My Personal One Piece

di Sasha88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il matrimonio ***
Capitolo 2: *** La decisione ***
Capitolo 3: *** L’approdo ***
Capitolo 4: *** Il sequestro ***
Capitolo 5: *** La prigionia ***
Capitolo 6: *** Il salvataggio ***
Capitolo 7: *** Rouge Town ***
Capitolo 8: *** La stanza ***
Capitolo 9: *** Il rosso ***
Capitolo 10: *** La festa ***
Capitolo 11: *** La Marina ***
Capitolo 12: *** My personal one piece ***



Capitolo 1
*** Il matrimonio ***


Il matrimonio.

Non lo sposerò mai! - urlò la giovane mentre usciva dalla stanza sbattendo forte la porta.

Suo padre era esasperato. Ce la stava mettendo tutta per convincere Lilian, penultima delle sue sette figlie, a sposare il figlio dell’ammiraglio della Marina Militare, Giulius. Quest’ultimo aveva promesso che, se gli avesse permesso di sposare la ragazza, allora avrebbe assicurato un’alleanza con la Marina per proteggere il suo regno dai famelici pirati che infestavano il mare occidentale e attaccavano continuamente la sua isola, ricca di minerali preziosi come oro e diamanti. Ma l’impresa si era rivelata ardua fin dall’inizio. Lilian era indiscutibilmente la più bella delle sue figlie, di una bellezza disarmante, eguagliata solo dalla sua disubbidienza. 

La sua amata moglie morì di parto con la nascita di Sylvian, sua ultima figlia, e da allora aveva cresciuto le bambine come unico genitore, aiutato solamente dalla sua fedele servitù. Erano venute su bene le sue ragazze dopotutto. Diligenti ed educate, ed era orgoglioso di ognuna di loro nonostante il desiderio non avveratosi di un figlio maschio.

Ma Lilian? Lilian non era di certo la sua preferita. Ribelle e sfrontata come un cavallo pazzo. La sua grazia faceva a cazzotti col suo temperamento infuocato. Da bambina aveva sempre preferito giocare a fare la guerra piuttosto che con le bambole. Ha preteso corsi di stiletto e rifiutando categoricamente la vita di corte e le discipline che più si addicevano ad una donzella di alto rango, quali cucito e canto. Nonostante questo, il figlio dall’ammiraglio Robert Beccoviola la voleva in sposa, abbagliato dalla sua incredibile bellezza e ignorando il fatto che non tutto ciò che luccica sia oro.

 

- Avanti Lili, dopotutto Giulius non è così male - rifletté Vivian, la quarta sorella - É vice ammiraglio della ventitreesima flotta, di buona famiglia, un bravo ragazzo…
- E poi vi conoscete da quando eravate piccoli - aggiunse Debian, la terza sorella - lui ti venera, è sempre stato innamorato di te. Ricordi quella volta che gli mollasti un pugno in faccia perché provó a baciarti?

Lilian accennó un sorriso, certo che lo ricordava, ma quel vecchio episodio riuscì a rallegrarla solo per un breve istante prima di risprofondare nella disperazione totale.

- No ragazze, voi non capite! - disse sconsolata - Presto compirò diciotto anni e papà vuole già darmi in moglie! Ma io non voglio, non voglio sposarmi né con Giulius né con chiunque altro. 
- Sei solo un’egoista - s’intromise Florian, la quinta sorella, sua gemella eterozigote di ben 5 minuti più vecchia - Sai benissimo che l’isola è presa d’assalto dai pirati e papà non sa più come gestire la situazione. Dovresti farlo per lui, per noi e soprattutto per bene del regno.
- Sposalo tu se ci tieni tanto!
- Non avrei problemi a sposarlo se non fosse accecato dalla tua bellezza! Sono certa che se ti conoscesse davvero scapperebbe a gambe levate!

La “tua bellezza”. Quante volte glielo avevano ripetuto nel corso della sua giovane vita. Era nauseata da questa frase, come se ogni cosa che facesse o dicesse dipendeva dal suo aspetto fisico. Tutti ti assecondano? È perché sei bella. Tutti ti giustificano? È perché sei bella. E pensare che avrebbe di gran lunga preferito essere più veloce nel combattimento o abile con lo stiletto invece che “bella”.

- Sei solo una stronza invidiosa - le disse, e lo pensava davvero. Tra tutte le sorelle Florian era quella che detestava di più nonostante fosse sua gemella. Le aveva sempre reso la vita un inferno fin dalla loro nascita con una una perenne competizione mai cercata. Il primo dentino, il primo passo, la prima parolina… 

Stanca, arrabbiata e senza più lacrime da versare, si alzò dal lussuoso divano in velluto e corse a rifugiarsi nella sua stanza, la sua tana. Non aveva più voglia di parlare con nessuno, tantomeno con le sue sorelle che non provavano nemmeno a mettersi nei suoi panni e capire il suo stato d’animo, anzi, infierivano cercando di convincerla a sposare un ragazzo che nemmeno le piaceva. E in più, che ne sapeva lei dell’amore? Non aveva mai provati interesse per nessuno finora, e nemmeno le interessava, figuriamoci unirsi in matrimonio!

Come sarebbe bello essere un pirata, pensava tra se e se. Libera, senza doveri o responsabilità. Paradossalmente invidiava quegli uomini che le stavano rovinando l’esistenza.

Decise di fare quello che più le faceva bene, ovvero lasciare il castello per una passeggiata in città come una persona normale. Ma anche una cosa semplice come questa diventava complicata quando eri figlia di un re, con ladri e pirati in ogni angolo. Così indossó una vecchia vestaglia, una parrucca nera per nascondere la chioma dorata e dei grossi occhiali da sole per mascherare il colore dei suoi bellissimi occhi, pregio che arricchiva la sua già straordinaria bellezza ma che, in momenti come questo, diventava una grosso problema in quanto questa particolarità era nota a tutto il regno ed anche oltre. Difatti, la ragazza aveva questa caratteristica somatica più unica che rara; l’iride destra era di colore azzurro come il cielo e la sinistra verde come uno smeraldo.

 

Scavalcó la finestra e, arrampicandosi sui rami della grossa edera che cingeva le pareti del vecchio castello, scese fino a giù. Furtivamente proseguí lungo la cinta di mura che circondava la struttura, stando ben accorta a non farsi scorgere da nessuno. 

Dopo una lunga passeggiata nei prati fioriti e con la testa un po’ più leggera arrivò finalmente in città. Il paese pullulava di vita, profumi e colori. I negozi aperti mostravano in vetrina i loro prodotti migliori. I bar pieni di uomini gioiosi che brindavano con boccali colmi di birra la fine di una lunga giornata lavorativa. Passò davanti ad un panificio e compró una focaccia che aveva un aspetto appetitoso. Si acquattò su uno scalino per gustare la sua focaccina quando si accorse che tutti iniziarono a bisbigliare mentre guardavano nella stessa direzione.
- Cosa ci faranno qui?
- Forse devono arrestare qualcuno?
-?Li avrà convocati Re Philip?

Incuriosita si allungò per guardare e solo per scommessa non sputò tutto dallo shock.

Sul viale principale dell’allegria cittadina marciavano in fila l’ammiraglio Robert Beccoviola, suo figlio Giulius, altri quattro marine e, in coda, un uomo dall’aspetto molto singolare che finora aveva visto solo sui giornali e su un vecchio poster appeso in camera di sua sorella Debian, sua grande ammiratrice.

Camminava fiero, a torso nudo, con un pendente a forma di croce che scendeva sui pettorali muscolosi. Indossava un lungo cappotto nero ed un cappello con una voluminosa piuma bianca. Aveva sottili baffi e basette che puntavano all’insù. Ma la cosa che più attirò la sua attenzione, oltre all’enorme spada che portava sulla schiena, furono i suoi occhi gialli, gialli come quelli di un falco. D’istinto Lilian si alzò in piedi e tolse gli occhiali da sole per accertarsi che fosse tutto vero. Proprio in quel momento, tra centinaia di persone, l’uomo la notò e, per un breve istante (ma che a lei parve un’infinità), si guardarono.

Lilian si pietrificò. Non le era mai capitato di intimidirsi per così poco in vita sua. Si sentí scavata dall’interno tanto che erano penetranti quegli occhi, come se con un solo sguardo potesse scovare ogni suo segreto, ogni suo pensiero, anche il più intimo. 

Drakul Mihawk, lo spadaccino numero uno al mondo anche detto occhi di falco, letale membro della famosa flotta dei sette, si stava dirigendo verso casa sua e di sicuro non per prendere un caffè.

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Capitolo 2
*** La decisione ***


- Grazie per averci ricevuto senza preavviso, Sir Philip.

L’ammiraglio Beccoviola era un uomo tutto d’un pezzo. Alto, con bizzarre gambe magre che sembravano due stecchini posizionati sotto al busto. Sembrava una piramide sottosopra. Aveva una folta barba bianca che lisciava in continuazione, come un tic, e capelli corti brizzolati. Lo sguardo austero parlava della sua gloriosa carriera. 

 

In quel momento, Lilian raggiunge di fretta le sua sorelle sulla galleria della grande sala reale. Aveva ancora il fiatone per la lunga corsa. Si appoggiò pesantemente alla balaustra di legno cercando di riprendere fiato. Il suo sentiero segreto era di qualche chilometro più lungo rispetto alla strada principale, perciò aveva dovuto correre più del dovuto per cercare superare il gruppo. A quanto pare, però, non c’era riuscita. 

 

- Si figuri, Ammiraglio. È sempre un piacere la sua presenza qui da noi - disse il sovrano cercando di nascondere un certo imbarazzo. In cuor suo sapeva il perché ma domandó lo stesso a cosa doveva questa vostra visita.

- Beh, andrò dritto al sodo, Signore. Mio figlio Giulius mi ha parlato del suo desiderio di sposare sua figlia, Lilian, e vorrei discutere seriamente dei dettagli dell’accordo anche davanti al qui presente Drakul Mihawk, che, in quanto membro della Flotta dei Sette e quindi “alleato” della Marina e del Governo Mondiale, si occuperà personalmente di ostacolare le ciurme di pirati intenzionati a depredare questa preziosa isola e i suoi abitanti.

 

Lilian, col volto imperlato di sudore e con indosso ancora la vecchia vestaglia, per poco non si strozzava con la sua stessa saliva. Sylvian la richiamó con una gomitata. Florian rosicava perché la sua gemella finiva sempre al centro dell’attenzione. Debian guardava lo spadaccino e sospirava ogni volta, innamorata persa. Quest’ultimo, invece, se ne stava seduto su una poltroncina della grande sala, totalmente disinteressato a tutto quello che stava succedendo nella stanza. Anzi, si leggeva in faccia che avrebbe preferito stare altrove.

- Oh… ehm…, si, certo, Lilian, cara, potresti cortesemente raggiungerci? 

L’imbarazzo di suo padre crebbe notevolmente. Non era difficile prevede che come sarebbe andata a finire. In due settimane sua figlia era rimasta ferma sulla sua decisione, e non era così stupido da credere che la presenza dell’ammiraglio Beccoviola e quella di un pirata del calibro di Mihawk avrebbero svoltato la situazione. 

Lilian, riluttante, scese le scale e, con una lentezza estenuante, raggiunse la destra di suo padre al centro della stanza. Per la seconda volta in quella giornata i suoi occhi incrociarono quelli gialli dello spadaccino, e le parve di percepire un piccolo acciglio, gesto che le fece sobbalzare il cuore in gola. L’aveva riconosciuta? Certo che sì, dopotutto quante ragazze con gli occhi bicolore si trovavano su quest’isola? 

- Mi scuso per il mio abbigliamento poco consono, signore - cominció Lilian che solo allora si ricordó di essere vestita come una stracciona - Ero alle scuderie e non ho avuto il tempo di cambiarmi.

- Tranquilla, cara, la tua bellezza oscura tutto il resto - disse Boccaviola - Hai avuto modo di riflettere sulla proposta di mio figlio?

Lilian guardò suo padre in cerca di rassicurazioni. Le mani le sudavano e le apriva e chiudeva nervosamente. L’uomo ricambió lo sguardo ed era speranzoso e terrorizzato allo stesso tempo. Questo la fece esplodere dentro. Possibile mai che il bene del regno veniva prima di sua figlia? Che razza di padre era quello? Dov’erano tutti i “non ti preoccupare bambina mia, fai quello che ti rende felice”? Decise che da quel momento non avrebbe più avuto esitazioni e le parole vennero fuori con decisione e controllo.

- Si, signore, ma non ho intenzione di accettare.

Nella sala caló il silenzio. Re Philip si portó una mano in fronte, sconfitto. Le ragazze si strinsero cercando conforto l’una con l’altra. I militari si guardano confusi. Mihawk alzò la testa, incuriosito. Giulius era visibilmente deluso. Solo l’ammiraglio non batté ciglio.

- Beh è un vero peccato… sai ch-  

- Mi dispiace interromperla, signore, e mi dispiace se la domanda le sembrerà impertinente - continuó la ragazza. Sentiva la rabbia crescere e il controllo diminuire. Era una persona e la stavano trattando come merce di scambio. Perciò non era intenzionata a sopportare oltre. 

- Proteggere quest’isola e il regno dai pirati non è un vostro compito? Per quale motivo un matrimonio combinato dovrebbe garantirci sicurezza? Sicurezza poi… da chi, da un pirata?

Suo padre voleva sprofondare. Sperava in un infarto fulminante così da svincolarsi da ogni imbarazzo. Mihawk sorrise leggermente. Forse questa pagliacciata non era poi cosi noiosa. Anche Baccoviola sorrise. Doveva riconoscerlo, la ragazza, oltre la lingua lunga, aveva carattere.

- In quanto rappresentante del governo mondiale posso assicurare che gli uomini della Marina fanno tutto il possibile per mantenere l’ordine nel mare orientale, ma è dall’esecuzione del Re dei pirati, Gold D. Roger, che il fenomeno è in costante crescita e la Marina non riesce a stare al passo a formare uomini in grado di fronteggiarlo. Ecco perché è stata costituita la Flotta dei Sette, per…

- So benissimo tutto questo - interruppe Lilian - sono dieci anni che va avanti questa storia, e so anche della Flotta dei Sette, ma non ha ancora risposto alla mi domanda.

- Ti spiego subito - disse l’ammiraglio. Ora cominciava a sentirsi irritato.

- Le dimore delle famiglie dei Marine di un certo grado hanno diritto a maggiore protezione, specie se di lignaggio reale - spiegò Beccoviola, come se fosse la cosa più ovvia del mondo - La sola parola di Mihawk basterebbe per scoraggiare qualsiasi pirata a saccheggiare qualsiasi isola, anche se preziosa come questa.

Odiava ammetterlo, ma aveva senso. Però il suo cervello non faceva altro che chiedersi perché. Perché a me? Siamo sette sorelle, una delle sei andrà bene lo stesso! Ma in cuor suo sapeva che non era così. Era vero che Giulius aveva sempre avuto un debole per lei. Aggiungi poi che era molto viziato, abituato a vincere e ad avere tutto ciò che desidera e il gioco era fatto. Difficilmente avrebbe mollato e patteggiato con una delle sue sorelle se il suo desiderio era averla. Contrariamente a quello che tutti pensavano, Lilian aveva riflettuto davvero sulla proposta di convolare a nozze col ragazzo. Indiscutibilmente era di bell’aspetto e riteneva notevole che a ventitré anni fosse già viceammiraglio (con lo zampino del padre, ovviamente) e ammetteva anche che era molto dotato nel combattimento ed anche un astuto stratega. Insomma, c’erano sorti peggiori dello sposarlo. Ma non lo voleva. Non lo voleva proprio. Se un giorno si fosse sposata l’avrebbe fatto con un uomo che amava, di quell’amore che raccontano nei libri e cantano nelle canzoni. Se non l’avesse trovato, non le importava. Sarebbe rimasta da sola per tutta la vita.

 

- Beh, basta così. 

Mihawk si alzò dalla sua postazione. Imbracció Yoru, la sua possente spada nera, e la sistemò dietro la schiena dirigendosi verso il centro della sala.

Il povero Giulius avrebbe voluto proferire parola ma il padre non glielo concesse. Era già stato difficile portare li lo spadaccino, era saggio non stuzzicare troppo la sua pazienza se voleva andare via.

Lilian rimase impressionata da quanto fosse alto quando le passó accanto. Aveva almeno trenta centimetri in più di lei. Pensò, sorprendendosi di se stessa, che fosse anche molto attraente. Attorno a lui aleggiava un’area di potenza e capire perché fosse tanto temuto dal governo quanto dai pirati non era difficile. 

- Se è questa la decisione, non abbiamo altro di cui discutere. Grazie per il tempo che ci avete dedicato, disse Beccoviola facendo cenno ai suoi di andare.

Re Philip mormorò qualcosa tipo grazie a voi per la possibilità e le ragazze sulla balaustra fecero un inchino di saluto mentre la squadra lasciava la sala, con Mihawk in prima fila. 

Quando gli uomini furono usciti il padre di Lilian riuscì solo a dire quanto fosse deluso. La tensione accumulata mista al dispiacere furono troppo da sopportare. Lilian scappó via piangendo. In pochi passi raggiunge gli uomini davanti e, passando velocemente accantó a loro, urtò lo spadaccino. Mihawk si fermò, vagamente infastidito.

- Dunque passiamo al piano B - gli sussurró Beccoviola. 

Lui non cambiò espressione. Si limitò a guardare ipnotizzato i lunghi capelli dorati della ragazza che oscillavano a destra e a sinistra mentre correva in un fiume di lacrime.

 

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Capitolo 3
*** L’approdo ***


Il piano B era semplice. Consisteva nell’assaltare continuamente il regno al punto da costringerlo alla resa, così prendere il totale controllo dell’isola di Diamon. Ma ovviamente gli attacchi non potevano provenire dalla Marina quindi il lavoro sporco toccava ai pirati. Mihawk aveva il compito di reclutarli e ogni bottino sarebbe stato diviso in tre parti: metà all’ammiraglio e l’altra metà tra lo spadaccino e la ciurma. La verità era cruda e semplice. All’ammiraglio Beccoviola, dell’amore del figlio verso Lilian, non interessava assolutamente nulla. Il suo unico obiettivo era acquisire pian piano potere sull’isola per poi mettere le mani sulla miniera di diamanti.

Quando Drakul fu convocato accettó senza remore. Il suo compito era molto semplice e con il minimo sforzo avrebbe riscosso il massimo del risultato. E si sa, i soldi facili fan gola a tutti. Nell’ambiente era molto conosciuto e non avrebbe avuto problemi a svolgere il compito. Gli sarebbe bastato mettere la pulce nell’orecchio a qualche pirata che non desidera altro che far soldi e il gioco era fatto, soprattutto se il pirata in questione poteva agire senza interferenze da parte della marina. Il passaparola avrebbe poi fatto il resto. Certo, l’isola era ben protetta da torrette e cinte di mura, con guardie reali addestrate e una popolazione coesa e pronta a morire per il proprio re, ma ad un certo punto si sarebbero dovuti arrendere a meno che non desideravano soccombere miseramente. Di certo se la ragazza avesse accettato la proposta di matrimonio, la strada sarebbe stata molto più semplice e si sarebbero evitate carneficine e distruzione permettendo a Beccoviola di entrare dalla porta principale ma questo lei non poteva saperlo e nemmeno immaginarlo. C’era però un pensiero che lo divertiva. Sulla bocca di tutti, i cattivi, erano i pirati.

 

Non passò molto tempo dal primo attacco.

I cannoni della nave pirata spararono a tutta forza per abbattere la muraglia che circondava l’isola, ma le flotte reali riuscirono con successo a depennarle. E poi ci fu un secondo, e poi un terzo.

I primi danni cominciarono ad essere visibili. Qualche palla infuocata riuscì a penetrare una parte delle mura e addirittura a sfondare qualche casa. Non ci furono morti perché, come da protocollo, durante un assalto, gli abitanti dovevano lasciare le proprio abitazioni e ripararsi tra le mura che circondavano il castello. 

Fortunatamente per Re Philip i pirati che finora avevano aderito a questa causa erano per lo più acerbi e impreparati e solo dopo la quarta aggressione nel giro di un mese la stanchezza cominciò a farsi sentire. In giro il malumore e la preoccupazione era tanta e la gente, spaventata e stanca, iniziava a protestare contro il re e al fatto che non prendesse provvedimenti.

Ma a corte le cose stavano diversamente. Re Philip passava intere giornate attaccato al lumacofono cercando di chiedere soccorso alla ventitreesima flotta nella Marina militare, quella capitanata, guarda un po’, dal caro e vecchio ammiraglio Beccoviola. Quest’ultimo rassicurava che i suoi ragazzi avrebbero fatto il possibile per intervenire quanto prima, ma che purtroppo, di questi tempi, i pirati abbondavano in tutti i mari e tra un’isola e un’altra erano sempre impegnati a difendere qualcun altro. Ma il re non era stupido. Sapeva che stavano ignorando le sue richieste di soccorso di proposito senza sapere che fosse indirettamente il mandante di quegli assalti. Tutto questo per colpa della sua stupida e cocciuta figlia.

 

Lilian aveva trascorso gli ultimi tempi quasi in totale solitudine. Le sorelle non le parlavano più (fatta eccezione per la più piccola), e, dopo un accesissimo diverbio avuto col padre, aveva deciso di fare quanto più possibile vita a parte. Durante il giorno si concentrava sui suoi allenamenti con lo stilettò completamente da sola siccome il re le aveva negato il maestro. Altre volte, invece, ammazzava il tempo con lunghe passeggiate in sella al suo fedele cavallo, Colorado, suo intimo amico al quale raccontava tutte le sue frustrazioni e delusioni. Raramente andava al villaggio col suo travestimento perché ormai non era più un posto sicuro. Anche se, in cuor suo, tutto questo fermento le provocava eccitazione. Si chiedeva se mai i pirati sarebbero riusciti ad attraccare e chissà come avrebbe reagito se si fosse trovata in uno scontro, una vera lotta. Sarebbe riuscita a mettere in pratica tutto quello che aveva imparato? Chiudeva gli occhi e sognava di stare sul campo di battaglia. O, perché no, di unirsi ad una ciurma e vivere fantastiche avventure in piena libertà piuttosto che tra le ricchezze di una gabbia dorata e di un ruolo che non sentiva di appartenerle. Non sapeva che, da lì a poco, quel desiderio di cui intimamente si vergognava sarebbe diventati realtà.

 

Difatti, una ciurma, quella capitanata da Spyros, rinomato pirata da ben 17.000.000 berry, riuscì sbarcare e ad introdursi tra le mura che davano l’accesso al villaggio. I pirati, circa duecento, avanzarono tra i vicoletti in pietra e, di casa in casa, rubavano e arraffano tutto ciò che consideravano di valore. Quelli rimasti sulle flotte, invece, si scontravano corpo a corpo con le guardie ormai stanche e demoralizzate.

Ripulite le abitazioni disabitate, l’obiettivo ora era il castello, lì si trovavano i tesori più grandi.

Spyros guidò la sua ciurma verso la roccaforte.

La gente si rifugiò ammassandosi nella grande sala reale, mentre le truppe reali sguainarono le spade per contrastare l’orda, supportati dagli arcieri con archi tesi disposti sulle mura.

Re Philip ordinò al suo popolo, composto maggiormente da vecchi, donne e bambini (gli uomini erano scesi in campo) di mantenere la calma e ordinò alle figlie di rinchiudersi nelle proprie stanze. Tutte, spaventate e in lacrime, se la squagliarono senza protestare, eccetto una. Lilian non avrebbe aspettato chiusa in camera. Indossava già il suo stiletto nascosto nello stivale. Si procurò un emetto e, camuffandosi nel caos della folla, uscì dal portone principale che si chiuse alle sue spalle. Col cuore che batteva forte nel petto, indossò l’elmo e raggiunse le guardie del padre nel grande cortile oltre le mura. I lunghi capelli biondi legati in una treccia.

 

Gli uomini erano tutti in formazione, divisi in due file. Lilian si appostò con la fila di destra e si mise in posizione, con il suo stilettò sguainato, come aveva visto più volte durante le simulazioni. Nessuno si accorse di lei, nonostante fosse visibilmente più piccola e senza armatura. I soldati erano numerosi e tutti ben addestrati, cosa che la rincuorava. Essendo un isola molto ambita incline e agli assalti, il re aveva preteso gli uomini più forti e valorosi del mare orientale pagandoli profumatamente. 

 

L’allarme cittadino che rimbombava assordante da quando erano iniziati gli attacchi all’improvviso cessò. Per un attimo ci fu un silenzio inquietante, cosa che fece paralizzare Lilian. Sentiva che la paura si stava impossessando del suo corpo. Poi, lentamente, cominciò a levarsi il grido dei pirati in corsa che, secondo dopo secondo, diventava sempre più forte. La tensione era palpabile. Il primo cavaliere del re, mentre si accertava che tutti i suoi uomini fossero in posizione, scorse gli occhi bicolore di Lilian attraverso l’elmetto. Sgranò gli occhi incredulo.

- Che cosa ci fa qui, principessa? - urlò con furia - Torni al castello, PRESTO!

Lilian era talmente spaventata che avrebbe voluto dargli ascolto ma ormai non c’era più tempo. I pirati erano arrivati.

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Capitolo 4
*** Il sequestro ***


Sir Arcibald era un brav’uomo e un valido combattente. Da oltre trent’anni occupava la posizione di primo cavaliere del Re e, nel corso degli anni, si era guadagnato un rispetto tale da diventare il suo più caro amico e intimo confidente. Aveva visto nascere e crescere tutte le figlie di Philip e nutriva per loro un grandissimo affetto… in particolare per Lilian. Forse perché fin da piccola gli stava sempre attorno incuriosita da tutto ciò che riguardava le armi e il combattimento. Quando la vide li, tra i suoi uomini, contro una marea di pirati assetati di sangue, gli crollò il mondo addosso.

- Proteggete la principessa!

Fu il suo ultimo grido prima della battaglia.

I nemici erano ormai parati di fronte, con sciabole e spade sguainate, e attaccarono con l’unico obiettivo di uccidere. Numericamente erano molti di più, ma Arcibald era fiducioso. In quanto a preparazione i suoi soldati erano superiori. I pirati li avranno anche sconfitti in mare, ma, sulla terra ferma, non avevano scampo.

Il combattimento iniziò. Gli uomini del re si chiusero in un’unica fila. Lilian fu spinta all’indietro con poca grazia da uno dei soldati. Cadde sul didietro, facendosi male all’osso sacro. Guardò dal basso tutto quello che stava succedendo. Si tolse l’elmo d’impulso tanto che le mancava l’aria. Il suono delle spade che si contravano era assordante. Schizzi di sangue cominciarono a dipingere l’erba come pennellate di un pittore su una tela. In pochi minuti qualche corpo era già caduto esanime. Rimase impressionata dal suono del corpo umano trafitto dalle lame. Tutti gli uomini del regno erano impegnati a contrastare due, a volte anche tre pirati contemporaneamente.

Incrociò lo sguardo di un uomo che cercava il suo bersaglio. Aveva un grosso anello al naso e una bandata a coprire la testa. L’uomo cominciò a correre nella sua direzione, urlando e sguainando la spada verso l’alto. Aveva tutte le intenzioni di farla a fettine. Sir Arcibald, che era impegnato in uno scontro con Spyros, anche detto “il greco”, si accorse di ciò che stava succedendo e mollò il combattimento per soccorrere la principessa, lasciandolo interdetto. Lilian si alzò in uno scatto e, d’istinto, parò il colpo col suo stiletto. Senza neanche rendersene conto, si trovò a difendersi. Il suo spirito di sopravvivenza e la sua abilità con l’arma la stavano tenendo miracolosamente in vita. Riusciva a rispondere a tutti i fendenti, ma non aveva ne la forza fisica ne il coraggio di sferrare un colpo. Improvvisamente una lama spuntò dal petto dell’uomo e una copiosa quantità di sangue le schizzò addosso. Sir Arcibald comparve alle spalle dell’uomo che, lentamente, si accasciò a terra. Lilian guardò il suo salvatore e goccioloni di gioia e gratitudine cominciarono a cadere sulle sue guance.

La scena non sfuggì a capitano Spyros al quale bastò guardare la ragazza per capire chi fosse. Ne aveva sentito parlare tempo fa in una taverna lontana. Tutti da quelle parti decantavano l’incredibile bellezza e la peculiarità degli occhi bicolore della figlia del Re di Diamon.

Non era una grande stratega militare e non c’era bisogno di esserlo per capire che stavano avendo la peggio. In realtà, pure se in qualche modo fortuito fossero riusciti ad abbatterli, alle loro spalle li aspettava una sfilza di arcieri pronti a far cadere frecce dal cielo se avessero osato avvicinarsi. Era stato un azzardo attaccare il castello. Un errore di valutazione colpa della troppa avidità. Non gli restava che chiamare la ritirata ma prima avrebbe tentato di approfittare di quel colpo di fortuna. Estrasse una grossa pistola dalla fondina e sparò. Colpí Ser Arcibald alle spalle, ripagandolo della stessa moneta.

- NOOO!

L’uomo crollò in avanti e Lilian lanciò un urlo straziante portandosi le mani alla bocca. Spyros l’agguantò ancor prima che potesse rendersene conto e poi sparò un altro colpo verso il cielo attirando l’attenzione di tutti i presenti.

- Buttate le armi o le faccio esplodere il cervello! - ordinò mentre puntava la rivoltella ancora fumante alla tempia della principessa.

Gli uomini del re ubbidirono all’istante mentre il Greco indietreggiava trascinando la ragazza con se. Aveva fatto bingo. Lilian non provava nemmeno a protestare tanto era lo shock. Il suo unico pensiero era rivolto verso il caro Arcibald, morto per colpa sua. Dio solo sapeva quanto si sentiva in colpa. Stavolta l’aveva fatta grossa, veramente grossa.

- Signor Re! - urló Spyros rivolgendosi al castello - lo so che ci stai guardando!

Detto fatto, il grosso portone a due ante si asprì e Philip, scortato da due guardie, venne allo scoperto.

- Ridammi mia figlia, pirata - tagliò corto il re, serio e composto come forse non lo era mai stato - ti pagherò, avrai quello che desideri.

- Dieci milioni di berry - rispose Spyros sorridendo alla vita - e riavrai la tua bellissima figliola!

Strattonò Lilian che sembrò svegliarsi da un lungo sonno. Dieci milioni di berry? Nemmeno suo padre aveva cosi tanti soldi!

Difatti, re Philip vacillò.

- Non posseggo tale cifra! - esclamò atterrito - Posso darti la metà!

-  Na na! - rispose Spryros, deciso a spremerlo di tutti i suoi averi - Dieci milioni, hai dieci giorni di tempo per pagarmi, altrimenti…

Avvicinò il suo viso a quello di Lilian e le leccò una guancia. Lei si dimenò. Aveva un alito pestilenziale e denti orribilmente gialli.

- Papà! - gridò in preda alle lacrime mente cercava di sfuggirgli dalla stretta - Papà! Mi dispiace, mi dispiace tanto!

Spyros, sempre sorridente, le tappò bocca con una mano e la trascinò trionfante sul sentiero che portava al villaggio, sempre con la pistola ben puntata. Sapeva che aveva tra le braccia qualcosa che valeva più di un tesoro. Prima di levare le tende, la ciurma si adoperò per recuperare i feriti ed anche i cadaveri. Ogni individuo, vivo o morto che sia, faceva parte della famiglia e quindi anche i caduti non sarebbero stati lasciati indietro. Avrebbero avuto un degno funerale tornando lì dove erano appartenuti: al mare.

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Capitolo 5
*** La prigionia ***


Quando Giulius Beccoviola seppe del rapimento di Lilian, andò su tutte le furie. Non sapeva niente dei continui attacchi che stava subendo l’isola, il padre era stato ben attento a tenerlo all’oscuro di tutto. I suoi sentimenti nei confronti della ragazza erano reali a differenza del padre, che più come nuora la vedeva come un’occasione per fare soldi, tanti soldi. Continuava a desiderarla notte e giorno, era un sentimento che non riusciva sopprimere e saperla prigioniera lo distruggeva nonostante gli avesse procurato una grande umiliazione rifiutandolo davanti a tanta gente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riportarla a casa e, riflettendoci su, quel sequestro gli sembrò un colpo di fortuna, un aiuto dal cielo. Se l’avesse sfruttata bene, poteva diventare un’occasione d’oro per riscattarsi, per far sì che lei lo guardasse con occhi diversi. Insomma, le avrebbe salvato la vita, doveva pur significare qualcosa! Fosse anche solo un bacio di gratitudine e cosa non avrebbe fatto per quelle labbra. Mise in croce il padre affinché si mobilitasse per trovare la sua amata e, siccome l’ammiraglio Beccoviola non lo sopportava più, decise di fare quello che gli riusciva meglio, chiamare Drakul.

- Il greco? - domandò serafico lo spadaccino. Voleva accettarsi di aver capito bene.

- Esatto! - confermò l’ammiraglio - Il nostro amico è riuscito ad accaparrarsi un bel bottino. Cianfrusaglie per lo più, ma comunque roba di valore. Il vero jack pot l’ha fatto rapendo la ragazza ed ha chiesto dieci milioni di berry per il riscatto. Riesci a crederci? Dieci milioni!

- Astuto, lo ammetto.

- Molto - convenne Beccoviola - Ecco perché voglio che tu faccia una cosa per me.

Drakul sospirò. Questa storia iniziava veramente ad annoiarlo. Decise comunque di ascoltarlo perché non era solito lasciare le cose a metà.

- Continua. 

- Trova Spyros e riscuoti la nostra parte del bottino - disse e Mihawk annuì.

 - Ah, e portami la ragazza. Mio figlio sta dando di matto e non vorrei che iniziasse a sospettare qualcosa. Inoltre sono sicuro che riusciremo a ricavarne qualche berry. 

- Sarà fatto.

La conversazione terminò. Mihawk guardò la mappa che aveva sulla scrivania. Intercettò l’isola di Diamon e calcolò rapidamente quanto distava dalla sua posizione. Circa tre giorni di navigazione a velocità media. Il vento, in quei giorni, soffiava ad ovest e quindi era probabile che le flotte di Spyros si trovavano in quella direzione. Non sarebbe stato difficile trovarlo, da quel che sapeva era un personaggio alquanto chiassoso. La vera sfida sarebbe stato farsi dare la ragazza. Dubitava che gliel’avrebbe consegnata volentieri. Chi darebbe via dieci milioni di berry senza protestare? 

Non perse tempo. Raccolse le poche cose che gli servivano per il viaggio e lasciò il suo alloggio, un vecchio casale appartato su una collinetta. 

- Sta partendo di nuovo, signore?

Una donna anziana, minuta e con gli occhietti vispi, lo inseguí sull’uscio del portone in legno. Era la proprietaria del rudere ma per Drukul rappresentava molto di più una semplice affittuaria. Avevano un rapporto formale e conversazioni ridotte al minimo. Forse la convivenza funzionava proprio per quello. La donna si occupava di tutto ciò che riguardava il casale e la fattoria antistante senza mai ficcare il naso nelle sue questioni. Con lei non mancava mai un vestito pulito o un piatto caldo e si prendeva cura del giovane come se fosse un figlio o un nipote in cambio di una cifra irrisoria per le tasche del pirata .

- Si, Patricia. Tornerò qualche giorno.

Senza fare ulteriori domande, si salutarono con un cenno di capo ed ognuno tornò alle proprie faccende.

 

 

Sul vascello del capitano Spyros, Lilian se la passava una vera merda. Erano passati tre giorni da quando era stata catturata. Il primo  lo trascorse legata ed imbavagliata in una piccola cella buia, umida e maleodorante di muffa. Le corde erano talmente strette attorno i polsi da farle un male terribile. Più provava a slegarle, più sentiva dolore, difatti rinunciò quasi subito. Non le fu portato ne cibo ne acqua. Poco male perché tanto soffriva di un mal di mare che le provocava una nausea tremenda tanto da stare piegata a metà per tutto il tempo. Di tanto in tanto, scendeva qualcuno a controllarla. Quantomeno ebbe tempo per riflettere su quanto accaduto e su cosa doveva aspettarsi nei prossimi giorni. Non poteva crederci che la paura l’avesse pietrifica a tal punto. Ripeteva come un mantra che non avrebbe mai più permesso al suo corpo di bloccarsi così. E poi ripensava al povero Arcibald e al fatto che fosse morto a causa sua. Versò talmente tante lacrime da rimanere a secco. Ripensava alle sue sorelle e al suo povero padre che oltre ai problemi che stava affrontando con l’isola, doveva preoccuparsi anche del suo riscatto. Dieci milioni di berry. Non conosceva le finanze del castello ma dubitava che possedesse una cifra tale. Inoltre, lei non sentiva di valere così tanto, no dopo tutto quello che aveva combinato, partendo dal rifiuto di Giulius. Se avesse accettato di sposarlo, le cose sarebbero andate diversamente… ad ogni modo avrebbe preferito marcire su quella barca piuttosto che far finire sul lastrico la sua famiglia. 

 

Il secondo giorno fu quasi peggio ma almeno poté rivedere la luce del sole e respirare aria fresca che migliorò il senso di nausea. Con una rapida occhiata constatò che si trovava in mezzo al mare. Un uomo la trascinò in superficie dove l’aspettava Spyros in persona. Era ancora più brutto di quanto ricordasse. 

- Eccola qui, la nostra principessa! - sorrise mostrando i suoi orribili denti gialli mentre mimava un inchino - Come si sta trovando sul nostro vascello?

- Vaffanculo! - rispose lei scatenando l’ilarità di tutti i presenti.

Spyros dapprima rise, poi tornò rapidamente serio e le mollò un ceffone così forte da farle ruotare la testa.

- Esigo rispetto a casa mia, splendore.

Lilian avrebbe voluto portarsi una mano alla guancia ma non poté essendo ancora legata. Si limitò a guardarlo con tutto il disprezzo possibile. Nessuno le aveva mai suonato uno schiaffo e il dolore che sentiva era più all’orgoglio che fisico. 

- Meg, spiega alla nostra ospite i compiti che dovrà svolgere durante la permanenza.

Poi andò via senza aggiungere altro, seguito da alcuni dei suoi fidati scagnozzi.

Meg era una donna olivastra con tratti molto marcati. Aveva braccia muscolose e spalle larghe come un uomo. Portava i capelli aggrovigliati in uno chignon e grossi orecchini a forma di stella marina. Contrariamente al suo aspetto spigoloso, si rivelò essere la persona più gentile della ciurma.

Con delicatezza slegò la corda liberandole i polsi. Erano violacei e sanguinanti ma il sollievo fu paradisiaco. 

- Vieni con me tesoro - disse con inaspettata dolcezza - Andiamo prima a mettere qualcosa sotto i denti. Poi ti mostrerò il da farsi.

- Acqua, ti prego.

Meg sorrise leggermente.

Ma certo, disse, e la invitò nuovamente a seguirla. La scortò sottocoperta nella grande cabina. Di nuovo quell’odore di muffa le invase le narici. Tutto intorno era sporco e polveroso. C’erano molti mobili in legno e cianfrusaglie di ogni genere sparse ovunque. Qualcuno dormiva a terra vicino ai bordi della stanza, forse stavano smaltendo la sbornia della sera prima. Arrivarono nella cucina del vascello, una sala stretta e lunga, sporca come tutto il resto.

- Hey Vin, prepara qualcosa per la nostra ospite.

Vin, lo chef della ciurma, diede un’occhiata torva, poi prese una fetta di pane ammuffito e ci spalmò sopra una purea densa di colore scuro mentre Meg versava dell’acqua da una brocca. Lilian bevve tutto avidamente mentre il cuoco le lanciava la fetta di pane sul bancone unto. Aveva un aspetto orribile ma la fame era tanta così, con non poco coraggio, cominciò ad addentare. Pensò che ai cani di suo padre servivano pasti migliori ma non era né il posto ne il momento di fare la schizzinosa.

- Dovrai occuparti delle pulizie generali, sia sul ponte che nelle stanze - disse Meg con tono solenne mentre lei finiva il suo pasto - Ti mostrerò dove sono gli spazzoloni e i secchi per lavare. Come vedi c’è un bel po’ da fare ma questo è il trattamento che il capitano riserva ai prigionieri. 

Lilian ascoltava con attenzione. Doveva solo pulire? Poco male, sempre meglio che stare rinchiusa in una cella.

- Posso farlo.

- Non avevo dubbi.

Peccato che un compito apparentemente così semplice si rivelò essere in realtà un incubo ad occhi aperti.

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Capitolo 6
*** Il salvataggio ***


Lilian cominciò dalla sala centrale del vascello. Spolverò tutte le mensole e gli oggetti che si trovava davanti e poi si concentrò sul pavimento di legno che scoprì con disgusto essere sporco maggiormente di vomito e liquore. Gli uomini della ciurma che le passavano davanti si fermavano quasi tutti ad osservarla. Non erano abituati ad una presenza tanto gradevole a bordo quindi era difficile trattenersi nel lanciare un bacio o fare un apprezzamento volgare. Nonostante la irritassero pesantemente, riusciva a mantenere il self control e a concentrarsi solo sul suo lavoro. 

Quando di sera fu riportata nella sua cella, cadde letteralmente a pezzi. Aveva lustrato tutti gli angoli fino a farsi sanguinare le mani e ogni parte del suo corpo le doleva come non mai. Si addormentò all’istante e con la stessa velocità arrivò il terzo giorno. Quando andarono a riprenderla ripercorse più o meno lo stesso iter. Colazione striminzita e subito a lavoro. Inaspettatamente però, quella mattinata prese una brutta piega. Mentre stava lucidando la balaustra, uno dei pirati, un omone rozzo e grosso, le piazzò prepotentemente una mano sul sedere. 

- Ragazzi che meraviglia! Mai visto un culo così!

Di riflesso Lilian si girò e gli tirò un cazzotto dritto sul naso. Per miracolo non si spezzò il polso già dolente.

- Come osi, mocciosa! - gridò l’uomo mentre il naso cominciava a sanguinargli. Travolto dall’ira, iniziò a pestarla pesantemente con calci e pugni. Lilian cercò invano di difendersi e si rannicchiò a terra diventando piccola piccola. Fortunatamente Meg si trovava nei paraggi e corse ad aiutarla. Gli strappò l’uomo di dosso ed urlò

- Lasciala stare, idiota!  

Alcuni membri della ciurma accorsero sulla scena incuriositi, altri cercavano di ricostruire i fatti. Spyros, che in quello momento si trovava sulla terra ferma da un mercante per vendere gli oggetti di valore rubati a Diamond, venne prontamente avvisato dell’accaduto con un lumacofono portatile e, infuriato, ordinò che entrambi fossero rinchiusi in cella. 

Lilian, talmente distrutta da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, venne presa di peso con Meg accanto che si assicurava fosse tutta intera, mentre Giordan, l’aggressore, fu trasportato contro la sua volontà e rinchiuso in un’altra cella, poco distante.

- Giuro che appena esco da qui l’ammazzo con le mie mani!

- Stai tranquillo, Gio! - disse Meg minacciosa - Sentirai il capitano appena rientra. Stavi per ammazzare dieci milioni di berry.

A Lilian quelle parole fecero male peggio delle botte appena ricevute. Meg non era gentile con lei per istinto materno o semplice solidarietà femminile. Era buona perché la vedeva come un berry vivente. Sola, triste, umiliata e martoriata, iniziò a piangere silenziosamente e a chiedersi se tutto quello non fosse che una punizione per le sue cattive azioni.

 

A bordo del suo piccolo veliero e lontano da occhi indiscreti, Mihawk aveva osservato l’intera scena attraverso un cannocchiale. Aveva intercettato le flotte prima del previsto e le teneva d’occhio per studiare la situazione. Il sangue gli ribolliva nelle mani ma non avrebbe fatto niente di avventato se non a tempo debito. Di certo un uomo grande e grosso che molestava e poi malmenava una ragazzina non sarebbe rimasto impunito ma agire d’impulso non era una sua prerogativa, anzi, lui era esattamente l’opposto. Freddo e calcolatore. Come un felino che caccia le sue prede, aveva imparato a studiare i punti deboli dei suoi nemici prima di attaccarli, qualità che, insieme a tante altre, lo aveva reso un combattente micidiale famoso in tutti i mari.

Dal suo appostamento aveva scoperto che Spyros non si trovava nei paraggi, il che era un bene, e che la ragazza era detenuta sulla flotta numero due. Non aveva idea delle sue condizioni, sperava in primis che fosse tutta intera. Di una cosa era sicuro: doveva tirarla fuori da lì il prima possibile e l’avrebbe fatto nella maniera più discreta possibile. Non voleva attirare attenzioni più nel necessario. Quando aveva accettato l’incarico non aveva messo in conto gli effetti collaterali che ne sarebbero derivati e in un certo senso si sentiva responsabile di tutto quello che stava capitando alla ragazza. Avrebbe riparato il danno così come l’aveva generato, nell’anonimato più totale.

 

Venne sera. Il medico di bordo era passato a visitare Lilian un paio di volte. Era ricoperta di lividi e contusioni ma non aveva niente di rotto anche se il suo corpo non era molto d’accordo con la prognosi. Sentiva male ad ogni ossa, specialmente alle costole. Di tanto in tanto, con fatica, provava a girarsi ma senza risultati. Era paralizzata in posizione fetale da ore e più passava il tempo più i dolori si incrementavano. 

Fortunatamente trascorse la maggior parte della giornata dormendo, almeno in quei momenti si sentiva in pace. Fu proprio nel dormiveglia che, aprendo gli occhi, si accorse di due puntini gialli che la fissavano nel buio. Si disse che probabilmente era frutto della sua immaginazione, le botte sulla testa stavano facendo il loro effetto. Provò a riaddormentarsi ma stavolta sentì, chiaro e tondo, un vocio che si avvicinava. L’adrenalina in corpo annullò tutti i dolori e la fece ritrarre verso l’angolo più profondo della cella. Due figure si avvicinarono alle sbarre e, nella penombra, riuscì a riconoscere la figura corpulenta di Giordan.

- Ci si rivede, principessa. 

L’uomo ghignò ed aprì il lucchetto dall’esterno. In sua compagnia c’era un altro pirata, Trufo, suo amico, che a quanto pare l’aveva liberato per permettergli di completare ciò che aveva iniziato quella mattina. Ma fu subito chiaro che le loro intenzioni erano addirittura peggio. Trufo allungò le mani su di lei e cominciò a strapparle la maglietta scoprendole il reggiseno. Lilian cercò debolmente di proteggersi mente Giordan iniziava a slacciarsi in pantaloni. Realizzò con terrore che volevano violentarla. La paura ancora una volta la fece da padrona, tanto da non riuscire nemmeno a gridare, nemmeno a reagire. Avevano appena iniziato a tirarle giù il pantalone quando una lama spuntò dalla giugulare del pirata. Sangue a fiotti sgorgò come lava e Lilian pensò che per la terza volta nel giro di pochi giorni qualcuno che le moriva davanti. Questo pensiero le scatenò un sorrisino isterico. Giordan, ancora chino su di lei, ebbe giusto il tempo di voltarsi per guardare in faccia l’uomo che da lì a poco l’avrebbe assassinato. Morì così, con gli occhi colmi di terrore e sgomento. 

- Occhi di falco!

Furono le sue ultime parole. Mihawk affondò con forza il piccolo fendente a forma di croce dritto nel petto dell’uomo, e spinse con rabbia uno, due, tre, quattro volte. Avrebbe continuato all’infinito ma non poteva perdere altro tempo. Giordan cadde esanime sul corpo del suo amico mentre la cella si allagava di sangue. Sull’orlo di una crisi di nervi, Lilian respirava affannosamente mentre cercava di coprirsi con i pochi stracci che le erano rimasti, ritirandosi nuovamente nell’angolo del sua prigione. Non era facile impressionarlo ma Drakul rimase piuttosto turbato nel vederla in quello stato. Della ragazza fiera e altezzosa a che aveva avuto modo di vedere al castello non era rimasto niente. Uno scricciolo terrorizzato coi capelli arruffati e polverosi, ricoperto di lividi.

- Vieni.

Allungò la mano per aiutarla ma lei si ritrasse. Ancora sotto shock, non sapeva se poteva fidarsi, temeva di finire dalla padella alla brace anche se… davvero c’erano sorti peggiori del rimanere su quel vascello? E poi aveva già conosciuto quell’uomo, era stato a casa sua, nel suo castello, davanti a suo padre.

- Vieni - ripeté lo spadaccino cercando di utilizzare un tono più rassicurante possibile - ti riporto a casa.

A quelle parole si convinse. Dopotutto aveva un che di familiare. Gli diede la mano, era davvero piccola rispetto la sua. Delicatamente la tirò su. Lilian finì contro il suo petto mentre lui l’avvolse con un braccio attorno la vita per tenerla in piedi. Era chiaro che non ce la faceva a reggersi così le passò una mano sotto le ginocchia e la prese in braccio, come una sposa. Constatò che pesava quanto una piuma del suo cappello. Lilian, un po’ dall’imbarazzo, un po’ dallo sfinimento, per tutto il tempo tenne la testa nascosta tra il collo e la clavicola del suo salvatore. Un senso di abbandono la invase completamente. 

 

Mihawk percorse la stessa strada al ritroso. Silenziosamente avanzava nel buio scavalcando alcuni degli uomini che dormivano per terra. Se qualcuno di loro malauguratamente l’avesse visto, non avrebbe esitato ad ucciderlo. Non doveva lasciare tracce e nessuno doveva sapere che era stato lui a liberare la principessa. Percorse il ponte, e si diresse verso la balaustra che aveva scavalcato all’andata, sotto c’era la sua piccola imbarcazione ad aspettarlo. Lilian gettò un’occhiata fugace oltre la spalla e si accorse di due, tre cadaveri riversi sul pavimento. Erano i pirati che stavano di guardia. 

- Scenderò prima io - sussurrò Mihawk  mentre la metteva giù, vicino la ringhiera di legno - te la senti di scavalcare?

- Si - rispose lei, anche se non era vero ma avrebbe fatto fede a tutte le sue forze pur di andar via da lì. 

Lo spadaccino, con un balzo, saltò sul piccolo veliero sottostante e tese le braccia facendo segno a Lilian di lanciarsi. Lei, a fatica, scavalcò la balaustra e girò gli occhi al cielo pregando che tutto andasse per il meglio. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere tra le braccia del giovane che, prontamente, la prese al volo. Ma la barca ondeggiò troppo e Mihawk perse l’equilibrio facendo cadere entrambi. Lilian si aggrappò forte al collo del ragazzo finendo distesa su di lui. Alzò la testa trovandosi naso a naso con l’uomo. Si guardarono negli occhi senza sapere che quello sarebbe stato solo l’inizio di un rapporto speciale. L’imbarazzo fu rapidamente interrotto da alcune voci. Infatti, nel buio della notte, entrambi notarono dei bagliori che provenivano dal vascello. Gli uomini di Spyros avevano scoperto che qualcuno li aveva aggrediti e, con un fermento crescente, si stavano attivando per cercare il colpevole. Delicatamente, Mihawk spostò Lilian e si rimise in piedi andando a spiegare la vela. La barca partì a tutta velocità, lasciando dietro di se una silenziosa e sottile scia bianca.

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Capitolo 7
*** Rouge Town ***


Lilian se ne stava ancora a terra cercando di elaborare tutto quello che le era capitato a partire dal rapimento fino a qualche secondo fa, quando si era ritrovata così vicina allo spadaccino. Per un attimo il dolore era sparito e il cuore aveva preso a battere all’impazzata. Che diavolo le era preso? 

Il vento freddo sulla pelle la riportò alla realtà. Vide Drakul spostarsi verso il timone. I suoi occhi gialli guardavano il mare e la bussola, la bussola e mare. Quando ebbe impostato la rotta, marciò verso di lei e senza proferire parola alcuna la tirò su per un braccio e l’accompagnò nella cabina. Era molto piccola e accogliente. C’era un lettino singolo e qualche mobiletto. Yoru, la mastodontica spada nera, se ne stava saldamente appoggiata in un angolo della stanzetta. Lilian, senza fare complimenti, andò ad accomodarsi sul letto. Era morbido e pulito, quasi le dispiaceva sporcarlo sudicia com’era. Lui andrò ad accarezzare la sua spada, gesto che le sembrò piuttosto strano, poi prese qualcosa da un cassetto e si avvicinò.

- Puoi alzare le braccia?

La ragazza ubbidì e, senza chiederle il permesso, le sfilò la maglietta strappata lasciandola solo col reggiseno. Lilian s’irrigidì e per un attimo la terribile sensazione di impotenza tornò a farsi viva.

- Tranquilla, non ti farò niente.

Le toccò le spalle magre e fece scivolare le mani grandi lungo le braccia provocandole un brivido. Si soffermò su ogni livido, ogni ematoma, fino ad arrivare ai polsi, abrasati dalle corde. Le aprì i palmi delle mani, scoprendole piene di ragadi. La scrutava serio, senza un briciolo di malizia, domandandosi com’era possibile ridurre in quello stato una ragazzina indifesa. Nuovamente riaffiorarono i sensi di colpa. Continuava a sentirsi responsabile anche se stava cercando di rimediare meglio che poteva. Scosse il capo cercando di non pensarci.

La “cosa” risultò essere una camicia. L’aiutò ad indossarla. Le stava enorme ma era l’unico indumento che poteva prestarle. Poi aprì un altro cassetto e tirò fuori un barattolo ricoperto da un tappo di sughero. L’aprì ed estrasse due compresse di colore verde.

- Buttale giù, ti faranno sentire meglio.

- Cosa sono?

- Caramelle.

La ragazza lo guardò dubbiosa, era chiaro che non le avrebbe mangiate senza una risposta sensata.

- Erbe medicinali, contro il dolore - rispose senza alzare lo sguardo. Stava dando un’occhiata ad una mappa presa dallo stesso cassetto.

La risposta la convinse. Mandò giù le pillole senza protestare e poi face una richiesta che mai avrebbe immaginato di fare ad un uomo,   sconosciuto per giunta.

- Puoi… potresti aiutarmi a toglierli? - chiese arrossendo mentre indicava i pantaloni. Mihawk la guardò con la sua solita serietà. Erano sporchi e zuppi del sangue ormai ossidato, il perché volesse toglierli era abbastanza comprensibile. Senza scomporsi li afferrò dalle caviglie e cominciò a tirare. Erano aderenti e di ottima fattura, un vero peccato buttarli. Lilian stette ben attenta a coprirsi l’intimo con il restante della camicia che ormai indossava come un vestitino. 

- Domattina attraccheremo da qualche parte, compreremo qualcosa che ti stia bene.

- Grazie…

- Riposati ora - disse avviandosi verso l’esterno.

- Aspetta un attimo per favore.

Drakul si fermò sulla porta.

- Sei Mihawk occhi di falco, non è vero? - Conosceva già la risposta ma sentì lo stesso il bisogno di domandarglielo.

Lui annuì.

- Ti ha mandato Giulius a cercami?

- Più o meno - tagliò corto, poi prese Yoru ed uscì fuori lasciandola sola e ancora piena di domande.

Lilian fu investita da un sonno improvviso. Si distese esausta, con la testa che girava all’impazzata. Si sentì stranamente leggera. Tutti i dolori erano spariti nel giro di pochi istanti e si chiese se in quelle pasticche ci fosse della droga. Fu il suo ultimo pensiero prima di cadere in un sonno profondo, una fortuna per Mihawk che non aveva più voglia di parlare. In realtà, per i suoi standard, aveva chiacchierato anche troppo. Andò a sedersi sulla prua del suo piccolo veliero, di circa dieci metri. Essendo un uomo solitario non aveva mai avvertito la necessità di procurarsi un’imbarcazione più grande. Tutto quello che gli interessava è che fosse pratico e resistente.

Stette allerta tutta la notte e navigò ad alta velocità per raggiungere rapidamente l’isola più vicina. Aveva avuto molto tempo per pensare alle sue prossime mosse. Decise che la cosa più saggia da fare era attraccare a Rouge Town, nell’arcipelago di Polestar, dove avrebbe sostato un giorno o due per permettere alla ragazza di rimettersi in sesto.  Conosceva molti posti e persone di cui poteva fidarsi il che, visto le circostanze, era perfetto. Poi avrebbero navigato verso l’isola di Diamon così da riportarla a casa e, finalmente, sarebbe tornato alla sua vita di sempre.

 

Arrivò all’alba. Attraccò al pontile e approfittò di qualche ora per riposare un po’.

Al porto c’era fermento già dal primo mattino. Pullulava di mercanti che caricavano le merci sulle navi mercantili per rifornire le isole vicine. Turisti, curiosi e pirati andavano e venivano. Rouge Town era una delle città più grandi e importanti del mare orientale, città dove dieci anni prima fu giustiziato Gol D. Roger. Per Mihawk, che quel giorno aveva assistito all’esecuzione del re dei pirati, era sempre emozionante farci ritorno.

Lilian fece capolino dalla cabina qualche ora più tardi. Lo spadaccino, appisolato con la schiena contro lo scafo, aprì gli occhi per darle un’occhiata fugace. Aveva indosso la sua camicia che arrivava alle gambe e i capelli più arruffati che mai. Sembrava reduce da una sbronza ma almeno stava in piedi sulle sue gambe.

- Come va? 

- Molto meglio - rispose lei guardandosi intorno - Dove siamo?

Rouge Town - rispose lui tirandosi su.

- Dove hanno ucciso il re dei pirati?

Mihawk annuì e con un saltello balzò sul pontile. Allungò una mano invitando Lilian a fare lo stesso. La ragazza l’afferrò e, finalmente, dopo giorni trascorsi in mare, toccò terra. La sensazione fu strana ma bellissima. Le sembrava che il mondo girasse sotto i suoi piedi tanto da metterci qualche secondo prima di muovere un passo. 

- Stammi sempre vicino e andrà tutto bene.

Lilian, ubbidiente, lo affiancò. Non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lui e magari smarrirsi in una città così grande con un temibile pirata che, probabilmente, le stava già dando la caccia. Cominciarono a camminare lungo i vialetti gremiti di persone e di botteghe. I mercanti esponevano le loro merci migliori in vetrina e cercavano di vendere ai passanti qualsiasi cosa avessero tra le mani. L’aria profumava di cose buone da mangiare ricordandole che non faceva un pasto decente da quattro, forse cinque giorni. La gente, di ogni etnia e razza, parlava, comprava, rideva e tutto sembrava così allegro e colorato.

Ogni tanto gettava uno sguardo su Mihawk che camminava alla sua sinistra e puntualmente le sembrava più bello della volta precedente. Aveva un passo fiero e un aspetto curato. Indossava una camicia nera sbottonata al centro e un pantalone dello stesso colore. Sul capo portava un capello di velluto, anch’esso nero, con una voluminosa piuma bianca. L’unico tocco di colore erano i fiori rossi ricamati sul soprabito aperto. E poi Yoru, la sua spada, che era grossa quasi quanto lei.

Notò con un leggero fastidio che molte donne si giravano ad osservarlo e commentavano tra di loro con dei risolini ammiccanti. Anche gli uomini in realtà lo guardavano ma sicuramente per motivi diversi. Dopotutto, era il famoso Mihawk occhi di falco.

Si fermarono davanti ad una bottega, un piccolo negozietto di abbigliamento. Drakul infilò una mano nel suo soprabito tirando fuori un sacchetto pieno di berry e glielo porse.

- Tieni, compra quello che vuoi.

Lilian, visibilmente imbarazzata, accettò i soldi. Non poteva continuare ad andare in giro con quella camicia. Per quanto fosse pulita e di ottima qualità si sentiva una scappata di casa tanto da provare vergogna nel camminargli vicino.

- Giuro che ti restituirò tutto.

- Non mi importa - rassicurò lui - Cerca solo di fare presto, e compra degli occhiali scuri. Dobbiamo nascondere i tuoi occhi.

Lilian annuì e si infilò nel negozio mentre lui rimase fuori ad aspettare con la solita aria vigile. Impegnò quel tempo concentrandosi sulle conversazioni delle persone, in particolare quelle dei pirati. Voleva captare informazioni circa Spyros e la sparizione della principessa. Fortunatamente, per il momento, nessuno ne parlava, segno che la notizia non si era ancora diffusa. 

Lilian uscì circa dieci minuti più tardi con due buste cariche di vestiti. Il pensiero di spazientire il suo accompagnatore era motivo di forte stress perciò si era spicciata il prima possibile arraffando tutto ciò che era di suo gradimento.

Soprattutto aveva comprato gli occhiali da sole.

- Come mi stanno? - chiese con leggerezza mentre li indossava. Le sembrava incredibile che fino al giorno prima era prigioniera su un vascello di pirati ed ora, invece, passeggiava spensierata affianco allo spadaccino più forte del mondo che, per giunta, le stava facendo da portaborse.

- Bene, credo - rispose serafico. Non era un tipo da complimenti anche se pensava che la ragazza era, oggettivamente, di una bellezza mozzafiato.

 

Continuarono a camminare fino a raggiungere una stradina meno affollata. Da lì sorgeva l’insegna sgangherata di un’osteria affittacamere.  

- Andiamo.

Varcarono la porta ed entrarono in un vecchio locale con tavole e panche tutte in legno. Un scampanellio annunciò la loro entrata. L’illuminazione era fioca e le vetrate erano talmente sporche da non far penetrare la luce del sole. C’erano alcuni uomini al bancone che bevevano birra ed altri seduti al tavolo intenti a sgranocchiare qualcosa. Tutti pirati, senza dubbio.

Nonostante l’aspetto decadente, c’era un buon odore di pulito e di cibo, tanto che lo stomaco di Lilian prese a brontolare.

- Scusa - disse imbarazzata - Sono giorni che non mangio. 

Drakul la guardò alzando un sopracciglio.

Un ometto cicciottello dagli occhi buoni posto dietro al bancone sventolò una mano in segno di saluto.

- Occhi di falco! - chiamò felice come si fa quando si rivede un amico dopo tanto tempo - Quale onore averti qui!

- Salve John - Mihawk si avvicinò all’uomo e ricambiò il saluto con un serio cenno di capo - Ho bisogno di una stanza e qualcosa da mangiare.

- Tutto quello che desideri! - rispose l’uomo mentre gli versava da bere - Fiona vieni ad accogliere i nostri ospiti speciali! La signorina è con te?

- Si - rispose e bevve il rum in un solo sorso.

- Accidenti! Davvero stupenda hehe, complimenti! - disse ammiccante senza trattenere l’entusiasmo - Ecco la chiave, la stanza numero tre.

E poi, con un filo di voce aggiunse

- Non sapevo ti piacessero così giovani hehe!

Per l’ennesima volta Lilian arrossì. Già sentiva tutti gli occhi degli uomini presenti addosso e il commento di John non fece che peggiorato la situazione. Inoltre, indossava ancora la camicia di Mihawk che le stava pericolosamente corta, facendola sentire ancora più in imbarazzo. Percependo il suo disagio, Drakul l’avvolse con un braccio attorno alla vita, coprendola con il suo soprabito. Il cuore di Lilian tornò a battere all’impazzata. Ormai aveva deciso di reagire così ogni volta che lui si avvicinava troppo.

- Già - rispose lui, visibilmente irritato con la ragazza che se ne stava avvolta nella sua presa ancora con le guance in fiamme.

Prese le chiavi dal bancone e ringraziò stizzito. Ordinò che Fiona, la cameriera, portasse da mangiare in camera tutto ciò che prevedeva il menù e una bottiglia di vino rosso italiano mentre John malediceva la sua boccaccia che parlava sempre a sproposito.

 

Avevano appena salito qualche gradino che portava al piano superiore quando la porta del locale si aprì facendo oscillare il campanello posto sul telaio. Cinque figure mastodontiche entrarono nella sala e Lilian fu costretta ad alzare gli occhiali per assicurarsi che la sua vista non stesse le facendo brutti scherzi. Il vocio nel locale si ammutolì all’istante. Erano spaventosamente grossi, degli esseri metà uomo e metà pesce. Dalla paura strinse le mani attorno al braccio dello spadaccino e, indietreggiando, finì spiaccicata contro il suo torace.

- Ricorda che non devi avere paura di niente finché sarai con me - le sussurrò nell’orecchio cercando di tranquillizzarla. Ma calmarsi era difficile quando ti trovavi difronte a degli esseri tanto spaventosi. Le abbassò gli occhiali da sole. I suoi occhi bicolore erano un marchio di fabbrica e non potevano correre il rischio che qualcuno la riconoscesse.

 

- A…Arlong - salutò John cercando di mascherare il tremolio nella sua voce - Ben..bentornato nel mio locale!

- Gli uomini pesce hanno FAME! - gridò furente Arlong, una creatura con un lungo naso seghettato, capelli neri e orribili denti aguzzi. Afferrò un tavolo e lo lanciò in aria sfiorando la povera Fiona che si accucciò a terra coprendosi la testa. Gli altri risero a crepapelle.

 

- Spiacente, il locale è pieno - esordì Mihawk scendendo le scale - non c’è posto qui per voi.

Lilian gli si piazzò davanti cercando di fermarlo, ma lui, delicatamente, la scostò. 

- Non andare ti prego - disse con un filo di voce.

Che diavolo voleva fare? Quelle cose lo avrebbero fatto in mille pezzettini. Erano alti il doppio di lui ed erano in cinque! Cinque bestioni contro un uomo solo! 

Arlong si guardò intorno cercando di capire chi fosse così folle da sfidarlo visto che il locale era semivuoto. La sua espressione cambiò di colpo quando, nella pallida luce arancione, riconobbe la figura dello spadaccino. Aveva estratto la sua spada nera e gliela puntava pericolosamente contro. Grande e grosso com’era, indietreggiò. 

- Occhi di falco - ringhiò l’uomo pesce con disprezzo - che ci fa un cane del governo a Rouge Town.

Mihawk alzò la sua spada ancora di più verso la faccia del pirata.

- Sono in dolce compagnia - rispose con il suo solito tono serio - E la vostra presenza sta turbando la mia signora.

Arlong lanciò un sguardo verso Lilian e arricciò il naso. Era feroce, ma non era stupido. Sapeva che non avrebbe potuto nulla contro un pirata di quel calibro, nemmeno se gli avesse scagliato contro l’intera colonia di uomini pesce. 

- Sono sicuro che Fiona apprezzerebbe tanto se riuscissi ad alzare quel tavolo che, per uno spiacevole malinteso, è finito sottosopra.

Due della sua ciurma, uno metà manta e l’altro metà polpo, andarono ad alzare il tavolo senza fiatare. Arlong ordinò ai suoi di andare via e a testa bassa uscirono dal locale. Avevano beccato il giorno sbagliato per fare casino.

 

Lilian, col cuore in gola, era rimasta a bocca aperta tutto il tempo, del resto come i commensali presenti. Se l’impresa di liberarla completamente da solo non le era bastato per farle comprendere tutta la sua potenza, quell’episodio l’aveva sicuramente convinta. Solo con l’uso delle parole era riuscito a scacciare via cinque uomini pesce spaventosi come quelli. Tornò verso di lei, pacato, come se nulla fosse successo. Lilian non riuscì a trattenersi e lo abbracciò forte.

- Dio se mi hai fatto spaventare!

Drakul ricambiò timidamente l’abbraccio. A differenza di Lilian non era una persona fisica. Difficilmente si lasciava andare a gesti affettuosi o carinerie ma con lei gli veniva tutto abbastanza spontaneo. Il che, lo sorprendeva di se stesso. E un po’ lo spaventava anche.

Prese le buste cariche di vestiti e finalmente cominciarono a salire.

- Fiona - chiamò un’ultima volta prima di procedere - per favore, portaci qualcosa da mangiare il prima possibile, la mia signora ha molta fame.

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Capitolo 8
*** La stanza ***


- Da quando sono diventata la tua “signora”? - chiese euforica Lilian mentre Mihawk inseriva la chiave nella serratura della stanza.

- Non posso chiamarti col tuo nome.

- Perché no? 

- Perché compare su tutti i giornali dei sette mari - rispose pacato - sotto la tua foto.

- Che?

- Avresti preferito essere la mia sorellina?

La porta si aprì scoprendo una comunissima stanza di albergo composta da un letto matrimoniale, un armadio, un tavolo con due sedie e un bagno. Nel complesso era piccola ma pulita e ben arredata. 

Sulla parete frontale c’era una bacheca in legno con dei volantini inchiodati con delle puntine. Erano le taglie di svariati pirati. Mihawk ne indicò uno in particolare e a Lilian quasi venne un coccolone quando vide la sua faccia. Era un annuncio di ricompensa. Il re offriva cinquecento milioni di berry a chiunque riportasse sua figlia a casa.

- Non ci posso credere! - esclamò incredula mentre staccava la sua foto dalla bacheca - Nemmeno ci valgo tutti sti soldi!

- Tuo padre la penserà diversamente - replicò lo spadaccino.

- Perché non me l’hai detto prima?

Cercando di essere il più sintetico possibile spiegò che, in situazioni come questa, quando si era impossibilitati a pagare il riscatto, alcune persone proponevano (in collaborazione con la marina) una “controfferta”. Il tentativo era di invogliare i cacciatori di taglie e, spesso, i pirati stessi a salvare i prigionieri per intascarsi la ricompensa. Spyros era stato molto ingenuo a sottovalutare il potenziale della sua detenuta.

- Il problema è che si scatena una caccia all’uomo - concluse pacato - Tutti vogliono accaparrarsi la ricompensa, capisci perché devi mantenere un profilo basso e non devi allontanarti?

Lilian restò in silenzio metabolizzando quanto appena appreso. Si prese un minuto per pensare, poi porse una domanda spontanea.

- Quindi è per questo che mi hai salvata? - chiese cercando di nascondere un certo risentimento - Per riscuotere la ricompensa? 

- No.

- No?

- No - confermò lui, leggermente irritato. Non aveva intenzione di dare spiegazioni e tantomeno sentiva il bisogno di giustificarsi.

- Vado a fare una doccia.

Alla parola doccia tutti i sospetti di Lilian divennero superflui. Sgranò gli occhi e corse a chiudersi in bagno prima che lui muovesse un passo in più. Drakul fece spallucce, almeno si era tolta dai piedi, e decise di approfittarne per telefonare l’Ammiraglio Beccoviola con il lumacofono portatile che teneva segretamente custodito nella tasca interna del suo soprabito. Non sapeva cosa aspettarsi. Si tolse il cappello appoggiandolo su un appendino e si passò entrambe le mani nei capelli corvini. Sicuramente avrebbe chiarito che non voleva più niente a che fare con Diamon e gli interessi che ne derivavano, no dopo tutta la fatica che stava facendo per riportarla a casa.

 

- Ho la principessa.

- Bene ragazzo, sei una garanzia come sempre - si congratulò l’ammiraglio - Ti ha visto qualcuno? Qualcuno può sospettare di te?

- No.

- Bene, molto bene. Quando prevedi di portarla alla base?

- Alla base? - chiese sorpreso - Credevo dovesse tornare a Diamon.

- Beh, pensavo tanto vale riscuotere la ricompensa - spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo - Semplici questioni burocratiche e chiuderemo la faccenda con duecento a me e trecento a te, per il disturbo.

Mihawk ci pensò su. No, non aveva intenzione di approfittarne, aveva già fatto abbastanza danni. Rifiutò l’offerta facendo infuriare non poco Beccoviola.

- Ho promesso che l’avrei riportata a casa ed è quello che farò.

Chiuse la conversazione senza aggiungere altro nonostante l’opera di convincimento dell’ammiraglio. Era esausto di tutte quelle chiacchiere. Chi glielo aveva fatto fare? Gli sembrava un compito così semplice quando aveva accettato ed ora se ne stava pentendo ogni secondo della sua vita. Per cosa poi? Soldi? Quelli nemmeno gli mancavano. Forse era la noia che l’aveva convinto, l’idea di affrontare qualcosa di diverso. Ad ogni modo era rimasto fregato.

 

Lilian si trovava sotto la doccia. Appena entrata in bagno ebbe modo di osservare il suo riflesso allo specchio. Rimase esterrefatta nel vedere quanto fosse dimagrita. E malconcia. Pensò che aveva un aspetto davvero orribile. L’acqua calda scivolava addosso lasciandole un senso di benessere che non provava da giorni. Settimane forse, da quando aveva avuto quella forte lite con suo padre. Non avrebbe mai pensato che fosse disposto a pagare così tanto per riaverla a casa. Gli aveva sempre dato filo da torcere e un po’ se ne dispiaceva. Ripensava alla conversazione avuto con Mihawk poco prima. Non era tanto assurdo che l’avesse salvata per ricevere una ricompensa in danaro. Per quanto si fosse dimostrato premuroso era pur sempre un pirata, ed è questo che fanno i pirati, no? Quindi non poteva biasimarlo.

I polsi bruciavano ancora e i lividi erano così marcati da rendere vivo il ricordo dei giorni appena trascorsi. I dolori persistevano un po’ dovunque, ma andava meglio, molto meglio rispetto al giorno precedente. Era stata una sciocca a pensare di poter affrontare la battaglia al castello e ne aveva pagato le conseguenze. Sarebbe dovuta rimanere al sicuro con le sue sorelle. Ma credeva di essere forte rispetto a loro, di essere coraggiosa, di poter affrontare il mondo a pugni chiusi ma la realtà le aveva mostrato una Lilian completamente diversa da quella che credeva di essere. Ormai era andata così, l’unica cosa che poteva fare era evitare che capitasse ancora.

Un’idea, forse folle, iniziò a balenarle nella testa…

- Drakul! - chiamò affacciandosi dalla porta

del bagno - Mi passeresti i vestiti?

L’uomo, che nel frattempo si era disteso sul letto per riposare un po’, dapprima sbuffò pesantemente, poi si allungò quanto bastava per raggiungere il sacchetto, lo prese, e senza nemmeno alzare lo sguardo glielo lanciò colpendo la porta.

- Grazie - disse Lilian titubante.

Nello stesso momento in cui lei richiuse la porta del bagno, qualcuno bussò alla porta principale. 

Sbuffò nuovamente e stavolta fu costretto ad alzarsi. Era Fiona, la cameriera, con un carrello carico di pietanze e una bella bottiglia di vino rosso proprio come ordinato.

- Offre la casa - informò la donna.

Era una ragazza molto graziosa, sulla trentina, con un viso tondo e un seno prosperoso.

- Ringrazia John.

- Sarà fatto ma… grazie a te… - disse lei.

Poi restò in attesa sulla soglia, e, allungando lo sguardo nella stanza per assicurarsi che Lilian non fosse nei paraggi, aggiunse timidamente - questa volta non sarà possibile vederci, vero?

- No.

- Capisco… - sospirò con delusione - sai, devo ammettere che è davvero molto carina… 

Mihawk era al limite. Ci mancava solo l’amante gelosa. Erano stati insieme qualche volta durante i suoi soggiorni in passato. In realtà era stato con un sacco di donne nel corso degli anni. Come tutti gli uomini aveva un’esigenza che andava soddisfatta e, siccome piaceva molto al gentil sesso, spesso ci finiva a letto proprio grazie alle loro provocazioni.

Ci pensò Lilian a toglierlo dall’imbarazzo uscendo dal bagno e saltellando allegra verso di loro. Aveva indossato un vestitino a fiori che le stava d’incanto.

- Quante cose buone! - disse entusiasta guardando il carrello, poi, quasi accorgendosi della tensione tra i due aggiunse - Scusate, ho forse interrotto qualcosa?

- No. Fiona stava andando via.

E le chiuse la porta in faccia. 

- Perché sei così rude!

- Hai fame o no?

Entrambi presero posto attorno al piccolo tavolo. Mihawk servì i piatti mentre Lilian divideva le porzioni. Mangiò con gusto un po’ di tutto. Come un fiume inarrestabile parlava e parlava. Parlava di quanta fame aveva avuto pur non essendo una gran mangiona. Raccontò del pane ammuffito e delle pietanze che era solita mangiare al castello, più sofisticate ma meno saporite di quelle che stava gustando in quel momento. Lui ascoltava a intermittenza limitandosi ad annuire. Poi, mentre era intenta a raccontare un’altra delle sue storie, si trovò a fissarla per la prima volta da quando era uscita dalla doccia. I capelli ancora umidi erano tornati biondi come il grano perdendo quella patina grigia di polvere. Incorniciavano il suo bellissimo viso come una preziosa cornice intorno ad un quadro. Lividi a parte, aveva una pelle splendente, del colore della luna. Il tessuto sottile della veste scivolava perfettamente sulla curva dolce dei suoi seni, mettendo in evidenza i capezzoli come due piccoli bottoni. Avrebbe scommesso che non indossava il reggiseno. Gli occhi poi, grandi e bellissimi, brillavano di una luce nuova. Era un vero peccato che fosse così giovane e quindi fuori dai suoi standard. Dovette versarsi un altro bicchiere di vino per distogliere l’attenzione sperando che non si fosse accorta dei suoi occhi che la fissavano. Lilian, che era troppo concentrata sulla sua bistecca per farci caso, allungò il calice chiedendo se potesse averne un po’.

- Almeno hai l’età per bere? - chiese scettico mentre le versava da bere.

- Si - rispose dopo aver fatto un sorso - da ieri in verità. Mi hai fatto proprio un bel regalo a liberarmi. A proposito… non te l’ho ancora detto, grazie.

Si guardarono vicendevolmente per qualche secondo lasciando che i loro occhi parlassero al posto loro. 

Fu Lilian a distogliere lo sguardo per prima. Non riusciva ad abituarsi alle iridi color miele dello spadaccino, le mettevano sempre una forte soggezione. Lui invece, nei suoi, si sarebbe anche potuto perdere, maledizione.

- Senti… - cominciò Lilian dopo un breve silenzio - Prima, sotto la doccia, mi è venuta un’idea.

Lui continuò a guardarla intensamente. Lilian prese il calice e stavolta buttò giù tutto in un solo sorso.

- Stavo pensando che non vorrei tornare al castello.

Mihawk, incuriosito, prese a sorseggiare del vino a sua volta.

- Tienimi con te!

Ecco. Finalmente. C’era riuscita. L’aveva detto. Al pirata quasi andò il vino di traverso.

- Che significa? - chiese alzando un sopracciglio.

- Voglio che mi alleni! Voglio diventare forte, voglio imparare a difendermi, a difendere la mia isola, voglio…

- No! - interruppe Mihawk.

- Perché? - chiese delusa. Sperava che almeno avesse ascoltato le sue condizioni.

- Non esiste.

- Ti prego - insisté Lilian - Sarò buona. Non ti darò fastidio, non mi lamenterò, non sarò invadente, parlerò solo quando mi dirai di parlare e…

- È fuori discussione. 

- Mio padre coprirà tutte le spese. Ti pagherà profumatamente.

- NO!

Il rifiuto tuonò così forte che capì era il momento di piantarla. Mihawk, che finora era stato sorprendentemente permissivo e paziente, si alzò dalla sedia innervosito dalla sua stessa reazione. Non avrebbe mai voluto essere cosi duro con lei ma non aveva avuto scelta. Lo aveva messo alle strette. Portarla con sé significava stravolgere la sua vita, condividere una quotidianità che non era disposto a dividere con nessuno. Senza dimenticare che poteva essere potenzialmente pericoloso per la sua incolumità. E poi c’era un’altra questione che lo preoccupava, più intima…

- Tornerai al castello - disse cercando di essere il più dolce possibile - È la cosa migliore per te.

- Che ne sai tu di qual è la cosa migliore per me! - disse stizzita  - Non hai idea di cosa significa essere una principessa! Tutti a dirti come ti devi comportare, come mangiare, come camminare, come parlare! Mi sono sentita più libera in queste poche ore che in tutta la mia vita!

Si alzò dalla sedia e a gran passo si avviò velocemente verso la porta. La spalancò ed uscì nel corridoio. Mihawk, alzando gli occhi al cielo, le corse dietro e la bloccò per un braccio.

- Che vuoi!

- Ti ho già spiegato che non puoi uscire, è pericoloso.

- E allora dimmi che ti frega se non sei interessato a ricevere la ricompensa! - si svincolò dalla su presa e continuò a dirigersi verso le scale.

Drakul perse la pazienza. L’afferrò di peso e la riportò nella stanza. Lilian scalciava e si dimenava, ma non poté nulla per liberarsi. Tornati in camera, la spinse contro la parete. Fece scivolare le mani dapprima sui suoi polsi, ma poi, sentendoli ancora escoriati, salì fino ad bloccarla per le mani.

- Smettila di fare la bambina capricciosa - le intimò faccia a faccia.

Lilian si rese conto di aver avuto una reazione spropositata che lui non si meritava, no dopo quello che aveva fatto e stava facendo per lei. Era la frustrazione di dover tornare alla vita di sempre che la incolleriva. Smise di porre resistenza e intrecciò le dita alle sue. Il cuore prese a battere più forte. Forse le sarebbe addirittura esploso, ma non importava. Si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò sulle labbra. Fu veloce, tenero. Mihawk rimase sorpreso e turbato dal repentino cambiamento e da quel bacio improvviso.

Lilian, con finta nonchalant, si svincolò e si avvicinò alla tavola bevendo l’ultimo goccio di vino direttamente dalla bottiglia. Un comportamento davvero poco principesco, ma chi se ne frega. Aveva appena dato il suo primo bacio agendo come al solito d’impulso. Forse era il suo modo di scusarsi o forse l’aveva fatto perché provava una forte attrazione nei suoi confronti e non aveva resistito. Non sapeva dargli un motivo reale. 

- Mi dispiace. - disse semplicemente e si mise a sparecchiare ponendo i piatti vuoti sul carrello.

Lo spadaccino dovette far fede a tutto il suo rigore per non prenderla da dietro e possederla sul letto. Si avviò con imperturbabile disinvoltura verso il bagno. Dentro di sé, in realtà, stava provando emozioni contrastanti, alcune sconosciute e le odiava. Succedeva ogni volta che la toccava, ogni volta che la guardava. Con dissenso, dovette ammettere a se stesso che ne era attratto come una calamita.

Non sopportava che in così poco tempo fosse diventata una tale debolezza. Come diavolo era possibile? Doveva portarla a casa quanto prima o rischiava di perdere completamente il senno.

- Vado a fare una doccia - disse guardandola un’ultima volta, trovandola più bella che mai - Puoi scappare se vuoi, non ti inseguirò stavolta.

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Capitolo 9
*** Il rosso ***


Quando uscì dal bagno, un venti minuti più tardi, scoprì che lei era ancora lì. Se ne stava su un fianco distesa sul letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra che dava su un piccolo balconcino.

Si alzò su un gomito e lo guardò. Con un asciugamano lo vide strofinarsi i capelli bagnati. Era ancora a torso nudo con tutti i muscoli ben in evidenza, proprio come l’aveva visto la prima volta al castello. Indossava solo il suo fendente a forma di croce al collo e il pantalone nero giù sulla vita, a scoprirgli l’incavo del ventre. Lilian arrossì leggermente e tornò a guardare altrove. 

Drakul andò a sedersi sulla sedia vicino al tavolo, prese l’altra e ci poggiò sopra le gambe. Incrociò le braccia e chiuse gli occhi.

Avrebbe tanto desiderato la comodità del letto, ma era pur sempre un gentleman, e inoltre non gli sembrava il momento di distendersi accanto a lei.

- Che fai? - chiese lei. Più che una domanda aveva il tono di un’accusa. Picchiettò sul lato libero del letto lo invitò a distendersi lì.

Mihawk aprì un occhio e la guardò torva.

- Avanti - incitò sorridendo - hai paura che ti mangio?

In realtà era l’inverso ma si lasciò rapidamente convincere perché erano giorni che non riposava in maniera decente.

Non era certo che sarebbe stato in grado di gestire la situazione se lei avesse fatto delle avance ma continuava a ripetersi che si trattava solo di una ragazzina mentre lui era un uomo di quasi trent’anni, quindi, attrazione o no, era suo dovere tenerla a bada.

Non fu necessario. La stanchezza era tale che in pochi minuti entrambi caddero tra le braccia di morfeo, una da un lato e uno dall’altro, senza mai sfiorarsi.

 

 

Dopo il violento arrembaggio di Spyros ai danni dell’isola di Diamond, al castello le cose ripresero una certa normalità, fatta eccezione per l’assenza di Lilian ovviamente.

Re Philip aveva denunciato l’accaduto al governo mondiale che, a sua volta, aveva bacchettato pesantemente Beccoviola per non aver difeso l’isola nonostante le continue richieste di aiuto da parte del regno. Per negligenza fu declassato niente di meno che a contrammiraglio e ne pagò le conseguenze anche suo figlio Giulius, scendendo a ruolo di commodoro. Vista la difficoltà, il governo aveva predisposto numerose flotte della Marina a protezione dell’isola e quindi, il vecchio re, poté tornare a fare sogni tranquilli. Se solo avesse riavuto sua figlia a casa…

 

Poco dopo la telefonata intercorsa tra lo spadaccino più forte al mondo e l’ormai ex ammiraglio Beccoviola che, assodato non ci avrebbe guadagnato niente dalla principessa, stava studiando la prossima mossa per cercare almeno di recuperare punti agli occhi del Governo e soprattutto del re. Gli interessi dell’isola erano ancora il suo obiettivo principale. Cosa importavano due gradi rispetto alle miniere di diamanti?

Decise di telefonare al re Philip giocando d’astuzia. Dopo dei finti convenevoli andò dritto al sodo rivelandogli che la principessa era stata tratta in salvo da Mihawk occhi di falco. Aveva accettato di salvarla su sua insistenza e si prese dei meriti che, in realtà, non gli spettavano. Al momento non sapeva dove si trovava, ma sapeva per certo che fosse al sicuro, e ben presto sarebbe tornata al castello.

Re Philip esplose in un pianto di gioia. Sapere che sua figlia stava bene era la cosa più importante. Preso dall’enfasi, addirittura si scusò con Beccoviola per essere stato la causa del suo declassamento e quello del figlio, ma era talmente disperato che non sapeva cos’altro fare. Il militare minimizzò dicendo che era stato solo un brutto equivoco e che, con il ritorno a casa di Lilian, tutto si sarebbe chiarito.

- Organizzeremo una grande festa! - concluse il re. Questa volta, volere o volare, sua figlia avrebbe sposato Giulius così la famiglia Beccoviola avrebbe avuto la giusta ricompensa per averle salvato la vita. E sarebbe stata un’occasione anche per offrire le più profonde scuse per aver recato danni così gravi alla loro posizione lavorativa.

 

 

Mentre Lilian e Drakul riposavano beatamente nella stanza dell’osteria di John, nel cuore di Rouge Town, Spyros aveva appena fatto ritorno alla flotta numero due nel bel mezzo del mare orientale. Aveva appreso da poco che la sua ciurma si era fatta sfuggire la principessa e, dire che era su tutte le furie, era un eufemismo.

- Che branco di IDIOTI! - sbraitò appena mise piedi sul vascello. 

Tutto l’equipaggio tremò dalla paura. Il Greco non sapeva quantificare il valore del one piece che tutti cercavano, ma sapeva di certo quanto valeva la ragazza e per lui era l’equivalente del tesoro di Gol D. Roger. Solo che gli era sfuggito da sotto al naso. Meg raccontò per filo e per segno ciò che era successo il giorno precedente e insieme cercarono di ricostruire i fatti per risalire all’aggressore. Scesero nella sala della prigionia dove c’erano ancora i corpi senza vita dei due pirati, lasciati lì per non deturpare la scena del delitto. La cella di Lilian era spalancata. Il perché fossero andati a trovarla era chiaro, razza di animali, ma chi li aveva ammazzati restava un mistero. Guardando le ferite mortali dedussero che l’arma era sicuramente una lama piccola e affilata, la stessa dei cadaveri sul ponte. Solo qualcuno molto forte e silenzioso poteva fare danni del genere con un coltellino. Ma chi? A terra compariva un solo un tipo di orma impressa nel sangue ormai secco dei due uomini e le tracce si estendevano fino all’ingresso per poi scomparire gradualmente. Apparteneva ad un piede grande, qualcuno di alto. Dal nervoso, diede un calcio al cadavere di Jordan. Qualcosa svolazzò dal corpo dell’uomo e Spyros l’agguantò al volo con una mano. Aprì il palmo e socchiuse gli occhi e guardando attentamente. Era una piuma bianca. Una smorfia comparì sul suo volto sgraziato.

- Occhi di falco - ringhiò stringendo la piuma con rabbia.

Meg sussultò.

- Che intendi fare? - chiese senza nascondere una certa preoccupazione.

- Niente - sentenziò Spyros - che vorresti fare? 

Se davvero Mihawk era stato lì allora erano fortunati che fossero ancora tutti vivi, o quasi. Non si sarebbe mai messo contro un pirata di quel calibro. Sapeva che era in grado di distruggere tutte le sue flotte con un solo fendente se avesse voluto. Non gli restava che accettare la sconfitta e prenderla con filosofia. A volte si vinceva, a volte si perdeva. Era la dura legge del mare. Si consolò pensando che, dopotutto, il bottino recuperato a Diamon aveva dato i suoi frutti e andava bene così, seppur con l’amaro in bocca. Una cosa era certa. Semmai fosse venuto a reclamare la sua parte, poteva andarsene a fare in culo.

 

 

Lilian si svegliò. Lentamente aprì gli occhi accorgendosi che il sole si avviava verso il tramonto. Quanto aveva dormito? Almeno due ore, era certa. Si girò verso Mihawk che dormiva ancora profondamente. Era così bello. Non aveva la solita aria corrucciata, il volto era rilassato e disteso facendolo sembrare più giovane. Decise di lasciarlo dormire ancora per un po’ così avrebbe avuto modo di osservarlo senza sentirsi in imbarazzo. Il taglio d’occhi era sottile e profondo. Constatò che era la forma delle sopracciglia tendente verso il basso a donargli quell’aspetto serio e severo. La barba, come le basette e i baffetti, era perfettamente curata creando particolare gioco di geometrie. Il suo torace era ampio e gli addominali scolpiti creavano delle piccole collinette sul suo addome. Trapezio, bicipiti e pettorali erano muscolosi, segno di anni e anni di duro lavoro. Resistette alla tentazione di accarezzarlo.

Passarono circa dieci minuti, durante i quali l’aveva squadrato da tutte le angolazioni, e decise che era ora di svegliarlo. 

Lo picchiettò delicatamente con un dito sul petto. Era un fascio duro di muscoli e nervi.

- Drakul… - chiamò con un filo di voce.

Niente. Si schiarì la voce e provò di nuovo, stavolta con più convinzione.

- Drakul!

Come una molla, Mihawk scattò mettendosi seduto e con una velocità impressionante sfonderò il pugnale a forma di croce e glielo puntò in faccia. Dalla paura Lilian diede un grido e indietreggiò talmente tanto da cadere dal letto con un tonfo.

- Ti è dato di volta il cervello! - urlò, incastrata nello spazio tra il letto e la parete.

Lo spadaccino, che solo dopo l’urlo della ragazza era tornato in sé, gattonò dall’altro lato del letto per darle una mano a rialzarsi.

- Mi dispiace! - disse mortificato allungando un braccio. Lilian l’afferrò e con uno slancio la tirò su, trovandosela addosso per l’ennesima volta.

- Ti sei fatta male?

- Tu che dici? - domandò lei dandogli uno schiaffo sul braccio - Siamo più nervosi del solito appena svegli!

Mihawk, per la prima volta da quando si conoscevano, sorrise. Lilian, ancora basita, rise a sua volta mentre si massaggiava il sedere. C’era della comicità dietro quella tragedia sfiorata. 

- Prepariamoci, dobbiamo rimetterci in viaggio - le disse accarezzandole un braccio.

- Cosa? - domandò contrariata - Senza nemmeno fare un giro in città?

Stava per cominciare con la solita tiritera ma venne stoppato subito.

- Si, lo so, è pericoloso e bla bla bla.

Mihawk la guardò infastidito.

- Stavi quasi per uccidermi, me lo merito un giretto!

- Ok - disse sconfitto - una cosa veloce.

Lilian era felice come una pasqua, quando le sarebbe ricapitata un’occasione del genere? Forse mai. Gli chiese di aspettare cinque minuti, il tempo di cambiarsi. Corse a cercare nella sua busta qualcosa di bello da indossare.

- Ti sei cambiata qualche ora fa - le ricordò spazientito.

- Girati per favore.

Mihawk ubbidì ma, accidentalmente, osservò il suo cambio d’abito sul riflesso del vetro della finestra. Lei, di spalle, si era tolto il vestito rimanendo solo con gli slip. Aveva un fondoschiena meravigliosamente tondo e sodo. Non si soffermò su altro e, per correttezza, distolse lo sguardo concentrandosi sul pavimento.

- Puoi girarti - gli disse - sai, al castello non mi è permesso vestire come voglio.

Mihawk non faticò a capire il perché. Aveva indossato una canotta corta che le lasciava il ventre scoperto e una lunga gonna gitana. Un look poco adatto per una principessa. In compenso era, come suo solito, incantevole. 

- Gli occhiali - ricordò lo spadaccino.

Lilian sperava che se ne fosse dimenticato e invece non gli era sfuggito.

- Tra un po’ sarà buio, chi vuoi si accorga dei miei occhi - rispose facendo spallucce - e poi… sono in compagnia dello spadaccino più forte al mondo.

L’aveva avuta vinta. Di nuovo.

 

 

In pochi minuti furono fuori. Salutarono velocemente John indaffarato con molti clienti. Percorse la stradina isolata per ritrovarsi sulla strada principale che, se possibile, era ancora più affollata rispetto al mattino. A Lilian, che provenendo da una piccola isola non era abituata alla vita da città, tutto pareva sorprendente. Dai negozi con le vetrine illuminate alle bancarelle che vendevano cibi e dolciumi di tutti i tipi. Dopo poche centinaia di metri furono sulla piazza principale, quella dove fu giustiziato il re dei pirati, Gol D. Roger. Mihawk si fermò in contemplazione. Ogni volta che si trovava di fronte a quel patibolo, la mente lo riportava a dieci anni prima per rivivere quel momento. Lilian aveva solo otto anni quando successe ma ricordava il fermento che arrivò persino a Diamon. Fu un evento straordinario che diede il via ad una nuova era, quella dei pirati.

Era immersa nei suoi pensieri quando fu spinta di lato. Non ebbe nemmeno il tempo di capire cose stesse succedendo che Mihawk aveva già sfoderato la sua spada nera per difendersi da un attacco improvviso da parte di un ragazzo con un cappello di paglia. Il suono metallico delle spade che ci scontravano fu spaventoso. Il duello era così rapido e veloce che a stenti riusciva a vedere i loro movimenti. Come in una danza, i due spadaccini avanzavano e indietreggiavano a seconda dei colpi da sferrare. Alcuni curiosi si erano fermati ad osservare il combattimento stando ben attenti a mantenere le distanze. Con le spade una contro l’altra si guardarono vicendevolmente. Sembrava che nessuno dei due volesse cedere per primo. Poi, contro ogni previsione, entrambi abbassarono le armi. Il ragazzo sorrise a trentasei denti.

- Occhi di falco! - disse con entusiasmo mentre riponeva la spada nel suo fodero.

- Rosso - rispose Mihawk con la sua solita fermezza. Anche lui posizionò Yoru sulla sua schiena.

Lilian non ci stava capendo niente. 

- Vi conoscete? - chiese con voce tremante.  Aveva temuto il peggio. Si avvicinò a Mihawk mettendogli un braccio sul fianco. Lui la strinse leggermente a sé. Si stava rassegnando al fatto che non riusciva a resisterle.

- Accidenti! - esclamò il ragazzo col cappello di paglia - Hai trovato la fidanzata!

- Che modi sono di attaccare la gente alle spalle! - gli gridò Lilian avvicinandosi minacciosa con le mani sui fianchi.

Mihawk scosse la testa e, abbastanza divertito, le disse che quello era Shanks.

- Molto piacere! - Shanks, anche detto il Rosso, era un bel ragazzo dai capelli rossi e tre vistose cicatrici sull’occhio sinistro. Allungò una mano per presentarsi - tu invece sei?

Lilian guadò il suo spadaccino in cerca di approvazione. Poteva dire il suo nome? E se l’avesse riconosciuta? Potevano fidarsi? Non fu necessario trovare una risposta alle sue domande perché al ragazzo bastò un’occhiata più approfondita per scoprire la sua identità.

- Che mi venga un colpo! Tu sei quella dei cinquecento milioni di berry! La principessa!

Lilian si irrigidì.

- Abbassa la voce - suggerì Mihawk. Per quanto la ragazza fosse al sicuro in loro compagnia, era comunque necessario non sventolarlo ai quattro venti.

- Brutto figlio di una buona donna! Allora sei tu che l’hai sottratta a Spyros! - Shanks era sorpreso e divertito - girano voci che sia furioso. 

Scambiarono giusto qualche chiacchiera circa il fatto che la notizia fosse ormai nota a tutti e, alla domanda “come diamine ci sei riuscito” Mihawk tagliò corto col classico è una lunga storia. Disse solo che si trovavano di passaggio per riprendere le forze e che presto sarebbero tornati in mare per raggiungere l’isola di Diamon.

Lilian scoprì successivamente che anche Shanks era un pirata, capitano di una ciurma tutta sua. Ebbe inoltre modo di constatare che, contrariamente alla prima impressione, era davvero molto socievole e carismatico oltre ad essere oggettivamente un bellissimo ragazzo.

- Dobbiamo andare adesso.

- Aspettate - disse Shanks - Stiamo per dare una festa, lì, sulla collinetta. Niente di che, solo una brace e un po’ di birra. Perché non vi unite?

- No. Si é fatto tardi.

- Una FESTA? - gridò Lilian entusiasta

- Esatto! - confermo il rosso - da bravo capitano sono sceso per comprare dei di barili di birra quando vi ho visto, sarebbe bello se veniste! Più siamo meglio è.

- Ti prego Drakul! - supplicò Lilian guardandolo negli occhi - Andiamoci!

- No. - rispose duro smorzando l’entusiasmo di entrambi.

- Avanti! - incitò Shanks incurante del rifiuto categorico - Diamon non scapperà da lì! 

- Ti prego! - ripetè Lilian. Gli prese le mani e se le portò al viso - Giuro che non ti chiederò mai più niente, lo giuro!

Sfoderò i suoi occhi più dolci. Era troppo curiosa di partecipare ad una festa organizzata dai pirati, giravano storie che fossero incredibili, con musica, balli e fiumi di birra.

- Dai! -  nemmeno Shanks si sarebbe arreso - Non fare il solito musone!

Mihawk fu costretto ad accettare. Uno poteva anche gestirlo, ma due erano troppi. La ragazza, talmente felice che non stava nella pelle, gli saltò al collo abbracciandolo forte mentre Shanks, sorpreso e divertito, non riusciva a credere che il temibile Mihawk occhi di falco stesse per partecipare a una sua festa.

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Capitolo 10
*** La festa ***


Calò sera.

Lo strano trio camminava lungo il sentiero ciottoloso che portava all’accampamento. Si erano allontanati abbastanza dalla città inoltrandosi all’interno di un piccolo bosco illuminato solo dal chiarore della luna. Per tutto il tempo Shanks e Lilian conversarono senza mai fermarsi. La ragazza in particolare era avida di storie e invitava il nuovo amico a raccontargliene sempre di più. Era estremamente affascinata dalla vita che facevano i pirati, così libera e piena di avventure. La brutta esperienza sulla flotta di Spyros non l’aveva di certo demoralizzata. Continuava a pensare che, cattivi oppure no, conducevano una vita fantastica. Restò al fianco di Mihawk senza mai allontanarsi un passo in più. A quest’ultimo avevano affidato un pesante barile di birra che trasportava con disinvoltura. 

- Siamo quasi arrivati - disse Shanks indicando delle luci in lontananza. 

Lilian era emozionantissima, Mihawk l’esatto opposto. Nel silenzio della sera iniziarono ad udire suoni di tamburelli e risate fragorose.

Quando finalmente arrivarono a destinazione, gli uomini di Shanks furono tutto purché cordiali. Il chiacchiericcio s’interruppe istantaneamente. L’uomo che stava suonando un ritmo allegro sul bongo si fermò. Gli altri invece sfoderarono chi le spade, chi le armi da fuoco. 

- Che ci fa occhi di falco qui - ringhiò un grosso uomo dai capelli capelli biondi e senza qualche dente.

Mihawk gettò il grosso barile a terra e sfoderò la sua spada nera coprendo Lilian col suo corpo.

- Buoni, buoni! - comandò Shanks alla sua ciurma mentre raccoglieva il barile assicurandosi non si fosse rotto - Solo per questa sera sarà nostro ospite, la birra santo cielo, non si tratta cosi la birra!

Gli uomini, dopo le rassicurazioni del loro capitano, posarono le armi e lo stesso fece Mihawk. Lilian alzò gli occhi al cielo. Possibile fossero tutti così tesi sti pirati?

Una volta calmate le acque, constatò che l’accampamento era davvero molto grazioso, con lanterne colorate appese da un albero a un altro e un piccolo falò con dei gustosi spiedini di carne pronti per essere arrostiti. Sul tavolo, invece, c’erano dei fusti di birra con grossi boccali in vetro e diverse bottiglie di liquore.

Senza troppi convenevoli Shanks presentò la principessa a tutti. La combriccola era composta da una decina di uomini e da alcune ragazze che però non appartenevano alla ciurma. Erano per lo più donne che avevano conosciuto durante le loro visite in città e che erano liete di trascorrere qualche ora in compagnia dei pirati del rosso. Tutti rimasero incantati alla vista della principessa e qualcuno di loro la riconobbe senza difficoltà sollevando uno stupore generale. Karen, una splendida ragazza lentigginosa con lucenti capelli castani e grandi occhi verdi, fu davvero molto affabile e si adoperò per metterla rapidamente a suo agio. Scoprì in breve tempo che era nativa dell’isola e grande amica di Shanks fin da quando erano bambini.

Mihawk, intanto, si versò un grosso boccale di birra e andò sedersi ai piedi di un albero, leggermente in disparte, sempre ben attento a non perdere d’occhio la ragazza. Non era un amante delle feste e nemmeno dei chiacchiericci, ma gli piaceva bere e quindi aveva tutto quello che gli serviva per superata la serata.

Lilian, estroversa com’era, non ebbe problemi a socializzare un po’ con tutti. Si accorse che tra le ragazze c’era Fiona, la cameriera dell’osteria di John, anche lei a sua volta amica di Karen.

La salutò cordiale, felice di vedere un volto quanto più possibile familiare, ma lei le voltò la faccia lasciandola confusa.

Ad un certo punto notò che vicino ad un albero c’era un arsenale con tanto di spade e varie armi, ma quello che colpì particolarmente la sua attenzione fu uno stiletto che assomigliava moltissimo al suo. Andò ad impugnarlo venendo avvolta da un senso di nostalgia. Era la sua arma, quella con la quale credeva di poter affrontare gli uomini di Spyros. Karen le si avvicinò chiedendole se sapesse usarlo.

- Credevo di si - rispose contemplando l’arma - È tuo?

- Si, è così che ho conosciuto Shanks. Da piccoli giocavamo sempre con le spade - spiegò la ragazza che notò una strana luce negli occhi della nuova amica e, quasi come a voler realizzare un desiderio, le chiese se le andava un duello.

Lilian la guardò dubbiosa chiedendosi se fosse seria. Quando constatò che lo era, accettò. Se c’era una cosa che le mancava di Diamon erano i suoi allenamenti. Karen si procurò una spada dall’armeria di fortuna e ben presto furono accerchiate da alcuni presenti curiosi di vedere il combattimento. Tirava un’aria rilassata e goliardica e le battute su due bellissime ragazze che stavano per sfidarsi non tardarono ad arrivare. Persino Mihawk si mise in allerta dalla sua postazione, pronto ad intervenire in qualsiasi momento se le cose si fossero messe male. Lo scontrò cominciò. Inizialmente sembrava che fossero alla pari ma ben presto la superiorità di Karen venne a galla. Lilian, dal canto suo, si difese bene considerando gli acciacchi e, man mano che prendeva confidenza, i suoi colpi diventavano più potenti e veloci, ma non era comunque abbastanza. La cosa ovvia a tutti era che le due si stavano divertendo di gusto.

Quando alla fine Karen disarmò Lilian, tutti si complimentarono con la principessa per l’ottima performance. 

- Sei stata brava, Karen è un osso duro - disse Shanks dandole una pacca sulla spalla.

Lilian non si sentì sconfitta, anzi, era fiera di aver combattuto meglio che poteva. Se qualche giorno prima la paura non l’avesse paralizzata, si sarebbe risparmiata lo spiacevole soggiorno sul vascello di Spyros. 

La serata proseguì senza intoppi tra risate, boccali di birra, musica e racconti avventurosi. Alcuni stonavano le canzoni più famose dei mari, altri invece si sfidavano in giochi di forza tipo braccio di ferro o gare di trazioni su un grosso ramo.

Lilian stava sorseggiando la sua birra mentre ascoltava le storie di un uomo di nome Yasop e di tanto in tanto scorgeva Fiona a lanciarle qualche occhiataccia. Stava per andarle a chiedere se avesse qualche problema quando improvvisamente Karen la prese sottobraccio e la invitò a danzare.

- Adoro questa canzone! - esclamò vivace -  si chiama “il liquore di Binks”!

- Non l’ho mai sentita - disse Lilian iniziando a muovere qualche passo - É davvero molto bella! 

Scambiarono qualche parola circa il loro scontro e Karen ne approfittò per darle qualche consiglio.

- Comunque… non badare a Fiona, sai, credo sia gelosa.

- Gelosa? E di cosa?

Karen con un cenno di capo indicò Mihawk, lasciandola spiazzata. Spiegò che la sua amica era da anni innamorata dello spadaccino e, qualche volta, erano persino stati a letto insieme. 

- Le ho detto un milione di volte di lasciar perdere ma non ne vuole sapere - aggiunse - Oggi poi, era disperata! Mi ha raccontato che l’aveva visto in compagnia di un’altra, cioè te. Dovrebbe essersi calmata sapendo che non state insieme.

Lilian rimane senza parole. Continuò a ballare nascondendo che la cosa la infastidiva e anche tanto. 

Ad un certo punto Shanks, parecchio sbronzo, si unì al ballo saltellando buffamente da un piede all’altro facendole scoppiare dalle risate. Quando la canzone finì, Karen si avvicinò al Rosso dandogli un colpo sul petto dicendogli qualcosa per prenderlo in giro, lui, per vendicarsi, la bloccò con le braccia e iniziò a farle il solletico sui fianchi. A Lilian bastò poco per accorgersi che tra i due c’era chimica e provò uno strano piacere. D’istinto, guardò verso Mihawk seduto in disparte. Sentì una forte gelosia nei confronti di Fiona. Sapere che lei lo aveva avuto la innervosiva. Ormai era evidente che provava una forte attrazione ed era difficile da trattenere, soprattutto per chi, come, lei era da sempre abituata ad avere tutto ciò che desiderava, o quasi. Nonostante i numerosi spasimanti, Giulius su tutti, non aveva mai provato qualcosa del genere per nessuno e quindi non sapeva come gestire questo sentimento. Così si affidò come al solito ad suo istinto. Diede un ultimo sorso di coraggio liquido e lo raggiunse sotto l’albero. Andò a sedersi accoccolandosi tra le sue gambe senza chiedere il permesso. L’uomo fu leggermente stranito ma non la scacciò.

- Sei stata brava prima - si complimentò - Ti stai divertendo?

- Mhm-mhm - mugugnò lei ruotando il busto per guardarlo. Era la prima volta che apriva lui una conversazione, cosa che la lasciò alquanto stupita - Scusa per oggi. Non dovevo reagire così.

- Lascia perdere.

- Non ce l’avevo con te.

Mihawk le passò una mano sul braccio per rassicurarla scoprendo che era gelida. Così, con fare distaccato, l’avvolse con le braccia per riscaldarla. Lei ne approfittò per stringersi più forte contro il suo petto godendo del calore del suo corpo. 

- Sono arrabbiata con la mia vita. - disse all’improvviso - Lo so, tu penserai ma che ha da lamentarsi una principessa? Beh, io tante cose. Non accetto che il mio destino sia questo. Non ho amici, non ho mai tempo libero per dedicarmi alle cose che mi piacciono davvero, solo tanto studio, lezioni di canto, musica, danza e persino ricamo. Pensa, mi ci vedi a ricamare?

- No - rispose sincero.

- Mio padre è un brav’uomo ma molto all’antica - continuò sospirando - Ha già sposato le mie sorelle più grandi piazzandone una con un mercante di diamanti e l’altra con il proprietario di un prestigioso cantiere e pian piano sceglierà lui tutti i nostri mariti in base alle loro posizioni. Ci ha provato anche con me, come ben sai, e non troverà pace finché non ci avrà sistemate tutte. Vorrei essere un pirata come te e Shanks, così sarei libera da tutto questo.

- Credi che vivere con una taglia sulla testa sia libertà?

Lilian aggrottò la fronte.

- La tua è stata ritirata.

- Sono sceso a patti con il Governo per non essere un ricercato e, comunque, speso mi tocca piegarmi ai loro capricci. 

- Ecco perché hai accettato di salvarmi. E perché quell’uomo pesce ti ha chiamato cane del governo.

Lui annuì. A Lilian ora pareva tutto più chiaro.

- Comunque non ringrazierò mai abbastanza Giulius per averti mandato a salvarmi. E a te, per aver accettato.

Mihawk sentì un pugno allo stomaco. Lei ignorava che fosse lui ad aver innescato gli attacchi contro Diamon. Di fondo, aveva complottato con i Beccoviola per incassare un po’ di soldi facili a discapito della ragazza e della sua famiglia. Si sentiva un vigliacco e odiava fare i conti con questa realtà.

Mentre lui lottava con i suoi sensi di colpa, Lilian gli passò un braccio attorno al collo e con una mano cominciò ad accarezzargli la nuca, facendo scorrere timidamente le dita tra i capelli corti. L’audacia era una qualità che non le mancava. Anche questa volta lui la lasciò fare, il suo tocco gli provocava un’arrendevole sensazione di benessere.

Restarono così per qualche minuto, in silenzio, poi, col cuore a mille e un desiderio irrefrenabile, gli chiese se poteva baciarlo, di nuovo.

Mihawk, che non aveva mai smesso di guardarla con la sua solita fermezza, deglutì e con posa convinzione scosse la testa. 

- Perché no? - chiese delusa. In cuor suo si si aspettava quella risposta ma voleva capire come mai lei non gli andava bene e un’altra, tipo Fiona, invece si - È perché non ti piaccio?

- Non dire sciocchezze - rispose lui, lasciando intendere che fosse una cosa davvero stupida da dire.

- E allora perché?

Mihawk si prese tempo per rispondere. Doveva chiarire questa situazione o lei non avrebbe mai mollato la presa e a lui mancava davvero troppo poco per cedere. L’attrazione era reciproca ed impetuosa per entrambi.

- Sei troppo giovane - disse infine in un sospiro.

Lilian rimase perplessa. Lo guardò intensamente, stranita, non riusciva a credere che il suo rifiuto fosse causato da un motivo come quello, ma poteva biasimarlo? Con quella scenata non aveva mostrato chissà quale maturità e quindi non era da condannare se ai suoi occhi appariva solo come una ragazzina.

Lui era un uomo adulto, sui trent’anni forse, però davvero di fronte ad un desiderio così ardente la differenza di età rappresentava un ostacolo insormontabile?

- Adesso forse - convenne dopo averci riflettuto su - ma pensa, tra cinque o sei anni non sarà più un problema.

- Allora tornerò a cercarti quando sarai cresciuta un po’ - rispose lui abbozzando un sorriso. Adorava quella ragazza sempre di più, minuto dopo minuto, ora dopo ora, e non riusciva a controllarlo. Ecco perché  doveva riportarla a casa il prima possibile così tutto sarebbe tornato alla normalità.

Lilian, incurante di una sua possibile reazione, fece scivolare la mano dalla nuca al volto. Con il pollice gli accarezzò uno zigomo mente lui chiuse gli occhi, inerme. Stava per dargli il suo secondo bacio quando Shanks li chiamò.

- Hey piccioncini, la festa è di qua!

Lilian si voltò per salutarlo impacciata mentre Mihawk gli mostrò un dito medio. Erano entrambi talmente presi che avevano dimenticato dove si trovassero.

- Andiamo a casa? - chiese a Mihawk desiderosa di stare da sola con lui per riprendere il discorso.

- Magari.

Si alzarono e tornarono insieme verso il gruppo nascondendo un certo imbarazzo. Lilian scorse Karen che se la rideva maliziosa mentre Fiona, invece, la stava letteralmente fulminando con lo sguardo.

La principessa si congedò salutando tutti e  ringraziandoli per la piacevole serata e l’ospitalità. Abbracciò la sua nuova amica con la promessa che prima o poi si sarebbero riviste. Anche Shanks disse che, se mai si fosse trovato nei pressi di Diamon, si sarebbe fermato volentieri a farle un saluto.

- Trattala bene - sussurrò a Mihawk prima di andar via - quella ragazza è un tesoro prezioso!

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Capitolo 11
*** La Marina ***


Percorsero la strada dell’andata a ritroso. Faceva molto freddo perciò Mihawk aveva prestato il suo soprabito alla ragazza. Se durante il giorno la temperatura saliva fino a trenta gradi, di notte calava drasticamente. 

Lilian commentò per tutto il tragitto la serata appena trascorsa. Affermò con veemenza che non si era mai divertita tanto in vita sua e che era stata una splendida occasione per conoscere tante persone, tutte simpatiche ed interessanti, con incredibili storie alle spalle. Mihawk, dal canto suo, si chiedeva come diamine facesse a parlare così tanto. In un certo senso però, era una fortuna. Chiacchierava abbastanza per entrambi, così non si sentiva costretto a conversare e tutto quello che gli bastava fare era, semplicemente, annuire. Dovette però ammettere a se stesso che adorava il suo entusiasmo. Essendo cresciuta in una campana di vetro stava scoprendo un mondo tutto nuovo, un mondo che a lui, invece, annoiava, e la sua euforia era così travolgente da trasmettergli nuova linfa. Non si capacitava che in meno di ventiquattr’ore, una ragazzina viziata e a tratti irascibile, era in grado di influenzarlo a tal punto.

 

In città le strade erano quasi deserte. Riattraversano la grande piazza dove anni prima avvenne l’esecuzione del re dei pirati e, nuovamente, Mihawk si fermò a contemplare lo spazio intorno a sé. Lilian immaginò che per lui doveva essere una specie di rituale o una sorta di preghiera, ma non poteva dirlo con certezza. Proseguirono per il centro abitato. Con i negozi tutti chiusi e senza gente intorno, le strade avevano un aspetto totalmente diverso, sicuramente più lugubre e tenebroso. Diciamo pure che avrebbe evitato volentieri di trovarsi per strada a quell’ora, ma essendo in compagnia di Mihawk non aveva nulla da temere.

Incrociarono un ragazzo barcollante, palesemente ubriaco. Questo, notando la bella ragazza, non riuscì a trattenere un commento volgare. Lilian si rifugiò rapida accanto al suo accompagnatore mentre lui gli rivolse uno sguardo talmente feroce da farlo scappare a gambe levate. Anche nei piccoli gesti come dava prova della sua potenza ed era affascinata da quell’aspetto. Sotto la sua ombra si sentiva invincibile. 

Da quel momento in poi proseguirono in silenzio. Lilian realizzò che da lì a poco sarebbero rimasti soli in camera. Cosa sarebbe successo? Mancavano pochi passi e ormai non pensava ad altro. Lo voleva, lo desidera. Il suo corpo le lanciava segnali che mai aveva avvertito prima. Sentiva le cosiddette farfalle nello stomaco e una sensazione di calore provenire dal basso ventre. Non sapeva molto del sesso, tutto ciò che conosceva lo aveva origliato dalle conversazioni delle sue sorelle maggiori. Aveva paura? Forse un po’. Temeva di non essere abbastanza, di essere troppo impacciata, inibita. Dopotutto parlavamo della sua prima volta mentre lui aveva sicuramente più esperienza in materia. Senza contare la paura di un suo eventuale rifiuto. Come avrebbe reagito in quel caso?

Mihawk, dal canto suo, rifletteva sullo stesso argomento ma con sensazioni contrastanti. Era perdutamente preso dalla ragazza. Avrebbe speso ore intere solo ad osservarla, la sua bellezza era ipnotica ed era impossibile, per un uomo, non esserne attratto. Nel corso degli anni aveva raggiunto un potere tale da incutere timore nelle persone che incontrava sul suo cammino, ma lei ne era immune e la sua innocenza e la sua incoscienza l’avevano totalmente destabilizzato, scoprendogli una debolezza che prima ignorava. Anche se una parte di sé avrebbe voluto amarla all’istante, non riusciva comunque a togliersi dalla testa il pensiero che fosse un errore.

 

Svoltarono nell’ultima traversa che portava all’osteria e, come un colpo di fortuna, o sfortuna, questo Mihawk lo avrebbe deciso in seguito, ad attenderli c’erano un gruppo di Marines. Alla loro vista i marinai estrassero le armi e gli ordinarono di portare le mani in alto. Lilian, totalmente assorta nei suoi pensieri, ubbidì all’istante mentre lo spadaccino non si smosse di una virgola. Li avevano trovati. A quanto pare la notizia si era diffusa.

Un uomo grosso, non più giovanissimo, venne fuori dall’osteria.

Aveva occhi azzurrissimi e indossava uno strano copricapo a forma di cane che gli conferiva un aspetto piuttosto singolare. 

- Quindi è vero - disse avvicinandosi alla coppia - la principessa è con te.

Nonostante la tranquillità di Mihawk, Lilian si fece piccola piccola nascondendosi dietro al suo corpo. Quell’uomo così imponente la intimoriva e non poco.

- Garp.

- Lo conosci? - gli sussurrò Lilian stringendogli un braccio. Lui rispose con un cenno. 

- Principessa, possiate perdonare i modi sgarbati dei miei subordinati - disse l’uomo togliendosi lo strano cappello e facendo un inchino maldestro - sono Garp, vice ammiraglio del quartier generale della Marina, e sono qui per portarvi in salvo.

Lilian inarcò un sopracciglio. Lei era già in salvo, che diavolo significava?

- La prego di venire con me - continuò - La porteremo a casa il prima possibile.

La ragazza si strinse più forte al il braccio dello spadaccino. Perché volevano portarla via? 

- Ma io… io sono già in salvo - balbettò mentre cercava di elaborare ciò che stava succedendo.

Finalmente Mihawk parlò.

- Su richiesta dell’ammiraglio Beccoviola ho recuperato la ragazza e, domattina, saremmo partiti presto per tornare a Diamon.

- Ex ammiraglio Beccoviola. Hai fatto un buon lavoro, ragazzo, ma resti pur sempre un fottuto pirata - disse Garp facendo una smorfia - che spreco, saresti un Marines straordinario.

Mihawk socchiuse gli occhi nervoso. Volevano togliergli la ragazza per non dargli modo di accaparrarsi la ricompensa, ignorando che non gliene fregava niente.

Poi Garp si rivolse nuovamente a Lilian.

- A seguito di una segnalazione anonima il Governo ha mandato l’ufficiale più vicino a Rouge Town, cioè me, a recuperarla. Per la sua sicurezza è necessario che prosegua il viaggio con la Marina. Per questo, principessa, le chiedo nuovamente di seguirmi.

Lilian stava finalmente capendo. Era tutto il giorno che Mihawk raccomandava di fare attenzione, di sbrigarsi e di ripartire il prima possibile ma lei aveva placidamente sottovalutato la situazione.

- Drakul - disse sottovoce tirandogli il braccio mente gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime - fa qualcosa, ti prego.

Lui la guardò da sotto al capello con la grande piuma bianca. I suoi occhi gialli, imperturbabili, la fissarono con durezza.

- Non posso - disse semplicemente - devi andare.

- Ma io… non voglio andare con loro - lamentò con un filo di voce.

- L’obiettivo è sempre stato quello di portarti a casa, il resto non ha importanza - ribatté distogliendo lo sguardo. Doveva essere duro per non cedere e rischiare di ficcarsi in un mare di guai. Gli dispiaceva comportarsi così, ma difronte la marina e in qualità di membro della flotta dei sette, aveva le mani legate.

Lilian si pietrificò. Drakul aveva ragione. Si era illusa che quel viaggio insieme poteva rappresentare una prospettiva di vita migliore, più avventurosa, magari sarebbe persino sbocciato un amore, ma era stato tutto frutto della sua immaginazione. Lui non aveva alimentato in nessun modo le sue fantasie, tutt’altro, e proprio per questo non si aspettava di certo che avrebbe combattuto per tenerla con sé, ma nemmeno che fosse così distaccato. Sentì una delusione tale da non riuscire a trattenere le lacrime che sgorgarono copiose dai suoi occhi. Se finora era riuscita ad averla vinta, questa volta non c’erano margini per contrattare. Capiva che non poteva mettersi contro la marina per via della sua posizione e quindi non restava che ubbidire.

Mollò la presa sul suo braccio e si tolse il soprabito rendendoglielo. Le loro mani si sfiorarono un’ultima volta. Poi, con una lentezza estenuante, camminò verso quegli uomini che erano lì per lei. In cuor suo avrebbe voluto urlare e protestare, ma decise, seppur con malanimo, di non fare scenate. Doveva solo accettare il fatto che la loro avventura fosse finita la.

Mihawk, vedendola andar via, sentì il cuore spezzarsi in due. Resisté all’impulso di dire o fare qualcosa per riaverla indietro ma si auto convinse che era meglio così per entrambi. Infondo, era solo questione di tempo prima della loro separazione definitiva. L’intervento della Marina aveva solo anticipato i tempi. L’affetto che provavano l’uno per l’altra era cresciuto in maniera smisurata e pericolosa in così poco tempo, figuriamoci col passare dei giorni. Sarebbe stata una catastrofe.

Improvvisamente, il vice ammiraglio Garp si voltò.

- Caspita, quasi dimenticavo - disse rivolgendosi a Mihawk - Re Philip ha preteso di incontrarti, ci tiene a ringraziarti personalmente. Non deludere un re, occhi di falco.

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Capitolo 12
*** My personal one piece ***


Lilian venne scortata dagli uomini su una grossa nave della marina rimanendo esterrefatta. Non aveva mai visto un’imbarcazione così grande, il vascello di Spyros sembrava una scialuppa di salvataggio a confronto. Aveva un numero spropositato di cannoni su ogni lato dello scafo e alberi così alti che la cima spariva nel cielo notturno.

A bordo la disciplina regnava sovrana. Tutto era perfettamente pulito ed in ordine, l’opposto del vascello da incubo su cui era malcapitata. Ogni marinaio era impegnato ad eseguire un compito assegnato e nessuno di loro se ne stava con le mani in mano. A Lilian ricordarono gli inservienti nel suo castello. Suo padre era un re molto esigente da quel punto di vista. Garp non doveva essere poi molto diverso.

Nonostante la sua mole e l’aspetto minaccioso, quest’ultimo si comportò in maniera molto premurosa e amichevole. Per tutto il tragitto le chiese se desiderava mangiare una pietanza in particolare o se aveva bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, aveva un intero plotone che si sarebbe occupato di lei. Lilian rifiutò in maniera scostante e riferì che desiderava solo restare sola il prima possibile. Per quanto quell’uomo ce la stava mettendo tutta per essere gentile, lei continuava a vederlo con occhi ostili. Dopotutto, era la causa della sua separazione da Mihawk.

Senza tirarla per le lunghe, la scortarono all’interno dello scafo e le assegnarono una cabina meravigliosa con un grande letto sotto un oblò vista mare ed ogni tipo di comfort, perfino un bagno privato. Due uomini sarebbero rimasti di guardia fuori la sua porta per tutto il viaggio. Forse per scoraggiare qualsiasi tentativo di fuga o per scongiurare chissà quale pericolo.

Prima di congedarsi, il generale Garp informò che c’era la possibilità di contattare suo padre con un lumacofono e le chiese perciò se desiderava parlargli. Lilian rifiutò e si rintanò nella sua cabina.

Realizzò con orrore che provava ancora una forte vergogna e non si sentiva pronta a fare i conti con il casino che aveva combinato, la morte di Arcibald su tutto. Tornare sull’isola dai suoi sudditi, le sue sorelle e suo padre significava sottoporsi al giudizio di ognuno di loro. Anche se una parte di lei moriva dalla voglia di riabbracciarli, l’altra invece avrebbe preferito sottrarsi da questa scomoda realtà. Dal momento in cui Mihawk l’aveva salvata le era parso di vivere in una bolla che però era esplosa, facendola cadere violentemente col culo per terra. Il pensiero tornava inevitabilmente allo spadaccino. La delusione nei suoi confronti era sparita facendo posto ad un senso di rabbia. Più rifletteva sulla sua indifferenza e più si incolleriva. Più si incolleriva e più si sentiva una stupida a provare sentimenti così forti e contrastanti verso una persona appena conosciuta. Avevano trascorso solo una giornata insieme, ma erano successe così tante cose, vissuto momenti così intensi che la freddezza mostrata l’aveva completamente spiazzata. Ma riflettendoci, cosa poteva aspettarsi da un pirata? Era stata una sciocca ad aver creduto che c’era qualcosa tra loro, solo una stupida sciocca.

 

A pochi chilometri di distanza, sulla terra ferma, proprio mentre Lilian faceva i conti con i suoi sentimenti, Mihawk se ne stava seduto sul letto a bere del buon vino direttamente dalla bottiglia. Il silenzio nella stanza faceva un rumore assordante che nemmeno l’alcool riusciva a placare. Tra un sorso e l’altro, la voce di Lilian risuonò nella sua testa, cosa che per un attimo gli fece credere che fosse ancora lì. Ma lei non c’era più. Tutto ciò che restavano erano le sue buste piene di vestiti nuovi e il volantino con la sua foto impressa. Non riusciva a non distogliere lo sguardo da quel pezzo di carta. L’aveva delusa, lo sapeva, ma non poteva fare diversamente. Mettersi contro la marina sarebbe stato un azzardo troppo grosso, soprattutto in presenza di Garp. La sua fama lo precedeva, ed aveva avuto modo di conoscerlo bene facendo parte della flotta dei sette. Non aveva niente a che fare con la maggior parte dei comandanti che stavano al vertice, corrotti e immorali come Beccoviola per citarne uno. Garp era un uomo tutto d’un pezzo, con un forte senso della giustizia e della lealtà, doti che apprezzava e perciò aveva tutto il suo rispetto.

Ma quanto gli era costato lasciarla andare così in malo modo? Un senso di vuoto gli stava attanagliando lo stomaco e la frustrazione mista a irrequietezza cresceva ad ogni sorso. Se nemmeno il vino riusciva a dargli conforto, allora c’era davvero qualcosa di rotto in lui. Era una situazione surreale e non riusciva a gestirla. Sentiva ancora il suo odore, riusciva a vederla in ogni angolo, con gli occhi lucidi di delusione. Stava diventando una tortura rimanere in quella stanza così decise di andarsene. Dopotutto non aveva più senso restare, tanto valeva rimettersi in viaggio e lasciarsi definitivamente quella folle storia alle spalle. Raccolse le poche cose sparse in giro e si diresse verso la porta. Appena l’aprì si trovò una figura sulla soglia. 

- Fiona - disse. Non era un uomo di facile impressione ma ebbe un leggero sussulto a trovarsela davanti, nel buio.

La donna entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle.

- È andata via? - chiese guardandosi furtivamente intorno.

Mihawk ignorò la domanda, piuttosto le chiese cosa ci facesse lì a quell’ora. Fiona, senza rispondere e carica di desiderio, lo baciò con ardore. Lo spadaccino la spinse via.

- Che diavolo fai? - le chiese con non poco stupore.

- Ti voglio - rispose lei prima di precipitarsi nuovamente su di lui, con passione smisurata.

Ancora una volta, Mihawk la scansò. Non era dell’umore giusto nemmeno per il sesso. Tutto ciò che desiderava era tornare sulla sua isola. O Lilian.

- Piantala Fiona - disse seccato. Queste donne avevano deciso di mandarlo al manicomio.

Sentendosi rifiutata per la seconda volta, la ragazza sbottò tutto d’un fiato.

- Si può sapere cosa ti prende? Non hai mai avuto problemi a scopare con me.

Era vero. Insieme a lei i soggiorni a Rouge Town erano sempre stati meno solitari. Dalla prima volta che l’aveva incontrata, avevano trascorso ogni notte insieme. Fiona sapeva essere molto travolgente ed era una donna davvero passionale, perfetta per un uomo senza legami come lui. Inoltre, non era mai stata invadente e non aveva mai preteso nulla di più, almeno fino a quella sera.

- Devo andare - tagliò corto dirigendosi nel corridoio.

Fiona cominciò a versare lacrime di rabbia e frustrazione.

- Sono stata io.

Mihawk si fermò sulle scale, incuriosito da quella confessione. La guardò dubbioso e improvvisamente tutto gli apparve evidente.

- Ho allertato io la marina. Stamattina, quando vi ho portato il pranzo. Sono giorni che vedo il suo bel faccino ovunque, davvero credevi non l’avessi riconosciuta? Quei suoi occhi strani, poi…

Era ovvio. Anche se avesse telefonato la marina mentre erano alla festa, non sarebbero riusciti ad arrivare all’osteria in pochi minuti.

- Perché l’hai fatto? - chiese e subito pensò di aver posto una domanda stupida.

- Perché ho visto come la guardavi. Ho visto come la toccavi, come la cercavi ed ho avuto la certezza questa sera - rispose Fiona incollerita - ne sei innamorato Drakul, e non posso sopportare di vederti insieme a lei!

Lo spadaccino sentì il sangue ribollire nelle vene. Aprì e chiuse la mano libera con nervoso. Era talmente furioso che avrebbe spaccato tutto, ma non lo fece. Riuscì a controllarsi e a mantenere la calma cercando di comprendere il malessere di Fiona. La gelosia era un sentimento davvero infimo, ma si fidava di lei e questo, per lui, rappresentava un tradimento imperdonabile.

- Non posso credere che hai perso la testa per una ragazzina!

Mihawk le rivolse uno sguardo tetro prima di voltarle la faccia per sempre.

- Addio, Fiona.

Scese le scale schivando un oggetto che gli aveva lanciato la donna insieme ad una serie di insulti irripetibili. Uscì dal locale e l’aria fresca sul viso gli donò un leggero senso di benessere. Forse Fiona aveva ragione. Non era semplice attrazione fisica, chiunque sarebbe attratto da Lilian, ma sentiva il reale bisogno di averla accanto. La necessità di guardarla o anche solo ascoltarne la voce. Non aveva mai provato un sentimento del genere per nessuno, il solo pensiero di lei gli metteva il buon umore, lo faceva sentire un uomo realizzato, completo. Nel buio della notte si fermò ed abbozzò un sorriso di sconfitta. Ammise finalmente a se stesso che si era innamorato della giovane principessa. Si sentì improvvisamente su di giri come quando vinceva un combattimento piuttosto impegnativo o come quando trovava un tesoro prezioso dopo una estenuante ricerca. Ecco, era esattamente così che si sentiva, come se avesse trovato il one piece, il suo personale one piece. Ed ora non gli restava che raggiungerlo.

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