Cracks and Reflections

di Harry Fine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per le selve oscure ***
Capitolo 2: *** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***



Capitolo 1
*** Per le selve oscure ***


Una figura ammantata camminava a passo lieve sulla distesa acquitrinosa delle selve Korkari. Le dita dei piedi nudi affondavano nel muschio senza problemi, insensibili al gelo.
Il vento freddo spirava tra le fronde degli alberi sempreverdi, portando il profumo delle piogge. Ormai l’autunno stava lasciando posto all’inverno.
Runaan inspirò con forza i profumi familiari, il pesante cappuccio che cadeva all’indietro per scoprire i lunghi capelli biondo miele, stretti in una coda alta che ne domava le lunghe ciocche selvagge.
Un latrato allegro squarciò l’aria dietro di lui, facendo fremere le due lunghe orecchie a punta, mentre una mabari dal pelo dorato, ornato da singolari macchie scure sul dorso e sul muso, schizzava da una pozza d’acqua all’altra, inseguendo il suo riflesso.

《Sbrigati, Warden. Siamo quasi arrivati!》 Esclamò il giovane elfo dalish, richiamando la sua amica, I grandi occhi verdi come il tatuaggio sul suo viso che tornavano a guardare lì spiazzo poco avanti a loro.
Già poteva scorgere i resti di una modesta casa di legno. Una casa di legno che lui conosceva molto bene, dove un tempo viveva la strega delle leggende, la potentissima e misteriosa Flemeth. La donna dei molti anni, la più potente dea del pantheon del suo popolo, Asha’Bellanar.
La dea che lui stesso aveva ucciso.
Faceva uno strano effetto ripensare a com'era allora, così convinto che i Dalish fossero detentori di tutte le verità, e a quanto fosse cambiato nel giro di pochi mesi. Ma lo era anche tornare nel Ferelden.


Era passato un anno e mezzo da quando la prole oscura e l’Arcidemone, l’antico drago corrotto che li guidava, erano stati sconfitti. Un anno e mezzo da quando Iselen, il giovane mago elfico che si era scoperto amare come un fratello, era morto per fermarlo, compiendo il sacrificio a cui tutti quelli come loro, I custodi grigi, prima o poi venivano chiamati.
Sentì un retrogusto amaro al solo pensarci. Ricordava quella battaglia sulla cima della prigione di Denerim. Aveva impressi nella mente la puzza di zolfo, i ruggiti assordanti, la fatica che lo aveva stravolto e il maledetto sorriso con cui il suo amico era spirato.
Era fuggito via pochi giorni dopo la sua morte, mandando al diavolo i suoi presunti doveri di custode, e aveva passato mesi e mesi a girovagare lungo il margine dei Liberi Confini.
Aveva attraversato monti e foreste a piedi, dormendo in caverne e cacciando animali per mangiare mentre l'estate passava e l'autunno infiammava le foglie per la seconda volta. Quel continuo spostarsi gli avrebbe ricordato la sua vecchia vita col suo clan, con la sua madre adottiva e i suoi vecchi amici se lui non fosse staro in uno stato a dir poco pietoso.
Si era più volte ritrovato ad urlare la sua rabbia e il suo dolore al nulla più assoluto, dandosi dell’idiota per aver lasciato i suoi amici, per non essere morto al posto di Iselen o essere stato in grado di aiutarlo, per poi passare giorni interi in uno stato di apatia totale e la notte prigioniero di incubi ancora peggiori del solito.

Non aveva una meta, un posto dove tornare o dove sentirsi a casa. Non aveva mai voluto far parte dell'ordine dei Custodi grigi, e dopo la morte di Iselen e la fine del Flagello, non aveva avuto più nulla che lo spingesse a rimanere. Aveva voluto mettere quanto più spazio possibile tra sé stesso e la capitale.
Per lungo tempo non aveva saputo che fare di se stesso. La sua mente e il suo corpo sembravano non essere più collegati. Era andato avanti solo perché lasciarsi morire gli sembrava un insulto ad Iselen e a tutti coloro che amava, e chissà forse anche perché era ancora troppo orgoglioso per cadere nell'inedia.
Ma ricacciò indietro quei ricordi. Si era concesso fin troppo tempo per piangere i morti: non era tornato nel Ferelden per riaprire vecchie ferite.


Sentì una lunga lingua ruvida accarezzargli la mano, Warden accanto a lui che lo fissava con i suoi grandi occhi affettuosi, il capo piegato in una domanda.
Le accarezzò il grosso capo peloso per rassicurarla. Non aveva mai davvero capito quanto fosse speciale il rapporto tra Iselen e Persephone, l'attuale regina del Ferelden e sua buona amica, coi loro mabari, Invel e Cerere, fino a quando Warden non lo aveva scelto.
Era tornato nel Ferelden da poche settimane quando era incappato inconsapevolmente in un allevamento colmo di giovani segugi, un luogo caotico e colmo di vita come pochi altri. L'aveva scorta subito grazie alla sua buffa pelliccia pezzata, ad azzuffarsi giocosa insieme a tutti gli altri nel recinto, e si era avvicinato.
Lei lo aveva guardato ed era bastato quello sguardo per capire che lei era una bestia intelligente come poche altre.

Aveva rifiutato quando il custode dell’allevamento gli aveva proposto di portarla con sé, ma la mabari non aveva accettato. Quando si era risvegliato la mattina dopo, l’aveva trovata davanti a lui, la lingua penzoloni su un muso chiaramente compiaciuto, e non era riuscito a farla tornare indietro. Ma era stato contento che per una volta qualcuno fosse stato più cocciuto di lui.
Warden era una presenza vivida, allegra e molto buffa, che lo aveva confortato nelle notti travagliate e gli aveva restituito in parte le sensazioni provate a viaggiare insieme ad Iselen, Persephone e tutti i suoi amici l'anno prima, in quell'assurdo tentativo di fermare il Flagello che era finito per farli entrare tutti nella leggenda!

Gli era rimasta vicina quando si era sentito solo, gli aveva dato calore nelle notti costellate di incubi di fiamme e squame e lo aveva seguito senza paura nelle poche lotte serie che aveva affrontato negli ultimi tempi. In particolare quella con un orso che gli era valsa la nuova cicatrice sul fianco.
Lo aveva aiutato a riprendersi quel tanto che bastava per capire finalmente cosa voleva fare e lo aveva seguito senza esitare un attimo.

Anche per questo le aveva dato il nome Warden: “Custode”, “Colei che protegge”. Un ultimo legame anche con quell'ordine di cui avrebbe suo malgrado fatto parte fino al giorno della sua morte.


Vide la sua amica rispondere all'ordine, superandolo allegra verso lo spiazzo erboso, la pelliccia lucida d'acqua, prima di abbaiare come per dirgli di sbrigarsi.
Il Dalish alzò gli occhi al cielo, divertito, superando le fronde a passo sicuro, l'arco e i pugnali sempre pronti sotto il mantello in caso di pericolo.
Il sole pallido illuminava chiaramente i resti della capanna, il legno fracassato ormai gonfio e muffito a causa delle intemperie, e accanto ad essa, le ossa di un enorme alto drago brillavano sbiancate, neanche un brandello di carne era rimasto. Quelle, erano quanto restava della potente Flemeth.
Si ricordava ancora quella battaglia, di certo la più impegnativa in cui si fosse mai cimentato, e le fiamme bollenti che aveva affrontato con l'aiuto di Iselen e dei loro amici Micah, Zevran, Shale, Jowan e Sten.

Sentì un'altra fitta di nostalgia nel ripensare a loro. L'ultima volta che li aveva visti, non era un'occasione felice, ed eccetto Sten e Micah, non aveva idea di dove fossero finiti gli altri. Ma anche se lo avesse saputo, non era certo che sarebbe riuscito a guardarli in faccia dopo il modo in cui era semplicemente svanito nel nulla dopo tutti i pericoli e i mostri che avevano dovuto affrontare insieme.
Aveva anche promesso alla sua amica nana che sarebbe andato a trovarla ad Orzammar, la città sotterranea del suo popolo, ma non aveva ancora tenuto fede a quel patto.
Gli venne da ridere ripensando alla sua minaccia di cercarlo fino in capo al Thedas se non fosse venuto. Gli mancava da morire, quella serata passata al Tapster a bere e ridere pareva così lontana adesso.

Scosse il capo, superando l’enorme carcassa. Le ossa delle immense ali erano protese verso il cielo e le orbite ormai vuote del teschio sembrarono seguirlo per un rapido secondo, come ad accusarlo del suo crimine. Sentì un brivido scendere lungo la schiena.
Aveva commesso un sacrilegio contro tutto il Popolo quando aveva ucciso la donna dei molti anni. Se la sua Guardiana lo avesse saputo, probabilmente lo avrebbe dichiarato un reietto, ma lui stesso sapeva di non poter più vivere secondo le tradizioni Dalish. Aveva aperto gli occhi su troppe verità per poterci provare, ma non aveva mai potuto dimenticare ciò che aveva fatto. E soprattutto perché.


Varcò la soglia divelta mentre Warden trotterellava contenta al suo fianco, il cappuccio di nuovo sul viso e la mano guantata sempre pronta ad afferrare il pugnale che teneva alla cintura.
Gli bastò un’occhiata per capire che lì non avrebbe trovato molto. La casupola era stata spezzata in due e abbattuta da un colpo di coda della sua padrona durante la loro battaglia, lasciando tutto ciò che c'era all'interno alla furia degli elementi.
I libri, i mobili, le erbe appese ad essiccare, persino il calderone che ancora riposava nel camino erano stati corrosi dalla pioggia e dal freddo. Il muschio aveva iniziato a crescere sugli stipiti marciti della porta e tra le assi del pavimento, divorando tutte le possibili tracce che avrebbero potuto guidarlo al suo obiettivo.
Nemmeno il cacciatore migliore del mondo avrebbe potuto trovare una pista.

Schioccò la lingua infastidito, toccando un libro umido col piede ma un fruscio dietro di lui lo fece reagire d’istinto, la mano che afferrava l'elsa della sua arma.
Evitò l'affondo della spada con grazia, usando il mantello per nascondersi alla vista e spostandosi alle spalle del suo aggressore mentre Warden ringhiava.
Vide lunghi capelli castani volare, rivelando le lunghe orecchie a punta e la figura minuta di quella che era di certo un'elfa affondare la lama dove si trovava lui fino ad un secondo prima. Indossava un’armatura di cuoio dalla fattura familiare: quella di un Clan Dalish!

La colpì in mezzo alle scapole col pomolo del pugnale e la sua mabari nello istante caricò le gambe della loro misteriosa avversaria, facendola sbilanciare.
La ragazza cadde a terra col mento dopo un breve strillo, la lunga spada che le sfuggiva di mano e si piantava nel legno marcio di un mobile lì accanto.
《Brutto figlio di…!》 La sentì imprecare mentre si voltava, mostrando due occhi azzurri sfavillanti di rabbia e la sua mano stretta sull’elsa di una seconda spada, ma i denti scoperti di Warden a centimetri dal suo naso la costrinsero a lasciar perdere.


Runaan alzò un sopracciglio. Guardandola bene, si accorse che era molto giovane. Non abbastanza da poter essere chiamata bambina, ma non poteva avere più di sedici anni. Perché era da sola?
《Cosa ci fai qui, da'len?》 Le chiese, facendo cadere di nuovo il proprio cappuccio. 《Queste terre sono pericolose per chi non ha il proprio clan con sé.》
La ragazza sbarrò gli occhi, stirando gli intricati rami del vallaslin del dio Elgar'Nan tatuati sul suo viso 《Tu sei… dalish!?》 Chiese stupita, prima che nuovi ringhi di Warden la costringessero a farsi di nuovo indietro. 《Hahren, potreste domandare al vostro segugio di calmarsi?》
Il suo tono era cerimonioso, con quella cadenza tipica dei dalish che Runaan ormai non sentiva da quelli che sembravano anni. Era bizzarro. L'ultima volta che aveva parlato con un membro del suo popolo, era stato subito dopo la fine del Flagello, quando la Guardiana Lanaya lo aveva salutato.

Accarezzò la testa della sua mabari, facendola calmare, mentre osservava la ragazza rialzarsi e recuperare la sua spada caduta. Era giovane, vero, ma le sue armi e la sua armatura erano di ottima fattura. Quella dedicata ai cacciatori in missione.
《Non ho visto tracce di Aravel venendo qui. Perché ti sei allontanata tanto dal tuo Clan?》 Domandò nuovamente quando lei si fu ricomposta.
L’elfa lo guardò per un attimo, attenta a non fare un passo verso Warden, ma il suo sguardo non era più tagliente come prima. 《Il mio nome è Ariane. Sono stata inviata qui dal mio Guardiano, Solan, alla ricerca di Morrigan, la strega delle Selve.》


Runaan strinse i pugnu. Morrigan, la giovane dagli occhi d'oro con cui lui e Iselen avevano affrontato il Flagello. Era stata la prima alleata che avevano avuto dalla loro: li aveva accompagnati attraverso tutte le scempiaggini che avevano dovuto affrontare. Avrvano ucciso prole oscura e preso parte ad un mucchio di guai assurdi insieme e qualcosa di molto più profondo aveva cominciato a maturare tra loro.
Era un rapporto assurdo, complicato, fatto di malizia, commenti acidi, attrazione reciproca e difficoltà. Gli aveva dato un ceffone quando si era rifiutato di porre fine al legame che li univa, quella notte ad Orzammar, prima di fargli scoprire il sapore delle proprie labbra.
Per proteggere lei aveva ucciso Flemeth. Per lei aveva gettato al vento le leggi più sacre del suo Popolo, quelle che avevano guidato la sua vita. Aveva compiuto una follia per lei ed era lei che era venuto a cercare in quella palude!


《Perché la segui?》 Domandò circospetto, Warden che lo guardava con curiosità.
Ariane indurì lo sguardo 《Ha derubato il mio clan!》 Disse a pugni stretti. 《Noi possedevamo un artefatto, un libro antichissimo risalente ai tempi di Arlathan, scritto in antico elfico scritto, un tesoro inestimabile! La sua lingua era per noi illeggibile, ma un altro figlio del Popolo può capire quanto significasse per noi avere un simile frammento del passato. Morrigan si è presentata da noi alcuni mesi fa, dichiarandosi nostra alleata, e ci ha aiutati ad evitare alcuni insediamenti shemlen ostili. Questo ha convinto il nostro Guardiano a mostrarle il libro, ma due notti dopo è sparito nel nulla e la strega insieme ad esso!》

Runaan alzò un sopracciglio. Era ben consapevole che la strega fosse affamata di conoscenza e che non si facesse problemi a rubare antichi tomi pur di averla, ma cosa se ne faceva di un libro scritto in una lingua dimenticata che nemmeno gli elfi sapevano leggere?
《Di che cosa parlava il libro?》
Ariane si morse il labbro. 《Parlava in modo molto dettagliato di qualcosa chiamato “Eluvian”. Non so di preciso cosa sia, ma il nostro Guardiano pensava che si trattasse di un artefatto molto potente risalente ad Arlathan.》 I suoi occhi lampeggiarono furiosi. 《Per questo è imperativo che venga recuperato! Io e alcuni altri siamo stati incaricati di trovare quella serpe e recuperare ciò che è nostro. Sono venuta perché so che qui viveva la madre di Morrigan, una donna molto potente che aveva lo stesso nome di Asha’Bellanar. Speravo che si trattasse davvero della donna dai molti anni e che potesse aiutarmi, ma quando sono arrivata, non c’era traccia di lei e la casa era già ridotta così. Posso solo supporre che il colpevole sia l'alto drago morto qua fuori》

Runaan si sbrigò ad annuire. 《È quello che ho dedotto anche io.》 Non era il caso che un’altra dalish sapesse la verità su cosa lui aveva fatto alla loro dea. Per quanto fosse cosciente che Ariane non avrebbe mai potuto sopraffa in battaglia, non gli andava l’idea di avere il suo sangue sulle mani.
La ragazza emise un sospiro rassegnato, prima di tornare a guardarlo. 《Tu invece perché sei qui, hanren? Il Flagello ormai è finito, cosa ci fa un custode grigio qui da solo nelle Selve Korkari?》 I suoi occhi erano fissi sul grifone rampante impresso sul suo pettorale.

Runaan sentì una scossa di fastidio, chiudendo il mantello sulla propria armatura di cuoio blu. Avrebbe dovuto mimetizzarla meglio!
《Anche io cerco Morrigan. Io e lei… abbiamo una questione molto importante in sospeso.》
《Ha trafugato qualcosa di tuo?》 Domandò Ariane, il sopracciglio alzato.

《In un certo senso.》 Rispose laconico l’elfo. Non sapeva se potesse definire “suo” un figlio che non aveva mai conosciuto.
La notte in cui lo aveva concepito, quella precedente alla battaglia contro l’arcidemone, era impressa nella sua memoria. Morrigan aveva offerto a lui e ai suoi compagni un rituale che avrebbe salvato la vita del custode grigio che avesse ucciso l’antico dio corrotto e strappato l’anima di quest’ultimo alle ombre. Ma per farlo, era necessario che qualcun altro assorbisse quell’essenza inestimabile: un bambino generato dal seme di un custode. Un custode come lui.
Ricordava ancora il flusso della magia che lo aveva attraversato e le sue labbra sulle proprie. Avevano scacciato i pensieri e le sue paure, zittendo quel groviglio di amore, amarezza e delusione che era nato in lui e per un attimo aveva creduto che tutto potesse finire bene. Ma alla fine, Iselen era morto ugualmente e Morrigan era fuggita, portando via il loro figlio e l’antica anima con sé.


《Allora, possiamo allearci!》 Esclamò Ariane, strappandolo ai suoi pensieri.
Scosse la testa, seccato. Ci si stava perdendo fin troppo ultimamente, come un vecchio. Ma la giovane elfa gli afferrò le mani in uno slancio di entusiasmo, gli occhi ora scintillanti. 《Io e te abbiamo un obiettivo comune! Entrambi vogliamo trovare Morrigan, quindi perché non farlo insieme?!》
Runaan fece per rispondere, ma la presa della giovane sulle sue dita si fece più salta. 《Sathan, hanren. Ti prego. Sono stata inviata alla ricerca del libro perché sono una dei migliori cacciatori del mio clan, ma mi sono resa conto che questo non conta molto fuori dai confini del nostro accampamento. Tu invece sei un custode grigio, hai visto molto più di me e conosci quella strega! Potresti essere la mia sola possibilità di non tornare a mani vuote!》

Il Dalish più anziano fece per rifiutare, colto alla sprovvista, ma Warden abbaiò allegra, colpendo affettuosamente il fianco di Ariane col capo.
Lei sorrise, gongolando. 《Vedi? Anche il tuo segugio pensa che dovremmo allearci. E stava per attaccarmi fino ad un attimo fa!》
Il biondo scoccò un'occhiataccia alla mabari traditrice, ma sbuffò in assenso. Dopotutto, la casa di Flemeth era stato un letterale buco nell’acqua ed era curioso di capire di più su quel libro e perché Morrigan avesse fatto tanto per averlo. 《D'accordo. Puoi venire con noi. Spero tu sappia davvero cavartela in battaglia》


Sentì Warden abbaiare soddisfatta, e anche Ariane sospirò lieta.
Lui invece sbuffò: quella ragazza doveva essere troppo ingenua o davvero disperata per aggrapparsi con tanta convinzione ad un estraneo di cui non aveva chiesto nemmeno il nome.
Vero, l'avere a che fare con un altro Dalish era spesso sufficiente per quelli del suo Popolo, anche lui dopo aver lasciato il suo Clan era così: arrogante, ingenuo, convinto fin nel midollo di essere un detentore della verità, superiore perché non si era mai sottomesso agli shem. Ma aveva imparato sulla sua pelle che nemmeno loro erano immuni all’odio o all’inganno.
Si girò con l'ennesimo sbuffo, inforcando la porta con Warden accanto. 《Forza, muoviamoci. Abbiamo una lunghissima strada da percorrere.》
Ariane lo inseguì fuori. I raggi del mezzogiorno le ferirono gli occhi. 《Aspetta, dove stiamo andando?》

《Al Circolo dei Magi.》 Rispose Runaan, calando di nuovo il cappuccio sul proprio viso. 《L’unico indizio che abbiamo è che Morrigan vuole sapere di più su questi “Eluvian”, quindi è probabile che li cercherà. Se provengono da Arlathan, sono senza dubbio artefatti magici e il Circolo è il solo posto con una biblioteca che possa dirci cosa sono o magari dove si trovano.》
La castana sbarrò gli occhi. Come aveva fatto a non pensarci!? Poi, un altro pensiero le balenò nella testa. 《Tu hai visto una biblioteca?》
Il biondo alzò di nuovo gli occhi al cielo. Anche lui era così due anni prima?!


**


Ci impiegarono quasi tutta la giornata per raggiungere il confine delle selve Korkari, il sole era già svanito oltre i monti da diverse ore.
Runaan finì di stendere il proprio sacco a pelo, mentre Ariane attizzava il fuoco. Warden invece masticava contenta la carne degli uccelli che il custode aveva cacciato prima di fermarsi.
Era stata una sorpresa trovare tante prede in quei boschi dopo il Flagello. Trovare gli stessi boschi in condizioni buone era stato anche più bizzarro. Il Dalish aveva visto cosa la corruzione dei prole oscura facesse alla terra: copriva tutto come una patina nera, lasciando dietro di sé solo terra morta. E il Flagello era iniziato proprio nel cuore delle Selve Korkari.

Si stese sul sacco a pelo, il mantello a coprirlo mentre osservava il fuoco scoppiettare. Quella scena lo stava riportando indietro nel tempo, quando aveva passato settimane a campeggiare con i suoi amici nel bosco, con Micah che bestemmiava al cielo per la pioggia e il freddo e Leliana che sognava vasche di acqua calda.
Cosa non avrebbe dato per averli vicini e farsi dare consigli su cosa fare. Non era mai stato un problema per nessuno di loro, soprattutto per Wynne e Alistair, pensò sorridendo sotto i baffi, pensando per un attimo a quel giovane shem troppo idealista.
Chissà come se la stava cavando sul trono del Ferelden. Il loro rapporto non era mai stato facile, ma sperava sinceramente che non scatenasse altre guerre con la sua goffa parlantina.
《Hanren》 Lo richiamò Ariane, seduta sul terreno soffice. 《Mi è venuta in mente una cosa. Hai detto di avere un conto in sospeso con Morrigan, ma come vi siete conosciuti?》
Runaan sospirò: le doveva una spiegazione in fondo. 《Io e lei siamo stati compagni di viaggio per diverso tempo, insieme ad un gruppo di persone che rispetto moltissimo.》 Gli venne da sorridere. 《Eravamo un gruppo davvero assurdo, fatto di assassini, maghi, nobili, elfi, umani, nani, qunari e persino una Golem! Abbiamo affrontato prole oscura e l'arcidemone, lupi mannari, abomini e demoni. La conosco bene.》

L’altra dalish lo guardò con sguardo indagatore, chiaramente aveva capito che non le aveva detto tutto, ma poi sbarrò gli occhi, sorpresa. 《Un attimo! Tu hai affrontato l'arcidemone!? Ma allora tu sei…!》
Runaan sentì un ghigno divertito incurvargli le labbra mentre si metteva seduto. 《Runaan Mahariel, del clan Sabrae e, mio malgrado, dei custodi grigi ed eroe del quinto Flagello.》 Disse, senza smettere di sorridere, mentre Warden gonfiava il petto e rivolgeva il muso in alto, fiera del suo padrone.

La più giovane continuò a fissarlo, gli occhi grandi come piatti, boccheggiando. 《La… la Guardiana Merethari ci ha parlato di te all’ultimo Arlathven! Ha detto che tu e il tuo amico Tamlen eravate stati colpiti dalla corruzione, che i custodi ti hanno salvato…》
Il biondo schioccò la lingua infastidito. 《Non mi hanno salvato. L’uomo che mi ha reclutato mi ha trascinato via dal mio Clan, minacciando di legarmi se necessario. E poi, il bastardo ha avuto il coraggio di crepare! Ha costretto me ed i miei amici a rischiare tutto per salvare questo paese di merda e a causa sua, ho visto morire una persona che amavo come un fratello e che aveva molto più per cui vivere rispetto a me. Questa non la chiamo salvezza.》
Non poteva farne a meno. Ogni volta che ripensava a quel giorno, l'odio per quello shem si rinnovava, rovente nel suo petto. Avrebbero potuto passare anni, lustri, secoli, ma non avrebbe mai smesso di sputare su di lui e sulla sua tomba.


Ariane lo guardò, sorpresa. Runaan Mahariel era noto a molti Clan per la sua fama di abilissimo arciere e inguaribile scavezzacollo, non si sarebbe aspettata una tale amarezza e rabbia da lui. La persona di cui stava parlando doveva significare davvero molto.
《Ir'Abelas, Hanren. Non sapevo che avessi perduto tanto. Però… se odi questo posto, perché sei tornato a cercare Morrigan? Cosa vuoi da lei?》
Runaan strinse le labbra. Non era certo dalla risposta.
Voleva senza dubbio conoscere suo figlio. Quel figlio umano al cui pensiero avrebbe dovuto provare nausea, vergogna, ma a cui in realtà si sentiva legato.
Voleva vedere com'era fatto, sentire la sua voce e la sua risata. Almeno una volta.
Però non era solo la possibilità di conoscere quel bambino ad averlo spinto a cercare la strega. Più che altro da lei, voleva una spiegazione.
Non c'erano state promesse tra loro. Non importava cosa lui provasse: non le doveva niente e per lei era lo stesso… ma qualcosa li univa. Ben più importante delle tradizioni o delle parole. Per questo non capiva
Perché era andata via così? Perché non gli aveva dato una possibilità di condividere il dolore per la perdita di Iselen? Aveva detto che il Fato aveva un piano, che c'era un cammino, ma allora perché non aveva considerato di seguirlo con lui piuttosto che reggere da sola il peso dei suoi dannati segreti!?

Scosse la testa, tornando a guardare Ariane, mentre Warden si acciambellava preoccupata accanto a lui, come a dargli conforto.
《Le devo porre una domanda importante. E in base alla risposta, deciderò cosa fare poi.》 Disse, prima di stendersi di nuovo nel sacco a pelo. 《Dormi adesso. Ci attende un lungo cammino per arrivare al Circolo》
Era certo che Ariane non fosse soddisfatta della sua risposta, ma non si prese il disturbo di controllare.
Sentì il respiro di Warden diventare più lento e pesante, e si lasciò cullare anche lui dal ritmo.


**


Ci vollero circa cinque giorni di cammino ininterrotto per arrivare alle sponde del lago Calenhad. La torre del Circolo, una gigantesca costruzione ornata da lunghe finestre che terminava in una guglia nera, svettava minacciosa oltre le sponde, le pietre lucide di umidità che scintillavano appena nella luce mattutina.
Runaan tirò un sospiro. Finalmente. Avevano fatto in modo di evitare del tutto la città di Redcliffe: era abbastanza sicuro che il nuovo arle, Teagan, il fratello del vecchio arle e della defunta regina Rowan, lo avrebbe riconosciuto subito e avrebbe trovato qualche maniera per incastrarli nell'aiutare la sua città. Un anno e mezzo dalla fine del Flagello, e ancora quel posto non era stato sistemato a dovere.
Inoltre, quello shem e la sua famiglia non gli erano mai piaciuti. L'ultima volta gli avevano causato solo una valanga di guai. In particolare quella bigotta razzista di sua cognata, Isolde.


《Quindi… è quella la torre dei maghi?》 Domandò Ariane e il biondo annuì, osservandola.
Non avevano dormito molto negli ultimi giorni, ma gli occhi della ragazza erano attenti e non si era mai lamentata per le lunghe ore di marcia. Dopotutto, i Dalish erano abituati alla vita nomade.
Avere compagni di viaggio non era previsto, ma avrebbe potuto andargli molto peggio. Ariane era giovane, ma anche forte, sveglia, ingenua al mondo esterno forse, ma non pareva incline a parlare troppo come un certo Assassino di sua conoscenza.
Anche Warden sembrava averla presa in simpatia, viste le feste che le faceva in continuazione, ma non era una sorpresa data la personalità solare e amichevole della mabari.

L’elfa, ignara dei suoi pensieri, sbuffò. 《Non mai capito perché gli shem rinchiudano chi possiede il Dono. Noi Dalish saremmo perduti senza la magia dei guardiani dei nostri Clan a guidarci e proteggerci.》
《È semplice. La maggior parte degli shem sono un branco di vigliacchi ignoranti che preferisce limitare ciò che non può capire.》 Rispose Runaan, mentre scendevano verso le barche ormeggiate. 《La magia è qualcosa che li spaventa. Sfugge al loro controllo e alle loro regole, perciò la chiamano maledizione e chiudono in gabbia chi è capace di utilizzarla. Salvo poi farli uscire quando hanno bisogno del loro aiuto.》 Proseguì, Warden che correva verso il molo, abbaiando contro i pesci che guizzavano sul pelo dell’acqua. 《Anche se ho imparato che non tutti sono così.》

La più giovane alzò un sopracciglio. Non era la prima volta che il suo misterioso alleato faceva dichiarazioni simili ed era una cosa che trovava difficile spiegare. Sapeva che i custodi grigi accoglievano membri di ogni razza, senza distinguere in base al sesso, alle azioni passate o al credo religioso, ma lui non voleva fare parte del loro ordine, quindi perché parlava così?
Le aveva raccontato di aver viaggiato con un gruppo variopinto, tra cui Morrigan, altri umani, elfi, nani, persino un Qunari, uno dei giganti cornuti del nord, e una Golem “estremamente acida”, ma nessuno di loro poteva essere così impressionante.
Aveva visto Runaan muoversi nella foresta: non un suono, non un movimento goffo, non un attimo di esitazione. Solo una grazia e agilità che lei non poteva fare a meno di ammirare.
C'erano anziani Dalish, cacciatori con decenni di esperienza, che non avevano la metà delle sue abilità. A cosa potevano i talenti degli Shem o dei figli della pietra competere con quelli di un combattente simile!?

Fece per chiederlo ad alta voce, ma il riflesso della torre nell'acqua catturò la sua attenzione.
Rabbrividì mentre raggiungevano una delle barche a remi legate al molo 《Come fanno quei maghi a vivere così? Intrappolati da muri di pietra, i loro doni soffocati. Mi butterei dal tetto alla prima occasione》
Runaan sbuffò una risata, cominciando a remare. Era quello che aveva pensato lui la prima volta che aveva visto quel posto. Ricordava bene cosa avesse subito Iselen lì dentro, le storie che lui e suo fratello adottivo Jowan gli avevano raccontato. C'era solo da sperare che dopo l’editto di Alistair e Persephone per liberare la torre dai templari, il branco di soldati della Chiesa che avrebbe dovuto sorvegliare e punire I maghi “corrotti”, le cose fossero cambiate.


Accelerò il movimento dei remi. Le braccia stavano iniziando a dolergli, ma l'aria sapeva di pioggia e lui non aveva intenzione di ritrovarsi in mezzo ad un acquazzone come l’ultima volta che era venuto lì. Lui, Iselen, Invel, Micah e Alistair si erano bagnati fino alle ossa mentre cercavano di convincere il templare più idiota sulla faccia del Thedas a farli entrare!
Rise di nuovo sotto i baffi nel ricordare come la nana avesse minacciato di far fuori quella testa di legno e la sua espressione atterrita.

Ariane alzò un sopracciglio, mentre Warden a prua non smetteva di abbaiare contro l'acqua, sporgendosi tanto da rischiare di finire in acqua un paio di volte, cercando di afferrare un pesce troppo coraggioso.
A parte questo, la loro traversata Proseguì in pace e nel silenzio, la Dalish più giovane che continuava a domandarsi a cosa stesse pensando Runaan di tanto piacevole: era la prima volta che lo vedeva sorridere da quando si erano incontrati. Lei invece sentiva solo un fastidioso senso di paura, una sensazione ormai insolita dopo anni di addestramento nelle foreste. E più si avvicinavano alla loro meta, più aumentava.
Il sole ormai era già alto quando raggiunsero l'isolotto su cui sorgeva la torre. Ariane strinse d’istinto le sue spade. L’edificio appariva ancora più imponente a vederlo così da vicino.
Il suo Clan aveva esplorato molte rovine imponenti negli anni, ma nessuna di esse era paragonabile: da dove si trovavano, era impossibile vedere la punta e le gigantesche porte di ferro parevano le fauci di qualche mostro venuto fuori dalle storie degli anziani.

Vide Runaan lanciarle uno sguardo indagatore, Warden sempre accanto, e si costrinse a lasciare andare le sue armi, le sue guance che arrossivano di vergogna. Non poteva mostrare paura davanti ad un membro più anziano del Popolo, un ragazzo che a soli diciannove anni aveva affrontato un Arcidemone!
Lo osservò afferrare uno dei pesanti battenti, il rumore che rimbombava cavernoso, prima che delle rune illuminassero il metallo, spalancando la strada attraverso l'ampia soglia. La pietra levigata del pavimento accolse tiepida le punte delle sue dita mentre entrambi si addentravano nell'edificio.
《Tu sei già stato qui, non è vero? Cosa dovremmo aspettarci?》Domandò Ariane, un odore pungente mai sentito prima che le pizzicava le radici.
《Libri.》 Rispose l’altro 《Mucchi di libri. Potrebbe volerci un po' a trovare ciò che cerchiamo》 Proseguì, guardandosi intorno.

L’atmosfera non era quella che ricordava. Dove prima il senso di claustrofobia governava, scandito dalla marcia dei templari, ora il grande salone pareva quasi accogliente. Diverse candele splendevano sui candelabri, gettando una luce gentile sui muri, ormai privi dei danni causati dall’invasione di abomini
Runaan notò persino un ragazzino indicarli curioso ad una sua amica, prima che dei passi concitati arrivassero da un corridoio sulla sinistra.
Una maga umana corse verso di loro, i capelli color carota legati in una coda alta che facevano a pugni con il rosso della sua sontuosa veste. 《Le rune del portone mi hanno avvertita che qualcuno è entrato. Chi…?》 I suoi grandi occhi scuri si spalancarono quando videro Runaan. 《Custode Mahariel!? Cosa ci fate voi qui?! 》 Domandò incredula.
Il dalish la guardò. 《Io e la mia compagna siamo venuti qui per cercare informazioni su un oggetto magico molto potente》 Esitò 《Ci conosciamo?》

L'altra parve di nuovo sorpresa, ma poi si aprì in un sorriso amichevole. 《Il mio nome è Petra: sono stata un’allieva di Wynne. Io ero lì quando voi e l'Eroe del Ferelden siete venuti coi vostri compagni per aiutarci contro Uldred e i suoi abomini.》 Si portò le mani al viso. 《Oh, alla Prima Incantatrice farà così piacere vedervi! E sono certa che sarà lieta di aprirvi la nostra biblioteca》 Disse, mentre Ariane la scrutava attenta.
Quella shem sembrava ostile: per essere una maga non proiettava il rispetto che i Guardiani Dalish intimavano con la loro presenza. Ma era la loro opzione migliore per trovare un indizio sugli Eluvian.
Guardò Warden per una conferma sulla pericolosità di quella donna e vide la mabari scodinzolare contenta come al solito, mentre attraversava i grandi corridoi illuminati. Era quasi buffo che lei fosse sempre allegra e il suo padrone sempre torvo.

Sentì Petra parlare ancora con Runaan, citando di nuovo una certa Wynne, ma la ignorò per guardarsi intorno. Un lungo tappeto decorato copriva i pavimenti su cui stavano camminando, mentre diverse porte ad arco davano su stanze colme di letti e armadi.
Vide alcune persone di diverse età e sesso, sia elfi che umani, attraversare i corridoi accanto a loro immersi in un chiacchiericcio incessante. Le loro bizzarre vesti colorate in parte coperte dalle cataste di libri che si portavano appresso.
Notò una piccola elfa osservare attentamente il suo vallaslin e quello di Runaan, per poi scappare via quando lei ricambiò lo sguardo, rossa fino ai capelli.
La dalish piegò il capo. Qualcosa non quadrava. A parte l'aspetto, quel posto sembrava accogliente. I maghi non erano molti, eppure tutti loro parevano a proprio agio. Dov’erano i templari della Chiesa che avrebbero dovuto tenere in scacco quel posto?

Il Guardiano Solan le aveva raccontato che erano dei guerrieri terribili, capaci di annullare la magia, che avevano attaccato il suo Clan quando lui era ancora un apprendista, nel tentativo di catturare lui e il suo maestro per rinchiuderli nel Circolo.
Quel luogo non corrispondeva a quelle descrizioni.


Fece per domandarlo a Runaan, ma la Shem che li stava guidando, dopo averli fatti salire per l'ennesima rampa di scale, aprì una grossa porta intarsiata, facendoli entrare in una stanza stracolma di scaffali tanto alti da toccare il soffitto, disposti per creare quello che pareva un labirinto. Ogni mensola era piena di grossi volumi dalla rilegatura antica e l'aria sapeva di inchiostro e cera di candela.
Ariane sbarrò gli occhi stupefatta di fronte a tutta quella conoscenza e sentì Petra ridacchiare. 《È la prima volta che vedi una biblioteca?》 Domandò, quel sorriso sempre in faccia. 《Non devi preoccuparti. So bene quanto possa sorprendere vedere tanti libri.》
La dalish sbuffò stizzita, girandosi dall'altro lato, ma la shem non aveva tutti i torti. Il Guardiano le aveva insegnato a leggere e non se la cavava male, però come avrebbero fatto lei e Runaan a trovare una singola informazione in quel mare di carta!? Anche solo un quinto del lavoro avrebbe richiesto mesi!

《Noi stiamo cercando informazioni riguardo gli Eluvian.》 Disse Runaan, cogliendola di sorpresa. Aveva appena rivelato la loro missione ad una shem!?
Il biondo non badò alla sua espressione, gli occhi verdi sempre puntati in quelli di Petra. 《Tu sai da dove potremmo cominciare a cercare?》

Lei riflettè. 《Non ho mai sentito questa parola, ma forse nell'indice generale troveremo qualcosa.》
Runaan annuì, seguendola attraverso gli scaffali, così ordinati e diversi dalla distruzione che aveva visto l’ultima volta che era stato lì. Non c'era più traccia di sangue o icore demoniaco tra le pietre del pavimento. Niente cadaveri di maghi, templari e abomini. Solo i vecchi segni di artigli sulle pareti serbavano il ricordo della battaglia.


Seguì Petra insieme ad Ariane, fino ad arrivare ad una sala rotonda in cui spiccavano diversi piedistalli. Ricordava quel posto, come ricordava la posizione in cui lui, Iselen, Micah, Alistair e Wynne avevano trovato il corpo di una ragazza coraggiosa, avvolta nel rosso del suo sangue e dei suoi lunghi capelli.
Non era rimasta traccia di lei, ma si augurava che lei e il suo amico si fossero ritrovati finalmente.
《Ecco. Siamo arrivati.》 Disse Petra, mentre Warden leccava la mano del suo padrone. 《Qui troverete l'elenco e la posizione di tutti i tomi della biblioteca.》 Disse, avvicinandosi ad uno dei piedistalli, inciso da file e file di titoli piccolissimi, gli occhi che scorrevano veloci sulle lettere quanto il suo dito. 《È un oggetto elfico quello che state cercando vero? E avete detto che si chiama Eluvian…》
Ariane strinse il labbro, gettando un’occhiataccia al Dalish più anziano. Come gli era venuto in mente di dirlo ad una shem!? Anche il Circolo era colpevole del deterioramento delle conoscenze su Arlathan, e se questa “prima incantatrice” di cui parlava avesse iniziato a cercare a sua volta gli Eluvian!?

《Trovato!》 L’esclamazione di Petra la colse di sorpresa. 《Il tomo che cercate si trova nell'ala ovest della biblioteca, scaffale millequattrocento trentadue, sezione “artefatti misteriosi”. Il titolo è “Catalogo delle antiche reliquie elfiche!》 Disse, occhi scintillanti. 《È così emozionante! Voi iniziate ad avviarvi! Vi porterò lì e andrò a cercare la prima incantatrice. Sono certa che vi aiuterà volentieri!》 Schizzò via senza dare il tempo di rispondere.


Runaan si limitò a sospirare di sollievo, iniziando ad avviarsi verso il punto indicato, Warden vicina. Finalmente avevano un indizio concreto.
《Hanren, credi sia stata una buona idea parlare di quello che stiamo cercando ad una shem? Questi oggetti, qualunque sia il loro potere, potrebbero essere un pezzo inestimabile della nostra storia e forse li abbiamo appena consegnati agli umani!》
《Io non leggo bene il corsivo.》 Ribattè lui serio. 《E a giudicare dalla tua faccia, neanche tu sei così abile. Ci sarebbe voluto un anno per vedere anche solo metà di questo posto. I maghi vivono e studiano qui, invece. Sanno dove cercare. E soprattutto, se la prima incantatrice è chi penso io, siamo al sicuro.》
Non aggiunse altro e la più giovane sbuffò. D’accordo, era stata una buona idea chiedere aiuto a qualcuno che conosceva quel posto, ma che lo avesse fatto senza esitare era assurdo! Che viaggiare con Shem e figli della pietra lo avesse fatto ammattire!?


Si fermarono di fronte allo scaffale indicato dopo diverso tempo, iniziando a scorrere i titoli a fatica per trovare il libro necessari, Warden che li fissava con aria vagamente annoiata.
Petra non aveva esagerato: C’erano informazioni su ogni genere di oggetto magico su quelli scaffali, da cose semplici come tazze sempre calde e anelli capaci di aumentare la velocità a marchingegni più complessi o pericolosi come le chiusure runiche del Tevinter e i teschi ingioiellati dei negromanti. Le rilegature erano fragili sotto le loro dita, tanto da far temere che si sarebbero sbriciolate in un attimo.
Runaan passò i titoli con attenzione, Ariane che faceva altrettanto, cercando di decifrare le complesse calligrafie corsive, fino a quando non si fermarono sulla copertina quasi distrutta di un tomo ingiallito dal tempo. Un tomo spesso con impresso il titolo che la shem aveva detto loro.
Un sorriso si aprì sul suo viso. 《Hanren! È…!》
Uno strillo acutissimo la interruppe. 《Iiiiih! Chi ha fatto entrare un cane qui dentro!?》

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Capitolo 2
*** Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate ***


Runaan fissò con un sopracciglio alzato l’individuo davanti a lui. Un giovane mago umano alto, allampanato e pallido, con un viso stretto e allungato, proprio come il suo naso adunco, che terminava in un mento affilato e gli ricordava un po' il muso di un topo.
Aveva le mani infilate tra i corti capelli castani, il volto paonazzo e gli occhi scuri erano talmente sbarrati da parere sul punto di saltare via dalle orbite.
《Chi diavolo vi ha fatto entrare qui dentro con quel coso!? Non avete idea dei danni che potrebbe fare a questi inestimabili tomi!?》 Strepitò ancora, la voce acuta mentre agitava le braccia frenetico, una manica della veste verde sporca di inchiostro. 《Potrebbe urinare sugli scaffali o mordere le rilegature!》
Warden lo guardò curiosa, annusando per un attimo l'aria, ma dovette giudicare il nuovo arrivato non una minaccia, perché tornò ad accucciarsi ai piedi del suo padrone con uno sbuffo annoiato.

Il mago la fissò sbalordito, la bocca spalancata per l'oltraggio, mentre Runaan alzava un sopracciglio. Non ricordava di aver mai visto quel tipo l'ultima volta che era stato al Circolo.
《Ci ha fatti entrare Petra.》 Rispose senza aggiungere altro, le braccia conserte.
L'altro non parve soddisfatto da questa spiegazione, anzi parve solo arrabbiarsi di più. 《E non vi ha detto che questi libri sono opere antiche che devono essere trattate con enorme cura e non giocattoli per cani!?》 Strillò ancora, la voce di due ottave più alta, mentre una vena iniziava a pulsare sulla sua fronte.

Ariane strinse istintivamente il libro che aveva preso dallo scaffale, squadrando lo strano nuovo arrivato da capo a piedi. Quel ragazzo non somigliava affatto ai maghi che aveva conosciuto fino ad ora.
Il Guardiano del suo Clan, Solan, e la sua Prima, Delaria, le erano sempre apparsi come figure sagge, conoscitori dei segreti del mondo fisico e degli spiriti e anche in Petra, nonostante parlasse troppo, aveva visto la sicurezza e l'abilità di coloro che coltivavano il Dono della magia. Quel tipo invece era il contrario
Stava continuando a gesticolare senza sosta in quelle vesti troppo lunghe per correre o lottare in modo decente, con movenze tanto esagerate da risultare buffe, in uno sproloquio assurdo sul valore di quei libri e accusando Warden di chissà quali danni, quando la mabari non aveva fatto assolutamente niente.

Alzò gli occhi al cielo, domandandosi come avesse fatto Runaan a viaggiare per un anno in compagnia di ben tre maghi cresciuti in quella torre senza impazzire, prima di concentrare la sua attenzione sul tomo che teneva tra le braccia.
Lo aprì, percependo le pagine fragili sotto i polpastrelli, mentre gli occhi cercavano di comprendere la grafia sottile che si intrecciava in righe e righe di elfico scritto
Aggrottò la fronte, cercando di distinguere ogni lettera e leggere le parole per capire se conteneva davvero un indizio sugli Eluvian o su come trovarli, ma anche così il contenuto rimaneva oscuro. Riconobbe alcune radici, qualcosa che aveva a che fare con “riflettere” o “luce”, ma nulla di più.
Sentì una nuova onda di fastidio attraversarle lo stomaco al solo pensiero. Nessuno ormai era in grado di scrivere nella loro lingua da diversi secoli, e quindi pochissimi Dalish erano capaci di leggerla!

Sapeva di alcuni Guardiani che avevano provato a comporre dei tomi, a mantenere almeno un'ombra di quella cultura, ma era stato uno sforzo inutile. Quel poco che era rimasto delle antiche conoscenze era stato depredato negli ultimi secoli dagli umani e dallo stesso Circolo: molte parole e le antiche sfumature di significato si erano perse nel tempo, così come rituali, cimeli, storie e verità risalenti ai tempi di Arlathan.
La loro lingua parlata era stata irrimediabilmente inquinata a sua volta da quella comune degli umani, e ora lei aveva un tesoro incredibile tra le mani, forse il loro unico indizio su come ritrovare ciò che Morrigan aveva rubato al suo clan, e non era in grado di comprenderlo!


《E tu! Che stai facendo con il codice sugli Eluvian!? Lo stai piegando troppo! Romperai la rilegatura e farai cadere le pagine!》Strepitò ancora lo shem isterico, avvicinandosi a lei come per prenderle il libro.
L’elfa lo strinse tra le dita con ancora più forza, la mano libera già sull'elsa di una delle spade, mentre Warden iniziava a ringhiere infastidita, ma Runaan si frappose tra di loro prima che potessero attaccare.
《Tu sai cosa sono gli Eluvian?》 Domandò.
Il castano parve sorpreso, i suoi grandi occhi da insetto ancora puntati sul tomo, ma annuì. 《È una parola in antico elfico: il nome di un artefatto. Significa “vetro riflettente”, uno specchio.》


Un campanello di allarme suonò nella mente del Dalish. Gli tornarono alla mente una giornata autunnale nella foresta, l'ultima che aveva passato col suo clan, le rovine che aveva trovato col suo migliore amico, Tamlen, e lo specchio che li aveva rovinati. Ricordava ancora la sua luce eterea, le increspature che le dita del suo lethallin avevano tracciato sul vetro, e poi le sue urla terrorizzate e fitte lancinanti in tutto il corpo.
Era stato quell’oggetto ad infettarlo con la corruzione: sarebbe morto immediatamente senza i poteri curativi della Guardiana Merathari, ma nemmeno lei era stata in grado di guarirlo del tutto. Per questo era stato costretto a sottoporsi all'unione dei custodi grigi e affrontare il Flagello, per scampare alla morte certa a cui quello specchio lo aveva condannato.

Sentì gli occhi di Ariane contro la propria nuca: avevano pensato alla stessa cosa. Di certo il proprio Clan aveva raccontato al suo quanto gli era successo. Ma non poteva essere. Giusto?
《Sai anche che uso avessero questi specchi?》 Chiese la Dalish più giovane, il libro ancora in mano
Il mago si grattò la nuca. 《Non proprio. Nessuno sa di preciso quali siano i loro veri poteri. Si dice che il Tevinter abbia tentato di usare questi rari manufatti dopo la caduta di Arlathan, ma non furono capaci di accedere del tutto alla loro magia. Si pensò che solo gli elfi fossero capaci di controllarli e quindi gli Eluvian furono ridotti a semplici mezzi per comunicare.》

L'altra aggrottò le sopracciglia. 《Non può essere tutto qui. Perché Morrigan si prenderebbe tanto disturbo per trovare una reliquia che un'umana non è in grado di usare?》
“Se c'è un'umana abbastanza sveglia e testarda da riuscirci, quella è Morrigan” pensò Runaan tra sé e sé, ignorando la domanda del mago su cui stessero parlando. Però era d'accordo con Ariane: doveva esserci qualcosa di più. Se davvero era come temeva, allora quegli specchi erano molto più potenti e pericolosi di quanto il Tevinter avesse scoperto.
Inoltre, la strega non avrebbe perso tanto tempo a cercare un manufatto capace solo di inviare messaggi, per quanto antico potesse essere. C'era qualcosa che ancora sfuggiva alla loro comprensione


Fece per dirlo ad alta voce, ma dei nuovi passi attirarono la sua attenzione.
Petra fece nuovamente la sua comparsa, sempre con la sua espressione affabile in volto, accompagnata da una giovane elfa dalla pelle pallida e i capelli corti talmente chiari da apparire bianchi. Era molto minuta, ma avanzava fiera e a testa alta: irradiava potere e sicurezza nelle sue eleganti vesti scure. Un lungo bastone magico splendeva candido nella sua mano.
《Petra mi ha avvertito che sono giunti degli ospiti. Cosa…?》 I suoi occhi si posarono sul mago umano, velandosi di un'affettuosa esasperazione. 《Ah. Finn. Che cosa è successo stavolta?》 Chiese, il tono di chi aveva già visto quella scena decine di volte.
L'altro arrossì fino alla punta delle orecchie. 《Prima Incantatrice! Queste… queste persone hanno portato un cane! E quel libro… guardate come tengono quel libro!》 Esclamò lui, la voce che tornava isterica.

Lei emise un sospiro rassegnato, decidendosi finalmente a guardare i loro nuovi ospiti. Vide una mabari dal buffo manto pezzato, una giovanissima elfa dalish dall'aria guardinga, ma poi il suo sguardo chiaro ne incontrò un altro verde. Lo stesso che aveva visto acceso di rabbia e poi velato di stanchezza e dolore, ormai due anni prima. Uno sguardo amico.
Si portò la mano alla bocca, domandandosi se stesse sognando. 《Runaan?》 Chiese.
Il dalish sorrise un po' 《È un piacere rivederti Neria. Quelle vesti ti stanno benissimo.》

L’altra si avvicinò a lui senza parlare, gli occhi puntati nei suoi e la timidezza di un tempo dimenticata. 《La tua amica nana ci ha detto che te n'eri andato, che non volevi essere trovato. Dove sei stato?》 Chiese, le dita che accarezzavano le sue guance sotto gli occhi sbarrati di Finn e Ariane. 《Cosa ti è capitato?》
Runaan non rispose subito, un fastidioso nodo di vergogna nella gola. 《Ero perso. Lo sono ancora ad essere onesto: sto seguendo una leggenda ancora una volta nella speranza di capire cosa dovrei fare. Patetico, vero?》


Neria ascoltò quelle parole in silenzio, le dita gentili sempre sulla guancia del più alto. Era cambiato dall'ultima volta in cui si erano parlati. Vedeva ancora il giovane testardo e orgoglioso di un tempo, ma era come se un velo fosse sceso sui suoi occhi. Parevano oppressi da un peso che andava ben oltre i suoi anni.
Quando era scomparso dopo la battaglia, lei e i suoi amici lo avevano cercato ovunque, senza risultato. Persino i loro alleati un tempo lupi mannari avevano perso le sue tracce. Era stata Micah Brosca a spiegare loro che lui non voleva essere trovato.
Negli ultimi due anni si era spesso chiesta dove fosse andato, cosa lo avesse spinto a fuggire in quel modo. Aveva provato rabbia, preoccupazione, oltraggio! Aveva persino pensato a cosa gli avrebbe detto se si fossero rivisti, alla sgridata che gli avrebbe fatto prima di dargli il ben tornato. Ma ora che lo aveva davanti, il suo unico desiderio era stringerlo a sé, dargli conforto
《Tu sei tante cose, Runaan, ma di certo non patetico. Se potrò aiutarti, lo farò con piacere.》


Ariane si morse l'interno della guancia, a disagio: le sembrava di essersi intromessa in un momento intimo, anche se non capiva esattamente il motivo.
Quelle carezze non erano quelle intense scambiate tra due amanti, erano più simili a quelle gentili di una madre per il suo bambino. Come poteva permetterle di toccarlo in maniera così intima? E la sua espressione… non lo aveva mai visto così.
Negli ultimi giorni, aveva conosciuto un cacciatore: un elfo orgoglioso, cocciuto, pieno di segreti, per molti versi l'incarnazione dei guerrieri delle leggende, ma stavolta era diverso. C'era malinconia nelle sue parole, nei suoi gesti, ma anche serenità: era come se lui e quell'orecchie piatte condividessero qualcosa di speciale, un'intesa che lei non poteva capire.
Si Domandò per l’ennesima volta cosa fosse accaduto durante il Flagello. Cosa poteva unire a tal punto un dalish tanto abile ad un’orecchie piatte?


Runaan sfiorò le dita della maga con le sue, ignaro dei pensieri della sua alleata, cercando le parole. 《Mi spiace per non aver detto addio a te o agli altri, Neria. Non volevo lasciarvi così, ma non ho avuto la forza di restare dopo Iselen. Volevo lasciarmi tutto alle spalle. Speravo che fuggendo, avrei potuto dimenticare.》
La maga annuì, la solita stilettata che le colpiva il petto nel sentire il nome di suo fratello. Erano passati due anni e mezzo da quando era morto per salvarli tutti dalla prole oscura, da quando era stato proclamato Eroe del Ferelden e lei lo aveva perso.
Tutti le avevano detto che il dolore sarebbe diventato meno acuto, ma per lei era ancora una ferita aperta, e sarebbe rimasta tale per il resto dei suoi giorni. E nessuno poteva capire cosa significasse, sentire di continuo il suo nome e le sue imprese sulla bocca di tutti i maghi più giovani. Nessuno, a parte Runaan.
Per questo capiva il suo ragionamento. Era stato egoista, insensibile, persino infantile, ma nessuno aveva dato più di lui e I suoi amici per fermare il Flagello. E per quanto avesse sbagliato ad andare via così, non si poteva arrabbiare con lui per questo.
Solo il Creatore sapeva quanto anche lei avesse pregato di dimenticare quando la battaglia in cima a Forte Drakon tornava nei suoi incubi.

Voleva raccontargli tutto ciò che aveva fatto negli ultimi due anni, mostrargli come avesse fatto del suo meglio per cambiare il Circolo e renderlo un luogo sicuro per coloro che possedevano la magia, ma un colpetto di tosse da parte di Finn la distrasse. 《Prima Incantatrice, voi due… vi conoscete?》
L’elfa sospirò, l’espressione esasperata che tornava sul suo viso. 《A volte penso che tu passi troppo tempo sui tomi antichi, ragazzo. Costui è Runaan Mahariel: eroe del quinto Flagello e mio carissimo amico. Ha lottato al fianco di Iselen Surana e re Alistair Theirin e ha contribuito a salvare il Circolo da Uldred e dai suoi abomini e maghi del sangue.》

Gli occhi del mago, se possibile, divennero ancora più enormi, Warden che gli rivolgeva un’occhiata di somma soddisfazione, mentre si avvicinava con il muso bene in alto al suo padrone.
《Quindi… lui era… all'incontro dei popoli!? Ha visto i sovrani salire al trono?! Ha visto Teyrn Loghain!?》 Chiese, la voce che tornava a farsi acuta mentre proseguiva la sua cascata di domande e le mani che cercavano qualcosa nella veste, forse carta e penna.


Runaan alzò gli occhi al cielo, domandandosi per l'ennesima volta come facesse lui ad essere un mago cresciuto al Circolo come Iselen, Wynne e Jowan. Aveva viaggiato per mesi con loro, e sapeva che ognuno aveva una mente curiosa, colma di domande e intelletto, ma nessuno di loro si era mai rivelato tanto fastidioso. O logorroico.
Il giovane mago non fece caso alla sua espressione, continuando a parlare imperterrito e senza perdere tempo prendendo fiato. L'elfo sentì l’istinto di rimettersi il cappuccio. Era proprio per evitare simili situazioni che lo abbassava di rado.
Neria, però, dovette intuire i suoi pensieri, perché alzò una mano per interrompere quel flusso di domande, un sorrisetto sulle labbra. 《Finn, il tuo entusiasmo è sempre notevole, ma sono certa che Runaan e la sua alleata siano venuti qui per un motivo. Non è vero?》
Il dalish annuì. 《Si, Neria. Siamo sulle tracce di un antico manufatto elfico, qualcosa chiamato Eluvian》 Disse, passandole il libro che avevano trovati, Ariane che fissava la maga come un falco, mentre le sottili dita pallide sfogliavano le pagine.

La sua fronte si aggrottò. 《Ho letto questo libro un paio di volte durante il mio addestramento, e ho capito di cosa stiamo parlando, ma questo non è il posto giusto per discuterne.》 Accennò agli altri maghi tra gli scaffali. 《Venite con me.》
Iniziò ad allontanarsi insieme a Petra e Finn e Runaan fece per seguirli, ma Ariane lo trattenne per un braccio. 《Han’ren, siamo sicuri di volerci fidare di loro? Il Circolo è un altro dei colpevoli per la perdita di tanta storia dell'antico Popolo. E se cercassero di usare gli Eluvian come fece il Tevinter secoli fa?》

Runaan scosse il capo. Due anni prima avrebbe di certo condiviso la sua preoccupazione, ma ora non più. 《Ascolta, Da'len, capisco i tuoi timori, ma se c'è una cosa di cui sono sicuro, è che Neria è una persona degna di fiducia. Anche se volesse fare delle ricerche sugli Eluvian, non farebbe nulla per danneggiare essi o la cultura elfica.》
L'altra parve rincuorata, anche se non del tutto convinta, e seguì a sua volta i maghi insieme a lui e Warden senza aggiungere altro.


Attraversarono ancora gli ampi corridoi della torre, il leggero chiacchiericcio proveniente dalle stanza che accompagnava i loro passi, e Runaan non potè che notare di nuovo quanto l’atmosfera fosse cambiata.
Dove un tempo c'era un senso di claustrofobia, di soffocamento, ora regnava una calma quasi piacevole. Non c'erano templari a fissare anche i bambini con odio, le mani sempre sulle spade, ma un allegro frusciare di vesti, mentre i maghi più vecchi esortavano i propri allievi a seguirli. Percepiva i loro occhi curiosi su di se, sul proprio vallaslin.
Qualcuno gli venne addosso di colpo, distraendolo da quei pensieri, e una coppia di giovani uomini gli sfrecciò accanto con una pila di libri in mano e urlando delle scuse, prima di tornare a parlare e ridere tra di loro.

Sentì Finn, poco davanti a loro, borbottare qualcosa sul modo in cui stessero stringendo troppo quei tomi e alzò gli occhi al cielo, mentre una piccola maga lo indicava. Quantomeno, le cose stavano migliorando.


Certo, non era perfetto: poteva ancora vedere segni di stanchezza e nervosismo di molti uomini e donne, gli stessi che segnavano il viso di Neria, e c'erano diversi adepti della calma che camminavano accanto a loro, le loro vesti opache proprio come i loro occhi.
Vide Ariane rabbrividire quando lo sguardo di una di loro parve attraversarla senza nemmeno vederla.
Runaan sentì a sua volta un tremito di inquietudine quando rivolse a lui un meccanico cenno di saluto, sbrigandosi a seguire Neria attraverso la porta di quello che un tempo era stato l’ufficio di Irving.


Anche lì l’atmosfera era diversa da come la ricordava. I mobili colmi di volumi antichi erano stati lucidati fino al mostrargli il suo riflesso e i danni causati dai demoni e dagli abomini di Uldred erano stati riparati. Le grandi vetrate riempivano la stanza della luce di mezzogiorno, e dietro l’imponente scrivania intarsiata, spiccava una poltroncina su cui la nuova Prima Incantatrice si sedette, facendone apparire delle altre con un semplice movimento del bastone.
《Accomodatevi.》 Li invitò, mentre una teiera, delle tazze, una zuccheriera e un vassoio di pasticcini volavano rapidi verso di loro. Finn ne afferrò immediatamente un paio.

Runaan ne prese uno, Warden e Ariane sempre accanto, piluccandolo distrattamente mentre osservava la maga consultare il libro sugli Eluvian.
I suoi occhi correvano rapidi sulle pagine, mentre le sue sopracciglia si aggrottavano poco a poco. Chiuse il libro con un profondo sospiro.《Runaan, so che questo sarà una delusione, ma temo di non potervi dare molte informazioni oltre a quelle che di certo Finn vi avrà fornito.》 Il giovane mago si raddrizzò impettito a quelle parole, nonostante le briciole intorno alla bocca, prima che l'elfa tornasse a parlare. 《Qui dice che un tempo questi Eluvian erano sparsi per tutto il Thedas e a disposizione dei loro creatori elfici, ma i loro poteri furono sigillati quando il Tevinter li invase》
《Quindi è stato un viaggio inutile!?》 Chiese brusca Ariane, scattando in piedi e rifiutando il vassoio di dolcetti. 《Almeno sapete come trovarne uno?!》
Neria alzò un sopracciglio, ma non commentò il tono della più giovane. 《Purtroppo no. Gli ultimi che li usarono furono i maghi dell'antico Tevinter e non ci sono mappe su come trovarli. A quanto ne so, un tempo erano ovunque, ma senza altri indizi…》


Runaan digrignò I denti, bloccando un'imprecazione. Erano ad un punto morto. Avevano scoperto cosa stavano cercando, ma non avevano modo di trovare quei maledetti specchi, o Morrigan e suo figlio!
Ariane si morse il labbro a sua volta. Non poteva finire così! Aveva pregato il suo Guardiano di partire per quella missione! Voleva dare un aiuto concreto al suo Clan, dimostrare di essere la sua migliore guerriera. Non poteva tornare a mani vuote, doveva esserci una soluzione! Un incantesimo, un rituale, qualsiasi cosa!
《Non potreste inviare alcuni dei vostri alla ricerca di qualche traccia magica bizzarra?》 Chiese 《Se davvero qui vive la maggior parte dei maghi del Ferelden, usiamolo a nostro vantaggio!》
Neria scosse il capo. 《Mi spiace. Non vi negherei aiuto, ma Il Circolo ha perso molto a causa di Uldred: abbiamo a malapena i membri per poterci organizzare e non si può trascurare l’addestramento dei bambini》


La giovane Dalish si voltò con un verso stizzito, i denti che mordevano il labbro al punto da farlo sanguinare.
Finn guardò la sua espressione e si grattò il mento, condividendo la sua delusione. Non riusciva a levarsi dalla mente l'idea di poter riscoprire oggetti magici di tale calibro. Chissà quali segreti erano incisi sulle cornici o forse persino nel vetro di quelli specchi! Per uno studioso di rune e lingue antiche come lui, che aveva passato una vita a studiare simili artefatti, sarebbe stato un sogno divenuto realtà!
Chissà, magari la sua stessa penna avrebbe potuto arricchire le biblioteche dei Circoli di tutto il Thedas! Sentiva già il profumo delle pagine stampate, incise da segni di inchiostro che recavano la sua firma e le più alte cariche dei maghi che lo lodavano per le sue capacità e gli domandavano di tenere dei simposi e delle lezioni! Poteva già immaginare quanti studenti avrebbero studiato il suo lavoro!
Ma tutto ciò sarebbe rimasto una fantasia.

Se solo ci fosse stato un modo per parlare con gli abitanti dell'antico Tevinter! Questo avrebbe risolto tutto. A meno che…《MA CERTO!》 Urlò di colpo, gli occhi di nuovo illuminati di eccitazione, mentre gli altri presenti sobbalzavano per la sorpresa. 《Possiamo trovare gli Eluvian! Ci basterà parlare con qualcuno che era vivo allora! Qualcuno che ha visto quegli specchi!》
I due dalish alzarono un sopracciglio, chiedendosi se quel tipo li stesse prendendo in giro. C'erano metodi per rivolgersi ai morti, ma le persone di cui stavano parlando erano ormai polvere da millenni! Nemmeno i negromanti più potenti avrebbero potuto aiutarli.

Warden piegò il capo a sua volta, confusa, e anche Neria e Petra parvero non capire, finchè un lampo di comprensione non attraversò gli occhi della Prima Incantatrice. 《La Statua… Finn, sai bene che non possiamo entrare nei sotterranei. È troppo rischioso》
《Ma sarebbe l'occasione di documentarci su degli artefatti inestimabili! Potremmo scoprire verità celate della storia del Thedas! Scriverebbero tesi e libri sulle nostre scoperte!》 Rispose imperterrito il castano, tornando a parlare a raffica 《Inoltre, Runaan Mahariel è qui! Dopo aver ucciso un Arcidemone, affrontare i sotterranei sarà una passeggiata!》


L'elfa pallida si strinse il ponte del naso. Di colpo pareva esausta e neanche Petra sembrava calma: il suo sorriso accogliente era diventato tirato.
I sotterranei erano stati sigillati da quasi un anno ormai, e per un'ottima ragione.

La prima incantatrice fu sul punto di dirlo a voce alta, il volto più pallido di prima, ma Runaan le mise una mano sulla spalla 《Neria, sai che di me ti puoi fidare. Se hai bisogno di aiuto, non hai che da chiedere. Sono pronto a dartelo.》
Warden, accanto a lui, annuì col grosso testone, la lingua che penzolava felice, e la loro amica cedette con un sospiro. 《Molto bene. Venite con me.》


**


Il dalish perse il conto di quanti scalini avevano percorso dopo aver superato i trecento.
Non ricordava che le rampe di scale fossero così lunghe l'ultima volta che era entrato in quella Torre. Anche se in effetti la minaccia di maghi del sangue o abomini dietro ogni angolo poteva averlo distratto. Ricordava ancora il tanfo di Demone nell'aria e foschi bagliori che la loro magia proiettava sulle pareti.

Sentì Ariane, poco dietro di lui, borbottare qualcosa su una scala maledetta e ghignò sotto i baffi, tenendo lo sguardo dritto davanti a sé. Stavano percorrendo insieme a Warden la via per i piani inferiori della Torre, Neria, Finn e Petra ad aprire la strada, per nulla affaticati dal numero abnorme di gradini.
Parevano tesi. E Runaan stranamente capiva perché.
C'era qualcosa di strano nell'aria. Era come se essa stessa fosse carica di tensione, e più si avvicinavano ai piani bassi, più era facile percepirlo. Persino la luce dei candelabri sembrava più fioca, timorosa.
Inoltre, se i corridoi dei piani superiori erano colmi di vita, quelli che stavano attraversando adesso erano deserti. Il silenzio regnava irreale.


Anche Ariane e Warden se n'erano accorte, perché la prima aveva già le mani sulle else delle spade e la seconda teneva il naso in alto, le orecchie appiattite.
Il biondo guardò la sua amica, poco più avanti. Non gli aveva ancora spiegato perché entrare nei sotterranei fosse tanto rischioso.
Di certo, non si trattava di una faccenda di poco conto: conosceva Neria abbastanza bene da sapere che non si faceva prendere inutilmente dal panico. Qualunque cosa si aggirasse lì sotto, era pericolosa.

《Quindi》 Sentì Ariane borbottare a Finn 《vorresti parlare con una statua? Sai che parlare con oggetti inanimati è di solito segno di follia, giusto?》
《Oh, non è sempre stata una statua!》 Replicò il mago, in faccia il sorriso sornione di chi custodiva un segreto importantissimo.

L'elfa gli rivolse uno sguardo confuso, Warden vicina che abbaiava interrogativa e il mago sogghignò anche di più 《Tranquille, capirete presto di che parlo》
In qualche modo, questo non tranquillizzò nessuno dei due dalish, ma evitarono di commentare.


Quando finalmente le rampe di scale parvero finire, si trovarono in un ampio salone spoglio. Alte librerie occupavano le pareti, però, a differenza di quelle della biblioteca, recavano ancora notevoli segni di danni e poco, più avanti, dietro una colonna graffiata, c'era una porta. Scintillanti rune di Lyrium erano state incise sul ferro che la componeva: ronzavano leggermente.
Runaan la osservò a lungo, il silenzio che gli riempiva le orecchie si spezzò quando aprì bocca. 《Neria, ora siamo da soli. Puoi spiegarci che cosa è successo?》
Lei sospirò stanca, annuendo 《Ricordi quando Irving disse al re e alla regina che la Torre era tornata alla normalità? Beh, mentì. Il Velo non era più lacerato, è vero, ma le azioni di Uldred lo avevano indebolito più di quanto ci aspettassimo! E simili debolezze attirano demoni e spiriti molto potenti e soprattutto pericolosi! Quel vigliacco lo sapeva, non ha detto nulla a nessuno di noi, e si è portato via quel segreto quando si è trasferito al Circolo di Ostwick!》 Strinse I pugni e Petra Proseguì.
《Era risaputo che nei sotterranei fossero conservati oggetti e tomi dai grandi poteri e dopo l'elezione della Prima Incantatrice, volevamo assicurarci che nessuno di essi rappresentasse un pericolo. Insieme ad alcuni maghi esperti, siamo venute ad indagare, ma uno di noi ha attivato senza volere un manufatto del Tevinter e la sua magia è andata fuori controllo! Si aprì un nuovo squarcio, più grande di quelli causati da Uldred, e qualcosa ne emerso! Due di noi furono uccisi prima che potessimo reagire e dovemmo scappare.》 Strinse le labbra al ricordo. Non c'era stato alcun rumore, urlo o avvertimento prima dell'attacco: i corpi di quei due maghi, persone che conosceva da anni, erano stati ridotti a brandelli davanti ai suoi occhi. Aveva sentito il loro sangue schizzarle addosso.

Neria le prese le dita, memore anche lei della corsa che le aveva fatto bruciare i polmoni, mentre sentiva sul collo il fiato di quell'essere. 《Una delle nostre allieve più brillanti, Dagna di Orzammar, è riuscita a creare un sigillo che impedisse a quella cosa di uscire mentre studiavo un modo per riparare lo squarcio. È passato un anno ormai.》
《Quindi hai mentito anche tu, proprio come il Primo incantatore precedente.》 Commentò piatta Ariane, il Dalish più anziano che le scoccava un'occhiata tagliente.


Una scintilla furiosa si accese nelle pupille dell’altra elfa. 《Tu non hai idea di cosa significhi.》 Le disse infatti. 《Ho fatto del mio meglio per cambiare questo posto dopo gli errori del mio predecessore, ma nessuno si fida di noi maghi! La Chiesa sta solo aspettando un errore, una qualsiasi scusa per imporci di nuovo le sue dannate regole e i suoi templari. L'unico motivo per cui non ci hanno cinti d'assedio, è perché l'eroe del Ferelden era mio fratello e perché i sovrani mi sostengono. Ma se dovessero chiedere aiuto ai piani alti della Chiesa o addirittura alla Divina, nemmeno loro potrebbero aiutarmi. Perciò, si, ho mentito. E farei ben altro per tenere al sicuro la mia casa》 Terminò, gelida, mentre tuffava la mano nella veste, tirandone fuori una chiave scintillante, coperta dalle stesse rune incise sulla porta dei sotterranei.
Sapeva bene di aver ingannato per un anno persone che le erano amiche, che le avevano concesso la propria stima e la propria fiducia, ma non per codardia o interesse come Irving! Quella Dalish non poteva capire. Il Circolo era in pezzi quando era stata eletta prima Incantatrice: aveva dovuto fatto grossi sacrifici per poterlo ricostruire, per poterlo cambiare in meglio, e il processo era ben lungi dall'essere finito!
Creare finalmente un'atmosfera migliore era stato difficile e non privo di ostacoli. La Chiesa ovviamente non aveva gradito che i loro soldati fossero stati cacciati dal re e aveva smesso di inviare cibo, denaro e altri beni di prima necessità: Lei e gli altri maghi avevano lavorato per mesi, usando la loro magia per riparare i danni rimasti e lei aveva dovuto gestire attentamente i sostegni pecuniari del casato reale, che dopo il Flagello erano alquanto miseri, per nutrire e dare alloggio ai suoi protetti.

Aveva trascorso mesi cercando nuove alleanze e fonti di sostegno, venendo spesso rifiutata, sempre col terrore di trovarsi i templari alle porte per qualsiasi motivo. Sapeva di avere gli occhi di tutti puntati addosso, che sarebbe bastato un errore per distruggere tutto come un castello di carte, ma era riuscita a mantenere stabile la situazione.
Aveva designato le gerarchie dei maghi, aveva dato nuovi compiti agli incantatori anziani e ai maghi appena diplomati in modo che tutta la magia si svolgesse in sicurezza e che non ci fossero nuovi abusi, aveva accolto nuovi allievi, spesso bambini piccolissimi, tra il timore dei loro genitori e la diffidenza di chiunque altro. E le loro espressioni non erano diverse da quelle che Ariane le aveva rivolto
Aveva dato ai loro figli una casa, cibo, istruzione, sicurezza... ma non era stato sufficiente.

Il Circolo non era più quello in cui era cresciuta lei: era un’accademia, un luogo di studio e cultura, non una prigione. Eppure, quegli uomini e quelle donne l’avevano guardata di traverso quando glielo aveva spiegato, perché nessuno credeva che i maghi potessero gestirsi da soli. Nessuno credeva in lei, anche se era riuscita a cominciare ciò che molti primi incantatori potevano solo sognare!


Il Velo tremò intorno a lei in un moto di frustrazione al solo pensarci, mentre si avvicinava con la chiave alla porta intarsiata di rune. Sentiva gli sguardi nervosi di Petra e Finn e quello preoccupato di Runaan su di sé, ma impedì alla sua magia di reagire. Non era il caso di iniziare una lotta inutile.
Quella ragazza era un’alleata di Runaan, e anche se fin ora aveva mancato le regole basilari del decoro, era comunque scesa lì sotto per aiutarli. Inoltre, lei che aveva vissuto una vita libera nella foresta, lontana dell’intolleranza della Chiesa, non poteva capire cosa provava una persona cresciuta in quella torre.

A suo modo, era simile a quei genitori dalla mente ristretta. Semplicemente, loro avevano imparato a correre dai templari quando cercavano aiuto, però era certa che per i loro figli avrebbero preferito il suo Circolo, ancora giovane e incerto ma libero, ad una situazione simile a quello di Kirkwall.
Aveva sentito cose terribili su quel luogo, sui metodi barbari della comandante templare che lo “custodiva”. Torture fisiche, continui interrogatori, periodi di isolamento e maghi trasformati in adepti della calma per minime trasgressioni! E la Chiesa non aveva mai mosso un dito per fermare lei o i suoi accoliti!


Lei invece aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per rendere quella torre un luogo di pace dove i maghi volessero stare. Dove potessero sentirsi a casa. Ma quando finalmente i suoi sforzi avevano iniziato a pagare, quella nuova crisi l’aveva travolta, minacciando di far crollare tutto in un attimo. E di nuovo, si era rimboccata le maniche!
Aveva sigillato ogni entrata ai sotterranei e aveva fatto in modo che nessuno a parte I maghi più esperti sapesse cosa era accaduto, non lo aveva confessato nemmeno ai sovrani! L'unico motivo per cui Finn ne era venuto a conoscenza, era perché la sua curiosità e la sua abitudine di immischiarsi erano ben più grandi del previsto! Ma nonostante tutto questo, lei aveva continuato a gestire il Circolo mentre cercava una soluzione! Tutto per dimostrare al Thedas intero che era degna del ruolo che le era stato affidato e della fiducia che era stata riposta in lei!


Infilò la chiave nella serratura, cercando di raffreddare la rabbia che ancora ribolliva nel suo stomaco, mentre la porta si apriva con un cigolio metallico.
Sentì il Velo tendersi un’ultima volta e poi rilassarsi, prima di voltarsi verso Ariane e agli altri. 《Attenti a dove mettete i piedi.》 Si raccomandò, la tentazione di sigillare la bocca della castana con una runa che faceva capolino nella sua mente, ma la scacciò.
Era solo una ragazzina, aveva parlato a sproposito. Ne aveva viste e addestrate molte come lei: giovani ambiziose, impazienti, convinte di avere ogni risposta. Ci avrebbe pensato il tempo a dimostrarle il contrario.


La dalish la fissò scendere le scale celate dietro la porta, Petra sempre accanto, e la sua lingua come paralizzata. Per un attimo, aveva avuto l'impressione che Neria stesse per attaccare e la sua schiena era stata attraversata da un lungo brivido che non riusciva a spiegarsi. Aveva per caso… avuto paura di lei?
《Un consiglio》 Commentò Runaan piatto, facendola sobbalzare. 《Se sei in cerca aiuto, insultare chi può dartelo è il modo migliore per rimanere a bocca asciutta》 Disse, avviandosi anche lui verso la soglia
Warden rivolse alla giovane dalish uno sguardo preoccupato con i suoi grandi occhioni scuri, come ad avvertirla di non mettersi nei guai, prima di tornare a scodinzolare allegra accanto al suo padrone

Ariane si ritrovò nuovamente senza una risposta: quella strana sensazione non se n’era andata e lei non riusciva a spiegarselo. Per tutta la vita si era sentita dire che gli elfi di città non erano guerrieri. Quando era bambina, tre di loro erano riusciti a fuggire dalle loro enclavi e a raggiungere il suo clan. Tre creature fragili e paurose, incapaci di cacciare o combattere, con un dio umano nelle loro preghiere e degradazione nelle loro storie.
Col tempo, avevano imparato le loro usanze, avevano scoperto la via dell'arco e della spada e la foresta li aveva accettati. Però quell'ombra nei loro occhi era rimasta. Quella sottomissione che annunciava a tutti il loro luogo di nascita, più dei loro volti privi di vallaslin.
Però non ne aveva trovato traccia nello sguardo di Neria. Brillava di una luce intensa, quella di chi era gravato da un enorme peso, ma che alla fine aveva vinto ogni sfida. Era identico a quello di Runaan ed era questo che l'aveva terrorizzata!


Iniziò a scendere a sua volta le scale, ancora preda di quei pensieri, non facendo nemmeno caso a quanto la temperatura avesse iniziato ad alzarsi, prima che la voce di Finn attirasse la sua attenzione.
《Sappi che sono lieto che tu e la prima incantatrice non abbiate iniziato a combattere poc’anzi. Sa essere davvero terrificante quando è incollerita》 Commentò
L'elfa alzò un sopracciglio. 《Hai paura di lei?》

Il mago strabuzzò gli occhi. 《Quella donna ha affrontato un Arcidemone ed è vissuta per raccontarlo. Ovviamente ho paura di lei! Inoltre…》 si avvicinò al suo orecchio. 《Le sue sgridate possono durare ore》
Ariane sbuffò una risatina suo malgrado. Quello shem era un essere saccente e petulante, ma forse aveva anche qualche qualità positiva. Per un umano ovviamente. Quantomeno, sembrava meno restio di Runaan a darle retta.


Attraversò accanto a lui il grande corridoio, le mani sulle spade, mentre quel silenzio soffocante tornava ad avvolgerli. Anche gli altri avevano sfoderato le armi e avanzavano guardinghi attraverso l’aria pesante. E se l'atmosfera era parsa tesa ai piani superiori, lì sotto era soffocante.
Grandi librerie giacevano divelte ai lati dei corridoi, i tomi che un tempo le occupavano ridotti a carta straccia. I segni erano netti, come se qualcosa le avesse tagliate, ma non c'erano segni sulla parete sottostante. La pietra era intatta, lucida di umidità.

Ariane sfoderò le spade mentre Runaan incoccava una freccia poco più avanti. Cercarono entrambi di tendere le orecchie, i loro sensi di cacciatori che si risvegliavano, ma non sentirono niente. Anche Warden annusò il terreno, i bastoni di Neria e Petra che cercavano di bucare il buio, ma scosse il grosso capo peloso con un guaito.
La giovane dalish imprecò tra i denti. Era inutile: stavano cacciando una bestia proveniente dell’Oblio, il mondo degli spiriti e dei demoni, qualcosa che non si sarebbe fatta trovare tanto facilmente.
《Neria, hai un modo per richiudere lo squarcio una volta che lo avremo raggiunto?》 Chiese Runaan, la voce tesa quando la corda del suo arco.
La maga annuì, più pallida di prima, una complessa runa luminosa che si accendeva sul palmo della sua mano. 《Ho scoperto questo glifo su un antico testo nevarriano. Veniva incisa su degli specifici artefatti per rendere il Velo più forte e con qualche modifica sono riuscita a renderla utile al nostro scopo.》
《Andiamo allora.》 Annuì io Dalish, la fronte sudata e la freccia sempre tesa.


Si avviarono a passi lenti attraverso l’intrico di corridoi, le armi in pugno e le orecchie che fischiavano in quel silenzio soffocante, alla ricerca di presenze inesistenti.
Incontrarono altre librerie divelte, tagliate di netto, mentre pesanti gocce umide scorrevano lungo le ragnatele sui muri, disfacendole in pozze viscose che lambivano la carta e il legno a terra.
Petra era bianca come cera, il bastone alto per fare loro luce, e Ariane non si era mai allontanata da Finn, le spade in pugno e lo sguardo che vagava da Neria, Runaan e Warden, poco davanti a loro, ai muri.
Il giovane mago accanto a lei stava facendo lo stesso, ma i suoi occhi scuri da roditore scattavano nervosi da una parte all'altra, la luce giallo verde del suo bastone che sfarfallava ad ogni suo sobbalzo.

L’elfa gli avrebbe detto di smetterla, se anche lei non si fosse dovuta forzare per mantenere l'andatura stabile che aveva appreso nelle foreste.
Emise un sospiro seccato, sperando che non mancasse molto, ma poi la sua attenzione fu attratta da qualcosa appeso al muro: un grande arazzo!


Era un'opera immensa, toccava quasi il pavimento, e di squisita fattura. A differenza delle librerie e di qualsiasi altro mobile in quell'inferno di corridoi, non era stato strappato, solo consumato sulle estremità, i colori un po' sbiaditi che davano spazio una muffa grigiastra, ma questo non svalutava la sua bellezza.
Il nero dello sfondo si fondeva con i fili grigi, rossi e oro che parevano comporre il muso di un animale che non aveva mai visto. Una serie di grandi occhi di un azzurro intenso erano tessuti proprio al centro, talmente ben fatti da sembrare reali!
Ariane ebbe per un secondo l'impressione che la stessero guardando sul serio, ma si disse che era solo suggestione. Persino l’aria aveva un odore sbagliato lì sotto! Non riusciva neanche a capire cosa fosse o se lo avesse mai sentito prima, sapeva solo che era sbagliato.


《Che strano.》 Commentò Finn, avvicinando il bastone all'arazzo per illuminarlo meglio, mentre le dita ne percorrevano la trama pesante. 《Sono stato qui sotto decine di volte, eppure non ricordo di aver mai visto un'opera simile.》
《Pensavo che l'entrata ai sotterranei fosse proibita》 Rispose l’elfa, cercando di scacciare il nervosismo, gli occhi ancora fissi in quelli dell’arazzo. Non sapeva se fosse un oggetto magico, ma sembrava calamitarla in un modo che non comprendeva.

Le guance del più alto divennero paonazze. 《Beh, non era ancora proibito allora! Inoltre, sono convinto che, per amore della conoscenza, certe regole vadano ignorate!》 Esclamò, roteando l'indice in un gesto teatrale, prima di riprendere a camminare.
Non fece in tempo a muovere due passi, che parve inciampare nei suoi stessi piedi e cadere in avanti, il suo bastone che si spegneva in un urletto sorpreso.
Ariane lo afferrò per il retro della veste appena in tempo, evitando una dolorosa collisione tra il suo naso e il pavimento e smettendo finalmente di guardare l'arazzo. 《Ormai dovresti sapere come si cammina, Shem.》 Gli disse in un mezzo rimprovero, sbuffando divertita quando vide le sue orecchie assumere un colorito porpora.
Finn si alzò tossicchiando un grazie, cercando di sistemarsi la veste in un ovvio tentativo di celare l’imbarazzo, la voce di Runaan che gli ricordava di non allontanarsi troppo dal gruppo.
Iniziarono ad avviarsi entrambi, l’abbaiare di Warden che riecheggiava nel corridoio, ma una scossa improvvisa squassò la pietra su cui camminavano.

Ariane sentì Finn emettere uno strillo acuto, la luce del suo bastone e di quelli delle altre maghe che si spegneva di colpo, facendo piombare il corridoio in un buio così denso da impedire anche agli occhi dei due Dalish di penetrarlo.
L'elfa sguainò le armi, ma qualcosa, dei fili, avvolsero il suo braccio, poi il busto e le gambe, tendendosi con forza e scavando nella sua armatura, nella pelle e nella carne fino a farla sanguinare e urlare.

Le sue spade caddero con un clangore; sentì una freccia di Runaan spezzarsi contro il muro e poi i suoi grugniti di dolore soffocati, Warden che latrava in un punto indistinto prima di smettere di colpo.
Ariane sentiva il cuore che pulsava nelle sue orecchie, come le urla di Petra e Neria e i singulti di Finn! Provò a divincolarsi, a fuggire, ma fu inutile. Sentiva ogni goccia di sangue scendere bollente sulla pelle sudata

Scorse un movimento di fronte a lei, una sagoma indistinta che si muoveva sinuosa in lunghe onde vibranti, prima che un enorme occhio di un azzurro innaturale si spalancava. Un occhio che aveva già visto, impresso nell’arazzo di poco prima!
Se ne aprirono altri: le trame blu e oro che li componevano illuminarono le ombre, mostrando fili rossi, neri e grigi emergere dalle pareti intonse e tessuti nel muso gigantesco e allungato di una creatura terrificante, mutevole, venuta fuori dagli incubi e dalle storie più antiche!

Provò ad urlare ancora, a pregare qualunque Nume volesse ascoltarla di aiutarla a prendere le spade, ma i fili si mossero verso la sua gola, mozzandole il fiato in un gorgoglio patetico.
Vide quelle miriadi d'occhi fissarla senza espressione, l’aria umida che sfuggiva ai suoi polmoni e alle sue preghiere. Vide un lampo di denti scarlatti spaccare il muso filato, i nodi e le trame che si ricomponevano e disfacevano ad ogni secondo, prima di sprofondare nel buio.

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