Little Red Brat

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CODE 01: Doc ***
Capitolo 3: *** CODE 02: Lippman ***
Capitolo 4: *** CODE 03: Albatross ***
Capitolo 5: *** CODE 04: Iceman ***
Capitolo 6: *** CODE 05: Piano Man ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***
Capitolo 8: *** Extra ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Little Red Brat

Prologo

 

La stanza era ben illuminata nonostante si trovassero sottoterra, le note di una melodia di Chopin si diffondevano nell’ambiente mentre, sul tavolo, erano pronte tre tazze e una teiera piena.

Sigma versò il the per tutti. Non lo fece perché fosse un beta e gli altri due degli alpha, ma semplicemente perché era sempre stato quello del gruppo che doveva evitare che i suoi colleghi si uccidessero tra di loro. Era davvero felice che, in quanto beta, non riuscisse a sentire i loro odori.

-Ho avuto un’altra idea per convincere Dazai a unirsi a noi- annunciò Nikolai Gogol ignorando il the e cercando tra i pasticcini quello che lo ispirava di più -Possiamo rapire il dirigente della port mafia che e minacciarlo di ucciderlo.

-Rapire e gestire il potere di  Nakahara ci toglierà troppe energie- rispose Fyodor Dostoevsky troncando sul nascere quella nuova proposta -e con Dazai c’è un buon cinquanta per cento di probabilità che non batta ciglio mentre noi lo torturiamo e uccidiamo, forse ne sarebbe anche felice, quindi non ne vale la pena.

Gogol sbuffò infastidito mentre stringeva tra la mano il pasticcino al cioccolato che aveva scelto e della crema gli macchiava le dita -mi sono rotto di questa situazione, non facciamo altro che starcene nascosti come topi, io voglio agire!

-Pazienza- lo ammonì Sigma -senza il potere di Dazai non potremo avere successo.

Sigma aveva sempre tutti i suoi sensi all’erta quando si trovava in compagnia degli altri due, perché Fyodor poteva anche apparire calmo e composto ma gli aveva visto fare cose che avrebbero fatto impallidire molti alpha. Nikolai invece era sempre difficile da comprendere perché il suo genere secondario non faceva altro che alimentare il suo bipolarismo e il suo impeto.

-Ma non c’è modo di portarlo dalla nostra parte!- urlò ancora più infastidito il biondo.

Fyodor intervenne sorseggiando il the caldo -Vero, magari non avremo lui, ma potremo avere comunque il suo potere.

Era un discorso nuovo e, di fatto, entrambi i suoi colleghi si voltarono a fissarlo confusi.

-Spiega meglio- chiese Sigma.

-La nostra spia nel governo ha a sua volta una spia nella Port Mafia, proprio qualche giorno fa è venuto a conoscenza di uno dei più grandi segreti dell’organizzazione.

-Ovvero? Dazai ha un fratello gemello e questo non ha mai tradito la Port Mafia?- fece la battuta Nikolai.

Fyodor sorrise -Se avesse avuto un fratello gemello sono sicuro che sarebbe stato anche più fastidioso di lui. Ma no, meglio ancora, hanno un marmocchio rosso che scorrazza nei sotterranei della Port Mafia e che, guarda caso, ha il suo stesso potere. Un potere che definirei anche migliore di quello di Dazai poiché riesce a utilizzarlo anche a distanza. Sarà lui la nostra preda.

Nikolai scoppiò a ridere -Dobbiamo rapire un bambino? Sarà una passeggiata!




Ciao! Eccomi tornata dopo mesi! Iniziamo questo 2024 (un po' in ritardo) con una Omegaverse alla quale tengo tentissimo. Questi due sono una delle mie più grandi OTP e sono estremamente difficili da rappresentare per iscritto, quindi spero di averli fatti il più IC possibili!
Chuuya è un Omega mentre Dazai è un Alpha, come si può già intuire dal prologo c'è anche un bambino di mezzo, ma capirete tutto meglio nei prossimi capitoli!
Pubblicherò una volta a settimana, ma in determinate occasioni (tipo questa perché il prologo è davvero corto) anche due volte. Sarà una long composta da 5 capitoli + prologo, epilogo e un extra finale.
ATTENZIONE: ci saranno spoiler della novel Stormbringer, siete avvisati!
Sempre felice se mi lasciaste qualche commento per farmi sapere che ne pensate, alla prossima!
Deh <3

 

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Capitolo 2
*** CODE 01: Doc ***


CODE 01: Doc

 

Il primo ricordo di Arthur era stata una lista di regole. Regole che ogni giorno gli venivano ripetute e che non dovevano essere assolutamente infrante per alcuna ragione.

  1. Non dire mai a nessuno il proprio cognome.

  2. Non dire mai a nessuno chi fosse la sua mamma.

  3. Non usare il proprio potere davanti alle persone se non per motivi di difesa personale.

  4. Non mettere mai in discussione gli ordini dei superiori.

Nonostante avesse solo quattro anni, non era stato difficile per lui seguirle giorno dopo giorno, poiché era quella la sua quotidianità: gli veniva naturale come gli veniva naturale respirare, mangiare e dormire.

Altra cosa che faceva parte della sua quotidianità, erano i diversi tipi di allenamenti che, ogni singolo giorno, il bambino svolgeva con alcuni membri della Port Mafia quando questi non avevano altre missioni.

 

La mattina iniziava sempre l’allenamento con Paul Verlaine. Era un allenamento per diventare un assassino, non che lo dovesse diventare per forza ovviamente, ma tutto quello che gli veniva insegnato gli sarebbe comunque stato utile nella vita, data la sua natura.

-Buongiorno- gli sorrise l’alpha biondo quando il marmocchio entrò all’interno della sua stanza che era un misto tra un ufficio e una sala allenamenti -ti senti carico oggi?

Arthur annuì facendo dondolare la codina che la sua mamma gli aveva fatto in cima alla testa per evitare che i capelli ramati gli cadessero davanti gli occhi.

Verlaine era appoggiato con il sedere al bordo della sua scrivania, una mano in aria che mostrò una tavoletta di cioccolato -Lo spero per te, perché c’è in palio questa oggi.

Gli occhi di Arthur si illuminarono, poi si mise in posa da combattimento.

-Come la vinco?

-Ti basta solo togliermela dalle mani.

E fu così che, desideroso di addentare l’intera tavoletta di cioccolato, il bambino iniziò quella lezione che avrebbe sviluppato la sua velocità.

 

Il pranzo lo passò con “la zia” Kouyou e anche quello faceva parte dell’allenamento.

Rapportarsi con gli adulti, essere educato, capire come e quando parlare in base alla situazione e all’evento in cui si trovavano erano tutte cose che avevano bisogno di un duro allenamento fin da piccoli.

Fu infatti la donna a insegnargli ogni cosa, facendo test e spiegando regole di galanteria ogni volta che riuscivano a pranzare insieme.

Kouyou era una delle uniche due persone al mondo a sapere chi fosse la mamma di Arthur, nonostante ciò il bambino evitava comunque di parlarne a meno che non gli fosse stato espressamente richiesto.

-Com’è andata con Verlaine?- domandò l’alpha mentre poggiava sul tavolino basso una serie di onigiri e della verdura scaldata come contorno.

Il bambino mise il broncio -Non sono riuscito a batterlo- ammise -ma mi ha detto che sono stato bravo quindi mi ha regalato comunque un pezzo di cioccolato.

La donna rise, poi gli si sedette di fronte ed entrambi ringraziarono per il cibo.

Arthur aspettò che fosse la donna la prima a scegliere da mangiare, così come gli era stato insegnato, e subito dopo afferrò lui stesso uno degli onigiri.

Kouyou sorrise soddisfatta di come si stesse comportando in modo impeccabile, ma si costrinse comunque a dire -Prendi anche delle verdure.

Arthur non riuscì a nascondere l’espressione di disgusto che gli cambiò il volto.

-Non mi piacciono.

Kouyou sospirò, poi promise -Se le mangi tutte dopo ci alleneremo con il pugnale.

-Davvero?- gli occhi castani del bambino si illuminarono diventando del colore del cioccolato al latte. Erano così simili a quelli di un altro ragazzino che per un periodo di tempo aveva scorrazzato allo stesso modo nei corridoi della Port Mafia, ma con la differenza che fossero ancora del tutto privi di oscurità.

-Promesso.

Arthur spazzolò tutte le verdure come se fossero la cosa più buona del mondo.

 

Ma l’allenamento più importante della giornata era quello che svolgeva il pomeriggio con Hirotsu. Un allenamento che si basava tutto sull’autodifesa.

Era stata la sua mamma a premere sul fatto che fosse una delle discipline che più doveva conoscere, poiché la sua sicurezza doveva essere messa sempre al primo posto.

Quel giorno si erano anche uniti due importanti membri della squadra dell’alpha: Gin e Tachihara, due beta senza poteri. Arthur adorava allenarsi insieme a loro perché non solo si divertivano sempre rendendo quasi tutto un gioco, ma anche perché quei due lo adoravano e lo riempivano un po’ troppo di attenzioni.

E Arhtur adorava stare al centro dell’attenzione.

Quando il bambino cadde a terra per la seconda volta di fila, Hirotsu interruppe l’allenamento e gli si avvicinò aiutandolo ad alzarsi -Ricordi cosa ti ho detto ieri?

-Sì, di abbassarmi e di colpire al ginocchio- rispose infastidito il bambino.

-E perché non l’hai fatto?

Arthur non rispose, uno sguardo di sfida negli occhi scuri mentre si rimetteva in posizione di difesa. 

Hirotsu, capendo che il bambino aveva capito il proprio errore e che non l’avrebbe commesso di nuovo, si allontanò e fece ripartire l’allenamento.

Tre ore dopo, Arthur stava mangiando soddisfatto e felice la mela che si era guadagnato, quando Chuuya fece il suo ingresso nella sala degli allenamenti.

L’uomo era colui che ogni giorno andava a riprendere il bambino alla fine dei suoi allenamenti -Arthur, hai finito? Ti riporto a casa.

Il bambino annuì velocemente mentre prendeva l’ultimo spicchio di mela che Gin gli aveva tagliato a forma di coniglietto e, mettendolo tutto in bocca, corse verso il dirigente della Port Mafia.

Fecero strada come sempre verso il complesso di appartamenti riservati ai membri più importanti del gruppo, Arthur che lo seguiva quasi correndo per riuscire a tenere il passo dell’adulto, senza dire una parola e restando a debita distanza come gli era stato insegnato.

Fu solo quando i due entrarono nell’appartamento di Chuuya e la porta fu chiusa alle loro spalle, che il bambino poté finalmente salutare l’uomo come si deve.

-Mamma!- esclamò abbracciandogli le gambe -Oggi sono riuscito a battere Tachi!

Chuuya sorrise intenerito, si tolse giubbotto, cappello e guanti e si chinò per prendere il bambino in braccio, sedendosi poi su una poltrona del soggiorno e sistemandolo meglio a cavalcioni su di lui.

-Davvero? Raccontami tutto.

All’interno della Port Mafia solo Mori e Kouyou sapevano che Chuuya fosse un omega e che Arthur fosse suo figlio. Ovviamente la gente non era stupida e non passava di certo inosservato il fatto che il bambino fosse una sua fotocopia in miniatura se si escludevano ovviamente gli occhi scuri, quindi probabilmente molti di loro erano convinti del fatto che Chuuya fosse il padre (in quanto ritenuto alpha) ma nessuno aveva l’autorità o il coraggio di chiederlo, quindi potevano solo fare supposizioni che nessuno tra quelli che sapevano la verità erano disposti a smentire o confermare.

E se quella di tornare nei loro appartamenti come se non si conoscessero per poi coccolarsi e parlare come una normale famiglia era una routine che avevano ormai consolidato, quel giorno c’era qualcosa di sbagliato.

Il sorriso morì sulle labbra di Arthur e si fece subito serio e preoccupato quando capì che la sua mamma non stava bene.

-É… Doc? Devo chiamare qualcuno?

Chuuya se lo strinse di più contro e gli baciò la fronte dopo avergli scostato i capelli ramati che gliela coprivano -No, sto bene, non sono ferito.

-Non è vero- rispose Arthur mettendo il broncio e accoccolandosi di più contro. Chuuya era un omega ma nessuno lo sapeva poiché aveva sempre nascosto il suo profumo, anche in quel momento era nascosto dal cinturino che portava al collo, ma nonostante ciò Arthur riuscì comunque a capire che la sua mamma era in stato d’angoscia.

-Non è nulla che non si possa sistemare con qualche coccola- ritrattò a quel punto l’adulto per evitare di mentire al suo bambino.

-Puzzi di alpha…

Questo fece nuovamente irrigidire Chuuya, ma cercò di rispondere come se la questione non l’avesse toccato -Sì, scusa. Ho combattuto con uno di loro, non lo vedevo da tanti anni e avevamo dei conti in sospeso.

-Hai vinto?

-Abbiamo pareggiato.

Arthur annuì, poi alzò la testa dall’incavo nel collo dove l’aveva poggiata e lo fissò con gli occhi socchiusi di gelosia -non mi piace che ti toccano gli altri, solo io posso abbracciarti.

Dopo quasi quattro anni dalla sua nascita, Chuuya pensava di essersi abituato alle espressioni del bambino così spaventosamente simili a quelle di Dazai, come appunto quando provava gelosia o fastidio, o come quando era pronto a fare una marachella sapendo che l’avrebbe fatta franca con semplicemente il suo fascino.

Tuttavia, quel giorno era diverso. Quel giorno aveva rincontrato lo stesso Dazai legato nei sotterranei della Port Mafia e avevano combattuto. Chuuya non lo vedeva da quando questo aveva abbandonato l’organizzazione, da quando aveva abbandonato lui senza una parola d’addio.

Ma la cosa che in assoluto gli aveva dato più fastidio era che quell’incontro sembrava aver scosso solo lui. 

Lo odiava.

Questo odio però non doveva toccare o coinvolgere quello che aveva con il proprio bambino, quindi allungò una mano per togliersi il collarino in modo da poterlo rassicurare con il proprio profumo, sorrise e propose -Ti va se ci facciamo un bagno insieme? Così tolgo di dosso questo odore fastidioso e tu mi puoi raccontare di tutte le cose che hai fatto oggi.

Arthur si aprì in un sorriso luminoso e scalpitò tra le sue braccia -Va bene!

Forse quella non era la vita che Chuuya aveva sempre immaginato, ma era felice e non voleva che nulla cambiasse. Sperò solo che Dazai sparisse di nuovo e che, soprattutto, non venisse a conoscenza di quello che era il loro bambino.

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Capitolo 3
*** CODE 02: Lippman ***


CODE 02: Lippman

 

Più Chuuya voleva evitare quel pezzo di merda di Dazai, più il destino sembrava andare contro di lui. Destino che stava evidentemente gestendo Mori visto che utilizzava ogni momento buono per mandarlo in missione con l’alpha sopracitato da quando la Port Mafia aveva stretto un’alleanza con l’agenzia dei detective.

In realtà le cose non erano tanto diverse rispetto a quando lavoravano insieme da adolescenti e, se Dazai non aveva mai capito in quei momenti che Chuuya fosse un omega, non c’era il rischio che lo capisse adesso. Perché una persona poteva essere anche la più intelligente del mondo, ma quando non sai di star cercando indizi o verità, ti possono sfuggire anche i dettagli più banali.

Così, quella mattina, mentre il rosso si stava dirigendo nell’ufficio di Mori dove era stato convocato, era sicuro che stava per essere mandato in un’altra missione con il pezzo di merda. Non sapeva ancora che, quello che avrebbe scoperto, sarebbe stato mille volte peggio.

Nell’ufficio del boss non era presente Elise che disegnava da qualche parte, ma c’era Kouyou accomodata su una delle poltrone con uno sguardo fin troppo serio. Tutto ciò mise in allerta Chuuya dopo aver fatto solo mezzo passo all’interno della stanza.

-Cosa è successo?- chiese urgentemente.

Mori gli indicò la poltrona libera facendogli segno di sedersi e, solo quando il dirigente lo fece, l’uomo parlò -Conosci il gruppo degli Angeli?

Chuuya corrugò la fronte pensandoci -Il gruppo terroristico? Pensavo che non fossimo interessati a loro e che loro non fossero interessati a noi.

-Esatto. Il governo che vogliono rovesciare e tutte quelle altre cazzate lì non sono di nostra competenza fino a quando non toccano Yokohama.

-Qual è il ma?- il dirigente rosso diventava sempre più sospettoso e irritato da quella conversazione.

-Lo sapevi che hanno sempre cercato di reclutare Dazai?

Chuuya rise -Quindi? Che andasse con loro, così magari proverà il brivido di farsi uccidere da tutti noi.

-Dazai ha rifiutato. Più volte in realtà. Loro avevano bisogno di Dazai per il suo potere e so da fonti attendibili che hanno scoperto dell’esistenza di Arthur.

Eccolo lì l’elefante in mezzo alla stanza. Mori non ebbe bisogno di spiegare altro per far capire il punto della situazione, Chuyya stesso non aveva bisogno di sentire altro, le informazioni principali erano tutte in quella frase: dei terroristi avevano scoperto del suo bambino e volevano il suo potere.

L’aria intorno a lui si fece rossa, sul pavimento si formarono delle crepe e la poltrona sulla quale era seduto iniziò a scricchiolare.

-Li ucciderò- ringhiò, non provando neanche a contenere la sua rabbia e il suo potere -gli farò pentire anche solo il fatto di aver pensato ad Arthur.

Né Kouyou né Mori si preoccuparono di quella reazione, sapendo benissimo che sarebbe successo, poi fu la donna a parlare per la prima volta -Pensavamo di attaccare invece di difenderci, coglierli di sorpresa mandando tutti i migliori della Port Mafia. Ovviamente sarai tu a capo della squadra.

Chuuya annuì velocemente mentre aggiungeva -Ma dobbiamo mettere in sicurezza Arthur, non voglio che resti qui senza la mia protezione se loro hanno scoperto dove si trova.

Mori sorrise -Riguardo a quello, ho già pensato a dove lasciarlo.

 

Chuuya stava sistemando la felpa che aveva fatto indossare al bambino insieme a dei jeans, abbigliamento casual che non era solito usare. 

-Oggi c'è stato un cambio di programma- lo stava istruendo -io e molti altri della Port Mafia abbiamo un lavoro da fare, quindi starai con delle persone nuove. Con loro dovrai comportarti come Lippman

La consapevolezza si espanse negli occhi scuri di Arthur mentre assorbiva le informazioni che quel nome in codice voleva dire. 

Annuì velocemente -Sarò bravissimo! 

 

-

 

Quando Fukuzawa lasciò il suo ufficio e si diresse dagli altri, erano ormai le dieci del mattino e tutti i suoi dipendenti erano arrivati a lavoro. 

-Oggi dobbiamo svolgere un lavoro importante, i nostri clienti sono la Port Mafia.

La sorpresa si diffuse nei loro volti, poi Yosano chiese -Di cosa potrebbe aver mai bisogno la Port Mafia da noi? 

-Hanno bisogno che gli teniamo un bambino. 

Dazai fece un lamento, meditando di tornarsene a casa -Non voglio che Q entri qui dentro. 

-Non è Q. 

E quando Arthur fece il suo ingresso, qualche minuto dopo, le reazioni furono tra le più diverse. Reazioni per lo più di confusione e di shock nel vedere in quel bambino il dirigente della Port Mafia rosso in versione davvero chibi, tranne quella di Ranpo. Questo infatti reagí scoppiando a ridere per aver capito in soli pochi secondi tutto quello che per molti anni i mafiosi avevano tenuto ben nascosto.

 

Il primo a occuparsi del bambino fu Kenji. Il biondo infatti sembrò abbastanza eccitato da quella svolta degli eventi e, portandolo alla sua scrivania, iniziò a chiacchierare con lui.

-E dimmi, anche a te piacciono i cappelli?

Fece quella domanda completamente a caso all’interno di un discorso, dando per scontato chi fosse il genitore del bambino senza aver bisogno di specificarlo.

Anche Arthur capì che la sua mamma era stata sottintesa all’interno della frase, ma dopo un primo sguardo sconvolto, riuscì a far finta di niente mentre alzava le spalle in risposta.

-Io ho sempre usato questo, in fattoria è molto utile- continuò il biondo mostrando il suo di paglia.

Arthur corrugò la fronte, poi chiese stranito -Cosa è una fattoria?

Kenji si animò a quella domanda e iniziò il suo lungo discorso di spiegazione.

 

Arthur si era annoiato a stare con Kenji dopo solo due minuti di spiegazione delle mansioni all’interno di una fattoria, così era scappato non appena il biondo era andato a prendere una mucca perché “lo capisci meglio se te lo faccio vedere”, ed era finito da Yosano, attirato dal suo profumo di alpha.  

-Quella funziona?- domandò Arthur curioso nel vedere la sua motosega.

-Non vuoi saperlo- rispose la donna.

-Invece sì- si indispettì il bambino -fammela provare.

-I tuoi genitori non sarebbero felici- fece presente lei senza però fare nulla per togliere l’arma dalla portata del bambino, molto divertita dalla situazione e curiosa su come potesse evolversi.

-La mamma mi fa toccare le armi- affermò il bambino.

-Ah sì?- Yosano si fece molto più curiosa -e papà?

Arthur si voltò verso di lei e le lanciò un’occhiataccia, poi incrociò le braccia sul petto e affermò -Mi fai le domande a trabocchetto.

-Non è vero- si difese mentendo.

-Sì invece, sei come la zia Kouyou.

La donna sorrise soddisfatta -Zia? Quindi non è lei tua mamma?

Arthur iniziò a sudare freddo, non gli piaceva più quella donna. Così fece l’unica cosa possibile: le fece un gestaccio con la mano mentre correva via da qualcun altro.

 

La sua vittima successiva fu Ranpo, anche se non durò a lungo e non andò troppo bene per il bambino. Arthur infatti non si era fatto problemi a decidere e agire per rubargli i dolci e gli snack di uno dei pochi beta dell’agenzia.

Peccato che non avesse messo in conto quanto Ranpo fosse territoriale con il suo cibo. L’aveva sottovalutato e questo era stato il suo più grande errore.

L’uomo era stato, infatti, molto veloce nell’afferrargli la mano prima che il piccolo demone rosso riuscisse a intascarsi i suoi dolciumi.

-Lasciami! Non sto facendo nulla di male!- iniziò a lamentarsi il bambino scalciando.

Ranpo lo tirò più vicino, lo fissò con i suoi occhi verdi e sussurrò a un soffio dal suo viso -Prova ad avvicinarti ancora al mio cibo e dirò a tutti che la tua mamma è Chuuya Nakahara.

Il bambino sbiancò, smise di agitarsi e nel panico provò a protestare -Non lo è, sei bugiardo.

Ranpo sorrise -No? Dici che è una bugia? Allora non importa se lo dico a tutti, vero?

Arthur lasciò cadere sulla scrivania tutto quello che aveva provato a rubare, poi corse via.

Ranpo gli urlò dietro -É un piacere fare affari con te!

 

A quel punto Arthur era solo infastidito e nervoso da quei brevi incontri che aveva avuto fino a quel momento e, quando la sua successiva vittima fu Atsushi, nessuno si stupì più di tanto che il bambino finì per farlo piangere.

Arthur iniziò dal colorare i rapporti che Atsushi aveva compilato la sera prima fino a fare tardi e che aveva lasciato sulla propria scrivania, continuando con il mettergli della colla sulla sedia che gli strappò i pantaloni di netto quando provò ad alzarsi, per concludere rubandogli il portafogli e spendere tutti i suoi soldi in merendine prese alla macchinetta che tenevano all’ingresso per i clienti.

E mentre un Atsushi piagnucoloso veniva consolato da Tanizaki e Naomi, Kyoka iniziò a chiacchierare con il bambino mentre insieme mangiavano i dolci appena comprati. Lei era la più adatta a parlare con lui poiché, in effetti, solo fino a qualche mese prima anche lei faceva parte della Port Mafia e si erano conosciuti e allenati spesso insieme.

-Ti alleni ancora con Paul?

Il bambino, con la bocca sporca di cioccolato, si illuminò in viso e annuì velocemente dicendo tutto fiero -Sì! Tutti i giorni! Vuoi vedere l’ultima mossa che mi ha insegnato?

La ragazza accettò, ma iniziare un allenamento nel bel mezzo dell’ufficio che portò Atsushi a prendersi un calcio in faccia mentre la sua scrivania veniva ribaltata e si rompeva un pezzo non fu una grande decisione.

 

Così, infine, fu Kunikida a prendersi la responsabilità del bambino decidendo (a ragion veduta) che era l’unico che poteva occuparsi di lui per l’intera giornata.

Ed era vero, se non fosse che i due non smisero di litigare neanche per un secondo.

-Perché non puoi disegnare cose grandi sul tuo quaderno?

-Perché è così che funziona il mio potere.

-E perché?

Arthur era andato avanti a chiedere “perché” per due ore di fila, non stancandosi un secondo di vedere Kunikida sempre più concentrato nel cercare frasi razionali e spiegazioni soddisfacenti che al bambino non interessavano minimamente, ma che lo stavano solo facendo divertire nel prenderlo in giro.

E quel suo modo di divertirsi prendendo in giro Kunikida, le molte espressioni che faceva, il modo in cui spalancava gli occhi scuri quando prendeva in giro qualcuno… non fu difficile per buona parte delle persone nell’agenzia rendersi conto che quel bambino fosse imparentato con Dazai Osamu.

 

-

 

A un occhio esterno Dazai stava ignorando tutto ciò che lo circondava, sdraiato sul divano con gli occhi chiusi e le cuffie sulle orecchie. Ovviamente non era così, l’alpha infatti stava solo aspettando che una certa persona tornasse per prendere il bambino che la Port Mafia aveva scaricato loro quella mattina.

Bambino che, quando aveva provato ad avvicinarsi a metà di quella giornata, aveva sentito il suo odore e gli aveva ringhiato contro come se lo avesse riconosciuto. Dazai non sapeva dove l’avesse sentito e del perché avesse reagito in quel modo, ma se la sua teoria era corretta forse c’era una persona sulla quale il bambino l’aveva potuto sentire prima di quel giorno.

Nonostante stesse canticchiando, in realtà dalle cuffie non stava ascoltando della musica, ma i rumori del bar di sotto dove aveva lasciato un microfono. Fu grazie a questo, infatti, che seppe prima di tutti gli altri che Chuuya era appena arrivato e stava salendo le scale per raggiungerli.

Dazai si mise in piedi con calma, sbadigliò e si stiracchiò, poi lasciò la stanza senza dare nell’occhio chiudendosi per bene la porta con il vetro opaco alle spalle.

E Chuuya era proprio lì che stava salendo l’ultimo gradino, i vestiti sporchi di fumo e polvere, il cappello storto in testa e il braccio destro che perdeva sangue da una ferita profonda poco sotto la spalla.

-Oh, il chibi è stato investito? É così basso che la gente non è riuscita a vederlo?

Chuuya ignorò sia il soprannome sia la presa in giro, non lo degnò neanche di uno sguardo mentre rispondeva infastidito -Non rompere Dazai di merda, sono qui solo per il bambino.

Dazai non riuscì a trattenersi dal dire -Il tuo bambino, vorrai dire.

Il rosso si bloccò sul posto, le spalle rigide mentre si trovava a un passo dal superarlo, Dazai sorrise in modo cattivo e continuò -Quale puttana hai messo incinta che ti ha poi convinto a prenderti cura di quel bambino?

Questo fece ridere il dirigente della Port Mafia che, per la prima volta in quello scambio di battute, alzò i suoi occhi azzurri su di lui. Sapeva di non doverlo fare, ma non riuscì a trattenersi dal rispondere a tono -Dovresti essere abbastanza intelligente da capire che la puttana sono io e che quel bambino è tuo.

La soddisfazione nel vedere Dazai spiazzato fu impagabile, soprattutto quando rispose sicuro -Non è vero. Non sei un omega.

Il rosso sorrise di più -Non puoi capire quanto mi rende felice essere riuscito a tenertelo nascosto per tutto questo tempo.

Osamu continuava a rimanere convinto della sua teoria -Me ne sarei accorto, il tuo calore…

-Essere stato una cavia da laboratorio ha cambiato qualcosa nel mio corpo. Il mio calore arriva a intervalli molto distanti tra di loro e irregolari. Anche la mia autolubrificazione è minima e l’ho sempre nascosta con l’effettivo lubrificante. Non c’era modo che tu te ne accorgessi, non se io non avessi voluto.

C’era una strana gioia febbricitante nei suoi occhi mentre faceva un passo avanti e alzava la testa per sfidarlo -Allora Dazai? Come ci si sente a scoprirlo solo adesso? Come ci si sente ad avere la consapevolezza che forse non sei così intelligente come credevi?

L’alpha reagì d’istinto quando lo afferrò per la gola e lo sbatté al muro alle loro spalle, la mano che stringeva il collarino che bloccava il suo profumo.

L’omega fece una smorfia di dolore per il braccio ferito, ma il suo sorriso divertito non scomparve mai mentre continuava a buttare benzina sul fuoco -Cosa c’è? Vuoi toglierlo? Vuoi sentire il mio dolce e buono profumo da omega?

Dazai non stava stringendo forte e, in ogni caso, sapevano entrambi che Chuuya avrebbe potuto farlo volare via anche con un braccio ferito, se non lo faceva era solo perché voleva davvero vedere come si sarebbe evoluta quella situazione.

Osamu ebbe uno spasmo alla mano, poi ringhiò basso -Avresti dovuto dirmelo.

Non sapeva se fosse rivolto al suo secondo genere o al bambino, ma l’omega si limitò a continuare a prenderlo in giro -Perché? Sarebbe cambiato qualcosa?

Era una domanda difficile quella, una domanda che non avrebbe dovuto fare poiché non era sicuro di voler sapere la risposta. 

Entrambi stavano respirando velocemente, gli occhi spalancati in attesa che fosse l’altro a fare la prima mossa. 

Fu Arthur a interrompere qualsiasi cosa stesse succedendo in quel corridoio.

Il bambino urlò -LASCIALO STARE!- mentre correva verso di loro e dava un forte calcio alla gamba di Dazai. Lo colpì nel punto preciso dietro il ginocchio che gli fece perdere l’equilibrio e sibilare per il dolore.

Una volta che i due adulti tornarono a una distanza di sicurezza, Arthur si mise davanti alla sua mamma come se volesse fargli da scudo e iniziò a ringhiare contro Dazai guardandolo come se volesse ucciderlo. 

-Come ci si sente ad avere quella stessa gelosia che ha preso da te rivolta contro?- rise divertito il rosso.

Osamu lo ignorò affermando più seriamente -Dobbiamo parlare.

Chuuya riprese a ignorarlo mentre si chinava e prendeva con il braccio sano il proprio bambino -No, devo occuparmi della protezione di mio figlio.

-Allora vengo con voi!- riprese con la sua voce squillante e tranquilla come se tutto quello che era successo fino a quel momento fosse stato dimenticato.

-Col cazzo.

-Chibi! Che parole insegni al nostro bambino?- Dazai sorride mellifluo ad Arthur, rivolgendosi poi direttamente a lui -Piccolo, ti piacerebbe che papino venisse a casa con voi?

Il volto del bambino passò dalla rabbia alla confusione, voltandosi poi a guardare la sua mamma in cerca di risposte silenziose, cercando di capire come reagire a quelle nuove informazioni e, soprattutto, al fatto che quell’alpha sapesse buona parte delle cose che dovevano nascondere a tutti.

Chuuya stava ribollendo di rabbia -Non mettere in mezzo mio figlio.

-Nostro.

Stavano iniziando a dare spettacolo, Chuuya se ne rese conto quando vide con la coda dell’occhio alcuni membri dell’agenzia affacciati dalla porta per capire che stava succedendo. Nel particolare Atsushi, Kenji e la risata di Ranpo non stavano facendo un grande lavoro nel passare inosservati.

Si voltò e tornò verso le scale, borbottando all’alpha un semplice -Fai quello che vuoi.

Perché sapeva fin troppo bene che se Dazai si metteva qualcosa in testa, era impossibile fargli cambiare idea e, sinceramente, aveva ben altri problemi da affrontare dopo la disfatta di quel pomeriggio.

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Capitolo 4
*** CODE 03: Albatross ***


CODE 03: Albatross

 

La differenza tra Alpha, Beta e Omega non gli era mai stata spiegata. Non quando tutti i suoi ricordi erano legati a quel laboratorio dove l’unico scopo che il rosso aveva era quello di essere una cavia.

Chuuya era intelligente, quindi aveva iniziato a capire che esistevano gli alpha che stavano al di sopra degli altri e che potevano costringere gli omega a fare quello che volevano con il loro potere, ringhiando e comandando come se tutto gli fosse dovuto.

Nonostante però avesse capito come funzionava il mondo, non ci capiva ancora nulla di biologia.

Quando poi anche Chuuya stesso si presentò come un omega, nessuno batté ciglio. Gli diedero dei soppressori e continuarono gli esperimenti su di lui. Chuuya fece finta che non gli importasse.

 

Erano confusi i suoi ricordi su come e chi l’avesse fatto scappare dal laboratorio, ma di una cosa era certo: questa persona gli aveva dato un collare che avrebbe nascosto il suo odore da omega e gli aveva detto una frase che gli era rimasta impressa prima di svenire.

“Se vuoi sopravvivere in questo mondo, fingi di essere un beta.”

E fu proprio quello che Chuuya decise di fare, entrando nelle pecore come beta e vivendo come se ne fosse uno, attirando sempre di più l’attenzione su di sè non tanto per il suo genere secondario ma per il suo potere e il suo carisma.

Fu proprio in quel gruppo che Chuuya imparò sempre di più sul mondo dei generi secondari, che gli fu spiegata della biologia dei loro corpi, degli odori, dell’imprinting con la propria anima gemella, delle marcature e dei cicli di calore.

Gli omega seguivano uno schema ben preciso, Shirase li aveva descritti come “remissivi e delicati” ed erano tutto quello che Chuuya non era. Un’altra cosa che Chuuya capì sul proprio corpo fu che qualcosa era andato storto in laboratorio, che continuare a fare esperimenti su di lui e sul suo potere gli aveva modificato dettagli importanti, come il calore che non gli veniva ogni tre mesi ma a intervalli di tempo molto più distanti tra di loro.

Non che fosse un male, visto che così poteva fingere senza problemi di essere di un genere secondario che non importava a nessuno.

 

Mori Ougai fu il primo a cui Chuuya confessò il suo genere secondario. E lo fece solo perché fu costretto a farlo.

Quando entrò ufficialmente nella Port Mafia, fu chiamato nell’ufficio del boss e qui Mori gli sorrise in un modo che avrebbe fatto preoccupare chiunque.

-Ho saputo che punti a diventare dirigente, vero Chuuya-kun?

-Sì. Lo farò prima di Dazai.

Mori rise -Mi piacciono le persone determinate, hai tutto il mio appoggio. Ma prima… qual è il tuo genere secondario?

-Sono un beta- rispose in modo meccanico come sempre.

-Chuuya-kun, non posso permettermi di avere dirigenti dei quali non mi fido del tutto, capisci? Ti darò quindi un’altra possibilità, qual è il tuo genere secondario?

La mente del rosso iniziò a correre veloce. Se glielo avesse detto, l’uomo avrebbe avuto motivo di ricattarlo e usarlo per il resto della sua vita, ma allo stesso tempo avrebbe conquistato la sua fiducia. Inoltre, Chuuya dubitava che Mori l’avrebbe detto a qualcuno, sarebbe stato segno di debolezza far diventare, in futuro, un omega dirigente di una grande e temuta organizzazione quale era la Port Mafia.

Così decise e si giocò il tutto nella sua frase successiva -Sono un omega.

 

Come Chuuya aveva immaginato, Mori non aveva detto a nessuno del suo secondo genere e la sua vita era andata avanti mentre diventava un membro sempre più forte e importante all’interno della Port Mafia, ricevendo missioni e sottoposti e tutto quello di cui aveva bisogno.

E poi c’era Dazai. Dazai che era un alpha e si considerava il più intelligente all’interno di quel gruppo.

E se all’inizio Chuuya aveva avuto paura che l’altro potesse scoprire il suo segreto solo guardandolo negli occhi, aveva capito ben presto che a Dazai non fregava nulla di nessuno e qualsiasi tipo di preoccupazione lo abbandonò.

-È rivoltante, l’odore di quell’omega mi è rimasto attaccato sul giubbotto. Lavamelo.

Pretese Dazai porgendogli il capo che aveva appallottolato in una mano. I due avevano appena concluso una missione e si stavano dirigendo verso il punto stabilito dove una macchina stava aspettando.

-Eh? Perché dovrei?- rispose il rosso con una smorfia sul viso.

-Perché sei il mio cane, quante volte devo ripetertelo?

-Non lo sono- ruggì l’altro mentre gli strappava il vestito dalle mani. Gliel’avrebbe lavato non perché l’altro l’aveva preteso, ma solo perché non voleva sentirlo lamentarsi per le successive due settimane. Era tutto per la sua salute mentale.

Salirono all’interno della macchina nera che li avrebbe riportati alla base e, mentre l’autista partiva senza dire una parola, Chuuya commentò -Pensavo che amassi l’odore degli omega. Non dovrebbe essere dolce e buonissimo e farti cadere ai suoi piedi?

Dazai fece una smorfia -Non sono di certo un animale.

-No?- la voce del rosso era piena di derisione. Non parlava di Dazai nello specifico ma aveva ormai capito come funzionava la società e come quelli come lui venivano trattati.

-Non mi interessa accoppiarmi con un omega. Sono appiccicosi, bisognosi e puzzano.

Chuuya non disse nulla.

 

Gli sfuggì un gemito non troppo silenzioso mentre il punto ben preciso dentro di lui veniva toccato. Il sudore gli imperlava la fronte che aveva poggiato tra le sue braccia mentre se ne stava chinato su quella superficie in metallo non troppo pulita.

I suoi pantaloni e il suo intimo erano stati abbassati solo fino alle caviglie e il suo cappello era gettato a terra da qualche parte insieme al suo giubbotto, se Chuuya non fosse stato preso dal piacere così tanto se ne sarebbe sicuramente lamentato.

Non era l’unico che stava facendo dei rumori, anche Dazai alle sue spalle grugnì di piacere quando Chuuya lo strinse al suo interno.

E se al rosso avessero chiesto come diavolo c’era finito chinato su un bancone a farsi scopare con foga da Dazai, non avrebbe avuto una risposta. Non aveva idea di come erano arrivati a quel punto, quello che però sapeva era quanto fosse piacevole, aveva capito che era un buon modo per sfogarsi e che Dazai comunque era ancora lontano dal comprendere che si stava facendo un omega. Chuuya doveva solo non farlo sembrare strano e non togliersi il collare.

Un po’ troppo tardi si rese conto che, oltre quelle due cose, sarebbe stato opportuno far mettere all’altro anche il preservativo.

 

Chuuya aveva aspettato così tanto tempo per aprire quella bottiglia di Petrus che forse aveva alzato di troppo le sue aspettative. 

Era stato un regalo e gli era stato detto “usalo per un’occasione importante”. Questa occasione non era mai arrivata, ma Dazai che lasciava la mafia e, quasi in contemporanea, la scoperta di aspettare un figlio proprio dallo sgombro di merda poteva essere un buon modo per utilizzarla.

Aveva la nausea, ma non sapeva se era dovuta al vino, alla situazione o alla creatura che stava iniziando a formarsi nella sua pancia. Probabilmente era solo l’unione di tutte quelle cose.

Beveva direttamente dalla bottiglia, chiuso nella sua stanza e stravaccato sulla sua poltrona in modo scomposto, un leggero odore di fumo che ancora persisteva nell’aria dopo essersi avvicinato troppo all’esplosione che aveva distrutto la sua macchina.

La stanza non era illuminata se non per il chiarore della luna che entrava dalla finestra. Il liquido all’interno della bottiglia sembrava nero, gli macchiava le mani e i vestiti come un mostro con i suoi tentacoli che cercava di catturarlo, di farlo cadere nell’oscurità.

Rise, per nulla divertito, mentre si rendeva conto che non avrebbe dovuto bere, non con un bambino che portava in grembo. Ma alla fine non era davvero importante, perché non aveva alcuna intenzione di tenerlo.

-Tanto saremmo stati dei genitori pessimi- borbottò a nessuno di particolare prima di prendere un nuovo grande sorso che gli gocciolò sul mento.

-É stato un errore. Ma un errore non è qualcosa che posso permettermi.

La bottiglia gli scivolò a terra e si ruppe, il poco vino che era rimasto al suo interno macchiò il pavimento già scuro. Chuuya chiuse gli occhi e inclinò la testa contro uno dei braccioli.

-Forse in un’altra vita sarai più fortunato.

 

-

 

Chuuya aveva tenuto segreto il suo essere omega e il suo bambino a tutti per ben quattro anni, poi aveva perso la calma con Dazai solo mezzo secondo e gli aveva spiattellato ogni cosa. Ma perché gli faceva quell’effetto? Voleva picchiarsi ma, soprattutto, voleva picchiarlo.

A sua discolpa però non aveva pensato alle conseguenze. O meglio, non aveva pensato che ci potessero essere perché gli veniva impossibile immaginare che Dazai volesse prendersi un qualsiasi tipo di responsabilità sul bambino o, semplicemente, ammettere che sì, fosse anche suo. Ma, come sempre, l’alpha era riuscito a sorprenderlo.

C’erano stati fin troppi sguardi confusi e sconvolti da parte dei membri della Port Mafia che videro Dazai seguire tranquillamente Chuuya nella sua casa, ma nessuno ebbe il coraggio di fare domande. Anche Arthur l’aveva guardato con un cipiglio infastidito per tutto il tempo, ma non si era mai opposto a quello che la sua mamma diceva di fare, quindi non aveva protestato alla scoperta che quell’uomo stava per distruggere la loro quotidianità.

Essendo che nel suo appartamento nessuno metteva piede (se non Mori o Kouyou in casi di estrema urgenza), l’odore da omega di Chuuya divenne palese e persistente fin dal primo passo che Dazai fece all’interno della casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Tuttavia, quello che Dazai sentiva era un odore molto flebile, l’odore di chi cercava il meno possibile di impregnare il luogo o gli oggetti nonostante fosse il suo nido sicuro. Era un odore talmente flebile che fece venire a Dazai l’istinto di strappargli quel collarino che portava al collo per poter sentire a pieni polmoni quale fosse il suo vero profumo.

Nel mentre che l’alpha viveva tutte queste cose, Chuuya lo stava completamente ignorando dedicandosi solo al suo bambino. 

-Hai mangiato?- gli stava chiedendo mentre lo aiutava a togliersi le scarpe.

Arthur annuì.

-Hai ancora fame?

-No, sto bene. Tu invece perdi sangue- Arthur lo scrutò con il cipiglio giudicante di un adulto.

Chuuya sorrise e gli baciò la fronte -Va tutto bene, ha smesso di sanguinare, dopo vado a medicarlo.

-Ma…

-Arthur, non si discute.

Arthur chiuse immediatamente la bocca e di sottecchi lanciò un’occhiataccia all’alpha, ricordandosi della sua presenza e del fatto che non avesse idea di cose potesse dire o meno.

-Perché si chiama Arthur?- Dazai era entrato del tutto all’interno dell’appartamento e si era andato a sedere su una poltrona come se fosse casa propria, sistemandosi totalmente a suo agio e porgendo quella domanda con un tono di voce tranquillo e cantilenante.

Chuuya lo ignorò, Arthur rispose -E tu perché ti chiami stupido?

-Mi ferisci tesoro, non mi chiamo mica così, la tua mamma non ti ha insegnato le buone maniere per quando parli con gli estranei?

Arthur non si scompose e continuò a rispondere a tono mettendo le mani sui fianchi -Non uso le buone maniere con quelli che non piacciono alla mamma.

-Oh fidati, alla tua mamma piaccio molto quando…

Chuuya interruppe qualsiasi cosa l’alpha stesse dicendo, parlandogli sopra e rispondendo alla prima domanda -Arthur Rimbaud mi ha salvato la vita, quindi gli ho dato il suo nome.

-Ha anche provato a ucciderci- fece presente Dazai.

-Tutti quelli che abbiamo incontrato hanno sempre provato a ucciderci.

-Touché.

Chuuya tornò a rivolgersi al suo bambino -Visto che hai già mangiato, adesso ti aiuto a lavarti e sistemarti e poi te ne vai in camera a dormire.

-Ma è presto!- si lamentò subito il bambino.

-Se non vuoi dormire puoi vedere quello che vuoi dal tablet- cercò di contrattare Chuuya mentre entrambi raggiungevano il bagno e iniziava a spogliarlo per aiutarlo a lavarsi e fargli indossare dei vestiti comodi per la notte.

-Mhmm- Arthur continuava ad avere quel cipiglio infastidito e non si trattenne dal lanciare un’altra occhiataccia all’alpha, il quale li aveva seguiti fintamente annoiato e si era appoggiato allo stipite della porta, curiosando tutto intorno.

-Lui deve restare qui?- c’era fin troppo disprezzo nella sua voce per essere solo un bambino.

-No, dobbiamo solo parlare, poi non si farà più vedere.

-Davvero?

In realtà Chuuya non poteva rispondere a quella domanda, perché con Dazai era sempre tutto così imprevedibile che non poteva passare per bugiardo con il suo bambino.

Non ricevendo risposta, Arthur si rivolse direttamente a Dazai -Sei davvero il mio papà?

-Così sembra.

-Quindi vuoi bene alla mamma.

E la sua non era una domanda, ma un’affermazione.

-Arthur, non è così che funziona- Chuuya ringhiò piano, infilandogli i pantaloni con un po’ troppa foga e cercando di nascondere con i capelli il rossore che stava iniziando a colorare il suo collo.

-Sì invece, me lo ha spiegato lo zio Mori.

Lo sguardo azzurro di Chuuya si assottigliò, il suo tono si fece molto più basso e minaccioso mentre chiedeva -Cosa ti avrebbe spiegato lo zio Mori?

-Mi ha detto che per fare un bambino ci devono essere una mamma e un papà che si vogliono tanto bene e che dormono insieme nello stesso letto. Poi mi ha detto che io non ho più un papà perché se n’è andato visto che non gli era più piaciuto il tuo letto. Quindi ora che è tornato è perché ne hai comprato uno nuovo?

Chuuya sentiva Dazai alle sue spalle mentre non faceva nulla per cercare di trattenere la sua risata. Aveva solo voglia di picchiarlo ma, per una volta, aveva più voglia di picchiare Mori in quel momento.

Decise che ne aveva abbastanza di quelle conversazioni. Il problema è che non aveva ancora iniziato quella più difficile e che al solo pensiero gli faceva venire il mal di testa. Finì di sistemare il suo bambino e affermò -Niente letto nuovo, parliamo e se ne va. Tu vai nella tua stanza.

-Va bene- cedette alla fine abbracciandolo e dandogli il bacio della buonanotte, poi si chiuse in camera come promesso, senza prima non lanciare un’ultima occhiataccia infastidita all’alpha.

Rimasti soli, Chuuya recuperò la cassetta del pronto soccorso e si strappò di dosso la camicia, restando solo con pantaloni e collarino. Poi si diresse in cucina pronto a medicarsi da solo.

-Perché non ho mai saputo della sua esistenza?- fu quella la prima domanda che Dazai gli porse seguendolo disinteressato.

Chuuya fece uno sbuffo mentre cercava di capire la portata della sua ferita -Perché non ti è mai interessata la tua vita, figurati quella di qualcun’altro.

Il taglio che aveva tra la spalla e il braccio era più profondo di quello che aveva immaginato, si era cicatrizzata in tutto quel tempo insieme alla camicia, ma nel momento in cui l’aveva strappata via il sangue aveva ripreso a scorrere sul suo braccio.

Nel mentre iniziò a lavarsi e a medicarsi, decise di raccontare velocemente tutto quello che l’atro voleva sapere, così magari se ne andava in fretta e lui poteva concludere quella giornata di merda.

-Ho scoperto di essere in attesa il giorno che hai abbandonato la Port Mafia. Ironico, vero? Non avevo alcuna intenzione di tenerlo, volevo ucciderlo ed eliminare l’errore prima che potessi davvero rendermi conto di quello che avevamo fatto.

-Mhmm- Dazai non sembrava troppo colpito della cosa e rispose mentre apriva le ante della cucina e cercava qualcosa da bere -Cosa ti ha fatto cambiare idea?

-Mori. Tutt’ora lui e Kouyou sono gli unici che sanno che sono un omega e che Arthur è mio figlio. O meglio, penso che tutti ormai l’abbiano capito ma hanno troppa paura per chiedere e, come te, pensano semplicemente che io sia il padre. La smetti di toccare tutte le mie bottiglie di vino?

Dazai fece una smorfia -Non è colpa mia se bevi ancora quell’alcool scadente- sembrò soddisfatto solo quando trovò sul fondo della dispensa una bottiglia di scotch che era piena poco meno della metà, la prese e se ne versò un bicchiere -Come ti ha convinto Mori?

Chuuya fece una smorfia infastidita sia per il dolore di passare il disinfettante sulla ferita, sia per le azioni dell’altro che si stava servendo delle sue cose senza chiedere. Poi rispose -Visto che è un dottore, ero andato da lui per chiedergli di farmi abortire. Mi ha detto che l’avrebbe fatto senza problemi se era quello che volevo, ma mi ha fatto anche notare qualcosa che ha attirato la mia attenzione. Ovvero che, essendo anche figlio tuo…

-Avrebbe potuto ereditare il mio potere per salvarti dalla corruzione- concluse Dazai per lui, girandosi finalmente a fissarlo con il bicchiere in mano, prendendone un sorso.

-Esatto. Non ero molto convinto perché non volevo fare il genitore, ma Mori mi ha promesso che non me ne sarei dovuto occupare se non avessi voluto, che avrebbe pensato a tutto la Port Mafia e che dovevo solo fare lo sforzo in quei nove mesi. Quindi ho accettato fingendo di partire per una missione all’estero…

-Mori voleva solo qualcuno che sostituisse il mio potere dopo che me ne sono andato, non l’ha fatto per te.

Le parole di Dazai erano state dure e crude, Chuuya rispose allo stesso modo.

-E allora? Nessuno fa nulla se non per un tornaconto personale, io stesso ho fatto nascere quel bambino solo per la mia sopravvivenza. Hai intenzione di versare un bicchiere anche per me?

Dazai gli si avvicinò arrivando a solo un passo di distanza, gli porse il proprio bicchiere e con le mani libere gli prese la benda dalle mani che il rosso stava faticando a mettersi da solo e iniziò a fasciarlo in un gesto automatico che faceva ogni giorno su se stesso.

Chuuya lo lasciò fare fissandolo guardingo e prendendo un sorso di alchool.

-E hai vinto la scommessa contro il destino? Ha ereditato il mio potere?

-Sì. Ed è pure migliore, perché riesce a usarlo a distanza entro un certo raggio d’azione.

Gli occhi di Dazai si illuminarono di curiosità mentre chiudeva la fascia al braccio con un nodo forse troppo stretto, aveva lo sguardo folle di chi stava pensando di chiudere il bambino in un laboratorio per capire come funzionasse.

Chuuya sbattè il bicchiere di vetro sul bancone alle sue spalle e gli ringhiò contro come solo un omega ferito e al quale stavano minacciando di togliere la famiglia poteva fare -Prova a toccarlo e ti faccio a pezzi.

Dazai rise, non allontanandosi neanche di un millimetro dalla posizione che avevano in quel momento -Pensavo di aver capito che non ti interessasse di lui, che ti serviva solo per il suo potere.

-Questo prima di farlo nascere.

-E adesso?

-Adesso brucerei il mondo pur di salvarlo.

Dazai sorrise di più, poi spostò lo sguardo sulla benda candida e pulita al braccio del rosso e chiese -Chi ha minacciato di fargli del male?

Chuuya si irrigidì, poi sibilò piano -Gli Angeli. Dovresti conoscerli bene, visto che vogliono lui perché non sono riusciti ad arrivare a te.

-Non sei riuscito a farli fuori? Mi deludi, Chuuya- e usava sempre quel tono cantilenante che portava l’omega a volerlo strozzare e fargli sempre più male.

Il rosso ringhiò ancora -Non sono riuscito a ucciderli perché si nascondono come topi. Codardi del cazzo.

-Oh beh, immagino che tu abbia bisogno del mio aiuto. Potrei farlo se me lo chiedi strisciando.

Chuuya si bloccò, tutta la sua rabbia passò in secondo piano e si perse solo qualche secondo a scrutare l’altro e a percepire quello che era diventato il suo odore, poi rise divertito -Strisciando? Io? Pochi secondi e sarai tu a strisciare ai miei piedi.

Dazai alzò un sopracciglio -Hai dimenticato che sei tu il mio cane?

-Ironica come frase se detta da qualcuno che sta sbavando al mio odore.

E fu solo in quel momento che Dazai ebbe la consapevolezza di fin troppe cose. Si rese conto che, involontariamente, si stava facendo sempre più vicino all’altro, si rese conto che il proprio odore era cambiato e si era fatto più profondo, si rese conto che stava respirando a pieni polmoni e che le sue iridi erano dilatate e si rese conto, infine, che avrebbe dovuto faticare per tirarsi indietro.

Ebbe fastidio nel constatare che Chuuya si era già accorto di tutte quelle cose e che le stava usando a suo favore, Osamu non si poteva permettere di dargli tutte quelle libertà e, come al solito, si limitò a prenderlo in giro.

-Sei proprio disperato se stai cercando in tutti i modi di spingermi a scoparti.

Il rosso non batté ciglio rispondendo a tono -Sei tu che vuoi scoparmi, io ti sto solo dando il permesso.

Era più consenso di quanto entrambi avessero mai espresso durante le loro scappatelle, quattro anni prima. Fu quindi naturale per Chuuya trovarsi spinto seduto sopra il bancone alle sue spalle, mentre stringeva le gambe intorno al busto dell’altro e si aggrappava alla sua camicia quasi come se volesse strapparla. Anche Dazai non era messo meglio, con il braccio destro che gli stringeva i fianchi e con la mano sinistra che gli stava scompigliando fin troppo i capelli.

Si stavano baciando ed era del tutto nuovo. Non avevano mai sentito il bisogno di farlo prima, quando scopavano nei punti meno indicati della città e nei momenti peggiori, non avevano mai avuto tempo per fare una cosa così inutile. Adesso invece sembrava qualcosa di essenziale, qualcosa che non potevano fare a meno di fare.

Labbra calde che si rincorrevano, lingue che esploravano, saliva che gocciolava sul mento e denti che mordevano. Tutto faceva parte di quella lotta in cui nessuno dei due aveva intenzione di lasciar vincere l’altro.

La stanza si stava surriscaldando, i loro corpi si facevano sempre più vicini e a Dazai mancava solo una cosa di vitale importanza.

-Toglilo- ringhiò stringendogli leggermente il collo e riferendosi all’evidente collare che stava ancora nascondendo il suo odore.

Chuuya sorrise soddisfatto, lo accontentò ma non senza prenderlo in giro -Sbaglio o dicevi che non avevi alcun interesse a scopare con un omega? 

-Ti stai definendo un omega bisognoso, appiccicoso e puzzolente?

Chuuya ringhiò -Non insultarmi.

Dazai rise vittorioso, ma durò poco. Perché fu uno shock per lui sentire l’odore di Chuuya per la prima volta: l’odore dolce e pungente del melograno. Fu la prima volta in cui l’odore di un omega eccitato gli stava facendo cose strane al cervello, portandolo a non pensare nulla.

L’unico istinto che aveva era quello di affondare faccia e denti in quell’odore e diventarne il proprietario.

Stava perdendo sempre di più la ragione e i gemiti di Chuuya, con il suo strusciarsi contro di lui senza neanche accorgersene, stavano solo peggiorando la situazione.

Fu solo l’istinto di protezione dell’omega e l’ultimo briciolo di sanità mentale di Dazai a farli staccare congelati quando sentirono l’urlo di terrore di Arthur.

Due secondi dopo Chuuya aveva aperto la porta della cameretta del bambino con così tanta foga che l’aveva scardinata. Quello che si trovavano davanti fu un Arthur che cercava di divincolarsi da Nikolaj Gogol, colui il quale stava cercando di tenerlo buono tra le sue braccia mentre imprecava -Dio! Quanto cazzo è fastidioso il tuo potere!

-LASCIALO SUBITO!- Chuuya urlò lanciandogli contro la porta che gli era rimasta tra le mani.

Gogol riuscì a schivarla ma questo permise ad Arthur di morderlo e liberarsi.

Poi successe tutto insieme e nell’arco di tre secondi scarsi: Arthur corse da Chuuya che rimase in posizione di attacco e si limitò a urlare al bambino “ALBATROSS”. Dazai si spinse in avanti pronto a toccare il loro nemico per impedirgli di tornare a usare il suo potere, ma questo si era già liberato dal potere del bambino che si era distratto e aveva smesso di utilizzarlo. Di conseguenza, Gogol ebbe modo di sparire dentro il suo mantello, per poi riapparire dietro i due rossi, colpirli, tramortire il bambino e portarselo via.

Qualche istante dopo, la casa esplose per la forza del potere della corruzione di Chuuya.

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Capitolo 5
*** CODE 04: Iceman ***


CODE 04: Iceman

 

Era buio e si sentiva bruciare. Non riusciva a muoversi e non riusciva a parlare.

Non sentiva il proprio corpo e anche pensare era faticoso, solo una parola continuava a tornare con insistenza nella sua mente: Arthur.

Dov'era il suo bambino? Perché non era ancora riuscito a salvarlo?

In quel mare di oscurità e disperazione una voce estranea si inserì a forza per il tono alto con cui era stata pronunciata "Mi hai chiamato per curarlo e adesso mi stai davvero ringhiando contro? Che cazzo di problemi hai, Dazai?".

Chi aveva parlato? Cosa significavano quelle parole? Più Chuuya cercava di comprendere quello che stava succedendo più perdeva coscienza di sé stesso tornando ad annegare nel buio della sua mente. 

 

Ogni volta che si svegliava dopo aver usato corruzione si sentiva uno schifo. Tutti i suoi muscoli che dolevano, la testa che pulsava, il sapore di sangue in bocca… ma non quel giorno. Quel giorno stava fin troppo bene e iniziò a capire il perché quando realizzò che si trovava in una stanza d'infermeria che non conosceva, una stanza dove all'interno stava la dottoressa dell'Agenzia di Detective. 

Se era quello l'effetto del potere di quella donna, avrebbe voluto averlo a portata di mano sempre. 

-Stai fermo ed evita di distruggermi la stanza– ordinò Yosano nel momento stesso in cui lo vide mettersi seduto, poi si avvicinò alla porta aperta per urlare -è sveglio! 

Non passò troppo tempo prima che fosse raggiunto da Mori e dal capo dell’Agenzia di detective armati. Ma non erano i soli, perché Chuuya poteva sentire chiaramente l’odore di Dazai.

Yosano andò via e Dazai palesò la sua presenza, limitandosi a poggiarsi allo stipite della porta.

-Lo sgombro è qui come precauzione nei miei confronti?- domandò Chuuya con amarezza e disprezzo nella voce.

-Hai distrutto il tuo appartamento e il condominio della Port Mafia- fece presente Mori con un tono relativamente tranquillo, come se stesse esprimendo le sue preferenze per la colazione del giorno dopo.

Chuuya si limitò a digrignare i denti, come avrebbe dovuto rispondere? Sapeva quello che aveva fatto. Sapeva che aveva distrutto la sua casa, il suo nido, senza neanche essere riuscito a salvare il proprio bambino.

-E comunque no- continuò Mori facendo un passo avanti -è qui perché è impossibile mandarlo via.

Allungò una mano verso il rosso e gliela poggiò sulla testa come tante volte Chuuya l’aveva visto fare con Elise. La reazione di Dazai fu immediata: iniziò a ringhiare piano.

Chuuya spalancò i suoi occhi e si voltò a fissarlo confuso, ma questo non lo stava guardando, troppo concentrato a intimidire l’alpha che lo stava toccando.

-Visto?- Mori allontanò la mano e alzò le spalle.

Erano troppe cose a cui pensare, troppe novità da digerire, troppe informazioni che Chuuya non aveva modo di capire e comprendere, non in quel momento almeno.

Cambiò argomento -Arthur è stato preso, vero…?

-Sì. Ma nessuno attacca la mafia senza subirne le conseguenze. Si pentiranno della loro scelta.

Dopo che Mori concluse con quel tipo di minaccia che non aveva mai promesso nulla di buono, Fukuzawa prese la parola per la prima volta da quando era entrato nell’infermeria.

-Ci siamo presi la libertà di ideare un piano per salvarlo mentre tu eri privo di sensi, spero che ti possa andare bene.

-Che tipo di piano? Vogliamo fare un attacco combinato tra le due fazioni?

-Era l’idea iniziale- annuì Fukuzawa -poi Mori e Dazai si sono trovati d’accordo sul fatto che in questo modo non avreste potuto usare la migliore arma a nostra disposizione.

Chuuya alzò un sopracciglio -Ovvero?

-Voi due- rispose semplicemente Mori -non c’è missione che la Soukoku abbia mai fallito.

L’omega odiava già quella proposta e il conseguente piano che ne sarebbe scaturito, ma sapeva che Mori aveva ragione, sapeva che non coinvolgere altri se non Dazai era l’unico modo per Chuuya di esprimere tutta la sua forza e potenza senza limiti.

-Bene- concesse alzandosi del tutto dal lettino -allora muoviamoci, che più tempo perdiamo e più tempo il mio bambino è costretto a passarlo con quei mostri.

Aveva il terrore di pensare a quello che gli stavano facendo proprio in quel momento.

 

-Ho vinto!- esclamò Arthur tutto felice mentre alzava le braccia al cielo e si sporgeva in avanti sul tavolo, verso la scacchiera dalla quale aveva eliminato l’ultima pedina di Sigma.

Il beta sorrise intenerito e tornò a sistemare le pedine, poi disse -sei davvero molto intelligente per la tua età.

-Ehehe- il bambino si gonfiò d’orgoglio -anche la mia mamma lo dice sempre.

Scese il silenzio, mentre l’umore del piccolo si faceva più triste e tornava ad accasciarsi contro la sedia -la mia mamma sta bene… vero?

-Quasi sicuramente- concesse Sigma.

-Perché non mi fate tornare da lui?

L’adulto non rispose.

-Tu non sei una persona cattiva- continuò Arthur in un sussurro -perché non vuoi farmi tornare a casa?

-A Fyodor e Nikolaj serve il tuo potere, ti consiglio di non fare i capricci e seguire le loro richieste, possono essere persone davvero cattive se li fai arrabbiare.

Dopo che Arthur era stato rapito da Gogol, questo l’aveva affidato a Sigma una volta tornato al loro covo. 

“Nessuno di noi ha intenzione di avere a che fare con un moccioso, potremo finire con l’ucciderlo e sarebbe controproducente per il piano, te ne occuperai tu fino a quando non ci servirà.” era stato questo quello che Fyodor gli aveva detto e Sigma si era trovato a dover fare da babysitter senza avere alcuna voce in capitolo.

-Sono la tua famiglia?

La domanda del piccolo lo riscosse dai suoi pensieri, portandolo a rispondere in modo veloce e conciso -Non ho una famiglia.

-Puoi far parte della mia famiglia se mi riporti a casa. Mamma ne sarebbe felice e poi diventiamo tutti amici.

A Sigma sfuggì una risata -Non è così che funziona.

-Perché no? Ieri è arrivato un alpha e ha detto di essere il mio papà, quindi perché non puoi iniziare a far parte della famiglia da un giorno all’altro come ha fatto lui?

-Perché lui è davvero tuo padre, io sono uno dei tuoi rapitori.

Arthur ci pensò per diversi secondi in silenzio, con le guance gonfie e le sopracciglia corrugate, infine sbottò -e allora diventa l’eroe che mi salva, non vorresti avere una casa?

Arthur non era sicuro di quello che stava dicendo, ma era l’unica cosa che poteva fare. Il codice Iceman sembrava l’unico che potesse funzionare in quel momento: usare qualsiasi cosa a sua disposizione come arma e scappare. Non aveva armi fisiche con cui poter combattere, ma la manipolazione… la zia Kouyou gli aveva insegnato tutto su quel campo.

 

Chuuya odiava quel piano.

Sapeva che era l’unico che avrebbe funzionato, ma non poteva fare a meno di odiarlo con tutto il suo cuore. Segno della sua irritazione era il tic alla gamba che li aveva portati ad accellerare un po’ troppo lungo le strade che stavano percorrendo verso il luogo indicato da Ranpo come la sede degli Angeli.

Era un piano semplice, uno di quelli che avevano sempre usato durante le missioni che i due avevano svolto insieme all’interno della Port Mafia. Ma aveva un piccolo particolare che a Chuuya non riusciva ad andare giù: si sarebbe dovuto fidare di Dazai.

Sarebbero entrati nel covo degli Angeli da due punti diversi: Chuuya dalla porta principale distruggendo chiunque e qualunque cosa si fosse messa sul proprio cammino, facendo a pezzi tutti quelli che avevano osato pensare che potevano prendersi Arthur senza conseguenze; mentre Dazai sarebbe entrato di nascosto, salvando il bambino da dove era stato rinchiuso senza attirare l’attenzione di nessuno.

Ed era vero che in passato Chuuya si era già fidato di lui più di una volta, che aveva usato corruzione mettendo la sua vita nelle mani dello sgombro, ma adesso era diverso. Perché la vita che stava mettendo nelle sue mani era quello del suo bambino. E se gli fosse capitato qualcosa… Chuuya non era sicuro di come avrebbe potuto reagire.

-Mi sto fidando di te perché non ho altra scelta, ma giuro Dazai che se non lo riporterai da me ti farò soffrire così tanto che rimpiangerai il giorno in cui sei venuto a rompermi le palle per convincermi a unirmi alla Port Mafia.

Dazai sbuffò mettendosi comodo sul suo sedile del passeggero, poi borbottò -Sei sempre così melodrammatico, vedrai che salverò Arthur prima che tu riesca a trovare uno solo di loro e poi lo porterò a fare scommesse alle gare dei cavalli.

-Non osare!
-Chuuya! Non puoi impedirmi di avere questi momenti padre-figlio! Non fare il mostro!- sentire quella sua voce fintamente angelica e offesa gli fece venire voglia di picchiarlo. O di baciarlo. Ma non era il momento per nessuna delle due cose, quindi cambiò argomento.

-Gli ho insegnato dei codici in questi anni, sono i nomi dei Flags. A lui basta che qualcuno pronuncia uno dei loro nomi e, di conseguenza, saprà già cosa fare. Usali se dovessi averne bisogno.

Lo sguardo di Osamu si fece interessato -Che tipo di codici?

-Doc è quando qualcuno è ferito profondamente, se pronunci il suo nome Arthur saprà che deve cercare aiuto e mettersi in salvo. Con Lippman deve mentire e utilizzare le sue migliori doti d’attore mentre con Albatross deve trovare qualsiasi cosa disponibile come mezzo di trasporto e allontanarsi dal luogo. IceMan usava qualsiasi cosa avesse a disposizione come arma, quindi è questo quello che ho insegnato ad Arthur e che dovrà fare una volta usato quel codice. Per finire c’è Piano Man, ma non abbiamo mai usato il suo codice in realtà.

-Dovrei utilizzarlo?

-Non fidarti di nessuno, scappa, gestisciti da solo. Ecco quello che capirà Arthur se dirai il suo nome.

Dazai annuì pensieroso, poi commentò -Non pensavo fossi così intelligente da inventarti codici di questo livello.

nostro figlio, proteggerlo e nasconderlo dal mondo non è mai stata una cosa facile.

-É qui che hai sbagliato.

-Prego?- la voce di Chuuya si era fatta più alta, aveva inchiodato di botto in mezzo alla strada e si era voltato a guardarlo con uno sguardo che avrebbe potuto ucciderlo.

Osamu non si era mai fatto intimidire e non iniziò quel giorno, spiegò quindi tranquillo quello che voleva intendere -Non dovevi nasconderlo dal mondo, dovevi lasciare che lo vedessero e ne avessero paura. Crescerlo come il demone che tutti sapevano avremo creato insieme.

Chuuya riportò lo sguardo sulla strada ma non partì, sussurrando in risposta dopo qualche secondo -Non voglio che diventi come noi, voglio solo che abbia una vita normale.

-Non avrà mai una vita normale.

-Gliela stavo dando, prima che tu venissi a rovinare ogni cosa.

Dazai rise schernendolo -Ah sì? Quindi la tua definizione di normale è insegnargli dei nomi di persone morte che corrispondono ad azioni che deve compiere? Impedirgli di vedere altre persone al di fuori dei membri della Port Mafia? Costringerlo a mentire sul proprio potere o su chi sia la sua famiglia?

Fu terribile sentire quelle accuse, soprattutto quando si rendeva conto che l’altro aveva ragione, che aveva avuto ragione su tutta la linea. Poiché lo stesso Chuuya ne era sempre stato consapevole a sua volta, solo che aveva deciso di non pensarci, di fingere che fosse normale, che lo stesse crescendo nel modo migliore, che non avrebbe potuto fare di meglio.

Era stato colpito nell’orgoglio, quindi fece quello in cui era più bravo: rispondere con la stessa moneta.

-STA ZITTO! STAVO SOLO CERCANDO DI PROTEGGERLO! NON HAI DIRITTO DI PAROLA, TU NON C’ERI! 

Aveva urlato esprimendo tutta la frustrazione che aveva accumulato fino a quel momento, manifestando tutta la rabbia che aveva in corpo, prendendolo a pugni a ogni parola pronunciata e finendogli quasi in grembo per quanto si era spinto in avanti.

-Non c’ero- concesse Dazai attivando quasi inconsciamente il suo odore per calmarlo -ma ci sono adesso e salveremo quel bambino.

Chuuya gli afferrò i capelli e li strinse con cattiveria -Dì il suo nome. É tuo figlio.

Dazai si spinse in avanti e affondò il volto contro il collo dell’altro, respirando a pieni polmoni e accarezzandogli la ghiandola con la punta del naso. Calmarlo con il suo odore non stava funzionando, quindi fu del tutto naturale per lui aprire la bocca e morderlo.

Era una cosa intima, che gli alpha facevano per i propri omega quando erano in un forte stato di stress o di angoscia, utile per fargli ritrovare la lucidità. Non essendo in calore, il marchio sarebbe sparito nell’arco di qualche giorno dal collo di Chuuya.

-Salveremo Arthur- concesse Dazai contro la sua pelle -poi ti marchierò.

All’omega sfuggì un gemito a metà che represse mordendosi le labbra, sentendo inoltre il suo respiro farsi più leggero e la sua rabbia attenuarsi.

Dazai aveva già espresso più volte che avrebbe salvato il loro bambino, ma Chuuya non si era fidato, odiando tutto il piano e la situazione. Ma in quel momento, il suo omega interiore si rilassò per la prima volta da quando tutta quella storia era iniziata, colpa principalmente dell’odore e del morso ricevuto, ma per la prima volta credette davvero alle sue parole, avendo la certezza che il suo alpha avrebbe davvero protetto quanto di più caro avesse al mondo.

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Capitolo 6
*** CODE 05: Piano Man ***


CODE 05: Piano Man

 

L’eco lontano di un’esplosione fece tremare le pareti, facendo cadere diversa polvere dal soffitto e facendo tremolare la luce.

Da un lato Sigma alzò uno sguardo preoccupato verso il soffitto, ma dall’altro Arthur saltò in piedi con sguardo febbricitante ed eccitato mentre urlava -è la mamma!

-Non sarebbe dovuto venire- borbottò in risposta Sigma mentre si metteva in piedi a sua volta ed elaborava velocemente le informazioni.

-La mamma verrà sempre a salvarmi! Portami da lui!- impose il bambino con uno sguardo di fuoco.

-É un suicidio!- urlò in risposta il beta -non sopravvivrà, non contro il potere di Fyodor!

Gli occhi di Arthur si riempirono di lacrime per l’ansia e la rabbia -Allora portami da loro! Posso annullare il suo potere! Posso aiutarlo!

-Non puoi- Sigma fu diretto e veloce con la sua sentenza, poi lo afferrò per il braccio e iniziò a trascinarlo fuori dalla stanza.

-Posso! Mi sono allenato!

-Sei solo un bambino, l’unica cosa che puoi fare è scappare da qui e non rendere vano il sacrificio della tua famiglia.

Arthur spalancò gli occhi -Dove mi stai portando?

-Lontano da quella stanza, Gogol non perderà tempo ad arrivare e portarti via per usarti come ostaggio contro Chuuya.

Arthur era senza parole, in ansia per la sua mamma ma anche confuso sul perché Sigma avesse deciso di aiutarlo a scappare.

-Perché mi stai aiutando?

Non ci fu risposta, perché Sigma stesso non lo sapeva, aveva solo agito d’istinto seguendo quanto fosse giusto secondo lui. Accelerò il passo e aumentò la presa sul braccio del bambino, sapendo bene che se Gogol li avesse trovati non sarebbe sopravvissuto nessuno di loro.

 

La scia di distruzione che Chuuya si stava lasciando dietro era nulla in confronto a quello che avrebbe fatto una volta trovati i ratti che avevano deciso di distruggere la sua famiglia.

Non passò molto tempo prima che trovasse Fyodor Dostoevskij. L’uomo era tranquillo e solo in quella che sembrava essere una sala delle riunioni, seduto al tavolo mentre sorseggiava un the caldo e di sottofondo della musica classica.

-Chuuya-kun- lo accolse come se fosse un ospite che stava aspettando -non abbiamo mai avuto un omega qui dentro, ti senti a tuo agio?

Chuuya gli ringhiò contro -ridammi il mio bambino.

Fyodor posò la tazza che teneva tra le mani e scosse la testa come se stesse rimproverando un bambino che faceva i capricci -Saresti dovuto rimanere a casa, nascosto insieme a quell’alpha del quale ti porti dietro l’odore, sono sicuro che l’avresti convinto a darti un altro bambino, sarebbe stato semplice.

-Non parlare di Arthur come se potessi sostituirlo tanto facilmente- tutti i contorni  della sua figura si fecero rossi, con delle crepe che iniziarono a formarsi sul pavimento a partire dai suoi piedi.

-Ah beh, il mio era solo un semplice consiglio. Morirai invano e io userò il potere di quel bambino fino a quando ne avrò bisogno.

-Ti ucciderò ancora prima che tu riesca anche solo a pensare nuovamente a lui.

-Davvero? E come pensi di fare, Chuuya-kun? Non puoi usare corruzione, non in un posto sotterraneo come questo dove crollerebbe tutto, non puoi rischiare di uccidere anche il mocciosetto, vero?

-Hai fatto male i conti, stupido ratto- il sorrisetto dell’omega si fece cattivo e malizioso mentre si metteva in posizione da combattimento -il mio potere non è solo corruzione.

Fyodor rise a sua volta -Oh lo so bene, ma prova a toccarmi e il mio potere ti ucciderà- aprì le braccia in un muto invito ad avvicinarsi -quindi avanti, fammi vedere quello che hai preparato per me.

 

Nikolaj li aveva trovati, ovvio che l’avrebbe fatto, Sigma si diede dell’idiota per aver pensato che sarebbe riuscito a sfuggire a quei due, c’era un motivo se era stato costretto a lavorare per loro tutta la sua vita.

-Parleremo dopo di quello che hai fatto- lo minacciò Gogol con quel solito sorriso sadico che non prometteva nulla di buono -adesso dammi il bambino.

Sigma si bloccò sul posto, il gelo e la paura che gli impedivano di muoversi o di fare una qualsiasi cosa, che fosse correre via in un pallido tentativo di salvare il bambino o di consegnarlo a Nikolaj come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.

Non aveva idea di cosa avrebbe fatto, se avrebbe vinto la paura o quella piccola scintilla di ribellione che Arthur aveva messo in lui semplicemente parlando di casa e famiglia. Ma non ebbe mai modo di scoprirlo, perché un aiuto esterno arrivò in loro soccorso.

Dazai Osamu era lì, l’uomo che avevano provato a reclutare e catturare per anni era entrato di propria volontà nel loro rifugio, Sigma avrebbe riso per l’assurdità della situazione se non fosse stato così teso da tutto il resto.

Dazai non era mai stato bravo nel combattimento corpo a corpo, quindi si limitò ad arrivare alle spalle di Gogol, annullare il suo potere e tramortirlo con un colpo alla testa prima ancora che questo potesse anche solo pensare di reagire.

Arthur urlò felice e corse verso di lui mentre esclamava -Lo sgombro è venuto a salvarci!

Osamu alzò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto -Non chiamare così tuo padre!

Arthur rispose con la stessa espressione e la stessa posa -Ti chiamo come voglio! Però ci posso ripensare se mi compri del cioccolato.

-Piccolo ingrato…- borbottò Dazai in risposta, ma aveva anche un piccolo sorriso orgoglioso che gli spuntò sul viso.

Una nuova esplosione fece tremare le pareti della struttura e Arthur saltò sul posto con uno sguardo risoluto -Dobbiamo salvare la mamma!

-No, gli ho promesso che ti avrei portato fuori di qui, vuole solo che tu sia salvo.

-Ma non possiamo abbandonarlo! Sigma dice che lo uccideranno!

Dazai alzò lo sguardo su di lui per la prima volta, guardò un attimo intorno a loro e capì subito la situazione -Perché lo stavi facendo scappare?

Sigma non aveva una risposta, stava quindi per dire un sincero “non lo so” quando Arthur lo precedette affermando -Sigma non è cattivo! Lui è stato buono con me e vuole solo una famiglia, gli ho detto che può fare parte della nostra. Può diventare lo zio Sigma!

Sigma arrossì per l’imbarazzo, Dazai rise -Lo zio Sigma eh? In effetti Atsushi sarebbe felice di avere un nuovo amico.

-Ora andiamo ad aiutare la mamma?- Arthur era impaziente e Dazai sapeva bene che non c’era modo di fargli cambiare idea, a meno che non l’avesse preso con la forza per portarlo in salvo, ma era troppa fatica.

-Sai come uscire di qui?- Osamu lo domandò a Sigma.

-Certo- rispose questo velocemente senza neanche pensarci.

-Bene, te lo affido allora, io vado a controllare che Chuuya non muoia lasciandomi un bambino a carico dall’oggi al domani.

-Aspetta!- Sigma era nel panico -Ti fidi di me? Così?

-É una scommessa che sono sicuro di vincere, riesci a portarlo fuori di qui entro i prossimi dieci minuti?

-Anche prima.

Dazai annuì soddisfatto, poi tornò a rivolgersi al bambino -Ti sei dimostrato forte e coraggioso oggi, io vado ad aiutare la tua mamma, tu riesci a essere bravo come Piano Man?

Il codice era stato emesso e Arthur capì subito la situazione. Se la poteva cavare da solo, era riuscito a portare Sigma dalla sua parte e avrebbe continuato a manipolarlo se fosse stato necessario, avrebbero lasciato quei sotterranei e Chuuya avrebbe potuto sprigionare tutto il suo potere senza paura di fargli del male. Non gli sarebbe stato d’intralcio, avrebbe dimostrato che poteva cavarsela da solo.

 

Il sangue gli scorreva lungo la fronte accecandolo da un occhio, il suo respiro era pesante mentre cercava di riprendere fiato e i suoi sensi erano all’erta per capire da dove sarebbe arrivato il prossimo attacco.

Ma nonostante tutto quello che Chuuya aveva fatto, Fyodor era davanti a lui a sorridere incolume. Non era un uomo, era un mostro.

L’omega era pronto ad attaccare ancora e ancora, quando dei passi attirarono la sua attenzione e Dazai fece il proprio ingresso nella stanza ormai quasi del tutto distrutta.

-Ehilà Fyodor-kun! Da quanto tempo! Sono felice che tieni tanto a me da fare tutto questo pur di avermi nella tua squadra, ma avresti potuto chiedere gentilmente il mio aiuto.

Dostoevskij rise -Immaginavo non saresti stato lontano, aspettavo solo te come spettatore prima di far fuori la tua puttana.

Gli occhi di Dazai si illuminarono e batté le mani felice -Sarebbe davvero bello se tu ci riuscissi, ma Chuuya è difficile da far fuori, ne so qualcosa.

-Quindi non ti intrometterai in questa battaglia?

-Oh no, è il mio cane che fa il lavoro sporco, io sono qui solo a godermi lo spettacolo.

Fu Chuuya a interrompere quello scambio di battute, raggiungendo Dazai e afferrandolo per il bavero della camicia mentre sibilava con odio -Che cazzo ci fai qui? Avevi una sola cosa da fare! UNA! Dove hai lasciato il mio bambino? Mi sono fidato di te!

-Sai cosa? Devo ammettere che non hai fatto totalmente un lavoro pessimo con lui. É stato abbastanza intelligente da trovare da solo un modo per scappare da qui. Non ha bisogno di essere salvato, ha bisogno che la sua mamma torni a casa vivo, ecco perché sono qui.

-Giurami che sta bene.

Dazai rilasciò il proprio odore calmante, poi sorrise e affermò -Puoi non trattenerti più.

 

-

 

Due ore dopo, quando ormai era solo questione di minuti prima che arrivasse l'alba, si trovavano tutti e tre nella stanza di Dazai situata nei dormitori dell’ADA.

Gli Angeli erano stati sconfitti, Chuuya aveva usato corruzione contro di loro e aveva fatto crollare ogni cosa. Non avevano trovato i corpi di Fyodor o Gogol per accettarsi della loro morte, ma nessuno sarebbe potuto sopravvivere a un crollo del genere.

Dazai stesso aveva faticato a non morire tra le macerie, ma dopo che Chuuya era tornato in sé li aveva portati fuori di lì. L’omega poi ebbe il tempo di accertarsi che il suo bambino stesse effettivamente bene e stringerlo tra le sue braccia prima che svenisse per la troppa fatica.

Sulla via del ritorno, infine, anche Arthur si era addormentato stremato da tutto quello che aveva dovuto affrontare per tutta la notte alla sola età di quattro anni.

Dazai li aveva portati nel proprio appartamento poiché quello di Chuuya ormai non esisteva più e perché il suo alpha interiore non gli avrebbe in ogni caso permesso di lasciarli da qualche parte senza di lui, non dopo la notte che avevano appena avuto.

Dazai li guardò dormire abbracciati sul suo letto e non poté fare a meno di pensare che non poteva continuare a vivere in quella stanza, avrebbero dovuto comprare una casa più grande.

-Ehy- borbottò Chuuya con gli occhi ancora chiusi e la voce impastata dal sonno -vieni qui.

-Non sei tu che dai gli ordini- rispose Dazai a tono, nonostante si fosse già alzato per raggiungerlo.

-Sta zitto- rispose l'omega con sguardo e tono infastidito mentre lo sentiva stendersi al suo fianco.

-Ti ho già detto che non prendo ordini da...

La sua protesta fu interrotta dalle labbra di Chuuya che si posarono sulle sue in un bacio per zittirlo. Fu un bacio dolce, morbido e caldo. Uno di quei baci che ti fa sciogliere, che permise finalmente a Dazai di rilassarsi con la consapevolezza che poteva prendere un attimo di respiro dopo tutto quello che era successo nelle ultime ore, a partire dalla scoperta che aveva una famiglia.

Chuuya tornò a dormire all’istante e Dazai, dopo averlo stretto in un abbraccio con un gesto non del tutto volontario, si permise di fare lo stesso.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Uno dei primi ricordi di Arthur era stata la lista di regole che, per alcun motivo al mondo, avrebbe dovuto infrangere. Queste regole, adesso, erano cambiate e il bambino non poteva che esserne più che felice.
Usare il proprio cognome per spaventare e intimidire chiunque volesse fargli del male.
Non chiamare Dazai “sgombro” più di una volta al giorno.
Usare il proprio potere non per fare del male, ma per aiutare gli altri.
Il giovedì era serata fast-food.
L’ultima regola era stata aggiunta da Dazai più che altro per ricordare a Chuuya che, almeno per quel giorno, non si sarebbe potuto lamentare del cibo spazzatura che quasi ogni giorno provavano a mangiare.
Dopo tutta la vicenda degli Angeli, Chuuya aveva acconsentito al consiglio di Dazai di non crescere Arthur all’ombra ma alla luce del sole, perché nessuno avrebbe mai più avuto il coraggio di mettere le mani sopra il figlio della Soukoku.
Arthur quindi non si preoccupò più di fare passi falsi con il suo potere o di quando parlava della sua famiglia, ma soprattutto adesso poteva finalmente trattare Chuuya come se fosse la sua mamma anche fuori dal loro nido.
Comprarono una casa nuova (con i soldi di Chuuya) dove tutti e tre andarono a vivere mentre Arthur, a giorni alterni, si allenava alla Port Mafia e all’ADA. Nessuno sapeva ancora quale delle due associazioni avrebbe scelto in futuro, ma era presto per pensarci.
Chuuya uscì dal bagno dopo aver indossato dei vestiti comodi e raggiunse gli altri due in soggiorno dove stavano giocando alla play a una gara di corsa.
-Stai imbrogliando!- stava urlando Arthur con lo sguardo fin troppo infastidito e il broncio sul volto.
-Non lo farei mai- rispose Dazai con quella voce fintamente innocente.
-Stai decisamente barando- concesse Chuuya raggiungendoli e sedendosi sul bracciolo del divano accanto a Dazai.
-Mamma distrailo!
Chuuya rise alla richiesta del figlio, poi lo accontentò. Si chinò sul collo dell’altro, strofinò il suo naso contro la cicatrice del morso di accoppiamento che, solo qualche mese prima, Chuuya stesso gli aveva lasciato contro la sua ghiandola odorosa, una copia di quello che lui stesso aveva sul collo, e infine si avvicinò al suo orecchio nel quale sussurrò -Aspetto un altro bambino.
Il personaggio di Dazai, sullo schermo, si schiantò contro il muro e Arthur urlò tutto felice -Sì! HO VINTO! HO VINTO!- iniziò a correre per la stanza per poi saltare sulla schiena di Dazai.
Ma Dazai non stava più prestando attenzione al gioco o al nuovo peso che gli gravava sulle spalle, si era semplicemente voltato a fissare Chuuya con gli occhi enormi -Davvero?
-Che cosa?- volle sapere Arthur.
-Davvero- rispose l’omega, poi si rivolse ad Arthur -avrai un fratellino o una sorellina.
-WAAAAAA- ricominciò a urlare ancora più felice -allora ti piace davvero tanto il letto della mamma!
Non erano mai stati una famiglia convenzionale o normale, non lo sarebbero mai stati, ma funzionavano lo stesso e questa era l’unica cosa importante.

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Capitolo 8
*** Extra ***


EXTRA - ARTHUR

 

A sei anni, Arthur si perse al centro commerciale. Non era un grosso problema, non si sarebbe di certo messo a frignare nel bel mezzo della galleria, ma avrebbe da solo trovato qualcuno che l’avrebbe aiutato a ritrovare la sua famiglia.

Vagò per un po’ nella speranza di rincontrarli da solo, poi si accorse di due agenti seduti a un bar, così decise di chiedere aiuto a loro per evitare di continuare a perdere tempo.

Gli si avvicinò con passo deciso e li sentì parlare -...non penso che sia una cosa da fare- stava dicendo l’alpha dai capelli castani e uno strano tatuaggio sotto l’occhio.

-Fidati di me, Tecchou-san, non devi rincorrere i criminali, devi creare la situazione perfetta perché siano loro a venire da te- rispose l’omega dai capelli bianchi e gli occhi chiusi mentre sorseggiava una bevanda.

Arthur li raggiunse e si schiarì la gola -Mi sono perso. Trovate i miei genitori?

I due uomini si voltarono nella sua direzione, dopo qualche secondo l’uomo dai capelli bianchi sorrise e disse all’altro -Visto?

-Ma non è un criminale.

-I suoi genitori potrebbero esserlo.

Beh… non aveva tutti i torti. Arthur però non si preoccupò della situazione che stava creando, la sua famiglia non aveva di certo paura di loro.

Sbuffò -Quindi? Mi aiuterete o perderete tempo a non fare nulla? Sapete almeno usare la spada che portate?

L’albino poggiò la sua bevanda sul tavolo con calma, poi si alzò e gli si avvicinò chinandosi per essere alla sua stessa altezza, aveva un sorriso in volto che non prometteva nulla di buono e gli occhi ancora chiusi, forse non riusciva a vedere?

-Dici che tu sapresti usarla meglio di noi?

Arthur gonfiò il petto e accettò la sfida -Certo!
-Perfetto, colpiscimi allora- lo spronò poggiando l’arma al tavolino mentre restava incustodita.

-Jouno- lo ammonì il collega -non possiamo dare armi ai civili, men che meno a un bambino.

-Non gliela sto dando. 

Arthur prese velocemente l’arma prima che uno dei due potesse ripensarci, poi lo attaccò con le mosse che lo zio Verlaine gli aveva insegnato. Il poliziotto riuscì a schivare tutti i tre attacchi che gli concesse di fare, poi si riprese l’arma come se non fosse successo nulla, ma aveva un nuovo sorriso in volto mentre affermava -Hai del talento, vuoi entrare nei cani da caccia? Siamo a corto di personale e ho bisogno di sottoposti che facciano il mio lavoro.

Arthur corrugò la fronte confuso -Cosa sono?

-Siamo l’unità più forte della polizia militare. Potresti diventare il più forte del mondo.

-Avrò una spada anche io?

-Certo.

-Allora accetto!

Si sentì una piccola esplosione e, mentre i due uomini si preparavano in posizione d’attacco alla nuova minaccia, Arthur distese lo sguardo e sorrise felice -aah, ecco la mamma!

Infine corsero tutti e tre nella stessa direzione e trovarono Chuuya, Dazai e il suo piccolo fratellino Oda che dormiva tra le braccia dell’alpha.

-Non mi sembra il caso di attivare la corruzione solo perché…- era quello che stava dicendo Dazai quando si interruppe nel vederlo ed esclamò -visto? Eccolo qui.

Chuuya fu su di lui in un attimo, stritolandolo in un abbraccio che avrebbe potuto distruggergli qualche osso.

-Scusa mamma, non mi allontano più- borbottò Arthur senza fiato precedendo quella che era sicuro sarebbe stata una sfuriata.

Chuuya lo guardò con uno sguardo che poteva uccidere, poi minacciò -Meglio per te altrimenti ti faccio dormire fuori casa insieme a tuo padre!

-Ehy! Che c’entro io!- si offese Dazai.

-Nakahara Chuuya e Dazai Osamu- chiamò Jouno prendendo un paio di manette -siete in arresto.

Dazai alzò lo sguardo su di lui accorgendosi della presenza dei due cani da caccia solo in quel momento, sorrise cordiale e rispose -Buonasera Jouno-chan, come l’ultima volta ti ricordo che non hai ancora prove contro di noi per poterci arrestare.

-Non ho bisogno di prove quando tutti sanno la distruzione che portate solo stando insieme.

-Le prove sono importanti, non potete rischiare di arrestare la persona sbagliata, giusto? Non due semplici genitori che stanno passando un tranquillo pomeriggio in famiglia.

Tecchou annuì dandogli ragione, Jouno guardò male il suo collega, poi iniziò a ringhiare verso Dazai e Chuuya rispose all’istante facendo lo stesso contro di lui e mettendosi davanti alla sua famiglia in posizione di difesa.

-Inoltre non posso farmi ammanettare da te- continuò Dazai -il mio omega è un po’ geloso su questo argomento.

La tensione era alta e gli odori si stavano facendo sempre più aspri, così Arthur decise di intervenire spiazzando tutti mentre affermava -Voglio lavorare con loro!
-Cosa?- Chuuya era sconvolto e anche Dazai sembrava sorpreso, cosa che non capitava mai.

-Sì, anche io voglio andare in giro con una spada senza che nessuno mi dica nulla!

-Arthur, non penso che…

-E lui ha detto che sono bravo a combattere! Posso imparare cose nuove.

-Ci penseremo- concesse infine Chuuya dopo diversi secondi di silenzio.

Jouno rise, poi si rivolse a Dazai -Chissà, magari un giorno sarà proprio il tuo marmocchio a venderti alla giustizia. Sapete dove portarlo se cambiate idea, mi occuperei personalmente dell’allenamento del bambino. Buona giornata.

Mentre si allontanavano per tornare alla loro missione o alla loro pausa, Tecchou gli disse -Hai visto quanto era carino il bambino piccolo che teneva in braccio?

-No idiota, ti ricordo che non vedo.

-Giusto- annuì l’altro pensieroso -facciamo un figlio?

-MA TI SEMBRA IL MOMENTO?

Arthur si disse che i due non erano troppo diversi dai suoi genitori, si sarebbe trovato come a casa nella loro accademia.

-Non ci tradiresti mai se dovessi entrare nei cani da caccia, vero Arthur?- chiese Dazai guardingo.

-Certo che no, papino. Sei fortunato che piaci tanto alla mamma, non farei mai nulla che lo faccia stare male.

-Dovresti farlo perché vuoi bene anche a me!

Arthur fece finta di non sentirlo. Ovviamente aveva imparato a volergli bene da quando era entrato nella sua vita e nella sua famiglia due anni prima, ma piuttosto che ammetterlo avrebbe preferito morire.

Per quanto riguardava i cani da caccia, invece, sembrava qualcosa di allettante non solo per poter portare una spada sempre con sè, ma anche perché così non sarebbe stato costretto a scegliere, da grande, o l’agenzia di papà o la Port Mafia della mamma. Poteva percorrere la propria strada e mostrare loro quanto fosse bravo da solo, sarebbero stati così fieri di lui.



 

EXTRA - ODA

 

Quando Chuuya e Dazai avevano informato i loro amici e colleghi che stavano aspettando un altro bambino, questi non avevano reagito con la felicità e la gioia che con chiunque altro avrebbero provato. Ma come dargli torto? Il piccolo demone dai capelli rossi che aveva preso la forza e la rabbia di Chuuya e la malizia e la capacità di manipolare le persone di Dazai era ancora difficile da gestire per tutti loro, figurarsi averne due uguali.

Sia l'ADA che la Port Mafia avevano preso precauzioni per prepararsi a quello che poteva nascere, organizzando già turni per chi dovesse fare da babysitter, turni che nessuno voleva ricoprire e che venivano utilizzati come punizioni per chi non completava egregiamente il proprio lavoro.

Ma nonostante tutte le preoccupazioni, quando il piccolo Oda venne alla luce riuscì a far ricredere ognuno di loro.

Era stato Dazai a proporre quel nome e Chuuya aveva accettato di buon grado, commentando un "in effetti chi non ha avuto una cotta per lui?" che Dazai decise saggiamente di non approfondire.

Oda era nato con le guanciotte piene, gli occhi azzurri e i capelli scuri, ma non fu il  suo aspetto o il suo nome a far ricredere tutti da quello che si erano immaginati, fu il suo carattere che, giorno dopo giorno, divenne sempre più evidente: Oda aveva sempre un sorriso in volto, era carino e gentile, amava gli abbracci, amava stare in braccio e coccolarsi e amava dire ai suoi genitori quanto li amasse ogni singolo momento che ne avesse la possibilità. Era tutto l'opposto della Soukoku o di Arthur, portando chiunque a chiedersi come avessero potuto generare un angelo come quello.

-Non può essere mio figlio, sicuro di non avermi tradito?- commentò Dazai di punto in bianco un giorno mentre entrava con Chuuya nel bar sotto l'ufficio dell'agenzia e vide Oda che sorrideva a Kunikida e stava tutto abbracciato contro di lui.

-É la tua fotocopia- fece presente l’omega con un cipiglio infastidito -è più probabile che sia stato tu a tradirmi.

Dazai alzò un sopracciglio -Era nella tua pancia.

-Touchè.

Yosano prese il bambino dalle braccia di Kunikida e affermò -è il mio turno di fare da babysitter!

Kouyou intervenne repentina -No, tocca a me.

-Non ci provare donna, tu l’hai avuto ieri!

-Anche tu lo hai avuto ieri!

E mentre le due iniziavano a discutere, Chuuya domandò piano a Dazai -Perché Kouyou è qui?

Dazai aveva lo sguardo luminoso di chi era appena arrivato a una fantastica conclusione -Non lo so, ma so che potremo convincerli a fare qualsiasi cosa se usassimo Oda.

Chuuya gli ringhiò contro, Dazai alzò le mani in segno di resa -Va bene, va bene, non userò il nostro bambino- poi si avvicinò alle due donne e annunciò -Signore! Vi vedo belle cariche e vogliose di farci favori senza chiedere nulla in cambio, ma non ci serve nessuna babysitter.

Quasi dovette staccare con la forza il bambino di un anno e mezzo dalle mani della rossa.

-Papà!- esclamò felice questo quando si accorse di lui, prima di abbracciarlo forte e sistemarsi comodamente tra le sue braccia.

-In che senso non vi serve un babysitter?- Yosano era sconvolta.

-Nel senso che abbiamo finito le nostre missioni e abbiamo il fine settimana libero.

Kouyou continuò -Ma se volete passare del tempo da soli noi potremo…

Chuuya la interruppe con un sorrisetto malizioso -Oh, quindi vi state proponendo di tenervi anche Arthur?

-Ah… beh, ecco… in realtà…

L’omega decise di salvarli da quel patetico tentativo di trovare una scusa -Non preoccupatevi, abbiamo intenzione di passare il fine settimana tutti e quattro insieme.

-Vero- concesse Dazai mentre accarezzava i capelli castani di Oda -scopiamo già abbastanza durante le missioni.

-Cosa!?- Kunikida aveva quasi sputato il caffé che stava bevendo.

-Ops- rispose Dazai fintamente innocente -dobbiamo proprio andare, Arthur avrà finito gli allenamenti con i cani da caccia.

Fu così che, com’erano arrivati, i due se ne andarono senza salutare nessuno, con Chuuya che stava controllando che Oda non avesse bisogno di nulla oltre la sua dose di coccole giornaliere.

-Tu resti in macchina questa volta- annunciò il rosso mentre accarezzava la guancia del suo bimbo, ancora in braccio all’altro genitore, con un dito.

-Perché!?- la voce di Osamu era offesa e sconvolta.

-Perché l’ultima volta hai quasi portato il cieco ad arrestarti per motivi validi.

-Ma non è successo.

-E hai fatto saltare in aria l’ala nord della struttura.

-É stato un incidente!
-Un incidente che ho dovuto pagare con i miei soldi!

Oda rise e gorgogliò felice, contento della sua solita quotidianità dove i suoi genitori litigavano come forma di affetto.

Lui e Arthur potevano essere completamente diversi, ma c’era una cosa che li accomunava: amavano così tanto la loro famiglia disfunzionale.

 

Grazie a tutti per aver letto fino alla fine, alla prossima!
Deh <3

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