Gazebo

di RKM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Questa storia fa parte di una serie.

Recupera la storia precedente (Lavanda) per godertela al meglio.

Buona lettura!

Quanto tempo è trascorso, dall’ultima volta che aveva ammirato un’alba? Crowley non sa rispondersi: mentre guarda il disco arancione disegnarsi lentamente sopra l’orizzonte, tinteggiato ai suoi occhi anche da una sfumatura violacea intensa, il demone si chiede se Aziraphale abbia scelto quella casa proprio per la visuale ad Est che garantisce da certe stanze.

 

A quel pensiero, la mano del demone corre distrattamente tra i riccioli biondi di Aziraphale, che ancora riposa pacifico, con la testa appoggiata sul suo grembo. L’angelo si era sorprendentemente mosso poco, durante la sua prima notte di sonno: forse è stato l’effetto di sentirsi completamente rilassato per la prima volta in tutta la sua vita.

 

Crowley sorride intenerito, ripensando alle compere del giorno prima e ad Aziraphale determinatissimo ad “imparare a dormire”.

L’allievo si era applicato bene e quasi quasi aveva superato il maestro: l’angelo aveva dormito tutta la notte, senza mai destarsi. Crowley è stato sveglio, coccolato dal buio e dal ritmo del respiro di Aziraphale, che a tratti variava, crescendo, accelerando o rallentando moltissimo.

 

L’angelo aveva addirittura parlato nel sonno. Crowley si era subito irrigidito, temendo un incubo, quando Aziraphale aveva iniziato a mugolare e farfugliare parole indistinte; ad un certo punto però, voltando la testa di lato e cercandolo con le mani, l’angelo aveva detto distintamente, con un leggero sorriso, o almeno così è parso a Crowley, “...ci sono le lucciole…”.

 

Difficile descrivere tutte le emozioni che sono passate nella testa del demone in pochi secondi, a vedere quella scena; Crowley ha mantenuto il silenzio, le labbra serrate e tremanti ma le iridi sono diventate così grandi e liquide e quando il demone si è lasciato ricadere contro la testiera del letto, la tenerezza l’aveva completamente stravolto.

Aveva così senso: Aziraphale ama tutto ciò che è luce, calore; sicuramente le lucciole avranno sempre suscitato il suo stupore. Devi essere bellissimo quando le vedi, angelo. I tuoi occhi brillano come non mai e scommetto che ridi anche come un bambino.

 

Crowley sa bene che, per quanto scenografico, miracolare uno sciame di lucciole fuori stagione non sarebbe altrettanto carino quanto incontrarlo naturalmente, per cui i due dovranno aspettare ancora qualche tempo; il demone però inizia già a fantasticare su come sorprendere il suo angelo e improvvisa nella sua testa una caccia al tesoro tra le campagne che termina in una vallata, con una coperta, una bottiglia di vino, due bicchieri e tante luce intermittenti che danzano intorno a loro. Volendo si potrebbe anche miracolare un cestino portavivande: in questo modo Aziraphale avrebbe finalmente il picnic a cui aveva accennato a Crowley nel 1967.

 

Il demone sgrana gli occhi per la sorpresa quando un’idea lo coglie alla sprovvista e ne sorride: le lucciole ancora non sono disponibili, ma...qualcos’altro sì. Fa per alzarsi, togliendosi la coperta di dosso ma qualcosa lo frena: Aziraphale sta ancora dormendo e non accenna minimanente a svegliarsi.

 

Con una smorfia di finto disappunto, il demone si riappoggia alla testiera decorata da volute e ricci: dovrà aspettare ancora un po’ per mettere a punto l’idea geniale che ha appena avuto. Freme per l’impazienza ma poi accarezza la fronte di Aziraphale e si calma: in fondo, non sarà certo tempo sprecato quello trascorso con l’angelo abbandonato sul suo grembo. Ha tutto il tempo per pensare ai dettagli, si dice, mentre affonda le dita tra i riccioli biondi del compagno di dormite.

 

§ § § § § § §

 

“Mio caro, gradisci una tazza di caffè?”.

 

Crowley si sta fregando i capelli con un asciugamano: la vasca pantagruelica scelta da Aziraphale è sicuramente...simpatica, ma molto lontana dall’idea di comodità, almeno per quanto riguarda le abluzioni mattutine. Chissà che non riesca a convincere l’angelo a concedergli una doccia, da qualche parte nel loro cottage: “Pensavo mi conoscessi abbastanza da non chiedermelo più, angelo” risponde Crowley con un ghigno, lanciando l’asciugamano lontano e dirigendosi verso la cucina.

 

Crowley entra in cucina asciutto e vestito: si è miracolato addosso gli abiti lungo il percorso. Aziraphale si volta e mostra un lieve disappunto nel vederlo già vestito di tutto punto: lui indossa ancora il pigiama a righe azzurre. Una mascherina per occhi stropicciata fa capolino da una delle tasche della sua giacca.

 

“Ecco a te. Siediti”: Aziraphale poggia sul tavolo una grande tazza bianca con due ali come manico, non dissimile da quelle che aveva nella sua libreria, a disposizione di Jim.

 

“Gradisci qualcosa da mangiare?” chiede con voce allegra l’angelo, intento a prepararsi la colazione.

 

“No grazie, angelo. Sto uscendo”.

 

“Dove vai?”.

 

Il demone sa che deve giustificare la propria assenza in qualche modo: “Oh, pensavo di prendere una nuova pianta e ieri ne avevo vista una che mi piaceva molto”. Quando effettivamente tornerà a a casa anche con una nuova pianta, potrà incontrovertibilmente affermare di non aver mentito. Non completamente, almeno.

 

Aziraphale rimane in silenzio per qualche istante: pare stia soppesando le parole che ha in mente. “Posso venire con te? Anche io ieri avevo visto qualcosa di mio interesse, durante la nostra passeggiata”.

 

Questo complica un po’ i piani del demone, ma non può negargli un passaggio: sarebbe fin troppo sospetto. “Certamente angelo, ti lascerò dovunque desideri”.

 

“Grazie caro. Volo a prepararmi!”: l’angelo abbandona la stanza in fretta e furia. La cosa non sfugge a Crowley, che si chiede che cosa abbia in mente Aziraphale: dev’esserci qualche buona ragione per costringerlo a lasciare incompiuto un pasto.

 

Una buona ragione a conti fatti c’è: l’angelo vuole ripagare l’impegno di Crowley nei suoi confronti.

L’impegno, la fiducia, la tenerezza, la dedizione...quando quella mattina ha aperto gli occhi, dopo avr dormito per la prima volta, Aziraphale si è sentito la carezza delle dita affusolate del demone tra i capelli e un brivido gli è sceso lungo tutta la schiena. Ha richiuso subito gli occhi per non rovinare il momento e godersi ancora quella sensazione così bella: gli era capitato così poche volte che qualcuno gli passasse le dita fra i capelli ed era una cosa che amava molto. Non si aspettava che Crowley lo facesse di sua spontanea volontà e aveva sicuramente contribuito al suo dolce risveglio.

 

Crowley però si era accorto che Aziraphale si era svegliato: la cadenza e la profondità del suo respiro erano variate e la testa non era più abbandonata sul suo grembo come prima. Il demone aveva continuato ad accarezzare i capelli biondi dell’angelo, sorridendo: aveva capito che Aziraphale stava fingendo di dormire e lui glielo avrebbe lasciato fare per tutto il tempo che desiderava, deliziato da come il compagno di dormite si lasci viziare facilmente.

 

Aziraphale, sottostando alle carezze dell’amato, si godeva quelle sensazioni nuove e inattese che accompagnano il risveglio del corpo dopo il sonno: sentiva un vago languore, le membra pesanti ma in modo piacevole; si sentiva rilassato, morbido e felice; ricordava di aver visto delle immagini, probabilmente i famosi “sogni” tanto importanti nelle vite degli umani. Non le ricordava appieno e non sapeva se gli sarebbero mai tornate a bussare alle porte della coscienza; gli avevano lasciato però il sapore di qualcosa di gradevole e sicuramente avevano determinato in parte il buonumore che lo stava animando.

 

Quando infine Aziraphale si è risolto ad aprire gli occhi, sorridendo, gli è venuto istintivo stiracchiarsi; la visione ha chiuso lo stomaco di Crowley, in una morsa di tenerezza. Il demone ha fermato per un istante le sue carezze e salutato il suo angelo, con occhi dolci e liquidi.

I due si sono scambiati qualche parola e, soprattutto, molti sguardi. Aziraphale ha alzato la mano destra ad accarezzare il volto di Crowley, che ha fermato quella mano sulla propria guancia con la propria mano destra, per poi baciare piano il palmo di Aziraphale.

 

Mentre Crowley si avviava verso il bagno, Aziraphale ha deciso che quel demone così tenero, amorevole e premuroso meritava un pensiero speciale e lo meritava quel giorno stesso.

 

§ § § § § § §

 

“Toglimi una curiosità, angelo: hai fatto qualche sogno stanotte?”. Crowley sta guidando con una mano sul volante, mentre l’altra è appoggiata mollemente su una coscia di Aziraphale.

 

L’angelo copre le dita di Crowley con la propria mano: queste piccole confidenze che il demone si prende di giorno in giorno lo stuzzicano e inteneriscono. “Non esattamente, no. Non sono sicuro. Non ricordo molto bene. E’ normale?”.

 

“E’ normale. Con il tempo inizierai a ricordarne sempre di più”.

 

“Sicuramente però dev’essere stato bello. Cioè, credo almeno. Ero molto felice quando mi sono svegliato”.

 

“M-mh”.

 

“Chissà, magari dipenderà...dalla compagnia…”, aggunge poi l’angelo, con un sorrisetto malizioso. Le dita di Crowley si contraggono appena e una sfumatura porpora si spande sugli zigomi secchi del demone, che si schiarisce la voce, imbarazzato. Aziraphale lo guarda di sottecchi, deliziato dal suo senso del pudore.

 

La Bentley parcheggia poco lontano da dove si era fermata ventiquattr’ore prima. I due occupanti scendono dai rispettivi lati e si riuniscono davanti al muso dell’auto.

 

“Qui ti va bene, Angelo? Sei...comodo per andare a fare i tuoi...acquisti?”: la voce di Crowley è fintamente disinteressata; in realtà il demone sta bruciando dalla voglia di capire cosa Aziraphale stia andando a fare.

 

“Qui è perfetto, ti ringrazio!”, risponde l’angelo, adocchiando i vari punti di riferimento che rammenta dal giorno prima, per ritrovare la strada verso il negozio di animali dove avevano incontrato la famigliola con il drago barbuto.

 

“Che ne dici di incontrarci al ristorante di ieri? Te lo ricordi?”, propone Crowley, sempre tastando il terreno.

 

“Assolutamente sì. A dopo, mio caro!”: Aziraphale si incammina senza quasi voltarsi a guardare Crowley; il demone è sempre più colpito dall’improvviso entusiasmo dell’angelo e quasi sospettoso che ne stia per combinare una delle sue; spera solo che non si infili in qualche strana situazione dalla quale dovrà precipitarsi a salvarlo.

 

Crowley si guarda intorno, cercando un negozio che avevano intravisto il giorno prima; si avvia tra le persone che camminano pigramente, godendosi il sole di metà mattinata.

Finalmente, il suo sguardo coglie la vetrina a cui stava anelando e il demone si infila ancheggiando tra le porte aperte.

 

Crowley sguscia agile tra divanetti in rattan e ombrelloni e si dirige verso la cassa, cercando qualcuno che lavori lì. Una ragazza in divisa gialla e verde sta armeggiando con dei fogli freschi di stampa, preparandosi all’inventario. Il demone si spalma letteralmente sul bancone davanti a lei, con un sorriso sornione e salutando a trentadue denti.

La ragazza alza gli occhi, incuriosita dal tono di voce e desiderosa di qualsiasi cosa possa distrarla dal noiosissimo inventario che le hanno assegnato: “Buongiorno! Posso aiutarla?”.

 

Crowley sfodera il suo miglior tono di voce da interazione con gli umani, allegro e un po’ artefatto. Solo le “s” un po’ sibilanti tradiscono la sua incertezza: “Spero proprio di sì. So di essere un po’ fuori stagione per questo, ma...vorrei delle luci da esterno. Sa, come quelle che si vedono in giro a Natale”.

 

La ragazza non si chiede nemmeno il perché delle lenti scure indossate dal cliente: “Beh, no, non necessariamente fuori stagione: le luci da esterno per decorazione si trovano tutto l’anno, in verità. Aveva già in mente qualcosa?”.

 

“Questo mi fa capire che mi sono rivolto alla persona giusta – Crowley gesticola con un indice proteso, trionfante – Sicuramente troverò quello che stavo cercando!”.

 

La commessa sorride e mette da parte i fogli per l’inventario: “Mi dica tutto!”.

 

“Sssì. Dunque…”: Crowley guarda in alto in cerca d’ispirazione, poi rinuncia e decide di andare a braccio, come sempre. “Sto cercando qualcosa che somigli a delle...lucciole”: i suoi occhi brillano dietro alle lenti scure, ma la ragazza non può vederlo.

 

“Mi faccia pensare…”: la commessa, che risponde al nome di Debbie, come scritto sul cartellino appuntato alla sua maglietta, fa il giro del bancone e inizia a dirigersi verso la corsia del negozio che le sembra più indicata. “Può darmi qualche dettaglio? Dove vorrebbe metterle?”.

 

“Sto ancora pensandoci, in verità. In giardino abbiamo una sorta di struttura portante, una specie di gazebo. Mi piacerebbe farne qualcosa di originale e decorarlo con delle luci che rimangano...sospese, come…”.

 

“...come le lucciole! Sì, credo di aver capito. Che cosa romantica! E’ forse una sorpresa per qualcuno di speciale…?”, chiede Debbie con un sorriso meno commerciale e più amichevole.

 

Per la seconda volta in meno di un’ora, le guance del demone s’infiammano: “Beh, ecco...diciamo...diciamo che...si potrebbe dire così, sì”.

 

Debbie sorride e annuisce: “Abbiamo diverse opzioni che potrebbero fare al caso suo”.

 

I due gironzolano così tra le corsie: Debbie segue Crowley nella scelta delle luci e lui rimane così soddisfatto che decide di chiederle un altro parere, lasciandosi suggerire sull’acquisto di accessori per arricchire la scena che aveva in mente di allestire.

 

Nel frattempo, Aziraphale ha ritrovato il negozio di articoli per animali dove si erano scontrati il giorno prima con la ragazzina e avevano fatto una fugace conoscenza di Finley, il suo drago barbuto.

 

L’angelo entra e subito i suoi occhi si fanno grandi di meraviglia: la parete alla sua sinistra è coperta di vasche dove pesci di ogni forma, colore e dimensione guizzano o nuotano placidi; alla sua destra, diverse corsie con articoli dedicati ad animali domestici di ogni tipo esplodono di giochini, riportelli, campanelli, collari, ruote di plastica, in un tripudio di colori e materiali diversi; in mezzo, una serie di colonne, al cui interno sono incastonate vasche con piante acquatiche, gamberetti, lumache e poi, più avanti, tartarughe e finalmente quello che Aziraphale sta cercando, ovvero terrari, con rettili di ogni tipo.

 

L’angelo però rimane così colpito da tutti quei colori e quei guizzi di vita che si dirige verso le vasche con i pesci, incantato.

Accanto ai più comuni Guppy, Molly, Platy, Scalari e Corydoras, il negozio ospita anche diverse varietà di Ciclidi africani, tutti coloratissimi; Discus grandi ed eleganti, che nuotano con discrezione nascondendosi tra le piante; vaschette con singoli pesci combattenti, dalle pinne dorsali flosce e un aspetto pacifico – almeno finché sono da soli; pesci da fondale che razzolano veloci, risucchiando e sputacchiando sassolini: Botia a strisce arancioni brillanti; Pesci Elefante, con i lunghi rostri neri e le pinne caudali a V; Pangio, simili a delle bisce ma con dei barbigli sul muso che li fanno sembrare simili a degli scoiattoli.

 

Aziraphale è così meravigliato che non si sta nemmeno ricordando di respirare: lo sguardo si perde di fronte a tutti quei colori, a quelle forme così diverse tra loro – eppure sono tutti pesci!

Un commesso con gli occhiali grandi in divisa grigia e azzurra si avvicina all’angelo e rimane colpito dal suo sorriso, colmo di sorpresa, meraviglia, fascino; gli occhi chiari di Aziraphale riflettono l’azzurro delle vasche.

 

L’uomo si schiarisce piano la voce e l’angelo si volta di scatto, sussultando appena, per poi ridacchiare imbarazzato e scusarsi. Il commesso trova che non ci sia nulla di cui scusarsi e anzi chiede perdono per averlo spaventato.

Il botta e risposta assume quasi i contorni di un flirt, leggero ed elegante: il commesso è rimasto certamente intrigato da quell’uomo così attraente e così genuinamente travolto dalle emozioni; l’angelo, dal canto suo, risponde a tono, troppo preso da ciò che vede intorno a sé per riflettere su ciò che stia accadendo.

 

Il commesso, il cui cartellino appuntato sulla divisa mostra il nome di Danny, chiede ad Aziraphale se possa aiutarlo e l’angelo si ricorda di avere una missione: racconta così a Danny che deve fare un regalo ad una persona che ama moltissimo i rettili.

Il commesso è colpito dall’enfasi di quest’uomo nel parlare e nel gesticolare: rimira con un filo di vergogna la propria mano sinistra, ornata di una fede un po’ opaca e graffiata, poi chiude gli occhi e si decide a guidare Aziraphale verso i terrari con i rettili.

 

Danny mostra ad Aziraphale camaleonti, iguane e un drago barbuto più grande e di un arancione più acceso rispetto a quello che ha visto il giorno prima. L’angelo li trova tutti affascinanti.

 

“C’è qualche esemplare che le interessa più degli altri?”.

 

“Sono tutti bellissimi! Non potrei davvero scegliere, no, mi creda”.

 

“Guardiamo qualcos’altro allora. Crede che un serpente potrebbe fare al caso suo?”.

 

Lo sguardo di Aziraphale si illumina come un fuoco d’artificio che esploda dopo aver raggiunto il picco massimo d’altezza possibile; la bocca si spalanca in una gigantesca “o”, mentre un pensiero finalmente si fa largo: ma certo! Crowley ha attributi serpenteschi! Sicuramente si sentirà più affine ad un serpente!

 

“Assolutamente si!”, esclama l’angelo, convinto.

 

Danny sorride intenerito e si avvicina ad una teca nella colonna successiva. Arrotolato in un angolo, con la testa nascosta sotto le spire, un pitone reale riposa placido. L’animale è marrone scuro, corredato di macchie regolari in diversi toni del beige; il corpo è più tozzo di quanto Aziraphale si aspettasse, terminando quasi bruscamente in una coda sottile e dalla sezione grossomodo triangolare. Il bagliore lattiginoso degli occhi si nota appena tra le spire, dalle quali una sottile e biforcuta lingua blu saetta rapida un paio di volte. Aziraphale sorride, pensando che l’animale lo stia annusando; “Affascinante”, commenta e Danny capisce di essere sulla strada giusta.

 

“Questo è un pitone reale. E’ un animale adatto a chi non ha mai tenuto in casa rettili prima d’ora. Non so se sia il caso della persona a cui vuole fare questo regalo”.

 

Aziraphale sta rimirando il pitone, che ha alzato la testa e lo guarda tremolando appena, sempre facendo saettare la lingua. “Non esattamente. Diciamo che è molto ferrato sull’argomento, ecco. Poi, sa, non sarebbe solo a prendersene cura...ci sarei anch’io”.

 

“Oh!”: Danny coglie il sottinteso e uno strano calore invade il suo petto. Non dovrebbe importargli molto della vita privata di un cliente mai visto prima; per qualche strano motivo, però, gli fa enormemente piacere sapere che la persona davanti a lui ha qualcuno di speciale nel suo cuore; qualcuno che lo rende abbastanza felice da fargli venire in mente di portare a casa un animale per potersene prendere cura insieme.

 

“Lasci che le mostri qualche altro esemplare allora. Parliamo sempre di animali piuttosto facili da gestire”.

 

“Certamente!”, risponde entusiasta l’angelo, gesticolando a piene mani e seguendo docile Danny, che gli mostra un’altra teca dove un piccolo serpente a strisce irregolari, bianche, nere e di un rosso vivo, con il musino nero, si attorciglia pigramente dentro ad una conca.

Anche questo animale cattura l’attenzione di Aziraphale e Danny procede con qualche dettaglio: come il pitone di prima, anche questo serpente, il falso corallo, rimane di dimensioni contenute ed è molto docile.

 

“Delizioso! Adoro i suoi colori, sono così...vivaci!”: Aziraphale non può rimanere indifferente di fronte ad una livrea che richiama così tanto i colori di Crowley.

 

“Se le piace questo genere, le posso mostrare qualcos’altro. Abbiamo venduto ieri l’ultimo esemplare, ma potremmo averne presto di nuovo uno disponibile”: Danny estrae il cellulare dalla tasca del pantalone e lo sblocca, per poi aprire la galleria e scorrere tra le foto.

 

Aziraphale incuriosito ed eccitato si tocca le punte delle dita di una mano con le punte delle dita dell’altra mano, battendole ritmicamente e sfregandole. Danny nota il gesto con la coda dell’occhio e ne rimane estremamente intenerito: che persona fortunata dev’essere il partner di quest’uomo!

 

“Ecco, guardi: questo è il serpente del grano, altra specie davvero facile da gestire e molto scenografica devo dire”: Danny mostra ad Aziraphale la foto di uno splendido esemplare adulto, a macchie arancioni, rosse e gialle. Incredibilmente ancora più bello dei serpenti visti fino a quel momento. L’angelo rimane a bocca aperta.

 

Danny prosegue: “Questa specie viene allevata in cattività da tanto tempo e ci sono tantissime colorazioni diverse”. Così dicendo, Danny scorre con il dito e una foto con due esemplari, arrotolati uno sull’altro, fa capolino dal display: quello sopra è di un arancione vivo, con macchie color mattone distribuite lungo il dorso a distanze regolari e il ventre giallo, appena visibile in alcune anse; quello sotto invece, quasi protetto o così sembra all’angelo, da quello sopra, è bianco, con un pattern simile di macchie beige sul dorso. Solo la punta del musino è gialla. Entrambi gli animali hanno gli occhi rossi, con un baluginio lattiginoso nel mezzo. Quello bianco guarda direttamente in camera.
 




Questa foto ha un impatto fortissimo sull’angelo, che per una frazione di secondo rivede sé stesso e Crowley in quei due animali tanto belli e fieri. Pensa che ha trovato l’animale giusto per Crowley.

“Vorrei...vorrei acquistare uno di questi, per favore”, chiede educatamente, con un sorriso enorme e contenendo a malapena l’entusiasmo, mentre le mani si stringono a pugno e ondeggiano su e giù.

“In questo momento purtroppo non ne abbiamo, mi dispiace. Possiamo però contattare l’allevamento e vedere quando ce ne sarà disponibile un altro!”.

 

Un lieve broncio deluso attraversa i lineamenti di Aziraphale: “Oh, ci tenevo davvero a portarlo a casa oggi. Non si potrebbe fare proprio nulla?”.

 

Danny si scioglie davanti a quegli occhi da cucciolo: “Mi dispiace, abbiamo delle tempistiche d’ordine da rispettare, bisognerà aspettare almeno settimana prossima”.

L’angelo a quelle parole alza le sopracciglia e abbassa gli angoli della bocca. Danny si sente colpito da una stilettata e si affretta ad aggiungere: “Certo, ecco...diciamo che il nostro allevamento di riferimento serve direttamente anche i privati, quindi se le fa piacere potrebbe...contattarlo?”, aggiunge, con una punta di malizia nello sguardo.

 

L’eccitazione di Aziraphale è la ricompensa perfetta per Danny e i due si dirigono verso la corsia con gli accessori per animali per fornire all’angelo tutto il necessario per ospitare il nuovo arrivato, una volta arrivato a casa.

 

Aziraphale, con la solerzia che lo contraddistingue, acquista: un terrario già delle dimensioni adatte per ospitare un esemplare adulto; un mobiletto da assemblare, con dei ripiani, per appoggiarvi sopra la teca e riporre tutti gli accessori per la cura del serpente. Ha avuto cura di sceglierne uno decorato a fantasia tartan; un piccolo kit di attrezzi per montare suddetto mobile; un libro sulla cura dei rettili, corredato di bellissime fotografie a colori; un tappetino riscaldante; un termometro a due sonde; un igrometro; uno spruzzino; arredi vari che richiamino un ambiente il più possibile naturale. Purtroppo Danny non trova in magazzino la fibra di cocco, adatta per predisporre il fondo del terrario, ma indirizza Aziraphale in un negozio poco lontano, dove vendono arredi da giardino e attrezzature per il giardinaggio.

 

Dopo aver concordato la consegna a casa, trascritto indirizzo e numero di telefono dell’allevamento e pagato, l’angelo saluta calorosamente Danny con una benedizione ed esce a passi lunghi dal negozio.

 

Danny lo osserva uscire e sente come se un raggio di sole avesse appena trafitto le nuvole della sua esistenza, illuminandolo; da quanto tempo non si sente più entusiasta della sua vita coniugale? Non si risponde nemmeno. Ciò nonostante, è sicuro di amare ancora il marito. Forse hanno solo lasciato che troppa routine scivolasse tra loro.

 

Perché non scuotere allora la quotidianità con una piccola sorpresa? Danny prende il telefono dalla tasca dei pantaloni e inizia a cercare su Google un bel ristorante in un’altra città: porterà fuori il marito con una scusa e passeranno insieme una serata diversa. Una fuga romantica, come quelle che facevano da fidanzati. Sì, proprio così.

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Capitolo 2
*** II ***


Crowley ha quasi trovato tutto quello che aveva in mente ma si sta lasciando ispirare dagli allestimenti del negozio per nuove idee. Torna da Debbie in cassa.

 

“Mi piacerebbe mettere delle lanterne in giardino, creare un percorso o dei punti luce”, inizia Crowley, ripensando al vialetto illuminato a casa dei Dowling che gli ha sempre fatto molto effetto. L’attenzione del demone viene attirata da uno stand con dei portachiavi e inizia a giocherellare con un serpente nero dagli occhi rossi, attaccato ad un piccolo moschettone.

 

“La trovo un’idea bellissima per valorizzare un’area verde. Ha un giardino molto grande?”.

 

Crowley sta per rispondere ma si ferma all’improvviso e la punta della sua lingua sbuca appena tra gli incisivi: “Sta arrivando! Non deve vedermi qui, altrimenti mi rovinerà la sorpresa!”.

 

“Chi sta arrivando?”, chiede Debbie, turbata dall’improvviso cambio di tono del cliente.

 

“Il mio...la persona a cui voglio fare la sorpresa”, dice Crowley, abbassandosi sotto il bordo del bancone.

Il demone ha ragione: la sagoma beige di Aziraphale solca l’ingresso del negozio, salutando con calore all’indirizzo degli avventori. Sembra non aver notato Crowley.

 

“Debbie, mi aiuti! Non deve vedermi!”. Crowley si inginocchia dietro un divanetto in rattan e spia verso l’ingresso.

 

“Non si preoccupi! Ci penso io! Lei torni nella corsia delle luci da esterno”: Debbie va incontro ad Aziraphale sorridendo, divertita e curiosa di conoscere il destinatario delle attenzioni romantiche di quel cliente tanto buffo.

 

Crowley sguscia via, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra sé e Aziraphale. “Maledizione, angelo...di tutti i negozi che ci sono, dovevi entrare proprio qui?”, sbuffa il demone con un ghigno, chiedendosi cosa ci faccia Aziraphale in un negozio del genere: il giardinaggio e i lavori di fatica in generale non sono mai stati di suo interesse.

 

Debbie va incontro ad Aziraphale con il suo miglior sorriso da venditrice: “Buongiorno...come posso aiutarla?”, chiede, inclinando la testa da un lato.

Aziraphale si illumina vedendo la ragazza venirgli incontro: “Buongiorno a lei! Mi ha mandato qui Danny, un uomo delizioso che lavora nel negozio di animali più avanti. Ha detto che posso chiedere a voi!”, chiede l’angelo, gesticolando con le mani in un modo molto simile a quando interpreta il Magnifico Mr. Fell e si prepara a far comparire Harry fuori da un cilindro.

 

Debbie rimane immediatamente conquistata dagli occhi chiari e pieni di entusiasmo dell’angelo: “Va bene! Mi dica pure cosa le serve”.

 

“Sto cercando della fibra di cocco, credo si chiami così”.

 

“Certamente! Per cosa le serve?”.

 

Aziraphale abbassa la voce e parla con tono cospiratorio, eccitato come una ragazzina: “Sto allestendo un terrario per ospitare un serpente del grano!”.

A qualcun’altro Aziraphale potrebbe sembrare un po’ inquietante in quel frangente ma Debbie è abituata a vedere clienti di tutti i tipi ed è ben disposta verso di lui per via della conversazione gradevole avuta fino a quel momento con Crowley: “Benissimo! Mi segua pure, le mostro cos’abbiamo!”.

 

Nel tragitto verso la corsia, i due scambiano convenevoli e Aziraphale spiega che il terrario che sta preparando è una sorpresa. Gli occhi di Debbie si spalancano: “E’ una sorpresa per qualcuno di...speciale?”.

Le dita di Aziraphale si intrecciano strette e si accarezzano: “...sì!”, esclama, sorridendo a 32 denti.

 

Debbie è eccitatissima: la mattinata le sta regalando un po’ di pettegolezzi da scambiare con i colleghi e soprattutto tanta ma tanta tenerezza. Guida Aziraphale di fronte alla corsia dei substrati per i vasi e lo consiglia, per poi portare in cassa un grosso sacco da 5 kg di fibra di cocco.

 

Mentre batte il codice prodotto in cassa, non sfugge a Debbie che Aziraphale sta giocando distrattamente con uno dei portachiavi appesi sullo stand di fianco a lei: un serpente nero.

 

“Le piace? Lo prenda pure, glielo regalo!”.

 

“Dice sul serio?”: gli occhi di Aziraphale brillano deliziati e quando Debbie annuisce, lui la ringrazia con calore. “Signorina, lei è davvero un angelo”.

 

Dopo che l’angelo – quello vero – lascia il negozio, Crowley torna al bancone e si rivolge di nuovo a Debbie: “Che cos’ha comprato il mio…”.

Debbie si volta a guardarlo, maliziosa: “Il suo compagno?”.

“Ngk-”: gli zigomi di Crowley prendono immediatamente una sfumatura purpurea.

“Non credo di poterglielo dire ma ha parlato di una...sorpresa”, continua lei, sempre più divertita.

 

Le iridi del demone si allargano dietro alle lenti scure: “Una sorpresa?”.

 

“Sì. Per lei”.

 

Crowley si sente il petto esplodere dallo sciame di farfalle che iniziano a sbattere le ali tutte assieme: il suo angelo gli sta preparando una sorpresa. A lui. A un demone. Al demone che vive con lui, con cui mangia, con cui dorme.

Crowley non sa se potrà mai fare l’abitudine a queste attenzioni e in fondo non gli importa: si sente solo stupidamente felice.

 

Il demone si schiarisce la voce: “Benissimo. Dunque, vorrà dire che mi impegnerò di più con la mia sorpresa”.

Debbie sorride incantata: questi due uomini tanto strambi e tanto diversi tra loro si amano da pazzi, è palese. Le sembra di essere stata catapultata in una commedia romantica e vuole contribuire alla loro felicità, in qualche modo. “Conti pure su di me!”, esclama infine.


 

Crowley sta caricando tutti i suoi acquisti nella Bentley. Sul sedile posteriore, di fianco ad anonime scatole di cartone, ben chiuse con del nastro da pacchi, fa bella mostra di sé una meravigliosa Monstera adansonii, dalle foglie enormi e costellate di asole, che donano loro l’aspetto di fette di formaggio svizzero.

 

Crowley è’ molto soddisfatto: ha trovato tutto quello che cercava e ben di più. Si sfrega i palmi delle mani come a spolverarli e si guarda intorno: non resta che raggiungere Aziraphale al ristorante. Il demone s’incammina con le mani nelle tasche.

 

Strada facendo, Crowley passa davanti all’erboristeria e un pensiero gli attraversa rapido la mente: Aziraphale avrebbe voluto prendere qualcos’altro ieri. Il demone ghigna malizioso, mentre fa una piccola deviazione per infilarsi nell’ingresso del negozio.

 

Aziraphale è seduto ad un tavolino fuori dal ristorante dove si è dato appuntamento con Crowley. Una piccola rosa rossa è adagiata in un vasetto dalla base quadrata. Una bottiglia di vino e due calici attendono sul tavolo. Gli orli della tovaglia bianca ondeggiano piano, mossi non dal vento, ma dal ginocchio ballerino dell’angelo che attende ormai da un po’.

 

Aziraphale ha ordinato degli stuzzichini e il cameriere gli ha portato un piattino rettangolare costellato di olive verdi, cubetti di formaggio infilzati pigramente con un paio di stuzzicadenti, cetriolini e piccole fette tozze di un qualche salame d’importazione. L’angelo mangia distrattamente e ogni tanto lancia un mugolio soddisfatto.

 

Crowley lo vede da lontano e sente lo stomaco stringerglisi. Si schiarisce la voce, si tira su con la schiena e si approccia al tavolo con la propria falcata più seducente. Aziraphale lo sente e apre gli occhi, notandolo: un sorriso gli illumina il volto, mentre si alza in piedi per salutare l’amato.

 

“Ciao, angelo”, saluta Crowley, con la sua voce più calda, colorata di sfumature color bronzo.

Aziraphale sente le sue interiora farsi liquide e colargli fin nelle dita dei piedi: “Mio caro...vieni, siediti pure”, aggiunge felice, indicando la sedia di fronte a lui con un gesto della mano destra.

 

“Ti ho preso una cosa”: Crowley appoggia sul tavolo una borsa di carta con il logo dell’erboristeria, con un piccolo tup.

 

“Che cos’è?”, chiede Aziraphale, guardando ora lui, ora la borsa.

 

“Una cosa che avevi notato ieri”, soggiunge il demone, sedendosi e allungando una mano verso la bottiglia di vino; versa da bere per l’angelo e per sé, mentre Aziraphale mette curioso una mano nella borsa.

 

“Oh, Crowley! Non dovevi!”, esclama Aziraphale contento, estraendo un bel pezzo di sale rosa dalla borsa. E’ una lampada, corredata di supporto di legno e di un lungo cavo bianco, annodato da un chiudipacco, anch’esso bianco.

 

Il demone osserva di sottecchi il compagno di dormite che soppesa l’oggetto e ne accarezza le venature bianche: un brivido gli scende tra le scapole, quando nota come le dita dell’angelo seguano i contorni spigolosi del blocco di sale. Ruba un sorso di vino dal bicchiere, mentre l’usuale rossore gli si cosparge sugli zigomi. “Un piccolo presente per il mio angelo preferito”.

 

“Oh mio caro”, s’intenerisce Aziraphale. L’angelo rimette la lampada nella borsa e la sistema sulla sedia al suo fianco. “Più tardi avrò modo di...ringraziarti a dovere”, lo imbecca, con un luccichio malizioso negli occhi.

 

“Ngk!”: Crowley quasi si strozza con il sorso di vino che stava cercando di inghiottire.

 

“Santo cielo caro, cerca di non discorporarti proprio oggi!”, lo stuzzica ancora l’angelo.

Crowley ridacchia, cercando di non morire. Non oggi.

 

§ § § § § § §

 

Non appena la Bentley s’infila agile nel vialetto d’ingresso, Aziraphale nota dallo specchietto retrovisore un furgone che parcheggia appena fuori dal loro cancello. Svicolando, scende subito dall’auto e va incontro all’autista, che sceso dal furgone, sta leggendo qualcosa da un plico di fogli bianchi pinzati assieme.

 

Crowley fa finta di niente e allunga un occhio verso lo specchietto, sbirciando a sua volta: è un furgone grigio e azzurro, gli ricorda qualcosa che hanno visto di recente. Soppesa per un attimo le opzioni: andare a curiosare e cercare di scoprire la sorpresa dell’angelo? Correre a nascondere nella serra i pacchetti che ha comprato?

 

Alla fine, per quanto muoia dalla voglia di sapere cosa stia combinando l’angelo, il demone decide che non sarebbe giusto rovinare la sorpresa che gli sta preparando: con un solo movimento fluido, Crowley esce dalla Bentley e si prepara a scaricare i suoi acquisti.

 

I due passano il pomeriggio separati, sempre secondo il loro tacito accordo di non interferenza: hanno deciso subito, non appena messo piede nel loro cottage nel Southdowns, che avrebbero ritagliato spazi privati che l’altro avrebbe rispettato. Avendo passato l’eternità vivendo in buona parte da soli, era sembrata a entrambi una soluzione sensata per evitare di esacerbare conflitti inutili e rischiare di rovinare il loro idillio.

 

Crowley si mette subito all’opera, tirando fuori tutti i suoi acquisti dalle scatole e disponendoli sul lungo tavolo nella serra. La creatività inizia subito a guidare le sue azioni e il demone vede già il risultato davanti agli occhi.

 

Anche Aziraphale si mette subito all’opera: dopo aver fatto portare tutte le scatole nel proprio studio e aver dato una generosa mancia al corriere, si è chiuso la porta alle spalle e si è tolto lo spolverino, pronto a sporcarsi le mani.

In fondo, non può essere una cosa così complicata: gli umani costruiscono e assemblano in continuazione, fin dalla notte dei tempi.

 

L’imbrunire sta scurendo il pomeriggio.

Crowley si frega le mani, soddisfatto: le luci delle candele si riflettono nelle sue pupille sottili, mentre osserva la propria opera, in piedi, con le mani sui fianchi.

Pensa che decisamente si merita una bella lavata. Prima però, decide di avvisare Aziraphale che ha in serbo qualcosa per lui.

 

I passi del demone rimbombano nella casa in penombra, mentre questo si dirige verso lo studio di Aziraphale. La grande porta a vetri, a doppio battente, è illuminata dall’interno ma il vetro smerigliato nasconde alla vista i dettagli di quanto avvenga all’interno della stanza.

Crowley bussa piano alla porta dello studio: non gli sembra opportuno entrare.

 

La voce titubante di Aziraphale, un gran trapestio, rumore di qualcosa che cade malamente e quella che sembra quasi essere un’imprecazione arrivano alle orecchie del demone, che non fa nemmeno in tempo a razionalizzare: una delle eleganti maniglie in stile liberty si abbassa e la porta corrispondente si apre appena, giusto uno spiraglio. Aziraphale ha i capelli arruffati e i vestiti stropicciati e sembra affaticato: “Crowley, caro...tutto bene?”.

 

“Io sì, angelo...tu, invece…? Hai bisogno di una mano?”. Crowley fa per allungare il collo ma Aziraphale alza una mano, nervoso: “Va tutto a meraviglia”, insiste l’angelo.

 

“Va bene, certo. Volevo solo dirti…”.

 

“Cosa, caro?”, chiede Aziraphale con un sorriso tirato.

 

“Ecco, pensavo...avrei preparato una cosa e...vorrei…”: il demone s’interrompe, incerto su come spiegare ad Aziraphale quello che ha in mente.

 

“Hai...hai preparato qualcosa?”: la voce dell’angelo tradisce una nota di stupore.

 

“Sì, io...ho...ho una sorpresa per te”.

 

L’angelo guarda Crowley a bocca aperta: Crowley ha preparato una sorpresa per lui? Gli occhi di Aziraphale si addolciscono e un sorriso timido gli piega le labbra. “Che tipo di sorpresa?”, chiede infine con voce dolce.

 

“Beh, è una...sorpresa”, ridacchia il demone, abbassando lo sguardo.

 

I due ridacchiano. Crowley riprende a parlare.

 

“Che ne dici di trovarci in salotto fra una mezz’ora?”.

 

“Va benissimo!”, esclama l’angelo con entusiasmo.

 

“Bene. Allora...a dopo”.

 

Crowley si volta e si allontana. Aziraphale chiude la porta dello studio, felice; il suo entusiasmo però si spegne subito quando osserva le pietose condizioni in cui il suo studio è ridotto: il mobiletto giace obliquo nel mezzo, incapace di mantenere un equilibrio e le ante si chiudono sbilenche, per via delle cerniere registrate male; il terrario è un rigurgito di arredi, con il tappetino che non vuole saperne di stare piatto e si arrotola malissimo, ribellandosi persino alla forza di gravità; le sonde del termometro sbucano da posti dove non dovrebbero stare; lo spruzzino rotola macilento in un angolo, sopraffatto e incapace di stare dritto; c’è fibra di cocco ovunque, compresi in posti tra i vestiti di Aziraphale dove lui giurerebbe non potrebbe proprio entrarci. Eppure…

 

L’angelo si mette le mani tra i capelli, disperato: niente di quello che aveva in mente sta andando secondo i piani e adesso ha mezz’ora per rimettere a posto tutto e dare una parvenza di serietà alla propria sorpresa. Cosa fare?

 

L’angelo sbuffa, rassegnato, le spalle cadenti: voleva a tutti i costi fare questa cosa alla maniera degli umani, senza usare miracoli ma decisamente va oltre le sue possibilità.

Aziraphale unisce tre dita della mano destra e con un movimento di polso esegue un miracolo: ora il mobiletto si erge dritto sulle proprie quattro rotelle, con le ante perfettamente dritte; sopra di esso, il terrario, con tappetino, igrometro, termometro e sonde in posizione, nonché tutte le varie tane e tronchi al loro posto; un bello strato di fibra di cocco copre il tutto; il libro e tutte le varie ed eventuali sono all’interno, in ordine, sui ripiani del mobiletto.

 

L’angelo fissa la propria opera soddisfatto, con le mani sui fianchi e il mento in alto: ora sì che si comincia a ragionare; esce dallo studio sorridendo e si prepara per l’appuntamento con il suo amato.

 

Aziraphale fa il suo ingresso in salotto: i riccioli biondi sono di nuovo impeccabili e si è cambiato d’abito, indossando un completo che sfodera nelle – ormai rare – uscite di gala, di un color tortora chiaro, abbinato ad una camicia bianca e ad un papillon tartan in pendant.

 

Crowley è in piedi e gli da le spalle, sorseggiando distrattamente un rosso nel tentativo di calmarsi: è buffo come si conoscano da così tanto tempo, vivano insieme ormai da qualche mese eppure ancora gli vengano le farfalle nello stomaco al pensiero che faranno qualcosa di bello, insieme.

 

Aziraphale si schiarisce la voce e Crowley si volta verso di lui: il suo volto, privo degli occhiali, si distende in un’espressione di ammirazione, mentre con gli occhi vaga sulle forme dell’angelo. Improvvisamente il demone si sente la bocca secca.

 

Anche l’angelo è molto colpito dall’outfit di Crowley: il demone ha scelto un look total black, con un completo lucido, la giacca con i risvolti in raso e la camicia satinata, che balugina appena quando Crowley si muove per la stanza.

 

“Angelo...stai benissimo”, sussurra Crowley, con un filo di voce.

 

Aziraphale abbassa lo sguardo, arrossendo appena: “Anche tu stai davvero bene. Ti dona molto quel completo”.

 

“Ngh-”: il demone si schiarisce la voce e guarda altrove, completamente porpora in volto.

 

Aziraphale copre la distanza tra loro e prende tra le sue la mano libera di Crowley, che abbassa lo sguardo e osserva le dita dell’angelo che accarezzano il dorso della sua mano. Gli occhi dei due si incontrano; il demone sorride, svuota in un sorso il bicchiere e riacquista un po’ di coraggio.

“Pronto, angelo? Ti porto in un bel posto stasera”.

 

“Sono sempre pronto per andare con te, Crowley, dovunque tu voglia”.

 

Dovunque io voglia. Il demone si sente girare la testa a queste parole. Quante volte le ha dette lui stesso all’angelo e questi si è sempre schermito; ora invece, è proprio Aziraphale a dirle con nonchalance.

 

“Vieni con me, allora”: Crowley conduce l’angelo in cucina e i due si fermano vicino al tavolo.

 

Aziraphale guarda Crowley interrogativo e il demone si posiziona di fronte a lui e gli prende le mani tra le sue: “Angelo, devo chiederti una cosa e ho bisogno che tu la faccia”.

 

Aziraphale annuisce e Crowley continua: “Dovresti chiudere gli occhi e lasciarti guidare da me”.

 

L’angelo è un po’ interdetto: “Chiudere...gli occhi?”. Aziraphale non ama non avere il controllo della situazione e si irrigidisce un poco alla richiesta del demone.

 

“Sì. So bene che tu...non ami lasciare il controllo agli altri ma prometto che sarà per poco...soprattutto, prometto che ne vale la pena”.

 

Aziraphale fissa gli occhi dell’amato e vi trova solo fiducia, sincerità, forse un po’ d’apprensione ma soprattutto tanto amore; si decide così ad accettare. “Va bene”, risponde sorridendo e chiudendo gli occhi docile.

 

Crowley è sollevato e felice: stringe le mani di Aziraphale e il tono della sua voce si alza, sulla scia dell’entusiasmo. “Perfetto, così va benissimo. Ora vieni con me. Ti tengo io”.

 

Camminando all’indietro per poter continuare a stringere le mani dell’angelo, Crowley conduce entrambi fuori dalla porta finestra, sul portico posteriore; facendo attenzione, fa scendere all’angelo i gradini del portico e i due camminano sull’erba, già umida nel fresco della sera.

Girato l’angolo della casa, da dietro le palpebre chiuse Aziraphale intravede un chiarore indistinto e si chiede cosa lo aspetti.

 

Ad un certo punto, Crowley spinge le mani di Aziraphale, facendogli capire che deve fermarsi: l’angelo esegue docile la richiesta del demone e smette di camminare. Crowley scioglie l’intreccio delle proprie dita sulle mani dell’angelo e si posiziona al suo fianco, cingendogli la schiena con un braccio.

 

“Ecco angelo, ora puoi aprire gli occhi”.

 

Aziraphale apre piano gli occhi e quello che vede non è paragonabile a niente che possa aver mai immaginato, pensando ad un appuntamento romantico con Crowley.

Per tutto il giardino sono sparse lanterne bianche, di ferro battuto, di diverse dimensioni, con dentro grosse candele bianche, tutte accese. Agli alberi sono appesi fili di piccole lucine colorate che si accendono e si spengono piano, alternate.

 

In mezzo a tutto questo, una struttura di legno con un pianale, quattro travi verticali e quattro travi orizzontali staziona, decorata di luci calde che scendono disordinatamente e si accendono e spengono ritmicamente, mosse appena dal vento. Sul pianale, una coperta in fantasia tartan e quelli che sembrano essere cuscini da giardino, semi rigidi, fatti apposta per sedersi e godersi un picnic senza stare scomodi, in diverse fantasie. Un tavolino rotondo di vimini con un cestello pieno di ghiaccio, una bottiglia e due bicchieri sta esattamente nel mezzo. Un cestino da picnic giace in un angolo. Altre lanterne più piccole, di fianco alle travi, completano la scena.

 

Aziraphale sgrana gli occhi, la bocca semiaperta e la meraviglia gli ruba la voce; una mano si alza a cercare Crowley e lo trova, appoggiandosi sul suo petto; per tutta risposta, il demone lo stringe a sé e lo porta a voltarsi verso di lui. I due si guardano negli occhi.

 

“Oh, Crowley…”. L’angelo non sa da dove cominciare: è rimasto senza parole dalla bellezza dell’allestimento e dal romanticismo dell’idea.

 

“Angelo…”. Il demone guarda Aziraphale e lo trova bellissimo, nella luce tremolante delle candele e nei bagliori delle lucine da esterno; alza una mano per accarezzargli una guancia e l’angelo chiude gli occhi, godendo del tocco delicato.

 

I due si prendono per mano e si dirigono infine sotto il gazebo virtuale, accomodandosi sui cuscini. Aziraphale continua a guardarsi intorno, colpito, mentre Crowley stappa con un botto la bottiglia di champagne e versa le bollicine nei due calici; i due brindano e sorseggiano insieme, guardandosi negli occhi.

 

Dopo qualche minuto, Aziraphale infine esclama: “Sembrano quasi delle lucciole!”.

 

Crowley sorride inorgoglito: “Dici sul serio?”, chiede divertito.

 

“Assolutamente”, replice l’angelo, sorridendo felice.

 

Crowley si schiarisce la voce: “Angelo, tu dici di non ricordarlo, ma questa notte, a quanto pare, tu hai sognato delle lucciole”.

 

Aziraphale sgrana gli occhi: “Come puoi saperlo?”.

 

“Perchè lo hai detto”, spiega il demone, con un ghigno. “Hai proprio detto qualcosa tipo ‘Ci sono le lucciole’!”.

 

L’angelo si porta una mano al volto: “Non ne avevo idea, proprio no!”.

 

“Beh, io sì e mi sembrava giusto celebrare il tuo primo sogno...rendendolo realtà”, conclude Crowley, con un gesto teatrale delle mani, che si alzano e si aprono a indicare tutto quel che c’è intorno a loro.

 

Aziraphale sente che il proprio cuore potrebbe balzargli fuori dal petto e galoppare via, lontano da tutto e da tutti, su nel cielo, fino alle stelle. La sorpresa che ha immaginato lui per il demone impallidisce al confronto di una tale dichiarazione. Il mio primo sogno reso realtà. L’angelo avrebbe mille parole da condividere con il demone, ma alle labbra non ne affiora nemmeno una e si limita così a fissare Crowley in silenzio.

 

I due bevono lo champagne, troppo avviluppati nelle loro emozioni per poter parlare.

 

Dopo qualche minuto è Crowley a rompere il ghiaccio: “Ti va di mangiare qualcosa?”.

 

“Oh sì, ti prego!”.

 

Crowley si allunga verso il cestino da picnic e lo tira a sé: “Ti dovevo un picnic dal…”.

 

“...dal 1967 caro. Me lo ricordo”, gli fa eco Aziraphale.

 

Il demone arrossisce appena: “Sono passati solo poco più di 50 anni...non è che sto andando troppo veloce?”, suggerisce con un ghigno malizioso.

 

Crowley!”, lo sgrida Aziraphale, arrossendo a propria volta; ridacchia imbarazzato e prende dalle mani del demone il cestino per il picnic.

 

I due mangiano, seduti vicini e imboccandosi a vicenda. Aziraphale si congratula con Crowley per la scelta degli alimenti e il demone ribatte che non ha preparato niente e che semmai bisognerà ringraziare la rosticceria. L’angelo ride e Crowley si sente come le tutte le stelle del cielo stiano danzando intorno a loro.

 

Dopo mangiato, i due si sdraiano uno a fianco all’altro e osservano le luci scosse dal vento, fantasticando su come possano trascorrere l’estate imminente e facendo piani per quella struttura, pensando che potrebbero anche farne un gazebo vero e proprio. Ogni tanto i due si accarezzano piano a vicenda: i capelli, il viso, il petto, lo stomaco.

 

Aziraphale si fa più vicino a Crowley, che lo stringe a sé e lo culla piano, accarezzandogli la testa. L’angelo lo abbraccia e chiude gli occhi, pensando che sarebbe proprio bello addormentarsi così, al fianco di Crowley, sentendosi protetto e al sicuro, proprio come i due serpenti nella foto che ha visto quel pomeriggio. Si ripromette di chiamare l’allevamento l’indomani stesso, mentre senza esserne consapevole sta già scivolando nel sonno, cullato dal rimbombo ritmico del cuore di Crowley, che batte piano nella sua cassa toracica.

 

Crowley accarezza la testa dell’angelo e sente che sta cedendo il passo al sonno; chiude gli occhi e sorride: sarà bello ascoltarlo dormire anche stanotte, tra lo stormire delle fronde e la brezza leggera.

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