Wexford di mikybiky (/viewuser.php?uid=3205)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buongiorno Wexford ***
Capitolo 2: *** Chris Braight ***
Capitolo 3: *** L'invito ***
Capitolo 4: *** Daigh Morgan ***
Capitolo 5: *** Nuovi arrivati ***
Capitolo 6: *** Compagne di classe ***
Capitolo 7: *** Sabato ***
Capitolo 8: *** La partita ***
Capitolo 9: *** Chiacchierate ***
Capitolo 10: *** Collaborazione ***
Capitolo 1 *** Buongiorno Wexford ***
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Anticipazioni- ciao
a tutti! Questa è la mia prima fic originale che sia
ambientata all'estero, per cui ho avuto un po' di difficoltà
a ricostruire località, usi e costuimi. Premetto che la
Wexford High School è opera della mia fantasia, ma per
quanto riguarda la contea ed i villaggi, esistono veramente. Ho
ricercato informazioni su wikipedia a qeusto link http://it.wikipedia.org/wiki/Wexford.
Se sono errare non
me ne assumo la
responsabilità.
Dunque, l'introduzione ha uno stile un po' strano, come se il narratore
fosse lo speaker di una radio. Questo capitolo non è molto
bello, lo ammetto, ma è solo l'introduzione, quindi se non
lo trovate molto interessante, provate comunque ad andare avanti,
perchè poi cambierà!
Per aiutarvi, vi metto la pronuncia di alcuni nomi un po' strani:
Maiti-
Metti
Sèanait-
Shennit
Mairsil
- Marsel
Bairre-
Berri
Daigh-
Dei
Tutti
gli altri si pronunciano come sono scritti.
Buona
lettura!
1.
BUONGIORNO
WEXFORD
Buongiorno,
Wexford.
È il 2 ottobre, sono le sette e trentadue di mattina ed
è
una bella giornata.
La
contea si sta
accingendo a svegliarsi, oppure si è già alzata,
ma non
confiderei molto in questa possibilità: la gente qui non
è
troppo mattiniera. Diciamo che gli abitanti di Wexford non sono
proprio conosciuti per la
loro puntualità.
Se
sei alla ricerca
di fama, soldi e successo, questo è un ottimo giorno per
fare
affari: si dice che il celebre regista Benjamin Braight sia sbarcato
proprio oggi in Irlanda, in vista dell’altrettanto famoso
Wexford
Festival Opera, che si tiene in questa cittadina ogni anno.
Ovviamente, non poteva mancare al suo seguito quella sciacquetta
di Abigail, la sua figlia minore, che l’ha portato al
successo solo
grazie alla qualità di ottima attrice. Dublino la ricorda
ancora per la sua pessima fama di
“distruggi-palcoscenico”, ma
quella è un’altra storia.
Per
quanto riguarda
il resto, niente fuori dall’ordinario
sta
sconvolgendo queste fresche ore mattutine di inizio ottobre: la
lucida e perfetta Volkswagen
di Sèanait
ha già fatto il giro Castlebridge e ora sta scortando a
scuola
il branco delle “Comando io”, mentre la squadra di
rugby è
già nel cortile ad allenarsi, sotto la
severa autorità
dell’allenatore O’Bowen.
Ma
c’è
sempre qualche inatteso evento pronto a sconvolgere le giornate. La
novità? Chris Braight ha seguito il padre in Irlanda, ed ora
si trova proprio qui a Wexford!
L’ultima
volta in
cui un essere umano ne ha sentito parlare è stato quando ha
deciso di far costruire una scuola solo per sé, che
consta di tutti
gli insegnanti
migliori del mondo; non uno per materia, no, ben tre!
Sorge
quindi
spontaneo chiedersi: che cosa ci fa l’adolescente single
più
famoso e pretenzioso di tutta l’America in una contea di
9.449
persone?
7:32:
Maiti si
allacciò l’orologio al polso e, stringendosi nel
cappotto,
si avviò a passo veloce verso la fermata
dell’autobus. I
suoi genitori erano ancora a letto, come ogni mattina, del resto. Non
che più della metà di tutta la contea si fosse
già
destata a quell’ora, no di certo. Per gli abitanti di Wexford
dormire era l’attività favorita.
Dopo, ovviamente, c’erano l’ozio, la tv, i
divertimenti, gli
amici...
Gli
unici a
rimetterci erano gli studenti: per loro alzarsi presto la mattina non
era un dovere, era un obbligo. E se proprio fossero giunti tardi in
classe, avrebbero avuto la loro punizione, che la maggior parte delle
volte coincideva con un’interrogazione.
Maiti
prese avvio
lungo la via principale, che collegava direttamente il villaggio di
Bridgetown, dove viveva lei, al centro di
Wexford.
La strada era poco affollata; erano per lo più ragazzi
infreddoliti che ne approfittavano per fare colazione in pasticceria,
o dog-sitter che correvano per stare dietro ai cani.
Una
ventata fredda
investì la ragazza, che si avviluppò ancora di
più
nel giaccone pesante. Ottobre non era di certo il periodo
più
caldo dell’anno, ma almeno quel dì non pioveva.
Nonostante
il freddo
sferzante, il cielo era sereno e per la prima volta nell’arco
della
settimana non pioveva. Le previsioni meteorologiche
avevano pronosticato un cielo senza nubi per almeno due giorni, un
record per i primi di ottobre, viste le condizioni atmosferiche di
quell’anno.
Maiti
raggiunse la
fermata: non distava più di cinque minuti da casa sua.
Mentre
si sedeva intirizzita sulle panchine, in attesa che arrivasse il bus,
osservò l’ambiente circostante: Wexford
di mattina non era particolarmente invitante, specialmente se era
piovuto fino alla sera precedente. Enormi pozzanghere invadevano la
strada, e le macchine non potevano non centrarle, spruzzando i
pedoni, che di rimando imprecavano contro l'automobilista.
Wexford,
pensò la ragazza, appoggiando la testa al muro dietro di
sé.
Una cittadina così piccola, ma una
meta così
ambita.
Sorridendo,
sperò
con ardimento che il 15 di ottobre le temperature non scendessero
sotto lo zero (cosa
assolutamente improbabile) e
che, se proprio sarebbe dovuto piovere, fosse stata almeno una
pioggerella leggera.
Intanto
che
fantasticava sulle sorti del tempo, il
pullman si fermò
davanti a lei, con uno stridio sordo,
slittando appena sull’asfalto bagnato, e con
un rumore di ferro arrugginito le porte si spalancarono, facendo
salire lei ed altri ragazzi.
Il
15 ottobre si
sarebbe aperto il Wexford Festival Opera, e la voce che il regista
Benjamin Braight vi avrebbe preso parte aveva
già
fatto il girò di tutta county town. A
Bridgetown non si
parlava d’altro da ormai due settimane.
Maiti
attraversò
il corridoio del pullman e prese posto su un sedile libero, accanto
al finestrino. Durante tutto il tragitto osservò
l’ambiente
circostante. Bridgetown non si trovava direttamente sul mare, ma le
enormi spiagge irlandesi erano comunque visibili: erano
l’oggetto
preferito dei disegni che Maiti si dilettava ad istoriare.
Arrivò
a
scuola presto, come ogni mattina. Scese dall’automezzo, si
issò
la cartella in spalle e percorse tutto il perimetro esterno
dell’inferriata, finché non giunse davanti al
cancello.
L’auto
di Sèanait
era già parcheggiata nel posteggio adiacente
all’istituto, e
si confondeva con tutte le altre lasciate in sosta in quella parte
dell’area di servizio. Maiti scosse la testa, sprezzante.
A
Castelbridge erano
tutti ricchi, e sicuramente Sèanit non faceva nulla per
nasconderlo. Ogni mattina sua madre faceva il giro per raccogliere le
amiche della ragazza, Ina, Mona e Mairsil, e poi le portava a scuola.
Era l’insegnante di educazione fisica, la signora Connel, ma
nel
suo carattere non compariva nemmeno uno dei tratti
dell’indole
presuntuosa della figlia.
Lascia
perdere,
si disse la ragazza, scuotendo la testa e proseguendo.
«
Hey, Maiti! ».
Si
girò.
Cristin la stava raggiungendo. Era una sua amica, e per fortuna anche
una compagna di classe. Non si era amicata molti studenti lì
alla Wexford High School, ma quei pochi frequentavano il suo stesso
corso.
«
Ciao, Cristin »
rispose. «
Cosa ci fai qui? Pensavo che dovessi passare in redazione per finire
quell’articolo. Che ne è stato? »
«
L’ho già consegnato »
affermò la ragazza. « Sèanit
ha anticipato la scadenza, e io ero già in ritardo ».
Maiti
era perplessa.
Sèanit era la direttrice del giornalino scolastico: certo,
era
solita pressare i compagni affinché consegnassero il loro
pezzo, ma non aveva mai spostato una consegna prima.
«
Per quale motivo? »
domandò,
irritata. « Non
aveva detto che il
prossimo numero sarebbe dovuto uscire a metà ottobre? »
«
Maiti! »
esclamò l’amica. «
Ti sei già scordata del festival? »
«
Il festival? E cosa c’entra con il giornalino? »
Cristin
fece
spallucce, sistemandosi meglio la borsa sulle spalle.
«
Vuole inserire il programma » disse,
« e qualcuno ha
anche dovuto scrivere
un articolo per lei. È particolarmente ossessiva in questo
periodo ».
Maiti
rise
sarcasticamente.
«
E quando mai non lo è? »
Il
vento freddo
scompigliò i capelli alle due ragazze, facendole
rabbrividire.
Sfregandosi le mani contro le braccia, andarono a sedersi sulle
gradinate di legno che fiancheggiavano il campo da rugby.
I
ragazzi della
squadra stavano finendo proprio in quel momento
l’allenamento; il
signor O’Bowen si stava congratulando con loro per
l’impegno che
ci avevano messo e li incoraggiava per la partita che si sarebbe
svolta il sabato successivo.
«
Guarda che movimenti fluidi »
commentò Maiti, assorta, fissando nella direzione di Daigh
Morgan, il capitano della squadra. Era un fusto alto quasi un metro e
novanta, capelli biondi e occhi verdi. Era popolare tra le ragazze,
ma era territorio proibito: era il ragazzo di Sèanit, e
Maiti
lo sapeva bene.
«
Togliti quello sguardo! »
commentò
divertita Cristin. «
Da questa
distanza possono vederti tutti! »
Maiti
le diede un
pizzicotto, riscuotendosi. Tentò di sedersi in modo
più
composto, ignorando l’aria fredda che le sferzava il viso.
Fissò
un punto vuoto davanti a sé e si sforzò a non
alzarsi e
correre via per la vergogna. Anche se Cristin diceva certe cose solo
per scherzare, la maggior parte delle volte succedevano sul serio.
«
Era lo stesso identico sguardo che assumevi tu quando Brecc ti
passava davanti »
ribatté,
imbronciata.
Cristin
si alzò
e, sorridendo, si separà dall’amica, dirigendosi
verso i
membri della squadra, che si stavano allontanando, tra i quali
c’era
anche Brecc Stoker, il suo ragazzo.
«
Sì, ma io almeno non mi facevo notare »
rispose, maliziosa.
Maiti
ridacchiò,
mentre Cristin scendeva in campo.
«
Pazza »
mormorò tra sé.
Restò
da sola
a fissare il paesaggio che si poteva ammirare al di là della
strada. Era meraviglioso: a sud la steppa si estendeva a perdita
d’occhio, in tutti i suoi colori caldi, nonostante fosse
autunno.
Ad est, invece, si poteva ammirare la costa e le tonalità
scintillanti del mare d’Irlanda.
È
meraviglioso,
pensò.
Merita.
Dalla
cartella
estrasse una piccola videocamera. Oltre al disegno, l’altra
sua
grande passione era filmare. Incideva su pellicola tutto ciò
che poteva; perché, al contrario di quando disegnava,
filmava
in luoghi affollati, dove c’erano ricordi da catturare.
Iniziò
a
riprendere l’orizzonte macchiato di rosa, il colore del
mattino.
Poi puntò l’obiettivo sulla squadra di rugby,
filmando prima
Cristin e Brecc Stoker, passando successivamente al signor
O’Bowen,
che le strizzò l’occhio. Infine si
fermò su Daigh
Morgan.
«
Avanti, girati e fammi un bel sorriso »
disse, avvicinando l’obiettivo.
«
Ciao Maiti! »
Per
poco la ragazza
cadde a terra, tanto fu lo spavento che prese. Lasciò andare
la videocamera e si appoggiò al suolo di legno, voltandosi
con
occhi sgranati verso chi l’aveva interpellata.
«
Oddio »
mormorò, ancora
scioccata.
Il
ragazzo che aveva
davanti le tese una mano, evidentemente mortificato. Maiti
accettò
l’aiuto e si alzò in piedi, un po’
stordita. Si voltò,
in cerca della telecamera, ma non la trovò.
«
Maiti, mi dispiace »
disse il
ragazzo, rammaricato. Era alto quasi quanto Daigh Morgan e aveva i
capelli biondo scuro, la pelle abbronzata e gli occhi marroni.
Indossava una divisa da rugby, con stampato sopra il numero 16.
Bairre
Allen,
pensò Maiti.
«
Non fa niente Bairre »
disse.
«
Non è successo nulla di grave. Mi hai solo fatto paura. Sei
spuntato all’improvviso ».
«
Hai… hai ragione » balbettò
il ragazzo. «
Mi dispiace. Non lo
farò più ».
«
Ti ho detto che non ti devi preoccupare ».
Tentò di sorridergli. « Nulla
di grave. È solo che non trovo più la mia
telecamera.
L’hai vista? »
Il
ragazzo chinò
lo sguardo ispezionò la zona. Alla fine la
individuò.
Scese un paio di gradinate, poi saltò sul prato e si
intrufolò
sotto l’impalcatura. Ne uscì qualche secondo dopo,
con in
mano la videocamera di Maiti.
«
Ha fatto un bel volo »
disse, con il
cuore in gola. «
Spero sia tutto a posto ».
Maiti
l’afferrò
con veemenza dalle mani del ragazzo. La tastò: sembrava a
posto. La girò e rigirò; i lati erano un
po’
ammaccati, ma l’importante era che funzionasse ancora.
Bairre
nel frattempo
la osservava con malcelata ansia. Temeva il peggio, e se
così
fosse stato non se lo sarebbe mai perdonato.
Maiti
l’aprì
e constatò che si era spenta. Allora la riaccese.
«
Non si è staccata nemmeno la batteria »
disse, un po’ sollevata. «
Probabilmente l’erba ha attutito il colpo. È stata
una bella
fortuna, non me ne potrei proprio permettere una nuo… oh,
no! »
Bairre
fece un salto
di dieci centimetri. Iniziò ad agitarsi e a stritolarsi le
mani, tentando di vedere quale fosse il danno.
«
Co… cosa è successo? »
domandò, in pasto all’angoscia più
totale.
«
I cristalli liquidi sono partiti »
affermò la ragazza, sconsolata.
Bairre
trangugiò.
«
Maiti, io… io… non so cosa dire, sono
mortificato, sul serio ».
«
Forse si può ancora filmare »
lo rassicurò Maiti, scocciata.
Il
ragazzo stava per
dire qualcos’altro, ma in quel momento Cristin
tornò,
interrompendoli. Assieme a lei c’era una ragazza castana,
Moira,
un’altra amichs e compagna di classe.
«
Entriamo, Maiti? »
disse Cristin,
allegra. « Tra
poco iniziano le
lezioni ».
«
Sì »
confermò lei,
voltando le spalle a Bairre. «
Entriamo ».
«
Mi dispiace sul serio, Maiti, » urlò
il ragazzo, tremendamente afflitto. «
Farò in modo di farmi perdonare! »
Ma
la ragazza si era già allontanata.
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Capitolo 2 *** Chris Braight ***
2.
CHRIS BRAIGHT
Dublino,
Hotel
Finnigan, 8: 43.
Banjamin
Braight si era destato presto quella mattina. Aveva viaggiato tutta
la notte a bordo di un aereo diretto in Irlanda; era sbarcato
dall’America la sera precedente, ed aveva viaggiato per
diverse
ore, sorvolando l’Oceano Atlantico. Aveva avuto un sonno
pesante,
dovuto anche, forse, al senso di vuoto che sentiva allo stomaco ogni
volta che volava. Si era svegliato
verso le sei, pochi minuti prima che atterrassero.
I
suoi figli invece non avevano proprio dormito. Abigail era rimasta
sveglia tutto il tempo a limarsi le unghie
e a sistemarsi lo smalto, che cambiava ogni due ore con la scusa che
a causa dell’instabilità
dell’aereo l'aveva applicato sbavato.
Chris,
invece, non aveva fatto altro che controllare carte su carte, senza
voler spiegare al padre di che cosa si trattasse, e aveva
già
iniziato a scrivere una lettera ai suoi insegnanti e ai suoi
domestici, per assicurargli che stava bene e che presto gli avrebbe
inviato la tredicesima.
Una
volta che avevano
messo piede a terra, Abigail era andata alla ricerca di un gabinetto
per ripassarsi il trucco e Chris si era attaccato al cellulare, ed
era rimasto al telefono con la madre per tutti i ventitré
minuti che avevano impiegato ad
arrivare all’albergo.
Allora
la figlia si era struccata per buttarsi nel letto e non alzarsi
più,
mentre il figlio si era chiuso nella sua stanza per ripassare latino,
greco, storia, matematica e mille altre materie.
Allora
Benjamin aveva fatto una bella doccia ristoratrice, si era rasato ed
infine si era vestito di vestiti caldi e pesanti. Solo allora si era
sentito a posto.
Benjamin
era un uomo
poco più in là della quarantina. Era ancora
affascinante: i capelli castani gli ricadevano sbarazzini appena
più
sopra del lobo delle orecchie, e le punte erano tutte un ricciolo
ribelle. Gli occhi erano di un verde intenso.
All’epoca
del suo primo figlio, Chris, aveva 27 anni e non era sposato. Si era
unito in matrimonio alla moglie Sharon solo due anni dopo, quando lei
era incinta di Abigail.
All’inizio
non era un regista molto famoso, ma ben presto la ragazzina
dimostrò
il suo talendo da attrice e lui la fece recitare in un film che
girò,
La luna sotto le stelle; era
stato allora che aveva riscosso un grandissimo successo, che
l’aveva
costretto a girare molto. Viaggiava assieme ad Abigail, e lasciava a
casa Sharon e Chris. Così sua moglie l’aveva
piantato dopo
dodici anni di matrimonio.
Da
allora aveva
avuto diverse storie, ma nessuna finita bene. Era ancora innamorato
di Sharon, per questo non riusciva a trovare chi gli calzasse a
pennello.
Erano
arrivate le otto e quaranta e Chris si era degnato di uscire dalla
stanza per dire al padre che aveva fame e voleva fare colazione; ma
di Abigail nemmeno l’ombra.
«
Papà, sei pronto? »
domandò il ragazzo, uscendo dal bagno allacciandosi i
polsini
della camicia. «
Non devo fare colazione troppo tardi, altrimenti non smaltisco le
calorie entro l’ora di pranzo e la mia dieta sballa ».
Benjamin
raccolse da
terra le sue scarpe e si sedette sul letto, infilandole.
Guardò
il figlio con aria interrogativa, prima di chiedergli:
«
Perché, da quando segui una dieta? »
Chris
osservò
il padre con occhi severi, poi distolse lo sguardo e si diresse verso
la porta.
«
L‘ho sempre seguita, papà »
rispose. «
Sono le otto e quarantatre minuti, non posso aspettare altro. Ti vuoi
muovere? »
«
Sono pronto »
disse il padre. «
Possiamo andare ».
«
Abigail? »
«
Sta dormendo ».
Poi, avviandosi verso la porta, Benjamin aggiunse: «
Allora, non avevi detto di voler fare colazione il più
presto
possibile? »
Chris
osservò
il padre con aria sconvolta; tentò di ricomporsi, ma non
mosse
un passo dal posto in cui era. Quindi, con arriva ovvia disse:
«
Non vorrai andare a fare colazione senza di lei, spero ».
Benjamin
si voltò
verso il figlio, un po’ stupito.
«
Bé, non vedo che male ci sia, se sta riposando ».
Chris
era letteralmente sconvolto. Conosceva le abitudini di suo padre, ma
non riusciva a capacitarsi del fatto che aveva intenzione di fare
colazione senza sua figlia.
Il
padre si accorse
che il ragazzo non approvava le sue intenzioni e, con aria un
po’
più comprensiva, aggiunse:
«
Conosco Abigail, non le crea nessun disturbo mangiare da sola; anzi,
con ogni probabilità si farà portare la colazione
in
camera ».
Chris
scosse la
testa, contrariato.
«
Non va bene »
disse. «
Almeno l’avviso ».
Si
accostò
alla porta di una stanza e bussò due volte.
Dall’interno
provenne un cupo mugugno.
«
Abigail »
disse Chris. «
È ora di fare colazione ».
«
Mhm ».
«
Ti aspettiamo? »
«
No… scendo tra dieci minuti ».
«
Bene »
disse Benjamin. «
Visto che avevi così tanta fretta ora possiamo andare? »
Chris
annuì,
e scesero in sala da pranzo. Si accomodarono al tavolo riservato per
loro, dove calò un silenzio imbarazzante.
Chris
Braight aveva
diciassette anni; era un ragazzo estremamente diligente, proprio come
la madre gli aveva insegnato ad essere. Era alto e snello, con i
capelli mossi e castani, sempre molto ordinati, e gli occhi verdi.
Aveva ereditato molti tratti dal padre, ma per quel che riguardava il
carattere, aveva preso tutto dalla madre.
«
Allora »
proruppe Benjamin. «
Cosa te ne pare dell’Irlanda? »
Chris
si strinse
nelle spalle, prendendo in mano una posata e passandola
minuziosamente ai raggi x.
«
È un paese sommamente freddo »
disse. «
Questo Hotel è di classe. Perché dovremo
andarcene? »
«
È ottobre, Christopher; fa freddo anche a San Francisco ».
Alzò la mano, per chiamare il cameriere, che si accinse a
raggiungerli. «
Oggi stesso raggiungeremo Wexford e soggiorneremo lì.
Dublino
era solo di passaggio. Anche quell’hotel sarà di
classe,
vedrai ».
«
Immagino che i continui spostamenti rientrino nella tua vita
ordinaria »
commentò il ragazzo, acido. «
Fino a quattordici anni cambiare casa in continuazione è
stata
anche la mia vita ».
Benjamin
lanciò
a Chris uno sguardo severo, che il ragazzo ricambiò.
«
Cosa posso portarvi? »
domandò il cameriere, cortese.
«
Per me un cappuccino va bene »
rispose Benjamin.
«
Male »
criticò Chris, contrariato. «
La colazione è un pasto importantissimo, non puoi limitarti
a
bere latte e caffè ».
«
E va bene »
replicò il padre. «
Allora mi porti anche una brioche ».
«
E per il signore? »
continuò il cameriere, rivolto al ragazzo.
«
Una spremuta d’agrumi »
rispose questi. «
Latte macchiato, uno scatolino di yogurt, pane fresco e marmellata,
rigorosamente
confezionata. Tutto chiaro? ».
«
Assolutamente signore ».
Benjamin
osservò
Chris con perplessità. Suo figlio era diventato un
maniaco?
«
Abigail mangia? »
domandò il ragazzo, improvvisamente serio.
«
Ma certo »
rispose tranquillamente il padre. Si appoggiò allo schienale
della sedia, ma quando si accorse dello sguardo indagatore del figlio
aggiunse: «
Non pretenderai che non mi accorga se mia figlia è
anoressica
».
Chris
tornò
ad ispezionare gli effetti presenti sulla tavola, rispondendo con
severità:
«
Non me ne stupirei ».
Benjamin
decise di
non ribattere. Ormai riconquistare suo figlio era una causa persa.
La
colazione venne
servita con velocità, e il regista la consumò in
modo
rapido. Quindi si asciugò la bocca con il tovagliolo, lo
risistemò e si apprestò ad alzarsi.
Abigail
arrivò
in quel momento. Era una ragazza di quindici anni, molto bella e
molto magra. Aveva i capelli tinti di biondo e gli stessi occhi del
fratello. Li raggiunse quasi saltellando.
«
Ciao papà »
disse, allegra. «
Scusate il ritardo, mi sono dovuta rifare il trucco e rimettere lo
smalto. Il colore di stamattina proprio non mi piaceva. Dici che
l’ombretto azzurro si addice al maglioncino? ».
Benjamin
rise.
«
Io di moda e company proprio non capisco niente »
affermò. «
Ti lascio con tuo fratello, io devo incontrare un tizio della
Universal. Ci siamo dati appuntamento per stamattina ».
«
Te ne vai di già? »
domandò Chris, severo.
«
Tornerò verso l’ora di pranzo »
spiegò il padre. Diede un bacio ad Abigail e si
allontanò.
Chris
lo guardò
con amarezza, mentre usciva dalla sala da pranzo.
«
Come al solito »
disse.
A
ricreazione Maiti
si concentrò sulla sua videocamera: i suoi genitori avevano
speso una fortuna per comprargliela; con che coraggio, ora, si
sarebbe presentata per dirgli che lo schermo era diventato praticamente
monocromatico?
«
Maledizione »
borbottò, sperando che l’oggetto non avesse subito
altri
danni. «
Per fortuna c’è anche l’obiettivo non
digitale… ».
«
Eccoti qua; che fine avevi fatto? »
La
ragazza si girò
verso chi l’aveva chiamata: Mairtin, il suo migliore amico.
Si alzò
prontamente dalla sedia e gli sorrise.
«
Ciao, Mairtin! »
«
Cosa ti è successo? Mi sembri abbastanza scocciata ».
Maiti
sospirò,
chiudendo la telecamera.
«
Bairre Allen »
annunciò, scocciata.
«
Dove? »
domandò Mairtin, guardandosi attorno.
«
Intendevo dire che Bairre Allen è il problema »
spiegò. «
Mi ha fatto volare la videocamera di mano, e quella si è
rotta
».
Mairtin
sgranò
gli occhi.
«
Non è possibile »
disse. «
Come ha fatto? »
«
Ero assorta »
rispose Maiti. «
Io… stavo riprendendo Daigh Morgan ».
A
quelle parole,
l’amico scoppiò a ridere.
«
Maiti! »
esclamò. «
No, non Daigh! Lo sai, lui è terreno di Sèanait.
Cosa
credi che ti farebbe se scoprisse che hai una cotta per il suo
ragazzo?
»
«
E cosa credi che ti farei io se tu lo urli ancora un po’? »
ribatté la ragazza a denti stretti. «
Ti ricordo che se Daigh Morgan è terreno di
Sèanait,
allora anche
Sèanait
è terreno di Daigh Morgan
».
Mairtin
arrossì
violentemente. Aveva una cotta colossale per la ragazza dai tempi
delle elementari, e persisteva anche adesso che avevano quindici
anni. Immergendosi nei ricordi di quando aveva sentito per la prima
volta il suo inconfondibile profumo, non captò i segnali di
fumo che Maiti gli stava inviando. Così, quando si
voltò,
si trovò faccia a faccia con Sèanait.
Diventò
improvvisamente paonazzo.
«
C-ciao, Sèanait »
disse,
balbettando.
Lei
lo guardò
come se fosse la prima volta che lo vedeva.
«
Ciao Mairtin »
rispose. Poi, come se non fosse mai esistito, si rivolse a Maiti,
scocciata. «
Sono venuta ad accertarmi che tu sia a buon punto con il video »
disse, aspra.
«
Certo »
rispose la ragazza, con lo stesso tono. «
Devo solo montarlo ».
«
E allora perché non lo fai? »
«
Ci sto lavorando, Sèanait! »
«
Vedi di sbrigarti, il Wexford Festival Opera si aprirà solo
tra tredici giorni! »
«
E tu vedi di calmarti! »
Il
viso di Sèanait
si contrasse per la rabbia e l’agitazione. Maiti ebbe
l’impressione
che da un momento all’altro sarebbe scoppiata.
Purtroppo
per Maiti,
le due ragazze si erano ritrovate a lavorare assieme per un lavoro
che avrebbero dovuto presentare al Festival di Wexford. Si trattava
di un video inerente il paesaggio della contea. Sèanait era
stata l’ideatrice, mentre a Maiti era toccato il ruolo di
sottostare ai suoi ordini.
«
Lo voglio domani »
affermò la ragazza, con un tono che non ammetteva repliche.
Poi si allontanò, lasciando Maiti e Mairtin da soli.
«
Quant’è bella »
commentò il ragazzo, abbacinato.
«
Quant’è stupida »
replicò l’amica, irritata. Quindi, con la
telecamera in
mano, si avviò verso la sua classe.
__________________________________________________
Ecco il nuovo capitolo; anche questo è servito
più che altro da introduzione per i personaggi Braight.
Ringrazio Kinderbuena89
per avere recensito =D, e Kokky
e _New_Moon_
e per averla inserita tra le
seguite ^^. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, perché non
lasciate una piccola piccola recensione per dirmi la vostra opinione?
**
|
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Capitolo 3 *** L'invito ***
3.
L’INVITO
Maiti
lasciò Mairtin a fantasticare sull’utopica storia
d’amore
che sarebbe sicuramente nata
tra lui e Sèanait. A passi pesanti si diresse verso la sua
aula, scocciata sia per la discussione avuta con la sua
insopportabile compagna di classe che per la fine che aveva fatto la
telecamera. In cuor suo sapeva che Bairre Allen era un ragazzo
davvero buono e che non avrebbe mai nuociuto a una mosca di
proposito, ma la telecamera in quel momento era la sua
priorità.
«
Magari un po’ si riesce a vedere ancora »
disse, sconsolata. «
L’importante è che filmi ».
Stava
per girare
dietro l’angolo quando vide arrivare verso di sé
il signor
O’Bowen. La stava guardando sorridendo, così la
ragazza capì
che voleva parlare proprio con lei. Si fermò, osservandolo
un
po’ stupita. Non giocava a rugby né tanto meno era
una
ragazza pon-pon: che cosa voleva?
«
Ciao, Maiti »
cominciò l’allenatore, fermandosi davanti a lei.
«
Salve, signor O’Bowen »
rispose la giovine.
«
Vedo che sei già in azione. Non ti stanchi un minuto, eh?»
constatò, divertito.
Maiti
non capì
subito. Lo guardò perplessa, però poi
ricordò di
avere ancora la videocamera in mano, con lo sportellino aperto.
«
Oh » disse.
« Già,
più o meno ».
«
Allora, come va il video che stai organizzando per il Wexford
Festival Opera? »
le domandò l’insegnante, curioso.
«
Bene »
rispose la ragazza. «
Sèanait lo vuole vedere domani ».
«
Quindi l’hai già finito? »
«
Sì, devo solo montarlo ».
Il
signor O’Bowen
rifletté per un momento. L’espressione che
assumeva ogni
volta che lo faceva era sempre buffissima: i baffi gli fremevano
leggermente, e lui alzava gli occhi al soffitto. Alla fine
sputò
il rospo.
«
Presumo quindi che sabato non sarai più impegnata ».
«
No, certo, sarò libera »
disse Maiti, desiderosa di sapere. «
Per quale motivo? »
«
Mi servirebbe un’ottima candidata che filmi la partita di
rugby ».
A
quelle parole,
Maiti rizzò le orecchie, attentissima.
«
Sta dicendo sul serio, signor O’Bowen? Vuole che io filmi la
partita per lei? »
«
Ma certo! »
affermò lui, entusiasta. «
Le tue ottime doti da regista hanno fatto notizia ».
La
ragazza arrossì,
come capitava spesso; era diventata una cosa di talmente ordinaria
amministrazione che ormai non la turbava più. Un tempo
invece
era stata una fonte di grande disagio, soprattutto quando esprimeva
concetti errati in pubblico. Tutti iniziavano a ridere, e lei si
sentiva piccola e insignificante in un cerchio di giganti. Quel che
appunto non riusciva ad accettare era che i suoi compagni iniziassero
ad esclamare “guardate com’è diventata
rossa!”
Alienando
quei
ricordi, tornò a concentrarsi sulla proposta del signor
O’Bowen. Era davvero contenta di poter riprendere tutte le
vicissitudini della squadra di rugby della scuola.
«
Passa da me domani a ricreazione »
aggiunse l’allenatore. «
Così ti darò l’attrezzatura della
scuola in comodato
d’uso ».
«
Certamente, signor O’Bowen »
rispose la ragazza.
Finito
il discorso
l’uomo si allontanò, cercando di farsi spazio fra
la mandria
imbufalita di studenti, che si godevano gli ultimi minuti di
ricreazione.
Maiti,
ancora
estasiata, si appoggiò al muro; senza pensarci, si
portò
la telecamera al petto e la strinse forte. Si trattenne dal sorridere
solamente perché non amava farsi notare, ma dentro di se
bolliva di gioia.
Proprio
in quel
momento apparve Daigh Morgan. Era in compagnia di Bairre Allen e
Brecc Stoker, il ragazzo di Cristin. Maiti odiava ammetterlo,
poiché
non amava la popolarità, ma quello di cui faceva parte Daigh
Morgan era il gruppetto più popolare della scuola. Un
po’
per gli atteggiamenti sovrani del ragazzo, che amava fare
pubblicità
a sé e a chiunque ne ritenesse degno, e un po’
perché
loro erano tra i più carini dell’istituto. A Maiti
questo
non piaceva, ma doveva farselo andare bene comunque, visto che era
cotta di lui.
Per
un frazione di
secondo lo sguardo di Daigh Morgan vagò e si posò
su
quello della ragazza. Subito ella chinò la testa, questa
volta
preoccupandosi del rossore che le stava mandando il volto in fiamme.
Ma lui, come se Maiti fosse stata invisibile ai suoi occhi,
continuò
a voltare lo sguardo.
Fu
Bairre ad
accorgersene. Notandola in quella posizione, si sentì
mancare
per un secondo.
«
Oddio »
mormorò.
Brecc
lo guardò
con espressione interrogativa.
«
Cosa è successo? »
domandò, circospetto. Seguì la direzione del suo
sguardo e quando notò che era fisso su Maiti aggiunse: «
Non ti creerà uno shock solo vederla, mi auguro. Altrimenti
sei messo male ».
«
Io credo di averle distrutto la telecamera »
ribatté l’amico. «
Guarda come la sta stringendo ».
«
Stai parlando della scena di stamattina, Bairre? »
gli chiese Daigh, ascoltando la loro conversazione.
«
Tu l’hai vista? »
domandò l’amico, avvampando.
Brecc
e Daigh
ridacchiarono, divertiti.
«
Tutti l’hanno vista, Bairre ».
Il
ragazzo abbassò
la testa, pieno di vergogna. Avrebbe voluto fare qualcosa per
ripagare il suo danno, ma sapeva che era impossibile.
Brecc
invece gli
colpì il braccio, strizzando l’occhio.
«
Perché non ne approfitti per andare a parlare? »
Bairre
sospirò.
«
Se ogni volta che le parlo combino dei danni… »
Si
diresse verso di
lei, scoraggiato. Non aveva mai faticato a conquistare una ragazza,
ma con lei era completamente diverso.
Maiti
stavolta lo
vide prima che arrivasse. Alzò lo sguardo e trasse un
sospiro
annoiato.
Bairre
Allen,
pensò.
Quando
il giovane le
fu davanti, ella tentò di sorridergli e di non sembrare
ostile, ma il suo cipiglio era tutto fuorché lieto.
«
Ciao Maiti »
proruppe il ragazzo, impacciato.
«
Ciao Bairre »
rispose lei in modo naturale, suo malgrado.
«
Senti, io… ».
Fece una pausa. Non sapeva cosa dire. «
La telecamera è completamente distrutta, vero? »
Maiti
lo guardò
con aria sorpresa. Si era aspettata una delle sue solite scenate in
cui la avvicinava giusto parlarle, ma dove non diceva niente di
sensato perché non sapeva cosa dire.
«
No »
rispose, confusa. «
Cosa te lo fa pensare? »
«
Bé… »
Bairre si strinse nelle spalle. Era sollevato, ma allo stesso tempo
stupito. Maiti era proprio avvinghiata alla telecamera. «
Il modo in cui la stringi »
disse infine.
La
ragazza si rese
conto che stava ancora premendo la sua videocamera al petto, proprio
come un affezionato oggetto che si è appena rotto.
«
Oh, no »
esclamò, rendendosi conto del fraintendimento. «
No, il mio era solo un gesto di gioia. Sai, il signor O’Bowen
mi ha
proposto di filmare la partita di sabato sera ».
«
Già, a proposito di sabato sera »
disse Bairre. «
Per farmi perdonare per averti fatto cadere la telecamera mi
piacerebbe invitarti a prendere posto nelle tribune riservate. Sai,
quelle dove si vede meglio la partita. Ci vanno tutti coloro che
sono, diciamo, in qualche modo privilegiati ».
«
So cos’è , Bairre. Ti ringrazio, ma non devi
preoccuparti.
Riprenderò bene lo stesso anche se sarò in
qualche
altro posto ».
«
Avanti, è il minimo che possa fare »
insistette il giovane. «
Altrimenti continuerò a sentirmi in colpa ».
Maiti
inorridì.
Sapeva che Bairre non avrebbe mai smesso di ossessionarla se si fosse
sentito in colpa. Non che avrebbe smesso comunque, ovvio. Ma non
aveva davvero intenzione di subirlo per tutto l’anno a venire.
«
Non lo so, è che da sola… »
biascicò, tentando di trovare un’ultima scusa.
«
Ci saranno le tue compagne di classe, Sèanait, Ina, Mona e
Mairsil »
dichiarò con enfasi il ragazzo.
«
Sai che compagnia ».
«
Avanti! »
Maiti
sospirò.
«
D’accordo, Bairre »
accettò infine. «
Prenderò in considerazione la tua offerta ».
«
È perfetto; grazie Maiti! ».
Detto
questo si
allontanò e raggiunse Daigh Morgan e Brecc Stoker. Maiti lo
guardò sconsolata.
«
Sarei io a dover ringraziare te »
aggiunse sottovoce, rientrando in classe.
L’aria
irlandese
era davvero fredda. Benjamin Braight si strinse nel cappotto, mentre
scendeva dalla limousine, che l’aveva portato da una parte
all’altra di Dublino, e attraversava la strada.
«
Forse Chris ha ragione, riguardo al clima »
borbottò, guardandosi attorno alla ricerca dei suoi
candidati
“colleghi”.
Schivò
un
numero indefinito di pozzanghere, fino a raggiungere l’altro
lato
della banchina. Fu in quel momento che vide Jack Parker, il suo caro,
vecchio amico e alleato. In passato era stato il titolare di una
piccola e sconosciuta casa cinematografica, ma ben presto era
diventato socio della Universal Studio.
«
Jack! »
esclamò, raggiungendolo.
«
Ben, che piacere rivederti! »
rispose con enfasi l’altro, tendendogli la mano. «
Da quanto tempo che non ci vediamo! Che cosa hai fatto tutto questo
tempo? ».
Benjamin
si strinse
nelle spalle, afferrando la palma dell’amico e stringendola
forte.
La sua stretta era energica, proprio come tre anni prima,
l’ultima
volta che lo aveva visto.
«
Ho girato un telefilm »
disse. « a
Miami. Ma passiamo ai fatti: cosa mi proponete stavolta? »
La
faccia di Parker
cambiò subito espressione: si gonfiò fino ad
assumere
la forma di un palloncino in procinto di scoppiare e gli occhi
commutarono in due sfere translucide che sprizzavano interesse ed
orgoglio da tutti i pori. Era buffissimo.
Benjamin
pensò
che dovesse trattarsi di un progetto davvero interessante, pronto a
catturare l’interesse di tre quarti delle persone.
«
È strepitoso! »
affermò infatti l’amico. «
Oh, vedrai Ben! Siamo incappati in un produttore davvero valido.
È
un progetto davvero redditizio! E se farai bene il tuo lavoro avrai
l’onore di accaparrarti le riprese anche del prospetto futuro
».
«
Quindi avete già in mente l’idea di una saga? ».
«
Sarà fantastico! »
Benjamin
annuì,
soddisfatto. Quando si trattava di lavoro e di soldi era sempre un
piacere per lui.
«
Vieni, ti presento il produttore, Andrea Cremi. È inglese,
ma
di origini italiane ».
Il
regista seguì
Parker lungo il marciapiede e poi all’interno di un edificio
sul
ciglio della strada. L’ingresso era parecchio affollato,
pieno di
gente d’affari, uomini in giacca e cravatta e pezzi grossi.
Benjamin non ci mise molto ad individuare John Crowford,
l’elemento
più importante della casa cinematografica. Era in compagnia
di
un omino smilzo e allampanato, con i capelli arruffati e la cravatta
storta.
Ben
stava per
andargli incontro, ma Parker gli fece cenno di seguirlo. Stupito,
entrò nell’ascensore panoramico con lui.
«
Niente Crowford, oggi »
spiegò il collega.
Benjamin
diede uno
sguardo ai piani che stavano superando, e azzardò una
domanda:
«
Dove diamine vi siete sistemati? ».
«
Abbiamo preso in affitto un piano di questa sede di uffici »
rispose Parker, stringendosi nelle spalle. «
Eccoci arrivati »
aggiunse poi, quando la campanella emise un lieve rintocco.
I
portelli si
aprirono, e i due uomini si avviarono lungo il corridoio. Alla fine
giunsero di fronte ad una porta in legno, con affisso il cartellino:
“Andrea Cremi”.
«
È la sua stanza »
annunciò Jack. Bussò e una voce femminile disse
di
entrare.
Quando
furono
dentro, Benjamin notò la segretaria seduta al telefono
davanti
ad una scrivania, dietro alla quale c’era un’altra
porta.
«
La ringrazio, arrivederci ».
La signorina concluse la conversazione e rivolse un sorriso ai nuovi
arrivati. «
Buongiorno, signori »
disse, cordiale. « Vi stava aspettando ».
Senza
dire altro,
alzò la cornetta del telefondo e premette un tasto,
annunciano
il loro arrivo.
«
E chi paga la segretaria? »
borbottò Benjamin all’amico. «
Il signor Cremi o voi?
»
Ma
prima che Parker
facesse in tempo a bloccarlo, una donna apparve nella stanza, uscendo
dall’uscio dietro alla scrivania. Lo osservò
arcigna. Gli si
avvicinò e gli porse la mano.
«
Lei deve
essere il signor Braight. Io sono Andrea Cremi ».
Per
un momento il regista rimase sconcertato nello scoprire che il
produttore era in realtà la
produttrice.
Ma
prima di avere il
tempo di dire altro, la dnna aggiunse, aspra:
«
I miei servizi non sono a carico di nessuno, se non miei. Ora venite,
vi mostro il progetto ».
Benjamin
capì
immediatamente di avere fatto una pessima impressione. Senza
abiettare, seguì la donna nell’altra stanza.
____________________________
Eccomi! Sono stata un po' lenta, lo so. Ma da domani avrò
concluso tutte le interrogazioni, e potrò aggiornare con
più velocità =).
Kinderbuena89:
sono contenta che ti piaccia ^^. Del
resto, io e te ci sosteniamo a vicenda, nevvero??
Kokky:
*___* hai fatto la descrizione psicologica
completa dei personaggi ^o^. Sì, ognuno di loro
avrà un'evoluzione, e anche la storia avrà una
svolta: sarà del tutto innaspettata!
|
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Capitolo 4 *** Daigh Morgan ***
Wexford 4
4.
DAIGH MORGAN
Le onde del mare si infrangevano
impetuose sul lido della spiaggia deserta. L’aspetto era
più
simile a quello di una laguna,
estesa
per chilometri e chilometri, senza nemmeno la sagoma di un
ombrellone.
La giornata era coperta e molto ventosa.
Alcuni schizzi d’acqua andavano a inumidire la sabbia rorida
e
compatta. L’Irlanda era così: spesso
caratterizzata da un
vento freddo, anche d’estate.
Dopo l’immagine
prolungata del litorale, si susseguirono quelle di diverse steppe
verdeggianti, dall’erba rigogliosa e irrorata. Davano
l’idea di
un tempo meno uggioso rispetto alla spiaggia.
«
Wexford ». La
faccia gioviale di Maiti occupava tutto il primo piano. Dietro di lei
ancora si stendevano le praterie virenti della county
town. « Una contea così
bella e così florida, ma allo stesso tempo, si
può
dire, contraddittoria. Da una parte il freddo ma incantevole mare
d’Irlanda; dall’altra le steppe assolate e mirabili
».
Apparve l’immagine di un pascolo brado: tante pecore
brucavano tranquille in una distesa di erba priva di recinzione.
Accanto, un contadino seminava verdure e ortaggi per la primavera a
venire.
Di nuovo rispuntò il volto di Maiti, che
indicava gli animali che pascevano.
« L’allevamento
segue le regole della giusta alimentazione e il nutrimento è
rigorosamente a base di erba. Gli ovini qui possono pascolare liberi
e indisturbati. Quando c’è quiete si posso anche
sentire i
loro belati…».
«
Beeeee» una voce
scherzosa provenne da un punto imprecisato dello schermo.
« Mairtin piantala!
»
esclamò Maiti, divertita. «
Sei uno stupido! Stava venendo fuori un
pezzo
bellissimo! »
« Io
ti stavo solo aiutando a fare sentire i belati delle pecore! »
ribatté il ragazzo, ilare. «
Senti, le pecore fanno beeee! ».
Mairtin assunse una posizione buffa simile alla postura di una
pecora e iniziò a girare su se stesso, fingendo di brucare e
continuando ad imitare i belati degli animali.
« Oh,
zitto, te la faccio vedere io! ».
Maiti gli saltò sulla schiena, facendogli perdere
l’equilibrio. Entrambi caddero a terra, inumidendosi tutti i
vestiti. Iniziarono a ridere, divertiti, mentre un contadino gli
passava accanto, osservandoli con espressione buffa.
Maiti
sorrise. Mordicchiò la punta della matita, mentre si
allungava
per prendere il telecomando dal comodino. Pigiò un tasto e
diminuì il volume dello stereo, mentre sua madre strepitava
dalla cucina di abbassare « quella maledetta musica
».
Riponendo l’oggetto sulla scrivania, schiacciò
lesta un
pulsante sulla tastiera del computer e il video si bloccò.
La
ragazza stava montando il filmato che Sèanait voleva pronto
per il giorno seguente. Era stato difficoltoso registrare i vari
pezzi, soprattutto quando ad aiutarla c’era Mairtin.
Armeggiò
con il mouse e con i comandi del computer, selezionando, eliminando e
infine assemblando i vari spezzoni.
« Così
dovrebbe andare bene » disse,
soddisfatta di se stessa. « Bé,
la parte sul paesaggio è completata. Ora mi manca quella sui
luoghi frequentati dai ragazzi e… ».
Si alzò dalla sedia per prendere i dischetti su cui aveva
filmato il resto, ma alcuni schiamazzi provenienti
dall’esterno
richiamarono la sua attenzione.
Infastidita, si accostò
alla sua finestra e guardò il gruppo di ragazzi sul
marciapiede, la causa di tutto quel rumore. Per un momento le
mancò
il fiato.
« Daigh Morgan »
sussurrò. I suoi occhi si
soffermarono su
di lui, così bello, così perfetto. Scherzava
assieme ad
alcuni amici; i suoi movimenti erano così fluidi,
così
sciolti… aveva un equilibrio perfetto, senza farlo
volutamente.
La sua attenzione fu distolta solamente dalla porta che sbatteva
e sua mamma che entrava in camera a tutta birra, arrabbiata.
«
Maiti! Non ti ho forse detto di
abbassare questa
musica? ».
Senza aspettare repliche,
individuò il telecomando sulla scrivania, lo
afferrò e
dimezzò il volume. « Ora va
bene ».
Maiti si voltò
verso di lei, soprapensiero.
« Scusa,
mamma » replicò.
Raggiunse lo
stereo, premette il pulsante “off” e la canzone
cessò. Poi
tornò alla finestra e riprese a fissare il gruppo di
ragazzi:
assieme a Daigh Morgan c’erano anche Bairre Allen, Uilliam
McWilson
e Bran O’Friel, due ragazzi che aveva visto ancora assieme a
Brecc
Stoker. Facevano tutti parte della squadra di rugby. Stranamente.
Maiti era imbambolata di fronte all’infisso, con gli occhi
puntati su Daigh. Doveva fare qualcosa. Doveva fare maledettamente
qualcosa. Voleva solo che lui la notasse, solo quello.
Faresti
di tutto, si disse. Faresti di tutto pur di
attirare la sua
attenzione.
E così, ancora prima di ragionare e di
scartare del tutto quell’opzione, chiamò Bairre.
Non ebbe
nemmeno il tempo di pentirsi.
« Ehy,
Bairre! »
Lui si girò immediatamente. Il suo
sguardo divertito divenne immediatamente stupito, poi imbarazzato.
Rimase evidentemente senza parole: Maiti l’aveva salutato.
Stava
per blaterare qualche cavolata senza senso, ma Bran O’Friel
gli
tirò una gomitata. Lui sembrò riscuotersi.
«
Ciao, Maiti! » disse,
più rilassato. « Non sapevo
che abitassi qui ».
Fece una pausa,
evidentemente cercando altri argomenti sensati da proporle. «
Che cosa ci fai rinchiusa in casa con
un tempo
come questo? ».
Maiti
guardò il cielo: si stava ricoprendo di nuvole. I suoi amici
trattennero a stento una risata. Bairre diventò rossissimo.
«
Bé… non avevo
niente di importante da
fare » rispose,
cercando di toglierlo
dall’imbarazzo. Sapeva perfettamente come ci si sentiva. Ma
la sua
attenzione ora era rivolta a Daigh Morgan. Aveva mosso il primo piede
e per completare il passo doveva muovere anche il secondo. Non poteva
tirarsi indietro a metà.
« Allora,
ehm… voi cosa state facendo di bello? »
Trattienili
prima che se ne vadano, si diceva, agitata.
« Noi…
noi stiamo andando a fare un giro. Stiamo aspettando Brecc ».
« Come hai detto? »
Bairre
alzò la voce:
« Stiamo aspettando
Brecc ».
« Non
capisco ».
Bugia. «
Aspetta, scendo un attimo ».
Si voltò di scatto, infilò le scarpe in qualche
maniera, si sistemò i capelli alla
bell’è meglio
mentre scendeva la scale, afferrò il giubbotto e disse a sua
mamma:
« Esco ».
« Ricordati di andare a
prendere Tòmas
alle cinque » cantilenò
la
donna. « E non
fare troppo tardi ».
« Con ogni
probabilità rientrerò
tra un minuto » ribatté
la
figlia, prima di aprire la porta e uscire.
L’aria era
fredda e sferzante e, a dispetto di quella mattina, il tempo stava
peggiorando. Grosse nuvole cariche d’acqua sormontavano la
valle,
minacciando di piovere. Il vento forte scuoteva con violenza le
piante, ma per la gente del posto era pressoché normale.
Maiti si strinse nel cappotto, un gesto usuale per chi abitava in
Irlanda. Guardò Bairre, che la scrutava a sua volta, con
speranza. Si sentì un’infame: lo stava utilizzando
per i
suoi scopi. Era ancora in tempo per lasciarli andare e tornare
indietro, ma proprio mentre trovava una scusa per tagliare corto,
Daigh Morgan piantò gli occhi su di lei. A questo punto ogni
buon proposito per fare la brava ragazza si spense, soffocato da
quelle iridi verde intenso.
Le parole le morirono in gola,
lasciandola con la bocca aperta e lo sguardo fisso sul suo. Per un
momento le sembrò di essere su un altro pianeta, magari su
un
mondo parallelo. Daigh Morgan la stava guardando.
Stava
guardando lei.
Bairre se ne accorse subito e abbassò
il volto a terra. Poi lo rialzò, nascondendo la
frustrazione,
e si schiarì la voce, annunciando:
« Maiti,
io credo che tu conosca Daigh. Ehm… Daigh, lei è
Maiti ».
Daigh le sorrise, cordiale. Maiti si sentì morire. Era
sicura che stesse sognando e che quando si sarebbe svegliata avrebbe
avuto solo un bel ricordo di un altrettanto stupenda immaginazione.
« Io…
tu… noi… voglio dire…
cioè, sono Maiti. Ciao ».
Abbassò immediatamente gli occhi, imbarazzata. Come aveva
potuto fare un discorso così “non
discorso”? Ora Daigh si
sarebbe messo a ridere e non l’avrebbe più filata.
Ma come
si faceva a balbettare cose senza senso in quel modo?
Era pronta
a fare dietrofront e tornare in casa, turbata, ma un’occhiata
di
Bairre le fece capire di non fare stupidate, che stava andando
benissimo. E in quel momento seppe di non essere mai stata
più
vile e abietta. Perché lo stava facendo? Perché
solo
per attirare l’attenzione del ragazzo che le piaceva aveva
utilizzato spudoratamente una persona che avrebbe preferito evitare
in ogni istante della sua vita? C’era forse con la testa, o
l’aveva
persa nel preciso attimo in cui aveva visto Daigh Morgan sul
marciapiede davanti a casa sua?
« Ciao
Maiti » rispose
il ragazzo. «
È un piacere conoscerti ».
« Lo è anche per
me »
disse lei. Guardò Bairre. Le
sorrise, ma
era chiaro che fosse tutto tranne che contento. Aveva intuito le
intenzioni dell’amico ancora prima che lui le avesse in
mente. «
Bé, ora torno in casa »
continuò la ragazza. «
Credo
sia meglio ».
« Oh,
ma non dai nessun fastidio » replicò
Daigh, lanciandole un sorriso ammiccante.
La ragazza
faticò a trovare una risposta; era in completa agitazione.
La
sua mente le stava inviando una sola informazione: “Daigh
Morgan è
di fronte a te e ti sta parlando”. Sperando che la sua
agitazione
non fosse notata, pronunciò le prime parole che le vennero
in
mente: « I-i-io ti ringrazio, ma voi dovrete andare, e
io… io
devo… insomma ». Deglutì. In un solo
istante sentì
tutti i mali possibili assalirla: lo stomaco le bruciava e la pancia
le doleva; la sudorazione e la salivazione erano aumentate e aveva la
bocca impastata. « Voi comunque dovrete andare »
concluse, banale.
« In effetti… »
rispose Uilliam McWilson, un
po’ scocciato.
« Non dire stupidaggini »
lo rimbeccò Daigh, senza
nemmeno guardarlo.
« Stiamo ancora
aspettando Brecc ».
« Già
»
ribatté Uilliam,
sottolineando l’insistenza
nella parola. « Ma
quando arriverà
dovremo andare, e questa è una riunione di noi amici solo
per noi amici; non ci sono nemmeno le rispettive ragazze.
L’hai
stabilito tu ».
«
Sì, ma per lei si
può fare
un’eccezione ».
Questa volta il
ragazzo guardò l’amico dritto negli occhi, con uno
sguardo
severo. « Anche
Bairre è della
mia opinione, vero Allen? ».
Bairre, paonazzo, puntò lo sguardo sul ghigno divertito di
Daigh. Quando anche gli altri due ragazzi risero, lui guardò
altrove, chiaramente a disagio. Maiti non desiderò mai come
in
quel momento non avere richiamato la sua attenzione cinque minuti
prima alla finestra.
« No…non fa
niente » si
affrettò a
precisare, mentre una folata di vento le spettinava i capelli
castani. Lesta, afferrò il ciuffo ribelle con una mano e lo
rimise a posto. « Non
fa niente, sul
serio. Io devo finire quel maledettissimo video per domani, quindi
davvero, torno in casa. Se non sarà pronto per domani
Sèanait
si arrabbierà tantissimo ».
« Oh, non
c’è problema, con
Sèanait posso parlarci io » propose
il ragazzo.
« No! »
esclamò Maiti. «
No!
No, no-no! È meglio se lasci stare.
D’accordo… d’accordo!
Verrò con voi. In fondo il video posso finirlo anche
più
tardi ».
Daigh le sorrise.
« Bene »
disse,
con l’aria di chi non ne perde una. «
Ora
manca solo Brecc ».
Abigail
fu la prima a scendere dalla luccicante limousine laccata di nero e
sfilare lungo il corteo di paparazzi, seguita a ruota da suo padre
Benjamin, che davanti alle telecamere non si staccava da lei un
minuto. I flash arrivarono da ogni parte, e Abigail si sentì
in dovere di assumere le pose più fashon per apparire sulle
riviste più popolari del momento.
L’ultimo a scendere
dall’auto fu Chris, che si mosse tranquillamente come se per
lui
tutta la gente attorno non esistesse. Ignorò le tredicenni
ululanti che bramavano un suo autografo e oltrepassò i
giornalisti indemoniati che si tiravano le macchine fotografiche in
testa per realizzare lo “scatto esclusivo”.
Quando furono
entrati tutti nell’hotel, Benjamin fu l’unico ad
avvicinarsi al
bancone per chiedere informazioni. Abigail estrasse uno specchietto
dalla borsetta e iniziò subito a specchiarsi, terrorizzata
che
il brufolo che le era cresciuto sotto il mento non fosse
minuziosamente coperto di fondotinta.
« Scherzi?
» ironizzò
Chris, mentre si
attaccava al cellulare per chiamare la madre. «
I
giornalisti scovano tutte quelle imperfezioni ».
« Christopher, lascia stare
tua sorella
» ordinò
il padre, mentre la
ragazzina scappava urlando su per le scale, spaventando tutti i
presenti. « Sembra
di stare all’asilo
» aggiunse poi,
rivolto al portiere.
« La giornata
è già
stata terribile abbastanza ».
L’uomo gli sorrise, porgendogli una tesserina. Benjamin
l’afferrò, ricambiando il sorriso.
« Camera
numero 1214, signor Braight. I vostri bagagli vi saranno recapitati
tra pochi minuti ».
«
La ringrazio ».
Benjamin si voltò, sbirciando lungo gli scalini ricoperti da
una sontuosa moquette rossa. « Vedrò
di andare a recuperare mia figlia da qualche parte. Qual è
il
bagno più in vista salendo le scale? ».
« No, non ho detto che sono
Sharon
Jakobs, maledizione! » strepitò
nel frattempo Chris al telefono. « O
forse credete che abbia subito un intervento alle corde vocali?! Non
me ne faccio nulla delle sue scuse! Voglio parlare con mia madre,
santo cielo! Mi passi lo studio di Miranda Carlington,
immediatamente! Ma quali chiamate estere? Ma di che diamine di
prefisso sta parlando? Santo cielo! Sì, sì,
proprio
lei. Me ne frego se è in riunione in questo momento, voglio
parlare con lei, sono suo figlio! Mi chiamo Chris Braight. Che cosa
significa che lei è Batman, mi sta forse prendendo in giro?
Prono? Pronto! Mi hanno riattaccato! ».
Il portiere guardò Benjamin comprensivo.
« Primo
piano, seconda porta a destra; è il primo bagno che trova ».
Il regista fece un cenno con la testa e, sconsolato, si diresse
verso le scale. Osservò il figlio infuriato pretendere di
fare
una chiamata dall’hotel, permettendo l’addebito
sulla sua carta
di credito.
Scosse la testa, salendo i
gradini. Che famiglia strana, la sua.
____________________________________________________
Chiedo venia xD. Lo so che avevo promesso di postare il più
in fretta possibile, ma non ci sono riuscita. Del resto, come avete
visto anche voi, questo capitolo non è dei migliori. Mi sono
bloccata davvero molte volte.
Rngrazio, come sempre, coloro che mi hanno inserita tra le storie
seguite, e invito Davilcat
e_New_Moon_
a lasciarmi i loro pensieri su
questa storia *_*.
Sarò sadica, ma a volte mi piacerebbe ricevere anche delle
critiche xD laddove siano costruttive.
Kinderbuena89:
ahaha mi dispiace ma non è
arrivato così in fretta come speravi questo capitolo.
Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo, nonostante non sia un
granché!
|
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Capitolo 5 *** Nuovi arrivati ***
nuovi arrivati
5.
NUOVI ARRIVATI
Ben
tornato, Wexford. Un altro nuovo giorno è iniziato, ma
sembra
che sia destinato ad essere meno noioso del solito. Niente di
ordinario nel tempo: oggi ha ripreso ad essere nuvoloso e la povera,
piccola Maiti non sembra apprezzare questo inconveniente: il 15 si
avvicina. Come al solito, la Volkswagen di Sèanait ha
già
fatto il giro di Castelbridge e la squadra di Rugby si sta allenando
nel cortile della scuola.
Qual
è la novità di quest’oggi?
Pare che il tanto ambito e popolare Daigh Morgan si sia reso conto
della presenza della sconosciuta quindicenne, che però ha
dei
risentimenti verso il noioso Bairre Allen. Non è, magari,
solo
un pretesto per non comparire sulla lista nera di Sèanait?
Presto scoprirà che il suo territorio è stato
invaso e
allora sarà allarme rosso.
Ma
non ti preoccupare, povera e piccola Maiti: forse la tua storia non
sarà destinata a diventare la solita routine che tutti
conosciamo. Non hai ancora conosciuto Chris Braight.
Maiti
inclinò irruente la moca del caffè verso la sua
tazza,
versandone buona parte sul ripiano della cucina. La sbatté
furiosa sul fornello, asciugando con uno Scottex il lago che si era
creato.
«
Ti ho già detto che mi dispiace, mamma! »
esclamò, furibonda. Andò a sedersi al tavolo,
appoggiando con veemenza la scodella. «
Non mi sembra il caso di farne una tragedia! ».
«
Sei tu quella che ne sta facendo una tragedia! »
rispose la madre, seccata. « Gli
adolescenti non impareranno mai a comportarsi di dovere
finché
non avranno punizioni adeguate! ».
«
Adeguate? Adeguate? Mamma, ti rendi conto di quello
che mi
stai facendo? ».
La ragazza era
davvero agitata. Se il giorno prima la stessa agitazione era stata di
euforia, questa volta lo era di terrore. «
Tu non hai idea dell’occasione
che mi sia
capitata e ora me la stai rovinando! ».
«
Suvvia, non essere così drastica. Almeno la prossima volta
imparerai ad eseguire i tuoi compiti prima di concederti allo svago
». La madre era
irremovibile.
«
Già oggi sarà un giorno terribile,
perché non ho
finito il video per Sèanait. Se ora ti ci metti anche tu
sarà
proprio una catastrofe! E poi ho promesso a Bairre che sarei andata…
». Si
bloccò.
La
madre staccò gli occhi dalla sua colazione, colta nel pieno
delle sue facoltà di genitore e osservò la figlia
con
sguardo severo e stupito al contempo.
«
Chi è questo Bairre? »
domandò, comprensiva.
«
Ehm, lui è…
Bairre Allen. Un
compagno di scuola, sai. Gioca nella squadra di rugby ed è…
d’accordo, solo
un pretesto. Ma non puoi
impedirmi di andare! Il signor O’Bowen
confida in me! ».
Avvicinò la
tazza alla bocca, bevendo il caffè con tanta trepidazione da
rovesciarne buona parte sui vestiti. «
Fantastico! »
strepitò. «
Anche questo ci mancava! ».
Finì
di bere la sua bevanda e si alzò dalla sedia per dirigersi
in
camera, iniziando a spogliarsi ancora prima di salire le scale.
«
Rimango della mia opinione » concluse
la madre con tranquillità, per far capire alla figlia che
l’argomento era
chiuso. «
Sabato non andrai da nessuna parte ».
«
E io ci andrò comunque! » urlò
la ragazza, precipitandosi per gli scalini. «
Dovessi anche scappare di casa o rapire Tòmas! ».
Scuotendo
la testa, la donna tornò a concentrarsi sulla sua colazione.
«
Adolescenti »
commentò.
«
Stai scherzando? ».
Il
coretto di Cristin e Moira arrivò alle orecchie di tutti gli
studenti, che si voltarono verso le ragazze, curiosi.
«
Suvvia! »
esclamò Maiti, un
po’ imbarazzata.
«
Vi ho solo detto che ieri Daigh Morgan mi ha invitata di uscire. Ma
non lo dovete far sapere a mezza scuola! »
aggiunse sottovoce, severa. « Non
voglio che Sèanait o le sue amiche stupide lo sappiano ».
«
Sappiano cosa? ».
Una voce fastidiosa
giunse dall’orda
barbarica di alunni che
affollavano il cortile.
Maiti
si voltò, sprezzante.
«
Ina »
commentò, osservando la
ragazza bionda tinta che le stava di fronte.
«
Che c’è?
»
chiese Cristin, ironica. «
Sèanait
ti ha lasciata a piedi? »
«
Ah! » fu la
risposta della ragazza. «
Come se dovessi stare solo ed esclusivamente con lei, proprio come
fate voi tre oche ».
«
Chiudi il becco Ina »
la interruppe
Moira. «
Sèanait, Mona e
Mairsil sono alla riunione rappresentanti, alla quale tu non sei
ammessa, visto che non sei una rappresentante. Non compiere inutili
tentativi di farci credere che se fossero libere stamattina tu non
saresti con loro. Lo sappiamo tutti che non hai altri amici ».
«
Senti che faccia tosta »
disse la
ragazza, scocciata.
«
E quando avrai le prove che noi siamo sempre assieme, come tre oche,
puoi tornare a dircelo »
continuò
Maiti. « Ma la
vedo dura: tanto per
cominciare, la mattina ci rechiamo a scuola con mezzi diversi. Al
contrario di qualcun altro ».
Ina
sbuffò, stizzita.
«
Questo non vuol dire che non abbia altri amici »
ribatté, incapace di arrampicarsi sugli specchi.
«
Hai appena ammesso di non separarti mai da loro tre »
disse Cristin, con sarcasmo.
«
Ma sentile! »
replicò Ina.
Girò sui suoi tacchi e se ne andò, non essendo
capace
di ribattere a tono.
«
Ma dimmi un po’
chi si crede di essere »
criticò Maiti. L’aria
fredda le
sferzò il viso, facendola rabbrividire. Come suo solito, si
strinse nella giacca. «
Forza,
entriamo »
suggerì. «
Fa freddo qua fuori ».
«
Ehy, guardate un po’
»
disse però Moira, meravigliata. Indicava un punto davanti a
sé, con un’espressione
incredula
stampata sul volto.
Le
due amiche seguirono la traiettoria da lei indicata e, con
altrettanta incredulità, si trovarono a fissare una lunga e
luccicante limousine nera ferma davanti al cancello della scuola.
«
Wow »
commentò sarcastica
Cristin. « A
Sèanait forse
serviva una macchina più capiente in grado di contenere
nuovi
amici? ».
«
Non ci posso credere »
disse Maiti,
esagitata. «
Quelli devono
sicuramente essere Chris e Abigail Braight! ».
«
Stai scherzando? »
le domandò
Moira, trasecolata. «
Vuoi dire
l’attrice e
quello scorbutico di suo
fratello? ».
«
Ma cosa me ne importa di loro! »
ribatté la ragazza. « Loro
sono i figli di Benjamin Braight! Il regista! Ve ne rendete conto? ».
A
quel punto tutti i ragazzi che erano fuori in giardino si erano
accorti della lussuosissima macchina, che si era fermata proprio
davanti alla loro scuola, e ora Abigail ne stava scendendo, mostrando
tutta la sua impudenza, come se si trovasse di fronte alle
telecamere. Sfilò attraverso il cortile, lanciando a tutti i
presenti sguardi del tipo “tu per me sei un insetto
insignificante”.
Chris,
invece, li ignorò. Passò in mezzo a loro come se
non
esistessero, come se non si fosse nemmeno reso conto della loro
presenza. Continuò a fissare di fronte a sé
trapassando
ogni essere vivente con lo sguardo di chi crede di essere
l’unico
al mondo. Nel frattempo parlava al cellulare.
«
Ma tu guarda che sciacquetta »
giudicò Maiti con disprezzo, mentre Abigail le passava
accanto, sculettando. La stava seguendo con lo sguardo, quando
Cristin le tirò una gomitata. La ragazza si girò,
sussultando; era sicura che da qualche parte stesse arrivando Daigh
Morgan, spiegazione più che plausibile vista la reazione
dell’amica; ma
si rese conto troppo tardi
di avere fatto invece una pessima figura: Chris Braight le stava
passando accanto proprio in quel momento e, se riusciva a fare finta
che non esistesse nessuno, non poteva ignorare tutte le voci che gli
arrivavano alle orecchie, soprattutto se erano insulti diretti a sua
sorella.
Per
un momento rimase stupito a guardare Maiti, come se fosse stato
alieno che esistesse almeno un essere umano che non apprezzava una
famosa attrice come Abigail. Poi però distolse lo sguardo e
tornò al telefono, dimentico di quella quindicenne sciocca
che
giudicava a prima vista.
«
Sì, mamma, ci sono ancora. Wexford è ripugnate:
fredda,
umida e soprattutto ventosa… ».
Maiti
scosse la testa, imbarazzata.
«
Coraggio »
disse, prima che le amiche
commentassero l’accaduto.
«
Entriamo. Inizia a piovere ».
«
Hai già fatto colazione »
affermò Abigail, aspra.
Suo
fratello era fermo davanti alle macchinette, schiacciando
più
volte il bottone per diminuire lo zucchero nella bevanda. Senza
nemmeno voltarsi verso la sorella, rispose, serio:
«
Questo non è un buon motivo per non prendermi un
caffè.
Credi che questo aggeggio dia il resto? ».
Il
macchinario iniziò ad emettere rumori strani,
finché il
bicchierino non fu sceso e il liquido bollente versato al suo
interno.
Abigail
sbuffò.
«
Hai paura di addormentarti durante le lezioni? »
commentò, acida.
Quando
il bicchiere fu pieno, Chris lo estrasse; si voltò verso la
sorella, placido.
«
No » rispose,
tranquillo. «
Non ho paura di ingrassare ».
Si
allontanò, diretto verso le scale. Gli era già
stato
indicato il piano sul quale si trovava la sua aula ed era
più
che risoluto a raggiungerla prima che suonasse la campanella. Dopo
pochi secondi, Abigail lo raggiunse.
«
Hai già notato qualcuno di interessante? »
gli domandò, curiosa. Nonostante tutto, aveva paura di non
trovare amici e restare sola. Ma era quel che le capitava ogni volta,
visto il suo caratteraccio.
«
No » rispose
Chris, secco. Non
aggiunse altro.
«
Bé, sono sicura che attaccherai bottone velocemente ».
Aspettò che il fratello le desse una risposa, ma quando vide
che non era in procinto di aprire bocca, aggiunse: «
Nessuno mi ha ancora avvicinata, per il momento. Certo, sono qui solo
da pochi minuti, ma pensavo che essendo così famosa…
».
«
Qui non pensano bene di te » la
informò il ragazzo, fermandosi accanto ad un termosifone
ancora libero. Avrebbe aspettato l’inizio
delle lezioni per entrare in classe.
La
sorella lo guardò, scioccata.
«
Non troppo schietto, mi raccomando »
farfugliò, appoggiandosi accanto a lui.
«
Hai ragione, la prossima volta affermerò che tutti ti amano »
ribatté il ragazzo, ironico.
«
Sempre troppo comprensivo, Chris ».
Fra
i due cadde un silenzio al quale Abigail non era abituata. Con Chris
era così: era un ragazzo taciturno, l’esatto
contrario di lei e suo padre. Sperava di recuperarlo durante il suo
soggiorno a Wexford, ma le prospettive andavano declinando. A quanto
pare, anche suo padre ci aveva rinunciato. In un certo senso, Chris
non lo aveva mai perdonato per averlo staccato alla madre e averlo
portato in Irlanda, “un
posto così
ripugnante”.
Sospirò.
Se lo voleva conquistare, doveva fare il suo gioco.
«
Che cosa dicono di me? ».
«
Che sei una sciacquetta ».
«
Cosa? ».
Ogni
buon proposito per restare calma e non farsi condizionare dalle voci
che circolavano su di lei si infranse.
«
Ma non possono darmi della sciacquetta! »
strepitò. «
Io sono Abigail
Braight! ».
«
Vedi » disse
Chris, sorseggiando il
liquido bollente. «
È proprio
per questo che non parlano bene di te ».
«
Mai dai, tua mamma ti ha messo in punizione? »
spettegolò ironico Mairtin, prendendo in giro la sua
migliore
amica. « Stento
a dirlo, ma la cosa
mi è familiare ».
«
Smettila di prendermi in giro, Mairtin »
sibilò la ragazza, assestandogli un buffetto non troppo
affettuoso sulla spalla.
Il
ragazzo ridacchiò, fermandosi di fronte alla sua aula, in
mezzo alla torma selvaggia che imperversava i corridoi.
«
Per farla breve, ti ha punita solo perché sei tornata a casa
un po’ tardi? »
continuò
Mairtin, divertito. «
Dai, poteva
essere comprensiva: insomma, sei uscita con Daigh Morgan!
».
«
Ti ho detto di smetterla di prendermi in giro! »
ribatté la ragazza, spingendolo indietro. «
E secondo te chi andava dire ad una strega indemoniata che ero uscita
con “Daigh Morgan”? È
bastato farle il nome di
Bairre, stamattina, che subito si è allarmata. Ti dico,
pensava che uscissi con lui! ».
Mairtin
scoppiò a ridere.
«
Non è così grave » la
consolò. «
Ma allora per quale
motivo si è arrabbiata così tanto? Non dirmi che
è
stato solo perché sei rientrata per l’ora di cena ».
Maiti
sospirò e si appoggiò alla colonna che era
accanto al
termosifone.
«
No » disse. «
È solo che mi sono dimenticata di andare a prendere
Tòmas
a scuola e a lei non è andata giù la faccenda ».
Mairtin
strabuzzò gli occhi.
«
Cosa hai fatto? »
esclamò,
sconcertato.
«
L’hai detto te, Mairtin: mia mamma avrebbe potuto essere
più
comprensiva, visto che ero fuori con Daigh Morgan ».
«
Ma Maiti »
disse l’amico,
incredulo. «
Hai dimenticato
tuo fratello a scuola! ».
«
E allora? »
ribatté lei. «
Ha tredici anni; avrebbe potuto benissimo venire a casa da solo,
visto che se fossi andata a prenderlo io saremmo comunque tornati a
casa a piedi ».
«
Tua madre ti ha chiesto un favore »
confutò il ragazzo. « Oh,
certo: tu eri troppo occupata ad uscire con Daigh Morgan
per
ricordartelo ».
«
Mairtin, per favore, non ti ci mettere anche tu! »
si lamentò Maiti, scocciata. «
E ti do un consiglio: non parlare mai più di quella
storia
se non vuoi finire con un occhio nero ».
Mairtin
era piuttosto stupito: perché aveva cambiato tono in modo
così
repentino?
«
Ma che ti prende? »
le disse,
interdetto.
L’amica
gli lanciò un’occhiataccia, che lui non comprese
al volo; ma
quando una voce glaciale risuonò alle sue spalle tutto gli
fu
più chiaro.
«
Voglio avere il video, subito ».
Sèanait
comparve, più risoluta che mai.
«
Il video? ». La
voce di Maiti,
invece, si fece piccola e tremante. «
Oh certo, il video! »
Sèanait
la guardò con occhi furenti. Mairtin tentò di
alleggerire la situazione.
«
Ciao Sèanait »
disse,
raggiante.
«
Ciao Mairtin »
rispose lei, senza
nemmeno guardarlo. «
Maiti, dov’è
il video? ».
«
È… a casa ».
«
Maiti, spero tu stia scherzando »
l’avvisò con voce minacciosa la ragazza. «
O che tu l’abbia dimenticato a casa finito.
Perché
se non è così, non immagini nemmeno la punizione
in cui
incorrerai! ».
Maiti
deglutì.
Era
consapevole che la sua vita stava per finire in quel momento, ma
sperava ancora in una via d’uscita. Tentò di
trovare
giustificazioni, ma la compagna la incenerì con uno sguardo.
«
Temo ci sia una spiegazione più che plausibile »
proruppe Mairtin. Ignorò l’avvertimento
intimidatorio che
l’amica gli mandò e sorrise al volto scettico
dell’altra.
« Vedi, ieri
Maiti è uscita
con un ra… ».
«
Chiudi il becco! »
strepitò
quest’ultima.
Ma
Sèanait si voltò verso di lei, arcigna.
«
Un ragazzo? »
ripeté. «
Hai abdicato il tuo dovere solo per uscire con un ragazzo? Ma questo
proprio un insulto per chi crede di poter diventare regista un
giorno! ».
«
Il fatto è che Mairtin si sbaglia, non sono uscita con un
ragazzo… ».
«
Ha ragione » si
scusò il
ragazzo. « In
effetti erano cinque ».
Entrambe
le compagne sgranarono gli occhi, esterrefatte.
«
Oddio »
mormorò Sèanait.
«
Non fraintendere! »
esclamò
Maiti, in preda al panico. « Ti posso
spiegare ».
«
Non ce n’è bisogno » si
affrettò a dichiarare la bionda. «
Non fa niente. Ah, e il video me lo puoi portare pure domani ».
Detto
questo, si voltò e se ne andò velocemente.
Scomparve
tra la massa di gente. Maiti la guardò finché non
fu
totalmente sparita.
«
Sei un cretino »
biascicò, con
gli occhi persi nel vuoto. Non si prese nemmeno la briga di guardare
in faccia il suo migliore amico.
«
Bé, almeno ti ho tolto dai guai, no? ».
L’occhiataccia
che l’amica gli lanciò era eloquente: stai zitto.
«
Credo di dovermi ritirare, a questo punto »
farfugliò Mairtin. Non si sprecò di fornire altre
scuse, consapevole dell’enorme equivoco che aveva causato.
Con un
cenno della testa la salutò ed entrò in classe.
«
Fantastico »
borbottò la
ragazza, voltandosi di scatto. Fu un’azione così
repentina
che andò a sbattere contro ad uno studente. Sentì
improvvisamente qualcosa di caldo ricoprirla: abbassò gli
occhi e con orrore notò una chiazza di caffè
espandersi
sulla sua maglietta. «
Oh no! »
esclamò, agitata. « Non ancora
caffè! Ne ho abbastanza ».
«
Accidenti »
proruppe il ragazzo, con
in mano il bicchierino ormai mezzo vuoto. Si affrettò ad
estrarre un fazzoletto e a porgerglielo. «
Che pasticcio »
commentò. «
Mi dispiace per la tua maglietta, ma è stata colpa tua; mi
sei
venuta addosso tu ».
Maiti
alzò la testa per fissare quel ragazzo così
impertinente, che si permetteva di criticarla quando a rimetterci era
stata lei, e i suoi occhi si trovarono a fissare quelli che, poco
prima, si erano posati su di lei, stupiti e contrariati: si trovava
davanti a Chris Braight.
Anche
lui parve riconoscerla, ma non vi fece caso. Allora lei riprese a
strofinare la macchia con il fazzoletto, che ormai si era
infradiciato.
«
Potresti almeno chiedermi scusa »
brontolò.
«
Chiederti scusa? »
ripeté
l’altro, sarcastico. « Se non te ne
fossi accorta, e sicuramente è così, io sono sempre
stato fermo qui, anche quando te e i tuoi amici parlavate delle tue
conquiste ».
Maiti
squadrò il ragazzo, ostile. Aveva tutta l’aria di
voler dire
“non sono affari tuoi”. Evidentemente Chris se ne
accorse, perché
per un momento sembrò scusarsi con gli occhi.
«
Non perdere tempo con le bisbetiche come lei, Chris »
affermò un ragazza bionda, accostandolo. Maiti la riconobbe:
era Abigail Braight. «
Le sta bene
quel che le è successo ».
«
Ma come ti permetti? »
disse con
enfasi la ragazza.
«
Non fa niente »
intervenne Chris. «
Smettetela entrambe. Non ti immischiare, Abigail, non ce
n’è
bisogno. E quanto a te, mi devi un caffè ».
«
Cosa? Ma se si è rovesciato addosso a me!
Non ti ho
rotto un vaso di porcellana! ».
«
Quel che è giusto è giusto »
affermò il ragazzo.
Imbestialita,
Maiti si voltò e si allontanò, borbottando
qualcosa
come: « Se vuoi ti
restituisco anche il
fazzolettino. Tirchio! ».
________________________
A voi il nuovo capitolo ^^. Ringrazio di cuore ale_9038 e damy per avere aggiunto la storia ai preferiti e grow tra le seguite.
ale_9038: una nuova lettrice =D. Mi fa davvero piacere il tuo apprezzamento ^^ grazie per i complimenti.
Kinderbuena89: tu mi vizi XD. Esageri sempre XDXD, però sono davvero contenta che ti piaccia la storia. :D |
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Capitolo 6 *** Compagne di classe ***
6.
COMPAGNE DI
CLASSE
Maiti
si allontanò
da Chris a passi svelti e pesanti. Continuava a strofinare la macchia
di caffè con il fazzolettino che prima lui le aveva offerto
per sistemare un po’ quel pasticcio.
Quando
quella
mattina la ragazza si era svegliata, aveva subito capito che la
giornata non si prospettava bene: le era bastato dare
un’occhiata
al cielo coperto per capirlo.
Le
sue previsioni,
infatti, si erano rivelate proprio azzeccate; tanto per cominciare,
la mamma le aveva proibito di andare alla partita di rugby sabato
sera, poco importava se le era stato affidato un incarico molto
importante. Poi si era macchiata il suo maglione preferito con
un’abbondante tazza di caffelatte e successivamente anche
alla sua
maglia verde era toccata la stessa sorte. Non aveva concluso il video
per il Wexford Festival Opera che si sarebbe tenuto di lì a
dodici giorni e infine, ciliegina sulla torta, stava per andare a
dire al signor O’Bowen che non avrebbe potuto filmare la
partita.
Fuori
la pioggia
aveva iniziato a scendere a catinelle, così per raggiungere
gli spogliatoi passò per i corridoi della palestra. Con un
po’
di fortuna il professore sarebbe stato ancora lì; con molta
fortuna, invece, nessuno l’avrebbe beccata. Era proibito
passare di
lì da soli senza l’autorizzazione di un insegnante.
Fortunatamente
l’allenatore si trovava all’interno dello
spogliatoio maschile,
assieme ad alcuni dei giocatori. La porta era aperta, così a
Maiti bastò annunciare la sua visita senza problema.
Riguardo
alla sua presenza senza permesso, il signor O’Bowen avrebbe
chiuso
un occhio.
«
Buongiorno, signor O’Bowen »
proclamò.
Interrotti
dalla sua
voce, tutti i presenti si voltarono verso di lei. Maiti
cercò
con gli occhi Daigh Morgan e, con sua somma gioia, lo trovò.
Ovviamente affiancato da Bairre Allen. Come al solito.
«
Buongiorno a te, Maiti »
rispose
l’uomo,
cordiale. «
Cosa ti è successo? »
Imbarazzata,
la
ragazza abbassò la testa e si guardò la macchia
marrone
che ancora non aveva finito di espandersi sulla maglia.
«
Oh, un piccolo incidente con il caffè di un altro ragazzo »
rispose, arrossendo. Tentò di sorridere per distogliere la
curiosità degli studenti che la stavano fissando. E i suoi
occhi incrociarono quelli di Daigh Morgan, che le sorrise.
«
Capisco »
rispose il signor O’Bowen.
«
Allora, suppongo tu sia qui per l’attrezzatura
della scuola… »
«
In realtà »
lo interruppe la ragazza, «
la stavo cercando per darle una notizia. E non so quanto potrebbe
piacerle ».
«
Oh, a proposito: anche io avrei una notizia per te ».
«
Signor O’Bowen »
tentò di spiegargli Maiti, che non amava illudere la gente.
«
La partita è stata spostata nel primo pomeriggio ».
«
Come? »
domandò sorpresa e perplessa la ragazza.
«
Sì »
confermò l’allenatore.
«
Per sabato sera è stato previsto il diluvio universale e ho
preferito anticipare la partita ».
«
Oh ».
Maiti non sapeva cosa dire. Una possibilità le si era
presentata davanti e ne avrebbe sicuramente approfittato.
«
Per te è un problema? Voglio dire, hai altri impegni? ».
«
No! »
si affrettò ad esclamare. «
No, assolutamente ».
«
Ma non hai l’incontro
per il giornalino,
quel giorno? ».
Maiti
lanciò
uno sguardo assassino a Brecc Stoker, che rimangiò subito
quelle parole.
«
Te l’ha detto
Cristin? »
gli domandò, austera.
«
No, me l’ha
detto Daigh ».
La
ragazza guardò
con curiosità il giovane chiamato in causa, che,
stringendosi
nelle spalle, si scusò con un: «
A me l’ha detto
Bairre ».
Lo
sguardo di Maiti
vagò per l’ennesima
volta, fino a
posarsi sul volto paonazzo di Bairre Allen, che dopo un momento
rispose:
«
Sì, è vero ».
Chinò il capo in segno di scuse.
Maiti
fu sul punto
di ribattere, ma si bloccò con un sospiro. In fondo si
sarebbe
dovuta aspettare che il ragazzo fosse informato su dei lei, dal
momento che le moriva dietro.
«
In ogni caso, la riunione è stata spostata »
mentì. «
Non si preoccupi,
signor O’Bowen, sabato pomeriggio ci sarò! ».
«
Perfetto! »
esclamò l’uomo.
« A proposito,
volevi dirmi qualcosa?
».
«
No » si
affrettò a rispondere
la ragazza. «
Niente. E riguardo
all’attrezzatura? ».
«
Purtroppo la preside mi ha vietato di farla uscire
dall’edificio
scolastico, quindi sarai obbligata a venirla a prendere sabato stesso
».
«
Bene, non è un problema. Arrivederci, signor
O’Bowen ».
Si accinse a voltarsi ed andarsene, ma il professore la
fermò.
«
Perché non prendi una delle magliette della tuta delle
cheer-leader? È da ginnastica, ma è comoda e
pulita.
Morgan ti accompagnerà ».
Maiti
avvampò.
Fissò per un momento Daigh, che ricambiava lo sguardo,
sorridente.
«
Ti dispiace, Morgan? » lo
invitò l’allenatore, allontanandosi.
«
Affatto »
rispose il ragazzo. Guardò
l’uomo uscire dalla porta e quando si fu allontanato
aggiunse,
ghignando: «
Vieni anche tu, Allen?
».
Bairre
lo fissò,
sconvolto. Balbettò qualcosa senza senso, ma non
riuscì
a trovare una buttata sferzante da rimandare all’amico.
«
Non ho bisogno di una squadra per trovare una maglietta »
intervenne Maiti. Intimò a Daigh di farle strada.
Lo
seguì
fuori dalla porta, lungo il corridoio ed infine nello spogliatoio
delle ragazze. Non era mai stata lì: le cheer-leader avevano
una stanza apposita, che non aveva niente a che vedere con gli
angusti camerini dove si cambiavano prima dell’ora di
educazione
fisica.
Le
panche non erano
sgangherate e mezze rotte e aleggiava un ottimo profumo. Vi erano
anche un paio di armadietti di latta, evidentemente contenenti le
divise delle ragazze. Maiti aveva il terrore di dover indossare una
di quelle, ma con suo sollievo Daigh estrasse dallo scaffale la
maglia di una tuta. Aveva le maniche rosse e il corpo bianco, diviso
in due da una zip.
«
Tieni » le
disse il ragazzo,
porgendole la felpa. «
Spero ti vada
bene ».
«
Mi auguro che non ci sia scritto il nome »
commentò lei, balbuziente. «
Sai, Ina e Mairsil sono due cheer-leader e io sono in classe con
loro; non vorrei avere problemi ».
Daigh
ridacchiò.
« Ma figurati. Puoi
dire che sono stato io
a dartela. Ormai… ci conosciamo, no? ».
La
ragazza chinò
il volto, visibilmente imbarazzata.
Il
giorno prima era
stato davvero disagevole: era l’unica femmina in mezzo a
cinque
maschi. Uilliam McWilson l’aveva completamente ignorata, non
gli
era andato giù il fatto che Daigh l’avesse
invitata, e
nemmeno Bran O’Friel le aveva dato confidenza. Per fortuna
conosceva bene Brecc, che l’aveva sostenuta tutto il tempo,
cercando di unirla alla conversazione, quando poteva. Poi
c’erano
Daigh e Bairre: uno l’isolava completamente dalla
chiacchierata
perché il discorso concernesse solo loro due,
l’altro
tentava di avviare un dialogo sensato prima che arrivasse il primo ad
attirare nuovamente la sua attenzione. In poche parole, si poteva
giudicare l’uscita del giorno prima come un appuntamento
imprevisto
tra Maiti e Daigh Morgan.
«
In ogni caso »
disse il ragazzo per
sciogliere la situazione di remora che si era creata, «
quella è la taglia più grande che abbiamo; per un
motivo a me ancora sconosciuto, tutte le ragazze pon-pon sono pelle e
ossa, e forse non hanno nemmeno quelle. Ma non mi sembra che tu abbia
problemi con la taglia ».
«
L’importante è non avere una maglia sporca di
caffè »
rispose Maiti, sfilandosela e rimanendo a mezze maniche.
Alzò
lo sguardo e contemplò per qualche secondo
l’espressione
perfetta di Daigh. Gli sorrise, contenta, e per la prima volta
riuscì
a farlo senza disagio.
Sì,
si disse. Ci conosciamo.
Il
professore si
sedette alla cattedra e intimò agli studenti vaganti di
prendere posto ai loro banchi.
Maiti
si accostò
velocemente a Cristin, prima che si sedette accanto al suo compagno.
Le tirò una gomitata furtiva.
«
Ho bisogno del tuo appoggio per saltare la riunione del giornalino di
sabato pomeriggio »
le disse,
supplichevole.
«
Stai scherzando »
affermò
l’amica, seria. «
È la tua
prima e unica occasione. Sèanait è la direttrice
e se
salterai la riunione non avrai altre possibilità ».
«
Il giornalino non ha bisogno delle mie illustrazioni tanto quanto io
ho bisogno dell’incarico del signor O’Bowen! ».
«
Ma se sei in punizione! »
esclamò
l’amica, irritata.
«
Credo che il Cielo abbia ascoltato le mie preghiere di supplica: la
partita è stata spostata al pomeriggio per cause di forza
maggiore ».
«
O’Bowen allora potrà parlare con il docente che si
occupa
del giornalino e… ».
«
No! »
strepitò Maiti, agitata.
« Questo
starebbe a significare che
ho un problema, e io ho detto che non ne ho. Ma quello stupido di
Allen è andato a dire che avevo la riunione; ormai non posso
più rinunciare. Ti prego! ».
«
Ne riparliamo dopo, Maiti »
disse
Cristin, sedendosi. «
La lezione sta
cominciando ».
Anche
la ragazza si
sedette al suo posto, accanto al suo vicino di banco.
Sospirò
e lanciò un’occhiata circolare alla stanza
finché la
sua attenzione non cadde con stupore e disgusto su una figura che non
avrebbe mai dovuto essere in quell’aula: Abigail.
Anche
quest’ultima
parve accorgersi della presenza indesiderata: per un momento si
squadrarono, arcigne. Nessuna delle due dava l’impressione di
volere gettare acqua sull’accaduto di pochi minuti prima.
Né
tanto meno avrebbero distolto lo sguardo: sarebbe stato uno sciocco
gesto, che indicava che la bandiera bianca era stata issata.
Fu
il professore a
interrompere la scarica elettrica che sprigionava dalle due,
interpellando la nuova arrivata.
«
Ah, signorina Braight » disse,
entusiasta. «
Mi avevano avvisato che
oggi sarebbe arrivata ».
«
Infatti mi chiedo come avrebbero potuto non avere avvisato qualcuno »
ribatté lei, sostenuta. Aveva tutta l’aria di
voler dire che
dalla frase pronunciata dal professore la sua presenza lì
non
fosse del tutto scontata .
Tutti
si voltarono a
guardarla, stupiti e contrariati.
«
Vieni Braight »
ingiunse il
professore. «
Mi piacerebbe che ti
presentassi ai tuoi nuovi compagni. Naturalmente chiameremo a
raccolta anche le rappresentanti di classe, che saranno incaricate di
agevolarti il più possibile, mostrandoti il programma svolto
fino ad adesso e cercando di includerti, dove possibile, nelle
attività che prediligi ».
Maiti
guardò
Cristin tentare di nascondersi dallo sguardo del professore, che la
invitava a recarsi accanto ad Abigail.
A
Cristin era
toccata la sfortuna di essere stata eletta rappresentante accanto a
Mona, che ora si stava già alzando, raggiante, per
raggiungere
Abigail. Si sentiva onorata di poter “servire” una
tale “icona”.
Alla
fine,
riluttante, si alzò anche l’altra ragazza ed
assieme
raggiunsero la nuova compagna.
«
Ciao, tu sei Abigail, vero? » esclamò
euforica Mona. Pensava che amicarsi quelle come lei l’avrebbe
elevata al successo, ma, con suo enorme disappunto, la ragazza la
guardò come se le avesse fatto la domanda più
sciocca
del mondo e poi attese altri commenti più sensati.
«
Ti faremo recapitare a breve il programma di ogni singola materia »
intervenne Cristin, professionale. «
E il calendario delle interrogazioni future. Ti farò avere
anche il materiale su cui abbiamo lavorato fino ad adesso e ti
mostrerò tutte le circolari che illustrano le iniziative
proposte dalla scuola ».
Mona
la squadrò
in cagnesco. Era stizzita per non essere riuscita a parlare in quel
modo ad Abigail.
«
Hai altre domande da fare? » le
domandò allora, cercando di adottare lo stesso tono
cattedratico che aveva utilizzato prima la sua compagna.
«
Sì »
affermò la nuova
ragazza. « Voi
due siete le
rappresentanti definitive? ».
Le
due compagne
rimasero interdette, senza sapere cosa rispondere.
«
Bé, sì » disse Cristin.
«
Però c’è ancora
tempo per candidarsi membro del comitato studentesco, se ti interessa
la politica scolastica ».
«
Io mi candiderò presidente »
dichiarò Abigail.
«
Bene, sono contento delle tue ambizioni scolastiche »
convenne il professore. «
Sono sicuro
che sarai una studentessa modello ».
«
Lo faccio solo per rendere la scuola più accessibile a mio
fratello, non creda ».
«
Ma le decisioni sono prese di comunque accordo assieme agli altri
membri » si
azzardò a
contraddirla Cristin.
«
Non fa niente »
tagliò corto
lei.
«
Hai già conosciuto qualcuno? »
intervenne il professore.
«
Sì, certo »
rispose Abigail. «
Quella ragazza laggiù ».
Con
suo sommo
orrore, Maiti constatò che stava indicando proprio lei. La
pelle le si accapponò e un brivido le corse lungo la
schiena.
Abigail aveva appena affermato di conoscerla.
«
Allora ti affiancherò a lei per un concorso di disegno che
la
scuola ha indetto. Sai disegnare? ».
«
Ma professore »
intervenne Maiti,
disperata. «
Sono già in
coppia e io e il mio compagno abbiamo già pianificato tutto.
Non può dividerci proprio adesso ».
«
Vorrà dire che sarete in tre »
decise.
«
Ma… ».
«
Niente ma. Cosa ne pensi, Braight? ».
«
Oh, sarà perfetto » esclamò.
« Mi piace
colorare ».
«
Colorare ».
«
Consolati, ci sono cose peggiori ».
Maiti
lasciò
andare la testa contro il muro e aspettò che Mairtin le
esponesse i suoi problemi. La rabbia per la figuraccia che le aveva
fatto fare le era già passata. Aveva cose peggiori a cui
pensare. Come ad esempio i suoi perfetti fumetti in bianco e nero che
Abigail si era riproposta di colorare. Magari a pennarello.
«
Non ti disperare se Abigail è un’allocca. Meglio
un’insopportabile stupida che un insoffribile serio. Credimi ».
«
Cosa vuoi dire, Mairtin? »
domandò
la ragazza, sconsolata.
«
Indovina ».
Maiti
lo ignorò.
Non gli interessavano i suoi sproloqui in quel momento; aveva diverse
cose a cui badare: identificare Bairre e fare in modo che non si
avvicinasse. Individuare Daigh e far sì che nemmeno lui si
avvicinasse. Focalizzare Sèanait e non farla insospettire
del
suo comportamento. Non voleva essere la prossima vittima.
Poi,
mentre vagava
con la mente attraverso i suoi propositi, ricordò lo scontro
con il caffè avvenuto tre ore prima davanti alla classe di
Mairtin e associò il tutto alla sua affermazione. Allora
sgranò gli occhi e fissò a bocca spalancata il
suo
migliore amico.
«
Sei in classe con Chris Braight? »
chiese, strepitando.
«
Se era un: “wow, sei in classe con Chris Braight?”,
no ».
«
No, era più che altro un “per carità
del cielo” ».
«
Allora sì ».
Si interruppe,
ridendo. « Mi
dispiace di essermi
perso la tua scena col caffè ».
«
Fidati, non ti sarebbe piaciuto assistere »
lo ammonì la ragazza, scocciata. «
Fra me, Chris e Abigail tu saresti stata la goccia che avrebbe fatto
traboccare il vaso ».
«
Perché? »
domandò
imbronciato Mairtin.
Maiti
rise. Lo
guardò intensamente negli occhi e si staccò dal
muro,
tirandogli un buffetto. Voleva davvero troppo bene a quel ragazzo.
«
Perché ti conosco, Mairtin »
rispose, stiracchiandosi.
L’amico
stava per
ribattere quando dalla classe uscì Sèanait,
infervorata. Dimenticò le parole che stava per pronunciare e
tentò di salutarla, ma lei lo stroncò sul
nascere,
rispondendo ancora prima che parlasse.
«
Ciao Mairtin »
disse brusca. «
Sì, sono molto arrabbiata »
aggiunse poi, quando intuì che Maiti stava per fare un
commento. «
Quindi non me lo chiedere
».
«
Wow, cos’è successo? »
chiese piatta l’altra ragazza, poco interessata.
«
Se non ti importa saperlo non me lo domandare »
chiosò Sèanait, scorbutica.
«
Che cosa sei venuta qui a fare? »
l’apostrofò Maiti, arrecandosi
un’occhiataccia da Mairtin.
«
Visto che ho delle amiche troppo inette per rimproverare chicchessia,
devo essere io a chiederti per quale motivo indossi una tuta delle
ragazze, nonostante io non sia una di loro! ».
Maiti
era perplessa.
Per quanto non apprezzasse Sèanait, non l’aveva
mai vista
così aggressiva nei confronti delle sue amiche.
«
Perché ce l’hai così tanto con Ina e
Mairsil? »
si arrischiò a domandare.
«
Tu pensa a rispondermi! ».
Maiti
era così
confusa dall’insolito atteggiamento della compagna di classe,
che
non si rese nemmeno conto della risposta che le diede.
«
Me l’ha data Daigh ».
Per
un momento calò
il silenzio. Sèanait fissò Maiti negli occhi,
troppo
spiazzata dalla sua risposta per dire qualche cosa.
Ci
pensò
Mairtin a dare spiegazioni.
«
Stamattina Maiti ha avuto un incidente con il caffè e il
signor O’Bowen, dopo averla vista, ha suggerito a Morgan di
darle
una maglia pulita ».
«
È così? » indagò
Sèanait, poco convinta.
«
Sì »
ribadì Mairtin. «
Tanto ormai loro due si co… Oggi è proprio una
brutta
giornata, ma una bella cioccolata può tirare su
l’umore.
Vieni, te ne offro una, ti va? ».
La
ragazza sospirò
e poi acconsentì. Si allontanò assieme al
giovane, che
guardò Maiti con aria truce, promettendole lo stesso calcio
negli stinchi che lei gli aveva rifilato.
L’amica
gli
sorrise. L’aveva bloccato in tempo prima che rivelasse a
Sèanait
che aveva conosciuto Daigh il giorno prima. Ogni volta che cercava di
aiutarla finiva sempre con il metterla nei casini il doppio.
____________________________________________
Questo è sicuramente il ritardo più mastodontico che si ricordi nella storia del mio account (non è vero, una volta ho impiegato tipo otto mesi per postare l'ultimo capitolo di una storia XD). Mi scuso, ora non ho più nemmeno la scusa dei compiti a mio favore.
Per riscattarmi, posterò il settimo il più presto che posso.
Ringrazio:
kinderbuena89: un grazie speciale a te che mi sei sempre d'aiuto per qualsiasi evenienza <3. Grazie, grazie grazie!
ale_9030: per persistere nel leggere questa storia. Un complimento non è mai scontato *.*
DarkViolet92: per avere aggiunto la storia ai preferiti e per avere recensito^^. |
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Capitolo 7 *** Sabato ***
7.
SABATO
È
risaputo
che per almeno il sessanta percento degli studenti il lunedì
è
il giorno più pesante della settimana e il sabato, invece,
il
più atteso.
Per
Chris Braight
non era così. Quando il sabato sopraggiungeva un senso di
pressione si impossessava di lui e non vedeva l’ora che
arrivasse
il lunedì.
A
Wexford era
notoria la maniacale passione di Chris per la scuola, ma non era di
certo per quello che non amava il week-end. Ciò che temeva
era
suo padre.
Ora
sedeva a tavola,
composto. Sua sorella era di fronte a lui che stava gustando il
dessert a piccoli bocconi, lamentando che era troppo buono e che
avrebbe rischiato di mangiarlo tutto.
Chris,
invece, era
fermo ancora alla minestra e la stava assaggiando a fatica. Guardava
con invidia i commensali che stavano già finendo di mangiare
assieme e maledì suo padre per non essere ancora arrivato.
Per
un po’ era riuscito a trattenersi, ma quando aveva visto che
il
secondo era già stato servito a tutti quanti aveva capito
che
il suo desiderio iniziava a trasformarsi in illusione.
«
Avanti, Chris, non rovinarti il pranzo in questo modo »
cantilenò Abigail, assaggiando un ultima briciola del suo
dolce lasciato a metà. « Stai
solamente facendo la figura del capriccioso ».
«
E tu stai facendo la figura della complessata con il cibo »
ribatté secco il fratello, senza battere ciglio.
La
ragazza sbuffò,
irritata. Incrociò le posate in mezzo al piatto e si
alzò,
sistemandosi il vestito.
«
Bé, tu fai come ti pare »
disse, prendendo la sua borsetta e assestandosela sulla spalla, come
se si stesse preparando per uscire. «
Io torno in camera ».
Chris
posò il
cucchiaio con classe e incrociò le braccia con accurata
eleganza.
«
Te ne vai? »
rincarò, stupito
e contrariato. «
Che gesto scortese.
Dovremmo aspettare papà e alzarci assieme a lui ».
«
Smettila, Chris »
ribatté sua
sorella. « Lo
sai bene che tutto ciò
è solo falsità ».
«
Lo dici proprio tu »
si arrabbiò
il ragazzo, «
che pensi all’immagine
più di ogni altra cosa ».
«
Io penso alla mia immagine. Non a quella della mia
famiglia ».
Detto
questo alzò
i tacchi e se ne andò. Era irritante il fatto di riuscire ad
avanzare una conversazione con suo fratello solo quando discutevano.
Chris
la guardò
con astio mentre si allontanava. Come poteva difendere il padre
nonostante tutto?
«
Famiglia »
borbottò tra sé.
« Ma se non ne
conosci nemmeno il
significato ».
Scocciato
allontanò
il piatto e chiamò il cameriere. Questi lo raggiunse,
mostrandogli un sorriso caldo, che il ragazzo ricambiò.
«
Desidera che le porti via il piatto, signore? »
domandò.
Chris
annuì e
mentre l’uomo caricava la sua minestra e il dolce di Abigail
sul
carrello chiese:
«
Mio padre non ha fatto sapere niente? ».
«
Il signor Braight ha avvisato il primo giorno che per via del suo
lavoro avrebbe potuto ritardare sia a pranzo che a cena quasi ogni
giorno, quindi ci siamo messi a sua disposizione per tenere la sala
aperta fino al suo arrivo. Guardi, ora sta arrivando ».
Chris
alzò
gli occhi fino a raggiungere il punto indicato dal cameriere. Suo
padre era appena entrato nella sala da pranzo, riponendo il cellulare
nella tasca e raggiungendolo.
Il
servitore gli
domandò se doveva portargli il primo e lui rispose che gli
fosse servito direttamente il secondo.
Quando
si fu
allontanato, il figlio lo guardò con espressione ponderata.
«
Avvisi l’hotel che puoi essere in ritardo ogni giorno e non
pensi
di avvertire i tuoi figli? ».
Benjamin
si riempì
il bicchiere con l’acqua e ne bevve un sorso.
«
Avvisare l’albergo è un dovere »
rispose, aspettando che arrivasse la portata.
«
Occuparti di noi invece è un’optional »
ribatté il ragazzo con misura.
«
Io mi occupo di voi, Christopher ».
Il
cameriere tornò
con due piatti in mano. Li posò davanti ai due convitati e
si
allontanò con un cenno della testa.
Chris
prese
forchetta e coltello e iniziò ad affettare la carne con
stile,
riducendola a piccoli bocconi e masticando lentamente ogni singolo
pezzo.
«
Hai fatto la battuta del secolo? »
domandò sarcastico, quando ebbe ingoiato il primo morso.
«
Chris, per cortesia, non darmi lezioni su come crescere i miei figli
»
obiettò Benjamin, tagliando
la bistecca più rozzamente e mangiandola con foga.
«
Io sono tuo figlio, papà! »
replicò Chris, ostentando tuttavia ad una calma innaturale. «
E ti sto dicendo come vorrei che tu mi avessi cresciuto ».
«
Io non sono tua madre »
sbottò
secco l’uomo, bevendo un’altra sorsata
d’acqua.
«
Stiamo parlando di me o stiamo parlando di lei? ».
Benjamin
fissò
gli occhi verde intenso del ragazzo e per un momento ci si
specchiò
dentro. Poi abbassò la testa e continuò a
mangiare.
«
Papà »
continuò Chris,
severo. « Hai
voluto un’altra
possibilità e io te l’ho concessa. Hai fallito,
per me non
c’era altro da aggiungere. Invece mi hai obbligato a dartene
un’altra, e qual è il risultato? ».
«
Io non ti ho obbligato proprio a far niente! ».
«
Ah no? »
obiettò il ragazzo. «
Io sono qui in Irlanda di mia spontanea volontà? ».
«
È stata una decisione che io e Sharon siamo stati costretti
a
prendere »
dichiarò Benjamin,
sull’orlo del collasso.
«
Non chiamare in causa la mamma, adesso. Il problema sono io,
papà:
tu vorresti che fossi diverso, ma allora avresti dovuto crescermi tu
fin da piccolo, e non allontanarti ogni piè sospinto per
girare chissà quale film sconosciuto! ».
«
Chris, io ti ho cresciuto come meglio ho potuto »
contestò Benjamin.
«
È chiaro che allora non sei capace di fare il padre ».
Posò le posate, si asciugò la bocca con un
tovagliolo,
riponendolo con cura accanto al piatto, e si alzò dalla
sedia.
« Io non ho
più fame »
dichiarò, allontanandosi.
«
Chris, aspetta »
lo chiamò il
padre. « E
adesso dove vai? »
«
A scuola »
rispose secco il ragazzo.
«
Di sabato pomeriggio? ».
«
C’è una partita di rugby a cui voglio assistere.
Ci vediamo
questa sera ».
E, andandosene,
estrasse il cellulare e chiamò la madre.
Infine
quel sabato
Maiti si trovava a scuola, con l’attrezzatura che il signor
O’Bowen
le aveva dato in comodato d’uso, pronta a filmare la partita.
Era
agitatissima.
Non le era mai capitata una cosa del genere. Brecc Stoker ora si
trovava con lei che l’aiutava a montarla, cosicché
sarebbe
già stata pronta per quando il match fosse iniziato.
«
Come hai fatto a saltare l’incontro con il giornalino? »
le domandò Brecc, avvitando una vite.
«
Cristin mi ha dato una mano » rispose
Maiti. « Non so
cosa abbia detto a
Sèanait, ma va bene così. Quando si ha a che fare
con
lei meno si sa meglio è ».
«
Spero solo che non ti scopra »
commentò il ragazzo, ridacchiando.
«
E io spero che la tua ragazza abbia inventato una scusa plausibile
che spieghi la mia presenza qui, altrimenti Sèanait non
taglierà la testa solo a me, ma anche a lei ».
Maiti
sorrise e
volse la testa verso Brecc, sicura che la sua battuta facesse
sorridere anche lui. Con disappunto notò invece che stava
finendo di avvitare tutte le manopole della videocamera con
un’espressione quanto mai strana.
«
Brecc » disse,
seria. «
Qualcosa non va? ».
Lui
sospirò e
lasciò il suo lavoro in sospeso per un attimo.
Guardò
Maiti e la sua espressione lieta, e per un momento si sentì
in
colpa per averle fatto intendere che c’era qualcosa che
doveva
sapere. Poi riprese i suoi lavori, come se avessero reso più
semplice ciò che doveva dire, e iniziò a parlare.
«
Vedi, stamattina, mentre ero con Bairre, è arrivata
Sèanait
a tutta birra ».
«
Bairre ha detto qualcosa che non doveva dire? ».
«
No, no, affatto… ».
«
Sèanait voleva sapere se era vero che pochi giorni fa il
signor O’Bowen aveva detto a Daigh di darmi una maglia? ».
«
Maiti » la
interruppe Brecc. «
Perché non mi lasci parlare? ».
«
Hai ragione. Scusa ».
«
Sèanait è particolarmente suscettibile in questo
periodo e… bé, ciliegina sulla torta, girano voci
secondo le
quali Daigh avrebbe messo gli occhi su un’altra ragazza ».
Maiti
sussultò.
Stava impedendo ad un sorriso di allargarsi sulle sue labbra. In quel
momento non le interessava che l’ira di Sèanait le
si stesse
per abbattere contro; aveva occhi e orecchie solo per Daigh Morgan.
«
Il punto è che Sèanait è convinta che
sia tu ».
Le parole di Brecc la riportarono bruscamente alla realtà.
«
Cosa vuol dire il punto? »
domandò, irritata. Stava forse dubitando? C’era
anche lui il
pomeriggio di tre giorni prima.
«
Significa che Daigh ha effettivamente messo gli occhi su un’altra
ragazza ».
Sottolineò con
accortezza la parola “un’altra”.
Lì
per lì
Maiti lo guardò senza intendere. Ma poi capì e le
speranze le si frantumarono nel cuore.
«
Oh » rispose.
Stava per aggiungere
altro, ma non se la sentì. Abbassò la testa e
continuò
con il suo lavoro.
«
Maiti… ».
«
Ascolta, Brecc, io sapevo perfettamente di non avere speranze con
Daigh; il punto è che da quando ci siamo conosciuti, dal
modo
in cui si comportava con me… insomma, sembrava quasi che gli
interessassi ».
«
Non fraintendermi, Maiti »
si
affrettò a spiegare il ragazzo, fissando la telecamera sul
cavalletto. «
Non ho detto che tu non
gli interessi… ».
«
Frena » lo
bloccò l’amica. «
Brecc, Daigh è fidanzato con Sèanait, ha messo
gli
occhi su un’altra ragazza ed è interessato a me.
No, la cosa
è assurda. Nessun ragazzo è così ».
«
Daigh lo è invece » il tono di
Brecc non ammetteva repliche.
Maiti
lo fissò
per un attimo, indecisa se credere che la cosa fosse attendibile o
meno. Poi iniziò a ridere istericamente.
«
Maiti, Daigh è fatto così: è
interessato alle
belle ragazze e tu sei una bella ragazza ».
«
Ti prego, non infierire adesso »
tagliò corto la ragazza, armeggiando bruscamente con il
trespolo. «
Io non sono
proprio all’altezza di Sèanait o di quelle come
lei ».
«
Forse non sei il tipo di ragazza che si distingue tra la massa di
studenti ordinari, ma non ci hai messo molto a farti notare quando
hai spudoratamente attirato la sua attenzione pochi giorni fa alla
finestra ».
Maiti
arrossì
violentemente e conficcò i piedini del treppiede nel
terreno,
squarciando la poca erba secca che rimaneva.
«
Stavo salutando Bairre »
ribatté, balbuziente.
«
Pensavo che non facessi altro che evitarlo, in realtà ».
«
Tu non hai una partita tra quaranta minuti? Perché sei
ancora
qui e non in palestra ad allenarti con i tuoi compagni? ».
Brecc
sospirò.
Estrasse il cavalletto e lo sistemo meglio, senza immobilizzarlo
completamente.
«
Oggi gioco come riserva » la
informò; poi le fece l’occhiolino e corse verso
l’edificio
scolastico.
_______________________________________
Eccomi con il nuovo capitolo ^^. Spero di non avervi fatto attendere troppo.
Grazie mille a DarkViolet92 per avere recensito *w* e a CuddleAddict per avere aggiunto la storie alle seguite :). Come ho fatto con tutte le altre, ti invito a lasciarmi un commentino *.*
A presto! |
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Capitolo 8 *** La partita ***
8.
LA PARTITA
I
giocatori della
squadra di rugby entrarono in campo alle due e mezza in punto. I
primi furono i giocatori in casa, quelli della scuola. Arrivarono
esultanti nelle loro divise verdi, urlando e salutando il pubblico.
La maggior parte degli spettatori li acclamò alzandosi in
piedi e urlando frasi di augurio.
Maiti,
seduta sulla
panca più bassa, davanti alla telecamera, filmava e fissava
tutti quei momenti sulla pellicola. Era sicura che il signor
O’Bowen
sarebbe stato contentissimo del suo lavoro.
Mentre
riprendeva
l’altra squadra che, vestita di rosso, faceva la sua entrata,
con
gli occhi cercò Daigh Morgan. Lo trovò schierato
in
fila tra Bran O’Friel e Bairre Allen. Si stupì di
come quei
due potessero essere sempre assieme, persino alle partite di rugby.
Che
assurdità,
pensò tra sé e sé.
Non
se ne intendeva
molto di sport, ma se ne intendeva abbastanza di riprese,
così,
una volta assegnata la palla alla squadra dei rossi, zumò
l’inquadratura sul volto teso del capitano. Quando
l’arbitro
suonò il fischietto, schiacciò un bottone e il
campo
tornò alla grandezza naturale, senza rimpicciolirsi
gradualmente, ma scattando direttamente da un campo all’altro.
Wow,
pensò. Quest’attrezzatura
è davvero
fantastica.
La
partita prese
così avvio, fra urla ed acclamazioni. Maiti seguiva tutte le
mosse di chi aveva la palla in mano. Si sentiva un re sul trono con
quella telecamera.
Quando
i verdi si
impossessarono del pallone ci fu un boato di felicità. La
ragazza non aveva mai assistito ad una partita di rugby della scuola,
prima, ma un chiasso del genere le sembrava inappropriato per una
partita di così basso livello. Tuttavia non si scompose e
continuò a filmare le scene. Ora Daigh Morgan aveva la palla
in mano e correva verso la porta a forma di ‘H’.
Quando fu
raggiunto dal nugolo di avversari, tentò di lanciare il
pallone a Bran O’Friel, ma un rosso fu più lesto e
l’afferrò
prima. Allora fu assalito dai ragazzi della scuola, che si
avventarono con forza su di lui. Dalla catasta ne uscì
Bairre
vincitore. Maiti si sbrigò e zumò
l’obiettivo fino a
che l’immagine del ragazzo non occupò
l’intero campo
visivo. Da così vicino Maiti lo poteva vedere bene: aveva
un’espressione talmente sicura che a momenti stentava a
riconoscerlo. Staccò gli occhi dallo schermo e lo
guardò
dal vivo per un attimo. Il numero 16 stampato in bianco sulla divisa
verde faceva risaltare i suoi capelli biondo scuro, che ora
ricadevano gli spettinati sul volto serio.
Maiti
rimase per un
secondo incantata da quella figura così decisa e sciolta.
Sembrava Daigh Morgan.
Bairre
si guardò
in giro e, approfittando di quel momento in cui gli avversari si
stavano rialzando da terra, iniziò a correre con
velocità
verso l’area nemica.
Un
ragazzo seduto
accanto a Maiti si sporse in avanti, eccitato, e la colpì
per
sbaglio con un gomito. Lei sussultò e si rese conto di avere
abbandonato la telecamera. Allora, agitata, afferrò una
manopola e la girò velocemente verso il giocatore.
Diminuì
il campo e diede spazio anche agli altri.
Presto
i rossi
iniziarono a correre nella direzione di Bairre. Erano così
veloci che lo raggiunsero, ma lui riuscì a lanciarsi per
terra
e a realizzare la prima meta.
Ci
fu un scoppio di
urla concitate da parte di tutti gli studenti della scuola e
borbottii di delusione emessi da quelli che invece erano lì
per assistere ai rossi.
Sul
tabellone
comparirono cinque punti. Bairre si alzò, raggiunto dai suoi
compagni di squadra, che si congratularono con lui, battendogli una
mano sulla schiena. Portando in primo piano l’obiettivo,
Maiti notò
con disappunto che Daigh fu l’unico ad essere un
po’ turbato da
quella cosa.
Un
arbitrò
entrò in campo e infilò una piazzola nel terreno,
appoggiandoci sopra lo sferoide prolato. Un giocatore scelto, che
Maiti riconobbe come Fia Doyle - uno dei tanti privilegiati amici di
Daigh -, si preparò a calciare. La ragazza si
affrettò
ad inquadrare solo lui. C’era tensione e nessuno fiatava.
Doyle
guardò con intensità la porta e chiuse gli occhi.
Li
riaprì di scatto e con un respiro profondo calciò
la
palla, che volò lungo tutta l’area avversaria e
centrò
in pieno i tre pali bianchi a forma di ‘H’.
Altri
due punti
andarono ad aggiungersi al punteggio totale, costituendo un sette a
zero per i verdi.
Ancora
urla di
felicità e la partita continuò. Era piuttosto
movimentata e turbolenta e Maiti continuava a passare
l’obiettivo
da un giocatore all’altro, a seconda di chi aveva la palla.
Era
talmente
concentrata che la pelle le si accapponò quando qualcuno le
alitò sul collo. La prima cosa che pensò fu
“Sèanait”.
Ma poi vide un ragazzo farsi spazio tra gli spettatori esagitati e
sedersi accanto a lei. Se non avesse saputo che Bairre Allen era in
campo avrebbe creduto che fosse lui.
Pur
essendo curiosa,
non lo guardò; non poteva distrarsi dalla cinepresa . Fu lui
a
parlare.
«
Ho visto come facevi le riprese. Te la cavi, senza dubbio, ma
continui a focalizzare l’attenzione su chi ha la palla in
quel
momento ».
«
Ovvio, no? ».
Maiti
voltò
leggermente la testa per vedere chi era lo scocciatore, ma la sua
vista la lasciò a bocca aperta: Chris Braight, il maniaco
del
caffè. Per poco non buttò a terra
l’attrezzatura.
«
Hai anche da ridire sulle mie qualità cinematografiche? »
sbottò, scocciata. « Non ti è
bastato tingermi la maglia di caffè? »
«
Non esagerare; sarai pure bravina a filmare, ma non hai di certo i
prerequisiti tecnici per poterti definire una professionista ».
«
E, a meno che tu non lo sia, non darmi consigli su come fare.
L’incarico è stato dato a me ».
Voleva
far capire a
Chris che non era il caso di aggiungere altro, ma ancora non sapeva
che il ragazzo non demordeva facilmente.
«
Mio padre è regista »
proseguì, infatti. « E
» aggiunse
seccamente, sovrastando il
“lo so” di Maiti, « le uniche
conoscenze che mi ha trasmesso in tutta la mia infanzia sono state
lezioni teoriche sulle riprese ».
Poco
importava,
pensò, se ero l’oggetto dei
divertimenti dei bulli
di quinta elementare. A lui stava a cuore solo che suo figlio di
sette anni sapesse come girare un buon film.
La
ragazza scrollò
le spalle e tornò a fissare lo schermo. La palla era finita
un’altra volta nelle mani di Bairre e di nuovo Maiti si
ritrovò
a fissare due occhi color nocciola che non aveva mai notato prima. Si
sentì pervadere da uno strano brivido e in quel momento
decise
di accettare i consigli di Chris.
Il
gioco procedeva a
favore dei rossi, soprattutto grazie a Bairre, che stava per
realizzare nuovamente una meta; c’era quasi, ma
inaspettatamente
Daigh Morgan gli si buttò addosso e lo fece cadere per
terra.
L’arbitro fischiò e, mostrando il cartellino
giallo, intimò
al giocatore di non azzardarsi mai più a fare una cosa del
genere.
Mentre
Daigh e
Bairre discutevano sul perché di un’azione
così
avventata, Chris incalzò ancora Maiti.
«
Questo, invece, è uno di quei classici momenti in cui
dovresti
inquadrare solo loro due, o comunque… ».
«
Senti » eruppe
Maiti. «
Per caso qualcuno ti ha chiesto di dispensarmi lezioni
cinematografiche? ».
«
Sì, il mio senno di poi »
rispose Chris, apparentemente calmo. «
Se fossi in colui che dovrà visionare quel filmato mi
verrebbe
già la nausea ».
La
ragazza non
resse. Abbandonò le riprese e guardò il giovane
con
espressione arcigna.
«
Il tuo senno di poi te lo puoi mettere dove preferisci! »
tempestò, fuori di sé.
Chris
sussultò.
«
Nessuno ti ha mai insegnato a non essere volgare? »
la riprese, imperturbabile.
«
E a te non ha mai detto nessuno che sei odiosamente perfettino,
calmo, flemmatico e insolente? ».
«
Fa parte del mio modo di essere »
dichiarò, pacato. « Ma non del
tuo, quindi non mi arrabbierò per quello che mi hai appena
detto ».
«
Ma che novità »
borbottò
Maiti, scocciata.
Un
rumore assordante
provenne dalla parte opposta del campo e la fece sobbalzare. Si
voltò
a guardare il tabellone, che segnava la vittoria della squadra della
scuola; i giocatori in campo non correvano più e si stavano
dirigendo verso i bordi.
«
Che cos’è successo? »
domandò, con il cuore in gola.
«
La partita è finita ».
«
Ma hanno giocato solo il primo tempo! ».
«
Non ti sei accorta che sta per piovere? ».
«
Cosa mi importa della pioggia! »
squittì, spegnendo la telecamera. «
Ho rovinato il video! Non ho filmato la fine! ».
«
Avrai un’altra occasione » la
incoraggiò. «
La prima volta
è disastrosa per tutti ». Si
alzò dalla panca e le tese una mano. «
Non presentarsi è da maleducati: io sono Chris ».
«
Dai? Non l’avevo capito » ribatté
secca Maiti, stringendo la palma dell’altro di malavoglia. «
Io sono Maiti ».
«
Ora so a chi devo chiedere un caffè, Matt ».
«
Maiti » lo
corresse burberamente. «
M- e - t - t - i ».
«
Ehy, Maiti! ».
Qualcuno la chiamò.
Bairre
Allen.
Questa
volta non
provò noia al pensiero. Lo stesso brivido che
l’aveva
percorsa pochi minuti prima tornò, solo che questa volta fu
più intenso. Si voltò verso di lui.
Ma
che cavolo mi
è preso?
«
Bairre. Ehy, che cos’è successo prima con Daigh? ».
«
Oh, niente ».
Si strinse nelle
spalle. «
Maiti, voglio spiegarti il
malinteso di giovedì, nello spogliatoio ».
«
Quale malinteso? ».
O
Bairre aveva
esaurito tutte le idee per mettersi a parlare con lei, o lei aveva
totalmente rimosso cosa era successo nello spogliatoio il giorno in
cui era andata a parlare con il signor O’Bowen.
«
In realtà mi chiedevo se ti va di parlarne più
tardi,
facendo due passi ».
Bairre
la prese in
contropiede. Non le stava chiedendo di uscire, ma il senso era
quello. Se avesse accettato lui avrebbe preso false speranze; ma se
avesse rifiutato sarebbe sembrata scortese.
«
Ti offro da bere »
propose il
ragazzo. « O
una cioccolata calda ».
«
In realtà dovrei andare subito a casa »
rifiutò Maiti. «
Devo passare
a prendere mio fratello a scuola e mia madre si arrabbierebbe molto
se non lo facessi neanche stavolta. Però se ti va mi puoi
accompagnare fino alla scuola di mio fratello. Non è molto
distante e se ci sbrighiamo non prendiamo l’acqua ».
«
Affare fatto. Ci vediamo fra venti minuti davanti
all’ingresso,
okay? ».
E
le sorrise,
allontanandosi.
Maiti
lanciò un’occhiata a Daigh Morgan, chiedendosi che
cosa
avrebbe pensato se avesse visto lei e Bairre avviarsi assieme. E nel
frattempo aveva appena accettato di stare in sua compagnia.
___________________________________________________
Ho una scusa questa volta T_T : ho a malapena il tempo per respirare, lo giuro; devo dare lezioni di inglese tre volte alla settimana a due persone diverse, ho lezioni di piano ogni lunedì e di conseguenza devo studiare quando ho tempo. Mi fermo a dormire da una mia amica ogni volta che le do lezioni d'inglese (ormai sono di casa XD). Quindi sono giustificata Y_Y . Come dice saggiamanete Gaia: l'importante è aggiornare. XD
Passiamo ai fatti: come vedete ho cambiato la grandezza del carattere. Il Times New Roman 14 mi aveva stufata >_>
Dunque, quando il numero dei seguiti inizia a superare le soglia dei sei faccio una gran confusione, quindi spero che mi capiate se cito dei doppi o se non cito qualcuno. In sostanza: alice_95, Elienne, Lunitari e miki rossi, un inchino a voi *_* e (ormai sto diventando monotona) uno sprone a rendermi partecipe della vostra opinione *occhioni dolci*
A parte, invito tutti quanti a farmi notare ogni volta che pensate ci sia un errore, un'incongruenza o una pecca ^^ mi fanno sempre piacere.
DarkViolet92: temo che questa volta il tuo finalmente sia ancora più finalmente xD e mi scuso umilmente T_T . Sempre grazie mille per i complimenti!
CuddleAddict: XD capita di sbagliare, dopo tutta la giornata che hai avuto! Mi fa molto piacere che ti piaccia la mia storia e no, non sei strana nell'adorare Chris. Certamente non la pensano allo stesso modo i personaggi, soprattutto se ci devono convivere xD, ma che importa, sono solo personaggi, no? |
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Capitolo 9 *** Chiacchierate ***
9.
CHIACCHIERATE
I
venti minuti in
cui Maiti aspettò Bairre non furono trascorsi in solitudine.
La prima persona che incontrò sulla sua strada fu Daigh
Morgan, che la raggiunse non appena l’altro ragazzo se ne fu
andato.
Il
cuore fece una
capriola nel vederlo arrivare.
«
Ciao Daigh »
balbettò,
arrossendo come suo solito.
Il
giovane sorrise
nel vederla così timida. Non gli era mai capitato di
conoscere
adolescenti così esitanti e la cosa lo intrigava sempre di
più. Sentiva il bisogno di provare ogni volta
un’esperienza
diversa e Maiti era quella giusta.
La
ragazza
interpretò quel sorriso come una beffa. Pensò che
il
suo modo di essere fosse divertente per gli altri e si sentì
a
disagio.
Cerca
di essere
più sicura di te, si
disse.
«
Ottima performance quella di prima »
affermò, strizzando l’occhio.
Questa
volta fu
Daigh Morgan a diventare paonazzo.
«
Oh, sì »
disse, imbarazzato. «
Ho preso male le misure. Cercavo di atterrare un avversario che stava
placcando Bairre, ma ho buttato a terra Bairre stesso ».
«
Non che me ne intenda molto di sport »
commentò Maiti, « ma credevo
che bloccare un avversario che non ha in mano la palla fosse fallo ».
«
Infatti ». Era
sempre più
disagio, ma riusciva a cavarsela ugualmente. «
Avevo previsto che il tizio avrebbe ottenuto la palla; evidentemente
mi sbagliavo ».
Maiti
sorrise. Non
riusciva ancora a credere che Daigh Morgan fosse interessato a lei.
Doveva riuscire rendersi bene conto della cosa.
«
Allora, prima ho visto che parlavi con Bairre. Ha sondato il terreno,
eh? Inizia già ad essere fastidioso come la fame? ».
La
ragazza rimase
stupita di quella frase. Pensava che Daigh e Bairre fossero migliori
amici; lo scrutò attentamente, cercando di capire se
c’erano
dei problemi tra di loro, ma non captò nessun segnale
dall’allarme.
«
Fastidioso? »
ripeté allora,
curiosa.
Daigh
rise,
posandole una mano sulla spalla. Maiti per un momento rimase senza
fiato. Daigh Morgan ha passato una mano sulla spalla a
me!
«
Bairre piace alle ragazze solo perché è un bel
fusto;
ci escono per essere popolari, ma a nessuna piace veramente ».
«
La trovo una cosa assurda! » ribatté
lei, contrariata. «
Come puoi uscire
con un ragazzo solo per popolarità? ».
«
Presto lo capirai ».
Le
assestò un
buffetto affettuoso e si allontanò. Maiti restò a
fissarlo incantata. Sembrava che il suo sogno si stesse per avverare.
Purtroppo
quel
momento di gioia non durò molto: da lontano vide avvicinarsi
Sèanait, furiosa. Valutò l’opzione di
darsela a gambe
prima che fosse troppo tardi, ma ormai l’altra
l’aveva notata.
Deglutì e aspettò che l’ora
dell’apocalisse
arrivasse.
«
Oh, Sèanait »
proruppe,
cercando di alleviare la cosa. « Sì,
lo so, ti devo ancora portare il video, ma… ».
«
Io e te dobbiamo parlare »
la
interruppe seccamente la compagna.
«
Ah, si tratta della riunione che ho saltato? Sai, il signor
O’Bowen…
»
«
Lo so »
troncò bruscamente
Sèanait. «
Si tratta di Daigh
».
Maiti
trangugiò
e cercò una scusa plausibile da propinare alla ragazza. Non
che si aspettasse che l’avrebbe bevuta.
«
Ascolta, non è come puoi pensare. C’è
una spiegazione
per tutto ».
«
Non mi interessa niente delle tue stupide spiegazioni o dei cinque
ragazzi con cui sei uscita mercoledì. Perché so tutto.
So che Daigh ti ha invitata ad unirti a loro e che tu gli sbavi
dietro ».
«
Cosa… come fai a saperlo? ».
«
Uilliam McWilson ha fatto la spia ».
Lo
sapevo,
pensò Maiti, amareggiata.
«
Non sono io »
affermò
risoluta, vedendo che la situazione stava degenerando. «
Intendo dire l’altra ragazza a cui Daigh sta dietro. Non sono
io ».
«
Lo so ».
«
No, tu non hai capito, io… lo sai? ».
Maiti
era stupita.
Pensava che Sèanait fosse furibonda per averli visti
assieme.
Ma se non era così, allora perché
l’aveva cercata?
«
Io e Daigh ci siamo lasciati questo pomeriggio all’uscita da
scuola
»
dichiarò.
Maiti
non sapeva
cosa dire. Era più che altro sorpresa.
«
Mi dispiace »
accennò,
insicura. Poi ci ripensò e si corresse: «
No, non è vero, non mi dispiace ».
«
Non avevo dubbi »
commentò la
compagna, alzando gli occhi al cielo.
«
Dovrei forse mentire? ».
«
Non sono venuta qui a cercare la tua compassione »
sbottò Sèanait. « Solo
la tua collaborazione ».
Maiti
scoppiò
a ridere, sarcastica.
«
Mi stai chiedendo la Luna! » esclamò
con ironia.
«
Non se ascolterai quello che ho da dire »
spiegò l’altra.
«
Sentiamo ».
«
Personalmente non ce la facevo più a stare assieme a Daigh.
Era diventato insopportabile. Non che mi sia mai piaciuto,
intendiamoci ».
Maiti
roteò
gli occhi, beffarda.
«
Non fraintendermi! »
sbottò
Sèanait. «
Non ho detto che mi
sia mai interessato; semplicemente non avevo alcuna intenzione di
avere una storia seria con lui ».
«
Ma nemmeno sopportavi l’idea che potesse preferirne
un’altra a te
» concluse la
ragazza, pungente.
«
Proprio così ».
«
Senti, si può sapere perché vuoi il mio aiuto, se
non
ci siamo mai sopportate? ».
«
Perché so che a te piace Daigh e che detesti Abigail
più
di me ».
Maiti
aprì
bocca per ribattere, ma si bloccò, interdetta.
Sèanait
aveva forse detto Abigail?
Guardò
la
compagna con sguardo indagatore. Era chiaro che non stesse mentendo,
o non sarebbe andata da lei a riferire menzogne che poi avrebbe
potuto smascherare. Cercò di trovare qualcosa di sensato da
dire, ma non riuscì a sopportare l’idea di Abigail
e Daigh
Morgan. Era ripugnante solo il pensiero.
Lanciò
un’occhiata nella direzione in cui era sparito il ragazzo e
vide
arrivare Bairre, fortunatamente. Prese la scusa per salutarla e non
rimanere così in imbarazzo davanti a lei.
«
Ora devo andare »
disse. «
Perché non ne riparliamo in un momento più
opportuno?
».
«
Sappi che comunque non mi sfuggirai »
l’avvisò la compagna. « Ti
assillerò finché non cederai, anche se so che in
fin
dei conti lo farai ».
Si voltò
e si allontanò, chiudendo la sua comparsa con un: «
Ciao Bairre ».
Bairre
e Maiti
presero avvio lungo la via principale di Wexford, lei irrigidita per
via della notizia appena avuta, lui leggermente imbarazzato, anche se
stava iniziando ad aprirsi.
«
Quindi come è andata a finire la partita? »
domandò Maiti per rompere il ghiaccio.
«
Uno schifo »
rispose Bairre,
irritato. «
Potevamo essere in
vantaggio di altri sette punti e invece Daigh mi ha impedito la meta.
Per coronare il tutto è stato annullato il secondo tempo ».
«
Andrà meglio la prossima partita »
lo incoraggiò la ragazza, sorridendogli.
Anche
lui abbozzò
un sorriso, fissandola intensamente con i suoi occhi color nocciola.
A
Maiti tornarono in
mente le parole di Daigh: ci escono per essere popolari, ma a
nessuna piace veramente. Trovava disgustosa l’idea
di usare
una persona. Oltretutto non riusciva a credere che Bairre fosse
fastidioso come la fame; era un ragazzo dolcissimo.
«
Che cosa mi volevi dire? »
domandò,
curiosa.
L’aria
diventò
più fredda, sferzando il volto dei passanti. Il vento
aumentò,
segno che il temporale incombeva.
«
Sembra che questa volta sia in agguato una tempesta »
affermò Bairre, che compì il consueto gesto di
stringersi nel cappotto. Poi tornò a fissare Maiti con il
suo
sguardo profondo. «
Quel giorno nello
spogliatoio »
disse, «
Daigh ti raccontò che fui io ad informarlo sui tuoi impegni
di
oggi pomeriggio ».
«
Non è stato così? »
domandò stupita la ragazza, aumentando il passo per evitare
il
diluvio.
«
Sì, certo. È stato così,
perché Daigh
ha chiesto a me di informarmi ».
Maiti
si fermò
di scatto. Non credeva alle sue orecchie: Daigh aveva davvero fatto
una cosa del genere?
«
È la verità? » chiese,
delusa.
«
Sì, Maiti »
rispose Bairre. «
Non te lo sto dicendo perché ti voglio mettere contro di
lui;
ma mi dava fastidio che tu pensassi che io andavo in giro a reperire
informazioni su di te ».
Maiti
sorrise e
riprese a camminare.
«
Non pensavo così » lo
tranquillizzò. «
In ogni caso
almeno tu avresti avuto il coraggio di informarti di persona ».
Sospirò,
triste. Perché Daigh aveva fatto una cosa del genere? Che
motivo c’era di farlo? Ripensò al discorso fatto
con Brecc,
che le diceva che Daigh era il donnaiolo di turno. Si
rifiutò
di credere che anche lei fosse l’ennesima conquista.
«
Siamo arrivati »
annunciò, una
volta di fronte alla scuola di suo fratello. «
Mi auguro che tu abbia un ombrello a portata di mano »
aggiunse poi, osservando il cielo.
«
Non ti preoccupare. Tornerò di fretta a scuola, mia madre mi
aspetta lì. Tu che farai? ».
«
Credo che prenderò il pullman, forse Tòmas si
abituerà
a tornare a casa da solo ».
Bairre
le sorrise,
poi iniziò ad allontanarsi.
«
Grazie per la chiacchierata » le
disse. « Ci
vediamo domani a scuola
».
Maiti
lo salutò
con la mano, poi ripescò suo fratello dalla fiumana di
ragazzini che stavano uscendo dal cancello della scuola. E nonostante
cercasse di concentrarsi sul video che veramente
quel giorno
avrebbe dovuto montare per Sèanait, non riuscì a
distogliere la mente da quegli occhi color nocciola.
_________________________________________________________
Questo è l'ultimo capitolo che vedrete postato fino al 6 settembre, poiché partirò per il mare tra tre giorni. Ovviamente non riuscirò a postare entro il 23, quindi sospenderò ufficialmente la storia finché non sarò tornata.
DarkViolet92: XD allora mi capisci. Uno scrittore deve avere i suoi tempi, in fondo. O no?
Giulia: questo non è il solito ringraziamento da scrittore a lettore. No, questo è un ringraziamento da amica ad amica. Perché so che tu ci sei stata e so che ci sarai. Ti ringrazio per infondermi tanto coraggio, è importantissimo per me sapere che ci sia qualcuno che considera così tanto il modo in cui scrivo. Quindi grazie a te e a tutte quelle che mi sono state vicine durante quel periodo nero. E per tranquillizzarti, no, non abbandonerò la scrittura, non lo potrei fare. E' la mia vita ^^ (Kinderbuena89) |
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Capitolo 10 *** Collaborazione ***
10.
COLLABORAZIONE
A
rapporto, Wexford:
il cielo è limpido e sereno, dopo una settimana di
apocalisse,
ma mancano cinque giorni al Wexford Festival Opera e la contea
è
in subbuglio.
Pare
che al primo
posto della lista ci sia Sèanait, che non ha ancora ricevuto
notizie sul video da presentare, e non deve esserne molto contenta.
Subito
dopo viene
Maiti, che - dopo l’‘allegra’ passeggiata
con Bairre - ha
camminato sotto l’acqua fino a casa, beccandosi una brutta
influenza. Ora è terrorizzata di non guarire in tempo.
E
poi, ovviamente,
c’è l’intera famiglia Braight: Benjamin
dovrà
presentare il suo ultimo film e non sa cosa dire, mentre Abigail
ancora non ha trovato che trucchi abbinare al vestito e Chris
dovrà
farsi schermo con le piante contro la mandria di quattordicenni
imbufalite che cercheranno di strappargli un bacio sulla guancia.
Ma
c’è chi,
al di là del festival, sta già pianificando
schemi
malefici per spodestare qualcuno dal trono... È meglio
darsela
a gambe finché si può, Abigail:
Sèanait non
perdona.
«
Domani
tornerai a scuola » decretò la madre di Maiti,
severa,
guardando la figlia distesa sul divano mentre riagganciava la
cornetta, dopo essere stata per ore al telefono con Mairtin.
«
Non ti
preoccupare, mamma » la rassicurò la ragazza,
stiracchiandosi. « Dopo aver passato cinque giorni con nausea
e
voltastomaco, tornare a scuola non è che un piacere
».
«
Bene »
disse la donna, sedendosi sulla poltrona. « Perché
dovrai andare a prendere Tòmas ».
«
Cosa? ».
Maiti scattò a sedere, contrariata. « Ma sono
stata
malata per cinque giorni! » esclamò, seccata.
«
Non potete mandarmi fuori al freddo e al gelo, quando sia te che
papà
avete la macchina! ».
«
Hai appena
detto di essere perfettamente guarita. Non contraddirti ».
«
Ma… ».
«
Niente
storie ».
Maiti
si alzò
rabbiosa dal divano e corse in camera sua, sbattendo la porta con
altrettanta rabbia. Come faceva sempre quando era nervosa,
andò
a sedersi alla scrivania e accese il computer. Non era davvero
arrabbiata con sua madre perché quasi tutti i pomeriggi
doveva
andare a prendere suo fratello a scuola; la verità era che
la
punizione dei genitori non le era andata affatto giù. Ad
ogni
modo, era stata comunque fortunata di avere potuto filmare la partita
(anche se la cosa non era andata benissimo), ma detestava lo stesso
essere comandata.
Bruciante
di rabbia,
prese a picchiettare i polpastrelli sulla tastiera, infischiandosene
del campanello, che suonò qualche minuto dopo. Non si
sforzò
nemmeno di mettere la testa fuori dalla camera per vedere se
l’interessata era lei.
Se
sono Cristin o
Moira sanno dove trovarmi,
pensò.
Ascoltò
distrattamente sua madre salutare il nuovo arrivato in maniera
formale, per poi sentirla dire « è in camera sua
»,
e quindi strillare il suo nome, intimandole di scendere.
«
Mandamelo su
» gridò lei, di tutta risposta.
Sentì
qualcuno salire le scale e poi la porta si aprì, mostrando
figura alta e snella di Sèanait, decisamente stizzita.
Quando
la vide comparire dalla soglia, Maiti balzò in piedi,
scrutandola con più stupore che altro.
«
Vedo che
stai meglio » ringhiò Sèanait, entrando
nella
stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
«
Chi ti ha
detto dove abito? » fu la prima cosa che a Maiti venne in
mente
di dire.
«
Brecc ».
Maiti
rise
sarcasticamente, risedendosi poi sulla sedia.
«
Brecc è
diviso a metà tra due fazioni nemiche »
commentò,
acida.
«
Non dire
sciocchezze » ribatté la compagna, incrociando le
braccia. « Semplicemente, è amico del mio ex
fidanzato e sta assieme ad una tua amica ».
«
E siccome io
e te non siamo amiche, questo significa che…»
«
Fa niente! »
la interruppe bruscamente Sèanait. « Io sono qui
per
altri motivi ».
«
Immagino. In
che modo hai deciso di rovinarmi l’esistenza, questa volta?
»
«
Sai che
giorno è oggi? »
«
Giovedì
dieci ottobre. Non mi risulta nessun compleanno o ricorrenza
».
«
Smettila di
fare la finta tonta! » gracchiò
Sèanait,
sull’orlo di una crisi isterica. « È da
una settimana
che sto aspettando il tuo stramaledetto video e mancano cinque
stramaledettissimi giorni al Wexford Festival Opera! »
«
Calmati! »
disse Maiti, ora in piedi. « Stai tranquilla, è
pronto
».
«
Te lo auguro
».
La
ragazza cercò
un dischetto tra vari CD e cassette: alla fine ne passò uno
a
Sèanait, che lo afferrò fulminea, quasi avesse il
timore che l’altra ritraesse la mano.
«
Ora sono più
tranquilla » affermò.
«
Quindi te ne
puoi andare ».
«
No ».
Sèanait
fissò
la ragazza con un ghigno che all’altra non piacque.
«
Non ancora »
la informò. « Prima » e si sedette
comodamente sul
letto, « ti devo portare un messaggio da parte di Abigail
».
Maiti
drizzò
le orecchie.
«
Sa anche che
esisto? » domandò, sprezzante. « Che
cosa vuole
sapere? ».
«
Dove abiti
».
«
Cosa? ».
Per poco non fece un salto di venti centimetri dal pavimento.
«
E tu non glielo hai detto, spero ».
«
Non ancora.
Ma è insistente: vuole sapere dei vostri fumetti ».
«
Nostri?
» rincarò Maiti, fuori di sé.
« Quei
fumetti sono miei e di Pòl. Lei non
c’entra niente, e
se ha voglia di colorare qualcosa, allora vada... aspetta,
perché
mi stai dicendo tutto questo? ».
Sèanait
si
alzò dal letto, sorridente. Un sorriso complice, il suo.
«
Forse non
sono l’unica che vuole che Abigail cada » disse.
«
Ancora con
questa storia? » sbottò Maiti, risedendosi sulla
sedia e
voltando lo sguardo da tutt’altra parte.
«
Te l’ho
detto che ti assillerò finché morte non
sopraggiunga ».
«
Il tuo è
un supplicarmi in modo alternativo » constatò
seccamente
la ragazza, osservandola accigliata.
«
Chiamalo
come vuoi » dichiarò Sèanait.
« Fatto sta
che entrambe non sopportiamo Abigail, chi per un motivo chi per
l’altro, e possiamo riuscire nel nostro intento solo
aiutandoci a
vicenda ».
«
Collaborando
» sottolineò Maiti, secca. « Collaborare
non
significa aiutarsi a vicenda ».
«
Collaborando, allora. Quindi è un sì? ».
«
Non ancora.
Ad un favore si ricambia con un favore ».
Sèanait
alzò
gli occhi al soffitto, beffarda.
«
Che cosa ti
serve? » chiese, acida.
«
Tu vuoi che
io ti aiuti a ‘rovinare’ Abigail. È una
cosa impegnativa…
»
«
Taglia corto
».
«
Uscirai con
Mairtin ».
La
ragazza strabuzzò
gli occhi.
«
Devo uscire
con Mairtin? » ripeté, incredula.
«
Cioè,
non è che devi proprio uscirci, però almeno
frequentalo. Fai finta che esista quando ti saluta; sorridi quando
parli con lui; accetta se ti chiede di andare a fare un giro. Dagli
una possibilità, insomma ».
«
Potrei anche
farlo » rispose Sèanait, sbuffando. «
Non è
noioso come la morte, in fondo ».
«
Bene! »
esclamò Maiti, alzandosi nuovamente dalla sedia. «
E se
non sbaglio vuoi anche che Daigh e Abigail si mollino, non è
così? ».
«
Quanti altri
favori vuoi da me? » domandò, irritata.
«
Spezzale
tutte le matite colorate » sibilò a denti stretti.
La
ragazza alzò
gli occhi al cielo, mezza divertita.
«
Maiti, sai
bene che per i fumetti te la devi vedere con il professore; io non
ti posso aiutare ».
«
Anche io
potrei non riuscire ad aiutarti ».
Sèanait
rise.
Si avvicinò alla porta, infilandosi gli occhiali da sole (di
cui Maiti non capiva l’utilità, visto il tempo) e
ribatté,
con fare distratto:
«
Mi limiterò
a rubarle il temperino ».
Benjamin
uscì
dall’hotel con sollievo. Suo figlio era in giro con sua
sorella,
quindi non avrebbe avuto la possibilità di rimproverarlo per
le sue “assenze ingiustificate”. Ormai Chris era
una causa persa;
non che vi fossero mai state possibilità di vincere contro
di
lui, essendo stato cresciuto da Sharon…
L’uomo
abbassò
la testa, abbattuto: Sharon era un altro muro di cemento contro cui
aveva dovuto scontrarsi. Era forte e decisa proprio come il ragazzo,
ma la decisione che aveva preso era stata più drastica;
aveva
sofferto quando sua moglie l’aveva lasciato, e ora temeva di
perdere anche suo figlio allo stesso modo. Del resto, anche la donna
aveva acconsentito a mandare il ragazzo in Irlanda, “al
freddo e al
gelo”. Ma Chris se l’era presa solo con lui.
Sbuffando,
salì
sulla limousine che lo stava aspettando fuori dal palazzo. Quel
giorno avrebbe rivisto per la seconda volta Andrea Cremi, il
produttore cinematografico con cui, involontariamente, aveva fatto
una pessima figura.
Durante
tutto il
viaggio, pensò a cosa avrebbe potuto dire per scusarsi, ma
magari lei se ne era già dimenticata, oppure avrebbe fatto
finta di niente. Insomma, le possibilità erano tante.
Quando
arrivò
a destinazione, Jack Parker lo stava già aspettando: era di
fronte al solito edificio alto di cui avevano affittato un intero
piano, mentre una folata di vento freddo gli fece svolazzare i
capelli e lui li risistemò con un secco gesto. Benjamin
notò
che quel giorno il collega era piuttosto nervoso.
I
suoi sospetti
furono confermati quando giunse di fronte a lui e lo salutò.
«
Dove ti eri
cacciato? » sbottò Parker, senza ricambiare il
saluto,
voltandosi poi immediatamente per condurre l’amico
all’interno
della struttura, verso l’ascensore.
Benjamin
diede uno
sguardo all’orologio d’oro da polso, timoroso di
essere in
ritardo, e notò che in realtà era in anticipo di
qualche minuto.
«
È
tutto a posto, Jack? » domandò, ed il primo
pensiero che
gli passò per la testa fu che l’amico fosse stato
licenziato. Ma era assurdo, perché non sarebbe stato
lì
ad aspettarlo, se le cose stavano davvero così.
Parker
pigiò
il pulsante dell’ascensore, impaziente.
«
Oggi non è
un bel giorno per incontrare la Cremi. È nera ».
«
Che ci vuoi
fare » commentò Benjamin, stringendosi nelle
spalle e
seguendo l’altro nell’ascensore. Altre persone
salirono con loro,
ma Parker non parve farci caso, agitato com’era. «
Gli
italiani sono tutti permalosi ».
Il
collega gli
lanciò uno sguardo sferzante, che gli fece intuire di dover
evitare commenti di quel tipo.
«
È
inglese » specificò. « Di origini
italiane.
Dopo la pessima trovata sulla segretaria, spero ti risparmierai
battutine sarcastiche su solo Dio sa cosa ».
«
Non che mi
sia piaciuto fare una brutta figura davanti a chi mi procura il
lavoro » ribatté secco Benjamin. « Ora
mi vuoi
dire che cosa diamine è accaduto? ».
«
John
Crowford ha letteralmente stracciato il copione che la Cremi aveva
presentato. Sai che cosa significa questo? ».
«
Che va
riscritto per interno? » azzardò il regista.
«
Magari fosse
solo questo il problema! » replicò il collega,
visibilmente teso.
Il
campanellino
dell’ascensore indicò che erano giunti a
destinazione.
Parker uscì a falcate lunghe e pesanti e Benjamin
faticò
a stargli dietro. « Parker ha abortito il programma!
».
Benjamin
aveva già
proteso il braccio verso la porta il cui cartellino indicava il nome
della produttrice cinematografica, quando il collega gli diede la
notizia. Il pugno si bloccò a mezz’aria, pronto a
picchiettare sul legno duro; rimase in quella posizione per un paio
di secondi, poi si riscosse, come attraversato da una scarica
elettrica.
«
Stai dicendo
sul serio? » domandò, interdetto.
«
Sì ».
«
Crowford ha
annullato il programma? ».
«
Completamente ».
«
Ma non lo
può fare! ».
«
Ahimè,
può ».
Leggermente
sconcertato, il regista allungò nuovamente la mano e
bussò
alla porta. Giunse la voce secca e irascibile di una donna, che con
ogni probabilità non era la segretaria.
«
Avanti ».
Benjamin
si fece
coraggio e premette con forza sulla maniglia, spingendo la porta e
aprendola: Andrea Cremi era seduta alla sua scrivania con le mani tra
i capelli.
Parker
tentò
di riportare al situazione alla normalità, schiarendosi la
gola e annunciando poi, con un tono che sarebbe dovuto risultare
caldo e sicuro:
«
Allora,
Crem… ehm, Andrea. Suvvia, non mi guardi in quel modo.
Dobbiamo
iniziare a chiamarci per nome, no? Solo così riusciremo a
collaborare su questo nuovo progett- ».
«
Parker sta
tentando di dire » lo interruppe bruscamente Benjamin,
«
che dobbiamo metterci a lavorare di grossa lena. Dobbiamo visionare
il nuovo progetto, riscrivere il copione, assumere tanti
attori… ».
Parker
abbassò
la testa, pronto ad assistere alla scenata che la Cremi aveva
già
fatto dieci minuti prima, quando era stata avvisata del cambiamento.
Ma, con suo sommo stupore, quella si alzò e si
limitò
ad annuire, seria in volto.
«
Non ci sarà
bisogno di fare tutto questo, Braight » disse, indicando con
la
testa la seconda porta. « Mi segua ».
I
due uomini
entrarono nel suo studio, così perfetto e ordinato da fare
sicuramente concorrenza alla camera di Chris. La donna estrasse poi
dei fogli accuratamente sistemati all’interno di una cartelletta
rossa e li mostrò ai colleghi.
«
Crowford mi
ha già informata sul nuovo programma, e come potete vedere,
ha
in mente un film-reality ».
Benjamin
rifletté
per un minuto; non aveva mai realizzato film di quel genere prima, e
sicuramente sarebbe stata un’impresa. Un ragazzo di fronte
alle
telecamere o sapeva fare il suo lavoro, e quindi si trattava di
recitare, o era una schiappa.
«
Vuole che
realizziamo una specie di Laguna Beach? ».
«
Esattamente
». La Cremi si sedette sulla sedia e incrociò le
braccia, osservando i due uomini lanciarsi sguardi dubbiosi.
«
Equivale a dire, prendere ragazzi normali che sanno fingere davanti
alle telecamere, dirgli che parte devono interpretare e poi lasciare
che improvvisino ».
«
Ma non ha
senso » obiettò Parker. « Allora non
è più
un “reality” ».
«
Ma non è
quello che gli altri devono sapere. E poi ai ragazzi piacciono queste
cose, farà sicuramente successo. Il che significa una marea
di
soldi ».
Intenzionata
a non
aggiungere altro, li congedò con un gesto. Ma entrambi gli
uomini sapevano che non era affatto contenta di quel che la
attendeva.
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Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Dunque, è bene specificare che la prima parte (quella di Maiti e Sèanait) l'ho scritta mentre ero sul carro attrezzi che trasportava la mia macchina in un'officina, poiché si era fermata in autostrada -.- .
Ringrazio Anle per il suo preziosissimo aiuto, poi Idgie Joad per avere inserito la storia tra le seguite ^^ . Come al solito, invito tutti coloro che leggono a lasciarmi un commento.
DarkViolet92: grazie ^^ |
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