A Bakugo non sfuggì l'espressione mista tra confusione e panico sulla faccia di Amaya
Lo aiutò a rialzarsi e come un bastone lei gli fece da supporto per portarlo in camera.
“Prima riposa un secondo. Stenditi. Io intanto ti tolgo gli stivali e il pantalone”
Fu un'ardua impresa sdraiarsi sul letto supino. Quanto cazzo faceva male la ferita!
Ma il dolore fu addolcito dalle mani di Amaya che armeggiavano sul suo corpo per liberarlo degli ultimi indumenti che aveva addosso.
Rimasto in boxer si sentiva più rilassato, il costume gli stava così stretto che a volte gli stritolava le palle. La brillante idea del team di supporto gli aveva suggerito di eliminare i cargo dal suo costume che non davano facilità nei movimenti, ci voleva una tuta aderente che fasciasse il corpo per non creare attriti visto il suo quirk.
Ma era come mettersi, ogni volta, un preservativo di una taglia più piccola.
“Ti preparo l'acqua poi vengo ad isolarti la fasciatura”
Amaya lo lasciò solo, non si sentiva a suo agio forse a stargli vicino svestito, perché volò in bagno appena gli sfilò il pantalone.
Le faceva ribrezzo probabilmente! Quel bacio doveva essere stato un gesto di pietà.
Era una nullità quando non era sul palcoscenico degli scontri, come poteva anche solo pensare che qualcuno potesse provare qualcosa per lui, già Dynamight non godeva di popolarità tra la gente, figuriamoci Bakugo Katsuki.
Respirare supino era difficile ma doveva scacciare i pensieri negativi. Come gli aveva insegnato lo psicologo chiuse gli occhi e si rilassò, doveva sgomberare la mente, respirando in modo regolare e lento. Ma l'immagine di Amaya che poggiava dolcemente le labbra alle sue fece irruenza nei suoi pensieri. Era stato...bello! E sentirla vicina, tra le sue braccia, sentirla respiragli addosso e percepire il suo calore era stata la cosa più appagante della sua vita.
Lei tornò dopo dieci minuti, a lui erano sembrate ore, con pazienza lei lo fece rialzare. Con del nastro isolante gli coprì la fasciatura
“E' l'unica cosa che ho trovato. Dopo riguardo la ferita, se mi sembra anche solo sospetta, taci e andiamo in ospedale. Chiaro?”
Non era una domanda a cui lei si aspettasse una risposta. Bakugo accigliò solo l'espressione come un bambino sgridato da un adulto. E solo lei poteva in quell'impresa. Chissà perché ma alle volte non riusciva proprio a rispondere a tono ad una chiara evidenza che lei gli spiattellava sempre con poca gentilezza sul muso.
Chiusa la porta del bagno dietro di loro Amaya stava per rimettersi sotto il suo braccio per sorreggerlo che a lui cedettero per un secondo le gambe e per non cadere mise le mani avanti poggiandosi alla porta. Amaya era nel mezzo, il viso davanti al suo e aveva prontamente poggiato le mani sul suo petto per sorreggerlo.
“Tutto bene? Hai avuto un capogiro?”
Bakugo aveva il capo ciondolante in avanti ed era vicinissimo a lei, di nuovo. Il tono apprensivo di Amaya lo faceva sentire la persona più importante del mondo.
Rialzata la testa, la sua faccia era ad un palmo dal viso di lei.
Cosa sarebbe successo se l'avesse baciata adesso lui? Si sarebbe ritratta?
Guardò le sue labbra rosse che si mordevano e non riuscì a resistere, voleva provare meglio il loro sapore. Lei spalancò gli occhi per la sorpresa e un attimo dopo chiuse gli occhi accettando il bacio. Lui era rimasto ad occhi aperti e seguì il suo esempio.
Mosse le labbra sulle sue come non aveva mai fatto con nessuno, erano morbide e calde, gli piaceva. Armeggiava come un esploratore davanti a qualcosa che non aveva mai sperimentato. Curioso, provò a morderle il labbro inferiore e lei per tutta risposta gli allacciò le braccia attorno al collo.
Cazzo, la ferita tirava ma non voleva staccarsi. Osò di più, con la lingua leccò le sue labbra e provò ad infilarsi per entrare nella sua bocca. Lei, come se lui avesse indovinato la parola d'ordine, dischiuse le labbra in uno spiraglio per consentirgli l'accesso. Un paio di affondi, dentro e fuori, dentro e fuori, per sondare il terreno, imitando l'atto sessuale che in quel momento si faceva strada nei suoi pensieri e nei suoi sensi. Alla nuova invadenza nella sua bocca Amaya lo accolse con la sua lingua.
Dio che sensazione! Lei accarezzava la sua ed era umida, calda, avvolgente.
Qualcosa si smuoveva dentro di lui. Un desiderio mai provato, la voglia di stringerla, sentirla vicino al cuore, sentire le sue mani sul suo corpo in un'infinita carezza.
Non come quando faceva sesso dove nemmeno si faceva toccare né si avvicinava tanto, rimaneva solo alla giusta distanza che consentisse la penetrazione senza troppe effusioni.
Cominciò a sentire caldo in tutto il corpo, il cuore pompava il sangue in modo più vistoso, i polmoni filtravano più aria, sentì l'inguine incendiarsi. Ma aumentare la foga del bacio voleva dire respirare in modo più pesante e non riusciva a fare entrambe le cose. Una scarica di dolore partì dal fianco e lo costrinse ad allontanarsi dalle labbra di Amaya seppur controvoglia. Lei capì subito che c'era lo zampino della ferita.
“Avanti fatti questo bagno così te ne andrai a riposare”
“Fallo anche tu. Il costume è sporco e puzza di sangue”
“Si quando torno a casa lo farò, ora...”
“No, lo farai adesso prima che sia io a strapparti il costume di dosso”
“Non puoi muoverti facilmente, ragazzone! E in vasca non entreremmo in due. Facciamo che prima lavo te e poi mi lavo io che te ne pare”
Amaya gli sorrise. Non gli aveva negato il bacio né aveva disapprovato la possibilità di fare il bagno insieme. Allora non la disgustava poi tanto!
Si lasciò accompagnare e aiutare per entrare nella vasca. L'acqua calda fu un toccasana, rilassò i muscoli e distese i nervi. Amaya gli frizionò la schiena e le spalle visto che faceva davvero fatica a muoversi anche se intrepido com'era, poteva benissimo sopportare il dolore per lavarsi, ma non voleva perdersi quella possibilità di essere sfiorato da lei anche se solo con la spugna.
“Non mi togli i boxer?”
“Non pensi di osare troppo? Sei sempre il mio capo”
“Proprio perché sono il tuo capo ti do un ordine”
“Li togliamo quando uscirai. Ho già visto troppo del tuo corpo non trovi?”
“Non vorresti....”
Amaya gli aveva messo un dito sulla bocca per zittirlo e aveva cambiato espressione. Non capì perché improvvisamente si era ritratta da quel gioco erotico tra loro.
Forse con lei non serviva la provocazione o la seduzione. Cavoli aveva fatto una cazzata!
Lei continuò nel frizionargli il corpo, gli lavò anche i capelli con estrema cautela, aveva una ferita anche in testa che nemmeno ricordava.
Sentire il massaggio sui suoi capelli, così delicato, le sue carezze attraverso la spugna per lavargli via il sudore e la stanchezza lo rilassarono. Nella sua testa in quel momento non sentì il tarlo del senso di colpa trapanargli il cervello. Il fragore del suo fallimento si era zittito completamente lasciando il posto ad un senso di euforia che si concentrava tra le sue gambe. Gli venne duro come il marmo. La schiuma dello shampoo e del sapone fu la sua barriera per la sua vergognosa reazione. Inspirò profondamente per rilassare i muscoli del corpo e diminuire l'afflusso di sangue all'inguine. Fu un'ardua impresa, fortunatamente Mamoto dilatò il tempo di quel bagno quasi volesse assaporare meglio quello sfiorarsi che a lui dava i brividi. Chissà cosa provava lei!
Quando fu il momento di uscire fu davvero faticoso rialzarsi, non poteva fare affidamento solo sulle forze di lei, c'erano venti chili di differenza. Lei gli avvolse un telo attorno ai fianchi. Con gesti lenti, delicati, impercettibile, come se non volesse invadere il suo spazio, come se non volesse imprimere alcun segno su di lui. Eppure proprio quel suo modo gentile e discreto di toccarlo lo scuoteva dentro l'animo.
Il cuore accelerava quando si avvicinava ad una distanza minima, così senza rendersene conto e senza volerlo, si agitava mosso da una scarica elettrica.
Quando lei gli toccò i fianchi per far scivolare i boxer bagnati da sotto l'asciugamano, la stessa sensazione di prima lo invase. Vederla inginocchiata davanti a lui lo fece uscire di testa e non riuscì a trattenere l'erezione che fece capolino da sotto il telo.
Ma nuovamente si vergognò del suo sesso. Gli sembrava indegno davanti a lei e si sentì nuovamente sporco.
Mise una mano davanti il suo inguine anche se già coperto dal telo, per avere una barriera in più tra lei e quella parte di lui di cui in quel preciso istante non era orgoglioso. Prima l'aveva occultata ma adesso si stagliava dinanzi a lei a presentarsi immoralmente.
“Non preoccuparti Bakugo. E' una reazione normale, lo sbalzo di temperatura può fare qualche scherzo”
Non era ciò che pensava, era stata la reazione alla voglia di lei. Si era eccitato per le sue carezze e la sua vicinanza. Lei gli smuoveva dentro un fermento di emozioni positive e il corpo gridava dirompente il senso di euforia che gli procurava. Era elettrizzato, ma la sua mente si vergognava di quello che provava.
“E' che non mi era mai capitato di doverla nascondere. Ecco!”
“Tranquillo anche io non voglio fare sesso con te!”
Lei lo guardò infastidita.
Cazzo aveva fatto un altro errore. Non intendeva quello che lei aveva capito. Si era nascosto proprio perché la desiderava follemente, perché voleva fare...l'amore con lei e non gli era sembrato opportuno pensarlo.
Quando Bakugo l'aveva baciata Amaya non certo pensava potesse metterci tutta quella passione. Lei si era limitata ad imprimere un bacio casto e banale, lui invece aveva mangiato le sue labbra e poi aveva fatto partecipare la lingua.
Un brivido era corso lungo tutta la schiena ed era esploso entusiasmo nei suoi neuroni. Le fibre del corpo erano solleticate da un senso di benessere, una corda di un'arpa pizzicata per emettere un suono intonato. Desiderio e appagamento insieme.
Il più bel bacio della sua vita. Non che avesse avuto mille fidanzati. Due storie importanti poi qualche appuntamento era il suo elenco di conquista. Erano passati due anni dall'ultimo. Il lavoro che le portava via parecchio tempo ed energia, soprattutto il confronto con Bakugo, le aveva fatto perdere le speranze che potesse trovare la sua anima gemella. E poi il posto nel suo cuore fu prepotentemente occupato da quel pazzo, isterico, autolesionista e adorabile biondo.
Se ne era innamorata senza neanche accorgersene, un giorno realizzò che quella sensazione di batticuore quando erano vicini, quel senso di soffocamento quando lo vedeva con qualcuna, quella voglia di lui in ogni momento del giorno era infatuazione.
Poi trasformatasi in amore quando aveva capito che voleva essergli affianco in ogni momento per sorreggerlo e camminare insieme per mano verso il futuro.
Ma era così spaventata da quel sentimento che lo aveva tenuto nascosto, lavoravano insieme e se non era ricambiato voleva dire creare uno strappo nell'equilibrio dell'agenzia e avrebbe dovuto andarsene. Quindi aveva accettato di soffocarlo pur di stargli vicino. Era una codarda lo sapeva, ma era l'unico modo che aveva di stargli vicino e supportarlo almeno sul lato lavorativo.
E ora cosa stava succedendo? Perché lui l'aveva baciata?
Forse in un impeto di gratitudine per lui quello era il modo di ringraziare. Ma che diceva! Lui non era il tipo che ringraziava la gente.
E poi quel coprirsi davanti a lei le aveva fatto male. Non voleva che condividesse con lei una cosa così intima, era tanto indesiderabile?
Avrebbe dovuto convivere con la consapevolezza che lui faceva sesso con tanta facilità con le altre e con lei aveva soffocato quell'idea senza problemi.
Era a conoscenza del suo modo di scaricare la tensione e la rabbia. Aveva avuto diversi incontri in quegli anni ma solo nell'ultimo periodo ciò la rendeva inquieta e furente verso di sé che non aveva il coraggio di dirgli quello che provava.
Le dava fastidio ed era gelosa, voleva essere lei l'oggetto della sua voglia, della sua perversione. Voleva essere quella che sarebbe entrata nel suo duro cuore per fargli capire che l'amore era per tutti. Anche per uno come lui. Ma lei era solo il suo sottoposto, era solo la spalla del grande eroe Dynamight.
“Ti porto a letto forza andiamo”
“Rimarrai qui per questa notte... Per controllare la ferita”
“Non ho vestiti di ricambio”
“Ti metterai qualcosa di mio. Una maglietta e un pantaloncino andranno bene”
“Pensi che non abbia impegni stasera?”
“Perché hai un appuntamento?”
Il tono di Bakugo gli era sembrato contrariato ma fece sparire velocemente quel filino di speranza che forse poteva aver suscitato interesse in lui.
“Nell'armadio prendi quello che vuoi. Io ti aspetto qui”
Amaya prese distrattamente qualcosa da mettersi addosso e sparì in bagno chiudendo la porta dietro di sé in modo brusco.
Lui aveva messo in dubbio che potesse avere impegni. Brutto cretino!
Era così assurdo che qualcuno poteva interessarsi a lei?
Si slegò i capelli e una cascata di riccioli rossi le ricadde sulla schiena. Tolse la tuta del costume e gli stivali e poggiò tutto in un angolo del pavimento.
Riempì nuovamente la vasca e si immerse ancor prima che fosse piena. Scelse anche di lavare i capelli. Aveva davvero bisogno di un bagno caldo. Si stese completamente nella vasca e trattenne il respiro per il tempo necessario per abbandonarsi alla calma che le trasmetteva l'acqua: sentire le orecchie sotto la pressione del liquido e i suoni ovattati la tranquillizzava sempre.
Riemerse con lentezza solo con il naso per respirare, desiderosa di sentirsi estranea al mondo il più possibile. Quando era nell'acqua era in un altro mondo, lontana da quello in cui viveva e di cui percepiva i suoni in lontananza. Era il suo momento di meditazione e il modo di sparire per un attimo da ogni problema e in quel momento voleva davvero volatilizzarsi. Quello che stava succedendo quella sera tra lei e Bakugo era un'accozzaglia di confusione, errori, incomprensione e sofferenza per lei.
Cosa aveva capito lui nel bacio che lei gli aveva dato inizialmente?
Non poteva più fingere di non provare nulla per lui. Forse doveva confessarlo proprio quella sera e avrebbe accettato quello che sarebbe successo.
Si lavò e uscì dalla vasca avvolgendosi con un telo asciutto. I lunghi capelli gocciolavano sul pavimento e li avvolse in un altro telo per poi frizionarli energicamente.
Si vestì con quello che aveva preso. Una maglietta nera con un teschio e un pantaloncino da corsa dello stesso colore di cui strinse fino al massimo il cordino dell'elastico. La maglia le arrivava fin sotto il sedere ma non avendo indumenti intimi aveva scelto qualcosa anche per la parte inferiore.
Con un respiro profondo tornò in camera, sarebbe dovuta passare lì per andare sul divano dove avrebbe dormito quella sera ma prima doveva controllare la ferita di Bakugo.
Aprì la porta e lo trovò disteso con lo sguardo fisso sulla porta del bagno che appena fu spalancata si fissò nei suoi occhi. Le era parso che avesse sussultato nel momento esatto che fu nel suo campo visivo.
“Guardo la ferita e metto una nuova fasciatura”
Il nastro isolante aveva stranamente funzionato, la benda non si era molto bagnata e anche la ferita stava alla grande.
Lo avvolse con una nuova benda pulita, non senza difficoltà a spostarlo, collaborava poco come se provasse piacere a vederla ansimare per lo sforzo.
“Posso avere un cuscino e una coperta?”
“Intendi dormire fuori Mamoto?”
“Sul divano Bakugo”
“No, dormi qui con me. Sarà più facile se devi controllare la ferita durante la notte”
“Durante la notte io dormo. E' stata una giornataccia quindi se non ti dispiace vorrei riposare. La ricontrollo domani mattina.”
Lui rimase piccato, forse non si aspettava che lei non acconsentisse a quella sua richiesta. Era abituato a donne che gli cadevano ai piedi con un solo cenno. Lei era capace di scegliere e aveva rispetto per se stessa.
Stava per andare via, avrebbe trovato qualcosa per coprirsi tanto faceva caldo, quando sentì lui
“Aspetta...io... dormo nudo di solito ma forse sarebbe meglio se mi mettessi qualcosa addosso. Mettimi dei boxer”
Le era parso un tono afflitto e l'iniziale esitazione nel dirle qualcosa si tradusse in un nuovo ordine.
“Non sono la tua serva Bakugo. E piantala di trattarmi da sottoposto, non siamo in agenzia”
Il tono duro di Amaya era categorico, il significato era che con lei non poteva prendersi tanta libertà come era solito fare con le altre. Quel suo atteggiamento la stava facendo innervosire era come se si divertisse a metterla a disagio visto che la prima ad avvicinarsi era stata lei.
“Dammi una mano, non riesco da solo”
Bakugo Katsuki che chiedeva aiuto! Gliene aveva viste fare tante a quel testone, ma mai che pregasse per essere aiutato. Si era trasformato in un agnellino docile, probabilmente aver perso tutto quel sangue e gli antidolorifici lo aveva indebolito e stordito a tal punto da non avere la forza di indossare la sua solita corazza da duro.
Amaya gli infilò dei boxer puliti, risalì lentamente sulle ginocchia e poi sulle cosce
“Forza alza il bacino che ci siamo”
Lui, un automa ubbidiente all'ordine del suo programmatore fece appello alle sue forze per far leva sulle gambe e le spalle per alzare il bacino, la ferita doveva far davvero male perché non riuscì a trattenere una smorfia di dolore.
Amaya gli sistemò l'indumento da sotto l'asciugamano che poi sfilò via. Era sopra di lui a cavalcioni e non aveva calcolato che nell'eseguire quella richiesta si sarebbe trovata ancora una volta troppo vicina a lui. Voleva solo andarsene sul divano a commiserarsi di quanto fosse una perfetta idiota.
E lui la stava guardando di nuovo con quell'espressione assorta, gli occhi languidi. Allungò una mano e le sfiorò i segni sul collo poi le passò le dita sulla ferita che aveva sulla guancia, tastava le sue ferite come se volesse farle sparire con il semplice tocco della mano.
“Che stai facendo Bakugo?”
“Per fortuna che sono solo segni superficiali”
Un attimo esitò poi continuò
“Non mi ero accorto di quanto fossero belli i tuoi occhi, hanno il colore di un prato estivo. E hai una cicatrice sul sopracciglio destro, non l'avevo mai notata.”
Amaya rimase senza fiato, ma che cosa stava dicendo Bakugo?
“E i tuoi capelli! Non pensavo fossero così lunghi e soffici, li porti sempre legati”
Una ciocca di capelli rossi le cadde in avanti da dietro l'orecchio, si adagiò sul viso di lui sfiorandogli il naso.
“L'odore del mio shampoo ti sta bene”
“Bakugo sei sicuro di non avere una commozione celebrale? Il colpo alla testa deve averti fatto qualche danno”
“Amaya...è proprio bello il tuo nome. Ti andrebbe di chiamarmi Katsuki?”
Non c'erano dubbi era andato fuori di testa. Era un monologo senza senso di uno a cui era andato in pappa il cervello. Scandagliò con la sua vista per un secondo il cranio del suo capo ma non trovò traccia di emorragia.
Che diavolo gli era preso?
Lo guardò confusa e lui per tutta risposta le accarezzò la guancia e le spostò la ciocca di capelli dietro l'orecchio dopo averci giocato per un secondo arrotolandosela tra le dita.
Amaya si spostò di lato da quella posizione che era diventata davvero imbarazzante, lui le prese un polso per paura che si alzasse e andasse via.
“Rimani qui, il letto è più comodo”
“Bakugo, forse non è una buona idea”
“Ho detto di chiamarmi Katsuki. E non avere paura”
Gli occhi di lui erano supplichevoli ma che diavolo gli stava succedendo? Non lo aveva mai visto così.
“Non ho paura Kat-suki”
“Dillo di nuovo”
“Eh, cosa?”
“Il mio nome”
“Katsuki”
“Ancora”
“Kat-su-ki”
Amaya notò le labbra di Bakugo trasformarsi in un sorriso beato, si stese accanto a lui alla distanza massima che permetteva lo spazio in quel letto ad una piazza e mezza, con le mani in grembo. Si era trasformata in un tronco, era a disagio doveva ammetterlo e non stava capendo assolutamente nulla di quello che stava facendo Bakugo. Era tutto sbagliato. Ma se si fosse avvicinato ancora avrebbe voluto che andasse fino in fondo.
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