Slave only dreams to be King

di vrr_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


⅏A Christmas Carol⅏ 
"La via che gli uomini seguono preagisce una fine sicura se essi vi perseverano, ma modificando quella via, anche la fine deve cambiare." 
⅏Charles Dickens⅏ 

 

Tokyo, 24 Dicembre
Ore 20.00

Sasuke alzò appena lo sguardo quando sentì qualcuno alla porta bussare due volte di seguito.
Subito aveva puntato i suoi occhi color pece alla porta, prendendosi una brevissima pausa, di appena qualche secondo, dal lavoro.
Credeva di essere rimasto l'unico nell'edificio a quell'ora: tutti i dipendenti, o meglio quelli che erano venuti a lavorare anche la Vigilia di Natale costretti dal capo, se ne dovevano già essere andati da almeno un'ora buona.
Quando, poi, aveva intravisto, dietro alla porta di vetro satinato, la figura slanciata dell'uomo che aveva bussato, si era ricordato che, alla fine, c'era qualcuno nella sua stessa situazione.

"Avanti." Aveva detto, dando il permesso di entrare, ritornando con gli occhi sul computer, studiando attentamente ogni parola o numero che apparivano sulla schermata.
Un uomo aprì lentamente la porta, facendo la sua entrata nell'ufficio del ragazzo molto più giovane di lui che stava alla scrivania.
Si avvicinò, con passi lenti e scostanti, con una mano in tasca e l'altra che sorreggeva una busta bianca di cartone, adornata con un fiocco rosso di tessuto, piuttosto appariscente.
"Sasuke, ancora a lavorare?" Chiese, in un sospiro sconsolato, osservando il corvino mentre faceva scorrere le pupille color pece da un lato all'altro dello schermo.
"È un problema se faccio gli straordinari?" Rispose, secco, muovendo appena le labbra.
L'altro non sembrò felice della risposta ricevuta.
Emise un altro sospiro e abbassò le spalle, in segno di resa, avvolte nell'abito nero.
"Non lo sarebbe se non fosse la Vigilia di Natale." Gli disse, allora, poggiandogli sul tavolo di vetro, la busta.

Sasuke fermò il movimento del mouse, che faceva scorerre sul tappetino con la mano destra, mentre con la sinistra si teneva il mento, strofinandoselo con l'indice.
Alzò finalmente gli occhi verso l'uomo, che, ora, lo stava guardando sorridendo o, almeno, così aveva intuito dagli occhi che si erano chiusi, l'unica parte del viso scoperta.
Si abbandonò sulla poltrona girevole di pelle nera, incrociando le braccia al petto, prima di lanciare un'altra occhiata di disapprovazione all'altro e al sacchetto.
"Grazie, ma non era necessario, Kakashi-sensei." Disse, poi, sospirando seccato.
L'uomo, con i capelli argentati e il viso ricoperto da una mascherina chirurguca che lasciava visibili solo gli occhi tra cui uno chiuso solcato da una cicatrice in verticale, tornò serio, infilandosi anche l'altra mano in tasca.
"Ogni anno dici sempre così." Ribattè, spostando l'unico occhio buono alla vetrata alle spalle dell'altro, scrutando al di fuori del palazzo.
"Ma ogni anno continua con i regali."
L'ultima parola venne pronunciata in modo più duro e aspro, del resto della frase, come se il gesto dell'altro fosse una presa in giro nei suoi confronti.
Ma in realtà Sasuke sapeva bene che non erano quelle l'intenzioni di uno dei soci dell'azienda nonchè suo tutore, che lo conosceva da quando era piccolo, sapeva bene la sua storia e non si sarebbe mai permesso di deriderlo, avendo vissuto con lui ogni situazione.

Kakashi Hatake, oltre che una parte fondamentale dell'impresa, era anche un suo caro amico di famiglia, forse l'unico di cui davvero si fidasse.
Sasuke sapeva che ogni gesto compiuto nei suoi confronti, era solo per il suo bene.
In tutti quegli anni l'Hatake non aveva mai avuto interessi secondari, aveva badato a lui, solo per amicizia e rispetto nei confronti della sua famiglia.
Dopo l'abbandono e successivamente la morte di suo fratello Itachi era stato lui a prendersi cura degli affari e del giovane che avrebbe dovuto, una volta compiuta la maggior età, prendere le redini dell'Uchiha Corporation, una delle più note e potenti aziende familiari igenico-sanitarie del Giappone, fondata quasi cento anni prima della nascita del novello proprietario Sasuke Uchiha, appena ventenne.
"Aaah... Sasuke, Sasuke." Sbuffò, scuotendo il capo, mentre l'interessatato rimaneva impassibile, seduto, aspettando che l'altro parlasse, nonostante sapesse già cosa volesse dirgli; eppure nessuno dei due era ancora arrivato al punto di darla vinta all'altro, facendo qualcosa di diverso.
"Perchè invece di startene chiuso qui non vai a festeggiare con i tuoi amici? Ti staranno aspettando.
Sei sempre così impegnato che non ti vedranno da chissà quanto." Lo incoraggiò l'Hatake, aggirando la scrivania e giungendo alle spalle dell'altro, avvicinandosi di più alla vetrata.
"Perchè non ho tempo per festeggiamenti inutili, ho cose più importanti a cui pensare.
E, poi, sai bene che non amo il Natale." Rispose il giovane, riavvicinandosi al computer.
Oltre che ad essere il proprietario e il direttore dell'azienda, che cervava di amministrare nei migliori dei modi, seguito dal sensei, Sasuke studiava all'università, cercando di ottenere il diploma il prima possibile, in modo da potersi occupare a tempo pieno dell'attività familiare.
Adesso che le scuole avevano chiuso, aveva il tempo di studiare più attentamente le condizioni dell'esercizio, non avrebbe sprecato un giorno per dedicarlo ai festeggiamenti di una festa tanto infantile come il Natale.
All'Uchiha non piaceva per niente questa festività, a suo parere era una delle tante feste commerciali che esistevano, una scusa usata dalle persone per non lavorare, farsi regali e fingersi buoni e felici per un giorno, dimenticandosi di tutto il resto.
Odiava tutto ciò che riguardava quel periodo.
Tutte quelle decorazioni pacchiane, le canzoni ridicole e stonate cantate dai bambini e soprattutto le luci, quelle dannate luci colorate, intermittenti, che tanto gli davano fastidio agli occhi, accecandolo.

L'uomo si passò una mano tra i capelli, grattandosi la testa.
Guardava fuori, dove i palazzi era adornati da insegne che auguravano buone feste dando un po' di colore alla città velata dallo strato di smog e con il cielo di un blu intenso, tendente al nero.
Sapeva che lo stato d'animo di Sasuke, che non era mai stato fin troppo allegro, in quel periodo si incupiva ancor di più, tanto che il ragazzo si chiudeva in se stesso maggiormente, diventando molto più irrascibile del solito.
I brutti ricordi legati a quel periodo dell'anno infestavano la mente del corvino, peggiorandogli notevolmente l'umore.
Era difficile mettere da parte il passato, ma quegli avvenimenti lontani non dovevano precludergli di potersi divertire e svagarsi un po', dimenticando tutto lo stress e le responsabilità che aveva durante il resto dell'anno, o almeno, provarci.
Era solo un ragazzo, eppure si era già fatto carico di tante mansioni, compiti fin troppo grandi per lui; Sasuke aveva bisogno di liberarsi un po' dallo stato di schiavitù e alienamento a cui si sottoponeva.
Tutti gli anni Kakashi tentava di spronarlo a uscire di più e a far festa con i coetanei, ma l'Uchiha non gli aveva mai dato retta, al contrario il ragazzo continuava a rimanere immerso nello studio, senza mai darsi pace.
Tuttavia, sebbene il suo carattere non fosse dei migliori, gli amici non gli mancavano, per ora.
Kakashi li aveva conosciuti personalmente e aveva constatato quanto fossero vicini al suo protetto, gli volevano un gran bene nonostante tutto; il tutore sapeva, però, che se fosse andato avanti ad ignorarli, prima o poi si sarebbero stancati di aspettarlo, lasciandolo solo.

Kakashi non voleva assolutamente che Sasuke rimanesse solo: la solitudine è il peggiore dei mali, ti distrugge lentamente portandoti alla depressione, sfruttando ogni tuo singolo ricordo e pensiero negativo.
L'Uchiha cercava rifugio nel lavoro proprio per sviare tutto questo, ma in realtà così facendo stava solo peggiorando la situazione.

"Ascoltami Sasuke." Riprese a parlare Kakashi, dopo un lungo silenzio, ritornando davanti a lui.
"Lo so che non vuoi che tutti gli anni ti ripeta le solite cose, però dovresti provarci, almeno una volta a fare qualcosa di diverso invece che passare questi due giorni chiuso in ufficio, da solo, sperando di non ricordare immergendoti nel lavoro." Finì di dire, con il suo tono calmo.
Kakashi lo conosceva bene e, soprattutto, sapeva bene cosa voleva dire essere solo e depresso.
Sasuke, di risposta, alzò un sopracciglio, prendendo un lungo respiro.
Lo stava infastidendo, non riusciva a concentrarsi pienamente e ciò non andava bene: doveva liquidare il sensei e i suoi discorsi melensi il prima possibile.
"Le sembro uno che va in giro vestito di rosso a cantare facendo finta che vada tutto bene?
Le ho già detto che preferisco occupare le miei giornate in altri modi e poi se non mando avanti io il lavoro non lo farà nessuno in questi giorni.
Ora, se non le dispiace, dovrei finire di riguardare questi documenti." Cercò di tagliare corto, mentre aguzzava lo sguardo sullo schermo.
L'altro alzò gli occhi al soffitto color crema: Sasuke era una testa dura e a volte era anche un po' troppo quereloso.
"Sai bene che non intendevo quello, la stai facendo più pesante di quello che è.
E ti ricordo che se è del lavoro che ti preoccupi, ci sono sempre io qui che ti posso dare il cambio, pur di non vederti anche solo per un giorno chiuso in questa campana di vetro." Gli rispose, non intento ad andarsene.

L'Uchiha alzò di nuovo un sopracciglio dall'irritazione mentre cercava di ignorare l'uomo: magari così se ne sarebbe andato lasciandolo tranquillo, quest'anno sembrava più insistente degli anni addietro.
Continuò così indisturbato a lavorare, controllandolo con la coda dell'occhio, sperando che si decidesse ad uscire dal suo ufficio.
Non capiva perchè continuasse ad ostinarsi a volerlo far uscire a divertirsi trascurando il lavoro, proprio lui che era sempre stato così dedito a ciò che faceva.

"Ho capito... me ne vado." Si arrese l'Hatake, alzando le mani, dopo averle estratte dalle tasche, in segno di resa.
Era inutile continuare ad insistere, era meglio non infastidirlo ancora: anche questa volta aveva fallito malamente nella sua missione di salvarlo dall'asocialità.
"Era ora..." Rispose schietto, roteando gli occhi.
Uno sbuffò trapassò la mascherina bianca davanti alla bocca del maggiore.
Sasuke non aveva mai capito il motivo per il quale la indossasse, sapeva solo che non se l'era mai tolta da quando lo conosceva, non aveva nessun ricordo del suo viso.
Probabilmente doveva essere germofobico o ipocondriaco, oppure avere qualche allergia a lui sconosciuta, ma sinceramente non gli importava più di tanto.
Si voltò per avviarsi verso la porta, fermandosi dopo qualche passo.
Il giovane, che aveva seguito ogni suo movimento, si bloccò nel lavoro.
Stava quasi per alzarsi e cacciarlo dall'ufficio a calci, ma si trattenne, cercando di calmarsi.
"Non fare come ho fatto io, Sasuke.
Pensando solo a lavorare ti perderai una gran bella parte della tua vita, rischiando di rimanere solo." Parlò di nuovo Kakashi, rimanendo immobile, a metà strada tra la porta e la scrivania.
"Non vorrai passare le feste a leggere libri porno e accarezzare cani, spero." Aggiunse, girandosi appena verso di lui e sorridendo, continuando poi a camminare.
Il corvino rimase stupito da quelle parole.
Sapeva della vita passata del sensei, raccontatagli con fatica un giorno in cui si era ubriacato pesantemente, annegando i ricordi nell'acool.
Suo padre, un uomo un tempo di successo, si era suicidato per via della perdita del lavoro quando Kakashi era ancora piccolo.
Negli anni seguenti era poi stato in una struttura privata, dove aveva conosciuto un uomo, il suo maestro, che era diventato il suo punto di riferimento, ma poco dopo morì anche quest'ultimo, in un incidente, insieme alla moglie che aveva appena partorito.
In seguito aveva poi dedicato la sua vita allo studio e al lavoro, facendo strada in fretta e iniziando a lavorare all'Uchiha Corporations, dove ormai era stabile da più di dieci anni.

Kakashi aprì la porta, alzando la mano in segno di saluto, prima di uscire.
"Sensei, aspetti." Lo fermò il minore, ricordatosi di una cosa.
Subitò l'Hatake si girò, speranzoso di aver suscitato un cambiamento nel giovane.
Il corvino aprì diversi cassetti, più volte, imprecando mentalmente di non ricordarsi dove avesse messo l'oggetto che stava cercando.
Finalmente, dopo vari tentativi, estrasse un pacchetto, o almeno quello che doveva somigliare a uno di essi: un semplice fiocco di carta verde era appiccicata con dello scotch su un libro.
L'uomo intanto si era riavvicinato alla postazione dell'Uchiha, osservandolo intento a cercare qualcosa.
"Ecco... il suo regalo." Disse Sasuke, allungando il braccio verso di lui.
Ogni anno si ripromettevano di non farsi regali, ma puntualmente l'Hatake veniva a meno alla promessa, così il ragazzo era costretto a ricambiare, comprandogliene uno a sua volta, dandoglielo poi rientrati dalle vacanze, non avendo pensato a comprarglielo prima.
Quest'anno però era stato prevenuto e ci aveva pensato a tempo debito.
L'uomo afferrò dalla mano di Sasuke l'ogetto, rigirandoselo tra le mani, scrutandolo attentamente, giudicandolo.
Sorrise, volgendogli uno sguardo complice.
"Il Paradiso della Pomiciata. Questa è una versione esclusiva, non è facile averla." Commentò, soddisfatto.
"Stai parlando con un Uchiha, niente è impossibile per me." Ghignò, portandosi le mani davanti alla bocca.
Il tutore scosse la testa, continuando a ridere.
"Ti ringrazio...
So cosa fare stasera." Rispose poco dopo, con tono allusivo, ripercorrendo il percorso verso l'uscita.
"E tu stare troppo attaccato a quell'aggeggio infernale: lo sai che non ti fa bene agli occhi." Aggiunse, indicando il computer con il dito.
"Si sensei... ora se ne vada, mi ha già fatto perdere troppo tempo." Sbuffò, rimanendo nella sua posizione stoica.
Kakashi aprì la porta, uscendo dalla stanza, chiudendola, poi, lentamente.
"Sta sera nevica se ti sei ricordato di darmi il regalo in tempo.
Chissà che non avvenga qualche miracolo!" Esordì a gran voce, scherzosamente, mentre chiudeva la porta di vetro, senza dare il tempo all'Uchiha di ribattere.

Erano passate ormai due ore da quando Kakashi se ne era andato, lasciando il ragazzo da solo, per permettergli di lavorare, nonostante avesse tentato di persuaderlo di smettere e fare altro.
Gli occhi di Sasuke incominciavano a farsi pesanti e la vista gli si stava annebbiando; la luce fredda e artificiale del computer, così fitta e pungente, poteva solo accompagnare il suo forte mal di testa.
Si toccò l'attaccatura del naso, prendendosi una pausa dal lavoro, per massaggiarsela.
Era sempre stato vulnerabile alle luci forti, tanto che, spesso, i suoi occhi neri si arrossavano in maniera spropositata facendogli un gran male.
Il suo lavoro d'ufficio, di certo, non era il massimo per la sua debole vista.
Sbuffò, abbandonandosi nella poltrona, dandosi una leggera spinta con i piedi quanto bastava per girare da un lato all'altro, cullandosi.
E

strasse il telefono dalla tasca, accendendo lo schermo notò fin troppe notifiche di chiamate e messaggi.
Lo sbloccò, per poi andare a controllare se si fosse perso qualcosa di importante.

Subito si convinse che la maggior parte di quei messaggi erano di auguri da parte di colleghi e conoscenti.
Li eliminò tutti, senza nemmeno leggerli: non aveva voglia di perdere tempo a ricambiare, soprattutto se non gliene importava nulla di quegli inconvenevoli.
Fece scorrere, poi, quello che rimaneva, emettendo un'altro sospiro scocciato.

5 chiamate perse da Sakura Haruno.
Quella seccatura di Sakura doveva sempre essere in mezzo.

2 chiamate perse da Ino Yamanaka.
Un'altra che doveva sempre mettersi in mezzo alla sua vita.

1 chiamata persa da Kakashi Hatake Sensei.
Perchè lo aveva chiamato se poco prima si erano visti per parlare? Di sicuro per tentare di convincerlo di uscire di nuovo.

10 chiamate perse da Naruro Uzumaki (Dobe).
Quell'idiota di Naruto si doveva sempre distinguere dagli altri esagerando, era fin troppo insistente.

Aprì Whatsapp, ritrovandosi altrettanti messaggi inutili, insieme a quelli degli amici che gli avevano continuato a mandare ininterrottamente, avevano persino creato un gruppo per ritrovarsi e festeggiare.

+600 messaggi non letti da "Naruto è Babbo (Natale)🎅👱‍♂️"
Possibile che alla loro età fossero così infantili?
Non aprì il gruppo, si limitò a guardare gli ultimi messaggi dall'anteprima, facendoli scorrere velocemente.
Shikamaru Nara: Allora ci troviamo tutti a casa di Naruto alle nove?
Kiba Inuzuka: È un problema Naruto se porto anche Akamaru? Non vorrei lasciarlo da solo proprio la Vigilia di Natale!😭🐶
Shino Aburame: Non voglio il tuo cane puzzolente addosso mentre si mangia, ci sei già tu che basti e avanzi.
Kiba Inuzuka: Stai zitto Shino! Riempiti la bocca con i tuoi fottuti insetti e strozzati!
Akamaru non puzza!
Shino Aburame: Ma tu si.
Choji Akimichi: HAHAHAHAHA, mi sta andando di traverso il pandoro.
Ino Yamanaka: Ragazzi basta fare gli idioti!
Dobbiamo metterci d'accordo.
Shikamaru Nara: Credo che tutti abbiano già dato conferma, dobbiamo solo aspettare che Naruto ci dica quando dobbiamo trovarci.
Choji Akimichi:Quindi in quanti siamo? Così mi regolo sui dolci da portare.
Shikamaru Nara: Dovremmo essere in 11, se non erro.
Neji non è in città e sappiamo benissimo che nemmeno Sasuke verrà.
Hinata Hyuga: Neji alla fine viene.
Arriveremo un po' in ritardo.
Scusate.😶
Shikamaru Nara: Non credo ci siano problemi, Hinata.
Quindi siamo in 12.
Choji Akimichi: Vada per 12 allora.👨‍🍳🍡
Shikamaru Nara: Non esagerare come tuo solito.
Sakura Haruno: Teniamolo contato lo stesso Sasuke, magari riesce a liberarsi dal lavoro...
Shikamaru Nara: Sakura non ci credi nemmeno tu a quello che stai dicendo.
Kiba Inuzuka: Tutti gli anni è sempre la solita storia, è inutile continuare a sperarci ed a invitarlo.
Ino Yamanaka: ...
Sakura Haruno: Farò lo stesso un tentativo a chiamarlo; non mi costa niente provarci!
Shikamaru Nara: Ti continui ad illudere per nulla.
Ma contenta tu...
Naruto Uzumaki (Dobe): Ragazzi, Sasuke fa sempre parte del gruppo, non possiamo non invitarlo!

È sempre molto occupato, ma di certo quest'anno si libererà, me l'ha promesso!
Kiba Inuzuka: Bha! Io rimango della mia: non gliene frega proprio nulla di noi, scommetto che non leggerà nemmeno questi messaggi.
Potremmo benissimo iniziare ad insultarlo che non lo saprebbe mai.
Naruto Uzumaki: Qui non si insulta proprio nessuno!
Adesso basta, ci penseremo io e Sakura a Sas'ke.
Confermo per le 21.30 a casa mia!

Scosse la testa in segno di disapprovazione: quando mai aveva promesso al Dobe di esserci?
E quell'Inuzuka lo avrebbe volentieri preso a pugni, lui e il suo cane pulcioso.
Continuò a scorrere le altre chat, tenendo il telefono con le sue lunghi dita pallide.

messaggi non letti da Sakura Haruno.
Sasuke, verrai alla festa stasera?
È a casa di Naruto dalle 21.30.
Vieni quando ti è più comodo, ma ti prego, vieni.
Ci teniamo molto alla tua presenza, soprattutto io, è da tanto che non ti vedo...
Sasuke, per favore, non voglio passare un altro Natale senza di te.

20 messaggi non letti da Naruto Uzumaki (Dobe).
TEMEEEE
Verrai sta sera alla festa, vero?
Ci divertitemo tantissimo, ci siamo tutti!
Dai Sas'ke, rispondimi.
Giuro che continuerò a mandarti messaggi fino a quando non mi risponderai!
Teme
Teme
Teme
...
Sas'ke, avevi promesso che saresti venuto...
Perchè fai così.
So che sei impegnato ma è la Vigilia di Natale...
Sas'ke...
Spero tu venga.

2 messaggi non letti da Kakashi Hatake Sensei.
Sasukec'era fuori Karin che ti aspettava, potevi almeno avvisarla che non saresti uscito con lei.
Mi sono sorbito le sue lamentele al posto tuo e l'ho convinta a non tornare su a disturbarti; mi devi un favore.
Ho incontrato Sakura mentre tornavo a casa, mi ha chiesto di te, sembrava molto triste.
Le ho detto che eri ancora a lavoro, ma forse riuscivi a liberarti per passare a fare gli auguri.
Pensaci bene Sasuke, potrebbe essere la tua ultima opportunità di mantenere i rapporti con i tuoi amici.
Non fare il mio stesso errore.

Archiviò le chat, senza aspettare altro tempo.
Non gliene importava proprio nulla di festeggiare Natale con loro, doveva sfruttare ogni minuto libero che aveva per occuparsi dell'azienda, farla fruttare, guadagnare: doveva far riscattare il nome Uchiha rovinato da suo fratello.
Non servivano a niente gli amici, non c'era nessun legame che li univa, erano solo una distrazione alle sue ambizioni.
Il labbro superiore si inarcò leggermente, mentre le notifiche dei messaggi diminuivano.

1 messaggio non letto da Karin.
Sasuke per questa volta ti perdono, anche se in realtà non dovrei, dopo che mi hai fatto aspettare a vuoto.
Ma a Natale siamo tutti più buoni... quindi ti do un'altra possibilità.
Quando finisci vieni da me, ci divertiremo.🥂🔞

Karin, la sua stagista, nonchè compagna di corso all'università, aveva sempre avuto una cotta per lui, perdendo ogni briciolo di dignità che aveva facendo tutto ciò che desiderasse credendo di aggrazziarselo.
Scoparsela, dandole il contentino, non era stata una buona idea: da quella volta aveva creduto che ci fosse qualcosa di più fra loro.
Ignorò anche il suo messaggio.

1 messaggio non letto da Orochimaru Sennin.
Sasuke, hai saltato la visita.
Lo sai che è importante per la tua salute.
Non vorrai mica che la situazione degeneri?

Orochimaru era il suo dottore, se così si poteva chiamare; era un esperto nel campo delle malattie degenerative che si era interessato molto al suo caso particolare.
Più che altro era uno scienziato a cui piaceva fare esperimenti sulle vite dei suoi pazienti.
L'Uchiha aveva accettato di sottoporsi a una sua consulenza, nonostante molti glielo avessero sconsigliato, pur di provare a guarire dalla sua malattia degenerativa agli occhi.
Adesso però non aveva affatto voglia di mettersi a parlare con lui.

Ore 22.45

Sasuke si rimise il telefono in tasca, chiudendo un istante gli occhi che continuavano a pulsargli ininterrottamente come se gli stessero per uscire dalle cavità.
Rimase così per un po', abbandonato sulla poltrona, nel silenzio del suo ufficio.
Gli era sempre piaciuto il silenzio e la tranquillità di quel posto che rimaneva insonorizzato dai rumori provenienti dal resto del palazzo.
Solo ogni tanto si potevano udire appena, vista l'altezza a cui si trovava, i suoni esterni: la città di Tokyo, nonostante fosse caotica, rimaneva la sua città Natale, non poteva che esserci legato.
I suoi pensieri vennero interrotti da una suon fastidioso, fin troppo per l'Uchiha.
Spalancò gli occhi irritato: possibile che le canzoni Natalizie fossero udibili fino al suo rifugio?
Si alzò di scatto, dopo aver spento il computer, mettendosi la giacca e afferrando il sacchetto dell'Hatake.
Anche volendo non sarebbe più riuscito a continuare a lavorare, era meglio tornare a casa a riposare, dissociandosi da tutto.

Una volta fuori dal palazzo, venne investito da mille suoni e colori che allestivano la città.
La gente si spostava caoticamente più che mai, tra negozi e bancarelle.
L'odore dello smog era coperto da quello dei dolci e del vischio, l'unico punto a favore che Sasuke dava a quella festività.
Si dovette massaggiare di nuovo gli occhi prima di abituarsi a tutte quelle luci accecanti, cercando di muoversi il più velocemente possibile ad arrivare alla macchina.
La testa gli stava per scoppiare, tutto quel rimbombare di canti e suoni, insieme al suo insistente dolore, era un mix letale.

Allungò il passo, schivando con fatica le persone che arrivavano da ogni direzione, troppo distratte da tutto quel frastuono per stare attente a dove mettevano i piedi.
L'ennesimo uomo travestito da Babbo Natale lo urtò, facendogli quasi perdere l'equilibrio, già precario.
"Mi scusi signore!" Si affrettò a dire, con voce squillante, alzandosi il cappello troppo grande per la sua testa, dal volto.
"Sta attento, razza di idiota." Fu la risposta, poco carina, che Sasuke ringhiò infastidito.
"Sasuke?" Disse il povero malcapitato, aguzzando lo sguardo verso di lui, mentre si metteva a posto la barba bianca.
Il giovane si maledì di aver parlato, avrebbe dovuto ignorare le sue scuse e andarsene via subito.
Ci mancava solo suo cugino Obito a rovinargli la giornata.
"Da quanto tempo! Come stai Sasuke?" Lo abbracciò, scuotendolo convulsamente, il cugino, mentre il cappello gli ricadeva di nuovo sugli occhi.
L'altro rimase immobile, cercando di non respirare i peli della folta barba che gli stavano entrando nelle narici.
Quando finalmente l'altro si staccò, potè vedere il volto del ragazzo con la sua solita espressione ebete.
"Potrebbe andare meglio." Rispose, atono, con un'espressione fredda; era meglio liquidarlo in fretta, non sopportava per niente quel suo strambo parente.

Obito si mise a ridere come avrebbe fatto Babbo Natale, toccandosi la finta pancia al di sotto del tessuto rosso del suo abito vistoso.
Sasuke non lo conosceva molto bene, sapeva solo che lavorava per l'ALBA, l'azienda di cui era socio da molti anni, dopo aver abbandonato quella di famiglia.
Uno dei motivi per cui Sasuke non lo sopportava era perchè anche lui aveva contribuito a mandare quasi in fallimento l'Uchiha Corporation.
Obito, o Tobi, era molto, fin troppo, particolare, eppure era riuscito a far carriera nonostante il deficit mentale dovuto ad un trauma subito da bambino, che oltre ad alcuni problemi mentali, gli aveva lasciato anche handicap fisici.
Obito era più grande di Sasuke di circa una decina di anni, essendo coetaneo con Kakashi, che lo conosceva bene e con cui era stato amico, prima che i rapporti si rovinassero.
Era abbastanza alto e magro, con occhi neri color pece e i capelli corti del medesimo colore portati spettinati in un taglio corto.
Il tratto che lo distingueva era la piaga lasciatagli, sulla parte destra del viso, dall'incidente in cui aveva anche perso un braccio, oltre alla sanità mentale.
Il corvino, che sin da piccolo, non era mai stato pacato e intelligente, dopo l'incidente era rimasto ingenuo e scalmanato.
Aveva iniziato a soffrire di personalità multipla, per questo motivo lo chiamavano con due nomi differenti.
Obito era la parte più infantile e fanatica, mentre Tobi era la sua parte più seria e matura, che gli aveva permesso di diventare qualcuno nella vita tanto che, sembrava che l'incidente fosse stata una fortuna per lui.
Purtroppo però c'era anche una terza parte di lui, meno presente, ma molto influente sulle sue scelte, come se fosse esterna al suo corpo.
Si chiamava Madara, come il loro antenato, colui che aveva dato origine alla stirpe Uchiha.
Obito credeva che lo spirito dell'uomo vivesse in lui e che gli dicesse cosa fare, chi essere e come comportarsi.
Era la sua parte più oscura e manipolatrice, proprio come il vero Madara.
Per questi motivi, l'Uchiha, veniva spesso allontanato per paura che potesse compiere gesti pericolosi dettati dal suo stato mentale.
Nonostante tutto, però, sembrava non perdere mai il sorriso, continuando a vivere sereno.

"Stai andando a festeggiare?" Gli chiese poi il maggiore, dopo aver dato una caramella ad un bambino passatogli a fianco.
"No. Odio il Natale." Ringhiò, lui, guardando la busta che teneva nella mano.
La reazione di Obito fu alquanto drammatica: sgranò gli occhi, mettendosi la mano sul fianco e si avvicinò, piegandi in avanti il busto, al viso del più piccolo.
Sasuke indietreggiò appena, leggermente scosso da quell'atteggiamento: sapeva che Obito era imprevedibile, avrebbe dovuto mordersi la lingua prima di parlare così esplicitamente con lui.
"Come puoi odiare il Natale?! È una festa così bella!
Le luci, i colori, i regali, gli amici... L'atmosfera natalizia non può non averti contagiato!" Gli urlò, a mezzo centimetro dalla faccia, indicandolo con un bastoncino di zucchero.
"Ho di meglio da fare." Rispose, fissandolo dritto negli occhi, non facendosi intimorire dal maggiore.
"Ad esempio? Lavorare? Passerai il resto della tua vita a lavorare, goditi le vacanze!" Lo incoraggiò, dandogli una pacca sulla spalla, seguita da un 'Oh oh oh'.
Sasuke si morse la lingua prima di dire qualcosa di troppo cattivo che avrebbe potuto ferire o far arrabbiare Obito.
Conosceva cosa era successo con Kakashi, i motivi per cui avevano litigato erano inerenti alla dedizione allo studio e al lavoro che aveva portato il secondo, già solitario e autonomo, a distaccarsi ancora di più da lui e la loro amica Rin, che aveva perso la vita qualche anno dopo l'incidente dell'Uchiha, per colpa del suo sensei.
Da lì, Obito aveva iniziato a nutrire un'odio nei confronti dell'amico, escludendolo dalla sua vita una volta per tutte, nonostante l'altro fosse cambiato dopo quella tragica sventura.
Sasuke stava quasi per parlare facendo un paragone con l'Hatake, ma si fermò in tempo, cercando di sbrigarsela velocemente.
"Scusa Obito, ma ora devo andare." Lo liquidò, spostandoselo di dosso.
"Va bene Sasuke! Buon Natale e non affaticarti troppo o te ne pentirai!" Gli urlò di nuovo, salutandolo con la mano buona, mentre con passo svelto e sostenuto Sasuke si era già allontanato da lui.
Sospirò, liberatorio, sperando di non incontrare altri imprevisti lungo la strada di casa.
Oggi, tutti, sembravano continuare a insistere sul non voler farlo lavorare.
I primi fiocchi di neve, intanto, iniziavano a scendere dal cielo, posandosi leggeri sui capelli scuri di Sasuke.

Sasuke si lanciò sul letto dopo essersi fatto una doccia bollente che gli aveva allentato i nervi e i muscoli, rilassandolo; finalmente era a casa, tranquillo, nel silenzio.
Si mise a osservare il soffitto, appena illuminato dal camino accesso, mettendosi le mani dietro alla testa ancora umida.
Gli occhi continuavano a fargli dannatamente male: guardandosi allo specchio si era accorto che si erano arrossati parecchio rispetto al solito e così aveva deciso di prendere la medicina che Orochimaru gli aveva prescritto in caso di dolore.
Avrebbe preferito evitare, non si fidava molto di quelle pillole, ma era sicuro che se non le avesse prese non sarebbe riuscito a dormire per il dolore lancinante alla testa.
Aveva ormai da alcuni anni quel problema agli occhi, come tutti quelli del clan Uchiha.
Era una sorta di malattia genetica passatagli dal loro avo, Madara, che nonostante il susseguirsi delle generazioni aveva continuato ad affliggere ogni membro della sua famiglia, senza saltare nessuna generazione.
Era una malattia degenerativa che con il passare degli anni, nei casi più gravi, portava alla cecità completa.
La vista degli Uchiha era molto acuta e buona nei primi anni di vita, ma con il passare del tempo, soprattutto se sollecitata dall'affaticamento continuo e dalle luci forti, l'occhio iniziava a perdere decimi e a provocare forti dolori alla testa, seguiti da giramenti di capo, svenimenti, affaticamento, perdita di equilibrio.
Dal punto di vista visivo, l'occhio appare inizialmente arrossato nella sclera e con i capillari dilatati, più la malattia avanza, più l'occhio si colora di rosso, iniziando a mutarne il colore dell'iride.
Alla fine si perde la vista, continuando però a soffrire di dolori insopportabili alla testa.
A volte il dolore diviene talmente insopportabile tanto che porta alla morte.
Itachi, suo fratello, aveva quasi rischiato di rimanere cieco, se non fosse stato per l'intervento subito, che gli aveva permesso di vedere ancora per qualche tempo prima di morire ucciso dal tumore al cervello che lo aveva colpito pochi mesi dopo.
Era stato il primo a provare a guarire da quel flagello che gli Uchiha si portavano appresso, rimettendoci la pelle nel tentativo di curarsi.
Sasuke strinse i pugni al ricordo del maggiore, che aveva abbandonato il clan e l'azienda, seguendo Obito nella fondazione dell'ALBA, una società multinazionale nella ricerca e nello sviluppo delle malattie, che aveva fatto grandi progressi nel campo medico, grazie all'unione delle forze dei dieci soci, di cui una volta faceva parte anche Orochimaru, cacciato in seguito per le sue idee troppo pericolose e inverosimili.
Aveva voluto un gran bene al fratello quando era piccolo, lo aveva considerato un punto di riferimento, un traguardo da superare.
Poi, dopo la morte dei genitori, deceduti per colpa sua, aveva iniziato ad odiarlo intensamente.
Era per colpa sua se ora era solo e aveva tutti quelle pressioni sulle spalle; se non lo avesse abbandonato, con chissà quale ambizione, andando a lavorare da Obito, morendo sotto le "cure" che sembravano aver trovato per la loro malattia, adesso avrebbero potuto essere insieme a dirigere l'azienda di famiglia, dividendosi in modo adeguato gli incarichi e allora si sarebbe potuto permettere di avere una vita meno impegnativa.

I suoi pensieri vennero interrotti nel sentire cantare una canzone di Natale a volume molto alto.
Si mise seduto, tenendosi la testa tra le mani, mentre i denti digrignavano dal dolore e dalla rabbia.
Le voci del coro si fecero più alte, vicine, rimbombandogli nelle orecchie, che tentò di chiudersi con le mani per attutire il rumore.
"Basta! Basta! Basta!"
Urlò, scuotendo il capo mentre la testa pulsava.
D'un tratto, come erano arrivate, le voci sparirono, facendo ridominare di nuovo il silenzio nella casa.
Sasuke, con il respiro accellerato e gli occhi spalancati, si tolse le mani dalle orecchie, percependo un lieve fischio continuo.
Calmatosi, si mise seduto sul bordo del letto, con i piedi a penzoloni verso il pavimento, chiedendosi come fosse possibile ciò che era appena accaduto.
Prese in mano la scatola delle pillole che aveva appena ingerito: di sicuro dovevano contenere qualche sostanza allucinogena.
Tentò di leggere i piccoli caratteri scritti sul bugiardino, ma gli fu impossibile perchè gli apparivano sfuocati e illeggibili.
Lanciò la scatola a terra, in un angolo, facendone uscire tutto il contenuto che si sparse in ogni parte della stanza.
Di nuovo ringhiò, toccandosi gli occhi stanchi e dolenti; cercava solo un po' di pace, di tranquillità e, se possibile, un po' di sonno ristoratore.
Il campanello suonò, facendo sobbalzare Sasuke dal letto, con il cuore in gola per lo spavento.

Ore 23.45

Chi poteva essere a quest'ora della Vigilia di Natale a bussare alla sua porta?
Sasuke si chiese se non fosse solo un'altra allucinazione dovuto alle pastiglie.
Un'altra volta sentì il campanello suonare, seguito da una bussata.
Si convinse che dovesse essere tutto vero a quel punto, ma rimaneva il dubbio su chi potesse essere la persona che lo stava cercando.
Si alzò dal letto, traballante per via dei giramenti di capo e raggiunse la porta di ingresso una volta percorso il corridoio lentamente, facendo poco rumore, attendendo un altro squillo, per avere una maggior certezza che fosse tutto reale.
Ciò che si aspettava non tardò molto ad arrivare, facendolo trasalire un'altra volta.
Allungò la mano, tremante, ancora scossò da ciò che aveva vissuto poco prima, verso la maniglia della porta.
Si avvicinò poi con il corpo, appoggiando l'orecchio contro il materiale freddo che divideva lui da chi aveva bussato.
Sentiva il suo cuore battere a una velocità esagerata e il respiro ritornato affannato.
Si insultò di nuovo per aver preso le medicine di Orochimaru, la causa dell'aumento del suo malessere.
Fece un respiro profondo, per calmarsi, allontanando la testa dalla porta.
Doveva tornare il Sasuke Uchiha di sempre, non poteva mostrarsi così debole.

Sakura e Naruto, di sicuro dovevano essere loro due fuori dalla porta, dovevano essere loro che lo stavano cercando per convincerlo ad andare a festeggiare insieme agli altri.
Chi altro poteva essere tanto insistente e avere voglia di farsi tutta quella strada, a quell'ora di sera, mentre nevicava, per cercarlo, se non loro due.
Ripreso il controllo del suo corpo, avvicinò l'occhio destro allo spioncino al centro della porta, guardando se i suoi sospetti fossero fondati: apparì tutto sfuocato; i suoi occhi erano troppo stressati per riusire a distinguere i contorni da una fessura tanto piccola.
Sbuffò, irritato, iniziando ad girare le chiavi nella serratura.
Senza pensarci due volte aprì la porta di scatto, venendo investito da una vampata di aria gelida mista ad alcuni fiocchi di neve.

Un brivido gli percose tutta la schiena, facendolo tremare.
Aprì e chiuse gli occhi più volte, vedendo che, sul pianerottolo, non c'era nessuno.
Ignorò il freddo e si sporse al di fuori della casa, guardandosi intorno nel giardino, illuminato dalle decorazioni natalizie dei vicini, che, per una volta, potevano essere utili a qualcosa.
"Chi c'è?" Disse piano, rimanendo poi immobile e in silenzio, aspettando una risposta.
"Chi c'è? Se è uno scherzo non è divertente." Ringhiò, questa volta, stringendo i pugni lungo le gambe.
Non ottenuta nessuna risposta rientrò in casa, riscaldandosi immediatamente strofinandosi le braccia con le mani.
Starnutì un paio di volte rumorosamente tanto che l'eco rimbombò in tutta la casa.
"Maledizione!" Imprecò, mentre si dirigeva verso camera sua, volendo cercare conforto nel camino, in cui, in quel momento, si sarebbe gettato pur di riscaldarsi.
Entrò nella stanza, completamente buia, camminando a stento verso le ceneri del fuoco che si era spento.
"Ma che cazzo sta succedendo stasera!?" Parlò ad alta voce, mentre cercava i fiammiferi per accendere di nuovo il caminetto.
Oggi tutti ce l'avevano con lui, non volevano proprio lasciarlo tranquillo.
Riacceso il camino, si lasciò cadere con il sedere a terra, sul pavimento di legno scuro.
Le fiamme ardenti gli illuminavano il viso pallido, riscaldandolo.
"Ecciù!" Starnutì, passandosi il retro della mano sotto il naso, sospirando irato per il raffreddore imminente.
"Salute."
"Grazie." Rispose, instintivamente, tirando su con il naso.
Si irrigidì, mentre un altro brivido freddo gli percorreva la schiena, facendogli venire la pelle d'oca.
"Prego." Si sentì rispondere, da una voce maschile, pacata e appena udibile.
Si alzò in piedi di scatto, afferrando l'attizzatoio saldamente, portandoselo davanti al corpo, ancora scosso dai tremiti.
I suoi occhi si mossero da un lato all'altro della stanza, dove le ombre dei mobili si muovevano seguendo i ritmi delle fiamme, cercando ti trovare colui che si era introdotto in casa sua e che stava parlando.
"Non temere Sasuke, non ti voglio fare del male." Parlò di nuovo, con un tono calmo e una voce profonda.
Camminò piano, verso la porta aperta della camera, affacciandosi sul corridoio, dove credeva che la persona si stesse nascondendo, trovandolo vuoto.
La voce gli era familiare, ma in quel momento non riuscì a darle un volto.
"Ti chiedo scusa, non volevo entrare in casa tua senza il tuo permesso, ma non mi hai aperto nonostante avessi suonato e bussato diverse volte."
Questa volta la voce sembrava provenire dall'interno della sua camera, così subito, appena la sentì si voltò, dando un'altra occhiata dalla parte opposta.
Quel modo di parlare, così tranquillo e garbato, gli ricordava qualcuno molto vicino a lui.
"Kakashi-sensei?" Chiese, quasi sollevato di aver scoperto chi fosse chi si era introdotto in casa sua.
Subito dopo però la rabbia lo assalì: gli era quasi venuto un attacco di cuore per colpa sua.
"Non proprio Sasuke, ma ci sei andato vicino."
Disse, prima che il corvino potesse aprire bocca per invenire contro di lui.

Dopo qualche istante di silenzio, in cui Sasuke rimase immobile, davanti all'entrata della sua stanza, sentii una folata di vento freddo investirlo, facendo tremolare la fiamma del camino che si spense.
"Merda!" Imprecò il ragazzo, annaspando con le mani nel buio, cercando di non cadere a terra o di andare a sbattere contro qualche mobilio.
Il fuoco si riaccese, più fievole e pallido di prima, illuminando appena intorno al caminetto.
Un rumore metallico, ruppe il silenzio creatasi, facendo sussultare il giovane, sempre più scosso da ciò che stava succedendo.
Il suono si faceva sempre più concreto, forte e vicino.
D'un tratto una figura si materializzò, davanti al fuoco, circondata da un velo di nebbia rado e grigiastro.
L'Uchiha aguzzò la vista, allungando appena il collo in avanti, cercando una spiegazione logica a quello che stava vedendo.
I tratti della sagoma si fecero più nitidi, rivelando la forma di un uomo piuttosto alto e magro, vestito in giacca e cravatta, con grandi catene avvolte intorno al corpo; egli però non aveva forma fisica, Sasuke poteva benissimo vedere attraverso al suo corpo, del medesimo colore della nebbia ormai diradata, il fuoco che ardeva dietro di lui.
Un giramento di testa improvvisso lo colpì, facendolo barcollare contro la scrivania alla sua destra, a cui si appoggiò, riprendendo stabilità.
"Quelle... fottute pastiglie. Ci mancavano solo le allucinazioni." Ringhiò ad alta voce, rimettendosi in piedi, convinto che l'apparizione fosse frutto della sua immaginazione.
"Ti senti bene, ragazzo?" Disse, l'uomo, trascinando le catene a terra, andandogli in contro con andatura scostante.
Quando Sasuke si rese conto che era tutto reale, per poco non svenne di nuovo.
"Chi cazzo sei tu?!" Si lasciò sfuggire un'altra imprecazione, mentre si spingeva sempre più contro l'oggetto e di nuovo l'aria fredda lo travolgeva.
"Non avere paura, non ti farò del male." Ripetè, di nuovo, la figura effimera fermandosi a debita distanza.
Sasuke sgranò gli occhi, osservando il viso ora più nitido dell'uomo che gli sorrideva, tenendo gli occhi chiusi.
"Il mio nome è Sakumo Hatake." Si presentò, mantenendo un sorriso malinconico e leggermente triste.
"C-che cosa? Ma lei è-" il corvino non riuscì a finire la frase, colpito da un'altra fitta agli occhi.
"Si, sono il padre di Kakashi.
A proposito... come sta mio figlio?" Disse, con aria triste.
"Volevo dire che lei dovrebbe essere morto." Lo corresse Sasuke, ripresosi, avvicinandosi alla figura, ormai convintosi che fosse benigna.
Allungò la mano verso il suo corpo, tentennando per un istante, prima di trapassarlo più volte con la mano tastando la consistenza inesistente e fredda.
"Quindi mi conosci." Rispose l'Hatake, guardando il ragazzo giocare con quello che era il suo spirito.
"E sai il motivo per cui sono morto." Continuò, attirando l'attenzione di Sasuke, che ritrasse la mano, strofinandosela con l'altra per scaldarsela.

L'Uchiha rimase in silenzio e ripensò al momento in cui Kakashi gli aveva raccontato della sua infanzia, di quanto fosse stato difficile per lui crescere senza suo padre, l'unica figura d'esempio che aveva mai avuto, non avendo mai conosciuto sua madre morta durante il parto.
Si era rivisto molto, nel racconto del suo sensei, in come il suo carattere era cambiato, nei rapporti con gli altri, per questo si trovava bene e si fidava di lui, perchè lo comprendeva fino infondo.
Lui sapeva cosa voleva dire perdere tutto e dover ricominciare da capo, da solo, senza il sostegno di nessuno e, forse, era proprio per quello che Kakashi lo aveva cresciuto e ora stava cercando di spingerlo a comportarsi in modo diverso da come aveva fatto lui, perdendo tutto i legami che si era creato con fatica.
Eppure lui continuava a fare di testa sua, convinto di essere sulla strada giusta per ottenere ciò che desiderava: il riscatto della sua famiglia.
Quello era importante, l'unica cosa che contava, nient'altro aveva senso per lui.
"Si è suicidato dopo una delusione di lavoro.
Perchè ha fatto un gesto simile? Non ha pensato a come potesse sentirsi suo figlio senza di lei?" Rispose Sasuke, senza troppi giri di parole, iniziando ad alterarsi.
"Ero considerato uno dei migliori avvocati di Tokyo, ogni causa che mi veniva affidata la vincevo senza troppi problemi; ero rispettato da ogni mio collega, nessuno si augurava di finire contro di me in tribunale." Iniziò a dire, in un sospiro malinconico.
"Kakashi ha seguito le sue orme, anche lui ha studiato per diventare avvocato, prima che mio padre gli offrisse di lavorare per la nostra azienda." Tentò di rassicurarlo Sasuke, vedendo l'espressione dell'uomo incupirsi.
Sakumo abbozzò un sorriso compiaciuto, continuando poi a parlare.
"Lo so bene, l'ho chiesto io a tuo padre... sono lieto che abbia assecondato la mia richiesta." Rispose gentilmente, tornando poi serio.
"Tutti si chiedevano come riuscissi ad incastrare la famiglia e gli amici tra tutto il lavoro che mi occupava la maggior parte della vita. La loro era invida non ammirazione, ma l'ho capito troppo tardi...
Avevo una causa importante tra le mani, complicata, ma fattibile.
Se l'avessi vinta la mia cariera sarebbe arrivata alle stelle.
Quel giorno non mi presentai in tribunale: un mio caro amico aveva avuto un incidente e io ero andato in ospedale a trovarlo.
Era quasi sul punto di morte, ma per fortuna riuscì a riprendersi e tornare a casa dalla sua famiglia.
Persi la causa, persi il lavoro, persi il finto rispetto che tutti mi avevano portato fino al giorno prima.
Resistetti alla depressione per alcuni mesi, ma alla fine cedetti e mi uccisi."
Ad ogni parola, la sua voce si faceva più tremante, ma tentantava comunque di mantenere il sorriso, proprio come Kakashi, che cercava di mostrarsi forte nonostante soffrisse nel profondo.
"Non avrebbe dovuto far passare il lavoro in secondo piano." Commentò il ragazzo, sbuffando contrariato, continuando a credere fermamente nei suoi ideali.
"Dimmi Sasuke: secondo te perchè sono qui?" Chiese poi, Sakumo, cambiando discorso.
Il ragazzo sembrò pensarci su un istante, osservando la figura incatenata dell'uomo.
"La mia anima è condannata a vagare in eterno nel mondo degli umani, fino a quando non verrò assolto da mio figlio." Rispose al suo posto Sakumo, trascinando le catene lungo la stanza, verso il camino.
"Perchè non va a far visita a lui allora.
Cosa centro io?"
Sasuke non comprendeva tutto quello che stava accadendo: perchè il padre di Kakashi era venuto da lui, se doveva essere perdonato dal figlio?
"Perchè sarai tu a permettere che lui mi perdoni." Si spiegò, nonostante l'Uchiha continuasse a non comprendere.
"Io non ho intezioni di aiutarla affatto.
Si tirerà da solo fuori dai suoi problemi, è quello che si merita per non aver svolto il suo lavoro e di conseguenza abbandonato suo figlio." Lo criticò di nuovo, convinto che se Sakumo avesse partecipato alla causa, invece di soccorrere l'amico, ora sarebbe ancora in vita e avrebbe risparmiato a Kakashi tanta sofferenza.
"A partire dall'una, riceverai la visita di tre spiriti.
Seguili e ti mostreranno la tua vita." Furono le ultime parole dette dall'Hatake, prima che sparì, così come era apparso, spegnendo il fuoco nel camino, lasciando solo Sasuke che cadde a terra, svenuto, per un altro improvviso mancamento prima di poter comprendere le parole dette dall'uomo.

 

Sasuke si svegliò, sudato e con il fiato corto, per una fitta di dolore agli occhi.
Si tirò su seduto, passandosi la manica del pigiama blu scuro sulla fronte, asciugandosela dalla gocce di sudore.
Si portò, poi, la mano agli occhi, coprendoseli, mentre un'altra fitta lo fece mugugnare.
Intorno a lui era tutto buio, nemmeno il fuoco del camino, ormai spento, offriva uno spiraglio di luce.
"Era tutto un sogno." Si ripetè, più volte, nella mente, ricordando quello che, in teoria, doveva essere accaduto prima che svenisse.
Rivide la figura evanescente di Sakumo, ben impressa nella sua testa, dirgli una frase che non riuscì a comprendere, avendo perso i sensi ed essere caduto aterra.
Strinse le lenzuola nei pugni.
Non poteva che essere stato tutto un sogno; si trovava nel suo letto, sicuramente si era addormentato appena aveva preso quelle maledette pastiglie, questa era la spiegazione più logica.
Il padre di Kakashi gli era apparso in sogno parlandogli di come era morto, ma lui il padre del suo sensei non l'aveva mai visto e non aveva mai sentito raccontare la vicenda in modo così dettagliato.
Doveva essere stata tutta colpa della stanchezza e dello stress che, con l'aggiunta di quelle medicine ricavate da chissà quale sostanza, gli avevano fatto avere gli incubi.
Accese la lampada sul suo comodino, dando uno sguardo veloce all'orologio.

25 dicembre
Ore 01.00

Sentì l'orologio a pendolo nel suo salone scandire l'orario con i suoi ticchettii: era ufficialmente Natale.
Sospirò, rimanendo ancora un po' seduto a contemplare il piumone color mogano raggomitolato all'estremità del letto: doveva aver avuto caldo e l'aveva scalciatolo fin lì.
Una cosa era certa: non avrebbe mai più preso nessuna medicina assegnatagli da Orochimaru, anzi, probabilmente non avrebbe proprio più avuto a che fare con lui.
I suoi occhi vagarono per la stanza, cercando la sicurezza di essere solo, soffermandosi attentamente su ogni oggetto.
Camera sua era piuttosto grande e le ombre a volte gli giocavano brutti scherzi; anche quando era stato bambino aveva avuto paura di rimanere da solo in quel luogo buio, eppure non aveva mai detto nulla e aveva continuato a dormirci nonostante tutto.
Alla sua destra il camino era spento ormai da tempo, nessun tizzote bruciava più, sulla poltrona di pelle davanti ad esso erano abbandonati i vestiti del giorno precedente che non aveva sistemato, nonostante amasse l'ordine, per la troppa stanchezza.
La scrivania di legno, opposta al letto, era adornata da solo una lampada e un computer portatile e alle spalle d'essa c'era una piccola libreria contenente, in ordine alfabetico, tutti i libri che aveva studiato.
A sinistra c'era la porta, aperta, che dava sul corridoio e l'armadio in cui teneva alcuni vestiti e le lenzuola pulite.

Sembrava tutto al suo posto.
Poteva scorgere ancora le pillole bianche sparse sul pavimento dopo l'attacco di mal di testa avuto poco prima di aver sentito quei cori natalizi.
Si bloccò, tornando a fissare il piumone: se aveva sentito davvero quei cori Natalizi, voleva dire che non si era addormentato nell'immediato quando aveva assunto le pillole.

"Sasuke, ti senti bene? Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma."
Il cuore del ragazzo perse un battito quando udì quella voce farsi spazio nella sua mente, rimbombando all'infinito.
Alzò appena lo sguardo, guardando davanti a sè, trovando il vuoto.
Sempre immobile, trattenendo il respiro, con la coda dell'occhio, guardò verso l'armadio chiuso e poi verso il caminetto spento.
Riprese a respirare regolarmente, passandosi una mano tra i capelli con un sorriso amaro sul volto: probabilmente stava impazzendo.

"Da quanto tempo non ci vediamo, fratellino."
Di nuovo quella voce pervase la mente di Sasuke che si portò instintivamente le mani alle orecchie, proprio come aveva fatto quando le campane lo avevano frastornato.
Niente era reale, era tutto frutto della sua fantasia: quella che aveva sentito non era davvero la voce di Itachi, lui era morto.
Un brivido freddo gli percorse la schiena, proprio come quando era apparso Sakumo.
Rialzò la testa, togliendosi le mani dalle oreccgie, dando un'altra occhiata alla stanza che gli sembrò ancora vuota.
"Sei cresciuto molto, assomigli alla mamma, sai?" Itachi parlò di nuovo, mostrandosi finalmente al fratello minore.
Apparse davanti alla poltrona, da un vortice nero, avvicinandosi poi al letto dove Sasuke era paralizzato.
"Itachi." Balbettò, una volta che l'altro giunse al suo fianco, fissandolo dall'alto al basso, come aveva sempre fatto.
Quel comportamento da superiore, che aveva sempre fatto arrabbiare il minore, continuava ad averlo anche da morto.
"Sasuke." Disse, quasi come se fosse una presa in giro, vedendo il fratello ancora incredulo a quello che stava accadendo.

Itachi era vestito con una tunica nera, adornata da nuvole rosse contornate di bianco, chiusa fino al collo.
Era proprio come Sasuke lo ricordava: alto, con i capelli lunghi fino alle spalle raccolti in una coda bassa e gli occhi cerchiati da grandi occhiaie scure.
I suoi occhi, quelli colpirono il più piccolo degli Uchiha, erano diversi, di un color rosso vivo con un disegno concentrico.
"Tu dovresti-"
"Sakumo non ti ha avvisato del mio arrivo?" Lo interruppe il maggiore, spostandosi verso la poltrona.
Sasuke si impietrì; questo voleva dire che non era stato ne un sogno, ne una allucinazione quello che aveva visto.
Si sedette e incrociò le gambe, mentre le braccia erano posate sui braccioli, continuando a fissare l'altro.
"Che cosa sei tornato a fare?" Riuscì a chiedere, indurendo lo sguardo verso il fratello maggiore.
"Non sei felice di vedermi? Mi sei mancato fratello." Divagò, rimanendo composto.
Un ghigno di astio si formò sul viso di Sasuke, che lanciò le lenzula in fondo al letto, alzandosi in piedi e avvicinandosi all'altro.

Lo odiava, lo aveva sempre odiato, da quando se ne era andato non aveva fatto altro che accrescere ancor di più l'odio nei suoi confronti.
Adesso si ripresentava, dal mondo dei morti, senza preavviso, chiedendogli se gli era mancato.
"No, non sono felice di vederti Itachi, per me te ne puoi tornare benissimo all'inferno e non farti più vedere." Disse, a pochi centimetri da lui, con i pugni stretti lungo le gambe.
L'altro rimase in silenzio per un istante, prima di abbozzare un sorriso che fece irritare di più il fratello.
"Non credevo di ricevere un'accoglienza simile." Sospirò, portandosi una mano alla tempia, sorreggendosi la testa.
"Ah... davvero? E come pensavi che reagissi dopo quello che mi hai fatto?"
Sasuke aveva perso tutta la calma di cui era in possesso, tutti gli avvenimenti di quella giornata lo avevano mandato all'esaurimento.
"L'ho fatto per il tuo bene, fratellino." Si limitò a dire, rimanendo impassibile.
Sasuke con uno scatto gli si avventò addosso, aggrappandosi ai braccioli con le mani e fermanfosi a pochi centimetri dal viso del maggiore, fissandolo negli occhi mutati.
"Tu non ti rendi conto di come ho passato questi anni.
Ti odio Itachi, non ti voglio mai più vedere." Sibilò, a denti stretti, prima che gli occhi iniziassero a far male, costringendolo a doversi rimettere in piedi e portarsi le mani alla testa.

"Vattene." Ringhiò, con una smorfia di dolore sul volto.
"Credo che questo non sia possibile, almeno per ora." Ribadì l'altro, alzandosi in piedi con lentezza, senza rispondere alle parole cariche di odio sibilate dal minore.
"Che cosa sei venuto a fare?" Richiese, continuando a massaggiarsi l'attaccatura del naso.
"Sono lo Spirito del Natale Passato e sono qui per mostrarti i Natali scorsi." Si spiegò, finalmente, voltandosi ad osservare le foto sul davanzale posto sopra il caminetto.
"Tsk, non li voglio vedere." Ridacchiò, seccato, ma sorpreso da tale affermazione.
"Mi dispiace, ma non hai scelta."
E detto questo il ragazzo afferrò il viso del fratello, costringendolo a guardarlo negli occhi che lo risucchiarono in un vortice.

Sasuke si ritrovò in una stanza a lui familiare, appena illuminata dalla luce fievole del sole che filtrava dalle tapparelle.
"Fratellone! Fratellone svegliati!"
Una voce acuta ed euforica riecheggiò nella stanza.

Un bambino dai capelli corvini raggiunse il letto, saltandoci sopra, costringendo il giovane che stava dormendo ad aprire gli occhi.
"Sono sveglio Sasuke, calmati." Rispose l'altro, con la voce ancora impastata dal sonno.
"È Natale Itachi! Alzati... veloce!" Lo incoraggiò di nuovo il più piccolo, prendendogli un braccio e tirandoglielo.
"Andiamo ad aprire i regali!" Continuò, mentre il fratello si era portato seduto, strofinandosi gli occhi.
"Sei proprio una seccatura, lo sai?" Rispose, dando un leggero colpetto con due dita alla fronte di Sasuke che mise subito il broncio.

"Quanti anni avevamo? Io diciotto e tu quattro?" Chiese Itachi, continuando a guardare dinanzia a sè, per poi voltare appena il volto verso Sasuke.
"È solo un'illusione, l'ombra del passato: non ci possono ne vedere ne sentire." Spiegò, vedendo l'altro che era rimasto immobile, con gli occhi spalancati guardando quelli che erano loro due da piccoli ridere e scherzare.
Il minore si ridestò, tornando serio, volgendo uno sguardo gelido al fratello.
"Perchè mi stai facendo vedere tutto questo? Vuoi farmi altro male?" Chiese, secco, portandosi una mano al cuore.
Sasuke aveva la mente piena di domande da porre al fratello, eppure era troppo orgoglioso e ferito per porgegliele tutte.
"Capirai da solo osservando attentamente ciò a cui non hai dato importanza un tempo." Fu la risposta che gli diede Itachi, risucchiandolo di nuovo.

Questa volta si trovavano in salone insieme ai loro genitori.
Da quanto tempo Sasuke non li vedeva, aveva quasi dimenticato i loro volti.
Suo padre era seduto sul divano intento a leggere un giornale, con la sua espressione seria e corruciata mentre si spostava gli occhiali cercando l'angolazione migliore per leggere, mentre la madre stava adornando l'albero di Natale, scegliendo accuratamente gli addobbi da posizionare.
"Mamma! Guarda! Ho fatto un pupazzo di neve!" Aveva esclamato Sasuke, mostrando soddisfatto il disegno alla donna, che gli aveva dato una carezza sulla testa.
Suo padre, al contrario, non aveva minimamente degnato di uno sguardo il bambino, nonostante lui gli stesse porgendo il disegno.
"Sono a casa." La voce lontana di Itachi, fece scattare sull'attenti il fratellino, che si affrettò ad andargli in contro mentre rientrava in casa.
"Itachi, guarda!" Gli aveva detto, mostrando con fierezza, anche a lui, la sua opera d'arte, dopo essergli corso incontro, non lasciandogli nemmeno il tempo di togliersi il giubbotto.
"Che bravo il mio fratellino." Aveva esclamato, dandogli appena uno sguardo, continuando a camminare verso il salone.

"Itachi non ci voglio più stare qui." Aveva detto Sasuke, distogliendo lo sguardo dalla scena che gli si stava per mostrare.
Sentiva già le urla di suo padre echeggiargli nella testa, la madre piangere disperata e lui che scoppiava a piangere chiamando il fratello.
"Itachi!" Lo chiamò di nuovo, cercando di afferrargli la manica della tunica, trapassandola.
Il fratello era come se fosse imbambolato, non si era mosso minimamente e continuava a guardare davanti sè con un'espressione fredda.
Sasuke si arrese, non avendo scelta che rimanere anche lui a guardare.
Il cuore iniziò a battergli forte mentre le mani tremavano dall'agitazione.

"Ecco l'esito degli esami." Aveva detto, porgendo il foglio di carta a suo padre, che subito aveva chiuso il libro, posandolo.
Aveva alzato un sopracciglio afferrando il foglio, sistemandosi nuovamente gli occhiali, muovendo gli occhi da una riga all'altra.
Il piccolo Sasuke era rimasto fermo dalla parte opposta della stanza, guardare il padre scrutare con attenzione il contenuto dell'oggetto, con aria triste e abbandonata.
"Bravo Itachi." Aveva detto serio, porgendogli il foglio, tornando ad aprire il libro.
"Fammi vedere tesoro." Si era intromessa sua madre, arrivandogli alle spalle e guardando la pagella dalle mani del figlio.
"Con il massimo dei voti, sei stato bravissimo!" Disse, entusiasta dei risultato dandogli un bacio.
"Continua così e diventerai presto vice-capo dell'azienda." Aveva parlato di nuovo l'Uchiha più grande, girando pagina.
"No." Disse secco il ragazzo, staccandosi dall'abbraccio della madre.

Quel no era stato l'inizio della fine.
L'uomo aveva alzato subito gli occhi verso il figlio, freddandolo con lo sguardo.
"Come hai detto?" Chiese, dando una possibilità ad Itachi di cambiare la sua risposta.
Itachi strinse il foglio nella mano, ricambiando l'occhiata del padre.
"Ho detto di no." Disse, sicuro, mantenendo il contatto visivo.
"Io voglio continuare a studiare e diventare medico." Aveva continuato a dire, mentre sua madre lo aveva afferrato per un braccio, vedendolo alterarsi.
"Tu devi prendere il comando dell'azienda di famiglia Itachi, sei il prossimo alla successione, non puoi tirarti indietro." Rispose, rimanendo calmo e composto sul divano Fugaku.
"Non ho intenzione di fare un lavoro che non mi piace, di cui non me ne importa niente! Io voglio diventare dottore!" Urlò Itachi, appallottolando il foglio che aveva tra le mani.
Le guance del piccolo Sasuke intanto avevano iniziato a rigarsi di lacrime, percependo la tensione della litigata imminenente.
"Tu seguirai le mie orme e prenderai il mio posto. Discorso chiuso." Aveva alzato il tono di voce il capofamiglia, alzandosi in piedi e sovrastando la figura del figlio.
"Scordatelo!" Ringhiò, di risposta, Itachi, mentre la donna tentava di placare i due, chiamandoli.
"Perchè il dottore? Che cosa pensi di poter fare?" Lo schernì l'uomo, togliendosi gli occhiali.

Sasuke si chiedeva come poteva riuscire a mantenere ancora lo sguardo verso quella scena che aveva segnato la fine della sua infanzia, della sua famiglia e del rapporto con il fratello.
Continuava a chiedersi perchè l'altro gli stesse facendo rivivere tutto ciò, con quale scopo lo stava torturando in questo modo.
La cosa che lo disturbava di più, però, era la freddezza con cui Itachi rimaneva a guardare, come se il ricordo del passato non lo scalfisse minimamente.

"Voglio trovare una cura." Aveva risposto a denti stretti, rivolgendo uni  sguardo al fratellino in lacrime.
"Voglio trovare una cura per la nostra malattia." Ripetè, con più fermezza, ritornando a fissare il padre che gli diede uno schiaffo, tanto forte da fargli voltare il viso.
"Fugaku!" Lo riprese la donna, portandosi le mani alla bocca.
"Non c'è nessuna cura Itachi! Mettiti in testa che nessuno potrà mai guarire!
Non voglio più sentire nulla sull'argomento!
Tu seguirai le mie orme!" Urlò Fugaku, facendo riecheggiare in tutta la casa la sua voce.
Itachi si toccò la guancia colpita, che bruciava, ma mai quanto il desiderio di poter fare della sua vita ciò che voleva.
"Non preoccuparti padre, non ne parleremo mai più.
Io me ne vado." Disse, andandosene dalla stanza, rincorso dalla madre in lacrime.
Fugaku invece era rimasto immobile, con lo sguardo fisso nel punto in cui prima era posizionato il figlio maggiore.
I singhiozzi di Sasuke si erano fatti più profondi e costanti.
"Almeno tu, non deludermi, Sasuke." Le parole del padre erano arrivate chiare e secche alle sue orecchie, facendogli smettere immediatamente di piangere.
Era la prima volta che suo padre gli aveva detto una frase simile, dandogli un'importanza superiore a quella del fratello, sempre stato il prediletto e lodato dalla famiglia.
Quella frase era rimasta ben impressa nella mente di Sasuke che l'aveva utilizzata nei momenti di sconforto, quando pensava di non farcela, ricordandogli che era un Uchiha e doveva tenere alto il suo cognome.

"Itachi ti prego! Ripensaci! Non puoi andartene così!" Le urla della donna avevano spezzato il silenzio, mentre Itachi era ritornato in salone, abbassandosi in ginocchio, davanti al fratellino.
"Sasuke, ti prometto che un giorno troverò una cura, così potrai continuare a vedere." Gli aveva detto, sorridendo, con gli occhi velati da una patina lucida.
"Itachi..." Balbettò lui, cercando di trattenere le lacrime.
"Ci sarò sempre per te fratellino, ti voglio bene, ma ora devo andare via."
Furono le sue ultime parole prima che sparisse dietro alla porta di casa, inseguito dalle suppliche disperate della madre.


 

"Perchè siamo in ospedale?" Chiese, sapendo già la risposta, Sasuke.
Dopo aver assistito alla litigata con il padre, Itachi lo aveva teletrasportato in quel luogo, continuando a rimanere in silenzio.
Aver rivissuto quell'episodio lo aveva fatto sentir male: il dolore agli occhi era aumentato e sentiva che presto sarebbe svenuto per il dolore lancinante.
Continuava a non capire perchè suo fratello lo costringesse a rivivere le parti più significative della sua infanzia, quelle che l'avevano segnata nel profondo, facendolo crescere prima del dovuto.
E lo odiava, lo odiava più di prima per il dolore che gli stava infliggendo di nuovo.
"Abbiamo due casi di gravi traumi cerebrali e diverse lesioni interne ed esterne piuttosto gravi; i soggetti sono incoscienti da ormai mezz'ora.
Soggetti: un uomo e una donna sulla cinquantina.
Causa: incidente d'auto sulla statale."
Un'infermiera dai capelli neri e corti, aveva appena fatto rapporto ai suo superiori, mentre i due venivano separati e portati in sala operatoria.
Il clima era caotico, c'erano infermieri che correvano da un reparto all'altro dell'ospedale, cercando chissà quale chirurgo.
Una dei due medici chiamati, una donna alta con dei lunghi capelli biondi, era stata messa al corrente della situazione e stava percorrendo il corridoio a passo spedito e sicuro, con espressione seria.
Aveva lanciato uno sguardo al bambino seduto immobile su una branda, a fissare il vuoto; subito aveva interrotto l'infermiera nella sua spiegazione, indicandolo, facendole capire che doveva occuparsi di lui e smettere di importunarla.
"Piccolo come ti senti?" Aveva chiesto la ragazza, a Sasuke, che se ne stava seduto immobile sulla brandina dell'ospedale.
"Dove sono la mia mamma e il mio papà?" Aveva chiesto, con gli occhi ricolmi di lacrime che cercava invano di non lasciar uscire.
"Sono dal dottore, ma non ti preoccupare li vedrai presto." Cercò di rassicurarlo, pulendogli il viso da una macchia di sangue.
"Come ti chiami?" Gli chiese, mentre gli medicava alcuni tagli leggeri che aveva riportato dopo l'incidente.
"Sasuke Uchiha." Aveva risposto, tremante.
"Che gran nome. E quanti anni hai?"
"Sei." Rispose di nuovo, tirando su con il naso.
"Te ne avrei dati otto!" Lo prese in giro, sforzandosi di sorridere.
"Dov'è Itachi?" Chiese il bambino, ignorando le parole della donna.
"Chi è Itachi?" Domandò, prendendo la sua cartella clinica, sfogliandone i documenti.
"Il mio fratellone. Se ne andato via dopo che ha litigato con il papà." Spiegò, strofinandosi gli occhi stanchi, mentre si accasciava su un fianco, stringendosi su se stesso, prima'di chiuderli e addormentarsi.
Sasuke si avvicinò alla brandina con su se stesso in versione rimpicciolita, guardandolo dormire con espressione serena, ancora all'oscuro di quello che avrebbe scoperto il giorno seguente.
Faceva male, dannatamente male, ricordare quei momenti che erano sempre impressi nella sua mente, tormentandolo, a volte, anche nel sonno, l'unico momento in cui poteva non pensarci.
"So a cosa stai pensando Sasuke." Lo fece ridestare dai suoi problemi Itachi che lo guardava a sua volta il fratellino dormire.
"Hai pensato che ti ho abbandonato, che ti ho lasciato da solo proprio quando avevi più bisogno di me, ma ti assicuro che se lo avessi saputo per tempo sarei tornato indietro immediatamente a prenderti." Continuò, rimanendo immobile.
"Avresti potuto farlo anche nei giorni seguenti, nei mesi, negli anni...
Invece non ti sei mai più interessato a me.
All'inzio temevo fossi morto anche tu... forse sarebbe stato meglio, almeno mi sarei rassegnato al fatto di essere solo al mondo, senza nessun legame.
Invece tu eri vivo ed sei stato la causa della morte dei nostri genitori che ti hanno sempre adorato e posto al primo piano...
E te ne sei fregato anche ti me che ti consideravo il mio punto di riferimento." Disse, con rabbia, Sasuke, voltandosi di scatto verso il fratello.
"L'ultimo ricordo che ho di te e dei nostri genitori... è-è di voi che vi urlavate contro." Strinse i denti e i pugni, mentre sentiva gli occhi appannarsi.
Tutto l'odio che provava per il fratello stava uscendo fuori, con calma, sottoforma di parole.

"Seguimi." Fu la risposta fredda che ricevette dopo essersi aperto con il fratello che aveva già iniziato a camminare lungo il corridoio, dandogli le spalle.
Sasuke odiava gli ospedali, quanto il Natale e suo fratello; questi tre elementi insieme erano il riassunto di quel triste giorno in cui i suoi genitori morirono.
L'odore del disinfettante era nauseante, impregnava ogni angolo di quel luogo asettico.
Entrarono una stanza, dove in due letti posti parallelamente, c'erano i loro genitori, ancora incoscienti dall'incidente.
I macchinari continuavano ad emettere suoni elettronici, mentre misuravano i battiti cardiaci e le respirazioni.
La porta venne spalancata con forza e, nonostante i tentativi delle infermiere di bloccare l'entrata a chiunque, um ragazzo dai capelli argentei aveva varcato la soglia della stanza, chiudendosi, poi, dentro a chiave.
Si avvicinò al letto dell'uomo, sedendosi nella sedia accanto, riprendendo fiato.
Subito Sasuke riconobbe la figura di Kakashi che era un amico fidato di famiglia già a quei tempi.
"Fugaku-sama." Lo chiamò, con la sua solita calma, afferrandogli la mano.
"Fugaku-sama la prego... mi risponda." Tentò di nuovo, percuotendogli il braccio con forza.
Rimase in silenzio, con lo sguardo puntato a terra, mentre le infermiere fuori dalla stanza battevano sulla porta chiedendo di aprire.
"Che cosa è successo a Itachi? Perchè non è insieme a Sasuke?"
Le parole erano appena udibili, quasi sussurrate, eppure vennero sentite dall'uomo, che appena udì il nome del figlio minore aprì leggermente gli occhi.
"Fugaku-sama!" Lo chiamò di nuovo, Kakashi, continuando a stringergli la mano.
"Hatake..." Emise, flebilmente, Fugaku, con fatica cercando di ricambiare la presa.
"Sono qui capo, mi dica cosa posso fare."
"Prenditi cura di Sasuke." Gli disse, mentre una lacrima rigava la sua guancia destra.
Subito il ragazzo gliela asciugò: non poteva e non voleva vedere il suo capo ridotto in quello stato, che spirava le sue ultime volontà.
"Lo farà lei personalmente." Ringhiò, stringendo più forte la presa.
"Questa scena mi è familiare." Ribattè, con qualche difficolta nel parlare, il capifamiglia Uchiha, in un sorriso tirato, con gli occhi rivolti al soffitto.
"Ma questa volta credo che finirà diversamente." Continuò, prima di chiudere gli occhi e abbandonare la mano di Kakashi che lo continuò a chiamare senza sosta, nonostante fosse consapevole che, mai più, l'altro li avrebbe riaperti.
I macchinari iniziarono a suonare ininterrottamente, mostrando che il paziente aveva smesso di respirare.
La porta venne sfondata da un paio di infermieri che portarono via il ragazzo che non fece nessuna resistenza, ormai arresosi.
Sasuke rimase colpito da quella scena.
Suo padre aveva di nuovo dato più importanza a lui invece che ad Itachi.
Sasuke aveva sempre pensato che  Fugaku di lui non importasse nulla, che Itachi fosse il figlio prediletto, nonostante il suo comportamento scorretto verso il suo clan.
Invece suo padre teneva a lui, più di quanto avesse creduto e ora aveva la certezza che il suo defunto padre fosse fiero di lui per ciò che stava facendo per mantenere alto il nome dell'azienda.
"Mi hai fatto rivivere tutto questo per farmi vedere che papà teneva a me?" Chiese Sasuke, mentre suo fratello raggiungeva la madre, dandole una carezza sul viso.
"Ti sto mostrando questo perchè è giusto che tu comprenda fino in fondo ciò che gli altri hanno fatto per te." Rispose, in modo vago, l'altro chiudendo gli occhi e aspettando che anche il cuore della madre smettesse di battere.
"Tutti chi? La paete di Kakashi-sensei che mi porta via al posto tuo me la ricordo bene, non c'è bisogno che tu me la mostri.
Voglio sapere chi sono gli altri a cui ti riferisci." Lo fermò, in tempo, prima che lo portasse verso il corridoio dove un giovane Kakashi stava parlando con un bambino dai capelli neri.

Un altro vortice scuro risucchiò i due fratelli, trasportandoli via da quel luogo asettico.
"Perchè siamo a scuola?" Chiese Sasuke, guardando fuori dalla finestra dell'aula, guardando i bambini giocare in cortile.
Il fratello non rispose, si limitò ad appoggiarsi alla cattedra, con le braccia incrociate al petto fissando davanti a sè.
Seguì lo sguardo dell'altro che si era posato su un bambino, l'unico nella stanza, che con aria triste e pensierosa si sorreggeva la testa con le mani.
Si avvicinò di più, per osservarsi meglio nella sua solitudine, accorgendosi di quanto fosse diversa la sua espressione da allora.
Adesso la solitudine era la sua casa, la sua salvezza, si era abituato e ci stava bene, tanto che respingeva via chiunque cercasse di invadere la sua zona sicura.
Ma un tempo, da piccolo, la solitudine era stata opprimente per lui che aveva sempre avuto bisogno di attenzioni.
Attenzioni che dal giorno della morte dei suoi genitori non aveva più voluto, perchè le uniche che avesse mai desiderato erano state quelle di suo fratello.
Eppure era sempre stato sotto i rilettori sin da piccolo, venendo ammirato e invidiato dalle bambine e dai bambini, tutti lo conoscevano perchè era bello e intelligente, una fama che si era portato avanti nel susseguire degli anni.
La porta si spalancò, permettendo l'entrata di un'altra bambino, facendo risvegliare il piccolo Sasuke dai suoi pensieri.
La zazzera bionda, con la faccia imbronciata, si diresse a passo spedito a sedersi al suo banco, poco distante da quello dell'altro.
Il corvino spostò appena gli occhi verso il coetaneo, tornando poi a fissare il vuoto davanti a sè.
L'altro gli lanciò un'occhiataccia con i suoi grandi occhi azzurri, pieni di tristezza quasi quanto quelli del corvino.
Naruto era stato un bambino così di diverso da lui: era sempre stato solare e felice, non se ne stava mai fermo e si cacciava sempre nei guai: gli piaceva stare al centro dell'attenzione, a differenza sua.
Anche lui aveva perso i genitori, appena nato, e, dopo aver passato alcuni anni in orfanotrofio, era stato adottato da un vecchio amico del padre, uno scrittore di fama mondiale di libri spinti, l'idolo di Kakashi.
Eppure tutti lo evitavano, ritenendolo troppo vivace e fastidioso.
Era raro vederlo triste come quel giorno che si era accasciato sul banco, imitando Sasuke.
I due fratelli rimasero ad osservare di due bambini che in silenzio che si tenevano compagnia nella loro solitudine, lanciandosi qualche sguardo di nascosto.

Nel corridoio echeggiavano le voci di due bambine che stavano litigando, sempre di più vicine alla classe.
Arrivate davanti alla porta della stanza si zittirono, mettendosi a posto i vestiti colorati.
Sasuke rimase immobile, sospirando sconsolato e infastidito dalle due presenze che avevano interrotto la quiete.
L'altro, invece, si tirò subito dritto, sorridendo alle bambine che lo ignorarono bellamente, fermandosi davanti al banco di Sasuke.
Parlò la bionda, che continuava a sistemarsi convulsamente i capelli.
"Sasuke, vieni a giocare con me?" Chiese, sorridendogli.
L'Uchiha non rispose, continuando a fissare il vuoto dietro di lei.
"N-no! Vieni a giocare con me!" L'aveva spinta l'altra, con i capelli rosa adornati da un vistosa fascia rossa che glieli teneva dietro alle orecchie.
Le due inziarono a litigare, di nuovo, azzuffandosi per decidere con chi delle due avrebbe dovuto giocare con il bambino, trattandolo come se fosse un giocattolo di loro proprietà.
"Andate via, mi date fastidio con le vostre urla." Aveva sbuffato Sasuke, fissandole con i suoi occhi neri, zittendole.
Le due arrossirono e, nonostante il rifiuto, sorrisero felici che Sasuke Uchiha avesse parlato con loro.
"Ino, Sakura, gioco io con voi!" Si intromise Naruto, saltando giù dalla sedia e andando in contro alle due che lo squadrarono dall'alto in basso.
"Non vogliamo giocare con te, nessuno vuole: sei una peste." Aveva detto Sakura, incrociando le braccia al petto e scuotendo il capo.
Il bambino si intristì, mentre i suoi occhi azzurri si scurivano.
"Ha ragione e non dare fastidio a Sasuke!" Intervenì la bionda, facendogli una linguaccia prima di andare via con l'altra, tenendola per mano.
Naruto iniziò a digrignare i denti, posando lo sguardo sul compagno che continuava a rimanere immerso nei suoi pensieri.
"Si può sapere perchè tutti vogliono stare con te che sei così antipatico e nessuno con me?! Che cosa ho fatto di male?!" Inveì sbattendo le mani sul suo banco, tenendo gli occhi lucidi fissi su di lui.
"Stai urlando troppo anche tu, se vuoi rimanere qui stai zitto." Lo ammonì Sasuke, ristabilendo il silenzio che tanto attendeva, calmando il biondo che tornò a sedersi imbronciato.

Sasuke rimase colpito da quella scena, che aveva rimosso dalla mente, continuando a guardare Naruto e notando quanto anche lui soffrisse.
Fece qualche passo in avanti, avvicinandosi al bambino, guardandolo da vicino.
Naruto non era cambiato, aveva sempre lo stesso viso paffuto e innocente, con grandi occhi azzurri ed espressivi.
Allungò instintivamente la mano, passandogliela sulla testa, che purtroppo però trapassò.
Nel momento in cui la campanella suonò, Itachi lo risucchiò di nuovo con i suoi occhi, trasportandolo in un'altra aula.
Si ripresentò la stessa scena, ma con alcune differenze.
Sasuke, sedicenne, era seduto al suo banco, con le mani portate davanti alla bocca.
"Hei Sas'ke!" Lo chiamò il compagno di classe, mettendosi davanti al suo banco, con un grande sorriso.
"Cosa vuoi, Dobe?" Disse, muovendo appena la bocca, mentre fissava la sua maglia arancione: un colore troppo intenso e sgargiante da dare il mal di testa.
Il biondo sbuffò, avvilito.
"Sei proprio antipatico, Teme! Ti va di uscire dopo scuola?" Ritornò, poi, allegro, Naruto, indicando il gruppo che era in un angolo della classe.
"Non credo tu sia il mio tipo, Dobe." Lo prese in giro il corvino, alzando un sopracciglio.
Naruto sbattè più volte le palpebre, cercando di interpretare le parole del ragazzo, diventando poi rosso in volto.
"Teme! Intendevo con me e gli altri, così ci facciamo gli auguri." Si spiegò il biondo, cercando di nascondere l'imbarazzo.
"Ho da fare." Rispose, secco, senza degnare di uno sguardo l'altro, che non sembrava felice della risposta datagli.
"Tu hai sempre da fare!
Non esci mai con noi!
Si può sapere cosa c'è di più importante dei tuoi amici?" Chiese, andandogli a muso, cercando di incrociare il suo sguardo.
"Naruto! Lascia in pace Sasuke una buona volta." Si intromise Sakura, dandogli un pugno in testa, facendo ridere la classe.
"Ahia... Sakura, perchè ce l'hai sempre con me?" Piagnucolò, toccandosi la parte colpita.
"Perchè sei una seccatura, Naruto Uzumaki." Rispose, ghignando, per poi posare gli occhi sull'altro, avvampando.
L'Uchiha sentì il viso tirare, davanti a quella scena e abbozzò un sorriso.
Naruto era proprio un ingenuo e, anche se voleva fare il serio, finiva sempre per risultare infantile.
Tornò, poi, subito serio, al ricordo di quello che successe dopo, voltando lo sguardo verso il fratello che già da un po' lo osservava, nascosto dietro alla cappa nera.
Di nuovo gli stava riproponendo un ricordo poco felice.
"S-senti Sasuke, io... io volevo chiederti da tempo un cosa." Iniziò a dire, balbettando Sakura, mentre si torturava le mani dietro alla schiena.
Naruto intanto era rimasto in silenzio, fermo, con la mano sulla testa ad assistere alla scena.
"Ecco, io mi chiedevo se... non so, magari oggi pomeriggio... o-o quando vuoi... se ti andrebbe di uscire con me." Riuscì a dire, tra una pausa e l'altra, trattenendo il respiro mentre aspettava una risposta.
Sasuke alzò gli occhi dalla maglia di Naruto.
Posò lo sguardo prima sul biondo, che guardava a terra, poi su Sakura che trasalì, appena i loro occhi si incontrarono.
"No." Rispose, monosillabico e freddo, tornando a guardare il vuoto.
"N-no? Perchè?" Balbettò Sakura, trasformando il suo sorriso, in una smorfia di dispiacere.
"Sei noiosa, Sakura.
E adesso ti pregherei di andartene, mi stai infastidendo." Rispose, secco, rimanendo immobile.
"Non ti permettere di parlare così a Sakura!" Urlò Naruto, afferrandolo per il colletto della maglia, alzandolo dalla sedia, facendo zittire tutto il resto dei compagni.
"N-naruto, lascialo stare." Cercò di fermarlo la ragazza, tirandolo per un braccio, mentre i suoi occhi verdi si erano riempiti di lacrime.
"Chi ti credi di essere Sasuke per trattarci tutti in questo modo indifferente e superiore? Eh? Si può sapere che problemi hai? Cerchiamo di esserti amici e ci tratti tutti come se fossimo indegni della tua presenza!" Urlò il furibundo Naruto, strattonando, con gli occhi pieni di rabbia mentre Sasuke continuava a rimanere calmo e con lo sguardo vuoto.
La campanella suonò e mise fine al ricordo.

Sasuke si ritrovò nella sua camera, in piedi davanti al camino acceso, a fissare le foto dei suoi genitori, dei suoi amici e di Kakashi.
"Perchè non mi hai fatto rivivere anche quello che è successo dopo il suono della campanella?" Chiese, guardandosi la mano stretta a pugno, lo stesso che aveva colpito il viso di Naruto, rompendogli il naso.
Itachi ignorò la domanda, avvicinandosi al fratello che rabbrividì alla vicinananza dello spirito freddo.
"Hai capito ora cosa intendevo dirti prima?"
Sasuke ripensò alle parole del fratello, quando gli aveva chiesto perchè gli stava facendo rivivere alcuni momenti più significativi della sua vita.
Certo che lo aveva capito, lo aveva capito sin dal principio ed aveva mantenuto l'idea che si era fatto nitida sino alla fine.
"Mi hanno reso la vita più difficile, intralciandomi il percorso.
Ecco cosa hanno fatto... avete fatto." Disse, in un soffio, voltandosi verso il fratello che sospirò, chiudendo gli occhi, avvilito da quelle parole.
"Fratellino, sei troppo ottuso e accecato dalla rabbia per capire." Disse, scuotendo il capo.
Il minore ringhiò.
"Non dovrei esserlo? Dopo tutto quello che è-" Si interruppe, vedendo il fratello sbiadirsi sempre di più.
"Mi dispiace Sasuke, vorrei rimanere ancora un po' qui con te, ma il tempo a mia disposizione è terminato.
Ho fallito di nuovo nell'intento di trovare una cura per te." Disse, sorridendo, allungando la mano verso il viso di Sasuke, che aveva sgranato gli occhi indietreggiando.
"Sei diventato un uomo e hai tenuto altro il cognome Uchiha; sei riuscito a superarmi, sono fiero di te.
Però vorrei che tu mettessi da parte il passato, concentrandoti su quello che hai ora, prima di perdere tutto ciò che hai, di nuovo." Continuò, dando un piccolo colpetto, come faceva quando erano piccoli, sulla fronte di Sasuke, prima di svanire del tutto.
"Itachi!" Urlò, il ragazzo, facendo un passo in avanti, allungando le braccia verso il vuoto.
Sospirò afflitto e si rimise a letto, ritornando a patire il male incessante agli occhi, insultandol mentalmente Itachi per averlo costretto a ricordare, facendo ricrescere in lui quella tristezza che era riuscito a sopprimere, un tempo, nella rabbia contro di lui e nell'ambizione di superarlo.
Erano questi sentimenti, che lo avevano spinto a diventare qualcuno, a rendere fiero di lui suo padre, riuscendo nell'intento.

"Almeno tu, non deludermi, Sasuke."

[13,376 parole] - 26 Dicembre 2017

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Capitolo 2
*** 2 ***


Ore 02.00

L'orologio a pendolo iniziò di nuovo a suonare, scandendo la seconda ora della notte di Natale.
Sasuke non udì il suono, addormentatosi profondamente con espressione cruciata sul volto, poco dopo che Itachi se ne era andato.
L'ultimo rintocco riecheggiò nella casa vuota, disperdendosi lentamente tra le mura.
La stanza dove il ragazzo dormiva era tornata buia e fredda di nuovo.
Gli ultimi tizzoni ardenti si vedevano appena, puntinando di arancione il fondo del caminetto.
Un cumulo di fuliggine cadde dal condotto, spegnendo gli ultimi rimasugli del fuoco.
L'Uchiha si rigirò nel letto, sospirando, mettendosi più comodo su un fianco.
Un'altro cumulo, più consistente, discese pesantemente, disseminandosi per l'impatto anche sul pavimento.

"Oh oh oh."

"Itachi!" Urlò Sasuke, mettendosi seduto di scatto, vagando con lo sguardo nel buio.
L'aveva sognato, aveva sognato quando da piccoli erano andati a far compere al centrocommerciale con la madre che lo aveva portato a far la foto con Babbo Natale.
L'uomo vestito di rosso lo aveva tenuto sulle gambe e gli aveva chiesto cosa desiderasse come regalo e, alla richiesta di Sasuke, di voler diventare come suo fratello, l'uomo aveva riso con il suo vocione, mentre Itachi, sorpreso, gli aveva detto che doveva superarlo e che, solo credendo in se stesso ed avendo una forte vocazione in ciò che faceva, ci sarebbe, un giorno, riuscito.
Non gli capitava da tempo di sognarlo, anzi, a dire il vero, solitamente erano gli incubi terribili sull'incidente che lo svegliavano bruscamente.
Si passò una mano tra i capelli lisci, spostandola poi su una tempia, massaggiandosela: il dolore si era attutito notevolmente, dandogli pace e modo di riposare più facilmente.
Sospirò, risdraiandosi a pancia in su, ancora con gli occhi spalancati, riflettendo su ciò che era successo.
Ancora non si capacitava di quello che stava accadendo nella sua vita, ma soprattutto il perchè.

"Oh oh oh."

Di nuovo quella risata richeggiò nella sua testa.
Richiuse gli occhi, cercando di riconcigliare il sonno, prima che ricominciasse ad avere altre apparizioni.
Non sapeva che ore fossero e non ci teneva nemmeno a controllare, prima la nottata sarebbe passata, meglio sarebbe stato per lui.
Sperava che lo spirito di Sakumo e di suo fratello fossero bastati per far capire, a chi li aveva mandati, che non aveva intenzione di cambiare.
Sasuke Uchiha non si faceva manipolare dalle persone vive, figuriamoci da quelle morte.
Un rumore sordo, proveniente da poco lontano da lui, lo fece ridestare dalla dormiveglia.
Rimase immobile, con gli occhi chiusi, cercando di captare ogni singolo suono.
Sperava che, se un'altro spirito fosse venuto a cercarlo, trovandolo così, come se fosse addormentato, non lo avrebbe scocciato.

"Oh oh oh"

La risata fastidiosa di Babbo Natale continuava a tormentarlo.
Agrottò le sopracciglia, quando sentì la testa ricominciare a pulsare ai lati.
Non sarebbe riuscito a rimanere immobile ancora lungo, doveva assolutamente massaggiarsi le tempie, cercando un po' di solievo.
Si lasciò sfuggire un ringhio, arricciando il labbro superiore in una smorfia di dolore.
Iniziò a contare, cercando di distrarsi, per mantenere il controllo dello stato vegetativo in cui doveva apparire.

"Sasuke!" Si sentì chiamare, con tono rimproverativo, da una voce squillante.
Trattenne il respiro, imponendosi di rimanere fermo: di sicuro se ne sarebbe andato se non gli avesse risposto.
"Sasuke! Si può sapere cosa ci fai nel letto la notte di Natale? Dovresti essere a festeggiare!" Parlò di nuovo, urlando di più, la figura scura davanti al suo lettoche stava cercando di svegliarlo; Sasuke non gliel'avrebbe data vinta.
Quella voce era dannatamente fastidiosa, troppo acuta e invadente, proprio come quella di suo cugino.
Sasuke si trattenne nello sgranare gli occhi dopo l'osservazione che aveva appena fatto.
Se si fosse potuto muovere avrebbe scosso la testa, dandosi dello stupido; non poteva essere Obito, lui era vivo, l'aveva visto qualche ora prima.
I casi erano due: o Obito si era introdotto in casa sua, cosa molto inquietante, quanto improbabile, nonostante il suo stato mentale precario e imprevedibile oppure si trattava soltanto di una coincidenza se lo spirito aveva una voce simile a quella del cugino, cosa molto più plausibile, anche se si trattava di un fenomeno paranormale.
Il ragazzo si chiese se non stesse impazzendo nel farsi certe domande così stupide.
"Sasuke! Alzati dal letto che non abbiamo tempo da perdere." Tentò di nuovo, senza ottenere risultati lo spirito.
Sasuke rimase immobile, in silenzio, con gli occhi chiusi e il viso corruciato: quel tipo era davvero insistente, troppo, per i suoi gusti.
"Nemmeno a me va di starti dietro ragazzino, ma sono costretto, nonostante rischi grosso."
Questa volta la voce fu più bassa e calma, il tono impertinente con cui si era espresso lo spirito non piacque per nulla al ragazzo.
Nessuno si poteva permettere di dirgli cosa fare, soprattutto se si trattava di qualcosa di inutile, di cui non gli fregava nulla.
Cercò di trattenersi, ma l'insieme di dolore, di sonno mancato e di rabbia, iniziavano a farlo vacillare nel suo intento.

Il silenzio regnava nuovamente in casa Uchiha.
Lo spirito non aveva più parlato ne fatto rumore, forse il piano aveva funzionato.
Il corvino attese ancora qualche istante prima di fare qualsiasi movimento che poteva risultare compromettente.
"Ragioniamo, ragioniamo..."
Sasuke era convinto che se ne fosse andato, invece era ancora in casa sua.

Non riusciva a capire dove fosse, ogni volta che aveva parlato aveva percepito la sua voce provenire da punti differenti.
"Lo so cosa ha detto Madara, ma non ho intenzione di lasciar perdere." Boffonchiò, parlando a sé stesso, lo spirito, lasciandosi sfuggire un urlo isterico, che per poco non rese sordo il corvino che, appena sentito nominare il nome dell'avo, si tirò seduto.
"Obito?" Chiese, vagando con lo sguardo nel buio.
"Sasuke! Finalmente ti sei svegliato! Forza, non abbiamo molto tempo." Urlò di nuovo, frettolosamente, quello che sembrava essere davvero Obito.
"Obito sei davvero tu? Si può sapere cosa ci fai in casa mia a notte fonda? Come diamine sei entrato?" Disse, stupito che davvero il suo strambo cugino avesse avuto la malsana idea di introdursi in casa sua
Sasuke accese la luce della lampada e si guardò in torno, non trovando nessuno in camera sua.
Chiuse e riaprì piu volte gli occhi, mettendo maggiormente a fuoco ciò che lo circondava, ma non vedendo comunque nessuno.
"Obito? Ma dove sei?" Domandò, stranito.
Ormai non avrebbe più dovuto sorprendersi di nulla dopo tutto quello che aveva vissuto in quella notte eppure, per poco, non gli venne un infarto quando scoprì dove si trovava il cugino.
''Buon Natale Sasuke!" Disse lo strambo Uchiha sorridendo, prima di cadere dal soffitto, a testa in giù, trapassando Sasuke e il letto.

Sasuke si sentì congelare, aveva la pelle d'oca e gli era bloccata la respirazione per quel breve istante.
Subito uscì da sotto le lenzuola e, una volta in piedi, fece un respiro profondo, guardando con gli occhi spalancati il soffitto.
"Accidenti, non mi ci sono ancora abituato." Borbottò, spuntando dalla parete dietro il cugino che indietreggiò subito, cadendo a terra.
"Merda!" Imprecò, toccandosi la testa che aveva sbattuto contro il comò, aumentando il dolore che già pativa.
"Oh... ti chiedo scusa, Sasuke!
Sono proprio una frana!" Disse, portandosi una mano dietro alla testa con un sorriso tirato sulle labbra, Obito.
Riaperti gli occhi, Sasuke mise a fuoco la figura dinanzi a sè: era proprio Obito, non c'erano dubbi, però aveva qualcosa di diverso, oltre la consistenza corporea inesistente.
La parte del viso rovinata era di color bianco e l'occhio mutato, proprio come quello del fratello, mentre la sinistra era rimasta invariata.
Doveva esserci di sicuro una spiegazione: come era possibile che suo cugino, che era vivo, fosse uno spirito?
Sasuke non fece in tempo a domandarglielo, perchè l'uomo parlò per primo, agitandosi.
"Siamo in ritardo, accidenti! Presto, presto... dobbiamo andare!" Gli disse, dando uno sguardo all'orologio, mentre gli tendeva una mano per aiutarlo ad alzarsi.
Il corvino alzò un sopracciglio, sconcertato dal comportamento così bizzarro dell'altro che, ritrasse, dopo poco la mano, sbuffando rumorosamente.
"Dimenticavo... sono uno spirito, per esattezza sono lo spirito del Natale presente e, ora, ti mostrerò cosa ti stai perdendo."
Detto questo, in modo molto serio, sornione, Obito chiuse l'occhio non mutato e risucchiò Sasuke con l'altro.

Il giovane si trovò ancora a terra, tra la neve che aveva imbiancato ogni parte della città.
"Ti vuoi alzare si o no?" Gli domandò, sgarbatamente, quello che doveva essere Tobi, vista la serietà del suo volto.
Una volta alzatosi, Sasuke si guardò in torno riconoscendo il luogo in cui si trovavano: era l'entrata del palazzo in cui abitava Naruto.
Entrarono, trapassando il muro, ritrovandosi immediatamente nell'appartamento del biondo.
Era già stato a casa sua, eppure gli sembrò molto diversa da come la ricordava.
C'erano tante, troppe, luci e decorazioni natalizie sparse per il soggiorno che era diventato un vero e proprio negozio di addobbi per la festa.
"È bellissimo! Non trovi cugino?" Mormorò, tornato in sè, Obito che aveva gli occhi che brillavano quanto le luci intermittenti della casa che stavano iniziando a dare fastidio al più piccolo.
"È fastidioso e pacchiano." Ringhiò, strizzando gli occhi, mentre osservava gli invitati che stavano parlando tra di loro, sorridenti e vestito con degli orribili maglioni natalizi.
"E fuori moda." Aggiunse, aspro, cercando il proprietario di casa che ancora non si era visto.
"Certo che sei proprio un rompicazzo." Rispose stizzito Tobi, lanciandogli un'occhiata di astio che venne ricambiata immediatamente.
L'altro poi scoppiò a ridere fragorosamente per l'imbarazzo e la tensione, tornando poi in silenzio non appena Naruto fece l'entrata nella stanza, portando tutta l'attenzione degli ospiti su di lui.
"Naruto? Tutto bene?" Chiese, il ragazzo con il codino, vedendo che l'amico non aveva una bella espressione sul volto.
Naruto alzò gli occhi dal telefono che aveva tra le mani, elargendo uno dei suoi grandi sorrisi che mettevano sempre di buon umore tutti.
"Scusate ragazzi, credo di aver bruciato l'arrosto." Disse, grattandosi una tempia, mentre gli altri si guardavano sguardi complici e perplessi.
"Sei la solita testa quadra Naruto! Sempre tra le nuvole!" Inveì la bionda Ino, incrociando le braccia al petto.
"Come hai potuto bruciare l'arrosto! Che spreco di carne... mi sento quasi male." Sospirò, lasciandosi cadere sul divano, il ragazzo con un grande maglione rosso addosso che lo faceva sembrare ancora più robusto.
"Scusate, mi sono distratto giusto un minuto e-" Si interruppe, andando a controllare di nuovo il telefono che nel mentre aveva vibrato.
Il suo sguardo si era fatto subito serio e spento, non appena aveva acceso lo schermo che subito aveva oscurato, rimettendoselo in tasca.
"Naruto, rassegnati: non verrà." Parlò di nuovo Shikamaru, avvicinandosi per poggiargli una mano sulla spalla, consolandolo.
Il biondo rimase con lo sguardo puntato a terra, sui pacchi regali posti sotto l'albero.
Sembrava molto avvilito e deluso, ma non rassegnato, difatti guardò di nuovo il telefono quando ricevette un'altro messaggio.
"È Sakura... dice che ha avuto un imprevisto, ma che arriverà presto." Riferì ai compagni, tornando in sè.
"Mi stavo giusto chiedendo dove fosse finita! Manca solo lei, poi-" iniziò a dire Ino, che venne interrotta prima che potesse finire di parlare.
"E poi potremo iniziare a mangiare!" Concluse Choji, toccandosi lo stomaco, su cui era disegnata una renna deformata.
Tutti si misero a ridere, mentre il povero ragazzo veniva preso a pugni dall'amica, infuriata per essere stata interrotta.

"Sembrano simpatici i tuoi amici!" Commentò Obito, girovagando per la stanza tra di loro.
Sasuke lo guardò soffermarsi ad osservare Naruto che sembrava avergli suscitato un certo interesse.
Sul suo volto apparve un sorriso amareggiato, mentre gli trapassava il viso con la mano.
"Perchè è così triste?" Chiese, ritornandogli di fianco, continuando a guardarlo da lontano.
"Non è triste, sta ridendo, non vedi?" Sbuffò Sasuke, mantenendosi calmo.
"Ciò non vuol dire che sia felice e poi, ti vorrei ricordare, che poco fa aveva lo sguardo più vuoto e freddo di ora." Lo riprese, indicandolo.
Sasuke lo sapeva bene il motivo per cui Naruto aveva quell'aria accorata, lo conosceva bene, non si sarebbe mai rattristato così tanto per nient'altro, se non per lui.
"Giuro Naruto che se non metti via quel dannato telefono... lo do in pasto ad Akamaru!" I denti appuntiti del ragazzo si sporsero dalla sua bocca in un ringhio, mentre sbatteva le mani sul tavolo, facendo notare il comportamento irritante all'amico.
L'altro subito lo ritirò, sorridendogli, cercando di difendersi come meglio poteva.
"Calmati Kiba, solo che sto aspettando la chiamata di Sakura.
Sono preoccupato, magari le è successo qualcosa." Disse, poggiando il telefono.
"Non prendermi per il culo, Naruto! Lo sappiamo tutti che non è quello il motivo per cui fissi quello schermo da ore!" Lo riprese, adirandosi di più.
Le parole del biondo non avevano convinto ne lui ne gli altri che lo stavano guardando in silenzio, rattristati per il suo stato d'animo.
"Lo sappiamo Naruto che tu e Sakura ci tenete molto alla sua presenza, però non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima volta che non si presenterà." Intervenne, una ragazza dai capelli mori, raccolti in due chignon laterali, cercando di far accettare la realtà al ragazzo.
"Tenten, è inutile continuare a dirglielo... tanto continuerà ad aspettare a vuoto, fino a quando finalmente non si stancherà, resosi conto di quanto Sasuke sia una persona di merda... quel fighettino emo." Tornò di nuovo all'attacco il castano, alzando le braccia al cielo, sempre con espressione cagnesca in volto.

Il labbro di superiore di Sasuke si sollevò leggermente e la vena sul suo collo iniziò a gonfiarsi, diventando evidente.
Aveva sempre avuto un'antipatia incondizionata verso quel ragazzo, che si credeva tanto migliore di lui, quando in realtà non valeva nemmeno un suo capello.
Kiba era sempre stato arrogante e scontroso con lui, intromettendosi tra lui e Naruto ogni qual volta litigassero o semplicemente parlassero.
Non aveva nemmeno un lavoro vero: faceva l'addestratore di cani a tempo perso, non essendo ancora riuscito a superare gli esami dell'università per diventare un veterinario.
"Dovresti vedere la tua faccia! Sembra che tu stia per esplodere da un momento all'altro, Sasuke." Lo schernì Obito, indicandolo, mentre cercava di trattenere le risate, senza troppi risultati.
"Ce la fai a non essere fastidioso e infantile?" Sbottò, il ragazzo, che si era trattenuto sin troppo quel giorno, urlandogli addosso senza ritegno.
Le risate dell'altro diminuirono sino a svanire e l'espressione sul suo viso si fece triste e rassegnata, colpevole.
Sasuke si morse nell'immediato la lingua, pentendosi di ciò che aveva detto, sapendo quando fosse stato crudele con il cugino e ricordandosi che il suo comportamento poteva essere imprevedibile.
"Scusa Obito... non ce l'ho con te, è solo che tutto quello che mi sta accadendo... mi sta dando alla testa. Non so ancora se crederci o meno." Cercò di rimediare, voltandosi verso l'altro che continuava a rimanere mogio.

Qualcosa si ruppe nell'impatto con il pavimento, frantumandosi in mille pezzi ai piedi degli ospiti.
Naruto aveva fatto cadere una bottiglia di vino nell'afferrare per il colletto Kiba che, sorpreso quanto gli altri da tale reazione, si era lasciato afferrare senza rendersene conto.
"Adesso basta! Non voglio più sentire parlare male di Sasuke, chiaro?
Non nominarlo mai più attribuendo il suo nome con tali aggettivi o giuro che con me hai chiuso!
E questo vale per tutti quanti!" Urlò, stringendo saldamente il pugno, mentre fissava negli occhi l'altro che aveva notato una strana energia impossessarsi del biondo.
"Naruto mettilo giù, lascialo perdere, lo sai che è un attaccabrighe...
E non è il caso di rovinarsi la festa per colpa di qualcuno che non è nemmeno presente.
Pensiamo a divertirci ed a passare una buona serata." Riportò la tranquillità Shikamaru, convincendo Naruto a lasciar andare Kiba che si toccò il collo più volte, allontanandosi con lo sguardo basso da Naruto che aveva stretto i denti e chiuso gli occhi, parlando di nuovo.
"Voi non potete capire... non capirete mai cosa significa per me la sua presenza.
Voi potrete anche passare un buon Natale senza di lui... nonostante tutto, non posso biasimarvi, non lo conoscete come lo conosco io, non comprendete il perchè io tengo così tanto che lui faccia parte del mio Natale." Concluse il biondo, afferrando una bottiglia dal tavolo, prima di andarsene dalla stanza, lasciando da soli i suoi ospiti a guardarsi tra di loro, senza più sapere cosa fare.

"Naruto..." sussurrò l'Uchiha, rimasto colpito dalle parole del suddetto che, a differenza degli altri, aveva compreso appieno.
Proprio come quando lo aveva visto tanto arrabbiato e deluso dal comportamento delle due bambine nei suoi confronti, in quel momento avrebbe voluto essere davvero presente fisicamente per dargli conforto.
Quel ragazzo era stato l'unico ad avvicinarsi tanto a lui da riuscire a conoscerlo e a farsi apprezzare, nonostante tutte le bariere e gli ostacoli di cui si era munito l'Uchiha per evitare ogni rapporto con gli altri.
"È davvero un buon amico... dovresti essergli grato per come ti ha difeso, nonostante l'altro non avesse tutti i torti." Lo ridestò dai sui pensieri il cugino, giratosi verso di lui.
Sasuke si stava torturando i lembi della maglia, proprio come faceva da piccolo, quando si trovava in situazioni nuove, sconosciute, che gli incutevano paura e non sapeva come affrontare e gestire.
"Perchè non ti sei presentato? I tuoi amici sarebbero felici e sorpresi di vederti." Continuò, sospirando, rimasto forse più colpito di Sasuke da quella scena.
"Perchè io non li reputo miei amici e non ho bisogno di loro, sono solo una distrazione dalle mie ambizioni  e una perdita di tempo che potrei occupare per fare cose più fruttuose." Rispose, senza pensarci, talmente abituato a quel tipo di domande che ormai non si fermava nemmeno a pensare a cosa dire, rispondendo in automatico.
La risposta non piacque affatto all'uomo che mutò l'espressione del viso in una smorfia irata, arricciando ancora di più le piaghe sulla parte destra del viso.
"Non avere ambizioni nella vita non le da un senso, ma vivere nella solitudine e nel disprezzo degli altri è ancora peggio: non può definirsi vivere, è limitarsi a esistere.
Le persone come te sono quelle che sopporto di meno... così arroganti e saccenti, che credono che il mondo ce l'abbia solo con loro solo perchè hanno sofferto in passato, non rendendosi conto che potrebbero alleviare il loro dolore, anche di poco, insieme alle poche persone di cui sono riuscite a circondarsi.
Permettimi di dirti una cosa: sei solo un vigliacco se pensi che la dedizione al lavoro e l'isolamento ti possano permettere di non affezzionarti, minimamente, a nessuno, perchè ci sarà sempre qualcuno che riuscirà a entrare nel cuore anche più freddo.
Sta a te, poi, lasciare che lo riscaldi o spegnere anche l'ultimo tizzone rimasto."
Ogni parola detta dal cugino, che aveva sempre ritenuto poco maturo e beota, erano cariche di sentimento.
Sasuke ebbe l'impressione che avessero colpito più lui, che le aveva dette.
Obito aveva continuato a mantenere lo sguardo duro nonostante gli occhi tristi e vuoti, proprio come quelli di Naruto.
Lui e Naruto non erano poi così differenti, così come non lo erano Kakashi e Sasuke: entrambe le amicizie erano state compromesse per gli stessi motivi.
Obito avrebbe fatto il possibile per evitare al cugino di prendere la strada che Kakashi aveva deciso di intraprendere: una vita di solitudine, tristezza e di rimpianti.

"Perchè siamo qui?" Chiese Sasuke, guardandosi intorno, confuso, nel trovarsi in città, tra la gente che gli passava in mezzo facendolo rabbrividire.
Nessuno dei due aveva più parlato dopo il discorso del più grande; si erano teletrasportati senza preavviso nel centro di Tokyo, un luogo ancora peggiore della casa troppo decorata di Naruto.
"I-io non lo so. Non l'ho scelto io." Balbettò l'Uchiha più grande, alzando le spalle, confuso quanto Sasuke, mentre continuava a spostare lo sguardo tra la gente, come se fosse indispettito, alla ricerca di qualcosa.
"Che cosa?! Avrai sbagliato, qui non c'è nulla che valga la pena farmi vedere." Abbozzò il corvino, ancora più stranito, dopo la risposta datagli.
"F-forse hai ragione." Ridacchiò, grattandosi la testa, tornato sorridente come prima, Obito, come se si fosse già dimenticato della discussione con Sasuke.
Il ragazzo aveva la sensazione che il cugino fosse fin troppo agitato.
Lo vide, più volte, aprire e chiudere l'occhio normale, sgranando quello rosso, senza ottenere il risultato sperato.
"Non funziona, accidenti! Credo sia rotto!" Sbuffò, piagniucolante, dandosi delle botte con la mano sul suddetto occhio, mentre l'altro lo sguardava storto, ritrattando i piccoli ripensamenti positivi sul cugino.
"O forse sei tu che non lo sai usare correttamente, Obito." Sospirò, mettendosi le mani sui fianchi, chiudendo gli occhi che chiedevano pietà e riposo.
"Bhe... può darsi anche questo, sai sono così da poco e non mi ci sono ancora abituato." Rise sarcasticamente, tornando poi subito serio.
In effetti Sasuke aveva rimosso dalla mente il fatto che il cugino fosse vivo o, almeno, lo era stato fino a qualche ora fa quando lo aveva visto.
Lo guardò attentamente, quando non udì più la risata strozzata, domandandosi per quale motivo fosse diverso da come si era presentato Itachi.
Obito abbassò il volto a terra, distogliendolo da dove stava guardando, con una smorfia di disprezzo e tristezza.
"S-sasuke che dici di farci un giro visto che per ora l'occhio sembra non funzionare? È inutile che ce ne stiamo fermi qui!
Godiamoci Tokyo in versione Natalizia!" Disse, una volta accortosi che l'altro lo stava guardando, ricomponendosi e iniziando a fare alcuni passi invogliando il ragazzo a seguirlo.
I suoi comportamenti si facevano sempre più strani e ciò insospettiva maggiormente il giovane Uchiha.

L'ennesima persona attraversò Sasuke, facendolo rabbrividire al contatto, mentre stava osservando attentamente suo cugino.
"Mi scusi!" Sentì dire, subito dopo, tanto che il ragazzo credette che la persona che aveva parlato ce l'avesse con lui.
Quando voltò lo sguardo riconobbe subito i capelli rosa di Sakura spuntare fuori dal berretto color magenta che aveva in testa.
Guardò poi la persona a cui fossero state dette quelle parole, intravedendo la figura di Kakashi, con il viso nascosto nel libro regalatagli qualche ora prima.
Poco dopo l'uomo aveva abbassato il libro, guardando il contenuto delle buste che aveva avuto in mano fino a poco prima rovesciatasi a terra.
"Kakashi-sensei? Buonasera... M-mi scusi tanto, lasci che l'aiuti." Aveva detto Sakura, riconoscendolo mentre si accingeva a raccogliere le cose da terra.
"Sakura... da quanto tempo. Come stai?" Le sorrise, rimanendo immobile e guardandola rimediare al danno.
Sasuke sapeva già cosa aspettarsi da quell'incontro; alzò gli occhi al cielo, per poi dare uno sguardo ad Obito che con espressione cruciata fissava Kakashi.
Ora era chiaro il motivo per cui prima si stava comportando in maniera tanto strana.

"Sto bene, grazie. Lei invece?" Chiese cortesemente la giovane, abbozzando un sorriso, fremendo di passare alla prossima domanda da fargli.
"Non mi lamento." Rispose solo, scrollando le spalle.
Si creò un silenzio imbarazzante, quasi eterno, mentre la ragazza aveva abbassato lo sguardo a terra, indecisa se fare effettivamente qualche domanda su Sasuke.
"Dimmi Sakura, non temere." La incoraggiò, cogliendo la sua indecisione, sorridendole calorosamente.
La rosa ebbe un sussulto e arrossì, mentre i suoi occhi rimanevano fissi a terra.
"C-come sta Sasuke?" Chiese poi, timidamente, quasi sussurrando.
"Bene, come sempre.
Immerso nel lavoro come ben sai." Le rispose, sospirando, avvilito quanto lei da quella realtà.
Sakura annuì, spostandosi un ciuffo di capelli dall'occhio.
"Anche ora sta lavorando, suppongo...
Avevo pensato di passare per-"
Si interruppe vedendo Kakashi scuotere la testa in segno di disapprovazione.
"Non farlo, non cambierebbe nulla. Peggioreresti solo il vostro rapporto andandolo a disturbare.
Sai come è fatto: ti manderebbe via in malo modo." Si spiegò, voltando lo sguardo al lato opposto della strada, sull'altro marciapiede, sentendo la risata di Babbo Natale provenire da quel lato.

"Tsk, Kakashi..." Emise con un ringhio Obito, rimanendo con espressione cruciata.
"Non mi meraviglio che tu sia così, sapendo con chi sei cresciuto." Aggiunse, incrociando le braccia al petto e scuotendo il capo, contrariato.
Sasuke si voltò di scatto verso di lui, socchiudendo gli occhi e storcendo il naso: nessuno poteva permettersi di insultare il suo sensei, non se lo meritava affatto.
Se c'era una persona che doveva saperlo, meglio di lui, era proprio suo cugino che sapeva tutta la storie e faceva parte del club di quelli che non avevano avuto una vita smplice;  eppure sembrava non ricordarsi affatto di tutto ciò.
"Non ti permettere di insultare Kakashi.
È stato un padre e un fratello per me, l'unico che mi è sempre stato accanto e mi ha sostenuto." Gli disse, adiratosi per le parole dell'altro che per poco non gli scoppiò a ridere in faccia.
"Kakashi che si occupa con attenzione di qualcosa che non sia il suo lavoro... questa è divertente." Sospirò, prima di mettersi una mano davanti alla bocca, per trattenere una risata di scherno, Obito.
Il ragazzo lo fulminò di nuovo con lo sguardo: questi comportamenti così infantili del cugino lo mandavano in bestia.
"Taci, Obito.
Sei solo un ragazzino, un'immaturo, che non capisce un cazzo.
Sei troppo impegnato a fare l'idiota." Urlò, stringendo i pugni lungo i fianchi; se avesse potuto afferrare il cugino, l'avrebbe di sicuro picchiato.
"Come hai detto?" Si fece serio Obito, andandogli a muso, guardandolo fisso negli occhi.
"Non hai nemmeno idea di quanto Kakashi sia buono e altruista cercando di essere sempre disponibile per ogni cosa.
È sempre sorridente... eppure dentro soffre immensamente: è così solo e triste, logorato dal senso di colpa e dal dolore.
Dovresti saperlo bene, il motivo per cui sta tanto male, cugino; immagino che anche tu soffra ancora nel ricordo del passato.
Dovresti lasciarlo avvicinare e dargli la possibilità di mostrarti quanto sia cambiato, ti assicuro che non è il Kakashi che ricordi tu.
Forse così riuscirete a superare il dolore che vi siete portati avanti per così tanti anni."
Parlò, in modo più calmo, Sasuke, scostandosi dal viso fin troppo vicino al suo che aveva continuato a rimanere duro e impassibile, fino alla fine delle sue parole.
Rimasero in silenzio, fissandosi intensamente.
Le labbra di Obito iniziarono a tirarsi verso l'alto, aprendosi poi per far uscire una rumorosa risata retorica, denigratoria.
"Oddio... ma rifletti prima di parlare? Non credo tu ti renda conto di quanto tu sia incoerente.
Tu, Sasuke Uchiha, quello che vive di solitune e allontana chiunque cerchi di avvicinarlo, il ragazzo più cupo e solitario di Tokyo, mi sta facendo la predica, andando contro i suoi ideali.
Mi fai la paternale, mi dici che dovrei avvicinare Kakashi, dopo quello che ha fatto, quando tu non lasci avvicinare i tuoi amici che non hanno nessuna colpa di quello che hai passato.
Ti rendi conto di quanto tu sia ridicolo?" Lo ammonì, il cugino, asciugandosi l'occhio rosso con un dito, intervallando le parole alle risate.

Sasuke si irrigidì, cogliendo la veridicità delle sue parole, stringendo i denti e insultandosi per essersi posizionato nella parte del torto da solo.
Suo cugino non era così stupido e facile da sottomettere come pensava, stava dimostrando di avere anche lui sangue Uchiha nelle vene.
Ma il più giovane non gliel'avrebbe data vinta, non gli avrebbe permesso di avere l'ultima parola: c'era in gico il suo orgoglio.
Ma soprattutto non gli avrebbe permesso di vincere tale affronto per Kakashi; avrebbe fatto di tutto pur di convincere Obito a perdonarlo, glielo doveva per tutto quello che aveva fatto per lui.
"Sono due cose completamente diverse." Si giustificò, a denti stretti e sguardo basso, mentre cercava le parole giuste da dirgli, spezzando il silenzio creatasi.
"Hai ragione, Sasuke.
Tu non lo fai per principio, perchè hai deciso che sarebbe stata la scelta migliore che avrebbe reso più semplice la tua vita, la tua cariera lavorativa; perchè è questa l'unica cosa di cui ti importa, il lavoro e mantenere alto in nome Uchiha, che secondo te io e tuo fratello abbiano infangato abbandonando l'azienda per scopi più profondi e significativi, come aiutare gli altri, cosa che, invece, tu reputi inutile.
Mentre io lo faccio perchè sono convinto che uno come Kakashi non cambierà mai... non l'ha fatto quando eravamo piccoli, perchè dovrebbe farlo ora?
Basta guardare come sei cresciuto tu sotto la tua istruzione per capire che non e diverso da come lo ricordo.
Se si è occupato di te è stato solo per ricoscenza verso tuo padre o, forse, solo per scopi lavorativi; ha passato tutta la vita a cercare di riportare in luce il suo cognome, nel ricordo di suo padre e del suo errore.
Questa è la realtà, è inutile che cerchi di accampare scuse, cercando di convincermi del contrario: non ci crederò mai, è impossibile che sia cambiato.
Forse non cambierai nemmeno tu... mi sto rendendo conto che effettivamente sei peggio di quanto credessi." Rispose Obito, tenendo saldo lo sguardo serio e sicuro sul cugino, che cercava di reggere il confronto, senza troppi risultati.

"Suppongo che lei abbia ragione... infondo lo conosce meglio di me." Parlò Sakura, facendo spostare l'attenzione dei due Uchiha su di sè.
Aveva sorriso amareggiata, stringendo le buste colorate che aveva fra le mani.
"In realtà, in tutti questi anni, credo di non averlo conosciuto davvero.
Eppure mi è sempre piaciuto, nonostante il suo comportamento freddo e distaccato.
Ha qualcosa nello sguardo, all'apparenza freddo... in fondo tanto triste e solo, che mi spinge a volergli stare accanto." Aggiunse, guardando la carta stropicciarsi sotto la sua presa.
"Non fartene una colpa Sakura: tu non hai fatto niente di male cercando di avvicinarlo, l'hai fatto con buone intenzioi.
Il fatto è che... Sasuke è diffidente e poco collaborativo." Cercò di rassicurarla Kakashi, vedendola molto abbattuta.
"Già, in realtà credo che Sasuke non mi abbia mai sopportata... con i miei atteggiamenti oppressivi e noiosi.
Mi diceva sempre che ero noiosa e infantile.
Ho ricevuto tanti rifiuti da lui, ma non ho mai smesso di provarci, convinta che prima o poi mi avesse accettata nella sua vita, permettendomi di stargli accanto e rendergli la vita un po' meno triste e cupa." Gli disse, al ricordo dei tempi passati, mentre i suoi occhi verdi iniziavano a farsi lucidi.
Sasuke ricordava bene quanto quella ragazza cercasse in ogni modo di avvicinarlo e cercare di conquistarlo, come facevano la maggior parte delle ragazze della scuola.
Credeva che, prima o poi, dopo averla ignorata e respingerla smettesse di scocciarlo.
Non gli era mai piaciuta quella competività che avevano le ragazze per lui: lo trattavano come un oggetto, un premio da vincere, non consideravano minimamente ciò che era, a loro importava solamente avere il ragazzo più bello della scuola.
Sperava che Sakura fosse uguale a loro, competendo con l'amica Ino nel cercare di averlo.
Invece, a differenza della bionda, che presto si era stancata del suo comportamento sgarbato e si era trovata, un'altro ragazzo che, a parere dell'Uchiha, era la sua brutta copia, Sakura aveva continuato a mostrare interesse, distinguendosi da tutte.
Così si era convinto che la ragazza nutriva un interesse più profondo per lui, ma ciò non lo aveva mai interessato più tanto: rimaneva sempre una scocciatura.
Aveva imparato a sopportarla, con il tempo, come aveva fatto con Naruto che aveva continuato ad insistere nell'essere suo amico, nonostante la rivalità che nutrivano l'uno nei confronti dell'altro.
Era riuscito ad accettare, o quasi, la loro presenza forzata nella sua vita, che comunque rimaneva scomoda e d'intralcio alle sue ambizioni.
Aveva persino dato una possibilità alla ragazza, qualche mese dopo la litigata violenta con Naruto, ma purtroppo non era riuscito a tollerare ciò che implicava una relazione: dopo pochi giorni le aveva detto che non faceva per lui e che doveva smetterla di andargli dietro a vuoto, era inutile illuderla ancora, secondo lui.
Aveva persino avuto riguardo, nel dirglielo, cercando di essere il meno sgarbato e duro possibile, per non farla star male maggiormente, ma le sue parole non avevano lo stesso convinto la ragazza, che aveva continuato imperterrita a volerlo.
A quel punto, l'Uchiha, se ne era sbattuto bellamente: dopo tutto quello che aveva fatto, con estrema cautela e calma, per cercare di non ferirla maggiormente, se lei non aveva voluto cambiare idea erano fatti suoi, lui di certo non sarebbe più stato clemente.

"Posso sapere come è riuscito ad instaurare un rapporto con lui?
Non mi capacito, dopo tutto quello che ho tentato di fare, di non esserci riuscita anche io.
Vorrei tanto capire cosa lo fa essere così solitario e triste." Aveva detto, poi, senza dare il tempo all'Hatake di rispondere alle affermazioni precedenti.
Sakura era fatta così: quando iniziava a parlare non la smetteva più.
Kakashi si era passato una mano dietro alla testa, sgranando l'occhio buono, per poi sorridere debolmente alla ragazza.
"Bhe... il nostro rapporto è diverso da quello che potresti avere tu con lui.
Diciamo che... io sono più come un fratello o un amico per lui, diciamo che siamo legati entrambi dal ricordo del passato." Si pentì subito di aver detto tale frase, vedendo che Sakura si era fatta più attenta e aveva subito riaperto bocca per parlare.
"Non credo sia giusto dirti certe cose, dovrebbe farlo Sasuke, perchè si tratta del suo passato." Aveva aggiunto, sperando di non offendere la rosa che lo guardava speranzosa di ricevere una risposta ai suoi dubbi.
"Oh... capisco. Ha ragione, non avrei dovuto essere tanto insistente e annoiarla con i miei pensieri.
Scusi tanto, è che a volte sono un po' logorroica." Disse, sforzandosi di sorridere e strizzando gli occhi per contenere le lacrime, che, pian piano, sentiva sempre più premere per uscire.
Kakashi sospirò, aggrottando la fronte, impietosito e dispiaciuto per la giovane, che si struggeva tanto per Sasuke.
Si morse il labbro, sotto la maschera, indeciso sul da farsi.
"Ci sono diversi modi per affrontare un avvenimento spiacevole come la perdita di una persona cara." Iniziò a dire, cercando di rimanere vago nel parlare.
Subito Sakura gli puntò gli occhi addosso, attenta ad ogni parola che l'uomo le stava dicendo.
"Alcuni, come Naruto, non vogliono stare da soli per evitare di essere sovrastati dai ricordi, cercando di distrarsi in ogni modo...
Trovano conforto negli altri, nella compagnia degli amici, si affidano alle loro cure.
Sono sempre solari e sorridenti, apparendo agli occhi degli altri felici.
Di solito questo tipo di persone hanno una grande nobiltà d'animo e cercano di essere buoni con tutti, comprendono bene gli altri e mettono il cuore nel fare ogni cosa e soprattutto vogliono aiutare chi sta male." Disse, iniziando a spiegare la sua teoria alla ragazza che annuiava convulsamente ad ogni parola.
"Ora capisco perchè Naruto è stato l'unico, oltre a lei, a riuscire ad avvicinarsi di poco a Sasuke.
Anche lui ha avuto un grosso dispiacere.
Ci tiene molto a lui, forse più di me, e farebbe di tutto pur di aiutarlo." Intervenì, iniziando a vedere le cose in modo più chiaro, al ricordo di alcuni atteggiamenti dell'amico.

Kakashi rimase con la bocca semiaperta, venendo interrotto da Sakura, fermando le parole che stava per dire.
Abbassò le spalle, sconsolato, emettendo un'altro sospiro, avendo perso il filo del discorso.
Si schiarì poi la voce, una volta che la ragazza si zittì, tornando a parlare.
"Stavo dicendo... questo è il primo modo per affrontare il passato.
Ci sono poi le persone che rimangono talmente scosse dall'avvenimento che pur di evitare di soffrire di nuovo, si dissociano dagli altri, rimanendo in solitudine.
Questo però comporta dei rischi: i ricordi continuano a tormentarti e a farti del male, facendoti sentire ancora più solo.
Così sei costretto a trovare una distrazione, qualcosa che ti occupi sempre la mente.
Per Sasuke questa distrazione è stato d'apprima lo studio e poi il lavoro, due cose che lo hanno sempre mantenuto impegnato, spronandolo ad andare avanti, per ottenere dei buoni risultati.
Come ben sai Sasuke tiene molto all'azienda di famiglia; questo è stato un motivo in più che gli ha permesso di impegnarsi al massimo.
Anche ciò, però, ha degli effetti collaterali.
Con il tempo quello che era un diversivo per tenere la testa lontana dai ricordi, diventa un'ossessione e inizi a perdere completamente l'interesse per tutto quello che ti sta intorno: il lavoro diventa la tua unica ragione di vita.
E ciò, significa anche rimetterci le poche amicizie che sei riuscito a crearti e a cui, magari, non hai mai dato molta importanza, ma che, nel futuro, quando avrai bisogno rimpiangerai, ritrovandoti davvero solo."
Kakashi abbassò lo sguardo a terra, alla pronuncia delle ultime parole, deglutendo un grumo di saliva che gli si era fermato in gola.
Anche Sakura rimase abbastanza scossa e angosciata da tali parole che accrebbero ancora di più la sua voglia di far parte della vita di Sasuke.
"I-o non credevo... non ho mai pensato che potesse essserci dietro, al comportamento di Sasuke, tutto questo..." Balbettò, portandosi una mano al cuore che le sembrava uscirle dal petto.
"Lo so quanto può essere difficile, so anche quanto può essere faticoso star accanto ad una persona così... che non fa altro che mandarti via.
Però ti chiedo... vi chiedo, a te e Naruto che siete suoi amici, di continuare a stargli vicino nonostante tutto.
Spero che presto si renda conto di star sbagliando." Le disse, posandole una mano sulla spalla, sorridendole per ringraziarla di essere un'amica di Sasuke.
La ragazzà alzò lo sguardo verso l'uomo, ricambiando il sorriso e asciugandosi gli occhi che iniziavano a lacrimare.
"Adesso basta con questi discorsi tristi!
È Natale... vai dai tuoi amici e divertitevi con o senza Sasuke." La scrollò, prima di allontanarsi da lei, indietreggiando, sempre sorridendo, prima di salutarla.
"La ringrazio tanto Kakashi-sensei... mi è stato molto utile ascoltarla.
Le prometto che non abbandonerò mai Sasuke e anche Naruto, che non ho mai pensato soffrisse tanto a sua volta." Rispose, afferrandogli la mano, non permettendogli di andarsene.
"Kakashi-sensei..." Iniziò a dire, guardando negli occhi, o meglio nell'occhio, l'uomo che la osservò a sua volta con attenzione.
"Perchè non viene anche lei alla festa? Sarebbe un ospite gradito: tutti la conoscono e la stimano.
Sempre se... se non ha nulla di meglio da fare." Aggiunse, guardando le buste che aveva riempito poco prima con cibo per cani e pasti precotti, intuendo che fosse solo.
L'uomo ridacchiò, divincolandosi dalla stretta di Sakura.
"Ti ringrazio dell'invito Sakura, ma devo rifiutare.
Saluta e augura buone feste da parte mia a tutti." Cercò di chiudere la conversazione, salutandola con la mano.
"M-ma Kakashi-sensei..."
"Sakura, io faccio parte della terza tipologia di persone...
All'inizio anche io ero come Sasuke, solitario e dedito a ciò che facevo, mi atteggiavo davvero male con gli altri, ero arrogante e presuntuoso, facevo di tutto pur di allontanare le persone.
Ho capito, troppo tardi, di star sbagliando, perdendo gli unici amici che avevo, che mi sono sempre stati vicino.
Tutti i giorni mi pento di come mi sono comportato... se potessi tornerei indietro, ma so che non è possibile.
Non voglio che Sasuke si senta come me, per questo voglio che lo aiutate, anche se, spetta a lui la decisione finale." Le spiegò, interropendola, mettendole una mano davanti alla bocca, mascherandosi con uno dei suoi sorrisi tristi.
"Può ancora rimediare!
Deve mostrare a quelle persone che è cambiato!
Non è mai troppo tardi per sistemare le cose." Disse, quasi urlando, con la voce rotta Sakura, sentendosi male per lui.
Kakashi continuava a sorridere, senza mostrarsi debole davanti a quei ricordi che tanto lo logoravano.
"Ormai è impossibile...
Lei ha perso la vita e l'altro reputa me morto.
Oggi è il giorno che mi concedo per ricordarli, per riflettere su ciò che ho fatto, più degli altri giorni.
Questa è la mia punizione, la mia condanna, per essere stato tanto malmostoso e villano...
Buon Natale Sakura." Disse, scuotendo il capo, prima di darle le spalle ed andarsene nella direzione opposta, lasciando la ragazza, immobile.
Sakura lo osservò andare via, in lacrime,  percependo la sofferenza dell'uomo.
La gente che passava a fianco, spingendola, ma lei era troppo scossa internamente per curarsene.

Sasuke deglutì, trattendendo le lacrime che sentiva premere nell'uscire dagli occhi che avevano iniziato a rifargli male.
Tutto quello che Kakashi aveva detto lo aveva fatto riflettere: come al solito il suo sensei era l'unico che riuscisse davvero a farlo ragionare.
Qualcosa in lui stava cambiando: pian piano percepiva una parte di sè voler seguire i consigli dell'Hatake.
Strinse i pugni lungo i fianchi, chiudendo gli occhi per non permettere alle lacrime di scendere e cercando conforto dal dolore.
Se solo avesse potuto fare qualcosa per il suo maestro, invece era impotente; Sasuke Uchiha con le spalle al muro, chi l'avrebbe mai immaginato.
Forse era troppo tardi per Kakashi, ma non per lui, doveva solo mettere da parte l'orgoglio e l'odio ed aprirsi agli altri, ma c'era sempre qualcosa che lo fermava, che gli impediva di farlo.
La paura di soffrire, di star male, era troppa, lo teneva fermo nelle sue convinzioni.
Voltò di scatto la testa verso Obito, di cui aveva quasi dimenticato la presenza, sentito un singhiozzò strozzato.
"Obito?" Lo chiamò, cercando di scorgere il suo viso, copertosi con una mano.
Probabilmente le parole di Kakashi avevano colpito anche lui, come era giusto che fosse, essendo uno dei suoi dispiaceri.
"Idiota di un Kakashi..." Farfugliò, tirando su con il naso.
"Ti avevo detto che era cambiato.
Dovete assolutamente parlare e riconcigliarvi." Tentò di nuovo, con tono più calmo e comprensivo continuando a guardarlo.
Un altro singhiozzo fece sussultare il più grande, che si asciugò frettolosamente le lacrime dagli occhi, voltandosi poi verso Sasuke, facendogli spalancare la bocca.
"Temo che questo non sia possibile, Sasuke." Disse, con voce tremante, sorridendogli tristemente.
"O-obito, la tua faccia è tornata normale." Lo indicò, con gli occhi sgranati.
La parte destra del viso non era più bianca e il suo occhio era mutato, diventando rosso come l'altro.
"Ora posso morire felice." Gli rispose, attivando il potere oculare e ritrasferendo Sasuke in camera sua.
"Come sarebbe a dire? Non puoi morire!
E-e poi io... io ti ho visto qualche ora fa ed eri vivo!" Urlò Sasuke, portandosi le mani alla testa, iniziando a non capirci più nulla.
"Sono stato investito poco dopo che te ne sei andato, mi hanno portato in ospedale in coma.
Una parte di me era ancora viva mentre l'altra no, per questo avevo il viso e l'occhio diversi dall'altro lato.
Ma... a quanto pare ora sono morto." Spiegò, al ragazzo che si era seduto sul letto, in preda ai dolori.
"Non è giusto! Non può finire così, non adesso che avevate l'opportunità di chiarirvi.
Merda! Quando Kakashi saprà della tua morte starà malissimo.
Non posso accettare tutto questo, non posso.
V-voi... non ve lo meritate."
Sasuke si sentì stringere il cuore, si sentiva davvero male.
Non riusciva più a mantenere la calma, era davvero troppo, troppo per una notte sola tutto quel dolore.

"È colpa di Madara: è lui che mi ha ucciso." Disse serio, avvicinandosi al cugino, che alzò la testa indispettito da tali parole.
Ancora Obito si ostinava a dare spiegazioni, di quello che gli accadeva, dicendo che fosse opera di Madara.
"Lo so che tu non mi credi, nessuno mi ha mai creduto.
Tutti pensate che io sia pazzo... me ne rendo conto, non sono stupido.
Ma ti assicuro che io lo vedo, lui vive in me e mi dice cosa devo fare e se non gli do retta, me la fa pagare." Continuò, abbassando la voce pronunciando l'ultima frase, come per impedire a qualcuno, a Madara, di sentirli.
Sasuke rabbrividì a tale discorso, iniziando a credere a tutto ciò che il cugino gli stava dicendo: ormai niente era impossibile dopo questa nottata.
"Lui non voleva che io ti aiutassi a vedere.
Me l'aveva detto che se l'avessi fatto l'avrei pagata cara." Confessò, sospirando, mettendosi le mani sui fianchi.
Il senso di colpa, dopo quelle parole, iniziò a crescere in Sasuke, sentendosi l'artefice di tutto.
"Perchè hai disubbidito, se ne dava della tua vita?" Chiese, stupito e perplesso.
Obito si passò una mano dietro alla testa, ridacchiando imbarazzato, ritornando poi serio.
"Bhe... perchè, infondo, non mi importava di poter morire, non avevo più nulla che mi legasse alla vita.
Se fossi morto finalmente avrei potuto ricongiungermi con Rin.
Adesso finalmente potrò raggiungerla..." Iniziò a dire, mentre i suoi occhi iniziavano ad inumidirsi di nuovo.
"E... poi mi facevi pena." Ammise, in un sorriso triste.
"Non volevo che passassi il giorno di Natale e quelli successivi da solo, volevo aiutarti.
Certo... non mi sarei mai aspettato di riscontrare una situazione simile.
Non credevo che avrei assistito a una scena simile che mi avrebbe fatto cambiare idea su Kakashi." Aggiunse, iniziando poi a svanire lentamente, sotto gli occhi dispiaciuti di Sasuke.
"Mi dispiace non potergli dire che lo perdono.
Ti prego Sasuke di dirglielo tu.
Spero di aver compiuto la mia missione di aprirti gli occhi e che ora cambierai o, almeno, mi auguro ci proverai.
Addio cugino e buon Natale." Lo salutò Obito, facendogli un gesto con la mano, con grande sorriso sul volto, senza dare il tempo al ragazzo di rispondergli.

Sasuke rimase immobile, al buio, a guardare un punto nel vuoto dinanzi a sè.
Il cuore era come impazzito, i polmoni quasi non se li sentiva più, credeva di svenire per mancanza d'aria.
Il suo cervello era andato in tilt, annebbiato dai ricordi, dal dolore e dal senso di colpa.
Pensare lucidamente iniziava ad essere difficile.
Già dopo la visita di Itachi, aveva iniziato a non riflettere più in modo corretto, ma con il susseguirsi degli avvenimenti, era andato a peggiorare: che fosse impazzito?
Accese l'abajour, sperando che smettendo di brancolare nel buio avrebbe trovato una risposta, schiarendosi le idee.
Si passò una mano tra i capelli, mentre camminava per la stanza, cercando di riprendersi.

Ore 2.50

Mancava poco all'arrivo del terzo spirtito.
Aveva deciso: si sarebbe fatto mostrare il suo fururo, ormai non poteva astenersi, non sarebbe stato corretto.
Poi, subito dopo, si sarebbe diretto a casa di Naruto sperando di trovare lì ancora tutti, in caso contrario sarebbe andato a suonare ad ogni campanello delle loro case, pur di augurare ad ognuno di loro buon Natale.
Infine, sarebbe passato da Kakashi dandogli la triste notizia e rimanendogli accanto, cercando di confortarlo, come lui aveva fatto in passato, per tutti quegli anni.
Sì, questa era la cosa giusta da fare.
L'Uchiha non riusciva a stare fermo, era in trepidazione, non aspettava altro che potersene uscire da quella stanza.
Il tempo non sembrava passare, la lancetta dell'orologio andava a rilento, facendo rintoccare i secondi con una lentezza inaudita.
Sospirò, massaggiandosi gli occhi, appannati un po' per le lacrime un po' perchè la malattia aveva iniziato a degenerare.
Gli riaprì, guardandosi nuovamente in torno: la stanza era un disastro; il letto era completamente sradicato e c'erano pillole in giro per tutta la stanza.
Si inginocchiò a terra, deciso a raccoglierle, per far passare il tempo rimasto prima dell'arrivo dello spirito.
Era talmente esasperato che le contava una per una, ad alta voce, pur di fare qualcosa che lo tenesse occupato.
"Venticinque, proprio come il giorno di Natale..." Disse, raccogliendo l'ultima da sotto il letto e mettendola nel contenitore, scuotendolo e accorgendosi che non ne aveva utilizzate poi molte.
Si rialzò in piedi, a fatica, sentendo le ginocchia emettere uno scricchiolio fastidioso.
Buttò la scatola nel cestino, rimanendola a fissare per un istante, immersa nei fogli accartocciati.

Ore 03.25

Sgranò gli occhi, ci aveva messo più tempo del previsto per trovarle tutte. Si accorse, inoltre, che lo spirito era in ritardo.
Digrignò i denti: ci mancava solo che avesse dovuto attendere di più.
Tutti gli altri erano stati puntuali, come era stato detto da Sakumo, perchè l'ultimo, quello più importante, ma allo stesso tempo che lo inquietava di più, doveva farsi attendere?
Iniziò nuovamente a camminare in giro per la stanza, con le braccia incrociate, fermandosi di tanto in tanto a guardare l'orologio, battendo il piede a terra.
Aveva troppa adrenalina in corpo per stare fermo, doveva fare qualcosa.
Non aveva intenzione di aspettare un minuto di più: se lo spirito non si era presentato probabilmente era perchè non ce ne era più bisogno.
Sasuke aveva deciso di cambiare, non aveva bisogno di qualcun altro che lo convincesse maggiormente.
Frettolosamente iniziò a svestirsi, per poi cercare dei vestiti da indossare nell'armadio.
Si vestì senza badare a cosa aveva afferrato, si mise il giubbotto e iniziò a cercare le chiavi dell'auto che era convinto di aver lasciato nella giacca da lavoro.

Ore 03.33


''Sasuke Uchiha, quale piacere." Sentì sibiliare alle suo spalle, mentre controllava se le chiavi fossero nel letto.

"Sei in ritardo." Disse, lanciando uno sguardo all'orologio da polso, passando a controllare al comodino, aprendo i cassetti e infilando la mano alla cieca, senza voltarsi.
Sentì una risata profonda echeggiare nella stanza, che gli entrò nella testa, facendogli provare un dolore lancinante.
"Sono in orario invece.
Mai sentito dire che le 03.33 è l'ora del Diavolo?" Chiese, tornato serio, l'ultimo spirito, facendo rabbrividire il ragazzo che, una volta attutito il dolore, si girò di scatto cercando il proprietario di quella voce.
La stanza era poco illuminata, ma si potevano ben distinguere i contorni delle figure.
Sasuke alzò lo sguardo anche verso il soffitto, ricordandosi che suo cugino gli era apparso proprio da sopra la testa, ma nemmeno sopra di lui c'era nessuno.
Tornò a cercare le chiavi, deciso ad ignorare quella voce, sperando di trovarle il prima possibile.

"Stai cercando qualcosa, Sasuke?" Parlò di nuovo, tra un ghigno e l'altro, colui che si era proclamato il Diavolo.
L'Uchiha continuò a ignorarlo: non gli era piaciuto che si fosse presentato in ritardo, in più il modo arrogante e superiore con cui si era presentato non lo convinceva per nulla.
Non riusciva ad associare la voce di quell'uomo a nessuno del suo clan; a differenza degli spiriti precedenti, che erano Uchiha che conosceva, questo pareva essere a lui sconosciuto.
Era sicuro si trattasse di un Uchiha, seguendo la logica, eppure quella voce non gli diceva nulla, gli metteva solo i brividi.
Di nuovo la risata sadica riecheggiò nella casa, facendola tremare.
"Sei proprio un Uchiha.
Il tuo carattere e il tuo sguardo freddo e superiore... tipico del nostro clan.
Adesso però smettila di ignorarmi, iniziò a spazientirmi e non ti conviene affatto farmi arrabbiare: non sai con chi hai l'onore di poter parlare." Continuò, serio e sicuro di sè lo spirito cupo.
"Io so solo che non ho bisogno del tuo aiuto: ormai so cosa devo fare, non c'è bisogno che mi mostri il mio futuro.
Sei arrivato tardi, ora non ho tempo da perdere.
Puoi tornartene da dove sei venuto." Rispose, sbuffando, Sasuke, indispettito dall'irruenza dell'altro e stufo di non trovare le chiavi.
L'altro rise, rise di nuovo, mentre la testa del ragazzo sembrava scoppiare.
Sasuke si mise le mani sulle orecchie, digrignando i denti, mentre gli occhi pulsavano e iniziavano a percepire la stanza in modo sfuocato.

"Vai da qualche parte?"
Il tintinnio delle chiavi lo fece tornare vigile; si voltò, nella direzione del rumore, aguzzando lo sguardo cercando di concentrarsi nel scorgere qualcosa.
Due occhi rossi spuntarono nel buio del fondo della stanza, rossi e profondi, proprio come quelli degli  spiriti precedenti.
Eppure avevano qualcosa di diverso, di spaventoso e inquietante.
Sasuke si sentì oppresso da quegli occhi che erano fissi su di lui e lo scrutavano attentamente.
Deglutì, facendo qualche passo in avanti.
Più si avvicinava più sentiva caldo, un caldo afoso e asfissiante; a differenza degli altri che portavano con la loro presenza una brezza fredda ma leggera, quella sensazione era pesante da far svenire.
"Chi sei?" Riuscì a chiedere, timoroso e poco sicuro di voler sapere effettivamente di chi si trattasse.
L'altro soffiò, divertito dal comportamento che stava avendo il giovane Uchiha, ignaro di chi si stava per presentare a lui.
"Puoi chiamarmi in tanti modi: Spirito del Natale Futuro, Diavolo, Satana o, semplicemente bisnonno Madara." Rispose, con tranquillità, l'avo, materializzandosi da un vortice nero.

Sasuke trattenne il respiro, sentendo i polmoni andare a fuoco al sentire quel nome.
Subito gli apparse davanti agli occhi il viso sorridente di Obito, che svanì un istantante dopo nell'oscurità, risucchiato da quegli occhi oscuri.
Iniziò a digrignare i denti, mentre l'odio per il suo antenato lo pervadeva: tutta la stima e il rispetto per quell'uomo, che una volta aveva ritenuto grande imprenditore, era svanito nell'instante in cui il cugino gli aveva detto cosa aveva fatto.
Il fondatore dell'Uchiha Corporation, fece la sua apparizione, materializzandosi davanti al corvino, che iniziava a sentire quel caldo opprimerlo sempre di più.
L'uomo era alto e indossava la stessa tunica degli altri due che l'avevano preceduto.
Aveva dei lunghi capelli neri, come ogni Uchiha, che gli scendevano lungo la schiena pesanti e scalati.
Il viso era pallido e con un'espressione seria e crucciata, gli occhi rossi, penetranti e avidi, erano incorniciati da grandi borse violacee.
Ogni tratto di quell'uomo incuteva timore, paura, superiorità, più di ogni altro membro del clan Uchiha di cui tutti conoscevano le caratteristiche.

"T-tu..." Ringhiò, senza riguardo verso l'avo, il ragazzo, stringendo i pugni lungo la vita, divampando dalla rabbia.
"Come hai potuto fare una cosa del genere aObito! Gli hai rovinato la vita, gliel'hai distrutta!" Urlò, mentre ogni parte del suo corpo fremeva.
L'altro rimase immobile, con un sopracciglio alzato a guardarlo digrignare i denti con gli occhi spalancati.
"Da quando ti importa di Obito? Sbaglio o lo ritenevi un malato mentale?" Iniziò a dire, camminando per la stanza, mantenendo gli occhi fissi su Sasuke.
"Quel ragazzo era già spacciato dalla nascita, non avrebbe mai fatto nulla nella vita se non fosse stato per me.
Gli ho solo fatto un favore facendolo morire.
Ero stanco di sentirlo crogiolarsi nel passato, continuando a parlare di quella ragazzina morta e dell'amico che l'ha abbandonato; adesso potrà starsene in pace per l'eternità." Disse, privo di emozione e sventolando la mano nell'aria, convinto di aver agito nel bene.
Il giovane Uchiha ad ogni parola scuoteva il capo, indignato, cercando di mantenersi calmo: aveva davanti Madara Uchiha, doveva star attento a ciò che diceva, eppure non era sicuro che sarebbe riuscito a contenersi come avrebbe voluto.
"Sei un mostro! È solo colpa tua se Obito è andato fuori di testa!
Chi ti credi di essere per screditare così la vita degli altri?" Gli urlò di nuovo addosso, avvicinandosi di più.
Madara scoppiò a ridere di nuovo, tornando poi serio subito, afferrando per il collo il giovane che si sentì mancare l'aria; a quanto pareva aveva anche poteri diversi dagli altri, proprio come in vita, era il più potente di tutti.

"Sasuke, Sasuke, Sasuke..." Disse, stringendo di più, fino a quando non vide gli occhi del suddetto dilatarsi.
"Sei proprio un Uchiha." Ripetè, penetrandolo con lo sguardo.
"Ammiro il tuo carattere forte e determinato, ma con me mantieni un profilo basso, se non vuoi fare la fine di Obito."
Aguzzò lo sguardo avvicinandosi di più al viso di Sasuke che nel mentre iniziava a percepire tutto più fliebilmente, ovattato.
Finalmente Madara lo lasciò, facendolo cadere a terra con il fiato corto.
"C-che cosa vuoi da me?" Riuscì a chiedere, tra un colpo di tosse e l'altro, mentre si teneva il collo con la mano e alzava la testa per sostenere lo sguardo dell'uomo.
"Mostrarti il tuo futuro e congratularmi di come stai portando avanti l'azienda.
È giusto che mi assicuri che tu vada avanti così, portando all'apice del successo il cognome Uchiha." Si spiegò, guardandolo dall'alto con un leggero sorriso sulle labbra.
Le sue parole sembravano quasi una minaccia o, almeno, così le percepì il giovane Uchiha.

Si rialzò in piedi, ricomposto e tornato nel suo solito stato di indifferenza, cercando di contenere l'odio verso l'altro.
"Mi sembra di averti già detto che non ce n'è bisogno, so bene come comportarmi.
Non ho intenzione di deludere le tue aspettative e, soprattutto, le mie.
Ci tengo molto all'azienda di famiglia, non ho intenzione di farla fallire." Gli disse, atono e pacato, sperando di convincerlo ad andarsene; la sua presenza non lo faceva stare affatto a suo agio.
"Io credo invece che tu stia perdendo la retta via, nipote...
Credo che tu debba vedere il futuro che ti aspetta, nel successo e nella ricchezza, se continuerai per la stessa strada."
Madara sembrava poco convinto delle parole di Sasuke.
Il giovane, si incupì, non ottenendo ciò che voleva; sapeva che sarebbe stato inutile discutere ancora con l'avo, perciò si sarebbe arreso e l'avrebbe seguito, nonostante l'idea non gli piacesse affatto.

"Non mi sembri entusiasta... qualcosa non va? Temi per caso che ciò che ti mostrerò non ti piacerà?" Lo riprese, vedendolo contrariato dalle sue parole, cosa che non gli piacque per niente.
Sasuke deglutì, rimanendo fisso a guardare le grosse borse sotto gli occhi di Madara, non riuscendo a sostenere lo sguardo dell'uomo, sperando che questo non si accorgesse della sua debolezza.
"Credo che quei due traditori di Itachi e Obito ti abbiano iniziato a confondere le idee..." Iniziò a dire, sospirando rabbioso, per le azioni dei due Uchiha.
"Ma non temere, ci penserò io a farti tornare a pensare in maniera lucida." Aggiunse, poggiandogli una mano sulla spalla, prima di risucchiarlo con i suoi occhi di sangue.

Sasuke aprì gli occhi, mettendo a fuoco ciò che lo circondava: era nella sua azienda, ne riconosceva la sala conferenze, davanti alla quale si trovava.
Riusciva perfettamente vedere all'interno di essa, divisa dalla porta di vetro perfettamente lucido.
Il tavolo nero e le poltrone di pelle del medesimo colore, erano occupate da uomini, in giacca e cravatta, che non gli parvero familiari.
Si scorse un po' più avanti, cercando di intravedere maggiormente i loro visi, seri e attenti, volti a guardare alla loro destra.
Senza accorgersene aveva trapassato la porta, entrando nella stanza, dove tutti erano in silenzio ad ascoltare un Sasuke, con qualche anno in più, parlare.
"Ebbene, detto questo, la riunione è finita: siete liberi di andarvene." Aveva detto, con tono serio, seduto rigidamente.
Gli altri si alzarono, inchinandosi appena per salutarlo, prima di abbandonare la stanza senza fiatare.
Solo un uomo rimase insieme a lui, riponendo documenti e computer nella ventiquattrore.
Il giovane Uchiha lo osservò meglio: non era sicuro di conoscerlo bene, eppure, come gli altri, dopo averli guardati attentamente, si era convinto di averlo già visto.
Era un uomo sulla quarantina, alto e con corporatura muscolosa, fasciato in un abito nero.
La carnagione del viso era olivastra, segnata da due cicatrici più scure lungo i lati della bocca sottile e semichiusa.
Aveva dei capelli neri e lisci, lunghi sino alle spalle che gli ricadevano davanti al viso.
Gli occhi furono la parte che attirò ed inquietò di più l'Uchiha: erano di un verde smeraldo brillante, un colore davvero particolare e intenso, i vasi sanguigni, fin troppo dilatati, che coloravano la sclera di rosso, rendevano quei due occhi spettrali.
L'espressione era cruciata, le sopracciglia nere e sottili erano tirate, come la fronte, che si ripiegava in alcune rughe di espressione.
"Chi erano quelle persone? Mi sembra di averle già viste, ma mai qui." Chiese, voltandosi verso Madara che, con le braccia incrociate al petto, guardava, fuori dalla vetrata, Tokyo.
"Sono i soci dell'Associazione ALBA." Rispose, continuando a tenere lo sguardo fisso fuori.
Sasuke aggrottò le sopracciglia.
"E perchè erano qui? Non mi sembra di averci mai avuto a che fare." Chiese, di nuovo, non avendo ancora ben capito cosa stesse cercando di dirgli l'antenato, che si voltò verso di lui facendo oscillare la sua folta chioma.
"Dopo la morte di Obito, ti sei unito all'Akatsuki, diventandone socio ed acquisendo anche le azioni di tuo cugino.
Così hai deciso di unire le due aziende, in modo da incrementare di più il profitto." Spiegò, camminando per la stanza, raggiungendo le spalle del ragazzo, che aveva ascoltato, seguendo con lo sguardo Madara, attentamente.
Fu davvero sorpreso dalle parole dell'uomo: non credeva che sarebbe arrivato a livelli tali di potere; era appena ventenne e con così poca esperienza.
Inarcò le labbra in un leggero sorriso compiaciuto, per poi tornare subito serio.
"Aspetta un attimo..." Iniziò a dire, portandosi la mano al mento, strofinandoselo, come era solito fare quando stava pensando a qualcosa di importante.
"Sei stato tu, quindi, a dare l'idea a Obito di formare l'ALBA." Continuò, alzando, poi, lo sguardo verso l'altro che annuì subito.
"Era tutto programmato." Disse, piano, abbassando il braccio lungo i fianchi.
"Certamente Sasuke è stata una mia idea.
Ho riunito i migliori medici, ricercatori e scienziati, in modo da creare un gruppo di ricerca approfondito nelle malattie.
Con gli anni abbiamo portato avanti lo studio di diverse malattie genetiche e degenerative, tra cui quella degli Uchiha, a cui stavamo cercando una cura.
Con la morte di Obito ho dato la possibilità a te di entrarne a far parte ed ad assumerne il controllo." Disse, con calma e scrutando attentamento le reazioni del ragazzo che era rimasto impressionato da tale piano.
"Sapevo che saresti stato un giovane promettente e che avrebbe riportato allo splendore l'azienda familiare, perciò ho contribuito nell'aiutarti.
Otre che a cercare una cura per i tuoi occhi, ti ho fornito un'altra azienda promettente con cui unire la nostra.
Ritienilo come... un mio regalo di Natale." Aggiunse, poggiandogli una mano sulla spalla, facendo invadere il corpo del giovane di un calore insopportabile.
"I-io non ci posso credere..." Balbettò, sorridendo, stupefatto e felice di poter avere tanto potere nelle sue mani.
Finalmente qualcuno aveva riconosciuto il suo lavoro, apprezzando ogni suo sforzo: aveva raggiunto il suo obiettivo.
"Credici, nipote, credici." Gli aveva detto Madara, indicando gli altri due nella stanza.

"Kakuzu, conto su di te per tenere sottocontrollo il patrimonio dell'azienda.
Voglio un resoconto accurato di ogni entrata ed uscita di liquidi di ogni mese." Aveva detto Sasuke, con gli occhi fissi davanti a lui in un punto non definito.
"Certo, non ti preoccupare.
Non permetterò a nessuno di sperperare anche solo un centesimo per qualche inutile causa." Aveva risposto subito, con voce profonda, l'uomo, chiudendo la sua valigetta e incamminandosi verso l'uscita della stanza.
"Molto bene. Perchè sappi che ti riterrò il responsabile di ogni cosa." Lo fermò, fulminandolo con lo sguardo.
L'altro, che aveva la mano sulla maniglia della porta, strinse maggiormente la presa, voltandosi verso il corvino, con gli occhi semichiusi.
"Non ti preoccupare, so fare il mio lavoro." Gli aveva risposto, seccato dall'atteggiamento superiore del ragazzo, prima di uscire, richiudendo con violenza la porta dietro di sè.
"Quell'uomo, Kakuzu, è il tesoriere, nonchè finanziatore di molti progetti dell'associazione, oltre a essere banchiere.
È un uomo molto fiscale e dedito al lavoro.
Non ama sperperare il denaro, valuta ogni sua azione basandosi solamente sul guadagno che potrebbe trarre.
Non gli è mai piaciuto stare sotto il comando di qualcuno di più giovane di lui.
Il tuo atteggiamento non gli è piaciuto affatto.
Non ha mai dato problemi, ma non ti consiglio di farlo arrabbiare." Spezzò il silenzio Madara, osservando Sasuke guardare se stesso tra un paio d'anni.
"Capisco, ne terrò conto, ma non garantisco nulla." Aveva risposto, atono, continuando a scrutarsi attentamente.
Non era cambiato molto, indossava solo degli occhiali con montatura sottile che continuava a sistemarsi sul naso.
La sua espressione era rimasta immutata, seria e fredda, nel profondo triste e malinconica.
Si riconosceva perfettamente, eppure c'era qualcosa che non lo convinceva.
"Entra." Aveva detto, dopo aver sentito bussare sul vetro con leggerezza.
Una ragazza dai capelli rossi e ondulati aveva fatto la sua entrata nella stanza, avvicinandosi timidamente al capo.
Lui aveva alzato appena lo sguardo, riabbasaandolo poco dopo verso alcuni documenti davanti a sè.
"Volevo avvisarti che in ufficio non c'è più nessuno... Kakuzu è stato l'ultimo ad uscire.
Ho finito di archiviare i fascicoli che mi avevi assegnato.
Se... se non ti serve altro, io me ne andrei." Aveva detto, sistemandosi gli occhiali rossi, mentre le sue gote si tingevano del medesimo colore.
Il ragazzo sospirò, abbandonandosi sulla poltrona.
Si massaggiò la fronte, aprendo e chiudendo gli occhi, mentre osservava le gambe lunghe e magre della ragazza, fasciate in una gonna inguinale nera.
"Perchè invece non rimani qui con me, Karin?" Le disse, piano, intercettando il suo sguardo che vagava nella stanza con disagio.
Subito la ragazza aveva sussultato quando il ragazzo aveva allungato la mano verso di lei, infilandola tra le sue cosce.
"I-io non posso. C'è Suigetsu che mi aspetta fuori." Gli aveva risposto, balbettando, allontanandosi da lui, che aveva abbassato la mano sul bracciolo, stringendolo.
"Allora vai. Perchè sei ancora qui?" Sbuffò lui, mentre i suoi occhi le facevano un check up completo.
La rossa annuì subito e frettolosamente si avviò all'uscita.
"A-auguri du buon Natale, Sasuke." Aveva detto, prima di sgattaiolare fuori e lasciarlo da solo a digrignare i denti mentre si toccava gli occhi doloranti.

Il giovane Uchiha era rimasto impietrito e leggermente schifato da tale scena.
Credeva che con Karin fosse stata la storia di una notte e basta, invece nel futuro si era sviluppata in diverso modo.
Addirittura, la ragazza, che prima pendeva dalle sue labbra, lo aveva rifiutato per l'amico Suigetsu, totalmente l'opposto di lui.
"Sasuke, cosa mi nascondevi..." Rise Madara, ridestandolo dai suoi pensieri.
"Tsk... questa non me l'aspettavo nemmeno io." Rispose subito, incrociando le braccia al petto e voltando lo sguardo verso la finestra, da cui si vedeva Tokyo innevata.
Quello era stato un colpo basso, davvero non avrebbe mai immaginato di essere stato rifiutato da Karin; ne avrebbe risentito il suo orgoglio.
Portò di nuovo l'attenzione verso Madara, fissandolo serio e con un po' di preoccupazione.
"Kakashi-sensei? Di solito è sempre lui l'ultimo ad andarsene.
Non l'ho nemmeno visto alla riunione, eppure è il mio braccio destro." Aveva chiesto, mentre l'ansia aumentava e sperava che l'uomo gli dasse una spiegazione logica.
Il viso dell'altro si indurì, serrando la bocca appena visibile.
"Lo hai licenziato." Gli svelò, facendogli sgranare gli occhi alla notizia, che lo sconvolse più di ogni altra datagli.
Non poteva credere di aver fatto una cosa simile, proprio a Kakashi, poi.
"N-non è possibile, non fare mai una cosa del genere a lui." Disse, stringendo i pugni lungo i fianchi, stranito da tale affermazione.
"L'hai fatto invece ed è stato giusto così.
Quando una persona inizia a diventare un'ostacolo, un peso, un problema, bisogna sbarazzarsene prima che crei troppi danni." Asserì Madara, con tono duro e sprezzante.
Il ragazzo scosse la testa, indignato.
"Perchè avrei dovuto licenziarlo? Cosa ha fatto di tanto terribile?" Chiese, ancora non convinto.
Madara sospirò, iniziando a camminare per la stanza, posizionandosi dietro alla poltrona di Sasuke.
"Dopo che ha saputo della morte di Obito è caduto in depressione e ha iniziato a bere.
Veniva a lavoro ubriaco e iniziando a dare problemi ai dipendenti.
Non svolgeva adeguatamente i suoi incarichi e per poco non sperperava in cose inutili i soldi dell'azienda." Gli spiegò, quasi inorridito dalle sue stesse parole.
L'altro intanto continuava a non capacitarsi di quello che gli stava dicendo, sentendosi in parte in colpa per il comportamento che avrebbe assunto l'amico più caro che aveva, chiedendosi come lo aveva lasciato ridursi in quello stato.
"Non permetterò che succeda una disgrazia simile." Aveva affermato, scuotendo il capo.
"Non puoi fare nulla, accadrà e tu non potrai fare nulla per impedirlo.
È scritto, non puoi cambiare il destino." Fu la risposta sapiente dell'avo, che aveva preso per le spalle Sasuke, scuotendolo.
Lui aveva abbassato lo sguado a terra, non essendo molto sicuro di voler vivere in un futuro simile, senza l'unica persona cui tenesse davvero.
"Oh, non dispiacertene nipote. Non è di certo colpa tua.
Ci penso io a farti ritornare felice." Aveva detto, poi, sorridendogli, prima di teletrasportarsi altrove.

Di nuovo in ospedale: quell'odore di candeggina e di disinfettante era inconfondibile.
Sasuke storse il naso, prima di aprire gli occhi, capendo subito dove si trovassero, senza però essere a conoscenza del motivo esatto.
Una volta aperti, capì di essere in una stanza, con le classiche pareti bianche e spoglie e arredata con il minimo indispensabile.
Poco più lontano da lui, vicino alla finestra c'era un letto coperto da una tendina che permetteva però di intravedere, grazie alla luce, chi ci trovasse dall'altro lato.
Riuscì a riconoscere tre ombre: una era sdraiata mentre le altre due erano ai piedi del letto.
Quello nel letto doveva essere indubbiamente lui, ne riconobbe il suo profilo longevo, mentre non riusciva a capire chi fossero gli altri due.
"Ti hanno operato agli occhi." Disse Madara, spuntandogli dalle spalle, invitandolo ad avvicinarsi di più, per poter sentire meglio i discorsi.
Sasuke trattenne per un attimo il fiato, ricodando il tentativo fallito del fratello e di altri che lo avevano preceduto, cercando una cura.
"Dimmi che non sono finito nelle mani di Orochimaru." Disse, prima di fare anche solo un passo nella direzione del letto, sentendosi il cuore fermarsi e rabbrividendo solo al pensiero di quell'uomo che trafficava con i suoi occhi.
L'altro, di risposta, scoppiò in una fragorosa risata, voltandosi appena verso il ragazzo, osservando la sua espressione impaurita.
"Non temere Sasuke. Orochimaru è morto per colpa di qualche strano medicinale che ha sperimentato su se stesso." Lo rassicurò, smettendo finalmente di ridere.
Il giovane sospirò sollevato, avvicinandosi finalmente al letto.
"I tuoi occhi reagiscono bene alla luce.
Sembra che l'intervento sia andato a buon fine." Aveva detto uno dei due medici, un uomo dai capelli rossi, mentre gli stava puntando una luce negli occhi, controllandoglieli.
"Sembra tutto nella norma, l'intervento non ti ha dato problemi.
Se tutto va bene nel giro di una settimana potrai tornare a lavoro.
Per ora però è meglio tenerli coperti e a riposo: è ancora troppo presto per farli rimanere a contatto con la luce per tempo prolungato." Aveva aggiunto, rifasciandogli la testa.
"Una settimana? Non posso aspettare così tanto Nagato, lo sai bene che è importante che io sia all'azienda." Gli aveva risposto Sasuke, scuotendo la testa contrariato da ciò che gli aveva appena detto.
"Sasuke... l'intervento è stato invasivo. Nonostante tu abbia reagito bene non puoi permetterti di sforzare tanto gli occhi; è ancora presto, potresti peggiorare la situazione e crearti problemi." Si era intromessa l'altro medico, dai lunghi capelli biondi e con tono rimproverativo.
"Ha ragione la dottoressa Tsunade.
Lo stiamo dicendo per il tuo bene, se farai di testa tua e non seguirai le nostre istruzioni rischi di compromettere il nostro lavoro e la tua vista.
Non vuoi rendere vano tutto il lavoro che abbiamo fatto, grazie anche a tuo fratello, vero?" Riparlò il primo, poggiandogli una mano sulla spalla, sorridendogli.
Il ragazzo strinse i denti, nonostante non fosse d'accordo era costretto ad obbedire, annuendo ai due dottori.
"Noi adesso andiamo e ti lasciamo riposare.
Mi raccomando Sasuke: non fare di testa tua." Lo aveva ripreso di nuovo la donna, con le braccia sui fianchi, prima di fare strada al collega verso la porta.
L'Uchiha sospirò, rimanendo seduto contro lo schienale del letto.

Sasuke riconobbe subito i due medici: il primo l'aveva visto nella sala riunioni qualche minuto fa, ciò voleva dire che era uno dei soci dell'ALBA, nonchè chirurgo.
L'altra, invece, era la stessa donna che aveva soccorso i suoi genitori, che aveva visto insieme a suo fratello Itachi.
Fu sollevato di essere stato operato da due persone che conosceva e che sembravano affidabili, nonostante la paura fosse tanta.
Suo fratello era stato afflitto qualche mese dopo dal tumore al cervello, perciò non era ancora scongiurato da possibili peggioramenti.
"Ti vedo meno preoccupato." Gli aveva, per l'appunto,  Madara, osservandolo soddisfatto.
"Già... sempre se non andrò a peggiorare con il tempo." Aveva risposto lui, abbassando lo sguardo a terra, mostrando le sue preoccupazioni.
"La cura sperimentale a cui si era sottoposto tuo fratello è stata rivista e sviluppata maggiormente; non temere, non farai la sua stessa fine." Lo rassicurò, con tono più pacato e comprensivo.
"Abbiamo fatto del nostro meglio per trovare la cura adatta; tuo fratello si è proposto come cavia per testare la cura, si è sacrificato per il tuo bene, per permetterti di vedere e vivere più a lungo." Aggiunse, sapendo che tali parole avevano un certo peso per il giovane Sasuke che ancora non aveva superato del tutto i sentimenti di astio verso Itachi.
Un vociare, dall'altra parte della porta, interruppe il discorso dei due Uchiha, facendoli voltare di scatto verso il fondo della stanza.
Si riuscivano a distinguere due voci, una maschile ed una femminile, discutere a volume alto.
Sasuke si allontanò dal letto, seguito da Madara, che non aveva un'espressione molto felice sul volto.
Avvicinandosi alla porta riuscì a distinguere una delle due voci, nonostante fossero distorte e ovattate.
"Non voglio parlare con nessuno." Aveva detto ad alta voce, il ragazzo nel letto, rispondendo ai colpi sulla porta che avevano messo fine alla lite.
I due infatti avevano assunto un tono più basso e tranquillo.
"Naruto...aveva sentito dire il corvino, facendogli drizzare maggiormente le orecchie, per cercare di carpire qualche informazione dalla conversazione.
Ricordatosi di essere invisibile e inconsistente, trapassò la parete giungendo nel corridoio, dove finalmente potè ascoltare meglio.
Come aveva intuito, Naruto stava parlando con un'infermiera.
Il biondo era fermo davanti alla porta, con un pugno lungo il fianco, tremante e l'altra mano poggiata sulla maniglia della porta.
Il suo viso era imbronciato, i suoi occhi azzurri si erano scuriti e le sue labbra erano serrate in un leggero ringhio.
"Naruto, hai sentito anche tu cosa ha detto Sasuke: non puoi entrare o finirà come l'altra volta." Gli aveva detto, in un sospiro, l'infermiera dai capelli corti e neri, la stessa che lo aveva medicato da piccolo, con un espressione comprensiva e dispiaciuta.
"Ascoltami, per favore..." Parlò di nuovo la donna, poggiandogli una mano sulla spalla, vedendo che il ragazzo stava abbassando la maniglia.
"Ne vale davvero la pena? Vale davvero la pena di farti portare via di nuovo dalla Polizia?" Continuò, cercando di convincerlo a ritrarla.
Il ragazzo voltò di poco il capo verso di lei, guardandola negli occhi, cercando di tornare lucido.
Pian piano smise di fremere e distolse la mano dalla maniglia, portando anche l'altro braccio lungo il fianco, sempre con i pugni stretti.
"Hai ragione Shizune... basta così.
Non ho più intenzione di sprecare il mio tempo dietro a un ragazzino viziato.
Dovevo smettere come ha fatto Sakura tempo fa." Soffiò, con un sorriso amaro sulle labbra, guardando a terra, arreso.
"È inutile continuare a sprecare tempo dietro ad una persona che per te non ne hai mai avuto." Aggiunse, chiudendo gli occhi e stringendo ancora di più le mani, tanto che le nocche divennero bianche e le vene più evidenti.
"Naruto..." Lo richiamò, vedendolo tornare a tremare e ringhiare dalla rabbia.
"Nemmeno per il suo sensei, quando aveva più bisogno di lui, l'unico che lo abbia sempre sostenuto.
Come si può essere tanto crudeli da permettere che accada una cosa del genere a una persona che gli ha voluto tanto bene." Parlò di nuovo, portandosi le mani davanti alla vita, guardandole muoversi incontrollate.
"Mi dispiace tanto per il signor Hatake... io lo conoscevo.
Ma Naruto-"
"Non ti preoccupare Shizune: sto bene.
Non farò nulla di pericoloso.
Ti prometto che non mi vedrai più qui, questa sarà l'ultima volta, almeno finchè non mi ammalerò." L'aveva interrotta, sorridendole, con un sorriso splendente dei suoi, che mascherava ogni suo reale sentimento.
"Allora ciao! Vado a salutare Tsunade!" La salutò, allontanandosi da lei, lasciandola a bocca aperta, davanti alla porta della camera.
I due Uchiha rimasero in silenzio, a guardare il biondo passargli affianco, con espressione seria in volto e lo sguardo vuoto, pieno di collera.
Sasuke non poteva davvero credere a ciò che aveva sentito.
La sua pienezza di sè era arrivata a tale livello da fargli perdere definitivamente ogni persona che gli era stata accanto.
Sakura era venuta a meno alla sua promessa fatta a Kakashi, di non abbandonarlo mai, nonostante tutto.
Naruto, che non si era mai arreso a nulla, fino a quando non otteneva ciò che desiderava aveva fatto lo stesso, avendo perso ogni speranza.
"Cosa è successo a Kakashi?" Riuscì a chiedere, dopo aver mandato giù un grumo di saliva, lanciando un'occhiata timorosa verso l'altro che stava ancora guardando il biondo in fondo al corridoio.
"Te l'ho già detto.
Non mi piace ripetere le cose." Aveva risposto, aspro e adirato, incrociando le braccia al petto.
"Nemmeno a me piace ripetere le cose, ma te lo chiederò di nuovo: cosa è successo a Kakashi?" Rispose a tono, provocandolo, scandendo per bene ogni parola della domanda.
L'uomo ispirò con il naso, socchiudendo gli occhi rossi, che si scontrarono con quelli neri di Sasuke, avvicinandosi di più a lui risucchiandolo in un vortice.

I petali rosati di un ciliegio cadevano leggeri sui capelli scuri dei due Uchiha che erano apparsi proprio sotto esso, nella stessa posizione di come si erano lasciati: uno con gli occhi nell'altro, pieni d'odio e freddi.
Il più giovane distolse lo sguardo, sentendosi bruciare la testa in maniera spaventosa, costringendolo a portarsi le mani agli occhi, lasciandosi anche sfuggire un ringhio di dolore.
"Ecco cosa succede a sfidare Madara Uchiha." Gli aveva detto, ridendo sadicamente, il suddetto.
Una brezza leggera investì il ragazzo, facendolo rabbrividire leggermente, nonostante continuasse a sentirsi la testa fra le fiamme.
"Alza la testa Sasuke, non abbiamo finito." Lo incalzò, camminandogli intorno.
Sasuke raccolse tutte le forze che aveva e stringendo i denti per riuscire ad aprire gli occhi, senza cercare di svenire dal dolore lancinante che gli provocavano.
La vista era offuscata, non riusciva bene a distinguere i contorni, se non la figura scura di Madara, che continuava a muoversi.
"D-dove siamo?" Chiese, chiudendo un'altra volta gli occhi, cercando di intuire qualcosa affidandosi all'udito.
Percepiva l'aria leggera muovere i rami degli alberi, segno che era all'aperto, cosa che aveva già ben intuito; il silenzio regnava sovrano in quel posto, facendolo sentire a suo agio, nella tranquillitá che tanto gli piaceva.
Un sorriso spontaneo gli apparse sul volto, come se si fosse tranquillizzato sapendo di essere in luogo tanto pacato.
L'odore dei fiori di ciliegio gli entrò nelle narici, facendolo sentire ancora meglio.
Gli erano sempre piaciuti, erano i suoi fiori preferiti: dai colori tenui e delicati, leggeri e con un profumo non troppo invasivo.
Quel profumo gli ricordava Sakura: quando passava lei lasciata una scia aromatica alle sue spalle.
Era la cosa che apprezzava di più di lei, oltre ai suoi capelli del medesimo colore dei petali.
Ed avevano anche la stessa consistenza setosa e vellutata.
Gli era capitato un paio di volte di toccarli, di passarci le mani in mezzo, invogliato da lei, naturalmente, lui non si sarebbe mai permesso di farlo, nonostante gli piacessero molto, non avrebbe mai chiesto alla ragazza di poterli toccare.
Si erano dimostrati proprio come li aveva immaginati.
Erano così lunghi e perfetti, come piacevano a lui.
Ci era rimasto molto male, anzi, si era molto arrabbiato quando l'aveva vista entrare in classe con i capelli corti fino alle spalle.
Purtroppo, non per colpa sua, li aveva dovuti accorciare: una ragazza più grande glieli aveva tagliati con le forbici, dopo averla presa di mira, dopo mesi di insulti, era passata ai fatti, decidendo di accanirsi sulla cosa a cui lei teneva di più, che era più invidiata dalle altre.
Si era più rattristata per il fatto che, ora, aveva perso l'unico punto a favore che aveva con lui piuttosto che per i capelli di per sè.

Aprì leggermente gli occhi, venendo investito dalla luce del sole forte e accecante, persistente, che non gli permetteva di tenerli aperti.
Il sole gli ricordava tanto Naruto.
No, Naruto era il sole, il suo sorriso lo era: abbagliante e tenace, perenne, proprio come la stella più splendente della galassia.
Nonostante le nuvole, la pioggia e il temporale, tornava sempre, illuminando la giornata a tutti.
Quel sorriso non se lo sarebbe mai dimenticato, era motivo di invidia da parte sua: avrebbe voluto essere capace di sorridere come lui, di mascherare tutto il suo dolore dietro a dei denti bianchi e perfetti, cercando di condurre lo stesso una vita normale tra gli amici.
Non ci era mai riuscito, ogni qualvolta aveva provato a sorridere, sì, perchè aveva fatto le prove davanti allo specchio, il suo sorriso appariva più come una smorfia, tirato e cupo.
Aveva iniziato a odiarlo il sorriso di Naruto; eppure quando non lo vedeva si sentiva male, era come se non avesse più un buon motivo per vedere.
Anche i suoi capelli sembravano il sole, di un biondo paglierino brillante, costantemente scompigliati e mossi, ma fini, proprio come i suoi raggi.
Non aveva mai toccato i capelli di Naruto, ma era sicuro che avrebbero vinto la competizione con quelli di Sakura.
Anche i suoi occhi avrebbero vinto in confronto a quelli della ragazza, che erano di un verde brillante, acceso, pieno di vitalità.
Preferiva quelli del biondo, azzurri e limpidi, che strasmettevano tranquillità e fiducia; al contrario dei suoi, motivo di odio e fastidio, così scuri e neri, che incutevano solo paura.
Eppure i loro occhi infondo non erano tanto diversi: anche quelli dell'amico nascondevano l'infanzia triste, il dolore, la solitudine e la paura; tutti sentimenti che aveva provato anche lui.
"Siamo al cimitero, Sasuke." Le parole di Madara lo avevano risvegliato dai suoi pensieri, facendolo tirare ben dritto sulla schiena, che fino ad ora era china verso terra.
Il sorriso leggero che aveva sul volto, apparso nel ricordo dei due ragazzi, era svanito nell'instante in cui aveva sentito quelle parole, facendogli riprendere la sua spressione seria e indifferente.
Tolse la mano dagli occhi che aprì piano, cercando di sopportare il male, in modo da guardarsi in torno e poter vedere se effettivamente si trovasse dove diceva l'uomo.
Pian piano i contorni vennero messi a fuoco e i colori divennero più nitidi: fnalmente riconobbe il cimitero di Tokyo.
Ci era stato poche volte da piccolo, ormai erano anni che non ci metteva piede.
Tutto il senso di tranquillità si trasformò in angoscia, quando lo scoprì.
Non gli era mai piaciuto andarci, ma Kakashi-sensei lo aveva sempre portato quando era stato un bambino, dicendogli che era giusto onorare la memoria dei suoi parenti.
Lui non era mai stato d'accordo con l'uomo: secondo Sasuke i morti non dovevano essere disturbati.
L'ultima volta che era andato al cimitero era stato per la morte di Itachi, anzi, a dire la verità, non aveva nemmeno varcato la soglia del cancello, si era fermato ad osservare da lontano lo svolgimento del funerale, proprio come aveva fatto per quello dei genitori.
L'Hatake, invece, a differenza sua, andava tutte le settimane in quel luogo, alla tomba degli Uchiha, per Fugaku, e a quella dell'amica Rin, ma mai dal padre.
A parere di Sasuke, era soltanto uno spreco di tempo e motivo maggiore di dolore, eppure l'uomo si ostinava ad andarci, come se fosse un suo dovere, un obbligo.
Si guardò in torno, ritornata la vista, vedendo le fila di lapidi di pietra, adornate da ogni tipologia di fiori e da regali lasciati da amici e parenti.
Era un luogo grande e spazioso, silenzioso e ordinato, eppure a Sasuke non piaceva.
"Non mi piace questo luogo." Asserì, con durezza, rimanendo a guardare fisso dinandi a lui, le schiere di lapidi che sembravano infinite.
"Lo so, Sasuke.
Non ho mai ricevuto nessuna preghiera da parte tua." Rispose, subito, Madara, posizionandosi di fianco a lui, facendo lo stesso.
"Se fossi morto vorrei essere lasciato in pace." Disse, schietto, voltandosi appena verso l'altro.
"È la stessa cosa che desideri anche adesso."
Sasuke soffiò, incrociando le braccia al petto, tornando a guardare il paesaggio.
Ancora non capiva il motivo per cui fossero lì.
Rabbrividì, trapassato dalla brezza leggera, quando un dubbio gli pervase la mente.
"In realtà gli unici che venivano sempre a pregare sulla nostra tomba erano gli Hatake." Sbuffò, sogghignando, nonostante sembrasse quasi scocciato dalla cosa.
Sasuke, che voleva parlare prima dell'uomo, venne preceduto.
"Sono sempre stati dei lavoratori dediti, molto fedeli a noi Uchiha, proprio come dei cani." Rise, demigratorio, continuando il suo discorso.
"Aspetta un attimo." Lo fermò il ragazzo, alzando un sopracciglio, iniziando ad unire tutte le informazioni che aveva raccolto durante la notte.
"Si Sasuke, l'amico di Sakumo, quello per cui ha perso tutto, era tuo padre...
Credevo te lo avesse detto." Disse, con finto fare sorpreso, poggiandosi le mani sui fianchi.
Sasuke si irrigidi ancora, sentendosi di nuovo responsabile delle disgrazie dell'amico.
Solo ora aveva compreso le parole di suo padre, a cui non aveva dato peso, quando stava parlando con Kakashi: ecco a cosa erano riferite.
Tutto stava tornando, facendolo ragionare su quanto gli Uchiha fossero imponenti.
Il senso di colpa e il dolore si appropriarono del suo corpo, strinse i pugni e i denti, cercando di non mostrare quanto fosse adirato a Madara.
Non poteva, non doveva, mostrare segni di cedimento quando era con quell'uomo di cui non aveva ancora capito le intenzioni.
In realtà aveva smesso di capire e ragionare da ore, lasciando che gli spiriti facessero il loro lavoro.
Intanto il senso di angoscia cresceva, facendogli aumentare il battito cardiaco.
Un pensiero fisso continuava a tormentarlo da quando Madara gli aveva mostrato la sua azienda, divenuta ancora più imponenete.
E le parole di Naruto avevano contribuito a dare veridicità a tale idea.
Ed ora perchè erano al cimitero, see non per il motivo a cui aveva pensato sin dall'inizio?

Madara aveva iniziato a camminare tra le tombe, con le braccia dietro alla schiena, leggendone ogni cognome inciso in quella fredda pietra.
Ridestato, Sasuke aveva iniziato a seguirlo, deciso di andare fino in fondo alla questione, di finire il prima possibile quel viaggio che era stato solo una tortura.
"Uchiha." Aveva letto ad alta voce, fermandosi davanti ad una lapide, più imponente e decorata delle altre, spoglia dai fiori.
Sasuke si era fermato a sua volta, voltandosia guardare anche lui i nomi dei suoi parenti.
Tra le lunghe file di nomi scorse quelli dei suoi genitori, susseguiti da quello di suo fratello e poi di Obito.
Si lasciò sfuggire un sospiro, mentre i volti dei quattro gli erano apparsi nitidi davanti agli occhi.
"Generazione su generazione il nostro clan ha sofferto di questa grave malattia, che ha portato via la vista a tutti, portando via, ancora in giovane età, tanti di noi." Disse, serio, con gli occhi fissi sul suo nome, Madara.
"Ma, ora, dopo anni ed anni di ricerca, possiamo finalmente mettere una parola fine alla disgrazia che grava sul nostro clan.
Le nuove generazioni, finalmente potranno vivere appieno la loro vita." Continuò, passando una mano sulle incisioni, tirando leggermente le labbra in un sorriso.
"Sasuke, tu sarai colui che darà vita alla nuova generazione, grazie alle cure che riceverai." Parlò di nuovo, voltandosi verso di il ragazzo, che fissava il nome del fratello, che si era sacrficato per portare avanti tale causa.
Dei passi alternati a dei singhiozzi, attirarono l'attenzione dei due, facendoli voltare per la curiosità.
Un gruppo di persone, vestite di nero, stavano procedendo ordinamente poco più lontanto da dove si trovava la tomba degli Uchiha.
Il cielo si era rabbuiato e la brezza leggera e gradevole che c'era fino a pochi minuti prima era diventata un vento fastidioso o freddo.
Sasuke riconobbe subito i membri di quel gruppo, formato dai suoi amici.
Gli occhi di tutti erano puntati a terra, tristi e avviliti, ricolmi di lacrimi che cercavano di non uscire.
I volti dei ragazzi si erano alzati una sola volta, per poi richinarsi a terra subito, cambiando espressione.
Gli Uchiha vennero trapassati dagli sguardi, che ora erano freddi e sprezzanti d'odio, fissi sulla loro tomba.
Il corvino subito seguì il gruppo, deciso a scoprire se le sue supposizioni fossero fondate.
Si fece spazio, trapassandoli, arrivando davanti alla tomba davanti alla quale tutti si erano fermati.
Il cuore iniziò a battere all'impazzata e i brividi freddi farsi più frequenti, ad ogni corpo trapassato, fino a quando, raggiunto il punto più vicino, non sentì più nulla.

Hatake Kakashi 15/09/1982-25/12/2025

Naruto in prima fila, con Sakura a fianco, stringeva tra le mani un mazzo di fiori bianchi, digrignando i denti e con lo sguardo carico di dolore.
Respirò profondamente, sentendo il tocco leggero della ragazza sulla spalla, che cercava di calmarlo.
Girò appena la testa verso di lei, puntando gli occhi azzurri in quelli verdi, arrossati e lucidi.
Fece alcuni passi in avanti, chinandosi sulle ginocchia, riponendo i fiori ai piedi della lapide.
Rimase immobile, un istante, a guardare il nome, quella data, il giorno di Natale, che dovrebbe essere un giorno felice per tutti.
Appoggiò la mano sulla foto, in cui era possibile vedere l'uomo, senza la mascherina bianca che gli copriva la bocca, sorridere appena, con gli occhi chiusi, in un espressione malinconica.
"Kakashi-sensei..." Disse, piano, con la voce rotta.
"Se solo avessi saputo...se l'avvessi saputo prima, io..." La mano scivolò lungo il resto della pietra, poi il ragazzo si ricompose e si rialzò, per poi tornare vicino al corpo del ragazzo, che si rimese in piedi.
Fu il turno della rosa, che dopo aver stretto di nuovo il braccio all'amico, si chinò a posare a sua volta dei fiori.
"M-mi dispiace tanto, lei è sempre stata una persona tanto buona e comprensiva, sempre disponibile, non si meritava una fine simile.
Le chiedo scusa... ho infranto la promessa che le avevo fatto anni fa.
Temo che sia una cosa troppo difficile e impegnativa, ma soprattutto inutile, stare accanto a Sasuke.
Se ha fallito lei, noi non abbiamo nessuna possibilità..." Disse, con maggior controllo e fermezza del biondo, nonostante di solito fosse la prima a cedere alle emozioni.
Rialzatasi, diede spazio anche agli altri, per poi rimanere, tutti insieme, con gli occhi chiusi, a pregare per il defunto.
Le lacrime, che gli annebbiavano gli occhi, erano pronte a riversarsi sulle guance colorite di un leggero rosso.
I pugni e denti erano stretti da far male e i respiri regolari e misurati non bastavano più per mantenersi calmo.
Madara intanto aveva scrutato attentamente ogni persona presente, con i suoi occhi rossi.
"Che scena toccante. Saluta anche tu l'Hatake, perchè nel futuro non avrai tempo." Lo incitò, con fare retorico e derisorio, fermandosi di fianco ai due che poco prima avevano parlato.

"Naruto Uzumaki e Sakura Haruno... corretto?
È meglio togliersi di torno il prima possibile persone come loro due, troppo appiccicose e insistenti; per fortuna l'hanno capita da soli che devono lasciarti in pace, come vuoi tu." Continuò, facendoli sparire in un vortice.
"Alcuni tuoi amici vengono da clan antichi quanto il nostro.
Vedo due Hyuga qui, con i loro occhi di ghiaccio."
Madara passava in mezzo a loro, facendone una cernita, eliminando quelli che a parer suo erano inutili ed un peso per Sasuke.
"Hinata Hyuga... potrebbe essere un buon partito per te, nipote.
Così timida e indifesa, non ti creerebbe nessun fastidio averla come moglie; anzi, acquisiresti altro potere essendo anche loro molto imponenti." Asserì, passando una mano tra i capelli corvini della ragazza, che sussultò aggrappandosi maggiormente al braccio del cugino.
S

asuke non stava minimamente ascoltando le parole dell'avo, che aveva continuato a commentare ogni presente.
L'unica cosa che percepiva il ragazzo era il senso di colpa e il dolore.
Gli Uchiha e il loro potere, la loro imponenza, esistevano solo loro, erano al centro di ogni cosa.
"Kakashi-sensei... ho ucciso Kakashi-sensei!" Urlò, sull'orlo di una crisi, puntando gli occhi sulla fotografia, ignorando le parole dell'altro che tacque nel sentir l'altro urlare.
"Non ho intenzione di vivere in un futuro del genere: senza Kakashi, senza Naruto, senza Sakura, senza gli altri, solo perchè è la cosa migliore per l'azienda.
Non voglio finire oppresso dalla solitudine." Continuò, mantenendo i toni alti, voltandosi verso Madara che lo guardava sprezzante di ira.
"Non permetterò che accada, non è il futuro che desidero davvero!" Ammise, finalmente, in un altro urlo disperato.
L'altro non sembrò apprezzare le parole del giovane Uchiha: iniziò a ringhiare e ad avvicinarsi a lui; ad ogni passo il calore emanato dall'uomo si faceva più intenso, bruciante.
"Davvero vuoi mandare all'aria ogni cosa per un branco di ragazzini che non hanno nulla da spartire con te? Vuoi mandare in rovina l'azienda in questo modo dopo tutta la fatica fatta?" Parlò, a pochi passi da lui, gesticolando con le mani.
"Vuoi sprecare il sacrificio di tuo fratello, che ti ha permesso di guarire e vivere in maniera migliore, in questo modo?" Aggiunse, fissandolo con i suoi occhi di sangue.
"È proprio per mio fratello Itachi che devo cambiare.
È stato lui il primo a cercare di farmelo capire, ma io sono stato ottuso e non ho saputo cogliere subito la sua dritta." Ribattè, scuotendo il capo, riconoscendo i suoi errori.
"Per Obito, che ha sacrificato la sua vita per me, nonostante mi conoscesse appena e sapesse che lo consideravo un pazzo.
Proprio lui mi ha fatto aprire gli occhi e mi ha mostrato che chi ho intorno ha fatto tanto per me."
Le parole di Sasuke uscivano spontanee dalla sua bocca, iniziando a liberarlo dall'oscurità che lo circondava.
Madara scoppiò a ridere, in modo sadico e macabro, avvicinandosi di più.
"Vuoi diventare un fallito come Sakumo?
Vuoi perdere tutto per colpa delle amicizie?" Disse, pensando di essere persuasivo.
Il corvino soffiò, portandosi le braccia al petto incrociate.
"Ho intenzione di salvare suo figlio dalla sua stessa fine e di mantenere i rapporti con i miei amici.
Non ho intenzione di abbandonare il mio lavoro, continuerò a mantenere alto il cognome Uchiha.
Riuscirò ad equilibrare il tempo da dedicare al lavoro e agli amici... solo così potrò essere soddisfatto appieno della mia vita." Spiegò, il ragazzo, decisosi ormai.
Madara aprì la bocca per parlare, ma venne subito interrotto dal ragazzo, che con un soffio lo fermò.
"Taci Madara.
È inutile che provi a manipolarmi, ho fatto la mia scelta e non ho intenzione di cambiare idea." Disse, con tono duro e fissandolo negli occhi.
Continuarono il gioco di sguardi per un istante, quanto bastava a far si che a Sasuke tornasse il dolore lancinante alla testa.
Si piegò in due, toccandosi gli occhi, che sentiva pulsare ininterrottamente.

"Sei solo uno stupido ragazzino! Come ti permetti di alzare i toni con me: Madara Uchiha!
Tu non hai idea di quello che posso fare, ti posso distruggere come ho fatto con Obito quando voglio." Inveì, prendendolo per il collo ed alzandolo da terra.
"Pensi di poter cambiare le cose Sasuke? Ti sbagli.
Il tuo destino è stato deciso, non puoi fare più nulla; dal momento in cui hai deciso di rimanere a lavorare invece che festeggiare il Natale hai segnato la tua vita.

"Rassegnati, non puoi cambiare il destino." Sibilò, a mezzo centimetro dal viso del giovane.
Sasuke si sentiva andare a fuoco ogni parte del corpo, la presa di Madara era soffocante.
Respirsre stava diventando difficile, gli mancavano le forze e non riusciva quasi più a tenere gli occhi aperti.
Si era messo contro Madara Uchiha, cosa poteva aspettarsi se non l'inferno?
I

tachi e Obito; li vedeva, davanti a lui, avvolti nell'oscurità, che pian piano stava portando via anche lui.
"Devi reagire, non lasciarti sopraffarre dal suo potere." Gli aveva detto il cugino.
"Sasuke, tu sei più forte di lui, tu sei reale, sei vivo.
Puoi farcela... reagisci." Lo incitò maggiormente il fratello, prima che sparisse insieme all'altro.
Afferò il polso dell'uomo con le mani, cercando di divincolarsi dalla presa.
"Non ho paura di te, Madara.
Non mi puoi fare niente.
Tu sei morto, sei solo un'illusione." Disse, piano, cercando di scandire per bene le parole, mentre tentava di mettere a fuoco il suo viso.
"Il nostro destino non è scritto, si può cambiare: è determinato dalle nostre azioni, dai nostri pensieri, dal nostro carattere, cambiando, cambia anche lui.
Anche tu hai contribuito a farmi cambiare, quindi grazie Madara.
Ma ora te ne devi tornare da dove sei venuto." Aggiunse, continuando a cercare di mantenere lo sguardo su di lui.
L'uomo si irrigidì, corruciando la fronte, rabbioso.
"Ti porterò con me all'inferno.
Piuttosto che lasciarti rovinare di nuovo tutto solo per tuo capriccio, ti ucciderò con le mie mani." Urlò, stringendo di più il collo del ragazzo, che si sentì di nuovo sovrastato dalla figura dell'uomo.
Dette queste parole i due vennero risucchiati da un vortice, ritrovandosi a cadere dall'alto verso gli inferi.
La lava incadescente li attendeva sul fondo, pronti ad accoglierli con il suo calore.
Il braccio di Madara era ancora teso verso il suo collo, la presa era salda.
"È la tua fine Sasuke.
La fine degli Uchiha ed è solo colpa tua." Gli disse, osservando ormai il ragazzo senza più energie, lasciandolo precipitare verso il bassso.
Sasuke venne investito da una vampata di calore, sempre più forte, che premeva sulla sua schiena.
Gli occhi semichiusi ormai percepivano solo il buio: la cecità l'aveva colpito.

"Vi chiedo scusa, scusatemi tutti quanti amici miei.
Scusatemi se non sono stato un buon amico, se vi ho sempre ignorato e trattatato male.
Scusate se non sono stato in grado di apprezzare la vostra compagnia, il vostro aiuto; sono stato troppo preso da me stesso, dal mio passato dal mio dolore e non ho mai dato importanza ai vostri sforzi.
Mi dispiace Kakashi-sensei, non ti ho mai supportato abbastanza, al contrario di quanto tu abbia fatto con me.
Ti ringrazio di tutto, sei stato un padre ed un fratello per me.
Spero che tu non ti lascerai andare: devi resistere.
Perdona tuo padre, lui non è stato forte, ma ti ha insegnato, mi ha insegnato, quanto l'amicizia sia importante.
Non essere più in pena per Obito, lui ti ha perdonato, ha visto il tuo cambiamento.
Se solo potessi tornare indietro, se solo avessi capito prima, potrei risparmiarvi altro dolore.
Non pretendo che mi perdoniate, che mi scusiate, ma voglio che sappiato quanto io sia pentito.
Io, Sasuke Uchiha, che chiedo scusa e mi pento delle mie azioni, non credevo che potesse accadere davvero.
Credo che ormai sia tardi.
Addio e Buon Natale a tutti."

Sorrise, liberatorio, rivolgendo i suoi ultimi pensieri ai suoi amici, a tutti coloro che gli avevano voluto bene.
Era pronto, pronto per lasciarsi avvolgere da quel calore opprimente.

Un urlo di dolore echeggiò nel silenzio.
Sasuke aprì di scatto gli occhi, portandosi una mano alla testa, dolorante.
Cercò di mettere a fuoco l'ambiente circostante, continuando a rimanere a terra, sul pavimento freddo.
Sentiva il cuore battergli all'impazzata tanto da rimbombargli nella testa.
"Sono morto." Pensò ad alta voce, percependo il silenzio e il gelo intorno a sè.
Appariva tutto troppo offuscato, non riusciva a capire dove fosse.
Si mise seduto, con le mani sugli occhi che continuavano ad essere un tormento.
La guancia, che fino a poco fa era a terra, era congelata.
Il suo corpo era tutto intorpidito e dolorante.
L'ultima cosa che ricordava era di star precipitando, all'inferno, insieme a Madara.
Trattenne il respiro, fermando il movimento delle dita ai lati della testa.
Aprì di nuovo gli occhi, aguzzando lo sguardo, per capire esattamente dove fosse.
Portò le mani in avanti, muovendole, aperte davanti a sè.
Pian piano i suoi occhi si abituarono alla luce e a permettere a Sasuke di vedere nitidamente.
Sbattè le palpebre più volte, abbassò le mani, fissandosi le scarpe nere lucide, che indossava.
Iniziò a guardarsi in torno, ancora a terra, riconoscendo il posto in cui era: il suo ufficio.
"Non sono morto?" Si chiese, di nuovo ad alta voce, raddrizzandosi sulla schiena e continuando a guardare intorno a sè, incredulo.
Si alzò subito in piedi, ignorando il male ad ogni parte del corpo, aiutandosi con i bordi della scrivania.
Si sedette sulla poltrona di pelle, accendendo immediatamente il computer, per controllare l'ora e il giorno.

24 Dicembre
Ore 23.00

Si abbandonò nella poltrona, sospirando, girando leggermente con l'aiuto dei piedi.
Ripercorse nuovamente tutto quello che, probabilmente, aveva sognato.
Le apparizioni di Sakumo, di Itachi, di Obito e infine di Madara; era stato tutto così reale, ogni sensazione fisica ed emotiva gli era sembrata di viverla veramente.
Scattò in piedi, lanciando la sedia dietro di sè.
Era ancora in tempo: poteva sistemare tutto.
Poteva salvara Obito, poteva permettere a lui e Kakashi di fare pace, in modo che vivessero in serenità, insieme.
Poteva salvara le sue amicizie, poteva riuscire a superare, a lasciarsi dietro, il passato, insieme a loro.
Aveva deciso: avrebbe cercato Obito in modo che nessuna macchina lo investisse, intanto avrebbe chiamato Kakashi per parlargli e infine gli avrebbe fatti incontrare; questa era la cosa prioritaria.
Subito dopo, sarebbe andato a casa di Naruto, dove c'era la festa con gli altri, e avrebbe parlato con loro, sperando di essere ben accetto.
Si, avrebbe fatto così, era la cosa giusta.

Corse, corse velocemente verso la porta dell'ufficio, chiudendosela con violenza alle spalle una volta uscito.
L'ascensore fu un incubo: fu costretto a star in piedi, ad aspettare di raggiungere il piano terra; l'adrenalina era troppa per permettergli di stare fermo, continuava a sbuffare e a tamburellare i piedi.
Uscito finalmente dal palazzo, si fermò, guardandosi intorno.
Di nuovo tutti quei rumori, quelle luci abbaglianti, che gli avevano dato sempre fastidio.
Si massaggiò un attimo gli occhi, per abituarsi al bagliore accecante, per poi prendere un sospiro preparatorio alla corsa che avrebbe dovuto fare.
Strinse i pugni lungo i fianchi, ripetendosi mentalmente che era ancora in tempo, che ce la poteva fare.
Riprese a correre, con tutte le forze che aveva, per le strade affollate di Tokyo, cercando di superare la gente che, inevitabilmente, gli andava addosso.
Ad ogni Babbo Natale, ad ogni risata tipica dell'uomo vestito di rosso, si fermava per cercare il viso di suo cugino, tra la folla.
Si dovette fermare, per prendere fiato, mentre le persone continuavano a muoversi in modo caotico intorno a lui, frastornandolo.
"Dove sei Obito?" Si chiese, deglutendo un groppo di saliva, e allentandosi leggermente la cravatta, aspettando ancora qualche secondo prima di ripartire alla sua ricerca.
Non aveva intenzione di arrendersi: suo cugino rimaneva la priorità assoluta.
Doveva scongiurare ogni possibile incidente.

Un rumore sordo, delle urla, poi, il silenzio.
A Sasuke, a cui il cuore stava battendo all'impazzata, si fermò nell'instante in cui udì quel suono, rimbombare nel silenzio.
"Obito!" Urlò, riprendendo a correre, in mezzo alla strada, verso il punto in cui molte persone si stavano spostando, accorse nell'udire anche loro il frastuono.
Estrasse il telefono dalla tasca del giubbotto, mentre, raggiunta la folla, iniziava a farsi spazio, per arrivare il più vicino possibile, in modo da vedere cosa era accaduto.
Digitò il numero di Kakashi, pregando che rispondesse nell'immediato, mentre lui, intanto continuava a superare le file di persone.

'Sasuke?'

Quando Sasuke sentì la voce del sensei, rispondere al primo squillo, tirò un sospiro di solievo e per recuperare più ossigeno possibile, per poi iniziare a parlare, senza interruzzione, continuando ad avanzare.

'Kakashi-sensei, deve andare in ospedale, ora.
Smetta di fare qualsiasi cosa stia facendo e ci vada.'

Disse, velocemente, tra un respiro affannoso e l'altro.

'Sasuke? Cosa è successo? Ti senti male?
Dimmi dove sei che ti raggiungo.'

Chiese, preoccupato l'altro, notando il frastuono proveniente dall'altro capo del telefono e il tono di voce del ragazzo.

'No, no, io sto benissimo.
Si tratta di Obito.'

Disse, prima di farsi spazio tra due uomini che sembravano non volerlo fallo passare.

'Obito?
Sasuke sei sicuro di-'

'Kakashi-sensei, deve andare in ospedale, potrebbe essere l'ultima possibilità che ha per mostrarle il suo cambiamento.'

Lo interruppe l'Uchiha, determinato nel convincere l'uomo, che sembrava essere restio nel credergli.

'Non può continuare a vivere nel rimorso.
Deve fare in fretta, però.'

Continuò, non percependo risposta dall'altro.

'Va bene Sasuke.
Hai ragione.
Grazie.'

Rispose, piano, l'Hatake, sospirando scosso dagli eventi.

'No, grazie a lei, sensei.
So che probabilmente non è il momento adatto per dirgli quanto io sia grato a lei ed a suo padre, per tutto quello che avete fatto per me e la mia famiglia.

So che lei non ha ancora perdonato del tutto suo padre e la capisco.
Ma, le assicuro, che suo padre Sakumo, nonostante abbia sbagliato, le ha insegnato tanto con il suo gesto.
So anche che era mio padre, l'amico per cui ha rischiato tutto e, mi chiedo, come nonostante tutto, lei abbia deciso di lavorare lo stesso per gli Uchiha e crescermi, con tutto il rancore che dovrebbe portare alla mia famiglia.

Suo padre è molto orgoglioso di quello che è diventato.
S-so che penserà che io sia impazzito, perchè quello che sto dicendo non è da me, ma se le dicessi il motivo per cui le sto dicendo tutto questo non mi crederebbe...
Adesso la lascio... che entrambi dobbiamo recuperare le nostre amicizie.
Grazie di nuovo e Buon Natale.'

Sasuke iniziò a parlare a ruota libera, liberandosi di una buona parte di pensieri e del senso di colpa che lo affliggevano.
Sapeva che non sarebbe bastato per essere una persona migliore, ma era un buon inizio.

'Bhe... devo dire che mi hai lasciato senza parole.
Non so cosa ti sia successo, Sasuke, ma credo che il miracolo sia accaduto davvero.
Parleremo un'altro giorno di questo... adesso, hai ragione, dobbiamo andare.
Spero che, almeno tu, sia ancora in tempo.'

 

Rispose, con voce rotta, Kakashi, prima di chiudere la chiamata e seguire le indicazioni di Sasuke.

Sasuke ripose il telefono in tasca, sorridendo debolmente, per poi tornare subito serio sentendo le sirene che si avvicinavano.
Continuò ad avanzare, intravedendo le pattuglie della polizia che delimitavano la zona, intimando i presenti di andarsene.
"Fatemi passare! Sono un suo parente!" Aveva urlato, superando la prima fila e scavalcando i nastri intorno al perimetro.
Un paio di poliziotti gli sbarrarono la strada, impedendogli di avvicinarsi.
"Sono suo cugino, vi prego fatemi avvicinare." Cercò di convincerli, intravedendo, dietro agli uomini, i soccorsi iniziare a prestare aiuto ad Obito.
I due si scambiarono uno sguardo complice, per poi annuire e lasciarlo passare.
Corse immediatamente verso di lui, trovandolo semicoscente, con gli occhi aperti, vuoti.
Lo avevano appena messo sulla branda e lo stavano legando, per  portarlo in ambulanza all'ospedale.
"Obito! Obito, mi senti?" Lo chiamò, avvicinandosi il più possibile, cercando di rimanere calmo.
Il suo cuore era come impazzito: c'erano attimi in cui lo sentiva esplodere nel petto ed altri un cui non percepiva nessun battito, dall'angoscia.
L'uomo spostò leggermente gli occhi nella sua direzione, non potendo muovere il collo, fasciato da un collare antitrauma.
"S-sasuke?" Disse, con fatica, tanto che le sue labbra si erano mosse appena.
"Sì, Obito, sono io. Resisti, ti prego..." Gli disse, leggermente sollevato nel vederlo ancora cosciente.
"Mi sembra di averti già incontrato stasera." Sussurrò, socchiudendo gli occhi.
I medici intanto avevano finito di apportargli i primi soccorsi e lo stavano portando verso la vettura.
"Sì, Obito, anche io ho questa impressione...
Devi rimanere sveglio però, non chiudere gli occhi."
Ripose, Sasuke, camminando affianco alla branda.
L'altro tirò le labbra, cercando di dire qualcosa.
"M-mad-"
"Lo so, Obito...
È stato Madara; ti credo." Ringhiò, al ricordo di quell'uomo, che aveva causato fin troppo dolore.
Obito, aggrottò le sopracciglia, probabilmente per stupore, in quanto nessuno gli aveva mai creduto.
"Signore, lei viene o no? Non possiamo attendere altro tempo, è in pericolo di vita." Gli chiese, uno dei due infermieri, che si stava accingendo a chiudere i portoni dell'ambulanza, mentre le sirene iniziavano a suonare.
"Obito, in ospedale ci sarà Kakashi.
Devi resistere." Gli disse, bloccando la chiusura dell'ultima porta.
"Kakashi?" Soffiò, tirando le labbra in un lieve sorriso, mentre una lacrima gli rigava la guancia deturpata.
"Signore, dobbiamo andare!" Lo interruppe di nuovo l'infermiere, facendo presa sul metallo della porta.
"A-auguri, Sasuke." Riuscì a sentire, prima che l'ambulanza partì, lasciandolo immobile, con ancora il braccio in aria, ad osservare le luci intermittendi blu, allontanarsi.
Non poteva fare più nulla, ora doveva solo sperare che Kakashi arrivasse in tempo e che Obito potesse sentirlo e, magari, sopravvivere.
Ci sperava, sperava davvero di poter cambiare le cose.
Se solo fosse arrivato qualche minuto prima, forse, avrebbe potuto evitare l'incidente.
Non si sarebbe mai perdonato se il cugino fosse morto, di non essere stato abbastanza veloce.

Sasuke si girò di scatto, percependo una risata di scherno, la sua risata di scherno.
Cerrcò Madara nella folla che pian piano, stava scemando, muovendo gli occhi in una direzione all'altra, sperando di scorgere la chioma nera e gli occhi rossi.
E lo vide, lo vide ghignare, per un secondo, prima di sparire tra un gruppo di persone.
L'odio verso di lui era immenso, non credeva che il suo avo potesse essere tanto crudele e pieno di potere anche da morto.
No, lui non sarebbe diventato come Madara.
Alzò gli occhi al cielo, scuro e nuvoloso, percependo i primi fiocchi di neve scendere leggeri.
Prese fiato, incamminandosi verso il parcheggio dove teneva la macchina; ora doveva pensare a sistemare i rapporti con i suoi amici.
Salì in macchina, sfrecciando a tutta velocità verso la casa di Naruto.
Non era molto lontano dal centro di Tokyo, eppure la strada gli sembrò infinita.
Migliaia di pensieri gli offuscavano la mente, proprio come la neve, che scendeva più fitta, gli stava offuscando la visuale della strada.
Cosa avrebbe detto una volta arrivato sulla soglia di casa sua? Naruto lo avrebbe fatto entrare? Gli avrebbe lasciato il tempo di parlare, di scusarsi o lo avrebbe cacciato, nell'immediato, non appena lo avrebbe visto? Che cosa avrebbe fatto dopo il rifiuto?
Migliaia di ipotetici scenari gli si presentavano nella mente, facendolo fremere dall'agitazione.
Per la prima volta nella sua vita si sentì davvero in preda all'ansia, impotente.
Il Sasuke Uchiha di una volta non si sarebbe fatto sovrastare così dalle emozioni, soprattutto per una cosa così banale, i suoi amici, a cui non aveva mai portato più di tanto interesse.
''Merda!'' Imprecò, sbattendo i pugni sul volante, quando la macchina decise improvvisamente di fermarsi.
Sbattè la testa contro il clacson, facendolo suonare per un breve istante, tirando poi un sospiro di sconforto.
"Perchè proprio adesso!? Con tutti i soldi che ho speso per comprarti, proprio ora devi morire!" Parlò, rivolgendosi alla vettura, iniziando a colpirla violentemente con i pugni.
Ringhiò, cercando di riaccenderla per l'ennesima volta, invano.
Sospirò di nuovo, calmandosi; si passò una mano tra i capelli, ripetendosi mentalmente che, probabilmente, stava impazzendo: aveva sogni premonitori, vedeva i morti, parlava da solo, parlava con la macchina... insomma: era ormai da ricoverare.
Scese dalla vettura, chiudendo la porta con irruenza.
Si guardò in torno: tutto il quartiere era decorato con addobbi natalizi, pacchiani e terribilmente luccicanti.
Strizzò gli occhi, abituandoli, di nuovo, al cambio di luce.
Non era molto distante dal condominio in cui abitava Naruto, ci sarebbe potuto arrivare a piedi abbastanza in fretta.
Iniziò ad incamminarsi: era tutto silenzioso e tranquillo, solo in alcuni momenti, dalle case, riusciva a percepire della musica Natalizia.
Nessuno era in giro a quell'ora, guardava nelle case intravedendo le ombre di chi ci abitava festeggiare con amici e parenti.
La strada era ancora pulita e asciutta, nonostante la neve aveva iniziato a scendere con più costanza e velocità.
"Ci mancava solo rimanere a piedi con la neve..." Sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Faceva freddo, dannatamente freddo.
Non se ne era mai accorto sino a quel momento, avendo corso per tutto il tempo.

Ore 23.50

Ricominciò a correre, nonostante il suo corpo, non abituato a tali sforzi, chiedesse pietà.
Voleva, doveva, assolutamente arrivarare a casa del biondo non un minuto dopo la mezzanotte.
Di nuovo, la strada gli sembrava non finire mai: procedeva dritta e infinita, tra la neve e le luci colorate.
Mai si sarebbe aspettato di fare tanta fatica per qualcuno che non fosse se stesso.
Inciampò, finendo quasi a terra.
Il dolore alla testa e i giramenti che aveva ignorato e sopportato sino a quel momento iniziavano a dargli davvero dei problemi, in più i suoi polmoni sembravano andati a fuoco e il cuore salirgli in gola.
Il respiro era affannato, la fronte sudata, nonostante il freddo e gli occhi arrossati.
"No, non mi fermerò più..." Disse, stringendo i pugni sulle ginocchia e tirando su la testa, intravedendo il palazzo verso cui era diretto.
Riprese a correre, scostante, continuando a tenere gli occhi puntati sull'obiettivo.

Finalmente, tra una caduta mancata e i mancamenti che sembravano stare per colpirlo da un momento all'altro, raggiunse l'ingresso del palazzo.
Fece le scale, quasi accasciato sulla ringhiera, aprì la porta con la spalla, reggendosi alla maniglia di ferro.
Subitò si sentì investire dal tepore dell'atrio che era quasi paragonabile al calore fastidioso che aveva sentito nella caduta verso l'inferno.
Avanzò, verso la porta di casa di Naruto, iniziando già a percepire il vociare di tutti.
Il cuore iniziò di nuovo a intervallare momenti di tachicardia ad altri di inattività.
Si appoggiò allo stipite con la fronte, chiudendo gli occhi e respirando a fatica.
Alzò la mano, lentamente, chiudendola poi a pugno, che tentennò nel battere sul legno.
Perchè era così difficile bussare?
L'orgoglio non era più un problema, ma la paura, quella di essere abbandonato, di rimanere in solitudine, continuava a rimanere.
Si morse la guancia, cercando la forza di poggiare il pugno, tremante, sulla porta.
"Non ho niente da perdere.'' Si disse, cercando di convincersi.
Se avesse bussato, avrebbe avuto il cinquanta percento di possinilità di poter risolvere le cose, mentre, se non l'avesse fatto, non avrebbe mai più potuto far nulla, sarebbe stata la fine.

Ore 00.00

Stava trattenendo il respiro, nonostante fosse difficile, per uno che ne aveva davvero bisogno come lui, aspettando che qualcuno venisse ad aprirgli.
Il parlare di sottofondo si interruppe: Sasuke riuscì a percepire nitidamente la voce di Ino che aveva urlato una frase a chi stava andando ad aprire la porta.
"Questo deve essere Sai che si è riuscito a liberare!" Aveva detto, prima di ricominciare a parlare animatamente insieme agli altri.
Sasuke aveva aggrottato le sopracciglia e aveva preso colorito in volto per mancanza di ossigeno.
Sentì la chiave girare nella toppa; contò le volte in cui girò, sperando che arrivasse in fretta l'ultimo scatto.
Finalmente la maniglia si abbassò e la porta, poco dopo, venne spalancata.
Il cuore di Sasuke perse un battito.

"S-sasuke?"
Naruto era davanti a lui, con il telefono in una mano e l'altra ancora sulla maniglia, con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
Sasuke ricominciò a respirare velocemente, cercando di recuperare aria, mentre ancora con la testa china, cercava di mettere a fuoco il ragazzo e parlare.
"D-dobe..." Sbiascicò, con un sorriso tirato, mentre si tirava dritto davanti all'altro.
"Teme! Si può sapere cosa ti è successo?" Inveì, fissando stranito il corvino nello stato pessimo in cui era.
Non aveva mai visto un Sasuke così trasandato, nemmeno dopo le ore di ginnastica a scuola.
"Spero... di non essere in ritardo." Sviò la domanda, assumendo un'espressione più seria e abbassando leggermente lo sguardo verso terra.
Naruto si fece serio quanto lui.
"Bhe... diciamo che nessuno si aspettava che venissi." Iniziò a dire, infilandosi il telefono in tasca.
Sasuke si irrigidì, stringendo la presa sulla cornice della porta.
"Ma io sapevo che saresti venuto." Esordì poi, sorridendogli.
L'altro si sentì alleggerito, tirando un sospiro di sollievo, ricominciando a ridestarsi.

"Naruto? C'è qualcosa che non va?" La voce stridula di Sakura giunse alle orecchie dei due ragazzi, che erano rimasti a fissarsi negli occhi, senza muoversi.
"Bhe? Mi fai entrare o mi vuoi lasciare morire davanti alla tua porta, Dobe?" Chiese, incrociando le braccia al petto, aspettando che l'altro si scostasse per farlo passare.
"Sei sempre il solito scontroso! Teme!" Borbottò, facendolo entrare in casa.
Sasuke si guardò in torno, imbarazzato, mentre si toglieva le scarpe; ora avrebbe dovuto parlare con gli altri.
"N-naruto, cosa stai facendo?" Balbettò, sorpreso, venendo abbracciato possessivamente dal biondo, che non sembrava volersi staccare.
"Grazie per essere venuto, Sas'ke." Gli disse, nascondendo il sorriso soddisfatto nel suo giubbotto.
Sasuke ricambiò l'abbraccio, inarcando leggermenre le labbra verso l'alto.
"Adesso staccati però, Usuratonkachi." Ghignò, cercando di levarsi di dosso il ragazzo che sbuffò, mettendo il broncio, con il viso leggermente arrossato.

"Naruto! Si può sapere dove... s-sei..." L'urlo di Sakura andò a scemare pian piano, quando vide fare l'entrata di Sasuke nella sala.
Tutti si voltarono e si zittirono, vedendo la reazione dell'amica.
"Ve l'avevo detto che sarebbe venuto!" Disse, fiero, Naruto, portandosi le mani sui fianchi.
Sasuke guardò, uno ad uno, negli occhi i compagni, notando quanto le loro espressioni fossero stoiche.
Non sapeva cosa dire, si sentiva in soggezzione.
Per fortuna, Naruto era sempre pronto ad aiutarlo.
"Bhe? Cosa sono quelle facce serie? È Natale e siamo tutti insieme, finalmente! Sorridete!"
La voce di Naruto echeggiò nel silenzio che continuava a regnare sovrano nella casa.
Tutti i presenti si scambiarono sguardi di incertezza, finendo poi a riguardare l'Uchiha.
Il biondo aggrottò la fronte, stringendo la mano sulla spalla dell'amico, facendogli capire che lui era dalla sua parte, in qualsiasi caso.
'

'Suppongo, che io vi debba della scuse."
Quella frase gli costò molto, sentì un pezzo del suo orgoglio sgretolarsi da qualche parte nel suo corpo.
Le espressioni degli altri erano passate in pochi secondi allo stupore, nel sentirlo dire tali parole.
"Direi di sì!" Sbottò l'Inuzuka, sempre sul piede di guerra, che si beccò nell'immediato una gomitata da Shikamaru che gli disse poi che doveva lasciarlo parlare.
Sasuke arricciò il naso: sapeva che quel ragazzo gli avrebbe dato dei problemi.
Inspirò, cercando di mantenere la calma.
"So che, da sempre, non sono mai stato molto amichevole e socievole con voi.
Ho sempre rifiutato i vostri inviti ad uscire, i vostri tentativi di essermi amico.
Sono stato molto sfacciato e scontroso, arrivando addiritrura a parlarvi con cattiveria."
I suoi occhi e quelli di Sakura si incontrarono, rimanendo fissi gli uni negli altri per un istante, fino a quando la seconda non riuscì più a sostenere i suoi.
"Con gli anni sono andato a peggiorare, isolandomi ed ignorandovi maggiormente, rifugiandomi dapprima nello studio, poi nel lavoro, per cercare di sfuggire dalla solitudine di cui mi stavo circondando.
Non sono qui per raccontarvi i motivi per cui mi sono comportato in questo modo per tutti questi anni, in modo da farvi pena... mi è già difficile aprirmi così."
Continuò, stringendo i pugni lungo i fianchi, cercando di mantenere ancora un po' di ritegno, che sentiva ridursi ad ogni parola.
Kiba tentò di nuovo di aprire la bocca, ma subito venne fermato da Shino, che gli posò la mano davanti alla faccia, prima che si beccasse qualche insulto.
"Ho capito, dopo tanto tempo, forse troppo, di aver sbagliato.
Ho deciso di cambiare, di iniziare a comportarmi in modo diverso.
Mi piacerebbe ricominciare da capo la mia vita, magari con il vostro aiuto, se siete ancora disposti ad essermi amici.
Non... non ho mai amato il Natale e non l'ho mai festeggiato nel corso della mia vita, ma vorrei che, quest'anno, festeggiarlo con voi, in modo da renderlo, per la prima dopo tempo, importante, per me." Finì di dire, sperando di essere stato abbastanza sciolto e convincente.
Nella stanza nessuno aprì bocca, c'erano solo scambi di sguardi complici tra il gruppo di ragazzi.
L'Uchiha deglutì, tringendosi nelle sue spalle, senza però, mai, abbassare lo sguardo a terra.
La mano di Naruto continuava a rimanere sulla sua spalla, confortandolo; almeno lui non lo avrebbe abbandonato.
"Non c'è nient'altro da dire..." Prese parola Shikamaru, schiarendosi la voce, scambiandosi altre occhiate con gli amici, per poi fissare Sasuke.
"Festeggiamo si o no?
È una seccatura tutta questa tensione." Concluse, sorridendo ed alzando le braccia a mezz'aria.
Tutti si misero a ridere, accogliendo benevolmente il ragazzo.

"È bello averti qui, Sasuke." Gli si avvicinò la rosa, con un bicchiere di spumante che gli porse, tremante.
Sorrise, afferrandolo, sfiorando leggermente la mano della ragazza, che sussultò.
''È bello che voi mi abbiate accolto, nonostante tutto." Rispose, osservando un punto non definito dietro a lei.
Sbattè le palpebre più volte, aguzzando poi lo sguardo.
"Sasuke? Tutto bene?" Lo ridestò, sempre Sakura, chiamandolo.
Il ragazzo le prestò subito attenzione, annuendo.
Per un attimo, gli era sembrato di vedere la sua famiglia, vicino all'albero di Natale, sorridegli.
"Facciamo un brindisi!" Urlò, Naruto, alzando il calice verso l'alto, seguito dagli altri.
"AUGURI DI BUON NATALE E BUONE FESTE A TUTTI!"

[20336 parole] - 4 Gennaio 2018

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