I Write Sins Not Tragedies

di Swan Song
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antipasto ***
Capitolo 2: *** Primo ***
Capitolo 3: *** Secondo ***
Capitolo 4: *** Dolce ***
Capitolo 5: *** Caffè ***



Capitolo 1
*** Antipasto ***



Note introduttive:

Cari lettori, bentrovati! Inizialmente volevo aspettare ancora un po' prima di pubblicare questo racconto in parte pasquale, ma poi ho fatto un rapido calcolo con il calendario e son giunta alla conclusione che, pubblicando un capitolo a settimana, si arriverà giusti giusti a fine mese.
I capitoli sono 5 in totale, quindi eccoci qui!
Per chi non lo sapesse e fosse nuovo, questo racconto fa parte della serie "The 1950s", che racconta le avventure investigative degli Sheppard, padre e figlia.
Gli Sheppard sono stati introdotti nel racconto "The Windsor Chalet". 
Ora. La storia è a sè stante, ma contiene spoiler sullo Chalet, nonché personaggi lì introdotti. 
Se nulla di tutto questo vi dà fastidio, procedete pure. ^^

Il titolo è un riferimento alla canzone dei Panic At The Disco "I Write Sins Not Tragedies", che io adoro e il cui video musicale ha come ambience proprio un matrimonio.
I titoli dei capitoli, invece, seguiranno lo schema di un tipico pranzo al ristorante: Antipasto, Primo, Secondo, Dolce e Caffè. 

Saluto tutti i miei lettori fedeli: oggi è un giorno molto speciale, dato che è il mio compleanno, quindi non potevo non cedere alla tentazione e pubblicare. Come disse Oscar Wilde: "L'unico modo per resistere alle tentazioni, è cedervi".

Buona lettura.

SwanXSong








Antipasto








Venezia, 1951.

«Un po’ più vicini...ancora più vicini...ancora un po’...non siate timidi, avvicinatevi ancora di qualche centimetro, signori!»
Susan Sheppard non sapeva se suo padre odiasse i fotografi, ma aveva la certezza che odiasse i fotografi ai matrimoni.
E, a giudicare dall’espressione inasprita, neanche il maggiore Price sembrava gradirli più di tanto.
«Così ti va bene?» tuonò prontamente, passando un braccio intorno alle spalle di Steve con fare quasi romantico «O devo avvicinarmi ancora?» poi sussurrò tra sé e sé «Fotografi da strapazzo.»
Il marine, dal canto suo, alzò gli occhi al cielo e pregò che tutta quella manfrina cessasse in fretta «Forse non ti è chiaro. Io e il Maggiore non stiamo insieme, non siamo una coppia.»
Il fotografo, un uomo dai trenta ai quaranta con una cascata di riccioli biondi e la statura media, fece partire l’ennesimo scatto «Come no? Dissento. Siete una coppia di amici, avete detto di essere una coppia di amici, quindi una coppia siete.»
Da lontano, Susan si mise a contare tutti i “coppia” pronunciati.
Price si voltò a guardare Steve con aria confusa «Questo ci sta prendendo in giro. Palesemente. Allora, abbiamo finito o no? Di foto ne hai a sufficienza, direi.»
«Devo immortalare ogni singolo momento di questa grande festa!» ribatté il professionista «Richiesta degli sposi. Ancora un bel sorriso...e uno, e due...dite “canali”!»
Questa volta, Steve incrociò le braccia al petto e si spostò proprio nell’istante in cui il biondino premette sul pulsante apposito della macchinetta «Mi sono rotto.»
«Detective Sheppard!» lo inseguì questi, disperatamente «Detective Sheppard, ancora uno scatto con sua figlia, la prego!»
Steve proseguì per la sua strada, le suole delle scarpe tirate a lucido calcavano pesantemente i corridoi del palazzo veneziano.
«Il Presidente degli Stati Uniti ha nominato lei e sua figlia “detective ufficiali”, quindi volevo chiederle come si sente, cosa percepisce in questo momento.»
«Non sei un giornalista.»
«Questo è vero, ma...la prego! I due grandi investigatori, coloro che hanno risolto il caso dello Chalet, ora sono nuovamente insieme agli Windsor, al matrimonio di Nathan Solo ed Aisha Lopez!»
«Ci hanno invitato, sai com’è.» ribatté Steve, il passo spedito.
Stremato, il fotografo lanciò un fiore addosso al detective marine dopo averlo strappato da uno dei bouquet decorativi «Lei e Price state insieme? Le mogli sono soltanto una copertura? Le voci girano!»
«Ecco dove voleva arrivare.» sbuffò Price una volta raggiunto l’amico «Me lo sentivo che quella iena ci credeva...fa niente.» borbottò, sistemandosi la divisa «Secondo me è un giornalista.»
Steve piazzò le mani ai fianchi e lo fissò «Perché credi sia convinto che noi...»
Price alzò le sopracciglia e lo squadrò «Tu fai un po’ troppo il macho… avrà pensato che sei il dominante della coppia.»
«Spiegatemi perché quel fotografo suppone certe cose, quando sa perfettamente che la moglie del Maggiore è qui presente.» Odette entrò nella conversazione, battendo sonoramente i piedi per terra – avvolti in elegantissime ballerine – e trattenendo uno sbuffo «E insieme a lei, la figlia di Sheppard.»
Susan si unì al terzetto, respirando profondamente «Ti rispondo io, cara Odette. Perché mio padre e tuo marito, molto spesso, si comportano davvero come una coppia di sposati.»
I due interessati si scambiarono uno sguardo pressoché allibito «Chi, noi?» esclamarono all’unisono.
Odette scosse la testa e riprese il suo cammino verso la destinazione «Andiamo, che come minimo siamo già in ritardo. Oh, la nonna avrebbe adorato tutto questo!» esclamò con fare teatrale, premendo una mano sull’ampio cappello primaverile nel disperato tentativo di non farlo cascare per terra.
«Lo avrebbe adorato o lo avrebbe odiato?» sussurrò Price a Steve, il quale ribatté «Non lo so, gli Windsor sono sempre così strani, chi meglio di te lo sa? Un po’ odiano i matrimoni, un po’ li adorano. Lancia una moneta.»
Price fece spallucce «Forse dipende dal tempo atmosferico, da come si alzano al mattino. Se vedono sole, tutto fila liscio che è una meraviglia, se vedono pioggia...»
«Stavo per dormire, durante la funzione.» intervenne Susan, prendendo suo padre a braccetto «Spero che qui ci si diverta.»
«Non dovresti odiare così la sacra unione.» borbottò Odette «Prima o poi, toccherà anche a te, mia cara. Io ed Aisha siamo andate, manchi tu.»
Susan spalancò bene le palpebre «Detta così, suona macabra, la faccenda. Si usa anche per definire qualcuno che è schiattato.»
«Figliola...» la riprese Steve.
Lei si girò verso di lui «Cosa? Adesso sono ufficialmente una detective, non posso parlare del mio lavoro?»
«Non ad un matrimonio. E scordatelo, non avverrà niente, questa volta. Capito? Non vengono compiuti omicidi ovunque andiamo. Perciò, ti siederai a tavola come da buon costume, consumerai i pasti e parteciperai alla festa. Tutto qui.»
«Tutto qui? Sembra una tortura!»
«Nah, non può essere peggio della celebrazione. E’ stata più noiosa di quella tra me e tua madre.»
Molti si erano di sicuro chiesti come mai la signora Sheppard non comparisse mai in scena, e forse all’inizio non era voluto, ma col trascorrere del tempo era diventato una specie di rituale, qualcosa di canonico. Evidentemente, la signora Sheppard odiava i matrimoni, oltre che le cene in onore di compleanni di vecchi ricconi e Carnevali vari…doveva essere una tipa piuttosto solitaria.
Comunque, Susan la prese sul personale «Manco io, tzé...» scimmiottò «E allora? Dove sta scritto che tutte le donzelle devono sposarsi...io ho i miei casi, i miei studi...»
Giunsero in un enorme salone decorato alla perfezione, con ampie finestre e tavoli rotondi piazzati a debita distanza. Due elementi facevano da padrone: il profumo di fiori e cibi - che quasi poeticamente fluttuavano nell’aria come uno spartito colmo di note piacevoli – e gli abiti indossati dagli sposi e dagli invitati.
La maggior parte di questi erano già accomodati; Nathan ed Aisha sedevano alla tavola d’onore, rettangolare, posta alla fine della sala su un piano rialzato.
Prima di prendere posto, Odette afferrò con impeto uno dei flute di champagne dal vassoio di un cameriere, tracannando subito dopo.
«Bleah, fa schifo. Spero che il cibo non sia dello stesso livello.» si lamentò «Ho sentito che c’è il caviale.»
Steve e Susan si scambiarono un’occhiata, respirando profondamente. Quando avevano saputo che il tavolo a loro riservato era lo stesso dei Price, si erano detti che andava bene.
«Manca un invitato.» fece subito notare Susan, prendendo posto «Una sedia è vuota, ce ne sono cinque, dubito che gli sposi l’abbiano fatto apposta.»
«Figliola...che ti ho detto, poco fa?» la riprese Steve.
«Insomma, papà! Non sto parlando di cadaveri!»
«Ma ti stai comunque comportando da detective!» strinse i denti e sussurrò «Non comportarti da detective.»
Lei sbuffò «Che noia. Ci proverò.»
All’improvviso, una voce famigliare «I due grandi detective nuovamente insieme agli Windsor! Se non è una sorpresa questa!»
«Roger?!» proruppero all’unisono gli Sheppard «La sua, semmai, è una sorpresa!»
Il maggiordomo dello Chalet si accomodò proprio nella sedia libera «Sono stato invitato. Harper è una donna così a modo, gentile…ha invitato tutto lo staff. Con gli affari ci sa proprio fare. A proposito, lo Chalet va alla grande!»
Steve sollevò il calice in brindisi «Stavo per chiederglielo, ma vedo che mi ha preceduto. Ho sempre creduto in quella donna, e sono contento che gli affari le vadano bene. Naturalmente, sono contento anche per lei, Roger. Ma mi dica qualcosa che non so, basta parlare di quello Chalet...i miei sono traumi, più che ricordi.»
Roger scoppiò a ridere e bevve a sua volta «Ha ragione. Dunque, vediamo...»
Era vestito davvero elegante, con i capelli tirati così a lucido che a stento si riusciva a riconoscerlo.
Susan sorrise, era contenta di averlo nel suo stesso tavolo, perché piuttosto che Adam Windsor…
Adam Windsor, completo viola con tanto di farfallino, sembrava aver trovato una nuova fidanzata al di sotto dei venticinque anni.
La signorina si pavoneggiava come una vera principessa, avvolta in un abito rosso fuoco abbinato al suo rossetto e allo smalto sulle unghie.
Rosso e viola, due colori che era vietato indossare ai matrimoni.
Allo stesso tavolo, Harper e James, in compagnia di Chuck.
Naturalmente, Susan fissò da tutt’altra parte quando lo sguardo del giovanotto la colpì con la stessa forza di un raggio di sole, accompagnato da un sorriso intrigante.
E quella “tutt’altra parte” le permise di avere una prima panoramica della sala.
Seduti ai tavoli accanto a quello principale, dovevano esserci i parenti e gli amici dalla parte di Aisha: la signorina non aveva rivelato praticamente nulla del suo passato o della sua famiglia, tanto che Susan non era certa i genitori fossero ancora in vita o in buoni rapporti con lei.
E invece sembravano gradire parecchio, nonostante il padre – a una prima occhiata – non si presentasse come il più dolce degli uomini.
In chiesa non aveva avuto modo di vederlo, così come il resto degli invitati; oppure era troppo assonnata per “lavorare come si deve”?
C’era poi una ragazza, di sicuro più grande di Aisha di qualche anno, accompagnata da un ragazzo di bella presenza dai capelli rossicci.
«La sorella. Ci metto la mano sul fuoco.» si lasciò scappare tra una tartina e l’altra.
«Come dici, Susan?» la interrogò Jonathan, che – malauguratamente per lei – aveva sentito.
«Io? Niente, pensavo.»
E continuò a farlo, questa volta stando attenta a non sussurrare, a non aprire proprio bocca «Si somigliano troppo. Stesso naso, stessi lineamenti...è di sicuro la sorella di Aisha.»
«Il balletto classico mi piace, devo dire.» Roger, nel frattempo, si era lanciato in un monologo sul teatro.
Non che Susan non apprezzasse, ma avrebbe preferito un po’ di pepe, qualcosa per cui…
Il suono di una posata che si scontrò con un calice di vino la distrasse dalla marea di pensieri.
Un tintinnio lieve, ma acuto.
Sollevò lo sguardo e vide Aisha, in tutta la sua bellezza, richiedere l’attenzione dell’intera sala «Signore e Signori, gentili invitati. Non so davvero come ringraziarvi, siete tutti qui, tutti presenti in questo giorno così importante per me e mio marito.» afferrò la mano di Nathan e sorrise.
Susan indietreggiò d’istinto: le faceva senso sentire la parola “marito” pronunciata al posto del nome di battesimo del povero cristo.
Nathan restò seduto, lasciando fare tutto alla sua adorata mogliettina «Spero che la cerimonia non sia stata troppo noiosa...»
«No, figurati, non finiva più.» Susan, accortasi di aver espresso ancora una volta i suoi pensieri a voce alta, decise di affogarsi nei dolci fumi dell’alcol, tracannando come se non ci fosse un domani.
Gli invitati risero; qualcuno applaudì, altri fischiarono in approvazione.
«Ma, davvero, ci tengo a ringraziare ciascuno di voi dal profondo del mio cuore. E’ importante che siate qui. Questa parte riguarda anche voi, non soltanto gli sposi!» disse Aisha «Nel bigliettino degli inviti, ho pregato alcuni di voi di fare un gentile intervento, così da intrattenere il pubblico. Spero vi siate preparati, perché adesso è il vostro turno! Coraggio!»
Steve applaudì e Susan, giusto per andargli dietro, lo imitò.
Aisha allungò la mano verso uno dei tavoli più vicini e sorrise con calore «Sorella mia, sei stata la mia roccia fino a questo momento, anche se sono certa che continuerai ad esserlo. Il palco è tuo. Oh, e Benny. Vorrei che tu l’accompagnassi, futuro cognato.»
A quelle parole, Susan non riuscì a trattenere un gesto di vittoria, che fece sotto il tavolo per non essere vista. Ci aveva azzeccato: quella era la sorella di Aisha e il tizio dai capelli rossi era il suo promesso sposo.
La coppia si alzò all’unisono, salendo i due scalini e raggiungendo così la tavolata principale. La sorella scoccò un lieve bacio in guancia ad Aisha e trattenne le lacrime.
Aisha si riaccomodò e strinse forte la mano di Nathan, il quale sorrise, come incantato.
«Perché diventano tutti dei pesci lessi? Anche tu eri così, papà?»
Steve si girò verso Susan e sollevò le sopracciglia «Figurarsi. Non mi sono rammollito a tal punto.»
Ma la figlia non ne era così sicura.
La primogenita dei Lopez stringeva un bigliettino tra le dita, nervosamente, e Susan non poté fare a meno di notare le pieghe ai bordi, segno che la ragazza si era ripassata un sacco di volte la “lezione”.
Si schiarì la gola, rizzò la schiena e posò lo sguardo sulla sala «Chi di voi già mi conosce, sa benissimo quanto io ami e stimi mia sorella. Le sorelle maggiori sviluppano in maniera naturale l’istinto di protezione verso le minori. Ma non voglio limitarmi ad esprimere l’amore che provo per Aisha. Quello che voglio fare, invece, è ribadire quanto questa giovane donna meriti la felicità. Quanto meriti un futuro pieno di champagne, viaggi e bambini che scorrazzano per casa.»
Aisha si asciugò le lacrime con il dorso della mano «Smettila, Didy, così mi rovini il trucco.»
Gli invitati risero in maniera contenuta.
Ma Didy non aveva alcuna intenzione di smetterla «Da piccole adoravamo giocare nella casetta sull’albero. Guardavamo il cielo e ci confidavamo, ci dicevamo quanto un giorno avremmo voluto vivere una vita piena e che, nonostante tutto, non ci saremmo mai separate. Qualsiasi sorpresa la vita ci avrebbe riservato.» una pausa e poi «Ho sempre saputo che Aisha non me la raccontava giusta, che con Nathan c’era qualcosa di più di una semplice amicizia. Non avevo torto! Anche se questa zuccona voleva farmi credere il contrario: “No, Didy, siamo soltanto amici!”» la imitò «Ecco dove sono i due amici adesso.»
Nathan incrociò le braccia al petto «Non infierire.» e la sala rise ancora.
«La mia futura moglie ha ragione.» prese la parola Benny «Anzi, sapete che vi dico? Che Aisha ci ha fregato, perché alla fine si è sposata prima di noi!»
«Io mi farei due domande, fossi in te.» si lasciò scappare Adam Windsor, tracannando altro vino. Fortuna che ebbe la decenza di parlare sottovoce, nessuno lo sentì.
«Non è sempre la sorella o il fratello maggiore a sposarsi per primo?» proseguì Benny, spalancando le braccia per fingersi indignato «Bella figura ci fate fare.»
«Non te la prendere, amico.» sorrise Nathan «E’ la vita. O forse, semplicemente, sono stato più rapido di te a fare la proposta. E anche di mio fratello.» aggiunse, guardando apposta Chuck e facendo l’occhiolino.
Chuck sapeva che avrebbe avuto tutti gli sguardi puntati addosso dopo quell’esclamazione, quindi alzò il calice in aria e ribatté «Agli scapoli che si godono la vita!»
Adam schioccò le dita e passò la lingua sul palato «Ben detto!» facendo indignare la fidanzata di turno, che poggiò una mano sul cuore palpitante.
Evidentemente sperava di diventare una nuova “signora Windsor” dopo averlo fatto su per bene.
Benny prese nuovamente la parola «Comunque sia, approvo questo matrimonio! In pieno! Vado d’accordo con Nathan, mi ha anche aiutato con il costume da coniglio pasquale!»
Sul volto di Susan si dipinse una vera e propria espressione di sorpresa «Il costume da coniglio pasquale?» ripeté, cercando una risposta da suo padre. Naturalmente, non arrivò, Steve ne sapeva quanto lei.
«Benny lavora come intrattenitore.» disse Odette, scostandosi quel poco che bastava per permettere al cameriere di servire altri antipasti «A pasquetta si è esibito ad una festa piena di bambini. Lo hanno adorato, è davvero bravo. Credo i bambini siano i suoi preferiti in assoluto. Nathan l’ha aiutato a ricucire il costume da coniglio, ormai logoro. Che è un bravo ragazzo, si era già capito.»
Gli Sheppard risposero con la stessa espressione, labbra sporgenti e fronte corrugata, tanto che a Price sembrò di avere davanti la stessa persona. Si perse, quindi, in ragionamenti scientifico-filosofici riguardanti la genetica, il dna e la somiglianza in generale tra persone che condividono lo stesso sangue.
Sarebbe bello, un giorno, poter osservare una creatura da te generata e poter affermare con fierezza che tale creatura ha i tuoi stessi occhi o il tuo stesso, terribile, modo di fare.
Lui e Steve erano pressoché coetanei, eppure Steve aveva avuto Susan da giovanissimo, mentre lui ancora non aveva il privilegio di essere chiamato “padre”, e la cosa un po’ iniziava a pesargli.
«Vi prego, potete smetterla? Siete terrificanti.»
Gli Sheppard lo fissarono «Smettere di fare cosa?»
«Comunque, non sapete quanto ha insistito il reverendo affinché il matrimonio non venisse celebrato durante la quaresima.» proseguì Odette «Alla fine ha vinto lui, ma per poche settimane.»
Correva infatti il 10 aprile, la Pasqua era stata il 25 di marzo.
«Se questa giornata fosse stata nel periodo pasquale, col cavolo che mia moglie ci avrebbe lasciato venire!» tuonò Steve «Fino a Venezia, poi...»
Il palazzo in questione era interamente di appartenenza di Harper, perché lei sì che ci sapeva fare con gli affari, per citare il buon Roger.
I presenti a quel tavolo si persero le ultime parole di Benny e Didy, che, finito l’intervento, si andarono a riaccomodare al proprio.
Le uniche informazioni che Susan aveva appreso erano che lei adorava salire nella casa sull’albero con Aisha, mentre lui si vestiva da coniglio pasquale. Adorabile. E superfluo.
Ma che andava a pensare? Quello non era un caso! Era semplicemente la vita vera.
Semplicemente…
«Che noia.»
Seguitarono gli interventi di Chuck, che da fratello maggiore non poteva mancare, e di Harper e James, che ricordarono quanto non avrebbero potuto desiderare un figlio migliore di Nathan, quanto fossero fieri di lui.
Susan stette per addentare qualcosa al salmone, quando, dalla grande tavolata degli sposi, Aisha annunciò «E ora, il momento tanto atteso. Fate un applauso ai più grandi detective della nostra epoca, coloro che hanno risolto brillantemente il caso dello Chalet e che mi hanno salvata dalla galera!»
Dapprima, il silenzio.
Susan restò con la forchetta sospesa a mezz’aria, mentre Steve si congelò sul posto. Era evidente che entrambi non se l’aspettavano, che erano stati colti di sorpresa. Perché nei loro inviti non c’era specificato proprio un bel niente.
Partì un sonoro applauso, accompagnato da un flash: il fotografo aveva ottenuto ciò che desiderava.








Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Primo ***



Primo








Jonathan Price soffocò un’acuta risata nella mano chiusa a pugno. Per quanto lo riguardava, quella giornata aveva raggiunto l’apice del godimento, perché niente avrebbe superato il suo divertimento nel vedere gli Sheppard lanciarsi in un discorso matrimoniale improvvisato.
Sheppard che restarono inchiodati sul posto fino a che Odette, in una maniera forzatamente cordiale, non diede loro una piccola “spintarella”.
Allora si alzarono a tempo e si diressero a destinazione. Dire che tutti li guardavano sarebbe stato riduttivo.
Susan cominciò a deglutire, nervosa, mentre Steve si lisciò le pieghe della divisa che indossava; era stata una scelta di lui e Price presentarsi in divisa, anche se sapevano che vigeva una specie di regola non scritta che invitava coloro che possedevano un titolo militare a presenziare ai matrimoni in divisa.
A tal proposito, una vecchietta riccona si rifece la vista.
Piegò il collo di lato, cercò di non far cadere la dentiera dentro il flute di champagne, e squadrò le spalle e il sedere di Steve senza vergogna alcuna.
«Pensavo fosse un vecchio.» commentò, avvicinandosi all’orecchio della sua amica novantenne, anch’essa non maritata «I giornali non hanno specificato. E, dato che ha già una figlia grandicella, ho pensato...»
«Sì, anche io.» ammiccò suddetta amica «Invece, guarda che roba...una scultura!»
«La moglie sarà ancora viva...»
«Peccato.»
«Guardare, ma non toccare.»
«Bè, un ballo può anche concedercelo.»
Susan aumentò il passo quando affiancò il tavolo dov’era presente Chuck, anche se non servì a molto, dato che percepiva il suo sguardo addosso ugualmente, come se avesse gli occhi nella schiena.
Era dannatamente elegante, il bastardo, ancora più del solito. O era lei che lo vedeva così, più bello del solito?
Scrollò la testa per scacciare quei pensieri e salì i famigerati scalini. Sia Aisha che Nathan la guardavano raggianti, sorridenti, ma lei in quel momento avrebbe solo voluto ucciderli.
Chuck accavallò le gambe ed incrociò le dita, pronto a godersi la scena come se fosse a teatro.
«Bè, allora...»
Un inizio pessimo, Steve, disse tra sé e sé, ma non era mai stato bravo con le parole, piuttosto coi fatti. E le parole venivano di conseguenza, ecco perché spesso e volentieri risultava burbero. O, come diceva sempre Price, un neanderthal.
Susan fece scorrere lo sguardo sulla sala e batté le mani, fingendosi entusiasta, per soccorrere il padre e salvare la situazione «Signore e Signori...»
Meglio, decisamente, pensò Steve. Fortuna che per certi versi ha preso da sua madre.
«Credo vogliate ascoltare cosa pensiamo degli sposi, piuttosto...»
La vecchietta con l’amica novantenne alzò il bastone e lo puntò direttamente contro la ragazza, che indietreggiò spaventata «Ma quali sposi e sposi! Siete stati invitati a parlare in quanto detective ufficiali, quindi...parlate.» mosse tatticamente le sopracciglia ed ammiccò in direzione di Steve, così tanto che Chuck (dalla sua postazione) si sentì in dovere di sussurrare «Accidenti, questa mi batte. Dovrei imparare da lei.»
Gli Sheppard si scambiarono uno sguardo com’erano soliti fare «Uhm…è vera, questa cosa?» domandò Steve voltandosi verso gli sposi «Dobbiamo parlare del nostro lavoro?»
Aisha sorrise «A differenza degli altri ospiti, siete famosi. Qui tutti sanno come mi avete incontrata. Come avete incontrato Nathan.» aggiunse, accarezzando la mano dello sposo con movimenti circolari e studiati, che fecero rabbrividire Susan «Ma non sanno le vostre mirabolanti avventure! E dato che nemmeno io e Nate le conosciamo… coraggio, sbizzarritevi!»
«Abbiamo scelto, di comune accordo, di non farvelo sapere prima, nel biglietto d’invito, proprio per non farvi preparare, per farvi andare a braccio.» disse Nathan «Così tutto sarà molto più naturale.»
«Geniale, davvero.» borbottò Steve «Neanche un minimo preavviso.» poi, quando vide che Price se la rideva come una iena, ringhiò.
Susan prese un ampio respiro «Immagino conosciate il caso della contessa Perla O’ Neill.»
«Quello sì.» saltò su Roger «Grazie al signorino Chuck.»
«E ti pareva.» sussurrò Steve «Eccellente, quello lo saltiamo. Se vi manca, recuperatelo!»
Susan si sporse verso di lui «Non è un libro, papà.»
«Senti, sono in confusione, non so che dire. Dai marines stai alle regole tutto il giorno, i superiori ti urlano nelle orecchie come se fossi la peggiore feccia dell’umanità. Quindi non sono abituato a trattare con gente per bene.» l’uomo ricambiò lo sguardo della vecchietta «Soprattutto con vecchie arrapate.»
«Sì, me ne sono accorta anche io.» rise la figlia.
Prima che uno dei due riuscisse a proseguire, James Solo alzò la mano «Ho una curiosità, detective.»
«Ah, James. Uno dei pochi normali in quella famiglia.» bisbigliò Steve.
«Per forza, tecnicamente non è di quella famiglia.» ricordò Susan.
«Perché si dice che “non sono mai gemelli” in riferimento ai crimini?» domandò James.
«Uhm...suppongo perché non lo sono davvero.» rispose brevemente Steve, grattandosi i capelli scuri con fare confuso.
Susan scosse la testa e prese la parola «E’ importante sottolineare che questa espressione non ha un significato letterale legato ai gemelli biologici.» disse «In realtà, si riferisce al fatto che ogni crimine è unico e presenta dettagli specifici che lo distinguono dagli altri. Non esistono due crimini identici, signori, proprio come non esistono due gemelli identici.»
«Ma se sono gemelli.» tuonò la novantenne.
Susan alzò gli occhi al cielo «In altre parole, ogni caso richiede un’analisi approfondita e una comprensione delle circostanze specifiche. Anche se due crimini sembrano simili superficialmente, ci saranno sempre differenze cruciali che li rendono unici. Quindi la frase “non sono mai gemelli” enfatizza l’importanza di considerare ogni caso come unico e non fare supposizioni affrettate.»
Sperò così di essersi spiegata, perché non sapeva più con quali parole farlo.
«E voi avete mai beccato un caso con due gemelli?»
Evidentemente le metafore non venivano colte «No.» rispose Susan con tanta pazienza «Ma non stavamo parlando di gemelli biologici. Comunque No.»
«E il vostro approccio, detective?» domandò un uomo con dei lunghi baffi ed una pipa poggiata sul tavolino.
«Un detective deve avere un’elevata capacità di osservazione, deve analizzare i dettagli e trarre conclusioni basate su prove concrete.» ribatté sempre Susan.
«Quindi lei ha già capito tutto di me, signorina.» la sfidò questi.
La ragazza assottigliò lo sguardo e lo studiò attentamente «Se intende adesso, la risposta è No, l’ho fatto già quando ho dato una prima occhiata alla sala. Lei ci tiene al suo aspetto fisico, lo dimostrano i baffi ed il look in ordine, però fuma, un brutto vizio in contrasto con la sua dieta e il suo stile di vita sano. Lo fa perché ha scoperto, dopo vari tentativi falliti, che le donne sono più attratte dall’uomo che fuma, in particolar modo la pipa, quindi ha deciso di fare questo sforzo. Da ciò si deduce che è un uomo che vive da solo alla perenne ricerca dell’amore. Il suo completo ha qualche pelo di cane sparso qua e là, non l’ha spazzolato a dovere, è venuto al ricevimento in tutta fretta, forse perché non le interessa più di tanto e ha organizzato tutto all’ultimo.»
«Come osa!» tuonò la madre di Aisha, girandosi per guardarlo non male, malissimo.
«Che c’è? Mi annoiano le cerimonie, ma volevo approfittare del cibo gratis!» si difese questi «Comunque, basta così. Prenda fiato, signorina. Solo...come fa a sapere che sono peli di cane e non di gatto?»
Susan portò le mani dietro la schiena, fieramente «Sono due tipi di pelo diversi, su questo vinco facile.»
L’ometto annuì e si accese la pipa «Non...non ho altre domande.»
Qualcuno, nella sala, sorrise, altri applaudirono.
«E’ brava.»
«Ha dimostrato di saperci fare, sì.»
«Così giovane, poi...»
Steve era fiero di lei e, a suo modo, anche Chuck. Applaudiva e sorrideva con ammirazione.
Susan, dal canto suo, arrossì «Io...» si schiarì la gola «Scusate, quando si tratta d’investigazione, parto per la tangente e...è solo che mi emoziono così tanto! Sento un fuoco dentro il petto che sale e sale, e s’ingrandisce sempre più, fino ad esplodere. Il che, di solito, coincide con la risoluzione del caso.»
La novantenne si sporse verso l’amica «Pensavo più che altro all’orgasmo. Tu che dici, Gertrude?»
«Eeeeh?»
«Cosa?»
«Non ho sentito. Hai parlato?»
«Sei sorda!»
Adam Windsor scattò in piedi e sventolò le mani per aria, probabilmente già brillo «Nessuno ha mai parlato di me, in questi famosi articoli? Come minimo dovrebbero fare detective anche me.» s’indicò e latrò «Io ho scoperto i...»
«Nooo, Adam, stavi per rivelare la soluzione a chi ancora non la conosce!» imprecò Harper «Zitto mai! Dannazione, sei sempre il solito!»
«Scusa, sorella, ma esiste ancora qualcuno che non conosce la soluzione? Gli sposini mi pare abbiano detto che tutti la conoscono.»
«A parte che è bello rivederti, da un lato, Adam...tutto ciò che hai scoperto tu è avvenuto in maniera totalmente casuale, quindi io non lo definirei un “merito”.» disse Susan.
Adam storse il naso e le puntò il dito contro «Ecco perché non ti ho mai fatto la corte, nonostante tu non abbia ancora venticinque anni!»
«Sì, già me l’hai detto, grazie.» ribatté lei, esausta «Abbiamo finito? Vi siete intrattenuti abbastanza?»
«No! Non avete raccontato altri casi interessanti!» berciò un vecchietto dalle retrovie «Hey, bella Susan...se Adam non ti vuole, ci sono sempre io. Ho tanti possedimenti, sai...tante ville al mare. Ti piace il mare?»
«Sai dove puoi ficcarteli, i tuoi possedimenti?» intervenne Steve come un mastino, ancor prima che Susan riuscisse a fiatare.
«Sono straricco, signor Sheppard! Sarei un ottimo marito!»
«Sì, e prossimo alla morte.»
Quasi tutta la sala scoppiò a ridere e Steve ne approfittò per tornare al tavolo «Sentite, questa pagliacciata è durata anche troppo. Buon proseguimento a tutti.»
«Peccato, volevo sapere dei casi. Vecchio bastardo, hai rovinato tutto!» una vecchia accanto a lui fece per tirargli una bastonata.
Gli Sheppard si gettarono a peso morto sulle sedie, stremati.
Susan aveva ancora i brividi per la proposta del vecchio, mentre Steve si girò subito verso Price, che gli rideva palesemente in faccia.
«Vuoi ricominciare?» lo minacciò con sguardo serio.
«Ricominciare a fare cosa?»
«Lo sai cosa, a litigare.»
«Ma per favore, Steven. E sta’ dritto con quella schiena. Sei seduto come un australopiteco.»
Steve si dondolò all’indietro apposta per farlo irritare «Così va meglio? Sono dritto?»
«Steve...»
«Chi sei, mia madre?»
«Credo proprio che finirò il salmone in crosta.» tuonò Susan nel disperato tentativo di placarli un’altra volta.
«L’ho assaggiato anche io, ma l’ho trovato un po’ acido.» le disse Odette.
«Oh, peccato. Vediamo.» Susan masticò e scosse la testa «Io lo trovo normale.»
Quando Steve bevve un altro sorso di vino, Price saltò su nuovamente «Giusto, ubriachiamoci fino a vomitare l’anima. Dopotutto, non siamo in servizio. Non patisce niente.» aggiunse poi rivolto a Susan «Ti rendi conto? Un buzzurro. Un neanderthal!»
«Rilassati. Che vuoi che succeda oggi? Beviamo un sorso, festeggiamo!» controbatté l’interessato.
«Hai sentito quello che ho detto?»
Si trovò di fronte un ghigno che conosceva ormai alla perfezione «Io non ce la posso fare con te, Steven.»
«Non sei tu che devi farcela con me, Jonathan.»
«Danziamo!» gridò Odette di punto in bianco, vedendo che le prime coppie si stavano dirigendo sulla pista, dov’era iniziata la musica.
«Tesoro, dai, non ho voglia.» sbuffò Price «Mi sta scoppiando la pancia, mi partiranno i bottoni!»
«Non voglio sentire discussioni!» disse Odette, afferrandolo bruscamente per mano nel disperato tentativo di trascinarlo in pista «Di nessun tipo.» chiarì.
Steve rizzò la schiena e poggiò le mani ai fianchi con fare sicuro: «Figliola, tu ballerai con me.»
«Cosa? Sarò lo zimbello di tutta la sala!»
«E’ una precisa richiesta.»
«E’ un ordine.» si lamentò lei.
«Vuoi che ti protegga dai vecchi proprietari terrieri che attentano alla tua dote o no?»
«E pure a qualcos’altro, aggiungerei...» sussurrò lei tra sé e sé.
Rassegnata, non le restò che accettare la mano di suo padre.
Gli sposi aprirono le danze, dopodiché ciascuno poté darsi alla pazza gioia.
«Una foto, per cortesia.» disse il fotografo con fare impacciato «Una foto alle coppie che ballano. Signora Solo, iniziamo da lei e suo marito.» aggiunse, riferendosi ad Aisha «Fermi così. Perfetto! Un bel sorriso...ah, è venuta benissimo, direi! Un’ottima inquadratura. Grazie, grazie molte.»
Quando si avvicinò a Steve e Jonathan, il primo lo mandò via con un brusco sventolare di mano «Non rompere di nuovo.»
Il fotografo si allontanò senza insistenza, evidentemente aveva capito l’andazzo.
Dopo un’esitazione iniziale, palpabile nell’aria, la situazione fu più o meno questa:
Susan pestava i piedi a suo padre, il quale cercava di trattenersi e sopportare pur di non vederla tra le braccia di qualche ricco bavoso, Price faceva roteare Odette che era una meraviglia, Didy e Benny ballavano come dei professionisti, e il fotografo scattava foto perfino al pavimento. Anzi, forse un po’ troppo al pavimento; sicuramente era ubriaco.
Mentre Susan cercava di pensare a qualsiasi altra cosa anziché al fatto che ballasse con suo padre, si percepì una voce gracchiante nell’aria «Hey, bel marine...» ammiccò la vecchietta, la cui scia di profumo veniva percepita probabilmente anche negli Stati Uniti «Un ballo me lo concedi?»
Steve la squadrò con disgusto e fece per rifiutare, quando…
«Ma certo che lo concede! Signora...»
«Gertrude.» fece la vecchia, poggiando una mano sul petto di Steve con fare disinvolto.
Susan scoppiò a ridere, Steve la guardò malissimo, ma era in trappola. La sua faccia diceva “in camera facciamo i conti”, ma tanto Susan sarebbe stata protetta dalla porta della comunicante, che la separava da quella del padre.
Susan adorava sua madre, ma doveva pur salvarsi in qualche modo, e poi cos’avrebbe mai potuto fare una donna di quell’età a suo padre?
«Vi lascio al vostro ballo, eh...» esclamò a denti stretti.
Quando si voltò, si scontrò con qualcuno che, per non farla cadere, la trattenne per le braccia «Dove scappi, Miss Marple?»
Susan prese un ampio respiro ed alzò gli occhi su Chuck «Non potevi usare paragone peggiore. Quella è una vecchia.»
Chuck sorrise e la bloccò, stringendole una mano «Non ho alcuna intenzione di lasciarla, quindi tu adesso balli con me. È il minimo, dato che mi devi ancora quella cena.»
Susan cedette e sbuffò «Era Carnevale, è da poco passata la Pasqua. Non è trascorso molto.»
«Hai promesso.» rammentò lui, guardandola serio «Hai promesso, quindi adesso voglio la verità. Voglio sapere cos’hai intenzione di fare con me.»
Lei prese a muoversi a tempo a lui, piazzando le mani sulle sue spalle, mentre lui le stringeva la vita con delicatezza «Manterrò la promessa. Quando vuoi fare? Dai, dì un giorno. Ci sarò.»
Chuck restò sorpreso «Parli sul serio?»
«E’ soltanto una cena.»
«E’ un inizio.» le sussurrò lui sul collo.
Il suo fiato la fece rabbrividire.
Questa volta mantenne lo sguardo fisso in quello di lui, nonostante il batticuore, in attesa di una risposta.
«La prossima settimana, al rientro dall’Europa.» stabilì il ragazzo «Allo Chalet, dove tutto è iniziato.»
Susan, dovette ammetterlo, fu parecchio stupita «Allo Chalet?»
«Sì. Mi piace mantenere fede alle...tradizioni.» il tono di Chuck si faceva più basso e roco ad ogni risposta, e le sue labbra pericolosamente vicine al collo della sua dama «Che dici?»
Le fece fare una giravolta inaspettata, alla fine della quale la sua schiena premette contro il petto di lui «Io...» cominciò a blaterare, perdendo il lume della ragione, completamente ammaliata da lui «Sì.»
«Sì?» Chuck, non fidandosi, dato che lei gli era scivolata dalle mani fin troppe volte, come una saponetta, volle averne la certezza.
Glielo sussurrò mentre le sue labbra le sfioravano dolcemente la guancia senza poggiarvisi davvero sopra; un lieve tocco, come una piuma che, trasportata dal vento, raggiunge il terreno.
Con la mano le accarezzava il mento, con lo sguardo studiava il resto dei ballerini; ma, in realtà, anche quello era concentrato nella risposta.
«Sì.»
Quando Susan lo ripeté, Chuck fu colmo di quella certezza. Sorrise, voltandola nuovamente, così da specchiarsi nei suoi occhi «Mi togli il fiato dalla prima volta che ti ho vista in quella funivia.»
La pressione che sentì subito dopo sul suo petto, un vero e proprio spintone, gli fece capire di aver esagerato con le moine.
«Sta’ zitto.» esclamò Susan, allontanandosi con un sorriso.
«Auch.»
«Non hai nessun altro da torturare?»
«Probabilmente sì.» la riagguantò lui, costringendola a danzare ancora «Ma ho scelto te.»

Gertrude era appiccicata all’ampio petto di Steve Sheppard, merito della sua scarsa altezza e di quella considerevole di lui.
La vecchia volpona era già ubriaca.
Passando le mani dietro il collo del poveraccio e specchiandosi nei suoi occhi, disse «Io non mi sono mai sposata.» sbandò leggermente «Ma mi sono data da fare comunque con gli uomini, eh eh.»
Steve strinse i denti sforzando un sorriso «Ho afferrato il concetto.»
«Ooooh.» lo sguardo della dama si fece più famelico, mentre seguivano le note di danza insieme «Che birichino!» fece scendere la mano giù e ancora più giù, sempre più giù, fino al fondoschiena del suo cavaliere, che sobbalzò, irritato.
Ma fu la frase successiva che per poco non gli fece rimettere tutto ciò che aveva ingerito «Anche con te dovrei darmi da fare...» le sussurrò la vecchia in tono suadente.
«Ah! Eheh, vede...signora Gertrude...»
L’espressione mutò in una quasi offesa «Oh, no, no, no...»
Steve si schiarì la voce, correggendosi «Mi-mi scusi, signorina Gertrude, non voglio che si faccia un’idea sbagliata, io sono sposato.»
«Chiamami Trudy.» pregò lei, sorda, portando la testa indietro con godimento.
«V-va bene.» Steve era davvero allo stremo delle forze, Gertrude appoggiò ancora la testa sul petto di lui, dondolando «Mi ricordi uno dei miei uomini.» s’immerse nel viale dei ricordi, inevitabile «Anche lui era alto.» procedette, palpandogli il petto «Ed affascinante come te!»
«Signorina Gertrude...uhm...Trudy.» il marine la trattenne per le mani «Credo ora stia esagerando.» cercò Price con lo sguardo, ma non lo trovò. Quindi tirò un sospiro di sollievo: si era risparmiato l’ennesima presa in giro.
«Dove scappi?»
«Non voglio scappare, voglio cambiare dama.»
Accadde tutto molto in fretta: Steve diede una lieve spintarella a Gertrude, la quale andò inevitabilmente a sbattere contro la sua amica novantenne, la quale andò a sua volta a sbattere contro Benny, rovesciandogli per sbaglio il vino nella camicia.
«Oh, accidenti! Mi dispiace tanto, giovanotto!» esclamò la novantenne, allungando la mano per controllare personalmente il misfatto.
Benny, capito l’andazzo, indietreggiò «Non c’è problema, signora. È tutto a posto, è soltanto un po’ di vino.» in realtà, dentro di sé stava imprecando, ma riuscì a mascherare i suoi veri pensieri sorridendo.
«Sono proprio una sbadata!»
«Non è vero, sono io che ti sono venuta addosso.» intervenne Gertrude «Il signor Sheppard è così focoso che mi ha spinta.»
Steve sollevò gli occhi al cielo, disperato, esausto. Fortuna che la vecchietta sembrava apprezzare, anziché dargli del violento.
«Devo andare a cambiarmi.» disse Benny dopo aver scoccato un rapido e dolce bacio in guancia alla sua fidanzata.
«Te la caverai?» fece Didy con un sorriso.
«Secondo te non sono in grado di cambiarmi una camicia? Torno subito, amore
Il monologo di scuse della novantenne continuò finché l’uomo non sparì completamente dalla sala.
Didy si avvicinò a Steve e gli sussurrò all’orecchio «Giornata alternativa?»
«Giornata pessima.» corresse lui, facendola ridere.
«Se vuole un’ancora di salvezza, posso ballare io con lei. Non si preoccupi, non ho altri fini, sono perdutamente innamorata del mio futuro sposo.»
Il marine poggiò le mani ai fianchi e la squadrò «Davvero lo farebbe?»
«L’ho detto, no? E io non dico mai le cose a caso.»
«Una foto alle due dive della giornata.» la voce del fotografo si fece nuovamente sentire «Mettetevi in posa, per cortesia. Sorridete…e uno, e due...»
Gertrude e socia improvvisarono una posa discutibile, fingendosi davvero delle Star.
«Quanto è molesto.» commentò Sheppard.
«Il fotografo? Sì, è parecchio insistente.» disse Didy «Ma da un lato lo capisco. È il suo lavoro.»
«Resta insistente.»
Nonostante l’incidente, la musica proseguì e le coppie continuarono a danzare. La sala era così grande che non tutti erano riusciti ad assistere alla scena. E una vecchietta che sporca la camicia di un uomo in maniera accidentale non è lo scoppio di una bomba.
Quando Gertrude vide che il suo cavaliere era in compagnia di un’altra dama, imprecò e si diresse al tavolo delle bevande, contrariata.
Era ormai tardo pomeriggio e il cielo veneziano si stava riempiendo di nuvole scure.
Le strade strette e i canali silenziosi si preparavano ad accogliere la pioggia.
Susan aveva sempre pensato che Venezia fosse una bellezza senza tempo. La sua rete intricata di canali, i ponti, le gondole...tutto creava un’aura di grandiosità. Era un luogo ricco di fascino infinito.
Didy fece per poggiare una mano sulla spalla di Steve, quando il suono acuto di uno sparo le rimbombò in testa.
Quello lo sentirono tutti.
L’orchestra smise di suonare, gli ospiti di ballare. Gli sposi si scambiarono un’occhiata allarmata «Ma cosa...»
Le viscere di Didy si contorsero e il suo cuore prese a battere forte; aveva un bruttissimo presentimento «No.» bisbigliò, staccandosi da Steve e cominciando a correre fuori dalla sala, sollevando i lembi dell’abito per non inciampare «No, no, no.»
Susan si allontanò da Chuck, Price da Odette. Ben presto si ritrovarono di fianco a Steve, che iniziò a farsi pensieroso.
«Che è successo?» domandò Aisha, preoccupata.
Nathan premette una mano sulla bocca «No. Non di nuovo.»
L’unico che se la rideva era Adam Windsor «Oh, sarebbe esilarante.»
Sua sorella Harper gli diede un colpo sulla schiena «Non si scherza su queste cose!»
James si preoccupò di controllare i suoi figli e, per fortuna, li intercettò entrambi con lo sguardo. Rilasciò il respiro.
Gli Sheppard e Price non esitarono neppure un secondo, precipitandosi all’inseguimento di Didy.
Gran parte della folla andò loro dietro, fotografo in prima linea.
«Era uno sparo!» disse l’ometto coi baffi «Quello era proprio uno sparo!»
«Uno solo, giusto? Voi ne avete sentiti altri?»
«Buon Dio, hanno ammazzato un animale, vero? Non può essere un umano!»
«E’ colpa di quei due detective! Ovunque vanno, la Morte li segue!»
Chuck si mosse con calma e grazia, andandosi a versare un bel bicchiere di champagne prima di salire le scale «Adoro il drama.»
Aisha superò tutti nel disperato tentativo di raggiungere sua sorella «Didy! Didy, ti prego, aspetta! Didy!»
«Com’è certa che sia accaduto qualcosa a Benny?» domandò Price con il fiatone.
«Solo lui è salito al piano di sopra, eravamo tutti alla festa.» rispose Steve, il quale, quando giunse alle spalle di Didy, la sentì piagnucolare «La apra, Sheppard, la prego! La apra!»
Lì per lì Steve non comprese, lo fece quando vide la donna tirare giù la maniglia con insistenza «E’ chiusa!»
«Si allontani.»
Al marine bastò un unico calcio, secco, per sfondare la porta.
Didy gridò.
Il corpo di Benny giaceva a pancia in su sul letto, senza vita.








Angolo Autrice:

Salve cari lettori, buon sabato! <3
E' giunta l'ora della prima portata, accompagnata da un bel delitto! Non posso che concordare con chi mi ha detto "Che noia i matrimoni, quando secca qualcuno?" XDXD
Eccovi serviti.
Sospettavate che la vittima sarebbe stata Benny? O puntavate su altri?
Dato che siete bravissimi con le indagini e le congetture, scatenatevi! Non vedo l'ora di leggerle. <3

Il ballo tra Gertrude e Steve riprende una scena esilarante di Supernatural, precisamente dell'episodio "Red Sky At Morning". Non ho resistito xD
Il rating è arancione perché fondamentalmente sono pirla io e metto le mani avanti, dato che c'è più "erotismo" e (successivamente) qualche scena più dark.
Secondo me sarebbe giallo, siccome alcuni autori ne combinano di cotte e di crude col rating verde, ma tuteliamoci. xD

Al prossimo sabato col prosieguo, carissimi!
E buone indagini ;)

SwanXSong

 

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Capitolo 3
*** Secondo ***



Secondo








«Un delitto a stanza chiusa, ci siamo!» disse il fotografo, superando tutti per entrare nella camera «Questo è ciò che cercavo, fatemi scattare qualche foto, prego. Magari dai matrimoni passo alle scene del crimine.»
Steve non fece trascorrere neppure un battito di ciglia e lo bloccò per il petto «Non metterai mai piede qui dentro. Fuori, state tutti fuori! Non possiamo rischiare che le eventuali prove vengano contaminate!»
Didy restò immobile per qualche secondo dallo shock, poi scoppiò in un pianto disperato, crollando su sua sorella «No! Benny! Benny! Lo devo vedere! Io lo devo...»
«Quando avremo finito una prima analisi della scena.» disse Sheppard con dispiacere «Per favore, tornate tutti al piano di sotto. Per favore.»
Susan era parecchio sorpresa, non si aspettava che il ricevimento in onore del matrimonio di Aisha sarebbe divenuto lo scenario di un crimine.
«Tutti fuori!» ripeté Steve «Anche tu, figliola. Coraggio. Facciamoli andare giù e poi torniamo subito ad analizzare la scena.»
Lei annuì.
Aisha strinse sua sorella ed insieme a lei scese le scale, mentre Nathan affiancava suo fratello «Siamo maledetti, secondo te?»
«Nah. È colpa degli Sheppard. Se sei con loro, il cadavere sbuca di sicuro.» rispose Chuck, finendo il drink «Mai cambiarsi le camice quando è in corso una festa.»
«E questa dove l’hai sentita?»
«Me la sono inventata sul momento. Povera mamma, sarà sconvolta. Il palazzo, dopotutto, è suo.»
Steve fece accomodare ai tavoli gli invitati ed intimò loro di non muoversi di lì, né tantomeno uscire dalla struttura: ciascuno di loro poteva essere un potenziale assassino.
Quindi, questione di minuti, tornò al piano di sopra in compagnia di Susan e il maggiore Price.
Entrarono nella stanza, cautamente, e come prima cosa si diressero dal cadavere.
«Suppongo non ci sia bisogno di chiedersi l’ora della morte, figliola.»
Susan analizzò il foro d’entrata del proiettile «Suppongo di no. Lo sparo lo abbiamo sentito tutti.»
«Confermi che coincide con l’ora della morte?»
«Confermo.»
«Si tratta di una pistola di piccole dimensioni, come quelle utilizzate dalle donne.» disse Steve, piegandosi sul corpo «Una calibro 22, forse.»
Price alzò lo sguardo su di lui «Praticamente un giocattolo.»
«Ipotesi di suicidio?» chiese Steve.
«Da scartare al 99.9%.» rispose la figlia «Se l’assassino voleva farlo passare come tale, ha fallito in partenza.»
Steve annuì.
«Il foro dovrebbe trovarsi sotto il mento o in testa.»
«Esattamente. Invece si trova all’altezza del cuore ed è pure perfetto. L’assassino ha già maneggiato una pistola prima d’ora.»
«La camicia è aperta, segno che il nostro Benny si stava per cambiare.» notò Price «L’assassino ha agito subito, seduta stante. Appena l’ha visto entrare in camera.»
«Anzi, senza stoffe varie tra i piedi, il suo colpo non poteva che andare a buon fine.» aggiunse Susan «Proiettile direttamente sulla pelle, cosa c’è di meglio?»
«Questo sì che è un delitto premeditato!» disse Jonathan «Dire che era atteso è quasi riduttivo.»
«L’assassino si è nascosto qui, ma la porta era chiusa dall’interno e le finestre anche. Quando siamo arrivati noi, non c’era più nessuno tranne il corpo.» ragionò Steve, passeggiando per la stanza «Odio doverlo dire, ma...»
«Delitto a stanza chiusa.» Price gli risparmiò la sofferenza e lo fece al posto suo.
«Detesto i delitti a stanza chiusa!»
«Non sono male, invece.» intervenne Susan «Vuoi mettere il brivido di scoprire il Come?»
«A me preme più scoprire il Perché
«Dissento. Non dà la stessa emozione del Come
«Controllate immediatamente che non ci siano passaggi segreti.» Price sembrava ironico, dati i trascorsi, invece era serio «D’accordo, lo faccio io.»
S’inginocchiò sul tappeto, piazzato al centro della stanza, e lo sollevò «Niente botole.»
Steve si diresse alla finestra «Non credo si sia calato da qui. Questi palazzi sono altissimi, la morte è certa. E poi la finestra era chiusa dall’interno, per cui su questo punto non mi soffermerei più.»
«Fate venire Adam Windsor, li trova lui i passaggi segreti.»
«Non ci sono passaggi segreti, Jonathan.»
«E perché no, Sheppard in miniatura?» chiese questi, sollevando lo sguardo su Susan.
Lei curvò le labbra in un sorriso «Perché non sono mai gemelli.» ricordò.
«Sì, capisco che intendi.» Price infilò le mani nelle tasche della divisa «Questo caso non può essere identico all’altro, giusto?»
«Giusto.» la detective si avvicinò alla riproduzione di un cavaliere in armatura, posizionato esattamente di fronte al letto dove giaceva Benny «Un tantino inquietante, ma...»
Steve l’affiancò «Secondo voi un uomo non troppo grosso può nascondersi qui dentro?»
Sentì Price rabbrividire alle sue spalle «Adesso mi spaventi, Steven...non c’è nessuno, lì dentro. E’ un’armatura vuota.»
«Certo, l’occupante ha approfittato del trambusto e del momento in cui la stanza, sebbene per pochi minuti, è rimasta priva di sorveglianza, per fuggire. In parole povere, poco fa.»
Price non voleva crederci «Avresti già risolto il caso? Serio?»
«Non ho affatto risolto il caso, amico mio. E le mie sono soltanto ipotesi.»
«Quindi stai affermando che quando hai aperto la porta, l’assassino era ancora qui dentro?»
«Non puoi davvero dissolverti nel nulla, se si tratta di un delitto a stanza chiusa. Non convieni? E l’unico posto dove poteva nascondersi il nostro criminale, è proprio dentro l’armatura.»
«Sotto il letto no?»
«No.»
«Perché no?»
«Sei un Maggiore, dovresti averlo capito.»
Price osservò la stanza e fece schioccare due dita «La traiettoria del proiettile.»
Steve annuì «Il colpo è partito da questi paraggi.»
«Ma la pistola è sparita. Se la sarà portata via l’assassino.»
«Probabile.»
«Mi state dicendo che un cavaliere in armatura ha fatto fuori Benny?» chiese Price «Pensa la faccia del poveraccio prima di morire.»
Steve fissò il corpo «Dobbiamo capire Chi e Perché.»
«Chi? Steven, eravamo tutti giù alla festa.» Price non aveva mai creduto nei fantasmi, ma un brivido in quel momento gli attraversò l’intero corpo, facendogli provare il dubbio e riportandolo indietro nel tempo, al caso dello Chalet «E i camerieri non hanno accesso alle camere.»
«Ma l’armatura non può essere stata posseduta da uno spettro, no? C’era una persona, una persona vera, lì dentro.» controbatté il marine «E da questo momento in avanti, tutti i partecipanti alla festa sono sospettati.»
«Eravamo di sotto.» insistette il Maggiore «Eravamo di sotto quando abbiamo sentito lo sparo. Nessuno ha il dono dell’ubiquità, Steve. E’ qualcuno venuto da fuori.»
Sheppard mise su uno dei suoi sorrisi, che Price conosceva fin troppo bene e che non portavano a nulla di buono «Non è mai qualcuno venuto da fuori.»

S’inoltrarono nei corridoi del palazzo per scendere al piano di sotto; le luci dei lampadari mettevano a fuoco le pareti di travertino logorate dal tempo.
L’aria era densa, carica di storia e, probabilmente, segreti.
«Ho sentito voci...» balbettò Price, al fianco di Steve «Voci che dicono che un’antica maledizione grava sul palazzo. Non credo a queste sciocchezze, ma...Steven...»
«Mantieni la calma, Jonathan.»
A Susan sembrò che le luci tremolassero, proiettando ombre sinistre sui muri.
E’ soltanto suggestione…
Steve si fermò di colpo, ascoltando. Ascoltando chiacchierare sussurrate che sembravano provenire dalle crepe nelle pareti, come se i fantasmi del passato si stessero confidando tra di loro.
Le parole erano incomprensibili, ma il tono era carico di emozioni: rabbia, disperazione, rimpianto.
Si girò, ma non c’era nessuno.
Solo il soffio del vento che s’insinuava attraverso le finestre aperte. Continuò a camminare.
E’ soltanto suggestione…
La sua mano si posò istintivamente dove di solito teneva la pistola, nella fondina. Ma l’aveva lasciata in camera, perché alla festa non sarebbe servita a nulla; in quel momento, avrebbe voluto averla con sé.
Un freddo improvviso lo attraversò, come se le anime tormentate del passato lo stessero trascinando verso il loro destino.
Si girò, ma non c’era nessuno.
Ogni passo sembrava risvegliare l’eco di antichi passi, di intrighi politici, di amori proibiti.
Steve si aggrappò alla sua razionalità, cercando di resistere. Ma il palazzo sembrava vivo, respirante, e lui e gli altri erano soltanto degli ospiti indesiderati.
«E quale sarebbe questa maledizione?» domandò con un filo di voce.
Il Maggiore Price inghiottì saliva, prima di raccontare «Le leggende narrano di un antico patto infranto, di vendette irrisolte e di anime tormentate che vagano tra le sue mura. Nel XV secolo, il cardinale Barbo, futuro papa Paolo II, commissionò la costruzione del palazzo. Tuttavia, durante i lavori, un gruppo di artigiani venne ingiustamente accusato di tradimento e condannato a morte. Le loro anime, intrappolate nell’edificio, avrebbero giurato vendetta contro coloro che avevano causato la loro rovina. Da allora, questo palazzo è stato testimone di eventi oscuri. Ogni generazione ha contribuito alla sua maledizione e, in tutta onestà, non so perché Harper l’abbia comprato. Si dice che chiunque osi violare il silenzio del palazzo, rischi di incrociare lo sguardo spettrale degli artigiani traditi.»
«Ma ad uccidere Benny è stato un colpo di pistola, non una mano soprannaturale.» ribatté Steve, razionalmente.
«Questo è vero, ma...»
«Violare il silenzio del palazzo?» ripeté Susan «C’è solo una festa in corso!»
«Harper non l’ha fatto apposta ad invitarci tutti qui, vero?» azzardò Price «Chi ha scelto la location? Lei o gli sposi?»
Avrebbe voluto una risposta, ma si accorse di essere arrivato nel salone.
«Ora che facciamo, soci? Andiamo sul “palco” e recitiamo la nostra parte?»
Steve gli diede qualche colpetto sulla spalla «L’hai detto.»
Quando superarono i tavoli, la folla si zittì e puntò lo sguardo su di loro.
Nathan ed Aisha si stavano sussurrando parole di conforto, le mani intrecciate dolcemente.
Susan non poteva esserne sicura, non aveva ancora sviluppato un udito da felino, ma poteva ipotizzare che l’argomento principale fosse il classico “perché capitano tutte a noi”.
Salvo che, questa volta, non era stata la signorina Lopez – ora Solo – ad essersi ritrovata faccia a faccia con un cadavere.
Susan li osservò meglio: le fronti appiccicate, gli sguardi spenti, le lacrime agli occhi...il trucco di lei che colava. O quella era una gran recita, o si sentiva di discolparli a prescindere. Sapeva che un vero detective non si comporta così, sapeva che i sentimenti stavano avendo nuovamente il sopravvento, perché i due erano suoi amici e un amico non può mai essere l’assassino.
Ma un assassino è sempre l’amico di qualcuno.
Si schiarì la gola ed abbozzò un “mi dispiace”; loro sollevarono gli sguardi e mostrarono un’espressione di riconoscimento «Lo troverai, vero?» disse Aisha «Troverai chi ha ucciso Benny.»
«Lo troverò, sì.»
Era una promessa. Infondo, quanto sarebbe stato difficile?
Gli occhi analizzavano l’intera sala, occhi attenti, occhi giudicanti.
Suo padre aveva ragione: uno di loro era l’assassino, nonostante l’ottimo alibi, nonostante si trovasse in sala al momento dello sparo.
C’era davvero qualcuno dentro l’armatura?
O erano soltanto supposizioni dettate dall’irrefrenabile necessità dell’essere umano di aggrapparsi alla ragionevolezza?
«Il personale di servizio è da escludere, sebbene possa muoversi più indisturbato per l’intero palazzo.» sussurrò tra sé e sé.
«Come?» chiese Nathan, che la sentì.
«Niente. Non ho detto niente.» Susan sembrava ipnotizzata, completamente concentrata sugli ospiti.
Poi, suo padre prese la parola «Signori...» posò lo sguardo su Gertrude e socia «E Signore...quest’oggi è stato commesso un orrendo crimine. Un crimine che ha come vittima un povero coniglio pasquale.»
L’omino coi baffetti si accese l’ennesima pipa, così, per smorzare la tensione «Un coniglio pasquale? Ma che diavolo...»
«Lei non è un uomo attento. L’ha detto Benny durante il suo discorso in onore degli sposi.» fece Sheppard «Alla vittima piaceva intrattenere il pubblico, un po’ come sto facendo io adesso, e a pasquetta il pubblico era composto da bambini.»
«Oh, adesso è chiaro.» disse l’altro, sputando fuori il fumo «Ma che c’entra col delitto?»
«Ogni dettaglio è importante. E qualcosa mi dice che quello del coniglio pasquale non è da sottovalutare. Potrebbe esserci un collegamento.»
«Se lo dice lei...è lei l’esperto.»
«Un unico colpo di pistola, uno solo, lo abbiamo sentito tutti.» proseguì Steve «Ma chi può essere stato, se eravamo tutti qui? Ciascuno di noi può sicuramente testimoniare la presenza di almeno cinque persone. Uno sguardo di sfuggita, ma che certifica l’aver visto qualcuno qui, in quel momento, è sufficiente.»
Il vecchietto che faceva la corte a Susan alzò la mano «L’assassino era già dentro la stanza.»
La ragazza alzò le sopracciglia. Quello stava diventando un gioco a quiz, un vero spettacolo d’intrattenimento, a differenza del precedente, dove lei e suo padre avevano fatto abbastanza pena.
E, a giudicare dagli interventi, era pure interattivo.
Steve fece un mezzo sorriso «Sì, è vero. L’assassino dev’essere entrato in anticipo nella stanza, probabilmente rubando una copia della chiave, quella che utilizzano le donne delle pulizie.» scrutò ciascuno di loro, per studiarne le reazioni «Poi si è chiuso dentro ed ha atteso. Per ore, magari, ma prima o poi Benny sarebbe salito. Mi chiedo, a tal proposito: la scena del vino sulla camicia della vittima è stata accidentale?»
La novantenne amica di Gertrude portò una mano al cuore «Come osi, giovanotto?! Certo che è stata accidentale, anzi, è stata colpa tua! È partito tutto da te, non so se rammenti!»
Il marine sospirò «Volevo solo verificare che fosse attenta.»
«Come no.»
«Quindi Benny non sarebbe dovuto salire in camera a quell’ora. È stato un incidente di percorso per l’assassino, che lo aspettava parecchio più tardi, forse dopo la festa. Ma tale incidente non gli ha sballato i piani, in quanto si trovava già in postazione.»
«Quale postazione?» chiese a tal proposito Harper.
Steve lasciò trascorrere qualche secondo, apposta, poi rispose «Questo non posso rivelarglielo, signora Windsor. Tempo al tempo.»
«Ah, almeno io non sono sospettata a prescindere.» disse Odette, sorseggiando altro vino «Sempre più amaro.»
Essere la moglie di Price, secondo lei, la scagionava automaticamente da tutte le accuse.
«Gradirei iniziare gli interrogatori.» tagliò corto il marine «Se non vi dispiace, convocherò ciascuno di voi nella biblioteca del...»
Un tuono rimbombò nel cielo, squarciando l’aria come una lama affilata.
Nel sontuoso salone veneziano, le persone si voltarono; occhi spalancati mentre le luci traballavano come fiammelle danzanti.
L’atmosfera diventò carica di mistero, quasi soprannaturale.
Le ombre si allungarono, il silenzio si fece pesante, interrotto solo dal fragore del tuono.
Fu come se il mondo intero trattenesse il respiro, aspettando qualcosa di straordinario.
Nel cuore del salone, un lampadario antico oscillò leggermente, come se fosse pronto a rivelare un segreto millenario.
Le persone si scambiavano sguardi, e persino i più scettici percepirono dei brividi lungo la schiena.
«Gli artigiani arrabbiati.» balbettò Harper con uno sguardo di puro terrore.
La mente di Steve era come una tela bianca, pronta per essere dipinta con indizi e deduzioni.
E mentre il tuono continuava a ruggire, si preparò ad iniziare gli interrogatori.
«Signorina Didy Lopez, cominciamo da lei.»

Price e Susan erano in piedi, lui di fronte al camino, lei di fronte alla finestra. Solo Steve era accomodato.
Susan si affacciò. Le strette strade veneziane erano scure e scivolose. Le facciate delle case, ornate di balconi in ferro battuto e finestre a ghigliottina, erano sbiadite e coperte di gocce d’acqua.
I colori sgargianti delle insegne dei negozi erano anch’essi sbiaditi, e le tende dei Cafè erano state abbassate, come se la città stesse cercando di nascondersi dalla tempesta.
L’acqua si raccoglieva nei canali. Le gondole, solitamente eleganti e romantiche, oscillavano grazie al movimento delle onde.
Il suono della pioggia, costante ed inesorabile, creava un sottofondo sinistro.
La città stava piangendo.
In quel paesaggio spettrale, i passanti si muovevano con passo frettoloso, cercando riparo sotto portici ed archi. Le loro ombre si allungavano sulle pareti umide, i loro volti erano oscurati da cappucci ed ombrelli.
C’era un senso di solitudine nell’aria, come se la pioggia avesse portato alla luce vecchi segreti e ricordi sepolti.
«La città sussurra di storie di amori perduti, vendette antiche e fantasmi.» disse Didy, accarezzandosi la collanina che portava al collo.
Steve la lasciò finire.
«E’ un momento in cui il confine tra il reale e l’immaginario si assottiglia.» continuò con sguardo vacuo «Tutto è possibile.»
«Quella è un regalo di Benny?» chiese poi il detective, schiettamente.
«Oh, sì. Una specie di promessa. Per il nostro...matrimonio.» a quella parola scoppiò a piangere «Scusate. È solo che mi sembra tutto così assurdo.» si coprì il volto con le mani «Lui non può essere morto, non può! Chi può aver fatto tutto questo? Chi ha ucciso il mio fidanzato?»
Senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni, Sheppard domandò «Lei e Benny come vi siete conosciuti, se non sono indiscreto?»
Didy estrasse un fazzolettino dalla borsetta e si asciugò le lacrime, e nel frattempo Susan si sporse per verificare che non ci fossero strane iniziali incise sopra, come accade spesso nei gialli più famosi «Al circo. Pensate.»
Questa volta fu Price a parlare, dopo essersi scambiato uno sguardo con Susan, sorpresa quanto lui «Al...circo?»
«Sì, perché?»
Jonathan sventolò le mani in aria, in un vero e proprio tentativo di giustificazione «Niente, non mi fraintenda. È una cosa normale… normalissima.»
Susan rise.
«A Benny piaceva intrattenere, quindi gli piaceva il circo. Ero lì con il mio precedente fidanzato.»
Price fischiò «Le cose si fanno interessanti.»
«Ma quando ho visto lui...è stata una folgorazione, detective. Quando i nostri sguardi si sono incrociati, ho capito immediatamente che sarebbe stato il mio futuro sposo. Ma così non sarà!» scoppiò nuovamente in lacrime «E’ la vendetta degli artigiani! Lo sapevo che questo palazzo è maledetto, avevo timore già quando Aisha mi ha comunicato che sarebbe stato il luogo della festa!»
«Non esistono le maledizioni.» taglio corto Steve, sempre più aggrappato alla razionalità «Immagino Benny l’abbia corteggiata fino a riuscire a prendere il posto del precedente fidanzato.»
«E’ andata così, sì. Anche se il precedente mi ha dato della poco di buono proprio per questo. E lui e Benny sono quasi arrivati alle mani.»
«E’ emozionante, sì.» commentò Price con ironia «E’ davvero emozionante. Questo che c’entra col caso?»
«Non c’entra. Apparentemente.» rispose Susan, che era stata in ascolto «Ma ogni informazione è importante. Il passato della vittima, in questo caso, è importante.»
Price la indicò «Non starai mica dicendo che il famoso “precedente” è venuto qui per vendicarsi, vero?»
Didy sgranò gli occhi «E’ una cosa di anni ed anni fa! È impossibile.»
«La vendetta è un piatto che si serve freddo.» disse Susan.
«No, lo escludo. E poi lui non c’era in sala.»
«Può essersi camuffato. Può non averlo visto.»
«Non mi convince.» sospirò la maggiore delle Lopez «Voi...voi pensate che sia stato tutto accuratamente organizzato, vero? Che l’assassino si sia presentato qui apposta per compiere il delitto.»
«Questo è evidente, sì.» rispose Steve «Anzi, sono certo che ci abbia seguiti dagli Stati Uniti. Dove si è tenuta questa festa di pasquetta?»
«Bè, negli Stati Uniti.» confermò Didy «A Portland, nel Maine.»
Steve annuì «La ringrazio per la collaborazione. Può andare.»
Solo quando alzò lo sguardo, notò che anche nella biblioteca era presente un cavaliere in armatura, un’armatura identica a quella della scena del crimine.
La figura stava immobile, riflessa nella lama di una spada posata a terra.
Per un attimo, fu come se avesse una volontà propria.








Angolo Autrice:

Carissimi, bentrovati! <3
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui: come dico ogni volta, i gialli mi danno parecchia soddisfazione, perché è il genere dove ho più lettori!
O forse sono gli Sheppard che hanno fatto breccia nel cuore degli "spettatori" xD
Anche questo capitolo è pieno di riferimenti alla Christie, più sul piano cinematografico, in questo caso: 
"Praticamente un giocattolo", riferito alla pistola, è una citazione di Assassinio sul Nilo.
"Un assassino è sempre amico di qualcuno", invece, di Assassinio a Venezia.
Ci sono poi altri riferimenti riguardanti presunti fantasmi che perseguitano gli ospiti e leggende inquietanti.

Detto ciò, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e alla prossima!
Eccezionalmente pubblicherò di domenica anziché sabato, quindi domenica  24.

Vi auguro una buona settimana. <3

SwanXSong

 

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Capitolo 4
*** Dolce ***



Dolce








«Comandante Sheppard, che cosa trova fastidioso nel comportamento del suo partner, il maggiore Price?»
Steve inarcò le sopracciglia, alquanto stupito «Come, prego?»
«Adesso chi è il sordo?» domandò il vecchietto che faceva la corte a Susan, accavallando comodamente le gambe «Su, non sia restio. Risponda.»
«Forse non ha capito, qui le domande le facciamo noi.»
«Avanti, vi farà bene un po’ di terapia di coppia.» insistette l’uomo «Sono uno psicoterapeuta. Vi ho osservati, sapete? Credete di essere gli unici bravi a farlo?»
La verità, nuda e cruda, era che il “simpatico” anziano se l’era presa a morte per il comportamento di Steve nei suoi confronti. Lui voleva soltanto dare una bella vita alla figlia!
Price scoppiò a ridere e lo imitò, accavallando le gambe. Si era cambiato, la divisa era diventata scomoda, ora sfoggiava una camicia azzurrina e dei pantaloni blu scuro. Lo stesso Steve, anche se la sua camicia era bianca.
«No, no, no, no, non faremo nessuna “terapia di coppia”, è chiaro? Lei è l’interrogato, lei deve rispondere alle domande.» chiarì il Maggiore.
Steve, tutto sommato, ci pensò davvero a quella domanda «Bè...» le parole gli uscirono di bocca in maniera naturale, come le note che dallo spartito prendono vita «Credo che Jonathan sia un po’ troppo suscettibile.»
Price corrugò la fronte e si girò verso di lui «Che cosa? No, non la darai vinta a questa cariatide, Steve!»
Il vecchietto si offese ancora di più «E’ interessante il termine che ha usato.» si ficcò la pipa tra i denti e l’accese «Proceda.»
«Massì, volete anche un po’ di tè? Due biscotti?» borbottò Price «E’ assurdo.»
«In quale senso?» chiese lo psicologo.
«Nel senso che...» Steve, al contrario, sedeva con le gambe spalancate, nella classica posa che Price definiva “da scimmione” e che allo psicologo non passava inosservata «Si offende facilmente, se la prende troppo. Io dico una cosa e lui la interpreta come un insulto. Ma non è così, è lui che esagera.»
Price non resistette più, scoppiò come un bollitore lasciato troppo sul fuoco «Non esagero affatto! Non cogli la gravità delle tue parole.»
«Non colgo la gravità delle mie parole? Ma che dici?»
«Forse la interpreto come un insulto perché sono un essere umano, non un neanderthal.»
«Un...questo è assurdo. Ti stai riferendo a me?»
«Conosci altri neanderthal? Io no.» Price cominciò a prendere la faccenda seriamente, ed altrettanto seriamente guardò il terapeuta «Sa che cosa penso?»
«Sono nella sua testa fino a un certo punto, quindi no, non so cosa pensa.» disse l’uomo, aspirando dalla pipa «Me lo dica lei.»
«Penso che il qui presente Steven Sheppard sia un autentico maniaco del controllo. Deve sempre scegliere tutto lui, fare la prima mossa. Essere al centro dell’attenzione!»
«Al centro...difatti, lascio spesso fare a Susan!»
«E’ tua figlia, non conta, ovvio che la lasci fare.»
«Come?»
«Il Maggiore non ha tutti i torti, Sheppard. L’affetto che abbiamo verso i nostri famigliari ci spinge ad essere persone migliori, a cedere, quindi a celare i nostri difetti e ad evidenziare i pregi.» disse saggiamente lo psicologo «Ma al di fuori di quella cerchia, torniamo ad essere persone peggiori. In tutta onestà, c’è chi fa il contrario. E ciò avviene quando si odia la famiglia e si amano coloro che con noi non hanno legame di sangue alcuno.»
Steve si strofinò stancamente una mano sulla fronte «Abbiamo finito?»
«No, non abbiamo finito.» tuonò Jonathan «Hai voluto iniziare, ora andiamo avanti.»
«Ti prego.»
«Da una prima analisi, il Maggiore ha ragione, signor Sheppard. Lei è di sicuro una persona maniaca del controllo, e lo si capisce da come agisce.» il vecchietto rilasciò altro fumo «Cerca di pianificare ogni dettaglio, spesso a livelli eccessivi. Qualsiasi cambiamento di piano o deviazione dal percorso stabilito, genera ansia e angoscia. Per esempio, il dubbio provocato da un qualcosa di…soprannaturale.» non a caso puntò lo sguardo sul cavaliere in armatura.
Steve alzò le sopracciglia «E’ stato lei ad organizzare tutto il teatrino delle luci traballanti e menate varie?»
«Quali luci traballanti? È stata solo suggestione, signor Sheppard. In ogni caso, le persone come lei tendono a sentirsi responsabili per le loro azioni e per gli altri. Questo può tradursi in affidabilità e dedizione.»
«E’ una cosa positiva, no?» domandò il marine, girandosi verso Price «Questo non è un difetto!»
«Sarà l’unico.» disse Price con lo stesso tono di una donnetta pettegola.
«Non faccia il passivo-aggressivo, Price.»
Il Maggiore guardò lo psicologo con gli occhi fuori dalle orbite «Allora faccio l’aggressivo-aggressivo, che dice? Va meglio?»
Steve scoppiò a ridere, Jonathan sbuffò «E ride anche, non ci posso credere. Esilarante.»
«Tu sei esilarante.»
«Visto, doc? Mi ha fatto un complimento. Andiamo super d’accordo. Ora possiamo passare al caso, per favore? Un uomo è morto.» ringhiò Price.
Il terapeuta tirò fuori un libro dalla borsa maschile che aveva sempre con sé «Vi regalo una copia del mio manuale. Di solito lo raccomando ai miei alunni, ma...voi ne avete proprio bisogno. Ecco qui.»
Fu Price a prenderlo e a leggere il titolo “Il manuale del partner perfetto”.
«Carino.» scoppiò a ridere dopo averlo letto a voce alta «Che dobbiamo farci?»
«Leggerlo, magari? E imparare qualcosa! Questo sarebbe ancor più gradito.» il vecchietto schiacciò l’occhio «Vale anche per le coppie d’innamorati.»
«Lei conosceva la vittima?» saltò su Steve, bruscamente «Risponda senza troppi giri.»
«Un tizio che amava vestirsi da coniglio pasquale? Perché avrei dovuto?»
«Quindi lei è stato invitato dagli Windsor.»
«Bè, un uomo elegante e a modo come me...come potrei far parte della fazione “Lopez”?»
Steve e Jonathan si scambiarono uno sguardo e un sospiro «Può andare.»

«Come potrei far parte della fazione Lopez?» ripeté, senza nemmeno farlo apposta, Gertrude «Zuccherino, pensavo lo avessi capito. Una donna di classe come me...e naturalmente lo stesso vale per la mia amica.» aggiunse, poggiando con affetto una mano su quella della novantenne.
Price, che aveva tirato fuori un taccuino da non si sa dove, fece una X sulla casella “Windsor”. Era quasi annoiato, perché gli invitati degli Windsor battevano quelli dei Lopez 6 a 1.
«Si credono degli Dei e reputano gli appartenenti alla fazione Lopez degli autentici straccioni. Non so cosa sia peggio.» bisbigliò con una mano appoggiata sulla guancia.
Grazie alla sordità, le due vecchiette non lo sentirono.
«Sapevo che la sorella della sposa era fidanzata, naturalmente, ma non sono pettegola. Non crediate che lo sia!» tuonò Gertrude.
«No, certo, chi lo pensa?» ironizzò Price «Quindi non ha niente di interessante da dire sulla vittima?» gli stava venendo un sonno incontrollabile.
«Volete sapere se ero a conoscenza della cosa del coniglio pasquale? Fino ad oggi, no. A dirla tutta, pensavo il ragazzo fosse un buon partito...»
«Intende un medico o un avvocato...» disse tra sé e sé Susan, che era in ascolto in piedi accanto alla finestra.
Steve sorrise «E invece era “solo” un coniglio pasquale.» la prese in giro.
«Lasciate che vi esponga la mia teoria, però.» andò avanti Gertrude, con fervore «Secondo me la chiave è la droga.»
«La droga?» ripeté Price.
«Sì. Questi intrattenitori sono sempre coinvolti in certi giri...»
«Wow. Hanno pochi pregiudizi verso chi non è un dannato riccone, eh?» commentò il Maggiore «Ne so qualcosa.»
«Giudicare qualcuno per un costume da coniglio è il massimo.» concordò Steve «Signora…signorina Gertrude, non l’è mai passato per la mente che Benny potesse essere un bravo ragazzo?»
La riccona ricambiò con un’espressione schifata, scambiandosi un’occhiata allusiva con l’amica «Ho i miei dubbi.»
«Questo lo vedo.»
Susan, che fino ad ora era stata zitta, decise di rendere l’interrogatorio più innovativo «Signore, voi credete nei fantasmi?»
Un tuono s’impossessò del cielo, la luce traballò un’altra volta.
Le due vecchiette spostarono lo sguardo su di lei, così come Price e Steve, sorpresi «Che domande sono, figliola?»
«Semplice curiosità. Allora?»
«Fantasmi?» trillò la novantenne «Baggianate da veggenti.»
«Già.» concordò Gertrude «Non esistono i fantasmi e le leggende su questo posto, bè, restano leggende. Qualcuno in carne ed ossa ha ucciso quel poveretto.»
«E come spiega che il fatto è avvenuto proprio mentre tutti eravamo alla festa?» domandò Susan.
Gertrude la fissò e sorrise «Semplice. Non tutti eravamo alla festa.»
Steve sorrise. Quella donna era appiccicosa, ma anche parecchio scaltra.

«Harper, perché ha scelto di comprare questo posto?»
La luce fioca dei lampadari antichi danzava sulle pareti.
«Io...bè, mi piaceva. E mi piace tuttora, a discapito di ciò che si racconta. Mi piacciono le leggende, Sheppard.»
La pioggia picchiettava contro le finestre, creando un ritmo ipnotico.
Sussurri. Sussurri che, come ombre senza forma, s’insinuavano attraverso le pareti.
Steve scrollò la testa e sbatté rapidamente le palpebre, cominciando a sudare «Che caldo, qui dentro...mi...mi scusi. Ha detto?»
«Che amo questo posto.»
Un eco di disperazione, un lamento senza fine che si contorceva nell’aria densa.
Susan, che al contrario del padre provava i brividi, decise di allontanarsi dalla finestra.
Le voci non avevano volto, ma il loro respiro gelido aggrediva le orecchie dei presenti come artigli invisibili.
«Avete sentito...» a Steve cominciò a girare la testa «Avete sentito anche voi?»
«Cosa, papà?» anche Susan stava combattendo contro i demoni del soprannaturale, aggrappandosi disperatamente alla realtà «Sentito cosa?»
«Queste...queste voci.»
«Non ci sono voci, Steven.» le orecchie di Price fischiarono e, poco dopo, le sentì anche lui.
Fu come se si fossero risvegliate da un sonno secolare «Hanno detto “artigiani”? Voi avete sentito questa parola?!» chiese, agitato.
«C’è una spiegazione...ci dev’essere una spiegazione logica.» avvampò Steve.
«Detective, la vedo in difficoltà.» disse Harper «Forse ha bisogno di una pausa.»
«No!» tuonò Steve a voce alta «No. Dobbiamo proseguire. Non possiamo indugiare. Proceda.»
Harper respirò profondamente «Sono loro, sì. Gli artigiani. Io li ho già sentiti.»
«E’ sempre stata suggestione.» insistette il marine.
«Anche adesso è suggestione, detective?» domandò la donna, seria.
«Quando si è da soli in una dimora inquietante, ogni minimo rumore ci sembra sinistro.»
«Ma in questo momento non sono sola. Siamo in quattro.»
Steve s’irrigidì. I sussurri sembravano provenire da ogni angolo della biblioteca, e lui non poteva avere occhi ovunque. Si sentì precipitare nel baratro dell’ignoto. E mentre la pioggia continuava a battere contro le finestre, si chiese se avrebbe mai trovato la chiave o se sarebbe stato inghiottito da quelle voci.
«Naturalmente...» disse, premendo una mano sulla fronte, in evidente difficoltà «Naturalmente avrà una lista di tutti gli invitati.»
«Vuole sapere se qualcuno si è imbucato alla festa?» rispose Harper «Solo sotto camuffamento. Ho riconosciuto ogni singolo volto presente in sala, detective.»
«Anche gli invitati dei Lopez? Quando ha avuto occasione d’incontrarli prima?»
Harper sventolò una mano per aria con fare teatrale «Non le sfugge niente, eh? D’accordo, diciamo che ho riconosciuto la mia parte. Ma ho parlato con Aisha, e ha confermato ciò che ho detto io.»
«Dunque intende che l’assassino si sta improvvisando qualcuno che in realtà non è? Un cameriere, forse? Non un ospite.» proseguì il maggiore Price.
«E’ la mia teoria, sì.» disse la donna, squadrandolo da capo a piedi «Sta bene, Maggiore? Mi sembra pallido.»
Jonathan vide vorticare la stanza come se fosse sotto l’effetto di funghetti allucinogeni «Tutto bene, sì.» mentì spudoratamente.
Harper fece un mezzo sorriso «Se volete quella lista, ce l’ho. Ma dubito che servirà a qualcosa. Scavare nel passato della vittima è la chiave. Voglio dire, chi è quello stupido che s’imbuca ad un matrimonio senza travestimento? L’avremmo già beccato, garantito!»
«Abbiamo...abbiamo finito.» tagliò corto Steve, stanco, esausto.
Harper annuì con comprensione «Un po’ di tè?»
«Se non è all’arsenico, ci farebbe piacere, sì.» rispose Susan per tutti.

Il corridoio era un labirinto di ombre e silenzio.
Il pavimento crepitava sotto i passi dei detective; l’aria era densa, carica di un’energia antica ed inquietante.
Avanzavano con cautela, percorrendo una piccola porzione di corridoio alla volta; le loro voci erano appena sussurri, come se temessero di risvegliare qualcosa di oscuro ed insondabile.
Ancora una volta, le pareti sembravano respirare.
Sembrava di udire un flebile gemito o un passo furtivo, di tanto in tanto.
Ma quando i detective si giravano, non c’era nulla. Solo il vuoto e l’eco dei loro stessi respiri.
Jonathan Price si fermò improvvisamente. Aveva visto qualcosa.
Una figura sfocata, un’ombra che si muoveva lungo il corridoio.
«Avete visto?» chiese con gli occhi spalancati dal terrore.
Gli Sheppard scossero la testa, ma i loro volti erano pallidi. Avevano sentito qualcosa anche loro. Un freddo improvviso, un soffio gelido che aveva attraversato il corridoio.
«Siamo un po’ oltre la suggestione, non credete?» balbettò Price «Questa villa è infestata.»
«No...no, qualcuno in carne ed ossa ha ucciso Benny.»
«Continua a ripetertelo, Steven.»
I loro passi si fecero più veloci, ma il corridoio sembrava allungarsi, come se si stesse allontanando da loro.
Poi sì aprì su una grande sala.
Le finestre erano coperte da pesanti tende di velluto, ma la luce della luna filtrava attraverso, illuminando una serie di ritratti appesi alle pareti. Volti pallidi e senza vita, occhi vuoti che sembravano seguirli con lo sguardo.
Si guardarono tra di loro, poi il Maggiore parlò ancora «Siamo circondati da fantasmi, da anime tormentate che vagano ancora tra queste mura. Ed Harper lo sa, l’ha sempre saputo, ecco perché ha voluto celebrare la festa qui. Non vi è sembrata strana?»
«La tua mente ti spinge a pensarlo, amico mio.» disse Steve «Harper è sempre la stessa.»
Price inghiottì della saliva «No...no, era più strana del solito, era... inquietante
Le porte si chiusero con un tonfo, facendoli sobbalzare, tanto che perfino Susan cominciò a nutrire dei dubbi «Papà...»
«E’ suggestione. È solo...» il sudore scivolava lungo la schiena del marine, rendendo la camicia pesante ed appiccicosa.
Si sentiva disorientato come non mai.
Come se fluttuasse tra la realtà e un sogno febbrile.
Susan aprì la porta che li avrebbe condotti nell’altra stanza e che si era chiusa magicamente. Il legno scricchiolò mentre la spingeva, rivelando un corridoio ancora più buio ed angusto.
Allora studiarono ogni stanza che incontrarono lungo il percorso.
Una era piena di mobili antichi, coperti da lenzuola polverose.
«Questa zona è abbandonata a se stessa, noto.» commentò Susan.
Le ombre danzavano lungo le pareti, e sembrava che gli oggetti stessero cambiando forma. Un vecchio specchio incorniciato mostrava riflessi distorti, tanto che il trio si guardò negli occhi, nel disperato tentativo di capire cosa fosse reale e cosa no.
In un’altra stanza, un pianoforte a coda occupava gran parte dello spazio.
«Ora sì che mi sento al sicuro.» Price toccò una delle tastiere, ed immediatamente un suono sinistro riempì l’aria.
Le chiavi sembravano muoversi da sole, e le note si trasformavano in un lamento dissonante.
Il Maggiore, con le mani tremanti, si chinò verso lo strumento. Le dita sudate sfiorarono i tasti ed il suono s’intensificò. Era come se il pianoforte volesse comunicare qualcosa: una melodia di terrore e di tristezza.
«E’ solo la nostra immaginazione, Jonathan.»
Ma il pianoforte continuò a suonare.
«Davvero, Steve?»
Era una melodia antica, una canzone che sembrava provenire da un’altra epoca.
Le pareti sembravano vibrare e i detective si sentirono intrappolati, circondati da un suono che sembrava provenire dall’aldilà.

Nel cuore della notte, tra ombre e silenzio, le anime tormentate danzano nel vuoto. La villa custodisce segreti sepolti nel tempo, e il pianoforte suona la loro triste melodia.

«Chi ha parlato? Chi ha cantato?» si chiese Susan.
«Usciamo! Usciamo di qui!» strillò Steve.
Questa volta, fu ascoltato immediatamente.

La porta della camera degli Sheppard venne aperta con impeto e i tre ci si barricarono dentro.
«Io mi rifiuto!» cominciò a protestare Steve, camminando in maniera nervosa per tutta la stanza «Mi rifiuto di credere al soprannaturale!»
«Ma l’hai vista anche tu!» tuonò in risposta Price «Quella figura nel corridoio! So che l’hai vista, Steve, non mentirmi! E tu, Susan?»
«I-io non...»
Il marine fronteggiò Price una volta per tutte, piazzandoglisi davanti con sguardo serio e di sfida «Che cos’hai visto, di preciso, Jonathan?»
«Una figura.»
«Di donna?»
«Non lo so, è stato tutto frettoloso, forse sì.»
«Giuri di aver visto qualcosa, quindi descrivimi quel qualcosa.»
«Adesso mi metti in difficoltà.»
«Era una donna o no?»
«No, io...forse era uno degli artigiani.»
Steve scoppiò a ridere, poggiando le mani sui fianchi «Uno degli artigiani. Certo.»
«Perché vuoi negarlo? Perché ti ostini a dire che non hai visto nulla?! Insulti me perché vuoi a tutti i costi rifiutarti di ammettere che qualcosa hai visto anche tu, e non era qualcosa di umano!» gridò Price.
«Per favore...smettetela.» implorò Susan.
Steve rise più forte «Oh, quindi il caso è risolto. Un fantasma ha posseduto l’armatura presente nella camera della vittima e le ha sparato. Ottimo, scendiamo e andiamo a dirlo a Didy. Sarà contenta di sapere che l’assassino non sarà mai assicurato alla giustizia! O sei in grado, forse, di acciuffare un fantasma?»
«Ti prego, Steve, sai che non intendevo questo.»
«E che cosa intendevi, Jonathan?»
Susan alzò l’indice e si permise di entrare nella conversazione «Conosco qualche cacciatore del paranormale che si vanta di essere in grado di catturare i fantasmi.»
«Non ti ci mettere anche tu, per cortesia, figliola.»
Susan sorrise.
«Stiamo tutti calmi.» il maggiore Price prese un ampio respiro «D’accordo? Stiamo calmi. Riposiamo e domattina proseguiamo con le indagini, come abbiamo fatto allo Chalet.» propose.
«No.» ma Steve era troppo agitato per dormire, oltre che dannatamente curioso «No. Questa volta no. Finirà stanotte.»
«Stanotte?! Intendi risolvere il caso in una notte?»
«I migliori detective ne sono in grado, e io e mia figlia ora siamo detective a tutti gli effetti.»
Price respirò profondamente e si sedette sul bordo del letto del marine «Ascolta, Steve. Ovvio che non credo, razionalmente, alla teoria del fantasma possessore. Ma eravamo tutti giù alla festa, quindi se vuoi che torni l’uomo di sempre, mi devi spiegare chi diavolo c’era dentro quell’armatura.»
Calò un breve silenzio.
«Hai detto che non è mai qualcuno venuto da fuori.» aggiunse Price.
«Gertrude ha detto che non tutti eravamo alla festa. Ma non si è allontanato nessuno tranne Benny, lo abbiamo visto.» disse Susan «E se l’assassino lo aspettava da tempo dentro l’armatura...non poteva essere in quella sala.»
Gli occhi di Steve puntarono improvvisamente il vuoto, ed un sorriso impercettibile si disegnò sulle sue labbra.
«O forse c’era. C’è stato, ma non c’è in questo momento.»
«Che intendi, papà?»
«Che questa volta sono gemelli.»








Angolo Autrice:

Carissimi! Bentrovati! *-* 
Vi ringrazio per l'attesa e per farmi ancora compagnia. Grazie davvero! <3
Siamo vicinissimi alla soluzione, che verrà spiegata nel prossimo capitolo, quello finale. Qui abbiamo un'anticipazione.
Sì, lo so che una regola dei gialli è non insierire mai i gemelli: proprio per questo ho voluto fare un'eccezione, dato che l'idea mi è venuta, in parte, dall'affermazione "non sono mai gemelli", molto famosa a livello di racconti gialli. Steve e Susan si rendono conto che questa è l'eccezione ad una regola sacrosanta che forma i pilastri del genere giallo. E tutto per puro caso.
"Non è mai così, ma questa volta è così".
Vero è che quella frase riguarda, come spiegato dai nostri protagonisti, l'impossibilità che due casi siano esattamente identici, più che due gemelli a livello biologico.
Ovviamente questo caso non è identico ad altri, ma a livello biologico, invece...
attendete ancora una settimana, e scroprirete ogni cosa.

Io vi ringrazio ancora e vi do appuntamento a sabato prossimo.

Buona settimana,

SwanXSong




 

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Capitolo 5
*** Caffè ***



Caffè







La sala era avvolta da un silenzio teso.
Steve Sheppard era in piedi di fronte alla tavolata degli sposi, nello stesso punto dove aveva fatto quel disastroso discorso. Ma questa volta si sentiva molto più a suo agio, questa volta era nel suo ambiente naturale.
Gli invitati bisbigliavano tra loro, si scambiavano opinioni, preoccupati che il famoso detective li nominasse e, ancor peggio, li accusasse di essere degli assassini in piena regola.
«Ah, per fortuna che sono tua moglie.» tuonò ancora una volta Odette, prendendo a braccetto Jonathan «Mi dici in anteprima chi è il colpevole?»
Price si girò a guardarla, accomodato al tavolo insieme a lei «No.»
«Sei ingiusto.»
Steve sembrava stare meglio, si sentiva molto più lucido e concentrato, nonostante l’assenza di sonno. Diede una rapida occhiata alle grandi finestre: era quasi l’alba.
Sì, era tutto chiaro. Combaciava tutto alla perfezione, o quasi. Gli mancavano ancora gli ultimi tasselli per completare il puzzle.
«Signore e Signori, parto col ringraziare ciascuno di voi. Davvero. Vi ringrazio dal profondo del cuore.»
Gertrude sgranò gli occhi «Non ho inteso. Invece di accusarci uno per uno, ci ringrazia? Che detective alternativo!»
L’amica novantenne ridacchiò «Sarà un vero piacere vederlo in azione! Non è come leggerlo sui giornali.»
«Quanto è vero, amica mia.»
Adam Windsor si mise comodo, mani dietro la nuca, gambe stese «Ah, ora sì che ragioniamo. Sono mesi che aspetto un riconoscimento. Ma perché ci deve ringraziare, Sheppard?»
Steve gli lanciò un’occhiata, un’occhiata che diceva “Una domanda intelligente finalmente l’hai fatta”.
«Perché siete stati voi, gentile pubblico, attraverso le vostre domande riguardo l’investigazione, a farmi venire l’illuminazione.»
«D-davvero?»
«Sì. Precisamente quella sui gemelli. “Non sono mai gemelli”, ricordate?»
Come dimenticare!
Poi Steve si fece più serio e prese a passeggiare per il ristretto spazio che aveva a disposizione, avanti e indietro, come il pendolo di un orologio che scandisce il tempo «Un orrendo crimine è stato commesso in questo palazzo. Un omicidio a sangue freddo, apparentemente perpetrato da un cavaliere in armatura.» una pausa «Oh, per un attimo ho creduto davvero ad un fantasma.»
Price fece schioccare due dita «Lo sapevo!»
«Benny, che per colpa di un po’ di vino versato accidentalmente sulla sua camicia, è costretto a salire al piano di sopra per cambiarsi.» proseguì Steve, passando lo sguardo da un ospite all’altro «Un assassino spietato che ha atteso per ore il suo arrivo e che, anzi, è stato parecchio fortunato. Pensava di dover aspettare molto di più, dato che quello del vino è stato un incidente.»
«Ma questo lo aveva già detto.» sbuffò Adam «Quindi si risparmi, Sheppard, e ci dica chi ha ucciso quel poveraccio!»
«E’ stato uno spettro, è chiaro!» strillò una donna dal pubblico «Noi tutti abbiamo visto la vendetta degli artigiani in atto! Lampadari scatenati, luce che andava e veniva, ombre e voci!»
«Noi tutti siamo stati drogati!» inveì Steve «Me compreso. Abbiamo visto soltanto ciò che l’assassino voleva vedessimo, in modo da insinuare il dubbio, il dubbio che questo palazzo sia davvero infestato! Bè, non lo è!»
«Ma...»
Harper fu prontamente zittita «Sapevo di star provando i tipici sintomi di un drogato, eppure, devo complimentarmi con l’assassino, per un attimo ho dubitato anche io della mia razionalità! E questo mi fa arrabbiare davvero molto! Approfittarsi così di un detective affermato! Quando ho chiesto al maggiore Price che cosa avesse visto esattamente, lui non ha saputo rispondere. E questo perché, in realtà, non ha visto niente! Non c’è niente di soprannaturale in questa dimora, non c’è mai stato niente! Nessuna ombra, nessuna voce.»
L’accanito fumatore di pipa alzò la mano «Com’è possibile che tutti siamo stati drogati? La droga era forse in qualche alimento o bevanda che abbiamo ingerito?»
Sheppard sorrise «No. Adesso ci arriviamo.»
Gertrude incrociò le braccia al petto, indignata «Perché i detective devono sempre girare intorno alla soluzione, anziché esporla subito, in poche parole? Che noia.»
«Sono dei dannati egocentrici.» le sussurrò l’amica novantenne.
«Ma eravamo qui in sala.» ricordò lo psicoterapeuta «Tutti.»
«E’ ciò che ci siamo ripetuti per l’intera vicenda, e l’illuminazione mi è venuta anche da questo quesito. Non ne ho la certezza, ma ne sono abbastanza sicuro. Al momento dello sparo, eravamo tutti qui. Allora chi occupava l’armatura del cavaliere, su, nella camera di Benny?»
«Un cameriere?»
«La donna delle pulizie?»
«Qualcuno di media statura, non più alto.»
Azzardarono.
«Ah, perché, l’assassino era nascosto nell’armatura?»
«L’ha appena detto, scemo!»
«Il cuoco!»
Steve sorrise ad un suo conoscente «Mi spiace deluderla, Roger, ma non è il cuoco.»
«Oh, peccato.» fece questi «Dopo lo Chalet, credevo di aver imparato qualcosa.»
«Chi è che sta sempre sul palcoscenico senza essere mai visto davvero?» domandò Steve, puntando lo sguardo su un soggetto preciso della sala «Chi è che riesce a muoversi a passo felpato, ma veloce come un furetto, e a passare inosservato nonostante l’invadenza?»
Aisha guardò Nathan e premette le mani sulla bocca «Il fotografo.»
«Il fotografo.» ripeté Steve, scendendo gli scalini e camminando per la sala «Un piano perfetto, calcolato e studiato nei minimi dettagli. La pellicola fotografica, abilmente manomessa, contiene una sostanza chimica volatile, come un profumo. Quando il fotografo scatta una foto, la pellicola si attiva e rilascia il gas tossico nell’aria. Il gas ha un effetto ritardato, ecco perché i nostri deliri non sono iniziati immediatamente.»
Susan sgranò gli occhi, ragionando «Durante un evento o una situazione caotica, le persone non prestano attenzione alla macchina fotografica o al suo funzionamento. Un ottimo stratagemma per agire in modo discreto e passare inosservato.»
«Continuava a scattarci foto a raffica...» sussurrò Didy «Lei ha ucciso il mio fidanzato?! È stato lei? Perché?!»
«No, non può essere stato lui!» intervenne Gertrude «Era in sala al momento dello sparo, l’ho visto con i miei occhi!»
«Oh, cara signorina Trudy, quello che ha visto al momento dello sparo, e che sta vedendo adesso, non è il fotografo originale.» sorrise Steve, avvicinandoglisi «Dico bene?»
«Lei è un pazzo!» berciò l’interessato, cominciando ad agitarsi «Come avrei potuto essere in due posti contemporaneamente?»
«Infatti non c’è stato. Nessuno di noi ha il dono dell’ubiquità. C’era qualcosa che non mi quadrava nello strano comportamento di questo fotografo, ma non ho dato peso alla cosa, in quanto ho pensato di essere io esagerato, di notare dettagli inutili ed insignificanti, ma mi sbagliavo. Non erano affatto insignificanti. Un uomo che prima si comporta in maniera frizzante, quasi eccentrica, che non ha timore di invadere gli spazi personali degli sposi e degli invitati pur di ricavarne una foto, improvvisamente si trasforma in un uomo timido, impacciato, che ha paura di fare una foto.»
«E’ vero.» proruppe Odette, giocherellando con un orecchino.
«E per quanto si sia sforzato di imitarlo, lei non è il suo gemello.» lo sguardo di Steve, tagliente, era fisso sull’uomo dai riccioli biondi e la statura media «Per tutta la seconda parte della festa, lei ha fotografato il pavimento. E questo non perché era brillo, ma perché non è un fotografo come lo è suo fratello.» un respiro profondo «Ecco com’è andata. Suo fratello deve aver elaborato questo piano da mesi, pensando ad ogni singolo dettaglio in modo che niente sbavasse. Ma gli serviva che, al momento del fatidico sparo, qualcuno lo vedesse chiaramente in sala. Come fare, dato che nessun uomo può essere contemporaneamente in due posti differenti? Un gemello. Il dono di un gemello, un dono che non tutti hanno. Quindi l’ha ingaggiata, e lei, per ragioni che ancora ignoro, ha accettato. Forse perché i gemelli sono più legati dei semplici fratelli, forse perché ha interesse anche lei nel movente e concorda con la visione del suo doppio. Il fotografo doveva per forza trovarsi a questo matrimonio, vero? Si è fatto prendere con tutte le sue forze o forse ha sostituito qualcun altro...un fotografo precedente?»
Harper portò una mano al cuore «Sì...sì, quello vecchio non poteva più venire, ha disdetto, quindi...»
«Sotto minaccia, presumo.» continuò Steve «Lei e suo fratello avete un accento americano, il che significa che ci avete seguiti fin qui dall’America. Il piano era perfetto sotto ogni punto di vista. Ha iniziato suo fratello e poi, ad un certo punto della festa, vi siete scambiati. Peccato che lei a stento sappia tenere in mano una macchina fotografica. Ma non importa, la droga veniva spruzzata ugualmente, rendendoci tutti vittime del sistema! Una mandria di capre impazzite che non sanno più ragionare lucidamente! Chi è il chimico della famiglia? Lei? O forse vostro padre...»
«La smetta, la prego, la smetta!»
«Il suo gemello si è recato nella camera della vittima, mentre lei ne ha preso le sembianze ed ha attirato parecchia attenzione su di sé, soprattutto al momento dello sparo, quando ha visto Benny uscire dalla sala. Benny entra in camera. Tempo due minuti e suo fratello, nascosto abilmente nell’armatura, lo fredda con un singolo colpo. Ma non può scappare, no, deve inscenare il classico delitto a stanza chiusa: porta e finestre completamente sigillate da dentro. Allora come può essere, da dov’è scappato l’assassino? Non è scappato, semplice. È rimasto lì, in attesa, ed era lì anche quando io ho aperto la porta per la prima volta. Ha rischiato, certo, potevo recarmi subito a visionare l’armatura, scoprendolo, allora come mai non l’ho fatto?» il suo sguardo si fece ancora più intenso, penetrante «Forse perché un certo fotografo ha iniziato a sbraitare come un’aquila che voleva entrare in camera e fotografare la scena del crimine!» tuonò, irritato «Lei è giunto in soccorso di suo fratello, attirando l’attenzione su di sé e costringendomi a rimettere ordine, intimando agli ospiti di scendere nel salone ed accompagnandoli, lasciando per qualche minuto la stanza incustodita. Tempo prezioso per il suo gemello.»
«Allora è scappato!» disse Chuck con un certo interesse «Il vero fotografo, nonché assassino, deve essere scappato!»
«Sì, nel momento di confusione. È uscito dall’armatura e...»
«E’ fuggito.»
«Era tutto calcolato, detective.» ammise il gemello «Perché mentire? Ci ho provato, ma non sono un bravo attore.»
Steve annuì «C’è una sola cosa che mi manca. Perché. Perché lei e il suo gemello avete ucciso Benny e, soprattutto, cosa c’entra il coniglio pasquale in tutto ciò.»
Lo psicoterapeuta si grattò la nuca «Ancora con sto coniglio?»
Il complice del fotografo si piegò in avanti e premette le mani sul viso, disperato; alla faccia della droga, stava cominciando a sudare «Quel bastardo era il padre biologico di uno dei bambini della festa.» rivelò, alzando poi lo sguardo su Didy «Sì, signorina, proprio così. Credo che il tuo fantastico fidanzato avesse parecchi segreti, scheletri nell’armadio.»
Didy strinse i denti e trattenne le lacrime «No...no, tu stai mentendo. Benny non aveva figli. Lo faccia smettere, Sheppard!»
Ma Steve tacque, osservandolo.
«Tiro ad indovinare...» intervenne Susan, avvicinandosi «Il bambino non lo sapeva e credeva che suo padre fosse il fotografo, ovvero, il suo gemello.»
Questi annuì «Nemmeno mio fratello lo sapeva, sua moglie l’ha sempre tenuto all’oscuro di tutto. E quando l’ha scoperto…dovete comprenderlo, detective! Mio fratello ama quel bambino come se fosse suo figlio, ma non lo è! E quando lo ha visto interagire con il coniglio pasquale, cioè Benny, alla festa...è andato fuori.»
«Al momento della festa lo sapeva?» chiese Susan.
L’uomo annuì «Da qualche mese.»
«Vedere Benny interagire con suo figlio ha dato il colpo di grazia. Lo ha spinto ad organizzare il delitto. Ma il fotografo per questo matrimonio era già stato scelto, quindi ha dovuto agire in fretta. Da un lato, mi devo complimentare. Ci ha messo poco tempo a pianificare il tutto.» disse Steve.
«Perché lo sta a sentire, Sheppard?!» strillò Didy, e sua sorella Aisha l’andò ad abbracciare «Perché lo state a sentire? Benny non aveva figli, lui...lui non ha figli...»
Si sentì girare la testa, quindi si appoggiò alla sorella.
«Possiamo fornirvi tutte le prove.» cedette il gemello «Ho collaborato, ho diritto ad uno sconto di pena, vero?»
«Se può consolarla, non è l’assassino materiale.» rispose Steve «Ma essere complici la fa entrare direttamente nel girone del concorso in omicidio
I genitori delle Lopez si erano alzati ed avevano poggiato una mano sul cuore, sconvolti «Figlio di buona donna!» tuonò la madre «Lo sapevo che quel ragazzo non la raccontava giusta, l’ho sempre saputo! Un figlio fuori dal matrimonio! Ingrato! Grazie a Dio non ha sposato la mia Didy!»
Didy si stava consumando come una candela, lentamente. Di sicuro stava pensando a cosa avrebbe fatto Benny pur di andare a trovare ogni tanto suo figlio. E a come avrebbero vissuto una volta sposati. Avrebbero avuto altri figli, ma lui sarebbe sempre tornato dal primo. Era triste e deprimente.
Odette sputò il vino dentro il bicchiere, in maniera davvero sgraziata «Basta, qui mi fermo. Tutti i gusti sono sballati.»
Steve sorrise e puntò gli occhi su di lei «A proposito, c’è un altro mistero risolto: il Mistero della signora Price!» recitò teatralmente «Congratulazioni, Odette. Tu e Jonathan aspettate un bambino.»
I due spalancarono gli occhi e si presero per mano, tremanti.
«Che...che hai detto, Steven?» domandò Price per sicurezza, bianco come un lenzuolo.
«Gusti alterati. La tua signora è in dolce attesa. Congratulazioni, amico.»
Fu un sorriso sincero quello che uscì dalle labbra del marine. Era raggiante, era contento per il suo migliore amico, perché sapeva quanto ci teneva a diventare un padre.
L’intera sala applaudì, mentre Jonathan annunciò «Devo bere qualcosa, mi sento svenire.»
«Amore, non ci credo!» trillò Odette «Stiamo per diventare genitori!»
«Ah, però.» commentò Adam Windsor, tracannando vino.
«Tutto è bene quel che finisce bene.» commentò la sua fidanzata.
Adam la squadrò e le impedì di accarezzarlo «Tanto non ti sposerò mai.»
«M-mio figlio...un piccolo essere umano sta crescendo dentro di te.» Jonathan si fece aria col tovagliolo, provando sensazioni più forti di quelle provate sotto gli effetti della droga.
«E’ incredibile. Non so cosa fare o cosa dire.»
«Io neanche, Odette. Ma sappiamo che dobbiamo essere felici, giusto? Questo è il nostro momento.»
«Immagino di sì. Siamo pronti per questo?»
«Non lo so. Ma lo scopriremo insieme.»
«L’amore è nell’aria!» commentò Gertrude «Abbiamo un lieto fine, qui.»
Il gemello “buono” scoppiò a piangere; provò un misto di tristezza, commozione e sensi di colpa «L’ho fatto per mio fratello. Per favore, mettetevi nei miei panni.» soffiò il naso su un tovagliolo.
«Dove si trova suo fratello? Dov’è nascosto?» chiese Steve in conclusione.
«In un hotel distante da qui, ma sempre nella laguna. Vi fornirò il nome e l’indirizzo. Eravamo d’accordo che ci saremmo trovati lì a fine festa.»
Gertrude si avvicinò e gli fece una carezzina «Coraggio, figliolo, non piangere. Mangia una pasta fresca.»
Steve sorrise «Harper, le dispiacerebbe telefonare alla polizia?»
La donna si attivò immediatamente «E perché dovrebbe dispiacermi? Corro subito! Ci sono due criminali da assicurare alla giustizia!» poi, quando sentì il gemello presente piangere ancora, corresse il tiro «Facciamo uno e mezzo. Se può consolarla.»
«Da un lato, peccato.» concluse Susan «Avrei voluto sentire gli spiriti ancora un po’.»

Harper Windsor diceva sempre che Venezia assume un fascino particolare quando la pioggia si placa e il sole fa la sua apparizione.
Le gocce d’acqua scintillavano come piccole gemme.
Le strade, ancora umide, riflettevano la luce, creando un effetto magico.
I vicoli erano tornati animati: i passanti si muovevano lentamente, i colori delle facciate delle case sembravano più vividi e i canali risplendevano.
Le gondole, ora asciutte, oscillavano dolcemente sull’acqua. I Cafè avevano aperto le loro tende, invitando le persone a gustare un espresso o un cappuccino mentre erano intente ad ammirare il panorama.
Venezia è una pittrice che dipinge con i colori del sole, trasformando ogni angolo in un quadro vivente.
«Qual è il problema?»
Price si girò verso Steve «Qual è il problema?» ripeté, sputando veleno come un serpente e sfogliando animatamente le pagine del manuale regalato dallo psicologo «Il problema è che nemmeno ti accorgi del “problema”.»
«Così sei insopportabilmente criptico.» ribatté Steve, sistemandosi meglio nella sedia del Cafè ed aprendo le gambe.
«Hai detto che potevo scegliere. “Scegli tu cosa bere”, hai detto. Questo è il problema.»
«Io non vedo problemi.»
«Io ho scelto il cappuccino, ma tu hai fatto storie e alla fine hai costretto anche me a bere l’espresso.»
Steve respirò a pieni polmoni, guardando da tutt’altra parte «Mica l’ho fatto apposta. L’espresso dà più carica di un cappuccino. L’ho fatto per te.» disse, rigirandosi i pollici.
«No, tu l’hai fatto perché vuoi sempre comandare.»
«Metti via quel libro, per cortesia.»
«Dovresti leggerlo, invece. È pieno di spunti interessanti! Fa riflettere! E non vale se lo leggo solo io.»
«Quello psicologo è pazzo, Jonathan.»
«Io credo sia più sano di noi due messi insieme, invece.»
«Ha richiamato il commissario.» mise al corrente Steve, cambiando completamente argomento «Hanno trovato il fotografo.»
Price chiuse il libro di scatto e sbuffò «Sì, bè...devo dire che è stato un piano ingegnoso. Non avevo mai sentito di droga nelle macchine fotografiche.»
Steve sorrise, gli passò un braccio intorno alle spalle ed accavallò le gambe, godendosi il panorama «Era un piano perfetto. E probabilmente l’avrebbe fatta franca, non fosse stato per alcuni detective presenti al matrimonio.»
Jonathan sospirò e gettò il libro sul tavolino, concentrandosi anche lui sulla meravigliosa Venezia, piccioni disturbanti compresi «Massì. Dopotutto, perché? Perché dobbiamo cambiare?»
«Se cambiassimo, non non andremmo più d’accordo.»

Piazza San Marco, baciata dal sole, si apriva davanti a loro come un palcoscenico.
Chuck teneva delicatamente il viso di Susan tra le mani, e il sorriso di lei era un invito ad un mondo di emozioni.
Si guardarono intensamente, come se il tempo si fosse fermato soltanto per loro.
«Dolce Susan, è come se Venezia stesse rispendendo solo per noi.» disse lui con voce sommessa.
«Se fossi una ineguagliabile romantica, direi che sei il mio cavaliere, pronto a difendermi dai draghi!» scherzò la ragazza.
«Mmh. Draghi a Venezia? Forse solo quelli nei nostri cuori.»
«Quelle sono farfalle.»
Lui le afferrò dolcemente la mano «Se io sono il tuo cavaliere, tu allora sei la mia Dea veneziana.»
«Che ti ho detto? Niente complimenti per adularmi.»
«Ma lo penso davvero!»
«Non mi farai su come Adam fa su le sue fidanzate!»
Chuck sorrise e la strinse per la vita, specchiandosi nei suoi occhi «Ce n’è davvero bisogno?» domandò «Siamo qui, in questa città unica al mondo, e tutto sembra possibile. Sinceramente, vorrei che questo momento non finisse mai.»
Questa volta si fece avanti lei.
«Allora possiamo fermare il tempo. Solo per un bacio.»
Così, tra il suono delle campane, il richiamo dei gabbiani e il profumo del mare, le loro labbra s’incontrarono.
Fu un bacio dolce ed appassionato, come se tutto il loro amore si riversasse in quel gesto.
E mentre il sole continuava a baciare Venezia, loro si abbracciarono, immersi in un’atmosfera di eternità.







 
FINE.









Ringraziamenti:

Carissimi, eccoci giunti all'epilogo di questo mini giallo a tema "pasquale".
Vi ringrazio di essere stati con me nel corso di queste settimane, è stato piacevole aggiornare ogni week end facendovi gustare la storia pian piano.
Un ringraziamento speciale va alle carissime Milly Sunshine, OrnyWinchester, Serpentina, jessicalocke ed EleAB98, che hanno commentato capitolo per capitolo, facendo congetture. *-*

Per ora non ho altri gialli in cantiere, ma sono certa che prima o poi qualcosa dalla mia testolina uscirà fuori, è solo questione di tempo.

Buona Pasqua a tutti! <3

SwanXSong


 

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