The Windsor Chalet

di Swan Song
(/viewuser.php?uid=651220)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Atto ***
Capitolo 2: *** Secondo Atto ***
Capitolo 3: *** Terzo Atto ***
Capitolo 4: *** Quarto Atto ***
Capitolo 5: *** Quinto Atto ***
Capitolo 6: *** Sesto Atto ***
Capitolo 7: *** Settimo Atto ***
Capitolo 8: *** Ottavo Atto ***
Capitolo 9: *** Nono Atto ***
Capitolo 10: *** Sipario ***



Capitolo 1
*** Primo Atto ***



Cari lettori, buon 8 dicembre.
Non ho scelto questa data a caso per pubblicare un giallo classico super natalizio: vi avviso già che la storia prenderà proprio il periodo di natale e ci farà compagnia fino all'8 gennaio.
Sono 10 capitoli in totale, l'aggiornamento avverrà di lunedì e di venerdì.
Prima di iniziare, qualche avviso:
- Chi già mi segue sa quanto io ami i misteri e i gialli, e questo sarà un giallo classico stile Agatha Christie. Per questo motivo, ci saranno parecchi personaggi imparentati con altri - quasi tutti - e potrebbe servire uno schema o un po' di tempo per memorizzare le varie parentele. Ma se siete fan della regina del crimine, credo siate abituati a questo format intricato.
- I riferimenti alla Christie saranno ovunque, anche ai suoi libri famosi, ma credo che non ci siano problemi...voglio dire, chi non li conosce? Se siete in questa sezione, li conoscete.
- Ringrazio e saluto Milly Sunshine, grande giallista che aspettava questo racconto da settimane; Jessica Locke, mia affezionata utente che ha intenzione di gettarsi a capofitto in questa nuova avventura; OrnyWinchester, che spero vivamente non scopra il colpevole già dal capitolo 1, visto che è bravissima a risolvere ogni mistero. <3
Il che, converrete, per un'autrice di gialli è terribile XD

Nella speranza che questa storia sia di vostro gradimento, buona lettura. ^^
 




Primo Atto






Aspen, Colorado, 1950.

La signora Windsor tornava sempre ad Aspen quando il marito compiva gli anni.
Questo gesto era visto dai più speranzosi come ammirevole – dato il carattere dell’anziano signor Windsor – mentre dai più diffidenti come lecchino. C’era chi sosteneva, addirittura, che Evelyn fosse innamorata più dell’albergo che di suo marito.
L’albergo...una isolata ma splendida baita costruita in braccio alla montagna alla fine dell’ottocento e tramandata di padre in figlio.
Nonostante l’avesse a cuore, Evelyn non aveva mai voluto intromettersi negli affari del marito, né diventare sua socia: l’albergo apparteneva in tutto e per tutto al vecchio Edmund, lasciatogli in proprietà dal padre Edward secondo il testamento, lasciatogli a sua volta in proprietà da suo padre Edgar.
In quella famiglia avevano parecchia fantasia con i nomi dei primogeniti, non c’era che dire.
Evelyn ed Edmund, però, avevano fatto un’eccezione, chiamando il loro primo figlio Liam e spezzando quella terribile catena della “E” una volta per tutte.
Idea di Evelyn? Bè, si sa che alla fine i mariti danno sempre ascolto alle mogli.
Dunque ad Evelyn non interessavano gli affari dell’hotel, voleva godere di ciò che l’hotel sapeva offrire: ecco perché le malelingue sostenevano che quando tornava, non lo faceva tanto per festeggiare il marito, piuttosto per farsi un bagno caldo nella vasca rigenerante del rinomato “Windsor Chalet”, rigorosamente con vista sulle montagne innevate.
Per il resto dell’anno, viaggiava. Viaggiava alla veneranda età di novantuno anni, sostenendo di sentirsi rinata alla fine di ogni viaggio. Precisamente, stava rientrando dall’Egitto.
Scaricò il peso sul bastone ed alzò lo sguardo sulla sua adorata Aspen, che nel periodo natalizio assumeva quel non so che di magico da credere di essere finiti dentro una fiaba.
La cittadina era circondata da maestose montagne ricoperte di una spessa coltre di neve bianca brillante.
La vista era semplicemente spettacolare.
Le strade erano illuminate da migliaia di luci scintillanti appese ai rami degli alberi e agli edifici, creando un’atmosfera festosa. Le abitazioni e i negozi erano decorati con ghirlande, fiocchi di neve e addobbi natalizi colorati, trasformando ogni angolo in una scena da cartolina. Le piste da sci erano coperte da una neve fresca e soffice, invitando gli appassionati di sport invernali a godersi una giornata di divertimento.
Le funivie si ergevano maestose nel paesaggio, offrendo agli scalatori una vista panoramica sulle montagne circostanti mentre salivano verso le vette.
Lungo i sentieri innevati, era possibile ascoltare il fruscio dei passi e il dolce suono del vento tra gli alberi.
E per raggiungere la baita occorreva proprio munirsi di funivia, che fungeva da tramite tra la cittadina e il nulla.
La signora Windsor alzò lo sguardo al cielo; aveva ripreso a nevicare, e tirava una brutta aria da bufera. Poco male, lei era arrivata, tutto ciò che doveva fare ora era prendere il mezzo di trasporto e raggiungere suo marito.
Quando gli autisti che l’avevano condotta fino a lì si offrirono di portarla in elicottero, lei quasi tirò una bastonata a ciascuno di loro «Giammai!» berciò «Sono sempre salita in funivia, dunque non capisco perché quest’anno debba essere diverso! Ho il mio bastone come compagno fedele, non ho bisogno di voi.»
Profondamente offesi per essere stati considerati meno di un bastone, i due uomini si congedarono con una specie di inchino, manco lei fosse stata la regina «Come preferisce, signora Windsor. Magari, l’accompagno fino a...»
«No!» ribatté ella in tono burbero, entrando nella funivia «Adoro viaggiare sola. Inoltre, nulla è paragonabile ad una salita in una funivia completamente deserta.»
I due cedettero, alzando le spalle. Sui volti avevano stampata l’espressione “Se si ammazza, cavoli suoi”.
Sapevano, tuttavia, che una volta raggiunta la cima sarebbe stata accolta da Billy, il ragazzo tuttofare dell’hotel, quindi si tranquillizzarono.
«Buon Natale, signora Windsor.» la prese in giro uno dei due, prima di girare i tacchi e sparire insieme al suo socio.
Evelyn Windsor sorrise come la mascalzona che era, accomodandosi in uno dei posti a sedere della cabina. Quindi, rilassati i muscoli, si perse a contemplare il meraviglioso panorama montano.
Erano le cinque di pomeriggio, si stava facendo buio.
Non vedeva suo marito Edmund da mesi, e non sapeva se fosse una cosa positiva o meno: da un lato lo detestava, dall’altro non avrebbe resistito tutti quegli anni di matrimonio, se non l’avesse amato almeno un pochino.
C’erano stati dei momenti dove aveva sperato tirasse le cuoia, sebbene dell’eredità dell’hotel non le importasse un fico secco.
E invece il caro Edmund stava per compiere cento anni.

Il treno delle cinque giunse al binario 3 allo scoccare dell’ora, preciso come uno svizzero.
Il maggiore Price non riuscì a trattenere uno dei suoi sorrisi giocherelloni, guardando fuori dal finestrino «Cara, ci siamo!»
Gli era mancata Aspen, doveva ammetterlo. Lui e Odette non la visitavano spesso, proprio come gli altri parenti del signor Windsor, ma era sempre un piacere tornarci.
Se Price ripensava a com’era entrato in contatto con una delle famiglie più ricche ed influenti dell’intero stato, gli veniva da ridere.
Lui e il suo collega, Steve Sheppard, si trovavano ad una cena di beneficenza per le forze armate, e lì avevano incontrato quel mascalzone di Edmund Windsor, il quale aveva parlato tutto il tempo di quanto fosse schifosamente bello essere ricchi, omettendo invece l’importanza della beneficenza, motivo principale della cena.
E dire che, prima di prendere in mano l’hotel, era stato anche lui un maggiore!
Destino volle che a suddetta cena fosse presente anche l’unica nipote femmina di Edmund, figlia del suo primogenito Liam, e per Price era stato colpo di fulmine. Anche per Odette lo era stato, a dire il vero, e di fatti i due si erano fidanzati poco dopo.
La cosa sorprendente era non tanto il fatto che Price avesse dieci anni in più della ragazza, ma che fosse un pari di Edmund, come se avessero lavorato insieme. Questo aveva fatto sì che quasi nessuno della numerosa famiglia approvasse la loro relazione.
Ma i due erano felici, Odette amava il carattere solare del maggiore, così differente dallo stereotipo del soldato tutto d’un pezzo.
Quindi non solo non si era lamentata di prendere il treno, ma aveva adorato tutto il viaggio.
«Oh Jonathan, è stato fantastico! E’ molto meglio che arrivarci in macchina. Ti godi il panorama, è meraviglioso. Ah, probabilmente mi sto ripetendo. Scusa. Ma tornare a casa mi fa sempre un doppio effetto: provo malinconia e, allo stesso tempo, gioia.»
Jonathan le sorrise e si alzò per primo, facendole un galante baciamano «Bè, se tu sei pronta a tornare nella fossa dei leoni, lo sono anche io. Ti sosterrò sempre, tesoro.» disse afferrando entrambe le valige.
«Ah, non so come fai a restare così calmo. Già mi immagino tutte le battutine dei parenti riguardo noi due. Già mi vedo la nonna! Santo Iddio.»
«Scommetto che ha preso la funivia da sola. È una zuccona, la cara Evelyn.»
«Certo che l’ha presa da sola. A me ha sempre detto che può correre il rischio che le succeda qualcosa, a novant’anni.»
Ancora, Price sorrise «Vieni, scendiamo.»
Salutarono gli altri viaggiatori, specie quelli con cui avevano scambiato due chiacchiere, e si ritrovarono immersi nella consueta atmosfera di Aspen «Perché quell’hotel è così isolato, mi chiedo ogni volta.» borbottò Price con le valige in mano, mentre Odette lo seguiva chiudendosi maggiormente il cappotto per il freddo «La cittadina è così ricca di negozi ed attività natalizie. Lassù non c’è niente. Se a qualcuno manca un farmaco, bisogna scendere perché non c’è neppure una farmacia! Guarda, c’è il pattinaggio su ghiaccio!»
«Possiamo scendere lo stesso qui, come ogni volta. La funivia non ci mette molto.»
«Sì, sì, lo so...solo, lo trovo assurdo. Bisognerebbe andare a piedi! Ma ogni volta mi lamento di cose che non cambieranno mai, perdonami.»
Odette sospirò «L’hotel di mio nonno sta là da generazioni, Jonathan. Se il fondatore ha deciso di costruirlo nel nulla più assoluto, avrà avuto i suoi buoni motivi. Credo che questo mio antenato fosse fissato con il silenzio.»
«Forse è stato circondato da così tante persone per un periodo della sua vita, da bramare la solitudine.» concordò il marito «Per di qua, vero?»
Odette annuì «Sì, le funivie sono lì a destra.»
C’era aria di tempesta, il maggiore se lo sentiva. Ma quando percepì una voce conosciuta alle sue spalle, colse che la tempesta sarebbe stata l’ultima dei suoi problemi.
«Eccovi qui, voi due. Lo sapevo che vi avrei beccati, l’ho sognato questa notte.»
Odette si voltò molto, molto lentamente «Papà...» ricambiò in un sussurro accompagnato da un sospiro. Sapeva che l’incubo sarebbe iniziato, ma non pensava così presto, sperava almeno di raggiungere l’hotel, prima.
Liam Windsor, primogenito di Edmund ed Evelyn, venne avanti stringendo la pipa tra i denti, e di conseguenza assomigliando ad un mastino che ringhiava ad ogni parola che pronunciava «Figlia adorata…Price.»
Naturalmente “Price” lo disse con il tono di una vipera, nemmeno così tanto velato.
Non lo chiamava mai per nome, si rivolgeva a lui sempre con il cognome, per mantenere le distanze; inoltre, gli dava ancora del Lei.
«Come procede il felice matrimonio?» chiese, accendendosi la pipa in tutta tranquillità ed emettendo fumo. A Price parve che glielo avesse sputato tutto in faccia.
«Papà, non ricominciare.» parlò Odette «Il matrimonio va a gonfie vele, che a te piaccia o no.»
«Sai benissimo che non mi piace.»
«Era un modo di dire. Tu sei vecchio e io ho trent’anni. Non sono più una bambina, so fare le mie scelte.»
«Vecchio, tzè.» borbottò Liam, quasi soffocando nel suo stesso fumo «Se io sono vecchio a settant’anni, tuo nonno che sta per compierne cento cos’è?»
Odette scosse le spalle e salì sulla funivia «Un grande uomo.»
«Ma se non ha mai approvato questo matrimonio, proprio come me!»
«Bè, mi sta più simpatico lo stesso.»
Price si era del tutto ammutolito.
«Che fai, sali con noi o aspetti la prossima?» lo sfidò Odette, già arrabbiata e sulla difensiva «Puoi sempre fare come la nonna e prenderne una vuota, tutta per te!»
Ma Liam non le avrebbe mai dato quella soddisfazione: salì in quella precisa funivia, gettando un’occhiata all’orologio da polso «Cinque e sedici. Siamo in orario, direi.»
«A che ora è la festa, più?» chiese Price, tanto per fare conversazione «Devo aver perso il biglietto d’invito, oltre che la memoria!»
«Alle otto precise nella sala adibita al compleanno.» rispose Odette accarezzandogli il braccio, perché Liam gli rivolgeva la parola meno che poteva.
E poi dicevano che erano solo suocera e nuora a non sopportarsi.
«Sarà meraviglioso! Il nonno però ha detto che deve fare un annuncio importante riguardo l’hotel.»
La funivia prese a muoversi, lentamente, ma Liam quasi non se ne accorse «Tu come lo sai? Sono il suo primo figlio e non ne so nulla!»
Odette gongolò «Perché io lo sento al telefono, a differenza vostra. Va bene, non sarò la nipote perfetta che viene a trovarlo ogni mese, ma mi tengo in contatto con lui molto più di quanto facciate tutti voi!
E lui, nonostante non approvi il mio matrimonio con Jonathan, sa parlare anche di altro! Mi vuole bene, non è così burbero con me. Di sicuro, sono la sua preferita.»
Liam trattenne uno sbuffo ed alzò gli occhi al cielo «Tzé. Un annuncio. Ci manca solo che decida di lasciare l’hotel a te, e siamo a posto.»
«Non lo voglio quell’hotel, non so che farmene.»
«Proprio come tua nonna. Le donne non hanno fiuto per gli affari.»
«Non lo voglio perché non mi interessa, ma sarei capacissima di mandarlo avanti!»
Cadde il silenzio. A Liam dispiaceva di non essere in buoni rapporti con la figlia, ma da quando sua moglie, madre della ragazza, era mancata, era stato il delirio. Era Ada ad occuparsi di tutto, lui non era in grado di fare il padre.
Per il resto del viaggio, la cabina parve totalmente deserta.

Ma per una che sembrava deserta, ce n’era un’altra affollatissima.
«Di sicuro il nonno ha chiuso l’hotel per gli ospiti normali.» tuonò un ragazzo vestito di tutto punto e con lo stesso sorriso mascalzone di Edmund Windsor; sembravano due fotocopie, quando ghignavano «Esclusiva per la famiglia!» proseguì con scherno.
«Cosa lo dici a fare?» gli chiese suo fratello minore, decisamente più calmo e razionale «Tutti gli anni fa così, lo sanno anche queste funivie.»
L’altro, che spesso battibeccava con lui proprio per la diversità di caratteri, indicò le due persone sedute davanti «Lo dico per i nostri nuovi ospiti, che di sicuro non lo sanno. Non li ho mai visti da queste parti. Voi siete?»
I due, un uomo sulla quarantina con i capelli scuri e dall’alta statura e una ragazza che gli somigliava, sollevarono gli sguardi.
«Steve Sheppard.» si presentò il primo «Mia figlia Susan.»
Colui che aveva posto la domanda ricambiò la stretta di mano «Chuck Solo.» si soffermò su tale Susan, ammirato «E’ un vero piacere, signorina.»
Lei, abituata alle avances di chiunque nonostante il padre marine, ricambiò con una smorfia, ritraendo la mano. Ma quel Chuck continuò a ridersela come un bambino «Perché siete qui?» li interrogò ancora, svaccandosi sul sedile e poggiando la schiena contro quella parete, facendo imbarazzare suo fratello.
«Sono un amico del caro Edmund, così come il maggiore Price, che di sicuro conoscerai.» rispose Steve.
Chuck sollevò la gamba destra e la poggiò sul ginocchio di quella sinistra, totalmente rilassato «Certo che lo conosco, è il marito di mia cugina. E a discapito di ciò che pensano tutti, a me la loro relazione non dà fastidio. Che si facciano i cavolacci propri. E’ adulta e può fare quello che vuole, scegliere chi vuole.»
Steve immagazzinò tutte le informazioni come farebbe un bravo detective «Cugina...sei un nipote di Edmund anche tu?»
A confermare con un accenno di capo fu il fratello «Entrambi lo siamo. Uhm, siamo fratelli.» alzò lo sguardo sulla donna presente in cabina che non aveva ancora aperto bocca «Nostra madre, Harper Windsor, terzogenita di Edmund.»
La donna, con una certa eleganza, stese il braccio per le presentazioni «Piacere. Ho sentito parlare di lei, comandante Sheppard, anche se non credo di averla mai vista di persona.»
«E’ così. Questo è il primo compleanno per me, avendo conosciuto suo padre meno di un anno fa. Ero insieme a Jonathan, e...» ragionò «Diamine, in effetti lui e Odette hanno fatto le cose in grande stile, si sono proprio dati una mossa.»
«E’ così.» confermò la donna «Ma al cuor non si comanda, giusto?»
«Dov’è suo marito?» chiese Susan con curiosità. Amava i gialli e ogni volta – per colpa o merito di essi – si immaginava le situazioni più assurde.
Harper parve coglierlo, perché la guardò con un brillio negli occhi e un sorriso sulle labbra «Non l’ho ucciso, se è questo che pensi. Ci raggiungerà in elicottero, odia le funivie.»
Ed ecco la spiegazione. Semplice, senza alcuna stranezza.
Susan si morse l’interno delle labbra, un poco delusa. Ma non poteva pretendere che ovunque andasse ci scappasse il morto. In effetti, non era mai successo.
«Allo stesso modo, signorina, potrei chiederti dov’è tua madre, dato che il qui presente Steve si è dichiarato tuo padre.»
Susan si scambiò uno sguardo proprio con Steve «E’ a casa. Veniamo da Washington.»
Ancora un sorriso furbo sulle labbra di Harper «Visto? Nessun omicidio di coniuge. Possiamo stare tranquilli.»
Il figlio minore sorrise con lei «Io sono Nathan, comunque. Piacere.»
Gli Sheppard strinsero la mano anche a lui.
«Un traguardo notevole cento anni, vero?» parlò ancora il marine, sorpreso «Edmund è arzillo, nonostante l’età.»
Harper annuì «Credo sarà una grande festa. Mio padre non ha mai badato a spese quando si è trattato di celebrazioni.»
«Siete tre fratelli, giusto? Ho conosciuto quello di mezzo, Adam mi pare si chiami.»
«Sì, Adam...il nostro libertino.» confermò Harper «L’unico senza figli, anche se sono abbastanza certa che di illegittimi ne abbia per così!»
Risero. La signora Harper sembrava simpatica e alla buona, una che faceva facilmente amicizia.
«Io ho i miei due ragazzi, Chuck e Nathan...» proseguì, guardandoli entrambi con ammirazione «E mio fratello Liam ha Odette. Eccoci qui, gli Windsor al completo. Il fratello di Edmund è morto da parecchio, quindi...»
Susan alzò le sopracciglia, un tantino spaventata «Gli unici non imparentati con voi siamo io e mio padre.»
Chuck focalizzò ancora una volta lo sguardo su di lei «Perché, hai paura che accada qualcosa?»

Billy era un ragazzo sui trentacinque anni che era davvero tuttofare: si occupava di accogliere gli ospiti, di portare le loro valige fino in camera, di andarli a prendere alla funivia nonostante i parenti sapessero a memoria la strada, si occupava dei fiori durante l’estate, di spalare durante l’inverno, di riparare i tubi quando c’era qualche problema idraulico. Gli mancava spolverare, rifare i letti e servire i pasti, per il resto serviva l’hotel in ogni maniera possibile ed immaginabile.
Gli piaceva talmente tanto la baita, da aver provato più volte ad occupare il posto di receptionist, ma il signor Windsor glielo aveva sempre impedito: Billy era balbuziente e c’era chi diceva soffrisse di una rara malattia chiamata “autismo”, quindi veniva preso per ritardato.
Edmund, secondo la sua umile opinione, era stato fin compassionevole ad assumerlo come tuttofare, perché “Se non ti prendo io, chi mai potrebbe offrirti un lavoro?”
Queste erano state le sue parole.
Ma da lì ad elevarlo a ruolo di receptionist, anche no.
«S-signori, b-benvenuti.» disse, accogliendo i vari ospiti che erano arrivati in funivia.
Chuck Solo aveva ragione: in quel periodo dell’anno, quando Edmund festeggiava il compleanno, l’accesso alla baita era chiuso per il resto del mondo: solo amici e parenti avrebbero potuto godersela.
Di solito, i festeggiamenti avvenivano proprio la sera del 24 Dicembre, perché il vecchio compiva gli anni il 25, a Natale.
Una maledizione e un bene nello stesso momento per i parenti.
Quell’anno, niente sarebbe stato diverso, se non il fatto che Edmund avrebbe compiuto esattamente cento anni.
Come riuscisse a tirare le redini dell’albergo a quell’età era un mistero, anche se le solite malelingue sopracitate dicevano che in realtà fosse la sua segretaria, la signorina Aisha, a fare tutto; soprattutto tenere la contabilità.
«Billy.» lo accolse Nathan con un caloroso sorriso e una pacca sulla spalla «Tutto bene?»
Billy ricambiò il sorriso, i capelli lunghi e scuri gli cascarono ogni dove «T-tutto b-bene, N-Nate. T-tu c-come t-te la p-passi?»
Prima che il ragazzo potesse rispondere, Liam alzò gli occhi al cielo «Dio, quanto odio sentirlo parlare, è stressante. Lavora di più e parla meno, giovanotto!»
Nathan guardò male suo zio «Io sto alla grande...» rispose, per poi sussurrare a Billy «Non starlo a sentire. È il solito bastardo.»
«Concordo, mio padre è proprio un bastardo. A volte, anzi, spesso, vorrei essere sorella di Nathan e Chuck. Come te la passi, cugino?» disse Odette, avvicinandosi a lui.
Nathan le sorrise e i due si abbracciarono «Sto bene, sono appena tornato da un viaggio con mio fratello. Parigi.»
«Ci sono stata con Jonathan, splendida città.»
«Sì, è indubbio, ma sono stufo di viaggi…andrò controcorrente, ma vorrei rendermi utile! Mio fratello vuole solo godersi la vita senza fare nulla, io vorrei amministrare qualcosa, fare qualcosa!» controbatté Nathan senza farsi sentire «Mi annoio.»
Odette sorrise «Credo tu sia il primo che si lamenta di una vita agiata.»
«Mi sta troppo stretta.»
«Io invece l’apprezzo. Ma credo che per noi donne sia diverso...non potendo disporre direttamente di denaro, lo bramiamo più di ogni altra cosa. Non mi interessa l’hotel, ma le banconote, quelle sì! Quelle le posso sfogliare, sentirle tra le mie dita, l’hotel no.»
Nathan scosse la testa negativamente «Sei incredibile, sai?»
«Sono buona e dolce. Qualche difetto devo pur averlo anche io, no?»
«Sai se il nonno ha intenzione di fare qualche annuncio, questa sera? Di solito a lui piacciono questi giochetti. Convocarci per qualche festa e intanto approfittarne per parlare di affari.»
Odette gli diede un colpetto sulla spalla «Sì, ne ha intenzione. Ma fossi in te, non sarei molto speranzoso. Non darà mai l’hotel a te. C’è mio padre, prima. Poi c’è Adam che – per quanto deficiente - è sempre suo figlio – ed infine tua madre. In sostanza, ci sono tre figli. Poi c’è Chuck, che è comunque tuo fratello maggiore. Aaah, caro Nate, la strada è lunga e piena di ostacoli, prima di arrivare a te.»
Egli sospirò, affranto. Però decise di rendersi utile lo stesso, aiutando Billy con le valige.
«L-lascia, N-Nate. N-non è il t-tuo c-compito.»
«Non mi spezzerò la schiena a portare due valige, no?» ribatté «Come sta mio nonno?»
«E’ d-dentro i-il s-suo ufficio. S-sai quanto a-ami stare lì per delle o-ore.»
«Sì, lo so. Ha ordinato a tutti di non disturbarlo, vero?»
Billy annuì «H-ha messo il solito cartello n-non disturbare f-fuori dalla porta. S-sai quanto s-si arrabbia, s-se qualcuno entra senza il suo p-permesso.»
«Se lo so? Una volta per poco non mi tira il suo pregiato posacenere che pesa due chili!» ricordò Nathan «Tutti hanno il terrore, nessuno osa entrare quando c’è quel cartello fuori dalla porta. Penso proprio che si paleserà verso l’ora di cena, alle otto.»
Billy annuì in conferma.
«Cugino...» Odette andò a salutare anche Chuck, che ricambiò squadrandola da capo a piedi, afferrandola per una mano e facendole fare una giravolta «Cugina...sei meravigliosa in Dior.»
«Non ne sbagli una, maestro di stile.»
«Sono il migliore in ogni campo.» si vantò questi.
«E’ il migliore a non fare nulla.» si lasciò scappare suo padre, James Solo, colui che odiava le funivie ed era giunto in elicottero.
Esattamente come per il maggiore Price, non era stato facile per lui entrare in quella famiglia di vipere, una di quelle adatte agli scandali da prima pagina dei migliori quotidiani di gossip, copertina inclusa.
Ma lui ormai c’era dentro da anni, aveva imparato ad affinare la tecnica della sopravvivenza, Price, invece…
«Caro, eccoti qui.» lo raggiunse sua moglie Harper. Non dimostrava mai più i suoi sessantun’anni, li portava divinamente. Lei, suo marito e i due figli sembravano dei divi di Hollywood, bellissimi come degli attori.
«Cara...ben ritrovata. Tira una brutta aria, vero?»
«Maggiore Price...» disse invece Steve una volta che si fu riunito a lui.
«Sheppard! Che piacere incontrarti! E questa deve essere la tua figlioletta Susan!»
«Sono io, maggiore.» confermò lei, stendendo il braccio per stringergli la mano «Molto, molto piacere.»
«Aspetta, che ti presento mia moglie Odette. Ma dove si è cacciata? Odette! Ah, sta salutando i parenti.»
«La mamma?» chiese poi Harper guardandosi in giro.
«Sicuro è arrivata per prima ed è già alla baita, alla faccia che è sola in funivia e rischia di sentirsi male.» rispose una voce alle sue spalle.
Si girarono tutti, notando che anche l’ultimo ospite era arrivato: Adam Windsor, il libertino.
Anche se ogni volta si sorprendevano che non si stancasse di esserlo a sessantasei anni. E lui era ben lieto di sorprenderli, presentando ogni volta una fidanzata diversa, rigorosamente di non più di venticinque anni.
Aveva sentito che a Hollywood andava di moda così. Una addirittura l’aveva lasciata al compimento del venticinquesimo anno d’età, la mattina stessa.
Però quell’anno si era presentato da solo.
«Famiglia...» disse con sorriso malandrino «Una bella rimpatriata, non vedevo l’ora!»
«E’ già ubriaco?» sussurrò Harper a suo fratello Liam.
«Se non peggio.» confermò questi con disprezzo.
«L-la s-signora Windsor è già arrivata.» li mise al corrente Billy, riferendosi proprio alla moglie di Edmund «C-ci siete t-tutti. V-venite, p-prego.»
«Non lo sopporto già più.» ringhiò nuovamente Liam, procedendo con le mani infilate nelle tasche del cappotto.
«Certo che vengo!» disse invece Harper «Si gela, qui!»
«Ho bisogno di un bagno caldo, sono distrutto.» diceva invece Chuck toccandosi la fronte con teatralità «Sicuro ho la febbre.»
Più lo osservava, più Susan notava quanto fosse maledettamente viziato. Molto meglio suo fratello Nathan, che non sembrava neppure appartenere a quel mondo.
«Stiamo per entrare nel circo, eh?» le sussurrò suo padre Steve all’orecchio.
«Perlomeno i cugini sembrano andare d’accordo.» fu l’unica cosa che ebbe da dire lei a riguardo.
Dopo un breve tragitto, giunsero allo chalet.
Gli Sheppard alzarono gli sguardi, incantati.
Era immerso in un paesaggio incantevole, circondato da alti alberi innevati, ed era una combinazione di legno rustico, pietra naturale ed ampie finestre che offrivano una vista mozzafiato sulla natura circostante.
La facciata era decorata con luci scintillanti e ghirlande natalizie che lo rendevano ancora più magico. Un vialetto illuminato con piccole lanterne conduceva alla calda ed accogliente entrata principale.
All’interno, infatti, li accolse un fascino invernale autentico, con soffitti alti e dettagli tradizionali.
La sala con un grande camino creava un’atmosfera calda ed invitante, perfetta per rilassarsi dopo una giornata sulla neve.
L’arredamento era caratterizzato da morbidi tappeti colorati, divani comodi e poltrone confortevoli, per garantire il massimo comfort.
La sala da pranzo era elegantemente decorata con un grande albero di Natale ornato di luci scintillanti, palline e ghirlande profumate.
Lì, gli ospiti avrebbero potuto gustare prelibatezze culinarie tradizionali natalizie, come zuppe calde, arrosti succulenti e deliziosi dolci stagionali.
Il gruppo si recò alla reception dopo aver salutato Billy il tuttofare, poi si diresse al piano di sopra.
Le camere erano spaziose ed arredate con gusto, con letti comodi e coperte soffici.
Ciascuna camera disponeva di un bagno privato moderno e ben attrezzato, dove ci si poteva rilassare in una vasca o sotto una doccia.
C’era anche un centro benessere, che offriva una vasta gamma di trattamenti come massaggi, saune e bagni a vapore.
Per le attività invernali, lo chalet disponeva di una comoda sala da sci dove gli ospiti potevano depositare l’attrezzatura e organizzare le proprie giornate sulla neve.
Essendo l’hotel isolato da tutto e da tutti, per le piste occorreva prendere nuovamente la funivia e dirigersi nella zona est.
In ogni caso, lo staff era sempre disponibile per fornire informazioni su escursioni, lezioni di sci ed altre attività invernali.
Il comandante Sheppard si guardò intorno con viva curiosità «Mmh, guarda qui. Camere comunicanti.»
Susan ne era parecchio felice «Mi fa piacere. Del resto, ho bisogno dei miei spazi, sono grande, ormai.»
Steve alzò entrambe le sopracciglia «Se pensi che avere ventidue anni significhi essere “grande”...»
«Sei troppo protettivo, come al solito. E poi non dormo con te da quanto? Dai sei anni?»
«Sette.» precisò lui, così testardo da voler sempre l’ultima parola.
«Sarebbe imbarazzante.»
«Lo sarebbe.» Steve concordò su quel punto, poggiando le mani ai fianchi «In ogni caso, sono lieto di averti nella camera proprio accanto. Mi basta aprire questa porta.»
«Per controllarmi.»
«Per proteggerti.»
«A volte non ci sono differenze.»
Steve sorrise e cominciò a disfare la propria valigia «Sei curiosa per stasera?»
Susan fece per chiudere quella porta comunicante, quando il padre la bloccò «Ah, ah. Lascia.» le ordinò.
La ragazza sbuffò e roteò gli occhi «Essere un marine non deve significare per forza comandare tutto e tutti!»
«Con Price di solito riesco.»
«Di sicuro sarà lui quello sottomesso della coppia.»
Steve la guardò male, lei proseguì «Sono tua figlia, non una tua recluta.»
«Riprendiamo il discorso della cena, che dici?» fece Steve roteando il dito indice e disponendo ogni capo in maniera perfetta nell’armadio.
«Sì, riprendiamolo.» ribatté Susan, testarda quanto lui «Sono proprio curiosa di conoscere questo famoso signor Windsor. E’ così burbero come dicono?»
Il padre alzò le sopracciglia apposta, facendola ridere «E’ pure peggio. C’è chi dice sia senza cuore.»
«E tu sei suo amico?!»

Scesero ad un quarto alle otto in punto, ritrovandosi tutti dinnanzi la porta della sala del ricevimento, tutti vestiti con abiti pregiati: gli Sheppard non vollero mai conoscerne il prezzo.
Adam, il libertino, attaccò a parlare per primo, perdendosi in monologhi di cui era – naturalmente – il solo ascoltatore.
Odette stringeva il braccio di Price, cercando di mantenere la calma; chissà quante ne avrebbe sentite durante la cena!
Suo padre Liam li guardava di soppiatto, ringhiando.
Per ammazzare gli istinti omicidi verso Price, decise di accendersi un sigaro. Si vociferava fumasse di tutto.
«Tutte le volte fa così.» si lamentò invece James Solo, guardando dapprima l’orologio e poi sua moglie Harper «Si fa attendere, deve fare il divo che scende dalle scale! Ma per favore.»
«Adoro quando lo fa!» trillò Odette portando una mano al cuore dall’emozione, puntando lo sguardo proprio sulla scalinata.
Chuck Solo, che aveva deciso di concedersi un drink pre-cena, alzò il pesante bicchiere di brandy verso Susan, come brindisi.
Lei si pentì di aver alzato lo sguardo su di lui, cambiando immediatamente direzione.
Nathan era ansioso, si guardava in giro, ma non sembrava attendere il vecchio. Stava cercando qualcun altro.
La consorte di Windsor, la novantenne Evelyn, sbuffò. Per quanto si atteggiasse da giovane, era stanca, le facevano male le gambe e voleva sedersi «Vecchio ubriacone, sei in ritardo, quest’anno.»
Attendevano tutti la cena per parlare, o per conoscere meglio chi ancora non conoscevano, quindi dopo un po’ restarono in silenzio.
Steve portò le mani dietro la schiena dritta, petto in fuori e testa alta.
Ma dalle scale non si palesava nessuno.
Fu così che, alle otto e venti precise, Liam strillò «Signorina Lopez!»
Aisha Lopez, la segretaria, giunse subito al richiamo «Mi ha chiamato, signore?»
Come la vide, Nathan sorrise raggiante, e ciò fece intendere a Susan – grande appassionata di gialli e amante dei dettagli – che era proprio lei che il ragazzo stava cercando. Che ci fosse qualcosa tra il riccone e la segretaria?
«Precisamente.» rispose Liam, che a settant’anni aveva la pazienza che rasentava il meno uno «Mio padre dov’è?»
La segretaria si lisciò le pieghe della divisa «L’ho lasciato nello studio, come da sue precise indicazioni. A dire il vero, l’ultimo ad averci parlato è stato Billy, prima di venirvi a prendere. Non ho più osato disturbare, lei sa quanto il signor Windsor odi che...»
«Sì, lo so, ma è in ritardo. Già è increscioso che non abbia accolto tutti noi al nostro arrivo, ma questo è un suo classico. Ma non è mai arrivato in ritardo alla cena. Lo vada a chiamare!» tuonò «Subito!»
La povera Aisha cominciò a tremare visibilmente «I-io...l’ultima volta che sono entrata quando c’era il Non Disturbare fuori, mi ha insultata per due ore e ha continuato per una settimana intera!»
«Bè, lavora qui, no? E’ una sua sottoposta!» rammentò Liam, guardandola con un certo disprezzo «E’ suo preciso compito entrare in quella stanza per andarlo ad avvisare!»
«E io sono suo nipote.» intervenne Nathan, in soccorso della ragazza «E’ anche mio dovere. Vieni, Aisha, ti accompagno. Busseremo, prima, così non ci insulterà.»
Lei annuì «Ti ringrazio.»
Steve e Susan si scambiarono uno sguardo complice, identico, dato che condividevano lo stesso sangue.
«Non improvvisatevi detective.» sussurrò il maggiore Price avvicinandosi e sporgendosi con il collo «Tu sei un marine e tu studi medicina, mi ha detto tuo padre.»
«Bè?» rimbeccò Susan «Uno non può avere altre passioni?»
«Concordo con mia figlia. Sembra proprio che tra quei due ci sia qualcosa.»
«E non sono affari vostri.» rammentò Jonathan.
Trascorsero altri interminabili minuti, e alla fine, uno dopo l’altro, deciso di raggiungere lo studio del riccone.
«Non è possibile!» ovviamente lamentandosi per tutto il percorso «Io lo strozzo con le mie mani!»
«Dovevo rifiutare l’invito, quest’anno.»
«Sì, anche io.»
«Non parlate così del nonno, è una grande persona!»
L’urlo che giunse subito dopo, bloccandoli tutti, fu a dir poco disumano.
Quando giunsero sulla scena, videro la segretaria Aisha con le mani premute sulla bocca, gli occhi spalancati e il viso bianco come un lenzuolo.
Nathan, accanto a lei, la sorreggeva per le spalle e guardava dinnanzi a sé altrettanto sconvolto.
Pian piano si avvicinarono tutti, spiando dalla porta ora spalancata.
Susan non poteva crederci. Sembrava che il suo desiderio si fosse finalmente avverato, perché dentro lo studio giaceva il cadavere di Edmund Windsor, piegato sulla scrivania con una ferita profonda alla nuca.
Poco più in là, sul tappeto pregiato color blu tenebra, c’era la probabile arma del delitto: il famoso posacenere da due chili, insanguinato.





Angolo Autrice:

Well, eccoci qui. Se siete arrivati fino alla fine, grazie di cuore, mi fate felice. 
Amo leggere le congetture, quindi fatemi sapere la vostra, risponderò a tutti con piacere.
Una specificazione "simpatica": Adam che lascia le fidanzate al compimento del venticinquesimo anno di età perché "Ad Hollywood funziona così" è un riferimento a Leonardo di Caprio, che si dice faccia la stessa cosa XD
Naturalmente non è una presa in giro, e magari sono solo cavolate di gossip, ma mi è venuto subito in mente e l'ho trovato adatto al personaggio di Adam. XD
E niente, Chuck me lo vedo come il Chuck di "Gossip Girl", perché a chi non piace? LOL.

Bene gente, per oggi è tutto, prossimo aggiornamento lunedì! :)
Ps: è la mia prima storia non rossa, sono commossa.

SwanXSong

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo Atto ***



Secondo Atto






Susan Sheppard aveva sempre pensato che gli autori di gialli esagerassero quando facevano sbraitare i personaggi in una maniera spaventosa con lo scopo di difendere loro stessi in seguito ad un delitto; invece, la sera di quel 24 dicembre, aveva appurato che corrispondeva alla realtà.
«Non sono stato io, mia moglie può testimoniare, era in camera con me! E ci è restata tutto il tempo!» iniziò James Solo, terrorizzato «Diglielo, Harper!»
La donna, scossa per la vista del corpo senza vita di suo padre, si portò una mano al cuore «I-io...» oltre a non trovare le parole, doveva ancora realizzare davvero che il suo vecchio non respirava più.
«Harper! Diglielo!»
«Io e Nate siamo in camera insieme, stessa cosa.» proseguì Chuck «Non osate accusarmi, non odiavo il vecchio a tal punto, anzi, è proprio grazie a lui se non faccio un tubo nella vita!»
Molto poetico.
«E’...è vero.» certificò Nathan, che ancora sorreggeva la segretaria Aisha «Abbiamo sistemato i nostri vestiti nell’armadio, non ci siamo allontanati dalla camera!»
«Incredibile come ognuno di loro pensi subito a crearsi un alibi, anziché essere dispiaciuto per la morte del vecchio.» sussurrò Susan a suo padre.
Steve annuì, guardando il corpo di Edmund con un certo dispiacere «Era una canaglia, ma era mio amico.»
«Mi spiace parecchio. Aveva tanti nemici, dovevamo immaginarlo. Peccato che non abbia potuto festeggiare il suo centesimo compleanno.» disse Price al suo fianco «C’era quasi.» guardò l’orologio: le otto e trenta di sera «Mancava solo qualche ora.»
«Non azzardatevi ad accusare me, bastardi!» gridava nel mentre Adam Windsor, il libertino «Lo so che sono odiato da tutti voi, ed è vero che ero in camera da solo, ma vi giuro...»
«Basta!» strillò Steve Sheppard a braccia spalancate «Che nessuno entri in questa stanza senza un mio preciso ordine.»
«Chi sei, un detective?» berciò Liam.
«No, è che gli piace proprio comandare.» rispose Susan «State calmi e cerchiamo di creare un po’ di ordine. Anzitutto, dato che tutti state affermando di non poter essere gli assassini perché vi trovavate in camera, chi vi ha detto che Edmund è stato ucciso a quell’ora?»
Calò un agghiacciare silenzio.
Corrugarono le fronti, ragionando.
«Bè, allora come facciamo a sapere quando è morto?» chiese Adam barcollando.
«Ci serve un medico legale, stupido!» questa Price proprio non riuscì a trattenerla, così si beccò tutte le occhiatacce da parte della famiglia.
«Io ed Adam non andiamo particolarmente d’accordo...» disse Liam «Ma resta mio fratello. Lei invece, signor Price, non vale nulla!»
«Sono suo genero, non so se se lo ricorda.»
«Papà, marito...» intervenne Odette, ancora una volta «Basta. Sentiamo il signor Sheppard, esperto marine, che dice.»
«Concordo con mia figlia.» rispose egli, passandosi una mano sulla fronte sudata, scosso dall’accaduto «Serve un patologo.»
«Signorina Aisha, potrebbe...» tentò Susan, ma la ragazza era ancora talmente sotto shock da non riuscire nemmeno a sentire lucidamente le frasi che le venivano dette.
«Chiamo Roger, il maggiordomo e colui che sta alla reception.» disse Nathan, staccandosi da Aisha dopo averle accarezzato dolcemente le spalle «Tu resta qui con gli altri, andrà tutto bene.»
«Roger ha il doppio ruolo?» domandò Steve giusto per curiosità.
Nathan annuì «Sì, è il tizio che ci ha accolti alla reception. Se non si occupa delle telefonate lui...gli dico di avvisare la polizia.»
«Ottimo. Un detective ci farà comodo oltre che un medico legale.» ribatté Steve portando le mani ai fianchi «Nel frattempo, noi...uhm…»
«Potrei azzardare un’ora della morte.» gli sussurrò Susan all’orecchio «Sai che questo potrei farlo.»
«Tesoro, non sei un medico.»
«Ma sto studiando per diventarlo! All’università ci prendono tutti in giro perché siamo tre donne, lascia almeno che dimostri il mio valore! E’ una delle basi stabilire l’ora della morte di una persona, si studia al primo anno! Non contaminerò nulla, lo prometto. Intanto possiamo farci un’idea di dov’eravamo in quel momento.»
Alla fine, Steve cedette «Va bene, entra solo tu.»
Lei saltellò come un coniglio, battendo le mani.
«Tutti voi indietro, per favore.» proseguì il marine con sguardo serio e minaccioso.
Quindi si misero a bisbigliare in corridoio.
«Non ci credo, è stato fatto fuori con il suo adorato posacenere!» ghignò Adam, portando una mano davanti alla bocca per non farsi sentire.
Nessuno sembrava così addolorato dalla morte di Edmund Windsor, forse un po’ Odette, che gli era più affezionata e sembrava sincera.
La moglie del defunto, Evelyn, fingeva di sventolarsi un foglietto di carta per non svenire, ma si capiva lontano un miglio che era una recita: sicuro stava pensando “Mai più compleanni, posso restare in Egitto in eterno!”
«Steve.» disse Price prendendolo da parte «La finestra è aperta. L’assassino potrebbe...»
«Sì, non serve un detective per capirlo.» annuì Sheppard «Ma c’è anche il dettaglio della porta da tenere in considerazione. Era perfettamente aperta. Quindi niente dilemma della stanza chiusa.»
Price alzò ambedue le sopracciglia «Ma che diavolo...»
«Mia figlia è così ossessionata dai gialli, che qualcosa ho imparato anche io. Il dilemma della stanza chiusa si ha quando è stato commesso un omicidio, ma sia la porta che la finestra sono chiuse dall’interno. Quindi non ci si interroga tanto sul come sia entrato l’assassino...ma sul come sia uscito.»
«Non è il nostro caso.» concordò Jonathan «Può essere uscito sia dalla porta che dalla finestra. La porta era chiusa, ma non a chiave.»
«Già.» Steve alzò il mento per indicare il cartello sulla porta «E ricordiamo che Edmund non amava essere disturbato quando lo annunciava esplicitamente, quindi poteva essere morto da ore e noi non essercene accorti, dato che nessuno osava entrare quando era affisso quell’avviso.»
Non sarà stato un detective, ma ci aveva preso alla grande. La voce di sua figlia, infatti, che giunse poco dopo, gli confermò «Io penso proprio sia morto tra le cinque e le sei di oggi pomeriggio.»
Jonathan Price la fissò sorpreso «Come fai a dirlo?»
«Mi baso sulla temperatura corporea.» rispose Susan «Poi c’è la rigidità cadaverica e la presenza di lividi sul corpo. E siamo fortunati: la stima del momento del decesso, effettuata in base alla diminuzione della temperatura corporea, fornisce risultati affidabili solo nelle prime 10-12 ore dopo la morte.»
«Quindi, in pratica, ci stai dicendo che è ancora caldo.»
«Adam, che schifo!» si disgustò sua sorella Harper «Che battuta di cattivo gusto! Quell’uomo è tuo padre!»
Egli scosse le spalle «Bè, se era così bravo, perché qualcuno l’ha ammazzato?»
Gli Windsor ripresero a litigare ed accusarsi tra loro, ma Susan, Steve e Price non li stavano ascoltando.
Il marine portò le mani ai fianchi, avanzando nella stanza senza toccare l’arma del delitto potenziale, il posacenere «Dalle cinque alle sei, hai detto.»
Susan annuì «Vedremo se il medico legale qualificato mi darà ragione.»
Steve ragionò «Perché non dalle cinque alle sette? Il tuo è un range molto ristretto.»
Susan scosse la testa negativamente «Sono le otto e mezza, papà. Se fosse morto solo un’ora e mezza fa, non avrebbe già questo aspetto.»
«Interessante dato. Noi siamo arrivati per le cinque e quaranta alla baita.» rammentò l’uomo «Sicura sicura che non si sfori oltre le sei?»
«Se ho sforato, tieni conto non più di dieci minuti, quindi massimo le sei e dieci, ma ne dubito.»
Price fece lo stesso ragionamento del suo amico «Ma se è così per certo...non può essere stato nessuno di noi! Eravamo in funivia e siamo arrivati qui, come ha detto Steve, per le cinque e quaranta. Ho controllato l’orologio, mi ricordo perché ero stanco e non vedevo l’ora di farmi un bagno rilassante. Come avremmo potuto uccidere Edmund in venti minuti?»
Susan scosse la testa «Ho visto uccidere in un tempo record, quindi è fattibile.»
Ma quando la guardarono allusivamente, si corresse «Ehm, intendevo, ho letto. Ho letto di omicidi avvenuti in dieci minuti.»
«Abbiamo fatto il check-in in quei dieci minuti.» le rammentò Price «Quando siamo saliti nelle camere saranno state altro che le sei! Nessuno di noi può essere stato, e prima neppure, eravamo in funivia. Ci siamo visti tutti con i nostri occhi.»
Steve confermò con un cenno di capo «Non ci credo, qualcosa non torna. Tutti quei ricconi odiavano Edmund.»
«Steve, non osare! Mia moglie ci era parecchio affezionata.»
«Sì, scusa, eccetto la tua Odette. E’ solo che punterei il dito su ciascuno di loro...com’è possibile sia stato un altro?»
«Io non credo alla teoria dell’uomo venuto da fuori nemmeno un po’.» aggiunse Susan, da vera “esperta” «Per me quel Chuck è stato il mandante, ha ingaggiato un sicario che...»
Quando Chuck, come una presenza, si girò verso di lei a fissarla, spalancò gli occhi e tossì «O forse lo sto accusando perché mi sa di dannatamente sospettabile.»
Meglio.
«Che mi dite del maggiordomo?» azzardò Price «E’ sempre il maggiordomo. E la segretaria, che ha urlato come una isterica? Se fosse stata una recita?»
Steve tornò in corridoio «Direi di smetterla con le supposizioni, non siamo detective. Aspettiamo quello vero. Nathan, eccoti di ritorno. Roger ha chiamato la polizia? Che dice?»
Il ragazzo sembrava in procinto di fare l’annuncio della vita, e per un attimo sua madre sbiancò, perché le sembrò il classico “Sono incinta” anche se sapeva che non era biologicamente possibile.
Nathan si schiarì la voce e disse «La funivia è bloccata per il maltempo. Evidentemente siamo stati gli ultimi a riuscire a salire. Doveva arrivare anche il pasticcere per consegnare la torta di compleanno del nonno all’ultimo, ma non riesce a salire.»
«Stai scherzando?» tuonò sua nonna Evelyn «Pappamolla, hanno paura di un po’ di neve! Siamo sempre saliti con la neve, tzè.»
«Fuori c’è una vera e propria bufera, potete constatarlo guardando dalle varie finestre.» Nathan inghiottì saliva «La polizia ha detto che ci raggiungerà domattina, se la neve si placherà.»
Harper portò due dita sulle tempie «Questo è un incubo. Che dovremmo fare, nel mentre?! Si può sapere?»
«Hanno detto di tenere il corpo al fresco, preferibilmente...» al ragazzo mancarono le parole «Nella dispensa frigorifera dei prosciutti.» non gli pareva vero di star pronunciando quelle parole «E di...» un colpo di tosse «Bè, se c’è qualche esperto, di dare una mano.» sollevò istintivamente lo sguardo su Susan «Mi pare di aver capito che studi medicina.»
Ella sospirò «Lo sapevo, io. Proprio come nei gialli.»
«Cosa, proprio come nei gialli?» domandò Odette, curiosa.
«La polizia che non riesce a raggiungere il luogo del delitto per un impedimento di forza maggiore...nessun detective a bordo...»
«In verità, solitamente ci sono detective a bordo.» corresse Price alzando l’indice.
«E va bene, questa te la do per buona. Allora noi abbiamo pure questa sfiga. C’è un detective sotto copertura tra voi?»
Guardarono Susan allibiti.
«Ma chi? Noi?»
«Lasciamo perdere.» un respiro più profondo degli altri «Qualche giovanotto può almeno togliersi quella giacca da damerino e portare il cadavere nella stanza dei prosciutti? Dio, non ci credo che l’ho detto davvero.»
Nathan, sempre pronto ad aiutare, si tirò su le maniche della camicia azzurrina «Certo. Fratello...»
Ma Chuck lo guardò con lo schifo negli occhi «Non ci penso nemmeno! Tolta la giacca, sotto resta una camicia Gucci!»
«Allora togli anche la camicia!» ironizzò il fratello, scuotendo negativamente la testa.
Chuck sbuffò. Ci provò a guardare gli altri nella speranza che qualcuno lo sostituisse in quel compito faticoso, ma siccome i maschi avevano tutti dai sessant’anni in su, eccetto Steve e Price, fu costretto a cedere «E va bene, dannazione, ma me lo ripagate questo vestiario!»
«E occhio a non calpestare il posacenere!» raccomandò Steve con un certo divertimento.
Nathan sorrise, Chuck fece una smorfia «Scusa, vecchio.» disse quando lui e il fratello sollevarono il corpo «Che disgusto, che odore! Ho bisogno del mio fazzoletto Versace, qualcuno prenda il mio fazzoletto Versace dal taschino della giacca!»
Naturalmente, nessuno lo stette a sentire, e naturalmente lui continuò a lamentarsi per tutto il tragitto.
Una volta che la scena del crimine fu spoglia del corpo, Steve si mise ad osservare davvero fuori dalla finestra: qualcosa gli fece intuire che la tempesta di neve non sarebbe cessata così facilmente.

Un altro classico dei gialli letti da Susan era la forte presenza di alcolici e fumo consumati dai protagonisti.
Anche in quel caso aveva potuto constatare quanto fosse vero.
Liam Windsor strinse la pipa tra i denti e se l’accese il secondo dopo con l’ausilio di un fiammifero.
Chuck Solo, traumatizzato dall’aver condotto il corpo di suo nonno fino alla stanza dei prosciutti, spalancò la pregiata vetrinetta dei liquori e se ne versò uno nel bicchiere, bevendo senza prendere fiato.
Per precauzione, erano tutti riuniti nella sala dove si sarebbe dovuto festeggiare il compleanno.
La bufera fuori dallo chalet perdurava, tanto che perfino Billy il tuttofare si era arreso e aveva smesso di spalare per evitare di essere sopraffatto dalla neve.
«Lui non soggiorna qui?» chiese Steve osservandolo da una delle ampie finestre della sala.
«Soggiorna nella catapecchia non molto distante da qui.» rispose Liam tra una boccata di fumo e l’altra «Ci sia arriva a piedi.»
Il marine annuì, le mani come al solito poggiate sui fianchi «Signorina Aisha, lei ha detto che è stato proprio Billy ad aver visto vivo il signor Windsor per ultimo.»
«Intende eccetto l’assassino?» controbatté la segretaria, torturandosi le mani dall’agitazione «Sì, nessuno è più entrato da quella porta dopo.»
Susan assottigliò lo sguardo «Non è la stessa cosa.»
Aisha la fissò «Come?»
«Sta affermando due cose diverse. Prima ha detto che Billy è stato l’ultimo ad averci parlato, ora sostiene che nessuno è più entrato dalla porta. Non è la stessa cosa. Come ne è certa?»
«Uhm, Maggie me l’ha detto. Sapete, ai sottoposti di un riccone piace spettegolare, debbo ammetterlo. Maggie era solita piazzarsi davanti la porta dello studio del signor Windsor, per vedere se qualcuno aveva davvero il coraggio di entrare nonostante il cartello. Era una specie di gioco, noi sappiamo divertirci con poco.»
«Chi è Maggie?»
«Una vecchia cameriera. Lavora qui da un sacco di anni.»
«L’ha fatto anche questa volta?» domandò Susan.
Aisha annuì «Sì.»
«Dunque l’assassino non può essere uscito da lì. Ne è assolutamente sicura? Non ha abbandonato la postazione neppure un secondo?»
«Sicura. L’ho già vista all’opera un sacco di volte, so come fa.»
«Sentiremo anche Maggie.» disse Steve «Non ci resta che la finestra. E dobbiamo anche interrogare Billy. Se è davvero l’ultimo che ha visto Edmund vivo...»
«Interrogare?» ancora una volta, Price sorrise «Steve, tu non sei un detective.»
«Quelli veri non arrivano...» lasciò la frase in sospeso lui «E poi hanno detto di dare una mano, no? Bene, sto dando una mano.»
«Papà ha ragione. Non per peccare di superbia, sono certa che ciascuno di voi abbia tantissime qualità...» poi Susan osservò la famiglia al completo e prese a tossicchiare «...nascoste...e che siate bravissimi a risolvere crimini, ma io e mio padre siamo gli unici esterni alla faccenda.»
«Cosa significa? Che automaticamente non potete avere ucciso quel mascalzone? Valgono anche gli amici!» berciò Liam, continuando a fumare.
«E’ vero. Potrei averlo ucciso anche io.» concordò Steve spalancando le braccia «Ma, esattamente come tutti voi, alle cinque passate stavo per salire in funivia e alle sei ero appena giunto in camera. Se non è un alibi questo...»
«Vero, nessuno di noi avrebbe mai avuto il tempo materiale per uccidere il bastardo.» disse Adam in tutta tranquillità.
«Comunque, stavo dicendo...» riprese Sheppard «Billy è stato l’ultimo a parlare con il signor Windsor?»
«Sì. Sono passata casualmente davanti la porta dello studio prima che Billy uscisse, e ho sentito Edmund ordinargli di venirvi a prendere alla funivia.» confermò Aisha.
«E Billy è uscito.»
«Sì. Mi sono nascosta perché non volevo che capisse che ho origliato parte della conversazione, ma l’ho visto con i miei occhi.»
«Che ore saranno state?»
La segretaria sollevò le spalle «Non so, le quattro e mezza circa, non ho guardato l’ora, ma siccome poi Billy è venuto a prendervi alla funivia...sì, direi su per giù quattro e mezza.»
Tutto combaciava alla perfezione.
«Edmund è morto dalle cinque alle sei.» disse Steve «Sempre che l’analisi di mia figlia sia...»
Lei, ferita nell’orgoglio, lo anticipò «E’ corretta!»
«D’accordo, d’accordo. Lei è sicura di aver sentito la voce di Edmund per le quattro e mezza? Proprio poco prima che Billy uscisse dalla stanza?»
«Al cento per cento, comandante Sheppard.»
«Mia figlia può avere ragione sul serio. Windsor è morto dalle cinque alle sei. Billy è uscito alle quattro e mezza, dopodiché Maggie si è piazzata davanti alla porta e non ha più visto nessuno entrare né uscire.»
«Ci resta la finestra.» disse Price incrociando le braccia al petto.
Più tranquilla, Harper chiese «Aspettate...quindi state scagionando davvero tutti noi?»
«Eravamo in funivia insieme, e quando siamo arrivati nelle camere erano le sei, se non oltre. A quel punto, Windsor era già morto.» collegò Steve.
«E’ stata la servitù!» accusò Liam con sdegno «Non c’è nessun altro qui, e rimangono loro. Conoscono alla perfezione ogni porta e finestra!»
Aisha portò la mano al cuore, offesa «Io non potrei mai! Cosa sta insinuando?»
«Lei dov’era tra le cinque e le sei?»
«Adesso si improvvisa lei, detective?» si difese la ragazza.
«Aisha.» Steve la guardò negli occhi, sincero «Risponda alla domanda.»
«Cosa? Signor Sheppard, non crederà che...»
«Ha un alibi?»
«Ma certo! Io…»
«Non guardi il signor Nathan, guardi me.»
Aisha inghiottì saliva, le mani le tremavano «Io...io...» ma non riusciva a parlare.
«E’ sbucata dal nulla quando Liam l’ha chiamata. Agitata, continuava a lisciarsi le pieghe del vestito.» disse Steve.
«Perché ero agitata per la cena! Per il compleanno! Non volevo che qualcosa andasse storto.»
«Quello è compito di chi serve a tavola, non di una segretaria.»
«Signor Sheppard, adesso mi fa paura.»
«Ci dica semplicemente dov’era, coraggio!» la mise sotto pressione lui, da bravo marine.
«Ho fatto un bagno nella vasca personale della signora Windsor, va bene?!» ammise, imbarazzata «Dopo che ho visto Billy uscire e prima che arrivasse Maggie, ho fatto un bagno nella vasca personale della signora. Avevo la chiave...le segretarie sono sempre amiche delle cameriere. Mi dispiace, signora Windsor, sono desolata.»
Evelyn si portò una mano al cuore e spalancò la bocca, indignata «Come hai osato, piccola stupida...»
«Nonna!» saltò su Nathan «Non ha fatto niente di male.»
«Sempre a difenderla, tu!»
Aisha annuì «Quando ho guardato l’ora e visto che la signora stava arrivando, sono uscita in tutta fretta. Desolata, davvero.»
«Testimoni? Era sola, immagino.» affermò Steve.
«Non c’è bisogno di testimoni.» disse Evelyn «Quando sono entrata nella mia camera, ho visto il bagno mezzo allagato. Pensavo ci fosse un guasto, ma ora ho capito. Questa stupida ha fatto talmente tanto di fretta da non riuscire a svuotare al meglio la vasca.»
Aisha confermò ancora «Mi dispiace.»
«Al contrario.» disse Steve «Ringrazi l’allagamento, le ha creato un alibi.»
«La signora è arrivata per prima all’hotel, per le cinque e mezza, quindi...ho fatto di fretta.»
«Non ha fatto niente di male.» la difese ancora Nathan «Vi prego, basta torturarla così.»
Steve lo ascoltò. Ancora una volta tutto filava alla perfezione. Gli orari, tutto...al centesimo. Allora cosa c’era che non quadrava? Cosa?
Possibile che fosse davvero giunto qualcuno da fuori ad assassinare il signor Windsor?
Di sicuro lo stavano pensando tutti, glielo lesse negli sguardi.
«La tempesta...» disse Odette, sconvolta ed immobile «E se l’assassino non fosse riuscito più a scendere?»
«Siamo saliti noi, lui ha ucciso prima che arrivassimo o nel mentre...» disse Price.
«Appunto. O nel mentre. E dopo di noi tutto si è bloccato.»
«Ma se fosse così...» Nathan si scambiò uno sguardo con suo padre, anch’egli preoccupato.
Significava solo una cosa.
«L’assassino è ancora qui.»







Angolo Autrice:

Gentili lettori appassionati di gialli, betrovati. Se siete arrivati fino a qui, grazie di cuore.
Come ho già detto, ho cercato di creare una storia che rispettasse tutti i canoni del giallo classico. Spero di esserci riuscita, perché questo è un genere che adoro sin da bambina! C'è sempre qualcosa di dannatamente affascinante nel cercare di risolvere un mistero.
Io ringrazio tutti voi, chi legge, chi recensisce, chi ha inserito o inserirà la storia tra le seguite, chi arriverà dopo.
Saluto inoltre le mie lettrici fidate.

Il terzo atto arriva venerdì! :)
Buona settimana a tutti!

SwanXSong


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo Atto ***



Terzo Atto






Steve si sporse dalla finestra incriminata che aveva nuovamente aperto, immergendosi nel nulla più assoluto: dava sul bosco adiacente, e ci mancava poco che un pino la inghiottisse; aveva di sicuro bisogno di una spuntatina.
«Terzo piano.» disse «E’ assurda, ma dobbiamo tenerla come ipotesi, in quanto possibile. I cornicioni sono in pietra, con un po’ d’attenzione si riesce a camminarci sopra.»
Sua figlia concordò «Certo, si rischia di venire accoppati dai pini, ma..sì, è fattibile scendere di qui, soprattutto per una persona agile e magari allenata grazie allo sport.»
«Questo ufficio dà anche sul retro dello chalet, quindi si può agire indisturbati. Dubito che ti veda qualcuno, a parte qualche eventuale orso.»
Richiusero insieme la finestra.
La bufera continuava imperterrita e l’ultima cosa che volevano era ritrovarsi bagnati fradici di neve per colpa del vento.
«Se c’erano delle impronte sulla neve, ormai sono state cancellate.» proseguì il marine, poggiando le mani sui fianchi. Poi focalizzò lo sguardo sulla figlia e chiese «Che suggerisci?»
Susan ragionò «Ho raccolto tutte le informazioni che abbiamo in questo taccuino.»
«Come i veri detective.»
«Non voglio sapere se sei ironico o maledettamente serio, ma ci servirà, credimi. Ci sono così tanti orari da ricordare…»
Steve si indicò una tempia con l’indice «Sono un marine, sono allenato. Ho tutto qui, nella mia testa. Non mi serve riportarlo su carta.»
«Ma davvero?» lo sfidò sua figlia «Allora riassumi.»
Sheppard incrociò le braccia al petto «Edmund Windsor è stato assassinato in questo ufficio, alla sua scrivania, con quel pesante posacenere. Un colpo secco alla testa, mortale. Secondo la tua analisi, ciò è avvenuto tra le cinque e le sei di oggi pomeriggio, 24 dicembre.»
Erano ormai le nove cinquanta di sera, cominciavano ad essere stanchi.
«La mia analisi è giusta.» s’impuntò ancora la ragazza «Ti pregherei di non dubitarne più.»
Steve quella volta lasciò correre, fidandosi «L’ultimo ad averlo visto vivo è stato Billy, il ragazzo balbuziente che si occupa un po’ di tutto, qui nell’hotel. Secondo la deposizione della segretaria Aisha, il ragazzo è uscito per le quattro e mezza da questo ufficio, dalla porta. Non credo che la signorina menta, soprattutto se sostiene di averlo visto con i propri occhi.»
«Billy è venuto a prenderci alle funivie, mentre fuori dalla porta si è piazzata la cameriera Maggie.» proseguì Susan.
Steve annuì «Noi siamo arrivati in hotel per le cinque e quaranta, mentre la signora Windsor, moglie di Edmund, che è arrivata per prima, alle cinque e ventisei. Non c’è molto stacco tra lei e noi.»
«Sì...è vero che avrà finito prima il check-in, dato che quando siamo arrivati non l’abbiamo incontrata, ma dubito che sia corsa ad ammazzare il marito in tempo record alla veneranda età di novantun’anni. E soprattutto che si sia calata dalla finestra. Inoltre, per aver confermato che il suo bagno era allagato per colpa della segretaria, credo abbia seguito le giuste tempistiche.»
Steve annuì «Sì, lo credo anche io.» il suo sguardo cadde sulla porta «Un momento. Miss Aisha ha detto che Maggie le ha rivelato di essersi piazzata davanti alla porta come sempre, ma non l’ha vista arrivare, le due non si sono incrociate.»
«Corretto, lei poi si è recata a fare il bagno.»
«Non dubito che Maggie si sia piazzata davanti alla porta, avremo modo di chiederglielo, mi domando però a che ora precisa sia arrivata. Perché se è arrivata dopo le sei...»
«L’assassino aveva già agito.» Susan sospirò pesantemente e portò indietro la testa «Ma se così fosse, se avesse agito proprio nell’attimo in cui la porta non era sorvegliata, torniamo al punto di partenza...l’assassino può essere uscito dalla porta.»
«Già, potrebbe essere stato così fortunato da beccare il momento in cui non era sorvegliata.»
«Ma, papà, quale assassino uscirebbe dalla porta, rischiando di essere visto? Non mi convince. Inoltre, se era al corrente, così come tutti qui, che i camerieri si mettono a origliare a destra e a manca, non sarebbe uscito dalla porta.»
«Vero anche questo.» Steve sospirò «Dobbiamo sentire Maggie e farci dire da lei esattamente a che ora si è piazzata davanti a quella porta.»
«Magari ha anche sentito qualcosa. Ci può essere sicuramente d’aiuto. Adesso è tardi, abbiamo lavorato sodo tutto il giorno e il mio cervello ha bisogno di spegnersi per qualche ora. E poi, sono certa che Edmund stia bene nella stanza dei prosciutti.»
«Concordo. Torniamo dagli altri e diciamo loro di riposare. Le indagini riprenderanno domattina, sempre che la polizia riesca a salire.»
Ma Susan, tant’è, fece ancora una deduzione «E se l’assassino fosse qualcuno che pensava di essere invitato dal vecchio e che, non avendo ricevuto alcun biglietto, ha deciso di vendicarsi?»
«Non male, questa. Non male!»
«Li hai affidati a Price, vero, quei mascalzoni?»
Steve sorrise «Non si sono mossi da quella sala, tranquilla.»
Effettivamente, era così. Quando tornarono, trovarono tutti piazzati nello stesso punto di dove l’avevano lasciati.
Adam era intento ad armeggiare con il giradischi, dal quale, poco dopo, cominciò ad uscire una rilassante melodia natalizia.
«Ma per favore!» tuonò suo fratello Liam, accendendo nuovamente la pipa «Ci manca quel coso!»
«Papà adorava questa musica, e lo sai! Adorava il Natale. Lo faccio per la sua memoria.»
«Ipocrita. Non ti è mai importato nulla di lui, e continua a non importarti!»
«Perché a te sì, vero? Il primogenito devoto!»
Colto che gli Windsor stavano nuovamente per litigare, Steve alzò gli occhi al cielo, esausto.
«Lo sai cosa penso? Penso che il grande annuncio che papà voleva farci riguardava proprio te, Liam!» proseguì Adam.
Gli sguardi di ciascun presente si focalizzarono proprio sul primogenito «Cosa intendi?»
«Intendo che, di sicuro, papà voleva metterti al corrente del fatto che sarai tu ad ereditare questo hotel una volta morto lui. Guarda un po’, è morto!»
«Non puoi accusarmi: ero in funivia con mia figlia, e quando sono salito in camera, sebbene solo, erano le sei passate.» Liam scrutò rapidamente ciascun ospite «Come per tutti, del resto. Solo mamma è arrivata per prima.»
E su quello, ormai, non ci pioveva.
«Bè...» disse Susan incrociando le braccia al petto «L’argomento “testamento” è di sicuro uno dei più utilizzati nei gialli e lei, signor Liam, è a tutti gli effetti il primogenito di Edmund.»
Suo padre Steve le sussurrò «Non avevi detto che dovevi far riposare il cervello?»
«Sì, vero, ora la smetto.»
Forse.
«Pensate fosse questo ciò che il vecchio voleva dirci?» domandò Harper, seduta nella poltrona accanto al camino «E’ probabile…tu che dici, mamma?»
«Che può essere, siccome io gli ho espressamente ricordato più volte quanto non volessi questo hotel sul groppone. Vi giuro, però, che non ho idea di che cosa Edmund volesse parlarci.» disse Evelyn.
«Per il testamento dovremo aspettare il notaio.» chiarì Steve, gettando poi un’occhiata fuori dalla finestra «Così come la polizia, se domani riuscirà ad arrivare.»
«Io ne dubito, signor Sheppard.» disse James Solo, sconsolato «Quindi dico di metterci tranquilli e mangiare qualcosa. Diamine, abbiamo saltato cena. Che dite?»
«Ma come puoi avere fame in un momento del genere?!» tuonò sua moglie «Un po’ di rispetto per tuo suocero!»
«Volevo bene ad Edmund! E non provate ad accusarmi, non ho fatto niente. Avere fame non significa niente.»
«Significa che non ha le budella sottosopra, signor Solo.» disse Price, bevendo del brandy «Ma non prova nient’altro, è vero.»
Preoccupato, Nathan esclamò «Papà è innocente, non fate strane insinuazioni.»
«E tutto a posto, figliolo.»
Steve assottigliò lo sguardo «Lei è arrivato in elicottero, non in funivia.»
«E allora? Mi sono riunito a voi dalle funivie, no?»
«Questo è vero.»
«Che pensate? Che mi sia calato dall’elicottero su quella finestra, abbia ammazzato mio suocero e poi abbia raggiunto voi?»
Steve sorrise «Lo escluderei.»
«Ah, menomale. Anche perché sono praticamente arrivato a tempo a voi.»
«Una vera fortuna, per lei, essersi unito a noi prima di entrare in hotel.» proseguì Steve «Ha un alibi.»
«Certo che ho un alibi, tzè. E poi, cosa avrei ricavato dalla morte di mio suocero? Niente. Semmai, i soldi vanno a mia moglie. Va bene che in quanto consorte...»
«Caro, cosa insinui?» si preoccupò Harper.
«Niente, non insinuo niente. Piantiamola di stare tutti sulla difensiva, abbiamo alibi indistruttibili, tutti noi. Tu, cara, non solo eri in funivia con i nostri figli, ma anche con i qui presenti pseudo-detective!» disse James indicando gli Sheppard «Quindi...sei la più fortunata tra tutti noi.»
Steve non poté che confermare «La è. Averla vista con i miei occhi per tutto il viaggio, salvo non abbia ingaggiato un’attrice che si sia spacciata per lei, le crea un alibi di ferro.»
Harper ne fu lieta.
«Non dobbiamo escludere la teoria sicario, ovvero qualcuno mandato materialmente ad uccidere il signor Windsor da uno di voi, e quella dell’estraneo che si è vendicato per qualcosa, forse perché non è stato invitato, e che forse si trova ancora qui. Per questo, per la vostra sicurezza, chiedo a tutti voi di chiudervi nelle vostre camere durante la notte, senza gironzolare per lo chalet.»
Intanto, la musica natalizia continuava ad espandersi nell’aria, riempiendo la sala. Annuirono.
Dalla porta si palesò Roger, che sorreggeva un vassoio pieno di tè e pasticcini «Perdonate l’incursione, ma ho pensato a quest’ora aveste fame.»
James Solo alzò gli occhi al cielo «Ah, che tu sia benedetto, Roger! Qualcuno con del sale in zucca, finalmente! Appoggia pure il vassoio sul tavolo, abbiamo saltato cena!»
Il maggiordomo venne avanti.
«Massì, tutto sommato si può mangiare.» fece Chuck affiancando suo padre «Bisogna smaltire l’alcol!»
Nathan si strofinò il collo con una mano «Avrei un certo languorino anche io.»
«Bè, già che Roger è stato così gentile da prepararci qualcosa...» considerò Odette.
Insomma, stavano tutti morendo di fame, alla faccia dello stomaco chiuso.
Susan e Steve erano allibiti. Il marine ne approfittò e domandò: «Roger, lei dov’era tra le cinque e le sei di oggi pomeriggio? Non è un interrogatorio, ma una semplice domanda di rito.»
«Io, bè...che domande...sempre alla reception!»
«Era lì già dalle cinque, quindi da prima che arrivassimo noi?»
«Ero lì dalle tre, signore.»
«E conferma che la signora Evelyn Windsor è arrivata per prima alle cinque e ventisei circa?»
«Certo! E’ stato un piacere per me rivederla.»
«Quindi ha visto anche Billy uscire dal portone principale verso le quattro e mezza.»
«Confermo anche questo, signor Sheppard. Poi siete arrivati voi.»
Steve annuì «E’ sufficiente, può andare.»
Il maggiordomo abbassò il capo in riverenza «Buona cena, signori.»
«Cena...» disse Chuck con la bocca già piena di pasticcini «Se questa si può chiamare “cena”. Questo è il dolce.»
«Meglio di niente, fratello.» disse Nathan dandogli una pacca sulla spalla.
«Signori, vorrei davvero aspettare la mezzanotte con voi per augurarvi Buon Natale, ma temo che il sonno me lo impedisca.» disse poi Steve «E anche a voi conviene salire su e chiudervi nelle camere. Non dovete per forza dormire, solo...state lì dentro.»
«Certo, comandante.» concordò Harper, alzandosi «Ha ragione.»
Adam fece una smorfia e spense il giradischi «Non ci si può neppure divertire.»
«Finite di cenare e salite su.» concluse Sheppard «Price, controlla che tutti si chiudano in camera. Puoi farmi questo favore?»
Egli annuì «Certo, Steve.»
«Tzé, inaudito. Adesso mio genero mi deve controllare.» ringhiò come al solito Liam.
«E’ per il suo bene, signor Windsor. Di Price mi fido.» disse Steve.
«Sono io che non mi fido.» si lasciò scappare quello.
Chuck afferrò bicchiere e bottiglia, stringendoli al petto con tutta l’intenzione di portarseli in camera «Buonanotte dolce Susan, fai sogni d’oro.»
La ragazza ricambiò con una smorfia «Se credi che in questo modo io non sospetti di te, ti sbagli di grosso.»
Ma lui non si tolse quel sorriso mascalzone dalle labbra.
Nathan respirò a fondo e guardò la sua adorata Aisha «Non so se riusciremo a dormire.»
Invece, chi presto chi tardi, ci riuscirono, tutti perfettamente consapevoli di non aver ucciso nessuno.

Il silenzio avvolgeva ogni angolo dello chalet, quella mattina di Natale.
Le luci dell’albero e degli addobbi scintillavano, creando un’atmosfera incantata. Fuori si percepiva ancora il soffio del vento che sibilava tra gli alberi, mentre la morbida neve che cadeva si accumulava.
Aisha, che si era svegliata presto, aveva osservato attraverso la finestra la neve che continuava a cadere in grossi fiocchi, formando una bianca coperta sul paesaggio circostante. Le gocce di neve si fondevano lentamente con il vetro.
La segretaria si era mossa verso la cucina per controllare che le cameriere fossero già a lavoro, notando l’invitante odore di caffè appena fatto che si diffondeva nell’aria.
L’aroma del pandoro e del panettone, con la loro glassa bianca e le scaglie di cioccolato, le fece venire l’acquolina in bocca.
Dalla cucina si era spostata in sala, per verificare se la sua amica Maggie avesse già apparecchiato tavola per gli ospiti.
«Aaaaaah!!»
Susan Sheppard spalancò gli occhi di scatto e, con un balzo, si mise a sedere sul letto; il cuore iniziava a martellarle nel petto. Quello era stato un urlo, ne era certa. Cercò le ciabatte per raggiungere suo padre, ma Steve la precedette.
Lo ritrovò dall’altra parte della porta comunicante, che aveva aperto «Tesoro, tutto bene?»
Ella annuì «Io sì. Tu?»
Anche Steve annuì «Proveniva dal piano terra. Sbrighiamoci.»
Mentre si vestiva in fretta, Susan continuava a ripetere come un mantra «Fa’ che non sia quello che penso, fa’ che non sia quello che penso!»
Chuck e Nathan, più lontani in linea d’aria dal salotto – dato che la loro stanza dava sulla parte opposta al piano superiore – sentirono l’urlo ad un volume più basso, ma lo sentirono comunque: era impossibile non farlo, neppure se si dormiva profondamente.
Chuck si tolse la mascherina che usava per il sonno e si tirò su, scompigliandosi i capelli castani «Mmh, cos’era? Ero riuscito ad addormentarmi, diavolaccio!»
Nathan lo sapeva benissimo cos’era «Aisha.» sussurrò, terrorizzato che potesse esserle accaduto qualcosa, che potesse essere stata aggredita «Muoviti! Subito! Scendiamo.»
«In pigiama?» si lamentò il fratello.
Il minore, che quando si trattava della sua segretaria preferita non capiva più nulla, prese la porta senza nemmeno più rispondergli.
Chuck afferrò l’orologio posto sul comodino «Le sette? È oltraggioso alzarsi alle sette, soprattutto la mattina di Natale!»
Poi, accertatosi che sì, nessuno gli avrebbe mai risposto, sbuffò e si diresse all’armadio, molto lentamente e sbadigliando «Indosserò la mia pregiata vestaglia rosso amaranto.»
Liam incrociò sua madre nel corridoio, perciò l’aiutò a scendere tenendola a braccetto «Vieni, mamma.»
«Quello era un urlo, era proprio un urlo!» disse lei, curiosa più che preoccupata.
Harper e James uscirono dalla loro camera a tempo ad Odette e Jonathan Price.
Le due coppie si scambiarono degli sguardi allusivi «Avete sentito?» chiese Odette stringendosi al braccio del marito.
«Eccome, ci ha svegliati entrambi!» confermò Harper.
Presero le scale a tempo.
Adam uscì quando si accertò che il corridoio fosse libero, per non beccarsi i suoi parenti già di prima mattina; avrebbero dovuto ringraziarlo che si era degnato di alzarsi, quando avrebbe potuto girarsi sull’altro fianco e continuare a dormire.
Fischiettando, si diresse alle scale.
Manco si trovassero in un film, giunsero tutti sulla soglia della porta, esattamente come la prima volta.
Cambiava stanza, ma il concetto era lo stesso. E, tristemente, anche ciò che c’era al proprio interno.
La prima cosa che videro, fu Aisha con le mani premute sulle labbra, di nuovo. Gli occhi spalancati, le ginocchia che le cedevano, tutto così identico alla scorsa volta, che a Price parve di essere caduto in un dejà vu.
Nathan, accorso al suo fianco, si assicurava che fosse incolume.
Steve e Susan si fecero largo tra i ricconi, fino a giungere alla verità: dentro la sala da pranzo, accanto all’albero di Natale splendidamente addobbato, stava una donna di una certa età sdraiata a pancia in giù.
Accanto al corpo giaceva un pezzo di legno, uno di quelli da aggiungere nel caminetto. Era insanguinato. Un colpo alla testa, letale.
«Mi faccia indovinare.» sospirò il marine «Lei è Maggie.»
Aisha scoppiò a piangere, poggiando la testa sul petto di Nathan, che l’accolse in un tenero abbraccio, appoggiando a sua volta il mento sulla nuca di lei.
Lei non rispose, ma gli Sheppard non avevano bisogno lo facesse.
«Maggie soffriva d’insonnia.» disse Evelyn Windsor «Una volta me l’ha raccontato. Quando si stufava di stare a letto, si alzava e veniva qui ad apparecchiare tavola, anticipatamente.»
Steve non perse tempo «Deve averlo fatto anche questa volta, per noi. Per accoglierci la mattina di Natale. Susan...»
La figlia colse all’istante, dirigendosi dal cadavere, analizzandolo «Stesso calore di Edmund...stessa rigidità...vuoi vedere che...»
«Cosa?» domandò Price, curioso «Susan, illuminaci!»
Lei alzò lo sguardo «Mi sembra incredibile dirlo, ma...temo l’ora della sua morte si aggiri tra le cinque e le sei.»
«Un’altra volta?!»
Ella annuì «Solo che questa volta si tratta delle cinque e le sei del mattino.»
Gli Windsor si scambiarono occhiate preoccupate. Chuck, infilando le mani nella vestaglia, sollevò lo sguardo su una delle finestre: continuava a nevicare.
«E’ stata messa a tacere.» disse Steve, sicuro «L’assassino sapeva che l’avremmo interrogata e ci ha anticipati. Diamine, avrei dovuto farlo ieri sera! Lei sapeva. Sapeva qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe rivelato di sicuro al primo interrogatorio.»
Susan respirò a fondo «Concordo.»
Adam Windsor cominciò ad avere strani presentimenti su quella vicenda.
In ogni caso, gli sembrò educato dirlo «Bè...buon Natale, branco di bastardi.»







Angolo Autrice:

Gentili lettori, buon venerdì :)
Se siete arrivati fino a qui, grazie di cuore. Dedico questo capitolo alle mie lettrici fidate, e ringrazio in particolar modo chi ha aggiunto la storia tra le seguite: controllo sempre e non mi dimentico di voi, anzi, mi fate felice. <3
Non vedo l'ora di leggere le vostre congetture!

A lunedì con il prossimo atto: ho deciso appositamente di nominare i capitoli come se fosse un'opera teatrale, credo che per questo tipo di storie ci stia bene.

Un saluto,

SwanXSong

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarto Atto ***



Quarto Atto






Aspen era sempre stata la numero uno tra le cittadine montane a festeggiare il Natale come si deve.
I bambini si divertivano sulla pista di pattinaggio, le famiglie consumavano lauti pranzi che finivano alle quattro di pomeriggio, i più pazzi ed avventurieri si dirigevano alla pista da sci come se fosse un qualunque giorno anziché il venticinque di dicembre.
Ma allo chalet degli Windsor il clima era differente. E allora Odette giunse alla conclusione che avrebbe preferito sorbirsi le critiche per il suo matrimonio con Price, piuttosto che essere accusata di omicidio. Duplice, per la precisione.
«Cosa stai insinuando, Adam?! Abbiamo appurato che nessuno di noi può essere l’assassino!»
«Questo prima di trovare la seconda sorpresa!» tuonò lui indicando il cadavere di Maggie «Che hai fatto questa notte, eh? Mentre noi dormivamo? E non provare a tirare in ballo tuo marito, è ovvio che dirà di essere stato con te!»
«Perché è stato con me, imbecille!»
«Fratello, non oserai accusare mia figlia!» intervenne Liam, come una iena «Suo marito, piuttosto...»
«Ah, rieccoci!» si lamentò Price, alzando gli occhi al cielo «Non ho intenzione di ascoltarla oltre, caro suocero.»
«Comunque, siamo tutti nuovamente sospettati!» aggiunse Adam «Questo volevo dire!»
«Il signor Windsor ha ragione.» disse Steve incrociando le braccia al petto «Avete un alibi per il primo omicidio, nonostante possiate esserne i mandanti, ma non per questa notte.»
«E lei, allora? Stessa cosa.»
«Mia figlia può testimoniare, ed io posso testimoniare per lei, abbiamo le camere comunicanti.»
«Cosa vuol dire? Se uno dorme, dorme. Lei potrebbe non aver sentito sua figlia sgattaiolare fuori dalla propria camera, né potrebbe averla sentita rientrare!»
Susan rise a quell’accusa di Adam «Oh certo, perché io ho un vero interesse nell’ammazzare un vecchio riccone che non avevo mai visto prima di ieri e una sua cameriera! Wow.»
«Lei legge tanto i gialli. Sappia che anche l’investigatore, o chi si improvvisa tale, può essere l’assassino!»
«No, invece no.» lo corresse la ragazza «E poi, non avrebbe molto senso fare le indagini, se fossi stata io, non crede?»
«Certo che lo avrebbe! Depisterebbe le indagini, sballerebbe tutto apposta, si inventerebbe orari che non corrispondono alla realtà!»
«Signor Windsor...» disse in tutta tranquillità Susan «Le due vittime sono morte tra le cinque e le sei, uno di sera e l’altra di mattina. Non mi sto inventando nulla. Aspettiamo il medico legale per…»
Dalla porta si palesò Roger, il quale li guardò mortificato: «Signori...ecco...»
«Sta per dire che tutto è ancora bloccato e che la polizia non ci raggiungerà neppure oggi.» sospirò Nathan, scommettendoci tutta la sua fortuna.
«E’ proprio così, signorino. La bufera non accenna a smettere. Billy si è rimesso a spalare, nella speranza di creare almeno un percorso qui fuori. Ma non si può né scendere né salire. Mi dispiace.»
«Come stiamo a provviste?» domandò Harper.
«Ce ne sono a sufficienza per tutti per almeno quindici giorni.» tranquillizzò il maggiordomo «Il signor Windsor amava fare le cose in grande, lo sapete.»
«Grazie a Dio!»
«Ho un’idea. Contattiamo la polizia per telefono. Parlerò con il medico legale e cercherò di seguire le sue istruzioni.» propose Susan «E’ sempre meglio di niente, nonostante non sia dal vivo. Speriamo di capirci.»
«Desolato, signorina, ma le linee telefoniche sono interrotte.» disse ancora Roger.
«Ma tu guarda, abbiamo tante sorprese, questa mattina.» controbatté Chuck, scuotendo la testa in disapprovazione.
Gli Sheppard si scambiarono uno sguardo, poi lo puntarono sul maggiore Price «Per colpa della neve?» domandò quest’ultimo.
«Sì. Me ne sono accorto quando mi sono recato alla reception, alle sei circa. Ho provato a mettermi in contatto con il mondo esterno per delle novità. Sono riuscito a sentire l’ispettore, che mi ha detto che è ancora tutto bloccato, poi la linea si è interrotta.»
«Dannazione.» imprecò Steve, spalmandosi una mano sulla fronte «Alle sei, hai detto?»
«Sì, signore.»
«Ancora una volta per un pelo.» disse Sheppard «Dalle cinque alle sei.»
«Se non è fatto apposta, crederò ufficialmente nel destino.» ironizzò sua figlia «Ho controllato le due armi del delitto, a proposito, non ci sono impronte. In nessuna delle due.»
«Chissà perché lo immaginavo.» la schernì Adam.
«Lei che fa tanto il furbo e attacca tutti, se non sbaglio è in camera da solo...»
«Che cosa vuole insinuare?!»
«Supponiamo che la teoria su cosa dovesse comunicare il vecchio Edmund al compleanno sia vera. Ad ereditare l’hotel sarebbe suo fratello maggiore Liam. E’ per caso geloso?»
«Questa si chiama “follia”!»
Susan lo guardò dritto negli occhi, facendo divertire Chuck, che la guardò con ammirazione «Questo si chiama “movente”.» corresse.
Indignato, Adam la indicò «Fate tacere questa ragazzina!»
Ma tutti restarono in silenzio.
«Cosa?» disse l’uomo, allibito e sudato «Non penserete che...»
«Ha ragione. Vuoi l’hotel tutto per te, Adam?» lo accusò Harper «Potresti portarci le tue innumerevoli fidanzate e pavoneggiarti di essere il proprietario del famoso Windsor Chalet!»
«Questo è assurdo. Non voglio l’hotel! Inoltre, vedete una ragazza al mio fianco, quest’anno?»
«Strano tu ti sia risparmiato. Ne hai portata una ogni anno. Magari quest’anno ti sarebbe stata tra i piedi mentre attuavi un certo delitto, ecco perché non l’hai portata.» accusò Liam.
«Ed ecco perché io odio tutti voi!» tuonò il libertino «Siete solo un branco di bastardi, egocentrici, egoisti...»
«Basta.» disse Steve portando le mani dietro la schiena «Basta così. Ci sono stati due omicidi in poche ore, tutti e due riconducibili allo stesso assassino. Questa follia deve cessare. Ecco cosa accadrà. Dopo colazione, mi seguirete in una sala a parte che Roger mi indicherà, una sala adatta agli interrogatori.»
Roger fu lieto di aiutare «C’è la piccola biblioteca, un ambiente comodo, caldo e...»
«Andrà benissimo.»
«Lei è pazzo! Non è un detective, Sheppard!» strillò ancora Adam.
«Ma sono il più distaccato dalla faccenda, e con me mia figlia. Pertanto, sono l’unico che può fare luce su questo mistero che, ne sono ormai convinto, ruota tutto intorno all’eredità di Edmund.»
Chuck non aveva paura di essere interrogato, piuttosto di dover nuovamente…
«Non c’è da spostare anche questo cadavere nella stanza dei prosciutti, vero?»
Conosceva già la risposta.

Le pareti della biblioteca erano rivestite in legno rustico, con un camino ardente che riscaldava l’ambiente, già di suo caldo ed invitante.
C’erano scaffali pieni di libri, che sfoggiavano titoli classici, opere di narrativa natalizia e storie ambientate nelle fredde foreste innevate.
Un grande divano era posizionato proprio di fronte al camino; una coperta morbida ed invitante era accatastata su uno dei braccioli. Alcuni cuscini lo adornavano, offrendo un comodo sostegno per la lettura.
Una piccola scrivania era posta vicino alla finestra, che mostrava una splendida vista sulla distesa bianca della neve e sulle maestose montagne circostanti.
Era il luogo perfetto per coloro che amavano scrivere o disegnare, lasciandosi ispirare dalla bellezza del paesaggio invernale.
Ma quel giorno, quella mattina di Natale, la biblioteca aveva un altro, preciso scopo.
Susan estrasse il suo prezioso taccuino dalla tasca dei pantaloni, mentre Steve – come al solito – andava a memoria.
«Signora Evelyn, grazie per essere qui ed aver accettato l’interrogatorio, sebbene, non essendo io detective, non abbia alcuna valenza legale.»
La novantenne alzò un sopracciglio nel ricambiare lo sguardo di Sheppard «Avevo altra scelta, forse? E poi, se anche fosse legale, non m’importerebbe.» spostò lo sguardo sul fuoco scoppiettante «Non ho niente da nascondere, quindi procediamo.»
«Bene.» Steve si schiarì la gola «Può dirmi come lei ed Edmund vi siete conosciuti?»
Evelyn, persa nei ricordi e nel fascino delle fiamme che danzavano dentro il camino, sorrise «E’ stato tanto, tanto tempo fa. Eravamo entrambi così giovani...io soprattutto. Grandi sciatori tutti e due. E’ sulle piste da sci che ci siamo incontrati...io sono caduta, lui è venuto a soccorrermi. Una cosa tira l’altra, e dopo qualche ora eravamo già a bere qualcosa di caldo insieme. All’epoca lui era diverso...meno cinico, meno crudele. Per questo, dentro di me ero sempre combattuta: lo odiavo, ma, allo stesso tempo, non potevo non amarlo.»
Quella storia mise talmente tanta nostalgia agli Sheppard, che non sospettarono neppure un secondo che la signora stesse mentendo.
«Ha un’ottima memoria!» constatò Susan.
Evelyn le sorrise «Non è vero. Faccio fatica a ricordare gli avvenimenti più recenti, quale pasticcino ho preso ieri sera, ma ricordo alla perfezione quelli di anni ed anni fa.»
«Meglio per noi.» Steve le sorrise di rimando «Quando ha conosciuto Edmund, lui era ancora un maggiore, vero? Come Price.»
«Sì. E’ diventato proprietario dell’hotel dopo parecchi anni di matrimonio. Ci siamo sposati giovani.»
«Lei sostiene di non aver mai voluto diventare sua socia.» aggiunse Susan, prendendo appunti.
«E’ vero, e credo che dal mio atteggiamento si capisca. Mi piace viaggiare, non voglio grane di amministrazione.»
«Veniamo a questo punto. I viaggi.» disse Steve «Non vedeva Edmund da mesi, corretto?»
«Corretto. Come ho detto, odio e amore. Ultimamente c’eravamo un po’ separati...ma come biasimarci? Dopo anni ed anni di matrimonio, si stuferebbe anche il più santo.»
Gli Sheppard sorrisero. Magari Evelyn era l’assassina o la mandante, ma aveva una splendida personalità.
«Se pensate che a novant’anni suonati io riesca ad elaborare un delitto, siete i più folli che abbia mai incontrato.»
No, non lo pensavano, ma volevano conoscere la storia dei due grandi Windsor.
«Ha dormito tutta la notte, signora Windsor?» chiese Susan.
Ella ricambiò con una smorfia «Assolutamente no! A novant’anni, tzè. Mi capita di fare sonnellini durante il giorno, ecco perché la notte non la faccio mai filata.»
«E che cos’ha fatto?»
«Mi sono messa a fare l’uncinetto, piazzata davanti alla finestra. Adoro vedere la neve cadere. A discapito di quello che pensano tutti, non è un pericolo. È favolosa. Le farei funzionare io, quelle funivie, se solo non avessi bisogno del bastone da appoggio!»
Gli Sheppard sorrisero «E’ una vera avventuriera!»
«Puoi dirlo forte, giovanotto.»
«E non ha sentito nulla? Tra le cinque e le sei?» chiese Susan.
«Ovvio che no. Era proprio l’ora in cui mi sono addormentata! Poi mi sono svegliata alle sette, all’urlo della segretaria.»
Quella sì che era una vera sfortuna.
«In ogni caso, non vedo come una novantenne potrebbe spaccare i crani della gente con posaceneri e pezzi di legna.»
Steve e Susan si scambiarono uno sguardo complice «D’accordo, può andare a riposare, se vuole. Ci può chiamare i suoi tre figli, per favore? E’ importante che ci siano tutti e tre.»
Evelyn corrugò la fronte «A tempo? Perché a tempo?»
Steve sorrise a denti stretti «Mia figlia dice che nei gialli fanno così, che è utile per vedere le reazioni di tutti alle accuse degli altri o mie.»
«Bè, allora...ve li chiamo.»
«Molto gentile, grazie.»

Liam Windsor fece per accendersi l’ennesima pipa, ma Steve Sheppard quella volta lo bloccò «Presti attenzione a me, prego.»
«Accidenti, lei è proprio un comandante.» bisbigliò Adam, anche se in realtà lo sentirono tutti. Dunque accavallò le gambe e portò le dita sopra un ginocchio, in attesa «Originale questa tattica di convocarci tutti e tre insieme.»
«Temo dovrà farsela andare bene, signor Windsor.» disse Susan in aiuto di suo padre, già pronta scrivere.
L’uomo focalizzò allora lo sguardo su di lei «Tanto lo so cosa state per dirmi. Ciò che è già uscito fuori in sala, prima. Che sono geloso di mio fratello e ho ucciso il vecchio perché, molto probabilmente, aveva deciso di passare la proprietà dell’hotel a lui, una volta morto.»
Susan non cambiò idea «Ed è così?»
«No, no, e per la miliardesima volta, no!» si difese Adam «Poi scusate, ma quale senso avrebbe? Sospetto che mio padre lasci l’hotel a Liam e lo ammazzo? Sarei un genio, così la proprietà passa subito a lui!»
Susan e Steve sospirarono, quest’ultimo rispose «Sfortunatamente, su questo punto ha ragione.»
Adam piegò il collo verso destra «Ha! Lieto di sentirvelo dire. Certo che ho ragione, comunque. E lei, signorina, se vuole essere davvero una brava detective, dovrebbe smetterla di andare a simpatie ed antipatie.»
«Ha ragione anche su questo.» considerò il marine.
«Papà!»
«E’ vero. Ti fai condizionare dal carattere dei sospettati, e non va bene. Devi essere esterna e distaccata da tutto.»
Susan si morse l’interno delle labbra «Lo so, me ne rendo conto.»
«Veniamo ad un argomento che non è stato ancora approfondito, signor Windsor.» proseguì Steve, sistemandosi meglio sul divano «La sua fama di libertino.»
Sorpreso, Adam chiese «Perché, cosa c’è da approfondire? Non è abbastanza ovvio?»
«Per esempio, perché sente la necessità di cambiare fidanzata come cambia la biancheria intima, preferibilmente al di sotto dei venticinque anni?»
Egli scosse le spalle «Seguo la moda del cinema.»
«Lei è un uomo molto avvenente, di sicuro porta da Dio i suoi sessant’anni suonati, questo non lo metto in dubbio. Capisco quindi perché le ragazze gli caschino ai piedi, anche se penso che il motivo principale sia il denaro. Sbaglio?»
A rispondere fu Harper «No, signor Sheppard, non sbaglia.»
Nessuno avrebbe negato la somiglianza tra Adam e Brad Pitt, se solo Brad Pitt fosse già nato.
«Bè? Questa che razza di accusa sarebbe?» disse Adam passandosi una mano nei capelli lisci e profumati «Non posso attirare a me le donne grazie ai miei soldi? Già che son nato ricco, ne approfitto...»
Susan e Steve lo guardarono con entrambe le sopracciglia alzate, completamente allibiti.
«La ruota della fortuna gira a suo favore, quest’oggi, signor Windsor.» disse il marine «Sembra che non gli si possa contestare davvero nulla.»
«Per forza, sono bravissimo a ribattere. Potevo fare l’avvocato.»
E invece aveva preferito la materia del “non fare un cacchio”.
«Perché non ha portato nessuna ragazza quest’anno?»
«Ho lasciato Catherine un mese fa...aveva appena compiuto venticinque anni. Voi capirete, per quanto le donne mi caschino ai piedi, un mese è davvero troppo poco...»
Sempre più allibiti.
«Agenti, possiamo finire questo strazio, per favore?» intervenne Liam «Questo idiota di mio fratello non sarebbe mai in grado di uccidere nessuno.» disse, squadrandolo come se fosse un mentecatto.
«Non siamo agenti.» rammentò Susan tra un sospiro e l’altro, ma naturalmente non venne ascoltata.
«Lei invece sì?»
Quella domanda di Steve, posta così a bruciapelo, fece rabbrividire Liam «Come?»
Susan sorrise, soddisfatta. Adorava essere una Sheppard, altro che Windsor!
«Poniamo che lei sia davvero l’eletto, il futuro proprietario dello chalet, secondo volontà di suo padre. Se prendiamo questo dettaglio dal punto di vista sottolineato da Adam, lei avrà desiderato con tutto se stesso la morte di suo padre, così da ereditare il prima possibile. Del resto, lui sembrava godere di ottima salute, avrebbe festeggiato sicuro i suoi cent’anni, non fosse stato assassinato...»
«Magari anche centouno.» disse Susan, torturando la penna con i denti «Ci scommetto.»
«Baggianate!» si indignò il primogenito «Come potete credere una cosa del genere?»
«Non credo, suppongo.» precisò Steve.
«Lei è un...»
«Argomenti. Coraggio. Non sarà così difficile, no? C’è riuscito perfino suo fratello.»
Adam lo sfidò con lo sguardo, contento di quel complimento.
Liam prese un ampio respiro. Aveva un disperato bisogno di fumo, stava andando in astinenza «Io non sapevo se davvero il vecchio voleva parlare del testamento a cena.»
«Supponiamolo.»
«D’accordo, d’accordo! Non nego che sarei stato felicissimo. Amo questo hotel, e l’idea di possederlo mi fa sentire potente, vivo! Lo ammetto, contenti?»
«E’ stato onesto.» riprese Steve, mentre Susan scriveva.
«Questo hotel è sempre appartenuto agli Windsor. La sua proprietà è stata tramandata di generazione in generazione. In quanto primogenito, certo che bramo questo hotel! E sa che le dico? Che spero vivamente sia così, e che in quel testamento ci sia il mio nome collegato a questo posto.»
Ci fu una pausa.
«Lo sa che questo è un movente? E bello grosso, anche. Edmund non moriva mai, e lei era stufo di festeggiare compleanni che sembravano infiniti! Ogni anno la stessa storia: desiderava ardentemente la luce in fondo al tunnel, ma questa non arrivava mai. L’ha consumata, è andato fuori di testa e ha pensato bene di mettere lei la parola Fine a questa storia!»
«No!» Liam ebbe uno scatto e si alzò improvvisamente «No!»
«Ha settant’anni, è stufo di aspettare. Deve desiderare di comandare questo chalet da quanto è nato.»
«Io...»
«Che cos’ha fatto questa notte, signor Windsor?» chiese Steve.
«Ho dormito tutta la notte come un ghiro.»
«Ne è sicuro?»
«Nessuno può testimoniare, ma non mi importa. Di certo non ero in sala tra le cinque e le sei.»
«Lei ha in mente cosa la cameriera Maggie avrebbe potuto sapere? Di sicuro qualcosa di importante, se l’è costato la vita.»
«Non ne ho idea.»
Ma Steve, esattamente come un bravo detective, non lo lasciava respirare un secondo, ponendo domande a raffica con il solo scopo di metterlo in difficoltà «A Maggie piaceva piazzarsi davanti la porta dello studio di suo padre. Magari ha origliato una conversazione scomoda...»
«Cosa ne so, ero con voi in funivia, quante volte devo dirvelo?!»
«Ma ha i soldi per assoldare un assassino. Ha lasciato che un terzo si occupasse di suo padre, mentre questa notte ha agito direttamente!»
«Questa è follia! E dove sarebbe questo terzo? Ancora qui? Deve nascondersi proprio bene.»
«Lei è nella situazione peggiore, per ora, signor Windsor.»
«E’ inaudito! Chi è lei per giudicare?!»
Steve sostenne perfettamente lo sguardo «Quello che dà la mano alla polizia, come dalla stessa richiesto.»
Le acque si calmarono per qualche secondo.
«Per ora è sufficiente. Signora Harper, passiamo a lei.»
Lei sorrise sorniona «Signor Sheppard...ci siamo conosciuti in funivia, non vorrà azzardare che...»
«Non le interessano gli affari dello chalet, proprio come sua madre. Corretto?»
«Facciamo un cinquanta e cinquanta. Non voglio grane, ma se il dovere dovesse chiamare...»
«Pensa che su quel testamento, nel punto dell’hotel, ci sia scritto il suo nome?»
«Io non penso niente, signor Sheppard. Spero, però, che mio padre mi abbia lasciato qualcosa, anche in contanti. Questo sì.»
«Maggie lavorava per suo padre da tanti anni...»
«E’ stata una delle prime, sì.»
«Ha idea di quale segreto potesse conoscere?»
«No, signor Sheppard. E, in tutta onestà, mio padre ne aveva così tanti, che non mi sorprendo nemmeno che una cameriera ne sia venuta a conoscenza.»
E, sempre in tutta onestà, Steve trovava Harper la più sensata di tutti, lì dentro.
Perciò si limitò a chiedere «Ha riposato tutta la notte?»
Harper si sporse verso di lui e gli sorrise «Come una bambina. Chieda a mio marito.»

«Ho il sonno leggero.» disse per l’appunto James «Ogni volta che mia moglie si alza per andare in bagno, io mi sveglio. Questa notte non si è mossa.» certificò.
«E lei?»
«Io? Mi sono messo a leggere.»
«Era sveglio tra le cinque e le sei?»
«Sì.»
Susan e Steve spalancarono gli occhi, non credendo alle proprie orecchie «Come?!»
«Sì, ero sveglio. Ma non ho sentito nulla, ve lo garantisco. Eccetto la bufera fuori.»
«Deve aver coperto la botta in testa.» considerò Susan «Lei ha la camera accanto a quella dei suoi figli, vero?»
«Sì, dall’altra parte della sala in linea d’aria.»
«Come pensavo. Se vieni sorpreso di spalle da un pezzo di legna, dubito tu abbia il tempo di metterti ad urlare. Non te ne accorgi nemmeno. Un secondo e, bam, sei secco.»
«Molto poetica, Susan.» la prese in giro Chuck, accomodato accanto al fratello.
Lei, quella volta, non lo degnò di uno sguardo «Sto interrogando tuo padre, non te. Aspetta il tuo turno.»
Ma lui continuò a ridersela. Assottigliando lo sguardo, commentò «Ho sempre amato le ragazze impetuose.»
Lei fece finta di non sentirlo.
«Sì, non è paragonabile ad un colpo di pistola.» disse Steve dopo aver gettato un’occhiataccia proprio a Chuck. Che non si scompose, per la cronaca.
«Signor Solo, non deve essere stato facile per lei entrare in questo covo di serpenti.» proseguì poi il marine, rivolto a James.
«Lo ammetto. Difatti, capisco il suo amico, il maggiore Price, alla perfezione. Ma io ormai sono vecchio, ci ho fatto l’abitudine.»
«Dunque potrebbe aver agito, se non per rabbia, per i soldi.»
«Agito?» intervenne Nathan, preoccupato «Ma cosa insinua? Mio padre è un brav’uomo!»
«E’ tutto a posto, figliolo. So rispondere per mio conto.» disse James sostenendo alla perfezione lo sguardo del marine «Lei pensa che volessi arricchirmi tramite mia moglie.»
«Come ha fatto fino ad ora, per altro.»
«Si sbaglia. Io sono un lavoratore, insegno archeologia al Manhattan College di New York.»
Gli Sheppard si guardarono sorpresi «Non l’ha mai tirato fuori, prima!»
«Perché avrei dovuto? Già non vi fate gli affari vostri, se ancora vi davo una mano spiattellando la mia vita privata...»
«Quindi percepisce uno stipendio fisso.»
«E avrò la mia pensione. Ovvio che mia moglie ha più soldi di me e che senza di lei non farei questa vita agiata, ma non ho bisogno di uccidere un vecchio per mantenermi!»
Nathan lo guardò con fierezza.
«Quindi lei non ha mai patito il fatto di non essere un Windsor.»
«Che dice? Ovvio che no. Anzi, sono fiero del mio cognome! Mio padre era un grande uomo.»
Steve focalizzò allora lo sguardo su Chuck «Al contrario di suo figlio.»
«Cosa?» controbatté questi, confuso «Che intende?»
«Sua cugina Odette è una Windsor, quasi tutti qui sono Windsor, è un marchio di fabbrica, ma lei è un Solo, ahimé
«E ne vado fiero, proprio come mio padre!» tuonò Chuck.
Ma lo sguardo di Steve era impassibile «No, non è vero.»
«Come osa?!»
«Lei si atteggia da damerino esperto di moda, vuole incarnare alla perfezione lo spirito di un Windsor, un riccone che non ha bisogno di lavorare nella vita perché di soldi ne ha da vendere agli altri.» disse Steve «Eppure non porta quel cognome. Ci patisce, è evidente, glielo leggo nello sguardo. Ho avuto modo di osservarla in queste ore, signorino Chuck, e le assicuro che noi marines siamo bravi a studiare le persone.»
Chuck scosse la testa negativamente «Adesso è anche psicologo! Gradirei vedere le sue molteplici lauree, signor Sheppard.»
«Sono solo un acuto osservatore.» non si scompose lui.
James Solo era sconvolto «Figliolo...è così?»
«No! Questo marine vuole solo farmi cedere per farmi confessare qualcosa che non ho fatto!»
«Bè, lei potrebbe aver agito per rabbia. Magari voleva che suo nonno lasciasse l’hotel a lei, lui si è rifiutato, e...»
«Mi spiace deluderla, detective improvvisato.» si intromise Nathan «Ma quello sarei piuttosto io.» ammise.
«Come?» Steve era davvero sorpreso «Lei? Mi sembra il più bravo, qui dentro!»
Nathan abbassò lo sguardo e cominciò a torturarsi le mani in maniera nervosa; erano sudate: «Ecco...sì. Ammetto che vorrei tanto portare avanti questo hotel, la tradizione di famiglia. Voglio rendermi utile, fare qualcosa nella mia vita che non sia viaggiare. Mi piace trattare di affari, mi sento portato. Odette lo sa.»
«Lei è l’ultimo che avrebbe diritto all’hotel, se si seguisse la linea di sangue.»
«E’ così, sono il più piccolo.»
Susan fissò suo padre, preoccupata che potesse dichiararlo un “movente” più che valido: le spiaceva, Nathan le sembrava una così brava persona...ma forse suo padre aveva ragione, doveva prendere la questione con più distacco, senza andare a simpatie.
«Non ho ucciso mio nonno, non lo odiavo come tanti altri in famiglia. E di certo non ho ucciso Maggie.» giurò Nathan.
«Ah, sì?» Steve assottigliò lo sguardo «Lei è corso la prima volta insieme alla signorina Aisha Lopez sul luogo del delitto, offrendosi spontaneamente di accompagnarla.» rammentò «E la seconda, l’ha raggiunta seduta stante. Le due scene sono parse a tutti quasi identiche.»
«Per sostenerla!» si difese il giovane «Io...non avrei mai potuto uccidere il nonno, io...non sono un assassino, non farei del male nemmeno ad una mosca!»
Chuck annuì «Vero, le ammazzo sempre io, quelle stronze
Steve sospirò «Lei è innamorato della signorina Lopez, è così?»
Nathan scosse la testa e si strofinò le guance con le mani, esausto.
Sia suo padre che suo fratello erano in attesa, ma lui non se la sentiva di negare qualcosa che era palese agli occhi di tutti «Sì. Sì, va bene? È contento, adesso? Sono follemente innamorato di lei. Cosa le cambia ai fini del caso? Si sente meglio?»
Steve fece un mezzo sorriso «Cambia, perché credo che lei dica la verità.»
«Ma cosa...sta delirando, adesso?»
«Lei potrebbe essersi offerto apposta di correre in aiuto di Aisha così da risultare maggiormente insospettabile. Chi si aspetterebbe che l’assassino sia il primo a correre dalla vittima? Però si vede che è un ragazzo innamorato, quindi le credo.»
Chuck non riuscì a trattenere una smorfietta «La segretaria? Sei matto? Non è alla tua altezza!»
«Oh, piantala con queste cazzate, fratello! Quando fai così, sei insopportabile.» sbuffò Nathan.
Ma egli rimase per la sua strada «Io non sposerei mai una povera.»
«Nate...» disse poi suo padre James «Non hai fatto niente di male, vero?»
«No, papà. Te lo giuro. Mi hai cresciuto, sai che non ne sarei mai capace.»
James non ebbe alcun dubbio.
«Voi due siete in camera insieme.» rammentò Steve «Immagino possiate testimoniare l’uno per l’altro.»
Chuck e Nate annuirono «Bè, certo...non ci siamo mossi da lì per tutta la notte, l’urlo di Aisha ci ha svegliato.» confermò Nathan.
Dopo un sospiro, Steve controbatté «Potete andare.»

Prima che entrassero i prossimi interrogati, Steve guardò la figlia e domandò «Pensi che Chuck sia in grado di uccidere qualcuno?»
La ragazza si focalizzò sulla porta dove poco prima Chuck era uscito: «No.» rispose dopo un’attenta riflessione «E’ solo uno spaccone che vuole stare sotto i riflettori. Non lo vedo come un potenziale assassino.»
Steve annuì, e nello stesso istante in biblioteca si palesarono Odette e Jonathan.
«Io non capisco.» disse il maggiore, dandosi una rapida occhiata intorno «Sono un sospettato, adesso?»
«Purtroppo è la procedura, ti chiedo di perdonarmi. Non posso fare favoritismi.»
«Ma sono un tuo caro amico!»
«Mi dispiace, Jon. Ho appena detto a mia figlia di stare distaccata.»
Price, che aveva compreso, si accomodò nel divano, seguito da Odette. Respirò a fondo e spalancò le braccia «Ti dirò ogni cosa.»
«Edmund Windsor era tra quelli che non vedevano di buon occhio la tua relazione con Odette, corretto?» a Steve faceva male fare quelle domande personali al suo amico, ma era inevitabile.
«Se così vogliamo metterla...»
«Il nonno sapeva parlare anche di altro, però! Io ero la sua nipote preferita, gli telefonavo molto più degli altri!» saltò su Odette, in difesa di suo marito.
«Signora, adesso sto parlando con suo marito, la prego quindi di non rispondere al suo posto.»
Odette abbassò lo sguardo «D’accordo. Attenderò il mio turno.»
«Sì, non approvava tanto. A volte mi dava l’idea che la cosa gli fosse indifferente, ma altre mi lanciava certi sguardi...» riallacciò Price.
«Ipocrita da parte di uno che a sua volta ha sposato una donna più giovane di lui.» constatò Susan.
«Già.» concordò suo padre «Ma ricorda che la predica si fa sempre agli altri.» un ampio sospiro «E possibile che ce l’avessi con lui a tal punto da provare odio?»
«No.» rispose Price «Lo escluderei. Odio lo provo verso mio suocero, non verso suo padre.»
Steve accennò col capo, Susan scriveva.
«Per quanto bisbetico, Edmund era molto meglio di Liam.» si lasciò scappare Jonathan.
«Signorina Odette, lei ha scelto di tenere il cognome Windsor come principale, nonostante sposata.»
Entrambi i coniugi furono sorpresi da quel cambio drastico di argomento, ma un detective doveva fare così per essere vincente.
«Da cosa l’ha dedotto?»
«Le persone si rivolgono a lei come “Windsor”, eppure dovrebbe chiamarsi “Price”. Difatti, la cara Evelyn ha preso il cognome del marito, Windsor.»
Odette sospirò «Non ti sfugge niente, eh?»
«Temo di essere sprecato da marine.» ironizzò Steve «Mia figlia mi ha condizionato troppo. Rispondi, per favore.» disse, ricambiando il modo informale con il quale lei si era rivolta a lui.
«E’ vero. Volevo che tutti continuassero a riconoscermi come Windsor. Questo cognome è importante, non so se mi spiego. Ma non è mio desiderio diventare proprietaria dello chalet.»
«Insomma, lo hai fatto per fama.»
«Ho i miei difetti anche io, sono attaccata ai soldi.»
«Avete idea di cosa Maggie potesse sapere su Edmund?» domandò Susan.
I coniugi si guardarono, poi fecero di No con la testa «Mi sembra evidente, però, che è stata messa a tacere.» disse Jonathan.
«Sì. È così. Non vi torturo oltre, potete andare. Grazie per il vostro tempo.»
Salutarono con un cenno e si diressero alla porta.
Susan controllò l’elenco che si era fatta «Con i ricconi abbiamo finito, no?»
«E da Roger ho già saputo tutto quello che volevo sapere.» confermò Steve «A meno che non sia una cameriera random, ce ne restano due.»

Come la porta si riaprì, Susan alzò lo sguardo e sorrise cordiale «Ah! Signorina Aisha, Billy...ciao Billy, io sono Susan. Questo è mio padre Steve.»
Il tuttofare annuì senza però ricambiare lo sguardo, che teneva fisso sul camino «S-sì, m-mi r-ricordo. E-eravate alla f-funivia.»
«Corretto.» sorrise ancora Susan «Sei un attento osservatore, potresti aiutarci nelle indagini!» disse, per metterlo a proprio agio «Prego, sedetevi pure qui.»
Aisha guidò il ragazzo nel divano «Vieni, Billy.»
«Vi faremo soltanto qualche domanda, va bene?» disse Steve nella maniera più calma possibile, per non agitare Billy.
La segretaria confermò anche per lui, accarezzandogli il braccio dolcemente «Sì, certo. Non abbiamo niente da nascondere, vero?»
«R-riguardo a c-cosa?»
«Ai due omicidi che...»
Billy cominciò subito ad agitarsi «I-il s-signor E-Edmund! I-io gli volevo un b-bene dell’anima!» strillò «M-mi ha offerto un lavoro.»
«Lo so, lo so, sta’ calmo.» sussurrò Sheppard «Va tutto bene, nessuno ti accusa di niente. Mi hanno detto che sei stato l’ultimo a vederlo vivo, eccetto l’assassino, naturalmente. Ricordi di cos’avete parlato?»
«M-ma c-certo. M-mi aveva convocato p-per accertarsi c-che tutto fosse p-pronto per la festa. I-io m-mi occupo di...»
Per aiutarlo, Susan cercò di completare la sua frase «Ti occupi un po’ di tutto, qui nell’hotel.»
«E-esatto. I-io gli ho d-detto che era tutto a-a posto, così lui m-mi ha d-detto di v-venire d-da voi.»
«A prenderci alle funivie.»
«S-sì.»
«Combacia.» disse Steve alla figlia «Ma, Billy, il signor Windsor non alzava spesso la voce con te?»
Egli scosse le spalle «S-sì, m-ma io gli volevo b-bene lo stesso. E-era c-come un p-padre per me.»
«Attaccamento ossessivo compulsivo.» sussurrò Susan al padre, il quale le fece intendere che la pensava uguale con un cenno «Non importa come lo trattava, si è legato a lui come un cucciolo si lega al padrone.»
«O una vittima al suo aguzzino.»
«Billy, ricordi che ore erano quando sei uscito dall’hotel per venirci a prendere?»
«Oh, andiamo!» saltò su Aisha «Non potete sospettare davvero di lui! Passi per noi, ma...»
«Mi spiace, signorina, ma non possiamo fare differenze.»
«N-non c’è p-problema, Aisha. C-certo che me lo ricordo. E-erano le q-quattro e mezza.»
«Anche questo corrisponde.» disse Steve.
«Ha una memoria incredibile.» aggiunse Susan.
«E poi sei tornato con noi.»
«M-mi avete v-visto, no?»
«Ha il nostro stesso alibi. E questa notte, invece? Più verso il mattino, a dire il vero, diciamo...tra le cinque e le sei.» proseguì Steve.
«D-dormivo n-nella m-mia casa.»
«Quella accanto allo chalet, che si può raggiungere a piedi.» ricordò Sheppard.
«Esatto.»
«Basta torturarlo, vi prego!» insistette ancora Aisha.
«D’accordo, se è proprio ansiosa di parlare lei...» ricambiò Steve «Ecco le domande. Ricambia l’amore che il signor Nathan Solo prova per lei?»
Aisha spalancò occhi e bocca, come sotto shock «Come? Io...»
«Sta arrossendo e non per il fuoco, lo prendo come un Sì.»
«Papà! Non ti sembra di essere troppo...»
«Cosa? Non hai imparato niente dai tuoi libri gialli? Se non si mette sotto torchio i sospettati...»
«Questo mi sa che l’hai imparato tu dai marines.»
«Ma c’è anche nei gialli!»
«Va bene, basta! Perché negare? Io e Nathan ci siamo innamorati durante i vari soggiorni di lui qui. Siamo entrati subito in sintonia. A lui non è mai importato del mio status, e...»
«Lei, invece, farebbe un affarone sposando uno degli uomini più ricchi dell’intero stato.»
Piombò il silenzio.
«Cosa insinua?! Che sia io l’assassina?»
«E’ stata lei a scoprire entrambi i cadaveri. Una brava attrice sarebbe perfettamente in grado di fingersi sconvolta.»
«Ero nella vasca della signora Evelyn, la prima volta.» rammentò «E questa notte ho dormito!»
«Lei potrebbe aver fatto su Nathan, il quale...»
«No! Il nostro amore è sincero!»
«Il quale mi pare facilmente manipolabile!» strillò Sheppard «Per aiutarlo a conquistare l’hotel, ha deciso di spianargli la strada facendo fuori suo nonno. Sareste diventati il re e la regina dello chalet.»
«Lei è pazzo.»
«Ma sapeva che Maggie aveva visto o sentito qualcosa, o conosceva degli oscuri segreti. Sapeva che era mia precisa intenzione interrogarla questa mattina, ma non poteva permetterlo, avrebbe di sicuro rivelato qualcosa. Mi ha anticipato, chiudendole la bocca una volta per tutte!»
«Maggie era mia amica! Come si permette?!»
«Mi permetto, se voglio aiutare la polizia, mi permetto.»
Altra pausa.
Susan guardava suo padre sconvolta, non pensava potesse scaldarsi tanto.
«E avrei ucciso il vecchio?»
«Ha pagato qualcuno per farlo?»
«No! Qui non c’è nessun altro, solo noi! In trappola come topi.»
«Ne è sicura?»
«Bè, lo spero.»
Steve si rilassò ed annuì «Può andare.»
Sempre più sorpresa, Aisha lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite «Come? Tutto questo baccano per nulla?»
Steve le sorrise «Non ha mai visto un poliziesco.»
«E’ matto.» continuò a sussurrare la segretaria, alzandosi «E’ tutto matto.» poi si girò e fece lei una domanda «Non mi chiede che rapporti avevo con il vecchio? Se mi trattava male, avrei potuto vendicarmi!» ironizzò.
«No, lei è legata a Nathan, il resto non mi interessa. Siete l’uno il punto debole dell’altra.»
Aisha fece una smorfia «Simpatico. Ma chi si crede di essere...»
«Billy, vieni.» Susan lo accompagnò alla porta «Com’è la situazione fuori?»
«H-ho creato un percorso.»
«Sei stato bravissimo!»
«P-potete stare nel p-portico, se volete. E’ riparato.»
«Ma certo! Voglio uscire di qui, mi va bene anche l’aria della tempesta! Grazie, Billy.»
Quando si chiuse la porta alle spalle, tirò un sospiro di sollievo e guardò suo padre «Sei stato rude.»
«Sono stato un perfetto investigatore!»
Sua figlia si specchiò nei suoi occhi «Come siamo certi che gli altri non sospettino di noi?»
Il marine portò le mani ai fianchi e ricambiò lo sguardo, notando ancora una volta quanto lei avesse gli stessi occhi di sua madre «Non ne siamo certi.» rispose.






Angolo Autrice:

Gentili lettori, se siete arrivati fino a qui grazie di cuore.
Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento, ancora una volta ho cercato di ripercorrere le tappe di un giallo classico, in particolar modo nella parte degli interrogatori.

Questo giallo gioca proprio sulla confusione più totale: potrebbe essere stato chiunque e contemporaneamente nessuno di loro.
In particolar modo, ho pensato a ciò che avreste potuto congetturare voi e l'ho fatto dire ai personaggi, in modo che il lettore resti spiazzato.
Pensate che Susan e Steve possano essere gli assassini nonostante si improvvisino detective? L'ho fatto dire.
Pensate che ci sia qualcuno di esterno che si è intrufolato in villa? L'ho fatto dire.
Pensate che Aisha sia sospettabile perché potrebbe aver finto sconvolgimento trovando i corpi? L'ho fatto dire.
Insomma, credo di aver fatto dire qualsiasi ipotesi plausibile così da confondere sempre più, anche se sono certa che le mie lettrici fedeli super investigatrici possano arrivare alla soluzione. <3
Approfitto quindi per salutarle e dedico loro il capitolo.
Non vedo l'ora di leggere le vostre congetture! Ditemi se questo tipo di approccio potrebbe funzionare o se è una cavolata assurda XD

Grazie ancora a tutti e a venerdì con l'atto quinto! *-*

SwanXSong

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quinto Atto ***


Quinto Atto







«Signor Sheppard, una partita?»
Steve alzò lo sguardo su Liam Windsor, che stringeva una stecca da biliardo tra le dita ed aveva tutta l’aria di sapere perfettamente come trascorrere quel pomeriggio di Natale.
«Basta parlare di cadaveri e di sospettati, si rilassi un po’!»
Il soffitto a volta era decorato con travi di legno a vista, che conferivano un tocco di charme rustico.
Al centro della sala si trovava un magnifico tavolo da biliardo con un tappeto verde scuro, perfettamente livellato e pronto per una partita entusiasmante. Le luci in stile antico si illuminavano sopra il tavolo stesso.
Sopra il camino era piazzata la testa di un bufalo montato a trofeo. La sua maestosità ed imponenza aggiungevano un tocco di selvatico fascino montano alla sala.
Lateralmente c’era un altro tavolo, utilizzato per riporre le bacchette ed altri accessori necessari per il gioco. Le palline erano conservate in alcune cabine armadio.
Steve guardò Liam con circospezione «Le ricordo che è il principale sospettato.»
Lui non riuscì a trattenere un sorriso da mascalzone «Allora ha l’onore di giocare con un assassino.»
Il marine scosse la testa negativamente, ma cedette «Sembra allettante.» quindi si avvicinò al tavolo ed attese.
Liam distribuì tutto il necessario e curò il cuoio presente sull’estremità della stecca con il gessetto «Non avevo dubbi che uno come lei sapesse giocare. Insomma, gioca a biliardo, è un marine, è bravo ad investigare...c’è qualcosa che non sa fare?»
Ancora, Steve sorrise, quella volta compiaciuto «Dai marines impari a lavarti in cinque minuti, massimo sei. Impari l’ordine, le regole, impari ad osservare. Ecco perché dico spesso che non è poi così diverso dall’essere un detective.»
«Oh, bè. Mi permetta di dissentire.» ironizzò il primogenito di Windsor «Le manca la lente di ingrandimento.»
«Come mai oggi pomeriggio la trovo particolarmente simpatico? E’ una tattica?»
«E’ Natale.» ricordò lui, semplicemente «Si è tutti più buoni, a Natale.»
«Eccetto suo fratello Adam.»
Liam si piegò sul tavolo e posizionò la stecca tra le dita in maniera accurata, puntando verso una palla «Adam è sempre Adam. Non si può pretendere che cambi. Lui è fatto così.»
Alzò le braccia al cielo quando vide che la palla più vicina all’angolo destro superiore era andata in buca «Sono un maestro. Vediamo cosa sa fare lei.»
Steve si mise in posizione «Non mi sottovaluti.»
«Non la sottovaluto, so che è un uomo che conosce il fatto suo, altrimenti mio padre non avrebbe mai potuto essergli amico.»
«Mi creda, ho imparato a conoscere il caro Edmund in poco tempo. Non ci vuole tanto a capire che tipo di uomo sia, soprattutto perché, a differenza vostra, non ha mai recitato.»
«A differenza nostra? Ahahah, continua ad accusarci tutti. Lei è esilarante, Sheppard.» un altro colpo che, forse per l’agitazione, deviò la palla troppo in là rispetto alla buca «Però ha ragione. Era un uomo trasparente, che diceva quel che doveva dire. E mi creda, il più delle volte non erano complimenti.» non lo lasciò nemmeno controbattere e disse, guardandolo con sospetto «Lei l’ha conosciuto ad una cena. E se fosse lei quello che ha qualcosa da nascondere? E se mio padre si fosse messo d’accordo con lei già mesi orsono? Potreste aver pianificato il suo delitto nei minimi dettagli, magari era mio padre stesso a voler morire per un, diciamo così, “bene più grande”. Le ha chiesto di farlo fuori e mettere su questo teatrino!»
«Quello che sta dicendo lei si vede nei film, signor Windsor.»
«Oh, ma è sorprendente come molto spesso la realtà superi la fantasia, non crede?»
«Non sono l’assassino.» si limitò allora a ribattere Sheppard.
«Curioso che, tra tutti, proprio lei si sia improvvisato detective. Ha preso immediatamente la situazione in mano.»
«Se è convinto che fossi d’accordo con suo padre, non posso farci niente. Io invece credo che questo delitto non sia per niente organizzato, ma che l’assassino abbia agito d’impulso.»
«Ma se ha accusato tutti di averlo pianificato da mesi!»
Steve scosse la testa negativamente, portando le mani sulla sommità della stecca «Non ne sono più tanto convinto. E a farmi cambiare idea è proprio l’arma del delitto. Ci pensi: un posacenere. L’assassino ha afferrato la prima cosa che gli è capitata a tiro e in grado di uccidere in un colpo solo. Quindi ha agito con rabbia ed impulsività. Sinceramente, avessi pianificato tutto mesi prima, non penserei di utilizzare un posacenere. Lei che dice?»
Liam fece una smorfia, perché Sheppard aveva ragione.
Tuttavia, restò fermo sul suo punto «Sì, se era d’accordo con mio padre. Potrebbe fare parte del piano anche questo. Lui potrebbe aver suggerito di essere ucciso con un posacenere, proprio per depistare le indagini!»
Steve sorrise e mandò la palla in buca «Ho capito, io l’accuso di essere il principale sospettato, quindi lei mi ricambia.»
«Non è quello che ho detto.»
«Ma l’ha pensato.»
In quella precisa sala, in quel preciso momento, cadde il silenzio, spezzato solo dalla bufera che fuori continuava imperterrita.
Steve guardò il tavolo da biliardo «Scommetto che finiremo pari.»
«Bè, mettiamola così.» concluse Liam, mandando ancora una volta la palla in buca «Se venisse ucciso qualcuno adesso, avrei un alibi davvero incontestabile.»

«Sono un uomo?» domandò Nathan con aria investigativa, come se avesse improvvisamente preso il posto di Susan.
Purtroppo non ci azzeccò per niente, perché i tre ragazzi fecero un cenno negativo con la testa, all’unisono.
«Quindi sono una donna.»
«Non sei un alieno.» scherzò Chuck, accavallando le gambe e fissandolo.
Nathan premette il foglietto che aveva appiccicato sulla fronte con enfasi, per non farlo cascare per terra «Sono una donna importante?»
Susan e Odette si scambiarono uno sguardo «Eccome! Almeno, per me.» rispose la prima.
Si trovavano tutti e quattro nel portico riparato, desiderosi di respirare un po’ d’aria per non soffocare; un ambiente chiuso diventa stretto dopo qualche ora senza mettere il naso fuori.
Il gioco al quale avevano deciso di giocare per passare il tempo, andava parecchio di moda in Inghilterra: i giocatori avevano appiccicato in fronte un foglietto con su scritto il nome di una persona famosa, e dovevano indovinare di chi si trattava.
Naturalmente, tale nome era ideato e scritto dal resto dei giocatori, attaccato sulla fronte dell’altro senza farglielo leggere.
Alle domande era possibile rispondere solamente con “SI” o “NO”.
Era stata un’idea di Chuck alla quale nessuno aveva osato sottrarsi, soprattutto per la curiosità.
«D’accordo, sono una donna e sono famosa.» riassunse Nathan «Sono la moglie di un politico?»
«Per l’amor del cielo, no!» disse Chuck inorridito «Odio i politici, sono così noiosi.»
«Quindi il nome sul mio foglietto l’hai ideato tu!»
Chuck spostò lo sguardo su Susan e sorrise «L’ho fatto per la nostra dolce Susan, che tanto dolce alla fine non è, ma...»
Nathan gli parlò sopra «Sono Agatha Christie.»
Calò un improvviso silenzio, spezzato solo dalla bufera.
«Eddai! Non dovevi indovinare subito!» sbuffò il fratello maggiore «Come diavolo hai fatto?!»
Nathan alzò ambedue le sopracciglia «Non sono uno stupido, a discapito di quello che pensi, fratello. Colpa tua, che hai nominato Susan. Chi mai potrebbe adorare un’appassionata di gialli?»
Chuck storse il naso «Parlo sempre troppo.»
«Lo fai!» certificò sua cugina Odette, accendendosi una sigaretta di quelle lunghe e sottili con eleganza.
Nonostante tutto, la figlia di Steve stava passando delle ore piacevoli in compagnia di quella fetta di Windsor: era perché Chuck e Nate in realtà portavano il cognome Solo o perché erano i più giovani della combriccola? E Odette? Sembrava una persona gradevole, a parte il suo attaccamento per il denaro.
O forse era un mix di tutte le cose.
Nathan si staccò il foglietto dalla fronte e poté constatare con i propri occhi che la scritta diceva “Agatha Christie”; perciò la domanda gli venne spontanea «L’hai mai conosciuta?»
«Ahimè, no. Secondo te, se avessi conosciuto la regina del giallo non ve l’avrei detto?» rispose Susan con delusione «Ma la conoscerò, un giorno! Deve autografarmi “Dieci Piccoli Indiani”! Deve!»
Chuck assottigliò lo sguardo, improvvisamente pensieroso. Nemmeno si ricordò di aver appiccicato sulla fronte un foglio che diceva “Chuck Solo”. In pratica, la persona che avrebbe dovuto indovinare era se stesso «E se l’assassino avesse preso spunto da quel libro?»
Suo fratello lo guardò «Che intendi?» mentre Susan domandò, sconvolta «Perché, l’hai letto?»
Chuck fece una smorfia «Non sono uno stupido, a discapito di quello che pensi.» disse, imitando la frase di suo fratello.
Susan era sempre più sorpresa.
«E se il nonno non fosse morto davvero, ma avesse finto di morire? Se fosse vivo e girasse indisturbato per lo chalet?» domandò Chuck.
«Ma che dici! Lo sentiremmo!» tuonò Odette.
Ma il cugino scosse la testa negativamente «No, non ne sono così sicuro. Conosceva tutti i segreti dell’hotel. Pensateci. Sarebbe un bel colpo di scena, no?»
«Ma perché avrebbe dovuto? A che guadagno?»
«Vallo a sapere. Per fregarci tutti, forse. Per studiarci, per vedere come avremmo reagito alla sua morte e, soprattutto, gestito la cosa del testamento.»
Susan non ne era tanto convinta, ma continuò ad osservarlo con interesse «Credo sia ora di leggerlo. So che non si potrebbe in assenza di un notaio, ma siamo bloccati, e chissà per quanto ancora lo saremo. La polizia ha detto di aiutare, quindi la prendo come una sorta di eccezione per causa di forza maggiore. Finché non sappiamo il contenuto di quel testamento, non possiamo fare ulteriori deduzioni in merito.»
Nathan percepì un certo batticuore «Sono d’accordo. Susan, parlane con tuo padre, sentiamo che dice.» non voleva illudersi, lui era l’ultimo nella linea di sangue, però la speranza è sempre l’ultima a morire. No, che andava a pensare...era impossibile che il vecchio Edmund avesse lasciato l’hotel a lui.
«Leggere il testamento significa iniziare un’altra battaglia in famiglia.» disse Chuck abbassando lo sguardo «Mi stavo godendo questa tregua.»
«E’ necessario.» disse Odette «Voglio avere la certezza che mi abbia lasciato del denaro!»
«Molto bene, allora.» proseguì Susan «Ne parlerò con mio padre.»
Chuck si rilassò nella poltroncina, allargando le braccia «E’ il mio turno.» riprese «Sono un uomo?»
Nathan sorrise con godimento, il momento della vendetta era giunto «Sì.» confermò.
«Lo sapevo. Sono uno importante? Tipo uno stilista?»
«E’ proprio fissato con la moda.» sussurrò Susan ad Odette.
A rispondere fu ancora una volta il fratello «No.»
«Allora sono un attore.»
«Non fare come lo zio Adam, per cortesia.»
«Si può sapere cosa sono? Un riccone bastardo? Mica mio nonno?»
«Fuocherello.»
Chuck, arrivatoci, si staccò il foglietto di fronte ed imprecò «Sono io. Maledetti, così non vale!»
«Certo che vale.» se la rise Nathan.
Sempre più indignato, il maggiore berciò «Alla domanda sullo stilista dovevi rispondere di Sì!»
Ma Nathan restò impassibile «Non mi pare tu sia uno stilista.»
Le due ragazze sorrisero.
«Chiedo scusa per l’interruzione, signori, ma la signora Harper ha detto di portarvi un po’ di tè caldo.»
Quando alzarono gli sguardi, videro Aisha comparire sul portico con un vassoio in mano.
Odette corrugò la fronte «Tu non sei una cameriera.» ricordò.
«Lo so, ma Roger è occupato, le altre cameriere sono in cucina, e Maggie...come sapete...»
«Non importa, vieni pure avanti. Grazie, Aisha.» disse Chuck osservandola.
La giovane ricambiò con un sorriso di cortesia, arrossendo quando si accorse che Nathan stava seguendo ogni suo singolo movimento; da quando era apparsa, non aveva capito più niente.
Poggiò il vassoio sul tavolino e stette in attesa.
Odette, infatti, la guardava allusivamente, come a chiarire che una ricca non si versa mai il tè da sola, ma Nathan l’anticipò a parole «Lascia, non è tuo compito. Verso io.»
Chuck lo guardò indignato «Così cadi proprio in basso, fratello.»
tuttavia, approfittandone, aggiunse «Io un cucchiaino e mezzo di zucchero, grazie.»
Nathan lo guardò male, ma lui tenne la sua faccia da schiaffi, senza rimorso alcuno.
«Non c’è dell’arsenico, vero? Aisha, non stai cercando di avvelenarci, vero?»
«Io...come può pensarlo, signor Chuck?» chiese lei allibita, portando una mano all’altezza del cuore «Mi sono limitata a portare il vassoio, giunge dalle cucine!»
«Ancora peggio. Potrebbe essere una di quelle cameriere anonime, che...»
«Taci e bevi, cugino.» disse Odette con un sospiro «L’ho sempre detto che il medico deve diagnosticarti la “Logorrea”.»
Lui la guardò inasprito «Ho fatto un ragionamento degno di un detective!»
«Questa volta devo dartene atto, Chuck, ma nessuno sta tentando di avvelenarci.» disse Susan, cominciando a sorseggiare la bevanda senza timore alcuno.
«Perché così sicura, Sheppard?»
«Perché non avrebbe senso. Dalle cucine hanno dato appositamente il vassoio ad Aisha, che sanno essere parecchio legata a Nathan. Non potrebbe mai avvelenare Nate, se non indirettamente. Nessuno crederebbe che sia stata lei, si andrebbe subito a cercare nelle cucine. Quindi solo uno scemo si farebbe scoprire così facilmente.»
Gli altri risero, Chuck assottigliò lo sguardo e la fissò «Perdona, mi stai dando dello scemo?»
«Io...forse è meglio che vada.» disse Aisha prima che Susan riuscisse a rispondere al ragazzo, ma la mano di Nathan la bloccò per il polso «Ti prego, resta.» alzò lo sguardo sui parenti e su Susan «Può restare con noi, no? Stavamo facendo un gioco.»
«No, non credo sia opportuno.»
«Insisto.» disse Nathan fissandola con caparbietà.
Chuck bevve imitando i grandi guru del galateo in una maniera abbastanza ridicola «Tutto sommato, non mi dispiaci, Aisha. Non mi sono lamentato del matrimonio di mia cugina con Price, quindi…siedi.»
La segretaria fu piacevolmente sorpresa. Sapeva che Chuck non era una cattiva persona, semplicemente era stato cresciuto in un certo modo.
Aisha si lisciò le pieghe del vestito per il nervosismo, poi cedette «Vi ringrazio.»
«Anzi, credo sia ora di andare a svegliare la nonna per chiederle se gradisce un po’ di tè.» proseguì apposta il maggiore dei fratelli, alzandosi e sistemandosi la giacca del completo «Susan, so che non ti dispiacerebbe accompagnarmi, te lo leggo negli occhi.»
Lei lo guardò confusa «Cosa? Non è per niente vero!»
Chuck allora alzò gli occhi al cielo e l’afferrò per un polso «Sarai anche brava ad investigare, ma di queste cose non ci capisci nulla! Sottotesto, Sheppard, sottotesto.»
«Sottotesto?» ripeté lei, costretta a seguirlo e girandosi indietro ogni volta che poteva «Quale sottotesto?»
«Due persone che necessitano di rimanere sole. Presente?»
Lei fece uno sberleffo «Non ti starai riferendo a noi due!»
Lui curvò le labbra in uno sorriso dei suoi «Che sei pazza di me l’ho capito dal nostro primo sguardo in funivia, ma non è di noi che sto parlando. Malauguratamente.» aggiunse.
Allora fu tutto chiaro «Nathan ed Aisha?»
«Bingo, genietta.» la prese in giro «Per di qua.»
«Per di qua? Vuoi davvero che ti accompagni a svegliare tua nonna?!»
«E’ necessario.»
«Ma se schifavi tuo fratello con la segretaria!»
«Schifo lo status di lei, non la persona che è. Ripeto, se ho accettato Price per mia cugina...ognuno può scegliere chi diavolo vuole.» mollò la presa al terzo scalino che conduceva al piano di sopra «Mi seguirai senza più trascinarti?»
Lei, dopo averlo guardato malissimo, si arrese «Lo faccio solo perché voglio scoprire se sei l’assassino e stai per uccidermi.»
Chuck scoppiò a ridere, divertito, ricominciando a salire le scale «Se lo fossi, non ti ucciderei così, credimi.»
«Invece è la situazione perfetta. Tutti sono occupati a fare qualcosa, noi ci stiamo isolando...»
«Ragazza mia, la smetti di sospettare di tutto e di tutti? Forse dovresti passare alla narrativa fantasy. Stiamo solo andando dalla nonna.»
«Ah, sì? Perché mi pareva la sua stanza fosse...»
«Ti pareva male.» Chuck indicò la porta, e dopo un sorriso cominciò a bussare «Nonna? Sei sveglia?»
Da dentro la stanza non provenne suono alcuno. Perciò il ragazzo insistette «Nonna?»
Terrorizzata, Susan alzò lo sguardo su di lui. Lui ricambiò con la stessa preoccupazione «E’ aperta.» disse poi spalancando la porta.
«Mio padre ha pregato tutti di chiudersi sempre a chiave!» imprecò Susan.
Avanzarono insieme, accostando la porta alle loro spalle.
Evelyn Windsor era là, sdraiata sul letto a pancia in su, con gli occhi chiusi e le mani poggiate sotto il seno.
Sembrava non respirare.
I due ragazzi si scambiarono un altro sguardo, Chuck venne avanti con cautela «Nonna?»
Silenzio.
Allora ci provò anche Susan «Signora Windsor, mi sente? Sono Susan, la figlia di Steve. Ci chiedevamo se desiderasse del tè...»
Non volava una mosca, non russava nemmeno.
Chuck deglutì nervosamente, guardando Susan come se lei avesse sempre la risposta a qualsiasi cosa.
«N-nonna? Susan, ho un bruttissimo presentimento...»
Evelyn aprì gli occhi di scatto e scatarrò, fissandoli come uno spettro inquietante «Vi avevo sentiti già la prima volta. Che diamine, datemi tempo.»
Susan e Chuck sobbalzarono dallo spavento, lei gli si spalmò addosso aggrappandosi al suo petto. Durò giusto qualche secondo, il tempo di rendersi conto di dove “fosse andata a parare”.
Si staccò immediatamente, guardandolo inorridita. Lui alzò le sopracciglia tatticamente e sorrise «Lo sapevo che non potevi resistermi.»
«Signora Evelyn!» disse Susan con una certa preoccupazione, portando una mano al cuore; palpitava ad un ritmo irregolare, ma era davvero sicura che fosse per colpa dello spavento?
«Non ci faccia mai più scherzi del genere!»
La donna si alzò in tutta tranquillità, afferrando il bastone da passeggio «Cosa? Svegliarmi? Che oltraggio!» disse come se nulla fosse «Avete parlato di tè?»

Nel portico, anche Odette decise di levare le tende «Vado un po’ a vedere cosa combina mio marito. Grazie per il tè, Aisha, e buona continuazione.»
«Può restare, se vuole, signorina Windsor.» disse questa, agitata.
Odette abbozzò un sorriso e si allontanò «Come ho detto, vado a vedere mio marito.»
La segretaria proprio non capiva il motivo di tutta quell’ansia quando restava sola con Nathan. Infondo, i due si conoscevano da parecchio, eppure le pareva fosse ogni volta la prima volta.
Il vento si placò leggermente, la neve si fece meno impetuosa.
«Nate, cosa stai guardando?» chiese la giovane con tono curioso.
«Il cielo. Ma bisognerebbe venire qui di sera, per vederlo stellato. Mi fa pensare a quante meraviglie ci siano dentro le stelle.» rispose, voltandosi e sorridendole.
Aisha gli lanciò un’occhiata affascinata «E’ davvero un panorama splendido. Che cosa significa per te?»
«Bè, per me le stelle rappresentano le possibilità infinite della vita. Ogni stella ha una storia da raccontare, una luce che brilla nel buio. E’ come se ogni stella fosse un sogno che aspetta di essere realizzato.»
Aisha aveva uno sguardo pensieroso «Hai mai raccontato a qualcuno quello che pensi delle stelle?»
Nathan le afferrò la mano con gentilezza «No, in realtà no. Ma in qualche modo, mi sembra che tu sia la persona giusta con cui condividerlo.»
Lei sorrise commossa «Sono davvero onorata di essere quella persona, Nate.»
«Sai, finora ho dedicato la mia vita al divertimento e ai viaggi, ma quando sono con te, sento una profondità e una serenità che non ho mai sperimentato prima.»
«Anch’io mi sento allo stesso modo. Con te, vedo un lato di me stessa che non sapevo esistesse. È come se il nostro incontro fosse stato scelto dal destino.»
«Non so cosa ci riserverà il futuro, ma voglio stare insieme a te.»
Aisha si sentiva emozionatissima «Sì! Voglio scoprire il mondo con te, perché con te ogni giorno è un’avventura senza fine.» fece una lunga pausa, poi gli domandò, in un sussurro «Tu...mi ami?»
Nathan prese un ampio respiro, specchiandosi negli occhi di lei in modo affettuoso «Certo che ti amo.»
Ad Aisha venne da piangere dalla gioia, ma Nathan soffocò i singhiozzi con un bacio sulla bocca e una carezza sulla guancia.

Come se fosse l’adattamento teatrale di un giallo famoso, gli ospiti aprirono le porte delle proprie camere con una sincronia perfetta, quella mattina del 26 dicembre.
In religioso silenzio, restarono a guardarsi per qualche attimo, tendendo le orecchie verso il piano inferiore, per captare qualsiasi rumore, anche il più impercettibile.
Le cameriere andavano e venivano, quindi sembrava non esserci niente di strano. Era come se, dopo ben due volte, si aspettassero il grido della signorina Lopez che annunciava un cadavere.
Non avvenne.
Si erano preparati per la colazione delle nove, tutti perfettamente vivi e vegeti.
Fu istintuale controllare brevemente con lo sguardo se qualcuno mancava all’appello, soprattutto per i due Sheppard; magari quel qualcuno poteva essere avvolto in un tappeto nascosto dentro ad uno sgabuzzino…
E invece, nessuno mancava all’appello.
Scesero al piano di sotto, dove Roger sembrava più sano di un pesce, pronto ad accoglierli dietro il bancone della reception con enfasi.
Aisha Lopez, in ricordo del bacio con Nathan del giorno prima, che le aveva fatto scottare le guance e provare quel famigliare senso di febbre, sorrise.
Billy era ancora fuori a spalare.
Steve si mise rapidamente a contare: oltre loro, c’erano non più di quattro cameriere. Non c’era nessun altro in quello chalet, a meno che non fosse nascosto.
Aveva smesso di nevicare, ma il muro di neve era talmente alto da impedire il funzionamento delle funivie almeno ancora per tutta quella giornata.
Avrebbero dovuto mettersi l’anima in pace, soprattutto in vista di ciò che sarebbe accaduto dopo colazione: la lettura del famoso testamento.
Steve li avvisò, a colazione, di mantenere la calma e non impazzire, qualsiasi cosa il vecchio Edmund avesse deciso per loro.
Li aveva minacciati di accusarli di omicidio, in caso contrario. Sapeva che non era corretto, ma era l’unico modo per mantenere l’ordine.
Dall’altro lato, però, dalle reazioni di ciascuno avrebbe potuto tirare fuori ulteriori congetture.
Quando l’orologio a pendolo scoccò le dieci in punto, si riunirono proprio nello studio del brontolone: Steve chiuse la porta a chiave e poggiò il testamento (arrotolato come una pergamena) sulla scrivania.
Dunque si accomodò dietro di essa, piazzando il mento sulle mani «Ho chiesto alle cameriere di portare sufficienti sedie per tutti. Sedete, prego.»
Prima deduzione corretta: lo guardarono in cagnesco e cominciarono a parlargli dietro.
«Tu guarda, proprio qui doveva portarci. Che cattivo gusto.»
«Come osa prendere il posto di Edmund? Come osa sostituirsi a lui? Solo lui poteva sedere a quella scrivania!»
Seconda deduzione corretta: indignazione per dove si era accomodato, naturalmente apposta, più considerazioni sulla stanza scelta per la lettura, sempre apposta.
«Io resto dell’idea che sia lui, altroché. E la figlia sua complice!»
Proprio Susan decise di restare in piedi, si posizionò accanto al camino con le braccia conserte, così da avere un’ampia visuale della sala ed analizzare le reazioni di ciascun famigliare.
«Quando la polizia, quella vera, giungerà qui, l’arresteranno, signor Sheppard.» disse Liam.
«Ho giocato con lei a biliardo e ancora non le piaccio, eh?» ironizzò Steve, mostrando un mezzo sorriso «Me ne farò una ragione, non si può piacere a tutti.»
Adam rise, piazzando le mani dietro la nuca e svaccandosi sulla sedia «Sono proprio curioso di sentire le volontà del vecchio.»
«Ma come fai ad essere così tranquillo?» disse Harper con il batticuore.
Lui la fissò «Perché so che non mi ha lasciato un tubo di niente. Quando non hai niente da perdere...»
«Basta blaterare!» tuonò Evelyn, agitata «Coraggio, signor Sheppard, non ci tenga sulle spine! Renda pubblico a tutti il testamento!»
Steve srotolò la pergamena; un vero papiro, ma con così tanti parenti non si aspettava altro.
Lo studio fu impregnato di un angosciante silenzio, che accompagnava l’attesa.
Il marine si schiarì la gola e lesse.

Io, Edmund Windsor, della grande famiglia Windsor, dichiaro che questo è il mio testamento e che sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali. Dopo la mia morte, lascio i seguenti beni e proprietà:
- Al mio amato nipote Nathan Solo lascio la mia biblioteca privata, contenente volumi antichi e rari.
- Al mio amato nipote Chuck Solo lascio tutti i miei veicoli di lusso, tra cui auto sportive esclusive, elicotteri privati e yacht.
- Alla mia amata nipotina Odette lascio la somma di cinquecentomila dollari e la villa in Costa Azzurra.
- Al mio caro amico Jonathan Price, nonché marito di Odette, lascio la mia collezione privata di armi usate per servire il Paese, più quelle da caccia.
- Al mio caro amico Steve…(Steve fu sorpreso di trovare se stesso nel testamento, non se l’aspettava) Sheppard lascio le monete di valore in mio possesso.
- Alla mia carissima figlia Harper lascio la mia collezione di gioielli costosi, in particolare i diamanti, i rubini e gli smeraldi, e la villa a Parigi.
- Al mio caro figlio Adam lascio la mia collezione di opere d’arte di valore, inclusi dipinti, sculture ed oggetti d’arte esotici.
- Alla mia amatissima moglie Evelyn lascio il castello in Romania, un castello storico, e la villa a Londra.
- Alla mia fedele dipendente Aisha Lopez lascio la somma di diecimila dollari.
- Al mio fedele maggiordomo Roger lascio la somma di diecimila dollari.
- Alla mia fedele cameriera Maggie lascio la somma di cinquemila dollari.
- Al mio fedele tuttofare Billy lascio la somma di duemila dollari.
- Al mio carissimo figlio Liam lascio il Windsor Chalet.


24 Dicembre 1950,

Edmund Windsor


Nella sala cadde un improvviso silenzio. La sorpresa non fu tanto per Liam erede dello chalet, né per Steve Sheppard nominato nel testamento.
Piuttosto…
«24 Dicembre?» disse Susan in un sussurro, pensando di aver sentito male.
Allo stesso modo, suo padre verificò di non averci visto doppio: c’era proprio scritto 24 Dicembre.
«Ma cosa...»
Harper poggiò una mano sul petto, sbalordita «Lo ha scritto l’altro ieri.»







Angolo Autrice:

Gentili lettori, bentrovati :)
Se siete arrivati fino a qui, grazie di cuore, spero la storia continui ad essere di vostro gradimento!
Grazie a chi legge, legge e recensisce, ha inserito la storia tra le seguite o lo farà in seguito. E' sempre bello vedere chi la segue. <3
Dedico il capitolo alle mie lettrici fedeli e non vedo l'ora di leggere le loro congetture.

Se ve lo state chiedendo, sì, pubblicherò anche lunedì nonostante sia Natale :)
Del resto, se non è la storia "adatta" questa ;)
Quindi decidete voi se leggere o ignorarmi palesemente XDXD 

Grazie ancora per il tempo che spendete per questa storia e a presto! 

SwanXSong


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sesto Atto ***



Sesto Atto






«Ha pensato a tutti.» disse Evelyn con lo sguardo puntato nel vuoto «Era un vecchio bastardo e credevamo avrebbe lasciato fuori qualcuno di noi, invece ha pensato a tutti.»
«Non è possibile che questo testamento sia dell’altro ieri!» tuonò invece il maggiore Price, alzandosi e raggiungendo Steve alla scrivania.
«Ecco che si improvvisa di nuovo aiutante!» disse suo suocero Liam con disprezzo.
«Hai appena ereditato questo posto, non so se te ne sei reso conto.» lo rimproverò sua sorella Harper «Non sei mai contento!»
Liam scosse le spalle «Mi avrebbe sorpreso il contrario. Ammetto che ero praticamente certo, in quanto primogenito, che lo chalet sarebbe stato dato a me.»
Steve aveva ancora lo sguardo focalizzato sul testamento, alzò la testa solo quando vide Price al suo fianco; e ciò che vide il maggiore non fu niente di diverso rispetto a quello che aveva visto Steve «24 Dicembre...ma che diavolo...»
«Non è possibile. C’è qualcosa che non va.» disse Nathan, altamente dispiaciuto che l’hotel non fosse passato a lui, anche se nel profondo se l’aspettava «Sono certo che il nonno sapesse da anni cosa lasciare a tutti noi. Non può averlo scritto l’altro ieri!»
Susan assottigliò lo sguardo e ragionò «No...non può.»
«Che suggerisci, genietto?» chiese Chuck guardandola.
«Sono abbastanza certa l’abbia modificato.»
Dopo quella supposizione, piombò nuovamente il silenzio.
«In percentuale?» la sfidò Adam.
Ella scosse la testa «Non lo so, facciamo al 70%. Ha ragione Nathan. Il signor Windsor mi dà l’idea di una persona organizzata, che sa quello che vuole e mette a posto i conti per tempo. Sinceramente, anche io mi aspettavo avesse buttato giù le sue volontà anni fa! Soprattutto, considerata l’età.»
Odette la guardò «Il nonno pensava di essere immortale.»
«Non la vedo così. Avrà anche pensato di essere immortale, ma era un uomo razionale che si rendeva perfettamente conto che avrebbe potuto addormentarsi una sera e non risvegliarsi più. Quindi tutto doveva essere in ordine, sistemato. Stiamo parlando di una delle famiglie più importanti degli Stati Uniti, no?» rammentò.
«Allora ha cambiato il testamento all’ultimo?» disse Liam come se fosse una cosa da niente, un dettaglio insignificante.
«24 Dicembre...» disse Harper «Ma questo significa prima dell’omicidio!»
«Esatto. O durante il mattino, o nelle prime ore del pomeriggio.» confermò Susan «Dubito troveremo il vecchio testamento per conferma, sarà stato bruciato. Si tratta di una vera e propria sostituzione, quello nuovo prende il posto di quello vecchio a tutti gli effetti…i notai consigliano di distruggere quello vecchio per non creare problemi. Quindi...»
«Ha cambiato il testamento ore prima di morire? Coincidenze?» esclamò Chuck «Non credo.»
«Come previsto, abbiamo trovato il punto focale dei nostri due omicidi.» disse Steve alzandosi dalla scrivania. Puntò lo sguardo su tutti i presenti radunati, nessuno escluso, poi disse «Signor Liam, lei è l’erede di questo chalet. Come si sente a riguardo?»
Liam lo sfidò con lo sguardo, rigirandosi i pollici «Come mi sento? Un Dio, Sheppard. E ora non dica che, dato che non sono particolarmente sorpreso da questa rivelazione, ho ucciso mio padre. Immaginavo di essere io l’erede.»
«Somiglia parecchio ad una confessione.» disse l’altro «Nemmeno troppo velata.»
«Coraggio, mi accusi ancora!» controbatté Liam, spalancando le braccia come una sorta di invito «Non ha fatto altro da quando è morto il vecchio. Essere il primogenito non significa per forza essere il principale sospettato!»
«Sì, se si presenta una situazione come questa.» disse Steve poggiando le mani sui fianchi «Lei era così sicuro ci fosse il suo nome nella parte che riguardava l’hotel. Ma se non fosse stato così in origine?»
«Cosa blatera?»
«Se è vero che il testamento è stato modificato, allora forse l’assassino ha costretto Edmund a modificarlo ore prima della sua morte...» disse Steve in tono sicuro «Forse lei non era l’erede dello chalet, forse ha puntato la pistola sulla tempia di suo padre costringendolo a modificare le sue volontà sotto i suoi occhi...e forse, più tardi, colmo d’ira, ha pensato bene di sbarazzarsi di lui, in modo da ereditare subito ciò che aveva appena guadagnato!»
«Ha detto che l’omicidio non era pianificato, che si è agito d’impulso!»
«Infatti ho detto che è stata una sua decisione successiva. Non vedeva l’ora di diventare proprietario del Windsor, perciò…due piccioni con una fava.»
Liam incrociò le braccia al petto «E come spiega che ero in funivia insieme a mia figlia e suo marito, all’ora del delitto? O, se è avvenuto più verso le sei, alla reception? Aspetti, non risponda, lo faccio da solo. Ho ingaggiato un attore che prendesse il mio posto mentre ero ad uccidere il vecchio!»
Steve non riuscì a trattenere un sorriso beffardo «C’è un libro famoso noto anche come 
“Dalle nove alle dieci”. Trova similitudini?»
«Adesso mi cita “L’Assassinio di Roger Ackroyd!” Incredibile. Dalle cinque alle sei è stata una coincidenza! Semplicemente le nostre due vittime si trovavano nel posto sbagliato a quell’ora.» ringhiò Liam «Lei si contraddice, Sheppard. Se sostiene che il primo omicidio è avvenuto per impulso, e quindi non pianificato, allora l’orario deve essere stato casuale, non trova?»
«Stavo cercando di metterla in difficoltà.»
«Bè, come nota, non ci sta riuscendo. Non può spingermi a confessare qualcosa che non ho fatto. Inoltre, mio padre è stato in religioso silenzio per ore, dopo aver spedito Billy a venirvi a prendere. E la finestra e la porta dello studio erano aperte.»
Billy, presente nella stanza, trasalì «M-mi s-sento i-in colpa.»
«Tranquillo, Billy. Non agitarti.» lo rassicurò Aisha «Va tutto bene. Stiamo solo parlando.»
«Semplicemente, non posso essere stato in due posti differenti alla stessa ora. Ho ingaggiato qualcuno per uccidere al posto mio? Ma questo presuppone, ancora una volta, la predeterminazione, ipotesi che lei ha escluso, Sheppard.»
Steve, esausto, premette due dita sulla sommità del naso «D’accordo, basta. Lo scoprirò come ha fatto, senza parlare ulteriormente con lei. Del resto, gli assassini sono sempre brillanti e difficilmente cedono.»
Liam scoppiò a ridere istericamente «E’ ancora convinto sia io, incredibile!»
«Liam...è vero?» chiese Harper, sconvolta.
«Cosa? Non crederai ad un uomo che non è nemmeno un detective, ma che si improvvisa tale!»
«Però tutto fila...» lo accusò anche Adam «Com’eri sicuro che lo chalet lo avresti ereditato tu?»
«Andiamo, Adam! Anche tu? Sei mio fratello!»
«E quindi?»
Liam portò indietro la testa «Ve l’ho detto, lo supponevo! Sono il primo figlio...mamma, tu non dici niente?»
«Prima non lo “supponevi”, ne eri certo.» disse nel mentre Adam.
«Hai ucciso tuo padre, Liam?» chiese diretta Evelyn.
A Liam parve di essere precipitato in un incubo «Non anche tu…ma che prende a tutti voi?! Siete impazziti, per caso?»
«Scusa papà, ma è ovvio che sospettiamo di chi ha ereditato l’hotel.»
«Odette! No...te l’ha messo in testa Price! Non è così? Bastardo, ti metterei le mani addosso!»
Jonathan alzò le proprie in difesa «Ha fatto tutto da solo, caro suocero.»
«Fatto? Fatto cosa?! Siete pazzi! Io non ho fatto niente! Non sono la persona migliore di questa terra, lo ammetto, ma non ucciderei mai nessuno! Lo giuro sulla mia defunta moglie!» si passò una mano sulla fronte sudata «Ora cosa direte? Che anche lei l’ho uccisa?»
«Si calmi, signor Windsor.» disse Susan, sempre poggiata al camino.
«Calmarmi? Mi state accusando tutti, mi fissate come se fossi il peggiore dei criminali! E questo solo perché mio padre ha deciso di lasciare lo chalet a me!»
«Ci viene facile pensarlo, se la teoria sulla modifica del testamento è vera.» replicò Susan «Altrimenti, quale idiota non avrebbe fatto mettere il proprio nome accanto a quello dello chalet? Se fosse stata Harper a minacciare il vecchio, perché non far mettere il suo nome? E così gli altri. Era il sogno di Nathan ereditare l’hotel. Se fosse stato lui, ci sarebbe il suo nome, invece c’è il suo.»
«Perché mio padre voleva così!» insistette Liam «Dannazione, perché nessuno mi crede?! E poi, chi vi dice sia stato minacciato? Non può aver cambiato il testamento di propria volontà?»
«La giornata del 24 Dicembre? Proprio lo stesso giorno in cui è morto?» rispose Susan «Un tantino fantascientifico, non trova?»
«Devo ammettere, zio, che hai stile.» disse nel mentre Chuck, fissandolo con la sua solita faccia da schiaffi, quasi con ammirazione.
«Può essere stato un caso, come quello dell’orario!» si difese il primogenito.
«Non è mai un caso...bè, in questi casi.» disse Susan «Perdoni il gioco di parole.»
Distrutto, Liam si portò entrambe le mani sui capelli «Se avessi saputo l’orrore che mi avrebbe causato diventare il proprietario di questo chalet, avrei voluto essere lasciato fuori dal testamento.» disse.
Steve gli si piazzò davanti e, prima di uscire dallo studio, gli sussurrò «Lei è un ottimo attore, signor Windsor, ma io non ci casco. Scoprirò come ha fatto nonostante l’alibi di ferro, glielo posso garantire.»
Susan lo seguì fuori dalla porta, e quando gli altri restarono soli, Harper disse «Non mi aspettavo lasciasse qualcosa anche a voi dipendenti, lo ammetto. Ma dovevo immaginarlo. Lo avete servito per anni in maniera impeccabile. Soprattutto Maggie, lei...» un respiro pesante «Lei è stata una delle prime.»
«Peccato non sia qui per sentirlo con le proprie orecchie.» disse Aisha, arrabbiata.
«E’ chiaro che è stato l’assassinio di papà a far sì che anche Maggie venisse uccisa. È stata una catena.» controbatté Harper «E questo papà non poteva saperlo, ecco perché l’ha nominata nel testamento.»
Da quelle parole, Billy parve illuminarsi «A-aspetti, s-signora Harper. L-lei ha ragione.»
«Bè, non è la prima volta che lo diciamo, ne siamo convinti da un po’, quindi cosa ho detto di così eclatante, Billy?»
«E’-è stata una catena. L-l’assassino non si aspettava d-di uccidere i-il signor W-Windsor. Qu-quindi p-poi, per rimediare all’errore, h-ha dovuto necessariamente m-mettere a t-tacere anche M-Maggie, che d-di sicuro s-sapeva qualcosa. E’ stato c-costretto, capite? N-non era nei su-suoi piani. Qu-quindi s-sì, il d-detective ha ragione. N-non c’è pianificazione.»
Sia Aisha che Harper lo guardarono con dolcezza «Sei proprio un ragazzo eccezionale, Billy. Di buon cuore ed intelligente. I miei parenti dovrebbero capire quanto vali.» disse la seconda.
Roger, sconvolto dal fatto che avrebbe ereditato nientemeno che diecimila dollari, sentì girare la testa «Ecco...s-se i signori lo desiderano, l-le funivie p-per le piste da sci sono nuovamente in funzione.»
Aveva iniziato a balbettare anche lui.
Adam batté le mani «Ha! Significa che possiamo andarci?»
«Non nevica più...» confermò Roger «Però solo quella è in funzione. Quella per andare e venire dalla cittadina, no. Ci vorrà più tempo.»
«Che mi importa della cittadina?» trillò Adam «Basta uscire di qui per qualche ora, sto impazzendo! Il mio sci adorato è sempre al proprio posto, vero, Roger?»
Egli lo inseguì in corridoio «Certo, signore. L’ultimo sulla destra, lucidato a dovere.»
«Magnifico! Harper? Che fai ancora lì? Non vieni? Abbiamo ereditato tutti, in un modo o nell’altro, dobbiamo festeggiare!»
Harper, nonostante tutto, voleva bene ad Adam «Forse non ricordi che sono una maestra nello sci. Vengo eccome, e ti farò il culo.»
James Solo si alzò per ultimo «Pensavo di essere accusato perché su quel testamento non c’è il mio nome, ma...perché mai avrebbe dovuto esserci? Sono il marito di una Windsor, non un Windsor stesso. E non ero così amico con mio suocero come lo era Price. Perciò, mi sento libero. Ho il mio stipendio da insegnante, nessuno potrà accusarmi di niente.»
«Signor Solo...» disse Roger in conclusione «Non accuserei lei neppure se confessasse spontaneamente.»
James sorrise.

Quello stesso pomeriggio, si erano lanciati tutti sulle piste da sci, ansiosi di respirare un’aria diversa da quella che avvolgeva lo chalet.
Tutti tranne Liam Windsor, troppo arrabbiato con il mondo per afferrare un paio di sci.
«Maledetti bastardi.»
Roger lo sentì imprecare tra sé e sé nella sala da biliardo. Aveva forse intenzione di giocare contro se stesso? Perché in quel momento, tranne loro due, l’hotel era deserto: perfino le quattro/cinque cameriere anonime erano corse fuori per non impazzire.
«Avrei ucciso mio padre e poi Maggie. Come si fa a dirlo? Bastardi.»
«Mi scusi se mi permetto, signor Windsor.» disse proprio il maggiordomo, entrando «Ma le avrebbe fatto bene cambiare aria. Perché non raggiunge i suoi parenti alle piste?»
Ancora scosso da tutte le accuse, Liam fece “No” con la testa «Non sono dell’umore adatto.»
«Dovrebbe sforzarsi...»
Liam afferrò le palle da biliardo «Lasciami in pace, Roger. Voglio stare solo.»
«Non le conviene. Dovrebbe almeno parlare con qualcuno, sfogarsi.»
«E allora perché non resti tu? Sembri l’unico normale. O mi accusi anche tu?»
«Io non accuso nessuno. Sono qui per dare una mano.»
«Sei euforico per il denaro che mio padre ti ha lasciato, eh?»
Roger non riuscì a nasconderlo «Ecco...»
«Buon per te. Almeno c’è una persona felice, in questo maledetto chalet! Sai giocare a biliardo?»
«Mai giocato in vita mia, signore. Però sono un maestro a carte.»
Liam fece una smorfia «Le carte sono noiose. Io sono un settantenne alternativo.»
Roger avrebbe voluto dirgli che anche il biliardo era noioso, ma per amor proprio tacque. Nel caso il primogenito Windsor fosse stato davvero l’assassino, l’ultima cosa che voleva era farlo infuriare.
«Posso imparare.»
Liam annuì «Bravo. Vieni, mettiti dall’altra parte del tavolo. Preparo tutto l’occorrente.»
Roger stette in attesa, mentre Liam continuava a borbottare a raffica «Quei bastardi. Sono le ultime persone che voglio vedere adesso, altro che sci. Accusarmi di qualcosa che non ho fatto, inaudito. Perfino mia figlia! Caro Roger, suo marito le ha fatto il lavaggio del cervello! Non escludo possa esserci lui dietro tutto questo.» afferrò le stecche «E se l’avesse sposata apposta? Se l’avesse fatta su con il preciso intento di arrivare a mio padre?»
«Abbiamo stabilito che il tutto non è stato premeditato, no?» rammentò il maggiordomo.
Liam si morse il labbro, pensando davvero a qualsiasi cosa, a quel punto «Doppio gioco. E’ stato fatto passare come non premeditato quando invece lo era. Che dici?»
«Io non sono un detective, non azzardo nulla.»
«Ma avrai pure un pensiero, una tua teoria!»
«Quindi lei pensa che si sia usato il posacenere apposta per far credere all’impetuosità, quando invece l’omicidio era progettato da mesi?»
«Ti suona?»
Roger scosse le spalle «Tutto è possibile, finché non si giunge alla verità.»
Liam aveva sospettato di lui, in un primo momento, poi però aveva fatto cadere le accuse: Roger era dietro la reception tra le cinque e le sei, chiunque poteva testimoniare che non si fosse mosso da lì. E se anche avesse approfittato di un momento di solitudine, c’era Maggie piazzata davanti alla porta dell’ufficio di suo padre, quindi…
Gli si mozzò improvvisamente il fiato e il suo cuore perse un battito.
Quindi…
Maggie l’avrebbe visto. Maggie era stata messa a tacere. E Liam dubitava che Roger – rigido come uno stoccafisso dentro la sua divisa – fosse entrato e/o uscito dalla finestra aperta.
L’unica che aveva potuto vederlo ora non respirava più. Ma Maggie aveva certificato ad Aisha che nessuno era entrato o uscito dalla porta dopo Billy...e se fosse stata ricattata? Se fosse stata costretta a mentire?
La circolazione sanguigna si bloccò, e all’improvviso Liam sentì un freddo tremendo penetrargli nelle ossa.
Alzò lo sguardo su Roger, che gli sorrideva come il più educato dei vicini di casa. Dunque, cercando di non far notare il suo disagio, gli consegnò la stecca «E-ecco...adesso...» si schiarì la gola «Ti spiego le regole.»
Il maggiordomo continuava a sorridere, solo che a Liam parve lo stesse facendo in maniera sinistra «La ringrazio, signor Windsor. La ascolto.»
«L-la modalità di questo biliardo è la Pool 8-15.» disse Liam cercando di placare il tremore nella voce «Prevede l’utilizzo di un triangolo per raggruppare le 15 palle. Il tiro corretto si ha colpendo il battente solo con la punta della stecca, oppure sarà considerato fallo.»
Roger annuì, scaricando il peso sulla stecca, in ascolto. Liam osservò ogni sua mossa, attentamente. Aveva detto che lo chalet era deserto eccetto loro o l’aveva fatto intuire?
Lo chalet era deserto…
«Bè, abbiamo quindi le 15 palle numerate e una bianca, che è quella battente.» proseguì «Un giocatore dovrà imbucare una delle due serie di palle definite “piene” o “basse” e “rigate” o “alte”. Le prime vanno dalla numero 2 alla 8, le seconde dalla 9 alla 15. La numero 1 è neutra. La caratteristica principale di questo gioco è che bisogna imbucare la biglia 8 e la 15 esclusivamente nelle buche centrali. Scusa se...scusami se sto rendendo tutto così confuso, ma...»
«Cosa succede?» chiese Roger con voce bassa «Mi sembra agitato, signor Windsor.»
«I-io...io...» Liam si allentò il nodo della cravatta, che indossava anche di giorno «Io mi sento mancare l’aria.»
Roger mollò la presa sulla stecca e gli si avvicinò, guardandolo con comprensione «Gliel’ho detto, le farebbe bene andare a prendere un po’ d’aria. Non si chiuda in se stesso.»
«Mi sa che hai ragione, Roger. Se non ti dispiace...io...vorrei uscire.»
Gli parve come se il maggiordomo, piazzato esattamente davanti a lui, non volesse lasciarlo passare.

Le piste degli anni ‘50 erano strette e ripide, con curve che lo erano altrettanto. Gli impianti di risalita erano rari, anche se non c’era da sorprendersi che la pista degli Windsor ne fosse dotata. Normalmente si doveva camminare a lungo per raggiungere la cima della montagna e poi scendere lungo la pista.
Occorreva indossare abiti pesanti e spessi per proteggersi dal freddo.
«Si butti, Price, si butti!»
Jonathan indossava un completo da sci troppo stretto e fuori moda, con colori sgargianti. Un’espressione di panico era stampata sul suo viso, spesso si mordeva nervosamente le unghie. Naturalmente, aveva dimenticato i guanti allo chalet.
«Forza, Price! Ci mostri come si fa!»
«Non abbia paura, è bravissimo!»
«Sì, certo...» borbottò lui di rimando «Lo state facendo apposta, bastardi
La sua paura era palpabile, si aggrappò alle ringhiere di legno vicino al punto di partenza.
Ogni volta che tentava di muoversi, le sue gambe si irrigidivano in modo comico, tanto che sembrava un manichino animato.
Cercò di prendere coraggio muovendo le braccia come un pinguino, ma crollò in una posizione scomposta sulla neve, scivolando solo per qualche centimetro.
I presenti gli risero dietro, ma a modo loro continuarono ad incoraggiarlo.
Dopo tre Ave Marie e un Padre Nostro, tentò di iniziare la discesa. Gli sci gli scivolarono via e lui cadde rovinosamente nella neve, lasciandosi alle spalle un’impronta comica. Sperimentò varie peripezie e situazioni spiacevoli prima di lanciarsi alla discesa, la quale fu piena di zigzag, urti e urla di terrore. Comunque, si rivelò sorprendentemente divertente per gli spettatori, che risero in maniera fragorosa ed applaudirono.
«Sei un vero campione!» disse Steve, parecchio divertito.
«Sta’ zitto.»
La cosa più sorprendente, comunque, era come avesse fatto James Solo a farsi tutta quella strada a piedi, dato che odiava le funivie. Si diceva fossero sei chilometri.
Rifecero tutti il giro e si lanciarono giù per la pista: un susseguirsi di curve eleganti e veloci disegnate nella neve. Le loro scie lasciavano tracce intricate sul candido manto nevoso, come indizi nel mistero che cercavano disperatamente di risolvere.
La sfida si intensificò quando raggiunsero l’unica parte più ripida della montagna. Sfrecciavano veloci, la neve scricchiolava sotto gli si mentre si facevano strada attraverso la pista.
Ogni svolta, ogni sorpasso, era un passo verso il traguardo.
Un fazzoletto scivolò via dai guanti di Adam, sventolando nell’aria gelida. Mentre cercava di afferrarlo, perse l’equilibrio e si ribaltò nel bianco intenso.
«E tu saresti lo sciatore più esperto?» lo prese in giro sua sorella Harper, aiutandolo a rialzarsi.
«E’ un fazzoletto pregiato!»
Adam si rimise i guanti e la competizione ricominciò. La discesa riprese con vigore, i ricconi attraversarono svariate curve e svolte ardite, sfidandosi a vicenda.
Nelle vicinanze della pista c’era un’area meno affollata, riservata a coloro che preferivano un’esperienza un po’ meno competitiva. Lì, tra i grandi abeti e le distese di neve fresca, Nathan ed Aisha si stavano divertendo come due bambini.
Correndo e ridendo, si avventurarono in una distesa immacolata di neve scintillante. Nathan perse l’equilibrio e cadde sulla morbida coltre bianca. Incapace di resistere alla tentazione, Aisha si unì a lui, precipitandosi nella neve accanto e rotolandosi insieme a lui.
Entrambi scoppiarono in una risata contagiosa che risuonò tra gli alberi.
Man mano che si rotolavano sulla neve, le loro risate si intensificarono, affrontando le leggi della gravità in un’esibizione di pura gioia. Si sporcarono di neve sulle guance e tra i capelli, dimenticandosi delle loro preoccupazioni e di ciò che potevano pensare gli altri.
«Siamo come due ribelli che sfidano le regole del mondo degli adulti!» disse la segretaria, ridendosela.
Nathan condivideva a pieno. Si fermarono, stesi sulla neve. Il loro respiro si mescolava con le calme e dolci note della montagna, mentre osservavano i fiocchi di neve danzare lentamente verso il basso.
Le risate si fecero più calme.
I loro sguardi, però, svelavano ancora un’energia contagiosa e una connessione unica. Si guardarono negli occhi, annullando la distanza che li separava ancora una volta.
La vista era mozzafiato da ogni angolazione, ma Chuck Solo non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza che si stava improvvisando investigatrice.
In quel momento, era seduta su una panchina; perciò, le si avvicinò con fare disinvolto, facendo slittare i suoi sci sulla neve.
«Signorina Sheppard...» iniziò con un sorriso «Non sapevo che la bellezza potesse essere così accecante.»
Quella volta, Susan non sembrò infastidita dal complimento «E io non sapevo che i ragazzi così ricchi potessero essere così audaci.» rispose con un sorriso malizioso.
Chuck rise «Bè, non sono abituato a prendere un No come risposta. Che ne dici di una discesa insieme?»
La ragazza sembrò esitare, ma poi annuì «Va bene, perché no? C’è qualcun altro da lasciare solo?»
Chuck sorrise e le offrì il braccio «Diciamo, tutti questi rebecucchi.» e insieme risalirono in vetta.
Chuck non riuscì a resistere alla tentazione di avvicinarsi ancora di più alla ragazza «Spero che non ti stia annoiando.»
«Assolutamente no. Mi sto divertendo molto, questo pomeriggio fuori mi permette di riordinare meglio i pensieri.»
Il ragazzo si sentì sollevato «Riguardo i due omicidi?» chiese, dato che non voleva rovinare tutto con una battuta fuori luogo.
Susan annuì «So che, in un modo o nell’altro, alla fine i tasselli del puzzle andranno al loro posto.»
Quando il sole tramontò dietro le montagne, raggiunsero tutti la base della pista, sfiniti ma soddisfatti.
Gli occhi lungimiranti di Agatha Christie avrebbero letto tra le righe di quelle discese scintillanti, in cerca del sospetto nascosto tra i protagonisti di quello spettacolo di sci.

«Dai papà, fai questo sforzo!» tuonò Nathan.
«No...no...non ci salgo in quella dannata funivia!» controbatté James.
«Allora che hai intenzione di fare?» domandò Harper «Scendere a piedi? Ormai è buio, verrai sbranato dagli orsi!»
«Come sei rassicurante, cara!»
«Sto cercando di farti capire che un viaggio in funivia è molto meglio di un faccia a faccia con gli orsi!»
Steve sorrise «Faccia questo sforzo, signor Solo. Se vuole, le tengo la mano.»
James respirò a fondo. Dopo aver ripetuto mentalmente per circa cinque minuti buoni “Funivia – Orso – Funivia – Orso”, decise che la funivia fosse l’opzione migliore.
«Eccellente!»
«Devi superare questa paura, vecchio mio!» disse Adam dandogli una pacca sulla spalla «Dopo di te.»
James entrò nella cabina, terrorizzato. Ma Adam non entrò in quella, l’aveva fatto apposta per spronarlo. Quindi James vide le porte della funivia chiudersi davanti a lui. Adam gli sorrise e lo salutò con la mano «Ci vediamo di sotto!»
«Oh, devo iniziare a pregare.»
«Non succederà niente, caro.»
Quando il mezzo prese a muoversi, James sudò freddo «C-come fai a dirlo? Si staccherà. C’è un pazzo omicida in giro, e questa cabina si staccherà! Precipiteremo nel vuoto, e di noi non rimarranno che pezzi sparsi per tutta la neve.»
«Papà, ti vuoi calmare?» Nathan gli accarezzò le spalle «Se vuoi, puoi abbracciarmi.»
Chuck rise.
«Non prendermi in giro, figliolo! Ah, come si muove veloce!»
«Io nemmeno la sento.» disse Chuck sollevando le spalle.
«Moriremo. Me lo sento. Moriremo.» quando la funivia prese più velocità, perfino le pareti della montagna lo sentirono urlare «AAAAH, ULALA’ UH UUH!»

«Ma sta riprendendo a nevicare?»
«James è sopravvissuto? I Solo sono già arrivati?»
«Che ci sarà per cena?»
«Domani la polizia riuscirà a venire su?»
Queste erano le domande che – bene o male – balenavano nella testa del gruppo, che aveva appena raggiunto la baita.
Il maggiore Price, verde in viso come se gli avessero ribaltato le budella e gliele avessero ficcate in lavatrice, ondeggiò «Odio sciare.»
Sua moglie Odette lo sosteneva con amore «Sei tu che ti ostini a venire o ad accettare le sfide. Stai in basso e guarda noi, no?»
«Oh certo, un passatempo allettante!» ironizzò lui «Credo che salterò cena. In più, mi sento le ossa rotte. Oh, avrò la febbre.»
«Tu sei proprio un ufficiale alternativo. Guarda Steve. Lui sì che è tutto d’un pezzo!»
«Ah, sì? Se ti piace tanto, perché non hai sposato lui?»
«Non dire idiozie. E non hai la febbre.» entrò nell’hotel, cercando subito il maggiordomo «Roger! Aspetta tesoro, magari possiamo chiedergli di portarci la cena in camera. Roger! Ma dove si è cacciato?»
Roger stava là, seduto davanti il bancone della reception con la testa immersa nelle ginocchia. Sembrava singhiozzasse.
«Ma che succede?» disse Evelyn, superando Price e Odette, alla faccia dell’età «Roger...si sente male, per caso?»
Roger aveva le palpitazioni «I-io l’ho lasciato solo per qualche minuto, per qualche minuto appena!» ripeteva come un mantra.
«Chi? Roger, chi hai lasciato solo?»
Ma non c’era bisogno di una vera risposta: Evelyn ed Odette, i due poli che ruotavano intorno a Liam Windsor, la madre e la figlia, sapevano. Il cerchio era chiuso. Ricordarono che nessuno era rimasto allo chalet eccetto Roger e Liam.
«No.» esclamarono a tempo «No!»
«L-lui voleva insegnarmi biliardo, voleva...»
Da quel dettaglio di Roger, colsero dove avrebbero dovuto correre, ed anche in quale stanza.
«Steve!» gridò il maggiore non appena lo vide varcare la soglia d’ingresso della struttura.
Confuso, Sheppard studiò la situazione. Cosa ci faceva Roger in terra? E perché continuava a piangere?
«Che accade?»
Price non riuscì a dire altro se non «Liam.» perché sua moglie si era già precipitata su per le scale e voleva seguirla.
Steve si scambiò un’occhiata con la figlia «Non dirmelo.» disse lei.
«Aiutatemi!» strillava la vecchia Evelyn «Aiutatemi a salire! Vi prego! Devo vederlo! Devo vederlo!»
James, entrato in quel momento con Harper e i figli, si offrì di accompagnarla «Vengo io, signora Windsor. La porto io.»
«D-dov’è mio fratello?» chiese invece Harper a voce così bassa che sembrò avesse posto quel quesito più che altro a se stessa «Liam? Liam!»
Corsero tutti su per le scale.
«Lo sapevo!» continuava a ripetere James «Me lo sentivo che qualcosa non andava!»
Nessuna funivia era precipitata nel vuoto, ma ci aveva quasi preso.
«Papà!»
«Figliolo!»
«Fratello!»
Ancora una volta, gli Sheppard erano gli unici estranei ai rapporti di quella stramba ma pericolosa famiglia. Si scambiarono uno sguardo complice.
Poi Steve disse «Largo! Fate largo, fate prima passare me!»
Aisha fu lieta che quella volta non fosse toccato a lei trovare…
Liam Windsor giaceva piegato sul tavolo da biliardo, con il busto e la testa premuti contro di esso. Il tappetino si era macchiato di un rosso vivo, così come parte del pavimento.
Non c’era arma del delitto, quella volta. Era stato sorpreso alle spalle e la sua testa era stata sbattuta ripetutamente sul tavolo da biliardo.
I parenti stavano avendo un mancamento.
Steve, invece, non credeva ai proprio occhi. Liam Windsor era il suo sospettato numero uno, ed ora era morto.
Per la prima volta nella sua vita, si sentì in colpa.






Angolo Autrice:

Gentili lettori, buon Natale!! <3
Vi ho offerto un capitolo con i fiocchi giusto per stare in tema e spero l'abbiate gradito :)
A tal proposito, io ringrazio tutti voi: chi legge, chi legge e recensisce, chi ha inserito la storia tra le seguite o chi vorrà farlo in seguito :)
Dai dati, vedo che siete abbastanza numerosi e la cosa non può che farmi piacere. *-*
Saluto le mie lettrici fidate che mi rendono sempre felice con le loro congetture.

Passate una serena giornata.
A venerdì! :)

SwanXSong

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Settimo Atto ***



Settimo Atto







«C’era solo lei in questo chalet, Roger!»
Le urla di Steve Sheppard avvolgevano ogni cosa: le mura interne ed esterne dell’hotel, il bosco adiacente, le funivie, le montagne, perfino la cittadina.
E se allo stupore si sommavano i sensi di colpa per aver dichiarato “assassino” un uomo innocente, il volume delle grida non poteva che aumentare.
«Lei non capisce!» tuonò il maggiordomo, in propria difesa «Cercano di incastrarmi! Non sono stato io, lo giuro! Lo giuro sulla mia defunta madre!»
Ma Steve non sembrava sentire ragioni. Continuava a passeggiare nella sala da biliardo, avanti e indietro, con le mani poggiate sui fianchi. Nella stanza, in quel momento, erano presenti solo lui, Roger, Susan e Price.
Aisha stava aiutando i famigliari della vittima ad elaborare il lutto.
Quando Sheppard si diresse alla porta e la chiuse con due mandate, Roger si sentì in prigione «C-che cosa sta facendo? Non può farlo! Questo è sequestro di persona!»
«Andiamo, non la tratterò a lungo. Certo, dipende da quanto tempo ci metterà a confessare.»
Susan incrociò le braccia al petto «Confessi, signor Roger, e mettiamo la parola “Fine” a questa storia. Ah, devo dire che sono parecchio delusa. Allora è vero che è sempre il maggiordomo.»
Roger portò le mani avanti «Ve lo giuro, non sono stato io. Mi hanno incastrato.» prese aria e cercò di calmarsi, così da parlare lucidamente «Lasciate che vi spieghi come sono andate le cose.»
Price allargò le braccia «Ci illumini.»
Dato che provava ancora nausea, si accomodò nella prima sedia che vide.
Roger cercò di non guardare il corpo, ancora steso sul biliardo, di Liam «Perché mi fate questo? Mi viene da vomitare...perché mi avete chiuso dentro con il cadavere?»
«E’ un ottimo metodo per non mentire.» rispose Steve «E si sbrighi, tra poco comincerà a puzzare. Susan...»
La ragazza si avvicinò al corpo, analizzandolo «Quando il cuore smette di battere, si interrompe la circolazione sanguigna. Perciò, il sangue non irrora più i tessuti, e le cellule, non ricevendo più ossigeno e nutrimento, muoiono. L’azione di diversi tipi di batteri produce i primi odori. Entro 24-72 ore dopo la morte, gli organi interni iniziano a degradarsi a causa della morte cellulare, e il corpo inizia ad emanare un cattivo odore.»
«E ma lo fai apposta!» disse Price sempre più verde in viso, cercando di non vomitare.
Allo stesso modo Roger, il quale disse «Non avrete intenzione di tenermi qui ventiquattro ore!»
«Dipende da lei.» ribatté Steve «Allora?»
«State calmi. State tutti molto calmi. Ho raggiunto il signor Windsor proprio perché sapevo fosse solo.»
«Ah, una confessione con i fiocchi! Ha approfittato dell’assenza di tutti in casa...»
«No! Volevo controllare il suo stato di salute mentale, dopo che lei non ha fatto altro che accusarlo per ore!»
Steve si bloccò di colpo. Roger, quella volta, aveva saputo colpirlo nel punto giusto, ed era anche riuscito a farlo affondare. Trattenne il fiato e lo guardò «Proceda.»
«In effetti, era parecchio giù. Subito voleva mandarmi via, ma poi mi ha chiesto di restare. Voleva che giocassi a biliardo con lui, io gli ho detto di non essere capace, allora lui si è offerto di insegnarmi.» una pausa, accompagnata da un respiro pesante «Tutto ad un tratto, è diventato strano. Mentre spiegava, ha iniziato a guardarmi come se fossi un diavolo sceso in terra. Non ho capito il perché.»
«Perché ha compreso che è un assassino. Che mi dice a riguardo?»
Roger, stufo di quelle accuse, si difese a testa alta «Lei non fa altro che puntare il dito contro tutti.»
«Mi attengo ai fatti.»
«Ho detto al signor Windsor di andare a prendere una boccata d’aria fresca, sarebbe stato ancora in tempo.»
«Che ore saranno state?»
«Almeno le cinque. Il sole tramonta presto d’inverno, non aveva molto tempo, ma data la sua salute mentale, io ho cercato di convincerlo ad andare. Le piste sono comunque illuminate.»
Prima che Steve potesse aprire bocca, Susan spalancò gli occhi e disse «Non è possibile.»
«Cosa?» le domandò Price, tenendo premuta una mano sulla fronte, moribondo.
La giovane sollevò lo sguardo su di lui e suo padre «Ora della morte indicativa...tra le cinque e le sei
Cadde un silenzio da fare invidia a quello dei morti.
«Non è possibile.» ripeté Jonathan, sconvolto «E’ uno scherzo, uno scherzo di cattivo gusto.»
Steve restò immobile sul posto per qualche secondo «Ci vuoi prendere in giro.»
Ma Susan scosse la testa negativamente «Roger ha detto che erano almeno le cinque.»
Sheppard strinse i denti e guardò il maggiordomo in malo modo «Si sta prendendo gioco di noi? Ha un significato questo orario preciso? Risponda!»
«Io cosa ne so?! Non sono l’assassino! Se mi lasciaste finire...ero riuscito a convincere il signor Windsor ad uscire! Proprio quando eravamo faccia a faccia, è squillato il telefono!»
Un’altra pausa.
«E’ squillato il telefono?» ripeté Jonathan Price, che da verde aveva assunto una colorazione rosso pompeiano.
Roger annuì «Ho detto al signor Windsor di attendere un attimo e sono sceso alla reception a rispondere.»
Cercando di non vomitare l’anima, Price domandò «E chi era?»
Roger scosse le spalle «Nessuno. Ho sentito dei respiri pesanti, inquietanti, poi ha buttato giù. Uno scherzo di cattivo gusto, di sicuro.»
«Il respiro di qualcuno non lo definirei “nessuno”.» disse Steve.
«Aspettate...» parlò Susan «Ma le linee non sono interrotte per colpa della neve?»
«E’ vero.» controbatté Price «Non capisco...»
«Solo quelle con l’esterno...» disse Steve «Quelle interne, a quanto pare, sono perfettamente funzionanti.»
«Oh. Quindi se dalla mia camera chiamassi la reception per la cena, funzionerebbe?» disse Jonathan «A tal proposito, Roger, volevo chiederle se fosse possibile...ho una certa nausea.»
Naturalmente nessuno lo ascoltò, tantomeno Roger.
«Chi ha chiamato lo ha fatto direttamente dall’hotel.» esclamò Steve con una certa inquietudine «E’ stato un diversivo.»
«Allora Roger sta dicendo la verità?!» si sorprese Price.
Il maggiordomo alzò le braccia al cielo «Mi credete, adesso?»
«Bè, non ci sono testimoni, questa cosa della telefonata lei può anche essersela inventata!»
«Non credo sia inventata.» meditò Steve «L’assassino ha preso tempo. Doveva uccidere Liam, ma Roger era di mezzo e non se ne andava. Forse l’assassino non pensava sarebbe rimasto, era certo che Liam avrebbe passato la giornata in solitudine. Quindi ha dovuto improvvisare.»
«Ha chiamato la reception e, liberatosi di Roger, è corso ad uccidere Liam, sorprendendolo alle spalle e non dandogli alcuna possibilità di difesa.» proseguì Susan «Diamine, deve essere stato velocissimo! Come ha fatto? Non è possibile, dato che si è anche preso del tempo per respirare al telefono.»
«Roger, quanto ci vuole a raggiungere questa stanza dalla reception, se si cammina a passo normale?» domandò Steve.
Il maggiordomo scosse le spalle «Non più di cinque, sei minuti.»
Price era sconvolto «Lo chalet non è infestato, vero?»
A questo punto, le pensava tutte.
«Immagino lei sia sceso di corsa per rispondere al telefono, ma sia risalito con calma, non pensando mai più che Liam fosse stato ucciso.» parlò Steve.
«Esatto.»
«Non è possibile.» ripeté Susan «L’assassino chiama da qui dentro, suppongo qui vicino, aspetta che Roger risponda, sospira pesantemente, poi butta giù, uccide Liam e sparisce nel nulla? Quale razza di essere umano riuscirebbe a fare questo in così poco tempo?»
«Secondo te perché ho chiesto se l’hotel è infestato, ragazza mia?» le domandò Price come uno zio premuroso.
Effettivamente, erano tutti perplessi.
Steve sospirò, osservando il corpo di Liam «L’assassino si è sbarazzato di lui proprio perché erede dello chalet.» scosse la testa, sentendosi in colpa «E io che credevo avesse ucciso lui il vecchio e raggiunto finalmente i suoi obbiettivi.»
«Steve...» disse Price, alzandosi con uno scatto «Eravamo tutti sulle piste da sci, oggi pomeriggio...qui c’erano solo Roger e la vittima. E se uno e morto e l’altro non è stato...»
Ora Susan provava ufficialmente paura.
«C’è davvero qualcun altro, in questo chalet.»

«Che diavolo fai??»
Price si accorse di aver urlato come una donnetta, motivo per cui avrebbe dato la colpa alla nausea, in caso di accuse. Nei pochi giorni trascorsi allo chalet, aveva imparato a difendersi molto meglio di un avvocato.
Steve, sguardo serio e determinato, caricò uno dei fucili presenti nell’armadietto della sala da caccia.
«Quelli, tecnicamente, sarebbero miei. Il testamento, ricordi?»
«Sicuro di volermi accompagnare?» si limitò a controbattere il marine, richiudendo le ante.
L’amico annuì «Secondo te ti lascio fare il giro turistico da solo?»
Steve sorrise e, senza preavviso, gli lanciò una pistola «Allora muoviamoci. Ho lasciato Susan con gli altri nella sala dei pasti. Nessuno di loro dovrà muoversi di lì fino al termine della nostra ispezione.»
L’orologio scoccò le nove di sera, e alla fine Price aveva cenato a tavola insieme agli altri. Consumando più che altro il salato, la nausea gli era passata.
Inseguì Steve per le scale e disse, ficcando l’arma nella cinta dei pantaloni «Quindi siamo davvero convinti che qui ci sia un soggetto terzo e che sia l’assassino? Potrei morire di paura, in caso.»
«E’ la nostra pista attuale, quindi...andiamo a scoprirlo. Partiamo dall’ultimo piano e poi torniamo indietro.»
«Hai una mappa dello chalet? Non sono così sicuro di orientarmi.»
Sheppard gliela sventolò davanti agli occhi «Sono tre piani, soffitta esclusa. Quindi iniziamo dalla soffitta.»
«Ottimo.» Price prese aria «Sì, ottimo. Il posto ideale come nascondiglio di un assassino. Spero solo di non doverla usare.» disse fissando la pistola.
Salirono le scale: per tutto il tragitto, Price non si risparmiò qualche Ave Maria a bassa voce. Steve, maniaco del controllo, le contò; erano undici.
«Hai tutte le chiavi di accesso?» domandò poi Jonathan una volta giunto davanti la porta della soffitta.
Il suo compagno di avventure annuì «Roger era talmente terrorizzato da me, che me le ha consegnate senza fare storie.»
«Per forza: tu la minacci, la gente.»
«Non è vero.»
«Ti conosco bene, è vero.»
«Non è vero.»
Una volta che la porta fu aperta, furono avvolti dal buio più totale.
«Ma che diamine, accendi la luce! Steven, accendi la luce!»
«Se mi dessi il tempo di cercare l’interruttore...»
Price lo spostò con una spallata «Faccio io, ci stai mettendo troppo.»
«Ti vuoi dare una calmata?!»
«Queste tenebre mi urtano!»
Si diedero delle manate assurde, finché Steve – naturalmente – non trovò l’interruttore. La luce, sebbene traballante, illuminò la stanza, e il marine sollevò tatticamente le sopracciglia «Visto?»
«Quando hai finito di lodarti da solo, mi dai una mano?»
«A fare che?»
«A investigare, tonto!» il karma girava contro Price, quella sera, perché rischiò di scivolare per terra e prendere una culata per colpa di un pupazzo sul quale inciampò, che successivamente emise un verso incomprensibile per il genere umano.
Steve, con i riflessi di un predatore, lo afferrò prima che toccasse terra.
«Accidenti! Ma cos’è quest’affare?!» sbottò Jonathan aggrappandosi al suo amico «Ti ringrazio.»
Steve lo aiutò a sollevarsi «La prossima volta che mi dai del “tonto”, non ti salverò.»
«Scusa, sei un genio.»
«Così va meglio.»
Price afferrò l’oggetto incriminato e lo osservò attentamente: era il pupazzo di un orso pilota, con tanto di sciarpa, berretto e occhiali tipici «Mi verrebbe da buttarlo giù dalla finestra.» disse con disprezzo «Ma siccome prima o poi io e Odette diventeremo genitori...dovrò farci l’abitudine a questi cosi sparsi per il pavimento.»
Steve fece una battuta di pessimo gusto «Se non muori qui.»
«Ma te ne vai cortesemente nel Paese di Fanculo?»
Steve rise «Questo non si dovrebbe dire in un giallo.»
«Noi non siamo in un giallo. Idiota.» Price lanciò il pupazzo poco più in là, con nonchalance, e questi finì sopra un cavallino a dondolo un tantino inquietante. Suddetto cavallino prese a dondolare rapidamente, e al maggiore vennero i brividi «Bè...perlomeno abbiamo la certezza che non c’è nessuno. Vero? C’è qualcuno?» gridò «Assassino, sei qui?»
Silenzio di tomba.
«Più che una soffitta vera e propria, mi sembra una stanza dei giochi.» analizzò Steve «Tutti questi oggetti devono essere appartenuti ai figli di Edmund da bambini.»
«Concordo. Non credo che l’assassino viva tra i pupazzi. A meno che non abbia un complesso del neonato molto avanzato e incurabile.»
Steve lo guardò, esausto «Ma come ha fatto Odette a sposarti?»
«E tu come fai ad essermi amico?»
Bingo.
Steve scosse la testa e procedette «Sì, bè, probabilmente sei anche il mio migliore amico, quindi...»
«Probabilmente? Come ti permetti? Chi potrebbe essere, sennò?»
Sheppard quella volta non rispose, concentrato nella sua missione.
«Vecchi libri di scuola, palloni, giocattoli...qui non c’è nessuno.»
«E cianfrusaglie.» aggiunse Price «Senti, Steve, io non credo l’assassino viva nella sala da biliardo o nello studio di Edmund. Sarebbe un tantino stupido a farlo, no? Quindi deve nascondersi in stanze come questa.»
Fu a quel punto che Sheppard ebbe l’illuminazione «Questo posto non è l’unico presente in quest’area.»
«Che intendi?»
«La casupola di Billy.»
Allora anche Price parve illuminarsi «Diamine, mi ero completamente scordato che il ragazzo ha una casetta propria! Non distante da qui a piedi, giusto? Nel bosco.»
Steve annuì «Se l’assassino si nascondesse lì ad insaputa di Billy?»
Jonathan fece schioccare due dita tra loro «Vale la pena tentare. Secondo me siamo sulla pista giusta. Finiamo di controllare lo chalet e poi dirigiamoci da lui.»

La casupola di Billy era avvolta da un’aura di calore e accoglienza, grazie al fumo che si alzava delicatamente dal camino. Le pareti erano fatte di tronchi d’albero robusti e decorati con ornamenti invernali, come ghirlande di bacche rosse e rami di abete profumati.
Steve e Price si avvicinarono alla porta d’ingresso.
Era adornata con una corona di agrifoglio, un tocco di festività.
Steve bussò ed attese.
«S-sì?» la voce di Billy giunse dall’altra parte quasi immediatamente «C-chi è?»
«Billy, sono il marine Steve Sheppard, ricordi? Sono qui con il mio amico, Jonathan Price.»
Per qualche attimo, i due furono avvolti soltanto dalla bufera, che incessante era tornata a tormentarli.
Continuando su quella scia, il tutto si sarebbe sbloccato il giorno della Befana.
La porta si aprì, mostrando un Billy sorridente e con un cucchiaino in mano «S-salve.»
«Oh. Disturbiamo?» chiese Price.
«N-no. S-scusate, questa s-sera ho f-fatto cena t-tardi. E-ero giusto lì che mi p-prendevo un tè c-caldo. P-prego, entrate.»
«Sempre a spalare, eh?» colse Price.
«Eggià.»
Vennero accolti da un’atmosfera calda e confortevole. Il pavimento di legno scricchiolava sotto i loro passi, ma era coperto da tappeti morbidissimi.
C’era un piccolo angolo cucina, con un fornello rustico e un bollitore sempre acceso, pronto a preparare alto tè o, perché no, una tazza di cioccolata calda.
Accanto alla cucina, notò Steve, c’era un tavolo in legno con due sedie intorno; un luogo perfetto per gustare una colazione invernale o per trascorrere un pomeriggio lavorando su qualche progetto creativo.
Più avanti c’era la zona salotto, che disponeva di un comodo divano e delle coperte.
«A-avete bisogno di qualcosa?» domandò Billy «Oh. C-che scortese. Una tazza d-di tè?»
Price sorrise con dolcezza «No, ti ringrazio. Abbiamo già cenato abbondantemente.» guardare Steve fu inevitabile per lui «In realtà, stiamo seguendo una nuova pista sul caso...Windsor? Vogliamo chiamarlo così?»
Steve andò al sodo «Hai saputo che Liam Windsor è morto, vero?»
Il ragazzo spalancò gli occhi e si paralizzò sul posto «C-cosa?»
Price respirò profondamente «Nessuno glielo ha detto, tipico di quei bastardi.»
«M-ma c-come è successo? S-siamo tutti in p-pericolo?! U-uccideranno anche m-me?!»
«Billy, Billy, non agitarti.» tranquillizzò Sheppard «Va tutto bene. Nessuno vuole ucciderti, o almeno spero. L’assassino non ne avrebbe motivo.»
Billy dovette sedersi e prendere fiato «C-com’è m-morto?»
«Non è il caso che tu lo sappia. Ti agiteresti ancora di più.» gli disse Price.
Ma il tuttofare insistette «I-io lo vorrei s-sapere.»
Steve si scambiò un’occhiata con il suo partner «La sua testa…gli hanno sbattuto ripetutamente la testa sul tavolo da biliardo.»
Billy premette una mano al cuore, terrorizzato «N-non sono stato io! Non sono stato io, ero a spalare come sempre, q-qualunque o-ora fosse!»
«Billy, calmati! So che non sei stato tu, ma devi calmarti. È per questo che siamo qui.» disse Steve «Pensiamo che l’assassino non sia nessuno di noi, a questo punto.»
Billy, che era un ragazzo intelligente, colse subito «P-pensate che c-ci sia qualcun altro.»
Price annuì, infilando le mani in tasca «Sai chi potrebbe essere? Il signor Windsor aveva parecchi nemici, e tu lavori qui da tanto tempo.»
«I-io c-ci sono c-cresciuto qui. Q-quando e-ero b-bambino, m-mi piaceva g-giocare in ogni a-angolo d-dell’hotel.»
Steve corrugò la fronte «E’ possibile che qualche giocattolo che ti apparteneva ora giaccia nella soffitta dello chalet?»
Billy sollevò le spalle «M-ma certo.»
Price ringhiò «Spero non sia quel dannato orso che ha attentato alla mia vita!» disse tra sé e sé. Quando si girò, Billy vide la pistola e trasalì.
«Billy, ora sarò un po’ impiccione.» proseguì Steve «Dove sono i tuoi genitori? Mi sembri un ragazzo molto solo.»
«Oh, no. Io n-non sono s-solo. M-mia m-madre mi ha cresciuto d-da sola. L-lavorava qui. O-ora l-lavora a L-Londra, m-mica è morta.»
«Lavora a Londra?»
«S-sì. H-ha trovato un posto in un hotel di lusso, e-era stufa d-delle montagne.»
«Immagino che sia stata una ragazza madre.» sospirò Price, dispiaciuto. Quel povero ragazzo non aveva avuto nemmeno una fortuna nella vita.
Billy annuì «N-non ho m-mai conosciuto mio p-padre. L’ha l-lasciata quando ha sc-scoperto della sua g-gravidanza.»
«Ed Edmund Windsor si è dimostrato così gentile da permetterti di lavorare qui.»
Naturalmente Price stava parlando per eufemismi, dato che il vecchio aveva sputato in faccia al ragazzo frasi tipo “Se non ti prendo io, chi ti prende?”. Ma a Billy non sembrava importare.
«Puoi aiutarci?» ripeté Steve «Avrai visto tante persone andare e venire dallo chalet.»
«M-moltissime. C-come f-faccio ad identificare un p-potenziale assassino? Ce ne sono t-troppi.»
Sheppard annuì «E se lui ci stesse ascoltando, in questo preciso momento?»
Billy ebbe un fremito «C-cosa intende?!»
«Pensiamo si nasconda qui a tua insaputa.» spiegò Jonathan Price «Dicci, hai posti dove potrebbe nascondersi il killer? Una soffitta?»
«N-non ho u-una soffitta. P-però ho una c-cantina. Non ditemi c-che qui c’è qua-qualcun altro.»
«Lo scopriremo presto. Billy, ci permetterai di ispezionare la tua casa?»
Dopo aver inghiottito saliva, il ragazzo annuì «C-certo.»
La cameretta stava al piano di sopra. Era arredata con letti in legno intagliato e coperte spesse per proteggersi dal gelo. Le finestre offrivano una vista stupefacente sul paesaggio innevato.
Per accedere allo scantinato, invece, c’era una piccola scala di legno che scendeva nel terreno; il corrimano intagliato guidò Steve e Price lungo il percorso.
Appena giunti a destinazione, sentirono l’aria diventare fresca ed umida, caratteristica di quella parte più nascosta della casupola.
Le pareti di pietra e terra li circondarono, dando uno spirito rustico ed affascinante allo spazio.
Alcune travi di legno attraversavano il soffitto a volta, una luce fioca illuminava la stanza; proveniva da vecchie lampade a sospensione.
Le pareti erano decorate da scaffali di legno con ripiani, su cui erano posizionate bottiglie di vino e conserve fatte in casa.
C’era poi un tavolo robusto con sedie intorno. Billy spiegò loro che serviva per le degustazioni di vino.
Sulle pareti c’erano strumenti per la conservazione degli alimenti, come barattoli di vetro per marmellate e sottaceti, che riflettevano l’attenzione dedicata alla preparazione di cibi gustosi.
Mentre esplorava lo spazio, Steve notò la cantina, dov’erano conservate bottiglie di vino dall’etichetta sbiadita, collegate a ricordi di serate passate.
Ma, a parte quello…
«Non c’è nessuno, Steve.» disse Price con un sospiro. Non sapeva se essere felice o triste «Qui non c’è nessuno.»
«D-dubito che l’assassino v-viva nel bosco.» disse Billy sbucando alle loro spalle «N-non sopravvivrebbe p-per colpa d-delle temperature t-troppo gelide.»
Price avrebbe voluto ribattere con “Perspicace”, ma si trattenne per decenza.
Steve si passò una mano sulla fronte sudata. Sembrava arreso.
Lasciandosi andare contro una delle fredde pareti dello scantinato, esclamò «Io non ci capisco più niente. Davvero, non so più cosa pensare. Questo caso è pazzesco.»
«Lo fa apposta, Steven. L’assassino lo fa apposta a confonderci, a metterci l’uno contro l’altro.» disse Price «Le cose si stanno intricando, è vero, ma le tre vittime non sono morte naturalmente.»
«F-fatemi un r-riassunto d-della faccenda.» pregò Billy «C-cerco di aiutare, m-mi piace risolvere misteri. V-venite, torniamo di sopra. Vi preparo u-una cioccolata c-calda, e non p-potete rifiutare. Insisto.»
I due, un poco sollevati, sorrisero ed accettarono.
Steve aprì la mappa dell’hotel e la poggiò sul tavolo, lasciando giusto lo spazio per la cioccolata calda.
«Edmund Windsor muore tra le cinque e le sei di sera del 24 dicembre. È stato colpito con un posacenere alla nuca. Non ci sono impronte, il che significa che l’assassino indossava i guanti.»
«Non abbiamo detto che ha agito di impulso? Perché avrebbe dovuto indossare i guanti in casa?» chiese Price.
«E’ vero.» confermò Billy, intento a preparare le bevande «P-perché? D-dentro c-casa non f-fa freddo.»
«Allora cosa? Torniamo alla teoria premeditazione?» controbatté Steve.
Billy scosse la testa «N-non d-dobbiamo p-prendere un delitto alla v-volta, m-ma d-dobbiamo avere una visione più ampia e g-generale.»
Il marine lo fissò «Spiegati.»
«P-procedi con il riassunto. P-per f-favore, non interrompiamolo più.»
Price cercò di trattenersi.
«In quell’arco temporale, eravamo o alle funivie, dove tu, Billy, sei venuto a prenderci, o alla reception.» disse Steve «Anche Roger era lì, mentre la segretaria della vittima, Aisha, era a farsi un bagno caldo nella stanza di Evelyn Windsor. Maggie, la cameriera che amava origliare da dietro le porte, si è piazzata davanti a quella dello studio. Aisha sostiene di essere andata via da quella zona per le quattro e mezza, quindi abbiamo un po’ di vuoto, dove potenzialmente l’assassino ha agito.» una pausa «Dubito, però, che sia uscito dalla porta, dove poteva essere visto. Va bene il rischio, ma qui si tratterebbe di follia. La finestra dello studio, difatti, era aperta. Forse è un trucco per depistare le indagini, forse davvero l’assassino è entrato rapidamente dalla porta e poi è uscito dalla finestra, lasciandola inevitabilmente aperta, dato che non si può chiudere da fuori. Io e mia figlia abbiamo controllato, una persona atletica può benissimo percorrere i cornicioni per giungere o scendere dal terzo piano. Inoltre, essendo posizionato in bocca al bosco, si passa più inosservati. La neve fresca ha cancellato le eventuali impronte di scarpe o scarponi.»
I due ascoltatori lo fissavano attentamente.
«Maggie, la cameriera. Sapeva di sicuro qualcosa ed è stata messa a tacere. Lei, sebbene nominata nel testamento, sono certo fosse fuori dalla catena di delitti del killer. Semplicemente, sapeva troppo e doveva essere eliminata. Ma cosa? Cosa poteva mai sapere che a noi sfugge?» un’altra pausa «Ancora una volta, l’omicidio viene commesso tra le cinque e le sei, di mattina, questa volta. E’ Natale quando viene colpita alla nuca con un pezzo di legno. E qui può essere stato chiunque, a discapito di ciò che si dice, perché eravamo tutti chiusi in camera, ma non vi è certezza.»
Price respirò, Steve andò avanti «Ho sempre saputo che la questione ruotava intorno al testamento, per cui ho sospettato di Liam Windsor, primogenito di Edmund, in maniera quasi cieca. Pensavo, anzi no, ero convinto, che avesse fatto fuori suo padre per ricevere prima lo chalet in eredità. Questo fino a quando, oggi stesso, 26 dicembre, Liam non è stato ucciso nella sala da biliardo, facendo crollare ogni mia certezza. Ancora una volta, dalle cinque alle sei. A questo punto, questo orario significa qualcosa per l’assassino. L’unico presente allo chalet a quell’ora era Roger, il quale però sostiene di essersi allontanato dalla scena in seguito ad una telefonata che è giunta alla reception.» e quello era forse il dettaglio più inquietante dell’intera vicenda «Essendo le linee telefoniche interrotte per colpa del maltempo, l’assassino ha chiamato direttamente dall’hotel, levando Roger dai piedi ed agendo indisturbato, uccidendo Liam. Devo ammettere che qui le tempistiche mi tornano in parte, perché mi chiedo come abbia fatto ad essere così veloce, dato che Roger è tornato dopo poco tempo. Ma, ahimé, a quel punto Liam era già morto e l’assassino dissolto nel nulla.»
«Ripeto, spero che lo chalet non sia infestato.» disse Price.
«Q-quindi, d-dato che eravamo t-tutti fuori d-dallo chalet, avete ipotizzato c-che ci sia un s-soggetto terzo che si nasconde.» disse Billy versando loro la cioccolata.
«Oh, grazie. Molto gentile.» ricambiò Price.
Steve, invece, annuì «In tutta onestà, non so cosa pensare d’altro. Ma abbiamo ispezionato lo chalet per intero e poi siamo venuti qui, ma nemmeno qui c’è qualcuno! Io non capisco...non c’è nessun’altra costruzione nei paraggi, questo posto è completamente isolato! Ci sono altre costruzioni?»
Billy fece di No con la testa. Steve e Price sospirarono.
«Tu che dici, Billy?»
«U-un assassino non può sparire così, n-nel nulla. S-sta giocando c-con n-noi, è ovvio. S-siamo arrivati esattamente dove v-voleva lui, ad un p-punto d-di non r-ritorno, colmi di teorie e...f-fili intricati n-nella nostra testa.»
«E io che pensavo l’unico omicidio sarebbe stato quello del vecchio.» disse Price sospirando «E’ chiaro che Liam è stato fatto fuori proprio perché erede dello chalet.»
«Mi sorprendo di come sia banale il movente, ma dannatamente complessa la modalità.» disse Steve, riflettendo «Credessi nel soprannaturale, direi davvero che è opera di un fantasma.»
«A-adesso m-mi avete m-messo p-paura. I-io m-mi barrico q-qui.»
«Sì Billy, chiudi con la doppia mandata, non si sa mai. E quando vieni allo chalet, di giorno, corri più veloce che puoi. Il bosco non è sicuro.»
Price guardò il suo partner «Perché, lo chalet lo è? Siamo intrappolati, Steven. Intrappolati come topi. E tutti nominati nel testamento di Edmund Windsor. Da questo momento in poi, ciascuno di noi può essere la prossima vittima.»







Angolo Autrice:

Carissimi, buongiorno :)
Se siete arrivati fin qui, grazie di cuore. Ringrazio in particolare Milly, Orny, Fiore, Jessica, Abby, Alcor ed Eleonora, che mi hanno fatto sapere le loro impressioni, ma ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le seguite o chi legge in silenzio.
Spero che abbiate apprezzato anche questo capitolo, e sono certa che qualcosa iniziate ad intuire...ma aspetterò le vostre congetture per vedere se ho ragione.
Ne approfitto per auguravi BUON ANNO! Anche se il prossimo capitolo verrà pubblicato sempre di lunedì, quindi avrò modo di rinnovare gli auguri.

Grazie ancora per l'attenzione e a presto! <3

SwanXSong

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ottavo Atto ***



Ottavo Atto






27 Dicembre.
Le porte si spalancarono alle ore 9 in punto, e la scena parve a tutti identica ad una precedente: si palesarono in corridoio a tempo, scrutandosi l’un l’altro.
E se finora, bene o male, avevano dormito, la preoccupazione che ci fosse qualcuno nascosto nello chalet, unita ai sensi sempre all’erta, non aveva fatto loro chiudere occhio.
Erano nel cuore della faccenda, ormai, l’atto ottavo era cominciato.
Steve e Susan si scambiarono uno sguardo complice, contornato da occhiaie indecenti. Fissavano gli altri e gli altri fissavano loro.
E, arrivati a quel punto, ciascuno pensava qualsiasi cosa di chiunque.
«E se fossero d’accordo?» fu proprio quel pensare qualsiasi cosa, che incoraggiò Susan a tirare fuori quella ipotesi «Se ci stessero fregando? Se fossero tutti d’accordo sin dall’inizio...»
Steve continuò a guardare dritto dinnanzi a sé «Allora significherebbe che si stanno difendendo l’un l’altro, fingendo di accusarsi a vicenda.»
«In questo modo, non importa se hanno un alibi. Qualcuno ha materialmente commesso i delitti, quando in realtà tutti sapevano sarebbe accaduto.»
Steve passò rapidamente lo sguardo su ognuno di loro, la mancanza di sonno non gli permetteva di ragionare lucidamente.
«Aisha, però, mi sembrava parecchio sconvolta. Se è complice anche lei, è un’ottima attrice.» disse.
Susan scosse la testa «Credo siano più che altro i membri della famiglia.»
«Sapevano che il vecchio non sarebbe sceso da quelle scale...hanno inscenato tutto...e Nate ha finto di soccorrere Aisha?»
«Signori Sheppard, buongiorno.» il saluto di Roger, che si palesò davanti a loro quasi dal nulla, li distrasse «E’ pronta la colazione.»
Steve tornò a guardare il maggiordomo con sospetto «Arriviamo, grazie...Roger
Egli fece una specie d’inchino di cortesia e si diresse dagli altri.
«Se fosse lui l’assassino materiale? Se quella del telefono fosse soltanto una bugia?» sussurrò Steve «In questo modo, lui si è creato un alibi, di comune accordo con la famiglia Windsor, è ovvio, e loro possono affermare con certezza di essere stati alle piste da sci, dov’eravamo anche noi. Cosa c’è di meglio che farsi vedere dai due investigatori, per essere scagionati da un omicidio?»
La risposta era banale per Susan «Niente.»
Scesero le scale e si diressero nella sala dei pasti per la colazione.
Durante il tragitto, Steve sussurrò alla figlia «Voglio che oggi pomeriggio tu venga con me. Ripercorreremo i tre omicidi con la fantasia, recandoci nelle stanze apposite. Ci scambieremo di ruoli, faremo la vittima e il carnefice a vicenda.»
Ella annuì «E’ un’ottima idea, soprattutto per valutare bene le varie angolazioni.»
«E’ proprio questo, il punto. Le angolazioni. Fino ad ora ne abbiamo tenuto conto, ma non in maniera approfondita. E’ la dinamica del terzo delitto, in particolare, a non tornarmi.»
Susan lo squadrò da capo a piedi «Ah, lì Liam lo impersoni tu.» mise le mani avanti «Non voglio fingere di morire in un tavolo da biliardo. Che tristezza.»
«Confabulate?»
La voce di Adam, intento a piazzarsi a tavola, invase le loro orecchie «Contro chi, questa volta? Non c’è nessuno qui, a parte noi, è ciò che avete detto ieri sera dopo l’ispezione...dico bene, signor Price?»
Jonathan annuì «E’ così, sì.»
«Quindi, o l’assassino si nasconde perfettamente, tipo sotto il pavimento, o...bingo, torna ad essere uno di noi? A che fase siamo, ora? Un po’ entrambe, vero? Ci teniamo d’occhio a vicenda, ma allo stesso tempo ci giriamo quando sentiamo uno scricchiolino dietro di noi.»
«Adam, questo non è un divertimento!» lo sgridò Harper «Papà e Liam sono morti!»
«Un po’ se la sono andata a cercare, dai...infatti, io sono ancora vivo.»
«Come puoi essere così insensibile?»
Evelyn abbassò lo sguardo, pallida come un cadavere. Aveva perso prima suo marito e poi suo figlio, faceva male. A stento parlava.
Anche Odette era scossa, nonostante non avesse un buon rapporto con il padre. Ora era senza entrambi i genitori, era molto triste.
Aisha l’aveva consolata tutta la sera e Susan le aveva dato un sedativo per la notte. Ma lei non era riuscita a dormire granché: nonostante Price accanto, era restata a fissare la porta per paura che l’assassino potesse in qualche modo entrare ed ucciderla. Ed era chiusa a chiave.
Steve sospirò «C’è una botola sotto il pavimento, signor Windsor?» chiese apposta, giusto perché ormai le pensava tutte.
Adam lo guardò come se fosse alieno «Non che io sappia, la mia era una battuta!»
Dopo quella battutaccia di Adam, consumarono la colazione in silenzio, senza risparmiarsi le occhiate sospettose.
Com’era il detto, in casi come quello?
Chiunque poteva essere vittima, sospettato e carnefice.

Non appena Susan seguì il suo giovane padre dentro lo studio di Edmund Windsor, ripensò agli appostamenti di Maggie, la vecchia cameriera pettegola. Sul possibile orario in cui la donna poteva essersi piazzata davanti a quella porta, era stata detta qualsiasi cosa.
Quindi, fu da quel dettaglio che decise di partire «Se fossi in grado di comunicare con i fantasmi,» ironizzò «Potrei sapere da Maggie l’ora esatta o indicativa nella quale ha iniziato l’appostamento.»
Steve annuì «Abbiamo un range di un’ora e mezza, non è poco. In base all’orario di Maggie, può cambiare tutto: specie da dove è entrato e uscito l’assassino.»
Chiuse la porta alle sue spalle, ma non a chiave, esattamente come quel tardo pomeriggio della vigilia di Natale.
«Billy è uscito alle quattro e mezza, allo stesso orario Aisha è andata a farsi il bagno nella vasca di Evelyn...a che ora è davvero arrivata Maggie? Dalle quattro e mezza alle sei, ce ne passa.»
«Come ho detto, un’ora e mezza indicativa. Aisha non l’ha incontrata, ma Maggie le ha giurato di essersi appostata. Peccato non le abbia detto l’orario.»
«Sono dettagli a cui non pensi, mentre parli. Soprattutto se è una cosa che accade di consueto.»
«E’ vero.» Sheppard osservò la porta «Quindi, torniamo al nostro bel punto di partenza. Se Maggie è arrivata prima delle cinque, quindi anche solo alle quattro e quaranta, ovvero dieci minuti dopo che la porta è stata lasciata incustodita, può aver sentito qualcosa.»
«Se è arrivata dopo le sei, invece, orario nel quale l’assassino aveva già agito...Edmund era già morto, e aveva poco da sorvegliare.»
«Aisha ha detto che Maggie le ha giurato di non aver più visto nessuno da quando si è appostata. Ma che ora era?»
«Non lo sapremo mai con certezza, papà. A meno che l’assassino, se mai lo identificheremo, non confermerà o smentirà di aver visto o sentito la cameriera fuori dalla porta.»
«C’è però da tenere in conto il dettaglio della morte di lei. È stata messa a tacere, ma su cosa? Sull’aver sentito e magari visto l’assassino? O su qualche altro oscuro segreto di cui solo lei era a conoscenza? Ricordiamo che lavora qui da anni.»
«Mmh. Io direi di procedere con la ricostruzione, proviamo a calarci nella situazione, magari qualche cosa riusciamo a scoprire.» propose Susan.
Steve fissò lo studio: porta chiusa ma non a chiave, finestra aperta.
«La finestra è stata aperta prima o dopo il delitto?»
Era un’altra ottima domanda.
«Se è stata aperta prima, deve essere stata aperta da dentro. A meno che il nostro assassino non sia anche uno scassinatore esperto. Ci vuole niente a forzare una finestra dall’esterno, è vero, però… questi ricconi, qualora siano stati davvero loro, non mi sembrano dei grandi “lavoratori”. Di certo non si metterebbero a forzare la finestra.»
«Ed il signor Windsor non può essere stato così stupido da aprire la finestra una giornata di dicembre con tanto di bufera.»
«Quando siamo arrivati sulla scena, ho fatto caso, il pavimento accanto alla finestra era bagnato, ma non fradicio. Quindi...»
«Mettiamo che sia stata aperta dopo il delitto. È entrata meno neve, come hai sottolineato tu, e...» Steve si avvicinò alla finestra «L’assassino l’ha usata per scappare o l’ha lasciata aperta per tenderci una trappola?»
«Dalla porta può essere uscito, ma sarebbe stato stupido, ricordi?»
«Sì, ricordo.» il marine si piazzò alla scrivania, la stessa dove aveva letto il testamento.
Susan era piazzata alle sue spalle.
«Dunque, sono Edmund Windsor.» disse, e la figlia tirò un sospiro di sollievo «Ah, menomale. Credevo avrei dovuto farlo io.»
Il padre le scoccò un’occhiataccia «A te toccherà impersonare Maggie, non voglio sentire scuse!»
«D’accordo, d’accordo. Purché Liam lo faccia di nuovo tu.»
«Sono chiuso dentro questo ufficio da quanto? Probabilmente ore.» proseguì Sheppard, analizzando la scrivania «Qui ci sono i miei libri contabili, qui dei fogli bianchi, una macchina da scrivere...» spostò lo sguardo sui cassetti e ne aprì uno ad uno «Sono aperti. Strano.»
«Secondo me il vecchio non ha fatto in tempo a chiuderli, è stato accoppato. Forse la chiave è in qualche tasca dei suoi vestiti. Dovremmo tornare nella stanza dei prosciutti, per certificarlo.»
Steve tirò fuori altre carte, altri documenti, ma non sembrava esserci niente di importante ai fini del caso. Sarebbe stato troppo facile.
«Lascia perdere, resto convinta che tutto ruoti intorno al testamento. E alla sua modifica, non dimentichiamolo.»
Steve annuì e decise di fare le cose con ordine «Sono qui alla mia scrivania da ore.» ripeté «Arriva Billy. Io gli chiedo se tutto procede per il meglio, se per la mia festa è tutto in ordine. Poi lo spedisco alle funivie ad accogliere gli ospiti. Sono le quattro e mezza.»
«Quindi sei rimasto da solo fino all’arrivo dell’assassino, ovvero tra le cinque e le sei, ora della tua morte.»
«Concordo. Trattandosi di un delitto impetuoso, tutta la faccenda deve essersi svolta rapidamente. Quindi l’assassino deve essere entrato davvero in quell’orario e avermi accoppato in tempo zero.»
«Forse prima abbiamo discusso.» ipotizzò Susan, impersonando l’assassino «L’unica che può aver sentito, è come al solito Maggie. Che è stata messa a tacere. Un gatto che si morde la coda.»
«Non sapendo con precisione a che ora la cameriera si è piazzata lì fuori, da dove puoi essere entrata? Come hai raggiunto questa stanza?»
Susan si ricordò di un dettaglio che poteva sembrare banale, ma che invece non lo era «Tu sei anche uscito fuori per apporre il cartello “Non Disturbare”.»
«Diamine. Mi ero scordato di questo dettaglio.» Steve si diresse alla porta e finse ancora di essere la vittima «Prendo il cartello, apro e lo posiziono qui sopra.» guardò fuori «Sono stato aggredito in questo momento? Tu sei sbucata dal nulla e mi hai premuto una mano sulla bocca per farmi tacere, forse? Poi mi hai trascinato dentro e mi hai finito con il posacenere? Non credo un centenario abbia la forza sufficiente a sopraffarti.»
Quella volta fu Susan a portare le mani ai fianchi «Tutto dipende da quando hai messo il cartello. Se l’hai messo poco dopo le quattro e mezza, dubito che io, assassino, sia stato per così tanto tempo a chiacchierare con te prima di ucciderti. Dalle cinque alle sei...»
«Vero. E se invece io il cartello l’avessi apposto, diciamo, per le cinque e qualcosa?»
«Ma se il tuo obbiettivo è quello di non essere disturbato sin da subito, sin da quando Billy è andato via, perché appenderlo dopo più di mezz’ora? Qualcuno, in assenza dell’avviso, avrebbe potuto entrare. Una qualsiasi cameriera, Roger, chiunque.»
Ragionamento corretto che portò il marine a chiedersi nuovamente «D’accordo, allora da dove sei entrata?»
«Dimentichiamo per un attimo quella dannata porta. Risiediti alla scrivania.»
Steve obbedì.
«Io penso che tu sia stato aggredito alle spalle.»
«E’ praticamente certo.»
«Ma tu hai la porta di fronte a te, mentre la finestra è alle tue spalle.»
«Io non mi sono più alzato da qui...se avessi visto qualcuno entrare dalla porta, magari mi sarei alzato, anche solo per insultarlo!»
Susan annuì «Esatto. Invece sei stato colto di sorpresa, colpo secco alla nuca.»
«Se conoscevo il mio assassino, mi sarei alzato ugualmente?»
«Penso di sì. Se hai detto che non vuoi essere disturbato, ti saresti arrabbiato anche se fosse entrata la tua cara nipotina Odette. Alzarsi, in questi casi, è un gesto istintuale. Nemmeno te ne accorgi, ma lo fai.»
«Sei entrata dalla finestra, hai afferrato il posacenere e mi hai colpito?»
«Dove stava il posacenere?»
«Nathan ha detto sulla mensola del caminetto.»
«Corrisponde con la ferita alla nuca, è proprio l’angolazione giusta.»
«Mi colpisci e poi? Molli l’arma del delitto sul pavimento e scappi dalla finestra?»
«Se, per fare meno sforzi, l’avessi lasciata aperta ore prima e tu non te ne fossi accorto? Intendo la serratura aperta, ma la finestra che sembra apparentemente chiusa.»
«No, hai agito di impulso, con rabbia.»
«Vero.» la ragazza lo fissò «Ma papà, se sono entrata dalla finestra che era chiusa, tu non mi hai sentito armeggiare? Sei sicuro che non c’è premeditazione?»
«E’ l’arma del delitto che mi stona. Perché non usare una pistola, un coltello, avessi pianificato ogni cosa? Perché non soffocarlo? Tutto mi porta a pensare all’impulsività.»
«Ma non torna.» Susan fece qualche passo ed analizzò la stanza «E se...» Steve l’ascoltò con attenzione «E se io fossi stata già qui, nascosta da qualche parte?»
«E’ possibile, ma sarebbe nuovamente premeditazione. L’attesa presuppone che hai calcolato esattamente ogni cosa. Inoltre, non ci sono nascondigli qui. C’è il camino, ma era di sicuro acceso...e non credo ci saresti stata.»
Susan si piazzò una mano in fronte. Quel caso la faceva impazzire e stava diventando sempre più intricato «D’accordo, passiamo a Maggie.»

Si scambiarono di ruoli e giunsero in salotto.
«Soffro d’insonnia, quindi decido di preparare la tavola.»
«Scendi giù tra le cinque e le sei. Anche tu vieni sorpresa alle spalle da un pezzo di legna pesante che ti accoppa.»
«Mi accascio accanto all’albero di Natale, il quale...» Susan si inginocchiò e puntò lo sguardo davanti a sé «E’ proprio sulla stessa linea immaginaria della porta, solo dalla parte opposta.»
«Sono entrato dalla porta.» concordò Steve «Ho approfittato che eri girata di spalle, ho afferrato un pezzo di legna dal cestino accanto al fuoco e ti ho colpita. Questa volta non ho avuto timore che qualcuno mi vedesse, l’intero chalet era immerso nel sonno. E chi non dormiva, non era comunque qui.»
«Io sapevo qualcosa, qualcosa di importante. Mi chiedo che significato abbiano i numeri cinque e sei per l’assassino.»
Steve le diede una pacca sulla spalla «Vieni, c’è una stanza che mi intriga molto più delle altre, anche più dello studio del mio vecchio amico.»

Susan guardò semi-schifata quella testa di bufalo attaccata sopra il camino della stanza da biliardo «Che pessimo gusto.»
Dall’espressione divertita di suo padre, colse che quella sarebbe stata la sua recita preferita, perciò disse «A te l’onore.»
«Dovrai fare il doppio ruolo, qui. Ricordiamo che c’è anche Roger.»
Lei alzò le spalle «Okay. Sono Roger, sono venuto perché tu stai dando di matto.»
Steve, dispiaciuto, annuì «Per colpa di un marine stupido che si improvvisa detective.»
«Papà, non sei stupido. È che certe volte ti fissi e spesso vuoi avere ragione. Coraggio, procediamo. L’unico testimone sono io, quindi tutto ciò che racconterò dopo ai detective dilettanti può essere una grandissima bugia.»
«Ma mettiamo che sia vero. Io subito non voglio uscire all’aria aperta, poi, tutto d’un tratto, cambio idea. Perché?»
Susan si mise a ragionare, scoprendo che la tattica di immedesimarsi negli altri le permetteva di pensare come gli altri «Hai paura di me.»
«Ho paura di te...» ripeté Steve, convinto.
«Pensi che io sia l’assassino. Quando vuoi fuggire, squilla il telefono.»
«E’ vero?»
«Non lo so, non abbiamo gli strumenti adatti per verificarlo. Inoltre, non esiste un “registro chiamate”. Sarebbe troppo bello.»
«Vedi, figliola, qui viene il punto che più mi fa dannare dell’intero caso, perfino più dell’assassinio di Edmund. Le tempistiche. Mettiamo che sia vero: suona il telefono, tu ti precipiti di sotto a rispondere, io resto da solo. Mentre ti aspetto, mi piego sul biliardo per sistemarlo. Ricordiamo che ti stavo insegnando a giocare.»
«Me lo ricordo molto bene. Raggiungo la reception, rispondo, sento solo dei sospiri pesanti. L’assassino butta giù. Ha chiamato da qui vicino, ma da dove?»
Steve fece schioccare le dita «E’ proprio questo, il punto. Da dove? Come ha fatto ad ammazzarmi così velocemente, sapendo che tu saresti tornata qui dopo la telefonata fasulla?»
Susan prese un ampio respiro e uscì dalla stanza, controllando quelle adiacenti «Ora sono l’assassino. Ovviamente ciascun telefono ha il cavo, quindi...» entrò nella stanza adibita allo sci «Quella porta è sempre stata aperta?»
«Secondo Roger sì, spalancata.» confermò il marine dalla stanza del biliardo.
«Qui non ci sono telefoni. E certo, perché dovrebbero esserci telefoni nella stanza dello sci?»
Steve restò in quella da biliardo «Altro?»
Susan uscì, ma dall’altra parte c’era solo il corridoio «Non ci sono altre stanze sufficientemente vicine.»
Steve sospirò «Rientra, vediamo la dinamica.»
Susan obbedì, raggiungendolo.
«Mettiti dietro di me. Io sono piegato sul tavolo e tu, ancora una volta, mi sorprendi alle spalle. Quando me ne rendo conto, è troppo tardi.»
«Ci vuole forza per fracassare il cranio di un uomo come Liam Windsor.» disse Susan «Non credo sia stata una donna.»
«Lo penso anche io. Ma se mi hai sorpreso alle spalle...non puoi essere entrato dalla porta. Allora da dove sei entrato? Io ho la visuale della porta, da questa angolazione.»
Susan aggrottò la fronte «Non ha senso. Dietro le tue spalle c’è solo la parete. Non posso essere uscito di qui tipo fantasma, no?»
«Ah, eccovi qui!»
I due alzarono le teste all’unisono, vedendo il sorriso mascalzone di Adam prima ancora di Adam stesso.
«Signor Windsor, ho pregato tutti gli ospiti di...»
«Non l’hanno ascoltata minimamente, Sheppard. Si sono stufati di stare in gabbia come topi, quindi si sono lanciati nelle attività più svariate. La mamma è a farsi uno di quei bagni rigeneranti nella sua vasca.»
Steve portò indietro la testa, esausto «Siete degli stupidi o cosa? Non dovete stare da soli!»
«Si rilassi, Sheppard. Mia madre si è chiusa a chiave, e gli altri sono almeno a gruppetti di due...spero.»
Susan lo guardò con sospetto, ancora una volta. Tranquillo, troppo tranquillo.
Com’era che in assenza dei detective tutti non avevano più timore dell’assassino?
Forse perché erano loro stessi gli assassini. Ne era sempre più convinta.
Fu per quella precisa ragione che disse «Allora venga, signor Windsor, ci dia una mano.»
Magari lo avrebbe messo nel sacco, sarebbe riuscita a fregarlo senza che lui se ne rendesse conto.
Il libertino piazzò le mani in tasca e sollevò le sopracciglia «U-una mano? E cosa devo fare?»
Per prendersi gioco di lui, Susan disse «Secondo lei, l’assassino può essere uscito da questa parete?»
Adam la guardò con gli occhi fuori dalle orbite «D-da quella parete? Solo se è un’entità incorporea! So tutto a riguardo, avrei potuto fare il medium.» si vantò.
«Certo, come avrebbe potuto fare l’avvocato o l’attore.» infierì la ragazza «La mia è una domanda seria.»
«Come può essere una domanda seria??» Adam sventolò teatralmente le mani, andando ad appoggiarsi sul camino con sopra la testa di bufalo «Le persone non passano attraverso i muri, signorina, inoltre...oh, accidenti!»
Stette per perdere l’equilibrio, quindi si aggrappò disperatamente alla prima cosa che gli capitò sottomano: un candelabro di antica fattura posto sulla sinistra del caminetto.
Un leggero “Clic” invase l’area circostante. La parete dietro Steve si aprì come una porticina.
Tutto fu avvolto dal silenzio.
Il trio si riunì davanti a quell’incredibile e macabra scoperta.
Adam Windsor la fissò come se fosse aliena «Ma cosa diavolo...»






Angolo Autrice:

Carissimi lettori, buon anno!!!!
Siamo ormai giunti all'atto ottavo e mancano due capitoli al finale della storia che, come anticipato, sta prendendo il periodo delle festività :)
Sono molto contenta di vedere che è una delle mie storie più seguite, davvero non me l'aspettavo, quindi grazie infinite! <3
Ovviamente la soluzione non sarà niente di eclatante, dato che questa è quasi una parodia dei gialli classici, ma spero di averla messa giù bene, è questo che conta. E qualche piccolissima novità forse c'è, dopotutto. Ma mi spiegherò meglio nei capitoli successivi.

Un grande saluto a tutti e a venerdì!

SwanXSong

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Nono Atto ***



Nono Atto







«Ma cosa diavolo...» esclamò Adam.
Steve aprì la porticina e si trovò di fronte ad un corridoio segreto deteriorato dal tempo.
La luce fioca filtrava attraverso le vecchie lanterne che penzolavano dal soffitto basso, gettando ombre spettrali lungo le pareti di pietra.
Immaginarono tutti e tre che, ad ogni passo, l’atmosfera sarebbe diventata sempre più tetra, incitandoli a procedere con cautela.
Questa volta, la domanda dello pseudo detective fu ovvia: «Adam, lei sapeva di questo...»
Non lo lasciò neppure finire «No! Certo che no. Non ha notato la mia reazione sconvolta?»
Steve annuì, non staccando gli occhi dal passaggio segreto «E non credo che reciti, questa volta.»
«Non lo faccio mai.»
«Che cosa facciamo, papà?» domandò Susan con il batticuore.
Steve cominciò ad entrare «Vediamo cosa c’è dall’altra parte.»
Adam e Susan lo seguirono, quest’ultima lasciò la porta socchiusa, in modo da riuscire a tornare lì al ritorno.
Quando Adam notò la pistola nella cinta dei pantaloni di Steve, strillò «Sheppard! Lei è armato!»
«Il fucile questa volta era troppo scomodo. Inoltre, vuole avere salva la pelle o no, Windsor?»
«Bè, se ci fosse davvero un pazzo omicida dall’altra parte...non credete più che sia stato io, vero?»
A Susan venne spontaneo ammetterlo «Ero convinta della colpevolezza di tutti voi, tutta la famiglia. Anche se ora...» un sospiro «A meno che non l’abbiano esclusa dal piano, cosa possibilissima...»
«Come osi, ragazzina? Ecco, con te non ci uscirei, poco importa se hai meno di venticinque anni. Sei troppo antipatica.»
«Quale perdita, signor libertino. Me ne farò una ragione.»
«Mi prendi anche in giro, adesso?»
«Silenzio.» intimò Steve, procedendo «Fate silenzio.»
Le pareti si restringevano, creando un senso di oppressione sinistro. La traversata non durò molto: alla fine del corridoio c’era un’altra porta, nascosta nell’ombra.
A quel punto, i tre si trovarono di fronte ad una scelta: aprirla per scoprire cosa si nascondeva al di là o voltare le spalle a quel mistero inquietante.
Susan lo sapeva. Nei gialli, l’istinto di scoprire la verità è inarrestabile. Quindi, superato suo padre, afferrò la maniglia e spinse delicatamente la porta, pronta a scoprire ciò che si celava dietro di essa.
Dopo aver accertato il “via libera” i tre scesero silenziosamente, ritrovandosi davanti agli occhi una stanza parecchio conosciuta.
C’era un tavolo da biliardo, un armadietto per le palline, il tavolo per i gessetti ed altri accessori, un caminetto…
Adam Windsor si grattò la testa con enfasi «No, aspettate… abbiamo fatto il giro? Siamo tornati al punto di partenza?»
Quella volta, Susan fu più svelta di suo padre: si piazzò proprio davanti al camino e, attirata da un dettaglio in particolare, rispose «Al contrario. Siamo dall’altra parte.»
«Che dici? Questa è la sala da biliardo!»
Susan alzò l’indice verso il trofeo montato sopra il caminetto, il famoso (quanto orrendo) bufalo.
Steve non credette ai propri occhi. Ma prima che potesse fiatare, Adam Windsor lo superò con una delle sue brillanti battute «Quello è un culo!»
«Esatto.» controbatté Susan «Nella sala da biliardo che conosciamo noi, c’è la testa.»
Seguì il silenzio.
L’emozione palpabile si fondeva con una fredda angoscia nel petto, che aumentava ed aumentava, come una mano invisibile che si stringe fermamente intorno ad un cuore.
Restarono a fissare suddetto culo per sei minuti consecutivi.
Poi Steve si girò e notò che il resto dell’arredamento era piazzato in maniera identica alla sala da biliardo che conoscevano, solo…
«E’ a specchio. Questa stanza è lo specchio dell’altra.»
«Ha senso, dato che abbiamo attraversato il corridoio.» disse Susan.
La sorpresa, mista ad una sorta di agitazione nervosa, scosse i tre esploratori, mentre la loro mente si affollava di domande senza risposta.
Chi aveva creato quel passaggio segreto? Per quale motivo era stato tenuto nascosto? E quali segreti oscuri avrebbe potuto rivelare l’esplorazione di quell’intreccio di corridoi dimenticati?
Il terrore si mescolò alla trepidazione. Susan si chiese se sarebbe stata in grado di affrontare le terribili verità che sarebbero potute emergere da quelle tenebrose profondità.
Si rese conto, a quel punto, che quel “racconto giallo” aveva assunto un tono completamente diverso, trasformandosi quasi in una sfida personale per scoprire la verità dietro quell’intricato mistero.
«Questa stanza è sempre stata qui...» balbettò Adam.
Steve lo fissò «Accidenti, è proprio sconvolto. Ora le credo.»
«Non riesco a capire se è serio o dannatamente ironico, Sheppard.»
«Oh, mi creda. Sono serio. Serio come non lo sono mai stato.» tutto ciò metteva i brividi, oltre a non avere senso «Perché creare una stanza identica a quella da biliardo? Ce ne sono altre?»
Adam scosse le spalle «Se volete, mi appoggio a qualsiasi cosa per scovarle. Sono sicuro che questa stanza non dia l’accesso solo a quella da biliardo.»
«Ne sono sicuro anche io.» disse Steve cominciando a guardarsi intorno.
«Q-questa è follia. Pura follia. Ho i brividi.» aggiunse Susan «L’assassino si nasconde in queste stanze segrete di cui nessuno sapeva l’esistenza?»
Bingo.
Quella frase della ragazza fece illuminare Steve come non mai «Oh no, no, no...qualcuno che, presumibilmente, sapeva della loro esistenza, c’era.»
E allora fu chiaro anche alla figlia «Maggie.»
«La vecchia cameriera, colei che lavorava qui dall’alba dei tempi.»
A gran sorpresa, dopo quell’esclamazione di Steve, fu Adam a completare il tutto «E’ stata uccisa per evitare rivelasse questo preciso segreto.» disse.
«Allora lo conosce anche l’assassino. Allora...» Susan puntò lo sguardo su ogni angolo della stanza «Allora...l’assassino potrebbe nascondersi...»
«Non potevamo trovarlo.» annuì Steve.
Era andata bene che non si trovasse in quella stanza in quel preciso momento. Anche se da un lato, lo avrebbero visto in faccia e quella terribile vicenda sarebbe giunta al termine.
«Mio padre conosceva questo segreto dell’hotel?» si chiese allora Adam, cominciando a curiosare ovunque, nel tentativo di aprire altri passaggi segreti.
«Direi che la risposta è ovvia, Adam.» parlò Steve «La mia teoria è che questo segreto ci sia dalla fondazione dello chalet.»
«A saperlo erano solo i proprietari: padre e figlio, padre e figlio, e via dicendo, fino ad arrivare ad Edmund.» disse Susan.
«Gli ospiti non si sono mai accorti di nulla durante i soggiorni qui, e come avrebbero potuto? Adam ci è finito a caso su quel candelabro, spingendolo con parecchia forza. Ci si è aggrappato per non cadere. Suppongo che anche le altre leve siano altrettanto resistenti.»
«A nessun ospite viene in mente di spingere un candelabro sul camino.» confermò Adam stesso.
A Steve venne in mente di porre una domanda alla quale, in realtà, aveva già la risposta «Signor Windsor, chi si occupa delle pulizie della stanza da biliardo?»
Adam puntò lo sguardo nel vuoto, poi rispose «Bè, Maggie, naturalmente.» si accorse del collegamento subito dopo «Oh.»
Steve guardò con allusione sua figlia «Un ospite non può accorgersi di nulla, ma una cameriera che lavora qui da anni, prima o poi...»
Susan lo completò «Qualcosa di sbagliato lo tocca.»
«Ha! E noi della famiglia, allora?» berciò il libertino «Non veniamo anche noi qui da anni?»
«Fatemi il favore, che ci state fino al primo dell’anno e poi non tornate fino all’anno successivo!» disse Steve.
Profondamente offeso, Adam rizzò la schiena «Questo non è vero. Veniamo anche per Pasqua, per il ringraziamento e per il quattro luglio.»
«Ah, allora...» ironizzò il marine.
«La domanda ora è: Edmund Windsor era davvero d’accordo con l’assassino? E’ lui stesso l’assassino? Ha finto di morire?»
«Bisogna dare un’occhiata al corpo nella stanza dei prosciutti, è ovvio.» tuonò Adam.
Poggiò le mani sul pavimento, accovacciandosi tipo cane, ma niente. Diede qualche pugnetto sul muro, ma niente.
Spostò le varie stecche da biliardo, ma niente.
«Ah, non avrò più la stessa fortuna.»
Mentre cercavano un’altra porta segreta, Susan fissò quella da dov’erano entrati e disse «Ha telefonato da qui. L’assassino ha telefonato da qui. Ma dov’è il telefono?»
Steve lo individuò accanto ad un divano logoro e lo sollevò.
Allora la figlia portò indietro la testa «Diavolo.» mentre Adam commentava con «Sta diventando tutto parecchio inquietante, lo sapete?»
«Ed ecco spiegato come ha fatto ad agire in così poco tempo.» disse Steve «In un certo senso, più metaforico, è passato davvero attraverso le pareti.»
«Gli è bastato attraversare il corridoio, accoppare Liam e tornare qui.»
Adam strinse i pugni con rabbia.
Per quanto litigasse con suo fratello, era sempre suo fratello. Il suo sguardo venne attirato dall’alto specchio che prendeva la parete opposta a quella d’entrata «Un tantino fuori luogo uno specchio così grande in una sala da biliardo, non trovate?»
Steve non perse tempo e cercò l’interruttore; lo trovò nella parte alta della cornice, che scattò con un “Clic” identico a quello precedente.
Prima di addentrarsi in quel corridoio, Adam domandò «Vi ricordate la strada per tornare indietro, vero?»
Dato che Steve non lo degnò nemmeno di una risposta, Susan disse «E’ un marine.» come se volesse dire tutto.
Il passaggio era identico a quello precedente, e aveva una porta alla sua fine.
«Non ci posso credere.» commentò Adam «Il resto della famiglia penserà che diamo di matto, quando glielo racconteremo!» una pausa, poi «E ora dove sbucheremo?»
Steve aprì la porta: la stanza degli sci.
«Ah!» trillò Adam alle sue spalle «Questa la conosco.»
«Non è questa che mi interessa.» disse Sheppard, uscendo e cercando l’ennesimo passaggio segreto.
«Aspettate, siamo tornati nella zona “visibile”.» disse Adam «Qui c’è il corridoio e qui la sala da biliardo.» si sporse e vide la testa del bufalo sopra il camino.
«Senza una mappa dei passaggi segreti è impossibile esplorare questo posto!» sbuffò Susan, esausta. Iniziava a girarle la testa «Forse dovremmo fermarci a riflettere, e...»
«No.» ma Steve sembrava più determinato che mai «Da questo momento in poi, si va fino in fondo.»
«E come facciamo, senza mappa?» ripeté la figlia «Andiamo a caso?»
Steve toccò qualsiasi cosa nella sala dell’attrezzatura da sci. Alzò lo sguardo sulla statua che raffigurava uno sciatore provetto, posta sopra una colonna accanto agli scarponi da sci «Bingo.»
Casualmente, ci azzeccò. Un altro “Clic”, un altro corridoio.
«Ha. Sheppard, lei è un genio!»
«Onorato, signor Windsor, inizia a starmi più simpatico.»
Adam sorrise e lo seguì come un pulcino segue la mamma «Sono sempre stato simpatico, è lei che non se n’è mai accorto.»
Susan spalancò le braccia «Ma non possiamo andare a caso!»
«E’ l’unico modo.»
«Prima o poi becchiamo la stanza dell’assassino.»
«Sono armato. E poi, che problema ci sarebbe? Potremmo vederlo in faccia, finalmente!»
Giunsero alla biblioteca. Altra ricerca. Un libro segreto che Steve posizionò in modo particolare sulla libreria, rivelò una leva che aprì il passaggio segreto.
Attraversarono il corridoio, percependo il ticchettio dell’orologio che scandiva il tempo e il battito dei loro cuori.
Steve non sapeva che stanza fosse quella, ma sentì – dentro di sé – che ci aveva preso.
Assomigliava ad una sala di monitoraggio, con parecchie porte disposte a cerchio, una dietro l’altra, e dei curiosi campanelli piazzati sulla loro sommità.
Adam alzò la testa e notò che anche nella porta in cui erano entrati c’era un campanello «Ma cosa diavolo...»
Il luogo era buio e silenzioso, rivestito in legno e coperto da una moquette morbida.
C’erano alcune sedie al centro, dove l’assassino poteva accomodarsi per monitorare le attività all’interno della struttura.
Steve analizzò la situazione. Mentre sua figlia Susan si domandava «A che servono i campanelli?» rifletteva.
Aveva il quadro quasi completo, ora.
Un campanello che suonò all’improvviso, producendo un trillo metallico, fece sobbalzare Susan ed Adam, ma non lui.
Osservò la porta di riferimento e disse «Qualcuno degli ospiti deve essere entrato in qualche stanza.»
Se avesse avuto una mappa, sarebbe stato in grado di dire quale.
«Vuole spiegarsi, signor Sheppard?»
Steve non guardò Adam, non quella volta. Sembrò continuare a parlare tra sé e sé «E’ ingegnoso...è davvero molto ingegnoso!»
Sembrava quasi...affascinato dalla faccenda.
«Papà...» Susan lo toccò su una spalla «Papà, potresti...»
«Ogni volta che una persona entra in una stanza, il campanello della porta del passaggio segreto che conduce a quella stanza trilla. Ecco come so dove sono piazzati tutti ad ogni ora. Ecco come spio l’intero chalet.»
Dopo quel discorso, cadde il silenzio.
Susan spalancò gli occhi, Adam smise direttamente di respirare per qualche secondo, rischiando di provocarsi da solo la morte.
La ragazza scosse la testa «Spiegati meglio.»
«Il campanello deve funzionare come un circuito elettrico. Quando una persona entra in una stanza, il campanello della porta del passaggio segreto che conduce a quella stanza trilla.» ripeté «Questo grazie ad un meccanismo di interruzione del circuito. Il campanello funziona come interruttore. Quando la porta si apre, il dispositivo viene attivato, completando il circuito elettrico e facendo suonare il campanello. Diamine, questo hotel è stato costruito appositamente così!»
«Quindi poco fa, quando è suonato un campanello...»
Steve annuì «Uno dei nostri è entrato in una stanza. Ma senza mappa, non so quale.»
«Invece l’assassino ha la mappa di questo posto ben stampata in testa.» disse Susan.
«Buon Dio.» esclamò Adam, che stava impallidendo «Buon Dio, siamo sorvegliati. Siamo sempre stati sorvegliati, il grande occhio è sempre stato puntato su di noi! E papà era a conoscenza di tutto questo? Dio!»
«Lui e Maggie.» confermò Steve «L’assassino agisce indisturbato spostandosi in questo labirinto di corridoi e stanze secondarie come un topolino silenzioso. Conosce ogni angolo, e viene aiutato dai campanelli. Quando uno suona, sa che è il segnale. Una persona è entrata nella stanza. Allora si muove.»
Adam stava andando in paranoia «Dio, Dio, Dio...sono in un sogno. Sto sognando, sono in un sogno.»
«Signor Windsor, si calmi.»
«Calmarmi?! Calmarmi?! Invece che arrivare a destinazione, stiamo tornando indietro! Siamo daccapo, può essere chiunque di noi! Crollano tutti gli alibi, crolla tutto!»
«Lei sta delirando, Adam. Non crolla affatto tutto, anzi, stiamo per arrivare alla soluzione finale.»
«Lei era in funivia, all’inizio, ricorda?» cercò di calmarlo Susan «Questo alibi è ancora forte.»
«Sono arrivato dopo. Sono arrivato dopo, e lo sapete! Sono stato l’ultimo a raggiungervi, ora direte che sono stato io, ma non sono stato io, e poi l’assassino mi ucciderà, mi ucciderà come ha ucciso Liam!»
«Si calmi, o le do uno schiaffo!» gridò Steve «Deve rimanere lucido. È stato lei a scoprire i passaggi, ora se ne faccia una ragione.»
Adam si calmò.
«Lo so cosa dirà, signor Sheppard. Dirà che, essendo arrivato per ultimo, ho avuto il tempo di uccidere mio padre e poi raggiungervi alle funivie, fingendo di essere arrivato in quel momento. Invece ho usato i passaggi segreti.»
Steve Sheppard si congelò sul posto. Sembrava terrorizzato, invece aveva un sorriso stampato sulle labbra.
I suoi occhi si illuminarono di gioia e la sua postura divenne più rilassata.
«Che cos’ha detto, Windsor?»
Adam sollevò entrambe le sopracciglia «Come sarebbe a dire, che cosa ho detto? Ha sentito benissimo. Ho detto che potrei aver finto di raggiungervi alle funivie quando invece ero già passato ad uccidere il vecchio usando i passaggi segreti. Insomma, se tiriamo in ballo i passaggi segreti, ci si impiega molto meno tempo, no?»
Il sorriso sul volto di Steve Sheppard si ampliò maggiormente «“Ho letto di omicidi avvenuti in dieci minuti”.» citò.
«Come?»
«Sei stata tu a dirlo, figliola.»
«Sì, e allora?»
«Io ti ho poi chiesto se fosse possibile sforare nell’orario, e tu mi hai risposto “tieni conto non più di dieci minuti, quindi massimo le sei e dieci”.»
«E’ vero.» confermò Susan.
«Che mi dici delle quattro e cinquanta, invece?» domandò il marine.
Ella scosse la testa «Bè, è possibile. I dieci minuti possono valere sia in eccesso che in difetto.»
«Dunque il signor Edmund Windsor può essere morto a dieci alle cinque?»
«Sì.»
«Non mi serve sapere altro.»
«Sheppard! Che cosa intende?» chiese Adam curioso, inseguendolo verso una delle porte con i campanelli «E ora dove va?»
«Che domande, finisco di esplorare questo labirinto!» aprì una porta a caso e ci si addentrò «Vediamo dove sbuchiamo.»
«Ma ha risolto il caso?!» Adam era impaziente «Sheppard, ha risolto il caso?!»
Susan gli andò dietro «Papà!»
Sbucarono nella stanza personale di Evelyn Windsor. E questa volta fu Aisha a sentire un grido disumano. Era stato Adam quando aveva visto il cadavere di sua madre dentro la vasca da bagno.






Angolo Autrice:

Cari lettori, buongiorno :)
Siamo giunti ormai all'atto nono, il prossimo capitolo sarà il finale, e spero che abbiate gradito questo viaggio nella fredda quanto inquetante Aspen.
Ci tengo a ringraziare, ancora una volta, tutti voi: chi legge, chi segue, chi recensisce.
Come vi avevo detto nello scorso capitolo, di fatto il passaggio segreto non è per nulla una novità, nei gialli; anzi, è stato sovente utilizzato. Quello che ho inventato io è il meccanismo dei campanelli. Sapendo di non poter inserire la tecnologia che abbiamo oggi con le varie telecamere alla "grande fratello", ho escogitato questo metodo che magari già esiste, ma che è frutto della mia immaginazione. 
Ho anche aggiunto il dettaglio che ogni sala segreta è lo specchio di un'altra.

Grazie ancora a tutti e ci sentiamo lunedì con il finale! *-*

SwanXSong



 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Sipario ***



Sipario






28 Dicembre.
Ciascun giallo che si fa rispettare termina con i sospettati accomodati in una stanza comune e il detective piazzato davanti a loro, rigorosamente in piedi, pronto a dimostrare quanto è bravo a risolvere casi.
In altre parole, quel caso avrebbe mai potuto concludersi in una maniera differente?
La sala dei pasti, dove avrebbero dovuto festeggiare il compleanno di Edmund Windsor, era parecchio silenziosa. Steve aveva scelto quella stanza di proposito.
Sua figlia era accanto a lui, Adam Windsor apriva la fila. A differenza di tutti gli altri, sembrava sollevato.
«Prima muore mio padre e poi muore mia madre.» disse Harper, indignata «E in mezzo, una povera cameriera e mio fratello Liam. Signor Sheppard, mi vuole dire che cosa sta succedendo? Ha davvero risolto il caso?»
Steve piazzò le braccia dietro la schiena e li analizzò uno ad uno. Adam sussurrò a sua sorella «Sta per fare il monologo come fanno tutti i detective egocentrici!»
Fu proprio così.
«Un vecchio miliardario invita parenti e amici al suo centesimo compleanno, la sera del 24 di dicembre. Ha intenzione di fare una comunicazione quella sera stessa, proprio alla festa, eccome se ne ha intenzione. Intende comunicare a tutti loro che Liam Windsor, suo primogenito, erediterà l’hotel.»
«Come ne è sicuro?» proruppe Odette.
«La prego di tacere e di lasciarmi procedere.»
«Io...oh, bè. D’accordo.»
«Ma il vecchio miliardario non fa la sua comparsa dalle scale come è solito fare ogni anno.» disse Steve «L’ora è già passata, gli ospiti sono preoccupati.»
L’ansia stava aumentando sempre di più.
«Dopo aver chiamato Aisha, la segretaria personale di Edmund, si dirigono di corsa all’ufficio del vecchio. Precisamente, i primi ad aprire la porta e a trovare il cadavere sono Aisha stessa e Nathan Solo, l’uomo di cui è innamorata.»
«Cosa vuole insinuare?»
Steve evitò la signorina Lopez, stufo di gente che cercava in tutti i modi di difendersi; non avrebbe più risposto a nessuno, salvo in caso di domande intelligenti «Edmund Windsor è stato colpito con il suo pregiato e pesante posacenere, precisamente alla nuca. Il suo omicidio, per nulla premeditato come avevo intuito io da un certo momento in poi, ha dato inizio alla catena di delitti che sono avvenuti successivamente, come le tessere di un domino. Secondo mia figlia, studentessa di medicina, Windsor è morto tra le cinque e le sei, orario che – in seguito – avrebbe fatto impazzire chiunque. Tuttavia, mi ha ricordato che avrebbe potuto sforare di dieci minuti. Dieci minuti, non di più. Mi sono quindi focalizzato sulle sei e dieci, ma...se invece Edmund fosse morto a dieci alle cinque?»
«Cosa?»
«Dio santissimo. È vero?»
Si chiedevano gli ospiti.
«Porta e finestra aperte, Billy che esce alle quattro e mezza, Aisha che di nascosto lo vede, Maggie che arriva successivamente e si piazza davanti alla porta, anche se non sapremo mai a che ora precisa.» Steve non prendeva fiato «Ma a questo punto, non ci importa. Maggie è stata messa a tacere su altro, non sull’aver origliato qualcosa di importante. Conosceva un segreto, un segreto profondo ed inquietante che riguarda l’intero chalet.»
Ancora, gli ospiti sussultarono «Ma che dice?»
«Cosa intende?»
«Così mi fa preoccupare, Sheppard.»
«Gli orari in un delitto sono tutto. Sono il pane quotidiano dei detective, basta un minuto in più o in meno per cambiare un dettaglio. Ed è proprio ciò che è accaduto in questo caso.»
«Vada al dunque, Sheppard, non ci tenga sulle spine!»
«Edmund Windsor è morto alle quatto e cinquanta, ci posso mettere la mano sul fuoco sebbene nemmeno questo lo sapremo mai con certezza. Allora com’è possibile che l’assassino abbia colpito in quell’arco di tempo, vi chiederete voi, se Billy è uscito alle quattro e mezza e alla stessa ora Aisha è entrata nella camera di Evelyn Windsor per concedersi un bagno caldo? Stiamo parlando di venti minuti. Venti minuti per entrare, uccidere Edmund Windsor ed uscire. Vedete, la frase di mia figlia “Ho letto di omicidi avvenuti in dieci minuti” ha contribuito alla risoluzione di questo caso. Ebbene sì, l’assassino ci ha messo venti minuti. Venti minuti soli per agire indisturbato. Ma chi e come? Come ha fatto ad entrare nello studio di Edmund senza essere visto?» Steve gettò un’occhiata complice ad Adam «Investigando, proprio ieri, Adam Windsor si è appoggiato per sbaglio ad un candelabro posto sul camino della sala da biliardo, aprendo così un passaggio segreto che ci ha condotti in stanze segrete, compresa la principale. La stanza dei campanelli, la base operativa dell’hotel.»
Harper si portò una mano sul cuore «Sta farneticando.»
«Evelyn si era chiusa a chiave, quindi come avremmo potuto essere dentro la sua stanza, io, mia figlia ed Adam, quando abbiamo trovato il suo corpo nella vasca?»
«Sono stati loro ad aprirci la porta.» rammentò James «Questo hotel ha dei passaggi segreti?»
«Questo hotel è stato fondato anni ed anni fa da un maniaco del controllo, da una persona che godeva nello spiare gli altri. Non essendo avanzata la tecnologia, si è servito di campanelli che indicassero precisamente quando una delle porte delle stanze visibili veniva aperta. Che sia stato per un esperimento sociale o per pura noia, il vostro antenato ha fatto creare tutto questo.»
Price spalancò gli occhi «Io e mia moglie abbiamo discusso parecchio riguardo la scelta di piazzare lo chalet in un luogo isolato!»
Tutto combaciava alla perfezione.
«Questo segreto è stato tramandato di padre in figlio.»
Guardarono Susan, che aveva parlato.
«Cosa insinua? Che l’assassino si è servito dei passaggi segreti?» chiese Chuck con timore.
Steve puntò lo sguardo su di lui. Era maledettamente serio «Oh, eccome. Dalle quattro e mezza a dieci alle cinque è un lasso di tempo breve per agire. Bisogna darsi una mossa, è quasi impossibile, ma non se si utilizzano i passaggi segreti. Passaggi segreti che si conoscono a memoria!»
Cominciarono a guardarsi tutti con sospetto.
«No.» disse Odette, preoccupata «No, non possiamo essere stati noi. Eravamo alle funivie.»
Steve fece schioccare le dita «Ed è proprio questo, il punto. Un alibi di ferro, vero? Tutti noi eravamo alle funivie. Siamo stati visti, cosa c’è di meglio? Ma, vedete, è da una frase di Adam Windsor che mi sono illuminato. Mi ha detto “Io sono arrivato per ultimo. Avrei potuto uccidere il vecchio e correre alle funivie, utilizzando i passaggi segreti”. Signori, è proprio ciò che è accaduto.»
Cadde un silenzio surreale.
«Zio!» tuonò Nathan «Sei stato tu?!»
«No, signorino Nate, non è stato Adam Windsor.» riprese Steve «A dire il vero, l’ho trovato il più sensato tra voi. Ammetto di averle pensate davvero tutte, ciascuno di voi aveva un ottimo motivo per sbarazzarsi di Edmund Windsor, e credo sia stato chiarito nelle mie varie accuse. Quindi, su questo punto non mi ripeto.» una pausa «Ruota tutto intorno al testamento, è sempre stato così. Abbiamo intuito che Edmund avesse modificato il testamento, ma perché? Cosa c’era scritto in quello precedente? Nominava erede dell’hotel un’altra persona, forse? E’ stato costretto a cambiare le sue volontà sotto minaccia? O forse...forse l’assassino si è arrabbiato perché Edmund gli ha comunicato, scioccamente, che aveva deciso di cambiare le proprie volontà, quindi di sua sponte? Oh, è proprio così che è andata. Un delitto impetuoso, per nulla premeditato, che ha dato origine a tutti gli altri. Allora chi? Chi tra voi, oltre Edmund e Maggie, era a conoscenza dei segreti dello chalet?»
Gli occhi di Sheppard erano ovunque.
«L’assassino è cresciuto qui, ha sempre vissuto qui, considera lo chalet come la sua vita. Da bambino, tutti i passaggi segreti gli saranno sembrati un divertimento, un parco giochi a tema favoloso. E man mano che cresceva, con lui cresceva anche il desiderio ossessivo di ereditare l’hotel. Con tutto quello che ha sempre fatto per l’hotel, era il minimo volerlo ereditare. Ci ha sempre messo l’anima per far funzionare le cose, ma c’è dell’altro. L’assassino mi ha mentito affermando di non aver mai conosciuto suo padre. Bugie! Bugie a me, un marine! Conosceva benissimo suo padre e suo padre sapeva della sua esistenza, sebbene figlio illegittimo!»
«Figlio illegittimo?» chiese Odette, sempre più confusa «Edmund aveva un altro figlio?»
«Un figlio avuto in tarda età, un figlio a cui “gentilmente” e per pietà ha permesso di lavorare nell’hotel. In poche parole, Billy Windsor
«L-lei è un pazzo!» strillò il ragazzo, cominciando ad agitarsi.
«“E’ come un padre per me”, questo ha affermato. No. Edmund Windsor non era come un padre per lei, era esattamente suo padre. Un figlio avuto con una cameriera: non è un segreto che il caro Edmund avesse avuto una quantità notevole di amanti, anche se questo punto non è mai stato discusso in questa sede. Sono suo amico, a qualche cena è venuto fuori. La madre di Billy è la cameriera che ora lavora a Londra, costretta ad andarsene proprio per non vedere più in faccia il signor Windsor. Presumo abbia abusato di lei o che l’abbia sedotta e poi abbandonata.»
«Non può essere stato Billy!» disse Aisha «E’ un bravo ragazzo!»
«Non lo sa che gli assassini salutano sempre?» controbatté Sheppard, focalizzando ora lo sguardo sul tuttofare «Billy era l’erede principale dello chalet: nel momento della sua vita in cui Edmund ha scritto il primo testamento, presumo anni fa, ha deciso di eleggere Billy suo erede principale. Avere un figlio con handicap lo ripugnava, ma doveva odiare tutti voi, in quel periodo. Quindi, in preda ad un attacco di bontà, ha scritto il testamento specificando che lo chalet sarebbe passato a Billy.»
«Ma cosa...come si è permesso?!» tuonò Harper.
«Tutto filava liscio, il ragazzo aveva ottenuto ciò che voleva, il che era ben di più che fare il receptionist.» spiegò Steve «Ma poi, qualcosa nella mente di Edmund deve essere mutato. Proprio il 24 di dicembre, proprio ore prima del delitto, modifica il testamento. Oh, doveva fare un annuncio importante a cena, giusto? Non avrebbe mai rivelato di averlo modificato, né chi aveva scelto prima come erede, ma avrebbe rivelato che Liam ne era l’erede. Ci pensava da giorni, tanto da anticipare questa chicca al telefono alla sua adorata nipote Odette.»
«E’ vero.» rammentò lei.
«Il suo errore è stato rivelarlo anche a Billy. I due sono chiusi nell’ufficio e, poco prima che Edmund spedisse il ragazzo alle funivie, scatta la confessione. Ha deciso di cambiare erede, ha deciso che a Billy andrà solo una somma di denaro. Billy subito resiste, Edmund lo spedisce alle funivie. Sono le quattro e mezza.»
Chuck abbassò lo sguardo, riflettendo. Iniziava a capire.
«Billy esce dalla porta, lo vedono sia Aisha che Roger alla reception.» disse Steve.
«E’ vero, l’ho proprio visto uscire.» confermò il maggiordomo.
«Billy è tormentato, pensa a ciò che è appena accaduto, pensa che il suo amato hotel, la sua casa, non sarà più suo. D’impulso, fa il giro dietro lo chalet, dove sa che non sarà visto da nessuno. Utilizza i passaggi segreti fino a giungere a quello che conduce dritto allo studio di Edmund Windsor. Li conosce tutti a memoria. La porta segreta si apre, ancora una volta, accanto al camino. Ho controllato questa mattina. Ma deve sbrigarsi, sono già passati dieci minuti buoni. Attraverso i vari passaggi segreti, giunge allo studio, esce dalla porticina, afferra il posacenere e lo tira in testa ad Edmund, il quale muore sul colpo.» un’altra pausa «Indossa i guanti perché era già uscito per dirigersi alle funivie, e questa è stata la sua fortuna. In preda al panico, presumibilmente sconvolto da ciò che ha fatto, getta il posacenere a terra, apre la finestra per depistare le indagini e rientra nel passaggio segreto.»
Il maggiore Price si portò entrambe le mani alla bocca dallo stupore.
«Percorre il sentiero all’incontrario, corre alle funivie in tempo record. Alle cinque in punto, è già arrivato. Tutti lo hanno visto, creandogli l’alibi perfetto.» concluse Sheppard «Accoglie prima Evelyn Windsor e poi noi. Oh, ma la storia non è ancora terminata, vero, Susan?»
«Come ha detto mio padre, l’omicidio di Edmund Windsor ha scatenato le tessere del domino.» proseguì la ragazza «Billy si è accorto di aver fatto una grandissima cavolata. Uccidendo suo padre, ha fatto sì che Liam Windsor, suo erede dello chalet secondo il nuovo testamento, ereditasse. Tutto ciò che avrebbe dovuto fare, quindi, sarebbe stato toglierlo di mezzo. Ma prima c’era Maggie da far tacere. Sapeva ogni cosa dei passaggi segreti, sapeva che li avrebbe tirati fuori all’interrogatorio, sapeva che – in questo modo – io e mio padre lo avremmo smascherato. Quindi ha mietuto la sua seconda vittima. Poi si è occupato di Liam Windsor, passando attraverso la porta nascosta dietro il tavolo da biliardo. La telefonata a cui ha accennato Roger, era vera: ha chiamato dalla stanza segreta, ha sospirato pesantemente, poi ha buttato giù, ha percorso il corridoio e ha ucciso Liam. Dunque è tornato indietro, sparendo nel nulla.»
Harper ripensò alle parole del ragazzo «L’hai detto.» disse, sconvolta «Maledetto bastardo, l’hai detto! Hai confessato indirettamente!» alzò lo sguardo su Steve «Dopo la lettura del testamento, Billy ha detto: “L’assassino non si aspettava di uccidere il signor Windsor. Quindi, per rimediare all’errore, ha dovuto mettere a tacere anche Maggie”. Figlio di...»
Billy il tuttofare mutò espressione. E ne mise su una che solo Edmund Windsor aveva visto «H-ho confessato. E’ l-lei che n-non è stata a s-sentire, signora H-Harper.»
«Sei un diavolo!!»
Price, invece, si ricordò delle parole del ragazzo la sera che erano andati a trovarlo nella casupola: “Siamo arrivati esattamente dove voleva lui”. L’assassino.
«C-chi s-sospetterebbe d-di un povero b-balbuziente?»
Aisha e Nathan, che al ragazzo erano parecchio affezionati, lo guardavano sconvolti.
«A-avete s-sempre d-detto che sono intelligente. Bè...»
«Hai seguito la linea di sangue.» disse Steve piazzandoglisi davanti «Una volta iniziato, dovevi togliere di mezzo tutti i parenti, uno ad uno, fino a rimanere l’unico erede in vita.»
«E’ c-così.» non negò.
Aveva uno sguardo freddo, ora, inumano.
«La prossima dopo Evelyn sarebbe stata Harper.»
Billy annuì, Harper scattò in piedi, terrorizzata «Cristo! Cristo!» aveva bisogno di calmanti, subito.
«Lo chalet sarebbe stato finalmente tuo.» disse Susan con un certo dispiacere «Vittima di un destino crudele, carnefice di qualcosa di più grande di te.»
Billy le ringhiò in faccia «L-lo c-chalet è mio! E’ mio!!»
Cercò di aggredirla, ma Steve lo bloccò. In seguito, giunse anche Price in soccorso.
«Dalle cinque alle sei non significa niente. Capito che ci interrogavamo sovente su quell’orario, hai deciso di continuare, ove possibile, ad uccidere in quell’arco di tempo. Ce l’hai fatta in tre casi su quattro. Evelyn Windsor è morta verso le otto di sera.» disse Steve in conclusione «Signor Roger, ho sentito che le linee telefoniche sono nuovamente in funzione.»
«Sissignore.»
«Avvisi la polizia, le dica finalmente di salire.» guardò Billy negli occhi, ma sembrava di osservare il Nulla più assoluto, le profondità degli abissi «Posso improvvisarmi detective, ma non ho ancora la facoltà di arrestarlo.»
In quel preciso momento, sbucò il sole.

«Ispettore Cassetti.»
A quella presentazione, Susan spalancò gli occhi e restò a fissarlo per un tempo indefinito «Cassetti??» esclamò poi, sorpresa «Come in “Assassinio sull’Orient Express”!»
L’uomo, basso, grassoccio e di mezza età, sollevò le sopracciglia, mentre Steve – per giungere in soccorso di sua figlia – tossicchiò «Non ci faccia caso, è una patita di gialli.»
«Ah.» tuonò il bizzarro omino, guardandosi intorno «I cadaveri?» con un banale gesto della mano fece entrare i propri uomini allo chalet.
«Sono...» Steve tossì ancora, come se il catarro gli infastidisse la gola «Sono nella stanza dei prosciutti.»
«Uhm. Potrebbe gentilmente indicarmela, per favore?»
Sheppard, stufo di sentire tutti quei versi, richiamò l’attenzione del maggiordomo «Roger, le dispiacerebbe...»
Roger fece un inchino «Certo che no. Mi segua, ispettore, mi segua. Per di qua.»
«Ma sono lì dentro tutti e quattro?? Lei al telefono ha parlato di quattro cadaveri.»
Quando fu sufficientemente lontano, padre e figlia si scambiarono un’occhiata, respirando a fondo.
«Sai cosa penso? Che siamo migliori noi di quel Cassetti.» disse lui.
«Già...il suo nome, in questo caso, non è un garanzia.»
«Sheppard! Eccola qui.» Adam sbucò dietro le sue spalle e portò le mani dietro la schiena «Volevo chiederle una cosa.»
«Ha contribuito alla risoluzione del caso, signor Windsor. Sarò lieto di rispondere a tutte le sue curiosità.»
«Vogliate scusarmi.» disse intanto Susan, notata la presenza di Chuck e Nathan, accompagnati da Aisha.
Adam tolse gli occhiali da sole da cinquecento dollari, che aveva già messo in camera, con fare seducente, per imitare un attore di Hollywood «Lei ha detto che la prossima vittima sarebbe stata Harper.»
«L’ho detto.» confermò il detective dilettante.
Adam scosse la testa «Sono confuso. Io sono il secondogenito della famiglia, non mia sorella. Ha detto che Billy stava seguendo la linea di sangue.»
«Ormai non le sfugge più nulla, eh?» disse Steve con un sorriso.
«Ebbene?»
«Sapevo che non era sua intenzione ereditare questo folle posto, e deve averlo saputo anche Billy. Quindi avrei agito esattamente come avrebbe fatto lui, ovvero eliminando colei che, al contrario, avrebbe accettato il fardello. Odette, legittima erede di Liam, non avrebbe mai voluto lo Chalet. Mi sbaglio?»
Adam scoppiò a ridere e lo guardò con una certa ammirazione «Lei è fenomenale, Sheppard. Ha proprio ragione. Lasciamolo ad Harper.»
Steve allargò le braccia «Visto? Tutto è bene quel che finisce bene.»
«Sì...non voglio mettere piede qui dentro mai più. Credo che andrò a sfondare ad Hollywood.»
Harper, intanto, stava proprio chiedendo dei vari passaggi segreti, sembrava parecchio indaffarata «D’accordo, ma c’è una mappa completa che comprende anche questi passaggi? Devo saperlo. Ma certo che non ne sapevo nulla! E fate venire subito il notaio. La mia prima proposta è quella di togliere quei dannati campanelli da quella… base operativa o cosa diavolo è. Che incubo.»
Steve guardò Adam e sorrise «Sì, non credo siano affari per lei.»
Adam gli diede una pacca sulla spalla e, valigia alla mano, si diresse all’uscita «Viva la libertà, amico mio. Viva la libertà.»
A poco a poco, uscirono tutti.
«Allora?» stava dicendo Chuck Solo a Susan «Accetterai di cenare con me?»
Lei sorrise, ma finse di guardarlo con occhi assottigliati e sospettosi «Non so se mi conviene “entrare” a far parte di questa famiglia dannata.»
Anche lui sorrise. Poi si sporse verso di lei per sussurrarle all’orecchio «Ma io non sono un Windsor...sono un Solo.» ricordò.
Susan parve illuminarsi e, dopo aver ricambiato con una pacca sulla spalla, controbatté «Allora potrei accettare.»
«Davvero? Eccellente!»
«Spero usciremo anche a quattro, qualche volta.» disse Nathan.
Susan e Chuck lo guardarono confusi. Lui guardò Aisha e lei sollevò la mano destra, mostrando l’anello di fidanzamento.
«Oh, cielo!» esclamò Susan, portando le mani sulle labbra «Promessi sposi?»
«Sì!»
«Tante, tante congratulazioni!»
«Posto orrendo, posto orrendo!» diceva nel mentre Odette «Signor Roger, non intendo più portare il cognome Windsor. Faccia in modo che venga immediatamente cambiato in Price!»
Si girò. Roger non c’era.
«Ma dove si è cacciato?!»
«Non è stato assassinato, vero?» fece la battuta Price.
«E’ con l’ispettore Cassetti.» chiarì Sheppard. Poi allungò la mano verso il suo caro amico «Jonathan...grazie dell’aiuto.»
«Figurati, Steven, è stato un vero piacere. Ci rivediamo, eh! Ci conto. Senza omicidio, questa volta.»
«Ci rivediamo.» confermò il marine.
Vide Price e mogliettina dirigersi verso le funivie, nuovamente in funzione.
«Steve!» esclamò poi Jonathan, girandosi un’ultima volta.
«Sì?»
«Dovresti fare il detective.»
Steve sorrise, ma non disse più nulla.
«E ora? Dove passeremo il capodanno?» si stava chiedendo James Solo, ovviamente in attesa del suo amato elicottero. Parola sua, non avrebbe messo piede in una funivia mai più.
Inutili furono i tentativi dei suoi figli di ricordargli quanto fosse molto più pericoloso lo chalet della funivia.
Quando tutti furono scesi a “valle”, davanti all’hotel restarono gli Sheppard e l’ispettore Cassetti.
«Ho detto a quella donna, Harper, di chiudere bene a chiave. Non si sa mai, magari qualche pazzo amante degli omicidi torna prima che lo faccia lei.»
«Ha fatto bene, ispettore.»
Il bizzarro omino si girò verso Steve «E’ stato lei a risolvere questo intricato mistero?» domandò sorpreso.
«Io e mia figlia. Insieme. E il maggiore Price ha dato una mano. Oh, e Adam Windsor ha scoperto i passaggi segreti.»
«Per Giove, alla fine è stato un gran lavoro di squadra!»
«Se così vuole definirlo...» Steve guardò sua figlia e sorrise «E mi creda, non è stato nulla di intricato, alla fine. Niente che non si fosse già visto nei gialli classici. Passaggi segreti? Non sono di certo una novità!»
«Quella stanza dei campanelli la è eccome, per me. Ah, ecco la nostra funivia. Scendete con me?»
Gli Sheppard annuirono.
«Lo sa cosa dice sempre Agatha Christie, no?» disse Susan con un sorriso «“Non è tanto il delitto in sé che interessa, quanto ciò che si nasconde dietro”.»
Ma naturalmente Cassetti, vero detective dilettante, nemmeno l’ascoltò «Devo ultimare le compere di Capodanno.»




 
FINE.







Ringraziamenti:

Cari lettori, ci siamo. La storia è completa. Essendo una delle mie più brevi mi fa strano essere già all'epilogo, ma credo che un giallo non si possa tirare troppo per le lunghe.
Questa storia è partita come più "seria", ma man mano che scrivevo mi sono accorta che si stava trasformando in una parodia dei gialli classici, quindi...è venuto quel che è venuto, al tal punto che gli stessi personaggi affermano che "Si è già visto" xD

Che il colpevole fosse Billy era ormai chiaro e lo avete riportato tutti, o magari pensavate fosse troppo banale e lo avete escluso.
In ogni caso, sono contenta di avervi avuto come lettori, come ho già detto questa è tra le mie storie più seguite, quindi non posso che esserne veramente felice. <3

E allora grazie, grazie a tutti: a Milly, che mi tiene compagnia con le sue congetture e le battute riferite alla Christie.
A Fiore, che entra nella mente dell'assassino, si fa delle liste fantastiche e mi fa fare delle grandi risate. 
Ad _Alcor, che si è fatta addirittura lo schema sulle parentele e sugli orari, e non sa quanto apprezzo.
Ad Orny, che secondo me è la nuova Sherlock Holmes perché - davvero - è geniale. 
A Jessica, che è entrata in ogni singola scena commentando con passione ed ironia.
Ad Abby, le cui recensioni sono tra le mie preferite, perché credo che tutti vorremmo recensioni come le sue.
Ad Eleonora, che mi ha fatto un regalo immenso ad arrivare come nuova lettrice tanto che ha superato la gioia dei regali di Natale!

Ringrazio anche strapelot e Greenleaf, che hanno aggiunto la storia tra le seguite, il resto dei lettori fantasmini <3 vi adoro lo stesso, e chi troverà questa storia dopo :)
Io spero davvero di non aver dimenticato nessuno, perché sono contenta di aver trovato amici autori/lettori con i quali condividere questa passione.

Che dire, alla prossima, e viva la sacra scrittura. Sempre.

SwanXSong



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4070285