La bella Divinità che venne Maledetta

di Miss1ice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Papaveri ***
Capitolo 2: *** Pesciolino ***
Capitolo 3: *** Pirata ***
Capitolo 4: *** Capitano ***
Capitolo 5: *** Scrigno ***
Capitolo 6: *** Cuore ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Papaveri ***


Si narra di una leggenda, ora persa nell’oblio, in cui si parla di una divinità talmente tanto bella e dall’animo buono di cui era impossibile on innamorarsi.
Per la sua natura divina, le era impedito di amare perciò aveva ovviato al problema rinchiudendo il suo cuore in uno scrigno per poi gettarlo in fondo alle profondità marine, sperando di essere al sicuro da quell’emozione mortale che lo avrebbe condotto verso una maledizione terribile nel caso si fosse avverata.
Una soluzione drastica quella di strapparsi il cuore dal petto, perché nonostante esso non fosse più con lui, batteva ancora e provava gli stessi sentimenti che il dio cercava di annullare. I secoli passarono per la bella divinità che passava le sue giornate vagando per il mondo beandosi della civiltà che vi prosperava, ma non amando nessuno e non prestando mai una vera attenzione per quei mortali che lo amavano.
Ma la situazione non era destinata a durare.
Un bel giorno, mentre passeggiava tra i campi di grano, dove i papaveri spuntavano dando al paesaggio monotono un tocco di colore, intravide un umano intento a camminare nella sua direzione.
I loro sguardi s’incontrarono facendoli sussultare e provocando nel dio una vaga sensazione di smarrimento che non riuscì a spiegarsi.
«Salve.» disse la divinità e sorridendo al bel mortale che gli si stava facendo incontro. Il bel dio scorgendo gli occhi di quel mortale, ne riconobbe lo stesso colore dei papaveri che fino a quel momento stava ammirando, richiamando la sua attenzione e facendolo avvicinare al ragazzo che incantato gli si era avvicinato.
Il mortale aveva riconosciuto nella figura della divinità un dio e con estrema sottomissione, gli si prostrò ai piedi per baciargli le vesti candide che indossava.
«Sollevati, giovane umano, non occorre che mi veneri, mi basta solo la tua compagnia.» disse il dio porgendo la mano all’umano per aiutarlo ad alzarsi.
La mano venne appena sfiorata dalla punta delle dita del mortale, che sollevandosi non staccò lo sguardo dal dio, osservando come quegli occhi verdi assomigliassero ai prati in primavera e gli dessero una sensazione di benessere nell’ammirarli.
«Come ti chiamo giovane umano?» venne chiesto al mortale con voce melodiosa. Il ragazzo che non aveva mai incontrato una divinità e non aspettandosi mai nella vita che gli venisse posta una domanda da un essere così potente con un balbettio e un inchino gli rispose.
«Katsuki, vostra grazia. Il mio nome è Katsuki.» il suo tono di voce era basso e leggermente gutturale, cosa inaspettata per il dio che avendo passato tutta la sua esistenza con i suoi simili, aveva sempre sentito voci armoniose e atone.
«Mio giovane Katsuki, non serve che mi dimostri tutta questa cortesia, gradirei che invece mi chiamassi per nome.» disse il dio ridacchiando al volto sconvolto dell’umano.
Katsuki che fissava il dio, non si accorse minimamente del suo gesto di seguirlo e quando lo vide incamminarsi per un attimo ci rimase male nel non poter più ammirare quei pozzi verdi che erano i suoi occhi.
«Cosa fai Katsuki, non mi segui?» domandò la divinità avvicinandosi ad un albero di faggio che si trovava al limitare del campo di grano e da cui si poteva avere la visuale di tutta la valle.
«Vostra grazia, non mi avete detto come mi devo rivolgere a voi?» sussurrò il mortale correndogli appresso, ma restando a debita distanza, soprattutto quando il dio si sedette su una delle radici più sporgenti dell’albero, «Aspettate, potreste macchiarvi la veste.» e appoggiò la sua casacca che si era sfilato per posarla dove il bel dio aveva intenzione di sedersi.
«Grazie.» e si sedette rivolgendo un sorriso di gratitudine al mortale che cercò di ricambiare il sorriso, ma riuscendo solo a fare una smorfia che fece ridacchiare il dio, «Comunque mio giovane Katsuki, puoi chiamarmi con il nome che i mortali mi hanno dato su questa parte di mondo. Izuku.»
Il vento soffiò nell’esatto momento che quel nome venne pronunciato, scompigliando i capelli verdi del dio.
«Siete uno splendore alla vista, mio signore Izuku.» disse il mortale inchinandosi di nuovo.
«E i tuoi capelli mi ricordano il colore del grano, mentre i tuoi occhi i papaveri che stavo ammirando.» rispose la divinità indicando al biondo il posto accanto a sé dove potersi accomodare.
Katsuki dopo mille cerimonie, si accomodò accanto al dio e gli rimase accanto fino a quando il sole non iniziò a calare oltre la cima delle colline che circondavano la valle in cui si trovavano.
Gli occhi del mortale, stanchi per la lunga giornata cominciarono a socchiudersi sempre di più fino a chiudersi del tutto.
La mano di Izuku si sporse verso di lui, afferrandolo prima che potesse perdere l’equilibrio e cadere a terra.
Il contatto fece fremere il dio che non aveva mai toccato un mortale nella sua lunga esistenza, nonostante passasse tra di loro quasi tutto il suo tempo.
Senza accorgersene mosse la mano e la posò sul suo volto per accarezzargli la guancia.
Era la sensazione più bella che avesse mai provato.
 

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Capitolo 2
*** Pesciolino ***


I giorni passavano e il bel dio Izuku tornava ogni giorno sotto il faggio su cui aveva passato quel splendido pomeriggio con il mortale che aveva catturato la sua attenzione, dove l’altro lo aspettava trepidante.
E più il tempo passava, più il loro interesse reciproco si faceva forte e intenso, tanto da non poter più essere celato.
Era iniziata come una semplice curiosità da parte del dio, che andava a trovare Katsuki, affascinato dal suo essere e da qualunque cosa lo riguardasse, con il tempo però la curiosità divenne amicizia.
Il biondo si confidava con lui raccontandogli della sua vita al villaggio e dei problemi che il suo temperamento turbolento alle volte provocava.
Ben presto l’amicizia di evolse unendoli in un modo fraterno, fatto di complicità e affetto reciproco.
Ma in molti al villaggio non approvavano il loro legame, considerandolo un cattivo segno per la sorte.
Izuku, affranto per lo sguardo triste del fratello mortale a cui si era legato, andò fra i mortali lanciando loro una maledizione che avrebbe portato la sventura che tanto decantavano.
Le loro malelingue li avrebbero condotti alla miseria.
Dopo quel gesto però i sentimenti che li univano, mutarono di nuovo portando Katsuki ad innamorarsi del bel dio che ogni giorno gli rivolgeva il suo dolce sorriso.
E sotto le fronde mezze spoglie del faggio che aveva visto la loro amicizia nascere, il mortale confessò i suoi sentimenti alla divinità che a sua volta aveva capito che l’affetto che provava per Katsuki non era più quello di un amico o di un fratello, ma quello di un innamorato.
Un sentimento dolce come il miele e doloroso come una spina, perché quando il biondo non era più al suo fianco, ne sentiva la mancanza come ad un pesce manca l’acqua una volta che viene pescato.
Perché il suo cuore doleva per quel sentimento.
So che in molti penseranno che tale fatto sia impossibile dato che il suo cuore si trovava lontano da lui, strappato dal suo petto e gettato nei meandri del mare, fra gli abissi inesplorati, ma anche senza la sua presenza il suo cuore si era donato al mortale dagli occhi come i papaveri.
Così Izuku quando sentì la confessione di Katsuki, lasciò il suo cuore libero di ricambiare quel sentimento che gli era stato proibito, dichiarando il suo eterno amore al mortale.
Solo che un dio non può amare, specialmente i mortali.
Una nuvola nera si estese sopra le loro teste, oscurando i rami del faggio che congelò all’istante.
Un dio dai capelli biondi e i muscoli gonfi si palesò loro dinanzi, spaventando il mortale che nonostante la paura, si frappose fra il suo amore e il nuovo dio.
«Padre, perché siete qui?» domandò il giovane dio posando una mano sul braccio di Katsuki facendogli segno di farsi da parte.
«Figlio mio, come hai potuto infrangere la più sacra delle nostre leggi?» domandò il dio con voce monocorde, in cui però si riusciva a sentire un velo di tristezza. Il mortale tremò nell’udire quella voce che non aveva nulla di bello o buono come quella del suo innamorato.
«Ma padre...» provò a dire il dio minore sporgendosi verso il padre con le mani protese.
«No.» gridò il maggiore scuotendo la terra, «La maledizione si abbatterà su di te.»
L’urlo di Katsuki si protrasse per il circondario, spaventando gli avventurieri che avevano osato avvicinarsi a quel luogo.
«Voi non potete portarmelo via.» gridò il biondo al dio nascondendo il bel dio dietro di sé, «Io lo amo più di me stesso.» e si prostrò con il volto nel fango, supplichevole.
«Padre...ti prego, non ci separare...» supplicò Izuku con mille lacrime che avevano preso a scendergli dalle guance arrossate. Il dio che aveva pietà per il suo figlio prediletto, dopo un attimo di esitazione sentenziò: «Non si può annullare una maledizione già scagliata, ma posso fare questo per te, mio adorato figlio.» e si sporse in avanti per accarezzargli il volto, «Non morirai, ma verrai tramutato in un pesce e proteggerai il tuo cuore nelle profondità marine, fino a quando la sua anima non mi dimostrerà che ti ama ancora nonostante tutto il tempo in cui verrete separati.» un gran fascio di luce sfolgorante si diffuse dalle due divinità, trasformando Izuku in un pesce dalla vita in giù, che il dio biondo raccolse.
Scomparvero senza lasciare traccia di loro, abbandonando Katsuki a terra con un peso nel petto dove sentiva che mancava qualcosa, il ricordo del suo amore per la bella divinità, scomparso con lui nelle profondità marine.

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Capitolo 3
*** Pirata ***


La bella divinità che venne maledetta dal padre degli dei, fu spedita nelle profondità marine a vegliare sul suo cuore rinchiuso nel forziere da lui stesso.
Più di una volta era risalito in superficie per cercare la presenza di qualcuno che lo potesse salvare, ma a nulla valsero i suoi sforzi.
Nessuno passava per quel luogo in cui non vi era un approdo e un porto sicuro dove ormeggiarsi.
Così passarono gli anni e la bella divinità, sentendosi sempre più abbattuto dal destino avverso toccatogli, cominciò a risalire in superficie sempre più raramente, sconfitto all’idea di non ritrovare più l’anima dell’uomo che aveva amato.
Ma un giorno, in cui si era recato in superficie dopo un anno passato negli abissi, mentre giocava con dei pesciolini colorati vide un’enorme nave solcare il pelo dell’acqua con una velocità inaudita.
Non aveva mai visto veliero più spettacolare di quello anche perché non ne aveva mai vista una da vicino in tutti i suoi lunghi anni di vita.
Così, preso dalla curiosità, si spinse fuori dall’acqua quel tanto che gli bastò per scorgere la fila di marinai che eseguivano gli ordini di un uomo dai modi bruschi e dalla voce roca che urlava a più non posso, inveendo sugli sventurati che facevano parte della sua ciurma.
Con il volto fuori dall’acqua per la meraviglia, il dio riuscì a scorgere una chioma bionda come il grano al sole.
Un sorriso si formò sul suo volto nel riconoscere in quella figura una parte dell’uomo che aveva amato, ma nulla poté prepararlo a quello che seguì.
«Una sirena mio capitano. Una sirena.» urlò uno degli uomini che era di vedetta sull’albero maestro.
L’uomo dai capelli biondi di voltò rivelando un paio di occhi rossi, dello stesso colore dei papaveri.
«È lui.» sospirò sorpreso Izuku issandosi ancora di più fuori dall’acqua, ma questo richiamò maggiormente l’attenzione su di sé.
La ciurma di uomini, senza aspettare una parola dal loro comandante, lanciarono le reti in acqua, che caddero addosso al dio imprigionandolo.
La bella divinità urlò e si dimenò nel sentirsi catturare, ma a nulla valsero le sue proteste, perché venne issato comunque a bordo, come se non avesse peso o volontà.
«Guardate è davvero una sirena.» gridò qualcuno puntandogli il dito contro.
Il capitano spintonò i suoi uomini per la curiosità di ammirare una sirena, creatura rara e dai poteri mistici a quanto dicevano le leggende, tutto per assicurarsi della sua bellezza, pagata a peso d’oro nei vicoli giusti.
Izuku aspettò di vedere quell’uomo che per un’istante gli aveva riportato alla mente il ricordo di colui che aveva amato, bramoso di rivedere quegli occhi dello stesso colore dei papaveri che aveva imparato ad apprezzare, ma quello che gli venne lanciato, fu uno sguardo ostili, primo del calore che era abituato a vedere in quegli occhi familiari, ora completamente estranei.
«Ma che bello spettacolo che abbiamo qui.» sbraitò il biondo sollevandosi il cappello con la piuma da davanti il volto.
«Cosa ne dobbiamo fare mio capitano?» chiese un uomo avvicinandosi al dio con un coltello in pugno.
«Lo voglio nella mia cabina e mettetelo dentro una tinozza prima che avvizzisca.» e dicendolo se ne andò lasciando il dio alla mercé della ciurma che lo guardava con una bramosia inquietante.
L’uomo con il pugnale si avvicinò brandendo l’arma con una ferocia tale che automaticamente Izuku si andò a coprire il volo con un braccio, ma il coltello non lo colpì, anzi o andò a liberare dalle corde della rete che gli si erano avvolte strette attorno al corpo.
Quando venne sollevato in malo modo, mentre gli altri uomini si apprestavano ad eseguire gli ordini del capitano, portando la tinozza con vari secchi d’acqua, la bella divinità si sentì morire per un istante.
Come aveva potuto pensare che quell’uomo fosse il suo amato, venuto per liberarlo dalla maledizione.
Venne lanciato nell’acqua e mentre un grido lasciava le sue labbra, una risata risuonò nella stanza quando la porta venne chiusa dietro al biondo con un suo calcio.
«Sei proprio una bella creaturina, vero mio bel pesciolino?» domandò in tono beffardo l’uomo avvicinandosi al dio che invece lo guardava confuso. Quel mortale non poteva di cero essere il suo Katsuki, lui era sempre stato buono con il dio e lo aveva sempre trattato con dolcezza e rispetto.
Questi non poteva essere lui.
«Cosa c’è pesciolino? Hai perso la lingua?» domandò afferrando il volto del dio per poterlo guardare per bene.
Izuku si scostò dalla sua prese e s’immerse per come poté dentro l’acqua, ignorando i richiami del capitano e i suoi insulti. Immerso nell’acqua che gli avevano dato, il dio pianse tutte le sue lacrime all’idea di aver perso il suo amore per sempre.

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Capitolo 4
*** Capitano ***


Il tempo passava lento rinchiuso in quel catino poco profondo e dall’acqua putrida e più passava e più Izuku era convinto che il pirata non fosse il suo vero amore tornato a ricambiare il loro amore, gli sembrava solo un bruto dai modi rozzi e l’atteggiamento meschino, con lo stesso aspetto dell’uomo che aveva amato.
Nel frattempo il capitano aveva provato ad instaurare una conversazione con la sirena che però lo ignorava andandosi a rintanare sul fondo del catino con la speranza di morire in mezzo al putrido che vi si stava formando dentro.
Ma alla fine, quella sistemazione provvisoria venne sostituita da un vero e proprio acquario, abbastanza grande da farlo persino nuotare avanti e indietro, l’unico problema fu che le pareti fossero di vetro e il suo nascondiglio per non farsi vedere dal pirata era sparito con esse.
Izuku ogni istante che passava su quella nave che si muoveva svelta sul mare, si sentiva sempre più avvilito e debole, il tutto dovuto all’allontanamento dal suo scrigno e dal suo cuore che batteva ancora in fondo agli abissi dove lo aveva lasciato. Solo con di nuovo lui al suo fianco si sarebbe sentito bene, ma non poteva chiedere al biondo di lasciarlo andare per recuperarlo, non glielo avrebbe mai permesso e a ragione, perché una volta ritornato in acqua la bella divinità non avrebbe mai più mosso pinna per tornare in superficie alla ricerca del suo amato, ogni speranza morta con l’arrivo di quel capitano violento.
«Senti, se non mi vuoi parlare, bene, ma senza il mio permesso non lascerai mai questo posto.» gridò una sera il biondo dopo l’ennesimo tentativo di conversare con il dio.
«Non mi lascereste neanche se vi parlassi, quindi mi è inutile conversare con voi.» borbottò esausto Izuku spingendosi verso il fondo dell’acquario accoccolandosi su un masso posto in un angolo.
«Allora sai parlare.» disse il capitano con un sorriso strafottente, «Puoi chiamarmi Katsuki, se ti aggrada.» continuò sedendosi sul bordo del letto non staccando mai lo sguardo da quello del pesciolino.
Gli occhi del dio si sgranarono a sentire quel nome che aveva chiamato nelle sue notti più dolorose, ma nascose subito la sua espressione al capitano, coprendosi il volto con la pinna.
“È proprio lui, allora. Per questo me lo ricordava così tanto? Ma come può essere lui? Con quel carattere così aggressivo. Il Katsuki che conoscevo io aveva sempre un sorriso pronto e una mano gentile su cui fare affidamento.
Quest’uomo è violento e volgare. Di sicuro ci deve essere uno sbaglio.” pensò esterrefatto sbirciando di tanto in tanto quel volto troppo familiare.
«Vuoi dirmi il tuo nome?» provò a chiedere Katsuki con un tono più pacato che fece voltare il dio.
«Izuku.» bisbigliò, ma la voce, nonostante venisse da dentro l’acqua, raggiunse le orecchie del biondo in modo chiaro. Quel nome gli solleticò per un attimo la mente, ma non riuscendovi a trovare un collegamento, abbandonò l’idea di averlo già sentito.
«Bene, Izuku, se farai il bravo, potrei concederti delle libertà.» disse il biondo sollevandosi dal letto per avvicinarsi al vetro dell’acquario.
«Anche la mia di libertà?» chiese non voltandosi a guardarlo.
«Non esagerare. Tu sei mio e lo sarai fino alla fine dei tuoi giorni.» ringhiò posando una mano sul vetro in un tentativo di richiamare lo sguardo del verdino. «Se mai la fine dei tuoi...io non morirò mai.» sibilò a denti stretti la bella divinità.
Izuku si voltò per lanciargli uno sguardo pieno di frustrazione e rassegnazione, sapeva perfettamente che lo avrebbe visto morire un giorno e sperava con tutto il cuore di non confondere mai il volto del suo vecchio amore, con quello del bruto che aveva dinanzi a sé.
Dopo quella conversazione il capitano lasciò la sua cabina con Izuku al suo interno intento a tormentarsi l’anima.
Sentiva il cuore dolore anche a quella distanza, come se non essendo più nel suo petto potesse morire veramente.
Così una sera dopo giorni in cui non aveva più rivolto parola al pirata, la bella divinità gli porse quella domanda che non poteva più aspettare.
«Ti ricordi dove mi avete catturato?» domandò il verdino con sguardo basso non incrociando mai i suoi occhi.
«Dipende...Perché questa domanda?» chiese a sua volta il biondo con un leggero sorriso a incurvagli le labbra.
«Io parlerò con te se torneremo là e andrai a prendere una cosa per me sul fondo del mare.» disse abbracciandosi il corpo in cerca di un sostegno che poteva ricevere solo da sé stesso.
«Va bene, cosa dobbiamo prendere?»
«Un forziere.» rispose sollevando lo sguardo e riservando al mortale uno sguardo carico come un tempo di tutto il suo potere divino.
Katsuki si ritrovò a deglutire sonoramente intimorito da quegli occhi così profondi che più di una volta si era ritrovato a pensare, come se fossero collegati ad un ricordo che non riusciva a collegare.
Ritrovando il suo solito contegno fece un sorriso beffardo alla sirena a cui annuì contento.

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Capitolo 5
*** Scrigno ***


Il piano per recuperare il forziere era stato messo appunto dagli uomini della ciurma di Katsuki, non senza riscontrare qualche intoppo.
Non sapendo quanto in effetti fosse in profondità lo scrigno, gli uomini non poterono includersi nel piano di recupero, quindi la loro unica possibilità era mandare giù la sirena, ma legandolo per bene con una catena e i ceppi di una manetta.
«Così può andare.» sentenziò Katsuki una volta che il suo secondo in comando gli ebbe illustrato il piano, «Bisognerà procurarsi la catena e i ceppi per la coda nel prossimo porto in cui ci fermiamo.» ordinò il capitano prima di congedare la ciurma e tornarsene da Izuku.
«Secondo voi cosa ci sarà in quel forziere?» chiese uno degli uomini tornando ai suoi compiti sul ponte della nave.
«Di sicuro un tesoro incredibile. Deve essere uno importante se ha un forziere tutto suo.» rispose un altro.
«Chissà di quanto sarà la nostra parte?» si chiese un terzo con sguardo sognante.
Nel frattempo il capitano era andato a sedersi davanti all’acquario in cui erta rinchiusa la bella divinità che placidamente stava a galla sul pelo dell’acqua.
«Di cosa vuole parlare mio signore?» chiese Izuku fintamente gentile con il mortale, rilasciandogli un falso sorriso che fece storcere il naso al biondo.
«Raccontami della tua vita.» ordinò il capitano togliendosi il cappello dalla tasta e cominciando a giocare con la piuma attaccata ad esso.
«La mia vita è sempre stata monotona e noiosa, vi annoierei se ve la raccontassi.» proferì il dio muovendosi irrequieto nell’acqua.
«Raccontamela lo stesso.» il ringhio che gli sfuggì dalle labbra fece fermare sul posto il verdino che con odio incatenò il suo sguardo con l’umano.
«Me lo stai chiedendo perché sei curioso di quello che potrebbe esserci dentro il mio forziere?» chiese Izuku.
«In un certo senso...non è da tutti possedere un forziere e di solito ci si mettono dentro solo cose di un certo valore.» fantasticò il pirata accarezzandosi il mento.
«Non ci sono gioielli o oggetti preziosi dentro il forziere...se era a questo che stavi puntando, dentro c’è un pezzetto del mio corpo.
Non avendolo più al mio fianco mi sto indebolendo.» sospirò affranto il pesciolino ripensando a quanto fosse stato sciocco a strapparsi il cuore dal petto.

Il giorno tanto atteso arrivò presto e il cuore del verdino, che si trovava sotto di lui nel mare, batteva forte, come se sentisse che il suo proprietario fosse vicino.
«Bene pesciolino...» disse con tono di scherno il biondo, «Adesso noi ti caleremo in acqua, non potrai scappare e non metterci troppo, perché noi ti tireremo su che tu abbia preso il tuo scrigno o meno.» e nel dirlo aveva preso Izuku in braccio per trasportarlo sul ponte della nave sotto lo sguardo attento di tutta la ciurma che lo guardava con occhi pieni di desiderio.
Un uomo gli si avvicinò con una catena grossa come il suo polso e un ceppo di ferro che un secondo uomo chiuse attorno alla sua coda, un lucchetto ne impediva l’apertura senza la chiave.
Con un ultimo sguardo e un sorriso furbo, Katsuki lanciò il pesciolino in acqua che s’immerse con uno spruzzo che bagno gli uomini che si erano sporti a guardarlo. Il tornare in acqua, nonostante non fosse il suo ambiente d’origine, gli diede una scarica d’adrenalina portandolo a fare parecchie capriole e a sgranchirsi dopo il lungo periodo di prigionia in quel piccolo acquario.
Per quanto volesse perdere tempo a nuotare liberamente e per riassaporare un briciolo di libertà dopo tutto il tempo passato il prigione, Izuku sapeva che doveva riprendere il forziere prima che lo tirassero di nuovo a bordo.
Quindi s’immerse sempre più in profondità costeggiando i coralli e accarezzando i pesci che gli si avvicinavano contenti allo scorgere la sua presenza.
Avrebbe voluto fermarsi a giocare con loro, assaporare quel briciolo di libertà che da lungo tempo gli era stata negata, ammirare il colore del mare che brillava sotto il solo del pomeriggio, ma non c’era tempo da perdere, il suo forziere lo aspettava e quando lo vide semi sepolto nella sabbia di quell’abisso scuro, vi si fiondò a tutta velocità prenderlo.

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Capitolo 6
*** Cuore ***


La catena venne tirata con forza, provocando un dolore incredibile ad Izuku, che l’afferrò affinché il ceppo non incidesse maggiormente la sua carne.
Una volta tornato in superficie con forza tale che si sentì quasi mancare, gli uomini della ciurma calarono un asse di legno alle cui estremità erano attorcigliate delle funi.
La sirena vi si sedette sopra con lo scrigno ben stretto contro il petto mentre con degli strattoni violenti i pirati lo riportavano a bordo della nave.
Vide subito la loro euforia sui volti macchiati dal sole nello scorgere il suo forziere contro il petto, anche se alcuni si lamentarono delle sue scarse dimensioni, paragonandolo ad un portagioie di qualche signora piuttosto che a qualcosa che potesse tenere un vero tesoro.
Non si fecero illudere dalle dimensioni e aspettarono che il loro capitano lo strappasse dalle mani della bella divinità che cercava in tutti i modi di nasconderlo al loro famelico sguardo. Ma ciò non avvenne.
Katsuki ignorò gli sguardi dei suoi uomini e si precipitò a prendere in braccio la sirena per poi dirigersi verso la sua cabina, tenendoselo stretto contro il petto, dove il suo cuore batteva con forza per la vicinanza di quella splendida creatura.
«Non lo apriamo tutti insieme?» domandò un uomo seguendo il biondo con lo sguardo. «Non dividiamo il tesoro capitano?» parlò un altro.
Ma le loro parole vennero ignorate dal capitano che sbatté con forza la porta alle sue spalle.
Il mal contento si diffuse come un’ombra tra i membri dell’equipaggio ignorati dall’uomo che doveva renderli ricchi e contenti.
«Sei felice adesso che hai il tuo scrigno?» chiese Katsuki una volta depositato Izuku dentro l’acquario che nel frattempo era stato pulito.
Il verdino sorrise dolcemente mentre depositava con delicatezza il suo cuore sul fondo della sua prigione, acciambellandovisi attorno tornando poi a guardare il capitano che sorrise a sua volta nel vederlo contento.
«Vi ringrazio molto capitano.» rispose la sirena che si rese conto solo in quel momento dello sguardo curioso dell’uomo che continuava a lanciare occhiate al piccolo forziere, così si sollevò e si avvicinò al bordo dell’acquario sporgendo fuori il capo e le braccia che lo aiutarono a tenersi fuori, «Volete vedere cosa vi è dentro?» chiese.
«Mi piacerebbe, ma solo se lo vuoi anche tu.» rispose il biondo con tono più calmo del solito, quasi dolce che portarono a galla ad Izuku vecchi ricordi che lo allietavano ancora nelle lunge notti insonni.
Il dio con un ultimo sguardo pieno di gioia e tristezza allo stesso tempo, con movimenti lenti sciolse il lucchetto che lo chiudeva lo scrigno e lo spalancò al biondo che lo guardò esterrefatto.
Un piccolo cuore sanguinante che batteva placido, se ne stava sul fondo, ma non fu questo a shoccare il mortale che quasi sussultò nel guardarvi all’interno, il cuore era avvolto da strette e sottili catene d’ore che gli impedivano di muoversi a dovere.
«Questo è il mio cuore.» sentenziò Izuku con una voce profonda e carica di potere, «Me lo sono strappato dal petto poco dopo essere nato. Avevo paura che se fosse rimasto dentro di me, avrei potuto innamorarmi, cosa a me proibita.» continuò il verdino tirandolo fuori e rimirandolo come se fosse un oggetto orribile, «Ma non è servito a nulla, perché anche se era qui dentro io mi sono innamorato e alla fine la maledizione mi ha raggiunto.»
«Perché non ti era permesso innamorarti?» chiese pieno di curiosità Katsuki, una piccola parte di lui sapeva di conoscere la risposta, ma qualcosa gli impediva di arrivarci da solo. Izuku tornò a guardarlo e il suo volto si ricoprì di tutto l’amore che aveva provato a nascondere per il suo antico amore.
«Perché sono un dio e noi non possiamo amare nessuno, soprattutto i mortali, ma ho disubbidito, mi sono innamorato di un ragazzo talmente bello e buono che era inevitabile per me che non accadesse.»
A quelle parole il cuore del capitano ebbe un fremito, era geloso del mortale che aveva fatto innamorare quella bellissima creatura, ma anche felice di quelle parole, come se sentisse che fossero giuste anche se non sapeva perché.

Intanto sul ponte i pirati discutevano a più non posso sul perché il capitano non avesse voluto condividere con loro il tesoro della sirena.
Le urla si fecero talmente forti e le opzioni che vagliarono li portarono ad un unico risultato.
Un ammutinamento.
Con forza e determinazione, sguainarono le spade e con brutalità di scagliarono contro la cabina del capitano sfondandola con i loro corpi.
«Cosa succ...» provò a parlare il biondo, ma non fece a tempo a dire altro. Un uomo si fece avanti a tutti e sollevando la spada in alto, si scagliò contro Katsuki con un urlo disumano.
La spada venne calata prima che il capitano potesse sguainare la propria.
Il sangue schizzò sul vetro dell'acquario e un urlo di dolore fece fermare ogni altro movimento che gli uomini stavano per fare.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Izuku era esterrefatto per la scena che gli si stava parando dinanzi, il capitano colpito a morte giaceva a terra con il sangue che si spargeva sul pavimento di legno della cabina in cui si trovavano.
Il suo urlo di dolore si librò dalla bocca facendo fermare i movimenti di ogni presente, tranne quelli dell’uomo a terra che voltò con il capo verso di lui, una vecchia luce che aveva pensato di non vedere più, brillare nello sguardo del biondo che gli sorrise dolcemente.
Con uno sforzo incredibile la sirena si issò fuori dal suo acquario mentre una luce brillante la inondava mentre strisciava verso il corpo di colui che aveva riconosciuto alla fine come il suo amore perduto.
«Izuku, amore mio.» sibilò Katsuki sollevando una mano con le sue ultime forze sfiorando il voltò della bella divinità con le dita macchiate di sangue sporcandogli il volto.
«Katsuki, ti prego...» biascicò il verdino mentre il suo corpo lentamente tornava al suo aspetto divino, le lacrime che cadevano dai suoi occhi atterrarono sul voltò del biondo.
«Mi dispiace se non sono riuscito a ricordarmi di te in tempo.» sussurrò il capitano fra i colpi di tosse che spargevano altro sangue sul viso già sporco di esso.
«No, non dispiacerti. Io ti salverò a qualunque costo, perché il nostro amore è immenso.» rispose il dio chinandosi a posare la fronte contro quella del mortale, cercando in tutti i modi di trasmettere parte del suo essere, ma ogni suo sforzo fu vano perché gli occhi di Katsuki si chiusero, il fiato smise di uscire a rantoli dalle sue labbra esangue e la mano che aveva sollevato per accarezzarlo ricadde a terra con un tonfo.
Le urla cominciarono di nuovo ad uscire con forza dalla bocca di Izuku che si ritrovò a brillare come non accadeva da secoli nella sua forma divina.
Katsuki ormai morto tra le sue braccia.
«Mi dispiace immensamente figlio mio.» disse una voce profonda alle sue spalle, ma il verdino non si voltò a vedere il volto affranto di suo padre che si era avvicinato per posargli una mano sulla spalla.
Preferì rimanere a guardare il bel viso del suo amato, sempre più pallido e freddo.
«Lo avevo ritrovato. Eravamo di nuovo insieme, doveva solo ricordarsi di me.» sussurrò il minore baciando la fronte del suo amore.
I membri della ciurma ancora dentro la cabina del capitano, capirono immediatamente l’errore subito trovandosi al cospetto di due dei e tentarono la fuga spintonandosi a vicenda, alcuni provarono anche a gettarsi in mare, ma a nulla valsero i loro tentativi, l’ira di Izuku li investì colpendoli con la peggiore delle maledizioni.
«Figlio mio,» lo richiamò il padre degli dei avvolto in una luce così brillante che i marinai che ebbero la sfortuna di guardarlo si ritrovarono con gli occhi in fiamme, «Non puoi fare più nulla per lui, è morto.
Presto la sua anima raggiungerà le porte della morte per essere giudicato dal dio dell’oltretomba.»
«Non posso più fare nulla? Allora anche per me non ha più senso vivere senza di lui.» urlò il verdino sentendo il cuore nello scrigno sanguinare e spaccarsi mentre le catene lo avvolgevano stretto, «Ho resistito centinaia di anni con la sola speranza di ritrovare il mio amore perduto, ora non ho più neppure quella speranza.»
«Forse ci sarebbe una soluzione, ma è rischiosa.» disse alla fine il dio triste per la sorte del suo figlio prediletto.
«E quale sarebbe?» domandò Izuku con gli occhi colmi di lacrime.
«Rinunceresti all’immortalità pur di stare con lui? Vivresti una vita mortale, anche una soltanto per stare insieme a lui, anche senza la certezza della felicità?» chiese gonfiando il petto e facendo un passo indietro conoscendo già la risposta del figlio.
«Qualunque cosa pur di stare di nuovo con lui. Anche se fosse solo per una vita mortale, anche se dovesse durare quanto un battito di ciglio, qualunque cosa pur di stare con lui.» rispose sollevando da terra il corpo del suo unico amore e porgendolo al padre degli dei.
Una luce accecante invase quella porzione di mondo, investendo i due ragazzi davanti a lui e facendoli scomparire da quella nave che li aveva riuniti.
Dall’altra parte del mondo e qualche secolo di distanza, nacque un bambino dai capelli biondi come il grano al sole e due occhi rossi come i papaveri.
Qualche casa più in là, nacque un bambino dai capelli verdi come un prato in primavera e due occhi del colore degli smeraldi.
Si sarebbero incontrati di lì a pochi anni e finalmente avrebbero potuto incontrarsi fin da piccoli, così da amarsi per più tempo possibile.
E noi speriamo con tutto il cuore che la bella divinità che era stata maledetta per il suo amore, adesso lo possa vivere appieno come è giusto che sia.

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