So I can share love

di Nefertari17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


“Cazzo mi ha lasciato davvero un bel regalo il bastardo!”

Bakugo imprecava, visibilmente sofferente reggendosi il fianco con la mano. Il villain con cui aveva combattuto era steso a terra, svenuto e sconfitto, con uno squarcio sul volto che gli avrebbe lasciato una bella cicatrice.

Bakugo diede un'occhiata in giro e la polizia era arrivata per portare via i villain messi fuori gioco dalla sua squadra. La battaglia era durata più di tre ore e i danni al quartiere sarebbero stati un colpo alle casse della Commissione Nazionale degli Eroi. Solo pensare alla faccia che avrebbe fatto il Pennuto gli fece muovere gli angoli della bocca in un sorriso che si trasformò subito in una smorfia di dolore. Si sentiva il viso tirare e sicuramente aveva un occhio gonfio: aveva una visuale leggermente sfocata alla parte sinistra. Un sapore metallico in bocca era il chiaro indizio che l'ultimo pugno che il villain gli aveva sferrato gli aveva spaccato il labbro superiore.

Fortunatamente non c'erano state vittime, i civili erano stati portati in salvo mentre imperversava la battaglia dalla squadra di Faccia Tonda che si era specializzata in azioni di soccorso.

Ovviamente c'era Deku che coordinava le azioni con la polizia. Come sempre non aveva perso tempo a dispensare sorrisi a destra e a manca per tranquillizzare i feriti tra gli eroi. Molti erano quelli che avevano bisogno di cure mediche.

Avevano avuto davvero un gran da fare con quei villain. Bakugo si era spinto al limite pur di neutralizzare il capo della combriccola. Erano mesi che gli stavano dietro e quando la minaccia di un attentato al capo della Commissione si fece reale, aveva radunato i rappresentanti delle varie agenzie del territorio per studiare un piano di attacco. La sua strategia era la solita: anticipare e sorprendere il nemico, senza lasciargli il tempo di reagire. Deku aveva approvato e avevano combattuto fianco fianco come dodici anni prima nella Grande Guerra. I due più grandi eroi del Giappone si erano nuovamente trovati a dover fronteggiare una minaccia al paese e così come allora, avevano sentito il peso della responsabilità dell'eredità lasciata loro da All Might.

Essere adulto aveva cambiato il suo modo di vedere le cose e soprattutto maturato il suo modo di essere, ma si era portato appresso un grande vuoto incolmabile e la rabbia, sua caratteristica primaria, gli ribolliva nelle vene costantemente, una pentola a pressione sempre in funzione.

La stampa stava invadendo le vie principali, odiava i giornalisti: insensibili e invadenti rompipalle che dovevano solo fare notizia. Ancora ricordava quando da ragazzini furono bersagliati dalle domande e costretti a comparire davanti alle telecamere per interviste dopo la vittoria. Spaesati, visibilmente colpiti da quanto accaduto, stremati e feriti avevano dovuto sopportare le facce di quelle nullità, chi li tirava da un parte, chi urlava di voltarsi da un'altra, chi gli sparava sulla faccia le luci dei fari delle telecamere. Avrebbe volentieri spazzato via quella feccia ma non gli era permesso sterminarli una volta per tutte.

Si dileguò, quasi furtivo, approfittando della confusione, non voleva suscitare compassione a nessuno visto che era ferito.

Costeggiò il quartiere lungo un viale periferico deserto grazie all'evacuazione, non avrebbe avuto problemi ad allontanarsi da lì senza essere visto. Indisturbato, mimetizzandosi tra le macerie complice il tramonto che ombreggiava i tratti più nascosti, si allontanò dalla scena della battaglia. Il fianco faceva male e la tuta era impregnata di sudore e sangue. Come tanti spilli conficcati nella carne, sentiva pizzicare il lato destro, la mano che sorreggeva quella parte era intrisa di sangue che zampillava dalla ferita. La tuta squarciata in quel punto lasciava scoperto un bel taglio.

Cazzo!

Il villain con cui aveva combattuto non si era arreso fino alla fine e l'ultimo affondo che gli aveva riservato era stato una dannata manovra che lo aveva colto di sorpresa e gli aveva lasciato quel bel ricordino. Non voleva andare in ospedale, si rifiutava di farsi compatire dalle varie comparse che sarebbero accorse per vedere le sue condizioni. Doveva proseguire la sua ritirata.

Ma era allo stremo delle forze. Si appoggiò al muro per avere un sostegno per riprendere fiato e alzando gli occhi vide che lei stava arrivando in suo soccorso. La sua spalla non si smentiva mai.

 

Amaya stava combattendo con un villain al centro del quartiere. Aveva uno dei tentacoli del villain attorno al collo, la stava strozzando. Riuscì con il suo quirk a spezzare l'ennesima appendice della sua avversaria, ansimò per riprendere fiato e le indirizzò un nuovo raggio laser. L'avversaria aveva deciso in un ultimo tentativo di bloccarla, di scagliarle contro tutti i suoi tentacoli rimasti e Amaya con un colpo netto li recise tutti.

Priva di attacco, fu facile mettere al tappeto l'avversaria con due colpi ben assestati di karate.

Stava arrivando la polizia e Amaya fece una rapida scansione dell'area circostante per capire l'entità della situazione. Tutti i villain erano a terra, c'erano feriti ovunque tra gli eroi, solo alcuni erano gravi ma la squadra di Uraraka aveva preso in mano la situazione.

Il suo obiettivo principale però era capire dove fosse Bakugo. Quando si erano separati aveva ingaggiato lotta con il capo di quei villain e una semplice occhiata le era bastata per capire che fosse davvero pericoloso. Sapeva che Bakugo non era il tipo che si tirava indietro o si arrendeva tanto facilmente, ma aveva una dannosa propensione all'autodistruzione pur di vincere. Negli ultimi anni lo aveva preso per i capelli varie volte e aveva sempre sbraitato come un pazzo per il semplice fatto che lo avesse portato in ospedale. Era sempre il solito! Non voleva che gli altri lo vedessero debole.

Era il suo capo ma era da qualche tempo che cominciava a sentire per lui un altro tipo di sentimento e più cercava di soffocare più affiorava prepotente soprattutto nelle situazioni in cui lui poteva essere in pericolo.

Erano cinque anni che lavorava nella sua agenzia, appena lui fu pronto ad aprirne una tutta sua, fu scelta come uno dei suoi sidekick. Amaya Mamoto aveva ventisei anni e aveva coltivato l'idea di diventare un'eroina dopo aver visto e letto di quei ragazzini che dodici anni prima avevano salvato il Giappone. Con appena due anni più di lei erano stati capaci di fronteggiare e sconfiggere un nemico che voleva sovvertire l'ordine della società.

E fu proprio lui, Bakugo Katsuki, la sua fonte di ispirazione. Era entrata alla U.A. con il massimo del punteggio e aveva fatto tirocinio nell'agenzia di Endevour all'epoca eroe numero Uno. Si era distinta e si era diplomata con il massimo dei voti dopo aver preso la licenza da eroe professionista. Nei successivi tre anni aveva fatto gavetta in varie agenzie ma la sua missione era arrivare a lavorare a stretto contatto con l'eroe Dynamight che si stava distinguendo tra gli eroi della nuova generazione. E ci riuscì, determinata com'era, era riuscita a piazzarsi tra i primi venti eroi superando anche alcuni di quelli dello stesso anno di Bakugo.

Il suo quirk era duale, aveva ereditato entrambi quelli dei genitori: sapeva volare e aveva la vista a raggi X che potenziata poteva far uscire dagli occhi un raggio laser di estrema potenza che fondeva pareti e oggetti. Inoltre era un'esperta di informatica e le sue doti erano preziose nell'utilizzo di ogni tipo di supporto tecnologico.

Da semplice sidekick divenne in breve tempo un elemento prezioso nella cerchia ristretta della squadra di Bakugo tanto da avere il comando della parte amministrativa dell'agenzia. Aveva anche un ruolo chiave in battaglia perché la sua vista permetteva di scovare i nemici ancor prima di ingaggiare la lotta e fungeva anche da scanner per individuare ferite gravi.

Si alzò in volo, dall'alto aveva una visuale ampia della zona sottostante e il suo sguardo andava alla ricerca disperata di Bakugo, aveva il sentore che fosse ferito ed era sicura che si stava allontanando dalla scena per non essere visto dagli altri. Lo conosceva troppo bene. E infatti lo vide in un vicolo periferico, a qualche isolato dal luogo della battaglia, appoggiato al muro. Dannato testone!

Era difficile per lei ogni volta vederlo conciato come se un tir lo avesse preso in pieno, non ci andava mai leggero, si ostinava ad arrivare sempre fino al limite, come in un gioco al massacro, come se riportando ferite gravi fosse davvero il vincitore. E nell'ultimo anno vederlo sempre sull'orlo di un baratro senza fondo anche nella vita privata la faceva stare male. Non voleva più essere una crocerossina, voleva potergli prendere la mano e guidarlo in una redenzione che lui pensava di non meritare.

Si precipitò da lui, scendendo in picchiata verso la sua posizione.

 

Amaya stava, come sempre, arrivando per raccattare i cocci del suo corpo. Più le diceva che non aveva bisogno di nessuno, più lei si ostinava a correre da lui ogni volta. Quando perdeva conoscenza dopo gli scontri non poteva opporsi alla sua idea di farsi curare in ospedale, ma quando era cosciente battibeccavano fino allo sfinimento sulle modalità di cure che doveva ricevere. E alle volte vinceva lei. Del resto era il suo braccio destro e di lei si fidava.

Lei era riuscita in breve tempo a farsi strada nel suo spazio vitale e lo aveva in qualche modo convinto delle sue qualità e del suo valore. Aveva sempre disprezzato i modi esageratamente gentili, ma lei oltre ad avere un sorriso per tutti era anche testarda, determinata e brutale, soprattutto quando si trattava di lui.

Aveva dovuto ammettere che fosse in gamba e aveva instaurato con lei un rapporto di affidabilità e rispetto. Per lui fu un po' come il rapporto con Kirishima e inizialmente si era meravigliato che fosse riuscito a legare in quel modo anche con una femmina.

E poi era sempre lei quella che lo riprendeva quando faceva una cazzata o lo sosteneva quando si ubriacava dopo una serata. Dalla Grande Guerra aveva sviluppato un dannoso modo di vivere. Il suo era un animo tormentato, il ragazzino di sedici anni che era scampato dalla morte gli ricordava che altri si erano sacrificati per lui e non era degno di essere dov'era. Era come se in lui vivessero due persone: l'eroe Dynamight e Bakugo Katsuki. Il primo intoccabile, ligio al dovere, fiero e immacolato, l'altro un disastro su tutti i fronti. Attaccabrighe, ubriacone, solitario, rancoroso che usava il sesso come sfogo per la rabbia.

Ma Amaya c'era in ogni occasione e tentava di riportarlo sulla retta via, a volte con il suo candore a volte con il pugno duro.

Lei atterrò a due passi da lui e...lo abbracciò. Le sue esili braccia avvolsero il suo corpo con leggerezza per sostenerlo e gli trasmisero anche il suo calore.

“Cavoli, mi hai fatto preoccupare, ti avevo perso dal mio raggio di azione. Appoggiati! Ce la fai a camminare?”

“Certo per chi mi hai preso!”

“Sei conciato male te ne sei accorto?”

“Non rompere, piuttosto ho qualcosa di rotto?”

Amaya si scostò per osservare Bakugo meglio e lo scandagliò con la sua vista per trovare tracce di fratture o altre ferite gravi.

“No niente di rotto. Hai solo un paio di costole incrinate e perdi sangue dal fianco”

“Portami a casa!”

“Devi andare in ospedale”

“No stavolta non voglio che i medici mi mettano le mani addosso. Mi curerai tu”

“Ma Bakugo hai...”

“Ti ho dato un ordine e non voglio ripetermi”.

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Capitolo 2
*** II ***


Quella volta Amaya evitò di controbattere, aveva avuto una paura matta appena gli aveva dato una veloce occhiata. Era davvero uno straccio.

“Il solito testardo! E va bene! Riesci a darci slancio con la propulsione di un'esplosione? Sai sei un tantino pesante”

“Non trattarmi come un moribondo, rossa”

I due si alzarono in volo e indisturbati raggiunsero la destinazione dopo cinque minuti.

Entrarono. Amaya sosteneva con difficoltà il peso di Bakugo, il suo braccio attorno alle spalle era pesante e lui aveva poggiato il fianco contro il suo, l'altra mano reggeva il fianco destro.

“La cassetta del pronto soccorso è in bagno, lì a sinistra. Dovrai aiutarmi a togliere la tuta”

Amaya lo aiutò a sedersi sul divano. Era sicura che stesse soffrendo in silenzio quando mettendosi seduto strizzò gli occhi appena il peso del suo corpo gravò nuovamente solo sui suoi muscoli.

“Ti tolgo prima l'attrezzatura ok! Dimmi se ti faccio male”

“La pianti! Per chi mi hai preso, Mamoto? So sopportare qualsiasi tipo di dolore”

Amaya iniziò quella svestizione con lentezza: gli tolse la cintura dalla vita, i guantoni dalle braccia, il collare, la maschera.

Si soffermò un attimo sul suo viso: aveva un ematoma sull'occhio sinistro, escoriazioni varie e il labbro superiore spaccato. Istintivamente gli passò un dito sul labbro pestato, la ferita era ancora calda e il sangue si era rappreso, poi seguì la linea della guancia, dello zigomo per arrivare al sopracciglio. Una scia leggera come una carezza e gli occhi poi incrociarono i suoi.

Si ritrasse imbarazzata. Ma lui le prese la mano e se la portò al petto. Poteva sentire il suo cuore battere. Ritmico, potente. Bum Bum Bum. Esprimeva la forza del suo corpo e del suo spirito. Un combattente ma anche un uomo con tanti demoni interiori.

Lui la stava guardando in modo...diverso. Era uno sguardo profondo, intenso. Occhi cremisi ardenti che nascondevano anche una cupa malinconia. Lei gli sorrise amorevolmente e il suo corpo andò a briglia sciolta, si mosse verso di lui. Si avvicinò sempre più finché non sentì il suo respiro contro le labbra. Il calore di quel respiro le diede la scossa e, senza togliergli gli occhi di dosso, lo baciò. Impresse le labbra sulle sue in modo delicato, quasi a sfiorarle ma riuscì a carpirne il sapore e la morbidezza.

Nuovamente la ragione l'ammonì per quello che aveva fatto e si allontanò di scatto. Ma cosa le era passato per la testa? Perché lo aveva baciato?

“Scusa non volevo. Ho visto il tuo sguardo e....pensavo....oh...scusami Bakugo”

Lui non si era mosso e non aveva nemmeno cambiato espressione, si limitò a dire

“Quante volte ti avrò detto che non ti devi scusare sempre, lo sai che non lo sopporto. Piuttosto toglimi la parte superiore del costume, mi sta stritolando”

Amaya rimase di sasso, lui non si era scomposto, come se non fosse successo nulla, come se non avesse provato alcuna emozione. Eppure lui non si era spostato, le era parso che attendesse quel bacio, era rimasto in attesa fissandola.

Si riappropriò della sua dignità e cercò di capire come togliergli la tuta osservando attentamente il costume.

“La zip, ha una zip nascosta dietro”

Amaya lo tirò leggermente verso di sé, visto che aveva lo schienale del divano come ostacolo se gli fosse passata dietro le spalle, giusto per avere lo spazio per manovrare con quella dannata zip. Le guance si sfiorarono e lui poggiò la fronte sulla sua spalla con un sospiro. Sentì la mano di lui sulla sua schiena, in quel momento si stava aggrappando a lei e il suo respiro pesante si infrangeva sul suo corpo, poteva sentirne il calore anche con il costume addosso. Un respiro lento, regolare, come se in quella posizione, attaccato a lei, si sentisse al sicuro. La mano di lui inspiegabilmente risalì fino al collo e la strinse delicatamente in un abbraccio che chiedeva conforto e protezione. Amaya provò un brivido lungo la schiena.

Lui non aveva mai cercato un contatto così con lei, non era poi il tipo che si lasciava andare ad abbracci ed effusioni. Si chiese se il dolore che provava in quel momento non avesse minato la sua lucidità.

Riuscì a trovare la zip nascosta in un lembo di stoffa e la tirò giù. Sentì Bakugo sussultare per un attimo tra le sue braccia. Gli sfilò quella parte del costume e rimasto a torso nudo lui rilasciò un soffio come se quell'affare gli facesse costantemente trattenere il fiato.

Lo aveva visto varie volte senza la maglietta, negli spogliatoi o in ospedale, ma in quel momento sentì la faccia come un fuoco. Forse per quello che aveva fatto un attimo prima o forse per quella strana atmosfera che si era creata tra loro, provò imbarazzo e sulla sua carnagione chiara non era facile non darlo a vedere.

“Hai il permesso!”

Il tono ironico di lui la salvò dalla vergogna ed ebbe il coraggio di guardarlo nuovamente negli occhi con fare interrogativo

“Se devi curarmi devi toccarmi no! Avanti”

Amaya diede una rapida occhiata alle varie e nuove escoriazioni che aveva sul corpo, alle cicatrici vecchie che portava come fossero dei tatuaggi e alla ferita che aveva al fianco. La disinfettò e la tamponò con una garza. Mappò nella testa la linea dei suoi pettorali e addominali. Ma l'istinto le mosse le braccia come una marionetta. Tastò il corpo di Bakugo: passò le dita in una traccia quasi impercettibile. Il calore della loro pelle si mescolò, Amaya lo accarezzava dolcemente, una compagna che accoglieva il ritorno del suo uomo dopo la battaglia, col fiato sospeso per la paura che aveva provato vederlo ferito. Sondava quel corpo per sincerarsi che non avesse altre lesioni e per dargli sollievo con il suo tocco. Bakugo la lasciò fare, si abbandonò alle sue carezze come se ne avesse bisogno. Era stanco, stremato ma voleva sempre dare l'idea di quello che non provava nulla nemmeno alcun dolore. Eppure era dolorante sia fuori che dentro l'animo. Ne era certa.

Quando la sua mano scivolò verso il ventre e sfiorò l'orlo dei pantaloni, un “Mmh” di piacere la destò da quello che stava facendo. Bakugo aveva emesso un gemito e aveva abbandonato il capo all'indietro per godere di quel contatto.

Amaya riprese il controllo delle sue mani, cambiò il modo di toccarlo e tornò ad essere la crocerossina che doveva occuparsi del ferito.

Fortuna il taglio non era molto profondo, il costume era di un materiale che serviva anche ad attutire i colpi altrimenti in ogni scontro avrebbe avuto la tuta sempre distrutta e ferite potenzialmente gravi. Partiva da sotto il pettorale e passava sul fianco fino all'altezza dell'anca. Tolse la benda, il sangue non accennava a fermarsi.

“Ci vogliono dei punti ma visto che non sono un chirurgo e tu ti ostini a non andare in ospedale, userò il mio quirk per chiuderla. Il taglio è più profondo qui, saranno sette-otto centimetri. Il raggio laser ha una temperatura elevata, forse serve un anestetico, e se fai movimenti bruschi posso anche trapassarti da parte a parte, il calore cauterizzerà la ferita ma la dobbiamo tenere d'occhio per le prossime 36 ore”

“La vuoi piantare. Non serve che mi spieghi sempre ogni cosa in modo dettagliato, non sono mica un bambin....AH CAZZOOOO!”

Amaya aveva usato il quirk sulla ferita mentre lui sbraitava come al solito, un po' perché bisognava intervenire sulla ferita, era già troppo tempo che il sangue sgorgava e un po' per farlo tacere. Quando si ribellava senza un motivo la faceva andare fuori di testa. Possibile mai che l'ultima parola doveva essere sempre la sua e non accettava una semplice raccomandazione?

Amaya era in ginocchio tra le cosce di Bakugo ad armeggiare con le bende per farle passare attorno al torace fasciando accuratamente la ferita. In modo quasi impercettibile lui strinse le gambe per avvolgerla, la frizione del suo corpo tra le sue gambe aveva un effetto eccitante, i seni premevano su un suo ginocchio per cercare di legare meglio la benda. Quando lei si spostò si ritrovò con la faccia ad un passo dal suo inguine perché lui era scivolato con il sedere più in avanti. Alzò lo sguardo verso di lui e vide i suoi occhi lucidi e la bocca socchiusa, ansimante. Non le staccava gli occhi di dosso. Sentiva quello sguardo su di sé come se volesse spogliarla con gli occhi e lei si passò impulsivamente la lingua sulle labbra divenute d'un tratto secche. Si alzò di scatto disorientata.

“Prendo degli antidolorifici nella cassetta del pronto soccorso”

Amaya prese anche un bicchiere d'acqua in cucina e glielo porse insieme ad una pasticca di antidolorifico. Si accomodò sul poggiapiedi davanti a lui aspettando che inghiottisse la medicina.

Lei in realtà voleva solo sparire. Si era lasciata andare a quello che sentiva per lui e come un idiota si era spinta addirittura a baciarlo. Aveva avuto sempre paura di ammetterlo a se stessa ma lui le piaceva. Dopo aver lavorato spalla a spalla, ogni giorno, in ogni situazione, aveva imparato ad amare il suo lato che nascondeva a tutti. La maggior parte della gente gli stava alla larga perché si soffermava alla facciata, conoscendolo si capiva che aveva un animo...particolare. Certo aveva un carattere difficile ma era la chiara manifestazione di chi cercava un aiuto, un supporto, una persona affianco che capisse come si sentiva, che percepisse quello che provava. E lei aveva imparato a farlo. Bakugo era fatto in quel modo: sbraitava per tenere gli altri alla larga ma era una richiesta alla persona giusta che gli fosse vicino.

Lui però non aveva avuto alcuna reazione al bacio, lei non aveva capito nulla di quello sguardo allora. Si era sbagliata alla grande.

 

Bakugo fissava la persona che aveva davanti. Il fianco faceva male ma di più vedere lei che cercava di evitare il suo sguardo.

Mamoto lo aveva baciato e non aveva avuto il tempo di ricambiare. Erano passati anni dal suo primo scambio di saliva con una ragazza della sezione C. Quando faceva sesso con quelle che gli capitavano non si lasciava mai baciare. Per lui era uno scambio troppo intimo e gli faceva schifo condividerlo con delle sconosciute che non avrebbe più rivisto. Sceglieva apposta quelle che lo facevano solo per annoverare tra le loro scopate il grande Dynamight.

Il sesso era solo una valvola di sfogo. Un puro atto fisico senza alcun sentimento o trasporto. Nella sua testa regnava l'idea che non meritasse alcun amore. Lui era quello che era stato salvato con il sacrificio di altri perché debole e incapace, Non era stato abbastanza forte e non era stato capace di ammettere i propri limiti. Così per la sua presunzione di voler dimostrare di essere il migliore era stato la causa della fine di altri. La Grande Guerra gli aveva lasciato uno squarcio dentro che non era riuscito a ricucire e il suo motto “vincere per salvare” era diventato “vincere senza salvare te stesso”. Si lanciava negli scontri con l'obiettivo di farsi più male possibile: provare dolore, riportare ferite anche gravi era una sorta di espiazione. Camminava su un filo sopra un burrone, un passo falso e sarebbe caduto giù. Sperava sempre che potesse succedere in realtà. A volte aveva anche provato a fare lui stesso quel passo falso ma era stato sempre salvato prima che accadesse. Da Amaya.

Nell'ultimo anno aveva trovato una sorta di conforto nelle sue parole e azioni. Lei inizialmente lo aveva affiancato come un degno membro della sua squadra ma aveva avuto sempre un atteggiamento diverso dagli altri: lo incoraggiava a comportarsi meglio, lo sgridava, lo guidava e lo guardava con occhi pieni di fiducia. Era come se provasse a dargli una ragione migliore per vivere che non fosse quella di dover giustificare la sua presenza al mondo.

E poi arrivava sempre in suo soccorso. Non importava se lui non voleva, se le dicesse di stare alla larga o se fosse impantanato fino al collo. Lei c'era, come in quel momento, a trasmettergli tranquillità. A fargli capire che poteva avere un'altra possibilità.

Era attratto da lei, se ne era reso conto da un po' e in quel momento quella forza, che lo tirava verso di lei, era prepotente e assordante. Averle chiesto di prendersi cura della sua ferita aveva permesso di sentirla vicino in un modo tutto nuovo.

I capelli rossi erano sempre raccolti, quando combatteva li legava in uno stretto chignon; gli occhi verdi erano sempre allegri e ridenti anche nei momenti più difficili, i contorni del viso erano morbidi e molto femminili, il naso piccolo un delizioso bottoncino, la sua pelle candida sembrava porcellana, le labbra carnose in quel preciso momento erano inquiete: il labbro superiore agguantava con angoscia quello inferiore.

Aveva un segno sulla guancia come una frustata e si accorse solo in quel momento che attorno al collo aveva chiari segni di un tentato strangolamento.

Cercò di sporgersi verso di lei, il movimento brusco gli fece solo emettere un lamento per il dolore. Ma almeno lei alzò lo sguardo verso di lui.

Provava sempre un gradevole tepore quando lo guardava!

“Non muoverti Bakugo. Anzi forse sarebbe meglio se ti stendessi. Gli antidolorifici faranno effetto a breve”

“Tu sei ferita?”

Il tono preoccupato che gli uscì con quella frase fece allarmare anche lei che subito si passò la mano sul collo

“No, no, è solo un segno non preoccuparti.”

“Vieni qua fammi vedere”

Le tirò un polso nel momento in cui lei si rimise in piedi. Non voleva che si allontanasse da lui. Voleva accertarsi che stesse bene, per una volta doveva invertire i ruoli.

Lei si piegò in avanti e lui le passò un dito delicatamente su quelle escoriazioni sul collo. Non erano profonde fortunatamente e questo lo rassicurò.

Ritrovandosi nuovamente così vicini non riuscì a non guardarla negli occhi. Cos'era quella luce che le vedeva quando lo guardava? Pensò che i suoi occhi erano la cosa più bella del mondo. Abbassò appena lo sguardo e si scontrò con il seno di lei, riusciva perfettamente a vedere il movimento del suo respiro, il petto che si alzava e si rilassava in un movimento quasi ipnotico. Fu una mossa istintiva e poggiò la fronte lì in mezzo per sentire il battito del suo cuore. In quella posizione si sentiva stranamente al sicuro. Confortato. Amaya sobbalzò ma lui le aveva stretto il braccio per non farla spostare.

Voleva riprovare a sentire quella sensazione che aveva percepito quando l'aveva abbracciata un attimo prima. Un senso di pace lo aveva pervaso, il suo animo tormentato si era zittito per un secondo lasciando il posto ad un'atmosfera beata, appagante. Gli vennero i brividi. La sua temperatura corporea cominciò a salire anche a petto nudo com'era, dall'interno montava un bisogno carnale di lei che imperioso pompava nelle vene. Ma il ragazzino di sedici anni dentro di lui lo guardò in modo minaccioso e poi amareggiato a ricordargli che lui non meritava nulla, figuriamoci qualcuno come lei. Si vergognò di quello che aveva provato.

Si staccò improvvisamente da lei e disse

“Voglio farmi un bagno”

“Ma non puoi... La ferita...”

“Ci mettiamo qualcosa per isolarla. Ho bisogno di lavarmi. Mi dovrai aiutare però”

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Capitolo 3
*** III ***


A Bakugo non sfuggì l'espressione mista tra confusione e panico sulla faccia di Amaya

Lo aiutò a rialzarsi e come un bastone lei gli fece da supporto per portarlo in camera.

“Prima riposa un secondo. Stenditi. Io intanto ti tolgo gli stivali e il pantalone”

Fu un'ardua impresa sdraiarsi sul letto supino. Quanto cazzo faceva male la ferita!

Ma il dolore fu addolcito dalle mani di Amaya che armeggiavano sul suo corpo per liberarlo degli ultimi indumenti che aveva addosso.

Rimasto in boxer si sentiva più rilassato, il costume gli stava così stretto che a volte gli stritolava le palle. La brillante idea del team di supporto gli aveva suggerito di eliminare i cargo dal suo costume che non davano facilità nei movimenti, ci voleva una tuta aderente che fasciasse il corpo per non creare attriti visto il suo quirk.

Ma era come mettersi, ogni volta, un preservativo di una taglia più piccola.

“Ti preparo l'acqua poi vengo ad isolarti la fasciatura”

Amaya lo lasciò solo, non si sentiva a suo agio forse a stargli vicino svestito, perché volò in bagno appena gli sfilò il pantalone.

Le faceva ribrezzo probabilmente! Quel bacio doveva essere stato un gesto di pietà.

Era una nullità quando non era sul palcoscenico degli scontri, come poteva anche solo pensare che qualcuno potesse provare qualcosa per lui, già Dynamight non godeva di popolarità tra la gente, figuriamoci Bakugo Katsuki.

Respirare supino era difficile ma doveva scacciare i pensieri negativi. Come gli aveva insegnato lo psicologo chiuse gli occhi e si rilassò, doveva sgomberare la mente, respirando in modo regolare e lento. Ma l'immagine di Amaya che poggiava dolcemente le labbra alle sue fece irruenza nei suoi pensieri. Era stato...bello! E sentirla vicina, tra le sue braccia, sentirla respiragli addosso e percepire il suo calore era stata la cosa più appagante della sua vita.

Lei tornò dopo dieci minuti, a lui erano sembrate ore, con pazienza lei lo fece rialzare. Con del nastro isolante gli coprì la fasciatura

“E' l'unica cosa che ho trovato. Dopo riguardo la ferita, se mi sembra anche solo sospetta, taci e andiamo in ospedale. Chiaro?”

Non era una domanda a cui lei si aspettasse una risposta. Bakugo accigliò solo l'espressione come un bambino sgridato da un adulto. E solo lei poteva in quell'impresa. Chissà perché ma alle volte non riusciva proprio a rispondere a tono ad una chiara evidenza che lei gli spiattellava sempre con poca gentilezza sul muso.

Chiusa la porta del bagno dietro di loro Amaya stava per rimettersi sotto il suo braccio per sorreggerlo che a lui cedettero per un secondo le gambe e per non cadere mise le mani avanti poggiandosi alla porta. Amaya era nel mezzo, il viso davanti al suo e aveva prontamente poggiato le mani sul suo petto per sorreggerlo.

“Tutto bene? Hai avuto un capogiro?”

Bakugo aveva il capo ciondolante in avanti ed era vicinissimo a lei, di nuovo. Il tono apprensivo di Amaya lo faceva sentire la persona più importante del mondo.

Rialzata la testa, la sua faccia era ad un palmo dal viso di lei.

Cosa sarebbe successo se l'avesse baciata adesso lui? Si sarebbe ritratta?

Guardò le sue labbra rosse che si mordevano e non riuscì a resistere, voleva provare meglio il loro sapore. Lei spalancò gli occhi per la sorpresa e un attimo dopo chiuse gli occhi accettando il bacio. Lui era rimasto ad occhi aperti e seguì il suo esempio.

Mosse le labbra sulle sue come non aveva mai fatto con nessuno, erano morbide e calde, gli piaceva. Armeggiava come un esploratore davanti a qualcosa che non aveva mai sperimentato. Curioso, provò a morderle il labbro inferiore e lei per tutta risposta gli allacciò le braccia attorno al collo.

Cazzo, la ferita tirava ma non voleva staccarsi. Osò di più, con la lingua leccò le sue labbra e provò ad infilarsi per entrare nella sua bocca. Lei, come se lui avesse indovinato la parola d'ordine, dischiuse le labbra in uno spiraglio per consentirgli l'accesso. Un paio di affondi, dentro e fuori, dentro e fuori, per sondare il terreno, imitando l'atto sessuale che in quel momento si faceva strada nei suoi pensieri e nei suoi sensi. Alla nuova invadenza nella sua bocca Amaya lo accolse con la sua lingua.

Dio che sensazione! Lei accarezzava la sua ed era umida, calda, avvolgente.

Qualcosa si smuoveva dentro di lui. Un desiderio mai provato, la voglia di stringerla, sentirla vicino al cuore, sentire le sue mani sul suo corpo in un'infinita carezza.

Non come quando faceva sesso dove nemmeno si faceva toccare né si avvicinava tanto, rimaneva solo alla giusta distanza che consentisse la penetrazione senza troppe effusioni.

Cominciò a sentire caldo in tutto il corpo, il cuore pompava il sangue in modo più vistoso, i polmoni filtravano più aria, sentì l'inguine incendiarsi. Ma aumentare la foga del bacio voleva dire respirare in modo più pesante e non riusciva a fare entrambe le cose. Una scarica di dolore partì dal fianco e lo costrinse ad allontanarsi dalle labbra di Amaya seppur controvoglia. Lei capì subito che c'era lo zampino della ferita.

“Avanti fatti questo bagno così te ne andrai a riposare”

“Fallo anche tu. Il costume è sporco e puzza di sangue”

“Si quando torno a casa lo farò, ora...”

“No, lo farai adesso prima che sia io a strapparti il costume di dosso”

“Non puoi muoverti facilmente, ragazzone! E in vasca non entreremmo in due. Facciamo che prima lavo te e poi mi lavo io che te ne pare”

Amaya gli sorrise. Non gli aveva negato il bacio né aveva disapprovato la possibilità di fare il bagno insieme. Allora non la disgustava poi tanto!

Si lasciò accompagnare e aiutare per entrare nella vasca. L'acqua calda fu un toccasana, rilassò i muscoli e distese i nervi. Amaya gli frizionò la schiena e le spalle visto che faceva davvero fatica a muoversi anche se intrepido com'era, poteva benissimo sopportare il dolore per lavarsi, ma non voleva perdersi quella possibilità di essere sfiorato da lei anche se solo con la spugna.

“Non mi togli i boxer?”

“Non pensi di osare troppo? Sei sempre il mio capo”

“Proprio perché sono il tuo capo ti do un ordine”

“Li togliamo quando uscirai. Ho già visto troppo del tuo corpo non trovi?”

“Non vorresti....”

Amaya gli aveva messo un dito sulla bocca per zittirlo e aveva cambiato espressione. Non capì perché improvvisamente si era ritratta da quel gioco erotico tra loro.

Forse con lei non serviva la provocazione o la seduzione. Cavoli aveva fatto una cazzata!

Lei continuò nel frizionargli il corpo, gli lavò anche i capelli con estrema cautela, aveva una ferita anche in testa che nemmeno ricordava.

Sentire il massaggio sui suoi capelli, così delicato, le sue carezze attraverso la spugna per lavargli via il sudore e la stanchezza lo rilassarono. Nella sua testa in quel momento non sentì il tarlo del senso di colpa trapanargli il cervello. Il fragore del suo fallimento si era zittito completamente lasciando il posto ad un senso di euforia che si concentrava tra le sue gambe. Gli venne duro come il marmo. La schiuma dello shampoo e del sapone fu la sua barriera per la sua vergognosa reazione. Inspirò profondamente per rilassare i muscoli del corpo e diminuire l'afflusso di sangue all'inguine. Fu un'ardua impresa, fortunatamente Mamoto dilatò il tempo di quel bagno quasi volesse assaporare meglio quello sfiorarsi che a lui dava i brividi. Chissà cosa provava lei!

Quando fu il momento di uscire fu davvero faticoso rialzarsi, non poteva fare affidamento solo sulle forze di lei, c'erano venti chili di differenza. Lei gli avvolse un telo attorno ai fianchi. Con gesti lenti, delicati, impercettibile, come se non volesse invadere il suo spazio, come se non volesse imprimere alcun segno su di lui. Eppure proprio quel suo modo gentile e discreto di toccarlo lo scuoteva dentro l'animo.

Il cuore accelerava quando si avvicinava ad una distanza minima, così senza rendersene conto e senza volerlo, si agitava mosso da una scarica elettrica.

Quando lei gli toccò i fianchi per far scivolare i boxer bagnati da sotto l'asciugamano, la stessa sensazione di prima lo invase. Vederla inginocchiata davanti a lui lo fece uscire di testa e non riuscì a trattenere l'erezione che fece capolino da sotto il telo.

Ma nuovamente si vergognò del suo sesso. Gli sembrava indegno davanti a lei e si sentì nuovamente sporco.

Mise una mano davanti il suo inguine anche se già coperto dal telo, per avere una barriera in più tra lei e quella parte di lui di cui in quel preciso istante non era orgoglioso. Prima l'aveva occultata ma adesso si stagliava dinanzi a lei a presentarsi immoralmente.

“Non preoccuparti Bakugo. E' una reazione normale, lo sbalzo di temperatura può fare qualche scherzo”

Non era ciò che pensava, era stata la reazione alla voglia di lei. Si era eccitato per le sue carezze e la sua vicinanza. Lei gli smuoveva dentro un fermento di emozioni positive e il corpo gridava dirompente il senso di euforia che gli procurava. Era elettrizzato, ma la sua mente si vergognava di quello che provava.

“E' che non mi era mai capitato di doverla nascondere. Ecco!”

“Tranquillo anche io non voglio fare sesso con te!”

Lei lo guardò infastidita.

Cazzo aveva fatto un altro errore. Non intendeva quello che lei aveva capito. Si era nascosto proprio perché la desiderava follemente, perché voleva fare...l'amore con lei e non gli era sembrato opportuno pensarlo.

 

Quando Bakugo l'aveva baciata Amaya non certo pensava potesse metterci tutta quella passione. Lei si era limitata ad imprimere un bacio casto e banale, lui invece aveva mangiato le sue labbra e poi aveva fatto partecipare la lingua.

Un brivido era corso lungo tutta la schiena ed era esploso entusiasmo nei suoi neuroni. Le fibre del corpo erano solleticate da un senso di benessere, una corda di un'arpa pizzicata per emettere un suono intonato. Desiderio e appagamento insieme.

Il più bel bacio della sua vita. Non che avesse avuto mille fidanzati. Due storie importanti poi qualche appuntamento era il suo elenco di conquista. Erano passati due anni dall'ultimo. Il lavoro che le portava via parecchio tempo ed energia, soprattutto il confronto con Bakugo, le aveva fatto perdere le speranze che potesse trovare la sua anima gemella. E poi il posto nel suo cuore fu prepotentemente occupato da quel pazzo, isterico, autolesionista e adorabile biondo.

Se ne era innamorata senza neanche accorgersene, un giorno realizzò che quella sensazione di batticuore quando erano vicini, quel senso di soffocamento quando lo vedeva con qualcuna, quella voglia di lui in ogni momento del giorno era infatuazione.

Poi trasformatasi in amore quando aveva capito che voleva essergli affianco in ogni momento per sorreggerlo e camminare insieme per mano verso il futuro.

Ma era così spaventata da quel sentimento che lo aveva tenuto nascosto, lavoravano insieme e se non era ricambiato voleva dire creare uno strappo nell'equilibrio dell'agenzia e avrebbe dovuto andarsene. Quindi aveva accettato di soffocarlo pur di stargli vicino. Era una codarda lo sapeva, ma era l'unico modo che aveva di stargli vicino e supportarlo almeno sul lato lavorativo.

E ora cosa stava succedendo? Perché lui l'aveva baciata?

Forse in un impeto di gratitudine per lui quello era il modo di ringraziare. Ma che diceva! Lui non era il tipo che ringraziava la gente.

E poi quel coprirsi davanti a lei le aveva fatto male. Non voleva che condividesse con lei una cosa così intima, era tanto indesiderabile?

Avrebbe dovuto convivere con la consapevolezza che lui faceva sesso con tanta facilità con le altre e con lei aveva soffocato quell'idea senza problemi.

Era a conoscenza del suo modo di scaricare la tensione e la rabbia. Aveva avuto diversi incontri in quegli anni ma solo nell'ultimo periodo ciò la rendeva inquieta e furente verso di sé che non aveva il coraggio di dirgli quello che provava.

Le dava fastidio ed era gelosa, voleva essere lei l'oggetto della sua voglia, della sua perversione. Voleva essere quella che sarebbe entrata nel suo duro cuore per fargli capire che l'amore era per tutti. Anche per uno come lui. Ma lei era solo il suo sottoposto, era solo la spalla del grande eroe Dynamight.

“Ti porto a letto forza andiamo”

“Rimarrai qui per questa notte... Per controllare la ferita”

“Non ho vestiti di ricambio”

“Ti metterai qualcosa di mio. Una maglietta e un pantaloncino andranno bene”

“Pensi che non abbia impegni stasera?”

“Perché hai un appuntamento?”

Il tono di Bakugo gli era sembrato contrariato ma fece sparire velocemente quel filino di speranza che forse poteva aver suscitato interesse in lui.

“Nell'armadio prendi quello che vuoi. Io ti aspetto qui”

Amaya prese distrattamente qualcosa da mettersi addosso e sparì in bagno chiudendo la porta dietro di sé in modo brusco.

Lui aveva messo in dubbio che potesse avere impegni. Brutto cretino!

Era così assurdo che qualcuno poteva interessarsi a lei?

Si slegò i capelli e una cascata di riccioli rossi le ricadde sulla schiena. Tolse la tuta del costume e gli stivali e poggiò tutto in un angolo del pavimento.

Riempì nuovamente la vasca e si immerse ancor prima che fosse piena. Scelse anche di lavare i capelli. Aveva davvero bisogno di un bagno caldo. Si stese completamente nella vasca e trattenne il respiro per il tempo necessario per abbandonarsi alla calma che le trasmetteva l'acqua: sentire le orecchie sotto la pressione del liquido e i suoni ovattati la tranquillizzava sempre.

Riemerse con lentezza solo con il naso per respirare, desiderosa di sentirsi estranea al mondo il più possibile. Quando era nell'acqua era in un altro mondo, lontana da quello in cui viveva e di cui percepiva i suoni in lontananza. Era il suo momento di meditazione e il modo di sparire per un attimo da ogni problema e in quel momento voleva davvero volatilizzarsi. Quello che stava succedendo quella sera tra lei e Bakugo era un'accozzaglia di confusione, errori, incomprensione e sofferenza per lei.

Cosa aveva capito lui nel bacio che lei gli aveva dato inizialmente?

Non poteva più fingere di non provare nulla per lui. Forse doveva confessarlo proprio quella sera e avrebbe accettato quello che sarebbe successo.

Si lavò e uscì dalla vasca avvolgendosi con un telo asciutto. I lunghi capelli gocciolavano sul pavimento e li avvolse in un altro telo per poi frizionarli energicamente.

Si vestì con quello che aveva preso. Una maglietta nera con un teschio e un pantaloncino da corsa dello stesso colore di cui strinse fino al massimo il cordino dell'elastico. La maglia le arrivava fin sotto il sedere ma non avendo indumenti intimi aveva scelto qualcosa anche per la parte inferiore.

Con un respiro profondo tornò in camera, sarebbe dovuta passare lì per andare sul divano dove avrebbe dormito quella sera ma prima doveva controllare la ferita di Bakugo.

Aprì la porta e lo trovò disteso con lo sguardo fisso sulla porta del bagno che appena fu spalancata si fissò nei suoi occhi. Le era parso che avesse sussultato nel momento esatto che fu nel suo campo visivo.

“Guardo la ferita e metto una nuova fasciatura”

Il nastro isolante aveva stranamente funzionato, la benda non si era molto bagnata e anche la ferita stava alla grande.

Lo avvolse con una nuova benda pulita, non senza difficoltà a spostarlo, collaborava poco come se provasse piacere a vederla ansimare per lo sforzo.

“Posso avere un cuscino e una coperta?”

“Intendi dormire fuori Mamoto?”

“Sul divano Bakugo”

“No, dormi qui con me. Sarà più facile se devi controllare la ferita durante la notte”

“Durante la notte io dormo. E' stata una giornataccia quindi se non ti dispiace vorrei riposare. La ricontrollo domani mattina.”

Lui rimase piccato, forse non si aspettava che lei non acconsentisse a quella sua richiesta. Era abituato a donne che gli cadevano ai piedi con un solo cenno. Lei era capace di scegliere e aveva rispetto per se stessa.

Stava per andare via, avrebbe trovato qualcosa per coprirsi tanto faceva caldo, quando sentì lui

“Aspetta...io... dormo nudo di solito ma forse sarebbe meglio se mi mettessi qualcosa addosso. Mettimi dei boxer”

Le era parso un tono afflitto e l'iniziale esitazione nel dirle qualcosa si tradusse in un nuovo ordine.

“Non sono la tua serva Bakugo. E piantala di trattarmi da sottoposto, non siamo in agenzia”

Il tono duro di Amaya era categorico, il significato era che con lei non poteva prendersi tanta libertà come era solito fare con le altre. Quel suo atteggiamento la stava facendo innervosire era come se si divertisse a metterla a disagio visto che la prima ad avvicinarsi era stata lei.

“Dammi una mano, non riesco da solo”

Bakugo Katsuki che chiedeva aiuto! Gliene aveva viste fare tante a quel testone, ma mai che pregasse per essere aiutato. Si era trasformato in un agnellino docile, probabilmente aver perso tutto quel sangue e gli antidolorifici lo aveva indebolito e stordito a tal punto da non avere la forza di indossare la sua solita corazza da duro.

Amaya gli infilò dei boxer puliti, risalì lentamente sulle ginocchia e poi sulle cosce

“Forza alza il bacino che ci siamo”

Lui, un automa ubbidiente all'ordine del suo programmatore fece appello alle sue forze per far leva sulle gambe e le spalle per alzare il bacino, la ferita doveva far davvero male perché non riuscì a trattenere una smorfia di dolore.

Amaya gli sistemò l'indumento da sotto l'asciugamano che poi sfilò via. Era sopra di lui a cavalcioni e non aveva calcolato che nell'eseguire quella richiesta si sarebbe trovata ancora una volta troppo vicina a lui. Voleva solo andarsene sul divano a commiserarsi di quanto fosse una perfetta idiota.

E lui la stava guardando di nuovo con quell'espressione assorta, gli occhi languidi. Allungò una mano e le sfiorò i segni sul collo poi le passò le dita sulla ferita che aveva sulla guancia, tastava le sue ferite come se volesse farle sparire con il semplice tocco della mano.

“Che stai facendo Bakugo?”

“Per fortuna che sono solo segni superficiali”

Un attimo esitò poi continuò

“Non mi ero accorto di quanto fossero belli i tuoi occhi, hanno il colore di un prato estivo. E hai una cicatrice sul sopracciglio destro, non l'avevo mai notata.”

Amaya rimase senza fiato, ma che cosa stava dicendo Bakugo?

“E i tuoi capelli! Non pensavo fossero così lunghi e soffici, li porti sempre legati”

Una ciocca di capelli rossi le cadde in avanti da dietro l'orecchio, si adagiò sul viso di lui sfiorandogli il naso.

“L'odore del mio shampoo ti sta bene”

“Bakugo sei sicuro di non avere una commozione celebrale? Il colpo alla testa deve averti fatto qualche danno”

“Amaya...è proprio bello il tuo nome. Ti andrebbe di chiamarmi Katsuki?”

Non c'erano dubbi era andato fuori di testa. Era un monologo senza senso di uno a cui era andato in pappa il cervello. Scandagliò con la sua vista per un secondo il cranio del suo capo ma non trovò traccia di emorragia.

Che diavolo gli era preso?

Lo guardò confusa e lui per tutta risposta le accarezzò la guancia e le spostò la ciocca di capelli dietro l'orecchio dopo averci giocato per un secondo arrotolandosela tra le dita.

Amaya si spostò di lato da quella posizione che era diventata davvero imbarazzante, lui le prese un polso per paura che si alzasse e andasse via.

“Rimani qui, il letto è più comodo”

“Bakugo, forse non è una buona idea”

“Ho detto di chiamarmi Katsuki. E non avere paura”

Gli occhi di lui erano supplichevoli ma che diavolo gli stava succedendo? Non lo aveva mai visto così.

“Non ho paura Kat-suki”

“Dillo di nuovo”

“Eh, cosa?”

“Il mio nome”

“Katsuki”

“Ancora”

“Kat-su-ki”

Amaya notò le labbra di Bakugo trasformarsi in un sorriso beato, si stese accanto a lui alla distanza massima che permetteva lo spazio in quel letto ad una piazza e mezza, con le mani in grembo. Si era trasformata in un tronco, era a disagio doveva ammetterlo e non stava capendo assolutamente nulla di quello che stava facendo Bakugo. Era tutto sbagliato. Ma se si fosse avvicinato ancora avrebbe voluto che andasse fino in fondo.

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Capitolo 4
*** IV ***


Quando Amaya uscì dal bagno a Bakugo parve una visione celestiale, una matassa di capelli rossi le incorniciava quel viso che aveva visto milioni di volte in quegli anni ma non aveva mai osservato come stava facendo quella sera. Era davvero bella. Gli occhi lo guardavano con una dolcezza a cui lui non era abituato. E gli stava facendo provare emozioni mai provate senza fare assolutamente nulla, solo muovendosi con il suo portamento elegante e solo sfiorandolo dolcemente. I suoi modi erano gentili e non nascondevano alcun secondo fine. Era abituato al fatto che se una donna si avvicinava a lui era per arrivare ad un solo scopo. Lei gli era sempre intorno, da anni lavoravano spalla a spalla, aveva sempre percepito in lei fiducia in lui e un forte senso del dovere. Nell'ultimo periodo si era accorto che il suo comportamento era più attento ai suoi bisogni, più duro se faceva qualche cazzata, più comprensivo nei momenti di difficoltà. Poteva provare qualche interesse nei suoi confronti? Si ritrovò a sperare che fosse così.

Era anche strano quello che sentiva quando si avvicinava a lei, quella condizione in cui si trovava in cui faceva fatica a muoversi liberamente, gli aveva permesso di assaporare ogni istante e fare le cose con calma e delicatezza, parole che non facevano parte del suo repertorio. E gli era piaciuto gustare le sue labbra in modo profondo, perdersi nei suoi occhi verdi e sentire la sua pelle sotto le dita.

Ne voleva di più ma lei dopo quello slancio iniziale lo stava respingendo. Non capiva se provasse disgusto o interesse per lui. Oppure gli faceva pena!

Negli ultimi sei mesi aveva cercato di ripulirsi, aveva smesso di tornare sbronzo dopo ogni serata al locale che frequentavano. Quando sentiva il bisogno di affogare la mente aveva cominciato a seguire il consiglio di lei: ascoltare musica. E aveva anche messo fine alle sveltine con perfette sconosciute. A quello ovviava da solo e quando si masturbava pensava a lei.

Voleva sembrare ai suoi occhi un po' più decente di quello che appariva.

Gli ansiolitici che lo avevano accompagnato per anni erano l'unica merda che dava al suo corpo. Lo psichiatra gli aveva detto che il disturbo da stress post traumatico non era facile da superare, ci voleva una grande forza interiore ma lui in quegli anni si era lasciato andare completamente perché non aveva trovato alcuna ragione per essere un Bakugo Katsuki migliore.

Lei, giorno per giorno, lo aveva fatto riflettere sul disastro che era diventato. E adesso voleva essere migliore per lei. Voleva che fosse orgogliosa di lui e avesse rispetto per lui non solo come l'eroe Dynamight ma come Bakugo Katsuki. Lui poteva meritare l'amore di qualcuno?

Allungò la mano in cerca della sua, aveva il bisogno di toccare una qualche parte di lei e quella gli era sembrata la cosa più facile da raggiungere. Non voleva prendere di prepotenza quello che ambiva, avrebbe fatto le cose lentamente, voleva arrivare a lei in punta di piedi, raggiungerla un passo alla volta perché sentiva che lei aveva frapposto un muro invisibile tra loro nel preciso istante in cui aveva frainteso quello che stava accadendo quella sera.

Lui voleva davvero sentirla più vicina ma non per fare solo sesso, era molto di più.

La desiderava, era da un po' che ci pensava. Quel formicolio sottopelle quando si trovava vicino a lei era diventato sempre più dirompente, era quasi assordante il rumore del suo corpo che gli urlava di abbracciarla. Ma si vergognava!

Un relitto come lui non aveva alcun diritto di desiderare una come lei. Un'eroina forte, indipendente e sicura; una ragazza dolce, determinata e in gamba.

Quando le prese la mano, la strinse forte per paura che si divincolasse ma lei intrecciò le dita alle sue senza problemi.

Lei si voltò verso di lui e gli sorrise comprensiva. Gli si avvicinò di più, la mano ancora teneva stretta la sua.

Si misero sul fianco l'una difronte all'altro, in quella posizione poteva osservarla meglio e la ferita sul fianco opposto tirava meno. Lei gli carezzò i capelli passando dolcemente sulla guancia e seguendo la linea del collo, la spalla, passò un dito lungo tutto il braccio fino alla mano che si portò alla bocca per baciarla. Se la mise sulla guancia e lo guidò fino al centro del petto, lì sentì il suo cuore battere, quello poteva essere il suono dell'amore per lui? Quel suono lo cullò in un'infinita calma.

Lei portò la sua mano lungo il corpo per permettergli di accarezzare il seno, il fianco, la coscia. Lei voleva che lui la toccasse.

Bakugo si sporse in avanti per incontrare le sue labbra e le stesse sensazioni di quando l'aveva baciata prima si impadronirono di lui. Sentiva crescere dentro un'esplosione travolgente. Amaya accettò nuovamente il bacio e ricambiò con veemenza.

La tirò a sé, non importava se la ferita gli ricordava che doveva stare fermo, voleva sentirla attaccata al suo corpo. Le mise la mano dietro la testa, tra quei morbidi capelli rossi, per spingerla verso di lui. Quel bacio era la cosa più intima della sua vita e pensare alle sensazioni che sentiva per un bacio immaginò cosa avrebbe provato sentirsi dentro di lei. Il membro gli divenne duro in un attimo e si scontrò con il corpo di Amaya che lo abbracciò con vigore.

Lei lo accettava, gradiva il suo corpo, non ne era disgustata. E per lui fu una cosa nuova pensare al momento del sesso come a qualcosa di tanto privato, in cui condividersi con un'altra. Non era un puro atto fisico per frenare degli istinti, era legare con la persona che il corpo reclamava.

Fu lui a prenderle la mano e passarla come una carezza sul viso, il torace e l'addome, fino a scendere all'inguine dove il suo sesso si ergeva in tutta la sua virilità e quando la mano di lei gli sfiorò l'uccello gli sembrò di venire. Tutto il corpo fu scosso da una scarica che gli fece inarcare la schiena e strattonare la ferita.

Merda il dolore non gli dava tregua! Ma voleva avere Amaya sopra, sotto, davanti a lui, metterle le mani ovunque, baciare ogni parte del suo corpo.

Solo al pensiero l'inguine si fece più duro. Ma non voleva essere precipitoso, voleva andarci piano per arrivare a fondersi con lei in un piacere reciproco.

 

Amaya si era avvicinata appena lui gli aveva preso la mano senza pensarci. Poi gli aveva preso la mano per muoverla sul suo corpo per vedere la sua reazione. Non doveva nascondersi dietro la facciata della povera innamorata, lei lo desiderava. Punto.

Erano tre anni che non faceva sesso con qualcuno e quell'atmosfera con lui gli aveva acceso la voglia di lui che teneva a freno nell'ultimo periodo. Quante volte avrebbe voluto sbatterlo contro gli armadietti dello spogliatoio! Aveva immaginato varie volte essere sopra di lui o addirittura che la prendesse da dietro.

Di notte immaginava sentirlo dentro di lei, presa con vigore per godersi quel corpo muscoloso che lui si ritrovava. Si svegliava ogni volta eccitata e bagnata tra le gambe. Anche in quel momento la voglia di lui sgomitava impaziente.

Poi lui l'aveva baciata un'altra volta e tirandola a sé aveva sentito che si era eccitato.

Quindi gli faceva qualche effetto! Avrebbe potuto saltargli addosso in quel preciso momento ma non era giusto!

Era quello che facevano le donne con lui, lei voleva fosse diverso, gli voleva trasmettere l'amore che provava anche se forse si sarebbero pentiti di quello che avrebbero fatto. In quel momento voleva avere cura di lui e far prevalere solo i sensi e l'istinto. Fece tacere cuore e mente.

Quando le prese la mano per passarla lungo tutto il suo corpo, rimase senza fiato al contatto con la sua virilità e continuò a toccarla senza rendersi conto che lui le aveva lasciato la mano. Dio, era grosso e poteva sentire distintamente da sotto il tessuto i corpi cavernosi pompare il sangue in modo ritmico per mantenere l'erezione. Immaginò di sentirlo dentro di lei e si sentì umida tra le cosce.

Sentì una mano di lui afferrarle un seno e non riuscì a trattenere un gemito. Poi senza alcuna tappa intermedia, quella mano se la ritrovò tra le cosce. Non gli fu difficile aggirare l'ostacolo dei pantaloncini che indossava, il cavallo era largo e infilò la mano senza problemi. Rendendosi conto che lei era eccitata anche il sesso di lui sussultò nella sua mano. Lui mosse le dita sulla sua intimità intrepido e le fece scivolare dentro. Amaya inarcò la schiena e strinse più forte l'erezione di lui.

In barba al dolore se lo ritrovò sopra, gli soffiò sulle labbra un invito che lei desiderava ardentemente.

“Voglio...fare... l'amore con te.... Amaya!”

Pronunciò quella frase in preda all'eccitazione quasi ansimando, ma il suo nome lo pronunciò in un sussurro come se chiedesse il permesso.

Lui strofinò il viso sul suo collo e leccò il mento, le labbra e la baciò ancora.

La succhiava, la voleva e lei si stava sciogliendo.

“La ferita Katsuki. Non puoi sforzarti”

“Troveremo un modo, come con il bagno. Siamo una squadra no?”

Le sorrise in modo dolce e continuò a baciarla, con una mano poggiata al lato del capo, l'altra armeggiava sul suo corpo impaziente di spogliarla, orme ardenti di lussuria che, passando sotto la maglietta, le lasciavano impresse la voglia che si stava impossessando di lui.

L'uccello tirava nei boxer e quando i loro bacini si scontrarono desiderosi lui imprecò

“Cazzo!”

Si bloccò immediatamente. L'iniziale slancio fu arrestato da una forza invisibile.

“Non ce la faccio, non posso”

Le si accasciò sopra con il viso sul collo, il suo respiro caldo le solleticava la pelle.

“Sono marcio e non voglio contaminare anche te. Mi sembra di non avere il diritto di pensare a te, di non essere degno di toccarti.”

Lui rimase in silenzio per un attimo poi sentì umido. Qualcosa le bagnava il collo. Bakugo stava piangendo.

“Sono uno schifo, perché dovresti volere uno come me? Sono sempre andato oltre il limite perché speravo che alla fine ci avrei rimesso le penne definitivamente. Mi hai dovuto cacciare sempre dalle situazioni scomode”

Lui ripensò a tutte le volte che lei, in qualche modo, era apparsa per salvarlo.

Una sera aveva guidato sbronzo la moto a folle velocità per non sentire il peso del giudizio che ammorbava il suo cervello e lei aveva evitato che si schiantasse con un tir.

Lo aveva fermato da un'overdose di farmaci la sera che andò a casa sua portando una pizza dopo che lo aveva incontrato in un bar. E quella sera che voleva che la sua mente si zittisse per un solo momento, dopo aver bevuto fino allo svenimento, lei gli aveva evitato un coma etilico.

“Che ci dovresti trovare in un relitto come me! Sono uno schifo e non merito nulla. Sarei dovuto morire già dodici anni fa”

Disse quelle parole disperato e con i singhiozzi che aumentavano. Era distrutto.

La battaglia di quel giorno aveva risvegliato ricordi traumatici che lo avevano segnato nel profondo. Il senso di colpa lo aveva accompagnato per tutto quel tempo e anche la consapevolezza di essere effettivamente morto per un momento lo disturbava ogni notte. Era quello il tarlo che gli trapanava il cervello, sentiva di non meritare la vita che gli era stata donata per la seconda volta. La sua vita non aveva senso. Si portava appresso quel peso, un macigno pronto a schiacciarlo. Il sacrificio che lo aveva salvato era diventato la causa del suo calvario, doveva rimediare, espiare. Era diventato un grande eroe ma non bastava a dargli la motivazione, a farlo stare in pace con se stesso. L'unica modo che pensava potesse essere una valida penitenza era quella di soffrire.

“Baciarti è stata la cosa più bella, non lo avevo mai fatto prima ma con te è stato così naturale. Mi hai ridestato da un torpore autoinflitto. Mi è sembrato per un momento di riuscire a capire quale possa essere il senso della vita. Ma non mi sembra giusto”.

Amaya aveva ascoltato quello sfogo così triste, gli parlò con lo sguardo rivolto al soffitto e accarezzandogli i capelli in modo amorevole, lo aveva tra le braccia: un bambino smarrito e timoroso di aver fatto qualcosa di sbagliato, in attesa del giudizio e di una punizione che sentiva di meritare. Ma non aveva alcuna colpa.

“Ti ho baciato prima perché...ero preoccupata per te. Vederti ferito non mi piace. Vorrei poterti proteggere da te stesso alle volte, sei così testardo che mi fai arrabbiare ma poi ti guardo e vedo il vuoto che senti dentro. Non voglio che ti senta più così. Non sei solo, non lo sei mai stato. Il bacio...sta a significare che...mi piaci. Ma non ho capito la tua reazione e per un attimo mi hai disorientata. Sei così difficile a volte da comprendere”

“Non volevo offenderti o metterti in imbarazzo, è che...sono a disagio. Sono complicato e non mi sembra corretto coinvolgerti nelle mie cazzate, anche se ci sei sempre per me”

“Katsuki sto cercando di dirti che...ti amo e non è facile restare a guardare come uno spettatore la tua autodistruzione”

L'amava! Amaya gli aveva appena detto che l'amava. Quindi anche lui poteva meritare l'amore di qualcuno!Possibile che c'era qualcuno che accettasse quello che era?

“Amaya...tu mi ami!”

Bakugo parlava ancora accoccolato sul petto di Amaya, il calore che lei gli trasmetteva lo faceva sentire al sicuro, fu avvolto in un abbraccio di pura comprensione e amore. Lo sentiva adesso quell'amore che lei gli aveva confessato. Era delicato, profondo, passionale. Un caldo sorriso si stampò sulle sue labbra martoriate, felice di aver scoperto di avere una possibilità con lei. Forse anche lui l'amava, sapeva che poteva esserne capace.

“Tu sei la spalla di Dynamight, ma vorresti essere anche quella di Bakugo? Saresti il collante tra le mie due identità e...mi sentirei uno”

“Facciamo un passo alla volta Katsuki. Per stasera sarò al tuo fianco ok?”

“Mi aiuteresti ad addormentarmi?”

“Ti prendo la mano e te la terrò per tutta la notte stai tranquillo”

“Non lasciarmi Amaya...”

“Non ti preoccupare, sarò qui anche tra 36 ore”

sarò qui sempre

Bakugo si sistemò meglio al fianco di Amaya che gli prese la mano e lei lo cullò in un sonno che, era sicuro, sarebbe stato sereno, dopo anni di incubi e tormenti notturni. Tra le sue braccia, si sentiva in pace, anche il ragazzino burbero di sedici anni dentro di lui si arrese a quel contatto. Il senso di colpa si quietò, il rumore della vergogna si zittì, la voglia di morire svanì.

Lei non lo aveva mai guardato disgustata. Aveva sempre sostenuto il suo sguardo intrepida e le aveva letto soprattutto in quel giorno come mai prima d'ora l'amore e il rispetto che lui desiderava come uomo.

Un passo alla volta avrebbe scalato l'abisso in cui si era cacciato. Non era solo. Lei gli teneva la mano e non si sarebbe più perso.




Angolo autrice
Questa doveva essere una one shot ma sono venute fuori venti pagine! Mentre scrivevo Frangipane e spezie mi è venuta l'idea di un Katsuki adulto tormentato e profondamente segnato dalla Grande Guerra. La facciata dell'eroe forte e scontroso nasconde in realtà un animo solo e distrutto. Amaya è nata senza troppi ragionamenti, è venuta fuori con naturalezza. Lei è l'ancora di salvataggio. E l'amore per me vince su tutto. 

 

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