Lo spaventoso, straordinario e stridente potere di una storia - Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? -

di robyzn7d
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Lo spaventoso, straordinario e stridente potere di una storia 
- Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? - 

Parte I 
 
 
 
 
 
 
Il sole era scomparso ormai da ore dietro alla coltre diventata nera a causa del mare che stava inghiottendosi ogni colore per fare spazio solamente all’oscurità e al silenzio. Sembrava come se tutto fosse ora coperto da un velo scuro, ma non che sembrasse un presagio di qualcosa di terribile che sarebbe dovuto ancora accadere, bensì come una forma di lutto. E lo erano tutti, in lutto, chiusi in un’impressione intricata e in un senso contorto. Si poteva esserlo anche per chi non si era potuto conoscere, se la sua storia aveva toccato anche le corde dei sentimenti più irrequieti. 
 
Alcuni membri della ciurma erano persi nell’orizzonte imperscrutabile, ma stavolta non per cercare una rotta da seguire. Il log pose a tre aghi veniva spudoratamente ignorato, l’acqua nera aveva portato via anche la voglia di navigare. 
C’era come una invisibile perturbazione a bordo, in cui una sensazione di smarrimento regnava indisturbata. Forse però si trattava più di un tremito violento, che li aveva tutti catturati in una morsa stringente. 
 
E, mentre altri stavano riuniti in cucina, come luogo caldo e accogliente, qualcuno non voleva distogliere lo sguardo dal mare, rimanendone imprigionata, sotto lo sguardo di un altro che ne stava seduto lontano, in disparte, a vivere il suo personale stato d’animo, osservato a sua volta da qualcun altra ancora, che invece, si aggirava per la nave indisturbata. 
 
Non rannicchiato, non accovacciato, non indifeso, ma seduto nella sua solita posizione di un custode, guardia, angelo protettore. Lo sguardo mai perso, ma inquieto, chiuso in una gozzoviglia di pensieri scuri che quella sera non volevano proprio lasciarlo andare.
Lui lo sa, e se lo ripete, che “le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza”. Perciò, non deve farsi logorare dalla paura di soffrire, né farsi dominare da alcun timore, e per nulla al mondo farsi sovrastare da uno sciocco e balordo batticuore. 
 

Zoro aveva intuito che era lei ancora prima che la vedesse comparire alla sua sinistra con in mano una tazza ancora fumante di caffè. Dettaglio che gli aveva fatto ricordare che le ragazze in camera potevano prepararsi bevande calde senza dover necessariamente scendere in cucina, in una accortezza decisa dal cuoco alla quale nessuno avrebbe potuto opporsi. 
L’aveva seguita con la coda dell’occhio, cercando di capire dove fosse diretta, dal momento che lui, senza nemmeno pensarci, si era seduto fuori sul ponte in un piano e in un punto a caso - non ricordando affatto che quella dove era appoggiato era la parete della stanza delle due donne della ciurma. 

“Bonney sta riposando nella nostra stanza”

La mora manteneva la sua solita voce pacata e sicura, priva di fretta
“così ho pensato di lasciarle un po’ di spazio.” 
Continuava a sorseggiare il contenuto della tazza, mentre si appoggiava al muro di legno della Sunny, rimanendo alla sinistra del verde. Zoro la guardava ancora con la coda dell’occhio, chiedendosi mentalmente come mai lo stesse dicendo proprio a lui. 
“Capisco” 
le rispondeva, continuando a chiedersi nel privato se Robin stesse solo giustificando la sua presenza lì o se stesse cercando compagnia, per poi però ritornare a guardare davanti a sé, senza proferir altra parola. Ma lei aveva semplicemente sorriso, terminando, col suo fare flemmatico, di consumare la bevanda calda che evidentemente le regalava conforto.
E, mentre lei si ritrovava ad essere a suo agio, lui iniziava a sentirsi agitato.
Il suo istinto gli suggeriva che in quell’incontro notturno, o insolito avvicinamento, ci fosse dietro qualcosa. Ma con Robin non aveva da dubitare intenzioni macchiavelliche, perciò, nonostante il broncio, nonostante il suo istinto che lo metteva in guardia anche da quelle che non avrebbero mai potuto essere minacce, lo lasciò perdere. Ma la compagna non aveva poi esitato così tanto prima di fargli capire che qualcosa, sotto sotto, e in un certo senso, c’era. Tipico di lei, dopotutto. 
“Tu l’avevi già incontrata, non è vero? E lo avevi capito già all’ora che si trattava solo di una bambina?” 
Chiedeva senza preannunciare nessun tipo di emozione, se non che pura curiosità. Non c’era inquietudine in Robin, ne tormento o eccessiva pena, forse, piuttosto, una naturale apprensione. 
“E come avrei potuto saperlo!” reagiva svelto col suo fare perentorio, ma, sbuffando, poi si correggeva,  
“All’inizio l’ho creduto, che fosse una mocciosa rompipalle…ma poi aveva assunto sembianze adulte, perciò...” 
Zoro rimaneva immobile e rispondeva in un tono quasi annoiato, ma restando lo stesso attento, in ascolto del continuo. 
Ma Robin non si sconvolgeva troppo. Lo conosceva abbastanza da non aspettarsi certamente di avere vicino un perfetto interlocutore, ringraziandolo perciò per quel piccolo dettaglio aggiunto. 
“Non avresti potuto capirlo, é vero” 
si muoveva verso la ringhiera per guardare meglio Zoro in faccia e parlargli il più apertamente possibile 
“Però,” 
Zoro ne stava avendo conferma, del fatto che la compagna non fosse arrivata lì da lui per fare una semplice e casuale conversazione
“ho capito che la storia di quell’uomo ti ha turbato.”
Zoro sentiva l’istinto, o almeno, la sua coscienza, rimproverargli di aver abbassato la guardia. 
Non le rispose. 
Robin sapeva che il suo era solo un concordare taciuto. Non sapeva spiegarsi come, ma era convinta con certezza che fosse così; perciò continuava, senza esitare, e priva di alcuna perplessità. 
Ma prima di riprendere a parlare, si era voltata anche lei verso prua, seguendo la linea dello sguardo di lui che, fin troppo concentrato, era continuamente posato su una figura longilinea in piedi sul ponte dell’imbarcazione con i gomiti poggiati sulla balaustra umida della Sunny, mentre sembrava essere in ascolto di quel mare piatto e scuro, ipnotizzata dal silenzio notturno tutt’intorno. 
“Anzi” 
aveva aggiunto, 
“ha turbato tutti noi.” 
 
L’ancora era stata gettata qualche ora prima.
I membri più autorevoli della ciurma avevano preferito il non navigare durante la notte a causa degli umori sottosopra dopo l’ultimo folle scontro in cui si erano imbattuti. In cui erano venute a galla verità di ogni portata che avevano cambiato pareri, pensieri, coscienze. Non c’era spirito, quella sera, che non era rimasto intrappolato in quella storia. 
 
Robin aveva ripreso a concentrarsi sullo spadaccino. Con una mano comparsa dal nulla aveva appoggiato la tazzina vuota sul pavimento, e con una manciata delle stesse si era creata una sorta di posto a sedere temporaneo - segnale che non preannunciava certo una imminente ritirata. Fissava ancora Zoro in volto con un’espressione enigmatica, così tanto da innervosirlo.
Lui non avrebbe voluto affrontare quel discorso, anzi, in realtà non ne era così sicuro di questo, ma nutriva sicuramente un certo sospetto sul dove Robin volesse arrivare. 
“Andiamo”,
le disse allora, ricambiandole finalmente lo sguardo,
“arriva al punto.”
Robin aveva allora sorriso. 
Sapeva di lui come il peggiore interlocutore, così come sapeva però che aveva un'ottima percezione che lo portava ad avere le giuste intuizioni. Ciononostante, ci volle giocare lo stesso, prendendo un po’ di tempo necessario per il giusto preambolo. 
“Il punto?”
rimarcava, divertita dalla fretta del verde, da quell’impazienza che lo contraddistingueva solamente in faccende più quotidiane, mentre si riservava il suo essere paziente in ben altre situazioni.
Zoro l’aveva guardata ancora un attimo prima di chiudere l’occhio, sapendo che la compagna ormai aveva qualcosa in testa e che l’avrebbe portata fino in fondo.
Non era arrabbiato con lei, sapeva perfettamente che Robin non era propriamente avvezza ai giochini, né con lui, né con gli altri. Anche se iniziava a sentirsi terribilmente in trappola, e questo non lo faceva sentire del tutto a suo agio. 
“Dimmi direttamente dove vuoi arrivare.” 
Ancora quell’impazienza che faceva sorridere l’archeologa di gusto, non trovandolo come un difetto, ma un tratto caratteriale che gli si addiceva. 
“Ti ho visto molto interessato a quell’uomo.” 
Robin non cambiava posa, e aspettava, con l’aria di una che aveva tutta la nottata davanti e nessuna fretta di dileguarsi. Contrariamente a lui. 
Anche Zoro rimaneva immobile, nella posizione che aveva assunto anche prima, incrociando però le braccia sul petto. 
“É così.” 
le rispondeva sincero, senza nulla da nascondere o argomento da evitare, ma, dentro di lui, né era sicuro, non era quella affermazione “il dunque” di Robin.
“Non riesco a frenare la mia curiosità” 
ugualmente sincera, la mora non ci provava nemmeno a fingere di voler sapere quell’informazione per altri motivi se non sfamare sé stessa. “É per quella volta a Thriller Bark o quando ci ha separati tutti a Sabaody?”
Zoro rimaneva inizialmente muto. Non regalava nessun segno del corpo, del viso, e, nonostante lei non si aspettasse una qualche reazione, avrebbe comunque voluto vederla. 
“Quell’uomo ci ha salvato la vita in entrambe le occasioni.” 
Era serio e leale, come Robin si poteva immaginare. Nonostante notasse solo in quel momento che, a Zoro, la voce non tremava mai. 
“Avrei davvero voluto avere la possibilità di porgergli i miei ringraziamenti.” 
Lei non può fare a meno di pensare a quella volta a Thriller Bark, vorrebbe chiedere di più su questo, sempre per colmare il suo interesse, ma non ha intenzione di infierire troppo su Zoro. Non dopo quelle recenti emozioni. E, ovviamente, voleva evitare di rivelare di essere a conoscenza di quello che lui aveva fatto per loro in quella delicata situazione di tanto tempo prima.
Era inevitabile paragonare le gesta di Kuma a quelle di Zoro. In questo caso, tutti loro, avrebbero dovuto ringraziarli entrambi. 
“Non fai più domande?” 
Chiedeva lui, interrompendole i pensieri, accortosi del suo stato quasi diventato meditativo. 
“Ho finito”
rivelava lei, con tono sereno e calmo, in quell’eleganza che la contraddistingueva sempre, anche nelle conversazioni più inaspettate.
Zoro aveva aperto l’occhio e l’aveva guardata, trovandola ancora a fissarlo, con adesso una strana malinconia unita a quella serenità che non l’aveva mai lasciata, costretto a ricambiare lo sguardo a lungo, come se, ad un certo punto di quella strana chiacchierata, si fossero entrambi compresi. E, forse, questo non era mai davvero successo prima di quel momento. 
“Ancora non sei arrivata al dunque, però.” 
Zoro non era mai stato uno stupido. Forse a volte non é capace di capire cose semplici, a causa di una educazione non propriamente esemplare, ma ha una grande capacità di afferrare certe situazioni o intuirne le profondità nascoste. 

L’effetto del frutto, con l’apparizione di una moltitudine di mani, si stava esaurendo, così, decise di rimettersi in piedi. Si era affacciata alla ringhiera proprio vicina alle scale, riprendendo a scrutare quella figura che aveva davanti allo sguardo, alla fine del ponte, ancora ferma come l’aveva lasciata all’ultima occhiata. Si era appoggiata con delicatezza, smettendo di guardare Zoro in viso, per concedergli la sua privacy e non metterlo in imbarazzo per quello che stava per seguire. 
“Sentire di Bartholomew Kuma” 
aveva ripreso, catturando l’attenzione completa di lui,
“e della sua storia di sacrificio” 
aveva sospirato, 
“non é stato facile, e ci ha coinvolti e colpiti tutti quanti, in un modo che non si può dimenticare.” 
Sapeva che stava dicendo una ovvietà, e nonostante lei fosse brava ad arrivare velocemente al nocciolo, era sicura le servisse un po’ di introduzione per arrivare al messaggio che Zoro stava tanto aspettando.
“Franky é di là che piange come una fontana, se vuoi saperlo.” 
Aveva sorriso al pensiero di quella sensibilità, la stessa che lei non riusciva ad esprimere con gli stessi colori. Qualcosa che la rendeva senza dubbio più vicina a Zoro in quel momento piuttosto che al compagno cyborg a cui teneva tanto.
“Potevo fare a meno di sapere questo”  
rispondeva lui inorridito di quella sensibile mascolinità, senza mai però considerarlo meno uomo - forse qualcosa che un po’ lo rendeva inconsciamente geloso, poiché il suo compagno dai capelli blu era del tutto libero di esprimere i suoi sentimenti così come arrivavano, seppur lo trovasse lo stesso davvero esagerato! Rimaneva comunque concorde con la compagna per quanto riguardava i sentimenti di quel racconto avuto grazie all’accesso ai ricordi dello stesso protagonista. 
 
“Amare qualcuna in quel modo, così tanto da rifiutarla per proteggerla…”  
Robin a quel punto era convinta di star toccando corde pericolose, rischiando di farlo agitare e scappare via con una scusa, ma non le importava, ormai era arrivata fin lì…
"la stessa che poi non é riuscito a salvare.” 
Ormai non avrebbe più potuto tornare indietro con una bugia, lui lo avrebbe capito e lei non sarebbe stata capace nemmeno di farlo, dopotutto. 
“Kuma credeva di fare la cosa più giusta per lei, a costo di stare male lui stesso in prima persona…e invece l’ha persa lo stesso.” 
“Ehi!” lo sentiva finalmente protestare alle sue spalle “conosco la storia anche io, vuoi arrivare al punto sì o no?”
Robin sorrise ancora, poiché consapevole perfettamente di non essere vista. 
“Ti da così noia se ne parlo lo stesso?”
Lei non si offendeva, anzi, forse che invece aspettava proprio una reazione.
“Vuoi davvero sentire la verità?” 
Rispondeva un po’ duro nell’immediatezza, ma non in un tono rabbioso, né tanto meno antipatico, come avrebbe potuto essere. 
“Non mi aspetto altro, da te.” 
“Allora si” rispondeva retorico. 
Robin continuava a sorridere, sempre perché sicura che non la potesse vedere in faccia, mentre rifletteva sul come continuare.
“Le storie d’amore ti mettono così tanto a disagio, eh?”
Sentiva Zoro muoversi appena. Percependo adesso un po’ di nervosismo in lui, oltre che ancora quell’impazienza di finire, o forse, di sapere qualcosa, qualcosa che non avrebbe mai chiesto. 
“É più la storia di un’ingiustizia!” ancora quella voce che non trema nemmeno per sbaglio “Perpetrata da gente potente fin dall’inizio.” 
“Le storie in cui c’è in ballo l’amore in un certo senso sono anche storie di ingiustizia, non ti torna?” 
“Se lo credi tu” 
“Per via di tutti i cari perduti. E nel modo in cui spesso questo avviene.”
A Robin un po’ tremava la voce al ricordo di sua madre, e dei suoi affetti dell'infanzia. Iniziava a risentire dell’effetto di quella storia, molto più di prima, costatando che stavolta quella che avrebbe voluto ripiegare e lasciar perdere era proprio lei. Ma poteva ancora farcela. Poteva concludere. Consapevole che anime così piene, stridenti e penetranti, accanto a lei, avevano bisogno di un piccolo aiuto, di essere spinte ad esplorarsi. 
Ormai non aveva più paura di sfogare i suoi sentimenti davanti agli altri, ai suoi amici, lasciandosi cedere ad una libera lacrima preziosa di consapevolezza.
“Con la conseguenza di non sentirsi più liberi di dichiararsi al prossimo…e di proteggere qualcuno da lontano perché si ha paura di metterlo in pericolo… o di non poter proprio permetterselo, l’amore…”
La mora sapeva bene di dover battere ferro finché caldo, e sapeva anche che ormai avrebbe dovuto affrettare i tempi, per entrambi.
“Senti Ro - “
“Sai perché mi piacciono tanto le storie del passato” 
Zoro, che stava per tagliare la conversazione, si era ritrovato a dover zittirsi, intuendo perfettamente che quella non era propriamente una domanda. 
“Io credo che non esista privilegio più grande che imparare dalle sofferenze e sbagli altrui."
Robin, con più mani sbucate dal pavimento, raccoglieva la tazzina del caffè senza doversi inchinare, e, senza mai voltarsi verso Zoro, alzava una mano in aria in segno di saluto
“era solo questo il punto”, 
gli diceva, scendendo le scale per incamminarsi in cucina. 
“Tutto qua?”
sentiva arrivare dietro alla schiena, con tono ugualmente seccato e stupito. Ma, continuando a sorridere, lo ignorava, pur mantenendo la solita lentezza nei movimenti e la mano ancora alzata in segno di assenso. 
 
 
Zoro aveva sbuffato. 
E, con l’occhio sempre aperto, era nuovamente fisso sul soggetto delle sue attenzioni, che per tutto il tempo era stata come lontana, assente e del tutto inconsapevole di quella conversazione appena avvenuta. Zoro pensava che se vi avesse partecipato chissà cosa avrebbe avuto lei da dire sull'argomento…se fosse capitata in un altro momento, in un’altra giornata, probabilmente, e ne era certo, si sarebbe intromessa senza fare complimenti. 
La storia di kuma li aveva davvero colpiti tutti, destabilizzati alcuni, commosso altri. E poi c’era lui, che si sentiva turbato. 
Non avrebbe voluto ammetterlo, ma qualcosa di quella storia gli era rimasta incastrata dentro. Ma, finché non non era stata Robin a nominarla, non avrebbe mai definito quelle memorie come una storia d’amore. Ora si sentiva uno sciocco per non averlo nemmeno pensato, perché in effetti la compagna aveva avuto dannatamente ragione, quella lo era eccome, e lo era a tutti gli effetti. Anche per come quell’uomo incredibile si era poi preso cura di quella bambina pirata, sacrificando la sua vita e coscienza, in ricordo dell’amica e donna amata. 
Ma questo però che cosa aveva a che fare con lui?
Non era sicuro di aver capito dove Robin avesse voluto arrivare con tutte quelle parole, ma era certo che lei non giocasse con lui, e non gli desse ordini. Quelle frasi erano state più come un suggerimento. La compagna voleva fargli arrivare qualcosa, qualcosa che lui non riusciva a vedere. O forse sì.
In uno strampalato presentimento, era sicuro che la risposta fosse proprio davanti ai suoi occhi. 
 
Come uno stupido continuava ad avere pensieri che non avrebbe dovuto avere. Non sapeva spiegarseli. Dava la colpa al clima cupo della serata, in quello stato di malinconia e sconforto che li aveva colpiti, con le emozioni e trepidazioni date dal potere di una storia capace di farlo sentire soggiogato. Come aveva fatto Robin, ad intuire che era rimasto anche lui vittima, proprio come loro, di quella vicenda? 
Sentiva come di soffrire di un inusuale – specie per lui – stato di ipocondria, poiché, anche cercando di controllarsi, stava vivendo delle normali e tristi emozioni con eccessivo trasporto, e con un’intensa e malata paura che non gli apparteneva. Tutto così troppo oltre per uno come lui. 
Aveva scosso la testa. 
No
si ripeteva,
quella dannata e triste storia stava annebbiando i cuori di tutti.
Avrebbe dovuto dormirci sopra, anzi, avrebbero dovuto tutti dormirci sopra! Ma questo ultimo pensiero in particolare continuava a farlo indugiare sulla ragazza, a causa della preoccupazione che nutriva per lei, nel sentirla, anche a distanza, così provata. 

Le sue gambe erano state più veloci e determinate dei suoi pensieri.
Non si era reso conto di essere arrivato già alla fine delle scale. 
Voleva fermarsi. 
Voleva provare a dimenticare. 
Ma le parole di poco prima della compagna più grande, in qualche modo a lui sconosciuto ed inspiegabile, erano state un contraccolpo, contribuendo ad alimentare quell'effetto maledetto di inquietudine e malinconia che quella storia aveva già permesso di manifestare in lui, alimentando la sua già inaccettabile e incontrollabile reazione.
Perché, prima che potesse metabolizzare le sue azioni, 
era già arrivato da Nami. 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice__________________
Che dirvi, 
parto col puntualizzare che il recente flashback di Orso, seppur non ancora concluso, sinora è stato a dir poco meraviglioso, in perfetto stile onepieceniano, doloroso e devastante, da sciogliere anche i cuori più duri e gli animi più stoici. Vero, Zoro? (certo, mi riferisco a quello della mia FF).
Mi ha fatto malissimo, lo ammetto. Per un attimo mi è sembrato di tornare ai flashback del pre time skip, che, per gusto soggettivo – sia chiaro - non sentivo forzati per il gusto eccessivo di impietosire chiunque (io non sono super fan, per esempio, del flashback di Oden, non sono affascinata come succede a molti da quello di  Senor Pink, ma, soprattutto, detesto e non tollero per niente, il secondo flashback di Sanji). 
 
L’origine di questa FF? 
Dopo i primi due capitoli del flashback di Kuma, ho immediatamente pensato a Zoro e Nami, non so ancora perché, ma li ho visti dentro a piccoli dettagli. Come, per esempio, quando Ivankov riparte dal regno di Sorbet, e Ginny e Orso rimangono a vivere insieme, prendendosi cura uno dell’altra. Magari però è solo perché io voglio vedere dei collegamenti a tutti i costi, e magari questi non esistono. Però è stato quasi immediato, farli immedesimare. Se succedesse qualcosa a Nami, lo vedrei molto bene Zoro nei panni di Kuma (spoiler prossimo capitolo della FF, ehehe), ovviamente col suo carattere e tutto il resto, ma investito di quella bontà d’animo e spirito di sacrificio in un dolore incontenibile. L’idea di immaginarli nello stesso modo di quella dichiarazione d’amore, così com’è avvenuta, mi spezza il cuore. Ecco perciò spiegata questa piccolissima, e nuova di zecca, storia. Scritta in qualche ora durante la notte per via di un’ispirazione arrivata bruscamente mentre stavo per addormentarmi, e colta alla svelta. È nata come one shot, ma adesso, invece - anche perché devo ancora revisionare il seguito - ho deciso di frazionare in due, massimo tre, capitoli, che saranno decisamente corti, ma che aggiornerò abbastanza velocemente. Tanto per ripartire e dosare i sentimenti e lasciare un po’ d’aria. 
Specifico che si, probabilmente i Mugi non verranno mai a sapere tutta questa storia di kuma, non nel modo in cui l’ho pensato io qua; quindi, per tanti versi potrebbe risultare un po’ “fantascientifica” (be, vista la saga, ci sta). Ancora non sappiamo cosa succederà, ma non mi andava di aspettare così tanto. Alla fine, si tratta comunque di FF, possiamo sorvolare. Come sempre, se vi va di condividere pareri, emozioni, e one piece, io sono qua. 
Se qualcuno che legge/segue il manga e volesse condividere un'emozione su questo flashback incredibile, è sempre bene accetto. 

Al prossimo capitolo. 
 
*
"
Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza” é una frase di K. Gibran, non mia.

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Lo spaventoso, straordinario e stridente potere di una storia 
- Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? - 
 
Parte II
 
 
 
 
 
 
 
 
Quella notte, ormai impregnata di angoscia, era diventata anche imprevedibile. Non che questo elemento mancasse in altre serate, ma era più una descrizione confacente ai pericoli del mare, della pirateria, e non a quelli del cuore. 
Zoro sapeva che era rimasto soggiogato da un potere molto più forte tra quelli che era solito combattere, e sentiva quella consapevolezza che lo metteva in allarme, che lo avvertiva inderogabilmente di ricordarsi di non possedere la capacità di difendersi da esso. Non si era mai creato troppi problemi a cedere agli istinti, certi istinti. Anche perché lui aveva sempre affrontato ogni cosa estranea con l’istinto; ma solo quando si trattava, appunto, di situazioni che in qualche modo avevano a che fare con la sua indole da guerriero, specie se minacciose. Ma in quel momento non erano più in balia di nessuna minaccia, perciò avrebbe dovuto controllarsi, domare quell’impulsività che stava smanettando di fuoriuscire dal suo corpo in una dose decisamente abbondante per qualcosa in cui invece avrebbe dovuto vincere la disciplina. 
E qualunque dannata paura gli avesse instaurato quella storia, non era così che sarebbe dovuta andare con Nami. Cose assai pericolose sarebbero potute accadere permettendo ai timori, al panico, ai presentimenti, di comandare – o meglio, di comandarlo. Si ripeteva che non era quella la serata giusta per approfondire quel legame con lei, che forse, in un’altra vita avrebbe anche voluto ciò accadesse, senza però mai ammetterlo apertamente a sé stesso. E continuava a ripeterselo più e più volte, mentre la osservava di profilo, ancora persa dentro qualcosa di così lontano da tutto, ma che lui poteva lo stesso sentire vicino.
 
Sapeva benissimo che il motore di tutto era quella strana cosa che solitamente cercava di evitare: la paura. Se quella storia non gli fosse mai arrivata alle orecchie, e se non avesse trovato appiglio fertile in lui, non avrebbe certamente mosso nessun passo e non si sarebbe logorato per un contatto urgente con Nami. Avrebbe continuato ad adempiere ai suoi compiti nella ciurma, e come compagno, e lei l’avrebbe sempre avuta vicina a modo suo. E questo gli sarebbe bastato, sarebbe stato più che sufficiente per uno come lui. Ma vivere all’improvviso quella consapevolezza della perdita, della morte, in un modo tanto diverso da come l'aveva sempre abbracciata prima, aveva sortito l’effetto di un’esplosione. Un’esplosione che continuava a trattenere dentro, con così tanta determinazione da fargli un male cane. 
Non sapeva cosa stesse chiedendo alla vita in quel momento, o se davvero avesse voluto ottenere qualcosa di preciso, ma sapeva il perché era andato sul ponte. Stava perdendo quella lucidità che lo aveva sempre contraddistinto anche nelle situazioni più sensibili, in cui da sempre, con la sua conquistata fermezza, riusciva ad essere la roccia che riportava tutti gli altri sulla terra ferma. Ma adesso, e quanto gli sembrava ridicolo questo dettaglio, sembrava essere proprio lui quello bisognoso di essere fermato, di essere riportato alla realtà. Ma, forse, invece era proprio quella la realtà. 
 
 
Il ponte deserto ospitava ancora quella figura longilinea dai capelli color mandarino che ogni tanto svolazzavano, come unico movimento, unico segnale di vitalità. Era rimasta lì anche da sola, poiché Usop, che prima le aveva fatto un po’ di compagnia, si era addormentato sul pavimento freddo e bagnato senza nemmeno rendersene conto. E a Zoro non era sfuggito nulla, l’aveva vista, qualche ora prima, adagiare una coperta addosso al corpo infreddolito del cecchino, poiché preoccupata per il suo stato emotivo, e, scavalcandolo nel suo tragitto fino a lei, aveva scosso la testa contrariato dal modo di frignare che aveva avuto anche lui quella sera. Ma, lasciando perdere per un attimo la sensibilità di Usop, si riscopriva stupito da quel gesto caldo, che Nami solitamente a loro non dedicava mai, soffermandosi forse un po’ troppo su quel pensiero, distraendosi così dalle sue azioni. 

“Zoro!” 

La voce sempre troppo alta di lei che lo chiamava per sgridarlo lo aveva immediatamente destato da quella gentilezza ormai lontana.
“Mi hai spaventata!” 

Nonostante il suo essere completamente assuefatta da quell’estraniamento momentaneo, aveva sentito dei passi arrivare, o forse era stato il rumore delle spade legate al fianco di lui, mentre risuonavano in quel silenzio tombale, che era riuscito a risvegliarla. 
Nami si era voltata di pochi gradi verso di lui, respirando piano, come per non far sentire quanto era stato forte come una scossa di terremoto in lei quel suo abitudinario rumore. 
“Guarda che non sono arrivato in agguato”, lo aveva costretto fin da subito al doversi difendere “sei tu che sei distratta!”
Allora lei tornò a scrutare l’orizzonte alla ricerca di qualcosa, forse per cercare di capire dove cavolo era stata fino a quel momento, ma tutto quello che riusciva a scorgere era solo acqua, tanta acqua scura. 
“Come mai non stai dormendo come tuo solito?”
aveva subito chiesto, in realtà poco interessata alla risposta. La sua domanda più che un interesse celava un’intento, come prendere del tempo per cercare di ricordarsi della realtà.
“Quella luce..."
si trovò successivamente a farfugliare, indicando come la luna si riflettesse sull’acqua in un abbaglio bianco immortale e surreale, ritrovando quel briciolo di lucidità che cercava
“é troppo forte anche per te?” 

Forse voleva davvero dargli a bere veramente che stava lì da sola in quello stato catatonico a causa della luce della luna che le impediva di dormire, prendendo tempo in una domanda sciocca poiché sapeva benissimo che lui era capace di addormentarsi sul ponte anche sotto al sole cocente. 

Voltandosi del tutto, Nami aveva poggiato le spalle al parapetto, bagnandosi un pochino la stoffa del vestito dall’umidità caduta sopra il legno; e, asciugandosi con il dito un rimasuglio di qualcosa di umido anche da sotto l’occhio, si stava rendendo conto di quante ore fosse rimasta lì sotto, al freddo, a guardare il nulla. Era tutto ovattato e confuso. Come se si stesse risvegliando da un sogno, come avesse dormito senza chiudere mai gli occhi per un tempo indefinito. 

“Stai ancora piangendo?”

Zoro lo aveva chiesto senza pensarci, era venuta fuori da sola quella domanda, forse con un iniziale pretesto di criticarla, nonostante sapesse che fosse inutile; il tutto mentre con le mani in tasca dello yukata verde spostava lo sguardo momentaneamente altrove; ma aveva notato ogni dettaglio, di quel viso provato.
Nami scosse la testa, non tanto per negarlo quanto per non apparire troppo eccessiva a suoi occhi, cercando di dimostrare che stesse bene, coscienziosa che non tutte le lacrime avrebbero dovuto essere per forza un male.
Sono solo commossa 
Non tutti abbiamo la tua insensibilità.”
Non avrebbe voluto dirlo, ma aveva bisogno di avere una sorta di presa su di lui. Di dimostrare che non era lei ad essere eccessiva, ma lui ad avere una mancanza. Ma Zoro aveva continuato a guardare altrove, su quella distesa di mare nero, con in superficie il riflesso della luce lunare che creava un riverbero sfocato. Avrebbe voluto risponderle che si sbagliava, ma invece era rimasto in silenzio. 
 
“Non ho nessun fastidio nel dormire”
aveva poi elargito una risposta, anche se in ritardo, mantenendo sempre la stessa posizione, e ignorando quindi quella di lei ultima puntualizzazione,
“potrei riuscirci se volessi.” 
“Ma certo. Ed io che mi preoccupo pure quando non c’è motivo.” 
Nami aveva sbuffato, nel suo fare d’attrice, sapendo bene che non si era preoccupata affatto del sonno di lui, talmente era stata distratta da altro, ma continuando a prendere del tempo atto a calmare qualcosa che si muoveva incauta in lei ma che non riusciva a capire ancora bene cosa fosse. 
“Come no!” Zoro aveva allora replicato con fare ironico in una morsa infastidita, conoscendola bene nelle sue movenze, sentendola quasi a disagio, come se fosse stata scoperta di qualcosa, qualcosa che nemmeno lui potrebbe riconoscere. Forse, era il fatto di averla trovata ancora in balia dalle sue emozioni - era abbastanza sicuro che si trattasse di questo - a farla reagire in quel modo. 
 
“Zoro”,
lo chiamava d’improvviso, con una tonalità di voce bassa e profonda, come se prima non stessero davvero parlando, almeno, non così seriamente, 
“nemmeno una storia d’amore come questa ha sortito alcun effetto su di te?” 

Anche su di lei vigeva l’istinto, fatto di impulsività che non sempre era capace di gestire. Non era più così lontano da lei questo bisogno di lasciare andare e condividere certe emozioni difficili. Qualcosa che era cambiata considerevolmente nel tempo.
Nami lo guardava, mentre si asciugava ancora una lacrima con la mano sull’occhio sinistro; ma non sentiva nessuna risposta arrivare alle sue orecchie, e non vedeva nessuna reazione in quel viso austero e quasi sempre impenetrabile. 

“Sei una pietra.”

Non sapeva perché lo aveva detto; o meglio, non sapeva perché quella puntualizzazione era impregnata di rancore e rabbia. Era uscita dalla sua bocca insieme al fiato, al respiro, e non era più potuta rientrare. Si era allora morsa appena il labbro, cercando di reagire a quella sua stessa reazione smettendo di farlo immediatamente. 
Si sentiva così strana. 
Non sapeva spiegarsi perché pensare a Zoro che non reagiva a quella storia le aveva fatto provare dei sentimenti contraddittori. Lo conosceva, sapeva che il fatto di non essere espansivo in fatto di sentimenti ed emozioni di un certo tipo non lo rendeva immune al dolore, ma per una volta, una soltanto, avrebbe voluto vederlo emozionarsi, reagire, sentirlo crogiolarsi in quella sofferenza. Rendendosi immediatamente conto, però, di aver avuto un pensiero stupido e indelicato: perché mai avrebbe voluto vederlo soffrire!?
Lei in realtà lo sapeva che lui aveva una buona capacità di sentire tutto. Fuori sapeva essere una pietra, ma niente lo faceva bruciare dentro come un’ingiustizia. 
Sospirava rassegnata. 
Quella era l’ennesima volta da quando lo conosceva che lo incolpava di essere insensibile, e, per la prima volta, si era sentita quasi in colpa, forse, avendo capito di non voler puntigliare con lui su questo suo lato di sé. Perciò, era riuscita a trovare la forza deviando di pochi centigradi il discorso.  
“Che stupida sono” si sbatteva una mano sulla fronte, ancora in quel fare teatrale “scommetto che nemmeno l’avevi capito che si é trattato di una storia d’amore.” 
“Lo so, invece!”
Lui la fissava in volto, forse aspettandosi una reazione in lei, anche rimanendo sconcertato, come se avesse quasi ammesso qualcosa di importante, ma senza comunque perdere quella sua fierezza statica. Aveva ribattuto troppo in fretta su una cosa del genere, stupendola, e anche stupendo sé stesso. 
Lei lo vide cambiare leggermente posizione, forse resosi conto di essere stato impulsivo, toccato in qualcosa di così inusuale per uno come lui, e che lo aveva toccato anche troppo. Con coraggio, però, aveva mantenuto lo sguardo sul viso di lei, rimasto sinceramente ancora imbambolato in quella risposta repentina. 
“Davvero? Lo avevi capito per davvero?”
“Me lo ha detto Robin.” 
“Ti sembra normale che tu non sia arrivato da solo ad una conclusione così semplice ed esplicita?” 
Nami scuoteva la testa, incredula. I suoi presentimenti erano stati giusti, allora. Ma poi, anche lei aveva fatto qualcosa che aveva stupito entrambi, sul viso le era nato ingenuamente da sorridere.
Aveva già provato troppa tristezza, senso di vuoto, malessere prorogato nel corpo e nella mente e non voleva dunque arrabbiarsi, non voleva privarsi di gioire del fatto che loro erano lì, in quel momento, insieme. 
“Non fa niente”, 
aveva replicato a sé stessa, sempre grazie a quella spontaneità, accennando all’esterno quel sorriso rilassato imbevuto in una forte sensazione di conforto, che era partito dall’interno, mentre aveva rilasciato in aria un respiro sollevato e liberato da una gabbia di inquietudine
“l’importante é che siamo vivi.” 
Tutto così semplice, così giusto. Ma quel piccolo rumore era stato un boato interiore in entrambi. Poche parole pronunciate piano ma che esplodevano a contatto con l’aria per via della loro energia e verità. 
Zoro aveva trattenuto il respiro, rendendosi conto della forza di quella puntualizzazione, obiettività, che dentro di lui tuonava come un’eco. 
L’aveva allora raggiunta, sentendosi salvo dall’imbarazzo che avrebbe potuto provare se quel discorso avesse continuato, affiancandosi a lei come gesto abitudinario al quale difficilmente avrebbe mai rinunciato, affacciandosi verso il mare. 
Sembrava aver acconsentito anche senza aver proferito parola, eppure Nami aveva avuto come la sensazione di averla sentita la risposta a voce, ma evidentemente quel gesto era stato così significativo e quel sentimento così tanto condiviso, da averne avuto solo una percezione nonostante quel suo concordare con solito mutismo. 
 
Quel preannuncio che aleggiava sulle loro teste lo sentivano entrambi così poderoso adesso. Lei tanto frastornata da ciò che ancora non sapeva, ma colpita da uno strano presagio che vedeva Zoro coinvolto. E lui invece era come più instabile, perso del controllo che spesso riusciva ad avere, e più di quanto cercasse di dare a vedere. 
Erano rimasti in silenzio, non distaccandosi. E quei minuti, erano stati attimi in cui entrambi avevano respirato la verità di quella frase. 
Erano vivi. Ed erano insieme. Una fortuna che Bartholomew kuma e Ginny non avevano potuto avere. 
 
Si sfioravano, spalla contro spalla, e anche le mani, poggiate sul cornicione, si toccavano all’estremità della lunghezza di un dito. 
C’era qualcosa di tremendamente pericoloso nell’aria quella sera. C’era una verità intimamente brutale chiusa in quell’atmosfera insolita per loro, che premeva per venire fuori, di essere sputata in un’immediatezza urgente. 
 

“Quindi, cosa sta succedendo stasera?” 
Nami lo guardava di profilo, in attesa di capire se quella testa verde, a cui teneva in un modo tutto particolare, stesse anche lui crogiolandosi in qualcosa. Era convinta che lui non fosse rimasto bloccato come lei su quell’amore sofferto, su quel “ti amo” lasciato in sospeso e mai arrivato alle orecchie del pirata loro salvatore, ma, ciononostante, gli appigli di quella storia che un po’ li riguardava tutti, erano i più 
svariati. Sapere che non avrebbe probabilmente avuto delle risposte da lui un po’ iniziava a preoccuparla. Si chiedeva se per la prima volta volesse sapere se si celasse qualcosa di segreto in Zoro, rispetto a quello che lei era abituata a vedere e a conoscere, ma ancora di più, la preoccupava questo impellente e nuovo bisogno di volerlo sapere. 
“Pensare che quello che ci è successo a Sabaody è stato quasi come programmato…o meglio, che quell’uomo avesse avuto l’intento, si di salvarci, ma anche di cambiare il nostro destino credo mi abbia…” le tremava la voce in modo nuovo, e non si trattava solo di una semplice e genuina paura, ma tanti nodi oscuri e complicati stavano salendo in superficie, insieme alla confusione, al senso di smarrimento…
E Zoro la avvertiva tutta quella fragilità momentanea che condivideva anche lui, sentendosi ancora ridicolo ma sincero, e la avvertiva anche nel corpo, in un brivido che partiva dalle dita di Nami e che lo aveva coinvolto. 
“Non è detto che abbia cambiato il nostro destino” non lo dice per rassicurarla ma perché lo pensa, eppure, ci riesce lo stesso.
“Cosa intendi?”
“Pensare che qualcuno possa avere il potere di cambiarlo oltre noi stessi rende tutto insensato e irragionevole. Lui é semplicemente parte della nostra storia.”
Nami sa che quel “nostro” riguarda tutta la ciurma, ma non riesce a non fare un pensiero sul fatto che potesse anche riguardare solamente loro due. Sentendosi immediatamente stupida. 
“E noi lo siamo della sua, perciò.”
“É così.”
“Doveva andare in questo modo, allora?”
“L’hai detto prima, siamo vivi.” 
Nami aveva annuito, continuando a guardarlo, mentre lui era rimasto immobile nella sua posizione, fisso sull’orizzonte nero, con le loro mani che per quella scossa tremante erano state costrette a distaccarsi; ancora stranita dalla scoperta di aver avuto bisogno di un contatto fisico simile, quella sera. E mentre ci pensava, a quel calore, tanti ricordi dolorosi le si arrovellarono uno sull’altro nella mente e nel cuore. 
“Quel distacco…” non lo aveva mai detto a nessuno quanto lo aveva sofferto. E nemmeno adesso credeva di doverlo fare, mentre malediceva quella sua spontaneità, che se avesse avuto una forma, o forza, sarebbe stata quella di un'onda molto alta capace di travolgere un’isola. 
“Siamo tornati più forti.” 
Lui l’aveva subito interrotta, probabilmente capendo da solo il resto della frase. Con la coda dell’occhio però l’aveva vista sbuffare, delusa, non scocciata ma forse troppo abituata a quelle risposte un po’ troppo severe. Così, per una volta, Zoro si era sentito di dover lasciare un po’ indietro sé stesso e liberarsi dai macigni colmi di responsabilità e doveri.  
“Siamo tornati e basta.” 
Lo aveva aggiunto al momento giusto, rafforzando il concetto che avevano entrambi già espresso prima e sul quale naturalmente concordavano. Cosa che comunque non era poi così scontata, dal momento che - e Nami ci stava riflettendo su – per Zoro non sempre la vita era al primo posto come per lei, perché lui sarebbe morto anche in più occasioni, seguendo sé stesso, i suoi sogni, i suoi codici. Aveva annuito allora, in automatico, e aveva continuato a guardarlo, rassegnandosi al fatto che avrebbe avuto solo quello da Zoro. 
Nami, per la prima volta da quando lo conosceva, vi colse una strana emozione in lui, se non che per un solo attimo, anche un senso di irrequietezza, mentre dichiarava quelle parole come un monito che quella sera assumeva l’unica importanza su ogni altra questione. Stupendola ancora.
Si sentiva nuovamente così strana, ritrovandosi a chiedersi se, nonostante fosse così orgoglioso di quanto avesse appreso in quei due anni, anche lui avesse sofferto la separazione.
Non glielo aveva mai chiesto. 
Questo squarcio improvviso nel suo petto le suggeriva che forse non sapeva niente di Zoro perché lei non gli chiedeva mai niente. Che desse per scontato che lui non ne avrebbe parlato. Che lui fosse semplicemente così come si presentava.
Ma la verità era che in realtà non poteva esserne sicura. Ma, pur avendone i dubbi, arrivati in quel modo tagliente, non riusciva lo stesso ad aprire bocca e chiedere, addirittura facendo per separarsi dalla balaustra che li vedeva ancora affacciati insieme, come gesto che suggeriva una fuga. 
 
“Non é vero” 
si era velocemente schiarito la voce, fermandola in tempo nella sua ritirata, che forse lui aveva intuito, 
“che non ha avuto nessun effetto su di me, la storia di quell’uomo.” 
Nami si era voltata ad osservarlo, sorpresa, col viso rivolto nella sua direzione, scrutando il suo profilo, quello che poteva vedere. Il suo stupore però non era riferito alla rivelazione di per sé, quello lo sapeva già, bensì, al fatto che lo stava ammettendo.  
Era rimasta in silenzio, aspettava di saperne qualcosa in più, e per quanto volesse mettergli fretta, aveva paura che parlando lei poi lui non avrebbe continuato. Aveva tremato ancora, perché l’ansia aveva iniziato violentemente ad impossessarsi di lei. 
Qualcosa stava per essere sprigionata. Qualcosa che li aveva scombussolati in profondità, grande quanto l’abisso di quel mare scuro che avevano intorno. Qualcosa che era stata nell’aria tutto il tempo fin da subito, e …infatti,
“Sento addosso il peso di sapere cosa significa provare quello che ha provato lui. E non posso affrontare questa cosa adesso.”

Nami era rimasta ammutolita. 
Il gelo nelle ossa, l’insensibilità alle mani e una terribile sensazione di panico ad impossessarsi della sua coscienza. 
Non capiva il significato di quelle parole. 
Non sapeva cosa dire, anzi, rispondere. Iniziava addirittura a pentirsi di non essere andata via, non capendone nemmeno il motivo reale di quella paura. Ma poi si era resa conto di un’altra verità, una ancora più semplice sappur problematica, ovvero che quel momento era arrivato, lei non avrebbe dovuto rispondere, ma avrebbe dovuto chiedere. 
“Zoro”
credeva di non stare più respirando, mentre, per la prima volta, faceva quella domanda che non gli aveva mai posto prima “tu hai perso qualcuno, non è così?”
Lui la stupì ancora una volta, quella sera, rispondendole subito con sincerità e schiettezza, senza darle il tempo per metabolizzare nemmeno il perché di avergli chiesto per davvero quella cosa.

“Ho perso un’amica anche io, tanto tempo fa.”
 
Zoro, lo stesso che spesso non riesce a dire di più di “sto bene” quando deve parlare di sé stesso o di cosa prova, dei suoi sentimenti, adesso le aveva addirittura confidato una verità così importante. Il gelo le stava paralizzando il corpo. Sentiva le labbra incollate, immobili, come contratte. Quelle parole non la stavano emozionando, ma paralizzando fin dentro al cuore. 
Perché si sentiva così?
All’improvviso era bloccata dentro quella confessione che lei un po’ aveva contributo ad estorcere. Eppure, per una volta, una soltanto, Zoro stava confidando a lei qualcosa di così personale. 
Sentiva la necessità di spostarsi, ma senza riuscire a farlo. Tutto era congelato nella stessa posizione. Tutto aveva smesso di esistere. E in quell’istante iniziava a capirlo, il perché. E sapeva di dover rispondere o lui magari avrebbe smesso di condividere con lei, qualunque altra cosa, per sempre. 
Ascoltare e soffrire o mettere fine a quella confessione? Non sapeva scegliere. Lei era abituata ai silenzi, a Zoro che non le raccontava niente di personale, e le era sempre andata bene così. E adesso ne capiva anche il motivo, forse, indagare troppo su di lui avrebbe potuto farle del male. A volte ne aveva paura di non sapere niente, altre invece si sentiva sollevata. A lei bastava lo Zoro che conosceva, un po’ scorbutico, a volte anche noioso, ma affidabile, forte, leale, protettivo ed estremamente importante nella sua vita, che amava così com’era, così come lo conosceva. Ma quella storia, la storia di quell’uomo, le aveva anche insegnato che le storie personali di ognuno sono fondamentali per capirne in profondità l’anima. Forse non per forza necessarie per voler bene, ma significative per imparare. 

Le mani le tremavano. 
Sentiva le lacrime scendere e non poteva impedirlo. Tutto quel marasma di sentimenti che aveva già vissuto in giornata non aiutava al suo autocontrollo. Non poteva davvero riuscir a farcela a dominarsi dopo un pugno come quello.
Si era allora allontanata dal parapetto, con ancora la paralisi a rallentarle i movimenti. Era esterrefatta da sé stessa, dal sentirsi improvvisamente così…stordita. 
“Oh, andiamo!” quella di Zoro adesso sembrava più un’ammonizione “non piangere per lei, adesso. Non é necessario.” 
“Ma come fai a dire una cosa del genere?”
“Non la conoscevi, non sai niente di lei!” 
“Non posso essere triste per te?”
“È passato tanto tempo…”
Anche lui si era staccato dal parapetto per guardarla, mentre lei gli dava le spalle, cercando di gestire una strana e nuova commozione, anche se non troppo lontana a ciò che già provava. 
“Non te l’ho detto per farti avere pena.” 
Lei si era voltata verso di lui, avvicinandosi abbastanza per tirarlo per gli estremi dello yukata all’altezza del collo.
“Ma quale pena, stupido. È naturale che mi faccia male sapere che hai sofferto.” 
Lui aveva messo il broncio, e si era liberato dalla presa prendendole il braccio senza fatica, in una stretta debole che voleva solamente avvisarla.
“Guarda che non era questa la mia intenzione!”
Nami sentiva avere le guance in fiamme, con ancora le mani e il corpo rigidi, ancor più se lui le teneva il polso bloccato, seppure senza uso di forza, in quel contatto che voleva, ma che però ancora non riusciva a scioglierla, liberarla dal ghiaccio immaginario che l’aveva sopraffatta. 
 
Com’é che quel suo voler sapere, avere una razione da Zoro, le si era appena rivoltato contro?  
Non voleva essere lei a cedere, a dover sempre interpretarlo, anche se poi, mentre ci ripensava, lo faceva di rado. Ad un certo punto sembrava proprio che Zoro non l’avesse raggiunta lì per caso, riflettendo su quel significato dell’aver scelto proprio la parola “intenzione.” Aveva appena capito che lui stava avendo bisogno di lei. Quella storia aveva davvero avuto effetto su di lui, lo aveva turbato in qualche modo, destabilizzato anche, al tal punto da farlo avvicinare a lei non solo come atto in sé, come faceva sempre, ma scegliendola proprio come sua confidente. Nami, allora, conscia di quella rivelazione avvenuta tutta nella sua testa, aveva fatto cadere la presa sul suo polso, guardandolo con occhi doloranti. 
“È tutto così chiaro adesso”
gli aveva detto, non riuscendo a nascondere quella sofferenza che stava provando con improvvisa chiarezza
“ti sei immedesimato nella storia di Bartholomew…e di Ginny.” 
Lui non aveva risposto, e Nami così aveva interpretato il suo silenzio come segno per lei di stare avendo ragione, sentendosi libera di continuare il discorso. 
“È qualcosa di estremamente difficile da digerire. Quel pover’uomo non è riuscito in tempo a dirle che l’aveva sempre amata.” 
Nami parlava con difficoltà, cercando di non smettere di guardarlo, sentendo il cuore spezzarsi all’idea di un Zoro innamorato della sua amica, di uno come lui impaurito dalla perdita della donna amata, di non essere riuscito anche lui a dichiararsi in tempo. Ma il cuore che le si spezza era egoisticamente più legato a lei che si ammala all’istante a causa di quell’idea.
“Ginny era la sua amica di sempre, dell’infanzia, la donna che amava…lei era per lui quello che la tua amica é stata per te. E le avete perse entrambe.”
Era pronta a sentirlo confermare, era pronta a soffrirne. Tanto ormai le cose quella giornata erano già state notevolmente devastanti, perché avrebbe dovuto smettere proprio in quel momento. Ma, nel tempo di quel pensiero, vide immediatamente il volto di Zoro mutare, quasi contorcersi in una smorfia che non gli aveva mai visto prima sulla faccia.
“Ma dico sei scema o cosa?”
Sembrava quasi vedesse uscirgli l’occhio dalla palpebra, talmente era sbigottito. “Ma come fa la tua testa a vagare così lontano? Come cavolo fai a pensare a diavolerie simili?”
“Eh?”
Non capiva più. E tutto mentre ancora il corpo rimaneva gelato e la mente stordita, abbandonata da sola da entrambi. 
“Vuoi dire che non é così?”
“Certo che no!”
“Ma allora che…”
“Sei stata tu a chiedermi di lei!”
“Certo, perché…era così palese”
“Sei una stupida scema che fa i castelli in aria!”
“Ma tu hai detto…hai detto che conosci quel dolore e ch”
“Si, ma adesso non lo intendevo per lei!”
Nami sentiva il cuore implodere. 
Ma che stava succedendo? 
Non riusciva proprio a seguirlo, per quanto ci stesse provando.
“Io non capis – “ gli puntava improvvisamente il dito contro, innervosita da quel ginepraio di eventi e sentimenti, equiparabili all’effetto di un pandemonio, che tra l’altro la facevano sentire troppo vulnerabile
“Allora vuoi spiegarti tu!” 
“Ho detto solo che non posso permettermi di vivere quel dolore”
“Nessuno potrebbe, Zoro!”
“No…tu non capisci” 
“Spiegamelo allora! E non fare il misterioso!” 
“Dannazione Nami! Ma perché, perché mi costringi a dire certe cose?” 
Zoro era infastidito più da sé stesso che da lei, per essere stato così sciocco e debole dal lasciarsi andare.
“Ma veramente io non ti costringo a dire proprio un bel niente. Hai iniziato tu! E adesso dannazione parli!” 
Nami non aveva perso la paura di volerlo conoscere più in profondità, ma quell’improvviso interesse per lui aveva, in qualche modo, acceso entrambi.
Zoro l’aveva guardata per un attimo, mentre lei era rimasta in attesa, impaziente come al solito di sapere. E vederla così desiderosa di conoscere la verità, di sapere di lui con quel trasporto, gli rendeva più semplice trasformare quel broncio in un sorriso che gli s’increspava leggero sulle labbra. Sapeva che era stato in qualche modo manipolato; tra quella dannata storia d’amore e lo scambio di vedute con Robin, aveva perso del tutto la ragione. Ma più che altro sapeva che era stata la paura, quella maledetta paura di perdere chi amava nel presente, che era così dannatamente devastante e insopportabile anche solo da pensare. 

“Ho sentito il dolore divorarmi, mentre venivo inghiottito nuovamente in un buco nero…ma ancora più grande, e ancora più nero di quello che già conosco” 
“Zoro” 
lei annegava nella sua incomprensione,
“non capisco…volevo sentirti reagire, ma non avevo idea che…ma come ha fatto questa storia a ridurre così uno come te?”
“Non mi senti?” 
ribatté in un sospiro, annientato dalla sua impulsività che continuava a cercare di fermare ma senza successo. 
Vedeva Nami stare quasi per iniziare a singhiozzare, come se quella perdita l’avesse subita lei. E sentiva le sue lacrime invisibili caderle sulla pelle del viso, sconvolto, invaso da emozioni più diversificate, con il cuore che le martellava nel petto con una prepotenza tale che quasi pareva volerle scoppiare.
Cosa aveva appena fatto con quella confessione? O meglio, cosa stava per fare? Se avesse lasciato perdere tutto l’avrebbe lasciata per sempre fraintendere il suo rapporto con la sua amica d’infanzia. Ma, per scagionarsi da questo, avrebbe dovuto dirle qual era la verità. 
Dopo un altro sbuffo, si era affacciato nuovamente alla balaustra, non guardandola in volto, bisognoso di un momento.

“Ti ho paragonata a lei, a quella Ginny…”
 

Il gelo immaginario che le rendeva immobile il corpo si era appena frantumato in mille pezzi.
Il boato erano diventati due boati. 
All’improvviso quel “ti amo” rimasto per sempre scolpito nell’aria, rivelato troppo tardi per essere ascoltato in tempo dal diretto interessato le tuonava in testa, chiedendosi se invece era stato troppo frettoloso quell’uomo nelle sue azioni, perdendo la fine della chiamata per sempre. Quel tempismo che è così fondamentale nella vita. Ed é quel tempo a cui non si può più rimediare che scompare e segna per sempre che la devasta.

“se ti succedesse qualcosa…”,
non sapeva più se continuare o se fermarsi, rendendosi conto che in realtà non sapeva nemmeno cosa dire di preciso, tranne che…
“ho sentito tutto diventare nero…” 
 
Nero come il mare che li circondava. 
Nero come la perdita. 
Nero come quell’iride che adesso la guardava.
 
E lei la percepì, quella scossa che partiva dal suo cuore e che si irradiava immediatamente in tutto il suo corpo. Una scossa che non poteva ignorare più, perché per quanto ci provasse a non ascoltarla, la portata di quella forza interiore era tale da farla librare in aria pur stando paralizzata a terra. Se il mondo attorno a lei fosse sparito neanche se ne sarebbe accorta in quell’attimo di tutto, mentre si perdeva in quell’occhio fermo, stabile, profondo, in un buio che non l’aveva mai spaventata. 
 
 
“É stata un’esperienza complicata” 
aveva replicato lei, in balia dei boati che le risuonavano dentro,
 “e siamo ancora tutti così turbati…” 
aveva aggiunto, quasi sillabandolo, parlando a stento. 
Lui emanava la sensazione di voler come scomparire. E vedere Nami non reagire, immobile, con gli occhi fuori controllo, forse assente, distante, sconvolta, non lo aiutava a pensar diversamente. 
“È senz’altro così” 
Lui solitamente sempre all’attacco, con lei poteva stare solo pronto alla difesa. Dopo averla guardata ancora una volta, Zoro aveva fatto dietrofront, sempre seguendo l’istinto, pronto a reagire, pronto a lasciare il campo, dirigendosi il più lontano possibile da lei. Con quel rumore di spade che si scontravano una con l’altra. Quel rumore che irrompeva nei boati che Nami ancora sentiva esploderle nel cuore.
 
Appena arrivato davanti alla prima porta di una stanza a caso di cui non ricordava nemmeno di chi fosse, sentì prima un respiro affannoso e poi due mani che lo afferravano per la veste, trascinandolo dentro a quella stessa stanza.
 
Respirava forte, Nami, ancora sconcertata, ma con un qualcosa di nuovo e fresco negli occhi che la rendeva improvvisamente determinata e più accesa di prima. 
Quella strana confessione l’aveva presa talmente alla sprovvista che mista alle sue paure, l’aveva prima fatta reagire nel modo più sbagliato possibile e poi fatta risvegliare da tutto quella accozzaglia emotiva intricata. Ma lo guardava così intensamente adesso, senza mai aver provato vergogna con lui, notando un qualcosa di così profondo e bello, potente e sensibile, lacerante e sacrificante, tutto dentro quell’unica e preziosa anima che vedeva così limpidamente adesso. 
 
“Sei un idiota!” 
 
Aveva continuato a spingerlo verso il muro, guardandolo in quel suo viso confuso e offeso, indecisa sul se e sul come rivelare la sua importante confessione che aveva tenuto per sé.
Aveva scosso la testa stupita di lui ma più di sé stessa, con un’espressione difficile addosso, devastata, spaventata anche, ma cosa più importante, sollevata.  
 
 
“Tu eri lui!!! Per me, tu eri lui!” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice_______________________
SI, c’è anche la parte terza!!! Terza ed ultima! 
Ma dovrete aspettare a dopo tutte le feste, sorry! Ma magari invece non ve ne può fregar de meno, e quindi il problema non sussisterebbe!
Che dire? È troppo romantico e sdolcinato? beh, un po’ l’intenzione c’era, ovviamente, dal momento che sono sulla scia del bellissimo flashback di Kuma, ma con sempre l’intenzione di non esagerare…, ci sono riuscita oppure è troppo? Ditemelo voi!
 
Ci risentiamo alla chiusura. 
(È una mezza cit da Harry Potter? Può darsi!)
 
 

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Capitolo 3
*** Parte III ***


Lo spaventoso, straordinario e stridente potere di una storia
- Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare? - 


Parte III
 
 
 
 
 


 
 
Fermarsi, prima di vedere accadere l’irreparabile, o continuare, prima che invece a diventare irreparabile sia il tempo non vissuto, lo siano gli istinti taciuti per timore e i sentimenti evitati per amore. 
Respiri profondi. Ansimi. Bisogno di esprimere quel dolore attraverso la carne da stringere. 
Per un momento avevano chiuso gli occhi, ma solo per un momento, il tempo necessario per metabolizzare che quello che stava accadendo era un’inevitabile e sconsiderata follia. 
Forse, si erano appena condannati, ma non avevano più potuto esimersi dal rispondere a quel richiamo, sentito come unica via per colmare le loro anime.
E per dar loro pace. 
 
 
 
 
Spalancò gli occhi bruscamente, rendendosi conto di essersi come assopita per un misero attimo, non tanto di essersi addormentata sul serio, quanto essersi persa chissà dove nel suo inconscio ad assaporare quel momento. Eppure, l’acqua scura che li circondava non poteva essere più lontana dai suoi pensieri, arrivando a dimenticarla come se non ci stessero stanziati sopra in un senso claustrofobico, nonostante in realtà fosse proprio così. Ma qualcosa le indicava che quel manto nero come la pece adesso iniziava a spaventarla molto meno, perdendo quel fascino spaventoso che indirettamente gli aveva affibbiato quella sera, quando era rimasta per ore ad osservarlo sul ponte. 
 
 
Era stordita dall’enfasi, dall’eccitazione, dall’adrenalina provata, da non aver avuto modo di potersi concentrare meglio sull’ambiente circostante, mentre sostava su quel futon comodo ma gelido, avvolta da quel profumo agrodolce della stanza che si mischiava all’odore acre e forte di Zoro che la stava sovrastando. Quell’essenza era ovunque adesso, in lei, che ancora aveva le palpitazioni. 
Nonostante la vista un po’ appannata, riconobbe con fatica, e una certa dose di spavento, la stanza dei suoi compagni uomini, poiché, trovandosi davanti al volto la faccia sorridente di Luffy nella sua foto da ricercato del suo avviso di taglia appesa sulla parete in bella vista, aveva sudato freddo attimi di puro terrore. 
Un sollievo che però era durato poco, poiché ebbe un altro tipo di brivido quando la foto della taglia di Zoro aveva catturato la sua attenzione. L’aveva già vista tante volte ma non gli aveva mai dato importanza. Ma adesso più la osservava e più ne scorgeva i dettagli. Era così tremendo in quella rappresentazione, risultando enorme nella sua aurea e formidabile nel suo essere. Sapeva bene che lui poteva incutere timore e paura, ma per lei era anche una caratteristica così paradossale. Nonostante fosse conscia che lui fosse veramente anche quell’uomo di quel manifesto, o almeno, avrebbe potuto esserlo, lei lo aveva sempre e solo visto dentro, sbirciando indirettamente e, senza farci troppo caso, nella sua anima, avendoci sempre e solo trovato sicurezza, fiducia e protezione. 
 
Sapeva bene su chi, o meglio, su cosa poggiasse il capo, sentendo a sua volta altre palpitazioni che le arrivavano passandole attraverso l’orecchio. In pratica stava cercando di moderare il suo batticuore mentre auscultava quello di Zoro. 
E non sapeva come muoversi in quella nuova forma, e dentro quel silenzio calato improvvisamente su di loro, dimenticando che prima, sul ponte, erano stati dei gran chiacchieroni. 
Si strinse un pò nelle spalle, senza pensarci troppo, rabbrividendo per il freddo, o forse per qualcosa che niente aveva a che fare con le basse temperature, ringraziando però lo stesso di avere ancora addosso quella sottoveste che aveva indossato sotto al vestito, per puro caso, quella mattina ormai lontana. 
 
Fu costretta però ad irrigidirsi al contatto col braccio di Zoro, che muovendosi da sotto al suo collo, con la mano sbucata di lato direttamente sulla sua pelle, cercava di coprirla con il suo yukata scuro in un modo un po’ maldestro, lo stesso che era stato sfilato poco prima e finito su di loro in modo disordinato e scomposto. Il verde glielo aveva allungato sul corpo, così che potesse godere di quel lieve calore, senza però emettere un fiato. 
“G-Grazie…” 
Non voleva balbettare, ma non sapeva davvero come comportarsi, e se lui faceva pure il gentile, le rendeva le cose ancora più difficili. Quella vicinanza era così complessa da gestire, la sensazione che ne conseguiva sostava tra l’essere insieme sia spaventosa che meravigliosa. 
Nami sentì venire meno tutto ciò che aveva attorno, compresa anche l’intera realtà. Così, si staccò appena da quel torace palpitante, cercando, con coraggio, di incrociare lo sguardo con Zoro, mentre pensava a cosa dire.
 
Uno sguardo che le era stato ricambiato nell’immediato. Non appena mossa, e voltata verso di lui, aveva scoperto di avere già un’occhio puntato addosso, forse imbrigliato dei suoi stessi timori sul da farsi. 
Lui le sembrava sempre lui, le sembrava lo stesso di sempre, sempre col viso un po’ corrucciato ed enigmatico. Un po’ antipatico e duro nel suo presentarsi - si, anche in un momento come quello! - senza dare l’impressione di essersi davvero ammorbidito. Seppur, Nami ne era certa, in quel momento, e per la prima volta, sembrasse anche così vulnerabile…, e forse pronto a far uscire qualcosa di più malleabile da quel suo spirito da uomo coriaceo. 
 
Nel muoversi, e nell’atto di voltarsi, Nami lo aveva sfiorato con entrambe le mani sul torace nudo, provocando in entrambi una palpitazione evidente. Lei non era riuscita a fermare l’emozione nello sguardo, mentre lui si stava evidentemente impegnando per trattenere un respiro rumoroso. 
Mentre si ritrovarono entrambi faccia a faccia, in quell’attimo che, come al solito in queste situazioni sembrava essere lunghissimo, Nami stava tirando fuori tutto il suo autocontrollo, in quella circostanza di anormale e nuova agitazione. Ma appena scorgeva tante cose intense racchiuse in quell’anima, riusciva a placare i suoi istinti molto più facilmente. 
 
Zoro era riuscito ad entrarle nel cuore, non con una certa facilità, certo, ma più come una ventata d’aria fresca d’incomprensibilità, forza e lealtà, di cui probabilmente lei aveva avuto bisogno. Non era mai stato apparentemente gentile, sensibile e mansueto come le era invece stato descritto ad esempio Kuma, la figura che adesso vedeva così simile a lui su tanti – troppi – aspetti; era conscia che i due avevano personalità ben distinte, legate per lo più ai loro caratteri, uno più pacato, gentile e tenero, e poi c’era lui, il suo “Orso”, più insolente, orgoglioso, fastidioso. Ma entrambi buoni, entrambi protettori, entrambi capaci di portare addosso i pesi delle sofferenze altrui in un modo del tutto ammirevole, finanche anche enormemente spaventoso. 
Aveva ingoiato un sospiro, Nami, pensando a quanto lui sapesse essere bravo nell’arte del sacrificio, pensando a tutte quelle volte che lo aveva visto mettere la propria vita nelle mani del destino mentre si fiondava a salvarli tutti nelle situazioni più disparate. 
Così, come gesto automatico, che l’aveva fatta sentire un po’ strabiliata di sé, ma anche sicura e intontita insieme, e sempre con le mani che si muovevano su di lui, si era chinata appena su Zoro con una strana e voluta lentezza, fermandosi a due centimetri dalle sue labbra in un attimo che aveva creato come una magia, una bellissima bramosia sospesa.  
Lui era rimasto immobile, sorpreso di quel nuovo contatto, ma curioso di volerlo scoprire, lasciandosi totalmente alla mercé di lei. Lei che aveva aspettato il breve tempo per rilasciagli sopra un paio di leggeri respiri, e solo successivamente adagiarci un bacio spontaneo. Un incontro di labbra che urlava eccitazione e desiderio, ma che si era rivelato poi essere anche colmo di tensione e preoccupazione, fino al far provare uno strano dolore ad entrambi. 
La paura di Nami di vedere anche lui sacrificarsi per loro, per lei, allo stesso modo di come aveva fatto Kuma, fino, un giorno, a dare del tutto la vita, la logorava. 
 
“Non ti azzardare”, 
gli aveva sospirato quelle parole sulla bocca mentre si staccava da lui, che riapriva l’occhio, chiuso in quel trasporto, 
“a prendere decisioni simili a quelle di quell’uomo.” 
 
I nasi e gli sguardi si scontravano in modo delicato nel gesto ma anche aggressivo nell’intento. La volontà di Nami era inscalfibile, e la forza di quelle parole era imprescindibile. 
Zoro sapeva a cosa lei ti stesse riferendo. Sapeva che parlava delle decisioni che quell’uomo aveva preso in passato per proteggere Ginny. Ricambiava quella forza che la compagna aveva tolto fuori con solamente un paio di parole, ma la sua sincerità gli imponeva di sapere già che quella richiesta per lui era irrealizzabile. E lo era già stata, in passato, e proprio in quell’evento che aveva visto lo stesso kuma coinvolto; una verità che Nami non sapeva. E lui era consapevole, adesso, che se lei lo avesse scoperto, ne avrebbe sofferto enormemente. Perciò, in un certo senso contorto, lui aveva già infranto quella richiesta, e, sempre per via della sua onestà, sapeva con certezza che non sarebbe stato in grado di mantenere una simile promessa per il futuro. 
 
“Mi dispiace”, 
Il suo tono però non era affatto dispiaciuto, ma sarcastico e arrogante, come sapeva essere quando faceva lo sbruffone, in quell’atteggiamento che avrebbe fatto irritare Nami oltre l'inverosimile, 
“ma non posso accontentarti!” 
 
Zoro vide le iridi di lei mutare, insieme alla sua espressione sul viso, che si stava tramutando in qualcosa di feroce. Il respiro che aumentava, con le spalle tese e il petto di lei che iniziava a fare su e giù affannosamente. 
Tutto quello era già successo anche prima, quando si erano concessi al piacere. Ma adesso, questa reazione, seppur liberasse in aria gli stessi affanni, suggeriva qualcosa di più lontano da quel tipo di appagamento. 
 
 
 
Alla fine, era successo anche a lui, aveva ceduto alla paura, la paura di perdere qualcosa di eterno, di indescrivibile, di sacro. Era consapevole di essere stato irragionevole e irrazionale, e non sapeva ancora decretare se questo suo gesto nel suo percorso lo avrebbe danneggiato, ma l’essersi lasciato trasportare da quella insensatezza – per lui lo era, come poteva non esserlo?  - lo aveva come riparato, e dunque non poteva certamente lamentarsene. In fondo, sapeva che anche guarire l’anima in pena era fondamentale per accrescere la sua energia spirituale. Tant’è che aver condiviso quell’amore, quella sera, averlo sprigionato, liberato, lasciato uscire e, a suo modo, averlo dichiarato, lo stava facendo sentire inesorabilmente più forte, e non il contrario. Aver fatto entrare in lui quella paura e averla per prima cosa ammessa ad alta voce lo aveva condotto alla cura e non all’autodistruzione, come invece avrebbe ipotizzato. Era comunque conscio che quella specifica paura sarebbe rimasta comunque dentro di lui, e che, anche dopo quella notte, non sarebbe “andata via”. Ma avrebbe potuto affrontarla con vigore e tenacia, nella sua essenza da guerriero. 
 
Guardava Nami, e l’affrontava nel suo carattere, nella sua arguzia e vivacità di spirito mordente, in quella ribellione che aveva appena messo in piedi davanti a lui, dimostrandogli la sua contrarietà col suo cipiglio alzato.
Quanto l’aveva amata quella notte, e quanto non era riuscito a tenerselo più per sé. Anche se la sorpresa più grande era stata il fatto che lei lo ricambiava negli stessi sentimenti e nella stessa identica paura. 
Nami aveva sofferto, Nami come lui conosceva il dolore della perdita. E sapeva ancora meglio di lui cosa si prova quando qualcuno viene strappato alla vita per un’ingiustizia, che rende tutto più amaro e crudele e intollerabile. Aveva sentito tutta la sua paura quando si era aggrappata a lui con forza e senza esitazione quando lo aveva raggiunto e assalito dentro quella stanza. Così come lui non aveva più potuto non reagire, rispondendo stringendole i lembi di pelle sui fianchi senza moderarsi troppo, rapito dalla sensazione di volerla vivere prima di potersene pentire. Aveva avuto la necessità di respirarla, stringerla, prenderla, averla…amarla. 
Come diavolo lo aveva ridotto quella maledetta storia, quel maledetto e ingiusto passato di quell’uomo, un dettaglio che comunque ancora non gli dava tregua nei pensieri. 
E quanto sentiva il petto e le mani bruciare al sol pensare a Kuma che non aveva mai potuto stringere Ginny, che non aveva potuto vederla un’ultima volta. E, cosa che ancora di più lo faceva vibrare e rabbrividire, era il pensare a come doveva essersi sentito dentro, quell’uomo, quando aveva realizzato di non essere riuscito a proteggerla. 
Ecco, in quel frangente di pensiero, tutto scoppiava in piccoli pezzi nel manto nero infinito che Zoro vedeva davanti a lui. Un manto nero che sapeva di vuoto e di morte. 
Pensare di non riuscire a proteggere, a subire quel senso d’impotenza, era un cruccio che non avrebbe mai voluto avere ma che si portava addosso comunque; non lo aveva chiesto, ma lo aveva lo stesso. 
Senza nemmeno pensarci, di reazione ai suoi pensieri, aveva sovrastato Nami con tutta la sua persona, afferrandola e riversandola supina sul futon, sotto di lui, in una nuova stretta. Lei, ancora determinata ad incenerirlo con lo sguardo, aveva naturalmente cercato di fingere di ribellarsi, mentre era chiaro volesse urlargli tutta la sua rabbia non per il gesto quanto per quella sua risposta, rimanendo però anche improvvisamente sgomenta quando lui le si era chinato con la testa sul collo, strofinandocisi sopra rudemente. 
 
Nami sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto, immersa in un calore che le stava nuovamente irradiando tutto il corpo, non riuscendo a ragionare con lucidità, poiché convinta che stesse per succedere ancora ciò che avevano vissuto solo un’ora prima. Ma nonostante lo volesse, non poteva ignorare quella fitta dolorosa che le palpitava nel petto insieme al suo cuore, che, per quanto non volesse ascoltare, le stava urlando a squarciagola quanto tutto ciò fosse estremamente pericoloso. 
Era combattuta tra la voglia di continuare ad alimentare il suo sdegno e il lasciarsi andare per rivivere ancora quell’amore che aveva sentito e abbracciato in quel delirio tra cupidigia e affetto.
Lo aveva fermato, prendendogli il viso tra le mani, e, alzandolo, lo aveva costretto a guardarla
“La mia non è una richiesta, ma uno stracavolo di ordine!”
Lo fissava ancora con quegli occhi furenti che trasmettevano il bisogno di voler essere presa sul serio, e il desiderio di amarlo ancora, di consumarlo fino a sentire un forte dolore fisico. 
“Questa cosa me la devi promettere se vuoi avere qualche speranza di continuare a fare quello che stavi facendo.” 
Aveva giocato una carta molto strana, un ricatto che non avrebbe mai pensato di riversare su Zoro. Lo stesso che in quel momento la guardava basito mentre una grande vena sulla fronte gli iniziava ad ingrossarsi.
“Tra noi non è cambiato niente. Io non cadrò ai tuoi piedi, e ancora meno prenderò ordini da te come un damerino!”
L’aveva sfidata come suo solito, ma senza muoversi su di lei nemmeno di un millimetro, contraddicendosi all’istante, con un’azione che aveva compiuto in modo indiretto - o meglio, una non azione - confermando a Nami quello che già sapeva su di lui. 
“Ci credi davvero in questa pantomima che ti racconti?”
Ostinata nella sua battaglia, era riuscita ad accennare un sorriso, ancora arrabbiata ma comunque innamorata di lui, che in quel momento ancora continuava a corrucciare la fronte.
“Guarda che sono seria…” aveva respirato piano, calmando gli istinti, come già aveva fatto anche precedentemente. “Ormai é tardi per cambiare idea. Al contrario della scelta di Kuma, noi stasera abbiamo preso una decisione diversa. Non puoi tornare più indietro. È successo e basta.”
Era sconvolta di sé stessa per averlo ammesso. Era vero, lo aveva immaginato per tutto il tempo quel suo viso al posto di quello dell’ex membro della flotta dei sette. 
Aspettava un cenno da parte di Zoro da interminabili secondi. Così, continuava a respirare piano, per cercare di abbattere quella dannata paura, e quei sentimenti, o per lo meno, ci provava. 
Pensava, nel frattempo, a quanto si era sentita amata da lui. Perché, Zoro l’amava. 
Certo, non gliel’aveva detto esplicitamente a parole – e certamente non aspettava niente del genere da lui, poiché la confessione del significato racchiuso in tutti quei gesti e sentimenti esplosi valeva mille volte di più di qualsiasi altra dichiarazione, perché non c’era nulla di più sacro per Zoro del non lasciarsi andare, del non distrarsi dal suo obiettivo, del non cedere alla paura. 
Nami si crogiolò in quella sensazione di apparente realizzazione ancora per qualche secondo, e pazienza se Zoro non si fosse arreso subito alla sua richiesta, alla fine, lei sapeva, che lo avrebbe costretto, o avrebbe trovato un modo alternativo per ottenere ciò che voleva da lui. Fin quando però non lo vide improvvisamente austero, quasi chiuso in un’espressione troppo solenne per non metterla in allerta. 
 
“Non farò mai promesse che non posso mantenere.” 
 
Ecco, non poteva dire, Nami, di non aspettarsi niente del genere. Poteva dirsi arrabbiata, ma sarebbe stata una sciocca a sentirsi davvero sorpresa da quella reazione. Ciononostante, lo sciocco sarebbe diventato lui se si aspettava da lei una resa rapida. 
“Cazzate! Non puoi saperlo nemmeno tu di-“
Ma lui continuava ad avere quell’espressione immutabile, in quella durezza nello sguardo in cui vigeva quell’apparenza da uomo insensibile. 
“Zitta e fammi finire!” 
Lei continuava a ribollire, mentre lo guardava rispondendogli con uno sguardo sempre più furente, ancora bloccata nella trappola, stando sotto di lui in una stretta che già aveva avuto lo scopo di intrappolarla per trattenerla nella sua rabbia prevedibile. 
“Non sto dicendo che non faccio promesse che non posso mantenere nel vero senso del termine. Non posso avere certezze di riuscita, posso solo provarci. Ma in questo caso specifico intendo che non posso accontentare questa tua richiesta perché non ne ho proprio l’intenzione.” 
Parole che l’avevano fatta sentire fuori di sé più di quanto avrebbe creduto possibile. Sentiva un fuoco rabbioso accrescerle dentro, partirle dalle viscere. Sapeva che lui era testardo, e che non sarebbe stato facile da convincere, ma pensava che almeno ci avrebbe provato ad ammorbidirsi un po’ di più, a darle una qualche speranza. 
“Maledizione a te e-“ 
“Smettila di frignare!”
Le rispondeva più nello sguardo inflessibile che non con le solite parole. Era nuovamente riuscito a tornare rigido, forse quasi a richiudere il rubinetto dei sentimenti. Una cosa che adesso stava facendo, più che imbestialire, quasi rattristare Nami. 
Come poteva essersi ripreso così in fretta?, si chiedeva in un senso di panico silenzioso che stava per prendere il sopravvento. Tutte quelle paure e ansie e timori erano già stati richiusi dentro di lui con cotanta facilità? 
Non era riuscita al trattenersi dal mostrarsi ferita, in quella sua ira nata dal disappunto ma soprattutto dall’angoscia di perderlo, in un’azione spontanea che le si leggeva tutta sul viso, mentre si voltava di lato per non doverlo più affrontare. Scatenando però una reazione in Zoro che davvero non si sarebbe mai aspettata!
“Sei una pazza a credere che io possa prometterti di non salvarvi!” 
Le aveva gettato quelle parole dritte addosso con una foga che pensava essere riuscito a sedare, facendo ricredere Nami sul fatto che lui fosse realmente riuscito a liberarsi di quelle brutte sensazioni così facilmente, lasciandola davvero impressionata. Quelle parole erano la dimostrazione del fatto che era ancora in balia di quel senso di panico condiviso, e che, per quanto cocciuto, insolente e rigido, era umano anche lui. E ne stava ancora oltremodo risentendo. Ciononostante, non era ancora riuscita a placare la sua rabbia e spegnere l’incendio che tutto ciò aveva scatenato in lei, e proprio per gli stessi motivi. E non era riuscita a risparmiargli il dolore portandolo allo sfinimento conclusivo. Forse, Nami aveva capito che non c’era soluzione. Che lui non le avrebbe mai fatto quella promessa, e allora doveva reagire a quella stramaledetta maledizione a modo suo. 
“Allora lo vedi che sei uno stupido!” 
Non era vendetta, non voleva fargli così male, ma forse vedere fin dove arrivava il dolore di Zoro avrebbe potuto aiutarli entrambi. Almeno, lo credeva. 
“Lo capisci che Ginny é morta comunque?! É morta! I vostri atteggiamenti sacrificanti da super uomini non portano a nulla! Fanno solo soffrire! Hai pensato a quanto tempo con lei ha sprecato quell’uomo per la paura di perderla?”
Qualcosa nella presa di lui sulla pelle di lei aveva iniziato ad affievolirsi. Una presa che lei ancora permetteva volontariamente come per sentire che lui era ancora lì, che lui voleva lottare per lei. 
E, Nami, per un attimo, lo aveva sentito vacillare, capendo così di stare perseguendo la strada migliore.
“Ha fatto quello che credeva fosse giusto! Non t’azzardare a giudicarlo!” 
Come si alterava lui quando Nami sparava a zero su cose che non voleva capire. 
“Oh, in questo lo giudico eccome invece!” 
E come lo conosceva bene lei, toccando i tasti giusti della sua moralità. 
“Sta zitta!”
“Sta zitto tu!”
“Devi piantarla di semplificare sempre ogni cosa che non ti riguarda!”
Zoro le aveva ringhiato sopra come, esausto, ma anche ferito dentro. Sentirla criticare quell’uomo non gli andava a genio, anche nonostante tutto ciò che avevano passato. Per lui era questione d’onore, di lealtà. E sentire da lei giudizi così leggeri su quell’uomo d’onore che tanto aveva dato e sacrificato, lo faceva ammattire. 
Ma Nami lo sapeva molto bene, e voleva infatti continuare a provocarlo di proposito, nonostante però, anche, ci credesse lo stesso in ciò che esternava. 
Aveva serrato la bocca con tutta sé stessa, ma poi le parole erano venute fuori con astio, mentre le tirava fuori a denti stretti.
“Lei é morta comunque. É morta! M-o-r-ta! Morta morta morta morta morta! È morta! Morta! Mor”
“Smettila!!!”
Col respiro spezzatosi nell’aria, e mentre la protesta gli moriva in gola in uno strano inghiottire doloroso, Zoro, con l’occhio completamente sgranato, l’aveva fermata nei movimenti disordinati, stringendola con forza tra le braccia, recuperando così la presa che stava perdendo su di lei, con la fronte che cadeva su quella di Nami, in un bisogno urgente di sentire la sua energia vitale tra le mani. 
“Zitta…Smettila”  
Il tono arrabbiato stava svanendo tra le parole, forse morendo in un quasi singhiozzo che non era riuscito a trattenere.
Nuovamente l’idea di Nami al posto di Ginny si era riappropriata di lui, in quella sofferenza sfibrante, faticosa, ostica, quasi penosa, che un po’ lo faceva vergognare di sé stesso.
 
Aveva perso un’amica dell’infanzia, ed era stato un evento traumatico che aveva segnato tutta la sua vita in modo indelebile. Cosa avrebbe potuto succedergli se avesse perso Nami? 
A volte si chiedeva come aveva permesso a qualcun'altra di entrare nella sua vita in quel modo significativo, diventando parte essenziale di lui, della sua realtà, delle sue scelte. Certo, il primo a convincerlo a creare dei legami e cambiare il suo cammino era stato Luffy, e i suoi compagni subito dopo. E lui si sarebbe sacrificato per tutti loro insieme, in una verità che ormai aveva accettato da tempo. Ma Nami era la donna che amava in quel modo particolare. In quel modo in cui avrebbe anche potuto guardarla essere libera a felice da lontano senza pretendere mai niente di più. In quel modo che non riusciva a sopportare di saperla in pericolo. In quel modo in cui da quando aveva conosciuto la vera Nami, in cui aveva letto la sua anima e saputo la sua storia, non aveva più potuto sopportare di saperla soffrire. 
E forse era tutto lì. Era solo quello. 
In una responsabilità che si era preso senza nemmeno pensarci, in automatico, in modo indiretto. Perciò, credere di non poterla più salvare, di fallire, addirittura di vederla morta, era impensabile, intollerabile, insopportabile. 
Vedeva nuovamente quel manto nero palesarsi davanti agli occhi. 
Vedeva il vuoto che quella perdita avrebbe portato nella sua vita. 
Non vedeva più una vita. 
 
L’aveva stretta ancora, in un contatto che stava diventando nuovamente “pericoloso”, pieno di rabbia per la caducità dell’esistenza, ma anche di desiderio di essere vivi insieme. 
 
 
 
“Non morirò” 
 
Nami glielo aveva sussurrato all’orecchio, mentre ricambiava quella stretta con lui, abbracciandolo sul collo e a sua volta facendosi stringere sul corpo. 
Era rimasta sconvolta da quella reazione vulnerabile. Aveva visto quel dolore nella sua completezza ed era arrivata a capire che Zoro viveva in un simile terrore, forse ancora più grande del suo, e, perciò, si era un po’ arresa alla realtà.
Ma non sapeva lo stesso cosa fare. Come accettare una resa. 
“Io ho già vissuto l’inferno e sono sopravvissuta ad ogni situazione più disperata.” 
Gli aveva addentato il lobo con leggerezza, tirandolo appena e lasciandolo subito andare, mentre si spostava sulla fronte lasciandoci dei baci forti e rassicuranti sopra. 
Sentiva quel cuore duro batterle addosso. Lo aveva realmente smosso fino a farlo soffrire per davvero. 
Era del tutto incredula. 
“Non permetterò a nessun altro di farmi del male. Niente per me é più importante di sopravvivere, e questo lo sai.” 
 
Per Zoro era chiaro che si riferisse ad Arlong come suo primo aguzzino. E aveva colto chiaro il messaggio, che soprattutto dopo quello che aveva vissuto per otto anni, non sarebbero stati i potenti cattivi del nuovo mondo a spezzarla. 
E nonostante concordasse con lei, più di quanto avrebbe ammesso, sapeva che c’era una cosa che a Nami stava sfuggendo, ovvero quanto somigliasse a Ginny, si, la stessa donna che, per il bene della figlia, aveva sacrificato sé stessa. Ma se era vero che lui era capace di portare addosso i pesi delle sofferenze altrui, arrivando al sacrificio con la vita, lei sapeva invece soffrire in silenzio. Perciò, lei non solo prendeva il posto di Ginny nella sua mente, in quel modo contorto che ormai non si capacitava più di immaginare, ma lei aveva anche tanto di Kuma dentro di sé. Zoro sapeva quanto a Nami sfuggisse quanto lui e lei si somigliassero in questo. A volte su questo aspetto si sottovalutava enormemente. Più responsabile nell’agire, più scaltra e attenta, e più desiderosa di sopravvivere, se paragonata a lui, Zoro, ma pur sempre una che si sacrificava per gli altri, per chi amava, e senza troppa esitazione, caricandosi tutto il peso addosso senza condividerlo con nessuno. 
Perciò, era conscio del fatto che lei non aveva messo proprio tutto sul piatto. E non c’era nessuna soluzione a questo loro “problema”. 
 
“Non morirò!”
Nami lo aveva ripetuto quando aveva sentito ancora lui vibrare su di lei. Con i corpi così a contatto cambiava tutto, perché tutto diventava più leggibile. 
“Non mori-”
Ma quando ci aveva riprovato ancora, le parole le erano morte in gola, poiché Zoro le si era avventato sopra non lasciandole andare le labbra, mentre non alleggeriva nemmeno per sbaglio la pressione della stretta sul suo corpo. Non l’avrebbe lasciata allontanare. 
Avrebbe lottato come solo lui era capace di fare, e con insistenza e determinazione perché tutto rimanesse così il più possibile. Avrebbe voluto vedere il presente diventare futuro, un futuro da passare insieme. Ma c’era qualcosa che gli impediva di poter arrivare così lontano, e sapeva benissimo cosa fosse. Perciò, la sola altra promessa che poteva farsi, era che avrebbe lottato per lei finché avrebbe potuto. 
Per lei, non per loro insieme. 
Avrebbe lottato affinché lei sopravvivesse in ogni modo possibile. A lui bastava solo questo. A lui bastava che lei fosse al sicuro dalla morte. 
Tutto il resto non aveva importanza. 
E, senza nemmeno accorgersene, era diventato Kuma. Nonostante quella notte d’amore, aveva comunque preso una decisione simile a quella presa da quell’uomo. 
Non poteva farne a meno. 
 
Ma il suo sguardo, seppur spesso intraducibile, in quell’attimo, aveva come mandato segnali chiari e trasparenti di cosa gli passasse per la testa. E Nami, non sapeva spiegarsi come, ma era arrivata più o meno a captarne qualcosa. Come avesse un presentimento che leggeva tutto in quello sguardo, quando lui la fissava. 
Lo sapeva, lo sapeva che lui ragionava in quel modo. Lo sapeva che lui avrebbe fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per salvare tutti loro, ma anche per salvare solo lei. 
In un’altra occasione avrebbe detto qualcosa come 
mi sembra anche il minimo
ma stavolta non riusciva più ad essere così cinica, così presa solamente dalla sua sopravvivenza. 
Si era così liberata un po’ di quella stretta per colpirlo ripetutamente sul torace. 
Ti detesto, 
avrebbe voluto urlargli, 
ma non c’era bisogno di esternarlo a parole, il messaggio arrivava a Zoro forte e chiaro. Ma lui rimaneva lo stesso irremovibile sulle sue decisioni. Anche la ferita che leggeva cristallina negli occhi di Nami non l’avrebbe scalfito nella sua priorità. 
 
“Hai sempre ricoperto il ruolo di uomo impavido da che ti conosco. Hai sempre detto cose come ‘qualcuno di noi potrebbe non sopravvivere stavolta’, con leggerezza e normalità” 
Lo guardava in modo inamovibile, Nami. I denti che un po’ sbattevano mentre cercava di tenerli fermi, di non perdere il controllo. 
“e invece poi sei il primo tra tutti noi ad essere così spaventato della morte altrui” 
Parlava e si alterava nell’immediato, rigettandogli addosso quello che stava provando, e proprio come lo stava provando. Nel suo tono c’era qualcosa di simile all’esasperazione, ma che poi era dolore, era l’angoscia di soffrire il male più insuperabile di tutti: la perdita di chi si ama. 
“Sei soltanto un ipocrita.”
 
Nami e quella sua risolutezza. 
Quando ci si metteva d’impegno sapeva colpire nel segno. 
Nonostante la rabbia di quell’ultima parolina che lui non condivideva, Zoro pensava che fosse spaventoso che lei fosse riuscita a leggergli dentro fino a quel punto. 
Le aveva ringhiato addosso, come un cane bastonato. Avrebbe voluto fare una bella ramanzina a quella “donna risoluta e ottusa”, ma forse perché lo aveva più che altro ferito nell’orgoglio. 
Stava per difendersi, quando però lei gli aveva coperto la bocca con la sua, in una bramosia che lacerava, in un’angoscia che suggeriva che avrebbero potuto pentirsi di non agire in quella serata in cui ancora tutto poteva essere possibile. 
Un bacio famelico, ingordo, assettato e avido, che descriveva emozioni contrastanti che però facevano tutte parte dello stesso sentimento. 
E in quelle ore di tormento, si aggrappavano entrambi alla stessa frenesia e infatuazione bruciante che covavano dentro allo stesso modo di come si fa con la rabbia, o l’odio. 
 
E anche Zoro premeva sulla sua bocca, con foga, in un sapore che sapeva di lotta furiosa contro di lei, ma anche contro sé stesso. Dovendo imporsi di lasciarla andare ad un certo punto, rendendosi conto di aver perso il controllo. 
Entrambi con i reciproci respiri affrettati, quasi in preda ad una crisi respiratoria come avessero corso per ore. E, in quello spazio obbligato in cui era necessario concedersi all’aria, avevano continuato a provocarsi. 
“Non fingere che non preferiresti vedere qualcuno a cui tieni sopravviverti.”
Zoro, che in quell’attimo stava cercando di placarsi, aveva anche approfittato per lanciarle la sua di morale. 
Nami si sentiva schiacciata, con i loro petti che si scontravano nell’affanno, pur non lamentandosene, poiché era come se quel peso le tenesse il cuore ancora dentro la cassa toracica. 
“Stupido”,
si chiedeva come avesse fatto ad elaborare quella risposta dopo un bacio come quello appena vissuto, “la mia sopravvivenza è egualmente importante. Non verrà mai meno. E se ci fosse un’altra strada per salvare qualcuno” 
aveva alzato il capo dal futon, avvicinandosi vicinissima al suo viso, “che non preveda un sacrificio di m-o-r-t-e”, aveva poggiato poi nuovamente il capo all’ingiù, “percorrerò solo quella!” 
Zoro aveva grugnito ancora, infastidito da quel suo essere così furba, come se vedesse in lei, si una donna intelligente, di cui si fidava ciecamente nelle scelte e rifuggiva nella maggior parte delle decisioni, ma anche, in quel suo essere così acuta e sveglia, una donna che prendeva spesso scorciatoie, e questo lo mandava ai diavoli, poiché era un atteggiamento incompatibile con lui.
“Se devo scegliere tra la vita e il mio orgoglio, scelgo la vita!” 
Aveva continuato lei ad infierire, con in sottofondo ancora quel ringhio infastidito.
Niente, nient’altro più di questo, di Nami, poteva farlo essere così contrariato.
“E se non ci fossero altre strade!” era sprofondato su di lei come un'ombra. “Non hai tempo per pensare. Sei sul campo di battaglia. Hai un secondo per decidere.”
“Non mettermi queste stupide e inutili ansie, cretino!” 
“Rispondi!”
“Scordatelo!”
“Codarda!”
 
Zoro pensava al fatto che a nessuno oggigiorno concedeva così tante chance di fregarlo. Con chiunque altro avrebbe dato forfeit a quel punto, ma non tanto per una questione di resa, quanto più di disinteresse al dover combattere con altri per questioni simili. Era sicuro che non avrebbe mai perso così tanto tempo ed energia nel combattere sciocchezze. 
Ma poi pensava allo spavento che aveva preso anche in quell’ultima avventura, quando l’aveva sentita urlare, pensandola subito in tremendo rischio di morte, rispolverando in lui quei sentimenti che lo avevano smosso e agitato in pieno scontro aperto coi nemici. Pensava a come aveva riconosciuto subito la sua voce e il suo modo di urlare, quando si trovava in pericolo, come fosse stato un forte richiamo per lui, mentre nel frattempo, si era sentito impotente di poterla salvare, e perdeva per questo anni di giovinezza visibili sulla sua fronte. 
Rifletteva su con che facilità e naturalezza l’aveva immaginata al posto di Ginny per provare più facilmente empatia in quel doloroso racconto, scoprendo il male peggiore di tutti. 
E allora, capire come e perché aveva permesso a lei di entrare nella sua vita in quel modo, iniziava a diventare improvvisamente più intelligibile. 
 
Aveva amato nella sua vita, era sicuro di questo. Sapeva che che con Kuina non si era trattato solamente di dolore relegato ad una morte di una rivale, lui aveva perso un’amica, aveva perso una vera e autentica amica, e questo aveva avuto un peso determinante. 
E amava gli stessi suoi compagni di ciurma quanto sé stesso, e anche questo lo aveva metabolizzato in modo lampante, da tempo ormai. 
Ma si rendeva anche conto di quanto tutto poteva diventare più piccolo se pensava a quel manto nero, a quel vuoto nero infinito che aveva visto dentro e davanti a sé, se pensava di perdere Nami per sempre. 
Riconosceva di provare per lei un desiderio troppo devastante per poterlo raccontare e contenere, di quello che faceva male al petto, che gli stringeva il cuore in una morsa feroce. 
Aveva sempre creduto che perdere Luffy lo avrebbe devastato, e questo non significava che non sarebbe potuto accadere lo stesso, anzi. Ma se immaginava Nami, proprio come era accaduto, o anche solo il vederla soffrire come in passato, tutto di lui si rompeva in modo brutale e spietato. 
C’erano già troppe responsabilità, promesse impossibili, angosce aperte da affrontare e scardinare, ma si promise, che avrebbe potuto concedere a loro insieme delle possibilità. Non glielo avrebbe detto. O forse lo avrebbe fatto, ma non in quel momento.
 
Infatti, non era con aria di trionfo che Zoro si era mostrato a lei, tutt’altro. Era esausto e voleva mettere fine a quella cosa. Tanto sapeva che non ci sarebbe stata una vera e propria soluzione. Lui sapeva di aver fatto già una promessa indissolubile alla sua amica d’infanzia, per cui avrebbe potuto anche morire per realizzarla. Come poteva dirlo a Nami chiaro e tondo proprio in quel momento che sapeva che lei ne avrebbe sofferto?
“Lasciamo perdere questa inutile discussione?”
La teneva ancora nella sua stretta, volenteroso di muoversi in lei ancora, ingordo del suo profumo, affamato del suo sapore. Mentre iniziava a controllare le sue palpitazioni di cui prima aveva perso il controllo.
“Te lo sogni, maledizione!”
Nami aveva invece imprecato, scalciandogli addosso in segno di ribellione. “Voglio una maledetta assicurazione sulla questione!”
“Quanto sei cocciuta”
Gli aveva sentito esternare, in quel poco tempo di scorgere la sua bocca cambiare movimento vedendolo baciarla ancora, in un modo nuovo, più audace, più impaziente. 
Si guardarono negli occhi durante lo stesso bacio, l’una sorpresa ma sospettosa, l’altro in attesa che lei si decidesse a rispondergli in senso più fisico, pronta a lasciare andare via tutto. 
Una risposta che non ci mise poi così tanto ad arrivare, dal momento che, nonostante tutte quelle parole e i ragionamenti razionali che avevano cercato di raccontare, e mentre lo stavano dimenticano nuovamente per parlare e straparlare, erano i gesti e le azioni che suggerivano la più grande verità:
erano vivi!

 
 
 
 
 
Nami aveva consumato quel poco tempo di presa d’aria ai polmoni, ponendo a Zoro una domanda bizzarra. Tra un ansimo e un bacio, mentre lo sentiva farsi nuovamente strada in lei, bisognoso di averla ancora, gli aveva sussurrato quelle parole nuovamente sulle labbra dischiuse 
“Senti Zoro”
“Basta parlare”
“Zitto e ascoltami!” 
“…”
“Se non mi concedi un’assicurazione, almeno toglimi una curiosità. Me lo devi!” 
“Cosa vuoi sapere…”
“Tu come avresti risposto a quella domanda?” 
“Qu-quale domanda?” 
Era rimasto nuovamente esterrefatto per essere interrotto in un momento d’amore e fatica come quello, per chissà quale nuova stramberia da cui avrebbe dovuto iniziare a prendere precauzioni.
 
“Se potessi fare un viaggio, dove ti piacerebbe andare?” 
“Ma che…”
“Rispondi!”
 
Non sapeva spiegarsi perché aveva sentito la necessità di porre quella domanda, soprattutto dopo averne scoperto il significato doloroso. Ma forse proprio per quello, perché dietro quella domanda c’era un significato d’amore. Perché era la promessa tra due persone di stare insieme, viaggiando, vivendo avventure, promettendosi una vita insieme.
Era, appunto, una promessa.
E si, Nami era furba. 
 
“Se anche ci fosse la possibilità di andare ovunque, in qualsiasi posto, in questo momento…anche negli inferi…anche in un posto che non esiste”
Gli aveva poggiato la mano sul collo, mimando una stretta priva di forza, mentre gli sentiva l’arteria pulsare. 
“È ridicolo!”
Lui non riusciva a capire un simile gioco. E in quel momento poi!
“No invece! Ho bisogno di sapere quale sarebbe il posto per te più…”
Nami non era riuscita a trovare la parola più corretta per spiegarsi, ma lui l’aveva intelligentemente anticipata grazie alla sua spontanea onestà, liberandola da quell'ostacolo. 
“Sto già viaggiando, e mi sta bene quello che vedo.”
“Bugiardo!”
“Mi fai domande e poi non ti vanno mai giù le risposte!”
Lei sempre sospettosa, seppur non lo fosse mai con lui, che invece continuava a crogiolarsi nel suo essere allibito. 
Proprio come era successo con Robin, quella sera, capire immediatamente cosa queste donne volessero dirgli con strani discorsi e giochi, non era per niente facile. “Arriva al punto, Nami!”
“Non è possibile che se potessi scegliere non diresti altre cose! Uno come te poi. Non sogneresti un’isola dove si combatte tutto il tempo senza che questo passi mai?” 
La mano, dal collo le scivolava sul torace, seguendo con le dita l’ampia cicatrice sul petto di lui, in un gesto leggero ma intenso nel brivido. 
“Non m’importa.” 
“Non vorresti tornare a Wano?” 
Continuava a scendere verso il basso, non perdendo però mai il contatto visivo col suo occhio. 
“Perché mai dovrei voler…”
“Non vuoi vivere in una casa fatta di spade?”
“Ma che sciocchezza è mai questa?”
Zoro cercava di rimanere saldo, rispondendo a quelle domande di cui perdeva di vista il senso, solo per accontentarla, sentendosi irradiare da quel tocco, da quella situazione che voleva continuare ad approfondire. 
“Vorresti andare… in paradiso?”
Per un attimo, il respiro, che stava trattenendo con forza e impegno, si era bloccato più facilmente, come sospeso, come se avesse smesso da solo. Si chiedeva come mai Nami avesse tirato fuori questa strana proposta, con il dubbio che lei fosse abbastanza consapevole, in qualche modo, nel cosa veramente significasse il suo obiettivo finale per lui, e cosa comportasse per il raggiungimento del titolo. O, forse, continuava a chiedersi, lei era ancora troppo inquieta e continuava a rimuginare sulla vita e la morte, bloccata come lui in pensieri difficili, strazianti, impossibili da fermare una volta messi in moto.
Stava scavando, ne era sicuro, Nami stava cercando qualcosa e lui non sapeva se vuotare il sacco anticipandola, diventando spietato, servendole quella verità nuda e cruda sul piatto così da farla smettere, o continuare a lasciar perdere. Avevano già eccessivamente sofferto per quella sera, lui stesso ancora non si era ripreso e voleva continuare a “curarsi” solo stando con lei il più possibile. E vedeva che tutto quello stare insieme quella sera, in quel modo avido e insaziabile, faceva bene anche a lei, che in più di un momento l’aveva sentita stare meglio, perché era viva, era amata.
Voleva continuare a guarire ed essere a sua volta un guaritore.
Nami, nel frattempo, era arrivata alla fine della sua cicatrice, continuando ad indugiare su di lui, sentendo quel corpo nudo diventare estremamente bollente, in un calore sia fisico che metaforico che la faceva sentire al sicuro. 
“…non é ancora tempo per me di andare all’altro mondo! Ma nemmeno in quel caso penso che andrò in paradiso… “ 
“Spiritoso!”
“Si può sapere che cosa stai cercando?”
 
Nami aveva scosso la testa leggermente, mentre negli occhi iniziava a perdere quella fermezza che aveva tenuto stabile per tutto il tempo. Era forte. Era rimasta più corazzata e meno vulnerabile di lui, quella sera. Ma sempre quel timore, quel presentimento la stava obbligando a cercare a fondo qualcosa, cercando di scoprire il peggio che dimora sempre dietro l’angolo, di cui forse, adesso Zoro iniziava a capirne il significato, poiché, poggiando la mano su quella di Nami, ancora intenta a scendere sul suo corpo, e avvicinandole le labbra all’orecchio, le aveva risposto – e a lei era pure sembrato quasi seducente, provocandole un mezzo sorriso sul viso, prima di sentirlo riprendere a muoversi su di lei, e poi…in lei. 
 
“Qualsiasi viaggio sia, lo stiamo facendo insieme. Non ho niente altro da chiedere.” 
 
 
Stavano vivendo un privilegio che Kuma e Ginny non avevano potuto avere e consumare. E a cui loro non avrebbero mai potuto rinunciare, dopotutto. E questo nonostante la grande paura della perdita, di fallire nell’intento di salvare, nell’incubo di vedere uno di loro sacrificarsi per l’altro.
Avevano acquisito con dolore un’esperienza drammatica, che però quella sera gli aveva permesso di imparare dal passato ad esimersi dal ripetere gli stessi errori di altri, sbocciando insieme, in quella fetta di vita che poteva essere l’amore vero quando lasciato libero di prendere forma. 
 
E Nami sorrideva interiormente, al pensiero della vita, sentendosi vincitrice anche per via di quella confessione scucita a Zoro con più di un pretesto, mentre rispondeva a lui in quell’assaporarsi, e, con tutta naturalezza, la tramutava in una sacra promessa in cui lui le aveva dato priorità su tutto, e alla quale non avrebbe potuto mai più sottrarsi, come un monito sul quale fare affidamento per evitargli di compiere un gesto sconsiderato e sacrificante sia per dovere e sia per amore. 
Aveva ammesso che ciò che preferiva era il viaggiare insieme; perciò, aveva perso ogni libertà di morire, perché così facendo sarebbe finito in un altro posto. 
Erano vivi.
E sarebbero rimasti vivi insieme. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice________________________
È finita! 
 
Non è stata un’esperienza lunga, ma un po’ lo è diventata sul finale. E mi dispiace che chi ha seguito con interesse abbia dovuto aspettare così tanto per vedere aggiornata questa storia, ma stavolta ho imparato la lezione e me la sono presa comoda a prescindere, senza sfinirmi o accelerare i tempi per la voglia di pubblicare, condividere e accontentare. 

Comunque, 
la storia di Kuma è stata meravigliosa fino alla fine del suo Flashback, e quello che sta accadendo attualmente nel manga col suo palesarsi mi ha fatta emozionare, e ha anche reso leggermente più plausibile la mia FF, più o meno… ehehe. 

Piccolo appunto, sappiate che non ho idea se sia riuscita a rendere tutto questo credibile se trasferito su Nami e Zoro. Potrei aver toppato totalmente e averli resi anche tanto – moltissimo-  fuori characters. Però va bene lo stesso, ho seguito il cuore e l’ispirazione che quella storia strappalacrime mi ha trasmesso. 
In più, sento l’inizio della storia più forte e più debole la fine, sicuramente ho allungato troppo rispetto all’idea principale, ma i finali sono sempre problematici. Spero sia stato comunque un capitolo non troppo deludente se messo a confronto con possibili aspettative iniziali. 

 
Forse, 
ci si sente alla prossima, 
ho da secoli una mini long che in modo molto diverso tratta un po’ la stessa tematica di questa FF. Ma non posso fare previsioni sul se la pubblicherò e quando. 
In ogni caso, 
sempre ZoNami nel <3 
 


 

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