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A
te, che hai aperto questa storia, benvenuto/a! Prima di tutto ti
ringrazio per avermi dato una possibilità, per aver scelto più o meno consapevolmente
di condividere questa piccola avventura con me – spero fino alla fine – e
soprattutto per essere entrato/a nel mio mondo. Credo sia molto importante
condividere idee, pareri obiettivi e considerazioni. Quindi, se ti va, lasciami
un commento. Mi auguro comunque che questa storia ti emozioni, ti faccia ridere
e ti lasci un tenero ricordo. Ovviamente ti invito anche, per rispetto del mio
lavoro, a non copiare o prendere spunto dalla storia. Dietro ad ogni capitolo
ci sono ricerche, fatica e dedizione. Perciò ti prego di avere almeno un minimo
di considerazione. Grazie.
With Love
Christine ha appena compiuto trent’anni, non si è
ancora sposata e nell’ultimo periodo – considerata la sua collezione di
rapporti falliti – ha preferito dedicarsi esclusivamente al lavoro. Tuttavia
non può ignorare le lancette del suo orologio biologico, che con il loro
insistente ticchettio sembrano informarla della necessità di trovarsi
definitivamente un uomo per costruirsi una famiglia, perciò dopo aver bevuto un
bicchiere di troppo ed essersi lasciata trasportare da un impeto di
disperazione si iscrive ad un sito di incontri. È così che inizia un scambio
online con RichieRich, un uomo dal nickname assurdo e dall’ego
smisurato. Un uomo che però riesce anche a farla ridere, a comprenderla e a
metterla a suo agio. Per questo motivo Chris resta sorpresa quando scopre che
il suo ammiratore segreto è proprio il miliardario Richard Reyes, ovvero il suo
ultimo cliente e la persona più insopportabile del mondo. Un imprenditore
astuto, manipolatore e purtroppo incredibilmente attraente.
Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore
per tutti, ma posso dirvi che cosa è per me: l’amore è sapere tutto su
qualcuno,e avere la voglia di essere ancora con lui
più che con ogni altra persona. L’amore è la fiducia di dirgli tutto su
voi stessi, compreso le cose che ci potrebbero far vergognare.
L’amore è sentirsi a proprio agio e al sicuro con qualcuno, ma
ancor di più è sentirti cedere le gambe quando quel qualcuno entra in una
stanza e ti sorride.
Ci sono tre cose, in questo pazzo e folle mondo,
alle quali non potrei mai rinunciare: al grande amore, al mio magnifico lavoro
e ai miei adoratissimi donuts. Sì,
avete capito bene. La mia vita ruota essenzialmente intorno a questi tre
semplici concetti: la ricerca dell’uomo perfetto, la mia realizzazione
professionale e la mia smisurata passione per le ciambelle. Non è comunque
difficile capire per quale motivo la mia lista di priorità contenga solo questi
elementi.
Prima di tutto credo che per noi donne trovare
l’anima gemella sia quasi un’aspirazione fondamentale nella vita, nonché un
obiettivo imprescindibile. In fondo è inutile nasconderlo, ma un po’ tutte
siamo delle inguaribili romantiche. Anche quelle che lo negano, anche quelle
che come me hanno ormai perso le speranze di trovare la propria metà, anche
quelle che si credono delle femministe toste e indipendenti. Sì, da questo
punto di vista noi donne siamo tutte uguali. Fin da piccole, anche a causa
delle assurde e irrealistiche favole che ci raccontano, sogniamo di trovare
prima o poi il nostro caro principe azzurro. Un uomo perfetto, aitante,
coraggioso e possibilmente vestito con qualcosa di diverso rispetto ad una
patetica calza maglia color pastello. Magari un completo elegante, come quello
indossato da Richard Gere in Pretty Woman.
In sostanza cerchiamo un uomo disposto ad amarci
totalmente, capace di scalare una torre altissima pur di venire a liberarci
dalla strega cattiva in una rivisitazione moderna di Raperonzolo e provvisto di
doti canore che fanno perfino invidia a quelle di Ed Sheeran.
Noi dolci fanciulle invece, seguendo questo stesso
principio, aspiriamo a diventare delle raffinate e splendide principesse.
Vogliamo indossare la nostra coroncina luccicante, ballare un romantico valzer
nel bel mezzo di una stanza sfarzosa degna perfino di Buckingham Palace, metterci quei meravigliosi vestiti pomposi che
le protagoniste Disney sembrano tollerare con incredibile facilità nonostante
gli infiniti strati di tulle e avere una fata madrina super figa disposta a
realizzare ogni nostro desiderio.
In realtà nei romanzetti e nelle storielle che ci
propinano fin dalla fanciullezza veniamo sempre dipinte solo come fragili
ragazzine devote al matrimonio, al punto da portarci a credere che la massima
aspirazione nella nostra patetica esistenza sia quella di sposarci e avere una
nidiata di pargoletti con le guance rosse. Ma tutte sappiamo che noi donne
siamo molto più di questo, lo abbiamo imparato negli anni e per questo ci siamo
opposte ai pregiudizi creati dalle favole. Tuttavia è indiscutibile che ogni ragazza, a
prescindere dall’età e dal proprio vissuto personale, desidera trovare un
giorno l’uomo ideale. Quello perfettamente imperfetto, creato apposta per noi.
L’altra metà della mela. Insomma, vogliamo l’amore vero così come desideriamo
follemente il nostro agognato “vissero
per sempre felici e concenti”. Nonostante tutto spesso le nostre
aspettative sono un po’ assurde e per questo veniamo puntualmente deluse, però
non ci importa.
Noi siamo disposte a ricominciare da capo la nostra
ricerca e a combattere per raggiungere il nostro obiettivo, perché nessuno può
impedirci di raggiungere la nostra meta e realizzare un nuovo sogno. In fin dei
conti noi donne siamo forti, determinate e convinte di potercela fare. Ci
aspettiamo perciò dichiarazioni degne appunto di Pretty Woman, oppure
confessioni strappalacrime scritte personalmente da Nicolas Sparks. Desideriamo
uomini sinceri e dolci, ma anche passionali e focosi. In pratica un misto tra
Winnie Pooh e Christian Grey, oppure la reincarnazione di Patrick Dempsey. Sì,
ci accontentiamo di poco. Però una cosa è certa: noi sappiamo che là fuori nel
mondo c’è una persona pronta a tutto pur di renderci felici, una persona alla
quale vogliamo appartenere. Qualcuno che corrisponde alla nostra anima gemella,
qualcuno per cui siamo disposte a donare ogni parte di noi stesse e con cui
sappiamo di poter condividere ogni nostra sfaccettatura. I nostri pregi, le
nostre manie, i nostri difetti. Il famoso lui,
semplicemente quello giusto.
Quindi, sebbene io abbia appena varcato la soglia
dei temibili trent’anni e mi consideri ormai un'esperta di fidanzati
disastrosi, sono ancora assolutamente convinta di poter trovare il mio grande
amore. Non sono disposta ad arrendermi, ma anzi sono più determinata di prima. Chiamate
ingenua, sognatrice, illusa. Non importa. Io ci credo. Nel frattempo però sono
focalizzata sul mio lavoro, che in pratica consiste nell’aiutare vari clienti
facoltosi ad investire i loro soldi. Ogni giorno gestisco migliaia e migliaia
di dollari, sentendomi davvero potente.
Ho quasi il mondo in pugno.
Mi immagino un po’ come la versione più carina di
zio Paperone, che sguazza allegramente tra le sue monete d’oro. È una
sensazione fantastica, d’altronde chi non ama i soldi? Io adoro il mio impiego,
adoro il denaro e soprattutto adoro avere a che fare con le persone. Il mio
scopo è dare ai miei affiliati consigli intelligenti, valutare i giusti
investimenti e ricevere infine la loro fiducia.
Ad ogni modo, per concludere il discorso sulle mie
priorità, devo ammettere che nella mia vita – insieme all’amore e al lavoro –
giocano un ruolo altrettanto importante i miei amatissimi donuts. Perché sì, avete capito alla perfezione. Nella mia breve
lista di cose assolutamente necessarie e prioritarie per condurre un’esistenza
davvero felice, nonché appagante, ci sono in modo indiscutibile queste
fragranti ciambelle ricoperte da ogni tipo di crema possibile. E, credetemi, ne
esistono davvero molte varianti.
In realtà, per semplificare un po’ il tutto, questi
dolci si possono suddividere in due grandi categorie: i donuts classici – ovvero quelli cosparsi solo con dello zucchero a
velo, o coperti con il cioccolato, o decorati con la crema al burro, o riempiti
di marmellate alla frutta oppure in alternativa aromatizzati semplicemente alla
vaniglia – e le ciambelle più particolari. Quest’ultime a loro volta
racchiudono altri sottogruppi e perciò un’ulteriore classificazione,
riguardante essenzialmente il composto che funge da copertura o al contrario il
ripieno usato per farcirli. Si posso trovare quindi donuts ricoperti interamente di caramello, glassati con creme
variopinte create con appositi coloranti artificiali oppure ancora cosparsi di
zuccherini di varie forme e colori. Poi ci sono quelli che nell’impasto
contengono mandorle, nocciole, pistacchi, arachidi, uvetta o mirtilli. E ancora
quelli in stile galaxy, quelli alla birra, quelli
inzuppati nell’alcool, quelli al bacon, quelli salati, quelli guarniti con
frutti esotici, quelli composti da farine speciali per accontentare i clienti
fissati con il cibo biologico… insomma, chi più ne ha più ne metta. Infine, in
determinati periodi dell’anno, vengono sistemati sugli espositori perfino donuts con gusti o forme davvero
particolari. Come avviene per esempio ad Halloween, a Natale o a San Valentino.
Infatti durante queste festività entrano in commercio ciambelle alla zucca, al
pan di zenzero, all’acqua di rosa e a forma di cuore.
Io sinceramente non faccio alcuna distinzione
quando si tratta di ciambelle, perché mi piacciono di tutti i gusti a
prescindere dagli ingredienti e dalle decorazioni. Sono una loro fedele
sostenitrice, quindi se capita mangio anche quelle più strane. Non faccio
discriminazioni, al contrario sono sempre favorevole alla creatività. Ma devo
ammettere che la mia vera debolezza sono quelle al ciocco-ciocco-cioccolato, da me personalmente ribattezzate con
questo nome. Ne ordino talmente tante che prima o poi sono convinta che il mio
spacciatore personale di ciambelle le chiamerà DonutsChistine, ovviamente in mio
onore. In pratica nell’impasto è previsto l’utilizzo di un’abbondante dose di
cacao amaro, poi la ciambella viene glassata con del lucido cioccolato al latte
e alla fine la parte superiore è ricoperta interamente con scaglie di cioccolato
bianco. In sintesi è un tripudio di zucchero, calorie e diabete. Un infarto
orgasmico al cioccolato. Un dolce che sembra quasi partorito dalla geniale
mente di Willy Wonka, il mio grande eroe.
Oltretutto la morbida consistenza della pasta,
unita ovviamente alla dolcezza dello strato al cacao e alla croccantezza della
granella bianca sparsa casualmente sopra il dolce, rende il semplice atto di
assaporare questi adorabili donuts
perfettamente tondi un’esperienza quasi mistica. Al solo pensiero il mio cuore
accelera il suo battito, la mia salivazione aumenta e mi sembra quasi di
percepire il loro odore. Insomma, mie care lettrici, fidatevi di me: basta una
confezione di ciambelle, insieme all’uomo perfetto e ad un lavoro appagante,
per dare un senso alla vostra esistenza.
Per questo i donuts
sono il mio punto debole e ne devo mangiare almeno uno al giorno per poter
affrontare come si deve la giornata, anche se in certe occasioni – ad esempio
quando mi ritrovo ad affrontare il mio ennesimo fallimento amoroso, oppure dopo
aver sopportato gli assurdi sproloqui del mio capo sulle sue altrettanto
patetiche idee di investimento o ancora quando accade qualcosa di incredibile
nelle mie serie televisive preferite – faccio volentieri uno strappo alla mia
personalissima regola e ne arrivo a consumare perfino tre o quattro. Il mio
record, avvenuto durante il periodo del college nel mese in cui c'erano gli
esami finali, è stato di sei ciambelle.
Per me i donuts
sono come una medicina, un antidepressivo e una sorta di integratori di buon
umore. Pertanto nell’arco della giornata il mio livello di ciambellità varia notevolmente in
base al mio stato d’animo e ai miei bisogni, così come dimostrano la mia taglia
quarantotto e i miei fianchi abbondanti. In realtà certe volte mi sento un po'
come Homer Simpson, anche se fortunatamente non ho né il suo assurdo taglio di
capelli e nemmeno la sua terribile costituzione fisica. Sì, sono rotondetta e
le mie curve – specialmente quelle dei fianchi, insieme al mio seno e alle mie
cosce – non passano mai inosservate. Però non mi reputo così pessima come Homer
e in effetti la nostra somiglianza si limita semplicemente alla nostra
reciproca adorazione per le ciambelle, al rivolo di bava che scende
puntualmente lungo il nostro mento al solo pensiero di consumare queste delizie
e alla mania di comprare un'intera scatola di dolci nell'attimo preciso in cui
sentiamo l'impellente bisogno di zucchero. Anche se io al dire il vero in
queste occasioni non ho nemmeno bisogno di acquistarle con urgenza, perché
tengo sempre una confezione di scorta nel frigo e la apro ovviamente solo in caso
di assoluta emergenza. Come ad esempio quando ho appreso della morte di Damon
Salvatore in The Vampire Diaries, oppure quando è deceduto Derek in Grey’sAnatomy o
ancora quando il mio ennesimo ragazzo mi ha mollata per il mio eccessivo
attaccamento alle serie televisive. Vai a capirlo, poi! Io mica mi lamentavo
quando guardava le partite di football e mi ignorava per stare con i suoi amici
al pub, invece lui non mancava mai di rimproverarmi nel momento in cui evitavo
palesemente di dargli retta per seguire invece i miei programmi preferiti e
godermi i miei adoratissimi donuts.
Loro in fin dei conti non mi giudicano, sono sempre dolci, non mi interrompono
e oltretutto mi permettono di sfogarmi.
Comunque in mia difesa posso dire che Tom era davvero un tipo noioso, fissato con lo
sport e la palestra. Il suo migliore amico infatti era un tapirulan
di ultima generazione, inoltre era un vero maniaco del fitness e soprattutto un
patito dello jogging. Il mio completo opposto. Si svegliava ad orari assurdi
per andare a correre, contava ogni singola caloria che introduceva con il cibo
e calcolava anche i grassi consumati attraverso il sesso. Avete presente
Patrick, il fidanzato di Lou nel film Io prima di te? Beh, Tom era peggio. Non
è stata colpa mia quindi se la nostra relazione è naufragata e se preferivo
trascorrere il mio tempo in compagnia della televisione, invece che passare i
miei pomeriggi a fare stupidi esercizi insieme a lui per rassodare i miei
muscoli o mettermi a dieta per seguire il suo esempio. Mi bastava già mia madre
con la sua fissazione di farmi dimagrire, non avevo bisogno anche di un uomo
che sottolineasse i miei difetti fisici. In effetti i presupposti per creare un
rapporto duraturo con Thomas erano tutti sbagliati e in quei mesi ho ricevuto
molti segnali di avvertimento, ma ho preferito ignorarli e ho continuato a
frequentarlo. In fin dei conti era un tipo abbastanza divertente e voleva fare
spesso l’amore, quindi pensavo si sentisse attratto da me. Poi osservarlo
mentre eseguiva i suoi esercizi era sempre abbastanza piacevole, perché si
toglieva la maglietta e potevo ammirare indisturbata i suoi meravigliosi
addominali. Solo dopo ho capito che mi considerava solo una coinquilina con cui
condividere le spese, nonché un’amica con cui fare sesso in attesa di qualcosa
di meglio. Non apprezzava affatto le mie curve, non mi trovava irresistibile e
in pratica si accontentava di starmi accanto. Ero solo la sua personal trainer del sesso. Le cose alla
fine quindi si sono concluse con la nostra inevitabile rottura, una riunione di
emergenza con il mio gruppo di amiche e la consumazione di un’intera confezione
formato famiglia di ciambelle. Sono passati tre mesi dalla mia decisione di
lasciarlo, eppure ancora mi sento umiliata.
Nel frattempo ho compiuto trent’anni, fatto un
inventario della mia vita, ascoltato i rimproveri di mia madre sulle mie
numerose relazioni fallite («È possibile
che alla tua età tu non abbia ancora trovato un uomo decente? Dovresti metterti
a dieta, Christine, altrimenti resterai da sola come una zitella!») e
capito che devo darmi una svegliata. Perciò basta uomini sbagliati e basta
relazioni senza senso, devo trovare invece la persona giusta e il futuro padre
dei miei bambini. Quindi, signori e signore, sono ufficialmente aperti i
casting! Una cosa comunque è certa: non rinuncerò ai miei donuts e nemmeno al cibo in generale. Mi piaccio come sono, con i
miei pregi e i miei difetti. Amo la mia ciccia, amo le mie cosce e amo il mio
sedere. Perciò niente rinunce, niente diete ferree e niente verdurine per
cena.
Ultimamente tuttavia sto passando un pessimo
periodo e anche oggi, tanto per confermare la mia momentanea sfortuna, è una
giornata orrenda. In effetti è cominciata male già appena ho aperto gli occhi e
si sta concludendo altrettanto negativamente, perciò richiede una dose extra di
donuts al cioccolato accompagnati
ovviamente da una vaschetta di gelato alla vaniglia e doppia dose di panna.
Quella che si trova nelle bombolette e che posso spruzzarmi direttamente in
bocca, in modo da non perdere tempo e non sporcarmi.
Tutto comunque è iniziato proprio questa mattina,
visto che appena mi sono svegliata – venendo riportata brutalmente alla realtà
dall’insopportabile suono proveniente dalla mia bellissima sveglia rosa di
peluche – mi sono resa conto di avere un terribile mal di testa. Le mie tempie
pulsavano infatti in maniera fastidiosa e sapevo che quel disturbo
preannunciava semplicemente l’arrivo del mio ciclo, quindi mi sono alzata dal
letto con fare frustrato e sono andata in cucina a prepararmi un tè in modo da
potermi prendere un antidolorifico. Ho fatto poi una doccia veloce e i miei
soffici capelli castani, che al naturale assomigliano in pratica ad una massa
di ciocche crespe e davvero indomabili simili alla criniera di un leone, non
hanno minimamente collaborato a rendere almeno piacevole il mio aspetto già
piuttosto provato dall’emicrania. Mi sono dovuta accontentare perciò di
acconciarli in un terribile chignon, così da poterli tenere in ordine e
rendermi almeno presentabile. Tuttavia le cose non hanno fatto altro che
peggiorare ed effettivamente, quando sono uscita di casa per raggiungere il mio
studio, ho perfino rovinato le mie scarpe preferite a causa di una pozzanghera
puzzolente. Di conseguenza sono arrivata in ritardo al lavoro e nemmeno in
ufficio le mie disgrazie sono terminate, ma anzi è stato proprio nel mio studio
che ho raggiunto il massimo grado di sopportazione. Difatti appena mi sono
seduta alla mia scrivania è arrivata la mia prima cliente e ho subito dovuto
assecondare i suoi assurdi desideri, considerando che era decisa ad investire
su un negozio di torte raffiguranti parti intime e posizioni sessuali
stravaganti. Io sinceramente volevo ribellarmi a quell’inconcepibile decisione,
ma a quanto pare Mrs McQueen non ama essere contraddetta e perciò mi sono
rassegnata al fatto che se avessi anche solo provato ad esprimere il mio parere
– bocciando a prescindere la sua iniziativa e provando magari a spiegarle i
rischi non solo economici che avrebbe potuto correre a causa del forte calo
economico subito ultimamente dal campo della pasticceria – lei si sarebbe
infastidita e il mio capo non avrebbe esitato nemmeno un secondo a licenziami.
Quindi alla fine ho preferito restare in silenzio e approvare la splendida idea di Mrs McQueen,
rivolgendole finte congratulazioni ed affrettandomi poi a farle firmare tutti i
documenti. Intanto mi sono augurata che suo marito non mi coinvolgesse in una
causa legale per colpa delle folli idee della sua dolce consorte, anche se nel
contratto che faccio firmare ai miei clienti è sempre specificato che in caso
di loro particolari iniziative i rischi non saranno a mio carico. Però perdere
la fiducia di un affiliato come Mr Jonathan McQueen, magnate del petrolio e
proprietario di numerose industrie automobilistiche, sarebbe senz’altro un duro
colpo per la mia carriera.
Successivamente tuttavia non mi sono potuta godere
neanche un pranzo decente, dato che sono stata costretta a fermarmi in azienda
per recuperare il ritardo della mattinata, e di conseguenza mi sono dovuta
accontentare di mangiare un insipido sandwich al tonno procuratomi dalla mia
segretaria. In effetti sono arrivata in ufficio circa trenta minuti dopo la
normale apertura, ma non potevo di certo presentarmi ai clienti con un paio di
tacchi unti e maleodoranti! Perciò sono dovuta tornare nel mio accogliente appartamento,
cambiarmi i vestiti per abbinarli con i comodissimi stivaletti di camoscio
comprati in saldo dal sito internet di Hollister e ritornare velocemente alla macchina per
dirigermi infine alla Cooper&ParkerInvestiment
Companies.
Questa società di investimenti si trova nella
famosa Upper East Side ed è
frequentata dai miliardari più influenti della megalopoli, nonché da gente
appartenente al ceto medio-alto. In pratica, tanto per spiegarvi meglio come
funzionano le cose a livello pratico, qui le persone vengono a chiedere
consigli finanziari per incrementare i loro guadagni e permettono ai noi umili
lavoratori di gestire i loro soldi.
Io sono una promoter finanziaria da ormai cinque
anni e non ho mai rimpianto la mia scelta, perché amo i numeri e adoro l’odore
dei soldi. Ho preso una laurea in Economia, poi mi sono specializzata nel
settore e all’età di ventisette anni ho attirato l’attenzione di Mr Micols. Per un intero anno sono stata una semplice stagista
malpagata e sfruttata come factotum, ma adesso che ho raggiunto i trenta posso
considerami davvero una donna in carriera. Ho il mio studio, un assistente e un
registro contabile tutto mio.
I clienti mi cercano, si affidano a me e seguono
diligentemente i miei consigli. In sostanza i miliardari pendono dalle mie
labbra, perché sanno che grazie alle mie scrupolose analisi di mercato possono
raddoppiare – se non addirittura triplicare – i loro profitti. Forse detta così
sembra tutto un po’ noioso, però io vivo di adrenalina. Amministro una quantità
assurda di soldi, corro qualche rischio per ottenere la giusta ricompensa e
cerco sempre di vincere ottenendo immense soddisfazioni. Infatti alla fine
sapere di aver puntato sul cavallo giusto, metaforicamente parlando, è davvero
gratificante.
È facile intuire perciò quanto io tenga al mio
lavoro e proprio per questo cerco sempre di presentarmi al meglio, perciò mi
rifiuto categoricamente di indossare vestiti indecenti o accessori inopportuni.
Inoltre sto molto attenta ai dettagli e se mi accorgo di avere le calze
smagliate, o come in questo caso le scarpe rovinate, non posso fare a meno di
precipitarmi di nuovo nel mio appartamento per cercare una soluzione. Questa
mattina quindi non è stata un'eccezione, ma in cambio della mia puntigliezza e della mia perfezione estetica ho ricevuto un
lungo rimprovero da Mr Micols. Si è talmente
infuriato che il suo viso paffuto ha assunto una preoccupante tonalità di
rosso, i suoi capelli neri unti di gel hanno subito uno scossone non
indifferente e il suo atteggiamento generalmente impassibile ha dato spazio ad
una strana agitazione. Solo alla fine Peter mi ha spiegato il motivo della sua
irrequietezza e allora mi sono sentita leggermente in colpa per il mio ritardo,
anche se le mie intenzioni erano del tutto giustificabili e innocenti.
D'altronde volevo solo essere carina, presentabile e profumata!
Comunque questa mattina doveva raggiungerci in
ufficio un altro cliente importante e Mr Micols, dopo
aver valutato i successi che ho collezionato negli ultimi mesi e il numero
spropositato di guadagni che hanno ottenuto i miei assistiti grazie ai miei
investimenti, aveva ben pensato di affidarlo a me. In realtà l’uomo misterioso,
considerato il suo stratosferico conto in banca che per quanto ho potuto capire
dalle parole enigmatiche di Peter comprende almeno nove zeri, appartiene ad un èlite
completamente diversa rispetto ai miei soliti assistiti. Certo, i diretti
interessati vengono ritenuti ugualmente personaggi facoltosi visto che anche i
loro possedimenti non sono comunque da sottovalutare, ma pur essendo ricchi
fanno parte lo stesso di una categoria diversa. Quella media alta, tanto per
capirci. Invece il nuovo cliente rientra in quella che io definisco la fascia altissimissimissima,
ovvero la sezione dei super facoltosi straricchi.
Loro non cadrebbero in rovina nemmeno se perdessero
i nove decimi del loro patrimonio, perché sono talmente benestanti e agiati che
persino quella piccola parte apparentemente insignificante varrebbe per loro
quanto dieci anni del mio stipendio.
Nonostante tutto la prassi aziendale prevede che
persone dal calibro di Mr Billionaire vengano affidate ad un intero consiglio di
amministrazione, invece che ad un singolo dipendente, ma a quanto pare lo
stesso misterioso nuovo assistito ha rifiutato questa condizione. Sicuramente
non vuole dare retta ad un intero gruppo di consulenti pronti a dire la loro e
a mettere bocca nei suoi affari, andando magari contro il suo stesso parere.
No, lui vuole ragionare con una sola testa e per questo aveva richiesto di
essere seguito dal migliore. Vuole avere un contatto diretto, sbrigativo e
sintetico con il suo promoter. Senza
perdersi in chiacchiere inutili, commenti inopportuni o consigli non richiesti.
I soldi sono suoi e anche l’ultima parola deve necessariamente uscire dalla sua
illustre bocca, quindi non può aspettare che tante persone si mettano
d’accordo. Dal suo punto di vista è meglio avere a che fare con un solo
consigliere, piuttosto che con dieci avvoltoi.
Mr Micols quindi è stato
molto dolce a suggerire il mio nome e quando l’ho saputo ne sono stata
sinceramente entusiasta, ma c’è mancato poco che lo deludessi e rischiassi di
perdere una grossa opportunità lavorativa. Perché, se le cose fossero andate in
maniera diversa e il cliente si fosse presentato all’appuntamento, a quest’ora
ovviamente non sarei così tranquilla. Gli affari sono affari e infastidire un
uomo tanto importante, nonché esageratamente ricco, non avrebbe certamente
giocato a mio favore.
Se c’è una cosa che ho capito durante i miei anni
di gavetta è che i milionari sono alquanto permalosi e viziati, perciò i loro
sbalzi d’umore non sono affatto da sottovalutare. Avere clienti felici equivale
matematicamente ad avere dei dirigenti soddisfatti, perciò più io sono brava
nel mio lavoro e più i miei capi si fideranno del mio giudizio. Tuttavia il
famoso miliardario di Manhattan per fortuna ha disdetto l'appuntamento
all'ultimo minuto a causa di un impegno improvviso e così ha anche involontariamente
salvato il mio posto in ufficio, permettendomi di prepararmi in maniera
adeguata per il nostro futuro incontro. Però in questo modo sono stata
costretta ad occuparmi di Patricia McQueen e inoltre il mio capo ha deciso
ugualmente di punirmi per il mio ritardo, con la scusa di non farmi prendere
brutte abitudini e di stare più attenta. La precisione e l’apparenza sono tutto
nella nostra professione, quindi fare buona impressione è necessario. Il mio
comportamento se le cose appunto fossero andate in modo diverso avrebbe messo
in cattiva luce non solo me stessa, ma anche l’intera azienda. Dunque Peter ha
sottratto attimi preziosi alla mia pausa pranzo e poi mi ha gridato contro per
cinque minuti abbondanti, in modo da far valere la sua autorità. Mi ha un po’
umiliata, ma sono rimasta in silenzio e ho accettato con impassibilità i suoi
rimproveri. D'altronde è pur sempre un mio superiore e per quanto il suo
atteggiamento da macho presuntuoso mi
abbia dato fastidio, considerando che ha anche insultato le mie povere scarpe
rovinate definendole con aggettivi tutt’altro che lusinghieri, mi sono sorbita
la sua ramanzina in religiosa contemplazione. Ho osservato con panico la vena
gonfia al lato del suo collo e le sue guance scarlatte, aspettandomi che prima
o poi crollasse a terra a causa di un infarto. Ma per fortuna non è successo e
dopo pochi minuti sono tornata alla mia scrivania, anche se a quel punto la mia
giornata si era ormai del tutto rovinata. In fin dei conti non solo ero stata
già sconvolta dai particolari avvenimenti della mattina – effettivamente le
torte erotiche di Mrs McQueen mi perseguiteranno anche nei miei incubi
peggiori, dato che la donna mi ha mostrato perfino alcune fotografie per
invogliarmi a cedere alla sua richiesta – ma per tutto il pomeriggio ho dovuto
sopportare anche gli strascichi emotivi causatimi della sfuriata di Mr Micols, che mi ha lasciata letteralmente scombussolata.
Se fossi stata più fragile mi sarei messa a
piangere, tuttavia il periodo di tirocinio che precede l’assunzione ufficiale
serve anche a farsi le ossa in vista di momenti del genere. Quando ero una
stagista piangevo ogni giorno: mi chiudevo in bagno, mi sfogavo e poi uscivo.
Mi rifacevo il trucco davanti allo specchio della toilette, mi stampavo un
sorriso finto sulle labbra e alla fine tornavo a lavorare come se non fosse
successo niente. Però adesso è diverso e, anche se la mia sensibilità spesso
cerca di prevalere, mi sono imposta di non cedere. Non sono più una stagista
marginale, ma una donna intraprendente e capace di realizzare grandi cose.
Tuttavia non posso negare di essere rimasta un po’ sconvolto e perciò ora, per
riportare la situazione alla normalità e soprattutto scaricare il mio stress,
ho pensato bene di comprarmi un’altra scatola di donuts prima di tornare a casa. Quella che contiene se ciambelle,
tanta gioia e infinita speranza. Come ho già detto precedentemente li consumerò
questa sera con una vaschetta di gelato e una bomboletta di panna, ma
aggiungerò anche un buona bottiglia di vino. Ne ho assolutamente bisogno e
quindi, appena esco da lavoro dopo il mio turno massacrante, mi precipito a
comprare i miei adorati dolci. Mi dirigo pertanto verso la mia pasticceria di
fiducia, gestita da una giovane coppietta originari del Nebraska.
Phil e Maggie si sono trasferiti a Manhattan poco
dopo essersi sposati, hanno aperto una modesta pasticceria e si sono
concentrati elusivamente sui tipici prodotti da colazione. Nel loro locale si
possono trovare quindi una vasta scelta di cornetti, abbondanti porzioni di plumcake alla frutta, fragranti fette di Apple Pie, soffici
panini al latte, numerose varietà di muffin, torrette di pancake affogati nello
sciroppo d’acero, alcuni tipo di cookies, gli immancabili brownies
al cacao e ovviamente i miei adoratissimi donuts.
Tutto è accompagnato poi da tazze stracolme di caffè, cappuccini rigorosamente
all’italiana, un’ampia alternativa di tè inglesi per i clienti più sofisticati
e gustosissime cioccolate calde per quelli più golosi.
Phil si occupa della cucina, mentre Maggie si trova
sempre al bancone e quindi oltre a servire i consumatori gestisce anche la
cassa. Il locale in realtà nel complesso è abbastanza piccolo, ma accogliente e
colorato. Alcuni muri sono dipinti di rosso ciliegia, mentre altri di un tenue
color panna. Un’intera parete è decorata poi con bellissime fotografie in
bianco e nero, che ritraggono i suggestivi paesaggi di New York, e invece le
altre sono occupate da alcune illustrazioni prese direttamente dal menù. I cinque tavolini bianchi presenti nella stanza sono
disposti vicino alle enormi vetrate, che danno direttamente sulla strada, e in
questo modo le persone possono ammirare indisturbati il via vai dei passanti.
Tuttavia ci sono altri posti grazie agli sgabelli del bancone, che sono in
tinta con il resto dell’ambiente. Dietro alla postazione di Maggie invece si
trova la porta che dà accesso alla cucina, nonché tutti i macchinari per
preparare le bevande e un lavandino dove riporre le tazze sporche. Ma la cosa più
bella del negozio sono gli espositori, che contengono appunto dolci di ogni
forma e colore.
Quando entro nella pasticceria, facendo tintinnare
le campanelle poste sopra l’uscio, Margaret mi rivolge uno splendido sorriso e
si pulisce le mani nello strofinaccio prima di venirmi incontro. Indossa un
grazioso grembiule merlettato, che si tende sulla pancia ingrossata dalla sua
seconda gravidanza, e una maglietta rosa color pastello. Ha i capelli neri
tagliati a caschetto, il viso lievemente truccato e le braccia coperte da
numerosi braccialetti dorati.
«Buonasera, Christine» mi saluta con trasporto,
raggiungendomi e avvolgendomi subito dopo in un caldo abbraccio. Sì, sono una
cliente affezionata. Ogni settimana lascio qui gran parte del mio stipendio,
considerando che faccio sempre colazione da loro. Inoltre ci conosciamo ormai
da anni e siamo diventate amiche, quindi non resto affatto sorpresa dalla sua
accoglienza.
«Ciao, Maggie» contraccambio, fissando con invidia
il suo ventre e sospirando con altrettanta desolazione. «Ho bisogno di una dose
extra di dolcezza, oggi» aggiungo in maniera abbattuta, prendendo posto al
primo tavolo libero e venendo imitata dalla mia interlocutrice.
«Cosa è successo?» mi domanda la diretta
interessata con apprensione, aggrottando le sopracciglia. «Hai avuto qualche
problema? Questa mattina in effetti non ci siamo viste e devo confessarti che
mi sono un po’ preoccupata quando non sei venuta a fare colazione, pensavo ti
fosse accaduto qualcosa» ammette, mostrandomi la sua agitazione.
«È stata una giornata terribile» piagnucolo,
mostrandole la mia piena maturità. «Tanto per cominciare mi sono svegliata con
un tremendo mal di testa, poi quando sono uscita di casa le mie scarpe si sono
rovinate a causa di una pozzanghera…» proseguo, usando un tono sempre più
nefasto e spiegandole anche il motivo della mia assenza. «Allora sono dovuta
tornare dentro per cambiarmi, di conseguenza sono arrivata tardi a lavoro e il
mio capo mi ha letteralmente usata come un sacco da boxe vocale per sfogare la sua
frustrazione» borbotto con desolazione, appoggiando la fronte contro la fredda
superficie metallica ed emettendo un altro respiro sofferente mentre continuo a
fare un quadro generale della situazione. «A pranzo ho mangiato per miracolo un
panino, che non mi ha per niente saziata, e una mia cliente questa mattina mi
ha dato il colpo di grazia proponendomi di investire su una pasticceria
scandalosamente porno» concludo con un altro lamento, alzando il capo per
fissare l’espressione divertita di Maggie.
«Poverina, mi dispiace molto per te» dichiara con
finta comprensione, lasciandosi scappare comunque una risata divertita e
lasciando luccicare i suoi occhi di malizia. «Sembra che la sfortuna oggiti abbia perseguitata sotto forma di
torte scabrose» continua, proseguendo il suo discorso con un tono ilare.
«Io non trovo che la situazione sia così spassosa»
mormoro, lanciandole un’occhiataccia.
«È normale, Christy» ammette lei, scuotendo il
capo. «D’altronde l’hai vissuta tu» mi ricorda, fissandomi con ovvietà. «Ma in
realtà non puoi negare che tutto questo sia abbastanza divertente, soprattutto
se immagino un dolce a forma di pe…».
«Ti prego, non concludere la frase» la interrompo
con prontezza, tappandomi le orecchie e comportandomi come una bambina
dispettosa.
«Ok, ok» mi rassicura lei, riprendendo a ridere.
«Quindi scommetto che adesso sei venuta qui per abbuffarti di donuts e affogare i tuoi dispiaceri nei
dolci, vero?» si accerta, sorridendomi un’altra volta e accarezzandosi la
pancia con dolcezza.
«Esatto» affermo, mostrandomi nuovamente
entusiasta. «Voglio assolutamente una confezione di ciambelle al cioccolato» la
informo velocemente, facendomi venire l’acquolina in bocca e pregustando il
momento in cui mangerò quelle bombe ipercaloriche.
«Phil!» grida quindi Maggie, attirando l’attenzione
del marito.
Il diretto interessato infatti esce immediatamente
dalla cucina e si avvicina subito al nostro tavolo, salutandomi con affetto e
fissandomi poi con i suoi penetranti occhi celesti.
«Ciao, Christine» aggiunge dopo avermi baciato
sulla guancia, rivolgendosi poi a sua moglie. «Cosa c’è, tesoro?» le domanda
quindi con lieve apprensione, lanciando un’occhiata al suo ventre gonfio e
sorridendole alla fine con fare amorevole.
«La nostra migliore cliente desidera una confezione
di donuts» gli comunica Margaret,
posandogli intanto una mano sul braccio. «Potresti preparagliela, per favore?»
gli chiede in seguito con gentilezza, senza aggiungere altri particolari
relativi al mio ordine. In effetti non ne vale la pena, perché Phil conosce perfettamente
i miei gusti e dunque non ha bisogno di ulteriori informazioni.
«Certo, arriva subito» dichiara perciò lui con
prontezza, esaudendo senza alcuna esitazione il mio desiderio e tornando in
seguito in cucina.
«Ma la piccola Olivia dov’è?» domando
successivamente alla mia amica, guardandomi intorno e notando appunto l’assenza
di sua figlia.
«A casa con la babysitter» mi comunica, sospirando.
«Tenerla qui ormai è diventato un po’ difficile, considerato che adesso tocca
ogni cosa e quindi non posso assolutamente lasciarla sola» mi spiega, indicando
il locale e facendomi capire i suoi problemi. «Poi devo ammette che starle
dietro non è più tanto semplice, visto che sono incinta e devo occuparmi anche
della pasticceria» prosegue, spiegandomi i suoi motivi oggettivi. «Oltretutto
da un paio di mesi ha iniziato a parlare come una macchinetta… ti giuro, non si
ferma mai! A malapena sta zitta quando dorme» esclama con fervore, mostrandomi
il suo sconforto. «Ovviamente la maggior parte delle volte non si capisce bene
quello che vuole dire, ma spesso si lancia in discorsi abbastanza
sconclusionati e si mette a chiacchierare perfino con i clienti» continua,
sbuffando un’altra volta e facendomi ridacchiare proprio a causa della sua
esasperazione. Però è anche evidente dalle sue parole l’amore che prova nei
confronti di Liv, nonché la sua profonda adorazione.
«Certo, molte persone la adorano e altri le danno perfino retta… ma alcuni non
sono poi tanto tolleranti» aggiunge con rammarico, chiarendomi le sue concrete
difficoltà.
In fin dei conti non tutti i frequentatori del
locale sono uguali, perciò capisco che a qualcuno la presenza di Olivia possa
dare fastidio. Questa è una pasticceria dove uomini e donne vengono a fare
colazione, pensando di trovare qualche minuto di pace prima dell’inizio della
giornata. È normale perciò che per loro una bambina di tre anni rappresenti più
una scocciatura che una gioia, quindi comprendo la decisione di Maggie di
affidarla ad una tata. Anche se per lei è difficile, deve pensare obiettivamente
sia al benessere di sua figlia che all’andamento dei suoi affari.
«Vedrai che appena inizierà l’asilo starai più
tranquilla» cerco di rassicurarla, capendo il suo sconforto.
«Sì, questo lo so» mi risponde lei con altrettanta
convinzione, sfiorandosi di nuovo la pancia con un gesto pieno di tenerezza.
«Forse sarà più complicato per me lasciarla andare» ammette, pensando
probabilmente che sua figlia sta crescendo e lei può solo adattarsi alla
situazione. «Ma credo che alla fine mi rassegnerò in fretta» aggiunge in
seguito, ridacchiando. «D’altronde tra poco mi aspettano altre notti insonni,
numerosi pannolini sporchi da cambiare e almeno un paio di imbarazzanti poppate
in metropolitana» conclude con palese gioia, pensando al suo immediato futuro e
alla sua seconda maternità.
«Vorrei avere anche io un bambino» sussurro in un
impeto di pazzia, confessandole all’improvviso il mio più grande desiderio. Non
abbiamo mai parlato di queste cose, ma confidarmi con lei adesso è stato quasi
istintivo. È da un po’ in effetti che ci penso, probabilmente perché
nell’ultimo periodo le lancette del mio orologio biologico stanno ticchettando
con più forza. In fin dei conti ho una certa età, non ho ancora un uomo e tutte
le mie relazioni sono miseramente fallite. Ho paura che ci voglia più tempo del
previsto per trovare un compagno decente e diventare finalmente mamma, ma io
non ho la possibilità di sprecare altri anni. Mi sento già vecchia adesso,
anche se in fin dei conti non lo sono. Poi certamente le discussioni con mia
madre non mi aiutano, considerando che lei da tempo mi chiede un nipotino e
cerca in tutti i modi di accasarmi con i figli delle sue amiche.
Sospiro e abbasso il capo, fissando il pavimento
con ostinazione e nascondendo il mio disagio. Però in questo istante non posso
fare a meno di fantasticare su una mia ipotetica gravidanza, sul mio ventre
gonfio e sulla sensazione di avere una nuova vita completamente dipendente da
me.
«Vedrai che presto capiterà anche a te, Christy» mi
incoraggia Maggie, interrompendo l’imbarazzante silenzio che è calato nel
negozio e sporgendosi sul tavolino per prendermi la mano. La stringe con forza,
trasmettendomi il suo supporto e la sua positività.
«Lo spero tanto» ammetto con tristezza, continuando
ormai il mio sfogo. «La verità è che ho già trent’anni e penso proprio che sia
arrivato il momento, mi capisci?» le chiedo in maniera retorica, riprendendo
subito dopo a parlare e non dandole l’occasione di rispondermi. «Adesso sento
davvero la necessità di avere qualcuno al mio fianco… una persona che mi ami,
mi capisca e condivida il mio sogno di avere una famiglia» proseguo,
trattenendo la mia sofferenza e la mia delusione. «Le mie ovaie si stanno ammuffendo
a furia di aspettare l’uomo giusto».
«Devi solo continuare a cercare qualcuno che sia
veramente adatto a te e vedrai che alla fine andrà tutto bene» mi rassicura la
mia amica, provando a convincermi
«Ma esiste davvero?» le domando, fissandola con
crescente panico. «Voglio dire, sono uscita con tantissime persone nell’ultimo
periodo eppure nessuna di loro ha dimostrato di essere la mia fantomatica anima
gemella» proseguo, apparendo alquanto frustrata. «Eppure non cerco
l’impossibile, solo un uomo che possa completarmi, e invece adesso mi sento
come una ciambella senza sprinkles:
brutta ed imperfetta» affermo, facendo un paragone abbastanza appropriato
considerata la situazione e spiegandole successivamente la mia tesi. «Forse c’è
qualcosa che non va in me, sono io che sono sbagliata» sussurro, ammettendo per
la prima volta la mia più grande paura.
«Non dire sciocchezze, Christine» mi rimprovera
lei, lanciandomi un’occhiataccia.
«Ma Tom ha detto che…» inizio, venendo però
brutalmente interrotta.
«Tom era un cretino!» dichiara Margaret, annuendo
convinta. «Vuoi davvero dare retta ad un tipo che si baciava i bicipiti, beveva
orrendi frullati iperproteici per colazione e ogni mattina trascorreva il suo
tempo guardandosi allo specchio per ammirare la sua bellezza?» mi chiede,
ricordandomi i comportamenti alquanto discutibili di Thomas. Lui diceva che
erano solo esercizi di autoincoraggiamento, ma ora
non ne sono tanto convinta. Forse era soltanto egocentrico.
«No, però…» provo ad intervenire, senza riuscire
tuttavia ad esprimermi.
«Ascoltami, tesoro, tu sei una donna magnifica» mi
incoraggia Maggie, esprimendosi con sicurezza per provare a convincermi. «Sei
attraente, spiritosa, dolce, intelligente…» continua, elencando le mie qualità.
«E non ti deve importare se quel Tom non l’ha capito, va bene? Lui era solo un
babbeo con una palla da basket al posto del cervello» finisce, insultandolo
pesantemente.
«Ma non è andata bene nemmeno con Alex, con Mark o
con Jonny» mi dispero, nominando i miei ultimi tre fidanzati e valutando come
si sono concluse le nostre storie. In sintesi per Alex ero troppo appiccicosa,
infatti non sopportava la mia gelosia e non tollerava neanche le mie mani unte
di ciambelle. Per Mark ero troppo insicura, complessata e dipendente
dall’opinione di mia madre. Invece secondo il modesto parere di Jonny ero
troppo grassa, quindi non riusciva ad eccitarsi e per riuscire a fare sesso con
me doveva pensare per forza ad un’altra donna. Una che in pratica potesse
avvicinarsi di più al suo ideale di perfezione, come la sua segretaria. È
inutile spiegare che con il primo sono rimasta solo per due mesi, con il
fantomatico psicologo appena cinque e con l’ultimo nemmeno tre settimane.
«Christy, mi dispiace dirtelo, ma hai davvero dei
gusti pessimi in fatto di uomini» mi rimprovera la mia amica, scuotendo il capo
con disapprovazione. «Forse dovresti scriverti ad un sito di incontri, almeno
lì potresti farti già un’idea di come sono prima di incontrarli e impegnarti
seriamente» mi suggerisce, proponendomi la sua idea.
«Sei matta?! Non potrei mai fare una cosa del
genere, ci pensi se qualcuno dovesse scoprirlo?» le chiedo con fare scioccato,
riflettendo sulla reazione che potrebbe avere mia madre nel caso in cui venisse
casualmente informata dalle sue amiche pettegole riguardo alle mie nuove
attività telematiche. Mi prenderebbe per una disperata e dovrei sorbirmi ogni
giorno i suoi rimproveri, conditi da insulti velati relativi al mio peso e alla
mia incapacità di essere una donna normale. Una donna capace di tenersi stretto
il fidanzato, organizzare il matrimonio dopo un periodo relativamente breve di
convivenza e sfornare nel giro di un anno almeno un nipotino.
«Perché? Cosa c’è di male?» mi interroga Maggie,
non comprendendo il mio disagio. «Io conosco molte persone che hanno trovato il
proprio compagno grazie ad internet» continua, scrollando le spalle con
noncuranza e facendo apparire tutto estremamente facile. «Hai presente Karol,
la commessa del negozio qui di fronte? Beh, lei ha incontrato suo marito
proprio tramite una pagina che si chiama WithLove» mi informa, utilizzando
un esempio concreto per cercare di convincermi. «Me ne ha parlato molto bene,
ha pagato una piccola quota e poi ha gestito i suoi appuntamenti da sola»
prosegue, spiegandomi un po’ come funziona il sistema. «Sceglieva i possibili
candidati, li contattava esclusivamente via email e ci chattava finché non
decideva se incontrali o scaricarli» afferma, alzandosi con qualche difficoltà
dalla sedia e dirigendosi dietro il bancone. Io la seguo, imitando i suoi
movimenti con molta più agilità, e mi siedo su uno sgabello aspettando che
finisca il discorso. Inoltre mi preparo anche a ricevere i miei donuts, visto
che Phil è appena uscito con la scatola in mano. «E puoi fare tutto creandoti
anche un profilo anonimo» conclude la mia interlocutrice, impacchettando i miei
donuts prima di porgermeli.
«Profilo anonimo? Di cosa state parlando,
dolcezze?» ci domanda suo marito, fissandoci con genuino interesse. «Mi devo
forse preoccupare?» prosegue, portandosi alle spalle di Margaret e avvolgendole
la vita. Le lascia anche un bacio sul capo, inducendomi a valutare seriamente
l’idea di iscrivermi a questo sito semplicemente per ottenere quello che hanno
loro: amore, complicità e tenerezza.
«Niente di importante, tesoro» lo rassicura la mia
amica, sorridendogli e tornando subito dopo a guardarmi. «Potresti almeno
provarci, no?» mi propone allora, notando il mio sguardo sognante e lievemente
invidioso.
«Vedremo» borbotto, riflettendo sulla sua proposta
senza darle comunque alcuna risposta definitiva.
Nel frattempo lascio venti dollari nel barattolo
delle mance, ricevendo in cambio un’occhiata offesa dalla dolce coppietta. Phil
e Maggie mi offrono sempre le ciambelle, ma io li ripago in altri modi e mi
assicuro spesso di lasciare loro dei piccoli compensi extra.
«Christy, dovresti smetterla di viziarci» mi
ammonisce bonariamente Philip, indicando i soldi che ho appena inserito nel
vasetto di vetro colorato.
«Ma quelli non sono per voi, cari miei» li
rassicuro, sorridendo in modo furbo. «Sono per Olivia, d'altronde qualcuno
dovrà pur finanziarle il college» scherzo, raccogliendo le mie cose e
preparandomi ad uscire dalla pasticceria.
«Sei davvero spiritosa, zia Chriss»
mi rimprovera Margaret, chiamandomi come fa di solito sua figlia.
«Grazie, mammina» replico prontamente, sporgendomi
sul bancone per darle un bacio e raggiungendo subito dopo l’uscita del locale.
Apro la porta con uno scampanellio e rivolgo loro un ultimo saluto,
incamminandomi alla fine lungo la strada affollata.
Sono ancora le sette di sera e molte persone, tutte
rigorosamente vestite con abiti da ufficio o completi eleganti, occupano il
marciapiede. In effetti a quest’ora New York è parecchio movimentata, visto che
la gente conclude la propria giornata lavorativa e torna finalmente a casa a
godersi un po’ di riposo. Io sono tra queste e già pregusto il momento in cui
entrerò nel mio accogliente alloggio, che è composto esattamente da tre stanze:
una cucina open space, un salotto confortevole e una
magnifica camera da letto con bagno annesso.
La mia casa rispecchia molto il mio carattere,
quindi è colorata e soprattutto funzionale. Diciamo che non vivo nel lusso e ho
giusto i mobili necessari, ma nel complesso ho tutto quello che può servirmi:
una dispensa piena di cibo, un divano spazioso provvisto di morbidi cuscini, un
televisore super accessoriato, una libreria stracolma di libri, un porta DVD
contenente i miei film preferiti, un materasso immenso e un mobiletto con le
mie candele profumare preferite. In effetti amo molto le decorazioni e perciò
nel mio appartamento sono sparse diverse cianfrusaglie, infatti colleziono
tazze particolari e su una mensola ho delle miniature raffiguranti gli edifici
più importanti del mondo. Invece ho solo due piantine, perché sono consapevole
di non avere il pollice verde e nemmeno il tempo di curare altri esseri
viventi. Così per rallegrare l’ambiente ho preferito scegliere due piccoli
cactus, che mi fanno compagnia quando mi sento sola.
Mi stringo nel cappotto, riparandomi dal vento
gelido, e nel frattempo scendo le scale della metropolitana. Non vedo l’ora di
tornare nel mio appartamento, mettermi comoda e cenare con le mie adorate
ciambelle. Però durante il viaggio in metro non posso fare a meno di pensare
ancora alle parole di Maggie, nonché alla sua assurda proposta di affidarmi ad
un sito di incontri per trovare la mia anima gemella. Scuoto il capo, cercando
di non soffermarmi di nuovo su questi assurdi ragionamenti, e mi riprometto di
non prendere nemmeno in considerazione questa pazzia.
Età:30 (ma appena compiuti, quindi
per correttezza è meglio dire 29 abbondanti)
Professione:Impiegata
Cerco:Uomo, tuttavia potrei anche
considerare l’idea di diventare lesbica. A questo punto sono aperta ad ogni
proposta. Insomma vivere con una donna sarebbe di gran lunga meglio che stare
con un completo idiota, inoltre non dovrei più preoccuparmi di dover nascondere
i dolori del ciclo per non urtare la sensibilità del mio compagno e potrei
mostrare apertamente le mie emozioni senza essere considerata una stupida
piagnona o in alternativa una patetica sentimentalista. I miei sbalzi d’umore
verrebbero sicuramente tollerati e perfino compresi, così come le mie
indecisioni e i miei isterismi. Potrei condividere totalmente le mie paure, il
mio amore per lo shopping e il mio desiderio di maternità. Inoltre non dovrei
inventare scuse per non fare sesso, perché tra ragazze ci si capisce. Insomma
si conosco le reciproche esigenze, nonché i rispettivi bisogni. Perciò non
dovrei inverarmi falsi mal di testa per giustificare la mia momentanea mancanza
di desiderio, non dovrei trovare delle scuse frettolose per motivare la mia
improvvisa voglia di dormire invece di ricercare un piacere utopistico e non
dovrei nemmeno indossare quegli assurdi pigiami antiestetici per diminuire la
libido. Sì, stare con una donna non sarebbe tanto male. Poi adesso in alcuni
stati americani è consentito anche sposarsi, quindi si potrebbe benissimo
ufficializzare il tutto e pensare poi alla fecondazione. Però al momento voglio
essere masochista, perciò desidero trovare un uomo. Possibilmente dolce,
sensibile e gentile. Un uomo in grado di comprendermi e accettarmi per quella
che sono. Un uomo serio, determinato e disposto a condividere la sua vita con
me. Un uomo romantico, che non si vergogni a citarmi versi d’amore e ad
intonare canzoni sdolcinate. Come quelle di Ed Sheeran.
Ridacchio
per merito delle mie geniali riflessioni e subito dopo bevo un abbondante sorso
di vino, lasciando aumentare la mia euforia. Successivamente continuo a
compilare la mia scheda personale con un rinnovato slancio di sincerità,
scrivendo a ruota libera e dando voce ai miei pensieri.
Presentazione:Sì, allora…
potrete anche non crederci, ma sono un’affascinante donna in carriera. Ho una
fluente massa di capelli castani, che al dire il vero preferisco definire ciocciolatosi considerata la mia venerazione per il cacao,
dei profondi occhi verdi e un fisico abbastanza formoso. Ok, più che formoso.
Volete proprio saperlo? Ho una taglia 48: i miei fianchi sono esageratamente
abbondanti, il mio sedere in pratica fa provincia e il mio seno è
eccessivamente prosperoso. Ma mi piaccio e se devo essere sincera mi considero
alquanto attraente, anche se come tutte le donne ho delle insicurezze e certe
volte vorrei essere diversa. Più snella, più sofisticata e meno golosa.
Tuttavia non potrò mai rinunciare ai dolci, al cioccolato o alle ciambelle. Quindi
mi dispiace, ma il mio futuro partner dovrà accettarmi con i miei rotolini di
ciccia. Ad ogni modo non sono una sostenitrice dello sport, odio le faccende
domestiche, non sopporto i bugiardi, non tollero le telepromozioni – perché per
colpa della mia ossessione nei confronti dello shopping finisco puntualmente
per essere fregata da quei venditori che sponsorizzano magici prodotti – e
detesto seriamente le diete. Al contrario amo le serie TV, il mio spazioso
divano, i miei fedeli numeri, i soldi, i romanzi d’amore, la scarpe con il
tacco e inoltre ho una folle adorazione per i donuts. Mi reputo una donna
gentile, premurosa, determinata, simpatica e niente affatto gelosa. Ok, forse
solo un poco. Giusto il necessario, ma non sono una tipa ossessiva. In una relazione
sono disposta a scendere a compromessi, basta che non riguardino assurde
posizioni sessuali oppure corsi di fitness o ancora stupide diete ipocaloriche.
Per il resto cerco essenzialmente un uomo onesto, carismatico, divertente,
comprensivo e disposto a donarmi tutto se stesso. Tutto il suo amore.
Profilo
Riservato:Sì
Nickname:…
Nickname?
Giusto, non ci avevo pensato. Ma in effetti è ovvio che, non volendo svelare la
mia vera identità, io adesso debba scegliere un nome in codice. Uno che
possibilmente sia allo stesso tempo affascinante, enigmatico ed accattivante.
D’altronde è necessario che conservi un pizzico di mistero, però grazie a
questo pseudonimo devo inspirare anche passionalità e dolcezza.
Bevo un
altro sorso di vino e assaggio il mio secondo donuts, pulendomi subito dopo le dita con un tovagliolo di carta e
continuando poi a pigiare con forza i tasti del mio computer. Attualmente sono
seduta sul divano, con le gambe incrociate e un cuscino appoggiato sulla pancia
per sostenere meglio il mio MacBook. La scatola di ciambelle è sistemata
fedelmente al mio fianco, nel posto che in teoria dovrebbe occupare il futuro
uomo della mia vita, mentre la bottiglia aperta di Merlot si trova sul
pavimento accanto al bracciolo del sofà. Forse sarà stato proprio l’alcool o il
sovraccarico di zuccheri, ma dopo interminabile ore di ragionamenti
sconclusionati mi sono convinta finalmente a compilare il modulo di iscrizione
del sito WithLove.
No, vi
prego, non guardatemi in quel modo. So quello che ho detto e so che non dovevo
cedere alla tentazione, però è stato più forte di me. Devo ammettere che l’idea
di registrarmi a questa pagina ha catturato il mio interesse appena Maggie me
ne ha parlato e in quanto donna non ho potuto deludere le rappresentanti del
mio stesso sesso tirandomi indietro, pertanto ho ceduto e ho anche confermato
per l’ennesima volta gli assurdi pregiudizi sociali legati al mondo femminili.
Sì, siamo maledettamente curiose. Sì, siamo lunatiche. E sì, cambiamo in
continuazione idea. Perciò mi sono ritrovata improvvisamente a sbirciare
l’innocuo sito dell’agenzia di incontri online e poi, senza nemmeno rendermene
conto, ad aprire il modulo di abbonamento. Ho già speso trentacinque dollari
per accedere ai servizi e visitare globalmente il sito, quindi ormai per questo
mese sono costretta a considerarmi
un’associata della pagina. Sono obbligata a diventare una potenziale
adescatrice di uomini sul web, anche se non sono affatto d’accordo con questo
meccanismo e vorrei oppormi con tutte le mie forze a questa commercializzazione
dei sentimenti. Però sul sito ci sono davvero dei tipi carini e potrei farci un
pensierino, ma ovviamente non infrangerò i miei principi. No, fidatevi.
Tamburello
con le dita sul computer e continuo a riflettere sul mio ipotetico nickname,
fantasticando su abbinamenti assurdi e abbastanza buffi. Christine Rabbit? Non va bene. Merry Chris? No, è patetico.
Emetto
un sospiro esasperato, passandomi una mano tra i capelli e prendendo nuovamente
la mia ciambella. La mordo un’altra volta, sporcandomi leggermente di
cioccolata, e subito dopo con grande sacrificio mi impegno a finirla. Assaporo
fino all’ultimo boccone, godendomi questa ennesima esperienza orgasmica.
E poi,
all’improvviso, ecco l’illuminazione! C’è una sola cosa in questo mondo che mi
rappresenta davvero e che in pratica racchiude tutta la mia essenza, nonché la
mia felicità. Una sola cosa che può essere associata indiscutibilmente al mio
nome: il cioccolato. Il cioccolato abbinato ai donuts.
Il
risultato quindi è abbastanza scontato ed effettivamente, mentre pigio con
rinnovato entusiasmo i pulsanti della mia tastiera, mi viene quasi da ridere.
Però sono anche soddisfatta, perché ho trovato lo pseudonimo giusto. Quello
fatto apposta per me.
Nickname:ChocolateDonut
Guardo
la semplice parola che ho appena inserito nel modulo e subito dopo clicco
INVIO, completando così la mia iscrizione e dando ufficialmente inizio alla mia
nuova avventura virtuale. Mi informo sul regolamento, inserisco le spunte nelle
caselline vuote per consentire al sito di gestire i miei dati e finisco di
leggere le varie normative sulla gestione della privacy. Poi passo la
successiva mezz’ora controllando i vari profili, mentre nel frattempo scarico
l’app di WithLove
anche sul mio cellulare per tenermi sempre in contatto con i miei potenziali
compagni di vita.
La
pagina dell’agenzia online comunque è ben strutturata e tutta colorata di
rosso, con scritte bianche e nere che si alternano a varie fotografie. C’è una
chat comune, dove ci si può presentare e dialogare tranquillamente con gli
altri membri del sito, e in alto a destra invece è sistemata una piccola barra
messa in rilievo che ospita diverse icone con le quali è possibile interagire
per amministrare i miei dati personali. È presente quindi un omino che permette
l’accesso diretto al mio account, una specie di libro minuto di matita che può
essere usato per scrivere eventuali annotazioni e il simbolo della mail per
valutare la presenza di possibili messaggi.
Comunque,
una volta valutato generalmente il sito, scelgo anche l’immagine di una
ciambella stilizzata per impostarla come foto del profilo. Successivamente,
dopo essermi un po’ ambientata e aver capito tutti i meccanismi di questa
agenzia online di incontri, mi decido a scrivere nella chat generale per
rivolgere un saluto alle persone presenti in questo momento sulla piattaforma.
ChocolateDonut: Salve gente!
Digito
velocemente, associando alle parole una faccina sorridente.
JulietCapulet: Ciao, ChocolateDonut! Nuova iscritta?
ChocolateDonut: Sì… da appena cinque minuti
JulietCapulet: Allora benvenuta, spero ti troverai bene qui con noi
GeorgeClooney: Certo che si troverà bene, dolce Juliet! D'altronde su questo sito ci
sono persone davvero fantastiche… almeno, io sono sinceramente meraviglioso.
Provare per credere. Comunque ciao, ChocolateDonut!
JulietCapulet: Luke, quando cambierai il tuo stupido nickname? È assurdo che insisti
ancora a paragonarti a George Clooney… e poi smettila di vantarti! Sei
insopportabile!
GeorgeClooney: Sì, certo, Juliet. So bene quanto ti risulto antipatico ;)
JulietCapulet: Solo perché siamo usciti insieme due volte, non vuol dire che tu mi piacca!
GeorgeClooney: Lo dici per convincere me o te stessa?
JulietCapulet: Ti odio
Scoppio
a ridere quando leggo l’ultimo messaggio di Juliet e continuo a godermi il suo
battibecco con Luke, sospettando tuttavia che tra i due ci sia del tenero e
anche una certa intimità. In effetti queste mi sembrano più schermaglie d’amore
che veri insulti, perciò mi intenerisco e li lascio bisticciare per un altro
paio di secondi prima di intervenire.
ChocolateDonut: Ciao, finto George. Per un attimo ho scioccamente creduto che fossi
quello vero ed ero già pronta a dichiararti tutto il mio amore, ma pazienza…
sopporterò questa ennesima delusione
JulietCapulet: Ecco, Choco, diglielo anche tu che non può
continuare così! È inammissibile che si spacci tuttora per il mitico e dolce
George…
SerenaCooper: Già, Luke, smettila di illuderci e farci creare inutili aspettative!
FredBennett: Ragazze, non torturare in questo modo il povero Lucas. In fin dei
conti avrà pur diritto di rimorchiare con le sue tecniche obsolete, no?
JulietCapulet: Fred, non giustificarlo… lo so che ti dispiace per lui, però così non
lo aiuti
GeorgeClooney: Ehi! Perché dovrebbe dispiacersi per me? Girls, forse non lo sapete,
ma io fuori di qui ho la fila che mi aspetta…
JulietCapulet: Non darti false speranze, tesoro,hai la fila soltanto perché lavori in una discoteca e fai parte della
security. Le ragazze aspettano di entrare nel locale, certamente non desiderano
calamitare la tua attenzione… mi dispiace infrangere i tuoi sogni
GeorgeClooney: Julia, sai quanto volte ho rimorchiato grazie al mio impiego? Non ne
hai idea. Basta mettere in evidenza i muscoli e le donne cadono ai miei piedi…
dovresti saperlo, in effetti
JulietCapulet: Non sono caduta ai tuoi piedi, ho semplicemente accettato di uscire
con te perché erano settimane che mi pregavi! Mi hai perfino intasato la posta!
FredBennett: Uh, Luke, quindi l’hai supplicata! Lo sapevo che Julia non avrebbe mai
accettato volontariamente di avere un appuntamento con te, è troppo
intelligente…
GeorgeClooney: Ha accettato in piena libertà! È vero, forse sono stato un pochino
insistente, ma alla fine ha ceduto perché sono davvero irresistibile
JulietCapulet: Un pochino?
FredBennett: Certo xD
JulietCapulet: Comunque adesso smettetela, voi due, state spaventando Choco…
ChocolateDonut: Al dire il vero in questo momento sto trattenendo le risate
GeorgeClooney: Sì, ti capisco, io sono un tipo molto divertente… invece Fred è una
vera lagna
FredBennett: Io sono la reincarnazione della simpatia, mio caro Luke
GeorgeClooney: Allora raccontaci una barzelletta, Mr Comicità
JulietCapulet: No, ti prego!
SerenaCooper: Risparmiaci questo supplizio…
FredBennett: Ascoltate, ne ho una carina. Ehm, ehm. Perché il pane non ha mai
problemi?
JulietCapulet: Non voglio saperlo, mi piace restare nella mia ignoranza
FredBennett: Perché li-evita… ahahaha
SerenaCooper: Scusate, vado a suicidarmi
FredBennett: L’avete capita? Perché nessuno ride?
JulietCapulet: …
FredBennett: Ehi, qualcuno mi risponde? Ci siete?
ChocolateDonut: Sai, Fred, mi dispiace dirtelo ma non credo che questa freddura sia
piaciuta molto
AliceInWonderland: Ciao, ragazzi! Che fate di bello?
GeorgeClooney: È meglio che tu non lo sappia, vattene adesso che sei ancora in tempo
AliceInWonderland: Oh, no… Fred ha raccontato di nuovo una barzelletta?
FredBennett: Ma cosa avete tutti contro le mie battute?!
AliceInWonderland: Sono orribili, Freddie
FredBennett: Basta, mi ritiro! Non vi racconterò più le mie storielle, siete
soddisfatti?
GeorgeClooney: Sì, evviva! Si è realizzato un sogno
AliceInWonderland: Dici davvero? Finalmente le mie preghiere sono state esaudite! Grazie,
Signore… grazie, grazie, grazie!
Mi
lascio scappare nuovamente una risata, scuotendo il capo per l’assurdità di
tutta la discussione, e considero che forse iscriversi a quest’agenzia di
appuntamenti online non è stata proprio una brutta idea. Sto conoscendo persone
apparentemente simpatiche e sto capendo che non si basa tutto solo sulla
ricerca dell’anima gemella, ma ho l’opportunità di fare perfino nuove amicizie.
Comunque, mentre aspetto l’ennesima risposta indignata di Fred, mi alzo dal
divano e mi dirigo in cucina. Apro il freezer ed estraggo la vaschetta di
gelato alla vaniglia strafogato al caramello, recuperando anche dalla credenza
la mia bomboletta di panna spray e prendendo invece dal cassetto un cucchiaio
di plastica rigida. Subito dopo torno in salotto, riguadagno la mia comoda
posizione sul sofà, posiziono un’altra volta il computer sulle mie gambe e mi
accerto che tutto il cibo che ho appena racimolato sia a portata di mano.
Sostituisco il bicchiere di vetro che fino ad ora ho utilizzato per sorseggiare
il vino direttamente con la bottiglia di Merlot e in seguito mi accingo a
mangiare la mia terza ciambella, preparandomi ad affrontare una notte
movimentata a causa della mia ingordigia. Sicuramente finirò per dover
affrontare gli effetti di un sovraccarico di zuccheri e di una potenziale
sbronza, ma per il momento non mi preoccupo per i miei futuri problemi di
salute e continuo anzi a controllare la chat del sito.
FredBennett: Sapete, la vostra reazione così immotivatamente gioiosa mi sta facendo
riconsiderare la mia decisione. Forse sono stato troppo affrettato, dovrei
darvi un’altra possibilità
AliceInWonderland: Ci lusinghi, Fred, ma davvero non sacrificarti per noi. Te lo
proibisco. Non meritiamo la tua comprensione, perciò lasciaci sguazzare nel
nostro triste mondo
GeorgeClooney: Sì, amico, non sprecare il tuo talento in questo modo!
JulietCapulet: Ehi, Choco, ma tu l’hai già fatto il test di
compatibilità?
La
domanda di Julia mi risveglia dai miei pensieri e, mentre mi accingo a
risponderle, noto che ha utilizzato lo stesso diminutivo di prima per attirare
la mia attenzione. Ma devo ammettere che in realtà non mi dispiace e al dire il
vero lo trovo alquanto carino, nonché intimo e dolce.
ChocolateDonut: No, di cosa si tratta?
JulietCapulet: Se vai sul tuo account, dovrebbe esserti arrivata una notifica… in
pratica appena ti registri al sito ti inviano un test per capire i tuoi gusti e
le tue preferenze, così selezionano in automatico un paio di profilo con il
grado di compatibilità più alto
ChocolateDonut: Quindifanno una specie di
selezione…
JulietCapulet: Sì, anche se tu ovviamente non sei obbligata a seguirla. Insomma puoi
frequentare e conoscerti con chi vuoi, ma in questo modo ti danno la
possibilità di rompere un po’ il ghiaccio e capire che tipo di persone
potrebbero interessarti
GeorgeClooney: Già… dovresti proprio farlo, dolcezza. E informami se per caso dovessi
essere un tuo potenziale partner!
JulietCapulet: Fossi in
te non lo farei
GeorgeClooney: Julia,
sei per caso gelosa?
JulietCapulet: No, questa è semplice solidarietà femminile
ChocolateDonut: Grazie per l’informazione, allora vado subito a farlo!
Entro
nel mio account e noto la presenza di un messaggio, quindi mi affretto ad
aprirlo e a cliccare sul link. Trascorro i successivi dieci minuti a rispondere
ad alcune domande riguardanti i miei gusti musicali, cinematografici e
culinari. Poi il test si concentra su aspetti più intimi e caratteriali,
chiedendomi essenzialmente cosa cerco in una relazione e soffermandosi sulle
mie impressioni. Sembra un questionario molto complesso e perciò mi prendo
tutto il tempo necessario per valutare con serietà le varie opzioni, così alla
fine quando confermo le mie scelte sono assolutamente certa di non aver
tralasciato nulla. Pensavo che sarebbe stata una sciocchezza e invece mi rendo
conto che quest’agenzia ci tiene davvero ai suoi iscritti, considerando le
domande dettagliate e puntigliose alle quali ho appena dovuto rispondere.
Certo, non ho alcun metro di paragone e in effetti questa è la prima volta che
mi registro ad un sito del genere. Però, almeno fino a questo momento, la mia
impressione è davvero ottima. Aspetto quindi il risultato con grande
aspettativa, sentendomi anche leggermente emozionata. Forse saranno tutte
queste calorie, ma era da tempo che non mi lasciavo coinvolgere così tanto.
Dopo il consistente numero di rapporti disastrosi che ho collezionato
nell’ultimo periodo, devo ammettere che ho un po’ perso le speranze di trovare
l’uomo giusto per me e mi sono quasi illusa di poter vivere come una zitella.
Però adesso capisco che stavo solo mentendo a me stessa, perché in realtà ho
paura di restare sola. Voglio una famiglia, voglio dei bambini, voglio una
dimora calda e accogliente. Voglio tornare a casa da lavoro con la
consapevolezza che c’è qualcuno ad aspettarmi, sogno di varcare la porta del
mio appartamento e sentire uno scalpiccio di piedini venirmi incontro.
Ma è
difficile continuare a fantasticare su queste cose quando hai accanto uomini
indifferenti e menefreghisti, capaci solo di mettere in evidenza i miei difetti
e di farmi sentire a disagio. Di farmi sentire imbarazzata, sbagliata…
Adesso
invece posso ricominciare da capo e godermi queste nuove conoscenze con
spensieratezza, mantenendo momentaneamente nascosta la mia identità e
riacquistando nel frattempo un po’ di fiducia in me stessa. Probabilmente è un
atteggiamento da vigliacca, ma ora ho bisogno di pensare al mio benessere e di
salvaguardare il mio cuore da altre cocenti delusioni.
Mi
risveglio dai miei pensieri quando mi rendo conto che il test è stato
rielaborato e di conseguenza mi affretto a leggere i risultati, valutando i
livelli della mia compatibilità con gli altri associati. Noto immediatamente
che sono solo tre gli uomini ad aver ottenuto un punteggio abbastanza
rilevante: un certo Martin Lewis, un tale DottorAndrewe un altro che si chiama RichieRich.
Come il personaggio del film interpretato da Macaulay Culkin, ovvero la
baby-star che purtroppo ha trascorso il resto della sua adolescenza drogandosi.
Richie comunque era un bambino ricchissimo, erede di un impero multimiliardario
e un dodicenne alquanto ribelle. È strano quindi scegliere un nickname del
genere, ma probabilmente dietro a questo soprannome si nasconde in realtà una
persona megalomane e a tratti insicura. Una di quelle che vuole apparire,
sentirsi importante e vantarsi di falsi successi.
Gli
altri iscritti invece hanno una percentuale inferiore, che varia dal venti al
quarantacinque per cento, e perciò il computer li ha automaticamente segnati in
rosso. Sembra quasi volermi dire: “Ehi,
bella, non ti azzardare nemmeno a pensare a loro”. Seguo pertanto il suo
suggerimento ed evito di controllare i loro account, perché non voglio perdere
tempo inutile e soffermarmi su cose che non mi interessano.
L’unico
a registrarsi con il suo vero nome è stato il primo, mentre gli altri hanno
scelto un pseudonimo. Sbircio allora i loro profili, per farmi un’idea generale
riguardo alle loro personalità, e osservo anche le loro foto. Martin è ritratto
in una posa buffa, infatti sta rivolgendo all’obiettivo un segno di vittoria
accompagnato da un occhialino malizioso, e ha anche uno splendido sorriso
stampato sul volto. Percepisco in lui un’allegria contagiosa e anche una certa
affinità istantanea, ma non mi sono mai fidata del mio istinto per quanto
riguarda gli uomini e nemmeno delle mie prime impressioni. Tom ne è una
dimostrazione lampante: la priva volta che l’ho visto pensavo fosse quello
giusto – quello con cui coronare il mio sogno d’amore, creare una famiglia e
fecondare il mio utero – e invece si è dimostrato una totale delusione,
mandando in frantumi tutte le mie aspettative. Non voglio fare dunque lo stesso
errore e prima di prendere una decisione riguardo alla mia eventuale
frequentazione con questo Martin, mi accerto che possa davvero rispecchiare il
mio genere ideale di uomo. Indubbiamente è molto bello: ha i capelli neri, gli
occhi azzurri e un fisico abbastanza scolpito. In base alle sue informazioni
personali vengo a sapere che ha appena compiuto ventinove anni, è un docente di
musica alle scuole elementari e ha una famiglia davvero numerosa. Infatti è il
terzo di sei fratelli, ha una marea di nipotini pestiferi che lo tengono molto
occupato e vive ancora con i suoi genitori. Punto
a sfavore. In futuro desidera comprare comunque un’accogliente villetta in
periferia, dove poter crescere adeguatamente i suoi figli. Punto a favore. Ovviamente ama i bambini, passa i pomeriggi
esercitandosi al suo pianoforte e adora le serie televisive. Altro punto a favore. Cerca una donna
che condivida la sua voglia di impegnarsi seriamente e che sia disposta a
dedicarsi al cento per cento ad un’eventuale famiglia, occupandosi quindi della
casa e facendogli trovare ogni sera un pasto caldo sulla tavola. Enorme punto a sfavore. Perché sì, da un
certo punto di vista l’idea sembrerebbe anche carina messa in questi termini.
Se solo fossi quel tipo di donna, se solo sapessi cucinare qualcosa di diverso
da un uovo fritto e se solo mi accontentassi di essere esclusivamente una moglie
devota. Una di quelle donnine stereotipate con il grembiule merlettato, il
mestolo sempre in mano e i capelli acconciati in perfetto stile anni Cinquanta.
Non fraintendetemi, non c’è niente di male a svolgere queste genere di mansioni
e a dedicarsi totalmente al proprio nucleo familiare. In effetti molte donne
sono delle casalinghe e delle madri a tempo pieno, ma non per questo meritano
meno rispetto. Anzi, se mai dovrebbero essere valorizzate. Anche mia madre
rientra in questa categoria e ho visto la fatica che ha fatto per crescermi,
quindi la stimo davvero e la ammiro. Però si deve avere una predisposizione
naturale per questo genere di cose, come quando si trova un impiego. C’è chi è
adatto ad un determinato incarico e invece c’è chi si dimostra una vera
incompetente. La verità è che io adoro il mio lavoro e la mia indipendenza,
perciò non voglio rinunciarci. Poi sono proprio una frana con le faccende
domestiche: insomma la mia stanza è sempre in disordine, uso piatti di plastica
pur di risparmiarmi la fatica di dover caricare la lavastoviglie e mi affido
periodicamente ad una lavanderia di fiducia per tenere in ordine i miei
vestiti. Non faccio la lavatrice, non stiro e non so nemmeno cosa sia un
aspirapolvere. Il mio appartamento è pulito semplicemente perché, considerando
il mio lavoro e i miei impegni, non ci passo poi molto tempo. Ma il mio armadio
è un vero disastro, così come il bagno confinante alla mia camera. Ogni
settimana chiamo una donna delle pulizie per dare una rassettata generale e io mi
godo il mio meritato tempo libero, recuperando le puntate delle mie serie
preferite e uscendo la sera con le mie amiche. Pertanto è facile intuire che,
in un prossimo e mi auguro non tanto remoto futuro da sposata, non desidero
affatto ricoprire il ruolo della brava donnina di casa. Insomma preferisco
indossare un bel paio di scarpe con il tacco al posto di un anestetico
grembiule macchiato, che in effetti non mi dona per niente. Mi dispiace perciò
doverlo ammettere, ma non credo che Martin sia la persona giusta per me.
Abbiamo sicuramente punti in comune, ma cerchiamo cose diverse da una
relazione. Non voglio illuderlo con false speranze e non voglio nemmeno fargli
credere di poter ottenere un’idilliaca vita insieme, perché è evidente che non
siamo compatibili e perciò preferisco scartarlo a priori prima di iniziare un
ennesimo rapporto inconcludente. Ora capisco perché la nostra affinità era solo
del sessanta percento.
Il
secondo ipotetico candidato per la conquista del mio cuore è il fantomatico DottorAndrew, un
tipo che tuttavia ha il profilo riservato e perciò al contrario di Martin non
permette agli altri iscritti di accedere ai sui dati sensibili. Non conosco
pertanto il suo vero nome, ma in base alla sua sintetica descrizione apprendo
diverse informazioni basilari. Scopro così che ha trentacinque anni, che da
bravo patriota americano ama il footballe segue regolarmente anche il campionato NBA. Inoltre è un chirurgo
toracico, cosa alquanto prevedibile considerato che il suo nickname dava già
un’indicazione precisa riguardo al suo rapporto con la medicina, quindi è
sempre molto impegnato e nel suo tempo libero preferisce godersi appieno il suo
meritato relax. Di conseguenza evita di uscire, poltrisce in casa e molto
sporadicamente va al parco. Punto a
sfavore. Io dopo un’intensa giornata passata in ufficio devo
obbligatoriamente uscire per liberarmi di tutto lo stress accumulato nel corso
della mattinata, anche se certamente non vado in giro per locali cercando di
rimorchiare qualche bel ragazzo e non rientro nemmeno a casa alle ore piccole.
In realtà durante il tardo pomeriggio mi piace passeggiare per la Fifth Avenue ammirando le vetrine di
quei negozi famosi nei quali non potrò mai entrare a fare shopping a causa dei
prezzi esorbitanti, oppure trascorro la serata cenando in un ristorante
italiano in compagnia dei miei amici. Ogni tanto mi piace perfino bere una birra
in uno di quei pub che servono anche alette di pollo piccanti o in alternativa
andare in un locale alla moda situato magari sulla Seventh Avenue, per sorseggiare uno di quei deliziosi drink fruttati e
allo stesso tempo leggermente alcolici. Insomma sono una donna attiva, sempre
pronta a sfruttare i momenti di calma. Durante il week-end recupero invece le
energie e passo le mie giornate sul divano, precisamente spaparanzata davanti
alla televisione, con le mie fedele ciambelle al mio fianco. In questo modo
come avrete già capito posso vedermi le puntate delle mie serie preferite,
tenermi aggiornata con gli spoiler e passare delle rilassanti ore in compagnia
dei miei donuts. Ma sinceramente nel
corso della normale settimana lavorativa odio restare troppo a casa, perché
dopo essere rimasta pazientemente seduta per almeno otto ore alla mia scrivania
purtroppo mi riduco in uno stato di iperattività e ho bisogno di muovermi. È
come se fossi in sovraccarico di zuccheri, cosa abbastanza probabile dato che
ogni mattina faccio un’abbondante colazione da Maggie e Phil. Comunque dopo
essere uscita dall’ufficio ho seriamente bisogno di concedermi qualche divertimento,
staccare dalla quotidianità e annullare la mente. Quindi di tanto in tanto va
bene poltrire, ma ovviamente non sempre ed in ogni occasione possibile.
Insomma, non come fa il DottorAndrew.
Il diretto interessato tuttavia offre anche degli spunti positivi: in fin dei
conti è indipendente, ha una posizione economica stabile, vuole sposarsi prima
dei suoi trentotto anni e desidera almeno tre bambini. La sua sedentarietà di
conseguenza non dovrebbe frenarmi, però devo ammettere che ho ugualmente dei
dubbi. Andrew sembra un uomo troppo concentrato su se stesso, sui suoi
traguardi professionali e sul suo programma di costruirsi una bella famigliola
felice. Tutto troppo schematico, impersonale, freddo e prevedibile. Niente
brio, niente spensieratezza e nessun cenno ai sentimenti. Io al contrario amo
le sorprese, il tocco magico del destino, il romanticismo. Amo le cose che
capitano per caso, quelle non progettate e improvvise. Non sarei mai in grado
di rispettare un rigido piano d’azione e anzi mi verrebbe l’angoscia, perché
sono un’imbranata in questo genere di cose. Non se si tratta di lavoro, ma la
vita vera è un’altra cosa. In questo caso soffro di ansia da prestazione.
Perciò potrei mai trovare il giusto equilibrio con una persona che è sempre
assente a causa del lavoro, elabora con gelida logicità ogni singolo istante
della sua vita e generalmente passa il suo tempo libero mummificandosi sul
sofà? Ovviamente è bello che sia un tipo determinato, così com’è rassicurante
che sia un uomo consapevole di quello che vuole e pronto a guadagnarsi con
fatica il suo adorato lieto fine. Però, ecco, è tutto un po’ troppo…
angosciante. Anzi, direi meglio asfissiante. Oddio, già mi manca l’aria.
Sinceramente io non potrei mai vivere con l’ansia di dover raggiungere sempre
nuovi traguardi, così come non potrei mai gestire lo stress causatomi
dall’ossessione di dover assolutamente realizzare entro un limite di anni gli
obiettivi prefissatimi molto tempo prima. Fare tutto in modo automatico,
occuparsi della vita come se fosse un lavoro e sentire l’esigenza di ottenere
sempre di più. Essere di più, guadagnare di più. No, mi verrebbe un esaurimento
nervoso nel giro di qualche mese. Enormissimo punto a
sfavore. Sono ancora troppo giovare per diventare un pazza bisbetica e una
donna frustrata, disposta a concentrarsi solo sui problemi della vita. Questi
dovrebbero essere i miei anni migliori, quindi non posso passarli
preoccupandomi di ottenere determinati risultati irrealistici e facendomi
venire i capelli bianchi.
Allora
con una stretta al cuore, che dura esattamente tre secondi, scarto anche il Dottor Andrew e inizio a prendere in
esame il terzo potenziale partner incluso nella mia breve lista. Spero almeno
che questa sia la volta buona e che il mio grado di compatibilità non sia di
nuovo frutto di un inesatto calcolo matematico, perché in effetti fino ad adesso
nessun risultato sembra corrispondere a quello previsto dal test. In verità non
si avvicina nemmeno lontanamente e non riesco nemmeno a capire con quali criteri
il sistema abbia scelto queste persone, ma allo stesso tempo comprendo anche
non è poi tanto semplice accoppiare due sconosciuti solo in base alle risposte
date ad un questionario abbastanza generico. È normale quindi che alla fine, a
prescindere dai valori ottenuti dopo aver completato le domande, non si trovino
poi molti punti in comune con questi presunti uomini ideali. Però ora mi auguro
davvero di poter perlomeno considerare accettabile questo misterioso RichieRich, perché attualmente – per
quanto è triste doverlo ammettere – lui rappresenta la mia ultima opzione. La
mia ultima chance. La mia ultima
opportunità di dimostrare a questa agenzia di incontri online che non sono una
donna tanto complicata e pretenziosa. Certo, ci sono molti altri uomini che
fanno parte del sito. Ma se già questi che in teoria dovrebbero risultare
compatibili non vanno bene, non oso immaginare come io possa anche solo
riuscire a tollerare quelli che sono totalmente distanti dai miei gusti. Va
bene non essere presuntuosa e cercare di non mostrami troppo esigente, ma non
posso nemmeno accontentarmi del primo che passa! La mia anima gemella si trova
sicuramente da qualche parte e aspetta solo di incontrarmi, forse è più vicina
di quanto immagino e io non me ne rendo neanche conto. Ma so che esiste, so che
si trova là fuori nel mondo e so che probabilmente è disperata quanto me.
Quindi non posso arrendermi proprio adesso e anzi devo assolutamente continuare
a cercarla, anche a costo di dover uscire con tutti i maschi registrati su WithLove. Anche a
costo di avere altri mille appuntamenti sbagliati, orribili e noiosi.
In ogni
modo anche RichieRich ha l’account
privato e quindi posso venire a conoscenza solo delle sue informazioni di base,
ma resto molto sbalordita quando mi rendo conto che la sua presentazione è
alquanto sintetica. Estremamente sintetica. Insomma, è composta soltanto da due
righe in cui descrive le sue passioni e specifica la sua età. A quanto pare ha
trentacinque anni, ama viaggiare e il suo lavoro consiste nel fare i gusti
investimenti. Inoltre vive in un appartamento vicino al Central Park, ogni
mattina prima di fare colazione va a fare jogging e possiede una piccola
collezione di automobili. Sì, avete capito bene. Automobili. Ovviamente non
quelle normali o al massimo lievemente costose, che comunque possono
permettersi anche i comuni mortali dopo numerosi sacrifici. No, qui stiamo
parlando di modelli inaccessibili e dispendiosi. Molto dispendiosi. Diciamo
pure che queste vetture provengono essenzialmente da case automobilistiche
internazionali famose in tutto il mondo: vale a dire Lamborghini, Pagani,
Bugatti, Aston Martin e W Motors. In pratica nomi di
aziende che personalmente ho sentito pronunciare solo dai miei clienti
facoltosi e super ricchi, visto che le società interessate producono appunto
macchine lussuose e spesso in edizione limitata. Io ad esempio potrei
acquistarne una solo dopo essermi venduta qualche organo, aver aperto come
minimo un mutuo trentennale e aver dato fondo a tutti i miei risparmi.
Forse il
suo nickname rispecchia davvero la sua indole megalomane, ma considerata la sua
ipotizzabile ricchezza è chiaro che RichieRich
gli calzi a pennello. Effettivamente conduce una vita agiata, non ha alcuna
preoccupazione e certamente può esaudire tutti i suoi desideri senza alcun
problema.
Tuttavia,
sorvolando logicamente sui nostri diversissimi conti in banca, mi rendo conto
con una certa sorpresa di avere alcuni punti in comune con lui. In fin dei
conti anche RichieRich si occupa di
investimenti e gestisce sicuramente un numero spropositato di azioni, perciò si
troverà spesso a valutare i rischi delle operazioni commerciali e di
conseguenza presterà pure attenzione agli indici di borsa. Punto a super favore. Infatti, se durante un nostro ipotetico
incontro dovessi trovarmi per caso a corto di argomenti, potrei sempre
attingere dal mio personalissimo dizionario di promoter finanziaria per
intavolare con lui una discussione certamente produttiva. Insomma gli indici di
interesse, le oscillazioni del mercato e i bilanci sono il mio pane quotidiano.
Mi trovo a mio agio eseguendo calcoli, parlando di grosse somme di capitale ed
analizzando le altalenanti variazioni delle quotazioni. Quindi sì, ribadisco,
questo è un enorme – enormissimo, enormissimissimo
– punto a suo favore. Inoltre è abbastanza palese che sia un uomo indipendente,
nonché una persona amante dell’avventura e occupata spesso a girare il mondo.
Soldi, adrenalina e lusso sono indubbiamente le sue parole preferite. Io non
sono una grande viaggiatrice e non sono mai uscita dagli Stati Uniti, però ho
sempre desiderato visitare l’Europa e con la giusta compagnia potrei
sicuramente convincermi a lasciare i confini dello stato per vivere una nuova
entusiasmante esperienza. Secondo punto a
favore. In base alle brevi informazioni riportate sulla sua scheda è ovvio
che gli piaccia fare jogging e probabilmente ci tiene molto a mantenersi in
forma, ma finché non mi coinvolge nelle sue attività io non ho niente da
obiettare: ognuno è libero di fare ciò che vuole, coltivare i propri interessi
e proseguire con la propria routine. L’importante è che non mi compri scarpe da
ginnastica per persuadermi a fare attività fisica, che non insista nel farmi
svegliare presto la mattina per trascinarmi con sé al parco e che non mi faccia
bere i suoi frullati energetici a base di carote. No, grazie. Tuttavia la cosa
che mi preoccupa è la sua mania di sprecare soldi e mantenersi vizi costosi,
come dimostra il suo hobby di comprare macchine assolutamente non necessarie e
non proprio economiche. Insomma buttare via quantità spropositate di denaro
solo per passarsi inutili capricci è una cosa un po’ da irresponsabili,
menefreghisti e sconsiderati. È uno schiaffo alla miseria, alla fatica e ai
sacrifici delle persone comuni. Quelle che per arrivare a fine mese devono contare
ogni singolo centesimo, perché devono pensare a saldare l’affitto e a pagare le
bollette. Perché devono fare la spesa, mantenere i figli e risparmiare in
previsione di future problematiche. I miei genitori mi hanno sempre insegnato a
dare valore ai soldi, spiegandomi che i risultati si raggiungono anche grazie
alle rinunce e ai compromessi. Mi hanno sempre fatto capire che le cose si
ottengono solo lavorando duramente, impegnandosi al massimo e sfruttando
unicamente le proprie capacità. Quando ero bambina aiutavo spesso mio padre a
far quadrare i conti e forse è nata proprio così la mia passione per la
matematica, i numeri e la finanza. Lui all’epoca era un professore
universitario di economia, adesso in pensione, e non si è mai creato problemi a
rendermi partecipe della nostra situazione economica nonostante il dissenso di
mia madre. Lei non voleva attribuirmi delle responsabilità eccessive,
soprattutto considerata la mia giovane età, mentre mio padre voleva spiegarmi
il perché di determinati sacrifici. Quando ero molto piccola ricordo che per
intere settimane mangiavamo esclusivamente legumi in scatola, perché mio papà
era ancora un semplice assistente e quindi non potevamo permetterci altro. I
barattoli di latta costavano pochi centesimi, potevano essere utilizzati per
cucinare delle ottime zuppe nutrienti e non richiedevano un eccessivo dispendio
di energie. Si apriva il fornello, si mettevano i legumi precotti nella pentola
e dopo pochi minuti era pronto il pranzo. Ogni tanto comunque compravamo il pollo,
ovviamente la carne meno cara, e altre volte ci sbizzarrivano a preparare le
omelette più strane con gli avanzi del frigorifero. In ogni modo le cose sono
migliorate con gli anni e già quando frequentavo il liceo la nostra condizione
si era per fortuna stabilizzata, però non dimenticherò mai quel periodo della
mia vita. Mi ha aiutata a crescere, a maturare e a dare importanza alle cose
davvero rilevanti. Mi ha permesso di capire quanto fosse difficile mantenere
una famiglia, quanto mio padre si spaccasse la schiena per ottenere dei
risultati e quanto mia madre fosse preoccupata per il mio futuro. Ma siamo
andati avanti sempre a testa alta, con la convinzione di poter realizzare i
nostri sogni con il giusto impegno e la fatica. Per questo il mio primo stipendio
da stagista l’ho speso comprando dei regali ai miei genitori, pagando una rata
del loro mutuo e aprendo un libretto di risparmi a loro nome. In realtà volevo
semplicemente ringraziarli perché tramite ai loro sforzi sono potuta andare al
college, perché mi hanno cresciuta senza mai farmi mancare niente e perché mi
hanno sempre sostenuta. Se non fosse stato per il loro supporto, la loro
pazienza e la loro fiducia non sarei mai arrivata dove sono oggi: non sarei mai
diventata una fiera donna in carriera, responsabile e coscienziosa.
Tuttavia,
per tornare al discorso principale, posso anche comprendere e giustificare in
minima parte il misterioso RichieRich.
In effetti io non sono nessuno per condannarlo a causa dei suoi vizi o per
dirgli come spendere il suo denaro, anche se obiettivamente dovrebbe essere un
po’ più giudizioso. Certo, pure io ogni tanto mi passo dei capricci – in fin
dei conti è innegabile che ho una dipendenza patologica dalle ciambelle, che
acquisto scarpe solo per il gusto di saperle nel mio armadio e in pratica mi sono
abbonata a tutti i canali della TV via cavo – ma sicuramente per quanto
riguarda l’aspetto monetario non sono paragonabili ai suoi. Comunque non voglio
partire prevenuta e scartarlo solo perché colleziona automobili, probabilmente
è ricco e forse anche un po’ viziato. Ho a che fare con gente del genere tutti
i giorni e quindi immagino già come potrei relazionarmi con lui, perciò questo
è un fattore molto positivo. Credo sia normale non volersi sentire a disagio
con un uomo, ma anzi apparire sicura e determinata. Con RichieRich potrei perfino riuscirci davvero, essere me stessa senza
filtri e senza insicurezze determinate dal mio aspetto. Tanto per cominciare
dovremmo comunicare solo tramite lo schermo di un computer, poi non è
obbligatorio incontrarsi di persona e se dovessi constatare che non esiste
alcuna affinità potrei tirarmi facilmente indietro senza provare un inutile
imbarazzo. Senza dover dire quelle frasi banali, scontate e spesso false che
accompagnano nella maggior parte dei casi la fine di una frequentazione.
D'altronde non correi nemmeno il rischio di incrociarlo per strada e anche se
dovesse succedere non sarebbe comunque un problema visto che, avendo entrambi
il profilo riservato, non lo riconoscerei neanche. In pratica sarebbe un completo
estraneo per me. Ma la cosa davvero importante è che in questo modo non
metterei al cento per cento in gioco il mio cuore, perché non arriverò mai a
conoscerlo completamente solo per mezzo di messaggi online. Dovremmo prima
incontrarci per rafforzare il nostro legame, valutare il proseguimento del
nostro rapporto e confermare i nostri pareri. Pertanto se già dalle e-mail non
si crea una certa complicità, potremmo evitare dal principio di mettere in
mezzo sentimenti profondi e andare troppo avanti. Nel peggiore dei casi, se
questa frequentazione risultasse inopportuna, potrei sempre considerare di aver
avuto un confronto con un collega.
In base a questi ultimi ragionamenti
mi rendo conto che i punti positivi sono nettamente maggiori rispetto a quelli
negativi, perciò essendo io un’attenta valutatrice dei rischi e considerando il
quadro generale della situazione decido di contattare RichieRich. Voglio buttarmi in questa nuova ed entusiasmante
avventura senza ulteriori tentennamenti, in fin dei conti cosa potrà mai
succedere di tanto brutto?
Ciao, RichieRich. Io
sono ChocolateDonut, una nuova iscritta di WithLove e in generale una donna in
cerca di una relazione importante. Sì, una di quelle storie degne dei
romanzetti rosa e dei migliori film hollywoodiani. Ovviamente non mi
fraintendere, non sono in attesa di un ipotetico Principe Azzurro o
dell’affascinante Lord di turno. Sarebbe davvero un’assurdità! Sono consapevole
che questa è la vita reale e devo smetterla di comportarmi come una ragazzina
ingenua, ma mi aspetto comunque di poter condividere con la persona giusta dei
sentimenti profondi e un rapporto un po’ sdolcinato. Certo non voglio farmi
venire il diabete, però non posso negare che la mia indole è quella di una
romanticona senza speranze. Nonostante tutto la cosa essenziale è avere
rispetto, fiducia e complicità. Tuttavia non ti
preoccupare, non sono una tipa che dopo il primo appuntamento pensa già al
matrimonio o fantastica sul colore degli occhi dei nostri futuri figli. No,
sinceramente nemmeno io – per quanto desideri al più presto trovare il grande
amore, programmare un matrimonio e avere una famiglia felice – ho tanta fretta.
Però volevo solo spiegarti a sommi capi le mie intenzioni: sogno delle emozioni
autentiche e spero prima o poi di trovare la mia anima gemella, perciò se non
condividi questo mio pensiero o sei propenso ad avere semplicemente un flirt…
beh, possiamo benissimo evitare di sentirci. Non prendiamoci in giro. Vorrei
evitare di ritrovarmi in una situazione scomoda e non giungere al punto di
dover ammettere la nostra reciproca antipatia, piuttosto tronchiamo tutto prima
e manteniamo intatta la nostra dignità. Giuro che non mi offenderò, dico
davvero. Non avrò alcuna reazione spropositata, non ti perseguiterò con inutili
messaggini inopportuni e non ti segnalerò al sito come un personaggio non
conforme al regolamento di WithLove. Sarà come se non ci fossimo mai
presentati, lo giuro. In fin dei conti siamo persone adulte, quindi posso
gestire un rifiuto con classe ed eleganza. Ad ogni modo ho pensato di
contattarti perché ho effettuato il test di compatibilità e ho confrontato i
nostri profili, rendendomi conto che abbiamo diversi punti in comune. Così,
ovviamente se sei d’accordo, mi piacerebbe conoscerti meglio. Spero dunque di
sentirti e aspetterò la tua risposta, augurandomi di non averti stordito con tutte
queste chiacchiere.
Con un po’ di
imbarazzo, Choco.
Sono passati due giorni, undici ore e venti minuti
da quando ho inviato la mia prima e-mail a RichieRich,
ovvero all’uomo che ha avuto il grande onore di essere considerato dalla
sottoscritta. L’uomo che ha avuto il privilegio di essere scelto come mio
futuro e potenziale partner, come mio possibile compagno di vita. E cosa ho
ricevuto in cambio? Niente. Assolutamente niente. Solo un lungo, spaventoso e
scoraggiante silenzio. Un silenzio che ho contato con scrupolosa attenzione
nonostante abbia fatto di tutto per mostrarmi indifferente. Un silenzio che mi
pesa addosso come un macigno e che sinceramente, considerata la mia angoscia
immotivata, mi fa sentire alquanto patetica. Perché io in realtà non sono così:
non sono una di quelle ragazze che controlla in continuazione il telefono, che
dipende dall’opinione di un uomo per avvalorare la propria autostima e che è
così disperata da dare talmente tanta importanza ad una stupida e-mail senza
senso. Tuttavia odio il silenzio, soprattutto in questi casi. Insomma questo RichieRich poteva pure rispondermi per
esprimere il suo eventuale interesse nei miei confronti, oppure in alternativa
la sua intenzione di non cominciare nemmeno a sentirci. In ogni caso sarebbe
stato un gesto cortese ricevere una sua e-mail, sia se le cose si fossero
evolute in senso positivo o al contrario fossero andate male. Come
effettivamente è accaduto. Invece niente, in questi giorni ho dovuto sopportare
una deprimente casella vuota.
Tutto questo mi fa sentire insicura, impacciata e
la classica donna in pena che passa giornate intere davanti al cellulare. La
classica donna che in pratica aspetta con ansia una chiamata che molto
probabilmente non arriverà mai, che resta attaccata alla cornetta quasi
ventiquattro ore su ventiquattro ed è pronta a giustificare le mancanze
dell’uomo di turno per non ammettere il proprio fallimento. In pratica una
donna super romantica disposta ad illudersi con false speranze pur di non
accettare la cruda verità: cioè che lui – il ragazzo in apparenza perfetto e
dannatamente affascinante – non telefonerà affatto, visto che probabilmente è
già passato alla prossima conquista.
Ma come ho detto a questo maleducato e
irraggiungibile RichieRich, io sono
una persona adulta che sa gestire con assoluta eleganza un rifiuto. Inoltre
sono una donna che odia i piagnistei e gli inutili isterismi, che non si lascia
abbindolare da ipotesi insensate e non permette agli altri di influenzare il
proprio stato d’animo.
Non mi risponde? Bene, niente panico. Si vede che
non è quello giusto.
Non si è nemmeno degnato di scrivermi un semplice “No, grazie, non sono interessato” per
chiarire la sua posizione? Perfetto, vorrà dire che è un uomo senza il minimo
garbo e privo di buone maniere. Non è un mio problema, assolutamente! Uno così
meschino, ignobile, zotico e arrogante è meglio perderlo che trovarlo. Questo è
certo.
Però perché non mi scrive? Insomma, mi sono
mostrata davvero così patetica e disperata? Gli ho fatto talmente una brutta
impressione con la mia presentazione che adesso non vuole nemmeno perdere tre
secondi della sua vita per darmi una risposta? Perché non vuole avere niente a
che fare con me?
No, Christine,
smettila subito! Mi
rimprovero, imponendomi di non pensare così negativamente. Tutto questo non dipende da te, non è colpa tua se lui non ti apprezza
e non sei stata affatto precipitosa nello scrivergli un messaggio tanto
sincero. Continuo, provando ad autoconvincermi. Hai solo voluto mettere le cose in chiaro, non perdere tempo e andare
dritta al punto. Sei stata schietta e onesta, come sempre. Ti sei comportata
come una brava e pragmatica donna in carriera, mettendo le carte in tavola e
svelando le tue intenzioni senza troppi giri di parole. Niente fronzoli e false
promesse, soltanto sincerità e obiettività. Se lui non riesce a gestire la
situazione perché è un bamboccio immaturo non è colpa tua. Rifletto,
annuendo con un gesto del capo e ritrovando la mia determinazione. Sono così
disperata che adesso mi ritrovo a farmi incoraggiare perfino dalla mia voce
interiore, quella che posso attribuire alla mia coscienza. Ho toccato il fondo.
Comunque la fase di stallo che sto attraversando è
davvero snervante, perché è sempre difficile accettare di non poter piacere a
qualcuno. Per quanto proviamo ad accettare un rifiuto, non è mai tanto facile.
In effetti chi vogliamo prendere in giro? Siamo sempre condizionati dal parere
e dal giudizio del mondo, così come vogliamo costantemente ricevere
l’approvazione di tutti. Fa parte della nostra natura di essere umani, perché
siamo creature che amano la compagnia e disdegnano la solitudine. Ci importa di
come appariamo, ci interessano le opinioni degli altri e cerchiamo sempre di
apparire al meglio. Soprattutto davanti agli estranei. Possiamo creare la
perfetta immagine di noi e presentarci alle persone che non conosciamo come
meglio crediamo, anche se in questo modo rischiamo di creare delle false
aspettative. Tuttavia per questo quando facciamo dei colloqui o dei nuovi
incontri ci poniamo in un determinato modo, mettendo subito in evidenza i
nostri pregi e cercando di nascondere i nostri difetti. In fin dei conti siamo
i primi a dubitare di noi stessi e a non volere mostrare i nostri punti deboli.
Lo facciamo per proteggerci, salvaguardare la nostra sicurezza e il nostro
benessere interiore. Non gestiamo bene i giudizi negativi, i pettegolezzi falsi
riguardo la nostra persona e nemmeno gli insulti che ci rivolgono. Soffriamo,
proviamo a capirne il motivo e alla fine non possiamo fare altro che
rassegnarci. Invece alcuni, forse i più insicuri e i più deboli
caratterialmente, decidono di cambiare in base ai voleri degli altri. Ma mi
sento in dovere di rivelarvi una cosa: ci sarà sempre qualcuno pronto a
disprezzarci e a metterci il bastone tra le ruote, qualcuno che avrà una brutta
considerazione di noi oppure semplicemente ci invidierà. Però dobbiamo imparare
ad andare avanti, a dare meno peso a certe parole. Dobbiamo imparare a
rialzarci senza alcuna esitazione, a non darla vinta ai bulli che incontreremo
nel corso della nostra vita e a trovare la nostra serenità. La nostra
accettazione. Anche se è difficile.
Mi risveglio dai miei pensieri quando sento un
leggero bussare alla porta, quindi alzo lo sguardo dal mio computer e fisso
l’ingresso del mio ufficio. Mr Micols è appena entrato e mi sta osservando con
un certo nervosismo, mentre si aggiusta con altrettanta ansia il nodo già
perfetto della sua cravatta scura.
«Christine, è arrivato il cliente di cui abbiamo
parlato l’altro giorno» mi avvisa con un tono agitato, nominando il nuovo
affiliato della società. Ovvero Mr Sono-Super-Ricchissimo,
nonché l’uomo che con un semplice schiocco delle dita potrebbe mandare in
malora la nostra azienda. Un multimiliardario che per un banale capriccio o per
un’insoddisfazione personale indipendente dal mio operato potrebbe causare il
mio licenziamento, determinando la fine della mia carriera come promoter
finanziaria.
Ho paura perfino ad offrirgli un caffè, perché se
la miscela dovesse non piacergli potrei accidentalmente infastidirlo. Ed io
voglio assolutamente evitare di indisporlo, poiché se lui si innervosisce anche
Peter potrebbe rischiare di andare incontro ad un esaurimento nervoso e al
momento – considerata la sua predisposizione a rimproverarmi in maniera
abbastanza severa – vorrei prevenire la sua probabile crisi isterica.
Oltretutto un cliente infelice equivale automaticamente ad una diminuzione dei
profitti, una diminuzione dei profitti porta di conseguenza ad avere un capo
scontento e un capo scontento coincide infine a dover affrontare un intero Consiglio
di amministrazione insoddisfatto. Tutta questa catena di catastrofici eventi
potrebbe infatti concludersi con un mio eventuale licenziamento, dato che sarei
indirettamente la causa dell’inizio di questa complicata e ipotetica
situazione, perciò l’azienda potrebbe benissimo pensare di non firmare più il
mio stipendio e lasciarmi priva di una fonte di sostentamento. Devo quindi
evitare di pormi in maniera sbagliata con il mio prossimo cliente e cercare di
trattenere i miei commenti sagaci, nonché le mie battute troppo spesso inopportune.
Ma certe volte non posso contenere la mia rabbia, soprattutto se quantità
spropositate di denaro vengono praticamente gettate al vento e investite in
sciocchezze.
«Puoi farlo entrare» affermo con una certa
sicurezza, imponendomi di non far tremare la mia voce e di avere il controllo
del momento. In realtà mi sento come una gelatina in procinto di sciogliersi,
ma non voglio fare preoccupare Mr Micols e non voglio nemmeno subirmi una
ramanzina. Perciò respiro profondamente, mi alzo dalla sedia e mi liscio la
gonna con un gesto nervoso. Subito dopo mi avvicino all’entrata del mio studio,
obbligandomi a non barcollare e a non cedere all’ansia, e mi preparo mentalmente
ad accogliere il mio misterioso ospite facoltoso.
Per questo importante incontro ho indossato il mio
migliore tailleur, composto da una gonna rossa attillata e da una giacca della
stessa tonalità con i bottoni dorati. Il colore acceso entra evidentemente in
contrasto con la mia pelle abbronzata, i miei capelli castani e i miei occhi
facendomi apparire molto attraente. Almeno, secondo il mio modesto parere. Ho
abbinato poi al completo una raffinata camicetta bianca, un paio di scarpe nere
con il tacco lucido e due graziosi orecchini di perle. I miei capelli
indomabili invece sono legati in un pratico ed elegante chignon, in modo da
averli almeno per oggi minimamente in ordine, mentre per quanto riguarda il
trucco mi sono limitata ad un look molto naturale. Accostamenti sobri e neutri,
per mettere in risalto i miei punti migliori e apparire fresca come una rosa.
In questo modo mi sento anche graziosa e sicura di me, perciò sono sicura che
niente potrà scalfire la mia corazza di perfezione e professionalità. Nemmeno
l’uomo più viziato, ricco ed egocentrico di New York. Nemmeno l’uomo più
insopportabile, indisponente, capriccioso e…
Oh, santissima
merda!
Schiudo leggermente le labbra, manifestando in
questo modo il mio genuino stupore, e mi impongo di non sbavare. Davvero non
sarebbe educato e non darei nemmeno una bella immagine di me stessa, oltretutto
renderei vani i miei sforzi di apparire assolutamente competente e
presentabile. Però è molto, molto complicato frenare le mie pulsioni e i miei
istinti. Perché il mio nuovo cliente, ovvero quest’uomo super facoltoso e
apparentemente intimidatorio, è davvero un adone. Un David di Michelangelo. Una
divinità scesa in terra. Il degno figlio di Apollo. Insomma, nel mio
immaginario potrebbe assomigliare perfino ad un enorme donut al cioccolato venuto qui per tentarmi. E io non sono mai
stata brava a resistere alle mie voglie e ai miei desideri, infatti le scatole
vuote di ciambelle accumulate nella pattumiera del mio appartamento ne sono la
prova lampante. Insieme, ovviamente, alla mia taglia non proprio da modella.
Però adesso non posso mostrargli la mia debolezza, non posso essere una di
quelle donne tipiche dei romanzetti rosa che alla vista del figo di turno
diventano delle complete inette. Non posso lasciarmi sopraffare da batticuori
immaginari, scosse elettriche di dubbia entità e patetici balbettii. Perciò mi
schiarisco la voce e riacquisto il controllo, senza lasciarmi trasportare da
inutili fantasticherie. Senza lasciami condizionare da pulsioni sconvenienti e
lascive, ma allo stesso tempo così piacevoli.
No, io sono una donna
logica e razionale. Sono una promoter finanziaria pragmatica, responsabile e
consapevole del proprio ruolo. Quindi, Christine, abbi un po’ di contegno! Mi ripeto, prendendo respiri profondi e
preparandomi a mostrargli la mia serietà.
«Miss Thompson, questo è il signor Richard Reyers»
interviene il mio capo, notando il mio strano mutismo e la mia espressione
meravigliata. Spero di non assomigliare ad un pesce lesso o in alternativa ad
un’idiota, ma di apparire solo leggermente colpita. Insomma, ho conosciuto
tanti altri uomini nel corso della mia vita. Anche Tom era una vera bellezza,
però con lui non mi sono mai comportata come una micetta in calore. «E lui è il
suo assistente, Colin Andrews» continua Mr Micols, indicandomi l’uomo fermo
accanto al suo superiore.
«Piacere di conoscerla» afferma quest’ultimo,
sorridendomi con calore e porgendomi subito dopo la mano in un gesto di
cortesia.
Colin è un po’ basso, esile e mingherlino.
Soprattutto se paragonato a Mr Reyers, che è davvero molto alto e muscoloso.
Nel complesso tuttavia ha dei tratti davvero dolci e gentili, rispetto sempre
al suo capo che invece appare crucciato e tremendamente serio. Richard Reyers
in effetti ha un aspetto algido, severo e minaccioso. Forse il suo completo
scuro di alta sartoria contribuisce a rafforzare la mia prima impressione, però
nel complesso anche i tratti del suo viso sono netti e duri. Ha un’espressione
decisa, due pozze di ghiaccio al posto degli occhi e delle labbra sottili
atteggiate costantemente in una posa impassibile. In generale l’unico dettaglio
che stona sono i suoi capelli castani, che in base alla luce rivelano stupende
sfumature di biondo, che nonostante siano corti appaiono abbastanza
disordinati. Attenzione, non trasandati, ma disordinati. Come se si fosse
appena alzato dal letto dopo un’intensa notte di passione, per questo gli
donano un’aria sexy e accattivante. Emana un certo fascino, nonché carisma e
mascolinità. Il suo assistente al contrario possiede un viso meno marcato, meno
rigido e più rassicurante. Inoltre ha gli occhi verdi, i capelli neri arruffati
– un po’ in stile Harry Potter – e ha optato per un abbigliamento più casual:
indossa infatti un jeans grigio, una camicia azzurra, un cappotto nero e una
sciarpa blu. Porta con sé anche una valigetta di pelle, che contiene
probabilmente i documenti necessari per il nostro colloquio, e dal suo orecchio
spunta un piccolo auricolare senza fili.
«Piacere mio» rispondo, ricambiando il suo gesto.
«Prego, accomodatevi» li invito subito dopo, indicando il mio ufficio e le
sedie libere sistemate davanti alla scrivania.
«Grazie, Miss Thompson» dichiara con fare annoiato
il multimiliardario, prendendo posto e accavallando le gambe in un gesto
perfettamente noncurante.
Aggrotto le sopracciglia e lancio un’occhiata a Mr
Micols, ricevendo in cambio solo un’esortazione silenziosa e uno sguardo
minaccioso. Sembra quasi dirmi: “Zitta,
occupati del tuo lavoro e fai tutto quello che lui desidera. Tutto. Non ti
azzardare a mandare a monte questo affare, Christine, altrimenti in cambio avrò
la tua testa”. È una cosa abbastanza inquietante, al punto che percepisco
quasi una lama super tagliante scivolare sul mio collo, quindi deglutisco e
successivamente mi sbrigo ad annuire. Lui non mi risponde, ma resta lì impalato
e continua a fissarmi. Allora chiudo la porta del mio studio con una certa
esitazione, lasciando Peter fuori, e dopo aver preso l’ennesimo respiro
profondo mi volto verso i miei ospiti. Torno dunque al mio posto e mi accomodo
con estrema calma, tanto per dare l’impressione di essere controllata e padrona
della situazione, mentre prendo a studiare con attenzione Richard Reyes. Il
mitico e ricchissimo Richard Reyes, protagonista indiscusso di tutte le riviste
di economia internazionali e ultimamente nuovo personaggio principale della
pagina finanziaria del New York Times.
Uno dei dieci uomini più ricchi d’America, eccentrico imprenditore e
proprietario di un numero imprecisato di aziende sparse per il paese. Possiede
ad esempio tre cantieri navali situati in diverse aree della Florida, dove
costruisce barche a vela e yacht di lusso. Di recente ha comprato un paio di
ranch in Texas, dai quali ricava soprattutto litri di costosissimo petrolio e
alto materiale grezzo, nonché una compagnia aerea in California. Ha investito
poi milioni di dollari in una famosa impresa edile del North Dakota, in
altrettanti ristoranti stellati sparpagliati in varie regioni degli Stati
Uniti, in un esteso vigneto nella Napa Valley e in una società di consulenza
informatica newyorkese. Attualmente sta contrattando invece per acquistare le
quote di una modesta casa editrice di Seattle, che tuttavia ha ottime
opportunità di crescita. Infatti, negli ultimi mesi, ha pubblicato autori che
adesso sono collocati al vertice delle classifiche letterarie più prestigiose a
livello nazionale.
In pratica Mr Reyes è un imprenditore di spicco,
temuto da molti e stimato da tutti. In teoria non dovrebbe nemmeno essere qui e
trovarsi in mia presenza, perché questo è uno di quegli uomini che sicuramente
ha a disposizione un intero Consiglio di amministrazione pronto a gestire le
sue azioni e i suoi nuovi investimenti. Posso capire che magari non si fidi
pienamente dei suoi avidi collaboratori e non voglia combattere con troppe
persone disposte a dire la loro, ma almeno in base a quanto si dice in giro
quest’uomo è certamente abbastanza scaltro e intelligente da occuparsi anche da
solo dei suoi affari. In fin dei conti ha una laurea in economia e commercio,
ha costruito il suo impero grazie alle sue singolari capacità di contrattazione
e ha iniziato la sua scalata verso il successo giocando semplicemente in borsa. Acquistava e vendeva azioni,
valutando con accortezza i suoi profitti.
È partito da zero e oggi non si fa altro che
parlare di lui: un imprenditore che si è costruito da solo e attualmente,
considerato il suo conto in banca, potrebbe sfamare mezza Africa. Insomma
questo è un mago della finanza, un genio delle trattative e un abile
manipolatore. Una persona capricciosa, a tratti volubile ed egoista.
Ha appena compiuto trentacinque anni, eppure ormai
da tempo viene considerato un uomo potente. Un uomo in grado di influenzare e
determinare le sorti economiche di un intero paese. Per questo viene molto
rispettato e la stampa ha un interesse morboso nei suoi confronti, al punto che
è possibile ammirarlo sulle copertine di moltissimi magazine. Non soltanto di
interesse finanziario, ma anche di gossip.
La gente comune è interessata al suo stile di vita,
agli eventi a cui partecipa e alle magnifiche donne che lo accompagnano.
«Bene, Mr Reyes, cosa posso fare oggi per lei?» gli
domando con un tono deciso, rivolgendomi direttamente al soggetto della mia
analisi e limitandomi ad osservare il suo assistente. Devo essere forte, fargli
capire chi comanda e dimostrare di non essere in soggezione a causa della sua
presenza.
«Mi sembra alquanto ovvio, Miss Thompson» replica
con prontezza il diretto interessato, sorridendomi con malizia e palese
divertimento. Gli angoli della sua bocca si piegano in un ghigno attraente,
però evito di prestare troppa attenzione al suo lato affascinante e al
contrario mi irrigidisco. Perché avverto la sua pericolosità, la sua
spavalderia e la sua convinzione di essere il padrone del mondo.
Richard Reyes è un lupo travestito da docile
agnello. Vuole farmi credere di essere innocuo, tuttavia io conosco i tipi come
lui. Li incontro ogni giorno a causa del mio lavoro, quindi ho imparato a
rapportarmi con loro e non ne sono affatto intimidita. Ormai li identifico a
pelle, avverto il loro odore da predatori a miglia di distanza e ho capito che
per trattarci devo impormi fin da subito. Far capire loro chi comanda. Adesso
perciò vuole farmi irritare, ma non ha idea di aver trovare pane per i suoi denti.
Se la situazione lo richiede posso diventare una promoter finanziaria cazzuta,
spietata e dura. Poi, dopo aver affrontato le torte erotiche di Mrs McQueen,
sono pronta a tutto. Vuole mettermi alla prova? Perfetto, che si faccia sotto!
Sono disposta a fare qualsiasi cosa per aggiudicarmelo come cliente,
conquistarmi la sua fiducia e mettere le mani sui suoi soldi. Ma manterrò saldi
i miei principi e gli mostrerò di che pasta sono fatta, dandogli la possibilità
di conoscere il mio carattere e il mio modo di ragionare.
«Mr Reyes ultimamente sta considerando l’idea di
effettuare nuovi investimenti e allargare i suoi orizzonti, ma prima vuole
giustamente valutare le offerte presenti al momento sul mercato» interviene
Colin per spiegarmi le intenzioni del suo capo, posando la valigetta sulle sue
ginocchia e aprendola per estrarne dei documenti. «I suoi interessi, come
probabilmente già saprà, sono molteplici e al momento sta cercando nuovi
stimoli per riorganizzare il suo lavoro» prosegue, passandomi alcuni fogli e
mettendomi al corrente della loro situazione. Sbircio le carte, che contengono
un resoconto dettagliato delle azioni di Mr Reyes, e sgrano gli occhi quando mi
rendo conto degli importi che sono segnati. Quest’uomo guadagna in un’ora
quello che io otterrei soltanto dopo cinque anni di duro lavoro.
«Ogni tanto sento l’esigenza di mettermi alla
prova» interviene il mio cliente, sorridendomi con complicità. «D’altronde sarà
anche merito di questa mia dinamicità se in questi anni sono riuscito a
guadagnarmi un certo prestigio nel mondo degli affari: non riesco a
concentrarmi troppo su un unico progetto, ma devo mettermi sempre in gioco e
cercare nuovi brividi» continua, vantandosi e giustificando allo stesso tempo
la sua ossessione per gli investimenti.
«Beh, sono certa che a lungo andare diventi
alquanto noioso dover gestire soltanto una dozzina di aziende. Capisco dunque
la sua voglia di cambiare e trovarsi nuovi hobby» commento con ironia,
scuotendo il capo con disapprovazione e ricevendo in cambio un’occhiata da
parte del mio prossimo assistito. Anche se non sono più tanto sicura di venire
assunta, considerata la mia mania di fare battute inopportune e perdere un po’
il controllo. Però è più forte di me, non riesco a trattare con persone così
privilegiate e altezzose. So che è il mio lavoro e non è la prima volta che mi
capita, ma Richard Reyes mi irrita particolarmente. Più di Mrs McQueen e le sue
torte erotiche.
«Ovviamente seguiremo le sue proposte, Miss
Thompson, e ci affideremo al suo giudizio» finisce il mio interlocutore,
ignorando il mio sarcasmo e sembrando molto sicuro delle sue parole. «Per
iniziare voglio investire un paio di milioni di dollari, in modo da poter
monitorare durante i primi mesi gli effettivi profitti generati dalle sue
geniali intuizioni finanziarie» aggiunge, usando un tono fastidiosamente
beffardo e prendendosi gioco delle mie capacità. Inoltre continua a fissarmi
con indifferenza, irritandomi. «Poi si vedrà» conclude, lasciandomi in sospeso.
«Quali sono le sue vere intenzioni, Mr Reyes?» gli
domando allora, sentendomi offesa a causa dal suo sarcasmo inopportuno.
«Prendermi in giro? Sondare le mie abilità per determinare poi se in base ai
suoi standard sono abbastanza preparata?» proseguo, sfidandolo apertamente.
«Non ho tempo da perdere con questi stupidi giochetti di potere, perciò se
vuole mettersi contro il suo Consiglio di amministrazione e provocare i suoi
azionisti lo faccia pure… ma la prego di non mettermi in mezzo, io prendo molto
seriamente il mio lavoro» lo avverto, percependo la sua voglia inconscia di
ribellione. In effetti in questo istante mi sembra un adolescente che vuole
disobbedire ai suoi genitori, ma io non sono la sua babysitter.
«Vuole forse dire che non mi vuole come cliente?»
mi provoca lui, sorridendo con furbizia. «Se dovessi affidarle parte del mio
patrimonio lei potrebbe benissimo assicurarsi una promozione istantanea» mi
informa, mostrandomi i lati positivi della nostra collaborazione. «Le
basterebbe solo dirmi di sì, occuparsi dei miei affari e sfruttarmi come
trampolino di lancio» conclude, elencandomi le mie possibilità.
«Non sono in vendita» mi altero, stringendo i
pugni. «Io ho un’etica morale» lo informo, chiarendogli la mia posizione e
ignorando le sue lusinghe. Detesto i milionari che credono di poter compare
tutto e tutti con i propri soldi, senza fare la minima fatica. Rappresentano un
classico cliché, per questo quando li
incontro mi viene voglia di prenderli a pugni. Però attualmente non posso
gestire una causa per aggressione e quindi devo contenermi, anche se per
fortuna mi è ancora concesso rispondergli per le rime. Probabilmente così
perderò il contratto, tuttavia al momento non mi interessa. Peter ha sbagliato
ad affidarmi questo cliente ed io ho peccato di presunzione accettando di
incontrarlo, ma non pensavo fosse un tale stronzo narcisista. Credevo di
potermene occupare in tutta tranquillità, invece i miei nervi sono compromessi
e la mia pazienza si sta esaurendo.
«Suvvia, Miss Thompson, io potrei renderla una
persona importante» dichiara il diretto interessato, facendo rafforzare con
queste sue ultime parole la mia opinione negativa.
«Sì, ma a che prezzo?» gli chiedo, accigliandomi di
nuovo.
So di apparire alquanto contraddittoria in questo
momento. Insomma ho iniziato questa sorta di colloquio imponendomi di
conquistarlo come cliente con ogni mezzo possibile e sfruttando tutte le mie
doti persuasive, eppure adesso mi sto mostrando restia ad assecondarlo. Dovrei
saltare di gioia e firmare il nostro contratto senza tentennamenti, in modo da
far felice Mr Micols e i nostri dirigenti. Però… però non posso lasciarmi
calpestare così e vendergli la mia anima, solo per ottenere una promozione e aumentare
la mia notorietà nel campo finanziario. Io non sono un’approfittatrice. Mi sono
guadagnata questo posto con il sudore della mia fronte, faticando e passando
anni a lavorare come stagista sottopagata. Nessuno mi ha aiutato, ho ottenuto
tutto adoperando solo le mie forze e ho sopportato gli sproloqui dei miei
superiori per un tempo infinito prima di potermi sedere dietro questa
scrivania. Ho trascorso le mie pause pranzo studiando documenti, facendo
calcoli e piangendo ogni tanto nel bagno dell’azienda. Ma ora sono qui, nel mio
ufficio e ho perfino una segretaria. Per quanto avere Mr Reyes come cliente
sarebbe davvero una realizzazione personale e una conferma delle mie capacità,
non posso calpestare i miei sacrifici e i miei ideali soltanto per fare felice
il mio capo. Non posso vendermi.
«Quello che decido io» afferma Richard, ghignando
apertamente. «Mi pare avessimo già chiarito questo piccolo particolare»
riprende, sbeffeggiandomi.
Colin scuote il capo e sbuffa, disapprovando a
quanto pare la nostra discussione.
«Non ho alcuna intenzione di soddisfare i suoi
capricci» riprendo, alterandomi e alzando leggermente il tono. «La mia politica
aziendale è molto rigida, Mr Reyes» lo avverto con sicurezza, ribadendo la mia
decisione e confermando la mia opinione.
«Pensa che la mia non sia altrettanto seria?» mi
domanda, apparendo ancora divertito.
«Quello di cui sono convinta è che lei potrebbe
benissimo occuparsi da solo dei suoi affari» ribatto, cercando di non sembrare
intimidita dal suo atteggiamento e dando voce ai miei precedenti ragionamenti.
«Sappiamo entrambi che non ha alcun bisogno del mio aiuto» continuo, fissandolo
negli occhi per manifestare la mia determinazione. «O del mio intuito»
aggiungo, incrociando le mani sulla scrivania e guardandolo con rinnovato
orgoglio. «Perciò le ripeto, perché è qui? Cosa vuole ottenere da questo incontro?»
finisco, riformulando il mio quesito.
«Sono qui perché ho sentito che lei possiede un
buon fiuto per gli affari e ultimamente i miei promoter mi stanno alquanto
deludendo» ammette lui, sedendosi in modo più composto e ricambiando la mia
occhiata. «Mettiamo le cose in chiaro, Miss Thompson, in modo da evitare altri
fraintendimenti: voglio assumerla temporaneamente, vedere come gestisce i miei
soldi, valutare le sue idee, calcolare i miei profitti e poi agire di
conseguenza» chiarisce, rivelandomi in sintesi il suo piano.
«Lei non vuole comprarmi» commento con un tono
sorpreso, aggrottando le sopracciglia dopo aver ascoltato attentamente il suo
discorso. «Piuttosto sta investendo su di me» proseguo, arrossendo lievemente.
Non posso negare di sentirmi lusingata per la sua affermazione e il suo parere
riguardo il mio lavoro, in effetti è sempre gratificante sapere che qualcuno lo
apprezza, tuttavia il suo comportamento continua a non piacermi.
«Esattamente» conferma Mr Reyes, annuendo con un
gesto del capo. «Ho sentito parlare delle sue imprese da alcuni miei conoscenti
e, anche se non ha mai accettato clienti del mio calibro, so che ha delle buone
capacità» si complimenta, vantandosi a sua volta e ribadendo la sua
superiorità.
«E al momento quali campi vorrebbe esplorare?» gli
domando, cercando una conferma delle sue intenzioni. «Quello dell’elettronica?
Quello della cosmetica? O forse è più interessato ai videogiochi?» proseguo,
elencando le nuove tendenze del mercato.
«Sono aperto a qualsiasi iniziativa» risponde il
mio interlocutore, dandomi carta bianca.
«Attualmente abbiamo investito in alcuni siti
online, quindi se possibile vorremmo mantenerci su questo settore» dichiara
Colin, inserendosi di nuovo nella nostra discussione.
«Le piattaforme del web sono molto interessanti e
permettono di entrare in contatto con un vasto pubblico» ammetto, concordando
con la sua osservazione. «Le più grandi aziende americane, ma anche quelle
straniere, si stanno espandendo in questo senso e hanno avuto parecchi
riscontri positivi» confermo, pensando alla nuova strada che ha preso
ultimamente la globalizzazione grazie alle nuove tecnologie a disposizione e
analizzando appunto gli ultimi sviluppi informatici. «Credo che con le sue
possibilità economiche e il suo coinvolgimento in vari ambiti potrebbe avere
molte alternative da valutare» concludo, iniziando già a pensare alle
statistiche e ai possibili investimenti.
«Bene, allora le lascerò il tempo di pensare alla
mia offerta e tornerò la prossima settimana per considerare le sue proposte»
afferma Richard, alzandosi dalla sedia e sistemandosi i risvolti della giacca
elegante. «Le sta bene?» mi chiede, anche se con il suo quesito sembra più
sfidarmi che accertarsi del mio parere.
«Come ha detto lei stesso poco fa, sarei una pazza
a rifiutare una proposta del genere» dichiaro, imitando i suoi movimenti e
mettendomi in piedi. Questa volta non barcollo, ma appaio decisa e determinata.
«Tuttavia ho molte cose su cui riflettere» aggiungo, non dandogliela vinta. «Il
suo atteggiamento non mi piace, Mr Reyes, e se ci dovessimo trovare davvero a
lavorare insieme penso proprio che dovrà cambiare i suoi modi di fare» lo
avverto, lanciandogli un’occhiata seria. «Almeno in mia presenza» preciso alla
fine, considerando il nostro incontro e i comportamenti che mi hanno dato più
fastidio. Credo proprio che farò una lista con i pro e i contro, inserendo
anche i momenti che mi sono piaciuti di meno per stabilire in seguito delle
regole ben precise alle quali si dovrà attenere. Sempre se vorrà firmare il
nostro contratto di collaborazione.
«Vedo che il suo fiuto per gli affari non è solo
una leggenda» si complimenta lui, sorridendo successivamente con la solita
malizia. «Così come il suo carattere indisponente» dice infatti, passandosi una
mano tra i capelli. «D'altronde Mr Micols mi aveva avvertito» conclude,
scrollando le spalle con noncuranza.
«Sì, Mr Micols mi reputa una bisbetica» ammetto,
consapevole dell’opinione che Peter ha nei miei confronti. Forse a livello
lavorativo mi stimerà, ma so che personalmente non mi apprezza molto.
Sentimento del tutto ricambiato, comunque. «Eppure se sono seduta qui, in
questo ufficio, le assicuro che c’è sicuramente un buon motivo» gli ricordo,
facendo riferimento alle mie capacità professionali.
Mr Micols odierà pure la mia ossessione per la
moda, i miei ritardi cronici, la mia mania di portare ciambelle in ufficio e la
mia emotività. Però apprezza la mia compostezza, la mia abilità nello scegliere
sempre gli investimenti giusti per i miei clienti e il mio infallibile intuito.
Non può negare che da quando sono stata assunta i nostri profitti sono
nettamente aumentati, insieme al numero dei nostri associati. Non voglio
vantarmi, però è tutto merito mio e lui ne è consapevole.
«Non lo metto in dubbio» afferma Mr Reyes,
fissandomi con rinnovata attenzione e curiosità. «E sarò più che felice di
verificarlo».
«Bene» dichiara Colin, interrompendoci e sistemando
nel frattempo la sua valigetta. «È meglio andare, adesso» aggiunse in seguito,
guardando l’orologio che porta al polso e avvicinandosi infine alla porta dopo
essersi accertato comunque di aver raccolto tutti i documenti. «Tra quindici
minuti abbiamo una videoconferenza con i dirigenti della compagnia
californiana» specifica, rammentandogli il suo prossimo impegno e toccandosi in
maniera distratta l’auricolare.
«Sì, torniamo in azienda» concorda Richard,
raggiungendo il suo assistente.
«È stato quasi
un piacere conoscerla, Mr Reyes» riprendo a parlare, uscendo intanto da
dietro la mia scrivania per andargli incontro e congedarlo.
«Quasi?» commenta lui divertito, sottolineando il
termine che ho utilizzato.
«Beh, non può negare che oggi lei sia stato
abbastanza… esasperante» gli faccio notare, mantenendo sempre un tono formale e
cercando il vocabolo giusto. In effetti definirlo irritante sarebbe stato un
po’ maleducato da parte mia, ma non potevo nemmeno ignorare il suo
atteggiamento e fare finta di niente. Certe volte sono consapevole di essere
eccessivamente sincera, però non lo reputo un difetto. «E poi non abbiamo
trovato ancora nessun accordo» concludo, soffermandomi sul punto più
importante.
«Questo dipende semplicemente da come andrà il
nostro prossimo appuntamento» mi ricorda, facendo riferimento al nostro futuro
meeting e alla sua importanza per la mia carriera. «Quindi non mi deluda, Miss
Thompson» dichiara con serietà, fissandomi inoltre in modo intenso e facendomi
arrossire furiosamente. «Comunque, non so se questo potrà renderla felice, ma
per me invece è stato un vero piacere averla incontrata» precisa subito dopo
con sicurezza, rivolgendomi un ultimo sorriso seducente. «Perciò non vedo l’ora
di rivederla» finisce con assoluta compostezza, salutandomi poi con un gesto
della mano e dando uno strano senso alla sua frase. Sembra troppo… intima.
«Arrivederci» afferma Colin, seguendo il suo capo
fuori dallo studio.
«Alla prossima» sussurro, sentendomi leggermente a
disagio e imbarazzata.
In fin dei conti Richard sarà anche un uomo
bellissimo e apparentemente perfetto, anche se il suo carattere lascia alquanto
a desiderate, ma non è affatto il mio tipo. Insomma potrà essere ricco,
indipendente, ambizioso, sicuro di se stesso e rappresentare il sogno di ogni
donna sana di mente. Però è indiscutibilmente arrogante, a tratti
insopportabile, molto spesso presuntuoso e senza dubbio viziato. Il suo aspetto
e il suo portafoglio, insieme ai pochi pregi che ho elencato in precedenza, non
possono di certo compensare la sua antipatia.
Annuisco, convincendomi dei miei ragionamenti, e mi
preparo dunque a riprendere il mio lavoro. Allora mi avvicino all’entrata del
mio ufficio, con l’intenzione di chiudere la porta e isolarmi dal resto del
mondo, ma il mio sguardo viene attratto inevitabilmente dalla figura di Mr
Reyes. Si trova in fondo al corridoio, precisamente vicino agli ascensori, e
sta parlando tranquillamente con il suo segretario. Tiene una mano nella tasca
dei pantaloni, mentre con l’altra controlla il suo cellulare. Ha assunto una
posa rilassata, permettendomi in questo modo di ammirare indisturbata le sue
spalle possenti. Nonché il suo meraviglioso sedere, le sue gambe muscolose e un
lato del suo viso.
Sospiro, restando quasi in contemplazione, e
successivamente mi rendo conto che ogni donna presente in questo studio in
pratica è rimasta incantata da Richard. Infatti, dando un’occhiata in giro per
confermare la mia supposizione, mi accorgo con immediatezza che tutte le
stagiste e le assistenti sono perfettamente imbambolate. Alcune in effetti sono
ferme vicino alle stampanti, intente a fissare senza nessuna vergogna nella sua
direzione piuttosto che occuparsi delle loro fotocopie, mentre due ragazze si
sono bloccate nell’androne proprio per non perdersi lo spettacolo. Stanno lì
impalate, con dei fascicoli tra le mani e le espressioni sognanti. La
segretaria di Mr Micols si trova invece nel cucinino, separato dalla hall da
una parete in cartongesso, e appena si accorge del trambusto generale sporge la
testa per valutare la situazione. Subito dopo, precisamente nel momento in cui
si accorge della presenza di Mr Reyes, apre leggermente la bocca e arrossisce
come un’adolescente davanti alla sua prima cotta. Poi senza neanche
accorgersene versa un po’ di caffè sul pavimento, rimanendo immobile come una
statua.
Ma dico, queste donne non hanno mai visto un uomo
attraente nella loro vita? Certo, lui ovviamente fa parte di un’altra categoria
e devo ammettere che anche io all’inizio sono rimasta alquanto stupita dal suo
aspetto. Insomma, stavo quasi sbavando. D'altronde è innegabile che Richard è
fantastico, sprizza mascolinità da tutti i pori ed è evidentemente benestante.
Però non è necessario comportarsi in questa maniera, come le eroine drammatiche
di un film di seconda categoria capaci solo di sospirare in maniera sognante.
Davvero, mi sembra di trovarmi in uno di quei romanzetti harmony pieni di cliché e stereotipi assursi. Però questa
è la realtà e dovremmo darci un contengo, dimostrando oltretutto di non essere
bamboline facilmente manovrabili o stupide allocche stregate dal belloccio di
turno.
Sì, Richard è un uomo eccitante. Sì, le nostre
mutandine potranno anche essersi bagnate dopo aver visto il suo sorriso. Ma
niente di più. Siamo padrone del nostro corpo, dei nostri istinti e della
nostra mente. Non ci lasciamo incantare dal primo che passa. Inoltre dobbiamo
sforzarci di contenere le nostre reazioni anche per sostenere Mr Reyes, che ha
già un ego smisurato e certamente non ha bisogno di ricevere ulteriori
apprezzamenti da parte del genere femminile per confermare la sua smisurata
sicurezza. In realtà, per il suo bene, avrebbe bisogno di essere un po’
ridimensionata.
Eppure perfino Mrs Bomblood, la storica segretaria
che è stata assunta in questa azienda praticamente ai tempi dei padri fondatori
e la cui età è per tutti un vero mistero, si è sistemata gli occhiali sul naso
per poter guardare meglio il fondoschiena di Richard. Merce di prima scelta, sembra pensare. Allo stesso modo Miss
Fanning, l’apatica receptionist della Cooper&Parker
Investiment Companies, ha smesso addirittura di rispondere al telefono per
non rovinare questo magico istante di poesia.
Io al contrario sbuffo e osservo per l’ultima volta
la figura di Mr Reyes, proprio quando le porte dell’ascensore si aprono. Lui
entra con tranquillità e successivamente si volta, rendendosi subito conto di
aver attirato l’attenzione di tutta la popolazione femminile dello studio.
Allora alza lo sguardo e lo fa vagare lungo il corridoio, fino a quando non
incontra il mio.
Maledizione, mi ha
beccata a fissarlo! Penso,
diventando rossa come un pomodoro. Poi scuoto il capo per riprendere il
controllo delle mie emozioni e ricambio con fermezza la sua occhiata,
dimostrandogli così di non essere una delle solite ochette pronte ad
istupidirsi per colpa della sua bellezza e sfidandolo apertamente a credere il
contrario. Richard però mi sorprende e ghigna, apprezzando probabilmente la mia
sfacciataggine e la mia determinazione. E questo è perfino peggio, perché posso
resistere al suo fascino quando si comporta da idiota ma non ho alcuna
possibilità di ribellarmi se comincia a stimarmi davvero. Così capisco di
essere nei guai… in guai grossi. Tuttavia non posso infatuarmi di Richard
Reyes, per una serie infinita di ragioni: innanzitutto l’ho appena conosciuto,
cosa ancora più importante non potrei essere assunta come sua promoter a causa
del mio coinvolgimento personale, poi mi sentirei sempre in soggezione per
colpa della sua ricchezza esagerata e soprattutto non rispecchia affatto il mio
ideale di uomo. Insomma, non è quello giusto per me. Assolutamente no.
Sabato mattina mi sveglio in pratica quasi all’ora
di pranzo, confermando in questo modo la mia pigrizia e la mia voglia di
godermi con tutta tranquillità il tanto agognato week-end. In effetti durante
la settimana mi alzo regolarmente alle sette, in modo da potermi preparare con
calma e andare a fare un’abbondante colazione nella mia pasticceria preferita
prima di recarmi a lavoro, ma se devo essere sincera è un vero sacrificio per
me impostare la sveglia ad un orario tanto assurdo. Se dipendesse dalla sottoscritta,
devo ammettere che non uscirei assolutamente dal letto così presto. Tuttavia
sono costretta, perché per raggiungere il mio ufficio devo anche prendere la
metropolitana e quindi sono obbligata a calcolare attentamente i miei
spostamenti per evitare di arrivare in ritardo.
In realtà io potrei benissimo presentarmi in studio
pure più tardi, visto che non timbro alcun cartellino per annotare la mia
presenza e non ricevo comunque i miei clienti prima delle nove. Però la nostra
politica aziendale ci obbliga a recarci in ufficio con un’ora in anticipo nel
caso in cui dovessero tenersi eventuali riunioni con i dirigenti e di
conseguenza, se voglio mantenere il mio posto di lavoro e non suscitare
soprattutto la collera di Mr Micols, mi devo attenere necessariamente al
regolamento della società. È abbastanza raro dunque che durante i normali
giorni feriali possa beneficiare di meritati momenti di riposo mattutino,
perciò quando capita mi trasformo in una vera pantofolaia e faccio invidia
perfino alla Bella Addormentata. In sostanza, come dice sempre mio padre per
prendermi in giro, dormo più dei materassi.
Ma la sensazione di stare al caldo sotto le coperte
e non di non avere alcun pensiero assillante su cui concentrarmi è davvero
impagabile, quindi non è sempre facile per me abbandonare quel bozzolo
protettivo senza lamentarmi o protestare. Perché so che appena scosterò le
lenzuola dal mio corpo non solo morirò di freddo, ma dovrò anche tornare alla
vita vera. Quella in cui devo pagare le bollette, preoccuparmi dell’affitto,
risolvere i miei problemi esistenziali e discutere con mia madre. Dunque mi
sembra abbastanza palese da cosa dipenda il mio odio nei confronti della
sveglia: tanto per iniziare quel fastidioso suono ripetitivo infrange i miei
sogni, poi mi obbliga ad affrontare la realtà e infine mi introduce in un nuovo
giorno fatto di potenziali delusioni. Meglio stare a letto, rannicchiarsi sotto
le lenzuola ed illudersi di poter sfuggire a questo mondo crudele. Però le cose
cambiano quando arriva il week-end, perché finalmente si può pensare solo a se
stessi e al proprio benessere. Per questo motivo i miei fine settimana sono
programmati totalmente all’insegna dell’ozio e la mia giornata di solito si
svolge in maniera abbastanza semplice: mi alzo ad orari assurdi, subito dopo
faccio colazione – o addirittura direttamente il pranzo – con un paio di donuts al cioccolato comprati venerdì
sera al negozio di Maggie, mi rilasso poi sul divano e alla fine passo tutto il
pomeriggio guardando la televisione. Così recupero gli episodi delle serie che
ho lasciato in sospeso, mettendomi in pari e preoccupandomi successivamente di
leggere gli spoiler delle prossime
puntate. Ogni tanto invece, quando devo soddisfare la mia parte masochista,
dedico il sabato sera allo yoga. Ottengo comunque scarsi risultati, visto che
non sono assolutamente portata per lo sport e non sono nemmeno molto
coordinata. Ma la mia ritrosia nei confronti di questa particolare pratica
meditativa dipende soprattutto dal fatto che non riesco proprio a capire come
stare a testa in giù per un quarto d’ora possa aprire i miei chakra, liberarmi
dallo stress e dalle sensazioni negative che affollano la mia mente.
Sinceramente continuo a farlo solo perché, durante il mio periodo di shopping
compulsivo e terapeutico post rottura con Tom, ho speso centinaia di dollari
comprando tappetini e corsi videoregistrati. È un peccato quindi non sfruttarli.
Alcuni week-end infine li trascorro coccolandomi davvero: faccio un bel bagno
rilassante, sistemo una decina di candele profumate sul bordo della vasca e
sorseggio vino direttamente dalla bottiglia. Niente TV, niente tecnologia e
niente guide spirituali che mi consigliano di assumere posizione assurde per
scogliere muscoli potenzialmente inesistenti. Siamo solo io, l’acqua calda, la
schiuma bianca, un buon libro e dell’ottimo vino rosso. Quando finisco passo
poi a ricoprire il mio corpo con delicate creme alla fragola ed intanto indosso
una qualche maschera idratante, acquistata dopo aver visto miracolosi spot
pubblicitari che mi illudono di poter avere un viso brillante proprio come
quello delle modelle. È piuttosto raro invece che mi dedichi alle pulizie, ma
capita che nei periodi morti – mentre aspetto magari che l’ennesima maschera
antirughe faccia effetto o che lo smalto ai piedi si asciughi – mi venga voglia
di riordinare il mio armadio. Allora sistemo i vestiti che ho ritirato dalla
lavanderia durante i pomeriggi precedenti, dopo essere uscita dall’ufficio.
Certe volte cambio addirittura le lenzuola e lucido i soprammobili con qualche
prodotto recuperato a caso dall’armadietto del bagno, sebbene sia davvero
inconsueto per me occuparmi delle faccende domestiche durante i miei giorni di
pausa lavorativa. Anche questa mattina quindi non è un’eccezione e quando mi
sveglio non posso fare a meno di pregustarmi la mia imminente giornata di
relax, rigirandomi all’inizio sul letto e decidendomi poi di alzarmi per fare
una doccia quando mi rendo conto che sono le undici passate. Non posso perdere
troppo tempo, perché voglio portarmi avanti con le ricerche per Mr Reyes e
soprattutto devo recuperare le sitcom che ho lasciato in sospeso lo scorso fine
settimana. Mi stiracchio allora come un gatto, mugolo qualche parola senza
senso e trovo il coraggio di lasciare finalmente le mie calde coperte. Mi
ritrovo perciò a mezzogiorno ad ingozzarmi di ciambelle, seduta sul mio sofà.
Per l’occasione indosso una comoda tuta grigia di flanella, ho legato i capelli
in un comodo chignon e porto ai piedi delle simpatiche pantofole a forma di
cagnolino. Niente potrebbe rovinare questo momento di tranquillità, a parte
ovviamente il suono del mio cellulare.
Sbuffo, chinandomi verso il tavolino per recuperare
il mio telefono, e controllo subito chi è la persona che ha osato disturbarmi.
Quando vedo la scritta “Mamma” sul
display sono quasi tentata di non rispondere, ma so già che i miei tentativi di
ignorarla risulterebbero inutili. Mia madre infatti sarebbe in grado di restare
attaccata alla cornetta fino a questa sera pur di parlarmi ed io sinceramente
non ho alcuna voglia di mandare in tilt la mia segreteria telefonica a causa
della sua insistenza, perciò non mi oppongo al destino e premo il tasto verde.
«Pronto» borbotto, preparandomi ad affrontare la
nostra imminente discussione.
«Ciao, tesoro» inizia lei, apparendo stranamente docile e
pimpante. «Come stai?» mi chiede
subito dopo, accertandosi del mio stato di salute.
«Bene» mi limito a replicare, sorvolando sulla mia
frustrazione e sui motivi che mi hanno portata in questi giorni ad essere così
irritata. Anche se non è poi tanto difficile capire la causa del mio malumore:
in effetti è tutta colpa dell’incontro avvenuto con Richard Reyes, nonché degli
avvenimenti che si sono susseguiti proprio in seguito al mio colloquio con il
diretto interessato. Sono stata rimproverata duramente dal mio capo per non
aver concluso subito il contratto, rischiando di mandare a monte la mia unica
possibilità. Mr Micols non si è rassicurato nemmeno quando gli ho riferito del
mio prossimo appuntamento con Richard e anzi mi ha detto che, nel caso in cui
mi fossi lasciata sfuggire questa enorme occasione, avrei rimpianto i tempi in
cui ero una semplice stagista. Lui voleva dare lustro al nostro ufficio, ma ci
sarebbe riuscito solo se Mr Billionaire si fosse deciso ad apporre la sua firma
accanto alla mia su un documento ufficiale. Ma se devo essere onesta c’è
un’altra ragione alla base del mio nervosismo e questa non riguarda affatto il
mio lavoro, la verità è che non ho ancora ricevuto alcuna risposta da RichieRich e adesso quindi sono
esattamente cinque giorni che mi ignora. Perciò mi sento sempre più umiliata,
furiosa e depressa. Anche se in teoria non dovrei darci alcun peso, alcuna
importanza. Invece ci tengo troppo e questo mi dà ancora più fastidio, perché
un tale maleducato non dovrebbe meritare la mia considerazione. «Voi?» mi
accerto in seguito, risvegliandomi dai miei pensieri e concentrandomi sui miei
genitori.
«Tutto a posto» commenta Samantha, tranquillizzandomi. «Tuo padre sembra essersi ripreso grazie
alla nuova cura che gli ha prescritto il Dottor Maison e sta molto meglio da
quando ha cominciato la sua dieta ipocalorica» mi informa, mettendomi al
corrente della situazione. Papà è un soggetto a rischio infarto e ultimamente
non è stato bene, perciò mia madre lo ha portato subito da un cardiologo e lo
ha messo a stecchetto. Niente più dolci, niente più bistecche, niente più
hamburger e soprattutto niente più birra. Ora mangia solo pane integrale,
minestre di verdura, cavolfiore bollito e pollo arrosto. Ovviamente senza sale,
senza olio e altri condimenti. Per quanto la cosa mi faccia soffrire,
considerato che mio padre è sempre stato un fervido sostenitore del cibo
americano e di ogni schifezza commercializzata nei supermercati, non posso
negare che questa volta mi trovo pienamente d’accordo con mia madre.
Papà deve stare attento alla sua alimentazione, al
suo stile di vita e alla sua salute. Perciò dovrà sopportare ancora per molto
le pietanze insapori propinategli dalla mamma e inoltre dovrà continuare
regolarmente con i suoi esercizi fisici, dimenticandosi il divano. Io per
sfortuna ho ereditato tutto da lui, infatti ho sia la sua costituzione fisica
sia le sue brutte abitudini. Però sto cercando di cambiare e sto seguendo una
dieta equilibrata, sebbene continui a strafogarmi di ciambelle. Ma a quelle non
posso assolutamente rinunciare, soprattutto per la mia sanità mentale. Sono il
mio antistress personale, nonché il mio antidepressivo naturale. «Sai, cara, Edward ha appena divorziato da
sua moglie» continua Samantha, sospirando con fare afflitto e riferendosi
ancora al medico. «È un uomo talmente
dolce e disponibile che non capisco proprio quale possa essere stato il motivo
della loro separazione».
«Non credo siano affari nostri» affermo, preparandomi
inoltre alla sua prossima risposta. Perché so già dove andrà a parare, ormai la
conosco troppo bene.
«Dovresti proporgli di
uscire» dichiara
infatti, provando a coinvolgermi in un altro suo assurdo piano per accasarmi. «Penso proprio che sia la persona giusta per
te» continua, cercando di convincermi.
«E scommetto che a lui farebbe davvero piacere conoscerti meglio, in effetti
quando ci incontriamo non facciamo altro che parlare di te» conclude,
adulandomi. I suoi palesi tentativi di trovarmi un uomo stanno diventando
davvero patetici, imbarazzanti ed umilianti. Inoltre sono consapevole che
quando mia madre dice “non facciamo altro
che parlare di te” le cose non stanno esattamente in questo modo, ma anzi è
tutto il contrario. Significa soltanto che lei rimbambisce di chiacchiere il
povero malcapitato di turno, il quale ovviamente si ritrova del tutto
impreparato al suo assalto verbale e non ha la minima idea di come reagire
davanti alla prospettiva di essere stato scelto come potenziale genero.
«Mamma, voglio ricordarti che il Dottor Maison ha
più di cinquant’anni e un figlio della mia età che gli ha già dato dei nipoti»
le ricordo con calma, contenendo il mio fastidio. «Sono troppo giovane per
essere considerata una nonna, senza contare poi che non è affatto il mio tipo»
aggiungo, stroncando sul nascere le sue speranze.
«Tesoro, sarà anche
stempiato e un po’ grandetto» comincia, parlandomi con un tono condiscendete.
Come se fossi una bambina capricciosa, cocciuta ed irragionevole. La cosa
tuttavia non mi stupisce, perché ormai da anni mi tratta in questo modo. «Ma considerata la tua… condizione… dovresti
accontentarti» continua, cercando il termine adatto per descrivermi.
Sospiro, trattenendomi a stento dal gridarle contro e sfogare su di lei tutta
la mia frustrazione. Ma è anche vero che mia madre purtroppo fa parte della
vecchia generazione, quella in cui se non sfornavi un figlio al massimo a
venticinque anni potevi considerarti in pratica una zitella. Una gallina
vecchia. Per lei non vedermi ancora sposata è una vergogna, perché ho già
superato abbondantemente l’età giusta per procreare e secondo la sua filosofia
a quanto pare non ho alcuna speranza ormai di crearmi una famiglia. La odio
quando ragiona in questo modo. Mi fa sentire patetica, inadatta e decrepita. «È un uomo piacevole, maturo e cordiale» prosegue,
descrivendo le qualità di Gregory.
«Allora sposatelo tu» borbotto, non riuscendo a
trattenermi.
«Christine, lo sai che
voglio soltanto aiutarti» si giustifica lei, trattandomi come un caso perso. «Lo faccio per il tuo bene» afferma, iniziando a piagnucolare. «Non voglio che resti sola» riprende,
confidandomi la sua più grande paura. «E
vista la tua età, il tuo peso e il tuo carattere indipendente non so se
riuscirai mai a trovare qualcuno» finisce, continuando ad insultarmi e
lasciando volatilizzare così la mia comprensione.
«Ho trent’anni, mamma, non cento!» esclamo con
risentimento, alterandomi e mandando a monte il mio piano di restare
tranquilla. Di essere padrona della situazione. Però è difficile, perché lei
tocca argomenti troppo delicati per il mio equilibrio psicologico. «E il mio
peso è perfettamente nella norma» ribadisco, stringendo con forza i pugni e
lanciando un’occhiata disperata ai miei donuts.
Adesso sento proprio il bisogno di addentarne uno e sfruttare gli effetti
antidepressivi del cioccolato, altrimenti rischio di avere una crisi isterica o
peggio ancora corro il pericolo di mettermi a piangere. Loro però non mi
deludono mai, sono sempre disposti a consolarmi ed ignorano costantemente le
mie imperfezioni. Mi accettano per quella che sono: una trentenne a volte un
po’ bisbetica, in sovrappeso, con qualche piccolo problema di autostima e con
evidenti complessi nel rapporto con sua madre.
«Tesoro, non sei mai
stata nella norma» rincara la
mia interlocutrice, non capendo il mio stato d’animo.
«Sei sempre molto gentile, grazie» commento
ironicamente, storcendo le labbra in una smorfia. «Ora devo proprio lasciarti,
ho del lavoro da sbrigare. Salutami papà» la saluto in modo frettoloso,
trovando una scusa convincente per interrompere la nostra discussione e non
aspettando nemmeno la sua risposta prima di chiudere la chiamata.
In realtà so che non dovrei restarci male a causa
delle sue parole e ormai dovrei essermi addirittura abituata ai suoi commenti
tutt’altro che carini, d’altronde è da quando ho compiuto quindici anni e mi è
cresciuto il seno che mia madre fa riferimenti offensivi riguardo al mio corpo.
Mi ha sempre fatta sentire a disagio per colpa dei miei fianchi larghi, del mio
sedere abbondante e della mia pancia morbida. Non ha mai perso tempo nel
rimproverarmi, anche davanti ai nostri parenti e ai miei amici, quando mi
strafogavo di dolci o eccedevo con il cibo. Inoltre durante la mia adolescenza
mi ha imposto diete assurde, visite dietologiche e pomeriggi in palestra. Ormai
la conosco, so che è delusa per la mia forma. Perché sono grassa, non le
assomiglio e sono una delusione. Sì, mi vuole bene, ma per lei non sono
perfetta. Non sono una figlia modello. Per questo, quando ci sentiamo o ci
troviamo a pranzo insieme la domenica, cerco puntualmente di ignorare le sue
parole. Tuttavia certe volte, soprattutto quando affronto un periodo complicato
o riaffiorano le mie insicurezze, mi fa soffrire sapere che perfino lei mi
trova orrenda. Insomma, non sarò una bellezza tradizionale, ma anche io ho i
miei punti di forza. Poi non credo che delle tette prosperose e dei fianchi abbondanti
mi rendano tanto brutta, anzi a certi uomini piace avere qualcosa da toccare e
a cui aggrapparsi durante il sesso. Ci sono voluti anni per farmi accettare il
mio corpo e per sentirmi a mio agio con le mie curve, per non avere paura di
guardarmi allo specchio e per superare il timore di andare a fare shopping. Non
capisco invece perché mia madre debba sfruttare ogni occasione per denigrarmi,
per ricordarmi il mio peso e mettermi in imbarazzo. Non riesco a comprendere
perché non mi faccia mai un complimento, perché non sia orgogliosa dei miei
traguardi a prescindere dal mio aspetto fisico, perché continui a comprare
riviste nutrizionali con il solo scopo di regalarmele e farmi sentire un’obesa.
Forse per lei è difficile mettersi l’anima in pace, ma la verità è che non sarò
mai la sua esatta fotocopia.
Non potrò mai avere il suo corpo longilineo, le sue
braccia gracili, le sue lunghe gambe da ballerina e il suo ventre piatto.
Inoltre, considerando obiettivamente la mia costituzione fisica, è ovvio che
non potrò mai diventare magra come una sottiletta. Come una modella anoressica,
che mangia solo insalate e mele. In realtà io ho preso da mio padre: ho
ereditato le sue guance paffute, la sua pancia burrosa, le sue cosce carnose,
il suo sedere e la sua prorompenza. Ma va bene così. Le mie curve attirano gli sguardi,
anche se non sempre quelli lusinghieri, e quando oggi mi ritrovo a studiare la
mia immagine riflessa nello specchio non vedo più un’adolescente complessata
per colpa del suo peso. Non vedo più una cicciona in lacrime, una ragazzina
brufolosa che indossava le pancere per far felice sua madre. Non vedo più una
quindicenne indifesa che odiava andare a scuola, perché i suoi compagni la
insultavano e la facevano sentire sbagliata. Diversa. Ora ho davanti una donna
determinata, forte e bella. Una donna in carriera, che gestisce ogni giorno
milioni e milioni di dollari. Una donna a suo modo attraente, che riesce a
conquistare gli uomini e a sentirsi desiderata. Ho anche trovato uno stile di
abbigliamento che mette finalmente in evidenza il mio corpo, invece di farmi
apparire un wurstel strozzato in un panino, e adesso sono davvero soddisfatta
del mio aspetto. Mi sento attraente e sexy. Mi piaccio e non permetterò a
nessuno, compresa a mia madre, di farmi sentire sbagliata o inadeguata. Di
nuovo.
Annuisco, animata da un nuovo impeto di coraggio, e
subito dopo addento la mia terza ciambella senza alcuna esitazione. Alla faccia tua, mamma. Poi lancio
un’occhiata al mio portatile, che è posizionato sul tavolino di fronte al
divano, e in seguito ad un breve riflessione mi decido a recuperarlo. Ignoro i
personaggi che hanno ripreso a parlare in televisione e lo apro, mettendo la
password e collegandomi immediatamente ad internet. Il mio obiettivo però non è
quello di iniziare le fatidiche ricerche di mercato destinate al mio affare con
Mr Reyes, al contrario voglio occuparmi della mia entusiasmante vita privata.
Questa volta non è il vino a condizionarmi e nemmeno la mia assurda
disperazione. No, questa volta mi lascio guidare semplicemente dalla rabbia e
dall’eccesso di zuccheri nel mio sangue. Allora mi connetto al sito di incontri
WithLove, faccio il login, vado nella
casella delle e-mail e apro una nuova conversazione con RichieRich.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Stupido, sciocco maschilista
Sai che c’è,
RichieRich? Pensavo davvero che fossi una persona diversa. Un uomo con le
palle, tanto per cambiare. Uno capace di intavolare una discussione civile,
rispondere ad una stupida e-mail con un minimo di garbo e un briciolo di
educazione. Uno pronto a dimostrarmi che il genere maschile non è formato solo
da stupidi approfittatori malati di sesso, palloni gonfiati e Don Giovanni da
strapazzo. Invece no, sei stato una vera delusione. Ma cosa mi aspettavo? Voi
uomini siete tutti uguali: idioti, arroganti e assolutamente sicuri della
vostra incredibile bellezza. Anche se a volte lasciate molte a desiderare,
fammelo dire. Pensate davvero che qualsiasi ragazza sia disposta a cadere ai
vostri piedi, sbavarvi dietro e vendersi l’anima pur di avervi? Pur di
accontentarsi delle vostre briciole? Magari perché vi reputare attraenti,
irresistibili e ricchi. Beh, non è così, mi dispiace deluderti!
Noi donne siamo gemme
preziose, fiori delicati che devono essere accuditi con amore. Non ci
accontentiamo mai di poco, preferiamo avere niente piuttosto che la mediocrità.
Cerca di ricordarlo. Non siamo nemmeno delle bambole, delle galline o dei
giocattoli! Possediamo invece caratteri forti e decisi, inoltre siamo molto
determinate. Io probabilmente più di tutte. Ho trent’anni e so come funziona il
mondo, ma ormai da tempo mi sono opposta a questo assurdo maschilismo che
ancora esiste nella nostra società. Ne ho abbastanza. Non sono inferiore a
nessuno: ho una vita colma di successi, lavoro meglio di tanti uomini che si
vantano della loro inesistente bravura e non mi farò mettere i piedi in testa
dall’ennesimo presuntuoso. Sai quanto coraggio mi ci è voluto per scriverti?
Sai quanto tempo ho impiegato per trovare le parole giuste? Per non sentirmi
patetica? Sai quanto è stato difficile per me aprirmi con un completo
sconosciuto, mettere a nudo le mie debolezze? No, certo che non lo sai. Perché
sei uno stupido, sciocco maschilista. Mi sono pentita di averti contatto, di
aver creduto di aver trovato qualcuno di interessante su questo sito di
incontri. Ma cosa mi è passato per la testa l’altra notte? Sono stata sincera e
cosa ho ricevuto in cambio? Niente, né una parola né un misero messaggio per
giustificare il tuo silenzio. Nemmeno un “mi dispiace, ma non sono alla tua
altezza”. Perché sì, è questa la verità. Tu evidentemente non sei adatto a me.
Credevo di aver toccato il fondo quando mi sono registrata su WithLove, ma ho
capito che mi sbagliavo. Sei tu il mio fondo, il mio più grande errore. E sono
stufa di restare delusa, di essere ferita. Perciò addio, RichieRich.
Ah, un’ultima cosa.
Vaffanculo.
Sorrido con soddisfazione e premo su INVIA, senza
rileggere nemmeno la mia e-mail. In realtà il mio unico intento in questo
momento è quello di sfogarmi e ci sono assolutamente riuscita, anche se forse
sono stata un po’ troppo dura. Ma non mi interessa, perché ho scritto solo la
verità. Non provo sensi di colpa. RichieRich
è stato scorretto con me, un vero insensibile e un autentico maleducato. Si
meritava assolutamente una bella ramanzina ed io sono stata più che felice di
fargliela, infatti non posso fare a meno di ridere per un’altra manciata di
secondi prima di riprendere il controllo delle mie emozioni. Sono entusiasta
della mia iniziativa e sono fiera di me stessa, perché finalmente mi sono
liberata da questa assurda sensazione di inferiorità e da questo disagio che mi
accompagnava da giorni. Ora sono libera, perciò riprendo a guardare la TV con
perfetta tranquillità e mi lecco le dita per pulirle dai residui dell’ultima
ciambella.
Passa circa una mezz’ora prima che io avverta uno
strano suono provenire dal mio computer, un bip
che mi avverte dell’arrivo di un nuovo messaggio. Aggrotto le sopracciglia, poi
osservo con attenzione lo schermo – dove c’è ancora aperta la pagina di WithLove – e mi soffermo a guardare il
numero rosso che è appena comparso accanto al mio nickname. Allora torno sul
mio account, clicco sull’icona della busta per capire chi possa avermi
contattata e trattengo violentemente il respiro. Perché, contro tutte le mie
aspettative, RichieRich mi ha
risposto. Esito per qualche minuto, indecisa se leggere o meno il suo
messaggio, ma alla fine mi impongo di non essere vigliacca. L’ho insultato, me
la sono presa con lui e adesso devo leggere la sua replica. Almeno, rifletto,
questa volta si è degnato di scrivermi. Forse ho sbagliato tattica quando l’ho
contattato la prima volta.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Uno strano modo di approcciarsi
Sei sempre così carina
con tutti i tuoi possibili corteggiatori? No, perché se è così non mi sorprende
che tu sia ancora single…
Resto a bocca aperta e mi soffermo ad analizzare
con attenzione le parole che sono allineate sul mio monitor, alterandomi con
immediatezza quando mi riprendo dallo stupore e ne capisco il senso. Insomma,
mi sta insultando. Lui, lo stesso incredibile maleducato che non mi si è
nemmeno degnato di mandarmi un piccolo messaggio dopo la mia prima e-mail. Lui,
che in pratica mi ha fatta sentire una nullità per tutto questo tempo e mi ha
indotta a dubitare di me stessa. Lui, che mi ha costretta a ridurmi come una di
quelle patetiche donne attaccate al cellulare in attesa di una risposta da
parte dello stronzo di turno. Anche se mi ero ripromessa di non farlo. Lui, che
oltretutto mi ha trattata come se fossi la patetica e struggente protagonista
di un romanzetto d’amore. Una di quelle che aspetta solo di essere notata,
perché essenzialmente è invisibile a chiunque e non possiede alcuna qualità.
Una che poi deve pure mostrare gratitudine, visto che grazie all’eroe di turno
diventa un magnifico cigno e smette finalmente di fare da tappezzeria ai grandi
balli. Assurdo.
In conclusione quest’uomo mi ha fatto mettere in
discussione la mia autostima, le mie tattiche di seduzione, le mie capacità di femme fatale. Ed ora se ne esce così?
Dopo la mia orgogliosa e-mail di chiusura?
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Ma sei serio?
Cioè, ma stai
scherzando? Sono cinque giorni che aspetto una tua risposta dopo la mia
bellissima confessione e tu mi rispondi in questo modo?
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Mi stai davvero accusando?
Non ti è venuto in
mente che forse non ti ho potuto rispondere perché ultimamente sono stato molto
impegnato? Non so se questo può interessarti, dolcezza, ma io lavoro tutta la
settimana. Tutti i giorni, tutte le ore. Sai, non ho tempo da perdere come te.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Per caso hai il gene della maleducazione contenuto nel tuo DNA?
Anche io lavoro, cosa
credi? Proprio questo giovedì ho avuto un incontro importantissimo, che
potrebbe cambiare la mia intera esistenza e portarmi ai vertici della mia
carriera! Eppure questo non mi ha impedito di occuparmi della mia vita privata,
sarà che noi donne siamo multitasking e riusciamo a fare più cose
contemporaneamente. Sì, non è colpa tua se sei limitato. Non dovrei stupirmi.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Quanti complimenti
Tesoro, sono un
imprenditore. Ogni settimana devo partecipare ad una dozzina di riunioni,
rispondere a centinaia di e-mail, controllare i miei investimenti, viaggiare in
giro per il paese e combattere costantemente con persone dalla dubbia
intelligenza. Mi sembra abbastanza ovvio che io non possa mettermi a
controllare anche la posta elettronica di un sito di incontri al quale sono
stato costretto ad iscrivermi. Ho altro a cui pensare, nonché cose molto più
importanti di cui occuparmi!
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e mi impongo di
non ribattere alla sua provocazione. Non devo reagire, ma anzi mantenere il
controllo. Forse adesso un po’ di respirazione e tecniche yoga mi farebbero
comodo, perché devo gestire il mio stress e il mio imminente tsunami
emozionale. Quindi prendo dei respiri profondi e penso di essere alle Maldive,
mentre mi godo una vacanza irrealizzabile e bevo uno di quei deliziosi cocktail
fruttati con l’ombrellino. Visualizza,
Christine. Sì, se mi concentro mi sembra quasi di percepire i raggi del
sole riscaldarmi la pelle. Il rumore delle onde, il profumo dell’oceano. Ah, il paradiso. Poi apro gli occhi,
osservo il mio appartamento incasinato, mi rendo conto che il calore non
proviene affatto dal sole tropicale ma è generato dalla luce azzurrognola
proveniente dallo schermo del PC e tutta la magia svanisce. Puff, addio sogno. Tuttavia non mi
lascio andare e non mi destabilizzo, perché sono consapevole che non posso
continuare a comportarmi in questo modo. Perciò, anche se la sua accusa mi ha
infastidita e mi sento trattata come un’incompetente, mantengo la calma. Non mi
serve più fantasticare su vacanze utopistiche o drink serviti direttamente
sulla spiaggia, perché adesso ho un obiettivo ben preciso da portare a termine:
non scendere ai suoi livelli. Non devo mostrarmi sgarbata, infuriata ed
infastidita. Insomma, non voglio dargli alcuna soddisfazione o fargli capire
che le sue parole possono influenzare il mio stato d’animo. Gli darei troppo
potere, mentre ora devo dargli l’impressione di essere assolutamente padrona
della situazione e ostentare la mia superiorità. D'altronde sono una donna
adulta, una promoter capace e
tutt’altro che privilegiata. Inoltre, dopo aver affrontato Mrs McQueen e aver
gestito con successo anche quel megalomane di Richard Reyes, non posso
certamente perdere contro un maleducato come lui.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Va bene, ricominciamo da capo…
Forse non abbiamo iniziato
con il piede giusto. Sì, ognuno ha i propri impegni. Sì, è possibile che tu non
abbia avuto tempo di controllare il sito. Perciò sorvolerò sulla tua
giustificabile mancanza di educazione e farò finta che questo scambio tra di
noi non sia mai avvenuto. Detto questo, rimango comunque convinta che sarebbe
un errore proseguire la nostra conoscenza. Io sono una donna bisognosa di
attenzioni e tu un uomo troppo impegnato per darmele, quindi torna pure a
contare i tuoi soldi e ad occuparti dei tuoi affari. È ovvio che siamo
evidentemente incompatibile e non abbiamo niente in comune, a parte il nostro
reciproco interesse per gli affari e l’andamento delle azioni in borsa. Perciò
grazie per avermi risposto, adesso, e scusa si ti ho mandato a quel paese. Ti
auguro ogni bene.
Choco.
Perfetto. Mi sono mostrata superiore, ragionevole e
molto cordiale. Il mio messaggio è chiaro e sincero, inoltre sono felice di
essermi svincolata da questa assurda corrispondenza virtuale. A quanto pare
iscrivermi ad un sito di incontri non è stata una magnifica idea, però non ho
perso le speranze. Troverò la persona giusta, prima o poi. Non devo
demoralizzarmi. Probabilmente il fatidico incontro non avverrà sulla pagina di WithLove, ma in fin dei conti credo sia
meglio così. Penso sia meglio avere a che fare con la vita vera. Non indossare
maschere, non nascondermi dietro allo schermo di un computer e parlare con
qualcuno di concreto. Forse potrei partecipare ad uno speed date! Discutere con un uomo per una manciata di minuti,
mettere a confronto i nostri interessi, vedere se scatta la scintilla e nel
frattempo bere un paio di bicchieri di vino. Poi, se durante la serata dovessi
rendermi conto che il rapporto non decolla, potrei comunque scaricare il
pretendente di turno senza troppi problemi e ubriacarmi per esorcizzare la
delusione. Sì, potrei provare. In fin dei conti non è che io abbia molte altre
alternative, quindi forse un appuntamento al buio è proprio quello che mi
serve: posso mettermi in gioco, non prendermi troppo sul serio e affidarmi
unicamente al destino.
Mi risveglio dai miei pensieri quando arriva un
nuovo messaggio, che cattura subito il mio interesse. Allora incrocio le gambe,
mi appoggio meglio allo schienale del sofà, sistemo il PC sulle mie ginocchia e
spengo addirittura la televisione per concentrarmi su questo strano scambio di e-mail.
Non dovrei farlo, ma ormai è troppo tardi per tirarmi indietro. D'altronde ho
dato io il via a tutto questo.
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Bene, bene, bene.
Mi stai già
archiviando? Rinunci così presto, dopo tutti i tuoi sforzi di contattarmi?
Pensavo fossi più perseverante…
Leggo la sua risposta con molta concentrazione,
rendendomi conto che RichieRich mi
sta apertamente sfidando a concludere questa corrispondenza senza dargli
nemmeno un’opportunità. Mi sta provocando. Mi sta mettendo alla prova, chissà
per quale assurdo motivo o cosa vuole dimostrarmi. Io sinceramente ho proposto
di concludere a priori questa conoscenza virtuale perché pensavo di ottenere la
sua approvazione, considerati i nostri ultimi messaggi e la nostra apparente
mancanza di compatibilità, invece lui sembra non voler accettare la mia
proposta. In realtà vuole addirittura proseguire il nostro rapporto telematico,
ma non riesco a capire cosa desidera ottenere. Per quale ragione tiene così
tanto a questa nostra ipotetica conoscenza? Forse è una questione di orgoglio?
Perché adesso sono diventata una stimolante sfida?Insomma fino ad un secondo fa sembrava non
sopportarmi e mi stava addirittura insultando, invece adesso ha improvvisamente
cambiato idea e ha rivalutato la sua opinione. È possibile che sia seriamente
interessato a me? Era davvero impegnato in questi giorni, oppure la sua era una
tattica per lasciarmi con il fiato sospeso e far aumentare la mia curiosità nei
suoi confronti? Non lo capisco e la cosa mi spaventa, perché sono abituata a
calcolare i rischi e ad avere tutto sotto controllo.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: È un capriccio?
Perché? Tu vorresti continuare a conoscermi?
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: È un problema?
Sto considerando
l’idea. D’altronde stiamo messaggiando da un paio di minuti e ormai abbiamo
ampiamente rotto il ghiaccio, in effetti siamo arrivati perfino al punto in cui
ci rivolgiamo insulti a vicenda. Potremmo quasi definirci intimi, mia cara
Choco. Poi grazie a te ho scoperto di essere un misogino, un maleducato, uno
stupido, uno come tanti... aggiungi pure i miei pregi mancanti, perché se devo
essere sincero non li ho letti tutti. Sai, non volevo correre il rischio di far
aumentare in modo sproporzionato la mia autostima. Ma è sempre bello conoscere
nuovi aspetti di se stessi. Perciò non capisco per quale motivo adesso dovremmo
rinunciare alla possibilità di sentirci ancora, anzi come hai detto tu stessa
pochi attimi fa abbiamo addirittura qualcosa in comune. È già un buon inizio,
non credi? Partiamo avvantaggiati.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Sono perplessa
Non riesco a capire se
sei serio o se mi stai prendendo in giro…
Da: RichieRich
A: ChocolateDonut
Oggetto: Serietà è il mio secondo nome
Devi solo dire sì.
Cos’hai da perdere? Oltretutto, dopo tutta l’enfasi con cui mi hai scritto, è
un peccato mollare e rinunciare proprio ora. Lasciati andare, Choco, e vediamo
dove ci porta tutto questo. Forse non ti canterò mai Perfect di Ed Sheeran e non
verrò sotto il tuo balcone per farti una dichiarazione in stile shakespeariano,
ma per il resto sono pronto a conoscerti e ad apprezzarti per quella che sei.
Intanto iniziamo come amici, ti va?
Sbatto un paio di volte le palpebre, cercando di
capire se sto sognando o se davvero RichieRichmi ha
appena proposto di continuare a scambiarci e-mail. Diventare amici. Il suo
ultimo riferimento mi fa comunque capire che ha letto la mia presentazione e
questo gioca a suo favore, ma non so se posso fidarmi di lui. Certo, adesso ha
guadagnato qualche punto. Però non posso dimenticare che mi ha anche ignorata
per giorni. E se dovesse ricapitare? Se dovesse cominciare a piacermi e poi
finisse puntualmente per deludermi? È vero, ho sopportato tante insoddisfazioni
nella mia vita e sono andata incontro a diversi fallimenti. Ormai sono un’esperta
di storie finite male, di aspettative deluse e relazioni rovinate. Sono stanca
di dare fiducia sempre alla persona sbagliata e di essere trattata alla fine
come una donna facile da rimpiazzare. Una donna non indispensabile non adatta.
Tuttavia è anche vero che RichieRich
ha accettato il mio sfogo, i miei insulti e i miei rifiuti senza scomporsi in
maniera eccessiva. Anzi, mi ha risposto per le rime. Si è fatto valere e non si
è tirato indietro, quando avrebbe potuto facilmente scaricarmi e considerarmi
un’isterica. Invece non mi ha assecondata, dimostrandosi un uomo senza
attributi e sottomesso. Non si è nemmeno finto gentile con l’intento di
rabbonirmi e portarmi a letto, non ha trovato giustificazioni ridicole per
scusare le sue mancanze e mi ha dimostrato di non essere un codardo. È stato
onesto, coerente e razionale. Mi ha affrontato apertamente. Non ha fatto alcun
riferimento sessuale, non mi ha trattata male e mi ha bonariamente presa in
giro. Ha scherzato con me, facendomi sentire di nuovo libera e leggera. Libera di
essere me stessa, con i miei sbalzi d’umore e le mie idee. La ragazza con
problemi di peso e mille insicurezze, che però è anche forte e decisa. Libera
di non nascondermi dietro frasi carine per apparire più accomodante, in modo da
accontentare l’uomo di turno e non giocarmi la mia opportunità. E mi sono
sentita leggera, come una ragazzina ingenua alla sua prima cotta. Senza
pensieri, complicazioni e imbarazzi. Non mi conosce di persona, non sa come
sono fatta e non devo mostrarmi all’altezza di assurde aspettative. Non ho
niente da perdere, non devo espormi e non sono obbligata ad incontrarlo.
Oltretutto se con il tempo dovessi trovarlo poco interessante o se approfondita
la nostra conoscenza dovessi rendermi conto della nostra incompatibilità,
potrei benissimo chiudere la nostra storia senza eccessivi sensi di colpa o
inadeguate giustificazioni. Al contrario potrei tranquillamente continuare la
mia ricerca dell’uomo perfetto per me e nel frattempo potremmo addirittura
restare amici, continuando a messaggiare senza alcun impegno. È una situazione
vantaggiosa e sarei una sciocca a rifiutare, anche il mio infallibile istinto
di promoter mi suggerisce di
rischiare e puntare su di lui. Certo, dovrò investire il mio tempo e molte
risorse. Però qualcosa mi suggerisce che niente andrà sprecato e otterrò
comunque qualcosa, che sia una relazione o un’amicizia. Potrei perfino
suggerirgli di passare dalla mia azienda e diventare mio cliente, sempre se
arriverò al punto di rivelargli informazioni tanto importanti sulla mia vita
privata. Allora, dopo aver valutato attentamente i pro e i contro della
faccenda, mi decido ad agire. Dunque annuisco con rinnovata sicurezza, digito
velocemente la mia risposta e mi lascio scappare un sorriso. Questa storia sarà
molto interessante.
È trascorsa esattamente una settimana dal
mio primo incontro con Richard Reyes e poco meno invece dall’inizio della mia
corrispondenza virtuale con RichieRich,
comunque a causa di entrambi è stato inevitabile per me trascorrere gli ultimi
giorni sempre davanti al computer. Infatti non solo tramite il PC ho
approfondito la mia conoscenza con Richie, restando piacevolmente stupida dalla
nostra totale affinità, ma mi sono dedicata anche al lavoro. In effetti, in
vista del mio prossimo colloquio con Mr Billionaire, ho dovuto completare con
estrema serietà le mie ricerche di mercato. Mi sono ritrovata quindi ad
effettuare varie indagini finanziarie, ad esaminare gli eventuali profitti e a
considerare infine gli investimenti più vantaggiosi. Mi sono impegnata più del
previsto per questo incontro, durante il quale dovrò proporre a Mr Reyes un
paio di investimenti super vantaggiosi per convincerlo a firmare un contratto
di collaborazione con la Cooper&Parker
Investiment Companies e assicurarmi di conseguenza la stima del mio
assillante capo, perché sono consapevole che dal suo esito dipenderà
inevitabilmente il mio futuro lavorativo. Però, mentre ero impegnata a
salvaguardare il mio impiego, sono stata anche occupata a scambiarmi diverse e-mail
con il mio nuovo ammiratore. In realtà sono stati soprattutto questi continui
messaggi a tenermi incollata al computer e adesso, per restare sempre in
contatto con Richie, mi sono addirittura convinta a scaricare l’app del sito di
incontri sul cellulare. È stata la mia rovina, infatti ora chatto in
continuazione e ho sviluppato un attaccamento morboso nei confronti del mio
telefonino. Ogni trillo è un battito accelerato, perché non solo indica
l’arrivo di un nuovo messaggio potenzialmente destabilizzante per i miei ormoni
sovraeccitati ma vuol dire soprattutto che lui mi ha pensata. Perché ha visto
un video divertente su internet, perché ha letto un articolo interessante,
perché ha mangiato un dolce buonissimo, perché vuole sapere semplicemente la
mia opinione su qualcosa, perché vuole darmi la buonanotte o il buongiorno.
Insomma, Richie mi cerca spesso e così mi fa sentire parte della sua vita.
Grazie alle nostre e-mail ho scoperto anche che abbiamo parecchie cose in
comune e gusti molto simili: entrambi in effetti amiamo il cioccolato,
preferiamo il mare alla montagna, detestiamo le faccende domestiche, beviamo
soprattutto vino rosso, siamo appassionati di matematica e lavoriamo spesso con
perfetti idioti. Una sera ci siamo confidati perfino l’origine dei nostri
nickname, quindi io l’ho messo al corrente della mia malsana ossessione per le
ciambelle e lui mi ha detto che ha scelto RichieRich
perché il suo migliore amico gli ha affibbiato questo soprannome quando è
diventato un uomo di successo. Ovviamente non abbiamo ancora discusso di
argomenti davvero importanti, come i nostri piani per il futuro o le nostre
ambizioni, tuttavia devo ammettere che mi trovo davvero a mio agio a confidarmi
con Richie e penso che possiamo essere compatibili. L’unica cosa che mi lascia
perplessa è il suo ego smisurato, rimasto intatto anche dopo il nostro piccolo
litigio iniziale. Certo, la sua incredibile sicurezza può comunque risultare
affascinante in determinati casi, ma la maggior parte delle volte è un po’
presuntuoso. Tuttavia nel complesso è bello conoscere un uomo determinato, un
uomo che non ha bisogno di calpestare gli altri per sentirsi superiore e sicuro
di se stesso.
Richie sta superando dunque ogni mia aspettativa,
poi mi infonde fiducia e senso di protezione. È questo che stavo cercando in un
ipotetico compagno e nonostante le nostre opinioni siano spesso diverse su
alcune questioni, lui non cerca mai di sottomettermi per tirarmi dalla sua
parte e anzi rispetta sempre il mio parere. Perciò presuntuoso sì, ma non
arrogante e dispotico. Anzi è un tipo simpatico, amichevole, gentile e
disponibile. Per questo ormai, nella mia lista immaginaria, ha guadagnato molti
punti a suo favore. In realtà sono consapevole che il suo atteggiamento
potrebbe benissimo fare parte di una messinscena ben studiata e che quindi
potrebbe presto deludermi, però devo ammettere che sono sulla buona strada per
invaghirmi completamente di lui. È vero, ci sentiamo da pochi giorni.
Probabilmente dovrei essere più prudente e non dovrei fidarmi ciecamente delle
sue parole. Non dovrei essere così ingenua, così coinvolta e tanto entusiasta.
Soprattutto considerate le mie esperienze passate con uomini che inoltre erano
reali. Ma se è davvero la persona che sembra, allora è quasi perfetto. Sì, una
parte di me ha paura che stia indossando una maschera e pertanto non voglio
espormi troppo. Tuttavia non posso impedire al mio cuore di ballare la samba
nel mio petto ogni volta che mi scrive, perciò ho deciso di godermi questi
momenti così come vengono. Non voglio avere rimpianti, ma vivere questa
avventura pienamente e sfruttare al massimo la mia possibilità. In fin dei
conti sono abituata a ricevere delusioni da parte degli uomini e gli ultimi che
ho frequentato alla fine si sono puntualmente dimostrati diversi da come
apparivano all’inizio, questo però non mi ha impedito di andare avanti e
imparare dai miei errori. Non capisco quindi perché questa volta la situazione
dovrebbe essere diversa, solo perché si tratta di un rapporto telematico.
Insomma, se dovessi ottenere un ennesimo fallimento mi comporterò come ho
sempre fatto: mi strafogherò di ciambelle per consolarmi, affogherò i miei
residui di tristezza nel gelato e poi mi rialzerò più pesante di prima. Cioè,
più forte di prima. Facile, no?
Annuisco con convinzione e lancio un’ultima
occhiata al mio cellulare, posandolo in seguito sulla scrivania dopo averlo
impostato in modalità vibrazione e tornando finalmente ad occuparmi dei miei
calcoli. In effetti ho appena scritto a RichieRich
di avere un importante impegno di lavoro con un multimiliardario alquanto
viziato e di non potergli pertanto rispondere nel caso in cui dovesse cercarmi,
dunque adesso non mi resta altro che prepararmi per il mio imminente
appuntamento con Mr Reyes e pregare che tutto si svolga secondo le mie
previsioni. Stampo perciò alcuni documenti, sistemandoli poi in un elegante
raccoglitore azzurro, e subito dopo controllo scrupolosamente di aver
trascritto ogni dato in maniera corretta. Ripeto l’operazione due volte, perché
voglio che tutto sia perfetto. Intanto i minuti passano e io mi sento sempre
più irritata: il mio lato logico infatti si sta velocemente esaurendo, mentre
la mia parte isterica spinge per uscire in tutta la sua gloria.
È lì che scalcia, implorandomi di darle spazio.
Per caso vi stato chiedendo il perché? È semplice.
Perché l’incontro con Richard era previsto esattamente per le dieci, ma sono le
undici meno un quarto e di lui non c’è nemmeno l’ombra. Inoltre non ho ricevuto
neanche un avviso, un messaggio o almeno una piccola nota che possa
giustificare il suo ritardo. No, c’è un assurdo silenzio stampa e anche la mia
assistente è alquanto confusa. Senza contare il fatto che le ho dovuto
suggerire perfino di annullare un appuntamento previsto per questo stesso orario
per ricevere comunque un Mr Reyes ritardatario e Holga sa quanto sono severa
riguardo alla mia agenda, pertanto adesso mi sento davvero a disagio e ho paura
che dovrò saltare perfino la pausa pranzo per colpa di questo insensibile
miliardario. Mr Micols di certo non mi permetterò di uscire da questo ufficio
se prima non incontrerò Richard e quindi sono consapevole che oggi, invece di
godermi gli elaborati piatti del menù che vengono normalmente offerti ai
dipendenti dal ristorante situato al dodicesimo piano di questo stesso palazzo
ed associato alla nostra società, mangerò un altro insipido sandwich al tonno o
peggio ancora una triste insalata scondita. Allora tamburello con le dita sul
tavolo, colpendo la superficie lucida con le mie unghie laccate di rosa e
fresche di manicure, mentre il mio nervosismo raggiunge picchi storici. Devo
ammettere che questa mattina ero quasi entusiasta all’idea di avere questo
nuovo confronto con Mr Reyes, invece al momento sono abbastanza scontenta e
amareggiata. Pensare che per l’occasione mi sono vestita addirittura meglio del
solito, in modo da fare colpo su di lui e accrescere di conseguenza le mie chances di successo. Ho indossato perciò
il mio tailleur preferito, composto da una gonna grigia che mi fascia il sedere
in maniera sublime e mette in evidenza le mie rotondità con una certa
raffinatezza. Ho abbinato poi una camicetta rosa in seta, acquistata appena
l’anno scorso durante il Black Friday
ad un prezzo davvero stracciato. Il suo tessuto lucido fa apparire la mia pelle
ancora più splendida, liscia e morbida. In realtà ho sempre paura di indossare
capi rosa, perché rischio sempre di assomigliare ad una maialina, eppure questa
blusa mi fa sentire sexy ed elegante allo stesso tempo. Insomma mi scivola
addosso lasciandomi una piacevole sensazione di freschezza, oltretutto fa
risaltare il mio seno e cade invece morbida sul mio ventre abbondante coprendo
così le mie imperfezioni. Ho completato inoltre il mio abbigliamento con alcuni
accessori: degli orecchini di perle per enfatizzare la mia ricercatezza, dei
collant color carne per evidenziare le mie gambe slanciate e un trucco leggero
per mantenere la mia semplicità. Ma il pezzo forte del mio look sono le scarpe,
ovvero le mie meravigliose Jimmy Choo rosa cipria. Un mio personalissimo regalo
di settecentocinquanta dollari, che conservo gelosamente nel mio armadio come
una reliquia. È un oggetto unico della mia collezione, che indosso soltanto in
occasioni davvero speciali ed importanti. Le ho comprate quando sono stata
definitivamente assunta dalla azienda, per passarmi un capriccio e
complimentarmi con me stessa per aver raggiunto il mio obiettivo. Tuttavia le
ho calzate appena due volte e non solo perché hanno un tacco alquanto difficile
da gestire, ma soprattutto perché richiedono sempre una situazione perfetta. Mi
ero scioccamente illusa quindi che oggi potesse presentarsi la condizione
ideale per indossarle, visto che in teoria dovevo firmare un contratto da
milioni di dollari con Mr Reyes, invece sono stata troppo precipitosa. Così
adesso mi ritrovo in questo ufficio e anche se indosso delle scarpe degne di un
red carpet che danno sfogo alla mia
vanità, facendomi sentire una gnocca da paura, non ho comunque risolto niente.
Già, i miei sforzi estetici non sono serviti a nulla: il mio documento non è
ancora siglato, il mio capo non ha stappato alcuna bottiglia di champagne per
celebrare la mia impresa e quella promozione che desidero con tutte le mie
forze è lontana anni luce. Forse queste scarpe risulteranno comunque utili,
perché se Richard dovesse presentarsi in questo preciso momento alla mia porta
potrei benissimo aggredirlo utilizzando le mie Jimmy Choo. Il loro tacco è
talmente fine e tagliente che potrebbe benissimo essere catalogato come arma
del delitto. Sospiro con fare sconfitto e guardo per l’ennesima volta il mio
computer, soffermandomi sull’orario in basso a destra e notando che sono
ufficialmente scattate le undici. In pratica mi sto girando i pollici da più di
un quarto d’ora e non posso fare a meno di temere che questa attesa risulterà
comunque vana, in effetti l’arrivo di Richard attualmente mi sembra solo
un’illusione. Però, a prescindere dai miei ragionamenti e dalle mie
convinzioni, non posso lo stesso muovermi da questa sedia. Tuttavia nella mia
mente sto maledicendo Mr Reyes con tutti gli insulti che conosco e sto perfino
valutando la possibilità di recuperare il suo numero di telefono per fargli una
bella ramanzina, però mi trattengo perché non voglio mettere a rischio il mio
lavoro e soprattutto non desidero creare già dei conflitti con un possibile
futuro cliente multimiliardario. D'altronde a queste persone privilegiate è
concessa ogni cosa, considerato il loro stratosferico conto in banca. Pertanto
non è necessario che si adeguino all’orario di un appuntamento, non è richiesto
che mostrino un minimo di rispetto nei confronti dei loro dipendenti e non è
nemmeno obbligatorio che prendano più seriamente il loro lavoro. Queste
gentilezze sono degne dei plebei, ovvero di quegli umili lavoratori spesso
sottopagati che devono sottostare a rigide regole per poter mantenere il loro
impiego, e certamente non sono ritenute necessarie dai sofisticati uomini di
affari che mandano avanti l’economia globale.
Nonostante tutto dovrebbe essere ovvio anche ad un
uomo come Richard che sprecare il mio tempo in questo modo va contro ogni
principio della logica, anzi lui dovrebbe esserne assolutamente consapevole. In
fin dei conti i nostri lavori si basano sugli stessi presupposti, per questo
motivo il diretto interessato dovrebbe sapere che ogni secondo non sfruttato al
meglio corrisponde automaticamente a soldi non guadagnati. Non posso fare a
meno perciò di considerare questo suo ritardo una vera mancanza di considerazione
nei miei confronti, nonché un’assoluta negazione del mio impegno e del mio
valore. Non pensavo fosse un tipo del genere, al contrario mi ero convinta che
ci tenesse alla professionalità. Eppure mi sono sbagliata. Non comprenderò mai
i miliardari, così come non potrò mai tollerare i loro vizi e accettare la loro
volubilità. Tuttavia mi aspettavo che Mr Reyes fosse diverso dagli altri,
perché ha iniziato dal basso e sa come funzionano le cose. Si è trovato al mio
posto, prima di arrivare dov’è ora. Lui ha creato il suo impero partendo dal
nulla e facendo numerosi sacrifici, non era il figlio di qualche ricco
imprenditore e sebbene la sua famiglia sia inserita in ambienti facoltosi è
innegabile che non lo hanno agevolato. Non per cattiveria, ma per puro senso di
responsabilità. I giovani si devono fare spazio nel mondo senza spinte, senza
raccomandazioni e senza facilitazioni. Ha studiato, si è impegnato e ha fatto
la gavetta come tutti i comuni mortali. Senza dubbio ha avuto anche una bella
dose di fortuna, ma è soprattutto grazie alle sue capacità che oggi si è
guadagnato meritatamente un posto nella lista dei dieci uomini più ricci degli
Stati Uniti. Credevo pertanto che lavorare sotto le sue dipendenze sarebbe
stata un’esperienza importante sia per il mio curriculum che per la mia
formazione, effettivamente nonostante tutti i miei dubbi e i miei pregiudizi
stimo davvero il suo successo. Richard sarà anche un belloccio, ma ci sa fare
con gli affari. Però stiamo cominciando la nostra collaborazione con il piede
sbagliato ed è veramente un peccato, perché le mie aspettative nei suoi
confronti erano davvero molto alte.
Un energico bussare alla porta interrompe le mie
riflessioni e trattengo il respiro, perché per un secondo mi convinco che Mr
Reyes si sia finalmente degnato di presentarsi al nostro incontro. Tuttavia
poco dopo, quando la porta si schiude, le mie illusioni si infrangono con una
scontata velocità. Fuori dal mio ufficio infatti non c’è Richard, ma il mio
capo.
«Christine, tra dieci minuti fatti trovare
all’ingresso del palazzo» mi ordina, facendomi concentrare prima sulle sue
parole e successivamente sulla sua aria turbata. Le rughe sulla sua fronte in
effetti sono più marcate del solito e perfino il suo viso appare alquanto
pallido, mentre le sue labbra sono atteggiate in un’espressione contrariata.
Ok, questa non è proprio una novità. Se devo essere sincera, lui è sempre
indispettito quando dialoga con me.
«Per quale motivo?» gli domando comunque con un
tono perplesso, aggrottando le sopracciglia. «Sto aspettando Mr Reyes, non
posso andare via» gli ricordo, nominando il mio imminente incontro con il suo
imprenditore preferito. O almeno, mi auguro non debba attendere oltre dato che
la mia pazienza si è definitivamente dissolta e adesso sono un ammasso
ambulante di frustrazione repressa.
«In realtà il suo segretario ha appena informato la
nostra receptionist della loro intenzione di portarti fuori a pranzo» mi mette
al corrente Mr Micols, spiegandomi poi le ragioni del mio mancato appuntamento
e il cambio di programma. «A quanto pare hanno avuto un contrattempo a causa di
una riunione con alcuni azionisti, quindi per non sconvolgere la loro agenda
vogliono effettuare il vostro incontro in un ristorante» conclude, illustrandomi
sinteticamente la situazione ed esprimendosi con eccessiva enfasi. Perché lui
già immagina quale sarà la mia risposta e vuole sottolineare in maniera
indiretta i miei obblighi, portandomi ad accettare questa magnifica idea senza
discutere. Ma, purtroppo per Peter, io non sono una pedina. Non sono una
calcolatrice senz’anima o una macchina sforna statistiche, disposta ad eseguire
gli ordini del suo capo a prescindere dai propri principi. Mr Micols deve
tenere conto della mia opinione, anche se scommetto che non gli piacerà.
«Per non sconvolgere la loro agenda?» ripeto allora
con una voce spaventosamente gelida, ripetendo una delle frasi che mi è rimasta
più impressa. «Mi sono ridotta ad essere un buco tra i loro appuntamenti?»
continuo in modo sconvolto, lasciando spazio alla mia irritazione.
«Un buco rappresenta comunque un’occasione da
sfruttare, Christine» dichiara il mio interlocutore, provando a farmi vedere il
lato positivo. «È sempre meglio di niente, no?» prosegue, annuendo con
convinzione.
«Sì, ma io non ho intenzione di sottostare ai loro
capricci» ribatto, stringendo i pugni e pensando di avere le mie valide ragioni
per rifiutare questa offerta. «Anche io ho un'agenda piena» gli ricordo.
«Quindi non vuoi accettare?» mi domanda lui,
osservando la mia espressione e constatando la mia serietà. Allora mi lancia
un’occhiata inequivocabile, parlandomi con un tono minaccioso. «Forse non mi
sono spiegato bene» riprende, facendomi rabbrividire. «Tu andrai a questo
pranzo, mia cara, non hai alternative» conclude, rivolgendomi un epiteto carino
e facendo aumentare la mia inquietudine. Perché adesso lui non sta affatto
cerando di essere gentile, ma tutto il contrario. Peter infatti usa parole
tenere solo in due determinate occasioni: quando deve rimproverare qualcuno e
quando deve licenziare un dipendente. Secondo lui in questo modo addolcisce la
situazione. Perciò, nel momento in cui termini del genere escono dalla sua
bocca, in ufficio si propaga il panico. È come il cane di Pavlov, che inizia a
sbavare quando sente il suono del campanello perché è consapevole che riceverà
del cibo. Beh, in questo caso il concetto è sostanzialmente uguale. In effetti
se Mr Micols dice mia cara, oppure
un’altra parola in apparenza cortese, è sicuro che qualche povera sventurata
subirà presto la sua ira. Allora tutti iniziano a nascondersi, cercando di
evitarlo.
Il messaggio che mi sta rivolgendo adesso è quindi
abbastanza chiaro: devo obbedirgli, altrimenti mi renderà la vita un vero
inferno. Perché no, non mi licenzierà. Sarebbe troppo facile. Piuttosto mi farà
rimpiangere per sempre la mia decisione, sarà crudele e mi causerà un
esaurimento nervoso. Comincerà ad umiliarmi, mi tratterà di nuovo come una
stagista patetica e mi priverà dei miei clienti illustri. Mi ridurrò ad una
calcolatrice ormai obsoleta. Inoltre mi farà venire sicuramente i capelli
bianchi ed io sono ancora troppo giovane per sembrare una vecchia signora o in
alternativa la copia mal riuscita di Tempesta,
uno dei componenti degli X-Men. Ma
Peter sarebbe davvero capace di riuscire a ridurmi in questo stato, soprattutto
in una situazione come questa in cui la nostra azienda si sta giocando la
reputazione. D'altronde stiamo parlando di una possibile collaborazione con il
facoltoso Richard Reyes, nonché di milioni e milioni di dollari che potrebbero
benissimo essere gestiti dalla nostra società tramite le mie sapienti mani se
solo l’affare andasse in porto.
Deglutisco con nervosismo, anche se in realtà
vorrei gridargli contro e oppormi a questo sistema. Ma non faccio niente di
tutto questo e invece mi impongo di obbedirgli, trattenendo la mia riposta
irruenta e mettendo in secondo piano la mia dignità.
«Capisco» borbotto dunque con malavoglia,
stringendo i pugni.
«Siederai accanto al nostro futuro cliente,
penderai dalle sue labbra e gli farai perfino gli occhi dolci se dovessi
ritenerlo necessario» mi avverte, descrivendomi nel dettaglio l’atteggiamento
che dovrò adottare in presenza di Mr Reyes. Inoltre mi fa capire che lui lo
considera già un nostro affiliato, dunque non sarò di certo io ad infrangere i
suoi sogni. «Poi tonerai qui con un contratto firmato, mi renderai orgoglioso
della tua impresa e faremo finta che questo discorso non sia mai avvenuto»
finisce, aggiustandosi con un gesto nervoso il nodo della cravatta. «Hai
capito?» mi chiede, mettendomi alla prova e sfidandomi apertamente a
contraddirlo.
«Sì» rispondo tra i denti, trattenendo la mia
rabbia. «Sarò docile e comprensiva» dichiaro, cercando di adattarmi alla
situazione e predisporre il mio stato d’animo. Mi impongo anche di entrare in
modalità sottomessa e mettere da parte il mio orgoglio, ma in realtà riesco
solo a mostrarmi ironica. «E se per caso durante il nostro pranzo dovesse
propormi di fargli un servizietto sotto al tavolo per invogliarlo a siglare il
nostro accordo, mi inginocchierò tra le sue gambe e sfrutterò finalmente le mie
doti da pornostar» proseguo, apparendo alquanto volgare e pungente. «Farò di
tutto per metterlo di buon umore, va bene così?» gli domando retoricamente,
sorridendo in maniera angelica.
«Perfetto» concorda Mr Micols, ignorando il mio
tono e apparendo convinto. «Allora sbrigati a preparati» mi invita, concludendo
la nostra discussione e chiudendosi subito dopo la porta alle spalle.
Io sospiro con frustrazione, grugnisco in modo poco
signorile e recupero il mio cellulare. Scorro velocemente le mie applicazioni
ed apro la chat di WithLove,
scrivendo un messaggio mentre abbandono la mia scrivania per recuperare la
borsa.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Cambio di programma…
Ciao, Richie,
purtroppo oggi sono occupata anche a pranzo. Questa mattina un miliardario
idiota non si è presentato al nostro appuntamento, quindi adesso pretende di
risolvere la situazione portandomi in qualche ristorante chic. Patetico.
Secondo il mio capo invece dovrei considerare un grande onore il fatto di
essere stata inserita all’ultimo minuto nella sua agenda e anzi dovrei offrire
a Mr Billionaire perfino del sesso orale, tanto per aumentare le mie
probabilità di successo e fargli siglare quel maledetto contratto in minor
tempo possibile. Che rabbia! Odio essere considerata una sempliciotta
facilmente manovrabile, odio andare contro i miei principi e soprattutto odio
venire presa poco sul serio. Ma non posso tirarmi indietro. Comunque ci
aggiorniamo più tardi, baci.
Dopo aver invitato la mia e-mail ed aver concluso
il mio sfogo, sistemo i documenti nella mia valigetta ed indosso il mio
cappotto scuro. Poi mi passo le dita tra i capelli, per ravvivare i miei ricci
ottenuti con i bigodini, e mi incammino verso la hall dell’azienda. Saluto
distrattamente Holga e prima di uscire la informo dei miei nuovi piani,
consigliandole di riprogrammare anche gli appuntamenti del pomeriggio per
evitare di creare problemi agli altri miei clienti. Infatti non so quando
rientrerò in ufficio e non voglio trattare i miei affiliati con poco riguardo,
facendoli aspettare più del dovuto per un incontro che con molta probabilità
verrà comunque rimandato. Io non sono così maleducata ed insensibile, ma al
contrario cerco sempre di mostrare il giusto rispetto e di avere considerazione
per il prossimo. Soprattutto se si tratta di persone che hanno fiducia in me,
si affidano ai miei giudizi e mi affidano i loro risparmi. Tuttavia molti non
la pensano in questa maniera e difatti i risultati si vedono: si creano
malumori, rancori, disagi e specialmente si lavora male. Come sta accadendo
adesso con Mr Reyes. Allora sospiro e provo a giustificarlo, ricordandomi che è
un uomo importante e molto impegnato. Non dovrei stupirmi dunque se rimanda
qualche appuntamento, sebbene reputi la sua condotta un po’ superficiale, e
anzi sono consapevole che dovrò presto abituarmici soprattutto se finirò
davvero per essere assunta come sua consulente. Ciò nonostante scuoto il capo
con disapprovazione, pensando che non mi adatterò mai al suo modo di ragionare,
e nel frattempo raggiungo l’ascensore. Poi quando le porte metalliche si
chiudono, isolandomi dal resto del mondo, controllo di nuovo il mio telefonino.
Leggo la risposta di Richie, che non si è fatta attendere, e sorrido.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Sono perplesso
Davvero il tuo capo ti
ha suggerito di offrire favori sessuali in cambio di una firma? Sono senza
parole. Oltretutto credo che queste strategie siano un po’ sopravvalutate e
spesso non risultato affatto produttive, anche se non ho esperienze a riguardo
e quindi non posso darti alcun suggerimento. Spero almeno che questo
miliardario sia sexy. Non è un uomo grassottello con il doppio mento e la testa
stempiata, vero?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Magari…
No, se devo essere
sincera Mr Billionaire è molto attraente. Sai, il classico angelo biondo e
praticamente perfetto. Alto, muscoloso, affascinante…
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Capisco
Devo forse essere
geloso?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Non è necessario
Ti assicuro che un
viso carino e un sorriso splendente non bastano per incantarmi, io cerco
qualcosa di più profondo. Perciò non c’è niente di cui preoccuparsi, ma mi
lusinga la tua gelosia.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Mmm… non sono convinto
Sei una donna
interessante, Choco, credo sia normale essere geloso di un uomo che arriva ad
attirare la tua attenzione. Sei sicura che questo miliardario non ti piaccia?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Non tutti la pensano così
Potrò anche essere
interessante, ma certamente non sono bellissima. Anzi ho i fianchi larghi, una
figura rotondetta e un sedere abbondante. Io mi piaccio, però non prendiamoci
in giro: non sarò mai una di quelle donne capaci di calamitare l’interesse di un
ricco miliardario. Quelli vogliono tette finte, labbra siliconate e gambe
chilometriche. Insomma, la classica modella di Playboy. Ma va bene così, non mi
sento offesa. E poi, sinceramente, nemmeno mi interessa. Non è il mio tipo. Non
sono interessata a uomini così egocentrici, snob e maleducati. Quindi, ti
ripeto, non c’è davvero alcuna ragione per mostrarsi infastidito. Comunque è
sempre gratificante sentirsi preziosa, desiderata e un po’ contesa.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Mi piace l’abbondanza
Io penso che tu sia
fantastica, bellissima e assolutamente irresistibile. Credimi, per favore.
Anche se non ti ho mai vista, sono sicuro di quello che dico. Ora vai a goderti
il tuo pranzo, tesoro, ci sentiamo.
Sospiro con fare sognante dopo aver letto
quest’ultima e-mail e mi ritrovo ad arrossire, compiaciuta dai complimenti e
dalla dolcezza che mi ha appena rivolto. Se in questo momento Richie fosse qui,
penso proprio che lo bacerei. Perché lui riesce sempre a trovare le parole
giuste per rassicurarmi, perché mi capisce e mi fa sciogliere. Ma adesso questo
desiderio è irrealizzabile e posso solo limitarmi a fantasticare, mentre mi
sbrigo a raggiungere l’ingresso del palazzo. Quando sono fuori però mi fermo un
attimo in mezzo al marciapiede, cominciando a guardarmi intorno per individuare
la posizione di Richard. In realtà non ci vuole molto per localizzarlo e
infatti quando noto un’automobile nera parcheggiata all’angolo della strada,
accorgendomi che ha anche i finestrini oscurati ed è circondata da un’evidente
aurea di ricchezza, mi rendo subito conto di poter concludere la mia ricerca.
Inoltre l’energumeno in completo scuso appoggiato contro lo sportello del
passeggero, che assomiglia vagamente a Will Smith nel film Men in Black, mi induce a confermare la mia ipotesi riguardo
all’identità del misterioso passeggero nascosto nella vettura. Allora mi
incammino nella sua direzione, lasciando picchiettare i miei magnifici tacchi
sull’asfalto e provando a darmi un’aria di superiorità.
«Salve, Miss Thompson» mi saluta il bodyguard,
facendo un passo in avanti e porgendomi contemporaneamente la mano. Ha la pelle
nera, i capelli color carbone tagliati molto corti e un fisico imponente.
Oltretutto indossa anche un paio di occhiali da sole che lo rendono ancora più
ombroso, enigmatico e minaccioso.
«Salve» replico, imitando il suo gesto e
mostrandomi altrettanto cortese.
«Sono Cameron Stewart, l’autista di Mr Reyes» si
presenta subito dopo, chiarendomi il suo ruolo e voltandosi per aprirmi la
portiera. «È un piacere conoscerla» conclude, mettendosi da parte per
permettermi di entrare nell’abitacolo.
«Grazie, anche per me» gli rispondo con sincerità,
sorridendogli in modo gentile e prendendo intanto posto proprio vicino a
Richard. «È un onore ricontrarla, Mr Reyes» affermo con un pizzico di ironia
nel momento in cui mi volto verso il diretto interessato, sistemandomi meglio
sul sedile in pelle e accavallo le gambe con grazia. «Mi fa piacere sapere che
è vivo» aggiungo, rivolgendogli un sorriso zuccheroso e salutando nel frattempo
anche Colin. Il segretario è seduto davanti, accanto al guidatore, e sembra
prestare molta attenzione al nostro scambio. «Questa mattina l’avevo data per
disperso e mi sono un po’ preoccupata, ho controllato perfino le ultime notizie
pubblicate su internet per accertarmi che non le fosse accaduto niente»
concludo con rinnovato sarcasmo, ignorando Mr Andrews e tornando invece a
concentrarmi sul suo capo.
«Ho avuto un contrattempo, Miss Thompson, mi scuso»
replica prontamente lui, aggiustandosi i risvolti della giacca blu e apparendo
del tutto tranquillo.
«Oh, non importa» lo giustifico, fingendomi
ugualmente serena. «Capisco che per un uomo tanto impegnato come lei debba
essere difficile mantenere un atteggiamento professionale e arrivare puntuale
ai propri appuntamenti» affermo subito dopo con formalità, mandando a monte il
mio proposito di sorvolare sulla sua mancanza di educazione. Se Mr Micols
potesse sentirmi, probabilmente adesso avrebbe un infarto e mi starebbe
maledicendo per non aver ancora sbottonato i pantaloni a questo spocchioso
miliardario. «Solo non pensavo fosse così negato con la tecnologia, insomma
poteva benissimo chiamare la mia assistente per riprogrammare il nostro
incontro e invece niente. Ha preferito ignorarmi, d'altronde io non avevo
nient’altro da fare questa mattina a parte aspettarla nel mio ufficio»
proseguo, spiegandogli quello che avrebbe dovuto fare nel momento in cui si è
reso conto che il suo meeting gli avrebbe sottratto del tempo prezioso.
«Ho preferito venire direttamente qui ed invitarla
a pranzo, invece che annullare il nostro colloquio» si difende Richard,
illustrandomi la sua magnifica idea e dandosi delle arie. Inoltre parla come
se, passandomi a prendere, mi avesse concesso un enorme favore. «Sa, non potevo
rinunciare ad incontrarla dopo averla messa così spudoratamente alla prova»
continua, ghignando in modo diabolico e riferendosi alla discussione avuta
durante il nostro primo incontro.
Lo odio, anche se è attraente e fantastico. Oggi
sembra perfino più bello del solito, forse perché i suoi occhi grigi sono
particolarmente luminosi o forse perché ha un accenno di barba che lo rende
irresistibile. Tuttavia lo detesto e vorrei solo rispondergli per le rime, ma
devo contenermi. Va bene provocarlo, scherzare e prenderlo in giro. Però non
credo che gridargli conto i peggiori insulti potrebbe agevolare la mia impresa
e convincerlo a fargli firmare questo benedetto contratto, perciò mi mordo il labbro
inferiore e trattengo le mie risposte pungenti.
«E dove ha intenzione di portarmi?» gli chiedo
invece con curiosità, fissando per un attimo fuori dal finestrino alla ricerca
di qualche indizio.
«Al Royal,
ovviamente» mi informa lui, scrollando le spalle con palese noncuranza e dando
per scontato che io avessi già capito le sue intenzioni. Certo, come ho fatto a
non essere così intuitiva. Richard d'altro canto è un facoltoso imprenditore,
non può mica accontentarsi di mangiare in un semplice fast food o in un locale
meno esclusivo. Un locale tranquillo, intimo e riservato. No, lui deve
assolutamente consumare il suo pranzo in un ristorante francese che serve il
cibo in piatti d’argento e offre solo vino da migliaia di dollari. A bottiglia.
Perché non ci ho pensato prima? Sono proprio una sciocca. In fin dei conti il Royal è l’Olimpo dei ristoranti
stellati, il regno dei multimiliardari newyorkesi e il Paradiso riservato
all’élite dell’alta società. Insomma, io in un posto del genere con il mio
attuale stipendio potrei permettermi al massimo un antipasto e un bicchiere di
acqua. Perché il Royal è uno di quei
posti in cui si paga praticamente anche l’aria che si respira, perciò non mi
sono mai azzardata nemmeno ad avvicinarmi all’ingresso. Ma oggi, per fare un
dispetto a Mr Reyes, ordinerò solo i piatti più costosi e mi impegnerò per
svuotargli il portafoglio.
Sì, adesso sono decisamente di buon umore.
Quando giungiamo a destinazione le mie aspettative
non sono affatto deluse e già da fuori il ristorante appare davvero sontuoso,
infatti la facciata dell’edificio è composta da immacolati mattoni bianchi e
lunghe finestre in stile provenzale. Alcune piante circondano il perimetro del
locale, mentre un enorme tappeto rosso conduce all’interno dell’edificio. In
realtà la sua architettura stona leggermente se confrontata con i grattaceli di
New York, che sono blocchi di metallo freddi ed impersonali, ma è proprio
questa la bellezza del Royal: la sua
unicità. È come un mondo parallelo, una nota di candido colore che si impone
sul grigio della città.
L’interno poi appare ancora più sfarzoso grazie ai
pavimenti rivestiti da mattonelle in marmo, ai numerosi lampadari di cristallo
che pendono dal soffitto e alle rifiniture delle pareti. La sala è occupata
oltretutto da diverse colonne doriche, che permettono di differenziare
l’ambiente e suddividerlo in piccole zone. Sulla destra si trova quindi il bar,
riservato ai clienti che vogliono godersi un drink prima di prendere posto,
mentre sulla sinistra è aperto un arco che permette l’accesso alla vera sala da
pranzo. Qui sono disposti una ventina di tavoli, sormontati da candelabri in
argento e coperti da tovaglie in finissima seta color lavanda, nonché un
bellissimo pianoforte a coda nero. Comunque non ho il tempo di soffermarmi sui
dettagli e analizzare meglio l’ambiente, perché appena varchiamo la porta del
ristorante Richard si dirige senza alcuna esitazione dal maître per ricordargli la nostra prenotazione e così in meno di
dieci minuti veniamo serviti. Non rimango eccessivamente sorpresa, perché sono
consapevole che l’influenza di Mr Reyes non è da sottovalutare.
Ad ogni modo, rispettando il mio giuramento, appena
arriva il mio turno ordino alcuni dei piatti più cari. Per iniziare dunque
prendo un’elaborata vichyssoise, ovvero
una vellutata di patate e porri bianchi. In pratica i tuberi vengono cotti in
un aromatico brodo di pollo, per essere conditi poi con panna fresca al profumo
di erba cipollina. Come piatto principale ho scelto invece l’homard à l’américaine, quindi polpa
d’aragosta e medaglioni rosolati nel burro. Il tutto viene sfumato con una
discreta dose di vino bianco e mezzo bicchiere di armagnac, nonché insaporito
con pomodoro e il corallo del crostaceo. Infine, come dolce, ho optato per una
classica crème brûlée.
Richard non ha fatto alcun commento riguardo alle
mie scelte e anzi ha ordinato pietanze ugualmente costose, prendendo inoltre da
bere un Chardonnay da cinquecentosettanta dollari a bottiglia. Un furto. Il mio
piano di stupirlo è fallito miseramente, però almeno potrò mangiare qualcosa di
diverso e molto più gustoso rispetto al sandwich che avevo preventivato di
consumare nel mio ufficio.
«Allora, Mr Reyes, quando ha intenzione di parlare
di affari?» mi interesso, mentre mi gusto la vellutataappena portatami dal cameriere.
Sinceramente non vorrei interrompere
quest’atmosfera idilliaca, ma non posso dimenticare qual è il mio obiettivo e
lo scopo di questo pranzo. Io sono qui per far firmare a Richard un contratto
di collaborazione, perciò mentre cerco di assecondare i suoi capricci devo
impegnarmi anche per stupirlo con le mie idee rivoluzionare. Non posso
concentrarmi quindi solo sul cibo, nonostante sia davvero delizioso. Devo
essere arguta, conciliante e veloce. Di conseguenza non perdo altro tempo e
comincio già ad affrontare il discorso relativo alla nostra possibile
collaborazione, sperando di distrarlo dalle sue capesante gratinate e
coinvolgerlo invece in un’appassionata discussione sugli affari.
«Non riesco a ragionare a stomaco vuoto, Miss
Thompson» mi risponde lui, prendendomi evidentemente in giro e sorridendomi
subito dopo in maniera maliziosa.
«Appena mezz’ora fa è riuscito a gestire un intero Consiglio
di amministrazione senza il minimo sforzo ed ora mi sta dicendo che non è in
grado di ascoltare una semplice consulente perché ha un calo di zuccheri?» lo
provoco con un pizzico di cattiveria, facendo ridacchiare anche Colin.
«È così sbagliato volersi godere un pranzo in
tranquillità?» mi chiede tuttavia il diretto interessato, lanciando
un’occhiataccia al suo assistente e sbuffando per esprimere il suo fastidio.
«Mi ha invitata a mangiare con lei per parlare di
lavoro» gli ricordo, giustificando la mia precedente domanda. «Dunque non vedo
perché dovremmo ancora rimandare e sprecare attimi preziosi» proseguo con un
tono severo, incolpandolo di nuovo per l’intera mattinata che non abbiamo
sfruttato a causa dei suoi impegni.
«Bene, Miss Thompson, allora proceda pure» mi
invita Richard, interrompendosi per sorseggiare il suo vino e studiandomi
intanto con attenzione. «Però voglio sentire solo una proposta» mi sfida in
seguito, fissandomi con i suoi magnetici occhi grigi.
«Cosa?» lo interpello, aggrottando le sopracciglia
per confermargli la mia perplessità.
«Sì, visto che l’ultima volta si è vantata del suo
talento con gli investimenti scommetto che sarà capace di stupirmi con una sola
offerta» afferma con sicurezza, spiegandomi il suo ragionamento.
«E che succede se non dovessi catturare il suo
interesse?» mi informo, valutando la situazione.
«Non firmerò il nostro contratto» risponde
prontamente il mio interlocutore, mentre Mr Andrews si sposta in maniera
nervosa sulla sedia.
«Quindi o tutto o niente?» commento, apparendo
assolutamente calma nonostante la mia reale agitazione. Sto per giocarmi la mia
carriera, mentre mangio un'aragosta da centoventi dollari e bevo vino.
«Esatto» dichiara lui, guardandomi con interesse e
aspettando la mia replica.
«Ok, per me va bene» affermo in modo sbrigativo,
accettando la sua condizione senza ragionarci troppo su per evitare di cambiare
idea.
«È molto sicura di sé» si complimenta Mr Reyes,
stupendosi per la mia audacia.
«Perché le mie idee sono sempre vincenti» lo
rassicuro, apparendo estremamente determinata.
«Questo è lo spirito giusto, la ascolto» mi
incoraggia quindi con un sorrisino fastidioso, mostrandosi divertito dalla mia
sicurezza e tutt’altro che turbato.
«Ho controllato i suoi ultimi investimenti, dopo la
nostra breve chiacchierata di giovedì scorso» lo metto al corrente, facendo
riferimento ai suoi affari. «Come mi aveva anticipato il suo assistente,
attualmente si è concentrato soprattutto sulle piattaforme telematiche»
proseguo, pensando alla nostra ultima discussione e alle informazioni che ho
raccolto. «In effetti capisco perfettamente il motivo: internet permette di
entrare in possesso di una serie eterogenea di dati e le consente di spaziare
in vari ambiti» ho chiarito, sintetizzando i punti essenziali. «Io ho trovato
quello perfetto per lei» concludo con convinzione, lasciando la frase in
sospeso in modo da aumentare la sua curiosità.
«Davvero? E quale sarebbe?» mi chiede quindi lui,
apparendo sinceramente interessato.
«Ha mai sentito parlare della DIXON Virtual Games?» lo interrogo, continuando poi a parlare senza
aspettare comunque la sua risposta. «È un’azienda specializzata nei videogiochi
online» gli spiego, sintetizzando gli affari in cui è coinvolta la suddetta
società. «Grafiche di alta qualità, aggiornamenti costanti e costi di
abbonamento accessibili a tutti» riprendo, elencando i punti più importanti.
«L’età dei loro clienti varia dai tredici ai quarantacinque anni» lo
informo, smettendo di mangiare per recuperare la mia borsa e mostrargli alcuni
documenti. Per prima cosa gli faccio leggere i prospetti di guadagno della DIXON, successivamente mi concentro
sulle statistiche di mercato e alla fine gli parlo del nuovo prodotto che
vogliono creare. «Il loro ultimo progetto riguarda la realizzazione di un gioco
interattivo che sfrutta l’idea della realtà virtuale: si sceglie un personaggio,
lo si fa interagire con l’ambiente per superare delle missioni a carattere
militare e si cerca di guadagnare più punti possibili. Nel frattempo si può
comunicare con gli altri giocatori, partecipare a tornei internazionali, creare
alleanze e costruire perfino la propria base» lo metto al corrente,
spiegandogli le caratteristiche principali. «Si chiama War in Progress» dichiaro, fermandomi un secondo per fargli
assimilare tutte queste informazioni. «La DIXON
ha un margine di profitto lordo pari al ventotto per cento, nonché un utile
netto annuale di trentasette milioni di dollari» riprendo subito dopo,
iniziando a parlare di denaro e interessi commerciali. «So che rispetto ai suoi
attuali investimenti sembra una società di poco conto e probabilmente diventare
un suo azionista comporterà dei rischi, ma in base ai miei calcoli si prevede
che il ricavato totale aumenterà del settanta per cento già il prossimo anno»
affermo con enfasi, elettrizzandomi per questa prospettiva. «Inoltre i costi di
produzione sono ridotti al minimo» concludo, pensando che essendo un gioco
online il fatturato è incredibilmente vantaggioso.
«Colin, cosa ne pensi?» chiede Mr Reyes al suo
collaboratore, lasciandomi un po’ interdetta. Non pensavo infatti che Richard
potesse affidarsi a lui per questo genere di cose, eppure sembra che il parere
del suo segretario sia essenziale per confermare o meno la nostra
collaborazione.
«È una proposta allettante» ammette Mr Andrews,
guardandomi con ammirazione. «La DIXON
è una società giovane e abbastanza recente a livello di mercato, però ha
ottenuto ottimi risultati nell’ultimo periodo e in effetti le sue quote sono in
crescita» ammette, avvalorando i miei ragionamenti. «Tuttavia è indiscusso che
investire su questo genere di intrattenimento è sempre un rischio, come ha
detto prima Miss Thompson».
«Sai che mi piacciono le sfide» ribadisce il suo
capo rivolgendosi sempre al suo assistete, voltandosi poi nella mia direzione e
riprendendo a parlare con me. «Ma deve sapere, Christine, che io esamino sempre
un prodotto prima di investirci i miei soldi» mi informa, facendomi capire come
conclude i suoi affari. È uno di quei tipi che per fidarsi deve valutare
personalmente la merce. «Quindi voglio provare la demo di questo gioco e dopo
deciderò se firmare un contratto con la sua compagnia».
«Mi sembra giusto» annuisco, assecondandolo.
«Bene, allora ci vediamo domani sera» afferma
Richard, sorridendomi con confidenza.
«Cosa?» gli domando allora, palesando la mia
confusione.
«Sì, verrò a prenderla in ufficio e poi andremo al
mio appartamento» asserisce con perfetta calma, chiarendomi la sua idea e non
permettendomi di obiettare. «Così potrò testare il gioco e prendere una
decisione» finisce, scrollando le spalle con noncuranza e facendo apparire
questa situazione assolutamente normale. «Va bene, Christine?» si accerta
subito dopo, pronunciando per la seconda volta il mio nome ed usando una voce
calda.
Ignoro i brividi che mi ha provocato e mi
irrigidisco, perché lui sa benissimo che non posso rifiutare la sua offerta. Sa
di avermi in pugno, sa che il mio capo in pratica sbava da settimane per
ottenere questo contratto e di conseguenza è consapevole che ho le mani legate.
Devo sottostare ad ogni suo desiderio per mantenere il mio lavoro e non
incorrere nell’ira di Mr Micols, che probabilmente acconsentirebbe alla sua
attuale richiesta senza battere ciglio. Se per concludere questo accordo fosse
necessario vendere perfino la mia anima al diavolo, dovrei assolutamente farlo
e senza alcuna esitazione. Richard è proprio il mio demone tentatore ed io sono
la sua preda, anche se non capisco cosa vuole ricavare da tutta questa storia.
Perché mi sta invitando a casa tua? Perché vuole farmi impazzire? Quali sono le
sue vere intenzioni? E soprattutto perché, mentre si comporta in questo modo
dispotico e autoritario, io non posso fare a meno di pensare a quanto è
attraente? C’è sicuramente qualcosa che non va in me, forse saranno gli ormoni
o la mia frustrazione sessuale. Però non posso lasciarmi influenzare dai miei
sentimenti e devo ragionare in modo logico, altrimenti finirò nei guai e sono
già abbastanza incasinata in questo periodo.
«Certo, Mr Reyes» rispondo dunque con un tono
angelico, ricambiando addirittura il suo sorriso.
Non voglio fargli capire che mi ha turbata, perciò
cerco di mantenere il controllo e comportarmi con naturalezza. Vuole giocare?
Bene, ha trovato una sua degna avversaria. Non ho alcuna intenzione di
dargliela vinta così facilmente, pertanto è meglio per lui stare attento. Sono
una donna competitiva ed ottengo sempre quello che desidero, non sarà
certamente lui a mettermi i bastoni tra le ruote.
Per favore,
spiegamelo di nuovo: per quale ragione devo sottostare a questo ricatto?
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Per caso
adesso sono diventato la voce della tua coscienza?
Semplice, perché se
non vuoi essere inserita nella lista nera del tuo capo e soprattutto vuoi
evitare di venire licenziata devi accontentare Mr Billionaire.
Sospiro con rassegnazione e provo a pensare in
maniera logica, anche se sono consapevole che in fondo Richie ha ragione.
D’altronde è tutto il giorno che mi ripeto le stesse cose per convincermi ad
andare a questo assurdo appuntamento con Mr Reyes, eppure sono ancora indecisa
e combattuta. Insomma, se devo essere sincera, non è che io abbia davvero la
possibilità di scegliere. Diciamo pure che in questo momento la mia volontà, la
voce della mia coscienza ed i miei desideri sono solo degli optional superflui. In effetti se adesso
dovessi improvvisamente decidere di tirarmi indietro e non presentarmi al mio
incontro con Richard, potrei dire addio con assoluta certezza alla mia attuale
posizione lavorativa. Esiste la concreta possibilità di un mio demansionamento,
anche se contro legge, quindi verrei dequalificata a semplice contabile e Mr
Micols non mi rivolgerebbe mai più la parola. Ok, questo non è necessariamente
un punto negativo. Tuttavia io sono nata per amministrare fondi bancari e
mettere a frutto importanti somme di denaro, non di certo per essere
considerata un semplice ragioniere. Ma se provassi ad oppormi a Peter, nonché
di conseguenza ai severissimi dirigenti della Cooper&Parker Investiment Companies, sarebbe proprio questo il
mio destino. Sì, finirei segregata in una stanza polverosa e stracolma di
registri. Riprenderei a fare calcoli noiosi, nonché centinaia di fotocopie
contribuendo al disboscamento delle foreste. Sarei costretta di nuovo a servire
il caffè durante le riunioni a cui adesso invece partecipo in maniera attiva,
verrei trattata in pratica come l’ultima ruota del carro e la mia scrivania
sarebbe completamente sommersa da fogli quadrettati pieni di numeri. Addio
clienti facoltosi e posto di prestigio, conquistato con lacrime e sacrifici.
Però non riesco ad accettare questa situazione e
purtroppo non riesco a restare impassibile di fronte all’ordine che mi è stato
imposto senza alcun rispetto. È più forte di me. Quindi sto continuando ad
illudermi di poter cambiare idea all’ultimo minuto e di avere ancora un minimo
di libertà, nonostante questa sia solo una mera illusione. Sono consapevole
infatti che non esiste alcuna possibilità di sottrarmi al mio imminente
incontro e attualmente per me il concetto di libero arbitrio è soltanto un’utopia,
tuttavia il mio orgoglio mi impedisce di pensare che non ho davvero
alternative.
Sì, il mio capo è pronto a strozzarmi se lunedì non
tornerò in ufficio con un contratto firmato. Sì, perfino la mia segretaria
Holga è agitata essendo a conoscenza dell’importanza che può avere questa
collaborazione per le nostre carriere.
Ma non ho alcuna intenzione di andare contro i miei
principi e vendere metaforicamente la mia anima a causa di un contratto, anche
se è tanto importante per la mia carriera, dunque sto continuando a riflettere
attentamente sulla situazione. Non posso evitare questo appuntamento, ormai mi
sono rassegnata, però nessuno può impedirmi di dettarne le regole e farmi
valere. È uno scontro ad armi pari, anche se Richard ha il coltello dalla parte
del manico. O meglio, la penna. Ad ogni modo non sono una marionetta e al
contrario possiedo un cervello perfettamente funzionante, nonché un carattere
forte. Pertanto incontrerò Mr Reyes, ma non prometto nulla. Non sarò docile,
zuccherosa e sottomessa. Certo, adesso il mio unico obiettivo è fargli firmare
questo benedetto contratto. Però non starò in silenzio se qualcosa non mi
convincerà, non ingoierò il mio orgoglio solo per intascarmi milioni di dollari
e non andrò contro la mia morale. So quali rischi corro, tuttavia sono anche
consapevole delle mie capacità. Convincerò Mr Reyes a firmare i documenti,
facendogli rispettare comunque le mie condizioni. Se fosse per Mr Micols dovrei
sottostare ad ogni suo capriccio, perché un rifiuto da parte di questo famoso
multimiliardario non è nemmeno concepito. Ma io non la penso come lui e mi
dimostrerò determinata, in modo da ottenere quello che voglio e rispettare allo
stesso tempo la mia etica professionale. Determinazione, perseveranza e
ambizione. Saranno queste le parole chiave che mi accompagneranno durante il
mio confronto con Richard.
Comunque tengo molto al mio lavoro e a prescindere
da tutto il resto anche questa volta mi sono impegnata per accontentare un mio
potenziale affiliato, pertanto grazie ad alcuni contatti mi sono procurata in
esclusiva un’anteprima di WIP e sono pronta a trascorrere un’intera serata
osservando il mio – si spera – futuro cliente mentre prova la demo del gioco. Mr Reyes deciderà il mio
destino a colpi di joystick e divertendosi come un adolescente, ignorando la
mia ansia e la mia irritazione. Al solo pensiero rabbrividisco, perché per me è
inconcepibile che gli affari si svolgano in questa maniera. Io pensavo che
Richard fosse un imprenditore diverso: più logico, più serio e più risoluto.
Invece è eccentrico come tutti gli altri ricchi, al punto che sto seriamente
valutando la possibilità che questo sia un requisito essenziale per diventare
miliardari. Insieme ad un ego smisurato, un’audacia fuori dal comune, una certa
presunzione e un aspetto estremamente attraente.
In realtà posso capire che Mr Reyes voglia provare
il prodotto che gli ho consigliato prima di investire nella società produttrice
una somma non indifferente e all’inizio credevo fosse anche una buona idea,
tuttavia devo ammettere che quando Richard ha parlato di testare il gioco
pensavo si limitasse a valutarne solo alcuni dettagli pratici. Mi aspettavo in
pratica che volesse avere alcuni chiarimenti sulle caratteristiche di War In Progress e cercasse delle nozioni
generali: come valori statistici, percentuali di guadagno, il livello di
risoluzione della grafica del videogame, la velocità standard del server
utilizzato come piattaforma multimediale e altri dati perfettamente
comprensibili. Insomma, informazioni tecniche e davvero rilevanti. Invece no,
lui ci vuole giocare. Giocare!
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Sì,
sei la mia coscienza
Se la metti in questo
modo mi sento quasi una prostituta. Magari pretenderà anche che lo chiami
padrone e gli faccia la riverenza, conoscendo il tipo. Ma perché gli uomini
facoltosi sono tutti così strani e attaccati ai loro soldi? Insomma, Mr
Billionaire ha un conto in banca che potrebbe fare invidia perfino a quello di
zio Paperone! Eppure si preoccupa di investire migliaia di dollari in un
progetto tutt’altro che rischioso. Davvero, non lo capisco.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Uno
strano modo di ragionare
Tesoro, se tutti la
pensassero come te a questo mondo non ci sarebbero più multimiliardari.
Sarebbero estinti. I rischi vanno sempre valutati prima di investire in un
progetto. È un istinto di sopravvivenza. In effetti lo sai benissimo, fa parte
del tuo lavoro.
Mi ritrovo a sorridere con spontaneità nel momento
in cui leggo l’epiteto affettuoso con il quale mi ha appena apostrofata e mi
rendo conto che in questi giorni Richie mi ha trattata con molta
considerazione, chiamandomi spesso con soprannomi dolci e carini. Ovviamente mi
fa piacere e non penso stia affrettando i tempi, perché è da parecchio ormai
che ci sentiamo e ci mandiamo messaggi con regolarità. Giorno dopo giorno ci
siamo avvicinati con spontaneità e adesso, dopo un paio di settimane, siamo
abbastanza intimi e affettuosi. Adoro gli uomini amorevoli, che non si
spaventano di usare parole tenere e premurose. Uomini che non hanno paura di
esprimere i loro sentimenti. Un altro
punto a suo favore. In realtà è da un po’ di tempo che ho smesso di tenere
la lista dei pro e dei contro riguardo al suo carattere, anche perché Richie
sembra davvero perfetto.
Certo, devo ancora conoscerlo di persona e
probabilmente le mie aspettative si infrangeranno nel momento in cui ci
incontreremo nel mondo reale. Però adesso voglio illudermi di aver trovato una
persona sincera, gradevole e onesta. Nessuno mi impedisce di crearmi una sua
immagine ideale, quindi continuerò a sognare fino a quando non mi scontrerò con
la verità. Anche se nel profondo spero comunque di non venire delusa. Ma sono
consapevole che è tutto troppo bello per essere vero.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Sembra
avere senso
Sì, non hai torto.
Però sono stanca di andare avanti in questo modo: sono due settimane che cerco
di concludere il nostro affare! Sto perdendo la pazienza, poi il mio capo mi
sta ancora con il fiato sul collo e ti assicuro che non è una sensazione piacevole.
Mi sento soffocare. Inoltre avevo dei programmi per questa sera, invece devo
rimandare tutto a causa di questo spocchioso riccone.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Porta
pazienza
Vedrai che andrà tutto
bene, Choco. Comunque non penso che mangiare ciambelle, ubriacarsi con il vino
e guardare “The Vampire Diaries” possa definirsi un programma irrinunciabile.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Damon
viene sempre al primo posto
Questione di punti di
vista! Poi volevo anche messaggiare con te, sapere com’è andata la tua giornata
e cose così…
Arrossisco quando leggo l’ultimo messaggio che gli
ho inviato, ma ormai non posso tornare indietro e devo accettare di essermi
appena esposta. Tuttavia non mi pento totalmente di avergli fatto capire quanto
tengo a lui e al nostro rapporto, perché io amo la quotidianità che si sta
instaurando con Richie. I nostri momenti di tenerezza, i suoi nomignoli
affettuosi, le nostre ore trascorse confidandoci. Inoltre lui mi conosce
veramente e non mi giudica per i miei interessi, ma anzi li accetta con
serenità e ci scherza sopra. Come ha fatto adesso. Adoro quando parliamo e mi
estranio dal mondo, pensando solo alle nostre conversazioni. Mi fa ridere, mi
fa sentire a mio agio e so di poter essere completamente sincera con lui.
Oltretutto accetta i miei sfoghi e i miei pareri, mentre io da parte sua ricevo
sempre consigli intelligenti e rassicurazioni confortanti. Non vengo
considerata debole, stupida o inopportuna. Anche le sue opinioni mi sono di
grande aiuto, perché mi permettono di vedere le cose sotto una prospettiva
diversa. Una prospettiva più obiettiva, imparziale e soprattutto realistica. Io
purtroppo mi lascio spesso condizionare dalle mie ipotesi e dalle mie fantasie,
mentre Richie mi tiene con i piedi ben piantati per terra. Mi offre
l’opportunità di ragionare, senza essere invadente, e mi permette soprattutto
di conoscere i suoi pensieri. I suoi punti di vista, che sono sempre molto
interessanti.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Allora…
La mia giornata è
andata piuttosto bene. Ho fatto colazione con un ottimo croissant al
cioccolato, ho finalmente trovato un accordo con il mio Consiglio di
amministrazione per quel problema che mi stava assillando da circa un mese e
adesso sto per tornare a casa. Devo lavorare un po’ questa sera, ma scommetto
che mi divertirò lo stesso.
Sorrido, contenta che sia riuscito stabilire una
collaborazione con i dirigenti della sua azienda. Non mi ha spiegato bene quale
fosse il problema che lo ha assillato nell’ultimo periodo, ma so che ha
combattuto molto per portare avanti un paio di progetti innovativi. Il suo
consiglio si è opposto ad alcune iniziative perché a lungo andare secondo le
loro indagini sarebbero risultate meno redditizie e più incentrate sul sociale,
però adesso hanno raggiunto un compromesso e questo mi rende davvero felice per
lui. Alla fine la dedizione e la perseveranza pagano sempre, soprattutto quando
c’è talento.
In queste settimane ho capito che Richie tiene
molto al suo impiego, perciò per me è un onore condividere certe soddisfazioni
con lui e la nostra reciproca devozione per il lavoro. Trovo positivo che ami
così tanto la sua professione e abbia degli ideali forti, al punto da mettere
al primo posto l’interesse della collettività piuttosto che il suo guadagno
personale. Sono pochi oggi che la pensano in questa maniera. Ma Richie è un
tipo davvero capace, nonché un uomo ambizioso e preciso. Mi piace anche questo
aspetto del suo carattere, perché lo trovo simile a me e in questo modo ho
avuto la conferma riguardo alla nostra compatibilità. Entrambi quindi amiamo
quello che facciamo, infatti ci impegniamo molto per raggiungere i nostri
obiettivi e ci mettiamo l’anima.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Beato
te
Io invece devo
prepararmi a sopportare ore di tortura. Spero almeno di ottenere una firma,
altrimenti rischio davvero di strozzare Mr Billionaire. Domani scoprirai chi
sono grazie ai titoli di cronaca.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Un’aspirante
omicida
Vorrei che il nostro
incontro fosse un po’ più romantico, tesoro. Venire a visitarti in carcere non
è certo la mia massima aspirazione, ma scommetto che anche con la tuta
arancione sarai fantastica.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Che dolcezza
Sei sempre il solito
adulatore! Ora comunque vado, tra poco Mr Billionaire sarà qui. Purtroppo. Ci
sentiamo domani, baci.
Poso il cellulare nella mia borsa e mi alzo,
lasciando finalmente la mia postazione. Ad ogni modo prima di abbandonare
l’ufficio chiudo il computer e subito dopo recupero il mio giubbotto, dando poi
un’occhiata in giro per accertarmi di non essermi dimenticata niente. I
documenti sono custoditi nella mia valigetta, il telefonino l’ho appena riposto
e le mie chiavi sono conservate della tasca del mio soprabito.
Sì, sono pronta. Però non voglio uscire. Mi sto
comportando peggio di una bambina capricciosa, quando in realtà non c’è alcun
motivo logico che possa giustificare il mio attuale atteggiamento. Ma, come ho
già detto più volte anche al mio confidente virtuale, la verità è che non sono
entusiasta all’idea di passare tutto questo tempo con Richard. Sono costretta a
farlo se voglio assicurarmi di concludere questo contratto, tuttavia se devo
essere sincera Mr Reyes mi mette a disagio. Mi fa sentire… strana. Mi fa
arrabbiare, mi innervosisce e mi irrita. Invece io sono sempre molto
controllata, calma e pacata. Insomma, nemmeno Mr McQueen con la sua assurda
proposta di investire in una pasticceria erotica è riuscita a farmi
spazientire. Eppure Richard ci riesce. Perché mi sfida, mi provoca e mi mette
alla prova. Mi sento toccata nella mia professionalità, forse è questo il
motivo. So che lui è competente, so che potrebbe gestire i suoi soldi senza
bisogno del mio aiuto e davvero non capisco per quale ragione voglia assumermi.
Mi sento superflua quando sono in sua compagnia.
Alla fine comunque non credo che questa sera dovrò
impegnarmi e fare molto, a parte vederlo giocare ed aspettare con ansia di
ricevere il suo verdetto. O almeno, lo spero. Il mio contributo in una nostra
ipotetica discussione sarà davvero minimo e ogni mio intervento avrà un unico
scopo, ovvero quello di convincerlo a siglare i documenti che ho preparato già
la settimana scorsa. Sospiro un’altra volta, ma con fare scoraggiato. Vorrei
che Mr Micols non mi avesse mai scelta per questa contrattazione. È vero che a
livello lavorativo averlo come cliente potrebbe agevolarmi e offrirmi
moltissime opportunità di avanzamento, però non voglio continuare a mettere a
rischio la mia sanità mentale. Già è sufficientemente compromessa a causa di
mia madre e delle mie relazioni fallite, non mi serve anche il contributo di
Richard per peggiorare la mia situazione. Se avessi saputo prima che avrei
dovuto sopportare questo calvario, mi sarei rifiutata.
Ad ogni modo non mi soffermo troppo su questi
pensieri e finisco di prepararmi, chiudendomi infine la porta del mio studio
alle spalle e salutando con un gesto educato la mia assistente. In seguito
entro nell’ascensore, impostando il piano terra e ammirando intanto la mia
immagine riflessa nello specchio. Mi concentro soprattutto sulla mia
capigliatura e sul mio viso: non ho il trucco sbavato, dettaglio che mi lascia
abbastanza sbalordita considerata la mia intensa giornata lavorativa, però i
miei capelli sono più vaporosi rispetto a questa mattina. Sarà stata l’umidità,
visto che ha piovuto tutto il pomeriggio e sono uscita per pranzo, tuttavia
l’effetto non mi dispiace. Fortunatamente questa mattina mi sono resa conto che
le condizioni meteo non era delle migliori e ho indossato i miei adorati
stivaletti, quindi non mi sono trovata impreparata. In effetti oggi ho optato
per un look più casual rispetto al mio solito, composto da un completo giacca e
pantalone, dato che inoltre sapevo di dover trascorrere la serata fuori. Non
avevo alcuna voglia di mettermi la gonna e i miei soliti tacchi alti, perciò ho
preferito vestirmi comoda e mantenere comunque la mia eleganza indossando
appunto un sobrio tailleur blu. Ho abbinato una camicetta grigio perla, una
bella collana scintillante per dare risalto ai miei occhi e rendere più
luminoso il mio viso. Ho completato il tutto con un cappotto nero, valigetta in
tinta e una sciarpa a pois bianchi.
Sono soddisfatta del mio aspetto e annuisco
convinta, dandomi comunque una sistemata al rossetto per renderlo più omogeneo
sulle labbra e aggiustandomi meglio anche il nodo del foulard intorno al collo.
Concludo la mia contemplazione quando percepisco il bip dell’ascensore, che mi avverte del mio arrivo al piano
designato. Allora esco dal palazzo e mi addentro nella notte, camminando sotto
i lampioni accesi e ammirando nel frattempo la confusione che mi circonda. Sono
le sette di sera e la maggior parte delle persone ha appena concluso di
lavorare, perciò nelle strade regna davvero il caos: le macchine sono immobili
a causa dell’eccessiva affluenza di vetture che occupano appunto la carreggiata
e perfino i marciapiedi sono molto affollati. La calca è presente soprattutto
in prossimità delle fermate degli autobus e vicino ai posti riservati ai taxi,
anche se la maggiormente parte della gente è riunita proprio sulle scale che
conducono alla metropolitana. Per fortuna io oggi posso risparmiarmi il viaggio
in metro e non devo nemmeno farmi spazio tra le persone, che al momento saranno
davvero aggressive a causa dell’entusiasmo derivato dal pensiero di potersi
finalmente godere il loro tanto agognato fine settimana di relax e di
conseguenza cominceranno a spintonarsi pur di ottenere la precedenza. Forse la
consapevolezza di non dovermi sorbire mezz’ora in piedi in un vagone strapieno
di gente sovra esaltata è l’unico aspetto positivo di tutta questa faccenda,
insieme alla prospettiva di essere scarrozzata in giro nella macchina super
lussuosa di Mr Reyes. Adesso mi sento lievemente rassicurata e quindi non perdo
altro tempo, ma anzi mi sbrigo ad individuare la vettura di Richard tra quelle
parcheggiate per strada. La noto subito grazie alla presenza di Stewart, che in
effetti mi sta aspettando nello stesso punto del giorno prima. Ha assunto
perfino la stessa posizione, difatti è appoggiato contro lo sportello del SUV
nero.
«Buonasera, Miss Thompson» mi saluta con
cordialità, sorridendomi.
«Buonasera, Cameron» rispondo con altrettanta
cortesia, accomodandomi subito dopo accanto al suo capo e rivolgendo anche al
diretto interessato un saluto sinceramente entusiasta. In effetti voglio
iniziare questa serata con il piede giusto e non mostrarmi sgarbata, almeno per
ora. Sto cercando di convincermi che se parto con un atteggiamento positivo
inevitabilmente aumenterò le mie possibilità di mantenermi altrettanto
ottimista per il resto della serata, scacciando invece la negatività e altre
sensazioni sgradevoli. È una specie di motto, che seguirò per tutto il tempo
possibile. «Salve, Mr Reyes» affermo dunque con genuina gentilezza,
sorridendogli addirittura con serenità. «Il suo assistente non è con lei?»
proseguo subito dopo, notando l’assenza del suo segretario e interrogandomi su
questa stranezza.
Mr Andrews ha sempre affiancato il suo capo durante
i nostri colloqui lavorativi, perciò mi sembra davvero strana la sua mancanza.
Inoltre, se devo essere sincera, mi sento leggermente in imbarazzo all’idea di
rimanere sola con Richard per tutta la serata. Tuttavia non voglio rivelargli i
miei timori e dargli l’impressione di essere una codarda, pertanto cerco di
modulare il tono della mia voce in modo da apparire semplicemente curiosa e non
terrorizzata. Insomma, sono una donna adulta. Non è la prima volta che mi trovo
in compagnia di un uomo, anche se nessuno mi ha mai intimidita come lui.
«Colin è tornato a casa» mi spiega quest’ultimo,
fissandomi con interesse. «Per caso sente la sua mancanza?» mi prende in giro,
ghignando e intuendo probabilmente la mia ritrosia.
«No, in realtà preferisco non avere testimoni»
rispondo con prontezza, irritandomi a causa della sua provocazione e facendolo
ridere ancora più forte.
«Progetta di uccidermi?» si accerta allora,
fingendo di essere sconvolto.
«Non proprio, ma mi sento alquanto frustrata
ultimamente» lo avverto, informandolo sulle possibili reazioni che potrei avere
per colpa del mio stato d’animo turbato.
«Per colpa mia?» mi domanda, fingendosi ingenuo.
«Anche» ammetto, lanciandogli un’occhiataccia. «Il
mio capo non mi sta dando un attimo di tregua per colpa del nostro contratto»
proseguo, spiegandogli le mie motivazioni e l’origine del mio fastidio. Inoltre
incrocio le braccia sul petto, in modo da manifestargli ulteriormente la mia
chiusura. Volevo collaborare e rendere almeno l’inizio della nostra serata più
sopportabile? Volevo comportarmi da persona tranquilla, serena e controllata?
Volevo adottare un comportamento zen e
seguire un motto incentrato sull’ottimismo? Beh, ho cambiato idea. Ho tutto il
diritto di farlo. In fin dei conti lui non sta collaborando e le mie buone
intenzioni sono evaporate, lasciando emergere il mio nervosismo.
Addio, positività. È stato bello incontrarti, anche
se per poco.
«Mi dispiace» confessa Richard, aggrottando le
sopracciglia. «So che Mr Micols può essere abbastanza esasperante» aggiunge,
riferendosi al carattere di Peter. «È da un paio di anni che prova a farmi
diventare un vostro cliente e quindi capisco bene quanto possa risultate…
asfissiante» continua con sincerità, cercando alla fine di trovare il termine
giusto per descrivere l’insistenza del mio superiore.
«E perché hai cambiato idea proprio adesso?» gli
chiedo, palesando la mia curiosità e parlandogli in maniera informale. Tuttavia
non vengo corretta, cosa che mi sorprende. Pensavo volesse mantenere la nostra
relazione puramente professionale, invece mi ha concesso di rivolgermi a lui
con maggiore confidenza e con meno rigidità. Lo apprezzo, perché così mi fa
sentire sua pari.
«Conosci Jacob McAllister?» mi interroga quindi Mr
Reyes, ignorando il mio stupore e nominando il famoso giudice di New York.
Oltretutto si adatta con immediatezza alla situazione e decide di imitarmi,
tralasciando le formalità. Non è la prima volta comunque che mi parla in questo
modo, infatti già dall’inizio della nostra conoscenza ha mostrato di essere una
persona aperta e disponibile. Poco attento alle convenzioni, alle etichette e
al galateo.
«Sì, sua moglie Matilda è una mia cliente» lo
informo, spiegandogli la natura del mio rapporto con l’ufficiale governativo.
«Una donna simpatica, ma un po’ volubile» dichiaro in seguito, pensando al
carattere di Mrs McAllister. È una signora difficile da accontentare e
oltretutto è alquanto caparbia, però quando mette da parte la sua frivolezza e
la sua noncuranza è davvero stimolante lavorare con lei. Ha una certa
fissazione per le borse, le sciarpe di seta e i profumi costosi. Io ho
trasformato queste sue ossessioni in affari, portandola ad investire i suoi
soldi nelle giuste società. Adesso ad esempio è una fedele azionista di Hermès, un’importante azienda francese
produttrice della famosa borsa Birkin. Matilda è una delle mie affiliate più
importanti, perciò la considero il fiore all’occhiello della mia collezione di
ricche mogli annoiate. «Ha troppi soldi da spendere e cattive idee su come
gestirli, tuttavia è un’ottima ascoltatrice e analizza con attenzione i miei
consigli».
«È stato Jake a parlarmi di te» ammette allora il
mio interlocutore, scrollando le spalle con apparente noncuranza. «Mi ha detto
che aveva finalmente trovato qualcuno in grado di domare la sua Tilda»
continua, usando un tono divertito. «Così è uscito il tuo nome» chiarisce,
mettendomi al corrente della verità ed informandomi su come si sia sviluppato
il suo interesse nei miei confronti.
«Quindi anche tu cercavi qualcuno che fosse capace
di domarti?» lo provoco, ritrovandomi ad arrossire leggermente a causa delle
mie parole sfrontate.
«In un certo senso, sì» mi risponde Richard senza
alcuna esitazione, apparendo tutt’altro che intimidito dalla mia audacia.
«Volevo qualcuno che potesse stupirmi, fosse in grado di stare al passo con i
miei interessi e avesse proposte innovative» aggiunge, facendomi indirettamente
dei complimenti. Forse Mr Reyes mi ha scelta come sua consulente perché ha
davvero stima del mio intuito e io non potrei esserne più contenta, perché sono
molto fiera delle mie capacità e sono sempre orgogliosa quando qualcuno le riconosce.
«Sono stanco di ascoltare proposte caute, poco originali e tremendamente
banali» prosegue, mostrandosi alquanto frustrato. «Voglio qualcuno capace di
ragione fuori dagli schemi, qualcuno che non abbia paura di osare, qualcuno che
mi faccia venire voglia di investire i miei soldi invece di lasciarli marcire
in una banca».
«E fino ad ora sei rimasto soddisfatto?» gli
domando, provando a capire i suoi pensieri.
«Lo saprai questa sera, Christine, dopo che avremo
giocato a War in Progress» mi informa
lui con assoluta tranquillità, senza concedermi alcuna anticipazione e
lasciandomi sulle spine.
«Avremo?»
ripeto, mostrandogli la mia perplessità. «Perché parli al plurale? Io non ho
alcuna intenzione di giocare» preciso, avvertendo una punta di panico e
osservando attentamente la sua espressione criptica.
«Questa sera farai un’eccezione» afferma Richard in
modo sicuro, guardandomi con divertimento e lasciandomi ammirare il luccichio
diabolico che ha appena illuminato i suoi occhi. «Devi sempre testare un
prodotto prima di consigliarlo» mi ricorda, spiegandomi di nuovo il suo punto
di vista.
«Lo capisco, ma sei tu che devi decidere se
investirci o meno» ribadisco con ulteriore convinzione, mostrandomi altrettanto
logica. «Quindi va bene se vuoi provarlo, sono più che d’accordo con te, ma non
mi sembra necessario coinvolgermi nei tuoi strani progetti» concludo in maniera
poco collaborativa, palesando anche il mio scarso entusiasmo e chiarendogli il
mio parere.
«Quando diventerai la mia promoter finanziaria
questo genere di cose saranno all’ordine del giorno, perciò ti consiglio di
abituati già da adesso al mio modo di lavorare» mi avverte Mr Reyes, tentando
di farmi accettare le sue stranezze. Tuttavia ha usato il quando e non il se per
iniziare la sua frase, quindi mi sento abbastanza rassicurata riguardo alla conclusione
della nostra serata. La nostra discussione viene comunque interrotta quando
l’auto si ferma nei pressi di un palazzo in stile industriale, caratterizzato
tuttavia da particolari finestre ad arco che in contrapposizione ai vari
dettagli architettonici moderni usati per decorare la facciata tendono a
risaltare. Ad ogni modo non ho il tempo di studiare con più attenzione le
rifiniture dell’edificio, dato che Richard ha appena aperto lo sportello del
passeggero e sta già scendendo dalla macchina. Io allora lo imito e abbandono a
mia volta il caldo abitacolo dell’automobile, fermandomi subito dopo davanti
all’ingresso dello stabile costruito con mattoni chiari. Mi rendo conto che ci
troviamo nell’Upper East Side, uno
dei quartieri residenziali più tranquilli ed eleganti di Manhattan. L’area
comprende diversi sobborghi, tutti architettonicamente impeccabili e raffinati.
Adesso ci troviamo precisamente nella zona di Yorkville, dove risiedono i ricchi imprenditori e in generale le
persone più facoltose della città. Qui in effetti è possibile incrociare per
strada attori, registri, cantanti, giocatori di football, giornalisti
televisivi, eccetera eccetera. Richard probabilmente fa la spesa con Lady Gaga,
va in palestra con Eli Manning – il quarterback dei New York Giants – e magari frequenta la stessa lavanderia di Woody
Allen. Il quartiere comunque è davvero ben collegato e ha una posizione
privilegiata: confina infatti con Central Park, con la Fifth Avenue e si affaccia sullo stretto marittimo dell’East River. Inoltre a pochi passi si
possono trovare moltissimi musei, biblioteche, ristoranti di lusso, alberghi
stellati e diverse gallerie d’arte. È un altro mondo.
In quest’area gli affitti per un monolocale si
aggirano intorno ai cinquemila dollari al mese, mentre i prezzi di vendita –
riferiti sempre allo stesso tipo di alloggio – partono da circa un milione di
dollari. È inutile specificare che invece per un appartamento con almeno tre
camere da letto le cifre superano nettamente i cinque milioni, arrivando fino a
numeri davvero astronomici. Certo, sono offerte del tutto giustificabili
considerata appunto la zona. Ma capite? Qua parliamo di milioni e milioni di
fumanti banconote.
Non mi sorprende dunque che Richard abbia scelto di
stabilirsi proprio in questa parte della città, considerato il suo ingente
patrimonio e la sua mania di grandezza. Senza contare il fatto che il suo
quartiere si trova vicino al centro di Manhattan, nonché agli uffici della sua
azienda.
«Per questa sera puoi andare, Stewart» afferma Mr
Reyes, rivolgendosi al suo autista attraverso il finestrino abbassato del SUV e
attirando la mia attenzione. Smetto di conseguenza di ammirare il maestoso
palazzo che mi trovo di fronte, voltandomi verso Richard. «Ho intenzione di
accompagnare personalmente Miss Thompson a casa, quando avremo finito di
discutere di lavoro» continua, chiarendo i suoi progetti.
«Va bene, capo» concorda quindi Cameron, rimettendo
in moto la macchina e congedandosi con un semplice gesto della mano.
«Posso benissimo prendere un taxi, non ho bisogno
della tua cortesia» intervengo, cercando di far valere la mia indipendenza e
lanciando nel frattempo un’occhiataccia a Mr Reyes.
«Ed io posso benissimo darti un passaggio e
mostrarmi gentile» mi risponde con prontezza, ribattendo alla mia affermazione.
«Adesso però smettiamola di battibeccare ed entriamo, Christine» continua con
altrettanta semplicità, appoggiandomi una mano sulla schiena per guidarmi verso
l’ingresso del palazzo. Rimango esterrefatta a causa della sua vicinanza e
anche la sua azione così intima mi sorprende, portandomi a sobbalzare. Lui
tuttavia non commenta il mio atteggiamento e ignora la mia reazione, aprendo il
portone dello stabile e avvicinandosi all’ascensore. La postazione del portiere
è vuota, considerata l’ora, perciò possiamo muoverci in completa libertà.
Varchiamo dunque le porte metalliche della cabina senza alcuna esitazione e
successivamente Richard si premura ad inserire il codice di sicurezza, tramite
la tastiera digitalizzata posta sopra i normali numeri dei piani, per accedere
all’attico.
Durante il breve tragitto non parliamo, ma Mr Reyes
continua a mantenere la sua mano sulla parte basse della mia schiena. Mi sento
in imbarazzo e allo stesso tempo emozionata, grazie ai vetri che decorano le
pareti dell’ascensore posso vedere chiaramente il rossore prendere possesso del
mio viso. Ho davvero le guance in fiamme e non posso fare a meno di
mordicchiarmi il labbro inferiore, imponendomi di contenere le mie sensazioni.
Mi ritrovo a sospirare di sollievo quando arriviamo al livello designato, visto
che Richard è costretto a lasciarmi andare per recuperare una tessera dal suo
portafoglio. Subito dopo la inserisce nell’apposita sezione elettronica per
confermare la sua presenza e in questo modo usciamo dalla cabina, addentrandoci
finalmente nel suo loft. È evidente che la sicurezza in questo palazzo è un
affare serio, ma valutando in maniera sommaria la cifra sborsata da Mr Reyes
per aggiudicarsi questo attico – probabilmente decine di milioni di dollari – è
del tutto normale che siano presenti nella struttura allarmi di ultima
generazione.
L’ingresso del suo appartamento è comunque molto
confortevole, nonché al di sopra delle mie aspettative. Tanto per iniziare i
muri sono dipinti con una calda tonalità di giallo, un paio di faretti ad
applique dallo stile retrò illuminano adeguatamente l’ambiente circostante e un
grande specchio dotato di una cornice dorata sovrasta il comò di legno naturale
che si trova proprio di fronte alla porta dell’entrata. Sopra alla cassettiera
sono collocati inoltre diversi suppellettili – una ciotola in cristallo, una
candela profumata alla vaniglia, una piccola pianta decorativa, molte
fotografie di famiglia – e accanto è sistemato un attaccapanni. Richard dunque,
prima di proseguire verso il salotto, mi aiuta a togliere il mio soprabito per
sistemarlo nell’apposito gancio e successivamente si occupa anche della sua
giacca elegante. Dopo pochi minuti ci spostiamo tuttavia nel soggiorno e quando
entro nella stanza resto ancora più sorpresa, considerando lo stile con cui è
stata arredata. In effetti, conoscendo Richard e pensando alla sua innata
eleganza, mi aspettavo di trovare un attico tinteggiato con colori neutri e
occupato da pochi mobili. Giusto il necessario. Invece la camera è ospitale,
confortevole e colorata. Anche in questa parte dell’appartamento le pareti sono
verniciate di giallo, sebbene si tratti di una sfumatura più intensa rispetto a
quella utilizzata per dipingere l’ingresso e tende quasi al senape. Alcuni muri
invece hanno i mattoni a vista, che nel complesso rendono la casa più rustica,
e quello centrale è occupato da un’enorme vetrata a tutto sesto costruita con
marmo chiaro. La finestra è dotata inoltre di un davanzale interno, che in
questo caso è stato adibito a seduta. Per renderlo più confortevole sono stati
sistemati ai lati dei morbidi cuscini, coordinati ovviamente al resto
dell’arredamento, ed è stata aggiunta pura una coperta color ambra. Ma la cosa
davvero sensazionale, che lascia letteralmente a bocca aperta, è il panorama
che si estende oltre la vetrata. D’altronde da questa altezza si può ammirare
in tutta la sua gloria il magnifico skyline di Manhattan, che con le luci della
sera sembra essere costellato di pietre preziose. È un dettaglio inestimabile,
che aumenta inevitabilmente il valore di quest’attico e mi fa comprendere
soprattutto il motivo per cui Mr Reyes lo ha acquistato.
«È bello, vero?» mi chiede Richard, risvegliandomi
dalla mia contemplazione e indicandomi il paesaggio. «È per questa finestra che
ho comprato l’appartamento» ammette, confermando i miei ragionamenti. Nel
frattempo si incammina verso la cucina, che è separata in modo strategico dal
resto della stanza tramite due scalini. Si ferma vicino alla credenza e poi
apre uno degli sportelli, rivelando la presenza di una piccola dispensa per il
vino. Estrae quindi una bottiglia di rosso e la posa sul bancone, recuperando
da un altro armadietto due calici di vetro.
«Mi sembra di stare volando sulla città» ammetto,
continuando a studiare i suoi movimenti e concentrandomi subito dopo sul resto
del salotto.
Al centro della camera è collocato un grande divano
in pelle marrone, affiancato ad un mobiletto in legno scuro e una lampada da
terra. Davanti al sofà è posizionato un tavolino in metallo e sopra alla
superficie trasparente sono sistemati una seria di oggetti: un computer
portabile, un paio di giornali, un taccuino con la copertina nera, un
portafotografie, il telecomando della TV e un posacenere di bronzo. La parete
invece ospita un gigantesco televisore al plasma, separato dal camino moderno
da una mensola artigianale sulla quale sono allineate diverse console. In base alle mie scarse
competenze elettroniche riesco miracolosamente a riconoscere uno stereo, un
lettore DVD, una PlayStation di un’ultima generazione e una Xbox. Insomma, i
tipici giocattoli da maschietto.
«Ho provato la stessa sensazione quando sono
entrato qui la prima volta» afferma il mio interlocutore, aprendo la bottiglia
e versando un’abbondante dose di vino nei bicchieri. «Mi sono sentito… leggero»
confessa, specificando il suo stato d’animo.
«Hai davvero una bella casa» mi complimento dunque
con onestà, accettando la sua offerta e sorseggiando la mia bevanda. «È molto
confortevole» continuo, cercando la parola giusta e sistemando nel frattempo la
mia valigetta sul divano.
«Cosa ti aspettavi?» mi domanda allora lui,
percependo la mia meraviglia e sorridendo di conseguenza con allegria.
«Il classico appartamento di un uomo scapolo e
ricco» gli confesso, pensando alle mie convinzioni.
«Cioè?» si accerta Mr Reyes, bevendo il suo vino e
fissandomi con attenzione.
«Un loft sui toni del grigio» riprendo, iniziando a
descrivergli il mio prototipo ideale di abitazione per una persona single e
benestante come a lui. «Senza fotografie alla pareti, senza cuscini colorati
sistemati sul divano e senza piante aromatiche allineate con ordine sul bancone
della cucina» proseguo, indicando a mano a mano tutti i particolari che ho
menzionato. «Sai, il tipico attico eccessivamente spazioso e altrettanto
impersonale» aggiungo, cercando di spiegargli meglio il concetto. «Uno di quelli
eleganti, poco vissuti e ovviamente super moderni».
«Mi dispiace deluderti, Christine» mi risponde
quindi Richard, sospirando con finta afflizione e parlandomi ancora con
informalità. «Ma per me una casa deve essere soprattutto comoda e accogliente,
non fredda ed inospitale» mi chiarisce, giustificando il suo stile.
«Sì, sono d’accordo» lo rassicuro, dandogli la mia
approvazione.
«Hai cenato?» mi chiede subito dopo, cambiando
all’improvviso argomento.
«No» ammetto, osservando mentre si appoggia contro
l’isola della cucina. «Vuoi ordinare qualcosa?» mi accerto, seguendolo e
accomodandomi su uno sgabello nero.
«Ieri ho preparato dei mac’n cheese» mi informa lui, posando il calice sul bancone di
marmo e arrotolandosi subito dopo le maniche della camicia fino agli
avambracci. «Ti andrebbero bene?» mi domanda con gentilezza, aprendo il frigo
ed estraendo una pirofila rettangolare in ghisa.
«Tu sai cucinare?» gli domando allora in
maniera stupefatta, sgranando addirittura gli occhi. Insomma, io pensavo che Mr
Reyes si affidasse giustamente ad uno stuolo di domestici per gestire questo
appartamento. Invece, a quanto pare, mi sono sbagliata. Di nuovo. In questa
casa non c’è traccia di una governante e nemmeno di una cuoca, anche se mi
rifiuto di credere che Richard non si affidi neppure ad una donna delle
pulizie. Sicuramente in determinati periodi del mese chiamerà qualcuno che
possa occuparsi delle faccende domestiche, perché non posso davvero immaginare
un multimiliardario come lui intento a spolverare i mobili o a lavare i
pavimenti. È davvero troppo.
«Sì, perché? Tu non lo sai fare?» mi interroga in
seguito il diretto interessato, attirando di nuovo la mia attenzione e
valutando le mie doti.
«No» gli confesso, arrossendo leggermente. Sono la
più grande delusione di mia madre, che sperava di avere una figlia bella e
talentuosa. Una figlia capace di darle grandi soddisfazioni, tra cui un
magnifico matrimonio e una nidiata di nipotini. D'altronde lei, fin da quando
ha scoperto di essere incinta di una bambina, ha sempre fantasticato sul mio
futuro: si augurava di potermi venire a trovare nella mia graziosa villa in
periferia, di essere accolta dai miei magnifici figli, di potersi vantare con le
sue amiche pettegole del suo genero perfetto e di pranzare con i miei
fantastici manicaretti. Invece io sono tracagnotta, non ho ancora trovato un
marito, i bimbi attualmente sono solo un sogno futuro, abito in un appartamento
tutt’altro che family-friendly e
soprattutto sono assolutamente negata in cucina. A malapena infatti riesco a
non bruciare un uovo fritto, a riempire la caraffa del caffè e a prepararmi un
sandwich. «Però sono bravissima ad usare il forno a microonde e sono anche una
vera esperta del take-away, queste per caso possono essere considerate una
forma di arte culinaria?» gli chiedo, mettendomi oltremodo in imbarazzo.
«Non credo» replica lui, ridendo con trasporto e
facendo comparire due tenere fossette agli angoli delle sue guance. Mr Reyes è
ancora più bello quando sorride, nonché molto più attraente. E non va affatto
bene, perché lui è già fantastico quando si comporta normalmente. Non può
migliorare ancora ai miei occhi, altrimenti rischio davvero di perdere il
controllo in sua presenza. Non mi stupisce comunque che venga considerato un sex symbol e uno degli uomini più
desiderati di Manhattan, in fin dei conti oltre al suo esorbitante conto in
banca possiede anche un aspetto davvero gradevole. La vita a volte è davvero
ingiusta. Ma sinceramente chi non vorrebbe accalappiarsi una persona come lui?
Un giovane ricco, seducente e perfino capace di cucinare? Sì, di sicuro è un
tipo da ammirare e da desiderare. Peccato sia anche egoista, capriccioso e
viziato.
Mentre io rifletto sui suoi pregi e sui suoi
difetti, Richard aggiunge altro formaggio e alcuni fiocchi di burro sulla
pasta. Poi ci spolvera sopra del pepe e della noce moscata, impostando alla
fine il timer del forno ed inserendo al suo interno la teglia ormai pronta.
Intanto estrae da un cassetto le posate e due tovagliette a righe, disponendole
parallelamente sul ripiano dell’isola.
«Prima di concentrarci sugli affari dobbiamo
necessariamente cenare?» mi accerto, realizzando le sue intenzioni.
«Mi sembra di avertelo già detto: non riesco a
lavorare a stomaco vuoto» afferma allora lui, riferendosi ad uno dei nostri
precedenti discorsi.
«Sì, ma credo sia esagerato paragonare una partita
a WIP ad un lavoro» gli faccio notare dunque con un certo fastidio, usando in
aggiunta un tono incredulo e restando assolutamente meravigliata a causa del
suo ragionamento.
«Perché?» mi domanda quindi con sconcerto Mr Reyes,
puntualizzando subito dopo la situazione e spiegandomi il suo punto di vista.
«Devo decidere se investire o meno dei soldi su questa società di videogiochi,
quindi per me è un affare molto serio e devo ponderarlo con calma» prosegue,
annuendo con sicurezza. «Inoltre è un mio diritto valutare il prodotto su cui
desidero impegnare parte del mio denaro e in questo caso, trattandosi di un videogame, per stabilire il mio parere
obiettivo sono costretto a giocarci» afferma, giustificando le sue azioni.
«Perciò lo considero assolutamente un lavoro e tu, Christine, mi aiuterai
ovviamente a portarlo a termine» finisce con sfrontatezza, sorridendomi anche
con eccessiva malizia.
«In che senso?» chiedo pertanto con timore,
avvertendo un brivido di panico percorrermi la schiena.
Ho un brutto presentimento.
«Te l’ho già detto, farai una partita con me e così
potrai elaborare una vera opinione su WIP» dichiara con tranquillità, come se
non mi stesse imponendo di mettermi in ridicolo davanti a lui mostrandogli le
mie scarse doti da giocatrice, e ripetendomi l’assurda idea che mi aveva già
anticipato in macchina.
«Senti, Richard, forse prima non sono stata
abbastanza chiara» comincio, provando a mantenere il mio autocontrollo. «Ma io
non ho alcuna intenzione di testare War
In Progress con te» lo informo, ribadendo il mio rifiuto e tentando poi di
farlo ragionare. «Davvero, non sono capace» dico con sincerità, continuando con
la mia opera di persuasione.
«Ti insegnerò io» si limita a rispondermi lui,
risolvendo il problema con facilità e togliendo intanto la teglia dal forno. La
posa sul bancone e successivamente riempie due piatti, offrendomi una generosa
porzione di maccheroni e formaggio. «Adesso però mangiamo, ci occuperemo dopo
degli affari».
Trascorriamo la cena in silenzio e gli unici suoni
che si percepiscono nella stanza sono quelli provocati dalle nostre forchette,
nonché dai nostri respiri. Tuttavia non mi sento a disagio, anzi è piacevole
osservare Mr Reyes in una veste tanto casalinga. In questo momento, mentre si
gusta i suoi mac’n cheese e appare
perfettamente rilassato,non sembra
nemmeno un multimilionario. Non sembra un uomo così potente e famoso, che in
pratica possiede mezzi Stati Uniti dal punto di vista economico e rientra
addirittura nella top ten degli imprenditori più sexy di New York. È solo…
Richard. Peccato però che l’atmosfera serena e familiare svanisca quasi
immediatamente appena finiamo la nostra pasta, visto che a quanto pare il
soggetto della mia contemplazione è davvero deciso a coinvolgermi nella sua
valutazione di WAP. Sistema perciò le stoviglie sporche nel lavandino e subito
dopo mi invita ad accomodarmi sul divano del salotto, imitandomi e portando con
sé i nostri bicchieri. Recupera un’altra bottiglia di vino e riempie di nuovo
il mio calice, accomodandosi nel frattempo al mio fianco e accedendo l’enorme
televisore al plasma che sormonta il suo camino. Io intanto recupero il CD con
il gioco dalla mia valigetta e glielo porgo in modo che possa inserirlo
nell’apposita console. La demo parte nel giro di pochi minuti, introducendoci
con immediatezza nella realtà virtuale ideata dai programmatori della DIXON e
precisamente nella città immaginaria di Warworlds.
In seguito viene presentato il regolamento, scritto nelle prime schermate del
gioco, che comunque è molto semplice e di facile comprensione. Sono elencate le
norme da rispettare durante le partite, alcuni consigli per affrontare
correttamente gli altri giocatori, i comandi di base e diverse leggi sulla
privacy. Quest’ultime sono state prese in considerazione perché il videogame
prevede l’utilizzo di un apposito account, che viene creato in base ai dati
personali forniti dai diversi giocatori. Come ho già affermato in precedenza
non sono una grande esperta di software, ma nonostante la mia ignoranza in
materia perfino io riesco a capire che la grafica di WIP è eccellente. I
disegni sono molto accurati, il gioco è fin da subito dinamico grazie ad una
piccola introduzione sottoforma di video che serve per presentare la nuova
realtà e la creazione del personaggio non risulta noiosa. Si può scegliere il
nickname, il sesso, l’acconciatura, l’abbigliamento militare che si preferisce
e anche l’attrezzatura equipaggiabile. Alcune armi tuttavia sono disponibili
solo aumentando di livello o partecipando a determinate sfide, mentre altre
vengono concesse in dotazione già dalla prima avventura.
I primi minuti Richard si concentra sulle
informazioni di base del videogame, sulle regole da tenere in considerazione e
sull’impostazione del suo account. Subito dopo imposta il suo personaggio,
sceglie un fucile d’assalto e comincia a giocare. Si nasconde negli edifici,
spara contro i suoi avversari, riceve stelline per avanzare di livello, sblocca
premi virtuali e completa i suoi obiettivi. Io intanto lo guardo, sospiro con
fare accondiscendente e mi convinco di essere la protagonista di una candid camera. Perché, insomma, tutto
questo non può essere vero. Mi sta mettendo alla prova. Sta valutando la mia
pazienza, il mio livello di sopportazione e la mia professionalità. Sì, deve
essere per forza così. Mi rifiuto di credere che sto davvero ammirando un multimilionario
mentre gioca alla PlayStation, uccide a colpi di fucile avversari telematici e
si esalta per l’anteprima di un videogioco.
«È fantastico!» esclama il diretto interessato,
annuendo con fare soddisfatto e lasciando luccicare i suoi occhi di
contentezza. «Pensavo fosse il solito gioco di guerra, invece mi sta
piacevolmente stupendo e le missioni non sono affatto banali» ammette con
rinnovato entusiasmo, continuando a premere con energia i tasti del suo
joystick.
«Sono contenta» borbotto, bevendo un altro sorso di
vino e affogando la mia frustrazione nell’alcool.
«Ora prova tu» mi invita, passandomi il controller
della console.
«Cosa? No!» esclamo con convinzione, tirandomi
indietro e rannicchiandomi contro il bracciolo del divano. «Non se ne parla
nemmeno!» proseguo, opponendomi con forza.
«Se giochi firmerò il contratto» mi propone allora
Mr Reyes, fissandomi con malizia.
Maledizione, mi ha in
pugno.
«Sei serio?» mi accerto, guardandolo in maniera
sospettosa.
«Assolutamente, te lo prometto» mi assicura quindi
con serietà, mettendosi perfino una mano sul cuore per enfatizzare la sua
affermazione. Che maturità, sono davvero commossa. È tutta qua la sua serietà
riguardo il lavoro e gli affari? Che fine hanno fatto i suoi bei discorsi
sull’etica professionale e il senso d responsabilità? Beh, se le cose stanno in
questo modo non posso fare a meno di approfittarne.
«Cinque minuti» lo avverto, dettandogli le mie
condizioni.
«Bene» accetta lui, porgendomi di nuovo il
joystick. In seguito mi spiega in che modo muovermi e quali pulsanti premere,
correggendomi ogni volta che sbaglio e dandomi alcuni consigli utili. «Visto?
Non è così male, devi solo prenderci la mano» afferma poco dopo, notando come
mi sto adattando al gioco e ai suoi meccanismi.
«Sì, certo» borbotto in maniera scontrosa,
mordicchiandomi il labbro inferiore quando il mio personaggio viene ferito.
«Sono una vera campionessa» ironizzo, sbagliando il bersaglio e sparando colpi
a caso. Dopo appena due minuti ho collezionato una ferita alla gamba, ho
schivato miracolosamente due proiettili e in pratica sto morendo dissanguata.
Non ho ucciso nessuno, considerata la mia mira inesistente, e sto solo girando
intorno. Il mio soldato è coperto di sabbia e ha alcune macchie rosse sparse
sulla maglietta, inoltre la sua barra della vita è quasi alla fine e
praticamente si trova allo stremo delle forze. Un successone, per essere la mia
prima partita. Ora non sono più una vergine di videogiochi. Quasi rido per
merito della mia stessa battuta, ma mi trattengo e cerco di restare
concentrata.
«È soltanto questione di allenamento» ripete
Richard, avvicinandosi maggiormente al mio corpo. Le nostre gambe adesso si
sfiorano e riesco a percepire il suo calore, nonché il suo profumo di menta e
agrumi. È fresco, rassicurante e attraente. Sa quasi di… casa.
«Sì, ma i cinque minuti sono passati» gli faccio
notare, interrompendo il momento e la nostra vicinanza. Mi distanzio infatti
per recuperare la mia borsa, estraendo dal suo interno i documenti necessari
per siglare il nostro contratto. Li sistemo sul tavolino di fronte a noi,
prendendo anche una penna e facendo un piccolo segno vicino a punti in cui
Richard dovrebbe inserire la sua firma. Poi sposto le carte nella sua
direzione, posando sul foglio bianco la mia stilografica e aspettando il
fatidico memento della siglatura del nostro accordo.
Mr Reyes mi fissa per qualche istante, mi rivolge
il suo solito ghigno malizioso, scuote il capo con finto fare rassegnato e alla
fine allunga la mano per recuperare la penna. Scrive il suo nome negli appositi
spazi, senza alcun tentennamento, e subito dopo ritorna a giocare. Non dice
niente, non fa alcuna battuta, non si lamenta. Invece sembra vittorioso e
allora io non mi sento più tanto soddisfatta, perché c’è qualcosa che non mi
torna. Qualcosa di strano. È troppo tranquillo, accondiscendente e compiaciuto.
Ho l’impressione che Richard volesse arrivare proprio a questo istante. Lui
desiderava quanto me la nostra collaborazione, ma stava giocando la sua partita
e dettando i suoi tempi. Adesso però ha ottenuto esattamente quello che voleva,
alle sue condizioni e con i suoi termini. Mi ha fatto fare tutta questa fatica
per nulla, perché già sapeva come sarebbe finita. Sapeva che avrebbe firmato i
documenti. Ed ora ho davvero l’impressione di aver appena venduto la mia anima
al diavolo.
Sì, probabilmente mi sono appena rovinata con le
mie stesse mani.
Forse vi risulterà un po’ difficile da
credere, considerato il mio attuale carattere e soprattutto la mia professione,
ma nonostante le apparenze non sono mai stata una persona molto perspicace.
Tanto per capirci, nonché per essere del tutto sincera, io ero la tipica
bambina che credeva follemente a Santa
Claus. Ogni vigilia di Natale, per i primi quattordici anni della mia vita,
mi sono sempre premurata di preparargli un bicchiere stracolmo di latte caldo e
un piatto con i migliori biscotti al cioccolato che posizionavo strategicamente
vicino all’abete decorato. Aspettavo il suo arrivo con trepidazione e più di
una volta ho sperato di poterlo incontrare, anche se a casa mia non c’era alcun
camino dal quale potesse calarsi per poter consegnare i miei doni e mio padre
chiudeva la porta di casa con almeno due serrature diverse. Sì, chiamatemi pure
tonta. Non mi offendo.
Inoltre, come se tutto questo già di per sé non
bastasse a chiarirvi la situazione e a darvi un quadro generale riguardo la mia
sagacia, posso affermare anche con un certo imbarazzo che io ero la classica
adolescente sfigata del liceo. Quella che in pratica si fidava ciecamente delle
sue presunte amiche, senza capire i loro secondi fini, e si scioglieva per un
patetico “Ti amo” sussurrato con
vergogna da un ragazzino brufoloso con il solo intento di farsi passare i
compiti. In realtà, per ovvi motivi che non starò qui ad elencarvi nel
dettaglio, ero abbastanza insicura quando andavo a scuola. Vi basta sapere che
non mi sentivo a mio agio per colpa del mio peso e all’epoca la mia autostima
si trovava ai minimi storici, perciò le poche attenzioni che ricevevo mi
facevano sentire davvero importante. Ero talmente ingenua che pensavo di aver
trovato sul serio compagne sincere, dolci e altruiste. Invece erano streghe che
mi prendevano palesemente in giro e si approfittavano di me senza alcuna pietà,
copiando i miei perfetti appunti e sfruttandomi come loro insegnante personale.
Crescendo purtroppo non sono cambiata e così, dopo essere stata la sfigatella
cicciona del liceo, mi sono ritrovata a diventare la tipica stagista che
ammirava con sincera stima i propri colleghi e seguiva i loro ordini con cieca
obbedienza senza immaginare però che i diretti interessati potessero
ostacolarmi a causa di stupide invidie o rancori immotivati. Sì, sì. So cosa
state pensando. Sono stata un po’ patetica quando ero più giovane, non posso
darvi torto. Adesso scommetto che vi faccio perfino tenerezza. Ma non credo sia
sbagliato cercare sempre il lato positivo, sia nelle cose che nelle persone.
Forse si ottengono più delusioni, però è davvero triste e alquanto deprimente
aspettarsi costantemente il peggio. Non fa per me. Io poi non sono mai stata
una tipa pessimista, oltretutto mio padre mi ha insegnato a vedere sempre il
bicchiere mezzo pieno. Soprattutto se era pieno di cioccolata calda.
La mia eccessiva bontà comunque non mi ha mai
aiutata a relazionarmi correttamente con gli altri e anzi molto spesso mi ha
perfino penalizzata, perché mi ha resa alquanto debole e fragile. Una ragazzina
facile da sfruttare, condizionare ed ingannare. È per questo che tuttora molte
persone, tra cui mia madre – che ovviamente tende sempre a sottolineare i miei
difetti, spingendomi quasi a farmi sentire in colpa – e in alcuni casi lo
stesso Mr Micols, non perdono tempo nel farmi notare quanto a volte io possa essere
ancora inopportunamente ingenua. Insomma, la classica donna credulona. Quella
che può essere fregata semplicemente con qualche parolina gentile, un paio di
moine e promesse vane.
La mia cara mamma, tanto per cambiare, odia questo
lato del mio carattere. Mi considera troppo gentile, troppo spontanea e troppa
sempliciotta. Tutti aspetti che, sempre secondo il suo modestissimo parere, non
aumentano affatto il mio sex appeal e
al contrario non fanno altro che diminuire in maniera drastica il mio – a
quanto pare già inesistente – fascino. In base alle sue convinzioni dovrei
cercare di essere più misteriosa, mostrarmi più acuta ed apparire più furba.
Invece malauguratamente non solo le è toccata una figlia tracagnotta e con
assurde manie di indipendenza, ma anche stupida e sprovveduta. Per nulla
maliziosa, sveglia e sagace. In sintesi sono l’esatta copia di mio padre, sia a
livello fisico che caratteriale, non dovrei stupirmi dunque se non riesco a
trovarmi un uomo.
Ad ogni modo questa volta, anche se mi costa davvero
tanto ammetterlo, devo dare a mia madre un minimo di ragione. Effettivamente
avrò pure una mente brillante, devota ai numeri e alle statistiche, però il mio
intuito sinceramente non è mai stato il mio punto di forza. Sì, non posso
negarlo: sono davvero una stupida credulona. In realtà con gli anni, almeno se
si fa riferimento al mio lavoro, sono riuscita un po’ ad affinarlo. O meglio,
sono stata costretta a farlo, perché ovviamente non potevo permettermi di
essere troppo fiduciosa o ingenua nel momento in cui dovevo occuparmi di
investimenti. Non quando dai miei consigli e dalle mie idee dipendevano gli
interessi di persone facoltose, nonché esorbitanti somme di denaro.
In questo mondo abitato da squali, sono stata
costretta a mia volta a diventare una predatrice. Se si parla di affari gli
sbagli non sono assolutamente permessi e nemmeno concepiti, perché non solo si
rischia di perdere credibilità ma anche la stima dei propri assistiti. È
inevitabile. La gavetta quindi mi ha aiutata a capire come funzionavano le cose
nella vita vera ed ora, dopo aver acquisito una certa esperienza nonché aver
commesso diversi errori, posso affermare con orgoglio di essere una delle migliori
promoter finanziare presenti in circolazione. Sono diventata talmente brava che
il mio intuito attualmente è perfino invidiato. Se potessi imbottigliarlo e
vederlo, farei un sacco di soldi. I miei sacrifici hanno dato i loro frutti.
Sinceramente è stato difficile arrivare dove sono
adesso e raggiungere questo livello di consapevolezza, però alla fine sono
riuscita a mettere in pratica le mie conoscenze e unendole alla mia passione
per la matematica ho evitato di lasciarmi influenzare da altri fattori. In
questo modo sfrutto le mie analisi di mercato per riuscire a capire subito se
un affare è più o meno vantaggioso, risparmiando del tempo prezioso ed
inquadrando con immediatezza la situazione. Uso la logica, mischiandola al mio
fiuto per gli affari e prendendo sempre la giusta decisione. I numeri non
possono mentire, al contrario delle persone. Oggi quindi molti clienti mi
cercano proprio per merito delle mie capacità, come ha fatto d’altronde lo
stesso Richard, ma a livello personale purtroppo le cose non sono cambiate poi
molto: sono infatti ancora un po’ tonta e sciocca. Eppure questa volta, anche
se in ritardo, le mie supposizioni si sono dimostrate esatte. Il mio istinto mi
ha indirizzato sulla giusta strada. Sono stata davvero brava, alla faccia di
mia madre e Peter! Mi stringerei addirittura la mano da sola, peccato però non
averlo capito subito.
In effetti il mio incubo personale, dopo la firma
del contratto con Mr Reyes e l’inizio della nostra tanto attesa collaborazione,
è cominciato esattamente il giorno successivo. Avevo previsto che qualcosa
sarebbe andato storto. Insomma, sembrava tutto troppo bello per essere vero.
Ero consapevole perciò che dovevo prepararmi al peggio e che sarebbe arrivato
il momento fatidico in cui mi sarei pentita della mia decisione di dare retta
al mio capo, assecondandolo nella sua assurda richiesta di prendere in carico
un cliente come Richard. Sapevo in pratica di aver venduto l’anima al diavolo.
Sì, avevo capito tutto e avevo già un quadro chiaro
della situazione. Però, quando le mie intuizioni si sono avverate, io non me ne
sono nemmeno accorta. Non l’ho capito. Ero così entusiasta del mio risultato
che mi sono sfuggiti perfino tutti i segnali di avvertimento, quindi quelle
classiche situazioni e quei tipici comportamenti che avrebbero dovuto mettermi
in allarme. Di conseguenza alla fine, quando ho realizzato davvero a cosa ero
andata incontro diventando la promoter finanziaria di Mr Reyes, era ormai
troppo tardi. Non potevo più tornare indietro.
Avevo segnato il mio destino.
I capricci di Mr Reyes, come vi ho già anticipato,
sono iniziati praticamente il mattino seguente al nostro ultimo incontro con
una chiamata – avvenuta alle sei e mezza del mattino – finalizzata a redigere
un programma per i nostri appuntamenti della settimana. Sì, avete capito bene,
Richard praticamente mi ha disturbata all’alba. All’alba! Eppure non ho fatto
la minima storia, nonostante io sia una tipa per nulla accomodante quando viene
disturbata al mattino. Per me infatti il sonno è sacro, tuttavia in quel
preciso istante ho evitato di arrabbiarmi. Sinceramente il suo comportamento
non mi è sembrato affatto strano e ho reputato alquanto normale la sua
scrupolosità, considerato che i suoi investimenti richiedono sempre una certa
premeditazione.
In realtà Mr Reyes dispone di un patrimonio
talmente immenso che potrebbe benissimo smetterla di preoccuparsi del suo
denaro da qui al prossimo decennio, in fin dei conti perfino un crollo della
borsa come quello di Wall Street avvenuto nel 1929 non lo toccherebbe. Però ho
notato che nonostante la sua possibilità di vivere in modo più che spensierato
il suo futuro è ugualmente molto preciso e tiene in maniera particolare ai suoi
affari, al punto che se ne occupa spesso personalmente. Per questo ho reputato alquanto
logico che volesse pianificare i nostri appuntamenti con un certo preavviso,
inoltre mi è sembrato più che plausibile la sua premura dato che siamo entrambi
molto impegnati: lui con le sue riunioni interminabili ed io con gli altri miei
clienti. Se devo essere sincera mi sono anche eccitata all’idea di poter
iniziare questa nuova avventura con un cliente tanto importante e facoltoso. Un
cliente che ha decine e decine di aziende sparse per tutti gli Stati Uniti,
nonché un conto in banca stellare. Non ho nemmeno notato l’ora e, sebbene
fossero da poco passate le sei, ho cominciato la giornata con un’incredibile
carica.
Ho aspettato con ansia e trepidazione il momento in
cui avrei messo piede in ufficio, pregustando con altrettanta soddisfazione
l’attimo in cui avrei fatto vedere i documenti siglati a Mr Micols. Ho
immaginato il suo volto estasiato e ho perfino fantasticato su un suo ipotetico
balletto della felicità davanti ai dirigenti, lasciandomi scappare una risata
divertita.
Subito dopo mi sono concessa un bel bagno
rigenerante, con tanto di schiuma e candela alla vaniglia appoggiata sul bordo
della vasca. Poi ho acceso la radio, in modo da ascoltare le notizie del giorno
mentre mi strofinavo la pelle con la mia spugna a forma di stella marina, e
ogni tanto mi sono ritrovata a canticchiare alcuni brani famosi che
trasmettevano sul canale durante le pause pubblicitarie. In seguito,
trasportata da un impeto di coraggio, ho deciso addirittura di arricciarmi i
capelli e successivamente – una volta spesi circa trenta minuti per gestire la
mia massa ribelle – mi sono truccata con più cura del solito. Ho valorizzato
infatti le mie labbra con un rossetto super lucido, ho messo in risalto i miei
occhi con una perfetta linea di eyeliner e mi sono concessa addirittura un
tocco di illuminante sugli zigomi. Alla fine mi sono vestita con assoluta
calma, indossando un completo rosso rubino e delle magnifiche scarpe nere con
un tacco di dodici centimetri, per uscire successivamente di casa praticamente
saltellando. Non sentivo fastidio ai piedi, non mi importava se pioveva a dirotto
e se i miei capelli stavano già diventando vaporosi a causa dell’umidità.
Niente di tutto questo contava. Niente. A parte i fogli gelosamente custoditi
nella mia borsa.
I veri problemi sono cominciati appena mezz’ora
dopo, quando sono arrivata al locale di Maggie e Phil. Ero in procinto di
gustarmi una fantastica ciambella al cioccolato, in una versione extragolosa
creata appositamente per me dai miei amici per celebrare la mia vittoria
professionale, quando Richard mi ha chiamata di nuovo. Sono stata bruscamente
interrotta dal suono del mio cellulare proprio nell’attimo in cui stavo per
addentare il mio donut con doppia
glassatura, preparandomi di conseguenza a vivere un momento catartico e quasi
orgasmico. Allora mi sono leggermente infastidita, anche se penso di essere del
tutto giustificata, tuttavia appena ho lanciato un’occhiata allo schermo del
mio telefono e mi sono resa conto che Mr Reyes mi stava di nuovo cercando la
mia irritazione è scemata. Almeno all’inizio, perché credevo si trattasse
qualcosa di serio. Qualcosa di davvero importante, come un’ipotetica riunione
d’urgenza o una consultazione improvvisa. Invece sono stata ingannata, ma in
modo abbastanza subdolo. Perché Mr Reyes mi ha fatto credere dovessimo parlare
di affari, ma al contrario tutto si è dimostrato soltanto un enorme buco
nell’acqua.
Richard in pratica voleva che lo raggiungessi entro
dieci minuti in una pasticceria situata in Prince
Street per provare i loro magnifici bignè alla crema, farmi un’idea e dargli
un’opinione precisa. A quanto pare la mia presenza era assolutamente
necessaria. Con molta probabilità quei dolcetti gli erano talmente piaciuti che
stava considerando l’ipotesi di investire qualche centinaio di dollari nel
locale e in pratica il mio compito – in quanto sua nuova promoter finanziaria,
nonché fiutatrice di ottime occasioni
– sarebbe stato quello di parlare con il proprietario del negozio per
raccogliere alcune informazioni: i profitti netti, i costi esterni, il bilancio
annuale. Insomma, ordinaria amministrazione. A quel punto, dopo che il
carissimo Mr Reyes aveva concluso il suo discorso apparentemente molto sensato
ed io avevo in parte compreso la situazione, ho preso un respiro profondo. Poi
ho guardato con un certo rammarico la mia ciambella, esitando appena un secondo
prima di prendere una decisione definitiva. Successivamente, per darmi lo
slancio necessario e confermare ulteriormente la mia scelta, mi sono ripetuta
che dovevo considerare una grande fortuna lavorare con un uomo del calibro di
Richard. Era un imprenditore famoso, un vero genio della finanza e un esperto
di marketing. La sua mente era indubbiamente geniale e se aveva trovato un
progetto che lo entusiasmava, in questo caso dei bignè alla crema, era mio
dovere assecondarlo. Perciò ho raccolte le mie cose, ho chiamato un taxi, ho
recuperato una decina di tovaglioli per avvolgere la mia fedele ciambella e mi
sono diretta alla pasticceria. Sarei arrivata di nuovo tardi a lavoro, ma Peter
mi avrebbe sicuramente perdonata appena fosse venuto a conoscenza della mia
grande impresa. D'altronde stavo assecondando Mr Reyes, come lui stesso mi ha
suggerito di fare nei giorni passati, e di conseguenza non poteva mica
rimproverarmi per aver semplicemente eseguito i suoi ordini. In fin dei conti
sono sempre stata una brava dipendente.
Così alle otto e mezza, dopo un viaggio in macchina
davvero estenuante nel bel mezzo del traffico newyorkese del primo mattino, mi
sono trovata davanti al Little Whim.
Sono scesa quindi dalla macchina, ho pagato all’autista una cifra esagerata per
appena quindici chilometri di strada, mi sono inzuppata come un pulcino a causa
della pioggia torrenziale che proprio in quell’istante aveva deciso di scendere
dal cielo e ho raggiunto in maniera frettolosa il marciapiede. È stato in quel
momento che sono inciampata e ho fatto cadere il mio donut, che come potete immaginare è andato incontro ad un destino
crudele. Non è stato risparmiato ed anzi è finito direttamente dentro una
pozzanghera maleodorante. Il mio dolce donut,
che fine orribile!
Ho assistito alla scena con gli occhi spalancati,
cercando di oppormi alla crudeltà del fato con tutte le mie forze, ma
nonostante i miei sforzi di recuperare la ciambella – mi sono praticamente
spalmata sull’asfalto e ho proteso il più possibile la mia mano, sperando quasi
si allungasse come quella di Mr Fantastic
– non ho potuto fare niente. Ormai era troppo tardi, il mio donut era già morto affogato.
Allora ho preso l’ennesimo respiro profondo, mi
sono imposta di mantenere la calma, ho trattenuto la mia imminente crisi
isterica e sono entrata nel locale. Richard aveva preso posto in un tavolino
collocato vicino alla finestra ed era in compagnia del suo assistente, che
appariva tutt’altro che soddisfatto e tranquillo.
Io mi sono subito avvicinata a loro, studiando nel
frattempo il negozio che sinceramente appariva… banale. Molto banale. Per non
dire anche sciatto, inospitale e al di sotto delle mediocrità.
Il pavimento era coperto da piastrelle scadenti, un
po’ usurate e scolorite, mentre i muri erano dipinti con un’assurda tonalità di
verde menta. Un verde menta alquanto acido. Le finestre poi erano prive di
tende, sulle pareti c’erano pochissime decorazioni – a parte un paio di
quadretti, un enorme foglio plastificato sul quale era scritto il menu di dolci
e un orologio a forma di farfalla – e in generale l’ambiente sembrava alquanto
claustrofobico. Non c’erano piante, tutte le lampade emanavo una luce bianca a
neon abbastanza spettrale e i tavolini erano di plastica. Era un posto senza
fascino e probabilmente il suo unico punto forte era il vasto assortimento di
bignè visibile nell’espositore. I pasticcini erano belli e sembravano anche
buoni, infatti erano perfettamente tondeggianti e avevano diverse farciture:
alla crema pasticcera, al cioccolato, alla ricotta, alla crema al burro, alla
crema chantilly, al caffè, al cocco. L’impasto di base era sempre lo stesso,
cambiavano solo il ripieno e le glassature. Ma per quanto i bignè potessero
sembrare invitanti, non giustificavano l’interesse di Richard per il locale. Da
lui mi sarei aspettato un luogo più chic,
elegante e particolare. O almeno un posto più carino, pulito e accogliente. Ma
forse Mr Reyes riusciva a scorgere il diamante dietro la cenere. La bellezza
nascosta tra le macerie.
«Buongiorno, Christine» mi ha salutata il diretto
interessato appena l’ho raggiunto, sorridendomi con un certo divertimento.
«Buongiorno» ho risposto, parlando quasi senza
fiato. In realtà stavo cercando di trattenere le mie emozioni, anche se
sembrava stessi esalando il mio ultimo respiro.
«Siediti pure» mi ha invitata, indicando il posto
libero vicino al suo e facendomi capire che la nostra chiacchierata si sarebbe
protratta per le lunghe. Forse Mr Micols non sarebbe stato poi così permissivo
una volta che fossi tornata in ufficio, anche se mi trovavo con Richard. Perché
dieci minuti di ritardo potevano pure essere giustificati, ma quaranta erano
già un problema.
«Grazie» ho borbottato subito dopo, prendendo posto
con tutta la dignità rimastami e facendo finta di stare perfettamente bene.
«Allora, che te ne pare del posto?» mi ha chiesto
senza esitazione il mio nuovo assistito, mostrandomi con un gesto teatrale il
locale.
In quel momento mi è sorto il dubbio che forse Mr
Reyes mi stava mettendo alla prova. Insomma, non poteva trovare davvero
affascinante la pasticceria in cui ci trovavamo. Era assurdo. Sicuramente stava
testando la mia intraprendenza e la mia capacità di tenergli testa, ponendomi
una domanda a trabocchetto. Sì, ero convinta di avere ragione.
«È… orrendo» ho ammesso quindi con decisione,
parlandogli con assoluta sincerità.
«Menomale» ha sospirato il suo segretario,
lanciandomi un’occhiata colma di gratitudine. «Finalmente qui c’è qualcuno che
ragiona» ha aggiunto, voltandosi in seguito verso il suo capo e storcendo le
labbra in un’espressione disgustata.
«Sapete quant’è il profitto annuo di questo
locale?» ci ha domandato allora Richard, spostando un piattino colmo di bignè
nella mia direzione ed invitandomi a prenderne uno. Io ho scelto ovviamente
quello al cioccolato, studiandolo in maniera critica e preparandomi poi ad
analizzarne il sapore. Allora mi sono affrettata ad assaggiarlo e subito dopo
ho emesso un gemito, perché quel piccolo bignè era davvero la fine del mondo.
Un orgasmo racchiuso in una pasta morbida e fragrante. Il cioccolato in cui era
stato intinto era leggermente amaro, ma il contrasto con il ripieno dolce era
strabiliante. Era buono quasi come la mia ciambella preferita, perciò credo
possiate capire il suo livello di perfezione. Ho fatto di tutto però per non
mostrare il mio stupore, perché non volevo darla vinta a Mr Reyes. Lui comunque
a sua volta ha preso un dolcetto alla vaniglia, mangiandolo in pochi secondi e
leccandosi in seguito le dita mentre mi fissava con uno sguardo strano. Forse
era una posa ammiccante, ma sinceramente non saprei dirlo con sicurezza.
Insomma, è impossibile che mi abbia davvero rivolto uno sguardo sexy e
malizioso. A me, la sua promoter obesa ed isterica.
Non fraintendetemi, non ho alcun complesso di
inferiorità nei confronti di Mr Reyes. Sono solo consapevole delle nostre
differenze e dei nostri reciproci limiti. In pratica siamo distanti anni luce,
come due pianeti con la stessa orbita ma assolutamente inavvicinabili. Io non
sono il suo solito tipo di donna e lui è semplicemente troppo per me. Troppo
sicuro di sé, troppo ricco, troppo presuntuoso e troppo arrogante. Sì, i soldi
non sarebbero poi un enorme problema in una presunta relazione. Ma il carattere
di una persona non si può cambiare.
«Avrà un fatturato inferiore ai ventimila dollari»
ho azzardato, facendo un calcolo approssimativo.
«Sbagliato» mi ha corretto Richard, parlando con un
tono vittorioso. «Il profitto è pari a centosessantamila dollari» ci ha
informato, appoggiandosi contro lo schienale della sedia e guardandoci con una
certa superiorità.
«È impossibile» ho borbottato, ammirando nuovamente
il posto e confermando la mia opinione.
«Perché stai giudicando il libro dalla copertina»
mi ha rimproverata il mio interlocutore, usando un parallelismo per
sottolineare il mio errore. «Il Little
Whim è principalmente un locale d’asporto e non è progettato per accogliere
i clienti, per questo l’ambiente è spoglio e un po’ trascurato» ha continuato,
chiarendomi il concept di base.
«Tuttavia ha un enorme successo come pasticceria take-away e ultimamente ha
cominciato a collaborare con diversi servizi di catering».
«Perciò hai deciso di diventare un socio del
proprietario?» mi sono interessata, ignorando il mio disagio e sorvolando sulla
mia valutazione frettolosa.
«Non adesso» ha ammesso, passandosi una mano tra i
capelli biondi. «Questo posto ha ancora margine di crescita, una mia
intromissione potrebbe accelerare troppo i tempi e mostrarsi improduttiva» ha
proseguito, analizzando la situazione. «Voglio solo dargli una piccola spinta»
ha aggiunto alla fine, senza lasciarmi capire il significato della sua frase.
«Quanto piccola?» ha chiesto Colin, recuperando la
sua valigetta.
«Direi venticinquemila dollari» ha risposto Richard
con semplicità, come se stesse parlando del tempo e non di denaro. Denaro che
tra l’altro stava regalando. Certo, per lui venticinquemila dollari non sono un
problema. È come se stesse spendendo solo
qualche centesimo. Mica pensa che con quella stessa cifra una persona normale
potrebbe comprarsi una macchina assolutamente dignitosa, oppure dare un
anticipo per un piccolo monolocale.
«Va bene» ha annuito il suo segretario, preparando
l’assegno.
«Stai donando al proprietario dei soldi?» ho
chiesto dunque con un certo sgomento, studiando la loro interazione ed
esponendo poi i miei dubbi ad alta voce.
«La chiamerei più una donazione anonima fuori
baget» ha detto Richard, scrollando le spalle con noncuranza.
«Ma allora perché mi hai chiamata?» ho proseguito,
ponendogli un’altra domanda. «Insomma, è ovvio che non hai bisogno di me!» ho
esclamato, alterandomi e pensando ancora alla mia ciambella. Probabilmente si
era sacrificata per nulla. La sua morta era stata vana, senza alcun senso. «Non
ti serve una mia consulenza su un ipotetico investimento, qui si tratta solo di
un’assurda scommessa che stai facendo con te stesso».
«Non ti ho contattata per richiedere i tuoi
servizi, Christine» mi ha spiegato Mr Reyes, sorridendomi con assoluta
tranquillità e ignorando il mio stato d’animo. «Volevo semplicemente farti
assaggiare i bignè» ha aggiunto, usando un tono noncurante e rilassato.
È stato in quel momento che ho finalmente capito
come si sarebbero svolte le cose in futuro: lui mi avrebbe contattata
soprattutto per idiozie, mi avrebbe trascinata in giro per la città senza alcun
motivo effettivo e probabilmente mi avrebbe perfino disturbata ad orari assurdi
solo per il suo puro divertimento. Ma io, a prescindere da tutto, avrei
comunque dovuto raggiungerlo.
Come un bravo cagnolino.
Bau bau.
Mi sarei dovuta impegnare a soddisfare i suoi
capricci, abbandonando i miei impegni per dargli retta ed eseguendo in silenzio
i suoi ordini. Perché ormai ero legalmente sua. La mia supposizione si era
dunque mostrata esatta e il brivido di terrore che mi aveva colpito la sera
prima, proprio subito dopo la firma del nostro contratto, aveva infine assunto
un senso. Sì, mi ero rovinata con le mie stesse mani.
Quando sono uscita dal locale mi sentivo sconfitta
e presa in giro, perciò mi sono affidata inevitabilmente all’unica persona che
in quel preciso istante sapevo avrebbe potuto rassicurarmi. Il mio adorato RichieRich.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:…
Bignè alla crema.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:…?
Ciao anche a te,
tesoro.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Non era un
saluto
Non
ti stavo dando un soprannome carino, Richie, anche se l’idea di chiamarti bignè
alla crema potrebbe essere allettante. Volevo solo sfogarmi.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Cosa è
successo?
Perché? Cosa ti
hanno fatto questi poveri ed innocenti bignè?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Loro niente.
È colpa di Mr
Billionaire se sono così sconvolta!
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Di nuovo?
Che ha combinato
questa volta?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:La lista è
interminabile
Prima di tutto mi ha
svegliato alle sei del mattino, poi è stato l’indiretto assassino del mio amato
donuts e per concludere mi ha trascinata in un locale orrendo per darmi una
pseudo lezione finanziaria facendomi soltanto perdere del tempo prezioso.
Ho premuto i tasti del mio cellulare con un’energia
quasi eccessiva e ho scritto il mio ultimo messaggio con una certa veemenza,
apparendo anche alquanto melodrammatica. Intanto mi sono fermata in prossimità
delle strisce gialle riservate ai taxi, in modo da chiamarne uno e dirigermi
finalmente al lavoro. In quel momento ero molto irritata, dato che a causa di
Mr Reyes sarei arrivata di nuovo in ritardo in ufficio. Inoltre avevo
letteralmente sprecato la mia mattinata, non avevo nemmeno finito la mia colazione
ed oltretutto ero consapevole che appena avessi varcato la porta del mio studio
avrei pure dovuto sorbirmi l’ennesima scenata di Mr Micols. Perché va bene
arrivare al massimo dieci minuti dopo il normale orario di ingresso, ma
presentarsi con addirittura un’ora di ritardo era ovviamente abbastanza
inappropriato. Anche se mi trovavo con Mr Reyes. Tuttavia nemmeno il contratto
con la firma di Richard in bella mostra mi avrebbe salvata dall’ira del mio
capo, perciò mi stavo già preparando psicologicamente a gestire il nervosismo
di Peter.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Ok, ho
capito il concetto…
Ma almeno i bignè
erano buoni?
Ho letto la risposta di Richie con una punta di
incredulità e successivamente sono scoppiata a ridere, ritrovandomi in mezzo
alla strada a manifestare la mia ilarità e attirando così in maniera
inevitabile l’attenzione dei passanti.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Purtroppo
sì!
Erano più che buoni.
Questo però non l’ho detto a Mr Billionaire, altrimenti si vanterebbe da qui
all’eternità. Preferisco assecondarlo senza dargli alcuna soddisfazione.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Ottima
strategia
Sì, evita di
accrescere la sua megalomania. È per il bene del paese, Choco.
Ha continuato con sarcasmo, facendomi ridacchiare
nuovamente. Subito dopo ho scosso la testa con rinnovato divertimento e mi sono
affrettata a rispondere, riuscendo a fermare finalmente un taxi e a prendere
posto sul sedile posteriore. Ho comunicato l’indirizzo della Cooper&Parker Investiment Companies
all’autista della vettura e alla fine ho controllato ancora una volta lo
schermo del mio cellulare, tornando a concentrarmi sulla mia chiacchierata
virtuale con RichieRich.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Ci sto
provando
È il mio obiettivo.
Adesso comunque spero di poter tralasciare i suoi capricci e concentrarmi solo
sul lavoro, d'altronde non mi ha assunta per perdere tempo.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Sono sicuro
che le cose cambieranno
Vedrai che andrà
tutto bene. Devi semplicemente sopportarlo fino a quando non farà sul serio e
allora potrai dimostragli quanto vali davvero.
Mi ha incoraggia Richie, manifestandomi la sua
tenerezza. Ho adorato il modo in cui è riuscito a consolarmi, a trovare ancora
le parole giuste per tirarmi su di morale e farmi sentire al sicuro.
Ha ascoltato per l’ennesima volta i miei problemi
con genuino interesse, cercando poi di risolverli e allo stesso tempo provando
a rassicurarmi. A starmi vicino, anche se non fisicamente. Mi ha fatta sentire
speciale, in grado di cavarmela e pronta a superare ogni difficoltà.
Pure in quella occasione perciò gli ho creduto,
convincendomi che le cose si sarebbero presto aggiustate. Mr Reyes prima o poi
mi avrebbe coinvolta seriamente nei suoi affari, richiedendo i miei interventi
per questioni importanti e analisi complesse. Dovevo solo aspettare ed essere
paziente.
Sì, era la tattica giusta.
Ma invece non sapevo che quello sarebbe stato
soltanto l’inizio, perché dopo a quei buonissimi bignè è toccato ad un negozio
di oggettistica in vetro. Poi ad un’azienda di trasporti specializzata in
macchine di lusso, successivamente ad una fabbrica che costruiva yacht e in
seguito ad un ristorante stellato che possedeva una delle più invidiate cantine
di vini del paese. Eccetera, eccetera, eccetera.
Siamo andati avanti in questo modo per settimane.
Richard mi ha fatta girare per New York come una trottola impazzita, portandomi
in posti che non avevo mai visitato e di cui in alcuni casi ignoravo
addirittura l’esistenza.
Mi ha fatto maneggiare del vetro proveniente
direttamente da Venezia, spiegandomi le sue caratteristiche e facendomi
spaventare appena ha nominato il prezzo di vendita. Mi ha permesso di salire su
una limousine super accessoriata, facendomi godere degli agi davvero
inimmaginabili – che non sapevo nemmeno potessero essere concepibili,
soprattutto all’interno di un automobile – e scarrozzandomi per la città un
intero pomeriggio senza avere in mente nessuna meta precisa. Voleva solo
godersi gli interni, ammirare il panorama che si intravedeva dai finestrini
oscurati e ascoltare musica pop ad alto volume per testare l’impianto stereo.
Mi ha fatto anche provare l’ebbrezza di viaggiare su un’imbarcazione
meravigliosa lunga circa centodieci metri, mentre sorseggiavamo uno champagne
estremamente costoso sul ponte principale e ci godevamo il tramonto che si
estendeva oltre la rocciosa Liberty
Island. In pratica Mr Reyes mi ha permesso di vivere mille incredibili
esperienze ed atteggiarmi da milionaria per quasi un mese, ma non ho lavorato.
Non ho fatto niente per oltre tre settimane. Niente.
Perché lui non era convinto di voler comprare quel
prodotto, perché si era già informato sui rischi, perché si era fatto i suoi
calcoli di profitto, perché voleva solo vedere cosa le aziende avevano da
offrirgli.
Sinceramente non riuscivo a capire per quale motivo
mi avesse assunta. In realtà non gli servivano le mie doti, infatti lui era più
che capace di cavarsela da solo e di certo la compagnia non gli mancava.
Aveva decine di assistenti al suo servizio e almeno
tre segretari, oltre Colin, che potevano accompagnarlo nei suoi folli giri e
fargli da cavie.
Sono arrivata quindi alla conclusione che Richard
era semplicemente annoiato. Non sapeva più su cosa voleva realmente investire,
non sopportava la presenza dei suoi sottoposti – a parte ovviamente quella di
Mr Andrews – e soprattutto si divertiva a stuzzicarmi. Ero diventata il suo
diversivo. Il suo giocattolino. Venivo pagata per intrattenerlo, quindi in
pratica per non fare nulla di speciale, e lo trovavo frustrante. Forse a
qualcuno potrebbe sembrare il paradiso, ma per me la situazione in generale era
un vero inferno. Io volevo mettermi alla prova, volevo imparare il più
possibile da Mr Reyes ed arricchire il mio curriculum. Invece, nel migliore dei
casi, mi ero ridotta a fargli da accompagnatrice.
Mi ero stancata, ma Richard non era ancora
soddisfatto. Lui aveva un piano ben definito in mente e me l’ha fatto capire
finalmente venerdì sera, quando mi ha invitata ad una mostra d’arte con la
scusa di ricevere un’altra consulenza. Quella sera ho capito l’origine dei suoi
capricci, restando alquanto meravigliata. Quasi scioccata. Perché il mio
cliente, quell’eccentrico milionario vanaglorioso, si era comportato in modo
così strano per una sola ragione: voleva corteggiarmi. Corteggiarmi, capite?
Comportarsi come un uomo normale con una donna che trova attraente, ma lui non
è un uomo normale ed io non sono certo una donna così affascinante. Almeno per
i suoi standard. Ad ogni modo Mr Reyes voleva essere romantico, stupirmi e
catturarmi infine nella sua rete. Una rete placcata d’oro. Dunque i bignè, il
giro in limousine, lo yacht, il vetro, la mostra… tutto era organizzato. Tutto
era servito per un solo obiettivo. Voleva starmi vicino, conoscermi meglio e
legarmi a sé. Non solo come promoter finanziaria, ma come compagna. Voleva
investire in una nostra ipotetica relazione.
Ed io cosa ho fatto? Beh, mi sembra ovvio! Sono
scappata.
Gli squilli del mio cellulare interrompono la calma che regna nel mio
ufficio, distogliendo per una frazione di secondo la mia attenzione dallo
schermo del computer e dai documenti che sto finendo di analizzare. Ad ogni
modo, prima ancora di lanciare un’occhiata demoralizzata allo schermo del mio
telefono, mi ritrovo a sospirare con fare scoraggiato. Il motivo? È alquanto
semplice. In effetti, grazie alla suoneria personalizzata che ho impostato nei
giorni passati, sono già a conoscenza dell’identità del mio – purtroppo non
tanto ipotetico e misterioso – disturbatore. Si tratta semplicemente di Mr
Reyes, che mi starà contattando per qualche altra assurda e stupida richiesta
da esaudire. Manco fossi il suo personale genio della lampada o in alternativa
la sua entusiasta fata madrina, pronta a scuotere la sua bacchetta e a
comparire di fronte a lui al minimo accenno di bisogno. Richard d’altronde
ricopre perfettamente il ruolo di principessa, visto che sembra incapace di
fare qualsiasi cosa senza un aiuto. Ad ogni modo è facile intuire come ormai,
dopo circa tre settimane passate ad assecondare i suoi inutili capricci, io non
sia più tanto ansiosa di rispondergli. Al contrario, temo il momento in cui il
cellulare suonerà di nuovo. Dunque tutta l’esaltazione che ho provato dopo la
firma del nostro contratto, nonché al pensiero di poter sfruttare questa nostra
collaborazione per imparare qualcosa da lui, è svanita come neve sciolta al
sole. In realtà Mr Reyes nell’ultimo
periodo si sta comportando in maniera molto strana e davvero poco
professionale, proponendomi giri assurdi per valutare diverse proposte e non
concludendo alla fine nessun affare. Quando l’ho conosciuto, considerando anche
la sua nomina, credevo fosse un tipo serio e diligente. Un tipo tosto,
intelligente e bravo nel suo lavoro. Insomma, un mago degli investimenti.
Invece ultimamente sembra quasi un bambino che ha saccheggiato un negozio di
caramelle: davvero ingestibile, eccessivamente euforico e un po’ pazzo. Per
questo non ho intenzione di rispondergli e dargli retta, ma al contrario
continuerò ad evitarlo. Forse vorrà propormi un’altra gita in barca, oppure
un’altra visita in qualche cantina vinicola di Manhattan o ancora un’ennesima
degustazione di dolci super golosi e ipercalorici. In ogni caso oggi non ho
proprio voglia di assecondarlo, perché è venerdì pomeriggio e tra poche ore
inizierà ufficialmente il mio fine settimana. Il mio tanto atteso week-end, che
trascorrerò strafogandomi di ciambelle al cioccolato e guardando serie TV
strappalacrime. Starò seduta sul divano in compagnia della mia fedele scatola
di donuts e di una bella vaschetta di
gelato alla vaniglia, tenendo nel frattempo a portata di mano una confezione di
fazzolettini e il telecomando. Insomma, la mia parola d’ordine per questi due
giorni sarà pura pigrizia. Niente lavoro, niente capricci di Mr Reyes e niente
passeggiate senza senso per New York.
Dring. Dring. Dring.
Ignoro quindi con rinnovata convinzione il suono insistente del mio
telefonino e continuo a farlo vibrare, riprendendo oltretutto a leggere gli
ultimi dati statistici riguardanti le azioni di un’azienda specializzata nel
campo delle telecomunicazioni che ultimamente ha catturato il mio interesse.
Tuttavia, proprio nel momento in cui sto per ricominciare ad esaminare i vari
documenti che ho raccolto appena questa mattina dopo una riunione con Mr Micols
e gli altri direttori dei vari uffici finanziari, un lieve bussare alla porta
mi distrae dal mio studio minuzioso. Sbuffo di conseguenza con fare poco
signorile, visto che di questo passo non riuscirò a concludere la mia analisi
entro la fine della giornata, e dirigo il mio sguardo verso l’ingresso del mio
ufficio. Come sempre l’uscio è già aperto, dato che odio segregarmi in questa
stanza e non sapere cosa accade fuori, perciò noto subito la figura della mia
segretaria ferma sulla soglia. Al momento sembra abbastanza pallida e
sconvolta, allora mi metto sull’attenti e cerco di capire cosa possa averla
spaventata in questo modo.
La mia assistente d'altronde non è una tipa facilmente condizionabile,
perciò sono abbastanza preoccupata e cerco di indagare con discrezione per non
intimorirla maggiormente.
«Holga, tutto bene?» le domando dunque, usando un tono dolce e
remissivo.
«Miss Thompson, potrebbe cortesemente rispondere al cellulare?» mi
chiede lei invece con voce tremante, inducendomi ad aggrottare le sopracciglia
per la confusione. Possibile che la mia segretaria sia in combutta con Richard?
È tutta una tattica per farmi sottostare ai suoi capricci e per avere il
controllo su di me anche a distanza? Mi sembra davvero assurdo e allora scuoto
la testa con energia, smettendo di lasciarmi condizionare dalle mie paranoie e
da questi ragionamenti assurdi.
«Scusami, non volevo disturbarti» affermo, allungandomi verso il
telefono e chiudendo la chiamata da parte di Mr Reyes. È inutile specificare
che dopo qualche secondo il cellulare riprende a suonare, facendo sobbalzare la
mia assistente e lasciando accrescere la mia esasperazione. Imposto dunque il
silenzioso, sperando così di arginare momentaneamente il problema, e torno ad
osservare Holga. Adesso ha ripreso un po’ di colore sulle guance e non sembra
più tanto atterrita, però mi sta fissando in maniera strana. Quasi…
compassionevole.
«In realtà non disturba, Miss Thompson, ma devo ammettere che è a dir
poco inquietante camminare per il corridoio e sentire all’improvviso la colonna
sonora dell’Esorcista sparata a tutto volume» mi confessa, indicando il mio
cellulare e spiegandomi la ragione del suo terrore.
«Oh» sussurro quindi con stupore, arrossendo furiosamente e capendo
l’origine del suo strano comportamento. Sì, la suoneria che ho impostato per
Richard è la colonna sonora di un film horror. Ora comprendete il mio livello
di disperazione? La situazione mi sta sfuggendo di mano e sta andando davvero
troppo oltre. Non ci sono più limiti e sto per impazzire, però non posso
semplicemente ignorare Mr Reyes e fare finta che non esiste. È pur sempre un
mio assistito. Abbiamo firmato un contratto di collaborazione e sono vincolata,
non mi è permesso rinunciare a tutto con tanta facilità e senza pensare alle
conseguenze delle mie azioni. Tanto per iniziare Peter finirebbe probabilmente
con il licenziarmi e se questo non dovesse accadere risulterei comunque poco affidabile,
nonché non capace di gestire un milionario. «Mi dispiace» ripeto, riportando la
mia attenzione sul presente e rinnovandole dunque le mie scuse.
«Non importa» minimizza la mia segretaria, sospirando con tranquillità e
apparendo anche più controllata. «Adesso che so come stanno le cose sono più
serena» dichiara, confermando la mia impressione. «Anzi, è meglio che lo dica
anche alle altre» aggiunge subito dopo, trattenendo una risata divertita.
«Sempre se lei è d’accordo» si corregge, aspettando un mio cenno di assenso e
parlandomi con la sua solita formalità. «Sa, Jessica era pronta a chiamare la
polizia e Mrs Bomblood stava
cercando con disperazione il suo rosario mentre blaterava frasi senza senso» mi
spiega in seguito, lasciandomi comprendere il panico che ho fatto
inconsapevolmente scoppiare in tutto l’ufficio a causa della mia splendida idea
di utilizzare la canzone dell’Esorcista per abbinarla alle telefonate di Mr
Reyes. Mi ritrovo allora a ridere in modo forzato per alleggerire l’atmosfera,
coinvolgendo nella mia esternazione impregnata di genuino imbarazzo anche la
povera Holga.
«Puoi dire a Mrs Bomblood che fortunatamente non è
ancora giunta la sua ora, quindi non è necessario che si metta a pregare in
latino in mezzo alla reception» dichiaro, scuotendo il capo con aria desolata e
pensando alla povera Annabeth in preda ad un principio di infarto. «E, per
favore, non fare arrivare gli agenti» proseguo con fare altrettanto sconsolato,
impallidendo all’idea di veder entrare in ufficio un paio di uomini in uniforme
e armati fino ai denti alla ricerca di un pericolo inesistente. Finirei per
diventare lo zimbello della Cooper&Parker
Investiment Companies, nonché il pettegolezzo più succulento di tutta la
stazione di polizia e del centro operativo del 911. «Sarebbe davvero
spiacevole» aggiungo, pensando appunto alla brutta figura che farei con il mio
capo e gli altri colleghi. In effetti al momento ho già abbastanza problemi e
l’ultima cosa di cui ho bisogno è quella di inimicare ulteriormente Mr Micols,
nonché la sua combriccola di leccapiedi.
«Certo, Miss Thompson» si affretta a concordare la
mia assistente, rivolgendomi un’ultima occhiata indulgente prima di lasciare il
mio studio e tornare al suo lavoro.
Appena resto sola appoggio la fronte contro la
scrivania con fare arrendevole e reprimo in aggiunta un urlo di frustrazione,
perché questa situazione mi sta davvero facendo impazzire e mi sta cambiando.
Io non sono mai stata una fifona, a parte da bambino quando praticamente avevo
paura perfino della mia ombra e temevo che i miei giocattoli potessero animarsi
come in Toy Story. Ad ogni modo non
mi sono mai tirata indietro e non ho mai causato alcun problema a lavoro,
eppure adesso mi sono ridotta a far squillare il mio cellulare in eterno – con
una suoneria che in effetti è tutt’altro che rassicurante – pur di non
rispondere ed affrontare il problema. Un problema che in pratica sarebbe
facilmente risolvibile, perché dovrei soltanto avere il coraggio di premere il
pulsante verde per accettare la telefonata e rimproverare questo miliardario
megalomane. Invece esito, mi nascondo dietro assurde musichette e provo a
tenermi occupata per sorvolare su tutta questa assurda faccenda. Ma adesso
basta, devo smetterla di temere così tanto Mr Reyes. Non può licenziarmi e se
anche dovesse avanzare una proposta del genere a causa di una mia ipotetica
scenata ben venga, mi libererei della sua asfissiante presenza e delle sue
insensate richieste in meno tempo del previsto. Allora rianimata da un impeto
di spavalderia mi accingo a recuperare il mio telefonino, che sta ancora
vibrando, e mi decido a confrontarmi con Richard.
«P-pronto» mi ritrovo però a balbettare, mandando
in fumo la mia strepitosa rivincita.
«Buon pomeriggio,
Christine» afferma lui con
assoluta calma, facendomi tuttavia irritare. «Stavo per perdere le speranze di poterti sentire» mi riferisce,
riferendosi non tanto velatamente alla mia lentezza nel rispondergli.
«Sto lavorando, Mr Reyes» mi giustifico,
trattenendo la mia voglia di gridargli contro e manifestargli tutta la mia
insoddisfazione. «Cosa posso fare per lei?» gli domando in seguito, provando a
mostrarmi remissiva e preparando in realtà il mio imminente attacco.
«Intanto smettila di
essere così formale» mi ammonisce,
sbuffando. «Mi fai sentire come uno di
quei vecchi signori che fumano la pipa mentre parlano di affari, indossano
quegli accappatoi rossi in stile Hugh Hefner e magari hanno anche problemi con
la prostata» mi ripete per l’ennesima volta, rimproverandomi per il mio
tono e offrendomi un’immagine quasi poetica del suo futuro. Intanto nomina il
fondatore di Playboy, elogiandolo come icona di stile per gli over
ottanta.
«Non era mia intenzione» ammetto, trattenendo una
risata divertita.
«Ad ogni modo
tieniti pronta per le otto, passo a prenderti a casa» mi mette al corrente subito dopo con tranquillità,
senza tener conto dei miei impegni e dei miei desideri. «Andiamo ad una mostra d’arte» continua, spiegandomi le sue
intenzioni.
«Cosa?» borbotto con disapprovazione, pensando alla
sua mancanza di considerazione nei miei confronti e al suo modo scontato di
comandarmi. Va bene che sono una sua dipendente, ma questo non lo autorizza a
trattarmi come la sua schiavetta personale. Io ho una vita. Certo, i miei piani
per la serata attualmente consistono nel guardarmi le ultime puntate di The Vampire Diaries e ingozzarmi con
cibo spazzatura. Però questo lui non lo sa e quindi potrebbe benissimo credere
che io abbia degli impegni seri, magari perfino un appuntamento romantico,
tuttavia sembra non importargliene. Vuole impormi i suoi programmi,
disinteressandosi al contempo dei miei propositi.
«Una mostra d’arte» mi ripete Richard, confermando le mie riflessioni
e trattandomi poi come una stupida. «Sai,
dove solitamente vengono esposti i quadri di un pittore più o meno emergente
per far aumentare la sua fama» sintetizza, chiarendomi il concetto.
«So cos’è una mostra d’arte» mugugno, sentendomi
alquanto offesa per la sua scarsa stima delle mie conoscenze. Non farò parte
dei suoi stessi circoli, ma sono molta informata sulle abitudini dei miliardari
e dei ricchi in generale. Alcuni miei clienti sono appassionati di pittura e
scultura, tanto che spesso mi ritrovo a dover stare attenta alle loro spese e
ai loro investimenti artistici. Se devo essere sincera la maggior parte dei
miei assistiti in realtà non ci capisce niente di arte e spesso mi chiedono
consigli su questo settore solo per seguire la moda, sentirsi importanti e
considerarsi dei veri intenditori. Sta di fatto che non saprebbero distinguere
un quadro originale da un’imitazione, così come non sarebbero in grado di
riconoscere nemmeno i vari stili di pittura. Loro sono i clienti peggiori e i
più difficili da gestire, perché sarebbero in grado di comprare perfino la
spazzatura se qualcuno riuscisse a convincerli di trovarsi di fronte ad un
qualcosa di straordinario. Un riccone ignorante è l’incubo di ogni promoter
finanziario. Un po’ come Mrs McQueen, che voleva investire migliaia di dollari
sulle torte erotiche. Certa gente spende davvero somme assurde per aggiudicarsi
pezzi originali creati da autori più o meno famosi, quindi il mio compito è
quello di contenere i miei assistiti e valutare con loro i lavori veramente
significativi. Quelli incomparabili, particolari e originali. Il mio obiettivo
in pratica è capire quali opere tra dieci anni quadruplicheranno il loro
valore, verranno considerate uniche nel loro genere e saranno ricercate da
collezionisti altrettanto ossessionati. Perciò, anche se non sono mai andata ad
una mostra, ho già una certa familiarità con l’arte. Mi sono documentata
abbastanza sull’argomento, in modo da poter sempre offrire ai miei clienti un
parere oggettivo e professionale.
«Bene» si complimenta lui, rallegrandosi più del
necessario per la mia affermazione. «Allora
non ci sono problemi, ci divertiremo di sicuro» prosegue, apparendo di
nuovo esaltato. «Ci vediamo dopo,
Christine» mi saluta quindi velocemente, senza darmi neanche il tempo di
ribattere e contraddirlo.
«Aspetta!» provo infatti ad oppormi, però Mr Reyes
chiude in fretta la chiamata e in questa maniera mi impedisce di controbattere.
«Maledizione» mi ritrovo a sussurrare, fissando lo schermo del mio cellulare
con fare un po’ sbigottito e gettandolo subito dopo sulla scrivania con un
gesto stizzito.
Purtroppo, per l’ennesima volta, non mi resta altro
che obbedirgli. È così che mi ritrovo alle sette di sera nella mia camera da
letto, precisamente davanti allo specchio collocato vicino all’armadio, alla
ricerca di un look che possa apparire sofisticato e allo stesso tempo modesto.
Non voglio esagerare, rischiando di sembrare una meringa a causa di un vestito
troppo vaporoso o un salsicciotto schiacciato in un panino per colpa di un
abito esageratamente aderente, però non voglio nemmeno apparire sciatta e
trasandata. In sintesi desidero semplicemente fare bella figura accanto a
Richard, in modo da non farlo sfigurare. Tuttavia è innegabile che il mio seno
prosperoso e i miei fianchi abbondanti non possono essere nascosti, a meno che
io non decida di utilizzare un lenzuolo matrimoniale oppure in alternativa il
tendone di una mongolfiera per coprirmi. Perciò, invece di vergognarmi o
considerarli un problema, decido di metterli in mostra e considerarli i miei
punti di forza. È per questo che alla fine opto per un tubino nero, che fascia
perfettamente le mie curve, abbinato a delle scarpe dorate con un tacco al
limite della legalità e degli accessori altrettanto vistosi: orecchini con
pendenti in Swarovski, una lunga collana di perle e braccialetti tintinnanti.
Decido poi di tenere i capelli legati in un comodo chignon alto, lasciando
libero di conseguenza il mio collo da cigno e mettendo anche in evidenza il mio
viso, per poi concludere la mia preparazione con un trucco naturale. Solo le
labbra sono ricoperte di gloss, in modo da farle apparire più carnose e lucide.
Alle otto meno venti quindi sono già pronta per uscire, determinando un vero
record di puntualità per l’universo femminile, ma è ancora troppo presto per il
mio incontro con Richard e mentre aspetto non ho niente con cui distrarmi. I
miei pensieri perciò volano, soffermandosi sul mio stomaco che brontola ormai
da un paio di minuti. In effetti appena sono arrivata a casa mi sono subita
fatta un bagno e poi ho svuotato il mio armadio, ammucchiando tutti i miei
vestiti eleganti sul letto per dare inizio alla mia selezione, dunque non mi
sono concessa neppure uno spuntino e adesso sto letteralmente morendo di fame.
Al momento mi accontenterei perfino di un’insalata scondita, tuttavia se non
voglio rovinare il mio duro lavoro e rovinare il mio aspetto devo contenermi.
Ma in cucina, all’interno della seconda anta del mobiletto posizionato in alto,
c’è una scatola ancora miracolosamente intatta di ciambelle. Sono quelle alla
vaniglia, rivestite di glassa alla fragola e praline ripiene di cioccolato
bianco. Le ho comprate giusto ieri sera dopo aver lasciato l’ufficio, ma alla
fine non le ho mangiate perché sono stata costretta ad ascoltare per tutta la
notte via telefono le lamentele di mia madre e in seguito alla conclusione
della nostra chiacchierata – o per meglio dire, in seguito alla conclusione del
suo monologo – mi sono direttamente messa a letto con lo scopo di addormentarmi
il prima possibile in modo da anestetizzare la sofferenza provocatami dai suoi
soliti insulti. Ieri ci è andata giù pesante, visto che aveva appena ricevuto
la notizia che Philippa si era ufficialmente fidanzata. Pippa è la figlia di
una delle sue più care amiche, nonché vecchie compagne di scuola con cui è
sempre stata in competizione. Io non l’ho mai conosciuta, ma so che è una
ragazza molto dolce e bella. Lavora come assistente di un dentista e ha tre
anni, come pure tre taglie, meno di me. A quanto pare è riuscita a conquistare
il Dottor Eriksen, generando in sua madre un orgoglio non indifferente e
provocando alla mia una crisi isterica in piena regola. Samantha ha trascorso
dunque quaranta minuti a farmi sentire in colpa per le mie mancanze,
concentrandosi soprattutto sui miei difetti fisici, e per la mia incapacità di
tenermi stretto un uomo. O anche una donna, per lei non farebbe differenza.
Basta che io sia sposata, sistemata e in attesa di un figlio. Dopo, come se
tutto questo già di per sé non fosse bastato per deprimermi, mi ha rimproverata
con eccessiva veemenza per averle fatto fare una figura tanto meschina con la
sua carissima amica. Come se trovarsi un marito fosse una gara e non un normale
momento da vivere con tranquillità. Ad ogni modo è stato talmente estenuante
darle retta e ascoltare le sue recriminazioni che alla fine, nonostante mi sia
costato un certo sforzo, ho evitato di mangiare i miei donuts per rifugiarmi con immediatezza sotto le coperte. Mi sono
augurata poi di dimenticare in maniera altrettanto veloce l’ultima ora della
mia esistenza, chiudendo gli occhi e concentrandomi su un mio irrealizzabile
viaggio ai confini del mondo. Là, in un posto sperduto. Dove non esistono madri
insensibili, capi nevrotici e miliardari megalomani. Adesso però che sono
consapevole della presenza in casa delle mie adorate ciambelle non posso fare a
meno di fantasticare sul loro gusto, la loro consistenza e il loro profumo. È un’ossessione,
quasi una malattia. Però non posso farci niente, sono troppo debole per
resistere. Allora entro in cucina, recupero la confezione e afferro un donut. Lancio successivamente
un’occhiata all’orologio, notando che mancano circa dieci minuti all’arrivo di
Mr Reyes, e animata da una rinnovata convinzione mi decido ad addentare il mio
dolce. Addio lucidalabbra, benvenuti orgasmo alla vaniglia e dita unte di
glassa rosa. Altro che uomini e matrimonio, preferisco di gran lunga il cibo.
Lui non tradisce, non è mai assente e mi regala una gioia infinita.
Vengo distratta dai miei pensieri quando sento il
suono del campanello, che oltre ad anticiparmi la comparsa di Richard mi
provoca anche un sussulto. Osservo quindi quello che resta della mia ciambella
con rammarico e dopo aver valutato le mie uniche due opzioni, in effetti adesso
le mie alternative si racchiudono essenzialmente nella scelta di finire il mio donut oppure andare ad aprire al mio
ospite, mi decido ad agire. In realtà non voglio rinunciare di nuovo al mio
dolce, considerato che l’unica volta che l’ho messo al secondo posto ho causato
indirettamente la sua dipartita, allora mi incammino verso la porta mentre
continuo a mangiarlo e apro l’uscio proprio nell’attimo in cui mi ritrovo a
gustarmi il mio ultimo boccone. Mi porto di conseguenza i polpastrelli alle
labbra, leccando la glassa zuccherata che è rimasta sulle mie dita, e in
seguito alzo lo sguardo verso Mr Reyes. Lo trovo intento a fissarmi in modo
quasi… vorace. Avrà fame anche lui? Peccato, non gli offrirò mai le mie
preziose ciambelle. Sono sacre e non ho intenzione di sprecare la mia scorta
per lui, che con assoluta sicurezza non mostrerà nemmeno la giusta gratitudine
per il mio immenso sacrificio e molto probabilmente non apprezzerà nemmeno i
miei innocenti donuts.
«Buonasera, Richard» lo saluto con cortesia,
ricomponendomi e controllando che non ci siano macchie sospette sul mio
vestito. Mi scrollo di dosso alcune briciole, tornando poi ad osservare il mio
cliente. Il diretto interessato ha scelto per la serata un completo elegante di
colore grigio, abbinato ad una camicia bianca e ad una cravatta scura. I suoi
capelli biondi sono tirati indietro con un po’ di gel, tanto per dargli un
aspetto ordinato ma al contempo sbarazzino. Come sempre è impeccabile, attraente
e davvero abbagliante. Mi sembra di poter restare accecata soltanto
guardandolo, sebbene sappia sia solo un’impressione. Mr Reyes non è il sole,
anche se scommetto di essere l’unica a pensarlo.
«Buonasera, Christine» mi saluta comunque
quest’ultimo dopo essersi schiarito la voce, apparendo alquanto turbato. «Sei…
sei meravigliosa» continua, squadrandomi da capo a piedi. Non sembra mi stia
prendendo in giro, ma al contrario appare tremendamente serio e sicuro. Allora
arrossisco con forza, imbarazzandomi. Perché non mi sono mai considerata una
vera bellezza, però le sue parole mi stanno quasi convincendo del contrario.
Quasi.
«Grazie» sussurro di conseguenza con un certo
tentennamento, lanciandogli un’occhiata cauta. «Io comunque sono pronta, devo
solo prendere la giacca e la borsa» lo informo, cambiando argomento e rompendo
questa strana atmosfera che si è creata tra di noi.
«Ti aspetto» mi informa, facendomi cenno di andare.
Torno allora in cucina per lavarmi le mani e dopo
recupero le mie cose, raggiungendolo in fretta all’ingresso. Chiudo la porta a
chiave e in seguito lo seguo in ascensore, ignorando i ripetuti sguardi che
lancia al mio seno. Dovrei sentirmi infastidita e a disagio a causa delle sue
occhiate abbastanza palesi, invece devo ammettere che sono lusingata dalle sue
attenzioni. Non sono lascive, non mi danno l’impressione di essere considerata
un oggetto e non mi provocano vergogna. Al contrario mi sento eccitata, felice
e soddisfatta. Come non succedeva da tempo. Poi dopo le parole di mia madre e
le mie ultime delusioni è davvero incoraggiante catturare l’interesse di un
uomo al pari di Mr Reyes, così affascinante e carismatico. Un uomo quasi
intoccabile per una comune mortale come me. Un uomo che di certo ha goduto
della compagnia di donne meravigliose.
«Hai mangiato?» mi chiede il mio accompagnatore una
volta che abbiamo preso posto sui sedili posteriori della sua auto, porgendomi
intanto un bicchiere di champagne.
«Diciamo di sì» lo metto al corrente, accogliendo
il suo gesto con gratitudine.
«Quella ciambella era forse la tua cena?» si
accerta quindi successivamente, intuendo la verità.
«La migliore in assoluto» dichiaro, difendendo i
miei poveri donuts.
«Ma non era al cioccolato» mi corregge, lasciandomi alquanto
meravigliata. Come fa a conoscere la mia fissazione per il cioccolato? Certo,
non ne ho mai fatto un mistero e ogni volta che ci siamo trovati a consumare un
pasto insieme ho scelto sempre un dolce al cacao. Però non pensavo se ne fosse
accorto e avesse addirittura studiato le mie abitudini. Forse Richard è davvero
un osservatore più attento di quanto potessi mai immaginare, anche se non
dovrei restare tanto sorpresa visto il suo immenso patrimonio e la fortuna che
si è creato con le sue sole forze.
«Posso accontentarmi» ribatto, riprendendomi dal mio momento di stupore.
«Ma chi si accontenta gode solo a metà» mi avverte, parlandomi con un
tono tra il serio e il divertito.
«Questa da dove l’hai copiata?» lo prendo in giro, trattenendo a stento una
risata. «Da una cartolina del Walmart?»
proseguo, nominando la famosa catena di negozi.
«Spiritosa» si complimenta con fare bonario, arcuando le labbra
nell’accenno un sorriso.
«È una delle mie tante qualità» mi vanto, lasciando aumentare la sua
ilarità. «Ad ogni modo, parliamo di cose serie, sai come si chiama l’artista
che esporrà questa sera?» mi interesso, cercando di raccogliere alcune
informazioni sulla mostra d’arte a cui stiamo per partecipare.
«Victor Volkov» mi mette al corrente, nominando il pittore emergente.
«Suo padre è russo e sua madre americana» mi spiega, chiarendomi le sue
origini. «I suoi genitori hanno divorziato quando lui aveva appena dieci anni,
quindi Victor e sua madre si sono trasferiti qui negli Stati Uniti per
avvicinarsi alla famiglia materna» continua, sintetizzando un po’ la sua storia
personale.
«Ma per caso stai parlando di quel
Victor Volkov?» mi accerto, strabuzzando gli occhi. «Il prodigio dell’arte?
Il bambino che veniva chiamato il piccolo Mozart della pittura?» dichiaro,
riferendomi ad un articolo uscito qualche anno fa sulla prima pagina del New York Times in cui alcuni critici
elogiavano proprio questo giovane artista. Adesso, in base ai miei calcoli, il
caro Victor dovrebbe essere un adolescente turbolento e brufoloso. Tuttavia,
nonostante la sua giovane età, guadagna quattro volte il mio stipendio mensile
e oltretutto le sue opere sono quotate milioni di dollari. Capite? Milioni. Di. Dollari. Questo ragazzino
di appena quindici anni in pratica possiede un patrimonio pari, se non
addirittura superiore, a quello del mio insopportabile compagno di viaggio. Ad
ogni modo la sua sproporzionata ricchezza non dovrebbe sorprendermi così tanto,
visto che Victor è stato ospitato dalle gallerie più prestigiose e ricercato
dai musei più famosi. Inoltre ha organizzato diverse mostre private che gli
hanno fruttato fior fiori di quattrini, permettendogli di accrescere la sua
fama e ricevere offerte importanti dalle più importanti scuole d’arte europee.
Si è recato perfino in Inghilterra per dedicare un’esposizione alla Regina
Elisabetta II, riscuotendo i complimenti dalla stessa sovrana e ottenendo
addirittura alcune commissioni dalla casa reale.
Victor non è solo un prodigio. No, lui è anche uno degli artisti più
importanti del ventunesimo secolo. Un artista che verrà nominato nei libri di
storia, che verrà studiato nelle aule universitarie e ricordato per l’eternità.
Il suo stile di pittura influenzerà le prossime generazioni, che lo prenderanno
come esempio e si ispireranno a lui per creare le loro opere. Per tutti sarà
ricordato con il mitico Vitya, come
ama firmarsi.
«Esattamente» ammette Mr Reyes, confermando i miei dubbi e mandandomi in
iperventilazione.
«Quindi non stiamo andando ad una semplice mostra per nuovi talenti,
vero?» gli domando in maniera retorica e con fare accusatorio, lanciandogli in
aggiunta un’occhiataccia.
«No» borbotta lui, riprendendo a bere il suo champagne per evitare di
guardarmi.
«Allora dove mi stai portando di preciso, Richard?» lo interpello,
irrigidendomi. Perché in base alle sue parole alquanto criptiche credo di aver
capito come stanno davvero le cose e questi nuovi sviluppi non mi piacciono per
niente, dato che sono un’imbranata cronica e una donna per nulla abituata
all’alta società. Con i ricconi ci lavoro, ma non ci socializzo. Non vado ai
loro party esclusivi, non li frequento al di fuori del lavoro e cerco di
mantenere le distanze. Non perché non siano simpatici, se devo essere sincera
quei pochi che ho conosciuto – a parte Mr Reyes, che rientra in una categoria
particolare – mi sono risultati abbastanza tollerabili, ma semplicemente non ho
niente in comune con loro. A parte un indiscusso interesse per i soldi, gli
investimenti di mercato ed i profitti bancari.
«Ad un evento di beneficenza» minimizza il diretto interessato,
scrollando le spalle con apparente nonchalance e rifiutandosi di ammettere la
verità.
«Mi stai trascinando ad un galà!» lo correggo, arrabbiandomi e
rischiando di versarmi addosso il contenuto del mio bicchiere. «Per di più
vestita in questo modo!» continuo con enfasi, indicando il mio abito modesto.
Mi sentivo così carina appena siamo usciti di casa e invece adesso sono a
disagio, perché quando mi troverò in mezzo a tutte le signore benestanti che
questa sera parteciperanno all’evento sembrerò scialba e insignificante.
Perderò il confronto. Sarò la solita Christine, quella cicciottella e sfigata.
La stessa Christine del liceo, che non è andata al ballo di fine anno perché
essenzialmente temeva il giudizio degli altri e sapeva che avrebbe perso già in
partenza qualsiasi paragone. Quella che non è andata al ballo di fine anno
perché con quel vestito vaporoso sembrava una meringa e odiava doversi sorbire
per tutta la nottata le risatine maligne delle compagne, insieme ai loro
commenti perfidi e alle loro occhiate sprezzanti. Quella che non è andata al
ballo di fine anno perché in realtà, a parte tutti questi motivi sui quali si
poteva comunque sorvolare anche se con una certa difficoltà, non era stata
invitata. Sì, perché nessuno voleva essere associato alla grassottella nerd e
venire etichettato automaticamente come un perdente.
«Cosa c’è di sbagliato nel tuo vestito?» mi domanda il mio
accompagnatore, lasciando vagare di nuovo il suo sguardo lungo la mia figura.
«Io ti trovo elegante e molto sexy» ammette, indicando le mie curve e in
generale il mio corpo avvolto dal tessuto scuro.
«Non prendermi in giro» mormoro, arrossendo fino alla punta dei capelli
e sentendo il mio cuore accelerare i battiti. Sembra estremamente serio e non
posso fare a meno di emozionarmi, perché in fondo non mi sono mai sentita bella
e gli uomini che ho frequentato non me l’hanno mai detto con tanta convinzione.
Sì, io mi reputo graziosa e adesso mi sono accettata per quella che sono. Una
donna in carne, con curve che non passano inosservate e rotondità non
indifferenti. In realtà quando mi metto in tiro mi trovo anche attraente e mi
piace il mio corpo, anche quei punti morbidi che prima detestavo. Quelli che al
liceo consideravo imperfezioni. Però ricevere complimenti del genere da parte
di Richard, che è stato fotografato accanto ad alcune delle donne più affascinanti
del mondo, è davvero gratificante. È… emozionante.
«Chris, in questo momento sono assolutamente sincero» ribadisce lui,
fissandomi con intensità e parlandomi con confidenza. «Per me sei una donna
bellissima e sono onorato di essere il tuo accompagnatore questa sera»
confessa, facendomi emozionare. «Perciò non devi sentirti inferiore o
inadeguata, perché non lo sei e non ti permetterò nemmeno per un attimo di
credere il contrario» conclude con un tono severo, rimproverandomi e scuotendo
il capo con disapprovazione.
«G-grazie» balbetto dunque subito dopo, distogliendo lo sguardo e
diventando scarlatta.
«È solo la verità» conferma, appoggiando la mano sul mio ginocchio nudo
per rassicurarmi e facendomi tuttavia rabbrividire. Perché, mai come adesso,
sono consapevole della sua presenza al mio fianco. Della sua presenza come
uomo. E questo mi spaventa, perché Richard non può iniziare a piacermi. Non
posso provare attrazione nei suoi confronti, non posso desiderare di trovarmi
nuda nel suo letto e non posso nemmeno sognare di divorarlo come uno dei miei
donuts. No, in questo modo complicherei soltanto la nostra relazione e
attualmente non posso davvero permettermelo. Perché metterei a rischio il mio
lavoro e la mia stabilità, per non parlare poi del mio rapporto con RichieRich. Mi sembrerebbe quasi di
tradirlo e di mancargli di rispetto se dovesse succedere qualcosa con Mr Reyes,
anche se probabilmente mi sto creando problemi inutili. Non credo infatti che
il mio cliente possa provare quel tipo di interesse per me, sarebbe veramente
assurdo. Irreale. Strano. «Ma ora andiamo, siamo arrivati» mi informa,
risvegliandomi dai miei pensieri e indicando intanto il panorama immobile fuori
dal finestrino. In effetti ci siamo appena fermati e non posso fare a meno di
fissare in maniera spaurita l’enorme scalinata del Metropolitan Museum of Art, che è stata abbellita per l’occasione
con un lungo tappeto blu. Alcune transenne delineano il percorso per
raggiungere l’ingresso del Met Museum
e servono anche a contenere la folla – composta soprattutto da fotografi e
paparazzi – che occupa l’area, rendendo l’ambiente più caotico.All’improvviso l’agitazione prende il
sopravvento sui miei sentimenti e appena mi rendo davvero conto dell’enormità
della situazione in cui mi ritrovo credo quasi di potere svenire, tuttavia non
ho il tempo di sentirmi male o vomitare sulle preziose scarpe di Mr Reyes
perché il suo autista senza alcun preavviso viene ad aprirci lo sportello per
permetterci di scendere dalla vettura. Mi ritrovo costretta così a dover
riprendere velocemente il controllo delle mie emozioni, ignorando dunque il mio
smarrimento unito al mio senso di disagio, in modo da evitate brutte figure e
circostanze imbarazzanti. Vengo catapultata quindi in maniera del tutto
inaspettata e frettolosa in mezzo alla mischia, ma anni e anni di pratica
gestendo i malumori di Mr Micols mi hanno preparata proprio per questo istante.
Allora resto un attimo immobile, poi sorrido con gentilezza e indosso una maschera
di impassibilità. Se devo essere sincera dentro di me sto tremando come una
bambina durante la sua prima visita dal dentista e devo ammettere di provare
anche la stessa agghiacciante paura, perché non ho idea di cosa aspettarmi e
quello che mi circonda mi spaventa. Certo, in questo caso non mi trovo davanti
un tavolino con strani arnesi di tortura e di fronte a me non c’è un uomo in
camice pronto a trapanarmi i molari mentre mi sorride con finto fare
incoraggiante. Tuttavia venire accecata da migliaia di flash ed essere
costantemente studiata dall’occhio virtuale di una macchina fotografica mi
trasmette il medesimo terrore, in fondo non mi sono mai ritrovata in una
situazione del genere. Questo non è il mio ambiente, la mia quotidianità. Però
la presenza di Mr Reyes mi rassicura. In effetti con lui accanto non sono
intimidita o terrorizzata, ma al contrario grazie alla sua mano dolcemente
appoggiata sulla mia vita mi sento protetta e a mio agio.
Ad ogni modo, nel momento esatto in cui io e Richard mettiamo piede sul
marciapiede, tutti i giornalisti concentrano il loro interesse su di noi.
Nonostante tutto il mio accompagnatore sembra perfettamente a suo agio e saluta
i vari reporter con gentilezza, evitando comunque di rispondere alle loro
domande quasi incomprensibili. Le loro voci infatti si sovrappongono e creano
un caos non indifferente, impedendoci di capire con esattezza quello che
vogliono chiederci. Mr Reyes perciò non perde tempo cercando di interpretare le
loro richieste e piuttosto mi accompagna gentilmente verso l’ingresso del
museo, dove ci attendono due bodyguard – muniti di auricolari e vestiti con
degli eleganti completi neri – pronti a scortarci fino al salone principale
dell’evento. Qui veniamo accolti da una signora davvero affascinante, che ha un
sorriso affettuoso stampato sulle labbra e un aspetto vagamente familiare. È
alta, ha un fisico minuto ed è magra come un grissino. Inoltre ha i capelli
biondi, anche se alcune ciocche hanno delle sfumature più scure, e gli occhi
grigi. Per la serata ha scelto un sofisticato abito blu notte, impreziosito da
strass argentati che decorano soprattutto la gonna e maniche velate.
«Ciao, tesoro, finalmente sei arrivato» saluta la donna, rivolgendosi a
Richard e stringendolo subito dopo in un abbraccio amorevole.
«Ciao, mamma» risponde allora il diretto interessato, dando una risposta
ai miei dubbi e facendomi successivamente irrigidire. Perché, santissima
divinità delle ciambelle, ho appena incontrato sua madre! La mitica Mrs Reyes:
un’imprenditrice di successo, una party planner innovativa, la paladina della
beneficenza e la fondatrice di diverse organizzazioni no-profit. Altro che
moglie trofeo, altro che stereotipata riccona viziata e permalosa. Come quelle
che si vedono nei film, disposte a tutto pur di mantenere la propria posizione.
Lei è un vero esempio da seguire. Una donna, madre e lavoratrice esemplare. Ha
iniziato dal nulla e poi si è costruita un vero impero, come ha fatto suo
figlio. Senza aiuti, senza raccomandazioni e senza spinte. Nonostante il suo
matrimonio prestigioso, la fama di suo marito e l’agiatezza della sua famiglia.
Ha scalato le vette del successo solo grazie al duro lavoro, alla perseveranza
e all’impegno. «Questa è Miss Thompson, la mia nuova collaboratrice» mi
presenta il suo primogenito, permettendomi in questo modo di farmi risvegliare
dalla mia contemplazione.
«È un onore fare la sua conoscenza» ammetto, sentendomi quasi intimidita
nel momento in cui le stringo la mano. D'altronde Emily Reyes è una leggenda,
perciò trovarmela davanti è uno shock. Vorrei farle mille domande, tuttavia
devo contenermi. Non voglio apparire come una sempliciotta isterica ed
esaltata, piuttosto spero di poterla impressionare grazie alla mia intelligenza
e alle mie competenze.
«È un piacere anche per me» replica, parlandomi con dolcezza e lanciando
successivamente una strana occhiata al figlio. «Richie di solito non porta mai
le sue assistenti a questo genere di eventi, ma immagino che oggi abbia fatto
un’eccezione per l’enorme stima che prova nei confronti delle sue capacità»
prosegue, usando un tono alquanto malizioso. Di conseguenza mi ritrovo
inevitabilmente ad arrossire, pensando che Mrs Reyes abbia appena frainteso il
mio rapporto con suo figlio. Sono così imbarazzata da non notare neppure il
soprannome che ha usato Emily per rivolgersi a Richard, anche se una parte
della mia mente mi sta imponendo di prestare attenzione proprio a questo
scambio di battute. Perché è importante. Eppure lo ignoro, concentrandomi su
altro.
«Christine è un’ottima promoter finanziaria e nell’ultimo mese i suoi
consigli mi sono stati molto utili» si complimenta il mio cliente, spiegando la
nostra relazione puramente professionale. «Quindi questa sera l’ho invitata
soprattutto per esporle alcune mie idee riguardo i prossimi investimenti
artistici che ho intenzione di portare a termine» chiarisce, giustificando la
mia presenza al suo fianco.
«Certo» lo asseconda sua madre, ridacchiando con divertimento. «Allora è
meglio che io vada, non voglio assolutamente distrarvi dai vostri impegni»
continua, congedandosi senza ulteriori indugi e andando ad accogliere gli altri
ospiti.
«Devi scusarla, mia madre è una romanticona» dichiara Mr Reyes,
apparendo abbastanza a disagio. Si passa una mano tra i capelli biondi e cerca
in tutti i modi di non guardarmi, anche se dopo pochi secondi fallisce
miseramente e io mi ritrovo ad ammirare le sue guance un po’ arrossate.
«Non preoccuparti» lo rassicuro, trattenendo un sorriso ed
intenerendomi. «Mia mamma non è poi tanto diversa» ammetto con sincerità,
provando a rassicurarlo. Samantha però non è mai stata tanto delicata nelle sue
manifestazioni di sentimentalismo e non ha mai espresso le sue congetture con
lo stesso tatto usato da Emily, anzi quando cerca di impersonare Cupido diventa
davvero imbarazzante.
«Mi dispiace se le sue supposizioni ti hanno infastidita o messa a
disagio» continua Richard, giocando con il nodo della sua cravatta e
allentandolo leggermente.
«Ho sopportato di peggio» minimizzo, scrollando le spalle con
noncuranza.
Ascoltare le critiche di Samantha e tollerare i suoi assurdi tentativi
di accoppiarmi con il primo uomo disponibile è sicuramente più sgradevole di
essere scambiata per la nuova fiamma di un tipo come Mr Reyes, perciò mi sento
tutt’altro che offesa.
«Andiamo, adesso, voglio presentarti alcune persone» continua il mio
interlocutore, appoggiando di nuovo la sua mano sulla mia vita e guidandomi
verso il fondo della sala.
Per l’ora successiva Richard mi fa conoscere tantissima gente, che
ovviamente appartiene tutta all’élite di New York. È così che vengo introdotta
al sindaco, a diversi imprenditori di Manhattan, ad artisti di fama mondiale e
perfino ad alcune celebrità americane. Con mia grande sorpresa non mi ritrovo
mai a corto di argomenti e per fortuna non mi lascio nemmeno sopraffare da
imbarazzanti balbettii, ma anzi mi sento straordinariamente socievole e per la
prima volta non mi dispiace trovarmi al centro dell’attenzione. Sono sicura di
me, stranamente soddisfatta e compiaciuta.
Alla fine, dopo innumerevoli chiacchiere con diversi personaggi
illustri, mi fermo in un angolo della stanza con un bicchiere di champagne in
mano. Sto riprendendo un attimo fiato, mentre Richard sta intrattenendo una
discussione con i suoi genitori. Emily ed Edward sono una coppia ben assortita.
Lei è dolce, gentile e delicata. Lui è simpatico, energico ed eccentrico. Mr
Reyes è un architetto, specializzato soprattutto nel design di spazi verdi. Ultimamente sta lavorando ad un progetto che
comprende l’utilizzo di una zona di Central Park, quindi sta collaborando con
gli uffici comunali newyorkesi e con il vicesindaco. Edward è un uomo molto
affascinante: ha i capelli di un indefinibile color castano chiaro, leggermente
spruzzati di grigio ai lati, nonché dei meravigliosi occhi azzurri. Inoltre ha
un fisico sottile, magro e slanciato. Questa sera indossa uno smoking elegante,
ma il suo look è reso particolare da uno stravagante papillon scuro con i pois
rossi.
«Ti stai divertendo?» mi domanda Richard, raggiungendomi e fermandosi al
mio fianco. Si appoggia contro la parete e sorseggia il suo drink, osservando
con scarsa partecipazione il resto del salone e lanciandomi subito dopo
un’occhiata distratta.
«Moltissimo» ammetto, sorridendogli con genuina felicità. «Però non
abbiamo ancora parlato di affari» gli faccio notare, ripensando alla nostra
serata e alla sua iniziale proposta di affiancarlo semplicemente per adempiere
il mio ruolo di promoter finanziario. Tuttavia abbiamo incontrato diversi
pittori e molti collezionisti mentre ammiravamo le opere di Victor, che mi
hanno lasciata davvero senza fiato considerato l’utilizzo audace dei colori
unito alle pennellate decise predilette dallo stesso Volkov, eppure Mr Reyes
non ha intavolato nessuna discussione con loro riguardante eventuali
investimenti artistici. Si è solo limitato a commenti banali e complimenti
generici, senza entrare mai nel dettaglio.
«Non volevo rovinare il nostro appuntamento discutendo di statistiche e
valori di mercato» mi confessa, rivolgendomi finalmente la sua piena attenzione
e osservandomi con eccessività serietà.
«Ma questo non è un appuntamento» gli ricordo, contraddicendolo e
ritrovandomi poi ad arrossire a causa dell’imbarazzo. «È un incontro di lavoro,
no?» continuo in seguito, specificando la natura della nostra uscita e cercando
la sua conferma. Lo ha detto perfino a sua madre, quindi perché adesso si sta
contraddicendo?
«Vuoi la verità, Christine?» sussurra allora Richard, allungando una
mano e accarezzandomi teneramente una guancia. «Non ho mai avuto l’intenzione
di portarti qui con me per discutere di investimenti e percentuali di guadagno,
ma ti ho trascinata a questo party per ottenere una possibilità: tu mi piaci e
voglio di più» dichiara poi con sicurezza, mettendomi al corrente dei suoi
pensieri. I suoi occhi sono limpidi e profondi, ma sono le sue parole ad
impressionarmi e a lasciarmi senza fiato. Perché sembrano spaventosamente
vere.
«C-cosa?» balbetto, indietreggiando di un passo e fissandolo in maniera
sbigottita. Insomma, non può dire sul serio. Non può bloccarmi in un angolo,
guardandomi in questo modo e toccarmi con tanta dolcezza. No, non è possibile.
Non posso credergli. «Tu… hai bevuto troppo» affermo dopo un piccolo
tentennamento, considerando la sua assurda frase soltanto un effetto
collaterale dell’alcol che ha consumato da quando abbiamo messo piede nel
museo. Anche se questo è solo il suo secondo bicchiere di champagne.
«Non sono ubriaco» mi fa notare infatti, aggrottando le sopracciglia con
disapprovazione. «Ti trovo davvero una donna eccezionale e in queste settimane,
mentre mi accompagnavi in giro per New York, ho cercato in tutti i modi di
fartelo capire. Di avvicinarti a me».
«Allora mi stavi corteggiando?» gli chiedo con un tono incredulo,
pensando ai nostri giri in città e ai segnali che lui reputa di avermi inviato.
Sì, mi ha toccata più spesso del solito – sempre in modo rispettoso e la
maggior parte delle volte con apparentemente casualità – così come mi ha
rivolto molti complimenti. Ma queste semplici interazioni possono considerarsi
dimostrazioni romantiche? Possono considerarsi messaggi chiari e
infraintendibili? No, perché io mica l’avevo capito che stava provando a conquistarmi.
Ho passato giornate intere cercando di dare una spiegazione al suo strano
comportamento nei miei confronti, ma non può spuntarsene adesso con una
dichiarazione del genere. La mia stabilità mentale è già abbastanza compromessa
senza che lui offra il suo contributo, tra l’altro non richiesto.
«Sì, anche se a quanto pare con scarsi risultati» risponde Richard con
schiettezza, apparendo deciso e per nulla turbato dalla mia reazione.
Sembra impassibile, mentre per me questa situazione sembra quasi
irreale. Mi sta forse prendendo in giro? Oppure mi sta mettendo alla prova,
valutando la mia serietà professionale e il mio grado di realismo? No, perché
non potrei sopportarlo. Non questo.Maledizione, sono così confusa! Adesso avrei soltanto bisogno di andare
via, mettere una certa distanza tra di noi e schiarirmi le idee. Sono
consapevole che è impossibile ignorare le sue parole, ma ora non ho la forza di
affrontarlo. Devo dare la precedenza al nostro rapporto lavorativo, devo
pensare a Mr Micols e poi… e poi a RichieRich.
«Non lo avevo capito, d'altronde non sei stato poi così chiaro» lo
rimprovero, trattenendomi dal lanciargli perfino un’occhiata indispettita. «Ma,
nonostante tutto, io… non posso» sussurro, scuotendo il capo e sentendo il
panico sopraffarmi. Non posso accettare
questa situazione, non posso starti accanto, non posso soffermarmi su pensieri
irrealizzabili. Rifletto, senza esternare ad alta voce le mie
emozioni.
«Chris» prova a bloccarmi lui, notando la mia confusione e intuendo la
mia voglia di scappare.
«No, Richard» lo imploro, sentendo il controllo abbandonarmi e
percependo le lacrime inumidire i miei occhi. «Per favore» continuo,
porgendogli il mio bicchiere e incamminandomi subito dopo verso l’ingresso del
museo. O meglio, correndo verso l’entrata del Met. Recupero frettolosamente le
mie cose ed esco da una delle porte laterali, in modo da non dover affrontare
di nuovo i fotografi e i giornalisti. Per fortuna i bodyguard non mi fermano e
anzi con molta discrezione, probabilmente perché notano il mio sguardo
sconvolto unito ai miei occhi lucidi, mi aiutano ad uscire incolume
dall’edificio. Riesco a fermare un taxi dopo un paio di minuti, in apparenza
interminabili, e nel frattempo penso a Mr Reyes. L’ho lasciato da solo, in
mezzo ad un salone affollato, con il mio flûte di champagne in mano e nessuna
risposta sensata da dare alla sua dichiarazione. L’ho semplicemente ignorato,
come se niente fosse. Anche se il mio cuore batteva all’impazzata, anche se
volevo soltanto rifugiarmi tra le sue braccia. Anche se, per una frazione di
secondo, volevo soltanto offrirgli il mio cuore in cambio del suo. Così, quando
salgo sul taxi e mi lascio alle spalle la mia unica possibilità di stare con
Richard, inizio a piangere. Non in maniera elegante o con qualche singhiozzo
appena trattenuto, ma copiosamente. Come una bambina. Rovino il mio trucco,
faccio spaventare l’autista e in pratica combino un vero pasticcio. Tuttavia,
incurante di tutto, continuo a piangere. Per tutto quello che desidero, ma in
fondo non potrò mai avere. Sebbene si trovi solo a pochi passi da me.
Nel corso dei miei trent’anni di vita ho affrontato
diverse crisi esistenziali e alcune di queste, com’è normale, mi hanno davvero
segnata nel profondo. Hanno forgiato inevitabilmente il mio carattere,
contribuendo alla mia crescita personale. Ad esempio ricordo ancora la prima
volta che mi è venuto il ciclo, quando ho creduto di morire dissanguata e ho
passato un intero pomeriggio a piangere con disperazione rannicchiata sul mio
letto. Ricordo la prima volta che ho preso un’insufficienza a scuola e volevo sparire
a causa della vergogna, ma alla fine mi sono rassegnata al fatto di non essere
perfetta. Ricordo quando ho dovuto accettare che la mia prima cotta non era
contraccambiata, perché a lui piaceva un’altra ed io ero soltanto io. Oppure la
prima volta che ho considerato il mio peso un problema e le parole di mia madre
mi hanno ferita, perché invece di trovare una consolazione ho avuto solo la
conferma di non essere normale. Almeno secondo i suoi assurdi parametri e i
suoi standard inarrivabili. Ricordo la prima volta che ho pensato di mollare il
lavoro dopo una terribile sfuriata di Mr Micols, quando mi ero demoralizzata
talmente tanto da credere di essere una nullità.
Ogni singola esperienza che ho metabolizzato e
fatto mia, incidendola sotto la mia pelle, mi ha indubbiamente insegnato a non
credere più nelle favole e nella bontà del mondo. Mi ha permesso di adattarmi
alla realtà, di aprire gli occhi ed essere meno ingenua. Ho anche capito che in
fondo le delusioni, i rimpianti e le sofferenze servono. Ho compreso che la
vita non è tutta rose e fiori. Non posso negare che sotto certi punti di vista,
proprio per merito di certe situazioni, sono maturata. Sono cambiata, diventando
più forte e cinica. Più disillusa, sulla difensiva, meno fiduciosa.
Eppure, in tutte le occasioni in cui mi sono
trovata in difficoltà o mi sono sentita persa, alla fine mi sono sempre rivolta
ad una sola persona: mio padre. La mia unica certezza, il mio punto fermo e il
mio più grande sostenitore. Quando mi sentivo sconvolta, triste, incapace, sbagliata…lui c’era. Era lì, proprio al mio fianco. A
dirmi le parole giuste, a consolarmi, ad abbracciarmi, a rimboccarmi le
coperte, a farmi sentire perfetta, a sostenere le mie scelte, ad asciugare le
mie lacrime. Non mi ha mai lasciata da sola e perfino oggi, nonostante abbia
trent’anni e sia più che consapevole delle brutture nascoste in giro per il
mondo, lui c’è ancora. È la mia ombra, il mio angelo custode e il mio migliore
amico. Se non è problemi di autostima, se sono così determinata, se ho portato
a termine gran parte dei miei obiettivi lo devo soltanto a mio padre.
Io ed Henry abbiamo un rapporto particolare, basato
sull’assoluta sincerità e l’incondizionata accettazione. Lui mi dice sempre la
verità, mi permette di sbagliare e non giudica le mie decisioni. Mai. È sempre
disposto ad ascoltarmi, a darmi consigli e a condividere le mie idee. Prova
spesso a farmi ragionare, senza dirmi tuttavia cosa è giusto o cosa è sbagliato
per lui, e non insiste più del necessario. Non mi soffoca, non tappa le mie ali
e mi lascia sempre libera. Libera di pensare a modo mio, libera di essere me
stessa. Con i miei pregi e difetti. Soltanto Christine.
Mio padre interviene quando è davvero necessario,
quando la situazione sfugge del tutto al mio controllo oppure quando glielo
chiedo in maniera esplicita. Perché quando io lo chiamo, lui accorre. Dovunque
sia. Qualsiasi cosa stia facendo. Lascia tutto e viene. In fondo sono la sua
priorità. Per questo cerca sempre di proteggermi, di riparare come può ai miei
errori e non farmi mancare niente.
Ha stretto la mia piccola mano tra le sue quando
ero una bambinetta capricciosa, ha allentato leggermente la presa quando mi
sono trasformata in un’adolescente introversa e l’ha lasciata del tutto quando
sono cresciuta. Quando sono diventata un’adulta indipendente, autonoma e
matura. Ma lui non mi ha mai abbandonata del tutto. Magari non tiene più la mia
mano, ma so che è costantemente dietro di me. Per darmi una spinta quando mi
blocco, per sorreggermi quando inciampo, per incoraggiarmi a superare i miei ostacoli,
per sussurrarmi parole dolci, per condividere con un semplice sorriso e
un’affettuosa pacca sulla spalla le mie vittorie.
Perciò questa mattina, che sono terribilmente
confusa e mi sento davvero depressa a causa del mio ultimo incontro con
Richard, non posso fare a meno di andare a trovarlo. Voglio uno dei suoi
abbracci stritolanti, voglio confessargli le mie paure e voglio strafogarmi di
cioccolata insieme a lui.
La mia casa si trova a Forest Hill, un quartiere prevalentemente residenziale situato
nella parte centrale del distretto più grande di New York: il Queens. La
villetta dei miei genitori, quella in cui ho trascorso la mia infanzia, si
trova nella zona meridionale. È una casa modesta, distribuita su due piani, con
un grazioso giardino interno. I pannelli esterni sono dipinti con una
particolare sfumatura di beige, tendente al verdastro, mentre le rifiniture
delle enormi finestre rettangolari sono bianche. La porta è in legno di noce,
mentre il tetto è composto da tegole grigio scure. L’ingresso è delimitato da
un arco semicircolare e si raggiunge tramite un gradino di pietra, accanto al
quale è collocata la cassetta della posta e un’asta di metallo su cui svolazza
la patriottica bandiera americana.
All’interno la villa conta due camere da letto,
un’ampia cucina, un salotto e due bagni. Il primo piano ospita ovviamente la
cucina – il regno di mia madre – e il salone, arredato in sostanza con un
enorme divano marrone e una vecchia TV. Un angolo è occupato da una piccola
libreria, che racchiude essenzialmente volumi di calcolo ed economia, mentre un
intero lato della stanza è riservato ad un tavolo che può ospitare circa una
decina di persone. Quello che si usa per le grandi occasioni, tipo al Ringraziamento
e a Natale. Quando c’è tutta la famiglia, compresi parenti quasi sconosciuti e
zii di gradi inesistenti. Il soggiorno è il rifugio di mio padre. Lui passa
interi pomeriggi seduto sul sofà, al punto che ormai la parte sinistra ha preso
la sua forma, leggendo manuali di statistica e guardando la televisione.
Rigorosamente il baseball, mentre la domenica è dedicata al football. Henry è
il classico americano pigro e sedentario, che ama bere birra mentre si gode lo
sport. Un vero stereotipo, nonché un personaggio irrinunciabile delle sitcom
statunitensi. Il grassottello simpatico e autoironico, che con il suo sorriso
gentile e le sue guanciotte paffute conquista tutti i telespettatori. Mio padre
tuttavia non solo consuma un numero spropositato di lattine di birra e altre
bibite gassate contenenti dosi illegali di zucchero, ma mangia anche cibo
tutt’altro che salutare: alette di pollo piccanti, costine di maiale in salsa
barbecue, pizza ai peperoni, hamburger con doppio formaggio, un’intera
confezione di bacon fedelmente caramellato e servito con almeno due uova
strapazzate, vaschette da un chilo di gelato alla vaniglia, bagels alla crema e
ciambelle al cioccolato. Sì, è da lui che ho ereditato il mio amore per i
donuts. Ma questa è un’altra storia.Ad
ogni modo, prima che iniziassero i suoi problemi di cuore, era mia madre a
preparargli da mangiare. Faceva marinare la carne, riforniva settimanalmente la
dispensa, sfornava dozzine di torte e dava libero sfogo al suo estro culinario.
Poi però, arrivati ad un certo punto, le coronarie di papà non hanno più retto
il suo folle ritmo e hanno deciso di mollarlo. Adesso quindi Henry deve
accontentarsi di insalate scondite, verdure bollite, petti di pollo alla
piastra, zuppette, minestroni e dolcetti dietetici. È stato il dottore a
prescrivergli questa dieta, a proibirgli categoricamente la birra e a
convertirlo alla semplice acqua. Ogni tanto fa comunque qualche strappo alla
regola, soprattutto per colpa mia. Il problema è che non sopporto vedere Henry
depresso per colpa della rigida alimentazione che gli è stata imposta e quindi,
quando vado a trovarlo, gli porto sempre una ciambella. Quella al cioccolato,
farcita con caramello salato e decorata con granella di pancetta dolce. Una
bomba calorica, che però lo fa felice. Certo, mio padre prova spesso ad
approfittarsi della situazione e cerca puntualmente di intenerirmi. Ma io non
cedo tanto di frequente ai suoi capricci, nonostante i finti occhi lucidi e i
bronci infantili che mi propina ogni volta che ci incontriamo con il solo scopo
di ammorbidirmi. Tuttavia, anche se ho ereditato molto da lui e sotto alcuni
punti di vista siamo praticamente identici, devo ammettere che la mia
determinazione è un regalo di mia madre. In effetti da Samantha ho preso la
testardaggine e la fermezza, ma devo ammettere che sono aspetti del suo
carattere che in realtà ho sempre odiato. Almeno quando li usa contro di me,
oppure quando li porta all’esasperazione. E mia madre è una maestra nell’essere
melodrammatica.
In ogni caso Forest Hill è stato un bel quartiere
in cui crescere. Qui ci sono molti negozi, diverse scuole, una grande
biblioteca, bar e ristoranti. A livello architettonico contiene una miscela
particolarmente variegata di alloggi: appartamenti lussuosi, ville
unifamiliari, grattacieli, casette a schiera. Ma la cosa davvero incredibile è
che questa parte del Queens è famosa soprattutto per aver dato i natali a Peter
Parker, ovvero il mitico Spiderman.
Noi ci siamo trasferiti in questa zona quando ho
compiuto sette anni. Dopo anni di sacrifici i miei genitori hanno raccolto un
piccolo gruzzoletto, che ci ha permesso di aprire un mutuo ed acquistare la
nostra attuale casa. Mia madre si è innamorata subito di Forest Hill, con i
suoi circoli esclusivi e la sua vivacità. Appena ci siamo trasferiti,
nonostante le nostre limitazioni economiche, si è iscritta al club di tennis e
ha fatto di tutto per integrarsi con le altre signore del quartiere. Le signore
benestanti, ovviamente, che possedevano case più grandi delle nostre – munite
come minimo di piscine, patii, giardini all’inglese, doppi saloni – e
indossavano tute di puro cashmere color pastello. Samantha allora ha iniziato
ad acconciarsi i capelli come loro, usando lo stile vaporoso che andava tanto
di moda negli anni Ottanta e che oggi rappresenta l’incubo di ogni
parrucchiere. Ha cominciato a bere tè nel pomeriggio, a giocare a tennis con
completini dal gusto discutibile, a partecipare a brunch domenicali anche senza
la sua famiglia e a discutere con le sue pseudo-amiche di argomenti
assolutamente frivoli: chi ha sposato chi, quanto è imbarazzante che Mrs
Vattelappesca indossi lo stesso gioiello dell’ultima amante del marito, perché
è preferibile lo scollo a barca invece che quello tradizionale, com’è
ingrassata la moglie del vicino, eccetera eccetera. Forse è stato proprio in
quel periodo che mia madre ha cominciato a preoccuparsi in maniera eccessiva del
parere altrui e a lasciarsi condizionare così tanto dai pettegolezzi,
permettendo ad un’idea utopistica di perfezione di ossessionarla.
Aveva realizzato il suo sogno di vivere in un
quartiere benestante, di possedere una casa ben più che modesta, di essere
finalmente ammessa a quei circoli che prima le erano stati preclusi e di
potersi vantare con orgoglio della sua nuova posizione in società. È triste
pensare che mia madre avesse ambizioni del genere, che le interessassero
soltanto il prestigio e la possibilità di far parte di un’élite di
privilegiati. Di snob. Di ricconi egocentrici. Così com’è altrettanto
deprimente sapere che oggi la sua più grande aspirazione è quella di vedermi
sposata con un uomo facoltoso, farmi indossare un vestito da sposa due taglie
in meno rispetto alla mia e rilegarmi al ruolo di mogliettina devota. Sfornare
un paio di marmocchi, lasciare il mio lavoro e dedicarmi totalmente alla
famiglia. In realtà non ci sarebbe niente di sbagliato in tutto questo, ma
semplicemente non è la vita che fa per me. Io adoro il mio lavoro, amo
follemente l’ebbrezza che mi pervade quando i miei clienti mi permettono di
gestire i loro soldi. Milioni e milioni
di dollari. Vivo per questa adrenalina. Sono fiera dunque di sapere che dai
miei consigli dipendono gli investimenti di imprenditori famosi e stimati,
disposti a pagare cifre assurde soltanto per una mia consulenza.
È umiliante quindi essere consapevole che per
Samantha rappresento soltanto una donna che deve limitarsi ad occuparsi della
casa e venerare il marito, donandogli necessariamente qualche figlio e
aspettandolo a casa con la cena in caldo.
Per Henry invece posso essere quello che voglio:
una maniaca del lavoro, una casalinga incapace, un’amante dei numeri, una
cicciottella ingorda. Lui evita di pormi dei limiti e non mi impone standard
assurdi, ma preferisce lasciarmi libera e permettermi di infrangere tutti gli
schemi. È per questo che con mio padre sono sempre me stessa, sono sempre
sincera. È per questo che quando ho qualche dubbio o qualche problema vado da
lui, come oggi.
È domenica mattina, sono passati appena un paio di
giorni dal galà a cui ho partecipato con Richard, ed io ho trascorso tutto
questo tempo interrogandomi sulle mie prossime azioni. Senza arrivare a nulla.
Non so cosa fare, come comportarmi e come reagire. Perché in fondo non capisco
quello che provo, a parte confusione e paura. Le mie emozioni contrastanti mi
hanno impedito di dormire e perfino di mangiare, quindi è da più di quarantotto
ore che non mangio una ciambella. Non l’ho nemmeno portata a mio padre e
sicuramente lui mi diserederà per questo, oppure terrà il broncio per tutta la
durata del nostro incontro. Ma… non mi interessa. Ora ho solo bisogno di
parlargli, rimettere di nuovo ordine nella mia quotidianità ed andare avanti.
Appena arrivo a casa perciò mi fiondo
immediatamente in soggiorno e, come mi aspettavo, vedo Henry seduto al suo
solito posto sul divano. Indossa un pantalone blu e una camicia a quadri che si
tende sul suo stomaco abbondante, mentre ai piedi calza un paio di ciabatte a
forma di orso. Quelle che gli ho regalato il Natale precedente. I suoi capelli
castani sono tagliati corti, mentre la barba brizzolata gli copre la parte
inferiore del viso. I suoi occhi azzurri sono puntanti verso la televisione, in
modo da non perdersi nemmeno un minuto della partita, e ha le mani occupate: la
destra tiene il telecomando, la sinistra invece stringe un grande bicchiere di
vetro contenente un qualche centrifugato di frutta. Forse papaya, arancia, mela
e carota. Almeno penso, basandomi sul suo sgargiante colore arancione e sui
possibili ingredienti selezionati accuratamente da mia madre.
«Ciao, papà» lo saluto, palesando la mia presenza e
prendendo poi posto accanto a lui.
Mi siedo quindi sul sofà con uno slancio energico,
rannicchiandomi vicino alla sua figura e assorbendone il calore. Mi sembra di
essere appena tornata bambina, quando trascorrevo i pomeriggi guardando il
football con Henry e mangiando i dolci preparati da Samantha. Adoravo i suoi
biscotti al burro di arachidi, adoravo essere avvolta dalle braccia di mio
padre e sentirlo parlare di statistiche sui giocatori o sulle squadre.
«Ciao, cupcake» mi saluta il diretto interessato,
dandomi un bacio sulla fronte. «Dov’è la mia ciambella? Tua madre l’ha
intercettata?» mi domanda successivamente, notando l’assenza del suo donut.
Samantha in effetti, da quando mio padre è finito
in ospedale con un principio di infarto, sta molto attenta al cibo. Non
permette ad Henry di compromettere la sua dieta, dunque conta le calorie di
ogni singolo alimento ed è diventata una sorta di generale dell’esercito.
Organizza ispezioni a sorpresa, stabilisce strategie di attacco contro
eventuali tentazioni e si preoccupa di far rispettare le regole. Nessuno
sgarri, nessuna violazioni del nuovo regime alimentare e nessuno spuntino di
nascosto. Ultimamente sta anche imponendo al mio povero papà di eseguire alcuni
esercizi di ginnastica, che comprendono in sostanza stretching e a seguire
lunghe camminate all’aperto.
«Mamma non mi ha sequestrato niente» lo rassicuro,
distruggendo subito dopo le sue speranze. «In realtà non te l’ho proprio
portata, scusa» ammetto allora con tono esitante, aspettando di vedere la
delusione inasprire i lineamenti del suo volto e sostituire il suo dolce
sorriso. Devo ammettere comunque che se anche gli avessi portato il dolce non
sarei mai riuscita questa volta a consegnarglielo, perché quando sono entrata
in casa mia madre mi ha praticamente perquisita dalla testa ai piedi. Non sarei
mai riuscita a nasconderle la ciambella, nemmeno se me la fossi infilata nel
reggiseno.
«Oh» sussurra lui, rattristandosi. In seguito
studia attentamente il mio viso: nota le mie occhiaie, il mio pallore, il mio
sguardo afflitto. Si accorge che non sono pimpante e allegra come sempre, ma
un’ombra oscura la mia serenità. «Stai indossando una tuta» aggiunge alla fine,
analizzando addirittura il mio abbigliamento. Allora si posiziona meglio sul
divano, girandosi dalla mia parte e prestandomi tutta la sua attenzione. Perché
Henry sa che quando vado a trovarlo mi vesto sempre in modo accurato, in modo
da superare l’esame di Samantha. Metto pantaloni eleganti o in alternative
gonne a campana lunghe fino al ginocchio, per nascondere le mie cosce
abbondanti e far credere a mia madre di essere dimagrita. Inoltre porto sempre
camicette di seta e scarpe con il tacco, così da slanciare la mia figura e
sembrare più alta. Mi trucco, mi sistemo i capelli e scelgo accessori
luccicanti per distrarre Sam da possibili imperfezioni. Sì, praticamente mi
preparo come se dovessi andare in ufficio. Però oggi indosso una semplice tuta
grigia, quella che di solito prediligo nei miei momenti liberi, e la mia pelle
è libera dal fondotinta. Le mie ciocche castane sono legate in una comoda coda,
ma qualche ciuffo sfugge dall’acconciatura e appare tremendamente crespo.
Credo che a mia madre sia quasi venuto un colpo
quando mi ha vista conciata in questo stato. Di sicuro ha perso momentaneamente
l’uso della parola, perché non ha fatto alcun commento e si limitata a sgranare
gli occhi. Forse apparivo tanto abbattuta da farle pena, per questo è rimasta
in silenzio e non ha infierito su di me.
«Sì» mi limito a replicare, sospirando.
«Cosa c’è che non va?» mi chiede quindi mio padre,
posando il suo succo e perfino il telecomando sul tavolino. Però non ho il
tempo di prendere coraggio e confessargli la verità, visto che veniamo
interrotti dall’entrata di Samantha.
«Il problema, mio caro, è che le manca un uomo»
interviene quest’ultima, prendendo posto sulla poltrona libera di fronte a noi.
Mia madre è una donna magra, alta e snella. Ha i
capelli castani, gli occhi nocciola incorniciati da una montatura tonda e la
bocca sottile. Nel complesso i suoi lineamenti la rendono delicata, graziosa ed
elegante. Tutto il mio opposto. Dove lei è spigolosa, io sono morbida. Dove lei
è piatta, io sono abbondantemente in carne. Non ci assomigliamo affatto:
Samantha è raffinata, aggraziata e composta. Io sono disordinata, insicura e
impacciata. Essere paragonata a mia mamma mi mette in imbarazzo e mi fa sentire
a disagio, perché per me è sempre stata irraggiungibile. Questa mattina indossa
morbidi pantaloni marroni, un maglioncino color panna e ballerine nere. Le
ciocche corte le scivolano ai lati del viso, le labbra sono truccate con un
rossetto neutro e sulle guance ha applicato una spolverata di blush.
È sobria, sofisticata e signorile. Come sempre.
«Questa è la tua risposta a tutto» borbotto,
incrociando le braccia sotto al seno e sbuffando. Le nostre discussioni in
effetti si concludono puntualmente con la proposta di mia mamma di trovarmi un
compagno, perché secondo il suo modesto parere avere un uomo al mio fianco
sarebbe il giusto rimedio ad ogni mia problematica.
«Sai che ho ragione, Christine» continua mia madre,
ignorando il mio malumore. «A quest’ora dovresti già essere sposata ed avere
almeno un bambino, come hanno fatto le tue amiche del liceo» afferma,
rinfacciandomi per l’ennesima volta le mie mancanze. Almeno a suo dire.
Sì, le mie amiche del liceo. Parliamone: Clarissa
Jhonson e Annabeth Taylor hanno reso gli anni della mia adolescenza un vero
inferno, perché erano delle bulle. Le classiche cheerleader popolari,
bellissime e adorate da tutti. Ma in fondo si divertivano a prendermi in giro
per il mio peso, per la mia voglia di studiare e per la mia inesperienza con i
ragazzi. Dicevano che ero goffa, socialmente imbranata e troppo sfigata per
poter anche solo pensare di avvicinarmi a loro. All’inizio fingevano di essere mie
amiche semplicemente per ottenere appunti e ripetizioni gratuite, ma io
purtroppo l’ho capito troppo tardi. Perché in fondo volevo credere nella loro
bontà, volevo averle vicine per non essere emarginata e sentirmi parte di un
gruppo. Anche se loro non mi rivolgevano nemmeno un cenno di saluto quando mi
incrociavano nei corridoi della scuola, anche se loro intanto mi sparlavano
alle spalle ed erano le prime a ridere di me.
Clarissa dopo il liceo si è iscritta all’università
di Boston, dove ha capito di non essere portata per lo studio e dove ha
incontrato l’uomo che poi è diventato suo marito: Fabian Myers, un aspirante
avvocato penalista. Oggi Clara è mamma a tempo pieno di tre pestiferi bambini,
nel suo corpo scorre più botulino che sangue e recentemente si trova sulla
bocca di tutti a causa della relazione del marito con la sua segretaria
storica. Che cliché.
Annabeth invece ha conseguito la laurea in Scienza
della Comunicazione, lavora nel reparto delle risorse umane di una grande
azienda specializzata nell’ambito tecnologico e si è sposata con uno degli
ingegneri informatici che si occupa della programmazione di alcuni software. Un
cervellone con grandi occhiali rotondi, il fisico scheletrico e il fascino di
un’ameba. Paul è indubbiamente un uomo molto premuroso e intelligente, ma di
certo non si può definire bello e nemmeno attraente. Insomma ha tante qualità,
ma il suo aspetto lascia a desiderare. E per una donna come Beth, che dava
importanza soprattutto all’apparenza, dev’essere stato un vero smacco
innamorarsi di un tipo come lui. Sarà stato il karma. Adesso i due sono
diventati genitori di una piccola bambina di nome Winifred Lisanne, come sua
nonna paterna, e vivono in un modesto appartamento nella periferia meridionale
di Brooklyn.
«Non tutte le donne per sentirsi realizzate hanno
bisogno necessariamente di un marito e figli a carico, mamma» la correggo in
maniera irritata, pensando alle mie conquiste e a quanto lei le consideri
inutili.
«La famiglia è molto di più che un progetto da
portare a termine per sentirsi soddisfatte» mi rimprovera Samantha con
severità, disapprovando le mie parole.
«Allora perché, se la pensi davvero in questo modo,
continui a spingermi tra le braccia di uomini sconosciuti e assolutamente
inadatti a me?» la provoco, facendole notare che ormai da anni il suo unico
obiettivo è quello di trovarmi qualcuno da sposare.
«Perché non voglio che resti sola» confessa,
mostrandomi la sua preoccupazione. «Ma a quanto pare tu sei troppo occupata per
trovarti un compagno e troppo distratta per tenertene uno quando sei in grado
di accalappiarlo» prosegue, rimarcando la mia scarsa collaborazione. Pensare
che per un momento mi sono quasi commossa, illudendomi che lei tenesse davvero
al mio benessere e al mio futuro. Un futuro pieno di incognite e rischi, ma che
insieme ad un’altra persona potrebbe comunque fare meno paura. «Se continui
così finirai per diventare una zitella acida, sovrappeso e maniaca del lavoro»
conclude, insultandomi e inducendomi ad alzare gli occhi al cielo.
«Secondo i tuoi calcoli mi restano al massimo una
decina di anni, allora» ironizzo con apparente leggerezza, provando a non dare
peso al suo parere e alla sua accurata descrizione.
«Non scherzare, Christine» mi ammonisce lei
nuovamente, rabbrividendo con orrore alla prospettiva di vedermi ridotta
davvero come il suo peggiore incubo.
«Amore, perché non vai a prepararmi una buona tazza
di tè?» suggerisce Henry, cercando di interrompere la nostra discussione. «Sai,
in questo momento avrei proprio voglia di qualcosa da bere» continua, provando
a convincerla a lasciarci soli.
«Ok» concorda mia madre, sospirando e alzandosi
dalla poltrona. «Ma solo una tazza» lo avverte con immediatezza, lanciandomi
un’ultima occhiata di disapprovazione prima di abbandonare il salotto.
«Grazie, tesoro» risponde lui con dolcezza,
rivolgendole anche un sorriso.
«Come fai a sopportarla?» chiedo a mio padre appena
Samantha scompare in cucina, comportandomi come una bambina capricciosa.
«Tua madre vuole soltanto proteggerti» la difende,
fingendo di non aver sentito la mia domanda o ignorandola intenzionalmente.
«Certo, è innegabile che usa metodi particolari e alquanto discutibili. Capisco
quindi che la maggior parte delle volte possa darti fastidio» ammette,
scuotendo le spalle con rassegnazione. «Però ti garantisco che tutto ciò che
fa, compresa la sua assurda selezione di potenziali mariti da presentarti, è
per il tuo bene».
«Lo spero» borbotto, lasciandomi convincere.
«Ma adesso, invece di lamentarti ancora della mamma
e sfogare la tua frustrazione su di me, potresti spiegarmi come mai sembri
tanto sconvolta» afferma con apparente calma, cambiando argomento e tornando al
punto principale. Tuttavia percepisco la sua apprensione e smetto di esitare,
iniziando a parlare e giocherellando nel frattempo con l’orlo della mia
maglietta.
«Ricordi quando ti ho detto che nell’ultimo periodo
sto lavorando con un importante imprenditore di Manhattan? Quell’egocentrico
miliardario che mi tortura da mesi con le sue assurde proposte di
investimento?» inizio con titubanza, mantenendomi sul vago. «Beh, si tratta di
Richard Reyes» confesso, svelandogli l’identità del mio cliente.
«Oh» si limita a replicare Henry, mostrandomi la
sua sorpresa. «È fantastico, piccola» dichiara subito dopo con palese orgoglio,
complimentandosi per la mia conquista professionale. Lui è consapevole
dell’impero che ha costruito Richard e capisce alla perfezione cosa può
significare per me rappresentare un uomo del genere, averlo come assistito e
gestire i suoi soldi. Probabilmente mio padre è perfino a conoscenza del suo
patrimonio netto, del numero di aziende in suo possesso e. D’altronde Henry è
un economista e personaggi dal calibro di Mr Reyes hanno sempre attirato il suo
interesse, portandolo ad indagare sul loro reddito pro capite e sulle loro
mosse finanziarie.
«Sì» sussurro, fissando con ostinazione il
pavimento.
«Tu però non ne sembri tanto entusiasta» nota,
aggrottando le sopracciglia. «Per caso è successo qualcosa?» mi domanda,
irrigidendosi e immaginandosi probabilmente gli scenari peggiori.
«Richard ha detto che…» comincio con esitazione,
pesando all’assurdità di tutta questa faccenda. «Sai, lui ha detto che gli
piaccio!» esclamo, palesando la mia incredulità.
«E perché lo trovi strano?» mi chiede di nuovo mio
padre, non capendo sinceramente l’origine della mia frustrazione. «Sei una
donna eccezionale, per quale motivo non dovresti piacergli?» continua,
considerando la situazione più semplice del normale.
«Perché io sono la sua promoter finanziaria» gli
faccio notare, usando un tono ovvio. «Sono una sua dipendente» ribadisco,
spiegandogli il rapporto che attualmente mi lega a Mr Reyes.
«Non capisco ancora quale sia il problema» ammette
di nuovo Henry, apparendo fin troppo ingenuo per i miei gusti. «Da quando gli
interessi lavorativi tendono ad ostacolare una relazione?» mi interpella,
sembrano genuinamente confuso. Sì, è vero, le storie d’amore tra colleghi sono
all’ordine del giorno. Alcuni pur di stare insieme infrangono senza alcuna
esitazione regole e norme aziendali, andando contro perfino a codici etici e
morali. Però questa situazione è diversa. Non posso mettere a rischio la mia
carriera e tutte le mie conquiste per stare con Richard, anche perché non so
nemmeno cosa desidera veramente. Vuole una relazione? Vuole una semplice
avventura? Vuole un’amicizia con benefici?
Lui ha solo detto che gli piaccio, ma non ha
parlato di progetti a lungo termine o di ipotetici piani futuri da condividere.
È anche vero che io non gliene ho dato nemmeno il tempo, considerato che sono
scappata via subito dopo la sua dichiarazione. Però Mr Reyes ha commesso un
errore di valutazione quando mi ha rivelato con così tanta tranquillità i suoi
sentimenti e ha preteso che potessi accettarli senza fare nessuna domanda.
Senza avere dubbi, paure e tentennamenti. Insomma, si aspettava forse che una volta
concluso il suo discorso mi sarei buttata tra le sue braccia per esprimergli la
mia immensa gratitudine? Si aspettava che cadessi ai suoi piedi proclamandogli
la mia assoluta adorazione e la mia più completa fiducia?
Richard mi ha indubbiamente sconvolta e mi ha
destabilizzata con la sua confessione, ma non tanto da sopraffare la mia
razionalità e da non farmi pensare alle possibili conseguenze che potrebbero
derivare da tutta questa storia. Poi – ammettiamo la verità – la sua audacia e
la sua intraprendenza saranno anche da premiare, però non è stato minimamente
romantico. Mi ha scaraventato addosso le sue sensazioni senza alcuna dolcezza,
anzi mi è sembrato quasi stesse concludendo una transazione di affari. Ha messo
le carte sul tavolo e fatto la sua proposta, aspettando la replica della
controparte. Io invece bramo ardentemente il romanticismo, voglio sentirmi
desiderata e percepire il mio corpo pervaso dalla passione. Come accade nei
romanzi. Non posso accontentarmi di niente di meno, soprattutto da Mr Reyes.
Lui mi invia le giuste vibrazioni, i giusti brividi. Al suo fianco mi sento una
donna desiderabile, forse per la prima volta nella mia vita.
«In realtà sarebbe meglio non mischiare il dovere
con il piacere» affermo, esponendo la mia filosofia.
«Sì, tesoro, ma pensarla in questo modo non
risolverà le cose» commenta mio padre, suggerendomi di ignorare certe frasi
fatte e certi preconcetti. «Adesso devi lasciarti guidare solo dalle tue
emozioni».
«Sembra facile, ma in realtà è tutto il contrario»
mormoro, considerando la confusione che ho in testa. Come se non bastasse anche
il mio cuore è in preda al caos più totale, infatti non mi sta per nulla
aiutando a prendere una decisione e anzi mi disturba con il suo martellare
impazzito nel mio petto.
«Ma almeno quest’uomo lo trovi attraente?» mi
chiede Henry, indagando su un mio possibile coinvolgimento a livello fisico.
«Richard è assolutamente meraviglioso» ammetto,
pensando alle mille sfumature di biondo che caratterizzano i suoi capelli e ai
suoi magnetici occhi grigi. «Inoltre è carismatico, affascinante e determinato»
proseguo, elencando gli aspetti del suo carattere che preferisco. «La mamma lo
adorerebbe» mi rendo conto, evitando perfino di nominare il suo patrimonio.
Senza dubbio non posso evitare di considerare la sua ricchezza, in fin dei
conti fa parte del pacchetto, ma non desidero soffermarmici troppo sopra. Non è
il punto fondamentale, infatti la mia scelta non dipenderà dal suo conto in
banca. Per quanto sia consistente.
«Allora cosa ti frena?» domanda papà, tentando di
capire l’origine della mia indecisione. «È forse stupido?» continua, facendomi
ridere.
«Stiamo parlando di Richard Reyes» gli faccio
notare, usando un tono divertito.
«E quindi?» asserisce Henry, chiarendosi in seguito
il suo ragionamento. «Sai quante persone famose e potenti sono dei perfetti
idioti?».
«Sì, ma non è il suo caso» lo rassicuro,
trattenendo il mio divertimento e descrivendogli poi una parte della sua
personalità. «Lui è intelligente, perspicace e anche più furbo del dovuto».
«Sembra un compagno potenzialmente perfetto»
commenta mio padre, parlando con eccessiva enfasi e con una punta di sarcasmo.
«Dov’è la fregatura?» aggiunge successivamente, inducendomi a sospirare.
«Vorrei tanto saperlo anch’io» dichiaro infatti,
considerando Richard troppo dotato. È un uomo brillante, bello, ricco e
simpatico. Rappresenta in pratica il sogno di ogni donna e non sembra non avere
punti deboli, ma ci deve essere per forza un qualcosa di negativo in lui. Mi
rifiuto di credere che sia davvero così fantastico. «Papà, ma tu credi davvero
che io possa piacere a Mr Reyes?» chiedo alla fine al mio personale confidente,
mostrandogli tutta la mia insicurezza.
In fin dei conti quello che mi blocca in tutta
questa storia non sono le possibili conseguenze a cui andrei incontro o gli
indiscussi risvolti lavorativi da affrontare, ma la mia mancanza di fiducia. La
mia insicurezza. Perché a volte, quando dubito delle mie capacità e attraverso
i miei periodi di depressione esistenziale, mi sembra ancora di essere quella
cicciona sfigata del liceo che elemosinava attenzioni da amiche false. Quella
stagista imbranata che passava ore chiusa in bagno a piangere. Quella donna
poco interessante che ha fatto scappare tutti i suoi fidanzati.
«Perché mi fai questa domanda?» mi interroga mio
padre, aggrottando le sopracciglia con confusione.
«Beh, lui è il mitico Richard Reyes» chiarisco in
un sussurro, dando voce ai miei ragionamenti. «Invece io… insomma, guardami!»
esclamo dopo un attimo di esitazione, indicando la mia figura.
«Io ti vedo, Chris» afferma Henry, prendendomi le
mani tra le sue. «Vedo un’attraente donna in carriera, che nonostante finga di
essere una dura alla fine è rimasta la ragazza buona e gentile di sempre»
inizia con dolcezza, riempiendomi di complimenti. «Vedo una donna determinata,
che è arrivata dov’è adesso con le sue sole forze» continua, palesando la sua
fierezza. «E, da qualche parte sotto l’armatura che ti sei costruita con tanta fatica,
vedo ancora la mia bambina. Timida e insicura. Quella stessa bambina a cui
darei il mondo intero se soltanto potessi, semplicemente per regalarle un
sorriso» aggiunge, facendomi commuovere. «Ma la questione è: tu cosa vedi?».
Il quesito di mio padre mi perseguita per tutto il
resto della giornata, portandomi a rinchiudermi nel mio appartamento dopo aver
bevuto il tè rigorosamente senza zucchero preparato da mia madre, e quando vado
a letto non ho ancora trovato una risposta che mi soddisfa appieno. Io vedo
tante cose positive in me, molti aspetti che mi piacciono. Però, come una
medaglia con più facce, non posso ignorare anche i miei difetti. Quando penso
al mio percorso, a chi sono veramente, vedo i miei sacrifici e le mie vittorie.
I miei errori, le mie conquiste, le occasioni perse, i sogni che devo ancora
realizzare.
Tuttavia nell’insieme…ecco, nell’insieme vedo una Christine che in
fondo deve accettarsi davvero. Una Christine che finge di essere forte. Una
Christine che in alcune occasioni ha ancora paura. Paura di sbagliare, di
essere fraintesa, di non essere abbastanza. Vedo una Christine che non ha
superato davvero il suo passato, che in determinate occasioni si sente
inevitabilmente a disagio e che vuole dare l’impressione di non avere più
complessi.
In sostanza vedo una Christine che amo e che odio.
Affrontare la mattina di lunedì dunque non è
affatto facile, perché non ho affatto risolto i miei dubbi e anzi sono
addirittura più confusa di prima. Certo, l’inizio di una nuova settimana
solitamente rappresenta a prescindere un incubo senza doverci aggiungere anche
ulteriori complicazioni. Ma oggi, come se già non bastassero i miei pensieri a
rovinare l’inizio di questa giornata, le cose sembrano davvero andare per il
peggio. Il peggio assoluto. Infatti per l’ennesima volta sono in ritardo a
lavoro, ho finito la mia scorta di ciambelle al cioccolato – quelle gelosamente
custodite nel secondo armadietto della mia cucina – e un diluvio universale si
è abbattuto sulla città.
Manhattan sotto la pioggia, in base a quello che si
vede nei film, può apparire alquanto poetica. Ad ogni angolo della strada ci si
aspetta di vedere due innamorati rincorrersi per poi scambiarsi un bacio
mozzafiato in mezza alla folla, oppure da un momento all’altro ci si illude di
poter intravedere tra la gente ammassata sul marciapiedi il mitico Ted Mosby
mentre si ripara con il suo sgargiante ombrello giallo e continua la sua pazza
ricerca di una moglie. Ma quando il diluvio si abbatte sulla megalopoli posso
assicurarvi che in realtà non c’è niente di romantico o sensazionale, al
contrario si scatena il caos: si formano code chilometriche, gli autisti
perdono la pazienza anche per i motivi più futili, centinaia di clacson
cominciano a suonare simultaneamente fino a provocare un esaurimento collettivo
e la metropolitana viene presa d’assalto da migliaia di cittadini stressati per
colpa del trambusto generale.
Eppure non è stata la metro affollata, la strada
impraticabile, la pioggia insistente, il mio ritardo o la mancanza dei miei
donuts a farmi considerare questo giorno un completo disastro. No, la mia
mattinata ha toccato il fondo quando ho fatto il mio ingresso in ufficio.
Quando ho notato che Mr Micols non mi stava aspettando per rimproverarmi con la
sua solita soddisfazione, quando la mia segretaria mi ha rivolto un sorriso a
trentadue denti nonostante tutto presagisse che questo sarebbe stato un pessimo
inizio di settimana e quando alla fine ho varcato le porte del mio studio
trovandomi Richard seduto dietro la mia scrivania.
Ecco, è stato in quel preciso istante che ho capito
di stare andando incontro ad una vera catastrofe. Perché io non ero ancora
pronta ad affrontarlo, ma come sempre Mr Reyes non ha tenuto conto dei miei
bisogni. Lui era lì, seduto sulla mia sedia, perfettamente a suo agio e
tranquillo.
«Buongiorno, Christine».
Resto imbambolata sull’uscio per un paio di minuti,
studiando ancora la sua figura, e mi decido ad entrare nel mio ufficio nel
momento in cui mi accorgo di aver attirato l’attenzione dei miei colleghi. Non
voglio che questa discussione si trasformi in un succulento pettegolezzo tra
stagiste, perciò mi chiudo velocemente la porta alle spalle e torno a
concentrarmi sul mio ospite con rinnovato sbigottimento. Cerco comunque di
riprendere almeno un minimo di controllo e allora comincio a togliermi il
giubbotto con apparente calma, sistemandolo al suo posto, mentre appoggio la
mia borsa accanto all’attaccapanni. Subito dopo prendo un respiro profondo e mi
volto verso Richard, preparandomi a gestire questa spinosa situazione. Una
volta per tutte.
«Buongiorno, Mr Reyes» rispondo intanto con
malcelato nervosismo, mantenendo tuttavia un tono professionale. «Come mai si
trova qui a quest’ora?» gli domando con finto interesse, valutando per un
secondo tutte le mie possibili vie di fuga.
Sì, voglio concludere in fretta questa faccenda. Ma
la verità è che sono una vigliacca e non ho nemmeno il coraggio di guardarlo
negli occhi, inoltre il cuore mi batte talmente forte che credo possa uscirmi
dal petto e non riesco a capire i motivi di questa mia eccessiva agitazione.
«Perché dobbiamo parlare» replica lui, alzandosi
dalla mia poltrona. Si aggiusta la giacca e successivamente fa un passo in
avanti, girando intorno alla scrivania per poi raggiungermi. «E questo è
l’unico posto in cui possiamo farlo senza essere interrotti» aggiunge,
fissandomi con intensità.
«Potremmo andare a pranzo insieme più tardi» gli
suggerisco, provando a rimandare il nostro confronto. «Dovrei essere libera,
posso chiedere ad Holga di prenotare un tavolo a…».
«Stai cercando di nuovo di scappare, Christine?» mi
interrompe Richard, apparendo lievemente infastidito e ricordandomi la mia
reazione di quella fatidica sera. «L’ultima volta è stato davvero divertente
assistere alla tua fuga» afferma con ironia, incrociando le braccia sul petto.
«Mi dispiace» sussurro, arrossendo a causa
dell’imbarazzo.
«Non pensavo che l’idea di uscire insieme potesse
risultarti così spaventosa» ammette, ribadendo le sue intenzioni con assoluta
tranquillità.
«Mi hai colta di sorpresa» lo correggo,
giustificando il mio comportamento.
«Per quale motivo?» si interessa lui, aggrottando
le sopracciglia in preda alla confusione.
«Perché la tua proposta mi è sembrata assurda» gli
confesso, guardandolo finalmente negli occhi per trasmettergli tutti i miei
dubbi. «Tanto per iniziare sono la tua promoter finanziaria» comincio,
elencandogli le ragioni che mi hanno fatto dubitare della sua serietà. «Un
nostro coinvolgimento emotivo potrebbe risultare alquanto… inopportuno,
considerato che sei un mio cliente e tecnicamente parte del mio stipendio
dipende anche dalla nostra collaborazione» dichiaro, facendo valere la mia
parte logica e razionale. «Perciò, se andassimo davvero a cena insieme,
finiremmo per infrangere almeno una dozzina di regole ed io tengo molto alla
politica aziendale».
«È una scusa, Christine?» mi domanda Richard con
palese scetticismo, condividendo probabilmente una parte del mio ragionamento
ma disapprovandone la conclusione.
«Sì» mormoro dopo un attimo di esitazione,
rendendomi conto di non essere del tutto sincera. Né con lui, né con me stessa.
«Perché hai paura?» mi chiede quindi il mio
interlocutore, capendo da cosa deriva la mia reticenza a lasciarmi andare. Ad
accettare la realtà.
«Perché tu sei Richard Reyes» asserisco, pensando
al discorso avuto con mio padre.
«Ed è un problema?» si informa, continuando la sua
indagine e invitandomi a confessargli ogni mia singola incertezza. «Non pensavo
detestassi così tanto il mio nome».
«Non fare lo stupido, sai benissimo a cosa mi
riferisco» lo rimprovero, sbuffando. «Tu sei un uomo ricco e importante, mentre
io sono solo una donna grassottella che ci sa fare con i numeri» proseguo,
descrivendogli in sintesi le nostre evidenti differenze. «Ma va bene così»
affermo, facendogli capire che ormai ho accettato la situazione e non mi
vergogno di me stessa.
«Invece è proprio per questo che mi piaci» dichiara
Richard, stupendomi. «Perché sei rotondetta, intelligente e testarda».
«Questi non sono complimenti» gli facci notare,
mentre le mie guance diventano scarlatte. «Stai forse provando a farmi
arrabbiare?» continuo, imponendomi di non emozionarmi per le sue parole.
«No, Chris» mi risponde con decisione, tornando
subito dopo tremendamente serio. «Sei tu che mi fai arrabbiare, perché mi stai
rifiutando soltanto per il mio conto in banca e per il mio successo» mi
provoca, non lasciandomi comunque il tempo di ribattere. «Questi dovrebbero
essere i motivi per cui mi vuoi, non quelli per i quali mi tieni lontano».
«Io non ti vorrò mai per i soldi o per la fama» lo
informo, oltraggiandomi.
«Allora per quale motivo mi rifiuti?» mi chiede,
provando a strapparmi una replica sensata o almeno una ragione comprensibile
per il mio rifiuto categorico. «Mi trovi brutto?» si interessa allora,
indicando il suo aspetto.
«No» borbotto, pensando che è anche fin troppo
attraente.
«Sono antipatico?» continua, passando al suo
carattere.
«A volte» ammetto, facendolo meravigliare.
«Dovevi rispondere no» mi corregge infatti,
fingendosi offeso. Io trattengo una risata, ma l’intensità del suo sguardo mi
fa di nuovo ammutolire. «Forza, Christine, accetta» mormora successivamente
Richard, facendo un altro passo avanti e sfiorandomi una guancia con le dita.
Mi tocca con delicatezza, spaventandosi forse di potermi spaventare e
infrangere la mia immobilità. «So che lo desideri» dichiara con sicurezza,
percependo forse le vibrazioni del mio corpo. «Io sono qui, davanti a te. Devi
solo allungare una mano e prendermi».
Già, devo solo
allungare una mano.
Allora, mentre mi lascio stregare dal suo tocco e
mi perdo nei suoi occhi grigi, cedo. Mi lascio catturare dal Principe Azzurro,
diventando l’ennesima donzella incapace di opporsi al suo destino. Ma alla fine
ho capito cosa accade a tutte le fanciulle smielate dei romanzetti e delle
favole. Ho capito perché si arrendono, perché non si ribellano e vanno incontro
al loro futuro incerto con un sorriso sereno stampato sul volto. La verità è
che iniziano ad innamorarsi e tutti i dubbi, le paure, le incertezze… semplicemente
scompaiono.
Oggetto:Sono una
pessima amica di penna (o meglio, di e-mail)
Ciao, Richie, è da
qualche giorno che non ci sentiamo. Soprattutto per colpa mia. Ti chiedo
davvero scusa, ma sono stata molto impegnata. Sai, il lavoro ultimamente è
diventato più… complicato.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Non
preoccuparti
Stai tranquilla,
Choco, anche io sono stato molto occupato ultimamente. Alcuni affari hanno
richiesto la mia completa attenzione. Tu, invece? Perché sembri così abbattuta?
Va tutto bene con Mr Billionaire?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Vuoi la
verità?
Beh, sinceramente
non lo so.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Non capisco
cosa intendi
Per caso ti ha di
nuovo infastidita? Oppure è arrivato davvero a farti qualche proposta
indecente?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Magari…
Mi ha chiesto un
appuntamento.
Mi mordo con forza il labbro inferiore e aspetto
con ansia la risposta di Richie, anche se comprendo di averlo appena messo in
una situazione difficile e non sarà così semplice per lui metabolizzare le mie
parole. In effetti ho appena ammesso di essere corteggiata da un altro uomo – un uomo reale, che può vedermi e toccarmi
quando vuole senza barriere o schermi a dividerci – perciò sono
assolutamente sicura di averlo spiazzato. Certo, tra di noi per adesso si è
instaurato soltanto un forte legame di amicizia. Ma entrambi quando abbiamo
cominciato questa corrispondenza sapevamo di volere un altro tipo di rapporto,
quindi messaggio dopo messaggio stavamo cercando di capire se poteva nascere
davvero qualcosa oltre ad una bellissima sintonia. Ci aspettavamo di fare dei
passi avanti, arrivando ad un punto ben preciso. Perciò sapere che adesso c’è
un’altra persona pronta ad ostacolare la nostra conoscenza non deve essere
facile per lui, così come la frustrazione di non potermi guardare negli occhi e
capire veramente quello che penso. Quello che provo.
Non immagino nemmeno come possa sentirsi in questo
momento. Sarà geloso? Infastidito? Starà provando rabbia? Oppure sarà
indifferente, perché non gli interessa nulla di questo nuovo sviluppo?
Ragionare in questo modo non mi aiuta e anzi
ottengo solo il risultato di far peggiorare il mio umore, tuttavia non posso
ignorare questa possibilità. Forse Richie stava soltanto aspettando l’occasione
giusta per chiarire la nostra relazione e spiegarmi il suo punto di vista, ma
gli dispiaceva dover interrompere così bruscamente le mie fantasticherie e i
miei progetti. O al contrario stava semplicemente cercando il coraggio per fare
un ulteriore passo in avanti e dare una svolta al nostro rapporto, confessandomi
le sue emozioni e le sue aspettative future.
Comunque a breve avrei ottenuto una risposta,
perché con i prossimi messaggi avrei ricevuto un suo rifiuto o al contrario una
conferma dei suoi sentimenti nei miei confronti.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:E tu?
Hai accettato?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Ci ho pensato
molto e…
Sì
Mi limito a scrivere, fissando lo schermo del mio
cellulare con una certa apprensione. Dopo il mio ultimo incontro con Richard ho
capito che ignorare la nostra attrazione, nonché i suoi continui tentativi di
convincermi a cedere al suo corteggiamento, sarebbe stato controproduttivo per
la nostra stabilità lavorativa. Sfuggire all’intensità del suo sguardo e non
pensare alle sue parole sarebbe stato sempre più difficile, quindi la decisione
di accettare quell’appuntamento con Mr Reyes era stata quasi inevitabile. Se le
cose fossero andate male saremmo semplicemente andati avanti, con il passare
del tempo ci saremmo dimenticati del nostro disastroso incontro e avremmo
ripreso a lavorare con la stessa serenità di prima. Certo, all’inizio
l’atmosfera tra di noi sarebbe stata ovviamente carica di imbarazzo. Ciò
nonostante contavo sul fatto che fossimo entrambi abbastanza maturi e
soprattutto assolutamente capaci di accettare una situazione scomoda, pertanto
giorno dopo giorno tutto sarebbe tornato alla normalità. Ci saremmo concentrati
di nuovo sui suoi affari e io gli avrei confermato le mie incredibili doti di
consulente finanziaria, proponendogli investimenti allettanti e idee oltremodo
innovative per non fargli dubitare della sua decisione di restare come mio
cliente.
Se devo essere sincera ero più spaventata dalla
concreta possibilità che le cose fra me e Richard potessero andare bene,
alimentando le sue aspettative. In effetti, se mi fossi trovata a mio agio con
Richard e se mi fosse davvero piaciuto stare in sua compagnia aldilà del
lavoro, tutto si sarebbe inevitabilmente complicato. Come ci saremmo comportati
se questo appuntamento avesse confermato i nostri reciproci sentimenti? Cosa
avremmo dovuto aspettarci dopo aver appurato il nostro reciproco interesse? In
teoria, una volta stabilita la nostra ipotetica complicità, la scelta più
sensata sarebbe stata quella di iniziare una relazione. O almeno, una
conoscenza più approfondita. Ma quali sarebbero state le conseguenze per la
nostra collaborazione lavorativa? Avrei potuto continuare ad occuparmi dei suoi
affari o avrei dovuto rinunciare ad essere la sua promoter?
Avevo troppi dubbi e poche sicurezze, tuttavia
questo non mi aveva impedito al momento opportuno di rispondere positivamente
alla proposta di Mr Reyes. Mi era stato impossibile rifiutare e allora mi sono
concessa questa occasione, questo attimo di debolezza. Solo uno.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Per caso
vuoi la mia benedizione?
Qual è il problema,
Choco? Ti senti in colpa nei miei confronti?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Non essere
arrabbiato
Non voglio che ci
siano tensioni tra di noi. Le tue parole mi hanno aiutata a capire meglio me
stessa, oltretutto mi hai ascoltato quando ne avevo più bisogno e mi hai sempre
incoraggiata. Senza giudicarmi, senza importi. Perciò credimi, Richie, tengo davvero
molto a te.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Lo so
Ma soltanto come
amico, vero? È questo che stai cercando di dirmi?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto:Voglio
essere sincera
Non so esattamente
quello che provo. In questo momento mi sento confusa e terrorizzata. Sono
sicura di volerti nella mia vita, però allo stesso tempo desidero conoscere
meglio Mr Billionaire. Capire dove può portarci questo nuovo sviluppo, fino a
che punto possiamo arrivare. Non posso lasciarmi sfuggire questa occasione.
Sarebbe ingiusto, capisci?
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Capisco
Io voglio solo che
tu sia felice.
La sua dolcezza mi rende più insicura del previsto
e mi fa perfino commuovere, in effetti sento la gola serrarsi e i miei occhi
inumidirsi. Mi ritrovo allora a trattenere un singhiozzo, perché in questo
preciso istante sono già abbastanza provata senza dover affrontare anche una
crisi di pianto.
Sinceramente, quando ho trovato il coraggio per
scrivergli, non sapevo cosa volessi ottenere di preciso. Cosa mi aspettassi da
questo confronto. La sua approvazione? La sua benedizione? Tuttavia comprendere
quanto Richie tenga davvero a me non fa altro che rendere più difficile questa
situazione, considerato che io sto valutando l’idea di stare con un altro uomo
e lui invece sta soltanto pensando alla mia felicità. Mi sta lasciando libera
di scegliere, senza farmi sentire in colpa o in difetto nei suoi confronti.
Eppure sono lo stesso triste, abbattuta e demoralizzata.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Potrebbe
essere tutto diverso
Se potessimo
incontrarci, anche solo per qualche minuto, forse io…
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:È meglio
così, Choco
Non è ancora il
momento.
Mi soffermo a leggere il suo ultimo messaggio con
amarezza, domandandomi con una certa apprensione i motivi del suo rifiuto.
Forse si è già arreso? Oppure ha paura di condizionarmi? O ancora la
prospettiva di vederci, senza magari poter cambiare le cose, per lui fa troppo
male?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Promettimi
che non scomparirai
Non voglio perderti.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Non
succederà
Sono più vicino di
quello che credi.
La sua frase criptica mi turba, ma non ho il tempo
di chiedergli delle delucidazioni in merito perché Richie mi saluta con un
ultimo messaggio altrettanto enigmatico.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto:Ciao, Choco
A presto.
Resto così scioccata dal saluto del mio misterioso
corteggiatore che non riesco nemmeno a trovare le parole giuste per congedarlo,
piuttosto resto a fissare lo schermo del mio computer per interminabili minuti
e in maniera alquanto imbambolata. Cosa avrà voluto dire Richie con la sua
ultima e-mail? Dovrei forse spaventarmi? Sta finalmente mostrando il vero se
stesso e confessandomi in modo non molto velato di essere uno stalker? In
realtà durante questo mese di conoscenza mi è sembrato un uomo perfettamente
normale, ma al momento non ne sono poi così sicura. Certo, fino ad ora non mi
ha dato alcun segno di essere un potenziale squilibrato e sicuramente sto
voltando troppo con la fantasia. Si vede che tutta questa situazione,
cominciata l’istante in cui ho accettato di uscire con Mr Reyes e conclusasi
con il confronto telematico che ho appena avuto con RichieRich, mi ha scombussolata più del previsto. Adesso quindi mi
sto impressionando per nulla e posso considerare la mia paura assolutamente
infondata, considerato che l’intento di Richie era quello di mostrarsi come al
solito gentile e premuroso. Scuoto dunque il capo con disapprovazione e subito
dopo mi rimprovero per l’assurdità dei miei ragionamenti, emettendo l’ennesimo
sospiro arrendevole.
Forse la mia tensione deriva davvero da un misto di
senso di colpa e rimorsi, però ormai non posso più tirarmi indietro e devo
prendermi la responsabilità delle mie scelte. Voglio esplorare questo possibile
rapporto con Richard, senza precludermi niente e smettendo di essere una
vigliacca. Non devo pensare alle possibili conseguenze disastrose, ma solo alla
mia felicità. È per questo che con rinnovata determinazione mi decido a
chiudere definitivamente il mio computer, guardando per l’ultima volta i messaggi
del mio corteggiatore virtuale e imponendomi di andare avanti senza ulteriore
incertezza.
È arrivato il momento di vivere davvero e non
nascondermi più dietro uno schermo, per paura di non essere accettata e di
essere considerata imperfetta. Io sono questa e per chissà quale motivo Mr
Reyes mi vuole, perciò adesso tocca a me fare un passo nella sua direzione e
non perdere la possibilità di costruire qualcosa con lui. O almeno anche solo
di provarci, a prescindere da cosa accadrà in seguito.
Per questo, se voglio dedicare seriamente tutte le
mie energie e la mia attenzione al mio imminente appuntamento con Richard, devo
mettere da parte la mia corrispondenza con RichieRich.
È giusto così.
I giorni successivi trascorrono con estrema
lentezza, ma per fortuna sono troppo concentrata sul lavoro per pensare ad
altro o lasciarmi prendere dal panico a causa della mia patologica insicurezza.
Nell’ultimo periodo in effetti mi sto lasciando spesso condizionare dalla mia
mancanza di audacia, ma fino ad ora non mi era mai capitato di attirare
l’interesse di un multimilionario e ricevere addirittura un suo invito a cena.
Per me è tutto nuovo e quasi irreale, pertanto la mia incertezza mi sembra del
tutto giustificata. Ad ogni modo anche Mr Reyes attualmente ha preferito
mantenere le distanze, forse perché ha intuito il mio stato d’animo e la mia
instabilità generale o forse perché è a sua volta seriamente impegnato con il
suo Consiglio di amministrazione, quindi per il resto della settimana mi limito
ad occuparmi dei miei clienti abituali. Assisto dunque Mrs McQueen nella sua
decisione di investire una consistente somma del suo capitale in una nuova
linea di cosmetici biologici, rasserenandomi all’idea che abbia abbandonato
definitivamente l’iniziativa di impiegare i suoi soldi per sponsorizzare una
pasticceria erotica. Quando non sono occupata con i miei affiliati mi ritrovo
invece a presenziare alle riunioni organizzate da Mr Micols oppure esamino con
i miei colleghi gli ultimi aggiornamenti riguardanti l’andamento della borsa,
confrontando le nostre opinioni e valutando le prossime mosse da adottare in
ambito finanziario.
La fatidica sera del mio appuntamento con Richard
arriva perciò in maniera quasi improvvisa, lasciandomi stupefatta e cogliendomi
alquanto impreparata. In fin dei conti i miei numerosi impegni in questi giorni
hanno occupato gran parte del mio tempo e di conseguenza mi hanno permesso
inconsapevolmente di distrarmi, ma appena arriva venerdì la consapevolezza di
dover uscire con Mr Reyes inizia a pesare sulle mie spalle come un macigno.
Pertanto, quando torno a casa dopo un’estenuante mattinata in ufficio, decido
di non perdere altri minuti preziosi e inizio a prepararmi per il mio imminente
incontro con Richard. In realtà sono solo le cinque e mezza del pomeriggio,
però sono consapevole che ci vorranno almeno alcune ore per presentarmi al
meglio e considerarmi davvero soddisfatta di me stessa.
Mi dirigo allora in bagno, aprendo con immediatezza
il getto della doccia e infilandomi subito dopo sotto l’acqua bollente.
Insapono la mia spugna e comincio a passarmi il bagnoschiuma al cocco su tutto
il corpo, impiegando poi una decina di minuti per rasarmi in modo accurato le
gambe e renderle perfettamente lisce. In seguito mi dedico ai capelli, usando
le dita per districare le ciocche annodate e applicando subito dopo il balsamo
alla pesca per rendere ancora più gestibile la mia chioma selvaggia.
Quando finisco di lavarmi mi dedico all’idratazione
della pelle, spalmandomi lungo le braccia e le gambe una corposa crema a base
di olio di mandorle unito a burro di karité. Qualche minuto dopo, mentre sono
ancora unta e indubbiamente profumata, mi avvolgo nell’accappatoio. Ritorno
quindi nella mia camera e apro il mio armadio, rimanendo imbambolata per quale
istante e contemplandone in silenzio il contenuto. Incrocio anche le braccia
sotto il seno e poi mi preparo mentalmente a dominare lo stress, che presto
indubbiamente mi assalirà, derivante dall’ardua scelta del mio look. Comincio
allora ad analizzare nel minimo dettaglio il mio guardaroba e a scartare senza
troppi tentennamenti i capi più banali, oppure quelli troppo eccessivi. Elimino
dal mio studio minuzioso anche gli abiti sportivi, i completi destinati
all’ufficio ed ovviamente i miei comodi jeans. Presto mi ritrovo perciò a dover
comparare i pochi vestiti eleganti che possiedo, cancellando subito dalla mia
lista il tubino nero che ho indossato la famosa sera del party di beneficenza
in cui Richard mi ha trascinata con l’inganno – per intenderci quello svoltosi
al Metropolitan Museum of Art – e
l’abito verde bottiglia eccessivamente scollato che ho messo in occasione del
mio ultimo appuntamento romantico con un uomo. In quella particolare occasione
dovevo uscire con Tomas, un figo palestrato che aveva lo stesso quoziente
intellettivo di un pallone da basket bucato, e per evitare di sfigurare in sua
presenza mi sono impegnata per mostrarmi al meglio. Tuttavia lui ha passato
tutta la notte a fissare le mie tette e io mi sono sentita talmente in
imbarazzo, visto che di solito non sono abituata ad ostentare così
sfacciatamente il mio corpo, che ho ignorato tutti i campanelli di allarme
scattati nella mia testa appena Tom ha inizia a parlare. Non voglio ripetere
quella terribile esperienza e ritrovarmi a gestire le sue altrettanto
spiacevoli conseguenze, quindi alla fine per esclusione mi ritrovo ad optare
per il vestito rosso con lo scollo quadrato che fascia le mie curve in modo
seducente e mi arriva fino al ginocchio. Con questo abito mi sento a mio agio,
sensuale e per nulla volgare. Il mio seno è ben coperto, la mia pancia
rotondetta è adeguatamente contenuta, le mie gambe sono messe in evidenza senza
tuttavia esagerare e i miei fianchi abbondanti sono strategicamente nascosti
dalla stoffa. Grazie a questo capo mi sento raffinata ed elegante, ma anche
affascinante e sexy. Per completare il mio look abbino comunque al vestito un
paio di scarpe dorate con un tacco modesto, una borsetta della stessa tonalità
e un capotto nero. In seguito recupero dal mio portagioie degli orecchini bordeaux,
una lunga collana d’oro e un bracciale a polsiera.
Quando il mio abbigliamento mi soddisfa passo ad
arricciarmi i capelli, utilizzando una spazzola specifica per trasformare le
mie ciocche orrendamente crespe in boccoli ben definiti, ed infine mi trucco in
maniera abbastanza naturale. Questa volta oso un po’ con gli occhi, cercando di
creare sulla palpebra una sfumatura omogenea utilizzando essenzialmente colori
scuri, mentre sulle labbra applico un rossetto neutro. Volumizzo poi le
sopracciglia con il mascara, recupero con il pennello una modesta quantità di
illuminante per vivacizzare le mie gote e completo il tutto con un tocco di
blush per sembrare meno pallida.
Sono esattamente le otto quando concludo la mia
preparazione, perciò mi dirigo in salotto e aspetto con pazienza che Richard
passi a prendermi. Questa sera – sebbene sia molto agitata – non occupo
l’attesa ingozzandomi di ciambelle, ma al contrario mi limito a sedermi sul
divano e comincio a tamburellare le dita sul mio ginocchio per scaricare il
nervosismo. Quando il campanello del mio appartamento interrompe il silenzio e
l’immobilità generale mi ritrovo inevitabilmente a sussultare, però dopo pochi
secondi mi riprendo e mi affretto a raggiungere la porta. Mi liscio il vestito
e mi sistemo i capelli, per poi decidermi finalmente ad aprire l’uscio. Intanto
mi stampo un finto sorriso sereno sul volto, in modo da non sembrare turbata o
spaventata.
Tuttavia, appena vedo Richard, la mia espressione
si congela. Perché mi destabilizza, incanta e forse mi ha anche un po’
sconvolta. Ma la verità è che il destino non può davvero essere tanto crudele,
spietato e insensibile. Insomma, è ingiusto che un uomo possa essere tanto
magnifico. In effetti Mr Reyes è… assolutamente sensazionale. Indossa un
completo elegante, che quasi sicuramente sarà stato ideato apposta per lui da
un qualche stilista famoso e gli sarà costato di conseguenza centinaia di
dollari, con una semplice cravatta nera ed un’immacolata camicia bianca. I suoi
capelli sono tirati indietro da un filo di gel, in modo da lasciare scoperti i
suoi lineamenti decisi, e nel complesso appare davvero affascinante. Sì,
Richard questa sera è tremendamente bello e attraente. Lascia senza fiato e
sprizza virilità, al punto che lo fisso imbambolata per qualche istante prima
di riprendermi.
I suoi occhi grigi intanto si posano sulla mia
figura e scintillano con malizia, facendomi ovviamente arrossire. Anche lui
perde qualche minuto studiando il mio abbigliamento e considerata la sua
reazione, non posso fare a meno di notare infatti le sue labbra curvarsi in un
sorriso soddisfatto appena il suo sguardo si sofferma sul mio vestito rosso
fuoco, credo di averlo alquanto colpito. Sinceramente sembra più che
compiaciuto quando analizza con attenzione le mie scarpe e il mio abito, ma non
mi fa sentire a disagio. Mi imbarazzo solo quando una punta di eccitazione
prevale sulla sua compostezza e lo fa irrigidire, anche se mi sento lusingata
al pensiero di avere un effetto del genere su di lui. Di non essere la sola a
sentirsi così instabile, emozionata e trepidante.
«Buonasera, Christine» mi saluta successivamente,
fissandomi sempre con maggiore intensità e facendo formicolare la mia pelle.
«Sei pronta?» mi domanda subito dopo, schiarendosi la voce e provando a
controllare la sua evidente esaltazione.
«Sì, possiamo andare» gli confermo, recuperando le
chiavi di casa e seguendolo poi dentro l’ascensore.
Scendiamo fino al piano terra e in seguito mi guida
all’esterno, appoggiando una mano alla base della mia schiena e lasciandomi
percepire così il suo calore. La sua tenera e rassicurante vicinanza, nonché il
suo profumo delicato ed inebriante.
Maledizione, non
siamo nemmeno all’inizio del nostro appuntamento ed io vorrei già baciarlo!
Sono un caso disperato, ma devo cercare trattenermi e fare di tutto per non
commettere qualche pazzia. Forza, Chris, puoi farcela!
Mi riscuoto dai miei ragionamenti quando ci
avviciniamo alla macchina di Richard, un nuovo modello di Aston Martin con la
carrozzeria grigia metallizzata, e lui mi apre con galanteria lo sportello del
sedile anteriore per farmi accomodare all’interno dell’abitacolo. Anche questa
sera siamo soli, in effetti noto con immediatezza l’assenza di autisti
personali disposti a scortarci in giro per la città e di bodyguard
iperprotettivi incollati al nostro fianco. Ma questo dettaglio, invece che
inquietarmi, mi tranquillizza. Devo ammettere infatti che preferisco godermi
solo la compagnia di Mr Reyes, senza preoccuparmi di guardie del corpo
assillanti e conducenti impiccioni. In questo modo oltretutto io e Richard
possiamo concentrarci al cento per cento sulla nostra serata, evitando di
preoccuparci per delle persone quasi del tutto sconosciute pronte ad ascoltare
inavvertitamente le nostre conversazioni e ad interrompere in ogni momento la
nostra intimità.
È importante per me avere la giusta atmosfera e non
sentirmi in imbarazzo, altrimenti rischio di chiudermi a riccio e restare per
tutto il tempo in silenzio. Di sicuro questi non sono i presupposti per
iniziare un appuntamento. Tuttavia, sebbene i dipendenti di Richard siano
sempre discreti e invisibili, sono consapevole che io li avrei notati lo stesso
e di conseguenza mi sarei sentita davvero a disagio. Sono contenta dunque che
questa notte siano rimasti al loro quartier generale, anche perché così posso pensare
che questo sia un appuntamento normale con un uomo perfettamente comune.
«Ho prenotato un tavolo in un ristorante italiano»
mi comunica il mio accompagnatore, sedendosi al posto di giuda ed accendendo il
motore. «Spero ti piaccia» continua, ingranando la marcia e decidendosi a
partire.
«Va più che bene» lo rassicuro, annuendo con
convinzione.
«Come è andata la tua giornata?» mi chiede in
seguito, tentando di coinvolgermi in una discussione leggera per smorzare
probabilmente la nostra reciproca insicurezza.
«Alla grande» ammetto, sorridendo con
soddisfazione. «Sono uscita vincitrice da un confronto con il mio capo ed ho
ottenuto l’ammirazione di tutto l’ufficio».
«Addirittura» si stupisce lui, stando al gioco. «E
qual era l’argomento della disputa?» si interessa subito dopo, apparendo
davvero curioso.
«Il prezzo del double-smoked bacon, cheddar & egg
sandwich di Starbucks»
confesso, sentendo le mie guance surriscaldarsi. «Quando si tratta di
cibo sono molto determinata e inoltre mi reputo particolarmente competente,
quindi era impossibile per me sbagliare» proseguo, cercando di mantenermi più
seria possibile.
Mr Micols insisteva che il panino – condito con un
soffice tortino all’uovo, sormontato a sua volta da una fetta fusa di formaggio
cheddar piccante e pancetta affumicata – costasse più di sei dollari. Io
invece, essendo una grande esperta di pietanze ipercaloriche e soprattutto
un’assidua frequentatrice di Starbucks, so perfettamente che il suddetto
sandwich viene venduto in caffetteria alla modica cifra di quattro dollari e
quarantacinque centesimi. Per me è stato un dovere quindi correggere Peter e metterlo
al corrente della verità, perciò senza alcuna esitazione sono intervenuta nella
discussione che il mio capo stava avendo con la sua segretaria e ho lasciato
prevalere la mia correttezza. Sì, il mio profondo senso di giustizia che ho
mostrato insieme ad un certo orgoglio personale e ad una professionalità
invidiabile.
Richard appare molto divertito dalla mia
confessione e non riesce a trattenersi dal ridere, causando un maggiore rossore
sulle mie gote.
«Pensavo fossi soltanto un’esperta di dolci» mi
prende in giro, ricordando la mia predilezione per il cioccolato e per le
ciambelle.
«Il mio rapporto con i dolci è indubbiamente più
profondo, ma non per questo discrimino il salato» lo correggo con prontezza,
aumentando la sua ilarità.
«È piacevole uscire con una donna che non ha paura
del cibo» dichiara Richard, fermandosi ad un semaforo e girandosi un attimo
nella mia direzione per osservarmi.
«Con me puoi stare tranquillo» lo rassicuro,
rivolgendoli a mia volta un sorriso sincero. «Non mi comporterò mai come quelle
finte salutiste che ordinano insalata per cena e si preoccupano della dieta,
finendo poi per alternare periodi di fame cronica a digiuni ferrei» aggiungo,
storcendo le labbra in una smorfia infastidita. «Io adoro davvero mangiare»
affermo con fierezza, sebbene probabilmente lui se ne sia già accorto. È alquanto evidente, mi verrebbe anche
da aggiungere. Però rimango in silenzio, perché non voglio fargli notare di
nuovo le mie forme fin troppo generose ed eccessive. Certo, questa sera mi
sento una bomba. Una Jessica Rabbit in versione nettamente più discreta.
Tuttavia è inutile fingere che il mio sedere non sia grosso e i miei fianchi
non siano voluminosi, mi sembrerebbe ingiusto sia nei miei stessi confronti che
in quelli di Richard.
Io non considero il mio corpo un problema e non mi
sento in difetto quando mangio come una persona con un appetito normale, o
forse leggermente aumentato, ma non posso ignorare la possibilità che Mr Reyes
possa avere un parere diverso dal mio.
«Amare la buona cucina per me è assolutamente un
pregio» risponde il diretto interessato, meravigliandomi in positivo. «Non vedo
perché dovremmo rinunciare al piacere di gustarci piatti unici sensazionali
solo per dare l’impressione di essere persone moderate, che magari tengono alla
forma fisica e poi in realtà non si alzano nemmeno dal divano per recuperare il
telecomando».
«Esatto» concordo, ridacchiando.
«Bene» continua Richard, rilassandosi. «Allora mi
aspetto che questa sera tu prenda tutto quello che desideri, Christine» mi
invita, pronunciando il mio nome con dolcezza.
Io annuisco con un segno del capo e in seguito mi
concentro sulla strada, rendendomi conto che siamo arrivati a destinazione.
Il ristorante la Bella Italia è situato nella zona centrale di Manhattan,
precisamente all’incrocio tra la 5th
Avenue e la West 59th Street. Il
palazzo che ospita il locale è collocato comunque vicino allo storico hotel di
lusso The Plaza e, considerata la sua
posizione, offre una magnifica vista su di Central Park.
All’interno il locale è arredato in modo semplice,
ma appare ugualmente elegante e sofisticato. Appena varchiamo l’ingresso il mio
interesse viene calamitato subito dalle fotografie in bianco e nero dei
principali monumenti italiani (la Torre di Pisa, il Colosseo, la Fontana di
Trevi, il Duomo di Milano, il Canal Grande di Venezia con il Ponte di Rialto),
ma resto colpita anche dall’atmosfera intima che si respira nella sala. Tutto è
molto ordinato, però alcuni particolari saltano subito all’evidenza. Forse
perché creano un contrasto interessante tra l’aspetto familiare del locale e il
suo lato più esclusivo.
Nel complesso mi piace la luce soffusa emanata
dalle lampade a muro e il profumo degli aromi – come quello del basilico, del
rosmarino, dello zafferano – che impregna l’aria, generando un mix piacevole
all’olfatto. Il ristorante comunque non è grande, infatti conterà al massimo
una decina di coperti, e capisco con immediatezza che è frequentato soprattutto
dai membri dell’alta società. In effetti mi sembra di riconoscere tra i vari
clienti un attore hollywoodiano, una presentatrice televisiva e un pianista altrettanto
famoso. In pratica la Bella Italia è
un posto accogliente e appartato, ideale per appuntamenti romantici che non
prevedono l’intromissione di paparazzi e giornalisti di gossip.
Nel momento in cui entriamo nel locale veniamo
accolti da un giovane cameriere, che ci accompagna senza indugio al nostro
posto e successivamente si affretta a porgerci il menu. Io tuttavia, mentre lui
elenca le varie pietanze ideate personalmente dallo chef, mi soffermo a
studiare la tovaglia bianca e la piantina di basilico che decora il tavolo.
«Torno tra una decina di minuti» ci informa il
ragazzo, svegliandomi dalla mia contemplazione. Noto che ritira anche la carta
dei vini, perché probabilmente Richard ne ha già ordinata una bottiglia. Però,
a causa della distrazione, non me ne sono accorta.
«È molto bello qui» sussurro, continuando a
guardarmi intorno con sincero stupore.
«Me l’ha consigliato mio fratello» ammette il mio
accompagnatore, sfogliando distrattamente i fogli su cui sono descritti i
piatti. «È un amico del proprietario» prosegue, spiegandomi la situazione.
«Hai un fratello?» gli domando, cercando di
raccogliere qualche altra informazione sulla sua famiglia.
«Sì» dichiara con tranquillità, bloccandosi un
attimo quando il cameriere si ferma a riempire i nostri bicchieri con il vino
rosso che ha scelto in precedenza. «Si chiama Robert ed è più piccolo di me, in
effetti abbiamo circa quattro anni di differenza» riprende, spiegandomi subito
dopo che hanno preso strade diverse dal punto di vista lavorativo e lui fa
l’architetto nello studio fondato da suo padre. «Tu invece?» mi chiede,
mostrando a sua volta interesse per la mia vita.
«Sono figlia unica» confermo, sospirando.
«E i tuoi genitori? Cosa mi racconti di loro?»
prosegue, degustando la sua bevanda.
«Mia madre è la classica casalinga americana che
potrebbe essere benissimo scambiata per una delle protagoniste di Desperate Housewives, anche se le sue
avventure sono ovviamente meno entusiasmanti se paragonate a quelle della
serie» ammetto con esitazione, pensando che in fondo l’unico svago di Samantha
consiste nel trovarmi un marito decente. Di certo lei non ha alcun interesse
nel risolvere casi scottanti, nel trovare l’ipotetico colpevole di un macabro
delitto e nell’occuparsi di eccitanti drammi familiari. No, a mia madre basta
intromettersi nella mia esistenza per sentirsi appagata. «Mio padre invece è un
professore di economia» sintetizzo, cercando di non farmi prendere dal
nervosismo e di non iniziare a sproloquiare come mio solito.
«È da lui che hai ereditato la tua passione per i
numeri?» deduce Richard, ipotizzando che l’influenza di Henry sia stata
fondamentale sia per il percorso accademico che per la mia futura scelta
professionale.
«Sì» gli confermo, lasciandomi scappare un sorriso
nostalgico. «Quando ero piccola passavo interi pomeriggio nel suo studio,
sfogliando libri che erano quasi più grandi di me e restando affascinata da
tutte quelle formule quasi incomprensibili» gli racconto, ripensando a quei
momenti.
Henry era orgoglioso del mio interesse, mentre mia
madre cercava in tutti i modi di farmi uscire da quella camera e cercava con
insistenza di coinvolgermi nelle sue assurde attività. Odiavo quei momenti,
perché io volevo solo decifrare quei numeri in apparenza senza senso e invece
lei mi costringeva a prendere parte alle sue messinscene. Ho fatto talmente
tante merende con tè e tramezzini, per imitare le sofisticate maniere inglesi,
che non mi stupirei se prima o poi venissi chiamata dalla Twinings come testimonial.
Il nostro dialogo viene comunque interrotto dal
cameriere, che si avvicina di nuovo al nostro tavolo per chiederci se abbiamo
scelto cosa ordinare per la nostra cena.
Richard allora sceglie per antipasto un piatto
composto da cuori di carciofi ripieni con crema di formaggio, sormontati da
fettine di bresaola piegate a fiore e decorati con scaglie di grana. Poi sfoglia
ancora il menu e decide di prendere come portata principale un fagottino di
pasta fresca al salmone, toma piemontese e radicchio su crema di porri. Io
invece opto per una vellutata di zucchine con vongole veraci, accompagnata da
crostini all’aglio tostati. Poi prendo il petto d'anatra in crosta
al papavero, accompagnato da una salsa all’arancia e guarnito con una
spolverata di erba cipollina.
«Immagino quindi che eri una piccola secchiona a
scuola» riprende Richard, riferendosi alla mia passione per la matematica e
toccando tuttavia un tasto dolente.
«Una piccola, grassa e sfigata secchiona» preciso
con finta leggerezza, sebbene la mia amarezza risulti alquanto evidente.
«Se ti può consolare io ero un adolescente
mingherlino e brufoloso» ammette con un certo divertimento, scrollando le
spalle con noncuranza.
«Non ci credo» dichiaro, fissandolo con genuina
meraviglia.
«Pensavi che fossi un ragazzino popolare e forse
anche un po’ spocchioso?» mi domanda con curiosità, notando la mia espressione
scioccata. «Magari il capitano della squadra di football, che in mensa sedeva
con il suo gruppetto esclusivo ed era circondato sempre dalle cheerleader?»
continua, descrivendomi una delle classiche scene degne del liceo. «Beh, mi
dispiace deluderti, ma all’epoca ero solo un bambinetto interessato ai
videogiochi e allo studio».
«Ma…» comincio, sentendomi insicura e ancora
sconvolta. «Come può essere?» borbotto, non accettando la realtà dei fatti.
«Sei davvero tanto sorpresa, Christine?» mi chiede,
ridendo con sincero piacere.
«Sì» mormoro, imbarazzandomi. «Perché adesso sei
così sicuro di te che mi sembra assurdo immaginarti nei panni di un adolescente
bruttino, asociale e nerd» ammetto, spiegandogli le ragioni della mia
perplessità.
«Sono semplicemente cresciuto» mi fa notare,
indicandosi. «È successo anche a te, in effetti ora sei una donna determinata e
bellissima» prosegue, riprendendo a guardarmi.
«Tu mi trovi davvero bella?» mi interesso,
sussurrando il mio interrogativo.
«Sì, Chris» afferma con decisione, senza esitare.
«Non te l’hanno mai detto?» mi interpella in seguito, apparendo confuso. «Ogni
volta che ti osservo mi lasci senza fiato» confessa, non provando la minima
vergogna a manifestare apertamente i suoi sentimenti. «Forse è merito dei tuoi
occhi, che sono così limpidi e luminosi da farmi quasi credere di poter vedere
la tua anima» prosegue, facendomi arrossire.
«N-non…» balbetto, mentre le mie guance diventano
roventi. «Non dovresti dedicarmi certe parole» dichiaro, sentendomi molto
instabile e percependo la mia voce tremare. «Io potrei…» riprendo, bloccandomi
un’altra volta.
«Cosa?» si accerta lui, invitandomi a continuare.
«Illudermi che le pensi davvero» ammetto,
abbassando il capo e sfuggendo al suo sguardo.
«Christine» mi richiama, cercando di attirare la
mia attenzione. «Se me ne darai la possibilità, impegnerò ogni momento in cui
staremo insieme per farti capire quanto sei speciale».
Il resto della serata trascorre con incredibile
semplicità, senza altre dichiarazioni emozionanti e destabilizzanti. Consumiamo
la nostra cena chiacchierando di argomenti più leggeri, raccontandoci vecchi
aneddoti riguardanti la nostra infanzia e discutendo delle ultime novità.
È circa mezzanotte quando Richard mi riaccompagna a
casa, facendomi quasi sentire una Cenerentola moderna, ma non si limita solo a
darmi un passaggio. In effetti, appena arriviamo sotto al mio palazzo, scende
velocemente dall’auto per poi venire ad aprire con galanteria il mio sportello
e subito dopo mi scorta addirittura fino al portone. Durante tutto il viaggio
in macchina ha tenuto una mano sulla mia coscia e invece adesso, lungo il breve
tragitto che stiamo percorrendo per raggiungere l’ingresso del mio condominio,
mi sta circondando con possessività la vita. Mi sento comunque a mio agio in
questo momento, considerata l’intimità che si è creata tra di noi grazie alle
nostre reciproche confidenze, e la sua vicinanza mi fa indubbiamente piacere.
Però allo stesso tempo sono un po’ in ansia, perché non so cosa si aspetta.
Vuole salire a casa? Vuole solo fare il gentiluomo e accompagnarmi fino alla
porta? Vuole il bacio della buonanotte? O forse qualcosa di più?
«È stata una bella serata» dichiaro, varcando
l’ingresso del mio palazzo ed entrando successivamente nell’ascensore. Richard
annuisce e mi segue, tenendo le sue dita ancorate al mio fianco. «Non pensavo
potessi essere così…» comincio, tentando di trovare poi la giusta conclusione
per la mia frase.
«Perfetto?» prova a suggerirmi lui, sorridendo con
malizia.
«Normale» lo correggo, sbuffando.
«Parti sempre prevenuta quando si tratta di me» mi
rimprovera, accennando non tanto velatamente alle altre occasioni in cui ho
giudicato i suoi atteggiamenti con troppa superficialità.«Mi sento un po’ offeso» dice, usando un tono
melodrammatico. «Inoltre non capisco davvero quale possa essere la ragione»
conclude, tentando di trovare una giustificazione alla mia mancanza di fiducia.
«È colpa tua» lo informo allora, iniziando in
seguito a cercare nella borsa le chiavi del mio appartamento. «D’altronde è da
quando ci siamo conosciuti che ti comporti come un multimiliardario megalomane
e viziato, con ovvie manie di grandezza e di protagonismo».
«Fa parte del mio fascino, Christine» commenta
Richard con ironia, inducendomi a scuotere il capo con esasperazione.
«Certo» lo assecondo, varcando le porte metalliche
per fermarmi alla fine sul pianerottolo adiacente alla mia abitazione.
Cosa dovrei fare adesso? Invitarlo dentro per un
caffè? E se lui fraintendesse le mie intenzioni? Se le scambiasse per un invito
a portarmi a letto? Ma poi mi dispiacerebbe davvero così tanto rotolarmi tra le
lenzuola con Richard? Non penso sarebbe un sacrificio, però mi sembra troppo
presto. Questo è stato il nostro primo appuntamento e anche se ormai ci
conosciamo da mesi non mi sembra giusto affrettare i tempi, sebbene per lui
provi un’attrazione forte e profonda.
Maledizione, perché tutto deve essere sempre così
complicato? Perché non esiste un manuale di istruzioni per poter gestire
circostanze del genere o almeno per potersi preparare adeguatamente ad
affrontarle? Ho già collezionato abbastanza figuracce nel corso della nostra
conoscenza e vorrei evitare di sbagliare ancora, mandandogli magari segnali
sbagliati o creando fraintendimenti.
All’improvviso mi torna in mente il film Hitch, in cui Will Smith interpreta il
ruolo di un consulente per gli uomini imbranati che vogliono conquistare le
ragazze di cui sono invaghiti. In una scena il protagonista spiegava al suo
ultimo cliente, il simpatico ed impacciato Albert, quali erano i segnali da
captare in una donna prima di baciarla. Elencava pertanto una serie di
comportamenti inequivocabili che era suo compito notare, mettendo l’accento
soprattutto sul giocherellare della sua accompagnatrice con le chiavi di casa.
Quindi è vero che non mi sento ancora pronta per fare l’amore con Richard,
tuttavia non mi sembra poi così sbagliata l’idea di scambiarci un bacio. Uno
solo, giusto per capire se la nostra sintonia è reale e metterla alla prova.
Allora lascio tintinnare il mio portachiavi a forma di piccola ciambella,
regalatomi da Maggie il giorno del mio trentesimo compleanno, e fisso Mr Reyes
con intensità.
«Io…» comincio, arrossendo leggermente e facendo
successivamente un passo nella sua direzione. Mantengo il capo basso e mi
concentro sui risvolti della sua giacca, prendendo un respiro profondo e
preparandomi di nuovo a parlare. «Grazie per tutto, sono stata davvero molto
bene con te» sussurro, manifestandogli i miei sentimenti.
«Anche io» ammette Richard, accarezzando con
tenerezza la mia guancia e usando una leggera pressione per indurmi a
guardarlo. «Penso proprio di essermi guadagnato un altro appuntamento» dichiara
con eccessiva sicurezza in se stesso, apparendo anche abbastanza spavaldo.
«Se ne sei così sicuro» lo assecondo, facendolo
ridere.
«Ti convincerò a cedere» si ripromette, lasciandomi
ammirare i suoi occhi carichi di aspettativa e sembrando esaltato dalla sfida.
«Ma per adesso è meglio darsi la buonanotte» mi augura in seguito in modo
dolce, preparandosi a congedarsi.
«Notte, Richard» replico quindi con fare
chiaramente deluso, aspettando poi di vederlo andare via. Però lui resta fermo
e continua a guardarmi con intensità, dando l’impressione di non volersi
davvero allontanare da me. «Forse dovrei…» inizio, girandomi verso la porta di
casa con l’intento di aprirla e provando in questo modo a sbloccare
l’immobilità generale. Tuttavia non ho nemmeno il tempo di inserire la chiave
nella serratura, perché vengo spinta contro il battente e mi trovo le labbra di
Richard incollate alle mie.
Mi irrigidisco al tocco leggero della sua bocca,
dato che mi ha colta impreparata, ma subito dopo mi sciolgo. Lui all’inizio
sembra quasi tentennare e si limita a sfiorare il contorno delle mie labbra,
diminuendo la sua irruenza e andando tremendamente piano. Questi tocchi
sensuali mi ipnotizzano, inducendomi a rispondergli con una pressione
altrettanto esitante. Richard allora sfrutta la mia reazione, giocando con me e
portandomi alla fine a cedere alla sua lenta provocazione.
Mi mordicchia delicatamente il labbro inferiore,
inviando scariche elettriche lungo tutto il mio corpo, e mi invita a
socchiudere le labbra. Percepisco la punta della sua lingua invadere la mia
bocca, mentre le sue dita si allargano intorno alla nuca. Stringe i miei
capelli e intanto le sue labbra si spostano lungo il lato della gola,
accarezzando un punto sensibile. Inizio ad ansimare, considerato che il suo
tocco vellutato mi fa accapponare la pelle e mi fa tremare le ginocchia. Di
conseguenza mi abbandono contro di lui, appoggiando le mani sul suo petto
solido e iniziando poi a giocherellare con i bottoni della sua giacca elegante.
Richard nel frattempo risale lungo la mia gola,
sfiorando con tenerezza la mia pelle, e quando arriva di nuovo alla mia bocca
mi coinvolge in un altro bacio sconvolgente. Mi lascio scappare allora un
imbarazzante gemito di desiderio, tuttavia non ho il tempo di arrossire o anche
solo di scrutare la sua espressione eccitata perché vengo coinvolta
nell’ennesimo scontro di lingue. Ci divoriamo a vicenda e ad un certo punto gli
avvolgo il collo con le braccia per attirarlo ancora di più contro di me,
invitandolo a baciarmi con maggiore forza e strappandogli così un cupo
borbottio che trasmette semplicemente tutto il suo piacere.
«Christine» mormora alla fine sulle mie labbra,
continuando a sfiorarle con estrema delicatezza.
«Ora…» provo a parlare, schiarendomi la voce e
cercando di riprendermi. «Ora è meglio che entri» proseguo, scostandomi dalla
porta e aggiustandomi i capelli.
«Sì, vai» concorda, ma la sua frase stona con le
sue azioni. Richard infatti mi stringe i fianchi e non mi lascia andare, ma
anzi solleva leggermente il mio vestito e lascia scorrere il tessuto sulle mie
gambe. Stringe poi le mani sul retro delle mie cosce, avvicinandomi al suo
corpo, mentre la sua bocca cerca con rinnovato entusiasmo la mia. Tutto è
bollente e allo stesso tempo morbido. «Vai» ripete in seguito, permettendomi di
riprendere fiato e allentando lievemente la presa.
Io non me lo lascio ripetere due volte ed entro
velocemente nel mio appartamento, frastornata e senza fiato. Mi aggiusto con
dita tremanti l’orlo dell’abito, percependo ancora sulla mia pelle il calore
del suo tocco, e mi porto una mano all’altezza del cuore con l’illusione di
poter calmare con questo semplice gesto il suo battito accelerato. Sono
eccitata, confusa e spaventata dalle violente emozioni che mi hanno
sopraffatta. Io… voglio Richard.
Lascio cadere la mia borsa sul pavimento, ma prima
recupero il mio cellulare. Entro sul sito di WithLove e apro la mia ultima conversazione con RichieRich,
trattenendo un singhiozzo.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Il
prima possibile
Ho bisogno di
vederti.
Digito e mi lascio scivolare contro il battente
della porta, sedendomi a terra e rannicchiandomi su me stessa. Mi sento debole
ed instabile, al punto che anche il mio corpo sta sussultando.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Sembri
strana
Stai bene, Choco? È
successo qualcosa?
Il messaggio di Richie attira la mia attenzione e
sospiro di sollievo quando mi rendo conto che mi ha risposto, perché capisco
che nonostante la sua delusione non vuole lasciarmi sola. Non vuole
abbandonarmi. Sarebbe tutto molto più semplice se potessi incontrarlo, se
potessi conoscerlo di persona e stare con lui. Con un uomo che mi capisce
davvero, che condivide i miei pensieri, che mi fa sentire perfetta. Però anche
con Richard mi sento a mio agio, anche con lui mi sento unica.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Sì
Ho bisogno di
vederti, Richie.
Ribadisco, sentendo le lacrime tracciare un
percorso rettilineo sulle mie guance roventi. Spero che Richard sia tornato
alla sua macchina e non si trovi ancora sul mio pianerottolo, ma non ho il
coraggio di sbirciare dallo spioncino e preferisco restare sul pavimento.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Mi
sto preoccupando
Perché sei così
sconvolta?
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Perché…
Ci siamo baciati.
Ammetto, sfiorando con un polpastrello le mie
labbra tumide e gonfie.
Ci siamo baciatie volevo
andare oltre, se lui non si fosse fermato io non gli avrei impedito di
continuare. Aggiungo mentalmente, però mi impongo di non scriverglielo.
Desidero essere totalmente sincera con Richie, però non voglio farlo soffrire.
Non voglio fargli capire quanto sono volubile, vigliacca e traditrice.
Da:ChocolateDonut
A:RichieRich
Oggetto: Ho
paura
Io… io non voglio
che mi piaccia. Non voglio provare niente per lui.
Da:RichieRich
A:ChocolateDonut
Oggetto: Oh,
piccola
È troppo tardi,
Choco, non lo capisci?
Stringo con forza il telefono e mi impongo di
respirare, mentre leggo le sue parole e comprendo finalmente la verità: mi
piace Richard, mi piace anche più del necessario. Tuttavia sono spaventata,
perché non sono abituata a fare azzardi del genere. Io pondero sempre la
situazione, ragiono con logica, valuto i pro e i contro. Non mi lascio
condizionare dai sentimenti, dal mio cuore o dalla passione. Non esco mai dalla
mia zona di comfort, non lascio mai
il mio porto sicuro. Ma questa volta è diverso, per questo sono terrorizzata.
Perché perdendo Richard potrei perdere tutto: il mio lavoro, la mia sicurezza,
la mia stabilità e il grande amore.
È trascorsa circa una settimana dal mio
appuntamento con Richard e in questi giorni non solo ho evitato il diretto
interessato con tutte le mie forze, ignorando i suoi numerosi messaggi e
sottraendomi addirittura ai nostri incontri lavorativi inventando prontamente
delle scuse assurde, ma non ho continuato nemmeno la mia corrispondenza
virtuale con RichieRich. La nostra
ultima discussione telematica senza ombra di dubbio ha dato una svolta al
nostro rapporto, portando inevitabilmente Richie a prendere le distanze da me e
inducendolo come diretta conseguenza a smettere di cercarmi. In realtà lo posso
anche capire, perché in effetti non deve essere bello sapere che la donna a cui
si è interessati sta iniziando a provare qualcosa di profondo per un altro
uomo, però non posso fare a meno di stare male. Lui è diventato in poco tempo
una parte importante della mia quotidianità: il mio sostegno, il mio
confidente, il mio migliore amico. Richie ha riempito le mie giornate, con le
sue battute divertenti e i suoi messaggi affettuosi. Non mi ha mai permesso di
sentirmi sola, perché ha sempre trovato uno spazio in cui collocarmi e qualche
attimo durante il giorno da dedicarmi. Ma soprattutto non mi ha mai fatto
sentire sbagliata, fuori luogo o imperfetta. Nelle e-mail che ci siamo
scambiati nell’arco di questi mesi sono sempre stata me stessa, semplicemente
io: Christine.
Mi ha resa felice grazie ai suoi complimenti
sinceri, alle sue parole dolci e alle sue frasi piene di tenerezza. Mi ha fatto
comprendere quanto possono essere importanti i confronti, per conoscere nuove
prospettive e nuovi punti di vista. Mi ha mostrato il vero valore
dell’amicizia, il valore del conforto e anche quello della comprensione.
Inoltre mi ha permesso di sentirmi più sicura, ponendo l’accento sulle mie
qualità e senza usare elogi smielati.
In pratica per merito dei nostri messaggi ho
espanso i miei orizzonti, ho imparato a comprendere di più me stessa –
smettendola di sentirmi inferiore, non adatta oppure in certi casi
tremendamente inadeguata – e ho aperto gli occhi su un’altra realtà. Una realtà
in cui non sono solo una donna grassottella con un eccessivo attaccamento nei
confronti della propria carriera, ma anche una persona attraente e
desiderabile. Una persona che come le altre può realizzare i propri sogni
grazie al duro lavoro, alla perseveranza e all’autenticità. Richie mi ha
convinta di essere una persona unica, insostituibile e rara. Invece ora questo
silenzio mi sta distruggendo e mi viene automatico controllare spesso il
cellulare, perché segretamente coltivo la speranza di poter ricevere una sua
nuova e-mail. Prima o poi. Ma nulla, tutto resta immobile. Nessun segnale da
parte sua e, sebbene lo possa assolutamente comprendere per gli stessi motivi
che ho elencato in precedenza, una parte di me è davvero delusa dal suo
comportamento. Dal suo silenzio. Mi sento ferita, triste e demoralizzata.
Perché in fondo mi manca, ogni singola parte di lui, e ne sono del tutto
consapevole. Non posso fare a meno della sua presenza, anche se adesso dovrei
pensare solo a Richard e dovrei concentrarmi su di noi. Però non ci riesco,
dato che Richie mi manca in una maniera assurda. Quasi come l’aria nei polmoni.
Mi mancano i nostri messaggi del buongiorno, il nostro modo di scherzare, la
sua allegria, le sue idee innovative, i suoi aneddoti sulla giornata.
Questa lotta tra cuore virtuale e cuore reale mi
sta logorando i nervi, oltretutto mi rende ancora più confusa e indecisa. Mi
sto innamorando di Richard, almeno di questo ne sono assolutamente convinta, ma
non voglio rinunciare alla mia amicizia con RichieRich.
Non voglio rinunciare a lui. Questo mi fa capire che forse non sono ancora
pronta per instaurare un eventuale rapporto con Mr Reyes, perché i presupposti
sono tutti sbagliati. Insomma, è giusto volere mantenere i rapporti con un
altro uomo mentre si inizia una relazione con la persona di cui si è invaghiti?
È normale sentirsi così spaesati e in conflitto per colpa di sentimenti tanto
intensi, seppure in apparenza completamente diversi tra loro? Amore contro
amicizia, facce spesso della stessa medaglia.
In realtà io vorrei davvero esplorare l’attrazione
che sento per Richard, capire fino a dove potrebbe portarci e dedicargli tutte
le mie attenzioni. Ma fondamentalmente mi sento colpa, sia nei suoi confronti
che in quelli di Richie, e questa sensazione mi blocca. In pratica mi sento
combattuta e in difetto, perché vorrei entrambi per motivi totalmente
differenti. Con il mio corteggiatore virtuale mi sento tranquilla, capita,
compresa e incoraggiata. Con Mr Reyes invece mi sento voluta, desiderata, protetta
e stimata. Eppure a volte tra i due noto delle somiglianze – sono entrambi
attenti, dolci, gentili, arguti – e questo mi turba oltre ogni misura, perché
non voglio immaginare cose che non esistono. Non voglio fare paragoni inutili e
restare delusa, cercando i pregi di uno nell’altro e viceversa.
Loro due sono agli antipodi, ma così uguali sotto
certi aspetti da fare quasi paura. Certo, Richard fa palpitare il mio cuore con
un’intensità diversa e il desiderio che sento nei suoi confronti non mi
permette di pensare lucidamente. Però provo anche qualcosa per il mio misterioso
ammiratore online e mi sembra quindi di essere una sgualdrinella, che gioca con
due uomini e li tiene sulle spine. Mi sono trasformata, senza nemmeno volerlo,
in una femme fatale.
Forse è anche per questo motivo che ho preso le
distanze da Mr Reyes: voglio essere davvero convinta prima di approfondire il
nostro rapporto e non avere alcuna esitazione. Sinceramente non voglio
mancargli di rispetto o illuderlo di avermi conquistata quando il mio cuore in
realtà è in conflitto. Non sarebbe giusto, perché Richard è perfetto e merita
una donna che lo possa davvero apprezzare. Non un’eterna indecisa, che non ha
la minima idea di come comportarsi e di quello che vuole nella vita. Sì, desidero
un uomo che sia in grado di amarmi con tutto se stesso. Un uomo che sia pronto
a costruire qualcosa di importante con me, senza tirarsi indietro. Desidero
semplicemente avere una famiglia, essere felice e condividere il mio futuro con
qualcuno che possa apprezzarmi. Però non mi sono mai trovata in una situazione
del genere, non ho mai dovuto combattere contro me stessa per realizzare i miei
sogni. Non sono mai stata mia nemica. Ma questa volta la consapevolezza di non
voler perdere un buon amico, un amico che
in un momento diverso e in un’altra circostanza poteva anche diventare qualcosa
di più, mi sta portando a rinunciare all’unico uomo che forse è riuscito
veramente a colpirmi in questi ultimi anni. Devo essere impazzita.
Ad ogni modo questa situazione è talmente
stressante che lunedì mattina, prima di dirigermi in ufficio per iniziare una
nuova giornata lavorativa, mi ritrovo in maniera quasi inevitabile a fare una
deviazione per raggiungere la mia pasticceria di fiducia. Adesso ho
assolutamente bisogno di una ciambella al cioccolato per schiarirmi la mente,
scaricare l’ansia e riprendermi da tutta la tensione che ho accumulato
nell’ultimo periodo. Di solito i carboidrati riescono a farmi rilassare,
sebbene attualmente dubito che perfino una colazione super calorica e una dose
spropositata di zuccheri complessi possano riuscire a mettere tutta questa
faccenda sotto la giusta prospettiva.
Quando entro nel locale comunque sono circa le
sette del mattino, però il personale è già in pieno fermento e tutti i tavoli
sono occupati. Maggie sta servendo i clienti al bancone, mentre Phil è
impegnato a rifornire i vari vassoio con i prodotti appena sfornati. Il profumo
delizioso che impregna aria – ovvero un mix allettante di aromi in cui prevale
soprattutto l’odore del cioccolato, della pasta sfoglia, della vaniglia e della
cannella – stuzzica il mio appetito, portandomi ad avvicinarmi alla cassa per
ottenere l’attenzione della mia amica.
«Ciao, Christine» mi saluta quest’ultima con un
sorriso appena nota la mia presenza, riempiendo nel frattempo una tazza di
caffè per un uomo di mezza età. Oggi Margaret sembra davvero una bambina:
indossa infatti un semplice pantacollant nero, abbinato ad una maglietta
oversize rosa e ad un paio di scarpe da ginnastica con i lacci fosforescenti. I
suoi capelli corti sono tenuti indietro da un cerchietto fiorato e non è
truccata, anche se le sue guance sono talmente arrossate da far quasi pensare
che questa mattina si sia cosparsa la faccia di blush. Il suo grembiule
merlettato si tende sulla pancia, mettendo in evidenza le sue curve abbondanti
e di conseguenza il suo stato.
«Ciao, Maggie» ricambio, guardandola con tenerezza.
«Sei sempre più radiosa» dichiaro, lanciando un’occhiata al suo ventre
prominente e facendole un complimento.
«Sono sempre più tonda» sbuffa lei, portandosi una
mano proprio sulla pancia tesa. «Per fortuna Katherine mi sta dando una mano,
perché ormai mi sembra evidente che sono troppo grassa per girare liberamente
tra i tavoli» afferma, indicando la giovane cameriera che hanno appena assunto
per compensare la sua mancanza di agilità. Katy ha circa vent’anni, frequenta
un corso di pianoforte alla mitica Juilliard
e cerca di compensare le spese che non sono coperte dalla sua borsa di
studio con questo lavoretto part-time. È alta in pratica un metro e mezzo, ma
quando l’ho incontrata la prima volta non è stata la sua costituzione fisica a
lasciarmi maggiormente meravigliata. No, sono stati i suoi capelli. La sua
testa infatti è sormontata da una massa indefinita di riccioli biondi, così
lunghi che in sostanza coprono tutta la sua schiena e talmente invadenti che
sembrano avere addirittura vita propria. Per il resto Katherine sembra molto
gentile e simpatica, inoltre grazie ai suoi occhi azzurri e le sue guance
scarlatte assomiglia ad una bambolina di porcellana.
«Dovresti andare in maternità e prenderti una
pausa» le consiglio, fissandola con un misto di rimprovero e apprensione.
«Sono ancora al settimo mese» mi informa Maggie,
apparendo contrariata e incrociando le braccia sotto il seno altrettanto
abbondante. «Ho intenzione di godermi queste ultime settimane di libertà prima
di rinchiudermi definitivamente in casa e continuare a gonfiarmi come una
mongolfiera» aggiunge, picchiettandosi sul ventre con un dito in maniera
bonaria. «Tu invece che mi racconti? Ci sono novità?» mi domanda, apparendo
curiosa.
Intanto continua ad occuparsi dei suoi clienti,
servendo bevande calde e cornetti fragranti. Ad un certo punto recupera un
donut al cioccolato dal vassoio e me lo porge, lanciandomi un’occhiata di
intesa. Ormai la mia amica mi conosce troppo bene e di conseguenza non ha
nemmeno bisogno della mia ordinazione, perché sa esattamente quello di cui ho
bisogno. Basta osservare i miei occhi. Margaret quindi associa alla ciambella
una fumante tazza di caffè, accompagnandolo con un cucchiaino di panna e una
spruzzata di cacao.
«Sto uscendo con un uomo» ammetto allora con una
punta di imbarazzo, ritrovandomi ad arrossire e confermando così le mie
sensazioni.
«Davvero?» chiede con esaltazione, inclinandosi
verso di me per ricevere altri dettagli. Nel frattempo si avvicina anche al mio
posto, in modo da non farci sentire da orecchie indiscrete. «E di chi si
tratta? Lo conosco?» insiste, appoggiandosi con i gomiti sul bancone e
ignorando il resto dei presenti.
«È Richard Reyes» confesso con un sussurro,
addentando il mio dolce con entusiasmo.
«Oh mio Dio!» esclama lei, trattenendo il respiro.
«Quel Richard Reyes?» si accerta in
seguito, sembrando genuinamente sorpresa. «Il multimiliardario? Il proprietario
di mezza Manhattan? L’investitore più affascinante di New York?» chiarisce,
nominando lo stratosferico conto in banco del mio affiliato e facendo
riferimento alla sua avvenenza.
«Sì» ammetto, mantenendo sempre un tono basso per
non attirare l’attenzione generale.
«Ma… ma…» inizia Maggie, balbettando. «Ma è
fantastico!» si esalta subito dopo, battendo addirittura le mani per esprimere
tutta la sua eccitazione.
«Già» borbotto, fissando con intensità il mio donut
ed evitando il suo sguardo gioioso.
«C’è qualcosa che non va?» si accerta
successivamente la mia amica, accorgendosi del mio scarso entusiasmo. «Non
sembri molto contenta di questi tuoi ultimi sviluppi sentimentali» continua
infatti, aggrottando le sopracciglia con palese confusione.
«Richard è perfetto» concordo, sedendomi sullo
sgabello che si è appena liberato e cercando di mettermi a mio agio. Mi slaccio
dunque il giubbotto e sistemo la borsa ai miei piedi, passandomi poi le dita
tra i capelli per districare alcuni nodi e ridare volume alle ciocche che si
sono rovinate a causa dell’umidità. Intanto appoggio la ciambella sul bancone e
in seguito bevo un sorso dalla tazza fumante che mi ha dato in precedenza
Maggie, godendomi la mia bevanda calda per guadagnare tempo e sfuggire all’occhiata
indagatrice della diretta interessata. Adesso non ho più tanta fame e mi
ritrovo a giocherellare con le briciole che sono cadute nel tovagliolo,
guardando in modo assente la glassa scura che decora il donut e contando
distrattamente gli sprinkles colorati
disposti casualmente sulla copertura. «È attraente, carismatico, premuroso»
riprendo il discorso, pensando alle qualità di Mr Reyes ed elencandone
qualcuna. «Mi piace davvero tanto» confesso, concentrandomi soprattutto sui
miei sentimenti nei suoi confronti ed ignorando il resto.
«Però?» dice Maggie, intuendo che manca una parte
fondamentale della frase.
«Però sono confusa ed indecisa» aggiungo,
chiarendole il mio stato d’animo e confidandole i miei sentimenti.
«Per quale motivo?» domanda allora la mia
interlocutrice, facendo cenno a Katherine di occuparsi del locale mentre lei si
concentra totalmente su di me.
«Perché negli ultimi mesi stavo già frequentando
un’altra persona e adesso mi trovo in difficoltà» le rivelo con esitazione,
sperando di non essere giudicata una ragazzaccia.
«Sei passata da non avere alcun corteggiatore a
trovarti contesa tra due uomini?» mi chiede Margaret con evidente meraviglia,
cominciando poi a ridacchiare in preda al divertimento. «Beata te!» esclama,
allungando la mano per toccarmi un braccio e darmi la sua approvazione. «E chi
sarebbe il rivale del mitico Mr Reyes?» si accerta, dando sfogo alla sua
curiosità.
«Ti ricordi quando hai nominato il sito WithLove?» le spiego successivamente,
offrendole un quadro chiaro della situazione e augurandomi di ricevere un suo
consiglio sincero.
«Ti sei iscritta?» mi interroga, cercando di
seguire il filo della discussione.
«Sì» annuisco, passando a stropicciare il
tovagliolo che circonda la mia ciambella. «È così che ho conosciuto RichieRich» le spiego, nominando il
presunto avversario di Richard. «Lui è molto dolce, mi fa ridere e sembra
davvero capirmi» continuo, illustrando gli aspetti caratteriali che mi hanno
più colpito di Richie. «Insomma, siamo diventati amici» dichiaro, sorridendo con
tenerezza. «Lui…» provo ad aggiungere, venendo però interrotta.
«Non è reale, Chris» mi ricorda Maggie, usando un
tono tremendamente serio. «È uno sconosciuto che si nasconde dietro ad uno
schermo e mostra solo una parte di sé» continua, cercando di farmi acquisire la
cognizione di non potermi fidare di un uomo che non conosco personalmente. «Non
puoi sapere se per tutto questo tempo è stato davvero sincero con te o ha
semplicemente colto l’occasione per prenderti in giro» dice infatti subito
dopo, manifestandomi la sua angoscia e i suoi dubbi.
«Però…» provo ad intervenire, preparandomi a
difendere Richie.
«Sì, è vero, sono stata io la prima a suggerirti di
iscriverti a quel sito di incontri» ammette la mia amica, senza darmi
l’occasione di far valere le mie ragioni e arrossendo per la vergogna. «Ma l’ho
fatto soltanto perché pensavo avessi bisogno di credere di più in te stessa e
forse, parlando con persone nuove di cui non dovevi temere il giudizio, ti
saresti rilassata» conclude, spiegandomi le sue ragioni.
Mi sta parlando come se fossi un’adolescente
infatuata di una star del cinema e non una trentenne del tutto consapevole
dell’assurdità di questa faccenda, tuttavia so che è soltanto preoccupata per
me. Non vuole vedermi ferita, non vuole vedermi di nuovo piangere per una
relazione impossibile e sbagliata fin dal principio. Perciò evito di sbuffare e
rammentarle la mia età, preferendo utilizzare un approccio più delicato e
sensibile.
«Lo so» dichiaro, condividendo in parte le sue
perplessità. «Però non mi ha mai dato l’impressione di essere un bugiardo» la
rassicuro, confidando nel mio istinto.
«Vuoi rinunciare ad un uomo in carne ed ossa per un
ipotetico figaccione virtuale?» mi chiede dunque, considerandomi probabilmente
una pazza.
«No» la rassicuro quindi con immediatezza,
sospirando. «Richard è fantastico e sarei una vera stupida a rifiutarlo»
affermo con decisione, apparendo forse un po’ troppo logica e fredda.
«Ma sei innamorata di lui?» mi domanda di
conseguenza Maggie, accertandosi delle mie emozioni.
«Credo sia ancora troppo presto per dirlo.
D’altronde, anche se per via del lavoro ci vediamo da mesi, siamo usciti
insieme solo una volta» la metto al corrente, provando a non affrettare troppo
i tempi e mantenere un minimo di razionalità. «Però… però sono sulla buona
strada, c’è qualcosa in lui che mi fa credere di…» affermo in un sussurro, non
riuscendo nemmeno a trovare i termini per esprimermi. Perché non voglio espormi
e rischiare di finire irrimediabilmente delusa, visto che Richard ha davvero toccato
le corde del mio cuore. Corde che forse non sapevo neanche di avere. Se penso
al nostro appuntamento e soprattutto al nostro bacio non posso fare a meno di
sentirmi scombussolata, ma in senso positivo. Non mi sento a disagio o piena di
vergogna, al contrario sono impaziente di riprovare l’esperienza. Di sentire
ancora quei brividi attraversarmi il corpo.
Richard mi ha fatto capire cosa vuol dire sentirsi
voluta e desiderata, come accade nei romanzi. Oltretutto a causa del nostro
bacio appassionato non ho dormito tutta la notte, perché mi sono trovata a
rivivere continuamente nella mia testa quel fatidico momento e il mio corpo non
ha smesso di formicolare a causa dell’eccitazione provocatami dal suo tocco. Mi
sono rigirata tra le coperte fino all’alba, ottenendo come diretta conseguenza
delle antiestetiche borse sotto gli occhi – che il giorno ho cercato dopo di
nascondere con chili di correttore – e una stanchezza non indifferente.
«Di aver trovato quello giusto?» mi suggerisce
quindi la mia amica, capendo il senso della mia frase e addolcendo il tono.
«Sì» confesso con più sicurezza, arrossendo di
nuovo.
«E allora non devi avere paura, Christine» afferma
Margaret, allungando la mano per appoggiarla sul mio braccio e confortarmi.
«Non lasciarti sopraffare dai timori» mi incoraggia, annuendo in maniera
convinta. «Lasciati guidare dai tuoi sentimenti e andrà tutto bene».
«Lo spero, Maggie» mormoro, tornando a mangiare il
mio donut con rinnovato ottimismo. «Lo spero davvero» ammetto con sincerità,
sospirando.
Se devo essere sincera sono stanca di sbagliare e
prendere sempre decisioni errate, dando così la conferma a mia madre di essere
una donna incapace di scegliere un uomo, però questa volta sento di potermi
fidare del mio giudizio. Sento di potermi fidare di Richard, perché non mi ha
dato alcun motivo di dubitare di lui. E anche se Richie mi manca, anche se una
piccola parte di me avrebbe voluto che le cose tra di noi finissero in modo
diverso, so che devo andare avanti. So che questa volta devo seguire un’altra
strada, quella che spero mi porterà direttamente tra le braccia della persona
giusta. La mia persona giusta. La mia
metà.
Quando lascio il locale sono da poco passate le
otto, quindi evito di perdere altro tempo prezioso e mi dirigo in ufficio. Non
voglio rovinare la mia giornata rischiando di arrivare in ritardo, visto che
poi dovrei sopportare un’altra sfuriata da parte del mio capo con il
conseguente rischio di fargli venire definitivamente un esaurimento nervoso e
attirarmi in questo modo l’ira dei miei dirigenti, perciò mi dirigo con
immediatezza verso l’incrocio della strada e mi impegno a fermare un taxi per
poter raggiungere il mio studio. Grazie alla mia chiacchierata con Margaret mi
sento molto più tranquilla e rilassata rispetto a questa mattina, nonché
convinta di stare prendendo finalmente una decisione positiva per il mio
futuro. Forse saranno gli zuccheri in eccesso nel mio corpo che stanno
finalmente facendo effetto e forse sono state davvero le parole di Maggie a
rasserenarmi, sta di fatto che non ho più dubbi riguardo la mia scelta di stare
con Richard e dargli una possibilità.
Mi sento così sollevata che quando varco le porte
della Cooper&Parker Investiment
Companies, in perfetto orario sia per la mia gioia sia per la sanità
mentale di Mr Micols,non posso fare
a meno di sfoggiare un sorriso allegro e stamparmelo sul volto. In realtà sono
talmente felice da non accorgermi nemmeno della strana atmosfera che regna
nella hall, anche se ora a mente lucida mi verrebbe quasi da chiedermi come io
possa aver fatto a non notare la minacciosa nuvola grigia che aleggiava
nell’aria insieme alla sensazione che presto si sarebbe scatenato un vero
uragano. L’atmosfera non era delle migliori, ma si vede che in quel momento
avevo la testa altrove e le mie capacità intuitive erano seriamente
compromesse.
La mia segretaria comunque mi intercetta prima che
riesca ad entrare nel mio ufficio, bloccandomi in mezzo al corridoio e
parandosi proprio di fronte la porta del mio studio.
«Miss Thompson!» esclama, provando subito dopo a
riprendere fiato e allargando le braccia per impedirmi di passare.
«Buongiorno, Holga» la saluto con vitalità,
sorvolando sul suo strano atteggiamento.
«Io… io non volevo farlo entrare…» balbetta,
impallidendo all’improvviso ed iniziando subito dopo a tremare. «Però lui mi ha
detto che doveva assolutamente vederla e poi è passato Mr Micols, non sapevo
come giustificare il mio comportamento e quindi sono stata costretta a farlo
passare. Ma lo giuro, non volevo! Lo so, lei mi aveva detto che…».
«Holga, aspetta un attimo, stai andando troppo
veloce» la blocco, aggrottando le sopracciglia senza comprendere nemmeno una
parola del suo discorso. Qualsiasi cosa sia successa l’ha comunque agitata e
considerato che ha appena nominato Peter non posso dirmi sorpresa, anche se non
ho ben compreso il suo ruolo in tutta questa faccenda.
«Miss Thompson, c’è un cliente nel suo ufficio» mi
spiega allora, riprendendo in parte il controllo delle sue emozioni e apparendo
tremendamente spaventata. «Un cliente che lei ha evitato per tutta la
settimana» mi chiarisce, lanciandomi un’occhiata di intesa e guardandosi
intorno per controllare di non essere spiata. Forse teme che il nostro
superiore possa farle un agguato, coglierla di conseguenza sul fatto – sebbene
io debba ancora capire il motivo della sua eccesiva agitazione – e licenziarla.
«Quel cliente» conclude alla fine,
usando un tono piagnucoloso e ponendo l’accento sull’inizio della frase.
«Oh» affermo dunque, intuendo il motivo della sua
angoscia e sospirando. «Stai parlando di Richard» dichiaro, nominando il
soggetto della nostra discussione.
«Shh!» mi zittisce con immediatezza la mia
segreteria, rischiando quasi di svenire. È talmente bianca da mimetizzarsi con
il colore delle pareti, ma evito di farle notare il suo stato e mi concentro
piuttosto sulla sua evidente paura. «Se il capo scopre che ho cercato di
allontanare Mr Reyes dal suo ufficio potrebbe usarmi come prossima vittima
sacrificale» dichiara, risultando un po’ troppo melodrammatica. Sì, Peter è
spaventoso quando si arrabbia. Sì, i suoi rimproveri sono davvero terribili. Ma
fino ad ora non ha mai ucciso nessuno, almeno credo.
«Non ti preoccupare, Holga» la rassicuro,
mettendole una mano sulla spalla e guardandola con tenerezza. «Va tutto bene»
proseguo, scansandola per dirigermi nel mio studio.
Se devo essere sincera sono elettrizzata all’idea
di vedere Richard, dato che adesso ho le idee chiare e sono convinta di
volerlo. A prescindere da tutto e da tutti. Il mio cuore quindi palpita, pieno
di aspettative, e il mio desiderio si sta riaccendendo. Quasi corro per
raggiungere la mia destinazione e quando spalanco la porta, producendo un
rumore alquanto fastidioso, non esito nemmeno un secondo prima di fare il mio
ingresso nella stanza. Non mi importa di apparire poco aggraziata, turbolenta e
fastidioso. Ora voglio solo vedere Richard.
Il diretto interessato è seduto sulla mia poltrona
– quella posizionata dietro la scrivania, da dove io dirigo con il pugno di
ferro e un certo potere di cui vado particolarmente fiera il mio impero di
investimenti – e sta guardando fuori dalla finestra, ma appena sente il
fracasso che ho causato si volta verso di me e mi studia con attenzione. Non
parla, si limita semplicemente a fissarmi con intensità. Di conseguenza mi
imbarazzo e arrossisco, domandandomi cosa sta pensando e perché non interviene.
L’ho fatto arrabbiare? È troppo tardi per costruire qualcosa? Si è reso conto
che sono un’indecisa cronica e non vuole avere più combattere per
conquistarmi?
Mi sembra comunque di aver già vissuto questa scena
e come un déjà-vu mi viene in mente
il giorno in cui ho accettato per la prima volta di uscire con lui, quando si è
presentato nel mio ufficio senza alcun preavviso e l’ho trovato nella stessa
posizione di oggi.
«Mi stai evitando di nuovo» esordisce
all’improvviso il mio visitatore, interrompendo il silenzio e facendomi tirare
un sospiro di sollievo. Ok, mi sta rivolgendo ancora la parola. Anche se il suo
è più un rimprovero che un saluto dolce, come mi aspettavo. Ma in fin dei conti
ha ragione: ho cercato in tutti i modi di tenermi lontana da lui e questa non è
nemmeno la prima volta, visto che in seguito alla sua proposta di uscire
insieme sono letteralmente scappata e in pratica ho adottato lo stesso atteggiamento
schivo di adesso. Sono un’esperta nell’arte di non farmi trovare, probabilmente
l’esperienza che ho accumulato con mia madre mi ha resa davvero una
professionista.
«Buongiorno anche a te, Richard» gli rispondo con
prontezza, avvicinandomi all’attaccapanni per liberarmi del giubbotto e
cogliendo in questo modo l’occasione di riprendere il controllo delle mie
emozioni. Devo restare calma e non mostrargli tutta la mia euforia, perché
prima ho bisogno di capire le sue intenzioni.
«Buongiorno, Christine» ricambia allora lui,
mostrandomi il suo lato educato.
«Hai traumatizzato la mia segretaria» lo avverto,
pensando alla povera Holga e al suo pallore.
«Ho dovuto farlo» si limita a replicare, senza
apparire minimamente turbato dalla mia confessione e senza sentirsi in colpa.
«È una settimana che cerco di parlarti» si giustifica in seguito, sbuffando e
menzionando gli sforzi che fatto per mettersi in contatto con me. «Ignori le
mie chiamate e ti fai negare dalla tua assistente, perciò sono intervenuto»
continua, spiegandomi la sua tattica. Intanto si alza dalla sedia e si
posiziona davanti alla scrivania, incrociando le braccia sul petto. «Ma devo
ancora capire per quale motivo ti sei ostinata ad ignorarmi» dichiara,
apparendo davvero confuso e preoccupato. Non pensavo che un uomo come Richard,
un miliardario così influente e stimato, potesse mettere tutto in discussione a
causa di una donna. Ma forse, mi ritrovo a riflettere, tutto dipende da quello
che prova per me. «Ho esagerato dandoti quel bacio?» mi chiede, dando voci ai
suoi dubbi e apparendo stranamente fragile. Mi ritrovo a trattenere un sorriso,
perché adesso il mitico Mr Reyes non solo appare molto indeciso ma anche
tremendamente tenero. Questo è un lato del suo carattere che non sconoscevo e
non mi ha mai mostrato, almeno fino ad ora. «Non volevo offenderti, io…» cerca
di proseguire, venendo però interrotto dalla sottoscritta.
«Richard» dico infatti, facendo un passo in avanti
per avvicinarmi al suo posto. «Quel bacio è stato bellissimo» lo rassicuro,
arrossendo con violenza.
«Allora dove ho sbagliato?» mi domanda, insistendo.
«Non ti è piaciuto stare in mia compagnia?» prova ad ipotizzare, passandosi poi
una mano tra le corte ciocche bionde con nervosismo.
«Ho adorato stare con te» ammetto, continuando a
camminare lentamente verso di lui. Raggiungo così la scrivania, contro la quale
si è appoggiato in precedenza, e resto ferma di fronte alla sua figura.
«Mi sono mostrato snob?» si accerta, ammirando per
una frazione di secondo il mio corpo avvolto nell’ennesimo completo composto da
gonna e camicia prima di concentrarsi sui miei occhi. «Troppo antipatico?»
riprende, pensando a degli insulti abbastanza convincenti. «Presuntuoso?»
prosegue, usando un altro aggettivo poco lusinghiero nei suoi stessi confronti.
«Sei stato perfetto» lo tranquillizzo, fissando a
mia volta le sue iridi grigie.
«Davvero?» si accerta, apparendo alquanto
meravigliato dalla mia ammissione. «Bene» commenta in seguito, sospirando con
sollievo. «Ma allora per quale motivo mi stai escludendo?!» si infervora subito
dopo, rendendosi conto della mia incoerenza e facendomi sussultare.
«Perché sono confusa!» esclamo, imitandolo e
alzando quindi la voce. «Io non credevo che tutto questo potesse essere
possibile» confesso, mettendolo al corrente della mia incredulità. «Che noi
potessimo davvero stare insieme» chiarisco successivamente, appena noto le sue
sopracciglia aggrottate e la sua espressione incerta.
«A causa del nostro lavoro?» mi chiede, cercando di
capire le ragioni del mio turbamento.
«Anche» sussurro, sentendomi insicura e
distogliendo quindi lo sguardo dal suo. Richard però non me lo permette e mi
sfiora la guancia con le dita, invitandomi ad alzare il capo per riprendere a
fissarlo.
«Chris, so che questi sviluppi sono stati
inaspettati» afferma con sincerità, sembrando assolutamente deciso a
consolarmi. «So che sei sconvolta e spaventata» continua, intuendo il mio stato
d’animo. «Lo sono anche io» aggiunge, mostrandomi la sua debolezza.
«Davvero?» mormoro con fare sorpreso, vedendolo
sotto una luce diversa dopo la sua rivelazione.
«Sì, però non possiamo permettere alla paura di
ostacolarci» dichiara con sicurezza, accarezzando teneramente il mio viso e
trasmettendomi in questo modo tutta la sua convinzione.
«Non sono mai stata una tipa coraggiosa» borbotto,
sentendo la mia pelle surriscaldarsi in seguito al suo tocco e il mio cuore
accelerare i battiti.
«Possiamo esserlo insieme» mi invita lui,
sorridendomi.
«E se le cose dovessero andare male?» lo sfido,
esponendo però in questo modo il mio più grande timore.
«Tesoro, non posso prometterti che andrà tutto
bene» comincia Richard, chiamandomi con un epiteto affettuoso. «Non posso
prometterti che non ci lasceremo e che una nostra eventuale rottura non avrà
conseguenze sulla tua carriera» mi avverte, apprendo fin troppo serio. «Non
posso prometterti che sarai sempre felice stando con me, perché sono testardo e
a tratti davvero insopportabile» prosegue, ricordandomi il suo carattere. «Lo
sai anche tu, no?» mi chiede poi in maniera retorica, arcuando le labbra in un
sorriso imbarazzato. «Però posso garantirti che mi prenderò cura di te» mi
promette, posando una mano sul mio fianco per spingermi contro di lui e
continuando con l’altra a sfiorare la mia guancia. «Che rispetterò le tue
opinioni, che non ti ostacolerò mai e sarò dalla tua parte» asserisce con la
stessa decisione, usando anche un tono solenne. «Sempre» ripete, facendomi
commuovere. «Ti prometto che ogni singolo giorno ti farò sentire speciale e
amata».
«Richard» sussurro, mentre mi stringo contro il suo
corpo. Appoggio le dita aperte sul suo torace, giocherellando con i bottoni
della sua camicia per reprimere la mia esaltazione e constatando nel frattempo
la portata dei suoi muscoli.
«Dammi una possibilità, Christine» mi supplica il
diretto interessato, avvicinando il suo viso al mio e portando le nostre labbra
pochissima distanza. «Sarò il tuo migliore investimento» mi garantisce alla
fine, sdrammatizzando la situazione.
«Sì» mi arrendo allora con un sospiro, rispondendo
alla sua meravigliosa dichiarazione con una semplice parola – la più importante – e alzandomi poi in
punta di piedi per poter finalmente colmare l’esiguo spazio che ci divide.
Mi impadronisco della sua bocca, mentre Richard
inverte le nostre posizioni e mi spinge contro il bordo della scrivania. Mi
blocca con la pressione del suo corpo, stringendomi subito dopo tra le sue
braccia. Il contatto con le sue labbra mi sconvolge, accendendo il mio desiderio
e facendomi tremare. Il mio cuore a sua volta batte all'impazzata e una strana
debolezza invece si diffonde in tutte le mie membra, rendendomi morbida e
completamente disponibile.
Lui in seguito interrompe il nostro contatto, ma
solo per depormi una serie di baci lievi e allo stesso tempo insistenti sulla
bocca. Poi mi accarezza il mento, inducendomi con una leggera pressione dei
pollici a schiudere di nuovo le labbra. La sua lingua mi penetra ripetutamente,
esplorandomi con assalti delicati ed insinuandosi sempre più a fondo senza
incontrare opposizione. Sento il suo sapore che mi annebbia, rendendomi ancora
più folle e frenetica. Voglio sentire la sua pelle contro la mia, voglio sentire
la sua eccitazione premere sul mio punto più sensibile, voglio accoglierlo
dentro di me e non lasciarlo più andare. Perché, da adesso in avanti, lui è
mio. Mio.
Dopo un bacio lungo e coinvolgente, Richard si
ritrae fino a quando le nostre labbra non si sfiorano appena e i nostri respiri
si confondono. Poi mi bacia ancora sulle labbra. Ancora, ancora e ancora.
Prende successivamente a tracciare un percorso immaginario lungo la mia
guancia, fino a raggiungere l'orecchio per mordicchiarmi il lobo, e mi ritrovo
a sussultare a causa di un fremito. Rabbrividisco di pure piacere, mentre
un'altra ondata di sensazioni mi attraversava il corpo fino a raggiungere il
mio seno e luoghi sempre più intimi. Mi stringo dunque contro di lui, cercando
istintivamente la sua bocca calda e la carezza della sua lingua per placare
questo folle desiderio. Lui ricambia con uguale partecipazione, stringendomi
con più forza e dandomi un altro bacio profondo.
Quando ci separiamo, respirando entrambi con
affanno, Richard mi rivolge uno sguardo deciso e rimane in silenzio. Io mi
sento sconvolta e non ho nemmeno la forza di stare in piedi, quindi ringrazio
mentalmente la superficie della scrivania che mi sta offrendo un appoggio
solido contro cui abbandonarmi.
«Forse adesso dovremmo fermarci» suggerisco,
schiarendomi la voce più volte prima di riuscire a parlare. «Non vorrei che
Holga, non vedendoti uscire, entrasse qui dentro per accertarsi che va tutto
bene» dichiaro, pensando all’apprensione della mia segretaria e alla sua
profonda stima nei miei confronti. Farebbe di tutto per difendermi, anche
cacciare Richard da questo ufficio. Sempre che Mr Micols non sia nei paraggi.
Ma non posso darle torto, avere un lavoro e delle buone referenze è essenziale
per sopravvivere.
«Sì, devo comunque andare» ammette lui,
accarezzandomi i capelli. «Ho una riunione tra venti minuti» mi informa,
sospirando con fare arrendevole e non lasciandomi comunque andare. «Colin mi
sta aspettando in macchina» aggiunge, nominando il suo assistente.
«Sei venuto apposta per vedermi?» gli chiedo,
beandomi del calore del suo corpo e non interrompendo il nostro contatto.
«Non l’hai ancora capito che sei costantemente nei
miei pensieri?» mi domanda Richard, usando un tono serio e deciso.
«È bello sentirselo dire» mormoro, arrossendo. Mi
piace il suo lato romantico e adoro la sua sicurezza, infatti non prova il
minimo imbarazzo nel manifestare ad alta voce i suoi sentimenti.
«Lo farò spesso se ti fa così piacere» afferma,
sorridendomi.
«Mi darai tutto quello che voglio?» lo provoco
allora, passando le dita sul colletto della sua camicia e toccando in questo
modo con i polpastrelli la pelle tesa della sua gola.
«Ti darò tutto e molto di più» sussurra, lasciando
luccicare i suoi occhi di rinnovato desiderio.
«Rischi di viziarmi» lo avverto, trattenendo il
respiro quando la sua mano sfiora il lato del mio seno fino a posarsi poi sul
mio fianco.
«Posso permettermelo» mi ricorda, senza soffermarsi
troppo sulle sue condizioni economiche. In effetti ne sono perfettamente
consapevole, dato che adesso sono io a gestire il suo patrimonio. «Questa sera
sei libera?» mi chiede in seguito, cambiando argomento.
«Vuoi un altro appuntamento?» mi accerto,
considerando velocemente i miei impegni.
«Credo di meritarmelo» si vanta, fissandomi con
palese compiacimento.
«Va bene» mi arrendo quindi senza combattere,
pensando che in fondo adesso non ho più alcun motivo per rifiutarlo.
«Ci vediamo dopo, allora».
«A dopo» lo saluto, sorridendogli con genuina
felicità.
Richard però non mi permette di allontanarmi e si
china per darmi un altro bacio, ritardando così il suo congedo. La sua bocca è
ardente come il fuoco, ma nonostante tutto il suo bacio è delicato. Sento la
punta delle sue dita percorre il mio viso e aggiustare l'angolazione del nostro
contatto, per renderlo ancora più profondo. Appoggio una mano dietro la sua
nuca e sollevo anche l'altra per aggrapparmi al suo collo, abbandonandomi poi
ai suoi baci dolci e stuzzicanti.
All'improvviso i suoi sfioramenti si fanno più
profondi ed esigenti, aumentando la mia passione e portandomi a strusciarmi
contro di lui alla ricerca di una maggiore vicinanza. Dalla gola di Richard
esce allora un rantolo di desiderio e ad un tratto stacca di nuovo la bocca
dalla mia, provando a riprendere il controllo. Le sue mani intanto sono finite
entrambe sul mio sedere e mi stanno tenendo ancorata al suo corpo, mentre i
suoi fianchi sono perfettamente incastrati tra le mie cosce e premono con insistenza
contro il mio centro.
«Sì, è proprio ora che vada» dichiara con un
sospiro roco, mollandomi all’improvviso e rischiando in questa maniera di farmi
cadere. «Ciao, Christine» conclude, lanciandomi un’ultima intensa occhiata
prima di scomparire oltre la porta del mio ufficio.
Io barcollo leggermente e mi tocco le labbra
tumide, trattenendo un gemito e imponendomi di non corrergli dietro. Non
sarebbe decoroso, inoltre non voglio dare spettacolo davanti ai miei colleghi e
al mio capo. Però è maledettamente difficile, perché adesso che conosco il suo
sapore non ne posso più fare a meno. Non posso. Non adesso che so quanto i
nostri cuori sono in sintonia, quanto i nostri desideri sono complementari e
quanto i nostri corpi sono fatti per combaciare.
Ma poi mi ricordo che la nostra storia è appena
iniziata, che i momenti migliori devono ancora venire e questi brividi sono
solo il preludio per qualcosa di ancora più forte. Devo soltanto avere
pazienza.
Felicità. Se cercate questa parola sul vocabolario,
troverete scritto: stato d'animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i
propri desideri. Ecco, questa è la descrizione perfetta di come mi sento in
questo periodo. Sono felice, come non lo sono mai stata. Tutto per merito di
Richard.
In questi ultimi giorni siamo usciti ogni sera,
approfondendo la nostra conoscenza e confrontando senza alcun giudizio i nostri
rispettivi gusti. Abbiamo cenato quindi in un altro ristorante stellato,
trovandoci in luoghi davvero esclusivi dove offrivano champagne da centinaia di
dollari e pietanze gourmet. Mercoledì sera invece, approfittando degli sconti
infrasettimanali, siamo andati a vedere un film romantico al cinema. Durante la
riproduzione della pellicola abbiamo consumando una quantità esagerata di
popcorn affogati nel burro, barrette al cioccolato e caramelle gommose. Ho
scoperto così che anche Richard ha una predilezione per i dolci, ma non
disdegna nemmeno le altre schifezze e gli snack salati. Odia però le patatine
al formaggio e di conseguenza mi sono ritrovata per un secondo a riconsiderare
il nostro rapporto, tuttavia mi sono rassegnata quasi subito al fatto che anche
lui possa avere dei difetti e mi sono decisa a sorvolare su questa piccola sua
imperfezione. D’altronde posso rinunciare ai cornetti formaggiosi, ma non certo
all’uomo dei miei sogni.
Ovviamente il prezzo intero dei biglietti non
sarebbe stato un problema per Richard, considerato che venti dollari non
avrebbero di certo creato un danno irreparabile a carico del suo patrimonio, ma
per una volta volevo si comportasse come una persona normale. Una persona che
pianifica i propri appuntamenti anche in base alle offerte dei vari locali,
come faccio io ancora oggi. Sì, è vero, in confronto a tanti altri ho uno
stipendio del tutto dignitoso e posso passarmi diversi capricci. Ho un
bell’appartamento, una tessera della palestra che non uso mai, un abbonamento
televisivo che mi consente di vedere molti canali, un’assicurazione sanitaria
assolutamente vantaggiosa e la possibilità di comprarmi centinaia di scarpe. Ma
non sono poi così ricca e mio padre mi ha insegnato il valore dei soldi, dunque
spesso è inevitabile che debba prendere delle decisioni in relazione ai costi
da affrontare: faccio la lista della spesa e utilizzo i coupon che trovo nei
giornali, metto regolarmente da parte i soldi per l’affitto e le bollette,
raccolgo i bollini per ottenere agevolazione nei vari negozi, mi fermo a bere un
drink nei bar solo quando comincia l’happy
hour. Mr Reyes al contrario è abituato ad ottenere tutto quello che vuole
senza alcun problema, al punto che non presta nemmeno attenzione ai prezzi.
Vuole bere vino durante la cena? Ecco una bottiglia da migliaia di dollari.
Vuole un nuovo completo elegante? Perfetto, chiamiamo il sarto più famoso di
New York e prendiamo le misure. Vuole una nuova macchina da aggiungere alla sua
collezione? Deve semplicemente decidere se questa volta desidera una Ferrari o
una Lamborghini. Per questo cercare di fargli comprendere come vivono le
persone comuni – quelle che guadagnano uno stipendio ragionevole, che devono
stare comunque attente ad ogni singolo centesimo e non possono acquistare gli
articoli che desiderano con uno solo schiocco delle dita – è una sfida
stimolante, che lo sta portando a riflettere sulla sua enorme fortuna e a
prendere più sul serio perfino il suo lavoro. Adesso quando investe in
un’azienda non pensa soltanto ai suoi interessi, ma anche ai benefici che
potrebbe ottenere per i singoli dipendenti. Allo stesso modo quando discute con
il suo Consiglio di amministrazione prova a capire come le conseguenze delle
sue scelte potrebbero riversarsi sui suoi sottoposti, perciò ragiona molto
sulle sue prossime azioni e chiede sempre più spesso il mio parere. Questo mi
rende felice, perché persone con il suo potere e la sua influenza dovrebbero
cercare almeno un minimo di cambiare le cose. Inoltre se per farlo ha bisogno
del mio aiuto, sono più che felice di assisterlo.
Venerdì sera ad ogni modo sono riuscita a
trascinarlo dal messicano, nonostante la sua convinzione di odiare il cibo
piccante, e sono riuscita con un certo successo a convertirlo alla birra. È
stato un appuntamento interessante, perché Richard aveva paura di ogni piatto
che gli mettevano davanti e io non potevo fare a meno di ridere guardando le
sue espressioni buffe. Alla fine però ha davvero adorato i tacos farciti con carne di manzo, cipolla cruda, foglie di
coriandolo, salsa guacamole e
insalata. Ne ha divorati addirittura tre, accompagnandoli con un boccale di Corona Extra e patatine fritte.
Ad un certo punto comunque è stato inevitabile
interrompere la nostra serie di incontri leggeri e sabato quindi siamo andati a
Broadway per vedere un musical a teatro, perciò per l’occasione ho indossato un
altro vestito elegante e le mie amatissime Jimmy Choo. Mi sono goduta senza
alcun senso di colpa i nostri posti privilegiati, lo spumante italiano che
abbiamo sorseggiato durante il viaggio in macchina mentre l’autista si
destreggiava tra il terribile traffico della città, la bellissima visione del mio
accompagnatore in smoking e la possibilità di recarci dietro le quinte per
complimentarci con gli attori una volta finito lo spettacolo. Richard sembra
sempre conoscere tutti e ogni persona che incontra quando siamo in giro lo
tratta puntualmente con il massimo rispetto, mettendolo al corrente con
immediatezza delle ultime novità e dei progressi che sono stati realizzati in
quel determinato contesto. Non mi stupirei dunque se la metà degli spettacoli
di Broadway fossero finanziati proprio dalla sua azienda, prendendo atto dei
benefici di cui abbiamo goduto quella sera e della considerazione che la gente
ha avuto nei suoi confronti. Ma la sua fama purtroppo non ha solo aspetti
positivi, pertanto ho dovuto sopportare anche la parte meno piacevole legata
alla sua notorietà. Di conseguenza ho apprezzato un po’ meno l’invadenza dei
giornalisti e l’insistenza dei fotografi presenti alla prima dell’evento, che
continuavano a gridare come degli ossessi per attirare la nostra attenzione ed
ottenere un nostro scatto. Ma Richard è stato abilissimo ad evitarli e mi ha
scortata fin dentro al palazzo con un’eleganza innata, limitandosi a fare
qualche cenno e a rispondere alle domande invadenti con studiati monosillabi.
In pratica in questo ultimo periodo abbiamo
alternato i nostri stili di vita con assoluta normalità, passando senza alcun
problema da appuntamenti più impegnativi ad incontri più informali. Io mi sono
velocemente adattata alla sua mania di mangiare in ristoranti davvero lussuosi
e dispendiosi, mentre Richard si è adeguato altrettanto bene alla mia abitudine
di frequentare posti semplici e poco appariscenti. Lui dunque non ha dovuto
rinunciare alla sua predilezione per i luoghi esclusivi e in certi casi anche
eccessivamente sontuosi, così come per me è stato naturale non nascondergli la
mia propensione alla sobrietà e renderlo partecipe delle mie abitudini. Un
pomeriggio siamo andati perfino al centro commerciale per trascorrere un paio
d’ore insieme e goderci una passeggiata tranquilla, senza pensare al lavoro o
ai nostri rispettivi ruoli. Abbiamo fatto un giro per i diversi negozi, ci
siamo scambiati qualche bacio furtivo nei camerini tra i vari cambi di vestiti,
ci siamo comprati un gelato in quelle macchinette a gettoni super economiche e
soprattutto ho visto per la prima volta il mitico Mr Reyes indossare un
normalissimo jeans con una felpa. Un’altra sera invece siamo rimasti nel mio
appartamento, abbiamo guardato insieme le puntate di The Vampire Diaries – anche se credo che non ripeterò mai questa
esperienza, visto che Richard ogni secondo mi disturbava facendomi domande
assurde sulla serie e criticando il mio magnifico Damon – e condiviso una pizza
ai peperoni. Dopo gli ho perfino mostrato il posto in cui nascondo la mia
personalissima riserva di ciambelle, offrendogliene una al cioccolato insieme
ad un bicchiere di vino rosso.
Passare del tempo insieme è stato veramente
magnifico e oggi, per completare in bellezza questa settimana, ci siamo messi
di nuovo d’accordo per vederci. Questa volta però tocca a me raggiungere
Richard nel suo attico, quindi quando esco dall’ufficio mi dirigo senza alcuna
esitazione all’incrocio della strada e aspetto con pazienza che si fermi un
taxi. Non voglio prendere la metropolitana, dato che a quest’ora sarà
sicuramente troppo affollata, e quindi mi accontento di perdere un paio di
minuti cercando di attirare l’attenzione di un autista. Appena una macchina si
ferma mi affretto dunque a salire sul sedile del passeggero, per poi riferire
al guidatore l’indirizzo da raggiungere. Non torno a casa per cambiarmi, perché
non voglio perdere altri attimi preziosi e comunque non credo che il mio
completo da ufficio sia così inadatto per una semplice cena. Questa mattina in
effetti ho indossato una banalissima gonna blu abbinata alla giacca, con una
camicia azzurra leggermente attillata e degli stivaletti grigi. Un
abbigliamento comodo e abbastanza formale, che mi ha permesso di sentirmi a mio
agio durante la giornata. È perfetto anche per l’appuntamento di questa sera,
considerato che mangeremo a casa e non andremo in nessun locale sfarzoso.
Richard infatti ha insistito per preparare la cena, in modo da confermarmi le
sue eccelse doti di chef e conquistarmi probabilmente con il cibo.
Il mio trucco è lievemente sbavato e i miei capelli
sono un po’ scompigliati, però nel complesso sono ancora accettabile. Non
voglio rischiare di arrivare troppo tardi e comunque ormai penso sia alquanto
inutile crearmi scrupoli, visto che Richard ha potuto ammirarmi sia con indosso
una maxi-tuta sia nella mia mise
casalinga composta da una maglietta informe associata ad orrendi pantaloni di
flanella. Eppure, nonostante il mio look niente affatto raffinato, non è
fuggito in preda alla paura e non si è neppure lamentato. In realtà non ha
fatto alcun commento e anzi, quando ci siamo trovati vicini sul mio divano, si
è limitato a giocherellare con la stoffa consunta della mia t-shirt oversize.
In quel momento ho davvero creduto di amarlo alla
follia.
Ad ogni modo, sebbene i miei sentimenti nei suoi
confronti siano seriamente profondi, devo ammettere che non riesco ancora a
lasciarmi andare del tutto e il nostro rapporto purtroppo ne sta risentendo. In
effetti la nostra intimità – non a livello emotivo, ma puramente a livello
sessuale – si trova ad un porto morto, perché sento la necessità di andare
piano. Per spiegarla in terminologie sportive e per usare una metafora del
baseball, siamo ancora alla seconda base. La verità è che non voglio lasciarmi
guidare dalla nostra reciproca attrazione e creare una relazione basata solo
sulla lussuria, come è accaduto con Tom e tanti altri prima di lui. Non voglio
restare di nuovo scottata e non voglio commettere un altro errore, fidandomi
della mia libido e permettendo ai miei istinti di dominarmi. Questa volta ne
uscirei davvero distrutta, quindi sto cercando di trattenermi e sto imponendo
addirittura al mio corpo un lungo periodo di castità. Certo, se devo essere
sincera desidero Richard e sono sicura che anche lui a sua volta provi una
passione ardente nei miei confronti. I segnali da parte sua infatti sono
alquanto palesi e quando ci troviamo molto vicini non può nascondermi la sua
eccitazione, però si sta comportando da vero gentiluomo e non mi sta facendo
pesare la mia decisione. È sempre rispettoso, dolce e tenero. È normale che in
determinati casi possa sentirsi un po’ insoddisfatto, soprattutto quando ci
baciamo con autentica passione ed io alla fine mi tiro indietro, però cerca
sempre di non farmelo notare. Accetta con passività i miei comportamenti,
limitandosi ad accarezzarmi una volta scemato il momento e sussurrandomi poi
parole gentili all’orecchio per tentare di calmarmi. Perché è vero che non
voglio pentirmi di aver accelerato troppo i tempi, però a volte anche per me i
baci non sono sufficienti. Non posso più accontentarmi del petting, delle
palpatine e delle semplici carezze. Non mi bastano. A volte vorrei
semplicemente smettere di pensare, trovare un modo per placare le mie paure e
superare le mie insicurezze. Ma in quei rari momenti in cui mi convinco ad
abbattere le mie barriere è proprio Richard a bloccarmi, dato che riesce a
percepire la mia incertezza mista a frustrazione. La mia voglia di stargli più
vicino, offuscata però dal mio timore di commettere uno sbaglio e rischiare di
perderlo.
Tuttavia questa sera voglio dare una svolta alla
nostra relazione, voglio fare un passo avanti e mettere da parte i miei timori.
Ci stiamo frequentando da diverse settimane e abbiamo imparato a conoscerci,
accettando i nostri pregi e i nostri difetti. Adesso mi sento più sicura, non
solo di me stessa ma anche di lui: della sua sincerità, del suo affetto e della
sua stima nei miei confronti.
Quando raggiungo il suo appartamento sono quindi
determinata a portare a termine la mia missione, perciò mentre mi ammiro la mia
immagine riflessa nello specchio dell’ascensore non mi stupisco di notare le
mie guance arrossate e gli occhi luccicanti. Sono emozionata, esaltata dalla
prospettiva di come potranno evolversi le cose questa notte e in generale piena
di aspettative.
Appena le porte metalliche si aprono, dandomi una
chiara visione dello spazio circostante, mi accorgo subito che Richard mi sta
aspettando davanti all’ingresso del suo attico. È appoggiato precisamente
contro lo stipite della porta e ha le braccia incrociate sul petto, nonché lo
sguardo puntato verso la mia direzione. Questa sera indossa un paio di jeans ed
una camicia grigia, in modo da compensare il suo aspetto casual con almeno un minimo di eleganza. I suoi capelli invece sono
scompigliati e rovinano tutti i suoi sforzi di sembrare sofisticato, tuttavia
nell’insieme il suo look un po’ dimesso ed informale non mi dispiace. Anzi, lo
fa apparire ancora più sexy.
«Ciao, Chris» mi saluta il diretto interessato nel
momento in cui mi avvicino alla sua figura, sorridendomi anche con tenerezza.
Subito dopo mi stampa un dolce bacio sulle labbra, che mi lascia talmente
scombussolata da indurmi ad appoggiarmi contro il suo torace per non perdere
l’equilibrio, e solo quando si reputa pienamente soddisfatto del suo benvenuto
mi permette di entrare in casa.
«Ciao, Richard» ricambio, separandomi
successivamente dal suo corpo e ritrovandomi ad arrossire.
«La cena è quasi pronta, mettiti pure comoda» mi
invita in seguito lui, facendomi strada fino al salone. Prima di seguirlo
all’interno dell’appartamento sistemo comunque il cappotto nell’apposito
attaccapanni e appoggio la borsa su uno dei ganci inferiori, mentre mi godo gli
aromi che provengono dalla cucina e la musica di sottofondo. Si tratta
chiaramente di un pezzo classico, anche se non riconosco né l’artista né il
titolo della melodia. Ad ogni modo non mi soffermo molto su quest’ultimo
particolare e anzi con una certa fretta mi decido a raggiungere il mio
magnifico ragazzo in soggiorno, dove noto subito un piccolo tavolo rotondo
posizionato sotto l’enorme vetrata che fin da subito ha catturato il mio
interesse e offre una vista spettacolare della città.
Le luci nella stanza sono soffuse, probabilmente
per concentrare l’attenzione sulla candela collocata proprio al centro del
tavolino, ed è evidente che l’ambiente è stato predisposto per un incontro
romantico. Infatti un vaso con delle rose è sistemato sul davanzale della
finestra, vicino ad una bottiglia di champagne e due bicchieri ancora vuoti.
«Cosa stai preparando?» mi interesso una volta
conclusa la mia esplorazione, salendo il gradino che mi separa dalla cucina e
appoggiandomi successivamente contro il bancone. Richard è chinato sul forno e
così mi offre un’ottima vista del suo sedere, sebbene la mia concentrazione al
momento sia rivolta maggiormente al cibo. Per pranzo in effetti ho mangiato
solo un’insalata, considerati i numerosi appuntamenti che avevo nel pomeriggio,
perciò adesso sto davvero morendo di fame.
«Bistecche e patate» mi spiega, girandosi nella mia
direzione e portando con sé la teglia contenente il nostro contorno. Le patate
sono condite con rosmarino, formaggio fuso e pepe. Emanano un odore delizioso e
ho già l’acquolina in bocca, ma cerco di trattenermi perché non voglio apparire
un’ingorda. Sono pur sempre una donna di classe e ovviamente sono capace di
trattenere i miei impulsi, anche se io e il cibo abbiamo un rapporto
particolare. In fondo è il mio punto debole.
«Posso aiutarti in qualche modo?» gli propongo,
cercando di impegnare il mio tempo per non cedere alla tentazione di rubare una
patatina dalla teglia.
«In realtà ho quasi finito tutto, ma se vuoi
potresti condire l’insalata» mi invita, indicandomi la ciotola con la verdura.
«Pensi di riuscirci, tesoro?» mi provoca in seguito, prendendomi in giro per le
mie scarse doti culinarie.
«Ho un talento innato per dosare olio e sale» gli
rispondo con prontezza, apparendo estremamente seria e convinta.
«Sei sempre piena di sorprese» dichiara Richard,
sorridendo con divertimento e condividendo la mia ironia. «Com’è andata la tua
giornata?» si interessa in seguito, continuando ad occuparsi della carne. Io
intanto recupero i condimenti per la lattuga, prendendo dal frigo anche un
limone. Questa sera voglio essere trasgressiva ed osare con gli ingredienti, in
modo da dare una bella scossa alla mia autostima. Almeno per quanto riguardo la
cucina.
«Bene, anche se un po’ stancante» ammetto,
commuovendomi per il suo interesse. In realtà Richard mi chiede spesso come
trascorro le mie mattinate e non per perdersi nei soliti convenevoli, ma perché
vuole davvero condividere questi momenti con me e soprattutto vuole sapere se
mi è accaduto qualcosa di interessante. Se sono felice, stressata oppure
annoiata. In momenti come questi mi vengono in mente le mie chiacchierate con RichieRich, visto che anche lui reputava
importanti le mie impressioni e i miei sentimenti. Ogni volta che ci mettevamo
in contato tramite e-mail cercava sempre di capire come avessi trascorso il mio
tempo, inoltre ci confrontavamo sul lavoro e mi permetteva di sfogarmi. Era il
mio migliore amico, anche se solo virtuale. Ma non dovrei pensarci in questo
momento, quindi scuoto il capo e continuo a parlare. «Mr Micols mi ha affidato
altri tre clienti» ammetto con orgoglio, occupandomi con maniacale cura della
mia bellissima insalata.
«È magnifico» si complimenta Richard, sorridendomi.
«Sono persone stimolanti?» mi domanda, prendendo due piatti dalla dispensa.
«Oggi ho conosciuto solo Sophia» lo informo, senza
nominare comunque il suo cognome per preservare la sua privacy. «È la nipote di
una magnate della ristorazione» proseguo, dandogli solo alcune informazioni
base sulla mia nuova affiliata. «Ha appena compiuto ventun anni ed è entrata in
possesso del patrimonio lasciatole dal nonno, quindi per evitare che sperperi
tutti i suoi soldi la famiglia le ha imposto di cercarsi un consulente».
«E ha davvero intenzione di darti retta?» mi chiede
lui, finendo di cuocere le bistecche.
«Ha già speso cinque mila dollari in borse e
scarpe» dichiaro con fare sconsolato, pensando che sono ancora lontana da avere
anche solo un minimo influenza o almeno un certo ascendere positivo su questa
ragazzina. Probabilmente ci vorranno settimane prima che inizi a darmi retta e
accetti i miei consigli, spero soltanto che nel frattempo non spenda tutti i
suoi soldi in capi di marca e accessori costosi. Se dovesse continuare con
questo stile di vita la sua eredità, secondo i miei calcoli, si dimezzerebbe nel
giro di due mesi e sarebbe un vero peccato. Sì, anche a me piacciono le Jimmy
Choo e anche io vorrei possedere una delle famose Birkin Bag di Hermès. Sarebbe fantastico, ma non al
punto da dilapidare il mio patrimonio.
«Dovresti imporle una paghetta mensile» mi
suggerisce Richard, annuendo con decisione.
«Potrei farlo, però questo non risolverebbe il
problema» confesso, sospirando con rassegnazione. «È troppo immatura e viziata
per darmi retta, quindi prima di tutto devo farle comprendere le priorità della
vita e il vero valore dei soldi».
«Sono sicuro che ci riuscirai» mi rassicura,
fidandosi delle mie capacità.
«E tu invece cosa hai fatto questa mattina?» gli
chiedo, aiutandolo intanto a portare le varie pietanze sul tavolino. «Qualche
altro investimento pazzo?» proseguo, prendendo posto e bevendo un sorso di
vino. Richard infatti mi ha scostato la sedia per permettermi di sedermi e poi
ha appena riempito i nostri calici, scegliendo un corposo Cabernet.
«Ho avuto un’altra riunione con il mio Consiglio di
amministrazione, perciò ho sprecato un’intera giornata guardando grafici
colorati e ascoltando discorsi alquanto soporiferi» mi mette al corrente,
riferendomi la sua noia e il suo disinteresse per questi tipi di incontri
improduttivi. «Poi Colin mi ha illustrato le nuove analisi di mercato che ha
effettuato questo mese e mi ha convinto a darmi una calmata con le mie
iniziative, almeno per un breve periodo».
«Il tuo assistente è molto saggio» mi complimento,
condividendo la sua prudenza.
«È per questo che l’ho assunto» si vanta, iniziando
ad assaporare il cibo. «Lui compensa la mia parte impulsiva, inoltre è un genio
con i numeri e soprattutto non lo intimidisco».
Già, se Richard lavorasse con un pappamolla o una
persona disposta a tutto pur di compiacerlo non sarebbe un imprenditore così
famoso e potente. Il suo impero sarebbe crollato subito a causa delle sue idee
fin troppo innovative e fuori dagli schemi. Lui ha bisogno di valutare
oggettivamente le sue iniziative, ha bisogno di non sentirsi onnipotente e
oltretutto è necessario rimproverarlo quando supera certi limiti.
Ad ogni modo, mentre ci gustiamo l’ottima carne
preparata dal mio mitico ragazzo insieme ai contorni di cui vado
particolarmente fiera o almeno per quanto riguarda la verdura, continuiamo a
parlare del nostro lavoro e delle ultime novità. Io gli racconto della recente
iniziativa di mia madre di iscriversi all’associazione femminile delle “Signore del Queens”, ovvero un gruppo di
vecchie pettegole che si riunisce settimanalmente con la scusa di prendere il
tè in qualche locale del centro e aggiornarsi sui vari gossip invece di pensare
alle opere di beneficenza da organizzare in città, e lui invece mi parla dell’assurda
collezione di papillon iniziata da
suo padre appena la settimana scorsa. A proposito di genitori strani ed
eccentrici. A quanto pare Edward ha ristrutturato la sua cabina armadio proprio
per dedicare un’anta solo ai suoi adoratissimi farfallini e adesso li sta
comprando in quantità industriali, in preda ad un attacco di shopping
compulsivo dettato da una crisi di mezza età. Ma chi sono io per giudicarlo,
quando un’intera mensola della mia cucina è riservata solo alle ciambelle.
Se devo essere sincera credo comunque che Samantha
si sia unita alle “Signore del Queens”
semplicemente per cercare di fare amicizia con qualche signora altolocata e
accoppiarmi con qualcuno dei loro figli, perché lei è ancora convinta che io
non sia capace di trovarmi un uomo. In realtà ha palesemente torto, ma è anche
vero che non le ho ancora detto di stare frequentando Richard. Non voglio che
prenoti la chiesa e inizi a stressarmi con rinnovata determinazione per
convincermi a mettermi a dieta, in modo da poter indossare il suo abito da
sposa. Per adesso voglio godermi questa relazione senza aspettative, ansie e
malumori. Senza dover sopportare le critiche, il giudizio e gli insulti di mia
madre. Incurante dei miei pensieri Richard continua a raccontarmi della sua
famiglia, informandomi anche delle recenti imprese di suo fratello e del suo
ultimo appuntamento disastroso con una modella russa che capiva al massimo due
parole di americano.
Il tempo scorre velocemente e ben presto, quando la
bottiglia di vino finisce, passiamo allo champagne. La musica continua a
risuonare nell’aria e adesso dalle melodie classiche siamo passate a quelle più
moderne, come le canzoni di Ed Sheeran e dei Maroon 5. Quelle romantiche, super
sdolcinate e incredibilmente suggestive. In questo preciso momento stiamo
ascoltando “Girls Like You”, ovvero
l’ultimo successo del suddetto gruppo statunitense in collaborazione con la
rapper Cardi B. Il volume è comunque ridotto, in modo da non ostacolare i
nostri discorsi e non essere disturbati, anche se ora siamo rimasti in
silenzio. Ci stiamo godendo semplicemente la bellezza di questa serata,
restando vicini su questo divano e bevendo il nostro squisito champagne. Io mi
sono addirittura tolta le scarpe per mettermi comoda e ho allentato i primi
bottoni della mia camicetta, mentre il mio magnifico compagno è appoggiato
mollemente contro la spalliera del sofà. In una mano tiene il suo bicchiere,
ormai quasi vuoto, e l’altra invece è appoggiata contro la mia gamba. Con le
dita sta disegnando ghirigori immaginari sulla mia pelle, facendomi rabbrividire.
Ogni tanto ci lanciamo anche degli sguardi carichi di aspettative e di
intimità, che mi fanno tremare di desiderio e mi fanno sentire impaziente. Ma
forse è questa la vera attrazione: sentirsi smaniosi di congiungersi all’altro,
non riuscire a sopportare l’attesa e percepire l’eccitazione scorrere nelle
vene.
Durante il sesso mi sono sempre lasciata
condizionare dalle mie paure e dalle mie imperfezioni, invece adesso mi sento
bene e a mio agio. Non mi preoccupano i miei chili di troppo, i miei fianchi
larghi, le mie cosce abbondati. Con Richard non ho bisogno di nascondermi, non
ho bisogno di spegnere la luce e coprirmi il più velocemente possibile con le
coperte. Stare con lui mi rende coraggiosa. È una sensazione che non ho mai
provato prima, che mi fa sentire diversa e allo stesso tempo straordinariamente
forte. È per questo che, quando non riesco più a contenere la mia eccitazione,
mi decido a prendere l’iniziativa. Mi inginocchio quindi sul divano e gattono
verso Richard, offrendogli un’ottima panoramica del mio seno. Mi avvicino fino
a mettermi a cavalcioni sul suo grembo e incrocio le braccia dietro al suo
collo, mantenendomi così in equilibrio.
«Chris» borbotta allora lui, ancorando comunque le
sue dite ai miei fianchi e fissandomi con uno sguardo intenso. «Cosa stai
cercando di fare?» mi chiede in un sussurro, provando a mascherarmi il suo
desiderio.
«Non è abbastanza ovvio?» lo interrogo, senza
aspettare nonostante tutto la sua risposta. «Ti sto seducendo» chiarisco,
mantenendo ancora un tono basso per sembrare più sensuale e passandogli intanto
le mani tra i capelli con estrema lentezza in modo da provocarlo. «Non mi sto
rendendo ridicola, vero?» aggiungo comunque in seguito, sentendomi
all’improvviso lievemente insicura. Perché va bene autoconvincersi di aver
superato le proprie paure, va bene illudersi di poter ignorare le proprie
insicurezze, va bene credere di riuscire a dare finalmente una svolta al
proprio destino… ma alla fine io sono sempre la stessa Christine: una donna
paranoica, in sovrappeso, con evidenti problemi di autostima e normalissimi
difetti. Una donna che si è spesso vergognata del proprio fisico, che non ha
mai fatto il primo passo e si è sempre sentita inferiore rispetto al proprio
partner. Ma Richard, sebbene sia l’uomo più bello e carismatico con il quale
sia uscita negli ultimi anni, non mi fa sentire inadeguata. Lui mi ha permesso
di scoprire parti di me, parti che prima erano sepolte sotto cumuli e cumuli di
incertezze, che mi hanno sorpresa e contemporaneamente cambiata. Mi hanno
permesso di aprire gli occhi, di conoscermi un pochino meglio e perfino di
piacermi.
«Tu sei perfetta, tesoro» mi rassicura con una voce
dolce, sorridendomi. «Perfetta per me».
«Allora portami di là, Richard» sussurro sulle sue
labbra, riferendomi alla camera da letto.
«Ne sei sicura?» mi domanda di nuovo, ricevendo in
cambio un mio cenno di assenso. «Come desideri» mi asseconda, alzandosi e
portandomi in braccio fino alla sua stanza.
Fino ad oggi non mi sono mai addentrata nel suo
appartamento, ma i colori e i mobili seguono lo stesso stile del soggiorno.
Pareti chiare, arredamento in legno e foto sparse ovunque. La sua camera invece
è leggermente diversa: i muri sono dipinti con una calda tonalità di verde, la
mobilia è bianca e un intero lato è occupato da una libreria stracolma di
volumi. Il letto si trova al centro della stanza, sulla destra invece si trova
un’enorme cabina armadio e vicino una porta che presumo porti direttamente ad
un bagno privato. Non ho comunque il tempo di studiare in maniera molto
approfondita l’ambiente, perché Richard al momento ha tutta la mia
attenzione.
Quando mi adagia sul morbido materasso coperto con
un piumino color panna mi decido finalmente a baciarlo, mentre seguo con le
mani i contorni dei suoi muscoli. Voglio sentirlo più vicino, voglio percepire
il suo calore e farlo mio. Anche lui non si risparmia e sfiora con le dita la
mia pelle, scostando gli strati di stoffa che coprono il mio corpo ed
indugiando sui punti che mi fanno rabbrividire. Intanto continuiamo a baciarci
appassionatamente e saggio con la lingua la dolcezza della sua bocca,
lasciandomi trasportare da questo momento. Sono così concentrata che non mi
accorgo nemmeno quando la parte superiore della mia camicetta si apre del
tutto, scoprendo il candido rigonfiamento dei miei seni. Mi stacco quindi dalle
labbra di Richard con un sussulto, mentre lui tira in basso le coppe del mio
reggiseno fino a quando non lascia il mio petto nudo. Poi china la testa e
prende quello che desidera senza ulteriori esitazioni, leccando un capezzolo
eretto e stuzzicandolo con la lingua. Emetto quindi un sospiro profondo e
chiudo gli occhi, sollevandomi istintivamente verso di lui. Il respiro di
Richard di conseguenza si fa più rapido, intanto che mi libera definitivamente
dalla mia blusa. La fa scivolare a terra, scoprendo le curve abbondanti dei
miei fianchi e la mia pancia. Non ho il tempo però di sentirmi a disagio o in
imbarazzo, perché le sue mani iniziano a vagare su tutto il mio corpo. Bacia il
mio ombelico e la mia carne tenera, spingendomi ancora di più contro le coperte
e lasciandomi distendere completamente per avere maggiore accesso. Quando
incontra l’orlo della mia gonna ha un attimo di esitazione e si ferma a
guardarmi, ricevendo il mio tacito assenso. Non ho alcuna intenzione di bloccarlo
proprio adesso e le mie guance rosse, insieme ai miei occhi lucidi di
eccitazione, devono averlo convinto dato che non esita a continuare la sua
opera di vestizione. Si sbarazza infatti con esaltante fretta del mio completo,
concentrandosi in seguito sulle mie mutandine di cotone. Appena sono nuda
Richard si mette a cavalcioni su di me e di conseguenza allargo le gambe,
lasciandomi imprigionare sotto il suo peso e adattandomi alla situazione. Lui
intanto mi bacia la gola, strofinando leggermente i fianchi contro i miei e
facendomi sussultare nel sentire la sua durezza. Subito dopo posa la bocca
sulla mia, baciandomi con rinnovata passione e inducendomi a cercare un
ulteriore vicinanza con la sua figura possente. Presto le se labbra scendono
lungo il mio corpo: si sofferma di nuovo sulla mia gola, poi passa ancora ai
miei seni, si dedica per un paio di secondi a vezzeggiare la mia pancia e alla
fine raggiunge il punto caldo tra mie le cosce. Prende i miei fianchi tra le
mani, tenendomi ferma, e successivamente stuzzica la mia eccitazione con la
lingua. Mi ritrovo a gemere senza controllo, afferrandogli la testa e
implorandolo di smettere questa tortura. Richard eccezionalmente mi accontenta
e si allontana, ma solo per spogliarsi a sua volta. Mi godo la vista dei suoi
muscoli con autentico piacere, ma non ho la possibilità di analizzarlo nei
minimi dettagli perché lui torna velocemente su di me. Si posiziona meglio tra
le mie gambe spalancate e mi penetra, trovandomi pronta ad accoglierlo.
Scivola a fondo dentro il mio corpo, facendomi
incarnare. La mia carne pulsa freneticamente intorno al turgore della sua
erezione, mentre Richard continua a muoversi e a darmi piacere. Fa l’amore con
me in modo tenero, alternando spinte energiche a colpi più delicati. Ad un
certo punto mi sento invadere da un senso di appagamento che non ho mai
conosciuto fino ad ora, quindi lo circondo con le braccia e lo stringo forte.
Sempre più forte. Assaporo ancora i suoi baci, mentre lui continua a prendermi
e raggiunge a sua volta il culmine.
Dopo ci ritroviamo sdraiati uno accanto all’altra,
storditi dalla passione appena condivisa. Il silenzio che condividiamo è carico
di dolcezza, serenità ed amore. Richard mi accoglie tra le sue braccia, mi
bacia la fronte e mi accarezza i capelli con una tenerezza assurda. Io a mia
volta appoggio la testa sul suo petto, passo le dita sul suo braccio e mi
concentro sui battiti del suo cuore.
Non potrebbe esistere momento più bello. Momento più perfetto. Mi sembra quasi
normale quindi chiudere gli occhi, rilasciare un sospiro soddisfatto e
abbandonarmi al sonno.
Quando mi sveglio sono ancora aggrappata a Richard:
le nostre gambe sono intrecciate sotto le coperte, il mio capo è adagiato sulla
sua spalla e una sua mano è ancorata al mio fianco nudo. Un senso di
beatitudine invade le mie membra e mi sento completa. Per una volta i miei
difetti e le mie imperfezioni non mi interessano, perché accanto a me c’è un
uomo che mi apprezza. Un uomo che mi ama, anche se non me l’ha mai detto con le
parole. Ma non importa, per adesso va bene così. Non ho bisogno di dichiarazioni
plateali o frasi romantiche per capire quello che prova, mi bastano i suoi
gesti. Le sue attenzioni, le sue delicatezze, la sua considerazione nei miei
confronti.
Mi godo ancora per qualche attimo il calore
sprigionato dal suo corpo, però quando le mie esigenze si fanno particolarmente
insistenti mi decido ad alzarmi. Mi libero quindi con dolcezza dalla stretta di
Richard, in modo da non disturbare il suo sonno, e mi alzo dal letto. Lancio
un’occhiata distratta alla sveglia posata sul comodino, rendendomi conto che
sono appena le cinque del mattino, e poi recupero velocemente uno degli
indumenti sparsi sul pavimento. Reprimo un brivido di freddo e indosso la camicia
di Richie, arricciando le maniche per stare più comoda. Il tessuto azzurro mi
riscalda quasi subito, anche se mi copre a malapena le cosce, e allora senza
ulteriori esitazioni mi dirigo a piedi nudi in bagno. Una volta occupatami dei
miei bisogni decido di non tornare a letto, anche se attualmente l’unica cosa
che vorrei è riprendere il mio posto tra le braccia di Richard, ma con un moto
di coraggio vado in cucina e mi impegno a preparare il caffè. Metto l’acqua
nella caraffa, aziono la macchinetta e aspetto che la bevanda sia pronta. Nel
frattempo prego di non mandare a fuoco l’intero appartamento, anche se in
teoria non dovrebbe essere poi così difficile accertarsi che il caffè esca in
maniera corretto. Tuttavia, conoscendo la mia sfortuna e le mie inesistenti
doti culinarie, non desidero scommettere con il destino e quindi sto
particolarmente attenta alla macchina mentre recupero una tazza dalla credenza.
La prudenza non è mai troppa.
Ad ogni modo è ancora presto, ma una volta che mi
sveglio è raro per me riuscire di nuovo ad addormentarmi. La mia mente è
iperattiva, perciò se dovessi tornare a letto finirei per pensare a mille cose
diverse e mi sentirei quasi in difetto nel perdere il mio tempo oziando. Di
solito quindi mi metto subito in movimento, cercando di organizzare mentalmente
la mia giornata e pensando ai miei impegni. Oggi è sabato, pertanto non ho
molto da fare. Dovrei sistemare la casa, ritirare i miei abiti dalla tintoria, recuperare
le vecchie puntate delle mie serie TV preferite e sentire mia madre. Magari
fare qualche ricerca di mercato e portarmi avanti con il lavoro, giusto per non
andare in ufficio lunedì senza essermi informata sugli ultimi aggiornamenti.
Ciò nonostante da quando esco con Richard cerco di non programmare troppo
meticolosamente la mia giornata, perché lui tende sempre a scombussolare i miei
pieni con le sue folli idee e i suoi appuntamenti improvvisi. In realtà il mio
lato pragmatico è un po’ irritato da questo suo atteggiamento, mentre la mia
parte romantica e istintiva al contrario adora le sue sorprese. Amo quando
pensa a me, quando mi coinvolge nei suoi progetti, quando cerca di farmi vivere
esperienze uniche ed emozionanti. Come quella volta che mi ha portata a cena
sull’Empire State Building,
permettendomi di ammirare Manhattan di notte dall’edificio più importante della
città. Il tutto accompagnato da un’ottima cena a lume di candela. O come quel
semplice pomeriggio che abbiamo trascorso a Central Park, quando è venuto a
prendermi in ufficio solo per stare un paio di ore insieme. Abbiamo bevuto
cioccolata calda e mangiato brownies comprati da un carretto ambulante,
parlando della nostra mattinata.
Credo di aver trovato davvero l’uomo adatto a me:
comprensivo, gentile, intelligente, sensibile. Un uomo stimolante, capace di
comprendermi e farmi sentire al sicuro.
Il suono della macchinetta interrompe i miei
pensieri e allora mi affretto a riempire la mia tazza, godendomi finalmente il
mio caffè. Scendo i gradini che collegano la cucina al soggiorno, in modo da
raggiungere il divano e prendere posto. Afferro il telecomando – appoggiato
distrattamente accanto ad uno dei cuscini – e sintonizzo la televisione sul TG
regionale per tenermi aggiornata sulle ultime notizie, mentre nel frattempo
finisco la mia bevanda e cerco di non scottarmi.
E poi… e poi succede la catastrofe.
Tutto comincia con il suono del cellulare di
Richard, che è sistemato sul tavolino di fronte al sofà. Lo schermo si illumina
attirando la mia attenzione, ma inizialmente lo ignoro perché non ho alcun
interesse nell’invadere la privacy del mio ragazzo e non voglio nemmeno
mischiarmi nei suoi affari personali. Non sono quel tipo di persona. Ho piena
fiducia in Richard, non mi ha mai dato motivo di dubitare di lui e non ho
alcuna intenzione di mettermi a curiosare tra i suoi messaggi alla ricerca di
un qualche indizio che possa smascherare un suo ipotetico segreto. Inoltre,
come ho potuto notare stando a stretto contatto con lui principalmente a causa
della nostra collaborazione, Richard usa il cellulare soprattutto per il
lavoro. Tuttavia, dopo l’ennesimo bip,
il mio occhio cade accidentalmente sul display e resto paralizzata. Per quale
motivo? Semplice, perché sul piccolo monitor del telefonino è perfettamente
visibile la piccola icona di dialogo di WithLove.
Quell’icona che io conosco molto bene, perché è installata anche sul mio
cellulare. Con mani tremanti allora poso la tazza e afferro il suo smartphone,
sbloccandolo e cliccando sul simbolo del sito di incontri.
Addio rispetto della
privacy, buoni sentimenti e ottimi propositi. Però non posso ignorare il campanello d’allarme che
ha cominciato a suonare ad alto volume nella mia testa, quindi vado contro
tutti i miei principi e mi decido a ficcare il naso nelle questioni personali
del mio ragazzo. Tuttavia la gelosia, la paura e il timore prendono il
sopravvento sul mio lato razionale.
Appena seleziono la finestra di dialogo si apre
ovviamente una conversazione, nella quale una certa VanessaRabbit – che ha come immagine del profilo una foto della
provocante Jessica Rabbit,
probabilmente per stare in tema con il suo nickname – gli propone di conoscersi
meglio. Il loro livello di compatibilità risulta essere nella media, ma a lei
sembra non importare e anzi gli spiega che non ha alcuna intenzione di
lasciarsi condizionare da un numero immaginario basato su assurde statistiche
campate in aria da un’intelligenza elettronica per cominciare una relazione. Se
devo essere sincera non rimango particolarmente colpita dalle parole di questa
donna sconosciuta e tutto sommato non mi sembra nemmeno così irrealistica
l’ipotesi che Richard possa essersi affidato ad un sito del genere per cercare
l’anima gemella, in fin dei conti anche io ho fatto la stessa cosa e ognuno può
avere le proprie ragioni per decidere di iscriversi ad una pagina del genere,
ad ogni modo quello che mi lascia davvero sbalordita è il nome virtuale scelto
dal mio ragazzo. Perché è assurdo, irreale e impossibile. Eppure le lettere in
grassetto sembrano sfidarmi e, sebbene sbatta più volte le palpebre per cercare
di schiarirmi la vista, quel nome è ancora lì. È ancora stampato sul monitor
del cellulare, beffandosi di me e della mia ingenuità.
RichieRich.
È una coincidenza, vero? Lui non può essere quel
RichieRich. Il mio RichieRich. Ciò
nonostante non posso restare con il dubbio e per scoprirlo non mi resta altro
che indagare, quindi ignoro la mia morale e mi impegno ad entrare nel profilo
che ha aperto il mio ragazzo rinnovando il mio addio riguardo nei confronti
della fiducia riposta nei suoi confronti. Leggo dunque la sua presentazione, le
sue generalità, la data della sua iscrizione – quale mese precedente alla mia –
e i contatti registrati nella sua rubrica. Uno solo: ChocolateDonut. Tutto corrisponde. Ogni singolo dettaglio. Scorro i
vari messaggi che ci siamo inviati, tutti salvati da Richard in un’apposita
cartella, e rivivo la nostra storia virtuale dal suo punto di vista. Le mie
battute su Mr Billionaire, le mie insinuazioni, le mie confessioni. Il mio
disperato bisogno di vedere RichieRich quando
mi sentivo persa e la sua insistenza di essermi comunque vicino, perché in
effetti era davvero al mio fianco. Mi teneva addirittura la mano.
Quando finisco mi ritrovo a trattenere il respiro e
mi sento impallidire, butto il cellulare sul divano come se scottasse e mi alzo
di scatto per tonare in cucina. Apro il rubinetto e mi riempio un bicchiere
d’acqua, mandandolo giù tutto d’un fiato e imponendomi di non svenire. Non
adesso, non in questa casa. Lo shock tuttavia mi impedisce di pensare
razionalmente o anche soltanto di muovermi, pertanto resto ferma al mio posto e
prendo dei respiri profondi per cercare di calmarmi. Sto tremando e sento i miei
occhi inumidirsi, ma in questo preciso istante non posso perdere il controllo.
Non posso avere un attacco di panico, non posso fare una scenata e non posso
nemmeno scoppiare a piangere come una bambinetta isterica. Sarebbe ancora più
imbarazzante.
Sussulto quando due forti braccia mi avvolgono
all’improvviso la vita e un petto solido si adagia contro la mia schiena,
facendomi chiaramente percepire la presenza di Richard alle mie spalle. Il suo
odore mi avvolge, ma ora non mi trasmette più gli stessi brividi piacevoli di
prima. In questo momento provo solo una forte nausea e un disagio che non avrei
mai pensato di sentire con lui, perciò mi tendo.
«Buongiorno, tesoro» sussurra al mio orecchio,
lasciandomi un tenero bacio sul collo. Evito ad ogni modo di rispondergli e mi
volto nella sua direzione con calcolata lentezza, lasciandogli ammirare la mia
espressione. Sono super rigida, pallida e ovviamente sconvolta.«Stai bene?» mi domanda allora Richard,
accorgendosi della mia condizione pietosa.
Lui indossa soltanto un paio di pantaloni grigi
della tuta e quindi posso ammirare i suoi pettorali, ma mentre in un’altra
circostanza questo particolare non così insignificante mi avrebbe fatta sbavare
e mi avrebbe convinta a ritornare a letto per un altro round sotto le lenzuola
adesso non mi fa alcun effetto. Ok, non è proprio vero. La mia attrazione nei
suoi confronti non è evaporata a causa della delusione, però ora ho difficoltà
a fidarmi nuovamente di lui.
«Tu sei RichieRich?»
gli chiedo quindi in un sussurro, senza perdere ulteriore tempo nello scoprire
la verità. «Il mio RichieRich?»
ripeto, chiarendogli il senso delle mie parole.
Osservo chiaramente il suo volto cambiare, nonché
la leggerezza svanire dai suoi lineamenti per essere sostituita dall’allarme e
dalla preoccupazione. Non prova a negare e questo lo apprezzo, ma il suo
atteggiamento all’apparenza noncurante mi irrita più di tutto il resto. Forse
Richard pensava che mi fossi pentita della nostra intimità, ma il mio
atteggiamento è dipeso da un fattore ancora più grave. Da un tradimento che non
mi aspettavo e mi ha trafitto il cuore.
«Christine» inizia lui, provando ad accarezzarmi la
guancia per tranquillizzarmi. Ma io mi allontano, liberandomi dalla sua stretta
e aggirando l’isola della cucina per mettere più distanza tra di noi. non ho
bisogno della sua vicinanza ora, non ho bisogno di farmi illudere dal suo
tocco.
«Non usare quel tono con me» lo avverto, apparendo
ad ogni modo estremamente insicura. «Non cercare di rabbonirmi o prendermi in
giro» continuo, sentendomi esposta e vulnerabile.
«Voglio solo che ti calmi» ammette Richard,
fissandomi con intensità.
«Non posso calmarmi!» esclamo, alzando la voce e
perdendo per un secondo il controllo. «Di certo non adesso» proseguo,
respirando con affanno. Non adesso che tutti i miei sogni romantici si sono
trasformati in incubi, non adesso che tutte le mie convinzioni si sono sciolte
come neve al sole, non adesso che il mio cuore sembra frantumarsi in milioni di
pezzi. «Ora voglio solo sapere come stanno davvero le cose, credo di averne
tutto il diritto».
«Va bene» mi asseconda lui, rassegnando
all’evidenza dei fatti.
«Tu…» inizio, esitando in preda al timore. Non
voglio avere questa discussione, non voglio affrontarlo. Non voglio rovinare
tutte le mie aspettative, i miei sogni e le mie fantasie. Però non posso
evitare questo confronto, non posso ignorare la realtà. «Tu sei un membro di WithLove, vero?» lo interpello, anche se
da quello che ho già potuto vedere nel suo cellulare è chiaro il suo
coinvolgimento con questa piattaforma telematica.
«Sì» confessa infatti Richard senza alcuna
esitazione, comprendendo che attualmente non apprezzo altro che un’immediata
sincerità. Niente giri di parole, voglio andare dritta al punto.
«Perché?» mi interesso quindi, provando a capire le
sue ragioni.
«In realtà sono uno dei finanziatori del sito» mi
mette al corrente, passandosi una mano tra i capelli con evidente disagio.
Un finanziatore.
Sussulto, pensando che le cose stanno peggio del
previsto. Mi ha nascosto parte dei suoi investimenti, nonostante il mio ruolo
di consulente.
«Certo» mormoro, ancorandomi al bancone per non
perdere l’equilibrio a causa dello sconcerto procuratomi da questa sua ultima
rivelazione. «E non investi mai in un prodotto senza prima averlo testato,
sbaglio?» dico con ironia, scuotendo il capo con disapprovazione e ripetendo le
sue parole.
«Sai come lavoro» si giustifica lui, apparendo
stranamente controllato.
«Quindi per tutto questo tempo hai finto di essere
un normale iscritto, mentre in realtà ti sei registrato per capire il
potenziale dell’applicazione e mi hai usato come cavia» affermo, rivivendo
mentalmente tutte le nostre precedenti discussioni per cercare di trovare
qualche indizio utile o almeno anche solo un minuscolo dettaglio che possa
scagionarlo da tutte le mie accuse. Da tutte le mie convinzioni. Devo trovarlo,
perché altrimenti l’altra eventualità sarebbe… spaventosa. Accettare l’idea di
poter essere stata realmente solo un gioco per lui, soltanto una prova per
valutare un sito su cui ha impiegato chissà quanti milioni di dollari, mi
distruggerebbe. Più di ogni altra cosa. Farebbe più male del tradimento di Tom,
delle parole taglienti rivoltemi puntualmente da mia madre nelle occasioni meno
opportune e di tutte le pessime esperienze che ho collezionato nel corso dei
miei trent’anni di vita. Toccherei davvero il fondo. Ma magari Richard mi aveva
accennato qualcosa all’inizio della nostra conoscenza ed io non l’ho sentito,
perché ero troppo impegnata a disprezzarlo e allo stesso tempo ad ammirarlo.
Magari è tutto solamente un enorme malinteso. Solo un malinteso. Ma no, Richard
mi ha sempre nascosto di essere il mio ammiratore segreto. Quando poi sono
diventata la sua promoter finanziaria e sono venuta a conoscenza dei suoi
investimenti ha evitato di parlarmi di WithLove,
ha volutamente nascosto il suo coinvolgimento con questo tipo di piattaforma e
ha occultato ogni documento che potesse ricondurlo al sito. Non mi ha mai
offerto alcun indizio e durante questi lunghi mesi che abbiamo passato l’una a
fianco dell’altro, imparando a conoscerci e a rispettarci non solo come
professionisti, mi ha perfino nascosto di aver fatto un investimento del
genere. Oltretutto, mentre chattavo con lui nelle vesti di RichieRich, non ha mai difeso se stesso. Quando parlavamo più o
meno scherzosamente del fantomatico Mr Billionaire faceva finta di niente, mi
lasciava sfogare e spesso condivideva la mia ironia senza alcun tentennamento.
Mi sono confidata con Richie, mettendo a nudo i miei pensieri e le mie paure,
eppure non ho mai ricevuto un parere sincero da parte sua. Alla fine nel
momento in cui ho concluso la nostra relazione telematica, scegliendo un uomo
in carne ed ossa invece di un misterioso corteggiatore virtuale, ha avuto pure
il coraggio di mostrarsi offeso. Mi sono sentita in colpa ed una traditrice,
mentre lui probabilmente gongolava per la sua vittoria.
Sono più vicino di
quello che credi, mi aveva scritto
in uno dei suoi ultimi messaggi.
«Sì, mi sono iscritto per capire i meccanismi del
sito e il suo potenziale» conferma, rispondendo alla mia osservazione. «Ma non
ti ho usata come cavia».
«No, mi hai solo ingannata» concludo dunque con
amarezza, interrompendo i miei ragionamenti prima di mostrargli la mia
sofferenza.
«Le cose non sono andate in questo modo» si
affretta allora a precisare con un lampo di frustrazione, permettendomi in
questo modo di vedere oltre il suo atteggiamento composto.
«Davvero?» lo sfido, storcendo le labbra in
un’espressione disgustata. «Vuoi forse dirmi che non sapevi chi si nascondeva
dietro il nickname di ChocolateDonut?»
lo provoco, attenendo una sua replica immediata. «Non avevi idea che la donna
insicura e tremendamente insistente che continuava a contattarti ero io?»
continuo, ricevendo in cambio solo un suo sguardo serio. «Il tuo silenzio è già
una risposta» dichiaro in seguito, confermando le mie intuizioni.
«In quanto socio ho la possibilità di visualizzare
ogni profilo senza alcuna restrizione e mi è concesso bypassare il sistema»
ammette Richard, sospirando con fare sconfitto e fissandomi con trepidazione
mista a senso di colpa. «Perciò sì, appena mi hai scritto ho fatto una ricerca
su di te».
«Hai invaso la mia privacy!» lo rimprovero,
ignorando la mia coscienza che mi ricorda di aver fatto esattamente la stessa
cosa appena pochi minuti fa.
«Ho solo controllato chi fosse Choco, perché forse
ti sembrerà assurdo ma le tue parole mi avevano intrigato» confessa, iniziando
a gesticolare. «Volevo capire chi si nascondeva dietro un sarcasmo che sapeva
di timidezza e così ho scoperto che eri tu» prosegue, indicandomi. «La promoter
finanziaria che volevo assumere, anzi che stavo già assumendo» rimarca,
facendomi capire che mi avrebbe scelta come sua assistente a prescindere da
tutto.
«Ti sei divertito a prendermi in giro?» gli
domando, trattenendo a stendo un singhiozzo e portandomi una mano davanti alla
bocca per trattenere proprio i miei singulti. Non voglio essere debole, non devo essere debole.
«Christine, ascoltami…» prova a convincermi
Richard, sospirando con rammarico e tentando anche di avvicinarsi di nuovo a
me.
«No» lo blocco, cominciando ad indietreggiare. «Mi
sono confidata con Richie pensando che fosse un amico» gli ricordo,
considerando i nostri messaggi e le nostre lunghe conversazioni on-line. Tutto
quello che gli ho scritto, pensando di aver trovato finalmente qualcuno che mi
capisse. «Una persona di cui potessi fidarmi» rincaro, lasciandogli percepire
le mie sensazioni. «Una persona di cui potessi innamorarmi» bisbiglio,
ragionando sulla sofferenza che ho provato quando ho concluso il nostro
rapporto virtuale. Quando non l’ho scelto, in modo da darmi l’opportunità di
vivere una storia reale e potenzialmente felice. «Poi, giorno dopo giorno, mi
sono resa conto che tu stavi travolgendo i miei piani. Tu, il mitico Richard
Reyes, sei stato in grado di sconvolgere il mio mondo e abbattere i miei muri»
proseguo, usando un tono incredulo per spiegare il mio genuino sconcerto. «Mi
sono resa conto di aver trovato l’uomo giusto per me e allora ti ho messo
davanti a tutto, nonostante i miei dubbi e le mie paure» gli ricordo,
asciugandomi una lacrima e prendendo un respiro profondo prima di proseguire.
«Mi sono lasciata andare e ti ho affidato il mio cuore, mentre tu intanto
giocavi con i miei sentimenti».
«Non ho avuto il coraggio di dirtelo» dichiara lui,
sembrano altrettanto sconfitto e abbattuto. «Tu non puoi capire, Christine».
«Cosa? Che sei un bugiardo?» lo sfido,
arrabbiandomi.
«Quanto è stato difficile dovermi trattenere e
mostrarti solo una parte del mio carattere, interpretare la parte del
multimiliardario eccentrico e annoiato dal mondo quando invece volevo solo
essere quello stesso uomo che ti faceva ridere per e-mail. Quello stesso uomo a
cui tu non esitavi a scrivere per chiedere un consiglio, per essere rassicurata
e sentirti accettata» confessa, trasmettendomi la sua debolezza e la sua
fragilità. «Maledizione, sono arrivato perfino al punto di essere geloso di me
stesso!» dice, ridacchiando con scarso divertimento. «Perché con Richie eri
rilassata e contenta, invece con me stavi sempre sull’attenti: eri nervosa,
preoccupata e tesa. Non riuscivo a farti sciogliere. Ti sentivi in soggezione,
quando io avrei solo voluto scherzare con te come facevamo normalmente per
messaggio e viverti finalmente alla luce del sole. Non tramite lo schermo di un
cellulare» ammette, ricordando gli inizi del nostro rapporto. «Come potevo
dirti che l’uomo con cui ti stavi confidando ero proprio io? Il tuo
insopportabile e megalomane cliente? Non avrei avuto più alcuna possibilità, ti
avrei persa prima ancora di averti».
«Quindi volevi tenermelo nascosto per sempre?» gli
chiedo con sbigottimento, lasciando aumentare la mia irritazione per la sua
assurda immaturità.
«Sì, perché sapevo che la tua reazione sarebbe
stata proprio questa» conclude, indicandomi.
«Come dovrei reagire?!» mi infervoro, riprendendo a
gridare. «Sono mesi che messaggio con un tizio che non esiste!».
«Non è vero» mi corregge Richard, alzando a sua
volta la voce. «Sono sempre stato me stesso, Chris» mi giura, posandosi una
mano sul petto per enfatizzare le sue parole. «Anche quando ero RichieRich» precisa, centrando il punto
cruciale. «Non ho finto di essere qualcuno di diverso, ti ho soltanto mostrato
la parte più intima di me e sono sempre stato sincero».
«E dovrei crederti?» riprendo, toccando un tasto
dolente. Perché adesso è questo il problema principale: la mia mancanza di
fiducia nei suoi confronti. È una ferita che non si può riarginare. Sono
rimasta troppo delusa dal suo comportamento, nemmeno le parole che hanno usato
i miei precedenti fidanzati quando ci siamo puntualmente lasciati mi hanno
fatto tanto male. Anche se alcuni mi hanno insultata e denigrata, anche se mi
hanno fatto dubitare di me stessa e delle mie qualità.
«Sì» afferma Richie, apparendo determinato e
sicuro. «Non ho mai voluto ferirti» mi garantisce, percependo la mia
vulnerabilità.
«Beh, non ci sei riuscito» mormoro, distogliendo lo
sguardo dal suo e continuando ad indietreggiare. Scendo i gradini che mi
separano dal salotto e nel frattempo inizio a recuperare le mie cose,
trattenendo ancora le lacrime. Sono fiera di me stessa.
«Dove stai andando?» mi chiede allora lui, notando
le mie azioni.
«Lontano da te» gli spiego, scappando dalla stanza
e tornando in camera da letto.
Mi vesto, ignorando lo scompiglio che regna nel mio
cuore nonché il letto che profuma ancora di noi, e alla fine lascio velocemente
l’appartamento di Richard. Senza fermarmi o voltarmi indietro, anche se sento
la sua voce chiamarmi. Anche se vorrei solo tornare tra le sue braccia e
dimenticarmi tutto.
Qual è la cura per un cuore spezzato? Come si può
andare avanti quando il proprio mondo sembra cadere a pezzi? Quando tutto ciò
in cui si credeva risulta essere solo un’enorme bugia? Come si può tornare alla
vita di prima, facendo semplicemente finta di nulla, quando si scopre davvero
cos’è l’amore e cosa significa essere finalmente felici?
Forse sembrerò esagerata e alquanto melodrammatica,
ma da quando ho chiuso ogni rapporto con Richard mi sembra quasi di non
riuscire a respirare. Mi sento vuota, sola e confusa. Come se avessi perso la
voglia di andare avanti, come se mi trovassi ferma ad un punto senza avere la
minima idea di quale direzione prendere adesso. Non so cosa fare, come superare
questa situazione e ritrovare la mia bussola interiore. Eppure mi sono sempre
vantata di essere una donna indipendente e capace di affrontare ogni circostanza,
però in questo caso mi sto dimostrando davvero una pappamolle. A mia discolpa
posso dire di non aver mai provato certi sentimenti e non credevo possibile che
potessero influenzare così tanto la mia esistenza, tuttavia dopo la delusione
che ho provato a causa di Richard non riesco a scrollarmi di dosso questa
sofferenza mista ad apatia che sta condizionando in pratica ogni istante delle
mie giornate. Non riesco a fare finta di niente, riprendendo a godermi la mia
quotidianità archiviando semplicemente questi mesi in un angolo sperduto della
mia mente. Non ho nemmeno quella magica pistola usata dai Men in Black – ovvero il neuralizzatore – per sparaflasharmi e
cancellarmi la memoria, dimenticando non solo i miei migliori momenti con
Richard ma soprattutto la vergogna che ho provato dopo la sua forzata
confessione. Mi sento spaesata, stupida e imbarazzata. Mi sono ridotta come la
protagonista di un’assurda commedia romantica di seconda categoria, che
dimostra in generale la sua scarsa caratterizzazione e si comporta in ogni caso
come un’idiota. Oppure in alternativa potrei assomigliare all’eroina di uno di
quei romanzetti rosa eccessivamente smielati, che passa il tempo a deprimersi e
a farsi mille ragionamenti mentali di dubbia intelligenza. In pratica sono
patetica, piagnucolante e capace soltanto di strafogarmi con le mie amate
ciambelle per reprimere il marasma di sensazioni che si arrovellano nel mio
cervello: rabbia, disperazione, tristezza, vergogna, depressione.
Perché permettiamo agli uomini di ridurci così?
Perché permettiamo alle nostre delusioni amorose di diminuire tanto
drasticamente la nostra autostima e farci sentire sbagliate? Perché dobbiamo
dare tutte noi stesse alla nostra ipotetica anima gemella di turno per poi
ricevere in cambio solamente bugie e insoddisfazioni?
Io mi sono sempre reputata una persona logica e
matura, capace di ragionare lucidamente in ogni circostanza e ponderare le
proprie azioni in base alle evenienze. Ciò nonostante adesso con gli occhi
arrossati a causa del pianto, con i capelli aggrovigliata in una massa
indistinta e con un pigiama di flanella trasformatosi ormai nella mia
personalissima armatura sembro tutt’altro che una donna forte e determinata.
Una donna sicura di sé, razionale e pragmatica. No, sono uno straccio. Mi
mancano solo i bigodini e una vaschetta di gelato in mano per completare questa
immagine poetica di me stessa, questa versione così assurda della donna che mi
sono sempre ripromessa di non diventare e puntualmente mi ritrovo ad essere
dopo l’ennesimo fallimento collezionato nella mia vita.
Sono passati esattamente tre giorni, diciotto ore e
ventisei minuti da quando sono scappata dall’appartamento di Richard. Ma
durante tutto questo tempo – tre giorni,
diciotto ore e ventisette minuti appena scoccati – non è cambiato niente:
sono ridotta sempre uno schifo, non ho ancora esaurito tutte le mie lacrime e
le mie ciocche castane sono talmente attorcigliate da assomigliare ad una
brutta balla di fieno. Ho toccato il picco, raggiungendo livelli catastrofici.
Dopo aver scoperto la sconvolgente verità su RichieRich non ho potuto fare a meno di
rinchiudermi nella mia casa, dando fondo alla mia riserva segreta di ciambelle
e isolandomi dal mondo. Ho ignorato le chiamate di mia madre e perfino quelle
di mio padre, non sono andata in pasticceria a fare rifornimento di donuts e cosa più importante ho
trascurato il lavoro. Lunedì mattina infatti ero talmente distrutta, sia nel
fisico che nell’animo, al punto da chiamare in ufficio per buttarmi malata.
Durante tutti i miei anni di carriera non mi sono mai assentata a causa di una
rottura e una brutta batosta sentimentale, eppure questa volta non ho potuto
evitare di ritagliarmi del tempo per me se stessa con l’intento di riprendere
almeno in parte il controllo delle mie emozioni. Ho mandato dunque un’e-mail ad
Holga per farle riprogrammare i miei appuntamenti e un banalissimo messaggio di
scuse a Mr Micols, tornando poi a crogiolarmi nella mia autocommiserazione.
Richard si è piantato fuori dal mio appartamento la
mattina successiva alla mia fuga dal suo mega attico, pregandomi di dargli
retta almeno per un minuto e ascoltare per intero la sua versione dei fatti. Io
invece l’ho beatamente ignorato, perché non avevo bisogno delle sue stupide
scuse o di scontate giustificazioni offertemi solo con lo scopo di rabbonirmi,
e sono rimasta seduta con una certa soddisfazione sul mio sofà fingendo di non
sentire la sua voce. Ho stretto forte un cuscino contro al petto, cercando
conforto, e mi sono obbligata di non ascoltarlo.
Nemmeno una parola, anche se avevano senso e
stavano facendo germogliare nel mio cuore il seme della speranza.
Nemmeno una frase, anche se lui era così
convincente da farmi quasi credere di stare dicendo la verità.
Allora poco dopo, in un attimo di debolezza causato
probabilmente dall’eccessiva presenza di zuccheri nel mio sangue determinata a
sua volta dalla mia scorpacciata di ciambelle consolatrici, l’ho guardato dallo
spioncino della porta. Non avevo intenzione di fidarmi di Richard e non volevo
farlo entrare nel mio appartamento, soprattutto considerato il mio stato
disastroso, ma avevo bisogno di vederlo. Avevo bisogno di capire. Poi la sua
ostinazione mi aveva alquanto colpita, anche se lavorando con lui sapevo già
che quando voleva ottenere qualcosa sapeva diventare davvero fastidioso.
Ovviamente il diretto interessato appariva impeccabile nel suo completo
elegante di alta sartoria, eppure non emanava più quell’aria di comando che mi
aveva tanto colpita durante il nostro primo incontro. Non mi dava più
l’impressione di essere carismatico, determinato e inflessibile.
Sembrava… spento. I suoi occhi infatti mancavano di
lucentezza, la sua mascella era particolarmente rigida e la sua spensieratezza
– quella che in alcuni casi lo faceva apparire uno snob antipatico, mentre in
altri un bambino intento ancora ad esplorare il mondo – si era eclissata. Il
suo aspetto era perfetto, ma era rotto. Come un bel vaso con una crepa.
Possibile che fosse davvero così sconvolto dalla nostra rottura? Possibile che
stesse davvero così male al punto da restare piantato per ore sul mio pianerottolo
ad implorarmi di ascoltarlo?
Mi stavo quasi convincendo ad aprirgli la porta,
trasportata dalla tenerezza, quando mi sono ricordata delle sue incredibili
doti di attore. Per mesi interi aveva finto di non conoscere le mie
conversazioni con RichieRich, anche
se molto spesso parlavamo proprio di lui e della sua megalomania. Per mesi
interi mi aveva preso in giro facendo finta di nulla ogni volta che ci
incontravamo e nel frattempo continuava a scrivermi messaggi usando uno stupido
pseudonimo, che a pensarci bene adesso era anche alquanto banale. E nell’ultimo
periodo, quando stavo vivendo una lotta interiore tra i sentimenti che provavo
per lui e quelli che sentivo per una persona che in realtà non esisteva
realmente, mi ha indirettamente portato perfino a farmi sentirmi in colpa.
Perché volevo entrambi, eppure mi sembrava di tradirli con il mio comportamento
all’apparenza scorretto.
Maledizione, sono arrivata al punto da chiedere a RichieRich il consenso per uscire con
Richard! Quanto avrà riso alle mie spalle, pensandomi una stupida.
Perciò alla fine ho fatto un passo indietro e mi
sono rifugiata di nuovo in me stessa, imponendomi di non lasciarmi sopraffare
dalla mia parte romantica così attaccata ad uno lieto fine. Non ci trovavamo in
un film, dove tutto si poteva risolvere con una dichiarazione strappalacrime e
super commovente. Una dichiarazione da fare magari sotto la pioggia, come in
una tipica scena tratta dai libri di Nicolas Sparks, oppure in mezzo ad una
strada affollata per imitare le più belle pellicole hollywoodiane. Tanto per
aumentare l’effetto poetico di tutta la situazione.
L’amore qui non vinceva su tutto. Non vinceva sulla
verità e sul rispetto. Questa era la vita reale, la mia vita, e non potevo farmi prendere in giro con tanta
facilità. Non potevo dimenticare la mia sofferenza e il mio imbarazzo così
velocemente, dandogli una seconda occasione per rimediare ai suoi sbagli senza
prima pensare a me stessa. Non potevo archiviare le mie emozioni in un angolo
della mia mente per ottenere un forzato “vissero
per sempre felici e contenti”, tralasciando però il suo tradimento e
facendolo passare quasi in secondo piano. Come se non fosse importante.
Per me la sincerità si trovava al primo posto in un
rapporto e lui non solo mi aveva mentito nel peggiore dei modi fingendosi un
altro uomo e conquistando nel frattempo la mia fiducia, ma mi aveva anche fatta
sentire un’idiota. Mi ha fatto vergognare delle mie azioni, delle mie parole e
dei miei sentimenti. Non potevo perdonalo, non potevo andare avanti senza
considerare la situazione nella sua interezza. Quindi mi sono arresa e l’ho
lasciato andare, tuttavia quando mi ha davvero voltato le spalle per poi scomparire
nell’ascensore del mio palazzo – dopo un’intera giornata di appostamento che mi
aveva sinceramente colpita – ho pianto come una bambina e ho singhiozzato
talmente tante volte da stabilire quasi con certezza un record mondiale.
Il mio intento era mandarlo via con un ostinato
silenzio, ma nel profondo volevo solo rifugiarmi tra le sue braccia. Perché ero
debole e in fondo… in fondo l’amavo.
In realtà questa non è la prima volta che concludo
una relazione, in effetti alle spalle ho un numero considerevole di rapporti
falliti. Ma mentre alcune rotture sono state più facili, altre lo sono state un
po’ meno. Non posso negare che in alcuni casi mi sono sentita offesa, altre
volte invece sono stata sollevata di aver messo un punto ad un rapporto che non
avrebbe portato da nessuna parte e in certe circostanze al contrario ho provato
davvero amarezza mista a fallimento nel dovermi tirare indietro dopo aver
investito una grossa parte emotiva di me stessa. Però la fine di questo rapporto
è stata davvero devastante, d’altronde con Richard era tutto diverso: mi
sentivo finalmente completa, accettata e compresa. A lui non interessavano le
mie assurde manie, la mia passione per le serie TV e la mia predilezione per i
dolci. Non prestava attenzione alle mie stranezze, al mio peso e ai miei
difetti. Mi sentivo perfetta quando mi guardava, mi sentivo protetta quando mi
difendeva dalle mie stesse insicurezze e mi sentivo amata quando faceva di
tutto per rendermi felice.
Pensavo fosse l’uomo della mia vita, ma come sempre
mi sbagliavo.
Martedì mattina la mia sveglia suona con la solita
puntualità e quando apro gli occhi mi sembra quasi che gli ultimi giorni siano
stati un incubo, in realtà quasi me lo auguro, ma appena metto piede fuori dal
letto mi rendo conto che è tutto vero: ho lasciato Richard, ho finito le mie
ciambelle e ieri sera ho consumato l’ennesima scatola di Kleenex. In effetti
decine di fazzoletti sono disseminati per la stanza e impregnati probabilmente
dalle mie lacrime, dandomi la conferma di aver trascorso un’altra notte
piangendo come una disperata. I miei occhi di conseguenza sono gonfi e secchi,
riesco difatti a percepire la loro pessima condizione, inoltre sono sicura che
appena mi vedrò allo specchio appariranno anche particolarmente arrossati. Oggi
tuttavia non posso restare ancora a casa e quindi per nasconderli dovrò usare
chili di correttore, in modo da potermi recare in ufficio senza destare domandi
e dar voce ad infiniti pettegolezzi. Come prima cosa quindi mi dirigo in bagno
per farmi una doccia, applico circa una boccetta di balsamo per districare i
nodi dei miei capelli e subito dopo mi cospargo di bagnoschiuma. Poi mi dedico
al trucco, mascherando le mie occhiaie e il mio aspetto cadaverico usando quasi
tutti i prodotti del mio beautycase, per passare alla fine a domare le mie
ciocche con la piastra. Riservo anche particolare cura al mio abbigliamento,
pescando dall’armadio un vestito verde bottiglia da abbinare ad una giacca nera
e ad un paio di stivaletti dello stesso colore. Un paio di orecchini pendenti e
diversi bracciali tintinnanti completano il look, facendomi sembrare alla moda
e sofisticata. Recupero successivamente la mia borsa, alcuni documenti e il mio
telefono – senza controllare eventuali messaggi o chiamate perse – prima di
uscire dal mio appartamento in modo da recarmi in ufficio per riprendere
finalmente in mano il controllo della mia quotidianità.
Oggi penserò solo agli affari, mi dedicherò
completamente ai miei clienti e mi aggiornerò sulle ultime novità di mercato.
Niente Richard, niente tradimento e niente WithLove
con la sua stupida politica sulla privacy che tuttavia non fa rispettare ai
finanziatori.
Quando arrivo allo studio dunque sono determinata,
decisa e sicura. Saluto i miei colleghi con assoluta tranquillità, mi fermo a
chiacchierare con le addette alla receptionist per un paio di minuti e nel
momento in cui mi trovo davanti Mr Micols gli rivolgo un sorriso talmente
abbagliante da fare invidia alla migliore attrice di Hollywood. Premio Oscar,
eccomi.
«Buongiorno, Christine» mi saluta con cautela,
rivolgendomi anche un’occhiata indagatrice. «Tutto bene?» si interessa in
seguito, mentre Mrs Bomblood origlia apertamente la nostra discussione.
La nonchalance non è proprio il suo forte.
«Certo, Peter» lo rassicuro con un tono sereno,
stringendo però con forza il manico della mia valigetta per mascherare il mio
disagio. Sono consapevole infatti che l’attenzione dell’ufficio è interamente
su di me, considerato che il mio rapporto con Mr Reyes non è certo rimasto un
segreto e tutti si stanno solo chiedendo come andrà a finire tra di noi.
All’inizio io e Rich abbiamo creato un certo scalpore tra i miei colleghi, che
adesso sono avidi di gossip e aggiornamenti. In realtà fingono di non essere interessati,
ma in fondo vale esattamente il contrario e stanno sempre attenti a captare le
novità. La mia recente assenza quindi deve averli incuriositi più del
necessario e so già che molti avranno fatto delle congetture più o meno giuste
riguardo la mia mancanza dall’ufficio, ma non voglio dare a nessuno la
soddisfazione di sapere davvero come stanno andando le cose tra me e Richard.
Non voglio vedere i loro sguardi carichi di pietà e commiserazione nel momento
in cui sapranno che ci siamo lasciati, perché immagino penseranno fosse
alquanto ovvio che questo rapporto non aveva speranze di durare. In fondo io
sono solo una promoter finanziaria, perciò è ovvio che non posso stare davvero
con una persona dal calibro di Mr Reyes. Siamo troppo diversi per trovare un
equilibrio e per quanto mi costi ammetterlo, perché di base non voglio dare
alcuna soddisfazione ai pettegoli di questa società, adesso so che c’è del vero
in questa affermazione.
Richard è abituato ad avere tutto, con ogni mezzo,
mentre io sono più diplomatica e predisposta al compromesso. Lui cammina dritto
per la sua strada, senza interessarsi degli altri e pensare ai loro sentimenti,
mentre io non mi preoccupo di fare qualche deviazione. Dovevo saperlo,
dall’alto delle capacità analitiche che mi vanto di avere, che non c’erano i
predisposti per far durare questa relazione.
So comunque che la maggior parte dei miei colleghi
è preoccupata per me e questo mi rincuora, anche se non li giustifica dal
mettere il naso nei miei affari. Mr Micols invece sembra essere l’unico ad
apparire più angosciato per i risvolti che questa storia potrebbe avere sulla
sua carriera e sulla reputazione del nostro ufficio piuttosto che sulla mia
eventuale sofferenza, per questo nelle ultime settimane ha più volte espresso
il suo dissenso e si è mostrato fin da subito sfavorevole al mio rapporto con
Richard. Tuttavia, dato che non abbiamo firmato alcun accordo riguardante un
ipotetico avvicinamento sentimentale e non c’è nessun regolamento che
stabilisce le relazioni da mantenere con i propri clienti, non mi ha potuto
imporre la sua opinione. Secondo lui dovevamo affidarci semplicemente alla
nostra morale e adesso, visto come si sono evolute le cose, mi rendo conto che
avrei dovuto davvero prestargli ascolto. Avere ancora Richard come cliente in
effetti mi inquieta e mi terrorizza, perché sono consapevole di non poterlo
evitare per sempre e allo stesso tempo rischio di complicare ancora di più la
nostra situazione.
Corro il pericolo di perdere la stima dei miei
superiori, di diventare lo zimbello di tutto lo studio e compromettere anche la
mia credibilità.
«Sono contento» afferma il mio capo, rilassandosi
visibilmente.
«È stato solo un malessere passeggero» continuo,
senza dargli ulteriori spiegazioni. «Ora sono pronta a rimettermi a lavoro»
concludo, con più determinazione di prima.
«Bene» annuisce Mr Micols, dandomi una pacca sulla
spalla per esprimermi il suo incoraggiamento e tornando poi nel suo ufficio.
Io resto un po’ interdetta dalla sua manifestazione
di affetto e aggrotto le sopracciglia con confusione, ricevendo un’occhiata
altrettanto perplessa da Mrs Bomblood. Non perdo comunque altri minuti preziosi
interrogandomi sull’inusuale comportamento di Peter e mi dirigo nel mio studio,
fermandomi prima da Holga per recuperare la lista dei miei appuntamenti
giornalieri. Ho la mattinata piena e di conseguenza non esito un istante nel
prendere posto alla mia scrivania, aprendo il mio computer e concentrandomi
finalmente sul mio lavoro.
Mi lascio distrarre dunque dai miei adorati numeri
e dalle statistiche, in modo da trovarmi del tutto preparata nel momento in cui
incontrerò il mio primo cliente.
Alle undici, dopo aver già incontrato tre dei miei
abituali assistiti, sono carica di adrenalina e caffeina. Nel mio corpo infatti
c’è in circolo una dose spropositata di caffè, mentre non ho ancora assunto
carboidrati dato che questa mattina non sono passata da Maggie e Phil per la
mia consueta ciambella al cioccolato. Accolgo quindi Mrs McQueen con una certa
irrequietezza e spero non mi parli di nuovo di torte erotiche, perché ora come
ora considerata la mia fame potrei benissimo darle il mio assenso e farle
investire una somma assurda in dolci con forme falliche.
L’ultima volta che ci siamo incontrate aveva
nettamente superato questa sua assurda idea di investire una quantità
spropositata di denaro in una pasticceria dalla dubbia morale ed era passata
invece ai cosmetici biologici, considerato che nell’ultimo periodo negli Stati
Uniti la comunità del makeup si sta concentrando sui prodotti naturali e
giustamente non testati sugli animali.
Ma sono consapevole che Mrs McQueen ama spendere
soldi, restare sempre aggiornata sugli ultimi sviluppi del mercato e cercare
novità più o meno bizzarre su cui capitalizzare qualche migliaio di dollari. È
il suo passatempo: così come io adoro guardare le serie TV mangiando ciambelle
e bevendo vino, a lei piace investire denaro in proposte assurde e spesso al
limite della decenza.
«Costumi di Halloween per animali?» chiedo alla mia
cliente durante il nostro colloquio, apparendo confusa dalla sua ennesima
iniziativa strampalata.
«Sì, costumi di Halloween per animali» ripete con
convinzione, confermandomi la sua recente idea di investimento. «Hanno aperto
un nuovo negozio in centro e le vendite stando davvero andando alla grande» mi
chiarisce, apparendo elettrizzata. «Anche io ho comprato due adorabili tutine
per la mia Stacy e perfino mio marito quando le ha viste ne è rimasto colpito»
prosegue, iniziandomi a parlare poi della sua amata gattina.
Dubito che Mr McQueen sia rimasto davvero
meravigliato dai costumi, probabilmente super costosi, acquistati dalla moglie
per la loro micetta. È più probabile che l’abbia scandalizzato il prezzo delle
tutine, piuttosto che la loro eccentrica bellezza. Tuttavia evito di commentare
e continua ad ascoltare la mia assistita con pacata rassegnazione, riflettendo
sul fatto che dovrò informarmi accuratamente su questo nuovo negozio e
stabilire se davvero può rappresentare un buon investimento. Tuttavia nel ben mezzo
della nostra appassionante discussione, proprio mentre Mrs McQueen sta per
elencarmi tutti i collari di Swarovski che ha commissionato per Stacy dopo i
suoi ultimi acquisti in modo da abbinarli correttamente ai nuovi vestiti in
tema Halloween, sento uno strano trambusto fuori dal mio ufficio. Non ho
comunque il tempo di chiamare la mia segretaria per informarmi sull’origine di
tutta quella confusione perché la porta del mio studio si spalanca, rivelando
la figura di Richard e del suo assistente.
«Mr Reyes, per favore, venga fuori!» lo prega Holga
con un tono agitato, entrando a sua volta nella stanza e provando a farlo
collaborare. «Le avevo detto che Miss Thompson era già impegnata in un altro
appuntamento» rimarca, facendogli notare la situazione e la presenza della mia
cliente.
«Ultimamente non è molto collaborante» lo
giustifica Colin, scusandosi con la mia segretaria e rivolgendomi poi
un’occhiata complice.
«Cosa sta succedendo?» intervengo allora,
irrigidendomi.
«Christine» sussurra Richard, fissandomi in modo
intenso. «Abbiamo bisogno di parlare» dice con eccessiva serietà, comportandosi
come se ogni persona presente in questa stanza dovesse sottostare semplicemente
ai suoi ordini e soddisfare ogni sua esigenza.
Si sente il padrone del mondo e per un po’ anche io
ho pensato che tutto girasse intorno a lui, che fosse il mio baricentro e una
parte fondamentale della mia vita, ma a quando pare mi sbagliavo. Richard è
presuntuoso e prepotente, non tiene conto dei sentimenti altrui e pur di
ottenere quello che vuole è disposto a tutto. Perfino a mentire, come se nulla
fosse.
«Ovviamente» concordo, tentando di frenare la mia
rabbia. «Perciò ti sei sentito in dovere di piombare qui senza alcun invito,
giusto?» continuo, rimarcando il suo pessimo comportamento per cercare di
metterlo in imbarazzo. «Non importa se stai interrompendo il mio lavoro e
spaventando la mia segretaria, no?» finisco in maniera retorica, lasciandogli
notare quindi le conseguenze delle sue azioni.
«A quanto pare questo è l’unico modo in cui posso
vederti» mi rimprovera, riferendosi alla mia mania di evitarlo e di negarmi al
momento opportuno.
«Forse è meglio che io vada» borbotta
all’improvviso la mia assistita, percependo l’atmosfera tesa che regna nel mio
ufficio e recuperando dunque la sua borsa.
«No, Mrs McQueen!» la blocco con immediatezza,
alzandomi dalla sedia per sembrare più incisiva. «Io e Mr Reyes non abbiamo
nulla da dirci, inoltre non abbiamo in programma nessun appuntamento
lavorativo» dichiaro con ostinazione, provando a rimandare ancora il mio
scontro con Richard e sentendomi in imbarazzo per questa scenetta assurda che
sta condizionando la mia professionalità.
«Non sembrerebbe» commenta allora lei con dolcezza,
scuotendo il capo.
«Invece è così» mi intestardisco, ritrovandomi ad
arrossire con un misto di vergogna e irritazione per l’inopportuna circostanza
che mi sta coinvolgendo in prima persona. Non mi sono mai sentita tanto a
disagio nella mia vita, nemmeno durante gli incontri al buio organizzati da mia
madre. Nemmeno quando ero un’adolescente sfigata e paffutella, che veniva
ignorata da tutti e presa in giro. Nemmeno quando il mio ultimo fidanzato si è
messo ad elencare tutti i miei difetti fisici, suggerendomi gli esercizi opportuni
per dimagrire e parlandomi dei vantaggi della liposuzione per eliminare un po’
di grasso.
No, ho toccato il fondo proprio adesso.
Qui, nel mio ufficio, in presenza di gente più o
meno sconosciuta che da oggi in poi quasi con certezza avrebbe associato il mio
nome a questa situazione fuori dal normale.
Avevo impiegato anni a crearmi una reputazione nel
mondo degli affari e a combattere per far capire quanto le mie competenze
fossero uguali, se non migliori, rispetto a quelle di qualsiasi altro mio
collega. Eppure in pochi secondi stavo perdendo la mia credibilità, il mio
orgoglio e potenzialmente una mia cliente. Tutto per colpa di Richard.
«Devo ammettere che mi piacerebbe assistere alla
vostra schermaglia amorosa, d’altronde sono una grande appassionata di drammi
sentimentali, ma sono particolarmente sensibile in questo periodo» prosegue Mrs
McQueen, blaterando poi sugli ultimi consigli datele della sua terapeuta e
sull’instabilità attuale dei suoi chakra emotivi. «Perciò è meglio che io vada,
spero comunque che voi due avrete un lieto fine» ci augura, uscendo
dall’ufficio in compagnia di Holga per prenotare un altro incontro.
Prima di lasciare la stanza ci lancia un’occhiata
sognante, sospira e alla fine scuote il capo. Forse considerandoci due completi
idioti, troppo orgogliosi per trovare un punto di incontro.
Colin successivamente segue le due donne senza
alcuna esitazione, lasciandomi sola con il suo capo e permettendoci così di
godere di un minimo di privacy.
Aspetto appena pochi secondi prima di parlare,
perché non voglio fare una scenata isterica e attirare ancora di più
l’attenzione su di me.
«Non puoi risolvere i nostri problemi venendo
sempre a disturbarmi nel mio ufficio» lo ammonisco, ricordandogli in maniera
sottointesa anche diversi episodi del passato. Non è la prima volta infatti che
si presenta nel mio studio all’improvviso per richiedere un confronto, perché
magari io mi sono rifiutata di vederlo o rispondere ai suoi messaggi. Da parte
mia sarò anche immatura, preferendo nascondermi tra queste quattro mura
piuttosto che dargli retta, ma non ha diritto di invadere sempre i miei spazi.
«E tu non puoi tagliarmi fuori a prescindere senza
prima darmi la possibilità di spiegarti come stanno davvero le cose» ribatte,
manifestandomi il suo fastidio.
«In questo caso non c’è niente da chiarire»
dichiaro, restando dietro la scrivania per mantenere una certa distanza tra me
e Richard. «Mi hai mentito, mi hai presa in giro e se non ti avessi scoperto
avresti mantenuto questo segreto per l’eternità!» concludo, alzando all’ultimo
il tono della voce.
«È così difficile per te accettare che io e RichieRich siamo la stessa persona?» mi
domanda allora con frustrazione, passandosi una mano tra i capelli con fare
nervoso.
«No» ammetto, spiegandogli subito dopo da cosa
deriva la mia sofferenza. «È difficile accettare che per mesi ho parlato
virtualmente con un uomo che in realtà mi conosceva e mi stava vicino ogni
giorno. Un uomo che ho iniziato a desiderare e senza saperlo si trovava a pochi
metri da me, ma non ha avuto il coraggio di dirmi nemmeno una parola a
riguardo» affermo con amarezza, trattenendo le mie lacrime. Penso alle volte in
cui ho desiderato vedere Richie, abbracciarlo e avere un contatto concreto con
lui. Perché le parole ad un certo punto non erano sufficienti, perché la nostra
distanza in alcuni casi sembrava davvero insormontabile. «È difficile venire a
patti con me stessa, perché non ho capito nulla fino a quando la verità non mi
si è parata davanti agli occhi e una volta scoperto come stavano davvero le
cose mi sono lasciata spezzare il cuore come una stupida» mormoro con genuina
sofferenza, evitando il suo sguardo.
«Christine» cerca di intervenire, però non glielo
permetto e proseguo con la mia confessione.
«È difficile realizzare che c’erano dei segnali
evidenti ed io non gli ho dato importanza, nonostante la mia mania di
analizzare tutto, perché mi fidavo di te» continuo, ragionando sui diversi
momenti che mi avevano lasciata perplessa e adesso assumono un senso.
Richard in effetti sapeva che mi piacevano i dolci,
che avevo una fissazione per il cioccolato e amavo le ciambelle. Io però non
gli avevo detto niente di tutto questo durante il periodo della nostra
reciproca conoscenza, ma al contrario lo avevo scritto a RichieRich. Per non parlare poi dei suoi discorsi strani, quando
sembrava sapere cosa pensavo e quello che volevo. Oppure la sua mania di farmi
sempre i complimenti, perché in fondo conosceva le mie insicurezze e le
sfruttava a suo favore.
«Lo so che ti ho delusa, ma…» prova a difendersi
ancora il diretto interessato, venendo tuttavia di nuovo interrotto dalla
sottoscritta.
«Mi sono sentita una stronza e una traditrice,
quando invece eri tu il bugiardo»
rimarco, lanciandogli un’occhiata carica di astio. «E ho investito tutto quello
che avevo… la mia carriera, i miei sogni, le mie speranze, il mio amore… per un
uomo che a quanto pare non ne valeva assolutamente la pena» stabilisco con
sofferenza, decretando il mio errore.
Richard resta in silenzio, colpito e forse anche un
po’ ferito dalle mie parole. Poi mi guarda, sospira con fare afflitto e fa un
passo avanti. Rassicurato dalla mia immobilità prova ad avvicinarsi un altro
po’ e alla fine quando mi raggiunge dietro la scrivania mi avvolge senza alcuna
esitazione tra le sue braccia, stringendomi con forza. Io non mi oppongo,
perché in fondo sono una debole, e mi godo il nostro contatto. Solo un attimo.
Solo un altro po’.
«Io ti amo, Christine» mi sussurra all’orecchio,
lasciandomi percepire il tremore nella sua voce. «Ti amo e ho avuto paura»
dichiara, iniziando ad accarezzarmi i capelli. «Sono un uomo ricco e potente,
ma questa volta sapevo che la mia fama e il mio denaro non sarebbero serviti a
nulla. Sapevo che se ti avessi detto che ero RichieRich ti avrei persa a prescindere dalle mie intenzioni e non
potevo permetterlo, perché in questi mesi sei diventata la persona più
importante della mia vita» ammette, riproponendo la stessa spiegazione che mi
ha dato durante il nostro primo litigio riguardante proprio questo argomento.
«Allora perché non ti sei fidato di me?» lo metto
alla prova, staccandomi leggermente dal suo corpo per poterlo guardare negli
occhi e rimarcando un punto fondamentale.
«Perché temevo di non essere abbastanza» mi
confessa, apparendo stranamente fragile. «Perché temevo che ad un certo punto
avresti scelto lui a me, anche se quel lui
ero sempre io».
«Il problema è stato proprio questo, Richard: mi
hai fatto scegliere, quando la risposta in entrambi i casi sarebbe stata la
stessa» gli faccio notare, lasciandogli capire che fin da subito ho amato tutte
le sue parti. Ho amato la sua spavalderia, la sua sicurezza, il suo lato
ironico e quello megalomane. Ho amato la sua gentilezza, la sua sensibilità e
la sua sagacia. Ho amato la sua capacità di farmi sentire speciale, bella e
unica. Ma poi mi sono ritrovata a odiare le sue menzogne, le sue strategie e la
sua falsità più di quanto ho amato tutto il resto. «Domani chiederò a Mr Micols
di rescindere il nostro contratto di collaborazione» riprendo, allontanandomi
definitivamente da lui.
«Cosa?» mi chiede con evidente panico, tentando di
riaccogliermi tra le sue braccia.
«Non voglio più essere la tua promoter finanziaria»
ammetto, considerando questa situazione troppo complicata per aggiungerci anche
un coinvolgimento lavorativo e un conseguente sovraccarico di stress derivato
proprio dal nostro rapporto professionale. Inoltre non credo di poter dare il
massimo e offrirgli la giusta assistenza, dato i nostri trascorsi. Non sarei in
grado di gestire riunioni, incontri e meeting con la consapevolezza di doverlo
trattare con riguardo. Perché lui sarebbe un mio assistito e di conseguenza
dovrei fare di tutto per esaudire le sue richieste, affiancandolo nelle
decisioni importanti e in generale vedendolo più spesso del previsto. Ma non
posso ricascare nella sua trappola, permettergli di riavvicinarsi di nuovo a me
e stare nel frattempo costantemente all’erta. Finirei per cedere e per
credergli, perché sono debole. Perché lo amo. «Posso consigliarti alcuni
colleghi davvero capaci che potrebbero sostituirmi senza alcun problema e…».
«Non voglio nessun altro, Christine» si
intestardisce Richard, apparendo anche infastidito. «Io voglio te» ribadisce,
parlando con veemenza. «Vorrò sempre te» conclude, facendomi capire che non si
sta riferendo solo alla nostra collaborazione professionale.
«Sono io che devo fare un passo indietro» confesso,
mostrandomi amareggiata. «In questo momento ho bisogno di starti lontana»
proseguo, evitando di guardarlo per non scorgere la sua espressione ferita. Non
voglio sentirmi in colpa, perché adesso ho tutte le ragioni per chiedergli – o
addirittura imporgli – di rispettare i miei spazi e i miei tempi.
«Va bene» acconsente lui con malcontento,
indietreggiando. «Farò come vuoi, Chris» ripete in modo altrettanto
insoddisfatto, passandosi una mano tra i corti capelli biondi e continuando a
retrocedere.
Mi rivolge poi un’ultima occhiata carica di
tristezza e alla fine esce silenziosamente dal mio ufficio, chiudendosi la
porta alle spalle con un leggero tonfo. Un tonfo che avverto fino al cuore e
che metaforicamente rappresenta il nostro definitivo allontanamento, allora mi
appoggio contro il bordo della scrivania e mi sostengo con le mani per evitare
di scivolare a terra. Vorrei rannicchiarmi su me stessa e lasciare sfogare
questa sofferenza, ma non posso farlo. Non qui. Non nel mio studio, con il rischio
che la mia segretaria – oppure, ancora peggio, un infuriato Mr Micols – entri
all’improvviso. Sono già abbastanza patetica ridotta in questo modo: con le
guance umide a causa delle lacrime incontrollabili che sgorgano dai miei occhi,
la pelle tremendamente pallida e il gelo che ha immobilizzato il mio corpo. Non
desidero proprio che Holga o Peter assistano a questo mio crollo emotivo,
sarebbe la mia rovina e la mia più grande vergogna. Perderei la loro stima e mi
mostrerei debole, non il solito squalo della finanza che sono abituati a
vedere.
Nonostante tutto il mio contegno di questa mattina
è evaporato con l’uscita di Richard da questo ufficio e dalla mia vita, perciò
attualmente mi ritrovo a dover gestire la distruzione di tutti i miei sogni e
delle mie speranze. Adesso mi resta soltanto la responsabilità di dover
spiegare al mio capo la mia decisione di abbondare un cliente del calibro di
Richard Reyes, per il quale all’inizio avevo tanto combattuto al punto da
passare su tutti i miei principi, e la malinconia di aver rinunciato per motivi
assolutamente giustificabili al mio uomo ideale.
Al mio grande amore.
Al mio più serio e vero investimento sentimentale,
dimostratosi però maledettamente sbagliato.
Questa volta, a prescindere dalle mie analisi
accurate, ho perso. Ma in gioco non c’era il solito denaro sterile e freddo.
No, c’era il mio cuore.
Ho sempre seguito un rituale ben specifico dopo aver concluso la mia
ennesima relazione disastrosa con il milionesimo uomo sbagliato e nell’ultimo
periodo, considerato il numero spropositato di rapporti falliti che per la
gioia di mia madre ho collezionato con una spaventosa facilità, le mie
abitudini si sono nettamente consolidate. Nel corso degli anni quindi ho
inevitabilmente affrontato ogni separazione allo stesso modo, aggiungendo
giusto qualche passaggio in più o diversificando l’ordine delle mie azioni in
base alle evenienze. Ma in realtà, se devo proprio essere sincera, quando vengo
mollata non faccio poi niente di speciale: indosso semplicemente il pigiama più
comodo che possiedo, accendo la televisione sintonizzandola su un qualche
canale di sitcom spagnole, consumo un intero pacco di Kleenex illudendomi di essermi commossa per le parole romantiche
che un certo Juan ha puntualmente rivolto alla sua adorata Camilla piuttosto
che ammettere di stare soffrendo per l’imbecille di turno che mi ha
irrimediabilmente ferita e per finire recupero due confezioni di ciambelle al
cioccolato – alcune volte anche tre, a seconda di come si sono svolti gli
eventi – per consumarle insieme ad una vaschetta di gelato alla vaniglia.
Magari variegato al caramello, tanto per aggiungere altro zucchero a quello già
presenta in abbondante misura nei miei donuts.
Il giorno dopo mi sveglio quindi con una nausea tremenda, con qualche
nuovo brufolo che ha meritatamente guadagnato la sua residenza sulla mia fronte
e un paio di chili in più depositati sui fianchi. Però il mio cuore è leggero,
il mio umore in miglioramento e la mia autostima ripristinata.
Perciò anche questa volta, sebbene sia stata io a lasciare Richard, non
faccio alcuna eccezione. Di conseguenza sabato sera, invece di uscire per
cercare di distrarmi e non pensare ancora al mio rapporto con Rich, mi rifugio
in casa per leccarmi le ferite e farmi una bella scorpacciata di donuts.
Sintonizzo la televisione sul mio canale di fiducia, mi procuro tutti i
fazzoletti necessari per arginare le mie lacrime e aggiungo una bella bottiglia
di vino al mio menu ipercalorico.
Non cambio il mio rituale, perché sarò anche stata io ad aver lasciato
Richard ma di certo non l’ho fatto con leggerezza. Sicuramente se la situazione
fosse stata diversa a quest’ora non avrei mai interrotto questa relazione con
il diretto interessato, però la sua bugia è stata un duro colpo per me.
Qualcosa impossibile da ignorare, una difficoltà in apparenza insormontabile.
Tuttavia domenica mattina non mi sento affatto meglio e al contrario la
tristezza sembra aver preso il pieno possesso del mio corpo, nonché della mia
mente. Un po’ come avviene nel film Inside
Out.
Tutto quello che tocco si contamina, diventa blu e mi procura
malinconia.
Le ciambelle e in generale le assurde calorie che ho ingerito appena
ieri sera non sembrano aver sortito l’effetto desiderato, dato che ho
l’impressione di essere ancora più afflitta e amareggiata rispetto alla notte
prima. Che ne è stato delle proprietà antidepressive del cioccolato? Dov’è
finita la mitica influenza benefica che i carboidrati dovrebbero avere
sull’umore? Mi sono abbuffata tutta la sera di dolci per non provare alla fine
nemmeno un minimo di conforto?
Sono talmente affranta che non ho neanche voglia di alzarmi dal letto e
il pensiero di dovermi recare a casa dei miei genitori come ogni fine settimana
per il nostro solito appuntamento domenicale, durante il quale non faremo altro
che condividere un sano pranzo dietetico e intavolare sterili discussioni sul
mio futuro, mi deprime ancora di più. Quindi senza nessuna esitazione recupero
il mio cellulare e invio un messaggio a mia madre, per spiegarle che a causa di
impegni improrogabili non potrò essere presente al nostro consueto banchetto di
famiglia. Resto sul vago e provo a non farle captare la verità, perché non ho
proprio voglia oggi di ricevere una sua telefonata e sorbirmi le sue lamentele.
Adesso voglio solo nascondere la testa sotto il cuscino, dormire come un orso
in letargo e crogiolarmi contemporaneamente nella mia autocommiserazione.
Voglio restare tutto il giorno in pigiama, gironzolare fieramente per il mio
appartamento con una morbida coperta avvolta intorno al mio corpo come una
sorta di scudo e vedere come finisce l’appassionata storia di Juan con
Camilla.
Ma i miei piani non sembrano possano realizzarsi, visto che passa appena
un’ora prima che il citofono di casa suoni e infranga l’immobilità che regna
nella mia abitazione. Mi costringo allora a reagire e mi separo con sofferenza
dalle mie calde lenzuola, sbuffando contrariata nel momento in cui i miei piedi
sfiorano il pavimento e incamminandomi poi verso l’ingresso con la stessa
grazia di un bradipo.
Quando sbircio dallo spioncino, illudendomi con un’involuta trepidazione
mascherata tuttavia da fastidio di potermi trovare davanti un Richard
determinato a tornare all’attacco, resto meravigliata nel vedere invece mia
madre e mio padre fermi sul pianerottolo. Ma in fondo dovevo aspettarmelo, mi
dico. Samantha non è il tipo da accettare la mia assenza senza alcuna
spiegazione sensata e senza prima avermi sottoposta ad un interrogatorio di
almeno venti minuti, perché con lei le cose non sono mai semplici e rifilarle
un no è un’impresa titanica. Una
fatica paragonabile a quelle di Ercole. Una missione impossibile, degna a
malapena di un esperto 007. Dove sei, Sean Connery?
Non importa se ho del lavoro arretrato, se sono rimasta bloccata nel
traffico, se ho già preso altri impegni, se ho la peste bubbonica, se sono in
procinto di morire… per lei nessuna ragione è abbastanza valida per rinunciare
ai nostri pranzi di famiglia. Forse mi darebbe la sua benedizione solo in caso
di un mio ipotetico appuntamento con un uomo, tanto per confermare le sue
priorità. Ad ogni modo, quando mi rifiuto di presentarmi per una qualsiasi
ragione che a seconda dei casi può comunque essere considerata più o meno
valida, è Samantha a venire da me. A tendermi una vera imboscata, come ha fatto
anche oggi. Nonostante il mio volere o la mia disponibilità. Trascina con sé
perfino mio padre, portando in aggiunta teglie di verdure grigliate e carne
scondita.
Apro quindi l’uscio con una certa esitazione, rendendomi conto appena
una frazione di secondo prima di scostare appunto il battente di stare davvero
dando il benvenuto a mia madre nella mia umile dimora indossando un pigiama di
flanella abbinato ad un paio di calze spesse – che sto usando al posto delle
pantofole – nonostante siano già le dieci del mattino. Oltretutto i miei
capelli sono un ammasso indistinto di ciocche crespe, ho due occhiaie che
potrebbero fare invidia ad un panda e la mia pelle è visibilmente arida come il
deserto. Se questo fosse un giorno normale o anche semplicemente una delle mie
solite domeniche a quest’ora avrei già dovuto essere truccata e pettinata alla
perfezione, nonché vestita con un completo elegante e tacchi abbinati. In effetti
non c’è differenza per me tra l’andare in ufficio e dirigermi a casa dei miei
genitori, perché in entrambi i casi devo mostrarmi al meglio: impeccabile,
perfetta e in splendida forma. I miei clienti lo pretendono, il mio capo me lo
impone e mia madre lo esige.
Si è molto più credibili quando si appare eleganti, distinti e
raffinati. È un ottimo biglietto da visita e con il tempo ho imparato anche a
sentirmi più sicura quando mi trovo al meglio della mia condizione. Mettere un
completo elegante mi fa sentire potente, indossare dei tacchi esagerati mi fa
apparire sfrontata e usare un bel rossetto per mettere in evidenza le mie
labbra mi induce a comportarmi in modo coraggioso. Avere un’immagine perfetta
in pratica aumenta la mia autostima, per quanto possa sembrare stupido. Invece
oggi sono un relitto. Sono sciatta, disordinata e arruffata. A mamma verrà un
infarto e, considerata la sua espressione, credo sia abbastanza imminente. Mio
padre è la sola persona a cui interessa più il mio benessere che il mio
aspetto. Per lui potrei andare benissimo in giro con una tuta o un vestito da
cerimonia e sarebbe esattamente la stessa cosa, perché vedrebbe soltanto me. La
sua bambina. Era lo stesso anche per Richard, per questo mi piaceva così tanto.
Rich mi apprezzava quando indossavo i miei completi eleganti, i miei abiti
sportivi e perfino i miei pigiami da nonna. Lui si concentrava solo sul mio
sorriso.
«Ciao» borbotto comunque dopo aver spalancato il battente, incrociando
per prima lo sguardo di Henry per evitare di osservare l’espressione disgustata
di mia madre.
«Buongiorno, tesoro» mi saluta papà, sorridendomi in maniera bonaria e
con un accenno di scuse.
«Sei viva» nota Samantha con immediatezza, squadrandomi dalla testa ai
piedi in modo tutt’altro che affettuoso o in alternativa preoccupato.
«Sì, mamma» annuisco, preparandomi alla sua sfuriata.
«A quanto pare non sei malata, non sembri stare attraversando nessun
momento di crisi esistenziale e non credo tu abbia un appuntamento imminente»
continua, analizzando i fatti e soprattutto le mie condizioni. «Quindi
spiegami, Christine, per quale motivo oggi non sei venuta a pranzo da noi? Cosa
te lo ha proibito?» mi domanda con un tono di rimprovero, incrociando le
braccia sotto al seno e assumendo una posa ancora più autoritaria.
«Forse è solo stanca, Sam» le fa notare mio padre, venendo in mio
soccorso e provando a trovare una scusa convincente che possa salvarmi da tutta
questa situazione.
«Già, sono stanca» ammetto, considerando che non sto affatto mentendo.
Sono stanca di fidarmi degli uomini, di cedere così velocemente e
innamorarmi sempre della persona sbagliata. Sono stanca di credere ancora di
poter trovare qualcuno adatto a me, quando poi vengo puntualmente delusa e
umiliata.
«Non è una giustificazione» afferma mia madre, allontanandomi dalla
porta per entrare subito dopo nel mio appartamento. Si dirige subito in cucina
e appoggia i vassoi con il pranzo sul bancone di marmo, vicino ad una scatola
vuota di ciambelle. Lancia allora un’occhiata di disgusto alla busta unta, che
conteneva la mia cena consolatrice, e successivamente riporta l’attenzione su
di me. «I tuoi genitori dovrebbero venire prima di ogni cosa, anche della
stanchezza».
«Sì, mamma» ripeto quindi, assecondandola e decidendo di arrendermi in
partenza invece che combattere. Devo conservare le mie energie e valutare bene
quale battaglia affrontare con lei, piuttosto che contraddire ogni sua parola.
«Hai passato di nuovo tutta la notte a mangiare schifezze e guardare la
TV?» mi accusa, osservando ancora la scatola di donuts che sembra sfidarla.
«È probabile» confesso, sentendomi arrossire a causa del disagio.
Non voglio sorbirmi una sua ennesima sfuriata sulla mia dieta, non
quando sono già così emotivamente instabile.
«Christine» si limita però a dirmi lei, con un tono più che esaustivo.
«Mamma» le rispondo, imitandola.
«Sai che non dovresti nemmeno guardarle da lontane queste ciambelle»
continua, annullando le mie speranze di aver limitato la nostra discussione
almeno per questa volta ad un semplice scambio di singole parole. «Contengono
troppi grassi e tu sei già abbastanza in carne senza aggiungere anche queste
calorie» rincara, menzionando ancora il mio fisico imperfetto.
«Sono contenta che, tanto per cambiare, ti stia tanto a cuore il mio
peso corporeo» affermo con ironia, imponendomi di non dare spazio ai miei reali
sentimenti. Finirei per urlarle contro, rinfacciarle anni di sofferenze e
mettermi a piangere. Di solito sono più forte e mi lascio scivolare le sue
frasi addosso senza alcun problema, ma oggi mi sento particolarmente fragile.
Molte mie certezze sono crollate, insieme alla consapevolezza di aver trovato
il mio uomo ideale.
«Lo dico per te, tesoro» prosegue Samantha, apparendo seriamente
preoccupata per me. Sembra anche voglia aggiungere qualcos’altro e continuare
il suo discorso con le sue solite raccomandazioni dalla dubbia importanza, ma
appena posa lo sguardo su mio padre cambia idea e si concentra invece su di
lui. «Henry, smettila di cercare le briciole delle ciambelle e dici qualcosa a
tua figlia!» lo rimprovera in modo severo, incrociando le braccia sotto il seno
e inasprendo la sua espressione.
«A che gusto erano i donuts?» mi chiede il diretto interessato,
esaminando con particolare cura i granelli di cioccolato sparsi sul bancone.
«Henry!» esclama mia madre, oltraggiandosi per non aver ricevuto il
supporto che si aspettava.
«Scusa, amore, ma così non riesco proprio a capirlo» si giustifica papà,
portandosi alle labbra le molliche che riesce a raccogliere per indagare ancora
sul gusto. Io trattengo a malapena una risata e osservo l’espressione di
Samantha, che passa in un paio di secondi dall’evidente fastidio alla
rassegnazione.
«Tu e Chris siete una causa persa» dichiara con amarezza, scuotendo il
capo e sospirando. «Tornate in salone mentre io finisco di cucinare, qua non mi
siete di nessun aiuto» ci rimprovera, concludendo il discorso e prendendo
subito dopo il controllo della mia cucina.
«Agli ordini, mamma» la assecondo, trascinando con me Henry e sfruttando
all'istante questa possibilità di evitare ulteriori rimproveri.
Porto mio padre in salotto e lo faccio accomodare sul divano, prendendo
posto accanto a lui. Mi rannicchio al suo fianco, come quando ero bambina,
cercando silenziosamente il suo conforto. Papà allora, capendo probabilmente il
mio stato d’animo, inizia ad accarezzarmi i capelli.
Ho trent’anni, sono una donna autonoma e una delle promoter finanziarie
più cazzute della città. Ma devo ammettere che, nonostante la mia età e la mia
realizzazione professionale, non vi vergogno di venire coccolata ancora adesso
da Henry. Tra le sue braccia grandi e forte tutto sembra diverso, meno
preoccupante. Mi sento protetta, amata e compresa.
In un attimo mi vengono in mente i momenti trascorsi con Richard e la
sicurezza che sapeva trasmettermi, così simile a quella che sto provando adesso
tra le braccia di mio padre. La sua vicinanza e il suo calore mi hanno sempre
fatta sentire… a casa.
In base alle mie esperienze passate sono consapevole che non è poi così
scontato stare insieme ad una persona e stabilirci subito una certa sintonia,
una particolare intimità. Sentirsi al cento per cento a proprio agio è
difficile: ci vuole tempo, pazienza e comprensione. Con Richard invece è stato
tutto naturale, semplice e automatico. Lui sembrava fatto su misura per me.
M irrigidisco e tento di nascondere l’ondata di tristezza che sta per
travolgermi, non ottenendo tuttavia alcun successo. I miei occhi si
inumidiscono, trattengo a malapena un singhiozzo e stringo i pugni con forza.
Mio padre ovviamente si rende subito conto che qualcosa non va, visto che
percepisce ogni più piccolo cambiamento del mio corpo, e mi induce a scostarmi
leggermente da lui. Scioglie dunque il nostro abbraccio e in seguito mi guarda
negli occhi con preoccupazione, mantenendo comunque una mano legata alla mia.
«Allora, dolcezza, che cosa è successo?» mi domanda, usando un tono
cauto e particolarmente dolce.
Perché Henry mi conosce e sa che in questo preciso momento, davanti al
suo sguardo colmo di affetto, sto per crollare in mille pezzi. Sto per
abbondare la mia compostezza e rinunciare all’armatura che in questi anni ho
così faticosamente costruito, pezzo dopo pezzo, tornando ad essere quella
stessa adolescente fragile che una volta rincasata da scuola voleva soltanto
nascondersi tra le sue braccia in cerca di conforto.
Accettazione.
Amore.
Per sentirmi di nuovo perfetta, bella e forte.
«Oh, papà» piagnucolo come una bambina, perdendo il controllo delle mie
emozioni.
C’è solo una cosa in questo mondo che mio padre odia con tutto se
stesso: le mie lacrime. Lo rendono impotente, triste e angosciato. Gli fanno
credere di non essere riuscito a proteggermi e di aver di conseguenza fallito
il suo ruolo di genitore, anche se in realtà sin da quando sono nata è stato
consapevole di non potermi sempre salvare dalla crudeltà della vita.
Crescendo si impara a soffrire, è inevitabile.
«Dimmi tutto» mi invita allora, preparandosi ad ascoltarmi.
«Ho lasciato Richard» ammetto, riuscendo ad articolare nonostante il mio
pianto una frase di senso compiuto.
«Per quale motivo?» mi chiede Henry, aggrottando le sopracciglia con
confusione. «È ovvio che non ne sei per niente felice» prosegue, considerando
la mia reazione e le mie lacrime in apparenza senza fine.
«Perché mi ha mentito» mormoro, asciugandomi le guance con la manica del
mio pigiama. Poi, spinta da un coraggio inaspettato, gli racconto tutta la
storia.
La mia idea di iscrivermi ad un sito di incontri, i miei messaggi con il
misterioso RichieRich, la mia
conoscenza con Richard, il suo stravagante corteggiamento e il mio interesse
per quelli che credevo fossero due uomini diversi. Gli ho spiegato in sintesi
la lotta interiore che mi sono trovata ad affrontare, insieme al mio senso di
colpa, quando ho capito che non potevo ottenere entrambi. Per scoprire
successivamente quanto fossi stata una stupida a pensare di poter essere felice
e aver trovato la mia metà, perché alla fine dei conti ero stata ingannata.
Perché il mio misterioso corteggiatore e quello reale si erano rivelati essere
la stessa persona, ma invece di esserne entusiasta mi sono sentita tradita.
Usata. Non sapevo più cosa potessi considerare vero e cosa fosse falso, ho
messo quindi in dubbio la sincerità di ogni sua singola parola e perfino i suoi
sentimenti.
In seguito ho messo al corrente mio padre dei tentativi infruttuosi di
Rich di spiegarmi la sua versione dei fatti, perché io avevo alzato un muro tra
di noi per tutelare il mio cuore e non gli avevo permesso di fare breccia al
suo interno. Per paura di cedere, perdonarlo e tornare a sperare.
«Capisco» si limita a dire mio padre una volta che ho concluso il mio
sfogo, analizzando la situazione senza esprimere alcun parere.
«Non so se posso ancora fidarmi di lui» proseguo, sottolineando il
problema principale di tutta questa storia e cercando di far valere le mie
ragioni.
«Hai provato a metterti nei suoi panni?» mi domanda Henry dopo qualche
attimo di silenzio, provando a farmi riflettere meglio sulla questione.
«No» sussurro, scuotendo il capo. «Ma sono sicura che al suo posto non
mi sarei mai comportata in modo così vile» continuo, dando spazio alla mia
rabbia.
«Davvero?» mi sfida il mio interlocutore, trattenendo il suo
scetticismo.
«Certo!» affermo con convinzione, offendendomi per la sua insinuazione.
«Sai, tesoro, all’inizio di una conoscenza è normale crearsi delle
aspettative» mi ricorda dunque mio padre, tentando di rabbonirmi. «Tu più di
tutti dovresti saperlo» dichiara, riferendomi alle mie precedenti relazioni.
«Non sei forse rimasta spesso delusa dagli uomini che hai frequentato proprio
per colpa delle tue previsioni e speranze?».
«Sì» confesso con riluttanza, ripercorrendo mentalmente tutti i miei
rapporti. Molti di loro sono finiti dopo essersi scontrati con la realtà,
mentre altri appena ho capito cosa si nascondeva davvero dietro le intenzioni
del mio partner di turno.
«E anche questa volta, quando hai cominciato questa strana conoscenza
con RichieRich, non hai forse
incominciato a fantasticare su di lui?» mi provoca Henry, dimostrando di
conoscere perfettamente il mio carattere. «Secondo me Richard ha avuto paura di
deluderti» riprendere, senza darmi il tempo di ribattere. «Ha avuto paura che
confidandoti di essere il tuo ammiratore segreto avrebbe distrutto i tuoi
sentimenti per entrambi».
«Lo ha fatto» mormoro, considerando come si è concluso il nostro
confronto su questo argomento.
«Forse ha pensato che tenendoli separati avrebbe risolto la situazione,
anche se in fondo era consapevole di stare sbagliando» continua mio padre,
cercando di dare un senso alle azioni di Richard e chiarendomi i suoi
ragionamenti. «Questo di certo non lo giustifica, ma forse lo puoi
comprendere».
«Mi ha manipolata» mi ribello, alterandomi.
«Sì, dolcezza, ma è comunque un uomo che ti ha conquistato due volte» mi
fa notare lui, sorridendomi con tenerezza. «Ti sei innamorata di lui sia nelle
vesti di Richard che in quelle di RichieRich»
prosegue, stringendomi con più forza la mano. «Questo non ti fa riflettere?».
«Su cosa?» borbotto, provando ad ignorare la verità che traspira dalle
sue parole.
«Sul fatto che probabilmente è la persona giusta per te» afferma Henry,
apparendo del tutto convinto e fiero della sua supposizione. «Hai accettato
tutte le sfumature del suo carattere e lui ha fatto la stessa cosa con le tue»
dichiara, dando a mio parere una svolta fin troppo romantica alla situazione.
«Si è innamorato delle determinata e sicura Christine, ma anche della fragile
ed ironica ChocolateDonut».
«Allora dovrei perdonarlo?» gli chiedo, interessandomi ormai al suo
parere completo.
«Non ti sto suggerendo di sorvolare su tutta questa faccenda,
soprattutto se ti fa soffrire, però non usarla come scusa per tirarti indietro»
mi invita mio padre, suggerendomi inoltre di non arrendermi subito e di
lottare. «Non usarla come scusa per nasconderti ancora nel tuo guscio e pensare
di non essere abbastanza» mi raccomanda, invitandomi a superare le mie
convinzioni e sconfiggere le mie debolezze. Anche se ormai è cementata dentro
di me, sebbene io provi a fingere – anche con una certa dimestichezza
nell’ultimo periodo – di essere una tosta.
«Questa volta ho fatto esattamente il contrario, papà» lo correggo,
valutando i miei comportamenti e il coraggio che ho scoperto in me stessa
durante la mia relazione con Rich. «Mi sono lasciata andare e non ho permesso
alle mie insicurezze di darmi un limite, ho messo a nudo i miei difetti
provando a non considerarli un problema e ho cercato di trasformare le mie
fragilità in punti di forza» confesso, ragionando su tutti i miglioramenti che
ho ottenuto una volta affrontate le mie paure. «E guarda cosa ho ottenuto in
cambio» gli faccio notare, indicando il mio aspetto sconvolto e le mie guance
ancora rigate di lacrime.
«Hai ottenuto un uomo che ti ama davvero, tesoro» mi informa Henry,
ponendomi davanti alla realtà dei fatti. «Perché puoi mettere in dubbio ogni
cosa, ma non i suoi sentimenti. Io sono sicuro che Richard ha agito in questo
modo spinto dal timore di perdere quello che avevate costruito e non aveva
alcuna intenzione di ferirti».
«Anche io lo amo» sussurro, ammettendo ad alta voce le mie emozioni. Il
mio amore non è scomparso e non si è affievolito, nonostante la delusione e le
ferite che mi porto dentro.
«Allora non mettere già la parola fine a questo rapporto» mi suggerisce
mio padre, sorridendomi con rinnovata dolcezza. «Forse tutta questa sofferenza
può assumere un senso».
La nostra discussione viene interrotta dall’arrivo di Samantha, che dopo
averci lanciato un’occhiata un po’ stranita ci invita a seguirla in cucina per
pranzare. Tanto per cambiare il menu di oggi prevede salmone grigliato, ricco
di omega-3 e vitamine, accompagnato da broccoli bolliti. Il tutto è condito con
un filo di olio extra vergine di oliva, che ho comprato al supermercato dopo
aver seguito un programma italiano gastronomico in cui si esaltavano le
proprietà di questo prodotto e ho poi sapientemente dimenticato in un angolo
sperduto della mia credenza. Mia madre tuttavia lo ha evidentemente scovato e
utilizzato per rendere il piatto più gustoso, in modo da invogliare mio padre a
mangiarlo senza sbuffare con troppo scontentezza.
Il pranzo trascorre con lentezza, con Samantha che mi informa sugli
ultimi pettegolezzi della nostra comunità e della sua nuova passione per lo
yoga. Sta cercando di convincere anche Henry a provare questa disciplina così
rilassante, ma papà preferisce di gran lunga guardare il baseball in TV
piuttosto che sdraiarsi su un tappetino dal dubbio materiale per imitare le
posizioni di una hippie moderna eccessivamente snodata. Almeno questo è quella
che ha borbottato lui sottovoce, mentre la mamma era impegnata a sistemare i
piatti nel lavandino una volta finito il nostro pasto.
Successivamente mio padre torna in salotto, sdraiandosi sul mio divano
con il chiaro obiettivo di sonnecchiare intanto che finge di guardare il
football alla televisione, ed io rimango con Sam. Allora mi offro di lavare le
stoviglie, giusto per dimostrarmi una buona padrona di casa, per lasciare poi a
lei il compito di asciugarle e riporle nei vari scaffali. Il tutto
rigorosamente in silenzio. Perché Samantha è una grande conversatrice quando si
tratta degli affari degli altri o di riempire i vuoti con chiacchiere
insensate, ciò nonostante non ha la minima capacità di intavolare una
discussione produttiva con me che vada oltre il gossip o l’ultima dieta letta
in una qualche rivista di moda. Non è mai stata brava ad ascoltarmi,
interpretare i miei atteggiamenti e i miei momenti di apparente calma.
D'altronde per lei ogni mia problematica, che fosse legata al bullismo subito a
scuola o alla mia asocialità in generale, andava obbligatoriamente collegata al
mio peso e al mio disagio di essere grassa.
Con questo non voglio dire che mia madre non mi voglia bene o sia un
pessimo genitore, però è evidente che non mi ha mai capita. Ancora oggi non ci
riesce. Siamo semplicemente troppo diverse per trovare dei punti in comune, ma
non gliene faccio una colpa.
Per questo resto davvero meravigliata quando di sua spontanea iniziativa
apre il mio freezer, recupera l’unica confezione di gelato sopravvissuta alla
mia crisi emotiva post-rottura e mi invita con un gesto ad accomodarmi accanto
a lei. Si siede quindi sullo sgabello dell’isola, affonda il suo cucchiaio nel
preparato al cioccolato con uno slancio di energia invidiabile e se ne porta
una generosa quantità alla bocca. Come se nulla fosse. Come se lo avesse sempre
fatto, anche se io non ho mai visto mia madre – la rigida Samantha, sempre
attenta a contare le calorie di ogni singola pietanza – mangiare gelato. È un
evento da scrivere sul calendario.
«Chi è lo stronzo che ti ha ridotto in questo modo?» mi chiede in
seguito, facendomi risvegliare dal mio attuale stato di shock e concentrare
invece sull’immediato evolversi degli eventi. Di conseguenza prendo posto al
suo fianco, mentre continuo a guardarla con un certo stupore pensando che prima
o poi mi sveglierò da questo strano sogno e mi preparo nel frattempo con la sua
inattesa approvazione a gustarmi il mio adorato dessert.
«Si chiama Richard» mormoro, sentendomi a disagio a parlare con lei
della mia storia e dei particolari imbarazzanti che hanno dato il via a questa
assurda faccenda. Non voglio confessarle di essermi sentita talmente insicura
da avere avuto il bisogno di iscrivermi ad un sito di incontri, in preda
all’ebbrezza causatami dal vino, per trovare la mia anima gemella. Non voglio
dirle che per un attimo ho davvero creduto di avere trovato una persona
perfetta per me, confermandole così la mia ingenuità, e non voglio ammettere
soprattutto il mio fallimento. L’ennesimo. Non voglio ammettere di essermi
guadagnata di nuovo un cuore spezzato per colpa dei miei sogni romantici.
Certo, mamma solitamente adora darmi il suo parere sugli uomini e non è
un mistero che nell’ultimo periodo abbia cercato di organizzarmi diversi
appuntamenti al buio con l’intento di vedermi sposata almeno nell’arco del
prossimo anno. Ma io non ho mai cercato per prima la sua opinione riguardo una
mia relazione, perché ho sempre cercato di vivere i miei rapporti lontano dalla
sua influenza. Perciò non mi sono mai ritrovata ad informarla di mia spontanea
volontà dell’inizio di una mia nuova frequentazione e allo stesso modo non ho
mai richiesto il suo supporto, al contrario ho sempre provato a nasconderle
ogni indizio e mi sono esposta solo al momento che ritenevo opportuno.
Dunque è strano adesso parlarle senza alcuna esitazione di Richard,
della mia iscrizione a With Love, dei
miei messaggi con RichieRich e della
mia inettitudine sentimentale. Eppure parliamo e parliamo, mentre condividiamo
un’intera confezione di gelato al cioccolato.
«Quindi il misterioso RichieRich
e il tuo Richard sono la stessa persona?» afferma Samantha con genuino
sbalordimento, fermandosi con il cucchiaio a mezz’aria.
«Sì!» esclamo, approvando il suo sbigottimento. «E mi ha mentito» le
ribadisco, sottolineando il punto più grave. «Per mesi» aggiungo con enfasi, in
modo da farle capire la gravità della situazione.
«Beh, tecnicamente non ti ha proprio mentito» mi corregge mia madre,
scuotendo il capo. «È più giusto dire che ti ha omesso la verità» prosegue,
cercando il termine adatto.
«Ma tu da che parte stai?» borbotto, lanciandole un’occhiataccia.
«Sto solo analizzando i fatti, Christine» dichiara Sam con ovvietà,
scrollando anche le spalle con noncuranza. «Richard non ti ha tradita e
riempita di bugie, si è solo nascosto dietro un nome fittizio e alquanto banale
per approcciarti su un sito di incontri online in modo da conoscerti meglio».
«Perciò secondo te ho avuto una reazione esagerata?» le domando con tono
di sfida, aspettando la sua risposta alquanto prevedibile.
«No» dichiara mia madre, spiazzandomi di nuovo. «A mio avviso sei
soltanto troppo frettolosa nel volere concludere tutto» mi mette al corrente,
esprimendo finalmente il suo giudizio.
«Se fosse per te avrei già dovuto perdonarlo» mi lamento, sbuffando.
«Non dico questo, semplicemente penso che tu lo abbia tagliato fuori
dalla tua vita troppo velocemente: d'altronde è normale avere dei problemi in
una coppia, ma dovresti imparare a risolverli invece di arrenderti subito»
ribadisce, soffermandosi sul mio errore. «Perché non vuoi affrontarlo?» mi
chiede in seguito, indagando sulle mie ragioni.
«Perché non voglio perdonarlo» ammetto, usando un tono serio. «Almeno
non ancora» aggiungo in un sussurro, smettendo per un attimo di gustarmi il mio
gelato.
«È una questione di orgoglio?» mi interroga Samantha, aggrottando le
sopracciglia con palese disapprovazione.
«No, è una questione di fiducia» le ripeto, tornando al punto
principale.
«È una cazzata» si limita allora a replicare mia madre, rischiando di
farmi strozzare mentre riprendo a mangiare il mio dessert a causa della sua
frase così fuori dalle righe. Almeno per i suoi standard estremamente rigidi,
eleganti e conservatori.
«Scusa?» le chiedo infatti, credendo di aver sentito male. Forse sto davvero
sognando e in effetti non mi sembra una possibilità tanto irrealistica,
considerata la scena: in fin dei conti mi trovo in cucina con mia madre a
mangiare gelato, parlando dei miei problemi amorosi e ascoltandola imprecare.
«Hai capito benissimo» mi dice la diretta interessata, fissandomi in
modo profondo. «È una cazzata» conferma, scandendomi la parola con lentezza.
«Stai sprecando il tuo tempo a piangerti addosso quando invece potresti
trascorrerlo in maniera molto più piacevole. Magari tra le sue braccia, oppure
insultandolo con tutte le parolacce che ti vengono in mente e considerato il
tuo livello di istruzione dovresti avere un intero vocabolario da poter
utilizzare» mi suggerisce, dandomi addirittura il permesso di essere scurrile.
«La fiducia non si ricostruisce con il silenzio e la lontananza» mi spiega,
riprendendo a parlarmi con serietà. «Tu vuoi perderlo del tutto, Christine?» mi
domanda quindi in modo preoccupazione, facendomi capire che con questo
atteggiamento non riuscirò mai a ricucire la mia relazione con Richard e di
conseguenza finirò inevitabilmente per allontanarlo.
«No» affermo dunque con inquietudine, sentendo i miei occhi inumidirsi
all’eventualità di non averlo più nella mia vita.
«Allora smettila di essere così testarda» mi consiglia Sam, allungando
una mano per appoggiarla sulla mia in segno di conforto.
«Lo dici solo perché vuoi che lo sposi e partorisca i suoi figli» la
accuso, asciugandomi inutilmente un paio di lacrime sfuggite al mio controllo e
riprendendo poi a singhiozzare.
«A me sembra un ottimo piano» dichiara mia madre, annuendo con
soddisfazione.
«Non mi serve Richard per essere felice» mi impunto, rifiutandomi di
condividere la sua idea.
«Sono sicura che hai ragione» mi asseconda quindi lei, parlandomi
tuttavia con condiscendenza. «Sei una donna forte e autonoma, sicuramente non
hai bisogno di nessuno» prosegue, facendomi sentire quasi a disagio. Perché le
sue parole non sono intese come un complimento, al contrario sembrano una
condanna alla solitudine.
«Sì, lo sono» concordo, cercando di farle capire quanto sono fiera in
realtà di aver raggiunto questi obiettivi. Sono contenta di non dover dipendere
da qualcun altro, mi ritengo soddisfatta della donna che sono diventata. Non
importa se la sera quando esco da lavoro ritorno in un appartamento vuoto e
silenzioso, non importa quello che ho sacrificato per arrivare a questo preciso
punto della mia vita.
Va bene, davvero.
«Ma per una volta ascoltami, Chris» mi invita allora Samantha, apparendo
estremamente decisa. «Non pensi che sarebbe meglio condividere la tua vita con
qualcuno? Non perché non saresti in grado di stare da sola, sono sicura che
riusciresti a farlo senza alcuna difficoltà e anzi all’inizio potrebbe anche
sembrarti gratificante, ma semplicemente per sperimentare quanto è bello essere
in due» continua, apparendo estremamente saggia. «Stare con la persona giusta»
dichiara, senza lasciarsi demoralizzare dal mio silenzio. «Perciò ti serve
Richard. Ti serve per condividere la felicità, perché essere felici da soli in
fondo è davvero inutile… non credi?».
E con questa semplice frase ogni mia singola convinzione crolla, perché
in fondo mia madre dice la verità: essere felici da soli non ha senso. Dovrei
saperlo bene. Io ho avuto l’enorme fortuna di trovare una persona con cui
condividere i miei sorrisi, le mie speranze e i miei sogni. Una persona capace
di alleggerire le mie sofferenze e capire i miei malumori. La mia anima
gemella, il mio uomo ideale. Ma invece di tenerlo stresso a me e ancorarlo per
sempre alla mia anima, l’ho lasciato andare. Come una stupida. Perché in fin
dei conti ho avuto paura: avevo raggiunto la mia personale perfezione e mi sono
lasciata prendere dal panico, perciò ho preferito tornare indietro. A quello
che conoscevo, a quello che potevo gestire. Eppure… mi manca. Tutta quella perfezione
abbagliante. Richard.
La sua bugia è stata indubbiamente un brutto colpo da assorbire, ma è
davvero un ostacolo insormontabile? È davvero impossibile per me dargli retta
per un secondo e sentire la sua versione dei fatti? Sono così insensibile da
non essere nemmeno in grado di condividere le sue debolezze, come lui invece ha
fatto con le mie?
Guardo mia madre, mentre continua a gustarsi il suo gelato al cioccolato
con un’espressione talmente serena stampata sul volto da farla apparire quasi
strana, e sospiro. Resto ferma e in silenzio a contemplare il vuoto, tenendo
saldamente il mio cucchiaio in mano per aggrapparmi alla realtà. Adesso questo
flessibile strumento di metallo è il mio unico appiglio in questo mondo confuso
o per meglio dire è il mio unico punto fermo nel groviglio caotico dei miei
pensieri, dato che sto valutando dettagli che prima avevo del tutto trascurato:
gli occhi imploranti di Rich quando mi ha pregato di ascoltarlo, la sua
esitazione nell’ammettere di essersi sentito inadeguato dopo avermi mostrato
una parte di sé tramite i messaggi di RichieRich,
la sua volontà di spigarmi tutto con il timore tuttavia di non riuscire a
ricucire la frattura che ha determinato a causa delle sue stesse insicurezze.
Non riesco neanche più a godermi il mio dessert, dato che sono troppo
concentrata a ripercorrere mentalmente ogni attimo della nostra storia. Tutto
quello che non ho capito, e in parte ho volutamente trascurato, fin
dall’inizio.
Quando i miei genitori se ne vanno, strappandomi la promessa di non
mancare al nostro prossimo pranzo domenicale, mi ritiro di nuovo in me stessa.
Torno nella mia camera, dopo aver recuperato una bottiglia di Pinot Nero
californiano e un bicchiere dalla mia credenza, per poi sdraiarmi sul letto.
Incrocio quindi le gambe sul materasso, mi verso una generosa dose di vino
tenendo il mio prezioso calice in bilico e alla fine mi guardo intorno con fare
un po’ spaesato. In verità non ho idea di cosa fare adesso, perché anche se ho
acquisito delle nuove consapevolezze riguardo al mio rapporto con Richard temo
comunque di sbagliare approccio e rovinare definitivamente ogni mia possibilità
con lui. Non voglio mandare in fumo ogni mia speranza, però non so davvero come
agire. Per questo, quando mi volto verso il mio comodino e vedo il mio computer
una strana frenesia si impossessa di me.
Certo, probabilmente l’ebbrezza datami dall’alcol non mi rende
attualmente molto lucida e di sicuro non mi aiuta nemmeno a prendere delle iniziative
logiche. In effetti perfino le mie esperienze passare dimostrano che quando
sorseggio troppo vino tendo un po’ a lasciarmi andare e a commettere qualche
pazzia, tuttavia forse è proprio questo che mi serve ora: infrangere ogni
schema razionale per dare spazio alla mia follia alcolica. Lasciarmi travolgere
da questa spinta di coraggio e ripartire dal principio. Dal momento in cui
tutto ha avuto inizio.
Perciò senza rifletterci oltre prendo il mio laptop, apro il sito di WithLove e torno sull’icona delle e-mail.
Individuo l’indirizzo di RichieRich,
l’unico che ho salvato da quando mi sono iscritta a questa pagina di incontri,
e comincio una nuova conversazione virtuale.
Da: ChocolateDonut
A: RichieRich
Oggetto: Ci
risentiamo
Ciao, Richie. Sono io, la solita Choco.
Stupida ed imbranata. Sono successe molte cose nell’ultimo periodo e ho bisogno
di parlare con qualcuno che possa capirmi davvero, che possa ascoltarmi e
consolarmi. Ho bisogno di te. Non tanto per ricevere un tuo parere, ma perché
mi sembrava semplicemente giusto. D'altronde in questi ultimi mesi sei rimasto
sempre al mio fianco, seguendo tutti gli appassionanti risvolti della mia vita,
e ora non voglio privarti proprio dell’evento più importante. Quindi volevo
dirtelo. Mi sono innamorata, Richie. Mi sono innamorata di quello spocchioso,
arrogante e megalomane Mr Billionaire. Già. Quel Mr Billionaire capace di
irritarmi con i suoi capricci, il suo carattere volubile e i suoi assurdi
investimenti. Eppure nasconde anche tante qualità, devo ammettere che è
piuttosto bravo a farlo e non me lo aspettavo. Però alla fine ho scoperto il
suo lato dolce, sensibile e gentile. Non mi ha ancora
dedicato nessuna canzone di Ed Sheeran, ma questo posso superarlo. Perché lui è
perfetto per me. Perché tu sei perfetto per me. E mi dispiace di non averti
ascoltato, di non averti capito. Però non posso negare che la tua omissione mi
ha ferito, sebbene in fondo io possa capire – e sì, lo posso fare davvero –
perché hai mantenuto questo segreto. Questo silenzio. Tuttavia mi sono sentita
comunque tradita quando ho scoperto, nel peggiore dei modi, come stavano le
cose. Ho pensato che tutta la nostra relazione fosse falsa, che tu ti fossi
solo preso gioco di me. Dei miei sentimenti. Quando abbiamo iniziato questa
corrispondenza telematica non pensavo di potermi invaghire con una tale
intensità di uno sconosciuto: delle sue parole tenere, spiritose, romantiche.
Perciò mi sono sentita una traditrice quando, con una semplicità sconcertante,
mi sono innamorata di Richard. Di te. Mi sembrava assurdo vedere in lui un po’
di quel Richie che ho conosciuto online, ma mi sono sentita anche sollevata.
Sì, sembrava giusto. Mi sentivo autorizzata a provare queste emozioni per un
altro uomo, uno reale, anche se ad un certo punto mi sono ritrovata a lottare
con il mio senso di colpa. Perché volevo entrambi, per motivi simili e anche
diversi. Forse è proprio questo che non posso perdonarti. Hai creato in me
delle speranze, sia nei panni di RichieRich che nei panni dell’integerrimo Mr
Reyes, e poi le hai distrutte. Ciò nonostante io per prima mi sono rifugiata
dietro l’identità di ChocolateDonut, perché dopo le mille delusioni che ho
collezionato negli ultimi anni mi sono convinta di essere sbagliata e di dover
cambiare. Essere diversa. È stato così irreale invece trovare non uno, ma ben
due persone disposte ad accettarmi. Con i miei pregi e i miei difetti. Poi però
mi sono trovata nella posizione di dover scegliere, almeno in apparenza, e ho
avuto paura. Ma alla fine, quando ho creduto di aver raggiunto la mia felicità,
ecco che vengo a sapere che tutte le mie sofferenze erano inutili: stavo
lottando per un unico uomo, che mi ha manipolata fin dall’inizio. In modo
subdolo ti sei insinuato nel mio cuore, per spingermi inevitabilmente tra le
tue braccia. A prescindere da tutto, incurante dei tuoi errori. Però mi hai
conquistata, Richard. E invece di stringermi, di proteggermi, di amarmi… mi hai
fatta piangere. Le tue bugie hanno creato cicatrici interiori, difficilmente
rimarginabili. Hai perso la mia fiducia, mi hai fatto mettere in dubbio la
nostra complicità e soprattutto il mio giudizio. E ora siamo entrambi soli,
tristi e infelici. Eppure ci amiamo: questa è l’unica cosa che non è cambiata
tra di noi, vero? Ma può bastare? Forse sì. Può ricucire le ferite e non farle
più sanguinare, anche se loro resteranno sempre là. Saranno impresse
nell’anima, a ricordarci i nostri sbagli e il nostro dolore. Sarà difficile
guardarle e ogni tanto daranno fastidio, ma ci ricorderanno questi giorni e ci
porteranno ad apprezzare ancora di più quello che abbiamo ricostruito. Perché
io non voglio perderti, Rich. Nonostante tutto voglio stare con te. Andare
avanti ed essere felici insieme. E amarti.
Sono passati esattamente tre giorni, dodici ore e
quindici minuti dall’invio della mia e-mail a Richard. Ma ancora – dopo tre giorni, dodici ore e sedici minuti –
non ho ricevuto alcuna risposta da parte sua, solo silenzio. Insomma, gli ho
aperto di nuovo il mio cuore e ho ammesso i miei errori. Ho confessato la mia
superficialità nel giudicarlo, la mia indelicatezza nell’averlo apparentemente
cancellato dalla mia vita. Ho fatto un passo avanti e mi sono offerta di
superare insieme questa situazione, per cercare nonostante tutto quello che è
successo di darci un’altra possibilità. Eppure Richard non mi ha contattata,
non è venuto a bussare alla mia porta e non si è degnato nemmeno di farmi una
delle sue solite improvvisate in ufficio.
Il giorno successivo alla trasmissione del mio
messaggio mi aspettavo quasi di trovarlo lì, seduto alla mia postazione con la
sua insopportabile nonchalance. In effetti mi immaginavo già la scena: lui
seduto sulla mia comoda poltrona girevole con le sue preziose scarpe adagiate
sul legno appena lucidato della mia scrivania, mentre Holga gli suggeriva con
apprensione di andarsene o in alternativa se proprio non voleva darle retta lo
pregava di comportarsi almeno in maniera educata. Non mi sarei sorpresa nemmeno
di vedere il fedelissimo Colin al suo fianco, magari con un’espressione
contrariata stampata sul viso e una scusa comunque pronta per giustificare il
comportamento ossessivo del suo capo.
Invece niente. Le mie aspettative e la mia
trepidazione si sono sciolte come neve al sole appena ho messo piede nel mio
studio, lasciandomi scioccamente pervadere dall’amarezza quando mi sono resa
conto dell’immobilità che regnava in giro. La mia segretaria infatti non stava
iperventilando a causa della presenza di un ospite inatteso che si era
impossessato del mio ufficio, le receptionist stavano svolgendo con perfetta
normalità il loro lavoro senza lasciarsi prendere dall’emozione di avere un vip
dal calibro di Mr Reyes in attesa di incontrare il suo consulente e Mr Micols
appariva del tutto tranquillo. Non sudaticcio e ammiccante come suo solito, in presenza
di Richard. Allora mi sono convinta, osservando la mia poltrona vuota e
rendendomi conto dei sentimenti tumultuosi che in quel momento avevano
appesantito il mio cuore, di aver sbagliato qualcosa. Di aver dato le cose per
scontato. Per colpa della mia testardaggine avevo ormai perso l’occasione di
sanare il nostro rapporto e non potevo fare nulla per rimediare al mio
comportamento, sebbene una parte di me fosse innegabilmente e profondamente
delusa da Richard per essersi arreso per primo.
In realtà non volevo nemmeno pensare ad
un’eventualità del genere, ma considerata l’assenza di reazioni da parte del
diretto interessato non potevo fare altrimenti. Lui probabilmente era già
andato avanti, senza di me, perché forse si era stancato di aspettarmi e aveva
deciso di mettere un punto definitivo alla nostra storia. Senza ombra di dubbio
tutto era finito a causa di un suo errore, ma la mia incapacità di ascoltarlo
aveva troncato ogni speranza di un nostro riavvicinamento.
La consapevolezza che potesse davvero aver deciso
di non perdere altro tempo sopportando le mie recriminazioni e assecondando la
mia infinita indecisione mi stava lentamente logorando, portandomi a dubitare
ancora di più di me stessa e delle mie scelte.
Giovedì sera, dopo aver passato ogni minuto della
giornata controllando maniacalmente il mio cellulare per scorgere un’eventuale
email di Richard e aver in questo modo trascurato non solo il mio lavoro ma in
generale tutti i miei impegni, una volta abbandonato il mio studio mi sono
ritrovata a pensare a quello che potevo fare per ottenere una risposta e
spezzare questa assurda immobilità. Mentre tornavo a casa mi sono chiesta
perciò se non fosse meglio andare a trovarlo nel suo appartamento oppure se
fosse il caso di scrivergli un altro messaggio per rimarcare la mia intenzione
di darci una nuova opportunità, però alla fine ho preferito non fare nulla
considerato che non volevo peggiorare la nostra situazione già alquanto
precaria e mostrarmi soprattutto troppo assillante.
L’incertezza mi tormentava e mi bloccava, perché in
fondo volevo agire e non aspettare il naturale evolversi degli eventi. Tuttavia
non riuscivo a capire cosa dovevo fare, quale potesse essere la mia prossima
mossa. Non volevo fallire, ma non sapevo come comportarmi. Avrei voluto avere
più pazienza e lasciare tutto in mano al destino, ma era difficile per me
accettare con impassibilità la situazione. Perché ero consapevole che in gioco
c’erano il mio cuore e il mio futuro sentimentale, quindi non potevo stare
semplicemente ferma. Non potevo attendere che il fato si decidesse a fare la
sua mossa, mentre nel frattempo mi lasciavo sopraffare dalle mie paure.
Oltretutto non riuscivo a lavorare, a dormire e
nemmeno a mangiare a causa dell’angoscia che mi stava divorando. Infatti da
quando avevo invitato quel messaggio a Rich avevo smesso addirittura di
strafogarmi di ciambelle e adesso, oltre ad essere depressa per la mancanza
della sua risposta, mi trovavo anche in astinenza da zuccheri. Pertanto venerdì
mattina in ufficio il mio umore depresso e a tratti esageratamente allegro, al
punto che mi sentivo quasi un Joker al femminile o in alternativa una Harley Quinn
in sovrappeso sotto stupefacenti, ha mandato in tilt non solo la mia segretaria
ma in pratica tutti i miei colleghi. Per il resto della giornata dunque tutto
il personale ha preferito evitarmi, perfino Mr Micols mi girava alla larga e
Holga mi disturbava soltanto in caso di estrema necessità.
Per fortuna non avevo alcun appuntamento
programmato con un nuovo possibile investitore e nemmeno con uno dei miei
clienti più fedeli, dunque nessuno ha dovuto sorbirsi i miei sbalzi emotivi e
mi sono potuta risparmiare anche il disagio di scusarmi in continuazione per la
mia mancanza di autocontrollo.
Non avevo mai raggiunto nel corso della mia vita un
punto così basso. Avevo toccato davvero il fondo e mi sentivo persa, perché
Richard mi stava ignorando.
Non avrei dovuto dipendere così tanto da un uomo e
la parte femminista dentro di me si stava oltremodo ribellando per lo stato
patetico in cui mi trovato, ricordandomi che ero una donna autonoma e di certo
non avevo bisogno di lui per vivere. Però, per quanto volessi farmi forza e
assecondare il mio lato indipendente per non rimarcare ancora la mia assurda
debolezza, non riuscivo a scollarmi di dosso il dolore di aver perso la mia persona giusta. L’unico amore,
quello più vero in assoluto, della mia esistenza.
Sabato quindi non è una novità per me svegliarmi di
nuovo con gli occhi gonfi, una scatola di fazzoletti fedelmente appoggiata sul
mio cuscino e l’umore sotto i piedi. Questa è l’ennesima mattina in cui mi
sento stanca, depressa e demoralizzata. Voglio stare tutto il giorno a letto,
immobile. In effetti contemplare il soffitto, dormire e continuare a deprimermi
non mi sembra poi un programma così pessimo. Anzi, direi tutto il contrario. In
fin dei conti impegnandomi a seguire un piano del genere potrei risparmiarmi la
fatica di affrontare il mondo, eviterei di girovagare per casa come uno zombi
alla ricerca di qualcosa da fare per occupare il mio tempo – in modo da non
soffermarmi a pensare, visto che inevitabilmente riprenderei subito a piangere
e subito dopo mi sentirei ancora più in colpa con me stessa per la mia
volubilità emotiva – e mi risparmierei perfino l’angoscia di dover mangiare.
Per alcuni il cibo in momenti del genere può
rappresentare infatti una valvola di sfogo, invece per me è l’esatto contrario.
Io non mangio mai quando sono davvero giù di morale o quando mi sento così
depressa. Nemmeno le ciambelle hanno più attrattiva per le mie papille
gustative. Effettivamente nel mio caso l’unico aspetto positivo delle pene
d’amore, come ho potuto sperimentare sin dall’adolescenza, è l’improvvisa
scomparsa di appetito. Quando ho il cuore spezzato dimagrisco senza alcuna
difficoltà, di conseguenza nell’ultimo periodo ho già perso cinque chili. Non
sto seguendo una dieta specifica, ho soltanto smesso di mangiare. Niente più
dolci, niente più pizza e niente più alimenti in generale. Nulla. Durante il
giorno consumo dunque solo lo stretto necessario, giusto per non perdere
totalmente le forze. In realtà so di stare sbagliando, così come sono
consapevole di non aver trovato il modo più salutare per perdere peso. Cosa che
tra l’altro non voglio nemmeno fare, considerato che ovviamente non considero
una mia priorità al momento pensare alla mia forma fisica. Eppure è inevitabile
per me, perché appena metto qualcosa sotto i denti mi viene la nausea.
Per questo oggi evito di fare colazione, anche se
in frigo ho una confezione intatta di donuts
che sembra quasi chiamarmi. Ma in verità non ne ho voglia. Sono troppo
triste per assaporare le mie amate ciambelle, con la loro glassa al cioccolato
e gli sprinkles colorati sparsi sopra. Mi sembrerebbe un insulto mangiare i
miei dolci preferiti con l’apatia che adesso mi scorre nelle vene, senza essere
coinvolta da nessuna sensazione di gioia ed euforia. Perché anche se di solito
hanno il compito di tirarmi su di morale, grazie alla loro pasta fragrante,
sono consapevole che in questo momento sarebbero sprecati. Ed io non spreco mai
le ciambelle. Mai. È una delle mie regole principali di vita.
Questa è indubbiamente una situazione di emergenza,
ma purtroppo neppure i miei fedelissimi donuts
ipercalorici possono cambiare le cose e allora meglio rinunciarci. Lo faccio
raramente, per questo quando succede vuol dire che la situazione è tragica.
Dunque mi alzo semplicemente per recarmi in bagno,
darmi una ripulita – dato che la mia parte razionale non gradisce molto i miei
capelli annodati, insieme ai miei occhi gonfi e alla mia pelle disidratata per
colpa di tutte le lacrime versate – e tornare alla fine a rannicchiarmi sul mio
divano. Tanto per cambiare location.
Trascorro quindi la mia giornata guardando un
programma comico alla TV, piluccando un pacco di biscotti e bevendo il latte
direttamente dal cartone. Tutto con il mio devoto pigiama addosso, i miei
Kleenex a portata di mano e il telecomando disperso sotto uno dei miei
variopinti cuscini.
Verso sera, saranno circa le sei, sento uno strano
rumore sul mio pianerottolo. Abbasso il volume della televisione fino a
renderla praticamente muta, mi raddrizzo sul sofà per ottenere una posizione
più comoda e cerco di capire se nel mio palazzo sta accadendo qualcosa di
importante.
La mia vicina ha trovato per caso suo marito in
atteggiamenti inequivocabili con la loro tata? Il ragazzo che abita alla fine
del corridoio si è finalmente deciso a sfrattare il suo coinquilino super
chiassoso e molesto, facendogli trovare magari le sue valigie fuori di casa
come succede nei film? Oppure la nonnina dell’appartamento B125 ha di nuovo
smarrito il suo gatto e ha chiamato per l’ennesima volta i pompieri? Beh,
questa non sarebbe necessariamente una cosa negativa. Potrei infatti decidere
di alzarmi dal divano e aprire la porta solo per ammirare gli strabilianti
muscoli dei vigili, anche se non credo che l’attuale confusione presente sul
mio piano sia dovuta all’eccessiva apprensione di Mrs Betty per le manie
fuggiasche della sua Lulu.
Ci vogliono comunque una manciata di minuti per
capire che i rumori provenienti dal pianerottolo non sono dovuti ad un qualche
dramma condominiale, ma sono causati da un cellulare che sta riproducendo con
le casse impostate al massimo una canzone di Ed Sheeran.
No, non una canzone qualunque.
Perfect.
«I found a love for
me, darling just dive right in and follow my
lead.Well I found a girl beautiful and sweet».
Di conseguenza mi alzo di scatto, lasciando cadere a terra la confezione
di frollini alla vaniglia che mi ha tenuta compagnia per tutto il pomeriggio, e
in un attimo raggiungo la mia porta. Appoggio poi una mano sulla maniglia, ma
prima di spalancare l’uscio per capire se i miei sospetti sono corretti mi
ritrovo ad esitare.
«Well I found a
woman, stronger than anyone I know. She
shares my dreams, I hope that someday I'll share her home.I found a love,
to carry more than just my secrets. To carry love, to carry children of our own».
C’è soltanto una persona alla quale ho confessato di voler ricevere una
dichiarazione d’amore con la canzone di Ed Sheeran come sottofondo: Richard.
Nella mia presentazione nel sito di WithLove,
nonché in una delle email che gli ho inviato quando vestiva i panni di RichieRich, ho fatto espressamente
questa richiesta. Ho sottolineato che per conquistarmi sarebbe stato utile
dedicarmi le strofe poetiche di Perfect
ed ora, fuori dal mio appartamento, il mio desiderio è stato appena esaudito.
Grazie ad una persona importante.
«Now I know I have met an angel in personand she looks
perfect». I miei occhi si inumidiscono e mi sento quasi
sul punto di cedere, ma non apro ancora la porta. Voglio godermi il momento.
Accosto perciò la fronte contro il legno freddo del battente e chiudo le
palpebre, lasciandomi trasportare dalla melodia romantica e dalle parole dolci
del mio cantante preferito. Il tutto sapendo che fuori, ad aspettarmi, c’è
Richard.
«You look perfect tonight».
Solo quando le ultime note finiscono e nel corridoio cade di nuovo il
silenzio mi decido ad agire, spalancando l’uscio e concentrandomi subito dopo
sugli occhi chiari di Rich. I suoi occhi così espressivi, limpidi e sinceri.
Non mi interessa se sono in disordine e scompigliata, se indosso il mio pigiama
più brutto e ho qualche briciola potenzialmente incastrata tra i capelli. Non
mi importa se sono pallida, se ho le borse sotto gli occhi e sembro un relitto.
Quello che conta adesso è Richard e tutto il resto passa in secondo piano.
Conta soltanto lui.
Soltanto noi.
Ovviamente il diretto interessato appare come sempre in forma
smagliante. Indossa un paio di jeans grigi, una camicia celeste, una giacca in
pelle e con i capelli biondi tirati all’indietro sembra oltremodo attraente. Il
mio cuore sussulta al solo ammirarlo e ancora di più capendo le implicazioni
della sua presenza. Qui, di fronte a me.
«Perché ci hai messo così tanto a venire?» sussurro con voce tremante,
guardandolo con attenzione e spezzando l’immobilità generale.
«Perché questa volta volevo fare le cose per bene» mi risponde,
apparendo a sua volta insicuro.
«È per questo motivo che stai riproducendo a tutto volume Perfect di Ed Sheeran sul mio
pianerottolo?» gli domando con una punta di divertimento, osservando il
cellulare che ancora tiene in mano e adesso non produce più musica.
«Sì» ammette, sorridendomi. «E ho anche le ciambelle» aggiunge,
lasciandomi concentrare successivamente sul sacchetto di carta che sostiene con
la mano destra.
«Grazie» dico con gentilezza, prendendo il pacchetto unto per liberarlo
dal suo peso.
«Posso entrare?» mi chiede allora, indicando l’interno del mio
appartamento.
«Vieni» lo assecondo, invitandolo a seguirmi in cucina. Per prima cosa
sistemo i donuts sul bancone,
ripromettendomi di dare loro la giusta attenzione in un secondo momento, e in
subito dopo torno ad osservare Richard.
«Mi dispiace, Chris» comincia una volta aver incrociato di nuovo il mio
sguardo, apparendo seriamente mortificato. «Sono stato un idiota, un vigliacco»
confessa, insultandosi.
«Sì, lo sei stato» affermo dunque con altrettanta convinzione, evitando
di addolcirgli la pillola e fargli comprendere la gravità del suo
comportamento.
«Ma avevo paura» aggiunge successivamente lui, palesandomi le sue
insicurezze.
«Di cosa?» lo interrogo, aggrottando le sopracciglia.
Perché mi sembra ancora assurdo sentirlo parlare in questo modo.
Insomma, è Richard Reyes. Uno degli uomini più ricchi al mondo, un imprenditore
di successo e secondo la classifica di giornali dal calibro del New York Times rientra perfino nella
lista delle dieci persone più influenti negli Stati Uniti.
Ha la fortuna di essere carismatico, attraente e praticamente perfetto.
Cosa può rendere un tipo come lui incerto e spaventato? Non certo io,
una donna in sovrappeso con evidenti problemi di autocontrollo. Sia emotivo che
alimentare. Non credo che il mio carattere bisbetico, insieme alla mia
testardaggine in ambito lavorativo e alla mia irascibilità quando vado in
astinenza da ciambelle, possa averlo influenzato in modo tanto esagerato. Sì,
in alcuni casi – ad esempio quando devo trattare con un cliente particolarmente
tosto oppure effettivamente non faccio colazione con un bel donut al cioccolato – posso suscitare
timore. Ma non fino al punto da riuscire a sconvolgere anche un uomo come
Richard. Eppure a quanto pare sono riuscita in modo involontario a moderare la
sua determinazione, rendendolo dubbioso e apprensivo.
«Di non essere quello che volevi» prosegue il diretto interessato,
chiarendomi il suo ragionamento.
«Io…» provo allora a rassicurarlo, venendo prontamente interrotta.
«No, fammi finire» mi impone infatti con urgenza, alzando addirittura
una mano per bloccare sul nascere il mio discorso. «Quando ci siamo conosciuti,
quel giorno nel tuo ufficio, non pensavo di trovarmi davanti una donna come
te».
«Grassa e tremendamente ostinata?» gli suggerisco, ricordando il nostro
primo incontro.
Durante quell’appuntamento lavorativo ho dato davvero il peggio di me
stessa, nonostante il mio obiettivo fosse quello di diventare la sua promoter
finanziaria così da rendere felice il mio capo e avanzare anche di carriera.
Però quando ci siamo presentati ho sentito un’istantanea antipatia nei suoi
confronti, perché mi era parso un uomo viziato e presuntuoso. Non vado fiera
del mio atteggiamento di quella mattina, ma non avevo intenzione di farmi
mettere i piedi in testa da lui. Per questo sono stata alquanto maleducata,
inflessibile e puntigliosa.
«Magnifica e stupefacente» mi corregge tuttavia Richard, stupendomi.
«Sapevo che lavorare insieme sarebbe stato un problema, perché appena ti ho
sentita parlare…» continua, guardandomi con un’intensità tale da farmi
arrossire. «Così appassionata e convinta delle tue idee» riprende, descrivendo
il modo in cui ero apparsa ai suoi occhi quel mattino nel mio studio e
lusingandomi inevitabilmente con le sue parole. «Avevo già capito che volevo di
più».
«Oh» replico in un sussurro, lasciando aumentare la mia sorpresa.
È assurdo vedere le cose sotto il suo punto di vista. Mentre io lo
reputavo uno spocchioso milionario, Rich aveva visto in me qualcosa di diverso.
Qualcosa che per lui valeva la pena approfondire.
«Non è facile per me trovare qualcuno che riesca a tenermi testa»
prosegue il mio interlocutore, non lasciandomi il tempo di metabolizzare tutte
le informazioni che mi sta gratuitamente offrendo. «Non è presunzione, fidati,
ma un semplice dato di fatto. Appena le persone si ricordano chi sono, appena
pensano alla mia influenza e al mio denaro, tendono sempre a volermi
assecondare» mi spiega con fare amareggiato, richiamandomi alla mente una
discussione già avvenuta tra di noi durante il periodo in cui insisteva a
corteggiarmi e che aveva proprio questo tema come protagonista. «Ma tu non eri
intimidita dal mio nome, dalla mia fama e dal mio conto in banca» mi ricorda,
sorridendomi quasi con orgoglio. «Mi hai affrontato a testa alta e sei stata
una ventata di aria fresca» dichiara, avanzando di un passo e avvicinandosi
alla mia figura ferma vicino al bancone. Porta il suo corpo davanti al mio, al
punto che ci divide solo un soffio. «Era da tempo che non mi sentivo così…
bene» mi mette al corrente, scegliendo una parola all’apparenza semplice ma
ricca di significato.
«Perché allora mi hai mentito?» sussurro, tornando al centro del
problema. «Fin dall’inizio» sottolineo, ponendo l’accento sulla questione che
mi interessa maggiormente. «Perché non ti sei fidato di me?» gli chiedo con
sofferenza, rimarcando la mia delusione.
«Se avessi saputo subito che dietro l’identità fittizia di RichieRich c’ero io, il tuo altezzoso e
megalomane cliente, ti saresti comportata allo stesso modo?» mi domanda quindi
con sincera curiosità, mettendomi alla prova. «Ti saresti sentita così libera e
a tuo agio?» insiste, analizzando il mio atteggiamento rilassato durante il
nostro scambio di messaggi tramite WithLove
e comparandolo invece a quello che ho tenuto con lui di persona.
«Non lo so» confesso, apparendo comunque poco convinta.
«Io penso di no» afferma, dandomi la sua risposta. «Era più facile per
te credere di aver conosciuto una persona normalissima» prosegue, dimostrando
di aver intuito la fragilità che si nasconde dietro la mia sfrontatezza. È vero
che ogni giorno affronto gente ricca e influente, ma il lavoro è diverso dalla
vita privata. Come promoter finanziaria sono decisa, convinta delle mie
opinioni e a tratti insolente. Sono le relazioni che mi rendono insicura,
soprattutto se reputo il mio partner superiore a me. Cosa che accade quasi
sempre, perché non credo di avere tanto da offrire. Non sono bella, non sono
avvenente e di certo non sono facile da capire. «Ti sentivi tranquilla nel
messaggiare con un uomo che consideravi alla tua portata» esamina, confermando
i miei pensieri.
«Sì» ammetto, arrossendo a causa della vergogna.
«È una questione di controllo, che a te serve perché essenzialmente sei
timida» mi rassicura, evitando di giudicarmi. «Non puoi negare che fai continui
riferimento al tuo peso, provando ad esorcizzare il tuo disagio con l’ironia,
perché in fondo dubiti di te stessa» continua con serietà, facendomi capire di
aver notato anche la mia debolezza riferita al mio aspetto fisico. «Io volevo
farti capire che potevi puntare molto più in alto e non accontentarti di un
ragazzo misterioso conosciuto su un sito di incontri, perché io ero lì»
chiarisce, illustrandomi l’origine del suo riserbo nel dirmi la verità. «A
pochi passi» aggiunge, rivelandomi la sua frustrazione. «Stavi rinunciando ad
una persona in carne ed ossa per un tizio virtuale».
«Non è stato facile per me, Richard» intervengo finalmente,
ricordandogli le difficoltà che ho affrontato quando credevo di dover fare una
scelta tra lui e RichieRich.
«Lo so» dichiara, apparendo pentito.
«Mi sono iscritta a WithLove
in preda alla disperazione, dopo che il mio ultimo ragazzo mi ha mollata per il
mio aspetto» gli confido con un pizzico di imbarazzo, lasciandogli capire da
cosa derivano in fondo le mie insicurezze. Quante volte i miei compagni, chi
più e chi meno, mi hanno fatta sentire sbagliata? Quante volte mi sono sentita
dire, anche con poco garbo, che dimagrendo sarei stata di gran lunga molto
meglio? Potevo accettare commenti del genere da mia madre, seppure con
difficoltà, ma dalla persona che in teoria dovrebbe amarmi semplicemente per
quella sono è sempre un pugno nello stomaco. Perché nessuno poteva soltanto
accettarmi per quella che ero? Con i miei fianchi voluminosi, le mie cosce
paffute e la mia pancia tutt’altro che piatta. Sospiro, riprendendo il mio
discorso e tornando al presente. «Non penso di essere brutta, ma non è semplice
sentirmi ripetere continuamente quanto sarei più adeguata se soltanto perdessi
qualche chilo» confesso, esponendomi come mai prima d’ora. «Per tutta la vita mi
sono sentita imperfetta e anche se con il tempo ho imparato in parte ad
accettarmi non posso cancellare in pochi minuti le mie insicurezze o le mie
convinzioni, perché fanno parte di quella che sono» proseguo, dimostrandomi
fiera del mio percorso di crescita emotiva. «È ovvio perciò che all’inizio non
ti vedevo alla mia portata: non puoi negare che veniamo da due mondi diversi e
abbiamo gusti completamente opposti, oltretutto per me era difficile separare
la vita personale da quella professionale» gli ricordo con una certa enfasi,
pensando alla lista di pro e contro che avevo virtualmente stilato dopo la sua
dichiarazione al party in cui mi aveva trascinata con l’inganno.
Anche in quel caso avevo chiesto l’aiuto di mio padre per cercare di
mettere le cose sotto la giusta prospettiva e proprio in seguito al mio
discorso con Henry mi ero decisa a darci una possibilità, nonostante i miei
ragionamenti contorti e le mie paure.
«Però questo non ti ha fermata dal provare costruire qualcosa insieme»
mi risponde, sottolineando le mie azioni passate.
«Sì, perché volevo farlo» affermo con convinzione, non tirandomi
indietro. «Volevo tentare per la prima volta ad assecondare i miei desideri,
senza lasciarmi condizionare dai miei dubbi» ribadisco, mettendo in chiaro i
fatti. «Ho trovato il coraggio perché tu mi hai fatta sentire speciale»
sussurro infine, rivelandogli qual è stata in questo caso la mia più grande
debolezza: la convinzione che lui mi avesse vista in modo diverso dagli
altri.
«Perché lo sei, Christine» mi conferma Richard con immediatezza,
apparendo assolutamente convinto delle sue parole. «Sei bella, divertente,
gentile» continua, elencando le mie qualità. «Sono io a non essere alla tua
altezza» finisce, scuotendo il capo per esprimere la sua demoralizzazione.
«Non è vero, Rich!» esclamo allora con sicurezza, credendolo pazzo.
Come può credere ad una cosa del genere? Lui, che è Mr Perfezione.
Tutti nel mondo invidiano Richard Reyes per la sua avvenenza, il suo
carisma e la sua straordinarietà.
«Sì, invece» replica il diretto interessato, sconvolgendomi. «Sono un
miliardario superficiale, egoista e prepotente» si descrive, richiamando in
parte i termini che avevo usato nelle mie email per delineare il suo carattere.
«Come potevo battere il tuo fantastico RichieRich?»
mi chiede retoricamente, sorridendo con fare triste. «Sono entrato in
competizione con me stesso senza nemmeno volerlo» mi informa, spiegandomi i
risvolti della situazione. «Tutto è iniziato perché volevo trovare un modo per
avvicinarti e rompere il ghiaccio, ma poi le cose mi sono sfuggite di mano»
ammette con un evidente senso di colpa, fissandomi altrettanto intensamente.
«Ti stavi confidando con me e stavi imparando a conoscere delle parti del mio
essere che non è facile mostrare al mondo, però non lo sapevi».
«Richard» mormoro di nuovo, capendo il senso del suo discorso. Intuendo
la sua amarezza, il suo dispiacere e il suo rimpianto per aver reso questa
storia così complicata.
«Volevi due persone che all’apparenza erano diverse l’una dall’altra, ma
in fondo ero sempre io» conclude con sofferenza, afferrandomi la mano e
appoggiandola sul suo petto. Proprio all’altezza del cuore, che adesso batte
all’impazzata sotto le mie dita seguendo un ritmo tutto suo.
Tum tum. Tum tum.
«Vuoi sapere cosa mi ha fatto soffrire di più, Richard?» proseguo allora
dopo un attimo di silenzio, ponendogli comunque una domanda retorica. «La
consapevolezza che per l’ennesima volta, a causa di un uomo, ho disprezzato me
stessa» gli dico, abbassando per un istante lo sguardo a causa del disagio
determinato dalla mia ammissione. «Mi sono sentita una traditrice quando mi
sono innamorata di te, perché una parte del mio cuore era ancora legata a
Richie» continuo, alzando in seguito il capo per ritornare a guardarlo e
ammirare soprattutto la sua reazione. «A te potrà sembrare assurdo che sia
riuscita a fidarmi così tanto di una persona completamente estranea, però per
me era importante» ribadisco, chiarendogli i miei sentimenti. «Lo consideravo
un amico prezioso e per un momento… sì, per un momento mi ero illusa di aver
trovato un uomo in grado di capirmi e amarmi per come ero veramente» affermo,
sentendo le mie guance riscaldarsi per colpa dell’imbarazzo. Non è facile
confessare di essere presa una sbandata per un corteggiatore virtuale, perché
sono una donna di trent’anni e sicuramente dovrei mostrarmi più matura in
circostanze come queste. Avere più controllo, moderazione e soprattutto essere
più razionale. Insomma, lasciarmi abbindolare da un tizio misterioso incontrato
sul web non è stata di certo la cosa più intelligente che ho fatto. «Per questo
quando ho capito che tu e lui eravate la stessa persona ho messo tutto in
discussione» riprendo, tralasciando questi ragionamenti. «Mi hai spezzato il
cuore due volte: come Richard e come RichieRich».
«Mi dispiace» si scusa quindi il diretto interessato, lasciando
trasparire dai suoi occhi una reale afflizione. «Sono stato un codardo, perché
avevo paura che confidandoti come stavano davvero le cose tu potessi iniziare a
vedermi in maniera diversa» mi confida, ripetendomi i motivi che l’hanno spinto
ad omettere la verità. «Non volevo che mettessi in dubbio la serietà del nostro
rapporto e l’importanza di tutti i messaggi che ci siamo scambiati quando
ancora non sapevi come stavano davvero le cose, quando ancora non sapevi che
ero io il misterioso RichieRich».
«Invece hai ottenuto esattamente il contrario» lo rimprovero, sbuffando.
«Ti ho persa, Christine?» mi domanda alla fine, esprimendomi il suo
timore.
«No» lo rassicuro, sospirando. «Anche se sei più contorto di me» mi
ritrovo a dire.
Chi poteva credere che Mr Reyes fosse così complicato e complesso?
«Hai ragione» ridacchia Richard, lasciando alleggerire finalmente i
lineamenti del suo volto e rilassandosi. «Ma mi ami anche per questo, vero?» mi
domanda successivamente con una punta di insicurezza, facendomi intenerire.
«Io amo tutto di te» dichiaro, muovendo la mia mano fino a raggiungere
la sua spalla. Mi aggrappo dunque a lui con maggiore forza, appiccicandomi in
pratica al suo corpo.
«Non volevo ferirti» bisbiglia allora sulle mie labbra, abbassando il
capo per raggiungere la mia altezza. Con le braccia mi avvolge i fianchi,
tenendomi in equilibrio contro la sua figura.
«Adesso lo so» lo rassicuro, sorridendogli.
«Mi sono sentito sopraffatto» mormora, concentrandosi sui miei occhi
lucidi. «Pensavo di non essere abbastanza per te» ripete, rafforzando il
concetto.
«Mi hai conquistata nei panni di RichieRich
e in quelli del mitico Richard Reyes» affermo, ripetendo le stesse parole che
ha usato Henry per convincermi a vedere questa situazione sotto un’altra
prospettiva. «Questo mi ha portato a riflettere, sai?» proseguo con serietà,
confessandogli il motivo che mi ha portata a rivalutare il nostro rapporto.
«Su cosa?» mi chiede allora lui, manifestando la sua curiosità.
«Sul fatto che sei perfetto per me» lo metto al corrente, sfiorando con
le dita la sua nuca. «Quando ho scoperto la verità non ho considerato le cose
sotto questo punto di vista» mi ritrovo ad ammettere, sottolineando il mio
errore. «Con questo però non voglio dire che ti ho perdonato, in realtà a
malapena sono riuscita a giustificare il tuo comportamento» puntualizzo,
facendogli capire la profonda ferita che mi ha inflitto. «Ma mi sono resa conto
che questo poteva essere un nuovo punto di inizio, invece che una fine
definitiva».
«Non pretendo che ti dimentichi di tutta questa storia, Chris» dichiara
Richard, comprendendo il mio ragionamento. «Anche io vorrei solo trovare un
modo per andare avanti, insieme».
«Allora facciamolo» lo invito, preparandomi a lasciarmi il passato alle
spalle per poter costruire il nostro futuro.
Prendo quindi l’iniziativa e lo spingo contro il
bancone della cucina, alzandomi in punta di piedi e incollando successivamente
le mie labbra alle sue. I nostri corpi combaciano alla perfezione, rendendoci
quasi un’unica figura. Richard non perde tempo nel ricambiare il mio approccio
e mi coinvolge in un bacio dolce, per poi cambiare ritmo appassionato. La sua
lingua mi regala carezze sempre più profonde, mentre con le mani mi attira a
sé. Mi accarezza la schiena e le spalle, in seguito interrompe il nostro bacio
ed inizia ad esplorare con la bocca la curva morbida del mio collo. Trova un
punto che mi fa fremere e lo stuzzica dolcemente finché non mi sfuggire un
gemito, seguito da un piagnucolio quando con insistenza prosegue a tormentarmi.
Travolta dal piacere gli passo dunque le mani tra i capelli, provando una
soddisfazione immensa nel sentire le ciocche morbide che mi scivolano tra le
dita. Richard emette quindi un mormorio di incoraggiamento, il suo respiro si
fa più rapido e torna a baciarmi in modo languido. Gli rispondo di conseguenza
con trasporto, finché il calore bruciante della passione mi scombussola l’anima
e i miei pensieri si spengono.
Almeno tutti la pensano in questo modo, ma
sinceramente fino ad oggi io non avevo ben chiaro il motivo di una tale
convinzione. In realtà è sempre stato naturale per me pensare alle discussioni
soltanto come attimi legati alla tensione, alla rabbia e alle recriminazioni.
Rappresentano istanti capaci di ferire, causare tristezza e dolore. Di
conseguenza i litigi mi hanno spesso fatta sentire a disagio, portandomi ad
avere paura delle inevitabili conseguenze determinate da infiniti attimi di
urla. Inoltre mi inducono a lasciarmi sopraffare dallo sconforto, perché nel
mio caso finiscono sempre allo stesso modo: con una rottura, diverse lacrime e
una nuova crepa alla mia autostima. Devo ammettere che generalmente ho un
carattere forte e non amo scendere a compromessi, nella vita privata così in
quella lavorativa. Sono anche molto testarda e soprattutto mi considero una
paladina dell’indipendenza, che ho conquistato con tanta fatica e sudore. Più o
meno metaforico. Ma mentre di solito questi possono considerarsi lati positivi,
nel momento in cui mi ritrovo confrontarmi con qualcuno diventano tratti a mio
sfavore.
Per colpa della mia inflessibilità tendo a non
perdonare facilmente, oltretutto è difficile che metta in discussione le mie
opinioni e tendo a difendere la mia libertà sopra ogni altra cosa. Pertanto,
quando mi ritrovo a discutere, la maggior parte delle volte tendo a dare il
peggio di me. Specialmente se devo ribattere ad una qualche insinuazione
fattami dal mio ragazzo di turno, convinto di potermi zittire. Io voglio sempre
avere ragione, non accetto le critiche e mi impegno con una certa testardaggine
per avere l’ultima parola. È una questione di principio e principalmente di
orgoglio, perché non voglio essere considerata inferiore a nessuno. Credo che
per questo motivo alcuni miei fidanzati mi considerassero dispotica,
ingestibile ed assurda. Non trovavamo mai un punto di incontro, ma quando si
svolgevano discussioni importanti legate ad un ipotetico futuro insieme
inevitabilmente finivamo per prendere strade separate.
È la prima volta perciò che un litigio in cui sono
direttamente coinvolta finisce in questo modo: io, tra le braccia del mio
fidanzato, nel mezzo della mia cucina.
Nell’aria sembrano quasi risuonare ancora le parole
di Perfect, nonostante il cellulare
di Richard sia attualmente riposto in modalità silenzioso nella tasca anteriore
dei suoi pantaloni e la canzone di Ed Sheeran si sia conclusa ormai da diversi
minuti, mentre un aroma di cioccolato ci circonda. In effetti la confezione di donuts al cacao è rimasta integra sul
mio bancone, tuttavia il profumo dolce ha ormai invaso tutta la stanza. Per mia
grande gioia.
Non ho comunque il tempo di pensare alle ciambelle,
perché attualmente sono troppo occupata e distratta dalla ritrovata familiarità
con Rich per potermi concentrare su altri dettagli.
Di solito per me niente viene prima delle ciambelle
al cioccolato, ma questa volta ho un buon motivo per ignorare i miei pasticcini
preferiti. Infatti dal momento in cui abbiamo chiarito la nostra situazione,
confessandoci le nostre reciproche verità senza più alcun filtro in modo da
permetterci di avere un nuovo inizio, io e Richard non abbiamo smesso di
baciarci. Siamo avvinghiati in un abbraccio intimo e particolarmente stretto,
incuranti di quello che accade intorno a noi. Nulla conta al di fuori della nostra
bolla di felicità: non importa quindi se indosso ancora il mio orribile e
antiestetico pigiama, se ho i capelli aggrovigliati e non sono proprio al
massimo della mia forma. Adesso l’unica cosa importante è che ci siamo
ritrovati.
Richard trova la mia bocca e mi induce con la
lingua a schiuderla, mentre io sollevo le braccia per stringerlo maggiormente
contro il mio corpo. Ad ogni respiro il suo torace sfiora le punte erette dei
miei capezzoli e questa lieve frizione mi strappava gemiti muti dalla gola,
insieme a brividi di eccitazione. La mia maglia e la sua camicia rappresentano
una fragile barriera tra di noi, al punto che è impossibile nascondere le mie
reazioni. Ma non mi interessa, sono contenta anzi che lui possa avvertire ogni
mio più piccolo fremito.
Le labbra di Rich si stacca dalla mia per iniziare
ad esplorarle la tenera curva del mio collo con baci voluttuosi, come se
volesse assaporare ogni parte di me. Mi accarezza lo stomaco con le nocche,
scostando la canotta del mio pigiama, e mi stuzzica l’ombelico con il pollice.
In questo preciso istante non penso al mio ventre abbondante, ai miei fianchi
larghi e al mio peso. No, perché in questo istante conta solo Richard. Le sue
mani che con tocchi sapienti mi fanno tremare per il piacere, il suo odore delicato
che strega i miei sensi e la sua presa ferrea che mi fa sentire al sicuro. Non
mi ha ancora fatta sua, ma mi sembra quasi di sentirlo già prendere possesso
del mio corpo.
Del mio corpo, della mia anima e del mio cuore.
Per questo con frenesia lo spingo verso il divano,
inducendolo subito dopo a sedersi e accomodandomi in seguito addosso a lui.
All’altezza esatta del suo bacino. Richie mi asseconda con una risata lieve,
sistemando poi i suoi palmi sul mio sedere per guidare i miei movimenti.
Intanto continua a sedurmi con la sua bocca, succhiando la mia pelle e
stuzzicandomi finché non sono completamente bagnata. Al mio ennesimo gemito
carico di desiderio mi invita perciò a sdraiarmi sul sofà, sfilandomi i
pantaloni con un semplice gesto e tornando successivamente su di me. Percorre
il mio corpo nudo con le labbra umide, privandomi anche del reggiseno e delle
mutandine. Io a mia volta stropiccio la stoffa della sua camicia e slaccio
qualche bottone, invitandolo a sfilarsela di dosso per farmi ammirare la sua
figura slanciata. Mi concentro sui suoi pettorali e subito dopo sui muscoli
delle sue braccia, che si tendono mentre mi afferrava per i fianchi. Io allora
mi divincolo un poco, non in segno di protesta ma di supplica, rabbrividendo ad
ogni movimento che ci spinge ancora più vicini.
La sua bocca si impadronisce di nuovo della mia,
mentre le sue dita esperte scivolano finalmente dentro di me dopo avermi
stuzzicata per un tempo in apparenza lunghissimo e mi portano a respirare
sempre più in fretta. Alla fine pronuncio gemendo il suo nome, abbandonandomi
alle sensazioni che mi provoca. Richard allora mi osserva con occhi roventi di
passione, proseguendo con tenerezza ad accarezzarmi fino a placare i miei
tremori. Gioca con le mie zone più sensibili e con un fremito mi inarco contro
il suo corpo, desiderosa di sentire il suo peso su di me. Lui mi accontenta e
lascia scivolare le sue dita fuori da me, lasciandomi per una frazione di
secondo vuota e bisognosa. Subito dopo infatti mi rivendica ed entra in me con
forza, fino in fondo. Mi sollevo con impeto per accoglierlo e sussulto quando
inizia a muoversi con deliberata lentezza. Allora gli accarezzo la spalla,
scivolando poi verso il suo viso. Trattengo il fiato ogni volta che lui si
ritrae, per poi rilasciarlo quando si spinge di nuovo dentro di me.
Accarezzandomi con movimenti sempre più intensi e deliziosi. È una tortura. Ad
un certo punto è inevitabile cominciare ad implorarlo con voce roca, mentre lui
inizia a muoversi con un ritmo deciso. Richard si china quindi su di me,
cavalcandomi con foga, con il suo fiato caldo che mi accarezza il viso. Scruta
i miei occhi stupefatti, traendo immensa soddisfazione dalla vista del mio
piacere. Mi mette successivamente una mano sotto la nuca, sostenendomi la testa
mentre riprende a baciarmi. Emetto un mugolio vibrante quando veniamo, insieme.
Dopo mi tiene tra le braccia, accarezzandomi pigramente la schiena e le spalle.
Io rimango distesa su di lui, godendomi il movimento ritmico e regolare del suo
respiro.
Siamo entrambi nudi, ma non proviamo vergogna.
Perché abbiamo appena condiviso un momento estremamente intimo ed importante,
celebrando il nostro amore. Mi sento di nuovo a mio agio, qui sdraiata sul suo
petto. Mentre percepisco il battito del suo cuore, il suo calore sulla mia
pelle. Passano un paio di minuti prima di spostarci e metterci più comodi,
sistemando meglio i cuscini del divano e coprendoci con il plaid che tengo
sempre piegato su uno dei braccioli del sofà. I nostri vestiti invece restano sparpagliati
sul pavimento, insieme alle scarpe di Richie e ai suoi oggetti personali.
«Ho fame» sussurro ad un certo punto, interrompendo
il silenzio che è appena sceso nella stanza e tenendo comunque il capo
appoggiato sul petto di Richard.
«Vuoi le ciambelle?» mormora lui a sua volta,
continuando ad accarezzarmi teneramente i capelli.
«Mmm, mi sembra un’ottima idea» concordo con
immediatezza, riportando la mia attenzione ai donuts rimasti praticamente intatti in cucina.
«Resta qui, vado a prenderle» si offre volontario,
separandosi dal mio corpo e lasciandomi un bacio sulla fronte prima di alzarsi
del tutto.
«Ti ho già detto che ti amo?» gli chiedo allora,
osservandolo mentre si china per raccogliere i suoi boxer in modo da non vagare
per il mio appartamento senza nulla addosso.
«Puoi ripeterlo tutte le volte che vuoi» mi invita,
ammirando con rinnovata voglia il mio corpo disteso sul divano e inducendomi
quindi a mordicchiarmi il labbro per reprimere un sorriso malizioso. «Non mi
stancherò mai di sentirtelo dire» continua, avvicinandosi di nuovo per
baciarmi. Questa volta però si concentra sulla mia bocca, rinnovandomi la sua
passione.
«Ti amo» replico dunque con dolcezza, poggiando le
mie mani sulle sue spalle per tenerlo ancorato a me e sistemandomi quindi
contro la sua schiena. Non voglio lasciarlo andare, nemmeno per pochi attimi.
Nemmeno per farlo andare a prendere le mie ciambelle, anche se la mia voglia di
carboidrati si sta lentamente risvegliando.
Appena si dirige verso la cucina io mi metto a
sedere e indosso la sua camicia, allacciandone un paio di bottoni per poi
decidermi a seguirlo. Come nella scena più cliché dei romanzetti rosa in cui la
protagonista ruba i vestiti al proprio fidanzato per sentirsi sexy e
circondarsi dall’odore del proprio amato.
Trovo Rich vicino al bancone intento ad aprire il
sacchetto di donuts che ha portato prima
con sé, in modo da estrarne due e deporli su un piatto. Allora mi dedico a mia
volta alla scelta della bevanda con cui accompagnare i nostri dolci,
recuperando perciò dalla mia dispensa una bottiglia di vino rosso insieme ai
bicchieri.
«Quindi questa solitamente è la tua cena?» mi
domanda Richard, leccandosi la cioccolata dalle dita e fissandomi con
intensità.
«Sì» ammetto, arrossendo sia per le sue parole che
per i suoi gesti provocanti. Vedere Richie qui in piedi di fronte a me, quasi
nudo e mentre si pulisce il polpastrello dalla glassa dei miei donuts è un momento davvero eccitante.
Non esagero se dico che forse è uno degli attimi più eccitanti della mia vita.
«Però mangio le ciambelle anche quando sono felice, quando sono depressa e
quando sono ubriaca» aggiungo in seguito, scrollando le spalle con noncuranza e
ritrovandomi a ridacchiare per la mia stessa ammissione.
«Mangiavi donuts
e bevevi vino quando ti sei iscritta al sito di WithLove?» si interessa, sedendosi nel frattempo su uno sgabello e
trascinandomi verso di lui. Apre le gambe e mi ci fa accomodare in mezzo,
sistemandomi davanti il piatto con le ciambelle e invitandomi successivamente a
prenderne una.
«Ovvio» gli confesso, scegliendo il dolce più
grande e in apparenza cremoso. «Non mi sarei mai registrata a quella pagina di
incontri se non fossi stata ubriaca e strafatta di zuccheri» proseguo, pensando
a quella specifica serata e allo stato d’animo in cui mi trovavo. In effetti
dopo le interminabili e ripetitive discussioni con mia madre, nonché dopo la
mia ennesima rottura con il mio più recente ragazzo e la chiacchierata piena di
amarezza che avevo avuto con Maggie proprio riguardo alle relazioni inconcludenti,
ero stata particolarmente emotiva. Talmente emotiva da diventare impulsivamente
un membro di WithLove, trovando come
unica scusa per quella pazzia il mio stato alterato dall’alcool e il mio
sovraccarico di calorie. «Ma considerato come sono andate a finire le cose,
sono contenta quella notte di aver esagerato con il vino e di essermi
strafogata di ciambelle» concludo, indicandoci e appoggiandomi ancora contro il
suo petto.
Le sue mani mi avvolgono con immediatezza i
fianchi, mentre i suoi occhi restano incollati ai miei. Mi fissa con una tale
intensità che mi mette quasi a disagio, perché sembra riuscire a scorgere la
mia anima. Richard in effetti è l’unico che è riuscito a superare la mia
armatura e a guardare oltre il mio calcolato sarcasmo, accorgendosi della mia
reale timidezza e individuando le mie ferite più profonde.
Quando sono con lui sento di poter essere me
stessa. Di non dovermi preoccupare dei miei chili in eccesso, delle mie
insicurezze e dei miei difetti. I miei punti deboli, nel momento in cui mi
ritrovo con Richie, diventano i miei punti di forza. Mi sento perfetta. Amata.
Sto imparando a volermi bene, perché da quando
conosco Richard ho iniziato a guardarmi in maniera diversa. Ho iniziato a
guardarmi allo stesso modo in cui mi osserva lui, anche adesso nel mezzo di
questa cucina non del tutto ordinata con i miei capelli scompigliati e qualche
macchia di cioccolato sul mio volto. Ho tralasciato il mio personale giudizio,
per vedere le cose sotto un altro punto di vista.
Negli occhi di Rich non c’è disgusto, compassione o
ribrezzo. Al contrario riesco a scorgere il suo affetto, la sua adorazione e la
sua ammirazione nei miei confronti. Credo che nessuno, a parte forse mio padre,
mi abbia mai fissata in questo modo.
«Ti comprerò tutti i donuts che desideri se ti rendono così felice» sussurra poi il
diretto interessato sulle mie labbra, lasciandomi un tenero bacio prima di
tornare a concentrarsi a sua volta sulla sua frittella. Libera una mano per
afferrare il dolce, lasciando di conseguenza libero il mio fianco, e addenta la
pasta fragrante con una certa soddisfazione.
Io resto per un secondo ferma a contemplarlo,
interrompendo la mia degustazione per concentrarmi totalmente su di lui. E mi
rendo conto, in un attimo di straordinaria lucidità, che mi sono follemente
nonché irrimediabilmente innamorata di Richard Reyes.
I giorni successivi alla nostra riappacificazione
trascorrono con un’incredibile velocità, tra i nostri reciproci impegni
lavorativi e gli incarichi che entrambi abbiamo dovuto portare a termine dopo
averli tralasciati per colpa del malumore determinato dalla nostra rottura. Io
ad esempio ero rimasta indietro con i miei aggiornamenti di mercato e i miei
appuntamenti con alcuni nuovi clienti, mentre Rich mi ha confessato a sua volta
di aver saltato in questo periodo un paio di riunioni con il suo Consiglio di
amministrazione per la sua scarsa sopportazione ai melodrammi. Infatti restare
chiuso in una stanza con una decina di vecchi brontoloni pronti a giudicare
ogni sua decisione su basi più o meno infondate, intanto che Colin lo fissava
con disapprovazione, andava oltre ogni sua capacità diplomatica.
Lunedì quindi siamo tornati nei rispettivi uffici
carichi di buon umore e ottime intenzioni, consapevoli che niente sarebbe
potuto andare storto e che di conseguenza la giornata sarebbe stata
assolutamente produttiva. Non ci sarebbe importato se le azioni fossero
crollate o i nostri investimenti si fossero mostrati infruttuosi, perché nulla
avrebbe potuto rovinare la nostra felicità.
I miei colleghi e il mio capo hanno tirato un
sospiro di sollievo nel momento in cui si sono resi conto che il mio periodo
nero si era concluso, ma ciò nonostante mi hanno ugualmente trattata tutta la
mattina con cautela. Come se, da un momento all’altro, potessi perdere di nuovo
il controllo. Credo che lo scetticismo generale dipendesse in gran parte
dall’incredulità di Mr Micols, infatti Peter non sembrava affatto fidarsi della
mia ritrovata serenità e si aggirava spesso nei dintorni del mio studio aspettandosi
probabilmente un mio imminente crollo emotivo. Magari proprio in mezzo
all’androne della Cooper&Parker
Investiment Companies, con tanto di lacrime isteriche per rendere la
scenata degna di un’attrice drammatica. Per questo ha imposto perciò alle segretarie
di inoltrarmi soltanto le chiamate davvero importanti, affidando a Mrs Bomblood
il compito di controllarmi periodicamente con calcolata casualità. Holga invece
era talmente sconcertata dalla mia rinnovata contentezza che si è comportata
per tutto il giorno come una vera mamma chioccia, versando abbondanti quantità
di zucchero – nonché alcune volte di panna – nei caffè che tendeva a prepararmi
con eccessiva premura alla fine di ogni mio meeting e rifilandomi snack al
cioccolato in ogni occasione possibile. Si è dimostrata super diligente,
attenta e zelante per tutta la durata del nostro turno lavorativo. Ad un certo
punto, quando ho preso coscienza dello stress che ho effettivamente causato
alla mia segretaria nelle settimane precedenti, devo ammettere che mi sono
sentita perfino un po’ in colpa. Non pensavo che Holga prestasse così tanta
attenzione alle mie esigenze e soprattutto tendesse a modificare il suo modo di
lavorare in base al mio umore, eppure per lei a quanto pare prendersi cura di me
e risolvere i miei problemi è più importante di tutto il resto. Lo considera il
suo compito principale. Merita sicuramente un aumento per l’enorme pazienza che
ha dimostrato in questo periodo, nonché una bella vacanza per disintossicarsi
dai miei drammi emotivi.
Ad ogni modo durante la settimana, insieme alla
normale routine in ufficio, sono ricominciati anche gli appuntamenti serali con
Richard. Abbiamo ripreso quindi a frequentare locali più o meno esclusivi,
ritagliandoci il tempo per cene romantiche ma anche per incontri meno formali.
Mercoledì ad esempio ci siamo gustati un’ottima pizza sul divano del mio
appartamento, recuperando le puntate di The
Vampire Diaries che avevo tralasciato ultimamente a causa della mia
depressione. Non mi sembrava giusto ammirare le imprese del mio amatissimo
Damon mentre in realtà avevo solo voglia di piangere e rannicchiarmi su me
stessa alla ricerca di protezione, perciò avevo semplicemente evitato di
guardare la mia serie TV preferita durante i miei momenti più bui e mi ero imposta
di sbavare sui pettorali del mio sexy vampiro soltanto quando sarebbe giunto
l’attimo in cui avrei davvero potuto godermi di nuovo la loro vista. Non volevo
offendere Damon con la mia insensibilità e la mia indifferenza, perché non me
lo sarei mai perdonato. Ora al contrario, dato che tutto è tornato alla
normalità, posso riprendere a fantasticare su di lui senza alcun senso di colpa
e continuare in questo modo anche la nostra relazione platonica.
Venerdì sera ci rechiamo invece in un pub alla
periferia di Manhattan e vengo ufficialmente presentata a Robert, il fratello
minore di Richard. I due si assomigliano molto e in pratica potrebbero sembrare
quasi gemelli, infatti entrambi sono biondi e hanno gli stessi occhi chiari.
Rob tuttavia porta i capelli un po’ più lunghi rispetto a Richie e ha un filo
di barba sul volto, che gli dona un aspetto leggermente trasandato e da cattivo
ragazzo. È comunque molto simpatico, divertente ed estroverso. Tra un drink e
l’altro parliamo soprattutto del suo lavoro di architetto, nonché degli ultimi
progetti che gli sono stati commissionati qui a New York. Poi la conversazione
si sposta sulla mia carriera e sui miei interessi, concentrandosi alla fine sul
mio rapporto con Richard.
«Eri la sua promoter finanziaria?» si stupisce
Robert, spiegandomi successivamente il motivo della sua sorpresa. «Di solito
mio fratello non mischia mai il lavoro con il piacere, se ha fatto un’eccezione
devi davvero valerne la pena» conclude, facendomi arrossire.
«In realtà è ancora la mia promoter» sottolinea
Rich, tenendo un braccio sulle mie spalle e continuando nel frattempo a
sorseggiare la sua birra tedesca.
«No, invece» lo correggo, sbuffando. «Ti ho già
detto che non ho più intenzione di lavorare per te» ribadisco con decisione,
tornando sull’argomento che di recente ci ha indotti più spesso a discutere e
di conseguenza è stato il fulcro di gran parte delle nostre giornate.
«È un despota, vero?» mi chiede Rob, ridacchiando
con divertimento.
«Di certo non è un cliente facile con cui trattare,
ma non è per questo che voglio mettere fine alla nostra collaborazione»
ammetto, bevendo un altro sorso del mio Martini e mangiando un’oliva
direttamente dallo stecchino. Devo ammettere che lavorare con Rich mi ha dato
diversi stimoli e indubbiamente mi ha permesso di accrescere la mia esperienza
nel campo, però devo comunque confessare che è stato anche estenuante stargli
dietro. Richard in effetti è permaloso, troppo dinamico per i miei gusti ed
eccessivamente pretenzioso.
«Christine pensa possano esserci conflitti di
interesse tra di noi, visto che abbiamo anche una relazione sentimentale»
chiarisce Richard, spiegando la situazione a suo fratello.
«Non ha tutti i torti» commenta allora Robert,
appoggiandomi.
«Grazie, finalmente qui c’è qualcuno che ragiona»
dichiaro in modo veemente, voltandomi verso il mio fidanzato per lanciargli
un’occhiata eloquente.
«Non dovresti stupirti, lo sanno tutto che sono il
Reyes migliore» si vanta dunque Rob, guardandomi poi in maniera accattivante.
«Dovresti lasciare Richie per metterti con me, Chris» mi provoca in seguito,
prendendomi in giro con velata ironia.
«Lei è mia» lo avverte immediatamente il mio
fidanzato, lanciandogli un’occhiata di ammonimento e aumentando la sua stretta
sul mio corpo. «Ad ogni modo, io dico semplicemente che con un buon dialogo
potremmo risolvere ogni sorta di divergenza e trovare sempre un compromesso»
riprende subito dopo il diretto interessato, provando a far valere le sue
ragioni.
«Sì, ma considerata la tua testardaggine prima o
poi finiremmo comunque per litigare» gli faccio notare, ponendo l’accento sul
suo carattere intrattabile e poco accomodante. Soprattutto quando si tratta di
azioni su cui investire, flessioni di mercato e dati da valutare. Colin è
l’unico sotto questo punto di vista che lo sa gestire e riesce a porgli un
freno, effettivamente quell’uomo è davvero un santo e sa sempre quali punti
premere per frenare l’entusiasmo del suo capo.
«Non sono così irremovibile» ribatte lui,
imbronciandosi.
«Smettila di fingerti innocente» lo rimprovero a
mia volta, sbuffando. «Secondo me, invece di passare ore a discutere su
valutazioni finanziarie, potremmo semplicemente occupare il nostro tempo in
modo molto più piacevole».
«Ah si?» afferma allora Richie con malizia,
facendomi rendere conto del significato fraintendibile legato alle mie ultime
parole ed inducendomi quindi ad arrossire fino a raggiungere la tonalità di un
pomodoro maturo.
«Sai benissimo quello che intendevo» borbotto,
nascondendo il mio viso nel bicchiere per celare il mio imbarazzo.
«Io concordo con Christine» interviene allora
Robert, causando l’ilarità del fratello maggiore e aumentando in questo modo la
mia bruciante vergogna.
La serata prosegue successivamente senza ulteriori
intoppi e strane battute, ma anzi con leggerezza e rinnovato divertimento. Ci
ritroviamo a commentare la strana fissazione di suo padre per i papillon,
mentre a mia volta gli racconto dei miei stratagemmi per portare le ciambelle
ad Henry. Dipingo le mie avventure come se stessi raccontando la trama di un
film di Indiana Jones, ponendo perfino una certa enfasi nel raccontargli tutti
i modi in cui riesco a tenere all’oscuro mia madre di queste piccole trasgressioni
che commetto a discapito della dieta di papà. Parliamo poi di economia, di
politica e di sport.
Rob è davvero piacevole e spiritoso, mi mette a mio
agio e trovo sia facile chiacchierare con lui. Ha opinioni ben precise, però è
sempre rispettoso quando esprime i suoi pareri. Richard sembra soddisfatto
dalle nostre interazioni e credo sia felice dell’intesa che ho creato con suo
fratello, così come io sono contenta di avergli fatto una buona impressione. Ci
tengo molto che la famiglia di Richie mi accetti, perché non ho intenzione di
uscire dalla sua vita tanto in fretta. Anzi se dipendesse solo da me, non
andrei mai via.
Quando la nottata si conclude io e Richard
salutiamo Robert con la promessa di rivederci presto, magari proprio ad una
cena a casa dei loro genitori. Poi raggiungiamo la macchina e torniamo
all’attico, preparandoci a goderci la fine della serata insieme.
In effetti da quando abbiamo ripreso la nostra
relazione ho trascorso ogni notte nell’appartamento di Rich, più precisamente
nel suo immenso letto con vista panoramica su New York.È bello risvegliarmi sempre tra le sue
braccia, circondata dal suo calore. Fare colazione con lui anche quando ci
alziamo tardi, perché non abbiamo dormito molto a causa delle nostre lunghe
discussioni sussurrate sotto le lenzuola o per colpa della nostra passione, e
rischiare quindi di arrivare in ritardo a lavoro.
Coccolarci nella sua vasca da bagno, mentre la
schiuma ricopre i nostri corpi e Richard accarezza teneramente la mia pelle
bagnata.
Uscire il pomeriggio dall’ufficio e vederlo lì,
fermo sul marciapiede ad aspettarmi. Trascorrere il tragitto in auto con le
mani intrecciate e due sorrisi sereni stampati sui nostri volti, senza sentire
l’impellente necessità di dover riempire per forza i silenzi. Perché a noi
basta stare semplicemente vicini, pelle a pelle. Solo noi.
Ci piace parlare di tutto e di niente.
Confrontarci, discutere del futuro ma anche di stupide banalità. Ridere,
prenderci in giro, scherzare. Litigare per motivi seri e per sciocchezze, con
l’intenzione dopo di fare sempre la pace. Sempre.
Ci piace amarci con frenesia, quando sappiamo che
il tempo ci rincorre e dobbiamo fare in fretta. Tuttavia ci piace anche amarci
con calma e lentezza, assaporando ogni singolo istante e secondo. È proprio in
quegli attimi che capisco a pieno le parole di mia madre. Da sola potrei avere
sicuramente una bella vita: sarebbe ricca di soddisfazioni personali, nonché
piena di obiettivi da portare a termine. Avrei indubbiamente le mie abitudini,
insieme alle mie ambizioni e ai miei numerosi sogni, pronte a tenermi compagnia
anche nelle notti più gelide. Avrei me stessa e davvero sarebbe sufficiente,
infatti sono sicura che nel complesso sarei contenta. A casa mia, con le mie
fedeli ciambelle sempre al mio fianco e con la TV accesa per non sentirmi
isolata dal resto del mondo. Ma stare con Richard è… diverso.
È un di più. È reale felicità. Trovare una persona
con cui condividere la propria vita e il proprio futuro è un dono. Una fortuna
inestimabile, che spesso si dà per scontato.
Certo, si può stare bene anche da soli. Se si trova
il proprio equilibrio, senza sentire che manca un pezzo del puzzle, una vita da
single può essere ugualmente gratificante. Però, secondo il mio modesto parere,
in due è tutto meglio. La gioia, il dolore. È per questo che non mi sono mai
arresa, nonostante ogni mia relazione fallimentare e ogni mio rapporto
inconcludente. Ho continuato a provare e a cercare, sebbene il mio senso di
inadeguatezza ad un certo punto stesse prendendo il sopravvento su di me. Perché
è inevitabile che tentare, e ritentare e
ritentare di nuovo, per poi ottenere sempre il nulla fa soffrire. Mi sono
sentita spesso sbagliata, imperfetta, inadatta. Ma alla fine è arrivato lui e
tutto è cambiato. Ho capito che non ero io a non essere giusta, erano
semplicemente gli altri che non erano adatti a me. Non a loro volta difettosi,
ma soltanto imprecisi. I loro bordi e i loro spigoli non combaciavano con i
miei, perché ognuno di noi là fuori nel mondo ha il proprio pezzo di puzzle che
lo attende. Quello che si incastra alla perfezione, senza alcuno sforzo o
fatica.
La propria metà della mela.
La propria anima gemella.
Bisogna solo avere pazienza e aspettarla, ma alla
fine ne vale assolutamente la pena.