Kiss Kiss, Bye Bye

di Swan Song
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Tempo ***
Capitolo 2: *** Secondo Tempo ***
Capitolo 3: *** Terzo Tempo ***
Capitolo 4: *** Ultimo Tempo ***



Capitolo 1
*** Primo Tempo ***


Note introduttive:

Cari lettori, bentrovati! ^^
Devo ringraziare due persone, anzitutto, perché è grazie a loro se questa storia ha preso vita: Milly Sunshine, che mi ha fatto venire l'ispirazione in seguito al suo giallo a tema Carnevale, ed EleAB98, che ha richiesto un seguito per la coppia Susan/Chuck e mi ha fatto venire l'idea ;) <3

Questa indagine è a sé stante, ma consiglio la lettura di "The Windsor Chalet" in quanto ci saranno riferimenti e spoiler.

Mini indagine di 4 capitoli.

Buona lettura! ^^

SwanXSong

 







Primo Tempo







New Orleans, 1951.

«Abbiamo fatto una seduta spiritica, ieri sera.» esordì il giovane, che in maniera impacciata se ne stava a debita distanza dal tavolino, in piedi, rigido come uno stoccafisso; stringeva il capello tra le dita.
La sua sembrava proprio una questione di vita o di morte...più che altro di morte, date le circostanze.
«Ci annoiavamo e volevamo celebrare in una maniera divertente questi giorni di Carnevale.»
La ragazza teneva lo sguardo fisso sul narratore; suo padre, invece, sulla tazza di caffè fumante che stava per bere.
«Ebbene, come avete avuto modo di constatare anche voi, c’è stato un brutto temporale, ieri sera. Le strade erano deserte, sarebbe stato meglio non uscire, ma...» il giovanotto avanzò di un passo, uno solo. Forse temeva l’ira delle due persone che aveva dinnanzi «Vedete, gli spiriti ci hanno recapitato un messaggio!» a quel punto, iniziò a parlare con enfasi, senza sosta né respiro «Ci hanno detto che il Capitano Trevor sarebbe morto! Siamo rimasti tutti molto colpiti e, nonostante la pioggia forte, il Maggiore Rawsberry si è recato a casa sua per verificare la situazione. Ebbene, dato che Trevor non rispondeva, il Maggiore ha dato un calcio alla porta, è entrato e...buon Dio, l’ha trovato morto! Secco, stecchito! Non è assurdo, detective? Gli spiriti hanno parlato!»
Tacque e fissò i due attraverso i suoi occhi a palla. Dall’agitazione, i baffetti gli si alzarono e riabbassarono ad intervalli regolari.
Steve Sheppard non ricambiò lo sguardo neppure in quell’occasione, ma si limitò a sorseggiare il suo caffè mattutino, come da previsione «Un messaggio dagli spiriti.»
«Sì, detective. Non è sconvolgente?» quasi tremò il giovanotto.
Susan osservò le gocce di sudore che lentamente gli scendevano sul viso, proprio come fa la pioggia contro i vetri «Noi non siamo detective, signor…?»
«White. Stefan White.»
«Signor White, noi non siamo detective.» disse Susan accavallando le gambe sotto il tavolino «Io studio medicina e mio padre è un marine.»
Stefan avanzò ancora, permettendosi di accomodarsi nella sedia libera proprio di fronte a Steve, sistemandosi il cappotto sotto il sedere «Lo so, lo so! Ma siete diventati così famosi dopo il caso dello chalet, che non mi sorprendo ci sia la fila davanti alla porta di questo hotel dove alloggiate!»
Il fatto che i due volessero godersi il carnevale di New Orleans, come accadeva ogni anno, pareva non importare a nessuno.
Ora chiunque sembrava avere un caso da sottoporre ai due “detective”, e neppure quell’ampia terrazza che si affacciava sulle strade principali di New Orleans riusciva a donare loro un po’ di tranquillità.
Mentre Steve consumava la colazione, Susan si alzò in piedi e, come una detective che si rispetti, piazzò le braccia dietro la schiena e fece due passi «Signor White, lei non ha fatto altro che riportare per filo e per segno la trama di una famosa opera della Christie, quindi non solo è un ciarlatano, ma anche un fan tossico.»
Il giovane sollevò le sopracciglia, fingendo di guardarla stupito «Un fan tossico? Ma cosa...»
Steve addentò un pasticcino alla crema «Sfortunatamente per lei, mia figlia ha ragione. Lei è un pagliaccio, ha fatto di tutto pur di ottenere un colloquio con noi, addirittura inventarsi un caso! Non c’è stata alcuna seduta spiritica, ieri sera, o perlomeno nessuno ci ha lasciato la pelle. Ora, se vuole scusarci...»
Stefan ringhiò deluso, dunque si alzò, si abbottonò il cappotto e prese la porta «Dannazione, mi hanno scoperto. Eppure ho ripetuto la storiella così tante volte, davanti allo specchio...credevo di fregarli.»
Si voltò solo per annunciare un debole «Buona giornata, signori.» dopodiché si dissolse come la nebbia.
Susan prese un ampio respiro e si appoggiò alla ringhiera per immergersi, ancora una volta, nell’atmosfera della città «Incredibile cosa fa la gente pur di parlare con noi. Siamo diventati così famosi?»
«A quanto pare. Non accetteremo casi che non siano alla nostra altezza. Già che siamo dilettanti, almeno che ne valga la pena.»
«Concordo, papà.»
Un gelido venticello avvolse i capelli di Susan e li mosse.
New Orleans era da sempre considerata la città multiculturale della Louisiana, un luogo ricco di storia, musica ed architettura unica.
Da quell’angolazione si poteva vedere il Quartiere Francese, il cuore pulsante della città: strade acciottolate, balconi in ferro battuto, case coloniali con cortili nascosti.
La strada più famosa era Bourbon Street, centro della vita notturna.
Ma ciò che Susan adorava di più era il ponte sul Mississippi, uno dei ponti più lunghi al mondo, che brillava anche al buio.
«Presto queste strade saranno piene di carri e gente mascherata.» disse la ragazza con un sorriso «Sei pronto?»
Steve sorrise a sua volta e l’affiancò «Come ogni anno, figliola.»
Per qualche attimo restarono così, in silenzio ad ammirare la città, un silenzio spezzato soltanto dai loro respiri lievi.
Poi…
«I signori Sheppard? Padre e figlia? Steve e Susan Sheppard? È permesso? Il gentile signore alla reception mi ha dato il permesso di entrare...»
I due si scambiarono uno sguardo, alzarono gli occhi al cielo e si voltarono molto lentamente, improvvisando dei sorrisetti di cortesia così tirati da non ingannare neppure il più stupido sulla faccia della Terra «Con chi abbiamo il piacere di parlare?» domandò il marine con sforzo immane.
A differenza di Stefan, questi si sedette senza indugio; complice il fatto che, ad occhio e croce, fosse più vecchio, quindi più sfacciato «Mi chiamo Harry Spencer. E sono qui per denunciare un orrendo, un orrendo crimine.»
Steve allargò le braccia «Questa non è una stazione di polizia e noi non siamo poliziotti.»
«Lo so, lo so!» fece questi «Ma voi non conoscete l’ispettore locale. Non capisce niente, un po’ come quelli di Scotland Yard. Una vera zucca vuota.»
«Questo non è un romanzo giallo, signor Spencer. È il mondo reale.»
Susan avrebbe voluto aggiungere un “tristemente”, ma dopo l’avventura allo chalet aveva appreso parecchie cose.
Harry, corporatura media e capelli brizzolati, berciò «Ascoltate, prima di giudicare.»
«Purtroppo mia figlia ha il brutto vizio di giudicare anche prima.» disse Steve con un sorrisetto «Proceda.»
Sembrava che il signore in questione stesse per recitare a teatro il monologo della vita.
«Io sono un pittore, badate bene. Me ne stavo lì ad osservare la gente in strada che si preparava per il carnevale, la scorsa settimana, quando, all’improvviso, ho avuto una illuminazione. Una specie di folgorazione.»
«E’ la stessa cosa.» s’intromise Susan.
«Sì, bè, volevo enfatizzare, no? Allora mi sono recato nel retrobottega e ho realizzato che uno dei miei preziosi quadri era sparito! Sparito, capite?» si piazzò le mani tra i capelli e prese ad osservare il cielo, come ad imprecare contro di esso «Chi ha osato macchiarsi di questo orrido crimine? Chi? Voi dovete scoprirlo, detective!»
I due non sapevano più in che lingua ricordare che non erano affatto detective. Inoltre…
«Dobbiamo occuparci anche di furti, adesso? Se ne vada, per cortesia.» controbatté Steve, esausto «Siamo in vacanza.»
«Ma avete dichiarato che accetterete un caso degno di voi! È su tutti i giornali!»
«Sì, bè, non è questo il caso, signore.» Steve lo afferrò sotto l’ascella destra «Per favore, se ne vada.» e questi lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite «Quale caso può essere meglio di questo? Io ho subìto un affronto enorme! Il mio prezioso quadro!»
«Signor Spencer, lei ha un assistente?» domandò allora Steve mentre lo conduceva poco gentilmente alla porta.
«Ma certo. Danny. Vuole diventare un pittore anche lui, ma non è in grado, figurarsi. Non ha la mano!»
«E lei è solito insultarlo per questo?»
«Tzè, che parolone...se non sa dipingere, non è mica colpa mia. Quindi gli do due dritte, quotidianamente, io non lo definirei “insulto”.»
Steve si scambiò un’occhiata con sua figlia «E’ stato lui, lo comunichi pure alla polizia. Buona giornata.»
«Ma cosa...Sheppard! Ma ne è sicuro?»
«Tale Danny prova un risentimento così forte nei suoi confronti, che, anziché licenziarsi, ha preferito rubare uno dei suoi quadri. L’ha colpita nel profondo, capisce? Probabilmente l’ha già venduto.»
Gli occhi di Spencer si fecero più grandi di due piattini da caffè «Buon Dio! Corro immediatamente alla polizia!»
«Saluti! E buona fortuna per il recupero del prezioso quadro!» lo prese in giro il marine «Anche se sospetto possa essere già in Europa, a quest’ora.» sussurrò alla figlia, la quale sorrise.
«Avremo finito?» domandò, sporgendosi ancora una volta dalla terrazza «Non vedo più gente in fila.»
Il padre gettò una rapida occhiata all’orologio da polso «Lo spero! Sono quasi le dieci, è vergognoso!»
«E’ vero. Io ho bisogno di fare due compere, mi manca la maschera di carnevale.»
«E i coriandoli.»
«Hai ragione. Allora andiamo?»
Steve annuì ed insieme fecero per muoversi, quando sulla traiettoria visiva di entrambi comparve un enorme mazzo di fiori che li costrinse ad indietreggiare e spalancare le palpebre.
«Ma cosa diavolo...» commentò Steve, che per poco non ci andò contro, rischiando di mangiarseli come conclusione della colazione.
Certo, brucare delle rose non era il suo massimo.
«Alloggiano qui Steve e Susan Sheppard?» disse una voce conosciuta, il cui tono era tra la presa in giro e il sensuale.
Dapprima Susan corrugò la fronte, mettendo su un’espressione pensierosa, poi chiuse gli occhi e respirò a fondo: non era possibile che lui si trovasse lì, non era proprio possibile.
Scostò i fiori con impeto e i suoi peggiori presentimenti divennero realtà, specie quando incrociò lo sguardo tagliente e malandrino del ragazzo «Tu che diamine ci fai qui?!» chiese alterata.
Chuck Solo mantenne il sorriso da autentica canaglia e sporse ulteriormente i fiori, come invito «Ho un caso per i due detective.»
Susan roteò gli occhi e gli diede la schiena, cominciando a camminare per l’intera terrazza, nervosa.
Steve, invece, portò le mani ai fianchi e studiò il ragazzo come se fosse il peggiore dei criminali «Balle, sei qui per mia figlia. Non starai diventando un maniaco, vero? Uno di quelli che seguono le ragazze ovunque, pure cambiando Stato! Potrei farti arrestare!»
«Ma smettila, suocero, non sei un poliziotto vero, ogni tanto dovresti ricordartelo. Non nel senso concreto del termine, perlomeno.»
«Suocero? Non c’è nessun suocero!» imprecò il marine, quasi rimettendo l’intera colazione «Mi hai capito bene? Mia figlia non vuole uscire con te e tu non hai un vero caso, quindi...»
«Eppure mi ha promesso una cena, ma non ha ancora trovato il tempo di concedermela, evidentemente.» tuonò Chuck, posando lo sguardo su Susan, che agitata ribatté «Sì, uhm, sono stata impegnata...»
«Siamo a carnevale.»
«E bè, mica è trascorso un intero anno dall’ultima volta che ci siamo visti.»
«Soltanto dei mesi.»
«Guarda che è poco, eh.»
«Allora non vuoi davvero uscire con me come sostiene tuo padre, oppure stai temporeggiando perché hai paura?» domandò il ragazzo, assottigliando lo sguardo.
«P-paura? Io? Di uscire con te?» si difese Susan «Ma che dici?»
«Oh sì, hai paura.» sorrise lui «Di cosa? Mica ti mangio.»
Steve si mise letteralmente in mezzo, sguardo da falco predatore «Sarà meglio per te che la storia del caso sia vera, figliolo, o ti rispedisco in Colorado a calci.»
Chuck fece schioccare la lingua «I padri...sempre troppo protettivi. E a quanto pare, io ho a che fare con un vero e proprio mastino.»
Steve spostò la testa in cerca del suo sguardo «Che hai detto?»
«Io? Niente. Ma il caso ce l’ho davvero e sarà quello che accetterete, parola mia.» disse con una certa sicurezza.
Steve inarcò le sopracciglia e gli strappò i fiori dalle mani «Almeno questo gesto è stato carino. Ma li getterò nel fiume, se il tuo caso non sarà interessante. E bada bene che deve esserlo tanto, o...»
Chuck lo sfidò «Mi spedisci a calci in Colorado?»
Susan dovette mordersi le labbra o sarebbe scoppiata a ridere, e siccome non voleva darla vinta a quei due...
Però doveva ammettere che vederli interagire era sempre divertente.
Chuck afferrò un pasticcino rimasto nel cabaret e, dopo averlo addentato e aver guardato Susan con il solito interesse, prese posto.
Steve, anticipandolo, gli puntò il dito contro «Prova ad inventarti tutto e...»
«Il vero motivo per cui mi trovo qui è per la festa che si è svolta ieri sera a casa O’ Neill. Conoscete la contessa, vero?»
Gli Sheppard scossero le spalle dopo essersi scambiati una rapida occhiata «Ne abbiamo sentito parlare, è una icona di New Orleans, no?»
Chuck annuì «E’ un’amica di mamma da anni, ma dato che la cara mammina era impegnata...»
«Sempre pronto a far festa, eh?»
A quell’affermazione di suo padre, Susan incrociò le braccia al petto, osservando Chuck con sospetto.
Questi curvò le labbra in un sorriso, accavallando le gambe e servendosi del caffè come se niente fosse «Sempre pronto.» prese un sorso e cominciò a raccontare «La contessa Perla O’ Neill, oramai settantenne, è figlia di contadini e divenuta famosa per aver sposato il miliardario Carl Cooper, star della città. Nella sua villa era in corso una festa...non che ci potesse andare chiunque, anzi, i vestiti indossati dalle persone parlavano da soli, tanto da rendere l’idea. Bene, ecco come si sono svolti i fatti.»

«Come balli bene, Sam!» Perla roteava per tutta la sala, accompagnata da musica d’archi.
«Perla, Perla! Lo sai che non sono più il ballerino di una volta.» rispose Sam, fermandosi per riprendere fiato.
«Oh, Sam, ma tu balli ancora divinamente, mio caro!» sorrise la donna «Vuoi scusarmi?» domandò quando vide una ragazza.
Sam le baciò la mano «Ma certo, mia adorata.»
«Kate!»
«Contessa! Mi dica.»
«E’ ora che tu vada a dormire, tesoro.» disse Perla stringendole le mani con affetto «E’ meglio.»
«Ma contessa, perché? Voglio godermi la festa, non ho mai visto tanta gente famosa come questa.»

«No, ora noi dobbiamo festeggiare con i nostri metodi.» insistette Perla.
«Guardi che sono maggiorenne!» controbatté la giovane.
«Non importa, Kate. E’ tardi e ti ho già fatta stare abbastanza alla festa! Gli altri tuoi colleghi non hanno il privilegio che hai tu!»
«Ma…»
Perla l’afferrò per il braccio, stringendoglielo «Ricordati il tuo posto.»

«Va bene, non capisco perché insiste tanto…non vedo cosa facciate che io non possa vedere…» si chiese Kate.
«Dormirai nella mia stanza personale.»
«Cosa? Che cos…»
«Hai sentito bene.» disse la contessa «Ti do il permesso di dormire nella mia stanza, dove nessun’altra donna al di fuori di me ha mai dormito.»
«Oh mio Dio! Grazie! Non ci posso credere, ma perché? Perché fa questo?» chiese la ragazza.
«Voglio essere buona…sai che ti voglio bene, Kate, consideralo un regalo! Qui c’è la festa e tu sarai me per una notte! Io dormirò nella stanza accanto.»
«Ma non è come la sua!»

«Lo so…ha solo qualche gemma in meno.» scherzò la contessa.
«L’ho bella che capita, io.» sorrise Kate «Tutto pur di non farmi rimanere alla festa, eh?»
«Può darsi!» Perla contraccambiò il sorriso «Ora andiamo, ti accompagno.»
Salirono di sopra prendendo l’ascensore, che si aprì immediatamente dentro la stanza «Aspetti…non ha una porta?» si sbalordì la giovane, che ovviamente non era mai entrata nella stanza personale della contessa «Si arriva direttamente con l’ascensore, che meraviglia!»

«Proprio così!»
La stanza, i cui metri quadrati erano incalcolabili da quanto fosse grande, aveva due finestre con le persiane già chiuse, un letto immenso con i materassi e le lenzuola più morbide del mondo già preparato per la notte, due sedie in rubini, un comò in legno di frassino, uno specchio circondato da diamanti luccicanti, due comodini con lampadine di smeraldo, le tende in seta e un armadio con i vestiti della contessa, numerati per ordine in base alle cerimonie (il numero passava il trecento).
Tutto era pronto per la notte.
«Non ci posso…che meraviglia!» si sbalordì Kate.
«Ora mettiti la camicia da notte che ti ho preparato e vai a letto!» sorrise Perla.
«Credo che non m’interessi più niente della festa.» balbettò la ragazza, sempre più sorpresa.
La contessa le sorrise, rientrò in ascensore e schiacciò il pulsante «Kiss, Kiss!» le mandò un bacio «Notte!»

«E le porte si sono richiuse. Scusa, potresti trattare meglio quei fiori? Mi sono costati un patrimonio, e non sono per te!» tuonò Chuck, tenendo d’occhio ogni movimento di Steve.
Ancora, Susan sorrise «E tutto questo che significa?» domandò, incrociando le braccia al petto.
Chuck la guardò confuso «Come, che significa? Sto cercando di farti uscire con me, bella Susan.»
Lei arrossì di colpo e spostò lo sguardo da tutt’altra parte, nel disperato tentativo di celarlo «Mi riferivo al caso!»
Chuck sembrò ricordarsi solo in quel momento di non aver completato il racconto «Ah, sì! Kate è morta, e nessuno sa come.»
Calò un prevedibile silenzio, durante il quale gli Sheppard si scambiarono un altro sguardo.
«Aspetta...è morta? La ragazza?» domandò Steve.
Dalle labbra di Chuck partì un fischio d’approvazione, come se fosse divertente «Poveraccia...aveva solo ventun’anni. Scopro tutto, io.»
«E’ impossibile che nessuno sappia com’è morta.» parlò Susan «Non è arrivato un medico legale sulla scena?»
Chuck annuì «Lui e quell’ispettore da strapazzo, che non ne caverà un ragno dal buco. Per questo sono qui. Che coincidenze, eh?» sorrise «Il corpo della giovane è stato trovato alle tre di notte e sono state immediatamente avvertite le autorità, ma siccome mi fido più di voi… eccomi qui.»
Per Steve non era sufficiente «Chi è la ragazza? Una nipote della contessa?» chiese in maniera svogliata.
Chuck era certo che con quella risposta il suo caro futuro suocero avrebbe accettato il caso «No. Cameriera.»

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Capitolo 2
*** Secondo Tempo ***



Secondo Tempo









Le porte dell’ascensore si riaprirono all’arrivo di Steve, Susan e Chuck nella stanza.
Il corpo di Kate Bell giaceva sotto le coperte, senza vita.
«Devo dire che la prima domanda sorge spontanea: cosa ci fa una cameriera nel letto della contessa?» esclamò Steve, mentre sua figlia Susan dava un’occhiata in giro con fare sognante.
«La contessa stessa afferma di aver dato il permesso alla ragazza di dormire nel suo letto. Nessuno lo aveva mai fatto prima…oh, a parte gli uomini, ovvio!» spiegò Chuck.
«Ma era una cameriera! Perché mai?» domandò Susan.
«La donna, inoltre, sostiene che la ragazza era come una figlia per lei, e che alle tre ha dato l’ordine al guardiano/guardia del corpo di salire per vedere se dormiva. Così è stato trovato il corpo.» Chuck non aveva più fiato.
Steve Sheppard si strofinò una mano sulla fronte, la faccenda era piuttosto chiara «Quindi il colpevole…»
«Semplice, può essere uno qualsiasi dei duecento invitati!» lo completò Susan.
«Io non lo definirei “semplice”, figliola.»
Difatti, Chuck sbuffò «Sentite, dovete per forza prendere le testimonianze degli invitati. L’ispettore lo avrà già fatto, ma occorre un secondo giro, è ovvio. Quello lì non capisce niente. Certo, tutti diranno di non aver visto niente perché casualmente erano al bagno, ma...»
Steve sospirò «Ti rendi conto che non abbiamo mezza qualifica per farlo, vero?»
Chuck Solo fece spallucce «Chi ce l’ha è un incompetente totale, e poi siete così famosi...non credo ci saranno problemi. Finirete in prima pagina!»
«Chi è l’ispettore?» chiese allora Steve.
«Uhm, un certo Doyle qualcosa...Jim, forse.» rispose il ragazzo.
Susan sbatté le palpebre ripetutamente, incredula. Aveva capito bene?
Da un lato, sperò che Chuck si sbagliasse «Doyle? Come in “Assassinio sul Nilo?”»
Va bene credere alle coincidenze, ma quella era già la seconda volta in cui l’ispettore di turno portava il nome di un personaggio nato dalla penna della Christie e successivamente divenuto famoso.
«Un idiota.» berciò Chuck.
«Abbiamo capito come lo reputi, non c’è bisogno di sottolinearlo ulteriormente, grazie.» disse Steve, avvicinandosi al letto «Figliola, in tutta onestà, ciò che più m’incuriosisce attualmente è il come. Vediamo se sai fornirci una spiegazione, sono tutto orecchi.»
Lei annuì, piegandosi sul corpo «Una vera fortuna che non l’abbiano ancora portato via…»
«Colpa del temporalone della scorsa notte. Hanno preferito aspettare. Sai dirci com’è morta?» chiese Chuck, impaziente.
«Niente colpi d’arma da fuoco: il corpo non ha nessun foro d’entrata né d’uscita. Nessuna ferita d’accoltellamento od altro oggetto contundente, nessuna ferita da difesa…questa ragazza è impeccabile!»
«E…?» Steve si aspettava una continuazione.
Quello che ascoltò, fu tanto strano quanto curioso.
«E…insomma, tolto il fatto che sia morta, questa ragazza è in ottime condizioni!» si disperò Susan.
«Stai scherzando, spero.» ribatté il marine «Non sai com’è morta?»
«Papà, qui non c’è niente! Il suo cuore si è fermato, è come una vecchia che muore nel sonno.»
«Non può esserle venuto un infarto, è troppo giovane.» ragionò Sheppard «Come mai si è fermato il cuore, allora?»
«Se la causa non è esteriore…è interiore.» spiegò Susan «Può essere stata avvelenata.» prese la bottiglia d’acqua che c’era sul comodino «Occorrerebbe imbustarla.»
«Sì, e occorrerebbe un’autopsia. Analizzando il contenuto del suo stomaco, di certo sapremmo di più. Come facciamo, senza farci scoprire dal vero investigatore?»
Chuck sollevò le sopracciglia ed ammiccò, fissando Steve «Lasciate fare a me.»
Susan prese a guardarsi intorno, realizzando che ogni sorta di gioiello lì c’era. Afferrò un braccialetto in smeraldo, luccicante, e si meravigliò: «Accidenti! Se un uomo mi regalasse una bellezza simile, lo sposerei!»
«Quanto costa?» chiese apposta Chuck.
Susan naturalmente lo sentì, ma assottigliò lo sguardo e ribatté «Dovremmo fare due chiacchiere con la contessa.»
Malauguratamente per Steve, a Chuck il denaro non mancava. Ricordava bene a quale famiglia apparteneva!

La contessa Perla era una donna di rara bellezza. Nonostante l’età, amava portare i capelli biondo cenere lunghi fino alla schiena, in modo da acconciarli come più adorava in base alle grandi occasioni.
Adesso sfoggiava una treccia disordinata e sedeva su un divano interamente rosa fenicottero, in lacrime.
«Signora O’ Neill?» salutò Steve.
La donna alzò la testa «Va’ pure, Jerard.»
Il guardiano si fece da parte.
«Ci dispiace per la sua cameriera.» proseguì Sheppard.
«Era come una figlia per me. Oh, Dio, non ci posso credere!» pianse.
«E’ per questo che l’ha fatta dormire nella sua stanza?» chiese Susan.
«Sì…perdonate, ma voi chi siete?»
«Uhm, detective privati. Ci ha ingaggiati Chuck Solo, che presumo lei conosca.» rispose Steve.
Perla alzò lo sguardo su Chuck «Solo? Sei il figlio di Harper Windsor? Oh, nemmeno sapevo fossi qui...invito sempre così tanta gente, che spesso perdo il conto e mi gira la testa!» ammise, imitando qualcuno che sta per avere un mancamento.
Chuck storse il naso, odiava essere messo da parte.
«Ah. Bè, hai fatto bene, pasticcino.» ammiccò la contessa «Quell’ispettore mi è sembrato un vero imbecille. Mi ha fatto delle domande così assurde...oh, spero voi sappiate fare di meglio, detective!»
Gli Sheppard tossicchiarono dopo essersi scambiati uno sguardo «Ci vuol poco, signora.»
Ma prima che riuscissero a fare altre domande, Perla singhiozzò «Sono loro, lo sapevo! È la fine.»
«Loro chi?» proseguì Susan.
«Ma non capite? Ero io l’obbiettivo! La stanza era mia, e chiunque abbia ucciso Kate, in realtà voleva uccidere me! Perché credeva di trovare me! Mon Dieu
«Questo può essere vero. Ma, Perla, lei aveva dei nemici?» domandò a bruciapelo Chuck.
La donna lo fissò intensamente «Come hai detto che ti chiami, pasticcino?»
«Chuck.» rispose lui, gonfiandosi come un pavone.
La mano della contessa afferrò il primo libro di una pila infinita che stava sopra un tavolino rotondo, posto accanto al divano.
«L’ho scritto io…è il mio ultimo capolavoro.» lo aprì ed impresse una dedica sulla prima pagina «Te lo regalo. E bada bene che i regali li faccio solo a chi m’interessa particolarmente…» disse, facendo l’occhiolino.
«Grazie, signora.»
«Può rispondere alla domanda, cortesemente, grazie!» subentrò Susan, irata «Io non ho tempo da perdere.»
Perla fissò la detective improvvisata e sorrise «Gelosa?»

«Dio, è insopportabile!» continuava a ripetere Susan mentre camminava per i corridoi infiniti della villa, corridoi nei quali ci si poteva perdere.
«Non è vero. E’ così gentile, povera signora.» la difese Chuck «E poi ha detto che non ha idea di chi la voglia morta, ha anche risposto alla domanda.»
«Sì, l’ha fatto per ultimo. Ma proprio ultimo. Dopo due ore. Era così difficile dire: “No, sì…forse”?»
Chuck si mise a ridere, Susan proseguì «E comunque a me sembra che abbia perfettamente idea di chi la voglia far fuori. Ha detto “Sono loro, è la fine”. Loro chi? Poi pensa a se stessa, non alla vera vittima. Perché sembra che stia meglio di me!»
«Era preoccupata perché poteva esserci lei all’obitorio, giustamente la camera è sua…l’obbiettivo era lei.» disse Chuck.
«Ah, ti sta simpatica solo per le lusinghe e il regalo, in realtà è una serpe. È odiosa.» proseguì, sempre più irritata, Susan «“Come hai detto che ti chiami, pasticcino?”» la imitò.
Chuck si fermò di colpo «Oh, dolce Susan, grazie.»
Lei si fermò a sua volta, confusa «Come?»
«Non c’è bisogno che ti arrabbi per una vecchia che mi sta dietro, io sono tuo, lo sai!»
«Io non...»
«Lo so, non c’è bisogno che spieghi. Torniamo sulla scena?»

«Dentro non teniamo le telecamere di videosorveglianza perché la contessa dice che non ce n’è bisogno.»
A quella spiegazione del guardiano, Steve Sheppard trattenne una risatina, una risatina esplicativa del suo pensiero.
Sapeva che il periodo post-bellico aveva visto un aumento pazzesco alla domanda di sicurezza in molti settori.
Stazioni ferroviarie, banche, aeroporti. Le telecamere erano preziose, ma c’erano, servivano a monitorare le grandi folle e a prevenire crimini.
Certo, la capacità di registrazione era limitata e spesso occorreva una presenza umana, ma Steve non fece a meno di pensare a quel pazzo fondatore del Windsor Chalet e a quanto si sarebbe divertito se all’epoca il mondo fosse stato dotato di telecamere di sicurezza.
A possederle sarebbero stati i grandi ricconi, come in questo caso, ma avrebbero facilitato ogni cosa.
«Mi sarebbe utile visionare i filmati di quelle piazzate fuori.»
Jerard annuì «E’ già passato un altro detective, prima, mi ha chiesto la stessa cosa.»
«Collega.» s’inventò sul momento Sheppard «Anche se siamo rivali, quindi potrebbe, qualora si ripresentasse, evitare di fare il mio nome o anche solo accennare alla mia presenza?»
«Nessun problema.»
«La ringrazio molto. Allora, lei ha trovato il corpo alle tre della scorsa notte, giusto?»
«Sì, la contessa è andata in bagno qui sotto circa alle due e trenta, e mi ha detto che mancava il sapone. Io l’ho portato, dopodiché mi ha chiesto di controllare se Kate dormiva, e a quel punto ho trovato il corpo.» spiegò il guardiano.
«Il corpo era nella stessa posizione di quando siamo arrivati noi?»
«Certo, non ho toccato niente e ho chiamato subito la polizia!»
«D’accordo, grazie.» e sempre ripensando agli Windsor, Steve si allontanò.

«Maggiore Price! Come te la passi? E Odette?»
Furono queste le parole che Steve sentì non appena mise piede fuori dal bagno. Dopo quella giornata folle aveva pensato che una bella doccia rilassante fosse essenziale.
«Sì, in effetti è stata una sorpresa. Sapevate il numero di telefono perché ve l’ha detto mio padre, o...ah, capisco. Sì, è sempre il solito. Comunque mi fa piacere sentirvi.»
Steve cominciò allora ad improvvisare gesti strani ed insonorizzati «Price?» dopodiché fece andare anche la bocca, ma parlò sottovoce «Fammi capire. Invece che chiamare tua madre, nonché mia moglie, chiama Price?!»
Susan coprì la cornetta con una mano e sussurrò a sua volta, seduta sul letto «Sta imprecando perché non gli hai lasciato il numero dell’hotel. Ha detto che un amico non si comporta così.»
Steve alzò le sopracciglia e si strofinò i capelli bagnati con l’asciugamano «Un amico? Lui sta diventando un maniaco, altroché! Sapeva che sarei venuto al carnevale con te!»
Susan riprese la conversazione «Sono contenta che Odette stia bene. Salutamela! Sì, un secondo e te lo passo.»
«Non è che dobbiamo sentirci tutti i giorni.» brontolò Sheppard «Ma questa, poi.»
«Stiamo seguendo un caso, sai?» Susan poggiò nuovamente le mani sulla cornetta, per mutarla «Dice che è fiero di me!»
«Di me no. Bell’amico. Sì, proprio bell’amico.»
«Smettila, che sembri sposato con lui, anziché con mamma! Sì? Sì, ci sono. Dicevo che ti ringrazio molto. Adesso te lo passo. Saluti anche a te, Jonathan.»
A quel punto, Susan passò la cornetta al padre, il quale si accomodò sul letto accanto al comodino e cominciò a discutere con il Maggiore come se fossero davvero una coppia di sposati rincoglioniti.
«Ma scusa, nemmeno mia moglie mi cerca così tanto. Il caso? Abbiamo tutto sotto controllo. Devo ammettere, però, che è assurdo. Non quanto lo chalet, ben intesi, ma è assurdo. A tratti, intendo.»
Susan sorrise.
«In che senso, serviresti tu? Fammi il favore, Jonathan, l’altra volta è stato più utile Adam Windsor.» ricordò Steve «Ti indigni? E indignati, cosa ti devo dire.»
In quel preciso momento, bussarono alla porta.
Mentre Steve era impegnato ad esclamare «Un neanderthal? Io sarei un neanderthal? Mi dipingete sempre come un insensibile…a me non pare.» Susan si diresse ad aprire.
Chi mai poteva essere, se non lui?
Susan trattenne un violento respiro, incrociando le braccia al petto «Non so se hai realizzato che mio padre è un marine.»
Chuck infilò le mani nel sontuoso completo di chissà quale marca e la squadrò «Il caro paparino prima o poi dovrà permetterti di lasciare il nido...»
Susan alzò gli occhi al cielo ma si scostò, in modo che avanzasse dentro la camera.
«Spero tu sia qui perché hai novità importanti sul caso. Sono le nove di sera e sono stanca morta. Alla faccia che questa avrebbe dovuto essere una vacanza.»
Come lo vide, Steve riattaccò «Devo lasciarti, Jonathan, a presto.»
Quindi si alzò, si passò le mani sui capelli bagnati e le poggiò sui fianchi, studiando il signorino Solo con circospezione.
Chuck, dal canto suo, si sporse verso Susan per sussurrarle all’orecchio «Perché mi guarda sempre come se fossi il colpevole?»
«Devo davvero rispondere?»
Lui avanzò e ricambiò senza problemi lo sguardo di Steve «L’hai messo al corrente della nostra analisi sulla scena del crimine?»
«Certo.» rispose Susan «Piuma e tutto il resto.»
«So perfettamente che mentre io ero ad interrogare il guardiano, voi avete trovato un’impronta digitale sull’ascensore e una piuma.» certificò Steve «E, sinceramente, spero ci sia altro.»
Chuck sorrise diabolicamente «Per quanto adori la tua cara figlioletta, Sheppard, non faccio tutta questa strada dal mio hotel al vostro senza motivo.»
«Ebbene?»
«Ve l’ho detto che mi sarei reso utile. Ho sedotto la patologa e mi sono fatto dire tutto. La donna, non quello che è venuto sulla scena.»
Susan sbuffò «E poi io dovrei uscire con...con questo ammaliatore!»
«Dunque sono questi i tuoi dubbi? Il mio essere ammaliatore?»
«Non ho detto questo.»
«Dolce Susan, faceva parte del piano. Almeno ora sappiamo che la vittima...»
«E’ stata avvelenata, giusto?» saltò su Steve «E ti consiglio di non chiamare più così mia figlia in mia presenza.»
Chuck sospirò «Mi sono preso una bella gatta da pelare.» sussurrò tra sé e sé «Comunque, se mi avessi lasciato finire, neanderthal, ti avrei rivelato che no, non è stata avvelenata.»
«Pure tu ti ci metti?! Aspetta, che hai detto?» Steve si bloccò di colpo.
«La patologa dice che nella bottiglia non c’è alcuna traccia di veleno.» Chuck si allontanò leggermente dal marine, dato che ancora una volta scrollò i capelli per liberarsi delle goccioline d’acqua «Fai attenzione, questo è un Westwood.» disse, indicandosi il completo.
«Neanche veleno sul rossetto?»
«Perdonami, ti credi un grande detective e non hai fatto caso che la vittima non aveva rossetto?»
Steve scosse la testa, confuso «E’ vero, hai ragione. È che questo caso sembra una banalità e invece è così assurdo da diventare intricato. E questo per due dettagli: il titolo di cameriera e l’ignota causa della morte.»
«Contenuto dello stomaco?» chiese allora Susan, aprendo la finestra per fare uscire il fumo della sigaretta che si era accesa.
Chuck spostò lo sguardo su di lei «Nullo. Non aveva assolutamente niente nel suo stomaco, come se non mangiasse da giorni. Insomma, niente di nuovo...questa ragazza è morta e basta.»
Steve si passò alcune dita sugli occhi stanchi «No, io non ci credo.», Chuck si svaccò sulla poltrona libera, portando le mani sulla nuca e chiudendo gli occhi, rilassandosi «Comunque ho iniziato a leggere il libro della contessa e devo dire che è esilarante. Per esempio, lo sapevate che Perla ha incontrato il suo futuro marito, ormai morto, a nove anni? Come Dante con Beatrice.»
Padre e figlia si scambiarono un’occhiata rassegnata, ma fu Susan ad esprimere il pensiero che condividevano «No, Chuck, e non ce ne frega niente.»
«Ho un’idea a riguardo, però, senti qua: visto che la contessa mi fa il filo, io la sposo, così il patrimonio aumenta.»
«Quanti soldi vuoi, ancora?» starnazzò Steve, intromettendosi «Mi sembra che voi buffoni Windsor ne abbiate abbastanza, no?»
«Sono un Solo, ti ricordo. E dissento. I soldi non sono mai abbastanza.» rispose Chuck «Poi divorzio e qualcosa mi verrà pure. È sempre questione di soldi. Di conseguenza, sposo te, cara Susan. E vissero per sempre felici e contenti!»
«Che bella idea, certo!» lo prese in giro la ragazza.
Steve, per pietà, finse di non sentire «Abbiamo una ragazza morta nella stanza della contessa per la quale lavorava, che molto probabilmente non era neanche la vittima predestinata e che è morta così, come se le fosse apparso un angelo a recitare: “Guarda Kate, è la tua ora, però muori addormentandoti!”»
«Alieni? Miracolo?» ipotizzò Chuck.
«Questo caso non ha assolutamente senso, a partire dal fatto che la ragazza abbia dormito dove, diciamolo, non doveva dormire.» ragionò Steve «Uno non può morire così…semplicemente.»
«Niente colpi d’arma da fuoco, niente avvelenamento, niente sangue! Dove non trovi il sangue su una scena del crimine? Kate era impeccabile, come un angelo addormentato su un letto di seta.» continuò Susan «Eppure è morta!»
«Bè, il sangue stona in un paradiso come quella villa, non trovate?» disse Chuck.
«Non è questo il punto, ragazzo. In qualche modo deve essere morta, e se non lo scopriamo noi, ce lo dirà il suo assassino come ha fatto.» concluse Steve.
«La prossima mossa, papà?» chiese dunque Susan.
«Facciamo alla vecchia maniera. Troviamo l’assassino con le prove che abbiamo.»








 

Angolo Autrice:

Cari lettori, bentrovati! ^^
Anzitutto, ci tengo a ringraziare chi ha deciso d'imbarcarsi in questa nuova avventura e chi è arrivato fin qui *-*
In particolar modo jessicalocke, Milly ed Eleonora, che hanno lasciato recesioni fantastiche! <3
Siamo già a metà storia e mi sembra incredibile, dato che solitamente sono negata a scrivere storie brevi xD

Alcuni chiarimenti che mi sono scordata di fare la scorsa volta: il titolo è tratto da un episodio di "CSI - Scena del crimine" e da lì mi è venuta l'ispirazione per parte della trama (ci sono infatti vari riferimenti, come il libro regalato dalla vecchia riccona). Trama che, ovviamente, si discosta da quella della serie tv ed è di mia invenzione.

Che dire, nuovamente grazie, è bello vedere che qualche appassionato di gialli esiste ancora <3

Prossimo aggiornamento nel week end o lunedì ^^

Besos

SwanXSong



 

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Capitolo 3
*** Terzo Tempo ***



Terzo Tempo








«La piuma rinvenuta sulla scena appartiene ad un cappello.»
Così esordì Chuck Solo quel soleggiato mattino, mentre passeggiava per le strade di New Orleans in compagnia degli Sheppard.
Coloratissime ghirlande rubavano la scena, le persone scorrazzavano da un negozio all’altro per acquistare maschere, costumi ed altri accessori. Nei negozi si potevano sentire voci allegre e suoni di festa, gli abiti più stravaganti ed appariscenti andavano a ruba.
Nei vicoli stretti del Quartiere Francese, che il trio stava percorrendo in quel momento, gruppi di musicisti stavano suonando brani jazz festosi, accompagnati dalle danzatrici intente ad esibirsi in spettacoli di danza del ventre.
Dalle finestre con le tende scostate, si potevano ammirare famiglie intere che preparavano dolci tradizionali e piatti tipici da condividere con amici e parenti il martedì grasso.
L’atmosfera generale era vivace, e c’era un senso di attesa ed eccitazione nell’aria.
«Un cappello?» ripeté Steve Sheppard a bocca a piena, masticando sgraziatamente un bombolone alla crema.
Chuck annuì «Perla l’ha regalato a ciascuno di noi, me compreso. Su duecento invitati, almeno in cento lo indossavano, quella sera. Signore comprese, naturalmente.»
Steve gli scoccò un’occhiataccia, scansando un tizio vestito da scheletro messicano «E perché non ce l’hai detto prima?»
Il ragazzo ammiccò «Volevo creare l’effetto suspense. È così che si fa in queste situazioni, no?»
«Sei irrecuperabile. E comunque, hai fallito. Io ho qualcosa di meglio.»
Per qualche attimo, i due si guardarono negli occhi in cagnesco, tanto che Susan alzò i propri al cielo dalla disperazione «Cos’è, una gara? Una ragazza è morta, portate un po’ di rispetto!»
Interruppero il gioco “chi sbatte prima le palpebre” e la fissarono. Dunque ripresero il cammino.
«Le telecamere della villa.» proseguì il marine «Ancora con quel libro?!» starnazzò quando vide che l’oggetto in questione fuoriusciva dalla pregiata borsa a tracolla del signorino.
«Ormai ho iniziato a leggerlo! Lo sapevate che s’intitola “Kiss Kiss”, come il bacio della buonanotte che dà Perla?»
«Interessante.» Susan era al limite, non ne poteva più di ascoltare spezzoni della vita di quella donna: Chuck, infatti, se ne usciva spesso con “Lo sapevate che...” fino a che non arrivava Steve a farlo smettere.
«Comunque, dai filmati della videosorveglianza, si vede chiaramente la vittima uscire fuori dalla villa e discutere con un ragazzo.» riallacciò proprio Steve «Il che mi ha fatto dedurre che a quella festa non erano tutti vecchi.»
Chuck lo squadrò da capo a piedi, indignato di non essere stato preso in considerazione.
«Sai di chi si tratta?» domandò Susan, ma il padre scosse la testa negativamente.
«Io sì!» trillò Chuck, tirando fuori il libro in mezzo alla strada e cominciando a sfogliarlo «Non c’erano molti giovani a quella festa, quindi provo ad indovinare...ma dov’è, dannazione?! Ecco! Lucas Bird, di anni ventitré.»
«E per caso, papà, Lucas portava un cappello con le piume, nel filmato?»
L’espressione di Steve rispose al posto suo.

«Signor Bird, perché mai la contessa avrebbe dovuto regalarle un cappello, se è un dipendente?» riprese Steve, girando il cucchiaino nella tazza da tè offerto gentilmente dalla madre del sospettato.
«Che strano, è già venuto un detective ad interrogarci. Non capisco tutto questo pullulare di investigatori, ultimamente...» sussurrò la donna tra sé e sé, poggiata allo stipite della porta della cucina.
«Semplice, lo aveva regalato a Kate, in realtà! Era la sua pupilla, tzè. Lei poi lo ha dato a me.» rispose Lucas con indignazione.
Susan prese un sorso di tè, sperando non fosse mischiato con arsenico «E discutevate perché…?»
«Tutti noi camerieri eravamo stufi che lei fosse lodata come una principessina...a noi Perla fa sgobbare!»
«Lo sa che la stessa piuma è stata trovata sulla scena, vero?» lo minacciò Sheppard.
«Cosa? No, non lo sapevo. Del mio cappello?»
«Di quale specifico cappello non possiamo saperlo. Forse un giorno le automobili voleranno, ma questi sono gli anni cinquanta, ragazzo. La scienza farà miracoli, anche se sono convinto che servirà sempre un investigatore. Del resto, se le macchine fossero in grado di pensare, noi che ci staremmo a fare?» le sagge parole di Steve fecero rimanere Chuck di stucco.
Susan, invece, non perse tempo e domandò diretta «L’ha uccisa perché lei lavorava di meno? E’ così, signor Bird?»
«Era esattamente ciò che siamo noi! Una cameriera! Ma no, doveva essere lodata, era ovvio che fossimo gelosi.»
«E’ un movente.»
Lucas divenne rosso, poi viola, poi verde, infine bianco lenzuolo «No, no, aspettate…io non l’ho uccisa!» era terrorizzato «Quella sera, fuori, le dissi le cose come stavano, e cioè che era una di noi, non una duchessa. Tutto qui.»
«E non l’ha più vista dopo?» domandò Chuck.
«No…sentite, ci sono mille cappelli come il mio.»
Susan concluse «Uno di quelli è il cappello dell’assassino.»

Il cielo, quella sera, aveva assunto una colorazione rosa da togliere il fiato.
«Chissà se il nostro amico pittore è lì a contemplarlo.» disse Susan, poggiata alla ringhiera della terrazza dell’hotel «O se è ancora alle prese con il quadro rubato.»
Chuck, che ormai sembrava vivere lì a spese degli Sheppard, girò la pagina di giornale dopo essersi inumidito l’indice «Quale pittore?»
«Niente, lascia perdere.»
Steve fece per aprire bocca, quando una voce fin troppo conosciuta lo batté brillantemente sul tempo: «Spazio, per favore, spazio!» la contessa entrò con un immenso vassoio di ottimo cibo, accompagnata da dieci camerieri.
«Contessa O’ Neill?» si sbalordì Susan «Che ci fa qui?»
«Cari, ma vi porto da magiare, ovviamente! Lavorando al mio caso, avrete fame…portate qui il vassoio!» comandò la donna.
«Cosa?»
«Mmh, c’è il caviale?» chiese Chuck, avvicinandosi con una certa curiosità.
«Chuck!» lo riprese Susan.
«Dai, ho fame!»
«Contessa, è davvero gentile, ma non possiamo accettare.» tuonò Susan, piazzandolesi davanti.
«E’ così faticoso il lavoro che fate! Voi lavorate così tanto per aiutarmi...» insistette lei.
La ragazza inarcò le sopracciglia «Per aiutarla?»
«Certo, cercate il mio assassino, no? Colui che mi vuole morta…» si avvicinò a Chuck «Ma per fortuna io non ero nella stanza, quella tremenda notte!»
«Già…c’era la sua adorata cameriera.» controbatté lui.
«Povera Kate, le volevo davvero bene…dai, mangiate!»
Perfino Susan cedette, lo stomaco chiedeva pietà, dunque fece per addentare insieme a Chuck, ma Steve li bloccò entrambi.
«Contessa Perla, perché non porta tutto questo ben di Dio a chi ne ha davvero bisogno? Per esempio alla casa dei barboni di New Orleans?»
«Ma…»
«Lo porti via!» tuonò Steve «Io non mi faccio comprare.»
«Oh…se proprio insisti, caro…» e, sculettando, Perla si avviò alla porta «Io volevo aiutarvi! Stai leggendo il mio libro, pasticcino?»
Chuck infilò le mani nelle tasche del completo e gongolò «Certo, signora!»
Insieme alla contessa c’era anche la sua migliore amica, una vecchietta eccentrica ottantenne.
«Ehi, giovanotto.» disse a Steve «Tu assomigli molto al mio primo amore.»
Steve sospirò «Ne sono lieto, signora.»
Era quasi stufo di vecchie riccone che facevano il filo a chiunque come passatempo perché probabilmente odiavano l’uncinetto.
«Ne sono lieto, signora?» ripeté Susan, sempre più allibita «Sul serio, papà?»
«Che dovevo fare, insultarla?»
La giovane raggiunse l’arzilla anziana, imprecando «Perché non se ne torna a spolverare i suoi anelli da 5000 carati, che voi vecchie viziate non fate altro tutto il giorno?!»
«Scusi signorina, sono un po’ sorda, cos’ha detto?» gridò l’anziana.
«Lasci stare! Arrivederci!»
La contessa e tutta la banda uscirono.
«Che squadra!» commentò Chuck, divertito.
E mentre Susan continuava a fare il verso alle due vecchiette, a Steve venne un’idea.
«Aspettate. La contessa è convinta che chiunque abbia ucciso Kate, in realtà volesse uccidere lei. Lo ha detto anche adesso, perché pensa che la proteggiamo.»
«Ha, ha.» confermò Chuck.
«Noi stiamo seguendo un’altra pista, che forse è sbagliata.»
Susan prese posto sulle sedie che circondavano il solito tavolino, che sembrava diventato la base operativa del tiro «Cioè puntiamo a scoprire chi ce l’avesse con Kate, quando in realtà dobbiamo scoprire chi ce l’ha con Perla, perché Kate è stata solo uno sbaglio. Lei non doveva trovarsi lì. E’ questo che stai dicendo?»
«Perché devi sempre finire tu i miei momenti di gloria?!» s’irritò il marine.
«Perché sono tua figlia.»
«Questa non è una giustificazione valida!»
«D’accordo, chi ci guadagna dalla morte di Perla, dato che abbiamo solo una piuma proveniente da chissà quale cappello come prova?» domandò la ragazza.
Steve puntò lo sguardo sull’orizzonte «Bè, tra tutti una persona c’è di sicuro.»

Era di prima mattina quando Susan e Chuck spuntarono alla villa della contessa, diretti al giardino.
«Allora, dei figli li vorresti?» le chiese Solo con uno dei suoi sorrisetti diabolici.
«Cosa?»
«Bella Susan, la domanda è facile.»
«Non lo so! Ma che domande sono, di punto in bianco?!» rispose la ragazza, impreparata.
«Vero. Dobbiamo decidere insieme.»
«Ah, ecco dove volevi arrivare. E ovviamente saresti tu il padre.»
«Ovviamente. E chi, sennò?»
«Ma chi ti ha detto che voglio figli con te?» domandò prontamente Susan, credendo di trovalo impreparato, cosa che invece non accadde «L’ha detto Odette.» s’inventò sul momento.
Susan si mise a ridere «E lei come farebbe a saperlo, dato che io non ho detto nulla?»
«Allora è vero, eh?» la smascherò il ragazzo.
A Susan non restò che arrampicarsi sugli specchi «Io e te? Dei figli? Ma per favore.»
Lui sorrise «Dai, ormai ti ho scoperta.» e lei sbuffò «Sei proprio un idiota. Signor Jerard?»
Jerard, il guardiano di villa O’ Neill, si girò «Ah, detective! A cosa devo il piacere della visita?»
«Ce lo dica lei.» iniziò Susan.
«Ma...sono sospettato?»
Chuck sorrise «La domanda è: è anche colpevole?»
«Sediamoci, per favore.» disse la detective improvvisata.
«Abbiamo fatto delle ricerche sul suo conto.» proseguì Chuck Solo «Anzi, in realtà lo ha fatto Steve, ma…»
«Chuck!» lo riprese Susan.
«Sì, scusa. Abbiamo scoperto che la contessa ha intenzione di lasciarle una considerevole somma di denaro in eredità, quindi lei ci guadagnerebbe dalla sua morte, eccome se ci guadagnerebbe. Più di quanto non guadagni ogni mese.»
«Smetterebbe di lavorare e farebbe la bella vita.» continuò Susan.
L’uomo sembrò parecchio sorpreso «E secondo voi io ucciderei Perla per il suo patrimonio?»
Chuck sussurrò alla compagna «Questo è più scemo di quanto pensassi. I soldi sono il primo movente d’omicidio!»
«Ma Perla non è morta.» proseguì Jerard «Lo è la ragazza. Io non capisco.»
«Ma non era lei obbiettivo.» ribatté Susan.
«Mi dispiace, detective, ma la vostra teoria non regge.» spiegò Perla, in arrivo «Jerard non mi vuole morta. Non può essere stato lui, perché sapeva che Kate dormiva nella mia stanza, gliel’ho detto io! Per cui, come può essere? Inoltre, è stato con me tutta la sera, gli ho anche detto di cambiare il sapone che mancava al bagno di sotto.»
«E io ho trovato il corpo.» ricordò l’uomo.
«Se ero io l’obbiettivo e Jerard sapeva dov’ero…perché è morta una ragazza innocente? Io sono ancora qui.»
Chuck e Susan si fissarono; di certo il ragionamento di Perla non era da mettere in discussione per un semplice motivo: era giusto.








Angolo Autrice:

Carissimi, buona domenica! ^^
Ringrazio tutti voi per essere arrivati fin qui, e se siete qui perché avete letto anche lo Chalet, vi ringrazio mille volte e mille altre ancora! <3
Sono contenta di vedere che questi gialli sono abbastanza seguiti! Forse è perché il rating non è rosso e - di conseguenza - la storia è accessibile a tutti, o forse c'è ancora qualcuno che ama i gialli. E non posso che esserne felice.

Sto lavorando al prossimo (sempre con protagonisti Steve e Susan) e se tutto va bene e non mi blocco, lo pubblicherò nel periodo pasquale, forse addirittura dai primi di marzo, vediamo. ^^
Ormai è tradizione che questi due seguano le festività! xD
E' nato tutto per caso, ma ormai è Canon!

Il finale di questa mini storia lo pubblicherò martedì! ^^
Grazie ancora per l'attenzione e l'affetto! <3

SwanXSong



 

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Capitolo 4
*** Ultimo Tempo ***



Ultimo Tempo







«Non può essere lui.» sospirò Steve, riferito al guardiano «Perla ha ragione, se Jerard voleva ucciderla, perché non abbiamo trovato il suo corpo, ma quello della ragazza? Jerard sapeva dello scambio delle camere, chiunque abbia ucciso Kate, no, perché credeva di trovare Perla a letto. Inoltre, niente cappelli di piume per Jerard.»
«C’è qualcosa che non va.» ragionò Susan, appoggiata alla ringhiera «Uno, per uccidere la contessa l’assassino doveva assicurarsi che dormisse nella sua stanza, ma è assurdo, dato che tutti gli invitati potevano vedere benissimo che Perla non era a dormire, ma con loro alla festa; quindi perché non aspettare che la donna salisse a dormire per commettere l’omicidio?»
«Giusto, e il due?» chiese suo padre.
«E’ troppo strano il modo in cui è morta la ragazza.»
«Bè, quello è un mistero dall’inizio!» disse Steve.
«Ma era chiaramente Perla l’obbiettivo!» intervenne Chuck.
Susan assottigliò lo sguardo «Così dice lei, ma non per questo deve essere vero.»
Steve incrociò le braccia al petto, pensieroso «Allora torniamo al punto di partenza?» disse «Era la ragazza il vero obbiettivo?»
«Io credo di sì, è più semplice. La contessa dice così solo per attirare attenzione. Ma ci mancano ancora molti particolari. Una piuma, e…»
«Come diavolo è morta?» completò in bellezza Chuck.
«Esatto.»
«Ho parlato nuovamente con la patologa, questa mattina.» li mise al corrente Solo «Mi ha fornito un dettaglio curioso, e cioè che l’ora della morte si aggira intorno a mezzanotte e dieci.»
Padre e figlia sgranarono gli occhi «Come?» disse lei «Dopo dieci minuti soli che Perla è andata via?! Ma non ha senso!»
«Lo ha in caso di suicidio...»
Susan scosse la testa «No, non mi convince questa teoria. Hai altro da dirci?»
Chuck scosse la testa e sospirò «Non direi.»
Steve prese un ampio respiro ed osservò le strade della città, pronte definitivamente alla sfilata di carnevale «Non ho altre idee, davvero. Non dico che mi arrendo, ma siamo giunti ad un vicolo cieco. Forse questo caso è destinato a non trovare soluzione.»
Chuck tirò fuori il solito libro e si mise a sfogliarlo svogliatamente, ridacchiando ad alcune specifiche righe.
«Se dice “Lo sapevate”, giuro che l’ammazzo.» minacciò Susan, esausta.
«Lo sapevate che Perla ha scoperto che il marito andava a letto con le cameriere?»
«Chuck, adesso prendo quel libro e lo sbatto giù da questo terrazzo!»
«No, figliola!» intervenne Steve «Lascialo andare avanti.»
«Ma perché? È una noia mortale!»
Chuck proseguì «La tradiva, il maledetto! Così lei aveva paura che lui lasciasse l’eredità alle ragazze. Infatti c’è scritto che è morto, ma che alcuni soldi sono spariti. Povera Perla!»
Susan, allora, cominciò a fissare un punto a caso, ragionando.
«Sono bello, eh?» sorrise Chuck Solo «Con questa camicia pregiata, poi...»
«Ma certo!»
«L’hai ammesso?!»
«No! Ma certo!» proseguì la ragazza «Papà, ricordi che il contenuto dello stomaco della vittima era assolutamente nullo?»
«Sì, ricordo. Dove vuoi arrivare?»
«Torniamo in quella villa immediatamente!» gridò la ragazza «Chuck, ma perché non l’hai letto prima, quel punto? La piuma non arriva da un cappello, ma molto probabilmente da un cuscino!»

Susan aprì la porta dello splendido salotto della contessa battendo le mani.
«Mi devo complimentare, Perla. Lei è geniale.»
Perla O’ Neill sedeva di fronte alla ragazza ed indossava una veste in seta rosa.
«Preferiva Chuck Solo?» proseguì Susan «Bè, ci sono io.»
«Avete trovato chi vuole uccidermi?» chiese lei, battendo nervosamente i piedi per terra.
Susan sorrise «Nessuno vuole ucciderla, Perla, e lei lo sai più di chiunque altro.»
«Non seguo i suoi ragionamenti, detective.»
«Oh, presto li seguirà, stia tranquilla.» spiegò la Sheppard «Certo, è dura scoprire che suo marito la faceva cornuta con le cameriere! Lei è diventata ricca grazie a lui!»
«Come osa attaccarmi così!» rispose lei a tono «Io sono una persona di comando!»
Susan le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio «E io ho risolto uno dei casi più importanti dell’intero Colorado.»
Steve Sheppard, piazzato in un angolo, sorrise. Quella volta voleva che fosse sua figlia a governare la situazione, quindi stette in ascolto.
«Ci ha fregati tutti, fin dall’inizio, Perla.» disse Susan «E’ geniale ciò che ha organizzato. Nessuno ci sarebbe mai arrivato.»
«Ma lei a quanto pare sì.»
«La chiave è nel suo libro.»
«Basta con questi giochetti, si spieghi!» gridò la contessa.
«Lei ha ucciso Kate Bell, e so come ha fatto!»
Dopo un breve attimo di silenzio, la contessa si mise a ridere «Ahah, questo è assurdo! Ahaha, io ero giù con duecento invitati!»
Susan fece un fischio a Chuck, il quale entrò con un cuscino e la piuma rinvenuta sulla scena.
«Questa piuma non appartiene ad un cappello, ma a questo cuscino, che, guarda caso, è in piume!» spiegò la Sheppard.
«Bene, ne è convinta? Mi dica come avrei fatto a uccidere la mia adorata Kate.» la sfidò Perla.
«Volentieri. Tanto per cominciare, “adorata” lo sarà stata prima, perché ad un certo punto della sua vita deve aver scoperto che suo marito andava a letto anche con lei, dato il suo vizio di amoreggiare con le cameriere.» iniziò a raccontare Susan «Accecata dalla gelosia e dall’ira, decise di agire. Doveva toglierla di mezzo in modo che sembrasse un incidente: non poteva ucciderla fuori perché c’erano le telecamere, ma neanche dentro, la sala era colma di persone, così ha cercato e, mi devo complimentare, trovato un posto perfetto per colpire! Cosa c’è di più segreto della sua stanza? Ci chiedevamo perché l’avesse fatta dormire nel suo regale letto e molto probabilmente se lo è chiesto anche lei. È questo il motivo! Per colpire senza interferenze. Certamente lei ha tentato di avvelenarla molte volte, appena ha scoperto che andava a letto con suo marito, ma Kate non moriva, giusto?»
La donna non negò.
«Però non sapeva che Kate era bulimica e il suo stomaco non tratteneva niente di ciò che mangiava, compreso il veleno che lei metteva appositamente in cibi e bevande. Quando la patologa ha fatto l’esame, ha trovato lo stomaco della vittima completamente vuoto. Dato che i veleni da lei somministrati non avevano effetto immediato, Kate vomitava anche quelli!»
«E allora come avrei fatto a ucciderla? E vi ricordo che ho un alibi! Io ero in bagno, ricordate? Sennò come facevo a sapere che mancava il sapone?»
«Infatti lei non è andata in bagno come ha detto!» accusò Susan «Le spiego tutto con ordine. Lei deve aver scoperto che Kate soffriva di bulimia, dato che non moriva mai, così ha studiato un metodo infallibile per farla fuori. Ha piazzato il veleno sul cuscino di camera sua, poi ha invitato Kate a dormirci, una cosa molto insolita per una cameriera, ma era tutto programmato. Kate non sapeva che lei la voleva morta, perché non sapeva neanche che tentava di avvelenarla…vomitava, ignara di rigettare anche il veleno. Questa volta, però, doveva agire con una tossina dall’effetto immediato e che lasciasse pochissime tracce. Come la ragazza ha appoggiato la testa al cuscino avvelenato, è morta. Ecco perché non c’era nessuna traccia sulla scena. La morte di quella poveretta era un vero mistero…ovviamente lei doveva far sparire il cuscino, altrimenti lo avremmo trovato e scoperto che era avvelenato. È scesa alla festa e dopo poche ore ha usato la scusa del bagno, ma invece è salita di sopra. Lei doveva crearsi un alibi, quindi ha tolto appositamente prima il sapone nel bagno di sotto, per poi dire che mancava, dimostrando che lei in bagno c’era stata. Ma non è andata affatto in bagno, è salita in camera sua, ha certificato la riuscita del suo piano, ha tolto il cuscino e l’ha sostituito con uno pulito. Successivamente, si è recata in ascensore, dove ha perso la piuma trovata da noi, poi ha nascosto il cuscino avvelenato dentro l’armadio di un’altra stanza, dov’è stato rinvenuto.»
«Io…»
«Come se non bastasse, ha distribuito apposta i cappelli con le stesse piume del cuscino per sviare le indagini ed estendere i sospetti a tutti gli invitati. Infine, si è inventata la storiella che volevano lei morta perché la stanza era la sua, quindi chi mai poteva sospettare di lei? Ora mi guardi negli occhi e mi dica che ho sbagliato o tralasciato qualcosa. L’impronta? Sono certa sia la sua. E per quanto riguarda il veleno, un esame tossicologico più approfondito confermerà la mia tesi.»
La donna iniziò a piangere «A quanto pare, lei è più geniale di me.»
«Ci stava per fregare.» era un comportamento che Susan detestava «Questa volta, però, devo ringraziare Chuck e quello stramaledetto libro che gli ha regalato.»
«Voi! Odiosi, insulsi babbei! Lo sapevo che tutto sarebbe andato storto, l’ho capito quando ho posato per la prima volta gli occhi su di voi! Se avesse investigato soltanto quello stupido detective da quattro soldi, l’avrei fatta franca! Scommetto che mio marito ha regalato del denaro anche a Kate, di nascosto! Bastardo! Bastardi tutti!»
Steve sorrise «Non è più tanto dolce, ora.»
Susan, invece, la salutò a dovere «Avvertite il vero detective. Ditegli che Susan e Steve Sheppard hanno risolto il caso. Kiss Kiss, contessa.»

Il detective Jim Doyle non credeva né alle proprie orecchie né ai propri occhi «Perdonate, ma in che senso avete risolto il caso?»
Steve gli si piazzò davanti, braccia incrociate e tipico sguardo da marine «Nell’unico senso che questa frase possa avere. È stato intricato all’inizio, ammetto, ma grazie alla mente brillante di mia figlia e al lavoro di squadra...»
«Ne siete venuti a capo?»
«Proprio così. E si fidi, tutto torna, vecchio mio.» sorrise Sheppard, dando due calorose pacche sulla schiena del bizzarro ometto.
«Ma...e con quali qualifiche, se posso permettermi?» berciò questi, accendendosi una pipa per non inveire contro Steve più del necessario.
«Quelle che il Presidente ci conferirà a breve.»
«Che cosa?» chiese stordito Doyle «Cosa farnetica?»
«Bè, siccome siamo diventati famosi, confido nel buon cuore di Truman. Di sicuro ci eleggerà detective ufficiali.»
Doyle era sempre più sorpreso, se non addirittura sconvolto «Tipo le lauree ad honorem?»
Steve fece schioccare le dita e sorrise «Proprio così! Lei è intelligente, amico mio.» lo prese in giro, chiedendosi in realtà perché i detective professionisti fossero tutti così incredibilmente stupidi.
«Oh bè, allora...presumo valga retroattivamente.»
«Certo, mi pare ovvio! E’ come se la qualifica già l’avessimo.»
Doyle mordicchiò la pipa, emettendo fumo «Avete fatto un ottimo lavoro, davvero ottimo! E mi dica, qual è stata la chiave per la soluzione? Io mi ero fermato a quelle maledette videocamere di sorveglianza, non riuscivo a venirne a capo. Addirittura non ci ho dormito la notte!»
«Diciamo che il libro scritto dalla contessa ha contribuito enormemente. Lei lo ha letto?»
«Quella porcheria romanzata? Assolutamente no!»

«Non ci resto a questo maledetto carnevale.» mise al corrente Chuck quella sera stessa «La verità? Mi fanno schifo i carnevali, non li sopporto. E poi ero qui solamente per la festa a casa della contessa. Ovunque vado sbucano morti, vedete voi.»
Gli Sheppard si guardarono e sorrisero. Chuck non era così male, alla fine.
«Odio quei carri e odio la gente mascherata, mi mette ansia quanto me la mettono i clown! Quindi levo le tende e me ne torno in Colorado.»
Fece per uscire dall’hotel di Susan e Steve, quando proprio quest’ultimo lo raggiunse sulla soglia «Hey, ragazzo.»
Chuck lo guardò e sospirò «Dai, parla. Tanto ormai a te ci sono abituato. Che hai da dire, ora? Non so più come comportarmi con tua figlia. Più di così non so che fare.»
«Devi accettare i suoi tempi.» disse in sincerità l’uomo «Io sono troppo protettivo, spesso esagero e me ne rendo conto. Ma se fossi un padre, mi capiresti.»
Chuck scosse la testa «E quindi?»
«Vedrai che sarà lei a venire da te. A cercarti. Tu non metterle pressione e avrai la tua cena, alla fine. Garantisco io.»
Il ragazzo era sorpreso «Stai parlando davvero tu o uno spirito ti ha posseduto?»
Steve sorrise e gli diede due pacche amichevoli sulla spalla.
Allora Chuck Solo posò lo sguardo su Susan un’ultima volta ed improvvisò un cavalleresco inchino. Lei sorrise e ricambiò con «A presto, Chuck. Non cacciarti nei guai. Mi farò viva io, e questa volta non trascorreranno mesi, promesso.»
Steve lo guardò allusivamente «Visto?», Chuck gettò una rapida occhiata alla camera e notò che i suoi preziosi fiori erano piazzati ordinatamente dentro un pesante vaso.
Allora sorrise e si ritenne soddisfatto «Un giorno la scritta “Chuck e Susan si sposano!” sarà sulla copertina di tutte le riviste di gossip!» fischiettò mentre scendeva le scale.
Rimasti soli, gli Sheppard si scambiarono uno sguardo e sospirarono.
«Che ragazzo impertinente.» commentò Steve «Non puoi trovartene uno più “normale”?»
«Papà!»
«Cosa? Credi che non abbia capito che ti piace?»
«Definisci “piacere”.»
Steve stette per controbattere, quando…
«Steve e Susan Sheppard! È permesso?»
Quando si voltarono, ebbero il dispiacere di vedere una donna vestita di tutto punto con i tacchi a spillo e il rossetto rosso sangue. Stringeva una sigaretta dal manico lungo tra le dita.
La riconobbero immediatamente: era stata la prima della fila di quel giorno infernale di appuntamenti.
Ma questa volta, prima che ella riuscisse a fiatare ancora, la stroncarono sul nascere: «Suo marito non la sta affatto tradendo, signora Scott, piuttosto è lei che sta tradendo lui. Con il maggiordomo giovane e palestrato, per l’esattezza.» attaccò Steve, passeggiando per la terrazza con molta tranquillità.
«Questo fa sì che suo marito stesso, scopertolo, le abbia inviato il famoso ricatto. Mi permetta di aggiungere una considerazione personale: la lettera minatoria è davvero scritta male, oltre che infantile. Lettere di giornale appiccicate con la colla, mio Dio.»
Proseguì Susan.
La signora Scott spalancò la bocca e lasciò cadere la sigaretta per terra.



 

FINE.






 
Ringraziamenti:

Cari lettori, eccoci giunti al finale di questa seconda storia che ha come protagonisti gli Sheppard.
Come ho spiegato ad alcuni lettori, quando ho concluso lo Chalet non avevo ancora progetti per questi due, anche se il finale dava spazio a parecchie possibilità.
Il fatto che Steve e Susan indaghino seguendo le festività è nato totalmente a
caso, ma è ormai diventato Canon, quindi seguo la tradizione ;)
Così come è Canon che la moglie di Steve non compaia mai, e una mia lettrice mi ha fatto notare che è come quella del tenente Colombo! xD Anche questo è nato totalmente a caso.
Spero che ci rivedremo tra qualche settimana con il prossimo episodio (che si svolge subito dopo Pasqua).

Spero, inoltre, che questo intreccio sia stato di vostro gradimento, sebbene più "semplice" e leggero di quello dello Chalet.
Ringrazio tutti voi: ripeto, se qualcuno ha letto sia questo che lo Chalet, sappia che mi rende felicissima. <3
Grazie ad Eleonora, Milly, Jessica e Fiore: i vostri commenti sono ormai il mio pane quotidiano.
Grazie ai lettori silenziosi e a chi arriverà dopo.

La storia è inserita nella serie "1950s", che potete trovare sul mio profilo nella sezione "Serie" e che raccoglie queste prime due avventure degli Sheppard.

A presto!

Con affetto,

SwanXSong








 

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