Un raggio di sole nella notte

di Rjsecretful
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La matricola ***
Capitolo 2: *** Il sospetto ***
Capitolo 3: *** Una fragile maschera ***
Capitolo 4: *** La Figlia del Vero Amore ***
Capitolo 5: *** Le veritá dietro la veritá ***
Capitolo 6: *** La decisione ***
Capitolo 7: *** L’Angelo della Giustizia ***
Capitolo 8: *** Il sorgere del sole ***



Capitolo 1
*** La matricola ***


Una mattina come le altre, William trascorreva la sua giornata all’Universitá di Durham, svolgendo la sua professione di insegnante di matematica. Il tempo sembrava scorrere pacifico e sereno. Il professore all’alba si era svegliato con un animo leggero, allietato dagli eventi del giorno precedente, in cui aveva avuto opportunità di scambiare chiacchiere amichevoli con il Signor Holmes, che era venuto a fargli una visita.
Per puro caso si erano ritrovati a dover risolvere l’enigma di una verifica svolta in maniera anonima, e in seguito all’adempimento di tale enigma, si erano calorosamente salutati, nel momento in cui Holmes aveva preso il treno per tornare a Londra. Quel pomeriggio era stato uno dei momenti piú piacevoli della vita di William, era stata giá la terza volta che si confrontava faccia a faccia con quello squinternato investigatore, dopo l’incontro sul Noahtic e quello sul treno, e come queste altre volte era stato piacevole interagire con lui. Quella persona era l’unica al mondo che era in grado di far sentire il professore a proprio agio, l’unica con cui sentiva di poter parlare la stessa lingua senza filtri.
William si era reso conto, dopo il giorno precedente, che la sua sola presenza lo rallegrava, e che gli regalava sempre degli attimi per dimenticare i suoi ideali, i suoi obbiettivi e il fardello di cui si era fatto carico fin da quando era bambino.
Quando poi peró si erano salutati, ovviamente Moriarty aveva dovuto tornare alla realtà, e ricordarsi di tutto. Se avessero potuto trascorrere maggior tempo insieme, il celebre detective di Londra e il Signore del Crimine, il professore sentiva che avrebbe finito con il lasciarsi andare troppo e cedere ai propri sentimenti. Non avrebbe mai potuto farlo. Moriarty sapeva di dover continuare a combattere per quello in cui credeva, doveva farlo per chi gli era vicino e anche per tutti coloro che aveva aiutato a farsi giustizia, che avevano creduto in lui offrendogli il proprio pieno appoggio.
Di fronte a tutto questo, William aveva fatto un compromesso con sé stesso. Avrebbe fatto di tutto per portare a compimento il suo piano di epurazione contro la nobiltà corrotta, e, per conciliare il suo obbiettivo con la sua amicizia nei confronti di Sherlock, sperava che l’investigatore sarebbe stato la persona che avrebbe portato alla conclusione del gioco del Signore del Crimine.
Era grazie a questo che anche quella mattina era riuscito a svegliarsi svolgendo le sue attività e le sue mansioni in maniera ordinaria, senza lasciarsi sopraffare da quell’istante di felicità che aveva avuto.
A metà mattinata, il professore stava raccogliendo le verifiche della classe che avrebbe seguito dopo l’ora buca. La sera antecedente le aveva corrette tutte, ed erano pronte per essere restituite ciascuna al rispettivo studente con il voto. William sistemó bene i fogli, sbattendoli sul tavolo dello studio per allinearli, li ripose nella sua 24 ore, e in seguito uscí nei corridoi dirigendosi nei cortili del campus per godersi la pausa leggendo qualche libro.
Camminando, lungo la strada trovó un manipolo di studenti che si erano attorniati ad un angolo. La scena, che sembrava alquanto curiosa, chiamó l’attenzione di William che si fermó ad ascoltare.
“Allora dicci…” disse uno dei ragazzi. “Con quale raccomandazione sei entrato all’universitá?”
Moriarty sentí le orecchie come se gli si fossero aperte a tutto spiano. Comprese che stava assistendo ad un atto di bullismo.
“Sí, dicci tutto.” disse un altro ragazzo. “Perché tu, che sei un mezzosangue, sei venuto a studiare qui? Quest’università é riservata ai nobili, lo sai?”
Udendo queste ultime parole, William avvertí la sua vena di giustiziere pulsare. Quello che stava vedendo non era solo bullismo, era una discriminazione nei confronti di una persona appartenente ad una classe inferiore. Con uno scatto d’ira riprese a camminare, stringendo i pugni, uno dei quali teneva ben stretta la 24 ore, e facendo dei passi che si fecero ben sentire, inducendo i bulli a girarsi. Appena i giovani videro il Professor Moriarty arrivare, sbiancarono come dei cadaveri. Tutti, nell’Università di Durham, sapevano che quel giovane uomo era una persona paziente, ma con cui era meglio non scherzare. I ragazzi allora, s’irrigidirono in una posa composta, cercando di dimostrare rispetto.
“P-p-professore, buongiorno!” dissero all’unisono col cuore che gli batteva a mille.
“Non mi sembra affatto un buon giorno. Posso sapere che cosa sta succedendo?” disse Moriarty sfoggiando la sua espressione omicida.
Gli studenti si guardarono tra loro. Nessuno sapeva cosa rispondere, e cercarono di leggersi nel pensiero per capire cosa fare. Qualcuno cercó di parlare, improvvisando.
“N… n-n… niente. Sta-stavamo… stavamo solo…”
“Chiacchierando.” Intervenne un altro.
Gli altri membri del gruppo annuirono facendo un sorriso pieno di imbarazzo. “Sí, sí, certo… vero…”
“Sí, stavamo chiacchierando con questa matricola.” Uno degli studenti piú interni al cerchio, dicendo queste parole, fece venire avanti un ragazzo basso di statura, che, effettivamente, portava la divisa. Questo giovanotto aveva dei lineamenti delicati, occhi verdi come uno smeraldo e i capelli, di colore castano chiaro, mossi e raccolti in una treccia che pendeva dalla nuca.
“Giá, infatti é cosí. È il nostro nuovo compagno, gli stavamo facendo la festa di benvenuto. Vero, amico?” Continuó lo studente abbracciando in maniera amichevole la matricola e facendole la grattugia.
“Oh, ma davvero?” disse William. “Se permettete, vi suggerisco di dare al vostro caro nuovo compagno un’accoglienza magari piú calorosa. Siete d’accordo?”
I ragazzi si sentirono ancora piú schiacciati dalla presenza autorevole del Professor Moriarty, e fecero cenno di sí piú impauriti che mai. Se le circostanze fossero state favorevoli, e ci fosse stato un valido pretesto, William avrebbe quasi voluto tanto uccidere quei giovincelli arroganti che si stavano prendendo gioco di uno studente solo perché non era nobile del tutto.
“Va bene. Potete dileguarvi ora, non vorrete sprecare il vostro tempo libero, spero.”
“Ce-certo… subito… Via ragazzi, via…”
Il manipolo si congedó immediatamente, abbandonando la matricola, che rimase un attimo allibita dal cambiamento del comportamento dei compagni che l’avevano bullizzata.
“È tutto a posto?” disse William.
La matricola si scosse, colta alla sprovvista dalla domanda improvvisa e si voltó verso l’insegnante. Rimase sorpresa nel vedere che il viso del professore era completamente cambiato, quasi come se avesse davanti una persona diversa. Quando lo aveva visto arrabbiarsi coi bulli che l’avevano accerchiata si era spaventata persino essa. Ma in quell’istante vide che l’espressione di Moriarty era molto gentile, tanto che il giovane rimase quasi senza parole.
“Oh… io… certo!” disse il ragazzo annuendo col capo. Si mise poi una mano dietro la nuca. “Ecco…” stava cercando di rompere il ghiaccio. La situazione lo aveva leggermente messo in imbarazzo, sembrava non sapere come comportarsi. “Fanno sempre cosí coi nuovi arrivati qui?” disse alla fine.
William rispose con un sorriso divertito. “Quindi tu sei un primino, eh?”
“S-sí!” balbettó lo studente. “M-mi chiamo Sam… Samuel, Samuel Cooper.”
“Mi fa piacere conoscerti. Puoi anche stare tranquillo, per come ti hanno trattato. Nessuno studente si azzarda a fare sconsideratezze, dopo che vengono ripresi da me. Nessuno ti dará piú fastidio.”
Dopo aver detto quelle parole, William notò che gli occhi di Samuel parevano scintillare, come se davanti a lui avesse un essere di un altro mondo.
“Da… davvero?” disse la matricola. “Non… non so come ringraziarla…” continuó. Le sue spalle, senza che se ne accorgesse, erano tese.
“Su, rilassati.” disse il professore dandogli una pacca su un braccio. “Adesso vai pure, altrimenti perderai le lezioni.”
E con questo, William si congedó allontanandosi e lasciandosi dietro il primino.

Quella sera stessa, la famiglia Moriarty e i suoi sottoposti, mentre consumavano la cena, trascorsero dei momenti tranquilli, dialogando semplicemente delle faccende legate alle loro mansioni.
“Ci sono novitá particolari, fratello Albert?” disse Lewis, l’occhialuto terzogenito della famiglia.
“No.” rispose il maggiore dei fratelli. “Questi ultimi giorni sta procedendo tutto normalmente, non sono stati rivelati casi in cui il Signore del Crimine potrebbe intervenire.”
“Sembra proprio che il tempo ci stia concedendo una tregua.” disse Sebastian Moran, il cuoco che predisponeva i pasti e che, nell’ombra del piano di epurazione dei Moriarty, svolgeva il ruolo di cecchino.
“È proprio cosí.” disse Bond, uno dei piú recenti membri aggregati all’organizzazione del Signore del Crimine. “Ho quasi la sensazione che stia per succedere qualcosa di bello, per concederci un periodo di distrazione. Non sei d’accordo anche tu, Fred?”
“Non vedo cosa ci sia di strano.” disse il piú giovane della banda, nonché giardiniere al servizio della famiglia. “Ci é giá capitato altre volte che avessimo delle brevi pause.”
Come sempre, il ragazzo era introverso e poco loquace.
“Io, invece, credo che Bond e Moran abbiano ragione.” disse Jack, il maggiordomo e maestro nell’arte di uccidere che aveva addestrato i fratelli Moriarty. “Anche se io e Bond ci siamo associati da poco, questa volta é diverso. Ultimamente le giornate sono molto tranquille e serene, e ci stiamo distendendo come non mai. Lei che ne dice, signorino Will?”
Udendo il proprio nome, William quasi si scosse e fu colto alla sprovvista dalla domanda.
“Oh, eravate forse distratto? È strano che lo siate, siete sempre cosí attento e vigile anche quando dormite.”
“Puó darsi…” rispose William.
“Fratello.” intervenne Lewis. “È forse successo qualcosa all’universitá?”
William si sentí alquanto messo a disagio da quelle domande e sguardi indagatori, ed ebbe difficoltá a nasconderlo. Quasi non si riconobbe. Lui, che era sempre lucido e non si lasciava mai andare, in quel momento stava perdendo le staffe. Le sue labbra s’incurvarono in un sorriso insolito, e per un soffio non si morse le labbra.
“No, nulla di particolare.” disse rivolgendo gli occhi nel piatto per consumare il pasto.
“William, ti senti bene? Non sentirti in imbarazzo, raccontaci pure.” disse Albert.
Il professore allora cedette, poggiando le posate sul tavolo e rilassando le spalle.
“Se proprio deve essere successo qualcosa, oggi ho salvato un nuovo studente da un atto di bullismo.”
“Tutto qua? Ti sei turbato per questo?” disse Lewis.
“Non saprei dire.” disse William. “Dopo che ho liquidato gli studenti che lo avevano accerchiato, ho percepito da lui qualcosa di strano.”
“Che puó esserci di strano?” disse Money Penny, la maid quattrocchi con l’aria da secchiona.
“È che mi ha guardato in un modo inconsueto, quando mi ha ringraziato. Era come se i suoi occhi fossero abbagliati.”
“E con questo? Forse é solo rimasto ammirato perché lo avete salvato.” continuó la donna.
In seguito, William fece il suo solito sorriso divertito e concluse. “Sí, dovrebbe essere cosí. Potrebbe essere solo una sensazione.”

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Capitolo 2
*** Il sospetto ***


La mattina successiva inizió in maniera tranquilla, e William riuscí ad alzarsi con la mente fresca e riposata, malgrado i turbamenti che aveva avuto la sera prima di addormentarsi. Quello che era successo nella giornata precedente e il dialogo avuto coi fratelli e i suoi alleati lo avevano lasciato alquanto irrequieto. Gli ultimi giorni sembravano scorrere in modo troppo sereno, da quando aveva avuto l’occasione di poter passare quei momenti amichevoli con Sherlock. Mentre si preparò per la mattinata da insegnante, William s’interrogava su come avrebbe dovuto prendere questa sensazione di serenità che lo pervadeva. Effettivamente, il signor Bond non aveva tutti i torti, quando aveva detto che forse stava per succedere qualcosa di bello, perché la stessa cosa la pensava anche il secondogenito dei Moriarty. Peró egli non si sentiva convinto. Poteva mai essere che il fato, il caso… o qualunque cosa potesse essere, stesse concedendo dei momenti di serenità proprio a lui e a tutta la sua troupe? Proprio a loro che erano un’organizzazione criminale? Che cosa poteva essere questa sensazione? Una tregua, come l’aveva definita Bond? Una quiete prima di un’imminente tempesta? O forse un tranello da cui Will avrebbe dovuto guardarsi?
Tuttavia, il matematico non poteva certo stare a rimuginare. Doveva il piú possibile mantenersi lucido, altrimenti, qualsiasi cosa stesse per accadere, si sarebbe reso vulnerabile a qualsiasi imprevisto. Dunque, dopo essersi lavato, vestito e dopo aver consumato la colazione, William fu pronto per andare all’universitá a svolgere la sua mansione d’insegnante.
All’entrata in aula, tutta la classe si alzó in piedi per dare il saluto.
“Buongiorno, professore!” dissero al’unisono gli studenti.
“Auguro un buon giorno a voi.” rispose Moriarty mentre assettava il tavolo con il materiale per la lezione e osservava davanti a sé, per assicurarsi che ogni membro della classe fosse presente. In quel momento qualcosa lo colse di sorpresa. Si rese conto che, ad occhio e croce, contava una presenza in piú rispetto alla quantità di alunni che era abituato a vedere. In fondo alla sala, c’era una faccia nuova. Per un attimo credette che si fosse di nuovo introdotto Holmes tra gli alunni. Invece, dopo una frazione di secondo, William si accorse che si trattava di Samuel, la matricola che lui stesso aveva soccorso dai bulli il giorno precedente. Capí immediatamente che il ragazzo si era imbucato nella sua lezione, poiché la classe a cui doveva dare la sua lezione in quell’ora era del secondo anno. Non si prestó, tuttavia, a farci troppo caso. William teneva molto alle proprie lezioni, e non aveva intenzione di interromperne l’inizio. Perció decise sul momento che avrebbe rimandato a piú tardi tutti gli interrogativi che era tentato di porsi.
“Quest’oggi…” cominció a spiegare senza tradirsi in alcun modo “Vorrei introdurvi un nuovo teorema da risolvere collettivamente. E mi raccomando, prendete bene nota, perché sarà molto difficile e vi servirá nel vostro percorso di studi.”
Molti studenti ascoltarono serissimi, ad eccezione dell’imbucato, che sembrava pienamente preso dalle parole dell’insegnante. Anzi, il matematico avrebbe giurato di percepire dal suo sguardo un certo entusiasmo. E le sorprese non finirono neanche lí.
La sua lezione venne seguita meticolosamente. Tra gli studenti alcuni ebbero maggiori difficoltà nel trovare la soluzione al teorema che fu presentato, eppure non mancò qualche alzata di mano che propose delle possibili ipotesi per arrivare al nocciolo della questione. Come aveva anticipato il professore, la lezione si riveló estremamente difficile. Molti che si erano proposti non si avvicinarono neanche lontanamente alla tesi. Dopo tanti minuti di sforzo collettivo, ci fu un’altra mano alzata. Era la mano della matricola, che per buona parte del tempo, era rimasta con gli occhi rivolti verso la lavagna, chinando qualche volta il capo verso il proprio quaderno degli appunti. Effettivamente, William aveva notato che per tutto il tempo il ragazzo era rimasto in silenzio, peró il suo sguardo era sempre stato ben concentrato. Il professore si aspettó di sentire una risposta quanto minimo vicina alla soluzione. L’idea che un primino si fosse intrufolato tra i suoi studenti gli aveva fatto ipotizzare che forse si sentiva all’altezza per poter seguire il suo corso, e di fronte a questo il matematico era curioso di sapere sé questa persona fosse uno studente diligente e desideroso di imparare, oppure un semplice sciocco che voleva solo farsi notare. Samuel rispose con totale disinvoltura, descrivendo dettagliatamente le sue conclusioni e, a quanto parve, lasció tutti i presenti a bocca aperta. Tutto quello che lui disse combaciava alla perfezione, nulla sfuggiva al caso. Il teorema era stato risolto.
Dopo aver lasciato correre alcuni attimi di stupore da parte degli alunni, William si lasció sfuggire un lieve sorriso ammirato.
“Esattamente! Complimenti, Signorino Cooper!”
Il professore disse queste parole, mantenendo gli occhi fissi sul ragazzo, e ne osservó la reazione. Lo studente chinó leggermente il capo in segno di assenso, tradendo uno sguardo chiaramente incantato. Il ché aumentò la curiosità del matematico. Non era in grado di spiegarsi cosa, di tutta quella situazione, lo intrigasse, peró c’era chiaramente qualcosa dietro a quegli insoliti eventi. Nessuno dei suoi alunni, nemmeno il piú diligente e il piú acuto, aveva mai dimostrato tanto interesse per le sue lezioni. La persona che aveva davanti era certamente molto intelligente, si vedeva anche a prima vista. Ma nell’aura che emanava c’era chiaramente qualcosa di piú. E il giovane Moriarty intendeva scoprirlo.
A fine lezione, il professore fermó sul tempo Samuel, prima che potesse uscire dall’aula per una successiva lezione.
“Scusa!” disse William. “Ti concederesti un momento, prima di andare?”
Appena la matricola si accorse che l’uomo gli aveva rivolto la parola, s’irrigidí, nascondendolo a stento.
“Oh, prof… professore! Ha qualcosa da… da…” borbottó lo studente.
“Distenditi pure, non voglio mangiarti vivo!” lo interruppe il matematico.
Samuel sbatté le ciglia un po’ di volte, poi scosse la testa e scrollò le spalle. In seguito, parló con disinvoltura.
“Sí, certo! Credevo di averle dato fastidio, per essermi intrufolato nella sua classe. Mi sono accort… accorto del fatto che si é ricordato di me.”
“Nessun fastidio, mi ha reso fiero vedere che eri tanto interessato alla mia lezione, malgrado tu non sia del secondo anno.”
Samuel inizió a ad agitare le mani , mostrandone i palmi.
“Oh, ecco… il mio voleva solo essere un modo per ringraziarla. Prima che la incontrassi, quei tizi mi tormentavano tutti i giorni, e oggi non l’hanno fatto.” disse il ragazzo.
“Capisco. Il tuo comportamento mi lusinga.” disse William.
A quelle parole, Samuel sembró arrossire fino alle orecchie e mugugnó alcune sillabe senza senso, sfoggiando un risolino imbarazzato. Il professore notó ben bene la reazione della matricola.
“Permettimi di trattenerti ancora un attimo, ma toglimi una curiosità.” disse il biondo.
“Eh?!” esclamó lo studente.
“Tu non sei nel mio indirizzo di studi, vero?” chiese l’uomo.
“Ah… ah…” Samuel scosse rapidamente il capo su e giú.
“S-Sí Sí Sí, infatti. Io, in realtà, starei studiando legge in effetti.” 
“Ah, dunque é cosí. Peró ne sai molto di matematica, malgrado tutto.” disse William.
“Ecco, mi perdoni, ma… ma… devo proprio andare.” dicendo queste ultime parole impacciate, Samuel fece un inchino profondo, e con un saluto si congedó correndo all’impazzata.
Il matematico lo osservó allontanarsi, sbalordito. Sebbene avesse cercato d’inquadrare quella persona, tuttavia in essa continuava ad esserci del mistero. Aveva la sensazione che quel ragazzo stesse cercando, a stento, di mascherare qualche insicurezza. Durante la lezione era stato disinvolto, esponendo splendidamente la soluzione del teorema. Ma, nel momento in cui aveva dialogato col professore, aveva dimostrato una certa timidezza. William ne era sicuro: quella matricola aveva qualcosa da nascondere.
I dubbi pervasero la sua mente anche quella sera stessa, senza mancare di destare la curiosità dei fratelli e dei sottoposti, che non esitarono a fargli ulteriori domande.
“Fratello…” intervenne Lewis. “Anche quest’oggi ti vedo su di giri. Anzi, non hai smesso di esserlo da ieri.”
Era inutile chiudersi a guscio. Lewis, in quanto fratello minore consanguineo di William, era l’unica persona che lo conosceva bene, e che era capace di captare i suoi stati d’animo anche quando cercava di nasconderli.
Il matematico emise un sospiro di rassegnazione.
“Arriveró al dunque: ho l’impressione che la matricola che ho incontrato ieri mi abbia messo gli occhi addosso, per qualche motivo.”
Udendo la frase di William, ci fu una frazione di secondo di silenzio. Tutti quanti avevano sospettato che nella perplessità del professore potevano entrarci i fatti del giorno precedente.
“Hai detto gli occhi addosso? Come sarebbe a dire?” chiese Albert.
“Oggi quel giovanotto si é infilato come auditore in una delle mie classi, e dopo la lezione ho avuto una breve discussione con lui. Per tutto il tempo mi ha guardato allo stesso modo con cui ha fatto ieri.” rispose William.
“Ma in che modo ti ha guardato esattamente?” domandó Bond.
“Come potrei dirlo? Le sue pupille brillavano, come se avesse quasi visto un angelo.”
“Ah ah ah ah…” il maggiordomo Jack scoppió in una delle sue risate sguaiate. “Puó essere che voi abbiate fatto colpo su di lui. Vi considera come una specie di eroe, un salvatore, probabilmente.”
“Mah… speriamo che non si faccia illusioni strane.” commentó Sebastian. “Di questi tempi i giovani leggono troppe storie e le confondono con la realtà…”
“No, signori. Non é semplicemente questo.” replicó William. “Quelli che aveva sembravano gli occhi di un giovincello di fronte alla persona di cui é infatuato.”
Tutti quanti trasalirono. Tutti, ad eccezione di Bond, che fece un sogghigno divertito.
“Ma che accidenti stai dicendo?” sbottó Sebastian. “È assurdo. Non esiste probabilità su questo fronte. Non vorrai mica dire che…”
“Le possibilità sono due. Ho intenzione di trovare il modo di raggirarlo e fargli vuotare il sacco.” lo interruppe William.
“Se mi permettete, peró…” intervenne Money Penny. “Perché volete scoprire la verità? Che cosa avete intenzione di fare, a seconda di quello che ne verrà fuori?”
“È che, oltre a questo, c’é anche dell’altro. Ho saputo che quella persona é per metá borghese. Potrebbe entrarci qualcosa che ci riguarda direttamente, se pensiamo al fatto che é stata oggetto di bullismo, fino a quando non sono intervenuto io.”
“E in un semplice caso di bullismo, che cosa dovremmo entrarci noi?” disse Fred.
“È chiaro che, se quel ragazzo é vittima di bullismo, puó voler dire che la sua famiglia non lo protegge. Essendo per metá anche nobile, dunque il fronte altolocato della famiglia dovrebbe esercitare una certa influenza, affinché lui non subisca discriminazioni.”
“Fratello, stai insinuando che quello studente possa essere in cattivi rapporti con la propria famiglia?” disse Lewis.
“Esattamente! Non é un’idea fuori dalla realtà, dato che é un giovane di sangue misto.” rispose William.
“Ma tutto questo, che cosa dovrebbe avere a che vedere col fatto che si sia interessato a te?” disse Sebastian.
“Prendendo per ipotesi quello che ha detto il maestro…” continuó il fratello di mezzo della famiglia Moriarty, riferendosi a Jack. “È probabile che la matricola cerchi disperatamente un áncora di salvezza. Il mio intervento di ieri deve aver suscitato in essa ammirazione nei miei confronti.”
“In effetti non ci piove. Potrebbe trattarsi di qualcosa per cui é il caso che interveniamo.” disse Bond.
“Non é ancora detto.” replicó William. “Dobbiamo prima conoscere bene i fatti, e capire se, e in che modo possiamo risolvere la faccenda.”
“Concordo pienamente.” disse Albert. “Potrebbe anche trattarsi di una questione di oppressione delle classi piú deboli, ma dovremo accertarci della gravitá della situazione. Altrimenti potrebbe non valerne la pena.”
“Precisamente. Mi avvicineró il prima possibile alla matricola per cercare di estorcere ció che abbiamo bisogno di sapere.”

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Capitolo 3
*** Una fragile maschera ***


Appena giunto in sede universitaria, il professor Moriarty pensó, per prima cosa, a trovare il modo di combinare un nuovo incontro con Samuel. C’era qualche probabilità che, se le sue supposizioni della sera precedente fossero state giuste, lo avrebbe rivisto con estrema facilità, fra tutte le centinaia di studenti che frequentavano l’Università di Durham, dunque ritenne che non fosse necessario prendere precauzioni. Doveva semplicemente lasciare che fosse la matricola a venire da lui.
Infatti, in una delle sue ore di lezione, trovó nuovamente Samuel imbucato fra i suoi alunni, seduto sempre in fondo alle file di banchi. Era evidente che quel giovane era un tipo insicuro. Il suo comportamento dimostrava che, seppure desiderasse farsi notare dal professore, tuttavia non voleva destargli sospetti, e per questo si poneva in una posizione lontana. Oppure, con maggiore probabilità, stesse cercando di avvicinarsi in modo graduale, cosí ipotizzava William. Forse, pensó il matematico, ieri sono stato troppo impositivo nei suoi confronti. Tuttavia, non posso permettermi di esitare. Devo estrapolare al piú presto le sue intenzioni, altrimenti passeranno secoli prima che possa arrivare a sciogliere i nodi dell’enigma.
Come sempre, le supposizioni del Signore del Crimine, col susseguirsi degli eventi, andavano via via confermandosi. Infatti, al termine della lezione, questa volta fu Samuel a prendere l’iniziativa, venendo incontro all’insegnante, mentre gli altri studenti si congedarono dall’aula.
“Professore!”
“Signorino Cooper, bel tempismo. Avrei giusto da dirti un paio di cose…”
“Anche io, in verità…” lo interruppe il primino, parlando col capo chino e le mani giunte insieme all’altezza della vita. “Mi scusi se ieri l’ho liquidata in quel modo frettoloso. Non so davvero come spiegarmi…”
“Non ha importanza!” disse William. “Piuttosto, sono schietto: vorrei che venissi nel mio studio, appena hai del tempo, oggi stesso.”
Udendo queste parole, Samuel sollevó il viso, pieno di meraviglia.
“Perché?” chiese.
“Ti spiegheró tutto con calma. Tu peró raggiungimi, siamo d’accordo?”
Lo studente rimase qualche secondo in silenzio, con la bocca semiaperta, poi diede assenso.

Quando giunse la pausa, Moriarty era giá nel luogo prestabilito, seduto alla scrivania, intento a sbrigare le sue faccende, in attesa che il primino si facesse vivo. Finché udí dei bussi alla porta.
“Avanti!” disse il professore.
La porta si aprí, e comparve la figura di Samuel, che entró e se la richiuse alle spalle, rimanendoci appoggiato. Sembrava in preda all’ansia, incerto di cosa potesse aspettarsi da quella convocazione.
“Eccomi, sono venuto.” disse l’alunno.
“Prego, vieni pure a sederti.”
Il ragazzo si fece avanti e si sedette sulla sedia davanti alla scrivania.
“Mi dica.” disse Samuel. “Perché mi ha fatto venire qui?”
“Volevo solo farti alcune domande?” rispose William.
“In merito a cosa?” continuó a domandare l’altro.
“È da ieri…” cominció il matematico. “Che mi chiedo perché ti sei interessato alle mie lezioni. Anche oggi ti sei presentato, approfittando delle tue ore buca, vero?”
Samuel lasció trasparire di essere sorpreso dalla perspicacia dell’uomo che aveva davanti, e annuí, mantenendo il capo chino. “S-sí… é cosí. Vengo a sentirla ogni volta che ho dei tempi morti.” Rialzó il capo. “Ma qual é il problema? Se non la infastidisco, come mi ha detto ieri, allora dov’é la questione?”
“La questione é che, fra tutti gli studenti che ho avuto, sei uno dei casi rari che mi dimostra, oltre che diligenza, anche entusiasmo. Peró, perché mai, mi chiedo, dovresti interessarti ai miei corsi, anche se studi in altri ambiti?”
E qui Moriarty, che prima era seduto composto con le dita della mani intrecciate sotto il mento, cambió posizione e appoggió la guancia al dorso della mano sinistra, guardando Samuel con fare indagatorio.
“Mi viene da dire…” continuó il professore. “Che tu in qualche modo ti sei interessato alla mia persona.”
Mentre l’uomo parlava, sul viso del ragazzo iniziavano a scivolare delle gocce di sudore per la tensione che nella stanza saliva. Rintanandosí nelle spalle, Samuel rispose borbottando.
“È… é che… È semplicemente che sono rimasto ammirato da… dal suo intervento l’altro ieri… vo… volevo solo… Nulla, non volevo nulla di strano. È che ho sentito parlare di lei… del fatto che lei é… é un famoso matematico…”
“Peró c’é dell’altro.” lo interruppe William. “I tuoi modi di fare ti tradiscono, sai?”
“Che… che cosa?”
“Dalle tue reazioni, non si direbbe che tu sia solo un ragazzo timido. I tuoi sembrano, piuttosto, i modi di una donzella impacciata.”
La tensione salí sempre di piú, e Samuel sfoggió un risolino apparentemente divertito.
“Ma… ma cosa… cosa sta dicendo? Dove vuole arrivare?”
“È inutile che continui a fingere. Guarda che sono pur sempre un professore. Me ne accorgo quando uno studente millanta.” replicó il biondo.
Negli occhi della matricola cominció a trasparire una forte paura. Si portó le mani tremanti al cuore.
“Ma che cosa vuole da me? Cosa… intende fare?” domandó.
“Nulla.” disse Moriarty. “Voglio solamente capire come stanno le cose.”
La matricola continuó, per qualche secondo, a tremare. Poi, prese un lungo respiro e rilassò le spalle, sollevando la testa e guardando il professore con occhi supplichevoli.
“La prego, non dica niente a nessuno. Non mi metta nei guai.” disse singhiozzando.
“Hai la mia parola che non faró nulla a tuo sfavore.” disse il professore, mostrando il palmo della mano, in segno di giuramento.
“Ecco, io… vede? Io, in verità, non mi chiamo Samuel. Il mio vero nome é Samantha. Samantha Cooper.”
Bingo, disse William, nella propria mente.
“Lo immaginavo, infatti.” disse, raddrizzando la postura e appoggiando i gomiti sul tavolo. “Allora spiegami: perché fingi di essere un ragazzo?”
A quella domanda, Samuel, anzi, Samantha, sbatté le mani sulla scrivania, in preda al’agitazione.
“Perché se si sapesse che sono che una femmina, non mi permetteranno di continuare a studiare, tanto meno di studiare qui. È giá molto che tollerino il fatto che io non sia nobile a tutti gli effetti.” disse.
“Chi non ti permetterebbe di studiare?” domandó il giovane uomo.
“Mio zio.” rispose la ragazza. “Lui é un uomo molto duro e all’antica. Non accetterebbe mai che una femmina studi in questa universitá.”
“Ed é sempre lui che non accetta il fatto che tu non sia del tutto nobile?”
“Si puó sapere perché mi sta facendo tutte queste domande?” disse lei, scoppiando e balzando in piedi. “Cos’altro vuole sapere di me? Se non mi dice che intenzioni ha esattamente, come faccio a fidarmi?”
I due tacquero per un momento, guardandosi negli occhi. Finché il professore emise un sospiro per mantenere la calma e rispose.
“Sto solo cercando di darti un aiuto. Penso che tu sia un’ottima studentessa, e perció desidero capire quale sia la tua situazione. Da quanto dici risulta ben chiaro che tu hai qualche problema con la tua famiglia, per cui sei disposta a qualsiasi atto disperato, pur di poter studiare.”
Samantha parve in preda ai dubbi, ma subito riacquisí sicurezza e s’impose.
“Io non sono affatto disperata.”
“Allora che bisogno hai di nascondere che sei una ragazza? Perché non provi semplicemente a convincere tuo zio di accettare anche il fatto che, pur essendo tale, desideri studiare? E soprattutto, perché ti sei infilata nelle mie classi come auditrice?”
Moriarty fece una pausa di silenzio, fingendo di aspettarsi una risposta, intento a mettere Samantha con le spalle al muro.
“Non credo che tu l’abbia fatto solo perché t’interessasse la mia materia o il fatto che io sia un noto studioso, altrimenti saresti venuta a sentire le mie lezioni tempo prima. Volevi, in qualche modo, entrare nelle mie grazie, é palese.”
“Ma lei che cos’é?” disse Samantha. “Una specie di psicologo, forse?”
“Sono solo un acuto osservatore. È proprio perché lo sono, mi chiedo a quale scopo una ragazza come te, metá borghese e metá nobile, si finge maschio solo per poter studiare, e un giorno, di punto in bianco, decide di entrare nella mia sfera relazionale, in specie dopo che, in una situazione puramente occasionale, l’ho difesa da un manipolo di bulli. Le possibilità che ne ho tratto sono che vivi qualche disagio, dovuto al tuo sangue misto e al tuo genere.”
Samanta fu sbigottita, restando muta e impietrita come una statua. Dalla sua reazione e totale incapacità di controribattere, Moriarty capí che ci stava prendendo.
“Per questo motivo, forse speri di ottenere qualcosa da me. Speri di ottenere qualche aiuto?”
Il matematico sorvoló sul fatto che, nei comportamenti di Samantha, aveva colto qualche infatuazione. Malgrado tutto, non poteva permettersi di umiliarla, avrebbe potuto perdere la sua fiducia. In ogni caso, la ragazza, che ancora era ritta in piedi, rilassó i pugni, tenuti stretti per tutto il tempo in cui era stata interrogata, prese un lungo respiro e, rassegnata, si accasció sulla sedia appoggiando gli avambracci sulle cosce e incurvando la schiena.
“È tutto vero.”
Qualche istante seguente, Moriarty si alzó dal proprio posto, si diresse verso la ragazza e le appoggió una mano sulla spalla, facendole avere un leggero sussulto.
“Ti chiedo scusa per averti messo pressione. Adesso, peró, ascolta.” disse l’uomo.
Samantha si raddrizzó lentamente, voltandosi verso di lui.
“Devi spiegarmi tutto. Altrimenti non potró fare niente per te.”

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Capitolo 4
*** La Figlia del Vero Amore ***


“Io, come lei ha saputo…” inizió a raccontare Samantha, dopo aver invitato il professore a risedersi, poiché stava per narrare una lunga storia. “Sono nobile solo a metà. Ho ereditato il sangue nobile da mia madre. Quando lei conobbe mio padre, che invece era borghese, la sua famiglia di certo non approvava il fatto che si fosse innamorata di una persona appartenente a un ceto piú basso. Peró lei amava mio padre con tutto il cuore. Sia lei che lui erano pronti anche a sfidare la sorte, pur di poter stare insieme per il resto dei loro giorni. Si sposarono in segreto, e quando furono pronti a dichiarare di essersi uniti in matrimonio, scatenarono il disappunto dei miei nonni materni, che ripudiarono mia madre. Cosí lei andó a vivere con mio padre e, qualche tempo dopo, nacqui io. Eravamo una famiglia davvero felice e unita, gli anni che trascorrevo insieme a loro, malgrado tutte le avversitá della vita, erano tempi sereni. Mio padre era un uomo retto e giusto, e mia madre una donna dall’animo dolce, peró entrambi mi hanno dato tanto affetto, ed é soprattutto merito di mio padre se mi piace studiare. Io desideravo, con tutta me stessa, diventare come lui: una persona colta e scaltra, ma anche saggia e con un alto senso della giustizia. Un giorno peró, quando io avevo 14 anni, in casa nostra irruppe mio zio, il fratello di mia madre. Quando mio padre aprí la porta e vide quell’uomo, la mamma, che dalla stanza adiacente all’atrio, aveva visto tutto sporgendosi dalla porta, mi disse di restare in camera mia e io feci cosí. Attraverso le mura origliai e riuscii a udire qualcosa della discussione che i miei genitori ebbero con mio zio. Compresi che lui non era riuscito ad avere eredi, e perció, venuto a sapere che mamma e papà mi avevano avuta, intendeva prendermi con sé per poter portare avanti il nome della famiglia nobile da cui provenivo. Mio padre si oppose apertamente. Lo sentíi urlare, dicendo queste testuali parole… 

Come osate venire qui a chiedere di cedervi la mia prole come se fosse una merce di scambio? Voi e la vostra famiglia avete disconosciuto mia moglie, e adesso, solo perché vi fa comodo, venite da noi in cerca di un erede? Non lasceró mai niente a gente come voi!

Dopo quella discussione, mio zio si congedó. I nostri guai, peró, non finirono lí. Il giorno dopo, mio padre sparí misteriosamente, e la sera di qualche giorno seguente, io e mia madre venimmo a sapere che era stato reperito, nelle vicinanze di casa nostra, il suo cadavere. Dalle indagini, risultó che si fosse trattato di un omicidio, ma non fecero mai approfondimenti per capire chi fosse il colpevole.”
Arrivata a questo punto degli eventi, i pugni di Samantha, poggiati sulle cosce, tornarono a stringersi, strattonando i pantaloni.
“In seguito alla notizia, io e mia madre rimanemmo senza una garanzia di sopravvivenza e perció, per non morire di fame, la sola cosa che potevamo fare era accettare la richiesta di mio zio e passare sotto la sua protezione. Da quel momento, é stato tutto un inferno. Lo zio ci ha accolte in malo modo, e ha iniziato a imporre, su di noi, un rigido controllo, perché purtuttavia non ha mai perdonato a mia madre il fatto di aver sposato un borghese. Per questo motivo lui la tratta sempre male, non fa che sminuirla e offenderla, trattandola come una schiava e picchiandola se fa un solo passo falso. Picchia anche me se mi metto in mezzo.”
William, per un soffio, non si lasció sfuggire neanche una piccola reazione fisica, ascoltando queste ultime parole. Conosceva bene situazioni come quella che stava sentendo e comprendeva cosa dovesse provare Samantha. Gli riaffioró alla mente quando subiva le bacchettate della Contessa Moriarty, madre del fratello adottivo Albert. Il biondo non lasció intendere niente, ma dentro gli ribollivano le viscere. 
“Capisco.” disse William.
“Perció lo vede…” continuó Samantha. “Perché non posso rivelare di essere una femmina? Non lo faccio solo per poter studiare, ma anche per mia madre. Se lo zio scoprisse che non sono un maschio, e che quindi in quanto femmina non posso ereditare il suo nome, se sottostiamo alla sua mentalità retrocessa, non so cos’altro potrebbe fare. Forse qualcosa di terribile…”
“Come hai fatto a raggirare tuo zio in modo che non sapesse la tua vera identità?” chiese il professore.
“Non é stato difficile prepararmi a questo.” rispose la ragazza. “Sapevo che mio padre aveva taciuto sul mio genere, e ho trovato la maniera di falsificare tutto quanto in modo che risultasse che io fossi un ragazzo a tutti gli effetti.”
“Dove hai imparato i trucchi che hai usato per celarti?”
“Beh, vede… mio padre era un eccellente avvocato. Conosceva alla perfezione la legge. Con l’aiuto delle conoscenze che ho appreso da lui, e che anche lui stesso mi ha impartito, ho trovato la maniera di aggirare le cose per costruire la mia falsa identità.”
William reagí con un lieve sorriso compiaciuto.
“Da tutto ció deduco…” disse portandosi l’indice al mento. “Che tu studi legge perché desideri diventare un grande avvocato come tuo padre.”
“Proprio cosí. È solo il suo nome che desidero portare avanti. Infatti, prima le ho detto che mio padre aveva un alto senso della giustizia. Nei processi difendeva le classi inferiori dai nobili corrotti. Ha aiutato molta gente, e vorrei poterlo fare anch’io. Anche e soprattutto perché voglio riscattare la memoria di papà e scoprire chi lo ha ucciso e perché.” rispose Samantha con tono che aveva tutto, tranne che i tratti di un modo di pensare puerile.
William si accasció allo schienale della sedia, poggió i gomiti sui braccioli, congiungendo i polpastrelli delle dita delle mani e accavallando una gamba sull’altra, senza perdere il sorriso.
“Devo dire che anche tu sei un’azzecca-garbugli nata, per riuscire a falsificare i tuoi documenti e farti passare per un ragazzo. Peró con me ti sei tradita.”
Samantha si passó una mano dietro la nuca, per nascondere l’imbarazzo.
“Sí, é vero. Sono stata sconsiderata. Ma il fatto é che, quando l’ho incontrata, mi si é aperto uno spiraglio di luce e ho quasi perso le staffe. Dopo che lei ha preso le mie difese, mi sono informata sul suo conto e ho saputo che, poco tempo fa, ha aiutato un giovane tipografo della facoltà ad ottenere una borsa di studio per avere la possibilità di studiare. Da questo fatto ho intuito che lei fosse una persona di buon cuore, e infatti, come diceva prima, ho iniziato a cercare, piano piano, di entrare in confidenza, perché speravo in un aiuto.”
“Allora perché ti sei incalzata, quando ho iniziato a interrogarti?” disse Moriarty.
“Le chiedo scusa.” disse Samantha, inchinando la schiena. “Il fatto é che io non mi aspettavo che lei mi avrebbe anticipato. Quando ho cominciato a capire che lei aveva intuito tutto, pensavo che volesse smascherarmi per penalizzarmi.”
“Capisco… oh, si é fatto tardi.” disse il giovane uomo, guardando il suo orologio da taschino. “Scusa, ti ho trattenuto a sufficienza. Per adesso puoi andare.”
“Ma allora come ha intenzione di agire?”
“Ti basti sapere, solo per ora, che faró tutto quello che posso.” rispose il biondo, mentre rassettava e raccoglieva il materiale che gli serviva, prima di dare il suo congedo. Si alzó dalla sedia dietro la scrivania e fece per andare verso la porta d’uscita. Ma quando fu sull’uscio, si arrestó, seguito dalla ragazza.
“Ah, giá! Senti un attimo.” disse rivolgendosi a lei.
“Che cosa c’é?” chiese la giovane.
“Tu mi sembri una persona molto intelligente e volenterosa, e credo che meriti a pieni voti di studiare. Perció…” l’uomo puntó l’indice in su e sollevó leggermente il mento. “Cerca di camminare un po’ di piú a testa alta.”
Lasciate queste parole, William aprí la porta e si fece da parte.
“Prego, vai pure.” disse con tono gentile.
Samantha fece un chino del capo e precedette il professore.
“Un ultima cosa.” improvvisó l’uomo, inducendola a rivoltarsi verso di lui, che era giá uscito e pronto a chiudersi dietro la porta. “Se dovessi trovarti in un momento di estremo bisogno, vieni pure da me.”
Samantha ebbe un attimo di perplessità, ma poi fece cenno di aver compreso.
“Bene, non ho altro da dirti. Ti auguro una buona giornata.” concluse Moriarty, dileguandosi.
Camminando, William si prese un momento per perdersi nei propri pensieri, riflettendo su Samantha, su quanto lei gli aveva raccontato, sul suo desiderio di diventare un avvocato, e soprattutto sulle ultime parole che gli aveva rivolto. Lei lo aveva definito una persona di buon cuore. Il biondo non dubitava della sincerità delle sue parole, ma il giudizio che lei gli aveva dato era del tutto ingenuo. Anche se lei non lo poteva sapere, lui era il Signore del Crimine, come avrebbe mai potuto definirsi un buon uomo? D’altro canto, peró, sentirsi dire una cosa del genere gli aveva allietato l’animo, non poteva negarlo. William avvertí un calore pervadergli il petto.
Che ragazza candida, pensó sorridendo, deve avere una forte fede nell’umanitá per credere che un uomo come me possa considerarsi buono. È senza ombra di dubbio nata da un vero amore. Peró, se davvero desidera seguire le orme del padre, spero che abbia la consapevolezza necessaria per capire che questo mondo é crudele e pieno d’insidie…

“Ma pensa! E cosí la tua famosa matricola in realtá era una donnina.” commentó Albert, dopo aver ascoltato tutti i fatti raccontati da William.
“Come avevo specificato ieri, le possibilità potevano essere due: o avevo davanti un invertito, oppure si trattava di un travestimento.” disse William.
“Avevo fatto centro, allora.” disse Bond. “Quando ci hai detto che questa persona potesse essere attratta da te, mi hai intrigato. Del resto, per noi non c’é da stupirsi di un tale caso, dal momento che anche io ero una donna.”
“Ah ah ah ah ah…” intervenne Jack con la sua solita risata. “Noi altri non ci avevamo minimamente pensato, escludendo te, Bond.”
“Che ragazza precoce!” esclamó Money Penny, mentre tagliava la bistecca. “Provare un’ammirazione cosí vicina all’innamoramento per un uomo piú grande di lei, e per giunta un insegnante. Secondo il Signor Freud questo potrebbe essere un caso di Complesso di Elettra.”
“Tsk…” sbottó Sebastian, mostrando dissenso. “A me non interessano queste teorie inutili. Sono solo stupidaggini.”
“Il punto di tutto…” s’impose William, battendo una mano sul tavolo della cena. “È che ho giá il sospetto di chi possa essere l’assassino del padre di Samantha Cooper.”
“È sulla base di che cosa lo dici?” domandó Lewis.
“Non é tanto difficile: un uomo s’intromette in casa sua con l’intento di chiedere di renderla il suo legittimo erede, la sua richiesta viene respinta e solo il giorno seguente il padre di lei scompare, per poi essere ritrovato qualche sera dopo, morto.”
Un secondo di silenzio.
“Non puó quindi essere solo una coincidenza?” chiese Fred.
“Una coincidenza abbastanza fortuita, in effetti.” disse Albert. “Da quanto dice William, il Signor Cooper era un avvocato che difendeva le masse. Non puó certo essere stato un semplice caso di brigantaggio o altro di simile, perché egli era un uomo ben voluto dalle classi medio-basse. Da chi altri, se no, poteva essere preso in antipatia, se non dai vertici? Se prendiamo in considerazione le circostanze nelle quali é stato ucciso, il campo si restringe.”
“Esattamente! A conferma di questo, si tratta di un caso alla nostra portata.” disse William.
“E allora dobbiamo intervenire. Sinceramente, dopo che ho appreso che quella ragazza é maltrattata dallo zio, insieme alla madre, mi sono infervorato, oltretutto.” disse Fred.
“Dunque come agiamo?” chiese Sebastian.
“La prima cosa da fare é scoprire i dettagli sulla morte del Signor Cooper. Bisogna scoprire cosa dicono i registri circa il suo assassinio, potrebbe esserci una traccia che ci dia una pista. Nel contempo, esamineremo il nostro sospettato, verificando se sia in possesso di qualche prova a suo carico.” disse William.
“Ma se non dovessero esserci prove? Voglio dire… Se il sospettato non dovesse essere il colpevole?” disse Lewis.
“Allora indagheremo ulteriormente. Per adesso, é meglio giocare con le carte che abbiamo a disposizione.” Rispose il professore.

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Capitolo 5
*** Le veritá dietro la veritá ***


Il Signore del Crimine e i suoi compari iniziarono a organizzare le proprie investigazioni quella sera stessa. Jack e Sebastian, con l’aiuto delle capacitá di Bond nel travestimento e d’interpretazione, si sarebbero infiltrati nel centro delle Forze di Polizia di Durham, in cerca delle certificazioni circa l’omicidio del Signor Cooper. Money Penny e Lewis, invece, grazie al favore della notte e alle abilità furtive di Fred, si sarebbero intrufolati nella residenza in cui Samantha abitava con la famiglia. Mentre William, invece, com’era sua specialità, andó nelle zone di Durham non abitate dai nobili in cerca di ulteriori indizi, accompagnato da Albert. La gente e i passanti erano sempre un’ottima fonte d’informazioni, poteva bastare una semplice moneta d’oro per farli parlare. Questo sistema aveva giá aiutato il professor Moriarty e i suoi nel caso del Barone Dublin, che si era rifiutato di offrire le proprie cure mediche al bambino di una coppia di coniugi poveri, e nel caso dell’omicidio di Frida, la giovane ballerina che avrebbe dovuto sposare uno degli studenti di William. Tra le fonti piú affidabili, l’uomo conosceva l’anziana fruttivendola Suzanne. Fu da lei, infatti, che decise di andare.
Arrivato davanti alla porta di casa della signora, bussó e, dopo meno di un minuto, la porta si aprí.
“Lo immaginavo. Siete voi, professore.” disse la donna.
“Vedo che non vi siete neanche scomodata a chiederci chi fossimo.” osservó il giovane uomo.
“Nessuno viene a bussare alla mia porta a quest’ora. Chi altri poteva essere, se non voi che, oltre ad essere un mio abituale cliente, venite a farmi domande quando ne avete bisogno.” disse con schiettezza Suzanne.
“Ci avete beccato.” disse William divertito.
“Prego, allora. Accomodatevi.” li invitó l’anziana.
Si sedettero ad un tavolo e cominciarono a discutere di affari.
“E allora? Chi sará la vostra prossima vittima?” chiese Suzanne.
“Al momento nostro fratello Lewis e gli altri si stanno mobilitando per scoprirlo. Quello che vi vorrei chiedere é, se per caso, conoscete Samantha Cooper.” rispose William.
“Samantha Cooper. Fatemi riflettere un secondo… Sí, certo, la figlia dell’avvocato Cooper, no?”
“Proprio lei. Ho avuto un dialogo con quella ragazza, che mi ha raccontato che suo padre é stato assassinato quando lei aveva 14 anni. Adesso ne ha 19, frequenta la mia università e vive con suo zio insieme alla madre. All’epoca in cui é accaduto il fatto tragico io non ero ancora operante come Consulente del Crimine, ero quanto meno prossimo a ottenere la cattedra come insegnante. Voi sapete qualcosa di lei e dei fatti che la riguardano?”
“Quindi é pochi anni piú giovane di voi. Del resto siete diventato professore solo a 21 anni, da quanto ne so. Beh… chi non la conosceva, tra noi dei bassifondi? Grazie a suo padre, che aveva delle conoscenze profonde e astuzia da vendere, per un bel periodo, in questa città noi gente povera abbiamo vissuto bene, senza temere le oppressioni della classe agiata. Quella ragazza era degna del suo sangue, era un vero prodigio, proprio come voi, professore.”
William ebbe quasi un sussulto, udendo quel paragone.
“Lei con la sua intelligenza…” continuó l’anziana. “Ha istruito molti bambini che abitavano nei conventi e molta gente analfabeta, aiutandola a diventare piú sveglia e piú furba.”
“Ci sa invece dire niente…” intervenne Albert. “In merito all’improvvisa scomparsa del Signor Cooper?”
“Sono solo voci che mi sono giunte, ma pare che, un giorno, al calar della sera, mentre il Signor Cooper passava da queste parti per tornare a casa, d’un tratto é passata una carrozza che gli ha tagliato la strada. Dall’interno sono usciti dei ceffi che gli sono piombati addosso e lo hanno catturato. Nessuno sa dove lo avessero portato, ma, a giudicare dalla direzione che la carrozza ha preso, si sono diretti verso i margini territoriali di Durham, e forse oltre.”
“E i testimoni che hanno visto la scena?” domandó Albert. “Nessuno é intervenuto per fermare quei ceffi, come li avete chiamati? Ci avete fatto intendere che fra le gente di ceto basso il signore era ben visto. Perché allora nessuno ne ha preso le difese?”
“Qualcuno l’ha fatto, ma invano. Chi ha tentato di fermarli é stato ammazzato seduta stante o rapito a sua volta. Dopo questo fatto, nessuno ha avuto notizie di quel pover uomo, fino a quando qualcuno non ha trovato le sue spoglie.”
“Le é forse giunta qualche altra voce in merito al ritrovamento del corpo?” disse William.
“Mah… ne so poco e niente. Ma comunque era giá in putrefazione, era pieno di mosche e vermi. Piú di questo non so altro. Il resto lo sapete. La povera vedova e la sua cara figlia, a malincuore, dovettero abbandonare la vita che facevano e, per avere di che sopravvivere, si fecero prendere in custodia dal Signor Jackster, il fratello della donna.”
Forniti di tutto ció che la signora aveva potuto dire, i due fratelli ringraziarono e fecero per darle una moneta come compenso. Ma ella la rifiutò cortesemente.
“Non c’é bisogno che vi scomodate piú, ormai. Mi pagate abbastanza comprando la mia frutta. Per me é diventato un piacere offrirvi il mio aiuto.” disse la donna.
“Come desiderate. Saremmo lieti di rimanere ancora un po’ a chiacchierare con voi, ma come avrà capito, domani abbiamo tanto da fare. Perció sará per un’altra occasione.” disse Albert.
“Venite pure quando desiderate.” rispose Suzanne.
Dunque furono dati i saluti e i due Moriarty uscirono in strada, diretti a casa.
“Credi che quanto abbiamo sentito sia sufficiente?” chiese Albert, mentre camminava insieme al biondo. “Non pensi che sia il caso di cercare altri indizi?”
“Suzanne é un’informatrice eccezionale.” disse William. “Fra tutte le persone a cui ho sempre chiesto, le si é distinta in ogni occasione. Sappiamo, da quel che ha detto, che quando il corpo é stato trovato era giá morto da tempo. Se ci fossero ulteriori dettagli, ci basterá attendere i risultati delle ricerche degli altri.”
“A proposito di questo, mi chiedo cosa ne verrà fuori.”
“Che vuoi dire, Albert?”
“Il nostro scopo é sempre stato quello di rovesciare il sistema classista di questo paese. Quello che mi domando é se sará un caso su cui varrá davvero la pena che mettiamo mano, se sará qualcosa che potrebbe servirci per intaccare il sistema.”
“Quale che sará il risultato, ormai ci siamo dentro, e intendo portare tutto a termine.”
“William, senti un po’.”
“Che cosa c’é?”
“A me sembra che tu, in questo caso, ci stia mettendo anima, corpo e mente. Dimmi la verità, cosa ti frulla in testa?”
William, mentre camminó, osservó il fratello che gli camminava accanto con la coda dell’occhio.
“Cosa stai cercando d’insinuare, fratello?” disse.
“Hai preso in simpatia quella ragazza, vero?”
William rimase in silenzio e tornó a guardare dritto davanti a sé.
“Ammettilo…” insistette Albert. “Lei ti ricorda te. Le tue pupille brillavano quando Suzanne l’ha definita un prodigio. Ha persino detto che la signorina faceva la maestrina degli orfanelli. Questo mi ha fatto pensare alla prima volta che ti ho incontrato, quando ti ho visto circondato dagli altri bambini che ascoltavano le tue lezioncine.”
“È stata solo una tua impressione.” disse William.
“Puó darsi…”

Nel primo pomeriggio del giorno entrante, in cui cadde la Domenica, l’intera banda si radunó nel salotto della residenza Moriarty, raccogliendo tutto il materiale che ogni gruppo aveva reperito la notte antecedente e che potevano essere dei possibili indizi, giá accuratamente esaminati dai loro scopritori. Tutti quanti erano accerchiati verso il centro, ritti in piedi, pronti alla risoluzione.
“Bene, cominciamo.” disse William. “Partiremo dall’analisi della scena del crimine. Signor Bond, Jack, Moran, cosa mi sapete dire?”
“Dunque…” inizió Jack. “Le indagini della Polizia di Durham rivelano che il cadavere aveva un rigor mortis che indicava chiaramente che la vittima era morta giorni prima. Infatti si stava giá decomponendo, quando fu segnalato il suo ritrovamento.”
“E, ovviamente, non finisce qui.” disse Bond. “I suoi occhi erano ancora aperti, anzi, erano spalancati, come se, nel momento della morte, fosse in preda ad un terrore incontenibile. La modalitá dell’omicidio é stata fatta risalire a dei colpi di fucile. Dietro la sua schiena c’erano fori di proiettili del calibro di un’arma da caccia.”
“Non erano gli unici segni di ferite che la vittima aveva sul corpo.” disse Sebastian Moran. “I registri dicevano che un tendine era stato tagliato, e sulla caviglia c’erano degli infossamenti che facevano pensare che l’uomo potesse essere incappato in una trappola per volpi.”
“Sí, e per finire, le indagini hanno attribuito la causa della morte ad un incidente. Sostenevano che un cacciatore avesse scambiato la vittima per una preda e archiviarono il caso.” concluse Jack.
“Molto bene.” disse Albert. “Lewis, invece che cos’hai trovato, insieme a Money Penny e Fred?”
“Della roba interessante. Ve la mostreremo.” rispose il terzogenito della famiglia.
Al cenno di questi, Money Penny posó dei fogli di larghe dimensioni arrotolati sul tavolino al centro della stanza, e li aprí, tenendoli fermi, con l’aiuto di Fred.
“Guardate.” disse Lewis. “Sono progetti architettonici con la firma del Signor Jackster. Osservate l’aspetto di questi edifici, non vi ricordano nulla?”
Tutti quanti, ad eccezione del gruppo d’indagini di Lewis, aguzzarono la vista, fissando i progetti. Moran, William e Albert ebbero un abbaglio.
“Ma questi… queste… sono residenze di caccia! Ce n’é anche una che ha localizzazione nei dintorni di Durham.” Esclamó Moran.
“Giá!” confermó William, portandosi l’indice al mento. “E non sono residenze di caccia qualsiasi, a quanto vediamo.”
“Uhm…” Mugugnó Albert. “Facendo un attimo mente locale, abbiamo a che fare con fucili, trappole per volpi, e disegni architettonici di residenze di caccia. Tutto questo mi rimanda a qualcosa.”
“Sí, non c’é dubbio. Ci ho pensato anche io. Si tratta…” disse Lewis.
“Di Enders e Baskerville.” dissero tutti quanti all’unisono, ad eccezione di Bond e Jack.
“Enders e Baskerville?! Di che cosa andate cianciando?” chiese Jack.
“Significa che queste dei disegni sono le residenze del Conte Britz Enders e del Signor Baskerville. Li abbiamo presi di mira tempo fa, quando tu e Bond non c’eravate ancora.” spiegó Moran.
“E chi sarebbero stati questi due individui?” disse Bond.
“Degli esseri abbietti che si dilettavano a provare il brivido della caccia, usando gli esseri umani come bersagli. Uccidevano, torturavano e abusavano sia di uomini, che di donne e bambini.” rispose Fred.
“E quindi, signorino Will, lei vorrebbe dire che il Signor Cooper, quando é scomparso, é stato catturato e portato in una di queste residenze di caccia. Per questo che il suo corpo é stato trovato giorni dopo, e con segni evidenti di una battuta di caccia?” disse Jack.
“Esatto.” confermó William.
“Ma come possiamo basarci solo sulla base di quanto abbiamo visto fin’ora?” disse Moran. “I progetti non significano necessariamente nulla. Il Signor Jackster, nonché l’architetto che li ha disegnati, e nostro sospettato, poteva benissimo essere ignaro dello scopo per cui venivano usate le residenze. E poi la causa del decesso di Cooper puó essere a tutti gli effetti un incidente?”
“No, Sebastian.” lo contraddisse Albert. “Per il secondo punto, se cosí fosse, che motivo avrebbero avuto di tagliargli il tendine? Enders e Baskerville tagliavano i tendini alle loro prede per rendergli il gioco della caccia piú difficile.”
“E poi perché mai il Signor Cooper si sarebbe dovuto trovare in un bosco, durante una battuta di caccia? Io e Albert ci siamo ben accertati che sia stato catturato, ci sono dei testimoni oculari.” disse William.
“Giusto! E se anche dessimo per vero che sia stato un incidente...” disse Fred. “I responsabili avrebbero occultato il cadavere, in preda al panico, invece di metterlo allo scoperto.”
“E in merito al primo, di punto, ora viene il bello.” disse Money Penny, che tiró fuori alcune buste di lettere. “Date un’occhiata a queste.”
Money Penny porse a William le buste, ed egli, per prima cosa, ne osservó il mittente e il destinatario, e capí che erano lettere di nobili dal nome noto, tutte indirizzate a Jackster, lo zio di Samantha Cooper. Fra di essi trovó anche i nomi di Enders e Baskerville, e persino del Barone Dublin. In seguito, William aprí le buste e diede una rapida lettura ai messaggi. Trovó parole piene di ostilità nei confronti del Signor Cooper, che facevano trasparire quanto egli fosse disprezzato dagli altolocati a causa della sua posizione di difensore dei ceti inferiori. Andando avanti a leggere, vi trovó sempre piú espressioni di acceso desiderio di eliminarlo brutalmente.
“Ottimo.” disse William. “Queste lettere provano esplicitamente che Cooper era odiato da molti nobili, al punto da desiderare la sua morte.”
“Peró aspetta, fratello.” disse Lewis. “Prova a leggere la lettera del Conte Enders.”
William eseguí quanto detto dal fratello minore e aprí la lettera spedita da Britz, leggendola attentamente.

Signor Jackster,
Mio fidato amico progettista. Sono lieto d’informarla che l’avvocato Robert Cooper é stato assicurato a me e trattato con le giuste precauzioni. La ringrazio davvero. Non solo mi ha concesso l’onore di risolvere una questione che avrebbe potuto essere una minaccia per l’ordine sociale, ma mi ha anche fatto divertire tantissimo. È stata una delle migliori cacce che mi sia mai goduto, ho catturato una preda bella grossa.
Britz Enders

 
“Eccellente lavoro a tutti quanti!” disse William, sollevando il capo. “Abbiamo tutte le prove a nostro favore. Quest’ultima é schiacciante, e dimostra che Baxter ed Enders fossero in stretta confidenza, e smentisce l’ipotesi che il primo non sapesse nulla della caccia agli umani.”
“Ci sono solo un paio di cose, peró, che non mi tornano.” disse Bond. “Non vi sembra che le cose siano state fatte in maniera troppo teatrale? Perché prendere delle misure tanto estreme, solo per togliere di mezzo una persona scomoda? E perché rendere il cadavere reperibile? Non sarebbe stato piú semplice occultarlo? Facendo cosí hanno fornito degli indizi.”
“Ascolta bene, Bond.” disse Moran. “In tutti i casi in cui ci siamo infilati abbiamo visto gente arrogante, depravata e meschina, che non considera chi non é nobile se non alla stregua del bestiame da allevamento o da macello.”
“Esatto!” disse Albert. “A vedere quello che ha scritto Enders nella lettera, si potrebbe dire che lui e Baxter intendessero eliminare Cooper nella maniera piú umiliante possibile, applicando la loro giustizia.”
“E in ultimo ne hanno fatto trovare il corpo come atto intimidatorio, per far capire alla gente povera di Durham chi comandava.” disse Lewis.
“Ma sí, certo! È chiaramente tutto collegato. Ci avevate preso in pieno, Signorino Will. Non vi smentite mai!” disse Jack.
“Resta da chiarire solo un piccolo particolare…” disse Money Penny.
D’un tratto, prima che lei potesse continuare a parlare, si udí un rumore.

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Capitolo 6
*** La decisione ***


TOC TOC TOC TOC
“Hanno bussato!” disse Fred.
“E anche energicamente, per essere nel pieno della domenica.” disse Moran.
“Me ne occupo io.” disse Jack, uscendo dalla stanza, diretto alla porta d’ingresso della residenza.
Nel frattempo, Lewis si affrettó a raccogliere tutte le scartoffie.
“Sará meglio nascondere le prove.” commentó il minore dei fratelli Moriarty.
“No, aspetta Lewis!” disse William, che era affacciato alla finestra. “È soltanto la nostra beneficiaria. Per il momento, tienile da parte.”
“L’hai invitata, per caso?” chiese Bond.
“Sí e no.” rispose William, mentre lasció il salotto, volto ad andare ad accogliere l’ospite.
Jack arrivó per primo nell’atrio e aprí la porta. La prima cosa che vide fu un ragazzo coi capelli castani chiaro dall’aria sconvolta, che non gli diede neanche il tempo di dare i convenevoli.
“Dov’é il Professor Moriarty? Per favore, me lo faccia incontrare!”
“Perdonatemi, ma chi siete?” chiese gentilmente il maggiordomo.
“Sono un suo studente. Aiutatemi, vi pre…”
“Samantha.” William irruppe poco dopo, scendendo dal primo piano.
Alla vista del biondo, l’ospite rimase un attimo impietrita. Poi fece un lungo respiro per ricomporsi, e s’inchinó sommessamente.
“Professore, voglia scusarmi per questa presentazione senza preavviso.” disse lei.
“Mi sembrava di avertelo detto.” disse William. “Se avessi avuto bisogno, potevi venire da me. Non sono necessari questi ossequi.”
La ragazza risollevó la schiena e si avvicinó al giovane uomo, con le mani congiunte al’altezza del diaframma.
“Ecco… posso davvero permettermi?” chiese.
“Senza alcun problema. Vieni con me, mi racconterai tutto con calma.” disse William, facendosi da parte e dandole segno di farsi avanti verso il primo piano.
“Jack, potresti preparare del té?” chiese il biondo, prima di seguire Samantha sulle scale.
“Come desiderate!” rispose l’uomo anziano con un leggero inchino.
Il professore e la studentessa giunsero nel salotto, dove erano attesi da Lewis, Albert e il resto dei membri al loro servizio.
“Vi auguriamo un benvenuto!” disse Lewis, che si avvicinó alla giovane ospite facendo un inchino con una mano sul cuore.
“Perdonate la scortesia!” disse Samantha, inchinandosi a sua volta. “Sono uno studente dell’Università di Durham. Mi chiamo Samuel Cooper.”
I presenti non fecero subito presente il fatto che conoscessero la sua reale identità. Avevano compreso, solo guardandola, che c’era qualcosa che la turbava, e perció avevano immediatamente concluso che, per il momento, era meglio tacere e lasciarle recitare la sua parte.
“Scusate, lasciateci soli qualche minuto.” disse William.
“Va bene, come vuoi. Avanti, ragazzi! Sloggiamo!” disse Moran.
Tutti quanti uscirono dal salotto, e vi rientró solo William, insieme a Samantha. L’uomo la invitó a sedersi sul sofá, poggiandole entrambe le mani sulle spalle.
“Ora cerca di distenderti.” le disse.
La fece sedere, e in seguito si poggió anche lui sul sofá di fronte.
“Come mai sei venuta? Che cosa ti é capitato per arrivare fino a qui tanto affannata?”
Samantha abbassó leggermente il capo, stringendo i pugni sulle ginocchia, prima di rispondere.
“Mio zio ha di nuovo picchiato mia madre.”
Il professore fece un attimo mente locale, prendendo una pausa di silenzio.
“Capisco.”
“Io…” continuó lei. “Non so proprio che mi é preso. Ho perso la ragione e allora… allora… Mi vergogno un po’ ad ammetterlo, ma sono scappata di casa.”
“Ti succede spesso di assistere a queste situazioni?” chiese William.
Samantha scosse il capo.
“No, non proprio. O meglio, non sempre. Di solito lui le tira degli schiaffi e la minaccia. Ma nei casi peggiori la picchia di brutto, e con quello che gli capita in mano. Oggi é stato uno di quei casi. Sentivo le urla sue e di mamma attraverso i muri.”
Mentre lei parlava, divenne sempre piú tesa.
“Non ce la facevo… Non ce la facevo proprio piú. Mi sono esasperata, ed ho finito col non capire piú niente. Non riuscivo a stare calma, volevo solo un po’ di conforto e la prima cosa che mi é venuta in mente é stata di precipitarmi qui da lei.”
“Hai fatto bene.” la rassicuró l’uomo. “Non devi essere dura con te stessa.”
Dopo qualche minuto, arrivó Jack trasportando il set da té.
“Il té é servito. Scusate se vi ho fatto aspettare.” disse il maggiordomo.
“Non c’é di che. Dopo che hai rassettato, puoi pure chiamare gli altri e farli venire qui. E puoi anche dire a Lewis di portare tutto.” disse William.
“Sará fatto.” disse Jack, rivolgendosi poi a Samantha. “Prego, ecco a voi, giovane ospite. Un té vi rasserenerá l’animo. Vi ho visto molto su di giri, quando vi ho aperto la porta.”
La ragazza si sciolse e accettó con gratitudine l’offerta.
“La… la ringrazio. Anche se mi sento giá meglio.”
“È giá passato tutto, quindi?” chiese William, mentre Jack si ritirava.
“Si puó dire di sí. Grazie, professore. Lei é stato molto disponibile, e questo mi ha aiutato.”
“Bene.” disse il biondo, prendendo la propria tazza e poi accavallando la gamba. “Perché ci sarebbe una cosa importante di cui ti devo parlare. Hai avuto un perfetto tempismo ad arrivare nella mia magione.”
“Di che si tratta?” chiese Samantha, dopo aver dato i primi sorseggi al té.
“Questa volta devo chiederti di tenere duro. Ti senti di ascoltare?”
“Non mi tenga sulle spine, per favore. Mi dica tutto.”
William diede un sorseggio al proprió té. E poi fece un lieve respiro e rispose.
“Riguarda tuo padre.”
Cadde, per un attimo, un silenzio di tomba, nel quale i due incrociarono gli sguardi.
“Ascolta.” proseguí William. “I fatti circa la sua morte sono stati riconosciuti come un caso di omicidio colposo. Ma tu hai detto che volevi sapere chi lo avesse ucciso. Forse non credevi che fosse davvero andata cosí?”
“No, infatti. Non ci credo. Se fosse vero quello che avevano concluso le indagini, allora che problema c’era a trovare il responsabile per un eventuale risarcimento? Sono sicura che sia stato un omicidio premeditato.” rispose la ragazza.
“E hai visto giusto, infatti. Io penso di sapere chi é stato, anzi ne sono certo.”
“Cosa? Dice davvero?” scattó lei, balzando in piedi, dopo aver posato bruscamente la tazza sul tavolino. “E lei come…”
Toc Toc
“Fratello, noi qui siamo pronti.”
Irruppe Lewis, bussando sull’uscio del salotto, seguito dai compagni, che entrarono nella stanza, disponendosi attorno al’ospite e al biondo.
“Pronti per che cosa?” continuó a chiedere Samantha, piena di dubbi. “Ma cosa sta succedendo?”
“Signorina Cooper, stiamo per spiegarle tutto. Si risieda e non si faccia prendere dalla foga, la prego.” disse Albert.
“Ma… ma voi mi avete chiamata Signorina?! Allora… Professore, lei mi aveva detto che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.”
“Ho detto che non avrei fatto nulla a tuo sfavore, semplicemente.”
“Se poi ci avete fatto caso, mentre io ero nell’atrio, il Signorino Will vi ha chiamata col vostro vero nome in mia presenza. Eravate talmente giú di morale che non ve ne siete accorta.” disse Jack, ripresentatosi insieme agli altri.
“Non ha di che allarmarsi, Signorina Cooper.” disse Money Penny, che fu la prima ad avvicinarsi al’ospite, con tono gentile. “Le diamo la garanzia che il suo segreto non é uscito dalle mura di questa casa.”
“Esattamente. Quindi non hai bisogno di fingere. Puoi essere te stessa.” disse Bond, appoggiato al muro con le mani in tasca.
“Siamo qui per aiutarvi. Non vi faremo alcun male, fidatevi di noi.” disse Fred.
Samantha rimase, in un primo momento, zitta zitta, ancora in preda alla confusione. Scrutó tutti quanti, piena di perplessitá.
“Va bene, ho capito.” disse infine, risedendosi. “Stava dicendo, professore?”
“Arriveró al dunque. Il responsabile dell’assassinio di tuo padre é tuo zio.”
La ragazza fece un’espressione allibita, accennando un sorriso amaro.
“Sta… sta scherzando, vero?”
“Non mi metterei certo a scherzare proprio adesso.” rispose William.
“Ma mi sembra assurdo. Se lui fosse capace di uccidere io ne avrei saputo qualcosa. Mia madre non mi avrebbe mai fatto vivere con una persona del genere. Non puó essere.”
“E invece eccome se puó essere.” disse Moran, tenendo le braccia conserte. “Rifletti: tuo padre é sparito solo un giorno dopo che tuo zio si é presentato a casa tua.”
Di fronte al’incredulità della mora, le venne raccontato per filo e per segno ogni cosa di quanto i Moriarty e i loro soci avevano scoperto e di come avevano ricostruito i fatti, dimostrando che la loro tesi era inattaccabile, esponendole le prove. Le raccontarono di come il padre era stato preso di mira da molti nobili e del fatto che era stato catturato per essere ucciso e poi fatto ritrovare morto per imporre un regime di terrore a Durham.
“Ma io ancora non capisco.” Samantha continuó a battere il suo chiodo, mentre teneva lo sguardo fisso sulla lettera di Enders. “Se l’eliminazione di papà era giá programmata, allora perché mai mio zio si sarebbe dovuto presentare a casa per fare trattative con lui circa la mia questione. Perché trattare con un uomo che deve essere fatto fuori?”
“Probabilmente il suo atto voleva essere una sorta di anticipazione che ha dato a te e tua madre.” disse William. “Intendo dire che voleva farvi presente la sua disponibilità ad accogliervi nella sua magione, affinché voi due, in preda alla disperazione dopo l’omicidio, vi giocaste l’ultima carta che avevate per poter sopravvivere. Tuo zio ha agito sia per i suoi tornaconti personali, sia per conto di tutti quelli che avevano in odio tuo padre.”
Samantha si prese la testa fra le mani e si agitó.
“Insomma, adesso basta, per favore.” disse, in preda all’irritazione. “Che cos’é tutta questa storia? Vi mettete ad indagare come se foste tutti degli investigatori, e per farlo v’intrufolate persino in casa di mio zio in piena notte, mentre io sto dormendo… Se dovevate fare cosí, perché non avete chiesto a me di frugare fra le cose di mio zio?”
“Samantha, ti avevo promesso che ti avrei aiutato. È quello che sto facendo.” disse William.
“Ma questo non é il modo di aiutare che userebbe un insegnante. Cosiderando anche tutte le domande che mi ha fatto a scuola, é chiaro che lei non é un normale professore. E anche voi altri… Non assomigliate per niente a dei semplici domestici. Chi siete in realtà, qual é il vostro obbiettivo?”
Tutti quanti si fecero seri. Ormai era il momento. Dovevano dirle chi erano veramente. Era inutile continuare a girarci attorno. I fratelli Moriarty, coloro che rappresentavano il nucleo dell’organizzazione si guardarono e si diedero assenso.
“Va bene, perdonateci se ci siamo trattenuti nel dirvi anche questo.” disse Lewis.
“Ci scusi, Signorina. Per questo e per le misure che abbiamo preso nei suoi riguardi. Ma si tratta di una questione della massima segretezza, per cui non abbiamo potuto fare come dice lei. Se l’avessimo fatto, le avremmo destato subito dei sospetti riguardanti il nostro suddetto segreto.”
“Ordunque chi siete?” domandó la ragazza.
“Noi siamo…” disse William. “Il Signore del Crimine.”
Samanta guardó di nuovo tutti, incrociando i loro sguardi. Quello che aveva detto il professore non era affatto una bugia, le espressioni dei presenti non tradivano.
“Il Signore del Crimine?!” esclamó la ragazza. “Proprio quello di cui parla tutta l’Inghilterra? Quello che si dice punisca i nobili per poi ucciderli?”
I tre fratelli annuirono.
“Ascolta, Samantha.” disse Bond, che si avvicinó alla giovane, inchinandosi a terra su un ginocchio. “Noi possiamo aiutarti a vendicare tuo padre. E, oltre a questo, possiamo fare in modo che tu possa riavere ció che ti spetta di diritto.”
La mora divenne come catatonica, il suo corpo sembrava essersi trasformato in un guscio vuoto. Era pensierosa, incerta su cosa dire o fare. Qualche istante dopo, tornó alla realtà, riscuotendo la testa e sbattendo le palpebre.
“Professore.” disse lei. “Avrei bisogno di parlarle ancora un momento, privatamente. E mi servirebbe anche una boccata d’aria.”
Udendo quelle parole, William si alzó in piedi dal sofá.
“Certo, capisco. Vieni.” disse l’uomo.
Il professore e la studentessa uscirono dalla stanza, lasciandosi dietro gli altri. Ci fu un minuto di silenzio, nel salotto, in attesa che i due fossero lontani.
“Ho come l’impressione che questa situazione sará piú complicata del solito. Chissà cosa ne verrà fuori?” disse Albert.
“Anch’io la penso cosí. Peró bisogna capire la signorina. In fin dei conti, mi sembra una persona fragile.” disse Fred.
“Tsk! Per me é solo una sciocca brontolona che non sa nemmeno lei cosa vuole. Si vede ad occhio che non é sicura di cosa desidera che facciamo. Stiamo solo perdendo tempo.”
“Smettila, Sebastian!” sbottó Money Penny. “Cerca di metterti nei suoi panni. Non lo capisci che quella povera ragazza é nelle mani di un uomo deplorevole? La sua faccenda é come una prigione per lei. Non é difficile che, facendo una vita simile, lo spirito s’indebolisca.”
“Puó essere come dici tu. Ma se non si dá una smossa, non riuscirá mai a cambiare niente.” disse Moran.
“Mah… per come andranno le cose, non possiamo certo lasciarla vivere in balia di quell’uomo” disse Bond.
“Sono d’accordo. Ormai ci siamo fino al collo, anzi, fin sopra la testa.” disse Jack.
“La sola cosa che possiamo fare é attendere come si evolveranno le cose, e in seguito agire sulla base di quello che dirá nostro fratello.” disse Lewis.

Nel frattempo, William e Samantha giunsero nel cortile, e si sedettero al tavolo sotto un padiglione.
“Come ti senti?” disse l’uomo, rompendo il ghiaccio.
“Come potrei sentirmi?” Samantha rispose con domanda retorica. “Io non mi aspettavo tutto questo. Avevo chiesto il suo aiuto sperando di trovare una maniera per poter mettere a tacere i giorni d’Inferno che ho trascorso da quando ho iniziato a vivere con mio zio. E di punto in bianco vengo a sapere che lei é il Signore del Crimine, che mio zio ha contribuito ad un omicidio… mi sembra che il mondo giri alla rovescia.”
La ragazza appoggió i gomiti sul tavolo, tenendosi la testa.
“Hai paura?” chiese William.
Samantha sollevó il capo.
“Paura?!” esclamó lei. “Paura di che cosa?”
“Di tuo zio. Oppure é di me che hai paura?”
La ragazza lo guardó senza mostrare nessuna emozione.
“Niente affatto.” sbottó. “D’altronde, qualunque cosa lei sia, che importanza ha? L’uomo di cui io e mia madre viviamo alla mercé ha fatto uccidere mio padre, e in un modo perverso. Per tutti questi anni ho vissuto senza sapere niente, eppure le circostanze erano evidenti. Come ho potuto essere stata cosí sciocca? Senza contare che quella che ne ha pagato le conseguenze é mia madre…”
“Dubitare delle persone che ci sono vicine non é mai facile, soprattutto se sono familiari. E poi sei ancora una ragazza, hai molto da imparare.”
“In ogni caso, quello che sto provando non é paura. Piuttosto fremo dalla rabbia.” disse Samantha, battendo i pugni sul tavolo. “Ho rispettato e temuto un uomo indegno di chiamarsi nobile. Io… io… io lo….”
“Lo desideri uccidere?” la anticipó il professore.
“Non lo so.” disse la ragazza, suscitando lo stupore dell’uomo. William sapeva che lei era una persona incerta, ma quella fu la prima volta che qualcuno, di fronte alla possibilità di farsi giustizia, con l’aiuto della consulenza criminale del biondo, si dimostrava tentennante.
“Lo ucciderei con le mie stesse mani…” disse Samantha. “E lo farei morire tra atroci sofferenze, se penso a quello che ha fatto passare a papà. Peró… peró…”
La giovane rilassó le mani.
“Peró, come potrei mai? Questo non é ció che i miei genitori mi hanno insegnato. Loro mi hanno sempre educata a credere nella giustizia. Come potrei difendere la memoria di mio padre, se andassi contro i suoi insegnamenti? E che cosa penserebbe mamma, se commettessi un omicidio?”
Samantha cominció a singhiozzare, e si coprí il viso con le mani, per nascondere le lacrime.
“Professore, non so cosa fare? Io non posso… non posso uccidere qualcuno. Eppure odio quell’uomo con tutto il cuore…”
William, vedendo quella scena, s’impietosí. Si avvicinó a lei é cercó di confortarla, dandole delle leggere pacche sulla schiena.
“Va bene, non c’é bisogno che decidi subito. Ti concedo tre giorni di tempo per riflettere su cosa vuoi fare. Perció rasserenati.”
Samantha distolse le mani dal viso, scuotendo due volte le spalle per i singhiozzi, e infine si asciugó le lacrime e si rivolse al gentiluomo.
“Voglia perdonarmi. Ho di nuovo perso il controllo.” disse la giovane.
“Non fa niente. Sappi che, in qualsiasi maniera tu decida di agire, possiamo fare in modo che tu e tua madre non dipendiate piú da tuo zio.” disse William.
La ragazza tiró su col naso, asciugandosi con l’indice l’ultimo residuo di lacrima.
“Bene.” disse William. “Se ti sei calmata a sufficienza, adesso dovresti tornare a casa.”
“A casa?” disse Samantha, alzandosi in piedi. “Non potrei rimanere ancora un po’?”
“Non essere irragionevole.” disse l’uomo alzando l’indice in segno di autorevolezza. “A quest’ora si saranno accorti che sei scappata. Se non ti fai trovare, tua madre potrebbe preoccuparsi.”
“Peró…” la ragazza giró il capo, incerta. “Il fatto é che non so come comportarmi adesso. Cosa faccio se mio zio dovesse notare che c’é qualcosa di strano in me?”
Il professore rispose dandole altre pacche rassicuranti sulle braccia.
“Non devi fare nulla. Comportati come fai sempre e non noterá nulla.”
In seguito, le mise le mani sulle spalle e la guardó negli occhi con sguardo penetrante.
“Puoi farcela. Hai sopportato per tanto tempo, puoi sopportare ancora un altro poco.”
Samantha ebbe ancora qualche titubanza, e in seguito mostró un’espressione risoluta.

I due Moriarty piú giovani osservarono la ragazza allontanarsi dalla magione, stando dietro al vetro della finestra. Si era congedata dopo aver dato adeguamente i saluti e ringraziamenti a tutti i membri dell’organizzazione, sia per l’accoglienza ricevuta che per tutto ció che avevano fatto per lei, e anche dopo essersi scusata per i propri comportamenti prevenuti, promettendo che gli avrebbe dato presto una risposta in merito all’offerta che le avevano dato.
“Fratello.” disse Lewis. “Sicuro che sia stata una buona idea lasciarla tornare a casa da sola?”
“Non preoccuparti. Non penso che fará qualche sciocchezza. A dispetto di quella che sembra, é una persona molto forte e scaltra.”
“Moran non é tanto d’accordo, sai? L’ha giudicata piuttosto male.”
“Non farci caso. So riconoscere la determinazione di una persona. Quella ragazza, malgrado la sua condizione difficile e i suoi alti e bassi, ha continuato a lottare duramente per trovare una via d’uscita. Altrimenti non avrebbe iniziato a fare di tutto per arrivare a me, al fine di chiedermi aiuto.”
“Capisco.” disse Lewis.
“È una ragazza adorabile, tutto sommato, vero?” continuó l’occhialuto giovane uomo.
William capí dove voleva arrivare il fratellino. Stava cercando di scaldare l’atmosfera con argomenti vispi. Se persino Albert aveva fatto caso alle attenzioni che il biondo dimostrava per la giovane, di certo Lewis ne sapeva qualcosa di piú. Ma il matematico non si scompose, mangió la foglia e depistó il discorso.
“È una persona di forti ideali, piú di quanto lei stessa crede. In futuro potrebbe essere un’importante risorsa per il mondo che noi vogliamo creare. Proprio per questo sono sicuro che quando verrá a darci la sua decisione, ci sorprenderá.

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Capitolo 7
*** L’Angelo della Giustizia ***


“Penny, porta pure via i piatti e il resto. Ci pensiamo io e Jack a rassettare.”
“Va bene, Sebastian. Li metto subito a lavare.”
Consumata la colazione, i domestici di casa Moriarty proseguirono le loro faccende quotidiane. Money Penny trasportó il carrello con le stoviglie utilizzate nella cucina.
Poco dopo che ella varcó la soglia dell’entrata, una voce la sorprese alle spalle.
“Potrei darti una mano, se ti fa piacere?”
La donna si voltó e vide Bond davanti alla porta.
“Certo, mi faresti un favore.” rispose lei.
Cosí i due si ritrovarono a dividersi i compiti, e lavarono i piatti assieme.
“Allora, come pensi che andrá oggi?” chiese Bond.
“Se ti riferisci a tu-sai-cosa, non saprei cosa aspettarmi. Chissà come starà la Signorina Cooper? È giá passato un giorno. Sai? Ho paura che quella ragazza, insicura com’é, finirá per arrendersi e non fare niente. In quanto donna, so bene che quando si subisce la prepotenza di un uomo, a volte, per quanto si desideri liberarsi dalla sofferenza, tuttavia succede spesso che la persona oppressa faccia un passo indietro.”
“Stará bene, vedrai. William ha fiducia in lei, e penso che anche lei stessa ormai ha poco da temere, sapendo che ci siamo noi a sostenerla. Sono sicuro che si senta protetta, quindi non vacillerá.”
“Peró che cosa pensi abbia in mente di fare? Da quel che dice William non vuole commettere un assassinio, peró non vuole neanche farla passare liscia a quell’uomo. Credi sia possibile un compromesso?”
“Beh… nulla sará impossibile, se lei sará decisa.”
Money Penny sospiró.
“Certo che…” disse la donna occhialuta. “Anche se Sebastian ieri é stato duro, tuttavia lui e Albert hanno ragione. Il nostro intervento in questo caso é uno dei piú difficili. Santa pazienza! Ci eravamo tutti radunati a Durham, venendo tutti dalla magione di Londra di Albert, per prenderci del tempo libero, visto che ultimamente non avevamo dei casi da risolvere. Ma alla fine stiamo faticando il doppio.”
“Dici? Io penso che, invece, ci siamo imbattuti in un caso interessante e fuori dai nostri schemi. E questo mi diverte.”
“Ah Sí?! E che cosa c’é che diverte tanto in questo?”
“Quella ragazza. Lei mi ricorda la mia cara amica Irene Adler.”
A quelle parole, Money Penny fece una sottile risata. Lei sapeva bene che, in realtà, l’amica di cui parlava Bond altri non era che sé stesso, prima che diventasse un uomo, prima che si aggregasse con l’organizzazione del Signore del Crimine, prima che diventasse James Bond.
“Samantha é riuscita a catturare l’interesse di William.” si spiegó il biondo dagli occhi zaffiro. “Lui non é certo il tipo di uomo che s’interessa alle donne, a differenza di Moran, che va spesso a divertirsi.”
“Non mi sembra il caso di aprire questa parentesi su Sebastian.” disse Money Penny, irritata.
“Comunque…” proseguí Bond. “Anche la mia amica era riuscita ad attirare l’attenzione di un tipo irreprensibile, in fatto di donne.”
“Stai parlando di Sherlock Holmes?”
“Giá. E proprio perché Samantha ha questo aspetto comune con Irene, riesco almeno lontanamente a immaginare cosa deciderá.”

Nel suo studio, William si stava organizzando, facendo il riepilogo del programma che avrebbe presentato alle classi che doveva seguire. D’un tratto, sentí bussare alla porta. Invitó ad entrare e, dal retro di essa, comparve Samantha, che si fece avanti senza attendere comandi, ed evitando i convenevoli.
“Professore, sono venuta a darle la mia risposta.”
La ragazza agí e parló con totale disinvoltura, suscitando quasi la meraviglia del matematico. La persona che egli aveva davanti appariva diversa, da come la ricordava le altre volte che l’aveva vista. Se i giorni precedenti l’aveva vista impacciata, emotiva e insicura, ora invece pareva inquadrata e tutta d’un pezzo.
“Hai tratto le tue conclusioni, quindi?” disse William.
Samantha fece cenno di sí.
“Ottimo! Peró devo chiederti se sei sicura. Non stai affrettando le cose? Hai qualche esitazione?”
“Mai stata piú certa!”
“E in che modo hai preso la tua decisione? Cosí ti ha spronato?”
“È stato senz’altro difficile contenermi e fare finta di niente, ancora di piú mantenermi lucida per riflettere bene. Peró non posso piú stare ad aspettare, guardando mia madre che le prende per me. L’altro ieri le ho prese io stessa, perché ero giá decisa, per lo meno, a fare di tutto per non permettere piú che accadesse.”
“Ordunque, cos’hai intenzione di fare?”
Samantha fece un leggero inchino.
“Desidero che lei e i suoi fidati mi aiutiate a infliggere a mio zio una punizione esemplare, ma alle mie condizioni.”

A serata inoltrata, Lewis attese appostato all’angolo della strada. Si intrattenne fumando una sigaretta, e ogni tanto tendeva l’orecchio, aspettandosi di sentire dei passi, e guardava con la coda dell’occhio oltre la svolta dell’angolo. Poi, finalmente arrivó il momento atteso. Il giovane uomo vide uscire dal cancello che dava sulla strada al di lá dell’angolo il Signor Jackster. L’obbiettivo si stava muovendo, era appena uscito dalla sua magione. Rimase fermo ancora qualche minuto, lasciandolo allontanare a sufficienza. In seguito, si mosse e giunse davanti ai cancelli della residenza Jackster. Una finestra del secondo piano si aprí, e da essa si sporse Samantha. Lewis sollevó un braccio in alto, dando il segnale, e la ragazza rispose allo stesso modo. Lewis si dileguó mentre la finestra fu richiusa e, in due minuti, lei uscí quatta quatta dalla porta sul retro, incontrando William e Albert, che si erano infiltrati nei cortili dell’abitazione furtivamente col favore del buio.
“Ci siamo.” disse la ragazza.
“Perfetto, muoviamoci anche noi.” disse Albert.
“Iniziamo a infliggere il giusto castigo.” disse William.
Samantha sfoggió un sorriso risoluto.

Nel mezzo della strada di una zona malfamata, una donna avvenente, che sembrava in attesa, udí un rumore di zoccoli. Si giró verso la propria sinistra e vide una carrozza avvicinarsi. Quando questa le passó davanti, vide un uomo sporgersi dal finestrino, che la guardó con gli occhi e il sorriso di un cane famelico. Lei si sventoló i capelli e fece un sorriso invitante, sbattendo le ciglia di un occhio.
“Ehi, ferma la carrozza.” sbottó l’uomo al cocchiere.
La carrozza si fermó e l’uomo aprí il portoncino, salutando la donna con un fischio.
“Ohilá, non mi pare di averti mai visto. Sei nuova di qui? Non sarai mica una pivella?” disse l’uomo.
“Non ditemi che non vi piace la carne fresca.” disse la donna con tono sensuale, avvicinandosi. “C’é piú gusto nel mangiare qualcosa fresco di caccia, non credete?”
L’uomo sorrise a trentadue denti.
“Effettivamente un mio amico cacciatore me lo diceva sempre. Ma sí, perché no? Vieni, ti faró divertire un sacco, dolcezza.”
L’uomo invitó la donna a salire nella carrozza. Il portoncino si chiuse e il mezzo ripartí, appena ricevette l’oridine della destinazione.
All’interno, l’uomo e la donna iniziarono l’intrattenimento.
“Allora, dove mi vuole portare d’interessante?” chiese lei.
Senza esitare, l’uomo le piombó addosso, costringendola a sdraiarsi sul sedile e senza sciogliere il suo sorriso lascivo.
“Perché aspettare? Abbiamo tutta la notte, possiamo cominciare da qui, che ne dici?” disse lui.
“Oh, signore! Come siete audace! Vedrá, questa sará davvero una notte da… paura!”
Spritz
Pronunciando l’ultima parola della frase, la donna pose davanti al viso dell’uomo un’ampolla per profumo e gli spruzzó qualcosa addosso. In un attimo, l’uomo chiuse le palpebre e finí accasciato sul fondo della carrozza. La donna si rimise seduta e diede un calcetto all’uomo. Emise poi un sospiro di sollievo. Dietro di sé aprí la fessura per parlare al cocchiere.
“Jackster é nel mondo dei sogni, Jack.”
“Bella mossa, Money Penny. Il pesce ha abboccato all’amo.”
“Ora non ci resta che portarlo sul nostro scenario. Gli altri saranno giá pronti.” disse lei, mentre si toglieva la parrucca e si passava un fazzoletto per togliersi il trucco.
“Comunque, mia cara, permettimi di fare un’osservazione.”
“Su che cosa?”
“Quando si tratta degli spassi di Moran ti arrabbi sempre. Peró pure tu non scherzi, quando usi il tuo fascino.”
“Giá, peró io non faccio piú del necessario. E comunque nel mio caso si tratta di lavoro. Lui va fino in fondo in qualsiasi contesto.”
“A proposito di lui, comunque, spero che si sia ricreduto sulla nostra ragazzetta. Quest’ultima settimana si é comportata bene. Grazie a lei abbiamo scoperto che il Signor Baxter é un tipo che la sera va a divertirsi.”
“Sí, é bastato che lei ci dicesse che lo sentiva uscire di casa determinate sere di ogni settimana. E dopo di che, lo abbiamo pedinato e abbiamo capito qual é la sua esca perfetta. Stenderlo in mezzo alla strada era troppo pericoloso, anche quando c’é quiete, potrebbe sbucare chiunque fuori da qualsiasi angolo e vedere tutto.”
“Mi raccomando, eh? Assicurati che dorma bene. Devo essere pronto per la destinazione finale.”
“Era un sedativo abbastanza potente, quello che gli ho fatto respirare. Rimmarrá steso il tempo sufficiente.”

Jackster si sveglió fra mugugni. Aprí le palpebre, che sbatté un po’ di volte, cercando di mettere a fuoco e vide che ció che aveva davanti era tutto bianco. Cercó di alzarsi a stento, mettendosi seduto e poi prendendosi la testa fra le mani. Aveva dei forti capogiri. Ripresosi da essi, si mise in piedi e si guardó attorno. Si accorse di essere circondato da una fitta nebbia.
“Ma dove sono?” si chiese.
Fra la nebbia riconobbe dei tratti di strada e alcune alberi. Capí allora di trovarsi forse in una foresta.
“Come ci sono arrivato qui? Che diavolo é successo?”
L’uomo cercó di scavare nella propria mente, ma era totalmente confuso. L’ultima cosa che ricordava era di aver preso una carrozza e poi di aver incontrato una donna. Al riaffiorare di quel ricordo ebbe un sussulto, che lo indusse a perquisirsi. Si mise le mani nelle tasche. Nulla gli era stato rubato.
“Insomma, che assurditá é questa?”
Baxter cominció a perdere la pazienza.
“Non c’é nessuno qui?” sbraitó.
Uuuh…
Un brivido percorse la schiena dell’uomo. Quello che aveva sentito era un ululato. Il cuore inizió a bettergli all’impazzata. Quel luogo misterioso in cui si era ritrovato era veramente spettrale, ed egli si sentiva come se qualcuno, o qualcosa, da qualche parte lo stesse scrutando.
Frush 
Un fruscio di foglie e ramoscelli lo sorprese alle spalle, facendolo voltare di scatto. Ció che gli si paró davanti fu raccapricciante. Era un uomo, un uomo che camminava lentamente e ciondolando, incurvato in avanti. Il volto di Jackster si dipinse di terrore. Quello che aveva davanti era un fantasma, ne era certo. E piú si faceva vicino, piú le fattezze gli sembravano familiari.
“No… non é possibile…” mormoró.
“È… é uno scherzo…”
Quando il fantasma fu a una distanza media, sollevó il capo e fece sobbalzare l’uomo.
“Che cosa? Cooper?!”
Bang
Immediatamente, qualcosa gli colpí di striscio la caviglia, facendolo cadere. Jackster andó nel panico totale e strisció all’indietro, fra lamenti e grida. Il fantasma, intanto, continuó a camminare, facendosi sempre piú vicino. L’uomo si giró su sé stesso e poggió le mani a terra, per cercare di rialzarsi.
Bang
Un’altro colpo gli arrivó sulla spalla. Capí, allora, di essere sotto tiro, e fece per correre piú veloce che poté. La caviglia gli doleva, e per questo corse zoppicando.
Bang bang bang
Quelli che sentiva erano chiaramente colpi di fucile. Non sapeva come spiegarsi quanto stesse accadendo. Era in mezzo a una foresta, senza poter sapere come orientarsi, un fantasma lo inseguiva e qualcuno, chissà mai chi, cercava di sparagli come se fosse una preda da cacciare.
“Aiuto! Aiuto, qualcuno mi aiuti!” gridó disperato.
“C’é qualcuno? Aiuto, mi stanno inseguendo! Qualcuno mi risponda, per favore.”
Clack 
“Aaahrg!”
Jackster sentí qualcosa addentargli il polpaccio e cadde di nuovo a terra, gemendo per il dolore. Si guardó dietro e si accorse di avere una trappola per volpi che si era chiusa affondando nella sua carne. Con la coda dell’occhio notó un’ombra, fra la nebbia. Senza smettere di dimenarsi, strisció per continuare a scappare.
“Stammi lontano!” gridó. “Non venire! Tu sei morto, lasciami in pace!”
La sagoma dell’ombra si fece avanti e, piano piano, l’immagine di colui che inseguiva l’uomo si fece piú nitida e visibile. Ma questa volta non si trattava del fantasma. La figura camminava normalmente, seppur lenta, e senza ciondolare. Era un ragazzo ció che Jackster vide.
“Samuel!” esclamó l’uomo. “Samuel, mi stanno inseguendo. Devi aiutar…”
Crick 
Prima che Baxter potesse finire di parlare, la persona che aveva davanti, gli puntó contro una pistola, disinnescando la sicura.
“Restate fermo dove siete.” disse Samuel, anzi, Samantha.

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Capitolo 8
*** Il sorgere del sole ***


La ragazza guardó con occhi di ghiaccio l’uomo, che fremeva per lo sconcerto.

“Samuel, che significa questo? Non capisco?”

“Tacete!” sbottó lei. “Dite di non capire? Con quale coraggio? Con quale coraggio vi comportate come se niente fosse? Con quale coraggio vivete ogni giorno facendo quello che vi aggrada, senza curarvi delle conseguenze delle vostre azioni?”

“Ma… che cosa… ma di che cosa stai parlando?”

Samantha rispose sentendo le viscere che si contorcevano.

“Secondo voi di che cosa potrei mai parlare? Chi credete di avere davanti? Una vostra proprietá? Una cosa che vi appartiene?” disse Samantha, infuriata. “Vi sbagliate! Non sono una cosa vostra, tantomeno il vostro erede. Nelle mie vene scorre il sangue di un grande uomo, un uomo che non aveva nulla di paragonabile a voi, e che, anche se non era nobile di successione, di certo lo era d’animo. Mio padre, l’uomo che voi, con il consenso e la collaborazione di altri, avete fatto catturare e assassinare in una maniera disdicevole.”

Jackster rimase incredulo. Non poteva essere vero, ció che stava sentendo, e nemmeno ció che stava vedendo. Come poteva, il ragazzo che aveva di fronte, essere a conoscenza di ció che diceva. Era tutto un sogno? O una punizione divina? Sembrava tutto cosí irreale.

“Cosa? Ma no… non so di cosa parli. Io.. io non… non ho…” borbottò l’uomo.

“È inutile che provate a depistarmi. Potete mentire alla gente quanto volete, ma non potete farlo a voi stesso. Voi adesso risponderete al Signore di quanto avete fatto.” disse Samantha, agitando la pistola, senza smettere di tenerla puntata sul bersaglio.

“No, aspetta. Sono tuo zio!”

“No, voi non siete niente… E non siete nemmeno mio zio… Ricevete il vostro castigo.”

Jackster cercó di mettersi in ginocchio, parandosi le mani davanti, per ripararsi dagli spari e in segno di supplica.

“No, no, non farlo. Ti scongiuro, Samuel…”

“Samantha.” lo interruppe lei.

L’uomo si sbigottí e abbassó, lentamente, le mani.

“Che cosa?” domandó egli.

La giovane, col braccio libero, si prese la treccia, afferrandone il laccio che la teneva raccolta, e si sciolse i capelli, che fluttuarono al vento.

“Io…. mi chiamo… Samantha!”

Bang

La ragazza sparó un colpo in concomitanza con la sua ultima parola, facendo sobbalzare Baxter.

Tum tum

Era morto.

Cosí lui pensó. Poi si accorse che, invece, stava ancora respirando, quindi capí di essere vivo.

Tremante, cercó di rilassare il corpo, irrigidito dallo spavento. Davanti a lui c’era ancora lei, ritta in piedi, col braccio che teneva la pistola abbassato. L’uomo sospiró per riprendersi. Lei non gli aveva veramente sparato. Anche se la pistola, fino a meno di un minuto fa, era stata puntata in direzione di lui, tuttavia la mira era stata data altrove.

“Vi é piaciuta la messa in scena?” disse Samantha, sorridendo beffardamente.

“Che cosa?” domandó Jackster.

“Non ho intenzione di uccidervi, non l’ho mai avuta. Volevo solo farvi pagare il giusto contrappasso per quello che avete fatto a mio padre. Adesso lo capite che cosa significa, vero? Lo avete fatto portare in una riserva di caccia per farlo braccare come un animale, maledetto!”

 

“Direi che noi qui abbiamo finito.” disse Bond. “Penso che sia il caso di dire a Herder che puó smetterla.”

“Quante complicazioni che ci ha fatto prendere, quella ragazzetta…” disse Moran, mentre ripuliva il fucile. “Quanto alla nostra parte, una scena simile l’avevamo giá fatta, e non avevamo avuto bisogno di produrre nebbia finta con i congegni di Herder. Sarebbe bastato che Fred mimasse gli ululati e facesse la parte del fantasma, e che io sparassi facendo scappare la nostra preda.”

E, nello stesso tempo, Fred si ripulí il viso da tutti i chili di trucco che gli avevano caricato per assomigliare il piú possibile al Signor Cooper.

“Non penso sia stato uno spreco tutta questa montatura.” disse il ragazzo. “È molto meglio, se ci siamo potuti permettere di creare piú effetto.”

“Condivido.” disse Bond. “La nebbia per un’atmosfera spettrale, piú la messa in scena del fantasma, piú il brivido della caccia, uguale castigo perfetto. Cosa cambia un addendo in piú, se non una bella somma?”

“Sbrighiamoci, comunque. Abbiamo ancora altro da fare.” disse Moran.

Esattamente cosí era andata. I membri dell’organizzazione del Signore del Crimine avevano inscenato tutto. Dopo aver sedato il loro bersaglio, lo avevano portato in un parco. Per creare ancora di piú il senso di smarrimento in una foresta all’uomo, avevano utilizzato un macchinario speciale, ideato dal collega genialoide Herder. Si trattava di un apparecchio in grado di utilizzare l’acqua per farla vaporizzare sotto forma di nebbia. Quando Jackster si era ritrovato in quel posto apparentemente sperduto, avevano dato inizio alle danze, cominciando con l’apparizione di Fred travestito da fantasma del Signor Cooper. Dopo aver terrorizzato il bersaglio quanto bastasse per fargli perdere il senso della realtà, Moran e Bond avevano dato via agli spari, facendo in modo che lui scappasse come un animale inseguito da cacciatori nascosti fra gli alberi e i cespugli.

 

Jackster perse del tutto la lingua, incapace di controribattere.

“Vi state chiedendo come faccio a sapere tutto?” disse Samantha. “Ve la faró semplice. Tra le vostre scartoffie c’era una lettera mandata dal Conte Britz Enders. Il vostro caro amico, giusto? Nella lettera traspare chiaramente che voi eravate d’accordo nella cattura e nell’uccisione di papà. Ormai tutta l’Inghilterra sa per certo che Enders provava piacere nel dare la caccia alle persone come fossero bestie. Nessuno rimarrá indifferente, sapendo che avete aiutato un uomo a saziare i suoi aberranti desideri.”

Il viso di Jackster si contorse ed egli, digrignando i denti, si agitó e, con uno sforzo enorme, si diresse strisciando verso l’albero piú vicino e lo usó come sostegno per alzarsi. Nonostante fosse malmesso, trovó il modo di camminare e cercó di avvicinarsi alla ragazza, minaccioso.

“Tu, piccolo… no, anzi, piccola sgualdrina! Io ti ammazzo, ammazzo te e poi anche tua madre.”

“State indietro!” disse Samantha, ripuntandogli la pistola contro.

“Ah ah ah.” l’uomo rise follemente. “Credi che ci possa cascare di nuovo? Cosa vorresti fare, spararmi a una gamba? Io ti ammazzo lo stesso, fosse l’ultima cosa che faccio…”

“Non muovetevi!” disse una voce, che attiró l’attenzione di Jackster, il quale, in una frazione di secondo, si ritrovó col braccio strattonato dietro la schiena e un pugnale puntato al collo. La persona che lo aveva bloccato era William, che era rimasto in agguato, pronto a intervenire al momento giusto.

“Non alzerete neanche un dito contro la mia studentessa modello. Vi conviene, piuttosto, ascoltare quello che abbiamo da proporvi.” disse il biondo.

“E voi chi sareste? Da dove saltate fuori?” disse Jackster, dimenandosi nel tentativo di liberarsi.

“Silenzio e state quieto!” disse il biondo, premendo con forza la lama del coltello contro il collo dell’uomo, che deglutí.

“Signor Jackster, non c’é niente che potete fare ormai.” 

Intervenne un’altra voce, e da dietro un albero si presentó la figura di Albert, che si pose alle spalle di Samantha come se fosse la sua guardia del corpo.

“Abbiamo prove a sufficienza per mettervi con le spalle al muro.” disse il maggiore della famiglia Moriarty. “La polizia é giá stata chiamata. Siete all’interno di un cerchio che si stringe. Arrendetevi! Se vi costituite, avrete la possibilità di cavarvela con meno di quello che vi spetterebbe.”

Jackster reagì con una risata sguaiata, sbeffeggiando i presenti.

“La polizia, avete detto? Avete chiamato la polizia? E pensate che dei semplici sbirri possano mettersi contro di me? Anche se mi arrestassero, io sono uno dei piú illustri nobili di questa città. Non potranno farmi alcunché. In altri termini, é la mia parola contro la vostra.” disse l’uomo.

“No, al contrario.” disse Albert. “È la mia parola contro la vostra. Occupo una posizione importante nelle forze dell’ordine di questo paese. Sono una personalità molto influente, lo sapete?”

Jackster digrignó di nuovo i denti.

“Fra pochi minuti voi verrete arrestato, ed é anche inutile scappare.” disse Samantha. “Il parco in cui ci troviamo sará giá circondato, in piú non siete nelle condizioni per correre. Verreste comunque preso.”

Questo detto, la ragazza mise da parte la pistola e si avvicinó all’uomo, che ancora veniva trattenuto da William. Dal taschino interno della propria giacca, lei prese delle bende e s’inchinó a terra.

“Adesso vi toglieró dalla caviglia la trappola e vi medicheró la ferita. Altrimenti rischiate di perdere la gamba.”

Samantha disinnescó la trappola per volpi, facendo emettere un forte gemito di dolore a Jackster, e gli avvolse la caviglia con le bende.

“Tsk! Che pietoso gesto caritatevole!” disse lui. “Sei solo una pazza idealista, come lo era tuo padre.”

La ragazza rimase impassibile e continuó a medicare la ferita dell’uomo.

“E sei anche una lurida bastardella…”

“Basta, tacete!” disse William, infuriato, premendo con ancora piú forza il coltello, fino a far scivolare una goccia di sangue sul collo di Baxter. “Dovete solo essere grato per la misericordia di vostra nipote. Ricordatevi che, fino a qualche minuto prima, vi siete considerato giá morto.”

Guardando l’uomo con occhi gelidi, il biondo incurvó le labbra in un sorriso sadico.

“Scommetto che non é stato per niente piacevole. Non vorrete mica rivivere un’esperienza simile?” disse il professore.

Jackster rabbrividí di fronte all’espressione minacciosa di quello strano giovane uomo. Aveva l’aria di qualcuno che, nella propria mente, lo aveva torturato e ucciso in modi inimmaginabili. Era spaventoso oltre ogni limite.

“Ma mi volete dire perché fate tutto questo? Voi siete i Moriarty, a quanto ho capito. Perché proteggete una mezzosangue?” sbottó Jackster.

“Mezzosangue, avete detto? Io non conosco questa parola. In quanto professore, ho solo aiutato una mia studentessa a tirare fuori le proprie preziose risorse.” disse William.

Mentre i due discussero, la ragazza terminó la medicazione.

“Ecco, per adesso é a posto. Dopo gli arresti riceverete dei medici per fare il resto del lavoro.”

 

Fiiiiiiii

Alcuni minuti piú tardi, i presenti udirono il suono di un fischietto. Girarono il capo e videro delle guardie.

“Ehi, che succede qui?” disse uno degli uomini.

“Signori, ben arrivati!” disse Albert. “Siamo Albert e William James Moriarty. Io e mio fratello ci siamo presi il disturbo di fermare questo signore.”

“Oh, Signor Conte!” disse un’altra guardia che si mise in posizione militare. “Ottimo intervento! Siamo qui per la denuncia sporta per conto d’altri da vostro fratello piú giovane, il Signor Lewis. E…”

La guardia notó la presenza di Samantha.

“Chi é il ragazzo?” chiese l’agente.

“Lei é la Signorina Cooper, a nome di cui mio fratello ha fatto la denuncia. È la nipote del suddetto accusato, nonché figlia della sua vittima.” si spiegó Albert.

Samantha rizzó le spalle. Il conte aveva appena rivelato la sua vera identità.

“Che cosa?!” esclamó la guardia. “Una fanciulla?! Ma che significa?”

Samantha aprí la mandibola, nel tentativo di giustificarsi. Ma Albert, avvolgendole le spalle con un braccio e ponendole la mano davanti alla bocca, la zittí.

“Vi forniró spiegazioni piú tardi, agente.”

“Ah… ah, ma certo. Comprendo!” disse la guardia.

“E non state ancora a cincischiare, arrestate quell’uomo!” disse il capo agente.

“Sissignore!” dissero tutti gli agenti all’unisono.

Tre membri della squadra circondarono Baxter, e uno di loro prese le manette.

“Signor Jackster, vi dichiaro in arresto per collaborazione nell’omicidio dell’avvocato Robert Cooper e per contributo consapevole nella realizzazione delle riserve di caccia all’uomo del Conte Britz Enders.”

Gli arresti furono compiuti, e le guardie accompagnarono il colpevole, dirette al carcere.

“Penso che andró con loro.” disse Albert. “Potrebbe presentarsi il caso che io mi pronunci, William. Perció vado in centrale.”

Il conte fece per andarsene, dando un ultimo sguardo al fratello e alla ragazza con l’occhiolino, mentre si sollevó la visiera del cilindro con il pomello del bastone da passeggio.

Mentre Albert si allontanava, improvvisamente Samantha sembró impallidire. Poggió una mano sulla fronte come per tenersela. Il suo corpo si sbilanció, inclinandosi all’indietro. Prontamente, William la resse, impedendole di cadere.

“Ehi, é tutto a posto?” chiese il biondo, preoccupato.

“Certo.” rispose Samantha, sbattendo le palpebre e massaggiandosi le tempie. “Mi gira solo un po’ la testa.”

“Deve essere l’emozione.” disse William, aiutandola a reggersi in piedi. “Devi aver tenuto duro per tutto il tempo. Una passeggiata ti fará sgranchire i nervi. Hai avuto paura?”

Samantha scosse la testa, ripresasi dal capogiro, mentre iniziava a camminare, accompagnata dal biondo. 

“Non avevo paura. Avevo la pistola, in fin dei conti. E poi non ero sola.” disse lei. “Appena possibile, vorrei ringraziarvi tutti quanti, compreso il Signor Herder.”

“Ma certo!” disse William. “Gli porgeró io i tuoi ringraziamenti. Devi scusarlo, ma non é un tipo che ama molto esporsi.”

“In ogni caso mi avete salvata. Non so proprio cosa avrei fatto, senza di voi.”

“No, ti sbagli.” William fermó la camminata, esponendo un tono di voce fiero. “Sei stata tu ad essere coraggiosa. Fin dall’inizio hai fatto di tutto per cambiare la tua situazione. E non solo, sei anche andata ben oltre le mie aspettative. Fra tutte le persone che ho aiutato, tu sei l’unica che, pur accettando il mio sostegno, ha fatto le cose a modo suo. Mentre io e i miei fratelli eravamo pronti a uccidere Baxter, tu ti sei limitata a restituirgli il torto che ha commesso contro tuo padre, ma hai scelto di farlo comunque regolarmente arrestare. Hai fatto un gesto ardito, degna degli ideali di giustizia che ti porti dentro.”

Il viso di Samantha riprese colore, avvicinandosi alla soglia del rossore.

“Peró tieni a mente una cosa, se desideri davvero combattere per quello in cui credi.” L’espressione di William si fece seria. “Il mondo non é dolce come lo sono stati i tuoi genitori con te. Ancor meno lo é quello della legge. La vita ti riserverà sempre delle sorprese, che ti metteranno a dura prova, per cui dovrai essere forte e determinata come lo sei stata oggi. Incontrerai tanta gente falsa, meschina, bugiarda e doppiogiochista. Dovrai farti degli alleati, quei pochi di cui sei sicura di poterti fidare e su cui puoi fare affidamento, come io e i miei fratelli ci siamo circondati dei nostri compari. Hai passato degli anni difficili, per cui hai tanto sofferto e hai dovuto stringere i denti. Fanne tesoro, e ricordali come un insegnamento.”

Samantha fu incantata dalle parole del professore, e fece un lieve sorriso con gli occhi che luccicavano.

“Sí, lo faró senz’altro.” disse lei.

D’un tratto la ragazza si voltó verso l’orizzonte e fece un’esclamazione di meraviglia.

“Guardi, professore. Si vedono giá le prime luci dell’alba.” disse Samantha.

“È vero.” rispose William, guardando a sua volta l’orizzonte con la mano al di sopra degli occhi. “Sará un’alba luminosa, non credi?”

“Ah, davvero?” disse la giovane, rigirandosi verso il biondo.

“Sí, dico davvero. Guardati! Sei cresciuta tantissimo, rispetto a quando ti ho incontrata. Sei un giovane falco che ha fatto il primo volo. Andrai sicuramente molto lontano.”

Samantha, quasi sul punto di piangere per la felicità, fece un lieve balzo e avvolse le spalle di William, abbracciandolo forte. Il biondo non credette a quanto gli stesse accadendo. Nessuno di tutti i suoi beneficiari gli aveva mai dato una dimostrazione d’affetto, nessuno di loro si era mai spinto oltre i comportamenti formali, seppure gli avessero sempre dimostrato profonda gratitudine e riconoscimento. Per meno di un’istante restó rigido, incerto di come reagire. Poi fece un sospiro lieto e ricambió l’abbraccio. Albert e Lewis avevano ragione: la giovane che William stava abbracciando aveva qualcosa che in qualche modo li avvicinava. Il biondo non era mai stato tanto felice di avere aiutato qualcuno.

Poco dopo, la ragazza sciolse l’abbraccio, e William notó che il suo sguardo era perso. Guardava dritto davanti a sé come se avesse notato qualcosa. O qualcuno. Il professore, incuriosito, volse gli occhi nella stessa direzione di lei, ma dinnanzi a loro c’era solo l’erba del parco che si estendeva, gli alberi e il cielo schiarito dalla luce del giorno.

“Che cosa stai guardando?” chiese William.

Samantha gli si rivolse scuotendo di nuovo la testa e sorridendo come se niente fosse accaduto.

“No, nulla.”

In realtà il biondo aveva immaginato cos’avesse visto la giovane, ma sapeva che di fronte ai misteri di quel tipo non si poteva che lasciar correre. Perció non insistette oltre.

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