Il telefono di Rachel squillò.
Era un fatto davvero inusuale, lei non lo usava molto, aveva si e no venti o trenta numeri in rubrica, al massimo. Fu proprio la donna la prima ad essere sorpresa della cosa: si guardò intorno per essere sicura che fosse il suo telefonino, poi si mise a frugare nella tasca frettolosamente.
Estrasse il telefono e osservò il display.
Il suo volto cambiò in una smorfia di sorpresa, attirando anche l’attenzione di Dick.
Rachel accettò la telefonata e appoggiò il telefono all'orecchio:
«Tutto avrei pensato tranne che mi chiamassi tu, saranno anni che non ti sento! A cosa devo questa telefona..»
«Ciao Rachel, mi piacerebbe chiacchierare e scusami se ti interrompo, so quanto ti infastidisce, ma ho bisogno che tu e Dick veniate qui da me il prima possibile».
Dick aveva riconosciuto la voce all’altro capo del telefono di Rachel:
«Scusa ma è G….»
Rachel gli fece cenno di aspettare e chiese al telefono:
«Riconosco la tua voce quando c’è qualcosa che non va Garfield, mi puoi dire cosa sta succedendo? Mi stai facendo preoccupare…»
«Prima stavo facendo una passeggiata con mia figlia e mentre giravamo per i boschi ci siamo imbattuti in…in qualcosa…di terribile…e di spaventoso…caspita, non riesco nemmeno a trovare le parole per dirlo…»
«Cristo Garfield, sii più chiaro! Che succede?!?»
«Animali morti, abbiamo trovato parecchi…anzi tanti animali morti, Rachel!»
Rachel non poteva dirsi tranquilla o rassicurata ma di certo quello spettacolo infausto l’aveva quantomeno rincuorata: Garfield non era in pericolo di vita. 
«Vivi in un'area protetta all’interno del parco nazionale di Yosemite, credo sia normale trovare animali morti, Garfield, non trovi? Sarà stato qualche predatore o qualche cacciatore sadico...»
«No Rachel, non capisci! Vedi…non voglio farti preoccupare ma… ascolta, vicino ai corpi c’erano dei simboli, dei simboli fatti con il sangue… alcuni me li ricordo, li ho visti quando ci siamo imbattuti nella Wildbeest Society anni fà!»
Rachel per un attimo rimase ammutolita, le ragazze confuse guardarono Dick; che sussurrò loro:
«Era un'organizzazione criminale che abbiamo smantellato, purtroppo un nostro vecchio compagno che si chiamava Jericho venne posseduto da qualcosa di malvagio, ovvero gli spiriti di Azarath corrotti dall'influenza di…di…»
Dick non se la riusciva a pronunciare quel nome in presenza di Rachel. Sapeva quanto a lei facesse male anche solo sentirlo, nonostante tutto il tempo trascorso. Fu Evelyn che ruppe il silenzio dicendo:
«Papà…sai quando stamattina mi hai chiesto se ero stanca? Beh, non ho dormito molto bene stanotte, ho fatto uno strano incubo e non so se c'entrano i miei poteri di premonizione. In questo incubo c’era una voce che mi ripeteva due parole, una era proprio Azarath mentre l’altra era…era…»
Dopo un attimo di attesa e essersi picchiettata il mento con il dito per aiutarsi a ricordare, Eve esclamò:
«Ah si, Azarath e l’altra era Trigon! Posso essere d’aiuto?»
Il telefono cadde dalle mani di Rachel. Era pietrificata dal terrore e dalla paura, in piedi vicino al frigorifero.
Dick cercò di trattenere l’incredulità ma non poté far altro che recuperare il telefono da terra. Dall’altro capo la voce di Garfield: “Rachel, Hey Rachel mi senti? Che succede?”
«Ascolta Garfield dove hai trovato quei simboli? Quanto distanti sono da casa tua?» disse Dick alla cornetta.
«Ciao Dick - rispose quell’altro dopo un attimo di esitazione - , sono a un’ora a piedi da casa mia, tra la boscaglia, per andare verso il Tunnel View…»
Rachel si fece passare il telefono e senza esitazione disse:
«Arriviamo subito Garfield. Dammi una mezz’oretta massimo, io e Dick siamo li da te, devo vedere quei simboli subito!
»

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 - Proteggere ***


Evelyn era visibilmente preoccupata dall'atteggiamento della madre:
«Mamma si può sapere che succede? Non ti ho mai vista così…»
Rachel si voltò verso Anya e Lilian e, con fare severo, disse alle due ragazze:
«Per favore aspettate fuori dalla cucina un’attimo. Devo parlare da sola con Evelyn».
Solo Anya ebbe il coraggio di esporre la questione che tutte e tre le giovani avevano in mente:
«Quindi la nostra missione di stasera è….»
Il volto di Rachel si incupì e fu in quell’istante che emerse la sua parte demoniaca: sul suo volto apparvero quattro occhi rossi mentre i denti le si fecero aguzzi, la voce si abbassò di colpo urlando:
«Stasera non ci sarà nessuna stramaledettissima missione, ci siamo intesi?!?»
Per un attimo le tre ragazze, e lo stesso Dick, furono sorpresi e impauriti da quel comportamento. Rachel prese coscienza di sé un istante dopo, rendendosi conto di non essere riuscita a gestire le sue pulsioni. Solo la concentrazione e l’autocontrollo, che da tanto praticava e di cui tanto decantava le qualità, permisero ai suoi connotati di ritornare normali:
«Scusatemi se ho perso la pazienza ma questa cosa dei simboli di sangue e l’incubo di Evelyn sono…»
Rachel non riusciva a trovare le parole giuste, così il compagno continuò il discorso iniziato dalla donna:
«Quello che vuole dire Rachel è che l’incubo di Evelyn e il ritrovamento del nostro vecchio compagno di squadra potrebbero essere dei segnali del ritorno di un nostro vecchio nemico. Per adesso portate pazienza, vedrete che appena possibile usciremo in missione».
Dick abbracciò forte Rachel e le sussurrò all’orecchio:
«Non farti prendere dal panico, so quanto è dura per te, lo è anche per me, ma sapevamo che ciò sarebbe potuto succedere… per fortuna ci siamo premuniti, no?»
Rachel ricambiò l’abbraccio con forza:
«Speravo tanto di risparmiare tutto questo a nostra figlia…»
Dick accarezzò dolcemente la guancia della compagna:
«Parla con lei. Sono sicuro che capirà».
L’uomo, quindi, voltò verso Anya e Lilian e disse loro:
«Ragazze venite un attimo con me che vi faccio vedere come funziona il mio boomerang, il Wing-Ding, non sarà il Batarang ma è un’ottima alternativa da usare come attacco a distanza.».
Una volta sole, Evelyn appoggiò la mano sulla spalla della madre:
«Cosa ti succede mamma?»
Prima di rispondere, Rachel sospirò profondamente:
«Cosa hai visto nel tuo incubo?»
«Ho visto Jump City in fiamme, te e papà pietrificati insieme agli abitanti della città, il mare fatto di lava e quattro occhi rossi che mi osservano e mi dicono che io sono la chiave…adesso voglio sapere perchè sei così spaventata mamma, non ti ho mai vista così!»
«E … E tu cosa sai di…di Trigon?»
Evelyn si ricordò delle ricerche online fatte sull’argomento, quando all’epoca decise di diventare una vigilante si era informata su tutte le imprese compiute dai suoi genitori e dai Teen Titans nella loro lotta al crimine; e si era già imbattuta in quel nome.
«So che Trigon è un potentissimo demone inter-dimensionale che avete affrontato e sconfitto in passato…»
Rachel si morse il labbro per trattenere quel che avrebbe voluto dire ma non poteva fare a meno di dare delle spiegazioni alla figlia:
«Ascolta Evelyn, c’è una cosa che devi sapere. Io e tuo padre con l’aiuto dei Teen Titans siamo riusciti a sconfiggere Trigon e sigillarlo in una prigione interdimensionale ma quell’essere non era stato completamente annientato, lui… lui riusciva comunque a influenzare la mia mente anche dalla sua cella - fece un altro sospiro - finché un giorno riuscì a prendere il controllo del mio corpo. In quelle condizioni mi obbligò a distruggere la cittadella mistica di Azarath, il luogo dove sono nata. Fui costretta a sfidare i miei compagni di un tempo, compreso tuo padre e… vedi… loro furono costretti a… non avevano scelta, furono costretti a…»
«Costretti a fare cosa?»
Rachel poteva dire di avere affrontato nemici di ogni tipo e forza, forma e dimensione ma raccontare alla figlia ciò che accade in quei giorni era decisamente una sfida molto, ma molto più complessa. Altro respiro profondo, altra risposta diretta.
«Furono costretti ad uccidermi.». 
Evelyn fu scioccata nel sentire quelle parole, sapeva che in almeno due o tre occasioni sua madre era stata distrutta dal nemico e che era rinata dalle sue ceneri come una fenice, una bellissima fenice nera a dirla tutta, ma non poteva credere che suo padre e Victor avrebbero mai potuto compiere quel gesto così estremo e ignobile… non li reputava in grado di farlo…  per un attimo ne fu disgustata, erano i compagni della madre, erano la sua squadra! Come avrebbero mai potuto?
«Come… cioè… Papà… e Victor… loro ti hanno… ma… ma… come hanno potuto…»
Rachel si rese conto che la figlia era molto confusa, forse la sua risposta era stata troppo diretta e troppo vaga. La madre accarezzò dolcemente il braccio della figlia e provò rincuorarla:
«Ascolta Evelyn quando combatti per il bene, quando combatti per la giustizia, ci sono scelte molto difficili da prendere. Non giudicare tuo padre o Victor per questo, c’era in ballo la salvezza del mondo, senza contare che quella non ero più io….inoltre quel gesto permise alle anime di Azarath di possedermi. Fu così che ebbi il potere di uccidere Trigon e liberarmi dalla sua influenza negativa, così da poter finalmente ritornare in vita».
Confusa, Evelyn, chiese:
«Scusa ma, se avete sconfitto Trigon, quel Jericho che nominavano prima e la Wildbeest Society cosa centrano?»
Rachel si lasciò scappare un sorriso, si rendeva conto che quello che avrebbe detto sarebbe potuto risultare assurdo ma non era niente di più che la verità.
«Vedi…beh, Joseph, l’alias di Jericho, era un buon amico per me ed era un ottimo membro dei Teen Titans. Purtroppo era stato posseduto dagli spiriti di Azarath corrotti dall'influenza di Trigon. Gli diedero l'ordine di distruggere la squadra ma grazie alla sua forza interiore, in un momento di lucidità, trovò la forza per sopraffare gli spiriti e parlare con suo padre per chiedergli….per chiedergli…»
Rachel si fermò un pò per trovare il modo corretto per esporre i fatti, ma venne interrotta da Evelyn in cerca di certezze:
«Chiedergli cosa?»
«Ha supplicato suo padre di porre fine alle sue sofferenze….e il padre ha trovato la forza di farlo» Rispose Rachel palesemente rattristata.
«Lui…ha fatto cosa?!?» 
«Evelyn so che sembra tutto surreale ma ascoltami: quel giorno, dopo il sacrificio di Jericho, gli spiriti corrotti di Azarath si impossessarono del mio corpo per farmi mettere al servizio di Trigon. Stavo rivivendo il peggiore dei miei incubi. Anche in questa circostanza fu solo merito di tuo padre, Victor e di tutti i Titani, se è stato impedito a quel mostro di tornare sulla Terra per distruggerla.»
«Quindi mi stai dicendo che questo Trigon riesce ad avere una forte connessione con i nostri poteri e che io e te siamo più vulnerabili verso questo demone? Ma come è possibile? Che cosa ci lega a lui?»
Rachel si morse nuovamente il labbro superiore, si preparò un discorso in testa e cominciò a raccontare:
«Vedi, una volta c’era una donna, una donna fragile, che si era unita a una setta occulta e misteriosa. Venne scelta dagli alti prelati della congrega segreta come sacrificio per un rituale mistico che le avrebbe permesso di unirsi carnalmente a Trigon. Lei rimase tragicamente incinta. La donna decise di fuggire dal culto spaventata e completamente sconvolta da quanto aveva dovuto subire. Trovò riparo nella cittadella mistica di Azarath. La donna riuscì a partorire una bambina. Nel corso della sua vita, la madre insegnò alla figlia  tutto ciò che sapeva su Trigon, addestrandola a gestire le sue emozioni per poter controllare i poteri demoniaci che aveva ereditato dal demone.
Quando quella ragazzina prese coscienza di chi fosse suo padre e delle intenzioni che questo aveva in mente, promise a se stessa di fermarlo, promise a se stessa che Trigon non si sarebbe mai impadronito dell’intero universo.»
Evelyn apparve ancora più confusa:
«Cosa stai cercando di dirmi mamma?»
Rachel dovette raccogliere tutte le forze che aveva in sé per poter esprimere quelle poche e semplici, quanto pesanti, parole:
«Quella…bambina…quella bambina sono io.».
Evelyn ebbe un groppo in gola, non disse niente, come se si fosse spenta.
«Tu…cosa mamma?»
«La storia che ti ho raccontato… quella fragile donna era Angela Roth, mia madre e quindi Trigon…Trigon è mio padre»
«Quindi… io… io.. sono.. un demone? Quindi… quindi sono… sono la nipote del più forte…il più forte demone inter-dimension…»
Rachel afferrò la figlia per le spalle:
«No, ti sbagli! Tu sei una ragazza, una semplice e bellissima ragazzina! Lui non è niente per te, lui non rappresenta assolutamente niente per la nostra famiglia! Ho combattuto anni e anni per impedire che quel mostro distruggesse tutto quello che avevo costruito con tanta fatica. E non ho intenzione di permettergli di toccare la cosa più bella e stupenda che abbia mai creato nella mia vita…»
Rachel accarezzò dolcemente il volto della figlia, per farle capire che la cosa più importante della sua vita era lei.
Evelyn sapeva che sua madre le voleva bene ma sentirle dire era pronta a proteggerla da uno dei mostri più forti dell’universo, sentire quel calore, quella sensazione di protezione…  nonostante non fosse più una bambina sentiva l’amore di sua madre avvolgerla: la abbracciò con forza trattenendo le lacrime per non esplodere in un pianto innocente quanto  genuino e ricco di affetto.
Mentre stringeva con forza la madre si sentì un pò immatura e imbarazzata da quell'abbraccio; forse non era ancora pronta a diventare una vigilante come avrebbe voluto ma, dentro di sé, continuava a ripetersi che l’affetto della propria famiglia non ha età, che tu sia una bimba o un supereroe.
«Andrà tutto bene - sussurrò Rachel all’orecchio della figlia -  Io e tuo padre andiamo a vedere quei simboli, cerchiamo di capire chi o cosa sta cercando di riportare quel mostro nel nostro mondo e poniamo subito fine a questa storia. Non gli permetterò di farti del male, non permetterò che ti faccia quello che ha fatto a me. Te lo prometto piccola mia.»
«Anche io ti voglio bene mamma, state attenti per favore.».
Evelyn si staccò dall’abbraccio della madre per guardarla negli occhi, stava ancora trattenendo una lacrima che, nonostante la fatica, si trovava in quel punto in cui non si capisce se voglia uscire sulla guancia o risalire verso l’occhio. La madre le pulì gli occhi dalle lacrime con una carezza e le disse:
«Dovrai portare ancora un pò di pazienza ma vedrai che presto uscirai con tuo padre in una missione. Sarai un’ottima vigilante figlia mia.»
«Su questo non abbiamo dubbi.» disse la voce di Dick al di là dell’uscio. 
Le due si voltarono e videro l’uomo, vestito con la divisa da supereroe, andar loro incontro, Evelyn non ebbe dubbi e saltò addosso al padre abbracciandolo.
«Faremo di tutto per proteggerti da Trigon piccola mia, lo sai vero?» sussurrò Dick alla figlia mentre la stringeva tra le braccia. 
Evelyn sorrise:
«Si lo so, siete degli ossi duri…e pure testardi…proprio come me…da qualcuno avrò preso!»  
Dick diede una grattatina sulla testa alla figlia, scompigliandole i capelli. Quando era una piccola peste, quel gesto la infastidiva tantissimo e rispondeva al padre colpendogli la gamba con dei pugnetti. In quella circostanza Eve si limitò a sorridere e sistemarsi i capelli, come era solita fare.
Anya e Lilian erano rimaste sulla soglia della porta per non intromettersi.
Dick si girò verso di loro e chiese:
«Ragazze, vi chiedo di restare a far compagnia a Evelyn questa sera. Ho già chiesto a Oracle di contattare la JLA e di avvisare Victor, quindi non ci sono problemi.»
Lilian annuì mentre Anya rispose con decisione e impertinenza:
«Evelyn è la mia migliore amica, sarei rimasta con lei in ogni caso.»
Dick si lasciò scappare un sorriso, Anya era davvero tosta e di sicuro il merito era di Victor.
Rachel in quel momento si concentrò per far apparire i suoi abiti da supereroe, in men che non si dica viene avvolta dal suo mantello apparso dal nulla che sostituisce i suoi indumenti con il suo inconfondibile abito nero, quello che usava quando vestiva i panni di Raven.
Rachel rivolse uno sguardo al marito, che rispose con un cenno di capo. Quindi Rachel chiuse gli occhi e pronunciò le parole "Azarath Metrion Zinthos". Un incantesimo che le permise di far apparire una sorta di cerchio nero a mezzaria. Lo avrebbero utilizzato come portale per arrivare nel luogo del crimine.
Rachel si apprestò a entrare nella macchia nera ma prima si fermò per rivolgersi alle ragazze:
«Se avete fame, nel freezer potrete trovare delle pizze da scaldare.»
Quel piccolo consiglio da mamma premurosa scaldò il cuore delle tre ragazze. Risposero quasi in sincrono con un cenno di capo. 
Dick si affiancò alla compagna e protese la mano in cerca di quella di Rachel. I due si addentrano nel portale mano nella mano. Non appena le loro figure scomparero dentro il buco nero questo si chiuse immediatamente senza lasciare alcun segno.
Dick odiava spostarsi tramite portale ma in certi casi muoversi velocemente poteva essere un vantaggio non da poco. E nulla era più importante della sicurezza di sua figlia.
In questo caso Dick scese a compromessi, seppur continuava a fargli un certo effetto  chiudere gli occhi nella Baia di San Francisco per poi riaprirli e ritrovarsi in un attimo al Yosemite National Park, nelle montagne della Sierra Nevada, a più di 6 ore di viaggio. Senza contare al fortissimo senso di nausea che ogni volta li provocava quel tipo di spostamento.
Giunti a destinazione in pochi istanti, Rachel chiese subito al compagno:
«Come stai?» 
Dick fece un forte respiro e deglutì con forza il pasto che stava risalendo verso la gola:
«Si, ci sono. Lo sai, non mi abituerò mai ai tuoi portali dimensionali».
I due si incamminano verso l’abitazione di Beast Boy, alias Garfield Mark Logan, e nel farlo Rachel, sospettosa, chiese al compagno:
«Scusa ma cosa hai detto a Oracle in merito alla missione? E perché hai voluto che Anya e Lilian restassero con Evelyn? Fa piacere anche a me che sia insieme a qualcuno dopo quello che ha scoperto oggi ma c’è qualcosa che non mi torna...»
Dick sorrise:«Vedi, è da un paio di settimane che ho notato che Anya si annota i codici di accesso e le combinazioni ogni volta che andiamo nella sala dei gadget, insomma, come nostra figlia, anche lei è impaziente di uscire in missione. E prima, mentre tornavamo da voi, mi ha sottratto di nascosto la chiave per accedere alle tute da combattimento.»
Rachel apparve visibilmente furiosa:
«Scusa e tu hai lasciato che te la prendesse!?! Lo sai cosa farà adesso che ha quella chiave!»
«Certo che lo so, ma guardiamo in faccia la realtà: quelle ragazze sono pronte. Probabilmente sono pronte già da un paio di mesi. Forse ero io a non esser pronto a vedere mia figlia e la mia allieva terminare il loro addestramento e uscire in missione.»
Rachel rispose seccata:
«Lo sai come la penso, non dovevi lasciare che uscissero da sole stanotte! Evelyn non è…»
«Evelyn è pronta a uscire e scoprire il mondo Rachel, lo sai anche tu. Cosa vuoi fare, tenerla dentro una campana di vetro e aspettare che si concluda questa storia per farla uscire?»
Rachel non ebbe il coraggio di controbattere, anche perché sapeva che il suo compagno aveva perfettamente ragione. Era chiaro agli occhi di tutti che le tre ragazze erano già in grado di controllare i loro poteri e le loro abilità al meglio. Forse erano molto più preparate di quando lei e Dick non lo erano quando iniziarono a combattere per la giustizia. Semplicemente lei non era pronta a vedere sua figlia compiere i primi passi nel mondo estero in piena autonomia.
«Ad ogni modo non saranno sole, ho chiesto a Oracle di mandare qualcuno a tenerle d’occhio. Sono pur sempre un padre…»
La frase strappò un sorriso alla donna.
«Comunque lasciare che Anya prendesse le chiavi potrebbe non essere la sola pazzia che potrei compiere oggi…»
«Cosa intendi dire?» rispose sorpresa Rachel.
Dick si fermò per guardare la compagna negli occhi e chiederle:
«Fin dove sei disposta a spingerti per proteggere nostra figlia?»
«Sei tu quello che ha fatto un giuramento con il suo mentore, io sono pronta a eliminare ogni cosa o persona che metterà in pericolo mia figlia.»
«Ricordo come fossi ieri le parole di Batman quando gli chiedemmo io e i miei fratellastri perché aveva deciso di non uccidere mai nessuno durante la lotta al crimine, anche se questo metteva in repentaglio la sua vita. Lui ci disse "Se lo facessi, se concedessi a me stesso di scivolare in quel luogo...non tornerei più indietro".
Dopo quelle parole non abbiamo più avuto dubbi e abbiamo accettato quella affermazione come un giuramento. Se ora ti lascio uccidere qualcuno, se decidessi di girarmi dall’altra parte e non intervenire verrei comunque a meno del mio giuramento, non trovi?»
Rachel ribatté con sguardo deciso:
«Hai intenzione di fermarmi?»
Dick resse gli occhi freddi e irremovibili della compagna:
«Non è solo tua figlia, è nostra figlia!» rispose con decisione.
Rachel si sentì colpita per aver usato quelle parole.
«Comunque non ho intenzione di fermarti, farei di tutto per Evelyn…» continuò Dick mentre accarezzava il volto della compagna.
«Ma se ciò dovesse succedere, non potrei mai più permettermi di indossare questo costume, se dovesse succedere Nightwing morirà.»
«Tu….tu saresti disposto a…» rispose stupita la donna.
«Sono disposto a tutto per proteggere nostra figlia» disse Dick senza la minima esitazione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 - Scoperta ***


Rachel non poteva credere alle parole di Dick, per diverso tempo era stata lei a chiedere in più e più occasioni al compagno di smettere con la carriera da vigilante ma non si sarebbe mai aspettata una risposta tale, possibile che potesse andare in quel modo?
Sapere che Nightwing avrebbe potuto finire la sua carriera così la feriva, anche perchè in parte si sentiva colpevole: lo aveva spinto in quel posto maledetto sapendo benissimo quanto tenesse alla figlia e fin dove si sarebbe potuto spingere per proteggerla.
Avrebbe dovuto intuire qualcosa ma in quel momento le paure di madre le avevano offuscato la mente.
Rachel avrebbe voluto dissuadere il compagno ma, per sua sfortuna, la loro passeggiata durò poco. Dopo qualche minuto erano già arrivati davanti la casa di Garfield. Come sempre quella abitazione lasciava senza fiato per maestosità e eleganza, incastonata abilmente tra gli alberi come fosse un elemento naturale, senza in alcun modo danneggiare il bosco e il paesaggio che la circondavano. Una lunga scalinata di legno terminava proprio di fronte all’abitazione, una location rustica ma affascinante, composta con assi di abete e quercia abilmente lavorate: una splendida baita di due piani immersa nel verde. Rachel e Dick, ormai schiavi della città, rimasero come sempre senza parole davanti a tutto ciò, rapiti da quella piccola perla incastonata nella natura incontaminata che trasmetteva serenità e pace.
Garfield aveva abbandonato la lotta al crimine non appena si era sposato. Da quel momento in poi aveva dedicato la sua vita al mondo dello spettacolo, il successo era arrivato in pochissimo tempo e gli aveva permesso di mettere da parte una bella somma di denaro. Soldi che gli avevano permesso di acquistare più della metà del Yosemite National Park e trasformarlo in un'area protetta. 
Nella sua carriera, però, non era stato solo musicista, attore, conduttore e autore televisivo, per un periodo fu anche il leader dei Doom Patrol, compito che portò avanti con diligenza fino a quando non riuscì a reclutare personalmente, e addestrare a dovere, una squadra all'altezza. Negli anni Garfield aveva visto morire amici e compagni, aveva quindi deciso di ritirarsi solamente quando fosse sicuro che quel team fosse composto dalle persone giuste. Il triste susseguirsi di morti che la Doom Patrol continuava a subire tra le sue file non gli lasciava scampo, il suo spirito del dovere l’avrebbe perseguitato se non fosse stato certo della sua scelta… e probabilmente fu proprio la morte di Cliff Steele, alias Robotman, a convincere Gar ad abbandonare la lotta al crimine per pensare solo ed esclusivamente alla sua vita privata e alla sua famiglia.
La chiave di volta fu l’arrivo di Abigail Bowden, alias Portal, l'allieva scelta da Gar come suo successore, una giovane ragazzina decisamente stravagante capace di assimilare gli insegnamenti del suo mentore e prendere le redini di quella squadra di pazzi: tre membri, solo tre componenti, ma estremamente capaci, tanto che nella storia dei Doom Patrol nessuno aveva portato avanti quel compito per così tanto tempo.
Mente Rachel e Dick erano intenti a cominciare la salita lungo la scalinata sentirono una voce provenire dall’alto:
«Sto arrivando, aspettatemi giù».
Dopo pochi istanti un falco verde si precipitò verso di loro, il volatile si diresse verso il suolo per poi fare una brusca virata e, una volta ripresa quota, si tramutò nel loro amico Beast Boy.
Quando i tre si ritrovarono uno di fronte all’altro la tensione si fece viva. D’altra parte Gar e Dick avevano avuto degli screzi quando si sciolsero i Teen Titan e uno dei motivi principali di quella lite era proprio Rachel. Lei, infatti, aveva avuto una relazione con Beast Boy prima di mettersi con Nightwing. 
Questa fu una delle cause di quella rottura ma non l’unica. Da lì a poco ciascuno prese la propria strada. Gar, infatti, decise di guidare una nuova squadra di Titani ma fu proprio Dick ad opporsi in quanto, a suo dire, l'ex compagno non era pronto per quel ruolo: fu la goccia che fece traboccare il vaso, in quel momento Gar decise di evitare lo scontro e di allontanarsi da loro senza dare troppe spiegazioni.
Una volta divisi, però, rimasero in contatto, Gar era presente alla nascita della piccola Evelyn, così come Rachel e Dick presenziarono al matrimonio del loro amico verde, e ci furono anche quando venne alla luce Kimberly, figlia di Gar e Tefé.
Anche se non ci fu mai una vera o propria riappacificazione, rimasero sempre in contatto tra loro seppur il macigno dei tempi passati pesasse sul loro rapporto: da amici inseparabili erano diventati semplici conoscenti e, nonostante questa sensazione ferisse tutti e tre, nessuno aveva mai avuto il coraggio di affrontare l’argomento.
Era incredibile pensare al coraggio che mettevano in campo sfidando la morte contro minacce aliene o interdimensionali, coraggio che mancava loro nell’affrontare quell’argomento quando si ritrovavano faccia a faccia.
Fu Dick a rompere il silenzio:
«Ciao Gar, ti vedo bene… come stai?»
L’uomo verde rispose con evidente imbarazzo:
«Procede - disse grattandosi la nuca - lo sai che è sempre dura sorvegliare 1500 chilometri quadrati di area protetta e crescere una figlia adolescente in pieno periodo ribelle…»
Rachel sorrise e si intromise:
«Evelyn nel suo periodo di ribellione si è colorata tutti i capelli di blu e si è fatta un tatuaggio sulla coscia…Kimberly invece cosa ti ha combinato?»
«Eh, Kim si sente una tigre in gabbia, la sera sgattaiola sempre a Stockton o Sacramento… è affascinata dalla città e da quello che offre. La capisco bene, eh, vi ricordate quando vivevamo tutti alla torre? Io tra videogiochi, moto, pizza per asporto, insomma tutte quelle comodità che la città offriva, ne ero immerso, quasi soggiogato, per non dire dipendente… qui, però, mi sento al mio posto, mi sento in pace con me stesso e questo vale anche per Tefé… ma nostra figlia evidentemente non è dello stesso parere…»
Dick mise una mano sulla spalla all’amico in segno di supporto:
«Gar se tu e tua moglie siete felici qui, vuol dire che è la scelta giusta, vedrai che Kimberly capirà. E se non sbaglio dovrebbe avere la stessa età di Evelyn, giusto? Ormai sono pronte per prendere la loro strada…»
Gar, sorpreso, osservò la mano di Dick sulla sua spalla. Quest'ultimo ritrasse subito il braccio e ribatté cambiando discorso:
«In che direzione hai visto i simboli?»
L’uomo verde indicò un punto alzando la mano verso il lato destro della montagna:
«Dobbiamo andare in quella direzione, abbiamo una ventina di minuti di camminata.»
«Voi avete venti minuti di camminata.» aggiunse Rachel sorridendo. La donna usò i suoi poteri per elevarsi dal terreno e cominciò a seguire i due uomini lungo i sentieri tra i boschi.
Il frastuono cittadino a cui Dick e Rachel erano abituati, in quel luogo, era solo un ricordo, i dolci rumori della natura offrivano loro un senso di pace e tranquillità, seppur una nota di imbarazzo si faceva sempre più forte: da quando si erano incamminati nessuno dei tre aveva più aperto bocca. 
Fu Gar ad interrompere quel silenzio ricominciando a parlare dell’essere padre:
«Più che altro è la compagnia che frequenta, in particolare ci sono due individui che proprio non riesco a digerire …»
«Due…ragazzi? Sei geloso della tua piccolina vero?» rispose Dick sorridendo.
«No, cioè Sì… cioè, non fraintendermi, non credo che Jamal e Jackson siano dei cattivi soggetti e nemmeno che ci stiano provando con la mia Kim…»
«Allora quale sarebbe il problema?» interruppe Rachel.
«Vedi, quei due lavorano con mio “suocero” - Gar era visibilmente infastidito e aveva virgolettato con le dita la parola “suocero” - per quello non mi piace che le girino intorno…»
Dick prontamente chiede:
«E il rapporto tra Kim e suo nonno, invece, com'è?»
Gar si infastidì ancor di più:
«Buono, ma che dico, fin troppo buono! Quella sciocca ha una vera e propria adorazione per quel rozzo in impermeabile. La Justice League gli ha chie..»
Gar si tappò la bocca con una mano, si era reso conto di aver detto troppo. Questa volta furono Rachel e Dick ad essere infastiditi dal trattamento.
«Cosa ha chiesto la Justice League a tuo suocero, Gar?»
«Niente, fate finta che non abbia detto nulla!»
Rachel lo incalzò indispettita:
«Scusa, noi stiamo addestrando le figlie di Victor e lui non si degna nemmeno di dirci…»
Gar era completamente nel panico:
«Ascoltate non prendetevela con lui, nemmeno Vic è contento della situazione. È una questione top secret, nessuno può dire niente a riguardo, sono stati i Big Three a decidere questa cosa…»
Ora Dick era ufficialmente seccato.
I "Big Three” altro non erano che Batman, Superman e Wonder Woman, i tre pilastri della lotta al crimine nel mondo.
Non appena rientrati a Jump City, Dick avrebbe fatto qualche telefonata e preteso delle risposte.
Tra una discussione e l’altra, i tre si ritrovarono vicino a una radura. In mezzo a quello spiazzo vegetale apparivano alcuni massi ricoperti di muschio e terra, che, per qualche strano motivo, sembravano rovinare quel bellissimo paesaggio.
«Eccoci, è qui il posto.» dise Gar.
Rachel si guardò intorno sospettosa mentre Dick continuò verso le rocce, deciso a controllare i simboli di cui gli aveva parlato l’amico.
Di fronte ai massi Gar e Dick si abbassarono per controllare al meglio: dietro una delle grandi rocce si trovavano diversi corpi di scoiattoli, marmotte e qualche giovane lince. I simboli di cui parlava Gar erano visibili sulle pareti del masso e si mescolavano al terriccio e alle foglie presente nel terreno circostante. Erano disegnati in maniera grossolana con un liquido rossastro, presumibilmente sangue.
Dick scattò delle foto mentre Gar cominciò ad annusare l’area circostante nei panni di un cane. Dopo pochi minuti ritornò in uomo per avvertire i compagni:
«Erano in tre, gli animali devono averli portati loro perché non ci sono tracce di caccia o trappole. Dovevano avere una vecchia auto, probabilmente un pick-up, credo un Ford Serie F, è il più venduto in zona… ci sono delle macchie di olio poco più in là, di sicuro quel veicolo ha qualche perdita. Nightwing ti conviene prenderne un campione.»
«Arrivo subito, hai fiutato altro?»
«C’è un odore in particolare ed è inconfondibile… odore di energia arcana, qualcosa di demoniaco si è aggirato qui intorno… un aroma misto di carne bruciata e copertone bruciato, orribile… ecco perché non abbiamo percepito la presenza di animali lungo il tragitto.».
Rachel era impaziente, doveva tenere la posizione per coprire le spalle ai suoi compagni ma  il suo cuore le batteva all’impazzata. Quei simboli, doveva vedere quanto prima quei disegni sulla roccia. Erano davvero il preludio a ciò che temeva? Lui stava tornando per davvero?
In pochi minuti Dick e Garfield liberarono la scena.
«Adesso puoi andare amor..» disse Dick avvicinandosi a Rachel.
Non fece a tempo di finire la frase che la donna si era già proiettata verso i massi.
Anche Rachel si inginocchiò a terra per studiare quei strani simboli.
Dick e Garfield, invece, si misero dietro di lei guardandosi intorno per esser certi di mantenere in sicurezza la zona. La donna si spostava in modo scattoso da un simbolo ad un’altro, come fosse posseduta. Il tutto accompagnato da esclamazioni rivolte all’aria: “non può essere” … “oddio”...
Dick controllava l'orizzonte muovendo lo sguardo da destra a sinistra con il cuore in gola:
«Questa tensione mi sta uccidendo! Si può sapere cosa hai scoperto Rachel?»
Rachel si alzò improvvisamente in piedi e spostò una roccia a un paio di metri di distanza con i suoi poteri telecinetici. Ciò che svelò, lasciò tutti esterrefatti: sotto la pietra c’era un cerchio disegnato con il sangue, riempito di simboli e incisioni.
«La cosa è più grave del previsto - annunciò la donna - bisogna subito mobilitare la Justice League e… Beast Boy, perfavore, è meglio se chiami anche i tuoi ragazzi dei Patrol, servirà tutto l’aiuto possibile.»
«Quindi…è vero? Qualcuno sta cercando di richiamare…lui?» rispose Garfield visibilmente preoccupato. 
Rachel si girò verso i due per rispondere ma prima che potesse proferire parola tre figure indistinte si lanciarono contro di loro.
Uno afferrò di peso Nightwing e lo atterrò all’istante impedendogli di estrarre le sue armi. Si trovava in svantaggio, con il nemico seduto sopra di lui pronto a strangolarlo. Con un colpo d'anca, Dick si portò sopra l’avversario e con una capriola all’indietro lo lanciò verso un nemico che aveva appena sparato contro Raven con una strana arma. Questi caddero a terra rintronati mentre Raven evitava con facilità il proiettile che le veniva incontro. Beast Boy fece appena in tempo a trasformarsi in un topo per schivare una bastonata. Evitando l’attacco prese la forma di un tirannosauro, colpendo con la testa il nemico che venne letteralmente sbalzato via.
Gli avversari non si persero d’animo ed erano pronti per continuare la lotta. I nostri eroi riuscirono finalmente a guardare negli occhi i loro nemici: erano umani o, per meglio dire, umanoidi, pelle color rosso scuro, corna caprine e le mani composte da soli artigli. Ciò che più li caratterizzava erano quattro occhi rossi, gli stessi quattro occhi rossi che facevano perdere il controllo a Rachel.
Quei quattro occhietti scarlatti erano la prova lampante che gli esseri che avevano di fronte erano propri degli emissari di Trigon.
Rachel aveva entrambe le mani cariche di energia ma prima di sparare urlò:
«Chi o cosa siete?»
Uno di questi si lasciò scappare un leggero sorriso, le sue labbra mostrarono file di denti aguzzi:
«Ma come Rachel? Non sai riconoscere i tuoi fratelli quando li vedi?»
«Non avete niente in comune con lei!» disse Dick.
Rachel si sentiva protetta dal compagno ma quella non era la situazione in cui aveva bisogno di lui, senza esitazione si mise a capo del gruppo per continuare la conversazione con l’essere.
«Vedi creatura la differenza è che io sono la figlia di Trigon mentre voi siete solo degli scherzi della natura, siete umani corrotti dal potere demoniaco di mio padre, potere che avete rubato dalla dimensione dove si trova imprigionato tramite quel rudimentale cerchio magico»
Il volto sfigurato della creatura era mutato, il sorriso era svanito e si era trasformato in una smorfia di odio.
Beast Boy chiese sottovoce a Rachel:
«Potremmo liberarli oppure…»
«Una volta corrotti non è possibile liberarsi del suo potere.» lo interruppe freddamente Rachel.
I tre demoni erano furiosi dopo le parole di Rachel, pronti a tornare all'attacco con tutte le loro forze. 
Lo scontro riprese e il gruppo poté saggiare i poteri degli avversari: quegli esseri avevano la capacità di volare e di proiettare scoppi di energia, oltre a forza ed agilità fuori dal comune. Avevano capacità che per versi simili ricordavano quelle di Rachel ma chiaramente erano più deboli di quelle di Nightwing.
Lo scontro durò pochi minuti, in un attimo i nemici vennero atterrati e disarmati. Il terzo aveva le mani cariche di energie rivolte verso Rachel:
«È finita, ti conviene arrenderti.».
L’essere non sembrava avere alcuna paura né timore, come i due bloccati a terra. All’improvviso l’energia sulle mani del nemico venne fatta sfera e lanciata contro Nightwing. Raven utilizzò i suoi poteri per bloccare l’attacco rivolto al compagno risultando vulnerabile.  L’avversario, infatti, usò quell’istante per estrarre la strana arma di cui era dotato per sparare contro Rachel. 
Il raggio uscito dalla pistola colpì Raven.
Le urla della donna riempirono l’aria di dolore mentre la sua forma cominciò a mutare, trasformandosi poco per volta da umana a demone.
Nightwing era pronto, con una mano teneva bloccato a terra il nemico e con l'altra stava per lanciare il suo boomerang, il Wing-Ding: non per stordire ma per uccidere. Non aveva intenzione di perdere la sua compagna ed era pronto a tutto, anche a terminare la sua carriera da vigilante se questo voleva dire poter avere Rachel al suo fianco per il resto della vita.
Tutto ad un tratto, dalla vegetazione della foresta, venne lanciata una liana, un lungo rampicante verde, che si avvolse attorno al braccio del demone e lo trascinò con forza tra la boscaglia. Raven cadde a terra stordita ma libera da quel raggio demoniaco.
Un urlo, grottesco e terrificante, si erse tra la vegetazione, un grido che lentamente si attenuò come se venisse strozzato e infine, dopo pochi attimi, sparì nel nulla.
Anche i due bloccati a terra terminarono anzitempo le loro esistenze, dopo un paio di spasmi, infatti, persero i sensi e morirono sotto i loro occhi in pochi istanti.
Il silenzio che scaturi da quelle morti venne interrotto da una voce femminile proveniente dalla foresta:
«Non fare cose che non ti competono Nightwing, quel pensiero non è nella tua natura e non ti appartiene.»
Nightwing si precipitò ad aiutare la compagna tentando di farla riprendere e, appoggiandola a se, le chiese preoccupato:
«Come ti senti tesoro? Ti prego rispondimi!»
Dopo un paio di colpi di tosse e un conato di vomito, la donna riprese conoscenza e disse:
«Sto…sto bene, non ti preoccupare»
«Ma cosa diavolo era quel raggio?»
In quell’istante apparve dalla foresta una donna bellissima, portava lunghi capelli bianchi, carnagione chiara su cui brillavano occhi azzurri, penetranti e profondi.
Era Tefé Holland, la moglie di Garfield, conosciuta dai più come la figlia di Swamp Thing e Abigail Arcane.
«Tesoro che ci fai qui?!» le disse Beast Boy. 
«Ero preoccupata per mio marito e volevo evitare che qualcuno facesse una stupidaggine.»
«Ma come hai fatto a trovarci?»
«Ho ricevuto la visita di qualcuno che mi ha detto cosa stava succedendo e poi ho lasciato che fosse la foresta a guidarmi, quando ho sentito che eravate in pericolo mi sono precipitata.»
«Cosa ne è stato dei demoni che ci hanno attaccato?» chiese Nightwing mentre tentava di far riprendere le forze a Rachel. 
Tefe girandosi verso di lui gli risponde:
«Quello che ho trascinato via l’ho ucciso, a differenza tua in più occasioni del passato mi sono trovata a dover uccidere e anche se non succedeva da tanto non ho problemi nel farlo.»
«…ma avremmo potuto interrogarli!»
«Non avevo altra scelta, o avresti preferito non rivedere più Rachel? Per di più pare che si siano spenti tutti e tre in contemporanea nel momento esatto in cui ho terminato il potere in uno solo di loro.»

«Tefè attraverso la tua connessione al Verde puoi controllare tutte le forme di vita vegetale, vero? Tu sai cosa è successo qui, o sbaglio?» chiese Rachel con voce flebile. 
«So cosa è successo qui perché ho ricevuto la visita di entrambi i miei padri, sia di John che di… beh diciamo Avatar della vita vegetale, il modo in cui lo chiamate voi non mi piace...».
Tefè con John alludeva a John Constantine, suo padre biologico, tutti sapevano che lei era solita dire che oltre alla madre aveva due genitori uomini, ma non è questo il momento di approfondire.
Beast boy si mostrò visibilmente seccato e rispose:
«Oddio, tuo padre John è da noi? Questa notizia è quasi peggio di sti tre umanoidi…»
In quel momento dalla foresta si fece avanti un’altra figura: era un uomo di una certa età che vestiva un lungo cappotto, sotto di esso si intravedeva una camicia bianca e una cravatta rossa. Teneva i suoi capelli bianchi abbastanza lunghi e li portava tirati all’indietro. Avvicinandosi a loro fece un tiro da una sigaretta ed esclamò seccato:
«Anche io sono contento di vederti mio caro genero. Ora però voi tre seguitemi che vi devo spiegare un pò di cose, abbiamo una bella rottura da sistemare e ormai siete dentro a questa merda fino al collo.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 - Una missione da compiere ***


Evelyn era sdraiata sul divano a fissare il telefono, erano passate ormai due ore da quando i suoi genitori erano partiti e non aveva ricevuto ancora nessuna novità.
Normalmente non si preoccupava, cioè alla fine erano due ex membri dei Teen Titans, due supereroi di una squadra che aveva affrontato minacce di ogni tipo, cosa poteva fermarli?
Questa volta però era diverso, sua madre non era mai stata così preoccupata e la rivelazione che le aveva fatto prima di partire la spaventava parecchio.
Anya stava cercando di tenere impegnata l’amica, non sapeva cosa si erano detti lei e i suoi genitori ma da allora Evelyn sembrava assente, persa nei suoi pensieri a controllare ripetutamente il telefono tenuto in mano in attesa di ricevere novità. Bisognava distrarla in qualche modo:
«Hey, cos’è quel musone? Vedrai che presto torneranno con buone notizie, intanto troviamo un modo per ammazzare il tempo.»
Lilian, davanti al frigo nell’intento di prendersi una bibita, sentì il discorso e esclamò rapida:
«Cosa volete fare? Film? Ci facciamo una partita con i videogiochi?»
Evelyn continuava a fissare il telefono nella sua apparente assenza, il piano di Anya non stava funzionando. Gestire queste situazioni non era il suo forte, era brava a cercare di seguire i piani e plasmarli a suo favore ma prepararne uno era fuori dalle sue corde. Decise di giocarsi una carta diversa sfoderando un sorrisetto beffardo:
«Io ho un’idea migliore…»
L’attenzione di tutti i presenti era rivolta tutta verso di lei.
Evelyn conosceva bene la sua migliore amica, proprio per questo le domandò:
«Cosa intendi dire? Conosco quel sorrisetto… Che cosa hai in mente?»
Anya estrasse dalla tasca le chiavi sottratte a Dick e, gongolandosi, le fece dondolare dalle sue dita mostrandole con una certa arroganza alle due ragazze.
Lilian era senza parole:
«Non ci credo! Anya non avrai mica…»
Le rispose orgogliosamente la sorella:
«Eh si!»
Evelyn rimase un po’ sorpresa e un pò confusa, quindi aggiunse:
«Cioè, fammi capire… tu sei riuscita a prendere le chiavi a mio padre?!? Senza farti beccare?!?»
Anya si strofinò la mano sul petto:
«Modestamente…»
«Cosa pensi di fare?»
«Tu cosa dici? Non avevamo una missione da compiere?»
«Cosa?!? Hai sentito mia madre prima, vero? Tu vorresti andare li senza supporto, senza mio padre?»
In quel momento si intromise Lilian:
«Cioè alla fine siamo ancora inesperte, senza un supervisore non so se…»
Anya interruppe seccata la sorella:
«Scusatemi ma per caso vigilanti come Superman, Batman o Wonder Woman hanno fatto una gavetta e poi sono usciti sotto la supervisione di qualcuno? Ve lo dico io, No! Si sono messi in gioco per la sicurezza degli abitanti della terra, noi abbiamo un percorso di quasi quattro anni alle spalle e oggi possiamo finalmente fare la nostra parte per migliorare questa città! Lo so che stiamo infrangendo qualche regola ma sento che possiamo farcela se restiamo unite, l'affronteremo insieme!»
Quando si trattava di giustizia, Evelyn sentiva come una vocazione dentro di lei, ecco perché Anya aveva tirato fuori proprio quel discorso.
«Sai cosa? Hai ragione, ci sto! Restare qui inerme ad aspettare una risposta non mi aiuterà. Se stasera invece non ci presentiamo all’appuntamento e non facciamo quelle foto, ci saranno diversi criminali che non saranno identificati o non ci saranno le prove per incastrarli. È arrivato il momento per noi di rendere migliore questa città!»
«Tu cosa dici Lilian? Sei dei nostri?» chiese Evelyn all’amica. 
«Co..cosa? Io cosa?» rispose stupita Lilian.
«Siamo una squadra ed è giusto che tutti dicano la loro, tu cosa ne pensi Lilian? Ci stai?»
La ragazzina era piacevolmente sorpresa, probabilmente era la prima volta che qualcuno le stava chiedendo un parere, d’altra parte era la più giovane del gruppo e di certo la sua indole riservata non l’aveva mai aiutata a esprimersi con facilità. Ora sì che si sentiva di far parte veramente della squadra.
Dopo aver lanciato una veloce occhiata all’orologio posto sul muro Lilian disse la sua:
«Abbiamo poco più di due ore per prepararci e farci trovare al vecchio porto per incastrare quei criminali!»
«Forza Teen Girls, andiamo a prepararci per stasera!» Concluse entusiasta Anya.
Le tre ragazze si precipitarono nella sala dei gadget di Nightwing per prendere l’attrezzatura: 
Lilian prese d'istinto il suo completo ignifugo composto da un elmo e tuta da supereroe, un abito capace di enfatizzare forza, velocità, acrobazie e, al contempo, di resistere anche ai proiettili. 
Anya invece raccolse subito le sue due katane quindi vestì il suo abito a braccia scoperte e la sua maschera, creata a immagine e somiglianza a quella di Batman, così da lasciar scoperta solo la bocca ed evitare di farsi riconoscere. E i suoi capelli colorati? Beh, le ragazze erano già d'accordo, in caso di necessità Anya avrebbe cambiato tinta per non farsi scoprire dai nemici.
Mentre le amiche si stavano preparando, Evelyn si diresse verso una teca che conteneva un costume identico a quello del padre. Tuta e maschera erano state progettate per proteggere la ragazza ma permetterle anche di gestire al meglio le situazioni.
Se la maschera era dotata di sensori altamente tecnologici utili a tracciamenti GPS di un telefono, visione termica e rilevamento di onde radio, il vestito possedeva un supporto sul braccio destro dalla doppia funzione: quell’aggeggio permetteva a Evelyn di estrarre una lama a piacimento e al contempo aiutava la ragazza a gestire i suoi poteri, grazie a uno stabilizzatore arcano posizionato in quel punto su volontà della madre.
Infine si dotò di uno dei bastoni di metallo pieghevoli che il padre usava quando portava ancora il nome di Robin, non vedeva l’ora di poterli spaccare sulla testa di qualche malfattore.
Una volta pronte le tre ragazze si misero una di fianco all’altra di fronte allo specchio.
«Siamo davvero fighe, non trovate?» commentò Anya.
«Più che altro siamo organizzate che è la cosa più importante - disse Evelyn - Recupero la fotocamera ad ampio raggio. Nel frattempo pensiamo ai nomi in codice da usare, i nostri veri nomi devono rimanere segreti!»
Lilian si stava spensieratamente sistemando un guanto, quando alzò la testa e dichiarò:
«Beh, mia sorella mi chiama sempre Diabla, direi che è ottimo come nome da vigilante.»
«Muy caliente, hermana.» aggiunse compiaciuta Anya.
«Ci sta, ti si addice a pieno. Tu invece Musashi che nome vuoi?» rispose Evelyn.
Anya non aveva mai pensato troppo sul serio ad un nome da supereroe, il suo nome. Lo fece lì per lì, appoggiando il fodero di una delle sue katana sul mento:
«Vorrei qualcosa che faccia paura, qualcosa che quando i nemici lo sentono se la fanno sotto… come se mi vedessero come una entità a metà via tra uomo e demone!»
«Nelle storie preislamiche e islamiche le creature di quel tipo venivano chiamate Ghul, Gul o Gula, quelli che noi chiamiamo ghoul…»
«Aspetta, hai detto…Gula?»
«Si, Gula. Perchè?»
«Mi piace, fa paura! Il mio nome sarà Gula
«Sei incorreggibile…» le rispose Evelyn sorridendo e scuotendo la testa.
«Tu invece Evelyn che nome userai?»
«Userò il nome di Nightheir, è l’insieme di Night e Heir, quindi mantengo il nome di famiglia con l’aggiunta di “erede”, quello che vorrei essere…»
«Sarai un’ottima erede della Bat Family.» disse Anya mentre posava la mano sulla spalla dell’amica; poi aggiunse rivolgendosi a Lilian:
«Glielo dici tu o glielo dico io?»
Evelyn sospettosa dice:
«Che succede?»
Anya si mise a ridacchiare, quindi non potè che spiegarsi:
«Vedi, non solo porterai avanti l’eredità dei bat vigilanti ma vogliamo che sia tu a guidare questa squadra, quindi sarai erede anche del ruolo di leader.»
«Voi….cosa?»
«Ascolta Eve parliamo chiaro: né io né Lilian abbiamo le capacità per ricoprire il ruolo di leader. Tu, beh si, tu, invece, sei perfetta. Sei intelligente, sai gestire le situazioni, sai preparare dei piani ingegnosi e applicarli in velocità, cambi tattica in base all’esigenza, usi la testa quando è giusto e le dai di santa ragione quando serve… io so solo menare le mani e Lilian riesce solo a infuocare le cose, per questo vogliamo che sia tu a guidare la squadra delle Teen Girls
«Ah, quindi abbiamo già deciso anche il nome?»
«Portiamo avanti l’eredità dei Teen Titans ma lo rendiamo più cool! Siamo tre ragazze e pure particolarmente belle, non trovi? Teen Girls ci dona proprio». 
«Dai, bando alle ciance, siete pronte Teen Girls?» disse Eve per spronare il gruppo.
Lilian e Anya si guardarono negli occhi, poi si voltarono verso l’amica e annuirono con un cenno di testa.
«Allora andiamo a incastrare quei criminali!».


Il vecchio porto era un posto malfamato, veniva usato perlopiù come deposito merci da molte attività locali e offriva un via vai continuo di persone e di mezzi per 24 ore filate, giorno e notte. I traffici illeciti erano alla portata di chiunque dato che era impossibile controllare tutti i camion o furgoni che arrivavano. E calava la notte e il più dei capannoni si svuotava dei lavoratori, i criminali si potevano adoperare per svolgere il loro sporco lavoro, che esso fosse estorsione, droga, vendita di organi o di esseri umani.
Alcune aziende si erano munite di personale di sicurezza per il turno di notte ma quei poveretti avevano ben capito che l’unico modo per campare era quello di tenere la bocca chiusa. Nessuno doveva sapere quello che succedeva in quel posto durante il buio.

Le ragazze si muovevano per i tetti di Jump City con particolare facilità. A vederle, quelle tre si muovevano di soppiatto, eleganti e leggiadre come se stessero danzando da un tetto all’altro. La luna coperta di nuvole le aiutava a mimetizzarsi nella città ma quel che veramente faceva la differenza erano gli anni di addestramento con un maestro dell’arte circense e acrobatica come Nightwing. Nessuno le notò durante il loro tragitto verso il vecchio porto, solo un bimbo, alzando la testa tra la sesta e l’ottava strada, ebbe l’impressione di notare muoversi qualcosa nel cielo. La mamma lo rassicurò parlando di stelle comete.

Arrivati in prossimità del molo, si diressero verso una vecchia acciaieria trasformata in deposito di rottami. Le ragazze si posizionano sul tetto dell’edificio situato al lato opposto della strada e cominciarono a preparare la loro strumentazione.
«Eccoci, quella è la vecchia acciaieria Commincy. È stata comprata dalla famiglia Loach e ora risulta essere la sede della AdoreByString, un e-commerce che vende cianfrusaglie online.»
«Da questa distanza riusciremo a fare delle foto nitide?» disse Lilian con la staffa per la fotocamera in mano.
Eve rispose prontamente:
«Ora come ora siamo al massimo a 200…  250 metri dall'obiettivo. Non dovremmo avere alcun problema, da manuale dovrebbe catturare l'immagine di una formica in movimento anche a 400 metri di distanza.»
Toccando un pulsante situato sulla sua maschera Eve attivò la ricetrasmittente:
«Gula, com'è la situazione nei dintorni?»
«C’erano due cecchini, uno sul tetto di destra e uno sopra l’insegna di quel magazzino di ricambi per moto. Li ho già sistemati e ho preso le loro radio per intercettare le comunicazioni, quanto dura l’effetto dei dardi?»
«Almeno un paio d’ore.»
«Allora siamo apposto, si può andare in scena. Vi raggiungo.»

Anya raggiunse velocemente le Titans Girls sul tetto su cui si erano posizionate. Lilian controllava l'ambiente circostante con attenzione mentre Evelyn era intenta a usare la fotocamera puntata verso l'edificio della AdoreByString.
«Che cosa vedi Nightheir?» disse Anya.
«Ci sono almeno venti o trenta uomini dei Loach, inoltre vedo Jaws, il pupillo della famiglia, insieme alla sua guardia del corpo Wolfhead.»
«I due brutti ceffi che diceva Nightwing oggi, giusto?»
«Esatto, proprio loro.»
«Che tipi sono dal vivo?» chiese Lilian. 
«Jaws è un ragazzo sulla trentina dai capelli rossi, tinti. Sto qui li ha tagliati ai lati e li tiene lunghi sulla testa. È pieno di tatuaggi che gli arrivano fino al collo. Veste di nero completo e porta con sé una custodia di un violino…insomma uno stereotipo tra un gangster e un membro della Yakuza… ridicolo.»
Anya ribattè sorridendo:
« Ma no, sembra carino… mentre la sua guardia del corpo che tipo è?»
«Wolfhead è vestito casual, felpa, jeans e scarponi. Impugna una mitraglietta automatica e porta a tracolla un borsone sospetto…. Ah, ha un elmetto di ferro, credo, a forma di testa di lupo. Anche questo ceffo sembra uscito da un qualche fumetto.»
«Beh non possiamo sbagliarci allora.»
«Zitte, che sta arrivando Blacksun! Ora si che si balla…»
Evelyn teneva ferma la fotocamera cercando di sopprimere le emozioni, era così emozionata in quel momento….  ma non poteva pensare ad altro se non alla missione, le immagini dovevano essere il più nitide possibile.
Nell’obiettivo Eve poté notare Blacksun entrare nel grande edificio in compagnia di due scagnozzi. Era un tipo molto eccentrico e di certo dotato di un grande ego ma a chiunque sarebbe risultata una scelta azzardata presentarsi in sole tre persone a contrattare un gruppo di gangster, tanto più con la famiglia Loach. 
I Loach erano i classici criminali che non creano alleanze e non fanno prigionieri, sfruttano il prossimo e poi si liberano del peso morto.
Appena Blacksun consegna qualcosa a Jaws, Eve scatta una foto. Poi prepara il dito sul pulsante della camera, pronta a scattarne un’altra. La scena è identica ma poco più in là, uno dei due scagnozzi mostra una valigetta aperta ricolma di contanti.
Stava per premere l’indice quando una voce nelle cuffie delle radio rubate da Anya si sentì un: “al mio segnale, spara.”
Qualcuno stava cercando di comunicare con il cecchino, lo stesso che Anya aveva sistemato poco prima. 
Come si poteva immaginare, i Loach avevano intenzione di fottere Blacksun, e quest’ultimo lo sapeva bene.
Eve aveva intravisto sotto il suo completo una tuta vettoriale, una sorta di giubbotto antiproiettile full body capace anche di proiettare energia.
Ora era tutto più chiaro, entrambe le fazioni non volevano far altro che scatenare una guerra tra bande, quello scambio era solo un pretesto.
Eve abbandonò di scatto la fotocamera per studiare l’area: c’erano almeno otto civili che lavoravano sul molo, nel magazzino di ricambi per moto poco più in là c’era la luce accesa: altri lavoratori. Poco oltre un altro capannone con le luci accese, con molta probabilità altri innocenti che sarebbero potuti essere vittime di quello scontro tra bande.
«Ascolta Gula, dobbiamo intervenire subito. Quelli stanno per cominciare una festa a base di piombo e laser, ci sono troppi innocenti nei paraggi, corriamo il rischio che facciano una strage! Diabla per favore continua a monitorare la situazione!»
Lilian esegue prontamente l’ordine mentre le altre si apprestano a intervenire.
Il tempo scorreva inesorabilmente, rendendo quei pochi istanti lunghi e pesanti.
Lo sbattere del portone di un capannone fece mettere sull’attenti Lilian, potevano essere altri criminali. Dopo aver messo a fuoco con l’obiettivo la zona da cui proveniva quel rumore, la ragazza si paralizzò, carica di paura.
«Hey Diabla che succede?» le disse Anya. 
«Quelle persone…quelle che stanno uscendo dal quel capannone… sono dei miei compagni di classe!»
Lilian aveva riconosciuto una persona delle quattro in particolare, una di quelle era proprio Oz, il ragazzo per cui aveva una cotta.
«Ascoltate, non abbiamo molto tempo. Questo è il piano.» disse Evelyn estraendo il suo bastone.

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