Fotografie

di Shainareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ZAFT ***
Capitolo 2: *** Athrun & Cagalli ***
Capitolo 3: *** Miriallia Haw ***
Capitolo 4: *** Ficcanaso ***



Capitolo 1
*** ZAFT ***




ZAFT

 
Quella foto portava con sé ricordi importanti. Persone che non c’erano più. Avevano iniziato in sette e ne erano rimasti in piedi meno della metà.
   Rusty, Miguel, Olor. Nicol, che fra tutti era stato quello che aveva insegnato loro il vero significato della parola sacrificio. Lui, il più giovane e allegro, il più buono. Il migliore.
   Serrando le mascelle e distogliendo lo sguardo dal suo viso per non cedere troppo alla commozione, Yzak si soffermò sui tre superstiti. Dearka, che tutto sommato se la cavava ancora bene, nonostante i brutti momenti passati soprattutto durante la prima guerra. Athrun, che quel giorno non avrebbe mai potuto immaginare che il mondo gli sarebbe crollato addosso e che ora aveva dato un taglio netto al doloroso passato, preferendo vivere sulla Terra - non soltanto per rimanere accanto alla persona amata.
   E poi c’era lui, Yzak stesso. Serio in volto, impettito, rigido e dall’atteggiamento sprezzante, mentre stringeva in mano il suo diploma. Ricordava ancora il momento esatto in cui era stata scattata quella foto: se per molti era stato un giorno di festa, per lui invece la gioia era stata macchiata dall’onta di essere stato soltanto il secondo miglior studente del loro corso. Athrun lo aveva battuto per un soffio e lui lo aveva detestato, per questo.
   Se avesse potuto, sarebbe tornato indietro nel tempo per prendere a schiaffi il ragazzino arrogante che era stato, gridandogli contro che non erano quelle le cose importanti. Che la vita sapeva essere molto più crudele, strappando dal petto di ognuno non soltanto sogni e convinzioni, ma soprattutto persone care.
   Con un moto di stizza, lanciò di taglio la foto sulla scrivania, indeciso come sempre se inserirla in una cornice e metterla in vista o se piuttosto chiuderla ancora una volta in un cassetto. Ci tornava spesso su, quando si sentiva malinconico, per ricordare a se stesso la strada che aveva percorso fino a quel momento. La strada che tutti loro avevano scelto. La strada che, per altri, si era interrotta troppo presto.
   Si abbandonò contro lo schienale della poltrona e socchiuse gli occhi, ma quel momento di riflessione fu interrotto da un frastuono proveniente dal corridoio. Subito si affrettò a uscire dall’ufficio per controllare cosa fosse accaduto e si trovò davanti una scena piuttosto singolare: Shiho Hahnenfuss a terra, mentre Kira Yamato si affrettava ad aiutarla a rimettersi in piedi e Lacus Clyne continuava a scusarsi con la ragazza.
   «Ma che...?»
   Yzak non fece in tempo a chiederlo che Dearka gli si fece vicino, porgendogli una cartellina. «Stava venendo a portarti questo, ma sfortuna ha voluto che uno di quegli affari le capitasse fra i piedi», spiegò con un sorriso mesto, lieto almeno che la sua collega, cadendo, non si fosse fatta nulla.
   «Quali affari?» chiese il Comandante Joule, accigliandosi mentre osservava Shiho che sorrideva con aria gentile a un altrettanto gentile Kira.
   La risposta gli arrivò direttamente in testa, rimbalzando e gracchiando parole sconnesse. «Maledizione!» si sentì gridare dal fondo del corridoio, così che la sonora imprecazione dell’albino venne quasi del tutto coperta.
   Si voltarono e videro Shinn Asuka che, strepitando per il nervoso, rincorreva una palla metallica rosa, mentre dietro di lui Lunamaria Hawke cercava di tenere il passo pur stringendo al petto altri oggetti simili, ma di colori differenti. Gli occhi di Yzak saettarono in direzione del Comandante Yamato e, avvicinandosi, subito sottrasse la mano di Shiho dalla sua. «Perché dovete portarveli dietro tutte le volte?!»
   «Ah...» balbettò Kira, indietreggiando appena. «Veramente...»
   «Santo cielo!» esclamò Lacus, portandosi le mani al viso con fare colpevole. «Kira non c’entra. È stata una mia idea», dichiarò un momento dopo, tornando serafica come sempre. «Ho pensato che avrebbero vivacizzato l’ambiente.»
   Calò il silenzio, rotto solo dal chiasso degli Haro e dalle imprecazioni di Shinn, che proprio non riusciva a raggiungere - e debellare - Pink-chan. Poi, incapace di arrabbiarsi con Lacus poiché in passato era stato un suo grande fan, Yzak tornò ad assalire il povero Kira. «Questo è un ufficio governativo!»
   «Sì, me ne rendo conto, ma...» tentò di ribattere l’altro, facendo un altro passo indietro e non riuscendo a non dare ragione ad Athrun, quando gli aveva descritto il carattere dell’ex compagno di accademia.
   «Dagli tregua!» intervenne Dearka, mettendosi in mezzo per evitare che Kira si ritrovasse ingiustamente con le spalle al muro sotto tutti i punti di vista. Yzak tentò di darsi una calmata, ma continuò comunque a guardare male il collega dalla candida uniforme uguale alla sua. Fu allora che il Capitano Elthman si rivolse al Comandante Yamato e gli posò una mano sulla spalla con fare amichevole. «Non farci caso», disse in tono rassicurante. Si portò una mano accanto alla bocca, per fingere di spettegolare in confidenza, e aggiunse strizzando l’occhio: «Ma la prossima volta evita di avvicinarti troppo a Shiho. Yzak si imbestialisce sempre, quando qualcuno si prende confidenze con lei.»
   «Quali confid...»
   Attonito per quelle parole, Kira non fece in tempo a chiederlo, che il Comandante Joule subito strepitò contro quel disgraziato del suo braccio destro. «Non dire cretinate, idiota!»
   Dearka non si scompose e, facendo spallucce, gli fece notare con un semplice cenno del capo qualcosa che evidentemente gli stava sfuggendo: Yzak stringeva ancora nella propria la mano di Shiho. Arrossendo come un ragazzino, la lasciò andare di scatto e la sua compagna sospirò sonoramente, mentre riprendeva finalmente possesso della propria persona. E dal momento che aveva consegnato, sia pure in modo inusuale e tramite terzi, il rapporto che aveva finito al proprio Comandante, iniziò ad allontanarsi per tornare al proprio lavoro.
   Notando la sua aria accigliata, lui subito le corse dietro. «A-Aspetta un attimo!» esclamò, temendo in qualche modo che lei avesse frainteso. Cosa, non avrebbe saputo dirlo neanche lui, ma avvertiva l’impellente necessità di parlarle e di assicurarsi che non fosse infastidita nei suoi confronti. «Shiho!»
   Quasi la raggiunse e la afferrò per un braccio, ma di nuovo Pink-chan decise di comportarsi in modo dispettoso e gli rotolò fra i piedi. Yzak perse rovinosamente l’equilibrio e crollò in avanti aggrappandosi alla lunga giacca della sua uniforme. Si udì il rumore di un tessuto strappato e la ragazza rovinò di nuovo per terra.
   «Oh, santo cielo!» esclamò per la seconda volta Lacus, mentre la palla metallica le planava finalmente fra le mani. «Pink-chan, sei stato proprio monello! Dovresti chiedere scusa!»
   Mentre lei ragionava così, Dearka e Kira si erano già precipitati ad aiutare i due poveri malcapitati. Il Comandante Yamato si sentì strattonare per il colletto dell’uniforme e i fiammeggianti occhi di Yzak si piantarono nei suoi. «Porta quegli aggeggi infernali fuori di qui. Ora», gli ordinò, come se non fossero stati pari in grado.
   «Vorrei davvero capire cosa diavolo è saltato in testa ad Athrun, quando ha costruito quegli affari», stava ponderando frattanto il Capitano Elthman, dopo essersi assicurato che Shiho fosse ancora una volta tutta intera.
   «Davvero li ha costruiti lui?» domandò Shinn, stupito, osservando da vicino quelli che Lunamaria aveva ancora fra le braccia.
   «Incredibile!» esclamò lei, ammirata, allentando però la presa per lo stupore. Gli Haro ebbero così via libera e tornarono a infestare il corridoio, facendo un chiasso infernale. I due più giovani Red Coat si tapparono le orecchie appena in tempo, perché subito arrivò la più che giustificata reazione del Comandante Joule.
   «Quel maledetto bastardo!» ruggì difatti lui, sbatacchiando Kira perché reo di essere il migliore amico del giovane Zala. «È colpa sua anche quando non è qui!»
   Dearka scoppiò a ridere e, in quella baraonda generale, Shiho si levò in piedi e osservò con fastidio l’uniforme strappata all’altezza di una delle cuciture. «L’unica che oggi avrebbe diritto a imprecare, qui, sono io», borbottò, senza che nessuno potesse sentirla.
   «Che foto adorabile!» chiocciò Lacus all’improvviso, riuscendo invece con la sua voce squillante a surclassare il frastuono tutto intorno. Gli occhi dei presenti si puntarono sulla ex idol che, affiancata dall’inaspettata apparizione di Meyrin, stava guardando qualcosa su un dispositivo elettronico. Notando come fosse calato il silenzio, le due ragazze sorrisero allegre e mostrarono la foto che la più giovane delle sorelle Hawke aveva scattato giusto un attimo prima: un selfie con tutti loro, in cui lei e Lacus, a braccetto, erano le uniche ad essere uscite in maniera decente.
   Mentre Dearka si lasciava andare di nuovo a una grossa risata e Kira e Shiho sospiravano rassegnati, si levò un coro di proteste da parte dei più fumantini del gruppo e fu subito caccia alla foto, affinché potesse essere cancellata. A salvare quel prezioso ricordo di una giornata iniziata sotto il segno della malinconia, fu ovviamente l’esercito di Haro di Lacus, che saettò in giro per l’anticamera dell’ufficio del Comandante Joule, facendo piombare l’ambiente ancora una volta nel caos.




 

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Capitolo 2
*** Athrun & Cagalli ***




ATHRUN & CAGALLI


Poiché non ricevette risposta, sebbene fosse sicura che lui fosse in casa, si azzardò ad aprire la porta. Una forte corrente d’aria la investì. La stanza era vuota. Tuttavia la portafinestra era spalancata e le tende chiare ondeggiavano al vento. Sul pavimento volò qualcosa.
   Accostato l’uscio alle proprie spalle, Cagalli avanzò nella camera con l’unico intento di chiudere le imposte. Quando lo fece, da dietro i vetri vide Athrun giù in giardino, seduto ai piedi di un albero con le braccia tese in avanti, gli avambracci sulle ginocchia. Sembrava fissare tutto e niente, ma da quella distanza la ragazza non riuscì a scorgere l’espressione del suo volto. Cagalli ponderò se fosse opportuno scendere a parlargli, perché se anche il giovane aveva spesso avuto la tendenza a isolarsi quando era di umore ombroso, lei era sempre riuscita in qualche modo a riportargli il sorriso. Le cose, però, non erano più facili come un tempo e, senza voler peccare di presunzione, la Principessa si domandò se non fosse proprio lei la causa del suo malumore.
   Indecisa sul da farsi, lasciò andare la tenda che aveva inconsciamente serrato fra le dita fino a quel momento e volse le spalle al giardino. Il suo sguardo cadde su ciò che il vento aveva sparpagliato sul pavimento e lei si affrettò a raccoglierlo. Erano delle fotografie, notò quando fu abbastanza vicina. Alcune risalivano ai tempi dell’accademia militare, altre erano precedenti a quel periodo e da quelle Athrun e Kira sorridevano insieme spensierati. Osservando i loro visi e le loro espressioni infantili, Cagalli provò un moto di tenerezza e quasi li invidiò: erano cresciuti insieme come fratelli, mentre lei, che avrebbe avuto tutto il diritto di far parte del loro mondo, era stata costretta a vivere lontana dal suo gemello - e ora, sia pure così vicina, dalla persona che amava.
   Sospirando per un passato utopico che non sarebbe mai tornato, la ragazza finì di raccogliere le altre fotografie e si apprestò a riporle sulla scrivania, dalla quale dovevano essere volate via. Fu lì che ne trovò un’altra, in bilico sul bordo, uno scatto che non aveva mai visto. Ricordo che, come gli altri, Athrun aveva recuperato sulle colonie prima di tornare a vivere definitivamente a Orb.
   In quella foto, lui era appena un bambino. Due o tre anni al massimo, valutò Cagalli, mentre i suoi occhi si velavano di lacrime per il modo in cui le sue piccole braccia erano ancorate al collo del suo adorato papà. L’uomo sorrideva, gli occhi tutti per quel suo orgoglio così somigliante alla donna che lo aveva dato alla luce. Lei, Lenore, era accanto a loro ed era stata il loro mondo. Almeno fino a che la malvagità umana non l’aveva strappata all’affetto dei suoi due grandi amori, causando di fatto la distruzione di quella meravigliosa famiglia.
   Senza che potesse farci nulla, Cagalli strinse quella fotografia al petto.
   Quando Athrun tornò in camera sua, diverso tempo dopo, non fece caso alla portafinestra ora chiusa. Notò invece qualcosa che prima non c’era: una cornice sulla sua scrivania, che custodiva forse il più bel ricordo tangibile rimastogli di ciò che era andato perduto per sempre. Accanto, un biglietto scritto a mano, con una calligrafia che lui conosceva molto bene.
   Perdonami se mi sono intromessa, ma sarebbe un peccato perderla.
   Nessuna firma. Poche parole, che tuttavia bastarono a fargli intendere quelle taciute. Come quel gesto gentile. Cagalli gli aveva persino chiesto scusa...
   Commosso a sua volta da tanta premura, Athrun si domandò se, rimettendo in ordine le sue fotografie, quella sciocca si fosse almeno accorta che ce n’era già un’altra, di cornice, proprio più in là, accanto al letto, dove il sorriso di una ragazzina bionda illuminava gli occhi, e soprattutto il cuore, del giovane a cui era abbracciata.



 

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Capitolo 3
*** Miriallia Haw ***




MIRIALLIA HAW


Lasciando scivolare le dita sulla superficie del dispositivo elettronico, Miriallia avviò la lunga carrellata di fotografie che aveva scattato durante quel suo ultimo viaggio. Immagini post-belliche, scenari in cui la gente cercava disperatamente di rialzarsi e di ricominciare a vivere. La ragazza aveva voluto immortalare quella forza e farla propria ancora una volta. Perché era proprio quello a sostenerla, la resilienza delle persone, la ferma volontà di continuare ad andare avanti nonostante tutto.
   A dispetto della giovanissima età, anche lei aveva vissuto gli orrori della guerra, lasciandosi persino coinvolgere in modo diretto. Due volte. La prima, almeno inizialmente, per forza di causa maggiore; la seconda, per scelta e senso del dovere.
   Ormai si era persuasa che non era più quella, la sua strada, ma ammirava moltissimo chi aveva deciso di continuare, di lottare per quegli ideali. Anche lei li stava portando avanti, sia pure a modo suo. Attraverso il proprio lavoro di reporter, voleva mostrare al mondo le conseguenze delle decisioni sbagliate, dell'odio, della cupidigia, del rancore, del razzismo e, più in generale, dell'ottusità di cui era capace l'essere umano.
   L'ultima foto che comparve sul dispositivo fu come un pugno allo stomaco: ritraeva un padre intento a scavare una piccola fossa, in cui avrebbe seppellito uno dei suoi figli, che quella che doveva essere sua moglie ancora stringeva al petto. Non era stata intenzione di Miriallia scattarla, perché sulle prime non aveva notato quell'uomo coraggioso e quella donna disperata sullo sfondo del vero soggetto dell'immagine. Se ne era accorta solo dopo, quando ormai era lontana e lei si era messa a revisionare il lavoro fatto.
   Ancora adesso, a distanza di giorni, la giovane non sapeva se fosse giusto conservare quella fotografia. Le sembrava quasi, sia pur involontariamente, di aver invaso un dolore che avrebbe dovuto rimanere privato. O forse no, forse tutti avrebbero dovuto vedere e capire quanto potesse essere crudele la guerra.
   Probabilmente non servirebbe comunque a nulla, pensò la parte più cinica di lei. Perché l'uomo non avrebbe mai imparato dai propri errori e non avrebbe mai rinunciato a far del male al prossimo. La cattiveria insita nell'animo umano era più forte.
   La sua mente corse immediatamente a Kira Yamato, forse la persona a cui, più di tutte, Miriallia guardava con sincera ammirazione. Un ragazzino che, come lei, era stato costretto a farsi soldato e a combattere contro quell'odio. Per proteggere, non per uccidere. Eppure aveva dovuto imparare a fare anche quello, per sopravvivere, per difendere lei e le altre persone a cui voleva bene. Non era comunque bastato e qualcuno era morto lo stesso. Come Tolle, prezioso amico, compagno, innamorato. Tutti loro avevano finito per perdere qualcuno.
   Kira ne aveva sofferto così tanto che per poco la sua mente non ne era stata annientata. Portavano ancora le cicatrici di quei terribili momenti, sepolte nel cuore, eppure avevano cercato lo stesso di andare avanti. Anche Kira si era rialzato ed era tornato a difendere ciò che aveva di più caro al mondo, grazie all'amore per sua sorella e al suo grande senso di giustizia. Alla sua immensa generosità.
   Miriallia chiuse la cartella contenente le ultime fotografie scattate e andò a recuperare quelle risalenti al tempo in cui si era imbarcata sull'Archangel per la prima volta. Sapeva che, come al solito, le avrebbe fatto male sfogliarle; ma sapeva anche che quello era l'unico modo che aveva per vincere il dolore seppellito in fondo all'anima. Nonostante il terribile scenario che si erano ritrovati a vivere a quel tempo, molte di quelle foto ritraevano momenti di tranquillità, persino di goliardia. Eppure, ognuno di quegli scatti racchiudeva anche tanta sofferenza: non solo Tolle, ma anche Fllay, il tenente Badgiruel, le simpatiche ragazze che avevano pilotato gli M-1, per dirne alcuni.
   Sgranò gli occhi davanti al viso di quel coordinator che, come Athrun, aveva deciso di schierarsi insieme a loro durante gli ultimi mesi di quella maledetta guerra. Dearka Elthman. Un ragazzo che aveva scelto volontariamente di combattere, ma che si era ribellato ai folli ordini dei suoi superiori. Dietro quel sorriso sfacciato, Miriallia aveva scorto una sensibilità che lui era abituato a nascondere agli occhi degli altri. Non a lei, però. Perché, a dispetto delle sue spacconate, Dearka aveva avuto nei suoi confronti delle premure che non si sarebbe mai aspettata. Lo aveva visto soffrire in silenzio per quello che era successo ai suoi compagni, in seguito all'abbattimento della Vesalius, e aveva notato anche quanto fosse rimasto amareggiato in seguito all'incontro con il suo amico Yzak Joule, sulla colonia Mendel.
   Miriallia aveva anche capito che, insieme a un tenero senso di protezione, quel giovane aveva sviluppato per lei anche dei sentimenti di tipo romantico. Forse era stata una naturale conseguenza, forse no. Per un momento, adesso, la ragazza si domandò cosa sarebbe successo se lei non fosse stata così presa dal proprio dolore per la perdita di Tolle. Sorrise, dandosi della stupida: in quel caso, Tolle sarebbe stato ancora vivo e Dearka non avrebbe comunque avuto speranze. Eppure, a distanza di anni, un po' le dispiacque per come erano andate a finire le cose.
   Esalando un grosso sospiro, lasciò ricadere le mani in grembo e volse lo sguardo al di là del finestrino dell'aereo. In lontananza si scorgevano già le coste delle prime isole dell'arcipelago. Stava tornando a casa, non più soltanto con la memoria.




 

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Capitolo 4
*** Ficcanaso ***


 


 
FICCANASO
 

«Che cavolo...?» Più sfogliava quelle foto, più stentava a crederci. Lasciando il cellulare a Lunamaria che, curiosa come una scimmia, glielo stava praticamente strappando di mano per guardare meglio, Shinn si voltò verso Athrun con un certo disgusto. «Che problemi hai?»
   «Santo cielo...» commentò anche la ragazza, gli occhi fissi sulle immagini. «È preoccupante.»
   «Molto», confermò Dearka, che però un po’ se la rideva sotto ai baffi e, più che con rimprovero, fissava l’ex commilitone con un vago affetto misto a divertimento. «Direi patologico.»
   L’agente di Terminal, che per una volta non si trovava su Aprilius per motivi di lavoro, incrociò le braccia al petto e si mostrò annoiato dai loro commenti. «Avete finito di insultarmi?»
   «Hai mai pensato di andare in terapia?» domandò legittimamente Shinn, che un po’ ce l’aveva ancora con lui per - a suo dire - tanti buoni motivi, un po’ si preoccupava sul serio per la sua salute mentale.
   «Giuro che non ti accuserò mai più di essere un donnaiolo», disse Lunamaria, che per diverso tempo aveva creduto che Athrun avesse avuto una tresca sia con la finta Lacus Clyne che con Meyrin. Adesso capiva anche perché sua sorella aveva sempre negato che ci fosse stato qualcosa fra lei e il loro ex Capitano: quelle foto erano la prova lampante che non potesse esserci spazio per un’altra donna nella vita del giovane.
   «Era anche ora...»
   «Sei comunque spudorato», continuò la ragazza, abbassando finalmente il dispositivo e guardando anche lei l’accusato.
   L’altro fece spallucce e tese la mano per riavere il cellulare che avevano preso in prestito per scattare una foto tutti insieme, ricordo di quell’incontro con gli amici. Si erano ritrovati in un ristorante non troppo lontano dagli uffici governativi, una piccola rimpatriata che avevano deciso di immortalare e che aveva portato a una interessante scoperta: sfogliando - senza permesso - la galleria delle immagini, avevano trovato una serie di fotografie che ritraevano diversi soggetti, ma ogni volta che compariva anche Cagalli, anziché verso l’obiettivo, sistematicamente Athrun aveva lo sguardo rivolto su di lei.
   «Guarda che un po’ hanno ragione», rise Dearka, sollevando il calice per gustarsi un ultimo sorso di vino. «Non muore nessuno, se ogni tanto le togli gli occhi di dosso.»
   «Pensa agli affari tuoi», replicò l’agente Zala, che, impadronitosi di nuovo del cellulare, lo ripose al sicuro in una tasca.
   «Spero almeno che le foto private tu le tenga da parte», continuò il biondo, mai stanco di dare fastidio. Serafico, Athrun lo ignorò e lui, sogghignando, riprese a bere.
   Yzak, che invece era rimasto in riflessivo silenzio fino a quel momento, si sporse verso il collega e sottovoce suggerì: «Dovremmo prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di rafforzare il numero di uomini presenti a Carpentaria. Non si sa mai.»
   Dearka rise così forte che per poco non gli uscì il vino dal naso. In realtà quella di Yzak non era davvero una battuta - o forse lo era solo in parte. In effetti, ci sarebbe stato da preoccuparsi, se fosse capitato qualcosa a Cagalli? Probabilmente sì, perché Athrun avrebbe potuto perdere la testa. E il fatto che fosse abilissimo a infiltrarsi e avesse a disposizione gli avanzatissimi mezzi di Morgenroete, poteva essere pericoloso quasi quanto il Genesis a portata di mano di Patrick Zala - che in fin dei conti era impazzito proprio a causa della morte di sua moglie.
   Questo pensiero metteva i brividi nel momento in cui ci si chiedeva in che misura Athrun assomigliasse a suo padre.
   «Io comunque uno bravo lo consulterei», gli suggerì Shinn, che ancora non si capacitava della cosa.
   Athrun abbandonò la schiena contro la sedia e sospirò. «A te i pugni non bastano mai, vero?»
   «Ci manca solo che vi mettiate a dare spettacolo qui dentro», li riprese con fare pacato Yzak, cercando di sedare qualunque potenziale rissa.
   Dearka guardò ora l’uno ora l’altro, non potendo fare a meno di notare come entrambi fossero molto meno disposti a perdere la pazienza rispetto a qualche anno prima. Le sue orecchie ringraziarono. Sorrise e, levando il calice in un brindisi in solitaria, schioccò la lingua sotto al palato. «Siano benedette Cagalli e Shiho.»
   I suoi due amici lo guardarono straniti, in attesa di spiegazioni che non tardarono ad arrivare. «Avere una donna vi fa bene», considerò, facendo roteare gli occhi dei due al soffitto. Si rivolse quindi a Shinn e Lunamaria. «Datevi da fare anche voi.»
   Il soldato Asuka aggrottò la fronte, non del tutto sicuro di aver capito bene, mentre la ragazza, più smaliziata, subito avvampò e batté le mani sul tavolo, facendo tintinnare le stoviglie. «Non si ficca il naso negli affari degli altri!»
   «...disse quella che ha curiosato finora nel mio cellulare...» commentò distrattamente Athrun, chiamando un cameriere con un cenno della mano per farsi portare un tè caldo.
   Lunamaria lo fissò imbronciata ma non riuscì a ribattere. Ci pensò allora Shinn a prendere parola e a domandare a Dearka con considerevole ritardo: «A fare cosa?»
   Yzak distolse lo sguardo, fingendo di non aver sentito, mentre Dearka non sapeva se mettersi a ridere o dare uno scappellotto a quel moccioso di Asuka, vista anche l’espressione della ragazza seduta accanto a lui. In quel momento arrivò il cameriere e ad Athrun non restò che dire: «Il conto, per favore.»



 












Shot ispirata non tanto al film, quanto alle immagini promozionali uscite nell'ultimo periodo: Athrun che spesso e volentieri guarda solo Cagalli. Ah, l'amore~💕
No, ammetto che al di là del mio essere fangirl, volevo solo percularlo un po'.
Shainareth





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