KIRIBAKU: Happiness... dal collare rosso!

di NightWatcher96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo Squalo Rosso e il Commesso dagli occhi Rossi ***
Capitolo 2: *** Rosso Guinzaglio, Rosso di Rabbia Abbaglio ***
Capitolo 3: *** Rosso è anche Imbarazzo ***
Capitolo 4: *** Rossa vestaglia, Rosso sentimento ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: La Felicità vestita di Rosso ***



Capitolo 1
*** Lo Squalo Rosso e il Commesso dagli occhi Rossi ***


«Grazie. Arrivederci!».

Katsuki sospirò dopo che le porte scorrevoli del combini dove lavorava si chiusero. Non sapeva quanti clienti avesse servito ma sperava che quei due fidanzatini sdolcinati e palesemente omosessuali sarebbero stati gli ultimi.

Si passò una mano sui capelli color del grano, i suoi occhi rossi come la passione caddero su ciò che da sempre lo faceva sentire molto insicuro.

Da quando il suo migliore amico, Izuku Midoriya, era venuto a mancare in seguito a un male incurabile che l'aveva strappato via a soli quattordici anni, lui aveva trovato conforto nel cibo ed era rapidamente lievitato.

Poi, un giorno, aveva smesso di mangiare e il suo peso era drasticamente calato. Ma ancora, la voglia di riempire la voragine nel suo cuore lasciata dall'amico d'infanzia gli aveva fatto costruire un addome un po' sporgente, accennate maniglie dell'amore e pettorali piuttosto pronunciati.

Katsuki ci aveva provato... era andato in palestra, aveva scelto una dieta equilibrata ma era bastato recarsi al cimitero, la prima volta dopo ben cinque anni, per ricadere nelle sue abitudini alimentari disordinate.

Abbuffate seguite da vomiti che si ripetevano fino a quando non cadeva addormentato con il sapore dell'acido in bocca e fitte allo stomaco.

Distrattamente sfiorò l'addome un po' sporgente visibile sotto il grembiule nero che indossava. Il colore scuro di certo lo mascherava ma quando si voltava sentiva gli occhi dei clienti cadergli sui fianchi appena pronunciati ma morbidi, incastrati sotto la t-shirt bianca e la cintura dei jeans corvini.

Non l'aveva mai voluto veramente accettare ma era bulimico.

Avrebbe preferito essere anoressico con un controllo mostruoso sulle calorie; almeno non sarebbe stato skinny-fat. Il maledetto grasso si concentrava sull'intero addome, maledizione! Tutto il resto era proporzionato e aveva anche una discreta quantità di muscoli sulle braccia.

La cintura gli stringeva.

Katsuki sospirò per l'ennesima volta, strizzando a due mani il suo stomaco incredibilmente morbido.

«Vaffanculo» mormorò sottovoce. «Sembro incinto di dieci cazzo di settimane!».

Aveva ragione. Il beffardo grasso attorniava l'ombelico e quando indossava t-shirt non oversize e non nere, le ombre e le luci creavano un effetto bloating. Katsuki era costretto ad allacciarsi i jeans e le tute sotto lo stomaco mediamente gonfio o l'ombelico, nella speranza di poterlo far sparire.

La cosa che più lo innervosiva era quella sorte di braccio di ferro che si sviluppava in lui quando mangiava di tutto a sazietà. Anche con lo stomaco gonfio ciò che sentiva dentro, prima della voglia di vomitare, era un'immotivata felicità e uno strano pensiero: fino a quando le sue t-shirt oversize, le tute e i jeans non sarebbero stati troppo stretti o impossibili da indossare non gli avrebbe dato fastidio.

Ma poi, quando vomitava e imprecava le cose cambiavano... tutto diventava oscuro e freddo, come una landa desolata dove lui era costretto a vagare in mezzo ad alti piloni di ghiaccio che gli mostravano ciò che il cibo gli infliggeva.

L'ago della bilancia saliva e scendeva, il numero non era mai lo stesso. E così i suoi sentimenti. Quando sentiva stringere i suoi jeans preferiti urlava, piangeva e si tirava dolorosamente la pelle del ventre e dei fianchi. Quando era in pigiama, spaparanzato sul divano con numerosi involucri di patatine e merendine semi-vuoti, non era neanche un suo vero problema. 

Particolare il cervello, eh? Un organo magnifico e complesso ma strano.

Nei suoi momenti di follia e colpevolezza, digiunava fino a sentirsi stanco, fiacco e spossato ma fieramente forte, con quel controllo su tutto, sui sentimenti e soprattutto sul cibo. Il suo nemico era un amico solo in rare occasioni.

Katsuki Bakugo gettò un'occhiata sull'orologio del registratore di cassa. Erano quasi le venti e trenta; questo significava che poteva iniziare a sbrigare le operazioni di cassa inerenti al denaro incassato durante tutto l'arco della giornata, spazzare e lavare il pavimento e, soprattutto, chiude-.

Il rumore sibilante delle vetrate scorrevoli che si aprivano fu peggio di una botta in testa. 

Katsuki alzò furiosamente gli occhi rabbiosi a chiunque fosse entrato a disturbarlo.

Un piccolo abbaio, però, gli fece scemare la rabbia come se sul suo fuoco ardente fosse stata appena gettata una grossa secchiata di acqua gelida. 

Il ragazzo biondo di anni diciannove si sporse oltre il bancone: rimase stupito. Un volpino di Pomerania pelosissimo, non del tutto nero, con un collare rosso e il guinzaglio sul pavimento color pistacchio sbiadito del combini, lo guardava con la lingua rosata e penzolante fuori dal musetto.

Le zampine erano di un color cioccolato, i peli dalla mandibola fino all'inizio della coda invece quasi biancastri.

Spinto dal suo amore per i cani di qualunque razza e taglia, il commesso gli si avvicinò. Quando si accovacciò, per un attimo, un bagliore di rabbia e delusione attraversò i suoi occhi. La cintura gli era sprofondata nella pancia e stringeva maledettamente.

«Beh, almeno tu non puoi giudicarmi» mormorò al cane.

Katsuki allungò lentamente la mano, in attesa. Il volpino inclinò la testolina come per studiarlo. Ponderò il da farsi solo per una manciata di secondi, dopodiché gli allungò una zampetta. Il sorriso piegò le labbra del giovane; lo accarezzò tra le orecchie mentre gli muoveva il piccolo e corto arto nella mano.

«Sei di qualcuno?».

Il collare con il lungo guinzaglio aveva una targhetta dorata a forma d'osso.

«Red Riot» lesse. «Ma che cazzo di nome ti ha dato il tuo o la tua padrona?».

Il cane abbaiò per poi emettere un guaio. Fece un giro su sé stesso, infine rimase seduto e a scodinzolare.

Katsuki si alzò con le mani sui fianchi. Cercò di non pensare alle sue dita che affondavano nella carne. Il cane era sicuramente di qualcuno.

La risposta che silenziosamente cercava giunse con l'apertura delle porte scorrevoli del combini. La prima cosa che scorse fu una sgargiante chioma dal colore rosso leggermente scuro e degli occhiali da sole neri.

La paura di poter essere visto troppo o ricevere qualche commento storto a fine giornata portò Katsuki a nascondersi dietro al bancone. L'altezza, infatti, avrebbe camuffato tutto il suo ventre e fianchi, facendolo immancabilmente sentire al sicuro.

Gettò distrattamente un'occhiata all'esterno. Fuori il cielo era meraviglioso. Più in alto il blu, poi il viola, il magenta, il rosso, l'arancio e il giallo che segnava una linea perfettamente orizzontale tra i palazzi e gli edifici più lontani.

Le stelle si intravedevano tra le soffici nuvole e l'aria già calda di fine maggio era rinfrescata da piacevoli brezze di vento. Il rumore dei sempreverde che frusciavano piaceva a Katsuki: gli ricordava i picnic che faceva da bambino con Izuku.

I suoi occhi si oscurarono, il formicolio delle lacrime gli sfrigolò nelle narici e immancabilmente la sua nitida vista si annebbiò per il pianto che di lì a poco sarebbe sicuramente arrivato.

Non aveva mai superato veramente la perdita di Izuku. Era stata uno degli eventi più traumatici della sua vita e mai l'avrebbe dimenticata. Il suo amico si era spento sotto ai suoi occhi, dopo aver chiesto di tenergli la mano perché spaventato dell'imminente trapasso.

«Kacchan, promettimi che sarai forte. Io veglierò sempre su di te».

«Non lasciarmi... dobbiamo andare insieme al mare e poi imparare a surfare!».

Lo sguardo smeraldo si era fatto più fioco, Izuku aveva sorriso un po' e tossendo aveva ripreso: «Puoi stringermi la mano? Ho paura...».

Katsuki si era trattenuto a forza pur di non piangere ma gli occhi gli si erano dipinti di rosso e fatti lucidi. Il suo amico aveva chiuso le palpebre, ormai agli ultimi respiri.

«Ti... voglio... bene...» la mano stretta in quella del più alto si era afflosciata un po'. «... Kacchan...» e dopo quest'ultima parola, il cardiofrequenzimetro aveva emesso un suono terribilmente piatto.

L'abbaio di Red Riot lo riportò alla realtà.

Il commesso si cancellò le poche lacrime sulle sue guance con il dorso della mano sinistra.

«Stiamo chiudendo» disse con voce stanca e apatica.

La figura sbatté contro un piccolo scaffale zeppo di lattine di ramen istantaneo. Qualcuna cadde rumorosamente sul pavimento.

«S-scusi... sto cercando il mio cane...».

Katsuki sbuffò. La palla di pelo si diresse rapidamente verso il suo padrone; gli venne da ridacchiare per via del buffo movimento ondulante del sederino e della coda un po' a ventaglio e il rumore delle zampette sulle maioliche verdi.

Non appena abbaiò due volte, il ragazzo dai capelli rossi si rianimò.

«Red Riot!» esclamò con le braccia aperte.

Il cane gli saltò addosso e lo leccò in volto con visibile gioia. Katsuki, che si era avvicinato silenziosamente per godersi la scena, invece era incazzato a morte per via delle lattine in terra.

«Mi dispiace» disse il rosso. «Il mio cane è molto curioso e spesso mi sfugge. Non avrà fatto danni, vero?».

«Lui no ma tu sì».

Il sorriso entusiasta del ragazzo dalla criniera rossa scese un po'. Il cane agitò le zampette anteriori con un lieve guaito dispiaciuto. Katsuki lo trovò adorabile.

Il giovane era muscoloso e con un'insolita dentatura a squalo, aguzza e bianchissima. Inoltre, anche molto più alto di lui; ad occhio e croce infatti, la sua testa bionda gli sarebbe arrivata a malapena alle clavicole.

La t-shirt a mezze maniche nera, senza loghi, fasciava quel corpo possente e allenato con grazia. I pantaloni larghi verde militare e pieni di tasche celavano l'effettiva grandezza delle gambe ma non troppo il pacco tra le gambe.

Katsuki rimase a guardare con fin troppo interesse la patta che creava un'angolazione tondeggiante. Doveva essere mostruoso lì sotto. Sì, si disse nel mentre che annuiva appena alla sua intuizione, decisamente superiore alla norma.

Le scarpe erano insolitamente identiche alle sue, bianche di suola, rosse sopra e loghi con lacci neri. Ma comunque più grandi.

«Se non devi comprare niente puoi anche andartene. Sto chiudendo».

Il tono acido fece sobbalzare il più grande.

«Mi chiamo Eijiro Kirishima. Mi servirebbero un paio di cose».

«Prendi un cestino e trovale da solo. Io sarò alla cassa» rispose gelido Katsuki, mentre si accovacciava per raccogliere le lattine.

Lo fece senza voltarsi, dandogli ostinatamente la schiena, pur di camuffare ciò che lo disgustava ogni volta che apriva gli occhi, alle sei in punto. Per un momento rifletté: avrebbe celato la pancia, certo ma non i fianchi. Si morse ferocemente le labbra a causa del disgusto forte che provò verso sé stesso.

«Ecco...» mormorò il rosso.

Ma Katsuki non gli concesse più una singola attenzione; andò silenziosamente al bancone con la rabbia visibile sul volto. Quanto odiava i clienti che arrivavano a un minuto dalla chiusura di quel combini che non era aperto h24!

Lavorava lì, in quel piccolo ma fornitissimo posticino in una strada poco trafficata di Musutafu, dalla seconda settimana di dicembre. Quando aveva i corsi all'università, primo anno tra l'altro, lavorava di pomeriggio.

Il proprietario, un nerboruto e calvo uomo gentilissimo, si chiamava Banjo Daigoro. L'aveva assunto senza troppe pretese e Katsuki si era trovato subito al proprio agio.

La paga era anche buona.

Un altro rumore e dei pacchi di caramelle caddero rumorosamente. Il biondo sbatté la mano sul nastro trasportatore.

«Oi! Che cazzo pensi di fare? Mettermi il locale sottosopra?!» scattò.

«Mi dispiace!».

Red Riot abbaiò, scendendo dal braccio sinistro del suo padrone. Si avvicinò di nuovo al bancone, roteò su sé stesso e poi puntò il musetto in direzione di Eijiro.

Katsuki sollevò un sopracciglio con fare un po' curioso. Andò a controllare.

«Ma che cazzo stai facendo?!» disse furiosamente.

Eijiro era al centro dei pacchi di caramelle cosparsi in terra. Tre le sue mani capeggiava una scatola di preservativi al gusto arancia.

«Scusa... ma avrei bisogno del tuo aiuto».

«Perché? Sei un tale idiota che non sa distinguere neanche i prodotti?» Katsuki si mise una mano sul fianco e gli puntò il dito contro. «Sai che cosa hai tra le mani almeno?».

«Del tè?».

«Sono preservativi» sbuffò il biondo, poi aggiunse con lieve stizza: «Avanti... che cosa ti serve, prima che mi distruggi il locale?».

«Oh...! Preservativi!» esclamò il rosso crinito, arrossendo un po'. «A Red Riot servirebbero delle scatolette alla bistecca e dei croccantini al manzo».

Katsuki annuì. «Quanti te ne occorrono?».

«Dieci per entrambe le cose».

Il necessario era disposto ordinatamente su uno scaffale di legno accanto alla cassa.

«Poi?».

«Questi li prendo» disse Eijiro, riferito ai preservativi e Katsuki lo fissò in cagnesco, senza un apparente motivo. «Un paio di bottiglie di tè freddo e del ramen alla carne... ma di queste me ne servono tre. Poi basta così».

A ordinazione conclusa, il biondo si occupò di prezzare. Prima che potesse dire l'effettivo prezzo, però, il rosso gli appoggiò sul nastro trasportatore il portafoglio nero.

«Cosa?».

«Per favore, prendili tu i soldi che ti devo. Io...» Eijiro fece un sorriso malinconico. «... sono ipovedente».

Gli occhi caddero immancabilmente sui bianchissimi, perfetti ma aguzzi denti. Quel ragazzo sembrava uno squalo. Un grosso squalo rosso particolarmente docile. Un peluche gigante di quelli visti su internet.

Quando si tolse gli occhiali, Katsuki sentì una stretta al cuore. Aveva le iridi rosse, poco più scure delle sue ma il cristallino era lievemente opaco in entrambi gli occhi.

Era stato davvero arrogante. Dannata la sua cazzo di lingua!

Per farsi perdonare, prese meno della metà. Infine mise tutto in un sacchetto e lo spinse accanto al portafogli.

«Ci sei rimasto male?» domandò Eijiro.

«Ah?» Katsuki corrugò le sopracciglia. «Su che cosa?».

«Sul fatto che sono ipovedente?».

«No».

Eijiro non si mosse né parlò per qualche istante, dopodiché sorrise brillantemente. Nella mano sinistra stringeva il guinzaglio di Red Riot, l'altra raccolse i due manici della spesa.

«Non dimenticare il portafogli».

«Ah, giusto! Grazie!» Eijiro lo cercò passando le dita sulla parte di metallo del bancone, accanto al nastro trasportatore. «Sei proprio un onesto bravo ragazzo. Chiunque, al tuo posto, me lo avrebbe fregato».

«Io non sono chiunque. Ora puoi andartene».

Eijiro ridacchiò e di nuovo afferrò il sacchetto. Red Riot zampettò poi guaì felicemente: l'odore del suo cibo preferito, sebbene debole, dalle confezioni di croccantini gli stava facendo venir fame.

«Posso sapere come ti chiami?».

«Perché ti interessa?» domandò acido Katsuki.

«Beh, primo perché io mi sono presentato e secondo... saprò a chi rivolgermi la prossima volta che verrò qui, in questo combini».

Il biondo gli guardò acutamente i neri occhiali da sole. In effetti, poteva anche presentarsi. Così, con un pesante sospiro, decise di farlo.

«Mi chiamo Katsuki Bakugo, diciannove anni».

«Compirò diciannove anni ad ottobre, il tredici per la precisione!» cinguettò Eijiro, felicemente.

«Li ho già compiuti il venti aprile ma ora basta con le parole che devo chiudere il combini. Voglio tornare a casa e dormire che sono stanco!» sbottò il biondo.

«Oh, sì! Hai ragione. Grazie per l'aiuto».

Katsuki lo vide voltarsi in direzione delle porte. Red Riot annusò il pavimento e tirò verso l'uscita. Poco prima di lasciare il negozio, si voltò a tre quarti per salutare con una mano alzata.

Il biondo fece un cenno del capo, senza ricambiare. Aveva le braccia conserte.

-Ma poi... avrà visto il mio saluto?- pensò con curiosità.

Eijiro sorrise con fare smagliante, infine andò via, svoltando a destra.

Il commesso afferrò il cellulare poggiato su un alto sgabello sotto al bancone. Andò in Wikipedia per poter capire cosa fosse effettivamente l'Ipovisione.

Lesse velocemente, divorando rigo dopo rigo per via dell'enorme fame di sapere. Non sapeva se Eijiro fosse affetto da Ipovisione media o grave ma si rese conto di quanto la sua vista era molto deteriorata.

«Cecità notturna: è l'incapacità di vedere le zone scarsamente illuminate; gli oggetti da vicino e lontano sembrano avvolti da un bagliore e la vista centrale o periferica è quasi sempre accompagnata da un punto cieco».

Katsuki puntò gli occhi alle porte del combini.

Improvvisamente aveva un po' di preoccupazione nel petto.

«Ma che m'importa?!» si disse qualche secondo dopo. «Chi lo conosce a quello lì? Perché cazzo dovrebbe interessarmi?».

Il fatto che Eijiro lo avesse definito bravo ragazzo gli aveva scaldato un po' il cuore. Non riceveva mai complimenti, del resto e gli aveva fatto molto piacere.

In fretta e furia sbrigò le operazioni di cassa, spazzò, lavò il pavimento e poi chiuse serrande e luci.

La sera era ormai scesa e l'aria si era fatta molto più fresca, davvero piacevole. Il vento faceva frusciare le cime dei sempreverdi che abbellivano, a tratti, i marciapiedi.

I lampioni biancastri creavano sull'asfalto e marciapiedi cerchi dal bordo smussato. Le stelle si divertivano a rendere meno scuro il cielo, in attesa dell'arrivo della loro madre Luna.

Katsuki si aggiustò i manici della sua borsa di tela bianca. Era logora, con qualche sfilaccio da eliminare ma ci teneva moltissimo. Dopotutto era un regalo di Izuku.

Il logo di un coniglio con una x aranciata era tutto rovinato ma a lui poco importava. Tra l'altro era grande e molto capiente.

Istintivamente, i suoi occhi rossi caddero sul suo riflesso nella vetrina illuminata a giorno di un negozio di abbigliamento accanto al combini. Spietata, mostrava beffarda il suo aspetto e l'illuminazione creava ombre molto scure sul suo dannato ventre.

Rabbioso, il giovane se lo spremette fino a farsi del male e a stropicciarsi la t-shirt bianca. Odiava indossare i colori! Ma era la divisa del combini, alla fine e non poteva mettere ciò che voleva.

«Vaffanculo!» ringhiò al suo riflesso.

Da quando il disgusto si era definitivamente impossessato del suo aspetto, si rifiutava categoricamente di guardarsi negli specchi. Lo faceva solo per radersi la barba ogni mattina.

Katsuki si allontanò a passo svelto, a sinistra.

L'appartamento dove viveva in affitto era un monolocale di dieci metri quadri, strutturato in modo da avere un angolo cottura con lavatrice e frigo, un bagno con doccia e una stanza con il suo computer e la scrivania.

Era estremamente luminoso quanto tranquillo, collocato al settimo piano di un condominio in una strada alle spalle del centro di Musutafu.

Oltre ad essere vicino a tutte le più importanti attività, poteva recarsi a piedi sia per prendere il treno quando rincasava i weekend e li passava con i suoi genitori e zia Inko. Oppure all'università, dove studiava sperando di diventare un bravo Oncologo... e soprattutto raggiungere senza fretta il posto di lavoro.

Katsuki sbuffò. La sensazione di preoccupazione continuava a crescere dentro di lui e lo rendeva nervoso. Istintivamente si voltò nella direzione dov'era andato Eijiro.

Non era così luminoso. Inoltre non c'era nessuno.

Rimase lì, immobile e fermo, con il vento che accarezzava i suoi capelli e sussurrava nelle orecchie cose che non avrebbe mai compreso.

«Sono proprio un coglione» si disse alla fine.

Proprio quando iniziava a voltarsi, però, un rumore tintinnante gli arrivò nelle orecchie. Quando tornò a fissare il pseudo-buio, scorse una palla di pelo nerastra che correva velocissima verso di lui.

«Red Riot?».

Il volpino iniziò ad abbaiare senza sosta. Si sollevò sulle zampine posteriori e usò quelle anteriori per tenersi in equilibrio contro gli stinchi di Katsuki.

Il guaito spaventato cancellò ogni dubbio in quest'ultimo.

«Portami dal tuo padrone, Red Riot!» gli ordinò con determinazione.

Il cane lo comprese perché schizzò come una saetta nella medesima direzione dalla quale era arrivato. Katsuki fece schioccare la lingua contro i denti: il suo sesto senso col cazzo che sbagliava mai...!

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Capitolo 2
*** Rosso Guinzaglio, Rosso di Rabbia Abbaglio ***


Minuti prima...



«Non tirare, Red Riot».

Eijiro ora camminava più lentamente. La sera era un enorme ostacolo per lui e il fatto che lavorasse nella cucina di un panificio fino a tardi non gli rendeva certamente le cose facili. Aveva turni stabiliti ma spesso e volentieri erano pomeridiani-serali, anche per via del fatto che studiasse con un insegnante privato a casa.

Quando si era presentato lì in panetteria con una delle sue mamme, il proprietario aveva deciso di assumerlo un po' perché erano clienti affezionati da anni e anche perché Eijiro era da sempre stato come un figlio per l'affabile e gentile Yoichi Shigaraki.

«Ma signore... anche se sono molto onorato per questa possibilità, io sono ipovedente e non credo potrei mai-».

«Però hai muscoli forti, sei affabile e possiedi un ottimo udito. Non ti ricordi ma da bambino ti divertivi sempre ad aiutarmi ad impastare e credo che la tua forza mi potrebbe tornare utile. Che ne dici? Vuoi fare un tentativo?».

Eijiro non se l'era sentita di rifiutare, così aveva accettato ed era stata la miglior decisione mai presa in tutta la sua vita. Aveva imparato ad essere molto più conscio dei suoi altri sensi e a scoprire che, volendo, avrebbe davvero potuto essere autonomo.

Grazie a lui, tra l'altro, la panetteria era migliorata molto!

«E' merito anche del tuo fascino, Eijiro! Molte ragazze vengono qui solo per vederti!».

Il rosso crinito aveva arrossito quando il suo datore di lavoro gliel'aveva svelato. «Mi dispiace illuderle... ma io sono interessato ai ragazzi. Quando ho fatto coming out avevo appena quattordici anni e le mie mamme mi hanno elogiato molto».

«Come te ne sei accorto?».

Eijiro era tornato a impastare con energici colpi di mani; sul suo viso capeggiava un'espressione dolce. Dietro agli occhiali neri i suoi occhi dischiusi che si muovevano lentamente sembravano ripercorrere bei momenti passati.

«Il mio corpo bruciava di passione al suono della voce dei ragazzi o quando mi capitava di sfiorar le loro mani grandi. Oppure quando annusavo dell'acqua di colonia. Tutto questo non mi era mai capitato con una ragazza e anzi, tendo a sentirmi molto insicuro o a disagio con loro».

«Eppure hai due mamme» aveva ridacchiato Yoichi.

«Sono un'anomalia vivente!».

Improvvisamente, Red Riot ringhiò.

I bei ricordi si infransero rumorosamente nella sua mente. Eijiro tornò vigile per via del continuo strattonare del cane. Il suo prezioso amico gli era stato regalato dalle sue mamme al compimento degli otto anni.

«Tu hai fatto un regalo a noi quando sei approdato nelle nostre vite, con il tuo essere speciale, piccolo mio» gli aveva detto dolcemente Tsumugi, la mamma che vestiva sempre come un uomo ma decisamente meglio e con gran classe.

«Quando sei venuto al mondo è stata una grande festa per noi due. Ti sei sempre fatto sentire con tutto il tuo vigore fin da dentro la mia pancia» aveva aggiunto teneramente Reira, la donna dai capelli rossi e l'amore per i vestiti a fiori. «Sai, Eijiro, quando ci avevano detto che saresti stato speciale abbiamo capito che anche per noi lo saresti stato ed è per questo che, per il tuo ottavo compleanno, abbiamo deciso di regalarti ciò che avevi sempre desiderato».

Il piccolo Eijiro si era illuminato a tal punto da iniziare ad agitare su e giù i pugni.

«Un cane?».

Tsumugi gli aveva infilato il volpino tra le braccia. Il bambino si era messo a piangere al contatto della mano sui morbidissimi peli e il cucciolo, non più grande di un melone dalla buccia gialla, gli aveva leccato le lacrime.

«Red Riot!».

Reira aveva riso di gusto. «Qualcosa me lo diceva che avresti dato al tuo cane il nome del tuo supereroe preferito!».

Un altra sfera di cristallo contenente ricordi si ruppe fragorosamente. Ora quel coraggioso cane stava disperatamente tirando il guinzaglio dalla parte opposta, senza smettere di ringhiare o graffiare l'aria con i suoi aguzzi artigli.

«Red Riot, che succede?» esclamò preoccupato Eijiro.

Un latrato e poi un altro ringhio. Il giovane dai capelli rossi non vedeva nulla, se non vaghe ombre molto sbiadite. Però sentiva un terribile odore di nicotina mischiato ad alcool. Alcune risatine di scherno gli fecero tendere completamente il corpo e drizzare la schiena.

«Chi c'è?» chiese con voce autoritaria.

«Il tuo cane sembra intelligente. Ora ce lo darai senza fare storie».

Eijiro corrugò nervosamente le sopracciglia; quella voce era molto canzonatoria e acuta. Doveva appartenere a qualche ragazzino.

«Ascolta, non posso darti il mio migliore amico. Puoi lasciarmi passare, per favore?» provò con gentilezza.

Un rumore a scatto e metallico che fendeva l'aria... 

... Eijiro tacque. Chiunque fosse stato dinanzi a lui aveva estratto un coltellino a serramanico e lo stava facendo passare da una mano all'altra.

«Ragazzi, controllate se ha soldi e altri oggetti di valore!».

Il cuore di Eijiro si fece improvvisamente più galoppante. Il sudore iniziava a impregnare la sua fronte e ad appiccicare le ciocche della frangia e alle tempie come se fosse stata colla. Alcune gocce salate gli scivolarono negli occhi, altre si annidarono negli incavi del collo.

Un feroce pugno al ventre lo stordì.

Eijiro crollò sulle ginocchia mentre lasciava cadere il guinzaglio e il sacchetto con ciò che aveva preso al combini. Due mani callose gli tolsero gli occhiali, altre due più esili gli sfilarono il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans.

«No!» provò a dire.

Un calcio rapido alla schiena lo tenne immobilizzato al suolo.

Il giovane di diciotto anni provò a guardarsi intorno ma quello era solo un mondo pieno di ombre sfocate e ridenti. La rabbia era così immensa che le lacrime gli si gonfiarono ai canali lacrimali.

Red Riot morse la caviglia del ragazzino di quattordici anni che aveva sfilato il portafogli.

«Ah! Lurido sacco di pulci!» si lamentò.

Il cane scansò un calcio al viso, poi si avventò su quello un po' più alto e grasso che stava controllando il cibo del sacchetto ma che aveva mollato pugno e calcio. Non fu clemente, perché gli saltò addosso per mordergli e graffiargli il viso.

Quando si ritenne abbastanza soddisfatto dall'odore di sangue impregnante l'aria, il cane cercò di azzannare il collo del capobanda, un ragazzo di tredici anni dall'aspetto smilzo ma pieno di borchie e tatuaggi tribali sulle braccia.

Quest'ultimo, però, lo sorprese con un gancio dritto al muso e lo fece sbattere in terra. Red Riot guaì ma si riprese: emise un ringhio prima di correre via, velocissimo con il guinzaglio che sbatteva ritmicamente sull'asfalto.

«Il tuo cane è scappato! Che pappamolle!» sorrise il piccolo manigoldo.

Eijiro si era rialzato ma tremava per il dolore alla schiena e allo stomaco. Si teneva a malapena a quattro zampe, il suo viso era un misto di paura e rabbia.

«Hai un bell'orologio. Prenderemo questo e anche il tuo cellulare. Varranno molto!».

«NO!» esclamò feroce il rosso. «Il mio orologio no! E' molto importante per me! E' un regalo delle mie mamme!».

I tre ragazzi lo immobilizzarono alle spalle, reclinandogli all'indietro la testa con una forte presa ai capelli e gli serrarono anche il collo.

«E speri che non lo faremo?» derise il Villain in miniatura.

Colpì il basso ventre di Eijiro con una ginocchiata.

Poi una pedata forte si abbatté sul ginocchio sinistro.

Gli serrò la gola con le forti dita e così facendo si divertì a tempestargli gli zigomi con pugni sempre più forti.

«Non parli più, adesso?!».

Una sensazione ferrosa che saliva dalla gola fece sputare un grumo di sangue al rosso crinito. Gli faceva male tutto il corpo ma il ragazzetto non aveva ancora finito.

Fendette l'aria accanto al suo orecchio sinistro: Eijiro si irrigidì quando si rese conto che premuto alla gola, al lato destro, c'era la lama del coltellino svizzero.

«Poiché mi stai sul cazzo ti farò fuori. Poi ci prenderemo tutto».

«No, per favore! Possiamo ragionare insieme!».

Il ragazzino non era in vena di ascoltare inutili suppliche, così premette con un po' di forza la lama sulla pelle. Eijiro inclinò istintivamente la testa da un lato all'improvvisa sensazione di caldo. La pelle tagliata prese a bruciare e molto sangue scorse, sporcando il bordo della maglietta nera.

«Non mi piace la tua espressione! Non è abbastanza spaventata!».

Il giovane bastardo spostò la lama in posizione frontale con un rapido gioco di dita. Era pronto a trapassare la carotide del diciottenne e togliergli la vita.

«Muori!».

Un sibilo improvviso volò nell'aria e un tonfo possente squarciò l'apparente silenzio.

Eijiro non comprese cosa fosse appena accaduto ma si rese conto che il suo aguzzino era stato tramortito al suolo. Il coltellino tintinnò sul marciapiede e finì in un tombino, con un suono risucchiante.

Qualcosa volò per altre due volte nell'aria, colpendo duro e le strette che lo tenevano immobilizzato svanirono con un gemito di dolore.

L'abbaio di un cane e un guaito portarono il rosso ad ansimare e a riemergere, finalmente libero, dalla sua prigionia di terrore e buio.

«R-Red Riot?» sussurrò.

«Già. Il tuo cane è stato fottutamente coraggioso!».

Quella voce un po' burbera! Eijiro tastò alla cieca il marciapiede nella speranza di trovare e stringere il guinzaglio del suo cane. Sfiorò l'abrasiva superficie porosa di una grossa ed appuntita pietra. Ne trovò rapidamente altre due accanto ai suoi piedi.

«Sei stato tu a scagliarle?» chiese con ammirazione. «Sei Katsuki, non è vero?»

«Qualcosa del genere ma sì, sono io. L'unico ed insostituibile Katsuki Bakugo» rispose il biondo. «Ce la fai?».

Eijiro allungò timidamente una mano al vuoto, l'altro gliela strinse con forza e poi lo issò in piedi. Una vertigine forte lo fece barcollare un po'.

«Ti hanno conciato per le feste quei tre pezzi di merda. Che cazzo volevano da te?».

«Derubarmi» rispose Eijiro. «E' molto comune in questa zona della città».

«E tu perché cazzo la frequenti, allora?».

«Perché casa mia è proprio alla fine di questa strada e non posso fare altri percorsi».

Katsuki gli porse gli occhiali, il portafogli e il sacchetto. Eijiro sussultò un po' quando indossò il paio: gli faceva male la faccia e la sentiva indolenzita.

«Grazie, Katsuki» gli disse con gentilezza.

«Ringrazia il tuo cane. E' venuto da me come una furia e fortuna che non ero troppo lontano» raccontò l'altro.

Red Riot fece una piroetta su sé stesso, abbaiò e si strofinò contro lo stinco del biondo.

«Ah, gli piaci! Ha già fatto amicizia!» ridacchiò il rosso. «Di solito non è molto socievole».

«Ma davvero?» Katsuki si accovacciò per potergli scompigliare il pelo tra le orecchie appuntite. «Bravo cucciolo!».

«Veramente è un cane adulto».

«Per me sono tutti cuccioli!».

Eijiro se la ridacchiò ma scoprì di non poter fare neanche questo per una fitta alle zone colpite del volto che già iniziavano a gonfiarsi con vividi colori tra il rosso e il violaceo.

«Voglio sdebitarmi per il tuo aiuto».

«Non c'è ne bisogno. Fila dritto a casa» rispose Katsuki.

All'improvviso, i tre piccoli stupidi si alzarono come delle furie ma bastò un ringhio di Red Riot e un'occhiataccia storta del biondo a farli scappare e urlare come ragazzine.

«Non lo faremo più!» urlò il capobanda.

I due sospirarono poi ridacchiarono.

Il rosso, però, scosse il capo. «Vieni a casa mia. Ti offrirò qualcosa».

Il biondo guardò istintivamente la sua pancia. Aveva fame, certo ma se avesse messo qualcosa sotto ai denti poi sarebbe iniziata la sua abbuffata colossale.

Per tre giorni niente era entrato nel suo stomaco e voleva continuare fino a raggiungere l'intera settimana di detox a base di acqua. Ma il suo pessimo proposito venne brutalmente sconfitto da un sonoro brontolio e una certa spossatezza.

«Penso che il tuo stomaco sia d'accordo con me» Eijiro sorrise. «Vogliamo andare, adesso?».

Katsuki sospirò pesantemente. Stupida fame! Se lo sentiva che quei tre chili persi li avrebbe ripresi con gli interessi nell'indomani stesso. Era certo che non sarebbe finita lì e che quando avrebbe fatto ritorno al suo monolocale si sarebbe sbafato il frigorifero, il congelatore e la dispensa.

Il suo stomaco ringhiò di nuovo.

«Ti piace il piccante?» domandò Eijiro.

«Sì, molto. Ma non rimarrò a cena».

«E invece sì! A meno che non preferisci i soldi. Però dovrai aspettare a quando prenderò lo stipendio».

Katsuki lo guardò attentamente. In effetti, non poteva negare che Eijiro fosse proprio un bel ragazzo e per di più era molto dotato lì sotto. Arrossì leggermente e si diede dello stupido mentalmente. Per la seconda volta si era ritrovato a pensare all'affare segreto di quel ragazzo particolare!

«A che ti servono dei preservativi?».

«Ma non stavamo parlando di soldi?».

Il biondo sogghignò ma poi rispose: «Io non ho mai detto di volere soldi. Ti ho aiutato e sei più o meno salvo. Quindi va bene. Ti accompagnerò fino a casa tua e poi me ne andrò».

«No! Rimani a cena, per favore! Concedimi almeno questo per sdebitarmi con te!» esclamò forte l'altro, stringendo i pugni.

Il sacchetto vibrò, gli oggetti al suo interno sussultarono e Red Riot emise un guaito. Katsuki si rese conto solo ora che chissà quando aveva raccolto il suo guinzaglio e ora lo stava portando lui. Al cane non dispiaceva comunque.

«Vedi? Farai rimanere male anche il mio amico qui!».

Quando osservò la lieve sporgenza del suo stomaco ebbe enormi ripensamenti ma qualcosa dentro di lui - e poco c'entrava la fame enorme che provava - lo stava spingendo ad accettare.

Si arrese, alla fine.

«Solo se è molto piccante».

Eijiro si illuminò come un bambino. «Certo! Una delle mie mamme è veramente una patita del piccante!».

«Hai due mamme?» domandò curioso il biondo.

L'altro annuì con entusiasmo. «Si sono conosciute al liceo ed è stato subito amore a prima vista. Anni dopo si sono sposate, poi hanno avuto me con la fecondazione in vitro».

Katsuki ascoltò tutto con molta curiosità. Era sempre stato di mente aperta, ragion per cui non aveva avuto problemi a fare coming out prima ad Izuku, a tredici anni, poi ai suoi genitori, a quattordici, poco prima che la malattia gli strappasse il suo migliore amico.

Il pensiero lo fece rattristare e fermare.

Red Riot guaì, poi abbaiò una volta con fare perplesso.

«Stai bene? Ti sei ammutolito di colpo».

«Sì... sto bene» rispose il biondo, con voce flebile.

Eijiro non indagò oltre ma pensò di far ravvivare la conversazione tornando, sebbene a malincuore, sull'argomento più importante.

«Beh... ho comprato dei preservativi per essere pronto!».

«Ah?».

Il diciottenne ridacchiò un po' ma riprese: «Il mio Iphone mi agevola molto; infatti sfrutto l'Assistente Vocale, un po' come l'Alfabeto Braille e quando ricevo messaggi od email me li faccio leggere da Siri. Lei fa il suo dovere come si deve!».

«Che modello hai?» domandò curioso il biondo.

«Un XR e mi va più che bene! L'ho comprato risparmiando i soldi del mio lavoro!».

«Anche io ho un XR, rosso e mi ci trovo bene. Solo che me l'hanno regalato i miei quando mi sono iscritto all'università» raccontò Katsuki, con un sorrisetto arrogante. «Che lavoro fai?».

«Sono un mezzo panettiere!».

Katsuki se la rise sonoramente, Eijiro arrossì.

«E adesso perché ridi? Sembra quasi che tu voglia prendermi in giro!».

«Non ti sbagli. Ma elogio ciò che fai; non dev'essere facile» Katsuki guardò Red Riot che annusava dappertutto e tirava leggermente il guinzaglio. «Beh? Non mi hai spiegato il perché hai comprato dei preservativi».

«Perché è da qualche tempo che sto chattando online con un ragazzo e poiché dovremo vederci a breve, ho pensato di tenermi pronto. Sono un ragazzo dalla mente aperta e non mi dispiacerebbe fare sesso al primo incontro, se dovesse capitare l'occasione».

Katsuki scosse il capo. Assurdo!

«Non lo conosci e gli vuoi regalare la tua verginità? Ma che cazzo di discorsi sono! La prima volta è importante!».

Eijiro si sgonfiò un po' ma non smise di camminare, anche se rallentò un po'. Katsuki era arrabbiato, anzi, infastidito.

«Tu hai mai fatto sesso?» domandò con un fil di voce.

Fu il turno del biondo di arrossire.

Mica poteva dirgli che non era mai andato a letto con nessuno? O che si era sempre arrangiato leggendo e prendendo spunto da internet? O che il suo miglior compagno era un dildo di venti centimetri rosso e nero?

«Quindi sei un verginello anche tu?!».

«Ma vuoi farti i cazzi tuoi o no? E piantala di urlare! Sono cose private!» scattò Katsuki, con le guance ormai rosse.

Red Riot iniziò ad abbaiare festosamente e a tirare con tutte le sue forze. Poco distante da loro, una luce dorata si estendeva appena sull'asfalto e il tronco di un altissimo sempreverde.

Il palazzo non era molto alto, un po' logoro a giudicare dall'intonaco bianco ormai grigiastro. Sette piani; al primo, due donne erano affacciate e stavano agitando una mano.

«Lascialo andare, Katsuki. Siamo arrivati» disse Eijiro, felice.

Quando l'altro obbedì, il cane partì a razzo abbaiando e facendo le feste.

Raggiunsero con calma l'androne del palazzo; Katsuki si meravigliò della grande sicurezza di Eijiro nel superare i quattro gradini di marmo, spingere il portoncino blindato nero e svoltare subito sulla prima porta aperta del piano più basso.

Il fascio di luce proveniente dall'appartamento del rosso fece fermare il biondo. 

Tutti avrebbero visto il suo disgustoso fisico e non poteva... non poteva mostrarsi! Lui era... era solo-!

«Katsuki?» chiamò Eijiro.

Red Riot gli zampettò vicino; lo guardò acutamente, infine gli si strofinò con la testolina contro uno stinco. Il biondo sorrise appena dopodiché guardò malinconicamente il portone del palazzo.

«Se non vuoi rimanere, va bene».

Katsuki sospirò. Era diviso in due, da un lato desiderava rifugiarsi a casa, sul divano a mangiare un enorme sacchetto di patatine, dall'altro invece era curioso di poter entrare in quell'appartamento e di provare a uscire un po' dal guscio in cui era inconsapevolmente finito da tempo, ormai.

«Chi è quel ragazzo, Eiji?».

Era forse fottuto...?





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Capitolo 3
*** Rosso è anche Imbarazzo ***


Una domanda. 

Era bastata una semplice domanda per far impietrire completamente Katsuki, con la stessa espressione di un bambino colto con le mani nella marmellata. 

Il rosso volse la testa alla donna con la treccia lunga e rossa e un bel vestito bianco con girasoli. Dietro di lei, un'altra con corti capelli neri e un rossetto nero sorrideva. Un lato della testa era rasato, l'altro presentava una bella chioma impomatata ad onda e pettinata verso l'orecchio. Era più alta; indossava una canottiera nera, dei pantaloni stretti del medesimo colore. Sul braccio sinistro e la caviglia destra due dragoni veramente spettacolari sembravano essere dotati di vita propria, grazie a un effetto ottico di rilievo.

Entrambe avevano gli occhi rossi come quelli di Eijiro.

«E' un tuo amico?» riprese la rossa.

«Il nostro Eiji che porta un amico a casa? Accidenti, che novità!» ridacchiò la corvina.

«Veramente è un po' una storia buffa ma comunque rimane per cena e spero sia piccante, perché lui è come te, mamy» spiegò il rosso e la corvina fece un'espressione curiosa. «Ama il tuo piccante!».

«Incredibile, Tsumu-chan!» ridacchiò l'altra. «Qualcuno che ha i tuoi stessi gusti in cucina allora esiste!» poi guardò amorevolmente Katsuki. «Forza, entra! Sono curiosa di conoscere il primo amico che nostro figlio porta a casa».

Quando il rosso crinito varcò la soglia e si ritrovò sotto le luci accese del modesto salotto dai mobili bianchi e le mura verde salvia pastello, le due donne ebbero la medesima espressione allibita.

«Che diavolo ti è successo, Eiji?!» esclamò feroce Tsumugi.

«Mamy, non ti arrabbiare... sono stato accerchiato da tre ragazzini che volevano derubarmi ma grazie a Katsuki non è successo».

«Oh, tesoro!» piagnucolò Reira, inghiottendolo in un abbraccio.

«Mamma, va tutto bene ma ora mi stai soffocando».

Katsuki era entrato timidamente in casa e tratteneva il respiro pur di appiattire la lieve sporgenza allo stomaco che tanto lo preoccupava. La donna con i capelli neri, Tsumugi, però, lo strinse al suo prosperoso seno senza preavviso. Ciò lo portò immancabilmente ad inghiottire avidamente aria.

Il suo stomaco tornò in posizione di riposo e cosa peggiore... sembrò premere contro cintura e maglietta!

«Grazie, Shonen... hai salvato la vita a mio figlio» gli sussurrò.

Il biondo notò alcune lacrime nei suoi occhi accompagnati da matita nera ed eye-liner ma l'altra si voltò e se le cancellò in fretta. Fece distrattamente caso ad altri interessanti dettagli; lei aveva un piercing al naso, le unghie dipinte di nero e un bel bracciale di perle scure al polso sinistro.

Era davvero tosta, anzi... virile!

Red Riot iniziò a gironzolare intorno a Katsuki e poi ad abbaiare nella speranza di attirare qualcuno per farsi togliere il guinzaglio. Ci pensò lo stesso biondo.

«Red Riot si è affezionato a te! Non ci posso credere» ridacchiò Reira.

«E' quello che ho detto io!» rispose Eijiro.

La corvina, avvicinatosi al biondo, disse: «Ci vogliono ancora una quindicina di minuti alla mia speciale cena piccante; perché non aiuti Eijiro a mettersi qualche cerotto?».

Katsuki annuì senza sorridere. Aveva paura di mostrarsi in tutto il suo fisico schifoso. Eijiro indicò il corridoio breve, bianco, con dei rosoni di gesso al soffitto e piante penzolanti dal buon profumo. Piccoli ovali dalla cornice spessa e dorata raffiguravano alcuni momenti di vita del rosso crinito.

In silenzio, i due si incamminarono con passo lento fino a svoltare a destra e alla prima porta bianca dal pomello dorato.

«Vieni. Entra pure e fai come se fossi a casa tua, Katsuki».

Il giovane di diciannove anni di nuovo percepì una lieve ammirazione. Anche se non poteva contare su una nitida vista, sapeva comunque mostrarsi sicuro, determinato e perfettamente in grado di fare gli onori di casa.

La stanza era piccina ma molto ben arredata. Il colore delle mura di un gradevole rosso ma così tenue da non infastidire gli occhi. Il battiscopa, intorno all'interruttore della luce, poco prima del soffitto e quest'ultimo erano bianchi come la neve.

Il lampadario era molto particolare; il globo tondo grande quanto un pompelmo custodiva una lampadina dorata. Intorno sorgevano dei pezzi smussati a mezzaluna di un blu con gradiente violetto. Erano sistemati ad X e brillavano per via dei glitter.

Katsuki comprese: quel lampadario raffigurava, sebbene in modo molto stilizzato, il sistema solare. Il letto singolo era sotto al muro; di fronte alla porta sorgeva un'ampia finestra tra due tende di ottima fattura che affacciava su un balconcino pieno di piante ben curate.

Il pavimento era rivestito in toghe di legno così lucide da potersi specchiare.

Di fronte al letto capeggiava una scrivania di legno chiaro. Katsuki la sfiorò con il dito: era ebano e anche molto liscio! Rimase incantanto nell'ammirare un MacBook di ultima generazione; molti libri e quaderni sorgevano su alcune mensole poste a diversa altezza ma mai eccessivamente troppo in alto.

La sedia era bianca e aveva quattro nere rotelle.

Incastonato nel muro capeggiava l'armadio. Katsuki scorse la porticina proprio accanto alla scrivania. Forse conteneva uno specchio visto che non ce ne erano di appesi. Mancavano i comodini a causa dello spazio ridotto.

«La cassetta del pronto soccorso è in bagno. Posso chiederti il favore di andare a prenderla? Appena esci dalla mia stanza, è la porta subito di fronte. La troverai nell'armadietto» istruì Eijiro.

Katsuki obbedì; quando uscì per poco non inciampò in Red Riot.

Il bagno era molto bello, di un tranquillo cobalto, con la vasca-doccia, un enorme specchio ad arco e un odore di gelsomino buonissimo. Ma non perse tempo a scovare tutti i dettagli possibili di quell'elegante posto, così trovò ciò che cercava proprio dove gli era stato spiegato.

In fretta ritornò nella stanza. Eijiro si era seduto sul letto e Red Riot mordicchiava, ai suoi piedi, un giocattolo a forma d'osso e rigorosamente rosso.

«Sei sicuro di non voler andare in ospedale?» chiese Katsuki.

«Lo farò dopodomani, quando avrò la giornata libera» spiegò il rosso.

Nessuno dei due parlò più.

Il biondo era esperto nel medicare; da piccolo si era sempre occupato dei graffi che si procurava Izuku. Sorrise malinconicamente a quei pensieri inerenti alla sua infanzia.

«Avrai i lividi» disse.

«Poteva andarmi peggio. Ma non è successo, grazie a te».

«E' il tuo cane che devi ringraziare, non me» sospirò il più minuto.

Eijiro ridacchiò ma poi sussultò quando Katsuki gli premette delicatamente del cotone imbevuto di alcool sulla ferita al collo. Il cane guaì appena, preoccupato per il suo padroncino.

Dopo una manciata di minuti, il viso del rosso crinito sembrava un puzzle di cerotti e ferite. Uno grosso e bianco era al lato del collo, invece per le chiazze rosso-viola sullo stomaco e la parte bassa della schiena il biondo non fece nulla.

«Prenderai un anti-dolorifico dopo mangiato e cercherai di dormire su un fianco» ordinò quest'ultimo.

Chiuse la cassetta e andò a sistemarla nel punto dove l'aveva trovata. Sentì le due donne bisbigliare dalla cucina ma non ci badò. Fu allora che il cellulare di Eijiro trillò: lui si illuminò vistosamente.

«Oh, questo dev'essere un messaggio dal mio spero futuro ragazzo!» cinguettò.

 
-Non vedo l'ora di essere dentro di te-.



Katsuki si scurì in volto.

Il suo istinto non era calmo e qualcosa gli diceva che c'era qualcosa di strano.

«Da quanto tempo state chattando?».

«Mmh... non ne sono sicuro, ma credo due anni».

Il biondo portò le mani sui fianchi in un gesto di stizza. «E in due anni possibile mai che non vi siete mai ancora incontrati? E poi perché state parlando su una fottuta app a pagamento?».

«Beh, ho provato a dargli il mio numero o a proporgli incontri ma lui ha sempre detto che-».

«... che non si sentiva pronto, non è così?».

Eijiro drizzò la schiena in un'espressione scioccata. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte ma non un suono ne uscì.

«Sì» ammise con un tono deluso e basso.

Katsuki sospirò ma poi riprese: «Conosco questi bastardi. Sono operatori del sesso virtuale; ti costringono a chattare per poterti spillare soldi ma non si arriva mai a un punto» Eijiro abbassò il capo. «Non so quanti soldi avrai stupidamente buttato ma una cosa è certa... quel messaggio del cazzo ti è stato inviato perché non avevi fatto l'accesso da due giorni».

«Non avevo soldi per ricaricare».

Katsuki si passò una mano dalla fronte ai capelli.

«Senti, una fottuta comparsa che veniva con me alle superiori ci cascò con tutte le scarpe. In poco più di un mese si bruciò più di seicentomila yen! Pur di ricaricare, aveva sottratto la carta di credito dei suoi vecchi».

Eijiro si tolse gli occhiali scuri per potersi celare gli occhi e parte del viso in una mano. Era evidente il suo shock; nelle vene il sangue gli stava ribollendo. Aveva creduto in un amore mai esistito.

«E dire che ci avevo sperato fino all'ultimo...».

Improvvisamente i due si guardarono in faccia.

«Dove sono i preservativi?» chiesero all'unisono.

Eijiro arrossì, Katsuki anche. Reira aveva preso il sacchetto del combini quando aveva abbracciato suo figlio. Oh, cazzo! E se la signora con il sorriso dolce aveva erroneamente fatto due più due?

Ma quelle preoccupazioni non fecero mai mobilitare i due per indagare sul pacco di preservativi tenuto in ostaggio da qualche parte, perché Tsumugi si affacciò alla fine del corridoio e li chiamò per cena.



Quando arrivarono, un odore buono che galleggiava si insinuò nelle narici di Katsuki. Il suo stomaco ringhiò così ferocemente che Red Riot si spaventò e poi abbaiò. E le guance del biondo si fecero più rosse che mai.

Le due donne li spinsero a sedersi vicino, loro di fronte come a volerli studiare. 

La tavola era ben imbandita; al centro, un elegante vaso di cristallo con gelsomini, rose bianche e un paio di girasoli. La tovaglia era molto bella, bianca con ricami a mano raffiguranti tulipani stilizzati. Nelle scodelle in stile cinese, di un bel colore scarlatto, il katsudon torreggiava con un aspetto squisito ma molto, molto piccante.

Katsuki osservò quasi con stupore quel piatto e, incapace di trattenersi, concesse ad alcune lacrime di cadere.

«Katsuki, va tutto bene, tesoro?» domandò Reira. «Se non ti piace-».

«No, non è questo...» si scusò l'altro. «Il katsudon era il piatto preferito del mio migliore amico che non c'è più».

Eijiro finalmente comprese. Anche prima il biondo era rimasto in silenzio ma non pensava che ci fosse un motivo così profondo. Gli poggiò la mano sulla spalla per offrire una pacchetta di conforto.

La cucina era spaziosa, con i mobili bianchi e i pomelli argentati, esattamente con il frigo alto. Su di esso capeggiava un vaso basso con una pianta verde e dei fiorellini rosa.

L'ampia finestra concedeva di accedere a un balcone non molto lungo ma ancora pieno zeppo di vasi e piantine profumate. Il tavolo era proprio al centro, la credenza e altri pensili torreggiavano a destra e a sinistra.

Curiose e piccole maioliche bordeaux satinate rivestivano il pavimento.

Tsumugi poggiò in terra, accanto al frigorifero, la scodella rossa zeppa di croccantini. Il cane affondò immediatamente il muso per mangiare.

«Mamma, mamy, sentite...» fece Eijiro con le guance un po' rosse. «La scatola... dov'è?».

«I preservativi, intendi?».

Katsuki per poco si strozzò con un bicchiere d'acqua, l'altro arrossì più dei suoi stessi capelli.

Tsumugi che aveva parlato se la ridacchiò ma poi concesse la risposta: «Sono nella lavanderia ma ora iniziamo a mangiare che sono proprio curiosa di sapere che voto mi darà il nostro Katsuki».

Ora arrivava la parte più complicata. Mangiare dinanzi a tutti.

Il biondo era conscio che quando si lasciava scivolare in un vortice di fame irreprimibile diventava un autentico pozzo senza fondo. Dopo, i sensi di colpa lo costringevano a ficcarsi due dita in gola e a vomitare tutto.

Però, adesso era un ospite e non poteva permettersi brutte figure. Così afferrate le bacchette, mescolò l'uovo con la cotoletta fritta adagiata sul riso e portò un piccolo boccone alle labbra.

Tentennò un po'. Si concentrò istintivamente sull'odore. Il piccante era esagerato ma si bilanciava perfettamente con il sale e qualche altra spezia che gli sfuggì. 

Assaggiò.

Le sue papille gustative si accesero per via di un'incredibile sinfonia di sapori.

«Dieci!» esclamò convinto.

Tsumugi applaudì felicemente con un sorriso genuino, Reira la guardò con fare innamorato e la mani in preghiera poggiate contro un lato del suo roseo viso.

«Benissimo!» se la rise la corvina. «Allora vuol dire che la prossima volta sarai di nuovo nostro ospite! Voglio farti assaggiare il mio speciale Spicy Mapo Tofu!».

Katsuki annuì e ben presto si concentrò a mangiare. Per qualche minuto fu bravo nell'assaporare veramente boccone dopo boccone. Quando si abbuffava, infatti, a malapena masticava; questo lo portava a percepire un lancinante dolore allo stomaco. 

La fame repressa si accese: finì la scodella in tempi record.

«Ne vuoi ancora? Stasera abbiamo cucinato in abbondanza!» cinguettò Tsunugi.

Il biondo annuì. Era fottutamente buono!

E così anche la carne di maiale in agrodolce, la purea di patate, le verdure fritte con salsa di soia, i bocconcini di pesce spada con mix di spezie e infine la cheesecake ai lamponi preparata da Reira.

Katsuki fece cadere per un attimo gli occhi sulla sua pancia che forzava dolorosamente contro la cintura e il jeans e che a malapena veniva contenuta dalla maglietta bianca. Era enorme! Cazzo, aveva davvero ingurgitato tutto senza pietà!

Stranamente, però, non ebbe affatto né l'impulso né la voglia di vomitare. Quelle due gentili signore avevano cucinato da Dio e gli sarebbe sembrato stupido sprecare ogni cosa. Avrebbe accettato qualsiasi risultato della bilancia, quando si sarebbe pesato il giorno dopo.

«E' bello vedere quando un ospite mangia con gusto» sorrise la rossa. «Che grande soddisfazione che ci hai dato, Katsuki! A proposito, non ci siamo presentate. Io sono Reira, molto piacere!».

Il biondo sorrise con un cenno rispettoso del capo; senza farsi vedere, poggiò le mani sulla pancia piena. Era da tempo che non provava una sensazione di benessere, per non parlare del fatto che aveva gradito ogni singola pietanza!

«Il mio nome è Tsumugi. Raccontaci qualcosa di te, Katsuki» disse la corvina. «Lavori, studi? Vivi da solo?».

Il biondo narrò del suo sogno di diventare un Oncologo, dell'appartamentino che manteneva con il suo lavoro al combini e non omise neanche il fatto che fosse omosessuale.

«Ma tu guarda! Ed io che ero convinta che fossi il ragazzo segreto di Eiji!» ridacchiò Reira.

I due arrossirono ma fu Eijiro a prendere parola: «Mamma, cosa stai dicendo? Katsuki non è il mio ragazzo!».

«Ma davvero?» fece melliflua Tsumugi.

Katsuki se la ridacchiò. Rimase seduto fino a che il bloating vistoso non passò e solo allora decise di aiutare Reira a sparecchiare e fare i piatti.

«Ma caro, non era necessario».

«No, va bene. Sono un ospite, in fondo... e avrei dovuto portare qualche pensiero» sospirò l'altro.

«Hai reso Eijiro molto felice. Ci basta e avanza» gli sussurrò Tsumugi, con tanto di gomitata al braccio.

«Katsuki, vorrei mostrarti una cosa in camera mia. Ti va?».

Alle improvvise e un po' nervose parole di Eijiro, il biondo non ebbe nulla da obiettare per due motivi: uno, non voleva mostrarsi troppo e due, non desiderava rischiare di ricevere qualche domanda un po' troppo fuori posto dalle due esuberanti donne molto gentili.

Red Riot zampettò fino al divano e si accucciò, chiudendo gli occhietti neri.

Raggiunsero con una certa fretta il regno di Eijiro Kirishima.

«L'attrazione principale della mia stanza è il lampadario. Che te ne pare?» domandò il rosso.

«Non sapevo ti interessasse l'astronomia».

Il più muscoloso sorrise, le sue gote si accesero leggermente di una tonalità più intensa. «Mi sarebbe piaciuto diventare un grande astronomo o perché no... un astronauta ma purtroppo non posso inseguire la mia ambizione...» diteggiò gli occhiali sul viso con un sorriso più triste. «... fino a quando continuo a sognare va bene» riprese, dopo una boccata profonda di aria dal naso.

«E' passabile la tua stanza, così come il lampadario».

«Non puoi essere più gentile?» ridacchiò Eijiro.

Red Riot abbaiò per poter ricevere qualche attenzione. Katsuki lo lasciò strofinarsi contro uno dei suoi stinchi. Non pensava che l'avvesse seguiti. Che cane intelligente e adorabile!

«Sono fatto così. Prendere o lasciare».

Eijiro se la rise. Il suo viso era luminoso e il sorriso molto tenero. Il biondo lo guardava con incredibile interesse e correva con lo sguardo su ogni più piccolo muscolo di quell'invidiabile corpo.

«Vai in palestra?» domandò.

«Sì. Mi piace tenermi in forma. Vado con un mio amico, TetsuTetsu!».

Katsuki guardò il suo stomaco, allora si scurì in volto.

«Devo andare. Domani dovrò svegliarmi presto» sospirò dopo qualche attimo di silenzio.

«Anche io... ma perché non resti ancora un po'? La tua compagnia mi piace e poi la tua voce ha un bel suono per me».

Katsuki sollevò entrambe le sopracciglia, con fare stupito.

«Mi stai facendo la corte?».

Eijiro smise di sorridere, arrossì e iniziò a farfugliare parole incomprensibili, mentre si strofinava nervosamente il retro del collo e agitava l'altra mano. Tutto ciò fu particolarmente divertente.

«N-no! Davvero mi piace il suono della tua voce! Mi fa sentire bene, tutto qui!».

Katsuki si passò una mano dalla fronte ai capelli. Per quanto il suo lavoro lo obbligasse ad avere a che fare con diverse tipologie di persone, non era affatto socievole e detestava conversare con altri.

«Mi parli del tuo amico?».

Quella semplice domanda provocò una crepa nel cuore del biondo. Il nervosismo che irrigidiva i lineamenti del suo volto ora cupo furono percepiti da Eijiro, perché si alzò con un'espressione colpevole.

«Mi dispiace... sono stato indelicato?».

«No» rispose l'altro, con voce lontana. «Izuku ed io avevamo una differenza di sei mesi. Ci siamo conosciuti praticamente nella culla e abbiamo condiviso molte cose insieme».

Eijiro tornò seduto, il suo corpo cigolò sul letto. Batté la mano sul bordo per invitare l'altro ad affiancarlo. Ma Katsuki non lo fece.

«Era tutto perfetto... progettavamo di andare al mare e imparare a surfare. Poi, al suo dodicesimo compleanno, si ammalò improvvisamente. Le cose peggiorarono quando iniziò a vomitare sangue e fu portato in ospedale» Katsuki fissava la finestra con gli occhi che si muovevano a ritmo dei ricordi più belli e tristi che conservava gelosamente. «Fu uno shock per me apprendere che avesse un male incurabile al cervello e che non ci sarebbe stato nulla da fare».

Eijiro abbassò le spalle. Sentiva la disperazione filtrargli nelle vene per via di quel tono così cupo e distante. Aveva sbagliato, forse?

«Ma, nonostante tutto, tra una vacanza e l'altra in ospedale, eravamo ancora insieme. Poi... al suo quattordicesimo compleanno morì davanti ai miei occhi» riprese Katsuki.

Il labbro inferiore vibrò e poco dopo le lacrime scesero sulle guance. Ogni volta che lo raccontava non riusciva a trattenersi. In quei cinque anni era riuscito, senza piangere, a vedere le foto che testimoniavano la loro amicizia sincera ma non i video. Il suono di quella voce perduta lo faceva sprofondare in un abisso senza vie di fuga.

«E tu come ti sei sentito?».

«Male. Anzi, ho scelto diverse strade distruttive e ancora adesso ne sto pagando le conseguenze» rispose il biondo, con un sorriso debole. «Sono così patetico».

«No, non lo sei» rispose convinto il rosso, di nuovo in piedi. «Sei un bravo ragazzo e sei anche molto forte. Hai ammesso di avere un problema e nonostante tutto stai continuando a vivere. Io lo trovo molto virile!».

Katsuki lo guardò. Erano così vicini ed Eijiro lo sovrastava anche in altezza.

«Non ho alcun cazzo di problema!».

«Non c'è da vergognarsi. Anche io convivo con un problema dalla quale non c'è modo di scappare ma ho capito che la vita è preziosa e non sono l'unico ad averne avuta una particolarmente difficile» rispose gentilmente il rosso.

Katsuki portò la mano sulla pancia. In effetti, a differenza di quello di Eijiro il suo era solo un piccolo problema.

«Me ne torno a casa» sospirò infine, malinconico.

Eijiro annuì tristemente ma poi spalancò le braccia. Red Riot abbaiò per ricordare che era ancora lì e voleva delle altre coccole. Katsuki non comprese.

«Cosa?».

«Un abbraccio e ci sentiremo meglio, vedrai!».

Il biondo fece un passo indietro con un'espressione spaventata. Scosse il capo mentre un braccio cercava istintivamente di celare il suo addome.

«Che cazzo, Capelli di Merda!» sbottò. «Non ci conosciamo affatto e già ti prendi tutta questa confidenza?! Che cosa mi chiederai dopo un abbraccio? Di scopare con te, ah?!».

Il rosso abbassò le braccia lungo i fianchi in un'espressione indecifrabile. Era un nomignolo carino ai suoi capelli per caso? Non ci badò. Un istante dopo in cui si toglieva gli occhiali, apparì più serio e determinato che mai. Katsuki trovò belle quanto ipnotiche quelle due biglie rosse e luminose nei bianchi bulbi oculari.

«E se anche fosse?».

Il biondo arrossì leggermente ma non trovò le parole giuste per replicare.

Sul serio, ma davvero iniziava a pensare a quella remota possibilità di andare a letto con qualcuno conosciuto appena?

«Se volessi regalare a te la mia verginità per ringraziarti ancora meglio del fatto di avermi salvato la vita? Non ti sembra uno scambio equo?».

Katsuki lo allontanò con rabbia e con entrambe le mani su quei bei pettorali solidi. Eijiro barcollò indietro. Non ne fu arrabbiato.

«Se sei così ansioso di prenderlo nel culo perché cazzo non ti fai portare in qualche squallido bordello?!».

«Rispondimi, Katsuki: vorresti scopare con me e perdere insieme la verginità?».

Il biondo era seriamente sull'orlo di una crisi di rabbia. Ma che cosa stava passando per la mente a Eijiro? Non è che aveva bevuto qualcosa di strano?

«Perché dovrei essere io?» borbottò con voce lamentosa.

Eijiro inspirò profondamente. La risposta che si accingeva a dargli sarebbe dovuta essere estremamente seria ed importante...



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Capitolo 4
*** Rossa vestaglia, Rosso sentimento ***


«Perché mi fido di te».

«E come puoi dirlo? Non ci conosciamo!».

«Mi piace il suono della tua voce e il tuo odore che mi ricorda molto l'autunno, la mia stagione preferita... e poi sei un onesto bravo ragazzo. Infine...» gli si avvicinò e dolcemente gli prese una mano. «... mi hai salvato la vita».

Le dita di Eijiro erano così forti e calde. Katsuki guardava appena l'intreccio che era diventato le loro mani ma era molto preoccupato dal batticuore e dal fatto che continuava a pensare di andare a letto con quel tipo stravagante.

«E poi?».

Il rosso piegò da un lato la testa. «E poi cosa?» chiese curiosamente.

«Vuoi fare di me il tuo scopamico?».

«E' complicato» ammise l'altro e l'altra mano corse a grattarsi la nuca.

«Spiegamelo».

Il rosso inspirò profondamente nella speranza di calmare e tentare di non dire qualcosa di fraintendibile. Katsuki lo osservava con un lieve broncio ma non sembrava intenzionato ad andarsene.

«Mi dispiace se prima ho detto qualcosa di strano, è solo che... non voglio che tu vada via perché sono sicuro che poi finirebbe tutto».

«Tutto cosa?».

«Non so spiegarmelo, Katsuki» ammise Eijiro, anche l'altra mano s'intrecciò nella medesima gemella. «Le mie mamme mi hanno sempre raccontato del fatto di come un colpo di fulmine arrivi quando meno te lo aspetti e anche se non posso contare sulla vista, il mio udito e il mio olfatto funzionano fin troppo bene. La tua voce e il tuo odore... mi hanno colpito molto».

Istintivamente il biondo fece un altro passo indietro e finì di schiena contro il muro, Eijiro gli premette un piccolo bacio sulla fronte.

«Non voglio che tu sia il mio scopamico».

«Stai correndo troppo! La disperata voglia di fare sesso ti sta portando ad affrettare le cose e non mi piace!» ringhiò Katsuki.

Il rosso gli si avvicinò all'orecchio destro, portandogli e tenendogli ferme le mani all'altezza delle tempie. Sbuffò una risatina, senza sapere che il più basso avesse un batticuore incredibile, gli occhi ampi e le guance dipinte di un rosa acceso.

«Quindi vorresti darmi una possibilità?».

Katsuki comprese subito l'errore fatto nel dire quelle parole. Provò a fare pressione ma la stretta di Eijiro era come un'autentica morsa!

«Continuo a pensare che vuoi nasconderti ma non capisco perché. Sei molto insicuro» riprese roco il rosso.

«Fatti gli affari tuoi».

«C'entra con il problema che ti perseguita ancora dalla scomparsa del tuo amico?».

«Sta zitto!» esclamò l'altro. «Smettila!».

«Ah... ci ho preso» e teneramente Eijiro gli piantò un altro piccolo bacio ma stavolta su una guancia. «Temi il tuo aspetto?».

Il sussulto forte del biondo gli diede conferma.

«Io non vedo. O meglio, tutto il mondo è come un'ombra sfocata per me. Se dovessimo fare sesso ora, sul mio letto, non dovresti preoccuparti di nulla».

«Ma scopriresti quanto sono disgustoso con le tue mani» ammise debolmente l'altro.

«Continui a darmi conferma che non ti dispiacerebbe assecondarmi».

La verità? 

Katsuki aveva iniziato a fare un pensierino su Eijiro dal momento stesso in cui gli aveva fissato la patta dei pantaloni. 

Quando gli sarebbe capitata un'occasione d'oro di fare sesso con qualcuno?

Quante persone si incontravano solo per un po' di piacere per poi divenire estranei? 

Inoltre Eijiro non poteva vederlo, quindi lo rendeva un buon partito. Senza contare di quanto fosse eccitante il corpo.

Sì, era proprio un Adone.

Eijiro lo lasciò andare. Katsuki, senza sapere il perché, gli si accucciò contro il petto, con le mani su di esso. L'altro rimase sorpreso nel percepire la morbidezza dei capelli sotto al suo mento; ermeticamente gli chiuse le braccia intorno alle sue.

«Secondo me sono già innamorato di te».

«Non correre. Sei solo in vena di fare sesso. Poi mi dimenticherai».

«Impossibile» rispose Eijiro. «Il tuo odore e la tua voce sono cose alle quali so già che non vorrei mai rinunciare».

Katsuki sospirò.

«Senti... questo non è un racconto di qualche scrittrice amante di porre due personaggi casuali in una situazione particolare...» gli disse contro la gola. «Quindi non ti allargare. Tu non puoi essere innamorato di me. Non mi conosci».

«Non ti avrei proposto di fare sesso con me e di darti la mia ver-».

«Smettila di dirlo ogni volta! Ho capito, il tuo culo è vergine! Punto!» sbottò Katsuki, appiattendosi contro il muro. «Anche io lo sono, contento?».

«Molto!» ridacchiò il rosso. «Come stavo dicendo, se tu non mi avessi colpito, non mi sarei mai azzardato a proporti qualcosa di tanto importante».

Katsuki lo guardò, poi riservò un'occhiata acida al suo ventre. Beh, era arrivato fin lì, no? Tanto valeva iniziare e finire subito. Forse un po' di sesso avrebbe alleviato il male dentro di sé.

«Vai a farti la doccia» gli disse con un ghigno.

Eijiro si illuminò ma le sue guance arrossirono. Red Riot abbaiò semplicemente nel percepire la gioia del suo padrone.

«Katsuki, davvero? Faremo sesso sul serio?».

«Sì, cazzo. Vedi di non farmi cambiare idea e soprattutto...» il biondo lo tirò per far incontrare l'orecchio alla sua bocca con una stretta al bavero della maglietta. «... assicurati di rendere la ricompensa per averti salvato la vita memorabile».

Una scossa, un formicolio, un qualcosa di mai percepito prima fece sussultare il membro del rosso.

«Sarà la prima volta, quindi spero di essere alla tua altezza!».

«Certo, certo».





La scatola di preservativi era comparsa magicamente sulla scrivania di Eijiro quando Katsuki era andato a farsi la doccia. Forse una delle due donne ci aveva pensato. Red Riot era stato portato fuori da Tsumugi e Reira per il solito giretto prima della nanna.

L'appartamento era tranquillo, non un singolo suono arrivava.

Eijiro era seduto sul letto con una vestaglia rossa addosso, Katsuki in piedi con un accappatoio bianco addosso. Lo guardava con un'espressione preoccupata per il semplice fatto che si sarebbe donato a un perfetto sconosciuto nella sua prima volta.

Sotto il getto caldo della doccia tutti i cerotti si erano staccati e scivolati come petali di rose lungo il suo corpo. Alla fine si era tolto anche la garza al collo. Le ferite e i lividi sporcavano la purezza della sua pelle ambrata.

«Come ti senti, Katsuki?» domandò il rosso. «S-se v-vuoi tirarti indie-».

«Se ti azzardi a terminare quella frase, ti mollo qui ed ora!».

Eijiro abbassò la testa ma sorrideva. Il suo cuore batteva forte e il corpo teso quanto nervoso sembrava pesante come un macigno. Vibrava, tremolava... e profumava di pesca.

Aveva consumato quasi tutto il bagnoschiuma pur di essere quanto più pulito possibile.

«Q-quindi vogliamo cominciare?».

«Non balbettare» sbuffò l'altro, anche se forse era lui il più nervoso.

«Scusa! E' che sono felice ma temo anche sia solo un sogno».

Katsuki non parlò più. Si avvicinò appena e lo sorprese con un bacio sulle labbra. Eijiro sussultò, le sue mani si alzarono a mezz'aria.

Il primo bacio... di tutti e due.

Lo schioppo della coppia di labbra riecheggiò nella stanza, la cui unica fonte di luce proveniva dalla luna piena che estendeva i suoi raggi nella stanza, attraverso la finestra ampia e le tende socchiuse.

I due tornarono a baciarsi con molto più impeto.

Eijiro gli portò le mani calde sulle guance, con i pollici sarebbe andato a caccia di qualunque piccola imperfezione. Ma non trovò nulla, se non morbida e profumatissima pelle tiepida.

Tirò per una mano Katsuki in modo da farlo sedere su un suo ginocchio. Nessuno dei due aveva intenzione di smettere con quel bacio; anzi, quella danza accompagnata da lievi gemiti dove le emozioni iniziavano a scorrere in tutto il corpo ne infiammava il più piccolo lembo.

Eijiro inspirò a fondo l'odore di arance e foglie autunnali di Katsuki, dopodiché, non potendo resistere, leccò tra la clavicola e il collo. Tutto ciò, appena iniziato, era così inebriante che ancora stentava a credere che fosse tutto vero. Il suo istinto gli stava suggerendo cosa fare e a lui andava più che bene.

Una sensazione formicolante, però, s'insinuò sotto la pelle del suo membro. La riconobbe, con un pochino di soggezione: l'eccitazione.

Katsuki lo abbracciò teneramente. Il contatto della sua guancia contro quella dell'altro gli accese un sorriso sulle labbra umide e rosate dall'impetuoso bacio di prima.

Anche lui iniziava a sentirsi caldo ed eccitato.

«Vuoi metterlo tu?» chiese con una punta di sarcasmo.

«Perché no. Ma riuscirai a fartelo entrare?».

Katsuki perse il ghigno. Tra i lembi socchiusi della vestaglia riuscì a scorgere il bastone di Eijiro; un brivido di paura gli corse lungo la schiena. Era... cazzo! Era fottutamente enorme come aveva intuito!

Ma lui era abituato con un dildo di venti centimetri quindi non era preoccupato. 

Non troppo.

D'accordo, va bene! Forse sì!

«Hai del lubrificante?» domandò.

«A cosa serve?».

Katsuki si alzò come se gli fosse appena spuntato un mostro terribile dinanzi. Eijiro sembrava assolutamente innocente e, anzi, lo fissava pure con una certa avida curiosità.

«Cioè... mi hai praticamente obbligato a scopare con te e non hai un cazzo di lubrificante? E come te lo ficco nel culo?».

Al rosso venne da ridere nervosamente. Ah... ecco che cos'era quella sensazione di aver dimenticato qualcosa...!

«N-non possiamo usare altro?» chiese timidamente.

«Che altro hai in casa?».

«Non ne ho idea! Ti pare che vado a indagare? Oltretutto sono ipovedente!» rispose un po' stizzito il rosso.

Ok, ora iniziava a farsi prendere dal panico.

«Vasellina ne hai?».

«No».

«Creme varie lubrificanti?».

«Neanche».

«Olio di mandorle dolci o altri simili?».

«No, mi dispiace».

«E allora, cazzo... hai del fottuto burro?!».

«Burro?» Eijiro fu colto da un brivido di eccitazione, così sorrise. «Sì! Ne ho! Ma che devi farci?».

«Fidati. Sarà sempre meglio che farlo a crudo!» rispose il biondo.

Fu lui a correre in cucina con un po' il cuore in gola. Tsumugi e Reira non erano ancora tornate; l'orologio sul frigo batteva le ventitré e quaranta. Non poteva fare a meno di sentirsi un idiota.

Insomma... costringere le due sante donne a uscire a quell'ora per dar loro il tempo di scopare? Improvvisamente arrossì mentre apriva l'anta del frigo. Poi corrugò le sopracciglia nervosamente, afferrando il panetto di burro.

«Come cazzo facevano a sapere che avremmo scopato?» borbottò.

Ma decise di non pensarci troppo e di tornare da Eijiro che si era accosciato sul letto, con una mano giusto tra le natiche.

«Che cazzo stai facendo?!».

«Mi sto preparando!».

«Beh, almeno questo lo sai» sbuffò Katsuki. «Quindi vuoi che te lo metta io?».

«Mi sembri tu quello più esperto! Ma come fai?».

«Mai sentito parlare di giocattoli sessuali, stimolazione autonoma e masturbazione?» gli rispose sicuro il biondo. «Su questo sono di un passo davanti a te!».

«Beh... io mi masturbo con le mani. Non uso altro» fu la risposta timida di Eijiro. «Ma mi stai guardando?».

«Sì, perché? Ti vergogni?».

Il rosso abbassò la testa, i capelli mediamente lunghi gli caddero sul viso e oltre le spalle. Katsuki, non l'avrebbe mai ammesso, ma lo trovò davvero splendido. E il suo amichetto ebbe un lieve guizzo sotto l'accappatoio.

«Un po'...» ammise con voce piccola.

«Puoi mettermelo anche tu, dopo che avrò finito» Katsuki lo disse con un tono burbero ma le guance rosse.

«Che bello! Grazie!».

«Non ringraziarmi, cazzo! E non farlo sembrare come se ti stessi facendo un piacere!».

«Oh, hai ragione!» Eijiro affondò il medio dentro di sé. «Quanto sei grosso?».

«Che t'importa?».

«Non vorrei sentire male, sai? Due dita basteranno?» riprese l'altro, producendo un gemito lieve così caldo che Katsuki spalancò gli occhi, nel puro interesse.

«No. Tre dita e poi si vedrà».

«Quindi sei dotato lì sotto?».

«Oi, ti stai prendendo troppa confidenza, Capelli di Merda!».

Eijiro ridacchiò e rispose: «I miei capelli ti devono piacere davvero tanto se mi fai di nuovo un complimento».

«Nei tuoi sogni. Sono talmente strani da essere di merda» replicò l'altro, anche se era davvero intenerito dall'espressione tenera e gentile del più muscoloso. «Sono grosso, stai tranquillo che te ne accorgerai dal dolore nel culo».

«Eh... sopporterò allora! E poi va bene... se sei tu a farmi un complimento ai miei capelli non ho nulla da obiettare!».

Quel biondo era decisamente più preoccupato -anche se iniziava ad eccitarsi per la vestaglia rossa che stava aprendosi sempre di più sul petto e verso le parti intime mostrando muscoli perfetti quanto ambrati- del fatto di non poter prendere tutto il membro dell'altro. Senza contare che più lo guardava, più il suo cuore galoppava verso infiniti sentieri fatti di parole sdolcinate e inerenti all'amore.

Scosse il capo leggermente. No. Era impossibile. Lui non si poteva innamorare perché non sapeva cosa fosse quel sentimento così fastidioso. Sospirò; decisamente non sarebbe mai potuto essere amore ma solo un po' di ansia iniziale. Del resto, era la sua prima volta.

-Ma perché Madre Natura ha dovuto dargli qualcosa di così enorme?!- pensò con un po' d'invidia.

Fu in quel momento che si ricordò di ciò che lo aveva da sempre impensierito. Il suo stomaco sembrava più sporgente che mai e lo faceva sembrare una donna incinta tra il terzo e il quarto mese di gravidanza.

«Katsuki...» Eijiro lo pronunciò come se fosse stato un miagolio. «Possiamo di nuovo baciarci?».

Ma l'altro non lo sentì. Ciò che stava crescendo dentro di lui era un terrore e un disgusto così intensi da serrargli la trachea. Lui... non poteva prendersi il corpo di Eijiro, non di un ragazzo tanto bello!

«Katsuki, ti prego, non essere preoccupato. Io non ti giudicherei mai, neanche se avessi una vista perfettamente funzionante. Prometto che saprò essere gentile e attento al tuo corpo».

Due lacrime colarono sulle guance fiammeggianti. Gli occhi rossi erano spalancati e il corpo immobile.

«Ti prego, avvicinati».

Katsuki lo fece senza neanche rendersene veramente conto. Eijiro gli cinse la vita con l'altro braccio e se lo spinse alle labbra. Non smise di certo di prepararsi il didietro.

Se da un lato quel tocco sembrò zittire quel ronzio fastidioso delle sue paure, dall'altro una sensazione acida scalpitò tra la bocca dello stomaco e l'ugola.

Voleva disperatamente fuggire e rintanarsi da qualche parte ma il rosso era forte e non l'avrebbe lasciato mai andare via. Allora chiuse le palpebre dove nelle ciglia lunghe e bionde ancora giacevano delle piccole lacrime calde e salate.

Si abbandonò completamente a quel bacio e al sapore di cioccolato che aleggiava nella bocca di Eijiro.

Si concentrò sulla lingua ruvida che accarezzava la sua timidamente.

Si perse nel sentire il calore e il fiato di quel ragazzo che lo stava amando e non usando per del mero sesso. In ogni tocco c'era grande passione.

«Davvero ti sei innamorato di me?» gli chiese quasi in un sussurro affannato.

Eijiro gli sorrise dolcemente e a Katsuki bastò come risposta. La vergogna bussò al suo cuore: lui non sapeva cosa fosse l'amore. Il rosso lo avrebbe aspettato? O se ne sarebbe andato dopo quel momento di piacere?

«Potremmo provare a costruire qualcosa» disse convinto il più muscoloso.

«Non lo so. Non mi piacciono i cambiamenti».

«A volte sono necessari. E se tu vuoi cambiare, possiamo farlo insieme».

Katsuki gli buttò le braccia oltre le spalle e gli premette la fronte contro la sua, con gli occhi chiusi. Quelle gocce calde colarono a picco in due strie trasparenti sulle sue gote roventi.

«Vuoi che sia il tuo ragazzo?» domandò timidamente.

«Sì» rispose convinto Eijiro. «Non chiedermi di spiegarti il motivo perché non ci riuscirei ma sono sicuro che il nostro incontro fosse destinato e io voglio vivere questa possibilità a pieno!».

Katsuki gli baciò la punta del naso. Quel ragazzo aveva il potere di fargli battere il cuore come mai era accaduto nella sua vita. Forse...

Forse con lui avrebbe potuto trovare la felicità e guarire la spaccatura nel cuore lasciata da Izuku?

Forse era stato il suo migliore amico a mettergli sulla strada Eijiro?

Forse... stava semplicemente facendo troppi progetti fantasiosi.

Forse aveva semplicemente voglia di afferrare una mano che si era finalmente affacciata nella sua torre di oscurità e ora veniva a salvarlo.

«Katsuki» lo chiamò dolcemente il rosso. «Non avere paura... non devi averne».

Stava tremando. No... entrambi stavano tremando.

La mano di Eijiro si spostò sull'incavo dove le clavicole del biondo si incontravano. Scese con la punta dell'indice solcando lentamente la giuntura dei pettorali ma quando si inoltrò pericolosamente oltre la prima coppia di costole, Katsuki fece due passi indietro, mordendosi ferocemente le labbra in un gesto mortificato.

«Io sono disgustoso» disse, senza guardarlo.

«Perché lo pensi?».

«Perché sono bulimico e non sai cosa ha fatto mangiare-vomitare-ingrassare-dimagrire al mio corpo» ammise. «Questo è il mio problema, Eijiro Kirishima».

Eijiro protese la mano libera al vuoto. Non sorrideva ma teneva gli occhi puntati sul nervoso Katsuki.

«Andremo insieme in palestra e ti insegnerò a vedere il cibo come un amico e non come un nemico» propose dolcemente. «Ti fidi di me?».

Katsuki guardò con la coda dell'occhio la mano che lo aspettava. Teneva le braccia conserte con forza sul petto e respirava velocemente a causa dell'ansia che lo stava divorando senza pietà.

«Se ti fidi, Katsuki, permettimi di conoscere tutto di te».

Doveva arrendersi se voleva davvero sperare nella sua rinascita.

Ma aveva così paura!

E se la vita gli avrebbe strappato qualcuno a cui inconsciamente avrebbe dato il suo cuore? 

Le lacrime rabbiosamente scesero ancora sulle sue guance. Un singhiozzo strozzato sfuggì dalle sue labbra strette in una linea orizzontale.

Non lo sapeva.

Non sapeva un cazzo di niente...!





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Capitolo 5
*** Chapter 5: La Felicità vestita di Rosso ***


«Non piangere, per favore» mormorò cupamente il rosso. «Con me sarai al sicuro. Te lo prometto, Katsuki».

Finalmente decise di afferrare quelle dita. Eijiro sorrise morbido e lo portò di nuovo al suo petto. Premette la fronte contro il ventre dell'altro ma non disse nulla.

«Io non mi sopporto, Eijiro. E' un tormento».

Il rosso ne aveva abbastanza di prepararsi. Forse lo aveva fatto abbastanza. Allora, con un po' troppa foga, aprì l'accappatoio di Katsuki e lo abbracciò in vita.

L'altro si sentì esposto ma provò a respingere con tutte le sue forze il desiderio di voler scappare. Eijiro gli stava offrendo una possibilità d'oro e se l'avesse rifiutata sentiva che se ne sarebbe pentito a vita.

Un'ultima lacrima scese sulla guancia, la mano affondò tra le ciocche rosse senza stringere.

«Ti preoccupa il morbido del tuo addome?» chiese Eijiro. «Perché io lo trovo adorabile. Insomma... guarda che cosa mi è successo!».

Quando Katsuki ci fece caso, sentì indistintamente una sensazione rovente e dura premergli in mezzo alle cosce, appena sopra le ginocchia. Arrossì nel comprendere che Eijiro si era eccitato moltissimo.

Da un lato si sentì affascinato dal fatto che il suo fisico poteva scaturire pensieri poco casti ma dall'altro pensò che l'impennata del fallo fosse dovuta alla preparazione anale.

«Ora come funziona?» domandò Eijiro.

«Vuoi farlo a quattro zampe o disteso?».

«Mmh... disteso. Anche se non ti vedo, voglio sentire la sensazione di avere il tuo viso che mi osserva».

Katsuki arrossì e borbottando un lieve -stupido che non sei altro!- salì sul letto. Eijiro si distese, lasciandosi aprire il più possibile le gambe. Deglutì un groppo di emozioni quando la mano dell'altro gli si poggiò sull'interno della coscia destra.

Ciò portò un'altra vibrazione nelle sue parti intime.

«Mi preparerò dopo. Ora voglio entrare in te» ammise il biondo.

Scese rapidamente dal letto per afferrare burro e preservativi. Ma poi gli venne in mente una cosa.

«Senti, non li possiamo usare i preservativi».

«E perché?» chiese l'altro, perplesso.

«Il burro è sostanzialmente olio alla fine e gli oli non permettono di far aderire o mantenere bene un preservativo di lattice. Quindi se vuoi che ti lubrifichi per bene dentro lo faccio ma non te lo metterò».

Eijiro ci rimase male, tanto da costruire un broncio.

«Mi dispiace, è colpa mia» ammise. «Ma possiamo farlo anche senza. Se sei tu va bene e poi ti posso assicurare che sono sano come un pesce! Non c'è pericolo di contrarre malattie veneree!».

Katsuki rimase colpito da quell'atto di grande fiducia.

«Sono sano anche io. Il mio disturbo alimentare non mi rende meno sano di te» gli disse con un ghigno.

Eijiro si rianimò. Katsuki prese una generosa quantità di burro e iniziò a lubrificare per bene l'interno ben dilatato. Quando l'indice scivolò e colpì accidentalmente una terminazione nervosa in profondità, il rosso si contorse nel benessere ed emise un gemito così forte che si schiaffò le mani contro la bocca.

Katsuki lo prese in giro fischiando ma continuò la sua missione burrosa. Infine passò al suo uccello abbastanza duro. Lo cosparse per bene, poi tenne spalancate il più possibile le gambe del rosso e si avvicinò di punta all'entrata.

Non appena picchiettò la pelle pulsante, tutti e due sussultarono.

«Cazzo!» imprecò il biondo.

«Mettilo dentro!».

Non ebbe nulla da obiettare. Le carni si adattarono con un pochino di fatica al corpo estraneo e il burro rese scivoloso al punto giusto il passaggio fino allo scroto. Katsuki gemette in puro benessere, Eijiro sussultò per un po' di dolore ma poi sospirò al piacere che infiammò le sue parti basse.

«E' fantastico, Katsuki!».

«E non mi sono ancora mosso, Capelli di Merda».

Eijiro si spostò alcune ciocche dal viso. Sorrideva e i suoi occhi si muovevano in direzione del soffitto.

«Sai, le mie mamme hanno detto che quando la luce colpisce il lampadario, sulle mura compaiono le stelle. E' vero?».

Katsuki guardò istintivamente la stanza e ne rimase sorpreso. Sul soffitto, le pareti e parte del pavimento c'erano tante piccole stelle verdastre e sembrava di essere davvero al centro dell'universo.

«Sì, lo è».

Eijiro gli avvolse le gambe intorno ai fianchi. Katsuki non volle perdere tempo a immaginarsi il grasso creare tante anti-estetiche increspature schifose. Allora decise di muoversi.

Afferrò i lati del bacino del rosso per trovare sostegno, non gli importò di affondare le unghie nella carne. Le interiora di Eijiro si stringevano meravigliosamente intorno al suo fallo e sentiva le terminazioni nervose pulsare e colpire la sua pelle sensibile.

Il movimento molto lento si fece leggermente più incalzante.

«Sei meraviglioso, Katsuki» pigolò estasiato Eijiro. «La mia prima volta migliore di sempre!».

A causa di quelle parole e del batticuore di eccitazione, mischiato alla paura di poter essere sorpreso dalle signore Kirishima in qualunque momento, Katsuki lo cavalcò con molta più energia ma lo costrinse a venire prima del previsto.

Se lui riempì copiosamente quell'interno che l'aveva stregato, il membro eretto verso l'alto di Eijiro ebbe qualche goccia bianca che iniziava a gocciolare per forza di gravità verso l'inguine.

«Cazzo...» imprecò il biondo.

Che figura! Di solito durava molto di più! Perché aveva fatto una prestazione così tanto scadente?

Forse poteva ancora salvare il suo onore. Katsuki uscì da quella calda apertura, sollevò sotto le ascelle le gambe di Eijiro e fece altrettanto con il bacino fino a portare il fallo verso la sua bocca.

Aveva visto su internet come si facesse un fellatio ma non era molto sicuro che sarebbe stato eccezionale. Chiuse gli occhi, avvicinando la lingua. Non appena sfiorò la pelle calda e tirata, Eijiro sussultò con così tanta forza che altre gocce arrivarono e in parte colpirono la punta dell'appendice nella bocca di Katsuki.

L'assaggiò.

Non era così male. Anzi, forse un pochino salato.

Allora affondò sull'intera asta. Fu molto impetuoso, ragion per cui quando la punta toccò la sua ugola, gli venne un conato di vomito per riflesso e iniziò a tossire con forza.

«Kat...! Stai bene?» piagnucolò Eijiro.

Che razza di voce? Sembrava una donna bisognosa di un cazzo!

Katsuki non gli rispose, così tornò di nuovo a succhiare, ma stavolta senza farselo scivolare troppo in gola. Non era pronto, ecco perché si limitò ad alternare succhiate rumorose fino a metà lunghezza a leccate languide dallo scroto in su.

Eijiro gemette ma venne così copiosamente che schizzò tutto il viso dell'altro. Arrossì davvero tanto: in quella semi-oscurità il biondo non riuscì più a capire quale fosse il suo viso e quali i capelli.

Anche lui...! Era venuto troppo presto!

«M-mi dispiace!» gemette il rosso.

«Fa niente. E' la prima volta» gli rispose il maggiore di età. «Beh? Vuoi mettermelo anche tu o no?».

Eijiro rimase sorpreso, così annuì. Katsuki gli poggiò in mano il burro e lo lasciò lubrificarsi il fallo floscio, mentre lui si occupava di dilatarsi per bene.

«Di solito ho molta più resistenza» disse casualmente il rosso.

«E' la prima volta, te l'ho detto».

«Quindi...» Eijiro deglutì timidamente prima di proseguire. «... ci saranno altre occasioni?».

«Volevi che fossi il tuo ragazzo?» Katsuki ridacchiò a quell'espressione stupita. «Ma non prometto nulla. Non so un cazzo di relazioni, tu saresti la prima persona con la quale provo a fare qualcosa di decente, quindi non ti aspettare rose e fiori».

«Fin da quando sono nato non ho mai avuto le cose facili e non mi dispiacerà affatto combattere per averti... per te!».

Il biondo arrossì teneramente.

Continuarono a stimolarsi e a prepararsi in silenzio. Avevano un orecchio costantemente puntato alla porta che nessuno dei due si era ricordato di chiudere a chiave.

Beh, ma in fondo anche il brivido di fare qualcosa di trasgressivo non guastava.

Katsuki ansimò nel momento stesso in cui fu colpito un punto davvero piacevole tra le sue natiche. Mosse istintivamente il bacino, rovesciando la testa al soffitto ma fu allora che il suo grasso vibrò un po'.

Eijiro, alla cieca, gli poggiò la mano aperta sull'addome... lo fece rimanere completamente senza fiato e con un'espressione di terrore negli occhi spalancati.

«Katsuki, io ti trovo adorabile. Ti prego, non sentirti in imbarazzo».

«Tu sei molto... bello...» ammise l'altro, flebile. «E non puoi capire quanto io faccia schifo rispetto a te».

Il rosso vagò per cercare il mento e quando lo trovò lo baciò con passione a tal punto da togliergli il fiato. Il rumore delle loro labbra fu come una vibrazione calda dalla trachea al petto nudo, appena sopra il cuore.

«Non potrò mai vederti ma posso immaginarmi come sei».

«E... come mi immagini?».

Eijiro gli accarezzò il labbro inferiore con il pollice. Sorrideva teneramente, con gli occhi socchiusi.

«Con i capelli biondi, gli occhi forse simili ai miei e una forza sorprendente. Sento il tuo odore come l'autunno e immagino di passeggiare con te su un viale pieno di foglie secche... non pensi anche tu sia così adorabile? Che tu sei adorabile, Katsuki?».

Il biondo chiuse con forza le palpebre.

Perché cazzo non faceva altro che piangere?

Eijiro gli baciò una guancia e così facendo leccò una delle lacrime sfuggite.

«Come fai a sapere che sono biondo e ho gli occhi rossi?».

«Da piccolo, le mie mamme mi leggevano spesso un libro di un ragazzo che era andato a salvare una principessa da un drago cattivo. Quel cavaliere era biondo e aveva gli occhi rossi. Anche se non so la differenza dei colori, ho capito che il biondo e il rosso sono chiari e dato che mi vibra il petto di cose belle come se fosse qualcosa di chiaro con te... mi è venuto istintivo affibbiarti quelle caratteristiche» spiegò dolcemente il rosso. «Che dire? Sei venuto a salvarmi, mio Cavaliere!».

Ora, anche Katsuki stava provando qualcosa di caldo nel petto.

Era felicità.

La prima volta dopo cinque anni.

«Posso mettertelo dentro?» riprese timido Eijiro.

L'altro se la ridacchiò prima di passare a una posizione a quattro zampe. Guidò l'altro alzato sulle ginocchia tirandolo per il polso della mano sinistra. Cercò di non battere ciglio alle forti dita che affondarono in una natica.

«Va bene... sto per metterlo».

Il biondo non ebbe il tempo di fare un commento sarcastico, perché sentì la punta calda e umida picchiettare in mezzo alle sue chiappe, nella speranza di trovare l'entrata giusta. Quando ciò accadde, l'eccitazione e l'emozione fecero entrare bruscamente il fallo troppo in profondità e troppo velocemente.

Katsuki provò un dolore terribile a tal punto che gemette, stringendo le palpebre, le dita sulle lenzuola e inarcando la schiena. Eijiro ne fu mortificato.

«Mi dispiace!» piagnucolò.

«Non fa niente. Ce la fai?».

Il rosso si chinò sulla sua schiena, le braccia si avvolsero intorno al torace per qualche attimo perché poi le mani tastarono tutto il suo grasso sporgente. Katsuki trattenne istintivamente il fiato pur di renderlo piatto.

Eijiro gli baciò dolcemente la spalla destra, la guancia strofinò teneramente appena sotto le scapole. Le mani si beavano nell'affondare un po' nel morbido e il batticuore del biondo faceva continuamente contrarre le pareti dell'ano intorno al suo membro finalmente di nuovo eccitato.

«Katsuki, sei perfetto per me. Quindi, ti prego, non nasconderti».

«Non è vero... tu non lo sai quanto mi odio!».

Katsuki espirò. Il rosso decise di muoversi lentamente. I loro bacini si scontrarono appena con un suono ciclico e umido.

«Io mi sono rovinato con il cibo».

«Allora io ti curerò con il mio amore, vedrai» gli rispose l'altro, contro la sua schiena.

Il tono basso e languido si espanse sotto la pelle come un'onda sonora. Il suo corpo vibrò semplicemente. Katsuki si mordicchiò il labbro inferiore poi scosse il capo.

«Non lo sai se è amore il tuo o solo voglia».

«Sarebbe dovuto svanire tutto dopo quella prima terribile prestazione, no? Invece continuo a sentire un qualcosa di forte e bello verso di te. Sono sicuro che non è una cotta» rispose dolcemente Eijiro.

Tornò con la schiena dritta e le mani ben strette ai fianchi di Katsuki. Strinse piacevolmente lo strato di grasso, offrendo qualche strizzatina.

Il suo membro parve gonfiarsi ancora di più in quella caldissima apertura. Iniziò a muoversi ma non lo fece lentamente, scelse un ritmo sostenuto che al biondo non dispiacque affatto.

La stanza si riempì di gemiti.

Il corpo di Katsuki vibrava e quello di Eijiro spingeva contro il suo con un piacevole movimento. Sarebbe rimasto volentieri così per sempre. Eppure, proprio com'era avvenuto prima, la durata del maschio al Top raggiunse pericolosamente il limite.

Il rosso andò più lentamente: i muscoli pelvici erano tutti contratti e sentiva un formicolio piacevolissimo.

«Katsuki, mi dispiace tanto! Ma sto per venire!» ammise.

«Cazzo... anche io...! Vieni e basta!» gli ringhiò l'altro, frustrato.

Il getto lo riempì. Il biondo inarcò la schiena a quella sensazione calda, improvvisa e bollente, un po' strana. Lui venne in un piccolo getto giusto sulle lenzuola.

Eijiro, ansimante, gli si chinò nuovamente sulla schiena per scoccargli dei baci dalla nuca, alle spalle fino alla scapola sinistra.

«Mi è piaciuto» ammise nel suo orecchio.

Katsuki arrossì. Era molto felice.

Quando finirono il loro primo rapporto intimo, sgattaiolarono in fretta in bagno. Katsuki spinse l'altro nella doccia e aprì l'acqua calda.

«S-stiamo facendo la doccia insieme?» balbettò Eijiro, stupito.

In realtà, l'intenzione del biondo era quella di lasciarlo lì a lavarsi mentre lui si sarebbe occupato di raccattare dei vestiti e di togliere le lenzuola sporche.

Anche se qualcosa gli diceva che sicuramente Tsumugi e Reira avevano creato l'atmosfera giusta per farli scopare, desiderava far scomparire le tracce assolutamente!

Tornò in bagno con i vestiti puliti trovati rovistando nella cabina armadio e anche le lenzuola appallottolate sotto l'altro braccio.

«Facciamo la doccia insieme così risparmieremo tempo!» disse frettolosamente Katsuki.

Si occupò di lavare i muscoli del rosso, che se ne stava rigido, con le mani sul suo attrezzo e la faccia alle mattonelle.

«Che cazzo? Sei imbarazzato?».

Eijiro timidamente annuì con il capo. Katsuki afferrò spugna e bagnoschiuma, quel poco rimasto, per potergli strofinare la schiena. Era come un trapezio rovesciato splendidamente scolpito.

Provò ammirazione, vergogna, incredulità e disgusto per sé stesso.

«Abbiamo appena fatto sesso, perdendo entrambi la verginità del culo. Come puoi provare imbarazzo?».

«E' che... qui siamo con le luci accese... ed è un po' imbarazzante...».

«La tua cazzo di logica non la capisco e neanche mi interessa. Facciamo presto! Le tue mamme potrebbero tornare da un momento all'altro!».

Non si fecero neppure sfiorare la mente dal pensiero di quanto sarebbe stato erotico scoprirsi sotto l'acqua calda. 

Finito di lavare Eijiro, anche Katsuki fu rapido ma minuziosamente preciso.

Alla fine, cambiarono il letto e si vestirono.

«Ho preso dei vestiti tuoi. Te li laverò e te li riporterò» ammise il biondo.

«Puoi tenerli! Mi fa piacere!» sorrise Eijiro.

Katsuki guardò la grossa t-shirt nera e i pantaloni larghi che indossava. Era come immerso nel profumo di ciliegie con rum e cioccolato fondente di Eijiro e in un certo senso... si sentiva così protetto e al sicuro.

Senza un vero perché, lo abbracciò. Eijiro ne rimase un po' sorpreso ma sorrise soddisfatto.

«E pensare che non ti hanno dato fastidio i lividi e le contusioni» ironizzò.

«Ho provato dolore ma sono stato bravo a nasconderlo e vuoi sapere una cosa?» Eijiro lo baciò teneramente. «Ne è veramente valsa la pena!».

Katsuki si beò alle carezze che ricevette alla guancia.

«Mi porterai davvero in palestra?» chiese, le dita delle mani arricciavano nervosamente l'orlo della maglietta. «Sono stanco di abbuffarmi e vomitare».

«Sì. Cominceremo quando ti sentirai pronto».

«Pensavo tu fossi il mio ragazzo. Pensavo avremmo fatto subito le cose insieme!» sbuffò Katsuki, a braccia conserte.

Sogghignò, aspettando la reazione di Eijiro.

Quest'ultimo abbassò le spalle, sollevò le mani a mezz'aria con un'espressione incredula.

«H-hai detto... t-tuo ragazzo?» pronunciò incredulo.

Katsuki si alzò dal letto, con lo sguardo puntato alla porta bianca chiusa.

«Voglio provare a prendere in mano la mia vita e questo implica assaporare la vera felicità».

Eijiro balzò in piedi e lo abbracciò con foga.

«Farò di tutto per renderti felice, Katsuki! Sono così raggiante! Sei il mio ragazzo!».

Improvvisamente, un rumore raspante arrivò da dietro la porta. Il rosso sospirò un po' ma non lasciò andare Katsuki perché gli tenne una mano sul fianco e schiacciato contro un lato del suo petto.

«Non è carino origliare!».

«Ops... ci hai scoperte, Eiji!».

Katsuki arrossì. Red Riot fece un giro completo intorno ai due, annusando i loro vestiti, poi abbaiò nella speranza di poter avere coccole. Ovviamente non tardarono ad arrivare dal biondo. Con la maglia larga e la tuta che inghiottiva il suo grasso si sentiva più confidente.

«Da quanto tempo eravate qui?».

Tsumugi e Reira se la ridacchiarono.

«Per tutto il tempo» rispose melliflua la corvina, Katsuki per poco non ebbe la saliva di traverso. «Stavo scherzando, ragazzi! Siamo rincasate da qualche minuto e poiché Red Riot voleva vedervi-».

«Fin dove avete origliato?» sbuffò il rosso.

Quella parola ripetuta e marcata con un tono contrariato, provocarono una risata di gusto nella donna dai capelli rossi. Reira, infatti, abbracciò Katsuki e poi il suo adorato figlio.

«Dalla vostra dichiarazione reciproca» e i due arrossirono. «Io e Tsumugi abbiamo capito che Katsuki sarebbe stato il ragazzo giusto per te, Eiji, dal momento stesso che ha messo piede in casa nostra».

Il rosso si fece più contento: «Katsuki, sentito? I miracoli esistono e anche il destino!».

Il biondo si trattenne dal commentare che no, non ci credeva ma era sicuro che tutto ciò che stava succedendo doveva essere opera di Izuku. I suoi occhi si intenerirono al pensiero del suo amico perduto.

«Perché non dormi qui con noi, Katsuki? Si è fatto piuttosto tardi e non vogliamo farti tornare a casa considerando la brutta strada c'è qui fuori» propose Reira, con fare materno.

«Non dista molto dal combini dove lavori, no?» aggiunse anche Tsumugi.

«Abbiamo un futon ma se vuoi puoi dormire sul divano. Ha anche la funzione letto» riprese Reira.

«Ma puoi anche dormire nel mio letto. Tanto se stiamo abbracciati a farci le coccole tutta la notte non avremo problemi di spazio!» se ne uscì entusiasta Eijiro e Red Riot abbaiò con fare convinto.

Katsuki divenne paonazzo.

Ma che diavolo di problema avevano quelle persone? Cos'è che non capivano dell'avere un po' di privacy?

«D-dormirò nel futon» ammise.

«NO! Dormirai con me! Non ti farò dormire in terra! Non posso permetterlo ora che sei il mio ragazzo!» esclamò il rosso, convinto.

«Ti conviene accettare, Shonen» ridacchiò Tsunugi. «Guarda che Eijiro sa essere molto persuasivo».

«E va bene, cazzo» sbottò l'altro, ormai arreso.

Eijiro lo prese per mano. Sorrideva e teneva gli occhi chiusi.

Non aveva bisogno di vedere, non se riusciva a sentire tutto di Katsuki e gli bastava.

«Non è un sogno, vero?» chiese a sé stesso sottovoce.

«No. Non lo è» rispose dolcemente Katsuki.

«Bene. Che ne dite ora di un bel gelato?» propose Reira.

Katsuki guardò insicuro la sua pancia. La fame che sentiva era davvero sproporzionata, considerando l'abbondante cena che aveva ingurgitato qualche ora prima. Temeva che se avesse accettato, il suo disturbo..!

La stretta di Eijiro lo fece sobbalzare un po' ma anche uscire da quella voragine oscura di voci maligne e ronzanti. Lo guardò stupito.

«Va tutto bene, Kat».

Le due donne avevano capito che in quel biondo particolare c'era un'enorme battaglia ma confidavano nel loro eterno bambino. Eijiro lo avrebbe salvato, così come Katsuki stesso sarebbe stato la sua ancora.

Erano perfetti insieme. Imperfetti agli occhi di tutti eppure, la faccia della stessa medaglia.

«Non vedo l'ora di presentarti a Yoichi-san! Sarà molto felice di sapere che ho un bellissimo ragazzo!» cinguettò improvvisamente il rosso crinito.

«Chi è Yoichi-san?» domandò il biondo.

«E' il mio datore di lavoro!».

Katsuki annuì. Era molto insicuro ma voleva provare a rompere ancora un po' il guscio in cui si era da sempre rinchiuso. Iniziava a sentire delle crepe e la luce stava filtrando. La speranza si era finalmente accorta di lui.

-Izuku, non so niente. Mi sono buttato in questa possibilità ma spero tu possa guidarmi e aiutarmi- pensò con un sorriso.

Eijiro non aveva mai smesso di stringergli la mano e attraverso le dita sentiva il suo cuore impavido battere. 

Sentiva la forza scorrere. 

Sentiva una felicità incredibile nelle sue vene.

Sentiva che Eijiro era quello giusto.

Improvvisamente, un raggio di luna si allungò verso entrambi: si fermò proprio in corrispondenza delle loro mani unite. E il biondo capì. Una lacrima scese lungo la guancia, i suoi occhi si addolcirono, un sorriso crebbe sulle sue labbra.

La risposta di Izuku.

Il suo migliore amico gli aveva appena dato la sua benedizione.

«Oi, Eijiro».

«Sì, Katsuki?».

Il biondo lo baciò sulle labbra velocemente. Lo vide arrossire, lui se la ridacchiò con gusto, mentre Tsumugi e Reira si occupavano di mettere il gelato in piccole scodelle dipinte a mano, dando loro le spalle.

«Niente. Sono solo fottutamente felice».

«Anche io, Kat!» rispose il rosso, abbracciandolo. «Anche io...».

Entrambi non vedevano l'ora di vivere la loro piccola, particolare, solida ma straordinaria nuova vita, iniziata davvero per caso, forse per opera di Izuku o di un destino che, per mezzo di un cane curioso, aveva deciso di unirli in un'unica, emozionante Felicità.

Red Riot abbaiò, alzando una zampina. 

Oh, sì. Era merito suo. La felicità aveva un collare rosso, stavolta! O meglio, Happiness dal collare rosso.


 
The End

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