Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Già da qualche giorno la neve,
come ogni anno in quella stagione, era tornata a ricoprire le strade e le case
di Stars Hollow, infondendo nei cuori di tutti i suoi cittadini
un pizzico di quella atmosfera natalizia che via via si faceva sempre
più forte, nonostante mancasse più di qualche settimana al giorno
di festa; ma la neve, oltre a trasmettere un profondo senso di gioia, portava
con se anche un freddo particolarmente pungente, che si faceva sentire
soprattutto di primo mattino.
Gran parte della gente si prestava a
cominciare la giornata consumando una buona tazza di caffé nel miglior
locale del paese cercando, in questo modo, di scollarsi di dosso quella
sonnolenza che era decisamente micidiale.
Una di queste persone era Lorelai
Gilmore che, mentre si stava dirigendo verso la sua “seconda casa”,
tentava di scaldarsi le mani infilandole dentro le tasche del suo
“adorato” giubbotto rosso, in quanto i soli guanti sembravano non
essere molto efficaci nel difenderla dal freddo; come ogni inverno, quando
nevicava, si divertiva a indossare dei paraorecchi di
un leggero color rosato, che attiravano ulteriormente l’attenzione su di
se. Gli ultimi passi che la separavano dal suo “paradiso” li
percorse molto più velocemente, come se una qualche misteriosa
divinità la chiamasse a se, annebbiandole l’intera realtà
che la circondava.
“LUKE…CAFFÈ!!! ”
Non appena sentì il suono di
quella voce oramai così familiare, il padrone del locale, che intanto si
stava dedicando a servire al bancone uno dei tanti clienti mattutini,
alzò lo sguardo in direzione della “nuova” arrivata,
limitandosi ad uno dei suoi consueti saluti.
“BUONGIORNO!...Ma
è mai possibile che il tuo primo pensiero alla mattina sia il caffé?!”
“Non è mica il mio primo
pensiero…..per chi mi hai preso. Appena mi alzo rifletto su come uccidere mia madre senza sporcare
la moquet; poi però mi pento per i cattivi
pensieri, così cerco un modo per andare d’accordo con lei; ma
facendolo mi si forma un improvviso mal di testa, guaribile
soltanto…”
“si…si…ho capito, ti porto il caffé…”
“diciamo
che è il terzo pensiero della giornata, sogni permettendo, perché
allora diventa il quarto; ma se conto anche i muffin…”
“BASTA! Ho capito….menomale
che non ti ho ancora versato niente….mi domando
ancora come fai ad essere così di primo mattino!”
Lorelai si limitò a rispondere
all’amico alzando le spalle ed accennando uno dei suoi consueti sorrisi,
che ogni volta costringevano Luke a voltarsi dall’altra parte, per nonpermettere alla
donna di vedere il suo volto visibilmente più arrossato, e risparmiandosi
così una situazione difficile da gestire; e come ogni mattina Lorelai
non si accorgeva di niente, continuando a bere il suo caffé, che ad ogni
sorso le faceva prendere sempre più coscienza della realtà.
“Oggi fa davvero freddo…e
pensare che mi si è rotto il
riscaldamento….”
“a casa?!”
“no non a casa…ormai
è diventato un iglò..”
“Lorelai…”
“No davvero, pensa che questa
mattina è venuto a svegliarmi Pingu…ma
dico te lo immagini PINGU…”
“Lorelai…”
“DAVVERO...e mi ha anche portato
dei ghiaccioli…all’amarena, ma non è che mi piacciano
molto…preferisco quelli alla liquirizia, hanno un sapore più..”
“LORELAI!!!!”
Come accadeva per la maggior parte delle loro conversazioni, il tono di Luke si fece
più alto e profondo, catturando così l’attenzione di
Lorelai che, mentre raccontava le sue fantasie, si divertiva a riprodurle nella
propria mente, sapendo bene che tutto ciò infastidiva non poco il signor
Danes.
“Perché non me lo hai detto che hai il riscaldamento che non funziona?!”
“Perché l’altro ieri
sei venuto a sistemare la lavatrice, e il giorno prima la porta sul retro e il
giorno prima ancora il tavolo della cucina….”
“….e con questo?!”
“Quasi ogni giorno vieni a
sistemarmi qualcosa….mi sembra di approfittarne”
“Lorelai….”
“Penso proprio che per almeno il
resto della mattinata ricorderò il mio
nome…quindi…puoi smettere di ripetermelo in continuazione, stasera
quando torno ricominci ok?”
“no…verso le sei, quando
vengo a sistemarti il riscaldamento”
“Grazie…sei un
tesoro”
Ed ecco il secondo sorriso della
mattinata che procurava su Luke lo stesso effetto del primo, forse peggio, dato
che questa volta era accompagnato da un aggettivo decisamente
“interessante”. Non appena Luke si voltò per sistemare le
tazze che si trovavano sopra al bancone, o meglio, trovò la scusa
calzante per evitare nuovamente lo sguardo dell’amica, Lorelai si
alzò, sistemandosi il giubbotto e il paraorecchi,
come se si preparasse ad affrontare una terribile tempesta.
“Il Dragon
fly mi aspetta….ci vediamo stasera”
“Mh…ok…”
Mentre si stava dirigendo verso
l’uscita, Lorelai venne bloccata da un Kirk
più bizzarro del solito, sempre che bizzarro fosse un termine abbastanza
efficace da descriverlo; l’ “uomo”, infatti, indossava una
tuta da sci, di un giallo a dir poco appariscente, completo di doposci e
berretto alla David Croket. Appena lo vide, Lorelai rimase allibita; infatti,
anche se conosceva bene Kirk e le sue improvvise manie, ogni volta che usciva
con una delle sue spuntate c’era da aspettarsi che sarebbe successo
qualcosa di poco piacevole, il più delle volte dannoso
per lui.
“K…Kirk…p…perché
indossi una tuta?”
Non appena Lorelai gli fece quella
domanda, lo sguardo di Kirk si fece leggermente perplesso, come se non se non
se l’aspettasse e il fatto di mettersi una tuta in una cittadina dove la
neve non superava i sei centimetri, fosse un fatto
normalissimo.
“quando c’è la neve ci si mette la tuta…”
“sì…ma non a Star
Hollow…”
“e perché no?!”
“PERCHÉ LE PERSONE NORMALI
NON INDOSSANO UNA TUTA DA SCI IN QUESTA CITTÀ !!”
Alla strana conversazione, che si stava
sicuramente creando tra Lorelai e Kirk, si aggiunse anche Luke, che dal bancone
aveva sfortunatamente visto la nuova “idea”
di Kirk e non aveva saputo trattenersi dall’urlargli contro. Dal canto
suo, Lorelai sapeva bene come si sarebbe evoluta la situazione, quindi si stava
già pregustando una di quelle risate che non si facevano tutti i giorni,
tranne quando lei riusciva a far arrabbiare Luke grazie ai suoi
“complicati” discorsi.
Questa volta Kirk
non si limitò a fissare i due compaesani, ma fece uno dei suoi
inquietanti sorrisi, che naturalmente non avevano nulla a che fare con quelli
di Lorelai; quelli di Kirk, infatti, avevano la
capacità di angosciare anche Luke.
“Bè…si vede che non
vi siete accorti con chi state parlando!”
“Dammi retta me ne sono
accorto…ed è proprio per questo motivo che continuo a chiedermi
perché sono fermo qui ad ascoltarti…”
“semplice…perché il
tuo istinto ti dice di restare, dato che stai parlando con lo SPAZZANEVE
ufficiale di Star Hollow!!”
“No ti prego…”
Al contrario di Kirk che aveva
pronunciato l’ultima frase con un profondo orgoglio per se stesso, Luke
lo fissò con uno sguardo che tendeva più alla disperazione che
all’approvazione; anche Lorelai si incantò
a guardare il nuovo “spazzaneve” di star Hollow, ma non appena
questo si voltò a guardarla, lei azzardò un improvviso sorriso,
che sparì non appena Kirk si rivoltò verso Luke, che intanto si
era diretto verso il bancone, cercando di rimuovere dalla mente ciò che
era appena accaduto.
“bè…io
vado…auguri per il tuo nuovo lavoro Kirk! Ci vediamo dopo
Luke…”
“Ciao Lorelai…domani mattina passo davanti a casa tua per spalare la
neve..”
“c…certo…grazie Kirk”
Più veloce di un fulmine,
Lorelai uscì dal locale, evitando così di sentire da una parte
Kirk che, con la sua voce decisamente strana, difende
il suo onore di spazzaneve e dall’altra Luke, che non brilla certo per
pazienza nei confronti di soggetti come Kirk.
Mentre si stava dirigendo verso la locanda,
il tragitto di Lorelai venne interrotto nuovamente;
fortunatamente questa volta non si trattava di nessun individuo strampalato di
Star Hollow, ma del suo telefonino, che come sempre suonava quando lei era di
fretta. Stranamente trovò immediatamente il cellulare dentro la borsa e
il fatto insospettì anche chi si trovava dall’altro capo della
linea.
“DUE SQUILLI…SOLAMENTE DUE
SQUILLI…?!”
“Ebbene sì Rory, non ci crederai ma la tua assenza sta avendo questi effetti sul mio
organismo!”
“Non è che domani mi dirai che ti sei sposata e che la nonna al tuo matrimonio ha
pianto di felicità!?”
“…lo sapevo….hai cominciato a drogarti non è vero?!”
“Non ho cominciato, ho solamente
cambiato fornitore…Comunque, mettendo da parte
per cinque minuti i nostri discorsi così profondi…hai detto a Luke
del riscaldamento?”
“Sì mamma….lo sai che se vai avanti di questo passo assomigli sempre di
più alla tua nonnina?!”
“Guarda che quello dovrebbe
capitare a te e non a me…non lo sapevi che
inconsciamente i figli riproducono gli atteggiamenti dei genitori?!”
“Sei crudele…ti pentirai di
ciò che mi hai appena detto non appena mi troverai ibernata a casa”
“Allora non hai detto niente a
Luke…”
“Sì l’ho
fatto…ha detto che verso le sei viene a
sistemarlo…”
“A volte mi chiedo cosa faremmo
senza Luke….”
“Bè…io sarei in
crisi di astinenza da caffé, congelata e priva
di un uomo da far impazzire con i miei discorsi su Pingu!”
“Pingu?!”
“Lascia
stare…è meglio credimi!”
“Va
bene…ora vado, tra cinque minuti cominciano i corsi…”
“Ok…ciao tesoro, mi
raccomando non studiare troppo che poi inquini l’ambiente…”
“sì…ok…”
Non appena riattaccò il
telefono, sul viso di Rory si formò un leggero sorriso; infatti, come
ogni volta che sentiva la voce della madre, la giovane Gilmore si sentiva
subito meglio, come se Lorelai avesse il potere di infonderle coraggio ed
energia nei momenti in cui questi mancavano dalla “scorta”
quotidiana. Dopo aver riposto il telefono sopra al tavolino che si trovava ai
piedi del divano in salotto, Rory si diresse verso il bagno; ma non fece
nemmeno in tempo a varcare la soglia della stanza che Janet la chiamò
dalla sua camera. Janet era l’ultima inquilina venuta a dividere
l’appartamento con Rory, Paris e Tanna; se si doveva classificare la
ragazza in una determinata categoria, la sua era quella di
“sportiva”, dato che nessuno lì dentro aveva il coraggio, o
meglio, la volontà di alzarsi alle sei del mattino per fare ginnastica.Non appena Rory si sentì chiamare
si diresse verso la stanza della ragazza e la trovò
che leggeva un libro di Storia greca, distesa sul letto; ora che ci pensava
bene, erano rare le volte che vedeva Janet impegnata a studiare e questo le
sembrava a dir poco strano dato che per essere stata ammessa a Yale doveva aver
sgobbato almeno un po’.
Non appena vide Rory sullo stipite
della porta, Janet distolse lo sguardo dalla lettura e si mise seduta sopra al
letto.
“Per caso aspetti qualcuno?!”
“come scusa?!”
“deve venire a trovarti qualche
ragazzo?!”
Rory cominciò a guardare Janet
in una maniera che faceva trapelare un'unica frase: NON CAPISCO UN ACCIDENTE DI
QUELLO CHE STAI DICENDO! Ma Janet non si fece abbattere e, con
l’andamento più tranquillo che Rory le avesse
mai visto in tutto il tempo in cui abitavano insieme, si alzò dal letto
e si diresse verso quella che doveva essere stata la meta di Rory, per poi
aprire il rubinetto e rinfrescarsi un po’ il viso. Dopo averlo fatto,
continuo con il suo pseudo – interrogatorio.
“Questa mattina mi sono alzata
come sempre alle sei per andare ad allenarmi e quando sono tornata, davanti
alla porta, c’era un ragazzo che tentava di bussare, ma poi si bloccava, faceva
per andarsene, poi però si fermava di nuovo e tornava
sui suoi passi; ha fatto così per tre quattro volte, poi si è
guardato in giro e se ne è andato!”
“e perché pensi che
cercasse me?!”
“bè…perché
appena l’ho chiesto a Tanna è rimasta immobile a fissarmi per poi
voltarsi e accendere la tv…come se io non avessi aperto bocca; così
mi sono messa davanti al televisore e lei mi ha rivolto un sorriso a 32 denti
accompagnato da un caloroso buongiorno!”
“ah…”
“poi ho pensato che fosse un
amico di Paris, ma mi sono corretta subito….Paris non ha amici!”
Nel descrivere le persone nella maniera
più sintetica e chiara possibile, Janet era una maestra, soprattutto quando l’argomento principale era una
certa Paris. L’antipatia che la “sportiva” provava nei
confronti della signorina Gellar era del tutto
comprensibile, visto che quest’ultima sembrava trovare una profonda
soddisfazione personale nel tormentare il fidanzato della ragazza, continuando
a ripetergli che era un “ciccione”. Paris non era cattiva, ma molte
volte sembrava la copia femminile (a colte addirittura quasi umana) di RobertPatrick, il cyborg di Terminator 2, se non peggio quando le cose al
giornale non andavano come diceva lei.
“non ha importanza…sarà stato sicuramente uno che doveva farsi perdonare
dalla fidanzata e non ha avuto abbastanza coraggio così se né
andato, assicurandosi che nessuna delle sue amiche lo avesse visto nei
paraggi!”
“bè…non avrei saputo
dare una spiegazione migliore! Comunque, ora
vado…sono già in ritardo e il corso sarà già
iniziato!”
Velocemente Rory uscì
dall’appartamento e, con una camminata che la faceva assomigliare ad un
maratoneta, percorse i corridoi che la dividevano dall’aula del professor
Fleming, il “ragazzo” di Paris. Non appena pensava al professore in
quel ruolo le salivano i brividi fino alle punte dei
capelli; è vero che l’amore è cieco, ma in questo caso
doveva essere sbattuto contro qualche palo che si trovava in mezzo alla strada.
Per di più Paris sembrava, o meglio, era ansiosa di raccontarle ogni
minimo particolare delle serate che passava insieme a “Asher”, non
sapendo il disgusto che questo creava nella giovane Gilmore.
Solamente dopo essersi accorta dei
pensieri che man mano si stavano formando sulla sua mente, Rory li
scacciò concentrando tutte le sue energie per seguire i corsi che le
aspettavano quella mattina.
La ragazza entrò nell’aula
e lentamente andò a sedersi su una delle sedie libere, rendendosi conto
che il professor Fleming si era accorto del suo ritardo; ma come se non fosse
accaduto nulla, Rory aprì il libro e cominciò a prendere appunti.
Verso le tre del pomeriggio, Rory
uscì dall’ultimo corso della giornata, più sfinita del
solito, individuando come possibile causa l’aver
letto fino a mezzanotte passata “Venti mila leghe sotto i mari” di
Jules Verne; ma, dopotutto, era uno dei suoi libri preferiti e la sua forza di
volontà non era abbastanza efficace da permetterle di chiuderlo quando
mancavano appena cento pagine. Stranamente, l’aver
pensato a quel libro e al fatto che fosse uno dei suoi preferiti, le fece
tornare alla mente una persona che tentava in tutti i modi di dimenticare, una
persona che l’aveva abbandonata senza un “ciao”, una
telefonata, una lettera; l’unica persona che era riuscita a spezzarle il
cuore come nessuno aveva mai fatto; l’unica persona che lei avesse
davvero amato. A quel pensiero Rory si bloccò e chiuse gli occhi
per scacciare via quel doloroso pensiero, ma non appena lo fece la sua mente
gli fece ripensare ai momenti che lei e Jess avevano
trascorso insieme: dalla prima volta in cui lo vide a Stars
Hollow, all’ultima, quando si trovavano nello stesso autobus e lui non le
aveva detto nulla. Una lacrima si stava già preparando a percorrere il
viso della ragazza, ma fortunatamente il suono del telefono la distrasse da
quella pesante sensazione e la obbligo ad asciugarsi
gli occhi.
“pronto?!”
“Non indovinerai mai?!”
“Lane…”
“stavo servendo ai tavoli nel bar
di Luke e…”
“e…”
“un uomo seduto al bancone mi
ferma e mi chiede se il mio nome è Lane Kim…così gli ho
detto di sì…e sai cosa mi ha detto?!”
“che
è un cugino di Sherlock Holmes, ingaggiato da tua madre per conoscere
ogni tua mossa…”
“no…anche se adesso che mi
ci fai pensare potrebbe essere così…”
“sì ma SherlockHolmes non è coreano…”
“quindi non centra mia madre; comunque…si chiama Robert Dellord e lavora in una casa
discografica…TI RENDI CONTO?!”
“e come faceva a sapere chi eri e
che suonavi?!”
“glielo ha
detto Gil…diventeremo
famosi…”
“sono felicissima per te Lane…ma non vorrei che finisse come l’ultima
volta, ricordi: New York…locale…signora Kim furibonda?!”
“non preoccuparti…andrà
tutto bene…e poi la “signora Kim” non può buttarmi
fuori di casa per due volte…o può farlo?!...meglio
che non ci pensi…bè ora devo lasciarti...Ciao!”
“ok…ciao…”
Da quella famosa notte in cui andò a suonare di nascosto in un locale di New York
con la sua band (da precisare che alla fin fine gli organizzatori gli diedero
buca) la vita di Lene era totalmente cambiata: i rapporti con sua madre,
già difficili di per se, ora erano del tutto assenti, viveva con i due
ragazzi della sua band in un appartamento e sotto al palchè
non vi era nessun tipo di oggetto “trasgressivo”, dato che ora si
trovavano tutti sopra alla mensola. Anche se a volte tentava di nasconderlo,
Lane soffriva moltissimo per questa situazione, ma non
poteva permettere a sua madre di organizzarle la vita ora che era una ragazza
pienamente autosufficiente.
Nonostante fossero entrambe madri,
Lorelai e la signora Kim era totalmente diverse: la prima, oltre al suo ruolo
di genitore, esercitava anche quello di amica e
confidente, la seconda, invece, quello di un marine severo e duro come la
pietra.
Ogni volta che a Rory capitava di
confrontare le due donne, questa capiva quanto fosse
fortunata ad avere una madre come la sua, che le scriveva e-mail, che la faceva
ridere e le dava i migliori consigli, nonostante a volte si comportasse in una
maniera tale da far capovolgere i loro ruoli; ma forse era proprio questo suo
essere così spontanea che la rendeva una perfetta madre e una perfetta
amica.
Quando furono passati solamente pochi
secondi da quando aveva riagganciato il telefono, Rory
ricominciò a pensare a “quella” persona, chiedendosi come
mai proprio oggi doveva tornare sui suoi pensieri, rendendole tutto ancora
più difficile.
Nel frattempo, al Dragon
fly, Lorelai e Sookie erano alle prese con gli ultimi lavori di
ristrutturazione. Sookie indossava un magione di un
turchese leggermente opaco e dei pantaloni neri, al contrario di Lorelai che
aveva una camicia a righe con sopra una maglietta dello stesso rosso acceso del
suo giubbotto, con un paio di jeans abbastanza aderenti. Oramai mancava poco
tempo all’inaugurazione e le due amiche sentivano che più si
avvicinavano alla fine e più il tempo cominciava a rallentare, come se
quest’ultimo si divertisse e farle soffrire. La realizzazione
del loro sogno era alle porte e tra non molto le avrebbero spalancate
rimediando a tutti i sacrifici che avevano dovuto fare e alle umiliazioni che
avevano dovuto subire.
“Bè Lorelai…manca
poco…”
“già…non sto più nella pelle…ti rendi conto Sookie, il
Dragon fly tra poco non sarà semplicemente un’idea ma una
realtà!”
“sì…anche il
lavorare con Michel Gerard non sarà più un’idea ma una dura
realtà!”
“ma
senza un francese scorbutico non sarebbe stata la nostra locanda
perfetta…e poi è ancora eccitato perché ha visto Celine
Dion perciò, quando comincerà ad essere troppo puntiglioso, basterà
che Taylor si metta un mantello con un cappuccio nero e Michel lo
scambierà per Darth Sidious di Star Wars…”
“o per
Pingu…”
“basta parlare di
lui…questo pinguino sta diventando troppo presente
oggi…finirò per convincermi che esiste”
“a Davey piace tanto, ogni volta
che lo vede smette subito di piangere…e poi mi sto abituando a guardarlo
alle tre di notte, cioè quando l’orologio
biologico di Davey gli dice che è ora di interrompere il sonno della sua
mamma…”
“già…in questo
periodo ti vedo particolarmente stanca…se vai avanti così finirai
per riempirti di occhiaie; mica male
però… così al posto di una locanda, apriremo un negozio di
borse!”
“hai ragione…ma tra la
locanda e Davey non ho mai un po’ di tempo per rilassarmi un po’.
Anche Jackson, nonostante non voglia ammetterlo,ne comincia a risentire, infondo,
però, non possiamo farci
nulla…””
“e perché non lo lasci a
qualcuno per una sera?!”
“l’ho chiesto a Michel…ma non appena l’ho fatto a cominciato a
balbettare qualcosa come:letto, sotto, bambino, dorme… così ho
lasciato stare, sembrava davvero spaventato…”
Lorelai capì subito a cosa
corrispondevano i balbettamenti di Michel e molto probabilmente era stato meglio
che Sookie non li avesse decifrati, altrimenti chissà come avrebbe
reagito se avesse scoperto che spingendo su e giù il bambino, Michel lo
aveva buttato sotto al letto; una vera e propria
catastrofe. Era, perciò, evidente che Michel non avrebbe più
osato toccare il piccolo Davey, almeno per una decina di anni,
in altre parole quando era abbastanza grande da uscire da sotto al letto senza
alcun aiuto.
“quindi
non ho nessun altro…”
“perché non lo lasci a me?!”
Le ultime parole Lorelai le aveva pronunciate con un tale entusiasmo e convinzione da
far fare un leggero scatto a Sookie; la cuoca non sembrava troppo convinta
dall’idea della Gilmore e ciò lo faceva trapelare
dall’espressione dei suoi occhi. Dal canto suo, Lorelai, non capiva la
reazione dell’amica, infondo lei se la cavava bene con i bambini, il solo
fatto che ne aveva allevato uno da sola era una prova inconfutabile.
“perché quella faccia?!”
“niente…è che tu hai
una tua vita e non mi sembrava giusto che passassi la serata a casa con Davey mentre io vado a divertirmi con Jackson…”
“ma non ti preoccupare…a me
fa piacere, mi piacciono un sacco i bambini, per due
motivi:posso parlare di tutto e non mi contraddicono quasi mai”
“e Jason?!
Non credo la pensi come te nel passare un’intera
serata a badare ad un bambino che non è neanche suo!”
“e chi ha detto
che stasera esco con Jason?!”
“me lo hai detto tu questa mattina quando sei arrivata alla locanda!”
“dettagli…gli dirò che ho preso la malaria e che perciò mi
hanno messo in quarantena!”
Sookie osservò Lorelai e le
porse un sincero sorriso; conosceva bene l’amica e sapeva che sicuramente
avrebbe preferito uscire invece che rimanere a casa, ma sapeva anche che era
pressoché impossibile farle cambiare idea, perciò se aveva deciso
di farle quel favore così sarebbe stato, anche a costo di rapire Davey e
riportarglielo il giorno dopo.
“perfetto Sookie…è
deciso! A che ora passo a prenderlo?”
“oh…non c’è
bisogno che vieni tu, passo io da te…per le sette, va
bene?”
“nessun problema….ti aspetto per quell’ora!...ci vediamo dopo ciao
Sookie!”
Al locale, Luke era indaffarato a
servire un sacco di persone; infatti, nonostante fuori si congelasse, gli unici
che erano usciti di casa o che avevano appena
terminato il lavoro, si diressero lì, sperando che un buon caffé
servisse ad alzare la temperatura. Dopo aver servito un cliente seduto ad un
tavolo vicino all’ingresso, la giovane Lane si
avvicinò al bancone, aspettando che Sisar
preparasse l’ordinazione fatta da due fidanzatini, circa quindici muniti
fa. Mentre aspettava, senza rendersene conto, la ragazza si ritrovò a
fissare i due ragazzi che stavano in fondo alla sala, che
mentre aspettavano il loro cibo, trascorrevano il tempo guardandosi
intensamente negli occhi e scambiandosi dei baci a dirpoco affettuosi. Nonostante
non volesse ammetterlo, tutto ciò faceva scatenare in Lane una forte
rabbia che poteva essere tradotta solamente con la parola GELOSIA.
Luke, che in quel momento si trovava di
fronte a lei dall’altra parte del bancone, si accorse della sua
espressione, sospettando quale fosse la causa.
“tutto bene?”
“oh
sì…certo…”
“ti vedo abbastanza
pensierosa…c’è qualcosa che non va?!”
“no…tutto…tutto
bene…”
“sarà, ma la tua faccia
sembra ben lontana dal “tutto bene”…o sbaglio?!...non dirmi che quello era il tuo ragazzo!”
“no…no…figurati, il
mio ex ragazzo è in California, si è trasferito lì per
andare al collage...pensavamo che la lontananza non potesse scalfire la nostra
storia e invece eccomi qua…sola come un cane che passo
il tempo tra una portata e l’altra fissando due fidanzatini!
Anzi…ora che ci penso non sono sola come un cane, Lilli dopotutto aveva
il Vagabondo…perciò non era sola, sono
più sola di un cane…”
L’ultima frase Lane l’aveva pronunciata con un profondo tono di disperazione e ,
naturalmente, Luke se ne era accorto; non era un granché con le
chiacchiere, ma se persino Lorelai qualche volta lo stava a sentire,
significava che tanto male non era.
“sbaglio o hai una band?!”
“sì è vero…ma uno è sposato ed ha una figlia, uno ha
usato lo spazio del suo mobiletto per metterci dei pupazzetti e l’altro
ancora…lasciamo perdere…”
“ma non sei comunque
sola…pensa se non avresti nemmeno loro. C’è sempre tempo per
un ragazzo…ma i veri amici arrivati sono sempre
più difficili da trovare!”
Dopo quell’ultimo consiglio,
l’umore di Lane, che fino a poco fa era arrivato a toccare il centro
della terra, cominciava a toccare i livelli della normalità, infondendo
nella ragazza un forte senso di sicurezza, capace di abbattere quel profondo
abbattimento che in quei giorni la stava massacrando.
Dopotutto Luke aveva ragione, le aveva degli amici fantastici, cominciando da
Rory che si era sempre dimostrata sincera e disponibile nei suoi confronti.
“hai ragione…Grazie
Luke”
“porta questi hamburger a quel
tavolo….ai fidanzati ci penso io…”
Lane lanciò
a Luke un sincero sorriso che, come ogni volta, metteva in risalto i suoi
lineamenti coreani, conferendole un aspetto dolce e insicuro, un aspetto che
rispecchiava notevolmente il suo modo di essere. Dopo aver
preso i piatti da sopra al bancone, la ragazza si diresse verso i clienti, i
cui occhi non appena la videro arrivare si fecero carichi di una strana luce,
che metteva a disagio la giovane ragazza.
Proprio in
quel momento, mentre Luke stava prendendo in mano i piatti dei due fidanzati,
con sopra un pezzo di torta alle pesche e una al cioccolato, la porta del
locale si aprì, stuzzicando la curiosità del proprietario del
locale, che d’istinto alzò lo sguardo. Davanti a
lui, si presentò un ragazzo: capelli neri, occhi scuri, fisico ben
curato, berretto nero, giubbotto dello stesso colore e un paio di jeans. Luke,
che non appena lo riconobbe il suo cuore mancò di un battito,
lasciò cadere sopra al bancone uno dei piatti, lasciando fortunatamente
integro sia l’oggetto che il contenuto.
La neve non aveva ancora smesso di cadere sulle strade, i tetti, le
macchine e tutto ciò che faceva parte dell’ambiente di Stars
Hollow; forse, l’unica persona felice di questo clima così poco
estivo era il nuovo Spazzaneve della città, che da quando ave
Il
coraggio di amare
Scorta di caffé
La neve non aveva ancora smesso di
cadere sulle strade, i tetti, le macchine e su tutto ciò che faceva
parte dell’ambiente di Stars Hollow; forse, l’unica persona felice
di questo clima così poco estivo era il nuovo Spazzaneve, che da quando aveva ricevuto quell’incarico non faceva
altro che andare su e giù per la città, bussando ad ogni porta
per chiedere se c’era bisogno del suo efficientissimo aiuto. Al contrario
di quest’ultimo Lorelai Gilmore, in quel momento, non era particolarmente
felice di congelare dentro alla propria casa. La donna
indossava un maglione rosa confetto, ricamato con delle colorate paiettes, un
paio di pantajezz neri, un berretto fornito di pon pon
dello stesso colore di quest’ultimo e una pesante coperta di fustagno; ma
nemmeno tutta quell’imbottitura di vestiario era sufficiente a conferirle
una temperatura più gradevole, o per lo meno l’idea. Per rimediare
alla situazione, la donna infilò nello stereo uno dei cd che amava di più
di ogni altra cosa: se si fosse trovata nella
situazione di Spiderman e al posto di Kristen Dunst e dell’autobus ci
fossero stati sua madre e il cd dei Korn, la scelta non sarebbe stata
così ardua. L’album partì con la canzone “It’s
On!” e questa sembrò già procurarle una leggera sensazione
di calore, che però fu subito spezzata dal
suono del campanello. Speditamente Lorelai si alzò dal divano e si
diresse verso la porta d’ingresso, sperando che dall’altra parte si
trovasse l’unico che poteva salvarla da quell’atmosfera. Non appena
aprì la porta capì che le sue preghiere erano state ascoltate.
“Luke…sei il mio
eroe!”
“si
certo…”
“vieni…l’aggeggio
scassato sta di la ”
Lorelai fece entrare l’amico in
casa e, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle lo portò nella
“sala operatoria”
“ma che
diavolo è questo rumore?”
“non è
rumore…si chiama musica!”
“se lo dici tu…è
questo l’impianto del riscaldamento?!”
“sì capo…è
questo!”
“bene..”
“se ti
servo sono in cucina…ok?”
“ah ah!”
Come ogni volta che aggiustava
qualcosa, Luke utilizzava meno parole del necessario, rendendo la comunicazione
quasi del tutto assente; era comprensibile che fosse impegnato nel suo lavoro e
che quindi non perdesse tempo con chiacchiere inutili, ma ciò faceva
ugualmente irritare, anche se leggermente,Lorelai,in quantoa lei piaceva parlare con Luke,
dopotutto era il suo migliore amico.
Dopo circa venti minuti, il lavoro al
riscaldamento era concluso e dopo poco tempo la casa stava già
cominciando ad avere una temperatura più confortevole. Luke andò
in salotto, dove in quel momento si trovava Lorelai, coperta fin sopra al mento
e intenta a fare zapping, cambiando continuamente
canale, senza prestare troppa attenzione a ciò che stavano trasmettendo
alla televisione; non appena vide l’amico in piedi davanti a lei, spense
l’apparecchio, porgendogli un sorriso in segno di gratitudine.
“sei un mago…potresti fare
concorrenza ad Herry Potter!”
“ci penserò su…comunque se hai altri problemi fammi sapere! Ci
vediamo!”
“Ehi…come mai tutta questa
fretta?”
“non ho fretta….”
“siamo di cattivo umore?!”
“nemmeno!”
Il sorriso che fino a poco fa
illuminava il viso di Lorelai, fece spazio ad un’aria quasi
investigativa, sapendo benissimo che il comportamento di Luke significava una
cosa sola: PROBLEMI IN VISTA. Lorelai si alzò dal divano e si
avvicinò al proprietario della sua tavola calda preferita, che non
appena la vide fare quel gesto si chiese che cosa avesse in mente.
“che
cosa stai facendo?”
“ti metto in uno stato di
soggezione così ti sentirai obbligato a rivelarmi i pensieri che
affliggono la tua mente!”
“non ho pensieri che affliggono
la mia mente…”
Quella che doveva essere una
conversazione,o
più probabilmenteun
principio di litigio, venne interrotta dal suono del campanello.
“fermo li…non ti
muovere!”
Lorelai si allontanò dalla sua
postazione, facendo cadere la coperta sopra al divano,
visto che la temperatura all’interno dell’abitazione si stava
facendo sempre più confortevole.
“Sookie!”
“ciao Lorelai…scusami per il ritardo, ma Jackson era più
asfissiante del grillo parlante!”
“non ti preoccupare…ciao
Davey!”
Sookie, che in quel momento in indossava un lungo giubbotto blu notte, teneva in braccio il
piccolo Melville che con addosso il suo berrettino celeste e il cappottino
della stessa tinta di quest’ultimo, appariva ancora più tenero e
dolce del solito. Nell’altro braccio la donna teneva un
enorme borsa, in cui si trovavano tutti gli oggetti del bambino. Prima
di prendere in braccio il piccolo Davey, Lorelai si fece passare da Sookie la
borsa e l’appoggiò per terra, vicino alla porta d’ingresso.
“dì ciao alla
mamma…”
“Ciao amore…Lorelai, se ci
sono problemi basta che mi telefoni..”
“andrà tutto
bene…esci e divertiti, ne avete bisogno tutti e
due! A proposito Jackson dov’è?!”
“è rimasto in
macchina…ha detto che non se la sentiva di
salutarlo!”
“lo capisco…è dura
mandare il proprio figlio nell’esercito!”
“lo sai com’è
fatto…bè io vado. Ci vediamo domani mattina…passo verso le
nove ti va bene?!”
“perfetto…a domani!”
Dopo aver salutato l’amica,
Lorelai tornò nella stanza in cui si trovava Luke che, mentre stava
parlando con Sookie, trascorreva il tempo leggendo i titoli degli album che
facevano parte della sua collezione: Madonna, Red Hot Chili Peppers, U2, Macy
Gray, ecc…; ma non appena la vide rientrare con un pargoletto tra le
braccia, prima di riconoscerlo, restò per qualche attimo sconvolto,.
“non dirmi
che fai la baby-sitter?!”
“faccio un favore a
Sookie…ultimamente è stressata…e visto che tra un po’
apriremo il Dragon fly è meglio che sia al
pieno della sua forma!”
“e così trascorri la
serata con lui!?”
“sì…non è
divertente?!”
“AUGURI!”
Dopo aver fatto i suoi migliori
“auguri”, Luke raccolse da terra la sua cassetta degli attrezzi e
si diresse verso l’uscita; ma come era successo
pochi minuti fa, l’infallibile Gilmore si posizionò davanti a lui,
assumendo un espressione che era un misto tra l’imbronciato e il
ridicolo.
“ascolta…ti ho aggiustato
il riscaldamento ascoltando, per più della metà del tempo, la tua
“fantastica” musica…che c’è che non va?!”
“hai qualcosa…ma
non so cosa…”
“non ho niente…va tutto
alla grande, sono felice”
“ecco…adesso sono
strasicura che c’è qualcosa che non va!”
Dopo tutto il tempo che avevano passato
insieme parlando del più e del meno, Luke conosceva bene i modi di fare
di Lorelai, in particolare aveva imparato a gestire l’irritazione che la
sicurezza dell’amica creava in lui, soffocandola con un profondo respiro
accompagnato da una profonda rassegnazione. Dal canto
suo, Lorelai sapeva che in quei casi la forza era l’unica arma efficace,
soprattutto con tipi come Luke, che ogni volta che avevano un problema,
cercavano di risolverlo con il silenzio assoluto.
“bè…Jess…Jess
è tornato!”
“C…CHE COSA?!”
L’espressione di Lorelai, a quella improvvisa confessione, si fece a dir poco
stupefatta: gli occhi sembravano volerle uscire dalle orbite e la bocca era
spalancata come a voler invitare tutte le mosche del paese a voler soggiornarci
per qualche minuto. Fin dall’inizio Luke sapeva quale sarebbe stata la
sua reazione e la faccia da pesce lesso che aveva davanti in quel momento ne era una prova schiacciante. Jess se ne era
andato da parecchio tempo ormai e tutta Stars Hollow sembrava essersi abituata
a quell’assenza, o meglio, a quella non presenza; tutti tranne uno,
l’unica persona, esclusa Rory, ad essere riuscita ad avere un rapporto
che andasse ben al di là del semplice “ciao” o del sintetico
“non rompere”; l’unica persona che si era guadagnato la sua
fiducia senza comprarla con nessun tipo di inganno; l’unico parente che
si era dimostrato più fedele di un padre e, il più delle volte,
di una madre. Luke, nonostante non volesse darlo a vedere, si era affezionato a
quel ragazzo nonostante gli provocasse più danni che altro, ma che comunque era riuscito ad avere la sua fiducia; sotto quella
corazza da testardo senza un briciolo di cuore c’era un ragazzo dolce,
spaventato e coraggioso allo stesso tempo.
Lorelai continuava a fissare
l’amico, con il piccolo Davey tra le braccia, che in quel momento
sembrava quasi divertito dall’espressione che la donna aveva assunto
pochi secondi fa; ma proprio nel momento in cui Luke stava per dire qualcosa,
il campanello suonò per la terza volta in quel pomeriggio.
Lorelai, prima di aprire la porta
d’ingresso, lanciò un altro sguardo all’amico che, non
appena lo intravide, riuscì abilmente a sviare.
“J…Jason…cosa ci fai
qui?!”
“Ciao anche a te
amore…sbaglio o mi sono perso qualcosa?!”
Jasono indicò il piccolo che
Lorelai teneva tra le braccia, alzando visibilmente un sopracciglio, gesto che
faceva ogni qual volta si trovasse in una situazione che non lo aggradava
particolarmente.
“è il figlio di
Sookie…”
“esce con noi anche lui?!”
“no…se ascoltassi i
messaggi in segreteria sapresti che questa sera non
esco…”
“ho il telefono
scarico…”
“bè…Lorelai io
vado…”
Alla conversazione si
intromise Luke, che fino a quel momento era rimasto in salotto ad
aspettare che l’amica tornasse per raccontargli cosa gli aveva detto il
“prodigo” nipote; ma dopo aver sentito la voce maschile e,
soprattutto, dopo averla riconosciuta, l’irritazione che poco prima era
riuscito a controllare, in quel momento si fece preponderante.
Non appena Jason lo vide, il sangue
cominciò a ribollirgli nelle vene: perchè si trovava lì
con Lorelai?! E perché ogni volta che voleva
andare a trovare la sua fidanzata sbucava dal nulla?!
Tutte quelle domande preferì soffocarle assieme
alla sua rabbia, visto che con un tipo come Luke non voleva averci nulla a che
fare, soprattutto quando questo “che fare” si poteva tradurre con
il litigare.
“aspetta Luke…”
Ma Lorelai non fece in tempo a finire
la frase che Luke si era già diretto, con un aria
visibilmente furiosa, verso il suo furgoncino. Non appena Luke
uscì dal suo viale, la donna sentì una stretta allo stomaco;
aveva imparato a conoscere lo stato d’animo dell’amico ogni qual
volta il nipote tornava nella sua vita, soprattutto quando
il ritorno si faceva pressoché impossibile, come era accaduto questa
volta. Il fatto di non aver potuto parlargli la faceva sentire in colpa;
sicuramente Luke non sapeva come comportarsi in questo momento e sfogarsi un
po’ con lei lo avrebbe indubbiamente aiutato.
“allora non usciamo?!”
Al suono di quelle parole,
l’istinto omicida di Lorelai si fece a dir poco dominante dentro di lei;
dopotutto la reazione di Luke era stata causata proprio dal proprietario di
quella voce, perciò, se non si fosse presentato senza preavviso, ora
Luke le starebbe raccontando tutto quello che gli era successo. Era giusto,
però, fare quei determinati pensieri riguardo al proprio fidanzato?! La risposta venne da se, come venne
da se la risposta che Lorelai si stava prestando a dare a Jason.
“è meglio di
no…”
“centra il tuo amico…ho
forse rovinato qualcosa?!”
“era venuto ad aggiustarmi il
riscaldamento…e poi è un mio amico…o non posso avere amici
con l’apparato genitale maschile?!”
A quell’ultima battuta sarcastica
di Lorelai, Jason si innervosì leggermente;
avrebbe voluto rimanere con lei per risolvere la situazione, ma evidentemente
quello non era il momento migliore; così, dopo aver fatto fuoriuscire un
flebile “ti chiamo domani”, se ne andò, lasciando Lorelai
davanti alla porta, con il piccolo Davey che, in quel momento, sembrava avesse
percepito la strana atmosfera che si era creata nel giro di pochi minuti.
“bè Davey…siamo
rimasti io e te…che ne dici di darci all’alcool: latte per te,
caffé per me!”
Erano oramai le otto di sera e, dopo
una giornata trascorsa ad ascoltare tre corsi diversi, con l’aggiunta
della predica da parte di Doyle, l’editore dello “Yale
Newspaper”, Rory era a dir poco distrutta. Non appena mise il piede
dentro alla sua stanza, la prima cosa che fece fu
sdraiarsi sopra al proprio letto, tentando di scaldarsi un po’
infilandosi dentro a quelle soffici coperte che anche in quel momento
l’avrebbero protetta dal gelo che non aveva ancora terminato di dominare
il clima; ma non fece nemmeno in tempo a sfilarsi il giubbotto che
improvvisamente, nella stanza, fece irruzione una Paris più che sconvolta.
La ragazza indossava un paio di jeans chiari e un piumino color crema di cui si liberò velocemente, gettandolo sopra
alla scrivania.
“LA UCCIDO!”
“chi?”
“come chi?!...Janet…quella
strega mi ha appena detto che ho il sex appeal simile a quello diJoda; hai presente chi è
Joda?!...è quel piccolo omino verde che salta qua e la come una
cavalletta!”
“so chi è Joda…e
devo dire che lo trovo affascinante…”
“smettila!”
“no davvero…le orecchie a
punta mi fanno impazzire!”
“bè allora perché
non dici a Jess di farsi un’operazione!”
Nel sentire pronunciare quel nome, il
cuore di Rory mancò di un battito. La ragazza si mise seduta sul letto
con gli occhi spalancati con le parole chefaticavano a voler uscire, come
se qualcuno si divertisse a trattenerle in gola, rendendole ancora più
difficile questo momento.
“c…che centra Jess?!”
“come che centra…non
pensare che non sappia che è qui; l’ho visto oggi girare per il campus. immaginavo ti stesse
cercando, così mi sono avvicinata e gli ho detto dov’era il nostro
appartamento!”
Dalla faccia che fece l’amica non
appena le diede quelle informazioni, Paris comprese che con molta
probabilità non sapesse nulla della presenza di Jess e che il modo in
cui lo aveva scoperto non fosse stato dei migliori.
Mentre Paris continuava a fissarla con
un’aria alquanto dubbiosa, Rory collegò il ragazzo che questa
mattina Janet aveva visto davanti alla porta del loro appartamento, con quello
che l’aveva lasciata da sola tempo fa. La stanza
cominciò a girarle senza interruzioni; non poteva essere tornato, era
impossibile. Ormai era uscito dalla sua vita senza farne
più ritorno, probabilmente Paris si era confusa con qualcun
altro.
Confusa?! Ma chi voleva prendere in
giro?! Paris conosceva Jess e aveva perfino fatto
finta che gli piacesse. Nel rimembrare quel particolare Rory, senza rendersene
conto, rivide quel giorno: era successo circa un anno fa, Paris si era fermata
a casa sua per studiare, ma poi, per svariate ragioni, restò anche a
mangiare; dopo poco si presentò anche Jess e per una scusa o per
l’altra rimase anche lui. Poi, però, arrivò Dean, che a
quei tempi era il suo fidanzato ufficiale e, non appena vide il
“rivale”, si scaldò visibilmente; a salvare la situazione ci
pensò proprio Paris, fingendo di essere innamorata di Jess.
Già Jess, quel
Jess; Jess Mariano era tornato.
“ehi…tutto bene?!...non dirmi che sono stata io a darti la notizia!?”
“ebbene
sì…”
Velocemente Rory si alzò dal
letto e, senza pensarci due volte, prese il cappotto e le chiavi della
macchina, con un espressione che definirla agitata
sarebbe stato un eufemismo.
“dove vai adesso?!”
“vado a
casa…ci vediamo domani!”
Paris non fece nemmeno in tempo a
risponderle, che Rory si era già precipitata fuori
dalla stanza, sbattendo la porta d’ingresso dietro alle sue
spalle. All’uscita di scena della giovane Gilmore assistette anche Tanna
che, al contrario di Paris, sembrava tutto fuorché allucinata.
“ehi Tanna…hai visto che
razzo?!”
“un razzo?!...in
casa?!”
“………ok…è
meglio lasciar perdere!”
Nella metà del tempo che
solitamente impiegava, Rory aveva già raggiunto
Star Hollow e, più precisamente, si trovava davanti alla propria
abitazione. Con la stessa velocità con cui parcheggiò la macchina
sul vialetto, entrò in casa, dirigendosi speditamente verso il cucina, cioè il luogo in cui si trovava
l’unica persona che in quel momento poteva capirla.
“Jess è qui…o meglio
è a Yale, anzi non lo so se è a Yale, oggi era a Yale; questa
mattina era a Yale e Janet lo ha visto, anche Paris lo ha visto e c’ha anche parlato! voleva
vedermi, anzi ha cercato di vedermi…perché?perché era a
Yale?!”
Tutte le parole la
ragazza le pronunciò con una velocità impressionante,
accompagnato da un’agitazione che si poteva leggere anche soltanto
guardandola negli occhi o toccandole le mani che in quel momento tremavano come
foglie. La madre, che in quel momento stava dando da mangiare a Davey, dopo
aver posato il cucchino sopra al tavolo, si
avvicinò alla figlia cingendole delicatamente le spalle, che sembravano
voler fare a gara con le mani, per verificare chi delle due parti del corpo
tremasse di più.
“calmati…ora devi solo calmarti!”
“non ci riesco…è…è
impossibile!”
“bè…prova…prova
a…pensare a Taylor in mutande!”
Non appena Lorelai diede quel
consiglio, la faccia di Rory si fece a dir poco disgustata e la situazione
peggiorò non appena le due, involontariamente, si immaginarono
la scena. Non appena, però, quell’immagine si materializzò
nelle loro menti, ad entrambe sfuggì una risata
leggermente soffocata, spezzando così quell’atmosfera talmente
tesa che si poteva a mala pena tagliare con un coltello.
“bè…non era uno dei
tuoi migliori consigli però ha
funzionato!”
“per la prima volta Taylor ci ha
fatto ridere in modo naturale e non sforzato!”
“già…ma non toglie il fatto che Jess sia tornato!...a proposito tu non
mi sembri per niente scioccata dalla notizia!”
“lo sapevo già…me lo ha detto Luke qualche ora fa; non te l’ho detto
perché pensavo fosse meglio farlo domani!”
“e cosa
ti ha detto Luke”
“solamente che era
tornato…stava per raccontarmi tutto…ma
è arrivato Jason!”
“non importa…tanto prima o poi lo scopriremo…o meglio Babette ci
dirà ogni cosa!”
“CONCORDO!”
“comunque…posso
sapere che ci fa qui questo ometto?!”
Visibilmente più rilassata di
quando era entrata, Rory si diresse verso il piccolo Melville,
che in quel momento si divertiva a giocare con un sonaglio tutto colorato,
emettendo a bervi intervalli degli acuti risolini. La bella tuta azzurra che
gli aveva messo Sookie prima di portarlo a casa Gilmore, ora era di un colore più
tendente al giallo, visto che gran parte della sua cena era finita lì.
“stasera sta
con noi…così Sookie potrà rilassarsi un
po’!”
“non dirmi
che ti sta tornando la voglia?!”
“la voglia?!”
“hai capito benissimo a cosa mi
sto riferendo!”
“perché
no...i bambini sono così carini…”
“…prima che tu possa
continuare con questo argomento…mi faccio una
bella tazza di caffé!”
“perché?a te non piacciono
i bambini?!”
“sì…a me piacciono
moltissimo i bambini!”
“e allora perché mi hai guardata male poco fa?!”
“non ti ho
guardata male!”
“si che
lo hai fatto…”
Mentre la
madre continuava, come suo solito, ad insistere sulla precedente espressione,
che naturalmente aveva avuto come scopo proprio il provocare quella determinata
reazione, Rory si avvicinò alla credenza che si trovava vicino al
lavandino, con l’intento di prendere il barattolo contenente il
caffé; ma ciò che si trovò davanti non fu certo ciò
che la ragazza si aspettava. All’interno del recipiente,infatti, oltre
a due o tre granelli marroncini sparsi qua e la sul fondo, non c’era
nulla. A quel “orribile” visione gli occhi di Rory si spalancarono,
azione che quel giorno si era ripetuta troppo spesso per i suoi gusti. Dopo
aver constatato che il vasetto era vuoto, la figlia spostò lo sguardo
verso la madre che in quel momento, conscia della prossima paternale, aveva
assunto una delle sue espressioni più angeliche.
“non ci posso
credere…ieri sera era pieno!”
“pieno…non
esagerare…”
“hai ragione….ERA
STRACOLMO!”
“HO CAPITO….tu mi hai guardata male perché ti ho confidato un mio
intimo desiderio così il caffé, percependo la mia tristezza, ha
deciso di prosciugarsi assieme al mio dolore. OH GRAZIE CAFFÈ…NON
LO DIMENTICHERÒ…RESTERAI SEMPRE NEL MIO CUORE!”
“messaggio ricevuto…andrò a comperarlo!”
Rory, dopo aver lanciato un sorriso
alla madre, prese in prestito il cappello azzurro munito di pon
pon di quest’ultima e, con un aria notevolmente più
rilassata di quando era arrivata a Stars Hollow, si diresse verso il
supermercato.
Mentre camminava
lentamente lungo la strada che la divideva dal “rifornimento di
caffeina”, la ragazza si accorse che era da un po’ che non si
concedeva una passeggiata solitaria nella sua cittadina natale e questo le
creò un velo di tristezza; com’erano cambiate le cose, com’erano
cambiate le persone e, soprattutto, com’era cambiata lei. Già, da
quando era andata al collage tutta la sua vita era
inevitabilmente cambiata: non vedeva più sua madre tutti i giorni; non
poteva più concedersi tutte le mattine un maffin da Luke; non poteva
più parlare ogni momento con Lane, visto che ora aveva creato il suo
tanto desiderato gruppo; non aveva più tante cose. In compenso
però ne aveva molte altre: come l’avere
un appartamento e studiare a Yale.
Se avesse messo i pro e i contro a
confronto, il divario sarebbe stato troppo evidente e ciò l’avrebbe
abbattuta ancora di più; dopotutto, però,prima di iscriversi al collage,
sapeva a cosa sarebbe andata incontro e, pur di realizzare il suo sogno,
avrebbe fatto questo ed altro.
Pensando a tutto ciò, Rory si
ritrovò davanti al supermercato; ma prima di entrare si assicurò
di essersi sfilata i guanti, per evitare una consueta figuraccia facendo cadere
tutte le monetine sopra al pavimento, evento che capitava ogni qual volta
tentava di pagare con i guanti abbinati alle mani congelate dal freddo.
Dopo aver salutato il commesso, Rory si
diresse verso lo scompartimento del caffé, la cura perfetta per chi si
trovava nella condizione di dover affrontare un inaspettato ritorno, soprattutto quando questo ritorno riguardava il proprio ex
ragazzo; ma, proprio nel reparto in cui si era diretta, si trovava il motivo
per cui era andata a comperare una buona scorta di caffeina.
Era lì, davanti a lei, lo stesso
di quando era partito, se non per qualche cambiamento
nell’aspetto fisico; il solito libro piegato all’interno del
taschino dei suoi pantaloni, il solito giubbotto di pelle nero, i soliti occhi
scuri, penetranti come il primo in giorno in cui li aveva incontrati. Come
aveva previsto, rivederlo aveva provocato un’insieme
di emozioni, talmente diverse tra di loro da creare un caos all’interno
del cuore della ragazza. Anche il cuore di Jess, che
dal giorno in cui era partito da Stars Hollow era tornato ad essere il
contenitore vuoto delle sue emozioni, aveva ricominciato a funzionare, dando
origine agli stessi sentimenti di tempo fa, se non più forti.
Entrambi i ragazzi erano immobili come
statue di cera, come se l’uno aspettasse la mossa dell’altro,mossa che fino ad ora sembrava voler tardare ad arrivare;
ma, inaspettatamente da quando ci si sarebbe aspettati, la persona che
riuscì a rompere il ghiaccio fu proprio il giovane Mariano.
“c…ciao”
“…ciao…”
Il tono di voce del
ragazzo era comprensibilmente insicura e titubante, visto che proprio
quella che in quel momento si trovava davanti a lui era l’unica ragazza
in grado di fargli battere il cuore, come nessun’altra. La voce di Rory,
invece, oltre ad essere visibilmente emozionataera anche leggermente arrabbiata,
reazione che, però, ad ogni sguardo del ragazzo sembrava volersi
suicidare, lasciando spazio solamente ai sentimenti positivi.
“sei di passaggio?!”
“non lo so…”
“ah…”
“io…io vado…ci
vediamo…”
“certo!”
Come era suo solito, Jess se ne andò
lasciando Rory in compagnia dei suoi dubbi e delle sue incertezze; inoltre,
come accadeva in maniera piuttosto sporadica, la conversazione non era stata
delle più lunghe, anche se però bisognava ammettere che l’eloquenza
non era certo una delle doti migliori di Jess, soprattutto quando tra lui e
Rory c’era qualcosa che non andava.
“penso che un pacco di caffé non
basti…meglio due!”
Dopo aver fatto una più che abbondante scorta
di caffeina, la ragazza si diresse verso la cassa, riorganizzando nella sua
mente quanto era appena successo.
Erano quasi le nove di sera; era passata quasi un’ora da quando
aveva incontrato i suoi occhi, sempre così luminosi e penetranti,
talmente chiari che non appena si posavano su di lui gli provocavano una scossa
che saliva per tutto il corpo, facendogli qu
Il coraggio di amare
Strani risvegli
Erano quasi le nove di sera; era
passata quasi un’ora da quando aveva incontrato
i suoi occhi, sempre così luminosi e penetranti, talmente chiari che non
appena si posavano su di lui gli provocavano una scossa che saliva per tutto il
corpo, facendogli quasi perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Dopo
tanto tempo aveva avuto di nuovo la possibilità di vedere il suo viso,
leggermente più diverso da quello che ricordava; naturalmente era sempre
la Rory che
aveva conosciuto anni fa ma, quel visetto che un tempo
gli appariva così simile a quello della ragazzina che era, ora era
quello di una donna matura che aveva già cominciato a frequentare il
collage.
Mentre pensava a tutto ciò che
riguardava Rory, Jess continuava a camminare su è giù per la
città, ignorando deliberatamente sia tutte le facce che
non appena lo vedevano non perdevano l’occasione di voltarsi, fissarlo e
bisbigliare qualcosa a suo riguardo, sia il freddo dell’inverno, che
più trascorreva il tempo e più si faceva pungente. Dopotutto,
però, si trovava a Stars Hollow. Quante volte, da quando se ne era andato, aveva pensato di ritornare in questa
città, tentando di rimediare a tutti i suoi errori e ricominciare tutto
da capo, ma quante volte, ancora, si rendeva conto che non era possibile e, il
più in fretta che poteva, accantonava quell’idea apparentemente
così stupida. Ora però si trovava lì, precisamente di
fronte al locale di Luke, il locale di suo zio, l’unica persona che fosse riuscita capire il suo carattere, trovando il modo di
trattare con lui, andandoci più o meno d’accordo. Come quella
volta in cui lui e Rory avevano fatto
l’incidente con l’auto e lei si era rotta un polso. Quella volta
tutti lo avevano fatto sentire colpevole e miserabile più di quanto
già non si auto-ritenesse, continuando a
ripetergli che era stata tutta colpa sua e che Rory era in ospedale per essersi
fidata di lui; tutti lo facevano sentire così, tutti tranne uno, Luke.
Suo zio quel giorno, pur di difenderlo, aveva litigato perfino con Lorelai, una
persona che non gli era per nulla indifferente (nonostante Luke non volesse
ammetterlo); inoltre, invece di pentirsi di ciò che aveva fatto, era
andato a cercarlo per tutta Stars Hollow e, quando lo aveva trovato, era
rimasto seduto accanto a lui per tutto il tempo. Luke, infondo, era uno dei
principali motivi per cui era momentaneamente tornato
e questo non poteva negarlo.
Quando vi si trovò davanti, il
ragazzo entrò all’interno del locale, chiudendo la porta
d’ingresso alle sue spalle e dirigendosi al piano di sopra, dove, in quel
momento,si
trovava il fratello di sua madre. Non appena entrò
nell’”appartamento”, Jess si diresse
verso il frigorifero, dove vi depositò il latte con i cereali che aveva
comperato poco fa al supermercato.
“hai preso tutto quello che ti
serve?!”
“sì…”
“bene…dormirai sul tuo
solito letto...e…avrai i tuoi soliti posti in
cui mettere la tua roba e…”
“lo so…non
sono stato via trent’anni….ricordo
ancora com’è fatta più o meno la stanza!”
“non si sa mai!”
“bè…ho visto che hai
aperto un locale…carino…mi ricorda qualcosa, come se ci avessi
lavorato…che dici, sarà un flashback?!”
“si
certo…sei molto spiritoso!...vado a chiudere il mio “nuovo”
locale…comincia a sistemarti!”
Mentre Luke si stava avviando verso la
porta, Jess, che in quel momento stava sistemando alcuni dei suoi vestiti sopra
al letto, si voltò di scatto, con un espressione
in volto totalmente diversa dalla precedente.
“ehi….grazie!”
“e di cosa?!”
“per non avermi chiesto perché
sono tornato…o per quanto rimarrò!”
“…quello che mi interessa e che tu stia bene…”
Dopo aver detto quelle parole, Luke
aprì la porta di quello che un tempo era l’ufficio di suo padre; prima
di uscire, però,si voltò di nuovo verso il nipote, che in quel momento
stava fissando il suo zaino, come se avesse intrapreso con quest’ultimo
una sorta di dialogo metafisico.
“comunque…sono
davvero felice…che sei tornato a vivere qui…per ora!”
“…sono tornato da l’unica persona di cui mi fido….”
I due si scambiarono uno dei loro
soliti sintetici sorrisi, ma che al loro interno contenevano tutti i sentimenti
che i due provavano in quel momento.Come succedeva oramai da tempo, tra di due non servivano mille parole per
descrivere quello che provavano l’uno per l’altro,
ma anche un semplice grazie era sufficiente; forse, era proprio per questo
motivo che i due tanto litigavano quanto si trovavano d’accordo.
Dopo aver richiuso la porta alle sue
spalle, Luke cominciò a pensare al ragazzo che in quel momento si trovava
dall’altra parte della porta, sperando che quel trasloco, da momentaneo, tornasse ad essere permanente.
Con la stessa velocità con cui
giunse la notte, il sole si levò alto nel cielo, cercando, invano, di far sciogliere quel telo bianco che ormai da giorni
ricopriva gran parte della città. A differenza del giorno precedente,
però, il gelo era meno pungente e penetrante; questo fatto allietava in
particolare chi, come Lane, Zack e Bria, vedevano nel riscaldamento un, a dir poco, problema economico. I tre, infatti, nonostante
il gelo, tentavano in tutti i modi di riscaldarsi, per la maggior parte del
tempo, con cappotti e coperte di tutti i tipi; di conseguenza, naturalmente, ciò
provocava non poche litigate tra gli abitanti dell’appartamento,
soprattutto tra chi non aveva dei caratteri decisamente
compatibili.
“ZACK!...”
“…Lane…Che
c’è?”
“che c’è!?...c’è che il riscaldamento è ancora
acceso!”
“ah…avrò dimenticato
di spegnerlo!”
“…ti rendi conto che sono
le nove passate del mattino…e il riscaldamento è ancora acceso!?perchè poi?!...ah sì certo…le tue
amichette hanno la pelle talmente delicata e soffice che non si può
permettere al gelo di sciuparla, come del resto è già successo al
loro limitati cervelli!”
“prima era solo un sospetto…ma ora ne sono convinto: TU HAI DEI PROBLEMI
MOLTO GRAVI!”
Come accadeva per la maggior parte del
tempo, Zack e Lane stavano litigando, ieri per la bolletta del telefono, oggi
per il riscaldamento, domani per chissà quale altro motivo. Mentre i due
iniziavano la mattina dando libero sfogo alla loro reciproca
semi- antipatia, Brian continuava a consumare la sua colazione, ossia
una scodella di latte con all’interno dei cereali al riso; non che questi
ultimi rispecchiassero l’ideale della colazione perfetta ma, visto che
quelli al cioccolato costavano un dollaro in più, era di certo meglio di
due fette biscottate con sopra un goccia di marmellata. Intanto che stava
mangiando, però, un particolare del “dialogo” tra i due
coinquilini lo lasciò leggermente perplesso, tanto che non lasciò
trascorrere un secondo di più e espresse subito
la sua incertezza.
“Sei strana!”
Nel sentire
quella tanto strana quanto improvvisa affermazione rivolta a Lane,
quest’ultima rimase pressoché scioccata, assumendo
un’espressione che lasciava trasparire completamente la sua momentanea
confusione. Dal canto suo Zack, invece, non sembrava effettivamente
sorpreso da ciò che aveva appena detto l’amico;al
contrario, sembrava quasi spaventato, come se il suo sesto senso avesse
già intuito l’errore che Brianstava per commettere di li a pochi
secondi.
“e perché sarei strana?!”
“bè…te la stai
prendendo tanto perché Zack si è dimenticato il riscaldamento
acceso, ma l’incidente alla batteria non ti ha nemmeno sfiorata!...sei
strana!”
“…q…quale…i…incidente alla…BATTERIA!”
Dal tono di voce con cui Lane pronunciò l’ultima parola della sua così
traballante frase, si intuiva perfettamente il fatto che la
“tragedia”stava, oramai, bussando alla porta. In
quel millesimo di secondo le reazioni dei tre ragazzi furono ognuna diversa
dall’altra: Lane sembrava si trovasse con il corpo in cucina assieme agli
altri, ma con la testa in un pianeta in cui ci fossero mille idee per dare
libero sfogo ai sentimenti di rabbia e disperazione che in quel momento avevano
intrapreso una dura battaglia all’interno della sua mente; Zack, dalla
disperazione, o forse dalla paura, si copriva il volto con la mano destra
aperta, come se quel gesto gli permettesse di scomparire improvvisamente da
quella stanza, soprattutto, dallo sguardo di Lane che, in quel momento, si
faceva sempre più penetrante e accusatore; Brian, invece, non capendo assolutamente
tutto quel gioco di sguardi e occhi che andavano su e giù per la stanza,
preferì ritornare ad occuparsi della sua colazione.
Il silenzio che, da alcuni minuti,
sembrava non voler abbandonare la stanza, venne
improvvisamente spezzato dall’unica ragazza del trio, i cui occhi non
smettevano di apparire profondamente spaventati per ciò che avrebbero
visto. Lane, senza lasciar trascorrere altri secondi inutili, si diresse, con un aria a dir poco spedita, verso la stanza in cui si
trovavano gli strumenti e dove i ragazzi trascorrevano gran parte del loro
tempo per provare i pezzi assieme a Gil, l’altro membro del gruppo.
Ciò che la ragazza vide, piuttosto
della realtà, pareva più la rappresentazione di uno dei suoi
peggiori incubi. I piatti, sui quali fino a ieri ci si
poteva specchiare, ora erano decorati con decine di dediche, scritte con un
pennarello indelebile di un colore fucsia acceso; delle due bacchette, una sola
era presente all’appello, per di più scheggiata in più
punti del legno; infine, per rendere il tutto più drammatico di quanto
già non fosse, oltre alle scritte fucsia erano incisi con una chiave i
nomi delle artefici di tutta l’opera d’arte. A quella vista il
cuore della ragazza sembrò bloccarsi di colpo come, del resto, il suo
respiro; le mani che fino a poco fa tremavano in una maniera indescrivibile,
ora si erano fermate, forse rassegnate nel vedere lo stato in cui era stato
ridotto uno degli oggetti a cui Lane teneva di più. Pochi secondi dopo
dal suo arrivo nella stanza, dietro di lei arrivarono anche Brian e Zack;
quest’ultimo, in particolare, non sapeva cosa dire o, per lo meno, cosa
fare per rimediare a ciò che era successo la sera precedente. Il
disastro, infatti, era stata opera delle ragazze che
la sera precedente erano rimaste nell’appartamento, Pamela ed Emma, i cui
nomi erano risaltavano in maniera abbastanza evidente sulla batteria della
giovane Kim.
“L…Lane…mi dispiace…te la pagherò io…non
preoccuparti!”
Aveva faticato così
tanto per avere quella batteria. La prima volta che l’aveva vista
era stato nel negozio di musica che avevano aperto a Stars Hollow; era un
sogno, uno di quei sogni che ti si materializzano
davanti agli occhi, ma che sono quasi impossibili da toccare con mano da quanto
sono lontani dalle proprie possibilità. A quel tempo abitava ancora con
sua madre e l’idea di poter suonare all’interno di una band era possibile quanto quella di convincere Marylin Manson
a diventare cattolico; in altre parole era impossibile. Era ancora il periodo
in cui era obbligata a nascondere i cd, comperati in
segreto da Rory, sotto al pavimento, in modo tale che sua madre non se ne
accorgesse. Quel sogno, però, apparentemente così irrealizzabile,
era divenuto realtà: dopo essere riuscita a convincere la proprietaria a
farle suonare la batteria quando il negozio era chiuso, tutto aveva cominciato
ad essere meno impossibile. Aveva imparato a suonarla come lei aveva sempre
sperato, in più, dopo poco, incontrò
Zack, Brian e Dave; quest’ultimo, in particolare, era uno di quei
pensieri che rendeva tanto speciale lo strumento. Dave, dopotutto era stato
l’unico ragazzo di cui si era davvero innamorata. Quello fu uno dei
periodi più belli della sua vita; perciò, venne naturale
trasformare la batteria nell’oggetto più importante che aveva, in
quanto simboleggiava il totale cambiamento della sua vita e l’inizio di
una nuova.
Ora, però, la sua batteria era
completamente rovinata, non tanto per le scritte che con un po’ di
costanza sarebbero sparite, quanto piuttosto per le incisioni; per eliminare
quest’ultime, infatti, serviva ben altro della tenacia, quanto piuttosto
un bel po’ di denaro, denaro di cui ne lei ne
Zack, ne Brian disponevano. Questo pensiero fece aumentare ancora di più
la rabbia e il doloreall’interno del cuore di Lane, tanto che questa non
riuscì più a trattenere le lacrime che, imperterrite, scesero
giù dal suo viso, catturando l’attenzione degli altri due
presenti; l’ultima cosa che voleva, però, era proprio sentire un
mare di bugie da parte di Zack, la cui faccia in quel momento era meglio se non
avesse avuto nulla a che fare con lei.
“Vado a lavorare!”
Velocemente, asciugandosi
distrattamente le lacrime, la giovane ragazza coreana uscì
dall’appartamento, lasciando i due ragazzi all’interno della sala
prove.
“Te l’avevo
detto…è strana…!”
Erano anni, ormai, che Zack conosceva
Brina, perciò l’ultima frase che quest’ultimo gli aveva
rivolto era pressoché scontata; era inutile prendersela con lui,
dopotutto la colpa non era di Brian, ma sua e della
sua enorme stupidaggine. In quel momento dire che si
sentiva un’idiota era un eufemismo; la sensazione che stava provando in
quell’istante, infatti, era mille volte più massacrante del
semplice sentirsi un’idiota. Ma perché si sentiva così!? Non era la prima volta, infondo, che una delle sue amiche
combinava qualche guaio; ma, ora che ci pensava meglio, era la prima volta che
questo guaio andava a toccare proprio Lane. Non sapeva cosa significasse quel
forte sentimento di colpa che stava provando nei confronti dell’amica,
l’unica cosa di cui fosse certo, però,era che gli stava bloccando la
respirazione.
“ho bisogno di un po’
d’aria!”
Nel frattempo Lorelai, dopo aver
salutato Sookie che era giunta a quell’ora del
mattino per riprendere il piccolo Davey, si diresse verso l’unico posto
di Stars Hollow che potesse renderle quel risveglio, che era stato così
frustrante, leggermente più positivo. La donna
indossava un paio di jeans scuri, una maglietta nera a collo alto con sopra il giubbotto
corto di pelle dello stesso colore e una sciarpa blu notte talmente lunga che
le cadeva fin sotto al ginocchio. In altre parole, i
vestiti che indossava in quel momento rispecchiavano alla perfezione il suo
attuale stato d’animo, che era ben lontano dall’essere definito
solare. Quegli occhi che il giorno prima trasparivano felicità da tutti
i pori ora erano visibilmente stanchi e per nulla
luminosi.
Mentre la proprietaria dell’ormai
prossimo Dragon fly Inn stava camminando per le strade ricoperte da una fitta
coltre di neve, il telefono che si trovava dentro alla sua
borsa, dello stesso colore della maglietta e del giubbotto, squillò, provocandole
un brusco ritorno alla realtà.
“ciao mamma!”
“Rory…ciao!”
“…in questo momento hai lo
stesso tono di voce di quella volta che Kirk ci aveva fatto ascoltare il nuovo cd degli ‘N Sync tutto
di fila …!”
“…non ricordarmi quel
giorno…ogni volta che ci penso il mio occhio destro
comincia a tremare in un modo preoccupante!...comunque diciamo che non ho
dormito molto bene!”
“me l’aspettavo!”
“cosa ti aspettavi?!”
“questo!”
“questo cosa?!”
“il fatto che non hai dormito!...Davey ha più resistenza di te nel fare le ore
piccole!”
“non è per quello,
anzi…si è addormentato di sasso non appena gli ho fatto vedere
Titanic!”
“Titanic!?...hai fatto vedere ad una piccola creatura innocente Titanic?!”
“certo…e devo dire che ha funzionato visto che non si è mai
svegliato durante la notte!”
“ti credo! Ma…allora
perché non hai dormito?”
“ho fatto un brutto sogno…sai
uno di quelli che anche se ti svegli hai ancora
l’ansia addosso, come se fosse accaduto davvero!”
“hai sognato la cena dalla nonna
di questa sera?!”
“ho detto
che è stato un brutto sogno e non un incubo!”
“raccontalo a
qualcuno così non si realizza!”
“a quante persone?”
“come a quante persone?!”
“devo dirlo ad un certo numero di
persone perché non si realizzi o basta che lo dica a Babette e Patty
così lo saprà tutta la città in un tempo da record?!”
“a dire il vero dovresti
raccontarlo a chi era principalmente presente nel tuo
sogno…a patto che non si tratti di gente come Cher o i
Linkin’Park….!”
“ah…davvero?!Bè…tu come stai?”
“sto bene…diciamo che…ora che sono aYale mi sento
leggermente meglio!”
“prima o poi
dovrete affrontare la situazione”
“lo so…..ora
però ho lezione….ci vediamo questa sera dai nonni!”
“ok…ciao tesoro!”
Dopo aver riattaccato il telefono,
Lorelai ripensò al sogno che aveva fatto quella stessa notte, prestando
particolare attenzione al “protagonista” del suo sogno; raccontarlo
proprio a lui, che in quel momento non doveva essere esattamente entusiasta nel
vederla, non sarebbe stato per niente facile, era
anche vero, però, che si sentiva a pezzi e, visto che era di strada,
parlargli non le avrebbe fatto di certo male. Neanche il tempo di finire il
pensiero che la Gilmore
si trovava già di fronte all’insegna che ogni mattina le appariva
davanti prima di ricaricarsi con un buon caffé, ossia la scritta
“Luke’s”; all’improvviso, senza che se ne rendesse
conto, una strana sensazione le salì per tutto il corpo, infondendole una insicurezza a cui non era affatto abituata, ma che in
quel momento occupava l’ultima posizione nei suoi pensieri. Senza farci
troppo caso, infatti, aprì la porta del locale e, o per colpa del
destino o per una semplice casualità, si trovò davantiproprio ad uno
dei semi-colpevoili del suo attuale stato d’animo.
“c…ciao Luke!”
“ciao!”
Il modo in cui Luke aveva salutato
l’amica faceva trasparire alla perfezione la profonda seccatura che
quest’ultimo provava in quel momento, in modo particolare nei confronti
di Lorelai, visto che quell’espressione da cane arrabbiato dipinta sul
suo volto era apparsa soltanto alla vista della donna. Naturalmente, visto che
lo conosceva da circa otto anni, Lorelai se ne accorse
immediatamente e la colpa di quell’atteggiamento lo diede in particolar
modo a quello che era successo all’arrivo di Jason il giorno precedente.
Dopo averla salutata in quella maniera
così poco cordiale, Luke si diresse verso il bancone, cercando di
evitare, in una maniera piuttosto evidente, lo sguardo di quella così
abituale cliente che pochi secondi fa aveva varcato la soglia del suo locale;
ma come era suo solito fare, Lorelai non si fece
abbattere da quel tono di voce e, velocemente, raggiunse il proprietario al
bancone.
Non appena, però, lei si sedette
sullo sgabello, successe una cosa che, per quanto Luke se ne ricordasse, non
era mai successo nel giro di otto anni: Lorelai se ne
stava zitta, lanciando lo sguardo da una parte all’altra del locale,
assumendo così un comportamento decisamente insolito. Quando,
però, il silenzio cominciò a toccare il minuto abbondante, Danes,
che in quel momento indossava una camicia blu a quadri e un berretto,
naturalmente a rovescio, più o meno della
stessa tonalità, alzò lo sguardo dal foglio su cui stava
scrivendo e lo spostò verso la donna che si trovava davanti a lui.
“cosa hai fatto?!”
“niente…perché?”
“perché?!...perchè
da quando ti conosco non ti sei mai seduta in questo locale senza aprire bocca.
Ecco perché!”
“bè…non ho niente da
dire!...tu…hai qualcosa da dire?!”
“no!”
“ah ok…mi…mi porti
una tazza di caffè?!”
Luke rimase per qualche altro secondo a
guardarla in quegli occhi che normalmente si divertivano a metterlo in
difficoltà, facendogli credere di avere la capacità di leggere al
suo interno, conoscendo ogni suo sentimento ed ogni
suo pensiero; ma in quel momento quei grandi occhi blu non sortivano
quell’effetto solitamente così normale. Mentre,
però, si stava dirigendo verso la macchina del caffè, a Luke
venne alla mente ciò che era successo il giorno precedente e il modo in
cui si erano lasciati; così, dando a quest’ultimo aspetto la colpa
dell’atteggiamento di Lorelai, Luke si bloccò voltandosi nuovamente
verso la donna.
“non devi preoccuparti!”
“cosa?!”
“non sei obbligata ad ascoltare
ogni cosa che ti dico. È vero Jess è tornato, per ora, ma me la
so cavare benissimo da solo quindi…non…preoccuparti…”
“io…”
“davvero…e…e scusa
per come ti ho parlato poco fa..”
“sono io a dovermi
scusare…per quello che è successo ieri…!”
“ti ho detto
che fa lo stesso!”
“no…non è
vero…io volevo che restassi!”
A quell’ultima affermazione Luke
rimase decisamente a bocca aperta. Dopo tutti i
pensieri che si era messo in testa non appena aveva visto Lorelai parlare con
quel piccoletto con la barba, non si sarebbe, mai e poi mai, aspettato che lei,
la mattina seguente, gli rivolgesse proprio quelle
parole. Dopotutto, quel nanetto, era pur sempre il suo fidanzato e non doveva
apparirgli così strano il fatto che andasse a trovarla senza preavviso;
ora che ci pensava meglio, infatti, non era stato poi tanto corretto da parte
sua andarsene in quel modo, apparendo, così, il solito scorbutico. Era
anche vero, però, che in quel momento aveva bisogno di lei, della sua
voce rassicurante e vederlo arrivare così all’improvviso non era
stato certo d’aiuto in quel momento. In ogni caso, ora lei era lì
e pensare al “piccoletto” non sarebbe
servito a nulla.
A rompere il silenzio questa volta fu
Lorelai, che tentò in maniera piuttosto evidente di spostare
l’attenzione verso un altro argomento.
“non ho dormito…”
“come?!”
“non ho dormito!”
“è per questo che non
parli?!”
“diciamo di si…”
“e
perché non hai dormito?”
“se te
lo dicessi ti metteresti a ridere…”
“non mi sono messo a ridere quando non sapevi la differenza tra mousse-vestito e
mousse-dolce….penso proprio che riuscirò
a trattenermi!”
“bè…ho fatto un
brutto sogno…”
“un brutto sogno!?”
“si…”
“e
sentiamo…cosa succedeva in questo brutto sogno…”
“te lo racconto stasera!”
“stasera?!...ma
non devi andare a mangiare dai tuoi?!”
“sì…ma tu mi
offrirai il DOPOCENA!”
“il dopocena?!”
“esatto…non ti va?!”
“non si può offrire il
dopocena!”
“e perchè no!?”
“perché ci si incontra dopocena, si va a dormire dopocena…ma non
si offre il dopocena!”
“sì che so offre!”
“e in
cosa consisterebbe questo...dopocena?”
“nel…dopocena…”
“.…”
“e va bene…ti darò
un indizio: è del cibo che mi offrirai dopo aver cenato…ma
non so ancor cosa…deciderò prima di venire!”
“ho capito…ora vattene che
arrivano dei clienti!”
“ehi…guarda che io sono un
cliente!”
“si
certo…VAI!”
Per rendere il suo invito leggermente
più convincente, Luke mosse lentamente la mano in direzione
dell’uscita, assumendo un’espressione decisamente
seria nei confronti di Lorelai; tuttavia, dopo che quest’ultima si
alzò dallo sgabello con un volto imbronciato come quello di un bambino a
cui non era stato comprato il giocattolo tanto desiderato, il proprietario del
locale smise di fare il serio e lanciò a Lorelai un timido sorriso. Ogni
volta che Luke le sorrideva, Lorelai si sentiva subito meglio; non sapeva come
o perché accadesse, stava di fatto che quel gesto sortiva, ogni volta,quell’effetto
; naturalmente tutto ciò non la disturbava affatto.
Velocemente, la donna uscì dal
locale, questa volta con un espressione decisamente diversa
da quella che aveva pochi minuti prima. Dopotutto doveva immaginarlo che andare
da Luke l’avrebbe sicuramente aiutata, nonostante fosse stato proprio quest’ultimo
a rendere il suo risveglio tanto ansioso; già, quel sogno l’aveva
davvero turbata da quando sembrava reale e così
possibile da realizzarsi. Proprio riguardo a quest’ultimo particolare, si
ritrovò a pensare alle parole che la figlia le aveva detto
poco tempo fa, ossia che per rendere “inoffensivo” il sogno avrebbe
dovuto raccontarlo proprio a Luke e visto che farlo non le costava nulla,
mentre si dirigeva al Dragon fly, si promise che durante il “dopocena
”gli avrebbe detto tutto, coraggio permettendo.
Solamente
quando furono le sei e mezzo della sera, la giovane Gilmore aveva terminato tutti
i suoi corsi e il lavoro al giornale; in quel periodo si stava occupando di un
articolo che riguardava le varie confraternite presenti all’interno del
collage e le diverse prove che bisognava superare per poterne farne parte. Fino a
quel momento tutto sembrava andare alla perfezione, la sua mente era carica di idee e, la maggior parte, erano di gradimento al
“grande capo”, ossia Doyle; ma non appena la sua mente
cominciò a staccarsi dalla sua vita scolastica, tutta la sua attenzione
si spostò su Jess e la sua improvvisa presenza. Ora che si trovava
ancora a Stars Hollow chissà quante volte le sarebbe
capitato di trovarvisi faccia a faccia, come era accaduto, del resto, il giorno
prima al supermercato di Taylor; di cosa avrebbero parlato la prossima volta
che si sarebbero visti?! Del suo ritorno? Della sua partenza? Di libri, o di
musica, o forse non avrebbero proprio parlato, come era
successo la sera precedente.
Mentre Rory
continuava a riflettere su ciò che sarebbe accaduto nei giorni avvenire
e di come si sarebbe dovuta comportare, il telefono della sua stanza
cominciò a squillare e, subito, scattò la segreteria.
“Ciao Rory…sono Dean…bè…ho sentito che è tornato
Jess…o meglio me lo ha detto Babette! Sicuramente tu lo sapevi
già…comunque…se hai
bisogno…sai che sono sempre pronto ad aiutarti. Quando senti il messaggio
richiamami...ok?!..ciao”
Non appena il messaggio si concluse, Rory si affettò a cancellarlo; sarebbe
stato saggio richiamarlo?! dopotutto ora era un uomo
sposato. Era anche vero però che lui rimaneva pur
sempre Dean, il suo migliore amico ed ex-ragazzo; era un suo diritto
chiacchierare con lui e parlare di ciò che le era successo; e poi era
stato lui a chiamarla.
Già…ma queste
cos’erano…scuse?!
Cercando di cacciare dalle
sua mente tutte quelle inutili preoccupazioni, la ragazza alzò velocemente
la cornetta del telefono e, con la stessa velocità, compose un numero,
un numero che in quel momento l’avrebbe sicuramente aiutata.
La stanza, nonostante la sua maestosa
eleganza, sembrava essere vuota; il rumore delle
posate che sbattevano sui piatti sembrava creare una sorta d’eco che
andava all’interno di quell’ambiente sempre così formale. Nonostante
tutti gli anni passati in quella casa, Lorelai non riusciva ad abituarsi a
quell’ambiente: a quel cibo sempre così raffinato e perfetto, a
quell’arredo così elegante, a quell’atmosfera così
fredda e priva di familiarità; tutto ciò, infatti, andava contro
alla sua solita vita a Stars Hollow, una vita che non avrebbe cambiato con
nient’altro, salvo l’uomo prefetto che bussa alla sua porta e le
chiede di fuggire insieme senza meta, anche se forse neanche a queste
condizioni avrebbe lasciato la sua cara cittadina.
“Così, Lorelai, tra poco
aprirai la tua locanda!”
“già…mamma…non
vedo l’ora! Anche se una settimana fa ho sognato
che usciva uno strano liquido scuro dal water…tutti i clienti andavano
via e…”
“Lorelai!...stiamo cenando!”
Come ogni venerdì sera Emily,
ossia la madre di Lorelai, aveva ripreso la figlia per il suo atteggiamento;
questa sera per il linguaggio troppo “colorito”, il prossimo
venerdì per la scelta dell’abbigliamento.Emily, come ogni venerdì, era
impeccabilmente elegante, in quanto indossava uno dei suoi costosissimi abiti, oggi
di un blu notte con delle perline, abbinato con dei a
dir poco “luminosi” gioielli. Forse era proprio quello il motivo per cui Lorelai non riusciva ad essere felice in quel luogo:
lì non poteva essere se stessa, non poteva comportarsi come faceva
abitualmente e, soprattutto, ogni cosa che diceva era necessariamente
sbagliata, anche nel caso in cui ci fosse stata una legge scientifica che
provasse il contrario. Anche il padre della donna,
ossia Richard Gilmore, era fatto dello stesso stampo della moglie, in fondo
erano pur sposati da quarant’anni per qualcosa; come ad ogni cena del
Venerdì, il nonno si trovava al lato opposto della tavola, a
“trenta” metri di distanza da Emily, come del resto erano
distanziate le altre due invitate.
“tralasciando il tuo
sogno…quando hai intenzione di aprire”
“mi piacerebbe farlo dopo le
feste di Natale!”
“è la peggior mossa che tu
possa fare Lorelai!”
Alla conversazione tra Lorelai e la madre,
si aggiunse Richard che, con il suo abituale tono di vocecosì “nobile” e
controllato, si stava evidentemente preparando a rendere il tutto ancor
più irritante, mettendo a dura prova la pazienza della figlia.
“e…e perché?!”
“bè...dopo Natale ci
sarà un grosso calo di guadagni per tutti gli alberghi o locande della
città, in quanto tutte le persone sono appena tornate da una delle
più costose vacanze dell’anno!”
“ma se
aprissi ora…”
“anche
questa sarebbe una pessima idea…ormai tutti hanno già organizzato le
loro vacanze natalizie!”
“vorrà dire
che se non verrà nessuno mi consolerò con una bottiglia di Jack
Daniel, mi toglierò tutti i vestiti e andrò a rinfrescarmi le
idee facendomi un giretto per la città!”
“non mi sembra il caso di
scherzare su questo genere di argomenti…è
una cosa seria!”
“lo sa bene nonno…ma…vedrete
che andrà tutto bene…la mamma ci sa fare…”
“Vedremo!”
Come accadeva per la maggior parte
delle discussioni, volte a criticare in qualche modo la vita della più
grande delle Lorelai presenti a cena, Emily le concludeva
con quella sua intonazione altezzosa e leggermente stizzita, pronunciata in una
maniera tale da assomigliare ad una sorta di premonizione che, naturalmente,
sarebbe stata a favore dei due coniugi Gilmore.
Il resto della cena proseguì in
silenzio, salvo alcuni brevi discorsi diretti principalmente a Rory e a come
procedevano i suoi studi a Yale; la nipote, al contrario della madre, aveva imparato
ad assumere il comportamento che i nonni desideravano avesse, evitando in
questo modo di rendere la serata ancora più difficile per tutti i
presenti. Ciò che non riusciva a capire, però, era come il
comportamento di sua madre fosse così diverso da quello della nonna,
nonostante tutti gli anni che avevanotrascorso insieme. Inoltre, se lo
desiderava ardentemente, Emiliy sapeva essere a dir poco persuasiva, imponendo agli altri determinate idee e, soprattutto, determinati
comportamenti avendo, in questo modo, ogni cosa sotto il suo rigido controllo (non
per niente la figlia continuava a paragonarla a Hitler); la figlia però
era sfuggita a quel suo potere, sconvolgendo il futuro che Emily si era prefissata.
Era proprio questa la caratteristica che Rory apprezzava, in particolar modo,
della madre: Lorelai aveva un carattere forte, molte volte
tendente all’essere testardo, e fargli fare qualcosa che fosse
contraria ai suoi obiettivi era pressoché impossibile; perciò,
inevitabilmente, tutto ciò si traduceva in continui scontri con la
famiglia Gilmore, ottenendo come risultato cene come quella.
Lei, invece, era diversa: con i nonni
andava d’accordo e, pur di non creare ulteriori
dissapori con loro, tentava di accontentarli nella maggior parte delle cose che
gli chiedevano, come andare ad una di quelle inutili feste organizzate da gente
con cospicui conti in banca. Lei, purtroppo, non aveva ereditato tutta la forza
di sua madre e infatti, dopo aver saputo
dell’arrivo di Jess a Stars Hollow e dopo averne avuto la conferma
incontrandolo al supermercato, non aveva più avuto il coraggio di
mettere piede al locale di Luke, temendo che, con il rivederlo, vecchi
sentimenti sarebbero riaffiorati, alimentando ancor di più quel
fastidioso mal di testa che si divertiva ad aumentare ogni volta che il ragazzo
entrava nei suoi pensieri.
Dopo un'altra ora di semi-tortura, la
consueta cena del Venerdì sera si concluse,
fatto che rese felice, in modo particolare, Lorelai Gilmore; ma prima che le
due invitate si alzassero da tavola per dirigersi verso l’entrata, la
cameriera entrò nella stanza, catturando l’attenzione dei presenti.
Come ogni settimana, la domestica che le aveva servite non era la stessa della
cena precedente; quella di questo venerdì, infatti, era una ragazza
sulla trentina, occhi castani, capelli neri, e, dal colore leggermente scuro
della pelle,sembrava
avere origini italo-americana, sensazione alimentata ulteriormente dal suo
accento.
“Signor Gilmore…è
appena arrivato il signor Jason Stiles e chiede di
vederla!”
“lo accompagni al mio ufficio e
gli dica che sarò da lui fra un minuto!”
“si signore!”
La voce della cameriera era dolce,
leggermente flebile e, involontariamente, incuteva molta tranquillità;
molto probabilmente però, proprio questa sua
caratteristiche le sarebbe costato il posto di lavoro; conoscendo Emily,
infatti, sarebbe bastato che quest’ultima si fosse alzata appoggiando sul
pavimento prima il piede sinistro anziché quello destro, per rendere la
giornata adatta per trovare insopportabile il tono di voce della giovane donna,
decidendo così di trovarne una nuova.
Prima che
Richard si alzasse da tavola, Rory e Lorelai lo anticiparono, intuendo che
quello era il momento adatto per svignarsela, evitando domande che si sarebbero
rivelate sicuramente dannose per le due giovani Gilmore.
“bè…noi
andiamo!”
Al contrario della madre, Rory
andò a salutare i due “capofamiglia”, andando a baciare per
seconda la nonna che, fino a quel momento, era rimasta seduta a fissare una punto della stanza, come se stesse riflettendo sul da
farsi, o meglio, come se stesse cercando l’argomento adatto per rendere
la serata leggermente più irritante per la figlia; difatti, dopo alcuni
secondi, la signora Gilmore si alzò dal suo posto a capotavola
dirigendosi verso l’atrio, luogo in cu la figlia aveva già
raggiunto da qualche secondo.
Non appena vide la madre arrivare,
Lorelai che in quel momento stava salutando nel modo più amichevole
possibile Jason, alias il suo fidanzato, assunse il tipico sguardo di chi si
accorge di avere alle spalle la piccola protagonista di THE RING, capendo al
volo che la madre aveva in mente per lei qualcosa di spregevole.
“Lorelai…hai qualche
impegno adesso?!”
“s…si…perché?!”
“e cosa devi fare?!”
“devo incontrarmi con Bon
Jovi…ha detto che deve dedicarmi una canzone
così ne discutiamo assieme!”
“ti costa tanto essere seria per
qualche minuto?...rimani a casa?”
“no…ho un impegno!”
“ti sto chiedendo cosa devi fare?...non penso sia un segreto di stato”
“devo vedermi con un
amico!”
“LUKE!?!”
Alla conversazione tra madre e figlia si intromise, in una maniera tutt’altro che educata, il
signor Stiles che nel conoscere così all’improvviso i piani di
Lorelai perse improvvisamente il controllo. Oltre a
Emily, anche Lorelai rimase leggermente stupida dalla reazione di Jason, tutto
sommato non avevano nessun appuntamento quella sera. L’uomo si accorse
dell’errore che aveva appena commesso e, prontamente, cercò di
sistemare il tutto con uno “scusate” pronunciato con un bassissimo
tono di voce, simile a quello della cameriera.
Emily, dopo aver lanciato a Jeson uno
dei suoi sguardi glaciali, rivolse nuovamente la sua
attenzione verso Lorelai che, nel frattempo, si era preoccupata di indossare il
suo cappotto rosso, come a voler accelerare i tempi.
“è vero….devi incontrarti con Luke?!”
“mamma….si
può sapere che cosa vuoi?!...”
“bè…ti ricordi la
cameriera della scorsa settimana?!”
“chi?!...quella
tedesca?!”
“non era tedesca!...”
“davvero?!...sembravate
avere un certo feeling…come se ti ricordasse il ruolo che avevi nella tua
vita passata…”
“come ogni volta faccio finta di non aver sentito…ad ogni modo…era
una chiacchierona…”
“cosa centra questo con i miei
impegni?!”
“centra…in quanto mi ha detto che tu e il qui presente signor Stiles…avete una
storia!”
Gli occhi dei due imputati si
congelarono all’unisono e, nel sentire quelle parole, il cuore di Lorelai
sembrava essersi fermato all’improvviso, come la sua capacità di
produrre qualche buona spiegazione a ciò che quella cameriera spiona
aveva detto a Emily. Dal canto suo, Jason era
immobile, da una parte scioccato da ciò che la
donna aveva appena detto, dall’altra infuriato con Lorelai per non
avergli detto quali erano i suoi piani per quanto riguardava la serata.
“allora…è vero o no?!”
Lorelai si stava prerparando a
rispondere alla madre, che si stava visibilmente irritando per quel così
prolungato silenzio, ma la voce leggermente tremolante e insicura di Jason la
bloccò, preannunciando qualche guaio in vista.
“è vero…io e sua
figlia abbiamo una storia…che va avanti da
qualche mese!”
“JASON!…mamma ascolta, te
lo avrei detto...non questa sera e nemmeno la prossima…ma comunque te lo avrei detto…”
“mi riesce difficile crederlo
Lorelai…”
Emily non sembrava unicamente irritata,
fattore che trapelava alla perfezione dal rossore che avevano
assunto i suoi zigomi, ma appariva soprattutto delusa, forse per quella poco
allettante relazione tra la figlia e Jason o forse per essersi resa conto che
con Lorelai il rapporto peggiorava di anno in anno, o meglio, di giorno in
giorno.
Mentre i tre continuavano a scambiarsi
sguardi decisamente “elettrizzanti”, al
trio si unirono anche Rory e Richard che, fino a quel momento, avevano
preferito assistere da lontano allo spettacolo. La giovane Gilmore capì
immediatamente come si sentiva la madre in quel momento e non si sarebbe di
certo stupida se appena uscite avesse chiamato Tom
Cruise perché vestisse i panni di Vincent, il killer di Collateral. Nel
frattempo, la cameriera porse il cappotto a Rory come se quello fosse un chiaro
invito ad uscire di scena; consiglio che le due
invitate colsero al volo.
Dopo essere uscite, Rory
accompagnò la madre alla macchina, nell’eventualità che
quest’ultima sentisse il bisogno di sfogarsi un po’.
“ehi mamma…se vuoi vengo a
casa con te…”
“ non preoccuparti
tesoro…doveva capitare prima o poi…sarebbe
stato meglio poi e, soprattutto, non così…ma si sa…le cose
non vanno mai come le avevi pianificate!”
“tranne
la tua locanda…quella andrà come l’avevi
pianificata…ne sono certa!”
“spero…comunque
ora torna al campus…non preoccuparti per me ok?!”
“no…che ne dici di venire
con me?!”
“non può…giusto?!
Com’era capitato pochi minuti fa,
Jason rispose a nome di Lorelai che, non appena lo
vide avvicinarsi, mutò la sua semi-tranquillità con una
semi-furia omicida.
Rory diede un bacio alla madre,
porgendole uno dei suoi soliti sguardi all’interno dei quali si leggeva
chiaramente la richiesta di non lasciare nessuna vittima; dopodichè salì
velocemente in macchina e, dopo aver sistemato la borsa nel sedile accanto e
aver messo la cintura, accese il motore, uscendo dal vialettodella famiglia Gilmore.
Dopo essersi assicurata che la figlia
non si trovasse più nei paraggi, Lorelai
lanciò la sua borsa nera in macchina e, dopo aver richiuso lo sportello,
si avvicinò a Jason con un aria tutt’altro che angelica. Le guance
della donna, infatti, si erano visibilmente arrossate, non soltanto per via
della temperatura che nel frattempo si faceva sempre più rigida, ma
soprattutto per la rabbia che continuava a ribollirle e che era aumentata alla
vista del signor Stiles.
“come hai potuto comportarti
così!?”
“non mi sembra di aver fatto
nulla di così tragico!”
“ah no…forse hai la mente
troppo annebbiata dalla tua stupida gelosia nei confronti di Luke…”
“ultimamente fatico a credere che
sia così stupida!”
“ah davvero?!
È per questo motivo che ti sei comportato così?che ti sei
intromesso nella conversazione come un fidanzato geloso…chiedendomi se
dovevo vedermi con lui!?”
“avevo ragione?”
“su che cosa?”
“sui tuoi impegni serali?!”
“…per colpa della tua
gelosia ora mia madre sa che io e te abbiamo una
storia e…”
“e dove
starebbe il problema?doveva rimanere un segreto per sempre?”
“no ma avrei preferito dirglielo
io…o sbaglio?!”
“hai ragione ho sbagliato…ma ormai sa che stiamo insieme...”
“sbagli…STAVAMO…”
“che cosa vorresti dire?...vuoi finirla così?...per una sciocca litigata
salta tutto?!”
“forse è finita proprio
perché tu la ritieni una litigata sciocca!”
Detto
questo, Lorelai, con uno sguardo misto tra l’essere triste e
profondamente delusa, fissò Jason diritto negli occhi, come se stesse
cercando di trasmettergli quello che stava provando a causa del suo
comportamento così infantile; lui se ne stava immobile, quasi incapace
di credere che la loro storia fosse finita così velocemente, consumata
in pochi minuti e con poche parole. Aveva sempre desiderato stare con
lei, vivere con lei, costruirsi una famiglia ed una vita assieme a lei; ma nulla
di tutto ciò sarebbe ormai accaduto visto il modo in cui Lorelai lo
stava fissando, come a voler dire: GUARDAMI BENE…TUTTO QUESTO È
SOLO COLPA TUA! E, purtroppo, era davvero così;
se fosse riuscito a trattenere la sua stupida gelosia ora starebbero ancora
insieme e tra qualche tempo quel Luke sarebbe andato al loro matrimonio, da
ospite.
Quei suoi sogni, oramai simili solo a
delle illusioni, vennero interrotti dalla diretta
interessata che, evidentemente, si preparava a concludere il discorso.
“bè…dato che ti
piace tanto farlo, lascio a te l’onore di dare
la notizia a mia madre”
Dopodichè salì in
macchina e,come aveva fatto poco fa la figlia,con una leggera
sgommata si allontanò dalla casa dei genitori, lasciando Jason
leggermente sconvolto; la mente dell’uomo era piena di pensieri, per la
maggior parte rivolti alla sua ormai ex fidanzata, ma in parte con la
principale preoccupazione sul cosa dire alla signora Gilmore, o meglio sul come
dirglielo visto che, dopo quello che era accaduto, non doveva essere di un
ottimo umore.
Mentre la macchina percorreva
imperterrita la strada verso casa, Lorelai rifletteva su ciò che era
appena accaduto; non riusciva a credere di aver lasciato Jason in quel modo,
dopotutto lei ci teneva a lui, non per niente aveva deciso di rimanerci assieme
e di svegliarsi alla mattina con lui accanto.
Bè…dire che lui alla mattina le era
accanto doveva ammettere che era una metafora, o meglio ancora la metafora di
una metafora, visto che lui aveva quella assurda mania di dormire da solo; che
razza di “fidanzato” lascia dormire la donna con cui ha appena
fatto l’amore in un’altra stanza?anche se come stanza era dieci
volte meglio di una di quelle che si trovano negli hotel, non era affatto
normale dormire nella stessa casa, ma in camere diverse. Era come simulare una
separazione; della serie: non voglio vedere la tua faccia appena apro gli
occhi. Secondo Lorelai, infatti, una delle cose più
belle in un rapporto è proprio lo svegliarsi la mattina
abbracciati e, non appena gli sguardi si incrociano, fare uno di quei sorrisi
imbarazzati, come se entrambi avessero pensato a ciò che era accaduto la
sera precedente. Ad ogni modo, era inutile continuare a pensarci su, oramai il
passo lo aveva fatto e Jason non faceva più
parte della sua vita sentimentale.
Nel riflettere su Jason e sentimenti
vari, la Gilmore
non si era accorta che, involontariamente, era arrivata da Luke;
all’inizio cominciò a pensare che simili coincidenze non
accadevano a caso e che forse quella di Jason non era una sciocca gelosia, ma
nel giro di pochi attimi scacciò immediatamente quei pensieri,
giustificando il fatto come un semplice fattore di inconscio:
dopotutto quella sera aveva davvero appuntamento con Luke.
Velocemente, Lorelai parcheggiò
la macchina vicino all’entrata del locale e, dopo essere scesa ed essersi
sistemata il giubbotto, si avvicinò alla porta, cominciando a bussare in
modo notevolmente insistente. Dopo circa dieci bussate, il proprietario si
avvicinò all’entrata e cominciò a fissare l’amica
che, nonostante avesse visto Luke di fronte a lei, non aveva ancora smesso di
produrre quell’ormai irritante suono.
“devi bussare ancora per molto?!”
“posso?!”
“NO!”
Non appena Luke aprì la porta,
Lorelai si preoccupò ad entrate, sfregandosi insistentemente le mani,
stranamente prive di guanti, l’una contro l’altra, come se quel
gesto potesse rimediare al freddo al cui erano state sottoposte. Vedendola fare
quel gesto Luke concentrò la sua attenzione in quelle
mani particolarmente arrossate dal freddo, avvicinandosi così a
Lorelai e prendendole le mani, pensando a cosa fare per rimediare
all’inconveniente.
“perché non ti sei messa i
guanti?!”
“perché
sono appena tornata dall’inferno…lì non faceva tanto
freddo!”
“vado a prendere un po’
d’acqua calda per !”
“non fa
niente…ora…ora non mi fanno più male…”
Senza che se ne rendessero conto,
entrambi si stava guardando negli occhi, immobili come
se l’uno stesse aspettando una qualsiasi mossa dell’altro, con Luke
che teneva ancora tra le sue le mani di Lorelai. Quel momento che sembrava
anticipare qualcosa di estremamente interessante,
però, venne improvvisamente interrotto dallo squillare del cellulare di
Lorelai che, immediatamente si staccò dall’amico e rispose a chi
la stava cercando in un momento così poco opportuno.
“p…pronto!”
“mamma sono io…”
“Ro…Rory…dimmi!”
“tutto bene?!...hai
una voce strana!”
“si
certo tutto bene…tu invece?!”
“bè non molto…la
strada per Yale è bloccata così sto
tornando a casa. Tu dove sei?”
“da Luke…ma ora
torno”
“ho interrotto qualcosa?”
“NO!”
“vabbè…comunque non serve che torni…io faccio un salto da
Lane!”
“ok…ci vediamo dopo!”
“si…certo!”
“perché
lo hai detto così?”
“che cosa?!”
“c’era un
non so che di malizioso…”
“io…maliziosa?!...che c’è abbiamo la coda di paglia?!
“io non ho la coda di
paglia!”
“...a dopo!”
Dopodichè, Rory
riattaccò, lasciando la madre leggermente sbigottita, come se
l’ultima frase della figlia nascondesse un fondo di verità. Luke,
intanto, dopo aver preso del caffé versato in una tazza azzurra, si sedette al tavolo più vicino all’entrata, posando la
bevanda di fronte a lui, davanti alla sedia riservata all’amica che, nel
frattempo, aveva già preso posto allo stesso tavolo.
“ era Rory….ha detto che la strada per il collage è
bloccata!”
“con questo tempo doveva
aspettarselo!”
“già…”
“come mai non esci col
nanet…ehm...con quel Jason?!”
“ci siamo lasciati…poco
fa…”
“mi…mi dispiace!”
Viste le rare occasioni in cui si
concedeva il lusso di mentire alla sua, per così dire, “migliore
amica”, non si poteva dire che Luke fosse
portato a farlo dato che, anche questa volta, il suo voler nascondere la
verità aveva fatto un bel buco nell’acqua. Conoscendolo da circa
otto anni Lorelai, naturalmente se ne era accorta, sia
dall’espressione che l’amico aveva assunto, sia dal suo insolito tono
di voce, troppo insicuro per appartenere a Luke; anche se, doveva ammetterlo,
una reazione disperata era una delle ultime cose che si sarebbe aspettata
dall’amico, dopotutto dire che tra loro due scorreva buon sangue era un, a
dir poco, perfetto eufemismo; bastava pensare che da un lato Jason non voleva
neppure mettere piede al locale e, dall’altro, Luke non sopportava la vista del
“nanetto” neanche se questi fosse stato a metri e metri di
distanza.
“bè…a
questo punto me lo vuoi svelare il segreto del dopocena oppure no?!”
“il che?!”
“mi stai prendendo in giro?!”
“no…”
“questa mattina sei venuta
qui…dicendomi che avevi fatto un brutto sogno e
che me lo avresti raccontato stasera se ti avessi offerto il dopocena!...hai un
vuoto di memoria?”
Lorelai rimase leggermente sbigottita
nel sentire le parole di Luke; possibile che lui l’ascoltasse sempre?!lei nemmeno se la ricordava
quella storia del dopocena, visto che se l’era inventata la mattina
stessa, pensando che Luke avesse finto di ascoltarla, come del resto facevano
le altre persone che la conoscevano quando improvvisava con uno dei suoi
bizzarri ragionamenti. In più, si era ricordato anche del sogno; doveva
ammetterlo, lui era l’unica persona, esclusa Rory, che ascoltava ogni
cosa lei dicesse, anche se quella cosa fosse stata una
delle sue solite pazzie, come quella del dopocena.
Mentre Lorelai continuava a
concentrarsi sui suoi pensieri e a guardare Luke con un’aria leggermente
assorta, l’oggetto della sua attenzione stava cominciando a preoccuparsi di
quell’atmosfera e a sentirsi leggermente a disagio, così decise ti
togliersi il dubbio, sul perché Lorelai si comportasse in quel modo,una volta per
tutte.
“ dimmi
la verità….tua madre ti ha
drogata?!”
“cosa?!....n...no…è
che quel dopocena me lo ero inventato…e…credevo che questa mattina
non fossi tanto attento a ciò che dicevo… ”
“quindi non sai neppure dare una
risposta ai tuoi contorti discorsi?!”
“..bè…diciamo
che il dopocena era una scusa per venire qui…”
Nel sentire quelle parole, il cuore di
Luke cominciò a battere più velocemente conferendogli la
sensazione che il sangue si stesse concentrando
unicamente sui suoi zigomi, rendendoli di un colore leggermente più
arrossato; così, com’era già successo la mattina stessa,
cercò di sviare lo sguardo, impedendo all’amica di notare il suo
atteggiamento, notevolmente più agitato di pochi istanti prima.
“bè…allora…questo
sogno?!”
“ah si…io te lo racconto però tu non devi azzardarti a ridere!”
“sarò serissimo!”
“come un’iguana?”
“si...come…come vuoi
tu!”
“ok…bè…nel
sogno ero all’inaugurazione della locanda…e…mentre la gente
stava arrivando, qualcuno aveva appiccato un incendio, ma non avevo visto la
sua faccia…e, senza che me ne rendessi conto…stava crollando tutto.
Chiamavo Sookie con tutto il fiato che avevo…ma
non la trovavo...e nemmeno Michel mi aiutava; Rory era a Yale…e non
sapevo cosa fare…Tutti correvo a caso, urlando e dicendo che era colpa
mia. Così ero andata al tuo locale dove tu stavi lavorando, ti ho
chiesto aiuto ma tu…tu non mi stavi a sentire…era…era
come se fossi imbambolato. Allora ho cominciato a scuoterti e…tu mi hai
guardata poi hai detto che non era affare tuo, non ti
interessava ,che dovevo arrangiarmi perché tu non ci saresti stato ad
aiutarmi. Ero…sola….”
Il tono di voce di Lorelai, mentre
raccontava quello che le era accaduto in quel sogno, si faceva sempre
più veloce e sempre meno comprensibile, come se così facendo la sensazione di ansia svanisse più
velocemente; anche Luke se ne era accorto e, proprio per questo motivo, la Gilmore si alzò
dalla sua sedia, dirigendosi speditamente verso la porta d’ingresso,
vergognandosi del modo in cui si stava comportando, ossia come una bambina che
crede ancora alla realizzazione dei propri incubi. Luke, però, si
alzò a sua volta posizionandosi davanti
all’amica e guardandola fissa negli occhi, come a farla ritornare in se,
bloccando così la sua semi-fuga.
“ehi…che fai?”
“è uno stupido
sogno…hai appena ascoltato un altro dei miei discorsi…è una
cavolata, pensa che mi ero convinta che
raccontandotelo non si sarebbe realizzato, immagini!? Neanche un bambino crede
più a queste cose…”
“appunto…è un
sogno…dovresti saperlo che nella realtà ti avrei
aiutata. È vero che ogni tanto faccio finta di non sentire i tuoi
discorsi...ma in una situazione come quella avrei
fatto di tutto per sostenerti…lo sai bene che…tutto quello che ti
riguarda…mi…interessa…!”
“…t…ti interessa?!”
“si…”
I volti dei due cominciarono ad
avvicinarsi, lentamente, come se il tempo avesse deciso di far procedere tutto
a rallentatore, rendendo il momento ancora più teso di quello che
già fosse. Entrambi cominciarono a respirare
più velocemente come, del resto, cominciarono ad accelerare i loro
battiti cardiaci. Le mani di Luke si posarono, delicatamente, sopra al cappotto
rosso della donna che gli era davanti, percependo così l’aumentare
della sua agitazione; Lorelai, invece, aveva la sensazione che la testa si
divertisse a far girare la stanza ad una velocità sempre più
elevata, come accadeva nelle giostre dei Luna Park, impedendole ogni tentativo
di ragionamento riguardo a ciò che stava avvenendo. All’improvviso,
però, la sensazione di quest’ultima scomparve e, Lorelai, spalancò
gli occhi come, senza che se ne rendesse conto, la stanza avesse
finito di girare e il cervello l’avesse resa di nuovo in grado di
avere pieno controllo delle sue azioni.
“è…è meglio
che vada…Rory fra un po’ sarà a casa…”
Le stesse mani che poco prima si erano
posate tanto delicatamente quanto lentamente, ora con uno spedito scatto si
staccarono dalle spalle di Lorelai che, a sua volta, fece un leggero passo
indietro, allontanandosi dal proprietario del locale
“c…certo…scusa…”
“NO…”
“No cosa?!”
“non chiedermi
scusa…non…non è successo niente…”
“si...lo
so…”
I due continuarono a posare i loro
sguardi in punti distinti del locale, dopodichè Lorelai fece un leggero
sorriso, visibilmente sforzato, ed uscì velocemente dalla porta
d’ingresso, lasciando Luke a dir poco impietrito; quest’ultimo infatti stava già cominciando ad auto-punirsi
per ciò che era appena successo, incolpandosi di aver travisato alcuni,
per così dire, “segnali”. Sicuramente, Lorelai era rimasta
sconvolta dal suo comportamento visto che da lui non se lo sarebbe
mai aspettato.
Con molta probabilità, il giorno
dopo, nessuno dei due avrebbe avuto il solito comportamento visto che, mentre
Luke si incolpava dell’accaduto, nel percorrere la
strada verso casa Lorelai non smetteva di odiarsi per aver rovinato quel
momento, lasciandosi prendere dalla paura che il mattino seguente lui si
pentisse del bacio.
Erano da poco scoccate le dieci di sera quando la neve aveva
ricominciato a cadere imperturbabile sull’intera cittadina, e tutta
quella atmosfera invernale, confondeva un caloroso senso di tranquillità
nel cuore della giovane Gilmore che, nel frattempo,
Il coraggio di amare
Una semplice parola
Erano da poco scoccate le dieci di sera quando la neve aveva ricominciato a cadere
imperturbabile sull’intera cittadina, imbiancando nuovamente tutto
ciò facesse parte del suo tragitto e rendendo l’ambiente ancora
più natalizio del giorno precedente; oltre al freddo, però,
quella atmosfera invernale aveva la capacità di infondere un caloroso
senso di tranquillità nel cuore della giovane Gilmore che, nel
frattempo, stava percorrendo la strada verso l’appartamento di Lane, poco
distante dalla sua abitazione. Sicuramente l’amica non vedeva l’ora
di raccontarle i minimi particolari a proposito dell’ingaggio proposto
alla sua bandda
quel Robert Dellord e, in modo particolare, del fatto che in questo modo avrebbe
fatto capire alla madre che si era completamente sbagliata su di lei e sul suo
sogno, apparentemente così lontano dal realizzarsi. Inoltre, Rory era
ansiosa di avvertirla dell’arrivo di Jess, anche se, ora che ci pensava
bene, lavorando nel locale di Luke, Lane sicuramente lo sapeva già; chissà
perché non le aveva ancora telefonato, tempestandola di domande, come era suo solito fare?! visto
che la conosceva da una vita, le era senz’altro successo qualcosa di
tutt’altro che positivo; motivo in più per andarla a trovare,
anche se l’orario non era dei migliori.
Mentre i suoi pensieri continuavano a
concentrarsi sulla giovane amica coreana, l’auto di Rory, regalatagli dai
nonni per il diploma, cominciò ad emettere uno strano suono, simile a
quello delle auto d’epoca nei film in bianco e nero; ma, visto che la sua
macchina era tutt’altro che vecchia, quel chiasso
non presagiva nulla di buono.
“no…non abbandonarmi
proprio ora…”
Ma, quello
che appariva un chiaro invito a portarla perlomeno a casa, non fu esaudito e,
infatti, dopo alcuni secondi, l’auto terminò quella che sembrava
essere un’agonia, fermandosi del tutto e non dando alcun cenno di
ripresa.
“no…non è
possibile…”
Trovandosi improvvisamente in una
situazione come quella, l’irritazione cominciò a fare a pugni con la calma e ogni minuto che passava, quest’ultima
sembrava avere sempre di più la peggio; la ragazza dai capelli castani
cominciò a girare la chiave più e più volte, senza
però sentire quel tanto desiderato suono dell’accensione del motore;
dopodichè, invasa dallo scoraggiamento, prese la borsa che le era
accanto e scese dalla macchina, andandosi a sedere sopra al marciapiede,
già semi coperto dalla coltre bianca. Così, con
un’espressione visibilmente annoiata, Rory cominciò a
“sfogliare” i nomi che componevano la rubrica del suo cellulare,
pensando a chi potesse aiutarla in un momento come quello. Avrebbe volentieri
chiamato sua madre, ma dopo aver percepito quella strana agitazione nella
telefonata di poco fa, il suo sesto senso, leggermente
malizioso, le suggeriva di cercare qualche altro buon samaritano disposto ad
aiutarla.
“Uffa…ma è possibile
che devono capitare tutte a me?!...”
“serve un aiuto?!”
Quella voce la conosceva fin troppo
bene: apparentemente sempre così fredda e cauta con chiunque si
rivolgesse, anche se questo qualcuno fosse stato la persona più
affidabile di tutta la città; ma, se si imparava
a ascoltarla, era così dolce e rassicurante da non sembrare neppure la
stessa.Dopo poco più di un
giorno da quando aveva saputo del suo arrivo a Stars Hollow, era già la
seconda volta che incrociava lo sguardo del proprietario di quella voce e tutto
ciò non le piaceva affatto, dato che ogni volta
che lo incontrava finiva per andare a letto sommersa da mille pensieri, tutti
rivolti a ciò che era successo in passato.
Velocemente, la giovane Gilmore
abbassò lo sguardo, cercando di non cadere nuovamente vittima di quello
sguardo così dolce epenetrante, che già la
sera prima l’aveva fatta sentire così debole.
“no ce la faccio da sola!”
“ah si…e da quando te ne
intendi di macchine?”
“da quando te ne sei andato via
senza dire niente!”
Quelle parole, Rory le aveva
pronunciatecon
una notevole nota di acidità; anche se il suo cuore avrebbe parlato al
ragazzo in una maniera tutt’altro che fredda, la mente ebbe la meglio e
nel sentire quel tono così distaccato e freddo, l’agitazione del
giovane Jess cominciò a farsi più vivace, rendendogli il tutto
ancora più difficile.
Nel vedere gli effetti della sua
“frecciatina”, Rory concentrò nuovamente la sua attenzione sul cellulare, senza così accorgersi
che quella frase non aveva effettivamente avuto l’effetto sperato. Jess,
infatti, si avvicinò all’auto e, dopo aver alzato il cofano di
questa, cominciò a maneggiare con alcuni ingranaggi a lui per nulla
sconosciuti. Dopo alcuni attimi, però, la Gilmore si alzò di
scatto dal marciapiede, avvicinandosi con passo spedito al ragazzo.
“mi sembra di averti già detto che no ho bisogno di aiuto…soprattutto del
tuo!”
“a me sembra il contrario visto che
non c’è anima viva con questo tempo!”
“esiste il cellulare per
questo!”
“perché devi fare tutte
queste storie se ci sono io!?”
“perché
nei momenti in cui avevo bisogno di te non ci sei stato,
perciò…”
“BASTAA!”
Nel sentire di nuovo quel tono
così acido provenire dalle parole di Rory, in Jess crebbe
un notevole nervosismo, percepibile non solo dal tono di voce, ma anche dai
movimenti della mandibola che, ad ogni attimo, sembrava volersi serrare
sempre di più.
Velocemente il ragazzo si
allontanò dall’auto, dando le spalle alla Gilmore che, nel
frattempo, fissava un punto del motore come se questi avesse la capacità
di darle un consiglio sul modo più corretto di
comportarsi in un momento come quello; il giovane si allontanava sempre di
più fino a che, all’improvviso, si bloccò di scatto
ritornando rapidamente sui suoi passi.
“dimmi….che…che devo
fare per farmi perdonare?! Ti ho chiesto scusa che
vuoi che faccia di più?! Lo so
mi sono comportato da schifo…sono stato un codardo ma…ma
io…”
“smettila…non voglio sapere
come o cosa ti è passato per la testa! ho sperato
tanto in una tua telefonata…in un tuo ritorno. Ma
poi ho capito che è inutile aspettare una persona che non vuole tornare!
Quindi…non…non aiutarmi per metterti apposto la
coscienza…perché se devo essere sincera preferisco tornare a piedi!”
Detto ciò, la ragazza dai
capelli castani aprì la porta grigiadell’auto che si trovava
dalla parte del guidatore, staccò le chiavi dall’accensione e si
allontanò, lasciando Jess in uno stato quasi impietrito, come se quelle
parole avessero avuto la capacità di spezzargli il cuore in tanti
piccoli pezzi, talmente sottili da essere quasi impossibili da riordinare.
D’improvviso, però, Rory si bloccò di colpo e, senza votare
lo sguardo, si rivolse nuovamente al giovane Mariano, con un tono
tutt’altro che acido, in quanto esprimeva tutto il dolore che, fino ad allora, la ragazza aveva tentato di nascondere.
“comunque…non
mi hai mai detto…scusa…”
Se le parole
di pochi minuti prima gli avevano causato tanto dolore, non potevano che essere
definite come il “colpo di grazie” che Jess doveva unicamente
limitarsi ad incassare.
Dopo circa una decina di minuti da
quando aveva abbandonato la macchina vicino al marciapiede, Rory si
ritrovò dinanzi alla sua abitazione che, prontamente, sembrò
trasmettergli una sorta di tranquillità, come se quello fosse
l’unico luogo in grado di distaccarla momentaneamente dalla realtà
e da tutti i suoi problemi. Lentamente si avvicinò alla porta
d’ingresso e, con la stessa andatura l’aprì per poi
richiuderla alle sue spalle; nel percepire quell’improvviso calore,
proveniente dal riscaldamento appena uscito da una fase “critica”,
il corpo della ragazza non poté trattenersi dal generare un piccolo
tremito; così, dopo essersi sfilata il giubbotto, leggermente ricoperto
di neve soprattutto nella zona delle spalle, la ragazza si accinse atogliersi anche
le scarpe, ma uno strano rumore proveniente dalla cucina la fece bloccare di colpo.
Il rumore assomigliava molto ad un tamburellare di dita sopra ad un tavolo: un
suono regolare, sempre uguale, quasi fosse impaziente di farsi attendere.
Ad ogni tocco le pupille della ragazza
si estendevano sempre di più ed il cuore pareva voler stare a tempo con quel insolito rumore; passò un intero
minuto, ma la situazione sembrava non voler cambiare di una virgola. Di
conseguenza, visto che non sarebbe potuta rimanere immobile all’ingresso
per sempre, la ragazza si diresse verso la cucina con le uniche due cose che aveva a disposizione: una piccola quantità di
coraggio e un ombrello giallo che avevano vinto, lei e la madre, con i punti
della benzina.
Con un passo talmente lento da farla
assomigliare ad un ladro, la giovane Gilmore raggiunse la stanza; prima di
entrare, però si affiancò al muro e, stringendo più che
poteva quella che doveva essere la sua arma, pensò a ciò che
avrebbe dovuto fare nei secondi successivi.
“al
tre…uno…due….TRE! VA VIA PRIMA CHE CHIAMI LA POLIZIA!!”
Chi si trovava
nella cucina in quel momento, quella scena non se la sarebbe scordata neanche tra
un milione di anni. Dopo aver contato fino a tre, infatti, Rory fece irruzione
nella stanza, accese speditamente l’interruttore e puntò l’ombrello
in direzione del tavolo, scoprendo così, che chi tamburellava non era di
certo un ladro.
“M…mamma!?”
Mentre la figlia la fissava con
un’aria decisamente stralunata, Lorelai
appoggiò sul tavolo l’enorme scatola di gelato al cioccolato che
fino a quel momento si stava gustando, per poi conficcare dentro a
quest’ultima un cucchiaio, anch’esso di dimensioni tutt’altro
che piccole.
“Rory…perché mi
punti l’ombrello?!”
“forse dovrei essere io a
chiederti perché te ne stai in cucina, al buio, con una
barile di gelato in mano!?”
“già…forse”
Dopo aver posato l’ombrello
vicino alla porta che dava sul retro, Rory si sedette sulla sedia che si
trovava accanto alla madre, capendo che doveva essere capitato qualcosa di
veramente grave visto che indossava il pigiama blu che le aveva regalato la nonna due natali fa; la perfetta immagine della
disperazione.
“allora cos’è
successo?”
“ho combinato un guaio!”
“coraggio mamma…lo sai
meglio di me che Jason è innamorato cotto di
te…e poi, se vuoi saperla tutta, hai fatto bene a prendertela….non doveva fare una simile scenata di gelosia davanti alla
nonna!”
“Jason?!...non
è per lui. Anche se ci siamo lasciati…o meglio
l’ho lasciato!”
“Hai lasciato Jason?!”
“sì…”
“ah…rapida…!…ma…allora
che c’è?! Prima al telefono andava tutto
bene…non mi sembravi in uno stato tanto depresso!...è
successo qualcosa con Luke?!”
Nel sentire quella domanda,
apparentemente così semplice e innocua, Lorelai si accinse ad afferrare
nuovamente il barattolo di gelato che fino a quel momento le aveva permesso di sfogarsi, ma la figlia, prevedendo ciò
che stava per fare la madre, glielo sottrasse da sotto il naso per poi
lanciargli un’occhiata visibilmente minacciosa.
“allora?!...non
dirmi che ci hai litigato ancora?!”
“non proprio…”
“ascolta mamma…potresti sforzarti di formulare una frase completa?!hai
presente…verbi, aggettivi, sostantivi…vedi un po’ tu
insomma…capito?!”
“è una mia impressione o
questa sera sei più spiritosa del solito?!”
“Yale fa quest’effetto!...dai racconta!”
“va bene…ma niente
domande!”
“ok…”
“bè…dopo essere
andata via dalla nonna sono andata da
Luke…”
“allora Jason
aveva ragione?!”
“Eh eh…Niente domande!”
“ah già!”
“...comunque…ero
andata lì e…tra una cosa e…e l’altra…”
“vi siete baciati!”
“NO!...ma
che ti salta in mente?!”
“perché?...che
c’è di male…vi conoscete da anni…lui sa trattare con
la tua pazzia e con la tua fobia del caffé…non vedo cosa ci
sarebbe di tanto strano!”
“quasi!”
“quasi cosa?”
Lorelai si alzò velocemente
dalla sedia e cominciò a camminare su e giù per la stanza,
giocherellando, in una maniera decisamente nervosa,
con il labbro inferire, tentando in questo modo di scaricare l’ansia che
sembrava voler aumentare ad ogni parola.
“ci siamo
quasi…baciati!”
“ma?!”
“ma mi
sono bloccata…”
“perché?!”
“p…perchè…avevo
paura…paura che il giorno dopo si pentisse e mi dicesse
una cosa del tipo -Lorelai...mi dispiace ma sono
sposato da vent’anni ed ho tre figli di cui uno va
all’università con Rory-…o…o che ne so di cosa avevo
paura…sta di fatto che ne avevo e molta e…e...la stanza a smesso di
girare, così mi sono accorta di quello che stavo facendo. Così mi
sono detta…Lorelai ma che fai?!”
“mamma…”
“e mi
sono staccata…lui ha fatto lo stesso. È
naturale…chissà cosa avrò pensato?!Forse ora è felice perché
si sentirà sollevato...oppure…”
“MAMMA!”
“Sì?!”
“calmati…si
sistemerà tutto”
All’improvviso la stanza venne impadronita da un profondo e inaspettato silenzio che,
prontamente venne interrotto dalla più giovane delle Gilmore.
“…ma…allora
tu volevi…”
“non chiedermelo!!”
“…ok…comunque, ora è meglio che non ci pensi. Vedrai che
domani il caffé ci porterà consiglio!”
La donna dai capelli di un intenso
castano scuro, ritornò a sedersi sulla sedia accanto alla figlia,
lanciando a quest’ultima un sorriso che, nonostante fosse leggermente
sforzato, aveva in sé la naturale dolcezza che caratterizzava Lorelai.
“spesso mi sembra di essere la
figlia…”
“spesso assomiglio ad una
mamma!”
“…se
devo essere sincera, poco fa sembravi la figlia di Zorro e Mary Poppins!
L’ombrello te l’ha regalato lei?!”
“ah ah…e
tu sembravi Bridget Jones con quel fusto del gelato in mano!”
Velocemente Rory si alzò dalla
sedia, dirigendosi verso il piano superiore della casa, seguita a ruota dalla
madre che, nonostante l’ultima critica fattagli dalla figlia,
portò in camera con sé il “barile” che fino a quel
momento l’aveva consolata.
“ne hai ancora bisogno?!”
“lo porto per prevenire un
attacco notturno!”
Rory non poté fare a meno di
lanciare un sorriso a Lorelai che, immediatamente ricambiò; ad ogni
frase la madre sapeva rispondere con una battuta a volte impossibile da controbattere
ed era proprio questa una delle caratteristiche in
grado di renderla più speciale di quanto già non fosse.
Così, ognuna con i propri pensieri e problemi che occupavano le loro menti, le due si diressero nelle proprie camere da
letto, con la speranza che almeno tra le braccia di Morfeo i problemi
apparissero più piccoli.
Dopo gli avvenimenti della sera
precedente, il mattino sembrò giungere fin troppo presto in casa
Gilmore; e nonostante l’inverno fosse già nel pieno delle sue
forze, il sole quel giorno si levava talmente alto e maestoso da cominciare
già a sciogliere una piccola parte della fitta coltre bianca che
ricopriva da un po’ di tempo la piccola cittadina di Stars Hollow.
Mentre il tempo fuori sembrava farsi
leggermente più mite, Lorelai se ne stava in piedi davanti alla finestra
del soggiorno, con la consueta tazza rossa colma di un nero e fumante caffé;
era proprio l’aroma di quest’ultimo a conferire alla casa quel non so che di confortevole e familiare, percepibile anche con
una piccola quantità come quella contenuta nella tazza che, nel
frattempo, la donna non smetteva di stringere a se, godendosi quel confortante
calore.
Ma quel breve istante di
tranquillità, capace di farle dimenticare ciò che fino alla sera precedente aveva occupato i suoi pensieri, venne
immediatamente interrotto da un rumore proveniente dalla stanza adiacente; la
donna, però, evitando di commettere la stessa figura che la figlia aveva
fatto il giorno prima, diede l’ennesimo sorso alla bevanda, per poi
dirigersi versola cucina.
“Buongiorno!”
“buongiorno mamma”
Nello stesso momento in cui Lorelai
fece la sua entrata, Rory si sedette nella sedia che poche ore prima l’aveva
già ospitata, cominciando a sorseggiare la stessa bevanda che la madre
aveva appena terminato di bere.
Nonostante il tempo
fosse meno rigido dei giorni precedenti, Rory indossava ugualmente vestiti
adatti a quella stagione: un semplicissimo maglione nero con sotto una
canottiera dello stesso colore, abbinati ad un paio di jeans chiari che, come
sempre, risaltavano la sua figura longilinea. Al contrario di quest’ultima, Lorelai indossava dei comodi, ma allo
stesso tempo eleganti, pantaloni neri che contrastavano perfettamente con la
camicia bianca dagli insoliti pizzi posizionati su entrambe
le maniche.
“allora…come sta Lane?!”
“Lane?!”
“sì Lane… ragazza
coreana, capelli neri, occhiali…non ti dice niente?!”
“più o
meno…”
“non dovevi andare da lei ieri
sera?!”
“ah già…alla fine
però non ci sono andata perché ho avuto un piccolo problema con
la macchina…”
“che
problema?”
“bè, mi ha abbandonata a circa un centinaio di metri da
casa…”
“ e sei riuscita a spingerla fino qui?! COMPLIMENTI….da
oggi in poi ti chiamerò-Rory, la forzuta di Stars Hollow!-”
“no…non l’ho spinta…l’ho lasciata lì, vicino al
marciapiede!”
“allora la macchina uguale alla tua proprio davanti a casa nostra di chi è?!”
Nel sentire quella domanda, gli occhi
della ragazza si allargarono lievemente, lasciando posto ad una
agitazione mista alla curiosità; dopo aver appoggiato la tazza
ancora contenete il caffé fumante sopra al tavolo, Rory si alzò
di scatto dalla sedia, si diresse verso la porta d’ingresso e uscì
speditamente nel vialetto, confermando con i suoi stessi occhi ciò che
la madre le aveva detto poco prima. Quella che si offriva dinanzi a lei era
proprio la stessa auto che l’aveva abbandonata in mezzo alla strada,
obbligandola ad un incontro che non era ancora effettivamente
pronta ad affrontare.
Lentamente, incurante del freddo che
senza fretta sembrava entrarle nelle ossa, la Gilmore si avvicinò
alla macchina con l’intento di soddisfare la sua curiosità
trovando un qualunque indizio che l’aiutasse a svelare
il mistero; non passarono più di due secondi che il suo desiderio si
realizzò. Velocemente, aprì il portello dell’auto e, sopra
al sedile del guidatore, trovò un biglietto;non si poteva dire di certo che
fosse una lettera, visto che conteneva una sola parola; una sola sì, ma
con una significato tale da renderla più importante di mille parole.
- Scusa -
Ciao a tutti! Prima di tutto voglio
scusarmi con tutti quelli che stanno leggendo la mia ff
per il mio, fin troppo lungo ritardo; mi sarebbe piaciuto scriverlo prima…ma mi sono trovata in cattura: tra un milione di
impegni di ogni genere e il computer che è andato KO, cancellando tutto
il mio lavoro….era impossibile non ritardare.
Scusatemi ancora…e spero che
continuiate a leggere e a commentare la fan fiction.
Grazie di cuore a: g90, Sam carte, Maggy, miki_koishikawait, Kaj, Emiko
92, Giorgia, Sally, Anna…e a tutti quelli che mi hanno generosamente
lasciato dei bellissimi commenti.
Dopo aver piegato il biglietto lasciato
da Jess all’interno della sua macchina, Rory rientrò in casa dalla
porta principale, con il cuore che non voleva smettere di battere
all’impazzata; la ragazza, però, non fece in tempo a raggiungere
il salotto che la madre le si posizionò
davanti, con le braccia incrociate ed un’espressione decisamente
incuriosita sul volto. Rory sapeva benissimo quale fosse
il suo intento e, conoscendo fin troppo bene la sua curiosità,
ricambiò il suo atteggiamento con uno sguardo tipico di chi non ha nulla
da dire per poi dirigersi nuovamente in cucina per finire di bere il classico caffé
mattutino.
“Ehi…niente da dire?!”
“No, perché?!”
“Bè, vediamo…il
fatto che la tua macchina sia comparsa all’improvviso sul nostro vialetto
è sufficiente?!”
“Ah..quello!”
“Sì quello!”
“Bè…”
“Bé?!”
“Se hai la pazienza di farmi parlare ti racconto cos’è successo!”
Fulmineamente, Lorelai si sedette sulla
sedia accanto a quella della figlia, fingendo di chiudersi le labbra con una
cerniera invisibile e sbarrando gli occhi in segno di completa attenzione.
“Muta…non aprirò
bocca!”
Rory accennò un lieve sorriso,
cercando allo stesso tempo le parole giuste per raccontare alla madre
ciò che era successo la sera precedente.Si sentiva leggermente insicura nel
raccontarle l’accaduto, visto che non aveva affatto
dimenticato che tipo di rapporti si erano venuti a creare tra lei e il giovane
Mariano.
“Ieri sera, mentre stavo andando
da Lane, ho avuto un problema con la macchina…o meglio la macchina è entrata in sciopero lasciandomi
letteralmente a piedi”
“E
perché non mi hai chiamato?”
“come perché?lo avevo fatto poco prima e il tuo tono sembrava avere qualcosa
di strano…sospetto fondato visto che ti stavi per baciare con
Luke!”
Nel rimembrare quel
“piccolo” particolare della scorsa notte, Lorelai si sentì
nuovamente depressa e l’astinenza di gelato si fece risentire; anche se,
ora che ci pensava, il barile era divenuto ormai un triste ricordo visto che
durante la notte si erano verificati numerosi “attacchi
notturni”…fin troppo numerosi.
“Comunque…mentre
pensavo a chi chiamare mi si è presentato davanti Jess…!”
“JESS?! Quel
Jess?!”
“Sì…l’unico
Jess che conosci! bè...abbiamo litigato,
più o meno…diciamo che io ho litigato con lui, lanciandogli
continue sfrecciatine e concludendo incolpandolo di non avermi nemmeno chiesto
scusa!”
“Hai fatto bene…anche
se non ho ancora capito come ha fatto la macchina ad arrivare fin
qui!”
Rory, come risposta a quella domanda,
decise di tirare fuori dalla tasca dei jeans il
biglietto scritto dal ragazzo e lo porse alla madre, per poi alzarsi,
appoggiare la tazza ormai vuota sul lavello e dirigersi verso la porta
d’entrata.
Dopo aver letto quella singola parola,
Lorelai si alzò di scatto dalla sedia, raggiungendo speditamente la
figlia che, nel frattempo, si stava infilando il suo amato giubbotto chiaro
leggermente sfiancato.
“Ehi…non dirmi
che vai da Luke!”
“Sì…perchè?!”
“ti basta un
semplice biglietto con scritto scusa per perdonarlo!”
“no…non ho mai detto di
averlo perdonato, anche se l’aver spinto la macchina fino a qui è
stato un bel gesto non credi?”
“sì…”
“e non pensi che un grazie sia dovuto?!”
Lorelai stette in silenzio, limitandosi
a guardare la figlia mentre questa continuava a
prepararsi per uscire. Nonostante fosse passato abbastanza tempo dal giorno in
cui Jess lasciò Stars Hollow, infatti, la più grande delle
Gilmore non aveva ancora dimenticato quanto la figlia avesse
sofferto per quell’improvvisa partenza, passando le giornate a
piangere e a ripensare al perché se ne fosse andato senza dire una
parola; perciò pretendere che un “Scusa” scritto su un
foglio potesse farle dimenticare
tutto era pressoché impossibile.
“Allora…vieni con me o
resti a casa?!”
“Eh no, non posso…è meglio
che vada direttamente alla locanda!”
“Ah
già…dimenticavo”
“Che cosa?!”
“Ieri sera…”
“Che centra ieri
sera…è vero che l’immagine di te che cerchi di intimorirmi
con un ombrello sarà difficile da
dimenticare…ma da qui a impedirmi di uscire di casa…”
“Ah ah ah…che divertente!Ok…fai
pure finta di non capire, ma prima o poi dovrai andare da Luke e…”
“Okok…agli ordini sergente!”
Dopo aver “liquidato” la
figlia imitando il classico saluto militare, Lorelai
prese il cappotto rosso appeso alla sua destra e la borsa che si trovava
proprio sotto al quest’ultimo. Sapeva benissimo quale fosse
il consiglio che Rory si prestava a darle e, proprio
per questo motivo, optò per la fuga improvvisa, impedendole di metterla
nella condizione di pensare necessariamente ad una soluzione di ciò che
era accaduto tra lei e Luke. Già, una soluzione; sarebbe stato bello che
il solo desiderare che si sistemasse ogni cosa scrivesse la parola fine al
problema. Con che coraggio si sarebbe ripresentata nel suo locale?!che cosa gli avrebbe detto
quando se lo fosse trovato davanti: - ciao Luke sono contenta di
vederti…ah quello che è successo ieri dimenticalo ok?ah, lo avevi gia dimenticato...perfetto allora non
c’è nessun problema - . No, non sarebbe andata da lui, almeno per
ora non se ne parlava; probabilmente a Natale, chissà forse
l’atmosfera natalizia le avrebbe dato un
po’ di coraggio, almeno quel che bastava per una circostanza come quella.
Dopo aver assistito ad una delle
classiche fughe dovute ad un improvviso attacco da panico della madre, Rory
uscì di casa per poi dirigersi a piedi verso il
locale di Luke; improvvisamente, però, si arrestò di colpo,
fissando la coltre bianca che si trovava sotto alle scarpe. Faceva bene ad
andare da Jess? Forse sua madre aveva ragione: non
doveva dimenticare tutto quello che le aveva fatto
passare. Era anche vero, però, che il gesto che le aveva fatto meritava
almeno un grazie; dopotutto la prima cosa che le era
stata insegnata era l’educazione, perciò doveva andarci per forza.
“Sì…devo andare…non c’è niente di male nel
ringraziare qualcuno!”
Così, con un
aria decisamente più insicura di prima, la giovane Gilmoreriprese
la sua camminata fino al locale, sperando che l’agitazione non prendesse
il sopravvento nel momento meno opportuno.
La ragazza, però, non fece
nemmeno in tempo ad avvicinarsi alla porta che, improvvisamente, la voce
squillante di Miss Patty la fermò di colpo. La donna, probabilmente,
dopo averla vista dall’altro lato della strada si era precipitata da lei,
corredo il più velocemente che le era possibile; come ogni volta che
Rory la incontrava, Miss Patty si distingueva dal
resto della gente grazie ad uno dei suoi lunghi abiti, questa volta di un rosso
acceso, abbinato adcappotto di un blu decisamente appariscente.
“Oh bambina mia…sei sicura di quello che fai?!”
Rory guardò Miss Patty in
maniera stupita; sapeva che il caffé non poteva definirsi salutare, ma
da qui al sentirsi in colpa…
“Eh…bè…se devo
dire il vero un caffé l’ho già
bevuto ma…”
“No…non
quello…”
“Ah…e…allora di cosa
devo essere sicura?!”
“Di entrare…”
Miss Patty pronunciò
l’ultima frase con un tono talmente basso da assomigliare ad un agente
della spia in missione segreta per il presidente degli Stati Uniti in persona.
“perché non dovrei entrare?!”
La donna le fece cenno di avvicinarsi
e, con lo stesso tono, anche se ancora più assomigliante ad un mormorio,
cominciò a spiegarle che cos’era successo,
senza però mai smettere di guardarsi attorno, come se qualcuno le stesse
spiando aloro insaputa.
“Bè…questa mattina
Kirk era entrato a fare colazione…”
“Senza contare Kirk fin qui tutto
normale…”
“Già…ma poi ha
ordinato una fetta di torta al limone e…Luke…gliene ha portata una
al cioccolato…”
“Ah grazie
Patty…vorrà dire che se al posto del
caffé mi porta del the sarò preparata!”
“Ma non
è finita qui…”
“Ah no?!”
“Visto che aveva
sbagliato…Kirk glielo ha fatto notare e Luke…gli ha buttato la
torta in faccia, per poi prenderlo di peso e buttarlo fuori
dal locale!”
Rory stette in silenzio per poi
indirizzare lo sguardo dentro al locale, dove
riuscì ad intravedere Luke che sbraitava contro un cliente; le riusciva
facile capire a cosa fosse dovuto quel comportamento e l’unica soluzione
possibile sarebbe stato un chiarimento con sua madre che in quel momento, però,
se l’era data a gambe.
“Grazie Patty…vedrò
di sopravvivere!”
Detto ciò, la donna le
sfiorò il viso con una mano, come a volerle dare un
ultimo saluto prima della sua entrata nel campo di battaglia;
dopodichè Rory entrò nel locale andando a sedersi su uno dei
sgabelli liberi davanti al bancone. In quel momento Luke si trovava in cucina,decisamente
impegnato ad urlare contro Sisar che, con molta
probabilità, non meritava affatto quella sfuriata.
“Ciao Rory!”
“Lane…”
Dovettero trascorrere solamente alcuni istanti prima che Rory si
accorgesse della decisamente abbattuta espressione dell’amica, priva
infatti dei suoi abituali occhi carichi di vitalità.
“Ehi…che brutta faccia,
dormito poco?”
“No…ma diciamo
che se avessi dormito di più avrei posticipato di un po’ il mio
attuale stato depressivo!”
Lane fece per
andarsene, ma la sottile mano della Gilmore non si
fece attendere e subito arresto il suo tentativo di fuga.
“Ditemi
la verità, è diventato un hobby scappare dai discorsi
chiarificatori?!”
“Io non scappo dai discorsi
chiarificatori!”
Non servì che Rorycontrobattesse
all’affermazione dell’amica visto che il classico sguardo delle Gilmore ebbe l’effetto sperato; Lane, difatti, si
appoggiò al bancone, prestando sempre molta attenzione a dove si trovasse
Luke, visto che il suo umore di quella mattina non era dei migliori.
“Questa mattina mi sono
alzata…e come tutte le mattine ho fatto per andare ad accendere il riscaldamento, ma…SORPRESA…il riscaldamento era
già acceso! All’inizio mi sono lasciata trasportare
dall’illusione che Zack e Brian avessero imparato a mettere il cervello in moto andandolo ad
accendere senza che glielo ricordassi io, ma poi ho capito che era impossibile
e ho optato per l’unica spiegazione possibile: Zack,
che in teoria doveva spegnerlo, non l’ha fatto…facendoci spendere
soldi in più di riscaldamento. Ma
dopotutto…non poteva mica permettere che il cervello di quelle stupide
galline delle sue amiche si raffreddasse…così sono andata in
cucina per dirgliene quattro…”
“Sei tutta
rossa…riprendi fiato…”
“Oh non ce né
bisogno…dopo quello che ho visto ho avuto un
blocco respiratorio…ora sono come KevinCostner in Waterworld quando si
trova sotto acqua!”
“Ah…”
“Comunque…mentre
discuto con Zack, Brian mi dice che sono strana.
All’inizio non capivo perché dovesse ritenermi strana
anche se devo ammettere che tutti quegli anno trascorsi con mia madre un
po’ devono aver influito sul mio carattere …ma…non era per
quello…”
Lane appoggiò
il vassoio, che fino ad allora aveva contribuito al suo sfogo lasciandosi
stritolate dalle dita della ragazza, per poi appoggiare la testa sopra al
bancone, manifestando il più chiaramente possibile il suo stato
d’animo. Rory che, se ben ricordava, non le
sembrava di aver mai visto la sua amica in uno stato simile, le appoggiò
una mano sulla spalla, spronandola a terminare quello che in teoria doveva
essere l’epilogo del suo racconto.
Lane alzò
leggermente la testa e, con gli occhi visibilmente lucidi, concluse la sua “narrazione”.
“Le amiche di Zack
hanno completamente rovinato la mia batteria…”
“CHE COSA?!”
“Già…ero…ero
così furiosa che non riuscivo nemmeno a reagire, non sapevo cosa dirgli,
come sfogarmi…nemmeno se lo avessi preso a pugni ci sarei
riuscita…anche se adesso che ci penso…”
Rory era decisamente scioccata. Sapeva quanto Lane
tenesse a quella batteria sia perché conteneva dei ricordi e sia
perché era la chiara manifestazione della sua indipendenza; era proprio
per via della musica che lei e sua madre avevano avuto quello screzio, sempre
se così si poteva chiamare.
“Meglio che vada…Luke in
arrivo. Comunque grazie Rory…mi
sento meglio!”
La giovane Gilmore
sapeva bene che Lane mentiva sfacciatamente, ma
costringerla a piangere per farla sfogare non sarebbe servito a molto; al
contrario l’avrebbe fatta sentire ancora più a terra. Si sarebbe
dimostrato utilissimo, invece, andare da Zack in
persona e sentire cosa aveva da dire; dopotutto non poteva permettere che la
passasse liscia limitandosi ad aspettare che l’arrabbiatura di Lane si
affievolissee
visto che Yale era pressoché impossibile da
raggiungere, ci sarebbe andata subito dopo aver parlato con Jess.
“Ehi…ciao!”
Come diceva quel proverbio: Si parla
del diavolo ed ecco che spuntano le corna?!
“Jess…”
Il cuore di entrambi diede inizio alla
consueta gara dei battiti più rapidi, naturalmente collegata a quella di
chi ha il coraggio di affrontare l’inizio della
conversazione; proprio tale “forza d’animo” ebbe il
sopravvento sul giovane Mariano che fu il primo ad scandire una frase
più o meno articolata.
“Allora…tutto ok?!”
“S…sì!”
Il volto di Rory
sembrava non voler smettere di arrossire, rendendo il tutto ancora più
complicato di quanto già non fosse; dal canto suo Jess
fingeva di pulire il bancone, tentando di prevenire in questo modo una possibile
crisi da parte dello zio, il quale non brillava di buonumore, in particolar
modo oggi; al 99% il fatto era dovuto a Lorelai: o avevano litigato o lei lo aveva invitato ad un
suo imminente matrimonio, in entrambi i casi la reazione sarebbe stata la
stessa.
“Vedo che hai ricominciato a
lavorare per Luke!”
“Sì…diciamo che è un modo per ripagarlo dell’ospitalità!”
“Ah…già!”
“Già cosa?”
“No…dimenticavo che sei ospite. Comunque volevo
ringraziarti per l’auto, non serviva la riportassi fino a casa, sarei
andata a prenderla io questa mattina!”
“E
invece dovevo farlo…volevo…farlo”
“…e…perchè?!”
“bè…ti
dovevo delle scuse o sbaglio?”
“No...cioè
sì…sì si, e…ho visto il biglietto…”
Non riusciva a spiegare il
perché ma in quel momento le sembrava di avere le stesse capacità
di esprimersi di Kirk, fattore per nulla positivo ma decisamente preoccupante; anche le mani
sembravano divertirsi a far traspariretuttoil nervosismo della
ragazza, non smettendonemmeno per
un istante di attorcigliare l’impugnatura della borsa. Anche Jess sembrava essersi accorto del nervosismo di Rory e, doveva ammetterlo, non gli
dispiaceva affatto; tutto sommato se reagiva così significava che
almeno un alone di quello che c’era tra loro era rimasto.
“Ehi…hai finito di fare
salotto o vuoi che ti porti un caffé!”
Ma, con la
stessa velocità con cui si era creata, ecco che quell’atmosfera
quasi romantica se l’era data a gambe con l’’improvviso
arrivo del proprietario del locale.
“Meglio che vada…il suo
lato oscuro oggi ha il sopravvento”
“vedi che il mio lato oscuro non
si sfoghi contro di te…”
Prima di andarsene, però, il
ragazzo dai capelli scuri quasi quanto gli occhi, lanciò un sorriso a Rory che non riuscì dal
trattenersi nel farne uno a sua volta; ma che le stava succedendo?perchè
quando c’era lui non era in grado di controllarsi e tutta la sua parte
razionale, di cui andava così feria, preferiva andare a farsi un giro
per poi ritornare nel momento meno opportuno.
“Rory…”
Velocemente la ragazza venne interrotta dai suoi pensieri e, appoggiando la borsa
sopra al bancone, volse lo sguardo verso Luke che in quel momento sembrava
intenzionato a scrivere chissà cosa sul suo classico blocchetto con cui
prendeva le ordinazioni.
“Luke…allora come va?!”
“Benissimo….LANE CI SONO
DUE CLIENTI CHE ASPETTANO DA MEZZORA…VUOI L’INVITO SCRITTO?!”
“Ah…lo vedo!”
“Allora…cosa ti
porto?”
“un caffè…e…un
maff…”
Mentre stava per pronunciare il nome di
quel dolcetto che amava così tanto,
l’attenzione di Rory venne improvvisamente
attirata dalla sua amica Lane, la quale si era appena avvicinata al bancone per
prendere le fette di torta; l’amica coreana, infatti, non appena si
accorse di cosa stava per dire Rory cominciò a
muovere freneticamente la testa in senso di diniego, pronunciando a fior di
labbra una serie infinita di – NO - .
“ Bè…ora
che ci penso non ho molta fame…e il caffé l’ho già
bevuto…sai dicono che tanta caffeina fa male e
non vorrei fare la fine di mia madre!”
Notando il leggero scatto che fecero la sopracciglia di Luke non
appena sentì pronunciare quell’ultima
parola, Rory capì al volo che l’averlo
fatto non era stata una delle cose più intelligenti della mattinata.
Così, dopo aver emesso un
“ciao” a dir poco titubante, la giovane prese la borsa e si diresse
verso la porta d’ingresso, la quale, dopoalcuni minuti da quando venne
chiusa dalla Gilmore, venne riaperta dal signor Danes che sembrava avere una meta fin troppo precisa.
Nel frattempo, alla locanda, SookieSt. James
era intenta a sperimentare nuove ricette per il giorno di apertura
del Dragon fly; come ogni volta, infatti, tutto le
sembrava straordinariamente buono e perfetto, ma allo stesso tempo discreto e
inadeguato.
“Ah sono indecisa!”
“Su che cosa?”
In quel preciso momento, fece la sua
entrata in cucina Lorelai, la quale a differenza
degli altri giorni non sembrava particolarmente in vena a sfoderare uno dei
suoi sorrisi cordiali, gli stessi che Michel spesso non
riusciva a sopportare.
“Non so se sia meglio che mi
concentri sui primi o sui secondi…o il dolce…ma anche gli antipasti
sono importanti, sono loro che danno il via al pranzo…oddio e se non
faccio bene gli antipasti e tutti se ne vanno?ma se trascuro i primi la gente
non vorrà proseguire con i secondi…e poi il dolce…la
torta…OH NOOO!”
“Sookie
calmati, sarai…perfetta come sempre…quello che prepari tu è
sempre buono…a meno che non bruci la cucina, in
quel caso le cose si complicano un po’…”
“Già hai
ragione…ah dimenticavo, non ti ho ancora ringraziato per aver
tenuto Davey l’altro giorno….io e Jackson siamo stati
benissimo!”
“Sono contenta…te l’avevo dato che una serata libera fa miracoli!”
Mentre l’amica continuava a
pelare le patate che aveva sopra al tavolo da cucina, Lorelai si avvicinò alla caraffa contenente il
caffé e se ne versò l’ennesima tazza mattutina; se non
ricordava male era più o meno la quarta, numero che di solito
raggiungeva solo nei casi in cui i suoi genitori si intromettevano nella sua
vita privata.
“Lorelai…stai
bene?”
“Certo…benissimo,
perché?”
“Bè…vediamo…il
fatto che è tutta la mattina che ingurgiti caffeina senza sosta?!su dimmi la verità… si è arrabbiato
perché hai tenuto Davey…”
“Ma
no…quel giorno doveva solo venire ad aggiustare la caldaia…”
“Sa aggiustare la caldaia?!”
“Sì…certo; ogni
volta che mi si rompe qualcosa è sempre pronto ad
sistemare tutto!”
“Davvero?non l’avrei mai
detto…sembrava più un tipo che entra in
crisi se gli si fulmina una lampadina!”
“Ma stai scherzando?Luke in crisi
per una lampadina?ma andiamo…”
“Luke?! E che centra Luke adesso?!”
“come che centra…mi hai
chiesto tu se si è arrabbiato?!”
“Ma io intendevo il tuo
fidanzato…Jason…non ti ricorda niente?!”
“Ah…già…scusa…ho
la testa fra le nuvole…bècomunque…ci siamo lasciati!”
“COSA?!”
Non appena sentì quell’improvviso
notizia, Sookie fece cadere a terra il
pelapatate, portandosi poi entrambe le mani sopra alla testa, coperta come
sempre da una bandata a dir poco floreale.
“Oh mio dio…è stata colpa mia, non dovevo darti Davey….mi
odierà…anzi tu mi odierai…ecco perché bevi
caffé, cerchi di trattenerti dall’infilzarmi con un
coltello!”
“Ma no Sookie…che dici! Se volessi ucciderti userei qualcosa
di più originale...tipo… hai presente
Stallone nel film “la rivincita di Carter”?!”
“Lorelai…ma
perché avete rotto?!”
“perché…bè era troppo geloso….dico
io ti pare essere gelosi di Luke…di Luke ti dico! Ci conosceremo si e
no da otto anni…come può essere geloso di lui, dammi un motivo
perché debba esserlo!”
“il fatto che la prima persona
che ti viene in mente se ti fanno una domanda è lui?!”
“non è vero!”
“Ah no…e prima che ti ho
detto se si è arrabbiato e tu hai immediatamente collegato il soggetto
con Luke!”
“Vabbè che
centra…”
“NON PUOI ENTRARE….”
Improvvisamente la
“discussione” tra le due amiche venne
interrotta dalla squillante e così francese voce di Michel
il quel sembrava avere qualche problema, come del resto accadeva ogni giorno.
“ma che
succede….”
Nel tempo in cui si apprestava ad
uscire dalla cucina per vedere cosa stesse succedendo,
Lorelai non fece in tempo a varcarne la soglia che si
trovò faccia a faccia con uno dei principali protagonisti della
conversazione tra lei e Sookie.
“Luke…”
“Non puoi farlo…”
“fare che cosa?”
“Questo…non
puoi prendere di entrare…e…e poi andare via e…io…ah lascia perdere!”
Detto
questo, l’uomo uscì dalla stanza con la stessa foga con cui
c’era entrato, lasciando la sua “interlocutrice” decisamente sbigottita, come del resto lo erano Sookie e Michel.
“ma dico è impassito…”
“Michelha ragione…sembrava
sconvolto…”
“già…”
Dopodichè
la Gilmore
si limitò ad avvicinarsi nuovamente alla caraffa del caffé,
cercando di affogare in quest’ultimo i pensieri che avevano già cominciato ad
affollarle la testa.
Bè…dire che è da tanto che non aggiorno penso sia dir
poco! Lo so che non è un bel comportamento, ma ho avuto dei problemi
che, sinceramente, lasciavano poco spazio a questa fan
fiction. Cmq sono riuscita a dedicargli il tempo
necessario per proseguire, sperando che ci sia ancora
qualcuno disposto a leggerla e a commentare; a questo proposito voglio ringraziarvi
di cuore per aver continuato a scrivere commenti…sono stati proprio a
questi a farmi continuare. Ringrazio di tutto cuore: Mary z che mi ha fatto
delle critiche costruttive, gamegirl,BlakRaven, tonkseremus4ever e
Giorgia.
Grazie
ancora…spero continuate a leggerla…io
intanto mi metto all’opera per il continuo.