Through these eyes

di ambertwo
(/viewuser.php?uid=49163)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il lavoro ideale ***
Capitolo 2: *** Il cantiere ***
Capitolo 3: *** Notte insonne ***
Capitolo 4: *** Caos ***
Capitolo 5: *** Calma momentanea ***



Capitolo 1
*** Il lavoro ideale ***


Guardando fuori dalla finestra, le uniche cose che potevano essere intraviste erano confuse forme nel buio. Le onde sembravano in grado di ingoiare il treno in qualsiasi momento.
I binari c'erano già al tempo? Non se lo ricordava più, ormai.
La città sembrava già così distante. Così piccola, più piccola di quanto avesse il diritto di sembrare ai sui occhi; sembrava che anch'essa potesse venire ingoiata dalle onde. Sarebbe successo davvero?
Una vita può cambiare del tutto nel giro di giorni? E' anche solo possibile?
Era accaduto in passato, in fondo, in un tempo persino più breve. L'aveva solo dimenticato.
Nonostante tutto quello che era accaduto... nonostante sapesse tutto quello che era accaduto, nonostante avesse visto tutto... ogni cosa sembrava così irreale. Il mondo intero sembrava capovolto.
La ragazza si guardò intorno, guardò i volti che la circondavano; le loro espressioni preoccupate, quelle determinate di alcuni di loro. Quanto tempo era passato da quando aveva visto quelle facce per la prima volta? Due giorni? Alcuni anni? Più di un decennio?
Il viaggio sarebbe stato ancora lungo. L'unica cosa che realisticamente poteva fare in quel momento, nonostante la sua mente non desiderasse nient'altro che bloccare i pensieri... era cercare di mettere insieme tutto ciò che era accaduto.
Più di un decennio, alcuni anni, o anche solo due giorni prima.


1 - Il lavoro ideale

"Ti sei licenziata?!"
La voce della persona dall'altra parte della linea suonava incredula; e l'espressione sulla faccia della lumaca mimava perfettamente quella che doveva essere l'espressione dell'interlocutore. La ragazza apparve vagamente perplessa da quella reazione.
"L'hai detto in tono sorpreso."
"Beh, sono sorpreso! C'è voluto quanto, una settimana? Sei riuscita a fare una settimana intera?"
"Eddai! Dieci giorni. Sono stati dieci giorni. Gli ho dato un'onesta possibilità, semplicemente non era roba per me."
"E' una cosa un attimino ridicola da affermare dopo soli dieci giorni, non diresti?"
"Mi ci è voluto così poco tempo per capirlo!" abbaiò lei. "Il lavoro in sè era pure apposto, ma viaggiare ogni mattina era semplicemente una scocciatura troppo grossa, mi tiene fuori città veramente per troppo tempo. E prima che mi fai 'beh prenditi un appartamento là', ti ho appena detto che anche solo viaggiare mi tiene troppo tempo lontana dalla città, non ho mica intenzione di trasferirmi!"
La voce rimase in silenzio per qualche secondo, mentre la lumaca mostrava un'espressione pensierosa. Il silenzio venne poi interrotto da una risata incerta.
"D'accordo, ho capito. Ed ora? Hai già un piano di riserva?"
"Nnnnon proprio" la ragazza abbasso lo sguardo verso il giornale aperto sul tavolo, accanto al lumacofono e ad uno zaino che mostrava vari oggetti disparati al suo interno. "Probabilmente andrò alla solita routine mentre cerco roba da fare".
"Certo, certo. Era più o meno quello che mi aspettavo di sentire" convenne la voce, in un tono lievemente esasperato, mentre dei fruscii si iniziavano a sentire dall'altro lato della linea. "Beh, vorrei senza dubbio continuare la conversazione e sentire qualche d'una delle opzioni, ma sto entrando a lavoro. Ci sentiamo più tardi, Hikari".
"A dopo!"
Hikari riagganciò il ricevitore e la lumaca chiuse gli occhi, cadendo apparentemente nel sonno, mentre lei prese il giornale e lasciò la piccola stanza in cui si trovava, venendo salutata dall'odore del mare. Era una giornata piuttosto ventosa; le onde schizzavano acqua anche ai bordi della piccola piattaforma che ospitava la stazione, ma i binari del treno sembravano saldi al loro posto come sempre.
Guardò per un momento il suo riflesso nell'acqua; una ragazza smilza con gli occhi verdi, corti capelli scompigliati di un castano chiaro, e svariate macchie scure sul viso le restituì lo sguardo. Sorrise, e il suo riflesso le mostrò un orrida bocca piena di denti aguzzi; 'giusto, pensò tra se e se, Hikari, ragazza mia, tu non devi MAI sorridere a bocca aperta.'
Mentre perdeva tempo a fare le boccacce alla ragazza nell'acqua, un riflesso luminoso sul fischietto di metallo che portava al collo l'accecò per un istante. A quel punto, dopo essersi strofinata gli occhi, la ragazza smise di prestare attenzione al suo riflesso e si concentrò invece su ciò che le stava attorno.
"Grazie per avermi lasciato usare il lumacofono, Kokoro!"
Una donna anziana era seduta su una sedia appena fuori la stazione, una bottiglia di vino in mano, e la guardava con un'espressione divertita.
"Quindi ti sei licenziata un'altra volta? Ho sentito bene?" la donna iniziò a ridere. "Ce la fai a pagare l'affitto?".
"Si, si, ho abbastanza da parte per questo mese" assicurò la ragazza in fretta, mentre spulciava la pagina degli annunci di lavoro sul giornale. "Questo l'ho già fatto... quello l'ho già fatto... per questo non ho qualifiche... Uh, che te ne pare di questo? Cercano alcuni idraulici."
"E per quello sei qualificata?".
Hikari parve interdetta per qualche secondo.
"Beh, ho girato abbastanza fogne per sapere come sono fatte, suppongo?"
Un'altra sonora risata seguì quell'affermazione.
Alcuni minuti passarono senza ulteriore conversazione, mentre Hikari continuava a leggere il giornale cercando qualcosa di interessante. Nel frattempo, una ragazzina ed un coniglio avevano raggiunto le due; la bambina tirava la manica di Hikari cercando di dirle qualcosa, mentre il coniglio correva in cerchio attorno ai loro piedi.
"Non adesso, Chimney, non adesso, aspetta un secondo, forse ho trovato qualcosa".
Hikari alzò gli occhi dal giornale sentendo un fischio distante; guardò un orologio là vicino, poi si voltò di nuovo verso Kokoro. "Aspetta, quand'è il prossimo treno per la città? Pensavo fosse stasera".
"Lo è. E' solo in transito, non fa fermata qui a quest'ora".
"Oh, sta passando?" la ragazza chiuse il giornale e si voltò a guardare i binari. "Bella lì! Lo prendo al volo, allora. Mi risparmia un po' di tempo".
"Ohh, te ne vai di già?" si intromise Chimney, ancora appigliata alla manica di Hikari.
"Si, ho un po' di robe da sistemare ora che sono disoccupata" Hikari riuscì a liberare il suo polso dalla stretta della ragazzina, e si avvicinò nuovamente verso il bordo della piattaforma mentre il suono diventava sempre più sordo. "Verrò di nuovo nel finesettimana però. Promesso!"
"Ehi sorellona, ascolta-"
Prima che la ragazzina potesse aggiungere altro, il treno sfrecciò proprio accanto alla piattaforma. Hikari non la stava più ascoltando; si tirò su i guanti, prese il giornale arrotolato tra i denti e, senza troppi preamboli, saltò semplicemente verso il treno, aggrappandosi ad uno dei vagoni. In una manciata di secondi, il veicolo ed il suo nuovo passeggero si erano allontanati.
"Ed eccola che se ne va" Chimney si rivolse al suo coniglio, che le rispose con un suono simile ad un miagolio.
"Sempre in movimento, quella là" l'anziana rise di nuovo. "Che cosa le volevi dire?"
"Che ha lasciato il suo zaino sul tavolo".
"Di nuovo?"

La ragazza si arrampicò sul vagone e si sedette semplicemente sul suo tetto con le gambe incrociate; il vento le soffiava in volto, aiutato dalla velocità del treno, mentre il giornale ancora stretto tra i denti continuava a sbatterle sulla faccia. Se lo sputò letteralmente in una mano, ma decise di non riaprirlo lì sul momento, visto che il vento avrebbe senza dubbio volato i fogli ovunque. Si voltò indietro a guardare la Shift Station mentre si allontanava sempre più. Si vedeva anche una piccola nave in lontananza; pescatori? Una nave cargo? Strizzando un po' gli occhi, si poteva intravedere una bandiera scura. Pirati, allora; probabilmente diretti in città anche loro. Hikari non ci fece particolarmente caso.
Si voltò di nuovo a guardare di fronte a lei, mentre la figura in lontananza iniziava ad assomigliare sempre meno ad una semplice fontana, e più all'intricata, magnifica collezione di canali e strutture che era in verità. Non vedeva l'ora di arrivare; aveva passato dieci giorni a fare avanti e indietro tra un'isola e l'altra, e già le sembrava di aver passato un'eternità lontana da casa. Water Seven, la metropoli dell'acqua; Hikari non riusciva propriamente a ricordare un tempo precedente alla sua vita in città.
Mai stata una che stava ferma; non per scelta, ma per necessità - almeno, questo è quello che avrebbe detto lei. Hikari aveva passato quasi dieci anni girando lavori su lavori, senza mai sceglierne uno 'per la vita', ripetendo lo stesso ciclo ancora e ancora: trovava un impiego che attirava la sua attenzione, gli dava una possibilità, e trovava qualcosa che non le andava bene approssimativamente in un mese, o risultava chiaro che non era tagliata per esso. Si licenziava, lavorava part-time al bar vicino al cantiere o al mercato mentre cercava un nuovo impiego: ripetere ad oltranza. Era ormai conosciuta in città per questo; chiunque la assumesse sapeva esattamente a cosa andava incontro - probabilmente la ragione per cui era diventato sempre più difficile trovare un impiego, con la sua reputazione di impiegata entusiasta ma inaffidabile ormai ampiamente diffusa, costringendola a volte a cercare lavoro nelle isole vicine. Con un po' di fortuna però, e soprattutto con la buona volontà dei cittadini che ormai la conoscevano da svariati anni, di tanto in tanto riusciva ancora a trovare qualcosa da fare nella sua città.
Quando il treno finalmente arrivò a destinazione, Hikari aspettò che tutti i passeggeri scendessero e si allontanassero dal mezzo, per evitare di saltare addosso a qualche povero malcapitato mentre lei scendeva dalla sua postazione; uno dei due controllori della stazione la rimproverò per essere di nuovo salita senza biglietto, mentre l'altro sembrava più preoccupato dal fatto che avesse viaggiato sul tetto del treno. Hikari non stava prestando loro molta attenzione, ed era molto più interessata a guardare il suo riflesso in uno dei finestrini del treno... in particolare, lo stato dei suoi capelli, in quel momento pettinati in un completo disastro. Mortificata, cercò di appiattirsi almeno la frangia sulla fronte, ma ciuffi di capelli ribelli continuarono a puntare in tutte le direzioni senza nessuna logica. Alla fine rinunciò al tentare di sembrare presentabile, e mise fine alla disputa che i controllori stavano avendo in quel momento sulla tariffa da pagare per aver viaggiato sul tetto del treno - sbattendo 10 berry in mano loro, prima di affrettarsi a correre a casa.

Tutto nella norma quel giorno; gente che passeggiava per la città, sui marciapiedi, nei canali a bordo degli Yagara; gente al lavoro, e alcuni - come un vecchio appollaiato su una sedia proprio fuori casa - che se la ronfavano alla grossa.
Hikari rischiò di finire in acqua quando alzò lo sguardo per guardare in alto senza interrompere la sua corsa; destra e sinistra, scrutò il cielo come se sperasse di vederci qualcosa che non fossero solo nuvole dipinte sul blu di sfondo.
Mentre si avvicinava alla porta di casa, un ragazzo biondo con una giacca in jeans uscì dalla porta immediatamente accanto. Si fermò per un secondo quando la vide, e i due si scambiarono un'occhiata perplessa prima che entrambi esclamassero all'unisono la stessa frase: "Tu non dovresti essere a lavoro?"
Lei fece spallucce, liquidando la domanda con un rapido '"mi sono licenziata". L'altro apparve completamente indifferente a quell'affermazione.
"Beh, sai che razza di sorpresa".
"Senti, ci ho provato davvero, ma non era roba per me..."
"Pensavo ti piacessero gli animali?"
Lei apparve vagamente confusa da quella domanda, poi comprese il senso.
"Oh no, come assistente al negozio di animali ci ho lavorato il mese scorso. Stavolta ero impiegata come giardiniera a San Popula."
L'altro sbuffò e si passò una mano tra i capelli, lanciandole un'occhiataccia esasperata.
"Porca miseria, deciditi a sceglierti un qualcosa da fare e tienitelo. Sta diventando difficile non perdere il filo delle tue scemenze".
La ragazza aprì il giornale e diede un rapido sguardo alla pagina degli annunci.
"Ecco cosa stavo pensando per il prossimo... 'Cercasi apprendista parrucchiere, nessuna qualifica particolare richiesta'."
"Parrucchiera?" fece l'altro, con fare beffardo. "Con quel nido di rondini che hai in testa?"
"Sai che ti dico? Non hai tutti i torti. E per la cronaca, sei uno stronzo" buttò lì lei, disinvolta. "Senti questo invece..."
"PAULIE!"
Prima che la conversazione continuasse, una voce poco distante li interruppe. Il ragazzo biondo si guardò alle spalle, preoccupato, apparentemente riconoscendo la voce.
"Beh, uhh, non ho tempo ora. Devo andare."
Scappò via prima che lei potesse aggiungere altro, mentre la persona che aveva urlato - un uomo più anziano e basso, in giacca e cravatta - correva verso il posto dove si trovava precedentemente il ragazzo. Fece un cenno di saluto ad Hikari, poi riprese il suo inseguimento.
"FERMATI! PAGA IL TUO DEBITO!"
La ragazza si limitò a guardare i due sparire dietro un vicolo, grattandosi la testa, e sospirando al vedere di nuovo quella scena. 'Paulie potrà pure avere un lavoro fisso ed io no, pensò tra se e se, ma almeno non sono io quella che spende più di quanto guadagna in giochi d'azzardo. Che fesso.'
A differenza della ragazza, il suo vicino di casa era riuscito a costruirsi una bella carriera, arrivando ad essere capomastro nel miglior cantiere della città. Quella posizione era tenuta da solo altre quattro persone; tutte e cinque erano... peculiari, ognuno a proprio modo. Conosceva Paulie da una vita; più o meno avevano la stessa età, erano amici sin da bambini, quando giocavano a pallone insieme ed insieme erano soliti gettarsi in qualsiasi tipo di assurdità, come scorrazzare nelle fogne per intrufolarsi in chissà quale posto. Era sempre stato maleducato ed aveva un caratteraccio; con l'andare del tempo aveva avuto sempre meno pazienza per le bizzarrie della ragazza, e ad allo stesso modo lei aveva avuto sempre meno pazienza per i creditori del suo vicino che urlavano nella via dove abitavano.
La ragazza aprì la porta di casa per mettere a posto il suo zaino, e solo in quel momento si rese conto che il suo zaino non aveva mai lasciato il tavolo alla Shift Station.
Senza zaino, niente in particolare da fare in casa e senza lavoro, Hikari si appoggiò alla porta di casa e continuò a fissare il cielo, incerta su cosa fare. 'Resto a casa o scendo giù alla baia? Al mercato o al bar? Forse a Tarou e Tana va di fare una partita a pallone...' si fermò su quel pensiero. 'Oh giusto, anche Kitana dovrebbe essere al lavoro'.
Era orario di lavoro, in cantiere. Hikari fece spallucce, e decise di dirigersi là - più o meno come faceva di solito.
Il cantiere era la principale attrazione del posto, ed i suoi carpentieri il fiore all'occhiello della città. Molti dei suoi amici erano impiegati lì; ma naturalmente, non essendo nè un cliente nè un'impiegata lei stessa, Hikari non era esattamente autorizzata ad entrare e mettersi ad infastidire i lavoratori...
Non che questo l'avesse mai fermata.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il cantiere ***


2 - Il cantiere

Era diventata una presenza così comune che la maggioranza delle persone che lavoravano in cantiere per più di qualche mese non le badavano nemmeno più, limitandosi di tanto in tanto a buttare là un rimprovero prima di tornare a fare qualsiasi cosa stessero facendo prima di essere interrotti; Paulie era un'eccezione, si arrabbiava un sacco e le tirava certi scappellotti in testa ogni santa volta che la vedeva girare per il cantiere, ma lei nemmeno se la prendeva più e lo ignorava alla grandissima. Il suo vicino aveva sempre avuto un po' un caratteraccio, ma lei sapeva che bastava non dargli corda.
"Questo potrebbe andare..."
Prese a camminare in maniera casuale attraverso il cantiere mentre leggeva il giornale, evitando in maniera disinvolta persone ed oggetti in movimento, mentre alzava periodicamente lo sguardo per provare a localizzare la persona che stava cercando, ed ogni tanto per salutare qualcuno.
"Souta, hai visto in giro Kaku?"
"Si, era vicino alla mensa".
"Andriy, hai visto in giro Kaku?"
"Si è allontanato per andare a sbrigare un lavoro. Dovrebbe essere tornato ormai".
"Lulu, hai visto in giro Kaku?".
"Si, era insieme ad un paio di tizi della Franky Family".
Quella risposta, in particolare, la lasciò perplessa. Con la Franky Family? Gli smantellatori di navi? Il ragazzo rimproverava sempre lei ogni volta che le capitava di avere a che fare con quella gente per una ragione o per l'altra, che cosa stava combinando ora? La ragazza sospirò e incrociò le braccia, sedendosi su una vicina trave di legno. "Vabbè, suppongo lo chiederò a lui quando lo vedo. E di Paulie che mi dici, è arrivato in cantiere oppure è ancora inseguito dai creditori?"
"Questo te lo posso dire io" un ragazzo con metà testa rasata e lunghi capelli legati in una coda intervenne nella conversazione. "Gli è capitata una valigia di soldi letteralmente tra le mani mentre scappava, ed ha cercato di tenersela. Apparteneva a dei pirati, da quanto ho capito... Ad ogni modo, Lucci l'ha costretto a restituirla, quindi ciccia".
"Alle solite, quindi. Miseriaccia, meno male che c'è Lucci. Le cose vanno restituite ai proprietari!"
"Non so, zia. Mettimi in mano dei soldi, e probabilmente non li restituisco".
"Beh... tecnicamente parlando, rubare ai pirati non è considerato davvero un furto" spiegò l'uomo chiamato Lulu, mentre cercava di appiattirsi sulla testa un ciuffo ribelle che spuntava dai suoi corti capelli neri. "Visto che non seguono la legge, non sono protetti da essa..."
Lulu era un'altro dei capimastro; Hikari lo conosceva più o meno da quanto conosceva Paulie, ma non a livello personale. Si erano incrociati più volte quando era piccola perchè abitava nella zona dove lei ed i suoi amici erano soliti giocare, ma non ci aveva mai davvero parlato fino a quando non aveva iniziato a vagare per il cantiere. Era un uomo prevalentemente calmo e ragionevole, perennemente in lotta con i suoi capelli; Hikari gli era abbastanza affezionata, e - a sua insaputa - spesso si piazzava di proposito accanto a lui solo per mettere i loro capelli a confronto e sentirsi meglio per quello che riguardava lo stato dei suoi.
"Non hai capito. Mettimi in mano dei soldi, e probabilmente non li restituisco a prescindere da chi fosse il proprietario in origine. Son miei ora." buttò lì il ragazzo con la coda con un'alzata di spalle. "Comunque, c'è il signor Iceburg."
"Oh, davvero?" sorrise Hikari. "Perfetto! Gli devo chiedere se ha un qualche lavoro che posso prendere".
Gli altri due non batterono ciglio al sentire che la ragazza era di nuovo disoccupata.
"Se è qui in cantiere, probabilmente avrà da fare".
"Nah, l'ho sentito disdire letteralmente tutti gli impegni giornalieri e ora sta facendo vedere il cantiere a dei clienti, quei pirati là... Kare, mi serve la trave, alza le chiappe" abbaiò il ragazzo con la coda, sollevando la trave da un lato e facendo cadere per terra la ragazza.
"Pirati, huh?"
"Si. I pirati di Cappello di Paglia, mai sentiti nominare? Si son fatti una certa reputazione dopo quel macello ad Alabasta..."
"Mai sentito nessuno dei due" si mise in mezzo Hikari.
"No? Era su tutti i giornali... non quel giornale, cretina" le abbaiò di nuovo il ragazzo, vedendola ingenuamente aprire il giornale che aveva tra le mani in quel momento. "E' successo un po' di tempo fa".
"Ehh, io leggo solo gli annunci di lavoro e la pagina sportiva" buttò lì lei, facendo spallucce. "Ad ogni modo, se il signor Ice ha abbastanza tempo per far vedere la città a gente a caso, sono sicura che non gli dispiacerà... aspetta un minuto!" sussultò la ragazza, colpita improvvisamente da un'idea. "Far vedere la città alla gente! Ma si! Guida turistica! Questa è una cosa che non ho mai fatto prima!"
"Le guide turistiche devono conoscere cose tipo la storia della città" fece notare Lulu. "Hai mai anche solo aperto un libro sull'argomento?".
"Ho sempre tempo per farlo" esclamò lei, eccitata. "Si, si, si, questo potrebbe essere il mio lavoro ideale! Ohh, adesso devo andare a parlare con il signor Ice e discutere di questa cosa! Sai com'è, autorizzazioni, abilitazioni, quelle robe là!"
"Come ti pare" il ragazzo con la coda rispose in tono indifferente, chiaramente non convinto. "Ehi, Lulu, una mano con 'sta cosa?".
Hikari guardò i due uomini allontanarsi portando la trave di legno, mentre lei rimase in piedi al suo posto; stringendo in mano il giornale, ma chiaramente non più interessata ad esso, mentre dondolava a destra e a sinistra presa dall'eccitazione. Oh, sarebbe stata una cosa fantastica. Certo, certo, doveva prendere in mano qualche libro e affaticare il cervello leggendo, ma era un piccolo prezzo da pagare per quello che sarebbe potuto essere il suo lavoro ideale. Conosceva la città come casa sua ormai, tutti i suoi posti più importanti, ogni marciapiede, canale o fogna. Chi altri conosceva le fogne della città?!
'Beh, però, pensò tra se e se, chi è che vorrebbe visitare le fogne? Idraulici? Turisti molto curiosi?'
Rimase per un po' a rimuginare su quella domanda, poi la liquidò con una risata tra se e se. 'Beh, non devo necessariamente portare la gente a fare il giro delle fogne, ma la possibilità ci sarebbe nel caso qualcuno lo voglia! Il fratellone sta portando gente in giro per il cantiere. Il cantiere, il cantiere... quello sarebbe certamente il pezzo forte del tour! Mi lascerebbero portare dei turisti in giro per il cantiere? ...ci sono già visite guidate al cantiere, ad ogni modo?'.
Mentre era persa nei suoi pensieri, una voce sconosciuta si rivolse a lei, proveniente da qualche posto al di sopra della sua testa.
"Ehi, mi piace il tuo fischietto!"
Si guardò attorno per un momento, confusa, e poi vide un ragazzo con i capelli neri su una nave in costruzione; la guardava, appeso a testa in giù con le gambe attorno ad una trave. La ragazza lanciò una rapida occhiata in basso, verso il fischietto appeso al suo collo, poi rialzò lo sguardo sorridendo.
"Grazie. A me piacciono i tuoi sandali"
"Sei un carpentiere, ragazza col fischietto? Stiamo cercando un carpentiere".
"Scusa" fece lei con un'alzata di spalle. "Quello è un lavoro che non ho mai fatto."
"Che ci fai qui, allora?"
"Che ci fai tu qui? Non mi pare di averti mai visto. Nemmeno tu sei un carpentiere, no?"
"Certo che no" rimbeccò l'altro, come se stesse constatando l'ovvio. "Se lo fossi, non ne starei cercando uno."
"Ha senso" annuì la ragazza.
Il ragazzo si mise a braccia conserte con un'espressione corrucciata, come se stesse pensando intensamente a qualcosa. Poi si limitò ad allungare un braccio - allungare un braccio per aggrapparsi ad una recinzione ad almeno cinquanta metri di distanza dalla trave su cui era seduto, e semplicemente... si lanciò in quella direzione.
"Ma che...?"
Hikari rimase impalata sul posto, lasciando cadere per terra il giornale, fissando nella direzione in cui lo sconosciuto si era lanciato. Che diamine era stato, quello? Apparteneva forse ad una razza di mutaforma? Sembrava un normale umano fino a quando non ha iniziato ad allungarsi. Ma che diavolo...
'Oh, giusto. Frutto del diavolo, probabilmente? Sono una cosa che esiste, dopotutto. Mai conosciuto qualcuno con quei poteri, però'.

"Un tizio ha appena cercato di reclutarmi come carpentiere".
Hikari camminò in direzione di un piccolo gruppo di persone sparso in un'area piuttosto grande, avvicinandosi a Paulie. Sembrava ancora perplessa dallo scambio di parole con lo sconosciuto dai capelli neri.
"Si, sta andando in giro a chiedere questa cosa a gente a caso... ha chiesto pure al signor Iceburg" annuì Paulie, prima di rendersi conto di chi gli avesse rivolto la parola. "Oi, che diamine ci fai tu qui?".
"Faccio un giro" rispose lei in tono neutrale. "Come i vecchi tempi, no?"
"Non me lo ricordare".
"Chi è quel ragazzo, comunque? Un cliente?"
"Così pare."
Hikari alzò lo sguardo per guardare lo sconosciuto saltare a terra da una sbarra di metallo. A quel punto notò il cappello di paglia legato sulle spalle del ragazzo, e ricordò la precedente conversazione con Lulu.
"Oh. Quello è il pirata col cappello di paglia? Quello a cui hai provato a fregare soldi prima che Lucci ti sistemasse?".
Il suo vicino di casa le lanciò un'occhiata vagamente infastidita.
"Le notizie viaggiano in fretta, a quanto sembra".
"Da che ho capito stavi facendo un casino, la prossima volta prova a non fare l'idiota" buttò lì lei, continuando a guardare il ragazzo con il cappello di paglia. "Adesso ho capito perchè lo chiamano così. A quanto pare ha causato qualche tipo di cosa che ha fatto notizia tempo fa? E' un ragazzino! Sembra più piccolo di Tarou."
"E allora? Tu eri una mina vagante pure da bambina".
"Se c'è uno che ne sa qualcosa, quello sei tu, no?"
Prima che quel batti e ribatti potesse continuare, i due furono interrotti da un'ombra comparsa d'improvviso sopra le loro teste. Hikari tentò istintivamente di portarsi il fischietto alla bocca, ma prima che potesse anche solo prenderlo in mano, l'ombra si era già ricongiunta alla persona che l'aveva proiettata, un ragazzo che era appena atterrato ad alcuni metri da loro. Si, atterrato - prima, in effetti, sembrava che stesse volando.
"Alla buon'ora!" Hikari alzò le mani al cielo, raggiante. "Ciao, Kaku!".
Il nuovo arrivato - un ragazzo con corti capelli arancioni sotto un berretto da baseball e uno strano naso squadrato - le lanciò un'occhiata perplessa, come se non si aspettasse di vederla lì. Poi sospirò con un sorriso.
"Ehilà. Non devo ripeterti per la millesima volta che tu qui in teoria non potresti entrare, vero?"
"Si, si, lo so" fece lei, impaziente. "Fa nulla! Ascolta, questa la devi sentire, mi è appena venuta la migliore idea per un lavoro-"
L'altro alzò una mano, facendole cenno di fermarsi; poi indicò una ragazza con i capelli arancioni poco distante da loro, che Hikari non riconobbe.
"Scusa... qualunque cosa sia, dovrà aspettare. Sto lavorando ora."
Hikari parve un po' delusa, come se avesse appena ricevuto una botta in testa che smorzò la sua eccitazione; ad ogni modo, accettò la situazione di buon grado e si allontanò un po' dal gruppo, per non intralciare.
Andò a riprendere il suo giornale caduto vicino alla nave in costruzione e passò alcuni minuti con la schiena appoggiata a un muro leggendo la pagina sportiva, mentre ascoltava pezzi e bocconi della conversazione tra i carpentieri ed il ragazzo con il cappello di paglia. Non ne afferrò la maggior parte, riuscendo a capire solo che la sua nave era in cattive condizioni e che il ragazzo non ne sembrava minimamente contento.
Il cervello della ragazza, dopo un po', iniziò a filtrare fuori tutti i suoni mentre leggeva il resoconto di una partita di baseball molto combattuta.
"Allora, di cosa dovevi parlarmi?"
Fece un sobbalzo quando tutto ad un tratto sentì la voce di Kaku accanto a lei. Era la ragazza ad avere l'abitudine di avvicinarsi di soppiatto alle persone e farle spaventare a morte materializzandosi praticamente dal niente - non era abituata a ricevere lo stesso trattamento che in genere lei propinava agli altri.
Eccolo, finalmente; la sua persona preferita. Un'altro dei capimastro; non era di quelle parti, essendosi trasferito sull'isola solo cinque anni prima. Un ragazzo sempre allegro e pronto a dare una mano, il tipo di persona che le metteva il buonumore solo con la sua presenza. Hikari non era mai veramente riuscita a far segreto dei suoi sentimenti per lui, ma questi non sembravano propriamente essere reciprocati alla stessa maniera; perlomeno, la ragazza non era mai riuscita a capire cosa l'altro pensasse di lei. Quello che era certo era che nessuno dei due si faceva avanti direttamente, quindi alla fine, erano finiti con il restare sempre e solo amici; e ad Hikari, nel dubbio, andava bene così.
"Eccoti, finito col lavoro?"
"Solo con questo a quanto sembra, almeno per il momento" rispose l'altro, sospirando.
"Clienti difficili?"
"Beh, non la metterei in questi termini. Semplicemente, i danni sostenuti dalla loro nave sono così pesanti che non può essere riparata nemmeno da noi. Potrebbero tornare in seguito per commissionarci la costruzione di una nuova imbarcazione, però... non sembravano molto entusiasmati dall'idea" il ragazzo si grattò il retro della testa.
"Beh, è una buona opportunità per loro. Se ne possono prendere una più resistente".
"Possono, certo. Però capisco l'esitazione, è sempre difficile dire addio ad un qualcosa di molto caro".
"Ma è soltanto una barca".
"Non essere così insensibile!" rise l'altro. "Anche gli oggetti possono essere cari alla gente! Che faresti tu se rompessi il tuo fischietto?"
"Quello è diverso! Quello è una cosa importante. Era di mio fratello, e mi ricorda un sacco di cose!".
"Appunto, ha un considerevole valore sentimentale per te. Chi ti dice che quei ragazzi non provino lo stesso per la loro nave?"
Hikari aprì la bocca per dire qualcosa, ma alla fine la richiuse senza emettere suono, apparentemente senza trovare una buona risposta.
"Beh, suppongo tu abbia ragione qua".
"Ad ogni modo, la situazione può avere delle similitudini, ma anche grosse differenze. Se tu rompessi il tuo fischietto sostanzialmente non ti cambierebbe niente a meno che tu non volessi cercarti un lavoro come arbitro o vigile. Ma per quel che riguarda una nave... non importa quanto possa stare a cuore, se non può essere riparata, la storia finisce lì. Cercare di salparci comunque significherebbe solo segnare la propria condanna a mo-"
"A proposito di cercare lavoro!" lo interruppe lei. "E' esattamente quello che dicevo! Mi è venuta un'idea. Senti un po' - guida turistica!"
L'altro non reagì con nemmeno la metà dell'euforia che la ragazza manifestava.
"Tutto qui?" fece. "Questa è la migliore idea che ti è mai venuta per un lavoro? Guida turistica? Hikari, la città è piena zeppa di guide turistiche. Ci sono intere agenzie che lavorano in quel settore."
"Perfetto! Una in più può solo essere utile" rimbeccò lei, sventolando il giornale. "Non ho mai fatto una cosa del genere prima! Beh, no, l'ho fatta. Ma non per lavoro. Vedi?!" esclamò, eccitata. "In passato ho mostrato la città a delle persone e non era nemmeno il mio lavoro. E' una cosa che mi viene naturale! Conosco a menadito persino le fogne della città!"
"Si, beh... forse non è il caso di fare delle fogne il pezzo forte dei tuoi tour" il ragazzo scosse la testa, sorridendo. "Anche se ti proponessi qualche altro lavoro, ho il sospetto che tu abbia già deciso. Se è così che vuoi impegnare il prossimo mese, allora ti auguro buona fortuna".
"Oh, non hai la minima fiducia in me, vero? Non credi che possa tenermi un lavoro!"
"L'ultimo è durato la bellezza di una settimana."
"Dieci giorni!"
"E' comunque meno di un mese!"
I due si scambiarono una risata.
"Ma si, comunque, che tipo di lavoro avevi in mente?" chiese lei, guardandolo. "Sulla pagina degli annunci di lavoro non ho visto niente di interessante che mi sia saltato all'occhio, apparte uno che cercava idraulici e uno che cercava un parrucchiere".
Per un secondo, parve che Kaku volesse dire qualcosa - probabilmente un commento sulla questione del parrucchiere, considerato che la ragazza non era capace nemmeno di pettinarsi come si deve - ma sembrò bloccarsi in tempo per non essere scortese.
"Beh, stanno cercando personale in mensa".
"Oh! Anche quello è un buon posto! Ci ho lavorato quando ero adolescente. Non credo che mi assumerebbero ancora dopo quel fiasco".
"Non sono sicuro di volere i dettagli".
"Beh, se vuoi la versione divertente della storia, non è a me che devi chiederla. Quelli che hanno mangiato la roba che ho cucinato, d'altra parte..."
Ancora una volta, Kaku sembrò sul punto di dire qualcosa, ma si limitò a scuotere la testa con un sorriso rassegnato.
"Ad ogni modo, non è che hai visto dov'è andato il signor Ice?" chiese Hikari, guardando oltre la sua spalla; il gruppetto di prima sembrava essersi spostato altrove. "Devo chiedergli per la roba del lavoro".
Il ragazzo sembrò confuso per un secondo, non trovando il nesso tra le due cose.
"Beh, suppongo ti possa indirizzare ad una agenzia a metterci una buona parola per te... cosa di cui hai decisamente bisogno, visto e considerato il tuo curriculum" si grattò nuovamente il retro della testa. "Ma mi sa che per oggi lo hai mancato. E' in riunione con alcune persone mandate dal governo."
"Di nuovo quelli là? Stanno passando più spesso, ultimamente" commentò la ragazza, con un sospiro. "Diamine, certo che fare il sindaco dev'essere una bella rogna, eh? Non potrei mai fare quello per lavoro, su questo siamo certi. Ce la vedresti un'intera caspita di città gestita da me?".
L'altro mise su un sorriso divertito.
"Ma certamente! Anzi, vedo già gli slogan per la campagna elettorale: 'lotta contro il randagismo, per l'edilizia sostenibile, e per i muffin!"
"Centro perfetto, bello mio".
I due risero di nuovo.
"Beh, ho paura che la mia pausa sia finita. Devo tornare al lavoro".
Il ragazzo cominciò ad allontanarsi dopo averle fatto un cenno di saluto, poi d'un tratto si voltò a lanciarle un'occhiata; la ragazza sembrava essere ancora tanto vicina a lui quanto lo era prima che avesse iniziato a camminare.
"... Hai intenzione di seguirmi per il resto della giornata, vero?".
"Eggià!"

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Notte insonne ***


3 - Notte insonne

Una notte insonne.
La ragazza non poteva certo dirsi sorpresa; la sua routine in fatto di sonno era sballata da quando aveva memoria, saltando solitamente una notte di riposo, a volte persino due. In qualche maniera, questo non aveva mai avuto effetti avversi sulla sua salute o la sua energia - anzi, forse era la maniera che il suo corpo aveva adottato per tenere i suoi livelli di energia, normalmente sempre troppo alti, sotto controllo.
Il lato negativo di questa sua peculiarità, ovviamente, era il fatto che le notti insonni erano generalmente noiose. Era solita uscire nel piccolo balcone di casa sua a guardare le stelle, ma la cosa la stufava dopo poco tempo; non essendo una tipa a cui piaceva leggere, non potendo ascoltare la radio senza incorrere nelle ire del suo vicino, perlopiù usciva a fare passeggiate notturne per le strade, i canali, o giù alla baia.
A proposito delle ire del suo vicino, pensò mentre lanciava un'occhiata verso il balcone adiacente, lo sentiva russare pesantemente. Lui non aveva certo i suoi problemi in fatto di insonnia; quando erano più piccoli, la ragazza si faceva molti meno problemi a sgattaiolare in casa sua per svegliarlo presa dalla noia - ma quando i due erano cresciuti e lui aveva iniziato a lavorare in cantiere, lei aveva deciso di essere un po' più rispettosa sul fatto di non disturbarlo la notte.

"Allora, vieni o no?!"
"Amico, quella è una fogna! Non ci scendo lì! Ci becchiamo qualche tipo di malattia così"
"E' un'eternità che scassi perchè vuoi vedere il cantiere, quindi adesso ci andiamo! Muoviti e porta quaggiù le chiappe!"
"Non le porto laggiù le chiappe! E' già tanto se quei pezzi di legno reggono le tue!"


Ridacchiò tra se e se, ricordando quei tempi. Certo, ora non andava più a spasso per le fogne come hobby ed aveva smesso di usarle come principale sistema di spostamento per la città; ma quelle storie erano sempre degli aneddoti divertenti da raccontare, per quanto Paulie desiderasse far finta che non fossero mai accaduti. Anni d'oro, o qualcosa del genere.
La ragazza guardò il cielo per qualche minuto, poi fissò l'orizzonte. Erano da poco passate le undici; se si fosse incamminata in quel momento, sarebbe riuscita a farsi una lunga passeggiata rilassante in spiaggia e rientrare prima dell'alba.

La città aveva un fascino tutto suo di notte, specialmente notti dal cielo limpido come quella. Hikari si distraeva mentre camminava, intenta ad osservare il cielo stellato riflesso nei canali al lato del marciapiede, e a volte ci finiva dentro; quando accadeva, di solito, riemergeva e poi rimaneva impalata in acqua a guardarsi attorno, con la luce delle stelle ancora riflesse attorno a lei, assaporando la surreale sensazione di star quasi facendo un bagno nel cielo. Per quanto potesse essere poetico, però, aveva deciso di evitare questo genere di cose nelle giornate più fredde, che in genere le fruttavano un pesante raffreddore ed una lavata di capo da almeno cinque persone diverse.
Quella sera vide di prestare più attenzione, non interessata a fare un bagno fuori programma. Tra una scorciatoia e l'altra, ci volle all'incirca mezz'ora per raggiungere la meta; già da appena arrivata, però, si rese conto che c'era qualcosa che non andava quella notte. Cumuli di sabbia erano spostati, come se si fossero riversati in una forma circolare, formando una sorta di cratere nel mezzo; guardandosi attorno, la ragazza poteva vedere segni di lotta. Qualcosa che sembrava sangue sparso per terra. Quelli che sembravano i resti di fuochi artificiali. Un kit di pronto soccorso, dei medicinali, abbandonati all'interno di quella strana formazione di sabbia. Hikari si avvicinò e li raccolse, perplessa, per controllare che non fossero rifiuti: pareva di no, anzi, il kit era completo ed in ottime condizioni, sembrava quasi nuovo.
"Ma che diamine è successo qui?"
Rivolgendo finalmente lo sguardo verso il mare, notò una barca ormeggiata poco lontano; una piccola caravella dall'aspetto malandato. Per qualche ragione le sembrava di averla già vista; non era quella che si stava avvicinando alla Shift Station quella mattina? Quella con le bandiere nere? Ad un'occhiata più attenta, notò il disegno su di esse: un teschio con un cappello di paglia in testa. Oh, quella doveva essere la nave del ragazzo che aveva visitato il cantiere la mattina. Hikari mise su un mezzo sorriso al vedere la prua della nave, che aveva le fattezze di una capra; le riportò alla mente il viso del suo fratellino. Quella nave era quindi così danneggiata che non poteva essere riparata, nemmeno dai migliori carpentieri del mondo? 'Che peccato, pensò la ragazza. Una barchetta così carina.'
Si avvicinò all'imbarcazione il più possibile, camminando fino alla riva, e finendo per infilare le scarpe in acqua. Guardò la barca con aria corrucciata, incerta sul da farsi; sembrava che su quella spiaggia fosse successo qualcosa di serio, ma da quella barca non veniva altro che un pesante silenzio. Era il caso di far notare la sua presenza, vedere se qualcuno aveva bisogno d'aiuto? A giudicare dal kit di pronto soccorso abbandonato sulla spiaggia, era probabile di no. Era quasi mezzanotte; se qualcuno fosse stato ferito o ci fosse una situazione di emergenza in atto, si sarebbero sentite delle voci. Se qualcuno era su quella nave, era probabilmente solo addormentato; dopo averci riflettuto su, decise che non era il caso di svegliare chiunque fosse stazionato lì. La ragazza si limitò a fare dietrofront, e ricominciare a camminare lungo la riva - cercando di non badare alla misteriosa baraonda presente sulla spiaggia.
"Se non altro, mi sono fatta un nuovo kit di pronto soccorso per la prossima volta che cercherò lavoro in sartoria".
La ragazza continuò la sua passeggiata, fermandosi per un po' a guardare il cielo seduta sopra uno scoglio, prima di decidere di rincasare allo schiarirsi del cielo.
Ormai era quasi l'alba, il vento stava soffiando forte, e la sua colazione l'attendeva per completare una nuova notte insonne.

"MA STAI SCHERZANDO?!"
Hikari rischiò di strozzarsi col muffin che stava masticando quando, da qualche parte fuori dalla sua finestra, improvvisamente si incominciarono a sentire delle urla terrificanti. Aveva sentito un po' di trambusto giù nella via, ma non ci aveva badato troppo, impegnata com'era a far fuori la sua colazione - quelle urla, però? Di certo non era possibile ignorare quelle.
"Paulie?!" la ragazza si si affrettò ad affacciarsi al balcone, rivolta a quello adiacente, col muffin mezzo mangiato in mano. "Ehi! Che urli a fare?! Che ti piglia?!"
"MI STAI DICENDO CHE HANNO SPARATO AL SIGNOR ICEBURG IN CASA SUA?!"
La ragazza si paralizzò per un secondo al sentire quelle parole. Cosa? Cosa...?
Iceburg... era successo qualcosa ad Iceburg? Sparato? Ferito?
"Paulie?! Ehi! PAULIE!"
"NON E' POSSIBILE CHE L'ABBIANO UCCISO! NON E' UNA PERSONA CHE HA DEI NEMICI!"
Ucciso...?
Hikari scosse la testa, come per cercare di rientrare in sè e tentare di afferrare la situazione. Con chi parlava il suo vicino? Che razza di scherzo era quello?
Non ricevendo risposta, la ragazza decise semplicemente di scavalcare la ringhiera del suo balcone dopo essersi infilata il resto della sua colazione tra i denti; reggendosi in equilibrio su quel lembo di pavimento che spuntava al di fuori, saltò in maniera abbastanza agile per aggrapparsi alla ringhiera del balcone adiacente; scavalcò anche quella e, senza troppi preamboli - nè tantomeno una qualsivoglia richiesta di permesso - entrò in casa del vicino, direttamente nella sua camera da letto.
Il ragazzo aveva apparentemente appena chiuso una telefonata, ed era così indaffarato nel vestirsi il più in fretta possibile che non fece nemmeno caso all'intrusa fino a quando non ebbe finito. Dopodichè, finalmente alzò sguardo verso di lei.
Rimase una manciata di secondi a fissare la ragazza che era appena entrata in casa sua saltando dal balcone, e che ora se ne stava lì impalata a fissarlo con un mezzo muffin stretto tra quelle zanne che aveva in bocca.
"No" fece stizzito, quando la vide sputare il dolce per terra e prendere fiato per dire qualcosa. "No. Assolutamente no. Non ho tempo per le tue cretinate adesso!"
"Bello, che è successo?! Ti ho sentito gridare-"
"SE MI HAI SENTITO GRIDARE ALLORA SAI COS'E' SUCCESSO!" tuonò lui. "Levati di torno. Levati di torno, devo andare in ditta!"
"Vengo con te"
"COL CAVOLO CHE VIENI CON ME! LEVATI. DI. TORNO!"
Hikari parve leggermente scossa da quella reazione; non si ricordava di aver mai visto Paulie così agitato. Forse non era il caso di insistere, pensò.
"Okay, okay!" fece la ragazza, agitando le mani come per chiedergli di calmarsi. "Tranquillo! Allora ti aspetto lì"
"Che cosa diavolo vuoi dire-"
Il ragazzo non riuscì a finire la frase prima di assistere direttamente a quello che l'altra aveva in mente; Hikari uscì nuovamente nel balcone, scavalcò la ringhiera e, senza nessun preavviso, si limitò a saltare giù atterrando sul bordo del marciapiede. Paulie fece a malapena in tempo ad affacciarsi al balcone prima di vederla sgusciare via dietro un vicolo e sparire dalla vista.
"Ma porca miseria, sempre in mezzo ai piedi quell'idiota!"

"Cos'è successo?!"
La ragazza parve quasi materializzarsi dal nulla nel corridoio al di fuori della stanza del sindaco. Venne accolta da tre uomini che, apparentemente colti di sorpresa dalla sua improvvisa apparizione, le avevano puntato addosso di riflesso attrezzi da lavoro a mò di armi; tutti e tre li riabbassarono quando si resero conto di chi fosse l'intruso, ma solo quella reazione bastò ad Hikari per capire quanto fosse grave la situazione.
"Oh, ma andiamo... Sempre così con te. Come accidenti hai fatto ad entrare?" le chiese Lulu, mettendo via quella che - a ben vedere - era una pistola vera e propria. "L'ingresso era bloccato dai giornalisti..."
"Coo, ancora ti sorprendi?"
A parlare fu... un piccione, apparentemente, appollaiato sulla spalla di un uomo alto con i capelli neri.
Lucci, il capomastro che la ragazza conosceva da meno tempo, essendosi trasferito in città qualche anno prima. Era... un tipo strano, quello era certo. Un ventriloquo che parlava solo ed esclusivamente con l'aiuto del suo piccione - certamente si era sempre fatto notare. Nessuno conosceva davvero le ragioni di quel suo strano comportamento; Hikari aveva sempre pensato che fosse semplicemente timido. La ragazza lo frequentava prevalentemente attraverso Paulie, con il quale aveva stretto una salda amicizia; beh, salda amicizia nel senso che i due si davano sempre contro, un po' come faceva lei stessa. Se non altro, l'uomo era diventato quello che tentava di tenere le abitudini peggiori del suo vicino di casa sotto controllo, ed Hikari di questo gli era grata.
"Fa sempre così... fosse la prima volta!" continuò il piccione, gesticolando come se fosse una persona, mentre l'uomo continuava a mostrare sempre la stessa espressione completamente neutrale. "Cooo, ma forse non è l'idea migliore del mondo, sai? Entrare di soppiatto in un posto dove ore prima qualcun'altro è entrato di soppiatto per tentare un omicidio... Dovresti fare più attenzione. Si potrebbe sospettare di te."
La ragazza alternò lo sguardo dal piccione all'uomo, profondamente a disagio. Alla fine si girò verso Kaku, che era lì a completare il trio; la fissava con un'espressione particolarmente contrariata stampata in viso, come se fosse veramente arrabbiato dalla sua presenza.
"Il fratellone..." buttò lì Hikari, in una voce simile ad uno squittio. "Cosa è...? Come sta...?".
Al sentire quelle parole, il ragazzo sospirò, mentre la sua espressione si rilassava un po' in una che mostrava prevalentemente stanchezza; Hikari interpretò quell'espressione come un segnale positivo, e ne approfittò per avvicinarsi a lui e ad appoggiare la fronte sulla sua spalla. Lui si limitò a tirare un secondo sospiro e scuotere il capo, prima di iniziare a darle delle pacche sulle spalle per cercare di confortarla.
"Il dottore sta facendo il possibile. Dobbiamo solo sperare..."
Dopo non molto tempo il gruppetto venne raggiunto da Paulie, che menò un mezzo cazzotto in testa ad Hikari per essere entrata senza permesso dopo un incidente così grave; una volta pagata quella sorta di tassa, comunque, smise completamente di badare a lei. Lei rimase appoggiata alla spalla di Kaku, lo sguardo perso nel vuoto, mentre gli altri conversavano interrogandosi su cosa potesse essere successo quella notte.
"Un furto... un furto sembra la spiegazione più logica... lo studio era messo completamente sottosopra..."
"Ma non manca niente di valore".
"Che stessero cercando qualcos'altro?"
"L'unica cosa di estraneo che hanno trovato gli investigatori è una maschera."
"Bell'indizio! Ci sarà metà della città che gira in maschera questi giorni!"
"Chi potrebbe mai volere il signor Iceburg morto..."
"Io rimango della mia opinione" fece Lulu, ancora intento a cercare di appiattirsi il ciuffo ribelle. "Gente del governo..."
"Lulu, ti ho già detto di tapparti la bocca prima di finire nei guai" gli abbaiò Kaku, stizzito.
"Potrebbe essere..." intervenne Hikari.
"Oh, non ti ci mettere anche tu adesso!"
"Forestieri..." borbottò la ragazza, sempre fissando il vuoto. "Dev'essere stato un forestiero... non qualcuno di qui. Nessuno... nessuno in città potrebbe mai... non dopo tutto quello che ha fatto... quando è la persona che è..."
La ragazza non riusciva a concepire l'idea che qualcuno volesse fare del male a quell'uomo. Non riusciva a concepire l'idea che qualcuno volesse fare del male ad un uomo che era riuscito a rimettere in sesto una città intera contando solo sulla sua abilità e la sua forza di volontà. Ad un uomo che si era sempre prodigato per prendersi cura di tutto e di tutti. Ad un ragazzo che portava qualcosa da mettere sotto i denti ad un randagio che viveva nella discarica.
"Chiunque sia stato, che sia roba di furto o che... non può essere qualcuno che lo conosceva direttamente..." mugolò Hikari.
"Si, Kare ha ragione" sbottò Paulie, in un raro momento di accordo con la sua vicina di casa. "Il signor Iceburg è amato da tutti in città. Non è possibile che qualcuno che lo conosceva potesse fargli questo..."
"Cooot, forse si è trattato di qualche delinquente..." interloquì il piccione per l'uomo con i capelli neri.
"Beh, brava persona non è di certo. Un delinquente o un forestiero... magari entrambe le cose..."
"Abbiamo sempre pirati che girano in cantiere, in fondo"
"Il punto è che non si capisce come siano entrati... non c'è nessun segno di forzatura sulle porte."
"Forse-"
"No, Hikari" la bloccò il piccione, senza nemmeno darle il tempo di articolare la frase. "Coot coot, dubito fortemente che siano passati dalle fogne."
La ragazza non rispose per qualche momento, stizzita dal fatto che il ventriloquo l'avesse preceduta con un centro perfetto, prima di buttare lì un 'suppongo' poco convinto.
Un tempo abbastanza lungo trascorse senza che nessuno dicesse niente, mentre ognuno fissava in una direzione, ma tutti con la testa altrove. Kaku continuava a dare leggere pacche sulle spalle ad Hikari, che continuava a tenere la testa praticamente sul suo collo, e pareva sempre più demoralizzata con lo scorrere dei minuti. Ad un certo punto, fece per mettersi il fischietto in bocca; era una cosa che faceva fin da bambina, soffiare in quel fischietto quando era agitata. Il fischio sordo aveva sempre avuto un effetto calmante su di lei. Il gesto, in ogni caso, non passò inosservato al resto del gruppo, che reagì con un collettivo "Non ci provare neanche."
Finalmente, dopo quella che parve un'eternità, una porta si aprì. Ne uscì una donna con gli occhi azzurri e i capelli biondi ritirati sulla nuca; aveva un fazzoletto tra le mani, il viso arrossato e gli occhi lucidi - sembrava avesse pianto. Si stava risistemando gli occhiali dopo essersi probabilmente asciugata le lacrime.
"Kalifa!" fece Paulie alzandosi dalla sua sedia. "Allora...?"
"Signori, potete entrare, ma vi prego di fare piano".
Tutti nel gruppetto alzarono la testa simultaneamente, lanciando alla donna uno sguardo di sorpresa mista a speranza.
"Vuoi dire che...?"
La donna annuì, mentre i suoi occhi tornavano a riempirsi di lacrime.
"Il signor Iceburg ha ripreso conoscenza".
Un sospiro di sollievo collettivo accolse quelle parole.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Caos ***


4 - Caos

"Signor Iceburg!"
Il gruppetto di carpentieri si affrettò ad entrare nella stanza insieme alla donna bionda; Hikari, un po' titubante, li seguì passo passo, stringendo un lembo della felpa di Kaku e rimanendo mezzo nascosta dietro di lui. Lanciò un'occhiata interdetta alla ragazza con gli occhiali, Kalifa, in un certo senso aspettandosi di essere mandata via, ma lei si limitò a risponderle con un cenno della testa ed un mezzo sorriso.
La donna era la segretaria di Iceburg; bella, intelligente, sempre attenta ad ogni dettaglio e praticamente impeccabile in tutto quello che faceva. Hikari era sempre un po' a disagio quando si trovava attorno a lei - aveva la sensazione che la sua sola presenza la facesse apparire ancora più trascurata. D'altro canto, era anche la persona che aveva fatto sì che Hikari smettesse di vestirsi come una vera e propria vagabonda, ed era sempre pronta a darle un consiglio per qualunque cosa; era probabilmente la cosa più vicina ad un'amica che la ragazza avesse.
"Santi numi... mi dispiace, devo avervi fatto preoccupare".
Sdraiato in un confortevole letto in mezzo alla stanza, c'era un uomo con corti capelli scuri, pettinati con cura nonostante la delicata condizione in cui si trovava. Sulle coperte del letto, all'incirca all'altezza del petto dell'uomo, stava seduto un piccolo topolino bianco.
Iceburg. Il sindaco di Water Seven. Il presidente della Galley-La. L'eroe, l'uomo più importante di tutta la metropoli. Hikari fissò il suo viso estremamente tirato senza dire nulla, sempre semi nascosta dietro gli altri; ancora non riusciva a capacitarsi di come una cosa del genere fosse potuta accadere.
"Non ci pensi neppure, signore!" fece Paulie con un gran sorriso in volto, sedendosi su una sedia accanto al letto. "L'unica cosa che conta è che lei stia bene! Per tutto il resto non si deve preoccupare. Ci penseremo noi a tirare avanti il lavoro fino a quando non si sarà ripreso!".
L'uomo annuì con un cenno della testa, poi parve voler aggiungere qualcosa.
"In ogni caso... le persone che sono entrate ieri notte..."
"Non si deve preoccupare nemmeno di quello, signore!" rispose di nuovo prontamente Paulie. "Gli ispettori stanno lavorando sodo e..."
"No".
Iceburg lo bloccò prima che potesse continuare.
"Voglio dire... le persone entrate ieri notte... ricordo bene chi erano".
Tutto il gruppo mise su un'espressione collettiva di shock al sentire quelle parole - a parte Lucci, sempre impassibile, ma il suo fedele piccione sembrava scioccato per lui.
"Che cosa...?"
Tutti rimasero in silenzio, in attesa di sentire di più.
"Uno era un uomo alto... di una stazza imponente... mascherato da capo a piedi. L'altra... una donna con i capelli neri..."
L'uomo si voltò a fatica verso il muro, dove era appeso un foglio di carta. Hikari si sporse un po' di più dalla spalla di Kaku per vedere di cosa si trattasse: era un manifesto da ricercato, con una taglia della bellezza di 79 milioni di berry. Il nome sul manifesto recitava 'Nico Robin', e la foto... la foto, per qualche assurda ragione, era quella di una bambina. La ragazza apparve confusa per un secondo. Una bambina ricercata...?
"Non ho dubbi..." continuò Iceburg. "Si trattava di Nico Robin."
Il gruppo parve prendersi qualche secondo per elaborare l'affermazione; Hikari, dal canto suo, non si raccapezzava con la discrepanza tra la definizione che il sindaco aveva dato degli aggressori e quella foto attaccata al muro; si trattava forse di una vecchia foto, forse l'unica che la marina aveva a disposizione per quella malvivente? Iceburg l'aveva definita una donna; presumibilmente un'adulta, quindi.
"Ehi, Kaku" fece la ragazza a bassa voce. "Tu sai chi è questa Nico Robin...?".
"Ne ho sentito parlare. E' una ricercata con una grossa taglia sulla testa da vent'anni, da quando era una bambina".
Che razza di crimine poteva aver commesso una bambina per essere ricercata, viva o morta, con una taglia così alta...?
La ragazza scosse il capo, cercando di scacciare quel pensiero così disturbante. Non era quella la cosa su cui focalizzarsi; a quanto pareva, questa donna - in ogni caso, ormai era una donna adulta - era una dei due attentatori, Iceburg sembrava esserne assolutamente certo. Quella era l'unica cosa che contava.
"Coot..." il piccione sulla spalla di Lucci fece un piccolo verso, come per prendere la parola. "Effettivamente, per quello che ne sappiamo, Nico Robin si trova effettivamente su quest'isola al momento - in qualità di membro della ciurma di Cappello di Paglia".
Oh. Di nuovo quel ragazzo e i suoi compagni?
"Quindi i colpevoli sono i pirati di Cappello di Paglia..." ripetè Lulu, con un'aria particolarmente seria in volto - contrastata dal suo abituale tentativo di appiattirsi il ciuffo ribelle. "Immagino che sia perchè non gli abbiamo riparato la nave..."
"Quella barca..."
Kaku si voltò verso Hikari. "Come, scusa?"
Lei parve pensare un secondo a cosa dire.
"Stanotte sono andata a fare un giro giù alla baia, c'era la loro barca ormeggiata..."
"Dici davvero? Che cos'hai visto?"
"Diciamo cosa non ho visto" fece la ragazza, grattandosi la testa. "Sulla barca o dormivano tutti o non c'era nessuno. Non si sentiva volare una mosca. Però... non so, credo sia successo qualcosa lì. La spiaggia era tutta un casino, sembrava che qualcuno ci avesse fatto, boh, esplodere qualcosa..."
"Hai per caso visto questa donna con i capelli neri?"
"Non ho visto nessuno. Mi ricordo solo il ragazzo col cappello di paglia e quella ragazza coi capelli color carota che erano in cantiere ieri. Altri non ne ho visto...".
"Quindi erano ancora ormeggiati alla baia?" chiese Kaku.
"Penso lo siano ancora... all'alba la barca era ancora lì..."
"Buono a sapersi" fece Paulie, con aria truce in volto. "Almeno abbiamo una pista."
Ad un tratto, si iniziarono a sentire delle urla al di fuori della stanza, urla che si facevano sempre più vicine; alla fine, le porte della stanza vennero spalancate di botto da un uomo molto alto e muscoloso, che pareva essere la sorgente di quel trambusto.
"RAGAZZI, E' TERRIBILE!"
"ABBASSA LA VOCE, TILESTONE!" fu l'unanime reazione del gruppetto.
Tilestone era l'ultimo dei cinque capimastro del Dock 1, probabilmente quello che Hikari conosceva e frequentava di meno. Lo ricordava bene fin da quando era bambina, anni prima di iniziare a frequentare i carpentieri - al tempo era terrorizzata da lui: la ragione, il semplice fatto che quell'uomo sembrava fisicamente incapace di parlare come una persona normale; non faceva che urlare, urlare, urlare tutto il tempo, spaventandola a morte. Alla fine era riuscita a comprendere che non lo facesse per male; era una brava persona, semplicemente con un tono di voce eccessivamente alto, che tutti coloro che gli stavano vicino dovevano semplicemente imparare a sopportare.
Come a dar prova di ciò, l'uomo mise su un enorme sorriso notando che Iceburg aveva ripreso conoscenza... e ricominciò ad urlare a pieni polmoni.
"CAPO! FINALMENTE! FINALMENTE SI E' SVEGLIATO! E' FANTASTICO!"
Il frastuono continuò fino a quando Paulie non decise di metterci una fine, nell'unica maniera che conosceva: con un cazzotto ben assestato in testa al collega, abbastanza forte che lo spedì a terra fuori dalla camera del sindaco. Hikari fissò la scena con un misto di dispiacere e divertimento: non era mai felice di vedere i carpentieri menarsi così tra loro, ma d'altro canto era sempre un piacevole cambio di routine vedere Paulie prendersela con qualcun'altro che non fosse lei.
"Abbassa la voce, il capo è ancora debole!" abbaiò Paulie, fermo sulla porta della stanza. "Che diavolo hai da sbraitare?".
"OH! SI, GIUSTO!" fece Tilestone, come ricordandosi solo in quel momento perchè era corso fin là. "E' TERRIBILE! QUEI PIRATI DI IERI... CAPPELLO DI PAGLIA - STANNO COMBATTENDO CONTRO FRANKY AL CANTIERE! STANNO DISTRUGGENDO TUTTO!".
I carpentieri sobbalzarono al sentire quelle parole.
"Coo... ha sentito, capo?" fece il piccione, mentre Lucci si voltava in direzione di Iceburg.
"Non posso credere che abbia persino la faccia di presentarsi di nuovo in città così, alla luce del sole" borbottò Kaku con un'aria truce in viso.
Hikari continuava a stringere un lembo della sua felpa; a differenza degli altri, la sua mente non aveva elaborato le ultime notizie alla stessa maniera.
"Franky..." buttò lì. "Ma andiamo... sono andati ad attaccare briga pure con Franky? ... o forse è lui che ha attaccato briga, boh..."
Mentre era persa nei suoi pensieri, Kaku si liberò della sua stretta sulla felpa; imboccò l'uscita insieme al resto del gruppo di carpentieri, in un certo senso capitanato da Paulie, che sembrava quello più furioso di tutti.
"Non si preoccupi, signore" fece il ragazzo biondo prima di andarsene insieme agli altri. "Non la passerà liscia. Glielo prometto."
Con queste poche parole, il gruppetto si congedò. Hikari rimase ferma sul posto, indecisa su cosa fare, leggermente a disagio dal trovarsi sola con Iceburg e la sua segretaria in quella situazione.
"Oh. Ci sei anche tu... Hikari" notò l'uomo. "Ho sentito che ieri mi stavi cercando...?"
"Oh no, lascia... lasci perdere" si affrettò a dire la ragazza, agitando le mani. "Era solo un'altra roba di lavoro... Sono di nuovo disoccupata. Lo so, lo so" sospirò, intercettando entrambi gli sguardi di Iceburg e Kalifa. "Lo so, come al solito. Ad ogni modo, non preoccuparti. Pensa solo... pensi solo a riposarsi".
La ragazza si voltò verso la porta, sospirando un'altra volta. "Non che mi possa mettere in mezzo a qualsiasi macello stiano combinando... ma probabilmente dovrei andare a vedere che intenzioni hanno Kaku e gli altri. Non basta un presunto assassino, ora solo Franky ci mancava."
"Vai tranquilla" la rassicurò la donna con gli occhiali. "Resterò io qui insieme al Signor Iceburg."
Hikari annuì, ben consapevole che la segretaria, assieme a tutte le qualità che già aveva a livello estetico e professionale, poteva contare anche su un corpo molto atletico e più che capace di difendersi e di menare alla grande qualora ce ne fosse bisogno.
La ragazza lanciò un'ultima occhiata all'uomo coricato sul letto, poi al topolino che squittiva sulle coperte, muovendosi in maniera casuale, e per finire a Kalifa, che si era seduta nella sedia accanto al letto ed offriva parole di conforto al sindaco.
'Si. Meglio andare a vedere un po' che razza di macello combineranno quelli là tutti insieme...'

"Permesso... permesso... scusa, Ibuki - permeeeesso..."
C'era una folla enorme ammassata nel cantiere; Hikari fece fatica a sgusciare tra la gente per portarsi il più vicino possibile a ciò che stava accadendo in mezzo a quella baraonda generale.
La situazione certamente non sembrava delle migliori. Il cantiere aveva subito parecchi danni, una gru era crollata; ovunque, c'erano segni di lotta.
Rivide il ragazzo col cappello di paglia; era proprio al centro della scena, sotto attacco dal gruppo dei cinque capimastro del Dock 1 al completo. La ragazza che lo aveva accompagnato il giorno prima era poco lontana, stretta al collo da un uomo ed attorniata da una piccola folla inferocita: la notizia che il tentato omicidio era opera loro doveva essersi già sparsa.
Ancora faticava un po' a credere che il colpevole fosse quel ragazzino; nonostante fosse responsabile -anche solo come mandante- di quell'atto orrendo, si sentiva a disagio a vederlo subissato di botte da cinque uomini adulti e dotati di una forza mostruosa. Per quanto volesse vedere il responsabile punito, sperava che il gruppo non ci andasse troppo pesante trascinato dalla rabbia e finisse per uccidere il ragazzo. Non che quel timore sembrasse fondato; il ragazzo rispediva indietro praticamente tutto quello che gli veniva lanciato, persino un paio di proiettili sparati da Lulu non fecero che rimbalzargli sul corpo - aveva sicuramente i poteri di un frutto del diavolo, su quello non c'erano dubbi.
Attorno c'era un frastuono tremendo, urla che venivano da tutte le parti. La ragazza pirata urlava qualcosa che Hikari non riusciva a sentire, il ragazzo col cappello di paglia insisteva di non aver fatto nulla; la folla urlava furibonda nei suoi confronti, e intonava incoraggiamenti ai carpentieri.
Una di quelle voci, che lodava il gruppetto della Galley-la, si sentì sovrastando il resto. Un uomo molto alto, con un aspetto estremamente bizzarro - capelli azzurri in un ciuffo sparati al cielo, occhiali da sole, un naso che sembrava di metallo, enormi braccia tatuate, una camicia tropicale ed un costume da bagno come unici indumenti - era letteralmente seduto ad un tavolino là vicino, sorseggiando qualcosa e godendosi lo spettacolo assieme a due ragazze sedute vicino a lui.
"Forza!" gridò, euforico. "Dateci dentro, ragazzi - ehi!"
Hikari gli aveva sfilato repentinamente il bicchiere di mano, dopo aver marciato dritta verso di lui con aria stizzita. La ragazza gli lanciò un'occhiata truce, e procedette a buttare giù lei stessa la bevanda senza troppi complimenti, tenendo lo sguardo fisso su di lui mentre lo faceva, quasi in segno di sfida.
"Tu se non sei in mezzo a qualche macello non sei contento, eh, Franky?" buttò lì la ragazza una volta terminato il drink.
L'uomo scrollò le spalle, guardandola storto a sua volta. "Non prendertela con me, ragazzina. Tu lo sai che mi hanno combinato quei pirati?! Te lo dico io - ieri hanno distrutto la mia Franky House, e se quello non bastasse, hanno quasi pestato a morte i miei fratellini!".
Hikari parve sorpresa da quelle parole - di certo non aiutavano la posizione del pirata - ma dopo averci pensato per più di qualche secondo, riprese a guardarlo in maniera sospettosa.
"Così, per sport? Tu non hai fatto niente per provocarli?"
"Provocarli? Certo che no. Duecento milioni, ragazza mia - e rubare ai pirati non è un furto!"
"Quindi si, in altre parole, li hai provocati tu." concluse la ragazza; lo guardò di traverso per un secondo, poi sospirò.
"Oh, la colpa sarebbe mia quindi?!" replicò l'uomo con fare aggressivo. "La mia bellissima casa, distrutta! Fatta a pezzettini! Tu per prima dovresti capirmi, no? E non credo nemmeno che proprio tu possa venire a farmi la morale sul cosiddetto 'furto'!"
Hikari alzò gli occhi al cielo, esasperata, ma senza una vera risposta da dargli. Riabbassò gli occhi verso quello che ormai era un campo di battaglia, chiedendosi se potesse fare qualcosa per migliorare quella situazione; mentre era distratta da questo pensiero, il tavolino al quale Franky era seduto la sfiorò di un soffio. L'uomo si era alzato e aveva rovesciato il tavolo in uno scatto d'ira, facendolo praticamente volare in avanti, mentre tutto ad un tratto intimava ai carpentieri di farsi da parte - dopo quello che il pirata aveva fatto alla sua casa e famiglia, Franky proclamava che precedenza sulla vendetta spettava a lui.
"Vedi di aspettare, Franky" gli fece Kaku casualmente, senza nemmeno guardarlo. "Prima sistemiamo l'assassino e poi ci occupiamo di te."
"Già, forse è il caso che ti calmi un'attimino, bello" buttò lì Hikari, tirando un lieve colpetto col pugno su un braccio all'uomo con i capelli azzurri. Quest'ultimo, però, non parve assolutamente d'accordo; dopo un attimo di esitazione, sollevò un braccio, aprendo la mano destra ed afferrando con la sinistra quello che sembrava un tubo di metallo che spuntava dal palmo, come a prendere la mira.
"Allora non volete proprio capire..."
Panico generale iniziò a propagarsi tra la folla al notare quello che Franky stava facendo. Hikari rimase ferma accanto all'uomo, con un'espressione metà infastidita e metà preoccupata sul viso.
"Bello" fece la ragazza, scuotendo le mani per fargli cenno di fermarsi. "Bello, no. Evita. Per favore, evita."
Niente, Franky non la degnò della minima attenzione. Le braccia dell'uomo, già innaturalmente grosse, cominciarono ad espandersi sempre di più, in preparazione di qualcosa.
"Oh miseria-"
Hikari si affrettò ad unirsi al fuggi fuggi generale, ma prima che riuscisse ad allontanarsi abbastanza Franky fece quel qualcosa che stava preparando.
Sembrava l'effetto di una bomba - una bomba ad aria compressa, per la precisione. La ragazza si buttò per terra e tentò di trovare un'appiglio mentre veniva investita dallo spostamento dell'aria - forte praticamente tanto da far volare qualsiasi oggetto si trovasse sufficientemente vicino, distruggendolo nella buona parte dei casi; e qualsiasi persona non si fosse allontanata abbastanza in fretta, come il gruppo dei carpentieri e il ragazzo col cappello di paglia.
Hikari rimase acquattata al suolo appigliandosi il più forte possibile alla terra, al punto che le sue unghie quasi bucarono i guanti. A quel mostruoso spostamento d'aria seguì un rumore assordante, una seconda gru che cadeva, il galeone in lavorazione che veniva colpito in pieno; ci vollero diversi minuti prima che il tutto finisse. Solo allora la ragazza decise di rialzare la testa - per vedere il cantiere completamente distrutto.
"Che disastro..."
Si guardò attorno, mentre tentava di staccare le mani dalla terra. C'era un caos indescrivibile, nient'altro che macerie dove prima si erano trovati casolari e piccoli edifici che ospitavano i lavoratori. Franky sembrava essersi dileguato, la folla si era dispersa; Hikari non vedeva più nemmeno il ragazzo col cappello di paglia, o la ragazza coi capelli color carota, che dovevano aver approfittato del trambusto per darsela a gambe.
'Fantastico', pensò la ragazza amaramente, 'gran bella giornata del cavolo oggi'.
Sentì dei suoni provenire dai mucchi di detriti accumulati nella direzione nella quale erano stati scaraventati i carpentieri; in risposta, la ragazza si affrettò ad avvicinarsi per controllare che nessuno fosse ferito gravemente.
"Ragazzi" buttò lì con voce incerta, spostando qualche pezzo di legno nel tentativo di localizzare gli uomini. "Ehi... Tutto bene?"
Una mezza trave di legno le volò sopra la testa, calciata in maniera furibonda da una gamba che spuntava dai detriti.
"Lo prendo come un si."
I cinque carpentieri si affrettarono a liberarsi da quella massa di macerie che era finita loro addosso, sedendosi per terra e contemplando la situazione.
"Dannato Franky" ringhiò Kaku, aggiustandosi il cappello in testa. "Guarda un po' come ha ridotto il cantiere"
"Ehhh, è Franky." fece Hikari, a disagio, sedendosi accanto a lui e controllandolo più da vicino per assicurarsi che non fosse ferito. "Lo sai che è fatto così..."
"Male, intendi? Si, sono d'accordo" sbottò Paulie, tirando un calcio ad un'altro pezzo di legno che aveva commesso l'errore di trovarsi nelle vicinanze del suo piede.
"Che razza di giornata..." sospirò Lulu.
Hikari rimase in silenzio per qualche minuto, alternando lo sguardo tra gli uomini seduti per terra.
"Allora... che cosa facciamo adesso?"
"Tanto per incominciare, inizia con l'evitare di parlare al plurale. Tu devi levarti dalle scatole" le abbaiò Paulie. "Intesi? Bene. Puntualizzato questo, non possiamo lasciar scappare quei pirati. Questa sera ci sarà l'Acqua Laguna...".
Hikari sobbalzò al sentire quelle parole, un misto di sorpresa e preoccupazione sul viso.
"Serio?!" fece. "E' già periodo...? Diamine... ecco perchè c'era così vento oggi. Ohhh, cavoli, devo sistemare casa prima di stasera..."
"Controlleremo gli ultimi due treni in partenza dalla stazione." continuò Paulie, ignorando completamente il vago borbottio della ragazza che continuava in sottofondo. "In questo modo non potranno lasciare la città... Avremo la questione sistemata prima di sera" concluse, con un'aria molto seria in volto.
"Noi staremo a guardia del signor Iceburg... E' il massimo che possiamo fare" fece Lulu, come a continuare il discorso del collega.
"Mah, speriamo vada tutto bene..."
"Ehi, Kare. Piglia qua."
Hikari si voltò verso Paulie al sentire quella chiamata improvvisa, e prima di rendersene conto venne colpita dritta in faccia da un qualcosa di non identificato; dopo essersi sfregata un po' il naso, guardò in basso e vide un mazzo di chiavi. Perplessa, la ragazza lanciò un'occhiata all'amico.
"Motivo?"
"Visto che vai a sistemarti casa per l'Acqua Laguna, vedi di sistemare pure la mia."
La ragazza lo fissò per qualche secondo, con un'espressione neutrale in viso. "Scusa, mi ero persa la parte dove avevo trovato lavoro come tua domestica".
"Beh, potrebbe pure essere un'idea."
Il biondo sospirò. Il suo viso, per la prima volta in tutta la giornata, parve mostrare un'emozione diversa dalla furia: stavolta, sembrava semplicemente stremato. Era evidente che tutta quella situazione lo stava provando parecchio, più mentalmente che fisicamente.
"Senti... se vuoi dare una mano, fallo con un qualcosa che può effettivamente essere utile. C'ho troppo casino attorno adesso per andare a sistemare casa. Fammi questo favore".
"Okay allora" annuì immediatamente la ragazza in risposta, con fare semplice. "No problemo, me ne occupo io."
Kaku la guardò raccogliere le chiavi ed alzarsi, con un mezzo sorriso divertito in viso.
"Ti sei convinta facilmente, eh?".
La ragazza lo guardò e scrollò le spalle, sorridendo.
"Oh, andiamo, l'avrei fatto comunque." buttò lì. "Siamo vicini di casa, in fondo... bisogna darsi una mano quando serve. E' solo che non mi piace quando mi dà ordini come se fossi la sorellina scema a cui può mettere i piedi in testa, quindi qualcosa glielo si deve dire prima che si approfitti troppo. Non mi piace che mi si diano ordini!"
Il ragazzo con il cappellino scosse il capo, osservandola incamminarsi sempre con lo stesso sorriso divertito in viso.
"Ahh, ahh. Ti fai manipolare in maniera estremamente facile. E nemmeno te ne rendi conto!"

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Calma momentanea ***


5 - Calma momentanea

L'Acqua Laguna era un fenomeno che si verificava piuttosto frequentemente in città. Il prezzo da pagare per poter essere ciò che era, con i suoi canali e l'essere costruita praticamente sull'acqua; più volte all'anno, annunciate generalmente dall'arrivo di un forte vento e accompagnate da un tempo burrascoso, capitavano tremende inondazioni.
Onde alte svariate metri, l'acqua che praticamente sommergeva mezza città... fonte di tanta preoccupazione, certo - ma alla fine, non eccessiva.
Nel bene e nel male, era un evento che si verificava spesso, e alla quale gli abitanti della città si erano abituati, facendo buon viso a cattiva sorte: si erano venute a creare delle linee guida che più o meno tutti rispettavano per la durata del fenomeno. Si organizzavano dei centri di accoglienza nei livelli più riparati dell'isola, si prendeva con sè ciò che era necessario o che poteva essere troppo importante per rischiare che venisse danneggiato; una volta fatta questa cernita, si sigillavano come possibile porte e finestre delle case, per fare in modo che rimanessero relativamente ben mantenute anche nel caso fossero finite sott'acqua.
Hikari finì di tirare le ultime martellate, poi si asciugò la fronte ed indietreggiò di qualche passo, per vedere il risultato finale: un paio di assi di legno inchiodate di fronte alla porta d'entrata di casa sua, alla bell'e meglio; erano leggermente storte, ma apparivano sufficientemente salde.
La ragazza si voltò a guardare il cielo, ormai prossimo al tramonto; era il caso di aggiungere un'altra asse alla porta? Era sempre una seccatura quando, passata l'alta marea, bisognava schiodare quelle cose dall'entrata; d'altro canto, non stava portando appresso nulla, quindi decise di andare sul sicuro e aggiungerne una a quelle già presenti; non poteva correre il rischio che i muffin nella dispensa finissero inzuppati nell'acqua di mare.
Lanciò un rapido sguardo alla porta accanto, anch'essa già sigillata, prendendo mentalmente nota di aggiungerne una anche lì. Paulie non aveva dato istruzioni particolari sul portare via qualcosa dalla casa prima di sistemarla per l'alta marea, quindi aveva lasciato tutto come l'aveva trovato: specialmente la scatola di sigari che aveva visto appoggiata su un tavolino, e che quasi quasi le faceva sperare che l'acqua riuscisse effettivamente ad entrare e li rendesse inutilizzabili.
Mentre era impegnata a tentare di trovare la posizione corretta per l'asse da aggiungere, la ragazza avvertì uno spostamento di aria anomalo, al quale però non diede peso visto e considerato il vento forte che tirava. Solo quando una voce alle sue spalle la chiamò la ragazza si rese conto di non essere più da sola nella via.
"Hai bisogno di una mano?"
Hikari si voltò verso Kaku, che era apparentemente appena arrivato con il suo solito saltare da un'edificio all'altro. Diamine, era una cosa così assurda, eppure lui lo faceva sembrare così facile... era capace persino di muoversi così con tale maltempo.
"Ehi, bello" lo salutò Hikari con noncuranza, posizionando un chiodo sull'asse ed iniziando a tirare martellate su di esso in modo piuttosto aggressivo. "Come mai qui? Il soggettone ti ha mandato in avanscoperta per vedere se avevo obbedito ai suoi ordini?".
Il ragazzo scosse il capo con un sorriso, ancora una volta divertito dalle sue parole.
"Ma certo che no! Non ha proprio più ripreso la questione 'casa' da quando te ne sei andata".
"Come state messi lì da voi?".
"Insomma... Non so se hai sentito, ma Cappello di Paglia ha fatto irruzione alla sede centrale della Galley-La questo pomeriggio".
La ragazza tirò una martellata a vuoto mentre si girava a lanciargli un'occhiata perplessa.
"Serio? Così, in pieno giorno, davanti a tutti?"
"Esattamente."
"E non l'avete preso?"
"No. E' riuscito a dileguarsi prima che qualcuno di noi riuscisse ad acciuffarlo..." Kaku sospirò, mostrando un'espressione irritata. "Se penso che ce l'avevamo praticamente lì e lo abbiamo lasciato scappare...".
"Dai, non te la prendere" lo consolò Hikari. "Quel tipo è... uhhhh... particolare. L'ho inquadrato subito da quando bazzicava nel cantiere... Certo che però non è incoraggiante, il fatto che sia riuscito a fare irruzione così." la ragazza parve pensierosa. "Quindi alla fine come siete organizzati?".
"Allora, abbiamo tutti i carpentieri stazionati attorno alla sede centrale, ai quali si sono uniti un sacco di volontari. C'è una gran bella folla di fuori... ora, questo potrebbe non essere un bene, considerato il caos - ma tutti sembrano essere molto cauti. Ad ogni modo, noi cinque rimarremo direttamente a fare la guardia al signor Iceburg".
"Beh dai, mi sembra che siete organizzati bene. L'Acqua Laguna non dovrebbe arrivare fino alla sede centrale, quindi non credo avrete problemi con quello..."
La ragazza finì di tirare martellate al chiodo e, dopo una manciata di secondi senza parlare, si voltò verso Kaku.
"Allora, se non ti ha mandato il soggettone a controllarmi, come mai sei venuto qua?"
"Volevo giusto controllare se avevi finito di sistemare ed eri andata già al rifugio." il ragazzo la guardò senza voltarsi, tenendo il viso nascosto nel collo alto della felpa.
"Hikari, che intenzioni hai?"
"Che vuoi dire, che intenzioni ho?"
"D'accordo, non ci girerò intorno." Kaku si grattò il retro della testa. "Volevo solo dirti una cosa... Non ti voglio assolutamente vedere nei dintorni della sede centrale fino a che questo macello non sarà risolto. Tanto lo so che pensavi di unirti ai volontari. Vai su al rifugio e rimanici... non azzardarti a fare altrimenti."
La ragazza gli lanciò un'occhiata corrucciata.
"Bello, piano con gli ordini. Te l'ho detto che non mi piace che mi si diano ordini. Te l'ho detto manco un paio d'ore fa!"
"Ascolta. Promettimi che starai fuori dai guai. Non so che cosa farei se ti succedesse qualcosa."
Hikari venne presa in contropiede da quelle parole, ed il suo cuore prese subito velocità al sentirle. Era ovvio che non sottintendessero nulla se non la preoccupazione di un amico nei suoi confronti, si disse immediatamente tra se e se... il suo cuore se ne infischiò alla grande, continuando a battere molto più forte del normale.
"Beh, uh..." balbettò. "Ci... ci avevo pensato, si... se ci fosse, uh, bisogno. Se succede qualcosa..."
La ragazza continuava ad inciampare sulle sue parole. "Volevo... sai, volevo dare una mano anche io, si".
"Va tutto bene. Non abbiamo bisogno di altro aiuto. Mi faresti solo preoccupare".
Hikari gli lanciò una timida occhiata, rossa in viso, prima di riabbassare gli occhi.
"Però... Anche se dici così, è che... il non sapere che cosa succede... magari non succede niente, ma se invece..."
Mentre teneva lo sguardo basso, vide con la coda dell'occhio il fischietto legato al suo collo. Un ricordo di tanti, tanti anni prima, che ormai prevalentemente usava per lui; per attirare la sua attenzione quando era troppo impegnato a saltare da un edificio all'altro per guardare in basso.
Mentre lo guardava, d'un tratto, le venne un'idea.
"...! Sai cosa...?" fece, accalappiando il fischietto con una mano e sfilandoselo dal collo, per poi porgerlo al ragazzo.
"Ecco. Tieni questo! Se dovesse succedere qualcosa, usalo. Io lo sentirò di sicuro, e così verrò ad aiutarvi."
Kaku parve sorpreso di vedersi porgere quell'oggetto. Lo scrutò per qualche secondo, poi lanciò alla ragazza un'occhiata sarcastica.
"E dimmi, cosa pensi di fare tu sola soletta se noi ci dovessimo trovare in una situazione grave al punto da dover chiamare aiuto?"
"Ehi! Io sono resistente, eh! Qualche cosa la posso fare! Ho imparato un sacco di trucchi da Paulie e gli altri - vivevo per strada! So quello che faccio, eh. Posso essere d'aiuto! Davvero!".
Il ragazzo sospirò e scosse la testa con un sorriso, allungando la mano per prendere in mano il fischietto. Tanto non c'era modo di ragionare con lei.
"D'accordo, signorina, accetto le sue condizioni".
"Me lo devi restituire, eh!" sbottò la ragazza non appena l'oggetto lasciava la sua mano. "Non è nemmeno proprio mio. Cioè, ormai lo è, però... Non te lo sto regalando! Me lo devi riportare! E' la mia cosa più importante del mondo. Me lo devi assolutamente riportare!"
"Afferrato. Tranquilla, starò attento."
La ragazza rimase qualche secondo in silenzio, come se volesse aggiungere qualcosa; alla fine, con uno scatto repentino, saltò praticamente in avanti per stringerlo in un abbraccio.
"... quello... quello è la cosa più importante del mondo, però..." borbottò, appoggiando la testa alla sua spalla. "E' lo stesso per me... Non so cosa farei se ti succedesse - se vi succedesse qualcosa! Serio. Mi prometti che non farete nulla di troppo pericoloso?" lo strinse più forte. "Per favore."
La ragazza non riusciva a vedere il viso dell'altro da quella posizione, ma lo sentì stringere le braccia attorno a lei a sua volta.
Quell'abbraccio durò per qualche secondo in più del solito... dopodichè, il ragazzo scoppiò a ridere.
"Andiamo! Non ti pare di star esagerando un tantinello con la preoccupazione? L'incidente della notte scorsa ci ha trovati del tutto impreparati, ma ora è tutta un'altra storia. Non credo proprio che succeda qualcosa! E poi suvvia, hai già preso precauzioni, no? Sei ad un fischio di distanza".
"Ah ah ah. Vero..."
Rimase stretta a lui ancora per qualche secondo, aspettando che fosse il ragazzo a sciogliere l'abbraccio. Hikari non disse niente; non importava quanto a lungo quei momenti durassero, per lei non erano mai lunghi a sufficienza.
"Allora... io torno in ditta, okay?"
"Okay. Io finisco di sistemare qui e poi scendo al bar. Faccio un turno là così mi metto da parte almeno qualche spicciolo, che con i danni dell'Acqua Laguna non si sa mai."
"Routine usuale, dunque" annuì Kaku. "Assicurati di andare al rifugio appena possibile, okay? Ci vediamo."
Rimase fermo qualche secondo, guardando in direzione della ragazza, apparentemente sovrappensiero. Poi tutt'ad un tratto, come se nulla fosse, spiccò un salto altissimo e sparì dalla vista di Hikari. Lei rimase immobile per un secondo, poi sospirò ed iniziò a sistemare l'ultima tavola aggiuntiva alla porta del suo vicino di casa; mentre lo faceva, però, venne fatta sobbalzare da un fischio sordo.
Si guardò attorno, confusa, poi notò Kaku che la guardava da sopra un edificio, con il fischietto in bocca ed un'aria divertita.
"Volevo giusto controllare che funzionasse"
La ragazza lo guardò per un secondo, ritornando di nuovo rossa in viso.
"Me lo devi assolutamente riportare, siamo intesi? Assolutamente!"

La taverna di Blueno era da anni il suo piano B. Sistemato in periferia, ma non troppo lontano dal centro, il bar vedeva un variegato assortimento di clienti giornalmente, dai carpentieri, ai cittadini qualunque, fino ad arrivare a veri e propri delinquenti - per Hikari era ormai un ripiego costante e sicuro per tirare avanti ogni volta che si trovava senza lavoro, cosa che il locandiere sapeva benissimo.
L'uomo aveva una stazza imponente ed una capigliatura curiosa pettinata in due ciuffi alti ai lati della testa, che sembravano quasi le corna di un toro; li aveva sempre portati così, ed erano diventati una cosa talmente peculiare da aver fatto fabbricare l'insegna della locanda con quella forma.
Ad Hikari non dispiaceva dare una mano là; amici o delinquenti che fossero, si trovava a scambiare due parole un po' con tutti. Le risse non mancavano, specialmente tra i carpentieri - Paulie ci si trovava quasi sempre in mezzo - ma la ragazza non aveva mai avuto problemi con nessuno. Forse perchè nessuno era interessato a lei, o forse la gente veniva tenuta in riga dall'aspetto minaccioso del barista; cosa ironica, visto quanto l'uomo era lento e dai modi gentili.
"Ah, è qui che sei finita, quindi?"
Hikari alzò la testa dal bicchiere che stava pulendo, sorridendo, quando vide Kokoro avvicinarsi al bancone seguita passo passo dalla nipote ed il suo coniglio.
"Part time, al solito... con l'Acqua Laguna alle porte, meglio avere qualche soldo extra in caso si rompesse qualcosa in casa..."
"E' per questo che sei in città, Kokoro?" domandò il barista, unendosi alla conversazione. "Per via dell'Acqua Laguna?"
L'anziana rise di gusto alla domanda. "Certamente. Mica potevo restare su quella piccola chiatta con l'alta marea!"
"Sorellona! Sorellona!"
"Che c'è, Chimney?"
La bambina porse ad Hikari lo zaino che la ragazza aveva dimenticato alla stazione il giorno prima.
"Oh, cavolo, giusto" fece la ragazza con un sussulto, prima di prenderlo ed appoggiarlo su una sedia là vicino.
"Avevi di nuovo dimenticato la tua borsa in qualche posto strano?"
"Oh, ora non essere maleducato, Blueno" rise Kokoro nuovamente. "Sarà pure una chiatta, ma è la nostra chiatta."
"Si, avevo lasciato lo zaino alla Shift Station ieri mattina." la ragazza si grattò la testa, mettendo su una buffa espressione di fasitidio. "Avuto davvero troppo poco tempo per ricordarmene con tutto il casino... Che ti servo, Kokoro?"
"Mi va bene del vino".
Mentre la ragazza era impegnata a controllare gli scaffali per cercare la bottiglia giusta, le porte del bar si aprirono si botto. Sentì la voce di Blueno dare il benvenuto al nuovo arrivato, ma lei non si voltò a guardare chi fosse fino a quando non ebbe trovato quello che cercava; a quel punto, dopo aver posto la bottiglia sul bancone, alzò lo sguardo verso l'entrata.
Sulla soglia, fermi in posa plastica per qualche strana ragione, si trovavano Franky - il suo ciuffo di capelli azzurri afflosciato sul viso - e le due ragazze che di solito lo accompagnavano.
"EHILA'!" esclamò l'uomo, a voce molto alta. "COME BUTTA DA QUESTE PARTI?!"
"Ecco che arriva il solito fanatico" fece Hikari, alzando gli occhi al cielo. "Qui tutto bene, non preoccuparti"
"Oh, chiudi il becco, ragazzina" sbottò Franky, avvicinandosi al bancone e poi rivolgendosi al barista. "Per me, il solito! Presto, presto!".
"Ce li hai i soldi per pagare?".
"Ce li ho, ce li ho... Ti pare modo di accogliere i clienti, questo?! Chiedere subito se hanno i soldi..."
"Ecco, capo" interloquì una delle due ragazze, porgendogli una grossa mazzetta di banconote. "Ci è rimasto ancora un milione di berry avanzato dagli acquisti..."
L'uomo parve semplicemente scioccato al vedere quei soldi.
"Che cosa?!" esclamò, sembrando quasi offeso. "Ci erano avanzati così tanti soldi?! Ma diamine! Non è da me lasciare degli avanzi! Va contro ogni mio principio!"
Franky accalappiò la mazzetta di banconote e, con un gesto repentino, la lanciò per aria facendo piovere tutti i soldi in giro per la stanza.
"Forza, gente! Offro io!" fece, accolto dalle urla di gioia di tutto il locale.
Hikari si limitò a guardare la scena senza fiatare, versando a Kokoro il vino che aveva ordinato; una volta finito, però, si sporse in avanti dal bancone e allungò le braccia per afferrare quante più banconote possibili di quelle che ancora stavano per aria.
"E con questo dovrei essere apposto anche per il prossimo mese, danni per l'Acqua Laguna o no" commentò soddisfatta, infilandosi i soldi in tasca.
"Di nuovo disoccupata?"
"Già. Fortuna che c'è il mio salvatore sempre qua quando capita" commentò la ragazza, dando una pacca sul braccio del barista, che si limitò a rispondere con un sorriso.
"Beh, buon per te" concluse Franky, scrollando le spalle, per poi lanciarle un'occhiata perplessa.
"Ehi, ragazzina. Che cavolo di fine ha fatto il tuo fischietto? Hai mica perso pure quello?"
"Ma ti pare! L'ho solo prestato a Kaku per un po'".
"... perchè?"
"Pensavo potesse servirgli! Metti che davvero succede qualcosa..."
"Succede qualcosa, te che caspita puoi fare? Niente, puoi fare" Franky alzò gli occhi al cielo e sospirò, con un'aria infastidita.
"Seriamente, da quanti anni è che gli corri dietro a quell'idiota? E basta! Tra voi non funziona. Mettiti l'anima in pace e cercati qualcun'altro, che è meglio".
"Oh, dacci un taglio, Franky!" rimbeccò la ragazza, chiaramente in imbarazzo. "Non gli sto correndo dietro. Siamo amici. Gli amici aiutano gli amici! Tutto qui."
"Certo, continua a ripetertelo, tanto la cosa non è affatto evidente" fece l'altro con fare sarcastico, per poi tornare a rivolgersi al barista. "Allora, il mio ordine?!"
Il barista mise sul tavolo tre di quelle che parevano essere bottiglie di cola. Franky non esitò a prenderle e, dopo aver assurdamente aperto uno sportello all'altezza del suo stomaco, ci sistemò le bevande. La cosa apparve immediatamente rienergizzarlo: persino i suoi capelli erano tornati pettinati in maniera impeccabile.
L'uomo quasi gridò dallo spavento quando notò Kokoro seduta al bancone praticamente accanto a lui. I due iniziarono una conversazione sull'Acqua Laguna alla quale la ragazza prestò poca attenzione, impegnata a servire del succo di frutta a Chimney. Quando sentì l'argomento passare a quello che era accaduto ad Iceburg, però, si mise in ascolto per sentire cosa i due avevano da dire in merito.
"I pirati, eh?" fece l'anziana, ridendo come di suo solito. "E tu ci credi?"
"Perchè, tu no?" le domandò Hikari, perplessa.
"Parli come se sapessi qualcosa..." borbottò Franky con un'espressione corrucciata. "Sputa il rospo, se è così".
La donna buttò giù un altro po' di vino e incominciò ad esporre la sua teoria.
"Vedi... è da tempo che Iceburg viene costantemente preso d'assalto da agenti del governo... se chiedi a me, questa è opera del CP9".
"...Che sarebbe?" interloquì Hikari, alternando lo sguardo tra Kokoro e Franky, in attesa che qualcuno le desse spiegazioni.
"Bah, cretinate! Non si sa nemmeno se quell'organizzazione esista per davvero!"
"Oh, esiste, esiste" insistette Kokoro. "Non si vedono, ma ci sono! Fa paura il pensiero... agiscono nell'ombra, fanno sparire chi sta scomodo ai piani alti, e se hai la sfortuna di trovarti sul loro cammino..."
"Che sono, una specie di mafia?"
"No" rispose Franky, agitando una mano. "Secondo delle voci sono un'unità di agenti supersegreti che lavorano per il governo e fanno cose del tipo ammazzare gente scomoda e robe simili..."
"Oh, ma dai!" sbottò Hikari, alzando gli occhi al cielo. "Serio, ma dove le sentite queste storie? Ma vi pare che il governo possa mettersi ad ammazzare la gente così? Lo so che c'è gente come Lulu che non si fida per niente dei governativi, non mi piace averci a che fare nemmeno a me, metti che faccio qualche cretinata mentre sono aggiro... ma da qui a dire che mandino i cecchini ad interrare la gente che non va a loro genio ce ne passa! E ti pare che Iceburg sia il tipo di persona che potrebbe essere 'scomoda' a qualcuno?" Hikari sbuffò, accalappiando il bicchiere ormai vuoto della donna e ritirandolo. "Kokoro, tu devi bere di meno. "
La donna incassò il rimproverò con un'altra risata delle sue.
"Forse è così... o forse no. Chi può dirlo? Vorrei quasi sperare tu abbia ragione".
Una volta chiusa, quella conversazione non venne più riaperta. Il resto della serata passò più in tranquillità - apparte il momento in cui Franky si alzò di botto, spaccando parte del bancone con un pugno senza un apparente motivo, ed uscì dal locale urlando qualcosa a proposito di voler fare casino.
'Come se ci fossero momenti in cui non vuoi far casino', pensò tra se e se Hikari, pulendo un bicchiere con uno strofinaccio mentre guardava ciò che rimaneva del bancone.
Una volta che l'orologio fece le nove, arrivò l'ora di chiusura.
"Il bar è sistemato per l'Acqua Laguna, Blueno?" lo interrogò la ragazza, mentre contava i soldi che aveva precedentemente preso al volo, guardando i clienti lasciare il bar uno ad uno. "Di solito non sale così in alto, però boh, non si sa mai..."
"Nessun problema. Tutto preparato" fece il barista in maniera semplice.
"Bene, bene". la ragazza si reinfilò i soldi in tasca, poi rimase a guardare la bottiglia vuota lasciata da Kokoro, con aria corrucciata.
"Ehi, Blueno? Tu ci credi a quella storia dei mercenari del governo?".
"Corrono voci" fece l'uomo. "Nulla di più... A detta di Kokoro, se esistessero, non sarebbero riconoscibili".
"Boh, quello ha senso, suppongo. Ma ti pare che il governo si metta ad ammazzare gente così, mandandogli appresso assassini?"
"No, probabilmente no".
"Appunto!" fece la ragazza, alzando le braccia mentre si dirigeva verso la porta. "Meno male che non tutti si bevono 'ste teorie assurde!"
"Vai al rifugio, Hikari?".
La ragazza gli lanciò un'occhiata imperscrutabile, come se qualcosa stesse passando per il suo cervello.
"Si, vado là" buttò lì, spiccia.
"Fa' attenzione sulla via."
"Lo farò. Ci vediamo! Grazie ancora per il turno".
Hikari uscì, chiudendosi la porta del locale alle spalle, e poi rimase qualche secondo interdetta sulla direzione da prendere; alla fine, si diresse verso la scalinata che portava al cantiere.
Il suo zaino, nel frattempo, riposava indisturbato sulla sedia del bar sulla quale la ragazza lo aveva depositato qualche ora prima.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4065362