Rose Tea

di Sinden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 11 Essex Street ***
Capitolo 2: *** Streghe ***
Capitolo 3: *** Notizie dal Giappone ***
Capitolo 4: *** Preoccupazioni ***



Capitolo 1
*** 11 Essex Street ***


Faceva freddo quel martedì pomeriggio.

 

La classica pioggerellina irlandese, che scendeva leggera ma insistente dal cielo plumbeo, aveva iniziato a bagnare i vetri dello Stage Door Cafè, un locale alla moda nel centro di Dublino in cui aveva dato appuntamento al suo vecchio amico Ed Warner. 

 

Marty Laughton si strinse meglio il foulard rosa al collo, perché nel locale il riscaldamento era basso. 

 

Era ormai arrivato il mese di Maggio, ma al Nord dell'Europa non aveva portato il piacevole tepore tipico del Giappone, anzi il clima in Irlanda era autunnale, si poteva quasi dire.

 

Marty accarezzó i suoi capelli e con disappunto realizzó che si erano increspati per via dell'umidità, nonostante la piastra e l'olio lisciante che aveva usato pochi minuti prima.  Li teneva qualche centimetro sotto le spalle, una pettinatura da giovane donna ventitreenne e non più da liceale. Erano finiti i tempi della Barbie pallavolista dalla lunga chioma e perfino Nathalie Lenders era stata d'accordo sul fatto che non era più opportuno per lei portarli lunghissimi come quando aveva sedici anni. 

 

Peró, un po' le mancavano. Sarebbe stato bello averli lunghi solo per il matrimonio, così da poter fare un'acconciatura ricca ed elaborata. 

 

Ed era in ritardo, ma se l'era aspettato.

Non conosceva affatto le strade di Dublino e stava arrivando dall'hotel a piedi. Non voleva prendere il taxi, le aveva detto, perché la città era piuttosto piccola e gli faceva piacere osservarla passeggiando, come un turista qualsiasi. 

 

Il cuore inizió ad accelerare i battiti alla prospettiva di vederlo dopo quel lasso di tempo. 

 

Cinque anni.

Cinque anni in cui non si erano sentiti mai, nè si erano cercati a parte quell'ultima telefonata del ragazzo, avvenuta una settimana prima.

 

Ed Warner era in Inghilterra per un tour di amichevoli con la Yokohama Flügels, squadra di cui era diventato portiere titolare e stella indiscussa. Moltissimi suoi fans inglesi affollavano gli stadi  del Regno Unito per vedere il fenomeno karateka fra i pali. 

Warner era ormai pienamente realizzato nel suo progetto di divenire calciatore professionista e guadagnava milioni. 

 

Gli era andata meglio che a Mark, che dopo uno sfortunato esordio con la Juventus , era stato dato in prestito alla Reggiana, una squadra italiana di serie C.

L'idea del club di Torino era stata quella di dar modo al giovane giapponese di farsi le ossa per gradi nel calcio italiano, decisamente più competitivo di quello nipponico. 

Mark non era pronto per la serie A. 

Troppi campioni blasonati con cui confrontarsi. 

Troppe teste di serie tutte insieme, e lui, asiatico con relativa immaturità calcistica, era stato stritolato professionalmente dai suoi compagni. 

Tempo al tempo, aveva detto a Marty, agli alti livelli ci sarebbe arrivato con la dovuta calma.

 

Ma era stata una batosta morale non indifferente. Un'umiliazione quasi. Un gran brutto rospo da ingoiare e Marty, che era all'ultimo anno di liceo a Tokyo ai tempi della breve permanenza di Mark alla Juve, si era sentita in colpa per non aver potuto fare nulla. Non aveva potuto stargli vicino come una fidanzata avrebbe dovuto. Aveva solo potuto raccogliere i suoi sfoghi e i suoi tormenti via Skype. Non c'erano state alternative: sarebbe stato impensabile lasciare il Giappone e perdere settimane di liceo,  proprio all'ultimo anno. Ma l'idea di Mark avvilito e solo in un altro continente, l'aveva gettata per mesi in un grande dolore privato. 

 

Era stata dura la lontananza, mitigata solo dalla consapevolezza della grande forza caratteriale del giovane, che infatti aveva trovato presto l'impulso di reagire.  Non ci sarebbe stato modo di piegare il suo ragazzo, per quanti colpi bassi potesse tirargli la vita. Lo amava anche per questo.  

 

E si sentiva a disagio anche pensando a Ed.

Il portiere aveva scoperto dal solito Danny Mellow il suo ufficiale legame con Mark.

Avrebbero dovuto farglielo sapere loro, con tatto, dati i trascorsi fra lei e Warner

Certo, era stata solo una relazione da adolescenti e durata anche poco,  ma era pur sempre un amico comune. E le voleva ancora bene.

 

Sospiró osservando il bancone dei dolci. Decise che avrebbe ordinato una cheese cake ai mirtilli. Da molto non la mangiava e in quel locale la facevano pure buona.  

 

Cosa avrebbe detto a Ed, dopo tutti quegli anni?

Ma soprattutto, cosa avrebbe detto lui a lei?

 

Quelle frasi al telefono ti amo ancora, ti ameró sempre, non posso smettere di amarti, l'avevano riempita dell'antica ansia. 

 

Perché aveva ancora lei, sempre lei in mente?

 

Eppure aveva letto di una fidanzata coreana, su una rivista di gossip. Ed si era messo qualche anno prima con una modella diciottenne di Seoul, di nome Kim-qualcosa. Aveva notato un trafiletto su un giornale, un breve pezzo sul portiere considerato una rivelazione del calcio asiatico, e nella piccola foto che accompagnava l'articolo si vedevano lui e la ragazza all'uscita da un ristorante. 

 

Mano nella mano, erano belli insieme. Lei alta quasi quanto lui, i capelli tinti di colore mogano e il viso da bambolina orientale. Marty aveva sentito della tenerezza dentro di sè, e sollievo nel vedere che Ed era uscito dalle sue frequentazioni sballate come quella con Elise Sawyer e si era sistemato con una cerbiattina niente male. 

Ma poi, non aveva più trovato notizie su di lui. Nè si era ulteriormente informata. 

 

Aveva la sua vita a cui pensare, il Trinity college, le lezioni, gli esami e Mark, i loro progetti. 

 

Il fatto peró che Ed avesse continuato a tenerla nel suo cuore stava a significare che - ancora - non c'era nessuna donna importante nella sua vita. Questo la fece preoccupare. 

 

Le aveva detto al telefono che aveva qualche giorno libero in UK, fra una partita e l'altra, e che magari avrebbe potuto fare un salto nella vicina Irlanda a trovarla. Lei aveva acconsentito, in fondo non c'era nulla di male ed era anche curiosa di sapere come gli andavano le cose a Yokohama. E poi, anche la madre di Mark e i suoi fratelli si erano trasferiti in quella bella città, e Ed aveva detto che li andava a trovare ogni tanto. 

Forse aveva notizie fresche anche su di loro. Mark sentiva la madre dall'Italia regolarmente, ma Marty non era in grande contatto con i Lenders, fatta salva qualche chat su whatsapp con Ted e Naty. 

 

Guardó di nuovo l'orologio del telefono e colse con la punta dell'occhio un movimento all'ingresso. Una figura alta, coperta da un impermeabile blu scuro, varcó la soglia del locale. Aveva i capelli raccolti sotto al giaccone, ma gli occhi a mandorla tradirono l'etnia.   

 

Marty sorrise d'istinto e alzó la mano. "Hey!!" chiamó. 

 

Il ragazzo appena arrivato si guardó intorno confuso e poi la riconobbe. Quando andó verso di lei sorridendo, e poi si sbottonó il soprabito, Marty finalmente realizzó quanto tempo era passato.   

 

Ed era cambiato, e nemmeno poco. 

Aveva i capelli più lunghi, era più alto, più grosso, e aveva un accenno di barba lungo la mandibola. Somigliava molto a suo padre.  

 

Gli occhi scuri erano sempre profondi, il sorriso sempre enigmatico ma era più adulto.

Era un uomo fatto e finito, ormai. 

 

"Sei esattamente come ti ricordavo."  esordí lui, indeciso se sedersi o no. Erano entrambi imbarazzati. 

 

"Oddio...Ed ciao! Non ci credo, sembra passato un secolo!" rispose Marty. Non sapeva se abbracciarlo.  Non sapeva cosa fare.

 

Fu Ed a toglierla dal disagio. "Contento di rivederti. Sempre stupenda...ehm dai, sediamoci. Scusami per l'attesa. Google Maps non è stato d'aiuto."  Nemmeno lui si sentì di abbracciarla.  Non era il caso, forse.

 

"Hai avuto difficoltà a trovare il locale? Mi dispiace, l'ho scelto perché piuttosto centrale." replicó Marty. 

 

"No... solo che un tizio mi ha riconosciuto per la via e mi sono fermato per un selfie. Poi ho dovuto cercare questo posto in fretta e ho fatto confusione." spiegó lui, levandosi l'impermeabile. Indossava un bel dolcevita viola. Sembrava un po' pallido.

 

"Come sei cambiato...anche la barba?" rise Marty.

 

"Sì...non sono più un bamboccio. Siamo cresciuti."  rispose lui, giungendo le mani sul tavolo.

 

"Tu non sei mai stato un bamboccio. Mai, che io ricordi." disse lei. "Allora...cosa ordini? Bisogna andare al bancone e chiedere.  Non viene la cameriera." 

 

Ed la squadró. "Oh, solo un succo d'arancia. Grazie."

 

"Dai, offro io. Arrivo subito." e andó dal barista. Sentì le guance calde, forse era arrossita. Cinque anni non erano molti, ma nemmeno pochi. Erano cambiati entrambi, erano adulti. 

Provó una sensazione di straniamento.  

Ed rappresentava il suo passato giapponese, era una finestra sui ricordi. 

 

Quegli anni splendidi. 

Tokyo.

La Toho school.

Le ragazze della squadra.

Kibi.

Gogo.

Nolan.

Lowry.

Lynn.

 

"Dimmi pure." fece il ragazzo dietro al bancone. L'aveva vista sopra pensiero. 

 

"Uh sì! Scusami....ehm....una spremuta d'arancia e una fetta di cheese cake e un caffè americano. Siamo a quel tavolo," e indicó Ed seduto.

 

"Te li porto subito!"

 

Marty fece un lungo respiro e lentamente tornó a sedersi.

 

"Dovresti lasciarmi pagare..." sorrise Ed.

 

"Sì dovrei. Con quello che guadagni, eh?" replicó Marty.

 

"Eh...sono fortunato, lo so." ammise lui. "Il calcio mi ha dato molto. È un universo che continua a coccolarmi."

 

"Hai meritato tutto, dai. Portiere ufficiale di una squadra di primo livello....devo farti i miei complimenti. Sei stato bravo. Davvero bravo..."

 

"Beh, dopo tutte le rinunce e i sacrifici...se non ce l'avessi fatta sarebbe stato peggio che un fallimento." rispose Ed, con un mezzo sorriso. "Tu sai che non combatto per perdere."

 

Marty si accarezzó un orecchio. "Sì, mi ricordo bene... ma...tuo padre come ha preso tutto questo?  È orgoglioso di te?"

 

"A suo modo sì. Le prime volte, quando mia madre lo informava di una mia partita in tv, non voleva guardarla. Era offeso per la mia rinuncia al karate, sai... le sue idee... poi peró ha imparato a capire il calcio e ad apprezzarne la competitività. Ora mi scrive sempre per complimentarsi quando vinco. E poi..." spiegó Ed.

 

"Poi?"

 

"È su di giri perché é diventato nonno qualche mese fa." riveló lui, contento.

 

"Ma daaiii? Danny ce l'ha fatta??"

 

"Sua moglie Sandra si è sottoposta a cure per la fertilità. Non è stato facile, ma poi è rimasta incinta. E pure di due gemelli. Maschi." raccontó Ed.

 

"Ah beh...allora tuo padre sarà al settimo cielo. Due nipoti in un colpo solo." commentó lei. 

 

"Infatti. Ha già migliaia di progetti per loro. Vuole che inizino col karate appena si reggono in piedi." spiegó Ed. "È sollevato che il suo lavoro di una vita, il dojo e la scuola, non vadano persi. Adesso ha una grande Accademia di Arti Marziali, con sedi oltre Tokyo. Tutta eredità per i miei nipoti..."

 

"Hmm...eh sí...e tua madre? Come sta?" 

 

"Fa la nonna a distanza. Ogni tanto va a Osaka, da mio fratello, ma alla sua età non puó prendere l'aereo troppo spesso. È felicissima comunque. Keizo e Keishi sono la sua gioia." rispose Ed. 

La guardava dritto negli occhi, felice di rivedere quell'azzurro che gli era mancato.

 

"Si chiamano così i tuoi nipoti....zietto?" rise Marty. "Tu come ti senti in questo ruolo?" 

 

"Li vedró poco purtroppo, ma so che li vizieró. Ho già inviato a Osaka pacchi di giocattoli...Sandra mi ha pregato di smetterla, non sanno dove metterli!" rispose lui.

 

"Bravo." disse lei e poi rise.

 

Seguì qualche attimo di silenzio. Quel fastidioso silenzio fra persone che non si vedevano da molto tempo. 

 

"E tu...presto sposina." disse Ed. "La vita è imprevedibile, vero?"

 

"Ed..." lei deglutì. "Ed...dovevamo informarti. Perdonaci, anzi...perdonami. Noi..."

 

"No. Non scusarti. Io avevo capito tutto. Avevo capito cosa c'era in corso ancora prima che lo capiste voi due. Sapevo che vi sareste uniti presto o tardi, perció quando Danny me l'ha detto non ho fatto una piega." riveló lui. 

 

"Danny....ma come cavolo ha fatto a sapere di me e Mark?? Quando è partito per l'Italia eravamo determinati a mantenere segreta la nostra storia. Mark ha sempre voluto proteggere la nostra privacy, non ha mai parlato di me in nessuna intervista. Ci sentivamo solo via internet, con Skype. Siamo andati avanti così per un anno finchè per i miei diciotto ho ottenuto dai miei il permesso di andare a trovarlo in Italia..." si sfogó la ragazza. "E anche quello fu un viaggio segreto, non ne parlai nemmeno a Lynn."  

 

"Beh Mark non era in contatto solo con te. Ha lasciato amici in Giappone. Danny ha capito che vi eravate messi insieme quando gli chiedeva di te, nelle loro telefonate, di come andavano avanti i tuoi studi e le tue partite.  Credo volesse sentire un'altra campana, oltre la tua ... il tuo fidanzato sa che sei un po' bugiardella..." 

 

"Smettila dai! Non è vero!!" rise ancora lei, coprendosi il viso con una mano.

 

"Danny mi ha detto che si aspettava l'annuncio del fidanzamento...immaginava vi sareste sposati. Ha avuto la conferma quando Mark gli ha detto di prepararsi ad andare in Italia per un evento. Immagino sarà presente quella tua amica, a farti da testimone...quella cinese." disse Ed.

 

"Maylin. In realtà non la sento più. Le ho solo mandato un telegramma di congratulazioni per le Olimpiadi... sai lei ora in Cina è una celebrità." sospiró Marty.

 

"Lo so. Ho visto tutte le premiazioni delle recenti gare mondiali. La Cina è oro nel volley femminile, la tua amica svettava sul podio. E tu..."

 

"...io?"

 

"Tu che combini con la pallavolo? A giudicare dalla tua linea e dal fatto che mangi dolci con noncuranza, direi che sei fuori allenamento." disse Ed, lasciando che la cameriera li servisse. Osservó la cheese cake di Marty: un concentrato micidiale e pesante di zuccheri. 

 

Lei fece una smorfia. "Beh grazie! Mi dai della grassona?!"

 

"No, ti dico che non hai la solita forma. Il che mi pare sospetto. Hai chiuso con lo sport?"

 

"Per forza." borbottó Marty. "Sono iscritta al Trinity College, sono all'ultimo anno della facoltà di Lettere. È un'università tosta. Non avrei tempo per l'agonismo. Poi in Irlanda non ci sono squadre di spessore."

 

"Ma in Italia sì. C'è un campionato di pallavolo piuttosto quotato e le Nazionali, sia maschile che femminile, sono molto forti. È un Paese in cui potresti riprendere." disse Ed, bevendo un sorso della sua spremuta. "Quando ti trasferirai definitivamente."

 

"No. Ho chiuso. Dopo la laurea ci sarà il matrimonio e poi...ecco, Mark vorrebbe che mi dedicassi alla famiglia a tempo pieno.  E l'idea mi va a genio, ti diró." raccontó lei. "Sicuro di non volere un assaggio di torta?"

 

"No, grazie.  Quindi farai la casalinga, la moglie e la mamma?" 

 

"Credo di sì. Sì, decisamente. Voglio il mio nido, la mia nicchia in questo mondo. Con Mark costruiremo la nostra casa. Sono elettrizzata all'idea." rispose Marty.

 

"Sicura?" 

 

"Come, scusa?" chiese la ragazza. 

 

"Lascia che ti dica una cosa, e permettimi di usare una metafora biologica...Sai che amo la Natura, e la osservo. Un tempo ti paragonai a un gabbiano e  ora, proprio in questo momento, mi è venuta alla mente un'altra similitudine. Tu credi di essere un'ape operaia, che sarebbe in grado di fare il suo compitino ogni giorno, senza pretendere nulla di più da se stessa. Una casa da tenere in ordine, un marito da amare docilmente, bambini da crescere...giorno dopo giorno...sempre la stessa routine. Ma io non ho questa idea di te." disse Ed. 

 

Marty lo ascoltó attentamente. "Avevo dimenticato le tue elucubrazioni e ti diró che non ne sentivo la mancanza. Cosa vorresti dire?"

 

"Ti conosco abbastanza. Ho conosciuto la parte più selvaggia di te..."

 

"La conosce anche Mark. Non ti preoccupare." lo geló lei.

 

"Oh no no...non ti conosce fino in fondo. Ho ancora davanti a me il ricordo di quella ragazza che aveva due tizzoni ardenti negli occhi, una sera di dicembre, e mi affrontó con la stessa decisione di una tigre. Sai a cosa mi riferisco." e sorrise.

 

"Fermo lì, Ed. Non andare a rivangare quella storia. Ho un dolce ricordo di te e voglio mantenere solo quello. Altro no. Ci avevo messo una pietra sopra." replicó Marty.

 

"Beh io non ci ho messo sopra nessuna pietra nè ho dato un colpo di spugna ai ricordi. Tu non sei un angelo del focolare, nè un'apina che ronza attorno al suo alveare tutto il tempo. Sei una vespa solitaria e pericolosa. Una vespa killer. Che ha vinto la finale di volley dell'ultimo anno contro la Mambo, mandando perfino in ospedale Jeanine Redmond per esaurimento fisico. Oh sì...ho letto i giornali.  Una gara memorabile, capitano. Così come so che ti erano arrivate proposte da squadre giapponesi di primo livello..." 

 

"Ed...."

 

"Potevi avere una grande carriera, arrivare in Nazionale...e alle Olimpiadi..."

 

"Ed..."

 

"Perché hai rinunciato? Perché?" insistè lui. 

Prima dell'incontro si era ripromesso di mantenere la conversazione leggera e serena, proprio come doveva essere fra due amici che si ritrovavano. Ma ora che era lì davanti a lui,  il bisogno di sapere perché lei avesse gettato alle ortiche un talento sportivo straordinario, ebbe il sopravvento. "Ti ho detto al telefono che mi è dispiaciuto sapere della tua rinuncia all'agonismo." 

 

"Già, ma sono affari miei. Solo miei. Il mio destino è un altro." replicó Marty.

 

"Se tu fossi la mia futura moglie, non ti chiederei di rinunciare alle tue passioni." disse  Ed. "Non potrei mai."

 

"Non crederai sia Mark a decidere per me?" chiese lei, un po' offesa.

 

"Hai detto che Mark vorrebbe che tu ti dedicassi alla famiglia, o sono sordo?"

 

"Idealmente vorrebbe che fosse così, ha visto sua madre uccidersi di lavoro per lui e i fratelli, e non vuole che anche sua moglie sia costretta a faticare per vivere.  Con i suoi guadagni non ce n'è bisogno, così mi ha detto che non sono tenuta ad avere una mia carriera...che comunque non avrei... mi sto laureando in Lettere, mica in Ingegneria nucleare." rispose Marty. "Studio per passione verso la letteratura. Mark chiaramente non mi impone nulla, figurati. Ci rispettiamo."

 

"Non ne dubito. Ma... non sospetta che senza sport tu sarai insoddisfatta? Lui, un campione del calcio che sa cosa vuol dire sudare e stringere i denti per arrivare in cima?" rispose Ed. "Voglio dire, non ha provato a convincerti a continuare?"

 

Marty restó zitta. Poi sghignazzó.

"Questa conversazione mi ricorda quella a casa tua, quando mi donasti quella maniglia a molla per esercitare il polso. Anche allora volevi convincermi a riprendere con il volley."

 

"Già. Ma stavolta non è Pemberton che mi manda. Stavolta è la mia coscienza."

 

"Cioè?" chiese lei, confusa.

 

"Rispetto Mark. L'ho aiutato anche, per la faccenda di sua madre. Lui mi ha restituito i soldi, ha saldato il debito. Sai questo. Ma ... credo che sia una persona non molto empatica, diciamo così.  Negli anni l'ho  visto travolgere chiunque si mettesse sul suo cammino, avversari, allenatori...tutti. È il suo temperamento. Questo peró si traduce anche in mancanza di sensibilità. A volte fa fatica a capire gli altri, le esigenze degli altri. Fa fatica a capire te. I tuoi desideri nascosti, le tue ambizioni. Non dubito che ti ami...questo no. Ma non è come me, non va oltre la superficie. Io sì. Io vedo in te. E vedo che hai un'aria un po'...amareggiata."

 

"E tu invece sei pallido. Che dovrebbe significare, allora, che stai male? Che hai la tisi? Ed, la devi finire di analizzare gli altri e pretendere di conoscere chi ti sta attorno alla perfezione. Come puoi sapere come sto io? Io non emetto giudizi su di te." replicó lei, agitata. "E in quanto a travolgere gli altri...che hai fatto tu con quella ragazza, Elise? Non ti eri fatto una storia con una che manco ti piaceva, solo per...per....sesso? Visto poi com'è finita..."

 

"Quella era malata, è tutt'ora in un istituto. Sono stato superficiale, certo, ma anche inconsapevole. Non potevo immaginare...."

 

"Esatto. Allora non immaginare niente. Non trarre conclusioni sbagliate. Io sono felice, davvero felice. Piuttosto, pensa per te. La tua capatina qui e quelle frasi al telefono non mi lasciano tranquilla. Ma non hai nessuna?"

 

Ed ridacchió. "Perché ti ho detto che ti amo ancora? Prendilo come un complimento...non c'è da agitarsi. Lo so bene che sei altrove, con il cuore. E sì, non ho una relazione fissa, hai centrato il punto. Frequento una ragazza adesso, ma... nulla di che." rispose lui, passandosi una mano nel ciuffo sulla fronte.

 

"E quella modella coreana...?" 

 

"Ti piace il gossip, vedo... eh, con lei è durata un anno. Viveva con me, a Yokohama. Pensavo funzionasse. C'era intesa, dentro e fuori dal letto. Ma... improvvisamente cambió. Il suo atteggiamento, dico." fece Ed, rigirando tra le mani il bicchiere.

 

"Che ha fatto?"

 

"Niente, inizió a chiedermi di andare agli eventi mondani, feste, inaugurazioni, prime al cinema....robe cosí. Non mi piacciono quelle cose, tu lo sai.  Ma...farsi fotografare con me le dava visibilità. Si faceva pubblicità sui social, e ormai le modelle vivono di instagram, tik tok e altre cazzate...non mi andava. Abbiamo litigato. È finita." spiegó Ed. "E poi...poi non ho avuto voglia di legarmi a nessuna. Troppo stress. Rotture di palle...."

 

"È difficile. Lo immagino. E adesso sei anche un campione famoso...." mormoró Marty.

 

"...e i soldi attirano donne arrampicatrici. Aveva ragione mia madre. Ma così è, che ci puoi fare." rispose Ed, incupito. 

 

"Sai Mark diceva una cosa su di te..." ridacchió lei. "Tu credi che sia un superficiale ma su di te ha fatto una disamina e anche profonda. Secondo lui tu non ti sposerai mai, passerai la vecchiaia solo nel tuo dojo, come uno di quegli eremiti santoni che si vedono in certi film...sostiene che non troverai la donna perfetta per te, perché hai parametri irrealistici. E se fosse vero? Ma cosa vai cercando, esattamente?"  

 

Ed sorrise. "Parla proprio Mark. Tu sei stata la prima e l'unica per lui. Non si è mai messo in gioco con altre...a parte quella tizia di Okinawa. A proposito, è andata alle Olimpiadi, l'hai vista? Ne hanno parlato i giornali da noi. Una stellina del softball."

 

"Francamente no." rispose lei, secca. "Non ho seguito la sua vita."

Ed rise.

 

"Tornando a Mark...anche con te è stato ostico..."

 

"È andata così. Ho dovuto scardinare le sue difese e lui ha fatto lo stesso con me. Ma ora siamo felici. Bisogna sforzarsi, Ed. Andare incontro agli altri con...." replicó lei.

 

"E che ci fai qui?" la interruppe.

 

Marty sgranó gli occhi. "Eh?"

 

"Mi hai sentito. Che ci fai qui in Irlanda, se lui è in Italia? Questo grande amore è un po' particolare. A distanza." disse lui, ironico.

 

La ragazza affondó la forchettina nella cheese cake. Un gesto nervoso. "Volevo stare qualche anno nel mio Paese, che ameró sempre, e laurearmi qui. Dire arrivederci alla mia patria prima di staccarmene. Sto da mia nonna, ha settantacinque anni, la aiuto nelle faccende quotidiane e lei mi dà un alloggio gratis. Vedo spesso anche mia madre e..." 

 

"Tua madre? I tuoi sono tornati qui a vivere?" chiese sorpreso Ed.

 

Marty giró lo sguardó verso la strada. Un'ombra subito passó sul suo viso. Non rispose.

 

Ed capì di aver pestato un brutto callo.

 

Lei si portó una mano alla bocca e gli lanció un'occhiata carica di imbarazzo, dolore, inquietudine.

 

"Marty...? Che c'è?"

 

"C'è che non stanno più insieme. Sono separati da tre anni. In attesa di divorzio..." ammise lei finalmente. Poi abbassó lo sguardo. 

 

"Oh no...mi dispiace." mormoró Ed. "Mi dispiace sul serio."

 

"Non ce l'hanno fatta a ricucire. Tu sei stato testimone della frana del loro matrimonio. Ricordi quando mio padre si sfogó con te?" chiese lei.

 

"Sì...ma non pensavo fosse così grave la loro situazione."

 

"Lo era. Stupidamente credevo di essere io la causa. Non so perché, ero sicura che una volta trasferitami qui a Dublino, loro avrebbero ripreso la loro intesa. Che avrebbero ritrovato la loro intimitá. Niente di più sbagliato. In verità ero io il collante principale del loro rapporto. Con me lontana, è mancato un motivo per  continuare a sopportarsi." confessó Marty. Poi mescoló lentamente il caffè americano. 

 

"E quindi tua madre è in Irlanda...e tuo padre è rimasto in Giappone?!" chiese Ed.

 

"Sì, ha una carriera consolidata alla Akihito Co. Qui in Irlanda non gli darebbero mai gli stessi soldi, e poi non ha senso tornare. Ha una compagna nuova. Una collega giapponese...non vivono insieme ma...tra poco faranno sul serio. Lei è una donna diversa da mia madre: discreta, molto formale nei comportamenti. Con me è gentile." aggiunse Marty. Non sorrideva più.

 

Ed ripensó alle parole di Andrew Laughton, quella sera che l'aveva visto pieno di birra stravaccato sul divano di casa. 

Non insistere mai, Ed. Non insistere se un rapporto non funziona. 

 

"Mio padre era la parte remissiva della coppia. Ha sopportato molto. Mia madre...mia madre era sempre così nervosa. Anche con me. Credo che non fosse una donna destinata alla famiglia." continuó la giovane. 

 

"E che fa lei qui? Di che vive?

 

"Ah...quello non è certo un problema. Mio nonno ha lasciato a lei e mia zia una grande ereditá. Un appartamento in centro, che prima affittavano e che ora occupa mia madre. E soldi: mio nonno è stato un avvocato di grido. Ha seguito anche il premier irlandese in alcune cause. Metá della sua fortuna è di mia madre, e ti assicuro che vive bene. Io la vado a trovare perchè so che è sola, anche se ha ripreso le sue vecchie amicizie. È spesso in viaggio con due signore sole come lei. Non so se troverà un nuovo compagno." disse Marty. 

 

"Che ha detto riguardo a Mark? Le piace?" chiese Ed. 

 

"Mi ha dato della scema perché mi voglio sposare presto. Su Mark non fa commenti perché ora è ricco. Ma giuro che delle volte quando parla di lui...è così snob. Come se il fatto che lui venga da un quartiere povero lo abbia marchiato per sempre, nonostante tutto. Spero solo che al matrimonio non mi metta in imbarazzo." sospiró Marty.

 

"Quando vi sposerete?" 

 

Marty lo guardó. "A Settembre. In Italia fa ancora caldo in quel mese, ma non è un caldo soffocante. Ed...verrai?" lo invitó. "Te lo chiedo anche a nome di Mark. Non sa che ci siamo incontrati, ma sarebbe d'accordo."

 

"Non lo sa...ti ho chiamato una settimana fa...non glielo hai detto?" si stupì Ed. 

 

Marty fece un movimento col capo.

"No."

 

"Perché?"

 

"Perché non mi andava." aggiunse lei, guardando la tazza.

 

"Ricordi come ho reagito quando ho scoperto che mi avevi tenuta nascosta la tua serata con Benji? Insisti negli errori, vedo." osservó il portiere. 

 

"Non è lo stesso. Mark non deve sapere tutto quello che faccio. Non è quel genere di rapporto. Ci fidiamo uno dell'altro." replicó Marty.

 

"Hm. Perció immagino che tu non faresti una piega se venissi a sapere che lui e Maki si stanno parlando in un bar, proprio in questo istante." azzardó Ed. "Visto che ti fidi di lui."

 

Marty sbuffó. 

 

Ed sorrise. "Sei la solita. Mi piacevi anche per le tue contraddizioni, per le tue incoerenze. Ero pazzo di te."

 

Lei lo guardó. "E non abbiamo mai nemmeno fatto l'amore."

 

"No. Ma...finché c'è vita c'è speranza. Giusto?" chiese lui, sostenendo lo sguardo. 

 

"Ed....non farmi incazzare. Non ne ho voglia." sibiló lei. "Ti ho invitato al matrimonio fra me e Mark perché sei nostro amico e ti vogliamo bene. Non farmene pentire."

 

Lui mise la mano nella tasca dell'impermeabile e ne estrasse un rotolino di carta. "Ma anch'io te ne voglio. Molto. Per questo mi sento di aprirti gli occhi su una questione. Hai detto di non essere molto al corrente sui recenti fatti sportivi, no? Beh dai un'occhiata a questo."

 

Marty, confusa, aprì il rotolo. Era un articolo di giornale, tratto dal Tokyo Shinbun, il quotidiano più venduto della grande metropoli. La data era di tre giorni prima. Era una pagina stampata da internet. 

 

 

Il titolo diceva: La Nazionale di Softball femminile in tour in Italia. Le ragazze eroine delle Olimpiadi danno lezione alle giovani europee. 

 

Seguiva l'articolo. Marty lesse con gli occhi sgranati. La notizia le era ignota. 

 

"...all'arrivo a Bologna le giovani sono state accolte dal team nazionale femminile under 18 ...in attesa di una partita amichevole...

 

Marty deglutì e continuó a leggere. 

 

...nel frattempo la giovane punta di diamante Maki Akamine è stata raggiunta dal nostro corrispondente prima di salire su un treno in direzione Reggio Emilia per non  meglio specificati impegni personali..."

 

Non potè proseguire. 

Rilesse tre volte.

 

Lo sguardo andó a cercare quello di Ed, nella disperata idea che fosse tutto uno scherzo.

 

"Che cazzo è questo? Da dove hai preso questa stronzata??" mormoró lei. Non sapeva se gridare o piangere. 

 

"In Europa non si trovano giornali giapponesi, ho un abbonamento online al Tokyo Shibun. Quando ho letto quell'articolo, ho pensato di stamparlo. Per te. La tua espressione mi dice che non ne sapevi niente." disse Ed. Guardó la torta. "Mi è venuta voglia. Posso?" e ne prese un pezzetto. 

 

"Che cazzo vuol dire, Ed?" disse lei, non accorgendosi di aver alzato il tono della voce. "Mi vuoi fare ingelosire?"

 

"Io?? Io proprio no. Ti ho solo fatto leggere un articolo." replicó lui. "Insomma, non è detto che quella sia andata a Reggio Emilia per Mark. Magari c'è andata a vedere la Chiesa di San Prospero. O la Basilica della Ghiara. Le chiese italiane sono favolose, no?"

 

Sembrava sottilmente contento. Gli era tornata l'aria del rettile.

 

Marty sentì il cuore infiammato e la voglia di piangere. "Perché mi fai questo...perché mi fai questo? Sei un sadico, Ed. Mio Dio...sei sempre lo stesso. Ferisci gli altri per evacuare la tua merda!"

 

"È il mio modo di amare." poi tolse tre altri fogli ripiegati dall'impermeabile. Glieli porse. Marty li prese con un gesto secco. "Che altro c'è, che Dio ti maledica!"

 

Li guardó. 

Uno era una prenotazione aerea, un volo di andata e ritorno per Reggio Emilia. L'altro, un volo per Yokohama. Solo andata. Entrambi con data aperta. 

 

Marty li contempló, con le mani che tremavano. Poi guardó lui. 

 

"Adesso ascoltami. Va' da lui al più presto. Chiarisci questa cosa. Se è come penso io, tornerai qui a Dublino in tutta fretta." indicó il biglietto per Yokohama.   "E poi vieni da me. Al diavolo l'università e tutto. Mettiti con me. Io e te siamo gentaglia, Marty, l'hai detto tu ed è vero. Perfino oggi lo abbiamo dimostrato. Ci apparteniamo. E tu lo sai benissimo. Tutte quelle balle di cui vuoi convincerti...il focolare domestico, la mogliettina, il nido....sono balle. Torna in Giappone, diventa una stella del volley. Quello che sei nata per essere.  Io ti staró vicino, in ogni momento. Troveremo insieme la felicità e il successo." 

 

"Ma tu sei pa..."

 

"Pazzo?!  sì, l'ho già ammesso. Sono pazzo di te. Ma oggi la mia follia forse puó aiutarti ad aprire gli occhi, anche se fa male. Perché la verità è che quella tizia è andata a trovare il tuo futuro maritino tre giorni fa e si dà il caso che lui non ti abbia neanche avvisato. Il che mi pare una cosa proprio brutta. Un rapporto basato sulla fiducia non funziona cosí. Lui non ti ha detto nulla di questo e tu non l'hai avvisato che io sono qui. Girala come ti pare ma mi pare proprio che Houston abbia un problema." e sorrise, compiaciuto della sua battuta. "E ora, sii gentile, lascia che io mi alzi ed esca dal locale, prima di dare in escandescenze." 

Ed si pulì le labbra con un fazzolettino di carta. "Hai il mio numero. Hai un volo pagato per Yokohama. Confrontati con Mark e poi scegli. In Giappone ti attendono il mio amore, un appartamento in un grattacielo, e un futuro stellare come atleta. Sei in tempo per annullare la cerimonia. Riflettici. A presto, Marty." 

 

Si alzó e si rimise il soprabito. "Ah e ... grazie  per aver offerto. A buon rendere. Anche questo è per te. Ricordo che ti piaceva." Lasció un pacchettino sul tavolo e poi si giró. Andó verso l'uscita. 

 

Lei non rispose. Era ammutolita, e si stringeva i biglietti e l'articolo di giornale al petto. Lo osservó lasciare il locale col suo solito passo tranquillo. 

 

Poi riprese il pezzo del Tokyo Shinbun e scorse parola per parola. L'intervista a Maki, che aveva evitato di leggere, fu il punto che i suoi occhi cercarono subito: 

 

Giornalista: Com'è cambiata la tua vita dopo il successo?

Akamine: non molto! Sono ancora un'isolana di Okinawa, la mia terra è il mio rifugio.  Solo che adesso viaggio tanto, e non vedo quasi più la mia famiglia. Peró sono contenta. 

Giornalista: sei in Italia con la squadra. Poi andrete in Francia e Germania. Ti piace l'Europa?

Akamine: certo, in particolare l'Italia. Forse perché qui ho delle amicizie importanti. Anzi, tra poco devo prendere il treno per Reggio Emilia. Un amico giapponese vive lì.

Giornalista: non si parla molto della tua vita privata, sappiamo che sei molto discreta. Ma nessun fidanzato all'orizzonte?

Akamine: sono discreta e voglio rimanerlo. Mi scusi. Diciamo che sono in un ottimo momento, da quel punto di vista. 

 

L'intervista continuava con domande relative al softball e alle novitá tecniche della nazionale. 

 

Marty ebbe la sensazione che un peso di piombo le fosse caduto sulla testa. Era seduta sola al tavolo, con un'espressione stranita sul viso e le mani gelide. 

 

Si avvicinó il barista. "Stai bene? Guarda che sei pallida." notó il pacchetto che aveva lasciato Ed. Lo prese. 

Marty non l'aveva neanche guardato, scioccata com'era. 

"...hmm, sembra tè alla rosa. Non capisco le scritte in giapponese, ma sembra tè alla rosa. Se vuoi te lo prepariamo qui. Ci paghi solo il servizio."

 

"No." rispose Marty. "No. Ora vado. Vi libero il tavolo. Grazie." 

 

Il ragazzo le rese il tè e annuì. Poi inizió a sparecchiare. 

 

Marty si mise il suo impermeabile, infiló tutto nella borsa e come un automa uscì dal Cafè. 

 

L'unica cosa che fu in grado di fare, fu dirigersi verso un'agenzia viaggi lì vicino. Non frequentava più le agenzie viaggi da quando aveva imparato a usare le prenotazioni online.

 

Ma in quel momento, non sarebbe stata in grado nemmeno di accendere il pc.  

 

Entró e ringrazió Iddio che non ci fosse la fila. 

 

Una delle operatrici la chiamó. "Signorina, venga pure. Sono libera!"

 

Marty andó da lei, senza una parola, e le mostró la prenotazione andata e ritorno per l'Italia. 

 

"Buongiorno...in cosa posso...ah! lei ha già un viaggio con data aperta! È un regalo?" 

 

Marty non disse nulla, fece solo cenno di no con il capo. 

 

"Ok.  Vediamo..." disse la donna, armeggiando col computer. "Per Reggio Emilia...Italia...ci sono poche opzioni, non è una meta richiesta. Quando vorrebbe..."

 

"Il prima possibile. Anche domani. Anche stasera." fece lei. 

 

L'impiegata la guardó. C'era qualcosa nello sguardo di quella bionda davanti a lei, che le suggerì di accontentarla e alla svelta. "Sì. Ehm ...è urgente suppongo."

 

"Lei non immagina quanto." rispose Marty. "Devo andare a trovare una persona. Una persona che ha bisogno di me al più presto."

 

"Un amico nei guai?" chiese l'impiegata curiosa.

 

"Sì. Un amico che si è appena messo in un guaio enorme."

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Capitolo 2
*** Streghe ***



Marty rigirava tra le dita la collanina col ciondolo a farfalla.

 

Seduta sul bordo del letto, in camera sua, stava compiendo uno sforzo gigantesco per non chiamare Mark e sommergerlo di domande isteriche.

 

Si era sentita catapultata a sei anni prima, in quel periodo balordo in cui era comparsa brevemente Maki Akamine nella vita di entrambi, e lei era stata preda di una gelosia così furiosa da mandarle in pappa il cervello.

 

Aveva lasciato tutto nella borsa, l'articolo di giornale, e il biglietto per Reggio Emilia. Aveva prenotato la partenza il giovedì della settimana successiva. C'erano nove giorni ancora da passare a Dublino.

 

Non era una cosa negativa: cosí la sua rabbia poteva sbollire. Poteva riflettere con calma e confrontarsi con Mark, una volta giunta in Italia, ma senza aggredirlo. Una cosa che aveva imparato negli anni, era di non prendere il suo ragazzo con le cattive. Non era tipo da sopportare sceneggiate, e lei stessa non voleva litigare malamente a quattro mesi dal matrimonio.  

 

Ed l'aveva piantata lì nel locale, in tutto erano stati insieme solo una mezz'oretta: lui aveva il volo per il ritorno in Inghilterra quella sera stessa. Del resto, cosa ci sarebbe stato d'altro da dirsi? 

 

Il suo piano era andato in porto perfettamente; l'aveva convinta a uscire con lui, e le aveva messo una pulce nell'orecchio grande come una casa. Stava provando a sabotare il loro matrimonio perché per qualche maledetta ragione era convinto che fra loro potesse tornare la grande passione. 

Una cosa folle, una cosa da Ed. 

 

Era anche un' incredibile coincidenza che sua lui che Maki fossero in Europa proprio nello stesso periodo.  Il campionato giapponese di calcio era finito in Aprile, e al termine della stagione ufficiale spesso le squadre di club andavano in giro per il mondo a fare delle amichevoli, per farsi conoscere in Europa e Sud America e imparare da squadre più blasonate.  Inoltre Ed le aveva detto che una squadra portoghese aveva espresso interesse per lui, e ci teneva a incontrare di persona il direttore tecnico. 

 

Ma il fatto che il team nazionale di softball fosse in Europa era strano. A quanto pareva, Maki e compagne viaggiavano molto e Marty era perplessa. A chi interessava, esattamente, il softball giapponese? 

Il calcio nipponico era giá abbastanza snobbato nel mondo, figurarsi uno sport di minor richiamo. 

 

E poi era anche singolare che Mark non le avesse detto che Ed era in Europa. 

Lei non leggeva mai quotidiani sportivi nè irlandesi nè stranieri, tranne quando lui segnava in partita.

Ma lui acquistava sempre i quotidiani italiani, e certamente sulla Gazzetta dello Sport era uscita la notizia del tour degli Yokohama Flügels in UK.  

 

Poteva informarla, poteva scriverle: hey sai che Ed è in Inghilterra? Magari ti contatta. 

 

Non lo sentiva da una settimana. 

Erano rimasti d'accordo che lui sarebbe andato in Irlanda in Giugno, per la consegna della sua laurea. Mancava un solo esame e la tesi era quasi pronta, era al rush finale.

 

E poi entrambi, a campionato finito, si sarebbero dedicati alla preparazione del matrimonio.

 

Il fatto di sposarsi nel periodo successivo alla sua conclusione degli studi era stato fonte di interminabili discussioni fra i due. Marty avrebbe aspettato ancora un anno, Mark voleva concludere al più presto, perché il suo prestito alla Reggiana stava per finire e poi sarebbe tornato a Torino. 

E voleva che lei gli stesse accanto, in quel delicato momento. Non voleva più nasconderla, desiderava che il loro rapporto divenisse ufficiale per tutti, per i giornalisti, per i tifosi. Era importante per un calciatore avere una famiglia: dava tranquillità e senso di stabilitá.  

 

Mark non era per niente titubante o insicuro, quando si trattava di loro due. Era fatto così: qualsiasi fosse stato l'obiettivo, portare la Reggiana in serie B o organizzare un matrimonio in un giro di valzer, era tenace e testardo.  La chiesa prescelta, la Basilica della Ghiara, era già stata prenotata dieci mesi prima. Poi il fiorista, la location per il pranzo, la scelta degli abiti. Tutto deciso insieme a distanza, con Mark che andava a fare sopralluoghi nel tempo libero.

 

Lei andava in Italia da lui tra una sessione d'esame e l'altra, ma mai per troppi giorni consecutivi. Aveva frequenza obbligatoria per le lezioni.

 

Stavano veramente insieme solo nel mese di Luglio, libero per entrambi e nelle festivitá natalizie. 

 

Non era stato facile cosí, ma il legame fra loro aveva retto benissimo, anzi si era saldato ancora di più. 

 

Aveva ragione sua nonna: avevano protetto il loro amore e l'avevano fatto maturare.

 

E adesso cosa mi combini? Pensó. Che è venuta a fare quella da te, perché rispunta fuori come un fungo velenoso? E perché ho dovuto saperlo da Ed? Non mi hai detto nè scritto nulla...

 

"Marty, che fai in camera?" sentì la voce di sua nonna Bree fuori dalla porta. "È un'ora che sei chiusa dentro."

 

La ragazza si alzó e aprì l'uscio.

"Ma niente. Sistemavo l'armadio." 

 

"Sei tornata a casa con una faccia... cosa ti ha detto quel tuo amico?" indagó la nonna. 

La gatta Yami, una persiana nera, entró veloce e salì sul letto. Il cuscino di Marty era il suo giaciglio preferito.  "...scendi da lì subito!" si arrabbió la donna.

Yami soffió. 

"Brutta strega di una gattaccia!"

 

"Eddai lasciala..."

 

"Ti riempie le lenzuola di peli. Non deve dormire sui letti!"  rispose Bree. "Giù! GIU'!"

 

"Nonna, non è un problema!! Per favore." replicó Marty, coi nervi a fior di pelle. Era agitata per l'incontro con Ed e il resto. "Piuttosto ascolta...settimana prossima vado da Mark. Giovedì."

 

Bree sgranó gli occhi. "Come settimana prossima?? Ma non doveva venire lui da te per la laurea a fine Giugno?"

 

Marty sospiró. "Sì ma devo vederlo. Ho preso i biglietti. Sto in Italia quattro giorni, rientro domenica."

 

La donna la guardó bene. Corrugó la fronte. Aveva lo stesso sguardo acuto e indagatore di suo padre. "...c'entra quel tipo? Quello che hai visto oggi? Ma chi era?!" 

 

"Un ex compagno di scuola giapponese." taglió corto lei. "Comunque non c'entra...mi è solo venuto in mente che dobbiamo definire una cosa per il matrimonio, io e Mark. E devo andare giù di persona." mentì. 

 

"Ma tu hai l'esame, e la tesi da ultimare. Devi lavorare con il tuo relatore, mi hai detto. Non puoi rimandare questa cosa?" chiese Bree. 

 

"No. Sono quattro giorni, mi servono anche per rilassare la mente. Ho molto stress addosso." continuó Marty. Non le piaceva mentire a sua nonna, ma ancora meno era disposta a lanciarsi in una discussione con lei su presunti tradimenti.  Avrebbe scatenato il predicozzo e non era nell'umore di  sopportarlo. 

 

"Io dico che quella persona che hai incontrato ha fatto o detto qualcosa che ti ha turbata. Eri sorridente stamattina, cosa ti ha fatto cambiare umore?" insistè la donna, mettendosi le mani sui fianchi. La sua posa da qui comando io e se ti faccio una domanda tu fammi il porco piacere di rispondere. 

 

"Era un ragazzo che frequentavo a Tokyo, va bene?" riveló spazientita Marty. "Sei contenta? Mi ha fatto impressione rivederlo, tutto qui. Dai, per favore." 

 

"Un ex fidanzato?? E si presenta qui in Irlanda a ridosso del tuo matrimonio? Cosa voleva?" chiese Bree. 

 

"Farmi gli auguri, nonna. È anche lui calciatore, è un professionista in Giappone. È un amico di Mark. Anzi, si conoscono fin da bambini. Voleva solo rivedermi e augurarmi il meglio. Punto." disse lei stancamente.

 

"E improvvisamente tu senti l'esigenza di andare da Mark." rispose lei. "Era molto innamorato di te, questo...questo ex?" 

 

"Sì, mi voleva bene, ma io avevo sedici anni, lui diciotto...eravamo ragazzetti. Niente di serio..." rispose lei, sedendosi sul letto. Accarezzó Yami. "Niente di importante."

 

La donna valutó quelle parole in silenzio. Poi commentó: "Prima di incontrare tuo nonno, avevo avuto anch'io una simpatia con un mio vicino di casa. Avevamo la stessa età. Eravamo usciti insieme qualche volta, ma figurati a quei tempi non si faceva niente. Ci tenevamo solo per mano. Poi io e la mia famiglia cambiammo casa, e non lo vidi più. Lui mi scriveva peró, aveva trovato il mio nuovo indirizzo e mi mandava lettere su lettere. Mi scriveva di essersi innamorato, e io mi ero messa a ridere, perché in pratica eravamo due ragazzini. Avevamo quindici anni.  Che ne poteva sapere lui, o io, dell'amore?" raccontó.  Prese uno dei braccialetti di Marty, da un porta gioie, e se lo rigiró fra le mani. "Io ridevo, ma lui era serio nei suoi sentimenti. Comunque, un giorno incontrai tuo nonno, in quella fabbrica in cui lavoravamo entrambi. Te l'avrà detto tuo padre. Ci sentimmo subito attratti e ci mettemmo insieme. E poi dopo qualche anno, organizzammo il matrimonio. Io da quell'altro non sentivo più nulla. Smisi di ricevere lettere, perché certamente qualcuno nel quartiere gli aveva detto del mio fidanzamento.  Finché un giorno me lo ritrovai sotto casa, dopo il lavoro..."

 

Marty destó la sua attenzione.

 

"...mi avvicinó, senza nemmeno salutarmi nonostante non ci vedessimo da tempo, e inizió dal niente a dirmi cattiverie su tuo nonno. Lo dipinse come un disgraziato, un bugiardo, un buono a nulla... tutte sciocchezze. Io sapevo bene chi era il mio futuro marito. Disse quelle cose per allontanarmi da lui. Io rimasi in silenzio fino a che ebbe finito, e poi alzai il pugno destro fin sotto al suo naso e gli giurai che gli avrei spaccato la faccia se avesse aperto bocca un'altra volta. Lo sai come siamo noi irlandesi, Marty. Non abbiamo paura a menare le mani, e questo vale anche per le donne. Comunque, quel cretino capì la lezione e poi mi lasció stare."

 

Marty rise. "Hai minacciato di picchiare un ragazzo?" 

 

"Era un operaio delle ferrovie, sai quelli che piantano i binari nei terreni? Abituato a usare la mazza di ferro, aveva due braccia con dei muscoli...ma non ho avuto paura. Vedi, il punto è che io non gli avrei permesso di offendere il mio fidanzato. Perché quando due si amano devono farsi da scudo contro le cattiverie degli altri. Devono proteggersi reciprocamente." continuó Bree. 

 

Marty rispose. "Che storia...non me l'avevi mai raccontata. Ma non c'entra con Ed...cioè con il mio amico. Credimi."

 

La nonna fece un sorrisetto. "Non ho vissuto settantacinque anni per niente. La vita insegna molto. Insegna anche a riconoscere le bugie sulle facce delle nipoti!"

 

La ragazza negó di nuovo. "No. È tutto a posto, dai. Adesso scrivo a Mark di prepararsi a una videochiamata stasera, così gli spiego che saró sua ospite qualche giorno." 

 

"Sì ... sarà sorpreso. Mi hai detto che gli imprevisti non gli piacciono." 

 

"Sono la sua fidanzata che va a trovarlo. Non sono un imprevisto. Sarà contento, lo è sempre quando vado da lui." replicó lei.

 

"Hmmm....comunque pensa bene a quello che ti ho detto. Non devi permettere a nessuno, a nessuno, di mettersi fra te e il tuo amore. Non dare retta alle malignità, la gente sa essere terribilmente cattiva. E gli uomini possono covare rancore per molto tempo se ricevono un rifiuto. Un cuore spezzato tira fuori il peggio dalle persone, mai il meglio." l'ammonì Bree. 

 

"Va bene. Lo terró presente." annuì Marty, per darle il contentino. 

 

"Ecco brava. Tu ascoltami. Non sono come tua madre, io non parlo solo per rompere le scatole." e detto ció, uscì e andó in cucina. "...sai che ha un buonissimo profumo quel tè che hai portato a casa?" la sentì dire.

 

Marty richiuse la porta e prese un lungo respiro. 

 

Il problema non è Ed nè il suo cuore spezzato. Il problema è che quella stronza è andata da lui. Ancora. ANCORA.

 

Guardò Yami.

"Nonna dice che sei una strega sotto le sembianze di una gatta. Che dici tu? Mi devo preoccupare per questa faccenda?"

 

Yami in risposta socchiuse lentamente gli occhi color ambra. 

 

"Già. Lo penso anch'io."

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Capitolo 3
*** Notizie dal Giappone ***


Rispose dopo tre squilli.

 

"Eccomi." la salutó Mark, in video chiamata. Si era appena fatto la doccia, i capelli bagnati e spioventi sugli occhi gocciolavano ancora. Sorrise quando la vide. "...chiami sempre nei momenti più sbagliati!"

 

"Ah scusa...finito la doccia?" rispose Marty. 

 

"No, l'ho interrotta a essere precisi. Ti avevo detto stasera verso le otto."

 

"Sì, ma speravo tu fossi già a casa. Scusami." replicó lei, con calma forzata. Moriva dalla voglia di chiedergli quella cosa. 

 

Dimmi Mark, hai avuto visite di recente?

 

Si trattenne. 

Doveva andarci cauta. Nulla era ancora chiaro a quel punto. Essere precipitosa nella gelosia era un erroraccio che aveva già fatto in passato. 

 

"Sei fortunata, oggi l'allenamento è finito un po' prima. Colpa del maltempo. C'è stato un acquazzone. Campo pieno di fango, il mister ha preferito rimandare." raccontó Mark. "Sarebbe un problema se qualcuno di noi si infortunasse prima dell'ultima partita."   

 

"Hm, piove anche lì. Qui pure un tempaccio, al solito. Freddo, pioggia continua...gran bell'annuncio di estate." sospiró la bionda.  

 

"Ma cosa c'è che sei così ansiosa di sentirmi?! Praticamente mi hai ordinato di connettermi stasera. Successo qualcosa?" indagó lui, passandosi la salvietta sulla testa umida. 

 

"Sì...ascolta...giovedì vengo in Italia. Ho un volo verso mezzogiorno."

 

Mark un po' ci rimase.

Sul suo volto si disegnó un'espressione stupefatta e forse contrariata. "...settimana prossima? Perché?!"

 

Marty sentì come un pungolo titillarle un nervo scoperto. "Perché mi va. Cosa c'è, non mi vuoi vedere?" 

 

Mark scrolló i capelli bagnati. "Ma no, stupida... solo che eravamo d'accordo di vederci a Giugno. Sono un po' sorpreso. Ma che vieni a fare, non devi preparare la tesi?"

 

Marty deglutì. Si stava innervosendo. "Intanto l'ho già preparata. Devo finirla ti ho spiegato, e sono a un ottimo punto. Quattro giorni di vacanza non saranno un problema.  E poi vorrei andare a quel ristorante, definire alcuni particolari con l'organizzazione. Hai fatto tutto da solo, ma anch'io devo dire la mia...no?"

 

"L'abbiamo pensato insieme il pranzo. Non ho fatto niente da solo. Hai un tono strano. Sei nervosa?" chiese Mark, corrugando la fronte. 

 

"No, no...ma mi va di stare un po' con te...tu invece mi sembri seccato all'idea..." fece Marty, che stava compiendo uno sforzo mastodontico per non vuotare il sacco della sua paranoia. 

 

"Sai che le novità mi destabilizzano. Oltretutto qui siamo sul termine di campionato, ci sono allenamenti impegnativi anche se siamo alla fine. Non potrei passare la giornata con te. Ti dovrai spostare da sola, in città." replicó Mark, e sollevó lo sguardo sopra lo schermo per qualche secondo, come se la sua attenzione  fosse stata catturata da qualcosa fuori dallo spettro della camera. Sembró annuire impercettibilmente.

 

"Ma dove guardi?" chiese lei.

 

"Eh?" fece il ragazzo, fissando di nuovo l'obiettivo del suo pc. "Ma niente...una mosca sulla tenda. Mi hai sentito? Non posso stare con te durante il giorno."

 

"E che sarà mai. Sono già venuta a Reggio a trovarti, prendo la tua macchina, ha il navigatore. So guidare meglio di te, amore."

 

"Mi serve per andare al centro sportivo. Marty, sarei felice che tu venissi da me...ma non è il momento giusto." insistè Mark. "Sono un po' incasinato."

 

"E quando mai non lo sei? Vorrà dire che staremo insieme la sera, quando torni." e poi fece un sorriso che tradì grande malizia. "Troveremo un modo per passare bene le ore che abbiamo a disposizione..."

 

"In allenamento si chiude bottega, lo sai. O io ho il calo di forma." replicó Mark. "Le donne rammolliscono le gambe."

 

"Hmmm... che palle!" sbuffó lei.

 

"Sono un professionista. Mi pagano quello che mi pagano anche per aver cura del mio stato fisico. Eddai...te l'ho spiegato fino allo sfinimento." fece Mark. 

 

La ragazza piegó le labbra in una smorfia corrucciata.  "Insomma stai facendo di tutto per convincermi a non venire da te." 

 

"E' che non capisco perché, proprio adesso. Ti sei rifiutata di venire qui per Pasqua, avevamo tempo libero entrambi, e ora ti precipiti giù di punto in bianco. Quando prendi queste iniziative improvvise mi preoccupi." rispose lui. 

 

"A Pasqua c'era il pranzo con mia madre e i miei parenti qui a Dublino. Che potevo fare, dire di no? Quando ci sposeremo io non li vedró quasi più. Sono mesi importanti anche per stare con la mia famiglia." disse lei. "Ti avevo chiesto di venire in Irlanda, eri invitato anche tu ovviamente. Ma mi hai detto che questi ritrovi famigliari non ti piacciono..."

 

"No, infatti. E non mi piace lo sguardo di tua madre. Mi odia." rispose Mark. 

 

"Ha le sue idee. È una donna snob, lo rimarrà fino alla tomba, anche io la critico per questo. Ma è mia madre. Non sono legami a cui si puó rinunciare." fu la risposta di Marty.

 

"Io ho rinunciato a vedere i miei fratelli e la mia, di madre, peró. Infatti..."  a quel punto il suo tono di voce scese improvvisamente. "...infatti ci sono problemi."

 

Marty si allarmó. "Problemi? Ma di che parli?"

 

"Ted." rispose mestamente Mark. "Ted si sta mettendo nei casini."

 

Lei non capì. "Cosa è successo?"

 

Lui scrolló la testa. "Niente di serio, ancora. Ma mi sono arrivate voci preoccupanti. Sta facendo un po' il deficiente in giro."

 

Marty sentì una nuova sensazione di ansia. Improvvisamente si dimenticò di Maki Akamine e dei suoi sospetti. "Chi ti ha raccontato cosa?" 

 

"Te lo spiego quando vieni qui...giovedì prossimo, quindi?"

 

"S-sì...cavolo Mark non farmi agitare! Cosa è capitato a Ted? Ma non andava bene a scuola e in tutto il resto?" chiese lei.

 

"Eh...sembrava essersi messo su una strada dritta. Ma la mia assenza ha pesato, si vede. Lui ha bisogno di un punto di riferimento, è intelligente ma è una testa calda." riflettè il ragazzo. "...somiglia cosi tanto a me."

 

Lei non sapeva cosa dire. Era una brutta notizia, anche perché Ted era a un passo dal compiere diciotto anni, stava per diventare un soggetto adulto anche per lo Stato giapponese Non poteva permettersi di combinare cavolate. 

 

In effetti, quando l'aveva salutato l'ultima volta, a casa Lenders,  prima di partire verso l'Europa, si era raccomandata molto con lui.   

Guarda che sei tu l'uomo di casa adesso. Mark conta moltissimo su di te. Abbi cura dei tuoi e non fare scemenze, ok? Altrimenti io e tuo fratello non ti ospiteremo in Europa quando sarai più grande! 

 

E sembrava che Ted avesse afferrato il concetto. Si era iscritto alla Toho School, aveva buoni voti, ed era anche entrato nella  squadra di baseball scolastica. La sua vita procedeva sotto controllo, tutto sommato. 

Certo, ogni tanto sua madre raccontava a Mark che il fratellino si era lasciato andare a una scazzottata con questo o quell'altro compagno di scuola, ma cose abbastanza regolari per un adolescente.    

E poi, a Mark non dispiaceva che fosse un duro come lui.  Almeno nessuno gli metterà mai i piedi in testa, le diceva. 

 

"Ma non puoi anticiparmi niente?" chiese lei in video call. 

 

"Per ora no. Non allarmarti, devo sentire mia madre nei prossimi giorni. Chiariró con lei, e poi sentiró anche Nathalie. Qualsiasi cosa succeda a casa mia, non voglio che la affrontino da soli." disse Mark, strofinandosi gli occhi. Aveva un'aria tesa. 

 Poi sollevó di nuovo lo sguardo verso lo schermo. "...hey, sai che la Yokohama Flügels è in Europa? È la squadra di Ed. Dovrebbero essere in Inghilterra adesso."

 

Marty, per dieci interminabili secondi, non seppe come replicare. Devo dirgli che l'ho incontrato? Devo fare finta di niente? E se glielo dico e si ingelosisce? È già agitato per il fratello...

 

"Oh?" la scosse Mark. "Ma ci sei o stai dormendo?"

 

"Ah..." scelse la via dei vigliacchi. "Ah davvero?"

 

"Sì. Sono in tour. Ho anche letto che  l'allenatore del Porto ha espresso interesse per Ed. È un'ottima squadra, ha vinto la Champions League tre anni fa. Va a finire che il nostro Warner riesce a venire in Europa..." sorrise Mark. "Secondo me, non lo credeva possibile neanche lui." 

 

"Sarà felice. Così si ritroverà magari in partita contro Benji." replicó Marty. Non potè confessargli del loro incontro. Nemmeno a pensarci. 

 

"Più che probabile. Quel signorino al Bayern ha fatto carriera. Portiere titolare. Che spasso sarebbe una finale Champions Porto contro Bayern." rispose Mark. "O meglio ancora Juve contro Bayern." 

 

"Non pensi che al calcio, eh?"  disse Marty. "E...il resto? Tutto bene lì?"

 

"Cioè?"

 

"Mah...che fai nei momenti liberi? Esci con i tuoi compagni di squadra, sempre?" chiese Marty. "Guarda che devi divertirti anche. Staccare un po' la mente." 

 

"Sì, ogni tanto coi ragazzi vado in giro, mi insegnano l'italiano e io spiego loro che il Giappone non è solo sushi e manga. È incredibile come del mio Paese si sappia poco o niente, qui." disse Mark. 

 

"Perché, scusa, tu che sapevi dell'Italia? Conoscevi solo la pizza, ignorantello che non sei altro." lo prese in giro lei.

 

"Gentile... per questa offesa niente massaggio quando vieni qui." disse Mark. Le fece l'occhiolino.

 

"Nooo!! Me li sogno di notte i tuoi massaggini alla schiena!" frignó Marty. "Per favore!"

 

"Come si dice?"

 

"Ufff...scusa." si arrese lei. "Che carattere. Io non so come faró a sopportarti tutta la vita." 

 

"Eh...hai voluto la bicicletta..." scherzó Mark. "Devo chiudere. Inizio a sentire freddo qui in accappatoio." 

 

"Va bene, vai...quindi nessuna novità? Vedi sempre la stessa gente?" tentó in ultima battuta di indagare, perchè si ricordó il motivo per cui tutta quella conversazione stava avendo luogo.  

 

"No. Tutto come al solito."

 

"Ok. Dai, vai ad asciugarti. Buona notte, somaro." concluse finalmente, e gli invió un bacino poggiandosi l'indice sulla labbra. 

 

"Buona notte, casinista." rispose Mark. 

 

Poi chiuse la chiamata.

 

Guardó verso la parete oltre la scrivania. Gli occhi pieni di sensi di colpa si incontrarono con quelli di Maki, appoggiata al muro a braccia conserte. 

"Si è disconnessa?"

 

"Sì." rispose lui. "Forse avrei dovuto..." 

 

Maki si avvicinó e gli mise una mano sulla spalla. "No." lo interruppe. 

"Hai fatto la cosa giusta."

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Capitolo 4
*** Preoccupazioni ***


"Non voglio mentirle." 

 

Mark si passó la mano sul viso, il suo abituale gesto per scacciare i cattivi pensieri. 

 

"È la ragazza che sto per sposare. Non voglio essere disonesto con lei."

 

Maki camminó su e giù per il soggiorno. Lentamente,  come per ponderare con calma le parole da dirgli. Era una situazione delicatissima.

 

"È a fin di bene, ti ho spiegato. Lo sai cosa succederebbe se lei sapesse che sono qui? Sì, lo sai. Te lo immagini benissimo. Un vero disastro, al cui confronto l'altra volta sembrerebbe una sciocchezza. Non ce la farebbe ad accettare la cosa. Annullerebbe le nozze, ti manderebbe al diavolo. Non sentirebbe giustificazioni." replicó Maki.

 

"Già..." fece lui. "Maledizione!"

 

Si alzó e andó a una delle finestre. Tiró subito la tenda, nell'improvviso timore che qualcuno li vedesse da fuori. 

 

"Come odio tutto questo...tutti questi improvvisi problemi." sbottó ancora lui. "...come non ne avessi già avuti abbastanza!"

 

"Devi tenere la tua fidanzata fuori da questa storia. Accetta il mio consiglio. È una cosa che riguarda te...te e tuo fratello." continuó lei. "Io ho fatto quello che ritenevo giusto, informandoti."

 

"Come faccio ad escluderla? Sarà mia moglie. La mia famiglia diventerà anche la sua, è già molto legata a loro." replicó il giovane. "Insomma...dovró dirle che il nostro viaggio di nozze sarà rimandato...per colpa di quel cretino di Ted. Lei si aspetta di andare in Thailandia..."

 

"Voglio dire che non deve sapere come sei venuto a conoscenza della cosa. Che lo hai saputo direttamente da me. Che sono stata a casa tua, qui, due volte. Almeno, non ora. Prima sposatevi, e poi con calma...quando lei sarà tua moglie...." disse ancora l'altra.

 

"Chiederà il divorzio." mugugnó Mark. "Ma mia madre...perché non me l'ha detto? Perché?"

 

"Per il solito motivo di tutte le madri protettive. Non voleva che tu ti preoccupassi. Sperava che la cosa si quietasse da sola. Me l'ha detto, e mi ha anche pregato di non dirti nulla." rispose Maki.

 

Mark si tolse l'accappatoio e lo buttó sul grande divano. Aveva una t-shirt e un pantalone di jersey indosso. La sceneggiata della doccia era stata per Marty. Per rendere tutto più plausibile. Di solito lui si lavava subito appena rientrato in casa dopo gli allenamenti e lei lo sapeva. Preferiva farsi la doccia a casa piuttosto che al centro sportivo. Doveva sembrare tutto realistico, e lui odió sè stesso per tutta quella pantomima ai danni della sua ragazza.  Aveva chiesto a Maki di non muoversi nè fiatare durante la chiamata video. Una manfrina da perfetto complottista. Aveva provato vergogna. 

 

Ma che altro poteva fare? Maki aveva ragione su un punto: Marty sarebbe andata fuori di testa se avesse saputo.  E il matrimonio? L'avrebbe mandato in malora. A nulla sarebbe valso spiegarle che l'altra si era precipitata a Reggio per riferirgli che suo fratello si era cacciato in un giro di ricettazione a Yokohama, e che aveva fatto comunella con della gentaglia che bazzicava gruppi criminali. 

 

Maki l'aveva scoperto quando era andata lì per un impegno sportivo, e aveva trovato tempo di andare dai Lenders. Aveva letto sui giornali che Mark aveva acquistato una proprietà immobiliare per la sua famigliola. Si era ricordata della promessa fatta a Ted: ti regaleró la mia maglia delle Olimpiadi autografata, se vinceremo l'oro! 

 

Ai tempi era stata una boutade, una battuta scherzosa. Ma poi l'oro l'aveva vinto davvero, e una promessa andava mantenuta.  

 

Così, un mattino, aveva suonato il campanello della porta di casa loro, e aveva conosciuto finalmente la madre di Mark, che all'epoca della sua prima visita, in quel ghetto di Tokyo, era ancora ricoverata in ospedale. 

 

La signora era stata inaspettatamente accogliente con lei, l'aveva invitata in casa. I ragazzi erano a scuola, così avevano avuto tempo di conversare in tutta pace. 

Sentendo che Maki aveva un regalo speciale per Ted. Anne Lenders era scoppiata in lacrime. Le aveva rivelato che suo figlio si era cacciato in un mare di guai e che non sapeva che pesci prendere nè come farlo sapere a Mark.

 

Le aveva detto che suo figlio ogni tanto occultava in casa merce rubata, e che poi improvvisamente la portava chissà dove. Erano articoli sportivi, soprattutto, maglie ufficiali di squadre di calcio giapponesi e straniere, con il cartellino ancora attaccato. Ted le teneva chiuse in un armadio a chiave, ma un giorno aveva lasciato un'anta aperta e sua madre aveva rovistato.

 

Ne era nata una discussione pesante, una sera in cui sia Naty che Matt erano fuori; Ted aveva negato di essere un ladro, ma aveva ammesso di fare solo un favore a degli amici misteriosi. 

 

Anne Lenders era una donna fragile, ma non era certo stupida. Moglie di un defunto commerciante, sapeva bene come era fatta della merce appena messa in vendita. Ogni pezzo aveva ancora il tag anti-taccheggio applicato.  

 

Era un rischio gravissimo per suo figlio: detenere materiale rubato era un reato penale. Ted rischiava la galera. E per cosa? Forse quei balordi gli cedevano una percentuale?  

Ma non avevano più problemi economici, da quando Mark era diventato professionista. Girava sul conto bancario di casa vagonate di soldi. 

 

Anne si era sfogata con Maki, perché la faccenda era troppo  pesante per lei da gestire e aveva bisogno di sentire un'altra opinione. Perché poi l'avesse spiattellato a una ragazza appena conosciuta, era un mistero. Forse la sua vecchia amicizia con Mark l'aveva incoraggiata. Forse perché quella giovane sembrava tutto sommato una brava persona. Forse perché si ricordava come si fosse fatta subito da parte, quando aveva capito che il cuore di Mark era di Marty e di nessun'altra. 

 

Fatto stava, che con questi racconti su Ted aveva caricato Maki di una responsabilità. La giovane non poteva non dirlo a Mark, e il suo imminente viaggio in Italia sembrava cadere a pennello.

 

"...ma io ho fatto il mio dovere. Era necessario per te sapere." disse lei. "Tutto questo peró non deve arrivare alle orecchie di Marty. Io sono stata solo un messaggero. Sì...ti ho solo portato una notizia di casa tua. Non c'è bisogno che lei venga a conoscenza della mia breve presenza qui."

 

"A nulla varrebbe dirle che sei anche tu fidanzata adesso. Non mi crederebbe." sospiró Mark.

 

"No. Poi la storia fra me e Haruto è anche una specie di segreto. Non ne parlo coi giornalisti. Lui è un ragazzo timido, soffrirebbe i gossip." 

 

"Timido?" sorrise Mark. "E sta con te?"

 

"Beh, la mia personalità gli piace, perché è opposta alla sua. Quando l'ho incontrato nel villaggio delle Olimpiadi, mi faceva un po' tenerezza perché sembrava così confuso da tutto quel casino. La cosa strana è che quando scende in campo,  nonostante abbia gli occhi di uno stadio addosso mentre lancia, sparisce tutta la sua insicurezza. È nato per il baseball." 

 

"Come te." disse Mark.

 

"Come Marty per il volley. Non le è dispiaciuto smettere?" chiese lei.

 

"Dice di no." 

 

"E tu... che dici, in proposito?" indagó Maki. "Per te le manca quello sport?"

 

Mark chinó la testa, come intristito. "Immagino di sì. Ma abbiamo progetti di famiglia. Sarebbe complicato portare avanti due carriere agonistiche." 

 

Poi si giró verso di lei. "Comunque il problema ora non è la vita di Marty. È quella di quel coglione di Ted."

 

"Dopo la settimana qui in Italia mi tocca andare in Francia e Germania.  Rientro in Giappone fra venti giorni. Vuoi che faccia qualcosa?" chiese lei.

 

"No. Hai fatto la cosa più giusta venendo a dirmelo. Mi spiace solo che i giornalisti abbiano riportato la tua visita a Reggio. Marty potrebbe saperlo per via traverse.... infatti, quest'improvvisa sua voglia di precipitarsi qui...è sospetta..."

 

Maki divenne rossa. "Eh...di questo perdonami. Sono stata una cretina a dirlo a quel giornalista. Io ancora non so gestire le interviste, parlo a vanvera..." 

 

"Pazienza. Vedremo che succede. Lei non compra giornali sportivi in Irlanda. Non credo comunque che l'abbia saputo. E riguardo ai miei, lascia stare. Non fare nulla. Ci penseró io."

 

"Peró mandami notizie, ok?" lo pregó Maki. "Francamente sono preoccupata anch'io per Ted."

 

"Appena metteró piede in Giappone sarà lui a doversi preoccupare. Questo è poco ma sicuro." fu la risposta di Mark, che di nuovo si giró verso la finestra, a fissare quella tenda di lino bianco.

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