Petrichor

di pietradiluna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Novità e cambiamenti ***
Capitolo 3: *** Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Progetti e pregiudizi ***
Capitolo 5: *** La festa di Neville ***
Capitolo 6: *** I ricordi perduti ***
Capitolo 7: *** Il lumaclub ***
Capitolo 8: *** Halloween ***
Capitolo 9: *** La verità davanti agli occhi ***
Capitolo 10: *** Piano d'azione ***
Capitolo 11: *** Petrichor ***
Capitolo 12: *** Yule, il Solstizio d'Inverno ***
Capitolo 13: *** La notte di Natale ***
Capitolo 14: *** Qualcosa si lascia, qualcosa si trova ***
Capitolo 15: *** Prima della tempesta ***
Capitolo 16: *** Il gioco inizia ***
Capitolo 17: *** L'amore è una cosa grande, quasi quanto la magia ***
Capitolo 18: *** Il maniero di Huxley ***
Capitolo 19: *** L'Esercito di Silente ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Non sarai mai una vera strega.
Sanguesporco.
…Insulsi, sporchi babbani…

 È arrivato il momento di riprendere ciò che è nostro…
…La sanguesporco deve pagare più degli altri…
E pagherà.



*


Hermione spalancò gli occhi, sconvolta dallo strano incubo. Erano anni, ormai, che non sognava più la guerra o i simpatizzanti di Voldemort, erano anni che si sentiva al sicuro, nella sua piccola cerchia di amici e nel suo piccolo appartamento pastello nella periferia di Londra.
La tiepida luce di fine estate filtrava dalla finestra semichiusa. La cicatrice sul braccio sinistro, ormai sbiadita ma sempre presente, prudeva leggermente, quasi a dire sono ancora qui, un promemoria costante del pregiudizio contro il quale aveva combattuto, e vinto.
Sbadigliando, si alzò per preparare il solito caffè mattutino, con un pizzico di cannella e una goccia di latte alla vaniglia.
Una lettera aperta la guardava dal comodino in legno chiaro, accendendo nuovamente la curiosità su cosa avrebbe dovuto aspettarsi quel pomeriggio.

Gentilissima Signorina Granger, recitava,
con la presente vorrei chiederle se è possibile incontrarci al The Leaky Caldron questo sabato alle cinque per parlare di una questione molto importante.
Un abbraccio,
Prof.ssa Minerva McGranitt.

 
Erano passati otto anni da quanto Hermione si era lasciata il castello alle spalle con la sua manciata (abbondante) di MAGO e l’aria smarrita di chi non sa come affrontare un mondo “normale”, senza i rischi affrontati anno dopo anno, senza la paura di guardarsi costantemente le spalle.
Dopo la guerra, insieme al Ministro della Magia e con il sostegno di Harry e Ron, era riuscita a trovare i suoi genitori e ridare loro i ricordi perduti. I numerosi e meritati rimproveri non erano riusciti a sostituire le lacrime di gioia che tutti loro, per giorni, avevano versato.
Ora era diventata una donna.

Si guardò allo specchio, i capelli mossi sulle spalle facevano da cornice ad un viso leggermente pescato. Gli occhi profondi color miele erano messi in risalto da un leggero velo di mascara marrone e, più in basso, una manciata di lentiggini andava a decorare il naso dritto. La bocca era ammorbidita da un balsamo labbra, leggermente colorato, che le dava un aspetto sano e quasi fiabesco, con dei colori che ricordavano in lontananza un quadro preraffaellita, ma con la tenacia negli occhi di una combattente.

Quel pomeriggio era arrivato fin troppo in fretta per Hermione, che era di gran lunga in anticipo rispetto all’orario stabilito, un po’ per l’ansia di sapere cosa avrebbe potuto dirle la sua vecchia insegnante preferita, un po’ per lasciarsi alle spalle i pensieri negativi che le tornavano in mente nella solitudine della sua casa dopo lo strano sogno di quella notte.
Probabilmente avrebbe dovuto parlarne con Ginny e Luna davanti a un bicchiere di vino quella sera, così che ogni preoccupazione potesse sembrare sciocca e inutile davanti ad una bella serata fra amiche fra chiacchiere, gossip e un buon calice di rosato.

Con un libro in mano, ancora rimuginando sui piani serali, un po’ sulle motivazioni di questo strano incontro (non che le dispiacesse, ovviamente, ammirava davvero quella donna forte e autoritaria…), continuò a camminare sovrappensiero per le vie di Diagon Alley fino a quando non si scontrò bruscamente con qualcosa di molto umano, che le fece perdere l’equilibrio.
Rischiando di cadere goffamente a terra fu però aiutata da una mano sconosciuta.

“Scusami”. Una voce profonda che le ricordava qualcuno esclamò imbarazzata. “Non so a cosa stessi pensando...”.
“No, davvero”. Lo interruppe.
“Sono io a dovermi scusare, ero con la mente da tutt’altra par-
Theodore Nott?”.
 

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Capitolo 2
*** Novità e cambiamenti ***


John Coltrane. Blue train.
La melodia proveniente da un vecchio giradischi si diffondeva soffusamente nel salotto illuminato dai caldi colori crepuscolari.
Un gatto, dallo sguardo ambrato, era raggomitolato su un angolo del divano verde sbiadito, osservando pigramente l’ambiente circostante, in attesa della cena, mentre dalla cucina emergevano sentori di curry e spezie, accompagnati dalle risate serene di tre amiche che, come ogni sabato, amavano riunirsi per trascorrere qualche ora di relax e abbandonare tutte le tensioni accumulate durante la settimana.
Quella sera però qualcosa era diverso. Hermione era da poco tornata da un particolare incontro con la sua vecchia insegnante di trasfigurazione, e ancora non riusciva a credere che in pochi giorni la sua routine si sarebbe capovolta improvvisamente.
Ginny ridacchiò. “Insomma, Herm, vuoi lasciarci ancora sulle spine o hai intenzione di raccontarci come è andata?”
“Credo che avrò bisogno di una bottiglia di vino, e poi posso raccontarvi tutto…”
“Ecco qui” rispose la voce melodiosa di Luna, stappando una bottiglia Chardonnay, “siamo tutt’orecchi!”.
Hermione cominciò a giocherellare nervosamente con le punte dei capelli.

Poche ore prima…

-Theodore Nott?-
-Granger…- 
-Scusami, davvero; ero presa da alcuni pensieri tanto che non stavo neanche guardando la strada, sono molto distratta ultimamente...- Arrossì. Stava ancora tenendo la sua mano. La tolse bruscamente. -Non ti vedo da molti anni, da quando abbiamo preso i nostri MAGO in realtà, ecco…
Bene, ora sto divagando…-
-Beh, a quanto pare sono qui- La interruppe, quasi seccamente. -Sono tornato a Londra dopo aver viaggiato molto, ne avevo bisogno, dopo la Guerra… Hermione non riuscì a concentrarsi sulla fine della frase poiché da lontano echi e sussurri bisbigliavano parole come Eroina…  Guerra, Mangiamorte.
Theodore irrigidì impercettibilmente la mascella, ma abbastanza da far capire a Hermione che aveva, purtroppo, sentito le parole malevoli.
Un velo di imbarazzo era calato improvvisamente fra loro.


“Terra chiama Hermione!” Esclamò Ginny, agitando le mani di fronte alla ragazza. “Sei ancora con noi o stai vagando in un mondo tutto tuo, fatto di arcobaleni, pergamene e zuccotti di zucca?”
“Sei anche arrossita ad un certo punto…” Aggiunse Luna, con uno sguardo così pensieroso da mettere subito sulla difensiva la ragazza d’oro, che negò l’evidenza e tentò di cambiare argomento raccontando loro, finalmente, del motivo per il quale era stata convocata dalla vecchia insegnante.
“… Quindi, vorrebbe che io revisionassi completamente il curriculum di Studi Babbani, ed era piuttosto entusiasta dell’idea di portarmi ad Hogwarts per iniziare questa specie di tutoraggio.
Beh, non sarei davvero un Professore con delle classi… Oltre alla revisione dell’intero programma di Studi Babbani, sarei di supporto in varie attività, dall’aiuto per gli studenti lungo il loro percorso, al supporto in classe, e dovrei occuparmi anche di un progetto che mi verrà comunicato in seguito”.

La McGranitt, o meglio Minerva, come sorridendo le aveva chiesto di essere chiamata, le aveva spiegato quanto fosse oramai obsoleto il corso di Studi Babbani, e cercava qualcuno che potesse fare da connessione fra il mondo babbano e quello magico, e lei, quindi, sarebbe stata la candidata perfetta, poiché si ritrovava a conoscere perfettamente entrambe le parti.
Inoltre, l’aveva definita una “studentessa curiosa, con la voglia di imparare e spesso di andare oltre alle apparenze, una caratteristica che le sarebbe stata sicuramente utile nel percorso”.  
Riflettendo non si era accorta che era calato il silenzio fino a quanto Ginny non urlò all’improvviso.
“Hermione, ma è fantastico!” La strinse in un abbraccio entusiasta.
“Sei la donna perfetta per questo lavoro. Tutti gli studenti vorranno un consiglio, o perlomeno un autografo, dall’eroina di guerra più famosa!”
Luna la osservava curiosamente. “La McGranitt vorrebbe quindi rivoluzionare il corso di Studi Babbani per creare una connessione fra i due mondi, come se non fossero così separati? È una scelta interessante.” Guardò la sua amica negli occhi. “È interessante anche il fatto che abbia scelto te, Herm. Sei un simbolo della guerra. La ragazza nata babbana che supera gran parte dei purosangue a scuola, che si distingue per ingegno ed intelletto. È curioso, non trovi?”

***

Più tardi, Hermione, sdraiata nel letto, stava leggendo per l’ennesima volta una frase di un libro senza capirne però il senso poiché la mente continuava a vorticare intorno alle parole di Luna e al cambio di routine inaspettato.
Avrebbe dovuto organizzare tutto nelle prossime settimane. Innanzitutto avrebbe dovuto lasciare il suo lavoro nella sala da Tè babbana, un posto dove in questi anni si era sentita a casa, un piccolo locale caldo e accogliente dove ogni giorno Hermione poteva sbizzarrirsi preparando miscele ed infusi diversi, accompagnati da dolcetti colorati.
I genitori di Hermione avevano preso abbastanza bene la notizia, ma dopo tutto quello che era successo, non si fidavano ancora del tutto del castello.
Pensò inoltre al fatto che avrebbe dovuto comprare l’occorrente per quell’anno scolastico che sarebbe iniziato a breve. Certo, sarebbe sempre potuta tornare a casa nel weekend, ma l’organizzazione era una cosa fondamentale per Hermione, e preferiva essere preparata.
“Mi serviranno delle nuove piume, e quel diario stupendo con la copertina di cuoio blu che avevo visto tempo fa non mi dispiacerebbe per niente…” Pensò, “Sicuramente dovrò comprare degli abiti da strega nuovi, ma anche qualcosa di babbano. Credo che chiederò a Ginny di accompagnarmi, per un consiglio. Luna partirà di nuovo a breve…”
Luna era diventata infatti una magizoologa e, insieme al suo fidanzato, spesso erano in viaggio e cercare animali nuovi (o inventati) in giro per il mondo.
Nel vortice di pensieri infine trovò spazio anche per l’inaspettato incontro con Theodore Nott.

Theodore era un Serpeverde strano. Spesso aveva affiancato la combriccola di Malfoy ma senza mai prendere parte alle prese in giro verso gli altri studenti; era uno di quegli studenti che Hermione avrebbe definito un mistero. Lo aveva avuto vicino per tutti quegli anni ma senza conoscerlo mai.
Le uniche informazioni che ricordava era che durante le lezioni i preferiva stare in disparte; nonostante ciò, i suoi voti erano sempre stati molto buoni. A volte lo aveva osservato in biblioteca, sia da solo che con altri Serpeverde e ogni tanto lo aveva anche sorpreso a guardarla ma aveva distolto presto lo sguardo, con noncuranza.
Chissà se per credo o per fortuna, fatto sta che Theodore non aveva mai preso il marchio (anche se inizialmente era stato accusato proprio per essere il figlio di Thoros Nott, che ora era invece rinchiuso ad Azkaban). A quanto pare, però, non aveva avuto nulla a che fare con le follie del padre, ma questo non l’aveva comunque risparmiato dal disprezzo della comunità.
Negli anni, notò Hermione, non era cambiato molto. L’aspetto aristocratico ed elegante che sfoggiava da adolescente non l’aveva abbandonato; i capelli, di un castano scurissimo, creavano delle onde spettinate che donavano al viso un aspetto ancora più particolare. Ma gli occhi… Hermione non aveva mai notato quanto fossero espressivi e nello stesso tempo ricchi di mistero. E si addormentò proprio due caldi occhi nocciola che la fissavano.

La settimana dopo Ginny invitò tutti a pranzo a casa sua.
Harry e Ginny si erano trasferiti a Grimmauld Place dopo aver trasformato il posto da cima a fondo. Finalmente erano riusciti a togliere il ritratto urlante di Walburga Black, e le spesse tende che incorniciavano le pareti erano state sostituite con delle tende leggere di lino bianco, che davano luce all’intero palazzo. Anche i mobili, scuri e austeri, erano stati scambiati con un chiaro arredo moderno.
Ron, invece, dopo la guerra era stato per qualche anno nel corpo Auror insieme ad Harry fino a quando non aveva capito di preferire il lavoro insieme a George nel negozio di scherzi. Lì si sentiva un po’ più vicino anche a Fred; e poi, aveva affermato che era stanco di misteri, inseguimenti ed ex simpatizzanti di Voldemort che cercavano vendetta. Durante quegli anni, però, aveva conosciuto Charlotte, una ragazza francese dai capelli color grano e dagli occhi sorridenti; insieme, avevano deciso di sposarsi e comprare una piccola ma accogliente villetta non molto lontano dalla Tana, con un grande giardino e un’altalena.


La settimana passò in fretta ed Hermione, quella mattina, si svegliò molto più determinata di prima, fino a quando non controllò l’orologio.
“È tardissimo, dannazione!” Batté la mano sulla sua fronte “Come ho fatto a dormire così tanto!”.
Mancava soltanto un’ora al pranzo di Ginny e avrebbe voluto passare in pasticceria a prendere una torta per festeggiare Harry, che era stato da poco promosso Capo Auror.
Si vestì velocemente, prese borsa e giacca e si affrettò a camminare verso la pasticceria.
“Chissà se avranno quella crostata che era piaciuta tanto anche a Ron…”.
“Buongiorno” disse educatamente “Avete ancora la crostata con pere e caramello?”
“No signorina mi dispiace, l’ultima l’abbiamo venduta poco fa. Posso consigliarle lo strudel alle mele con la crema al limone, o magari la novità del mese!” Sorrise, entusiasta.
“Abbiamo appena preparato una torta ripiena di fragole e crema chantilly”.
“Ottimo, sembra perfetta, grazie mille” Rispose Hermione, pensando che Ginny l’avrebbe adorata sicuramente.
Arrivata al punto di apparizione più vicino, torta in mano, si materializzò direttamente nei pressi di Grimmauld Place.

Suonò al campanello. Ginny la accolse subito con le mani piene di piatti. “Herm, tesoro, sei arrivata appena in tempo, Harry ha sfornato proprio adesso il timballo di verdure. Vieni, aiutami ad apparecchiare”.
“Ciao Ginny, ciao Harry, o forse dovrei dire signor Capo Auror, complimenti! E che buon profumo, Harry, stai diventando uno chef con i fiocchi” disse con l’acquolina in bocca.
 Harry sorrideva dalla porta della cucina con i capelli più arruffati del solito e sporco di farina.
“Hermione, benvenuta. Anche Ron e Charlotte saranno qui a momenti”.
Neanche il tempo di dirlo che i due sbucarono dal camino del salotto.
“Quanto odio viaggiare così” si lamentò Ron, spolverandosi i pantaloni frettolosamente. “Charlotte, amore, tutto bene? Vieni, andiamo a salutare gli altri… Hermione! Come stai?”
“Ron, quanto tempo.” Sorrise Hermione, “mi sei mancato molto, e tu come stai Charlotte? Sei sempre più bella!”
“Grazie cara, sei un fiore anche tu. Stiamo benissimo, anzi, abbiamo una novità da dirvi” Abbassò gli occhi, continuando a sorridere. Poi guardò Ron, che arrossì dalla gioia. Prese le mani della sua compagna e la guardò dolcemente, con gli occhi che dicevano mille parole.
Il pranzo passò quindi velocemente fra risate e pettegolezzi, finché non arrivò il momento del dolce.
A quanto pare Hermione quel giorno non era l’unica ad avere delle belle novità, perché Ron e Charlotte, come aveva intuito, avevano appena annunciato con lacrime di commozione che aspettavano un bambino. E per non finire qui era uscito fuori che Harry, dopo la promozione, aveva proposto a Ginny di sposarsi.
“Molly sarà entusiasta di organizzare un altro matrimonio”.
“Non ne dubito, Charlotte, e sarà ancora più entusiasta alla notizia che avrà un nipotino… O forse una nipotina? Magari assomiglierà alla zia Ginny” Sorrise diabolicamente “La sto già immaginando”.
“No per favore, qualunque cosa ma che non assomigli a mia sorella!” Scherzò Ron. “Eri l’unica ragazza fra tanti fratelli ma facevi più paura di tutti”.
Ginny ed Harry scoppiarono a ridere e poco dopo tutti gli altri si unirono a quelle risate.
“E quindi Hermione diventerà la professoressa più sexy di Hogwarts” Ammiccò Ginny verso l’amica.
“Smettila Ginny” disse Hermione, alzando gli occhi al cielo e sbuffando scherzosamente. “Innanzitutto non sarò una professoressa vera e propria te l’ho spiegato, e poi…”.
“Non vorrai diventare una nuova McGranitt, spero” La interruppe Ron, ridendo.
Hermione alzò nuovamente gli occhi al cielo. Le sarebbero mancati i suoi amici, pensò sorridendo. Erano diventati una seconda famiglia per lei, ed era davvero grata di poter condividere tante belle notizie insieme a loro.

Poco dopo, mentre Hermione aiutava a sparecchiare la tavola notò Harry che la guardava pensierosamente.
“Hermione, posso parlarti un attimo?”
“Certo Harry, dimmi pure” Il sorriso piano piano le scomparve dalle labbra, vedendo lo sguardo dell’amico abbastanza serio.
“Hermione, per me sei una sorella, lo sai.” Si spostò da un piede all’altro. “Quello che sto per dirti in realtà non dovrei neanche dirtelo, sai, cose da Auror, Top Secret… Ma sento di dover prendere ogni precauzione, anche se esagerata.”
“Harry, mi stai preoccupando…”
“Ascolta, negli ultimi tempi stanno uscendo fuori delle cose; inizialmente erano voci, poi dei piccoli dispetti, adesso qualcosa di leggermente più grave. Non siamo ancora riusciti ad individuare chi è coinvolto precisamente, ma sospettiamo che siano dei puristi del sangue”.
“E questo cosa avrebbe a che fare con me, precisamente?”
“Secondo il Ministro sei un potenziale bersaglio. Sappiamo entrambi di non credere a scemenze come il castello è sicuro, Hogwarts è inafferrabile. Sappiamo entrambi che non è così.”
“Harry sai benissimo che so difendermi da sola” lo interruppe Hermione, “e starò ad Hogwarts, appunto, insieme a tantissimi ragazzini e maghi e streghe di un certo livello…”.
“Lo so. Lo so bene. Ti chiedo soltanto di stare attenta. Come fratello”.
“Bene”.
“Promettimelo”.
“Te lo prometto”.

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Capitolo 3
*** Hogwarts ***


 
Ecco a voi un altro capitolo della storia. Volevo fare un grazie generico a tutti i lettori, a chi ha aggiunto fra le preferite o le seguite questa storia e a chi ha lasciato un commento, sempre gradito: siete un ottimo stimolo a continuare a pubblicare :)
***
 

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Il primo Settembre era arrivato presto, ed Hermione si trovava ad Hogwarts, seduta al tavolo dei professori, ad aspettare l’arrivo degli studenti.
“Hermione, da quanto tempo!” Esclamò Neville, abbracciandola. “Ho saputo del progetto sperimentale di Studi Babbani, è meraviglioso!”.
“Neville!” Hermione quasi urlò dall’entusiasmo. “Come stai? Mi dicono tutti che sei un ottimo insegnante!”
Neville arrossì. “Faccio quello che posso. Cerco di trasmettere ai miei studenti l’entusiasmo per questa materia, e sinceramente” aggiunse, sorridendo “è una scoperta continua anche per me. Non avrei mai pensato che fare l’insegnante fosse il mio lavoro perfetto.”
Hermione gli mise una mano sulla spalla. “Sei sempre stato così modesto, ma sappiamo tutti che ad Erbologia eri sempre il migliore.”
“Forse l’unica materia in cui ti ho battuto” ridacchiò. “A parte tutto, sono davvero contento che tu abbia accettato questo incarico, mi serve un po’ di supporto Grifondoro. Spero soltanto che ti troverai bene con il tuo collaboratore…”.
“Sinceramente non so chi possa essere, immagino un Corvonero forse, probabilmente un nato babbano come me, sarà divertente lavorare insieme”.
Neville la osservò con uno sguardo perplesso. “Minerva non ti ha detto chi sarà l’altro tirocinante?”
“No, affatto, mi ha soltanto accennato che è un ragazzo brillante ed educato e che probabilmente come studenti ci siamo conosciuti soltanto di vista…”.
“Ah bene! Sarà una sorpresa allora, non voglio anticiparti nulla. Ci sarà da divertirci però!”
“Cosa intendi?”
“Ecco che arrivano i ragazzi Hermione, ne parliamo più tardi!” Concluse l’amico, continuando a sorridere.

La sala si riempì velocemente di facce sorridenti e bambini che aspettavano con impazienza di conoscere in quale casa sarebbero stati smistati.
Hermione guardò il resto dei colleghi al tavolo. Alcune cose non erano cambiate affatto; a parte la McGranitt che era anche Preside, Hagrid insegnava ancora Cura delle Creature Magiche e il Professor Binns invece, sicuramente col solito tono soporifero, Storia della Magia.
Lumacorno nel frattempo informava la McGranitt che anche quest’anno ci sarebbe stato il Lumaclub.
Anche Madama Pince chiacchierava animatamente con Gazza, discutendo forse su quanto fossero chiassosi e fastidiosi tutti questi studenti.
Il resto degli insegnanti invece era cambiato. Oltre a Neville, Hermione ebbe modo di incontrare la professoressa McKinnon che si occupava proprio di Studi Babbani e il professor Pilènore di Astronomia, un centauro che aveva accettato di collaborare con la scuola, e che per varie ragioni non era presente al banchetto iniziale.
Gli altri colleghi li aveva visti invece di sfuggita nei giorni precedenti, durante i quali aveva iniziato a sistemare le sue cose nella nuova stanza al castello. Probabilmente li avrebbe conosciuti meglio durante l’anno scolastico ma in ogni caso sembravano cordiali e disponibili.
L’unico che le aveva trasmesso una sensazione di disagio era stato invece il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, il professor Huxley, un uomo misterioso dalla bellezza inquietante probabilmente sui trentacinque anni, che proprio in quel momento voltò lo sguardo azzurro ghiaccio verso di lei. Reprimendo un brivido, Hermione distolse velocemente lo sguardo.

“Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts!” Esclamò la Preside con un Sonorus.
“Prima di dare inizio al nostro banchetto vorrei dire qualche parola. Innanzitutto vorrei dare il benvenuto anche ai due nuovi insegnanti: la professoressa Ellenor di Divinazione e il professor Huxley, di Difesa Contro le Arti Oscure. Un bell’applauso, grazie.
L’altra novità riguarda invece la classe di Studi Babbani. Sono lieta di dare il benvenuto a due vecchi studenti di questo castello che si occuperanno di un nuovo progetto, e che vi accompagneranno nello studio e nella comprensione del mondo babbano in modo originale e dinamico. Un grandissimo applauso alla signorina Granger!”
Hermione, emozionata e arrossendo un po’, si alzò in piedi per salutare gli studenti, che la accolsero con calore.
In quel momento però le porte della Sala Grande si spalancarono e un uomo vestito con eleganti abiti da mago si diresse, leggermente imbarazzato, verso il tavolo dei professori. “Scusate il ritardo, sono stato trattenuto al lavoro per il mio rapporto finale…”.
La sala ammutolì improvvisamente mentre la McGranitt continuò il suo discorso: “Non si preoccupi, è arrivato appena in tempo per le presentazioni. Cari studenti, con sommo piacere vi presento l’altro brillante studente che affiancherà la signorina Granger in questo percorso. Vi invito a fare un caloroso applauso al Signor Nott!”.
Hermione rimase di sasso.
Cos’era, un nuovo e tardivo progetto per incoraggiare l’unità fra le case?
Perché nessuno le aveva detto che avrebbe collaborato tutto l’anno con Nott? Per Studi Babbani, poi?!
Effettivamente lo conosceva a malapena e non era mai stato scortese con lei direttamente ma in ogni caso le ricordava il periodo della guerra, in parte, e non avrebbe voluto riviverlo.
Poi che cosa avrebbe avuto a che fare un purosangue dell’élite dei purosangue con il mondo babbano?
Fu così assorta nei suoi pensieri che non si accorse che il discorso era terminato fino a quanto il tavolo fu coperto da innumerevoli pietanze dall’aspetto molto invitante.
Hagrid le sorrise bonariamente, facendole l’occhiolino.
Sarebbe passata sicuramente a trovarlo il giorno seguente, così magari avrebbe potuto chiedere qualche spiegazione, insieme al solito tè con i biscotti dalla consistenza di una mattonella.
Neville invece le diede uno sguardo di scusa ma ancora divertito, facendole segno che avrebbero parlato dopo.
La cena proseguì senza intoppi, soltanto con leggero sentore di imbarazzo che aleggiava intorno a lei, e qualche mormorio e sguardo di troppo da parte degli studenti.
Notò che Nott non le rivolse mai lo sguardo né la parola, ma continuò a cenare con maniere impeccabili conversando a tratti tranquillamente con tutti gli altri.
L’unico che le sembrò più rigido di lei e più pallido del solito fu proprio il professor Huxley, che sembrava aver ingoiato un limone. Nott pareva non farci caso.







Più tardi, quella sera…
Hermione era seduta comodamente davanti al caminetto nella sua nuova stanza pensando a come avrebbe affrontato questo nuovo anno scolastico.
Non era più riuscita a parlare con Neville e infine, stanca dalla lunga serata, aveva preferito ritirarsi per bere una tisana in compagnia del suo gatto.
La stanza era piccola ma accogliente, situata in una parte del castello molto calma, lontana dai dormitori dei ragazzi. Lo stile riprendeva i colori della sua casa con le pareti porpora e alcune decorazioni in oro; i mobili scuri e la grande libreria le infondevano un senso di tranquillità e pace, e in fondo si sentiva già a casa.
Pensò di scrivere a Ginny.
Cara Ginny, l’anno scolastico è appena iniziato e già mi sto lamentando.
Ridacchiò fra sé e sé. Le mancava l’amica che nelle prossime settimane sarebbe stata molto impegnata con i preparativi del matrimonio. Per fortuna quel weekend l’avrebbe incontrata a Hogsmeade, così avrebbe potuto raccontarle tutto, soprattutto le sue prime impressioni.
Avrebbe voluto chiedere anche a Harry se sapeva qualcosa di quello strano Huxley…

Poco tempo dopo qualcuno bussò alla porta. “Arrivo!” Si alzò Hermione per vedere chi fosse.
“Neville, sei tu, accomodati pure… Prendi una tisana?”
“Grazie Hermione ma questa volta salto, ho mangiato davvero tanto a cena e non penso che nel mio stomaco possa ancora entrare qualcosa”.
Hermione scoppiò a ridere insieme a lui. Poco dopo però si fece più seria.
“Insomma Neville. So che sai qualcosa. Cos’è questa storia della collaborazione fra me e Nott?
Ha l’aria di una presa in giro; Serpeverde e Grifondoro finalmente uniti per cosa, dare un esempio agli studenti? Mostrare una forzata unità fra le case e bla bla bla?”
“Hei hei, Herm, non partire così sulla difensiva però.” La interruppe Neville. “Quel poverino non ti ha fatto niente, no?”
“Non davanti a me, certo, ma chissà con la sua combriccola di piccole serpi quanto avrà riso di noi…”
“Non so… Non credo.” Neville sospirò.
“Sai, Theodore in realtà è un mio lontano cugino. Mi è stato vicino negli anni a Hogwarts, anche se in maniera sottile, anche nel nostro settimo anno, quando i Carrow ci hanno reso la vita qui al castello quasi impossibile”.
Hermione sgranò gli occhi.
“Neville, io…”
“No, davvero, è solo per dirti che anche se tu hai sicuramente tutte le ragioni per essere scettica di questa situazione prova a dargli una possibilità. Non è stato mai davvero un sostenitore della linea del sangue, inoltre credo che abbiate molto in comune sai? Era uno studente eccezionale, curioso quasi quanto te e assiduo frequentatore della biblioteca. E il resto lo scoprirai da sola, tanto ormai nolente o volente sei dentro il progetto.” Sorrise.
Hermione si sentì leggermente in colpa per essere partita subito con il piede sbagliato.
“Credo che tu abbia ragione. Il fatto è che”, fece una pausa, tenendosi il braccio, “ho ancora delle cicatrici, e faccio davvero fatica a lasciarle andare”.
Il resto della conversazione fu più leggero. Neville la aggiornò sulla vita nel castello, raccontandole aneddoti che non conosceva e situazioni divertenti che gli erano capitate in quegli anni di insegnamento, e le parlò di sua moglie Hannah e del fatto che stavano aspettando il secondo bambino ormai. Hermione, d’altra parte, lo aggiornò un pochino sulla sua vita e su quella dei suoi amici, proponendo di organizzare qualcosa tutti insieme qualche sera lì al castello.

Il giorno dopo Hermione si alzò presto. Il progetto non sarebbe iniziato ancora per qualche giorno e prima o poi avrebbe dovuto parlare con Nott di come svilupparlo.
Dopo aver indossato i suoi pantaloni di lino preferiti e un tiepido maglioncino chiaro decise di scendere e fare colazione in tranquillità, senza il chiasso degli studenti e il chiacchiericcio educato degli altri colleghi.
Prese un libro e si avviò verso la sala grande, speranzosa di poter rilassarsi qualche momento prima dell’inizio del caotico primo giorno di scuola… Ma le sue aspettative rimasero deluse.

Edwin Huxley sedeva tranquillamente nella sala sorseggiando quello che doveva essere un tè molto forte mentre leggeva distrattamente un libro dall’aspetto antico.
Improvvisamente Hermione si sentì un po’in imbarazzo ad indossare dei vestiti babbani. Huxley alzò lo sguardo enigmatico verso di lei e, inaspettatamente, le rivolse la parola.
“Buongiorno signorina Granger” disse, indicando una sedia accanto a lui. “Noto che siamo entrambi persone mattiniere”.
Hermione si accomodò leggermente a disagio restituendo il buongiorno con un debole sorriso.
 “Credo di non essermi ancora presentato correttamente; vorrei, senza dubbio, rimediare. Sono Edwin Huxley”.
“Hermione Granger” rispose, porgendogli la mano, dove si mosse per lasciare un bacio morbido. Si sentì sciocca, arrossendo come una ragazzina.
“Hermione…Un nome così particolare. È un piacere per me fare la conoscenza di un eroe di guerra”.
“Ero soltanto una ragazza che cercava di sopravvivere” rispose abbassando lo sguardo. “Sono stata molto fortunata”.
“Fortuna o bravura, chissà” Pensò fra sé e sé, continuando a sorseggiare il suo tè.
Hermione si servì con una tazza di porridge e della frutta fresca accompagnata da un caffè bollente.
La sala era ancora vuota, a parte loro due e qualche studente particolarmente eccitato dal primo giorno di scuola.
Il fascino ipnotico che emanava quell’uomo particolare la attraeva e spaventava nello stesso tempo. Nonostante ciò, la conversazione continuò educatamente. Le porse alcune domande sugli studi e sui libri che preferiva, chiedendole alcune opinioni su argomenti particolarmente ostici che avrebbe affrontato a lezione, parlando con una voce scura e calma, quasi avvolgente, magnetica.
Il mondo intorno a Hermione scompariva pian piano che si immergeva nell’argomento della conversazione fino a quando una voce fredda non spezzò quella bolla dalla quale Hermione si riscosse, confusa.
Huxley cambiò immediatamente espressione. Hermione si tese.
“Interrompo qualcosa?”.

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Capitolo 4
*** Progetti e pregiudizi ***


Ringrazio tutti i miei lettori e lettrici e vi lascio un nuovo capitolo. Un bacio.







“Interrompo qualcosa?”
Si voltò verso la voce tagliente di Theodore Nott, che fissava dritto negli occhi Huxley con aria quasi di sfida.
Hermione guardava perplessa lo scambio fra i due fino a quando Huxley, con nonchalance, annunciò di aver terminato il suo tè e, salutando elegantemente Hermione, le disse che si sarebbe avviato in classe.
Nott, con aria soddisfatta, si sedette vicino alla ragazza che ancora non riusciva a capire quello che era appena successo.
Passarono diversi minuti fino a quando il giovane Serpeverde, dando segno di notare la donna accanto a lui, esclamò: “deduco, dalla reazione che hai avuto ieri sera, che la McGranitt non ti abbia detto nulla della nostra collaborazione”.
Hermione, imbarazzata dall’ovvietà delle sue emozioni, tentò di giustificarsi, ma lui fece un rapido cenno ad indicare che non gli importava.
Continuò la conversazione però proponendo alcune idee sul progetto, per cui le altre domande furono, per il momento, dimenticate.
“Insomma, come ti è sembrato tornare qui?”. Chiese Nott.
“Strano. Bello, ma strano nello stesso tempo. È come se per qualche verso non me ne fossi mai andata…” Disse Hermione. “Forse una parte di me era rimasta qui fra le mura del castello, magari fra qualche scaffale della biblioteca.”
Il ragazzo sorrise, ma l’atmosfera cambio bruscamente quando Hermione espresse ad alta voce la domanda che continuava a porsi. “Mi chiedevo cosa c’entrassi proprio tu con il mondo dei Babbani”.
Nott posò la tazza di caffè che aveva in mano e si girò a guardarla negli occhi.
“E quindi hai pensato bene di giudicarmi senza conoscermi affatto”.
Hermione era sempre più a disagio.
“Non intendevo questo. Voglio dire… Sei un Nott, sei l’erede di una delle famiglie magiche più importanti, l’élite magica oserei dire, e non riesco proprio a immaginare che tu possa avere dimestichezza di questo mondo.”
“Ho viaggiato molto in questi anni, proprio come ti ho accennato quando mi sei venuta a sbattere contro a Diagon Alley”.
“Pensavo che avessimo concordato che anche tu fossi distratto”.
“Qualunque cosa… In ogni caso ho avuto parecchio a che fare con il mondo dei Babbani, e unendo questa conoscenza all’ esperienza magica in una famiglia molto antica credo di poterti essere d’aiuto. Inoltre, non mi è mai sembrato che nel corso degli anni ti abbia recato qualche offesa a scuola, sbaglio?”.
Hermione lo osservava con curiosità. Era sempre stato uno studente brillante ma riservato, e forse Neville avrebbe anche potuto avere ragione, magari sarebbe stato un ottimo compagno di corso.
Il sole debole di settembre che filtrava dalla finestra colpiva il suo viso pallido ma pieno di vita, e i suoi occhi avevano acquisito una sicurezza in sé stesso che non aveva mai mostrato da adolescente.
Certo, non che lei lo avesse osservato così attentamente. D’altronde, non aveva fatto altro che tentare di scampare a pericoli e risolvere enigmi con Harry e Ron.
E invece ora era tutto finito.
“Hai ragione”. Esclamò, convinta. “Non ti conosco affatto, anche quando eravamo studenti non abbiamo mai avuto modo di interagire troppo, per ovvi motivi… Quindi ti chiedo scusa, anche se credo però che tu possa capire la mia perplessità. Sono disposta a mettere da parte ogni pregiudizio, a condizione che tu faccia altrettanto”. Hermione gli porse la mano.
“La grande ragazza d’oro che si scusa”. Sorrise Nott, stringendole la mano. “Posso farlo certamente”.

Si accorse che era arrivata l’ora dell’inizio delle lezioni dal vociare agitato degli studenti che si aggiravano nel castello, e salutando Nott, decise di trasferirsi in biblioteca per creare un piano di studi valido.
Non si accorse, però, del luccichio elettrizzato che era apparso negli occhi del giovane.

***

La prima settimana passò in fretta, e i due ragazzi avevano cominciato a discutere sulle varie idee che avrebbero potuto proporre agli studenti. Hermione insisteva per allestire una sorta di Cinema una volta al mese, con un proiettore magico, poiché riteneva che questa forma d’arte fosse la più immediata e capace di suscitare stupore e ammirazione proprio negli studenti che non avevano la più pallida idea di cosa fosse un film.
Nott invece era orientato di più verso qualche sport babbano, ma la ragazza non era troppo convinta.
Sicuramente entrambi si erano trovati d’accordo sull’organizzare una piccola gita di un giorno proprio nella Londra Babbana, solo con gli studenti più bravi, nel periodo natalizio.
La gita avrebbe permesso agli adolescenti di fare più esperienze contemporaneamente: prendere una metropolitana, assaporare i cibi di strada più popolari o semplicemente del Fish& Chips, e magari fare un giro sulla ruota panoramica. Hermione era elettrizzata.
Avrebbero dovuto organizzare tutto meticolosamente, ma su questo si sentiva abbastanza tranquilla poiché aveva trovato in Theodore un ragazzo capace e brillante, anche se un po’ chiuso, a tratti quasi impenetrabile.


“Hai pensato a qualcosa per domani, per i ragazzi del quinto anno?” Disse Nott.
“Sinceramente pensavo di mostrare loro l’utilizzo di una mail e fare un confronto con i nostri gufi”.
“Interessante, ma come credi di far funzionare un computer o internet qui al castello?”
“Magia, Nott” Ridacchiò Hermione, estraendo un piccolo portatile dalla sua borsa. “Guarda qui, ho isolato il computer in una specie di bolla non visibile, ragion per cui adesso la magia del castello non può interferire con le frequenze radio. Questo computer dovrebbe comunicare con uno schermo che ho istallato proprio ieri in un’altra stanza del castello, vieni a vedere”.
Theodore la seguì un po’ perplesso, fino a quando non arrivarono in una stanza illuminata soltanto da uno schermo un po’ più grande situato proprio al centro.
“Proviamo un po’…” Disse Hermione, cominciando a scrivere qualcosa e premendo Invio.
Dopo pochi istanti sullo schermo centrale apparve proprio la spunta di un Nuovo Messaggio, che conteneva le poche parole scritte dalla ragazza.
“Incredibile. Questo deve essere davvero sorprendente per loro…”
Hermione era entusiasta e soddisfatta per essere riuscita a stupire il suo partner di lavoro con una semplice mail.
“Ovviamente pensavo di lasciare i due computer in due stanze diverse, e i ragazzi potrebbero utilizzarlo come una sorta di diario o posta anonima, per qualunque cosa, sfogarsi semplicemente, dichiarare il proprio amore a qualcuno e via dicendo, cosa ne pensi?”.
Theodore era affascinato. “Ovviamente sapevo già come funzionasse una mail, ma non avevo mai pensato a utilizzare questa tecnologia all’interno del castello. Brillante, Hermione!” Quasi la abbracciò.
Hermione pensò a quanto suonasse bene il suo nome pronunciato dal ragazzo, che solitamente si limitava a chiamarla soltanto Granger, ma quando gli chiese se voleva venire con lei a cena il ragazzo, come se si fosse accorto dell’errore, indurì nuovamente lo sguardo e rifiutò educatamente, dicendo che avrebbe mangiato qualcosa nella sua stanza.
Hermione era perplessa.

Poiché il cambio d’umore improvviso aveva innervosito anche lei, decise quindi di prendere qualcosa dalle cucine e andare direttamente nella sua stanza anche lei.

La mattina dopo, ancora di malumore, fu svegliata da due gufi che aspettavano di consegnarle alcune lettere.
La prima, di Ron, la infastidì ancor di più.

Hermione, ma stiamo scherzando?
Un mangiamorte?
Un fottuto mangiamorte al castello come tuo partner! Credo che quel vecchio pipistrello della McGranitt si sia rimbambita del tutto! Non ho parole. Anche mia madre è sconvolta.
Herm, devi fare qualcosa, lamentati con il ministro, lascia questo incarico o per l’amor di Merlino scrivici perché sto già riprendendo le mie vesti da Auror…


A quel punto Hermione chiuse la lettera, considerando che conteneva soltanto altri sproloqui su Mangiamorte, articoli di giornale diffamatori e così via; decise quindi di aprire quella di Harry, sperando che fosse più piacevole della precedente.

Tesoro, sono Ginny, ma Harry è qui con me. Come stai?
Abbiamo letto tutto quello che è uscito sulla Gazzetta questa mattina; Harry sta andando a lamentarsi con il ministro. Non capiamo come possano essere ancora permessi articoli di questo tipo.
Herm, sappiamo quanto vali, non buttarti giù e per qualsiasi motivo, anche il più banale, scrivi e saremo da te in un momento.
Con amore, Ginny.

PS Ron si scusa perché è un testone e ha scritto la lettera di getto, pentendosene subito dopo.
PPS Nott mi è sempre sembrato un tipo a posto, no? Studioso, piuttosto introverso, a me sembra perfettamente innocuo!


Hermione ebbe a malapena il tempo di leggere la lettera di Ginny che un altro gufo le fece atterrare proprio sulle mani la Gazzetta del Profeta, assieme ad altre lettere sconosciute che non osava neanche aprire.

In prima pagina emergeva il titolo: Hogwarts, rivoluzione o follia?

L’articolo poi, sempre che si possa chiamare articolo, era incentrato su come la scuola non fosse un luogo così sicuro, poiché permetteva da un lato di avere come insegnanti degli ex mangiamorte, e dall’altro invece di far sì che i nati babbani avessero modo di  “offuscare la preziosa magia con meri giochi di prestigio da quattro soldi”.
Nelle pagine seguenti, inoltre, c’era un piccolo articolo di Rita Skeeter: “Hermione Granger tenta nuovamente la scalata sociale: dai giocatori di Quidditch ai giovani rampolli purosangue”.

La McGranitt sembrava furiosa. Hermione invece era sconvolta. Con le mani tremanti, alzò lo sguardo verso Theodore Nott, che, dalla copia che teneva in mano, aveva presumibilmente appena letto il medesimo articolo.
Incatenando il suo sguardo con quello di lei, Hermione non poté far a meno di notare il guizzo di tormento che il giovane non fece in tempo a celare dietro uno sguardo impassibile, ma
la connessione fra i due fu preso interrotta da un leggero ronzare di una lettera con una busta rosso acceso che cominciava a tremare proprio davanti alla ragazza.

Neville, rendendosi immediatamente conto della situazione, si alzò in piedi puntando la bacchetta contro la strillettera, che immediatamente, appena in tempo, prese fuoco e scomparì con uno schiocco.
Nella sala grande era calato il silenzio.
Hermione, ringraziando Neville con lo sguardo, scusandosi con gli altri, si alzò di scatto e uscì velocemente dalla sala.


Theodore non era troppo sorpreso da quello che era appena successo, d’altronde se lo aspettava da quando la Preside lo aveva contattato per questo progetto, spiegandogli che avrebbe dovuto collaborare con Hermione Granger. Sapeva che il giornale non avrebbe perso troppo tempo a cercare di diffamarlo nuovamente, anche se il ministero sapeva benissimo che l’unica connessione che aveva avuto con Voldemort era stata quella di essere figlio di suo padre.
Quello che non si aspettava è che gli articoli avrebbero preso lei di mira, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, come se tutto ciò che avesse passato per salvare tutti loro non fosse servito a nulla.
Ed era bastato un progetto scolastico, un nonnulla, per gettarle nuovamente del fango addosso, a lei che era sempre così luminosa, così pura.
Si sentiva una miriade di occhi puntati contro, ma alzò lo sguardo soltanto verso Neville, che gli fece un cenno come per dire vaiseguila.
E si alzò a seguirla, a vedere dove si era potuta rifugiare dal giudizio o dagli sguardi di simpatia che in quel momento la maggior parte della sala le avrebbe rivolto.

La trovò dopo poco tempo seduta sotto una quercia, con lo sguardo fisso rivolto al Lago Nero; non diede segno di essersi accorta della sua presenza, continuando a giocherellare con dei fili d’erba.
Theodore si avvicinò lentamente, quasi come se avesse paura di spaventarla. Stava piangendo.
Non era un pianto scomposto o disperato, nemmeno sciatto; piangeva in silenzio, con una dignità senza eguali.
Invece di parlarle o cercare di consolarla con parole sciocche, Theo decise semplicemente di sedersi di fianco a lei, fino a quando tutte le lacrime non furono esaurite.
 

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Capitolo 5
*** La festa di Neville ***


Eccomi con un nuovo capitolo, dove i vari rapporti fra i personaggi inizieranno ad essere delineati meglio.
Buona lettura!
PS Se vi va lasciate un commento, fa sempre piacere :)













Dopo l’episodio che aveva coinvolto Hermione, Theodore aveva deciso di prendere le distanze dalla ragazza ancora di più comportandosi in maniera assolutamente professionale, senza lasciare spazio a nessun tipo di interazione che fosse anche lontanamente amichevole.Quello che era successo lo aveva scosso. Non riusciva a credere che l’odio della popolazione magica (o parte di essa) si fosse riversato su di lei, e solo nel giro di una settimana.
Quando aveva accettato la proposta della McGranitt inizialmente era stato frenato proprio dalla possibilità di richiamare nuovamente l’attenzione su di sé, ma ora che si riteneva responsabile delle calunnie verso qualcun altro si sentiva ancora peggio.

Era ottobre.
Hermione ovviamente aveva notato lo strano comportamento di Theo, che era riuscito a trovare innumerevoli scuse anche a dei semplici inviti proposti da Neville per scambiare quattro chiacchiere in compagnia.
Hermione non era una sciocca, ovviamente aveva intuito quale potesse essere il problema ma a dire la verità, nella parte più profonda e insicura di sé, temeva che ad allontanare maggiormente il ragazzo fosse stato proprio il suo stato di sangue e la pubblicità maligna che aveva accompagnato l’articolo della Gazzetta.
Entrambi, nel frastuono delle notizie fresche di stampa, avevano ricevuto diverse lettere, per lo più di odio, lei con delle accuse poco velate al suo stato di “nata babbana”, considerato assolutamente “inadatto” a un rampollo dei Sacri Ventotto, lui come assolutamente indegno di istruire gli studenti, a fianco a un’eroina di guerra, poi!
Fortunatamente erano arrivate anche parole di sostegno che li incoraggiavano, invece, a proseguire il lavoro proposto dalla preside e a concentrarsi sul tutoraggio.
In ogni caso, dopo poche manciate di giorni, anche questo episodio fu presto dimenticato da maghi e streghe e la situazione rientrò nella normalità.

In quei giorni Hermione era stata particolarmente produttiva, un po’ per distrarsi, un po’ proprio per passione, e sia gli studenti che la professoressa McKinnon si erano mostrati entusiasti delle proposte dei due ragazzi.
Theodore era certamente un ottimo partner di studio, peccato che questa connessione si esaurisse inequivocabilmente al termine del lavoro o della lezione stessa.

Hermione pensò infatti che probabilmente Theo avrebbe declinato l’invito di Neville anche per quella sera. Hannah e il loro bambino, incoraggiati dalla McGranitt, si erano da poco stabiliti al castello e Neville aveva pensato di festeggiare la novità con una cena informale invitando vari colleghi.
Sarebbe stato davvero carino passare una serata rilassante un po’ diversa; nei weekend precedenti, sentendosi un po’ sola, era tornata a casa nella Londra babbana, ma Ginny ed Harry erano sempre più impegnati con il matrimonio, Ron e Charlotte con la prima gravidanza e Luna sarebbe stata in viaggio ancora per diversi mesi, per cui stavolta aveva preferito rimanere al castello.
Inoltre, pensò che le avrebbe fatto bene conoscere meglio e confrontarsi con gli altri colleghi, magari qualche volta avrebbe invitato anche Ginny, per esempio al prossimo Lumaclub… Sicuramente a Lumacorno non sarebbe affatto dispiaciuta neanche la presenza di Harry!

Quel pomeriggio decise quindi di prendersela comoda e rilassarsi un po’. Dopo un lungo bagno con dei nuovi Sali profumati che le aveva regalato sua madre si sentiva già decisamente più in forma, e iniziò a prepararsi, tirando fuori uno dei pochi vestiti che aveva portato al castello.
Guardò il suo riflesso per qualche minuto non del tutto convinta del suo aspetto. Indossava un abito scuro che la fasciava nei punti giusti, ma che comunque rimaneva sobrio e non troppo formale.
Una spruzzata leggera di profumo ed era pronta.

Alle sette in punto bussò nel piccolo appartamento di Neville con in mano dei dolcetti che aveva preso quella mattina e una bottiglia di vino elfico.
Non era stata la prima ad arrivare, infatti la sala accoglieva già varie persone che stavano conversando amichevolmente.
Ma non si era sbagliata: guardandosi un po’ in giro vide che non c’era infatti traccia di Theodore.
Neville, accortosi dello sguardo deluso di Hermione, le sussurrò: “non verrà probabilmente, Herm” Ma la ragazza lo interruppe subito dicendo, nervosamente: “non so di cosa stai parlando…” Ma dentro di sé voleva schiaffeggiarsi per essersi fatta cogliere in fragrante.
Neville sbuffò, leggermente infastidito ma anche divertito dalla strana situazione.
Hermione decise quindi di prendere un drink e di chiacchierare con qualcuno, quando fu bloccata da un abbraccio improvviso.
“Sono davvero contenta che tu sia qui! Se devo passare i prossimi mesi qui al castello preferisco farlo con una compagnia femminile che conosco! Come stai?”
“Hannah! Mi dispiace, sarei volentieri passata a salutare prima in questi giorni ma ho saputo del vostro trasferimento qui soltanto ieri, e mi ha fatto davvero piacere!” Sorrise sinceramente. “Anche a me un po’ di compagnia femminile non guasterebbe affatto…”.
Hermione le raccontò brevemente dell’incarico. “… E quindi sono davvero felice di questa possibilità offertami dalla Preside, essere di nuovo al Castello mi fa sentire in qualche modo a casa, ma raccontami di te!”.
Hannah si accarezzò dolcemente il ventre e continuò la conversazione fino a quando Neville non si avvicinò avvolgendola in un morbido abbraccio.
“Tesoro, posso rubarti un attimo e presentarti i miei colleghi?”
Hermione li salutò con un sorriso, pensando all’amore che legava i suoi due amici. A volte, pensava, avrebbe voluto anche lei un amore così sincero.

Seduta su un piccolo pouf, si guardò intorno. La McGranitt esaminava Hagrid con un cipiglio, probabilmente contrariata per qualche strana creatura che il mezzogigante avrebbe voluto introdurre a lezione; Lumacorno, rosso e con lo sguardo brillo, ridacchiava allegramente a qualche battuta che stavano facendo la professoressa di studi babbani e Madama Chips mentre più in là si svolgeva una conversazione in apparenza più seria fra gli altri docenti; fra questi vi era anche Huxley, con il quale fortunatamente non c’era stato davvero modo di interagire negli ultimi giorni. Quello sguardo di ghiaccio la metteva ancora a disagio, anche se nella conversazione si era mostrato molto cordiale.
Come se si sentisse chiamato in causa, in quel momento, si voltò incontrando il suo sguardo e le fece un cenno rilassato.
Hermione registrò brevemente che aveva appena congedato il suo interlocutore per dirigersi verso di lei.
“Da quanto tempo, signorina Granger”. Le porse un calice di vino.
“La trovo meravigliosa questa sera”.
“Hermione” lo corresse lei, arrossendo lievemente.
Anche Huxley appariva particolarmente affascinante nel suo completo blu notte che gli donava uno sguardo ancora più magnetico del solito, sguardo che incatenò a quello di lei quando sussurrò, con una voce carezzevole: “puoi chiamarmi Edwin, ovviamente. Possiamo far cadere le formalità, sei d’accordo?”.
Hermione sentiva improvvisamente molto caldo.
Anche questa volta si mostrò un abile conversatore, discutendo del più e del meno senza che si creassero dei silenzi imbarazzanti.
“Come sta andando la ricerca della quale mi avevi parlato?”
“Ho raggiunto un buon punto, anche se sto trovando alcune difficoltà, per una particolare sezione, a reperire informazioni che riguardano le antiche famiglie di maghi, ma credo che andrò a dare un’occhiata nella biblioteca del ministero”.
“Potrei offrirti di utilizzare la mia biblioteca personale, possiamo accedervi direttamente dal camino del castello, quando più ti è comodo”, offrì lui.
“Oh, sarebbe davvero troppo, non vorrei affatto disturbare”. Hermione si morse il labbro, a disagio.
“Nessun disturbo. Anzi”, aggiunse celando a malapena un sorriso, “è un piacere per me”.
“Allora terrò in considerazione la proposta…”. Rispose, mostrandosi più entusiasta.

Huxley si alzò per prendere altri due calici di vino. Hermione sentiva un leggero giramento di testa. Che strano, pensò, non ho affatto bevuto molto
Ma decise di non farci troppo caso; si sentiva immersa in una foschia leggera di rilassamento e piacevolezza causata dal carisma avvolgente di Edwin. Tutto in lui urlava fascino, mistero, ed Hermione decise di ignorare la piccola voce dentro di lei che le continuava a ripetere, ininterrottamente, pericolo.

Presa dai suoi pensieri, ancora ridacchiando fra sé e sé per la strana sensazione, alzò lo sguardo e rimase senza parole.
Theo.
Hermione cambiò espressione di colpo.
Il fastidio, divenuto quasi rabbia, di essere stata ignorata per tutti quei giorni le vorticò in mente come un uragano. A malapena le aveva rivolto la parola, a lei che purtroppo doveva essere la sua partner per tutta la durata dell’anno, e ora se ne stava qui a sorridere e conversare tranquillamente con tutti! Evitandola completamente, di nuovo.
“C’è qualche problema?” chiese Huxley, seguendo la direzione del suo sguardo fino a Theo, e irrigidendosi impercettibilmente.
“Nessun problema, scusami” sorrise Hermione, facendo finta di nulla. “Stavamo parlando della tua biblioteca, sono proprio curiosa di sapere se può eguagliare quella di Hogwarts”.
“Oh cara, è molto meglio”. Le sorrise di rimando, facendo un segno di brindisi con il calice di vino.

Non si accorse delle occhiate che Theodore le mandava ogni volta che lei distoglieva lo sguardo.
Huxley, però, se ne accorse e come, e fece un cenno con il calice anche a Theo, sorridendogli malignamente.


***


Theodore aveva deciso di fare un giro per il castello quella sera. Ci sarebbe stata la piccola festicciola di Neville e sinceramente non aveva voglia di partecipare: l’avrebbe rivista, probabilmente non avrebbe avuto la forza di evitarla nuovamente e sarebbero ricominciati i pettegolezzi. Non lo meritava.
Ed era stato davvero difficile evitare tutti i suoi tentativi di fare amicizia, poiché era una ragazza brillante, simpatica, anche molto divertente.
Senza neanche rendersene conto era arrivato proprio nei pressi del dormitorio di Neville, ma quando si voltò per tornare indietro, fu interrotto proprio dall’amico:
“Brutta giornata, Theo?”.
 Si voltò, con una smorfia, per essere stato beccato.
“Più o meno come tutte le altre, sinceramente a volte non so perché io abbia accettato questo incarico, forse sarebbe stato meglio rimanere nel Maniero…”
“Perché eri uno degli studenti migliori del nostro anno, forse?” Rispose Neville. “O forse perché le voci e i sussurri in realtà non fanno una persona? Io so chi sei, so chi sei stato anche durante il ritorno di Voldemort e beh, penso che sia arrivato il momento di andare avanti, non credi?”
“Sembra facile per te, soltanto per aver accettato di collaborare con Hermione ho fatto sì che il mondo magico la mettesse sotto dei riflettori negativi soltanto per fare un po’ di notizia.”
“Se non fosse stato per te avrebbero inventato qualcos’altro, lo sai. Alla Gazzetta del Profeta piace fare gossip basato totalmente sul nulla, lo ha sempre fatto, e Rita Skeeter ci sguazza dentro.
Hermione è abituata, sinceramente non le interessa più, ormai. Anzi, dovresti farti raccontare proprio del suo incontro ravvicinato con la Skeeter…” Ridacchiò, “Strano, che ancora abbia il coraggio di scrivere di lei”.
Theodore lo guardò perplesso.
“Dai”, aggiunse Neville, “Vieni anche tu alla festa, Hannah ne sarebbe felicissima, il piccolo Aaron sta già dormendo, controllato dagli Elfi, ma anche questo non dirlo a Hermione… Siamo tutti adulti, possiamo rilassarci e bere qualcosa in compagnia, meglio che crogiolarsi da solo nei pensieri negativi, no?”.
Theodore sembrava titubante, ma non se la sentì di rifiutare nuovamente l’invito del cugino e quindi accettò, pentendosene non appena mise piede nella stanza.
Lei ovviamente era lì, splendente nel suo vestito foresta che la faceva sembrare una ninfa, tutta accaldata per qualcosa che le aveva appena detto all’orecchio quell’Edwin Huxley.
Theo sentì una morsa nel petto che lo rese confuso ma scelse di non analizzarla e seguì Neville per prendere qualcosa da bere e distrarsi con gli altri colleghi, nonostante sentisse un costante formicolio sulla nuca causato dai suoi sguardi.
Non appena convinse sé stesso a finire quella farsa e a cercare la sua amicizia, lei era sparita.

L’agitazione lo colpì senza preavviso, e scusandosi con gli altri colleghi cominciò a guardarsi incontro finché non scorse Huxley che stava uscendo e, con un respiro di sollievo, riuscì a bloccargli il passaggio.
Huxley voltò lo sguardo annoiato verso di lui.
“Che sorpresa, Theodore Nott. Potrei sapere come mai ho finalmente l’onore di-?”
“Che cosa stai facendo con lei?” Sussurrò Theo, trattenendo a stento il nervosismo.
“Bene bene. Andiamo dritti al punto.” Ridacchiò l’altro. “Converrai con me che non sono affari tuoi, piccolo Theo, non credi?”.
 Theodore strinse i pugni, cercando di calmarsi.
“Non riesco a capire come è possibile che tu sia qui ad insegnare, ma io so chi sei veramente. Ti terrò d’occhio. 
Stai lontano da lei”.
“Attento alle promesse che fai se non sei sicuro di poterle mantenere”.

Huxley lo guardò con un sorriso provocatorio e uscì dalla stanza.
 

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Capitolo 6
*** I ricordi perduti ***


Grazie a tutti lettori e lettrici, in questo nuovo capitolo Hermione farà una visita al saggio Hagrid, mentre il nostro Theodore sarà sempre più consapevole che sta succedendo qualcosa di strano, riuscirà a capire il mistero e ad avvertire la nostra orgogliosa eroina? Pian piano la trama si sta delineando sempre di più.
Chi sarà il nostro misterioso Huxley? Sarà davvero un personaggio negativo?
Vi lascio alla lettura del nuovo capitolo. 
Ringrazio 24Nuvola per avermi sostenuto dall'inizio della storia. Buona lettura :)






Hermione si svegliò all’improvviso con un forte mal di testa.
Che strano. Non mi pare di aver fatto nulla di strano ieri sera, a parte… Uh, la festa di Neville.
Probabilmente avrò bevuto un po’ troppo, a malapena ricordo di esserci andata!

Controllando la minuscola sveglia babbana che aveva portato con sé si accorse che era ancora presto e decise di rilassarsi e fare colazione nel suo piccolo appartamento.
Mentre aspettava che il caffè uscisse, scrisse brevemente ai suoi genitori e corresse alcuni appunti relativi al lavoro che avrebbe svolto nella settimana in arrivo.

Sirius, il suo enorme gatto nero, la guardò stiracchiandosi e andò ad appallottolarsi sulle sue gambe. Era stato un regalo di Harry e Ron, e tutti e tre avevano deciso di chiamarlo così, in onore del vecchio amico, e a quanto pare si era ambientato benissimo anche a Hogwarts, dato che ogni tanto scompariva per qualche giorno per tornare poi più in forma di prima.
Era uno spirito libero, un po’ come lei, e per questo i due avevano legato subito.

Più tardi, dopo aver finito il caffè, decise di spendere la mattinata in biblioteca, nonostante fosse domenica; anzi, proprio perché era domenica sarebbe stata sicuramente poco affollata, il luogo perfetto dove avrebbe potuto rilassarsi e leggere i suoi classici preferiti.
Prese quindi la sua borsa, qualche biscotto come spuntino e si diresse verso la biblioteca.
Effettivamente le sue previsioni erano corrette, un po’ perché era presto, un po’ perché era domenica, ma il luogo era praticamente deserto. Neanche Madama Pince, con il suo occhio da falco, era arrivata a controllare quei pochi studenti che più che studiare sembravano dormicchiare sulle poltroncine impolverate.
Hermione diede loro un sorriso di incoraggiamento e dopo aver scelto uno dei suoi angoli preferiti si perse nelle pagine dei romanzi.
 
***

Il leggero brontolio del suo stomaco le ricordò che erano già passate diverse ore da quando era arrivata.
Controllando l’orario, vide che il pranzo era già terminato, e decise quindi di andare a trovare Hagrid.
Una pioggerellina costante bagnava il prato di Hogwarts da parecchi giorni, ed Hermione si strinse ancor di più nel suo impermeabile color bosco, mentre si affrettava verso la capanna di Hagrid, dalla quale emergevano piccoli sbuffi di fumo del caminetto.
“Hagrid!” Bussò con energia.
“Sono Hermione! Posso entrare?” Si sporse verso la finestra illuminata, sbracciando.
Hagrid indossava un enorme giacca da pioggia e degli stivali alti; una borsa era appoggiata casualmente vicino al camino, probabilmente era appena tornato da chissà dove.
Appena scorse la ragazza, si affrettò, un po’ goffamente, ad aprire la porta, dopo aver tolto il bollitore di rame dal fuoco.
“Hermione, è bello vederti, vieni qui!” e spalancò le sue enormi braccia.
Senza esitare, entrò nel suo abbraccio e si fece abbracciare, venendo sommersa da una miriade di emozioni che non si era accorta di aver soppresso nell’ultimo periodo.
Con i suoi amici impegnati e lontani, l’improvviso conforto di un abbraccio la portò quasi alle lacrime.
Hagrid, negli anni, era diventato più che un semplice amico e professore, ma una specie di zio adottivo: leale, protettivo e sempre disponibile, una delle persone più pure e buone che abbiano mai incontrato.
“Vuoi qualcosa da bere? Un succo di zucca o un tè magari? Lo stavo preparando proprio ora”.
“Una tazza di tè sarebbe squisita, grazie!”
Hagrid si alzò per prendere due tazze e un piattino con dei giganteschi biscotti la cui ricetta non sembrava affatto migliorata negli anni, ma la ragazza, affamata, ne prese uno comunque.
“Come mai da queste parti?” Ha chiesto Hagrid.
“Mi sono resa conto di non essere passata mai da quando sono arrivata, non ho avuto moltissimo tempo… e ho pensato che mi avrebbe fatto bene allontanarmi un po’ dal castello.
Tu come stai?”
“Oh, sto bene, sto bene. Siediti pure” disse, indicando due sedie dai colori sbiaditi.
Fuori si era alzato il vento, l’aria era umida e fresca ma il calore del camino riscaldava allegramente la capanna, facendola sentire come a casa.
“Allora come stanno i ragazzi? Ti hanno scritto?”
Hermione sospirò. “Non molto, probabilmente sono entrambi molto occupati, Ron con il bambino in arrivo, Harry che oscilla fra il matrimonio e il lavoro… È stato promosso Capo Auror, sai?” -disse con un sorriso triste.
“Oh, Hermione. Sai che ti pensano sempre, sì? Sono sempre stati un po’ zucconi su questo.”
Cercò di consolarla. “Anche quando hai preso i MAGO non sono stati un granché, vero? Però ti vogliono bene, sei come una sorella per loro”.
Le parole sincere di Hagrid le scaldarono il cuore, ma non riuscirono a fermare la malinconia che le portò ad affiorare delle piccole lacrime agli angoli dei suoi occhi.
“Hai ragione” disse, tirando su con il naso. “È che a volte…. A volte mi sento così sola. Neville è qui con la sua famiglia, tutti i miei amici sono lontani, e per quanto possa tornare a casa e incontrarli capisco che questo è un momento impegnativo per loro.”
E a volte non so se ho fatto la cosa giusta ad accettare questa proposta, pensò.
A tratti tutto mi sembra estraneo. A tratti mi sembra invece di essere tornata bambina.
Convinta a non farsi soffocare dalle emozioni negative che sembravano sopraffarla continuò la conversazione con il guardiacaccia.
“Però raccontami di te, sei tornato da poco? Spero di non averti disturbato”.
“Nessun disturbo, sei la benvenuta ogni volta che vuoi, qua, lo sai, vero?
In ogni caso hai ragione, sono appena tornato dalla foresta.” Sospirò. “Thestral. C’era un intero branco affamato e non potevo farli aspettare di più oggi, o avrebbero rovinato tutte le mie zucche”.
Hermione fece un sorriso di comprensione, voltandosi verso le enormi zucche che cominciavano a diventare arancioni.
“Sono bellissime quest’anno, saranno perfette per la festa di Halloween”.
Gli occhi corvini di Hagrid brillarono. “Mi ha scritto Olympe… Quest’anno, beh, quest’anno ha accettato il mio invito per il ballo di Halloween. Ha detto che si sarebbe presa una settimana di pausa, e guarda qua, ho già tagliato la mia barba… Che ne pensi? Forse dovrei spuntarla ancora un po’?”
Hermione guardò attentamente la sua barba resa ancora più ispida e folta dal taglio, cercando di mantenere una faccia seria.
“Va benissimo così”. Gli sorrise con affetto, rendendolo ancora più felice.

“Ultimamente sono irrequieti, i thestral. Da quando si sono resi conto che più persone potevano vederli sono diventati scostanti, capricciosi, non si fidano. Aspettano solo me per mangiare, e quel ragazzo Serpeverde che veniva fin da quando era un cosino piccolo piccolo…”.
Hermione si accigliò leggermente, mentre Hagrid continuò.
“Bravo ragazzo quel Theodore, niente a che vedere con il padre… Sai, quando andavate ancora a scuola pochi studenti si avventuravano da queste parti, ma lui, e anche Luna, venivano spesso a salutare il branco. Beh, è stato un grande aiuto per me.
Ancora adesso non è raro trovarlo seduto nella radura ad accarezzare i cuccioli. Povero ragazzo…” borbottò.
Hermione, di natura curiosa, non riuscì a non chiedere cosa gli fosse successo, ma Hagrid le disse soltanto che aveva perso la madre, da piccolo, in un tragico incidente.

Il rumore della ghiaia che si muoveva fuori casa catturò l’attenzione di entrambi, che videro dalla finestra la figura di Neville che si avvicinava.
“Ciao Hagrid” esclamò. “Hermione!” Ha aggiunto, raggiante, appena l’ha vista.
“Neville, non mi aspettavo di vederti qui!”
“Mi manda Lumacorno… Mi ha detto di chiederti di quelle piante di Stridiosporo per la sua nuova pozione”.
“Giusto, giusto”, rispose Hagrid, “oggi è il tempo perfetto per la raccolta, ma dobbiamo sbrigarci perché se cala il sole le foglie”-
“…Non saranno più utilizzabili”. Lo interruppe Neville con un sorriso.
“Hermione, vuoi venire con noi?”
“Grazie dell’invito ma penso che passerò per oggi. Torno al castello, buona raccolta però! Ci vediamo a cena” concluse, rendendosi conto che la compagnia del mezzogigante le aveva fatto proprio bene.

***

La settimana passò in fretta, e nulla di significativo avvenne al castello. Le lezioni procedevano bene, gli studenti erano entusiasti delle mail magiche e continuavano ad utilizzarle come diario di sfogo, o per mandare degli anonimi bigliettini innamorati.
La professoressa McKinnon era elettrizzata dall’improvviso interesse di alunni e alunne verso gli Studi Babbani e stava spingendo i due ragazzi a presentare al più presto il prossimo progetto.
Il laboratorio di Magicinema, così era stato nominato da Theodore ed Hermione, sarebbe stato infatti inaugurato a breve, e tutti erano curiosi di vedere quali effetti avrebbe sortito.

Quel sabato Hermione era riuscita ad organizzarsi con Ginny per prendere una burrobirra calda.
Le raccontò in breve degli ultimi avvenimenti al castello, includendo anche la piccola festa di Neville.
“A proposito della festa di Neville.” Disse Hermione. “Ti ricordi di quando ti ho parlato di quell’Huxley, il professore di Difesa?”
“Bello e misterioso, giusto?”
“Enigmatico e un po’ inquietante, direi…”
“Sono abbastanza sicura che nell’ultima lettera tu abbia scritto proprio affascinante”, aggiunse, facendo arrossire l’amica. “Ma veniamo a noi. Allora?”
“Ecco, durante la festa di Neville, mi è tornato in mente soltanto ora che ad un certo punto mi ha invitato a visitare la sua biblioteca personale…”
Ginny si accigliò. “Herm…”
“Non sto dicendo che andrò, Ginny. Mi sembra ovvio.” Sussurrò Hermione. “C’è qualcosa di lui che mi spaventa e non mi fa stare totalmente a mio agio, ma quando gli parlo è come se la mia mente fosse improvvisamente offuscata. Me ne accorgo soltanto dopo. E credo che se non mi fossi applicata costantemente con l’occlumanzia neanche me ne sarei mai accorta”.
Ginny sembrava preoccupata.
“Harry mi ha detto che succedono cose strane, ultimamente. Stai attenta per favore. Rimani al castello e se qualsiasi cosa ti sembra strana o non ti convince del tutto sai che io ci sono e c’è anche Neville.
Non è più il ragazzo goffo che mi ha invitata al Ballo del Ceppo, sai? D’altronde ha ucciso Nagini, non dimentichiamolo mai, ma a proposito di colleghi carini…” Disse, occhieggiando in direzione di un tavolo poco lontano.
“Quello non è Theodore Nott?”
Hermione si girò a guardare e Theodore, vedendola, la salutò freddamente con un cenno.
Ginny, perplessa, chiese all’amica, abbassando la voce: “Devi dirmi qualcosa, per caso?”
Hermione le spiegò brevemente la situazione, cercando poi di cambiare argomento, ma Ginny le fece qualche battuta, affermando con una risata che non gliela raccontava tutta giusta.

Hermione notò che ogni tanto Theodore si girava a guardarla, ma non poté fare a meno di osservare l’attraente ragazza insieme a lui.
“Daphne Greengrass”.
“Cosa?”
“Daphne Greengrass”, ripetè Ginny, seguendo la linea dello sguardo di Hermione.
“Bionda, altezzosa, serpeverde. Non molto simpatica, ai tempi. Pessima giocatrice di Quidditch.”
“Non l’avevo riconosciuta…” rispose Hermione, soffocando la piccola fitta di gelosia per i suoi lisci capelli perfetti e il portamento elegante.
Ginny aveva lo sguardo di chi la sa lunga ed Hermione, conoscendo l’amica e le domande che stavano per arrivare, cercò in fretta di distoglierle l’attenzione invitandola al prossimo Lumaclub che ci sarebbe stato quella settimana.
“Per favore, Ginny, sai benissimo quanto possano essere noiose quelle cene, mi serve un supporto!”
“Sono sicura che puoi cavartela benissimo da sola! Non credo che niente possa essere peggiore di quando hai deciso di invitare McLaggen come tuo accompagnatore…”
“Non me lo ricordare” Rabbrividì Hermione. “Una sanguisuga sarebbe stata più piacevole…”.

***

“Terra chiama Theodore. Ci sei?”
“Scusami Daph…” Rispose il ragazzo, un po’ mortificato.
Daphne Greengrass scoppiò a ridere.
“Insomma da quanto tempo ti piace la ragazza d’oro?”
“Cosa?” Sbiancò.
“Theo, ti conosco da quando siamo piccoli. Quello sguardo lo hai avuto solo quella volta in cui Draco ha invitato a Capodanno le Sorelle Stravagarie e una di loro ti ha mandato un bacio durante l’ultima canzone, ma Theo, avevamo quindici anni”.
“Non mi piace proprio nessuno” ribatté l’amico “ti sbagli”.
“E come mai hai questo sguardo accigliato da quando hai visto le due ragazze al tavolo laggiù?”
“Sono solo preoccupato per una cosa che ho sentito, ma questo non riguarda nessuno in particolare”.
“Teddy, Teddy… Sai che ti è permesso provare amore, vero?”
“Daphne, per favore, non iniziamo di nuovo, sono solo preoccupato per alcune cose”.
“Ti riferisci a quello che hanno scritto sui giornali di voi? Sei preoccupato per la sua parte…O per la tua?”
“Sai che non credo in queste stronzate”. Rispose immediatamente, innervosendosi.
Daphne sospirò scuotendo la testa.
“Quando vieni a trovarci? Non hai ricevuto le lettere di Blaise?”
“Certo che l’ho fatto, ma ho avuto da fare”.
“Rimuginare nei tuoi pensieri in un freddo castello durante ogni weekend da settembre ad oggi?”
“So che può sembrarvi strano, ma ho accettato l’incarico della McGranitt per lavorare, e non per rivivere una seconda adolescenza fra Hogsmeade e Whiskey incendiari…”-
Daphne scoppiò a ridere. “Sempre così serio, uno studente modello.”
Theo si accigliò ulteriormente.
“È solo che ci manchi, non ti vediamo mai… Siamo solo preoccupati”.
“Sto bene, lo sai…”.
“Vorrei esserne sicura. Ti vogliamo bene”.

Nella strada di ritorno ad Hogwarts, le parole di Hermione gli vorticavano instancabilmente nella testa.
…Mi ha invitato a visitare la sua biblioteca personale…
Theodore non riusciva a capire a cosa stesse giocando, ma aveva intenzione di tenerlo d’occhio.
C’era qualcosa in quella storia che non sembrava giusta. Possibile che fossero soltanto sue preoccupazioni senza senso?
Possibile che fosse soltanto un errore e che stesse agendo impulsivamente?
Non avrebbe potuto neanche confrontarsi con nessuno, perlomeno finché non avrebbe avuto delle prove, e conoscendo la ragazza, probabilmente si sarebbe gettata dritta a capofitto nel pericolo se mai l’avesse messa in guardia; e poi come avrebbe fatto, dal momento che sembravano parlare a malapena?
Camminando verso la sua stanza nel castello quasi non si accorse che davanti a lui, in fondo al corridoio, c’era proprio l’oggetto del suo pensiero.

***

Hermione, felice per il pomeriggio passato con l’amica, si avviò verso il castello. L’aria fredda di metà ottobre si faceva sentire e la ragazza affrettò il passo, immaginando di rilassarsi davanti al caminetto della sua stanza con una cioccolata calda.
Varcato il cancello, si sorprese del fatto che in giro non si vedeva nessuno. Probabilmente era ora di cena, pensò.
Rabbrividendo nella penombra dei corridoi, non si accorse di una sagoma che camminava verso di lei fino a quando non sentì il suo nome.
“Hermione, che piacevole sorpresa” Esclamò la voce carezzevole di Huxley.
“Huxley… Edwin, voglio dire… Come mai da queste parti?” saltò Hermione, sentendosi un po’ sciocca.
Il giovane ridacchiò. “è proprio qui il mio appartamento, stavo tornando da una piacevole passeggiata nei giardini proprio in questo momento, presumo tu stia facendo lo stesso?”
“Beh, sì… Ho visto una mia cara amica questo pomeriggio e stavo tornando nella mia stanza…”
“Posso offrirti qualcosa di caldo, un tè magari?”
Hermione cominciò a sentirsi leggermente agitata, forse per il discorso di Ginny, e pensò di declinare l’invito.
“Insisto”, sorrise Huxley, “vorresti davvero negarmi una piacevole compagnia in questa solitaria serata di ottobre?”
Una parte di lei non era del tutto convinta che accettare l’invito fosse la cosa giusta, ma l’altra parte, quella più insicura, pensò: che male c’è?
E’ un maledetto, semplice, invito a prendere un tè. Magari mi trova piacevole e basta, no?

E proprio quella parte più fragile e ingenua sopraffece l’altra, ed Hermione esclamò:
“Beh se la metti così allora, fammi strada”, seguendolo verso la sua stanza.



Theodore non poté far a meno di osservare la scena nascosto nella penombra di una colonna, pronto a intervenire.
Ma la situazione sembrava sotto controllo, anche se non del tutto lineare.
Avrebbe dovuto fare qualcosa?
Hermione d’altronde era una strega capace, e non pensava che Huxley fosse così sciocco da tentare qualcosa qui al castello, vicino agli appartamenti di Neville e al suo.
Vedendo lei che spariva nella stanza del mago, si ritirò e decise che l’avrebbe affrontata il giorno successivo.
La situazione stava diventando davvero ridicola.
Erano partner in un progetto importante ed era assurdo che a malapena si parlassero al di fuori di questo, perciò l’indomani a colazione avrebbe cercato di comportarsi decentemente.
Lei aveva dimostrato di essere più forte delle malelingue e a lui non era mai importato nulla della società di bigotti nella quale era cresciuto.
Sua madre sarebbe stata orgogliosa di lui, pensò con tristezza.


***


La notte di Theodore Nott non fu tra le migliori. Preoccupato per la ragazza e sovrappensiero a causa delle parole di Daphne, riuscì a malapena a prendere sonno.
Appena il sole sorse, quindi, rinunciandoci definitivamente, si alzò decidendo di scendere in sala grande per ottenere un caffè.
Si guardò allo specchio. Gli occhi nocciola, stanchi, gli ricordavano quelli di sua madre. Era grato alla fortuna per non aver ereditato lo sguardo di ghiaccio del padre, che nonostante stesse marcendo ad Azkaban non aveva perso tempo ad inviargli un’interminabile lettera che avrebbe dovuto ricordargli i doveri di un giovane Nott. Patetico.

Non appena si sedette in sala, ancora deserta, un’enorme tazza di caffè bollente apparve davanti a lui che sorrise, grato, pensando all’efficienza e alla gentilezza degli elfi del castello.
Oltre al caffè, diversi cesti di frutta e alcune crostate imbandivano la tavola, e Theo decise di prendere un pezzo di crostata alle mele, la sua preferita.
E la preferita di Hermione, gli ricordò una voce dentro di lui.

Mentre sorseggiava la seconda tazza di caffè inaspettatamente fece il suo ingresso in sala proprio la ragazza.
La luce fioca del mattino illuminava delicatamente la sua pelle, che appariva fresca e luminosa. I capelli, più agitati del solito, gli ricordavano quasi i tempi di Hogwarts.
Decise che quello sarebbe stato il momento perfetto per risolvere le loro imbarazzanti e deboli interazioni, ma la ragazza non era dello stesso avviso.
Hermione, infatti, alzando lo sguardo verso il ragazzo, gli diede un rapido buongiorno e si sedette il più possibile lontano da lui.
“Buongiorno Granger… Dormito bene?”
Hermione lo guardò leggermente assente.
“Benissimo”. Rispose, sbrigativa.
Per un po’ di tempo Theodore tentò più volte di iniziare una conversazione, ma la ragazza non sembrava affatto voler partecipare.
“È stata una serata lunga ieri sera?” le chiese improvvisamente, serio.
Hermione lo guardò realmente confusa.
“Sono uscita con Ginny, ti ho anche salutato andando via dai Tre Manici di Scopa, non ricordi?
Poi devo essermi addormentata immediatamente…”. Continuò fra sé e sé, massaggiandosi improvvisamente le tempie.
“Mi esplode la testa… Devo essere davvero stanca in questi giorni”.
Theodore impallidì.
“Ieri sera cosa hai fatto quando sei tornata al castello?”
“Perché pensi che siano affari tuoi? Neanche mi parli, a malapena mi saluti… Merlino, la mia testa sembra esplodermi!”
“Per favore, rispondi alla mia domanda” continuò, preoccupato, girandosi verso Hermione.
La strega, apparendo quasi spaventata dal suo illogico comportamento, con uno sguardo confuso gli confermò ogni dubbio.
“Sono andata direttamente a dormire nella mia stanza”.

Theodore si alzò di scatto, come se fosse stato schiaffeggiato, e, uscendo velocemente dalla Sala, lasciò un’Hermione disorientata a chiedersi cosa fosse appena successo.

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Capitolo 7
*** Il lumaclub ***


Theodore uscì dalla sala grande, andando dritto verso l’appartamento di Neville.
Perché non ci aveva pensato prima?
Neville era l’unica persona alla quale avrebbe potuto confidare i suoi sospetti, che giorno dopo giorno diventavano sempre più reali.
La McGranitt probabilmente l’avrebbe preso per pazzo, e di tutti gli altri ancora non si fidava totalmente.

“Neville” bussò leggermente alla porta dell’amico, sperando di non svegliare tutti.
“Neville sono io, Theo”.
Qualche secondo dopo sentì dei passi avvicinarsi alla porta, che si aprì con un leggero cigolio.
Neville, sbadigliando, rimase per un attimo perplesso.
“Theo? Che ci fai a quest’ora qui?”
Realizzando che forse avrebbe effettivamente potuto aspettare qualche ora, si sentì imbarazzato dall’impulsività delle sue azioni.
“Posso entrare? Scusa l’orario, ero… Non stavo ragionando”.
“Certo, entra, siediti un attimo, sembra che tu abbia visto un fantasma” Neville si scostò per lasciarlo passare e prese un bicchiere d’acqua.
“Bene. Cos’è successo?”.
Theodore raccontò a Neville tutto ciò che sapeva sul professore di Difesa, spiegandogli i suoi sospetti e soprattutto quello che aveva visto il giorno prima e quella mattina.
Neville sgranò gli occhi, chiedendogli di ripartire dall’inizio.
“Ti direi di tenerla d’occhio ma Hermione è sempre stata testarda” disse Neville.
“È una strega estremamente abile”.
“Hai ragione, è brillante; ma ti assicuro che nonostante lei cerchi di nasconderlo è anche molto fragile, soprattutto dopo tutto quello che ha passato”.
Neville fece una pausa, osservando con attenzione l’amico.
“Hermione ha il cuore grande, smettila di fare il bambino e parlale. Siete più simili di quanto pensi”.
“Siamo partiti con il piede completamente sbagliato”.
“Si può sempre risolvere, no? Usa un po’ di astuzia Serpeverde”.
“Non voglio ingannarla”.
“Non la stai ingannando, Theo. La stai proteggendo”.


***


Durante quella settimana Theodore si accorse che la diplomazia e la pazienza a quanto pare non erano due virtù di cui poteva vantarsi.
Il progetto di Studi Babbani era in stallo, e sia lui che Hermione si stavano occupando di un gruppo separato di studenti, quindi le occasioni per confrontarsi e parlare si potevano contare sulla punta delle dita.
Nei pochi momenti in cui avrebbe potuto farsi avanti e cercare di conoscerla meglio, era riuscito inevitabilmente ad irritarla con qualche battuta sarcastica o aveva preferito ritirarsi ed ignorarla, un po’ infastidito da Neville che cercava di incoraggiarlo da lontano.
La faceva facile lui.
Il fatto è che Theo, già dai tempi di Hogwarts, era rimasto incuriosito da quella buffa ragazzina dai capelli folti: la sua mano sempre alzata, le rispostine pronte, il suo coraggio.
L’aveva ammirata quando aveva scoperto l’enigma della Camera dei Segreti, e aveva trovato non poco divertente il fatto che avesse preso a pugni Malfoy. Quando al Ballo del Ceppo si era trasformata improvvisamente in un cigno era rimasto a bocca aperta.
E aveva continuato ad osservarla, un po’ perché rappresentava tutto ciò che a lui era severamente proibito, e si sa che quando non possiamo avere qualcosa, allora quello è il momento in cui la desideriamo di più; un po’ perché il suo spirito libero continuava senza dubbio ad affascinarlo.

Da parte sua Hermione, orgogliosa, aveva fatto finta che lo strano scambio con Nott a colazione non fosse mai avvenuto, e aveva continuato, leggermente stizzita, per la sua strada, fra lavoro, studio e vari pomeriggi passati con Hannah.
Perciò la situazione era rimasta in stallo.



***

Quella sera ci sarebbe stata la serata d’inaugurazione del Lumaclub.
Hermione non era riuscita ad eludere l’invito in nessun modo ma per fortuna avrebbe avuto la compagnia di Harry e Ginny, che avevano accettato di partecipare.
“Mi devi un favore Herm… Anzi, almeno dieci”. Esclamò Ginny, entrando nella stanza dell’amica.
“Non esageriamo, sappiamo che in fondo ami i complimenti…”.
“Sì ma questa volta il nostro vecchio professore sarà particolarmente petulante, ha già scritto tre o quattro lettere ad Harry per assicurarsi che non avesse cambiato idea all’ultimo minuto, cosa che, detto fra noi, non sarebbe stata male…”.
“Grazie dell’aiuto!”. Rispose, ironica, Hermione.
Ginny scoppiò a ridere.
“Di cosa ti lamenti, alla fine siamo effettivamente qui, no? Ce ne saranno altre di serate, suppongo. Prima o poi dovrai cavartela da sola”.
Hermione, alzando gli occhi al cielo, le lanciò un cuscino.
“Allora, fammi vedere come posso aiutarti…” Disse, osservandola attentamente dalla testa ai piedi.
“Beh, innanzitutto questo vestito dovrebbe essere più corto!” E con un colpo di bacchetta lo modificò.
“Hei!” Si lamentò Hermione, osservando poco convinta la modifica appena effettuata.
“Poi il trucco, potresti anche osare con un rossetto scuro, non sei più una studentessa”.
Hermione si guardò allo specchio e sbuffò.
“Bene, mi arrendo. Passami il rossetto.”

Ginny ed Harry erano arrivati nel pomeriggio e mentre Harry aveva passato gran parte del tempo con Neville, le due ragazze si erano prese qualche ora di relax per prepararsi.
Ginny era radiosa; indossava un maglione aderente dorato che le metteva in risalto i lunghi capelli rossi e un pantalone a palazzo che slanciava ancor di più il suo fisico atletico. Un velo di trucco e un rossetto corallo completavano il tutto.
Hermione invece aveva deciso di indossare un semplice vestito di velluto nero divenuto molto più corto dalle modifiche dell’amica. Un paio di tacchi color carne rendevano il tutto abbastanza elegante, e una serie di accessori dorati si abbinavano al trucco leggero e alle lentiggini rimaste.
Nel complesso era molto soddisfatta. Si sentiva sicura di sé.
“Stai benissimo, tesoro, anche se io avrei optato per quello rosso…”
“Era poco più che un copricostume”.
“Beh, peccato”. Le fece l’occhiolino. “Vogliamo andare? Harry probabilmente sarà già stato catturato da Lumacorno…”.

Effettivamente, appena entrarono nella stanza, scorsero Harry che le guardava con sollievo, intento in una conversazione con il professore e un uomo che non avevano mai visto.
Colse l’occasione del loro ingresso proprio per sfuggire dalle grinfie di Lumacorno e respirare un attimo.
“Siete arrivate, per fortuna, non ce la facevo più!”.
“Come sei melodrammatico”. Gli rispose Hermione.
“Non hai dovuto raccontare le gesta eroiche del Prescelto negli ultimi quaranta minuti!”. Si lamentò Harry, facendo scoppiare a ridere tutti.
“Chi c’è alla festa?” Chiese Ginny
“Qualche studente del settimo anno, alcuni funzionari del Ministero, una famosa giocatrice di Quidditch che, a proposito, mi ha già chiesto di te… E Neville dovrebbe raggiungerci presto insieme a Nott”.
“Bene”. Rispose Hermione. “Spero che questa festa duri il meno possibile”.
“Uh eccoli lì” osservò Harry, muovendosi per salutare i due ragazzi.

“Beh”, iniziò Ginny, socchiudendo gli occhi verso il gruppo in arrivo. “Sta proprio in forma Nott ultimamente”.
“Ginny, abbassa la voce” sussurrò Hermione, spintonando leggermente l’amica.
“Che c’è? Ho detto la verità!”
“Sì ma evitiamo che ti senta. Non credo gli servano nuovi spunti per nutrire il suo ego smisurato”.
“Mah, non mi è mai sembrato un tipo così pieno di sé”, Ridacchiò.
“Magari è stato soltanto bravo a nasconderlo”, rispose stizzita Hermione.
“Per le tette di Morgana. E quello chi è?”
Hermione si voltò per vedere a chi si stava riferendo l’amica e spostandosi con lo sguardo scorse Huxley, con un elegante camicia scura, che la salutava con un sorriso affascinante. Sentendo le guance arrossarsi dall’imbarazzo, gli fece un cenno di saluto molto rapido e si voltò immediatamente verso l’amica.
“Quello… è Huxley. Ne parliamo dopo” sussurrò poi in fretta “non ora”.
Ginny, guardando i tre ragazzi che si avvicinavano, capì al volo e con un’occhiata le comunicò che le avrebbe raccontato tutto dopo.
“Allora Ginny, sono contento che tu ed Harry ce l’abbiate fatta a venire” Disse Neville, abbracciando con un sorriso l’amica. “Vogliamo prendere qualcosa da bere?”
“Ma certo! Anzi, andiamo io ed Hermione. Cosa preferite?” Chiese Ginny, afferrando l’amica, con un sorriso da gatto del Cheshire.
“Penso vada bene a tutti del vino. Theo?”
“Bene, qualunque cosa”. Rispose Theo, guardando ovunque tranne che in direzione di Hermione.

“Allora ora siamo io e te. Voglio sapere tutto. Ogni dettaglio. Non avevo capito che fosse così attraente”. Bisbigliò Ginny.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Non c’è niente da sapere, ti ho già raccontato tutto”.
“Ti sta guardando anche adesso, fai finta di niente”. Continuò Ginny con il sorriso fra i denti.
“Per colpa tua che stai attirando l’attenzione!”.
“Sai chi altro ti sta guardando? Però in questo caso sembra un po’ verde… Indovina”. Ammiccò verso l’amica. “Ci sarà da divertirci stasera!”.
Hermione scoppiò a ridere, sperando di dissuadere Ginny dal suo folle entusiasmo.
“Dai Herm, non puoi lasciarmi sulle spine. Quel professore ti sta osservando con uno sguardo da far sciogliere anche i muri…”.
“Te l’ho detto, parliamo ogni tanto, per lo più di situazioni accademiche. E poi non eri stata proprio tu a dirmi di stare attenta?”. La provocò Hermione.
“Sì, beh, hai ragione… Non sembra un tipo pericoloso però. Magari pericolosamente bello, quello sì”.
Hermione, alzando nuovamente gli occhi al cielo, scosse la testa, e prendendo le bevande, si avviò in direzione del gruppo di amici.

Il resto della serata passò piacevolmente, il vino aveva sciolto l’imbarazzo. Anche Lumacorno si era avvicinato più volte per ricordare “i bei vecchi tempi di quando era giovane” e si era infine allontanato sospirando “Ah… il fuoco dell’amore…”, prendendo con sé Theodore, che fece appena in tempo a voltarsi con un’espressione perplessa e con un’alzata di spalle seguì il suo vecchio professore.
Tutti erano scoppiati a ridere.

Hermione si soffermò un attimo ad osservare lo spensierato gruppo di amici e si sentì molto fortunata.
Harry teneva una mano sulla vita di Ginny, osservandola con adorazione ogni qual volta che si girava, e Neville continuava a raccontare aneddoti della Torre dei Grifondoro e innocui pettegolezzi che riguardavano i colleghi.
Persino Theo era risultato, tutto sommato, piacevole.
Una voce calda però la riscosse improvvisamente interrompendo il suo flusso di pensiero.

“Posso rubarti un attimo dai tuoi amici?”.
Hermione osservò Huxley che tendeva una mano verso di lei. “In realtà…”.
“Ma certo” La interruppe Ginny, spingendola verso il collega. “Tutto il tempo che vuoi!”
Hermione la fulminò con lo sguardo, mentre Huxley le prese la mano, scuotendo la testa con un sorriso.
“Hermione, sei meravigliosa stasera. Vogliamo sederci?”.
Vedendo che molti invitati si erano girati a guardare la strana coppia, annuì, camminando verso un angolo della stanza più appartato, dove i due iniziarono a conversare.

“Perdona la mia audacia, ma non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso da quando sei entrata”.
Hermione sentì il viso imporporarsi immediatamente.
“Anche tu stai molto bene”. Rispose Hermione, pentendosene immediatamente.
Hermione. Sei per caso una ragazzina alla prima cotta? Addrizza la schiena e comportati da persona adulta!
Huxley sbatté un attimo le palpebre fino a che un lento e abbagliante sorriso non si alzò sul suo viso.
“Potrei suggerire un party un po’ più privato se vuoi…”.
Hermione, non essendo sicura della strana allusione, rimase un attimo a bocca aperta, balbettando delle scuse in risposta.
Il suo sguardo bruciava.
“Dimmi almeno che potrò accompagnarti al Ballo d’Autunno, ad Halloween?”.
Hermione era stordita dal magnetismo dei suoi occhi e senza neanche pensarci sussurrò un sì.  Tutto, intorno a lei, sembrava perfetto, come in un sogno, nonostante percepisse la strana sensazione di dimenticare qualcosa.
Huxley nel frattempo si era avvicinato sempre di più a lei, sfiorandole il viso con una mano.
Da quella distanza poteva sentire il suo odore, un misto di menta e spezie.
“Non vedo l’ora…”. Soffiò ad un passo dalle sue labbra.
Hermione chiuse gli occhi, persa in quel vortice di mancanza di controllo, fino a quando non si sentì la voce di Theodore chiamarla e tirarla improvvisamente verso di lui.
Hermione si guardò intorno, come se avesse appena dimenticato di essere circondata da persone.
Theo stava fulminando Huxley con lo sguardo.
Quest’ultimo, invece, aveva cambiato espressione. Ora Hermione aveva quasi paura. Un’aria carica di magia potente lo circondava, rendendo la sua bellezza inquietante e mortale.
“Perdonerai l’intrusione, Huxley” Sputò Theo con disgusto. “Ma Hermione è richiesta dai suoi amici in questo momento. Buona serata”.
E trascinando con lui Hermione si avviò nella direzione opposta, fino a quando Hermione non si fermò e girandosi di scatto affrontò il ragazzo. Era furiosa. Si sentiva come una bambina che era stata scoperta a rubare cioccolata.

“Cosa c’è di sbagliato con te, Nott?”
“Niente che ti riguardi”.
“Beh, a me sembra proprio di sì dato che hai interrotto una conversazione interessante riguardo-“
“Riguardo?” La interruppe, sfidandola.
“Riguardo… Libri…?” Hermione era confusa.
“Come mai questa confusione? Eppure ti ho interrotto proprio in questo momento” Continuò Theodore. I suoi occhi bruciavano come se cercasse di comunicarle qualcosa.
Hermione non riusciva a capire, i suoi ricordi erano nebulosi.
“Non capisco perché debba essere una tua preoccupazione quello di cui discutiamo io ed Edwin…”-
“Edwin, eh? Siamo già ai nomi, vedo”. Sbottò Theo, non riuscendo a trattenersi.
Hermione spalancò la bocca e rispose ancora più piccata.
“Anche se fosse non vedo perché dovrebbero essere affari tuoi. Si è proposto di accompagnarmi al ballo d’autunno”.
Lo sguardo di Theodore divenne ancora più freddo.
“Tu non sai in cosa ti stai infilando, Granger. Usa il tuo grande cervello”.
“Illuminami, allora”.
“Non capiresti”.
“Perché dici così, perché sono una Sanguesporco?”.
Theo spalancò gli occhi, scioccato. “Cosa? Davvero pensi così poco di me?”
“Non so cosa pensare, mi ignori da settimane e poi reagisci così ogni volta che parlo con Huxley!”.
Theodore sembrava tormentato. Le parole ferme sulla punta della lingua.
“Hai ragione. Ti chiedo scusa”.
“Tu… cosa?”
“Ti chiedo scusa, per come mi sono comportato. Ho reagito in maniera esagerata, e non avrei dovuto ignorarti. Ero preoccupato, mi sentivo in colpa. Ti prego di accettare le mie scuse”.
Hermione rimase per un attimo sorpresa dalla sincerità delle sue parole.
Il suo orgoglio le suggeriva di mandarlo adeguatamente all’inferno, ma il suo istinto non era d’accordo, e neanche la sua magia, che ronzava felicemente nel suo stomaco.
Theo continuava a guardarla speranzoso.
“Possiamo ricominciare?” Le domandò, un po’ incerto, offrendole nuovamente la mano.
Hermione lo guardò ancora per un attimo, prima di afferrare fermamente la sua mano.
“Ricominciamo”.




Theo ed Hermione sembrano finalmente chiarirsi, anche se molte domande sono ancora in sospeso e tante verità ancora non svelate. Chissà cosa dovranno affrontare i nostri protagonisti nei prossimi capitoli. Chi è davvero Huxley?
Buon proseguimento!

 

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Capitolo 8
*** Halloween ***


“Come procede il nostro piano?”.
“Come previsto. Ho riscontrato soltanto un piccolo problema…”
“Dobbiamo preoccuparci?”
“Non so, dovresti dirmelo tu, dato che riguarda il tuo amorevole erede”, rispose con una risata sarcastica.
“Theodore?” Il volto di Thoros Nott, prima sorpreso, diventò rosso e tremante di rabbia malcelata.
“Non gli hai certamente trasmesso il tuo stesso disgusto verso i sanguesporco ho notato…”.
“Quel piccolo traditore senza spina dorsale, inetto come sua madre. Avrei dovuto risolvere il problema anni fa-”
“Mantieni la calma, non vorrai attirare l’attenzione degli auror… Lascia a me il lavoro, tuo figlio sarà messo presto al proprio posto”.
Thoros strinse la bocca con disgusto.
“Non ho più un figlio
”.
 
 
*****
 
Il ballo di Halloween tanto atteso era infine arrivato ma Hermione, colpita da un intenso raffreddore, si era rintanata nella sua stanza sotto le spesse coperte di lana calda, in compagnia di un libro e di una teiera fumante.
Di questo imprevisto ne era stata segretamente contenta, in particolar modo perché in fondo si era pentita di aver accettato l’invito di Huxley e aveva approfittato della situazione per avere la scusa perfetta per non partecipare.
Lo strano comportamento che assumeva nei suoi confronti, la confusione che spesso l’avvolgeva dopo e la pesante aria di magia che aveva mostrato all’interruzione di Theo l’avevano messa profondamente a disagio e non avrebbe ripetuto volentieri l’esperienza.
Theo d’altra parte non aveva più parlato di ciò che era accaduto al Lumaclub, limitandosi a lavorare fianco a fianco con lei o coinvolgendola in appassionanti conversazioni riguardo ai più disparati argomenti.
Soltanto ora, nella pace della propria camera, Hermione cominciava a rendersi conto di quanto poco era stata lasciata da sola negli ultimi giorni. Quando non c’era Theo allora sarebbe apparso Neville, o Hannah le avrebbe chiesto un consiglio su una qualsiasi cosa.
Addirittura Hagrid l’aveva coinvolta per tutto il pomeriggio del giorno precedente nella scelta delle zucche più belle!
Improvvisamente Hermione si sentì un po’ sciocca ad essere stata trattata come una bambina. Ma chi si credono di essere? Ho combattuto una guerra contro Voldemort per l’amor di Merlino.
Le parte più razionale della sua mente però le ricordò la voce di Harry che le chiedeva di stare attenta perché stava succedendo qualcosa.
E anche nel castello stava succedendo qualcosa che non le quadrava per niente, anche il fatto stesso di fare un progetto sugli studi babbani e chiamare sé stessa e Theodore come rappresentanti le sembrava in questo momento una grande forzatura, e ora che conosceva un po’ meglio Theo poteva dire con sicurezza che si era comportato in maniera davvero strana.
In ogni caso c’era qualcosa di estremamente importante che continuava a sfuggirle.

Mentre continuava a rimuginare e analizzare tutti gli avvenimenti che erano successi nell’ultimo periodo quasi sobbalzò ai leggeri colpi sulla porta della sua camera.

“Hermione, sono Theo. Posso?”
La ragazza si addrizzò un pochino sul letto, sistemandosi velocemente la felpa e le coperte intorno a lei. “Certo, entra pure, la porta è sbloccata”.
“Sono venuto con dei doni!”, fece capolino il viso sorridente di Theo.
“Ma Theo, non dovresti essere alla festa?”.
“Sono rimasto abbastanza per i miei gusti, e ho pensato che siccome la grande ragazza d’oro non poteva venire alla festa, allora era giusto che la festa venisse da lei!”.
Si sedette su un angolo del suo letto, porgendole un piccolo vassoio che conteneva ogni ben di Merlino.
“Questi sono i migliori dolcetti che ho trovato, quello alla zucca è veramente delizioso, ne ho già mangiato uno, lo ammetto. Possiamo dividerci quelli che restano”.
“Theo…” rispose Hermione, commossa. “Non dovevi… Rischi di prendere un bel raffreddore anche tu così.”
“Sciocchezze! Ne varrebbe comunque la pena. Non sarei un buon amico se ti lasciassi qui da sola senza neanche un pasticcino!”, le sorrise in cambio.
Mentre Theo ne afferrava un altro che sembrava essere ripieno di morbido caramello, aggiunse: “E poi ti ho portato un libro, l’ho lasciato sul tavolino all’ingresso, quando starai meglio se vuoi potresti dargli un’occhiata”.
“Che libro?” Gli occhi di Hermione brillavano.
“È una sorpresa! Sono andato a prenderlo direttamente nella mia biblioteca, e tranquilla. Ho controllato che non ci fossero maledizioni sopra”, le disse con una risata.
Hermione lo guardò con un sorriso dolce. “Grazie per tutto”.
“Non ringraziarmi piccola Grifondoro. Meriteresti il mondo e non sarebbe ancora abbastanza”.
I due ragazzi passarono il resto della serata a scherzare e a mangiare gli ottimi pasticcini fatti dagli elfi e a bere varie tazze di tè fino a quando Theo, vedendo che Hermione era molto stanca e ancora influenzata, non se ne andò, augurandole una buonanotte.
E quella notte Hermione si addormentò con il sorriso.
 
La mattina successiva, sentendosi già piuttosto bene, Hermione decise che avrebbe approfittato della bella giornata di sole per fare una passeggiata e leggere il libro che le aveva dato in prestito Theo. Leggermente perplessa dal tipo di lettura che non aspettava, lo sollevò dal tavolino.
“Demoni e Incubi, fra storia e leggenda”, recitava il titolo di un pesante libro dall’aspetto antico, e sotto c’era scritto “Una guida completa per resistere al fascino e al mistero”.
Accanto al libro c’era poi una breve nota con sopra una piccola fiala dal colore poco attraente.

Ti auguro una piacevole lettura e una pronta guarigione. Riguardo questo ultimo punto ti consiglio però ti bere la fiala di pozione che, ammetto, può sembrare davvero poco invitante ma ti assicuro che può essere miracolosa.
Fidati di un abile pozionista.

Con amore, Theo


Con amore.
Il cuore di Hermione perse un battito, ma si riscosse subito, pensando che fosse semplicemente un modo amichevole di terminare le note…
Per quanto riguarda l’abilità come pozionista, la ragazza ricordava bene quanto Theo fosse dotato in pozioni avanzate, anche se aveva sempre preferito tenere i suoi successi per sé.
Il libro era curioso ed Hermione si chiedeva perché Theo avesse voluto prestarle quel particolare tomo senza nessuna spiegazione; in ogni caso la curiosità ebbe la meglio su di lei e decise che lo avrebbe iniziato al più presto, ma prima decise di bere la fiala che le aveva lasciato.
Il sapore era decisamente peggiore dell’aspetto.

Sentendosi ancora meglio di come si era svegliata, dopo aver preso un cappello di lana e una grande sciarpa calda si diresse verso l’uscita.
I giardini erano stranamente calmi, probabilmente gran parte degli studenti e dei professori aveva preferito riposarsi qualche ora in più dopo la festa del giorno prima, che da quello che le aveva raccontato Theo era stata di gran lunga movimentata.
Mentre ripensava, ridacchiando, alla storia di Hagrid che invitava Madame Maxime a ballare con un goffo inchino, Hermione si accorse di essere arrivata nei pressi del lago nero e decise di iniziare a leggere sotto un grande albero.

Gli Incubi, una categoria minore dei Demoni, sono figure diaboliche spesso associate al Sonno.
Identificati anche come Fauni dalla mitologia romana, sono conosciuti con terminologie differenti nelle varie culture e similmente ai vampiri, sono noti per sottrarre energia dalle vittime predisposte prima di, eventualmente, ucciderle.
Spesso descritti con un aspetto mascolino estremamente affascinante ed etereo, simili alle Veela (cfr. pag XXIV), sono in grado di influenzare uomini e più spesso donne creando loro una sensazione di interesse, prima, e sopraffazione, dopo, attraverso una sottile arte seduttiva che negli Incubi puri può equivalere agli effetti di una maledizione Imperius.
Si dice che i bambini nati dalla relazione con un Incubo siano dotati di incredibili poteri e di alcune qualità tipiche delle suddette creature.
I mezzi-Incubi, o eredi con percentuale minore, sono in grado di esercitare una compulsione meno forte che può variare in base al desiderio della mezza-creatura o della vittima designata.


Hermione distolse lo sguardo dal libro, provando una sensazione di disagio. Qualcosa nella profondità della sua mente cercava di comunicarle un’informazione che però non riusciva a codificare, qualcosa che avrebbe assolutamente dovuto ricordare, le disse un senso di urgenza, ma che non riusciva ancora a comprendere.
Continuò a sfogliare le pagine rapita sempre di più da quella nuova conoscenza e guidata da una crescente sensazione di panico.
Influenzare.
Compulsione.
Desiderio
.
 
Aveva bisogno di trovare Nott.








Sono tornata e dopo tanti mesi ho deciso di riprendere e finire questa storia! Spero che questo capitolo, seppur breve, vi sia piaciuto.
Buon weekend **

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Capitolo 9
*** La verità davanti agli occhi ***


Allert: nella prima metà del capitolo ci sarà una breve descrizione di un attacco di ansia, per i più sensibili potete saltarla :)
Buona lettura!





Theodore si svegliò cullato dal calore dei raggi del sole che filtravano attraverso la finestra, ripensando alla piccola parte della serata che aveva trascorso con Hermione.
Certamente la cena non era stata così interessante per uno che neanche da studente aveva amato particolarmente le feste, ma per educazione aveva dovuto partecipare e tutto sommato la compagnia si era rivelata piacevole.
Erano stati invitati vari ospiti esterni e gran parte degli studenti si era divertita ad assaggiare ogni prelibatezza preparata dagli elfi e a ballare fino a tarda notte.
La compagnia di Hermione però gli era mancata e aveva deciso di passare a farle compagnia, così, dopo aver selezionato qualche pasticcino fra quelli che mostravano un aspetto più invitante, era uscito dalla festa, dove aveva trovato la ragazza raffreddata e immersa in una enorme felpa del Quidditch che probabilmente era appartenuta a uno dei suoi amici Grifondoro (e che la faceva sembrare ancora più piccola del solito).
Con la testa fra le nuvole, quasi non si accorse che proprio l’oggetto dei suoi pensieri, in quel momento, stava bussando insistentemente alla sua porta.
“Theo, ho bisogno di parlarti!”.
Hermione entrò all’istante, sbattendogli quasi contro l’antico volume che le aveva lasciato. “Cosa significa questo libro? Potresti spiegarti?”
Lo guardò con uno sguardo irrequieto.
Theodore si rese conto, deglutendo, che doveva aver già letto parte del libro che le aveva lasciato, ed era giustamente arrivata alla conclusione corretta.
“Credo che tu l’abbia già capito…”.
“Perché non me l’hai detto prima?”, sussurrò.
“Mi avresti creduto?” Chiese, angosciato.
Hermione si limitò a guardarlo, senza rispondergli.
“Neville pensava che-”
“Neville lo sapeva?!” Lo interruppe bruscamente, sempre più agitata. “Soltanto io ero all’oscuro di quello che stava succedendo, me l’avreste mai detto? Come ho potuto essere così stupida!”
Sentiva di essere stata volutamente inconsapevole, avendo ignorato la piccola voce dentro di sé che in realtà aveva continuato a ripeterle, fin dal principio, che qualcosa era sbagliato.
Non riusciva a credere di aver travisato la realtà in maniera così eclatante.
Theo la prese fermamente per le spalle, stringendola poi in un abbraccio, mentre guardava le lacrime accumularsi nei suoi occhi. “Nessuno lo sapeva. Soltanto io, e Neville ne è stato messo al corrente solo perché quando ti ho chiesto cosa avessi fatto la sera prima ero stato così sconvolto da precipitarmi da lui…”.
Theo aggiunse, abbassando il tono della voce, “non te l’ho detto perché non ti saresti fidata di me senza alcuna prova”.
Ed Hermione si rese conto che aveva ragione, probabilmente non l’avrebbe fatto, e ora si sentiva ancora più sciocca.
Ma immediatamente dopo si rese conto di un’altra cosa.
Quando ti ho chiesto cosa avessi fatto la sera prima.
“Theo. Perché mi hai domandato cosa avessi fatto quella sera?” Disse, esitando, Hermione, mentre temeva già quale sarebbe stata la risposta. Lui la guardò riluttante, prima di risponderle.
 “Perché sei andata da lui Hermione, l’hai seguito nella sua stanza”.

Hermione diventò molto pallida, sentendosi come se improvvisamente l’avessero gettata in una vasca piena di ghiaccio.
“Hermione, guardarmi”.
La ragazza si accorse a malapena di trovarsi seduta su un divano mentre la sua testa continuava a vorticare e la voce di Theo era sempre più lontana.
“Hermione…”.
Un senso di soffocamento sembrava sopraffarla, lo sguardo era appannato, i suoni circostanti offuscati.
“Hermione, guardami e fai un bel respiro profondo, insieme a me. Sono qui con te. Prova a seguire il mio respiro, lentamente”.
Theodore, accortosi del repentino cambiamento dell’espressione della ragazza, si era affrettato ad adagiarla su un divano e aveva continuato a tenerle le mani e a cullarla con parole dolci, non lasciando il suo fianco, fino a quando non si assicurò che il respiro le fosse tornato ad una frequenza regolare e che avesse riacquistato un po’ di colore sul viso e fino a quando Hermione, sopraffatta ed esausta, non cadde in un sonno profondo.
Dopo averla coperta con un piccolo plaid, Theo, pensò che fosse meglio lasciarla riposare, dispiaciuto per come fosse stata gestita tutta quella situazione.

 
***


 
 
Hermione cominciò ad aprire gli occhi e a guardarsi confusamente intorno, rendendosi conto che non si trovava nella sua stanza, fino a quando non si soffermò sul ragazzo che in quel momento stava leggendo un libro su una poltrona accanto a lei, e le tornò in mente tutta la precedente conversazione.
Si sentiva estremamente imbarazzata per aver reagito in quel modo e per essere stata vista in un momento così vulnerabile da qualcuno che non fosse Ron o Harry.
Accortosi che si era svegliata, Theodore le sorrise.
“Come ti senti?”
“Come se fossi stata investita dall’Hogwarts Express”, cercò di sdrammatizzare Hermione, ancora a disagio. “Senti, Theodore… Vorrei scusarmi per come ho reagito, non so come io abbia potuto perdere il controllo in questo modo”.
Theo poggiò il libro sul tavolino di fronte a lui e le prese di nuovo le mani, dolcemente, per tranquillizzarla.
“È normale sentirsi sopraffatti. Probabilmente tutti noi avremmo dovuto gestire diversamente la situazione”. Sospirò.
“Forse avrei davvero dovuto dirtelo direttamente…”.
“Dobbiamo capire cosa fare”.
Hermione aveva indossato nuovamente lo sguardo determinato e combattivo che l’aveva accompagnata da studentessa, e quando Theo se ne accorse si sentì sollevato, e dando una piccola stretta alle sue mani, prima di lasciarle andare, le rispose. “Lo capiremo presto, insieme”.

Nel pomeriggio Hermione aveva deciso di rilassarsi chiudendosi nella sua camera con un romanzo babbano, le candele profumate che le aveva mandato Luna per il suo compleanno e dei biscotti recuperati dalle cucine.
L’esigenza di schiarire la mente da tutte quelle nuove informazioni e riprendere pienamente il controllo di sé l’avevano spinta a dedicare una serata esclusivamente a sé stessa, nella sicurezza del suo letto a baldacchino.
Avrebbe affrontato l’ennesimo problema come al solito, a mente fredda, e avrebbe trovato una soluzione anche questa volta.
Ora non le restava che concentrarsi sul lavoro e aspettare l’occasione in cui avrebbero potuto parlare con Neville senza rischiare di essere interrotti.
Per un motivo o per un altro però non riuscirono a confrontarsi tutti insieme, nonostante fossero passati più di dieci giorni, ed Hermione decise che nel frattempo avrebbe informato Ginny, con la quale si sarebbe vista quel pomeriggio.
Huxley nel frattempo aveva cercato di coinvolgerla in diverse occasioni, Hermione era stata attenta a inventare innumerevoli scuse pur di evitarlo in quei pochi momenti in cui avrebbero potuto ritrovarsi da soli.

Seduta in un comodo divanetto di velluto nel negozio di Madame McClan, guardando la sua amica, raggiante, nell’abito che avrebbe indossato da lì a pochi mesi, per un momento immaginò che tutto andasse bene e che gli ultimi giorni non erano stati altro che un terribile incubo, ma lo sguardo che le diede Ginny poco dopo, mentre aspettavano un caffè, non lasciò dubbi.
“Tesoro, che cosa c’è che non va? È quel tuo collega? Mi sento estremamente in colpa per come sia andata la serata al Lumaclub, non mi sarei mai aspettata che Nott avrebbe reagito così, di solito è piuttosto socievole”.
“Ginny non c’entri niente tu, davvero! Però spostiamoci in un caffè più appartato perché ho delle novità su Huxley che non sono affatto piacevoli”. Esitò, avviandosi verso la Londra babbana.
Ginny la guardò con i suoi grandi occhi azzurri, “è qualcosa di pericoloso?”
Hermione, sospirando, rispose di non saperlo, e cominciò ad aggiornarla su tutto ciò che aveva scoperto sul professore.
Ginny spalancò gli occhi, impallidendo lentamente al pensiero di averla spinta verso di lui, ma Hermione, resasi conto del luogo in cui stava indirizzando i pensieri l’amica la bloccò dicendole che nessuno poteva sospettarlo.
“Non lo sapeva nessuno. Nessuno a parte Nott, e Neville, che hanno deciso di tenermi all’oscuro finché non ci fossi arrivata da sola”.
Ginny la guardò un po’ scettica, conoscendola bene. “E tu gli avresti creduto se di punto in bianco ti avesse detto una cosa del genere?”
“È curioso! È la stessa domanda che mi ha posto Theo, e probabilmente no, non l’avrei fatto. Certo non abbia aiutato il fatto che fosse determinato ad ignorarmi totalmente…”.
“C’è qualcos’altro che non mi stai dicendo, Herm”.
Hermione cercò di non rabbrividire a questa ultima confessione.
“Mi sono sempre vantata del mio buon senso, Ginny, ma questa volta ho sbagliato.
A quanto pare la sera che ci siamo viste ai Tre manici di scopa, tornando al castello, Huxley mi avrebbe invitato nella sua stanza a prendere un tè o qualunque cosa, ma io non ricordo assolutamente nulla di quella serata, neanche di essere stata da lui”.
A questo punto Ginny era bianca come un fantasma.
“Dovete avvertire immediatamente la McGranitt!”
“Per quanto si fidi di noi, non credo che senza alcuna prova darebbe ascolto ai nostri dubbi”.
“Cosa avete intenzione di fare, quindi?”
Hermione guardò davanti a sé, pensierosa. “Non lo so, dobbiamo ancora capire come procedere.
Ma intanto pensiamo a qualcosa di più piacevole, abbiamo ancora tutto il pomeriggio per noi!”
Ginny era ancora un po’ diffidente ma provò a cambiare argomento.
“Come sta andando il progetto di studi babbani?”
Hermione sorrise soddisfatta. “Molto bene, devo dire! Il Magi-cinema è piaciuto così tanto che è diventato un appuntamento fisso del giovedì sera e Minerva, inoltre, ha deciso di organizzare una piccola gita a Londra… La Londra babbana, intendo. Non vedo l’ora di accompagnarli!”
“Un’intera giornata?”
“In realtà le abbiamo proposto di fermarci un giorno e una notte, credo che sia ancora più emozionante farli interagire con elettrodomestici babbani e stanze d’albergo senza magia”.
Ginny indossò il suo migliore sguardo malizioso.
“E immagino che tu e il caro Theodore abbiate preso una stanza insieme, per confrontarvi meglio sul progetto, discutere di storia della magia e raccontarvi deliziosi aneddoti di aritmanzia, o…”
“Ginny, smettila!” Rispose Hermione, lanciandole l’ultimo pezzo di focaccina rimasta, mentre entrambe scoppiavano a ridere.
Rientrando ad Hogwarts Hermione sentì che l’aria leggera e spensierata che c’era stata con Ginny pian piano si stava dissipando.
Il vento del pomeriggio si era improvvisamente placato e il cielo sembrava carico di neve, donando al paesaggio circostante una calma quasi innaturale.
Hermione si strinse la sciarpa intorno a sé, quasi per proteggersi, avendo come la strana sensazione di essere osservata e si guardò intorno, tenendo la bacchetta a portata di mano, ma poiché non c’era nessuno si convinse che fosse soltanto la suggestione dovuta agli eventi degli ultimi giorni. Risoluta, scomparve fra le mura del castello.



Da un’imperiosa finestra che si affacciava sul platano picchiatore, il professor Huxley pensava
 a quanto fosse stato patetico Theodore Nott il giorno in cui aveva avuto l’audacia di affrontarlo direttamente e intanto, ruotando fra le dita un calice di vino scuro, guardava Hermione rientrare nel castello.

Aveva appena concluso la lezione di difesa contro le arti oscure e si preparava per andare via quando, alzando lo sguardo, non vide nientemeno che Theodore Nott all’ingresso della sua aula, sembrando scosso, o preoccupato, o entrambe le cose. In ogni caso, pensò che non gliene sarebbe importato di meno. Decise quindi di salutarlo con il suo sorriso più beffardo.
“Non sei un po’ troppo vecchio per partecipare alla lezione, giovane Nott?”
Ma il volto del ragazzo, solitamente imperturbabile, sembrava improvvisamente ribollire di rabbia a malapena nascosta.
“Hermione non ricorda nulla di ciò che ha fatto ieri sera”.
“E come mai questo dovrebbe riguardarmi?” Rispose con uno sguardo provocatorio.
“Sai benissimo il perché. L’ho vista mentre entrava nel tuo appartamento con i miei occhi. Ora, il punto è che lei non sa di averlo mai fatto.”
“Geloso, Nott?”
“Ti avevo detto di lasciarla in pace. Che cosa le hai fatto?”
“Niente che non volesse”. Ammiccò meschinamente Huxley. “Forse qualcosa che avresti voluto fare tu. Devo dire che quando è coinvolta in un argomento di suo particolare interesse può essere una ragazza piuttosto passionale…”
Il ragazzo avvampò di indignazione mentre cercava di perlustrare la mente di Huxley, approfittando della sua distrazione, ma con scarso successo.
Il professore cambiò subito espressione. “Non provarci mai più”. Rispose con una voce gelida. “Non ci riusciresti comunque e potresti non trovarmi in uno stato d’animo allegro come sono oggi.
In ogni caso”, continuò con un’espressione derisoria, “posso informarti che le ho semplicemente offerto un calice di vino e ho cercato alcune informazioni che mi servivano, certo, con i miei mezzi, e potrei anche affermare che il mio particolare fascino l’abbia aiutata, diciamo, a sciogliersi un po’… Ma poi l’ho mandata via, preferisco conquistarla quando è presente un pubblico più reattivo”, osservò con scherno, “…Come dire, più coinvolto. Perciò l’ho obliviata e l’ho mandata via. Illesa e felice”.
La mano di Theo tremava come se avesse voluto colpirlo ma si costrinse ad assumere un atteggiamento indifferente e distaccato.
“La Signorina Granger è soltanto una mia collega, e come tale-”
“Non sei il suo tutore infatti” concluse sottovoce, beffardamente, mentre lo superava per uscire. “È estremamente soddisfacente, però, vedere i tuoi occhi da cucciolo malato d’amore, totalmente ignorati dall’oggetto del tuo desiderio…”.
E con un’ultima risata scomparve fra i corridoi dei sotterranei.


L’inaspettato intervento di Nott era stata la scintilla che aveva reso ancora più interessante la sua missione. Fin dalla risalita di Voldemort, Theodore Nott era stato un ragazzo chiuso e imbarazzante, estremamente lontano dagli ideali dei purosangue, causando non pochi problemi a suo padre, ma a quanto pare sembrava aver acquisito una certa dose di coraggio, un coraggio che non l’avrebbe portato da nessuna parte, ma che certamente stava rendendo le cose molto più stuzzicanti.
Hermione, disse a bassa voce, assaporando il suono che usciva dalle sue labbra.
Che piacevole sfida sei diventata.
Presto, mia cara Hermione, presto ci divertiremo.


 

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Capitolo 10
*** Piano d'azione ***


Allora, ricapitolando, Hermione ha scoperto che Huxley non è quello che sembra e ha cercato di evitarlo grazie anche all'aiuto di Theo che, attraverso un antico libro, ha fatto sì che la nostra Grifondoro potesse risolvere l'enigma prima. 
Accompagnando Ginny a provare l'abito per il suo matrimonio, le confessa tutti i loro sospetti e l'amica le intima di stare attenta. 
Da questo momento in poi Hermione sarà mooolto più consapevole, ma sarà abbastanza?

Vi lascio con questo nuovo capitolo che è un po' un capitolo di passaggio.
Ovviamente se vi va lasciate una recensione, mi fa molto piacere! :) 
Buona lettura e buon weekend a tutti*

 


 
*********°*°*°*********




“ …E quindi questo particolare mezzo di trasporto permette ai babbani di viaggiare anche all’estero, in maniera sicura e veloce e senza l’utilizzo di alcuna passaporta”.
“Ma non hanno paura che l’aeropiano possa precipitare?”
Aeroplano, signor Incant”, rispose Nott. “E no, alcune persone hanno paura dell’altezza, ma la maggior parte di loro sa che è un mezzo estremamente sicuro”.
“Come una scopa ma molto più grande!”.
Hermione lo guardò scetticamente, prima di rispondere. “Beh, possiamo affermare senza dubbio che un aeroplano sia molto più sicuro di una scopa, e non utilizza la magia”.
Theo sorrise ricordando l’avversione di Hermione per le scope.
“Ma Signorina Granger, non riesco a capire come funziona. Come fa l’aereo a restare sollevato?”
Hermione sembrò arrossire leggermente, accorgendosi di non avere tutte le risposte a questa domanda e in modo onesto disse di non saperlo con precisione. “Non conosco pienamente tutte le leggi dell’aerodinamica e della fisica, o meglio, non potrei discutere molto dei dettagli; è molto affascinante, senza dubbio, ma non lo so. Posso dirvi che è come il volo degli uccelli, tutto dipende dalla velocità e dalla configurazione dell’ala, e fin dal momento del decollo entra in gioco una forza chiamata Portanza, che sfrutta la velocità per mantenersi in aria, ma non posso dirvi di più, mi dispiace”.
Theodore a quel punto intervenne, distraendo gli studenti con un’altra domanda.
“Allora, quali altri mezzi di trasporto pubblico riuscite a ricordare?”
Una ragazza alzò timidamente la mano. “Prego, signorina Prang”.
“Beh, il treno, ma questo lo abbiamo anche noi… E la metropolitana!”
“Ottimo!” Rispose Hermione con un grande sorriso. “Ed è proprio qui che io e il signor Nott abbiamo un piccolo annuncio da fare… Abbiamo selezionato dieci di voi, studenti e studentesse che hanno mostrato un impegno e un interesse maggiori, per una piccola gita nella Londra babbana nei primi giorni di Dicembre”.
Mormorii di entusiasmo si alzarono fra gli studenti, chiedendosi chi di loro sarebbe riuscito a partecipare.
“E c’è un’altra novità”, aggiunse Nott. “Sebbene avessimo previsto di organizzare il tutto nell’arco di una giornata, abbiamo deciso invece di darvi la possibilità di trascorrere anche una notte fuori dal castello… Ora non vi resta che aspettare i risultati e controllare chi sarà il fortunato!”, concluse, soddisfatto, e congedò la classe.
Hermione guardò Theo con un sorriso. “Ci vediamo dopo, da Neville?”
“Certo, possiamo anche andare insieme direttamente dopo cena”, le rispose dolcemente.
Hermione si mordicchiò leggermente il labbro. “Va bene… Allora a dopo”.

Theo si prese del tempo per organizzare degli appunti che aveva preso riguardo la lezione, prima di avviarsi fuori dall’aula. Era una bella giornata di novembre, una delle poche giornate di sole che avevano avuto fino a quel momento, e decise che sarebbe stato bello fare un giro nei giardini, o andare a trovare Hagrid, magari.
Soltanto in pochi sapevano della predilezione di Theodore verso il mezzo-gigante che in realtà era stato per lui una sorta di figura paterna sostitutiva, da quando l’aveva trovato nella radura dei Thestral, seduto su un masso, a fissare le strane creature con un’aria malinconica e sperduta.
Mentre camminava attraverso i corridoi del castello, però, iniziò a sentire delle voci di alcuni studenti che sembravano essere nel mezzo di una discussione molto animata.
 
“La esaltano tanto come eroina di guerra ma non è diventata altro che la puttana di un mangiamorte”.
“Come ti permetti! Ha salvato tutti noi insieme ad Harry Potter e Ron Weasley, e solo perché sei accecato dall’odio non ti permetto di parlarle così!”
“Sei davvero stupida se pensi che sia un esempio da seguire, soltanto perché faceva parte della tua stessa Casa…”
“E tu sei infinite volte più stupido se pensi che lei possa andare dietro a chi l’ha sempre criticata e insultata!”
“Forse le piace essere seguita da quella feccia di un mangiamorte allora!”
“Non è più mangiamorte di te, che dopo anni continui ancora con questi preconcetti idioti! L’abbiamo letto tutti che non aveva nulla a che fare con suo padre”.
“Abbiamo letto quello che volevano che leggessimo, niente più, niente meno…-”

 
Theodore Nott era inorridito. Questi erano i momenti in cui non sapeva esattamente perché avesse accettato questo incarico a Hogwarts.
Beh, non era proprio vero.
Amava il castello, per lui era diventata una vera e propria casa, lì dove il suo maniero era diventato più simile a un mausoleo.
Quello che però non sopportava erano le persone, e soprattutto quelle cariche di pregiudizi.
Cercando di assumere un’aria più calma possibile, si avviò ad interrompere la discussione maleducata.
“30 punti da Corvonero!”.
Tutti lo fissarono, scambiandosi occhiate e poi sussurri in risposta e i due studenti si immobilizzarono, prima che il più giovane si girasse verso di lui, con uno sguardo provocatorio.
“Non ci può togliere dei punti, Signor Nott”, disse con arroganza, “lei non è un professore”.
“E invece posso e come. E se fossi in te filerei dritto in dormitorio”, rispose con voce ferma.
Lo studente gli rivolse un’espressione disgustata, e non si mosse.
Theo lo guardò indietro, con lo sguardo che non vacillava.
Adesso, Macmillan”.
Esitando ancora qualche istante, il giovane Corvonero gli diede un’ultima occhiata ostile prima di girarsi e andare via come gli era stato intimato.

Theo, con la giornata ormai rovinata, decise di evitare del tutto i giardini e andare direttamente nella sua stanza.
 
 
Hermione si stava avviando felice verso la superficie del lago nero, pensando di sfruttare quelle rare ore di sole per rilassarsi all’aria aperta e pianificare la gita che stavano organizzando.
Con la testa fra le nuvole, distratta da vari pensieri (e dagli occhi di Theo, se proprio doveva ammetterlo) non si accorse che, proprio sotto il suo solito albero preferito, c’era già una figura seduta.
E non se ne accorse fino a che non era troppo tardi per andare via.
“Hermione, quanto tempo”.
“Signor Huxley”.
“Signor Huxley? Come mai tutta questa formalità, adesso, cara collega? Pensavo avessimo stabilito di utilizzare i nostri nomi…Vieni, siediti pure”.
“Bene… ehm, Edwin… Certamente”, rispose con riluttanza.
Huxley continuava a guardarla con una strana espressione, il volto leggermente piegato da un lato, come se fosse stata un divertente enigma da risolvere.
“È da un po’ che ho come l’impressione che tu mi stia evitando… Non vorrei essere invadente, ma ti ho messo a disagio in qualche modo?”
“No, certo che no, è solo che… Forse dovrei andare”.
Huxley le mise una mano fermamente sul ginocchio e la guardò negli occhi.
“Non ancora”. Sussurrò, mielosamente. Gli occhi della ragazza si fecero leggermente vacui, ma questa volta Hermione riuscì a riconoscere il tentativo di compulsione, e per istinto decise di fargli credere che avesse nuovamente funzionato; annuì alle parole del mago, rimanendo seduta di fronte al lago.
“Meraviglioso”. Si fermò un attimo, come se stesse pensando a qualcosa di estremamente divertente.
“Questa sera vorrei accompagnarti a cena, passo a prenderti alle sette?”.
Hermione pensò, non con poca esitazione, che forse avrebbe potuto cogliere l’occasione giusta per capire qualcosa in più di questa storia e forzando un sorriso accettò l’invito, trattenendosi per quasi un’ora a discutere con lui e continuando ad essere sorpresa dalla piacevole conversazione fino a quando, andando via, non si ricordò dell’esatto motivo per cui fino a quella mattina non avrebbe voluto avere niente a che fare con lui.
Andando via Huxley, guardandola intensamente, si avvicinò per darle un bacio sulla guancia.
“Che il gioco abbia inizio” le sussurrò all'orecchio quasi impercettibilmente, prima di alzarsi e scomparire fra le mura del Castello.
 



 
***
 




“Mamma, mamma! Posso avere una cioccolata calda?”
“Certo amore, vai a sederti di là con zio Theo e papà, te la porto subito”.
Hannah, cogliendo al volo l’occasione, chiamò Hermione con una scusa, e non appena erano fuori dalla portata d’orecchio le chiese cosa ci facesse questa mattina con Huxley al lago nero.
“Ti ho visto questa mattina al lago con quel professore, Hermione, e il fatto che ti abbia accompagnato anche a cena mi preoccupa. Tutto bene?”
“Oh… Certo. Ora ho il vantaggio di sapere cosa può fare e non mi sono lasciata cogliere impreparata. Volevo utilizzare questi momenti per scoprire qualcosa in più ma non è servito a nulla… E sono preoccupata, Hannah, sta succedendo qualcosa, posso sentirlo nell’aria”.


Theo tamburellava con le dita sul tavolo, osservando il suo calice di vino con uno sguardo pensieroso.
“Dobbiamo escogitare un piano. Ricordiamoci che è molto intelligente, oltre ad essere un mago estremamente dotato.
Innanzitutto c’è un aspetto che dovremmo capire: l’insegnamento è una copertura o è una semplice coincidenza? E poi”, continuò, guardando direttamente Hermione, “Cosa vuole da te?”.
Hermione si mordeva nervosamente le dita, ripensando a quella stessa mattinata.  “Cosa avete intenzione di fare, quindi?”
“Io credo che dovremmo sfruttare la sua ignoranza riguardo la situazione”, esclamò Neville. “Lui non sa che tu sai cos’è, e potremmo giocare questa carta a nostro vantaggio”.
Theo si bloccò improvvisamente, deglutendo. “Hai intenzione di usare Hermione come pedina di gioco?!” 
“Ho intenzione di giocare d’astuzia. E spingerlo a fare un passo falso”.
“Il rischio è troppo grande, Neville, da quando li ho interrotti sembra essere ossessionato da lei, per qualche strano motivo, e non voglio sapere cosa sarebbe in grado di fare”.
Hermione li interruppe, spazientita.
“Non sono mai stata una principessa smarrita che si nasconde dentro una torre, posso combattere. Posso far parte di qualsiasi piano stiate per fare, ma ho bisogno che vi fidiate di me. Theo, ho bisogno che tu ti fidi di me”.
Theo non riusciva a nascondere il suo sguardo angosciato al pensiero di esporre Hermione al pericolo dell’ignoto.
“Huxley proviene da un’antica famiglia di purosangue anche se nel suo corpo c’è, da parte della famiglia materna, sangue di Incubo; di conseguenza, ha ottenuto particolari abilità legate a questo Essere. Inoltre, non dimentichiamo che sebbene non sia mai stato un mangiamorte, non ha mai avuto problemi a interagire con loro. E anche se temo che Hermione sia il bersaglio di un piano molto più grande, il fatto che lei sia stata, in parte, in grado di resistere al suo fascino, l’ha resa una sfida dalla quale non può tirarsi indietro. È la sua natura e farà di tutto per ottenere ciò che vuole”, disse con una smorfia. “È necessario, quindi, tenere a mente che Huxley è un uomo pericoloso”.
Si voltò poi verso la ragazza, determinato. “La cosa importante è che tu non sia mai veramente sola con lui. Neville o io dobbiamo essere relativamente vicini per, eventualmente, intervenire in tempo; questo non posso assolutamente negoziarlo”.
“Senti, Theo, posso cavarmela da sola, e l’ho dimostrato in più occasioni” gli rispose bruscamente.
“Hermione”, le rispose, addolcendo lo sguardo. “Non sto assolutamente mettendo in dubbio le tue capacità di combattimento, ma mi sentirei più tranquillo se evitassimo di gettarti a capofitto direttamente nel pericolo”.
Neville ridacchiò, ricordando gli anni in cui Harry, Ron ed Hermione si erano messi volutamente in pericolo.
Theo lo guardò un po’ perplesso, pensando probabilmente la stessa cosa.
“Sto semplicemente sottolineando quanto Huxley sia subdolo; non possiamo dare nulla per scontato”. Si fermò un attimo. “Non ti sto sottovalutando, Hermione. Vorrei soltanto che voi non sottovalutiate lui”.
“Bene. Come proponi di procedere, quindi?” Rispose Neville, con uno sguardo combattivo.
“Innanzitutto ricordiamoci che lui sa bene che io conosco il suo segreto, ma sa anche con al momento non sono in una situazione di vantaggio, per cui cercherò semplicemente di ignorarlo e di non reagire alle sue provocazioni e apparentemente farò marcia indietro con Hermione, così da dargli un falso senso di sicurezza”. Hermione arrossì per ciò che Theo stava lasciando intendere, ma cercò di essere risoluta.
“Vuol dire che mi ignorerai? D’altronde non ti è stato difficile farlo fino ad ora”.
Theo rimase colpito dalla freddezza con cui Hermione aveva pronunciato questa frase, pensando che sebbene nei primi tempi, sì, fosse stato distaccato, la realtà era che Hermione rappresentava per lui un grande mistero dal quale inevitabilmente si sentiva attratto e temeva che se si fosse avvicinato troppo sarebbe rimasto decisamente scottato.
Neville, accorgendosi del cambiamento nell’aria fra i due amici, si affrettò ad esprimere il suo parere.
“Io non credo che tu debba ignorare Hermione, anzi. Io credo che dobbiamo comportarci esattamente allo stesso modo di prima. D’altronde siamo andati a scuola insieme, è normale che gli altri vedano in noi un rapporto più stretto rispetto ad altri colleghi”.
Hannah a quel punto, sedendosi accanto a loro, intervenne nella conversazione esponendo un punto di vista che ancora non avevano considerato, ovvero quello che se realmente Huxley pensava che Theo (conoscendo il suo segreto) avrebbe difeso Hermione, allora questa sorta di competizione avrebbe potuto renderlo ancora più ossessivo e disperato, dando a loro una maggiore possibilità che facesse un passo falso.
D’altronde, pur essendo maghi molto abili, in uno scontro uno ad uno difficilmente avrebbero avuto vantaggio contro un esperto delle arti oscure.
“La cosa importante è capire il suo piano e soprattutto se è collegato ai recenti attacchi dei puristi di sangue a scapito delle famiglie pseudo-babbane”, concluse Hannah.
Neville si rese conto che sua moglie probabilmente aveva ragione, ma in questo momento erano ancora soli e avrebbero dovuto giocare d’astuzia.
Sentì una mano toccarlo su una spalla. “Tesoro, dobbiamo mettere Aaron a letto e prepararci per domani, vuoi accompagnarmi un attimo?”
“Ma certo amore mio, scusateci soltanto un momento”.
Theodore ed Hermione annuirono silenziosamente.
“Hannah e il piccolo Aar andranno via domani mattina, poi Hannah tornerà soltanto per passare la vigilia di Natale insieme a noi e partiranno il giorno dopo per le vacanze”, le spiegò Theo.
Hermione guardava fuori dalla finestra, pensierosa. “Perché non eri a cena, oggi? Sei stato di pessimo umore per tutta la serata”.
“Sono solo preoccupato”, rispose Theo, ripensando però ai commenti che aveva ascoltato su di loro quella mattina. Stavano attirando troppo l’attenzione, non avrebbe voluto ripetere il polverone di inizio anno. “Dobbiamo procedere con cautela, ancora non sono sicuro che stiamo facendo la cosa giusta a non dirlo alla McGranitt...".
“Sono preoccupata anche io, tutti questi attacchi in città mi ricordano l’ultima volta che è scoppiata una guerra. Ho paura per i miei genitori, che non si possono difendere. Ho scritto ad Harry riguardo ciò che abbiamo scoperto, ma mi ha risposto che sta succedendo qualcosa di strano anche nel Dipartimento Auror; non è sicuro di potersi fidare proprio di tutti, e per ora sta indagando per sé”.
Theo sospirò. “Se hai bisogno di aiuto, per qualunque cosa, sai che puoi contare su di me, vero?”
Hermione sorrise delicatamente, rispondendogli che lo sapeva.
 

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Capitolo 11
*** Petrichor ***


Guardando fuori dal finestrino dell’Hogwarts Express, Hermione osservava il soffice manto bianco del paesaggio circostante sfrecciare via alla velocità del treno, creando dei rapidi giochi di luce. Anche il cielo rifletteva il colore morbido della neve.
Nell’aria si riusciva a percepire il profumo dei tipici dolcetti invernali e natalizi che gli elfi avevano preparato per gli studenti.
Erano quasi arrivati ormai. Fra una manciata di minuti sarebbero giunti a King’s Cross e avrebbero attraversato la barriera del binario Nove e tre quarti, pronti per iniziare la gita nel mondo babbano.
Hermione e Theodore avevano ricordato agli studenti, seppur maggiorenni, di non utilizzare magia a meno che non fossero assolutamente certi di essere soli, quindi soltanto nelle camere d’albergo, ad eccezione, ovviamente, che non ci fosse una questione di vita o di morte, ma questo non andava neanche specificato.
L’albergo che aveva proposto Hermione alla Preside era in realtà una sorta di Ostello moderno e accogliente che avrebbe offerto ai ragazzi un’ulteriore possibilità di socializzazione e confronto con altri studenti non magici poiché ogni sera venivano organizzati vari tornei di giochi accompagnati da bevande calde e pasticcini.
Vedendo che il treno stava rallentando decisamente Hermione, avvicinandosi a Theodore, lo scosse leggermente sulla spalla.
“Theo, siamo arrivati”.
“Cosa?” Theo stropicciò gli occhi, colpito dalla luce bianca della neve, fino a che non li spalancò e si raddrizzò velocemente, arrossendo un po’.
“Devo essermi addormentato, scusami…”.
Hermione gli sorrise dolcemente. “Non preoccuparti, Theo, probabilmente eri stanco, non me ne sarei neanche accorta se non avessi iniziato a russare…”.
“Hei!” La interruppe Theo, fingendosi offeso, mentre si infilava il cappotto e una grande sciarpa serpeverde. “Io non russo!”
Scoppiarono entrambi a ridere, mentre si avvicinavano all’uscita.
Lo strano gruppo di studenti si guardava intorno nella stazione di Londra in pieno orario lavorativo ma a parte qualche buffo accessorio quasi tutti erano riusciti a mimetizzarsi perfettamente, sembrando un normale gruppo di una qualsiasi scolaresca guidata da due insegnanti molto giovani.
“Siete pronti ad iniziare?” Esclamò Theo, e tutti annuirono entusiasti.

Camden Town era un tripudio di luci colorate e scintillanti. Il profumo del vino caldo proveniente dai mercatini di Natale si fondeva con quello speziato dei biscotti e della cioccolata calda che veniva servita continuamente; le strade erano piene di persone che si tenevano per mano o correvano freneticamente fra i negozi per gli ultimi regali di Natale; l’atmosfera era gioiosa e festiva, e dai piccoli negozietti e dalle casette di legno che vendevano dolciumi risuonavano i campanellini della musica natalizia.
I bambini giocavano felici nell’atmosfera fiabesca delle strade innevate.
Le luminarie che sovrastavano le strade creavano dei giochi di luci così particolari da lasciare tutti a bocca aperta, desiderando di poter ricreare un effetto del genere anche ad Hogwarts ed Hermione promise loro che, tornati al castello, avrebbero potuto organizzare una festa di Natale decorando una parte dei giardini proprio con fili di luci e illuminazioni suggestive così da creare un’atmosfera carica di magia laddove in realtà non ce n’era alcuna.
Nonostante fossero frastornati da tutto quel caos, tutti loro erano accomunati da un grande entusiasmo, accresciuto dall’attesa del momento in cui avrebbero avuto due ore di permesso per muoversi liberamente nella Londra babbana.
Prima, però, avrebbero visitato alcuni musei e dopo pranzo Hermione e Theo li avrebbero condotti sulla London Eye e sulla pista di ghiaccio per pattinare.

“È davvero strano che nessun dipinto si muova”, osservò un alunno mentre attraversava le stanze colorate della National Gallery.
Harriet, una studentessa nata babbana, scoppiò a ridere.
“Personalmente trovo molto più strano e inquietante che qualcuno che è morto possa parlare attraverso un dipinto, no?” Rispose Hermione.
Theodore la osservò pensieroso.
“Non ci ho mai pensato in effetti...”
“Per non parlare del fatto che alcuni ritratti, poi, possono essere estremamente offensivi”. Rispose Hermione, pensando al ritratto di Walburga Black a Grimmauld Place.

Anche il Museo della Scienza era incredibilmente pieno, anche se non tanto quanto la metropolitana dalla quale erano appena scesi, destabilizzati da tutto il caos delle linee londinesi.

“Davvero i babbani sono andati sulla luna?!”
“Parla piano, Fawley!” La riprese Theo, guardandosi intorno. “Vuoi che ti sentano tutti quanti?”
“Scusi signor Nott”. La ragazza abbassò gli occhi a terra. “Ma l’hanno fatto veramente, quindi?”
“Certo che ci sono stati”.
“E perché mai qualcuno vorrebbe andare sulla luna?”. Esclamò Connor, un altro studente.
“Perché è affascinante. La scienza è affascinante, non credi?”.
I due ragazzi ancora non sembravano convinti.
“Ma siamo sicuri che non c’entri nessun mago?”
“Indiscutibilmente! Hanno fatto varie indagini anche dal Ministero, per essere certi, e hanno scoperto che nessun mago c’entrava qualcosa con lo sbarco sulla luna.
I babbani sono riusciti a fare qualcosa di così impressionante soltanto con la scienza, senza alcuna magia!” Aggiunse Hermione, pensando con un sorriso furbo che fosse davvero uno smacco contro tutti quei suprematisti del sangue che vedevano i babbani come dei selvaggi.
“È davvero impressionante, quanto mi piacerebbe adesso andare sulla luna!”
“Ma se fino a un secondo fa non riuscivi neanche a capirne il senso”, disse Marie.
“Beh, ora l’ho capito! E poi credo che si debba essere davvero coraggiosi per fare qualcosa del genere, e io lo sono sicuramente!” Rispose Connor, indicando orgogliosamente la sua sciarpa Grifondoro.
Marie alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso il gruppo di amici che era già andato avanti.


***


Hermione era appena uscita da una lunga doccia calda durante la quale finalmente aveva potuto rilassarsi quando sentì bussare alla sua porta. “Sì?”
“Hermione, sono Theo, posso?”
“Certo, vieni pure”, rispose Hermione sovrappensiero, avvolgendo velocemente un asciugamano intorno a sé mentre andava incontro a Theo il quale, però, si bloccò un attimo appena la vide, e accorgendosi di aver tenuto per un po’ troppo tempo il suo sguardo sulle sue gambe cominciò ad arrossire lievemente.
L’espressione di Theo era cauta, mentre negli occhi di Hermione si susseguivano, molto evidentemente, una miriade di emozioni: sorpresa, imbarazzo, curiosità, qualcosa di simile all’attrazione, di nuovo sorpresa.
Immediatamente si rese conto di quello che era appena successo, e arrossendo molto più di lui, gli indicò una piccola poltroncina all’ingresso, dicendo di accomodarsi e che sarebbe arrivata subito.
Si appoggiò brevemente contro la porta che aveva appena chiuso, rilasciando un forte respiro che non si era resa conto di aver trattenuto fino a quel momento.
Dopo aver indossato un paio di leggings e un maglioncino morbido uscì dal bagno per trovare Theodore alle prese con un bollitore elettrico, preparando due tisane che Hermione non sapeva di avere nella stanza d’albergo.
“Stai facendo il tè alla maniera babbana?”
“Beh, stiamo fra i babbani, perché no? Lo trovo molto rilassante, in realtà… Zucchero?”
“No, grazie” Sorrise Hermione, avvicinandosi per prendere dei biscotti artigianali che aveva comprato ad un mercatino. “Vuoi scendere di sotto con gli studenti più tardi?”
“Lasciamoli socializzare senza la nostra presenza, probabilmente si sentirebbero più a proprio agio…”. Rispose Theo, stiracchiandosi un po’, pensieroso. “Peccato non essere riusciti a salire sulla London Eye”.
“Beh, è sempre molto affollata, ma nel periodo natalizio le file diventano improponibili, sarebbe stato un peccato sprecare tutte quelle ore in fila ad aspettare, alla fine la pista di ghiaccio ha entusiasmato tutti”.
“Sicuramente ci siamo divertiti, ma è stato molto stancante! Sono distrutto”.
“Non ti lamentare!” Esclamò Hermione, ridendo. “Non sei tu che sei caduto per tre volte…”
Theo rise di gusto. “Non avrei mai immaginato che la ragazza d’oro fosse così goffa in uno sport in cui avrebbe dovuto essere avvantaggiata!”
Hermione sbuffò, mettendo il broncio. “Preferisco sport meno instabili!”
“Tipo il Quidditch?”
Hermione gli lanciò un cuscino. “Come siamo simpatici oggi! Londra ti sta facendo bene!”
“Sono sempre simpatico, cara. E anche molto affascinante, non so se hai notato”, flirtò Theo.
“Uhm, no, mi dispiace! Non l’ho notato”, mentì Hermione.
Theo scosse la testa, continuando a ridere, mentre Hermione, ancora un po’ imbarazzata per quello che era successo prima, preparava un film da vedere sul suo portatile.

Distogliendo lo sguardo dai titoli di coda Theo si accorse che Hermione si stava quasi per addormentare, completamente avvolta nella morbida e calda coperta che aveva trasfigurato poco prima partendo da un semplice plaid fornito dall’albergo, dall’aspetto molto meno invitante.
Perciò, alzandosi dal letto dove si erano appoggiati, sistemato a mo’ di divano, suggerì a Hermione che avrebbe fatto lui il giro per le stanze per verificare che non ci fossero problemi e le diede la buonanotte ma la ragazza, non sentendosi ancora pronta a lasciar andare la compagnia, gli propose di tornare, se avesse avuto voglia, per fare una chiacchierata prima di andare a dormire e magari bere un bicchiere di vino, un bicchiere che poi si trasformò in due, in tre, e nell’intera bottiglia.

Hermione si appoggiò più comodamente contro i cuscini, chiudendo un attimo gli occhi nella luce appena soffusa della sua camera.
“Mi dirai mai cosa hai fatto in tutti questi anni? Sono sicura di non averti mai visto da quando siamo usciti da Hogwarts”.
Theo sospirò. “Non avevo molto da fare, in realtà, e non avevo proprio bisogno di un lavoro”. Si sistemò meglio anche lui contro la spalliera del letto. “Non significa che non ci abbia provato a cercare un lavoro qui, ma bastava dire il mio nome e improvvisamente qualche scusa sarebbe saltata fuori. Non c’è molto qui fuori per il figlio di un famoso Mangiamorte, come puoi immaginare.
E allora ho deciso di iniziare a viaggiare soprattutto nel mondo babbano, un po’per sfidare mio padre, sono sincero, ma poi scoprire nuove culture e modi di vivere mi ha motivato sempre di più e pian piano sono riuscito ad ottenere un lavoro come spezza-maledizioni, ma anche quello non faceva davvero per me, ed eccomi qui”, sorrise.
“Ma è meraviglioso, Theo”, commentò Hermione, davvero entusiasta. “Certo trovo assurdo che la comunità magica sia ancora così giudicante dopo tutto questo tempo, ma posso capirlo bene purtroppo. Mentre nel weekend lavoravo nel mondo babbano, ho collaborato con il Ministero per l’abolizione di alcune leggi che riguardano il trattamento inumano verso le creature magiche e gli elfi domestici, ma sto cercando di combattere anche contro la totale negligenza e a volte crudeltà che il nostro Ministero ha nei confronti dei condannati. Comportarci come loro non ci rende diversi da loro, ed è proprio ciò che ci avrebbe dovuto insegnare la guerra. Come potrai immaginare nessuno la sta prendendo bene; in molti vorrebbero che lavorassi nel loro dipartimento, ma è la mia immagine che cercano, non me, e soprattutto non le mie idee definite troppo progressiste…”.
Hermione sbuffò.
“Ma parliamo di cose più piacevoli…Fammi vedere cosa hai comprato oggi!” disse, allungandosi verso i numerosi pacchetti che stavano vicino a lui.
Theo, ridendo, li allontanò da lei, affermando di essere geloso dei suoi biscotti.
“Deliziosi e croccanti biscottini al burro e diverse miscele di tè e tisane, più o meno le cose che abbiamo comprato tutti, ma la mia preferita era quella alla mela che abbiamo bevuto prima, profuma come te…”, la provocò giocosamente, notando con piacere un piccolo rossore sulle sue guance che le enfatizzava ancora di più le lentiggini.
Hermione si sporse di più verso la sua mano, che scherzosamente le teneva lontano i biscotti.
“Dai Theo, un solo biscotto, promessa di Grifondoro!” rispose Hermione con occhi dolci, fingendo (ma senza riuscirci troppo) serietà, con un’espressione solenne e una mano sul cuore.
Theodore sorrise sotto i baffi.
“Cosa ottengo in cambio per un biscotto?”
“Davvero, Theo?!”
Theo alzò le spalle. “Serpeverde, ricordi? E’ nella mia natura”.
Hermione, invece, di rispondergli, aspettò in silenzio per un momento prima di saltare ridacchiando verso il pacchetto ma, complice il vino, perse leggermente l’equilibrio finendo dritta su di lui.
Theo sbatté semplicemente le palpebre, sorridendo con quel suo mezzo sorriso storto che le aveva fatto battere forte il cuore soltanto pochi istanti prima.
Il viso di Hermione era a un soffio dal suo, i ricci morbidi gli sfioravano le labbra, sembrava leggermente tesa, con le labbra gonfie dal calore del vino, la pelle arrossata e gli occhi carichi di emozione.
Hermione perse lentamente il sorriso, totalmente assorbita in quella calma innaturale e frizzante che si era creata fra loro. Poteva sentire l’odore di Theo, un profumo terroso e muschiato che ricordava le prime gocce di pioggia, con una punta di spezie, un odore caldo, avvolgente, unico.
I lineamenti del suo viso erano morbidi, rilassati, le labbra socchiuse.
Con una lentezza quasi esasperante cominciò a sfiorarle dolcemente il fianco fino a salire verso il braccio che la sosteneva accanto a lui, accarezzando la pelle morbida attraverso il morbido maglione verso il suo polso, l’interno del palmo, le dita.
Hermione rabbrividì, totalmente persa in quel momento così intimamente perfetto.
Non aveva mai sperimentato un grado di intimità tale con nessun uomo, una tensione così coinvolgente.
Indugiando appena, Theo continuò ad accarezzarla e, alzandosi leggermente fino a trovarsi seduto di fronte a lei, le prese dolcemente il braccio sottile fra le dita, avvicinò le sue labbra nella parte interna del suo polso e guardandola negli occhi iniziò a lasciare una scia di piccoli baci, lenti, appena accennati.
Muovendo lentamente le sue dita lungo il braccio continuò a far scivolare la stoffa verso il basso quando Hermione si tese improvvisamente, mettendo velocemente la sua mano su quella di Theo per fermarlo, ma era troppo tardi. Theodore, vedendo dei piccoli segni che uscivano dalla manica del suo maglioncino continuò con esitazione a scoprire il braccio, fino a quando non vide ciò che lei non avrebbe mai voluto mostrargli.
Theodore raggelò.
La sua gola divenne secca, il cuore martellava violentemente nel petto.
La cicatrice era ancora visibile sotto la luce pallida della luna che filtrava dalla finestra: Sanguesporco.
Hermione, toccandosi il braccio con le dita improvvisamente fredde, poteva sentire il calore dell’imbarazzo colorarle il viso. Theodore alternava lo sguardo dal suo braccio al suo viso, sembrando più pallido di uno spettro, non trovando parole.
Hermione cercò di ritrarsi, estremamente a disagio dalla visione di Theo che leggeva la parola che per anni i compagni della sua casa le avevano sussurrato malignamente contro incisa brutalmente sul suo braccio, la parola che l’aveva spinta ad essere la migliore della classe, a mostrare a tutti quanto anche lei avesse diritto ad essere una strega.
Per un attimo guardò Theodore negli occhi.
Ciò che vide era un mare turbolento di rimorso e rabbia, ma le mani che la tenevano erano estremamente dolci e morbide, come se stessero toccando un bene fragile e dal valore inestimabile.
È tutta colpa tua.
La rabbia e il disgusto verso la sua casa e la sua famiglia lo stavano travolgendo.
“Non è colpa tua”, gli sussurrò.
Theodore deglutì, ancora molto pallido, non trovando le parole.
Hermione lo prese fra le sue braccia offrendogli la sua forza, lui in cambio le offrì il suo conforto, e
affondando una mano nei suoi lunghi capelli mossi cominciò ad accarezzarli gentilmente, tenendo la testa contro il suo petto, lasciando che l’oscurità li portasse via, trascinandoli in un sonno profondo.


***


Theodore Nott aprì gli occhi poche ore dopo, colpito da un timido raggio di sole mattutino. Per un attimo si guardò intorno, un po’ confuso, avvolto da un profumo e da un delizioso calore sconosciuto, fino a quando il suo sguardo non si soffermò sulla bottiglia vuota di vino e improvvisamente, spalancando gli occhi, si ricordò di tutto ciò che era successo in quella serata.
Girandosi lentamente verso Hermione, si accorse che due grandi occhi color miele lo stavano già fissando.
“Sei sveglio”, osservò la ragazza.
Theo balbettò in risposta.
“Perdonami… Non volevo invadere i tuoi spazi in questo modo, vado subito via…” E si affrettò ad alzarsi.
Hermione non tentò nemmeno di nascondere il suo sguardo deluso, osservandolo di schiena mentre si infilava le scarpe, pronto ad andarsene.
“È stata Bellatrix, al maniero dei Malfoy, quando Draco ha finto di non riconoscere Harry e ci ha salvato tutti, in qualche modo…”
Theodore rabbrividì, restando in silenzio per qualche secondo.
“Draco era presente?”, disse con voce ruvida.
Hermione era a disagio, non conoscendo il rapporto fra i due.
“È una storia passata ormai, vorrei che tu non l’avessi mai vista…”
“Non devi nasconderla, sei la donna più forte che io abbia mai conosciuto, Hermione”.
Senza neanche guardarla indietro, però, uscì dalla stanza.
 
Hermione saltò la colazione, per nulla affamata.
Il suo stomaco era annodato a causa del loro scambio di tensione e si sentiva rifiutata e confusa.
Forzando un sorriso sul suo volto raggiunse gli studenti nella hall, preparandosi per l’ultima tappa della gita, la Wellcome Library, e per il rientro ad Hogwarts.
Questa volta avrebbero viaggiato con la metropolvere direttamente da Diagon Alley, risparmiandosi diverse ore di treno.



Arrivata finalmente nella sua stanza al Castello, esausta, tirò un sospiro di sollievo, preoccupata per la gita, ma era andato tutto bene a parte il confronto con Theo, con il quale ogni volta le sembrava di fare un passo avanti e due indietro.
Poggiando la sua borsa a terra e il cappotto caldo su una poltrona accese subito il bollitore per avere il conforto di una bevanda calda quando sentì un suono strano provenire dalla sua camera.
“Sirius, sei tu?” disse, avvicinandosi, con la bacchetta in mano.
Sirius se ne stava sotto la sua finestra, con la coda gonfia e il corpo posto sulla difensiva.
Hermione alzò lentamente lo sguardo verso la finestra, fino a quando non si trovò faccia a faccia con un grande gufo dall’aspetto minaccioso. Abbassò la bacchetta.
L’imponente gufo dalle piume scure, guardandola quasi con sdegno, aspettò che aprisse l’anta della finestra per lasciar cadere una lettera con una carta estremamente costosa ed elegante, senza mittente, e volò via.
Sulla carta immacolata, in un inchiostro di un rubino così profondo da ricordare in maniera inquietante il sangue, spiccava il nome Hermione Granger.

 

 







Ciao a tutti! Bentornati nella mia storia... In questi giorni ho avuto diversi impegni e non ho potuto dedicarmi alla storia quanto avrei voluto, ma ecco qui un nuovo capitolo.
Chi avrà scritto quella lettera alla nostra eroina e soprattutto cosa ci sarà scritto dentro?
E povero Theo, per una volta che stava prendendo il coraggio si è ritrovato davanti a tutto ciò che voleva dimenticare. Riuscirà a superare il senso di colpa?
Vi aspetto per il prossimo capitolo! XXX

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Capitolo 12
*** Yule, il Solstizio d'Inverno ***


Soffice e silenziosa la neve abbracciava pigramente i giardini del Castello.
Morbida e delicata attutiva ogni suono ed eclissava ogni colore.
All’interno, vari caminetti scoppiettavano felici a riscaldare l’atmosfera magica dei giorni che precedevano il Natale.
Oggi, infatti, era il giorno di Yule, il Solstizio d’Inverno, simbolo di chiusura e di nuovi inizi, la festa della Luce.
Seduta sul davanzale della grande finestra, Hermione fissava i piccoli fiocchi di neve senza guardarli realmente.
Da quando era tornata da Londra babbana era stata avvolta in una nuvola di malinconia che non accennava a lasciarla andare, accresciuta dalla distanza che Theodore sembrava aver messo nuovamente fra di loro. Non la stava evitando come i primi giorni di scuola, ma sicuramente non stava neanche provando ad accrescere quella che poteva essere definita una strana amicizia.
O qualcosa di più? Sussurrò la mente di Hermione, quasi speranzosa, ma la ragazza scacciò velocemente il pensiero, anche se ciò che era quasi successo continuava a ripetersi nella sua mente come la scena di un film.
Basta, Hermione, focalizzati su quello che devi fare questa sera.
Per il Solstizio d’Inverno, quest’anno gli studenti di Babbanologia, con la guida dei due Tutor, avevano proposto di ricreare un ambiente scintillante ispirandosi alle luminarie di Londra, proprio fuori dalle serre della professoressa Sprout. Al calar del sole, milioni di lucine si sarebbero accese contemporaneamente per creare uno spettacolo straordinario.
Dopo diversi giorni di preparazione tutto era pronto e non restava altro che aspettare il tramonto.
Gli studenti erano stati in fermento, trasportando le decorazioni più disparate per cercare di ricreare qualcosa di ancora più strabiliante: ogni luminaria avrebbe rappresentato un simbolo di Hogwarts, nei colori di tutte e quattro le case, come simbolo di unione e collaborazione.
Tutti i dettagli in realtà erano sconosciuti a Hermione, poiché i ragazzi, dopo aver seguito delle linee guida basilari, avevano chiesto di poter gestire questo piccola festa come un progetto per Babbanologia, con il desiderio di sorprendere tutti gli altri, anche gli insegnanti e i due tutor, perciò Hermione sarebbe arrivata poco prima del calare del sole insieme al resto di Hogwarts per godersi lo spettacolo e staccare la spina dagli ultimi, preoccupanti, eventi.

Hermione diede un’occhiata alla Gazzetta del Profeta che aveva poggiato accanto a lei dopo averla letta per l’ennesima volta, incredula.
Fuga da Azkaban, recitavano a caratteri cubitali le lettere in copertina.
Thoros Arcibald Nott e Thorfinn Rowle, pericolosi criminali e mangiamorte, sono evasi dal carcere di massima sicurezza.
Sono pericolosi per chiunque possa incontrarli, maghi e babbani.
Ancora non sono chiare le cause della fuga.
Il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt è stato criticato per aver reso Azkaban una prigione meno sicura di qualche anno fa, eliminando i dissennatori.
“Ho dovuto farlo” ha risposto il Ministro, teso. “Tenere i Dissennatori ad Azkaban è una tortura che va al di là del rispetto umano, non ci avrebbe resi diversi da loro…”.
(Tutti i dettagli a pag. 14).
Il Ministero e il Dipartimento Auror stanno indagando per capire se c’è stato un aiuto dall’interno della prigione e faranno tutto il possibile per riportare velocemente i prigionieri ad Azkaban.

Si pregano tutti i maghi e tutte le streghe di fare particolare attenzione ai luoghi isolati, di non uscire da soli nelle ore più buie e di evitare il più possibile gli spostamenti superflui.
Tutti i maghi e le streghe che aiuteranno i fuggitivi saranno ritenuti complici e colpevoli di reato, pena la decurtazione della bacchetta fino a tempo stabilito dal Ministero stesso.
Tutti i maghi di origine babbana sono pregati di avere la massima attenzione”, ha dichiarato
il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt.

Hermione si voltò nuovamente verso la neve, oltraggiata dal suo subdolo inganno.
La neve, soffice, calma, la derideva ingannandola col suo falso senso di pace.
Con un sospiro si alzò, dirigendosi verso la porta, pronta a lasciarsi alle spalle, per un momento, tutte le preoccupazioni, lasciandosi andare alla magia del Natale.
La strada verso le serre della professoressa Sprout era disseminata di piccole decorazioni natalizie che fluttuavano sulla neve, delle piccole stelline, dei boccini scintillanti e diverse chiavi alate (che ad Hermione hanno ricordato molto la sfida del primo anno per la ricerca della pietra filosofale) indicavano la direzione giusta verso quello che sarebbe stato lo spettacolo del Solstizio d’Inverno.
Osservando il cielo, Hermione si rese conto di essere giusto in tempo, poiché a breve il sole sarebbe tramontato, lasciando spazio alla notte e alle magiche lucine; arrivata presso le serre, infatti, si accorse che erano quasi già tutti lì, a parte qualche studente ritardatario che si affrettava ad arrivare, con le guance arrossate dalla corsa.
Gli studenti e alcuni professori erano ancora indaffarati per cercare di sistemare gli ultimi dettagli.
La McGranitt, senza il suo severo cipiglio, sembrava abbracciare totalmente lo spirito del Natale con un atteggiamento materno, dando istruzioni qua e là e agitando la bacchetta con lo sguardo luminoso.
Tutto era pronto nell’incerto crepuscolo e un silenzio carico di aspettativa calò su di loro.
Un silenzio vibrante di anticipazione.
Era buio.
Il tempo sembrava essersi fermato per un attimo e tutte le preoccupazioni di Hermione scomparvero insieme alla luce, per un istante.
Per un istante chiuse gli occhi e con un profondo respiro li riaprì, sul volto il fantasma di un sorriso che aveva trattenuto per troppe ore.
Luci.
Migliaia di piccole luci brillanti fluttuavano magicamente su di loro, creando giochi di colore nelle iridi degli osservatori, meravigliati da tanta bellezza.
Il sorriso di Hermione si allargò, orgogliosa del lavoro dei suoi studenti.
Dei loro studenti, pensò, voltandosi verso Theo, senza sapere bene dove fosse ma guidata dal cuore.
L’intenso sguardo nocciola del ragazzo era già rivolto verso di lei, e un misto di emozioni si susseguivano nei suoi occhi, tenerezza, rimpianto, stupore, dolcezza, scuse.
Come guidato da un filo invisibile avanzò verso di lei, sotto la miriade di colori iridescenti, nell’atmosfera irreale e magica di Yule.
Le si fermò accanto, con le mani che si sfioravano appena.
Il cuore di Hermione era finalmente leggero.
Theodore le prese la mano, con dolcezza.
Insieme erano più forti.
 
Terminato lo spettacolo gli elfi avevano organizzato un piccolo rinfresco magicamente riscaldato che aveva reso felici tutti.
Hermione e Theodore erano seduti su un piccolo muretto isolato dagli altri, la testa di lei sulla sua spalla, il peso della fuga di Thoros Nott che gravava su di loro.
“Theo” iniziò Hermione, incerta, non sapendo bene come continuare.
Theo stava guardando fisso davanti a lui, sovrappensiero.
“Mia madre…”, ha iniziato, quasi sussurrando, prima di deglutire a disagio.
“Mia madre ha perso la vita quando avevo dodici anni. Ero fra i pochi che potevano vedere i Thestral al terzo anno, probabilmente avrai sentito i pettegolezzi qui al Castello”.
Hermione gli strinse la mano, lasciandolo continuare.
“Mia madre amava decorare la mia stanza a Natale, insieme sceglievamo le decorazioni più belle e passavamo l’intera giornata a mangiare biscotti e a raccontarci storie, ma mio padre lo odiava.
La odiava”. Sembrava essere sull’orlo delle lacrime.
“Si è ammalata di vaiolo del drago. Pochi mesi di malattia ed era il fantasma di sé stessa, ma mi ha amato fino alla fine, ha cercato di proteggermi, proteggermi da lui, dai folli ideali dei Purosangue e soprattutto da Voldermort, e mio padre l’ha odiata fino all’ultimo respiro. Ci ha odiati.”
Si fermò un momento, prima di continuare, a bassa voce, con una smorfia infelice.
“Non sono mai stato una fonte di orgoglio per lui. Ero il buono a nulla, l’eterno secondo, eclissato da Draco e dalla sua spocchia, il ragazzino ingenuo che si nascondeva sotto le gonne della mamma, ma io sono stato contento che non mi abbia mai mostrato un briciolo di amore. Questo mi ha reso più forte, mi ha reso capace di pensare da solo, di rendermi conto di quanto sia distorta e malata la sua ideologia. Mi ha reso più simile a mia madre”.
Gli occhi di Hermione brillavano di lacrime, pensando all’infanzia infelice di Theo.
“Non sei mai stato solo, Theo, lei è sempre con te”.
“Lo so, ma mi manca terribilmente”, le confidò il ragazzo, con un piccolo singhiozzo, stringendosi a lei, che cercò di infondergli tutto l’amore possibile, l’amore che era stato assente da troppo tempo.


 
 


 
 
 



Il giorno successivo l’aria era particolarmente fredda, ed Hermione si armò di una pesante sciarpa di lana che le aveva regalato Molly e si diresse verso Hogsmeade, dove l’avrebbe aspettata Harry.

Hermione entrò nella Testa di Porco guardandosi intorno, con la bacchetta pronta in mano nascosta sotto la sua giacca invernale, finché non vide una familiare testa di capelli neri arruffati che non poteva che appartenere a Harry Potter.
“Harry!” Gli corse incontro, abbracciandolo.
“Hai notizie della fuga da Azkaban? Come è potuto succedere?”
“Herm, abbassa la voce per favore”, rispose Harry, osservando con sospetto l’ambiente circostante.
“Il Ministero è in gran fermento e ho come l’impressione di non essere totalmente informato su quello che sta succedendo, vogliono trovare un capro espiatorio.
E non mi fido più del mio dipartimento, c’è qualcosa di strano, e sai che di solito i miei sospetti si sono rivelati esatti purtroppo…”.
Hermione era molto preoccupata.
“Harry è successa anche un’altra cosa”, esitò dopo un attimo, tirando fuori dalla borsa una lettera dall’aspetto elegante ma minaccioso.
Harry cominciò ad aprirla con fare incerto, avvertendo una fitta di disagio, e iniziò a leggere.


Lurida ladra di magia,
come osi infangare il nobile nome dell’antica casata dei Nott.
Tu e il mio debole erede, che sembra avere uno strano attaccamento per la sporcizia, mi disgustate profondamente e non esiterò a prendere provvedimenti, presto.
Non perdere tempo ad avvertire quel Traditore della propria stirpe, vergogna della mia stessa carne, perché la punizione potrebbe essere di gran lunga peggiore.
Sto fremendo nell’attesa di vedere quanto sia veramente sporco il tuo sangue.


Thoros Nott



Dietro c’era una foto magica di Hermione e Theo a Londra babbana.



Il viso di Harry era teso e irrigidito.
“Theo non deve sapere nulla” lo pregò Hermione, preoccupata.
Harry si tolse un attimo gli occhiali, passandosi la mano sugli occhi con fare preoccupato.
“Hermione, che rapporto c’è fra te e Nott?”.
“Nulla, Harry, siamo solo amici”. Hermione alzò lo sguardo repentinamente verso di lui, ma il volto di Harry Potter era scettico. “A maggior ragione, dovrebbe saperlo...”.
“Si metterebbe nei guai e probabilmente farebbe qualcosa di estremamente stupido, come cercare suo padre!” scattò, continuando con voce più bassa. “Non posso dirglielo, ha sofferto troppo, sta ancora soffrendo per ciò che è successo a sua madre, non posso dirgli anche questo”.
“Al posto suo cosa avresti voluto, Hermione, che ti avesse nascosto la verità? Theodore Nott è un ragazzo grande, è un mago capace, conosce la magia oscura e conosce suo padre, non sta a te difenderlo”.
Hermione abbassò lo sguardo, sapendo che Harry aveva ragione, ma non riusciva a pensare di dargli un’altra brutta notizia.
Harry le mise una mano sul suo palmo, preoccupato. “Non è sempre il tuo compito difendere tutto e tutti, Herm. Qualche volta lascia che anche noi ci prendiamo cura di te”.
Hermione annuì, godendosi per un attimo il conforto dell’amico, ma ancora incerta sull’accettare o meno il suo consiglio.












Hermione, finalmente, sta iniziando a farsi domande sui suoi sentimenti, ma come reagiranno i nostri due protagonisti alla fuga del noto Mangiamorte?
Questo li avvicinerà ancora o tenderà ad allontanarli?
Harry, per una volta estremamente razionale, non è d'accordo sulla decisione di Hermione di nascondere la lettera a Theo e la ragazza è ancora indecisa su quale sia la cosa giusta da fare. Darà ascolto ad Harry o farà di testa sua?
E in tutto ciò, Huxley che fine ha fatto?
Grazie per aver letto anche questo capitolo, ci vediamo presto con un nuovo aggiornamento e buone feste a tutti/e!
Se vi va lasciatemi una recensione, mi farebbe molto piacere. ***

 

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Capitolo 13
*** La notte di Natale ***


Eccoci con un nuovo capitolo ambientato proprio durante la vigilia di Natale (per essere in tema!). 
Buona lettura e buone feste a tutti ***


 
Mancavano ormai pochi giorni a Natale e quel pomeriggio Hermione decise che avrebbe visitato i suoi genitori per regalare loro due biglietti per il Sud della Francia, dove li aveva convinti a passare le vacanze di Natale, preoccupata dopo la lettera di minaccia ricevuta dal mangiamorte.
Aveva chiesto a Theo se avesse voluto accompagnarla e il ragazzo, inizialmente esitante per paura di disturbare, poi accettò con gioia.
In realtà non poteva dire di essere del tutto tranquillo mentre aspettava nervosamente sulla soglia della porta dei signori Granger, continuando a lisciare le pieghe invisibili sul suo morbido maglione bianco e spostando il peso del suo corpo da un piede all’altro, sovrappensiero, quando la porta di legno verde scuro si aprì con un rumore delicato ed Hermione scattò in avanti avvolgendo strettamente una signora minuta che aveva i suoi stessi capelli mossi.
“Mamma! Come stai?”
“Hermione, tesoro, entrate”, rispose la signora Granger con un grande sorriso che ricordava molto quello della figlia. “Theodore, giusto? Entrate, ragazzi, qui fuori si congela”, continuò mentre si spostava di lato per farli passare.
“Theo andrà bene”, le rispose il ragazzo sfoggiando tutta la sua educazione da mago purosangue, prendendole dolcemente la mano per lasciarle un bacio leggero.
Hermione , guardando la scena, alzò gli occhi al cielo, mentre vedeva le guance di sua madre tingersi di rosa.
Appena entrati furono avvolti da un buonissimo odore di cibo.
“Papà dov’è?”, si guardò intorno Hermione.
“È uscito a prendere un dolce, penso che stia tornando a momenti”.
Neanche il tempo di dirlo che Hermione sentì una macchina parcheggiare nel vialetto di casa.
Theodore trattenne un sorriso; era strano vedere Hermione in un ambiente così familiare, il modo in cui si muoveva, la sicurezza reale che l’avvolgeva e non soltanto lo scudo che ergeva a scuola, in questa atmosfera domestica iniziava a sentirsi sereno ma nostalgico.
Si avvicinò alla signora Granger, tenendo in mano un piccolo pacchetto.
“Vi ho portato una bottiglia di vino elfico. Fa parte di un’annata particolare per i vini magici, spero sia di vostro gradimento”.
Forse avrei dovuto portare qualcosa di babbano, pensò, improvvisamente insicuro, interrotto però prontamente dalla signora Granger.
“Grazie del pensiero, caro, ci fa molto piacere, ma non dovevi assolutamente disturbarti!” disse posando la bottiglia sul tavolo già elegantemente apparecchiato. “Però ti confido un segreto… Mio marito adora il vino elfico, è stata un’ottima mossa per conquistarlo”, concluse con un occhiolino, facendo arrossire il ragazzo.

“Hermione, cara, vieni a dare un abbraccio a tuo padre!” esclamò il signor Granger, allargando le braccia.
“Non mi presenti il tuo amico?”
“Certo, papà”, rispose sorridendo Hermione, avvicinandosi al ragazzo.
“Lui è Theodore Nott, un mio vecchio compagno di scuola. Stiamo lavorando insieme per un progetto di Babbanologia, sai, la scienza che studia i babbani”, precisò Hermione.
“E come procede questo progetto?” chiese il padre girandosi verso il ragazzo.
“Bene, signor Granger, stiamo facendo tutto il possibile per avvicinare gli studenti al mondo babbano, soprattutto quelli che non hanno avuto molte possibilità da piccoli, pensiamo sia importante far comprendere le tradizioni di entrambi i mondi che conosciamo” sorrise leggermente Theo, sotto lo sguardo indagatore del signor Granger.
Gli occhi, dello stesso colore di quelli di Hermione, lo guardavano come se cercassero di risolvere un enigma particolare.
“Cari, iniziate a sedervi a tavola, così potete raccontarci con calma tutte le novità”, sorrise la signora Granger, iniziando ad accomodarsi e a riempire il piatto dei due ragazzi con fare materno.
La cena era andata incredibilmente bene, i signori Granger erano rimasti piacevolmente sorpresi dalle buone maniere di Theo e quest’ultimo era quasi commosso tutto quell’amore familiare che in qualche modo l’aveva coinvolto.
Pensava alla descrizione che suo padre aveva sempre fatto dei babbani fin da quando era piccolo ma ora, osservando la famiglia Granger, notava che non poteva esserci nulla di più distante e assurdo di quello di cui lui aveva sempre cercato di convincerlo.
“Hermione mi ha parlato molto di te, fin da quando andavate a scuola”, ha iniziato la signora Granger, guardando sua figlia che arrossiva esclamare a mezza bocca un “mamma!” mentre lei faceva una risatina. “Era sconvolta da quanto duramente avesse dovuto impegnarsi per batterti in alcune materie!”, continuò. Theodore si girò verso la ragazza con un sorriso tenero.
“Allora Theo, raccontaci qualcosa di te, eri a Grifondoro anche tu?” Chiese il signor Granger, fingendo una domanda casuale.
Theo sentiva che prima o poi questa specie di interrogatorio sarebbe arrivato, se i genitori di Hermione erano protettivi come la figlia.
“No, io… In realtà ero a Serpeverde…”, esitò Theo, un po’ in soggezione.
“La casa che ha bullizzato mia figlia per anni?”
“Papà! Smettila, Theo non ha mai detto una parola contro di me”, si intromise, spazientita, Hermione.
“Hermione, tesoro, mi aiuteresti a distribuire il dolce nei piattini?” Chiese la madre, alzandosi in piedi.
“Certo mamma”, rispose Hermione, non prima di indirizzare un cipiglio verso il padre come a dire mi raccomando.
Theo deglutì a disagio, raddrizzandosi però per mostrare quanto fosse serio. “Signore, non farei nulla per offendere o danneggiare sua figlia, siamo amici… La stimo molto”.
Il signor Granger alzò un sopracciglio, continuando a fissarlo. “Soltanto amici? Credevo di saper riconoscere lo sguardo di un uomo innamorato quando lo vedo… Ma sembri un bravo ragazzo, e se Hermione si fida di te dovremmo farlo anche noi”. Appoggiò il bicchiere di vino sul tavolo, spostando lo sguardo verso il limpido liquido cremisi.
“E il tuo braccio è pulito?”
Theo si tese, non aspettandosi una domanda così diretta.
Fortunatamente, pensò, non era stato costretto a servire Voldemort.
Anche se suo padre era stato imprigionato insieme a Lucius dopo la battaglia all’Ufficio Misteri, Theo, rispetto a Draco, era stato considerato di “minore utilità”.  Ringraziò Merlino, Salazar e tutti gli altri fondatori per essere nuovamente riuscito a scivolare sotto il radar, evitando quindi qualsiasi accusa ed evitando di far parte di quella setta di esaltati.
Che poi, probabilmente mi sarei fatto uccidere prima di diventare un altro membro del branco di quello psicopatico.
“Conosciamo anche noi ciò che è successo, non pensare che poiché non siamo maghi siamo rimasti totalmente all’oscuro della vostra storia. Siamo al corrente anche di quello che sta succedendo adesso, è per questo che abbiamo tranquillizzato Hermione accettando il suo invito a passare le vacanze in Francia, anche se non siamo totalmente d’accordo...”. Esitò un attimo, sembrando improvvisamente molto stanco. “Come genitori, dovremmo essere noi a proteggere lei”.
Theodore non sapeva bene cosa dire, comprendendo il suo sentimento d’impotenza.
Rendendosi conto che ancora non aveva risposto alla domanda del signor Granger, iniziò a tirare leggermente su la manica sinistra del suo maglione, mostrando un braccio perfettamente pulito, senza strani tatuaggi, nulla.
Il signor Granger fece un sospiro di sollievo, mentre sua moglie ed Hermione tornavano a tavola tenendo in mano i piattini con il budino natalizio. Hermione li stava osservando con un’espressione leggermente perplessa e Theo si affrettò a tirare giù la manica del suo maglione, avvampando leggermente per aver reso immediatamente chiaro l’argomento di cui i due uomini stavano discutendo, ma cercando di far capire a Hermione che era tutto sotto controllo.
Il signor Granger, ora sorridendo, diede una piccola stretta sulla spalla di Theo, affermando sinceramente: “mi piaci, ragazzo! Anche se eri un Serpeverde”.
Hermione scoppiò a ridere, seguita da tutti gli altri.
Il resto della cena andò molto bene, fino al momento dei saluti, in cui Hermione, con le lacrime agli occhi, fece promettere ai suoi genitori di rimanere lontani per un po’ di tempo.
“Tesoro mio, prometti di stare attenta, va bene?”
“E ci scriverai ogni volta che puoi?”
“Certo, mamma, papà… Questa volta è diverso, è solo una piccola precauzione”, disse Hermione, avvolgendoli forte entrambi.
“E anche tu, Theo” continuò la signora Granger, abbracciando il ragazzo un po’ irrigidito, non essendo abituato a una così spontanea manifestazione d’affetto.
“Theo, ragazzo”, disse sottovoce il signor Granger, stringendogli la mano. “Tenetevi al sicuro”.
Tornati al castello Theo abbracciò Hermione, davvero commosso, per avergli permesso di conoscere i suoi genitori e per averlo invitato in un’atmosfera così rilassante e piena d’affetto, facendolo sentire a casa.
Continuando ad accarezzarle dolcemente i capelli e la schiena, con il naso che soffiava delicato vicino al suo orecchio, le disse che sarebbe passato a prenderla la sera successiva per andare insieme alla cena della Vigilia di Natale, e lasciandole un bacio leggero sulla testa le diede la buonanotte.
 
 
 
 
 

Quasi tutti gli studenti erano partiti per le vacanze di Natale e il castello era quasi deserto.
Anche Hermione avrebbe potuto accettare l’invito di Arthur e Molly per passare il Natale alla tana insieme agli altri o avrebbe anche potuto raggiungere per qualche giorno i suoi genitori in Francia, ma non le era sembrato giusto per una serie di motivi, primo fra tutti il fatto che Theo sarebbe dovuto rimanere ad Hogwarts, poiché dopo la fuga del padre la sua casa era stata posta sotto sequestro e sotto il controllo del Ministero stesso.
 
Hermione osservava il suo riflesso davanti allo specchio fantasticando sullo strano abbraccio che aveva avuto con il ragazzo la sera prima.
È solo un amico Hermione, un amico che ieri hai abbracciato un po’ più a lungo, ma va bene così.
Abbracci Harry e Ron da anni per tutto il tempo.
Solitamente ti agiti così tanto quando abbracci loro?

Afferrando un piccolo portagioie, prese un paio di orecchini di perle e cominciò a indossarli, pensando che avrebbero valorizzato molto l’abito che aveva scelto, un morbido vestito di velluto ciano, che aprendosi a barchetta le lasciava delicatamente le spalle scoperte. L’aveva acquistato con Ginny qualche mese prima e ancora non l’aveva mai indossato, ma il colore le risaltava in maniera incredibile il riflesso dorato dei suoi occhi.






Poco prima delle sette, sentendo bussare alla porta della sua stanza, trovò Theodore in attesa di accompagnarla alla festa di natale.
Hermione non poteva negare che Theo solitamente aveva un bell’aspetto, ma stasera sembrava ancora più affascinante. Aveva un abito da mago blu profondo, cupo, un blu che ricordava la notte, e i suoi capelli castano scuro erano arruffati in maniera sexy.
Dopo averla salutata con un piccolo bacio sulla guancia, un po’ impacciato, si spostò a raggiungere l’interno della tasca della sua giacca, dalla quale estrasse un piccolo sacchetto di velluto scuro.
Lei guardò per un attimo il sacchetto e poi lo guardò negli occhi. Poteva dire che sembrava nervoso.
“Volevo prenderti qualcosa per Natale, spero ti piaccia...”.
Hermione, inizialmente senza parole, gli rivolse un ampio sorriso, dicendogli che anche lei gli aveva preso un piccolo pensiero, pensando alla foto fatta di nascosto dai suoi genitori che aveva voluto regalargli come ricordo.
Theo sorrise mentre poggiava delicatamente la scatola nelle sue mani. “Buon Natale Hermione”.
La ragazza prese il sacchetto, dal quale estrasse una piccola e raffinata scatolina scura.
Dopo averla tolta dal sacchetto, ha fatto scivolare il nastro di raso blu che avvolgeva la scatola e ha separato il coperchio, dando un piccolo sussulto al gioiello che vi era dentro.
Una sottile collana d’oro bianco dall’aspetto antico, con una pietra di topazio incastonata, risplendeva finemente nella scatola.
Gli occhi di Hermione sbatterono increduli. “Theo, non posso… È troppo…”
“Sì, puoi”. La interruppe il ragazzo. “Apparteneva a mia nonna materna, uno dei cimeli della sua famiglia, e poi è passato a mia madre. Era uno dei pezzi che indossava regolarmente dai miei ricordi di bambino, e l’ho portato dai Goblin per assicurarmi che non ci fossero strane maledizioni prima di regalartelo”, ha spiegato Theo, mentre estraeva la collana dal suo cuscinetto imbottito, la luce delle candele che danzava nelle sfaccettature della pietra, e spostandosi dietro di lei, alzandole delicatamente i capelli, gliela fissò sul collo, sorridendo.
“Saresti piaciuta molto a mia madre, non posso immaginare una strega migliore a cui regalare qualcosa di suo”.
“Sarei stata orgogliosa di conoscerla, Theo”, gli sorrise Hermione in cambio.
Non conosceva bene le usanze del mondo Purosangue, ma sapeva, anche nel mondo babbano, che regalare gioielli era un gesto importante, in qualsiasi relazione.
 
Theo sorrise, accanto a lei, e le mise una mano dietro la schiena per condurla verso la sala grande.
Una mano calda e morbida sulla sua schiena.
Solo amici, Hermione. Siete solo amici.

Arrivati nella Sala grande, rimasero stupiti dalle decorazioni che adornavano il castello: la neve finta era stata incantata per cadere su di loro senza toccarli mai, e scintillanti stelle di ghiaccio ondeggiavano sul soffitto. Un enorme albero di Natale si ergeva dove solitamente ci sarebbe stato il tavolo dei professori e illuminava la stanza con milioni di luci calde.
Un unico, grande tavolo ovale, elegantemente apparecchiato di bianco e argento, ospitava sia gli studenti che i professori rimasti ad Hogwarts.
La McGranitt, vestita con un lungo abito che esibiva orgoglioso i colori della propria casa, li salutò premurosamente, invitandoli a sedersi a fianco a Neville e ad Hannah, che era tornata per la cena della vigilia di Natale.
Anche Hagrid aveva cercato di essere elegante, pettinando i suoi folti e ispidi capelli e la sua lunga barba e indossando una cravatta fiordaliso che in realtà non gli donava molto.
C’erano soltanto sei o sette studenti rimasti che avevano creato un piccolo gruppo sedendo tutti vicini fra loro.
Hermione iniziò ad accomodarsi nel posto che le stava indicando la McGranitt, proprio di fianco a Theo, ma fu subito colta da una brutta sensazione.
Proprio di fronte a lei sedeva Huxley, che cercava di nascondere un sorriso beffardo.
“Buonasera, cari colleghi. Theodore, sono davvero dispiaciuto per la recente fuga di tuo padre…”
Theo, alzando lo sguardo verso la voce derisoria di Huxley, si irrigidì impercettibilmente, ma non volendo dargli alcuna soddisfazione, lo ignorò completamente.
Fortunatamente furono interrotti dalla McGranitt la quale, ignorando palesemente l’aria tensione che si era creata fra i due uomini, iniziò un piccolo discorso e diede inizio alla cena, che tutto sommato passò abbastanza piacevolmente.
“Bella collana, Herm, è nuova?” la distrasse Hannah ad un certo punto, osservando l’elegante cimelio sul suo collo.
Hermione arrossì, voltandosi un attimo verso Theo.
“Sì, è un regalo”, sorrise, sfiorando la collana.
Huxley alzò improvvisamente lo sguardo verso di loro, osservando pensieroso la collana, fino a quando non vide Hermione lasciare improvvisamente la sala, scusandosi.
Hermione non aveva potuto fare a meno di notare che Huxley l’aveva osservata in continuazione;
era riuscita a sentire il suo sguardo anche quando non lo stava guardando, e questo le fece rizzare i peli sulla nuca.
Sentendosi un po’ sopraffatta, scivolò dalla sala grande su uno dei balconi illuminati che fiancheggiavano un lato del Castello, sentendosi subito meglio. L’aria fresca della notte che le accarezzava la pelle era calmante e sospirò felice.
Così presa dalle sue riflessioni, non si accorse che qualcuno era apparso dietro di lei, chiudendo silenziosamente la porta del balcone dietro di sé.
“Stai bene?”
Hermione sussultò, colta sovrappensiero.
“Theo, mi hai spaventata”, sorrise infine Hermione, avvicinandosi al ragazzo.
“Sto bene, sentivo soltanto il bisogno di staccare un attimo”.
Theo le prese una mano, osservandola distrattamente.
“Mi ha mandato Minerva a dirti che c’è un dolce che non puoi assolutamente perdere, ha fatto preparare il tuo preferito da Dobby e ci teneva particolarmente...”.
Hermione scosse la testa, ancora sorridendo.
Entrati nel castello, Hermione notò che il tavolo era stato riempito da un’enorme quantità di torte e dolcetti differenti, e sedendosi nuovamente al suo posto iniziò a riempire il suo piccolo piattino di porcellana con una porzione di crumble alle mele ancora caldo, accompagnato da una delicata crema inglese.
L’atmosfera, intanto, era cambiata, e alcune coppie si erano alzate verso il centro della sala per muoversi seguendo il lento movimento della musica.
“Posso avere l’onore di questo ballo, signorina Granger?”, soffiò Huxley ad un passo da lei, convinto che non avrebbe potuto rifiutarlo davanti a tutti senza un vero motivo.
La mano di Theo, che era poggiata svogliatamente sul tavolo, si tese in maniera evidente ed
Hermione, riluttante, forzando un sorriso sul suo volto si alzò per seguire il suo indesiderato cavaliere.

Huxley trascinò lentamente lo sguardo sulla sua figura, soffermandosi per un attimo in più nuovamente sulla collana che stava indossando.
“Il tuo fascino non mi sorprende anche questa sera Hermione”, spostando una mano verso la sua vita e stringendo l’altra mano nella sua, con una presa delicata ma ferrea, mentre indirizzava uno sguardo malizioso verso Theo.
Hermione esitò per un attimo, preparandosi ad usare l’occlumanzia, se necessario.
“A che gioco stai giocando, Huxley?”
Huxley arcò un sopracciglio, stringendola leggermente di più a sé.
“La leonessa sta tirando fuori gli artigli, finalmente”.
Hermione resistette all’impulso di tirare indietro la sua mano.
“Il tuo cane da guardia non è molto felice della nostra performance”.
Theodore era sul punto di saltare fuori dalla sedia, trattenendosi a stento, mentre guardava la coppia ballare.
“Lascia fuori Theo da questa storia”, disse a denti stretti.
“Tranquilla principessa, questo ballo e farò marcia indietro, posso vedere un mago geloso quando lo vedo… E vedo anche che non sei abbastanza interessata a me, peccato, magari un giorno... Chissà”, e con un’ultima piroetta, guardandola intensamente negli occhi, la lasciò andare.


“Theo, non è il caso che tu faccia una scenata, non può succedere nulla in un contesto del genere”.
Theo distolse lo sguardo, comprendendo che Neville aveva ragione ma non riuscendo a fare a meno di essere davvero geloso del loro ballo.
I sentimenti che aveva iniziato a provare per Hermione erano più profondi di quello che pensava, non avrebbe potuto più negarlo.
Profondamente ferito dalla scena alla quale aveva appena assistito, non esitò ad allontanarsi ancora prima che lei potesse rivolgergli la parola, e alzandosi dal tavolo si unì agli altri professori.
Hermione, sospirando di frustrazione, decise che ne aveva abbastanza del comportamento di entrambi e decise che sarebbe andata a parlare con Neville e Hannah. Almeno con loro le cose sarebbero state semplici.
Da un angolo della sala grande, soddisfatto, Huxley sorseggiava un bicchiere di Firewhisky.
Tutto stava procedendo secondo i suoi piani.

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Capitolo 14
*** Qualcosa si lascia, qualcosa si trova ***


Bentornati nella mia storia con un nuovo capitolo un po' più lungo del solito!
Per ricapitolare: Thoros Nott e un altro mangiamorte sono scappati da Azkaban ed Hermione ha deciso di fare compagnia a Theo passando gran parte delle vacanze di Natale al castello. 
Durante la vigilia di Natale Theo regala una collana particolare ad Hermione, che era appartenuta a sua nonna materna, e accetta finalmente i suoi veri sentimenti nei confronti della ragazza.


Vi lascio con un nuovo capitolo, buona lettura e buon anno a tutti/e ! <3





 Per il pranzo del giorno di Natale Hermione aveva deciso di andare alla tana insieme ad Harry e a tutto il clan dei Weasley, felice di passare un po’ di tempo nel tepore caldo di quella casa che l’aveva accolta senza alcuna esitazione fin da bambina
Come al solito Molly aveva esagerato, preparando una quantità di cibo che avrebbe sfamato senza problemi tutta Hogwarts, fra timballi, arrosti, verdure di tutti i tipi e varie torte, una più gustosa dell’altra.
Harry non aveva smesso un attimo di guardare Ginny con amore, e Charlotte era sempre più luminosa per la sua gravidanza che adesso cominciava a intravedersi tramite un piccolo accenno nel pesante maglione natalizio, ed Hermione si era goduta tutta quella tranquillità familiare sorseggiando varie tisane fra un dolcetto e un altro, raccontando diversi aneddoti di Hogwarts a Ron e a tutti gli altri.
Anche Luna e Rolf erano riusciti a passare per un saluto, prima di partire per un altro viaggio in Argentina, dove sarebbero andati alla ricerca di qualche strano animale di cui nessuno, sinceramente, ricordava il nome.
“Tesoro, come sei luminosa!” le sorrisero i grandi occhi chiari di Luna, mentre le teneva le mani dopo un lungo abbraccio. “L’amore ti ha fatto bene!”
Hermione spalancò un attimo gli occhi. “Cosa?”, chiese alla ragazza.
Luna la osservò per un attimo perplessa. “Mi sono sbagliata, forse?”
“Di cosa parlate?” Si intromise Ginny, sorridendo.
“La nostra Hermione non è più circondata da tutti quei Nargilli, e la sua aura è luminosa come non lo è stata da molti anni, ma ancora non se ne è resa conto”. Luna sorrise di rimando alle due amiche.
“Le cose più strane succedono quando meno te lo aspetti!”. Aggiunse consapevolmente, e saltellò via, raggiungendo gli altri nel salotto illuminato dalla luce del caminetto.
Hermione rimase per un attimo senza parole, guardando di sbieco Ginny. “Non voglio commenti, Gin!”
L’amica alzò le mani e, scuotendo la testa, ancora con il sorriso di chi la sa lunga, seguì Luna di là in salotto.


Nonostante Hermione fosse rimasta due interi giorni alla tana non aveva avuto quasi alcuna occasione di parlare un attimo da sola con Ginny, ma per fortuna l’avrebbe raggiunta a breve per aiutarla a prepararsi per il veglione di Capodanno, una festa che si era già pentita di aver accettato.
Tornata al Castello, infatti, aveva trovato Theo ad aspettarla con una scatola di cioccolatini francesi, dicendo che glieli avevano regalati Daphne e Blaise per Natale, e in quell’occasione era passata anche Astoria, la fidanzata di Draco, a consegnare degli inviti per la festa della Vigilia di Capodanno a casa loro, in cui ognuno avrebbe potuto portare un “più uno”.
Seduti in biblioteca sotto la grande coperta di maglia che Molly aveva da poco regalato a Hermione, Theo alternava lo sguardo dalla pioggia che batteva senza sosta sulla finestra alla ragazza che era accanto a lui, e osservava, un po’ timidamente, i riflessi dorati che la luce delle lunghe candele creava sui capelli ondulati della ragazza.
Frenato dalla paura del rifiuto, Theo in questi casi rimpiangeva di essere una persona introversa, e non riusciva a cogliere l’occasione di chiedere ad Hermione di accompagnarlo.
Giocherellando con il grande tomo appoggiato sulle gambe, più volte si schiarì la gola, attirando un’occhiata curiosa della ragazza, che però rimase in silenzio, tornando sempre con l’attenzione al romanzo che stava leggendo.
“Hermione?”, sussurrò, finalmente, dopo diversi minuti, notando che aveva alzato nuovamente lo sguardo verso di lui.
“Vedi, ho questo invito per la festa di Capodanno, stavo pensando... Ti andrebbe di venire con me?”
Hermione lo guardò un attimo prima di mostrare un grande sorriso. “Mi farebbe molto piacere. Theo”, e gli lasciò un bacio sulla guancia.
Non si accorse che da quel momento in poi Theo non voltò più la pagina del libro che stava leggendo, del tutto perso fra i propri pensieri, con l’ombra di un sorriso storto che non l’abbandonò per molto tempo.



***


“No”, disse Ginny, tirando fuori un altro abito dall’armadio di Hermione.
“No, no... Neanche questo, no”.
Si rigirò fra le mani un sottile vestito rosso elegante che Hermione aveva indossato per una festa del ministero qualche anno prima. “Forse questo?”
“No, non mi sento a mio agio con quello” disse Hermione, scartando l’ennesimo abito dalle mani dell’amica.
“Potremmo fare qualche modifica, allungare un po’ le maniche, magari cambiare il colore della gonna…Aspetta un attimo”, disse, gettando da parte anche quel vestito e camminando verso un punto dell’armadio che rimaneva più nascosto.
“Basta, indosserò il mio pigiama di pile di questo passo!”.
Aveva da poco tolto una maschera per il viso dalla quale aveva ottenuto un colorito sano e luminoso e aveva sistemato i capelli in morbide onde che ricadevano dolcemente sulle spalle, ma ancora non aveva trovato nulla da mettersi.
“Questo andrà bene, il colore preferito di Nott, giusto?”, mostrò il vestito all’amica, stirandolo con un colpo della bacchetta e guardando Hermione maliziosamente. “Perfetto per il tuo appuntamento di stasera”.
“Non è un appuntamento, Ginny, è una maledettissima festa in cui ci saranno per lo più Serpeverde e maghi purosangue e… Merlino non voglio pensarci”, si lamentò Hermione, frustrata, lasciandosi cadere sul letto con una mossa drammatica.
“Ed è proprio per questo che dovrai essere più che spettacolare questa sera”, continuò Ginny, tenendo con sé il vestito con lo sguardo determinato.


Hermione si guardò accigliata nello specchio della sua camera, estremamente lontana dall’immagine dell’insicura ragazza Grifondoro che ricordava dai tempi di Hogwarts.
Un abito di seta di velluto blu abbracciava perfettamente le sue forme appena accennate, lasciandole scoperta la schiena, adornato da due sottili spalline ricoperte di piccoli strass.
Ginny l’aveva inoltre aiutata a sistemare i capelli in modo più elegante, fissandoli da un lato con un sottile fermaglio argentato che si abbinava perfettamente alla collana che le aveva regalato Theo.
“A proposito... Bella collana, è nuova?”
Hermione toccò il ciondolo sovrappensiero. “È un regalo di Theo per Natale, mi ha detto che apparteneva a sua madre”, disse distrattamente, ancora toccata però dal gesto inaspettato.
Ginny si fermò un attimo da quello che stava facendo e fissò l’amica attraverso lo specchio.
“Theodore Nott ti ha regalato un gioiello di famiglia?”
Hermione la guardò perplessa. “Sì, è quello che ti ho appena detto Gin”.
“Oh Morgana, sai almeno cosa significa?” Ginny non la smetteva di scuotere la testa, incredula e ancora sorridendo all’inconsapevolezza dell’amica.
“Sai cosa significa per un ragazzo purosangue regalare dei gioielli, soprattutto dei cimeli di famiglia?” Ginny osservò la collana più da vicino.
“È l’inizio del corteggiamento ufficiale...”.
Hermione arrossì profondamente. “Theo non lo intendeva così, sicuramente, sa che sono all’oscuro di queste cose...”
Ginny ammiccò verso l’amica. “E invece io credo che intendesse proprio questo, cara la mia Hermione, non si torna indietro dalle tradizioni con le quali si è cresciuti, soprattutto in un ambiente formale come il suo”. Hermione rimase un attimo senza parole, mentre Ginny la guardava per l’ultima volta. Il suo cuore aveva perso un battito alla conferma che un gesto del genere fosse ancora più significativo nell’ambiente in cui era cresciuto Theo, e non fu troppo sorpresa di esserne felice.
“Bene tesoro, sei pronta!”, concluse Ginny con un occhiolino, prima di prendere le sue cose e correre a casa per prepararsi anche lei. “Conquista quei serpenti!”

Il momento in cui Theo suonò alla porta di Hermione arrivò troppo lentamente ma nello stesso tempo troppo velocemente.
Hermione andò ad aprire la porta con una pesante ma piacevole sensazione di anticipazione, lasciando però nella parte più remota della mente la possibilità che questo non fosse davvero un appuntamento ma soltanto una festa fra amici, per non rischiare di rimanere troppo delusa.
Non appena aprì la porta, Theo, inconsciamente, sembrò muoversi verso di lei, come una falena che anela alla luce. I suoi occhi nocciola brillavano con quello che poteva essere descritto soltanto come desiderio.
“Hermione”, disse, quasi tentennando, mentre allungava la sua mano verso quella di lei.
“Ciao Theo”, gli sorrise la ragazza, arrossendo sotto l’intensità del suo sguardo.
“Sembri magnifica”, deglutì lui, con la voce un po’ ruvida, mentre osservava l’abito che Hermione aveva scelto per la cena, e stringendole bene il cappotto intorno le spalle la condusse verso il punto di apparizione subito fuori dai giardini del castello.
Il piccolo maniero che apparteneva ad Astoria Greengrass e Draco Malfoy era circondato da un giardino pieno di rose e fiori rari dai mille colori, illuminato da minuscole luci bianche che lo rendevano quasi fatato. La facciata della casa, bianca, risaltava nella notte, circondata da una enorme terrazza protetta da una sottile lastra di cristallo e intricate piante rampicanti, mentre l’interno delle casa era ancora più spettacolare: il marmo bianco faceva da padrone alle raffinate decorazioni invernali che rappresentavano fiocchi di neve e fiori notturni.
Il grande salone era pieno di gente.
Hermione riconobbe immediatamente molti studenti che avevano frequentato la scuola di Hogwarts con loro, per lo più Serpeverde, ma notò anche alcuni Corvonero, oltre a persone che non aveva mai visto; in ogni caso tutti gli uomini erano in giacca e cravatta, mentre le donne in abiti eleganti dall’aspetto costoso e gioielli più o meno appariscenti.
In fondo alla sala riconobbe immediatamente la chioma chiarissima di Malfoy e quella che probabilmente doveva essere la sua fidanzata, una ragazza bruna minuta dall’aspetto dolce e raffinato.
Theo, percependo il leggero disagio che stava provando Hermione in quel momento, si avvicinò maggiormente a lei. “Sei bellissima”, le sussurrò dolcemente all’orecchio, prima di lasciare un po’ di spazio fra di loro, mentre camminavano lungo la sala.
Blaise Zabini sedeva su una poltrona di pelle scura accanto a Daphne, indossando un abito nero e una cravatta di seta smeraldo, guardandoli altezzosamente con un sopracciglio leggermente alzato non appena individuò Hermione al braccio dell’amico. Sembrava un re sul proprio trono.
Inclinò verso di loro il calice di champagne che aveva in mano, con un saluto discreto.
Daphne la squadrò per un attimo ancora, prima di mandarle un saluto freddo come il ghiaccio.
“Non preoccuparti, credono di essere i miei genitori a volte...”, interruppe i suoi pensieri la voce leggermente sprezzante di Theo, mentre Daphne continuava a guardarla.
Hermione si strinse di più verso l’amico, sentendosi un po’ a disagio.
Non le piaceva essere osservata dalle persone, e non le piaceva stare al centro dell’attenzione, attenzione che Daphne sembrava aver richiamato su di loro.
Indossando la sua espressione più Grifondoro possibile, raddrizzò le spalle, mostrando di avere tutto il diritto di essere lì a quella festa, anche senza avere antenati magici, pensando probabilmente che fosse quello il problema.
Theo era orgoglioso di lei, che in questo momento sembrava un fiero leone in mezzo a una tana piena di serpenti.

Scambiandosi un ultimo sguardo con Blaise, chiese a Hermione se avesse voluto qualcosa da bere e le disse che l’avrebbe raggiunta subito.
Hermione si guardò un po’ intorno, cercando di vedere se ci fosse un piccolo divanetto libero o magari qualcuno che conoscesse un po’ meglio quando fu interrotta da una voce che non riconobbe immediatamente.
“Granger, ti sei persa o quacosa del genere?”.
“Mi dispiace, io non...”.
“Daphne, sii gentile. Hermione è mia ospite”, rispose Astoria, dando un’occhiata di rimprovero alla sorella.
Daphne la squadrò per un attimo dall’alto in basso.
Metà della stanza li stava guardando, nuovamente.
Astoria infine spezzò la tensione con un grande sorriso e un abbraccio delicato.
“Hermione, non ci siamo mai conosciute di persona ma sono contenta che tu sia potuta venire alla mia festa, mi fa molto piacere”. Gli occhi azzurri intensi di Astoria sembravano sinceri mentre si mostrava come un’ottima padrona di casa. “Mettiti pure a tuo agio, c’è un piccolo buffet in fondo alla sala e vicino al camino c’è un tavolo con diverse bevande, puoi chiedere a qualsiasi nostro elfo. Non preoccuparti, sono trattati dignitosamente”, si affrettò ad aggiungere, ricordando la lotta di della ragazza contro il maltrattamento di tutte le creature magiche.
Hermione sorrise, ringraziandola per il gentile invito alla festa e dicendole che avrebbe aspettato Theodore, quando Daphne alzò gli occhi al cielo, facendo finalmente uscire una piccola risata.
“Vieni a sederti con noi, dai!” la prese in giro, afferrandola delicatamente per un braccio, pensando che si sarebbe comportata bene per amore di Theo, anche se ancora protettiva verso il ragazzo che vedeva come un fratello.
Vedendo che Daphne aveva cambiato atteggiamento anche Hermione si sciolse ed entrò in una piacevole conversazione con il piccolo gruppo verso il quale l’aveva condotta.
Pian piano si stava rendendo conto che la maschera di gelida austerità che la bionda Serpeverde indossava era soltanto un velo che celava in realtà un carattere gentile e solare, ma estremamente protettivo verso le persone che amava. Sotto questo aspetto erano molto simili.
Theo si era unito a loro per un po’ di tempo, prima di essere chiamato da un vecchio compagno di scuola con il quale stava ancora parlando, poco più lontano.
 
“Il tuo ragazzo ti ha lasciato di nuovo, Granger?” disse una voce vicino al suo orecchio.
Lei non ha neanche battuto ciglio. “Non è il mio ragazzo”, gli rispose con voce monotona, senza neanche guardarlo, riconoscendo anche dopo tanti anni la voce fastidiosa del suo antagonista scolastico.
“Se lo dici tu...”, alzò scetticamente un sopracciglio, sedendosi accanto a lei senza neanche essere invitato.
Hermione si voltò finalmente verso di lui, appena infastidita.
“Non credo che ogni aspetto della vita privata di Theo sia qualcosa che ti riguardi, giusto?”.
Malfoy fece una risata amara. “Granger, lo conosco da quando eravamo in fasce. Non l’ho mai visto così preso da una ragazza... Permetti a un povero amico di essere curioso!”.
“Allora dovresti chiederlo a lui”, sorrise in risposta Hermione.
Draco si fermò un attimo, prima di cambiare a poco a poco espressione.
“Come puoi essere così tranquilla nei miei confronti, eh?” disse Draco, posando un bicchiere sul tavolino, con lo sguardo traballante.
“Non ricordi l’ultima volta che ci siamo incontrati? Era nel mio maledetto salotto”. Le afferrò il braccio con la cicatrice, fissandolo come se le lettere, leggermente iridescenti sotto la luce delle candele, potessero ucciderlo con lo sguardo, quando Theo gli mise una mano sul suo polso.
Hermione si tese al ricordo che aveva evocato il biondo.
“Draco”, lo fermò con una voce profonda, ribollente di rabbia. “Togli subito le tue mani da lei”.
Draco sbuffò, mentre anche Astoria, preoccupata per la discussione che stava avvenendo alla sua festa, si precipitava da lui. “Draco cosa stai facendo?” Gli chiese, preoccupata.
Draco rilassò l’espressione sul suo viso, staccandosi da Hermione e facendo una carezza piena d’amore sul braccio della fidanzata. “Nulla, amore mio, torna pure dai tuoi ospiti, ti raggiungo subito, devo soltanto scambiare due parole con Theo”, concluse, fissando l’amico negli occhi.


 
 



Theo si sedette a fianco a lei, schiarendosi la gola.
“Mi dispiace per Draco, lui è...”
“Non c’è niente di cui scusarsi Theo” lo tranquillizzò Hermione. “Conosco bene i suoi modi.
Lo conosco da anni”, gli sorrise un po’ triste, mentre il ragazzo le prendeva una mano nelle sue, ma lei la ritirò improvvisamente.
“Se vuoi scusarmi, devo andare un attimo in bagno”, disse, stranamente pallida.
Non appena l’aria fredda la colpì dal balcone Hermione capì che qualcosa non andava. Non si sentiva più neanche brilla, si sentiva male.
Aveva le vertigini e sentiva che stava diventando sempre più difficile vedere, pensare.
Spostandosi sempre più all’esterno alla ricerca di aria, non si accorse che due forti braccia la tenevano mentre la visione le diventava sempre più sfocata.
“Hermione! Bevi questo...”, le disse, passandole una piccola fiala di pozione Pepper-up.
“Perdonami, perdonami, non avrei mai dovuto portarti qui”.
Hermione sbatté le palpebre, leggermente confusa, guardando gli occhi preoccupati di Theo.
Si rese conto di trovarsi ancora in terrazza, seduta sugli immacolati gradini di marmo, fra le braccia dell’amico, che continuava ad accarezzarle le braccia sotto la giacca che le aveva appoggiato sulle spalle senza che lei se ne accorgesse.
“Cosa è successo?”, disse con voce gracchiante.
“Niente tesoro mio, semplicemente uno scherzo di cattivo gusto”. Theo guardava dritto davanti a lui, con l’espressione devastata. “Non avrei mai dovuto portarti qui. Uno degli ospiti ha pensato di farti scivolare una pozione capogiro nel tuo vino, mentre eri distratta dalla discussione con Malfoy...
Andiamo via Hermione, siamo stati qui anche troppo”.
Theo ripensò alla discussione che aveva avuto con Draco poco prima.

“Sei un malato pezzo di merda!” disse Theo, arrabbiato verso l’amico. “Non ti rendi conto di come possa sentirsi, ancora?!” Non voleva altro che prenderlo a pugni, ma per rispetto di Astoria si stava trattenendo.
“Curioso detto da te che sei nella mia stessa posizione, Theo...”
“Stessa posizione?”, rispose incredulo. “Non sono mai stato nella tua stessa posizione perché non me ne è mai potuto fregare di meno di quello che ha detto mio padre, Draco! L’hai vista torturare da quella pazza di tua zia e non hai fatto nulla!”, disse, sconvolto.
“Che cosa avrei dovuto fare?” Si giustificò Draco, mostrandosi leggermente imbarazzato dal rimprovero dell’amico. “Ci avrebbe ucciso entrambi! Tu che avresti fatto?”
“Sarei morto!” Lo guardò Theo con veemenza, senza alcuna esitazione.
“Sarei morto perché non avrei mai avuto il coraggio di guardare un mio compagno di classe essere torturato a casa mia senza fare assolutamente nulla, Draco... Avrei cercato di trovare un minimo di coraggio per poter fare qualcosa, qualsiasi cosa”.
Draco impallidì allo sfogo dell’amico, rimanendo in silenzio, mentre Theo concludeva, con voce più bassa.
“Questa è la differenza fra me e te, Draco. Che mentre tu fai finta che la guerra non sia mai esistita, io non ho mai creduto a tutto questo schifo”. Si fermò un attimo.
“Quando me l’avresti detto?”
Draco sembrava nauseato, ripensando alla cicatrice di Hermione.
“Mi dispiace, Theo. Non credo più in quella merda neanche io, ma ci è voluto molto tempo...”.
“Ma credi ancora di essere superiore rispetto a un nato babbano?” Lo interruppe Theo.
Draco deglutì a disagio. “Penso soltanto che siano diversi, la mancanza di educazione magica...-”
Theo sbuffò, scuotendo la testa. “Non cambierai mai totalmente, Astoria non è così”.
Draco guardò dritto davanti a sé, prima di allontanarsi con una smorfia.
“Astoria è troppo buona per me”.


Hermione gli accarezzò il braccio, distraendo Theo dai suoi pensieri, mentre tirava un sospiro di sollievo.
“Era soltanto uno scherzo di dubbio gusto, Theo. Non c’è bisogno di andare”. Hermione già si sentiva meglio, consapevole che la paura le aveva giocato uno scherzo maggiore di quella stupida pozione del livello dei Tiri Vispi Weasley.
“Non possiamo andare via, giocheresti al loro gioco. Andiamo dentro e godiamoci il resto della serata”, gli sorrise.
Muovendosi per restituirgli la giacca, osservò il ragazzo ancora titubante sul suo suggerimento. “Prometto di non accettare nulla che non provenga dalle tue mani”, cercò di sdrammatizzare la ragazza, alzandosi in piedi e stringendolo in un abbraccio veloce.

Il resto della serata andò sorprendentemente molto bene; anche Daphne e Astoria si erano arrabbiate per lo stupido scherzo a casa loro, facendo scomparire qualsiasi pozione avesse potuto rovinare ulteriormente lo spirito della festa.
Era quasi mezzanotte.
Theo posò il bicchiere sul tavolino di marmo e l’afferrò per la vita con entrambe le mani, sorridendole sinceramente, mentre la musica e le risate scorrevano intorno a loro.
“Mi concederesti un ballo?” Le chiese, prendendole la mano.
Ballarono e volteggiarono per alcuni minuti, fino a quando le luci non si abbassarono ad indicare gli ultimi secondi prima dell’arrivo del nuovo anno.
L’atmosfera cambiò improvvisamente, mentre tutti si preparavano ad accogliere la speranza di un anno fortunato.
Dieci.
Nove.
Otto.
Le luci ormai soffuse creavano un’atmosfera onirica intorno a loro, il brusio delle voci era sempre più lontano.
Sette.
Sei.
La musica sembrava sempre più distante, varie coppie si stavano avvicinando tenendo in mano calici pieni di Champagne.
Cinque.
Quattro.
Hermione trattenne l’aria, osservando il profilo di Theo illuminato dalle piccole luci chiari nel chiaroscuro della grande stanza.
Tre.
Theo si voltò lentamente verso Hermione, un sorriso malizioso sul suo volto.
Due.
Prese le sue mani, mentre lei si avvicinava a lui, gli occhi collegati. Il suo pollice disegnò lentamente dei cerchi sul dorso della sua mano mentre lei respirava profondamente.
Avrebbe avuto bisogno di tutto l’autocontrollo del mondo in piedi proprio di fronte a lei, così vicino che poteva sentire l’odore del suo profumo muschiato.
Uno.
I loro volti erano sempre più vicini, un solo soffio d’aria separava le loro labbra.
Intorno a loro tutti erano scomparsi. Hermione chiuse gli occhi.


Buon anno a tutti!

Le luci si alzarono improvvisamente, e scoppiettanti fuochi d’artificio magici iniziarono a creare una strabiliante danza di forme e colori sul grande soffitto della sala.
“Buon anno Hermione”, mormorò Theo al suo orecchio, prima di darle un piccolo bacio sulla guancia.
Tempismo perfetto. Pensò la ragazza, arrossendo profondamente, mentre Theo la guardava con quel sorriso estremamente consapevole di quello che era appena successo.
Non ebbe il tempo di rispondere che vari amici furono da loro per scambiarsi gli auguri, ed Hermione si perse nell’entusiasmo del nuovo anno, ancora senza parole per le sensazioni provate poco prima, l’attrazione verso il ragazzo aumentata esponenzialmente.







Era notte fonda ormai e corpo di Theodore era appoggiato contro di lei, con il suo tipico odore di legni e di pioggia, mentre i due ragazzi si dirigevano verso Hogwarts, ancora sorridenti per quella che infine si era rivelata una bella serata.
“Non devi accompagnarmi fino alla mia stanza, Theo, sto bene”, gli sorrise Hermione con un’aria tenera ma con un pizzico di furbizia femminile, mentre arrivavano verso la porta della sua camera nel Castello.
I suoi capelli mossi, morbidi, le incorniciavano il viso e le labbra socchiuse, invitanti, risaltavano sulla sua pelle liscia e pescata, la sua pelle che sapeva di vaniglia e fiori notturni.
“So che non devo”, le sussurrò Theo a un passo dal suo viso.
“Ma voglio”.
Le sfiorò la guancia con la punta delle dita, mentre iniziava ad accarezzarle dolcemente il viso, dai lati della fronte, il naso dritto, il profilo delle sue labbra morbide, scendendo fino alle sue spalle, le sue braccia e i suoi fianchi.
Sentiva il bisogno primitivo di baciarla, con ogni fibra del suo corpo.
La pelle gli bruciava attraverso i vestiti, a contatto con lei, il suo respiro così vicino da solleticargli le labbra, il cuore batteva senza un regolare andamento.
Si chinò su di lei lentamente, ma con decisione, dandole il tempo di ritirarsi se avesse voluto.
Si fermò per un attimo, cercando nel suo sguardo ogni piccolo accenno di esitazione, ma non ne trovò nessuno.
Non appena sfiorò le sue labbra smise di pensare all’istante, il mondo scomparve intorno a lui, la gioia gli esplose nel petto, il respiro si fece affannoso.
Le loro mani si intrecciarono naturalmente, mentre lei rispondeva al bacio con inaspettato entusiasmo, prendendo in giro le sue labbra morbide e calde con delicatezza prima e sempre più intensamente, con irruenza, con passione, dopo.
Hermione sentì che ogni briciolo di razionalità rimasta la stava abbandonando, persa in quel momento che non si era accorta di aver aspettato per così tanto tempo, le mani le formicolavano, provando la sensazione di precipitare nel vuoto.
Desiderava che questo momento non finisse mai e che continuassero a baciarsi, esplorarsi, assaggiarsi ancora, e ancora, e ancora.
Proprio quando sentì i loro corpi aderire maggiormente, il tocco del ragazzo si fece più delicato, accarezzandole dolcemente il profilo dei fianchi, mentre si staccava per darle piccoli baci sul collo, assaporandone ogni centimetro.
Si fermò per un secondo appoggiando la sua fronte su quella di lei. Era estatico.
Neanche nei sogni più belli avrebbe potuto immaginare una chimica simile. Hermione lo guardò sognante, ancora affannata, le labbra rosse e gonfie dalla loro bacio.
Rimasero a guardarsi ancora per un istante, increduli, liberi, assaporando il ricordo del sapore dell’altro sulla punta della lingua, il respiro mozzato.
Erano entrambi in pace, senza parole.

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Capitolo 15
*** Prima della tempesta ***


Il chiarore dell’alba si diffondeva dalle finestre della sala grande, ancora deserta, ed Hermione, assonnata a causa dei sogni estremamente vividi che l’avevano tenuta piacevolmente sveglia per diverse ore, sorseggiava un caffè apprezzando il tepore gradevole dell’aurora, mentre le sue labbra si separavano, estatiche, al ricordo del bacio di Theo.
E che bacio.
Un bacio che l’aveva tenuta sveglia la notte, un bacio che le faceva ancora formicolare le dita delle mani, un bacio che invece di calmarla l’aveva infuocata, chiedendo di più, di più, di più.
Sorrise nuovamente nella sua grande tazza di caffè, quando fu delicatamente interrotta dalle sue fantasticherie.
“Siamo di buon umore questa mattina?”
Con le guance un po’ arrossate, e gli occhi che brillavano fra l’adorazione e un velo di imbarazzo, Theo si avvicinò ad Hermione, esitando appena, come se temesse che quello che era successo non era stato altro che un dolce sogno.
“Tutto merito di qualcuno...” lo prese in giro bonariamente Hermione.
“Qualcuno di speciale spero”, le sorrise.
Hermione si alzò, avvicinandosi al ragazzo, prima di dargli un morbido ma timido bacio sulle labbra.
“Molto speciale”, mormorò.
Theo le sorrise teneramente, avvicinandosi di nuovo alle sue labbra, e quel piccolo segno di incoraggiamento gli era bastato per approfondire il bacio, le mani che cercavano il corpo di Hermione, fino a quando, ansimando per un attimo, non si costrinse a staccarsi.
“Salazar, siamo in Sala grande, potrebbe entrare chiunque”, sussurrò, imbarazzato dal suo comportamento così insolito.
Hermione si lasciò sfuggire una risatina, prima di sedersi e trascinarlo vicino a lei.
I suoi occhi non facevano che guardarla con venerazione, ancora increduli dei sentimenti così facilmente corrisposti.
Si sentiva sereno, appagato, libero.
Si sentiva scelto per la prima volta da qualcuno.
Da quando sua madre era scomparsa, tutto ciò che l’aveva accompagnato nel corso degli anni era stato l’amaro risentimento del padre per non essere stato il figlio perfetto, alcuni amici di cui non è mai riuscito a fidarsi totalmente e la pungente consapevolezza di essere sempre stato il Secondo.
Un ottimo studente, certo, ma aveva preferito tenere per sé le soluzioni giuste, lavorando brillantemente senza esporsi mai.
Bravo sulla scopa, ma troppo timido per essere una Stella del Quidditch.
Apprezzato dalle ragazze, ma a Serpeverde era stato molto più elettrizzante il suo cognome che Theo in sé, e nelle altre Case era stato semplicemente associato a qualcosa di malvagio a causa dei colori che indossava.
Incompreso.
Ma ieri qualcosa era cambiato, negli ultimi mesi qualcosa era cambiato ed Hermione era stata l’ancora che l’aveva tirato su, un’amica che lo aveva ascoltato davvero, lo aveva apprezzato, gli era stata vicina.
E ora che aveva capito che i sentimenti che aveva lentamente sviluppato per lei erano più che ricambiati si sentiva finalmente in pace.
Tutto stava andando bene.


 
   ___________________________




“Allora, mi hai promesso un giro in scopa, cara Hermione...”
La ragazza lo guardò con un’espressione quanto più possibile indifferente.
“Davvero? Deve essermi sfuggito sinceramente”.
Theo scoppiò a ridere, prendendole una mano fra le sue, mentre la osservava con la testa leggermente piegata di lato.
“Dove è finito il tuo coraggio Grifondoro?”, la stuzzicò.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Davvero, Theo? Quanto è immaturo tirare fuori le nostre Case quando-”
Fu interrotta con un bacio.
Theo continuava a sorriderle. “Scusa, non ho resistito, sei troppo bella quando sei imbronciata”.
“Allora mi troverai bella per tutto il giorno, dato che non mi lascerò assolutamente convincere a fare alcun giro di scopa, né oggi, né mai”, gli rispose Hermione, mostrandosi ancora un po’ corrucciata.
“E se ti convincessi con un altro bacio?” la baciucchiò Theo.
“E un altro? E un altro ancora?”.
“Per quanto l’offerta possa sembrare molto allettante...”.
“Non lascerò che ti succeda nulla”, la rassicurò.
Hermione lo guardò lateralmente, mentre avvicinava maggiormente le sue ginocchia incrociate alle sue. Theo continuava a guardarla con gli occhi da cucciolo, occhi ai quali Hermione non seppe resistere e, sbuffando, gli rispose: “bene, hai vinto tu, ma giuro, Theo, che se mai dovessi pentirmi di questa scelta...”.
“Non te ne pentirai”, rispose entusiasta il ragazzo, con gli occhi che brillavano di eccitazione.

Hermione guardò la scopa con un po’ di scetticismo, non essendo una grande amante delle altezze e soprattutto non essendo una grande amante delle scope da Quidditch.
Con un respiro profondo si posizionò davanti al ragazzo, e lui le tirò un braccio intorno alla vita.
“Pronta?”
“Non lo sarò mai!”
Theo sorrise sulla sua testa, tenendola più strettamente. “Fidati di me, Hermione”, le disse, cominciando a sollevarsi da terra, mentre la sua scopa prendeva quota sempre di più.
“E ora fai un bel respiro e apri gli occhi”, le sussurrò ad un orecchio, prima di mostrarle l’indescrivibile bellezza dei giardini di Hogwarts da un altro punto di vista.
Hermione, per una volta nella vita, era senza parole.
La scopa di Theo si muoveva fluidamente e la presa ferrea del ragazzo aveva fatto sì che Hermione riuscisse a rilassarsi un po’, mentre sfrecciava sul lago nero e sui luoghi che più aveva apprezzato da bambina.
I colori del Castello, sfocati dalla velocità della scopa, creavano un affascinante dipinto impressionista dal quale Hermione non riusciva a staccare gli occhi.
Sorrise, elettrizzata dall’adrenalina, pensando che era stata così sciocca da aver quasi rinunciato ad un’esperienza così emozionante a causa della paura.
Theo si era rivelato un ottimo volatore, sicuro di sé ma lontano dall’arroganza di Harry e Ron su una scopa, che non facevano altro che mostrare acrobazie ed effetti speciali...
“Whoo, rallenta”, urlò Hermione, che non aveva ancora finito di pensare a quanto fosse un volatore educato quando ha fatto proprio quello che facevano gli altri due ragazzi. Pavoni.
Theo rise di gusto, dandole un piccolo bacio dietro la nuca.
“Tranquilla, amore, ti sto tenendo io”.
Piano piano cominciò a volare sempre più basso, fino a quando i loro piedi erano, di nuovo, saldamente ancorati nel terreno.
Quando Hermione si girò verso il ragazzo rimase quasi commossa dall’espressione estatica che mostrava.
“Volare mi ha sempre fatto sentire libero”, le spiegò, mentre le toglieva alcune foglie che le erano rimaste impigliate fra i capelli.
“Ti è piaciuto?”, sorrise speranzoso.
Hermione per un attimo avrebbe voluto dirgli di no soltanto per orgoglio ma non se la sentì di rovinare il sorriso beato che non accennava ad abbandonarlo.
“È stato piacevole, lo ammetto”.
Theo alzò un sopracciglio, scettico.
“Solo piacevole? Mi dovrò impegnare di più la prossima volta...”
Hermione gli diede un piccolo sbuffo sulla spalla, prima di avvolgerlo in un abbraccio.
“È stato meraviglioso, liberatorio. Grazie”.

Il resto delle vacanze fece sì che Theo ed Hermione si avvicinassero sempre di più, scoprendo dei lati di ognuno che l’altro non conosceva.
Hogsmeade li vide passeggiare mano nella mano, nonostante ci fosse ancora qualche sussurro malevolo lanciato qua e là, ma la loro felicità sembrava non risentirne, e avevano visitato Hagrid più spesso di quanto avrebbero pensato, accolti dai suoi soliti biscotti marmorei ma fatti con amore e bevendo numerose tazze di tè, mentre il mezzo-gigante li guardava sorridendo fra sé e sé, come se ancora non si convincesse bene della strana coppia Grifondoro- Serpeverde, che poi, rifletteva, erano più simili di quanto pensassero.
I giorni scorrevano quindi lenti, mentre Theo ed Hermione si crogiolavano in quella bolla di soffusa felicità, una bolla che presto sarebbe destinata a scoppiare.


 
 

Ciò che li circondava, non era altro che la debole quiete che precede la tempesta.
 
 
 
 

 
___________________________
 
 
 
 
 
Era sera, avevano deciso di rinunciare alla cena in sala grande per passare un’ultima serata da soli, lontani dal chiasso del rientro degli studenti.
Hermione gli avvolse le braccia intorno al collo mentre lui le tirò un braccio intorno alla vita. “Domani si ricomincia”, esitò Hermione, incerta se esprimere ad alta voce alcuni suoi pensieri.
Theo, percependo la sua preoccupazione, le disse che tutto sarebbe andato bene, ma la ragazza non era convinta.
“Ho questa strana sensazione, come se qualcosa dovesse succedere da un momento all’altro...”
Theo la osservò per un momento.
“Vuoi parlarne?”
Hermione deglutì, pensando che non riusciva a guardare Theo e mentirgli su cose importanti.
“Theo, credo di non averti detto tutta la verità”.
Il ragazzo fermò le sue carezze, immobilizzandosi.
“Che cosa vuol dire?”, si passò una mano fra i capelli.
Hermione si sedette sul divano della sua camera, seguita da lui.
“È successo qualcosa, prima di Natale, Theo, io, perdonami... Avrei dovuto dirtelo prima, sono stata una sciocca, avevi il diritto di saperlo...”.
“Hermione, tesoro, guardami”, le strinse le mani Theo. “Respira. Qualunque cosa sia possiamo risolverla insieme”.
Hermione era ancora esitante, quando si alzò avviandosi verso il cassetto dell’armadio accanto al suo letto, dal quale estrasse una lettera.
Una lettera elegante.
Una lettera che saltò sinistramente all’occhio di Theo.
Hermione non riuscì a guardarlo negli occhi, mentre gli consegnava la lettera che avrebbe dovuto mostrargli diversi giorni prima.
Theo si tese, leggendo le inquietanti parole del padre, aprendo la bocca, come per dire qualcosa, le parole ferme sulla punta della lingua.
Hermione non resistette quando Theo alzò il suo sguardo tradito verso di lei, gli occhi le tremavano a causa delle lacrime che minacciavano di scendere.
Non ti perdonerà. Hai superato un limite.
I due ragazzi rimasero per alcuni interminabili secondi ad osservarsi, senza parole, mentre Theo deglutiva con la lettera ancora fra le sue mani tremanti.
Il silenzio era opprimente.

Theo si alzò lentamente dal divano, continuando a guardarla; Hermione era convinta che sarebbe andato via.
Tutti vanno via. Non è abbastanza quello che fai.
Non sei abbastanza.
Ma al contrario di quello che pensava Hermione, il ragazzo si avvicinò a lei, stringendola gradualmente fra le sue braccia.
“Lo risolveremo insieme Hermione”, le sussurrò fra i capelli. “Però promettimi che non nasconderai più qualcosa del genere”.
Hermione lo stringeva quasi spasmodicamente, rifiutandosi di lasciarlo andare.
“Te lo prometto Theo, perdonami”.
Theo le mise una mano sotto il mento, fino a che i loro occhi non si incontrarono.
“Non hai nulla da farti perdonare, io... Avrei soltanto voluto che ti fossi fidata di me”.
Sospirò, prima di stringerla nuovamente, questa volta con più vigore.
“Ma ti giuro che mio padre non ti toccherà mai, Hermione, lo giuro sulla mia magia”.

Quella notte i loro corpi divennero un tutt’uno, mentre la passione li consumava fino ad addormentarsi l’uno fra le braccia dell’altra.






Svegliato dai primi raggi del sole, Theo si girò per trovare un letto vuoto.
Aggrottando un attimo le sopracciglia, si alzò per andare a vedere dove fosse andata Hermione quando vide sul tavolino una breve nota e quello che doveva essere un caffè magicamente incantato per restare caldo.
Lasciò uscire un sorriso, mentre leggeva il biglietto che gli aveva lasciato Hermione.

Buongiorno Theo,
eri così rilassato e tranquillo che non me la sono sentita di svegliarti.
Volevo scendere presto per recuperare alcuni ingredienti nell’aula di Pozioni...
Ti aspetto per la colazione.



Tua, Hermione
 
 
Theo piegò la nota e la mise in una tasca, e dopo aver preso qualche sorso di caffè si affrettò a prepararsi per raggiungere Hermione in sala grande.
Salutò brevemente Neville, prima di lasciarlo alla conversazione in cui si stava impegnando con la signora Pomfrey e sorrise brevemente agli altri, con la testa ancora distratta dalla notte che aveva passato con Hermione.
Erano passati però parecchi minuti, e mentre studenti e professori avevano iniziato a riempire la Sala grande, Hermione ancora non era tornata.
Theodore sentì che qualcosa non andava.
Cominciò a guardarsi intorno, con una brutta sensazione.
 
 
 
___________________________





“Buongiorno Sanguesporco”.

Hermione sussultò, andando velocemente ad afferrare la sua bacchetta, ma la figura davanti a lei era stata più veloce.
“Expelliarmus”.
Hermione si congelò. Era stata una sciocca.
Sciocca, sciocca, sciocca. Le parole di Malocchio non le avevano insegnato proprio nulla?
Vigilanza costante.
E invece si era lasciata distrarre, cullata dal falso senso di fiducia che in quei giorni di calma aveva instillato in lei, come un serpente, per colpire nel momento più opportuno.
E lei c’era cascata con tutte le scarpe.

Huxley la guardava con il sorriso di un predatore che aveva appena trovato la preda perfetta.
“Bene bene bene” iniziò, camminando verso di lei.
“Cosa abbiamo qui? La ragazza d’oro sconfitta da un semplice incantesimo disarmante...”.
Hermione cominciò a indietreggiare fino a quando non sentì la cattedra dietro di lei.
Dove sei, Theo? Pensò mentre cominciava a sentire il principio di un attacco di panico.
“Ma questo è soltanto l’inizio, tesoro. Ed è soltanto colpa tua. Quel povero ragazzo ha cercato di avvertirti in tutti i modi, facendo di tutto per non lasciarti da sola con me, e invece...
Invece ora i piani stanno andando proprio come previsto”. Le sorrise meschinamente.

Lo sguardo di Hermione saettò verso la porta dell’aula, ma Huxley la afferrò per un polso e la tirò davanti a sé.
“No, no, no, Hermione, non ci pensare nemmeno”, e con un colpo di bacchetta mise a tacere la stanza e bloccò la porta.
Nonostante la paura l’avesse resa di pietra, Hermione cercava ancora di apparire ribelle e coraggiosa.
“So cosa sei”, riuscì a mormorare Hermione.
“Ottima intuizione mia cara, dieci punti a Grifondoro”, le sussurrò sul collo.
Hermione rabbrividì, cercando di trovare in fretta una soluzione.
“Che cosa vuoi da me?” lo interrogò Hermione, cercando di guadagnare del tempo.
Huxley la girò verso di lui, erano così vicini che Hermione poteva sentire il suo respiro.
“Tutto a tempo debito”, le rispose, cominciando a prendere un oggetto dalla sua tasca, quando fu separato bruscamente dalla ragazza dallo scoppio della porta dei sotterranei.
“Maledizione!” Sbottò Huxley, accorgendosi che la stanza era diventata completamente buia.

Chiunque avesse avuto l’audacia di interromperlo se ne sarebbe pentito amaramente.
“Lumos”, provò.
Nulla.
“Lumos”, provò con più intensità, ma ancora nulla.
Mettendosi in posizione di difesa, cercò di affinare i sensi della creatura che era in parte dentro di sé per orientarsi, e mandò un rapido Reparo e Colloportus di fronte a lui, in direzione della porta.

“Polvere peruviana buiopesto”, lo schernì una voce profonda.

Huxley si immobilizzò per un attimo, avrebbe dovuto pensarci.
“Theodore Nott, è sempre un piacere”, sputò, prima di evocare un pesante incantesimo oscuro che riuscì a dissipare il buio creato dalla polvere.
Guardandosi intorno, notò con dispiacere che Hermione ora si trovava di fianco a un Theo piuttosto arrabbiato con la bacchetta puntata contro di lui.
Huxley li osservò per un un attimo, prima di sorprenderli con una risata sarcastica.
“Davvero pensi di poter avere una sola possibilità contro di me, Nott?”
Theo lo guardò dritto negli occhi.
Per la prima volta Hermione stava guardando l’altra versione del ragazzo, quella che non le aveva ancora mostrato, quella pericolosa.
“Mettimi alla prova”, gli rispose, prima di indirizzare verso di lui quella che non poteva essere altro che potente magia oscura.
Incantesimo dopo incantesimo, Theodore e Huxley sembravano sfidarsi in una danza mortale, con colpi precisi e sempre più intensi.
“La bacchetta, Hermione!” Le urlò Theo, indicandole un punto dell’aula che Hermione si affrettò presto a raggiungere.
Hermione sembrava molto più determinata, ora che non era più disarmata.
“Abbiamo sconfitto Voldemort, chi sei tu in confronto a lui...”.
Huxley le rivolse un sorriso derisorio.
“Non vorresti saperlo”, le rispose, inviandole un incantesimo che lei schivò velocemente, dopo averne bloccato un altro con un protego.
Theo spostava velocemente gli occhi da Huxley ad Hermione, cercando di calcolare i movimenti del professore per proteggere la ragazza, e Huxley sorrise dentro di sé, avendo appena trovato la debolezza che l’avrebbe portato alla vittoria.
Concentrando gli attacchi su di lei, e cercando soltanto di difendersi da quelli di Theo, colpo dopo colpo riuscì a causarle un profondo taglio sul braccio, che costrinse Hermione a lasciar andare nuovamente la sua bacchetta.
“Hermione!”, sussurrò Theo, cercando di raggiungerla, ma era troppo tardi.

Huxley la teneva davanti a sé, con una mano intorno alla vita e la bacchetta puntata sul collo, tutto il sarcasmo sparito.

“Ora, se fossi in te lascerei velocemente la bacchetta, a meno che tu non voglia avere la tua ragazza sulla coscienza”.
Theodore deglutì, il suo sguardo vacillò per un attimo.
Era troppo vicina, non poteva rischiare. Avrebbe dovuto trovare un piano, giocare d’astuzia.

Guardandolo con disgusto, lasciò cadere la bacchetta.

“Bene bene, un’ottima scelta. A questo punto proporrei una piccola gita fuori porta, piccolo Theodore.
Una piccola gita nel maniero dei Nott”, ghignò Huxley attivando una piccola passaporta, appena un attimo prima che nel Castello scoppiasse il caos.

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Capitolo 16
*** Il gioco inizia ***




Ciao a tutti! Era da un po' che non pubblicavo ma sono stata davvero impegnata con il mio lavoro e ho avuto un po' un blocco nella scrittura che non mi ha fatto andare avanti molto, ma finalmente sono riuscita a finire questo nuovo capitolo, anche se un po' più breve degli altri.
Cercherò di pubblicare più regolarmente e auguro una buona lettura a chi avrà ancora voglia di sapere come va a finire questa storia.

Un bacio *








Minerva McGranitt stava pigramente sorseggiando la sua tazza di tè amaro, non prestando troppa attenzione all’ambiente circostante, quando percepì distrattamente le parole concitate del giovane Nott rivolte all’amico Longbottom.
Hermione.
Mancante.
Huxley non è qui
.

Tutto il corpo dell’anziana preside si irrigidì mentre davanti a lei la scena sembrava procedere a rallentatore: Theodore Nott, estremamente pallido, si era alzato bruscamente dal lungo tavolo della colazione e si stava precipitando verso l’uscita della grande sala senza guardarsi indietro neanche per un attimo, oltrepassando l’imponente portone appena un attimo prima che le porte si sigillassero con un incantesimo.
Poco dopo scoppiò il caos.
Neville, lontano ormai dall’essere soltanto il semplice e pacifico professore di erbologia, aveva appena indossato la sua maschera più risoluta mentre si affrettava a seguire l’amico, accorgendosi però che le porte erano apparentemente bloccate da una magia sconosciuta, una magia oscura che Minerva riconobbe immediatamente: quel sottile incantesimo, poco efficace ma particolarmente noioso da sciogliere stava ottenendo esattamente lo scopo per il quale era stato programmato: far perdere tempo.
E Minerva sentiva nel profondo del suo stomaco che ogni singolo secondo sarebbe stato invece fondamentale.

“Per tutti gli studenti, rimanete nei vostri posti”, esclamò la voce decisa di Neville, amplificata da un incantesimo Sonorus.
“Io, la preside e gli altri colleghi ci occuperemo di qualsiasi cosa stia succedendo qui, rimanete calmi e seduti nei vostri posti”.

Mormorii di preoccupazione si alzarono fra i giovani di tutte e quattro le case e nessuno di loro pensò neanche per un momento di non ascoltare il comando dell’insegnante, probabilmente anche a causa della guerra ancora recente nei loro ricordi, ma anche i più curiosi non sembravano essere troppo contenti degli sguardi preoccupati che continuavano a lanciarsi i due adulti, mentre si affrettavano a sciogliere i reparti messi sulla sala grande.

Non appena si udì il familiare sblocco dell’incantesimo contenitivo, Neville fu il primo a precipitarsi verso il pesante picco di magia che proveniva dai sotterranei: qualcuno stava duellando, e non stava duellando soltanto con lo scopo di disarmare.
La magia oscura frizzava effervescente nell’aria e la pelle del giovane professore cominciò ad accapponarsi sotto l’aria pesante e anticipatoria di qualcosa che non doveva rappresentare nulla di buono ma continuò, motivato dalla sua determinazione, ad avanzare senza sosta, trovando infine la fonte di tutta quella magia: l’aula, ancora fresca dall’oscura firma magica di Theodore Nott ed Edwin Huxley, era ormai vuota.
Ad un angolo, buttata a terra in maniera disordinata, c’era la borsa di Hermione.



 
 
___________________________






Hermione sentiva il suo cuore battere forte nella sua cassa toracica mentre veniva trascinata, senza alcuna premura, attraverso i corridoi bui di quello che doveva essere, secondo le parole di Huxley, il maniero dell’antica casata dei Nott.
Il grande edificio incombeva sinistramente su di loro, buio, minaccioso, come se neanche la luce riuscisse a penetrare attraverso le scure finestre.
È qui che è cresciuto Theo? Pensò Hermione con un brivido, immaginando lo sfortunato bambino cresciuto fra queste mura gelide.
Si voltò per un attimo verso il ragazzo, che attualmente stava camminando proprio accanto a lei con la bacchetta di un mangiamorte puntata senza alcuna esitazione sulla sua schiena.
Huxley nel frattempo stava tenendo le sue dita strettamente aggrovigliate sul braccio della ragazza, senza alcuna fretta, con l’atteggiamento sicuro di chi pensava di avere già vinto.
Hermione fece una smorfia, pensando che probabilmente erano davvero nei guai.
Avrebbe dovuto soltanto sperare che al Castello qualcuno si fosse già accorto della loro sparizione, con una piccola dose di fortuna magari l’avrebbe fatto proprio Neville, ed Hermione non poteva essere più grata come in quel momento del fatto che Theo avesse voluto confidarsi proprio con l’amico di tutti i sospetti che aveva avuto su Huxley fin dal primo giorno in cui era arrivato al Castello, sospetti che lei stessa aveva inizialmente minimizzato, pensò con orrore, ma non ebbe il tempo di continuare ad autocommiserarsi poiché dopo pochi passi furono bruscamente gettati in una stanza, bloccata immediatamente da un incantesimo che non era riuscita a riconoscere.
Come se avessero le loro bacchette con loro, sbuffò.

Si voltò verso Theodore che ora stava cercando di evitare il più possibile il contatto con i suoi occhi e si avvicinò per posargli dolcemente una mano sulla guancia tumefatta dal precedente duello con Huxley, cercando di rassicurarlo.
Per la prima volta aveva visto Theodore Nott sotto un altro punto di vista, quello dell’astuto, calcolatore e amante delle arti oscure, un serpeverde che aveva maneggiato abilmente e in maniera elegante incantesimi difficili e letali, e contro ogni giudizio questo l’aveva attratta ancora di più.
La sua sete di conoscenza non poteva negare quanto fosse per lo meno incuriosita da questo differente lato della sua personalità, ma ora non era il momento di pensare a queste cose.
“Non è colpa tua, nessuno sapeva cosa stesse succedendo, non avremmo potuto prevederlo”, gli sussurrò mentre avvolgeva le sue braccia intorno a lui.
Theodore cominciò ad allontanarla ma poi decise di stringerla ancora di più contro di sé.
“Ma io avrei dovuto, conoscevo Huxley, cosa era in grado di fare, gli ho permesso che ti facesse questo!”
“Smettila, Theo, se qualcuno deve avere la colpa di certo non sei tu, è quel viscido di Huxley e tuo padre! Non tu, mi hai capito?”
Theodore deglutì a disagio, incolpandosi ancora della situazione precaria in cui si trovavano in questo momento.
“Smettila di scusarti, Theo, e pensiamo ad un piano per uscire di qui, preferibilmente vivi. Insieme”.
“La casa è sicuramente protetta dalla magia del sangue”, storse la bocca con disgusto. “Questo spiega perché gli Auror non sono stati in grado di notare che effettivamente qualcuno era dentro la casa, o almeno credo che sia successo questo, dato che il Ministero mi aveva assicurato che la casa fosse sorvegliata”.
Hermione sembrava pensierosa, come se qualcosa continuasse a sfuggirle.
“Ma tu sei un Nott, puoi passare attraverso i reparti”.
Theo la guardò preoccupato. “Dovremmo provare a smaterializzarci, se riuscissimo a recuperare una bacchetta”.
“La magia senza bacchetta...”
“No, Hermione, è troppo rischioso. Molto probabilmente ci spezzeremmo”.
Theo continuava a camminare per la stanza, cercando disperatamente una soluzione.
“Abbiamo il vantaggio di conoscere i passaggi segreti, suppongo che il mio arrivo insieme a te non era previsto. Dobbiamo soltanto uscire da questa maledetta stanza”.
Hermione nel frattempo aveva evocato qualunque incantesimo di apertura le fosse venuto in mente e ad un certo punto Theo aveva provato anche ad utilizzare il suo sangue sulla porta, che però continuava a rimanere fastidiosamente chiusa.
“Aspetta!” Disse finalmente Theo, con un briciolo di speranza.
“Dippy? Dippy!”
“Theo cosa... O Merlino”, spalancò gli occhi Hermione. “Il tuo elfo domestico!”
Un piccolo esserino malconcio stava di fronte a loro tenendosi le grandi orecchie, mentre guardava verso il basso, continuando a torcere nervosamente i piedi.
“Padrone ha chiamato?”.
“Dippy... Ti ho sempre chiesto di chiamarmi Theo” gli sorrise il ragazzo, prima di continuare.
“Dippy, questa è Hermione, una mia cara amica”.
“Piacere, miss Hermione”, si piegò Dippy, prima di rivolgere nuovamente i suoi grandi occhi verso Theo.
“Dippy, dobbiamo chiederti un favore, un favore enorme...”, ma fu interrotto dallo sguardo spaventato dell’elfo, che nel frattempo si stava riempendo di lacrime.
“Dippy non può far uscire padron Theo e la sua amica, Dippy non può, Dippy è dispiaciuta...”
Hermione guardò Theo con preoccupazione.
“Il padrone cattivo ha punito Dippy, maledizione cruciatus”.
Theo inspirò con preoccupazione, ma non fece in tempo ad aggiungere nulla poiché la porta che avevano disperatamente cercato di aprire si spalancò di colpo, facendo scomparire con un urlo il piccolo elfo domestico.

Un mangiamorte che Theo non aveva mai visto prima si trovava davanti la porta, osservandoli con un ghigno che decorava orribilmente la sua faccia sfregiata probabilmente da qualche oscura maledizione, mentre fra le mani giocherellava con una lunga bacchetta di legno scuro.
“È ora di andare, piccioncini”, li derise, avanzando di qualche passo verso di loro.
“Non andiamo proprio da nessuna parte”, si ribellò Theo, mettendosi di fronte ad Hermione, preparandosi a proteggerla.
“Bene, questa è esattamente la risposta che tuo padre mi ha detto che avresti dato, perciò... Mi ha dato il permesso di utilizzare un piccolo incentivo per farvi muovere più velocemente”, rise con cattiveria, mentre lanciava un Incarceramus a Theo, che si rese conto troppo tardi di quello che stava succedendo.
Crucio!”

No!”, urlò, cercando di dimenarsi fra le corde invisibili lanciate dall’incantesimo.

Hermione cadde a terra, colpita dal dolore. Aveva dimenticato quanto fosse terribile la maledizione del Cruciatus. O meglio, per quanto continuasse occasionalmente a sognare il terribile evento, riceverla nuovamente dal vivo era mille volte peggio. Continuò a mordersi l’interno delle labbra per non dare la soddisfazione di urlare al vile mangiamorte che le stava puntando la bacchetta contro, ansimando pesantemente non appena questi sollevò la maledizione da lei.
“Alzati sanguesporco”, le ordinò. “...Sempre che tu non voglia una ripetizione. Sei un bel bocconcino, però, sarebbe un peccato sprecarlo così”.
Hermione rabbrividì, mentre Theodore, libero dai legami magici, si chinava per sostenerla.
Era senza dubbio consapevole che uscire da quella stanza non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione ma la sua mente, nel panico, non riusciva a visualizzare alcuna via d’uscita.
Hermione si stava ancora riprendendo dalla spregevole maledizione, sembrando tutto ad un tratto estremamente pallida e molto meno determinata di pochi momenti prima.
Con riluttanza, non avendo per il momento nessuna scelta, cominciarono ad uscire dalla piccola stanza che per un attimo li aveva ingannati con una fugace sensazione di speranza.

Dopo quelle che sembrarono ore mentre in realtà erano passati soltanto pochi minuti, furono condotti in un grande salotto, lugubre e scuro come il resto della casa.
Hermione, se possibile, impallidì ancora di più, associando la grande sala che normalmente avrebbe potuto ospitare sfarzosi balli e magnifiche feste ad un evento molto meno gradevole che era avvenuto in un altro salotto nel grande maniero dei Malfoy.
Si rese conto che probabilmente le loro sessioni di tortura erano appena iniziate.
Al centro della sala, con un sorriso beffardo e gli occhi intrisi di cattiveria, li stava aspettando Thoros Nott.
“Bene bene, ma che sopresa. Il figlio prodigo finalmente ha deciso di degnarci della sua onorevole presenza”, iniziò a bassa voce, aggiungendo del veleno ad ogni parola, mentre si alzava dalla poltrona dove era fiduciosamente seduto per avvicinarsi ai due ragazzi.
“Pensavi davvero di poter seguire una sanguesporco, a mia insaputa?” Gli sbraitò addosso, lanciandogli una maledizione che gli lasciò una profonda ferita sul braccio. “Non pensare che non sappia cosa hai fatto in tutti questi mesi, e con chi”.
Theo ansimò, sfidandolo.
“Mentre tu marcivi ad Azkaban, vuoi dire?”
“Crucio!”
“Theo!”
“Dopo tutti questi anni ancora non hai imparato il tuo posto? Sei soltanto una delusione, una pallida imitazione di quello che sarebbe dovuto diventare il mio nobile erede”, disse, rilasciandolo.
Il vecchio Mangiamorte si fermò a poco meno di mezzo metro da Hermione, osservando divertito la fragile figura davanti a lui, senza nascondere il sottile ghigno di soddisfazione che stava provando nel vederla agitarsi debolmente. Sbuffò.
“È questa la scoria che ha deviato mio figlio”, borbottò quasi fra sé e sé. “Quel debole inetto...”.
“Thedore vale mille volte tutti voi” lo interruppe coraggiosamente Hermione, con uno sguardo combattivo, prima di essere colpita da un pesante schiaffo.
“Sta zitta, lurida sanguesporco”.
“Hermione! Non toccarla!” scattò Theo, cercando di liberarsi dalla ferrea presa del mangiamorte che lo teneva.
“O cosa?” Lo prese in giro suo padre. “Finalmente hai deciso di farti crescere una spina dorsale?”
La sua voce era bassa e minacciosa, mentre faceva un altro passo avanti.
“Cosa farai? Non riuscivi neanche a ribellarti a me”.
Il petto di Theo iniziò a diventare pesante, scosso da intensi respiri, ancora nel dolore a causa delle maledizioni e delle parole crudeli del padre.
“Sei diventato un uomo, per caso?” Gli chiese sarcasticamente.
“Stai zitto!”
“Povero, piccolo, Theo... Così patetico”.
Theo si voltò verso Hermione che sembrava congelata dallo scambio dei due e prendendo un profondo respiro guardò nuovamente suo padre negli occhi, alzando il mento per dimostrargli che non poteva più essere colpito dalle sue parole di odio.
“L’unico patetico qui sei tu”.
Thoros, paonazzo dall’audacia del suo unico figlio, allargò le narici con sdegno mentre cominciava ad alzare nuovamente la bacchetta quando sentì una mano posarsi delicatamente ma in maniera ferma sul suo braccio.
“Thoros, amico mio. Non vorrai toglierci tutto il divertimento, ora”, esclamò Huxley, divertito dalla situazione.
“Lasciaci giocare”, continuò a bassa voce. “Lascia che faccia un piccolo spettacolo per voi prima di procedere con il nostro, grande, piano”.

Thoros non sembrava troppo convinto, mentre teneva ancora la bacchetta leggermente alzata verso di loro, ma dopo qualche istante fece qualche passo indietro, alzando le spalle.
Afferrando un bicchiere lo riempì di Firewhiskey e si sedette di nuovo sulla vecchia poltrona di pelle.
Ad uno sguardo di Huxley il mangiamorte rilasciò Theodore, continuando però a puntargli la bacchetta contro, e anche gli altri si ritirarono nei lati della sala, guardandosi ironicamente mentre pregustavano qualsiasi cosa avesse avuto in mente il professore. Theodore sembrava valutare la situazione, teso, dolorosamente consapevole di quanto potesse essere pericoloso Huxley sotto quella facciata tranquilla.

“Tu, vile bastardo-” iniziò Hermione, bloccata subito da Huxley.
“Cara, imprecare non si addice affatto a questa tua bocca delicata”, la prese in giro, avvicinandosi a lei, girandole intorno lentamente, come un predatore che si preparava ad attaccare la sua preda, sempre più vicino.
Hermione stava per dire qualche altra cosa quando si congelò, mentre l’uomo le fece scorrere la punta della bacchetta lungo la guancia e fino al collo.
Con una scintilla perfida la guardò direttamente negli occhi. “Imperio”.

Hermione aveva soltanto letto gli strani effetti della maledizione Imperius; la strana atmosfera galleggiante e rilassata che sembrava avvolgerla però non sembrava totalmente giusta, c’era una piccola parte del suo cervello che le stava gridando di fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma era una voce debole, lontana, ed Hermione non era neanche sicura che la stesse sentendo davvero o soltanto immaginando.
Ogni sua preoccupazione sembrava stranamente scomparsa anche se, ancora, qualcosa nel profondo di lei cercava di urlarle con urgenza che tutto era sbagliato.

Theo inalò bruscamente, immaginando mille scenari che sarebbero potuti accadere da lì a poco tempo, uno peggiore dell’altro.
Le risate beffarde dei mangiamorte sembravano provenire dall’esterno, e tutto sembrò sfocato mentre l’affascinante professore si avvicinò all’orecchio di Hermione, facendole scivolare la sua vecchia bacchetta fra le mani, sussurrando dolcemente una parola che Theo non aveva proprio visto arrivare.

“Uccidilo”.

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Capitolo 17
*** L'amore è una cosa grande, quasi quanto la magia ***


Il tempo sembrò fermarsi mentre quell’unica parola risuonava nella testa di Theodore Nott.

Uccidilo.

Il panico si stava accumulando dentro di lui alla folle richiesta, di tutti gli scenari che era riuscito a ipotizzare questo non l’aveva assolutamente preso in considerazione, e nonostante le parole risuonassero beffarde nella sua mente ancora non riusciva a reagire, come se stesse guardando la scena più tragica di un’opera teatrale, una scena in cui lui però era soltanto lo spettatore e non l’attore principale.
Huxley notò, con un brivido di piacere, che anche Thoros Nott sembrava essersi teso inavvertitamente all’inaspettata svolta degli eventi, e sorrise quando osservò il breve momento in cui lo sconcerto passò davanti ai suoi occhi, come se non sapesse bene come reagire a quest’ultima provocazione.

Nello stesso momento la bacchetta di Hermione cominciò, lentamente, ad alzarsi verso il ragazzo: il comando di Huxley rintoccava nella sua mente, senza sosta, mellifluo, incoraggiante.

Uccidilo.

Uccidilo.

Hermione sentì pacificamente una strana trazione ad obbedire a quella voce nella sua testa.
Questo era il suo scopo, d’altronde.
Ma perché doveva farlo? Si chiese per un attimo, esitando.
La sua mano era sollevata ma stentava a muoversi ulteriormente.

Huxley perse per un momento il suo sorriso derisorio, mostrandosi incuriosito.

La bacchetta di Hermione, puntata contro il ragazzo, sembrava tremolare impercettibilmente.

In tutto quel silenzioso trambusto Theodore iniziò a rendersi conto che la loro situazione era drammaticamente precipitata. Resistere alla maledizione Imperius non solo era quasi impossibile per un mago o una strega non allenati, e per quanto Hermione potesse essere potente non era mai diventata un Auror, ma Huxley era un maestro delle arti oscure e la sua maledizione sarebbe stata tutt’altro che fragile.
Decise, riscuotendosi, che in ogni caso avrebbe provato a fare qualcosa, e guardò Hermione dritta negli occhi.

“Hermione, combatti, amore. Sei più forte, lo sei, devi crederci.
Torna da me”.

Huxley battè le mani.
“Molto commovente”, osservò con la sua voce sarcastica, mentre si avvicinava nuovamente all’orecchio della ragazza. “Ma ora è il momento di fare quello che ti ho ordinato”.

Hermione si ritrovò ad osservare gli occhi caldi del ragazzo di fronte a lei, un piacevole calore nel suo corpo le stava dicendo che era la cosa giusta da fare.
Osservalo, ricorda. Combatti.
Si rese conto, con orrore, che qualcosa non andava.
Si costrinse a sforzarsi, a capire cosa ci fosse di così sbagliato, in fondo sarebbe bastato obbedire a quel piccolo comando...
Ma perché? Si chiese nuovamente.
Perché devi farlo?
La sua mente era avvolta da quella strana sensazione di formicolante calore, una sensazione che non le sembrava giusta, l’aveva già letta da qualche parte, ne aveva già sentito parlare.
Harry Potter. Perché ora le veniva in mente quello strano ragazzo con gli occhiali? Era il suo amico, giusto.
Un piccolo, ultimo, sforzo e sarebbe tornata da lui.

Hermione, combatti.”
 Un cipiglio apparve sul suo viso. Questo non era Harry.

Chi era? Varie immagini le passarono nella mente.
Una scopa, il castello visto dall’alto.
Baci rubati.
Conversazioni a tarda notte.
Harry è stato in grado di resistere alla maledizione Imperius quando era uno studente. Devi avere un incredibile forza di volontà per farlo...”.

Theo.

Il cuore cominciò a martellarle pericolosamente nel petto.

La maledizione Imperius.

Theodore stava guardando Hermione come se volesse trasmetterle per l’ultima volta i suoi profondi sentimenti, cercando di comunicarle con un ultimo sguardo che non l’avrebbe mai incolpata di quello che stava per succedere, che non era colpa sua.
Il suo stomaco si stava accartocciando per il fatto che non avrebbe mai potuto dirle tutto quello che provava nei suoi confronti, ma sperava che Hermione potesse capirlo, mentre dentro di lui stava cominciando a temere l’inevitabile.
È facile, spesso, pensare alla morte, soprattutto quando la tua vita è stata attraversata da una guerra.
Quello che non è facile,
scoprì con sgomento, è trovarsela davanti.

Hermione Granger aprì leggermente la bocca, la bacchetta tenuta saldamente nelle sue dita.

Theodore Nott chiuse gli occhi.

Qualche istante e tutto sarebbe finito.


Quello che nessuno riuscì a notare, però, è che in quel momento lo sguardo della ragazza era improvvisamente cambiato, gli occhi lucidi dallo sforzo di trattenere una maledizione così potente da toglierti il libero arbitrio. Il tempo scorreva.
Huxley stava cominciando a diventare impaziente all’esitazione di Hermione, e pensò che fosse il caso di velocizzare gli eventi quando successe qualcosa di inaspettato. Thoros Nott, fingendo un ingannevole disinteresse, affiancò Huxley con la sua voce risoluta.
“Hai dimostrato un punto, ferma questa storia, ora”.
Huxley lo derise. “Stai diventando tenero, Nott?”.
“Theodore è il mio unico erede, per quanto in questo momento sia estremamente deluso da lui un giorno dovrà portare avanti il nome della famiglia, che lui lo voglia o meno”, spiegò nervosamente l’uomo, vedendo che Huxley ancora non aveva ordinato a Hermione di non procedere più con l’ordine che le aveva dato.
Theodore, udendo la voce del padre, rimase frastornato dal suo patetico tentativo di salvargli la vita, ma qualunque perdita di tempo sarebbe stata comunque migliore della morte, un’occasione in più per cercare di fuggire.
“Per quanto mi riguarda puoi cruciarlo fino a quando non sia davvero pentito di essere un traditore del proprio sangue, ma mi serve vivo”.

Huxley rise ironicamente. “Bene, cara, hai sentito il nostro vecchio amico.
Hai un nuovo, meraviglioso incantesimo da preparare!”, sorrise, guardando famelicamente Theodore, prima di rivolgersi nuovamente a lei.
“Ma prima, baciami”.
Thoros storse la bocca disgustato, mentre alcuni mangiamorte ridacchiavano.
Theodore scelse di non dire nulla per non dare alcuna soddisfazione a Huxley che lo stava provocando, anche se non riuscì ad evitare di distogliere lo sguardo quando Hermione, con il suo sguardo ancora vacuo, si alzò sulla punta dei piedi e gli diede un piccolo bacio sulle labbra.
Huxley la strinse per un attimo possessivamente, prima di far scivolare le mani lungo i suoi fianchi e voltarla nuovamente verso il ragazzo.
“E adesso usa la maledizione Cruciatus su di lui. Con più odio che puoi.
Ricorda, sei qui per colpa sua, soltanto per colpa sua. Colpiscilo”.
Hermione alzò nuovamente il braccio della bacchetta verso di lui, ma soltanto Theo si accorse che un piccolo sfarfallio di lucidità passò attraverso i suoi occhi, seguito da un altro più lungo, e ancora un altro.
Con sgomento guardò il braccio di Hermione voltare direzione per sparare la maledizione dietro di lei, dritta contro Huxley, che la stava guardando sbigottito.
“Non è possibile...”, sussurrò, troppo sorpreso dall’inaspettato potere che aveva appena manifestato la ragazza.
“Expelliarmus”, gridò mentre Theo, approfittando del caos che si stava creando si era gettato verso Hermione, abbracciandola strettamente contro di lui, poco prima di essere bruscamente separati di nuovo da una maledizione lanciata da uno dei seguaci di suo padre.
L’attenzione di Thoros era immobile, ferma soltanto su un unico oggetto dentro quella stanza, un oggetto che non avrebbe mai pensato di vedere addosso a lei.

Il vecchio cimelio di famiglia fuoriusciva dal maglione di Hermione, intriso di magia protettiva, e Thoros capì che era stato il manufatto magico ad averla allontanata dal controllo della maledizione Imperius, salvandoli entrambi.
Quel particolare cimelio si sarebbe attivato soltanto in un modo, pensò furiosamente, non riuscendo quasi a formulare la parola che disgustosamente era ferma sulla punta della sua lingua.

Amore.
 

Era rivoltante scoprire che il suo unico erede amasse davvero una sanguesporco, e che questo amore fosse ricambiato, fosse puro.
Thoros, nel trambusto della situazione, cominciò ad avanzare lentamente verso la ragazza, nuovamente disarmata, nel suo sguardo c’era soltanto la rabbia e l’impotenza di non aver potuto fermare un sentimento del genere, ma non era troppo tardi, avrebbe ancora potuto rimediare.
Avrebbe dovuto distruggerla e Theodore, un giorno, si sarebbe reso conto che era stata la cosa giusta da fare, la cosa migliore per entrambi, per il nome antico della loro famiglia.
Con alcuni passi affrettati si gettò infine verso di lei, che si rese conto soltanto all’ultimo del feroce attacco che stava arrivando, e presa dallo spavento sentì fluire attraverso di lei una potente scarica di magia involontaria che portò Thoros a volare, perdendo conoscenza, verso il muro di fronte a loro.
L’ondata di magia, aiutata dal potere della piccola collana, fu così esplosiva che il maniero stesso vibrò sinistramente, mentre alcuni dei reparti più grandi venivano abbattuti.

Theodore corse nuovamente verso Hermione e la trascinò fuori dal salotto con lui, cercando di raggiungere l’uscita.






 
___________________________




 
 
Harry Potter era incredulo quando una segnalazione anonima arrivò nel reparto Auror quella mattina:

Il maniero dei Nott non è vuoto.
I reparti sembrano impenetrabili.
 


Nello stesso tempo un gufo da Hogwarts lasciò cadere una lettera sulla sua scrivania.

Hermione e Theo sono spariti. Il castello è in subbuglio, l’aria vibra di magia nera.
Cerca Huxley.
Trovala, Harry ti prego. Trovali entrambi.

Neville


Harry sbiancò, mentre la sua mano tremolante non riusciva a lasciar andare la lettera.
Corse fuori dal suo ufficio, il caffè ancora fumante sulla sua scrivania, dimenticato.






 
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Theodore continuò a correre con la mano di Hermione stretta nella sua, ma il maniero continuava a tremare incontrollato, come se una vecchia magia, oscura e sconosciuta, si stesse ribellando improvvisamente. Stava succedendo qualcosa, qualcuno stava cercando di sfondare i reparti.
“Non fermarti, Hermione!” Le gridò, continuando a muoversi lontano dal trambusto.
Hermione era senza fiato, ancora troppo esausta dalla forte ondata di magia che aveva permesso loro di scappare, e temendo di svenire continuò a stringere febbrilmente la mano del ragazzo lungo i bui corridoi del maniero.

“Ora, ora, dove andate così di corsa?” Si materializzò Huxley, composto come se tutto il caos non l’avesse toccato minimamente.
Theo le strinse maggiormente la mano.
“Scappa”, le sussurrò.
“Proverò a fargli perdere tempo ma devi cercare di andare via di qui, Hermione, promettimelo”.
“Non ti lascio qui con lui, Theo!”
“Struggente”. Commentò ironicamente Huxley. “Ma devo ricordarvi che non avete neanche una bacchetta, quindi credo che nessuno andrà da nessuna parte.
“Che cosa vuoi da noi, Huxley?” Lo sfidò Hermione.
“Cosa voglio davvero non deve interessarti, ma io amo le storie piacevoli. Amo anche creare delle storie, vedere come i personaggi si intrecciano fra loro, come reagiscono, le scelte che fanno... Amo gli enigmi, sai? Piacevoli distrazioni”. Le rispose, prima di continuare. “Quello che vuole tuo padre però, Nott, forse dovrebbe interessarti di più. E si dà il caso che tuo padre abbia voluto proprio la tua piccola ragazza. Uno scambio equo. Io avrei avuto qualcosa di inestimabile valore mentre lui avrebbe potuto vendicare la caduta dell’Oscuro Signore e vendicarsi di Potter. Abbastanza inutile, se vuoi la verità.
Ma devo ammettere che ciò che mi ha motivato di più, caro Theodore, è stato proprio il tuo atteggiamento, tu mi hai sfidato, hai osato togliermi il mio piacevole passatempo, il mio piccolo gioco”.
Hermione era sconcertata dalle parole del professore, che sembrava continuare senza neanche fare più caso a loro, quasi come se parlasse a sé stesso.
“Thoros non avrebbe mai mantenuto la sua promessa nei mie confronti”.
Sorrise, infine, come se fosse improvvisamente a conoscenza di un enorme segreto.
“Incarceramus”.
Theodore rimase bloccato da corde invisibili, mentre Hermione impallidiva, la testa continuava a girarle sempre di più.
Huxley continuava a sorridere come se quello fosse stato il giorno più fortunato della sua vita, mentre si avvicinò pericolosamente al ragazzo, con la bacchetta alzata verso il suo petto.
“Thoros Nott mi avrebbe tradito, posso leggerglielo nella mente, perciò suppongo che io possa portargli via l’unico suo vero grande tesoro. Il suo erede”.
Hermione scattò in avanti, prendendogli il braccio.
“No, ti prego, Huxley, ti prego, lascialo andare”.
Huxley si voltò ad osservarla, pensieroso.
“Potrei farlo, oppure no. Tu cosa saresti disposta a fare per salvarlo?”
Hermione si pietrificò, ma nella sua mente risuonò soltanto una parola. Tutto.

“Vieni con me, e lo lascerò andare”.

“HERMIONE, NO! Io ti amo!”.

“Accetto”.

Il sorriso inquietante di Huxley si fece ancora più grande, mentre lo sguardo scioccato di Hermione alle parole di Theo fu accompagnato da un luminoso bagliore proveniente dalla sua collana.
In quell’attimo di troppo Huxley si accorse del valore protettivo dell’oggetto magico che indossava Hermione e bloccando anche lei attraverso la magia le si avvicinò lentamente, accarezzandole dolcemente il collo mentre istigava Theo.
“È molto toccante…”, sussurrò, prima di sganciarle la collana, che cadde a terra con sgomento di entrambi.

Tutto diventò buio.









Cosa succederà adesso? Qual è il vero piano di Huxley?
Gli eroi della nostra storia si sono appena salvati da un pericolo per cadere direttamente in un altro?
Nei prossimi capitoli scopriremo anche qualcosa di più dal punto di vista di Harry Potter.
Vi aspetto alla prossima! E se vi fa piacere lasciate una recensione, a me fa molto piacere.
Un bacio *

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Capitolo 18
*** Il maniero di Huxley ***


Harry Potter aspettava da oltre mezz’ora fuori dall’ufficio di Shacklebolt, capo del dipartimento Auror del Ministero della Magia, mentre picchiettava nervosamente le dita della sua mano destra sulla lettera allarmante che aveva ricevuto poco prima, e avanzava, ininterrottamente, avanti e indietro, ma la porta di fronte a lui rimaneva inesorabilmente chiusa.


Hermione era sparita. Hermione. La sua più cara amica d’infanzia, quella che poteva considerare come una sorella, era sparita, e se il suo istinto non lo stava ingannando proprio ora si trovava probabilmente in pericolo in mezzo a un gruppo di mangiamorte vendicativi.

Ma al Ministero questo sembrava non importare.

Diversi maghi e streghe, nei loro lunghi abiti appariscenti, stavano pigramente continuando le loro insulse attività come se niente stesse succedendo, come se non ci fossero affatto dei prigionieri evasi da Azkaban e almeno due persone scomparse. Due persone, perché Harry sospettava (con sollievo) che Theodore Nott si trovasse proprio insieme ad Hermione, e che Huxley fosse invece sparito intenzionalmente.
Non aveva ancora visitato l’ala del castello colpita dalla lotta e questo non aveva fatto altro che preoccuparlo di più.
Non aveva indizi, soltanto flebili, incerte notizie.

La avevo pregata di stare attenta, pensò Harry, mordendosi la punta delle dita.
Tutto questo non può essere vero. Se le succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai.
Hermione mi è stata vicina da sempre, non ha mai dubitato di me, non mi ha mai lasciato.
È la mia famiglia.


Affollato da pensieri febbrili Harry si sentiva completamente impotente di fronte ai fatti, impotente e piccolo come un bambino, poiché nessuno sembrava volerlo ascoltare.
Proprio mentre stava considerando di irrompere nell’ufficio del suo capo e spiegare forzatamente quando fosse grave la situazione la porta si aprì, rivelando non soltanto Shacklebolt ma diversi, influenti, membri del Ministero della magia.

Ognuno di loro lo stava osservando.
 
 
 
 
 
___________________________





 
 
 
Hermione si svegliò ansimando, la sua visione era ancora sfocata mentre cercava di capire dove si trovasse.
Sibilando di dolore, si accorse di avere le braccia legate dietro di lei; la stanza era buia.
Il suo corpo sembrava ancora addormentato e pesante, ma la sua coscienza piano piano si stava risvegliando.

Continuò a guardarsi intorno, anche se con difficoltà, respirando di sollievo non appena si accorse di essere sola, e cercando di trovare una soluzione ai legami che la tenevano bloccata su quella sedia al centro della stanza.


“Vieni con me e lo lascerò andare”.
“Accetto”.



Le parole di Huxley le tornarono in mente come un getto d’acqua gelido quando meno te lo aspetti.

L’hai fatto per Theo, continuò a ripetersi febbrilmente.


Io ti amo”.


E anche lei lo amava, e forse non avrebbe mai potuto dirglielo, ma sperava che il suo gesto fosse valso più di quelle tre parole. Lei lo amava e lo avrebbe protetto.
Era ora che qualcuno lo proteggesse, per una volta, Theo doveva sapere di non essere solo.
La consapevolezza di amare e di essere amati le scaldò il cuore, portando una flebile speranza nella situazione in cui si trovava. Non aveva più la collana che l’aveva protetta, a quanto pare, tutto quel tempo, ma poteva farcela. Era Hermione, cazzo, Granger! Ordine di Merlino I classe!
La sua magia vibrò di anticipazione, era ora di dimostrare a quel bastardo con chi avesse davvero a che fare.
Si guardò nuovamente intorno poiché i suoi occhi iniziarono ad abituarsi pian piano al buio, riuscendo quindi ad individuare alcuni oggetti: delle tende pesanti, una scrivania scura, delle pareti dipinte dall’aria soffocante.
Candelabri, argenti.
Probabilmente si trovava nuovamente in qualche sorta di maniero sperduto, lontana da tutti quelli che le volevano bene, ma cercò di non farsi prendere dallo sconforto e prendendo dei respiri profondi iniziò a concentrarsi e focalizzare l’attenzione sulla magia senza bacchetta.

Svuota la mente. Senti la magia fluire dentro di te, Hermione, assaporala mentre ti accarezza dolcemente fino a farti formicolare la punta delle dita, mentre il piacevole calore invade il tuo corpo e la tua anima nel profondo, ed è in quel momento che devi credere con tutta te stessa di potercela fare, quello è il momento in cui sei pronta.

Continuava a ripetersi le parole di Theodore come una ninna nanna, sforzandosi di concentrarsi esclusivamente sul suo respiro e sul suo spirito magico, cercando di venire a contatto con la magia più primordiale che era insita dentro di lei: quella pura, ancestrale, la magia degli elementi.
Non magia bianca o magia oscura, ma semplice e pura magia.
Harry e Ron sarebbero stati orripilati al pensiero che lei stesse imparando quel ramo di magia proibito con Theodore, ma non avrebbe mai potuto ringraziarlo abbastanza se in questo caso la magia ancestrale fosse diventata proprio la sua ancora di salvezza.

Continuò a concentrarsi per diversi minuti, o forse ore, fino a che non sentì le corde che la trattenevano sulla sedia allentarsi delicatamente fino a far passare le sue mani e a liberarsi, finalmente.
Hermione era elettrizzata. Le corde che la trattenevano non erano apparse da un semplice Incarceramus, ma da magia più potente, più oscura, magia che era riuscita a contrastare grazie al suo potere più puro.
Nonostante fosse, quindi, esausta, non riuscì a trattenere un enorme sorriso al pensiero che Huxley l’avesse sottovalutata nuovamente e con un ultimo sforzo, rendendosi invisibile con un incantesimo di disillusione, si spinse oltre la soglia della stanza per cercare di capire dove si trovasse e cercare di scappare da lì.
La sua pelle formicolava d’eccitazione.

Huxley, maledetto stronzo, questa volta mi hai davvero sottovalutata.

Lo stretto corridoio che aveva appena percorso, al di fuori della sua stanza, l’aveva condotta di fronte a una massiccia porta di legno finemente decorato, di notevoli dimensioni, e immaginò che probabilmente dovesse trattarsi dell’ingresso della sala principale.
Ora il problema è che avrebbe sicuramente dovuto attraversarla per trovare un’uscita, giacché era l’unica porta che aveva trovato, e aveva la spiacevole sensazione che Huxley sarebbe stato lì.
Concentrandosi ancora per un momento cercò di incanalare quanta più magia possibile e iniziò delicatamente ad aprire la porta, cercando di non emettere alcun suono.
Magari sarebbe stata fortunata e avrebbe trovato la stanza vuota, o magari Huxley stava dormendo.
I mezzi-incubi dormono lo stesso, no?
L’avrebbe scoperto a breve.
La porta cominciò a muoversi silenziosamente verso quella che Hermione pensava fosse quasi la sua vittoria ma non appena si aprì quel tanto da consentirle di passare attraverso rimase di sasso:
Huxley sedeva comodamente su una poltrona di velluto davanti a un enorme camino acceso e con il suo solito sorriso beffardo la stava fissando dritta negli occhi.
 
“Finite”, disse svogliatamente, sorridendo.

Il suo incantesimo di disillusione scomparve, così come tutto il suo entusiasmo, mentre realizzava quell’unica, amara, verità.
Aveva giocato con lei.
Huxley non l’aveva affatto sottovalutata, ma l’aveva presa in giro fin dal principio, dandole soltanto l’illusione di poter scappare.
Era nuovamente tutto un gioco per lui. Un gioco malato.
Hermione fu attraversata da una rabbia improvvisa.
“Che cosa vuoi davvero da me?”
Huxley la osservò pigramente, piegando leggermente la testa di lato, e dopo qualche istante si alzò per raggiungerla.
“È già finito il nostro gioco? Che peccato...”
Hermione indietreggiò leggermente.
“Rispondimi!”.
“Non credo che lo farò”, le sorrise Huxley, mentre si avvicinava verso di lei, fino a toccarle il viso con la sua mano, quasi con dolcezza.
“Ma posso dirti che per mia fortuna tu eri proprio nel posto giusto”, continuò accarezzandole inquietantemente la pelle con le labbra prima di applicare una leggera pressione sul suo collo, “al momento giusto”.
Hermione rabbrividì, immobilizzandosi al contatto indesiderato.
“Hai paura?”, le chiese, quando osservò che si appiattiva contro la porta dalla quale era entrata ma lei, alzando fieramente lo sguardo, gli rispose senza esitazione, nonostante dentro di sé si sentisse terrorizzata.

“No”.
Huxley a quel punto sorrise, sovrastandola con la sua statura.
“Bene, dovrò lavorare molto allora per far sì che la situazione cambi”, e si avventò sulle sue labbra.





 
 
 
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Harry osservò, leggermente perplesso, le facce dei suoi superiori e degli altri membri più influenti del ministero, ma riscuotendosi subito cominciò a parlare.
“Ho ricevuto una lettera, è davvero urgente, c’è stato un attacco ad Hogw-”
“Sappiamo già tutto quello che è successo”, lo interruppe un mago dai lunghi baffi grigi.
“E cosa ci facciamo ancora qui?!”
“Harry...”, si intromise Shacklebolt. “Sei un ottimo Auror, hai sempre fornito al ministero un lodevole servizio, ma questa volta credo che tu debba prenderti una pausa, sei troppo coinvolto”.
Harry cominciò ad annaspare come un pesce fuor d’acqua, incredulo.
“Troppo coinvolto? È la mia migliore amica, è ovvio che sono coinvolto! E se pensa che io non ci metta più che tutto me stesso allora si sbaglia di grosso!”
“È proprio questo il problema, Potter, non stai ragionando lucidamente. Faresti saltare in aria tutto”.
Harry si congelò.
“Saltare in aria... Tutto?”
Shacklebolt sembrava nervoso, mentre sembrava scegliere con cura le parole che avrebbe detto di lì a breve.
“Saltare in aria la nostra missione di salvataggio, ovviamente, Harry”.
Il suo tono era condiscendente, ma qualcosa sembrava sbagliato.
“Non credo di essere d’accordo”.
“Non te lo sto chiedendo, Potter. Questo è un ordine”.
Harry sembrava sempre più incredulo, quasi furioso.
“Un ordine?! Dopo tutto quello che ho fatto per il mondo magico così è come vengo ripagato? Mi state impedendo di salvare la mia migliore amica!”
Harry odiava tirare fuori la carta del Prescelto, ma in questo caso sentiva di non aver avuto scelta.
“Proprio questo non capisci, non ti stiamo impedendo di salvare la tua amica, Harry. Ti stiamo impedendo di agire troppo impulsivamente...”.
“Sai che è ingiusto. È INGIUSTO! Non accetterò mai un ordine del genere!”

Nella stanza, tutti, ammutolirono.
Shacklebolt emise un lungo sospiro.

“È per questo che ti dichiaro momentaneamente sospeso dal servizio Auror. Consegna il distintivo, Potter. Se reagisci, sarai trattenuto fino a nuovo ordine”.

Il mondo parve crollargli addosso.


 
 
 
 
 
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Non appena sentì le labbra di Huxley avventarsi sulle sue Hermione fece qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare prima, qualcosa che non era neanche a conoscenza di poter fare.
Tenendolo per le braccia, quasi a respingerlo, con la magia che scoppiettava dentro di lei a causa della rabbia e dell’indignazione, lo guardò fisso negli occhi prima di pronunciare un’unica, potente, parola.

Legilimens.


Hermione stessa fu sorpresa mentre sentiva la parola uscirle dalla bocca.
Quello che di certo non si aspettava è che la sua magia effettivamente le rispondesse, forse alimentata dal fuoco dentro di lei, o forse perché lui aveva momentaneamente abbassato la guardia offuscato dall’arroganza di non poter essere sconfitto, ma in quel momento Hermione non poté non gioire ai chiari lampi di ricordi che riuscì a vedere nella sua testa.

“Sei un patetico mezz’uomo, Huxley”, lo stavano prendendo in giro alcuni Serpeverde, mentre lo spintonavano vicino alle rive del Lago Nero.
“Non avvicinarti neanche a noi sanguepuro, creatura”.

Huxley che studia in biblioteca, nella sezione oscura.

Huxley che passava le sue labbra languidamente sul collo di una ragazza bionda.

“Aiutaci a vendicare l’Oscuro Signore, sarai ricompensato”.

“L’Oscuro Signore aveva degli oggetti che l’hanno tenuto in vita, ma qualcosa è andato storto...”

Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger hanno distrutto quegli oggetti e hanno causato la morte dell’Oscuro Signore.

“Ti dirò tutto quello che c’è da sapere sugli Horcrux. Ma in cambio voglio la sanguesporco”.



Hermione fu spinta improvvisamente contro la porta dietro di lei, gli occhi di Huxley erano attraversati da una furia di tale portata che Hermione pensò che avesse potuto ucciderla soltanto con uno sguardo.
Entrambi stavano ansimando.
“Vuoi sapere la verità, lurida sanguesporco?”
“Beh la verità è che tu mi aiuterai a fare proprio quello che Voldemort non è riuscito a fare. Mi dirai tutti i segreti, tutto ciò che devo sapere per non fare il suo stesso errore. Mi aiuterai a trovare la gloria e a diventare infine Ministro della Magia, che tu lo voglia o meno”.
Hermione impallidì, mentre cercava di trattenere una smorfia a causa della stretta presa con la quale Huxley la stava tenendo.

“Non ti aiuterò mai”, gli sputò con disgusto.

Huxley si limitò ad osservarla, mentre nel suo viso iniziava a formarsi il suo solito sorriso enigmatico ed inquietante.

“E invece mi aiuterai e come” le disse dolcemente, mentre cominciava a trascinarla senza alcuna premura fuori da quella stanza, attraversando velocemente stretti corridoi che non aveva trovato prima, come se si fossero appena materializzati di fronte a loro.
Huxley continuò a camminare e scendere e la casa stava diventando sempre più fredda e umida, un sudore freddo cominciava ad abbracciare la schiena di Hermione, in realtà terrorizzata da quello che stava succedendo.
All’improvviso, si fermarono bruscamente davanti a una porta spessa dall’aspetto lugubre e malandato, umida, fredda, buia.

Un presentimento orribile si fece strada nella mente di Hermione.
“Sai cosa c’è dietro questa porta, piccolo Grifondoro, vero?” Le sussurrò inquietantemente Huxley.

“La mia garanzia”.

Hermione trattenne il respiro mentre la porta si spalancava con un cigolio sinistro.

A terra, coperto di sangue e legato a delle spesse catene arrugginite c’era Theo, incosciente, gravemente ferito.

Se Huxley non l’avesse trattenuta strettamente si sarebbe scagliata immediatamente contro di lui.
“Non hai rispettato i patti!”
“Non ho mai detto di essere un mago di parola”.
“Tu, brutto, schifoso...”
“Shh, Hermione, non vorremmo che il povero Theodore subisca gli effetti delle tue parole velenose, adesso, sei d’accordo?”, le chiese sarcasticamente.

Hermione si costrinse a bloccare ogni parola sulla punta della sua lingua.
Avrebbe dovuto elaborare un nuovo piano, le cose si stavano mettendo peggio del previsto.










Come mai il ministero ha sospeso Harry dal suo incarico? E come aiuterà Huxley la nostra Hermione?
Grazie a tutti voi lettori e alle recensioni che mi avete lasciato, purtroppo non sto aggiornando regolarmente per una serie di impegni ma vi prometto che questa storia avrà una fine :) 
Buon weekend e a presto!

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Capitolo 19
*** L'Esercito di Silente ***


Theodore Nott era stato uno sciocco. Aveva sottovalutato Huxley a causa dei suoi ricordi da ragazzo ed ora si trovava in questa situazione.
A partire da quando quel mostro aveva chiesto a Hermione di scambiare la sua libertà con quella di lui sapeva benissimo che non avrebbe mai rispettato i patti e ora si trovava in questa situazione, a tirare le catene contro il muro cercando di utilizzare tutta la sua forza per quelle che erano sembrate ormai diverse ore.
Ogni tanto la sua visione era diventata scura e sfocata, aveva freddo, fame ed era ferito.
Era esausto, ma nessun disagio sarebbe riuscito a raggiungere l’enorme preoccupazione che stava provando per Hermione in quel preciso momento.
Doveva assolutamente uscire di qui e raggiungerla.
Non era sicuro neanche del luogo in cui si trovasse ma sicuramente non era il suo maniero, non percepiva più la magia ancestrale della casa in cui era cresciuto, anzi, a pensarci bene non riusciva più a sentire alcuna magia.
Si lasciò scappare una risata amara.
Era stato lui ad insegnare a Hermione la magia degli elementi e ora non riusciva neanche a liberarsi da quelle catene per quanto si sentiva debole.
Sarebbe mai venuto qualcuno o lo avrebbero semplicemente lasciato marcire qui dentro? Pensò con un brivido.
E lei dove sarebbe stata in questo momento?
Sperava che Huxley non le stesse facendo del male, lo sperava con tutto sé stesso, nonostante si sentisse del tutto impotente in questo momento, poiché non riusciva neanche a trovare la lucidità minima che gli avrebbe permesso di fare qualcosa a riguardo.
Si lasciò scivolare nuovamente nell’oblio.
 
Poche ore dopo fu risvegliato dal suono di alcuni passi e di una scodella di rame, probabilmente, che veniva appoggiata sul pavimento accanto a lui.
Aprì leggermente gli occhi, sentendo la sua testa girare improvvisamente.
Acqua? Pensò. Come se bevessi o mangiassi qualcosa servito da lui.
La sua testa continuava a vorticare.
“Come ti trovi quaggiù, Nott?” Chiese Huxley con scherno. “È di tuo gradimento?”
Theo strinse gli occhi verso di lui, cercando di raddrizzarsi.
“Dov’è Hermione?”
“Al sicuro” Huxley scrollò le spalle e gli sorrise. “Almeno per ora”.
“Al sicuro dove?” rispose Theo, stringendo i denti.
“In una casa accogliente, in una grande camera tutta per lei”, rispose Huxley, guardando con curiosità i polsi graffiati dalle catene.
“Come stanno andando i tuoi patetici tentativi di fuga?” continuò, trasformando le sue labbra in un ghigno. “Sei qui da diverso tempo e non credo tu abbia avuto molta fortuna”.
Theo chiuse un attimo gli occhi, invaso dalla rabbia.
“Questo perché sei un codardo. Dammi una bacchetta e combatti ad armi pari”
“Ma per favore… Vi ho battuto entrambi soltanto pochi giorni fa, non credo che il tuo orgoglio abbia bisogno di una ripetizione e poi mi servi proprio così come sei. Sembra che vederti spaurito e indifeso sia un enorme incentivo per la tua ragazza, quindi è meglio che ti rilassi e speri che lei faccia tutto ciò che mi serve...”
Lo osservò poi quasi con tenerezza. “È inutile che ti sforzi a rompere quelle catene, sono intrise di magia, più cerchi di tirarle e più assorbiranno la magia che è in te e il tuo potere vitale... La povera Hermione potrebbe rimanere distrutta dalla tua morte precoce”.
Theo gli rispose con una smorfia.
Ovviamente, pensò. Non poteva andarmi meglio.
“Prova a toccarla e io...”
“Tu cosa?” Lo schernì Huxley. “A malapena riesci a reggerti in piedi, come pensi di poter fare qualunque cosa stia passando per la tua mente? Conserva le ultime energie che hai per sopravvivere Theodore Nott, questo è l’unico consiglio che posso darti”.
Theodore lo guardò fisso negli occhi per ancora un momento, prima di scoppiare in un’inquietante risata.
“Hermione non è lei”.

Huxley non riuscì a nascondere la sorpresa che passò brevemente sul suo viso, mentre tutto il suo corpo si irrigidiva, e Theodore non si sforzò neanche di nascondere il ghigno che gli sorse spontaneamente sul viso.
Tutti i nodi stavano per venire al pettine, nonostante tutto.
Lo shock che aveva manifestato per quei millesimi di secondo non era sfuggito all’attenzione dell’ex Serpeverde, che in quel preciso istante era diventato l’oggetto di una tale quantità di odio da far venire la pelle d’oca.
Huxley si girò per uscire dalla piccola prigione senza proferire parola, ma un attimo prima di oltrepassare la porta sembrò ripensarci e lentamente si rivolse verso il ragazzo.
“Tu non sai niente”, disse sussurrando con quanto più disgusto possibile, prima di maledirlo con uno Stupeficium.

Huxley non riusciva a credere alle parole di Theodore Nott, non riusciva a credere come fosse possibile che il ragazzo conoscesse la sua storia.
Continuando a camminare avanti e indietro nel suo studio, quasi non si accorse del fatto che Hermione era ferma sulla soglia della sua porta, esitante, probabilmente in attesa di fare qualche domanda che lo avrebbe esasperato o fatto arrabbiare nel peggiore dei casi.
“Tutto bene?” chiese esitante Hermione, non riuscendo a trattenersi.
Huxley soffocò un'imprecazione, pensando a quanto fosse assurda tutta quella situazione.
Aveva agito senza un piano reale, mosso soltanto dall’istinto, e ora non sapeva più come andare avanti negli accordi che erano stati fatti o come sostenere la bugia che aveva detto ad Hermione per zittirla qualche giorno prima. La ragazza gli stava entrando sotto la pelle, come una velenosa ossessione.
Doveva assolutamente uscire per un drink, altrimenti avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe certamente pentito più tardi.
“Penso che sia arrivato il momento che tu faccia qualcosa per me, non credi?”
Si è avvicinato con la sua voce bassa, minacciosa come il vento in tempesta.
L’ha afferrata per la gola e l’ha sbattuta contro il muro.
“Guardami bene negli occhi, Hermione, guardati mentre tremi di paura. Questa paura non è niente in confronto a quella che proverai se non ascolterai quello tutto che ti dico di fare”, ha detto avvicinandosi al suo viso lentamente.
Si staccò poi in modo repentino, prendendo dei documenti sulla scrivania accanto a lui, e dandoli in mano alla ragazza.
“Per stasera mi aspetto che tu ricerchi qualsiasi cavillo esistente per creare una falla nel sistema ministeriale. Mi è stato detto che eri una delle migliori studentesse, esatto? Beh, mettiamo alla prova questo tuo grande talento”, le disse sarcasticamente.
Le accarezzò quindi per un attimo il viso con il palmo della mano, prima di ritirarsi.
Hermione rimase per alcuni minuti senza parole, appoggiata ancora contro la parete, incredula per tutto quello scambio che era appena avvenuto.
Ricerca?
C’era decisamente qualcosa che non andava in tutta questa storia, e i repentini cambi d’umore del mago non promettevano nulla di buono.
Avrebbe dovuto fare un piano alla svelta.




 
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Ginevra Weasley accarezzava dolcemente le spalle di Harry Potter, mentre una teiera fumante giaceva dimenticata fra loro due e suo fratello Ron, impegnato nel trovare una strategia che avrebbero potuto utilizzare nel salvataggio dei due amici.
“Dobbiamo contattare Luna e Neville, l’Esercito di Silente ha una nuova missione, e poiché il ministero non ci ascolterà come al solito dovremmo risolvere le cose a modo nostro”, dichiarò Ron, sporgendosi leggermente verso il tavolo.
Il suo sguardo era acceso e determinato come nelle migliori partite di scacchi ed Harry sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di lui.
Ron sembrò riflettere ancora per un momento; aveva provato anche lui ad essere reintrodotto come Auror ma glielo avevano negato e nelle ultime ore continuavano a risuonargli nella mente le parole di Luna.

“Ron, non trovi che il ministero non sia molto contento del senso di giustizia di Hermione? Credo che non sia andato loro giù soprattutto il miglioramento delle condizioni dei prigionieri di Azkaban”.
“Da una parte li capisco, Luna! Nonostante quello che Hermione sta facendo per loro ancora non fanno altro che insultarla ed essere perfino offesi dalla sua cortesia! Se non fosse stato per lei avrebbero ancora i Dissennatori come migliore compagnia!”
Luna lo osservò pensierosamente.
“Ron, abbiamo tutti diritto ad essere trattati dignitosamente come esseri umani, nonostante il nostro peggior comportamento... Ci metteremmo soltanto sul loro stesso piano altrimenti, ed Hermione questo lo sa bene”.


Hermione questo lo sa bene.
Il ministero non è contento.
Harry è stato sospeso dal corpo Auror...

“Harry!”, esclamò Ron, con urgenza.
“Credo che quello che sto per dirti non ti piacerà...”




 
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Theo si sentiva estremamente dolorante e così debole che era sicuro di avere le allucinazioni.
“Reinnerva”. Sussurrò una voce familiare, ma era troppo stanco per fare qualunque cosa.
Reinnerva!”
Non sta funzionando, pensò allarmata.
“Theo, svegliati, Theo, per favore”, lo scosse dolcemente Hermione.

Hermione, pensò Theo con un sorriso, crogiolandosi nel sogno che lo aveva accompagnato e sostenuto ormai diverse volte.
Sperava che stesse bene, era sicuro che sarebbe riuscita a cavarsela, lo aveva sempre fatto.
Senza di lei non sarebbero riusciti a sconfiggere il Signore Oscuro.
Sarebbe scappata, sarebbe stata al sicuro.

“Theo, per favore, amore, devi svegliarti”, continuò a sussurrare la voce di Hermione con urgenza, sembrava più agitata e impaziente del solito, quasi come se fosse davvero...
“Salazar!”, spalancò gli occhi Theo, cercando di mettere a fuoco la figura reale e compatta di Hermione davanti a lui.
“Non sei soltanto un sogno”, cercò di bisbigliare con fatica.
“Theo, sono davvero qui, devo aiutarti, presto, dobbiamo fare in fretta prima che lui si accorga che sono qui”.
“Merda, Hermione, mi dispiace”, ansimò Theo mentre cercava di sedersi, ancora dolorante per le condizioni in cui versava da giorni.
“Theo, fermo, sei ferito” gli disse Hermione, con le lacrime agli occhi.
“E anche tu”, disse Theo, guardando i lividi sul suo collo. “Ed è colpa mia”.
“No, non è colpa tua”.
“Non ero lì quando avevi bisogno di me”
“Hai fatto tutto quello che potevi”, gli rispose agganciando le dita con le sue.
“Non è stato abbastanza”, disse Theo, ritirandosi dal suo tocco.
Il dolore le ha attraversato gli occhi al suo rifiuto, finché non è subentrata la rabbia.
“Non è questo il momento per autocommiserarsi Theo, quindi per favore dammi una mano e cerca di collaborare”, lo fermò Hermione, cercando di eseguire degli incantesimi diagnostici senza bacchetta. Per fortuna conosceva molto bene quel ramo della magia, dopo aver vissuto in un campeggio, in fuga, per diversi mesi.
E Theo era messo peggio del previsto, pensò con una smorfia.

Cercò di eseguire tutti gli incantesimi che ricordava per rimetterlo un po’ in sesto senza che la cosa fosse troppo evidente, per non incorrere nell’ira di Huxley.
Huxley era un altro problema. C’era qualcosa che stava nascondendo ma Hermione non riusciva ancora a capire cosa fosse, e c’era qualcosa di sbagliato in tutta quella storia.
Poche decine di minuti dopo Theodore cominciava a sentirsi già un po’ meglio e decise che era arrivato il momento di rivelare ad Hermione tutta la verità.
“Hermione non sono stato del tutto sincero con te”.
Hermione si fermò per un attimo, non capendo dove voleva arrivare il giovane mago.
“C’è qualcosa che devi sapere, Hermione...”.

“Bene, bene”, li interruppe la voce di Huxley.
“Non appena mi sono accorto che non eri nella tua stanza sapevo che avresti combinato qualcosa di cui ti pentirai sicuramente fra pochi istanti, mia cara Hermione”, continuò sorridendo con una calma inquietante.
Entrambi si irrigidirono, ma gli occhi di Hermione si spalancarono di paura mentre puntava pigramente la bacchetta verso Theo, senza alcuna esitazione.

Crucio”, disse sorridendo.

Theo ha urlato in agonia per diversi secondi, impotente contro la bacchetta del mago oscuro. Tutte le sue ossa e il suo sangue sembravano in fiamme, non si sarebbe mai abituato al dolore intenso della maledizione Cruciatus.

“Per favore, Huxley, per favore”, pianse Hermione, cercando di scuotere il suo braccio, mentre la tortura sembrava non finire mai. Theo ormai era svenuto, ma il suo corpo continuava a muoversi come se riuscisse a sentire il dolore anche nell’incoscienza.
Per favore, lascia che sia ancora vivo, per favore, lascia che non sia troppo tardi. Continuava a cantilenare Hermione dentro di sé.
Dopo alcuni interminabili minuti, Huxley abbassò la sua bacchetta, apparentemente soddisfatto, e si voltò verso la ragazza.

“Questo è quello che succede quando non mi dai retta, Hermione, tienilo a mente. Lo romperò fino a quando non rimarrà soltanto un guscio vuoto del ragazzo che conoscevi, ed è soltanto colpa tua”.

Hermione restò tutta la sera accanto al ragazzo ancora svenuto, addormentandosi con le lacrime agli occhi.
Avrebbe dovuto fare più attenzione, non avrebbe dovuto agire mai più in modo così sconsiderato, così impulsivo, perché Theo non avrebbe potuto pagare le conseguenze delle sue scelte affrettate.
Soltanto una volta che si assicurò che il respiro del ragazzo era tornato regolare e dopo aver eseguito dei piccoli incantesimi di guarigione, Hermione rientrò nell’apparente sicurezza della sua stanza e si permise di accarezzare dolcemente l’inaspettata arma che le aveva fornito Theo.

Fra le sue dita brillava un galeone incantato dell’ES.






















Bentornati in questo nuovo capitolo della mia storia! Pian piano scopriremo qualcosa in più sul misterioso Huxley e sulle sue vere motivazioni che l'hanno spinto a comportarsi in questo modo, e finalmente è tornato in scena anche Theo.
Ma nonostante tutto non vi date per vinti perché neanche Harry e i suoi amici lo faranno!
L'Esercito di Silente sta per reagire di nuovo.

Buona lettura e se vi fa piacere lasciatemi una recensione, le apprezzo molto.

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